The Red Thread

di DarkButterfly
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Smell Of Sex ***
Capitolo 2: *** The Spot! ***
Capitolo 3: *** For The Rest Of My Life ***
Capitolo 4: *** Not exactly a Fairy Tale! ***
Capitolo 5: *** Empty Rooms, Full Rooms ***
Capitolo 6: *** Crash and Burn ***
Capitolo 7: *** I can see clearly now ***
Capitolo 8: *** My, oh my ***
Capitolo 9: *** The Truth beneath the Rose ***
Capitolo 10: *** Perfect ***



Capitolo 1
*** Smell Of Sex ***


Capitolo 1

Smell Of Sex


Il getto d'acqua calda che sgorgava dalla doccia precipitava sul corpo esile di Hachi e il frastuono delle gocce che si frantumavano sulle candide piastrelle di porcellana della cabina copriva quello dei suoi sospiri affranti.

Non era in grado di cancellare l'odore di Takumi dalla propria pelle, o, forse, quest'ultimo era rimasto impresso nelle sue narici dopo che avevano fatto sesso.

Per quanto si strofinasse rabbiosamente con la spugna quell'odore non sembrava avere intenzione di sparire, né tanto meno di attenuarsi. Era nauseata.

In quei sei anni che avevano trascorso assieme era diventata sempre più insofferente nei confronti del marito: a 20 anni, quando si erano sposati, credeva che col tempo avrebbe imparato ad amarlo; a 23 era troppo occupata a prendersi cura della sua bambina di 3 anni per pensare al suo rapporto con lui; a 24 anni a tenerli uniti era il sesso; ora, a 26 anni, non sapeva più se avrebbe potuto resistere accanto a lui.

Ricordava precisamente il giorno del matrimonio, quando si erano giurati di amarsi eternamente, qualsiasi cosa fosse accaduta. Hachiko aveva sempre desiderato sposarsi, avere dei figli e badare alla casa. Non aveva alcuna ambizione più alta: non voleva essere famosa o potente, voleva essere amata.

Ma l'amore non l'aveva ottenuto. Aveva il resto: una meravigliosa e pestifera bambina di nome Satsuki e una graziosa casa da tenere in ordine. Però, a volte, non sembrava bastarle.

I suoi amici più cari, Kyosuke e Junko, continuavano a frequentarla qualche volta, ma sempre sotto lo sguardo vigile di Takumi. Hachiko non aveva mai incontrato nessuno che la considerasse un oggetto di propria proprietà quanto Takumi, ad eccezione di Nana. Ma lei e Nana erano unite da un legame così esclusivo che nessun al di fuori di loro poteva comprendere. C'erano addirittura momenti in cui Hachiko stessa si era interrogata a proposito, era troppo profondo per essere definito amicizia, tuttavia non vi era in esso alcuna traccia di passione carnale che lo determinasse come amore. E allora cos'era? Hachiko aveva smesso di chiederselo quando i rapporti tra lei e la donna erano stati bruscamente interrotti da Takumi.

L'uomo era così geloso che aveva proibito alla moglie di frequentare ancora Nana o un qualsiasi altro membro dei Black Stones, o persone legate in qualche maniera alla band. Temeva che Hachiko si rendesse conto di quanto la sua vita fosse perfetta soltanto in superficie, temeva che lei avrebbe cominciato a scavare nel suo cuore scoprendo le fondamenta putride sulle quali era stata fondata la loro relazione, temeva che lei si rendesse conto di aver commesso un gravissimo errore a sposarlo e tornasse tra le braccia di quell'inetto chitarrista biondo. E lo infastidiva che qualcun altro potesse utilizzare i suoi giocattoli.

Certamente non considerava la donna soltanto un oggetto. Convivevano da ormai 6 anni e, nonostante non le fosse stato troppo fedele, si era affezionato a quella buffa ragazza che gli aveva dato una figlia. Una figlia bastarda, ma pur sempre una figlia.

In fin dei conti era stato lui ad allevarla, Satsuki era a tutti gli effetti sua figlia. Anche se i suoi capelli erano biondi come la paglia e ribelli come la criniera di un leone e il colore dei suoi occhi assomigliava in maniera impressionante a quello del mare quando i raggi del sole di luglio lo fanno splendere come un gioiello prezioso.

Nessuna delle puttanelle con cui era stato era anche solo lontanamente paragonabile ad Hachiko, tuttavia la sua spontaneità e la sua vitalità non erano bastate a farlo innamorare. Ma non era colpa di lei, forse era soltanto il suo cuore ad essere difettoso. Forse le bestialità a cui la vita l'aveva sottoposto avevano represso la sua capacità di legarsi in maniera così totale e disarmante ad un'altra persona. Non riusciva ad abbassare la guardia, a lasciarsi andare. Era troppo inquieto e la sua indole troppo aggressiva per potersi concedere di amare qualcuno.

Essere amato non lo dispiaceva: adorava la sensazione di essere coccolato e riverito da un'altra persona. Ma non era essere in grado di restituire quel sentimento. Il massimo che poteva fare era ripagare quell'altra persona con il mero soddisfacimento delle pulsioni sessuali. E in quest'area era, modestamente, un maestro.

Quasi ogni notte, per quanto stanco fosse dopo il lavoro, per quanto tardi potesse tornare, quando si infilava tra le coperte e trovava la moglie ancora sveglia, immersa in chissà quali riflessioni, lasciava che le sue mani scorressero sotto la sua camicia da notte, sfiorando quella pelle soffice e bollente. Le pizzicava i seni e le massaggiava i capezzoli con piccoli movimenti circolari, poi scendeva sul suo stomaco piatto dipingendo ampie spirali, infine accarezzava il bordo delle mutandine di cotone, prima di farci sgusciare dentro la mano e di stimolare il suo sesso bagnato di umori.

Ascoltava i sospiri di Hachiko e la osservava dimenarsi, e mordersi le labbra fino a farsi male, poi interrompeva bruscamente la sua opera e attendeva che lei lo implorasse di continuare.

Lo faceva sentire in qualche modo potente il fatto di sapere di avere la donna in sua balia. Deve essere così che gli dei si sentono, pensava, quando gli uomini rivolgono loro le preghiere.

Ma per quanto lei supplicasse Takumi non si lasciava mai smuovere: prima di continuare doveva essere Hachiko a restituirgli il favore. E com'era intuibile, lei sconfitta si sollevava e infilava una mano nei suoi boxer estraendo il suo membro, poi, con aria quasi rassegnata si chinava e, dopo essersi umettata le labbra, circondava il fallo con la propria bocca e continuava a succhiare, sostenuta soltanto dall'idea di raggiungere l'orgasmo più tardi, fino a quando l'uomo non le faceva cenno di smettere. Dopo di che la faceva voltare brutalmente e la montava come se fosse un animale.

Erano come due bestie in accoppiamento. Non c'era alcuna traccia di amore o rispetto in quello che facevano, era sfogo degli istinti allo stato puro.

Takumi la penetrava ad un ritmo frenetico e qualche volta, in un impeto di passione, le afferrava i capelli e le tirava indietro la testa, senza farle troppo male, chiaramente. Dal canto suo la donna lo assecondava e accettava le sue spinte di buon grado, avendo ormai imparato che il marito non era il genere d'uomo che gradiva fare l'amore, Non amava la dolcezza, le carezze e le parole appena sussurrate. Gli piaceva la violenza, le parole forti ringhiate all'orecchio del partner, le posizioni che lo facevano sentire più virile.

I loro orgasmi erano come fiamme che divampavano nella notte, ma entrambi si costringevano a soffocarli per non svegliare la bambina che dormiva nella stanza adiacente.

Una volta che entrambi avevano raggiunto l'acme del piacere si dividevano e si baciavano con una bramosia urgente che prendeva dimora nei più reconditi angoli dei loro animi oscuri. Le loro lingue ingaggiavano una battaglia attorcigliandosi e respingendosi per poi cercarsi nuovamente. E i loro denti mordevano violentemente le labbra dell'altro invitandolo ad avvicinarsi nuovamente e intanto le loro mani si esploravano come se fosse la prima volta con curiosità, senza alcun pudore.

Infine ricadevano sul letto sospirando e si addormentavano senza scambiarsi una parola.

Per pochi minuti Hachiko restava sveglia a pensare a ciò che era appena accaduto, da un lato sfinita dall'amplesso e dall'altro disgustata per la facilità con cui Takumi la dominava.

Tuttavia pochi minuti dopo il sonno la avvolgeva, pesante e denso come l'acqua, e per qualche ora la sua mente trovava pace in un universo parallelo, fatto di sogni e di scelte ed opportunità diverse.

La mattina dopo Hachiko si alzava sempre presto e in punta di piedi sgattaiolava nella doccia. Come una puttana.

Una volta non dava peso a queste cose. E' vero, non aveva mai amato Takumi, ma d'altra parte non avevano programmato di avere una relazione seria, né di innamorarsi l'uno dell'altro. Tuttavia, sessualmente parlando, la loro coppia funzionava: a Takumi piaceva dimostrare la propria abilità facendola godere in modi che lei non immaginava neppure possibili e, anche se pretendeva di essere ricambiato, alla fin fine non c'era mai stata una volta in cui non l'avesse enormemente soddisfatta.

Non aveva mai incontrato un uomo che a letto si comportasse come Takumi.

Asano, che l'aveva introdotta alle gioie del sesso, era sempre stato rispettoso nei suoi confronti e, sebbene i loro incontri fossero sempre brevi e furtivi, lui l'aveva sempre trattata con enorme rispetto senza mai farle male.

Shoji, con cui era stata fidanzata per parecchio tempo, era alquanto monotono a letto, volendo essere sinceri. I loro rapporti erano radi e quando avvenivano erano sempre brevi e spesso si concludevano con l'orgasmo del ragazzo, lasciandola insoddisfatta.

Nobu era diverso. Con lui aveva provato delle sensazioni nuove ed uniche. Lui era sempre stato dolce e premuroso nei suoi confronti. La trattava come se fosse la donna più speciale del mondo. Le aveva dato tutto sé stesso e lei desiderava soltanto donargli tutta sé stessa, uno scambio equo.

Grazie a Nobu, Hachiko aveva capito cosa significasse fare l'amore. Gli orgasmi che le faceva raggiungere non erano intensi quanto quelli che le regalava Takumi, tuttavia erano a loro modo fantastici. Forse perché erano accompagnati alla sensazione di essere accanto alla persona giusta e di aver appena compiuto un gesto meraviglioso.

Ogni volta che pensava a Nobu non poteva fare a meno di chiedersi come sarebbero andate le cose se lei fosse rimasta assieme a lui, ma allontanava frettolosamente quel pensiero, perché le faceva male, come se la morsa della malinconia e del rimpianto soffocasse il suo cuore.

Finita la doccia usciva silenziosamente dal bagno e si concedeva una manciata di secondi per osservare il marito addormentato. Il suo volto appariva pallido e esanime, incorniciato dai lunghi capelli corvini, simile al volto di un vampiro. Un vampiro meraviglioso, ma che Hachiko non riusciva ad amare.

Tuttavia non poteva fare a meno di preoccuparsi per lui quando vedeva le occhiaie pesanti che gli circondavano gli occhi serrati e la smorfia di disappunto che non lo abbandonava neppure nel sonno. E quando lo vedeva in quello stato pietoso si rendeva conto che, per quanto poco sentimento potesse provare nei suoi confronti, gli doveva tutto ciò che possedeva.

La sua bella casa, i suoi vestiti firmati, la migliore educazione per Satsuki... Senza Takumi nulla di tutto ciò sarebbe stato possibile. E il minimo che lei potesse fare era restare al suo fianco. Una moglie fedele e servizievole.

Takumi lavorava molto. Troppo. E il suo impiego gli piaceva, nulla lo soddisfaceva più che investire tutto il proprio impegno per portare a termine le sue opere nel miglior modo possibile, tuttavia lavorava tanto anche per poter garantire a moglie e figlia un alto tenore di vita. Era il genere d'uomo che credeva di potersi guadagnare l'affetto grazie al denaro e ai regali.

Non aveva mai fatto mancare nulla né all'una né all'altra ed era certo che Hachiko non si sarebbe mai allontanata da lui finché le fosse stato garantito il lusso sfrenato nel quale desiderava vivere.

Hachiko si allontanò dalla stanza lasciando il marito addormentato e si recò in cucina per preparare la colazione. Cucinare la rilassava, amava mettersi ai fornelli e preparare piatti fantasiosi e squisiti, ma non si sentiva a suo agio in quell'enorme cucina metallizzata e zeppa di elettrodomestici tecnologicamente avanzata.

In cucina preferiva la semplicità: la cucina in legno a casa dei suoi genitori o il piccolo angolo cottura nell'appartamento che condivideva con Nana.

Dei fornelli a gas e un forno le erano sufficienti. Non aveva alcun bisogno di una lavastoviglie, sebbene le risparmiasse un sacco di lavoro dopo il pasto, o di uno sbattitore elettrico quando poteva benissimo utilizzare un frustino manuale. Tutti quegli aggeggi le toglievano il gusto di cucinare.

Afferrò la caraffa del caffè e la mise a scaldare, dopo di che prese le uova dal frigorifero per preparare delle omelette da riempire con panna e fragole per sé e Satsuki e marmellata all'amarena per Takumi. Ricoprì la tavola, con una tovaglia variopinta e vi appoggiò i piatti.

Dopo di che si intrufolò in camera di Satsuki e la baciò dolcemente sulla fronte << Satsu - chan, apri gli occhi... >> La esortò con voce melodiosa << ... E' ora di svegliarsi. >>.

La piccola si dimenò nel sonno, ma non appena la madre la sfiorò si mise a sedere di scatto. Vedere il volto di Hachiko la mattina presto la rassicurava, la voce della sua mamma che la scuoteva dal sonno era la maniera migliore per cominciare la mattinata. Gettò le braccia al collo della donna e le scoccò due baci rumorosi sulle guance << Buongiorno, Okaa - san! >> Trillò con la sua vocetta acuta e cristallina.

<< Posso andare a svegliare Otou - san? >> Saltellando sul pavimento << Posso? >>.

Hachiko piegò la testa sorridendo e osservando la figlia con un impeto di affetto << Certo che puoi. >> E poi la spinse con delicatezza verso la porta.

Sastuki corse in camera dei genitori balzando sul letto e scuotendo il padre con tutta la propria forza << Coraggio, Otou - san! E' ora di alzarsi! >> Strillava impaziente.

<< Nee - nee... Buongiorno... >> Sbadigliò Takumi con una voce cavernosa, tipica di chi si è appena svegliato ma avrebbe preferito rimanere a letto.

<< Andiamo, è pronta la colazione! >> Replicò la bambina afferrando la mano del padre e trascinandolo verso la sala da pranzo immersa nella luce. Il profumo del caffè invadeva tutto l'ambiente creando una sensazione di familiarità e intimità.

Vedendo il trio al tavolo nessuno avrebbe avuto dubbi sulla stabilità di quella famiglia unita dove ciascuno voleva bene agli altri: il padre burbero e stanco, la madre discreta e sorridente e la bambina vivace e spigliata. Sembrava una di quelle pessime pubblicità delle merendine. Peccato che la realtà era ben diversa. E ad un esame più attento si poteva notare la freddezza distaccata dell'uomo e gli sguardi glaciali che talvolta la donna lanciava di sottecchi. Soltanto Satsuki, inconscia di tutto, era genuinamente felice. Lei era il collante che teneva ancora assieme quella coppia così male assortita. Senza di lei probabilmente non sarebbero stati più assieme da tempo.


The Author's Corner: Spero che che questo primo capitolo sia stato di vostro gradimento! :)

Specifico che nonostante la scena iniziale sia un po' forte, il sesso non è certamente il tema centrale della storia (anche se sono un po' ninfomane e mi diverto a trattare certo temi xD).

Beh... Che altro aggiungere? Spero che siate curiosi e che decidiate di continuare a seguire questa Fan Fiction (e io spero di portarla a termine!)

Ringrazio anticipatamente i lettori e gli eventuali commenti (sempre graditi!)

Arrivederci al prossimo capitolo allora! ^_^

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Capitolo 2
*** The Spot! ***


Piccola premessa dell'autrice: Come avrete notato nel capitolo precedente ci sono alcune piccole incongruenze rispetto all'opera originale della Yazawa, ne troverete altre all'interno del racconto, non si tratta di sviste, ma di piccole modifiche funzionali allo svolgimento della storia.

Bene... Detto questo, godetevi il prossimo capitolo :)



Capitolo 2

The Spot!


Nana Osaki aveva aperto gli occhi soltanto da una manciata di secondi, e ancora non riusciva a distinguere i contorni degli oggetti familiari che la circondavano, tuttavia si era resa immediatamente conto di non stare bene: la testa le girava vorticosamente e, nonostante non avesse mangiato nulla dalla sera prima, aveva una terribile nausea. Ren si era alzato da poco, il calore del suo corpo permeava ancora nel punto in cui era rimasto disteso durante la notte. Nana si rannicchiò in quell'angolo ed inspirò a pieni polmoni l'odore dell'uomo. A volte non le pareva vero di essere ancora accanto a lui: si erano incontrati nuovamente 6 anni prima, dopo 2 anni di separazione e avevano dovuto affrontare tanti di quei problemi che a volte Nana aveva provato l'impulso di lasciarlo e di andarsene. Alla fine, però, era sempre rimasta. Amava Ren a tal punto da essere disposta a perdonargli tutto e preferiva rodersi il fegato mentre lui era in tour, assalita dalla paura che lui la tradisse con qualche fan, piuttosto che dirgli chiaramente che quella vita come coppia di celebri rock star non faceva per lei.

L'aveva aiutato a superare i suoi momenti difficili, l'aveva sostenuto mentre tentava di disintossicarsi. Aveva sopportato i suoi insulti durante le dure crisi d'astinenza e aveva ingoiato le lacrime quando era capitato che in preda alla rabbia lui la picchiasse. In una situazione normale non avrebbe mai permesso a nessuno di trattarla in quel modo, ma quando Ren soffriva lei era disposta ad abbassarsi a tutto pur di rendere la sua condizione meno penosa. Tratteneva la rabbia e la riversava tutta nelle sue canzoni, lasciava che le parole sgorgassero fuori dalla sua gola con l'impeto di un terremoto e, quando la sera tornava da Ren dopo le prove, non le era rimasto nulla più di un briciolo di energia in corpo.

Ren, dal canto suo, si preoccupava della salute di Nana in maniera ossessiva, quasi maniacale. Quando era troppo stressata la obbligava al riposo assoluto e viveva nel timore che lei potesse essere vittima di un attacco d'asma quando lui era lontano. Se partiva per un tour non mancava mai di sfinire Yasu di raccomandazioni: controllare che Nana mangiasse, non bevesse o fumasse troppo, dormisse abbastanza... Sembrava riferirsi più ad una bimba che ad una donna adulta e tenace.

Nana viveva la propria situazione in contrasto: da un lato le piaceva essere coccolata a Ren, adorava ricevere quelle piccole attenzioni che le erano mancate durante l'infanzia, ma dall'altro non sopportava l'idea che Ren non la ritenesse matura abbastanza da poter sopravvivere senza l'onnipresente supervisione sua o di Yasu. Voleva un po' di respiro, dannazione!

Ora le cose andavano bene tra di loro. Era il periodo migliore dell'anno, quando nessuno dei due era obbligato ad allontanarsi da casa a causa dei tour e potevano godere dell'intimità come una coppia normale. In fin dei conti erano una coppia normale, o perlomeno avrebbero voluto esserlo. Purtroppo ogni volta che uscivano di casa incontravano qualche paparazzo pronto a rubare l'ennesimo scatto della coppia Honjo-Osaki, sempre e comunque, al centro degli scandali.

Nana ricordava come quei maledetti avvoltoi li avessero calunniati nel periodo in cui Ren si stava disintossicando. E così non vi era un giornale scandalistico le cui pagine non fossero inondate dalle foto di Ren livido e magro come uno scheletro che sudava appoggiando la fronte ad una finestra o dagli articoli che parlavano dei furibondi litigi che scoppiavano in piena notte tra le pareti della loro abitazione. La cosa peggiore, per Nana, era stata vedere la propria foto il giorno dopo che Ren le aveva sferrato un ceffone micidiale: la guancia gonfia e rossa, gli occhi lucidi per le lacrime e un livido attorno all'occhio che aveva sbattuto contro lo stipite di una porta mentre incespicava sul pavimento, il tutto corredato da un articolo lungo quattro colonne intitolato "Violenze in casa Honjo?", nel quale l'autore infamava Ren, descrivendolo come una bestia incapace di controllarsi.

Ren si sentiva in colpa e ancora non riusciva a perdonarsi per ciò che aveva fatto durante quel periodo in cui non era in sé. E non importava quanto Nana si impegnasse a confortarlo e ad assicurargli che era acqua passata, che lo aveva perdonato. Lui non riusciva a cancellare quel peccato dalla propria anima, non riusciva a trovare pace quando pensava a quanto fosse stato meschino con la donna che amava.

Nana sentì un distinto rumore di stoviglie: Ren stava davvero cucinando? Era convinta che sapesse a malapena prepararsi un sandwich. Che stesse dando fuoco alla casa?

Prima che potesse alzarsi sentì i suoi passi ritornare verso la camera da letto. A fatica si mise a sedere e si stropicciò gli occhi con un pugno: da non credere!

Ren stava arrivando con un piccolo vassoio su cui aveva preparato la colazione per due: fragole, caffè, del pane tostato, burro e marmellata di fragole.

La donna sbatté le palpebre incredula, stava ancora sognando? Si diede un pizzicotto, ma l'immagine rimase di fronte ai suoi occhi. Era decisamente sveglia.

<< Ohayou, Nana! >> La salutò il fidanzato chinandosi su di lei e dandole un bacio sulle labbra << Ti ho preparato la colazione. >> Aveva un sorriso meraviglioso, Ren.

<< Wow... Gli alieni hanno rapito quel pervertito del mio fidanzato e l'hanno sostituito con un perfetto gentleman? >> Sghignazzò lei accendendosi una sigaretta.

Pessima idea, fumare. L'odore emanato dal tabacco penetrò prepotentemente nelle sue narici e il suo stomaco si contrasse in una morsa: non aveva mai provato dei conati di vomito così potenti.

Ren aveva appena cominciato a sbuffare qualcosa come << Hey, grazie amore, ma come sei stato gentile ad avermi preparato la colazione >>, imitando in farsetto la voce della fidanzata, quando Nana si alzò sulle gambe secche e tremolanti e corse verso il bagno. Ren la inseguì e si avvicinò mentre lei, china sul water, si liberava della terribile sensazione di nausea.

Quando si risollevò trovò Ren pronto a tenderle un canovaccio inumidito per ripulirsi la bocca e rinfrescarsi il viso.

<< Come stai, piccola? >> Le domandò preoccupato << Ti senti meglio? >>.

Nana sorrise debolmente e annuì << Forse ho un po' d'influenza. >> Spiegò.

Per tutta risposta Ren appoggiò le labbra sulla sua fronte per controllare la temperatura. Rimase fermò in quella posizione per qualche secondo, ma non gli parve di sentire alcun calore.

<< Non lo so, Nana... >> Replicò << ... Non mi sembra che tu abbia la febbre. >>.

Si sollevò in piedi e le tese la mano per aiutarla a fare altrettanto. Lei si alzò riluttante ma si sentiva ancora così debole che dovette accasciarsi sul petto di lui, facendosi sostenere dalle sue braccia. Ogni volta che la stringeva così, Nana si sentiva protetta: le sue braccia erano così tiepide e rassicuranti mentre la stringevano dolcemente, e il suo cuore che batteva regolare contro il suo orecchio era così rassicurante. In quei momenti si sentiva come una bambina tra le braccia della madre, priva di ogni preoccupazione.

Ren era questo per lei, non soltanto un amante, ma anche un genitore, un amico, un confidente. Era la sua anima gemella.

Lui le baciò dolcemente la fronte e sospirò. Adorava sentirla così fragile tra le sue braccia, adorava essere per lei uno scoglio, un punto di riferimento. La voleva proteggere da tutti i mali del mondo, voleva cambiare ciò che la faceva soffrire affinché fosse per sempre felice.

<< Comunque oggi chiamo lo studio e gli dico che rimango a casa con te. >> La rassicurò.

Nana si scostò dal suo abbracciò e lo fissò diritto negli occhi intensamente << No! No, devi andare a lavoro. >> Lo rimproverò << Io potrei essere contagiosa e ho bisogno di riposare, non puoi fare nulla per me qui. Però allo studio hanno bisogno di te! Vai, non preoccuparti. >> E gli rivolse un sorriso d'incoraggiamento.

Ren era contrariato. Si preoccupava per Nana quando lei stava bene, figurarsi ora che era malata! Piegò la testa di lato ponderando la possibilità di andare o no lavoro: era chiaro che Nana non lo voleva tra i piedi, tuttavia avrebbe potuto aver bisogno urgente di lui durante il giorno. E se le fosse capitato un attacco d'asma mentre lui era fuori? Certo, ormai aveva preso dimestichezza con i sacchetti di cartone e da quando aveva cominciato a prendere medicinali, 3 mesi prima non aveva più avuto attacchi. Ma la paura seguiva Ren come un'ombra e lo avvolgeva nel suo vortice oscuro e pesante.

<< E va bene... >> Cedette, infine, a causa dello sguardo deciso di Nana. Era certo che lei non avrebbe ammesso repliche. << ... Però promettimi che se hai bisogno di qualcosa, qualsiasi cosa, mi chiamerai subito e non uscirai assolutamente in queste condizioni. >> Si assicurò.

<< Parola di scout! >> Promise lei.

<< E che ti metterai a letto e non farai nulla di più faticoso che guardare la TV. >> Rincarò la dose lui.

<< Accidenti! >> Ridacchiò lei << E io che avevo intenzione di andare a farmi una corsa di 15 chilometri... >> E gli fece una pernacchia.

<< Non scherzare. >> La minacciò lui per finta, poi la attirò a sé e, nonostante avesse rimesso pochi minuti prima, la baciò appassionatamente, facendo scivolare le mani sotto la canottierina nera e stringendo i suoi seni sodi tra le mani.

Un gemito di dolore sfuggì dalla bocca della donna mentre lui affondava le mani sul suo petto, era come se stesse stuzzicando un livido. Una sofferenza sorda e lancinante si irradiava dal suo torace. Ren non si rese conto di farle male e, anzi, scambiò quel guaito per un segno di passione e la strinse a sé con più forza.

<< Ci vediamo stasera, Amore. >> La salutò << Ti chiamo più tardi per sapere come stai. >>.

Non appena Nana ebbe sentito la porta d'ingresso richiudersi con un tonfo afferrò il telefono e compose il numero di Yasu per informarlo che quel giorno non riusciva ad andare allo studio perché non si sentiva bene. Il batterista non riuscì a celare una nota di preoccupazione nella propria voce mentre le chiedeva cos'aveva esattamente. La folle ossessione di Ren era forse contagiosa?

Dopo averlo rassicurato e aver riagganciato il telefono si distese a letto sperando di riuscire ad addormentarsi, ma sfortunatamente le sembrava impossibile: la nausea non le dava tregua!

Non ricordava di essere mai stata così male le rare volte in cui aveva avuto l'influenza. Dire che si sentiva uno straccio era un eufemismo.

La colazione era rimasta intatta accanto a lei, ma la sola vista del cibo accresceva il suo voltastomaco. Si alzò e si spostò verso il soggiorno, ma, proprio mentre attraversava il corridoio adiacente alla camera da letto, il suo sguardo cadde distrattamente sul calendario. I riquadri erano pieni zeppi di scritte: impegni, anniversari, date importanti e... Le date del suo ciclo mestruale!

Nana scrutò le date alla ricerca degli ultimi giorni nei quali aveva evidenziato i pallini rossi che indicavano il suo periodo, risalivano ad un mese e mezzo prima. In un primo momento la donna rimase incredula ad osservare i segni rossi sulla carta, poi facendo uno sforzo di memoria e aiutandosi con le dita cercò di ripetere i calcoli per accertarsi di ciò che vedeva. No, doveva esserci assolutamente un errore. Non poteva essere... incinta! Certamente aveva dimenticato di segnare il suo ultimo ciclo sul calendario, non poteva essere altrimenti. Prendeva la pillola, giusto? E non poteva rimanere incinta se prendeva la pillola. A meno che... Nana corse in bagno e aprì il cofanetto dei medicinali e afferrò la scatoletta di antibiotici che le erano stati prescritti per l'asma. Con mani tremanti srotolò il foglietto illustrativo e cominciò a scorrere le frasi finché non trovo quello che le interessava.

<< Cazzo! >> Imprecò quando scoprì che il farmaco interagiva con la pillola e ne annullava l'effetto contraccettivo << Ma perché cazzo non ho letto queste cazzo di istruzioni prima?! >> Strillò scagliando il blister lontano da sé. Ora doveva correre in farmacia o al supermercato per procurarsi un test di gravidanza, e se incontrava qualcuno per strada? E se la commessa la riconosceva? Accidenti alla sua fama!

Si alzò e cercò di camuffarsi al meglio: indossò un paio di semplici jeans, scarpe di tela, una camicia di Ren, occhiali da sole e una parrucca di lunghi capelli biondi che le aveva regalato Shin.

<< Non si sa mai, >> Le aveva detto, << un giorno potrebbe tornarti utile >>

Ringraziò mentalmente Shin e lo benedisse per quel colpo di genio. Per completare il tutto s'infilò un berretto da baseball e uscì di casa.

Si mosse frettolosa e nel giro di 10 minuti era arrivata al supermercato: c'erano così tanti test tra cui scegliere! Ma perché non farne uno solo? Insomma, a cosa servivano dozzine di tamponcini diversi? In fin dei conti il loro scopo era lo stesso, insomma o una è incinta o non lo è, non è che ci siano vie di mezzo.

Ce n'era addirittura uno che indicava lo stato di gravidanza con una faccina sorridente!

A cosa diavolo serviva una faccina sorridente? Chi poteva essere felice a sapere una notizia del genere? Molte donne, naturalmente. Ma non lei.

Alla fine Nana ne acquistò uno che calcolava anche da quanto tempo era avvenuto il concepimento.

Arrivata a casa scartò l'involucro con impazienza, non aveva molti dubbi, in realtà. Era quasi certa di essere incinta, ma non si poteva mai essere sicuri, in fin dei conti qualche volta accadevano anche miracoli. Anche se non accadevano a lei, in genere.

90 secondi per il responso... Quanto erano lunghi 90 secondi? La durata di un trailer alla televisione, di solito. Sembravano infiniti.

Alla fine cominciò a delinearsi qualcosa sul piccolo schermo, inizialmente comparve una linea blu verticale.

Ok, Nana, niente panico. Una linea blu verticale non significa un accidente.

La cantante stava già per tirare un sospiro di sollievo quando comparve una linea blu orizzontale perpendicolare alla prima. Quell’insignificante croce blu poteva indicare una cosa soltanto: era certamente incinta.

In altre parole: era fottuta!

<> Imprecò ancora.

E ora come glielo diceva a Ren che aspettavano un bambino? Oh, chiaro, lui ne sarebbe stato entusiasta.

Logicamente. Mica era lui che doveva portarsi dentro quel maledetto parassita per 9 mesi per poi partorirlo con dolore e doversi occupare di lui fino alla maggiore età.

Io voglio fare concerti, non figli.

Nana non aveva cambiato idea su quel punto. Amava Ren alla follia e le era capitato di fantasticare, doveva ammetterlo, sul fatto di costruire una famiglia assieme a lui, ma non in quel momento. Non ora che i Blast erano un passo dal successo internazionale.

Quel bambino aveva deciso di innestarsi nel suo utero al momento meno opportuno.

Anzi, non era ancora un bambino era una macchia. Sì, una maledetta macchia che sarebbe diventata sempre più grande e avrebbe succhiato la sua vita prendendole tutto senza restituirle nulla. Era solo un piccolo infido schifosissimo spermatozoo che era riuscito a superare tutte le sue difese e si era installato in uno dei suo ovuli.

Cosa doveva fare? Aveva bisogno di tempo per pensarci.

Avrebbe potuto ancora sbarazzarsene senza dire nulla a Ren, ma non era capace di una bassezza simile. D'altra parte non se la sentiva neppure di allevare un mocciosetto frignone e a farsi chiamare “mamma”.

Era combattuta tra il suo sogno di diventare famosa in tutto il mondo e il terrore di diventare come sua madre, pronta ad abbandonare senza rimorsi il sangue del suo sangue.

Non aveva il coraggio di affrontare Ren, non subito almeno.

Prese uno zaino e vi buttò dentro qualche vestito e si avviò, cupa in volto, verso l'appartamento 707. Aveva il suo mazzo di chiavi e la certezza che nessuno l’avrebbe disturbata per qualche tempo.


The Author's Corner: Spero che abbiate gradito questo secondo capitolo.

Ringrazio i 30 lettori che hanno visualizzato l'inizio di questa fan fiction e in particolare ringrazio leyilame, che ha aggiunto The Red Thread alle storie seguite, e sharpey18 che è stata la prima (e unica, sigh ç_ç) a commentare il primo capitolo.

Arrivederci al prossimo capitolo allora ;)

Bye bye

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Capitolo 3
*** For The Rest Of My Life ***


Capitolo 3

For the Rest Of My Life


Miu strinse il copione tra le mani tremanti: conosceva le battute a memoria ed era certa che avrebbe fatto una buona impressione di fronte al casting, tuttavia non riusciva a sentirsi completamente rilassata.

I provini la facevano sempre sentire così: la sua gola si stringeva ed ogni volta temeva che le venisse un attacco d’asma, inoltre, un attimo prima di andare in scena la sua mente si svuotava come una lavagna che viene cancellata e lei restava immobile con l’orribile sensazione di avere scordato tutte le battute. Fortunatamente non appena le veniva fatto cenno di cominciare le ritrovava tutte, come se fossero ricomparse magicamente sulla lavagna della sua mente.

Misurava con i suoi passi nervosi il perimetro della sala d’attesa ignorando gli sguardi delle sue rivali, cercava di convincersi di essere la migliore. Effettivamente era la più celebre tra le aspiranti attrici presenti in sala, tuttavia non poteva essere certa di ottenere la parte.

Dall’altra parte stavano attendendo gli uomini, anche loro in lizza per il ruolo del protagonista maschile.

Miu non era un’appassionata del cinema horror, tuttavia quella pellicola le pareva particolarmente interessante: raccontava di Terako Shiragami, una giovane donna che dopo aver abortito comincia ad avere inquietanti visioni e cerca l’appoggio di uno psichiatra che però non sembra volerle credere e finisce per prescriverle un soggiorno in una clinica psichiatrica, dove però la situazione degenera e Terako si trova costretta a combattere faccia a faccia con il nemico invisibile.

Improvvisamente una voce gracchiante si levò dall'altoparlante pronunciando il suo nome, Miu Shinoda.

L'attrice rabbrividì, quei suoni metallici le urtavano i nervi, come unghie, che grattando sulla lavagna, rimbombavano come esplosioni nella sua testa.

Miu si affrettò ad entrare nella stanza dove si svolgevano i provini, si sentiva sempre in imbarazzo di fronte a degli sconosciuti, eppure non appena giungeva il momento di calarsi nella parte diventava veramente un'altra persona e la riservata ed introversa Miu Shinoda rivestiva i panni di qualche personaggio che con il suo carattere non aveva alcuna somiglianza.

<< Buongiorno. >> La donna salutò educatamente tutti i presenti in sala che la ricambiarono con gesti svogliati. Era tutta la mattina che visionavano aspiranti attori ed attrici e l'unico desiderio che avevano era di concludere al più presto quella sceneggiata.

Dalla stanza adiacente fece la sua comparsa un attore attorno ai 50 anni che recentemente aveva ottenuto un grande successo grazie ad una pellicola nella quale aveva il ruolo di un insegnante di violoncello innamorato ed ossessionato da uno dei suoi studenti, appena maggiorenne. Miu aveva apprezzato molto lo stile dell'attore, Hiiragi Hikari, così come aveva trovato commovente la delicatezza con la quale il regista affrontava un tema tanto sconveniente.

Una donna dai capelli tinti di biondo paglia li invitò a cominciare << Pagina 6, scena 4: “Lei non può capire il mio dolore”. Potete cominciare. >>.

Quella scena si svolgeva in uno studio psichiatrico: Terako, la protagonista, aveva un colloquio con lo psichiatra dell'ospedale, subito dopo l'avvenimento dei primi inquietanti eventi.

Miu cercò di calarsi nel personaggio: una giovane donna spaventata da cose che soltanto lei era in grado di vedere, rinchiusa in una prigione angosciosa e costretta ad umiliarsi di fronte a persone che la credevano malata di mente.

Non era difficile, un tempo lei aveva vissuto quelle stesse emozioni sulla sua pelle: queste l'avevano quasi sopraffatta per lungo tempo. Poi il destino l'aveva condotta tra le braccia di Yasu che con la sua imperturbabilità l'aveva risollevata da quell'abisso d'angoscia dal quale Miu non vedeva alcuna via d'uscita.

Lo stesso procedimento era stato adottato da Hiiragi: un uomo che aveva a che fare quotidianamente con persone forti delle più assurde convinzioni, ma che al contempo doveva combattere l'analogia del caso di Terako con quello di Risa, la sua prima paziente, una donna che non era stato i grado di salvare.

<< Lei non può capire il mio dolore. >> Gli occhi di Miu fissarono un punto imprecisato alle spalle di Hiiragi.

La sua voce triste sembrava provenire da un luogo molto oscuro e lontano dell'interiorità della donna e la posizione rattrappita e difensiva permetteva di intuire che ella provava un forte disagio e malessere a trovarsi in quella situazione.

<< Signorina Shirakawa, lei sta attraversando un periodo estremamente delicato... Il bambino, con il quale lei stava costruendo un rapporto, ora non c'è più e le manca. >> Hiiragi si schiarì la gola e parlò con voce profonda.

Ogni parola era severamente ponderata nella sua mente, prima di essere espressa ad alta voce.

Le sue braccia non erano incrociate, perché non voleva creare una barriera tra lui e la sua interlocutrice, tuttavia il suo nervosismo a dover trattare una persona dalla psicologia così fragile era espresso dalle mani tremolanti che giocavano con una penna a scatto.

<< Al contrario dottore... >> Lei scosse la testa, quasi incantata dal modo in cui i suoi capelli volteggiavano nell'aria quando si muoveva << Lui è sempre qui con me... In ogni istante. >> Aggiunse con il suo modo di fare misterioso.

La paziente era come un animale selvatico, doveva imparare a conoscere chi si trovava di fronte prima di potervi riporre la propria fiducia.

<< Mi riferisco a questo, Terako. >> Con cautela l'uomo posò la penna e avvicinò lentamente la mano alla spalla di Miu, affascinato e inquieto, come quando si incontra un cane randagio per la strada e si è tentati all'idea di accarezzarlo.

Il dottore tende una mano alla donna.

<< Non mi tocchi le sue mani sono coperte di sangue! >> Miu ringhiò, scuotendosi improvvisamente dal suo torpore << Non toccarmi, Assassino! >> Schiaffeggiò la mano di Hiiragi e continuando a emettere versi di stizza si accovacciò in posizione di attacco di fronte all'uomo.

<< Terako, calmati... Cosa succede? Stai indietro Terako! >> Il volto dell'attore si trasfigurò da calmo e professionale a una smorfia di terrore, mentre indietreggiava tenendo le mani avanti per respingere la donna che si preparava ad attaccarlo agitando le braccia come un'ossessa.

Il finto terrore sulla faccia di Hiiragi e la furia accuratamente studiata di Miu chiusero la scena.

La donna che li aveva invitati a cominciare gli annunciò che la scena era conclusa e, con un sorriso e la promessa di contattarli nei prossimi giorni, li congedò.

Entrambi gli attori ringraziarono e lasciarono la sala mentre un'altra coppia si preparava a fare il proprio ingresso.

La donna controllò l'orologio e imprecò: il treno che doveva prendere stava per partire!

Non si era neppure resa conto che aveva fatto tremendamente tardi. In genere pianificava i propri programmi al secondo spaccato in maniera da non avere sorprese, eppure proprio oggi si ritrovava a dover correre a perdifiato per raggiungere il treno. La sera Yasu l'aveva invitata a cena fuori: era molto tempo che non trascorrevano una tranquilla serata assieme e per nessun motivo si sarebbe permessa di rovinare tutto con un ritardo.

Effettivamente era strano che Yasu le chiedesse di uscire durante un giorno lavorativo: la mattina dopo avrebbe dovuto svegliarsi presto per andare in ufficio e inoltre era stato impegnato l'intero pomeriggio a provare con i Blast. E, soprattutto, Yasu non era tipo da portarla a cena senza che ci fosse qualche ricorrenza speciale: in fin dei conti il loro anniversario sarebbe caduto solamente tra 3 mesi. Qual era il motivo, allora?

Il suo flusso di pensieri fu interrotto dalla vista del treno che stava per lasciare la stazione: con uno sprint finale raggiunse le portiere un attimo prima che si chiudessero e si lasciò andare a peso morto su un sedile, ansimando e detergendosi il sudore dalla fronte. Forse non le avrebbe fatto male fare un po' di jogging.

Gli altri passeggeri la osservavano con uno sguardo bizzarro mentre le passavano accanto e nessuno durante i 20 minuti di tragitto si era seduto accanto a lei sebbene la carrozza fosse piena e molti fossero in piedi.

Alla fermata saltò giù dal treno e con passo sostenuto si avviò verso il proprio appartamento e dopo essersi specchiata nell'ingresso capì cosa aveva turbato tutti quei pendolari: aveva un aspetto orribile!

I capelli erano una massa di liane aggrovigliate, il viso era rosso e accaldato, gli abiti spiegazzati... Senza soffermarsi oltre si spoglio e si infilò sotto la doccia lavandosi accuratamente.

Adorava prendersi cura di sé: lavarsi, spalmarsi creme e oli profumati sulla pelle e truccarsi. Tuttavia si trovava perennemente in crisi con la scelta del vestito e l'acconciatura.

Aprì l'armadio colmo di abiti pensando "Accidenti! Non ho nulla da mettere!", certamente Yasu l'avrebbe portata in un locale elegante e lei non voleva sfigurare.

Provò un abito nero con le maniche a sbuffo, ma lo specchio rifletteva l'immagine di una bambinetta anziché quella di una donna, poi ne provò uno rosso estremamente scollato, niente da fare: non aveva abbastanza seno; il terzo le cadeva male.

Con i capelli non andava certo meglio: se li avesse lasciati sciolti sulle spalle il vento fuori li avrebbe spettinati in un secondo, se li avesse arricciati i boccoli si sarebbero disfatti nel giro di mezz'ora e se li avesse legati avrebbero perso il proprio fascino.

Invidiava tremendamente Yasu che non doveva preoccuparsi dei capelli e che poteva indossare uno smoking qualsiasi sapendo che gli sarebbe stato addosso alla perfezione.

Infine trovò ciò che faceva al caso proprio: un abito in seta color rosa antico. Lo allacciò dietro il collo con un nastro bianco e con un secondo nastro lo legò alla vita in un grazioso stile impero, la gonna sotto era morbida e asimmetrica lunga fino al ginocchio e bordata con un grazioso strato di pizzo bianco e si raccolse i capelli con un bastoncino rosa decorati con motivi geometrici bianchi, infine calzò un paio di sandali bianchi con il tacco e si ammirò allo specchio: raramente era così soddisfatta del proprio aspetto.

Pochi minuti dopo Yasu la passò a prendere in auto e con un gesto di autentica cavalleria le aprì la portiera.

Ogni volta che Miu lo guardava negli occhi si sentiva come se fosse la prima volta che lo incontrava: il suo cuore batteva a mille come mai aveva fatto prima e non era in grado di controllare lo stupido sorriso che si dipingeva sul suo volto arrossato dal sangue che le saliva alle guance.

Il tragitto fu lungo, ma quasi mai silenzioso: chiacchierarono del più e del meno, del provino di Miu, del caso giuridico al quale stava lavorando Yasu, dei Blast... Ma nulla di più personale.

Yasu svoltò in una stradina sterrata ed isolata, le case e le luci di Tokyo cominciavano a diradarsi. La stradina saliva seguendo un tratto frastagliato di costa e si concludeva con uno splendido ristorante che si affacciava direttamente sul mare.

Per entrarvi bisognava attraversare un giardino fiorito in stile orientare con tanto di stradina acciottolata e ruscello, che si concludeva con uno stagno pieno di ninfe, attraversato da un ponticello in legno dalla forma arcuata e i corrimani decorati.

Il locale era composto da un'unica sala dalle luci soffuse, la musica dal vivo di una band sconosciuta vestita con degli smoking bianchi avvolse tutti i presenti creando un'atmosfera indescrivibile, magica.

Il cuore di Miu batteva all'impazzata, nessuno l'aveva mai invitata in un posto del genere.

<< Yasu questo posto è ... >> Non trovava le parole, era un locale così romantico da non sapere come descriverlo con una sola parola << ... Meraviglioso. >> Bisbigliò alla fine.

Yasu la abbracciò da dietro e le appoggiò le mani sul ventre affondando il volto nel collo dell'amata. Miu rabbrividì, come sempre, sentendo il respiro dell'uomo vicino all'orecchio << Tu sei meravigliosa, Miu. >> Sussurrò, prima di riprendere la consueta aria distinta mentre si rivolgeva al cameriere.

<< Buonasera, ho riservato un tavolo per due a nome "Takagi". >> Gli spiegò Yasu.

<< Certo, vogliate seguirmi Signori. >> E li guidò verso un tavolo posto vicino al balcone, tanto prossimo al mare che Miu poteva sentire l'aria salmastra sulla pelle e il tramonto era tanto vicino che le pareva di poter toccare l'enorme disco rosso del sole che lentamente s'inabissava nelle acque scure.

Parlarono e ordinarono da mangiare, brindarono alla salute e all'amore con il migliore saké e passarono una bella serata all'insegna della leggerezza.

Miu era sospettosa, tutte quelle chiacchiere vuote e quell'allegria tesa le attanagliavano lo stomaco come una morsa di ghiaccio.

Voleva chiarirsi, voleva scoprire se tutta quella tensione era giustificata o meno.

Yasu non sembrava notare quel cambiamento d'umore nella donna e seguitava a parlare, mentre lo stomaco di Miu si chiudeva a causa della nausea.

Non potendo più sopportare quel senso d'angoscia, Miu afferrò la borsa e, dopo essersi scusata, si diresse verso il bagno, Yasu nel frattempo fece un cenno al cameriere e gli bisbigliò qualcosa all'orecchio indicando la band con la testa. Il cameriere annuì e si avvicinò al cantate chiedendogli qualcosa, lui annuì.

Miu si osservò allo specchio.

Yasu le era sembrato strano quella sera, ma cosa poteva saperne lei in fin dei conti? Era paranoica e non si fidava realmente di nessuno.

Tornò in sala e trovò Yasu in piedi con la mano testa che la invitava a concedergli un ballo.

Prese la sua mano e si lasciò condurre goffamente, non sapeva che Yasu fosse un ballerino. Piroettavano con eleganza sulla pista, mentre gli occhi di Miu scorrevano gli altri clienti: erano quasi tutti più vecchi di loro e si trattava soprattutto di coppie sposate o di gruppi a cena di lavoro che discutevano di contratti. Non c'era nessun bambino.

Finì una canzone e ne iniziò una estremamente dolce e lenta.

I've been searching a long time
For someone exactly like you
I've been travelling all around the world
Waiting for you to come through.
Someone like you makes it
All worth while
Someone like you keeps
Me satisfied. Someone exactly
Like you.


<< Miu, >> Cominciò Yasu, la sua voce tremava, non era mai stato tanto nervoso in vita sua, neanche al suo primo concerto, << Sono 6 anni ormai che ci frequentiamo e ho capito che sei l'unica donna che potrei amare, hai rapito il mio cuore. >>

Si inginocchiò ed estrasse una scatolina di velluto blu dalla giacca << Sposami, Miu. >> Ed aprì la scatoletta rivelando un anello in argento estremamente semplice, con un diamante di discrete dimensioni, ma dal taglio perfettamente lavorato.

Aveva scelto quel gioiello perché gli ricordava Miu, così spontanea e riservata, ma di una bellezza talmente pura da attirare l'attenzione di chiunque.

Le guance di Miu erano scarlatte e rigate dalle lacrime, neppure nei suoi sogni migliori Yasu le chiedeva di sposarla in maniera tanto plateale e romantica. Le pareva di vivere in una fiaba, forse era troppo bello per essere vero, si sarebbe svegliata presto ne era certa.

Yasu ripose l'anello in tasca, temendo di averla turbata: forse aveva esagerato a chiederglielo in pubblico, lei era timida e odiava essere al centro dell'attenzione e con quella proposta aveva attirato gli occhi di tutto il locale addosso a loro.

La band continuava a suonare.

I've been travellin' a hard road
Lookin' for someone exactly like you
I've been carryin' my heavy load
Waiting for the light to come
Shining through.
Someone like you makes it
All worth while
Someone like you keeps
Me satisfied. Someone exactly
Like you. *


<< Miu, >> La chiamò.

Lo sguardo di lei era vacuo come quello di una bambola, stava per avere un attacco d'asma? Aveva l'inalatore con sé?

<< Miu, mi dispiace. Non avrei dovuto chiedertelo... >> Ma, nonostante l'imbarazzo, perché non faceva nulla? Lo stava forse rifiutando? Come poteva? Yasu era certo che Miu lo amasse quanto lui amava lei, perché non gli diceva di sì? Che anche lei non desiderava altro che unirsi a lui in matrimonio?

<< Non preoccuparti, Miu, >> Le prese la mano << Dai, vieni, ti... >>

Miu doveva parlare, doveva farlo immediatamente, voleva dirgli che non desiderava altro che diventare sua moglie, ma le parole erano bloccate nella sua gola.

Deglutì e con uno sforzo immane lo interruppe << Lo voglio, >> E poi con decisione << voglio sposarti. >>

Lui non poteva crederci: sebbene fosse stato certo che lei avrebbe accettato, vedendola in quello stato quasi catatonico aveva cominciato a dubitare e ora lei con quelle semplici parole l'aveva reso l'uomo più felice sulla faccia della terra. Non aveva paura di quel "tutta la vita", non se Miu era al suo fianco.

Yasu la abbracciò e si baciarono appassionatamente tra gli applausi del "pubblico", e qualche signora sospirò in preda a vecchi ricordi mentre Yasu infilava l'anello al dito della fidanzata.

Miu si stupì che l'anello le calzasse perfettamente, sembrava pura magia. Poi si rese conto che Yasu doveva aver preso le misure degli anelli che custodiva nel suo portagioie, in effetti qualche giorno fa ne aveva cercato uno e temeva di averlo perso... Ma non vi fece troppo caso, perché quel momento era troppo bello per essere turbato da pensieri insulsi.

Lasciarono il locale con gli auguri migliori della band e si avviarono verso l'automobile tenendosi per mano.

<< Potevi anche evitare di farmi stare in pena, però... >> Scherzò Yasu, lei rise e lo abbracciò con trasporto: ora ne era certa, aveva trovato qualcuno con cui non voleva passare solo il resto della sua vita, ma tutta l'eternità.


    *Someone Like You by Van Morrison (soundtrack di "Il Diario di Bridget Jones")


The Author's Corner: Spero che anche questo terzo capitolo vi sia piaciuto, miei adorati lettori ^^, sostanzialmente non è ancora successo nulla, ma sto ancora preparando il terreno per lo sviluppo del racconto, abbiate pazienza vi prego :)

Arimi_chan: Grazie mille per la tua recensione e per aver aggiunto la mia storia a quelle seguite! Mi ha fatto molto piacere sapere che ti piace la mia storia (e che condividi le mie idee rispetto alla relazione tra Hachi e Takumi), spero di essere all'altezza delle tue aspettative fino alla fine :)

So che la mia storia non ha riscosso ancora molto successo, ma chissà... Io non mi do per vinta! :)

sharpey18: Grazie mille per le tue recensioni (mi tirano davvero su il morale) e grazie per aver aggiunto la mia storia ai preferiti, spero che questo capitolo ti sia piaciuto anche se riguarda Yasu e Miu (una coppia alla quale, secondo me, nel manga non viene dato moltissimo spazio)... In ogni caso Nana e Ren torneranno presto in scena con tutte le conseguenze che la gravidanza porta :)

Spero che continuerai a seguirmi :)


A presto, allora! :D

Auf Wiedersehen ^_^

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Capitolo 4
*** Not exactly a Fairy Tale! ***


Capitolo 4

Not exactly a Fairy Tale!



Si trovava sul lungo mare della propria città natale.

Era precisa nei dettagli, come la ricordava.

Il cielo biancastro che minacciava una forte nevicata e il vento che spazzava violentemente la spiaggia e ingrossava le onde del mare che si infrangevano sul frangiflutti con la violenza di un'esplosione.

Sembrava un tumultuoso oceano di diamanti.

I suoi capelli biondi svolazzano scompigliati da un vento contro il quale neppure il gel più efficace del mondo aveva qualche possibilità.

Si strinse nella giacca di pelle e sbuffò mentre il suo respiro si trasformava in una candida nube di condensa.

L'odore salmastro gli penetrava nel naso. Amava quell'odore forte e frizzante che lo faceva rabbrividire ogni volta.

Era un brivido piacevole che gli percorreva la spina dorsale, come la carezza di una donna.

Una mano si posò sulla sua spalla.

Era una mano delicata, femminile.

Era una mano che Nobu conosceva molto bene.

La conosceva con una precisione spaventosa e dolorosa quanto una stilettata diretta all'interno del suo cervello.

<< Nobu... >> Quella voce sembrava uscita direttamente dalla tomba dei suoi ricordi, quella tomba in cui aveva imprigionato le memorie di loro due assieme.

E ora lei era tornata a scoperchiare quella tomba che lui con tanto dolore si era obbligato a sigillare.

Lentamente Nobu si obbligò a voltarsi.

Incontrò gli occhi di quella donna, quella strega che l'aveva ammaliato e abbandonato, facendolo soffrire con un cane.

Ma guardandola negli occhi scopriva che quel dolore non gli impediva di amarla tutt'ora.

<< Nana... >> Bisbigliò lui << Cos... >> Ma non poté concludere la frase.

Hachi gli aveva posato l'indice sulle labbra.

<< Non parlare, Nobu. Non fare domande... >> Mormorò lei mentre si sollevava sulle punte dei piedi per arrivare all'altezza delle sue labbra.

Si sfiorarono e per Nobu fu come morire.

Sentì una lieve scossa elettrica che dalle labbra di lei passò alle sue.

La strinse con più forza a sé e con violenza infilò la sua lingua nella bocca di lei, ma Hachi non si scompose. Continuò caparbia nel suo tentativo di rendere quel bacio delicato ed elegante.

Nobu voleva dirle che la amava, che voleva rimanere sempre con lei. Non voleva perderla mai più.

<< Nobu? >> Non era la voce di Hachi quella.

Chi lo stava chiamando?

Nobu si guardò attorno spaesato mentre il paesaggio attorno a lui cominciava a sbiadire.

Tutto diventava progressivamente meno distinto, solo Hachi di fronte a lui era così dolorosamente reale.

Cercò di afferrarla ma la sua mano la trapassò, come se fosse aria.

<< Nana! No... Non scappare di nuovo! Ti amo.. >> Esclamò per richiamarla e improvvisamente si ritrovò seduto sul proprio letto, madido di sudore e con gli occhi spalancati.

Un tonfo catturò la sua attenzione e si voltò verso la porta della camera da letto.

Con orrore si rese conto che Asami era appoggiata sullo stipite della porta.

Il tonfo era stato prodotto dalla sua borsa. L'aveva lasciata cadere, sconvolta da ciò che Nobu aveva pronunciato svegliandosi.

Poteva dopo 6 anni di tira e molla tra loro due essere ancora innamorato di quella puttanella?

Non riusciva a frenare le lacrime che le sgorgavano dagli occhi. Lacrime calde, non solo di puro dolore, ma soprattutto di umiliazione.

Quella vista spezzò il cuore di Nobu.

Era tanto che non pensava a Hachi, forse non la amava più così tanto come un tempo, però non era riuscito ad eliminare completamente il ricordo della felicità tra loro due.

<> Nobu si alzò dal letto e la inseguì, ma lei era già corsa giù per le scale e stava per raggiungere la porta d'ingresso.

Se fosse stato uno dei loro litigi normali Nobu avrebbe semplicemente lasciato passare qualche ora, il tempo che le serviva per calmare l'ira.

Ma quello non era un litigio, quello era un gancio violento che il suo subconscio aveva inflitto a Asami mandandola KO.

Senza curarsi del suo abbigliamento, o per meglio dire, non abbigliamento, dal momento che indossava solamente un paio di boxer, seguì Asami in strada e la chiamò a gran voce.

Faceva un freddo bestiale e Nobu si maledì per la sua idea, anche perché non riusciva a decidersi cosa fosse peggio: il freddo che gli stava facendo perdere sensibilità a tutto il corpo o l'imbarazzo di essere praticamente nudo di fronte a mezza Tokyo.

Asami si voltò e per poco non scoppiò a ridere vedendo il ragazzo in mutande che la chiamava.

Sembrava la scena di una di quelle stupide commedie romantiche americane in cui lui faceva qualcosa di terribilmente imbarazzante e cavalleresco e lei cadeva ai suoi piedi come una pera cotta.

Si costrinse a mantenere i suoi lineamenti duri.

Nobu non doveva rendersi conto che la sua vista la stava ammorbidendo.

Ma era così innocuo e fragile in quelle condizioni, fuori nel freddo pungente di Tokyo.

<< Parliamone, ti prego. >> La supplicò avanzando verso di lei con passo malfermo.

Asami era combattuta tra la voglia di andarsene e lasciarlo lì nel bel mezzo del quartiere umiliato e abbandonato e quella di corrergli incontro ed abbracciarlo.

<< Non mi muoverò da qui finché non accetterai di parlarmi. >> Replicò fermo << Voglio solo che tu stia ad ascoltarmi. >> Continuò con tono di supplica.

Asami strinse i pugni e sbuffò.

<< Parliamone dentro, Idiota... >> Ringhiò << Prima che ti cadano le dita dei piedi dal freddo! >> E detto questo rincasò a passo di marcia.

Una volta dentro Asami si calmò e, nonostante fosse ancora furiosa, lo fece sedere sul divano e gli gettò una coperta addossò, dopo di che scomparve in cucina per preparare un the caldo.

<< Asami, lo so che non è una bella sensazione. Lo so che ti fa stare male il fatto che io continui a pensare a Nana dopo 6 anni, ma ti giur... >> Cominciò Nobu prima di essere interrotto bruscamente da Asami.

<< Non pronunciare il suo nome. >> Bisbigliò quasi minacciosa.

<< Io voglio stare con te, Asami, te lo giuro. Non pensavo a lei da un sacco di tempo. Non mi importa più nulla, se la vedo con suo marito non divento geloso, se lei dovesse venire a parlarmi non sentirei nulla... Asami, io ho scelto te. Non m'importa più di lei... Abbiamo avuto il nostro tempo, ma è stato tanti anni fa, una vita fa... >> Sapeva che tutta quella situazione era patetica, la sua uscita in biancheria intima, il suo discorso da copione di un film di serie B. Asami non avrebbe mai creduto che era sincero.

<< Perché continui a sognarla allora? >> Piagnucolò lei << Perché lei? Perché non me? >>

<< Perché io ho il privilegio di stare con te già quando sono sveglio... >> Sorrise Nobu e cautamente allungò la mano per toccarla.

Asami non impedì il contatto, ma non ricambiò lo sguardo di Nobu, rimanendo a testa bassa, raggomitolata all'angolo opposto del divanetto a 2 posti.

Tirò su con il naso e sospirò coprendosi gli occhi con le mani.

<< D'accordo. Voglio crederti Nobu. >> Sospirò Asami.

Nobu si allungò e la abbracciò dolcemente.

La sua pelle era fredda e solcata dalla pelle d'oca.

Asami ricambiò l'abbraccio controvoglia, non l'aveva ancora perdonato del tutto.

Poi un sorriso involontario le solcò il volto << Però devi ammettere che sei stato un po' patetico, sai, l'uscita in mutande... >> Sghignazzò.

<< Non ci ho pensato... >> Confessò lui << ... Volevo solo fermarti in quel momento, a qualunque costo. >>

Asami si sentì sciogliere.

La sua relazione con Nobu era fatta più di bassi che di alti, litigavano spesso e per motivi futili e più di una volta lei aveva tentato di prenderlo a schiaffi e più di una volta si erano giurati a vicenda che quella era l'ultima volta che litigavano, anche che sapevano che nel giro di un paio di settimane tutto sarebbe tornato esattamente uguale a prima.

Eppure nessuno dei due aveva il coraggio di andare via.

Erano così incondizionatamente legati l'uno all'altra che non avevano il coraggio di dare un taglio alla loro storia.

In fin dei conti i loro momenti belli, anche se erano un'eccezione, valevano tutte le lacrime e le urla dei litigi più burrascosi.

Perché tra le braccia di Nobu aveva trovato tutto ciò che aveva sempre desiderato.

Lui era così gentile e comprensivo, sempre pronto a lottare per lei e a sostenerla nelle sue battaglie.

Era così gentile e affettuoso, le aveva insegnato ad amare.

Prima di Nobu era sempre stato sesso e lavoro, relazioni senza futuro.

Il sesso aveva anche smesso di piacerle, in fin dei conti per una porno star era routine. Ma Nobu le aveva insegnato che esisteva un altro modo per fare sesso.

Non era abile come i suoi colleghi sul set, però era delicato.

Le aveva insegnato come fare l'amore.

Nobu era il Principe Azzurro della favola, non proprio lieta, della sua vita.

E se anche fosse rimasta per sempre la seconda donna della sua vita se ne sarebbe fatta una ragione, perché Nobu era la sua salvezza e non avrebbe permesso a nessuno di allontanarlo da lei.








The Author's Corner: Purtroppo dovrò postare ancora un paio di capitoli prima di riprendere in mano la storia di Nana, ma vi posso anticipare che nel prossimo capitolo (che purtroppo non so se riuscirò a postare prima di partire per la Siberia) ritornerà in scena Ren ;)

Detto questo, spero che vi siate goduti il capitolo numero 4! :)

Come sempre un gigantesco grazie ai miei preziosissimi 25 lettori e alle mie 3 commentatrici :D


Sharpey18: Mi fa piacere che questo nuovo capitolo ti sia piaciuto anche se non parla di Nana e Ren :)... La parte dell'audizione l'ho scritta perchè ho un grande amore per la recitazione anche se non ho la stoffa dell'attrice... Perciò mi sono divertita a descrivere Miu che si calava nei panni della pazza XD. Spero che tu abbia gradito il pezzo su Asami e Nobu (anche se io ad essere sincera non sono una grande fan di Asami... La Yaza l'ha fatta TROOOPPOOO insopportabile U.u... Anche se non ha proprio una storia tanto facile)

Arimi_chan: Ehi... Il pezzo del provino ha fatto faville ^_^... Martina tanto contenta :)... Yasu e Miu piacciono molto anche a me e sono contenta che la parte della dichiarazione ti sia piaciuta... Beh, in fin dei conti come poteva rifiutare un uomo come Yasu? Sono stupendi assieme quei due ;). Spero che ti sia piaciuto questo nuovo capitolo :)

Allexsis: Grazie mille per le recensioni e per aver aggiunto la mia storia a quelle seguite :)

Mi dispiace di essere la causa della tua insonnia ç_ç... Ma sono felice che la mia storia ti sia piaciuta al punto di lasciare ben 2 commenti!! Hai dormito bene dopo? :) Comunque non preoccuparti... Farò del mio meglio, e anche di più, per non deluderti ;)


Alla prossima! :D

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Capitolo 5
*** Empty Rooms, Full Rooms ***


Capitolo 5

Empty Rooms, Full Rooms


Ren parcheggiò la macchina nel posteggio di fronte alla casa che condivideva con Nana.

Sebbene sapesse che a Takumi piaceva provocare, non riusciva a togliersi dalla testa l'idea che Nana potesse essere incinta.

Sapeva che era improbabile, poichè Nana prendeva la pillola, ma non poteva esserne certo, forse lei aveva distrattamente dimenticato di prenderla per un paio di giorni.

Rincasò deciso a parlare con lei e a scoprire se dietro quel suo malessere si nascondesse davvero una gravidanza.

Se fosse stato davvero così, Ren si sarebbe considerato l'uomo più fortunato del mondo, avrebbe addirittura lasciato i Trapnest per occuparsi di loro figlio.

Gli avrebbe insegnato a suonare la chitarra e ad andare la bicicletta, e, quando fosse diventato più grande, gli avrebbe dato consigli sull'amore.

Voleva essere per lui un modello, qualcuno su cui poter contare.

Non vedeva l'ora che ci fosse un piccolo Ren o una piccola Nana a gattonare per casa. Sentiva nascere nel suo cuore il desiderio di avere un bebè che lo chiamasse Papà.

Non era ancora certo che la sua compagna fosse incinta, ma lo sperava con tutto il cuore. Anche se, conoscendo Nana, e la conosceva bene, lei non sarebbe stata affatto entusiasta di quella situazione.

Infilò la chiave nella toppa e la rigirò mentre una bizzarra, e totalmente fuori luogo, sensazione di vuoto lo avvolgeva.

Aprì la porta ma la casa era buia e silenziosa, completamente priva di vita.

<< Nana? Amore, sono a casa... >> La chiamò a voce bassa.

Nessuna risposta.

Che stesse dormendo? Si chiuse la porta alle spalle e in punta di piedi raggiunse la loro camera da letto. Vuota.

Preso dal panico, corse in ogni stanza accendendo la luce. Dov'era? Dov'era Nana?

Deglutì. Aveva un nodo alla gola che quasi gli impediva di respirare normalmente.

E se a Nana fosse successo qualcosa?

Non era possibile, doveva riflettere a mente lucida.

Si guardò attentamente attorno.

Non vi era alcun segno di scasso e oltre a Nana mancavano anche la sua chitarra, il suo borsone e diversi vestiti.

Doveva essersene andata spontaneamente, ma perché?

Si rannicchiò sul pavimento.

Aveva una stramaledetta voglia di farsi una dose.

Nana era la sua più grande dipendenza, una dipendenza così forte da tenerlo lontano dalla droga, ma ora che lei non era più lì chi avrebbe potuto salvarlo?

Con mano tremante afferrò il cellulare e compose il numero della ragazza.

Squillava a vuoto. E ogni squillo aumentava l'angoscia nel cuore di lui.

Rassegnato, decise di chiamare Hachiko.

Nonostante le due donne non avessero più avuto alcun contatto dopo il matrimonio di Hachi, non era possibile distruggere quel legame indissolubile che le univa.

Ren era sicuro che nel momento del bisogno Nana avrebbe raccolto i sottili filamenti che la univano all'amica e li avrebbe riavvolti fino a ritornare nel suo abbraccio dolce e rassicurante,

Il telefono di casa squillò un paio di volte prima che rispondesse la voce acuta della piccola Satsuki, che lui considerava la sua nipotina.

<< Satsu – chan? >> Chiese Ren, cercando di mascherare lo sconforto nella sua voce.

<< Sì, chi parla? >> Domandò lei.

<< Sono zio Ren, mi passi la mamma, per piacere? >> La pregò.

Sentì la voce della bambina che chiamava la madre e poi i passi pesanti di Hachi che si avvicinavano alla cornetta.

<< Pronto? >> La voce di Hachi gracchiò metallica e innaturale attraverso il telefono.

<< Hachiko? >> Replicò Ren istupidito.

<< Ren? E' tutto ok? >> Non poteva nascondere la sua angoscia ad Hachi, lo conosceva troppo bene.

<< Nana è lì da te? >> Domandò.

<< Qui? No, perché? >> Hachi era stupita. Nana lì?

Aveva desiderato molto a lungo di sedersi con Nana sul divano di casa sua, sorseggiando del caldo the al gelsomino o trangugiando della birra fresca, e di parlare, lasciando che le ore scorressero via veloci e riempiendo i silenzi con le loro risate e i loro pianti di gioia, per rattoppare quel rapporto unico e meraviglioso, lacerato da un addio ruvido e amaro e da anni di vuoto. L'aveva desiderato, ma Nana non si era mai fata viva. E ora per qualche oscuro motivo era fuggita da Ren. Hachi sentì un peso gravarle sul petto: se solo lei avesse insistito per mantenere il loro rapporto vivo, Nana si sarebbe rifugiata da lei per qualsiasi problema e non avrebbe dovuto soffrire da sola, qualunque cosa fosse accaduta.

<< Stamattina stava poco bene e quando sono tornato dalle prove non c'era, non risponde al cellulare... Sono preoccupato, Hachi. >> La voce di Ren suonava come quella di un bambino spaventato.

Hachi aveva voglia di correre a casa sua e di abbracciarlo, esattamente come avrebbe fatto con Satsuki se si fosse presentata di fronte a lei in lacrime e con la voce così mogia.

<< Ren, rilassati... Io credo di sapere dov'è. Lascia che vada a parlarle e poi ti farò sapere, d'accordo? >> La voce di Hachi era rassicurante, come quella della madre che Ren non aveva mai avuto.

Ren annuì e rispose che avrebbe aspettato.

Interruppe la telefonata, ma non si mosse di un millimetro, rimase incollato a quel minuscolo spazio del pavimento, come se fosse l'ultimo punto sicuro sulla faccia della terra.

Nel frattempo Hachiko prese le chiavi della macchina e quelle dell'appartamento 707.

Stava afferrando il cappotto quando incontro il marito in soggiorno.

<< Dove credi di andare? >> Le chiese scherzoso, afferrandola per la vita e sollevandola in aria.

In un altro momento Hachi avrebbe goduto di quel raro e prezioso sprazzo di romanticismo nell'indole di suo marito.

Ma non oggi. Non ora che ne andava del rapporto tra Nana e Ren.

Non l'aveva mai sentito così sconvolto, e con tutto ciò che aveva fatto per lei, adesso non poteva rifiutargli il suo aiuto. E soprattutto voleva vedere Nana, abbracciarla e annusare di nuovo il suo profumo dopo tanti anni e parlare come due vecchie amiche. Capire cosa c'era che non andava e aiutarla a risolvere tutti i suoi problemi.

E alla fine andarsene, sapendo che Nana era di nuovo felice tra le braccia di Ren.

<< E' un'emergenza... >> Balbettò Hachi allontanandolo << … Devo uscire, per favore... Ti spiegherò.... >>

<< Perché sei così nervosa? Cos'è tutto questo mistero? >> Le chiese.

<< Nulla... E' Ren... >> Replicò Hachi << Devo andare... >> Detto questo si sciolse dall'abbraccio e fuggì verso la porta.

Takumi rimase in piedi osservando la porta che si richiudeva dietro la minuta figura della moglie e il rimbombo del legno che sbatteva si amplificò pesantemente nella sua testa.

Si sentiva offeso dall'abbandono. Lei non aveva il diritto di piantarlo in asso così, non per una volta che avevano la possibilità di stare un po' loro due da soli.

Satsuki fece capolino dalla sua stanza e si avvicinò al padre.

<< Papà, ho fame... >> Si lamentò la bambina tirandogli la giacca.

In quel momento anche Takumi si rese conto di avere un certo languorino.

Prese la piccola in braccio e le baciò la fronte.

<< Andiamo a vedere cosa possiamo mettere sotto i denti, Piccolina... >> E mentre si avviava verso la cucina ringraziò sentitamente l'inventore del segnalatore di fumo che gli avrebbe impedito di far saltare in aria l'intero condominio.


Asami si era addormentata sul letto di Nobu, sfinita dopo una giornata passata tra un colloquio di lavoro e l'altro.

Era davvero difficile per una ex attrice di film per adulti trovare un ruolo in qualche altro genere di produzione.

Nobu le aveva ripetuto più volte che se non se la sentiva più di fare quel lavoro i suoi soldi sarebbero stati sufficienti a supportare entrambi, ma a lei quell'idea non andava a genio.

Per tutta la vita se l'era cavata sola e non aveva intenzione di chiedere la carità a nessuno, nemmeno al suo ragazzo.

Nobu sorrise mentre la osservava rigirarsi tra le lenzuola: sembrava una bambina in quei momenti, era così calma ed adorabile.

Completamente diversa dalla Asami sveglia, sempre di fretta e spesso di malumore.

Però Nobu la amava anche così, perché lui era un cavaliere e non poteva fare a meno di innamorarsi di tutte le ragazze che parevano in difficoltà.

Anche se spesso era lui che ci rimetteva alla fine.

Asami aprì gli occhi e mugugnò << Che ore sono? >>

Si stiracchiò pigramente e scostò le lenzuola.

Nobu lanciò uno sguardo all'orologio sulla parete di fronte a lui e rispose << E' quasi ora di cena, vuoi mangiare qualcosa? >>

Asami scosse la testa e allungò le mani chiedendogli di andare ad abbracciarla << Vieni a stenderti un po' con me, Nobu... >> Lo pregò.

Nobu obbedì e si stese sotto le lenzuola abbracciando forte Asami.

Lei posò il capo sul suo petto e ascoltò silenziosa il suo cuore che palpitava nel petto.

Era un suono regolare e rassicurante.

Asami si sentiva protetta quando ascoltava il cuore di Nobu, era come se nulla al mondo potesse turbarla in quei momenti di pace e serenità.

Stavano stretti in quel letto singolo, dimentichi di qualsiasi problema. L'appartamento era diventato un vero casino da quando si erano conosciuti.

Ogni volta che Asami si fermava a dormire finiva col dimenticarsi qualcosa a casa di Nobu e così di volta in volta lui trovava: reggiseni colorati mescolati alle sue magliette, calze in nylon e creme di bellezza posate in equilibrio precario sul bordo del lavandino in bagno.

Casa di Asami probabilmente non era tanto meglio, ogni volta che andava là Nobu si scordava qualcosa: gli spartiti per la chitarra, il gel per capelli e gli orecchini che ogni sera prima di andare a letto posava sul comodino e che puntualmente dimenticava di rimettere la mattina dopo.

I loro appartamenti si stavano fondendo l'uno con l'altro in un'accozzaglia di ciarpame inutile.

Era da un po' che nella testa del chitarrista frullava l'idea di chiedere a Asami di trasferirsi da lui: sarebbe stato più pratico e avrebbero potuto vedersi più spesso.

Però non sapeva come introdurre l'argomento, anche se conoscendo Asami probabilmente sarebbe stata entusiasta dell'idea.

<< Sai una cosa... >> Sbottò all'improvviso mentre cercava di rigirarsi per trovare una posizione più confortevole << … Questo letto è piccolo per due persone. >>

Asami rispose con un mormorio di assenso.

<< E' inutile prenderne uno più grande però, in fondo non mi fermo a dormire così spesso... >> Replicò lei.

<< E se lo facessi? Se ti fermassi qui a dormire ogni notte? >> Nobu attese la reazione di Asami trepidante. Non aveva mai vissuto con una donna prima d'ora.

Asami smise di respirare e fissò il soffitto con sguardo vacuo.

Nobu le stava suggerendo di trasferirsi da lui in pianta stabile?

Ovviamente c'erano dei punti a favore: sarebbe stata più vicina al centro e Nobu avrebbe potuto darle dei passaggi in auto quando lei ne aveva bisogno, avrebbe avuto meno spese dividendo l'affitto con Nobu, in fin dei conti non avrebbe più dovuto mantenere i costi del suo vecchio appartamento e avrebbe diviso quelli nuovi con Nobu, in più avrebbe potuto vederlo ogni giorno e dormire abbracciata a lui ogni notte. Avrebbero potuto divenire una vera coppia.

Eppure non poteva accettare.

Lei e Nobu litigavano spesso e se avessero cominciato una convivenza la situazione si sarebbe soltanto aggravata, in fin dei conti si sa che la convivenza tira fuori il peggio delle persone.

Ma come spiegarlo a lui? A lui che aveva una visione così romantica ed idilliaca dell'amore?

Non avrebbe mai potuto capire i suoi dubbi e le sue perplessità.

Stavano assieme da molto, ma non sentiva così forte il bisogno di vivere con Nobu, anzi per il momento preferiva rimandare.

Non perché non lo amasse, ma proprio perché lo amava troppo, e non voleva che quell'amore fosse demolito dal veleno di una relazione troppo soffocante.

<< Nobu... Io non credo che sia una buona idea per come stanno le cose ora... >> Balbettò Asami, sapendo che quelle parole non avrebbero fatto altro che portarli all'ennesimo litigio.

Nobu si sollevò di scatto udendo quelle parole e la fissò dall'alto in basso con uno sguardo confuso e risentito.

<< E' ancora per quello stupido sogno? >> Le chiese.

Asami scosse la testa con decisione << No, però noi litighiamo... Litighiamo spesso. E se andassimo a vivere assieme la situazione peggiorerà! E io non voglio che peggiori... Mi serve solo un po' di tempo in più. >> Gli spiegò.

Nobu piegò la testa di lato e la squadrò con poca convinzione.

Asami non voleva litigare ancora, si sentiva esausta.

Scostò pigramente le lenzuola e si sollevò.

<< E' il caso che vada ora. >> Mormorò cupa e fece per piegarsi a dare un bacio a Nobu, ma lui si scostò. Era di pessimo umore.

<< Ciao, Nobu... >> Sussurrò dolcemente e si allontanò.

Il ticchettio dei suoi tacchi si spense lentamente dopo che lei ebbe richiuso la porta di casa alle proprie spalle.

Nobu si abbandonò sul letto, chiedendosi dove l'avrebbe portato quella relazione.

Stavano assieme da 6 anni, tra alti e bassi e un paio di pause di riflessione.

Non erano la coppia perfetta, probabilmente sarebbero stati meglio con altre persone, eppure una forza magnetica più potente del loro istinto di sopravvivenza continuava a riportarli vicini. Forse era perché lei era così terribilmente complicata e assomigliava così tanto ad Hachi, che l'aveva lasciato con un amaro in bocca che nemmeno i più dolci baci di Asami potevano eliminare.

Però non poteva andare avanti così. Non poteva sopportare quel vuoto che l'avvolgeva ogni volta che Asami usciva da quella porta.


The Author's Corner: Rieccomi! Non mi ero scordata di voi lettori :)

Mi dispiace ma tra il viaggio e ferragosto non ho proprio avuto tempo di postare prima questo capitolo!! :)

sharpey18: Sono contenta che ti sia piaciuto anche il capitolo su Nobu e Asami ;) , spero che anche questo sia di tuo gradimento... E, visto che tutti aspettano il grande ritorno di Nana ti anticipo che il prossimo capitolo sarà dedicato a lei ;) ... Spero di riuscire a postarlo presto! :) Bene... Ti ringrazio per avermi augurato buon viaggio (a parte un'intossicazione alimentare da lamponi freschi è andato alla grande xD) :D

_White_: Mi fa piacere che tu abbia dormito bene dopo la lettura :)
Neanch'io amo molto Asami, ma solo perchè sono una super fan di Nobu e Hachiko, però mi dispiace per Asami perchè l'amore che prova per Nobu è più forte della consapevolezza che lui prova ancora qualcosa per Hachi. Spero che tu gradisca anche questo capitolo :)


Alla prossima! :)

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Capitolo 6
*** Crash and Burn ***


Capitolo 6

Crash and Burn


Hachi parcheggiò l'automobile lungo la riva del fiume Tama.

Il suo sesto senso le diceva che Nana si trovava nell'appartamento 707 e che aveva bisogno di qualcuno con cui confidarsi.

E chi meglio del suo fedele cagnolino per alleggerire la propria anima dai dubbi e dai dolori che la corrodevano?

Salì i gradini a due a due ed arrivò al settimo piano sfinita e senza fiato.

Si appoggiò al muro respirando affannosamente e attese qualche minuto, finché le sue pulsazioni non tornarono regolari, dopo di ché avanzò verso l'appartamento 707.

Sentì della musica provenire da dietro la porta chiusa: accordi di chitarra e una voce roca e graffiante, quella voce che Hachi avrebbe riconosciuto tra mille altre. La voce di Nana.

Hachi, senza attendere un solo istante, si precipitò all'interno dell'appartamento con la forza di un uragano.

Nana, sorpresa, smise di suonare e si alzò in piedi, incapace di muoversi o di fare qualsiasi cosa, eccetto respirare piano e guardare Hachi con gli occhi colmi di lacrime, chiedendosi se l'immagine di fronte alle sue pupille annebbiate fosse reale oppure un miraggio.

<< Nana... >> Sussurrò Hachi correndo tra le sue braccia.

Non si era mai resa conto di quanto Nana le fosse mancata in quegli anni, ma rivendendola tutti i ricordi dei mesi che avevano passato assieme la investirono con l'impeto di una tempesta.

Persero la cognizione del tempo e non si resero conto di quanto tempo passò prima che sciogliessero il tenace abbraccio che le aveva unite nuovamente.

Gli occhi di Nana erano rossi e gonfi per il pianto.

Tutta la figura della cantante appariva così cupa e fragile che Hachi si sentì a disagio: non aveva passato abbastanza tempo con Nana per scoprire in prima persona quel lato di lei.

Aveva sempre considerato Nana una donna forte, lei era la sua eroina, pronta a salvarla in ogni momento. E ora era Hachi che doveva occuparsi di lei.

Non sapeva se era in grado di ricoprire un ruolo tanto importante.

<< Cosa succede, Nana? >> Le chiese costringendola a sedersi e prendendole una mano.

Nana rimase in silenzio riflettendo su quanto fossero calde le mani dell'amica che stringevano le sue.

Odiava apparire debole agli occhi degli altri: per una donna come lei, cresciuta senza madre e costretta a lavorare duramente sin da bambina, la parvenza di essere insensibile al dolore era tutto. Ma ora aveva bisogno di una buona amica come mai le era capitato prima.

Non aveva mai avuto una vera amica, qualcuna che la considerasse sua pari: da ragazza era sempre stata attorniata dai ragazzi della sua band e le sue numerose fan la consideravano un gradino più in alto di loro, come se la elevassero al livello di divinità.

Nana stava cercando di raccogliere le parole giuste per spiegare la sua scelta di allontanarsi da Ren, quando un improvviso conato di vomito la scosse.

Si allontanò repentinamente da Hachiko e corse verso il bagno.

La ragazza si avvicinò cautamente alla porta. Il rumore soffocato che proveniva dalla stanza la faceva sentire male.

Pochi minuti dopo Nana riemerse, pallida in volto.

In quel periodo a Tokyo era facile ammalarsi: lo smog e l'umidità erano micidiali.

Inoltre Nana, che mescolava l'asma ad alcool e sigarette era un soggetto particolarmente a rischio.

Hachiko estrasse dalla borsetta un flacone di pillole e lo consegnò a Nana << E' un rimedio omeopatico contro l'influenza. >> Le disse sorridendo.

Nana scosse la testa e le restituì la medicina << Non è influenza Hachi. >> Le disse.

Per un attimo la donna non capì.

Poi, con l'intensità di un lampo, un'idea attraversò la mente di Hachi e lei realizzò cosa stava capitando all'amica: la nausea, il senso di confusione, la voglia di scappare da tutto e da tutti, la forte emotività... Erano le stesse emozioni che lei stessa aveva provato 6 anni prima.

<< Sei incinta, Nana? >> Le chiese.

Nana annuì, sollevata all'idea di aver finalmente condiviso il suo segreto con qualcuno. Sapeva di potersi fidare di Hachi e sapeva di non conoscere una donna con più esperienza di lei in quell'ambito e, esattamente come aveva previsto, il suo fedele cagnolino si era immediatamente prestato ad aiutarla in qualsiasi modo necessario.

Per un momento Hachi si scordò completamente di avere un marito e una figlia a casa che la attendevano, per un attimo era ritornata la ragazza di 20 anni che condivideva l'appartamento con un'inquilina completamente diversa da lei.

Abbracciò forte Nana e la rassicurò: non doveva preoccuparsi di nulla. Sarebbero state loro due, assieme come un tempo.<< Tu sei la mia famiglia, Nana. >> Rispose Hachi << Non ti abbandonerò più, te lo giuro. >>

Nei suoi occhi fiammeggiava una determinazione tale che Nana si sentì sorpresa e spaesata.

Si abbandonò tra le braccia dell'amica, godendo segretamente di quel momento di debolezza che la faceva sentire coccolata come una bambina.

<< Sei già stata dal ginecologo? >> Chiese Hachi facendo sedere l'amica e affrettandosi a prepararle un infuso di erbe calmanti.

Nana scosse la testa.

Non aveva nemmeno pensato a tutti i preparativi che precedevano l'arrivo di un bebè.

<< Non ti preoccupare, la mia ginecologa è una donna stupenda! >> Esclamò Hachi e si affrettò a frugare nella propria borsa alla ricerca del cellulare << Anzi la chiamerò subito! >>

<< Hachi... >> La fermò Nana << E' grandioso quello che fai per me, ma... Io non so se voglio questo... >>

Hachi si fermò e, con le mani ancora immerse nella borsa, si voltò a fissare Nana con sguardo ferito. Le stava cortesemente facendo capire che non aveva bisogno di lei?

<< Vuoi che vada? >> Balbettò cercando di trattenere le lacrime.

Nana scosse la testa << Resta con me, ti prego. >>

I suoi occhi erano lucidi ed enormi, come quelli di Satsuki quando aveva paura.

Hachi non aveva il cuore di abbandonarla.

Senza neanche pensarci spense il telefono nella borsa così nessuno le avrebbe disturbate e prese la mano di Nana.

<< Grazie, Hachiko >> Bisbigliò Nana mentre le due si stendevano sul letto matrimoniale nella camera di Nana e giacevano nel buio, sveglie.

I loro occhi fissavano sbarrati il soffitto.

Improvvisamente, in quell'intima oscurità, la mano di Hachi si intrecciò a quella tiepida di Nana.

<< Hachi... >> La voce arrochita di Nana spezzò il silenzio dei loro respiri << Posso farti una domanda? >> Chiese.

<< Certo >> Replicò Hachi.

<< Quando sei rimasta incinta di Satsuki... Sì, insomma, eri innamorata di Nobu e avevi appena chiuso con Takumi... Cosa ti ha spinto a non... ? >> La voce di Nana appariva ovattata in quell'atmosfera onirica.

Improvvisamente Hachi si rese conto di aver evitato di affrontare quella domanda troppo a lungo. Sospirò, ma non trovò le parole per rispondere.

Strinse con più forza la mano di Nana.

<< Sai cosa voglio chiederti Hachi... >> Replicò Nana con voce solenne.

Hachi capiva benissimo: la risposta che Nana cercava era la stessa che l'aveva rosa per intere notti insonni mentre attendeva il parto o la crescita della bambina, quella strana sensazione che nasceva in lei quando accarezzava i biondi capelli di Satsuki o quando il suo sorriso riaccendeva in lei i ricordi di una vita passata.

<< Non ho avuto la forza di abortire... Perchè in fondo al cuore speravo che fosse la figlia di Nobu. >> Detto questo sentì che un peso le veniva tolto di dosso.

Con quella nuova sensazione di pace e di tranquillità si addormentò, serena come raramente le capitava di addormentarsi.

Al contrario, Nana rimase sveglia ancora a lungo.

Nella sua mente si affacciavano troppi pensieri per permetterle di scivolare lentamente nel mondo dei sogni.

Se Hachi aveva avuto il coraggio di mettere al mondo una figlia illegittima, perché lei aveva paura di portare a termine la gravidanza pur essendo ben consapevole che il suo bambino sarebbe cresciuto in una famiglia accogliente, con 2 genitori innamorati che non gli avrebbero mai fatto mancare nulla?

Solo ora comprendeva la paura di sua madre nel metterla al mondo, solo ora poteva avvicinarsi agli stessi sentimenti che quella donna aveva provato quando aveva scoperto che Nana si era innestata nel suo utero. Non poteva ancora perdonarla, non avrebbe mai potuto, ma quantomeno ora si rendeva conto della paura che sua madre aveva provato in quel momento.

Accarezzandosi lo stomaco Nana chiuse gli occhi e sognò Ren.


The Author's Corner: Rieccomi qui :)

Ecco a voi finalmente il fatidico incontro tra le due Nana!! ^_^

Spero che vi piaccia anche questo capitolo, è molto importante per me, visto che si tratta di un passaggio piuttosto delicato :)

Spero di non avervi deluso!!

_White_ : Nemmeno a me è piaciuta la separazione delle 2 Nana, per questo non vedevo l'ora di scrivere del loro incontro! :)

Sono contenta che ti sia piaciuta la parte riguardante Ren, nel manga si intuisce che lui voglia avere dei figli, perciò mi sono detta "perchè non cercare di farlo diventare papà?"... Vedremo cosa ne verrà fuori alla fine :)

Per il resto concordo su Nobu e Asami, la sto rivalutando, però rimango convinta che Nobu debba stare con Hachi! (:

sharpey18: Wow! Com'era la Spagna? :) Mi piacerebbe un sacco visitarla, non ci sono mai stata!

Quando ho scoperto nel manga che Ren si drogava ci sono rimasta così male che mi sono detta "eh no, Ren deve superarla questa!!" e perciò vorrei cercare di dargli l'happy ending almeno in questa storia (:

Spero che ti piaccia l'incontro tra Nana e Hachi... Io credo che nonostante gli anni passati il legame tra loro due non possa indebolirsi, perciò beh... Vedremo come continua la storia :)


Alla prossima! :)

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Capitolo 7
*** I can see clearly now ***


Capitolo 7

I Can See Clearly Now



La mattina dopo Hachi si risvegliò riposata come non le capitava da mesi. Il peso di quella certezza che la seguiva da molti anni si era sollevato dal suo petto.

Era certa che Satsuki fosse figlia di Nobu, tutti coloro che erano a conoscenza della storia di Hachi ne erano sicuri.

Aveva dormito molte ore cullata da un sonno profondo e privo di sogni.

Ora però doveva tornare a casa, parlare con Takumi, abbracciare la sua bambina.

Nana dormiva ancora.

Era così innocua mentre si rigirava rannicchiata su sé stessa che ad Hachi parve quasi di osservare sua figlia.

Le lasciò un post - it sul tavolo della cucina: si sarebbero incontrate nel primo pomeriggio presso lo studio del ginecologo, dove Hachi aveva prenotato una visita per l'amica.

Mentre scendeva le scale riaccese il cellulare: come previsto Takumi l'aveva chiamata 2 volte, Junko ben 11.

Telefonò e lasciò un messaggio in segreteria dicendo che sarebbe giunta a casa in breve tempo.

Si preparò alla lite furibonda che avrebbe seguito il suo rientro.

Rimase immobile per qualche minuto con la mano posata sulla maniglia, troppo turbata anche per respirare.

Infine aprì la porta.

La accolse un acre odore di fumo, il posacenere era pieno zeppo di mozziconi di sigaretta. Takumi esagerava sempre col fumo quando era nervoso.

Emerse dalla cucina, le occhiaie profonde e una smorfia di disappunto dipinta sul volto.

Rimasero in silenzio a fissarsi, come due lupi prima di una battaglia all'ultimo sangue.

<< Ho dormito nell'appartamento, >> Si giustificò Hachi tenendo lo sguardo basso << Nana aveva bisogno di me. >>

Takumi non disse nulla e Hachi ebbe paura: Takumi era solito a sbraitare, a spintonarla talvolta, ma non aveva mai soppresso la propria rabbia in quel modo.

<< Lei sta passando un brutto periodo, io credo che dovrei starle vicino per qualche tempo. >> Takumi le voltò le spalle, sembrava che non la stesse nemmeno ascoltando, ma Hachi sapeva che stava registrando ogni sua singola parola.

<< Se tu sei d'accordo, naturalmente. >> Replicò lei.

Ancora nessun cenno di dissenso.

<< Partirei questo pomeriggio. >>

Silenzio.

<< Voglio portare Satsuki con me. >>

Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso: Takumi si voltò e la fisso con furore.

<< No. >> Replicò seccamente << Tu puoi andare se vuoi, ma non ti permetto di portare via mia figlia. >>

Hachi sostenne lo sguardo del marito con decisione.

<< Tu lavori tutto il giorno, non potresti occuparti di lei. >> Rispose.

La voragine di silenzio tra i due parve allargarsi a dismisura.

Hachi scomparve nella propria stanza e cominciò a preparare la valigia.

Era stupita dalla propria reazione: aveva tenuto testa a Takumi e non si sentiva neppure in colpa, non provava dolore, era sollevata all'idea di poter stare con Nana e con Satsuki, lontana dalle catene imposte dal marito.

Takumi la seguì in camera e la abbracciò da dietro.

<< Non voglio che tu parta. >> Bisbigliò affondando il viso tra i capelli della moglie.

Hachi desiderava ardentemente che il marito fosse sincero, ma ormai lo conosceva troppo bene per illudersi: Takumi non avrebbe avuto alcuna difficoltà a mentirle in quel modo solamente per trattenerla.

<< Non lo vorrei nemmeno io, >> Rispose Hachi prendendogli le mani e posandole sul suo ventre << ma non posso abbandonare Nana. >>

Chiuse la sacca in cui aveva messo i propri averi e si diresse in bagno a testa bassa.

Si fissò allo specchio, fissò gli oggetti da toeletta che ingombravano il mobiletto sopra il lavandino.

Il suo sguardo cadde sulla spazzola di Takumi, alcuni dei suoi capelli corvini giacevano, come cadaveri, tra le setole.

Ricordava il giorno in cui Takumi aveva detto ad Hachi che non c'era bisogno di fare un test di paternità: anche se era evidente che Satsuki non poteva essere sangue del suo sangue, ma per lui l'opportunità di poterla crescere era abbastanza.

Per l'unica volta nella sua vita, Takumi si era accontentato di ciò che gli era stato riservato dal destino.

Non poteva essere suo padre, ma sarebbe stato il suo papà e nessuno avrebbe potuto mai rubargli quel ruolo.

Hachi uscì dal bagno con gli occhi lucidi e si diresse verso la stanza di Satsuki.

Con stupore trovò Takumi che aiutava la figlia a preparare una valigia.

<< Vengo a prenderla nel fine settimana. >> La avvertì.

Nana annuì e prese la mano della figlia.

<< Ti porto a conoscere la mia vecchia amica Nana. >> Le disse sorridendo.

Satsuki le prese la mano e le chiese << Papà può venire con noi? >>

Hachi rimase senza parole per un momento. Come spiegare a sua figlia che per qualche tempo non avrebbe vissuto con Takumi?

<< No, amore... Papà deve lavorare. >> Rispose lui abbracciando teneramente la figlia.

Hachi si sentiva di troppo in quel contesto.

Takumi forse non era il padre biologico di Satsuki, ma era certamente l'unico papà che quella bambina avrebbe mai avuto.

La donna sentì l'impulso di gettare la borsa a terra e correre tra le braccia del marito, cercando di rattoppare quegli anni che avevano passato ferendosi a vicenda, cercando di costruire dalle macerie la famiglia felice che sua figlia meritava. Rimase in piedi, affondando le unghie nei palmi delle proprie mani.

<< Sei pronta, tesoro? >> Domandò Hachi afferrando il manico della valigia rosa della figlia.

Satsuki annuì e corse ad abbracciare il padre << Prometti che vieni presto da noi! >> Implorò con la voce rotta dal pianto.

Le separazioni dal padre erano frequenti per Satsuki, ma lei non si era mai abituata all'idea di lasciarlo andare.

Non soffriva troppo la solitudine mentre lui era lontano, però nel momento in cui doveva salutarlo non riusciva mai a trattenere le lacrime.

Takumi la sollevò e le baciò le guance rigate dalle lacrime << Promesso! >> Giurò solennemente.

La rimise a terra e le diede una leggera pacca sulla schiena per incitarla a raggiungere la madre.

Satsuki si stava già avviando verso la porta, mentre Hachi si avvicinava al marito per abbracciarlo un ultima volta.

Allargò le braccia e tentò di cingerlo, però lui si ritrasse e senza aprir bocca lasciò la stanza.

Dal corridoio del loro appartamento echeggiò la voce squillante della bambina << Papà, ricordati che hai promesso! >>

Hachi asciugò una lacrima furtiva che si era formata nell'angolo del suo occhio e si affrettò a seguire la figlia.



The Author's Corner: Eccomi qui! :) Scusate il ritardo per aggiornare ma sto cercando di godermi al massimo l'ultima settimana di vacanze... Non voglio tornare a scuola ç_ç

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, anche se non è particolarmente entusiasmante, è più che altro un capitolo di transizione, che però chiarisce i dubbi su Satsuki :)

sharpey18: Spero che questo capitolo abbia fugato ogni dubbio riguardo alla paternità di Satsuki, non ti preoccupare, i capitoli precedenti erano volutamente ambigui per evitare di dire che lei è certamente figlia di Nobu, beh ora vedremo cosa accadrà! :)

Tutte aspettano l'incontro tra Nana e Ren, beh, mi dispiace deludervi ma dovrete aspettare ancora un po'... Non vedo l'ora di scriverlo, ma voglio prima risolvere altre questioni! Aggiornerò presto :)

_White_: Oddio, scusa! Non volevo farti piangere :(

Comunque ti ringrazio, ho sempre il terrore di influenzare il carattere dei personaggi, che penso sia inevitabile visto che non li ho inventati io XD

Non ho ancora scritto il capitolo su Nana e Ren, ma ci arriverò :)
Per il momento vi lascio con questo capitolo e la promessa di aggiornare prima che ricominci la scuola ;)


Au prochain chapitre! ^_^

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Capitolo 8
*** My, oh my ***


Capitolo 9

My, oh my



<< Mamma, mamma... Dove stiamo andando? >> Era la decima volta nel giro di una ventina di minuti che Satsuki tartassava la madre con quella domanda.

Hachi sospirò e le spiegò per l'ennesima volta che stavano andando dal dottore, dove avrebbero incontrato Nana.

<< Perchè va dal dottore? >> Chiese innocentemente la piccola Satsuki << E' malata? >>

Hachi scosse la testa << Aspetta un bambino e il dottore deve assicurarsi che sia Nana che il bambino stiano bene. >>

<< E' un maschietto? >> Domandò ancora Satsuki incuriosita.

<< Non lo sappiamo ancora... Lo sapremo tra qualche mese. >> Rispose Hachi mentre spingeva finalmente la porta d'ingresso dell'ambulatorio e faceva entrare Satsuki nella calda ed accogliente sala d'attesa.

Nana era già là da molto tempo e aveva osservato un vasto campionario di donne sfilare di fronte a lei: donne evidentemente in avanzato stato di gravidanza, alcune erano sole altre accompagnate dai loro compagni; donne anziane che probabilmente dovevano discutere dei problemi della menopausa e anche giovani ragazze accompagnate dalla madre.

In mezzo a quella a quella folla, Nana non si era mai sentita così sola.

Avrebbe voluto che Ren le tenesse la mano mentre entrava nello studio della ginecologa di Hachi e avrebbe voluto vedere assieme a lui la prima immagine del bambino.

Ma ora non era più certa di voler condividere il suo segreto con Ren.

Lei non era adatta a fare la madre, non aveva mai avuto nessun esempio e non poteva certamente allevare un bambino e coltivare la propria carriera nello stesso tempo.

Sarebbe stato così semplice sbarazzarsi di lui, se solo non avesse continuato a considerarlo un abbozzo di essere umano.

Quella cosa nel suo utero non era niente più di un puntino, qualcosa che non doveva stare lì. Era un parassita, un tumore maligno che la rosicchiava dall'interno.

Non avrebbe dovuto fare nulla, soltanto stendersi su un lettino e aspettare che il dottore facesse quello che doveva fare e in poche settimane quello che stava vivendo in quel momento non sarebbe stato nient'altro che un incubo.

Non appena ebbe infilato la sua testolina lucente all'interno della sala la piccola Satsuki riconobbe la cantante dei Blast e le corse incontro.

Una volta arrivata di fronte a lei, però, non ebbe il coraggio di spiccicare una parola.

Dal canto suo Nana si trovava nello stesso stato: era di fronte a quella creaturina di 6 anni che le ricordava in maniera impressionante la sua migliore amica e il suo chitarrista.

Non aveva dubbi: quella bambina non poteva essere la figlia di Takumi.

Hachi le raggiunse un istante più tardi.

<< Nana, ti presento mia figlia Satsuki. >> Hachi fece le presentazioni, gonfia d'orgoglio per entrambe.

Nana prese la manina fredda di Satsuki tra le sue e disse che era lieta di conoscerla.

La bambina osservò la propria mano meravigliata: non poteva credere di avere appena conosciuto Nana Osaki, la cantante dei Black Stones: il suo gruppo preferito!

<< Satsu – chan, vai a giocare con quel bambino laggiù. Ti va? >> Domandò Hachi con quel tono accondiscendente che nascondeva un ordine. Un tono che solo le madri hanno la capacità di sfruttare a dovere.

Satsuki obbedì e si allontanò.

<< Sei pronta, Nana? >> Le chiese posandole una mano sulla spalla.

Nana scosse la testa.

Raramente aveva bisogno di qualcuno con cui sfogare le proprie preoccupazioni: era sempre stata abituata ad essere una donna solitaria ed indipendente, ma ora non aveva una minima idea di come comportarsi.

Le sembrava di trovarsi a dover percorrere un sentiero lastricato di vetri aguzzi a piedi nudi e non sapeva dove appoggiarsi per evitare di farsi del male.

<< Non so se lo voglio. >> Ammise Nana.

Nel momento in cui espresse ad alta voce quel suo dubbio, si rese conto di quanto quell'idea fosse in realtà deplorevole.

Hachi a 20 era più matura di lei sotto quel punto di vista.

<< Cambierai idea. >> Le assicurò l'amica.

Hachi ne era certa. Si era sentita come Nana quando era rimasta incinta di Satsuki: era sola e spaventata e si sentiva come se tutti le avessero voltato le spalle.

Poi però era andata dalla sua ginecologa e aveva sentito il battito del cuore del suo bambino e aveva visto quell'ombra simile ad un pesciolino fluttuare sullo schermo.

Se ne era innamorata a prima vista e aveva capito che non avrebbe potuto permettere e nulla e a nessuno di fare del male alla vita che custodiva dentro di sé.

Nana inarcò un sopracciglio.

Era dubbiosa: lei non aveva lo stesso istinto materno di Hachiko.

Lei voleva cantare, non voleva sposarsi e sfornare marmocchi da viziare.

Chinò il capo, scura in volto e cercò di vuotare la propria mente da ogni pensiero.

<< Nana... >> Hachi le aveva preso la mano << … Qualsiasi decisione tu prenda, lo sai che io ti appoggerò sempre fino in fondo, vero? >>

Era quello che Nana aveva bisogno di sentire, il suo fedele cagnolino che le giurava ancora una volta fedeltà assoluta.

<< Grazie, Nana. >> Mormorò stringendo con più forza la mano di Hachi.

<< La signorina Osaki Nana può accomodarsi. >> La voce nasale della segretaria risuonò tra le 4 pareti della sala d'attesa.

<< Vuoi che entri con te, Nana? >> Chiese Hachi.

Nana scosse la testa << Resta con Satsuki. >>

La ginecologa fu molto gentile e fece il possibile per mettere quella nuova paziente a proprio agio.

La visitò e si informò riguardo al suo stato di salute.

Avrebbe dovuto modificare radicalmente le proprie abitudini se voleva portare a termine la gravidanza e mettere al mondo un bambino sano.

<< Posso farle una domanda? >> Chiese Nana mentre si rivestiva preparandosi a lasciare la stanza.

<< Sono qui per questo. >> Replicò la donna voltandosi verso di lei.

<< Il feto ora... >> Nana esitò, un po' perché faticava a raccogliere le parole e un po' perché temeva la risposta della ginecologa << … Lui, che aspetto ha? >>

La donna prese un libro dallo scaffale accanto alla propria scrivania e dopo averlo sfogliato le indicò una foto.

Nana lo trovò buffo, sembrava un girino, oppure un piccolo alieno.

Le faceva quasi tenerezza.

Indicò alcune zone più scure sul corpo del feto << In questo periodo cominciano a formarsi anche le orecchie e la laringe. >>

Questa nozione colpì Nana: orecchie e laringe, che assieme alle corde vocali erano gli organi fondamentali per un musicista, un cantante.

Deglutì sentendo che ogni dubbio che aveva avuto fino a quel momento svaniva, come se venisse lavato via dalla sua coscienza.

Nel suo utero non c'era un coso o uno sputo.

Lei stava aspettando un bambino, suo figlio, il prodotto dell'amore tra lei e Ren.

Nulla al mondo l'avrebbe convinta a fare del male a quella creaturina.

L'avrebbe protetta a costo della vita.

La ginecologa vedendo il volto di Nana non poté fare a meno di abbandonarsi ad un sorriso: conosceva quell'espressione.

Era l'espressione che compariva sul volto di ogni donna nel momento in cui realizzava che non esisteva più lei soltanto, ma che ora erano in due.

Era il momento in cui una donna realizzava cosa significasse diventare madre.

<< Per portare al termine la gravidanza nel migliore dei modi dovrà modificare alcune delle sue abitudini, lo farà? >> Le chiese cordialmente la dottoressa.

Nana annuì.

Avrebbe fatto qualsiasi cosa per il suo bambino e cominciò con l'estrarre un pacchetto di sigarette dalla tasca della propria giacca e gettarlo nel cestino dell'immondizia.

<< Possiamo già fissare la prima ecografia? >> Domandò la futura madre con un sorriso dipinto sul volto.


The Author's Corner: Eccovi servite :)

Non si parla ancora di incontri tra Nana e Ren, ma per il momento questo è il capitolo che mi ha dato più soddisfazione, spero che piaccia anche a voi :)

_White_ : Anche io speravo tanto che Satsuki fosse figlia di Nobu, per questo ho fatto in modo che nella mia fan fiction accadesse :)

Beh... In realtà mi dispiace deluderti ma non ho pensato a nessun motivo particolare per cui Takumi avrebbe accettato la piccola, ho solo immaginato che si fosse affezionato a lei, e lei a lui, nonostante non siano consanguinei... In fin dei conti la sta crescendo :)

Spero ti sia piaciuto questo capitolo e spero di poter aggiornare presto (tanto i primi giorni di scuola sono abbastanza blandi... Non voglio ricominciare ç_ç)


Sayonara!

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Capitolo 9
*** The Truth beneath the Rose ***


Capitolo 9

The Truth Beneath The Rose


Già da qualche giorno Hachi e Satsuki si erano trasferite nell'appartamento 707 assieme a Nana.

Madre e figlia dormivano nella vecchia stanza di Hachi, mentre Nana aveva ripreso pieno possesso della propria.

Vivevano in bilico, muovendosi cautamente tra le pareti ammuffite dell'appartamento.

A Satsuki ancora non pareva reale di vivere assieme alla cantante dei Black Stones, era come un sogno che diventava realtà! Certo, avendo il bassista dei Trapnest come padre era abituata ad avere una celebrità in casa, ma Nana era da sempre il suo idolo: era così grintosa ed energica che la bambina avrebbe voluto divenire come lei. Eppure quando se la trovava di fronte non riusciva a spiccicare la minima parola e questo sembrava divertire estremamente Nana e sua madre.

Hachiko invece si godeva quei momenti di serenità assieme alla sua vecchia amica, ben sapendo che presto o tardi avrebbero dovuto tornare entrambe alla solita routine. Da quando Satsuki era arrivata non avevano più sfiorato l'argomento maternità, tuttavia Hachiko si era accorta degli sguardi furtivi che Nana lanciava alla bambina quando casualmente la incrociava.

Nana aveva capito, chiunque conoscesse la storia di Hachi avrebbe capito.

Dal canto suo Nana viveva quella situazione come se avesse un cappio legato attorno al collo, la vista di Satsuki la feriva profondamente perché attraverso lei Nana riusciva a immaginare un futuro alternativo in cui Hachi e Nobu erano una coppia e crescevano assieme la loro bambina.

Doveva affrontare Hachi, dovevano risolvere quella situazione assieme.

Una sera, dopo che Satsuki era crollata a letto, Nana e Hachi si sedettero allo sgangherato tavolo della cucina con due tazze di the di fronte a loro.

Si studiavano a vicenda senza parlare, ascoltando ogni minimo rumore che giungeva al loro orecchio: il respiro pesante di Satsuki, il ronzio del vecchio frigorifero, lo scricchiolio delle vecchie imposte e il loro stesso respiro regolare e armonico.

<< Non è soffocante mantenere tutti questi segreti? >> Domandò Nana afferrando la propria tazza e portandosela alle labbra.

Hachi strinse gli occhi e fissò Nana con perplessità << Segreti? >>

Nana sospirò << Satsuki non è la figlia di Takumi. >>

Non era una domanda, era un'affermazione.

Hachiko sgranò gli occhi ma cercò di mantenere la calma, non doveva mostrare il suo turbamento.

Annuì e, nascondendo il tremolio della propria mano, bevve un sorso di thé caldo, nel tentativo di proteggersi dai brividi gelidi che le percorrevano la colonna vertebrale.

<< Hai mai pensato di dire la verità a Nobu? >> Chiese Nana.

Hachi scosse la testa.

<< Non credi che meriti di saperlo? >> Incalzò Nana.

<< Satsuki ha già un padre che le vuole bene e che provvede a lei, non ha senso tormentare Nobu dopo tutto questo tempo. >> Replicò seccamente la donna.

<< Non si tratta di tormentare, Nana! >> Ringhiò la Osaki battendo un pugno sul tavolo << Si tratta di tua figlia che sta crescendo tra bugie che diventeranno sempre più grandi, si tratta di Nobu che è stato escluso da una vita che lui stesso ha creato, si tratta di noi due che non... >> Nana stava parlando a vanvera, frettolosamente e aveva il fiato corto.

Hachi si alzò e le afferrò le spalle << Calmati, Nana! Respira! >>

Ma Nana voleva parlare, perché era furiosa. Era furiosa perché la vita cercava sempre di dividerla dalle persone che amava, furiosa perché se Hachi avesse pensato all'amore invece che ai soldi la storia avrebbe potuto essere diversa oggi.

Hachi corse a prendere un sacchetto di carta e lo mise in mano a Nana.

La donna respirò e attese che le sue pulsazioni si stabilizzassero.

Quegli attacchi la lasciavano sempre sfinita ed incapace di fare qualsiasi cosa.

Si sollevò e traballando si diresse verso la sua camera.

Hachi corse a sorreggerla e la donna non si ritrasse, poiché era troppo debole per opporsi alle braccia che la stringevano spingendola verso la stanza.

Hachi la adagiò sul letto e le sfilò gli stivali e il collarino, poi la voltò sulla schiena per sciogliere i lacci del corpetto che stringevano il suo vitino sottile.

<< Quando comincerà a crescerti la pancia dovrai smetterla di metterti vestiti così stretti... >> La rimproverò.

Nana ignorò la provocazione e si rivoltò nel letto.

<< Dì la verità, Hachiko... >> Borbottò prima di addormentarsi.

Quella notte Hachi si coricò con una stretta al cuore.



The Author's Corner: Eccomi di nuovo qui! :)

Destroyed but not defeated, come direbbe il buon Hemingway... Ahah!

Non ne posso davvero più di questa scuola O.o... Per la prima volta dopo settimane riesco a postare un nuovo capitolo (e questo solamente perché il mio adorabile moroso mi ha tirato pacco neanche 20 minuti prima di uscire -.-'')!!

Vabbeh... Non parliamo di me e della mia angosciante vita sociale, ma passiamo ai ringraziamenti! :)

_White_ : L'unica commentatrice rimasta! :)

Spero che dopo l'attesa questo capitolo non ti abbia deluso :)

Purtroppo tra il fatto di essere in 5°, la palestra e la patente il tempo di scrivere scarseggia un po'... Per questo preferisco postare più raramente ma cercare di scrivere dei testi buoni, piuttosto che postare con frequenza capitoli banali :)

Nel prossimo capitolo torneremo a parlare dei nostri futuri sposi (ho già lo scheletro del capitolo in mente), spero non ti dispiaccia una piccola digressione ;)

Cercherò di arrivare presto al momento dell'incontro tra Nana e Ren ;)


Bye bye! ;)

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Capitolo 10
*** Perfect ***


Capitolo 10

Perfect


Yasu sbuffò mentre la commessa del negozietto specializzato in bomboniere e inviti per matrimoni e ricorrenze esponeva l'ennesimo monile su un balcone oramai stracolmo di inutili ninnoli.

Sapeva che organizzare il matrimonio non sarebbe stato facile, ma sperava di poter evitare certe inutili perdite di tempo celebrando un sobrio matrimonio shintoista: pochi invitati, abiti tradizionali e niente souvenir del matrimonio.

Lanciò un'occhiataccia alla donnina occidentale che illustrava, nel suo giapponese un po' stentato, le particolarità di ciascuna bomboniera e per quale motivo riteneva che valesse la pena spendere un po' di più per quella ricca di decorazioni, piuttosto che per quella più economica ma banale.

Gli occhi di Miu brillavano di eccitazione mentre osservava quelle ampolle e quei piattini colorati, argentati, smaltati.

<< Io stavo pensando a qualcosa di più tradizionale, magari ad un diffusore

d'incenso... >> Spiegò Miu mentre il suo sguardo indagatore scorreva la merce ancora esposta sugli scaffali.

Gli occhi della donna si illuminarono e batté le mani compiaciuta << So esattamente cosa fa al caso vostro! >> Cinguettò e si inginocchiò a terra frugando in un cassetto sotto il bancone.

Riemerse una manciata di secondi dopo con una scatoletta in velluto rossa, la aprì ed estrasse cerimoniosamente un piattino in argento tibetano sul quale era stato creato un torii in rilievo, sopra di esso pose una bacinella che riportava degli ideogrammi con formule di buon auspicio per il futuro.

La donna fece per prendere altri modelli, ma Miu la fermò, era decisa a prendere quello.

Si voltò verso Yasu, che si trovava esattamente dietro di lei per mostrarglielo: a lui non servì nemmeno dare un'occhiata a quella bizzarra bomboniera, l'entusiasmo della futura sposa era sufficiente per lui.

Ordinarono un numero abbondante di bomboniere e passarono alla scelta dei biglietti.

Anche lì persero una buona mezz'ora a discutere su quale colore fosse il più adeguato: il color crema o il pergamena?

<< Cosa ne pensi di questo Yasu? >> Gli chiese Miu indicandogli un cartoncino.

Il povero futuro marito non ebbe nemmeno il tempo di prendere fiato che l'amata consorte aveva già puntato un altro biglietto. E poi che differenza c'era tra il color crema e il pergamena?

Alla fine optarono per un elegante invito color beige dai bordi dorati sopra il quale avrebbero dovuto copiare a mano gli inviti: l'idea lo faceva già sentire male!

Esausto trascinò Miu fuori dal negozio, gli inviti sarebbero arrivati la settimana successiva.

Quando Miu gli aveva confessato che il suo sogno era quello di sposarsi con il fasto della tradizione occidentale Yasu era rimasto sorpreso: la sua dolce e riservata Miu desiderava un matrimonio in grande stile.

Lei gli aveva detto che sin da quando era piccola il suo desiderio più grande era stato quello di sposarsi come aveva visto fare nei film americani che guardava da bambina, ma che una volta diventata adulta aveva abbandonato la speranza di sposarsi.

Yasu le prese la mano e la portò alle proprie labbra aspirando le note fruttate del profumo di Miu << Sarà tutto perfetto... >> La rassicurò baciandole delicatamente il dorso della mano.

<< Ne sei sicuro? >> Gli chiese lei titubante.

<< Sono pronto a metterci la mano sul fuoco! >> Replicò.

Era anche certo che con quelle parole stava firmando una lunga condanna ad indicibili torture.

<< Ti fermi da me questa sera? >> Le chiese mentre passeggiavano mano nella mano lungo le strade di Tokyo, illuminate dalla luce delle insegne al neon e dei lampioni.

Miu annuì e gli sorrise << Allora dobbiamo fermarci a comprare qualcosa per cena! >> Esclamò.

Dopo essersi fermati al supermercato si diressero verso l'appartamento di Yasu.

L'atmosfera accogliente dell'appartamento dell'uomo metteva Miu a proprio agio: ogni volta che vi entrava le sembrava che tutte le sue angosce rimanessero fuori dalla porta. Quel posto, dove ogni cosa rispecchiava l'essenza del suo fidanzato, era sospeso in un luogo al di fuori dello spazio fisico di Tokyo.

Sfiniti collassarono entrambi sul divano.

<< Organizzare un matrimonio è faticoso... >> Sospirò Miu.

Yasu sorrise delicatamente mentre lasciava che le sue dita scorressero tra i capelli serici della donna << Ne vale la pena, per stare con te! >>

Miu gli prese la mano e la portò al proprio viso, le sue guance rosee sembravano i petali del ciliegio in fiore.

<< Dopo il matrimonio cosa faremo? >> Chiese Miu candidamente.

Come al solito Miu cercava una certezza a cui aggrapparsi in quel mare di domande che le pareva la vita coniugale.

Yasu scostò una ciocca di capelli dall'orecchio di Miu e avvicinò le proprie labbra.

Un braccio cingeva le spalle della donna, mentre con la mano libera le accarezzava il ginocchio.

<< Andremo in luna di miele in qualche posto lontano e faremo l'amore ogni notte, se tutto va secondo i miei piani... >> Sogghignò Yasu, mentre le piazzava dei baci leggeri sul collo.

La mano di Yasu saliva sempre più in alto verso gli slip della ragazza.

<< Non sembra male... >> Bisbigliò lei mentre allargava le gambe per agevolare il lavoro dell'uomo.

Un gemito le sfuggì dalle labbra mentre lui continuava a stimolarla.

Eppure nonostante il piacere che stava provando Miu non riusciva a mettere a tacere i propri pensieri: la sua mente, con la forza distruttrice di una scavatrice alla ricerca del petrolio, esaminava instancabilmente tutto ciò che riteneva necessario affinché il suo matrimonio filasse liscio, senza intoppi.

Ogni minimo problema, ogni minima incertezza che si presentava la gettava nel panico più totale.

Avevano ordinato le bomboniere, avevano ordinato i biglietti, si era già accordata con Asami per andare a cercare l'abito da sposa, avevano telefonato ai genitori di Yasu per chiedergli di informarsi al tempio della città se e quando fosse possibile celebrare il loro matrimonio...

<< Yasu! >> Gracchiò isterica.

Con un sobbalzo l'uomo si scostò da lei, l'aveva spaventato!

<< Il tempio! I tuoi genitori... >> Miu balbettava rapidamente delle parole sconnesse, fortunatamente dopo 6 anni assieme Yasu aveva imparato a comprenderla anche quando era così agitata.

La abbracciò teneramente e le baciò la testa << I miei genitori hanno chiamato stamattina: al tempio in questo periodo hanno pochi impegni, perciò potremmo partire questo fine settimana per andare a fare un sopralluogo e per fissare una data, cosa ne pensi? >> Le disse coccolandola.

<< Mi pare un'ottima idea >> Concordò lei.

<< Mi sorge soltanto un dubbio... >> Mugugnò l'uomo mentre la faceva accoccolare tra le proprie gambe << … stavi pensando ai miei genitori mentre io pensavo al tuo piacere? >>


The Author's Corner: Capitolo un poco inutile, lo so, ma visto che è un bel po' che non posto nulla, volevo scrivere soltanto un capitoletto che facesse da interludio prima di passare ad argomenti più... ehm... gravosi :)

_White _: Perdona la lentezza estrema nel postare :), lo so che questo capitolo non è un gran che, ma per il prossimo mi è venuta un'idea bestiale ^^
Non vedo l'ora di mettermi al lavoro!!
Nel frattempo spero che tu possa accontentarti di queste... bricioline ;)


A presto, spero!!

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