The Red Thread di DarkButterfly (/viewuser.php?uid=26474)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Smell Of Sex ***
Capitolo 2: *** The Spot! ***
Capitolo 3: *** For The Rest Of My Life ***
Capitolo 4: *** Not exactly a Fairy Tale! ***
Capitolo 5: *** Empty Rooms, Full Rooms ***
Capitolo 6: *** Crash and Burn ***
Capitolo 7: *** I can see clearly now ***
Capitolo 8: *** My, oh my ***
Capitolo 9: *** The Truth beneath the Rose ***
Capitolo 10: *** Perfect ***
Capitolo 1 *** Smell Of Sex ***
Capitolo
1
Smell
Of Sex
Il getto d'acqua calda che
sgorgava dalla doccia precipitava sul corpo esile di Hachi e il
frastuono delle gocce che si frantumavano sulle candide piastrelle di
porcellana della cabina copriva quello dei suoi sospiri affranti.
Non era in grado di
cancellare l'odore di Takumi dalla propria pelle, o, forse,
quest'ultimo era rimasto impresso nelle sue narici dopo che avevano
fatto sesso.
Per quanto si strofinasse
rabbiosamente con la spugna quell'odore non sembrava avere intenzione
di sparire, né tanto meno di attenuarsi. Era nauseata.
In quei sei anni che avevano
trascorso assieme era diventata sempre più insofferente nei
confronti del marito: a 20 anni, quando si erano sposati, credeva che
col tempo avrebbe imparato ad amarlo; a 23 era troppo occupata a
prendersi cura della sua bambina di 3 anni per pensare al suo
rapporto con lui; a 24 anni a tenerli uniti era il sesso; ora, a 26
anni, non sapeva più se avrebbe potuto resistere accanto a
lui.
Ricordava precisamente il
giorno del matrimonio, quando si erano giurati di amarsi eternamente,
qualsiasi cosa fosse accaduta. Hachiko aveva sempre desiderato
sposarsi, avere dei figli e badare alla casa. Non aveva alcuna
ambizione più alta: non voleva essere famosa o potente, voleva
essere amata.
Ma l'amore non l'aveva
ottenuto. Aveva il resto: una meravigliosa e pestifera bambina di
nome Satsuki e una graziosa casa da tenere in ordine. Però, a
volte, non sembrava bastarle.
I suoi amici più
cari, Kyosuke e Junko, continuavano a frequentarla qualche volta, ma
sempre sotto lo sguardo vigile di Takumi. Hachiko non aveva mai
incontrato nessuno che la considerasse un oggetto di propria
proprietà quanto Takumi, ad eccezione di Nana. Ma lei e Nana
erano unite da un legame così esclusivo che nessun al di fuori
di loro poteva comprendere. C'erano addirittura momenti in cui
Hachiko stessa si era interrogata a proposito, era troppo profondo
per essere definito amicizia, tuttavia non vi era in esso alcuna
traccia di passione carnale che lo determinasse come amore. E allora
cos'era? Hachiko aveva smesso di chiederselo quando i rapporti tra
lei e la donna erano stati bruscamente interrotti da Takumi.
L'uomo era così
geloso che aveva proibito alla moglie di frequentare ancora Nana o un
qualsiasi altro membro dei Black Stones, o persone legate in qualche
maniera alla band. Temeva che Hachiko si rendesse conto di quanto la
sua vita fosse perfetta soltanto in superficie, temeva che lei
avrebbe cominciato a scavare nel suo cuore scoprendo le fondamenta
putride sulle quali era stata fondata la loro relazione, temeva che
lei si rendesse conto di aver commesso un gravissimo errore a
sposarlo e tornasse tra le braccia di quell'inetto chitarrista
biondo. E lo infastidiva che qualcun altro potesse utilizzare i suoi
giocattoli.
Certamente non considerava
la donna soltanto un oggetto. Convivevano da ormai 6 anni e,
nonostante non le fosse stato troppo fedele, si era affezionato a
quella buffa ragazza che gli aveva dato una figlia. Una figlia
bastarda, ma pur sempre una figlia.
In fin dei conti era stato
lui ad allevarla, Satsuki era a tutti gli effetti sua figlia. Anche
se i suoi capelli erano biondi come la paglia e ribelli come la
criniera di un leone e il colore dei suoi occhi assomigliava in
maniera impressionante a quello del mare quando i raggi del sole di
luglio lo fanno splendere come un gioiello prezioso.
Nessuna delle puttanelle con
cui era stato era anche solo lontanamente paragonabile ad Hachiko,
tuttavia la sua spontaneità e la sua vitalità non erano
bastate a farlo innamorare. Ma non era colpa di lei, forse era
soltanto il suo cuore ad essere difettoso. Forse le bestialità
a cui la vita l'aveva sottoposto avevano represso la sua capacità
di legarsi in maniera così totale e disarmante ad un'altra
persona. Non riusciva ad abbassare la guardia, a lasciarsi andare.
Era troppo inquieto e la sua indole troppo aggressiva per potersi
concedere di amare qualcuno.
Essere amato non lo
dispiaceva: adorava la sensazione di essere coccolato e riverito da
un'altra persona. Ma non era essere in grado di restituire quel
sentimento. Il massimo che poteva fare era ripagare quell'altra
persona con il mero soddisfacimento delle pulsioni sessuali. E in
quest'area era, modestamente, un maestro.
Quasi ogni notte, per quanto
stanco fosse dopo il lavoro, per quanto tardi potesse tornare, quando
si infilava tra le coperte e trovava la moglie ancora sveglia,
immersa in chissà quali riflessioni, lasciava che le sue mani
scorressero sotto la sua camicia da notte, sfiorando quella pelle
soffice e bollente. Le pizzicava i seni e le massaggiava i capezzoli
con piccoli movimenti circolari, poi scendeva sul suo stomaco piatto
dipingendo ampie spirali, infine accarezzava il bordo delle mutandine
di cotone, prima di farci sgusciare dentro la mano e di stimolare il
suo sesso bagnato di umori.
Ascoltava i sospiri di
Hachiko e la osservava dimenarsi, e mordersi le labbra fino a farsi
male, poi interrompeva bruscamente la sua opera e attendeva che lei
lo implorasse di continuare.
Lo faceva sentire in qualche
modo potente il fatto di sapere di avere la donna in sua balia. Deve
essere così che gli dei si sentono, pensava, quando gli
uomini rivolgono loro le preghiere.
Ma per quanto lei
supplicasse Takumi non si lasciava mai smuovere: prima di continuare
doveva essere Hachiko a restituirgli il favore. E com'era intuibile,
lei sconfitta si sollevava e infilava una mano nei suoi boxer
estraendo il suo membro, poi, con aria quasi rassegnata si chinava e,
dopo essersi umettata le labbra, circondava il fallo con la propria
bocca e continuava a succhiare, sostenuta soltanto dall'idea di
raggiungere l'orgasmo più tardi, fino a quando l'uomo non le
faceva cenno di smettere. Dopo di che la faceva voltare brutalmente e
la montava come se fosse un animale.
Erano come due bestie in
accoppiamento. Non c'era alcuna traccia di amore o rispetto in quello
che facevano, era sfogo degli istinti allo stato puro.
Takumi la penetrava ad un
ritmo frenetico e qualche volta, in un impeto di passione, le
afferrava i capelli e le tirava indietro la testa, senza farle troppo
male, chiaramente. Dal canto suo la donna lo assecondava e accettava
le sue spinte di buon grado, avendo ormai imparato che il marito non
era il genere d'uomo che gradiva fare l'amore, Non amava la dolcezza,
le carezze e le parole appena sussurrate. Gli piaceva la violenza, le
parole forti ringhiate all'orecchio del partner, le posizioni che lo
facevano sentire più virile.
I loro orgasmi erano come
fiamme che divampavano nella notte, ma entrambi si costringevano a
soffocarli per non svegliare la bambina che dormiva nella stanza
adiacente.
Una volta che entrambi
avevano raggiunto l'acme del piacere si dividevano e si baciavano con
una bramosia urgente che prendeva dimora nei più reconditi
angoli dei loro animi oscuri. Le loro lingue ingaggiavano una
battaglia attorcigliandosi e respingendosi per poi cercarsi
nuovamente. E i loro denti mordevano violentemente le labbra
dell'altro invitandolo ad avvicinarsi nuovamente e intanto le loro
mani si esploravano come se fosse la prima volta con curiosità,
senza alcun pudore.
Infine ricadevano sul letto
sospirando e si addormentavano senza scambiarsi una parola.
Per pochi minuti Hachiko
restava sveglia a pensare a ciò che era appena accaduto, da un
lato sfinita dall'amplesso e dall'altro disgustata per la facilità
con cui Takumi la dominava.
Tuttavia pochi minuti dopo
il sonno la avvolgeva, pesante e denso come l'acqua, e per qualche
ora la sua mente trovava pace in un universo parallelo, fatto di
sogni e di scelte ed opportunità diverse.
La mattina dopo Hachiko si
alzava sempre presto e in punta di piedi sgattaiolava nella doccia.
Come una puttana.
Una volta non dava peso a
queste cose. E' vero, non aveva mai amato Takumi, ma d'altra parte
non avevano programmato di avere una relazione seria, né di
innamorarsi l'uno dell'altro. Tuttavia, sessualmente parlando, la
loro coppia funzionava: a Takumi piaceva dimostrare la propria
abilità facendola godere in modi che lei non immaginava
neppure possibili e, anche se pretendeva di essere ricambiato, alla
fin fine non c'era mai stata una volta in cui non l'avesse
enormemente soddisfatta.
Non aveva mai incontrato un
uomo che a letto si comportasse come Takumi.
Asano, che l'aveva
introdotta alle gioie del sesso, era sempre stato rispettoso nei suoi
confronti e, sebbene i loro incontri fossero sempre brevi e furtivi,
lui l'aveva sempre trattata con enorme rispetto senza mai farle male.
Shoji, con cui era stata
fidanzata per parecchio tempo, era alquanto monotono a letto, volendo
essere sinceri. I loro rapporti erano radi e quando avvenivano erano
sempre brevi e spesso si concludevano con l'orgasmo del ragazzo,
lasciandola insoddisfatta.
Nobu era diverso. Con lui
aveva provato delle sensazioni nuove ed uniche. Lui era sempre stato
dolce e premuroso nei suoi confronti. La trattava come se fosse la
donna più speciale del mondo. Le aveva dato tutto sé
stesso e lei desiderava soltanto donargli tutta sé stessa, uno
scambio equo.
Grazie a Nobu, Hachiko aveva
capito cosa significasse fare l'amore. Gli orgasmi che le faceva
raggiungere non erano intensi quanto quelli che le regalava Takumi,
tuttavia erano a loro modo fantastici. Forse perché erano
accompagnati alla sensazione di essere accanto alla persona giusta e
di aver appena compiuto un gesto meraviglioso.
Ogni volta che pensava a
Nobu non poteva fare a meno di chiedersi come sarebbero andate le
cose se lei fosse rimasta assieme a lui, ma allontanava
frettolosamente quel pensiero, perché le faceva male, come se
la morsa della malinconia e del rimpianto soffocasse il suo cuore.
Finita la doccia usciva
silenziosamente dal bagno e si concedeva una manciata di secondi per
osservare il marito addormentato. Il suo volto appariva pallido e
esanime, incorniciato dai lunghi capelli corvini, simile al volto di
un vampiro. Un vampiro meraviglioso, ma che Hachiko non riusciva ad
amare.
Tuttavia non poteva fare a
meno di preoccuparsi per lui quando vedeva le occhiaie pesanti che
gli circondavano gli occhi serrati e la smorfia di disappunto che non
lo abbandonava neppure nel sonno. E quando lo vedeva in quello stato
pietoso si rendeva conto che, per quanto poco sentimento potesse
provare nei suoi confronti, gli doveva tutto ciò che
possedeva.
La sua bella casa, i suoi
vestiti firmati, la migliore educazione per Satsuki... Senza Takumi
nulla di tutto ciò sarebbe stato possibile. E il minimo che
lei potesse fare era restare al suo fianco. Una moglie fedele e
servizievole.
Takumi lavorava molto.
Troppo. E il suo impiego gli piaceva, nulla lo soddisfaceva più
che investire tutto il proprio impegno per portare a termine le sue
opere nel miglior modo possibile, tuttavia lavorava tanto anche per
poter garantire a moglie e figlia un alto tenore di vita. Era il
genere d'uomo che credeva di potersi guadagnare l'affetto grazie al
denaro e ai regali.
Non aveva mai fatto mancare
nulla né all'una né all'altra ed era certo che Hachiko
non si sarebbe mai allontanata da lui finché le fosse stato
garantito il lusso sfrenato nel quale desiderava vivere.
Hachiko si allontanò
dalla stanza lasciando il marito addormentato e si recò in
cucina per preparare la colazione. Cucinare la rilassava, amava
mettersi ai fornelli e preparare piatti fantasiosi e squisiti, ma non
si sentiva a suo agio in quell'enorme cucina metallizzata e zeppa di
elettrodomestici tecnologicamente avanzata.
In cucina preferiva la
semplicità: la cucina in legno a casa dei suoi genitori o il
piccolo angolo cottura nell'appartamento che condivideva con Nana.
Dei fornelli a gas e un
forno le erano sufficienti. Non aveva alcun bisogno di una
lavastoviglie, sebbene le risparmiasse un sacco di lavoro dopo il
pasto, o di uno sbattitore elettrico quando poteva benissimo
utilizzare un frustino manuale. Tutti quegli aggeggi le toglievano il
gusto di cucinare.
Afferrò la caraffa
del caffè e la mise a scaldare, dopo di che prese le uova dal
frigorifero per preparare delle omelette da riempire con panna e
fragole per sé e Satsuki e marmellata all'amarena per Takumi.
Ricoprì la tavola, con una tovaglia variopinta e vi appoggiò
i piatti.
Dopo di che si intrufolò
in camera di Satsuki e la baciò dolcemente sulla fronte <<
Satsu - chan, apri gli occhi... >> La esortò con voce
melodiosa << ... E' ora di svegliarsi. >>.
La piccola si dimenò
nel sonno, ma non appena la madre la sfiorò si mise a sedere
di scatto. Vedere il volto di Hachiko la mattina presto la
rassicurava, la voce della sua mamma che la scuoteva dal sonno era la
maniera migliore per cominciare la mattinata. Gettò le braccia
al collo della donna e le scoccò due baci rumorosi sulle
guance << Buongiorno, Okaa - san! >> Trillò con la
sua vocetta acuta e cristallina.
<< Posso andare a
svegliare Otou - san? >> Saltellando sul pavimento <<
Posso? >>.
Hachiko piegò la
testa sorridendo e osservando la figlia con un impeto di affetto <<
Certo che puoi. >> E poi la spinse con delicatezza verso la
porta.
Sastuki corse in camera dei
genitori balzando sul letto e scuotendo il padre con tutta la propria
forza << Coraggio, Otou - san! E' ora di alzarsi! >>
Strillava impaziente.
<< Nee - nee...
Buongiorno... >> Sbadigliò Takumi con una voce
cavernosa, tipica di chi si è appena svegliato ma avrebbe
preferito rimanere a letto.
<< Andiamo, è
pronta la colazione! >> Replicò la bambina afferrando la
mano del padre e trascinandolo verso la sala da pranzo immersa nella
luce. Il profumo del caffè invadeva tutto l'ambiente creando
una sensazione di familiarità e intimità.
Vedendo il trio al tavolo
nessuno avrebbe avuto dubbi sulla stabilità di quella famiglia
unita dove ciascuno voleva bene agli altri: il padre burbero e
stanco, la madre discreta e sorridente e la bambina vivace e
spigliata. Sembrava una di quelle pessime pubblicità delle
merendine. Peccato che la realtà era ben diversa. E ad un
esame più attento si poteva notare la freddezza distaccata
dell'uomo e gli sguardi glaciali che talvolta la donna lanciava di
sottecchi. Soltanto Satsuki, inconscia di tutto, era genuinamente
felice. Lei era il collante che teneva ancora assieme quella coppia
così male assortita. Senza di lei probabilmente non sarebbero
stati più assieme da tempo.
The
Author's Corner: Spero che che questo primo capitolo sia
stato di vostro gradimento! :)
Specifico che nonostante la
scena iniziale sia un po' forte, il sesso non è certamente il
tema centrale della storia (anche se sono un po' ninfomane e mi
diverto a trattare certo temi xD).
Beh... Che altro aggiungere?
Spero che siate curiosi e che decidiate di continuare a seguire
questa Fan Fiction (e io spero di portarla a termine!)
Ringrazio anticipatamente i
lettori e gli eventuali commenti (sempre graditi!)
Arrivederci al prossimo
capitolo allora! ^_^
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Capitolo 2 *** The Spot! ***
Piccola
premessa dell'autrice: Come
avrete notato nel capitolo precedente ci sono alcune piccole
incongruenze rispetto all'opera originale della Yazawa, ne troverete
altre all'interno del racconto, non si tratta di sviste, ma di
piccole modifiche funzionali allo svolgimento della storia.
Bene...
Detto questo, godetevi il prossimo capitolo :)
Capitolo
2
The
Spot!
Nana
Osaki aveva aperto gli occhi soltanto da una manciata di secondi, e
ancora non riusciva a distinguere i contorni degli oggetti familiari
che la circondavano, tuttavia si era resa immediatamente conto di non
stare bene: la testa le girava vorticosamente e, nonostante non
avesse mangiato nulla dalla sera prima, aveva una terribile nausea.
Ren si era alzato da poco, il calore del suo corpo permeava ancora
nel punto in cui era rimasto disteso durante la notte. Nana si
rannicchiò in quell'angolo ed inspirò a pieni polmoni
l'odore dell'uomo. A volte non le pareva vero di essere ancora
accanto a lui: si erano incontrati nuovamente 6 anni prima, dopo 2
anni di separazione e avevano dovuto affrontare tanti di quei
problemi che a volte Nana aveva provato l'impulso di lasciarlo e di
andarsene. Alla fine, però, era sempre rimasta. Amava Ren a
tal punto da essere disposta a perdonargli tutto e preferiva rodersi
il fegato mentre lui era in tour, assalita dalla paura che lui la
tradisse con qualche fan, piuttosto che dirgli chiaramente che quella
vita come coppia di celebri rock star non faceva per lei.
L'aveva aiutato a superare i
suoi momenti difficili, l'aveva sostenuto mentre tentava di
disintossicarsi. Aveva sopportato i suoi insulti durante le dure
crisi d'astinenza e aveva ingoiato le lacrime quando era capitato che
in preda alla rabbia lui la picchiasse. In una situazione normale non
avrebbe mai permesso a nessuno di trattarla in quel modo, ma quando
Ren soffriva lei era disposta ad abbassarsi a tutto pur di rendere la
sua condizione meno penosa. Tratteneva la rabbia e la riversava tutta
nelle sue canzoni, lasciava che le parole sgorgassero fuori dalla sua
gola con l'impeto di un terremoto e, quando la sera tornava da Ren
dopo le prove, non le era rimasto nulla più di un briciolo di
energia in corpo.
Ren, dal canto suo, si
preoccupava della salute di Nana in maniera ossessiva, quasi
maniacale. Quando era troppo stressata la obbligava al riposo
assoluto e viveva nel timore che lei potesse essere vittima di un
attacco d'asma quando lui era lontano. Se partiva per un tour non
mancava mai di sfinire Yasu di raccomandazioni: controllare che Nana
mangiasse, non bevesse o fumasse troppo, dormisse abbastanza...
Sembrava riferirsi più ad una bimba che ad una donna adulta e
tenace.
Nana viveva la propria
situazione in contrasto: da un lato le piaceva essere coccolata a
Ren, adorava ricevere quelle piccole attenzioni che le erano mancate
durante l'infanzia, ma dall'altro non sopportava l'idea che Ren non
la ritenesse matura abbastanza da poter sopravvivere senza
l'onnipresente supervisione sua o di Yasu. Voleva un po' di respiro,
dannazione!
Ora le cose andavano bene
tra di loro. Era il periodo migliore dell'anno, quando nessuno dei
due era obbligato ad allontanarsi da casa a causa dei tour e potevano
godere dell'intimità come una coppia normale. In fin dei conti
erano una coppia normale, o perlomeno avrebbero voluto esserlo.
Purtroppo ogni volta che uscivano di casa incontravano qualche
paparazzo pronto a rubare l'ennesimo scatto della coppia Honjo-Osaki,
sempre e comunque, al centro degli scandali.
Nana ricordava come quei
maledetti avvoltoi li avessero calunniati nel periodo in cui Ren si
stava disintossicando. E così non vi era un giornale
scandalistico le cui pagine non fossero inondate dalle foto di Ren
livido e magro come uno scheletro che sudava appoggiando la fronte ad
una finestra o dagli articoli che parlavano dei furibondi litigi che
scoppiavano in piena notte tra le pareti della loro abitazione. La
cosa peggiore, per Nana, era stata vedere la propria foto il giorno
dopo che Ren le aveva sferrato un ceffone micidiale: la guancia
gonfia e rossa, gli occhi lucidi per le lacrime e un livido attorno
all'occhio che aveva sbattuto contro lo stipite di una porta mentre
incespicava sul pavimento, il tutto corredato da un articolo lungo
quattro colonne intitolato "Violenze in casa Honjo?", nel
quale l'autore infamava Ren, descrivendolo come una bestia incapace
di controllarsi.
Ren si sentiva in colpa e
ancora non riusciva a perdonarsi per ciò che aveva fatto
durante quel periodo in cui non era in sé. E non importava
quanto Nana si impegnasse a confortarlo e ad assicurargli che era
acqua passata, che lo aveva perdonato. Lui non riusciva a cancellare
quel peccato dalla propria anima, non riusciva a trovare pace quando
pensava a quanto fosse stato meschino con la donna che amava.
Nana sentì un
distinto rumore di stoviglie: Ren stava davvero cucinando? Era
convinta che sapesse a malapena prepararsi un sandwich. Che stesse
dando fuoco alla casa?
Prima che potesse alzarsi
sentì i suoi passi ritornare verso la camera da letto. A
fatica si mise a sedere e si stropicciò gli occhi con un
pugno: da non credere!
Ren stava arrivando con un
piccolo vassoio su cui aveva preparato la colazione per due: fragole,
caffè, del pane tostato, burro e marmellata di fragole.
La donna sbatté le
palpebre incredula, stava ancora sognando? Si diede un pizzicotto, ma
l'immagine rimase di fronte ai suoi occhi. Era decisamente sveglia.
<< Ohayou, Nana! >>
La salutò il fidanzato chinandosi su di lei e dandole un bacio
sulle labbra << Ti ho preparato la colazione. >> Aveva un
sorriso meraviglioso, Ren.
<< Wow... Gli alieni
hanno rapito quel pervertito del mio fidanzato e l'hanno sostituito
con un perfetto gentleman? >> Sghignazzò lei
accendendosi una sigaretta.
Pessima idea, fumare.
L'odore emanato dal tabacco penetrò prepotentemente nelle sue
narici e il suo stomaco si contrasse in una morsa: non aveva mai
provato dei conati di vomito così potenti.
Ren
aveva appena cominciato a sbuffare qualcosa come
<< Hey, grazie amore, ma come sei stato gentile ad avermi
preparato la colazione >>, imitando in
farsetto la voce della fidanzata, quando Nana si alzò sulle
gambe secche e tremolanti e corse verso il bagno. Ren la inseguì
e si avvicinò mentre lei, china sul water, si liberava della
terribile sensazione di nausea.
Quando
si risollevò trovò Ren pronto a tenderle un canovaccio
inumidito per ripulirsi la bocca e rinfrescarsi il viso.
<< Come stai, piccola?
>> Le domandò preoccupato << Ti senti meglio? >>.
Nana sorrise debolmente e
annuì << Forse ho un po' d'influenza. >> Spiegò.
Per tutta risposta Ren
appoggiò le labbra sulla sua fronte per controllare la
temperatura. Rimase fermò in quella posizione per qualche
secondo, ma non gli parve di sentire alcun calore.
<< Non lo so, Nana...
>> Replicò << ... Non mi sembra che tu abbia la
febbre. >>.
Si sollevò in piedi e
le tese la mano per aiutarla a fare altrettanto. Lei si alzò
riluttante ma si sentiva ancora così debole che dovette
accasciarsi sul petto di lui, facendosi sostenere dalle sue braccia.
Ogni volta che la stringeva così, Nana si sentiva protetta: le
sue braccia erano così tiepide e rassicuranti mentre la
stringevano dolcemente, e il suo cuore che batteva regolare contro il
suo orecchio era così rassicurante. In quei momenti si sentiva
come una bambina tra le braccia della madre, priva di ogni
preoccupazione.
Ren era questo per lei, non
soltanto un amante, ma anche un genitore, un amico, un confidente.
Era la sua anima gemella.
Lui le baciò
dolcemente la fronte e sospirò. Adorava sentirla così
fragile tra le sue braccia, adorava essere per lei uno scoglio, un
punto di riferimento. La voleva proteggere da tutti i mali del mondo,
voleva cambiare ciò che la faceva soffrire affinché
fosse per sempre felice.
<< Comunque oggi
chiamo lo studio e gli dico che rimango a casa con te. >> La
rassicurò.
Nana si scostò dal
suo abbracciò e lo fissò diritto negli occhi
intensamente << No! No, devi andare a lavoro. >> Lo
rimproverò << Io potrei essere contagiosa e ho bisogno
di riposare, non puoi fare nulla per me qui. Però allo studio
hanno bisogno di te! Vai, non preoccuparti. >> E gli rivolse un
sorriso d'incoraggiamento.
Ren
era contrariato. Si preoccupava per Nana quando lei stava bene,
figurarsi ora che era malata! Piegò la testa di lato
ponderando la possibilità di andare o no lavoro: era chiaro
che Nana non lo voleva tra i piedi, tuttavia avrebbe potuto aver
bisogno urgente di lui durante il giorno. E se le fosse capitato un
attacco d'asma mentre lui era fuori? Certo, ormai aveva preso
dimestichezza con i sacchetti di cartone e da quando aveva cominciato
a prendere medicinali, 3 mesi prima non aveva più avuto
attacchi. Ma la paura seguiva Ren come un'ombra e lo avvolgeva nel
suo vortice oscuro e pesante.
<<
E va bene... >> Cedette, infine, a causa dello sguardo deciso
di Nana. Era certo che lei non avrebbe ammesso repliche. << ...
Però promettimi che se hai bisogno di qualcosa, qualsiasi
cosa, mi chiamerai subito e non uscirai assolutamente in queste
condizioni. >> Si assicurò.
<< Parola di scout! >>
Promise lei.
<< E che ti metterai a
letto e non farai nulla di più faticoso che guardare la TV. >>
Rincarò la dose lui.
<< Accidenti! >>
Ridacchiò lei << E io che avevo intenzione di andare a
farmi una corsa di 15 chilometri... >> E gli fece una
pernacchia.
<< Non scherzare. >>
La minacciò lui per finta, poi la attirò a sé e,
nonostante avesse rimesso pochi minuti prima, la baciò
appassionatamente, facendo scivolare le mani sotto la canottierina
nera e stringendo i suoi seni sodi tra le mani.
Un gemito di dolore sfuggì
dalla bocca della donna mentre lui affondava le mani sul suo petto,
era come se stesse stuzzicando un livido. Una sofferenza sorda e
lancinante si irradiava dal suo torace. Ren non si rese conto di
farle male e, anzi, scambiò quel guaito per un segno di
passione e la strinse a sé con più forza.
<< Ci vediamo stasera,
Amore. >> La salutò << Ti chiamo più tardi
per sapere come stai. >>.
Non appena Nana ebbe sentito
la porta d'ingresso richiudersi con un tonfo afferrò il
telefono e compose il numero di Yasu per informarlo che quel giorno
non riusciva ad andare allo studio perché non si sentiva bene.
Il batterista non riuscì a celare una nota di preoccupazione
nella propria voce mentre le chiedeva cos'aveva esattamente. La folle
ossessione di Ren era forse contagiosa?
Dopo averlo rassicurato e
aver riagganciato il telefono si distese a letto sperando di riuscire
ad addormentarsi, ma sfortunatamente le sembrava impossibile: la
nausea non le dava tregua!
Non ricordava di essere mai
stata così male le rare volte in cui aveva avuto l'influenza.
Dire che si sentiva uno straccio era un eufemismo.
La colazione era rimasta
intatta accanto a lei, ma la sola vista del cibo accresceva il suo
voltastomaco. Si alzò e si spostò verso il soggiorno,
ma, proprio mentre attraversava il corridoio adiacente alla camera da
letto, il suo sguardo cadde distrattamente sul calendario. I riquadri
erano pieni zeppi di scritte: impegni, anniversari, date importanti
e... Le date del suo ciclo mestruale!
Nana scrutò le date
alla ricerca degli ultimi giorni nei quali aveva evidenziato i
pallini rossi che indicavano il suo periodo, risalivano ad un mese e
mezzo prima. In un primo momento la donna rimase incredula ad
osservare i segni rossi sulla carta, poi facendo uno sforzo di
memoria e aiutandosi con le dita cercò di ripetere i calcoli
per accertarsi di ciò che vedeva. No, doveva esserci
assolutamente un errore. Non poteva essere... incinta! Certamente
aveva dimenticato di segnare il suo ultimo ciclo sul calendario, non
poteva essere altrimenti. Prendeva la pillola, giusto? E non poteva
rimanere incinta se prendeva la pillola. A meno che... Nana corse in
bagno e aprì il cofanetto dei medicinali e afferrò la
scatoletta di antibiotici che le erano stati prescritti per l'asma.
Con mani tremanti srotolò il foglietto illustrativo e cominciò
a scorrere le frasi finché non trovo quello che le
interessava.
<< Cazzo! >>
Imprecò quando scoprì che il farmaco interagiva con la
pillola e ne annullava l'effetto contraccettivo << Ma perché
cazzo non ho letto queste cazzo di istruzioni prima?! >>
Strillò scagliando il blister lontano da sé. Ora doveva
correre in farmacia o al supermercato per procurarsi un test di
gravidanza, e se incontrava qualcuno per strada? E se la commessa la
riconosceva? Accidenti alla sua fama!
Si
alzò e cercò di camuffarsi al meglio: indossò un
paio di semplici jeans, scarpe di tela, una camicia di Ren, occhiali
da sole e una parrucca di lunghi capelli biondi che le aveva regalato
Shin.
<<
Non si sa mai, >>
Le aveva detto, << un giorno
potrebbe tornarti utile >>
Ringraziò
mentalmente Shin e lo benedisse per quel colpo di genio. Per
completare il tutto s'infilò un berretto da baseball e uscì
di casa.
Si
mosse frettolosa e nel giro di 10 minuti era arrivata al
supermercato: c'erano così tanti test tra cui scegliere! Ma
perché non farne uno solo? Insomma, a cosa servivano dozzine
di tamponcini diversi? In fin dei conti il loro scopo era lo stesso,
insomma o una è incinta o non lo è, non è che ci
siano vie di mezzo.
Ce
n'era addirittura uno che indicava lo stato di gravidanza con una
faccina sorridente!
A cosa
diavolo serviva una faccina sorridente? Chi poteva essere felice a
sapere una notizia del genere? Molte donne, naturalmente. Ma non lei.
Alla
fine Nana ne acquistò uno che calcolava anche da quanto tempo
era avvenuto il concepimento.
Arrivata a casa scartò
l'involucro con impazienza, non aveva molti dubbi, in realtà.
Era quasi certa di essere incinta, ma non si poteva mai essere
sicuri, in fin dei conti qualche volta accadevano anche miracoli.
Anche se non accadevano a lei, in genere.
90 secondi per il
responso... Quanto erano lunghi 90 secondi? La durata di un trailer
alla televisione, di solito. Sembravano infiniti.
Alla fine cominciò a
delinearsi qualcosa sul piccolo schermo, inizialmente comparve una
linea blu verticale.
Ok,
Nana, niente panico. Una linea blu verticale non significa un
accidente.
La
cantante stava già per tirare un sospiro di sollievo quando
comparve una linea blu orizzontale perpendicolare alla prima.
Quell’insignificante croce blu poteva indicare una cosa
soltanto: era certamente incinta.
In altre parole: era
fottuta!
<>
Imprecò ancora.
E ora come glielo diceva a
Ren che aspettavano un bambino? Oh, chiaro, lui ne sarebbe stato
entusiasta.
Logicamente. Mica era lui
che doveva portarsi dentro quel maledetto parassita per 9 mesi per
poi partorirlo con dolore e doversi occupare di lui fino alla
maggiore età.
Io voglio fare concerti,
non figli.
Nana non aveva cambiato idea
su quel punto. Amava Ren alla follia e le era capitato di
fantasticare, doveva ammetterlo, sul fatto di costruire una famiglia
assieme a lui, ma non in quel momento. Non ora che i Blast erano un
passo dal successo internazionale.
Quel bambino aveva deciso di
innestarsi nel suo utero al momento meno opportuno.
Anzi, non era ancora un
bambino era una macchia. Sì, una maledetta macchia che sarebbe
diventata sempre più grande e avrebbe succhiato la sua vita
prendendole tutto senza restituirle nulla. Era solo un piccolo infido
schifosissimo spermatozoo che era riuscito a superare tutte le sue
difese e si era installato in uno dei suo ovuli.
Cosa doveva fare? Aveva
bisogno di tempo per pensarci.
Avrebbe potuto ancora
sbarazzarsene senza dire nulla a Ren, ma non era capace di una
bassezza simile. D'altra parte non se la sentiva neppure di allevare
un mocciosetto frignone e a farsi chiamare “mamma”.
Era combattuta tra il suo
sogno di diventare famosa in tutto il mondo e il terrore di diventare
come sua madre, pronta ad abbandonare senza rimorsi il sangue del suo
sangue.
Non aveva il coraggio di
affrontare Ren, non subito almeno.
Prese uno zaino e vi buttò
dentro qualche vestito e si avviò, cupa in volto, verso
l'appartamento 707. Aveva il suo mazzo di chiavi e la certezza che
nessuno l’avrebbe disturbata per qualche tempo.
The
Author's Corner: Spero
che abbiate gradito questo secondo capitolo.
Ringrazio
i 30 lettori che hanno visualizzato l'inizio di questa fan fiction e
in particolare ringrazio leyilame, che ha aggiunto The Red Thread
alle storie seguite, e sharpey18 che è stata la prima (e
unica, sigh ç_ç) a commentare il primo capitolo.
Arrivederci
al prossimo capitolo allora ;)
Bye
bye
|
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Capitolo 3 *** For The Rest Of My Life ***
Capitolo
3
For
the Rest Of My Life
Miu strinse il copione tra
le mani tremanti: conosceva le battute a memoria ed era certa che
avrebbe fatto una buona impressione di fronte al casting, tuttavia
non riusciva a sentirsi completamente rilassata.
I provini la facevano sempre
sentire così: la sua gola si stringeva ed ogni volta temeva
che le venisse un attacco d’asma, inoltre, un attimo prima di
andare in scena la sua mente si svuotava come una lavagna che viene
cancellata e lei restava immobile con l’orribile sensazione di
avere scordato tutte le battute. Fortunatamente non appena le veniva
fatto cenno di cominciare le ritrovava tutte, come se fossero
ricomparse magicamente sulla lavagna della sua mente.
Misurava con i suoi passi
nervosi il perimetro della sala d’attesa ignorando gli sguardi
delle sue rivali, cercava di convincersi di essere la migliore.
Effettivamente era la più celebre tra le aspiranti attrici
presenti in sala, tuttavia non poteva essere certa di ottenere la
parte.
Dall’altra parte
stavano attendendo gli uomini, anche loro in lizza per il ruolo del
protagonista maschile.
Miu non era un’appassionata
del cinema horror, tuttavia quella pellicola le pareva
particolarmente interessante: raccontava di Terako Shiragami, una
giovane donna che dopo aver abortito comincia ad avere inquietanti
visioni e cerca l’appoggio di uno psichiatra che però
non sembra volerle credere e finisce per prescriverle un soggiorno in
una clinica psichiatrica, dove però la situazione degenera e
Terako si trova costretta a combattere faccia a faccia con il nemico
invisibile.
Improvvisamente una voce
gracchiante si levò dall'altoparlante pronunciando il suo
nome, Miu Shinoda.
L'attrice rabbrividì,
quei suoni metallici le urtavano i nervi, come unghie, che grattando
sulla lavagna, rimbombavano come esplosioni nella sua testa.
Miu si affrettò ad
entrare nella stanza dove si svolgevano i provini, si sentiva sempre
in imbarazzo di fronte a degli sconosciuti, eppure non appena
giungeva il momento di calarsi nella parte diventava veramente
un'altra persona e la riservata ed introversa Miu Shinoda rivestiva i
panni di qualche personaggio che con il suo carattere non aveva
alcuna somiglianza.
<<
Buongiorno. >> La donna salutò educatamente tutti i
presenti in sala che la ricambiarono con gesti svogliati. Era tutta
la mattina che visionavano aspiranti attori ed attrici e l'unico
desiderio che avevano era di concludere al più presto quella
sceneggiata.
Dalla stanza adiacente fece
la sua comparsa un attore attorno ai 50 anni che recentemente aveva
ottenuto un grande successo grazie ad una pellicola nella quale aveva
il ruolo di un insegnante di violoncello innamorato ed ossessionato
da uno dei suoi studenti, appena maggiorenne. Miu aveva apprezzato
molto lo stile dell'attore, Hiiragi Hikari, così come aveva
trovato commovente la delicatezza con la quale il regista affrontava
un tema tanto sconveniente.
Una donna dai capelli tinti
di biondo paglia li invitò a cominciare << Pagina 6,
scena 4: “Lei non può capire il mio dolore”.
Potete cominciare. >>.
Quella scena si svolgeva in
uno studio psichiatrico: Terako, la protagonista, aveva un colloquio
con lo psichiatra dell'ospedale, subito dopo l'avvenimento dei primi
inquietanti eventi.
Miu cercò di calarsi
nel personaggio: una giovane donna spaventata da cose che soltanto
lei era in grado di vedere, rinchiusa in una prigione angosciosa e
costretta ad umiliarsi di fronte a persone che la credevano malata di
mente.
Non era difficile, un tempo
lei aveva vissuto quelle stesse emozioni sulla sua pelle: queste
l'avevano quasi sopraffatta per lungo tempo. Poi il destino l'aveva
condotta tra le braccia di Yasu che con la sua imperturbabilità
l'aveva risollevata da quell'abisso d'angoscia dal quale Miu non
vedeva alcuna via d'uscita.
Lo stesso procedimento era
stato adottato da Hiiragi: un uomo che aveva a che fare
quotidianamente con persone forti delle più assurde
convinzioni, ma che al contempo doveva combattere l'analogia del
caso di Terako con quello di Risa, la sua prima paziente, una donna
che non era stato i grado di salvare.
<< Lei non può
capire il mio dolore. >> Gli
occhi di Miu fissarono un punto imprecisato alle spalle di Hiiragi.
La sua voce triste sembrava
provenire da un luogo molto oscuro e lontano dell'interiorità
della donna e la posizione rattrappita e difensiva permetteva di
intuire che ella provava un forte disagio e malessere a trovarsi in
quella situazione.
<< Signorina
Shirakawa, lei sta attraversando un periodo estremamente delicato...
Il bambino, con il quale lei stava costruendo un rapporto, ora non
c'è più e le manca. >> Hiiragi
si schiarì la gola e parlò con voce profonda.
Ogni parola era severamente
ponderata nella sua mente, prima di essere espressa ad alta voce.
Le sue braccia non erano
incrociate, perché non voleva creare una barriera tra lui e la
sua interlocutrice, tuttavia il suo nervosismo a dover trattare una
persona dalla psicologia così fragile era espresso dalle mani
tremolanti che giocavano con una penna a scatto.
<< Al contrario
dottore... >> Lei scosse
la testa, quasi incantata dal modo in cui i suoi capelli
volteggiavano nell'aria quando si muoveva << Lui è
sempre qui con me... In ogni istante. >> Aggiunse
con il suo modo di fare misterioso.
La paziente era come un
animale selvatico, doveva imparare a conoscere chi si trovava di
fronte prima di potervi riporre la propria fiducia.
<< Mi riferisco a
questo, Terako. >> Con
cautela l'uomo posò la penna e avvicinò lentamente la
mano alla spalla di Miu, affascinato e inquieto, come quando si
incontra un cane randagio per la strada e si è tentati
all'idea di accarezzarlo.
Il dottore tende una mano
alla donna.
<< Non mi tocchi le
sue mani sono coperte di sangue! >> Miu
ringhiò, scuotendosi improvvisamente dal suo torpore <<
Non toccarmi, Assassino! >> Schiaffeggiò
la mano di Hiiragi e continuando a emettere versi di stizza si
accovacciò in posizione di attacco di fronte all'uomo.
<< Terako,
calmati... Cosa succede? Stai indietro Terako! >> Il
volto dell'attore si trasfigurò da calmo e professionale a una
smorfia di terrore, mentre indietreggiava tenendo le mani avanti per
respingere la donna che si preparava ad attaccarlo agitando le
braccia come un'ossessa.
Il finto terrore sulla
faccia di Hiiragi e la furia accuratamente studiata di Miu chiusero
la scena.
La donna che li aveva
invitati a cominciare gli annunciò che la scena era conclusa
e, con un sorriso e la promessa di contattarli nei prossimi giorni,
li congedò.
Entrambi gli attori
ringraziarono e lasciarono la sala mentre un'altra coppia si
preparava a fare il proprio ingresso.
La donna controllò
l'orologio e imprecò: il treno che doveva prendere stava per
partire!
Non si era neppure resa
conto che aveva fatto tremendamente tardi. In genere pianificava i
propri programmi al secondo spaccato in maniera da non avere
sorprese, eppure proprio oggi si ritrovava a dover correre a
perdifiato per raggiungere il treno. La sera Yasu l'aveva invitata a
cena fuori: era molto tempo che non trascorrevano una tranquilla
serata assieme e per nessun motivo si sarebbe permessa di rovinare
tutto con un ritardo.
Effettivamente era strano
che Yasu le chiedesse di uscire durante un giorno lavorativo: la
mattina dopo avrebbe dovuto svegliarsi presto per andare in ufficio e
inoltre era stato impegnato l'intero pomeriggio a provare con i
Blast. E, soprattutto, Yasu non era tipo da portarla a cena senza che
ci fosse qualche ricorrenza speciale: in fin dei conti il loro
anniversario sarebbe caduto solamente tra 3 mesi. Qual era il motivo,
allora?
Il suo flusso di pensieri fu
interrotto dalla vista del treno che stava per lasciare la stazione:
con uno sprint finale raggiunse le portiere un attimo prima che si
chiudessero e si lasciò andare a peso morto su un sedile,
ansimando e detergendosi il sudore dalla fronte. Forse non le avrebbe
fatto male fare un po' di jogging.
Gli altri passeggeri la
osservavano con uno sguardo bizzarro mentre le passavano accanto e
nessuno durante i 20 minuti di tragitto si era seduto accanto a lei
sebbene la carrozza fosse piena e molti fossero in piedi.
Alla fermata saltò
giù dal treno e con passo sostenuto si avviò verso il
proprio appartamento e dopo essersi specchiata nell'ingresso capì
cosa aveva turbato tutti quei pendolari: aveva un aspetto orribile!
I capelli erano una massa di
liane aggrovigliate, il viso era rosso e accaldato, gli abiti
spiegazzati... Senza soffermarsi oltre si spoglio e si infilò
sotto la doccia lavandosi accuratamente.
Adorava prendersi cura di
sé: lavarsi, spalmarsi creme e oli profumati sulla pelle e
truccarsi. Tuttavia si trovava perennemente in crisi con la scelta
del vestito e l'acconciatura.
Aprì l'armadio colmo
di abiti pensando "Accidenti! Non ho nulla da mettere!",
certamente Yasu l'avrebbe portata in un locale elegante e lei non
voleva sfigurare.
Provò un abito nero
con le maniche a sbuffo, ma lo specchio rifletteva l'immagine di una
bambinetta anziché quella di una donna, poi ne provò
uno rosso estremamente scollato, niente da fare: non aveva abbastanza
seno; il terzo le cadeva male.
Con i capelli non andava
certo meglio: se li avesse lasciati sciolti sulle spalle il vento
fuori li avrebbe spettinati in un secondo, se li avesse arricciati i
boccoli si sarebbero disfatti nel giro di mezz'ora e se li avesse
legati avrebbero perso il proprio fascino.
Invidiava tremendamente Yasu
che non doveva preoccuparsi dei capelli e che poteva indossare uno
smoking qualsiasi sapendo che gli sarebbe stato addosso alla
perfezione.
Infine trovò ciò
che faceva al caso proprio: un abito in seta color rosa antico. Lo
allacciò dietro il collo con un nastro bianco e con un secondo
nastro lo legò alla vita in un grazioso stile impero, la gonna
sotto era morbida e asimmetrica lunga fino al ginocchio e bordata con
un grazioso strato di pizzo bianco e si raccolse i capelli con un
bastoncino rosa decorati con motivi geometrici bianchi, infine calzò
un paio di sandali bianchi con il tacco e si ammirò allo
specchio: raramente era così soddisfatta del proprio aspetto.
Pochi minuti dopo Yasu la
passò a prendere in auto e con un gesto di autentica
cavalleria le aprì la portiera.
Ogni volta che Miu lo
guardava negli occhi si sentiva come se fosse la prima volta che lo
incontrava: il suo cuore batteva a mille come mai aveva fatto prima e
non era in grado di controllare lo stupido sorriso che si dipingeva
sul suo volto arrossato dal sangue che le saliva alle guance.
Il tragitto fu lungo, ma
quasi mai silenzioso: chiacchierarono del più e del meno, del
provino di Miu, del caso giuridico al quale stava lavorando Yasu, dei
Blast... Ma nulla di più personale.
Yasu svoltò in una
stradina sterrata ed isolata, le case e le luci di Tokyo cominciavano
a diradarsi. La stradina saliva seguendo un tratto frastagliato di
costa e si concludeva con uno splendido ristorante che si affacciava
direttamente sul mare.
Per entrarvi bisognava
attraversare un giardino fiorito in stile orientare con tanto di
stradina acciottolata e ruscello, che si concludeva con uno stagno
pieno di ninfe, attraversato da un ponticello in legno dalla forma
arcuata e i corrimani decorati.
Il locale era composto da
un'unica sala dalle luci soffuse, la musica dal vivo di una band
sconosciuta vestita con degli smoking bianchi avvolse tutti i
presenti creando un'atmosfera indescrivibile, magica.
Il cuore di Miu batteva
all'impazzata, nessuno l'aveva mai invitata in un posto del genere.
<< Yasu questo posto è
... >> Non trovava le parole, era un locale così
romantico da non sapere come descriverlo con una sola parola <<
... Meraviglioso. >> Bisbigliò alla fine.
Yasu la abbracciò da
dietro e le appoggiò le mani sul ventre affondando il volto
nel collo dell'amata. Miu rabbrividì, come sempre, sentendo il
respiro dell'uomo vicino all'orecchio << Tu sei meravigliosa,
Miu. >> Sussurrò, prima di riprendere la consueta aria
distinta mentre si rivolgeva al cameriere.
<< Buonasera, ho
riservato un tavolo per due a nome "Takagi". >> Gli
spiegò Yasu.
<< Certo, vogliate
seguirmi Signori. >> E li guidò verso un tavolo posto
vicino al balcone, tanto prossimo al mare che Miu poteva sentire
l'aria salmastra sulla pelle e il tramonto era tanto vicino che le
pareva di poter toccare l'enorme disco rosso del sole che lentamente
s'inabissava nelle acque scure.
Parlarono e ordinarono da
mangiare, brindarono alla salute e all'amore con il migliore saké
e passarono una bella serata all'insegna della leggerezza.
Miu era sospettosa, tutte
quelle chiacchiere vuote e quell'allegria tesa le attanagliavano lo
stomaco come una morsa di ghiaccio.
Voleva chiarirsi, voleva
scoprire se tutta quella tensione era giustificata o meno.
Yasu non sembrava notare
quel cambiamento d'umore nella donna e seguitava a parlare, mentre lo
stomaco di Miu si chiudeva a causa della nausea.
Non potendo più
sopportare quel senso d'angoscia, Miu afferrò la borsa e, dopo
essersi scusata, si diresse verso il bagno, Yasu nel frattempo fece
un cenno al cameriere e gli bisbigliò qualcosa all'orecchio
indicando la band con la testa. Il cameriere annuì e si
avvicinò al cantate chiedendogli qualcosa, lui annuì.
Miu si osservò allo
specchio.
Yasu le era sembrato strano
quella sera, ma cosa poteva saperne lei in fin dei conti? Era
paranoica e non si fidava realmente di nessuno.
Tornò in sala e trovò
Yasu in piedi con la mano testa che la invitava a concedergli un
ballo.
Prese la sua mano e si
lasciò condurre goffamente, non sapeva che Yasu fosse un
ballerino. Piroettavano con eleganza sulla pista, mentre gli occhi di
Miu scorrevano gli altri clienti: erano quasi tutti più vecchi
di loro e si trattava soprattutto di coppie sposate o di gruppi a
cena di lavoro che discutevano di contratti. Non c'era nessun
bambino.
Finì una canzone e ne
iniziò una estremamente dolce e lenta.
I've
been searching a long time For someone exactly like you I've
been travelling all around the world Waiting for you to come
through. Someone like you makes it All worth while Someone
like you keeps Me satisfied. Someone exactly Like you.
<<
Miu, >> Cominciò Yasu, la sua voce tremava, non era mai
stato tanto nervoso in vita sua, neanche al suo primo concerto, <<
Sono 6 anni ormai che ci frequentiamo e ho capito che sei l'unica
donna che potrei amare, hai rapito il mio cuore. >>
Si inginocchiò ed
estrasse una scatolina di velluto blu dalla giacca << Sposami,
Miu. >> Ed aprì la scatoletta rivelando un anello in
argento estremamente semplice, con un diamante di discrete
dimensioni, ma dal taglio perfettamente lavorato.
Aveva scelto quel gioiello
perché gli ricordava Miu, così spontanea e riservata,
ma di una bellezza talmente pura da attirare l'attenzione di
chiunque.
Le guance di Miu erano
scarlatte e rigate dalle lacrime, neppure nei suoi sogni migliori
Yasu le chiedeva di sposarla in maniera tanto plateale e romantica.
Le pareva di vivere in una fiaba, forse era troppo bello per essere
vero, si sarebbe svegliata presto ne era certa.
Yasu ripose l'anello in
tasca, temendo di averla turbata: forse aveva esagerato a
chiederglielo in pubblico, lei era timida e odiava essere al centro
dell'attenzione e con quella proposta aveva attirato gli occhi di
tutto il locale addosso a loro.
La band continuava a
suonare.
I've
been travellin' a hard road Lookin' for someone exactly like
you I've been carryin' my heavy load Waiting for the light to
come Shining through. Someone like you makes it All worth
while Someone like you keeps Me satisfied. Someone exactly Like
you. *
<<
Miu, >> La chiamò.
Lo sguardo di lei era vacuo
come quello di una bambola, stava per avere un attacco d'asma? Aveva
l'inalatore con sé?
<< Miu, mi dispiace.
Non avrei dovuto chiedertelo... >> Ma, nonostante l'imbarazzo,
perché non faceva nulla? Lo stava forse rifiutando? Come
poteva? Yasu era certo che Miu lo amasse quanto lui amava lei, perché
non gli diceva di sì? Che anche lei non desiderava altro che
unirsi a lui in matrimonio?
<< Non preoccuparti,
Miu, >> Le prese la mano << Dai, vieni, ti... >>
Miu doveva parlare, doveva
farlo immediatamente, voleva dirgli che non desiderava altro che
diventare sua moglie, ma le parole erano bloccate nella sua gola.
Deglutì e con uno
sforzo immane lo interruppe << Lo voglio, >> E poi con
decisione << voglio sposarti. >>
Lui non poteva crederci:
sebbene fosse stato certo che lei avrebbe accettato, vedendola in
quello stato quasi catatonico aveva cominciato a dubitare e ora lei
con quelle semplici parole l'aveva reso l'uomo più felice
sulla faccia della terra. Non aveva paura di quel "tutta la
vita", non se Miu era al suo fianco.
Yasu la abbracciò e
si baciarono appassionatamente tra gli applausi del "pubblico",
e qualche signora sospirò in preda a vecchi ricordi mentre
Yasu infilava l'anello al dito della fidanzata.
Miu si stupì che
l'anello le calzasse perfettamente, sembrava pura magia. Poi si rese
conto che Yasu doveva aver preso le misure degli anelli che custodiva
nel suo portagioie, in effetti qualche giorno fa ne aveva cercato uno
e temeva di averlo perso... Ma non vi fece troppo caso, perché
quel momento era troppo bello per essere turbato da pensieri insulsi.
Lasciarono il locale con gli
auguri migliori della band e si avviarono verso l'automobile
tenendosi per mano.
<< Potevi anche
evitare di farmi stare in pena, però... >> Scherzò
Yasu, lei rise e lo abbracciò con trasporto: ora ne era certa,
aveva trovato qualcuno con cui non voleva passare solo il resto della
sua vita, ma tutta l'eternità.
The
Author's Corner: Spero che anche questo terzo capitolo vi
sia piaciuto, miei adorati lettori ^^, sostanzialmente non è
ancora successo nulla, ma sto ancora preparando il terreno per lo
sviluppo del racconto, abbiate pazienza vi prego :)
Arimi_chan:
Grazie mille per la tua recensione e per aver aggiunto la mia storia
a quelle seguite! Mi ha fatto molto piacere sapere che ti piace la
mia storia (e che condividi le mie idee rispetto alla relazione tra
Hachi e Takumi), spero di essere all'altezza delle tue aspettative
fino alla fine :)
So che la mia storia non ha
riscosso ancora molto successo, ma chissà... Io non mi do per
vinta! :)
sharpey18:
Grazie mille per le tue recensioni (mi tirano davvero su il morale) e
grazie per aver aggiunto la mia storia ai preferiti, spero che questo
capitolo ti sia piaciuto anche se riguarda Yasu e Miu (una coppia
alla quale, secondo me, nel manga non viene dato moltissimo
spazio)... In ogni caso Nana e Ren torneranno presto in scena con
tutte le conseguenze che la gravidanza porta :)
Spero che continuerai a
seguirmi :)
A presto, allora! :D
Auf Wiedersehen ^_^
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Capitolo 4 *** Not exactly a Fairy Tale! ***
Capitolo
4
Not
exactly a Fairy Tale!
Si trovava sul lungo mare
della propria città natale.
Era precisa nei dettagli,
come la ricordava.
Il cielo biancastro che
minacciava una forte nevicata e il vento che spazzava violentemente
la spiaggia e ingrossava le onde del mare che si infrangevano sul
frangiflutti con la violenza di un'esplosione.
Sembrava un tumultuoso
oceano di diamanti.
I suoi capelli biondi
svolazzano scompigliati da un vento contro il quale neppure il gel
più efficace del mondo aveva qualche possibilità.
Si strinse nella giacca di
pelle e sbuffò mentre il suo respiro si trasformava in una
candida nube di condensa.
L'odore salmastro gli
penetrava nel naso. Amava quell'odore forte e frizzante che lo faceva
rabbrividire ogni volta.
Era un brivido piacevole che
gli percorreva la spina dorsale, come la carezza di una donna.
Una mano si posò
sulla sua spalla.
Era una mano delicata,
femminile.
Era una mano che Nobu
conosceva molto bene.
La conosceva con una
precisione spaventosa e dolorosa quanto una stilettata diretta
all'interno del suo cervello.
<< Nobu... >>
Quella voce sembrava uscita direttamente dalla tomba dei suoi
ricordi, quella tomba in cui aveva imprigionato le memorie di loro
due assieme.
E ora lei era tornata a
scoperchiare quella tomba che lui con tanto dolore si era obbligato a
sigillare.
Lentamente Nobu si obbligò
a voltarsi.
Incontrò gli occhi di
quella donna, quella strega che l'aveva ammaliato e abbandonato,
facendolo soffrire con un cane.
Ma guardandola negli occhi
scopriva che quel dolore non gli impediva di amarla tutt'ora.
<< Nana... >>
Bisbigliò lui << Cos... >> Ma non poté
concludere la frase.
Hachi gli aveva posato
l'indice sulle labbra.
<< Non parlare, Nobu.
Non fare domande... >> Mormorò lei mentre si sollevava
sulle punte dei piedi per arrivare all'altezza delle sue labbra.
Si sfiorarono e per Nobu fu
come morire.
Sentì una lieve
scossa elettrica che dalle labbra di lei passò alle sue.
La strinse con più
forza a sé e con violenza infilò la sua lingua nella
bocca di lei, ma Hachi non si scompose. Continuò caparbia nel
suo tentativo di rendere quel bacio delicato ed elegante.
Nobu voleva dirle che la
amava, che voleva rimanere sempre con lei. Non voleva perderla mai
più.
<< Nobu? >> Non
era la voce di Hachi quella.
Chi lo stava chiamando?
Nobu si guardò
attorno spaesato mentre il paesaggio attorno a lui cominciava a
sbiadire.
Tutto diventava
progressivamente meno distinto, solo Hachi di fronte a lui era così
dolorosamente reale.
Cercò di afferrarla
ma la sua mano la trapassò, come se fosse aria.
<< Nana! No... Non
scappare di nuovo! Ti amo.. >> Esclamò per richiamarla
e improvvisamente si ritrovò seduto sul proprio letto, madido
di sudore e con gli occhi spalancati.
Un tonfo catturò la
sua attenzione e si voltò verso la porta della camera da
letto.
Con orrore si rese conto che
Asami era appoggiata sullo stipite della porta.
Il tonfo era stato prodotto
dalla sua borsa. L'aveva lasciata cadere, sconvolta da ciò che
Nobu aveva pronunciato svegliandosi.
Poteva dopo 6 anni di tira e
molla tra loro due essere ancora innamorato di quella puttanella?
Non riusciva a frenare le
lacrime che le sgorgavano dagli occhi. Lacrime calde, non solo di
puro dolore, ma soprattutto di umiliazione.
Quella vista spezzò
il cuore di Nobu.
Era tanto che non pensava a
Hachi, forse non la amava più così tanto come un tempo,
però non era riuscito ad eliminare completamente il ricordo
della felicità tra loro due.
<> Nobu si alzò dal letto e la inseguì,
ma lei era già corsa giù per le scale e stava per
raggiungere la porta d'ingresso.
Se fosse stato uno dei loro
litigi normali Nobu avrebbe semplicemente lasciato passare qualche
ora, il tempo che le serviva per calmare l'ira.
Ma quello non era un
litigio, quello era un gancio violento che il suo subconscio aveva
inflitto a Asami mandandola KO.
Senza curarsi del suo
abbigliamento, o per meglio dire, non abbigliamento, dal momento che
indossava solamente un paio di boxer, seguì Asami in strada e
la chiamò a gran voce.
Faceva un freddo bestiale e
Nobu si maledì per la sua idea, anche perché non
riusciva a decidersi cosa fosse peggio: il freddo che gli stava
facendo perdere sensibilità a tutto il corpo o l'imbarazzo di
essere praticamente nudo di fronte a mezza Tokyo.
Asami si voltò e per
poco non scoppiò a ridere vedendo il ragazzo in mutande che la
chiamava.
Sembrava la scena di una di
quelle stupide commedie romantiche americane in cui lui faceva
qualcosa di terribilmente imbarazzante e cavalleresco e lei cadeva ai
suoi piedi come una pera cotta.
Si costrinse a mantenere i
suoi lineamenti duri.
Nobu non doveva rendersi
conto che la sua vista la stava ammorbidendo.
Ma era così innocuo e
fragile in quelle condizioni, fuori nel freddo pungente di Tokyo.
<< Parliamone, ti
prego. >> La supplicò avanzando verso di lei con passo
malfermo.
Asami era combattuta tra la
voglia di andarsene e lasciarlo lì nel bel mezzo del quartiere
umiliato e abbandonato e quella di corrergli incontro ed
abbracciarlo.
<< Non mi muoverò
da qui finché non accetterai di parlarmi. >> Replicò
fermo << Voglio solo che tu stia ad ascoltarmi. >>
Continuò con tono di supplica.
Asami strinse i pugni e
sbuffò.
<< Parliamone dentro,
Idiota... >> Ringhiò << Prima che ti cadano le
dita dei piedi dal freddo! >> E detto questo rincasò a
passo di marcia.
Una volta dentro Asami si
calmò e, nonostante fosse ancora furiosa, lo fece sedere sul
divano e gli gettò una coperta addossò, dopo di che
scomparve in cucina per preparare un the caldo.
<< Asami, lo so che
non è una bella sensazione. Lo so che ti fa stare male il
fatto che io continui a pensare a Nana dopo 6 anni, ma ti giur... >>
Cominciò Nobu prima di essere interrotto bruscamente da Asami.
<< Non pronunciare il
suo nome. >> Bisbigliò quasi minacciosa.
<< Io voglio stare con
te, Asami, te lo giuro. Non pensavo a lei da un sacco di tempo. Non
mi importa più nulla, se la vedo con suo marito non divento
geloso, se lei dovesse venire a parlarmi non sentirei nulla... Asami,
io ho scelto te. Non m'importa più di lei... Abbiamo avuto il
nostro tempo, ma è stato tanti anni fa, una vita fa... >>
Sapeva che tutta quella situazione era patetica, la sua uscita in
biancheria intima, il suo discorso da copione di un film di serie B.
Asami non avrebbe mai creduto che era sincero.
<< Perché
continui a sognarla allora? >> Piagnucolò lei <<
Perché lei? Perché non me? >>
<< Perché io ho
il privilegio di stare con te già quando sono sveglio... >>
Sorrise Nobu e cautamente allungò la mano per toccarla.
Asami non impedì il
contatto, ma non ricambiò lo sguardo di Nobu, rimanendo a
testa bassa, raggomitolata all'angolo opposto del divanetto a 2
posti.
Tirò su con il naso e
sospirò coprendosi gli occhi con le mani.
<< D'accordo. Voglio
crederti Nobu. >> Sospirò Asami.
Nobu si allungò e la
abbracciò dolcemente.
La sua pelle era fredda e
solcata dalla pelle d'oca.
Asami ricambiò
l'abbraccio controvoglia, non l'aveva ancora perdonato del tutto.
Poi un sorriso involontario
le solcò il volto << Però devi ammettere che sei
stato un po' patetico, sai, l'uscita in mutande... >>
Sghignazzò.
<< Non ci ho
pensato... >> Confessò lui << ... Volevo solo
fermarti in quel momento, a qualunque costo. >>
Asami si sentì
sciogliere.
La sua relazione con Nobu
era fatta più di bassi che di alti, litigavano spesso e per
motivi futili e più di una volta lei aveva tentato di
prenderlo a schiaffi e più di una volta si erano giurati a
vicenda che quella era l'ultima volta che litigavano, anche che
sapevano che nel giro di un paio di settimane tutto sarebbe tornato
esattamente uguale a prima.
Eppure nessuno dei due aveva
il coraggio di andare via.
Erano così
incondizionatamente legati l'uno all'altra che non avevano il
coraggio di dare un taglio alla loro storia.
In fin dei conti i loro
momenti belli, anche se erano un'eccezione, valevano tutte le lacrime
e le urla dei litigi più burrascosi.
Perché tra le
braccia di Nobu aveva trovato tutto ciò che aveva sempre
desiderato.
Lui era così gentile
e comprensivo, sempre pronto a lottare per lei e a sostenerla nelle
sue battaglie.
Era così gentile e
affettuoso, le aveva insegnato ad amare.
Prima di Nobu era sempre
stato sesso e lavoro, relazioni senza futuro.
Il sesso aveva anche smesso
di piacerle, in fin dei conti per una porno star era routine. Ma Nobu
le aveva insegnato che esisteva un altro modo per fare sesso.
Non era abile come i suoi
colleghi sul set, però era delicato.
Le aveva insegnato come fare
l'amore.
Nobu era il Principe Azzurro
della favola, non proprio lieta, della sua vita.
E se anche fosse rimasta per
sempre la seconda donna della sua vita se ne sarebbe fatta una
ragione, perché Nobu era la sua salvezza e non avrebbe
permesso a nessuno di allontanarlo da lei.
The
Author's Corner: Purtroppo
dovrò postare ancora un paio di capitoli prima di riprendere
in mano la storia di Nana, ma vi posso anticipare che nel prossimo
capitolo (che purtroppo non so se riuscirò a postare prima di
partire per la Siberia) ritornerà in scena Ren ;)
Detto
questo, spero che vi siate goduti il capitolo numero 4! :)
Come
sempre un gigantesco grazie ai miei preziosissimi 25 lettori e alle
mie 3 commentatrici :D
Sharpey18:
Mi fa
piacere che questo nuovo capitolo ti sia piaciuto anche se non parla
di Nana e Ren :)... La parte dell'audizione l'ho scritta perchè
ho un grande amore per la recitazione anche se non ho la stoffa
dell'attrice... Perciò mi sono divertita a descrivere Miu che
si calava nei panni della pazza XD. Spero che tu abbia gradito il
pezzo su Asami e Nobu (anche se io ad essere sincera non sono una
grande fan di Asami... La Yaza l'ha fatta TROOOPPOOO insopportabile
U.u... Anche se non ha proprio una storia tanto facile)
Arimi_chan:
Ehi...
Il pezzo del provino ha fatto faville ^_^... Martina tanto contenta
:)... Yasu e Miu piacciono molto anche a me e sono contenta che la
parte della dichiarazione ti sia piaciuta... Beh, in fin dei conti
come poteva rifiutare un uomo come Yasu? Sono stupendi assieme quei
due ;). Spero che ti sia piaciuto questo nuovo capitolo :)
Allexsis:
Grazie
mille per le recensioni e per aver aggiunto la mia storia a quelle
seguite :)
Mi
dispiace di essere la causa della tua insonnia ç_ç...
Ma sono felice che la mia storia ti sia piaciuta al punto di lasciare
ben 2 commenti!! Hai dormito bene dopo? :) Comunque non
preoccuparti... Farò del mio meglio, e anche di più,
per non deluderti ;)
Alla
prossima! :D
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Capitolo 5 *** Empty Rooms, Full Rooms ***
Capitolo
5
Empty
Rooms, Full Rooms
Ren parcheggiò la
macchina nel posteggio di fronte alla casa che condivideva con Nana.
Sebbene sapesse che a Takumi
piaceva provocare, non riusciva a togliersi dalla testa l'idea che
Nana potesse essere incinta.
Sapeva che era improbabile,
poichè Nana prendeva la pillola, ma non poteva esserne certo,
forse lei aveva distrattamente dimenticato di prenderla per un paio
di giorni.
Rincasò deciso a
parlare con lei e a scoprire se dietro quel suo malessere si
nascondesse davvero una gravidanza.
Se fosse stato davvero così,
Ren si sarebbe considerato l'uomo più fortunato del mondo,
avrebbe addirittura lasciato i Trapnest per occuparsi di loro figlio.
Gli avrebbe insegnato a
suonare la chitarra e ad andare la bicicletta, e, quando fosse
diventato più grande, gli avrebbe dato consigli sull'amore.
Voleva essere per lui un
modello, qualcuno su cui poter contare.
Non vedeva l'ora che ci
fosse un piccolo Ren o una piccola Nana a gattonare per casa. Sentiva
nascere nel suo cuore il desiderio di avere un bebè che lo
chiamasse Papà.
Non era ancora certo che la
sua compagna fosse incinta, ma lo sperava con tutto il cuore. Anche
se, conoscendo Nana, e la conosceva bene, lei non sarebbe stata
affatto entusiasta di quella situazione.
Infilò la chiave
nella toppa e la rigirò mentre una bizzarra, e totalmente
fuori luogo, sensazione di vuoto lo avvolgeva.
Aprì la porta ma la
casa era buia e silenziosa, completamente priva di vita.
<< Nana? Amore, sono a
casa... >> La chiamò a voce bassa.
Nessuna risposta.
Che stesse dormendo? Si
chiuse la porta alle spalle e in punta di piedi raggiunse la loro
camera da letto. Vuota.
Preso dal panico, corse in
ogni stanza accendendo la luce. Dov'era? Dov'era Nana?
Deglutì. Aveva un
nodo alla gola che quasi gli impediva di respirare normalmente.
E se a Nana fosse successo
qualcosa?
Non era possibile, doveva
riflettere a mente lucida.
Si guardò
attentamente attorno.
Non vi era alcun segno di
scasso e oltre a Nana mancavano anche la sua chitarra, il suo borsone
e diversi vestiti.
Doveva essersene andata
spontaneamente, ma perché?
Si rannicchiò sul
pavimento.
Aveva una stramaledetta
voglia di farsi una dose.
Nana era la sua più
grande dipendenza, una dipendenza così forte da tenerlo
lontano dalla droga, ma ora che lei non era più lì chi
avrebbe potuto salvarlo?
Con mano tremante afferrò
il cellulare e compose il numero della ragazza.
Squillava a vuoto. E ogni
squillo aumentava l'angoscia nel cuore di lui.
Rassegnato, decise di
chiamare Hachiko.
Nonostante le due donne non
avessero più avuto alcun contatto dopo il matrimonio di Hachi,
non era possibile distruggere quel legame indissolubile che le univa.
Ren era sicuro che nel
momento del bisogno Nana avrebbe raccolto i sottili filamenti che la
univano all'amica e li avrebbe riavvolti fino a ritornare nel suo
abbraccio dolce e rassicurante,
Il telefono di casa squillò
un paio di volte prima che rispondesse la voce acuta della piccola
Satsuki, che lui considerava la sua nipotina.
<< Satsu – chan?
>> Chiese Ren, cercando di mascherare lo sconforto nella sua
voce.
<< Sì, chi
parla? >> Domandò lei.
<< Sono zio Ren, mi
passi la mamma, per piacere? >> La pregò.
Sentì la voce della
bambina che chiamava la madre e poi i passi pesanti di Hachi che si
avvicinavano alla cornetta.
<< Pronto? >> La
voce di Hachi gracchiò metallica e innaturale attraverso il
telefono.
<< Hachiko? >>
Replicò Ren istupidito.
<< Ren? E' tutto ok?
>> Non poteva nascondere la sua angoscia ad Hachi, lo conosceva
troppo bene.
<< Nana è lì
da te? >> Domandò.
<< Qui? No, perché?
>> Hachi era stupita. Nana lì?
Aveva desiderato molto a
lungo di sedersi con Nana sul divano di casa sua, sorseggiando del
caldo the al gelsomino o trangugiando della birra fresca, e di
parlare, lasciando che le ore scorressero via veloci e riempiendo i
silenzi con le loro risate e i loro pianti di gioia, per rattoppare
quel rapporto unico e meraviglioso, lacerato da un addio ruvido e
amaro e da anni di vuoto. L'aveva desiderato, ma Nana non si era mai
fata viva. E ora per qualche oscuro motivo era fuggita da Ren. Hachi
sentì un peso gravarle sul petto: se solo lei avesse insistito
per mantenere il loro rapporto vivo, Nana si sarebbe rifugiata da lei
per qualsiasi problema e non avrebbe dovuto soffrire da sola,
qualunque cosa fosse accaduta.
<< Stamattina stava
poco bene e quando sono tornato dalle prove non c'era, non risponde
al cellulare... Sono preoccupato, Hachi. >> La voce di Ren
suonava come quella di un bambino spaventato.
Hachi aveva voglia di
correre a casa sua e di abbracciarlo, esattamente come avrebbe fatto
con Satsuki se si fosse presentata di fronte a lei in lacrime e con
la voce così mogia.
<< Ren, rilassati...
Io credo di sapere dov'è. Lascia che vada a parlarle e poi ti
farò sapere, d'accordo? >> La voce di Hachi era
rassicurante, come quella della madre che Ren non aveva mai avuto.
Ren annuì e rispose
che avrebbe aspettato.
Interruppe la telefonata, ma
non si mosse di un millimetro, rimase incollato a quel minuscolo
spazio del pavimento, come se fosse l'ultimo punto sicuro sulla
faccia della terra.
Nel frattempo Hachiko prese
le chiavi della macchina e quelle dell'appartamento 707.
Stava afferrando il cappotto
quando incontro il marito in soggiorno.
<< Dove credi di
andare? >> Le chiese scherzoso, afferrandola per la vita e
sollevandola in aria.
In un altro momento Hachi
avrebbe goduto di quel raro e prezioso sprazzo di romanticismo
nell'indole di suo marito.
Ma non oggi. Non ora che ne
andava del rapporto tra Nana e Ren.
Non l'aveva mai sentito così
sconvolto, e con tutto ciò che aveva fatto per lei, adesso non
poteva rifiutargli il suo aiuto. E soprattutto voleva vedere Nana,
abbracciarla e annusare di nuovo il suo profumo dopo tanti anni e
parlare come due vecchie amiche. Capire cosa c'era che non andava e
aiutarla a risolvere tutti i suoi problemi.
E alla fine andarsene,
sapendo che Nana era di nuovo felice tra le braccia di Ren.
<< E' un'emergenza...
>> Balbettò Hachi allontanandolo << … Devo
uscire, per favore... Ti spiegherò.... >>
<< Perché sei
così nervosa? Cos'è tutto questo mistero? >> Le
chiese.
<< Nulla... E' Ren...
>> Replicò Hachi << Devo andare... >> Detto
questo si sciolse dall'abbraccio e fuggì verso la porta.
Takumi rimase in piedi
osservando la porta che si richiudeva dietro la minuta figura della
moglie e il rimbombo del legno che sbatteva si amplificò
pesantemente nella sua testa.
Si sentiva offeso
dall'abbandono. Lei non aveva il diritto di piantarlo in asso così,
non per una volta che avevano la possibilità di stare un po'
loro due da soli.
Satsuki fece capolino dalla
sua stanza e si avvicinò al padre.
<< Papà, ho
fame... >> Si lamentò la bambina tirandogli la giacca.
In quel momento anche Takumi
si rese conto di avere un certo languorino.
Prese la piccola in braccio
e le baciò la fronte.
<< Andiamo a vedere
cosa possiamo mettere sotto i denti, Piccolina... >> E mentre
si avviava verso la cucina ringraziò sentitamente l'inventore
del segnalatore di fumo che gli avrebbe impedito di far saltare in
aria l'intero condominio.
Asami si era addormentata
sul letto di Nobu, sfinita dopo una giornata passata tra un colloquio
di lavoro e l'altro.
Era davvero difficile per
una ex attrice di film per adulti trovare un ruolo in qualche altro
genere di produzione.
Nobu le aveva ripetuto più
volte che se non se la sentiva più di fare quel lavoro i suoi
soldi sarebbero stati sufficienti a supportare entrambi, ma a lei
quell'idea non andava a genio.
Per tutta la vita se l'era
cavata sola e non aveva intenzione di chiedere la carità a
nessuno, nemmeno al suo ragazzo.
Nobu sorrise mentre la
osservava rigirarsi tra le lenzuola: sembrava una bambina in quei
momenti, era così calma ed adorabile.
Completamente diversa dalla
Asami sveglia, sempre di fretta e spesso di malumore.
Però Nobu la amava
anche così, perché lui era un cavaliere e non poteva
fare a meno di innamorarsi di tutte le ragazze che parevano in
difficoltà.
Anche se spesso era lui che
ci rimetteva alla fine.
Asami aprì gli occhi
e mugugnò << Che ore sono? >>
Si stiracchiò
pigramente e scostò le lenzuola.
Nobu lanciò uno
sguardo all'orologio sulla parete di fronte a lui e rispose <<
E' quasi ora di cena, vuoi mangiare qualcosa? >>
Asami scosse la testa e
allungò le mani chiedendogli di andare ad abbracciarla <<
Vieni a stenderti un po' con me, Nobu... >> Lo pregò.
Nobu obbedì e si
stese sotto le lenzuola abbracciando forte Asami.
Lei posò il capo sul
suo petto e ascoltò silenziosa il suo cuore che palpitava nel
petto.
Era un suono regolare e
rassicurante.
Asami si sentiva protetta
quando ascoltava il cuore di Nobu, era come se nulla al mondo potesse
turbarla in quei momenti di pace e serenità.
Stavano stretti in quel
letto singolo, dimentichi di qualsiasi problema. L'appartamento era
diventato un vero casino da quando si erano conosciuti.
Ogni volta che Asami si
fermava a dormire finiva col dimenticarsi qualcosa a casa di Nobu e
così di volta in volta lui trovava: reggiseni colorati
mescolati alle sue magliette, calze in nylon e creme di bellezza
posate in equilibrio precario sul bordo del lavandino in bagno.
Casa di Asami probabilmente
non era tanto meglio, ogni volta che andava là Nobu si
scordava qualcosa: gli spartiti per la chitarra, il gel per capelli e
gli orecchini che ogni sera prima di andare a letto posava sul
comodino e che puntualmente dimenticava di rimettere la mattina dopo.
I loro appartamenti si
stavano fondendo l'uno con l'altro in un'accozzaglia di ciarpame
inutile.
Era da un po' che nella
testa del chitarrista frullava l'idea di chiedere a Asami di
trasferirsi da lui: sarebbe stato più pratico e avrebbero
potuto vedersi più spesso.
Però non sapeva come
introdurre l'argomento, anche se conoscendo Asami probabilmente
sarebbe stata entusiasta dell'idea.
<< Sai una cosa... >>
Sbottò all'improvviso mentre cercava di rigirarsi per trovare
una posizione più confortevole << … Questo letto
è piccolo per due persone. >>
Asami rispose con un
mormorio di assenso.
<< E' inutile
prenderne uno più grande però, in fondo non mi fermo a
dormire così spesso... >> Replicò lei.
<< E se lo facessi? Se
ti fermassi qui a dormire ogni notte? >> Nobu attese la
reazione di Asami trepidante. Non aveva mai vissuto con una donna
prima d'ora.
Asami smise di respirare e
fissò il soffitto con sguardo vacuo.
Nobu le stava suggerendo di
trasferirsi da lui in pianta stabile?
Ovviamente c'erano dei punti
a favore: sarebbe stata più vicina al centro e Nobu avrebbe
potuto darle dei passaggi in auto quando lei ne aveva bisogno,
avrebbe avuto meno spese dividendo l'affitto con Nobu, in fin dei
conti non avrebbe più dovuto mantenere i costi del suo vecchio
appartamento e avrebbe diviso quelli nuovi con Nobu, in più
avrebbe potuto vederlo ogni giorno e dormire abbracciata a lui ogni
notte. Avrebbero potuto divenire una vera coppia.
Eppure non poteva accettare.
Lei e Nobu litigavano spesso
e se avessero cominciato una convivenza la situazione si sarebbe
soltanto aggravata, in fin dei conti si sa che la convivenza tira
fuori il peggio delle persone.
Ma come spiegarlo a lui? A
lui che aveva una visione così romantica ed idilliaca
dell'amore?
Non avrebbe mai potuto
capire i suoi dubbi e le sue perplessità.
Stavano assieme da molto, ma
non sentiva così forte il bisogno di vivere con Nobu, anzi per
il momento preferiva rimandare.
Non perché non lo
amasse, ma proprio perché lo amava troppo, e non voleva che
quell'amore fosse demolito dal veleno di una relazione troppo
soffocante.
<< Nobu... Io non
credo che sia una buona idea per come stanno le cose ora... >>
Balbettò Asami, sapendo che quelle parole non avrebbero fatto
altro che portarli all'ennesimo litigio.
Nobu si sollevò di
scatto udendo quelle parole e la fissò dall'alto in basso con
uno sguardo confuso e risentito.
<< E' ancora per
quello stupido sogno? >> Le chiese.
Asami scosse la testa con
decisione << No, però noi litighiamo... Litighiamo
spesso. E se andassimo a vivere assieme la situazione peggiorerà!
E io non voglio che peggiori... Mi serve solo un po' di tempo in più.
>> Gli spiegò.
Nobu piegò la testa
di lato e la squadrò con poca convinzione.
Asami non voleva litigare
ancora, si sentiva esausta.
Scostò pigramente le
lenzuola e si sollevò.
<< E' il caso che vada
ora. >> Mormorò cupa e fece per piegarsi a dare un bacio
a Nobu, ma lui si scostò. Era di pessimo umore.
<< Ciao, Nobu... >>
Sussurrò dolcemente e si allontanò.
Il ticchettio dei suoi
tacchi si spense lentamente dopo che lei ebbe richiuso la porta di
casa alle proprie spalle.
Nobu si abbandonò sul
letto, chiedendosi dove l'avrebbe portato quella relazione.
Stavano assieme da 6 anni,
tra alti e bassi e un paio di pause di riflessione.
Non erano la coppia
perfetta, probabilmente sarebbero stati meglio con altre persone,
eppure una forza magnetica più potente del loro istinto di
sopravvivenza continuava a riportarli vicini. Forse era perché
lei era così terribilmente complicata e assomigliava così
tanto ad Hachi, che l'aveva lasciato con un amaro in bocca che
nemmeno i più dolci baci di Asami potevano eliminare.
Però non poteva
andare avanti così. Non poteva sopportare quel vuoto che
l'avvolgeva ogni volta che Asami usciva da quella porta.
The
Author's Corner: Rieccomi!
Non mi ero scordata di voi lettori :)
Mi
dispiace ma tra il viaggio e ferragosto non ho proprio avuto tempo di
postare prima questo capitolo!! :)
sharpey18:
Sono contenta che ti sia piaciuto anche il capitolo su Nobu e Asami
;) , spero che anche questo sia di tuo gradimento... E, visto che
tutti aspettano il grande ritorno di Nana ti anticipo che il prossimo
capitolo sarà dedicato a lei ;) ... Spero di riuscire a
postarlo presto! :) Bene... Ti ringrazio per avermi augurato buon
viaggio (a parte un'intossicazione alimentare da lamponi freschi è
andato alla grande xD) :D
_White_:
Mi fa
piacere che tu abbia dormito bene dopo la lettura :) Neanch'io amo
molto Asami, ma solo perchè sono una super fan di Nobu e
Hachiko, però mi dispiace per Asami perchè l'amore che
prova per Nobu è più forte della consapevolezza che lui
prova ancora qualcosa per Hachi. Spero che tu gradisca anche questo
capitolo :)
Alla
prossima! :)
|
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Capitolo 6 *** Crash and Burn ***
Capitolo
6
Crash
and Burn
Hachi parcheggiò
l'automobile lungo la riva del fiume Tama.
Il suo sesto senso le diceva
che Nana si trovava nell'appartamento 707 e che aveva bisogno di
qualcuno con cui confidarsi.
E chi meglio del suo fedele
cagnolino per alleggerire la propria anima dai dubbi e dai dolori che
la corrodevano?
Salì i gradini a due
a due ed arrivò al settimo piano sfinita e senza fiato.
Si appoggiò al muro
respirando affannosamente e attese qualche minuto, finché le
sue pulsazioni non tornarono regolari, dopo di ché avanzò
verso l'appartamento 707.
Sentì della musica
provenire da dietro la porta chiusa: accordi di chitarra e una voce
roca e graffiante, quella voce che Hachi avrebbe riconosciuto tra
mille altre. La voce di Nana.
Hachi, senza attendere un
solo istante, si precipitò all'interno dell'appartamento con
la forza di un uragano.
Nana, sorpresa, smise di
suonare e si alzò in piedi, incapace di muoversi o di fare
qualsiasi cosa, eccetto respirare piano e guardare Hachi con gli
occhi colmi di lacrime, chiedendosi se l'immagine di fronte alle sue
pupille annebbiate fosse reale oppure un miraggio.
<< Nana... >>
Sussurrò Hachi correndo tra le sue braccia.
Non si era mai resa conto di
quanto Nana le fosse mancata in quegli anni, ma rivendendola tutti i
ricordi dei mesi che avevano passato assieme la investirono con
l'impeto di una tempesta.
Persero la cognizione del
tempo e non si resero conto di quanto tempo passò prima che
sciogliessero il tenace abbraccio che le aveva unite nuovamente.
Gli occhi di Nana erano
rossi e gonfi per il pianto.
Tutta la figura della
cantante appariva così cupa e fragile che Hachi si sentì
a disagio: non aveva passato abbastanza tempo con Nana per scoprire
in prima persona quel lato di lei.
Aveva sempre considerato
Nana una donna forte, lei era la sua eroina, pronta a salvarla in
ogni momento. E ora era Hachi che doveva occuparsi di lei.
Non sapeva se era in grado
di ricoprire un ruolo tanto importante.
<< Cosa succede, Nana?
>> Le chiese costringendola a sedersi e prendendole una mano.
Nana rimase in silenzio
riflettendo su quanto fossero calde le mani dell'amica che
stringevano le sue.
Odiava apparire debole agli
occhi degli altri: per una donna come lei, cresciuta senza madre e
costretta a lavorare duramente sin da bambina, la parvenza di essere
insensibile al dolore era tutto. Ma ora aveva bisogno di una buona
amica come mai le era capitato prima.
Non aveva mai avuto una vera
amica, qualcuna che la considerasse sua pari: da ragazza era sempre
stata attorniata dai ragazzi della sua band e le sue numerose fan la
consideravano un gradino più in alto di loro, come se la
elevassero al livello di divinità.
Nana stava cercando di
raccogliere le parole giuste per spiegare la sua scelta di
allontanarsi da Ren, quando un improvviso conato di vomito la scosse.
Si allontanò
repentinamente da Hachiko e corse verso il bagno.
La ragazza si avvicinò
cautamente alla porta. Il rumore soffocato che proveniva dalla
stanza la faceva sentire male.
Pochi minuti dopo Nana
riemerse, pallida in volto.
In quel periodo a Tokyo era
facile ammalarsi: lo smog e l'umidità erano micidiali.
Inoltre Nana, che mescolava
l'asma ad alcool e sigarette era un soggetto particolarmente a
rischio.
Hachiko estrasse dalla
borsetta un flacone di pillole e lo consegnò a Nana <<
E' un rimedio omeopatico contro l'influenza. >> Le disse
sorridendo.
Nana scosse la testa e le
restituì la medicina << Non è influenza Hachi. >>
Le disse.
Per un attimo la donna non
capì.
Poi, con l'intensità
di un lampo, un'idea attraversò la mente di Hachi e lei
realizzò cosa stava capitando all'amica: la nausea, il senso
di confusione, la voglia di scappare da tutto e da tutti, la forte
emotività... Erano le stesse emozioni che lei stessa aveva
provato 6 anni prima.
<< Sei incinta, Nana?
>> Le chiese.
Nana annuì, sollevata
all'idea di aver finalmente condiviso il suo segreto con qualcuno.
Sapeva di potersi fidare di Hachi e sapeva di non conoscere una donna
con più esperienza di lei in quell'ambito e, esattamente come
aveva previsto, il suo fedele cagnolino si era immediatamente
prestato ad aiutarla in qualsiasi modo necessario.
Per un momento Hachi si
scordò completamente di avere un marito e una figlia a casa
che la attendevano, per un attimo era ritornata la ragazza di 20 anni
che condivideva l'appartamento con un'inquilina completamente diversa
da lei.
Abbracciò forte Nana
e la rassicurò: non doveva preoccuparsi di nulla. Sarebbero
state loro due, assieme come un tempo.<< Tu sei la mia
famiglia, Nana. >> Rispose Hachi << Non ti abbandonerò
più, te lo giuro. >>
Nei suoi occhi fiammeggiava
una determinazione tale che Nana si sentì sorpresa e spaesata.
Si abbandonò tra le
braccia dell'amica, godendo segretamente di quel momento di debolezza
che la faceva sentire coccolata come una bambina.
<< Sei già
stata dal ginecologo? >> Chiese Hachi facendo sedere l'amica e
affrettandosi a prepararle un infuso di erbe calmanti.
Nana scosse la testa.
Non aveva nemmeno pensato a
tutti i preparativi che precedevano l'arrivo di un bebè.
<< Non ti preoccupare,
la mia ginecologa è una donna stupenda! >> Esclamò
Hachi e si affrettò a frugare nella propria borsa alla ricerca
del cellulare << Anzi la chiamerò subito! >>
<< Hachi... >>
La fermò Nana << E' grandioso quello che fai per me,
ma... Io non so se voglio questo... >>
Hachi si fermò e, con
le mani ancora immerse nella borsa, si voltò a fissare Nana
con sguardo ferito. Le stava cortesemente facendo capire che non
aveva bisogno di lei?
<< Vuoi che vada? >>
Balbettò cercando di trattenere le lacrime.
Nana scosse la testa <<
Resta con me, ti prego. >>
I suoi occhi erano lucidi ed
enormi, come quelli di Satsuki quando aveva paura.
Hachi non aveva il cuore di
abbandonarla.
Senza neanche pensarci
spense il telefono nella borsa così nessuno le avrebbe
disturbate e prese la mano di Nana.
<< Grazie, Hachiko >>
Bisbigliò Nana mentre le due si stendevano sul letto
matrimoniale nella camera di Nana e giacevano nel buio, sveglie.
I loro occhi fissavano
sbarrati il soffitto.
Improvvisamente, in
quell'intima oscurità, la mano di Hachi si intrecciò a
quella tiepida di Nana.
<< Hachi... >>
La voce arrochita di Nana spezzò il silenzio dei loro respiri
<< Posso farti una domanda? >> Chiese.
<< Certo >>
Replicò Hachi.
<< Quando sei rimasta
incinta di Satsuki... Sì, insomma, eri innamorata di Nobu e
avevi appena chiuso con Takumi... Cosa ti ha spinto a non... ? >>
La voce di Nana appariva ovattata in quell'atmosfera onirica.
Improvvisamente Hachi si
rese conto di aver evitato di affrontare quella domanda troppo a
lungo. Sospirò, ma non trovò le parole per rispondere.
Strinse con più forza
la mano di Nana.
<< Sai cosa voglio
chiederti Hachi... >> Replicò Nana con voce solenne.
Hachi capiva benissimo: la
risposta che Nana cercava era la stessa che l'aveva rosa per intere
notti insonni mentre attendeva il parto o la crescita della bambina,
quella strana sensazione che nasceva in lei quando accarezzava i
biondi capelli di Satsuki o quando il suo sorriso riaccendeva in lei
i ricordi di una vita passata.
<< Non ho avuto la
forza di abortire... Perchè in fondo al cuore speravo che
fosse la figlia di Nobu. >> Detto questo sentì che un
peso le veniva tolto di dosso.
Con quella nuova sensazione
di pace e di tranquillità si addormentò, serena come
raramente le capitava di addormentarsi.
Al contrario, Nana rimase
sveglia ancora a lungo.
Nella sua mente si
affacciavano troppi pensieri per permetterle di scivolare lentamente
nel mondo dei sogni.
Se Hachi aveva avuto il
coraggio di mettere al mondo una figlia illegittima, perché
lei aveva paura di portare a termine la gravidanza pur essendo ben
consapevole che il suo bambino sarebbe cresciuto in una famiglia
accogliente, con 2 genitori innamorati che non gli avrebbero mai
fatto mancare nulla?
Solo ora comprendeva la
paura di sua madre nel metterla al mondo, solo ora poteva avvicinarsi
agli stessi sentimenti che quella donna aveva provato quando aveva
scoperto che Nana si era innestata nel suo utero. Non poteva ancora
perdonarla, non avrebbe mai potuto, ma quantomeno ora si rendeva
conto della paura che sua madre aveva provato in quel momento.
Accarezzandosi lo stomaco
Nana chiuse gli occhi e sognò Ren.
The
Author's Corner: Rieccomi qui :)
Ecco a voi finalmente il
fatidico incontro tra le due Nana!! ^_^
Spero che vi piaccia anche
questo capitolo, è molto importante per me, visto che si
tratta di un passaggio piuttosto delicato :)
Spero di non avervi deluso!!
_White_
: Nemmeno a me è piaciuta la separazione delle 2
Nana, per questo non vedevo l'ora di scrivere del loro incontro! :)
Sono
contenta che ti sia piaciuta la parte riguardante Ren, nel manga si
intuisce che lui voglia avere dei figli, perciò mi sono detta
"perchè non cercare di farlo diventare papà?"...
Vedremo cosa ne verrà fuori alla fine :)
Per
il resto concordo su Nobu e Asami, la sto rivalutando, però
rimango convinta che Nobu debba stare con Hachi! (:
sharpey18:
Wow! Com'era la Spagna? :) Mi piacerebbe un sacco
visitarla, non ci sono mai stata!
Quando
ho scoperto nel manga che Ren si drogava ci sono rimasta così
male che mi sono detta "eh no, Ren deve superarla questa!!"
e perciò vorrei cercare di dargli l'happy ending almeno in
questa storia (:
Spero
che ti piaccia l'incontro tra Nana e Hachi... Io credo che nonostante
gli anni passati il legame tra loro due non possa indebolirsi, perciò
beh... Vedremo come continua la storia :)
Alla
prossima! :)
|
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Capitolo 7 *** I can see clearly now ***
Capitolo
7
I
Can See Clearly Now
La mattina dopo
Hachi si risvegliò riposata come non le capitava da mesi. Il
peso di quella certezza che la seguiva da molti anni si era sollevato
dal suo petto.
Era certa che
Satsuki fosse figlia di Nobu, tutti coloro che erano a conoscenza
della storia di Hachi ne erano sicuri.
Aveva dormito
molte ore cullata da un sonno profondo e privo di sogni.
Ora però
doveva tornare a casa, parlare con Takumi, abbracciare la sua
bambina.
Nana dormiva
ancora.
Era così
innocua mentre si rigirava rannicchiata su sé stessa che ad
Hachi parve quasi di osservare sua figlia.
Le lasciò
un post - it sul tavolo della cucina: si sarebbero incontrate nel
primo pomeriggio presso lo studio del ginecologo, dove Hachi aveva
prenotato una visita per l'amica.
Mentre scendeva
le scale riaccese il cellulare: come previsto Takumi l'aveva chiamata
2 volte, Junko ben 11.
Telefonò e
lasciò un messaggio in segreteria dicendo che sarebbe giunta a
casa in breve tempo.
Si preparò
alla lite furibonda che avrebbe seguito il suo rientro.
Rimase immobile
per qualche minuto con la mano posata sulla maniglia, troppo turbata
anche per respirare.
Infine aprì
la porta.
La accolse un
acre odore di fumo, il posacenere era pieno zeppo di mozziconi di
sigaretta. Takumi esagerava sempre col fumo quando era nervoso.
Emerse dalla
cucina, le occhiaie profonde e una smorfia di disappunto dipinta sul
volto.
Rimasero in
silenzio a fissarsi, come due lupi prima di una battaglia all'ultimo
sangue.
<< Ho
dormito nell'appartamento, >> Si giustificò Hachi
tenendo lo sguardo basso << Nana aveva bisogno di me. >>
Takumi non disse
nulla e Hachi ebbe paura: Takumi era solito a sbraitare, a
spintonarla talvolta, ma non aveva mai soppresso la propria rabbia in
quel modo.
<< Lei sta
passando un brutto periodo, io credo che dovrei starle vicino per
qualche tempo. >> Takumi le voltò le spalle, sembrava
che non la stesse nemmeno ascoltando, ma Hachi sapeva che stava
registrando ogni sua singola parola.
<< Se tu
sei d'accordo, naturalmente. >> Replicò lei.
Ancora nessun
cenno di dissenso.
<< Partirei
questo pomeriggio. >>
Silenzio.
<< Voglio
portare Satsuki con me. >>
Quella fu la
goccia che fece traboccare il vaso: Takumi si voltò e la fisso
con furore.
<< No. >>
Replicò seccamente << Tu puoi andare se vuoi, ma non ti
permetto di portare via mia figlia. >>
Hachi sostenne lo
sguardo del marito con decisione.
<< Tu
lavori tutto il giorno, non potresti occuparti di lei. >>
Rispose.
La voragine di
silenzio tra i due parve allargarsi a dismisura.
Hachi scomparve
nella propria stanza e cominciò a preparare la valigia.
Era stupita dalla
propria reazione: aveva tenuto testa a Takumi e non si sentiva
neppure in colpa, non provava dolore, era sollevata all'idea di poter
stare con Nana e con Satsuki, lontana dalle catene imposte dal
marito.
Takumi la seguì
in camera e la abbracciò da dietro.
<< Non
voglio che tu parta. >> Bisbigliò affondando il viso tra
i capelli della moglie.
Hachi desiderava
ardentemente che il marito fosse sincero, ma ormai lo conosceva
troppo bene per illudersi: Takumi non avrebbe avuto alcuna difficoltà
a mentirle in quel modo solamente per trattenerla.
<< Non lo
vorrei nemmeno io, >> Rispose Hachi prendendogli le mani e
posandole sul suo ventre << ma non posso abbandonare Nana. >>
Chiuse la sacca
in cui aveva messo i propri averi e si diresse in bagno a testa
bassa.
Si fissò
allo specchio, fissò gli oggetti da toeletta che ingombravano
il mobiletto sopra il lavandino.
Il suo sguardo
cadde sulla spazzola di Takumi, alcuni dei suoi capelli corvini
giacevano, come cadaveri, tra le setole.
Ricordava il
giorno in cui Takumi aveva detto ad Hachi che non c'era bisogno di
fare un test di paternità: anche se era evidente che Satsuki
non poteva essere sangue del suo sangue, ma per lui l'opportunità
di poterla crescere era abbastanza.
Per l'unica volta
nella sua vita, Takumi si era accontentato di ciò che gli era
stato riservato dal destino.
Non poteva essere
suo padre, ma sarebbe stato il suo papà e nessuno avrebbe
potuto mai rubargli quel ruolo.
Hachi uscì
dal bagno con gli occhi lucidi e si diresse verso la stanza di
Satsuki.
Con stupore trovò
Takumi che aiutava la figlia a preparare una valigia.
<< Vengo a
prenderla nel fine settimana. >> La avvertì.
Nana annuì
e prese la mano della figlia.
<< Ti porto
a conoscere la mia vecchia amica Nana. >> Le disse sorridendo.
Satsuki le prese
la mano e le chiese << Papà può venire con noi?
>>
Hachi rimase
senza parole per un momento. Come spiegare a sua figlia che per
qualche tempo non avrebbe vissuto con Takumi?
<< No,
amore... Papà deve lavorare. >> Rispose lui abbracciando
teneramente la figlia.
Hachi si sentiva
di troppo in quel contesto.
Takumi forse non
era il padre biologico di Satsuki, ma era certamente l'unico papà
che quella bambina avrebbe mai avuto.
La donna sentì
l'impulso di gettare la borsa a terra e correre tra le braccia del
marito, cercando di rattoppare quegli anni che avevano passato
ferendosi a vicenda, cercando di costruire dalle macerie la famiglia
felice che sua figlia meritava. Rimase in piedi, affondando le unghie
nei palmi delle proprie mani.
<< Sei
pronta, tesoro? >> Domandò Hachi afferrando il manico
della valigia rosa della figlia.
Satsuki annuì
e corse ad abbracciare il padre << Prometti che vieni presto da
noi! >> Implorò con la voce rotta dal pianto.
Le separazioni
dal padre erano frequenti per Satsuki, ma lei non si era mai abituata
all'idea di lasciarlo andare.
Non soffriva
troppo la solitudine mentre lui era lontano, però nel momento
in cui doveva salutarlo non riusciva mai a trattenere le lacrime.
Takumi la sollevò
e le baciò le guance rigate dalle lacrime << Promesso!
>> Giurò solennemente.
La rimise a terra
e le diede una leggera pacca sulla schiena per incitarla a
raggiungere la madre.
Satsuki si stava
già avviando verso la porta, mentre Hachi si avvicinava al
marito per abbracciarlo un ultima volta.
Allargò le
braccia e tentò di cingerlo, però lui si ritrasse e
senza aprir bocca lasciò la stanza.
Dal corridoio del
loro appartamento echeggiò la voce squillante della bambina <<
Papà, ricordati che hai promesso! >>
Hachi asciugò
una lacrima furtiva che si era formata nell'angolo del suo occhio e
si affrettò a seguire la figlia.
The
Author's Corner: Eccomi qui! :) Scusate il ritardo per
aggiornare ma sto cercando di godermi al massimo l'ultima settimana
di vacanze... Non voglio tornare a scuola ç_ç
Spero che questo
capitolo vi sia piaciuto, anche se non è particolarmente
entusiasmante, è più che altro un capitolo di
transizione, che però chiarisce i dubbi su Satsuki :)
sharpey18:
Spero che questo capitolo abbia fugato ogni dubbio
riguardo alla paternità di Satsuki, non ti preoccupare, i
capitoli precedenti erano volutamente ambigui per evitare di dire che
lei è certamente figlia di Nobu, beh ora vedremo cosa accadrà!
:)
Tutte aspettano
l'incontro tra Nana e Ren, beh, mi dispiace deludervi ma dovrete
aspettare ancora un po'... Non vedo l'ora di scriverlo, ma voglio
prima risolvere altre questioni! Aggiornerò presto :)
_White_:
Oddio, scusa! Non volevo farti piangere :(
Comunque
ti ringrazio, ho sempre il terrore di influenzare il carattere dei
personaggi, che penso sia inevitabile visto che non li ho inventati
io XD
Non
ho ancora scritto il capitolo su Nana e Ren, ma ci arriverò
:) Per il momento vi lascio con questo capitolo e la promessa di
aggiornare prima che ricominci la scuola ;)
Au
prochain chapitre! ^_^
|
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Capitolo 8 *** My, oh my ***
Capitolo
9
My,
oh my
<< Mamma, mamma... Dove stiamo
andando? >> Era la decima volta nel giro di una ventina di
minuti che Satsuki tartassava la madre con quella domanda.
Hachi sospirò e le spiegò
per l'ennesima volta che stavano andando dal dottore, dove avrebbero
incontrato Nana.
<< Perchè va dal dottore?
>> Chiese innocentemente la piccola Satsuki << E' malata?
>>
Hachi scosse la testa << Aspetta
un bambino e il dottore deve assicurarsi che sia Nana che il bambino
stiano bene. >>
<< E' un maschietto? >>
Domandò ancora Satsuki incuriosita.
<< Non lo sappiamo ancora... Lo
sapremo tra qualche mese. >> Rispose Hachi mentre spingeva
finalmente la porta d'ingresso dell'ambulatorio e faceva entrare
Satsuki nella calda ed accogliente sala d'attesa.
Nana era già là da molto
tempo e aveva osservato un vasto campionario di donne sfilare di
fronte a lei: donne evidentemente in avanzato stato di gravidanza,
alcune erano sole altre accompagnate dai loro compagni; donne anziane
che probabilmente dovevano discutere dei problemi della menopausa e
anche giovani ragazze accompagnate dalla madre.
In mezzo a quella a quella folla, Nana
non si era mai sentita così sola.
Avrebbe voluto che Ren le tenesse la
mano mentre entrava nello studio della ginecologa di Hachi e avrebbe
voluto vedere assieme a lui la prima immagine del bambino.
Ma ora non era più certa di
voler condividere il suo segreto con Ren.
Lei non era adatta a fare la madre, non
aveva mai avuto nessun esempio e non poteva certamente allevare un
bambino e coltivare la propria carriera nello stesso tempo.
Sarebbe stato così semplice
sbarazzarsi di lui, se solo non avesse continuato a considerarlo un
abbozzo di essere umano.
Quella cosa nel suo utero non era
niente più di un puntino, qualcosa che non doveva stare lì.
Era un parassita, un tumore maligno che la rosicchiava dall'interno.
Non avrebbe dovuto fare nulla, soltanto
stendersi su un lettino e aspettare che il dottore facesse quello che
doveva fare e in poche settimane quello che stava vivendo in quel
momento non sarebbe stato nient'altro che un incubo.
Non appena ebbe infilato la sua
testolina lucente all'interno della sala la piccola Satsuki riconobbe
la cantante dei Blast e le corse incontro.
Una volta arrivata di fronte a lei,
però, non ebbe il coraggio di spiccicare una parola.
Dal canto suo Nana si trovava nello
stesso stato: era di fronte a quella creaturina di 6 anni che le
ricordava in maniera impressionante la sua migliore amica e il suo
chitarrista.
Non aveva dubbi: quella bambina non
poteva essere la figlia di Takumi.
Hachi le raggiunse un istante più
tardi.
<< Nana, ti presento mia figlia
Satsuki. >> Hachi fece le presentazioni, gonfia d'orgoglio per
entrambe.
Nana prese la manina fredda di Satsuki
tra le sue e disse che era lieta di conoscerla.
La bambina osservò la propria
mano meravigliata: non poteva credere di avere appena conosciuto Nana
Osaki, la cantante dei Black Stones: il suo gruppo preferito!
<< Satsu – chan, vai a
giocare con quel bambino laggiù. Ti va? >> Domandò
Hachi con quel tono accondiscendente che nascondeva un ordine. Un
tono che solo le madri hanno la capacità di sfruttare a
dovere.
Satsuki obbedì e si allontanò.
<< Sei pronta, Nana? >> Le
chiese posandole una mano sulla spalla.
Nana scosse la testa.
Raramente aveva bisogno di qualcuno con
cui sfogare le proprie preoccupazioni: era sempre stata abituata ad
essere una donna solitaria ed indipendente, ma ora non aveva una
minima idea di come comportarsi.
Le sembrava di trovarsi a dover
percorrere un sentiero lastricato di vetri aguzzi a piedi nudi e non
sapeva dove appoggiarsi per evitare di farsi del male.
<< Non so se lo voglio. >>
Ammise Nana.
Nel momento in cui espresse ad alta
voce quel suo dubbio, si rese conto di quanto quell'idea fosse in
realtà deplorevole.
Hachi a 20 era più matura di lei
sotto quel punto di vista.
<< Cambierai idea. >> Le
assicurò l'amica.
Hachi ne era certa. Si era sentita come
Nana quando era rimasta incinta di Satsuki: era sola e spaventata e
si sentiva come se tutti le avessero voltato le spalle.
Poi però era andata dalla sua
ginecologa e aveva sentito il battito del cuore del suo bambino e
aveva visto quell'ombra simile ad un pesciolino fluttuare sullo
schermo.
Se ne era innamorata a prima vista e
aveva capito che non avrebbe potuto permettere e nulla e a nessuno di
fare del male alla vita che custodiva dentro di sé.
Nana inarcò un sopracciglio.
Era dubbiosa: lei non aveva lo stesso
istinto materno di Hachiko.
Lei voleva cantare, non voleva sposarsi
e sfornare marmocchi da viziare.
Chinò il capo, scura in volto e
cercò di vuotare la propria mente da ogni pensiero.
<< Nana... >> Hachi le
aveva preso la mano << … Qualsiasi decisione tu prenda,
lo sai che io ti appoggerò sempre fino in fondo, vero? >>
Era quello che Nana aveva bisogno di
sentire, il suo fedele cagnolino che le giurava ancora una volta
fedeltà assoluta.
<< Grazie, Nana. >> Mormorò
stringendo con più forza la mano di Hachi.
<< La signorina Osaki Nana può
accomodarsi. >> La voce nasale della segretaria risuonò
tra le 4 pareti della sala d'attesa.
<< Vuoi che entri con te, Nana?
>> Chiese Hachi.
Nana scosse la testa << Resta con
Satsuki. >>
La ginecologa fu molto gentile e fece
il possibile per mettere quella nuova paziente a proprio agio.
La visitò e si informò
riguardo al suo stato di salute.
Avrebbe dovuto modificare radicalmente
le proprie abitudini se voleva portare a termine la gravidanza e
mettere al mondo un bambino sano.
<< Posso farle una domanda? >>
Chiese Nana mentre si rivestiva preparandosi a lasciare la stanza.
<< Sono qui per questo. >>
Replicò la donna voltandosi verso di lei.
<< Il feto ora... >> Nana
esitò, un po' perché faticava a raccogliere le parole e
un po' perché temeva la risposta della ginecologa << …
Lui, che aspetto ha? >>
La donna prese un libro dallo scaffale
accanto alla propria scrivania e dopo averlo sfogliato le indicò
una foto.
Nana lo trovò buffo, sembrava un
girino, oppure un piccolo alieno.
Le faceva quasi tenerezza.
Indicò alcune zone più
scure sul corpo del feto << In questo periodo cominciano a
formarsi anche le orecchie e la laringe. >>
Questa nozione colpì Nana:
orecchie e laringe, che assieme alle corde vocali erano gli organi
fondamentali per un musicista, un cantante.
Deglutì sentendo che ogni dubbio
che aveva avuto fino a quel momento svaniva, come se venisse lavato
via dalla sua coscienza.
Nel suo utero non c'era un coso o uno
sputo.
Lei stava aspettando un bambino, suo
figlio, il prodotto dell'amore tra lei e Ren.
Nulla al mondo l'avrebbe convinta a
fare del male a quella creaturina.
L'avrebbe protetta a costo della vita.
La ginecologa vedendo il volto di Nana
non poté fare a meno di abbandonarsi ad un sorriso: conosceva
quell'espressione.
Era l'espressione che compariva sul
volto di ogni donna nel momento in cui realizzava che non esisteva
più lei soltanto, ma che ora erano in due.
Era il momento in cui una donna
realizzava cosa significasse diventare madre.
<< Per portare al termine la
gravidanza nel migliore dei modi dovrà modificare alcune delle
sue abitudini, lo farà? >> Le chiese cordialmente la
dottoressa.
Nana annuì.
Avrebbe fatto qualsiasi cosa per il suo
bambino e cominciò con l'estrarre un pacchetto di sigarette
dalla tasca della propria giacca e gettarlo nel cestino
dell'immondizia.
<< Possiamo già fissare la
prima ecografia? >> Domandò la futura madre con un
sorriso dipinto sul volto.
The Author's
Corner: Eccovi
servite :)
Non
si parla ancora di incontri tra Nana e Ren, ma per il momento questo
è il capitolo che mi ha dato più soddisfazione, spero
che piaccia anche a voi :)
_White_ :
Anche io
speravo tanto che Satsuki fosse figlia di Nobu, per questo ho fatto
in modo che nella mia fan fiction accadesse :)
Beh...
In realtà mi dispiace deluderti ma non ho pensato a nessun
motivo particolare per cui Takumi avrebbe accettato la piccola, ho
solo immaginato che si fosse affezionato a lei, e lei a lui,
nonostante non siano consanguinei... In fin dei conti la sta
crescendo :)
Spero
ti sia piaciuto questo capitolo e spero di poter aggiornare presto
(tanto i primi giorni di scuola sono abbastanza blandi... Non voglio
ricominciare ç_ç)
Sayonara!
|
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Capitolo 9 *** The Truth beneath the Rose ***
Capitolo
9
The
Truth Beneath The Rose
Già da qualche giorno Hachi e
Satsuki si erano trasferite nell'appartamento 707 assieme a Nana.
Madre e figlia dormivano nella vecchia
stanza di Hachi, mentre Nana aveva ripreso pieno possesso della
propria.
Vivevano in bilico, muovendosi
cautamente tra le pareti ammuffite dell'appartamento.
A Satsuki ancora non pareva reale di
vivere assieme alla cantante dei Black Stones, era come un sogno che
diventava realtà! Certo, avendo il bassista dei Trapnest come
padre era abituata ad avere una celebrità in casa, ma Nana era
da sempre il suo idolo: era così grintosa ed energica che la
bambina avrebbe voluto divenire come lei. Eppure quando se la trovava
di fronte non riusciva a spiccicare la minima parola e questo
sembrava divertire estremamente Nana e sua madre.
Hachiko invece si godeva quei momenti
di serenità assieme alla sua vecchia amica, ben sapendo che
presto o tardi avrebbero dovuto tornare entrambe alla solita routine.
Da quando Satsuki era arrivata non avevano più sfiorato
l'argomento maternità, tuttavia Hachiko si era accorta degli
sguardi furtivi che Nana lanciava alla bambina quando casualmente la
incrociava.
Nana aveva capito, chiunque conoscesse
la storia di Hachi avrebbe capito.
Dal canto suo Nana viveva quella
situazione come se avesse un cappio legato attorno al collo, la vista
di Satsuki la feriva profondamente perché attraverso lei Nana
riusciva a immaginare un futuro alternativo in cui Hachi e Nobu erano
una coppia e crescevano assieme la loro bambina.
Doveva affrontare Hachi, dovevano
risolvere quella situazione assieme.
Una sera, dopo che Satsuki era crollata
a letto, Nana e Hachi si sedettero allo sgangherato tavolo della
cucina con due tazze di the di fronte a loro.
Si studiavano a vicenda senza parlare,
ascoltando ogni minimo rumore che giungeva al loro orecchio: il
respiro pesante di Satsuki, il ronzio del vecchio frigorifero, lo
scricchiolio delle vecchie imposte e il loro stesso respiro regolare
e armonico.
<< Non è soffocante
mantenere tutti questi segreti? >> Domandò Nana
afferrando la propria tazza e portandosela alle labbra.
Hachi strinse gli occhi e fissò
Nana con perplessità << Segreti? >>
Nana sospirò << Satsuki
non è la figlia di Takumi. >>
Non era una domanda, era
un'affermazione.
Hachiko sgranò gli occhi ma
cercò di mantenere la calma, non doveva mostrare il suo
turbamento.
Annuì e, nascondendo il tremolio
della propria mano, bevve un sorso di thé caldo, nel tentativo
di proteggersi dai brividi gelidi che le percorrevano la colonna
vertebrale.
<< Hai mai pensato di dire la
verità a Nobu? >> Chiese Nana.
Hachi scosse la testa.
<< Non credi che meriti di
saperlo? >> Incalzò Nana.
<< Satsuki ha già un padre
che le vuole bene e che provvede a lei, non ha senso tormentare Nobu
dopo tutto questo tempo. >> Replicò seccamente la donna.
<< Non si tratta di tormentare,
Nana! >> Ringhiò la Osaki battendo un pugno sul tavolo
<< Si tratta di tua figlia che sta crescendo tra bugie che
diventeranno sempre più grandi, si tratta di Nobu che è
stato escluso da una vita che lui stesso ha creato, si tratta di noi
due che non... >> Nana stava parlando a vanvera,
frettolosamente e aveva il fiato corto.
Hachi si alzò e le afferrò
le spalle << Calmati, Nana! Respira! >>
Ma Nana voleva parlare, perché
era furiosa. Era furiosa perché la vita cercava sempre di
dividerla dalle persone che amava, furiosa perché se Hachi
avesse pensato all'amore invece che ai soldi la storia avrebbe potuto
essere diversa oggi.
Hachi corse a prendere un sacchetto di
carta e lo mise in mano a Nana.
La donna respirò e attese che le
sue pulsazioni si stabilizzassero.
Quegli attacchi la lasciavano sempre
sfinita ed incapace di fare qualsiasi cosa.
Si sollevò e traballando si
diresse verso la sua camera.
Hachi corse a sorreggerla e la donna
non si ritrasse, poiché era troppo debole per opporsi alle
braccia che la stringevano spingendola verso la stanza.
Hachi la adagiò sul letto e le
sfilò gli stivali e il collarino, poi la voltò sulla
schiena per sciogliere i lacci del corpetto che stringevano il suo
vitino sottile.
<< Quando comincerà a
crescerti la pancia dovrai smetterla di metterti vestiti così
stretti... >> La rimproverò.
Nana ignorò la provocazione e si
rivoltò nel letto.
<< Dì la verità,
Hachiko... >> Borbottò prima di addormentarsi.
Quella notte Hachi si coricò con
una stretta al cuore.
The Author's
Corner: Eccomi di nuovo qui! :)
Destroyed but not defeated, come
direbbe il buon Hemingway... Ahah!
Non ne posso davvero più di
questa scuola O.o... Per la prima volta dopo settimane riesco a
postare un nuovo capitolo (e questo solamente perché il mio
adorabile moroso mi ha tirato pacco neanche 20 minuti prima di
uscire -.-'')!!
Vabbeh... Non parliamo di me e della
mia angosciante vita sociale, ma passiamo ai ringraziamenti! :)
_White_ :
L'unica
commentatrice rimasta! :)
Spero
che dopo l'attesa questo capitolo non ti abbia deluso :)
Purtroppo
tra il fatto di essere in 5°, la palestra e la patente il tempo
di scrivere scarseggia un po'... Per questo preferisco postare più
raramente ma cercare di scrivere dei testi buoni, piuttosto che
postare con frequenza capitoli banali :)
Nel
prossimo capitolo torneremo a parlare dei nostri futuri sposi (ho già
lo scheletro del capitolo in mente), spero non ti dispiaccia una
piccola digressione ;)
Cercherò
di arrivare presto al momento dell'incontro tra Nana e Ren ;)
Bye bye! ;)
|
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Capitolo 10 *** Perfect ***
Capitolo
10
Perfect
Yasu sbuffò mentre la
commessa del negozietto specializzato in bomboniere e inviti per
matrimoni e ricorrenze esponeva l'ennesimo monile su un balcone
oramai stracolmo di inutili ninnoli.
Sapeva che organizzare il matrimonio
non sarebbe stato facile, ma sperava di poter evitare certe inutili
perdite di tempo celebrando un sobrio matrimonio shintoista: pochi
invitati, abiti tradizionali e niente souvenir del matrimonio.
Lanciò un'occhiataccia alla
donnina occidentale che illustrava, nel suo giapponese un po'
stentato, le particolarità di ciascuna bomboniera e per quale
motivo riteneva che valesse la pena spendere un po' di più per
quella ricca di decorazioni, piuttosto che per quella più
economica ma banale.
Gli occhi di Miu brillavano di
eccitazione mentre osservava quelle ampolle e quei piattini
colorati, argentati, smaltati.
<< Io stavo pensando a qualcosa
di più tradizionale, magari ad un diffusore
d'incenso... >> Spiegò Miu
mentre il suo sguardo indagatore scorreva la merce ancora esposta
sugli scaffali.
Gli occhi della donna si illuminarono e
batté le mani compiaciuta << So esattamente cosa fa al
caso vostro! >> Cinguettò e si inginocchiò a
terra frugando in un cassetto sotto il bancone.
Riemerse una manciata di secondi dopo
con una scatoletta in velluto rossa, la aprì ed estrasse
cerimoniosamente un piattino in argento tibetano sul quale era stato
creato un torii in rilievo, sopra di esso pose una bacinella che
riportava degli ideogrammi con formule di buon auspicio per il
futuro.
La donna fece per prendere altri
modelli, ma Miu la fermò, era decisa a prendere quello.
Si voltò verso Yasu, che si
trovava esattamente dietro di lei per mostrarglielo: a lui non servì
nemmeno dare un'occhiata a quella bizzarra bomboniera, l'entusiasmo
della futura sposa era sufficiente per lui.
Ordinarono un numero abbondante di
bomboniere e passarono alla scelta dei biglietti.
Anche lì persero una buona
mezz'ora a discutere su quale colore fosse il più adeguato: il
color crema o il pergamena?
<< Cosa ne pensi di questo Yasu?
>> Gli chiese Miu indicandogli un cartoncino.
Il povero futuro marito non ebbe
nemmeno il tempo di prendere fiato che l'amata consorte aveva già
puntato un altro biglietto. E poi che differenza c'era tra il color
crema e il pergamena?
Alla fine optarono per un elegante
invito color beige dai bordi dorati sopra il quale avrebbero dovuto
copiare a mano gli inviti: l'idea lo faceva già sentire male!
Esausto trascinò Miu fuori dal
negozio, gli inviti sarebbero arrivati la settimana successiva.
Quando Miu gli aveva confessato che il
suo sogno era quello di sposarsi con il fasto della tradizione
occidentale Yasu era rimasto sorpreso: la sua dolce e riservata Miu
desiderava un matrimonio in grande stile.
Lei gli aveva detto che sin da quando
era piccola il suo desiderio più grande era stato quello di
sposarsi come aveva visto fare nei film americani che guardava da
bambina, ma che una volta diventata adulta aveva abbandonato la
speranza di sposarsi.
Yasu le prese la mano e la portò
alle proprie labbra aspirando le note fruttate del profumo di Miu <<
Sarà tutto perfetto... >> La rassicurò baciandole
delicatamente il dorso della mano.
<< Ne sei sicuro? >> Gli
chiese lei titubante.
<< Sono pronto a metterci la mano
sul fuoco! >> Replicò.
Era anche certo che con quelle parole
stava firmando una lunga condanna ad indicibili torture.
<< Ti fermi da me questa sera? >>
Le chiese mentre passeggiavano mano nella mano lungo le strade di
Tokyo, illuminate dalla luce delle insegne al neon e dei lampioni.
Miu annuì e gli sorrise <<
Allora dobbiamo fermarci a comprare qualcosa per cena! >>
Esclamò.
Dopo essersi fermati al supermercato si
diressero verso l'appartamento di Yasu.
L'atmosfera accogliente
dell'appartamento dell'uomo metteva Miu a proprio agio: ogni volta
che vi entrava le sembrava che tutte le sue angosce rimanessero fuori
dalla porta. Quel posto, dove ogni cosa rispecchiava l'essenza del
suo fidanzato, era sospeso in un luogo al di fuori dello spazio
fisico di Tokyo.
Sfiniti collassarono entrambi sul
divano.
<< Organizzare un matrimonio è
faticoso... >> Sospirò Miu.
Yasu sorrise delicatamente mentre
lasciava che le sue dita scorressero tra i capelli serici della donna
<< Ne vale la pena, per stare con te! >>
Miu gli prese la mano e la portò
al proprio viso, le sue guance rosee sembravano i petali del ciliegio
in fiore.
<< Dopo il matrimonio cosa
faremo? >> Chiese Miu candidamente.
Come al solito Miu cercava una certezza
a cui aggrapparsi in quel mare di domande che le pareva la vita
coniugale.
Yasu scostò una ciocca di
capelli dall'orecchio di Miu e avvicinò le proprie labbra.
Un braccio cingeva le spalle della
donna, mentre con la mano libera le accarezzava il ginocchio.
<< Andremo in luna di miele in
qualche posto lontano e faremo l'amore ogni notte, se tutto va
secondo i miei piani... >> Sogghignò Yasu, mentre le
piazzava dei baci leggeri sul collo.
La mano di Yasu saliva sempre più
in alto verso gli slip della ragazza.
<< Non sembra male... >>
Bisbigliò lei mentre allargava le gambe per agevolare il
lavoro dell'uomo.
Un gemito le sfuggì dalle labbra
mentre lui continuava a stimolarla.
Eppure nonostante il piacere che stava
provando Miu non riusciva a mettere a tacere i propri pensieri: la
sua mente, con la forza distruttrice di una scavatrice alla ricerca
del petrolio, esaminava instancabilmente tutto ciò che
riteneva necessario affinché il suo matrimonio filasse liscio,
senza intoppi.
Ogni minimo problema, ogni minima
incertezza che si presentava la gettava nel panico più totale.
Avevano ordinato le bomboniere, avevano
ordinato i biglietti, si era già accordata con Asami per
andare a cercare l'abito da sposa, avevano telefonato ai genitori di
Yasu per chiedergli di informarsi al tempio della città se e
quando fosse possibile celebrare il loro matrimonio...
<< Yasu! >> Gracchiò
isterica.
Con un sobbalzo l'uomo si scostò
da lei, l'aveva spaventato!
<< Il tempio! I tuoi genitori...
>> Miu balbettava rapidamente delle parole sconnesse,
fortunatamente dopo 6 anni assieme Yasu aveva imparato a comprenderla
anche quando era così agitata.
La abbracciò teneramente e le
baciò la testa << I miei genitori hanno chiamato
stamattina: al tempio in questo periodo hanno pochi impegni, perciò
potremmo partire questo fine settimana per andare a fare un
sopralluogo e per fissare una data, cosa ne pensi? >> Le disse
coccolandola.
<< Mi pare un'ottima idea >>
Concordò lei.
<< Mi sorge soltanto un dubbio...
>> Mugugnò l'uomo mentre la faceva accoccolare tra le
proprie gambe << … stavi pensando ai miei genitori
mentre io pensavo al tuo piacere? >>
The Author's
Corner: Capitolo un poco inutile, lo so, ma visto che è
un bel po' che non posto nulla, volevo scrivere soltanto un
capitoletto che facesse da interludio prima di passare ad argomenti
più... ehm... gravosi :)
_White _:
Perdona la lentezza estrema nel postare :), lo so che questo capitolo
non è un gran che, ma per il prossimo mi è venuta
un'idea bestiale ^^ Non vedo l'ora di mettermi al lavoro!! Nel
frattempo spero che tu possa accontentarti di queste... bricioline ;)
A presto,
spero!!
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