La strada per l'alba

di Tico_Sarah
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chapter 1 ***
Capitolo 2: *** Chapter 2 ***
Capitolo 3: *** Chapter 3 ***



Capitolo 1
*** Chapter 1 ***


1

 

 

 

Era tardi e il corpifuoco era passato da un pezzo.

Il cielo notturno di Midgar donava una quiete assoluta, quasi irreale, ad ogni via della città; i palazzi, silenziosi e bui, si affacciavano sulle strade deserte; i cartelloni al neon lampeggiavano in modo lugubre, solitari; solo alcuni poveracci senza una casa erano stati costretti a trovarsi un riparo per la notte e giravano per la città come fantasmi.

Alla stazione due vagabondi seduti su una panchina stavano guardando i binari, mentre pian piano sentivano che la terra sotto i loro piedi cominciava a tremare, accompagnata da un fischio sempre più insistente.

Dal cornicione di un palazzo, con un fruscio d’ali, s’alzò in volo un corvo nero come le notte, che si levò fino a coprire la luna e cominciò a volare in direzione del fischio. Salì sempre più in alto: con i suoi occhi vide la città e, in mezzo ai palazzi, una scatola metallica che correva a massima velocità sui binari.

Il treno cominciò a sbuffare ripetutamente quando arrivò davanti alla panchina dei due vagabondi. Gradualmente diminuì la propria velocità e si fermò.

Le porte dei vagoni si aprirono con uno scricchiolio.

Cominciarono a scendere ingenti gruppi di persone, tutti soldati a giudicare dalle divise; un paio di giovani atletici si prendevano a gomitate mentre scendevano dal treno, felici di essere tornati a casa; un uomo dagli occhi schivi, tutto imbacuccato, si guardò intorno e si dileguò tra la folla il più in fretta possibile; un gruppo di ragazzi se ne andò senza esultare, in silenzio.

Ci fu un attimo di marasma: voci, rumori, suoni, il treno che riprendeva a fischiare, un vortice di colori scuri. Poi basta. La terra tremò ancora, la folla si disperse rapidamente, il treno ripartì e prese velocità.

Uno dei vagabondi sulla panchina seguì il treno in lontananza, già ridotto ad un puntino; l’altro ricominciò a guardare i binari vuoti, ma stavolta trovò una differenza: davanti ad essi c’era un ragazzo alto, dal fisico prestante e il viso giovane, che si guardava intorno, indeciso se muoversi oppure no. Teneva sulla schiena una spada che era quasi più grande di lui, eppure non sembrava preoccuparsene molto. Ai suoi piedi se ne stava abbandonato uno zainetto, in cui forse c’erano tutti i suoi averi.

Doveva essere un soldato, senza ombra di dubbio. Che stesse aspettando qualcuno? Perché non si muoveva?

Il soldato infilò la mano in tasca di malavoglia ed estrasse il cellulare. Lo guardò, compose un numero, poi ci ripensò, riattaccò e gettò di nuovo l’apparecchio in tasca. Poi si chinò per raccogliere lo zaino, quando un uomo, che il vagabondo sulla panchina non aveva neanche visto arrivare, gli si avvicinò.

Il nuovo arrivato era perfino più grosso del soldato, portava una giacca scura, una sciarpa legata attorno al collo e un cappello. Sembrava che non volesse farsi notare da nessuno.

Quando arrivò di fronte al soldato lo squadrò dall’alto in basso, poi parlò:-Cosa farai ora?-

-Non lo so.- Rispose subito il soldato, afferrando lo zaino e tirandosi dritto. Anche così non raggiungeva l’altezza dell’altro uomo, né riusciva ad eguagliare il suo portamento.

I due si guardarono a lungo, senza dire nulla, come se le parole non fossero necessarie per esprimere ciò che stavano pensando; bastava uno sguardo per comprendersi.

L’uomo misterioso fu il primo a parlare:-Per questa settimana sei congedato.- Disse.-Schiarisciti le idee, poi vieni a riferirmi la tua decisione.-

Il soldato sorrise mestamente.-Grazie Sephiroth.-

I ringraziamenti caddero nel silenzio. L’uomo misterioso si girò, dando le spalle al soldato, e se ne andò senza dire nient’altro, silenzioso com’era arrivato.

Il vagabondo curioso che aveva assistito a tutta la scena, si calò il baschetto verde e consumato davanti agli occhi blu, e per un attimo immaginò che forse avrebbe dovuto chiedere l’elemosina al soldato. Avvertì che il compagno gli aveva tirato una gomitata d’incoraggiamento, ma lui non riusciva a chiedere nulla ad un giovane che probabilmente aveva poco più di loro. Si vedeva lontano un miglio che quel povero soldato non era ricco, né benestante, e molto probabilmente le uniche cose che aveva erano quella grande spada e ciò che stava nello zaino. Parlando di quello, poi, non era neanche un granchè di zaino. Sembrava che avesse partecipato ad una guerra, tanto era logoro!

Il soldato si ravviò i capelli neri, e soltanto allora il vagabondo notò che una cicatrice gli deturpava la guancia. Vide anche che, dopo aver sistemato il ciuffetto corvino, la mano guantata del soldato aveva sfiorato la cicatrice, e nei suoi occhi era apparso un dolore così grande che il vagabondo aveva perso ogni determinazione a chiedergli aiuto.

Fu allora che il soldato si accorse che i due mendicanti lo guardavano. Si avvicinò con un sorriso lieve stampato sulla faccia e li osservò.

-Avete bisogno di qualcosa?- domandò, amichevole.

Il mendicante con il basco verde in testa arrossì fino alla punta delle orecchie e abbassò la testa, nascondendo quasi tutto il viso nella sciarpa rossa.

-Solo qualche moneta.- Rispose l’altro vagabondo, una donna, a giudicare dalla voce.

Il cappuccio del mantello le copriva tutto il viso e anche il corpo, e il soldato non seppe definirne il sesso con certezza. Rimase a fissare i due con aria comprensiva, ma al tempo stesso dispiaciuta per non poter fare molto.

-Posso solo offrirvi un riparo per la notte.- Disse, allegro.-Se volete venire con me, a casa ho abbastanza spazio per tutti noi.-

I due mendicanti si guardarono, attoniti. Non avevano mai trovato nessuno così generoso.

-Mi chiamo Zack.- Si presentò il soldato.

-Io Tifa.- Disse la vagabonda, abbassandosi il cappuccio e rivelando un viso dai lineamenti delicati, bellissimo.-Lui è Cloud, un mio amico.- E indicò il compagno.

Cloud alzò appena gli occhi verso il soldato, poi, vedendo che lo guardava, li riabbassò subito.

Zack li esortò ad alzarsi dalla panchina, lanciò lo zaino a Cloud  e fece cenno di seguirlo con la mano.-Andiamo, sono stanco e qui fa freddo.-

 

***

 

Casa di Zack era l’appartamento più disordinato che Tifa avesse mai visto. Si trovava al terzo piano di un palazzo poco distante dalla ShinRa Corporation, l’azienda  di produzione elettrica più potente del pianeta. Dalla finestra se ne poteva vedere l’ampio edificio e i reattori che lo circondavano, il tutto immerso nel buio stellato di una notte invernale.

Tifa osservò il panorama finchè il vetro non si appannò, costringendola a pulirlo con la manica del maglione.

Quando si voltò, trovò che Zack era di fronte a lei e le progeva una tazza.

-Bevi,ti riscalderà.- Si raccomandò il soldato.

Lei sorrise e ubbidì.

Cloud, alle spalle di Zack, se ne stava seduto attorno al tavolo, con l’aria spesata e confusa. Era stato un bel colpo di fortuna trovare qualcuno così gentile e disponibile, quasi un miracolo forse. Certo, la casa non era delle più lussuose, la cucina, il tinello e la sala facevano tutt’uno, il bagno era piccolissimo e le camere da letto erano solo due: una era quella di Zack, nell’altra c’era solo un letto.

-So che è una rottura.- Disse Zack, marciando verso un armadietto addossato alla parete del “soggiorno”.-Ma non ho due letti. Cloud, tu puoi dormire nella mia stanza. Tifa, tu prendi pure quella di...- s’interruppe, a disagio.

Tifa lo guardò, in attesa del resto della frase.

-Tu prendi quell’altra.- Concluse Zack, indicando una direzione a casaccio.-E io dormo qui.-

-Qui?- chiese Tifa, perplessa.-Qui dove?-

Zack sorrise con allegria e tirò fuori dall’armadietto un sacco a pelo.

-Ma...!- cercò di obiettare Tifa.

-Niente ma!- esclamò Zack, con un gran sorriso, mentre sistemava il sacco a pelo nell’unico angolo disponibile.

Cloud lo fissò con aria sempre più sorpresa.

-Non è certo una reggia-, rise Zack, inginocchiandosi sul pavimento.-Però credo che ci possiamo accontentare, no?-

Tifa non ne era così sicura. Lanciò un’occhiata imbarazzata a Cloud, che invece semprava contento. Allora si tranquillizzò anche lei e disse:-Vado a sistemare la mia stanza.-

-Perfetto.- Rispose Zack, salutandola con entusiasmo.-Vuoi andare anche tu, Cloud? Non fare complimenti, mi raccomando.-

Il ragazzo abbassò la testa.-Non dovevi.-

Zack si bloccò. Sul suo viso passò un’espressione indecifrabile, poi tornò a regnare il buon umore:-Non scherzare!- esclamò.-Certo che dovevo!-

Cloud era giovane, pensò Zack, guardando il suo viso dalla pelle pallida. Non aveva mai incontrato nessuno con due occhi così fragili e insicuri, o con dei capelli così biondi, e il pensiero di averlo aiutato lo riempiva di soddisfazione. Non gli servivano i suoi ringraziamenti, capiva da solo che Cloud era felice di stare al caldo. Chi, si chiese Zack, non lo sarebbe stato, al suo posto?

Un silenzio di pace e tranquillità, ma anche di imbarazzo (almeno dalla parte di Cloud), pervase la stanza, interrotto solo da un fischiettare vago che proveniva dalla stanza accanto, quella di Tifa.

Cloud non si decideva ad alzarsi dalla sedia. Guardò Zack destreggiarsi con il sacco a pelo finchè non ebbe terminato, poi lo vide tirarsi su e sospirare pesantemente.-Sei un soldato?- gli chiese.

-Sì.- Rispose Zack, avvicinandosi al tavolo e sedendosi accando a Cloud. Si lasciò cadere sulla sedia, esausto.-Sono un soldato dell’esercito della ShinRa.-

Già... Zack gettò la testa all’indietro e cominciò a guardare il soffitto. Era una soldato, ma chissà perché la cosa non lo esaltava più come un tempo. Se avesse incontrato Cloud giusto qualche anno prima, molto probabilmente avrebbe risposto con più entusiasmo. Ora, pensò, chiudendo i pugni con forza, era felice solo di essere tornato a casa.

Cloud parve rimurginare a lungo sull’affermazione di Zack, poi chiese:-Ed è difficile?-

Zack si riscosse di colpo.-Cosa?- fece, tornando a guardare gli occhi dell’altro.

-Essere un soldato.-

Un sorriso amaro si dipinse sul volto di Zack.-No, essere un soldato non è difficile.-

Cloud sorrise, come se quella risposta gli avesse risollevato il morale.

Zack, vedendo quell’espressione, si astenne dal dire: “Fare il soldato è impossibile.”

-Domani ti aiuterò a trovare un lavoro.- Fece Zack.-Conosco una persona che può aiutarti.-

-Davvero?- domandò Cloud, allibito.

-Sì.- Annuì Zack, gentile.

Cloud arrossì violentemente.-Perché fai tutto questo per noi?-

Zack fu indeciso se rispondere oppure no. Alla fine decise di tenere nascoste le proprie motivazioni, si alzò dal tavolo con aria allegra e diede a Cloud una pacca sulla spalla.-Bisogna sempre aiutare il prossimo!-

Cloud per un attimo non seppe cosa rispondere. Sentiva di non meritare tutta quella gentilezza.

-Vai a dormire Cloud.- Ordinò Zack, gioviale.-Domani mattina sarà meno freddo, io sarò meno stanco e tutti noi potremo conoscerci meglio.-

Gli occhi di Cloud si allargarono; lui si alzò e scappò via.

Zack rimase in piedi a fissare il vuoto.

-Ho bisogno di dormire.- Mormorò. E nel farlo si lasciò andare sul sacco a pelo, tutto vestito.

Era così stanco che non riusciva neanche a togliersi le scarpe, così lasciò anche quelle.

Ben presto, cercando di scacciare quel turbinio di pensieri che gli affollavano la mente, scivolò tra le braccia di Morfeo.

 

***

 

In un’altra stanza, dentro la ShinRa Corporation, il clima era ben diverso da quello di grato imbarazzo che regnava in casa di Zack.

Sephiroth, gettata la giacca, il cappello e la sciarpa sul letto, aveva preso un bicchiere e ci aveva versato dentro un po’ di liquore. Nel berlo si era sentito un po’ meglio; quel nodo che aveva allo stomaco si era un po’ sciolto, e adesso gli sembrava tutto meno terribile.

Rimase a contemplare con aria inespressiva la parete di fronte, portando il bicchiere alle labbra finchè non ebbe bevuto tutto. Poi lo posò sul tavolino, e in quell’istante il rumore del vetro contro il legno fu soffocato da un deciso battere alla porta.

Sephiroth sbuffò e andò ad aprire: era il figlio del presidente della compagnia, Rufus Shinra, impeccabile come sempre.

-Ho appena saputo che eri tornato.- Disse, non appena Sephiroth apparve alla soglia.

Il soldato sostenne un’aria impassibile, come al solito.-Porterò domani il rapporto della missione.-

-Non sono venuto per questo.- Fece Rufus, diventando improvvisamente serio e cupo allo stesso tempo.

Sephiroth si arrabbiò, però non voleva darlo a vedere.

-Non abbiamo calcolato che...- Rufus aveva appena iniziato a parlare, ma la sua voce si spense non appena notò un bagliore strano illuminare gli occhi di Sephiroth.-Credo che tu debba dormire. Ne riparleremo domani mattina.-

-C’è poco da dire.- Replicò Sephiroth, seccato.

Rufus lo squadrò con aria irritata, poi gli diede le spalle e se ne andò a passo di marcia.

Sephiroth chiuse la porta, reprimendo la voglia che aveva di buttarla giù a calci. Era già abbastanza infuriato per tutto quello che era successo durante la missione nel Wutai, non aveva bisogno che Rufus Shinra lo facesse arrabbiare ancora di più.

-Che mal di testa...- sbottò Sephiroth, buttandosi sul letto con le tempie che gli pulsavano dolorosamente. Era sempre più difficile convivere con quello strano istinto distruttore, con la voglia di demolire tutto ciò che gli capitava a tiro. Fortunatamente il suo autocontrollo impediva a quella parte di sé di prendere il sopravvento, e questo era già tanto. Solo che poi gli faceva male la testa, e doveva riposarsi. Di dormire non se ne parlava neanche, perché il suo corpo e la sua mente erano troppo tesi per permettergli di addormentarsi.

Inoltre, pensò con amarezza, il giorno dopo avrebbe dovuto parlare al presidente della missione.

E il solo pensiero lo disgustava.

Ormai non riusciva a trovare pace in nessun luogo: era diventato impossibile distinguere la realtà dal sogno e il sogno dalla realtà; l’unica cosa da fare era affidarsi all’abitudine, chiudere gli occhi e sentire ancora il fragore delle armi, le esplosioni continue e le grida di battaglia.

Sephiroth era appena tornato da una guerra e già voleva tornarci: per lui la morte era perfino meglio della vita. Era nato per combattere, ed ora combattere era l’unica cosa che voleva fare.

Lo stare lì a silenziosamente a dormire lo annoiava.

 

 

 

Angolino di Tico:

 

  Salve! È un sacco di tempo che non pubblico più un questa sezione, e farlo mi emoziona un po’ (a parte che è un sacco che non pubblico qualcosa in generale). Comunque, ho deciso di farmi sentire con questa nuova fic... Come dire... Boh. Non so come definirla, visto che è venuta sul momento.

Do alcune indicazioni generali: la storia non c’entra niente con quella originale, si svolge in un mondo parallelo, simile ma non totalmente uguale. Non aggiungo altro, altrimenti faccio spoiler.

Altra cosina... Ci sono due coppie: una è  (indovinate) e l’altra non ve la dico... Una coppia particolare, ma che a me piace veramente tanto.

Come al solito il mio stile è una sintesi tra guerra e sentimenti, quindi non mancheranno né l’uno né l’altro, soprattutto i sentimenti *è un’inguaribile romantica (nel senso letterario del termine)*

Beh, non ho altro da dire... Fatemi sapere cosa ne pensate; se fa schifo non la pubblicherò più, promesso. Anche se la nipote mi ucciderà ;D (mi ucciderai comunque, immagino)!

SONO TORNATA A TORMENTARVI!!! SARO’ IL VOSTRO PEGGIOR INCUBO!!!

Tico

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** Chapter 2 ***


2

 

 

Cloud aprì lentamente gli occhi. Per qualche strano motivo pensava di essere in un sogno: il letto era abbastanza comodo, le coperte calde e da qualche parte, non avrebbe saputo dire dove, proveniva un suono insistente.

Brip, brip, brip...

Ma cos’era?

-Pronto? Qui Zack.-

Ah, era un telefono, si disse Cloud, stropicciandosi gli occhi. Beh, allora andava tutto bene: era mattina presto, fuori faceva freddo e Zack era nel “salotto-cucina-sala da pranzo”, forse rannicchiato sul sacco a pelo con il cellulare attaccato all’orecchio.

Invece no.

Zack era già in piedi da un pezzo, più meno da quando le prime luci dell’alba gli avevano sfiorato il viso. Era un’abitudine che si era preso durante la guerra, allenandosi a non dormire o a dormire il minimo indispensabile. Quando sei nel mezzo di una battaglia non puoi dormire, se vuoi vivere. E Zack voleva vivere, per cui era sempre sveglio e pronto.

Mentre armeggiava con la caffettiera teneva il telefono tra l’orecchio e la spalla, e intanto ascoltava la voce del suo interlocutore che gli parlava.

Annuendo e rispondendo di tanto in tanto, Zack riuscì a mettere la caffettiera sul fuoco. Si ritenne un maestro del caffè.

-Ho detto che va bene.- Disse, posandosi una mano su un fianco.-Se puoi farmi un favore...-

Non completò la frase perché avvertì qualcuno che gli arrivava alle spalle. Si voltò rapidamente e scorse il viso assonnato di Tifa.

-Ora scusa, devo lasciarti.- Concluse Zack, e riattaccò senza neanche aspettare la risposta.

Tifa lo guardò, sorpresa di trovarlo già sveglio e vestito di tutto punto.-Da quanto sei in piedi?- gli domandò.

-Parecchio!- esclamò Zack con entusiasmo.-Il caffè è sul fuoco.-

-Caffè...?-

-Non hai mai assaggiato il fantastico “caffè alla Zack”, scommetto.- Disse il soldato, correndo verso Tifa. L’afferrò per le spalle e la guidò verso la sedia.

-No, credo di no.- Bofonchiò lei, confusa.

Zack sorrise.-Cloud è sveglio?-

-Dovrebbe.- Rispose Tifa.-Non ne sono certa.-

-Lo sono.-

Cloud era appena apparso nel soggiorno, nient’affatto assonnato. Salutò Zack, poi Tifa, infine andò davanti alla caffettiera e la guardò con aria perplessa.-Ho sentito che ti hanno chiamato.- Disse, all’indirizzo di Zack.

-Era quella persona di cui ti ho parlato ieri.- Spiegò il soldato, mentre apriva un mobile in cui erano ammassate tutte le tazzine. Ne prese tre e le posò vicino ai fornelli.-Ha detto che oggi può incontrarci.-

Tifa lanciò un’occhiata interrogativa a Cloud, che disse:-Zack vuole aiutarci a trovare un lavoro.-

-Impossibile. Già ho cercato in tutti i posti possibili: nessuno offre lavoro.- Disse Tifa, sbadigliando.-Dev’essere colpa della guerra... Nessuno ha voglia di assumere gente nuova. Siamo in crisi.-

Zack aveva cominciato a versare il caffè nelle tazzine con aria assorta.-Effettivamente hai ragione. Nessuno assume, di questi tempi... Però...-

Cloud osservò il liquido scuro che dalla caffettiera fluiva nella tazza, e già sentì il buon profumo del caffè pizzicargli le narici.

-Tentar non nuoce.- Concluse Zack, posando la caffettiera nel lavandino. Prese due tazzine e ne porse una a Cloud, che gli stava vicino, e una a Tifa, che ancora sembrava scettica.-Ditemi una cosa: siete di Midgar oppure siete venuti qui da qualche altra città?-

Tifa sgranò gli occhi. Perché gli interessava?

-Nibheleim.- Disse Cloud, prima che Tifa aprisse bocca.-Siamo natia  Nibelheim.-

Il sorriso di Zack si allargò a dismisura.-Allora siete paesani, proprio come me! Io sono nato a Gongaga, non so se avete presente...-

-Sì.- Disse Tifa, anche se non aveva la più pallida idea di dove si trovasse Gongaga.

Cloud sorrise.

-E perché siete venuti a Midgar?- domandò Zack, curioso.

-Per cercare fortuna.- Rispose Tifa, in tono vago.-Però non stavamo neanche tanto male, in confronto ad adesso.-

Cloud abbassò lo sguardo sulle proprie scarpe.-Già...- sussurrò.

Zack si voltò verso di luie gli lanciò un’occhiata penetrante. Sentiva, anzi, ne era sicuro, che quei due stavano nascondendo qualcosa. Tuttavia preferì non indagare e si accontentò di quelle poche informazioni.

Tifa si sbrigò a cambiare argomento:-E tu? Perché sei venuto a Midgar?-

Zack agitò la tazzina per un po’, silenzioso, poi sospirò e rispose:-Perché volevo... Diventare un eroe.-

Dal tono della sua voce Cloud capì che non ci era riuscito.

-Un... Eroe?- ripetè Tifa, impressionata.

-Ma nella mia situazione è molto difficile essere eroi, anzi...- sospirò Zack, poggiando la tazzina nel lavandino, accanto alla caffettiera ancora fumante.-Credo di aver fallito.-

Cloud avrebbe voluto dirgli che non era vero, che l’aiuto che aveva dato a lui e a Tifa era stato più che un gesto da eroe: si era fidato di due persone mai viste prima, le aveva accolte in casa propria e adesso si preparava ad aiutarli a trovare un lavoro. Era più che un eroe...

Invece non disse nulla, e rimase ad ammirare il sorriso di Zack. La cosa più bella era che sul viso del soldato non mancava mai l’allegria, e questo era già tanto.

-Sono tornato ieri dal fronte di battaglia, nel Wutai.- Raccontò Zack, con falsa leggerezza.-La guerra lì continua, ma non credo ne avrà per molto...!- rise, ma non ci credeva neanche lui.

La guerra economica per la conquista del Wutai andava avanti da anni ormai, ma soltanto recentemente si era scesi al conflitto armato.

Midgar, con la sua potenza industriale esercitata dalla ShinRa, continuava ad avanzare sul fronte nemico, acquistando terreno e territori. Sicchè il Wutai, che da solo non poteva contrastare la forza della grande capitale, aveva cominciato a giocare di strategia.

Così come l’esercito della ShinRa era composto da soldati geneticamente modificati attraverso una misteriosa sorgente d’energia (il Mako), il Wutai aveva iniziato a creare dei mostri in grado di sconfiggerli, e aveva stretto alleanze con paesi che, già sotto il controllo di Midgar, erano intenzionati ad ottenere l’indipendenza.

Zack, nello specifico, era uno di quei soldati che tecnicamente venivano chiamati Soldier, persone dalle capacità strabilianti e distruttive.

Lui ricordava che, quando era ancora un soldato semplice, uno di quelli che portavano solo il casco e il fucile, la vita era stata molto più semplice. Non era mai sceso in guerra, non aveva mai partecipato a missioni suicida, né aveva avuto sulla coscienza tante morti come in quegli anni.

Uno dei motivi per cui aveva deciso di aiutare Cloud e Tifa era per riscattare quelle morti.

-Zack...-

La voce di Cloud interruppe il filo dei suoi pensieri. Alzò la testa di scatto e guardò il suo nuovo amico senza dire nulla, ancora stordito dai propri ricordi.

-Va tutto bene?- domandò Tifa.

Zack tornò a sorridere e diede una pacca sulla spalla a Cloud.-Ma certo!- esclamò, dissimulando tutta la propria sofferenza.-Andiamo da quel mio...- non seppe come definirlo.-Andiamo dal mio capo.-

-Dal tuo capo?- domandò Cloud, arrossendo.

Zack sorrise, furbetto.-L’avete mai visto un generale dell’esercito?-

 

***

 

Cloud non aveva mai visto un uomo come Sephiroth in tutta la sua vita. Le persone come lui, con un tale mix di carisma, fascino, bellezza, intelligenza e forza erano così poche che si potevano contare sulle dita.

Cupo e indifferente quanto Zack era solare e amichevole, Sephiroth pareva essere l’emblema dell’autorevolezza e dell’attrazione fatale.

-E questa sarebbe la “questione incombente”?- domandò, lanciando un’occhiata a Cloud e Tifa.

Zack cercò di calmarlo con le mani.-Teoricamente sì.-

Sephiroth gli lanciò un’occhiata di sbieco.-Credevo di averti congedato per riflettere sulla tua carriera, non per aiutare due senzatetto raccapezzati per strada.-

-Ei!- esclamò Tifa.

Sephiroth scosse la testa.-Perdonatemi.-

Cloud notò che negli occhi stranamente verdi di Sephiroth c’era un bel po’ di disagio, e non era neanche del tutto certo che si trattasse dell’imbarazzo per averli appena definiti  “senzatetto raccapezzati per strada”.

Zack si grattò la nuca, imbarazzato.-Avanti Sephiroth... Ho bisogno che me li piazzi da qualche parte... Devono trovare un lavoro!-

Sephiroth spostò lo sguardo da Zack a Cloud a Tifa, e sorrise con ironia.

Il fatto di dover dipendere da quell’uomo così inquietante e lugubre, pensò Tifa, non era affatto rassicurante.

Zack insistette per un po’, ma Tifa era certa che Sephiroth non lo stesse neanche ascoltando.

All’improvviso il generale alzò una mano guantata, e Zack ammutolì.-Farò quel che posso.-

-Ah!- esclamò Zack, felicissimo.-Grazie, questa sì che è una bella notizia!-

Sephiroth non badò ai ringraziamenti.-Però non posso fare tutto. Dovranno anche cavarsela da soli. Conosco una persona che sta per vendere un locale, un bar per la precisione. Visto che siamo in una situazione un po’ complicata ha deciso di darlo via per pochi guil...-

Tifa e Cloud si guardarono. Un bar? Non avevano mai lavorato in un bar... Sapevano a stento come cucinare un uovo...

Sephiroth notò che stavano esitando, tuttavia continuò:-Posso telefonargli e chiedergli di fermare ogni contrattazione, in modo da permettervi di acquistarlo.-

-Ma non avremmo i soldi!- esclamò Tifa, con veemenza.

-Questo non è un mio problema. È l’unico modo che conosco per darvi una mano. Ormai c’è solo un modo per lavorare e guardagnare...- e nel dirlo Sephiroth si voltò verso la ShinRa quasi automaticamente.

Zack s’incupì.

Gli occhi di Cloud si spostarono dalla strada al complesso industriale, e per un attimo sembrò prendere in considerazione la questione.

-Non scherziamo.- Disse Zack, con allegria.-Conosco qualcuno che può aiutarci.-

Tifa fece una faccia strana. Quella frase l’aveva già sentita.

Sephiroth sorrise, sarcastico fino al midollo.-In tempi di guerra ci sono solo due tipi di lavori che vanno molto: i becchini e gli armieri.-

Cloud rabbrividì.

-Beh... Non solo loro.- Disse Zack con un sorriso.-Scusa Sephiroth, dobbiamo andare.-

Sephiroth annuì e fece un lieve cenno di saluto con il capo.-Cerca di concentrarti anche sull’altra questione, Zack.-

Il soldato lo assecondò, ma a Sephiroth non sfuggì che la sua era soltanto un’annoiata remissività.  Nonostante ciò non gli disse nulla, si voltò e se ne andò verso la ShinRa, camminando nel gelo della città.

Zack rimase a fissare le spalle di Sephiroth. Non aveva nessuna voglia di mettersi a pensare alla propria carriera, piuttosto aveva intenzione di gettarsi anima e corpo nell’aiutare Tifa e Cloud, che intanto si guardavano con aria confusa.

-Hai avuto un’idea?- domandò Cloud a Zack.

Zack si riscosse di colpo.-Sì. Ma dovremo lavorare.-

Tifa era un po’ perplessa.-Scusa, Zack... Ma tu non dovresti andare con Sephiroth?-

-Il grande capo mi ha messo in riserva per un po’.- Spiegò Zack, alzando il pollice con un sorriso ampio sulle labbra.-Per cui ho del tempo libero.-

-Cosa facciamo adesso?- chiese Cloud, ansioso di scoprire cos’avesse architettato il soldato.

-Siete mai stati al mercato...?-

Cloud scosse la testa.

Zack si posò le mani sui fianchi, soddisfatto.-Meglio così.- Poi aggiunse:- La prossima destinazione sarà proprio quella.-

 

 

 

Angolino di Tico:

 

Eccomi di nuovo qui! Aggiornamento veloce stavolta, perché vorrei sbrigarmi ad entrare nel vivo della storia!

Beh... Non ho molto da dire stavolta, voglio solo che i fatti non sono esattamente uguali a quelli del gioco.

Ancora non ho rivelato la ragione per cui Zack è tornato a Midgar, ma l’ho fatto volutamente (suspence!)...

Vi assicuro una giravolta di eventi molto particolari :3

Un bacio da Tico

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Capitolo 3
*** Chapter 3 ***


 

3

 

 

Per mercato, Cloud aveva pensato alla piazza in cui si riunivano i marcanti con le proprie bancarelle; il luogo in cui si comprava  o si vendeva; il luogo in cui circolava una gran quantità di gente e di denaro.

Zack non era parso della stessa opinione: non appena erano arrivati in piazza si era guardato intorno, come se cercasse qualcosa, poi aveva sorriso ai propri compagni e aveva tirato dritto per la piazza. Sicchè Cloud e Tifa avevano dovuto aspettare parecchio per sapere cosa gli frullasse in testa.

Alla fine erano arrivati ad un parchetto, e lì finalmente Zack pareva aver trovato ciò che stava cercando: un carrettino pieno di fiori colorati, dei più belli (ed unici), che Cloud avesse visto a Midgar.

-Fiori!- esclamò Tifa.

-Fiori.- Ripetè Zack, soddisfatto.

Sapevano tutti che trovare fiori a Midgar era impossibile. Le piante rifuggivano quell’ambiente così spietatamente tecnologico, e raramente si vedevano piante in giro per la città. Il vederli così, accatastati con cura in un carrello, fece sentire Cloud un po’ meglio, perché pensò che se Zack era riuscito a trovare fiori a Midgar, voleva dire che anche le cose più difficili si potevano reralizzare.

Cloud tirò un sospiro di sollievo, ma non fece in tempo a terminare l’azione che si interruppe, trattenendo il respiro.

Dietro il carretto era apparsa una ragazza dai lunghi capelli castani e gli occhi verdi, tutta indaffarata e felice di esserlo.-Zack!- esclamò, e non appena vide il soldato lasciò perdere il carrello e corse ad abbracciarlo.

Zack sorrise dolcemente e lasciò che lei gli allacciasse le braccia alla vita, poi le accarezzò il capo.

Cloud e Tifa si scambiarono un’occhiata perplessa. Chi era la ragazza?

-Ero tanto in pensiero per te!- esclamò lei, tentando in tutti i modi di fermare la voce tremante.

-Non ce n’era bisogno.-  Replicò Zack, con un sorriso lieve.

Lei lo lasciò andare e lo fissò a lungo.-Hai qualcosa di diverso...-

-Ti riferisci ai capelli?- domandò Zack, indicandosi la zazzera corvina con aria beffarda.-Sono ancora più affasinante così, non trovi?-

La ragazza scosse la testa, tuttavia non aggiunse altro e si voltò a guardare Tifa e Cloud.

-Loro sono dei nuovi amici.- Disse Zack, spostandosi verso di loro e posando una mano sulla spalla di Tifa e l’altra sulla spalla di Cloud.-Li ho incontrati alla stazione... Vengono da un villaggio fuori città... Nibelheim, non so se sai dov’è.-

La ragazza scosse la testa.

-Beh... Lui è Cloud.- Presentò Zack, con brio.-E lei è Tifa. Ragazzi, questa è Aerith, la mia fidanzata.-

Cloud spalancò gli occhi.

-Fidanzata?!- esclamò Tifa.

Aerith arrossì violentemente e abbassò lo sguardo. Era strano sentirsi tutti gli occhi puntati addosso.-Insomma...Usciamo insieme.- Farfugliò.

Zack decise che era ora di cambiare discorso.-Aerith, Cloud e Tifa hanno bisogno di aiuto.-

La giovane dei fiori si ricompose in un attimo e reclinò la testa di lato, sfoderando uno dei suoi migliori sorrisi.

-Dobbiamo trovare un lavoro.- Spiegò Tifa, incerta sul fatto che Aerith potesse aiutarli. Come poteva una ragazza così fragile essere d’aiuto in una situazione a cui nemmeno Sephiroth aveva saputo rimediare?

C’era da aspettarsi che gli occhi di Aerith avrebbero smesso di brillare e si sarebbero incupiti, preannunciando una risposta del tipo: “Mi spiace tanto, ma non posso aiutarvi.”

Invece Aerith sembrò ancora più felice.-Lavoro? Qualunque genere di lavoro?-

Tifa fu spiazzata da quella reazione, così si voltò a guardare Cloud, che a sua volta fissava Zack.

-Tu sei l’unica che può aiutarli!- esclamò il soldato, afferrando Aerith per la vita e sollevandola delicatamente da terra.

Aerith gli posò le mani sulle spalle e, arrossì.-Mettimi giù, Zack!- esclamò.

Zack rise e l’accontentò.

A quel punto, la giovane accennò al carrello dei fiori, e nel farlo si sentì piena d’orgoglio.-La mia missione è riempire Midgar di fiori.- Spiegò.-E Zack mi ha consigliato di venderli...-

-Bellissima idea, non per niente è mia.- Commentò il soldato, posandosi le mani sui fianchi.

-Però non posso andare tanto in giro.- Continuò Aerith, andando verso il carrello e spingendolo verso Cloud e Tifa.-Se poteste aiutarmi a venderli anche lontano da qui, vi ricompenserò con metà del mio guadagno.-

-Metà?- fece Tifa, stupita. Non era un po’ troppo?

-Non mi serve essere ricca.- Fece Aerith, in tono dolce.-Mi basta riempire la città di fiori, e se mi aiutaste, non avrei nulla in contrario a ripagarvi adeguatamente...-

Cloud spostò lo sguardo verso Zack che, dietro ad Aerith, gli faceva cenno di accettare. Se lui diceva che di Aerith potevano fidarsi, allora non c’era motivo per rifiutare l’aiuto della fioraia.

-Quando cominciamo?- chiese Tifa, entusiasta.

Aeirith le sorrise e spinse il carrello verso di lei.-Anche subito.-

-Vuoi davvero cominciare ora?- domandò Cloud.

Tifa gli sorrise con energia.-Guarda che per comprare un bar ci vogliono molti soldi. Prima cominciamo e prima li raccogliamo... Forza Cloud! Insieme faremo miracoli!- e detto questo afferrò il carrello.

-Ci vediamo qui verso le otto...- disse Aerith, dolcemente.-E mi direte quanto siete riusciti a vendere...-

Tifa sorrise.-A dopo!-

Cloud saluto timidamente sia Zack sia Aerith, poi si voltò e seguì Tifa verso la loro nuova avventura.

Aerith li seguì con sguardo soddisfatto finchè non furono spariti dalla sua vista, poi, senza distogliere lo sguardo da quel punto, si rivolse a Zack.-Non mi riferivo ai capelli.- Disse, con discrezione.

Zack sorrise spavaldo.-Sono più alto.-

-Neanche a quello.- Fece Aerith, girando la testa verso di lui.-Hai qualcosa di diverso... La cicatrice...?-

-Questa?- Zack si sfiorò la guancia con la mano, e quando toccò la pelle del proprio viso, una grande tristezza si impadronì di lui. Eppure non voleva farsi vedere triste da Aerith, per cui continuò a sorridere.-Un piccolo incidente di percorso.-

Aerith capì che Zack non voleva parlare del suo “piccolo incidente di percorso”, per cui decise che si sarebbe avviata verso la chiesa, unico luogo in cui i fiori sembravano crescere rigogliosi. Doveva raccoglierne altri, almeno Tifa e Cloud avrebbero venduto e guadagnato di più.

Tuttavia non fece in tempo a fare un passo che Zack l’aveva afferrata per un polso, trattenendola.

Lei si girò e lo guardò, corrugando lae sopracciglia.

Il soldato aveva chinato la testa, abbassato le spalle e cambiato atteggiamento. Sembrava che stesse soffrendo per qualcosa, tanto che Aerith si chiese se fosse stata colpa sua.

-Zack...- mormorò.

-Aerith... Lui è morto...-

-Chi...?-

Zack alzò appena gli occhi lucidi.-Angeal.-

 

***

 

-Cos’è, un presa in giro?- domandò il presidente Shinra, lanciando il verbale della missione sulla scrivania.-Wutai crea dei mostriciattoli giocattolo e alcuni dei nostri migliori soldati ci lasciano le penne?-

-Erano mostri molto più forti del solito.- Spiegò Sephiroth, in piedi di fronte al presidente; aveva l’aria di chi non aveva voglia di parlare di niente, però doveva spiegare al proprio capo come si erano svolti i fatti:-Genesis Rhapsodos ha tradito il nostro esercito, per cui ho dovuto cercare di recuperarlo, mentre Zack Fair ed Angeal Hawley si sono infiltrati nella fortezza.-

-Zack Fair, hai detto?- chiese il presidente.

Sephiroth annuì.- È stato fatto Soldier da almeno un anno; da cinque mesi partecipa alla guerra.-

-Lui è tornato?-

-Sano e salvo.-

-E perché Angeal non era con lui?- chiese il presidente, afferrando nuovamente il verbale di Sephiroth per dargli una rapida occhiata.

-So che è morto.- Ammise Sephiroth.-Ma il soldato Fair non ha ancora raccontato come si sono svolti i fatti.-

Shinra lo fissò a lungo.-Allora chiamami Zack Fair, voglio fare due chiacchiere con lui.-

-Sarebbe in congedo per una settimana.- Disse Sephiroth.

-Ah sì?- chiese Shinra, con un sorriso scaltro.-Beh, non credo che serva essere in servizio per fare una bella chiacchierata...- Sephiroth annuì impercettibilmente.-Quanto a Genesis, credo sia meglio dargli la caccia. Non sarò tranquillo fin quando non l’avremo trovato.-

-Ci penserò io.- Fece Sephiroth.

Shinra lo fissò a lungo, in silenzio. Era evidente che stesse riflettendo sulla proposta. Alla fine si sporse verso il soldato e ordinò:-Parla con Lazard per i dettagli: voglio Genesis il prima possibile.-

-Sarà fatto.- Rispose Sephiroth, dopodichè si voltò e uscì dall’ufficio del presidente.

Era davvero una brutta situazione, si disse Sephiroth, annichilito. Midgar continuava a stargli stretta e a soffocarlo, ma l’aver ricevuto l’ordine di trovare Genesis era un toccasana: si profilavano nuovi viaggi e nuove battaglie, e la cosa gli aveva nettamente tirato su il morale. L’unica cosa che doveva fare prima di partire era avvisare Zack del fatto che il presidente volesse parlargli.

Ma dove s’ era cacciato Zack?

Sephiroth sospirò, prese il cellulare e compose il numero di Zack.

Bip, bip, bip...

Avanti Zack; ripondi.

-Pronto?- la voce di Zack era strana.-Sephiroth...-

-Devo parlarti urgentemente.- Disse Sephiroth, senza troppi preamboli.-E stavolta non c’entrano niente i tuoi amichetti.-

Zack rise.-Puoi raggiungermi?-

-Dimmi solo dove.-

-Alla chiesa.-

Sephiroth storse il naso.-E va bene. Sarò  lì tra poco.- E riattaccò.

L’idea di entrare in una chiesa non gli piaceva, però doveva sistemare quella questione.

Sephiroth sapeva, perché gliel’aveva detto Zack, che Angeal era stato ucciso, ma non sapeva nulla delle circostanze che lo avevano portato alla morte. Inoltre, il tradimento e la fuga di Genesis avevano gettato scompiglio tra le truppe, ed era già tanto se Sephiroth era riuscito a riportare la calma... Un generale disertore era il massimo della vergogna.

Genesis, pensò Sephiroth, con un sorriso cupo sul viso, meglio che ti trovi io prima che lo faccia qualcun altro.

 

 

 

 

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