I’ll bite you to death, Tsunayoshi Sawada di aliasNLH (/viewuser.php?uid=45090)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Target 0# ***
Capitolo 2: *** Target 1# ***
Capitolo 3: *** Target 2# ***
Capitolo 4: *** Target 3# ***
Capitolo 5: *** Target 4# ***
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Capitolo 13: *** Target 12# ***
Capitolo 14: *** Target 13# ***
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Capitolo 17: *** Target 16# ***
Capitolo 18: *** Target 17# ***
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Capitolo 28: *** Target 27# ***
Capitolo 29: *** Target 28# ***
Capitolo 1 *** Target 0# ***
I’ll bite you to
death, Tsunayoshi Sawada.
Cosa dire…?
Beh, innanzitutto: Ciao!
Sono tornata :)
A questo punto ci sono
quelli che non
hanno letto le mie prime fic su Katekyo Hitman Reborn a cui il mio
ritorno non
può fregar di meno, o che magari sono curiosi (ragazzi, non
sono nelle vostre
teste, quindi non lo so) e poi ci sono quelli che le hanno lette:
Oh,
avanti…non disperatevi troppo che
potrei crederci…
ahah!! Ok, sto
scherzando ma spero
veramente che leggerete questa con lo stesso entusiasmo
dell’altra, anche se
tratta un argomento del tutto differente. Innanzitutto non è
comica (almeno,
non all’inizio. Non posso assicurare che la mia vena ironica
non esca fuori a
sproposito, nel caso mi scuso o spero vi divertiate, come preferite) ed
è anche
un tantino più lunga, il numero di capitoli non li so
esattamente ma
sicuramente non due (almeno 8, poi non saprei…).
Quindi…preparatevi
psicologicamente
e…buona lettura :)
Ok,
ragazzi, adesso chiudete gli occhi (solo metaforicamente parlando, eh!
Altrimenti come fareste se no a continuare a leggere…uff,
devo spiegare proprio
tutto…) dicevo, chiudete (metaforicamente) gli occhi e
immaginatevi lo
scenario:
Sono
tutti tornati dal futuro, stanno tutti bene, hanno le nuove versioni
degli
anelli Vongola e anche quelli delle loro box. Sono tranquilli, sono
felici.
Sono tutti insieme.
Troppo
bello per essere vero, no? Quanto credete che questa idilliaca pace
potrebbe
durare? Un mese? Due? Qualche settimana? Sbagliato
ragazzi…solo tre giorni.
Di
nemici sconosciuti, Tsunayoshi Sawada, ne ha veramente tanti, forse fin
troppi.
Ha nemici ovunque, anche amici ed alleati, questo è certo,
ma, per quanto
possano stare tutti all’erta, ogni cosa non può
essere tenuta sotto controllo.
Nemmeno con il super intuito Vongola.
In
particolare se i sopracitati si trovano a migliaia di chilometri di
distanza. Soprattutto
se questi nemici si trovano provvisti di un’arma sconosciuta
e dagli effetti
devastanti come quella che la famiglia Ferro aveva creato.
Un’arma
talmente potente da essere in grado di far sparire il Decimo dalla
faccia della
terra.
Ed
è così che Sawada Tsunayoshi è
scomparso. Lasciando una scia di amici, alleati,
forse nemici, conoscenti e avversari senza di lui. Senza la loro guida.
E
senza che ne serbassero memoria.
Ed
è qui, signori, che la mia storia avrà inizio: in
un pomeriggio come tanti
nella cittadina di Namimori, un anno dopo il ritorno dal viaggio nel
Futuro,
con dei protagonisti che di comune non hanno nulla se non un ancora
sconosciuto
obiettivo e un identico senso di vuoto, sordo e inspiegabile.
Hayato
Gokudera non sapeva perché ma c’era qualcosa che
lo teneva legato a quella
terra così lontana da casa, al Giappone. A dirla tutta
ricordava anche solo
vagamente il motivo per cui, più di un anno prima, vi si era
trasferito; era in
qualche modo certo che fosse stato un motivo importante ma non riusciva
proprio
a ricordarselo.
Ogni
giorno si alzava da quella piccola casa che aveva affittato, andava a
scuola,
litigava con il proprio compagno di banco, Yamamoto, pranzavano
insieme, a
volte con la speciale presenza dei fratelli Sasagawa, molto spesso da
soli e in
silenzio. Come se non avesse niente da dirgli.
Come
se non si chiedesse come mai si sentisse tanto vicino a quel ragazzo
fissato
con il baseball e che non ricordava assolutamente il modo con cui erano
diventati tanto amici o, almeno, così intimi da permettersi
fugaci abbracci,
pranzi in compagnia e tante informazioni l’uno
sull’altro.
Mancava
come il collegamento tra tutti quei fatti.
Perché
si trovava ancora in Giappone? Cosa lo legava a quel posto?
Perché, nel tardo
pomeriggio dopo la scuola, si sentiva come se mancasse qualcosa di
fondamentale? Non sapeva cosa fare. Cosa faceva di solito dopo le
lezioni? Come
occupava il tempo?
~×~
Battendo
con tutta la propria forza la palla che il lanciatore avversario gli
aveva
tirato, Takeshi Yamamoto, la vide schizzare via come mai aveva fatto.
La vide
salire in alto, sempre più in alto, fino al tetto della
scuola e poi cominciare
la sua lenta parabola di discesa perdendosi oltre l’edificio.
Che fosse fuori
campo era ovvio; era finita oltre il perimetro della scuola. Mentre
correva per
le basi tra i gridolini eccitati delle ragazze sugli spalti e le urla
sconcertate di tutti, distrattamente si chiese da dove venisse tutta
quella
forza.
Da
dove arrivasse quell’istinto di far scivolare leggermente il
gomito indietro e
squarciare l’aria come se stesse maneggiando una spada e la
palla fosse in
realtà un nemico, Yamamoto, non lo sapeva.
Come
non sapeva collocare il senso di disagio che lo prendeva ogni volta in
compagnia di Gokudera, o l’ansia che lo attraversava quando
che entrava nella
palestra della scuola, o la sensazione che gli mancasse qualcosa.
Ma
cosa?
~×~
«Tempo!»
Ryohei
Sasagawa si tirò indietro vagamente confuso,
l’entusiasmo energico che
solitamente lo accendeva perso tra la folla esaltata ai lati del ring.
Osservò
immobile l’arbitro chinarsi sulla giovane promessa della boxe
professionistica,
che il ragazzo aveva appena colpito con il suo primo pugno, svenuto e
totalmente fuori gioco.
«Vittoria
per ko» decretarono i giudici increduli ed estasiati. Era la
prima volta che un
liceale riusciva in un’impresa del genere. Quel Sasagawa
doveva essere un genio
della boxe.
L’incontro
era durato solo 5 secondi del primo tempo.
Ryohei
accettò con insolita calma l’asciugamano
dall’allenatore e se lo mise
sugl’occhi per non far vedere il proprio viso a nessuno,
nemmeno a sé stesso.
Lo
aveva colpito ed era caduto senza il minimo sforzo. Com’era
possibile? Da dove
arrivava tutta quella forza?
~×~
Come
ogni giorno, da che si ricordi, ma di sicuro dalle ultime quattro
settimane,
Chrome Dokuro stava alla finestra del capannone di Kokuyo che
permetteva la
visuale dell’ingresso del parco, la visuale sul cancello e
non ne sapeva dare
un spiegazione. Provava come un senso di mancanza e non era
l’unica.
Anche
Mukuro-sama provava un senso di inquietudine che non riusciva a
spiegarsi e non
faceva nemmeno nulla per nasconderlo. Cosa le mancava? Cosa
l’aveva portata lì?
A chiedersi come o perché fosse nato il legame con
Mukuro-sama. A domandarsi
perché il desiderio di vendetta sulla mafia che
quest’ultimo aveva sempre
irradiato, si fosse spento così, come da un giorno
all’altro.
Cosa
gli mancava? Cosa mancava ad entrambi?
~×~
Lambo
correva veloce per tutta la cucina di casa Sawada mentre una sempre
più
scocciata I-pin lo rincorreva con un gyoza in mano mezzo mangiato. Nana
Sawada
rideva divertita abbracciata al marito.
Non
si ricordavano perché quei due, più un Fuuta
momentaneamente assente e una
Bianchi in viaggio, fossero comparsi da un giorno all’altro
nella loro casa ma
non si facevano domande. C’era come qualcosa che spingeva a
non chiedere
niente, come se tutto quello fosse normale.
«Su,
bambini» Nana mise fine alla contesa dei due con un dolce
sorriso e un piatto
di fumanti gamberi al vapore in mano «a tavola!»
Ridendo
e scherzando tutti si posizionarono mentre la donna li appoggiava al
centro del
piano guardando con apprensione la sedia vuota al proprio fianco.
«Ma
dove sarà andato Reborn? È insolito che salti la
cena…»
«Tranquilla,
Nana, starà dormendo» Iemitsu la
tranquillizzò con un sorriso «vedrai che non
appena sentirà odore di cibo ci
raggiungerà».
Nessuno
sembrò curarsi o anche solo accorgersi di
un’ulteriore sedia vuota, proprio
accanto quella di
Reborn. Nessuno la
vedeva ma c’era e aveva di fronte anche una ciotola vuota che
veniva posizionata
ogni volta senza saperne veramente il motivo e che la padrona di casa,
puntualmente, rimetteva a posto chiedendosi ad alta voce come mai
aggiungesse
sempre un piatto in più a tavola e ridendo con il marito
della propria
sbadataggine.
Chi
altro ci sarebbe dovuto essere?
~×~
Erano
ormai le sette di sera quando, il presidente del comitato disciplinare
Hibari
Kyoya, firmò le ultime pratiche necessarie
all’inizio sotto controllo dell’anno
scolastico. Passandosi una mano sugl’occhi prese
l’ultimo foglio e scorse
impassibile i nomi degli studenti che avevano cambiato scuola, che
avevano
osato lasciare la Namimori per andarsene in un’altra.
Li
avrebbe morsi a morte.
Hibane
Shita.
Ryuuga
Sumine.
Kamane
Ayako.
Wasada
Tsunayoshi.
Shinba-
Un
brivido freddo lo percorse costringendolo ad interrompere la lettura;
come se
uno di quei nomi…con occhio attento li scorse nuovamente per
cercare di capire
quale di quelli lo avesse così inaspettatamente colpito.
Chi? Aveva forse
combattuto con uno di loro e ne era persino rimasto soddisfatto? Cosa?
Leggendoli
nuovamente con attenzione si fermò su alcuni più
di altri nel tentativo di
riprovare quello stesso brivido, per cercare di capire.
Dopo
la quinta rilettura alzò le spalle e mise quel foglio
nuovamente sulla pila,
deluso.
La
stanchezza gli stava giocando brutti scherzi da qualche tempo a quella
parte;
non riusciva a dormire bene e non ne capiva il motivo.
E
Hibari Kyoya odiava non avere il controllo su tutto.
~×~
Lontano
dai rumori provenienti dalla cucina e da chiunque altro essere vivente,
l’assassino arcobaleno Reborn stava seduto a gambe incrociate
sulla finestra
dell’unica camera con letto singolo di casa Sawada, gli occhi
nascosti dalla
falda del cappello, Leon che lo guardava come preoccupato e la sola
luce della
luna ad illuminare l’espressione seria e confusa allo stesso
tempo.
Qualcosa
non andava.
Con
uno sbuffo si rigirò l’anello del Cielo che
sarebbe dovuto appartenere al
Decimo Vongola e lo vedeva ben diverso da quando era al dito del Nono.
Trasformato.
E
c’era anche un’altra cosa: aveva riunito i sei
guardiani.
E
allora perché mancava loro una guida? Con che criterio erano
stati scelti?
Cos’era successo?
Come
inizio, magari, può sembrare un po’ triste (e pure
incomprensibile direbbe
qualcuno…o tutti…) ma, fidatevi, è
necessario per comprendere bene il seguito.
Spero
vogliate seguirmi :)
Un
bacio
NLH
|
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Capitolo 2 *** Target 1# ***
I’ll bite you to death, Tsunayoshi
Sawada.
[Target 1#]
«Ohi!»
Hayato fece un gesto di saluto svogliato in direzione di Yamamoto che
lo aveva appena raggiunto sul terrazzo, bento alla mano sia per
sé che per il compagno di classe. Da che si ricordavano, e
quindi non avrebbero saputo definirlo con certezza, il Guardiano della
Pioggia portava il pranzo al Guardiano della Tempesta
perché, quest’ultimo, non si sarebbe mai azzardato
a mangiare quello che la sorella voleva rifilargli ogni giorno (tra
parentesi si trattava dello stesso pranzo rifiutato da Reborn).
Yamamoto
gli sorrise di rimando e ancora una volta Gokudera si chiese cosa
avesse permesso quell’avvicinamento tra loro due. Gli
sembrava come di ricordare che, sin dal suo arrivo in Giappone, lui
avesse cominciato a litigare con quel fissato del baseball, o almeno
credeva fosse
così…quindi…perché ora si
ritrovavano a mangiare insieme?
Ma
quello era un altro degli interrogativi che, purtroppo non solo Hayato
si proponeva, a cui non sapeva dare una risposta.
«Oggi
ho visto Chrome» lo informò Yamamoto passandogli
le bacchette «mi ha detto che il bimbo non si fa vedere da
giorni, chissà come mai…»
Chrome
Dokuro era un’altra di quelle persone che Gokudera non
ricordava di aver mai deciso di conoscere, o il momento in cui avevano
cominciato a conoscersi, ma che era una costante delle loro vite. Di
lei sapeva anche che faceva quasi da corpo a Mukuro, imprigionato metri
sotto terra e nell’acqua. Sapeva che all’inizio
erano nemici ma non si ricordava cosa fosse cambiato. Certo, sia Chrome
che Mukuro erano il Guardiano della Nebbia, su quello non si poteva
discutere, avevano l’anello, esattamente come lui e Yamamoto.
Ma com’era avvenuto il cambiamento?
Alzando
le spalle lo Smokin’guardian cominciò a mangiare
come se nulla fosse alternando occhiate al cibo e al ragazzo seduto
accanto a lui.
«Oggi
che facciamo?» gli chiese scontroso «ci
andiamo?»
Yamamoto
lo fissò per un lungo istante prima di mettere su uno dei
suoi sorrisi idioti che facevano venire voglia all’altro di
infilargli una bomba sotto la maglia e lanciarlo giù dal
terrazzo.
«Il
bimbo non ci ha detto niente, non credo dovremmo andarci senza il suo
permesso…»
«Forse
hai ragione…» borbottò Gokudera
tornando a mangiare e lasciando scendere il silenzio fino alla fine
della pausa pranzo.
~×~
Anche se
aveva detto a Gokudera che andare non sarebbe servito a niente,
Yamamoto, si diresse come in automatico verso la casa dei Sawada, la
casa dove Reborn era ospite e dove la felice coppia senza figli li
ospitava sempre quando si riunivano, i Guardiani, e per mangiare; come
fossero una famiglia allargata.
Se
gliel’avessero chiesto, Yamamoto, non avrebbe saputo
rispondere al perché si ritrovassero proprio lì,
per la precisione nella camera a letto singola che era destinata
agl’ospiti che rimanevano a dormire dei Sawada, ma
probabilmente tutto quello era dovuto al fatto che Iemitsu, il marito,
fosse un collaboratore stretto del Nono Vongola.
E loro
erano i Guardiani del Decimo. Guardiani ancora senza guida, purtroppo.
Yamamoto
ricordava più che bene il momento in cui gli era stato
affidato l’anello della Pioggia, quando si era allenato e
aveva sconfitto Squalo per averne il pieno diritto. Ricordava anche la
battaglia nel futuro, quando avevano salvato il loro e quello di tutti,
facendo evolvere gli anelli al loro vero stato. Tutto questo sotto la
guida di Reborn. Sì, perché ai guardiano mancava
ancora la guida, mancava il possessore dell’anello del Cielo.
Mancava loro un Decimo.
Il
giovane Guardiano aveva sempre seguito l’istinto senza farsi
troppe domande, per quello non se ne fece quando, dopo la scuola, si
ritrovò a fermarsi di fronte al cancello di casa Sawada. Non
si stupì nemmeno nel trovarvi un Hayato Gokudera in piedi,
fermo alla porta, indeciso se suonare o meno. Sorrise furtivamente e lo
raggiunse senza fare rumore passandogli un braccio sulle spalle.
Gokudera
sussultò lievemente ma non si girò né
fece per colpirlo o allontanarlo.
Il
Guardiano della Tempesta sapeva che quel braccio che Yamamoto gli
posava tanto spesso sulle spalle era necessario sia a lui che
all’altro. Per il Guardiano della
Pioggia sembrava essere un gesto abituale che non ricordava di aver mai
compiuto nei confronti di quello della Tempesta ma che sentiva di dover
fare. E l’altro non ne era poi così infastidito da
scacciarlo.
«Allora,
entriamo?» gli chiese gioviale per cercare di scacciare
l’espressione cupa dal volto dell’italiano.
«Nh…»
mugugnò solamente in risposta prima di suonare brevemente il
campanello.
Ad
aprire venne la signora Sawada, allegra e sorridente come al solito.
«Oh!
Gokudera-kun, Yamamoto-kun, che bello vedervi! Entrate, mancavate solo
voi!»
Guardandosi
per un momento interrogativi i due giovani ricambiarono il saluto e
seguirono la padrona fino all’ampia cucina dove un nutrito
gruppo di persone stava ridendo, chiacchierando e soprattutto mangiando
in allegria.
Il tavolo della cucina non bastava
mai, sembravano inesorabilmente tutti attratti da quella piccola casa
che, una persona dopo l’altra, sembravano farla diventare
sempre più minuscola! Come se ognuno di loro sentisse il
bisogno, la necessità di andarvi. E c’erano
proprio tutti: Lo schiamazzo dei bambini era assordante, soprattutto
quando Lambo rubò l’ennesima fetta di torta al
cioccolato di I-Pin che, con la collaborazione di Fuuta,
cominciò a rincorrerlo per tutta la stanza rovesciando
mobili e saltando sui presenti.
«Gyahahah! Fuuta non mi
prenderete mai! Stupida I-pin! Gyahahaha!!»
«Lambo! Fermati!!»
«Gyahahaha!!» la
risata assordante del Guardiano del Fulmine irritò
immediatamente le orecchie sensibili di quello della Tempesta che, a
stento trattenuto da Yamamoto, cercava di lanciare almeno tre
candelotti di dinamite sul bambino urlante.
«Fermati immediatamente,
Scemucca! Se ti prendo…»
«Gyahaha! E' arrivato
Stupidera! » rise Lambo saltandogli sulla testa e decretando
così l’ingresso del giovane alla caccia della
Mucca, in compagnia di I-pin e Fuuta, con la speciale collaborazione di
Ryohei che aveva preso il tutto come l’ennesimo allenamento.
«Avanti ragazzi! Questo
è un allenamento ESTREMO!»
«Hahi! Ryohei-kun!»
«Onii-san! Stai attento a
non fare del male a Lambo!»
Nella
confusione della cucina Yamamoto si fece strada ridendo apertamente nel
vedere quella cagnara, accomodandosi al proprio posto, o se non altro,
al posto che aveva sempre deciso di occupare. Gli piaceva stare
lì, circondato da quelle persone e da tutta quella
confusione. C’era solo quel senso di disagio, come un
mancanza che non riusciva a definire…
«Lambo, ridammi quella
torta, me l’hai rubata!»
«Gyahahaha, non è
vero, è di Lambo-san!» non passò molto
perché l’ennesima bomba lanciata per mano del
Guardiano della Tempesta su Lambo volasse per la stanza e
l’esplosione lo mandasse a spiaccicarsi contro il muro tra le
risate generali e gli strilli preoccupati delle ragazze.
«Così impari
stupido ruminante» ghignò Gokudera prendendolo per
la coda e facendolo penzolare con noncuranza davanti al viso
«mai farmi arrabbiare!»
«Oh! Hayato! Che parole da
uomo…»
«Argh…nee-sa..ah..n..gh»
«Bianchi-san» la
rimproverò bonariamente il Guardiano della pioggia
«hai dimenticato di indossare gli occhiali».
La donna
alzò brevemente le spalle scuotendo al testa «Oh!
Come sono sbadata» esordì senza mostrare alcun
segno di pentimento e facendo ridacchiare Yamamoto rassegnato
«povero il mio fratellino, adesso ci penso io a
curarti…»
«Bianchi-chua~nn!
Sei stupenda come sempre!» il dottor Shamal non fece nemmeno
in tempo ad avvicinarsi troppo che venne scaraventato conto il muro, lo
stesso di Lambo, da una delle torte velenose vaganti di Bianchi e una
delle bombe accese che Gokudera aveva lasciato cadere alla vista della
sorella.
Yamamoto
si scambiò un’occhiata con Fuuta e le ragazze,
divertito. Sì, decisamente quel posto era come la loro casa.
Lo era
sempre, anche quando Reborn entrava nella cucina con
un’espressione grave in volto e una lettera in mano.
Lambo
venne fatto scivolare fuori da sotto il corpo ancora svenuto di Shamal
da un Gokudera stizzito, negl’occhi un’espressione
preoccupata. Yamamoto scorse le occhiate preoccupate e rassegnate di
Haru e Kyoko, consapevoli che sarebbero rimaste ancora una volta fuori
dalla discussione che sarebbe sicuramente avvenuta e che, meno male,
alla fine avrebbero sentito tutto da Yamamoto stesso che le teneva
informate sulla situazione. Sasagawa Ryohei lanciò un breve
sguardo alla sorella prima di uscire e dirigersi verso la Nami High
School, probabilmente a chiamare il Guardiano della Nuvola. Mancava
solo da avvisare Chrome.
Il
ritrovo era previsto per due ore dopo, nel rifugio segreto dei Vongola.
Devo
ammettere di essere piuttosto soddisfatta di questa fic, se non altro
per il fatto che più di una persona sembri apprezzarlo.
Quando l’ho ideata ho avuto paura di cadere nel banale o,
peggio, di scrivere di qualcosa di già trito e ritrito.
Speriamo bene…
Un bacio
NLH
|
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Capitolo 3 *** Target 2# ***
I’ll bite you to death, Tsunayoshi
Sawada.
[Target 2#]
Era
stata un’idea che Sasagawa Ryohei aveva espresso qualche
giorno dopo il ritorno
dal Futuro, in uno dei suoi soliti deliri di Estremismo. Quella del
rifugio
segreto era un’idea veramente fantastica: avrebbe permesso a
loro Guardiani e
agli alleati, che puntualmente arrivavano a scassare le scatole, di
ritrovarsi
in un luogo sicuro che non fosse sempre la cucina o la camera
degl’ospiti dei
Sawada.
Così,
con l’aiuto di Giannini, la speciale supervisione di uno
Spanner giovane
arrivato direttamente dalla Germania e uno Shouichi atterrito come al
solito
dalle stranezze ma non troppo, lo avevano costruito in una casa che era
stata
affittata con i fondi della Mafia. Si trovava vicina alla Nami High ed
era
stata sistemata appositamente per le specifiche esigenze dei Guardiani:
c’era
una fornita biblioteca con annesso studio per Gokudera, una enorme
stanza per
gli allenamenti, una cucina, assolutamente indispensabile, una sala per
i
giochi dei bambini, un salotto ampio e comodo per le riunioni e
abbastanza
camere da letto per tutti. Il tutto distribuito per un po’ di
piani sotto terra
a partire da una villetta ad un solo piano per nulla sospetta.
Decisamente
comodo.
Era
proprio lì, nel rifugio segreto Giapponese della famiglia
Vongola, che tutti i
Guardiani, più Reborn, si stavano dirigendo. Quelle riunioni
erano cominciate
poco più di due mesi prima, in precedenza dovevano aspettare
che il rifugio
fosse pronto e si ritrovavano in casa Sawada, ed erano state molto
utili ad
ognuno per rendersi conto di quanto potessero diventare affiatati. Ma
Reborn
era lo stesso preoccupato: era stato mandato in Giappone per cercare il
Decimo
e, non sapendo il perché, si era ritrovato con tutti i
Guardiani e gli alleati
senza veramente averli creati attorno a qualcuno, ad un capo. Come se
il capo
dovesse arrivare e inserirsi nel posti vuoto con perfezione, come se
fosse lui in
realtà a doversi adeguare ai Guardiani. Quella situazione
non gli piaceva per
niente, soprattutto con la lettera che gli era arrivata.
Sospirando,
il bambino, fece passare lo sguardo sui guardiani riuniti:
c’erano tutti, anche
Chrome che era stata mandata a chiamare tramite Hibird (si era scoperto
essere
incredibilmente utile come messaggero sotto la sollecitazione di cibo e
soldi
per il proprietario).
«Questa
mattina» prese la parola, accomodato sull’unica
poltrona della sala e attirando
l’attenzione di tutti i Guardiani seduti sui divani,
Yamamoto, Gokudera su
quello di destra, Chrome, Sasagawa con in braccio Lambo, stranamente
tranquillo, e Hibari seduto ad una delle finestre che davano sul
cortile
d’ingresso. Per motivi pratici avevano deciso di mettere la
sala per le
riunioni e la cucina sui piani normali «mi è
arrivata una missiva dal Nono, in
persona» fece una pausa «voleva sapere se siamo
riusciti a trovare il suo
successore».
«Maledizione!»
Gokudera si lasciò sfuggire un chiaro segno di irritazione
«e come facciamo a
trovarlo? Tutti quelli che abbiamo preso in esame sono degli incapaci,
deboli,
arroganti o senza spina dorsale».
«E
soprattutto» aggiunse Yamamoto calmo «nessuno di
loro è stato approvato da
tutti noi».
«Un
capo deve essere accettato da ogni suo subordinato» ammise
Reborn «ma in questo
specifico caso deve avere anche sangue Vongola nelle
vene…»
«Mh…»
Gokudera sbuffo annoiato «l’unico qui in Giappone
ad avere sangue Vongola è
Iemitsu Sawada ma lui non è designato come futuro
capo…se solo avesse avuto un
figlio, o anche una figlia…»
«Questo
è un problema» asserì Reborn
rigirandosi tra le mani la busta «ma non è
l’unico»
altra occhiata e pausa carica di significato (non esattamente colto da
tutti i
Guardiani, Lambo continuava imperterrito a giocherellare con le dita
fasciate
di Ryohei e Hibari stava sbadigliando sonoramente) «si tratta
di una famiglia
di poca importanza, in effetti, ma che è
all’avanguardia nel campo dello
sviluppo bellico mafioso» bene, se non altro
l’attenzione del Guardiano della
Nuvola l’aveva avuta, per quella del Fulmine non
c’era speranza, invece «si
chiama Ferro e, fino ad ora, non ha mai dato molto
problemi..però, nell’ultima
missione che hanno compiuto in collaborazione con i Varia»
altra pausa,
stavolta scocciata «Mammon è venuto a conoscenza
di alcuni piani contro la
Famiglia Vongola».
«Cosa?»
Gokudera era partito in quarta come suo solito, seguito a ruota da
Ryohei «come
osano pensare di mettersi contro di noi! Dopo tutto quello che abbiamo
fatto…»
«E’
estremamente ingiusto!!!» non si trattenne
dall’aggiungere il Guardiano del
Sole indignato.
«Non
serve a niente scaldarsi tanto» freddò subito gli
animi Reborn «e noi non ne
sappiamo nemmeno molto. Per questo» fece una pausa tirando
fuori un bigliettino
scritto in calce da una mano nervosa «i Varia verranno qui
per maggiori
informazioni».
Yamamoto
lesse brevemente il foglietto, sicuramente era stato Squalo a scriverlo
decise,
con un sorriso tra il rassegnato e il divertito. Ci sarebbe stato da
divertirsi,
forse. E per prima cosa doveva togliere tutti i poster dei giocatori di
baseball dalla stanza e nascondere le mazze sostituendole da spade
più o meno
vere, Shigure Kintoki in prima fila, per evitare l’ennesima
sfuriata
dell’Imperatore di Spade. Ci teneva a non finire il ospedale
prima della
stagione primaverile, lui.
«I
Varia…» borbottò Gokudera, scocciato
«fantastico…» ci sarebbe stato da
impazzire,
fece una smorfia. Se attivava pure quel pazzo sanguinario di Belfagor
avrebbe
fatto meglio a prendersi una vacanza…non aveva voglia di
rischiare di
ammazzare, più o meno accidentalmente, un loro alleato.
Molto poco
accidentalmente.
«Alloggeranno
per qualche giorno qui da noi» rincarò la dose
Reborn scrutando con attenzione
i volti dei Guardiani «e saranno accompagnati da
Cavallone…» lo sguardo di ammonimento
a Hibari andò sprecato. Il giovane non sembrava stare
minimante seguendo il
discorso: guardava qualcosa fuori dalla finestra con estrema
attenzione. Reborn
alzò un sopracciglio ma preferì ignorarlo
continuando a guardare gli altri
Guardiani «dovrebbe esserci abbastanza posto per tutti, al
massimo alcuni di
voi guardiani dovrete tornare a casa…»
«Io
non mi muovo» esordì immediatamente Gokudera
«non c’è nessuno che mi aspetta e
non devo nascondere quello che faccio alla mia famiglia» qui
lanciò un’occhiata
a Yamamoto e Sasagawa «e poi non mi fido dei Varia,
potrebbero decidere di
rubare l’Anelli del Decimo».
«Sei
sempre il solito Gokudera…» ridacchiò
Yamamoto divertito «ma lo sai che
oramai-»
«Ormai
un corno! Scemo del Baseball!» saltò su il
Guardiano della Tempesta «chi te lo
dice che non ci riproveranno?»
«Lussuria-san
ha detto che l’Anello rimane a noi, Takohead!»
gridò Ryohei convinto.
«Shibakatama!»
ringhiò quasi l’altro sfiorando minacciosamente i
candelotti di dinamite sul
fianco e facendo sospirare Reborn. Decisamente avevano bisogno di una
guida… passò
lo sguardo su tutti.
«Cosa
succede, Hibari?» mormorò alla fine, scocciato,
notando per la seconda volta da
quando la conversazione era iniziata, che il ragazzo non stava seguendo
una
parola, troppo impegnato a fissare cancello della casa (con molta
insistenza),
come se stesse tenendo d’occhio qualcosa. Hibari lo
fissò brevemente prima di
tornare a rivolgere l’attenzione alla strada.
«C’è
un ragazzino» rispose dopo tanto di quel tempo che tutti si
erano già convinti
che li avrebbe ignorati come faceva spesso «è
già la terza volta questa
settimana che lo vedo passare di qui e rimanere a fissare la
scuola…» Gokudera
sbuffò scocciato: loro parlavano di cose serie come un
possibile attacco alla
Famiglia e quello si preoccupava unicamente per la sua
scuola… «però…»
Hibari
fece un’altra pausa stringendo con maggiore forza tra le dita
il tonfa «c’è
qualcosa che non mi convince…»
A
quella affermazione tutti i guardiani meno Sasagawa e Gokudera ( ancora
troppo
occupati a maledirsi con lo sguardo) si avvicinarono alla finestra,
capeggiati
da Reborn che se ne stava come al solito sulla spalla di Yamamoto, per
vedere
quello che il Guardiano della Nuvola stava tenendo d’occhio.
Seminascosti dalla
vaporosa tenda bianca poterono notare che, nella strada deserta, un
ragazzino
dai folti capelli castani e la divisa di una scuola superiore di Kokuyo
stava
appoggiato al muro di fronte alla scuola, molto vicino alla casa dove
erano
nascosti. Fissava l’edificio con insistenza e si ritirava
nell’ombra ogni volta
che passava qualcuno.
«Secondo
voi è sospetto?» chiese furbescamente Reborn,
sempre pronto a testare le
capacità e lo spirito critico dei suoi Guardiani.
«Mh…»
Yamamoto lo fissò per un momento «indossa la tua
stessa divisa, Chrome, lo
conosci?»
La
ragazza scosse il capo.
«Sicura
che non sia un’altra spia assoldata da Mukuro per
fregarci?» chiese Gokudera,
sospettoso come al solito, senza nemmeno guardare nella loro direzione
e
continuando la battaglia (incredibilmente silenziosa) con il Guardiano
del
Sole.
«Gokudera…»
lo rimproverò bonariamente Yamamoto, come faceva spesso
«sei sempre il solito»
fece una pausa nella quale poté vedere il Guardiano della
Tempesta alzare le
spalle scocciato, prima di tornare a fissare il giovane adesso
seminascosto
dietro un palo. Decisamente non sembrava una sentinella. Aveva quel
qualcosa
che faceva capire che non per lì per spiare nessuno.
Sembrava
incredibilmente indifeso
e impaurito a
dirla tutta…
Non
tutti la pensavano come lui, constatò Yamamoto dopo aver
esposto le proprie
impressioni. Per Gokudera poteva trattarsi benissimo di una spia,
mentre Hibari
sembrava fermamente convinte della necessità di interrogarlo
e poi morderlo a
morte se necessario. Reborn fissò i Guardiani sempre
più preoccupato: avevano
seriamente bisogno di una guida. Alla fine fu la decisione di Chrome a
rendere
il risultato certo: lei, Gokudera e Hibari erano favorevoli a tenere
sotto
controllo quel giovane sospetto (chi per vederci chiaro, chi per
mantenere una
parvenza di abitudine, chi per noia) mentre Yamamoto e Sasagawa
avrebbero
preferito lasciar cadere la questione. Inutile dire che Lambo non era
stato
nemmeno preso in considerazione.
Più
che altro parchè Reborn aveva deciso di sparargli durante
uno dei suoi soliti
deliri di onnipotenza ma, da quello che avevano potuto capire tra una
sghignazzata e un urlo, avrebbe voluto colpire il giovane sospetto con
il suo
attacco speciale. Lo presero come voto a favore della maggioranza.
Fu
Chrome a lasciare la casa per prima e ad avvicinarsi di soppiatto al
giovane
che, troppo concentrato a fissare la scuola, non si accorse di lei se
non
quando gli fu davanti e gli rivolse la parola.
«Tu
sei della Kokuyo High School, giusto?» gli chiese
all’improvviso facendolo
sobbalzare «ci conosciamo?»
Il
giovane boccheggiò per un momento prima di arrossire e
guardarsi intorno freneticamente,
come alla ricerca di una (insistente) via di fuga.
«Ehm…sì,
però non ti conosco…»
Chrome
gli sia avvicinò maggiormente inclinando la testa di lato e
socchiudendo
l’occhio.
«Scusa
ma è come se…» si interruppe un momento
«mi dispiace averti disturbato, ma sei
l’unico di Kokuyo che io abbia mai visto da queste parti e mi
chiedevo se
abitassi nei dintorni, sai, io abito proprio qui
davanti…» con un breve gesto
indicò la casa da cui era uscita.
«E…hm…allora
perché non vieni in questa?» gli chiede il giovane
esitante indicando la Nami
High «se sei così vicina…»
Lei
alzò le spalle sconsolata.
«Mi
sono trasferita da poco e mi piace la mia classe…»
«C-capisco…»
fece nuovamente a disagio l’altro «bhe, ora scusa
ma devo…ehm, devo and-»
«Ti
va qualcosa da bere?» gli chiese a bruciapelo Chrome
sorridendo leggermente
«così magari ci conosciamo meglio e domani a
scuola possiamo mangiare
insieme…io davvero non ti ho mai
notato…»
«Beh,
ecco…» il giovane sembrava preso dal panico
«v-va bene…» acconsentì alla
fine
capendo, non si sa come, di non avere scelta. Era come se qualcosa gli
dicesse
che sarebbe stato meglio evitare di contraddire quella ragazza indifesa
(tutta
apparenza, ragazzi miei…) «m-mi fa piacere
conoscere qualcuno, io mi sono
trasferito alla Kokuyo da poco e non conosco molta
gente…»
«Ah,
sì?» gli sorrise interessata la ragazza guidandolo
verso l’ingresso della casa
«e come mai ti sei trasferito a metà
anno?»
Lui
alzò le spalle abbattuto.
«I
realtà non lo so esattamente…»
cominciò esitante «prima venivo qui, alla Nami,
ma non ricordo molto di quel periodo…solo che
l’orfanotrofio che finanzia la
scuola ha preferito trasferirmi…» rise brevemente
«magari qui non accettavano i
miei voti».
Chrome
aprì il cancello di casa con un momento di esitazione.
C’era qualcosa in quel
ragazzo che le diceva di dargli fiducia, oltre a provare un insolito
dispiacere
per lui, per il fatto che stesse in un orfanotrofio. Che fosse da solo.
Come
lei. Ma lei aveva degli amici…mentre questo…non
sapeva ancora il nome, sembrava
non avere nessuno. Lo condusse alla porta e l’aprì.
«Ecco,
prego…» lo invitò precedendolo
«e, approposito, io sono Chrome, tu?»
L’altro,
che si stava togliendo le scarpe seduto sul gradino, girò la
testa con un
genuino sorriso di felicità.
«Piacere,
io sono Tsunayosh-» non fece in tempo a finire la frase che
un Lambo scatenato,
e arrabbiato, disperato per il comportamento che Reborn aveva avuto nei
suoi
confronti, si scagliò correndo per il corridoio e,
inciampando come al solito
nei suoi stessi piedi, fece schizzare fuori dalla voluminosa
acconciatura armi
e caramelle che si sparsero per tutta la casa. In particolar modo il
bazooka
dei dieci anni che, dopo aver rimbalzato un paio di volte sotto lo
sguardo
atterrito del nuovo arrivato e divertito/preoccupato dei Guardiani che
avevano
seguito il bambino, Yamamoto in testa, finì addosso al
giovane studente che
scomparve in una nuvola di fumo rosa.
«Ops…»
fu tutto quello che il Bovino ebbe da
dire.
In
effetti non è che ci fosse molto altro da aggiungere.
Ecco
qua il terzo capitolo, spero sia venuto bene, è stato
difficile cercare di mantenere i personaggi IC.
Mi
dispiace ma sono incredibilemnte in ritardo e di fretta (mannaggia alla
maturità) e dò un bacio a tutti quelli che
leggono, recensiscono, ecc. prometto che la prossima volta
farò meglio.
Un bacio
NLH
|
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Capitolo 4 *** Target 3# ***
I’ll bite you to
death, Tsunayoshi Sawada.
[Target 3#]
Si
potrebbe anche dire che, non appena Lambo si era ripreso, Yamamoto, e
forse
anche Gokudera ma non si era del tutto certi di questo, aveva avuto il
sentore
che qualcosa sarebbe andato irrimediabilmente male. E non si trattava
soltanto
di ipotesi campate per aria.
Ogni
volta che Lambo si muoveva combinava disastri; perché quindi
sperare (o
ritenere) che questa sarebbe stata diversa? Specie se avevano appena
messo in
atto una specie di piano per studiare più da vicino quello
strano ragazzo?
Quindi,
una volta costretti ad abbandonare la finestra per cercare di fermare
Lambo,
inesorabilmente diretto nel corridoio dove Chrome stava facendo entrare
il
giovane (il piccolo bovino era convinto che Reborn se la fosse svignata
da
quella parte perché spaventato dalla vendetta che aveva
messo in atto, non
vedendo che in realtà l’Hitman se ne stava
tranquillamente accomodato sulla
spalla di Yamamoto), Yamamoto aveva pensato che, la vista del giovane
studente,
non gli avesse minimamente provocato alcun senso di disagio; che in
realtà si è
sentito preoccupato per le possibili conseguenze se Lambo avesse tirato
fuori
una delle sue strambe armi in presenza di un estraneo.
E
Gokudera si era rifiutato di credere di aver provato un qualunque senso
di
nostalgia o malcelato senso si attaccamento per quella schiena estranea
che
aveva potuto intravedere tra la confusione di braccia e gambe dei
Guardiani che
lo avevano preceduto in corridoio.
E
Sasagawa cercò di respingere l’istinto di gridare
al giovane sconosciuto di
iscriversi al club di boxe, non solo perché (e si vedeva
lontano un miglio,
persino lui l’aveva intuito) non era per nulla muscoloso ma
anche perché sarebbe
stato abbastanza sciocco da parte sua. Eppure l’istinto
(irrazionale) c’era
stato.
E
Chrome, nel momento stesso in cui gli chiese il nome, cercò
di ignorare il
desiderio di Mukuro, improvvisamente svegliatosi e interessato a
ciò che stava
accadendo, di prendere il suo posto. Voleva capire perché
quel giovane la
facesse sentire così bene, come protetta. Con quel suo
sorriso, insieme
impacciato e caldo, che la facevano sentire a casa.
E
Hibari che provò nuovamente quella strana sensazione, quel
brivido lungo la
schiena che aveva provato, nemmeno troppo tempo prima, al leggere uno
di quei
nomi sulla lista degli studenti trasferiti; cercando di ignorare nel
modo
migliore, perché non capiva, il calore improvviso che lo
aveva colto come un
pugno, stranamente piacevole, alla vista di quella schiena minuta e
delicata,
dalle spalle sottili e sormontate da una massa folta di capelli
castani. E a
quegl’occhi così grandi e caldi.
Nessuno
dei Guardiani si rese conto di quanto quell’incontro sarebbe
potuto in realtà risultare
importante per tutti e per ciascuno di loro. Non fecero nemmeno in
tempo vista
l’abilità del giovane Bovino di mandare tutto
all’aria: bombe e bazooka compresi.
Quando
la nebbia rosata si dissipò, al posto del giovane che il
bazooka dei dieci anni
aveva erroneamente colpito, c’era un uomo dai corti capelli
castani arruffati e
un completo da ufficio grigio con tanto di camicia bianca spiegazzata e
cravatta allentata. Con un lamento l’uomo si tirò
a sedere massaggiandosi la
testa e borbottando qualcosa di incomprensibile.
«Ehm…»
Yamamoto fece un passo nella sua direzione, avevano combinato proprio
un bel
guaio «ehi, ti senti bene?»
«Dove
sono?» la voce lamentosa dell’uomo costrinse
persino Ryohei a rendersi conto di
aver appena coinvolto una persona totalmente estranea al mondo della
mafia e
che questo avrebbe portato non pochi danni. E il ragazzo era finito da
qualche
parte nel futuro senza sapere niente. Fantastico.
Nel
frattempo l’impiegato si era alzato in piedi, rimanendo
comunque abbastanza
basso rispetto ad un qualunque uomo della sua età, e aveva
cominciato a
guardarsi intorno spaesato.
«Ma…ma…ho
forse sbagliato casa? Sono entrato in quella di…»
ad interrompere quelle parole
balbettate fu la vista dei ragazzi, più o meno armati, che
gli stavano di
fronte. L’uomo impallidì e fece istintivamente un
passo indietro tenendo
soprattutto gli occhi sulla katana che Yamamoto teneva sulla schiena e ai candelotti di dinamite che si potevano
intravedere attaccati alla cintura di Gokudera.
«E-ehiu, questa n-non sarà
mica u-una
rapina, vero?» ricominciò a balbettare
«guardate che io non ho soldi non me lo
posso permettere, perché non…non andare,
cioè, perché non mi lasciate andare?
Eheh…vi prego!!»
Scambiandosi un’occhiata
interrogativa, Gokudera e Ryohei gli si avvicinarono in un intervento
che
speravano essere tranquillizzante ma che in realtà ebbe
l’effetto del tutto
opposto. Insomma, ce li avete presenti, no?
«Guarda che non ti facciamo certo del
male!» esclamò il Guardiano della Tempesta ad un
niente dal viso dell’uomo
mentre quest’ultimo squittiva terrorizzato.
«Noi ti sembriamo estremamente dei
ladri?» gridò il Guardiano del Sole con gli occhi
fiammeggianti.
Notando
che l’impiegato sembrava sul punto di lasciarci le penne
dalla paura, il
guardiano della Pioggia, gli si avvicinò costringendo gli
altri due ad
indietreggiare e gli sorrise tranquillo.
«Mi
dispiace se l’abbiamo spaventata, non volevamo» gli
tese una mano con fare
rassicurante «capisco che deve sentirsi parecchio
disorientato ma non si
preoccupi, tra poco sarà tutto finito»
Il
tono pacato dei Yamamoto sembrò calmarlo almeno un
po’ ma non gli fece certo
evaporare tutte le paure. Afferrò la mano del giovane e lo
seguì fino al
divanetto lì accanto dove venne fatto sedere.
«Vuole
una tazza di the?» gli chiede gentile Chrome, sorprendendo
tutti. Potevano
capire che all’inizio faceva parte del piano,
l’essere gentile e cercare di
accaparrarsi la fiducia del giovane, ma era insolito che lei prendesse
la
parola e lo era certamente ancora di più il vederla
interagire con qualcuno che
non fossero i Guardiani o i ragazzi di Kokuyo; interagire con un
estraneo.
Specie poi se proveniente dal futuro.
L’uomo
la guardò per un momento prima di sorridere nervosamente,
specie alla vista
della benda e del lungo tridente che aveva ripreso tra le mani.
«M-molto
gentile ma ora dovrei cenare, quindi…eheh» rise
brevemente «grazie comunque…»
Gokudera
si era accomodato sul divano di fronte e aveva cominciato a giocare
insistentemente con un candelotto che faceva rigirare tra le dita e
volteggiare
da una mano all’altra. Quell’uomo,
quell’impiegato non gli piaceva per nulla.
Aveva notato che anche gli altri Guardiani avevano sentito qualcosa
alla sua
vista, qualcosa che non sapevano decifrare. Come un senso di disagio e
delusione, speranza e ammirazione, fiducia e desiderio tutto insieme.
Sbuffò
sonoramente cercando di ricacciare indietro le sensazioni insolite che
aveva
provato: solo sciocchezze, si disse.
E
poi gli dava sui nervi: con quel comportamento remissivo, spaventato,
tutto
quel rannicchiarsi e sfuggire gli stavano sui nervi. E non solo a lui:
Hibari
sembrava sul punto di estrarre i tofa e morderlo a morte tanto lo stava
fissando intensamente; nemmeno volesse mangiarselo sul serio.
«Io
sono Yamamoto Takeshi» stava intanto dicendo il giovane con
un sorriso «e loro
sono i miei compagni: Hayato Gokudera» il giovane
grugnì qualcosa «Sasagawa
Ryohei, Hibari Kyoya, Chrome Dokuro e Lambo»
L’impiegato
sorrise nervosamente.
«I-io
sono, Tsunayoshi Wasada» si presentò «e
devo ammett-» non fece in tempo ad
aggiungere altro che i cinque minuti erano passati e un’altra
esplosione di
nuvola rosa riportò il ragazzo di prima al posto
dell’uomo. Il giovane Wasada
Tsunayoshi si ripresentò agl’occhi dei Guardiani
svenuto e con un grosso
bernoccolo in mezzo alla fronte.
«Che
incapace» fu il sintetico commento di Hibari che, ignorando
tutti, fece dietro
front e si diresse fuori dalla sala, probabilmente diretto alla sua
camera da
letto.
«Che
facciamo?» Yamamoto sembrava essere l’unico a
preoccuparsi seriamente per la
sorte del giovane che avevano accidentalmente coinvolto.
«Fanne
quello che ti pare» fu il secco commento dello
Smokin’guardian seguendo
l’esempio del Guardiano della Nuvola.
«Ehm…»
Yamamoto provò in direzione di Sasagawa che alzò
le spalle.
«Se
vuoi provo a svegliarlo io» propose energico.
Yamamoto
scosse freneticamente la testa sorridendo nervosamente: lui voleva far
uscire
il giovane Wasada da quella storia tutto intero, possibilmente.
Chrome
invece gli si avvicinò e lo guardò per un momento.
«Credo
non sia il caso di farlo girare indisturbato per casa, non ora che i
Varia
stanno arrivando» la voce della giovane era calma e
ragionevole «mettiamolo in
una stanza fino a che non si sveglia e poi lo portiamo
fuori…»
Yamamoto
annuì al saggio consiglio e, prendendolo sulla spalle,
aiutato da Sasagawa, lo
portò in una delle camere vuote destinata
agl’ospiti. Ad un cenno di assenso
del Guardiano del Sole lo adagiò sul letto e lo
coprì con una delle coperte che
Chrome gli passò, probabilmente prese dalla lavanderia.
Il
giovane Wasada riposava tranquillamente, nonostante il bernoccolo che
ancora si
poteva vedergli in testa, e respirava regolarmente in un sonno senza
sogni.
Yamamoto sorrise, stranamente imitato dagl’altri due. Quel
suo essere riposato
e incurante del pericolo corso, specie dopo essere stato nel Futuro, li
faceva
stare bene. Improvvisamente si sentivano tutti sollevati, anche
Gokudera ma non
lo avrebbe mai ammesso, come se qualcosa di estremamente importante
fisse
finalmente nel posto giusto. Lo avevano sentito tutti in quel
corridoio. Chi
era in realtà quel giovane?
C’erano
tante domande che i Guardiani si stavano ponendo in quello stesso
momento ma
non tutte le domande hanno una risposta. Specie se, proprio quando
Yamamoto
chiuse con delicatezza la porta della stanza alle proprie spalle, il
suono
insistente e ritmato del campanello d’ingresso ruppe la
quiete creatasi in quei
pochi minuti.
Gokudera
ringhiò incazzato scivolando fuori dalla biblioteca, dove di
era rifugiato,
insultando in italiano lo scampanellatore pazzo. Conosceva solo una
persona in
grado di suonare in modo tanto insistente e scocciante.
«Cazzo!»
Yamamoto,
comparso alle sue spalle, invece ridacchiava divertito.
«Vooooooooooooooooooooooooooooooooooii!!!»
l’urlo, temuto e purtroppo atteso, si fece sentire
già a troppi decibel al di
sopra del sopportabile.
«Squalo,
feccia, piantala di fare casino» la voce ringhiante del Boss
si fece sentire
allo stesso livello di decibel di quella del sottoposto. Seguita da un
forte
rumore di vetri rotti.
«Voooooooooooooiii!»
il ringhio dello spadaccino si faceva sempre più forte man
mano che i Guardiani
risalivano i piani per andare ad aprire la porta «ma dove
cazzo li tieni tutti
quei bicchieri?»
«Ushihihihi»
merda, pensò Gokudera affrettandosi a raggiungere la porta,
non voleva certo
che quei pazzi scatenati buttassero giù la casa,
c’era anche il pazzo assassino
maniaco dei coltelli «il Boss ne ha una riserva pronta che
aspetta solo di
essere lanciata contro di te».
«Voooooi!
Bel, razza di coglione decaduto! Che cazzo sei venuto a fare? Solo a
romperm-»
«Su,
dai» una voce cinguettante si mise in mezzo ai due
contendenti «Squ, Bel, non
litigate che se non i vicini vi sentono…»
«Lussuria,
schifoso maniaco» la voce delicata dell’Imperatore
di spade si fece sentire
forse più alta di prima «chiamami
un’altra volta Squ che ti spello vivo!»
«Il
principe non si fa certo dire cosa fare da uno come te»
rincarò la dose
l’altro, ridacchiano come suo solito.
«Tanto
a quest’ora se ne saranno già accorti»
la voce pacata di Mammon si fece sentire
tra le urla dei compagni, scocciata come suo solito.
«State
zitti tutti quanti» s’intromise Levi
«date fastidio al Boss»
L’ennesimo
“Voooooi” assordante venne, fortunatamente
interrotto dalla porta d’ingresso
che veniva aperta rivelando il profilo divertito del Guardiano della
Pioggia e
quello incazzato del Guardiano della Tempesta.
«Alla
buon ora» ringhiò Xunxas entrando prepotentemente
e stravaccandosi sul primo
divano libero, imitato da Squalo e Belfagor.
Yamamoto
ridacchiò leggermente facendosi da parte per far entrare gli
ultimi Varia e per
chiamare i Guardiani che ancora non erano accorsi alle urla
incredibilmente
delicate degl’ospiti.
«Non
abbiamo tutta la giornata» esordì Xunxas senza
altri preamboli «prima la
questione sarà chiusa e prima ce ne andremo da questo posto
di merda»
Reborn
fece proprio in quel momento il proprio ingresso nel salotto,
improvvisamente
affollato, e si accomodò sul tavolino che si trovava al
cento del semicerchio
di divani, tutti occupati.
«Xunxas»
esordì con calma «come mai siete venuti tutti? Da
quello che la lettera diceva
sarebbe dovuto venire solo il tuo secondo in comando» Squalo
fece una smorfia
incazzata parando al contempo due dei coltelli che Bel faceva,
accidentalmente,
volare per la stanza.
«E’
una questione lunga» liquidò al domanda il Boss
«e poi se avessi lasciato venire
quella feccia da solo si sarebbe dimenticato di tutto una volta visto
il
Guardiano della Pioggia» lanciò
un’occhiata malevola a quest’ultimo che si
indicava interrogativo «quella cazzo di feccia si lamenta
sempre che è senza
spada…»
«Vogliamo
smetterla di parlare d’altro?» Gokudera,
innervositosi, aveva preso posto alle
spalle del divano occupato da Chrome, Yamamoto e Sasagawa «se
non sbaglio i
passatempi di Squalo non sono l’argomento della nostra
conversazione».
Xunxas
lo guardò per un momento prima di socchiudere le labbra in
un sorriso affilato.
«Non
è che sei solo geloso del tuo Guardiano preferito,
feccia?»
Prima
che Gokudera potesse anche solo pensare di rispondere a quella
provocazione,
Reborn, si alzò in piedi riuscendo comunque ad attirare
tutta l’attenzione su
di sé.
«Smettetela
di giocare» mormorò «non siamo qui per
questo» lanciò un’occhiata in tralice
sia a Gokudera che a Xunxas «non ricordavo che il tuo
passatempo fosse quello
di prendere in giro i miei Guardiani…» Xunxas
alzò le spalle divertito e il
Guardiano della Tempesta sbuffò seccato
«allora?»
«Prima
vogliamo riposarci» ribatté invece Xunxas con un
ghigno, seguendo quello che,
secondo Reborn, non era altro un capriccio del momento «siamo
in viaggio da
giorni e avremmo veramente voglia di una bella dormita, se non vi
spiace» il
Boss osservò di sottecchi tutti i Guardiani prima di tornare
di Reborn,
soddisfatto dalle facce sconcertate e rassegnate che aveva notato
«non vi
spiace, vero?»
Senza
una parola, il bambino, scese dal tavolino e fece strada verso il
corridoio.
«Le
stanze sono al quarto piano interrato» comunicò a
bassa voce, senza alcuna
particolare inflessione «non vi spiace se non vi
accompagno?» una pausa «Vero?»
Xunxas ghignò.
Direi
che ce l'ho fatta a postarlo in tempo (come promesso) e qui se non
altro succede qualcosa ahahahaha
spero
vi sia piaciuto e rinnovo l'appuntamento a venerdì prossimo
(o sabato, dipende un po'...)
Un bacio
NLH
|
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Capitolo 5 *** Target 4# ***
I’ll bite you to
death, Tsunayoshi Sawada.
[Target 4#]
«Tze!»
la voce scocciata di Gokudera si poteva sentire distintamente anche
dalle
stanza vicine e Yamamoto sperò, seriamente questa volta, che
i Varia fossero
veramente scesi tutti al quarto piano interrato. Qualunque cosa pur di
evitare
l’ennesimo scontro che entrambe le parti stavano cercando
«quegli stronzi
arrivano qui e pensano di poter fare quello che
vogliono…»
«Avanti,
Gokudera, calmati…» Yamamoto gli mise una mano sul
braccio, stranamente senza
essere respinto, mentre il Guardiano della Tempesta di sedeva
pesantemente
accanto a lui, il viso tra le mani.
«E’
che non capisco!» sbottò alla fine
«perché fanno sempre così? Mi fanno
incazzare in un modo…»
«Ricorda
che abbiamo preso loro il ruolo di Guardiani e successori della
famiglia
Vongola» gli ricordò l’altro alzando le
spalle «in più senza nemmeno una
guida…» qui la voce si fece esitante ma poi
riprese come nulla fosse «e poi lo
sai come sono fatti…»
«Più
che questo voglio sapere perché sono venuti
tutti…cos’avranno mai da dirci di
così importante? Se è
importante…perché se no come mai se ne sono
andati in
camera…a riposare, tze!»
Yamamoto
rise brevemente al monologo del compagno e non resistette allo
scompigliarli
affettuosamente i capelli. Se proprio doveva confessarlo, Yamamoto, non
sapeva
da quando esattamente l’altro gli permettesse certe
effusioni, così come
Gokudera non sapeva rispondersi al perché gliele lasciasse
fare. Ma andava bene
così. Doveva andare bene così.
Gokudera
arrossì ferocemente in zona orecchie e chinò un
po’ la tasta verso il
pavimento, senza allontanarsi dalla mano di Yamamoto, pur non
permettendogli
di vedere la sua espressione. Era sempre così tra di loro.
Accadeva spesso di
recente.
Probabilmente,
Gokudera se lo aspettava, a quel punto Yamamoto si sarebbe avvicinato
quasi
impercettibilmente, fino a far sfiorare la loro gambe; Gokudera gli
avrebbe
intimato, senza troppa convinzione, di non fare la donnetta e staccarsi
altrimenti lo avrebbe ridotto ad un cumolo di polvere; Yamamoto avrebbe
riso
affondando per l’ultima volta le dita tra i capelli argentati
e poi l’avrebbe
ritirata, senza allontanarsi troppo, l’avrebbe appoggiata
allo schienale.
Sarebbe sceso nuovamente un silenzio pesante e poi Yamamoto sarebbe
tornato a
sfiorarlo con una scusa qualunque e Gokudera avrebbe fatto finta di
arrabbiarsi, nascondendo il viso in ogni modo per non fargli notare
quanto
fosse imbarazzato. E Yamamoto si sarebbe rimesso a ridere.
Era
diventata ormai una loro routine anche se non sapevano esattamente
spiegarsi
come potesse essere cominciata. E quello sarebbe stato il momento in
cui
Yamamoto avrebbe dovuto avvicinarsi, Gokudera se lo aspettava. Quello
che non
si aspettava, però, era l’urlo di terrore che
sembrò provenire direttamente dal
centro della terra.
O, ad essere più precisi, dal quarto
piano interrato.
Entrambi
i Guardiani scattarono in piedi, guardandosi allarmati.
«Ma
chi diavolo…?» Gokudera aggrottò le
sopracciglia: quel grido non era uno
conosciuto, ne era più che certo. Non era quello incazzato
di Xunxas né quello caratteristico
di Squalo, non era la risata folle di Belfagor né i
gridolini eccitati di
Lussuria, non era l’urlo di Lambo e nemmeno uno di quelli da
lui mai sentiti.
Era
una specie di “HIHI” terrorizzato e prolungato che,
pur non essendo riconoscibile
da nessuno dei due, portò un indistinto sentimento di
familiarità e apprensione
tra i pensieri confusi e interrogativi dei Guardiani. Possibile che
avessero
già sentito una voce del-
«Oh,
cazzo!» Gokudera spalancò gli occhi concertato: da
quando Yamamoto usava, anzi
no, da quando era a conoscenza di certi termini?
«Ti
senti male?» gli chiese vagamente preoccupato.
«No.
Io…oh cazzo, oh merda…» riprese
Yamamoto cominciando a correre fuori dalla
sala, verso gli ascensori «mi sono
dimenticato…come ho potuto…?»
Sempre
più preoccupato, il Guardiano della Tempesta, gli corse
dietro fino a
raggiungerlo giusto un attimo prima che le porte
dell’ascensore si chiudessero,
finendo addosso sia a Yamamoto che a Chrome che, insieme a Reborn e a
Ryohei,
avevano ben deciso di entrare nello stesso ascensore per andare a
controllare
la situazione.
«Cosa
sta succedendo?» chiese Reborn senza troppi preamboli, il
viso corrucciato,
interrompendo Yamamoto nel bel mezzo dell’invettiva contro
sé stesso, che stava
seriamente mandando Gokudera in analisi «ci sono problemi con
i Varia?»
«No!»
esclamò senza fiato Yamamoto, in corpo un’ansia
che non sapeva di poter provare
«è solo che…insomma, vi ricordate del
ragazzo che gironzolava qui davanti? Beh,
dopo che è svenuto l’ho messo in una delle stanze
libere…e l’ho lasciato
lì…»
«In
pratica te ne sei dimenticato» commentò Sasagawa
con aria di rimprovero,
come se lui non centrasse nulla con quella storia o non se ne fosse
dimenticato
a propria volta.
«Secondo
voi ha incontrato uno dei Varia…?» chiese
ingenuamente Fuuta, sbucato da chissà
dove. Gokudera sbuffò: tutti in quell’ascensore
dovevano stare? Ma non sapevano
dell’esistenza delle scale?
Non
appena il tintinnio dell’apertura delle porte ne
preannunciò l’arrivo al piano,
tutti, si pigiarono contro per poter uscire il prima possibile.
Lo
spettacolo che si presentò davanti a loro fu impagabile
(almeno secondo
Yamamoto che non voleva saperne di smettere di ridere, e anche secondo
Mammon
che già si pregustava i soldi che certe fotografie gli
avrebbero fornito)
Levi
A Than se ne stava in mezzo al corridoio con indosso una camicia da
notte color
verde pastello, semi trasparente, e aveva in mano due dei suoi
ombrelli, pronto
all’azione, con un calzino nero attaccato
all’estremità; Squalo, fasciato da un
paio di vecchi, lisi e aderenti pantaloni della tuta grigi (con indosso
solo
quelli), aveva fatto sbucare il viso dalla camera che si era scelto,
incazzato
per essere stato svegliato così bruscamente, con
metà della folta capigliatura
arruffata dal sonno; Lussuria saltellava per il corridoio indossando
una
vestaglia giallo limone con piume di struzzo ai bordi, i fidati
occhiali da
sole addosso, e indicava freneticamente qualcosa verso la direzione
opposta
rispetto alla quale tutti erano rivolti: la camera con la porta divelta
e uno
Xunxas con le pistole in mano ancora fumanti e solo un asciugamano
azzurro
della nazionale italiana a coprigli il minimo indispensabile per
permettere a
Lussuria (e forse anche al suo secondo in comando) di respirare
normalmente.
«Si
può sapere cosa sta succedendo?» chiese
profondamente seccato Squalo,
guardandosi bene dal voltare gli occhi sul Boss.
«C’era
un cazzo di ragazzino nella mia camera!» Xunxas
fulminò i Guardiani che erano
appena arrivati «chi cazzo era quella feccia?»
«Ehi!»
esclamò Gokudera, nuovamente alterato «chi credi
di essere a rivolgerti a noi
in questo modo?»
«Ehm…»
Yamamoto si mise in mezzo ai due grattandosi la nuca con una mano
«mi sa tanto
che è colpa mia…»
«Vooooooi!»
Squalo era uscito definitivamente dalla camera, fortunatamente per
Yamamoto
senza spada, nonostante non avesse idea di quello che stava accadendo
ma sempre
pronto a criticare il ragazzetto che, per un’immane botta di
culo a detta sua,
l’aveva battuto, una sola volta, precisiamo «lo
sapevo che tu centravi qualcosa!»
«Cosa
pensavate di fare al Boss?» lo seguì a voce alta
Levi, tanto arrabbiato quanto ridicolo
nella sua tenuta.
«Levi,
caro, forse è meglio se ti metti qualcos’altro
addosso» Lussuria gli si era
avvicinato ancheggiando «non credo che così
possano prenderti granché sul
serio…» il Varia del Sole, ignorando
l’occhiata omicida di quello del Fulmine,
fece qualche passo verso la camera del Boss, saltellando come suo
solito
«piuttosto, Boss, cosa è successo?
Perché hai sparato?»
«Ho
detto che c’era un cazzo di bambino nel mio letto»
si ritrasse infastidito, per
nulla felice di essere a meno di un metro da quel maniaco
«cos’è? Volevate
farmi uno scherzo, brutte checche?»
Lussuria
si ritrasse istintivamente al sorriso sadico del Boss e si
voltò verso i
Guardiani.
«Ehm…»
prese la parola «in pratica, se non ho capito male,
un ragazzino stava dormendo
della stanza del Boss e quando l’ha visto ha
pensato» pausa e sorrisetto
maliziosi che vennero spazzate via dall’occhiata malefica di
Xunxas «ma che
importa…in fondo ha solo pensato ad un attacco e ha reagito
di conseguenza»
ridacchiò nervosamente stringendosi nella vestaglia
«perfettamente nella
norma…»
«Nella
norma un paio di palle!» Gokudera si era arrischiato ad
avvicinarsi alla camera
in questione (tenendo ben sotto controllo le pistole che il Boss dei
Varia
teneva ancora in mano) «Questo pazzo psicopatico ha distrutto
il letto!»
«Chiudi
quella bocca, feccia! Quello che voglio sapere è: che cazzo
ci faceva un
bambino nel mio letto?»
«Beh…»
Yamamoto rise leggermente a disagio per i numerosi sguardi puntati
sulla sua
persona, in particolare quelli incazzati di Xunxas e sospettosi di
Gokudera «è
un ragazzo che gironzolava qui fuori nel primo pomeriggio e
l’avevamo fatto
entrare per capire come mai…»
«Voooooooooooooi!
Avete fatto entrare qua dentro un perfetto estraneo?» la
voce, perennemente
infuriata di Squalo lo interruppe «ma siete tutti ritardati
qua dentro? Poteva
benissimo essere un nemico!!» fortunatamente per le orecchie
e l’incolumità dei
presenti, un po’ meno per Squalo, un bicchiere pieno di
sospetto liquido rosso
si fracassò con violenza sulla testa di
quest’ultimo «VOOOOOOI!! Demente di un
Boss, che cazzo di prende?»
«Mi
prende che fai troppo casino, feccia» rispose questo
afferrandolo per i capelli
e dirigendosi verso la camera del Varia della Pioggia
«il mio letto è distrutto
e quindi dormo nel tuo, chiaro? E non voglio sentirti fiatare
stanotte».
Squalo
boccheggiò un paio di volte prima di riuscire a ritrovare la
voce. Ancora
fortunatamente per i presenti il suo urlo belluino venne attutito dalla
porta
che Xunxas aveva chiuso dietro di loro e poi soffocato da una non ben
identificabile causa. Cosa che fece, stranamente a detta di Yamamoto,
arrossire
ferocemente Gokudera, ridacchiare maliziosamente Lussuria e un secondo
boccheggiare, molto offeso e scioccato, stavolta di Levi.
Ma
non aveva tempo di preoccuparsi di quello, non in quel momento. Dove
diavolo
era finito quel ragazzino?
«Non
è che è scappato?» chiese Chrome,
prendendo la parola per la prima volta.
«Io
non lo biasimerei di certo» annuì comprensivo
Lussuria incrociando le braccia
«deve essersi preso un bello spavento al vedersi il
Boss…»
«Piantatela
di discutere!» Levi si era fatto avanti, dopo aver indossato
la divisa dei
Varia e aver rimesso tutti i calzini al proprio posto «quel
ragazzino potrebbe
anche essere una spia e ora se ne sta andando in giro indisturbato per
la casa.
Dobbiamo acciuffarlo!»
«Per
una volta sono d’accordo con te» affermò
sorpreso e di umore lievemente
migliore Gokudera «se qualcuno non avesse deciso di farlo
rimanere…»
Yamamoto
alzò le spalle sospirando.
«Andiamo»
fece semplicemente «io, Gokudera e Sasagawa ci occuperemo di
questo piano e dei
superiori, voi Varia di quelli inferiori. A Chrome lascio
l’esterno» lanciò
un’occhiata insicura a Reborn che, da quando avevano
cominciato a discutere,
non aveva aperto bocca. Andava bene come aveva organizzato le cose?
Il
bambino assentì con un cenno della testa prima di saltare
sulla spalla di
Gokudera, incredibilmente stupito da quel gesto insolito.
«Io
e Gokudera andiamo a vedere il pianterreno, nel caso abbia trovato le
scale e
quindi un modo per uscire da qui» Reborn era preoccupato.
Non
solo per quel ragazzino, nonostante quando l’avesse visto
delle sensazioni
strane e un insolito attaccamento, totalmente ingiustificato, si erano
impossessato di lui. Aveva sentito qualcosa provenire da quel giovane
spaurito
e aveva tutta l’intenzione di accertarsene. Non lo avrebbe
certo lasciato
sfuggire. Era anche preoccupato per quello che sarebbe potuto
succedere.
Guardiani e Varia che collaboravano -facevano un tentativo- alla
ricerca, senza
qualcuno veramente in grado di controllarli. Quello sì che
dava da pensare
all’hitman.
Nel
frattempo, Ryohei e Yamamoto, avrebbero controllato, una per una, tutte
le
stanze del piano, per assicurarsi che il giovane Wasada non si fosse
nascosto
in una di quelle, terrorizzato dalla presenza del Boss dei Varia e, di
conseguenza, dalle sue pistole. Povero.
~×~
Niente.
In totale dovevano aver setacciato qualcosa come trenta o quaranta
stanze, da
letto e non, del quarto piano ma del ragazzo nemmeno l’ombra.
Possibile che
avesse trovato il modo per scappare? Yamamoto era sempre più
preoccupato. Se
anche fosse riuscito a trovare le scale non avrebbe certo pensato di
salirle
per scappare ma di scendere in quanto, solitamente,
l’ingresso si trovava al
piano inferiore. Eppure non c’era. Che fosse veramente salito
andando contro
ogni logica?
Con
uno sbuffo troppo alto Sasagawa batté un piede per terra,
scocciato.
«Ma
si può sapere dov’è andato a
cacciarsi?» strinse i pugni in uno dei suoi soliti
gesti da esaltato «quel ragazzo è bravissimo a
nascondersi! Lo voglio nel mio
club di boxe!!!»
«Cosa
ti servirebbe uno che si nasconde in un club di boxe?
Sentiamo…» una voce
estranea si intromise nella conversazione a senso unico del Guardiano
del Sole.
Hibari Kyoya era sbucato da una delle ultime camere che i due dovevano
ancora
controllare, con l’espressione incazzata che aveva
solitamente quando lo
svegliavano bruscamente.
«Hibari!!»
esclamò improvvisamente Ryohei «perché
non sei con gli altri a cercare il
giovane Wasada?»
«Non
so di cosa tu stia parlando» affermò
l’altro sempre più scocciato rientrando in
camera e facendo per chiudere la porta, indifferente al casino che si
cominciava a sentire sempre più frequentemente in casa.
Anche gli altri stavano
cominciando ad innervosirsi per il fatto che il ragazzo continuasse a
risultare
“latitante”: affermazione italiana di cui Yamamoto
non conosceva il significato
ma che Lussuria si era premurato di imprimere nella mente di tutti.
«Ti
ricordi il ragazzino di questo pomeriggio?»
s’intromise Yamamoto bloccandolo
giusto un secondo prima che chiudesse la porta «sembra abbia
avuto un faccia a
faccia con Xunxas…» ridacchiò
«non molto positivo oserei dire».
Ryohey
guardò il Guardino della Nuvola speranzoso. Che
l’avesse visto per caso?
«Quindi?»
chiese Hibari dopo un momento, senza tornare ad aprire del tutto la
porta ma
tenendola socchiusa quel tanto che bastava per mostrare il viso e un
pezzo di
busto, rendendo partecipi Sasagawa e Yamamoto che il Guardano della
Nuvola, non
solo stava dormendo prima di tutto quel casino, ma anche che era solito
farlo a
petto nudo e con solo un paio di lisi pantaloni della tuta. Yamamoto
sorrise
leggermente mentre lasciava a Ryohei il compito di spiegare la
situazione;
anche il famigerato Disciplinare era un essere umano dopotutto. Anche
se
ricordava vagamente che di solito usasse un pigiama nero in
seta…bah, a volte i
ricordi giocano brutti scherzi.
«Io
non ne so niente» soffiò il Presidente infastidito
«credete forse che se un
moccioso si fosse introdotto in camera mia l’avrei lasciato
andare impunito?»
Sasagawa
lo guardò interrogativo prima di tornare alla carica :
«Ma l’hai visto passare?
È venuto in questa direzione?»
Hibari
sbuffò stringendo gli occhi minaccioso. «Forse non
sono stato abbastanza
chiaro?»
Yamamoto
stava quasi per intervenire quando, dal piano terra, giunse alta la
voce di
Gokudera: «Qui c’è la porta
d’ingresso aperta, forse è veramente
scappato!»
«Andiamo
a vedere» fece Sasagawa esaltato, del tutto dimentico della
questione lasciata
in sospeso con Hibari, e, voltando le spalle al Guardiano, corse in
direzione
delle scale.
Yamamoto
sospirò e fece per chiedere scusa
a Hibari
per il disturbo ma, quello, aveva già chiuso la porta della
camera. Alzò le
spalle rassegnato e divertito allo stesso tempo e seguì il
Guardiano del Sole.
Alla fine poteva dire di essere ancor preoccupato per quel ragazzino
misterioso.
~×~
Nel
frattempo, Hibari Kyoya, stava appoggiato di spalle alla porta che
aveva appena
chiuso, chiedendosi se non fosse il caso di indossare anche una maglia.
In
fondo non aveva alcuna intenzione di prendersi un qualche malanno, non
ora che
le cose stavano cominciando a diventare interessanti.
Con
un sorrisetto sadico voltò la testa verso il proprio letto
fino ad individuare
un figura minuta rannicchiata sul bordo.
«Molto
bene» il sorriso ferino di Hibari si allargò man
mano che si avvicinava al
letto «adesso vediamo di procedere con la tua punizione, sei
d’accordo?»
Credo non ci sia molto da dire eheh""
Amo Hibari? Assolutamente. Anche se mi chiedo cosa centri con il
commento... vabbè. Da adesso posso ufficialemnte dire che le
cose si smuoveranno (alla faccia se si smuovono, e non solo le cose)
...smuovere...
Lo so cos'avete pensato. Pervertiti.
ahah!! In effetti ora che ci penso ho fatto la stessa cosa.
Bene, sono messa peggio di quanto
pensassi, fantastico. Spero di non aver trauamatizzato nessuno e
sopratutto di sentirvi ancora (e numerosi, non sia mai che rimangano
solo i coraggiosi)
Un bacio
NLH
|
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Capitolo 6 *** Target 5# ***
I’ll bite you to
death, Tsunayoshi Sawada.
[Target 5#]
Tsunayoshi
Wasada, seriamente, non aveva idea di dove potesse trovarsi. E, se
proprio
doveva dirla tutta, non capiva nemmeno come potesse esserci finito in
quella
situazione.
Tutto
era cominciato qualche mese prima. Si ricordava perfettamente che
l’orfanotrofio dove era cresciuto gli aveva detto, di punto
in bianco, che
avrebbe dovuto cambiare scuola. Senza apparente motivo. Fin da quanto
la sua
memoria poteva tornare indietro ricordava di essere cresciuto in mezzo
ad altri
bambini come lui, abbandonati sui gradini dell’Istituto per
l’infanzia di
Namimori. Non era mai stato un bambino vivace o irruento, non aveva mai
creato
problemi, la sua prospettiva di vita era quella di finire presto la
scuola per
diventare un impiegato come centinaia di altri e non aveva nemmeno mai
voluto
entrare nei casini che sembravano sbucare come funghi, uno dopo
l’altro, nella
Nami High School. Tutte quelle improvvise risse, quelle distruzioni e
il
bullismo lo avevano sempre terrorizzato. Aveva sempre mantenuto un
profilo
basso. Non aveva mai particolarmente legato con i suoi compagni di
classe e i
voti erano sufficientemente nella media.
Poi,
un anno prima o forse qualcosa di più, erano cominciati i
vuoti di memoria e le
imprecisioni. La cosa maggiormente preoccupante però, quella
che gli avevano
fatto prendere la decisione di tornare a vedere la Nami High, era che
non si
era mai posto il problema dei vuoti in passato. Le domande erano
cominciate di
punto in bianco da quando era stato trasferito. Perché?
Era metà
del primo anno la prima volta che se ne
era accorto. In un primo momento non ci aveva fatto caso ma
poi…forse a
farglieli notare erano stati quegli strani sentimenti che aveva
scoperto di
provare di punto in bianco. Quel senso di nostalgia ogni volta che
passava
accanto ai club di baseball e boxe. Inadeguatezza in presenza di
ragazzi con i
capelli lunghi e in grado di praticare sport come kendo o tiro a segno.
Spesso
si perdeva a fissare il cielo, nemmeno stesse aspettando un qualche
segno che
gli rivelasse qualcosa.
Non
riusciva più a guardare un madre coccolare il proprio figlio.
Gli
mancava qualcosa. Per questo si era deciso a tornare alla Nami, per
capire. Poi
la situazione era rapidamente precipitata: prima una ragazza di cui, se
lo
sentiva stranamente in fondo al cuore, poteva fidarsi l’aveva
invitato a
prendere qualcosa da bere, poi una gran confusione che aveva previsto
una
insolita visione multicolore e un’ancora più
insolita nebbiolina rosa, poi si
era improvvisamente ritrovato di fronte ad una porta
d’appartamento sconosciuta
e, dallo spavento di ritrovarsi all’improvviso in un posto
sconosciuto, era
inciampato e aveva sbattuto la testa.
Poi
il risveglio.
Aveva
sentito un forte rumore, come un grido, che lo aveva costretto ad
aprire gli
occhi, infastidito dalla luce improvvisa. Si era ritrovato sepolto
sotto una
voluminosa coperta rosso acceso, in una grande stanza sconosciuta. Di
fronte a
lui c’era un uomo alto con delle cicatrici in tutto il corpo
e con solo un
asciugamano in vita. E una strana pistola in mano, furibondo.
Aveva
gridato, Tsunayoshi, aveva lanciato il più alto urlo che
avesse mai prodotto e
aveva, non si sa come, schivato due pallottole, incredibilmente
luminose, che
lo sconosciuto gli aveva sparato e si era precipitato verso la porta,
in corridoio.
Lì
lo spettacolo non poteva essere certo considerato meno traumatico, per
il
povero ragazzo. C’erano un uomo altissimo con addosso una
camicia da notte
inguardabile e in mano degli ombrelli, l’espressione
incazzata; uno di poco più
basso che ad una prima occhiata gli era sembrato una donna alquanto
vistosa, un
ragazzo biondo con una tiara in testa, un bambino volante e un altro
uomo
urlante, dai lunghi capelli, che si era precipitato fuori nello stesso
momento
di Tsuna con un grido belluino terrificante. Ma dove diavolo era finito?
Per
il giovane era stato troppo: con una velocità che non aveva
mai pensato di
poter raggiungere era scattato verso la parte di corridoio sgombra,
oltrepassando un numero imprecisato di porte chiuse fino a raggiungere
la fine
del corridoio: un muro. Aveva ansimato, strozzandosi quasi, e poi si
era
voltato indietro. Non poteva vedere nessuno ma non ave alcuna
intenzione di
tornare indietro a controllare se non avesse per caso mancato le scale.
Non
voleva minimante rivedere quegli esseri spaventosi. Si era rannicchiato
per terra,
indeciso se piangere o mettersi nuovamente ad urlare. Non voleva essere
trovato.
Stava
ancora tremando quando una mano sconosciuta era calata sulle sue
braccia
incrociate e si era sentito trascinare in una delle ultime stanze. Si
era
sentito scaraventare senza troppa grazia su di una superficie morbida,
un
letto. Solo allora aveva avuto il coraggio, e nessun’altra
scelta, di alzare lo
sguardo. Di fronte a lui c’era un ragazzo dai capelli e dagli
occhi sottili,
neri. La pelle chiara contrastava con il pigiama scuro e con il buio
soffuso
della stanza.
Tsunayoshi
aveva deglutito pesantemente e si era maggiormente rannicchiato su
sé stesso.
Aveva paura come mai gli era successo.
«Mi
ha disturbato» le parole glaciali dell’ancor
più glaciale ragazzo gli
perforarono la mente costringendolo a fare qualcosa che si era
ripromesso di
non fare assolutamente. Due enormi lacrimoni gli comparvero ai lati
degl’occhi.
Il ragazzo aveva preso in mano un lungo bastone metallizzato, che Tsuna
aveva
incredibilmente riconosciuto essere un tonfa, e gli si era avvicinato
maggiormente.
«Ti
morderò a morte» sorrise sinistro
«nessuno può rimanere impunito dopo avermi
svegliato.
Specialmente un ragazzino fastidioso come te».
Tsuna
si era ritratto velocemente ma non abbastanza perché
l’altro non riuscisse ad
afferrarlo nuovamente per un braccio.
«Mettiti
questi e non fiatare» lo sentì sibilare mentre si
ritrovava tra le braccia il
pigiama di seta ancora caldo che l’altro giovane aveva avuto
addosso fino a
poco prima. Incredulo e sconcertato, ben restio dal disubbidirgli, se
lo era
infilato rendendosi conto solo in quel momento di avere la divisa
scolastica
totalmente a brandelli, forse a causa di quei colpi che aveva creduto
di aver
evitato. Cercando di non posare lo sguardo, incredibilmente
imbarazzato, sul
corpo seminudo dell’altro si era ritirato sul bordo opposto
del letto e si era
mimetizzato con le coperte che vi erano ammassate.
Aveva
serrato gli occhi e aveva coperto le orecchie con le mani per non
sentire il
giovane che indossava qualcosa e usciva dalla stanza, chiudendo la
porta. Non
si era arrischiato a muoversi nemmeno per scappare ed era rimasto
immobile
anche quando lo aveva sentito discutere con altri due ragazzi. La paura
era
troppa.
~×~
In
quel preciso istante, quando il giovane sconosciuto che lo aveva
aiutato si era
avvicinato ulteriormente, non era stato in grado di distogliere
nuovamente lo
sguardo. Come se non ne avesse la forza. C’era qualcosa in
lui che lo
costringeva a guardarlo, a non scappare di nuovo. E quello
cos’era? Dov’era
finito tutto il desiderio di fuga e la paura che lo avevano animato
fino a poco
prima?
Il
giovane moro gli si avvicinò ulteriormente, il sorriso
felino improvvisamente
scomparso dalle sue labbra, lasciando cadere il tonfa che aveva sempre
tenuto
in mano.
«Chi
sei?» gli chiese senza particolari intonazioni di voce, serio.
«T-Tsunayoshi
Wasada» riuscì a rispondergli dopo un attimo di
esitazione. Non capiva dove
volesse arrivare.
«Quindi,
Tsunayoshi Wasada» calcò bene sul nome facendolo
rabbrividire nuovamente «ti
sei fatto trovare da uno Xunxas in camera, da quanto ho
capito» il più giovane
rabbrividì «e sei scappato dai Varia fino a qui,
corretto?» Wasada annuì
ancora, troppo ansioso per fare altro, nonostante non avesse capito
esattamente
tutto quello che gli aveva detto. Xunxas? Varia?
«E
mi hai disturbato, sei consapevole anche di questo?» la voce
impassibile dello
sconosciuto lo distolse dai pensieri che erano nati dalle sue prime parole.
«I-io,
n-non…ti prego, non ti ho fatto niente, non sapevo dove
andare, non s-so dove
sono, t-ti prego…» il moro inarcò un
sopracciglio, indeciso se sbatterlo fuori
tra le grinfie dei Varia e di un erbivoro particolarmente incazzato che
ne
incarnava il Boss o recuperare l’altro tonfa, quello che
teneva sul comodino, e
morderlo a morte.
«Sai
chi sono io?» chiese arricciando inconsapevolmente il naso;
lo faceva spesso ma
si rifiutava di accorgersene. Non che gli altri glielo facessero
notare,
chiaro.
«N-no
quindi, ti pr-»
«Sta’
zitto» gli intimò brusco, sentendosi
improvvisamente incredibilmente stanco e
per nulla desideroso di proseguire oltre quella conversazione,
sedendosi sul
letto e premendogli una mano, la stessa che gli aveva tenuto fermamente
il
braccio fino a poco prima, sul petto, costringendolo a sdraiarsi
«odio la gente
che parla e mi disturba mentre dormo, chiaro?»
soffocò uno sbadiglio girando il
giovane come una bambola fino a che non riuscì ad appoggiare
la propria testa
contro quella di Wasada, affondando nella, incredibilmente morbida se
proprio
doveva dirla tutta, massa di arruffati capelli castani.
Hibari
Kyoya li aveva adocchiati fin dal primo momento, perfetti.
In
quel momento non si stava chiedendo il perché di quel suo
agire tanto insolito;
tanto quel giovane non aveva idea di chi fosse. E lui voleva
assolutamente
dormire bene. Incredibile che quei capelli sembrassero poterglielo
permettere.
A patto ovviamente che il loro proprietario non gli desse noie.
Al
resto avrebbe pensato domattina.
In
fondo, a Hibari Kyoya, non gliene fregava assolutamente niente del
casino che
imperversava appena subito fuori dalla sua stanza, per tutta la casa e
al di
fuori, quella notte. E Tsunayoshi Wasada era una persona totalmente
immobile
quando si trattava di dormire.
Okay,
lo ammetto, non è un capitolo molto lungo. E magari non
soddisfa nemmeno le
aspettative di tutti (chi si era fatto degli strani pensieri sul primo
incontro
alzi la mano. Ho detto solo quelli che hanno fatto strani pensieri, non
tutti!!!).
Volevo
solamente far vedere la faccenda dal punto di vista di Tsuna, dal
prossimo le
cose procederanno, non preoccupatevi :)
P.s
sì, Tsunayoshi Wasada, non è un errore, in questo
momento si chiama così.
Un bacio
NLH
|
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Capitolo 7 *** Target 6# ***
I’ll bite you to
death, Tsunayoshi Sawada.
[Target 6#]
«Allora?»
la voce concitata di Gokudera attirò l’attenzione
degl’altri presenti nella
sala «l’avete trovato?»
Yamamoto
e Sasagawa, che aveva ispezionato palmo a palmo i piani inferiori,
scossero la
testa stancamente. Lambo e I-pin, addormentati rispettivamente tra le
braccia
di Kyoko e Haru, chiamate per l’occasione, avevano
inutilmente cercato al piano
terra, tra un gioco e una litigata, senza risultato. Mammon
dall’alto, con
Bianchi, Lussuria e Levi per le strade, avevano controllato
l’intero isolato.
All’appello mancavano solo Squalo e Xunxas che
però erano in camera del primo e
non avevano preso parte alla ricerca; Belfagor che risultava
introvabile,
Lussuria aveva detto di averlo visto per l’ultima volta
quando il giovane
scomparso si era precipitato per il corridoio; Chrome che stava accora
cercando, ma con poche speranze di riuscita a parere del Guardiano, il
giovane
Wasada a Kokuyo e infine Hibari che se ne era rimasto tranquillamente a
dormire
in camera, fregandosene altamente di tutta la faccenda. Ma in fondo era
meglio
così: non avevano bisogno di un ostacolo o di un omicidio a
coronare il tutto.
Reborn
sembrava il più preoccupato tra loro, e non solo per la
sparizione del giovane.
Il problema del Boss si faceva, specie in questa situazione, sempre
più
pressante. Aveva continuato ad osservare i movimenti dei Guardiani,
senza
indirizzarli, lasciando che cercassero di cavarsela da soli. Era stato
un
completo disastro. Non solo avevano rischiato, e in alcuni casi ci
erano pure
riusciti, di litigare per ogni singola decisione a prendere, ma si
erano
persino lasciati sfuggire un ragazzo che, a dirla tutta, non era in
grado di
rappresentare la benché minima minaccia nemmeno per un
gattino spaurito.
A
volte Yamamoto era stato in grado, in quanto il più
equilibrato e calmo, di
prendere in mano la situazione, così come in passato, ma lui
era il Guardiano
della Pioggia, non aveva né sangue Vongola né le
capacità per essere un capo a
tutti gli effetti.
«Non
può essere sparito nel nulla…»
bofonchiò Gokudera, stanco per aver corso per
tutto il quartiere in continuazione alla disperata ricerca del ragazzo
dai
folti capelli «è uno studente normalissimo, per la
miseria!»
«Che
vi siete lasciati scappare» Levi ghignò
accomodandosi sul divano «che miseria,
e voi sareste i Guardiani che succederanno al Nono, che
pena…»
«Levi»
fece Yamamoto pacato posando nel contempo una mano sul braccio di
Gokudera, già
pronto a scattare contro il Varia del Fulmine in preda alla furia «se
non sbaglio nemmeno voi siete
riusciti a fare molto per acciuffarlo».
«Come
ti
permett-» cominciò
l’altro altrettanto furioso quando, improvvisamente, le sue
labbra vennero
chiuse con una cerniera comparsa misteriosamente da un lato della bocca.
«Siamo
stati in giro per ore senza risultato» Mammon volteggiò pigramente davanti
alla faccia di un Levi
boccheggiante e sempre più incazzato «dovrei
tassarti per avermi fatto fare tutto questo lavoro senza
l’ombra di un soldo».
«Voi
Varia
siete al servizio dei Vongola» Gokudera
si liberò anche fin troppo facilmente dalla presa di
Yamamoto «dovreste fare quello che noi vi
diciamo senza fiatare» ghignò
all’espressione furiosa di Levi, sempre impossibilitato a
parlare «in fondo
siamo noi ad avervi battuto
durante la sfida per gli Anelli».
«Noi non prendiamo ordini da
nessuno» sibilò Mammon «se non dal
nostro Boss» ghignò inquietante a propria
volta «e voi un Boss non ce
l’avete…»
«Senti, tu, bambino
malefico-»
«Smettetela!» la voce di
Reborn si levò chiara e severa tra quelle alte e sempre
più isteriche dei
presenti «non siamo qui per discutere di questo»
lanciò un’occhiata di
rimprovero a Gokudera «non c’è nessuno
superiore a qualcun altro qui, i Varia
rimangono sotto la guida di Xunxas e sotto il Nono almeno fino a che
non sarà
eletto un Decimo, voi Guardiani non avete alcun diritto di ordinare
alcunché»
socchiuse gli occhi osservando con biasimo e una punta di rabbia i
Varia,
specie Levi che sembrava, a parere di molti dei Guardiani presenti,
anche fin
troppo felice del rimprovero dell’Hitman
«d’altro canto voi siete l’elite dei
Vongola e Gokudera, Yamamoto e gli altri Guardiani sono i Vongola fino
a prova
contraria» fece un’altra pausa «gradirei
maggiore collaborazione e meno
confusione»
«Fino a prova contraria» gli
fece il verso Mammon, sempre contrariato a qualunque avvenimento che
non riguardasse
un guadagno sicuro «siete voi ad aver bisogno delle nostre
informazioni».
«E questo cosa centra, ora?»
sbottò Gokudera.
«Semplicemente» fece Mammon
mellifluo
«che avete bisogno di noi e che non vale la pena di averci
contro».
«Ma fammi il piacere!»
gridò
quasi l’altro «e per cosa mai avremmo bisogno di
assassini senza scrupolo come
voi?»
«Magari vi interesserebbe
sapere quello che la Famiglia Ferro sta combinando alle vostre
spalle» Lussuria
e Sasagawa erano appena entrati dopo aver fatto un ultimo giro di
controllo del
piano mentre Gokudera e Mammon litigavano, giusto per non stare fermi
ad
annoiarsi mentre due idioti, a detta dei Guardiani del Sole sempre
proprendenti
ad una risoluzione fisica, vedersi scazzottata da parte di uno e
qualcosa di un
po’ meno casto dall’altro, temo, piuttosto che a
una fila di parole inutili, che
si beccavano peggio dei bambini delle elementari.
Anche se Mammon non ne aveva
nemmeno l’aspetto.
«Lussuria!!»
quest’ultimo lo
fissò contrariato.
«Andiamo» fece
l’altro
accomodante come al solito, strizzando l’occhio ad un
allucinato Gokudera, ben
poco propenso a rispondergli «siamo venuti qui apposta per
questo, mica per
comprare quella pasta schifosa che vendono qui in Giappone spacciandola
per i
nostri insuperabili maccheroni ai quattro formaggi».
«Tra tutte le cavolate che
potevi dire…» cominciò Mammon petulante
«questa è forse la peggiore…o la
più
fantasiosa» ghignò «per usarla dovrei
chiederti i diritti d’autore».
«Si può sapere cosa stai
dicendo?» gli chiese il Varia del Sole alzando un
sopracciglio «non è che è
arrivato il momento del tuo sonnellino? Non mi sembri un
granché lucido…»
«Forse hai ragione…»
cedette
incredibilmente il bambino decidendo di voleggiare fuori dalla sala,
diretto
alle camere da letto «e tu non dire un’altra
parola, il Boss ha detto che ne
avremmo parlato domani e ne
parleremo
domani».
Lussuria recepì l’occhiata
di ammonimento e alzò le spalle sorridendo.
«Allora a domani»
cinguettò
seguendolo per andare a dormire e obbligando implicitamente gli altri a
fare lo
stesso.
«Non vedo l’ora che il
Decimo arrivi» borbottò Gokudera trascinandosi
insoddisfatto nell’ascensore «li
rimetterebbe al loro posto in un momento…»
Reborn scosse la testa di
nascosto da tutti e sogghignò nel vedere Levi arrancare con
la bocca cucita
verso le scale. Magari Mammon non poteva sembrare particolarmente
propenso a
cedere alle richieste dei Guardiani così come a quelle dei
Varia ma poteva, se
non altro, metterci la sua fidata giacca firmata Armani, che avrebbe
fatto
pagare lo scherzetto a Levi un occhio della testa.
Chrome gli passò accanto,
rientrata in quel momento, senza un’espressione in volto.
«Non sono stata io»
mormorò,
nascondendo il tridente dietro la schiena.
Decisamente, i Guardiani
avevano un disperato bisogno di un Decimo.
~×~
Nel
buio del corridoio una figura silenziosa aspettava che anche gli ultimi
ragazzi
si addormentassero, rimanendo pazientemente nascosto dietro la
voluminosa tenda
che nascondeva i quadri di maggior valore donati dal Cavallone per
onorare il
rinnovato patto di alleanza con la famiglia Vongola.
Erano
quasi le tre di notte quando la figura percepì anche il
respiro di Hibari farsi
leggero e regolare e, scivolando silenziosamente tra le coltri pesanti,
si
guardò con circospezione intorno, per assicurarsi di essere
effettivamente solo
e di avere via libera. Con passo felpato, tanto leggero e veloce che
nemmeno
Kyoya Hibari sarebbe stato in grado di udirlo, percorse in breve tempo
il
corridoio che divideva le camere da letto dei Guardiani da quella
designata per
il loro Boss. Continuando a tenere i sensi all’erta si
accostò alla porta e con
un gesto calcolatamente lento ed esperto, ne forzò la
serratura.
Il
lieve suono del ruotare dei cardini venne fortunatamente coperto dal
russare
improvviso di uno dei Guardiani, molto probabilmente Sasagawa, e
ciò gli
permise di entrare nella stanza indisturbato e chiudersi la porta alle
spalle.
Con un sospiro di sollievo tirò fuori dalla tasca una
sottile pila che accese
illuminando il luogo di una lieve luce ambra. Mettendo in evidenza
l’anello del
Decimo Vongola, scintillante nella sua teca di vetro sulla scrivania.
Con
un movimento lento, quasi solenne, gli si avvicinò e
scostò ne con delicatezza la
protezione per poterlo ammirare. Lo prese in mano e se lo
rigirò tra le dita,
senza fretta.
L’Anello
del Cielo.
Midispiacemidispiacemidispiacescusatetantononhoscusantiperilmiocomportamentoaltamentevergognosovipregoperdonatemi!!!!!!
…
Ehm…
Cioè, volevo
dire…ecco.
Non trovate anche voi che il tempo sia una favola oggi? Con questo sole
meraviglioso e le nuvolette? Ehehe….
Va bene,va
bene…è un
capitolo corto e non succede niente di entusiasmante…scusate
tanto *me
bofonchia sinceramente dispiaciuta e guarda altrove* però
prometto che il
prossimo…ah…il prossimo…non vi dico
niente ma tenetevi pronti. La situazione di
stallo finirà.
E con essa il placido
sonno di Hibari.
Lascio immaginare a voi.
Buon lavoro
hihi
Un bacio
NLH
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Capitolo 8 *** Target 7# ***
I’ll bite you to death,
Tsunayoshi Sawada.
[Target 7#]
La
sensazione che qualcosa, forse un po’ più di un
semplice qualcosa, fosse fuori
posto al suo risveglio, per Tsuna, sembrò palese ancora
prima di aprire gli
occhi. Decisamente c’era più di qualcosa fuori
posto.
Innanzitutto
le lenzuola: ricordava bene le lenzuola, così come la
coperta e il cuscino, e
il materasso, e pure il pigiama, dell’orfanotrofio; in una
sola parola: ruvidi.
Non importava che si svegliasse, dormisse e andasse a letto sempre
nello stesso
tipo di lenzuola praticamente da quando era nato, non riusciva mai ad
abituarsi. La mattina si alzava con arrossamenti praticamente ovunque.
Perché
quindi, quella mattina, si sentiva
così bene? Cos’era quella sensazione di morbidezza
che sentiva sulla pelle?
Nemmeno stesse indossando abiti di seta. Pigramente fece scivolare una
mano,
quella destra, quella che sentiva di poter muovere, verso il colletto
per
prendere tra le dita l’orlo del pigiama. Rimase un momento
immobile a sfiorare
l’indumento. Sembrava essere veramente seta. Che stesse
ancora sognando?
Oltre
a quello si poteva anche dire che ci fosse un ulteriore problema, se
n’era
accorto solo in quel momento a dirla tutta; era a pancia in
giù, strano già di
per sé visto che era solito dormire rannicchiato sul fianco,
ma sentiva in
aggiunta un peso sulle spalle. Come se qualcuno gli si fosse sdraiato
sopra.
Con
ben più di una punta d’irritazione, troppa per
essere prima mattina e
soprattutto provata da uno come lui, si chiese se per caso uno o
più dei
bambini della stanza affianco non avessero nuovamente deciso di andare
nel suo
letto perché troppo spaventati per dormire da soli dopo un
incubo. Avevano
cominciato a farlo spesso quando, dopo parecchi tentativi con altri
più grandi,
avevano scoperto che l’unico a non scacciarli in malo modo
(anzi, non cacciarli
affatto) era proprio Tsuna.
Quando
mai l’aveva fatto! Quella storia, però, doveva
finire! Non aveva più intenzione
di fare da balia a dei bambini solo perché gli si stringeva
il cuore al
pensiero che gli altri non facevano nulla per loro…nooo, ci
stava ricascando…
cercando di farsi forte nella decisione appena presa, con un movimento
appena
accennato (cavoli, i bambini dicevano essere ben più
d’uno, faceva fatica a
spostarsi…!) voltò la testa verso il fianco
sinistro.
Raggelandosi.
Qual’era
il punto uno? Ah, sì. Il pigiama di seta. Aveva come
l’impressione di aver
trovato una risposta.
E
anche allo strano sogno, incredibilmente dettagliato, che credeva di
aver
avuto. Deglutendo lentamente, molto lentamente, fece scivolare gli
occhi sulla
figura (quello che poteva vedere della figura) che stava addormentata
di fianco
(e per certi versi sopra) di lui. Aveva folti e lisci capelli neri che
contornavano, arruffati dal sonno, l’ovale pallido del viso.
Le ciglia, sottili
e lievemente aggrottate, sormontavano due palpebre ancora chiuse ma, lo
poteva
capire, lunghe. Doveva avere gli occhi grandi e sottili.
Il
ragazzo osservò incantato ( e anche un po’
terrorizzato dall’improvviso ricordo
delle minacce che gli aveva rivolto la sera prima) il naso sottile (ma
tutto
era sottile in quel ragazzo moro?) arricciarsi leggermente.
Evidentemente
doveva aver usato la sua testa come cuscino, capì
improvvisante Tsuna, e doveva
essere rimasto infastidito dalla mancanza del tocco dei capelli castani
che
erano rimasti a contatto con il viso del moro per tutta la notte.
Altrettanto
improvvisamente il volto del più giovane si
colorò di una delicata tonalità
color aragosta bollita all’elaborazione del pensiero che
aveva appena avuto.
Notte, con quel ragazzo. Aveva passato tutta la notte in un letto con
un’altra
persona. Lontano dall’orfanotrofio. Senza avvertire. Gli
occhi continuarono a
dilatarsi dallo sconcerto fino al punto in cui, Tsuna ci avrebbe
scommesso, non
gli sarebbero scoppiati fuori dalle orbite.
Per
fortuna (forse) proprio in quel momento il ragazzo moro socchiuse gli
occhi
puntando le iridi nero petrolio in quelle nocciola
dell’altro. Il lieve
piegarsi delle labbra sottili (pure quelle) fece scorrere un brivido
non ben
identificato lungo tutta la schiena di Tsuna. E una luce rossa si
accese nella
sua mente.
«Tsunayoshi
Wasada» la voce
arrochita dal sonno penetrò nel frastuono della sirena, del
tutto immaginaria
ma anche incredibilmente pressante e reale, che il giovane si sentiva
risuonare
in testa, come un avvertimento urgente «mi
hai svegliato di nuovo».
Pericolo. Evacuare
la zona.
~×~
Gokudera
Hayato non aveva dormito bene e nemmeno tranquillamente, proprio no.
Lui non
era certo come quei fissati maniaci di sport (vedersi Sasagawa e
Yamamoto tanto
per dirne due) che, non appena posavano la testa su una superficie
praticabile,
sprofondavano in un lungo, placido e riposante sonno. Non era nemmeno
un
bambino come Lambo che crollava anche in piedi, bastava essere stanco.
Lui era
un comune ragazzo di sedici anni con un predisposizione al sonno
tranquillo
pari a quella della capacità di concentrazione della
sopracitata mucca su
qualunque cosa; forse tranne la cucina della signora Sawada.
In
altre parole? Aveva dormito veramente male. Il fatto che avesse passato
una
buona parte della notte alla ricerca di un ragazzino scomparso nel
nulla non
aiutava certo al renderlo maggiormente in pace con il mondo. E nemmeno
vedere i
Varia, gli altri Guardiani e Reborn belli riposati contribuiva. Proprio
no.
Era
da poco salito ai piani superiori quando Yamamoto, con Reborn sulla
spalla, era
entrato dalla porta d’ingresso. Lui erano tornato a casa per
dormire, per non
far insospettire troppo il padre con le continue assenze notturne.
Forse
fu il vederlo salutare allegramente non appena mise piede in casa, ad
un niente
dal viso scocciato e deliziosamente provvisto di occhiaie del Guardiano
della
Tempesta. Forse fu il grido entusiasta e vivace di Sasagawa, spuntato
in quel
momento dietro al primo, di ritorno dal suo solito allenamento
mattutino. Forse
contribuì pure il fastidioso volteggiare di Mammon, seguito
da un Lussuria
anche fin troppo curato per essere così presto, sulla porta
della sala. Magari
poteva centrare persino, sicuramente, la risatina isterica di Bel,
sbucato
finalmente da chissà dove (ma non poteva rimanerci? Ovunque
fosse, fu il
pensiero, incredibilmente dolce, di Gokudera).
Gokudera
si era svegliato male, aveva passato i dieci minuti in seguito al
sopracitato
difficile risveglio ancor peggio e aveva proseguito, con
l’ingresso in cucina,
come una mattinata ancora peggiore di quanto non avesse immaginato solo
pochi
secondo prima.
Precisamente,
cosa ci faceva lo scomparso Tsunayoshi Wasada con una scodella in mano?
Cioè,
riformuliamo. Per quale motivo il ragazzo che avevano cercato come
pazzi per
tutta Namimori la sera e la notte precedenti si trovava,
tranquillamente e con
indosso quello che sembrava un pigiama in pura seta nera, palesemente
di due o
tre taglie più grandi, nella cucina del rifugio della
famiglia Vongola con in
mano una scodella di latte caldo e con uno stranamente tranquillo
Hibari Kyoya
accomodato su una sedia, sempre della stessa cucina della famiglia
Vongola,
intento a leggere un giornale e a farsi scaldare una tazza di the
dell’ancora
sopracitato Tsunayoshi Wasada? Ecco, più chiaro?
Più
chiaro due palle! Strillò la mente di Gokudera mentre,
seguito dagli altri, non
meno sconcertati di lui, entrava con passo inferocito nella cucina
(sempre la
stessa, precisiamo).
«E
lui cosa
cazzo ci fa qui!?»
strillacchiò quasi, il controllo ormai dimenticato.
Così come la sua dignità di
uomo. Loro, lui aveva sprecato una notte a cercarlo
e quello si
presentava tutto tranquillo a fare colazione nella loro cucina. La
mente di
Gokudera sottolineò in particolare che si trovasse in
cucina; perché, in bagno
avrebbe fatto differenza?
La
situazione stava decisamente sfuggendogli di mano. E non era nemmeno la
prima
volta.
A
quel grido improvviso, la tazza che Tsuna teneva in mano, si
sfracellò al
suolo, completamente ignorata dal proprietario che emise un grido
soffocato di
spavento e sorpresa alla comparsa improvvisa di tutta quella gente
sulla soglia
della cucina. Tutta quella gente che non sembrava propriamente felice
di
vederlo. Quello di testa sembrava piuttosto incazzato, a dirla tutta.
«Ma
non era uscito?» obiettò sconcertato Sasagawa con
il suo solito tono di voce
delicato, indicando il giovane con un dito. Yamamoto alzò le
spalle, da una
parte lievemente alterato dal fatto che avevano girato come stupidi
Namimori
per poi scoprire che la loro “preda”, altro termine
italiano che Lussuria aveva
fatto imparare loro e che Gokudera non gli aveva voluto tradurre, si
trovava in
casa; dall’altra era però sollevato
perché stesse bene. Non sapeva esattamente
spiegarsi perché ma gli sarebbe dispiaciuto, e tanto, se gli
fosse successo
qualcosa di male.
«Allora
chi ha lasciato la porta d‘ingresso aperta?»
aggrottò le sopracciglia,
perfettamente invisibili a chiunque non fosse Reborn, Mammon,
volteggiando a
pochi centimetri dal volto del suddetto ragazzo, terrorizzato dal nano
volante
che non gli riportava certo alla mente ricordi piacevoli. Un gigante
con
ombrelli e camicia da notte, un urlatore pazzo dai capelli bianchi e un
incazzato individuo terrificante con pistole in mano, se la mente non
gli aveva
confuso le idee.
«Shishishishi»
la risatina di Bel costrinse i presenti a fissarlo, forse intuendo dove
sarebbe
andato a parare «il principe non si abbassa a chiudere le
porte, sono i servi
che lo fanno per lui».
Gokudera,
solo per un momento, cambiò obiettivo della sua rabbia
dirigendolo, com’era
solito fare quando era nei dintorni, sul Varia della Tempesta. Con un
buon
motivo ogni volta, a suo dire.
«Razza
di
maniaco fissato! Ma dove diavolo credi di essere, eh? Non sei a casa
tua! E se
fossero entrati dei sicari o delle spie che ci tengono
d’occhio?»
gridò stringendo tra i pugni due
bombe pronte ad essere innescate «chiudila quella cazzo di
porta!»
«Per una volta
Hayato-kun ha ragione» sospirò Lussuria
sistemandosi gli occhiali e schivando
con destrezza le bombe precedentemente in mano a Gokudera, dopo che le
aveva
lanciate al sentire il suo nome storpiato dal Varia «ci
saremmo potuti
risparmiare le ore di ricognizione
all’esterno…»
«Ushishishi! Io
sono andato a divertirmi!» alzò le spalle Bel.
«Che
tu sia
maledetto!» il
grido di Gokudera si faceva più isterico via via che il
tempo passava «noi qui
a lavorare e tu chissà dove a divertirti-!»
«Ero alla sala
giochi Jukken» precisò il Principe, sempre preciso
sul dare certe informazioni.
«Aaaahhrgh!» il
Guardiano della Tempesta si portò le dita tra i capelli,
arruffandoli dalla
rabbia.
«Molto eloquente,
Gokudera, non c’è che dire»
commentò Reborn, ignorando tutto il resto che non
fosse quel ragazzo ancora accasciato a terra dal terrore del loro
ingresso. E
nemmeno dal pigiama che stava indossando. Senza aggiungere altro
voltò lo
sguardo verso il Guardiano della Nuvola che non si era minimante
scomposto al
loro arrivo improvviso.
Hibari Kyoya
sedeva al suo solito posto, in un angolo verso al finestra del tavolo
da cucina
che campeggiava al centro della stanza, con un giornale quotidiano di
Namimori
in mano e l’espressione impassibile. Di fonte a lui solo un
cucchiaio e un
piatto mezzo pieno di biscotti. La sua tazza doveva essere,
presumibilmente,
una di quelle che Tsunayoshi stava preparando.
La domanda era: cosa
ci faceva lì?
L’Hitman assottigliò
gli occhi senza distoglierli dalla figura del Presidente del Comitato
Disciplinare. Decisamente aveva un bel po’ di domande da
fargli. E, in
particolare: che relazione aveva lui con il tanto ricercato Tsunayoshi
Wasada?
Bene…come
dire…la
situazione si è un tantino sbloccata, non trovate? *me
comincia a fischiettare
e cerca disperatamente un’uscita di sicurezza*
E alzi la mano chi
avrebbe voluto trovarsi al posto di Tsuna al suo risveglio (e io sono
la prima
della fila!!!)
Ah, quasi dimenticavo. Per
quelli che se lo stessero chiedendo (nessuno mi dicono dalla regia ma
io, precisina
come sono, lo dico lo stesso) ho postato oggi perché da
domani me ne vado al
mare (e non invidiatemi troppo, sono con i miei, i nonni e
pioverà tutto il
tempo) e non credo Internet prenda (l’ultima volta sono
rimasta lì tre
settimane, è stata una tortura) e visto che il ritorno
è previsto per domenica…ho
preferito postare ora, almeno non lascio nessuno a bocca asciutta :)
Un bacio
NLH
|
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Capitolo 9 *** Target 8# ***
I’ll bite you to death, Tsunayoshi Sawada.
[Target 8#]
«Hibari!»
esordì Reborn, minaccioso.
«Bambino»
replicò l’altro senza staccare gli occhi dal
giornale, vagamente annoiato
«scusa ma ora non posso proprio giocare con te, sono un
po’ occupato…»
«Ehi tu!»
Gokudera cambiò ancora una volta il soggetto delle sua grida
«come ti permetti
di rivolgerti in quel modo a Reborn? Razza di sf-»
«Gokudera»
Yamamoto gli passò un braccio attorno al collo in un gesto
che doveva essere
amichevole ma che l’italiano vide più come un
attentato alle proprie vie
respiratorie «possibile che tu debba sempre gridare contro
tutti? Non c’è una
volta un cui tu riesca a startene per un minuto buono e
fermo?»
«Takeshi-kun ha
ragione» cinguettò Lussuria saltellando nella loro
direzione con un enorme
Krapfen in mano, seguito da Bel e Mammon altrettanto riforniti delle
loro colazioni
«lasciamoli fare e godiamoci lo spettacolo.
Volete?» concluse con un sorrisino
allungando il dolce mezzo mangiucchiato verso i due Guardiani.
Yamamoto scosse
la testa sorridendo mentre Gokudera arricciò il naso
sdegnato. Anche se in
realtà c’era ben poco da ridere; anche se quei
Varia non la vedevano
esattamente allo stesso modo: per loro omicidi e sparatorie a colazione
(per
non dire duelli a pranzo e massacri per merenda) erano
all’ordine del giorno. E
Reborn aveva tutta l’aria di voler trivellare il Guardiano
della Nuvola con un
bel po’ di colpi.
«Non scherzare
con me, non ho né la voglia né il tempo
ora» Reborn sembrava veramente
arrabbiato «Hibari».
Il moro sollevò
finalmente il viso dal giornale per dare un’occhiata veloce
al giovane ancora
seduto a terra prima di portare gli occhi sull’Arcobaleno.
Ripiegò con cura il
quotidiano e lo poggiò con delicatezza sul tavolo, facendo
attenzione a non
metterlo né sopra i biscotti né che toccasse il
cucchiaino. Con un gesto
calcolatamente lento, infine, si alzò in piedi.
Yamamoto e
Gokudera non furono gli unici a guardare quelle semplici azoni con
sorpresa e
non senza una punta di timore. Lussuria aggrottò le
sopracciglia chinandosi
leggermente verso Bel e Mammon che osservavano la scena con
un’uguale quantità
di perplessità. Persino Reborn fece un passo indietro
stranito, per non dire
sorpreso da quel comportamento. Gokudera tenne d’occhio il
Disciplinare, con il
timore (non paura eh! Lui mica aveva paura di quello, chiaro!?) con le
giuste
precauzioni per non finire nella sua ira ecco, facendo un passo
indietro,
imitato da Yamamoto, un altro che non ci teneva ad incappare nella
rabbia del
Presidente del Consiglio Studentesco.
Reborn
socchiuse gli occhi vedendo Hibari non reagire minimante alla
situazione, anzi,
lo osservò con incredulità dirigersi verso il
giovane Wasada e scrutarlo
dall’alto.
«Alzati» gli
ordinò semplicemente, senza stranamente mettere mano ai
tonfa «non mi pare il
caso di stare seduti per terra».
Tsuna alzò lo
sguardo, ancora timoroso, e annuì lentamente prima di
alzarsi in piedi, usando
il bancone della cucina come appoggio, e ritrovarsi, a capo chino,
accanto al
Disciplinare.
«M-mi dispiace»
mormorò «l-la tazza…non
volevo…io…» il giovane Wasada
cominciò a torturarsi le
dita delle mani senza guardare nessuno in particolare e il pavimento
soprattutto. Gokudera, per un attimo dimentico di chi avesse affianco
il
ragazzino e del motivo per cui si teneva così lontano dal
centro della
discussione, sospirò pesantemente in quello che sembrava
più un ringhio che
altro. Decisamente tutta quella arrendevolezza lo metteva non solo a
disagio ma
anche su tutte le furie.
«Ehi!» gli
gridò alterato nuovamente, tornando all’obiettivo
iniziale di tutta la sua
irritazione «che cazzo ci fai qui?»
Wasada sussultò
preso alla sprovvista e fece un passo di lato come a nascondersi, tra
lo
sconcerto di tutti, alle spalle di Hibari. E, sempre tra lo stupore
generale
(persino Sasagawa si stava rendendo conto che qualcosa era decisamente
fuori dalla norma) il Presidente non si mosse né lo
scacciò semplicemente lo
guardò per un momento prima di tornare a rivolgersi a Reborn.
«Cosa volevi
dirmi, bimbo?» chiese annoiato scostando con un piede i cocci
di ceramica della
tazza che Tsunayoshi aveva lasciato cadere. L’Arcobaleno
assottigliò
maggiormente gli occhi; forse cominciava a capire…
«Dove l’hai
trovato?» chiese a propria volta ignorando i Guardiani alle
sue spalle, in
particolar modo Gokudera che sembrava non volersi calmare affatto.
«Fuori dalla
mia stanza» rispose conciso Hibari, sorprendendo
più d’uno.
«L’hai nascosto
tu?» continuò Reborn pacato «era in
camera tua mentre noi lo cercavamo, vero?»
altra pausa in cui il Guardino non rispose e l’Hitman
tirò le sue conclusioni
«perché?»
Hibari sorrise
ferino per un momento prima di tornare alla solita espressione
perennemente
annoiata e poco tollerante.
«Chi lo sa…»
soffiò divertito «questi sono fatti
miei…»
«Hibari!!»
Yamamoto alzò gli occhi al cielo mentre cercava di
trattenere nuovamente
Gokudera, con l’eccezionale partecipazione di Lussuria che
non voleva
assolutamente perdersi lo spettacolo «non siamo qui per
giocare, bastardo! Non
abbiamo tutta questa pazienta di stare ad ascoltare le tue
cazzate!»
« Nemmeno io»
la voce di Xunxas risuonò stentorea e alta, molto alterata e
roca, alle spalle
del piccolo gruppetto pronto alla rissa, i capelli arruffati dal sonno,
un
bicchiere pieno in mano e con il suo secondo in comando, alterato pure
lui, al
suo fianco, decisamente più vestito della sera prima
«che state facendo brutte
checche? Un altro incontro come ier-» s’interruppe
di colpo alla vista di
Wasada seminascosto alle spalle di Hibari e piegò le labbra
in un sorriso
sprezzante «ma guarda chi si rivede…»
ghignò «la piccola feccia».
Tsunayoshi
emise una specie di squittio tra lo spaventato e
l’esasperato. Possibile che
chiunque in quella stanza si proponesse come obiettivo quello di
spaventarlo a
morte? Gli occhi cominciarono ad inumidirglisi e si portò
una mano a pugno al
viso per cercare di nascondere il fatto di essere nuovamente
sull’orlo di una
crisi di pianto. Ma è mai possibile? Si chiese quasi con
rabbia; come aveva
fatto ad entrare in tutto quel casino?
«Cos’è?»
aveva
ripreso intanto Xunxas ironico «sei tornato a finire quello
che non hai avuto
tempo di fare ieri sera?» con la coda dell’occhio
colse le mani di Hibari
scivolare lentamente verso la giacca, come a prendere i fidati tonfa, e
sorrise
perfido «ma guarda…e così ti sei
trovato una guardia del corpo, ma bravo…»
Anche Reborn,
alla vista di quel gesto, s’intromise nuovamente nel discorso.
«Hibari» lo
riprese freddamente «si può sapere a cosa stai
pensando? Per quale motivo lo
stai difendendo?»
Il Guardiano
della Nuvola fece un passo avanti, come colpito da quelle parole, e
allontanò
le mani come a mostrare di non avere tonfa in mano né
l’intenzione di estrarli.
«Non capisco di
cosa tu stia parlando» soffiò «non sto
difendendo proprio nessuno».
Reborn
assottigliò gli occhi, ancora incapace di dare una risposta
a tutto quello che
stava succedendo in quella casa dall’arrivo di quello
Tsunayoshi Wasada.
Qualcosa non tornava all’Hitman e aveva tutta
l’intenzione di scoprire cosa. In
che modo quel giovane poteva essere in relazione con i Guardiani? Il
bimbo
stava quasi per porre altre domande quando Squalo, con la solita
grazia, specie
di prima mattina, interferì nella discussione.
«Voooooooi! Che
cazzo state facendo?» gridò afferrando il mestolo
che stava appeso sopra i
fornelli , in mancanza di meglio, e puntandolo verso i Guardiani a
guisa di
spada, incazzato per essere stato messo da parte «non siamo
qui per veder le
vostre liti interne! Siamo venuti in questo cazzo di posto per portarvi
delle
cazzo di informazioni!» ansimò mentre Lussuria,
lasciando perdere Gokudera,
ormai ridotto all’immobilità, per avvicinarsi a
Squalo, preoccupato «e volete
dirmi perché cazzo questo» indicò
Tsunayoshi, sempre con il mestolo «è
qui?»
«Squ, non
dovresti sforzarti così tanto, fa male alla
pressione» cinguettò come una madre
apprensiva «lo sai che il dottore poi si lamenta se non fai
attenzione…e poi
non mettere parola “cazzo” in ogni frase
comprendente un verbo, è poco
elegante»
«VOOOOOOOOIII!
Lussuria, pezzo d’imbecille! Quante volte ti ho detto di non
chiamarmi a quel
modo se non vuoi che ti spelli vivo!?» gli gridò
in faccia agitando minacciosamente
il mestolo.
«Volete
piantarla?» la voce di Sasagawa non fu meno assordante di
quella del Varia
«stiamo dando spettacolo!» tutti si voltarono in
direzione del giovane che
cercava di nascondersi il più possibile dietro a Hibari
senza toccare altro che
non fosse il piano della cucina alle proprie spalle.
Reborn sospirò
stancamente. E va bene. Un problema per volta.
«Portate il
ragazzo in una delle stanze interrogatori e lasciatelo lì,
assicuratevi che non
scappi, ci occuperemo dopo di lui» lanciò
un’occhiata intimidatoria in
direzione di Hibari, per assicurarsi che non ne combinasse
un’altra, delle sue
stranezze, anche troppe per quel giorno. Il Guardiano si
limitò a squadrare con
diffidenza Gokudera e Lussuria che afferrarono Wasada, uno con rabbia,
l’altro
con molta più delicatezza, per portarlo al piano inferiore,
senza dire una
parola ma stringendo quasi impercettibilmente le dita come a desistere
dall’afferrare i suoi fidati tonfa. Decisamente
più tardi sarebbero dovuti
tornare sul quel problema, si appuntò Reborn prima di
continuare a dare
disposizioni «e adesso sentiamo quello che avete da
dirci» scrutò Xunxas serio
«ci avete già fatto perdere anche fin troppo
tempo».
Il Varia ghignò
e si diresse verso la sala stravaccandosi su uno dei divani e
aspettando,
nemmeno troppo pazientemente, che gli altri andassero a chiamare i
membri non
ancora presenti.
«Quanto
cazzo ci mettono ad arrivare?» sbottò infatti
il Boss dei Varia dopo nemmeno due secondi essersi seduto, quando
ancora
nessuno era andato a cercare i “dispersi”.
Decisamente il vocabolario
d’italiano dei Guardiani si stava ampliando notevolmente da
quando Lussuria
girava da quelle parti. Anche se, a detta di Yamamoto, sarebbe stato
utile
conoscere anche le traduzioni della parole che stava facendo imparare
loro.
«Scusate…»
s’intromise infine esitante Yamamoto, indeciso se porre o
meno la sua
domanda, quando anche Chrome, Lambo, I-Pin, Kusakabe, Bianchi e Fuuta
arrivarono, lasciando Haru e Kyoko in cucina, in caso di
necessità «ma…Dino? Non doveva venire con voi
dall’Italia?»
I Varia si
bloccarono tutti per un attimo mentre le loro espressioni si facevano
prima
pensierose e poi indifferenti.
«Boh» alzò e
spalle Lussuria guardando Squalo e Levi «sono loro che
dovevano definire i
dettagli con il
Cavallo
Pazzo» gli sguardi di tutti si portarono automaticamente
sui due citati, uno
dei quali appena comparso sulla soglia dopo essere stato chiamato da
Mammon,
che si ritrassero istintivamente.
«Vooooiii!
Razza di maniaco scaricabarile! Noi non gli abbiamo fatto
niente!»
si affrettò a smentire Squalo, con il tono di voce
incredibilmente dolce che
gli era solito.
Alcuni dei
presenti lo quadrarono diffidenti ma, a sorpresa di tutti, Levi prese
la parola
e non per insultare o incastrare il Secondo in Comando.
«Aveva detto
che sarebbe venuto in aereo, non con il solito jet privato che usiamo
noi» fece
una pausa scettica «un aereo di linea
italiano…»
«E…ehm…»
ridacchiò quasi Lussuria capendo all’improvviso la
situazione «Romario e
gl’altri non…non era previsto sarebbero
venuti…»
Reborn alzò gli
occhi al cielo, esasperato.
«Fantastico…un’altra
splendida notizia…»
Bene, tesori miei
che mi sopportate/seguite/incoraggiate (dovete essere dei Santi o
simili…) ecco
un altro capitolo…che dire..? (e se non lo so nemmeno io
siamo a posto)
La storia è
(finalmente)
entrata nel vivo e i fatti più importanti (gli stessi che
state aspettando da
due mesi, tanto per precisare) cominciano e farsi vedere.
Più precisamente sono
annunciati esplicitamente nel prossimo cap. (sì, sempre il
prossimo, mai una
volta che parli chiaro…)
In bocca al lupo
(nel caso abbiate voglia di farmela pagare perché io ci sono
già finita…mi
trovate da qualche parte tra lo stomaco e l’intestino)
Un bacio
NLH
|
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Capitolo 10 *** Target 9# ***
I’ll bite you to death,
Tsunayoshi Sawada.
[Target 9#]
Alla fine non c’era voluto
molto perché tutti gli alleati della Famiglia Vongola,
almeno quelli presenti
in Giappone al momento, arrivassero. Ovviamente con la speciale
eccezione di
Dino Cavallone. Ma quella non era una novità. Quel ragazzo
aveva l’incredibile
abitudine di perdersi e combinare non si sa nemmeno bene quante
stupidaggini
una dietro l’altra, durante l’assenza della sua
Famiglia. Riusciva a battere
persino Lambo. Il che era tutto dire.
La sala che aveva sempre
accolto i vari membri adesso sembrava anche fin troppo piccola. E
c’erano
proprio tutti. Reborn si
accomodò
meglio sulla spalla di Yamamoto che si trovava appoggiato al muro
accanto alla
porta, in attesa che ognuno trovasse un posto a sedere, mentre Sasagawa
e
Chrome erano stati mandati alla ricerca di sedie, poltrone e simili in
giro per
la casa per far accomodare tutti.
Erano stati convocati tutti, e
questo
a Reborn puzzava di guai in arrivo.
Seduti sui divani, accomodati
in modo da occuparli fino all’ultimo centimetro,
c’erano Xunxas, Squalo,
Belfagor, con Mammon che volteggiava attorno alla sua testa in un modo
che per
l’assassino non era altro che snervante ma che a Bel sembrava
non dare
particolarmente fastidio, e Iemitsu, chiamato a rappresentare la nona
generazione Vongola in quella riunione.
Lì accanto, di modo da non
perdere di vista il Boss c’erano Levi, protettivo come
sempre, e Lussuria,
rilassato e ridacchiate, che cercava di far conoscenza con un giovane
Spanner
che sembrava a propria volta troppo occupato a conversare con uno
Shouichi semi
terrorizzato dalle persone che gli stavano attorno, riguardo a dei
particolari
circuiti a rigenerazione biotica da sostituire invece di semplici cavi
elettrici in rame. I due giovani erano stati chiamati a far parte della
famiglia Vongola non appena, tornati dal futuro, avevano ricevuto le
memorie di
quelli che i Guardiani avevano passato dalle loro controparti adulte.
E, tutto
sommato, si erano integrati bene. Spanner soggiornava a casa di
Shouichi con la
scusa di essere uno studente straniero in gemellaggio. C’era
da dire che la
famiglia di Irie non aveva fatto alcuna domanda né storia.
Sistemate sulle prime sedie
che erano arrivate dalla cucina c’erano Haru e Kyoko,
chiamate su richiesta di
Yamamoto in quanto ormai facenti parte a tutti gli effetti della
Famiglia, con
la speciale partecipazione di Hana, stranamente richiesta da Ryohei,
perché
anche lei aveva ricevuto le memorie dalla sua controparte adulta e
quindi sapeva
tutto. Con un sorrisino Reborn si chiese se sapesse proprio tutto. Con loro c’erano, ben
lontani da
Hana comunque, Fuuta, Lambo e I-pin che sembravano stranamente
tranquilli,
specialmente Lambo, come se si rendessero conto della straordinaria
situazione
in cui si trovavano. Poco distante, Bianchi, Gokudera, Colonnello e
Lal,
discutevano sottovoce su chissà cosa, Reborn preferiva non
saperlo anche se un
sospetto ce l’aveva.
Romario, arrivato da chissà
dove e preoccupato per il proprio sbadato Boss, ancora disperso, stava
parlando
con Kusakabe, mandato da Hibari come rappresentante del Comitato
disciplinare
mentre sembrava sparito da chissà quale parte. Reborn
sospirò. Decisamente
quella situazione stava sfuggendo dalle loro mani; lo aveva
già detto?
Era passata solo un’ora da
quando avevano portato Wasada al piano inferiore e chiuso in una delle
stanze,
la biblioteca con immenso disappunto di Gokudera, ma il Presidente del
Comitato
Disciplinare si era ancora una volta incomprensibilmente opposto
all’idea, sempre
di Gokudera, di legarlo per non farlo scappare, o non fargli toccare
nemmeno un
volume, a seconda delle interpretazioni. Dopodiché Hibari
era scomparso
nuovamente.
«Yamamoto!» Ryohei
era ricomparso in quel momento portando cinque sedie e una poltrona,
tutte da
solo, in bilico l’una sull’altra «queste
dove le metto?»
«Lasciale
qui, se voglio sedersi se le prenderanno da soli» la voce di
Mukuro, melliflua e seccata, s’intromise «non posso
crederci che sto servendo
la mafia».
«Mukuro!»
Gokudera aveva smesso di parlare con la sorella e i due
Arcobaleno e si era avvicinato al gruppo «e tu cosa diavolo
di fai qui?»
Il
Guardiano alzò le spalle divertito: «La mia
piccola Chrome ha
insistito tanto perché fossi presente…diceva che
era importante. E chi sono io per
dirle di no?» fece passare lo sguardo sulla folla rumorosa e
varia che era
stipata alla bell’e meglio in sala «si
può sapere cosa sta succedendo?»
«Te
lo dico io cosa sta succedendo» la voce di Xunxas fece
breccia nel
chiacchiericcio persistente dei presenti «succede che se
adesso non vi tappate
tutti quelle stramaledette fogne che vi ritrovare io me ne vado e tutto
quanto
va a farsi fottere con me, chiaro?»
Reborn
soffiò irritato e fece cenno ai Guardiani, in particolar
modo
Gokudera, Mukuro e Sasagawa che sembravano sul punto di gettarsi a volo
d’angelo sul Boss dei Varia, di stare calmi e fermi. Che ci
avrebbe pensato
lui. E di andare a recuperare Hibari, niente storie. Ora!
Come
al solito bastava uno sguardo da parte del bambino a far capire,
alla maggior parte della gente, come dovevano andare le cose. I
presenti ancora
in piedi recuperarono le sedie che i Guardiani erano andati a prendere
e si
sedettero silenziosamente aspettando che il pazzo megalom-aehm
aspettando che
Xunxas prendesse nuovamente la parola per spiegare -finalmente erano
ore che
aspettavano- il motivo di tanta urgenza (?).
Il
Boss fece correre lo sguardo sui presenti prima di prendere un
ultimo sorso di cognac, credo, e incurvare lievemente le labbra in un
sorriso
affilato e soddisfatto.
«Ma
allora anche voi fecce siete in grado di stare buoni e muti quando
ve lo si chiede…» ironizzò crudele
osservando l’impazienza, a volte la
preoccupazione e il terrore di Shouichi ad esempio,
negl’occhi degli
ascoltatori.
«Xunxas…»
Reborn, sempre a rompere quello. Il Boss alzò le spalle e
puntò lo sguardo sul suo secondo in comando.
«Avanti,
feccia, spiega!» se ne lavò le mani fissando il
suo secondo in
comando e facendo cenno a Levi di riempirgli nuovamente il bicchiere,
cosa che
fece prontamente, ignorando bellamente le occhiate assassine che il
Varia della
Pioggia gli stava indirizzando con tutte le proprie forze. Peccato solo
nessun
lampo verde uscì da quegl’occhi grigi e Squalo si
sentì in dovere di cominciare
la spiegazione.
«Avevamo
una missione da portare a termine, lo sterminio della Famiglia
Ferro» esordì seccamente senza guardare nessuno in
particolare «ci era stato
commissionato dal Nono in persona e non avevamo fatto
domande-»
«Queste
fecce ci sono andati da soli» lo interruppe Xunxas ghignando
«e
ci hanno messo mezza giornata, avevano costruito delle armi e delle
trappole
interessanti quelli dei Ferro. Per poco non ci lasciavano le
penne».
«Già,
già» annuì Lussuria convinto
«mi sono rovinato la mia nuova
acconciatura» a riprova di quello che stava dicendo mise in
bella vista la nuca
mostrando due sottilissime e praticamente invisibili cicatrici tra i
capelli
corti.
«Se
non fosse stato per Mammon che ci ha avvertito dell’ultima
trappole
Squalo sarebbe potuto essere morto» borbottò
invece Levi, contrariato.
«Ushishishi»
ridacchiò il Principe lanciando un paio di coltelli al
malcapitato Shouichi, povero sempre lui, colpevole solamente di
essergli seduto
alle spalle, prontamente intercettati da un improvviso vivace Spanner,
per
nulla desideroso a lasciare che il primo arrivato gli sottraesse il suo
nuovo
passatempo facendolo morire. Con chi avrebbe discusso poi di Ingegneria
Biogenetica?
«Sarei
potuto essere il secondo in comando» continuò a
lamentarsi
Lussuria, per nulla ascoltato se non da un Sasagawa stranamente
partecipe alle
disavventure dell’ex rivale. Si sa che tra esaltati ci si
sorregge sempre.
«La
volete finire?» riprese la parola Squalo, decisamente
più alterato
che all’inizio della discussione «stavo parlando
io».
«Perché?»
Xunxas sembrava decisamente divertito «vorresti dire che hai
il diritto di prendere la parola quando dovrei essere io a parlare?
Dovrò
punirti più tardi».
«Voooooooooooooooooooooooiii!
Ma se mi hai detto tu di spieg-»
«Zitto,
feccia!» l’ennesimo bicchiere volò per
la stanza prima di
frantumarsi sulla testa del Varia.
«VOOOOOOOOOOOOOIIIIIIIIIII!!!»
incurante di tutto e tutti il Varia si
lanciò sul Boss che venne prontamente protetto da un Levi in
assetto di
battaglia mentre nella stanza tornava a regnare sovrano il caos.
«Non
osare toccare il Boss! Maledetto!»
«Ushishishishsishi!
Il merluzzo si è arrabbiato».
«Shhhh,
Bel-chan! Che se no se la prende anche con te…»
«Ehi!
non provate nemmeno ad avvicinarvi o vi mando tutti sulla
luna!»
Sasagawa si parò davanti alla sorella e ad Hana per evitare
che i coltelli di
Bel, i candelotti accesi di dinamite di Gokudera, intervenuto a suo
dire a
sedare la rissa, i colpi di spada di Squalo, i proiettili di Colonnello
e Lal e
le torte volanti di Bianchi le colpissero.
«Onii-san…»
«Si
può sapere cos’è tutto questo casin-e
voi non provate nemmeno ad
avvicinarvi! Stupidi bambini!»
«Gyahahahahaha!!
Sarà Lambo-san a vincere questo scontro»
«Lambo,
dame! È pericoloso»
«Hahi!
Attenta Bianchi-san»
«Non
preoccuparti, Haru, noi donne non ci facciamo certo mettere in
difficoltà per così poco! Preparati a
morire!»
«E
io cosa centro!?»
«Aneki!
No! Non colpire Kusakabe!»
«Reborn!
Fa qualcosa!»
«Non
ci penso nemmeno».
«Che
bello l’affetto della famiglia…»
«Iemitsu-san…»
«Cosa?»
«Ha
un candelotto acceso nel-»
«AHhhhh!
Lo sapevo che avrei dovuto far venire Basil al posto mio!!!!»
«Fuuta!
Stai lontano, è pericoloso!»
«Ma…Romario-kun…Iemitsu-san
ha-»
«Presto!
Sasagawa, Gokudera! Portatelo fuori!»
«Nessuno
può permettersi di toccare Hana-san!»
«Ma…onii-san…»
«…Ehm…estremamente
in aiuto a Gokudera!!»
«Stammi
lontano maniaco della boxe, Shibakatama! Va’ via! Non mi
serve
il tuo aiuto!»
«Oh,
Hayato…come sei cresciuto».
«Aneki!
Stammi lontana pure tu! No! N-»
«Ehi»
la voce di Dino, stranamente coperto di rami e graffiato un
po’
ovunque, fece ingresso proprio in quel momento «ma cosa sta
succedendo qui?»
«Boss!»
«Romario!
Cosa ci fai qui, è pericoloso! Adesso ci pens-»
«Ah!
Cavallo pazzo! Non ti avevo visto!»
«Squalo-san!
Come avete potuto?»
«Voooi!
Quante storie per un paio di graffi!»
«Squalo,
stramaledetta feccia, non ti distrarre!»
Mukuro
e Mammon, gli unici ad essersi, molto saggiamente, ritirati
contro il muro fin dall’inizio, osservavano con malcelato
interesse la
situazione ridacchiando, in particolar modo il secondo, sempre alla
ricerca di
nuovi capi di ricatto, ogni qual volta un colpo ben assestato andava a
segno.
«E
questa sarebbe la Mafia…» commentò
Mukuro alzando un sopracciglio
«sarebbe quasi il caso che io mi ritiri a pescare per il
resto della vita e
lasci fare a loro. Si autodistruggerebbero a meraviglia in meno tempo
di quanto
ce ne metterei io ad occuparmene personalmente»
«Non
posso darti torto» fece serafico Mammon.
Altro
momento di silenzio, se di silenzio si poteva parlare, tra loro
prima che Mukuro tornasse a rivolgersi al bimbo volteggiante al suo
fianco.
«Ma
alla fine…cos’è che dovevate
dirci?»
«Ah,
è vero…ho trovato nella sala di progettazione
della Famiglia Ferro
dei documento segreti relativi al un piano, messo in atti nemmeno
troppo tempo
fa, contro di noi»
«E
di che si tratta, esattamente?» chiese nuovamente Mukuro, non
molto
interessato e decisamente più partecipe al pugno che
Gokudera si era preso per
sbaglio dopo essersi messo tra Sasagawa e Lussuria, sempre in prima
fila quando
si trattava di una scazzottata.
«Sembra
che abbiano cancellato la memoria del Decimo e lo abbiano anche
fatto dimenticare a tutti voi, costringendovi a vivere come se non
fosse mai
esistito quando, in realtà, un Decimo voi l’avete
sempre avuto« alzò le spalle
Mammon, nemmeno fosse un pettegolezzo tra ragazzini «pare
volessero mettere uno
dei loro a capo della decima generazione e hanno preparato un ragazzo
con le
memorie del vero Decimo-»
E, non si sa come tutti
avessero potuto ascoltare quelle parole, pacate e per nulla alte, il
silenzio
scese nella sala, talmente irreale considerate le persone che si
trovavano lì
dentro, persino Lambo sgranò gli occhi e con una vocina
debole debole, un po’
tremante, si arrischiò a prendere la parola e non per dire
una cosa stupida,
una volta tanto.
«Cosa?»
«Esattamente
quello che avrei voluto dire io» la voce di Hibari, appena
tornato in compagnia di Yamamoto che ci aveva messo un bel
po’ a trovarlo,
coronò l’assurdità di quel momento.
Perché, non si era già arrivati al fondo?
Quanto mancava ancora?
Dunque…certo,
chiaro, vivamente…e come no. Ma sicuro….
Cioè…ma
che
cavolo ho scritto? Ve lo state chiedendo? No perché io non
riesco a capire
perché mi sia venuto fuori un capitolo del
genere…è questo è quanto.
Sarà che
sto passando un periodo un po’
così…incasinato. Ma da qui a tirar giù
la
sedicesima guerra mafiosa italiana in un salotto
giapponese…ce ne passa direi…
Cercate di
capirmi…non sapevo cosa scrivere, non mi veniva
l’ispirazione, e ho messo un
casino dietro l’alto, giusto per riempire qualche pagina
bianche che,
altrimenti, mi avrebbe inghiottita. Anche con il lupo di settimana
scorsa.
Spero, se non
altro, che vi siate divertiti a leggere. E che preghiate per me da
mercoledì.
Un bacio
NLH
|
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Capitolo 11 *** Target 10# ***
I’ll bite you to death,
Tsunayoshi Sawada.
[Target 10#]
Strano a dirsi ma nella
sala, opportunamente fatta a pezzi, la stessa che fino a poco prima
aveva
ospitato la sedicesima guerra mafiosa, non era rimasto proprio nessuno.
Con la stessa
velocità con cui gli alleati si erano riuniti, Reborn, aveva
rimandato quasi
tutti ognuno a casa propria rendendosi effettivamente conto della
portata di
ciò che i Varia avevano affermato.
Perché prima doveva capire
lui stesso prima di poterlo spiegare a tutti e lasciare che ognuno
giungesse ad
una propria conclusione.
Le ragazze, con Bianchi in
testa, erano state mandate a casa portandosi con sé due
Arcobaleno, Colonnello
e Lal, Fuuta, Lambo e I-pin. Dino aveva giusto fatto in tempo a
rinvenire che era
stato spedito, stavolta con Romario al seguito fortunatamente, a
raccogliere
quante più informazioni possibili dalla Mafia locale in
merito ai piani della
Famiglia Ferro accompagnati da Kusakabe che sembrava avesse a che fare
con la
Yakuza per via dei lavori che Hibari accettava di portare a termine di
tanto in
tanto. Nessuno in effetti se ne era stupito poi troppo.
I due meccanici, Shouichi e
Spanner, avevano fatto un tratto di strada con le ragazze ed erano
rientrati a
casa del primo, con la promessa di rimanere a portata
d’orecchio in caso di
bisogno.
Reborn, accompagnato
solamente da Iemitsu, si era chiuso in cucina con i Varia, con tutti,
per
chiarire la questione ordinando tassativamente ai Guardiani di rimanere
in casa
e non farsi trovare a spiare, se ne sarebbe accorto sicuramente. Non
spiare
aveva ripetuto due volte guardandoli negl’occhi uno per uno,
assolutamente.
~×~
«Aye»
sospirò per quella che, secondo il
modesto e soprattutto tollerante parere di Gokudera, doveva essere la
decimillesima volta «ma
quanto ci stanno mettendo?»
«Ci
mettono il tempo che serve, Yakyuubaka!» gridò
scocciato il
Guardiano della Tempesta stringendo spasmodicamente il volume di mille
e più
pagine che aveva deciso di leggere per, parole sue, distrarsi un
po’ con
qualcosa di leggero. Yamamoto non ci aveva visto proprio nulla di
leggero ma si
era ben guardato dal diglielo, ovviamente; non voleva certo essere
costretto a
uscire dalla biblioteca in cui si erano rifugiato per andare ai piani
inferiori, dove Sasagawa e Lambo stavano giocando a nascondino
distruggendo i
quattro piani più bassi, o al piano terra, dove Reborn lo
avrebbe massacrato
seguito a ruota da Squalo visto che non aveva certo in mano una spada
in quel
momento, o al primo piano, dove Mukuro stava divertendosi
chissà come non
voleva certo andare a dare un’occhiata. E poi non aveva certo
intenzione di
lasciare il povero Tsunayoshi Wasada nelle sole mani, ben poco
affidabili, di
Gokudera e Hibari.
Il
primo perché non aveva certo fatto mistero del desiderio di
farlo
fuori con una carica ben piazzata e, il secondo, per ovvie ragioni.
Insomma…Hibari! Kyoya Hibari e dovrebbe voler già
dire tutto da sé. Anche se
questa volta sembra che nulla sarebbe andato come al solito.
«Ne,
Gokudera…» lo chiamò annoiato, senza
guardarlo, seduto sulla
poltrona accanto alla sua.
«Cosa?»
sibilò l’altro, seccato per essere stato
interrotto nuovamente.
«Tu
cosa ne pensi…?» non c’era stato bisogno
di aggiungere altro.
Gokudera poggiò con lentezza il volume sulle proprie
ginocchia, in realtà non
era riuscito a leggere nemmeno un pagina nonostante fosse nelle sue
mani da più
di due ore, guardando dritto davanti a sé.
«Che…non
lo so» sbuffò infine scompigliandosi con nessuna
delicatezza i
capelli e desiderando di poter fumare una sigaretta. Accidenti alle
stupide
regole della casa che non permettevano di fumare liberante in
biblioteca,
cucina e camere da letto. Praticamente da nessuna parte. Accidenti a
Reborn.
Il
silenzio che seguì le parole senza senso, per chiunque non
fosse
loro due, si faceva sempre più pesante man mano che
continuava. Ma in fondo
cos’avrebbero dovuto dire? Erano venuti a conoscenza non solo
di aver sempre
avuto un Decimo, qualcuno con cui avevano diviso ogni avventura
passata, il
conflitto con Mukuro, la battaglia degli anelli, la guerra nel futuro,
tutto,
ma anche che non se lo ricordavano. L’avevano sempre avuto e
la Famiglia Ferro,
poco prima di essere stata distrutta peraltro, era riuscita a far
dimenticare
tutto questo.
Yamamoto
guardò l’amico con la coda dell’occhio
prima di tornare a
contare, metaforicamente, le travi a vista del soffitto.
Chissà com’era il loro
Decimo, si stava chiedendo. Che aspetto aveva, quali erano i suoi
difetti, come
si erano conosciuti, quante volte avevano riso insieme,
perché Yamamoto se lo sentiva,
avevano sicuramente riso assieme. Era il Decimo. Quanto di tutto quello
era
stato costretto a dimenticare. Un’improvvisa irritazione si
fece strada nel suo
corpo costringendolo, quasi involontariamente, a stringere i pugni e a
combattere contro il desiderio di spaccare qualcosa tanto era forte.
Anche
Gokudera aveva osservato l’altro e le emozioni contrastati
che si
erano susseguite sul suo viso, altrettanto irritato e non solo.
Gokudera non
era solamente irritato da tutta quella faccenda. Lui era incazzato da
morire.
Avrebbe voluto prendere quello stronzo del Boss dei Varia e fargli
sputare a
forza di infilargli candelotti accesi su per il culo il motivo per cui
non
avevano parlato subito di quella faccenda. Chiedergli
perché, nonostante
avessero il compito di proteggere la Famiglia dall’Italia si
fossero lasciati
scappare un piano del genere. Come avevano osato permettere che tutto
quello
accadesse?
Gokudera
e Yamamoto non ricordavano più il loro Decimo ma erano certi
che fosse stato, che sarebbe stato anche in futuro perché
avevano tutta
l’intenzione di riprenderselo, una persona eccezionale, una
persona su cui
contare, che fosse una guida solida e sicura. Un Boss.
Qualcuno
per tutti loro.
Consapevoli
l’uno dei pensieri dell’altro, non poteva essere
altrimenti
oramai si capivano anche solo osservandosi da lontano, Yamamoto
allungò un
braccio sullo spazio tra le due poltrone fino a far posare la mano sul
dorso di
quella di Gokudera che, desiderando quel contatto anche senza avere
alcuna
intenzione di ammetterlo, la mosse leggermente per facilitare il
contatto tra
la sua pelle e quella di Yamamoto.
Quel
calore di cui avevano scoperto di aver bisogno come l’aria,
tra
loro, lo ricercavano senza sapere nemmeno il perché.
Yamamoto fece passare un
paio di minuti prima di sporgersi maggiormente sulla poltrona e
chinarsi sempre
meno impercettibilmente verso Gokudera che, con la scusa borbottata e
ben poco
chiara sulla scomodità di quelle poltrone, raccolse entrambe
le gambe al petto
e poggiò la schiena al bracciolo dove poco prima aveva
posato la mano con
quella di Yamamoto. Dandogli le spalle e offrendogliele allo stesso
tempo.
Yamamoto
sorrise tra sé e sfiorò con la fronte la spalla
dell’Italiano
mentre respirava, e sentiva un bisogno quasi fisico, odore di bruciato,
sigaretta e shampoo, di Gokudera. Era un profumo penetrante sempre
stordente,
per il Guardiano della Pioggia, ma di cui non riusciva più a
fare a meno. Con
un sospiro che s’infranse sulla pelle chiara del collo di
Gokudera, si mosse
fino a far sprofondare il naso nei capelli semiraccolti,
perché erano più
quelli che scivolavano fuori da quel codino che si ostinava e mettere,
soffiando piano.
Gokudera
socchiuse gli occhi a quelle attenzioni tutt’altro che
detestate costringendosi a non sospirare come una ragazzina al tocco
della
pelle di Yamamoto. Nonostante tutto non riusciva a farne a meno. Quando
sentì
il viso di Yamamoto premere con maggiore sicurezza contro la sua nuca
era quasi
sul punto di mandare all’aria qualunque tipo di inibizione
mai avuta, come il
desiderio di spaccargli la faccia per quello che stava osando fare.
Peccato
solo stavolta il genio non avesse calcolato proprio tutto.
«All’interno
della biblioteca non è permesso compiere certi atti
osceni. Prendetevi una stanza o sarò costretto a mordervi a
morte» come un
certo Presidente del Comitato Disciplinare a due metri scarsi di
distanza.
«AHAHAH!
Scusaci Hibari!» si affrettò a staccarsi da
Gokudera, Yamamoto, tornando alla posizione originale, con la schiena
poggiata
allo schienale della poltrona «non volevamo farti
arrabbiare»
«Ma
di cosa ti scusi, Yakyuubaka!?» gli diede uno
scappellotto Gokudera, alzandosi per piantarsi con le mani sui fianchi
davanti
al Guardiano della Nuvola «è questo qui che
dovrebbe! Come ti permetti di
comportarti così? Non sai quante volte avrei voluto
dirtelo!?»
«Non
mi pare che tu ti sia mai trattenuto dal dire
quello che ti passava per la testa» le parole lapidarie di
Hibari non persero
minimamente la compostezza nonostante la minaccia del dinamitardo,
già armato e
pronto alla lotta «ma se è questo che
vuoi…» lasciò la frase in sospeso con
un
sorrisino divertito che costrinse Gokudera, nonostante i buoni
propositi (?) di
fronteggiare e possibilmente infliggere una dura lezione al Presidente,
a fare
un istintivo passo indietro.
«Dai,
Hibari…» Yamamoto si mise in mezzo ai due con
fare scanzonato nonostante la tensione «non litighiamo
adesso, non è-»
«Non
mi dire che hai paura» la risatina con cui
Hibari accompagnò queste parole urtò i nervi a
Gokudera che, cercando di
spingere di lato l’amico, tentò di lanciarsi sul
Guardiano della Nuvola.
Hibari
schivò facilmente la prima bombe di Gokudera
e arretrò di un paio di passi per avere maggiore
libertà di movimento,
costringendo Gokudera fare altrettanto e lasciando Yamamoto,
barcollante a
causa dei colpi che il Guardiano della Tempesta, per quanto ben poco
aggressivi, gli aveva inferto per poter attaccare il Guardiano della
Nuvola.
«Cosa
succede?» lo provocò nuovamente Hibari, il
solito sorrisino di derisione in volto «non mi dire che non
sei in grado di
attaccarmi come vuoi solo perché hai paura di colpire i tuoi
preziosissimi
libri» rise apertamente mentre lo costringeva ad
indietreggiare, colpito al
volto da un tonfa «non è possibile che tu sia
così debole…non è che preferiresti
uscire, così magari…»
«Maledetto!!»
scattò nuovamente Gokudera cercando di
centrarlo «Roket Bomb!!»
«Aha…ah…non
ci siamo ancora» arricciò il naso Hibari
continuando a spingere Gokudera sempre più verso la porta
della biblioteca,
senza essere colpito nemmeno una volta
«com’è possibile che ti sia indebolito
tanto…l’amore fa brutti scherzi?»
«EHI!!»
strillò quasi l’altro, avvampando
inspiegabilmente fino alle orecchie «che cazz-»
Gokudera
non ne poteva più. Non era bastato il
difficile risveglio, con facce sorridenti mentre lui era palesemente
irritato e
stanco, persone energiche mentre lui non aveva minimamente dormito,
stranezze a
non finire che Hibari non aveva fatto altro che aumentare con la sua
sola
presenza, l’esistenza di quello stramaledetto ragazzino che
poi era all’origine
di tutto il resto, e anche la guardia sempre al suddetto ragazzino
tremante e
irritante alla massima potenza. Noooo, figurarsi se bastava!
Ma
l’avrebbe ammazzato quello stramaledetto
Presidente del Comitato Disciplinare, altro che scuse. E ne aveva pure
tutto il
diritto se proprio doveva dirla tutta. Non solo si permetteva di andare
contro
il volere di tutti e si comportava stranamente, si permetteva pure di
interferire con la sua relaz-cioè, tra le liti con lo
Yakyuubaka, ecco. Sempre
in mezzo alle scatole.
E
lui in quel momento non si sarebbe nemmeno trovato
a fare da bambinaia ad un ragazzetto petulante sconosciuto.
Aggrottò le
sopracciglia mentre preparava la trappola in cui, ci avrebbe scommesso
le
pall-cioè, una mano, il Presidente sarebbe caduto con tutte
le scarpe quando,
improvvisamente, quest’ultimo voltò di scatto la
testa socchiudendo le labbra
in una smorfia profondamente infastidita. Come un cane che punta la
preda, si
ritrovò tutto sommato a pensare Gokudera che, non ragionando
minimamente al
fatto che quella sarebbe potuta essere una trappola a lui tesa, fargli
perdere
la concentrazione ad esempio, seguì lo sguardo di Hibari.
E
per una volta il Presidente del Comitato
Disciplinare non era pronto ad approfittare di quel momento di
distrazione.
«Allora,
Hibari» Yamamoto inclinò la testa
leggermente sorridendo furbo «adesso direi che è
il caso che tu ci dia delle
spiegazioni, non credi?»
«M-ma…Yakyuubaka!
Che diavolo…?» Gokudera fece
cadere le braccia lungo i fianchi sconcertato. Ma che diavolo stava
succedendo?
Aveva perso qualche passaggio, sicuro. Perché altrimenti
avrebbe certamente
capito per quale motivo Yamamoto avesse estratto la sua Shigure Kintoki
e
l’avesse appoggiata sulla spalla di Tsunayoshi Wasada, ad un
soffio dal suo
collo.
Lo
spadaccino fece scivolare la lama sulla maglietta
del ragazzo che, già strettamente raggomitolato e tremante,
incassò
maggiormente la testa tra le spalle nell’infantile tentativo
di scappare dalla
minaccia che incombeva, ancora una volta, sul suo povero collo.
Letteralmente.
«Lascialo
stare» persino Hibari si stupì al sentire
le parole che gli uscirono di bocca, istintivamente.
«Mh…»
Yamamoto allargò il suo sorriso, ignorando lo
sconcerto ancora presente sul volto di Gokudera «si
può sapere come mai ti
preoccupi tanto per questo ragazzo?»
«Io
non mi preoccupo di nessuno» rispose altrettanto
istintivamente il Presidente, abbandonando immediatamente la posizione
che
aveva assunto un attimo prima, come se si stesse preparando ad
attaccare lo
spadaccino «non so di cosa tu stia parlando».
«Allora
lascia che te lo chieda in un altro modo»
fece accondiscendente l’altro «perché
hai insistito così tanto con il provocare
Gokudera? Perché cercavi di allontanarlo da questo ragazzo,
durante lo scontro?
Avevi paura potesse ferirsi?»
Hibari
non disse nulla, limitandosi a squadrare
Yamamoto impassibile, nemmeno si stesse chiedendo se il Guardiano della
Pioggia
non avesse tutte le rotelle al proprio posto. Gokudera, intanto,
sembrava aver
cominciato a capire quello a cui Yamamoto sembrava riferirsi e,
rimettendosi in
faccia il sorrisetto strafottente che gli era solito, mosse qualche
passo verso
Tsunayoshi.
«Ma
non mi dire…» fece allusivo «non
è che ti piace?
Ti prego non dirmi che è così perché
potrei anche prenderla a male. Anzi, non
crederci assolutamente» sghignazzò «e
non fare quella finta faccia da duro. Non
ci casca più ness-»
«Questo
è troppo» con un sibilo Hibari si mosse
troppo in fretta perché Gokudera potesse reagire e gli
sferrò un forte colpo in
pieno viso lanciandolo di lato e parando contemporaneamente
l’attacco di
Yamamoto, intervenuto a coprire l’amico «fuori dai
piedi!» rigirò il tonfa tra
le dita e spostò il giapponese facendolo allontanare di un
paio di passi prima
di afferrare un braccio di Wasada, rimasto congelato e sempre
più terrorizzato
al proprio posto fin dall’inizio, obbligandolo ad alzarsi e
se lo trascinò
dietro barcollante spalancando la porta della biblioteca con una
tonfata e
marciando fuori.
Rialzandosi
a fatica e tenendosi il naso
sanguinante, Gokudera, si precipitò dietro di loro seguito a
ruota da Yamamoto,
sempre più preoccupato e non solo per il ragazzino. Cosa
diavolo stava facendo?
E cos’altro avrebbe combinato Hibari?
«Hibari!
Stramaledetto deficiente! Fermati
immediatamente» il grido di Gokudera fu bellamente ignorato
mentre le porte
dell’ascensore si chiusero alle spalle di Hibari e Wasada, ad
un palmo dal suo
naso, tratto in salvo solo grazie agli eccezionali riflessi di Yamamoto
che lo
afferrò per la collottola un secondo prima che gli si
chiudesse tra le ante.
Tsunayoshi
nel frattempo non aveva spiccicato parola
e cercava solamente di, tentava, di stare dietro ai continui
cambiamenti che
avevano generalmente come protagonista il ragazzo moro che lo stava
strattonando per il corridoio, nell’ascensore, fino alla
porta d’ingresso. La
stessa che aveva disperatamente cercato il giorno prima. La stessa
contro la
quale venne spinto e poi aperta per scaraventarlo quasi
all’esterno.
Fu
solo grazie alla mano pallida ancora saldamente
ancorata, anche troppo a parere di Wasada, temeva potesse rimanergli un
livido
bello grosso dalla pressione che si sentiva, che non si
trovò con la faccia
spiaccicata sul grazioso zerbino con la scritta
“welcome”. Sì, certo,
benvenuto…come
no. Ancora sotto choc si sentì nuovamente spingere verso il
ragazzo, che lo
aveva afferrato anche per l’altro braccio e lo stava fissando
truce.
«Vattene
e vedi di non farti più vedere da queste
parti» gli sibilò ad un niente dal viso
«sono stato chiaro, stupido erbivoro?»
e, senza aspettare una risposta lo spinse indietro e sbatté
la porta per
chiuderlo fuori. Da quella casa e dalla sua vita. Punto.
Diede
tre mandate alla serratura e si voltò deciso a
fronteggiare i due, poveri, ansimanti Guardiani che lo avevano seguito
per le
scale.
«Si-si
può sapere a cosa diavolo stai pensando?»
biascicò Gokudera appoggiandosi al muro accanto
«dove diavolo andato a fin-»
«Ora
basta!» la voce alterata di Reborn s’intromise
nella faccenda «è da prima che vi sento alzare la
voce. Cosa state facendo?»
Amo le YamaGoku, ma
ancora di più Hibari quando è nei paraggi.
Ahahahaha
Qualcuno mi sta
rincorrendo, lo sento. Ehi, tu! Sì, tu con la spranga di
ferro! Guarda che se
mi ammazzi non li farò mai mettere insieme!!! E passeranno
la vita senza aver
potuto ricordare l’esistenza di Tsuna come Decimo, senza fare niente. Con Hibari che li sorprende
e li morde a morte a vita
perché, non potendo ricordare Tsuna in alcun modo
(né quello che forse
hanno fatto), non avrà
più alcuna
occasione di rinchiudersi da qualche parte con lui.
Sono stata convincente?
Hai lasciato cadere a
terra la spranga e sei andato a costituirti alla polizia, tu che ancora
non
riesco a vedere?
Lo spero.
E spero anche che, la
terza prova di Lunedì, vada bene. E di non cadere, ancora,
nel panico.
Un bacio
NLH
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Capitolo 12 *** Target 11# ***
I’ll bite you to death,
Tsunayoshi Sawada.
[Target 11#]
«Ma è mai
possibile che io non vi possa lasciare soli un attimo?» la
voce di Reborn
suonava stanca mentre obbligava i presenti ad accomodarsi in salotto,
miracolosamente ricostruito da non si sapeva bene chi «si
può sapere cos’è
successo ancora?»
Gokudera
sprofondò nel divano, lo stesso in cui poco prima Yamamoto
si era
scompostamente stravaccato, troppo di malumore per rendersi conto che
ce
n’erano altri tre liberi e che le sue gambe erano a contatto
con quelle
dall’altro. L’irritazione salita alle stelle.
Reborn aveva da
poco lasciato la cucina in cui si era confrontato con i Varia e aveva
chiaramente detto che gli assassini non sarebbero certo passati per
fare un
amichevole saluto. Se n’erano andati non appena finita la
discussione. Seduto
al tavolo era rimasto solo Iemitsu, stravaccato nel suo completo
formale
stropicciato e con lo sguardo fisso di chi non può credere a
quello che è
appena venuto a sapere.
Strano, Yamamoto
socchiuse gli occhi mentre si sedeva composto, tutto quello era troppo
strano.
Tolti gli avvenimenti precedenti, già sufficientemente
isoliti, c’era il fatto
che i Varia se ne fossero andati così alla chetichella. Loro
che solitamente si
sentivano arrivare mentre ancora erano in aereo, preceduti dalle grida
isteriche di Squalo, tanto per prenderne uno dal mazzo. Per non parlare
della
pioggia di coltelli che il Principe faceva accidentalmente volare da
chissà
quale finestrino lasciato aperto ad alta quota. Perché? Le
esplosioni d’Ira non
si potevano contare? E i fulmini improvvisi nel cielo sereno? E gli SOS
isterici lanciati dai poveri piloti quando prendevano un aereo di linea
invece
del solito Jet privato?
Ma stava
divagando. E il problema rimaneva comunque. Possibile che i Varia,
quegli
stramaledetti casinisti, se ne fossero veramente andati senza farsi
sentire?
Cosa c’era veramente sotto?
Reborn, che
aveva osservato attentamente le reazione di entrambi i Guardiani,
quella
scocciata di Gokudera e quella tra il perplesso e il sospettoso di
Yamamoto,
decise di prendere nuovamente in mano la situazione. E affrontare tutto
quanto
un problema per volta.
«Direi che non
c’è più tempo da perdere, vediamo di
sistemare questa faccenda in fretta» con
gli occhi cercò Gokudera e gli fece cenno di avvicinarsi
«vai a chiamare
Ryohei, Lambo, Mukuro e cerca di contattare Dino, una volta finito qui
ho
bisogno che ci siate tutti».
Yamamoto
assentì internamente a quella decisione. Decisamente
Gokudera non era certo
dell’umore migliore per affrontare quella discussione e, di
questo lo
sospettava ma non poteva averne ancora conferma, per quella successiva,
riguardo al Decimo, il Guardiano della Tempesta doveva assolutamente
essere
lucido e presente.
Finalmente soli
l’Hitman si voltò verso la solita finestra, dove
Hibari si era scompostamente
seduto, guardando a tratti l’esterno, la strada vuota e a
tratti le proprie
mani, come se non riuscisse a capacitarsi di qualcosa.
«Hibari» lo
chiamò piano «si può sapere cosa ti sta
succedendo?» osservò il ragazzo non
fare un movimento, bloccando gli occhi sulle mani, lievemente dischiuse
sulle
ginocchia e ignorarlo totalmente «perché hai
coperto quel ragazzo? Perché ci
hai detto di non averlo mai visto mentre lo cercavamo?»
«Io
non ho certo mentito»
disse finalmente il moro senza peraltro guardarli «Siete stati voi a non aver capito che io non ho
certo risposto alle
vostre stupide domande»
aggiunse come se fosse un’ovvietà nascondendo un
sorrisino di
derisione voltando la testa ancora di più verso la finestra
«davvero non vi
siete chiesti come mai io sia uscito a quel modo dalla stanza per poi
tornarvi
dentro senza fare nulla?»
«Ma si
può sapere dov’è andato a
cacciarsi? Quel ragazzo è bravissimo a nascondersi! Lo
voglio nel mio club di
boxe!!!»
«Cosa ti
servirebbe uno che si
nasconde in un club di boxe? Sentiamo…».
«Hibari!!
Perché non sei con gli
altri a cercare il giovane Wasada?»
«Non so di
cosa tu stia parlando».
«Ti ricordi
il ragazzino di questo
pomeriggio? Sembra abbia avuto un faccia a faccia con
Xunxas…non molto positivo
oserei dire».
«Quindi?»
«Io non ne so
niente, credete forse
che se un moccioso si fosse introdotto in camera mia l’avrei
lasciato andare
impunito?»
«Ma
l’hai visto passare? È venuto in
questa direzione?»
«Forse non
sono stato abbastanza
chiaro?»
«Sei
uscito dalla tua camera per evitare che ci entrassimo noi, vero?
Per non farci scoprire che Wasada era dentro?» s’intromise Yamamoto, i pezzi
che
cominciavano ad andare al proprio posto, dando però,
più che di una domanda, il
tono di chi ha capito qualcosa «ce l’hai nascosto
volutamente. Perché?»
Hibari non
aveva mai ammesso di averlo visto né di stare nascondendolo,
aveva dato delle
risposte vaghe ed allusive che, Yamamoto e Sasagawa, non avevano certo
pensato
fossero un modo per distogliere l’attenzione dalle vere
intenzione del
Presidente; scambiando quelle poche parole scarne per
l’irritazione di essere
stato svegliato.
«Non è che
continuare a chiedermelo mi renderà maggiormente favorevole
ad una risposta»
Hibari si era voltato verso di loro, l’espressione
impassibile che gli era
caratteristica finalmente al suo posto «e ora se ne
è andato. Non era nessuno.
Chi se ne frega di lui. Dico bene?»
Reborn scambiò
un’occhiata con Yamamoto, ben poco convinti da quelle parole,
ma non fecero in
tempo a fare altro perché una breve processione di rumorosi
e per certi versi,
letterali o meno, bambini recalcitranti fece ingresso nel salotto.
Incredibilmente Gokudera era riuscito a riunire tutti quelli richiesti
in breve
tempo e senza ammazzare qualcuno. Per il momento.
«Mi sembrava di
averti detto di non fare alcun commento!» il tono acido di
Gokudera sembrava,
se possibile, essere peggiorato rispetto a poco prima, quando era
uscito.
«Oya, oya~…ma
quanto siamo suscettibili» Mukuro seguì il primo
Guardiano oltre la porta,
facendo dondolare mollemente il lungo tridente «ho solo
chiesto che fine ha
fatto il ragazzino…»
«Non è del
tutto corretto!» Sasagawa
fece il suo
spettacolare ingresso con in braccio un Lambo piuttosto scarmigliato e
apparentemente
svenuto e indossando solo un paio di boxer lisi «tu prima gli
hai chiesto se si
fosse divertito ad aspettare e poi hai commentato che Hibari si sarebbe
sicuramente divertito con il ragazzino se tu-»
«Nessuno ti ha
chiesto di ripetere quello che quel manico ha detto!»
strepitò il Guardiano
della Tempesta coprendo le ultime parole di quello del Sole
«e poi mi rifiuto
di accettare alcunché da uno che è stato in grado
di farsi fregare dalla
Scemucca giocando a nascondino» lanciò una breve
occhiata allusiva
all’abbigliamento succinto del Guardiano del Sole
«carini i boxer».
«Gokudera!!!»
Reborn osservò con distaccato interesse il Guardiano del
Sole lanciare in aria
quello del Fulmine per lanciarsi, pugni spianati, contro quello della
Tempesta
mentre quello della Pioggia si alzava istintivamente per prendere al
volo il
povero bimbo svenuto e in balia delle pazzie degl’altri.
Quello della Nebbia
che se la rideva, perché in fondo era stato lui a piantare
il seme della
discordia. E quello della Nuvola, nuovamente intento ad osservare
l’esterno,
che se ne fregava di tutto e di tutti.
La faccenda dal
ragazzo, di quello Tsunayoshi Wasada, Reborn ne era certo, non era
finita e
prima o poi avrebbe trovato il modo per tirare nuovamente fuori
l’argomento,
magari solo con Hibari. Ma in quel momento avevano altro da fare.
«Ohi!» li
richiamò all’ordine accennando ai divani
«non mi pare il momento di divertirsi.
Abbiamo un problema grave» annunciò riportando
alla mente -ed era pure ora- il
motivo per cui si trovavano ancora tutti lì.
Gokudera fu il
primo a introdurre l’argomento di discussione, strofinandosi
il naso per
eliminare gli ultimi residui di sangue che il colpo del Guardiano della
Nuvola
era riuscito a infliggergli. Ma gliel’avrebbe pagata cara.
«Allora» esordì
secco fissando Reborn negl’occhi «come sarebbe a
dire che un Decimo noi ce
l’abbiamo ma che la Famiglia Ferro è riuscito a
farcelo dimenticare?»
Reborn respirò
a fondo, racimolando quel poco di pazienza che sembrava essergli
rimasta -quei
pochi giorni erano stati incredibilmente deleteri- e fece scorrere lo
sguardo
in quello di tutti, esclusi Hibari che guardava ancora ostinatamente il
vialetto d’ingresso e Lambo ancora abbastanza svenuto, e ammonendoli senza aprire
bocca.
Avrebbero
dovuto stare zitti e ascoltare, era chiaro? Le domande, se ne avesse
avuta
voglia, a dopo!
«A Dino e tutti
gli altri racconterete poi» esordì «non
ho voglia di ripetere le cose due volte
né di sorbirmi le stupidaggini che potrebbero dire.
È una faccenda delicata e
mi aspetto la massima attenzione» attese che i Guardiani
assentissero, sempre
con la speciale esclusione di Hibari e Lambo, e chiuse gli occhi per un
momento
prima di cominciare a ripetere quello che i Varia avevano raccontato a
lui e
Iemitsu poco prima.
«Intorno ad
Aprile i Varia hanno accettato di compiere una missione in parallelo
con i
Ferro, non mi dilungherò sui dettagli, non è una
cosa che ci riguarda
direttamente, e quando sono andati alla loro tenuta per definire i
dettagli
Mammon, da buon osservatore opportunista che è, si
è accorto che la parte più
nuova nella casa, quella costruita da poco, non era minimamente
utilizzata»
Reborn scosse al testa rassegnato «ha sentito profumo di
soldi e, una volta
finita la missione, ha cominciato ad investigare per conto suo. Dopo
essersi
intrufolato e aver impiegato tutto il giorno solo per cercare di
forzare le
barriere di sicurezza ha deciso che doveva esserci qualcosa di
veramente grosso
dietro e ha informato Xanxus che è andato dritto filato da
Nono. Nel giro di
due giorni la tenuta dei Ferro è stata rasa al
suolo».
«Il
nucleo della Famiglia è stato spazzato
via, cancellato del tutto, e le protezioni erette intorno a
quell’area sono
state fatte letteralmente saltare in aria. All’interno
è stato ritrovato un
macchinario mezzo fuso, ci sono andati giù pesanti senza
dubbio, e parecchi
grafici e documenti che, fortunatamente, si sono salvati dalle
fiamme».
«Avevano ideato
una macchina in grado di rimuovere i pensieri riguardanti una persona o
un
oggetto specifico a partire dalla persona o dall’oggetto
stesso e,
automaticamente, cancellare ogni suo legame con tutti quelli che vi
sono stati
esposti»
«In parole
povere…hanno catturato il Decimo e l’hanno
sottoposto al trattamento
togliendogli tutti i suoi ricordi e riversandoli nella macchina,
sostituiti con
altri presi da una persona allevata dai Ferro con quello scopo e tutti
i
ricordi legati al Decimo sono scomparsi dalle menti di coloro che
l’hanno
conosciuto» Reborn tacque
scrutando i
Guardiani, tutti, che lo stavano a loro volta fissando increduli e
inorriditi
«chiaro? Bene, è tutto».
È tutto?» la
voce di Gokudera suonò tremante anche alle proprie orecchie
«come sarebbe a
dire che “è tutto?”»
«Esattamente
quello che significa» ribatté Reborn scocciato
«che il racconto finisce qui,
the end, fine. Nient’altro da dire».
«Eh no, se
permetti!» Mukuro, turbato quanto gli altri si era alzato in
piedi e aveva
cercato almeno di mantenere la solita calma apparente nonostante calmo
non si
sentisse per nulla «direi che ci sono ancora un bel
po’ di cose che dovresti
dirci, non ho forse ragione?»
«Ci sono molti
punti oscuri» gli diede man forte Yamamoto cercando
inutilmente di abbozzare un
sorriso «ad esempio che fine ha fatto ora il Decimo, oppure
chi è veramente»
«Questo non lo
so» rispose Reborn sistemandosi il cappello «nei
documenti non c’era scritto»
«Cioè…mi stati
dicendo che da qualche parte del mondo ci sono due genitori che non si
ricordano di avere un figlio…» Yamamoto sembrava
sempre più scioccato ogni
minuto che passava «questo che mi stai dicendo?»
«Esattamente,
hai capito benissimo, me ne compiaccio» fece Reborn per nulla
toccato da quelle
parole «e quindi? La faccenda non cambia. Dobbiamo comunque
cercare il Decimo»
fece una pausa «se non altro ora sappiamo che esiste
veramente e che è fatto
apposta per il suo posto»
«Certo…» Mukuro
aveva ritrovato al sua immancabile vena ironica «dobbiamo
solo capire chi sia…e
che ci vuole…tanto il mondo non è mica
così tanto grande…quante persone vuoi
che ci siano? Solo sei o sette miliardi».
«Ma è possibile
che non abbiano scoperto null’altro?» Gokudera
sembrava essersi ripreso
ed esibiva un broncio che metà
sarebbe bastato «sono entrati, hanno distrutto tutto e hanno
trovato solo
questo? Nessun’altra informazione?»
«Molti di quei
documenti sono andati distrutti durante l’attacco,
è vero, ma gli scienziati
che lavoravano nel laboratorio avevano già cominciato a
distruggere tutto
quando si sono accorti dell’arrivo dei Varia, a partire dai
più importanti»
Reborn sospirò deluso «come ho detto la situazione
non cambia…dobbiamo trovare
il Decimo, tirarlo fuori dal buco in cui i Ferro
l’hanno nascosto, e cercare di avere fiducia
degli scienziati Vongola. Stanno lavorando a pieno ritmo per cercare di
capire
quello che è successo»
«E i Ferro
potrebbero pure averlo nascosto» Mukuro, come al solito,
ascoltava solo quello
che gli faceva comodo per esprimere il suo immancabile ottimismo
«fantastico,
così è pure più semplice sapere dove
si trova…»
«Risparmiati il
sarcasmo, Mukuro» non è che Reborn fosse sempre in
grado di apprezzare li
humour nero del Guardiano «e che qualcuno svegli Ryohei. Per
oggi è successo
anche troppo. Adesso voglio che riflettiate a quello che ho detto.
Potete
parlarne pure con chi volete. Dobbiamo trovare una soluzione al
più presto»
Yamamoto annuì
mentre, con la speciale e divertita partecipazione di Lambo, che al
cento per
cento non aveva capito quello che stava succedendo, cercava di far
rinvenire il
Guardiano le Sole caduto in una specie di trance quando Reborn aveva
cominciato
a parlare. E farfugliava pure di memorie passate e allenamenti mancati
di boxe.
Poverino…non l’aveva presa bene nemmeno lui.
Reborn stava
per uscire dalla sala quando, inaspettatamente, lo raggiunse la voce di
Hibari.
«Un’ultima
cosa, bambino» lo richiamò, continuando in ogni
caso a fissare fuori dalla
finestra imperterrito.
«Dimmi» rispose
Reborn, anche lui senza guardarlo.
«Hai detto che
la memoria del Decimo si trova nella macchina che hanno costruito i
Ferro»
tacque e prese il silenzio dell’Hitman come un assenso
«e hai anche detto che
la macchina è andata distrutta» altra pausa mentre
persino Yamamoto si rendeva
conto delle implicazione e dei dubbi del Guardiano della Nuvola
–quello del
Fulmine non lo ascoltò nemmeno mentre a quello del Sole
sarebbe stato
necessario spiegare tutto da capo, magari senza l’ermetismo
dell’Hitman.
«Cosa vuoi
sapere, Hibari?» le labbra di Reborn si arricciarono.
«Se la macchina
è distrutta…che fine hanno fatto i ricordi del
Decimo?»
«Tra la
documentazione rivenuta è stata trovata questa
fotocopia» Reborn tirò fuori
dalla tasca un pazzo di carta piegato più volte su
sé stesso, evitando
apparentemente la domanda «è un frammento delle
visioni di Luce, il primo
Arcobaleno del Cielo di questa generazione. Pare centri con tutta
questa
storia».
Hibari afferrò
il foglio che l’Hitman aveva lanciato in aria prima di uscire
definitivamente
dalla stanza e lo spiegò con lentezza mentre gli altri
Guardiani gli si
ammassavano intorno. Non troppo vicini per non incappare nelle sue ire
a causa
di uno sconfine nei suoi spazi vitali.
Il giudizio che dal Mare sta per
essere emesso
Accompagna lo scrosciare agitato del
Tempo.
Questa Nuvola solitaria si ricongiunge
al Cielo
immenso
La Pioggia che preannuncia la Tempesta
si fa sempre
più forte
Lo stregone sogghigna nella sua gabbia
di Nebbia
Il Sole dorato quante volte si
trasformerà in Fulmine
tonante?
Proviamo a porre fine a questa
illusoria vita.
Non piangere, distruggi questa bugia
che ti tiene in
trappola
Imprimila a Fuoco nel tuo cuore
La promessa che non è
riuscito a mantenere.
Vogliamo provare a porre fine a questa
falsa vita?
Questo banchetto decaduto si ripete
senza fine
Nessuno può difendersi dal
peccato che gli scorre
nelle vene
Tu quanta salvezza preghi di avere nel
tuo castigo?
Gokudera,
quello che in teoria avrebbe dovuto saperne più di tutti, in
quanto Italiano e
appartenente alla Mafia sin dalla nascita, e verso il quale tutti si
erano
rivolti per avere una spiegazione e possibilmente anche la traduzione in giapponese, tranne Mukuro
che l’Italiano lo
sapeva bene, aggrottò incerto un sopracciglio sentendo
un’incredibile voglia di
uscire da quella sala e fumarsi un intero pacchetto in santa pace.
«E che cavolo
vorrebbe dire?»
Beh…non
è che sia successo chissà
cosa…a dire la verità…e
poi…da dove diavolo spunta fuori questa profezia!?!?
Boh… (e se non lo sa nemmeno l’autrice siamo messi
proprio bene…)
Sì, sono
consapevole che questo non è
un commento ma sono stanca e la testa mi sta bollendo, ergo non saprei
cosa
scrivere. Quindi…prendetemi così come
vengo…e buona notte, vi aspetto per i
prossimi capitoli (dove, finalmente qualcuno si accorgerà
che manca qualcosa di
fondamentale…e non dico altro)
Ah! Cosa
importantissima!!!! Per
poco non me ne dimenticavo!!! Il 5 (martedì) ho
l’orale e, circa 10 minuti
dalla sua fine parto per almeno dieci giorni…non so se
riuscirò a postare il
capitolo successivo per tempo. Come ho detto non ne ho ancora idea
quindi, se
non lo vedete, non allarmatevi, lo posto appena torno. Se invece lo
vedete…vuol
dire che ho scoperto la password della linea internet dei vicini e sto
usando
il loro internet abusivamente (muahahahahahahahahaah!!! A Mukuro ci
faccio un
baffo!)
Un bacio
NLH
|
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Capitolo 13 *** Target 12# ***
I’ll bite you to death,
Tsunayoshi Sawada.
[Target 12#]
«L’ANELLO DEL DECIMO
È
SPARITO!!!» l’urlo belluino di Gokudera ebbe il
potere, due ore dopo la fine
della riunione, quando tutti si erano tranquillamente stravaccati in
giro per la
casa nelle loro stanze preferite, per riflettere e con
l’intento di rimandare
al più tardi possibile il momento in cui avrebbero dovuto
tornare a rivestire i
panni degli studenti di tutti i giorni, di richiamare nuovamente i
presenti
all’ordine.
Fu talmente forte che riuscì
persino a coprire le urla di Sasagawa che, aiutato dal suo fido blocco
di
disegno e dalla sua meravigliosa
capacità artistica, stava cercando di
riassumere quello che Yamamoto aveva rispiegato a lui, Haru, Kyoko,
Bianchi,
Fuuta e Lambo riguardo alla questione della Famiglia Ferro.
Obbligò Mukuro a rientrare
in casa dopo che stava cercando di sgattaiolare via senza farsi
scoprire da
nessuno, mentre macchinava di andare a fare un salto a Kokuyo e
strapazzare un
po’ Ken e Chikusa visto che era da un po’ che non
lo faceva.
I Guardiani più gli ospiti
si precipitarono tutti al quarto piano interrato, stava diventando
decisamente
utilizzato, per raggiungere un Gokudera urlante in camera, solitamente
sigillata, del Decimo.
«Cosa sta succedendo?»
Reborn era comparso dal nulla, o forse da uno dei suoi nascondigli
segreti,
direttamente sulla testa del Guardiano che fece un salto dallo spavento
di
trovarselo addosso così all’improvviso.
«L’Anello
del Decimo» indicò tremante la teca dove
solitamente riposava,
vuota «non c’è qualcuno l’ha
rubato!» respirò profondamente nel tentativo di
calmarsi ma i pugni serrati tradivano la sua profonda irritazione
«ero venuto a
controllare che fosse tutto a posto, come ogni sera, quando mi sono
accorto che
la porta non era bloccata ma solo socchiusa!»
indicò la serratura esterna
spingendo rudemente di lato Yamamoto che ne bloccava la visuale
«vedete?
Qualcuno l’ha forzata!»
Yamamoto, cercando di non
prendersela troppo da quel gesto, si chinò ad esaminarla,
imitato dagl’altri,
Reborn in prima fila. Evidentemente, solo ad un occhio esperto, si
potevano
facilmente notare i sottili graffi sul bordo.
«Chi credete sia stato?»
Reborn aggrottò le sopracciglia; ci mancava solo quello a
complicare
ulteriormente la situazione.
«Non
lo so» Yamamoto scosse la testa cercando contemporaneamente
di
calmare un improvvisamente vitale Ryohei dai propositi di andare ad
acciuffare
il colpevole -peraltro ancora sconosciuto- e fargli confessare il
misfatto a
suon di pugni «ma deve essere stato uno che sapeva cosa e
dove cercare»
«Hai
ragione…» rifletté Reborn «e
soprattutto deve aver saputo
esattamente come muoversi visto che non ho notato nessuno di
sospetto…» fece un
momento di pausa, grave «oltretutto la protezione non si
limitava solamente
alla serratura…»
«Cosa
intendi?» chiese Yamamoto interrogativo.
«Che
chiunque non sia il vero utilizzatore dell’Anello o non abbia
la
Fiamma adatta, quella del Cielo, in caso si furto non rimane solamente
un
oggetto inanimato» lanciò un’occhiata a
Yamamoto che aveva spalancato gli occhi
sorpreso «come un meccanismo di difesa».
«Cioè
l’Anello è stato rubato da uno della
Famiglia?» cercò di
afferrare il concetto il Guardiano della Pioggia, sempre più
incredulo «è
questo che intendi?»
«Sono certo che sono stati i
Varia!» il ringhio di Gokudera interruppe le elucubrazioni di
Yamamoto e Reborn
«quello stronzo di Xunxas non ha ancora perso la voglia di
provare a tradirci!»
«Vacci piano Gokudera» lo
ammonì Reborn, nonostante internamente stesse cominciando a
chiedersi quale
potesse essere il modo più veloce e sicuro per raggiungere
la squadra assassina
prima di sera «non sappiamo se sono stato loro e tu, come
possibile futuro
braccio destro del Decimo, non puoi lasciarti andare a questo modo,
devi
imparare a valutare razionalmente ogni situazione».
«L’Anello è sparito
e loro
sono gli unici ad essersi allontanati da qui»
sbottò in tutta risposta il
Guardiano «e chi altro di noi avrebbe mai potuto trovare una
motivazione al
rubarlo?»
Con un movimento furtivo, il
piccolo Killer, voltò gli occhi in direzione
degl’altri Guardiani riuniti.
Mukuro alzò le spalle con il
suo solito sorrisino malizioso.
«Quello che m’interessa
è
prendere possesso del corpo del Decimo per poter controllare il mondo e
distruggere la mafia» sussurrò quasi indignato
«rubare uno stupido anello non
rientra certo nei miei piani…»
«Brutto…» Gokudera
stava per
lanciarsi sul Guardiano della Nebbia quando Yamamoto si fece avanti a
tranquillizzare gli animi, come al solito.
«Andiamo, Gokudera…»
rise
«lo sai che Mukuro dice sempre queste cose ma alla fine non
farà niente…»
«Oya…?»
ridacchiò divertito
l’interessato alle affermazioni del giovane e alla
conseguente vista del viso
di Gokudera che prendeva fuoco, forse a causa
degl’indignazione o forse per la
figuraccia appena fatta, mentre il Guardiano della Pioggia gli metteva
un
braccio attorno alle spalle.
«Piantala di ridere come un
deficiente» lo aggredì comunque Gokudera,
arrabbiato e umiliato «che tu saresti
sicuramente il primo a voltare le spalle al Decimo per i tuoi fini!
Credi forse
me ne sia dimenticato? Sin dalla prima volta che ti abbiamo combattuto
lo so!»
i pugni serrati del Guardiano erano bianchi dalla sforzo mentre Mukuro
continuava a rimanere impassibile a quel fiume di parole
«volevi prendere il
controllo di Namimori e poi, quando, per non ho ancora capito il
perché, Reborn
ti ha eletto come uno di noi Guardiani, non hai fatto altro che
metterci i
bastoni tra le ruote!»
Gli occhi della Nebbia si
assottigliarono mentre Yamamoto cercava inutilmente di trattenere
l’italiano.
«Mi pare di aver fatto molto
per voi sciocchi, nonostante tutto» sibilò
serrando la presa sul tridente che
fino a quel momento aveva portato mollemente appoggiato alla spalla
«nonostante
foste voi» fece una pausa
per far
capire quanto disprezzasse l’essere in
combutta con dei mafiosi
«nonostante non avessimo una guida e nemmeno la garanzia di
trovarla, vi ho
aiutati. Anche Chrome l’ha fatto»
precisò alludendo al corpo che aveva preso
come ospite per potersi manifestare «non è forse
così Hayato-kun?»
«Non chiamarmi in modo così
familiare, doppiogiochista!» strepitò
l’altro liberandosi dalla presa di
Yamamoto e facendo un passo avanti, candelotti di dinamite alla mano.
«Gokudera!» il grido
energico e arrabbiato di Ryohei s’intromise nella litigata
mentre il ragazzo si
posizionava davanti alla sorella e ad Haru, per proteggerle
«non provare a far
esplodere quella roba qui dentro! La mia vendetta sarà
estrema se colpirai
Kyoko!»
«Onii-san, attento…»
«HAHI! È pericoloso
Ryohei-san! E anche tu Gokudera-kun! Smettetela è
pericoloso!»
«Sta’ zitta stupida donna!
Nessuno ha chiesto il tuo parere!»
«Gokudera! Ti sembra questo
il modo di rivolgerti ad una ragazza!?»
«Vediamo di calmarci tutti» a Reborn sembrò di aver passato
più tempo
a ripetere quella frase che a bere il suo amato espresso, in quei
giorni. E non
è che la cosa gli facesse esattamente piacere.
«Non potrei essere più
d’accordo»
Hibari era appena
uscito dalla camera di fronte, in cui evidentemente di era rifugiato
per
cercare di dormire in santa pace «possibile che voi erbivori abbiate costantemente
bisogno di ricordare
che odio quando vi riunite in gruppo? Specie se disturbate il mio sonno».
«Hibari»
«Cosa?» il Guardiano
abbassò lo sguardo per incontrare quello di Reborn.
«L’Anello
dei Cielo è scomparso. Tu ne sai qualcosa?»
«Perché dovrei sapere
qualcosa riguardo a quell’anello?»
«Ma…non
lo so…» Gokudera, sempre il solito attaccabrighe
«magari perché
ultimamente ci stai nascondendo un po’ di
cose…»
«Vuoi
morire, erbivoro» lo minacciò senza nemmeno
guardarlo.
«Se
pensi di riuscirci…» lo provocò il
Guardiano della Tempesta, il
colpo in viso che gli aveva inferto ancora ben presente nella sua
memoria,
l’orgoglio desideroso di vendetta. Possibilmente decuplicata
e coronata con un
bel botto. Letteralmente.
«Lambo-san ha paura»
piagnucolò il bambino vedendo il Guardiano della Nuvola far
scivolare i tonfa
fuori dalla giacca e preparandosi ad attaccare l’altro e
desideroso di una
bella lotta senza quartiere. Era da un po’ che desiderava
sfogare l’irritazione
cresciuta in modo esponenziale negl’ultimi tre giorni.
«Anche I-Pin…»
mormorò la
cinesina aggrappandosi alla gamba di Kyoko mentre
quest’ultima li circondava
con le braccia e se li stringeva al petto.
«Visto?» fece Haru che aveva
seguito tutta la scena da sotto la spalla del Guardiano del Sole
«avete fatto
spaventare Lambo-kun e I-pin-chan! Contenti?»
«Ho
detto» la voce di Reborn era tutt’altro che calma,
in quel momento,
e risuonò come uno sparo per la camera «di
calmarvi»
Gokudera
non se lo fece ripetere due volte, rimando immobile ad un
palmo dal buco nel muro che la pallottola dell’Arcobaleno
aveva sparato per
sottolineare le sue parole.
«Ehm…»
Hibari
arricciò il naso infastidito per l’interruzione e
uscì dalla
camera senza dire più una parola rimanendo comunque,
all’insaputa dei tutti,
fuori dalla porta per ascoltare quello che gli erbivori avrebbero
detto. Non
perché gli interessasse, chiaro. Giusto per sapere che
qualche altro pazzo
esaltato si sarebbe presentato alla Nami high School. Aveva decisamente
bisogno
di sfogarsi su qualcuno. Tanto meglio se fosse stato il responsabile di
tutto
quel casino.
«Quello
che dobbiamo fare ora è ritrovare
l’Anello» stava dicendo
Reborn «ma non dobbiamo escludere alcuna pista. Non
è detto che siano stati i
Varia, cose come queste necessitano di un’accurata
riflessione e non di ipotesi
campate per aria…»
«E se fosse che i Varia sono
venuti proprio con l’intento di rubare l’Anello con
la scusa della storia del
Decimo?» Ryohei aveva fatto, vedersi obbligato,
la sorella e Haru a
sedersi sul letto per evitare qualunque possibile altra rissa e aveva
raggiunto
gli altri che si erano raggruppati attorno alla scrivania.
«Effettivamente
potresti avere ragione» assentì Reborn, stupito
dall’uscita intelligente che Ryohei aveva fatto, imitato
dagl’altri «se devo
essere del tutto sincero non è che la loro storia mi abbia
convinto del tutto,
mi è sembrata piuttosto improbabile…»
«Pure
quella specie di profezia» Gokudera scosse una mano scocciato
«com’è possibile che esista veramente
una cosa del genere…?»
«Per esistere, esiste…»
gli confermò Reborn «ma non è detto che
si riferisca a questo caso in
particolare…» rifletté un momento
«potrebbe anche essere che la Famiglia Ferro
sia stata eliminata per altri motivi e che i Varia ne abbiano
approfittato per
costruire tutta questa storia. Tenerci impegnati con la questione del
finto
Decimo e approfittarne per rubare
l’Anello…» tacque un momento
«sarebbe
comprensibilmente nel loro stile…»
«Ma
questo vorrebbe dire che stanno deliberatamente andando contro i
Vongola…ancora!» Yamamoto sembrava scocciato
mentre affiancava Gokudera, per
una volta uniti nel desiderio di farla pagare a qualcuno. La
Gokuderizzazione
stava diventando evidente ogni giorno che passava, sul Guardiano della
Pioggia.
«Quei bastardi…» Gokudera arricciò le labbra in
un’inequivocabile smorfia di disprezzo, passando
inconsapevolmente all’italiano
«meritano peggio della
morte…»
«Ehm…cosa?»
fece Yamamoto imitato da Sasagawa, momentaneamente calmi.
«Ha
detto che non vede l’ora che questa storia finisca per
potersi
chiudere da qualche parte con t-» Mukuro, che si era
gentilmente accollato
l’onere di tradurre le parole italiane che ogni tanto
sfuggivano dalla bocca
del Guardiano della Tempesta ricevette, non si sa come, un libro in
testa ben
riempito di plastico e con la miccia già accesa da un incomprensibilmente infuriato Gokudera.
«Cosa
cazzo stai dicendo?»
sempre più infuriato Gokudera si avvicinò
pericolosamente al Guardiano della
Nebbia «ripetilo se
ne hai il
coraggio!»
«Con
piacere» sorrise mefistofelico, Mukuro «ho detto
che tu ti saresti
volentieri chiuso da qualche parte con Yam-»
«Mukuro…» Reborn mise nuovamente in mezzo la sua
pistola, opportunamente trasformata in un lanciarazzi, bloccando sia
l’invettiva
e le possibili ripercussioni di Gokudera su Mukuro che il discorso,
sicuramente
campato per aria, che il Guardiano della Nebbia stava facendo «non sono dell’umore adatto per stare
dietro a voi bambini. Chiaro?»
«Oya,
oya~» Mukuro alzò le spalle facendo un passo
indietro e facendo
scivolare il colletto della giacca che Gokudera teneva saldamente, da
sotto le
sue dita «se lo dici tu allora…»
«Cosa dobbiamo fare?»
Yamamoto era intervenuto anche lui a dividere i due Guardiani
«dobbiamo
assicurarsi che i Varia abbiano l’Anello?»
«Forse facciamo ancora in
tempo ad acciuffarli»
annuì
Reborn minaccioso «sono stanco di tutta questa
situazione. Prima li
becchiamo, prima troviamo l’Anello e prima sappiamo se tutta
la storia del
Decimo è vera» fece una pausa mentre scrutava i
presenti «intendo parlare
direttamente con il Nono. Voglio chiarezza».
Yamamoto annuì raccogliendo
Shigure Kintoki, che aveva lasciato cadere a terra durante la breve
colluttazione tra i due Guardiani, e se la assicurò alla
schiena.
«Vengo con te» asserì guardando l’Hitman «voglio capire anch’io e una mano
può fare
sempre comodo».
«Non dire stupidate,
Yakyuubaka! Sono io il braccio destro» Gokudera
gli si parò davanti «è
ovvio che ci andrò io con Reborn! Tu non conosci nemmeno una
parola d’Italiano!»
«Andiamo,
Gokudera…» fece Yamamoto sorridendo «non
vedo allora perché
non potremmo andare entrambi…»
«Perché
tu non sei il braccio destro del Decimo!» fu la logica
risposta
del ragazzo.
«E
non c’è ancora nessun decimo»
rincarò la dose una nuova voce «quindi
non è una ragione valida, Hayato…»
«Ah…aneki…»
gemette Gokudera, prima di rendersi contro che la donna
aveva il volto coperto dai solito occhiali, tanto per abitudine
«cosa ci fai
qui?»
«Come
sei rude…» gli mormorò entrando nella
stanza e scompigliandosi i
capelli «è ovvio che io sia ovunque ci sia anche
il mio amore…oh, Reborn…»
esclamò inginocchiandosi davanti a lui «posso
venire anch’io vero? Proprio come
ai bei tempi…io e te, in missione, oh!»
«Perché
no?» assentì l’Hitman tra
l’immensa gioia della donna e la
funesta disperazione di un certo ragazzo «il tuo aiuto ci
potrebbe essere molto
utile» Bianchi si ravviò i capelli con fare
sensuale e guardò di sottecchi il
fratello, tutt’altro che felice.
«Hai
sentito, Hayato…dopo tanto tempo faremo un bel viaggio
insieme…»
«Mi
rifiuto!» sbraitò il bombarolo appellandosi a
Reborn «perché?»
«Perché
in quattro avremo maggiori probabilità di fermare i
Varia»
spiegò serafico il bimbo da sotto la falda del cappello.
«Quattro…?»
ripeté Gokudera aggrottando le sopracciglia.
«Quattro»
gli confermò l’Hitman «io, Bianchi, tu e
Yamamoto».
«Perché
anche lui!?» continuò a strepitare «non
serve, non ce n’è
bisogno! È inutile!»
«Ahah»
Yamamoto passò un braccio attorno alle spalle di Gokudera
ridendo «visto? Veniamo tutti e due…»
«Ahhhrgh!!!»
Reborn
decise saggiamente di estraniarsi da quelle effusioni per
rivolgersi ai Guardiani rimanenti.
«Ryohei,
Mukuro» li chiamò per attirare la loro attenzione
«voi
resterete qui» lanciò un’occhiata
penetrante ad uno in particolare di loro due
«dovete rimanere qui, penserò io ad avvisare la
scuola per Ryohei e tu Mukuro
puoi mandare un’illusione o che so’ io a Ken e
Chikusa per avvertirli, non vi
dovrete muovere, sono stato chiaro?»
«E
per quale motivo dovrei fare quello che dici?»
sussurrò il Guardiano
della Nebbia, mellifluo come al solito «non mi pare di aver
mai-»
«Ehi!»
Sasagawa lo interruppe gesticolando e ignorando stoicamente le
occhiate di Mukuro, riuscendo, non si sa bene come, a non notare
nemmeno le
illusioni di morte che gli stava indirizzando contro per averlo
così
barbaramente interrotto «Kyoko non deve rimanere qui,
vero?»
«No,
nemmeno Haru ma preferirei che i diretti collegati alla mafia non
si muovessero» acconsentì Reborn alludendo a Lambo
e Fuuta «non vorrei
sbagliarmi ma…» fece una pausa stringendo gli
occhi «nel caso succedesse
qualcosa voglio essere pronto».
«Di
cosa hai paura, bimbo?» Hibari, ancora una volta in quella
stanza e
tutt’altro che intenzionato ad abbandonare la conversazione
«di un possibile
attacco a Namimori?»
«Quello
di cui ho paura non dovrebbe nemmeno interessarti» gli
rispose
vedendo che il Presidente, alla sola idea di poter subire un attacco da
nemici
sconosciuti, aveva fatto scivolare i tonfa nuovamente dalla giacca alle
proprie
mani «non sono ancora del tutto convinto di quello che mi hai
raccontato
riguardo a quel ragazzo e bada» la sua voce si fece
più bassa «quando questa
storia sarà finita io e te ci fare una un’altra
bella chiacchierata».
Hibari
si limitò nuovamente a non rispondere e ad ignorare le
smorfie
che Mukuro gli stava facendo alle spalle dell’Hitman.
Soltanto il lieve
tremolio delle mani, mentre nascondeva nuovamente i tonfa sotto la
giacca,
tradirono l’irritazione dovuta all’affermazione di
Reborn.
«Mi
aspetto che anche tu rimanga qui» aggiunse infine
l’Arcobaleno
senza più guardare il moro e voltandosi verso i tre
litiganti di prima che
sembravano aver calmato gli spiriti. O meglio, Yamamoto teneva ancora
un
braccio attorno al collo di Gokudera, costringendolo a stare fermo e
voltato
nella direzione opposta a quella in cui si trovava la sorella, tutta
intenta a
fantasticare sull’imminente missione che avrebbe svolto con
il suo Reborn.
Anche
l’atmosfera attorno a loro si era fatta
più…densa, come fossero
finalmente consapevoli della missione, della situazione a cui sarebbero
andati
incontro. La serietà mostrata ne era la prova.
«Andiamo»
si limitò a dire, precedendoli, Reborn.
E stavano giusto per uscire
dalla porta quando, finalmente, il decimo boss della Famiglia Cavallone
rientrò,
con alle calcagna Romario e Kusakabe.
«Ah, Reborn!»
esclamò
eccitato e frettoloso «proprio te cercavo, ti devo
assolutamente parlare di una
cos-» senza dargli nemmeno il tempo di spiegarsi, Reborn, lo
scaraventò senza
alcuna gentilezza sul muro opposto costringendo sia Romario che
Kusakabe ad
indietreggiare per evitare di fare la stessa fine del Boss Cavallone.
«R-Reborn…»
cercò di dire
Dino alzandosi faticosamente in piedi e cercando di dare un senso a
tutto
quello che stava accodando «Ehi!
ma dove state andando tutti?» aggiunse
più sveglio, tentando di
intromettersi nella breve processione che si era formata e che si stava
dirigendo a passo di marcia, decisamente sul piede di guerra, verso
l’ingresso
e poi in aeroporto.
«Fatti
spiegare da loro» tagliò corto Reborn caricando
Leo-cioè, mentre
caricava la sua pistola «non abbiamo tempo da
perdere».
«Ma…»
il giovane Cavallone rimase interdetto a fissare il corridoio
svuotarsi «ma cosa è successo?»
Sono
passate due settimane e più imprevisti di quelli che sarei
riuscita a
sopportare in un momento normale. Mi dispiace di questi immane ritardo
ma non
sono sicura di avere sempre internet a disposizione.
Intanto
godetevi questo capitolo e un enorme “Buone
Vacanze” a tutti!!!!
Un bacio
NLH
|
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Capitolo 14 *** Target 13# ***
I’ll bite you to death,
Tsunayoshi Sawada.
[Target 13#]
«Dobbiamo assolutamente
fermarli!» decisamente quell’urlo era
l’ultima cosa che si aspettavano
uscisse dalle labbra di Dino una volta che ebbero finito di raccontare
le
ultime novità sul Decimo, i Varia e l’Anello.
Diciamo che Mukuro, soprattutto
Mukuro, aveva pensato che il Boss si sarebbe alzato
all’improvviso desideroso
di seguire il maestro e farla pagare ai brutti e cattivi Varia per
l’affronto.
Si può dire che avesse sperato facesse una bella carneficina.
Non
che proponesse di fermare tutto quanto. Decisamente non quello.
«Ma…perche?»
Sasagawa fece passare lo sguardo dal Guardiano della
Nuvola a Dino, vagamente confuso «non sono forse stati i
Varia ad inventarsi
tutta la storia falsa del Decimo e a farci abbassare la guardia? Non
hanno
rubato l’Anello?»
«Non
so nulla dell’Anello» ammise il biondo prendendo a
camminare
avanti e indietro facendo la spola tra il letto e la poltrona dove
Mukuro lo
guardava con un misto tra scetticismo, delusione e bastardaggine, come
ne fosse
in grado non c è dato saperlo «ma la storia del
Decimo è tutt’altro che
inventata!»
Tornò a sedersi poggiano i
gomiti sulle ginocchia e tenendosi la testa tra le mani. La situazione
stava
precipitando…che novità.
Erano passate circa due ore
dal momento in cui era stato scaraventato contro un muro da Reborn e
che quest’ultimo,
seguito da degli agguerriti Gokudera, Yamamoto e Bianchi, uscisse dalla
casa
dei Vongola con direzione aeroporto (e tenuta italiana dei Varia). Due
ore dopo
aver tranquillizzato e mandato a casa sia Haru che Kyoko, con precise
istruzioni di non mettere nemmeno un capello fuori dalle loro
abitazioni,
protette dagli uomini del Cavallone. Due ore in cui, dopo aver dato ad
un
Mukuro stranamente collaborativo l’ordine di proteggere la
casa con una
barriera di Nebbia (diciamo che l’aveva proposto con molta
gentilezza e umiltà
e Sasagawa aveva fatto il resto costringendolo a farlo) senza dare una spiegazione a nessuno,
Dino aveva ascoltato ciò che i Guardiani rimanenti avevano
da dire.
Con un Sasagawa perennemente
confuso perché già aveva afferrato poco della
situazione precedente e si
perdeva letteralmente in quella presente; un Mukuro che aiutava ben
poco con i
chiarimenti preferendo riportare dettagli piccanti (e dubbi) e commenti
assolutamente fuori luogo; un Lambo che credendo di aver capito tutto
s’intrometteva
nelle già frammentarie spiegazioni del Guardiano del Sole
facendo perdere
totalmente il filo, Fuuta che si sentiva in vena di predizioni e aveva
fatto
volare Ezio nell’acquario con risultati ben poco accettabili,
Hibari che si era
fatto vedere quel tanto che bastava per mettere fuori gioco la piccola
tartaruga prima che raggiungesse anche solo dimensioni di un cane
(meglio la
prevenzione) e colpire pure il Boss Cavallone, tanto se lo meritava
comunque,
per poi sparire nuovamente.
Tutto per poi arrivare alla
conclusione, dopo due ore ripetiamolo, che Reborn era partito senza
sapere una
cosa fondamentale. Di assoluta primaria importanza. Che avrebbe
sconvolto
tutti. Che doveva assolutamente riferirgli prima che decidesse di
radere al
suolo la Villa dei Varia. Un’informazione che aveva sconvolto
anche lui, Dino
stesso.
Qualcosa che se fosse
riuscito a ricordarsi sarebbe stato meglio…
Cercando di far tornare alla
mente l’informazione di vitale importanza che aveva comprato
dalla Yakuza -che
organizzazione però la mafia giapponese…avrebbe
dovuto prenderla a esempio,
così precisi e meticolosi- richiese l’attenzione
dei presenti.
«La famiglia Ferro ha
veramente complottato contro i Vongola e sembra abbia veramente creato
una
macchina per rimuovere i ricordi del vero Decimo e trasferirli in
quello falso»
cominciò a spiegare, finalmente, quello
che ricordava del lungo discorso che aveva affrontato con la Yakuza
poche ore
prima «non so se i ricordi siano stati
impiantati nel falso ma so per
certo che non è arrivato in Giappone» strinse gli
occhi per fare mente locale
«l’arrivo di un drappello di Ferro era previsto per
stamattina ma non si è
presentato nessuno dall’Italia…»
«Vabbè…»
Sasagawa cercava di capirci qualcosa «ma questo cosa centra
con quello che devi assolutamente dire a Reborn?»
«Non
è che te lo sei dimenticato, eh stupido Bracco?»
Mukuro e la sua
stramaledetta intuizione maliziosa. Dino represse il desiderio di
compirlo con
un qualunque oggetto contundente, il cuscino che sentiva appoggiato
alla schiena
tanto per dirne uno…
«Mukuro…»
lo chiamò con un tono che voleva sembrare di sufficienza ma
che non avrebbe ingannato Ryohei, figurarsi uno smaliziato come Rokudo
Mukuro
«se hai voglia di attaccar briga accomodati»
indicò la porta «ho sentito che
Hibari è un po’ nervoso
oggi…chissà per colpa di
chi…»
«Stavolta
non centro» ribadì serafico il Guardiano della
Nebbia «e non
parlo certo per esperienza personale…» e qui
sorriso malizioso «ma è normale
essere un tantino frustrati dopo non aver potuto concludere»
una pausa in cui
guardò Dino di sottecchi rigirandosi il tridente tra le dita
«non so se mi
spiego…»
«Io
non ho
capito…» fece Ryohei dubbioso, espressione anche
fin troppo simile a quella che
il Boss Cavallone aveva in volto. Mukuro lasciò cadere le
spalle sospirando
rassegnato. Da uno come Ryohei (ancora, ancora) poteva aspettarselo ma
da
Dino…ma non erano i mafiosi quelli maliziosi e con alle
spalle un sacco di quella
esperienza? Lambo fissò con occhi
spalancati ed interrogativi gli adulti prima di voltarsi verso Fuuta
(finalmente seduto tranquillo in un angolo e senza il libro delle
Classifiche
in mano).
«Cosa
vuol
dire quello che ha appena detto?» fece, probabilmente
riferendosi alle ultima
parole di Mukuro.
«Nulla»
gli
rispose calmo e serafico l’altro «solo che
Hibari-san e l’altro ragazzo,
Tsunayoshi Wasada-kun, non hanno potuto fare sesso a causa dei problemi
che ci
sono stati e che per questo Hibari-san è di pessimo
umore»
«Ah»
commentò
a propria volta il bovino «ho capito».
E
sembrava
finalmente aver capito anche Dino perché rischiò
di strozzarsi con la saliva
che stava deglutendo proprio in quel momento alle parole audaci e
disinvolte
del giovane classificatore, mentre sperava con tutte le proprie forze
di aver
capito malissimo.
E
Mukuro che
ammirava estasiato il bambino, ammirato dalla perspicacia di quel
giovanotto
che aveva fatto rapire una volta; aveva adocchiato subito il suo
potenziale,
altro che storie. Avrebbe dovuto, doveva
assolutamente prenderlo come
allievo.
E
mentre
Mukuro fantasticava sulla faccia di Gokudera e sul colore che avrebbe
assunto
nel momento in cui, dopo un adeguato addestramento fornito da lui
stesso,
avrebbe sentito Fuuta commentare l’ultima scenata di gelosia
dell’italiano nei
confronti di Yamamoto con tanto di doppi sensi e battute a sfondo
sessuale, il
tutto proveniente da un’innocente boccuccia da bimbo
insospettabile; Dino si
rendeva conto di quello che Fuuta aveva detto, con annessi e connessi,
sperando, oltre al fatto di aver casualmente contratto una rarissima
malattia
che non gli permetteva di ascoltare quello che i bambini innocenti
dicevano
(altrimenti detta monoscleriuditoria), che Hibari non fosse nei paraggi
per
sentire quello che credeva di aver sentito ma non ne era ancora del
tutto
sicuro. Poteva veramente trattarsi di monoscleriuditoria!?
E
Sasagawa
rimaneva nella più totale ignoranza perché, nel
momento stesso in cui Fuuta
aveva esternato la propria interpretazione delle parole di Mukuro, gli
era
sembrato di sentire un rumore sordo provenire dei piani alti.
«Mukuro!!»
quello di Dino era una via di mezzo tra un disperato bisogno di
rassicurazione
e una risata isterica «non dire certe cose, i bambini
potrebbero fraintendere…»
«Oya~…?»
alzò
un sopracciglio quest’ultimo, ridacchiando tra sé
«secondo me invece i bambini
hanno capito benissimo…» fece una pausa divertito
dal boccheggiare del
Cavallone, alla disperata ricerca di una replica «non
è forse così, Ryohei?»
Il ragazzo in tutta risposta
inclinò la testa senza prestare la benché minima
attenzione al discorso. Era
sicuro che quel rumore si era ripetuto…ma era
così debole che non…
Per nulla scoraggiato dalla
mancata risposta del Sole, Mukuro, riprese con noncuranza a strapazzare
il
biondo. Sempre in prima fila quando si trattava di
corrompere/rovinare/terrorizzare
la mafia. E in particolare quello stramaledetto buonista di Dino.
«Dino-kun»
cinguettò facendolo rabbrividire «non mi dirai che non ne sapevi nulla…» altra risatina maliziosa «ma quanti anni hai? Diciannove, diciotto?»
«Ventuno…»
si ritrovò a pigolare il Cavallone ancora sconvolto.
«Ventuno…»
Mukuro spalancò teatralmente gli occhi «e non sai
ancora
nulla del sesso?»
calcò volutamente
sulla parola costringendo il biondo a rabbrividire «non mi
dirai che anche per
quello hai bisogno di uno della tua
famiglia…perché se no non riesci a
concludere…» altro silenzio imbarazzato e
scioccato da parte dell’italiano «ma
no mi dire…senza uno dei tuoi che ti guarda non riesci a
fartelo rizz-»
Un
forte boato costrinse tutti, con immenso rammarico del Guardiano
della Nebbia, a ripararsi da un’improvvisa pioggia di
frammenti di soffitto,
staccatisi a causa della forte scossa. Fuuta si riparò sotto
il letto mentre i
più grandi si coprirono la testa con le braccia anche se,
nel caso speciale di
Sasagawa, cominciò a colpire con i suoi pugni i pezzi
più grandi gridando
all’allenamento estremo o simili. Lambo, invece,
cominciò a correre
terrorizzato per tutta la camera.
«Gyaaaaaaaaaahhhhhhhhhh!!»
strillò scaraventando nella fretta il
contenuto della sua voluminosa acconciatura tutt’intorno
«un terremoto!!»
«Non
è possibile…» tossicchiò
Dino rialzandosi barcollante in piedi
«non di questa violenza…la casa è stata
costruita apposta…» tossì ancora
«usciamo da qui» gridò quando una
seconda scossa, più forte della precedente,
li fece barcollare rischiano di far cadere il voluminoso lampadario
proprio
sopra di loro «non è sicuro!».
Per
una volta non ebbe bisogno di ripeterlo due volte perché,
come un
sol uomo, si precipitarono fuori dalla stanza del Decimo, con Sasagawa
che
aveva preso in braccio il giovane Bovino e Fuuta, verso un posto
più grande e
meno pieno di oggetti contundenti. La salvezza, in questo caso, era
rappresentata dalla stanza di allenamento, dieci volte più
resistente e grande
di qualunque altra stanza costruita del Rifugio.
«Qui…»
ansimò facendo cenno a Ryohei di depositare i bambini
«qui
dovremmo essere al sicuro, almeno per ora» si
guardò introno, compiaciuto di
trovare la stanza in perfetto stato, senza i segni di cedimento che
aveva
notato durante la fuga, incredibilmente senza cadere, lungo il
corridoio.
«Per
quanto ancora durerà il terremoto?» chiese
Sasagawa spazientito.
«Secondo
le statistiche il terremoto più lungo mai verificatosi in
Giappone è durato un’ora di scosse
continue» fece Fuuta, nuovamente il libro
alla mano.
In
effetti Dino si stava giusto chiedendo per quale motivo Lambo gli
stesse volteggiano davanti agl’occhi con un dito nel naso.
Era bello sapere che
la sua mente non era ancora da buttare e che quelle stranezze avevano
un nome.
E stava giusto per porre un’altra domanda a Fuuta riguardo
all’argomento, in
particolare agli Tsunami che solitamente seguivano, quando Kusakabe e
Romario
(che erano rimasi al piano terra per tutta la durata della discussione)
non si
precipitarono nella stanza. Investendolo.
«Boss!!»
esclamò Romario preoccupato «come state? Dovete
assolutamente-»
«Romario!»
esclamò a propria volta il Boss che, forse a causa
dell’ennesima botta, forse per la presenza del braccio
destro, aveva
improvvisamente ricordato la faccenda importantissima che doveva
riferire a
Reborn «perché non sei fuori ad organizzare le
difese? E dammi subito il
cellulare, devo assolutamente parlare con Reborn!»
«Ma,
Boss…» si arrischiò a commentare
Romario passando obbedientemente
l’apparecchio a Dino «non mi direte che non
gliel’avete ancora detto…?»
«Detto
cosa?» chiese curioso Mukuro mentre osservava
l’italiano
comporre freneticamente dei tasti e poggiare il cellulare
all’orecchio.
«Che
i componenti della Famiglia Ferro hanno organizzato un attacco
massiccio contro questo quartier generale in caso di fallimento del
piano in
Italia» fece una pausa accolta nel silenzio e sconcerto
generale «e in Italia i
Varia hanno distrutto…tutto…ma non lo
sapevate?» lanciò un’occhiata
sconcertata
al proprio Boss che stava cercando di contattare, uno dopo
l’altro, i
partecipanti alla missione in Italia, trovando tutti i cellulari spenti.
«Si può sapere per quale
motivo non ce l’hai detto subito? Stupido Bracco!»
sibilò Mukuro
brandendo il tridente davanti a sé e chiedendosi quanto
ancora Chrome sarebbe
stata in grado di sopportare la sua presenza. Proprio ora che erano nei
guai.
«Ehm…»
decidendo che sarebbe stato meglio non rispondere, Dino, si
grattò la testa imbarazzato prima di guardarsi attorno
«ma dov’è Hibari?»
chiese preoccupato «è pericoloso stare
là fuori-» s’interruppe al suono seccato
della voce di Reborn, l’unico a non aver seguito la regola di
spegnere gli
apparecchi elettronici sull’aereo «Reborn? Dio
grazie, è un’emergenza! Dovete
tornare immediatamente qui!»
«Certo che centra!»
strepitò nuovamente l’italiano, probabilmente in
risposta ad una domanda posta
dall’Hitman «e tu come fai a saperlo?»
altra pausa e faccia scioccata di Dino
«e sei partito anche se avevi il sospetto di-» Dino
impallidì e si arrischiò a
fare un’ultima domanda «e come pensate di tornare
indietro?» altra pausa e
colorito ancor più pallido per Dino «ah,
okay…»
Mukuro
lo osservò chiudere lentamente la telefonata e riporre,
ancor
più lentamente, l’apparecchio in tasca, in barba
al fatto che fosse di Romario.
«Che
ha detto…?» gli chiese curioso.
«Che…se
lo aspettava…» rispose conciso Dino, cercando di
trattenere il
tremolio delle mani, mentre risentiva ancora della chiacchierata con
l’ex
maestro «e che avrebbe dirottato l’aereo per
tornare qui…»
«Kufuhfuh…»
ridacchiò sinceramente divertito «questo sarebbe
proprio da
lui…peccato perderselo…»
«Ed
è proprio questo che mi preoccupa!» gemette Dino
immagina dosi la
scena: Reborn che fa irruzione nella cabina di comando, magari
spalleggiato da
un Gokudera desideroso di rendersi utile e candelotti alla mano,
Yamamoto che
ride della situazione con una spada, sicuramente nessuno
all’accettazione si
era accorto di quanto fosse vera, che dice di non preoccuparsi, e
Bianchi, con
in braccio Reborn, che intima il Comandante di ascoltarlo. E Reborn che
punta
un fucile, o un bazooka o la solita pistola, in fronte al povero
sfortunato
obbligandolo a fare marcia indietro nel nome della famiglia Vongola.
Dino gemette nuovamente. Dio
che disastro!!
«Io trovo sia un’idea intelligente» Hibari, spuntato da chissà dove dietro
Dino, lo costrinse a fare un salto per lo spavento.
«Quando diavolo sei
arrivato?» strepitò quando entrambi i
piedi toccarono nuovamente terra,
in direzione dei Guardiano rimasto impassibile alla reazione esagerata
del
Boss.
«Più
o meno nello stesso momento in cui hai dimostrato ancora una volta
la tua totale inutilità» sorrise mefistofelico
prima di rivolgersi a Kusakabe
«è questo che sta succedendo? Quegli stupidi
erbivori ci stanno attaccando?»
«È
così» gli confermò fermamente
«io ne ho visti un centinaio ma non ne
sono sicuro, potrebbero esserne arrivati altri nel frattempo».
«E
qualcuno è anche riuscito ad entrare» Mukuro
scosse il tridente
infastidito «hanno aperto un varco nella mia barriera con una
delle loro
diavolerie…»
«Mukuro!»
esclamò esasperato Dino.
«Cosa?»
rispose insofferente l’altro «non voglio che tu mi
faccia la
predica…»
«Che
facciamo?» chiese intanto Romario, aspettando disposizioni.
«Adesso
vado e li sconfiggo tutti!!!» urlò Sasagawa,
rimasto anche fin
troppo calmo per i suoi gusti, mentre gli altri parlavano di strategia.
«Non
credo sia la soluzione migliore…»
azzardò Dino mettendo le mani
avanti «non appiano quanti siano e di che armi
dispongano…»
«La
cosa è ininfluente» Hibari arricciò le
labbra in una smorfia
d’irritazione, in direzione di Dino «li
morderò a morte con facilità».
«Ma non sappiamo nemmeno
quanti sono già entrati in casa e se hanno informazioni su
com’è strutturata» provò nuovamente Dino, nel disperato
(quanto perfettamente inutile) tentativo di calmare i bollori dei
Guardiani e
riportare una parvenza di ordine nelle file sconvolte della Famiglia
Vongola «prima
dobbiamo informarci sulla situazione esterna e poi decidere come
agire!»
«Chiudete tutte le uscite»
la voce calma e sicura che s’intromise nella discussione ebbe
il potere di far
zittire tutti i Guardiani. Wasada Tsunayoshi stava a capo chino sulla
porta
della stanza degli allenamenti e si torceva le dita nervosamente
«se vengono
sigillate non ci sarà possibilità per quelli
fuori di entrare né per quelli già
dentro di uscire».
Wow!! Colpo di
scena!! E che ci fa lì Tsuna? Bella domanda…*me
fischietta innocentemente
mentre fa finta di non sapere al risposta* E come ha fatto a rientrare
in una
casa assediata come quella, in quel momento? Ma
soprattutto…che c’è tornato a
fare?
La risposta
tutta nel prossimo capitolo….forse.
Muahahahahahaha.
Un bacio
NLH
|
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Capitolo 15 *** Target 14# ***
I’ll bite you to death,
Tsunayoshi Sawada.
[Target 14#]
«Chiudete tutte le uscite»
la voce calma e sicura che s’intromise nella discussione ebbe
il potere di far
zittire tutti i Guardiani. Wasada Tsunayoshi stava a capo chino sulla
porta
della stanza degli allenamenti e si torceva le dita nervosamente
«se vengono
sigillate non ci sarà possibilità per quelli
fuori di entrare né per quelli già
dentro di uscire» alzò lo sguardo, gli occhi
seminascosti dalla lunga frangia umida,
forse a causa della pioggia che aveva cominciato a scendere poco tempo
prima «sarà
più semplice fare il conto dei nemici».
«Ma cosa…?» Dino
fece un
passo verso di lui, confuso. Cosa ci faceva quello lì? Ma
non era il ragazzino
terrorizzato che avevano per sbaglio colpito con il bazooka dei dieci
anni,
qualche tempo prima? Scambiò una breve occhiata con Hibari
che si limitò a
squadrare il ragazzo con la solita espressione seria. Come diavolo
aveva fatto
a rientrare? Non l’avevano mandato via prima della riunione,
il giorno prima?
E soprattutto…come diavolo
aveva fatto ad arrivare fino al quinto piano interrato?
«Gyahahahaha» Lambo si era
avvicinato a Wasada tenendo in mano una bomba delle sue e con
l’espressione
derisoria che faceva saltare i nervi a tutti «sarà
Lambo-san a decidere cosa
fare! Non il Dametsun-» il bimbo s’interruppe per
un momento come per rendersi
effettivamente conto di quello che stava dicendo.
Dametsuna…da dove era uscito
quel soprannome? Anche Dino arcuò le sopracciglia sentendo
in quel suono un
qualcosa di familiare ma non si sentiva in grado di definire
cosa…
«Non c’è
più tempo» esordì
nuovamente Tsunayoshi, senza dare segno di aver ascoltato le parole del
bambino
«dobbiamo mettere qualcuno fuori di guardia, abbastanza forte
da spazzare via
chiunque cerchi di entrare mentre i rimanenti resteranno dentro la casa
per
stanare tutti quelli che sono già riusciti ad
infiltrarsi».
Persino Sasagawa non
riusciva a spiccicare parola.
«Oya, oya~» Mukuro si
dipinse in viso il solito sorrisino derisorio e inclinò il
capo in direzione
del giovane «non ti pare di starti prendendo un po’
troppe libertà? Guarda che
noi ti abbiamo fatto rimanere solo perché Yamamoto ha
insistito per non
lasciarti in mezzo ad una strada».
«E poi non credo tu abbia
esattamente capito quello che sta succedendo…»
prese nuovamente la parola Dino,
cercando di calmare gli animi «questa è una
faccenda pericolosa e io non credo
tu-»
«Mi dispiace interromperti
Dino-san» Wasada aveva fatto qualche passo nella stanza
«ma io credo di aver
capito esattamente quello che sta succedendo e proprio per questo
ritengo non ci
sia tempo da perdere» l’espressione decisa che si
era dipinta sul volto del
giovane costrinse persino Mukuro a smettere di ridacchiare divertito.
Ma chi
era in realtà quello?
Hibari strinse tra le dita i
tonfa che aveva fatto lentamente scivolare fuori dalla giacca durante
la
conversazione. Era la stessa sensazione, lo stesso inspiegabile fremito
che lo
aveva colto quando, tempo prima, aveva letto il suo nome, Wasada
Tsunayoshi,
sulla lista degli studenti trasferiti. Lo stesso incontrollato fremito
che lo
prendeva ogni volta che qualcuno voleva fargli del male, come
l’irrazionale
istinto di proteggerlo, sempre.
«A cosa stai pensando,
erbivoro?» chiese inaspettatamente, la voce senza alcuna
particolare
inclinazione.
Se il giovane Tsunayoshi non
diede segno di essere particolarmente stupito del fatto che il
Guardiano della
Nuvola, Hibari Kyoya, gli stesse rivolgendo tranquillamente la parola,
chiedendogli oltretutto un consiglio su come agire, gli altri presenti
furono
decisamente da meno: Mukuro aveva una comica espressione in volto che
comprendeva, tra gli occhi spalancati e la bocca aperta, anche la
caduta,
perfettamente ignorata, del suo amato tridente; Dino era ammutolito e
Ryohei
passava lo sguardo alterato tra i due: com’è che
lui aveva avuto bisogno di
secoli per poter proporre la propria opinione al Disciplinare, peraltro
ancora
del tutto inascoltata, e quel Wasada ci metteva due secondi? Era
estremamente
ingiusto! Doveva assolutamente dirgli come ci fosse riuscito!!!
Nel frattempo il giovane
aveva fatto qualche altro passo nella stanza, arrivando tra di loro.
Ora
potevano vedere i grandi occhi ambra spalancati e le sopracciglia
aggrottate in
un’espressione che poteva essere definita allo stesso tempo
concentrata e
preoccupata. A cosa stava pensando?
«Ci dovrebbe essere qualcuno
all’esterno» ripeté, la voce ferma,
guardando Hibari «per bloccare i rinforzi e
avvisare i possibili alleati che, se non sbaglio, dovrebbero essere
già sulla
via di ritorno» Dino osservò, con sconcerto sempre
più crescente, Hibari
annuire a quella parole «credo che tu, Hibari-san, saresti il
più indicato per
la copertura esterna».
Il Guardiano lo fissò ancora
per un momento e poi annuì nuovamente spostandosi alle
spalle del giovane
Wasada. «Li morderò a morte» disse solo.
Il ragazzo annuì a propria
volta prima di rivolgersi agl’altri.
«Dino-san dovrebbe rimanere
qui con Lambo-kun e Fuuta-kun, per proteggerli»
lanciò un’occhiata penetrante
al Cavallone «senza Romario-san saresti completamente inutile
fuori,
intralceresti solamente Hibari-san» il silenzio che
seguì quell’affermazione
fece ammutolire non solo i Guardiani ma persino Wasada. Dino
sgranò ancora di
più gli occhi. Aveva parlato di Romario e della sua
incapacità di combattere
senza la sua Famiglia, come faceva a saperlo? Chi diavolo era?
Persino Wasada, notò,
sembrava essere sconcertato dalle parole che aveva appena pronunciato.
Con un
gesto lento si passò due dita sulle labbra, come se cercare
di dare un senso a
quello che aveva pronunciato. Chi era Romario? E come faceva a
sapere…
L’ennesimo colpo sferrato
alla casa, però, spazzò tutte quelle domande
costringendo il giovane a
concentrasi nuovamente su quello che stava pensando prima: doveva
uscire vivo
da lì, e doveva farlo con tutti.
Anche se non capiva il
perché.
«Sasagawa-san e Mukuro-san
pattuglieranno la casa e si occuperanno di quelli che sono riusciti ad
entrare
fino a questo momento» concluse fissandoli. I due si
guardarono brevemente e si
trovarono ad annuire senza nemmeno accorgersene; c’era
qualcosa in quel giovane
che…
«E tu?» chiese sornione
Mukuro, nonostante tutto poco propenso a prendere ordini da un moccioso
spuntato da chissà dove. Perché diavolo si erano
lasciati ordinare da
quel…mocciosetto? Mukuro era, internamente, nervoso. Quando
aveva sentito
quelle parole gli era venuto come…l’istinto, no,
il desiderio di fare quello
che gli stava dicendo. Lui, Rokudo Mukuro, che accettava senza fare
domande
disposizioni da un perfetto sconosciuto. Uno che…
Per la miseria! Uno che in
futuro sarebbe diventato un altrettanto tremante impiegato di nessuna
importanza che se la faceva sotto alla vista di una spada! Un bimbo che
era
scappato come un coniglio alla vista, alla sola vista, dei Varia in
tenuta da
notte, nemmeno in divisa!
Il giovane esitò per un
momento prima di stringere la mano a pugno e fissarlo dritto
negl’occhi; occhi
nei quali il Guardiano della Nebbia poté leggervi una
consapevolezza e una
fermezza che gli erano dolorosamente familiari. Con un ultimo fremito
il
ragazzo schiuse la mano che aveva tenuto, fino a quel momento, chiusa a
pugno
in tasca. Cosa diavolo…?
«I-io non so esattamente
come si usi, so solo che in qualche modo il mio corpo sa come
fare» cominciò
esitante, come se cercasse di esprimere un concetto troppo complicato
«so che
devo farlo, so cosa posso fare ma non so bene
come…» sempre più lentamente
faceva scivolare la mano fuori dalla tasca e ne rivelava il contenuto
«sento
che devo farlo e che…devo proteggere…»
un luccichio aranciato passo tra le dita
schiuse della mano di Wasada ma nessuno fece in tempo realmente a
rendersi
conto di cosa fosse perché, in barba al fatto che tutti gli
adulti (?) stessero
parlando di cose importati, come farlo uscire vivo da quella
situazione, Lambo
si era messo a correre in giro ed era riuscito incredibilmente ad
inciampare
sui suoi stessi piedi facendo volare, per l’ennesima volta,
il bazooka dei
dieci anni fuori dalla voluminosa acconciatura. Aggeggio che
finì per la seconda
volta addosso al giovane Tsunayoshi facendolo svanire nuovamente in una
nuvola
di fumo.
«N-non è colpa di
Lambo-san…» mugugnò il bambino
intercettando non poche occhiate di
disapprovazione, in particolar modo da parte di Hibari, e Dino che
voleva assolutamente
svelare il mistero del giovane. Il decimo Boss dei Cavallone stava
quasi per
dire qualcosa al bimbo quando un’enorme fonte di potere si
propagò nella
stanza. Persino Mukuro sgranò gl’occhi a quella
sensazione puntò lo sguardo
sulla nebbia rosata ancor presente.
Cosa si aspettava di vedere?
Che l’impiegato, che il giovane che avevano appena spedito
nel futuro si
sarebbe trasformato, si arrivasse con chissà
quale…
L’uomo che si presentò ai
loro occhi però, una volta che la nuvola rosa si
dissipò completamente, non era
affatto somigliante a quello che era apparso loro la prima volta.
Era indubbiamente la
versione più adulta di Wasada Tsunayoshi ma in un certo
senso era completamente
diverso. Indossava un completo di sartoria bianco con una camicia in
seta nera,
sulle spalle indossava un mantello nero con alamari
d’argento, sottili catene
dorate ad impreziosirlo e la spilla che ne teneva uniti i lembi
rappresentava
indubbiamente lo stemma della famiglia Vongola. Anche i capelli erano
diversi,
più lunghi, anche se ugualmente arruffati, e gli occhi erano
socchiusi un
un’espressione pacata e risoluta.
«W-Wasada…» Dino non
poté
fare a meno di balbettare alla vista inaspettata di
quell’uomo che sembrava
irradiare tanta potenza quanto tanta calma e dolcezza.
Gli occhi del nuovo arrivato
si spostarono lentamente sui presenti e la bocca si tese in un sorriso
nostalgico e maturo.
«Dino, Romario, da quanto
tempo» sorrise maggiormente «Mukuro, Ryohei vi
ricordavo più alti…» i due si
ritrassero istintivamente; chi era quello? «Lambo,
Fuuta» i bambini si
strinsero tra loro, spaventati da quell’apparizione
improvvisa
«e…Kyo~Hibari-san» si corresse
improvvisamente mentre un lampo passava in
quegl’occhi pacati «devo dedurne di trovarmi nel
passato ora, no?»
«Wasada» la voce ancora
incredula di Dino spezzò nuovamente il silenzio
«s-sei un tantino diverso da
come ti…»
«Wasada…»
ripeté l’uomo
rigirandosi quel nome sulla lingua come se volesse assaporarlo
«sì, era così
che mi avevano chiamato quelli della famiglia
Ferro…» fece una pausa mentre le
labbra si stiravano in un sorriso amaro «quindi è
qui che mi trovo…» lanciò
un’occhiata in giro e si soffermò sulle
espressioni dei Guardiani presenti «è
il momento in cui Gokudera, Yamamoto, Bianchi e Reborn sono andati in
Italia dai
Varia, giusto?»
Dino si ritrovò a deglutire
lentamente, a disagio.
«Ma tu…chi sei in
realtà?»
L’uomo sorrise furbescamente,
facendo un gesto morbido con la mano, e mettendo il luce
l’anello che, pur
essendo stato per tutto il tempo in bella vista, nessuno aveva ancora
notato.
«Il mio nome è Sawada
Tsunayoshi, Boss di Decima generazione della Famiglia
Vongola».
Molto bene,
direi che se non c’è nessuna domanda io mi defilo.
E sia chiaro,
per qualunque
protesta/attentato/omicidio/critica/complimenti/ecc…sono
disponibilissima ogni giorno dalle 17:00:00 alle 17:00:01. E dopo le
25. Tutto
chiaro?
Bon…Adieu!!!
Un bacio
NLH
|
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Capitolo 16 *** Target 15# ***
I’ll bite you to death,
Tsunayoshi Sawada.
[Target 15#]
«Il mio nome
è Sawada Tsunayoshi, Boss di Decima generazione della
Famiglia Vongola».
Quelle parole stavano ancora
galleggiando nell’aria, stupita e incredula, che si era
formata tutt’attorno a
quella stessa affermazione, quando l’uomo, lo sconosciuto che
era apparso dal
futuro, mosse qualche passo per trovarsi al centro della stanza,
posizionandosi
tra Dino e Mukuro.
«Credo»
sorrise Wasad-cioè, Sawada «che potremmo anche rimandare le
spiegazioni a dopo, non trovate anche voi?» con
un altro gesto
disinvolto della mano indicò il soffitto e, idealmente,
quello che al di fuori
della casa stava succedendo «se non ricordo male questi
dovrebbero essere i
rimanenti giapponesi della Famiglia Ferro, no?»
Dino
fu il primo, solo apparentemente mi sembra chiaro, a riprendersi e
lanciò un’occhiata allucinata all’uomo
appena apparso tra loro. Sawada
Tsunayoshi, aveva detto? Decimo
Boss della Famiglia Vongola? Aveva capito bene? Nella mente del giovane
Cavallone queste erano solo due delle centinaia di domande che aveva
partorito
(anche qui sono in senso figurato, non letterale, mi pare chiaro)
all’affermazione. A quell’affermazione.
Lanciò una breve occhiata agl’altri, insicuro di
come muoversi.
Mukuro, l’unico forse
a non mostrare alcuna espressione differente da quella che gli era
solita,
stringeva spasmodicamente il tridente tra le dita e scrutava nel
profondo, per
quanto gli abiti firmati dell’uomo gli permettessero, quello
sconosciuto che
era capitombolato (figurato pure questo) nella sua vita. Era stato un
moto
d’irritazione e aspettativa insieme che lo aveva portato ad
afferrare il
tridente con forza.
Irritazione per
l’insolito impulso che lo aveva portato a credere che quel
ragazzetto, ancora
prima che si sostituisse quell’uomo tanto pacato e sicuro,
avrebbe potuto
veramente guidarli fuori da quella situazione. Aspettativa
perché se lo
sentiva, lo aveva provato come una scarica sulla pelle, lui avrebbe
potuto fare
qualcosa.
Hibari fissava con
attenzione il nuovo arrivato e non senza una punta di eccitazione. Lo
sapeva,
se lo sentiva scorrere nelle vene, era forte; molto più
forte di quanto
sperasse. Voleva battersi con lui, si sarebbe battuto con lui anche a
costo di
dover aspettare dieci anni per potersi riuscire. Lui
era suo. E lo avrebbe morso a morte per provarlo.
L’uomo sorrise
internamente alla vista delle espressioni, prima confuse, diffidenti e
poi
altrettanto diffidenti ma consapevoli, che si susseguivano sui volti
dei suoi
Guardiani e alleati ma non fece nulla per interrompere le loro
riflessioni. Se
ricordava bene la situazione, avrebbe dovuto attendere che fossero loro
a
decidere spontaneamente di seguirlo. Non aveva certo intenzione di
forzarli.
Perché Lambo avrebbe
voluto dimostrarsi più forte di lui e si sarebbe scatenato
dopo gli altri.
Perché Mukuro doveva decidere di combattere contro la
presenza della sua
diffidenza nei confronti della Mafia e l’irragionevolezza di
seguire gli ordini
di qualcuno. Perché Hibari voleva metterlo alla prova, e lo
avrebbe fatto.
Perché Sasagawa si sarebbe fidato solo delle sue azioni in
combattimento, da
buon istintivo quel’ era. Perché alla fine
sarebbero stati tutti loro, con le
loro azioni, a convincere Dino.
E attendeva, il
Decimo del Futuro, che i suoi passati Guardiani decidessero
autonomamente delle
loro vite.
«E va
bene…» Mukuro
fu il primo a rompere il silenzio, breve quanto pesante, creatosi
«tanto direi
che non ci resta poi molto da fare…»
«Ma!» anche Dino
sembrava alquanto riluttante a fidarsi, nonostante l’istinto
di seguire quello
che l’uomo aveva detto «come possiamo essere certi
di-»
«Hai paura, stupido
erbivoro?» l’eccitazione della lotta era tornata
anche negl’occhi di Hibari,
deciso a credere solo dopo.
«Non è che ho
paura…»
tentò di spiegare il Boss Cavallone
«solo…è difficile da credere»
fissò Tsuna
adulto negl’occhi «se permetti avrei qualche
domanda da farti…»
«Non credo sia il
momento, no, Dino?» sorrise morbidamente di rimando
«possiamo invece
posticipare le domande a dopo la fine della battaglia con i
Ferro?»
«E io dovrei quindi
fidarmi e credere che tu sia il Decimo Vongola?» obietto
nuovamente Dino «che
il ragazzino spaventato sia in realtà…»
si bloccò un momento facendo passare lo
sguardo tra l’uomo e i Guardiani
«che…che Tsunayoshi Wasada è il Decimo
a cui
hanno tolto la memoria?» boccheggiò allibito nel
capire quello che gl’altri
avevano (tranne Lambo direi) capito già da un pezzo.
Proprio in quel
momento un forte schianto, ancora più violento dei
precedenti, fece cadere dell’intonaco
persino dalla Palestra, la stanza più resistente
dell’intera casa.
«Credo non ci sia
più
tempo da perdere, non trovate?» Sawada approfittò
della scossa per riprendere
in mano la discussione «dovete decidere ora» la
voce, per quanto pacata e controllata,
tradiva una certa urgenza; un qualcosa che Dino riconobbe, non senza un
certo
stupore, come urgenza, preoccupazione. Come se veramente fosse in ansia
per i
Guardiani e la loro Casa. Come se fosse veramente il Decimo.
«Io non credo di
potermi fidare» nuovamente serio, Dino, fronteggiava
l’uomo con cipiglio
severo, Romario subito alle sue spalle «ci sono troppi punti
oscuri e non credo
che…»
Sasagawa Ryohei non
ci stava capendo niente. Già aveva fatto un’immane
fatica a recepire quello che
Yamamoto aveva cercato di spiegargli prima che partisse alla volta
dell’Italia.
Poi arrivava pure Dino con una nuova versione dei fatti e cominciava
seriamente
a perdersi tra le nozioni, i nomi e l’ordine degli
avvenimenti. E infine
questo…come aveva detto di chiamarsi? Sawada Tsunayoshi,
ecco, che arrivava e
rivelava a tutti di essere il Decimo, di arrivare dal futuro e che la
memoria
del suo io passato sono state cancellate.
Troppi se e troppi
ma, troppi punti oscuri e passaggi persi che stavano seriamente
mettendo in
crisi il Guardiano del Sole che, per nulla abituato a tenere alla mente
i
cambiamenti e le informazioni che puntualmente gli altri gli facevano
piovere
addosso, era sul punto di scoppiare.
«Se non facciamo
qualcosa la Casa verrà rasa al suolo»
l’uomo cercava di convincere Dino mentre
Mukuro, Hibari, Kusakabe, Romario e persino Lambo con Fuuta, seguivano
lo
scambio in silenzio «ti prego di fidarti!»
«Mi dispiace ma non
posso» Dino scosse la testa «per quanto ne sappiamo
potresti essere una spia
dei Ferro che sta cercando di farci uscire allo scoperto e
catturare»
«Ciò che dici
è senza
senso!» la voce di Tsunayoshi si faceva via via
più urgente «te ne rendi conto?
Lo so che in quest’epoca non avete alcun ricordo di me
ma…»
«Sei tu che non
capisci!» Dino strinse i pugni lanciando
un’occhiata di avvertimento ai
Guardiani «sei arrivato dal nulla e non puoi certo pretendere
che-»
«YAAAAAAHHHH!!!»
l’urlo di frustrazione di Ryohei fece sobbalzare
più d’uno e in particolare
Lambo e Dino che si trovarono entrambi, non si sa come, in braccio
rispettivamente a Kusakabe e Romario. Il Guardano del Sole aveva
decisamente
raggiunto il suo limite. Liberata finalmente la testa dalle mani che la
stavano
stritolando fino a poco prima e sotto l’occhio decisamente
interessato di
Mukuro e Hibari e quello serafico di Sawada, si avvicinò a
passi pesanti verso
quest’ultimo «io non capisco niente di tutto quello
che avete detto e non
voglio nemmeno chiarirlo» gli urlò ad un niente
dal viso mentre l’altro,
tutt’altro che sorpreso o infastidito, sorrise affabile
«ma mi fido di quello
che vedo nei tuoi occhi. Sei forte. I chiarimenti a dopo»
alzò i pugni al cielo
esattamente nello stesso momento in cui la porta della stanza veniva
fatta
saltare in aria da una carica di dinamite «prima sistemiamo
questi qui!!»
«Kufuhfuh» Mukuro
apparve accanto a Sasagawa, il tridente spianato davanti a
sé e l’occhio destro
pronto a scegliere lo stile di combattimento più consono, e
divertente, alla
situazione «parole sante, maniaco della boxe».
«Chiudete quelle
bocche se non volete che vi morda a morte» Hibari aveva
appena scaraventato un
uomo dei Ferro, che era entrato in avanscoperta, sopra le teste
degl’altri due
Guardiani.
«Lambo-san li
farà
fuori TUTTI!!!!» il piccolo Bovino si divincolò
dalle braccia di Kusakabe e
stese Fuuta e Dino saltando sopra le loro teste per raggiungere gli
altri e
lanciando bombe a caso che, non si sa per quale miracolo, raggiunsero
tutte
l’ingresso della stanza ferendo altri due uomini e senza
toccare i Guardiani.
«Oya~» Mukuro si
guardò un attimo intorno, sinceramente divertito. Lui,
Hibari, Sasagawa e Lambo
si trovavano uno affianco all’altro, quasi in linea, con al
centro, anche se
più spostato indietro rispetto ai Guardiani, Tsunayoshi
Sawada, il volto
seminascosto dalla lunga frangia e sulle labbra un lieve sorriso
«sembra che
siamo tutti d’accordo…»
«Ma…»
Dino con
accanto Romario, più lontani osservavano sconcertati quello
strano schieramento
mentre uno strano sentimento si faceva strada in loro. Qualcosa che
avevano già
provato. Dino si portò involontariamente una mano al petto.
Cos’era? «cosa
state facendo…?» la voce senza più
alcuna traccia di disappunto; le battute
polemiche sembravano essersi volatilizzate nella sua mente, scacciate
dall’immagine di quei ragazzi schierati affianco ad un uomo
di cui non sapevano
niente ma sicuri della loro scelta.
«Hibari-san!»
Kusakabe aveva allontanato Fuuta dall’esplosione e guardava
il suo capo alla
ricerca di un ordine o una conferma.
«Tu rimani
lì»
affermò Hibari senza guardarlo e dopo aver dato una breve
occhiata e Sawada,
ancora fermo e silenzioso «non t’immischiare e
tieni lo stupido erbivoro
lontano. Se non intende combattere allora non lo voglio minimente tra i
piedi».
«Ma…sei sicuro di
stare bene, Hibari?» la risatina di Mukuro nonostante tutto
non riuscì a
scalfire l’atmosfera di istantanea fiducia e desiderio di
combattere che si era
instaurata tra di loro «è insolito per te rimanere
così…docile…»
«Se questa situazione
può servire a rivelare la vera natura di
quell’erbivoro allora…non farò niente
per interferire» rispose inaspettatamente serio il
Presidente, aggiustando la
sua posizione di battaglia «noi ci siamo fidati»
aggiunse poi rivolto a
Tsunayoshi «vedi di non deludermi o ti morderò a
morte».
«A quanto pare gli
sciocchi del gruppo credono tu possa essere veramente il Decimo del
futuro…»
Mukuro, il solito scaricabarile «quindi perché
no…? La situazione può risultare
interessante».
«Andiamo e dare a
quegl’intrusi quello che si meritano!!!»
Sawada fece scorrere
un’ultima volta gli occhi sui Guardiani del passato al suo
fianco. Gli occhi
infantili e vagamente spaventati di Lambo. Lo spirito fiammeggiante ed
entusiasta di Sasagawa. Il sorrisino malizioso di Mukuro. La linea
decisa delle
labbra di Hibari. E sorrise. Perché in fondo in futuro, ne
era certo, avrebbero
ricordato. Perché non sarebbero cambiati. E
perché mancavano ancora
incredibilmente tre minuti alla fine dell’effetto della
pallottola del bazooka
dei dieci anni.
«Vi prometto che non
ve ne pentirete» disse solamente facendo qualche passo in
avanti e
posizionandosi proprio di fronte alla porta divelta, dove avevano
cominciato ad
ammassarsi sempre più uomini.
«Guardiani» li
chiamò con un tono
di voce ben diverso dai precedenti, calmo certo ma intriso dello stesso
potere
che avevano percepito al suo arrivo in quell’era
«siete pronti?»
«E sarebbe anche
ora!» e la
risatina irriverente di Mukuro fu l’ultimo suono che udirono
prima di
lanciarsi, come un sol uomo, contro i Ferro.
Adesso…non so
se avete presente
la voce di Tsuna adulto…sì, proprio quella: sexy
e maliziosa allo stesso tempo.
Chissà con chi l’ha tirata
fuori…muahahahaha. L’ho immaginato mentre diceva
quelle cose e…mamma che figo!!!
Praticamente di
è scritto da
solo. Perché quello sarà lo Tsuna del futuro. Ve
lo dico io!!! Altro che palle,
ci prenderà gusto un casino a fare il Boss della Mafia, e fa
pure bene!!!!
E, io lo
ricordo nuovamente, per qualunque
protesta/attentato/omicidio/critica/complimenti/ecc…sono
disponibilissima ogni
giorno dalle 17:00:00 alle 17:00:01. E dopo le 25. Tutto chiaro?
Un bacio
NLH
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Capitolo 17 *** Target 16# ***
I’ll bite you to death,
Tsunayoshi Sawada.
[Target 16#]
«Mukuro, Sasagawa» Sawada richiamò la loro
attenzione «quando ci saremo liberati di questi occupatevi dei
topi che si sono infiltrati
in casa, coprite tutti i piani»
non guardò nemmeno se avessero sentito le sue parole e si
rivolse
immediatamente a quelli alla sua destra «Lambo»
lo chiamò
cogliendolo nel momento esatto in cui stava inciampando nei suoi stessi
piedi,
facendo volare qua e là le vivaci bombe rosa,
sospirò brevemente «tu
rimani qui ad ostacolare quelli che
rimangono indietro»
e ad
essere controllato a vista da Kusakabe e gli altri in caso di
necessità,
aggiunse mentalmente.
«Gyahahahahaha!!! Lascia
fare a Lambo-san! Non ho bisogno del vostro aiuto!!!»
strillacchiò tra
l’entusiasta e il piagnucolante, il piccolo Bovino.
Sawada
sperò veramente di potersi fidare, in fondo nemmeno nel
futuro
poteva dire di potersi fidare completamente delle parole del Bovino.
C’era
veramente da sperare che Dino, e quindi di conseguenza Romario,
decidesse di
lasciare da parte il disappunto e le domande in favore della Famiglia a
cui
era così tanto legato. In fondo nemmeno il Dino del futuro
era così sveglio a
volte…
«Lascia
fare a noi! Vero, Mukuro!?» Sasagawa ammirava entusiasta la
folla di uomini armati che si stava avventando su di lui (in
realtà su tutti, ma
Ryohei non era certo il tipo da cogliere certe sottigliezze) indeciso
su chi
cominciare.
«Parla
per te…» soffiò l’altro, i
sensi già estesi a individuare gli
altri intrusi per tutta la casa «a te lascio i pesci piccoli
che ti piacciono
tanto…»
«EHI!!!»
Sasagawa colpì l’uomo più vicino senza
nemmeno guadarlo,
troppo impegnato a fulminare Mukuro che, ridacchiante, sfuggiva ai
colpi dei
presenti con tutta l’intenzione di andare avanti prima di
tutti.
«Ryohei,
Mukuro» li chiamò nuovamente Sawada
«questi li lascio a voi»
fece una pausa mentre cercava con gli occhi Hibari, impegnato in quello
che
sembrava un massacro a senso unico «noi andiamo
all’esterno…»
«Ma
come…» Mukuro, sempre il solito «non
rimani qui a farci vedere gli
strabilianti poteri del Decimo?»
«GIUSTO!»
gli diede man forte Ryohei «anch’io voglio
vedere!!»
«Forse se vi sbrigate a
finire qui farete in tempo…»
alluse Sawada, in un modo che ricordava troppo quello di Mukuro,
«anche se sono certo
che lo vedrete
comunque alla fine…da me o…»
l’uomo s’interruppe per schivare una pallottola,
con un’agilità che fece
brillare gli occhi a Hibari. Quanto avrebbe voluto confrontarsi con
lui…
«Ci vediamo dopo» disse un’ultima volta scivolando alle
spalle dei nemici senza toccarne nessuno né essere toccato a
propria volta,
imitato da Hibari che invece si faceva largo tra di loro alla vecchia
maniera,
facendoli volare qua e là «in bocca
la lupo».
«Finirà
stecchito, quel lupo» ribatté Mukuro portandosi
una mano
all’occhio «e ora vediamo di
divertirci…» rise folle in direzione di quelli che
sembravano i più forti presenti, quelli con gli anelli della
mafia «sesta via,
quella degl’uomini, Via dell’Ashura».
E
l’ultima cosa che Sawada e Hibari sentirono prima di salire
di piano
fu una nuova forte esplosione, anche se di ben differente natura e un
grido
familiare ad entrambi: “MAXIMUM CHANNON!!”
~×~
«Lo
sai, vero, che non devi mirare a me?» nella voce di
Tsunayoshi
c’era un genuino divertimento mentre scivolava tra i nemici
che gli si paravano
davanti con una grazia che, decisamente, lo Tsunayoshi
Wasad-cioè Sawada del
passato non aveva ancora.
Hibari
sbuffò leggermente correggendo la mira e smettendo di
provocare
accidentali lanci di uomini, lui non li schivava di certo, contro il
presunto
Decimo. Lui odiava chi si riuniva in gruppo ma odiava ancora di
più il non
poter combattere contro quell’uomo che sembrava
così forte.
«Vedi di sbarazzarti almeno
di qualcuno di loro» gli rispose colpendo un uomo che gli si
era parato davanti
e lanciandolo contro altri tre che gli stavano dietro «non
intendo farti da
balia».
«Nessuno te lo ha chiesto»
rispose, piuttosto sfacciatamente a dirla tutta, l’uomo
«ma vedi di non darti
troppo da fare, oppure non rimarrà niente per Mukuro e
Ryohei…e tu lo sai come
sono…»
«Sì, io lo
so» mormorò
sarcastico il Presidente, non accennando minimamente a smettere di
sgomberare
la strada, una tonfata dietro l’altra «ma mi chiedo
come tu faccia a
saperlo».
«Non ricordavo che in
quest’epoca tu fossi tanto chiacchierone» il
sorriso di Sawada assomigliava più
ad un ghigno malizioso che altro costringendo, per forza di cose e
tutt’altro
che piacevolmente, Hibari a chiedersi come, e se veramente, quel
mocciosetto
che avevano raccattato dalla strada si fosse trasformato
nell’uomo posato che
gli stava di fronte. O qualche passo dietro di lui, a dir si voglia.
«Sai…» riprese
Sawada dopo
un attimo di silenzio, mentre stavano per salire l’ultima
rampa di scale,
quella che li avrebbe portati al piano terra e poi
all’esterno «ho come
l’impressone che tu sia un po’ diverso
dall’Hibari del passato che ho
conosciuto io…» fece un altro sorrisino
«magari dipende dal fatto che tu non ti
ricordi chi io sia»
«In effetti continuo a non
averne idea» Hibari continuava a non guardarlo mentre
scivolavano, nel caso di
Sawada, e si facevano largo, per Hibari, verso l’uscita.
«L’Hibari che
conosco…»
Sawada fece un’altra pausa «lui parla come stai
facendo tu ora, solo quando non
riesce a capire come deve comportarsi. Hai forse qualche dubbio su cosa
devi
fare? Kyou-kun?»
«Come diavolo mi hai chiamato?»
Hibari si bloccò un
istante, sconcertato dall’ultima affermazione
dell’uomo. O forse dal nome
usato. Strinse con maggiore irritazione il tonfa, facendo
accidentalmente
scontrare il grosso Italiano che gli si era parato davanti con Sawada.
Che lo
schivò prontamente, come con tutti gli altri. Che diavolo
voleva dire…Kyou-kun!?
Nemmeno sua madre si era mai
premessa di chiamarlo
così. Quindi come…
Hibari sembrava sul punto di
lanciarsi con tutte le proprie forze, e tonfa spianati ma questo
sembrava
piuttosto chiaro anche se sottointeso, contro quell’uomo che
era sbucato dal
nulla solo per sconvolgergli la vita e l’esistenza, si stava
così bene senza di
lui…e poi come diavolo si era permesso
di chiamarlo Ky-Dio! Non riusciva
nemmeno a pronunciarlo!!! In quel modo altamente orripilante!?
Chi
dannatamente gli aveva dato il permesso?
Lui no
di certo!!!
«Hibari» lo richiamò
Sawada
fermamente, cambiando improvvisamente espressione e arrestandosi in
mezzo al
corridoio «tu vai all’esterno e occupati di quelli
che stanno per arrivare. Io
blocco ogni ingresso e poi vengo a darti una mano».
«Non mi serve una mano»
rispose freddamente, pronto nonostante tutto. Sempre pronto se si
trattava di
mordere a morte qualcuno, specie nello stato d’animo in cui
si trovava in quel
momento «li morderò tutti a morte».
«Sei pur sempre il Guardiano
più forte» alzò le spalle con una certa
calma, tornando a cercare di fissarlo
negl’occhi «adesso così come tra dieci
anni. Ma c’è una cosa che devi tenere a
mente…e che, puntualmente, tendi a dimenticare. Oggi
così come in futuro»
approfittando di un momento di calma, gli uomini tutt’intorno
sembravano
scomparsi, o già scesi ai piani inferiori o in attesa di
entrare, allungò
una mano verso il ragazzo, arrivando
ad un paio di centimetri dai suoi capelli con le dita «sei
così forte…» la sua
voce si era trasformata in un sussurro nostalgico «eppure
anche così…».
«Cosa diavolo state
facendo?» la voce, maliziosa, di Mukuro li raggiunse come un
sussurro nell’aria
«perché non siete ancora fuori?»
«Mukuro…» Tsunayoshi
sospirò
ritraendo la mano, probabilmente abituato e quindi rassegnato a quel
modo di
fare le Guardiano della Nebbia. Non sembrava essere intenzionato a
cambiare
nemmeno dopo dieci anni «a che piano siete?»
«Appena sotto di voi» fu la
risposta immediata del Guardiano della Nebbia «e da quello
che vedo-»
«Ne stanno arrivando altri»
gli parlò sopra Sawada allontanandosi da un Hibari ancora
immobile, non si sa
se per lo sconcerto o per abitudine, con un’espressione
neutra in volto
«saranno una ventina, Hibari li ha fermati qui quasi tutti ma
qualcuno è
riuscito lo stesso a penetrare. Noi ci occupiamo di quelli fuori.
Ryohei?»
«Direi che il maniaco della
boxe sta fin toppo bene…» commentò
l’altro dopo un momento «non mi rimane molto
da fare…»
Sawada rise brevemente prima
di dirigersi verso la porta d’ingresso.
«Hibari…»
«Sta’ zitto» fece il
Guardano con un’espressione tutt’altro che
cordiale, dandogli una spallata
mentre gli passava accanto per precederlo all’esterno
«avvicinati ancora e sei
morto» spalancò la porta «prova a venire
a darmi una mano e ti morderò a morte»
sibilò ancora una volta mentre Sawada lo guardava uscire,
immobile «e va’ a
farti fottere».
Sawada sorrise brevemente
alla porta chiusa.
«Magari quando torno
indietro…ancora un paio di minuti»
sussurrò alla casa vuota «e Kyou-kun dice
certe cose solo quando è imbarazzato».
~×~
La situazione, all’esterno,
non era particolarmente rosea, né per gli assedianti
né per gli assediati. Per
Hibari, cioè. Gli uomini dei Ferro erano un curioso
agglomerato di nazionalità
diverse, chiaramente la Famiglia aveva richiamato tutti gli affiliati
intorno
al mondo lì, in Giappone, per colpire i Vongola. Una buona
metà di loro erano
già entrati nella casa e nessuno, per il momento, era ancora
uscito. O si era
messo in comunicazione con loro.
Ma loro erano fuori a
controllare la situazione - erano rimasti più o meno in
cento, centoventi - e
credevano di non correre alcun pericolo. Almeno fino e quando un
ragazzetto
vestito come un damerino non era uscito, fermandosi sullo zerbino.
Benvenuto.
Da qual momento erano
cominciati i guai. E non solo perché i più deboli
tra di loro, i subordinati,
erano stati spazzati via con estrema facilità proprio da
quel ragazzetto, ma
anche perché, e qui i pochi Italiani rimasti non la stavano
prendendo bene, i
capi dei rimasti, Ferro provenienti dall’Italia, si stavano
preparando a
scendere in campo. Claudio e Marco. I gemelli pazzi.
Hibari Kyoya. Lo avevano
riconosciuto subito. Il Guardiano della Nuvola, più forte di
tutti, dicevano. E
da solo stava decisamente dando prova che, quelle che si sentivano nei
salotti
milanesi, non erano solo chiacchiere. Si stava facilmente facendo largo
tra i
sottoposti che si erano avventurati nel giardino della casa, in attesa
di
ordini.
«Tutto qui quello che sapete
fare?» la voce fredda del giovane raggiunse i
due Boss Italiani,
beffarda e per nulla provata dal lungo combattimento.
«Ehi…fratello…»
la voce, altrettanto beffarda e arrogante, di uno dei due
gemelli che comandavano la divisione giapponese della Famiglia Ferro,
richiamò
l’altro, impegnato a leggere un breve racconto italiano.
«Cosa?»
rispose scocciato di dover interrompere la lettura, alzandosi
dalla comoda sedia su cui si era stravaccato, nella casa di fronte. La
stessa
che avevano sequestrato apposta per quell’attacco.
«Sembra
che stavolta potremo divertirci» ridacchiò il
primo sotto gli
occhi ansiosi dei sottoposti.
«Dici?»
borbottò l’altro in risposta, annoiato
«ti ricordo che non
abbiamo ancora ottenuto una risposta
dall’Italia…chissà cosa stanno
combinando
quegl’incapaci…lo sapevo che non dovevamo lasciare
il comando delle operazioni
italiane a quell’idiota di tuo cugino…»
«Marco…»
sospirò divertito, quello che indubbiamente era Claudio
«guarda che Gianluca è anche il tuo, di
cugino»
«No,
se non lo riconosco come tale» fu la replica, seria e
accompagnata
dal sonoro tonfo del libro che aveva lasciato cadere a terra per
raggiungere il
fratello alla finestra «allora…chi sarebbe questo
fenomeno che dovrebbe farci
divertire?»
Gli
occhi azzurri di entrambi seguirono i movimenti feroci del
giapponese che non permetteva a nessuno di oltrepassare il muretto
della casa.
Claudio fece passare una mano tra i folti capelli rosso scuro, raccolti
in una coda
sulla spalla.
«Hibari
Kyoya…» disse solamente «si dice sia il
Guardiano più potente
tra tutti».
«Stronzate»
replicò subito il gemello, sistemandosi i capelli a propria
volta, riordinandoli nella severa traccia, unico elemento che li
differenziava.
«Se
lo dici tu…» rise Claudio «allora che
facciamo?»
«Altra
domanda inutile» il ghigno, come un taglio trasversale sul
volto
di Marco, non lasciava dubbi. Così come il chiaro gesto di
afferrare le due pistole, dall’elsa elaborata, dalla custodia
dov’erano poste.
«Appunto»
confermò l’altro, facendo scivolare due lame dai
foderi
nascosti sulla schiena, sotto la giacca nera.
~×~
A
Hibari Kyoya, tutta quella faccenda, non piaceva per niente. Ed era
anche del tutto inutile continuare a ripeterselo, tanto le cose non
sarebbero
cambiate. Ed era qualcosa che Hibari Kyoya odiava con
tutto il proprio
essere.
Innanzitutto
c’era quella situazione fastidiosa che lo costringeva a
combattere; come diavolo si permettevano quegli stupidi erbivori che si
erano
riuniti in gruppo solo per rovinare la sua bella
Namimori. Li avrebbe
morsi tutti a morte.
C’era
poi il particolare secondo il quale si era mosso non da solo ma
accompagnato da un uomo che non aveva alcuna intenzione di lasciare in
vita e
che, contro ogni suo ragionamento o desiderio più logico,
sentiva il bisogno di
proteggere. Come se uno così avesse bisogno di protezione.
No, Sawada
Tsunayoshi aveva solo bisogno di essere morso a morte da lui. Punto.
Fine del
discorso.
E
poi quei rompiscatole, tonti e lenti dell’erbivoro Italiano e
i suoi
stramaledetti amici. Ma chi diavolo gliel’aveva fatto fare,
si chiedeva, chi lo
aveva convinto ad unirsi ad un tale manipolo di maniaci depravati e
fissati con
la boxe? Cioè…non che lui facesse veramente parte
di quel…gruppo, se vogliamo
evitare gli insulti che il Guardiano della Nuvola stava allegramente
elencando
nella sua mente, giusto per non annoiarsi durante uno scontro
tanto…deludente.
Lui…veniva costantemente tirato denti i casini di quelli
lì. E per morderli a
morte.
All’ennesimo
uomo, perfettamente debole e con una fiamma pari a
quella…non aveva paragoni per tanta debolezza, lo fece
volare dall’altra parte
del muretto, facendolo atterrare - o sbattere senza alcun riguardo,
dipende
dalle interpretazioni - contro il palo della luce di fronte.
E
si stava annoiando.
Quegli
erbivori di sedicesima classe non avrebbero fatto divertire
nemmeno quel maniaco fissato Mukuro. Sempre pronto a prendere alle
spalle,
quello…
C’era
poco da dire, in effetti. Hibari Kyoya si stava annoiando a morte.
E pure i suoi pensieri cominciavano a risentirne. Da quando, di
preciso, aveva
cominciato a preoccuparsi dei pazzi di cui il bimbo amava tanto
raccogliersi
attorno?
Fu
un momento, un attimo, e improvvisamente una pallottola gli
arrivò
talmente vicino da costringerlo ad indietreggiare per proteggersi il
volto.
«Punto
debole…centro perfetto»
Due
uomini, tanto uguali da sembrare gemelli, entrarono nella visuale
del Presidente del Comitato Disciplinare. Indossavano quelli che
sembravano
costosi capi di sartoria comprendenti pantaloni neri e giacca dal
taglio
elegante e, per quello di destra, quello con le pistole, una camicia
bianca e
una cravatta allacciata severamente mentre, per quello di sinistra,
quello con
le spade vagamente ricurve, una camicia grigio chiaro semi slacciata.
«Hibari
Kyoya…» il sorriso sinistro del primo non
prometteva nulla di
buono «mio fratello dice che sei il Guardiano più
forte di tutti, è vero?»
«Perché
non lo provi tu stesso?» lo provocò il moro
rimettendosi in
posizione.
«Perché
non ne varrebbe la pena» fu la risposta, beffarda
«potrai anche
aver sconfitto i nostri uomini ma non sei minimamente
all’altezza di noi…non so
se mi spiego…»
«Il
tuo giapponese è decisamente pessimo» il sorriso
si era spento sul
viso di Hibari che sembrava del tutto intenzionato a morderlo a morte
«non ho
capito una parola di quello che hai detto».
«È
simpatico però!» rise il gemello che non aveva
ancora parlato (che
per comodità chiameremo Claudio) saltando sul muretto che
delimitava la casa
«magari sarà divertente…»
«Non
è permesso indossare una camicia così, a
Namimori» disse soltanto
Hibari lanciandosi avanti, imitato dai due che oltrepassarono il limite
che il
Presidente aveva imposto «Kamikurosu».
Un bacio
NLH
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Capitolo 18 *** Target 17# ***
I’ll bite you to death,
Tsunayoshi Sawada.
[Target 17#]
«Hai
finito?» la voce annoiata era l’unico suono, umano
se così lo si
può definire, che riempiva il corridoio del sesto piano
interrato. Perché i
lamenti, i guaiti, le grida di pietà e, per la maggior
parte, i deliri del
dolore dei corpi che lo circondavano non potevano certo essere definiti
suoni
umani; più animali si direbbe. E nemmeno le grida di
Sasagawa, Mukuro, aveva
intenzione di definirle umane. Da bambino capriccioso, piuttosto.
Ed
è risaputo che i bambini siano una specie a parte.
«Non
è possibile che siano già tutti fuori
combattimento!!» stava
gridando il Guardiano del Sole, afferrando i primi che gli capitavano a
tiro,
quelli che sembravano avere ancora la forza di muovere un braccio o
anche solo
un dito «avanti! Io non mi sono divertito per
nulla!!»
Mukuro
sospirò mentre, con noncuranza, schiacciava la mano del
corpo su
cui era comodamente seduto con l’estremità del
tridente, godendosi i gemiti di
dolore di quell’insulso essere che aveva osato macchiargli la
sua amatissima
giacca. Una macchia di sangue proprio sull’alamaro
d’argento purissimo di
sinistra. Un affronto che aveva fatto pagare caro. E meno male che
quell’essere
decerebrato aveva con sé il portafoglio.
Ultimamente
le lavanderie costavano un occhio alla testa.
«Guarda
che se continui a malmenarli poi non si alzerà
nessuno»
commentò con ovvietà rivolto a Ryohei, nel vano
tentativo di infilare un po’ di
sano sale in zucca all’altro «se magari li lasci
riposare un po’ si alzeranno
da soli».
«Che
stupidaggini» fu la risposta gridata come se fosse
dall’altro capo
del corridoio quando in realtà era giusto lì di
fianco «io mi alzo sempre per
combattere, specie se qualcuno mi butta a terra!!»
«Ecco…appunto…»
riprovò Mukuro con un po’ di tatto, insolito ma
assolutamente necessario per evitare altre catastrofi «ci
tengo a farti notare
che…»
«EHI!!!»
gridò nuovamente, il volume portato a decibel superiori a
quelli mai raggiunti, se non altro parlando di quella giornata
«ma cosa diavolo
sta succedendo là fuori!?»
«E
cosa vuoi che ne sappia?» sibilò irritato il
Guardiano della Nebbia,
profondamente scocciato di essere stato nuovamente interrotto da
quel…
Un’improvvisa
fonte di potere, proveniente direttamente da sopra le
loro teste, costrinse -ancora una volta per la miseria!!!- Mukuro a
perdere il
filo dei propri pensieri e a concentrarsi su qualcos’altro.
Cos’è che aveva
detto il maniaco della boxe? Cosa stava succedendo fuori?
Attivò
immediatamente la fiamma dell’anello e spinse le proprie
percezioni sui piani superiori, fino a raggiungere l’esterno.
Era il caos:
uomini che fuggivano come impazziti improvvisamente, le porte e ogni
singola
apertura sprangate da una barriera di origine differente da quella che
lui
stesso aveva eretto, ore prima, a difesa della casa. Era come una
pellicola
tiepida e aranciata che, nonostante sembrasse sottile come un foglio di
carta,
non lasciava entrare nessuno. C’erano due uomini,
perfettamente identici l’uno
all’altro se non fosse stato per i pochi lividi che
deturpavano la parte destra
del viso di quello che brandiva le spade e il lungo strappo nella
camicia
dell’altro.
C’era
Hibari, in piedi sul vialetto, in posizione d’attacco e con i
capelli arruffati. Sulla guancia scendeva, copioso, un rivolo di sangue
rosso
brillante proveniente da una ferita alla fronte.
L’espressione tra l’irritato a
morte, il sorpreso e un non so che di…qualcosa che Mukuro
non riuscì ad
identificare.
Di
fronte a Hibari, dandogli le spalle e tenendo il volto rivolto verso
i gemelli stava, Tsunayoshi Sawada. Il mantello, slacciato, sventolava
nella
brezza fredda, i capelli, già folti e arruffati di loro,
venivano sconvolti da
una fiamma che sembrava avere origine proprio dalla fonte di
quest’ultimo. Le
mani calzavano dei guanti metallici sui quali dorsi spiccavano due
sottili
cupole a protezione di elaborate decorazioni che formavano una X
argentata.
Mani
dalle quali eruttavano pure fiamme arancioni.
Niente
di tutto quello, il Guardiano della Nebbia, aveva lasciato
trasparire, costringendo quello del Sole e rincorrerlo al massimo della
propria
velocità perché, dopo essere impallidito
improvvisamente, Mukuro aveva avvolto
il proprio corpo da una spessa coltre di nebbia che lo avrebbe condotto
direttamente fuori dalla casa, al fianco del Guardiano della Nuvola,
ancora
immobile.
~×~
Le
urla e la confusione che, lo sentiva perfettamente nonostante le
pareti spesse e la lontananza dei colpi, facevano rimbombare la casa lo
stavano
mettendo sempre più in agitazione. Da quando quei pazzi
scatenati
(letteralmente!! Adesso capiva per quale motivo Reborn li avesse
lasciati tutti
a casa portandosi dietro solo quelli che era certo di poter
controllare) si
erano buttati a capofitto in una battaglia assurda. Con a capo un
estraneo
venuto dal futuro. Che si spacciava per il Decimo.
Poteva
esistere forse una situazione peggiore?
Un’altra
scossa fece vacillare il Decimo Cavallone e i presenti,
portando Lambo, terrorizzato, tra le braccia di Romario mentre un
Kusakabe
piuttosto in imbarazzo cercava inutilmente di calmare Fuuta.
«Boss»
lo chiamò Romario, che fino ad un momento prima aveva legato
ed
ordinatamente ammucchiato i corpi privi di conoscenza degli uomini che
li
avevano attaccati «cosa facciamo?»
Dino
si morse un’unghia mentre accarezzava distrattamente Enzio,
nascosto nella sua tasca.
«Sembra
che gli scontri in casa siano finiti» commentò
Kusakabe
«evidentemente a nostro favore, altrimenti ci saremmo
ritrovati con un esercito
qui sotto…»
«I
Guardiani sanno fare il loro lavoro meglio di quanto
sperassi…»
rispose a propria volta l’italiano «ma fuori non
è ancora finita e…» le
sopracciglia del biondo si accartocciarono di preoccupazione
«se sento bene si
sono unite due forze al combattimento contro Hibari…e mi
preoccupa…»
«Hibari-san
è il più forte» obiettò
Fuuta tremante, sfogliando il libro
delle Classifiche «ma ora piove…non lo so
più…»
«Ma
cosa diavolo stanno facendo tutti quanti!?» esplose Dino
portandosi
entrambe le mani alla testa «potrebbero morire là
fuori da soli! Non sappiamo
nemmeno cos-»
«Boss…»
Romario aveva improvvisamente portato gli occhi, socchiusi dalla
concentrazione, verso il soffitto «non lo sente?»
Dino
aggrottò le sopracciglia e lo imitò, tendendo le
orecchie.
«Nomi
pare ci sia niente di divers-» s’interruppe
nuovamente, capendo.
Romario non parlava di un rumore. Parlava dell’improvvisa
nascita di una Fiamma
dalla potenza spropositata, mai avvertita prima. Una Fiamma del Cielo.
Una
Fiamma incredibilmente nostalgica.
Una
Fiamma che, inspiegabilmente, gli faceva venire in mente un paio di
occhi miele scuro non ben identificati. Una Fiamma che aveva qualcosa
in comune
con il Nono. Incurante dei possibili pericoli ancora presenti
all’esterno, dei
bambini che si aggrapparono a Romario e Kusakabe che, a loro volta,
avevano
imitato il Boss Cavallone.
Incurante
di tutto e soprattutto di andare a sbattere ad ogni parete,
Dino Cavallone, si precipitò fuori dalla palestra a rotta di
collo,
destinazione piano terra, esterno. Fonte della Fiamma.
~×~
«Quanto
ci manca ad arrivare?» la voce concitata di Gokudera non
aiutava certo i poveri piloti, già minacciati da una
improbabile -ma verissima-
pistola verde. Per non parlare ovviamente del ragazzo sorridente che
faceva
dondolare una spada -palesemente vera pure quella- come fosse un
giocattolo. E
della donna che aveva fatto sciogliere la serratura della porta della
cabine di
comando con una torta!?
«S-saremo
all’aeroporto tra meno di dieci minuti…»
ripeté, tremante, il
secondo pilota.
«È
troppo» sibilò l’italiano facendo
tintinnare minacciosamente la
catena che teneva attaccata alla cintura.
Reborn
gli scoccò un’occhiata prima di tornare a
rivolgersi ai piloti,
con uno sguardo ben poco rassicurante. Era perfettamente consapevole
che
l’aereo non poteva andare più veloce di
così, così come che presto il
carburante sarebbe finito e che a bordo c’erano donne e
bambini (anche uomini
ma questo non faceva la differenza) innocenti e che non sarebbero
dovuti
morire. Reborn lo sapeva, ma era anche preoccupato.
Da
qualche secondo riusciva a percepire le fiamme che erano raggruppate
a Namimori e, oltre alle solite a lui familiari, ne aveva percepite
molte
altre. Per la maggior parte deboli e che non avrebbero mai causato
alcun
problema nemmeno ad un Lambo addormentato e
frignante…figurarsi ai Guardiani
che erano rimasti a protezione della casa. No…Reborn non era
preoccupato per quello.
Reborn
era -leggermente- in ansia per le altre forze che sembravano
essere spuntate dal nulla. Per la precisione due di Fiamma Cielo e una
Nuvola.
E si trovavano tutte quante addosso ad Hibari.
Yamamoto
intercettò gli occhi preoccupati di Reborn e gli rispose con
un sorriso tirato. Anche lui le aveva percepite. Erano Fiamme
spaventose, se ne
era reso conto. E Hibari, per quanto forte, non sarebbe mai stato in
grado di
sopraffarle tutte e tre. Magari due sì, ma una di
quelle…
Anche
Gokudera sobbalzò, quando i suoi sensi percepirono delle
nuove
Fiamme. Bianchi teneva sotto controllo a situazione da ancora prima di
lui e,
sebbene non avesse lasciato trasparire nulla, cominciava a preoccuparsi
seriamente di non riuscire ad arrivare in tempo.
«Possibile
che questo trabiccolo non riesca ad andare più in
fretta?»
ringhiò nuovamente Gokudera sventolando un paio di bombe
sotto il naso
dell’hostess che si trovava alle sue spalle, terrorizzata
più che mai.
«Gokudera…»
lo richiamò Reborn, i sensi ancora tesi a cercare di
determinare se Hibari sarebbe riuscito a resistere fino al loro arrivo.
La
forza delle Fiamme cresceva in modo esponenziale e quella di Hibari,
invece,
era quasi del tutto scomparsa. Cosa diavolo stava succedendo?
Perché Hibari non
stava più combattendo!? Che fosse così gravemente
ferito da non permettergli
nemmeno di evocare un po’ di Fiamma in sua difesa?
Che
razza di mostri erano quei tre?
«Ci
deve pur essere un modo!!» la voce di Gokudera cominciava ad
assumere una sfumatura disperata. Capiva anche lui le implicazioni che
quelle
Fiamme avrebbero avuto per la Famiglia. Cosa diavolo stava facendo
Hibari!?
Perché non attaccava?
Con
il cuore in gola, Reborn prima di tutti, pregarono di arrivare in
tempo. Anche se ci sarebbero voluti altri dieci minuti.
Dovevano
fare in tempo.
~×~
Tsunayoshi
Sawada sapeva quello che poteva e non poteva fare. Dall’alto
dei suoi venticinque anni era a conoscenza del fatto che, in quella
battaglia
del passato, non avrebbe potuto, non avrebbe dovuto mettere mano, non
si sarebbe
dovuto schierare. Con andatura posata e volutamente lenta, faceva il
giro del
perimetro della casa per porre una barriera di Fiamme, del Cielo, di
modo da
bloccare qualunque ulteriore ingresso da parte dei Ferro e per evitare
che
quelli già presenti, i pochi fortunati ancora non incappati
nella furia dei
Guardiani ai piani di sotto, uscissero.
Osservò
con la dovuta calma Hibari combattere e vincere ogni uomo che
gli si parava davanti senza uscire dal perimetro della casa e gettarli
con
precisione chirurgica dall’altra parte della strada. Hibari
Kyoya non sarebbe
cambiato con il tempo, si disse con un lieve sorriso, sarebbe sempre
stato in
grado di cavarsela da solo, proteggere tutti anche senza darlo a
vedere, e
tornare in tempo per la cena senza aver nemmeno la necessità
di una doccia o
cambiarsi d’abito.
Molto
comodo considerato che Tsunayoshi non aveva mai imparato a far
andare una lavatrice senza incappare in qualche disumano errore, come
confondere l’ammorbidente con il detersivo per i piatti, che
gli era già più
familiare.
Quello
era e sarebbe stato Hibari. Il suo Kyou-kun, si corresse con una
risatina, dispiaciuto dal fatto che il suddetto non potesse sentirlo.
La sua
reazione era stata veramente comica. Chissà cosa sarebbe
successo quando
avrebbe ricordato, perché era certo, se lo ricordava bene,
tutto era cominciato
durante la battaglia del Futuro e, quindi, a quel momento della sua
vita del
passato, lui e Kyou-kun… Tsunayoshi sorrise nel vedere il
suo Guardiano
incitare, minacciare di mordere a morte per il mancato coraggio, i
nemici che
erano rimasti fermi all’esterno del cortile.
Lo
aveva visto incitare, vedersi insultare, i suoi avversari e vincere
su tutti. A poi aveva visto quei due. I due gemelli. Dal futuro aveva
sentito
racconti di quei due. Claudio e Mario, i fratelli diabolici,
così li
chiamavano. Uno della Fiamma del Cielo e l’altro della Nuvola.
Tsunayoshi
osservò con ansia sempre più crescente i due
uomini
avvicinarsi ad Hibari e attaccarlo in un momento in cui era sembrato
distratto.
Lo vide indietreggiare di un passo e pararsi il viso. Li vide invocare
le
Fiamme e andare all’attacco.
Quello
con le spade e la Fiamma del Cielo, Claudio, si lanciò su
Hibari
che schivò agilmente i colpi ricambiandoli con un solo tonfa
mentre, l’altro,
rimaneva a bordo del cortile ad osservare lo scontro. Possibile che
volesse
lasciar fare tutto al fratello? Hibari tenne sotto controllo il tizio
con le
pistole (che sempre per comodità chiameremo Marco) cercando
contemporaneamente
di tenere disimpegnato un tonfa in caso di attacco improvviso da parte
di
quest’ultimo. Ora sì che si cominciava a
ragionare. Quelli erano avversari con
cui valeva la pena battersi. Con un sorriso sadico il Presidente del
Comitato
Disciplinare si fece avanti.
Tutto accadde in pochi
secondi.
Nel momento stesso in cui
Hibari parò due colpi contemporaneamente, provenienti da due
direzioni diverse,
il gemello fece la sua mossa. Quattro colpi di pistola, potenziati
dalla Fiamma
della Nuvola, vennero sparati contro Hibari. Caricati della
proprietà di
propagazione della nuvola furono almeno un centinaio di proiettili a
raggiungere le due figure combattenti al centro del cortile. Claudio,
che
evidentemente si aspettava quella mossa, si era preventivamente
allontanato
dopo una finta e i proiettili puntavano solo su Hibari.
Il Guardiano riuscì a
schivarne una buona parte con facilità e ne parò
altrettanti. Solo uno di essi,
nascosto dietro altri, riuscì a penetrare la sua difesa. E a
colpirlo di
striscio alla tempia sinistra facendogli scendere un rivolo di sangue.
Tutto accadde in pochi
secondi.
Una Fiamma esplosiva addensò
l’aria costringendo i presenti ad accasciarsi a terra a causa
del suo peso. E
solo due parole, calme, fredde e furibonde allo stesso tempo.
«X
Burner».
Bon, signori e
signorine mie. Direi che…siamo arrivati ad un buon punto, no?
Voglio
dire…capitolo 17…non ho ancora piantato in asso,
ho un po’ di cap già pronti,
mi sto divertendo un casino a scrivere e la storia sembra (enfatizzate
un po’
il sembra) essere apprezzata. Cosa posso chiedere di più?
Non lo so…magari che
finalmente quei due idioti dei giovani Hibari e Tsuna si diano una
mossa!?!?
Sì, lo so che
sto scrivendo io, ma insomma…questo non toglie che non vedo
l’ora, quanto voi
immagino, che quei due si diano da fare fottendosene di tutto e tutti,
no?
Ecco, appunto.
E speriamo
succeda presto (me si mette a sgranocchiare qualcosa ignorando
volutamente il
fatto che, se non si mette a scrivere, tutto quello che desidera non si
realizzerà mai)
Un bacio
NLH
|
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Capitolo 19 *** Target 18# ***
I’ll bite you to death,
Tsunayoshi Sawada.
[Target 18#]
«Ah! Che stupido! Ci sei
cascato in pieno!!» Claudio era indietreggiato
per permettere al
fratello -sapeva che si sarebbe comportato così, mai che gli
lasciasse tutto il
divertimento per sé-, di portare a termine il proprio
attacco.
Hibari
era stato colpito, certo, di striscio, ma era pur sempre stato
colpito e ora non sarebbe più stato tanto divertente.
«Certo
che potevi lasciarlo a me…» si lamentò
comunque, forza
dell’abitudine, Claudio in direzione di Marco.
«Mi
stavo annoiando e tu ci stavi mettendo troppo» rispose
l’altro,
serafico «e poi mi pare anche che tu sia stato
colpito…»
Claudio sgranò gli occhi
interrogativo e si tocco il volto, rendendosi conto solo in quel
momento di
sentire un dolore nemmeno troppo sordo. Hibari era riuscito a colpirlo
nello
stesso momento in cui si era lasciato distrarre dall’attacco
del gemello.
Però…abile il ragazzino.
«Parla per te…» lo rimbecco lasciando cadere la mano dal
volto e scoccando un’occhiata al vetriolo al gemello, di
solito perfetto «sei
tu quello che non ha visto che mirava
a te. Se fossi stato un po’ più attento a
quest’ora la tua camicia sarebbe
ancora intera».
C’era stato un momento in
cui il combattimento si era spostato vicino a Marco e Hibari aveva,
astutamente
dovette riconoscerglielo, cercato di colpirlo.
«Adesso finiamola» Marco sembrava, se possibile, ancora
più
annoiato del solito «fallo
fuori e poi occupiamoci di quelli dentro».
Claudio ridacchio e mosse
qualche passo verso il Guardiano che si era già rialzato e
aveva ripreso la
posizione d’attacco, irritato morte e con il profondo
desiderio di, non
morderli, ma sbranarli a morte. Letteralmente.
«Scusa tanto»
fece Claudio alzando la lama percorsa
dalla Fiamma le Cielo «ma
come vedi siamo un po’ occupati».
E calò il bracciò con tutte
le proprie forze.
~×~
Nel momento in cui Marco
aveva sparato contro Hibari, Tsunayoshi, non era più stato
in grado di rimanere
impassibile come gli era solito.
Lo sapeva, si era ripromesso
di non fare nulla che potesse pregiudicare gli avvenimenti futuri con
la sua
presenza, lo sapeva, per la miseria!
E allora perché, si chiedeva
Tsunayoshi Sawada, perché nel momento in cui aveva visto
quel rivolo di sangue
scendere dalla tempia sulla guancia e, sempre più copioso,
sulla camicia
candida di Hibari, macchiandola di sangue vermiglio, non era stato in
gradi di
rimanere fermo e attendere che i Guardiani, che stavano risalendo in
superficie
lo sentiva, aiutassero quello della Nuvola?
Lo aveva visto cadere sulle
ginocchia a causa del dolore e disorientamento improvvisi e si era
precipitato
fuori, distruggendo la barriera che aveva così pazientemente
costruito. Se per
pazientemente si può parlare quando si tratta di quaranta,
cinquanta secondi.
Possibile che l’attaccamento
per lui fosse così forte anche nel passato?
Poi aveva visto quell’uomo
cercare di finirlo in quel momento di debolezza.
«E tu chi diavolo sei?»
Claudio osservò stizzito il proprio colpo andare a vuoto e
quello sconosciuto,
comparso dal nulla, rubargli la tanto agognata preda. Non bastava tutto
il
tempo che già aveva perso? Ci si doveva mettere
pure…
Se fosse stato possibile, e
in un certo senso per Claudio forse si sarebbe potuto dire
così, il pensiero
gli rimase bloccato tra una sinapsi e l’altra. Imitato dal
gemello, anche se in
modo meno evidente, sgranò gli occhi alla vista
dell’uomo che era comparso come
dal nulla.
A pochi passi di distanza da
lui c’era una persona che non aveva mai visto, ma avvolta da
un’inconfondibile
aura di potere. La stessa che avevano percepito quel
giorno…com’era possibile?
Si erano assicurati che non potesse essere più in grado di
nuocere. Cosa
diavolo stavano combinando quelli in Italia?
«Ehi, Marco…»
sibilò in
direzione del fratello, che gli si era avvicinato per vedere meglio.
«Lo so…»
mormorò lui, in
risposta, senza essere in grado di staccare gli occhi da quella figura.
In piedi, con il mantello
aperto e i vestiti mossi dal vento che lui stesso aveva creato nel
momento in
cui la barriera era stata distrutta, stava l’ultima persona
che si sarebbe mai
aspettato di rivedere. Marco, a differenza del fratello, aveva
riconosciuto
subito quella fiamma prorompente sulla fronte e gli X Gloves, come
sapeva di
poterli chiamare. E adesso non avrebbe fatto in tempo a reagire.
Cercando di richiamare il
più in fretta possibile le fiamme, gridando al fratello di
fare lo stesso,
impugnò le pistole cercando di colpirlo prima che lui
potesse colpire loro.
~×~
«Hibari!!!» il grido ansioso
di Dino si perse tra quelli di richiamo, più o meno educati,
che i Guardiani
stavano lanciando al loro compagno una volta emersi dai piani inferiori
della
Casa. Da quando Romario aveva percepito una variazione consistente tra
le auree
presenti in superficie, nemmeno un minuto prima, si era come reso conto
di
quello che stava effettivamente accadendo.
Non aveva alcuna importanza
se quel Sawada, o Wasada, per quel che ne sapeva lui, fosse o meno il
vero
Decimo. Lento, certo, ma aveva realizzato che quello che stava
succedendo là
fuori non era…una scampagnata tra amici. Si stava
combattendo una dura
battaglia e lui non era al fianco dei suoi alleati; Decimo o meno.
Era stato con uno scatto che
aveva agguantato Lambo, messo KO da niente poco di meno che
sé stesso,
inciampando durante i festeggiamenti per la sua strabiliante vittoria,
e si era
precipitato fuori dalla Palestra, seguito da un imperturbabile Romario,
ormai
abituato alle stranezze del suo Boss, e da un sempre più
perplesso Kusakabe,
che aveva preso in braccio un Fuuta mezzo addormentato; la pioggia non
gli
faceva mai troppo bene. Si era messo a correre a rotta di collo su per
le
scale, incrociando un Mukuro altrettanto ansioso di uscire e
controllare la
situazione lui stesso e un Sasagawa alquanto serio che cercava di non
perdere
di vista il Guardiano della Nebbia.
Ed era stato nello stesso
momento in cui si era trovato fuori dalla porta d’ingresso,
stranamente divelta
per metà e costantemente incalzato dal tridente di un Mukuro
ben poco propenso
a cedergli la prima posizione, che lo aveva visto. Sawada Tsunayoshi,
presunto
Decimo del Futuro, si trovava a pochi passi da quello che riconobbe
come
Claudio, ben presto raggiunto dal
gemello, e dava loro le spalle. Con occhi spalancati vide
Hibari,
immobile ma apparentemente illeso, se si voleva escludere del sangue
sulla
tempia, e cosciente.
Sawada teneva le mani,
guantate da metallici guanti che gli stavano risultando stranamente
familiari
ma incapace di collocarli, sulle spalle del Guardiano della Nuvola e
aveva il
viso vicinissimo al suo mentre sembrava gli stesse sussurrando
qualcosa. Dino
si limitò a registrare con incredulità la scena
non riuscendo a fare altro
prima che, il Decimo, si scostasse da un Hibari, sempre immobile e
imperturbabile, per voltarsi in direzione dei gemelli.
«È da un po’ che non
ci
vediamo…» fece Claudio, sguainando le spade con
tutta l’intenzione di attaccare
per primo «anche se forse non è quello che dovrei
dire…»
«Cosa ci fai qui?» fu invece
la domanda di Marco, ben più in guardia del gemello anche se
ugualmente
strafottente «non dovresti essere in Italia?»
Dino e Mukuro poterono quasi
vedere il sorriso pacato e
sarcastico
allo stesso tempo di Sawada, lo stesso che avevano avuto modo di notare
e,
stranamente, memorizzare…erano veramente pochi minuti prima?
Nonostante l’uomo
desse loro le spalle. Solo Sasagawa, ignaro delle elucubrazione che
stavano
frullando nella mente dei due, fissava la scena con un livello di
confusione
che stava raggiungendo livelli mai raggiunti. Ma come facevano a
conoscersi
quei tre?
«Evidentemente in Italia non
è che abbiano fatto poi questo gran lavoro, non vi
pare?» stava intanto
rispondendo Tsunayoshi «in fondo cosa ci si poteva aspettare
da gente tanto
stupida da aver veramente pensato di potersi mettere in mezzo tra
Xanxus e la
sua vendetta, per non parlare di Mammon e dei soldi» sorrise
affabile «chi è
che doveva supervisionare, tanto per sapere…?»
«Tuo cugino
è un coglione» disse solamente Marco,
senza nemmeno
guardare il fratello «ricordami di
ucciderlo quando torniamo indietro».
«Guarda che
è anche cugino tuo» ribatté
Claudio sulla difensiva,
anche lui senza perdere d’occhio Sawada «e
a questo punto direi anche che è inutile farlo
fuori…»
«In effetti ci
hanno pensato i Varia» li informò
allegramente
Tsunayoshi, tra i sorrisini involontari per tanta sfacciataggine da
parte di
Mukuro e, anche se venato da preoccupazione, Dino, gli unici oltre a
Romario ad
aver capito. In effetti, si trovò a riflettere il Boss
Cavallone, stavano
parlando in italiano. Anche Mukuro osservava la scena con un misto di
divertimento, per la risposta arguta di Sawada, e confusione.
Tutti loro, i Guardiani per
lo meno, si erano fidati di quello sconosciuto che affermava di essere
il
Decimo e vederlo discutere a quel modo con i due Boss…
«Tu dovresti essere morto»
sibilò Marco, senza più preoccuparsi di farsi
capire da tutti, tornando al giapponese
«e senza questo aspetto».
«Vedila così»
alzò le spalle
Sawada «in Italia ci sono stati non pochi problemi: chi
doveva definitivamente
farmi fuori è stato eliminato, prima ancora che potesse
partire a prendermi, e
voi avete fatto tutta questa fatica per niente».
«Cosa diavol-» Claudio non
fece in tempo ad aggiungere altro che Sawada aveva teso una mano di
fronte a sé
e un’altra alle proprie spalle.
«Mi dispiace» sorrise mentre
i due gemelli si lanciarono nella sua direzione presi alla sprovvista
ma
comunque sempre pronti a cercare di colpirlo per primi «ma
non mi rimane più
molto tempo» pensò mentalmente, in una frazione di
secondo, che nel giro di
poco, anzi pochissimo, sarebbe tornato alla sua realtà.
«X Burner»
E l’ultima cosa che Sawada
Tsunayoshi vide, in quell’epoca, fu il volto sgomento di
Hibari che non si era
ancora mosso. Sawada gli aveva sorriso prima di sentire il familiare
strappo
allo stomaco e percorrere a ritroso quel tunnel colorato che lo aveva
condotto
nel passato.
Dal suo Kyou.
~×~
Nel momento stesso in cui
quella fiamma del Cielo, talmente pura e luminosa che li costrinse a
chiudere
gli occhi e a non vedere dove sarebbero andati a sbattere, Gokudera,
Yamamoto
con Reborn sulla spalla e Bianchi si erano buttati dall’aereo
che era riuscito,
sotto previa sollecitazione, a percorrere a ritroso il tratto che aveva
precedentemente fatto per andare in Italia.
Ancora sospesi nell’aria, i
paracadute che avevano fregato alle hostess si erano appena aperti,
videro
un’enorme fiamma spazzare via quelli che sembravano i
rimanenti membri della
Famiglia Ferro, senza tuttavia intaccare o anche solo rovinare una
casa, la
strada o qualunque oggetto si era ritrovato lungo la sua traiettoria.
Reborn si aggiustò il
cappello rendendosi conto della potenza e anche del totale controllo
che doveva
avere la persona che l’aveva avocata. Chi poteva essere?
L’unico alleato
utilizzatore di fiamma del Cielo era
Dino…però…c’era qualcosa di
totalmente
diverso rispetto a quello che il Boss Cavallone effettivamente era?
Possibile
che esistesse qualcun altro in grado di produrre una Fiamma del genere?
Il sentore che anche
Yamamoto potesse aver avuto la sua stessa illuminazione
diventò certezza quando
incrociò i suoi occhi. Possibile che l’ignoto
utilizzatore potesse essere il
Decimo che stavano cercando? Si era ritrovato nella battaglia e aveva capito d’istinto cosa fare?
«Che diavolo sta succedendo?»
Gokudera, decisamente più lento rispetto ai due, aveva
sgranato gli occhi,
imitato da una ben più pacata Bianchi, alla vista di quello
scempio di
avversari. Insomma, stava urlando nella sua mente il bombarolo, noi ci
affrettiamo a tornare e per poco non rischiamo pure di schiantarci al
suolo e
qualcun altro si occupa di quello che avremmo dovuto fare noi!!!
«Sta calmo fratellino» disse
solamente Bianchi, gli occhiali muniti di binocolo incorporato
– per una volta
Giannini si era dato da fare senza troppi casini – mentre
osservava quello che
succedeva a cento metri più in basso.
«Calmo?» sbraitò
l’italiano «come
diavolo posso stare calmo!?» con un gesto che
rischiò di farlo precipitare
indicò la situazione sotto di loro e spalancò gli
occhi «qui sotto si è
scatenata una specie di catastrofe naturale formato Fiamma e tu mi dici
di
calmarmi!?»
«Sta’ zitto,
Gokudera» la
voce pacata di Reborn bastò a fargli smettere di agitarsi
-con il solo
risultato di farli cadere tutti quanti a terra-
«c’è qualcosa che non mi
torna…»
«Chi è stato?»
chiese infatti
Bianchi mentre si preparava all’atterraggio, aggiustandosi
gli occhialini sul
naso e stringendosi i lacci attorno alle spalle.
«È esattamente quello che
voglio scoprire» sibilò Reborn assicurandosi alla
spalla di Yamamoto.
Credo di non
poter dire poi molto…sono settimane che non mi faccio
sentire.
Ma sono state
anche settimane senza la più assoluta speranza di accedere
ad internet o anche
solo accendere il pc!!!!! Traumatizzante!
Quindi posso
dire di avere tutte le scusanti del caso, oh!
Ma
l’importante è che sono tornata (seee, come no, ci
crediamo tutti) e che un
nuovo cap è stato scritto, non trovate?
*Me ridacchia
nervosissima nella speranza di non aver detto una cazzata che ha fatto
arrabbiare qualcuno*.
Quindi ci
vediamo al prossimo.
Si spera.
Ancora una
cosa. Mi dispiace tantissimo aver risposto così
frettolosamente (e male) alle
recensioni del capitolo scorso, ma è stato veramente
difficile questo periodo e
ho avuto pochissimo tempo per me.
Scusate ancora
e spero di non aver offeso nessuno.
Un bacio
NLH
|
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Capitolo 20 *** Target 19# ***
I’ll bite you to death,
Tsunayoshi Sawada.
[Target 19#]
«Non
azzardatevi a toccarlo nemmeno con un dito o la mia vendetta
sarà ESTREMA!!» Sasagawa si
piazzò a braccia spalancate, prima di prendere la posizione
di combattimento,
davanti al corpo inerte di un giovane Sawada Tsunayoshi, come avevano
il
piacere di poterlo chiamare ora.
Era passata solo un’ora da
quando i Guardiani, più Reborn e Bianchi, erano atterrati su
quello che era
stato il campo di battaglia tra la Famiglia Ferro e Vongola.
Un’ora da quando
avevano trovato i Guardiani rimasti di guardia (ripetizione ovviamente
voluta,
non pensate che sia perché non mi veniva una parola migliore
e mi mancava la
voglia di cercarne un’altra) che attorniavano lo stesso
ragazzino, quel Wasada,
che avevano trovato a gironzolare attorno alla loro base un paio di
giorni
prima.
Un’ora da quando i
sopracitati Guardiani rimasti non avevano permesso a nessuno dei nuovi
arrivati
anche solo di avvicinarlo.
Gokudera, seguito a ruota da
Reborn, anche se quest’ultimo lo mostrava decisamente meno,
sembrava pronto a
far fuoco su quelli che erano stati i suoi compagni. Anche se,
rifletté poi in
un momento di calma, non che questo fosse poi così diverso
dalla sua solita
routine, specie quando si trattava della Scemucca, del Shibakatama, del
Maniaco
Illusionista e del Bracco (ovviamente anche Il Pazzo Presidente Della
Commissione Disciplinare, ma questo non doveva essere assolutamente di
dominio
pubblico, altrimenti si sarebbe ritrovato messo proprio male).
No, quello ad essere del
tutto differente era altro.
Mukuro serio, ad esempio, che
sedeva accanto al corpo inerte del giovane incosciente, con il tridente
spianato e senza alcuna intenzione di lasciare il suo fianco per
spiegare il
suo comportamento, nemmeno per lasciare che Reborn, la loro guida si
può dire,
gli si avvicinasse, soprattutto per non permettere a Gokudera di fare
un altro
passo.
Lambo che stava appoggiato
alla pancia del ragazzo con l’espressione imbronciata, senza
lacrime, strilli o
capricci, che annuiva alle istruzioni di Mukuro sul non lasciar
avvicinare
nessuno con frasi della serie: “Ci penso io al
Decimo” e “ Sawada lo proteggo
io”.
-Chi diavolo ha
detto che sarebbe il Decimo?
E chi cazzo è ‘sto Sawada!?-
Poi c’era Sasagawa che
faceva da barriera naturale, piazzato tra il divano, su cui era disteso
il
giovane, e tutti gli altri. Il Boxeur urlava a più non posso
di non avvinarsi
al Decimo (ancora con ‘sto cazzo di Decimo? Ma di che diavolo
stavano
blaterando?) o la sua vendetta sarebbe stata ESTREMA (altra
ripetizione, mi sa
che sto diventando decisamente monotona).
E infine Dino che non aveva
smesso un attimo di balbettare di stare ad ascoltarlo, palesemente
ignorato da
tutti in ogni caso perché Romario e i suoi, tutti i suoi,
erano ancora
all’esterno a “parlare” con i Vindice
riguardo alla sorte dei pochi diavoli dei
Ferro sopravvissuti all’enorme esplosione di poco prima.
E
su quella, le Fiamme del Cielo che avevano
spazzato via tutti, magari Gokudera ci sarebbe ritornato poi. Ora
c’era una
faccenda ben più pressante a cui prestare orecchio (o un
paio di bombe ben piazzate,
fate un po’ voi). Cosa diavolo si erano messi in testa quegli
idioti? Il loro
comportamento era sconcertante. Possibile che nel breve tempo in cui
erano
stati lontani gli avessero fatto il lavaggio del cervello?
Ma quella non era l’unica
cosa a preoccuparlo. Un altro esempio sarebbe potuto derivare
dall’assenza di
Hibari. Non che fosse poi cosa strana, chiaro, ma il suo comportamento
fino a
quando non era scomparso nel nulla aveva lasciato scioccato
più d’uno, compresi
i Guardiani rimasti. La sua assenza e la presenza della giacca nera con
tanto
di fascia e guarnita da un Hibird sonnecchiante lasciata da Hibari
stesso a mo’
di coperta su Sawada, tanto per dirne una (e qui consiglio di
riprendere
fiato).
Perché quando Reborn e gli
altri erano atterrati, Hibari, si era immediatamente avvicinato al
giovane
svenuto e, coperto dagli altri, lo aveva preso in braccio per portarlo
dentro
casa, miracolosamente intatta, ed adagiarlo sul divano.
Ma fosse anche solo
questo!!! (che già gli aveva procurato un mezzo infarto da
solo).
No, c’era anche un’altra
cosa a preoccuparlo e farlo infuriare oltre ogni più
razionale misura e allo
stesso tempo con la capacità di confonderlo più
di tutto il resto. Più
precisamente un dettaglio che aveva notato proprio in quel momento,
mentre
riconosceva il proprietario della giacca.
«Quello
è l’Anello del Decimo!»
gridò incazzato indicando la
mano di Sawada, richiamando l’attenzione di Reborn e
Yamamoto, ancora troppo
occupati a fulminare Sasagawa per aver notato quel piccolo particolare
«come diavolo
vi siete permessi!?»
Gli occhi di Reborn
lampeggiavano di rabbia.
«Quindi l’aveva preso
lui?»
chiese, senza aspettare una riposta «oppure siete stati voi a
darglielo?»
questo voleva dire che i Varia non centravano niente?
«Reborn»…cercò
di attirare
nuovamente la sua attenzione, Dino «lascia solo che ti
spieghi, questo ragazzo
è-» non fece in tempo ad aggiungere altro che un
colpo ben assestato da parte
dell’assassino lo mise K.O.
«Adesso basta» la voce
dell’Arcobaleno ebbe il potere di bloccare tutti al proprio
posto, incapaci di
proseguire nella sequela di atteggiamenti assurdi e, soprattutto,
facendo
cadere il silenzio nella sala. Che in effetti era quello che Reborn
voleva; gli
aveva sempre dato sui nevi sentire troppo baccano.
«Come sarebbe a dire che
questo…» con fatica si costrinse a non ghignare
scettico «ragazzo sarebbe il
Decimo. È possibile sapere quello che è
successo?»
«È quello che cercavo di
dirti» Dino riemerse dai detriti in cui era stato scaravento,
tenendosi al testa
dolorante «all’inizio nemmeno io volevo crederci,
ma è così. Questo ragazzo è
il Decimo Vongola».
«Lo trovo
alquanto…improbabile» ribatté
lì arcobaleno, bloccando con una mano sul nascere
qualunque invettiva fosse saltata in testa al bombarolo. Aveva bisogno di
spiegazioni e chiarezza, non
casino e urla, decisamente.
«Sembra che sia stato lui a
prendere l’anello del Cielo, la notte in cui ha dormito
qui».
«Ma non era con Hibari?»
Yamamoto aggrottò le sopracciglia scettico, stringendo il
collo di Gokudera, in
modo da prevenire qualunque reazione
«com’è possibile che non se ne sia
accorto?»
«Sembra» cercò di
spiegarsi
Dino, insicuro delle parole da usare «che Hibari abbia una
specie di debole per
questo ragazzino. Non so spiegamelo nemmeno io» prevenne
qualunque ribattuta,
in particolare di Gokudera, che adesso era zittito e tenuto fermo anche da Sasagawa
«ma l’avete visto, no?»
«In effetti ha un
comportamento insolito da quando il ragazzo si è
presentato» Reborn continuava
a fissare scettico il giovane svenuto «sbaglio o ha passato
la notte con lui?»
«Ehm…» Dino si
schiarì la
gola imbarazzato, sotto gli sguardi perplessi di Sasagawa e Yamamoto
«credo non
letteralmente, cioè…sarà stato in
camera sua ma non credo che-»
«Cosa diavolo stato
farfugliando?» Gokudera scocciato si fece largo spingendo
finalmente di lato il
Maniaco della Boxe e tornando a riappropriarsi del diritto di respirare
«quello
che ora conta è: cosa diavolo ha fatto questo marmocchio per
rendervi così
tanto convinti che sia veramente il Decimo?»
Mukuro, insolitamente
rimasto fuori dalla conversazione ed essendosi astenuto fino a quel
momento da
battutine sarcastiche, insinuazioni e provocazioni a sfondo sessuale,
si alzò,
lascando il giovane nelle sole mani di Lambo.
«Non è esatto»
sogghignò «non
è che ne siamo convinti» fece una pausa
«lui è Il Decimo».
~×~
«Cioè, è arrivato
questo
tizio dal futuro che si chiama Sawada Tsunayoshi e lui è il
Decimo del futuro»
ricapitolò brevemente Yamamoto, soprattutto a beneficio
proprio e di Ryohei,
che si erano persi ad un certo punto della spiegazione «e lui
vi ha detto
tutto, o quasi…»
«Esatto» confermò
Dino «compreso
il fatto che gli era stata cancellata la memoria dai Ferro».
«Ma noi come facciamo a
sapere che tutto non è stato architettato dai
Ferro?» mai che Gokudera si
proponesse di cambiare idea.
«Tu non c’eri» Dino
scosse
la testa «anch’io all’inizio ho pensato
ad un inganno, ma poi l’ho visto»
sorrise incomprensibile «ho visto come combatteva per noi,
come i Guardiani e
qui Mukuro sogghignò enigmatico «hanno creduto in
lui e gli hanno dato fiducia»
tacque un attimo «non saprei spiegarlo, è come se
per me non ci sono più dubbi».
«Non mi sembra una
spiegazione chiara, stupido bracco» e mai che Reborn si
proponga di essere
gentile.
«Fatemi capire» Yamamoto
sembrava confuso «a me le parole confondono
solamente» Sasagawa lanciò un grido
di sostegno, misericordiosamente ignorato dall’Arcobaleno,
per fortuna del
primo «perché ti sei fidato?»
«Oltre al fatto che è
arrivato dal futuro, intendi?» Mukuro sospirò
«ma siete ritardati? Aveva
l’anello anche nel futuro! E una volta che è
tornato abbiamo scoperto che era
stato il Sawada della nostra epoca ad aver preso l’Anello, e
sembrava anche
sapere come usarlo, sebbene non l’abbia fatto. Quando
l’ha tirato fuori ho
avuto come l’impressione di aver sentito al sua
Fiamma».
«La domanda rimane» Gokudera
non credeva, e avrebbe continuato a non credere, che quel ragazzino
inetto
poteva essere il suo tanto adorato
decimo «come vi ha convinto? Ovviamente messo da parte il
chiaro lavaggio del
cervello che vi ha fatto».
«Gokudera» lo
avvertì Dino «tu
non c’eri ed è difficile spiegarlo a
parole».
«Provaci» lo sfidò
l’italiano, beffardo «credo di essere abbastanza
intelligente da capirlo, non
credi?»
«Adesso stai esagerando»
Sasagawa non aveva capito
proprio tutto, ma si rendeva conto che Gokudera stava esagerando in
qualche
modo «sei estremamente un
idiota!»
«Non dirmi che sono
un’idiota, Shibakatama!» saltò su
l’altro, i candelotti già alla mano, segno di
quanto si sentisse a disagio in quella situazione. E a ben ragione, a
detta
sua. Partiva un paio d’ore per l’Italia, senza
arrivarci peraltro, e quando tornava
trovava i guardiani più stupidi (perché la
Scemucca non poteva essere
altrimenti), infidi (Mukuro, stava urlando con questa definizione),
idioti (chi
altro oltre quel maniaco fissato della Boxe e con il complesso della
sorella?)
e sanguinari (ci vogliono forse spiegazioni?) -che erano rimasti
perché non
combinassero casini- che si stringono uniti sotto un’unica
bandiera, stile
Mangiamo-Una-Torta-Alla-Fragola-Tutti-Insieme! E poi si sentiva dire
che stava esagerando.
MA DOVE!?
«Smettetela voi due»
decisamente
a Reborn stava venendo il mal di testa a stare dietro alle loro liti
infantili.
«È stato lui
a cominciare!»
gridarono in
coro, facendo sospirare più d’uno e ridere Mukuro.
In fondo erano comici da
vedere.
«È stato come
se…» intanto
la voce di Dino era bassa, nel tentativo di riportare la scarica di
fiducia e
familiarità che aveva provato al contatto della Fiamma del
Sawada adulto «come
se l’intero Cielo mi stesse avvolgendo per distruggere le
false idee e le
illusioni in cui mi trovavo» fece una pausa imbarazzata per
la sviolinata che
aveva pronunciato «ecco…una cosa del genere
e…»
«Wow…» Yamamoto rise
ammirato «questa sì che è una
dichiarazione».
«Molto poetico, stupido
bracco» Mukuro ridacchiò «ma mi secca
dirlo…sono d’accordo, anche se ci avrei
messo meno romanticismo. Sai…Hibari potrebbe non essere
proprio d’accordo».
«Non dire stupidaggini!!!»
Dino arrossì, imbarazzato.
«Scusate» Reborn stava
riflettendo «non vi pare di aver già sentito delle
parole del genere?»
«Parole del genere?»
Sasagawa alzò gli occhi al cielo per riflettere
«intendi come il Cielo immenso,
illusoria vita e bugie che tengono in trappola?» fere una
sforzo «mmmmh…no, non
mi dice niente».
«Ma a me sì»
Gokudera stava
fissando Yamamoto, confuso «la profezia ritrovata dai
Varia».
La profezia, che era stata
bellamente accantonata da tutti perché trovata troppo
difficile da capire e
soprattutto senza un senso apparente, balzò traditrice nella
mente di chiunque
la ricordasse (Reborn e Gokudera, per chi fosse interessato).
Com’è che faceva?
Il giudizio che dal Mare sta per
essere emesso
Accompagna lo scrosciare agitato
del Tempo.
Questa Nuvola solitaria si
ricongiunge al Cielo immenso
La Pioggia che preannuncia la
Tempesta si fa sempre più forte
Lo stregone sogghigna nella sua
gabbia di Nebbia
Il Sole dorato quante volte si
trasformerà in Fulmine tonante?
Proviamo a porre fine a questa
illusoria vita.
Non piangere, distruggi questa
bugia che ti tiene in trappola
Imprimila a Fuoco nel tuo cuore
La promessa che non è
riuscito a
mantenere.
Vogliamo provare a porre fine a
questa falsa vita?
Questo banchetto decaduto si ripete
senza fine
Nessuno può difendersi dal
peccato
che gli scorre nelle vene
Tu quanta salvezza preghi di avere
nel tuo castigo?
«Il Mare immenso…»
mormorò
Reborn «lo scrosciare del Tempo. Come ho fatto a non pensarci
prima…?»
«E cosa diavolo vorrebbe
dire?» Dino e Sasagawa stavano ancora finendo di leggere la
copia che il primo
aveva in tasca fino a poco prima.
«Le prime due righe fanno
chiaramente riferimento ai Vongola e agli Arcobaleno» espose
Gokudera, che
effettivamente era giunto alla stessa conclusione, irritato per averci
messo
tanto.
«Okay» Dino sembrava
perplesso «e che vuol dire?»
L’occhiata scocciata di
Reborn non si sprecò, decisamente.
«Con la parola
“giudizio” si
fa riferimento sia agli Arcobaleno, che appaiono per guidare, e anche
al Tempo,
perché non appaiono sempre. Con Tempo però di fa
ovvio riferimento ai Vongola,
che continuano negl’anni, così come il Mare, la
sua casa naturale» fece una
pausa scocciata «è più chiaro,
ora?»
«Va bene» Yamamoto
alzò le
spalle «e il resto?»
«Le successive quattro righe
fanno riferimento ai Guardiani» Gokudera le rilesse, per
sicurezza «sono
menzionate tutte le nostre specifiche caratteristiche di fiamma.
Nuvola,
Pioggia, Tempesta, Nebbia, Sole e fulmine. Ovviamente anche il
Cielo».
«E che vuol dire?»
insistette Dino, in un modo che anche a Yamamoto sembrò
essere vagamente
irritante.
«Parla di loro in relazione»
rifletté Reborn «come se mettesse assieme alcuni
di voi. Parla della Nuvola che
si ricongiunge al Cielo» fece una pausa ispirata
«non è che tra Hibari e il
Decimo c’era qualcosa in sospeso?»
«Non dire stupidaggini,
Reborn!!» Gokudera sembrava sinceramente scandalizzato,
mentre qualcosa di
inspiegabile lo costringeva a prendere in considerazione
l’idea. E a
rabbrividire, sempre senza uno specifico motivo.
Mukuro alzò le spalle, divertito
dall’idea che Hibari e quel ragazzino potessero essere in
relazione in un
qualunque modo. Magari poteva sprecare un po’ di tempo a
spiare il Guardiano
della Nuvola, si sarebbe potuto ricavare qualcosa
d’interessante, no?
«Poi parla di te, Gokudera»
disse, malizioso «e…oh, in relazione con la
Pioggia» rise molto più forte «non
è che te la fai con Yamamoto?»
«Cosa
cazzo dici!!!?» cominciò a
sbraitare l’italiano, rosso
come un pomodoro maturo, lanciando tutto quello che gli capitava per
mano,
comprese la credenza alle sue spalle e i cuscini della poltrona.
Stranamente le
dinamiti vennero tutte dimenticate nelle tasche.
Yamamoto arrossì, ma non
disse niente, trovando stranamente piacevole quella
possibilità.
«Poi parla di Mukuro che
sogghigna» continuò Reborn, decidendo volutamente
di ignorare la confusione e
guardano il sopracitato Guardiano, mentre schivava con nonchalance
qualunque
oggetto, contundente o meno, che Hayato gli lanciava contro
«e lui sogghigna,
mi pare tutto regolare».
«E per quanto riguarda
Sasagawa e Lambo?» chiese Dino, un po’ meno
insistente, in quanto stava
finalmente cominciando a capirci qualcosa. Giusto un poco.
«Dice che si trasforma»
rifletté l’Arcobaleno, osservano i due in
questione.
Ryohei stava gridando tutto
esaltato mentre Lambo imitava il suo esempio.
«Credo si riferisca al loro
comportamento. Non trovi e Sasagawa diventi un bambino quando fa
così?»
«Ma sai che non è una
deduzione del tutto scema?» Reborn spalancò la
bocca ammirato «me ne compiaccio».
«Reborn!!» sbraitò
il Boss
Cavallone, sentendosi molto sottovalutato.
«Va bene, okay» Gokudera
sembrava essersi finalmente calmato (e aveva finito gli oggetti da
lanciare) «ma
il resto?»
«Fa riferimento alla
situazioni in cui ci troviamo» rispose immediatamente Reborn,
l’unico ad averla
capita tutta, fortuna che c’era almeno lui, altrimenti
sarebbero stati tutti
perduti «parla di illusoria vita, bugie e punizioni. I Ferro
al loro l’hanno
già avuta, mi pare».
«E la parte dell’imprimere a
Fuoco nel proprio cuore» chiese Dino, rileggendola tutta e
trovando quell’unico
punto ancora oscuro.
«Si dice che gli Anelli
mantengano la memoria dei loro possessori e della dinastia dei
Vongola» fece
Reborn pensieroso «se così fosse le memorie del
Decimo, anche se cancellate
dalla mente, potrebbero essere rimaste nell’Anello»
Yamamoto alzò le spalle
mentre Dino rifletteva su quelle parole.
«In altre parole dovremmo
chiedere all’Anello? E come si fa? Non è
che-»
Per fortuna di tutti, Reborn
mise a tacere il delirante discorso del Boss Cavallone.
«Quello che il bimbo
intendeva, forse» Yamamoto lanciò
un’occhiata a Reborn, che gli fece cenno di
continuare «è che dovremmo far in qualche modo
confrontare il ragazzo,
Tsunayoshi Sawada, con l’Anello, ho capito bene»
«In un certo senso»
confermò
l’Arcobaleno «c’è un solo modo
per farlo».
«Quale?» chiese Yamamoto,
eccitato suo malgrado e già pronto ad accettare quanto
sarebbe potuto accadere.
«C’è solo un modo
per saper
con certezza se lui è il vero Decimo o meno»
Reborn, il solito ad avere tutte le
risposte, si fece avanti ad esporre l’idea che gli era venuta
«se quello che
c’è scritto nella profezia è vero, e se
noi l’abbiamo interpretata bene, rimane
solo una cosa da fare».
«E quale?» ripeté
Gokudera
imbronciato, alla fine era rimasto l’unico scettico della
situazione.
«Fargli emettere la Fiamma
del Cielo, mi pare ovvio»
Oh! Finalmente
si è scoperto cosa mai volesse dire quella manfrinata a rima
scarsa di qualche
capitolo prima.
*Me molto
soddisfatta per aver trovato in extremis un significato alla boiata da
me
scritta tempo fa*
E adesso
vediamo un po’ come va avanti, che qui non si vede
l’ora che arrivi la fine,
no?
Ahah
Giusto per
evitare di morire senza sapere se quei due si danno una mossa o
continueranno a
guardarsi male da lontano.
Un bacio
NLH
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Capitolo 21 *** Target 20# ***
I’ll bite you to death,
Tsunayoshi Sawada.
[Target 20#]
«Si sta svegliando» Chrome,
tornata da un paio d’ore perché Mukuro aveva
esaurito la forza, stava seduta
accanto al divano dove Sawada dormiva ancora, la schiena appoggiata ad
un
bracciolo.
Dino, che era rimasto a
camminare avanti e indietro nella sala, aspettando che Romario finisse
di
spiegare a Reborn quello che avevano appena appreso dai Vindice e dai
nuovi
“amici” che si erano fatti nella Yakuza, grazie a
Kusakabe, si precipitò al suo
capezzale.
Era passato un giorno
dall’attacco dei Ferro, e il ragazzo era rimasto incosciente
per ventisei ore.
Yamamoto era tornato a casa
quasi subito, con la scusa di dover avvertire Spanner, Shouichi, Haru e
tutti
gli altri su quello che era successo. Aveva bisogno di riflettere su
quanto era
venuto a conoscenza quel giorno, fare un po’
d’ordine.
Gokudera l’aveva imitato
pochi secondo dopo, sbattendo la porta e rimanendo tutta la notte fuori
dalla
casa per un non si sapeva nemmeno bene precisato motivo, prima di
sparire alle
luci dell’alba.
Lambo era stato portato a
casa da Bianchi e Kusakabe ne aveva approfittato per andare alla
ricerca di un
Hibari Kyoya, sparito nel nulla.
Sasagawa aveva passato la
notte accanto a Tsunayoshi per poi andare a scuola, a differenza dei
suoi
amici, affermando che sarebbe tornato verso sera, alla fine degli
allenamenti
del club.
La casa era rimasta deserta,
e l’unico rumore che si era sentito fino a quel momento, era
stato lo
sferragliare di Giannini che cercava di aggiustare ciò che
era andato distrutto
nella battaglia.
«La mia testa…» il
ragazzo
borbottò qualche lamentela mentre cercava di alzarsi,
sorretto da Dino, un po’
impacciato «dove diavolo mi trovo?»
«Ehm…»
cercò di dire
qualcosa il biondo, indeciso se rivelare tutto subito o aspettare
l’intervento
di Reborn.
Fortunatamente fu
quest’ultimo a decidere per lui, presentandosi
all’ingresso.
«Era ora» disse solamente,
lasciando aperta la porta in un chiaro invito a seguirlo
«sbrigati che è
arrivato anche Iemitsu».
Dino abbassò lo sguardo e
aiutò il ragazzo ad alzarsi in piedi. Non poteva vedere la
sua espressione, ma
era certo che sarebbe stata sconcertata, per non dire confusa. Era la
seconda
volta che finiva nel futuro e si trovava immischiato in una battaglia
che non
sapeva di aver scelto. Dino si chiese che tipo di Decimo potrebbe
essere stato,
prima di perdere la memoria.
Perché ora ne era certo.
Tsunayoshi Sawada doveva
essere stato il Decimo Boss Vongola.
«Lui è Iemitsu»
Reborn lo
presentò non appena il giovane si sedette, un po’
incerto, in cucina, imitato
da Dino «Sawada Iemitsu» sottolineò,
sbirciando la reazione dei presenti da
sotto la falda del cappello.
Vide Tsunayoshi sussultare,
in una pallida imitazione del salto che aveva fatto poco prima Iemitsu,
quando
gli aveva rivelato la vera identità del giovane che avevano
raccolto giorni
prima.
Tsunayoshi Sawada.
«Piacere» mormorò il
ragazzo, alzando di poco la testa.
L’uomo biondo seduto
dall’altra parte del tavolo sembrava quasi sul punto di
scoppiare in lacrime, e
Tsuna non credeva fosse per il fatto che qualcuno aveva cominciato ad
affettare
delle cipolle. L’aveva notato anche lui.
Sawada.
«E così» lo
sentì dire,
magari con una nota di esitazione nella voce «tu saresti il
sedicente Decimo
Vongola»
«Così dicono»
mormorò
ancora, fissando il tavolo «anche se a farlo è
stato-è stata una persona del
posto in cui sono finito prima, alla fine del tunnel
colorato» scosse la testa,
come se facesse fatica a comprendere tutto.
«Parli del Futuro?» Reborn
notò con piacere lo sconcerto sul volto del giovane Sawada
«perché e lì che sei
finito, nel caso te lo stessi chiedendo…»
«Futuro…»
stranamente docile
ripeté la parola, scrollando le spalle «vorrei non
crederti -sarebbe troppo
assurdo- eppure…» si morse un labbro.
«Non puoi fare a meno di
credere alle mie parole, vero?» Reborn sembrava soddisfatto
«come mai?»
«Che domande sono?» Dino
faceva fatica a capire il motivo per cui Reborn sembrava
così compiaciuto per
una cosa del genere.
«Mi crede» affermò
l’Hitman.
«E quest’affermazione
dovrebbe chiarirmi qualcosa?» chiese, scettico.
«Non capisci niente» fu la
cortese replica dell’Arcobaleno, prima di rivolgersi
nuovamente a Sawada «perché
mi credi?» ripeté, impaziente.
«Non lo so» gli occhi del
ragazzo esprimevano una curiosa via di mezzo tra lo sconcerto e la
sicurezza «sento
che è vero» fece una pausa «e poi avevo
avuto come l’impressione che…»
«Che…cosa?»
incalzò
nuovamente Reborn.
«Quello che mi ha
detto…della faccenda del Decimo» sembrava facesse
fatica a trovare le parole «si
chiamava come uno di voi, sembrava solo più grande. E anche
tu» indicò Dino con
un cenno del capo «c’eri anche tu. E quello con i
capelli argentati. Mi
chiamava “Juudaime” e stava quasi per
piangere» s’interruppe un’altra volta,
scettico «vorrei veramente non crederci,
ma…»
«Gokudera in lacrime» anche
Dino non sembrava molto convinto «questo sì che
è strano»
«Quindi…» Reborn
voleva
tirare le somme «nel Futuro tu sei il Decimo».
Tsuna annuì.
«Per me può bastare»
Iemitsu
si alzò in piedi, il viso improvvisamente nascosto dal
capello che aveva tirato
fuori da chissà dove «procedi come meglio credi,
Reborn. In nome del Nono ti do
carta bianca» guardò ancora per un attimo il
giovane Sawada e se ne andò in
fretta.
«Bene» Reborn sorrise,
soddisfatto.
«Bene cosa?» Dino si era
perso un’altra volta.
L’Arcobaleno sbuffò
scocciato. Era mai possibile che quel brocco non riuscisse a combinare
nulla da
solo?
«Vado a chiamare Romario»
borbottò, scendendo dal tavolo e dirigendosi
all’esterno «tu rimani qui con
Sawada, arrivo subito».
Dino lo osservò uscire,
allibito. Certe volte faceva proprio fatica a capirlo.
Con la coda dell’occhio si
rassegnò a non trovare una spiegazione agli strani
comportamenti del sui
vecchio maestro e sbirciò il ragazzo. Se ne stava seduto
composto, in silenzio.
A Dino non piaceva poi tanto
il silenzio.
«Allora» tentò di
dire
qualcosa «chi hai incontrato nel futuro?»
«Ah» Tsuna era
comprensibilmente a disagio «beh, ho visto te» gli
lanciò un’occhiata «se eri
tu…avevi i capelli corti».
«Davvero?» si portò
una mano
alla folta chioma. Sì, magari poteva anche essere.
«Gokudera-san mi è sembrato
abbastanza uguale» altra pausa «era alto».
«E chi ti ha parlato?»
continuò ad indagare. Non gli piaceva proprio per niente lo
strano
comportamento passivo del ragazzo, come se qualcosa dentro di
sé gli stesse
dicendo che non deve essere così.
E poi odiava sul serio il
silenzio, l’aveva già detto?
Con sconcerto vide le gote
di Tsunayoshi diventare rosso fuoco.
«N-non lo so»
liquidò la
domanda troppo in fretta. Cadendo nuovamente nel mutismo di poco prima,
con il
sommo disagio del Boss Cavallone.
«Posso sapere come mai sei
tornato?» tentò nuovamente di avviare una parvenza
di conversazione «lo sapevi,
vero, che Hibari ti avrebbe morso a morte se ti fossi fatto rivedere?»
«Volevo
solo riportargli il suo pigiama» rispose candidamente Sawada,
alzando finalmente gli occhi, le guancie ancora un po’ troppo
colorate «ce
l’avevo in mano…prima di finire…nel
Futuro».
«E
così è vero» Yamamoto era sbucato nel
nulla alle spalle dei due che
per poco non saltarono in piedi dallo spavento «Ehi,
ehi» sorrise rassicurante «buoni,
sono solo io».
«Yamamoto…san»
cercò di abbozzare un sorriso, mentre Dino gli passava
un braccio sulle spalle «buongiorno».
«Ohayo…»
gli sorrise sedendosi nel posto lasciato libero da Iemitsu
«allora,
come ti senti oggi?»
«Un
po’…scombussolato» ammise. Si trovava a
proprio agio a parlare con
quel Takeshi, come se si conoscessero da anni.
«Ah,
ciao Yamamoto» Reborn era appena entrato, seguito da Romario
«sei
appena arrivato?»
Lui
annuì.
«Ho
pensato che oggi avreste parlato di qualcosa
d’interessante» alzò
le spalle «oltretutto ho pensato che gli altri sarebbero
stati presenti»
aggrottò le sopracciglia «non ho trovato nessuno
in casa…»
«Ryohei
è a scuola» lo mise al corrente Dino, ora che era
arrivato
Romario si sentiva lucido, informato e perfettamente nel pezzo
«Lambo dorme con
Fuuta e Bianchi, giù di sotto, Chrome non ne ho idea,
così come Gokudera».
«Non
era a casa nemmeno lui…»
«Gli
racconterete poi» Reborn si accomodò nel centro
del tavolo «adesso
vorrei discutere di un paio di cose».
«Riguardo
quello che abbiamo scoperto tramite la Yakuza?» Dino
incrociò
le braccia, assorto.
Reborn annuì.
«Tutte le memorie di Tsunayoshi
sono state trasferite, accantonate in un angolo e sostituite con quelle
di un
altro. Un ragazzo che, fino al momento in cui non era stato utilizzato
per
questo piano, ha vissuto nell’orfanotrofio della Nami e
iscritto alla Nami High
School» esordì secco, riassumendo in poche parole
quanto appreso poco prima.
«Per questo i ricordi
precedenti al coinvolgimento di Tsuna con la Mafia sono tanto precisi!
Perché
sono stati vissuti veramente da quel ragazzo»
ragionò pensieroso Yamamoto «ma allora…che fine ha fatto
questo…com’è
che si chiama?»
«Wasada
Tsunayoshi» confermò grave
«l’hanno allevato con questo scopo.
Per essere il più attinente all’originale. E temo
non abbia fatto una bella
fine»
«Doveva
essere lui a sostituire il Boss» disse Dino senza particolari
inclinazioni nella voce «era nella residenza dei Ferro quando
è stata attaccata
dai Varia».
«Povero»
mormorò Yamamoto.
«E
perché?» ancora una volta Dino non sembrava
particolarmente
concentrato.
«Perché
lui non ha scelto di far parte di questo piano, no?»
«Quindi
adesso non c’è più» Reborn
non ammetteva distrazioni, non
quando aveva un preciso obiettivo in mente «e con lui le
memorie trasferite dal
vero Decimo e quello che avrebbe dovuto sostituirlo».
«E
la macchina utilizzata è andata distrutta» Dino
fissava pensieroso
il soffitto «questo vuol dire che tutte le memorie del
Decimo, così come le
nostre legate a lui, sono andate perdute».
«Quindi
ora la domanda è: come facciamo ad essere certi che il
ragazzo
qui davanti è il vero Decimo? Come possiamo confermarlo al
cento per cento?»
Reborn ghignò.
«Chiediamo a qualche
superstite?»
«Non credo sia rimasto
qualcuno…»
«Facendo arrivare qualcuno
dal futuro per confermare la sua identità?»
«Lambo ha finito la scorta e
sembra che i Bovino non abbiano tanta intenzione di rifornirlo presto.
Ha
combinato non pochi casini, sai…»
Reborn fece finta di non
ascoltare quello che Yamamoto e Dino avevano iniziato, non
considerandolo
minimamente come discorso serio: «Andiamo…non
state ragionando» sbuffò.
«E cosa suggerisci di fare,
sentiamo…» Dino era stufo di essere sempre
l’ultimo a capire le cose.
«Semplice» socchiuse gli
occhi con fare saputo «insegnargli ad usare
l’Anello del Cielo» fece una breve
pausa, alzando gli occhi al cielo e aggrottando le sopracciglia in una
inequivocabile smorfia concentrata «ma questo non
l’avevo già detto?»
Direi che ci
stiamo avvicinando sempre più alla fine, temo.
Tranquilli!!!!
(Mio Dio…ho
seriamente
pensato di morire…)
Non siamo così
vicini, però non manca poi tanto.
Altri quattro
capitoli di sicuro, ma facciamo anche cinque (contenti?)
Ho appena
finito di scrivere il 24° e ne manca di sicuro un
altro…poi non e sono sicura.
Non vorrei cadere nel banale ed annoiare tutti. Vedrò se
allungarlo ancora o
mettere la parola fine.
Dai *me
sorride rassicurante* c’è ancora speranza!!
Un bacio
NLH
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Capitolo 22 *** Target 21# ***
I’ll bite you to death,
Tsunayoshi Sawada.
[Target 21#]
Sawada Tsunayoshi se ne
stava seduto composto, immobile, da quando era entrato in quella
cucina. Aveva
ascoltato tutto senza spiccicare parola.
Dino fissò quel capo chino e
si morse un labbro.
«Ehi» Reborn si
piazzò di
fronte a Sawada «non hai proprio nulla da dire?»
Sawada sembrò stringersi
nelle spalle e serrare i denti.
«Sappi che io non sono
ancora del tutto convinto che tu sia il vero Decimo» ci tenne
a fargli sapere «hai
qualcosa che non mi convince. Quindi adesso vediamo di rispondere a
qualche
domanda, non trovi?»
Yamamoto incrociò le
braccia. Conosceva il modo di fare dell’Arcobaleno, diretto e
sarcastico, ma
non riusciva veramente a capire dove volesse andare a parare. Per un
attimo,
prima di rendersi contro di cosa effettivamente stesse pensando,
rimpianse
l’assenza di Gokudera. Lui avrebbe avuto certamente una
qualche idea
rivelatoria.
«Mi hai sentito?» Reborn
iniziò spazientirsi seriamente. Come diavolo poteva,
quell’essere imbranato e
passivo che gli stava di fronte, essere il successore
dell’uomo che tanto
stimava? Lo osservò non muovere un muscolo e lo
colpì con forza,
scaraventandolo sulla parete accanto «adesso senti
qualcosa?»
«Fa male…»
Dino e Yamamoto, così come
Romario, non si azzardarono a fare un passo. L’Arcobaleno
doveva essere
decisamente seccato. Lo osservarono saltare dal tavolo e raggiungere il
giovane
accasciato a terra, ancora chiuso nel suo inspiegabile mutismo. Sawada
era
malamente seduto con la schiena conto il muro, curvato, e le gambe
allungate
davanti a sé.
Reborn saltò sul ginocchio
destro e cercò i suoi occhi.
«Cominciamo con una domanda
semplice» esordì, trovandolo cosciente
«come mai qualche giorno fa sei venuto
qui? Perché spiavi la Namimori?» alzò
una mano «e non dirmi perché ci venivi
durante il primo anno. Non ci ho creduto prima e non lo farò
certamente adesso».
Sawada rimase ancora in
silenzio e Dino iniziò a preoccuparsi seriamente. Se si
fosse ferito?
«Ho saputo che il giorno
stesso in cui è successo» Reborn sorrise, sinistro
«due uomini si sono
presentati al tuo orfanotrofio. Tu eri già uscito per andare
a scuola e loro
sono rimasti lì ad aspettarti per tutto il giorno».
«Non lo so» la voce del
ragazzo era bassa e tremante «ho solo sentito di non dover
tornare a…casa.
Qualcosa mi diceva di venire alla Namimori High School».
Quello di Reborn era un
ghigno.
«Quei due uomini erano dei
tirapiedi dei Ferro, mandati ad ucciderti».
Yamamoto aggrottò le
sopracciglia, dove voleva arrivare?
«Lo sai quel’è il
requisito
fondamentale per poter aspirare alla carica di Boss dei
Vongola?» chiese
retorico, ben sapendo che quel ragazzo, memoria bloccata o meno, non
avrebbe
saputo rispondere «l’Hyper Intuition».
Sawada sussultò, stringendo
le mani a pugno.
«Tu non sei tornato a casa
perché sentivi che qualcosa non sarebbe andato
bene…e sei andato nel primo
posto in cui sentivi di poter essere protetto»
annuì convinto «il fatto poi che
tu riesca ad indossar lì’Anello senza essere
rigettato non lascia adito a
dubbi, lo sai?»
Gli occhi dei presenti si
catapultarono sulla mano de giovane dove, in bella vista e scintillante
alla
luce della lampada, brillava l’Anello del Cielo.
«Adesso hai qualcosa da
dire?» sorrise, furbo, l’Arcobaleno.
Tsunayoshi si mosse
lentamente, mentre cercava di alzarsi in piedi, nonostante il dolore
della
botta, e appoggiandosi al muro si passò una mano nervosa tra
i capelli,
togliendoli dal viso.
«Fa male…» i denti
serrati,
le labbra arricciate, gli occhi tormentati e le sopracciglia aggrottate
in una
smorfia assurda, che poteva essere sua di dolore che arrabbiata
«fa un
dannatissimo male, e non so perché» quelle che
avevano iniziato a uscirgli
erano lacrime calde, rabbiose «sento che mi machi qualcosa.
Quando mi sveglio
la mattina ho paura di non poter più farlo perché
so che qualcosa non è al
proprio posto. Passo il tempo a fissare oggetti luoghi e persone che
non
conosco, perché non so che altro fare. Sono
qui…» fece una pausa spezzata «con
gente che mi vuole uccidere, che mi fa del male, che parla di cose
assurde…che
mi manda in luoghi mai visti, che sembrano pure allucinazioni, che
vogliono
qualcosa da me. Me ne sto qui…e mi sento a casa. Non capisco
cosa succede».
Reborn annuì soddisfatto.
«Questa è la risposta che
volevo» si rivolse ai tre alle proprie spalle che, invece,
non avevano capito
proprio niente (e a ragione, direi) «riunite qui almeno tutti
i Guardiani. Vogliamo provare a porre fine a questa
falsa vita?»
Riconoscendo un passo
della Profezia, Yamamoto, sorrise soddisfatto. Magari qualcosa era
riuscito a
capire pure lui.
~×~
«Sei pronto per quello che
dovrai fare?» Reborn aveva, nemmeno troppo gentilmente
né chiedendogli il
permesso, trascinato Sawada Tsunayoshi per un orecchio giù
per le scale fino
alla sala di allenamento -che Giannini aveva avuto la miracolosa
accortezza di
riparare per prima- e scaraventato al centro della stanza.
Povero, nemmeno l’ascensore…
Dino aveva una mano semi
allungata nella direzione del povero cristo che era finto nelle grinfie
del suo
ex tutor, indeciso e intervenire e dargli una parvenza di salvezza e
morire per
una buona causa, o scappare a gambe levate.
Yamamoto, sceso subito
dietro di lui, non stava ridendo e fissava la scena con
serietà.
Persino lui capiva il
desiderio di Reborn di capire se veramente quel giovane sarebbe stato
in grado
di ricoprire il ruolo del decimo.
Perché era quello il grosso
interrogativo che aveva rischiato di mettere in ginocchio la
lealtà della Famiglia,
durante la loro ricerca di un leader.
Nell’ultimo anno, anche se
in particolare nell’ultima settimana, Yamamoto si era reso
conto
dell’eccezionalità della loro situazione. I
Guardiano riuniti, in un certo
senso fedeli,e ognuno in perfetta sintonia con il proprio anelli. Tutto
questo
e non un Boss.
Ne avevano cercato uno che
ricoprisse alla perfezione il ruolo che sarebbe dovuto essergli proprio
senza
trovarne traccia. Troppo molli, ambiziosi, deboli, incapaci e senza una
goccia
di sangue Vongola nelle vene. Nessuna delle persone da loro prese in
considerazione era stata approvata né dalla
totalità dei Guardiani né
dall’Anello.
Non da Gokudera, perché
nessuno di loro gli ispirava un briciolo di desiderio di
lealtà e protezione.
Non da Mukuro, che li considerava
dei cani della mafia odiosi e vigliacchi, e facenti parte ella mafia. E
mafiosi.
Non da Sasagawa che li
spazzava letteralmente dal ring e non li avrebbe mai invitati nel suo
club,
quindi no per principio.
Non da Lambo, che si metteva
a piangere alla loro vista, nel tentativo di trovare qualcuno che gli
degnasse
abbastanza attenzione e gli regalasse caramelle.
Non da Hibari, che li
fissava tutti dall’alto in basso e storceva il naso, se ne
andava senza dire
una parola, borbottava che non erano fatti suoi, che non aveva alcuna
intenzione di fare gruppo e li mordeva a morte senza pietà.
E, se doveva essere del
tutto sincero, nemmeno Yamamoto stesso si era mai convinto del tutto.
Aveva
come l’impressione che il suo Boss avrebbe dovuto essergli
affine, ridere
insieme.
Si era quasi arrivati al
punto in cui avrebbero dovuto restituire gli Anelli al Nono e lasciare
a lui il
compito di cercare un successore degno e i suoi Guardiani, quando era
spuntato
dal nulla quello strano ragazzo che ora si trovava sommerso dalle
spiegazioni
di Reborn sulla Fiamma.
E improvvisamente Lambo
rideva con lui e di lui, Mukuro si ostinava a proteggerlo, Sasagawa gli
correva
dietro e Hibari l’aveva coperto, nascosto, protetto
anch’esso e degnato della
sua attenzione.
Il mondo sembrava essersi
capovolto.
«…allora hai capito come
funziona?» l’Arcobaleno sembrava aver finito il suo
lungo monologo
sull’utilizzo e le caratteristiche dell’Anello e la
Fiamma.
«Io…ancora non capisco cosa
diavolo ci faccio qui» Sawada sembrava sul punto di scoppiare
in lacrime «e
cosa volete da me? Come faccio ad essere sicuro che questo non sia uno
scherzo
di pessimo gusto: pistole che sparano luce, Anelli magici e viaggi nel
futuro?
Ma vi siete sentiti?»
Reborn non la prese poi
tanto bene.
«Mi sembrava di essere già
stato sufficientemente chiaro, prima…»
sibilò «e tu non hai fatto obiezioni
prima, mi apre».
«Non mi hai nemmeno dato
l’opportunità di parlare…»
borbottò inascoltato.
«Perché non è
necessario»
ribatté l’Arcobaleno «non vedo
perché dovresti essere contrario. Hai
un’opportunità più unica che
rara».
«Farsi apprezzare da Hibari,
Mukuro, Lambo, Dino e Ryohei in un colpo solo non è
decisamente da tutti»
Yamamoto annuì.
«Continuo a non
capire…»
Sawada scosse la testa «io non ho fatto niente, quello che
voglio è solo vivere
una vita normale, non mi interessano tutte queste stup-»
«Non ti permettere»
Reborn lo colpì nuovamente alla testa, arrabbiato.
«Ahia!
Insomma» Tsunayoshi aveva improvvisamente alzato la voce,
balzando in piedi «non colpirmi sempre!»
«Mi
viene naturale» fu la risposta serafica del bambino
«non devo
nemmeno sforzarmi».
«Questa
non è una risposta!» si trovò a
sbraitare, improvvisamente
molto più coinvolto in tutta la faccenda, Sawada.
«Su…su»
Yamamoto cercò di calmare gli animi, altrimenti non si
sarebbe
arrivati da nessuna parte «adesso calmiamoci tutti»
sorrise al giovane «non sei
forzato a fare nulla, ma vorremmo solo che tu provassi questa
cosa».
«Ad..infiammare
l’Anello?» alzò un sopracciglio scettico.
«Esatto».
«E
se non ci riesco?»
«Puoi
tornare a casa, alla tua vita di tutti i gironi e dimenticarti di
noi».
«Sicuro?»
«Sicuro,
promesso».
«Allora
va bene» si arrese «proverò
a…fare questa cosa, per quanto
assurda possa essere».
«Ma
se ci riesci…» Dino s’intromise
anch’egli, cercando di sorridere
rassicurante.
«Ci
riuscirà» Reborn sembrava non avere dubbi, mentre
frugava nella
tasca interna alla ricerca di chissà cosa «e
smetterai di fare tante storie.
Adesso rifletti e quando avrai trovato una risposta ci trovi in cucina,
ho
voglia di un the caldo» con un gesto secco lasciò
cadere qualcosa per terra «ed
spero per te che sia positiva».
Quella che sembrava essere
una foto scivolò per terra, mentre l’Arcobaleno
usciva dalla stanza,
lasciandolo solo, seduto a terra e senza una parola.
Dino esitò un attimo e seguì
il bimbo, con uno sguardo di scuse, ignorato da Sawada. Anche Yamamoto
seguì i
due, chiudendosi la porta alle spalle.
Sawada rimase ancora un
attimo in a fissare la porta chiudersi e, senza sapere veramente
perché,
allungò una mano a rendere quel foglietto e girarlo per
vedere quello di cui
Reborn stava parlando.
Gli occhi gli si
spalancarono all’inverosimile.
Non era possibile.
Chissà cosa era
ritratto in quell’immagine *me fa crocettini dietro la
schiena ben consapevole
di dover trovare qualcosa da far vedere, la settimana prossima, se non
vuole
essere linciata nuovamente*
Mi dispiace
per il fatto che sia veramente corto, ma i prossimi capitoli
prenderanno molte
più pagine del previsto e mi dispiaceva spezzare il ritmo
del racconto (con il
rischio di vedermi linciare nuovamente).
Quindi…la
prossima volta avrete più da leggere, felici?
Un bacio
NLH
|
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Capitolo 23 *** Target 22# ***
I’ll
bite you to death,
Tsunayoshi Sawada.
[Target 22#]
Quando Tsunayoshi -Yamamoto
avvertì l’improvviso desiderio di chiedergli se
poteva chiamarlo semplicemente
Tsuna- si presentò alla porta della cucina
un’incalcolata mezzora più tardi,
teneva stretta la foto al petto, stropicciata, e le sopracciglia
arcuate in
un’espressione tra il rassegnato e il deciso.
Un connubio ben particolare.
E piuttosto comico, se non fosse stata la situazione critica.
«Hai detto…che l’hai
trovata?»
«Per l’esattezza era tra i
file segreti sopravvissuti all’attacco dei Varia. Me
l’ha data Lussuria prima
di partire».
Sawada strinse maggiormente
quella che innegabilmente era una fotografia tra le dita,
stropicciandola.
«Quindi…è tutto vero? Voglio
dire, non è uno scherzo».
«Ragazzo mio»
Reborn sembrava fin troppo simile ad un
vecchio nonno perché Yamamoto non provasse il desiderio di
scoppiare a ridere «come
mai non pensi possa essere un fotomontaggio?»
«Non
lo so…» Sawada sembrava a disagio.
«Non
è una risposta».
«Magari
è per lo stesso motivo per cui sono venuto qui»
rispose infine,
esitante.
«E
adesso che hai capito vediamo di darci una sbrigata»
affermò
l’Arcobaleno sicuro, saltando giù dalla spalla
dello spadaccino e afferrando,
per la seconda volta quel giorno, Sawada per un orecchio, cominciando a
trascinarselo dietro fino alla stanza di allenamento. Ne avevano di
lavoro da
fare.
Yamamoto e Dino sospirarono
all’unisono, sorridendosi impacciatamente per un attimo. Quel
lato dell’Hitman
non sarebbe mai cambiato.
«Boss» Romario era
improvvisamente apparso alle spalle del giovane Cavallone e gli stava
tendendo
quello che sembrava un foglietto stropicciato «credo sia il
caso che lo vedeste
anche voi».
Dino aggrottò le
sopracciglia ma prese ugualmente ciò che gli stava porgendo,
osservandolo
svogliatamente.
Yamamoto stava quasi per
uscire dalla cucina e raggiungere i due al quarto piano interrato
quando venne
richiamato indietro dalla voce tremante del boss italiano.
«Mi sa tanto che debba
vederlo pure tu» fece una pausa mentre gli porgeva quello che
teneva in mano «e
anche gli altri».
Confuso il Guardiano della
Pioggia allungò una mano e strinse tra le dita la fotografia
stropicciata che
Sawada – si era dimenticato di chiedergli se poteva chiamarlo
Tsuna, accidenti
– aveva lasciato cadere. La stirò con il pollice,
impallidì e corse fuori, in
strada, diretto alla scuola, facendo una deviazione per il quartiere
est di
Namimori e a Kokuyo.
Decisamente era il caso che
la vedessero tutti.
~×~
«Cosa accidenti sarebbe
questo?» quello che venava la voce di Gokudera era
chiaramente puro panico.
Sapeva che non poteva essere un falso, glielo diceva la sua decennale
esperienza da mafioso, si rendeva conto che non era un montaggio. Ma
non poteva
crederci lo stesso.
Fissò nuovamente gli occhi
sul sé stesso delle foto. Molto simile a come si era sempre
visto ritratto, ma
allo stesso tempo del tutto differente. Stava vicino al centro della
foto, di
poco spostato verso destra, ed inveiva con tanto di candelotti accesi
alla mano
contro la Scemucca che stava stupidamente urlando, lo si capiva
benissimo,
mentre saltava sulla testa di un povero malcapitato.
Povero malcapitato che
corrispondeva perfettamente al tizio lì – Sawada
Tsunayoshi – che sembrava
essere stato designato come successore del Nono Vongola dai Guardiani
più
idioti.
«È una montatura, mi pare
chiaro» affermò senza tuttavia pensarlo minimante.
In primo luogo perché sapeva
riconoscerne i segni, e lì non ce n’era nemmeno
uno. D’altro canto, invece,
sentiva quasi che quella foto fosse vera. Reale. Un ritratto della
Famiglia.
E si rifiutava di credere di
sembrare tanto felice in quell’immagine.
La lanciò cadere con finta
noncuranza sul tavolino di fronte a sé, ultimo acquisto dopo
la battaglia
campale che avevano combattuto contro i Ferro, in salotto.
Da quando Yamamoto l’aveva
trovato, appostato senza un preciso motivo fuori da casa Sawada,
un’ora prima,
si sentiva strano.
O almeno, più strano di
quanto non fosse stato nell’ultima settimana.
E la colpa era ovviamente da
imputare interamente a quel moccioso che sembrava impegnato a non fare
nulla,
seduto a gambe incrociare e l’espressione fintamente
concentrata, quattro piani
più sotto.
Aveva passato quasi due
giorni a gironzolare per il quartiere e a riflettere. Su cosa nemmeno
lui lo
sapeva.
Sulle imprese passate con i
Varia. E nel futuro.
Tutto ciò a cui erano andati
incontro come Guardiani della Famiglia Vongola. A pensarci adesso
sembrava
quasi impossibile avessero combattuto tutte quelle battaglie senza una
guida.
Senza un Decimo.
Ma la domanda più importante
era: per quale motivo ci pensava proprio ora?
E perché aveva come
l’impressione che qualcosa gli stesse sfuggendo?
~×~
Lambo si trovò ad osservare
quell’immagine, che Yamamoto gli aveva piazzato davanti alla
deliziosa torta all’uva
della Mamma che stava divorando, senza dire una parola. Un attimo prima
se ne
stava tutto tranquillo mangiare in braccio ad un’assonnata
Bianchi e in
compagnia di altre due divoratrici di torte quali Haru e Kyoko, e un
secondo
dopo Yamamoto era arrivato con la foto.
Ah, e c’era pure la
trecciona lenta.
E c’era pure lui!stava
saltando in un momento di sicura pace con sé stesso e
esaltazione dell’ovvia
superiorità del suo ore-sama sulla testa di Sawada.
Sawada.
Lo stupido che aveva una
grande, grandissima voglia di chiamare Bakatsuna.
Magari l’indomani glielo
avrebbe chiesto. Oppure no. L’avrebbe chiamato
così perché ne aveva voglia,
perché lui è Lambo-san e fa tutto quello che gli
va.
Anche considerare
quell’imbranatsuna buono a nulla il Decimo.
Soprattutto perché aveva
come l’impressione che questo faceva incazzare Stupidera.
~×~
Osservare sé stesso, anche
se di spalle e miracolosamente colpito dalla luce divina del sole, in
uno
scatto mai visto prima faceva veramente uno strano effetto.
Lo faceva sembrare estremamente
figo!
E ricordava anche quella
felpa. Se la memoria non lo ingannava era andata distrutta durante lo
scontro
con i Millefiore.
Ma ovviamente
non era quello che Yamamoto voleva mostrargli,
piazzandogliela davanti, sul sacco da boxe.
Quello che gli voleva
mostrare era chiaramente la bellezza della sua
sorellina. Ma l’aveva
vista bene? Un bocciolo come quello non poteva essere che sorella sua.
La sua Kyoko.
Non esistevano altre ragazze
come lei. Tranne forse un’eccezione, si sentì
arrossire un poco.
Ma se lo scopo di Yamamoto
era quello che chiedergli se poteva uscire con lei, si disse Ryohei
mentre la
rabbia del Fratello Maggiore prendeva il sopravvento, se lo poteva
anche
scordare. Prima avrebbe dovuto passare sul suo cadavere.
Anzi, batterlo a boxe.
Anche se forse c’era
Gokudera che poteva essere interessato a lei, divagò ancora,
per nulla attento
a quello che il Guardiano della Pioggia cercava di spiegargli.
Ogni volta che Yamamoto le
parlava lo vedeva rizzarsi e scrutarlo con rabbia.
Come ci si poteva aspettare
dalla sua sorellina, annuì estremamente orgoglioso.
Solo tempo dopo, quando
finalmente si degnò di ascoltare ciò che aveva
cominciato a gridargli
nell’orecchio, Sasagawa notò la presenza di Sawada
nella foto.
E non gli sembrò minimamente
strano.
Quello era il suo posto, no?
~×~
Lei, in quella foto non
c’era. Così come Mukuro.
A Chrome la cosa un po’
dispiaceva.
Eppure, in un angolo, tra le
piante, lei sapeva di essere stata presente. Non poteva dire come mai
ne fosse
convinta perché effettivamente nello scatto la sua presenza
non c’era proprio
per niente.
Eppure sentiva
di esserci stata.
Aveva annuito un paio di
volte, permettendo a Yamamoto di mettere via l’immagine e
lasciarla sola, con
uno sguardo pensieroso. Chrome aveva ignorato le battute e gli
sberleffi di
Ken, così come i richiami pacati di Chikusa, ed era uscita.
Alla ricerca di un
angolino tranquillo dove poter comunicare con Mukuro-sama.
Strinse le ginocchia al
petto e lasciò il tridente molle, nelle proprie mani. Gli
occhi chiusi alla
ricerca di un collegamento con Mukuro-sama.
Era debole.
A causa dei combattimenti di
qualche giorno prima doveva essersi stancato più del
previsto.
Tuttavia una frase riuscì a
coglierla, poco prima che piombasse nuovamente nel sonno.
È lui.
~×~
Dino chiuse la porta della
stanza degli allenamenti alle spalle cercando di fare il minor rumore
possibile.
Adesso, seduto sul pavimento
a gambe incrociate, Sawada Tsunayoshi sembrava essersi finalmente
calato nei
panni dello studente modello.
E quegli ematomi vistosi che
cominciavano a fiorire sulla faccia gli erano sembrati un buon
pretesto, di
disse Dino. Povero ragazzo.
«Cosa gli stai facendo fare?»
chiese ad un Reborn concentrato a fissare il suddetto ragazzo con occhi
arcigni.
«Determinazione in fiamma»
disse ad alta voce a mo’ di risposta. Dino poté
vedere il giovane sussultare.
Evidentemente molto suscettibile a quell’informazione
criptica. Chissà quante
ne aveva prese, poveretto.
Dino rimase parecchi minuti
in silenzio, ad osservare il ragazzo che improvvisamente era stata
catapultato
nelle loro vite.
A prima vista non gli era
sembrato nulla di speciale. Basso, senza nerbo, balbettante, incapace
di
camminare in linea retta senza inciampare, spaventato da qualunque cosa.
Perché gli ricordava tanto
sé stesso?
Come in quello scatto.
Tralasciando l’ovvia
constatazione sulla sua autenticità, cosa colpiva veramente
in lui?
Quel suo sembrare sempre,
costantemente incapace di sbrigarsela da solo? Oppure quegli occhi
sinceri? E
poi come mai quello strano scatto, apparso così di punto in
bianco, sembrava
aver lasciato la metà dei Guardiani totalmente impassibili?
Nemmeno si
aspettassero una cosa del genere.
Chrome, Sasagawa e Lambo non
avevano fatto una piega, e persino Yamamoto aveva ammesso di sentirsi
in pace
con sé stesso nel vedere la scena che vi era ritratta. A
parte Hibari – che non
si faceva vivo da giorni – solo Gokudera sembrava avere dei
dubbi.
Dubbi che tuttavia non gli
impedivano di spiare il giovane con un sussiego tale da sembrare quasi
curiosità. Per non dire rispetto. Chi riusciva a capire
quello bombarolo
diffidente lo sapeva solo lui…
«Perché non ce l’hai
fatta
vedere prima?» la voce di Dino era bassa, per non disturbare
la profonda
concentrazione che il giovane Sawada sembrava aver raggiunto, ma il suo
interlocutore la percepì perfettamente. Così come
non vi fu bisogno di
specificare alcunché.
«Perche in realtà l’ho appena
trovata» Reborn non
mostrava un briciolo di pentimento nell’aver mentito
così
spudoratamente ai Guardiani. Nemmeno l’espressione scioccata
di Dino gli faceva
né caldo né freddo.
«Ah»
preferì dire solo l’altro. Non fosse mai
che si trovasse costretto a contraddirlo in un qualunque modo. Ci
teneva alla
vita, lui «e…ehm,
dove?»
«Nella stanza del Decimo,
nascosta nel materasso»
alzò
le spalle «era
stato
distrutto a metà da uno degli attacchi di Sasagawa,
probabilmente».
«Nascosta?» Dino
aggrottò le sopracciglia «nel
materasso. Mi sembra parecchio…strano».
«Non
sei l’unico a
pensarlo, direi».
~×~
Ad Hibari non era stata
mostrata quella fotografia.
In parte perché nessuno era
riuscito a trovarlo né a scuola – cosa
effettivamente insolita perché Kusakabe
aveva affermato sconcertato che non si faceva vivo da un paio di giorni
almeno
– né in qualunque altro posto fossero nate risse o
disordini nell’intera
Namimori. Nessuno sembrava sapere dove potesse trovarsi il Presidente
del
Comitato Disciplinare.
E in parte perché Hibari
stesso, dopo essere venuto a conoscenza dell’esistenza di una
foto che ritraeva
i Guardiani, le ragazze, Reborn e Sawada – perché
lui a scuola c’era stato ma
non si era fatto vedere da nessuno – era salito sul tetto per
scendere dalla
parete esterna della scuola e allontanarsi indisturbato.
Aveva percorso i cinquecento
metri che separavano l’istituto da casa sua – di
cui non aveva lasciato
intendere l’esistenza a nessuno, lasciando che credessero
vivesse nella scuola
– e si era come barricato dentro.
Per lasciare tutto il resto
fuori.
Perché non voleva altre
assurde prove del fatto che quel ragazzino spaurito e dai capelli
incredibilmente morbidi, e dagli occhioni languidi. E dalle guance
soffici. E
le proporzioni affusolate e aggraziate, e dai lineamenti dolci. E da-
Scosse la testa, stava
andando fuori tema e non intendeva nemmeno capire il perché.
In ogni caso non voleva
saperne nulla.
Non da quando, rientrato in
casa e con il preciso intento di farsi una doccia bollente, aveva
trovato – tra
gli asciugamani stipati in un cassetto che non apriva da nemmeno
ricordava
quanto – un enorme telo da spiaggia, morbido e profumato con
un odore che non
riconosceva come il proprio tanto era nuovo e mai usato, arancione con
una
croce nera nell’angolo destro e un nome ricamato subito sotto
da una mano
amorevole anche se vagamente incerta.
Tsunayoshi.
E
un biglietto.
La scrittura era
inequivocabilmente la sua e sembrava datato il Natale appena passato.
Cinque
mesi prima.
Visto che non faccio
mai un regalo per caso, ti ricordo la promessa di
portarmi in piscina. Senza quegli erbivori idioti che ti ostini a
definire
amici.
Kyoya.
Uploaded with ImageShack.us
style="text-align: justify; text-indent: 14.2pt; font-family: Calibri;
margin-left: 154.44pt;">
Molto bene,
direi che anche questo capitolo è andato senza troppe
difficoltà (da tenere
conto che ho fatto una fatica della miseria a trovare la foto che mi
serviva
perché l’avevo vista secoli fa da qualche parte e,
sebbene me la ricordassi
abbastanza bene, ho dovuto ricercarmela da capo per farla vedere anche
a voi tutti
*me sorride orgogliosa come fosse stata in grado di trovare Atlantide*).
Ma la cosa
importante è che ci sia riuscita, no?
Un bacio
NLH
|
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Capitolo 24 *** Target 23# ***
I’ll bite you to death,
Tsunayoshi Sawada.
[Target 23#]
Erano passati quattro giorni
da quando Sawada Tsunayoshi – ribattezzato Tsuna prima da
Yamamoto e poi da
tutti quelli che lo spalleggiavano per mancanza di desiderio di
pronunciare un
nome tanto lungo – aveva deciso di applicarsi seriamente
all’allenamento
previsto da Reborn in funzione all’emissione della presunta
Fiamma del Cielo.
Quattro
giorni in cui l’ultimo, vero,
irriducibile – e incredibilmente – unico (non
l’avevo già detto?) opponente
serio (altrimenti chiamato Hayato Gokudera) gironzolava per il quarto
piano
interrato senza alcun apparente motivo.
O almeno, questa era la
risposta che dava alle domande, sempre più insistenti e
sregolate, che Sasagawa
– costantemente piantato davanti agli schermi che
permettevano a coloro che
stavano fuori dalla Palestra di vedere ciò che accadeva
all’interno – gli
urlava ad intervalli sempre più brevi.
Capitelo, il boxeur non è
mai stato da guinness in pazienza.
«Gokudera» il suddetto
faticò non poco nel sentire la voce dello sfaticato (vedersi
Yamamoto) che lo
chiamava. Quel giorno c’era pure lui a vedere i progressi
– inesistenti – del
sedicente Boss (delle torte…).
«Cosa diavolo ci fai qui,
Yakyuubaka?» esclamò stizzoso mentre i nervi che
era riuscito a nascondere da
ben due minuti tornavano in superficie «non hai i tuoi
fottutissimi allenamenti
oggi?»
«Direi di no…»
aggrottò le
sopracciglia di rimando, pure lui non esattamente di buon umore.
Insomma…chi
mai poteva esserlo nell’essere costantemente attaccati
dall’italiano, senza
tregua e con una bella dose d’insulti gratis. Pure uno
placido come il
Guardiano della Pioggia aveva i suoi limiti.
«Dovesti darti una calmata»
fu la disinteressata affermazione di Ryohei, che non aveva seguito
molto il
continuo bofonchiare del Guardiano della Tempesta (almeno negli ultimi
tre
minuti) in favore al nuovo pungo che si era aggiunto alla collezione
già in
bella vista sul viso di Tsuna. Quel Reborn era veramente un portento,
si disse
ammirato, c’era quasi da credere che potesse essere stato
anche lui un allievo
prediletto del sommo maestro Pao~.
«Tappati quella bocca»
ringhiò in tutta risposta – nonostante
l’assoluta disattenzione del suo
interlocutore – prima di tornare a rivolgersi a Yamamoto
«cosa diavolo ci fate
tutti qui?»
Quando era entrato in Casa
aveva notato – seppur di sfuggita vista la
velocità con cui si era precipitato
ai piani inferiori, nella segreta speranza di vedere ancora
l’addestramento del
giovane – Bianchi con in braccio Lambo in cucina, Dino in
salotto tutto intento
a fare cruciverba con addosso un paio di ridicoli occhiali, Chrome
accovacciata
in un angolo della stanza in cui lui si trovavano ora lui e
quegl’altri due
deficienti. Solo Hibari si era molto saggiamente tenuto alla larga
dalla follia
dilagante.
Ovviamente, nella sua ovvia
rabbia e indignazione, Gokudera aveva dimenticato quanto
quest’ultimo ne fosse
invece ben più dentro di quanto si credesse. Ma si sa che
quando si tratta del
sadico Presidente del Comitato Disciplinare qualcuno tendeva a
dimenticare dei
gran bei pezzi di storia.
Come il dettaglio secondo il
quale fosse stato Hibari a nascondere Sawada nella propria camera da
letto.
Oppure la strana confidenza
che aleggiava tra loro.
Era ovvio che avesse ben pensato di non coinvolgere
minimamente Hibari nella faccenda.
«Immagino che siano qui per
il tuo stesso motivo, non credi Gokudera?» Reborn era appena
uscito dalla
Palestra sbattendo la porta «quel mocciosetto mi sta facendo
dannare».
«Non ha fatto alcun progresso?»
domandò circospetto Yamamoto.
«L’anello non l’ha
respinto…questo vuol dire che ha almeno una goccia di sangue
Vongola» fece una
pausa «ma nient’altro».
«Che incapace» sbuffo
Gokudera, incazzato come non mai.
«Gokudera, dai…»
Yamamoto
alzò gli occhi al cielo reprimendo il desiderio di
attaccarglisi al collo per
farli un non ben definito qualcosa. Per qualche strano motivo il
Guardiano
della Pioggia preferì non chiedersi cosa.
«Sa che lo stiamo guardando?» chiese ad un certo punto
Sasagawa, nel silenzio
sceso.
«Cosa vuoi che sappia
quello?» sibilò un’ultima volta Gokudera
prima di uscire sbattendo al porta,
inequivocabilmente diretto in quella che nella Casa era camera sua, un
paio di
porte più in là.
Reborn scosse al testa: «Si
può sapere cosa gli prende? Più passano i giorni
e più diventa insopportabile».
«Credo senta la pressione
più di noi, o se non altro al subisce più di
noi» Yamamoto fissava lo schermo
dove un giovane (sempre lo stesso, tranquilli, non è che
Sawada se l’è data a
gambe con Hibari prima del previsto) rifletteva sulle parole che Reborn
aveva
continuato ad urlargli per ore (giorni e settimane se non di decideva a
darsi
una sbrigata).
«Non serve che prendi le sue
difese» Reborn alzò un sopracciglio sorpreso.
«Non è che lo sto
difendendo»
si affrettò a correggersi con foga, prima di grattarsi la
testa e recuperare un
minimo di calma «solo che lui si è sempre definito
il braccio destro…è
comprensibile che pretenda un Decimo che possa considerare alla sua
altezza».
«Non è un valido motivo per
prendersela con noi» brontolò Sasagawa, le braccia
incrociate e gli occhi
incollati agli schermi «non riesco a capirlo».
«Lascialo perdere»
consigliò
Reborn.
«Veramente non
capisco…»
continuò a borbottare tra sé Ryohei.
«Te
l’ho detto» ripeté
l’Arcobaleno spazientito «è
meglio lasciare Gokudera nel suo brodo per
un paio di giorni e poi tirare le somme».
Premesso che i presenti non
avevano afferrato molto delle ultime parole perché
pronunciate in un italiano
con pesante inflessione siciliana, Sasagawa afferrò giusto
quello che gli
serviva, il nome del compagno. Per un attimo distolse lo sguardo
dall’immagine
per poi indicarla con le sopracciglia aggrottate.
«Io non dicevo Takohead»
precisò «io parlavo di Sawada».
Come un sol uomo Yamamoto e
Reborn scattarono verso di lui, per vedere ciò che stava
loro indicando.
«Che diavolo…?»
~×~
Credendo di essere rimasto
solo – per la miseria, non credeva certo di essere nel bel
mezzo del Grande
Fratello –, Tsuna si osservò con circospezione la
mano e in particolare
l’anello che faceva bella mostra di sé sul dito
medio. Era tiepido e
leggermente pesante. E anche in un certo senso familiare. Chiuse gli
occhi
lentamente e si concentrò sulla sensazione che
l’anello gli faceva provare,
come Dino gli aveva consigliato di fare. Gli aveva detto che lui e
quell’anello
dovevano essere sicuramente collegati e che, riconoscerlo come proprio,
lo
avrebbe certamente aiutato a ricordare quello che la Famiglia Ferro lo
aveva
costretto a dimenticare.
Si sentiva stanco. Molto
stanco.
Erano giorni che non usciva.
La scuola era stata
completamente dimenticata e per quanto riguarda
l’orfanotrofio…preferiva non
pensarci. In un certo senso sentiva di provare della nostalgia nei
confronti
dei più piccoli, che gli si aggrappavano come
un’ancora di salvezza tra i
prepotenti, ma null’altro.
Niente che gli facesse anche
solo pensare di sentire un qualche serio attaccamento a quelli che, in
teoria –
perché con tutta quest’assurda storia della
memoria c’era ben poco da capire
bene – era stata la sua vita fino a quel momento, per
quindici anni.
Poi si sentì come osservato,
nonostante nella stanza non vi fosse più nessuno. Era una
sensazione piuttosto
precisa, si stupì, ma preferì non ignorarla.
Aveva imparato sulla propria pelle
quanto potessero essere pazzi i tizi che lo circondavano in quel
momento. In
particolare il bimbetto con la divisa da mafioso italiano.
E sprecò ancora un paio di
secondi a chiedersi come mai provasse maggiore attaccamento per quegli
spostati
appena conosciuti piuttosto che per la sua famiglia
all’orfanotrofio.
Fece un profondo respiro e
cercò di fare quello che gli avevano spiegato. Trasformare
la determinazione in
fiamma. Determinazione in fiamma.
Determinazione, fiamma.
Aprì nuovamente gli occhi,
improvvisamente perplesso. Ma determinazione per cosa?
Chiuse ancora gli occhi,
cercando di concentrarsi sul desiderio di diventare un Boss rispettato
e forte.
Che fosse stato quello?
Determinazione in fiamma.
Con un fremito di esitazione
socchiuse un occhio e sbirciò attraverso le palpebre
l’anello. Niente. Rilassò
improvvisamente le spalle e atteggiò le labbra in una
smorfia delusa,
arricciandole in un modo che, se qualcuno di nostra conoscenza non
fosse stato
ben lontano e fuori dalla sua vista, non avrebbe esitato un attimo a
saltargli
addosso. Ricordi veri o meno.
Quindi, rifletté Tsuna, la
sua determinazione non era diventare forte per guidare la Famiglia.
Possibile
che ne fosse veramente il Boss? Si chiese, scettico.
Inclinando
la testa cercò di ricordare quanto più
possibile passato con i membri della Famiglia. Cosa lo legava veramente
a loro?
Una forte amicizia, certo, ma che altro? Come aveva fatto a,
com’è che avevano
detto? Ah, sì, come aveva fatto a entrare in Hyper Mode senza
le strane
pillole, il lui del futuro? A cosa aveva pensato?
Cercando
di resistere all’impulso di scoppiare in lacrime scosse la
testa e chiuse nuovamente gli occhi. Diventare forte, forse?
Importante? Cosa
lo aveva spinto ad accettare quel ruolo di Boss? Lui che non era in
grado di
fare nulla; non era né coraggioso né determinato.
Né forte né sicuro.
Cercare
di sopravvivere, era quello tutto ciò che gli veniva in
mente.
Aveva passato poco tempo con la Famiglia, da quando si era scoperto
tutto, e
l’unica cosa che desiderava era quella di uscirne vivo. Era
forse quello a
spingerlo a combattere le volte precedenti? Sbirciò tra le
ciglia e vide che
l’anello non era per nulla diverso dal solito.
Sbuffò. Nemmeno quello.
Chinò
e la testa indietro e focalizzò nuovamente
l’attenzione
sull’anello che si sentiva al dito. Freddo. Come la prima
volta che l’aveva
preso in mano, quasi incoscientemente. Come quando si era fatto avanti
durante
l’attacco dei Ferr-spalancò gli occhi e
ritrovandosi a fissare il soffitto si
rese per la prima volta conto di quello che stava facendo. Stava
cercando di
trasformare la determinazione in Fiamma. Desiderio in fiamma. Bisogno
fisico in
fiamma.
Cos’aveva
desiderato quando si era fatto avanti la prima volta? Era
quello.
Rivide
gli occhi preoccupati di Dino, timoroso di dover affrontare i
Ferro senza nessuno della sua famiglia e Tsuna non avrebbe voluto si
facesse
male. Lo sguardo strafottente ma allo stesso tempo terrorizzato di
Lambo, che
aveva desiderato proteggere. Il desiderio di combattere e
l’innocenza di
Ryohei, che Tsuna aveva desiderato non cambiasse in freddezza e
desiderio di
uccidere. Lo scintillio sinistro di Mukuro che pregustava la lotta e
che Tsuna
non voleva sperimentasse nuovamente per poi tornare il mostro solitario
che era
stato. La schiena immobile di Hibari che si stava preparando ad uscire
per
combattere; da solo. Sempre da solo e allontanato dagl’altri.
E ancora sapeva
di conoscerli.
Rivide
gli occhi freddi di Hibari mentre gli diceva che ci avrebbe
pensato lui, che li avrebbe sconfitti da solo, quelli
all’esterno. Rivisse il
desiderio di fermarlo. Voleva proteggerlo. Voleva proteggerli tutti e
aveva
preso istintivamente l’Anello, stretto tra le dita e
l’aveva sentito caldo,
bollente, ma non faceva male.
Lentamente
tornò a chiudere gli occhi e posò la mano al
petto, sentiva
caldo. E aveva desiderato proteggerli. Tutto qui, nient’altro.
E
Hibari.
E
un’intensa fiamma di pura luce arancione eruttò
dal punto in cui era
accovacciato espandendosi per tutta la stanza. Costringendo quelli che
erano
rimasti a spiarlo a chiudere gli occhi, accecati dalla
luminosità.
E
a ricordare.
Tsunayoshi
Sawada, Decimo Boss dei Vongola.
Oddio!!! L’ho
scritto! Ce l’ho fatta!!
E finalmente Tsuna
è riuscito a fare
qualcosa!!
Mi
sento molto un genio ad esserci finalmente riuscita.
Ovviamente le minacce dei
recensori non
centrano niente, chiaro. Così come le sollecitazioni, se
vogliamo chiamarle
così, di Hibari.
Oh.
ù.ù’’’
Un bacio
NLH
|
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Capitolo 25 *** Target 24# ***
I’ll
bite you to death, Tsunayoshi Sawada.
[Target 24#]
«Ohayo,
Judaime!» la voce allegra di Gokudera la mattina, quando lo
chiamava per andare a scuola.
«Tsuna!»
il richiamo allegro di Yamamoto che li
raggiungeva alle spalle, provocando il profondo disappunto del
Guardiano della
Tempesta.
«DAMETSUNAaaaaaaa!!!!»
il solito Lambo che scappava dalla finestra e
gli si attaccava alla gamba perché voleva seguirlo fino a
scuola, per cercare
Reborn e vendicarsi di chissà quale danno subito.
«
Tsunayoshi-kun…» il suono
malizioso del suo nome, pronunciato dalle labbra di Mukuro, come un
sussurro
nel vento, ogniqualvolta percepiva la sua presenza.
«Boss…»
la voce chiara di Chrome,
seminascosta dai due fedeli a Mukuro, che passava oltre senza
aggiungere altro.
Come a controllare se lui fosse sempre lì per lei.
«Sawada!!!»
l’immancabile richiamo
energico di Sasagawa con cui ogni mattina lo accoglieva, con il
desiderio di
farlo finalmente e definitivamente iscrivere al club di boxe.
«SawadaTsunayoshi»
la voce pacata e
senza alcuna particolare inflessione che gli faceva comunque scorrere
un
brivido caldo lungo tutta la schiena, fermandosi sul ventre e facendolo
sobbalzare ogni volta. Quel sospiro rassegnato e minaccioso allo stesso
tempo.
Quel richiamo e quell’insulto allo stesso tempo. Le parole di
Hibari che aveva
dimenticato.
È
perché c’è un Cielo che le Nuvole
possono volare così liberamente.
La luce calda e pura della Fiamma, emessa dal giovane inginocchiato a
terra,
esplose prepotente e rassicurante allo stesso tempo
tutt’intorno, ricoprendo le
ferite ancora fresche del ragazzo, provato dagli allenamenti e dalle
prove a
cui lo avevano sottoposto nel tentativo di fargliela emettere.
Scivolò sulle pareti della
stanza
entrando in ogni crepa, scivolando sotto ogni fessura, riversandosi
all’esterno
e raggiungendo gli anelli che avevano cominciato a brillare alla sua
nascita.
Gli anelli dei Guardiani che erano stati suoi compagni. Arrivando alla
memoria
di tutte le persone che avevano fatto parte della sua vita.
Assalendo, chi aveva dimenticato,
con un fiume inarrestabile di ricordi.
«Hai
intenzione di rimanere a fissarmi ancora per molto?» quella
di
Gokudera non è una domanda irritata o altro, solo una
semplice curiosità, posta
senza nemmeno voltarsi a guardare il suo interlocutore.
«Ti
da fastidio?» immancabile la replica di Yamamoto lo
raggiunge, seguita
dal breve risolino che gli è solito, in quel frangente.
«Non
hai proprio nient’altro da fare?»
«Se
tu fossi qui a letto, con me, magari qualcosa da fare la
troverei…»
Gokudera
sorride e chiude il frigorifero voltandosi a guardare verso la
porta lasciata aperta, che fa intravedere la camera, il letto e il
ragazzo che
vi è sdraiato sopra, nascosto alla sua vista solo da un
leggero lenzuolo.
«Sei
un animale» è la delicata risposta del Guardiano
della Tempesta mentre
apre la bottiglia di cocacola e ne prende un sorso «mi chiedo
cosa ne
penserebbe il Decimo se vedesse questa parte di te» magari
solo un po’
imbarazzato.
Yamamoto
alza le spalle e scivola via dalle coperte tenendo solo il
lenzuolo attorno ai fianchi e raggiungendo il compagno. Gli passa le
braccia
attorno alla vita e affonda il viso tra i capelli scompigliati
dell’Italiano.
«Probabilmente
penserebbe che era ora ci dessimo una mossa e smettessimo di
distruggergli la stanza per poi andare a fare ben altro nella
tua»
«E
lasciami!» ribatte imbarazzato Gokudera senza fare veramente
nulla per
sfuggire alla sua presa «sei appiccicoso!»
«E
ti dispiace così tanto?»
Takeshi Yamamoto fissò il
muro,
dove in linea d’aria e dietro un paio di pareti sarebbe
dovuto esserci
l’oggetto improvviso dei suoi pensieri, con gli occhi
spalancati e il respiro
mozzato, a propria volta fissato incredulo dai presenti. Quindi
l’avevano visto
tutti…cos’era stato…? Era un ricordo?
Yamamoto non lo sapeva, come non sapeva
che, dietro alle stesse due pareti, Gokudera Hayato era caduto in
ginocchio sul
pavimento, sconvolto.
«Non
riesco a crederci!!!» Sasagawa è entrato gridando
a squarciagola dalla
finestra del primo piano di casa Sawada e ora sta urlando sconcertato
direttamente in faccia a Tsuna.
Che
purtroppo è del tutto impreparato ad una cosa del genere.
«Cosa
sta succedendo?» chiede un assonnato Decimo Boss, non
propriamente
felice di essere stato svegliato nel mezzo della notte.
«È
successa una cosa estremamente
importante» ribadisce il Guardiano
«mi serve un tuo consiglio».
«Dimmi»
cede, rassegnato.
«Ho
passato tutta la notte a preparare i festoni che Hana Kurokawa mi ha
chiesto di fare, per darle una mano. Ho finito adesso».
«Sei
stato molto gentile» commentain riposta, diplomatico, prima
di
guardare furtivamente l’ora. Le quattro di mattina.
«Perché
l’ho fatto?» chiede angosciato Sasagawa, camminando
avanti e
indietro, mulinando i pugni in aria.
«Perché
ti piace?» sorride dolcemente Tsuna. In fondo si tratta di un
suo
amico, della sua Famiglia, come può dirgli di andare via e
richiederglielo più
tardi?
«Impossibile»
afferma il boxeur, smettendo di fare casino con i suoi
continui movimenti ansiosi.
«E
allora perché lo avresti fatto?»
«Perché me l’ha
chiesto» cerca di
rispondere, dubbioso «ed è amica di
Kyoko».
«Ma tu faresti qualunque cosa per
lei» cerca
di spiegare Tsuna ad un ancora troppo agitato Ryohei, per i suoi gusti.
«Ma è normale, è la
migliore amica di
Kyoko!» ribadisce esagitato.
«No che non è
normale» cerca di spiegargli «sei
stato in piedi tutta la notte a fare qualcosa che lei ti ha chiesto e
che
avresti benissimo potuto fare in qualunque altro momento».
«Quindi perché!?»
ripete angosciato,
meritandosi il sospiro pesante di Tsuna. Certo che è proprio
cocciuto.
«Tu la ami, no?»
Ryohei
rimane a fissarlo imbambolato, incapace di dire
altro.
Sasagawa Ryohei contrasse
istintivamente le dita fasciate senza guardare nessuno in particolare,
sarebbe
morto di estremo imbarazzo - perché era certo che anche
tutti gli altri
l’avessero visto -. Quindi…era successo veramente?
«Credi
che cercare di ammazzarti mi renda più propenso alla
pietà e ti
permetta di impossessarti del mio corpo?» non
c’è scherno nelle parole di
Tsuna, mentre osserva il corrispettivo adulto del suo Guardiano della
Nebbia,
coperto di sangue. Altrui ovviamente.
«Chi
lo sa» mormora divertito Mukuro«magari il te del
futuro è già sotto il
mio controllo».
«Il
me del futuro ormai è morto» è una
constatazione dolorosa «non puoi
avere il controllo dei morti».
«Come
lo sai?»Mukuro non può dirgli che in
realtà è tutto un piano, che lo
sa perché ha spiato lui e Hibari discuterne con Shoichi.
Tsuna
sorride malinconico, mentre distrattamente gli pulisce la guancia da
una macchia rossa particolarmente vistosa, come faceva la sua mamma
quando si
sporcava di terra.
«Perché
tu non faresti mai del male alla tua Famiglia».
Anche
questa è una constatazione, e stavolta è Mukuro
a non sapere più cosa dire.
Mukuro non sapeva esattamente come
fosse riuscito a far tornare Chrome al proprio posto, ben deciso a non
farsi
guardare da nessuno. Impossibile, non poteva essere
successo veramente,
non a lui. Quello doveva essere sicuramente tutto frutto di
un’illusione ben
costruita. E chissenefrega se sentiva che non era così. Non
ci avrebbe creduto
mai.
«Guardalo…piccolo…che
carino!!» sono ben dieci minuti che Iemitsu Sawada,
neo papà, saltella estasiato per la stanza dove sua moglie,
la sua bellissima
Nana, tiene in braccio loro figlio.
Il suo
piccolo Ietsuna!
«Allora,
hai deciso come chiamarlo?» chiede Nana accarezzando
amorevolmente
la guancia del piccolo che stringe gli occhi al contatto e sbadiglia
piano.
«Ietsuna»
non ha avuto dubbi.
«Davvero
vuoi mettergli il nome di tuo padre?» il sorriso della neo
mamma
si incrina appena «sicuro?»
«Perché
no?» piagnucola quasi Iemitsu «non ti
piace?»
«Non
è che non mi piaccia…» cinguetta la
donna stringendo a sé il piccolo
corpicino del bimbo addormentato «solo che…non
assomiglia molto a tuo padre…»
Iemitsu
guarda le guanciotte morbide, gli occhi grandi e, nonostante nato
da poco, i folti capelli castani. Troppo delicato per quel nome in
effetti.
Ietsuna è un uomo duro, intransigente e spigoloso, non gli
donerebbe.
«Allora…come
lo chiamiamo?» chiede improvvisamente preoccupato Iemitsu,
troppo occupato a declamare l’unico nome che avrebbe voluto
mettergli per
pensare ad altri.
«Che
ne dici di Tsunayoshi?»
Iemitsu Sawada strinse a sé
la
moglie in lacrime, incredulo e felice. Ora sì. Ora era tutto
chiaro. Il loro
Tsuna. Loro figlio. Lasciandosi andare alle lacrime a propria volta
sperò con
tutto il cuore non succedesse mai più. Mai più
avrebbe, avrebbero voluto
dimenticare l’esistenza del loro Tsu-kun.
«Non
si lasci ingannare, Decimo! È sicuramente Mukuro»
la voce di Gokudera,
sempre più alta del normale, le perfora le orecchie
«Mukuro la sta
controllando! Se è per i suoi scopi personali farebbe
qualunque cosa!»
«Tu
non mi credi» un’affermazione di Chrome, non una
domanda.
«Ovviamente!!
Decimo, guardi la sua arma. E sta nascondendo il suo occhio
dietro quella benda sospetta!!»
«Lei
non è…Rokudo Mukuro…» altra
affermazione, tremante ma chiara.
«Eh?»
«…»
«È…è
così?»
«No…uhm…è
solo che…»
«Tu
mi hai difeso» gli si avvicina con un nuovo calore nel cuore
e si sporgeadappoggiare
delicatamente le labbra sulla guancia del ragazzo «Grazie,
Boss».
Chrome rimase per un momento
interdetta al ricordo improvviso che la avvolse come un abbraccio
caldo. Come
aveva potuto permettersi di dimenticare una cosa come quella? Come
avevano
potuto farglielo dimenticare. Una lacrima di dolce sollievo le
scivolò
incontrollata dagl’occhi chiusi. Il loro Boss.
«Lambo-san
è ancora arrabbiato a morte con te» grida il
piccolo Bovino,
lanciando bombe, stranamente non innescate -Giannini deve avergli dato
una
sistemata che porta la sua firma-, contro il giovane Decimo, che non
cerca
nemmeno di schivarle «sei cattivo come Reborn! Adesso Il
Grande Lambo-sama è
tuo nemico!!»
«Mi
dispiace Lambo» mormora contrito «ma è
troppo pericoloso, non posso
lasciarti qui».
«Lambo-san
vuole stare con la Mamma!» comincia a piangere, disperato
«Mamma!»
«Se rimani qui potrebbero intercettare il
tuo Anello» cerca di spiegargli, il cuore in mano e le
lacrime agl’occhi «e
faranno del male alla Mamma, capisci ora?»
«Lambo-san non vuole che la Mamma si
faccia
male» piagnucola.
«E allora devi venire con noi»
sorride Tsuna
«e ti prometto che torneremo a casa presto».
«Davvero?»
«Sì,
te lo prometto»Tsuna lo prende in braccio e gli
accarezza la testa, per calmarlo «te lo prometto».
Il piccolo Lambo si strinse nelle
braccia di Bianchi cercando di stare calmo e non scoppiare in un pianto
isterico. Il Dametsuna, che stupido. BakabakabakaTsuna!! Strinse la
maglietta
leggera della donna tra le dita e ci affondò il naso dentro,
soffiando forte.
Dametsuna!!
«Hai
ucciso il Nono»Xanxus sogghigna, per la buona riuscita del
piano «prendo
il crudele trattamento che hai riservato al Nono come una sfida a me,
Xanxus,
suo figlio, e all’onorabile spirito dei Vongola».
«Cosa…?»
il giovane sedicente Decimo designato ha ancora le lacrime
agl’occhi.
«Non
fare il finto tonto. E le bruciature sul petto del Nono sono delle
prove schiaccianti. Il conflitto degli Anelli non è nulla,
in confronto a
quello che hai fatto» sente, può percepire la
paura del giovane in ginocchio «lo
farò per mio padre, il Boss e per il futuro di
Vongola» l’Anello che porta al
dito è freddo e gli avrebbe donato il potere necessario
«ti sconfiggerò e lo
vendicherò»
«Eh?»
«Che
stai dicendo?» Gokudera è fuori di sé
«sei stato tu a catturare il
Nono!»
«Così
era questo che avevi in mente»Reborn lo fissa apparentemente
impassibile «anche se avesse vinto il Conflitto e fosse
diventato il futuro
Boss, quelli che sapevano del colpo di stato si sarebbero opposti alla
sua
nomina e avrebbero scatenato una rivolta»
l’Arcobaleno alza lo sguardo e Xanxus
si sente stranamente a disagio «ma se vendicasse il Nono
incastrando Tsuna, le
cose andrebbero diversamente. Conquisterebbe la completa fiducia di
molte
persone della Famiglia. E se si rivelasse più forte di
Tsuna, che avrebbe
dovuto essere il Decimo, potrebbe provare che è lui il vero
successore. Se
dovesse succedere non sarebbe un problema trattare con i suoi
oppositori».
«Quindi
Xanxus l’ha fatto per diventare Boss ed instaurare una
dittatura»
Basil, ecco un altro che il Leader dei Varia considera della feccia
inutile.
Perché, il bambino non è già stato
sufficientemente chiaro?
«Sì»
riprende «era una trappola. Se Mosca fosse andato fuori
controllo e
avesse attaccato gli amici di Tsuna, sapeva che Tsuna sarebbe venuto a
salvarli».
«Perché…»Tsunayoshi
trema nel pronunciare quelle parole «per un motivo
simile…»
«Per
favore, astenetevi dall’ipotizzare strani imbrogli».
«Stiamo
registrando tutti i vostri discorsi»
«Fate
come volete» è puro istinto omicida quello che
scaturisce da Reborn,
rischiando di far rabbrividire Xanxus«sono fuori di me. Ma
manterrò la promessa
fatta al Nono e non alzerò un dito, nel combattimento del
mio allievo. Ma non
so cosa deciderà di fare. A lui non piace
combattere».
Tsuna si
alza in piedi, gli occhi nascosti dalla folta frangia.
«Xanxus»
è assurdamente pacata la sua voce «mi
riprenderò quell’Anello».
Sembra un
vero brivido quello che gli scorre lungo la spina dorsale, alla
vista di quegl’occhi decisi e tormentati.
«Non
lascerò che tu sia il successore del Nono».
Il bicchiere che Xanxus teneva in
mano si sfracellò al suolo mentre il suo proprietario era
troppo preoccupato a
seguire gli strani ricordi che erano improvvisamente nella sua mente,
alcuni
perfettamente sconosciuti, per prestargli attenzione. E così
quella feccia
terrorizzata che aveva sorpreso nel suo letto era il Decimo Vongola. Un
ghigno
ben poco rassicurante gli si disegnò in volto. Decisamente
interessante.
«Aspetta,
calmati» tutti i Varia, opportunamente nascosti ovviamente,
stanno ascoltando le parole che lo stupido fratello di Bel grida
disperato «Ti
farò parlare con Byakuran-sama, io so cosa desideri. Quello
che vuoi è
diventare il Decimo Vongola, vero?»
Le
cicatrici sul volto di Xanxus fremono, così come le schiene
di Varia
stessi. Quello stupido sta toccando il tasto sbagliato.
«È
ovvio che odi Sawada Tsunayoshi più di chiunque altro, non
è così? Lui
ti ha rubato il titolo che ti spettava di diritto».
Decisamente
quello è il tasto dannatamente sbagliato.
«Con
i nostri poteri combinati noi possiamo battere l’odioso
Sawada e
incoronarti come Decimo designato».
«Tuo fratello sta cercando
di farsi
uccidere, Bel-sempai».
«Ushsihsi».
«Ancora
meglio, il ramo Vongola della Famiglia Millefiore! Byakuran
è un
uomo molto generoso! Cosa ne pensi? Non è grande?»
«Fottuta
merda»Xanxus non sogghigna nemmeno «io desidero il
potere di
Vongola solo al suo massimo e preferisco morire piuttosto che essere
sotto voi
rifiuti».
«Cos…»
«Il
giovane Sawada non è stato mandato dal passato
perché io lo uccida»
adesso gli vengono in mente i suoi occhi, sicuri e decisi, e sa che non
potrebbe comunque uccidere l’origine del suo perdono
«è qui per portare i
Vongola alla loro forza massima».
SawadaTsunayoshi
è lì anche per loro, per i Varia, gli antichi
nemici.
«Per
quanto riguarda i nostri conflitti interni, quando siamo attaccati da
immondizia come voi»Xanxus spalanca gli occhi e le fiamme
divampano decise «noi,
i Vongola, siamo sempre uniti».
I Vongola
al loro massimo splendore. Il loro orgoglio
è indistruttibile.
«Vi prego…non
ditemi che quello a
cui abbiamo appena assistito non è successo
veramente» la voce di Levi suonava
decisamente tremante mentre, con gli altri Varia, veniva sommerso dai
ricordi.
«Voooooiiii!!! Hai
perfettamente
ragione! Adesso mi sente quello stramaledetto finto spadaccino! Come
può
permettersi di passare il tempo a fottere quello stronzo bombarolo
invece di
allenarsi con la spada!?»
«Ma cosa hai capito,
Squ» Lussuria
gli cinguettò in un orecchio, rischiando seriamente lo
squartamento «Levi
intendeva un’altra cosa» sorrise malizioso
«sempre a pensare a quello, eh? Ma
tranquillo, tanto lo sappiamo che a bruciarti di più
è il fatto che Takeshi-kun
è attivo mentre tu sei un pass-» impossibilitato a
continuare, in quanto Squalo
aveva cominciato a rincorrerlo per tutta la Tenuta con la spada e il
battipanni,
che stava usando fino a poco prima per pulire la sua nuova uniforme da
uno
degli scherzi scemi del Principe, si limitò a gridargli tra
un saltello e
l’altro «Levi intendeva il ragazzino che era
prigioniero dai Vongola!! È il
vero Decimo!»
Squalo rallentò
impercettibilmente
il suo inseguimento mentre dava un’altra scorsa ai ricordi
che gli si erano
presentati alla mente.
«Ehi! è
vero!»
«Che
stupido…» commentò solamente
il principe che non aveva mai smesso di giocare a Tekken con Mammon.
«Vooiii! Hai ragione!
È solo un
ragazzino senza spina dorsale» equivocò il Secondo
in comando annuendo.
«Guarda che io dicevo a
te» precisò
Bel.
«VOOOOOOOOOOOOOOIIIIIIII!
Belfagor,
merdoso sacco d’immondizia!! Vuoi morire?»
«Prova a
prendermi» gli fece il
verso con una pernacchia.
«Il
Decimo di quest’epoca» Kusakabe cerca di spiegare
ad un per nulla
interessato Hibari del passato «è stato
assassinato dai Millefiore».
Hibari gli
lancia un’occhiata raggelante e impassibile e continua a
camminare, volta l’angolo dove nessuno l’avrebbe
mai visto e cade in ginocchio,
un rivolo di sudore lungo la tempia.
Non
è possibile. Non può esserlo.
Non deve.
Perché,
nel suo ragionamento, nella sua vita da ragazzo, non esiste una
singola ragione al mondo per la quale Sawada Tsunayoshi deve morire.
Perché
lui, Hibari, il permesso non gliel’ha mai dato.
E non
glielo darà mai.
«Tsunayoshi»
sibila tra i denti e con il cuore in
gola.
Hibari Kyoya aveva cominciato a
correre a rotta di collo, dimenticando ogni suo modo di fare, ogni sua
abitudine, già al primo ricordo legato a Sawada Tsunayoshi.
Quando aveva
rivisto gli occhi che lo tormentavano negl’ultimi giorni, nei
suoi ricordi, non
aveva potuto far altro che correre verso di loro.
Entrò direttamente dalla
finestra
del primo piano, lasciata incautamente aperta, e scese le scale fino a
raggiungere la palestra, dove tutti si trovavano e fissavano
sconcertati il
giovane inginocchiato a terra, che emetteva quella pura Fiamma del
Cielo.
«Decimo» Gokudera
aveva le lacrime
agl’occhi.
Perché erano tornati, tutti
i
ricordi legati a Tsunayoshi Sawada; erano tornati tutti i ricordi del
loro
Decimo.
Hibari si fece avanti, deciso a
mettere in chiaro una volta per tutte quell’immagine che
girava nella sua testa
e, se aveva capito bene come funzionava la cosa, anche in quella
degl’altri.
Le pozze color ambra, socchiuse
dalla concentrazione, incontrarono quelle petrolio e, per un attimo,
sembrarono
non poter vedere altro.
Tsuna cercò di articolare
delle
parole.
Nella mente provata dalle troppe
informazioni che vi erano state riammesse, nella confusione di tempo e
luogo -che
gli stavano facendo fare un’immane fatica a cercare di capire
se avesse prima
abbracciato la madre come un peluche, quando il nonno materno era
morto, oppure
deciso di attaccare i Millefiore- un altro ricordo, chiaro come se lo
stesse
vivendo in quel momento, esplose dietro le palpebre semichiuse.
E nella mente di tutti.
«Spero
di essere stato chiaro stavolta» la voce di Hibari fa vibrare
il
petto su cui l’orecchio di Tsuna è adagiato,
trasmettendogli il movimento del
respiro e delle corde vocali, mentre il Guardiano stringe maggiormente
a sé il
viso del giovane Boss «prova a morire un’altra
volta e ti morderò a morte. A
costo di raggiungerti nello schifoso posto da diabete in cui ti
metteranno»
Tsuna
sente le proprie guance avvampare mentre fa scorrere le mani,
finalmente libere dalla ferrea stretta che le ha tenute fino a poco
prima che
si spostasse sul viso, sulla pelle scoperta del petto del moro,
sospirando.
«Sei
così sicuro che mi manderanno in
Paradiso…» gli ha risposto, per
niente a disagio, strusciando contemporaneamente la punta fredda del
naso nel
solco del collo di Hibari «potrei anche finire
all’inferno…»
«Sei
uno stramaledetto egoista» ribatte l’altro
«sei uno stupido, incosciente,
incapace, imbranato, ignorante, irrecuperabile, pauroso
buonista» fa una pausa
in cui rimane per un momento a respirare l’odore dei capelli
di Tsuna, appena
uscito dalla doccia, con addosso i residui dello shampoo che
l’Hibari del
futuro sembra prediligere tanto «è
ovvio
che diventerai un altrettanto schifoso angioletto tutto
tremante».
«E
tu?» ha chiesto Tsuna dopo un attimo, stringendosi
inconsciamente ancora
di più su di lui «anche tu avrai un paio di belle
ali bianche?»
«Le
schifezze piumose le lascio a quelli come te» risponde
immediatamente
Hibari «non mi serviranno dove andrò»
«E
allora come farai a mordermi a morte?» la voce del giovane
è triste.
«Con
chi credi di stare parlando? Erbivoro…» Hibari
rotola sul materasso di
modo da far adagiare Tsuna di schiena, sotto di lui, e sfiorando la
cintura che
tiene uniti i lembi del largo accappatoio «credi forse che
riusciranno a
tenermi fuori?»
A Tsuna
viene evitato di rispondere da un paio di labbra esigenti, che
premono nemmeno troppo dolcemente sulle sue, costringendolo invece a
mugolare
qualcosa di incomprensibile, tutt’altro che contrariato,
prima che gli permette
nuovamente di respirare, spostandosi sul collo di lui che volta la
testa per
permettere un maggiore contatto.
È
proprio in quel momento in cui Tsuna, seminudo perché un
accappatoio tra
le mani di Hibari non serve granché come protezione, scorge
tra le ciglia
degl’occhi semichiusi dall’eccitazione la figura
pietrificata, tanto è
immobile, di Gokudera stagliarsi sulla porta.
«G-Gokudera…kun?»
«E…e
quello» la voce,
sempre quella di Gokudera, impietrito come nel ricordo, anche se questa
volta
imitato da tutto il resto della gente presente «e questo cosa cazzo sarebbe!?»
Credo che questa
volta non metterò nulla come commento…
Un bacio
NLH
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Capitolo 26 *** Target 25# ***
I’ll bite you to death,
Tsunayoshi Sawada.
[Target 25#]
Erano passati appena
una manciata di minuti da quando la Fiamma, esausta per essere stata
usata
tutta in una volta, era scivolata via dalla vista, tornando ad essere
semplicemente aria attorno ai Guardiani e a tutti coloro avevano
riacquistato
la memoria. Pochi minuti nei quali i Guardiani (più Dino,
Romario e Reborn) si
erano avvicinati a Tsuna – come sapevano di poterlo chiamare
senza pericolo di
cadere ancora in errore – con espressioni sollevate,
sbalordite o ancora
vagamente incredule.
In fondo non era
facile riassorbire memorie di anni.
Ma finalmente erano
tutti assieme. Tutto era andato al proprio posto.
Erano tornati ad
essere la Famiglia di un tempo.
«Juudaime!!!!»
Gokudera si era fiondato sul braccio del Decimo appena ritrovato, pieno
di
lacrime, rimorso, pentimento e una vergogna inimmaginabile
«la prego mi
perdoni! Come ho potuto, io!? Trattarla a quel modo quando lei aveva
solo
bisogno del nostro sostegno» rischiò seriamente di
mettersi a piagnucolare «e
come ho potuto permettere tutto questo? Sono un braccio destro indegno
di
questo ruolo! Ho permesso che la rapissero e le cancellassero la
memoria!!!»
«Allora dimettiti da
Braccio Destro» fu il simpatico suggerimento di Mukuro,
tornato improvvisamente
«in effetti hai sempre fatto schifo…»
«Come diavolo ti
permetti!!?» strepitò il Guardiano, tornando ad
una familiare quadretto che
Tsuna sentì di non aver mai veramente dimenticato.
«Su andiamo,
calmatevi» ecco Yamamoto, sempre il solito pacificatore, che
si metteva in
mezzo ai due litiganti. Poggiando una mano sulla spalla di Gokudera, a
placarlo.
La mano di
Yamamoto è posata quasi con grazia sulla spalla sinistra del
compagno, a sostenere l’espressione triste che gli
è nata in volto alle parole
di Bianchi.
«Non
ti devi preoccupare, sono certo che starà bene» il
sussurro del
Guardiano della Pioggia è così basso che, se non
fosse stato per il fatto che
glielo stava dicendo direttamente nell’orecchio, Gokudera se
lo sarebbe perso.
«Io
non ho nulla a che spartire con quelli» sibila risentito di
rimando,
senza accennare a liberarsi da quella stretta gentile anzi, facendo
mezzo passo
indietro per sentire il petto del giapponese sulla propria schiena.
«Lo
so, lo so…» lo cinge con il braccio libero e
affonda il viso
nell’incavo del suo collo, beandosi del profumo dei suoi
capelli argentati,
come ama tanto fare.
«Ti
odio» borbotta l’italiano sciogliendosi in quel
caldo rifugio che è il
suo abbraccio personale «con te non vale nemmeno la pena di
sbraitarti contro,
non mi dai alcuna soddisfazione».
Negl’occhi
dorati dello spadaccino si è acceso un genuino lampo di
divertimento.
«Nessuna
soddisfazione» gli alita sul collo facendolo rabbrividire
«sicuro?»
Gokudera
fa decisamente fatica a trattenere un gemito,
troppa fatica perché ne valga effettivamente la pena.
Yamamoto fece
scattare indietro il braccio, come si fosse scottato, mentre Gokudera
saltò in
piedi imbarazzato e per niente incline ad altre visioni del genere,
considerato
poi che le memorie dei quello che era successo dopo sembravano essersi
marchiate a fondo nei suoi occhi.
E
anche in quelli di tutti gli altri, se
comprendeva bene il sorrisetto malizioso di Mukuro e le guance rosse di
Tsuna.
«N-non è come
crede,
Juudaime!!!» iniziò a strepitare imbarazzatissimo
e gesticolando a più non
posso – evitando accuratamente di non incrociare nemmeno per
sbaglio anche solo
l’ombra del Guardiano della Pioggia –
«non era assolutamente niente!!!»
Tsuna, sentendosi decisamente
l’ultimo a potersi permettere di sfottere qualcuno
– non dopo le
imbarazzantissime visioni che sembravano vedere come protagonisti il
Guardiano
della Nuvola e lui stesso – distolse lo sguardo dai tre a lui
più vicini
(troppo rumoroso per il mal di testa che si sentiva, ad eccezione di
Yamamoto
ammutolito, che fissava incapace di fare altro le proprie).
Solo in quel momento
si accorse che i presenti (i rimanenti) stavano fissando intensamente
qualcosa.
Che non era esattamente il Decimo redivivo.
Stavano fissando
Hibari, sgomenti.
Non capitava certo
tutti i giorni che il più serioso, sanguinoso, rigido,
fanatico della
disciplina, amante di Namimori alla follia, Guardiano della Nuvola di
Decima
generazione si rivelasse essere l’amante di Sawada.
Così come non era
solito vederlo viso a terra, gli occhi assassini, le dita strette a
pugno
tremanti dallo sforzo di trattenersi dall’ammazzare chiunque
avesse visto quei ricordi (un
po’ tanti, ma niente
che uno o due anni di caccia potessero sistemare) e i tonfa stretti
spasmodicamente tra i pugni.
«Hibari…san…»
«Hibari-san»
il Presidente del Comitato disciplinare si aspettava il suono
del proprio nome da un momento all’altro. Ha sentito i passi
che si avvicinano
al suo “ufficio” fin dall’inizio del
corridoio.
Hibari
alza lo sguardo e lo vede in piedi sulla porta – sempre
aperta per
controllare il flusso di
studenti ingrati che non fanno
altro che divertirsi a farlo faticare per rimetterli in riga
– con le mani
strette attorno ad un libro di matematica e i denti che martoriano le
labbra
già rosse.
Si prende
un attimo per ammirare lo spettacolo che sono quelle due gemme
languide spalancate sul mondo – il suo mondo –
prima di fargli un cenno
apparentemente scocciato e indifferente, dandogli il permesso di
entrare nella
stanza e sedersi composto sul divano.
Sempre
nello stesso posto, quello alla sua sinistra e nell’angolo
più
vicino alla scrivania. Come spesso fa quando rimane lì a
fargli compagnia nel
doposcuola.
«Hai
bisogno di qualcosa, stupido erbivoro?» borbotta
scarabocchiando
qualcosa sulle carte, senza sapere peraltro di cosa si tratti.
«Ecco…Hibari-san»
il Presidente non lo ammetterebbe mai, ma ama come poche
altre cose sentire il proprio nome sussurrato da lui «mi
chiedevo…se tu…potessi
darmi una mano con…matematica» il tono di voce si
abbassa man mano che le
parole gli escono di bocca e il sopracciglio di Hibari si alza.
«Matematica»
ah, quanto adora tenerlo sulle spine e vedere il rossore
aumentare a dismisura «vuoi una mano con i compiti, ho capito
bene?»
Tsuna
deglutisce nel vedere la luce pericolosa nata negl’occhi del
compagno. Forse non è stata esattamente una buona idea, il
suo cervello sta
gridando a squarciagola quelle parole.
E lui che
pensava di poter tornare a casa, almeno per
quella sera.
Il moro reagì a quel
richiamo, e a quel ricordo diventato dolorosamente familiare, con un
tremito
maggiore del braccio destro e un nervo in superficie.
«Tu…stupido.erbivoro.incapace»
fu tutto quello che riuscirono a sentirlo sibilare minaccioso prima
che, con
tutta al forza che gli rimaneva in corpo, lanciasse addosso al
sopracitato
incapace il tonfa che teneva stretto.
Tonfa che centrò con
perfezione il centro della fronte del Boss al millimetro, facendolo
svenire sul
colpo.
«Decimo!»
Gokudera
lasciò perdere nell’immediato la
stupida lotta che aveva iniziato con Mukuro, sull’uso
appropriato o meno di
strumenti retorici riguardo ai doppi sensi in abbracci del tutto
innocui e
privi, assolutamente privi di ogni malizia.
«Tsuna!» anche
Yamamoto si era scosso dal torpore di poco prima, giusto per vedere il
corpo
del ragazzo accasciarsi al suolo con un tonfo sordo, seguito dal
tintinnare
dell’arma di quello che in teoria era stato il suo…Dio quasi non riusciva a dirlo, amante.
«Hibari!
Stramaledetto! Come ti sei permesso?» strepitò
Gokudera sollevando il corpo di
Tsuna – in procinto di perdere nuovamente la memoria
considerati i precedenti –
e trovando il punto in cui sarebbe dovuto trovarsi il Guardiano senza
la minima
traccia della sua presenza «maledetto Hibari…te la
sei svignata…la mia vendetta
cadrà sulla tua testa!!»
Anche Sasagawa (con a
carico una Scemucca poco sopportabilmente divertita) e Reborn si erano
avvicinati al neosvenuto Vongola.
«Sempre il solito
imbranato, BakaTsuna…»
«Reborn…»
si trovò a
piagnucolare il ragazzo, massaggiandosi dolorante il punto colpito,
dove poteva
iniziare a vedersi una splendida fioritura rossastra.
«Niente
“Reborn”»
sibilò questo, colpendolo con un altro calcio –
l’ennesimo in quella giornata,
ma il primo consapevole della sua importanza –
«Hibari ha fatto benissimo. Come
ti sei permesso di farti catturare, in un modo tanto stupido
poi…»
«AH! Juudaime!»
altro
urlo preoccupato, mentre il sedicente braccio destro tornava precipitarsi sulla figura
svenuta del suo
Boss «Reborn! Perché l’hai
fatto?»
«Se lo meritava»
fu
la serafica risposta di quello.
«Scusami…»
Tsuna
è di fretta: oltre ad essere in ritardo a scuola –
e quindi rischia
di mancare il solito appuntamento mattutino con lo sguardo gelido di
Hibari, che
gli fa capire che gliela pagherà, quella mancanza di
puntualità per l’inizio
delle lezioni, dopo le lezioni – ha anche promesso di aiutare
Kyoko-chan e
Kurokawa-san a riordinare la classe di scienze. Come ha potuto
dimenticarselo?
Eppure a
quella vocina sperduta non può a fare a meno di fermarsi e
rivolgere la sua attenzione a quella bambina – di
sì e no dieci anni – che lo
guarda seduta sul ciglio della strada.
Il fatto
che abbia grandi occhi blu – decisamente insoliti –
e folti ricci
rosso rame – mai visto un giapponese con dei capelli del
genere? – non lo mette
per nulla in allarme.
Così
come non pensa minimamente al fatto che in Italia i bambini piccoli
sono delle autentiche calamità naturali – basti
guardare il suo maestro –.
«Cosa
succede?» le chiede, vedendola in lacrime «ti sei
persa?»
E sta
quasi per tirare fuori un fazzoletto per permetterle di asciugare le
lacrime quando un’ombra copre il sole,
all’improvviso. E il visetto preoccupato
della bimba diventa un ghigno malevolo.
«Ci
sei cascato, Decimo Vongola».
Ed
è stato in quel momento che Tsuna si era quasi mangiato le
mani per aver
lasciato le pillole e i guanti a casa.
Mai
più, riesce a mala pena ad articolare nella sua
mente mentre l’energumeno gli fa perdere i sensi, pensare che
fa troppo caldo
per portarseli dietro.
~×~
«Siete molto gentili
ad accompagnarmi…» Tsuna è racchiuso
tra Yamamoto e Gokudera, mentre Reborn se
ne stava comodamente in braccio al guardiano del Sole che saltellava
tutt’intorno, sferrando pugni all’aria circostante
con il braccio libero.
«Scherzi?»
Yamamoto
rise «proprio ora che abbiamo finalmente recuperato le nostre
memorie non
abbiamo alcuna intenzione di lasciarti andare. E poi sono secoli che
non ti
portiamo fino a casa!»
«Hai detto bene!!»
gridò Sasagawa – meritandosi una secchiata
d’acqua gelida dalla finestra sotto
cui stava passando – alzando l’ennesimo pugno al
cielo.
«Già,
già…» incassò
la testa tra le spalle il Decimo «ma cerca di non gridare
così tanto…«
«Il Decimo ha
ragione»
si affettò ad affermare il Guardiano della Tempesta,
mettendosi subito davanti
a quello del Sole, con tutto l’intento di fargli una bella
ramanzina sul suo
comportamento, come si conviene a un più che degno braccio
destro.
Tsuna sospirò,
già
stanco.
Se non altro Gokudera
aveva smesso di implorargli perdono per il proprio comportante durante
il
periodo in cui non avevano ancora riacquistato la memoria, in ginocchio
e a
mani giunte ad ogni suo passo.
Poi il Boss sorrise.
Yamamoto aveva alzato
le mani, nell’abituale quanto inutile tentativo di placare
l’animo dello
Smokin’Bomb, il quale sbraitava senza sosta contro Ryohei
che, a propria volta,
gridava al Cielo quanto fosse ESTREMO quel potersi essere ritrovati
tutti
assieme.
Sawada Tsunayoshi si
sentiva a casa, con la sua Famiglia.
Ma fu solo quando
varcò l’ingresso della sua vera casa,
l’abitazione che lo aveva ospitato per
quindici anni e che per gli ultimi due aveva fatto da dimora anche a
tutti i pazzi
scatenati a lui più vicini, che il sentimento si
intensificò.
Fu soltanto nel
momento in cui sentì il grido gioioso del suo nome:
“Tsu-kun”, gridato dalla
Mamma, e il “Bentornato a casa figliolo”, che
sentì veramente di essere
tornato.
Con un sorriso di
felicità si lasciò avvolgere dalle braccia
amorevoli dei genitori, scivolando
in ginocchio con loro e assaporando la sensazione di essere finalmente
dove
sarebbe dovuto essere.
Al suo posto nel
mondo.
«Tadaima…».
Peccato solo,
socchiuse gli occhi, il viso premuto contro il petto della madre, che
il “Okaeri” che
avrebbe voluto veramente
sentire si trovava chissà dove.
Nella felicità del
suo ritorno una lacrima solitaria si confuse a quelle di gioia che
avevano
cominciato a scorrere chissà da quanto.
Hibari-san…
~×~
«Ehm…»
Yamamoto
rimase un attimo a fissare la porta che si era chiusa alle spalle del
Decimo e
di due genitori felici di aver finalmente riavuto il proprio figlio,
assaporando ancora per un attimo il gusto del Grazie che avevano
rivolto a
loro, i Guardiani, per averglielo riportato a casa.
Peccato solo fossero
rimasti fuori…
«Adesso che si
fa…?»
«Io me ne torno a casa» fu la risposta sgarbata di Gokudera,
gettando il
mozzicone di sigaretta per terra e schiacciandolo nervosamente con il
piede,
senza tuttavia accennare a muoversi da lì. Yamamoto lo
guardò un momento,
indeciso se avvicinarglisi o meno.
Tutte le loro
memorie, quelle in cui stavano assieme, erano troppo…troppo
inaspettate per
riuscire ad inserirle nuovamente nelle loro vite così. Da un
momento all’altro.
Sinceramente non
sapeva come comportarsi.
E Sasagawa non è che
aiutasse poi molto ad alleggerire l’atmosfera, specie con la
brillante idea di
andarsene via di corsa con una scusa più o meno balbettata.
Il boxeur era rimasto
in silenzio – fermo e tranquillo in un modo alquanto
inquietante – fin da
quando Tsuna aveva suonato in campanello di casa propria e, dopo aver
rimuginato chissà cosa per un paio di minuti, era scattato
verso l’alto, i pugni
levati e l’espressione determinata, blaterando una qualche
scusa senza nemmeno
darsi la pena di formularla correttamente nella propria testa,
iniziando a
correre a tutto spiano verso una certa
casa di una certa persona.
Non gli interessava
che fossero le undici di sera.
Non gli importava
niente del fatto che potesse essere già a dormire.
Doveva assolutamente
vederla. Si trattava di una questione ESTREMAMENTE
importante.
Arrivato sotto casa sua non si
fermò a controllare
l’ingresso, e si arrampicò direttamente sul
muretto, rimanendovi appeso. Con un
tutto al cuore si accorse che lei era alla finestra, intenta a guardare
il
vuoto.
Quella sì che era un’estrema
coincidenza!
Sventolando il braccio destro
– quello con cui non era
aggrappato al muretto – cercò di attirare la sua
attenzione, riuscendo
miracolosamente in fretta nel suo intento. Si sa che quando un idiota
si mette
a sbracciarsi con un Anello scintillante di Fiamma Sole solo i ciechi e
gli
idioti come lui potrebbero non notarlo.
Fortunatamente quel
quest’ultimo, Hana Kurokawa non
era né l’uno né l’altro.
«Ryohe-»
s’interruppe un momento, come insicura su
come dovesse chiamarlo «voglio dire, cosa ci fai qui? Non si
che ore sono?»
«Le undici e
dieci» ripose sussurrando, dopo aver
guardato l’orologio della fermata del bus,
dall’altra parte della strada.
Hana si mise una mano tra i capelli.
«Non era questo che
intendevo…è tardi».
«Ma io devo dirti una
cosa…» piagnucolò il ragazzo.
«Hana-san!
Ti devo parlare!!»
con quelle parole Sasagawa Ryohei ha fermato mezzo corridoio, durante
la pausa
pranzo, per l’intensità e il tono di voce elevato.
Nemmeno la ragazza si
trovasse dall’altra parte e non di fronte a lui.
«Cosa
succede nii-san?» chiede
ingenuamente Kyoko, mal interpretando il rossore sulle guance e sulle
orecchie
del fratello «non ti senti bene?»
«No,
devo solo parlare con
Hana-san».
«E
di cosa?» chiede questa,
cercando in tutti i modi di nascondere il rossore –
perché, diamine, se un
ragazzo ti ferma in mezzo a tutti con quell’espressione e
quella veemenza non è
certo per chiederti l’ora – e il folle desiderio
che lui l’abbia fermata per quello
– in
fondo è pur sempre dell’idiota della boxe di cui
si sta parlando, può benissimo
averla chiamata per chiederle l’ora – ed evitare di
nutrire false speranze «non
vorrai ancora che io mi iscriva al club di boxe femminile,
vero?»
Il ragazzo
scuote la testa con
forza.
«No,
devo dirti una cosa»
ripete per la terza volta con lo stesso tono di voce da stadio.
«Sentiamo…»
acconsentì la ragazza, il cuore che stranamente accelera i
suoi battiti e le
mani gelide e sudate allo stesso tempo.
«TI
AMO!!» le
gridò, sussurrando.
Hana arrossì furiosamente,
prima di guardarsi attorno
e controllare che nessuno dei passanti – inesistenti per
fortuna – avesse
sentito o anche solo visto.
«Forse è meglio
se entri…» si trovò a sussurrare alla
fine,
aprendo del tutto le finestra e indicando con una mano la pianta
accanto ad
essa.
Ryohei Sasagawa iniziò a
sorridere come un idiota.
~×~
Hayato Gokudera non
riusciva a dormire.
E ovviamente non
centrava nulla quello stupido patentato di Yamamoto.
No.
Lui non riusciva a
chiudere occhio per la felicità del ritorno del Decimo,
assolutamente.
Non riusciva a
dormire perché la vicina faceva andare una stupida
telenovela a quell’ora
oscena di notte. Perché il lavello perdeva qualche goccia e
le cicale finivano
– in barba al fatto che la stagione fosse finita –
e, soprattutto, perché il
mal di stomaco non lo lasciava in pace.
Lo sapeva che non
doveva mangiare riso bianco prima di andare a dormire.
È troppo pesante come
cena.
Oh!
Si girò nuovamente
nel letto, decisissimo a non pensare a quando accaduto
poche…per la miseria!
Quattro ore prima! Ma da quando se ne stava a letto nel disperato
tentativo di
addormentarsi?
E chiaramente
Yamamoto non centrava nulla.
Così come non
centrava niente il fatto che, una volta sparito nel nulla Sasagawa, lui
e
quell’altro si
fossero fatti dieci minuti di strada
assieme – non poteva certo farci niente se le loro case si
trovavano nello
stesso quartiere – senza spiccicare parole.
Anzi, era stata una scelta voluta,
perché loro non
aveva niente da spartire.
Tantomeno quello che avevano appena
ricordato di aver
fatto.
Arrossì furiosamente
all’improvviso. Loro non avevano
fatto assolutamente niente.
«E-ehi…Gokudera»
il sospiro di
Yamamoto s’infrange bollente sulla pelle scoperta della
schiena dell’italiano,
costringendolo ad emettere un altro di quei suoni imbarazzanti
– disperatamente
simili ad un miagolio, gli ha detto una volta – che tenta di
occultare
abbastanza inutilmente con una mano «girati,
dai…»
Gokudera
affonda maggiormente
il viso nel cuscino, rosso fino alla punta dei capelli argentati.
«Hayato…»
gli sussurra allora nell’orecchio, accendendolo.
Gokudera si rigirò
disperatamente tra le lenzuola,
decisissimo a cancellare dalla mente ogni singolo pensiero gli stesse
tornando
a galla, traditore, ma incapace di fermare quel
flusso di ricordi in particolare.
Non poteva assolutamente credere di
aver fatto delle
cose simili!!!
«Ne-eh,
Takeshi» una delle
prima volte che usa il suo nome volontariamente e non indotto dalla situazione
del
momento «che ne dici se..noi, ce ne…» il
resto della frase è ridotto ad un
borbottio incomprensibile, ma “Takeshi” –
come stava scodinzolando quest’ultimo
per essere stato chiamato – non necessita di una eventuale
spiegazione, ancora
meno della conclusione logica della frase.
Gli
sorride dal banco dietro e
annuisce.
Certo che
ha voglia di andare a mangiare un gelato con lui dopo le lezioni.
Probabilmente questo ricordo poteva
essere considerato
ancora più imbarazzante del precedente. Con uno per cui non
si prova nulla si
può anche fare sesso – Gokudera non ci ha mai
creduto, ma deve pur trovare un
modo per giustificarsi – ma uscire assieme implica anche un
certo grado di
complicità.
Un po’ come baciare qualcuno.
Il suo
primo bacio, Hayato
Gokudera, lo ricorda con precisione. Sua cugina, Clarissa gliene aveva
schioccato uno alla sua festa di compleanno, sulla guancia, vicinissimo
alle
labbra.
Il suo
secondo bacio – in
assoluto – aveva previsto nasi che si scontravano, morsi alle
labbra e
un’incazzatura niente male dell’italiano su un
certo giapponese idiota.
Il terzo
bacio, si trova a pensare il Guardiano della Tempesta, fa tremare le
gambe, fermare
il cuore, girare la testa e provare irrazionale desiderio di
aggrapparsi alla
persona che glielo sta donando, avvolgendogli le braccia al collo e
sedendosi
sulle sue gambe. In barba al fatto che si trovano sul tetto della
scuola dove
chiunque – vedere in particolare Hibari Kyoya –
può scoprirli.
Nel disperato tentativo di fermare il
flusso di
ricordi – incontrollato e uno più imbarazzante
dell’altro – si alzò dal letto e
diede un’occhiata fuori dalla finestra.
E – lo deve ammettere
– per un attimo si chiese se la
sua pazzia non fosse peggiorata.
In piedi, nel bel mezzo della notte e
con indosso solo
una tuta e una maglia sbracciata, stava l’origine dei suoi
problemi, stretto in
un abbraccio che non lo avrebbe certo riscaldato. Gli occhi fissi sulla
sua
finestra.
E rimanendo a fissarlo, per
assicurarsi che fosse
veramente lui, mica per altro, si gettò allegramente la
zappa sui piedi tutto
da solo. Yamamoto lo vide e alzò una mano in cenno di
saluto, stranamente senza il solito
sorriso ad
animargli il volto.
Con il cuore stranamente
in gola – è l’indigestione, Gokudera,
non di agitare, il riso bianco fa male,
lo hai già detto – e gli occhi del Guardiano della
Pioggia nella mente – sempre
indigestione, si chiama effetto collaterale – scese di corsa
le scale per poi
fermarsi un attimo prima di aprire la porta d’ingresso
all’inaspettato
visitatore.
Cosa diavolo stava facendo?
Perché cavolo gli doveva
attenzione?
Nonostante tutto girò la
chiave nella serratura, tolse
il chiavistello e abbassò al maniglia, aprendo la porta e
piazzandosi sulla
soglia. Yamamoto Takeshi sullo zerbino, a venti centimetri di distanza,
che lo
fissava intirizzito.
«Yo…» fece un mezzo sorriso tremante.
Yo un cazzo! Avrebbe voluto gridargli.
Cosa diavolo ci
fai qui a quest’ora. Sloggia prima che ti prenda a pugni!!
Avrebbe tanto
voluto gridargli.
«Vuoi salire?» che
domanda idiota, si rimproverò due
secondi troppo, reprimendo l’istinto di iniziare a sbraitare
e sbattergli la
porta in faccia.
Da che cazzo di parte stava il suo
cervello?
Yamamoto ci pensò un attimo
– di troppo secondo il
paziente parere del Guardiano della Tempesta – prima di
annuire e varcare la
soglia, complice il fatto che Gokudera aveva smesso di fare da muro tra
l’interno e l’esterno.
Quando gli passò accanto,
Gokudera poté sentir il gelo
irradiato dalla sua pelle e represse violentemente l’impulso
di riscaldarlo in
qualche modo. Non aveva certo intenzione di impiccarsi con le proprie
mani.
«Hai le labbra
viola» disse, seguendolo su per le
scale, fino alla propria camera.
Come
diavolo ti sei permesso di entrare in camera mia come se fosse la tua!? Avrebbe voluto gridargli invece.
«Non riuscivo a
dormire» rispose tranquillamente,
posizionandosi dove il Guardiano della Tempesta era stato fino a poco
rima,
davanti alla finestra.
E che
cazzo di risposta è? Altra domanda inespressa del
Guardiano.
«Nh…»
ringhiò invece.
Yamamoto si girò
improvvisamente nella sua direzione,
le guance rosse dal freddo – o almeno questo era quello che
Gokudera aveva
sperato in un primo momento.
Silenzio.
Pesantissimo secondo il sempre
modestissimo parere del
Guardiano della Tempesta.
Lui lo odiava quel
silenzio.
«Non riesco a smettere di
pensare a te».
Ecco. Quella era
un’affermazione che sarebbe dovuta
essere rimasta inespressa, gridò nella propria mente
Gokudera, mordendosi un
labbro. Maledizione.
Dove cazzo era finito ora il silenzio?
Chi glielo aveva fatto fare di
cacciarsi in quel
casino?
A testa china, rosso come poche volte
– il che era
veramente qualcosa degno di nota – e indeciso su cosa fare,
non si accorse dell’avvicinarsi
del Guardiano della Pioggia.
Non si accorse
dell’espressione determinata
negl’occhi.
Non si accorse del tremore e
dell’aspettativa delle
sue dita, mentre gli avvolgevano le guance con delicatezza.
Non si accorse della morbidezza delle
sue labbra
socchiuse sulle sue, arrendevoli.
Non si accorse più di
niente che non fosse il letto
alle sue spalle, la lenzuola a terra, le dita gelide di Takeshi sulla
sua
pelle, perso nella passione di quel bacio tanto desiderato quanto mai
ammesso,
in quei mesi di separazione.
E improvvisamente la soap-opera
melensa della vicina
scomparve in un fruscio di vestiti, lo sgocciolare venne coperto dagli
schiocchi di due lebbra decisamente più vicine e degne di
attenzione, il
frinire della cicala deficiente e sonnambula coperto dai sussurri del proprio nome che
s’infrangevano bollenti sulla sua pelle.
E il nodo allo
stomaco si trasformò il calore che, liquido, scendeva verso
il basso e
scioglieva ogni sua inibizione.
«Takeshi…» si trovò a mormorare, gli
occhi socchiusi e un calore
familiare che lo avvolgeva completamente.
«Hayato» il
Guardiano della Pioggia gli tornò
all’altezza del viso, facendo combaciare nuovamente le loro
labbra «mi sei
mancato».
Gokudera gemette a quel sussurro e lo
strinse a sé.
«Ah…~»
Be’…si
può dire che un po’ di cose siano andate al
proprio posto, no?
È una bella
notizia, no? :)
Bene.
Perché quella
che segue temo piacerà meno.
Mancano solo 2 capitoli
alla fine.
E qui direi che posso
anche filarmela.
Addiooooooooo!!!
Un bacio (rifiutato da tutti
i lettori perché offesi).
NLH
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Capitolo 27 *** Target 26# ***
I’ll bite you to death,
Tsunayoshi Sawada.
[Target 26#]
Nonostante avessero deciso
di rimanere a casa a riposare – e nelle ultime ore si erano dati ad
attività non esattamente
riposanti (non ci è dato sapere quali purtroppo) –
sia Yamamoto che Gokudera
non poterono fare a meno di alzarsi dal letto, vestirsi e uscire di
casa,
diretti nell’unico posto veniva loro in mente in quel
momento. Verso la casa
dei Sawada, la casa dove Reborn era ospite e dove la felice coppia non
più
senza figli li ospitava sempre quando si riunivano, i Guardiani, e per
mangiare; come fossero una famiglia allargata.
E loro erano i Guardiani del
Decimo.
Appena arrivati si fermarono
un attimo davanti alla porta d’ingresso, ricordando di aver
fatto esattamente
nello stesso modo diversi giorni prima – anche se ora
sembravano secoli – a
chiedersi cosa mai li avesse spinti ad andare a quella casa. Lo stesso
giorno
in cui poi, anche se all’epoca non lo sapevano, avevano
rincontrato la loro
Guida.
Ripensando a quel giorno,
Yamamoto sorrise furtivamente e si avvicinò al compagno
senza fare rumore
passandogli un braccio sulle spalle. Gokudera sussultò
lievemente ma non si
girò né fece per colpirlo o allontanarlo. Erano
ormai lontani i giorni in cui
quello stesso gesto appariva privo di significato.
Al contrario, sorrise e gli
si avvicinò di mezzo passo, favorendo il contatto tra la
propria testa e la sua
mano.
«Allora,
entriamo?» gli chiese gioviale il
Guardiano della Pioggia, beandosi della sensazione di avere nuovamente
e senza
più necessitare di scuse i capelli dell’altro tra
le proprie dita.
«Nh…»
mugugnò solamente in
risposta, le guance arrossate e il resto del viso pronto a seguire il
loro
esempio, prima di suonare brevemente il campanello.
Ad aprire venne la signora
Sawada, allegra e sorridente come al solito.
«Oh! Gokudera-kun,
Yamamoto-kun, che bello vedervi! Entrate, mancavate solo
voi!» strizzò l’occhio,
dando palesemente nota di approvare quella loro vicinanza –
finalmente –.
Guardandosi per un momento
interrogativi – e non poco imbarazzati, specie nel caso di un
certo italiano –
i due giovani ricambiarono il saluto e seguirono la padrona fino
all’ampia
cucina dove un nutrito gruppo di persone stava ridendo, chiacchierando
e
soprattutto mangiando in allegria.
Il
tavolo della cucina non bastava mai, sembravano inesorabilmente tutti
attratti
da quella piccola casa che, una persona dopo l’altra,
sembravano farla
diventare sempre più minuscola! Come se ognuno di loro
sentisse il bisogno, la
necessità di andarvi. E c’erano proprio tutti: lo
schiamazzo dei bambini era
assordante, soprattutto quando Lambo rubò
l’ennesima fetta di torta al
cioccolato di I-Pin che, con la collaborazione di Fuuta,
cominciò a rincorrerlo
per tutta la stanza rovesciando mobili e saltando sui presenti.
«Gyahahah!
Fuuta non mi prenderete mai! Stupida I-pin! Gyahahaha!!»
«Lambo!
Fermati!!»
«Gyahahaha!!»
la risata assordante del Guardiano del Fulmine irritò
immediatamente le
orecchie sensibili di quello della Tempesta che, a stento trattenuto da
Yamamoto, cercava di lanciare almeno tre candelotti di dinamite sul
bambino
urlante.
«Fermati
immediatamente, Scemucca! Se ti prendo…»
«Gyahaha!
E' arrivato Stupidera! » rise Lambo saltandogli sulla testa e
decretando così
l’ingresso del giovane alla caccia della Mucca, in compagnia
di I-pin e Fuuta,
con la speciale collaborazione di Ryohei che aveva preso il tutto come
l’ennesimo allenamento.
Un
Ryohei decisamente
più
iperattivo del solito.
«Avanti
ragazzi! Questo è un allenamento ESTREMO!»
«Hahi!
Ryohei-kun!»
«Onii-san!
Stai attento a non fare del male a Lambo!»
Nella confusione della
cucina Yamamoto si fece strada ridendo apertamente nel vedere quella
cagnara,
accomodandosi al proprio posto, o se non altro, al posto che aveva
sempre
deciso di occupare. Gli piaceva stare lì, circondato da
quelle persone e da
tutta quella confusione. Con la coda dell’occhio
riuscì ad individuare la folta
capigliatura di Tsuna, semisommerso da carte regalo e pezzi ti torta.
L’occhiata che il Boss gli
lanciò, dopo averlo notato a propria volta, venne
prontamente interpretata con
un non chiedere supplicato tra le
guance ricoperte di panna e la fronte invasa da zucchero filato.
«Lambo,
ridammi quella torta, me l’hai rubata!»
«Gyahahaha,
non è vero, è di Lambo-san!» non
passò molto perché l’ennesima bomba
lanciata
per mano del Guardiano della Tempesta su Lambo volasse per la stanza e
l’esplosione lo mandasse a spiaccicarsi contro il muro tra le
risate generali e
gli strilli preoccupati delle ragazze.
«Così
impari stupido ruminante» ghignò Gokudera
prendendolo per la coda e facendolo
penzolare con noncuranza davanti al viso «mai farmi
arrabbiare!»
«Oh!
Hayato! Che parole da uomo…»
«Argh…nee-sa..ah..n..gh»
«Bianchi-san»
la rimproverò bonariamente il Guardiano della Pioggia,
magari giusto un po’
preoccupato per il suo nuovamente neo-fidanzato «hai
dimenticato di indossare
gli occhiali».
La donna alzò brevemente le
spalle scuotendo al testa «Oh! Come sono sbadata»
esordì senza mostrare alcun
segno di pentimento e facendo ridacchiare Yamamoto rassegnato
«povero il mio
fratellino, adesso ci penso io a curarti…»
«Bianchi-chua~nn! Sei
stupenda come sempre!» il dottor Shamal non fece nemmeno in
tempo ad
avvicinarsi troppo che venne scaraventato conto il muro, lo stesso di
Lambo, da
una delle torte velenose vaganti di Bianchi e una delle bombe accese
che
Gokudera aveva lasciato cadere alla vista della sorella.
Yamamoto si scambiò
un’occhiata con Fuuta e le ragazze, divertito. Sì,
decisamente quel posto era
come la loro casa.
E quella volta tutti erano
al posto giusto.
«VOOOOOII!!» per un
qualche strano motivo Yamamoto non riuscì a fare a meno di
rabbrividire nel
sentire quell’urlo «se scopro che
quell’idiota di un mezzo spadaccino non ha in
mano una spada e se ne sta appresso a quello stronzo bombarolo giuro
che gli
ficco quella sua mazza da baseball nel culo!!!»
«Cos’è?
Vuoi far provare anche a lui quello che sei costretto a subire
tu?»
«V-VOOOOOIII!!!
Sottospecie di sardina essiccata, le vuoi prendere!?»
«Piantala,
Squalo, sei scurrile al limite
della…scurrilità!»
«Tappati
quella bocca, Levi» Mammon era già riuscito a
recuperare uno
dei pasticcini (i sette che rappresentavano la parte da lui pagata) per
mangiarseli. E accidenti al Nono quando aveva ordinato loro di comprare
personalmente un regalo per i Sawada.
«Come
ti permetti di dirmi cosa fare, stupido bambino malefico?»
«Ushihi…fatevi
da parte, il Principe sta arrivando» un paio di
coltellini pregevolmente intarsiati s’infiaccarono in testa
ai tre,
costringendoli a farsi da parte.
«VOOOOOOOIIII!!!!!
Belfagor, merdoso sacco d spazzatura rompicoglioni”
come cazzo ti sei permesso???!»
«Su,
su bambini, baaasta litigare…» Mamma (??!)
Lussuria fece il
proprio trionfale ingresso in cucina, reggendo un pacco rosa che i
pochi
italiani presenti riconobbero come l’involucro di una
pasticceria «vi abbiamo
portato un pensiero» cinguettò veleggiano tra gli
ospiti assiepati fino alla
signora Sawada «con gli ossequi del Nono».
«Oh,
cari…» arrossì la donna prendendo il
dono e portandosi una mano al
volto «come siete stati carini, non
è vero caro?»
«Certo,
certo…» si trovò a borbottare Iemitsu,
sempre poco propenso a
fidarsi di quei Cari in particolare
e
di uno soprattutto «e dove sarebbe…il vostro Boss?
Xanxus?»
«È
sul tetto» spiattellò allegramente il Varia del
Sole – ignorando
bellamente gli insulti che provenivano dall’esterno
«dice che non entrerà mai
in una topaia come questa».
«Povero…ma
non prenderà freddo?» la signora Sawada venne
guardata con
sconcerto da non pochi, mentre prendeva la decisione di mettere da
parte dei
dolci solo per quel povero ragazzo che se ne stava
tutto solo al freddo
«perché non vai a portargli tu qualcosa?»
Tsuna
pregò con tutto il cuore che quelle parole non fossero altro
che frutto
della sua immaginazione più sfrenata. Aveva sentito qualcosa
da Dino (quando
durante la notte si era precipitato in camera sua in lacrime e
felicissimo di
aver riavuto indietro il suo Otooto) riguardo a malattie
pericolosissime di cui
aveva purtroppo sofferto. Allucinazioni uditive.
Monosclerudiqualcosa, se non
ricordava male.
Peccato
solo che queste fossero accompagnate anche da allucinazioni
visive.
E
questo Dino non glielo aveva affatto detto.
Perché
quello che al donna gli stava porgendo era proprio un piatto
strapieno di dolci e altri suoi manicaretti. E l’espressione
che aveva in volto
rispecchiava pienamente la domanda che aveva pregato di aver solo
immaginato.
Perché
Kami è sempre occupato quando deve chiedergli qualcosa di
estrema importanza per la propria sopravvivenza?
Con
un sospiro rassegnato – fortunatamente non notato da Gokudera
causa
presenza sorella, altrimenti chissà quali casini sarebbero
venuti fuori – prese
con riluttanza quello che la madre gli porgeva. Si pulì gli
ultimi rimasugli di
torta dal viso – perché se proprio doveva avere un
altro faccia a faccia con il
Boss dei Varia avrebbe preferito essere lui ben pulito e
l’altro completamente
vestito – e mise un paio di scarpe a caso – Kami,
sperando che non fossero
quelle di Lussuria – e
uscì in
veranda.
«Ehm…Xunxas…san»
aggiunse alla fine, insicuro se avrebbe gradito «la
mamma ha detto-»
«So
benissimo cos’ha detto quella donna» la voce del
Varia proveniva
evidentemente da sopra di lui. Effettivamente doveva trovare il tetto
comodo.
«Vuoi
che te li porti su o…?» chiese educatamente
– sempre essere
educati con i pazzi animati da manie omicide – chiedendosi
affannosamente come
avrebbe fatto.
«Lascia
lì oppure vai a dire a quella spazzatura del mio secondo di
portarmeli lui» fu il simpatico ringhio di risposta.
Spazzatura
che sentì perfettamente e che si precipitò fuori
a piedi
nudi e poi sul tetto, con una furia di capelli argentato.
«VOOOOIIIIII!!
Stronzo di un Boss! Chi cazzo hai chiamato spazzatura,
EH!?»
Tsuna
sospirò pesantemente e appoggiò il piatto a terra.
Che
cavolo.
Lui
lì sopra non ci sarebbe di certo salito. Che se lo venissero
a
prendere.
Con
occhi pacati guardò lo spettacolo che si svolgeva nella sua
cucina,
e il sorriso sulle labbra.
La
Mamma stava amabilmente conversando di chissà cosa
– diavolerie
femminili quasi sicuro – con il Varia del Sole e
papà li controllava a vista.
Sempre sull’attenti quando si trattava della sua Nana~.
Lambo
era stato tirato fuori da sotto il corpo – ancora svenuto e
ricoperto di torta violetta e verde poco sano – del Dottor
Shamal e ora si
stava godendo una frittella al cioccolato sulle ginocchia di Haru, in
compagnia
di Kyoko-chan, I-pin e Fuuta.
Bianchi,
del tutto dimentica del fratello – che sembrava
misteriosamente scomparso nel nulla – stava rubando roba da
mangiare dai piatti
altrui sotto ordine di Reborn – il solito approfittatore.
Mammon
cercava di estorcere denaro a Chrome, seduta a gambe raccolte in
un angolino e rifornita ogni tanto dalle ragazze –
aggrappandosi ad ogni
singolo cavillo, non ultimo il fatto che si sono battuti e lei ha
lasciato il
posto a Mukuro.
Belfagor
si faceva strada tra i presenti per prendere da mangiare,
precedendo il suo incedere regale con coltellini che colpivano i poveri
malcapitati alla schiena – e per un qualche ancora irrisolto
motivo i poveri
malcapitati erano rappresentati unicamente da Levi, alla disperata
ricerca del
Boss.
Boss
il quale se ne stava tutto tranquilli sul tetto. Per quanto si
potesse stare tranquilli in compagnia di Squalo comunque…
Shouichi
e Spanner, arrivati assieme a Kusakabe – Kusakabe, la cui
presenza non fece esattamente bene al momentaneo stato mentale del
giovane
Vongola – stavano salutando i presenti, ben attenti a non
avvicinarsi troppo ai
Varia. Memorie ben precise in testa, e non ultimo l’incontro
della settimana
precedente.
E
per un qualche strano motivo anche il Guardiano della Pioggia
sembrava assente, nel marasma generale.
Si
sedette sul gradino della veranda e si mise a guardare il cielo,
senza sapere bene il perché.
Un peso sul cuore che
avrebbe preferito non avere.
«Che stai facendo qui?
Guarda che ti perdi la torta della signora Sawada! E' ottima».
Tsuna
sorrise leggermente.
«Niente»
ripose sentendo l’amico sedersi al proprio fianco, mentre
spezzettava una gigantesca
fetta di
crostata di mirtilli con la forchetta.
«Non
è che avresti voglia di iscriverti al club di
boxe?» buttò lì in
Guardiano del Sole, con un’innocenza del tutto insolita per
uno come lui.
Tsuna
lo fisso un tantino sconcertato.
«Me
lo stati chiedendo?» chiese scettico.
Sasagawa
alzò le spalle continuando mangiare la torta. Hana doveva
aver
proprio fatto miracoli, si disse tra sé scioccato il Decimo.
«Tu
non capisci come la boxe possa essere assolutamente
essere paragonabile alla vita» Sasagawa scosse la testa
con calma «se ti senti arrabbiato, stando o
felice…tutto si risolve con una
semplice equazione di conoscenza grazie alla boxe. Davvero, credo tu
non abbia
idea di come sia…ehm, estremo»
al che Sasagawa fece un mezzo cenno
imbarazzato con un pugno, come a voler colpire qualcosa
d’immaginario
nell’aria.
Se
Tsuna non fosse stato troppo impegnato a capire cosa gli avesse
detto, probabilmente si sarebbe accorto di qualche piccola stranezza
nel suo
Guardiano del Sole. Ma a quanto pareva il suo SuperIntuito made in
Vongola
aveva ben deciso di andarsi a fare una bella vacanza alle Bahamas con
tanto di
cervello pensante al seguito.
«Non
ho capito» bofonchiò alla fine, decisamente sempre
più confuso.
«Sto
dicendo» spiegò il boxeur pazientemente
«che quando fai un
incontro provi delle emozioni e queste possono essere paragonate alla
vita di
tutti i giorni» fece
una pausa mentre masticava con calma un pezzo di torta
«quando sei preoccupati
per qualcosa, si tende a diventare più aggressivi,
attaccando l’avversario o
l’origine del nervosismo o di tutte le
preoccupazioni».
«A-ah…»
annuì scettico il Decimo, non capendo assolutamente niente
di
quanto gli era stato detto.
«Se
sei
rilassato la tua boxe diventa più fluida»
aggiunse, finendo di mangiare la torta e leccando elegantemente la
forchetta,
gli occhi socchiusi a pensare a chissà cosa «se
nervoso fai errori e rischi di ferire l’avversario e te
stesso. Se sei
arrabbiato non ragioni e fai la prima cosa che ti passa per la testa»
sorrise «poi tocca ad altri
portare la ragione, rassicurare che si sta bene e che il sentimento
iniziale
non è mai passato».
Tsuna
si sentiva veramente fuori luogo. Possibile che non riuscisse a
capire minimamente quanto gli veniva detto? Fece uno sforzo immane per
riepilogare il tutto.
Cavoli…
«Ehm…Nii-san»
iniziò incerto «non sono proprio certo di quello
che hai
detto» deglutì alla disperata ricerca di un modo
per capire «non è che potresti
farmi un esempio?»
«Certo»
acconsentì, apparentemente lieto di aver catturato la sua
attenzione su un argomento che trovava estremamente
importante «è un po’ come quando un
bambino si perde e non sa tornare a casa.
La mamma ne è spaventata e quando lo trova la prima reazione
è quella di
arrabbiarsi con lui» annuì un paio di volte
«oppure quando una persona non
riesce a sentire lì’amata e si preoccupa. Poi,
quando si riuniscono iniziano a
litigare furiosamente. Il principio della boxe è proprio
questo. Uguali
reazioni alla vita reale» lo guardò un attimo
«ti è più chiaro ora,
Tsunayoshi-kun?»
Tsuna
fissava il vuoto davanti a sé.
Ignorando
completamente tutto il resto.
Quello
che Sasagawa aveva appena detto…
La
rabbia, la preoccupazione…
Possibile
che…?
«Ohi,
Tsunayoshi-kun» Ryohei si chinò un poco su di lui,
cercando di
capire cosa gli fosse preso «sicuro di sentirti
bene?»
In
quel momento, a Tsuna non interessava più granché
cosa diavolo fosse
preso al suo Guardiano per comportarsi in un modo tanto strano, ma non
gli
importava più di tanto.
Non
quanto l’idea assurda che gli era venuta in mente, comunque.
Nel
frattempo, nascosto da tutti e ghignate, un losco figuro con un
insolito codino ad ananas se la rideva bellamente alle spalle di un
certo Boss
che rifletteva sulle aspettative della sua vita e su un altro
particolarmente
conosciuto boxeur, chiuso accidentalmente in bagno causa indigestione
molesta.
«Kufu-fu-fu~».
Quindi ova
cosa favà il nostvo cavo
Tsunayoshi-kun?
Bella domanda…
Ohoh~ tutto
nel pvossimo capitolo.
E questa è una
pvomessa, temo di non potev più vimandave…
Un bacio
NLH
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Capitolo 28 *** Target 27# ***
I’ll bite you to death,
Tsunayoshi Sawada.
[Target 27#]
Era domenica mattina.
Ne era certo.
Era domenica mattina
e Tsuna si trovava a scuola.
Ma chi diavolo glielo
stava facendo fare?
Ignorando il sonno –
non era riuscito a chiudere occhio – il mal di testa
– aveva passato la notte a
pensare a quello che avrebbe voluto fare quella mattina – e
il desiderio di
scappare lontano, si fece forza e mosse un passo al di là
dal cancello.
Deglutì.
Era entrato.
Nella scuola.
Nella fortezza
personale di Hibari-san.
E, come si soul dire,
che si aprano le danze.
Nello stesso momento,
una figura in nero si sporse leggermente da una delle finestre del
secondo
piano. In mano qualcosa di metallico e dall’aria molto
dolorosa.
Poi scomparve.
~×~
Con le gambe che gli
tremavano, Tsuna, si fece forza e bussò lievemente
– molto, moltissimo
lievemente – alla porta,
stranamente lasciata chiusa, dell’Ufficio del Coniglio
Studentesco.
Brutto, bruttissimo
segno.
Nessuno rispose.
Aggrottando le
sopracciglia il ragazzo l’aprì leggermente
– non era chiusa a chiave, quello
voleva dire che Hibari doveva essere nei paraggi – e
sbirciò all’interno. La
stanza era arieggiata dalle finestre lasciate aperte e dalle tende che
si
muovevano al ritmo elegante del vento. I fogli sulla scrivania,
incustoditi,
frusciavano lievemente.
I divani in pelle
scura sembravano intatti, come se nessuno si fosse mai seduto.
Gli occhi del giovane
vennero calamitati sul posto che gli era solito.
Nessuno si era più
seduto lì.
Non dopo di lui.
Tsuna chiuse la porta
della stanza e iniziò a correre per il corridoio –
con la magra e infantile
speranza che in Presidente del Comitato Disciplinare sbucasse fuori dal
nulla
per dirgli che non si correva nella scuola. E che lo avrebbe morso a
morte.
Doveva trovarlo.
Ne aveva bisogno.
Con uno sforzo si
costrinse a fare di corsa anche gli ultimi due piani di scale che
l’avrebbero
portato al tetto e si fermò un attimo, ansante, con la mano
sospesa sulla
maniglia. Cos’avrebbe fatto che non vi fosse stato?
O, ancora più
preoccupante, cosa avrebbe fatto lui
se invece aveva visto giusto.
Deglutì, facendo un
respiro profondo. Tanto non poteva più tornare indietro. E
non era un codardo.
Mai più codardo, si
era detto quella notte.
Mai
più
molte cose, si promise in quel momento.
Aprì la porta e un
sorriso leggero si delineò in volto.
In fondo conosceva
bene il suo Hibari-san.
All’ombra, che il
tettuccio con la cisterna d’acqua faceva sul tetto, Hibari
Kyoya stava sdraiato
a braccia incrociate dietro la testa e gli occhi chiusi, respiro lieve
e
regolare di chi sta dormendo, capelli smossi dal venti fresco e giacca
slacciata sulle spalle.
Come al solito.
Esattamente come nei suoi ricordi.
Tsuna fece un passo
all’esterno.
«Cosa diavolo vuoi?
Erbivoro inutile» più che un sussurro, come i suoi
ricordi suggerivano, quello
sembrava un ringhio vero e proprio. Una minaccia. L’avviso di
non avvicinarsi
ulteriormente o sarebbero stati guai.
«Hibari-san»
chiamò
il suo nome.
«Vattene»
ribatté, a
voce sempre bassa e minacciosa «sono stanco».
C’erano così
tante
cose che Tsuna voleva dirgli.
Mosse un altro passo.
«Ti stavo
cercando»
disse invece. Non sapendo bene da che parte cominciare.
Perché erano
veramente tante le cose che avrebbe voluto.
«È
l’ultimo avviso»
nella voce del più grande si rincorrevano tensione e
qualcos’altro che l’altro
non riuscì a definire correttamente. Timore, forse?
Impossibile.
Voleva dirglielo. Che
gli dispiaceva. Che sapeva come poteva sentirsi. Che lo capiva.
Ma le labbra
sembravano incollate tra loro.
Rimase per un altro
attimo a guardarlo, i muscoli del collo contratti sotto i fili di seta
scura
che erano i suoi capelli.
Quante altre volte li
aveva fissati, nelle ore in cui si trovavano insieme, nella stessa
stanza ma
troppo lontani e vicini a qualcun altro per poterlo fare. Quante altre
volte si
era trattenuto?
Con un gesto
esitante, Tsuna allungò una mano in direzione dei capelli di
Hibari, come tante
volte aveva fatto. Come amava fare. Ama.
Con un gesto
repentino e del tutto inaspettato, Hibari lo prese per il collo,
stringendo con
forza e costringendo Tsuna a boccheggiare, il fiato mancante a causa
della
posizione in cui lo stava costringendo. Addosso al muro e inerme.
«Hai idea di quello
che vorrei farti?» gli sibilò ad un niente dal
viso, gli occhi terrificanti
puntati nei suoi. Finalmente aperti, che lo stavano guardando.
Con rabbia.
Rabbia.
Non
freddezza,
rabbia.
Tsuna
tirò quasi un
sospiro di sollievo. Incredibilmente Ryohei sembrava aver avuto
ragione, tra
tutti gli sproloqui e le invettive a favore della boxe che gli aveva
propinato
durante tutto il discorso. Era furibondo con lui.
«Mi
dispiace,
Hibari-san» mormorò, cercando di ignorare il
dolore sempre meno sordo dove le
dita dell’altro lo stavano stringendo con forza «mi
dispiace veramente, non
volevo farti questo».
«Mi
hai lasciato solo
un’altra volta» la voce del Guardiano della Nuvola
era roca e forzata, come
stesse cercando di non gridare con tutte le proprie forze
«stupido erbivoro,
come hai osato?»
Eppure
glielo aveva
detto.
«Spero
di essere stato chiaro stavolta» la voce di Hibari fa vibrare
il
petto su cui l’orecchio di Tsuna è adagiato,
trasmettendogli il movimento del
respiro e delle corde vocali, mentre il Guardiano stringe maggiormente
a sé il
viso del giovane Boss «prova a morire un’altra
volta e ti morderò a morte. A
costo di raggiungerti nello schifoso posto da diabete in cui ti
metteranno»
Tsuna
si mosse
leggermente, a disagio ora come non mai.
«Perdonami».
Ancora,
doveva
farlo arrabbiare ancora.
Lui
mosse
convulsamente la mano che teneva lungo il fianco e scagliò
il tonfa che vi
teneva stretto tra le dita contro il muro.
Se
si fosse
arrabbiato avrebbe scaricato tutta la tensione e poi sarebbe tornato lo
stesso
Hibari-san che conosceva. Quello che divideva il pranzo con lui quando
lo
dimenticava a casa o Lambo glielo mangiava durante la lezione.
Quello
che lo
avvolgeva in un abbraccio possessivo se gli si addormentava addosso.
Quello
per cui aveva
rinunciato ad una vita tranquilla per una sempre all’ombra
della paura di non
vederlo tornare da una missione, della sua freddezza per il resto del
mondo.
L’Hibari-san
a cui si
era donato con tutto sé stesso.
Kyoya.
Glielo
disse, gli
occhi spalancati fissi nei suoi.
«Sei
uno
stramaledetto ipocrita. Mi fai schifo» i suoi occhi non
esprimevano più altro
che disprezzo. Niente più preoccupazione, niente
apprensione, niente rabbia
nonostante ne fossero
stati pieni fino ad un attimo prima. Nemmeno un cenno al fatto che la
presenza
di Tsuna gli donasse un qualche sentimento nei suoi confronti.
A
sì che glielo aveva
detto, che non lo avrebbe perdonato.
Gli
occhi già
sgranati di Tsuna si inumidirono pericolosamente. Non c’era
proprio più
speranza per lui.
«O-oh»
si mosse
convulsamente, per scappare alla stretta meno serrata del Guardiano
«a-allora…io
allora…a-andrei» stava balbettando ma non poteva
farci niente. Con un po’ di
fortuna sarebbe riuscito ad uscire dalla scuola – e dalla
strada e dal
quartiere preferibilmente, anche se ci credeva poco – prima
di scoppiare in
lacrime come un bambino.
Non
voleva piangere
più davanti a lui.
Gli
faceva male.
Gli
faceva un
dannatissimo male vedere il nulla in quegl’occhi che aveva
tanto amato. Che
amava. Che ama. Sembravano morti.
Esattamente
come lui
di sentiva morire dentro.
Si
era scostato di
qualche passo da quando Hibari lo aveva lasciato andare, non accennando
a
fermare i pochi movimenti incerti e illogici che il ragazzo faceva nel
tentativo di allontanarsi senza crollare dal dolore. Sentiva ancora la
sensazione delle mani dell’altro sulla propria pelle.
Doveva
andarsene.
Era
stato solo uno
stupido a sperare che tutto sarebbe tornato come prima.
Solo…aveva
bisogno di
un’ultima cosa.
Di
dire ancora una volta,
l’ultima, una cosa.
«Solo…»
riuscì a
balbettare mentre guadagnava l’uscita, la schiena curva e il
desiderio
irresistibile di chiudersi da qualche parte con chili di cioccolato e
una
confezione intera di Cleenex «ti amo,
nient’altro».
Hibari
rimase fermo
un istante, senza guardarlo, prima di scattare nella sua direzione e
afferrarlo
con prepotenza, tirandolo indietro e rischiando di fargli perdere
l’equilibrio.
Tsuna
singhiozzò.
Questa
volta non si
fermò, quando gli arrivò contro e lo spinse
nuovamente con forza alla parete,
afferrandolo bruscamente per le spalle. Gliele stritolò,
tanta era la forza
incontrollata che ci stava mettendo, ma Tsuna non sentiva niente.
Niente era
più comparabile alla rabbia, al dolore e al rifiuto che
vedeva tornare in
quegl’occhi pece.
Non
capiva più niente.
Chiuse
i propri con
forza, iniziando a respirare rumorosamente.
«Ti
prego, non
farmi…niente» si trovò a singhiozzare
mentre Hibari affondava i denti nel suo
collo con forza, strappandogli un gemito di dolore «lasciami
solo…andare. Ti
prego…scusami…» non sapeva nemmeno
più cosa stava dicendo, incapace di
collegare razionalmente il cervello alla bocca
«voglio…ti prego, no…»
«Te
n’eri andato»
sibilò il moro, soffiando le parole sui segni dei denti, che
aveva lasciato
pulsanti alla base del collo del più giovane, prima di
passare la lingua calda
su quello stesso punto, costringendo Tsuna ad emettere un altro gemito,
molto
più profondo del precedente «mi avevi lasciato
senza il mio permesso».
«T-ti
prego,
Hibari-san» singhiozzò nuovamente
«l-lasciami andare».
«Tu
non vai da
nessuna parte» con uno scatto gli prese i capelli con una
mano, per lasciare
libera la fronte e il viso, e premere le labbra sulle sue. Soffocando
ogni sua
preghiera.
Tsuna
gemette a quel
gesto inaspettato e socchiuse la bocca, permettendogli quel contatto
più
profondo che altrimenti si sarebbe preso con la forza. Sentire quella
lingua
ruvida sulla sua gli faceva rivivere sensazioni talmente presenti e
potenti,
anche il quel momento, che le gambe gli cedettero, facendolo scivolare
a terra
e lasciando all’altro il compito di sostenerlo.
Hibari
seguì
l’abbassarsi di quelle labbra fino ad inginocchiarsi a
propria volta,
afferrando le gambe del ragazzo e portandole attorno ai propri fianchi,
sollevandolo quel tanto che bastava per farlo sedere cavalcioni su di
lui. Con
un braccio gli cinse la schiena, modellando il suo corpo con il proprio.
Kami, come gli era mancata quella
sensazione.
Si
staccò dal bacio –
più per necessità fisica che volere – e
scrutò nuovamente quelle iridi miele,
spalancate su di lui – solo e solamente su di lui,
non più mai più
sul
resto del mondo – e sulle sue guance arrossate.
«Ti
uccido se te ne vai nuovamente» gli sussurrò
minaccioso
all’orecchio, ottenendo come risultato quello di sentire quel
corpo
rabbrividire pericolosamente sul suo «ti
morderò a morte, Tsunayoshi Sawada».
Con
le lacrime
agl’occhi – di felicità, non
più mai più
di sconforto – Tsuna artigliò la maglia di Hibari
istintivamente, desideroso di
non staccarsi più da lui.
Hibari,
incapace di
resistere oltre a quella provocazione, allargò le lunghe
dita sulla nuca di
Tsuna, abbassando il suo viso e intrappolando quelle dannate
labbra rosse in un altro bacio.
Suo.
E di nessun altro più.
~×~
«Scusate…ora
possiamo
andarcene?» Yamamoto, rosso fino alle orecchie, teneva con
difficoltà il corpo svenuto
del fidanzato, afferrato giusto un attimo prima che questi ruzzolasse
giù dalle
scale per la mancanza di coscienza avuta nel momento stesso in cui il
suo tanto
adorato Decimo aveva dichiarato il proprio amore per il Guardiano.
Anche
se poteva
essere considerato un miglioramento, quel suo stato, considerato il
fatto che
fino a poco prima si erano messi in tre a cercare di bloccarlo ed
evitare che
si lanciasse all’aperto, sul tetto, nel tentativo –
a sua unica opinione
ovviamente – di salvare il Decimo dalle mani di quel sadico.
Reborn
alzò le
spalle, ringraziando la prontezza delle ragazze – e
soprattutto Bianchi –
quando avevano insistito nel tenere Lambo a casa, quando si erano
riuniti per
cercare i Guardiano della Nuvola e costringerlo a chiedere scusa a
Tsuna.
Perché
il sopracitato
Boss non solo l’aveva trovato per primo, ma stava ricevendo
un trattamento che
difficilmente sarebbe stato adatto ad un bambino – anche se
scemo e seccante
come Lambo – di sei anni.
«Lasciami
in pace,
Ryohei-kun» la voce di Mukuro è un misto tra il
profondamente seccato e il
piacevolmente eccitato «Io
ho fatto in modo che tutto questo si
creasse e Io intendo godermelo fino in fondo!».
Reborn
sospirò.
Quel
maniaco…
Era
già tanto che non
si fosse messo a registrare il tutto con una telecamera.
In
effetti,
l’Arcobaleno era abbastanza sorpreso per non averglielo
ancora visto fare.
«No!!
Non te lo
permetto!!! È estremamente
sbagliato
spiare!!!» Sasagawa stava tentando in tutti i modi di
impedire che Mukuro
venisse a conoscenza di dettagli sulla pelle di Tsuna e sulle dimensioni di Hibari – anche se
quest’ultimo
punto non era molto chiaro al Guardiano del Sole, quando quello della
Nebbia
l’aveva detto – sferrando un pugno dietro
l’altro e saltellandogli intorno
esagitato.
Non
stava bene,
continuava a gridare in modo tale che Reborn si era seriamente chiesto
come mai
quei due là fuori non si fossero ancora accorti di niente.
Guardò
per l’ultima
volta nello spiraglio della porta, lasciata sbadatamente socchiusa
dallo
stupido studente – se vai a fare certe cose almeno assicurati
di non poter
essere spiato da tutti i tuoi sottoposti – e sorrise, lo
sguardo nascosto dalla
falda del cappello.
Ora
sì, che la
Famiglia poteva dirsi finalmente – e definitivamente
– riunita.
Allora…punto
uno: io non ho mai, e dico mai, scritto una
Yaoi in vita mia, e temo di non poter cominciare così di
punto in bianco (a
meno che voi non vogliate leggere una schifezza che non centra niente
con il
mio stile, perché ne possiamo riparlare allora…).
Ho promesso che prima o
poi ne scriverò una, ma non ora.
Questo è un
avviso per chi avrebbe voluto leggere di più,
non una giustificazione (solo per mettere in chiaro) :)
In cambio,
però, ho deciso di farvi una sorpresa.
Non so se
l’avete notato…ma non ho messo completo
sulla fic.
(ed ecco che molte teste
si levano speranzose)
Ho deciso di aggiungere un
altro capitolo, una specie di
extra.
Sorpresa, sorpresina su
cosa sarà.
Stavolta ho la bocca
cucita, niente anticipazioni!!!
Un bacio
NLH
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Capitolo 29 *** Target 28# ***
I’ll bite you to death,
Tsunayoshi Sawada.
[Target 28#]
Altresì definito…Extra!!
«Cosa
stai facendo?» Hibari
Kyoya fissa con giusto un accenno di curiosità il proprio
Boss, mentre se ne
sta fermo, in piedi, davanti alla porta spalancata di casa.
«Aspetto»
è la
risposta, tutt’altro che esauriente dell’altro,
mentre un sorriso dolce si fa
largo sul volto serio «tu invece dovresti spostarti da
lì, tra poco arriverà
un’altra persona. Non vorrai farti trovare vestito in questo
modo?»
«Come
mi vesto sono
affari miei» sbuffa di rimando, facendo cadere a mala pena un
occhio sui larghi
pantaloni della tuta e una delle maglie dell’altro. Come al
solito quello
stupido del Boss si è dimenticato di far andare la lavatrice
quando è stato il
suo turno.
«Come
vuoi» sorride
guardando ancora l’orologio «ma hai ancora quattro
secondi per cambiare idea».
«Vuoi
che ti morda a
morte?» Tsuna non crede di essersi solo immaginato
l’accenno di malizia tra
quelle parole.
«Magari
un’altra
volta, no? Tanto tra qualche minuto dovrei essere di ritorno».
«Tu
sei fuori» è il
personalissimo giudizio del Guardiano della Nuvola, iniziando
seriamente a
pensare di prenderlo e sbatterlo da qualche parte. In camera da letto
preferibilmente.
«Due,
uno…»
Improvvisamente
la
figura del Decimo Vongola scompare in una nuvola rosa che lascia
spazio, nel
momento in cui comincia a diradarsi, ad una figura piuttosto familiare.
Il Sawada
Tsunayoshi di quindici anni, con la divisa della Scuola Superiore
Kokuyo, fa un
mezzo passo in direzione dell’ingresso, vagamente confuso.
Hibari
Kyoya si sente
improvvisamente irritato e, non appena il malcapitato studente
raggiunge la
soglia, gli sbatte la porta in faccia.
Letteralmente.
Poi,
ignorando il
fatto che può essere svenuto, dolorante, infortunato o
chissà cos’altro, torna
in cucina e mette sul fuoco i peperoni rossi che ha avuto intenzione di
mangiare a cena al posto della schifezza che Tsunayoshi voleva
preparare. Se li
sarebbe sorbiti.
E
poi lo morderà a
morte.
Un
ventisettenne
Hibari sogghigna mefistofelico.
Eccome
se lo morderà.
~×~
«Io
dovrei…andare» la
voce soffocata di Tsuna è velata da desiderio e nessuna
convinzione, mentre
lascia scivolare il proprio mantello a terra.
«E
allora perché mi
hai sfilato la camicia?» è la maliziosa risposta
dell’uomo che lo tiene inchiodato
tra il tavolo, il proprio corpo e un tonfa argentato
«Tsunayoshi…»
Il
povero sopracitato
giovane uomo geme nel sentire il sussurro del proprio nome soffiato ad
un
niente dall’orecchio. E lui che l’ha messo in
chiaro che sarebbe dovuto partire
nuovamente a breve. E deve anche ricordarsi di prendere la famosa foto
di
gruppo.
Ora,
a distanza di
anni, ha capito come ha potuto essere finita in un luogo tanto strano
come il
proprio materasso di quando era giovane.
Ma
un certo Guardiano
della Nuvola non gliene lascia tempo. E nemmeno voglia, se deve dirla
tutta.
L’ha imprigionato non appena l’ha trovato sguarnito
dalla protezione del
gelosissimo Braccio Destro (che Hibari ha accidentalmente steso e
legato come
un salame nello sgabuzzino delle scope un paio di minuti prima).
«Dovresti
dire a
quello stupido erbivoro di girare al largo se non vuoi che faccia una
brutta
fine» gli mormora facendo scorrere una mano lungo tutta la
schiena dell’altro,
gli occhi fissi nei suoi.
«Non…lo
fa per catt-»
le parole vengono nuovamente soffocate da un bacio profondo, mentre la
mano
fredda dell’uomo scivola sotto la camicia e inizia ad
eccitare ogni centimetro
di pelle a sua disposizione.
«Perché
stiamo
parlando di lui?» riesce a mormorargli, con un pezzo di pelle
del collo del
Boss tra i denti.
«Kyou-ku…ah»
geme
nuovamente, nel bel mezzo del patetico tentativo di sfuggire alla sua
morsa
ferrea «devo veramente anda-» ancora una volta un
paio di labbra prepotenti si interpongono
tra le sue parole e l’aria di cui ha bisogno. Per un attimo
il Decimo Boss si
sente un tantino frustrato.
È
mai possibile che
non riesca ad averla vinta con lui?
Poi
un occhio gli
cade sull’orologio, alle spalle dell’amante. Meno
dieci secondi.
Maledizione.
Con
uno sforzo immane
– e il disperato aiuto di una forte Fiamma del Cielo
– riesce a scostarsi quei
tre-quattro centimetri che gli permettono si riallacciarsi alla
velocità della
luce la camicia e creare almeno un apparente ordine nel proprio
vestiario. Il
tutto senza comunque smettere di baciare il suo Guardiano
preferito.
Due
secondi.
Fa
appena in tempo a
chiudersi gli alamari del mantello che una purtroppo familiare nuvola
rosa
guastafeste lo inghiotte senza lasciargli scampo.
Hibari
si accorge di
sfuggita del fatto che la foto di gruppo, che aveva sempre campeggiato
sul comò
dello studio, è scomparsa. È stato bravo a
ricordarsene il Boss, ghigna.
Poi
avverte
nuovamente un peso sul bacino e il giovane Sawada Tsunayoshi gli appare
addosso, le gambe nella stessa posizione in cui erano, fino ad un
secondo
prima, quella della sua controparte adulta. Il volto ugualmente vicino
e solo
un pugno a dividere il suo petto dal proprio.
«Cosa…»
tenta di chiedere prima di venire brutalmente
interrotto da un urlo belluino proveniente da fuori la porta, un
secondo prima
che questa fosse divelta da una carica nemmeno troppo leggera di
esplosivo al
plastico.
«Hibari!!! Dove cazzo sei che ti
ammazzo!!?» Gokudera è riuscito a
liberarsi, in un tempo vergognosamente lento, e si è
fiondato dove il suo
cervello gli diceva che avrebbe trovato il sopracitato dannato
che lo aveva così alacremente imbalsamato.
A
scuola.
Salvo
poi ricordarsi
che poteva essere con Tsuna.
Anche
se non
immaginava certo di trovarlo schiacciato alla scrivania, con le gambe
allacciate sui fianchi del Dannatissimo
Guardiano, rosso come un peperone e tutto intento a fissare
il petto nudo
dello Stramaledetto ex Presidente del
Comitato Disciplinare.
Che
si tratta del
Decimo quindicenne e ancora smemorato non gli passa nemmeno per
l’anticamera
del cervello.
«Tuuuu! Maniaco pervertito! Cosa stavi
facendo al Decimo?»
«Quello
che gli
faccio di solito» è la serafica risposta del
Guardiano della Nuvola, mentre si
alza dalla scrivania e cerca con lo sguardo la camicia che l’altro Decimo gli ha sfilato,
nemmeno troppo tempo prima.
«Come
osi?» è invece
il grido belluino che riceve in risposta.
«Insomma…cos’è
tutto
questo baccano?» il Boss dei Cavallone (in una delle sue
solite visite in
Giappone con il solo scopo di mollare tutto e far incavolare i suoi
sottoposti)
varca lo studio del Boss Vongola, come al solito sempre più
pieno del dovuto
«Hibari, perché sei mezzo nudo?»
«Oya,
oya~ Dino-kun» è
un brivido quello che scende lungo tutta la schiena di Dino.
Tutt’altro che
piacevole «possibile che alla tua età ancora tu
non sappia niente?»
«Mukuro!!»
ecco
Gokudera che inizia a strepitare contro un’altra sua
personale fonte di
problemi «ti stavo cercando! Cosa cazzo hai detto a Yamamoto?
Brutto maniaco!!»
«Perché?»
chiede
innocente, rigirandosi il tridente tra le dita e facendo cenno a Chrome
di
andare pure, che si sarebbe divertito anche da solo.
«Perché
ieri sera si
è presentato con delle manette e sciarpe di
velluto!!» strepita prima di
rendersi conto di cosa effettivamente ha detto, e arrossire come
un’aragosta
bollita troppo in salsa di pomodoro concentrata.
«Adesso
capisco cosa
sono quei segni sui tuoi polsi…» annuisce
candidamente il Guardiano della
Nebbia «devo ammettere che
ha avuto fantasia. I miei consigli si erano fermati al frustino e panna
e
fragole».
L’esplosione
che
segue quell’affermazioni riverbera per tutta la tenuta
giapponese dei Vongola –
costruita meno di una decina di anni prima ai confini di Namimori,
perché Tsuna
si era reso conto di quanto effettivamente potesse essere pericoloso
ospitare
Guardiani, alleati, ospiti, meccanici, spostati ed ex nemici (tutti
quei Varia,
Simon e Byakuran che occupavano abusivamente camere in ogni momento
dell’anno e
ad ogni pranzo/cena/colazione/spuntino possibili), ma non fuori per non
scontentare Hibari (e un Kyou-kun incazzato diventava immediatamente un
Hibari-san che nessuno avrebbe mai voluto incontrare, specie il Decimo
sotto le
lenzuola) – fino a raggiungere l’altra parte della
montagna (e non si trattava certo
di una collinetta con due pini e un ciliegio).
«Sei
stato tu,
Hayato?» Yamamoto sbuca innocentemente da dietro delle
macerie, con un Lambo in
cry-mode attaccato tipo koala al dorso.
«Questo
è stato estremamente
pericoloso!!!»
Sasagawa divelle i pochi resti ancora in piedi della porta, con Hana in
braccio
e non esattamente del tutto vestita.
«Ma
cosa fai scemo!?
Rimettimi giù!»
Hibari
sospira
mefistofelico, con tanto di nuvoletta nera sulla testa, occhi affilati
e
omicidi seminascosti dall’ombra della frangia e vapore irato
che gli esce dalla
bocca.
Poi
però, prima
ancora che possa prendere mano ai tonfa, momentaneamente caduti a
terra, un
peso leggero si fa sentire sul petto e dei capelli soffici gli
solleticano la
guancia. Sawada Tsunayoshi è svenuto.
Peccato.
Vuol
dire che si rifarà
con la sua controparte adulta, una volta tornato dal passato.
Ghigna
sadicamente.
Tanto
avrebbe avuto
tutto il futuro per farlo.
…Owari…
Sul serio questa volta,
temo.
Allora…innanzitutto
vorrei ringraziare tutti coloro che
mi hanno seguito con così tanto calore
e dedizione (ragazzi, vi meritereste una medaglia) e rinnovo ancora una
volta i
ringraziamenti per la costanza. E grazie per avermi seguito.
Quindi ricordatevi che vi ringrazio per il sostegno.
Adesso invece passerei a ringraziare tutti coloro che hanno
seguito questa fic, è stato
molto importante per me e, per ultimo ma non ultimo, ringrazio
quelli che mi hanno sostenuta e hanno letto la mia fan
fiction.
Un grazie
di
cuore anche a loro.
Finiti questi ringraziamenti
direi che posso anche inchinarmi al vostro sostegno e alla vostra
dedizione,
con un grazie speciale a coloro che
hanno letto (anche più di una volta da quello che ho potuto
capire) la mia fic.
E quindi a voi la lista
dei poveri decerebrati
(tranquilli, in senso buono) che hanno avuto la pazienza di stare a
sentire –
anche se forse
sarebbe stato meglio
scrivere “leggere” – le mie
farneticazione e idee assurde:
In ordine alfabetico:
Chi ha recensito
Chi l’ha
aggiunta a quelle seguite
Chi l’ha
inserita nei ricordati
Chi l’ha messa
nei preferiti
Non
finirò
mai di ringraziarvi.
Un bacio
NLH
P.s… Alla prossima…se vi va :)
|
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