I’ll bite you to death, Tsunayoshi Sawada

di aliasNLH
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Lista capitoli:
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Capitolo 2: *** Target 1# ***
Capitolo 3: *** Target 2# ***
Capitolo 4: *** Target 3# ***
Capitolo 5: *** Target 4# ***
Capitolo 6: *** Target 5# ***
Capitolo 7: *** Target 6# ***
Capitolo 8: *** Target 7# ***
Capitolo 9: *** Target 8# ***
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Capitolo 14: *** Target 13# ***
Capitolo 15: *** Target 14# ***
Capitolo 16: *** Target 15# ***
Capitolo 17: *** Target 16# ***
Capitolo 18: *** Target 17# ***
Capitolo 19: *** Target 18# ***
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Capitolo 22: *** Target 21# ***
Capitolo 23: *** Target 22# ***
Capitolo 24: *** Target 23# ***
Capitolo 25: *** Target 24# ***
Capitolo 26: *** Target 25# ***
Capitolo 27: *** Target 26# ***
Capitolo 28: *** Target 27# ***
Capitolo 29: *** Target 28# ***



Capitolo 1
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                I’ll bite you to death, Tsunayoshi Sawada.


 

Cosa dire…? Beh, innanzitutto: Ciao! Sono tornata :)

A questo punto ci sono quelli che non hanno letto le mie prime fic su Katekyo Hitman Reborn a cui il mio ritorno non può fregar di meno, o che magari sono curiosi (ragazzi, non sono nelle vostre teste, quindi non lo so) e poi ci sono quelli che le hanno lette:

Oh, avanti…non disperatevi troppo che potrei crederci…

ahah!! Ok, sto scherzando ma spero veramente che leggerete questa con lo stesso entusiasmo dell’altra, anche se tratta un argomento del tutto differente. Innanzitutto non è comica (almeno, non all’inizio. Non posso assicurare che la mia vena ironica non esca fuori a sproposito, nel caso mi scuso o spero vi divertiate, come preferite) ed è anche un tantino più lunga, il numero di capitoli non li so esattamente ma sicuramente non due (almeno 8, poi non saprei…).

Quindi…preparatevi psicologicamente e…buona lettura :)

 

Ok, ragazzi, adesso chiudete gli occhi (solo metaforicamente parlando, eh! Altrimenti come fareste se no a continuare a leggere…uff, devo spiegare proprio tutto…) dicevo, chiudete (metaforicamente) gli occhi e immaginatevi lo scenario:

 

Sono tutti tornati dal futuro, stanno tutti bene, hanno le nuove versioni degli anelli Vongola e anche quelli delle loro box. Sono tranquilli, sono felici. Sono tutti insieme.

Troppo bello per essere vero, no? Quanto credete che questa idilliaca pace potrebbe durare? Un mese? Due? Qualche settimana? Sbagliato ragazzi…solo tre giorni.

 

Di nemici sconosciuti, Tsunayoshi Sawada, ne ha veramente tanti, forse fin troppi. Ha nemici ovunque, anche amici ed alleati, questo è certo, ma, per quanto possano stare tutti all’erta, ogni cosa non può essere tenuta sotto controllo. Nemmeno con il super intuito Vongola.

In particolare se i sopracitati si trovano a migliaia di chilometri di distanza. Soprattutto se questi nemici si trovano provvisti di un’arma sconosciuta e dagli effetti devastanti come quella che la famiglia Ferro aveva creato.

Un’arma talmente potente da essere in grado di far sparire il Decimo dalla faccia della terra.

Ed è così che Sawada Tsunayoshi è scomparso. Lasciando una scia di amici, alleati, forse nemici, conoscenti e avversari senza di lui. Senza la loro guida.

E senza che ne serbassero memoria.

Ed è qui, signori, che la mia storia avrà inizio: in un pomeriggio come tanti nella cittadina di Namimori, un anno dopo il ritorno dal viaggio nel Futuro, con dei protagonisti che di comune non hanno nulla se non un ancora sconosciuto obiettivo e un identico senso di vuoto, sordo e inspiegabile.

 

Hayato Gokudera non sapeva perché ma c’era qualcosa che lo teneva legato a quella terra così lontana da casa, al Giappone. A dirla tutta ricordava anche solo vagamente il motivo per cui, più di un anno prima, vi si era trasferito; era in qualche modo certo che fosse stato un motivo importante ma non riusciva proprio a ricordarselo.

Ogni giorno si alzava da quella piccola casa che aveva affittato, andava a scuola, litigava con il proprio compagno di banco, Yamamoto, pranzavano insieme, a volte con la speciale presenza dei fratelli Sasagawa, molto spesso da soli e in silenzio. Come se non avesse niente da dirgli.

Come se non si chiedesse come mai si sentisse tanto vicino a quel ragazzo fissato con il baseball e che non ricordava assolutamente il modo con cui erano diventati tanto amici o, almeno, così intimi da permettersi fugaci abbracci, pranzi in compagnia e tante informazioni l’uno sull’altro.

Mancava come il collegamento tra tutti quei fatti.

Perché si trovava ancora in Giappone? Cosa lo legava a quel posto? Perché, nel tardo pomeriggio dopo la scuola, si sentiva come se mancasse qualcosa di fondamentale? Non sapeva cosa fare. Cosa faceva di solito dopo le lezioni? Come occupava il tempo?

~×~

Battendo con tutta la propria forza la palla che il lanciatore avversario gli aveva tirato, Takeshi Yamamoto, la vide schizzare via come mai aveva fatto. La vide salire in alto, sempre più in alto, fino al tetto della scuola e poi cominciare la sua lenta parabola di discesa perdendosi oltre l’edificio. Che fosse fuori campo era ovvio; era finita oltre il perimetro della scuola. Mentre correva per le basi tra i gridolini eccitati delle ragazze sugli spalti e le urla sconcertate di tutti, distrattamente si chiese da dove venisse tutta quella forza.

Da dove arrivasse quell’istinto di far scivolare leggermente il gomito indietro e squarciare l’aria come se stesse maneggiando una spada e la palla fosse in realtà un nemico, Yamamoto, non lo sapeva.

Come non sapeva collocare il senso di disagio che lo prendeva ogni volta in compagnia di Gokudera, o l’ansia che lo attraversava quando che entrava nella palestra della scuola, o la sensazione che gli mancasse qualcosa.

Ma cosa?

~×~

«Tempo!»

Ryohei Sasagawa si tirò indietro vagamente confuso, l’entusiasmo energico che solitamente lo accendeva perso tra la folla esaltata ai lati del ring.

Osservò immobile l’arbitro chinarsi sulla giovane promessa della boxe professionistica, che il ragazzo aveva appena colpito con il suo primo pugno, svenuto e totalmente fuori gioco.

«Vittoria per ko» decretarono i giudici increduli ed estasiati. Era la prima volta che un liceale riusciva in un’impresa del genere. Quel Sasagawa doveva essere un genio della boxe.

L’incontro era durato solo 5 secondi del primo tempo.

Ryohei accettò con insolita calma l’asciugamano dall’allenatore e se lo mise sugl’occhi per non far vedere il proprio viso a nessuno, nemmeno a sé stesso.

Lo aveva colpito ed era caduto senza il minimo sforzo. Com’era possibile? Da dove arrivava tutta quella forza?

~×~

Come ogni giorno, da che si ricordi, ma di sicuro dalle ultime quattro settimane, Chrome Dokuro stava alla finestra del capannone di Kokuyo che permetteva la visuale dell’ingresso del parco, la visuale sul cancello e non ne sapeva dare un spiegazione. Provava come un senso di mancanza e non era l’unica.

Anche Mukuro-sama provava un senso di inquietudine che non riusciva a spiegarsi e non faceva nemmeno nulla per nasconderlo. Cosa le mancava? Cosa l’aveva portata lì? A chiedersi come o perché fosse nato il legame con Mukuro-sama. A domandarsi perché il desiderio di vendetta sulla mafia che quest’ultimo aveva sempre irradiato, si fosse spento così, come da un giorno all’altro.

Cosa gli mancava? Cosa mancava ad entrambi?

~×~

Lambo correva veloce per tutta la cucina di casa Sawada mentre una sempre più scocciata I-pin lo rincorreva con un gyoza in mano mezzo mangiato. Nana Sawada rideva divertita abbracciata al marito.

Non si ricordavano perché quei due, più un Fuuta momentaneamente assente e una Bianchi in viaggio, fossero comparsi da un giorno all’altro nella loro casa ma non si facevano domande. C’era come qualcosa che spingeva a non chiedere niente, come se tutto quello fosse normale.

«Su, bambini» Nana mise fine alla contesa dei due con un dolce sorriso e un piatto di fumanti gamberi al vapore in mano «a tavola!»

Ridendo e scherzando tutti si posizionarono mentre la donna li appoggiava al centro del piano guardando con apprensione la sedia vuota al proprio fianco.

«Ma dove sarà andato Reborn? È insolito che salti la cena…»

«Tranquilla, Nana, starà dormendo» Iemitsu la tranquillizzò con un sorriso «vedrai che non appena sentirà odore di cibo ci raggiungerà».

Nessuno sembrò curarsi o anche solo accorgersi di un’ulteriore sedia vuota, proprio accanto  quella di Reborn. Nessuno la vedeva ma c’era e aveva di fronte anche una ciotola vuota che veniva posizionata ogni volta senza saperne veramente il motivo e che la padrona di casa, puntualmente, rimetteva a posto chiedendosi ad alta voce come mai aggiungesse sempre un piatto in più a tavola e ridendo con il marito della propria sbadataggine.

Chi altro ci sarebbe dovuto essere?

~×~

Erano ormai le sette di sera quando, il presidente del comitato disciplinare Hibari Kyoya, firmò le ultime pratiche necessarie all’inizio sotto controllo dell’anno scolastico. Passandosi una mano sugl’occhi prese l’ultimo foglio e scorse impassibile i nomi degli studenti che avevano cambiato scuola, che avevano osato lasciare la Namimori per andarsene in un’altra.

Li avrebbe morsi a morte.

Hibane Shita.

Ryuuga Sumine.

Kamane Ayako.

Wasada Tsunayoshi.

Shinba-

Un brivido freddo lo percorse costringendolo ad interrompere la lettura; come se uno di quei nomi…con occhio attento li scorse nuovamente per cercare di capire quale di quelli lo avesse così inaspettatamente colpito. Chi? Aveva forse combattuto con uno di loro e ne era persino rimasto soddisfatto? Cosa?

Leggendoli nuovamente con attenzione si fermò su alcuni più di altri nel tentativo di riprovare quello stesso brivido, per cercare di capire.

Dopo la quinta rilettura alzò le spalle e mise quel foglio nuovamente sulla pila, deluso.

La stanchezza gli stava giocando brutti scherzi da qualche tempo a quella parte; non riusciva a dormire bene e non ne capiva il motivo.

E Hibari Kyoya odiava non avere il controllo su tutto.

~×~

Lontano dai rumori provenienti dalla cucina e da chiunque altro essere vivente, l’assassino arcobaleno Reborn stava seduto a gambe incrociate sulla finestra dell’unica camera con letto singolo di casa Sawada, gli occhi nascosti dalla falda del cappello, Leon che lo guardava come preoccupato e la sola luce della luna ad illuminare l’espressione seria e confusa allo stesso tempo.

Qualcosa non andava.

Con uno sbuffo si rigirò l’anello del Cielo che sarebbe dovuto appartenere al Decimo Vongola e lo vedeva ben diverso da quando era al dito del Nono. Trasformato.

E c’era anche un’altra cosa: aveva riunito i sei guardiani.

E allora perché mancava loro una guida? Con che criterio erano stati scelti? Cos’era successo?

 

Come inizio, magari, può sembrare un po’ triste (e pure incomprensibile direbbe qualcuno…o tutti…) ma, fidatevi, è necessario per comprendere bene il seguito.

Spero vogliate seguirmi :)

 

Un bacio

NLH






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Capitolo 2
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                I’ll bite you to death, Tsunayoshi Sawada.

 

 

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«Ohi!» Hayato fece un gesto di saluto svogliato in direzione di Yamamoto che lo aveva appena raggiunto sul terrazzo, bento alla mano sia per sé che per il compagno di classe. Da che si ricordavano, e quindi non avrebbero saputo definirlo con certezza, il Guardiano della Pioggia portava il pranzo al Guardiano della Tempesta perché, quest’ultimo, non si sarebbe mai azzardato a mangiare quello che la sorella voleva rifilargli ogni giorno (tra parentesi si trattava dello stesso pranzo rifiutato da Reborn).

Yamamoto gli sorrise di rimando e ancora una volta Gokudera si chiese cosa avesse permesso quell’avvicinamento tra loro due. Gli sembrava come di ricordare che, sin dal suo arrivo in Giappone, lui avesse cominciato a litigare con quel fissato del baseball, o almeno credeva fosse così…quindi…perché ora si ritrovavano a mangiare insieme?

Ma quello era un altro degli interrogativi che, purtroppo non solo Hayato si proponeva, a cui non sapeva dare una risposta.

«Oggi ho visto Chrome» lo informò Yamamoto passandogli le bacchette «mi ha detto che il bimbo non si fa vedere da giorni, chissà come mai…»

Chrome Dokuro era un’altra di quelle persone che Gokudera non ricordava di aver mai deciso di conoscere, o il momento in cui avevano cominciato a conoscersi, ma che era una costante delle loro vite. Di lei sapeva anche che faceva quasi da corpo a Mukuro, imprigionato metri sotto terra e nell’acqua. Sapeva che all’inizio erano nemici ma non si ricordava cosa fosse cambiato. Certo, sia Chrome che Mukuro erano il Guardiano della Nebbia, su quello non si poteva discutere, avevano l’anello, esattamente come lui e Yamamoto. Ma com’era avvenuto il cambiamento?

Alzando le spalle lo Smokin’guardian cominciò a mangiare come se nulla fosse alternando occhiate al cibo e al ragazzo seduto accanto a lui.

«Oggi che facciamo?» gli chiese scontroso «ci andiamo?»

Yamamoto lo fissò per un lungo istante prima di mettere su uno dei suoi sorrisi idioti che facevano venire voglia all’altro di infilargli una bomba sotto la maglia e lanciarlo giù dal terrazzo.

«Il bimbo non ci ha detto niente, non credo dovremmo andarci senza il suo permesso…»

«Forse hai ragione…» borbottò Gokudera tornando a mangiare e lasciando scendere il silenzio fino alla fine della pausa pranzo.

~×~

Anche se aveva detto a Gokudera che andare non sarebbe servito a niente, Yamamoto, si diresse come in automatico verso la casa dei Sawada, la casa dove Reborn era ospite e dove la felice coppia senza figli li ospitava sempre quando si riunivano, i Guardiani, e per mangiare; come fossero una famiglia allargata.

Se gliel’avessero chiesto, Yamamoto, non avrebbe saputo rispondere al perché si ritrovassero proprio lì, per la precisione nella camera a letto singola che era destinata agl’ospiti che rimanevano a dormire dei Sawada, ma probabilmente tutto quello era dovuto al fatto che Iemitsu, il marito, fosse un collaboratore stretto del Nono Vongola.

E loro erano i Guardiani del Decimo. Guardiani ancora senza guida, purtroppo.

Yamamoto ricordava più che bene il momento in cui gli era stato affidato l’anello della Pioggia, quando si era allenato e aveva sconfitto Squalo per averne il pieno diritto. Ricordava anche la battaglia nel futuro, quando avevano salvato il loro e quello di tutti, facendo evolvere gli anelli al loro vero stato. Tutto questo sotto la guida di Reborn. Sì, perché ai guardiano mancava ancora la guida, mancava il possessore dell’anello del Cielo. Mancava loro un Decimo.

Il giovane Guardiano aveva sempre seguito l’istinto senza farsi troppe domande, per quello non se ne fece quando, dopo la scuola, si ritrovò a fermarsi di fronte al cancello di casa Sawada. Non si stupì nemmeno nel trovarvi un Hayato Gokudera in piedi, fermo alla porta, indeciso se suonare o meno. Sorrise furtivamente e lo raggiunse senza fare rumore passandogli un braccio sulle spalle.

Gokudera sussultò lievemente ma non si girò né fece per colpirlo o allontanarlo.

Il Guardiano della Tempesta sapeva che quel braccio che Yamamoto gli posava tanto spesso sulle spalle era necessario sia a lui che all’altro. Per il Guardiano  della Pioggia sembrava essere un gesto abituale che non ricordava di aver mai compiuto nei confronti di quello della Tempesta ma che sentiva di dover fare. E l’altro non ne era poi così infastidito da scacciarlo.

«Allora, entriamo?» gli chiese gioviale per cercare di scacciare l’espressione cupa dal volto dell’italiano.

«Nh…» mugugnò solamente in risposta prima di suonare brevemente il campanello.

Ad aprire venne la signora Sawada, allegra e sorridente come al solito.

«Oh! Gokudera-kun, Yamamoto-kun, che bello vedervi! Entrate, mancavate solo voi!»

Guardandosi per un momento interrogativi i due giovani ricambiarono il saluto e seguirono la padrona fino all’ampia cucina dove un nutrito gruppo di persone stava ridendo, chiacchierando e soprattutto mangiando in allegria.

Il tavolo della cucina non bastava mai, sembravano inesorabilmente tutti attratti da quella piccola casa che, una persona dopo l’altra, sembravano farla diventare sempre più minuscola! Come se ognuno di loro sentisse il bisogno, la necessità di andarvi. E c’erano proprio tutti: Lo schiamazzo dei bambini era assordante, soprattutto quando Lambo rubò l’ennesima fetta di torta al cioccolato di I-Pin che, con la collaborazione di Fuuta, cominciò a rincorrerlo per tutta la stanza rovesciando mobili e saltando sui presenti.

«Gyahahah! Fuuta non mi prenderete mai! Stupida I-pin! Gyahahaha!!»

«Lambo! Fermati!!»

«Gyahahaha!!» la risata assordante del Guardiano del Fulmine irritò immediatamente le orecchie sensibili di quello della Tempesta che, a stento trattenuto da Yamamoto, cercava di lanciare almeno tre candelotti di dinamite sul bambino urlante.

«Fermati immediatamente, Scemucca! Se ti prendo…»

«Gyahaha! E' arrivato Stupidera! » rise Lambo saltandogli sulla testa e decretando così l’ingresso del giovane alla caccia della Mucca, in compagnia di I-pin e Fuuta, con la speciale collaborazione di Ryohei che aveva preso il tutto come l’ennesimo allenamento.

«Avanti ragazzi! Questo è un allenamento ESTREMO!»

«Hahi! Ryohei-kun!»

«Onii-san! Stai attento a non fare del male a Lambo!»

Nella confusione della cucina Yamamoto si fece strada ridendo apertamente nel vedere quella cagnara, accomodandosi al proprio posto, o se non altro, al posto che aveva sempre deciso di occupare. Gli piaceva stare lì, circondato da quelle persone e da tutta quella confusione. C’era solo quel senso di disagio, come un mancanza che non riusciva a definire…

«Lambo, ridammi quella torta, me l’hai rubata!»

«Gyahahaha, non è vero, è di Lambo-san!» non passò molto perché l’ennesima bomba lanciata per mano del Guardiano della Tempesta su Lambo volasse per la stanza e l’esplosione lo mandasse a spiaccicarsi contro il muro tra le risate generali e gli strilli preoccupati delle ragazze.

«Così impari stupido ruminante» ghignò Gokudera prendendolo per la coda e facendolo penzolare con noncuranza davanti al viso «mai farmi arrabbiare!»

«Oh! Hayato! Che parole da uomo…»

«Argh…nee-sa..ah..n..gh»

«Bianchi-san» la rimproverò bonariamente il Guardiano della pioggia «hai dimenticato di indossare gli occhiali».

La donna alzò brevemente le spalle scuotendo al testa «Oh! Come sono sbadata» esordì senza mostrare alcun segno di pentimento e facendo ridacchiare Yamamoto rassegnato «povero il mio fratellino, adesso ci penso io a curarti…»

«Bianchi-chua~nn! Sei stupenda come sempre!» il dottor Shamal non fece nemmeno in tempo ad avvicinarsi troppo che venne scaraventato conto il muro, lo stesso di Lambo, da una delle torte velenose vaganti di Bianchi e una delle bombe accese che Gokudera aveva lasciato cadere alla vista della sorella.

Yamamoto si scambiò un’occhiata con Fuuta e le ragazze, divertito. Sì, decisamente quel posto era come la loro casa.

Lo era sempre, anche quando Reborn entrava nella cucina con un’espressione grave in volto e una lettera in mano.

Lambo venne fatto scivolare fuori da sotto il corpo ancora svenuto di Shamal da un Gokudera stizzito, negl’occhi un’espressione preoccupata. Yamamoto scorse le occhiate preoccupate e rassegnate di Haru e Kyoko, consapevoli che sarebbero rimaste ancora una volta fuori dalla discussione che sarebbe sicuramente avvenuta e che, meno male, alla fine avrebbero sentito tutto da Yamamoto stesso che le teneva informate sulla situazione. Sasagawa Ryohei lanciò un breve sguardo alla sorella prima di uscire e dirigersi verso la Nami High School, probabilmente a chiamare il Guardiano della Nuvola. Mancava solo da avvisare Chrome.

Il ritrovo era previsto per due ore dopo, nel rifugio segreto dei Vongola.

 

 

Devo ammettere di essere piuttosto soddisfatta di questa fic, se non altro per il fatto che più di una persona sembri apprezzarlo. Quando l’ho ideata ho avuto paura di cadere nel banale o, peggio, di scrivere di qualcosa di già trito e ritrito. Speriamo bene…

 

 

 

Un bacio

NLH

 



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Capitolo 3
*** Target 2# ***


 

 

                I’ll bite you to death, Tsunayoshi Sawada.

 

 

 

 

[Target 2#]

Era stata un’idea che Sasagawa Ryohei aveva espresso qualche giorno dopo il ritorno dal Futuro, in uno dei suoi soliti deliri di Estremismo. Quella del rifugio segreto era un’idea veramente fantastica: avrebbe permesso a loro Guardiani e agli alleati, che puntualmente arrivavano a scassare le scatole, di ritrovarsi in un luogo sicuro che non fosse sempre la cucina o la camera degl’ospiti dei Sawada.

Così, con l’aiuto di Giannini, la speciale supervisione di uno Spanner giovane arrivato direttamente dalla Germania e uno Shouichi atterrito come al solito dalle stranezze ma non troppo, lo avevano costruito in una casa che era stata affittata con i fondi della Mafia. Si trovava vicina alla Nami High ed era stata sistemata appositamente per le specifiche esigenze dei Guardiani: c’era una fornita biblioteca con annesso studio per Gokudera, una enorme stanza per gli allenamenti, una cucina, assolutamente indispensabile, una sala per i giochi dei bambini, un salotto ampio e comodo per le riunioni e abbastanza camere da letto per tutti. Il tutto distribuito per un po’ di piani sotto terra a partire da una villetta ad un solo piano per nulla sospetta. Decisamente comodo.

Era proprio lì, nel rifugio segreto Giapponese della famiglia Vongola, che tutti i Guardiani, più Reborn, si stavano dirigendo. Quelle riunioni erano cominciate poco più di due mesi prima, in precedenza dovevano aspettare che il rifugio fosse pronto e si ritrovavano in casa Sawada, ed erano state molto utili ad ognuno per rendersi conto di quanto potessero diventare affiatati. Ma Reborn era lo stesso preoccupato: era stato mandato in Giappone per cercare il Decimo e, non sapendo il perché, si era ritrovato con tutti i Guardiani e gli alleati senza veramente averli creati attorno a qualcuno, ad un capo. Come se il capo dovesse arrivare e inserirsi nel posti vuoto con perfezione, come se fosse lui in realtà a doversi adeguare ai Guardiani. Quella situazione non gli piaceva per niente, soprattutto con la lettera che gli era arrivata.

Sospirando, il bambino, fece passare lo sguardo sui guardiani riuniti: c’erano tutti, anche Chrome che era stata mandata a chiamare tramite Hibird (si era scoperto essere incredibilmente utile come messaggero sotto la sollecitazione di cibo e soldi per il proprietario).

«Questa mattina» prese la parola, accomodato sull’unica poltrona della sala e attirando l’attenzione di tutti i Guardiani seduti sui divani, Yamamoto, Gokudera su quello di destra, Chrome, Sasagawa con in braccio Lambo, stranamente tranquillo, e Hibari seduto ad una delle finestre che davano sul cortile d’ingresso. Per motivi pratici avevano deciso di mettere la sala per le riunioni e la cucina sui piani normali «mi è arrivata una missiva dal Nono, in persona» fece una pausa «voleva sapere se siamo riusciti a trovare il suo successore».

«Maledizione!» Gokudera si lasciò sfuggire un chiaro segno di irritazione «e come facciamo a trovarlo? Tutti quelli che abbiamo preso in esame sono degli incapaci, deboli, arroganti o senza spina dorsale».

«E soprattutto» aggiunse Yamamoto calmo «nessuno di loro è stato approvato da tutti noi».

«Un capo deve essere accettato da ogni suo subordinato» ammise Reborn «ma in questo specifico caso deve avere anche sangue Vongola nelle vene…»

«Mh…» Gokudera sbuffo annoiato «l’unico qui in Giappone ad avere sangue Vongola è Iemitsu Sawada ma lui non è designato come futuro capo…se solo avesse avuto un figlio, o anche una figlia…»

«Questo è un problema» asserì Reborn rigirandosi tra le mani la busta «ma non è l’unico» altra occhiata e pausa carica di significato (non esattamente colto da tutti i Guardiani, Lambo continuava imperterrito a giocherellare con le dita fasciate di Ryohei e Hibari stava sbadigliando sonoramente) «si tratta di una famiglia di poca importanza, in effetti, ma che è all’avanguardia nel campo dello sviluppo bellico mafioso» bene, se non altro l’attenzione del Guardiano della Nuvola l’aveva avuta, per quella del Fulmine non c’era speranza, invece «si chiama Ferro e, fino ad ora, non ha mai dato molto problemi..però, nell’ultima missione che hanno compiuto in collaborazione con i Varia» altra pausa, stavolta scocciata «Mammon è venuto a conoscenza di alcuni piani contro la Famiglia Vongola».

«Cosa?» Gokudera era partito in quarta come suo solito, seguito a ruota da Ryohei «come osano pensare di mettersi contro di noi! Dopo tutto quello che abbiamo fatto…»

«E’ estremamente ingiusto!!!» non si trattenne dall’aggiungere il Guardiano del Sole indignato.

«Non serve a niente scaldarsi tanto» freddò subito gli animi Reborn «e noi non ne sappiamo nemmeno molto. Per questo» fece una pausa tirando fuori un bigliettino scritto in calce da una mano nervosa «i Varia verranno qui per maggiori informazioni».

Yamamoto lesse brevemente il foglietto, sicuramente era stato Squalo a scriverlo decise, con un sorriso tra il rassegnato e il divertito. Ci sarebbe stato da divertirsi, forse. E per prima cosa doveva togliere tutti i poster dei giocatori di baseball dalla stanza e nascondere le mazze sostituendole da spade più o meno vere, Shigure Kintoki in prima fila, per evitare l’ennesima sfuriata dell’Imperatore di Spade. Ci teneva a non finire il ospedale prima della stagione primaverile, lui.

«I Varia…» borbottò Gokudera, scocciato «fantastico…» ci sarebbe stato da impazzire, fece una smorfia. Se attivava pure quel pazzo sanguinario di Belfagor avrebbe fatto meglio a prendersi una vacanza…non aveva voglia di rischiare di ammazzare, più o meno accidentalmente, un loro alleato. Molto poco accidentalmente.

«Alloggeranno per qualche giorno qui da noi» rincarò la dose Reborn scrutando con attenzione i volti dei Guardiani «e saranno accompagnati da Cavallone…» lo sguardo di ammonimento a Hibari andò sprecato. Il giovane non sembrava stare minimante seguendo il discorso: guardava qualcosa fuori dalla finestra con estrema attenzione. Reborn alzò un sopracciglio ma preferì ignorarlo continuando a guardare gli altri Guardiani «dovrebbe esserci abbastanza posto per tutti, al massimo alcuni di voi guardiani dovrete tornare a casa…»

«Io non mi muovo» esordì immediatamente Gokudera «non c’è nessuno che mi aspetta e non devo nascondere quello che faccio alla mia famiglia» qui lanciò un’occhiata a Yamamoto e Sasagawa «e poi non mi fido dei Varia, potrebbero decidere di rubare l’Anelli del Decimo».

«Sei sempre il solito Gokudera…» ridacchiò Yamamoto divertito «ma lo sai che oramai-»

«Ormai un corno! Scemo del Baseball!» saltò su il Guardiano della Tempesta «chi te lo dice che non ci riproveranno?»

«Lussuria-san ha detto che l’Anello rimane a noi, Takohead!» gridò Ryohei convinto.

«Shibakatama!» ringhiò quasi l’altro sfiorando minacciosamente i candelotti di dinamite sul fianco e facendo sospirare Reborn. Decisamente avevano bisogno di una guida… passò lo sguardo su tutti.

«Cosa succede, Hibari?» mormorò alla fine, scocciato, notando per la seconda volta da quando la conversazione era iniziata, che il ragazzo non stava seguendo una parola, troppo impegnato a fissare cancello della casa (con molta insistenza), come se stesse tenendo d’occhio qualcosa. Hibari lo fissò brevemente prima di tornare a rivolgere l’attenzione alla strada.

«C’è un ragazzino» rispose dopo tanto di quel tempo che tutti si erano già convinti che li avrebbe ignorati come faceva spesso «è già la terza volta questa settimana che lo vedo passare di qui e rimanere a fissare la scuola…» Gokudera sbuffò scocciato: loro parlavano di cose serie come un possibile attacco alla Famiglia e quello si preoccupava unicamente per la sua scuola… «però…» Hibari fece un’altra pausa stringendo con maggiore forza tra le dita il tonfa «c’è qualcosa che non mi convince…»

A quella affermazione tutti i guardiani meno Sasagawa e Gokudera ( ancora troppo occupati a maledirsi con lo sguardo) si avvicinarono alla finestra, capeggiati da Reborn che se ne stava come al solito sulla spalla di Yamamoto, per vedere quello che il Guardiano della Nuvola stava tenendo d’occhio. Seminascosti dalla vaporosa tenda bianca poterono notare che, nella strada deserta, un ragazzino dai folti capelli castani e la divisa di una scuola superiore di Kokuyo stava appoggiato al muro di fronte alla scuola, molto vicino alla casa dove erano nascosti. Fissava l’edificio con insistenza e si ritirava nell’ombra ogni volta che passava qualcuno.

«Secondo voi è sospetto?» chiese furbescamente Reborn, sempre pronto a testare le capacità e lo spirito critico dei suoi Guardiani.

«Mh…» Yamamoto lo fissò per un momento «indossa la tua stessa divisa, Chrome, lo conosci?»

La ragazza scosse il capo.

«Sicura che non sia un’altra spia assoldata da Mukuro per fregarci?» chiese Gokudera, sospettoso come al solito, senza nemmeno guardare nella loro direzione e continuando la battaglia (incredibilmente silenziosa) con il Guardiano del Sole.

«Gokudera…» lo rimproverò bonariamente Yamamoto, come faceva spesso «sei sempre il solito» fece una pausa nella quale poté vedere il Guardiano della Tempesta alzare le spalle scocciato, prima di tornare a fissare il giovane adesso seminascosto dietro un palo. Decisamente non sembrava una sentinella. Aveva quel qualcosa che faceva capire che non per lì per spiare nessuno. Sembrava incredibilmente  indifeso e impaurito a dirla tutta…

Non tutti la pensavano come lui, constatò Yamamoto dopo aver esposto le proprie impressioni. Per Gokudera poteva trattarsi benissimo di una spia, mentre Hibari sembrava fermamente convinte della necessità di interrogarlo e poi morderlo a morte se necessario. Reborn fissò i Guardiani sempre più preoccupato: avevano seriamente bisogno di una guida. Alla fine fu la decisione di Chrome a rendere il risultato certo: lei, Gokudera e Hibari erano favorevoli a tenere sotto controllo quel giovane sospetto (chi per vederci chiaro, chi per mantenere una parvenza di abitudine, chi per noia) mentre Yamamoto e Sasagawa avrebbero preferito lasciar cadere la questione. Inutile dire che Lambo non era stato nemmeno preso in considerazione.

Più che altro parchè Reborn aveva deciso di sparargli durante uno dei suoi soliti deliri di onnipotenza ma, da quello che avevano potuto capire tra una sghignazzata e un urlo, avrebbe voluto colpire il giovane sospetto con il suo attacco speciale. Lo presero come voto a favore della maggioranza.

Fu Chrome a lasciare la casa per prima e ad avvicinarsi di soppiatto al giovane che, troppo concentrato a fissare la scuola, non si accorse di lei se non quando gli fu davanti e gli rivolse la parola.

«Tu sei della Kokuyo High School, giusto?» gli chiese all’improvviso facendolo sobbalzare «ci conosciamo?»

Il giovane boccheggiò per un momento prima di arrossire e guardarsi intorno freneticamente, come alla ricerca di una (insistente) via di fuga.

«Ehm…sì, però non ti conosco…»

Chrome gli sia avvicinò maggiormente inclinando la testa di lato e socchiudendo l’occhio.

«Scusa ma è come se…» si interruppe un momento «mi dispiace averti disturbato, ma sei l’unico di Kokuyo che io abbia mai visto da queste parti e mi chiedevo se abitassi nei dintorni, sai, io abito proprio qui davanti…» con un breve gesto indicò la casa da cui era uscita.

«E…hm…allora perché non vieni in questa?» gli chiede il giovane esitante indicando la Nami High «se sei così vicina…»

Lei alzò le spalle sconsolata.

«Mi sono trasferita da poco e mi piace la mia classe…»

«C-capisco…» fece nuovamente a disagio l’altro «bhe, ora scusa ma devo…ehm, devo and-»

«Ti va qualcosa da bere?» gli chiese a bruciapelo Chrome sorridendo leggermente «così magari ci conosciamo meglio e domani a scuola possiamo mangiare insieme…io davvero non ti ho mai notato…»

«Beh, ecco…» il giovane sembrava preso dal panico «v-va bene…» acconsentì alla fine capendo, non si sa come, di non avere scelta. Era come se qualcosa gli dicesse che sarebbe stato meglio evitare di contraddire quella ragazza indifesa (tutta apparenza, ragazzi miei…) «m-mi fa piacere conoscere qualcuno, io mi sono trasferito alla Kokuyo da poco e non conosco molta gente…»

«Ah, sì?» gli sorrise interessata la ragazza guidandolo verso l’ingresso della casa «e come mai ti sei trasferito a metà anno?»

Lui alzò le spalle abbattuto.

«I realtà non lo so esattamente…» cominciò esitante «prima venivo qui, alla Nami, ma non ricordo molto di quel periodo…solo che l’orfanotrofio che finanzia la scuola ha preferito trasferirmi…» rise brevemente «magari qui non accettavano i miei voti».

Chrome aprì il cancello di casa con un momento di esitazione. C’era qualcosa in quel ragazzo che le diceva di dargli fiducia, oltre a provare un insolito dispiacere per lui, per il fatto che stesse in un orfanotrofio. Che fosse da solo. Come lei. Ma lei aveva degli amici…mentre questo…non sapeva ancora il nome, sembrava non avere nessuno. Lo condusse alla porta e l’aprì.

«Ecco, prego…» lo invitò precedendolo «e, approposito, io sono Chrome, tu?»

L’altro, che si stava togliendo le scarpe seduto sul gradino, girò la testa con un genuino sorriso di felicità.

«Piacere, io sono Tsunayosh-» non fece in tempo a finire la frase che un Lambo scatenato, e arrabbiato, disperato per il comportamento che Reborn aveva avuto nei suoi confronti, si scagliò correndo per il corridoio e, inciampando come al solito nei suoi stessi piedi, fece schizzare fuori dalla voluminosa acconciatura armi e caramelle che si sparsero per tutta la casa. In particolar modo il bazooka dei dieci anni che, dopo aver rimbalzato un paio di volte sotto lo sguardo atterrito del nuovo arrivato e divertito/preoccupato dei Guardiani che avevano seguito il bambino, Yamamoto in testa, finì addosso al giovane studente che scomparve in una nuvola di fumo rosa.

«Ops…» fu tutto quello che il Bovino ebbe da dire.

In effetti non è che ci fosse molto altro da aggiungere.

 

Ecco qua il terzo capitolo, spero sia venuto bene, è stato difficile cercare di mantenere i personaggi IC.

Mi dispiace ma sono incredibilemnte in ritardo e di fretta (mannaggia alla maturità) e dò un bacio a tutti quelli che leggono, recensiscono, ecc. prometto che la prossima volta farò meglio. 

Un bacio

NLH

 

 

 

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Capitolo 4
*** Target 3# ***


 

 

                I’ll bite you to death, Tsunayoshi Sawada.

 

 

 

 

[Target 3#]

Si potrebbe anche dire che, non appena Lambo si era ripreso, Yamamoto, e forse anche Gokudera ma non si era del tutto certi di questo, aveva avuto il sentore che qualcosa sarebbe andato irrimediabilmente male. E non si trattava soltanto di ipotesi campate per aria.

Ogni volta che Lambo si muoveva combinava disastri; perché quindi sperare (o ritenere) che questa sarebbe stata diversa? Specie se avevano appena messo in atto una specie di piano per studiare più da vicino quello strano ragazzo?

Quindi, una volta costretti ad abbandonare la finestra per cercare di fermare Lambo, inesorabilmente diretto nel corridoio dove Chrome stava facendo entrare il giovane (il piccolo bovino era convinto che Reborn se la fosse svignata da quella parte perché spaventato dalla vendetta che aveva messo in atto, non vedendo che in realtà l’Hitman se ne stava tranquillamente accomodato sulla spalla di Yamamoto), Yamamoto aveva pensato che, la vista del giovane studente, non gli avesse minimamente provocato alcun senso di disagio; che in realtà si è sentito preoccupato per le possibili conseguenze se Lambo avesse tirato fuori una delle sue strambe armi in presenza di un estraneo.

E Gokudera si era rifiutato di credere di aver provato un qualunque senso di nostalgia o malcelato senso si attaccamento per quella schiena estranea che aveva potuto intravedere tra la confusione di braccia e gambe dei Guardiani che lo avevano preceduto in corridoio.

E Sasagawa cercò di respingere l’istinto di gridare al giovane sconosciuto di iscriversi al club di boxe, non solo perché (e si vedeva lontano un miglio, persino lui l’aveva intuito) non era per nulla muscoloso ma anche perché sarebbe stato abbastanza sciocco da parte sua. Eppure l’istinto (irrazionale) c’era stato.

E Chrome, nel momento stesso in cui gli chiese il nome, cercò di ignorare il desiderio di Mukuro, improvvisamente svegliatosi e interessato a ciò che stava accadendo, di prendere il suo posto. Voleva capire perché quel giovane la facesse sentire così bene, come protetta. Con quel suo sorriso, insieme impacciato e caldo, che la facevano sentire a casa.

E Hibari che provò nuovamente quella strana sensazione, quel brivido lungo la schiena che aveva provato, nemmeno troppo tempo prima, al leggere uno di quei nomi sulla lista degli studenti trasferiti; cercando di ignorare nel modo migliore, perché non capiva, il calore improvviso che lo aveva colto come un pugno, stranamente piacevole, alla vista di quella schiena minuta e delicata, dalle spalle sottili e sormontate da una massa folta di capelli castani. E a quegl’occhi così grandi e caldi.

Nessuno dei Guardiani si rese conto di quanto quell’incontro sarebbe potuto in realtà risultare importante per tutti e per ciascuno di loro. Non fecero nemmeno in tempo vista l’abilità del giovane Bovino di mandare tutto all’aria: bombe e bazooka compresi.

Quando la nebbia rosata si dissipò, al posto del giovane che il bazooka dei dieci anni aveva erroneamente colpito, c’era un uomo dai corti capelli castani arruffati e un completo da ufficio grigio con tanto di camicia bianca spiegazzata e cravatta allentata. Con un lamento l’uomo si tirò a sedere massaggiandosi la testa e borbottando qualcosa di incomprensibile.

«Ehm…» Yamamoto fece un passo nella sua direzione, avevano combinato proprio un bel guaio «ehi, ti senti bene?»

«Dove sono?» la voce lamentosa dell’uomo costrinse persino Ryohei a rendersi conto di aver appena coinvolto una persona totalmente estranea al mondo della mafia e che questo avrebbe portato non pochi danni. E il ragazzo era finito da qualche parte nel futuro senza sapere niente. Fantastico.

Nel frattempo l’impiegato si era alzato in piedi, rimanendo comunque abbastanza basso rispetto ad un qualunque uomo della sua età, e aveva cominciato a guardarsi intorno spaesato.

«Ma…ma…ho forse sbagliato casa? Sono entrato in quella di…» ad interrompere quelle parole balbettate fu la vista dei ragazzi, più o meno armati, che gli stavano di fronte. L’uomo impallidì e fece istintivamente un passo indietro tenendo soprattutto gli occhi sulla katana che Yamamoto teneva sulla schiena e ai candelotti di dinamite che si potevano intravedere attaccati alla cintura di Gokudera.

«E-ehiu, questa n-non sarà mica u-una rapina, vero?» ricominciò a balbettare «guardate che io non ho soldi non me lo posso permettere, perché non…non andare, cioè, perché non mi lasciate andare? Eheh…vi prego!!»

Scambiandosi un’occhiata interrogativa, Gokudera e Ryohei gli si avvicinarono in un intervento che speravano essere tranquillizzante ma che in realtà ebbe l’effetto del tutto opposto. Insomma, ce li avete presenti, no?

«Guarda che non ti facciamo certo del male!» esclamò il Guardiano della Tempesta ad un niente dal viso dell’uomo mentre quest’ultimo squittiva terrorizzato.

«Noi ti sembriamo estremamente dei ladri?» gridò il Guardiano del Sole con gli occhi fiammeggianti.

Notando che l’impiegato sembrava sul punto di lasciarci le penne dalla paura, il guardiano della Pioggia, gli si avvicinò costringendo gli altri due ad indietreggiare e gli sorrise tranquillo.

«Mi dispiace se l’abbiamo spaventata, non volevamo» gli tese una mano con fare rassicurante «capisco che deve sentirsi parecchio disorientato ma non si preoccupi, tra poco sarà tutto finito»

Il tono pacato dei Yamamoto sembrò calmarlo almeno un po’ ma non gli fece certo evaporare tutte le paure. Afferrò la mano del giovane e lo seguì fino al divanetto lì accanto dove venne fatto sedere.

«Vuole una tazza di the?» gli chiede gentile Chrome, sorprendendo tutti. Potevano capire che all’inizio faceva parte del piano, l’essere gentile e cercare di accaparrarsi la fiducia del giovane, ma era insolito che lei prendesse la parola e lo era certamente ancora di più il vederla interagire con qualcuno che non fossero i Guardiani o i ragazzi di Kokuyo; interagire con un estraneo. Specie poi se proveniente dal futuro.

L’uomo la guardò per un momento prima di sorridere nervosamente, specie alla vista della benda e del lungo tridente che aveva ripreso tra le mani.

«M-molto gentile ma ora dovrei cenare, quindi…eheh» rise brevemente «grazie comunque…»

Gokudera si era accomodato sul divano di fronte e aveva cominciato a giocare insistentemente con un candelotto che faceva rigirare tra le dita e volteggiare da una mano all’altra. Quell’uomo, quell’impiegato non gli piaceva per nulla. Aveva notato che anche gli altri Guardiani avevano sentito qualcosa alla sua vista, qualcosa che non sapevano decifrare. Come un senso di disagio e delusione, speranza e ammirazione, fiducia e desiderio tutto insieme. Sbuffò sonoramente cercando di ricacciare indietro le sensazioni insolite che aveva provato: solo sciocchezze, si disse.

E poi gli dava sui nervi: con quel comportamento remissivo, spaventato, tutto quel rannicchiarsi e sfuggire gli stavano sui nervi. E non solo a lui: Hibari sembrava sul punto di estrarre i tofa e morderlo a morte tanto lo stava fissando intensamente; nemmeno volesse mangiarselo sul serio.

«Io sono Yamamoto Takeshi» stava intanto dicendo il giovane con un sorriso «e loro sono i miei compagni: Hayato Gokudera» il giovane grugnì qualcosa «Sasagawa Ryohei, Hibari Kyoya, Chrome Dokuro e Lambo»

L’impiegato sorrise nervosamente.

«I-io sono, Tsunayoshi Wasada» si presentò «e devo ammett-» non fece in tempo ad aggiungere altro che i cinque minuti erano passati e un’altra esplosione di nuvola rosa riportò il ragazzo di prima al posto dell’uomo. Il giovane Wasada Tsunayoshi si ripresentò agl’occhi dei Guardiani svenuto e con un grosso bernoccolo in mezzo alla fronte.

«Che incapace» fu il sintetico commento di Hibari che, ignorando tutti, fece dietro front e si diresse fuori dalla sala, probabilmente diretto alla sua camera da letto.

«Che facciamo?» Yamamoto sembrava essere l’unico a preoccuparsi seriamente per la sorte del giovane che avevano accidentalmente coinvolto.

«Fanne quello che ti pare» fu il secco commento dello Smokin’guardian seguendo l’esempio del Guardiano della Nuvola.

«Ehm…» Yamamoto provò in direzione di Sasagawa che alzò le spalle.

«Se vuoi provo a svegliarlo io» propose energico.

Yamamoto scosse freneticamente la testa sorridendo nervosamente: lui voleva far uscire il giovane Wasada da quella storia tutto intero, possibilmente.

Chrome invece gli si avvicinò e lo guardò per un momento.

«Credo non sia il caso di farlo girare indisturbato per casa, non ora che i Varia stanno arrivando» la voce della giovane era calma e ragionevole «mettiamolo in una stanza fino a che non si sveglia e poi lo portiamo fuori…»

Yamamoto annuì al saggio consiglio e, prendendolo sulla spalle, aiutato da Sasagawa, lo portò in una delle camere vuote destinata agl’ospiti. Ad un cenno di assenso del Guardiano del Sole lo adagiò sul letto e lo coprì con una delle coperte che Chrome gli passò, probabilmente prese dalla lavanderia.

Il giovane Wasada riposava tranquillamente, nonostante il bernoccolo che ancora si poteva vedergli in testa, e respirava regolarmente in un sonno senza sogni. Yamamoto sorrise, stranamente imitato dagl’altri due. Quel suo essere riposato e incurante del pericolo corso, specie dopo essere stato nel Futuro, li faceva stare bene. Improvvisamente si sentivano tutti sollevati, anche Gokudera ma non lo avrebbe mai ammesso, come se qualcosa di estremamente importante fisse finalmente nel posto giusto. Lo avevano sentito tutti in quel corridoio. Chi era in realtà quel giovane?

C’erano tante domande che i Guardiani si stavano ponendo in quello stesso momento ma non tutte le domande hanno una risposta. Specie se, proprio quando Yamamoto chiuse con delicatezza la porta della stanza alle proprie spalle, il suono insistente e ritmato del campanello d’ingresso ruppe la quiete creatasi in quei pochi minuti.

Gokudera ringhiò incazzato scivolando fuori dalla biblioteca, dove di era rifugiato, insultando in italiano lo scampanellatore pazzo. Conosceva solo una persona in grado di suonare in modo tanto insistente e scocciante.

«Cazzo!»

Yamamoto, comparso alle sue spalle, invece ridacchiava divertito.

«Vooooooooooooooooooooooooooooooooooii!!!» l’urlo, temuto e purtroppo atteso, si fece sentire già a troppi decibel al di sopra del sopportabile.

«Squalo, feccia, piantala di fare casino» la voce ringhiante del Boss si fece sentire allo stesso livello di decibel di quella del sottoposto. Seguita da un forte rumore di vetri rotti.

«Voooooooooooooiii!» il ringhio dello spadaccino si faceva sempre più forte man mano che i Guardiani risalivano i piani per andare ad aprire la porta «ma dove cazzo li tieni tutti quei bicchieri?»

«Ushihihihi» merda, pensò Gokudera affrettandosi a raggiungere la porta, non voleva certo che quei pazzi scatenati buttassero giù la casa, c’era anche il pazzo assassino maniaco dei coltelli «il Boss ne ha una riserva pronta che aspetta solo di essere lanciata contro di te».

«Voooooi! Bel, razza di coglione decaduto! Che cazzo sei venuto a fare? Solo a romperm-»

«Su, dai» una voce cinguettante si mise in mezzo ai due contendenti «Squ, Bel, non litigate che se non i vicini vi sentono…»

«Lussuria, schifoso maniaco» la voce delicata dell’Imperatore di spade si fece sentire forse più alta di prima «chiamami un’altra volta Squ che ti spello vivo!»

«Il principe non si fa certo dire cosa fare da uno come te» rincarò la dose l’altro, ridacchiano come suo solito.

«Tanto a quest’ora se ne saranno già accorti» la voce pacata di Mammon si fece sentire tra le urla dei compagni, scocciata come suo solito.

«State zitti tutti quanti» s’intromise Levi «date fastidio al Boss»

L’ennesimo “Voooooi” assordante venne, fortunatamente interrotto dalla porta d’ingresso che veniva aperta rivelando il profilo divertito del Guardiano della Pioggia e quello incazzato del Guardiano della Tempesta.

«Alla buon ora» ringhiò Xunxas entrando prepotentemente e stravaccandosi sul primo divano libero, imitato da Squalo e Belfagor.

Yamamoto ridacchiò leggermente facendosi da parte per far entrare gli ultimi Varia e per chiamare i Guardiani che ancora non erano accorsi alle urla incredibilmente delicate degl’ospiti.

«Non abbiamo tutta la giornata» esordì Xunxas senza altri preamboli «prima la questione sarà chiusa e prima ce ne andremo da questo posto di merda»

Reborn fece proprio in quel momento il proprio ingresso nel salotto, improvvisamente affollato, e si accomodò sul tavolino che si trovava al cento del semicerchio di divani, tutti occupati.

«Xunxas» esordì con calma «come mai siete venuti tutti? Da quello che la lettera diceva sarebbe dovuto venire solo il tuo secondo in comando» Squalo fece una smorfia incazzata parando al contempo due dei coltelli che Bel faceva, accidentalmente, volare per la stanza.

«E’ una questione lunga» liquidò al domanda il Boss «e poi se avessi lasciato venire quella feccia da solo si sarebbe dimenticato di tutto una volta visto il Guardiano della Pioggia» lanciò un’occhiata malevola a quest’ultimo che si indicava interrogativo «quella cazzo di feccia si lamenta sempre che è senza spada…»

«Vogliamo smetterla di parlare d’altro?» Gokudera, innervositosi, aveva preso posto alle spalle del divano occupato da Chrome, Yamamoto e Sasagawa «se non sbaglio i passatempi di Squalo non sono l’argomento della nostra conversazione».

Xunxas lo guardò per un momento prima di socchiudere le labbra in un sorriso affilato.

«Non è che sei solo geloso del tuo Guardiano preferito, feccia?»

Prima che Gokudera potesse anche solo pensare di rispondere a quella provocazione, Reborn, si alzò in piedi riuscendo comunque ad attirare tutta l’attenzione su di sé.

«Smettetela di giocare» mormorò «non siamo qui per questo» lanciò un’occhiata in tralice sia a Gokudera che a Xunxas «non ricordavo che il tuo passatempo fosse quello di prendere in giro i miei Guardiani…» Xunxas alzò le spalle divertito e il Guardiano della Tempesta sbuffò seccato «allora?»

«Prima vogliamo riposarci» ribatté invece Xunxas con un ghigno, seguendo quello che, secondo Reborn, non era altro un capriccio del momento «siamo in viaggio da giorni e avremmo veramente voglia di una bella dormita, se non vi spiace» il Boss osservò di sottecchi tutti i Guardiani prima di tornare di Reborn, soddisfatto dalle facce sconcertate e rassegnate che aveva notato «non vi spiace, vero?»

Senza una parola, il bambino, scese dal tavolino e fece strada verso il corridoio.

«Le stanze sono al quarto piano interrato» comunicò a bassa voce, senza alcuna particolare inflessione «non vi spiace se non vi accompagno?» una pausa «Vero?»

Xunxas ghignò.

 

Direi che ce l'ho fatta a postarlo in tempo (come promesso) e qui se non altro succede qualcosa ahahahaha

spero vi sia piaciuto e rinnovo l'appuntamento a venerdì prossimo (o sabato, dipende un po'...)

Un bacio

NLH

 

 

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Capitolo 5
*** Target 4# ***


 

 

                I’ll bite you to death, Tsunayoshi Sawada.

 

 

 

[Target 4#]

«Tze!» la voce scocciata di Gokudera si poteva sentire distintamente anche dalle stanza vicine e Yamamoto sperò, seriamente questa volta, che i Varia fossero veramente scesi tutti al quarto piano interrato. Qualunque cosa pur di evitare l’ennesimo scontro che entrambe le parti stavano cercando «quegli stronzi arrivano qui e pensano di poter fare quello che vogliono…»

«Avanti, Gokudera, calmati…» Yamamoto gli mise una mano sul braccio, stranamente senza essere respinto, mentre il Guardiano della Tempesta di sedeva pesantemente accanto a lui, il viso tra le mani.

«E’ che non capisco!» sbottò alla fine «perché fanno sempre così? Mi fanno incazzare in un modo…»

«Ricorda che abbiamo preso loro il ruolo di Guardiani e successori della famiglia Vongola» gli ricordò l’altro alzando le spalle «in più senza nemmeno una guida…» qui la voce si fece esitante ma poi riprese come nulla fosse «e poi lo sai come sono fatti…»

«Più che questo voglio sapere perché sono venuti tutti…cos’avranno mai da dirci di così importante? Se è importante…perché se no come mai se ne sono andati in camera…a riposare, tze!»

Yamamoto rise brevemente al monologo del compagno e non resistette allo scompigliarli affettuosamente i capelli. Se proprio doveva confessarlo, Yamamoto, non sapeva da quando esattamente l’altro gli permettesse certe effusioni, così come Gokudera non sapeva rispondersi al perché gliele lasciasse fare. Ma andava bene così. Doveva andare bene così.

Gokudera arrossì ferocemente in zona orecchie e chinò un po’ la tasta verso il pavimento, senza allontanarsi dalla mano di Yamamoto, pur non permettendogli di vedere la sua espressione. Era sempre così tra di loro. Accadeva spesso di recente.

Probabilmente, Gokudera se lo aspettava, a quel punto Yamamoto si sarebbe avvicinato quasi impercettibilmente, fino a far sfiorare la loro gambe; Gokudera gli avrebbe intimato, senza troppa convinzione, di non fare la donnetta e staccarsi altrimenti lo avrebbe ridotto ad un cumolo di polvere; Yamamoto avrebbe riso affondando per l’ultima volta le dita tra i capelli argentati e poi l’avrebbe ritirata, senza allontanarsi troppo, l’avrebbe appoggiata allo schienale. Sarebbe sceso nuovamente un silenzio pesante e poi Yamamoto sarebbe tornato a sfiorarlo con una scusa qualunque e Gokudera avrebbe fatto finta di arrabbiarsi, nascondendo il viso in ogni modo per non fargli notare quanto fosse imbarazzato. E Yamamoto si sarebbe rimesso a ridere.

Era diventata ormai una loro routine anche se non sapevano esattamente spiegarsi come potesse essere cominciata. E quello sarebbe stato il momento in cui Yamamoto avrebbe dovuto avvicinarsi, Gokudera se lo aspettava. Quello che non si aspettava, però, era l’urlo di terrore che sembrò provenire direttamente dal centro della terra.

O, ad essere più precisi, dal quarto piano interrato.                                             

Entrambi i Guardiani scattarono in piedi, guardandosi allarmati.

«Ma chi diavolo…?» Gokudera aggrottò le sopracciglia: quel grido non era uno conosciuto, ne era più che certo. Non era quello incazzato di Xunxas né quello caratteristico di Squalo, non era la risata folle di Belfagor né i gridolini eccitati di Lussuria, non era l’urlo di Lambo e nemmeno uno di quelli da lui mai sentiti.

Era una specie di “HIHI” terrorizzato e prolungato che, pur non essendo riconoscibile da nessuno dei due, portò un indistinto sentimento di familiarità e apprensione tra i pensieri confusi e interrogativi dei Guardiani. Possibile che avessero già sentito una voce del-

«Oh, cazzo!» Gokudera spalancò gli occhi concertato: da quando Yamamoto usava, anzi no, da quando era a conoscenza di certi termini?

«Ti senti male?» gli chiese vagamente preoccupato.

«No. Io…oh cazzo, oh merda…» riprese Yamamoto cominciando a correre fuori dalla sala, verso gli ascensori «mi sono dimenticato…come ho potuto…?»

Sempre più preoccupato, il Guardiano della Tempesta, gli corse dietro fino a raggiungerlo giusto un attimo prima che le porte dell’ascensore si chiudessero, finendo addosso sia a Yamamoto che a Chrome che, insieme a Reborn e a Ryohei, avevano ben deciso di entrare nello stesso ascensore per andare a controllare la situazione.

«Cosa sta succedendo?» chiese Reborn senza troppi preamboli, il viso corrucciato, interrompendo Yamamoto nel bel mezzo dell’invettiva contro sé stesso, che stava seriamente mandando Gokudera in analisi «ci sono problemi con i Varia?»

«No!» esclamò senza fiato Yamamoto, in corpo un’ansia che non sapeva di poter provare «è solo che…insomma, vi ricordate del ragazzo che gironzolava qui davanti? Beh, dopo che è svenuto l’ho messo in una delle stanze libere…e l’ho lasciato lì…»

«In pratica te ne sei dimenticato» commentò Sasagawa con aria di rimprovero, come se lui non centrasse nulla con quella storia o non se ne fosse dimenticato a propria volta.

«Secondo voi ha incontrato uno dei Varia…?» chiese ingenuamente Fuuta, sbucato da chissà dove. Gokudera sbuffò: tutti in quell’ascensore dovevano stare? Ma non sapevano dell’esistenza delle scale?

Non appena il tintinnio dell’apertura delle porte ne preannunciò l’arrivo al piano, tutti, si pigiarono contro per poter uscire il prima possibile.

Lo spettacolo che si presentò davanti a loro fu impagabile (almeno secondo Yamamoto che non voleva saperne di smettere di ridere, e anche secondo Mammon che già si pregustava i soldi che certe fotografie gli avrebbero fornito)

Levi A Than se ne stava in mezzo al corridoio con indosso una camicia da notte color verde pastello, semi trasparente, e aveva in mano due dei suoi ombrelli, pronto all’azione, con un calzino nero attaccato all’estremità; Squalo, fasciato da un paio di vecchi, lisi e aderenti pantaloni della tuta grigi (con indosso solo quelli), aveva fatto sbucare il viso dalla camera che si era scelto, incazzato per essere stato svegliato così bruscamente, con metà della folta capigliatura arruffata dal sonno; Lussuria saltellava per il corridoio indossando una vestaglia giallo limone con piume di struzzo ai bordi, i fidati occhiali da sole addosso, e indicava freneticamente qualcosa verso la direzione opposta rispetto alla quale tutti erano rivolti: la camera con la porta divelta e uno Xunxas con le pistole in mano ancora fumanti e solo un asciugamano azzurro della nazionale italiana a coprigli il minimo indispensabile per permettere a Lussuria (e forse anche al suo secondo in comando) di respirare normalmente.

«Si può sapere cosa sta succedendo?» chiese profondamente seccato Squalo, guardandosi bene dal voltare gli occhi sul Boss.

«C’era un cazzo di ragazzino nella mia camera!» Xunxas fulminò i Guardiani che erano appena arrivati «chi cazzo era quella feccia?»

«Ehi!» esclamò Gokudera, nuovamente alterato «chi credi di essere a rivolgerti a noi in questo modo?»

«Ehm…» Yamamoto si mise in mezzo ai due grattandosi la nuca con una mano «mi sa tanto che è colpa mia…»

«Vooooooi!» Squalo era uscito definitivamente dalla camera, fortunatamente per Yamamoto senza spada, nonostante non avesse idea di quello che stava accadendo ma sempre pronto a criticare il ragazzetto che, per un’immane botta di culo a detta sua, l’aveva battuto, una sola volta, precisiamo «lo sapevo che tu centravi qualcosa!»

«Cosa pensavate di fare al Boss?» lo seguì a voce alta Levi, tanto arrabbiato quanto ridicolo nella sua tenuta.

«Levi, caro, forse è meglio se ti metti qualcos’altro addosso» Lussuria gli si era avvicinato ancheggiando «non credo che così possano prenderti granché sul serio…» il Varia del Sole, ignorando l’occhiata omicida di quello del Fulmine, fece qualche passo verso la camera del Boss, saltellando come suo solito «piuttosto, Boss, cosa è successo? Perché hai sparato?»

«Ho detto che c’era un cazzo di bambino nel mio letto» si ritrasse infastidito, per nulla felice di essere a meno di un metro da quel maniaco «cos’è? Volevate farmi uno scherzo, brutte checche?»

Lussuria si ritrasse istintivamente al sorriso sadico del Boss e si voltò verso i Guardiani.

«Ehm…» prese la parola «in pratica, se non ho capito male, un ragazzino stava dormendo della stanza del Boss e quando l’ha visto ha pensato» pausa e sorrisetto maliziosi che vennero spazzate via dall’occhiata malefica di Xunxas «ma che importa…in fondo ha solo pensato ad un attacco e ha reagito di conseguenza» ridacchiò nervosamente stringendosi nella vestaglia «perfettamente nella norma…»

«Nella norma un paio di palle!» Gokudera si era arrischiato ad avvicinarsi alla camera in questione (tenendo ben sotto controllo le pistole che il Boss dei Varia teneva ancora in mano) «Questo pazzo psicopatico ha distrutto il letto!»

«Chiudi quella bocca, feccia! Quello che voglio sapere è: che cazzo ci faceva un bambino nel mio letto?»

«Beh…» Yamamoto rise leggermente a disagio per i numerosi sguardi puntati sulla sua persona, in particolare quelli incazzati di Xunxas e sospettosi di Gokudera «è un ragazzo che gironzolava qui fuori nel primo pomeriggio e l’avevamo fatto entrare per capire come mai…»

«Voooooooooooooi! Avete fatto entrare qua dentro un perfetto estraneo?» la voce, perennemente infuriata di Squalo lo interruppe «ma siete tutti ritardati qua dentro? Poteva benissimo essere un nemico!!» fortunatamente per le orecchie e l’incolumità dei presenti, un po’ meno per Squalo, un bicchiere pieno di sospetto liquido rosso si fracassò con violenza sulla testa di quest’ultimo «VOOOOOOI!! Demente di un Boss, che cazzo di prende?»

«Mi prende che fai troppo casino, feccia» rispose questo afferrandolo per i capelli e dirigendosi verso la camera del Varia della Pioggia «il mio letto è distrutto e quindi dormo nel tuo, chiaro? E non voglio sentirti fiatare stanotte».

Squalo boccheggiò un paio di volte prima di riuscire a ritrovare la voce. Ancora fortunatamente per i presenti il suo urlo belluino venne attutito dalla porta che Xunxas aveva chiuso dietro di loro e poi soffocato da una non ben identificabile causa. Cosa che fece, stranamente a detta di Yamamoto, arrossire ferocemente Gokudera, ridacchiare maliziosamente Lussuria e un secondo boccheggiare, molto offeso e scioccato, stavolta di Levi.

Ma non aveva tempo di preoccuparsi di quello, non in quel momento. Dove diavolo era finito quel ragazzino?

«Non è che è scappato?» chiese Chrome, prendendo la parola per la prima volta.

«Io non lo biasimerei di certo» annuì comprensivo Lussuria incrociando le braccia «deve essersi preso un bello spavento al vedersi il Boss…»

«Piantatela di discutere!» Levi si era fatto avanti, dopo aver indossato la divisa dei Varia e aver rimesso tutti i calzini al proprio posto «quel ragazzino potrebbe anche essere una spia e ora se ne sta andando in giro indisturbato per la casa. Dobbiamo acciuffarlo!»

«Per una volta sono d’accordo con te» affermò sorpreso e di umore lievemente migliore Gokudera «se qualcuno non avesse deciso di farlo rimanere…»

Yamamoto alzò le spalle sospirando.

«Andiamo» fece semplicemente «io, Gokudera e Sasagawa ci occuperemo di questo piano e dei superiori, voi Varia di quelli inferiori. A Chrome lascio l’esterno» lanciò un’occhiata insicura a Reborn che, da quando avevano cominciato a discutere, non aveva aperto bocca. Andava bene come aveva organizzato le cose?

Il bambino assentì con un cenno della testa prima di saltare sulla spalla di Gokudera, incredibilmente stupito da quel gesto insolito.

«Io e Gokudera andiamo a vedere il pianterreno, nel caso abbia trovato le scale e quindi un modo per uscire da qui» Reborn era preoccupato.

Non solo per quel ragazzino, nonostante quando l’avesse visto delle sensazioni strane e un insolito attaccamento, totalmente ingiustificato, si erano impossessato di lui. Aveva sentito qualcosa provenire da quel giovane spaurito e aveva tutta l’intenzione di accertarsene. Non lo avrebbe certo lasciato sfuggire. Era anche preoccupato per quello che sarebbe potuto succedere. Guardiani e Varia che collaboravano -facevano un tentativo- alla ricerca, senza qualcuno veramente in grado di controllarli. Quello sì che dava da pensare all’hitman.

Nel frattempo, Ryohei e Yamamoto, avrebbero controllato, una per una, tutte le stanze del piano, per assicurarsi che il giovane Wasada non si fosse nascosto in una di quelle, terrorizzato dalla presenza del Boss dei Varia e, di conseguenza, dalle sue pistole. Povero.

~×~

Niente. In totale dovevano aver setacciato qualcosa come trenta o quaranta stanze, da letto e non, del quarto piano ma del ragazzo nemmeno l’ombra. Possibile che avesse trovato il modo per scappare? Yamamoto era sempre più preoccupato. Se anche fosse riuscito a trovare le scale non avrebbe certo pensato di salirle per scappare ma di scendere in quanto, solitamente, l’ingresso si trovava al piano inferiore. Eppure non c’era. Che fosse veramente salito andando contro ogni logica?

Con uno sbuffo troppo alto Sasagawa batté un piede per terra, scocciato.

«Ma si può sapere dov’è andato a cacciarsi?» strinse i pugni in uno dei suoi soliti gesti da esaltato «quel ragazzo è bravissimo a nascondersi! Lo voglio nel mio club di boxe!!!»

«Cosa ti servirebbe uno che si nasconde in un club di boxe? Sentiamo…» una voce estranea si intromise nella conversazione a senso unico del Guardiano del Sole. Hibari Kyoya era sbucato da una delle ultime camere che i due dovevano ancora controllare, con l’espressione incazzata che aveva solitamente quando lo svegliavano bruscamente.

«Hibari!!» esclamò improvvisamente Ryohei «perché non sei con gli altri a cercare il giovane Wasada?»

«Non so di cosa tu stia parlando» affermò l’altro sempre più scocciato rientrando in camera e facendo per chiudere la porta, indifferente al casino che si cominciava a sentire sempre più frequentemente in casa. Anche gli altri stavano cominciando ad innervosirsi per il fatto che il ragazzo continuasse a risultare “latitante”: affermazione italiana di cui Yamamoto non conosceva il significato ma che Lussuria si era premurato di imprimere nella mente di tutti.

«Ti ricordi il ragazzino di questo pomeriggio?» s’intromise Yamamoto bloccandolo giusto un secondo prima che chiudesse la porta «sembra abbia avuto un faccia a faccia con Xunxas…» ridacchiò «non molto positivo oserei dire».

Ryohey guardò il Guardino della Nuvola speranzoso. Che l’avesse visto per caso?

«Quindi?» chiese Hibari dopo un momento, senza tornare ad aprire del tutto la porta ma tenendola socchiusa quel tanto che bastava per mostrare il viso e un pezzo di busto, rendendo partecipi Sasagawa e Yamamoto che il Guardano della Nuvola, non solo stava dormendo prima di tutto quel casino, ma anche che era solito farlo a petto nudo e con solo un paio di lisi pantaloni della tuta. Yamamoto sorrise leggermente mentre lasciava a Ryohei il compito di spiegare la situazione; anche il famigerato Disciplinare era un essere umano dopotutto. Anche se ricordava vagamente che di solito usasse un pigiama nero in seta…bah, a volte i ricordi giocano brutti scherzi.

«Io non ne so niente» soffiò il Presidente infastidito «credete forse che se un moccioso si fosse introdotto in camera mia l’avrei lasciato andare impunito?»

Sasagawa lo guardò interrogativo prima di tornare alla carica : «Ma l’hai visto passare? È venuto in questa direzione?»

Hibari sbuffò stringendo gli occhi minaccioso. «Forse non sono stato abbastanza chiaro?»

Yamamoto stava quasi per intervenire quando, dal piano terra, giunse alta la voce di Gokudera: «Qui c’è la porta d’ingresso aperta, forse è veramente scappato!»

«Andiamo a vedere» fece Sasagawa esaltato, del tutto dimentico della questione lasciata in sospeso con Hibari, e, voltando le spalle al Guardiano, corse in direzione delle scale.

Yamamoto sospirò e fece per chiedere scusa a Hibari per il disturbo ma, quello, aveva già chiuso la porta della camera. Alzò le spalle rassegnato e divertito allo stesso tempo e seguì il Guardiano del Sole. Alla fine poteva dire di essere ancor preoccupato per quel ragazzino misterioso.

~×~

Nel frattempo, Hibari Kyoya, stava appoggiato di spalle alla porta che aveva appena chiuso, chiedendosi se non fosse il caso di indossare anche una maglia. In fondo non aveva alcuna intenzione di prendersi un qualche malanno, non ora che le cose stavano cominciando a diventare interessanti.

Con un sorrisetto sadico voltò la testa verso il proprio letto fino ad individuare un figura minuta rannicchiata sul bordo.

«Molto bene» il sorriso ferino di Hibari si allargò man mano che si avvicinava al letto «adesso vediamo di procedere con la tua punizione, sei d’accordo?»

 

Credo non ci sia molto da dire eheh"" Amo Hibari? Assolutamente. Anche se mi chiedo cosa centri con il commento... vabbè. Da adesso posso ufficialemnte dire che le cose si smuoveranno (alla faccia se si smuovono, e non solo le cose)

...smuovere...

Lo so cos'avete pensato. Pervertiti. ahah!! In effetti ora che ci penso ho fatto la stessa cosa.

Bene, sono messa peggio di quanto pensassi, fantastico. Spero di non aver trauamatizzato nessuno e sopratutto di sentirvi ancora (e numerosi, non sia mai che rimangano solo i coraggiosi)

Un bacio

NLH

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Capitolo 6
*** Target 5# ***


 

 

                I’ll bite you to death, Tsunayoshi Sawada.

 

 

 

[Target 5#]

Tsunayoshi Wasada, seriamente, non aveva idea di dove potesse trovarsi. E, se proprio doveva dirla tutta, non capiva nemmeno come potesse esserci finito in quella situazione.

Tutto era cominciato qualche mese prima. Si ricordava perfettamente che l’orfanotrofio dove era cresciuto gli aveva detto, di punto in bianco, che avrebbe dovuto cambiare scuola. Senza apparente motivo. Fin da quanto la sua memoria poteva tornare indietro ricordava di essere cresciuto in mezzo ad altri bambini come lui, abbandonati sui gradini dell’Istituto per l’infanzia di Namimori. Non era mai stato un bambino vivace o irruento, non aveva mai creato problemi, la sua prospettiva di vita era quella di finire presto la scuola per diventare un impiegato come centinaia di altri e non aveva nemmeno mai voluto entrare nei casini che sembravano sbucare come funghi, uno dopo l’altro, nella Nami High School. Tutte quelle improvvise risse, quelle distruzioni e il bullismo lo avevano sempre terrorizzato. Aveva sempre mantenuto un profilo basso. Non aveva mai particolarmente legato con i suoi compagni di classe e i voti erano sufficientemente nella media.

Poi, un anno prima o forse qualcosa di più, erano cominciati i vuoti di memoria e le imprecisioni. La cosa maggiormente preoccupante però, quella che gli avevano fatto prendere la decisione di tornare a vedere la Nami High, era che non si era mai posto il problema dei vuoti in passato. Le domande erano cominciate di punto in bianco da quando era stato trasferito. Perché?

Era  metà del primo anno la prima volta che se ne era accorto. In un primo momento non ci aveva fatto caso ma poi…forse a farglieli notare erano stati quegli strani sentimenti che aveva scoperto di provare di punto in bianco. Quel senso di nostalgia ogni volta che passava accanto ai club di baseball e boxe. Inadeguatezza in presenza di ragazzi con i capelli lunghi e in grado di praticare sport come kendo o tiro a segno. Spesso si perdeva a fissare il cielo, nemmeno stesse aspettando un qualche segno che gli rivelasse qualcosa.

Non riusciva più a guardare un madre coccolare il proprio figlio.

Gli mancava qualcosa. Per questo si era deciso a tornare alla Nami, per capire. Poi la situazione era rapidamente precipitata: prima una ragazza di cui, se lo sentiva stranamente in fondo al cuore, poteva fidarsi l’aveva invitato a prendere qualcosa da bere, poi una gran confusione che aveva previsto una insolita visione multicolore e un’ancora più insolita nebbiolina rosa, poi si era improvvisamente ritrovato di fronte ad una porta d’appartamento sconosciuta e, dallo spavento di ritrovarsi all’improvviso in un posto sconosciuto, era inciampato e aveva sbattuto la testa.

Poi il risveglio.

Aveva sentito un forte rumore, come un grido, che lo aveva costretto ad aprire gli occhi, infastidito dalla luce improvvisa. Si era ritrovato sepolto sotto una voluminosa coperta rosso acceso, in una grande stanza sconosciuta. Di fronte a lui c’era un uomo alto con delle cicatrici in tutto il corpo e con solo un asciugamano in vita. E una strana pistola in mano, furibondo.

Aveva gridato, Tsunayoshi, aveva lanciato il più alto urlo che avesse mai prodotto e aveva, non si sa come, schivato due pallottole, incredibilmente luminose, che lo sconosciuto gli aveva sparato e si era precipitato verso la porta, in corridoio.

Lì lo spettacolo non poteva essere certo considerato meno traumatico, per il povero ragazzo. C’erano un uomo altissimo con addosso una camicia da notte inguardabile e in mano degli ombrelli, l’espressione incazzata; uno di poco più basso che ad una prima occhiata gli era sembrato una donna alquanto vistosa, un ragazzo biondo con una tiara in testa, un bambino volante e un altro uomo urlante, dai lunghi capelli, che si era precipitato fuori nello stesso momento di Tsuna con un grido belluino terrificante. Ma dove diavolo era finito?

Per il giovane era stato troppo: con una velocità che non aveva mai pensato di poter raggiungere era scattato verso la parte di corridoio sgombra, oltrepassando un numero imprecisato di porte chiuse fino a raggiungere la fine del corridoio: un muro. Aveva ansimato, strozzandosi quasi, e poi si era voltato indietro. Non poteva vedere nessuno ma non ave alcuna intenzione di tornare indietro a controllare se non avesse per caso mancato le scale. Non voleva minimante rivedere quegli esseri spaventosi. Si era rannicchiato per terra, indeciso se piangere o mettersi nuovamente ad urlare. Non voleva essere trovato.

Stava ancora tremando quando una mano sconosciuta era calata sulle sue braccia incrociate e si era sentito trascinare in una delle ultime stanze. Si era sentito scaraventare senza troppa grazia su di una superficie morbida, un letto. Solo allora aveva avuto il coraggio, e nessun’altra scelta, di alzare lo sguardo. Di fronte a lui c’era un ragazzo dai capelli e dagli occhi sottili, neri. La pelle chiara contrastava con il pigiama scuro e con il buio soffuso della stanza.

Tsunayoshi aveva deglutito pesantemente e si era maggiormente rannicchiato su sé stesso. Aveva paura come mai gli era successo.

«Mi ha disturbato» le parole glaciali dell’ancor più glaciale ragazzo gli perforarono la mente costringendolo a fare qualcosa che si era ripromesso di non fare assolutamente. Due enormi lacrimoni gli comparvero ai lati degl’occhi. Il ragazzo aveva preso in mano un lungo bastone metallizzato, che Tsuna aveva incredibilmente riconosciuto essere un tonfa, e gli si era avvicinato maggiormente.

«Ti morderò a morte» sorrise sinistro «nessuno può rimanere impunito dopo avermi svegliato. Specialmente un ragazzino fastidioso come te».

Tsuna si era ritratto velocemente ma non abbastanza perché l’altro non riuscisse ad afferrarlo nuovamente per un braccio.

«Mettiti questi e non fiatare» lo sentì sibilare mentre si ritrovava tra le braccia il pigiama di seta ancora caldo che l’altro giovane aveva avuto addosso fino a poco prima. Incredulo e sconcertato, ben restio dal disubbidirgli, se lo era infilato rendendosi conto solo in quel momento di avere la divisa scolastica totalmente a brandelli, forse a causa di quei colpi che aveva creduto di aver evitato. Cercando di non posare lo sguardo, incredibilmente imbarazzato, sul corpo seminudo dell’altro si era ritirato sul bordo opposto del letto e si era mimetizzato con le coperte che vi erano ammassate.

Aveva serrato gli occhi e aveva coperto le orecchie con le mani per non sentire il giovane che indossava qualcosa e usciva dalla stanza, chiudendo la porta. Non si era arrischiato a muoversi nemmeno per scappare ed era rimasto immobile anche quando lo aveva sentito discutere con altri due ragazzi. La paura era troppa.

~×~

In quel preciso istante, quando il giovane sconosciuto che lo aveva aiutato si era avvicinato ulteriormente, non era stato in grado di distogliere nuovamente lo sguardo. Come se non ne avesse la forza. C’era qualcosa in lui che lo costringeva a guardarlo, a non scappare di nuovo. E quello cos’era? Dov’era finito tutto il desiderio di fuga e la paura che lo avevano animato fino a poco prima?

Il giovane moro gli si avvicinò ulteriormente, il sorriso felino improvvisamente scomparso dalle sue labbra, lasciando cadere il tonfa che aveva sempre tenuto in mano.

«Chi sei?» gli chiese senza particolari intonazioni di voce, serio.

«T-Tsunayoshi Wasada» riuscì a rispondergli dopo un attimo di esitazione. Non capiva dove volesse arrivare.

«Quindi, Tsunayoshi Wasada» calcò bene sul nome facendolo rabbrividire nuovamente «ti sei fatto trovare da uno Xunxas in camera, da quanto ho capito» il più giovane rabbrividì «e sei scappato dai Varia fino a qui, corretto?» Wasada annuì ancora, troppo ansioso per fare altro, nonostante non avesse capito esattamente tutto quello che gli aveva detto. Xunxas? Varia?

«E mi hai disturbato, sei consapevole anche di questo?» la voce impassibile dello sconosciuto lo distolse dai pensieri che erano nati dalle sue prime  parole.

«I-io, n-non…ti prego, non ti ho fatto niente, non sapevo dove andare, non s-so dove sono, t-ti prego…» il moro inarcò un sopracciglio, indeciso se sbatterlo fuori tra le grinfie dei Varia e di un erbivoro particolarmente incazzato che ne incarnava il Boss o recuperare l’altro tonfa, quello che teneva sul comodino, e morderlo a morte.

«Sai chi sono io?» chiese arricciando inconsapevolmente il naso; lo faceva spesso ma si rifiutava di accorgersene. Non che gli altri glielo facessero notare, chiaro.

«N-no quindi, ti pr-»

«Sta’ zitto» gli intimò brusco, sentendosi improvvisamente incredibilmente stanco e per nulla desideroso di proseguire oltre quella conversazione, sedendosi sul letto e premendogli una mano, la stessa che gli aveva tenuto fermamente il braccio fino a poco prima, sul petto, costringendolo a sdraiarsi «odio la gente che parla e mi disturba mentre dormo, chiaro?» soffocò uno sbadiglio girando il giovane come una bambola fino a che non riuscì ad appoggiare la propria testa contro quella di Wasada, affondando nella, incredibilmente morbida se proprio doveva dirla tutta, massa di arruffati capelli castani.

Hibari Kyoya li aveva adocchiati fin dal primo momento, perfetti.

In quel momento non si stava chiedendo il perché di quel suo agire tanto insolito; tanto quel giovane non aveva idea di chi fosse. E lui voleva assolutamente dormire bene. Incredibile che quei capelli sembrassero poterglielo permettere. A patto ovviamente che il loro proprietario non gli desse noie.

Al resto avrebbe pensato domattina.

In fondo, a Hibari Kyoya, non gliene fregava assolutamente niente del casino che imperversava appena subito fuori dalla sua stanza, per tutta la casa e al di fuori, quella notte. E Tsunayoshi Wasada era una persona totalmente immobile quando si trattava di dormire.

 

 

 

Okay, lo ammetto, non è un capitolo molto lungo. E magari non soddisfa nemmeno le aspettative di tutti (chi si era fatto degli strani pensieri sul primo incontro alzi la mano. Ho detto solo quelli che hanno fatto strani pensieri, non tutti!!!).

Volevo solamente far vedere la faccenda dal punto di vista di Tsuna, dal prossimo le cose procederanno, non preoccupatevi :)

P.s sì, Tsunayoshi Wasada, non è un errore, in questo momento si chiama così.

 

 

 

Un bacio

NLH

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Capitolo 7
*** Target 6# ***


 

 

                I’ll bite you to death, Tsunayoshi Sawada.

 

 

 

[Target 6#]

«Allora?» la voce concitata di Gokudera attirò l’attenzione degl’altri presenti nella sala «l’avete trovato?»

Yamamoto e Sasagawa, che aveva ispezionato palmo a palmo i piani inferiori, scossero la testa stancamente. Lambo e I-pin, addormentati rispettivamente tra le braccia di Kyoko e Haru, chiamate per l’occasione, avevano inutilmente cercato al piano terra, tra un gioco e una litigata, senza risultato. Mammon dall’alto, con Bianchi, Lussuria e Levi per le strade, avevano controllato l’intero isolato. All’appello mancavano solo Squalo e Xunxas che però erano in camera del primo e non avevano preso parte alla ricerca; Belfagor che risultava introvabile, Lussuria aveva detto di averlo visto per l’ultima volta quando il giovane scomparso si era precipitato per il corridoio; Chrome che stava accora cercando, ma con poche speranze di riuscita a parere del Guardiano, il giovane Wasada a Kokuyo e infine Hibari che se ne era rimasto tranquillamente a dormire in camera, fregandosene altamente di tutta la faccenda. Ma in fondo era meglio così: non avevano bisogno di un ostacolo o di un omicidio a coronare il tutto.

Reborn sembrava il più preoccupato tra loro, e non solo per la sparizione del giovane. Il problema del Boss si faceva, specie in questa situazione, sempre più pressante. Aveva continuato ad osservare i movimenti dei Guardiani, senza indirizzarli, lasciando che cercassero di cavarsela da soli. Era stato un completo disastro. Non solo avevano rischiato, e in alcuni casi ci erano pure riusciti, di litigare per ogni singola decisione a prendere, ma si erano persino lasciati sfuggire un ragazzo che, a dirla tutta, non era in grado di rappresentare la benché minima minaccia nemmeno per un gattino spaurito.

A volte Yamamoto era stato in grado, in quanto il più equilibrato e calmo, di prendere in mano la situazione, così come in passato, ma lui era il Guardiano della Pioggia, non aveva né sangue Vongola né le capacità per essere un capo a tutti gli effetti.

«Non può essere sparito nel nulla…» bofonchiò Gokudera, stanco per aver corso per tutto il quartiere in continuazione alla disperata ricerca del ragazzo dai folti capelli «è uno studente normalissimo, per la miseria!»

«Che vi siete lasciati scappare» Levi ghignò accomodandosi sul divano «che miseria, e voi sareste i Guardiani che succederanno al Nono, che pena…»

«Levi» fece Yamamoto pacato posando nel contempo una mano sul braccio di Gokudera, già pronto a scattare contro il Varia del Fulmine in preda alla furia «se non sbaglio nemmeno voi siete riusciti a fare molto per acciuffarlo».

«Come ti permett-» cominciò l’altro altrettanto furioso quando, improvvisamente, le sue labbra vennero chiuse con una cerniera comparsa misteriosamente da un lato della bocca.

«Siamo stati in giro per ore senza risultato» Mammon volteggiò pigramente davanti alla faccia di un Levi boccheggiante e sempre più incazzato «dovrei tassarti per avermi fatto fare tutto questo lavoro senza l’ombra di un soldo».

«Voi Varia siete al servizio dei Vongola» Gokudera si liberò anche fin troppo facilmente dalla presa di Yamamoto «dovreste fare quello che noi vi diciamo senza fiatare» ghignò all’espressione furiosa di Levi, sempre impossibilitato a parlare «in fondo siamo noi ad avervi battuto durante la sfida per gli Anelli».

«Noi non prendiamo ordini da nessuno» sibilò Mammon «se non dal nostro Boss» ghignò inquietante a propria volta «e voi un Boss non ce l’avete…»

«Senti, tu, bambino malefico-»

«Smettetela!» la voce di Reborn si levò chiara e severa tra quelle alte e sempre più isteriche dei presenti «non siamo qui per discutere di questo» lanciò un’occhiata di rimprovero a Gokudera «non c’è nessuno superiore a qualcun altro qui, i Varia rimangono sotto la guida di Xunxas e sotto il Nono almeno fino a che non sarà eletto un Decimo, voi Guardiani non avete alcun diritto di ordinare alcunché» socchiuse gli occhi osservando con biasimo e una punta di rabbia i Varia, specie Levi che sembrava, a parere di molti dei Guardiani presenti, anche fin troppo felice del rimprovero dell’Hitman «d’altro canto voi siete l’elite dei Vongola e Gokudera, Yamamoto e gli altri Guardiani sono i Vongola fino a prova contraria» fece un’altra pausa «gradirei maggiore collaborazione e meno confusione»

«Fino a prova contraria» gli fece il verso Mammon, sempre contrariato a qualunque avvenimento che non riguardasse un guadagno sicuro «siete voi ad aver bisogno delle nostre informazioni».

«E questo cosa centra, ora?» sbottò Gokudera.

«Semplicemente» fece Mammon mellifluo «che avete bisogno di noi e che non vale la pena di averci contro».

«Ma fammi il piacere!» gridò quasi l’altro «e per cosa mai avremmo bisogno di assassini senza scrupolo come voi?»

«Magari vi interesserebbe sapere quello che la Famiglia Ferro sta combinando alle vostre spalle» Lussuria e Sasagawa erano appena entrati dopo aver fatto un ultimo giro di controllo del piano mentre Gokudera e Mammon litigavano, giusto per non stare fermi ad annoiarsi mentre due idioti, a detta dei Guardiani del Sole sempre proprendenti ad una risoluzione fisica, vedersi scazzottata da parte di uno e qualcosa di un po’ meno casto dall’altro, temo, piuttosto che a una fila di parole inutili, che si beccavano peggio dei bambini delle elementari.

Anche se Mammon non ne aveva nemmeno l’aspetto.

«Lussuria!!» quest’ultimo lo fissò contrariato.

«Andiamo» fece l’altro accomodante come al solito, strizzando l’occhio ad un allucinato Gokudera, ben poco propenso a rispondergli «siamo venuti qui apposta per questo, mica per comprare quella pasta schifosa che vendono qui in Giappone spacciandola per i nostri insuperabili maccheroni ai quattro formaggi».

«Tra tutte le cavolate che potevi dire…» cominciò Mammon petulante «questa è forse la peggiore…o la più fantasiosa» ghignò «per usarla dovrei chiederti i diritti d’autore».

«Si può sapere cosa stai dicendo?» gli chiese il Varia del Sole alzando un sopracciglio «non è che è arrivato il momento del tuo sonnellino? Non mi sembri un granché lucido…»

«Forse hai ragione…» cedette incredibilmente il bambino decidendo di voleggiare fuori dalla sala, diretto alle camere da letto «e tu non dire un’altra parola, il Boss ha detto che ne avremmo parlato domani e ne parleremo domani».

Lussuria recepì l’occhiata di ammonimento e alzò le spalle sorridendo.

«Allora a domani» cinguettò seguendolo per andare a dormire e obbligando implicitamente gli altri a fare lo stesso.

«Non vedo l’ora che il Decimo arrivi» borbottò Gokudera trascinandosi insoddisfatto nell’ascensore «li rimetterebbe al loro posto in un momento…»

Reborn scosse la testa di nascosto da tutti e sogghignò nel vedere Levi arrancare con la bocca cucita verso le scale. Magari Mammon non poteva sembrare particolarmente propenso a cedere alle richieste dei Guardiani così come a quelle dei Varia ma poteva, se non altro, metterci la sua fidata giacca firmata Armani, che avrebbe fatto pagare lo scherzetto a Levi un occhio della testa.

Chrome gli passò accanto, rientrata in quel momento, senza un’espressione in volto.

«Non sono stata io» mormorò, nascondendo il tridente dietro la schiena.

Decisamente, i Guardiani avevano un disperato bisogno di un Decimo.

~×~

Nel buio del corridoio una figura silenziosa aspettava che anche gli ultimi ragazzi si addormentassero, rimanendo pazientemente nascosto dietro la voluminosa tenda che nascondeva i quadri di maggior valore donati dal Cavallone per onorare il rinnovato patto di alleanza con la famiglia Vongola.

Erano quasi le tre di notte quando la figura percepì anche il respiro di Hibari farsi leggero e regolare e, scivolando silenziosamente tra le coltri pesanti, si guardò con circospezione intorno, per assicurarsi di essere effettivamente solo e di avere via libera. Con passo felpato, tanto leggero e veloce che nemmeno Kyoya Hibari sarebbe stato in grado di udirlo, percorse in breve tempo il corridoio che divideva le camere da letto dei Guardiani da quella designata per il loro Boss. Continuando a tenere i sensi all’erta si accostò alla porta e con un gesto calcolatamente lento ed esperto, ne forzò la serratura.

Il lieve suono del ruotare dei cardini venne fortunatamente coperto dal russare improvviso di uno dei Guardiani, molto probabilmente Sasagawa, e ciò gli permise di entrare nella stanza indisturbato e chiudersi la porta alle spalle. Con un sospiro di sollievo tirò fuori dalla tasca una sottile pila che accese illuminando il luogo di una lieve luce ambra. Mettendo in evidenza l’anello del Decimo Vongola, scintillante nella sua teca di vetro sulla scrivania.

Con un movimento lento, quasi solenne, gli si avvicinò e scostò ne con delicatezza la protezione per poterlo ammirare. Lo prese in mano e se lo rigirò tra le dita, senza fretta.

L’Anello del Cielo.

 

 

Midispiacemidispiacemidispiacescusatetantononhoscusantiperilmiocomportamentoaltamentevergognosovipregoperdonatemi!!!!!!

Ehm…

Cioè, volevo dire…ecco. Non trovate anche voi che il tempo sia una favola oggi? Con questo sole meraviglioso e le nuvolette? Ehehe….

Va bene,va bene…è un capitolo corto e non succede niente di entusiasmante…scusate tanto *me bofonchia sinceramente dispiaciuta e guarda altrove* però prometto che il prossimo…ah…il prossimo…non vi dico niente ma tenetevi pronti. La situazione di stallo finirà.

E con essa il placido sonno di Hibari.

Lascio immaginare a voi.

Buon lavoro

hihi

 

 

 

Un bacio

NLH

 

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Capitolo 8
*** Target 7# ***


 

 

                I’ll bite you to death, Tsunayoshi Sawada.

 

 

[Target 7#]

La sensazione che qualcosa, forse un po’ più di un semplice qualcosa, fosse fuori posto al suo risveglio, per Tsuna, sembrò palese ancora prima di aprire gli occhi. Decisamente c’era più di qualcosa fuori posto.

Innanzitutto le lenzuola: ricordava bene le lenzuola, così come la coperta e il cuscino, e il materasso, e pure il pigiama, dell’orfanotrofio; in una sola parola: ruvidi. Non importava che si svegliasse, dormisse e andasse a letto sempre nello stesso tipo di lenzuola praticamente da quando era nato, non riusciva mai ad abituarsi. La mattina si alzava con arrossamenti praticamente ovunque.

Perché quindi, quella mattina, si sentiva così bene? Cos’era quella sensazione di morbidezza che sentiva sulla pelle? Nemmeno stesse indossando abiti di seta. Pigramente fece scivolare una mano, quella destra, quella che sentiva di poter muovere, verso il colletto per prendere tra le dita l’orlo del pigiama. Rimase un momento immobile a sfiorare l’indumento. Sembrava essere veramente seta. Che stesse ancora sognando?

Oltre a quello si poteva anche dire che ci fosse un ulteriore problema, se n’era accorto solo in quel momento a dirla tutta; era a pancia in giù, strano già di per sé visto che era solito dormire rannicchiato sul fianco, ma sentiva in aggiunta un peso sulle spalle. Come se qualcuno gli si fosse sdraiato sopra.

Con ben più di una punta d’irritazione, troppa per essere prima mattina e soprattutto provata da uno come lui, si chiese se per caso uno o più dei bambini della stanza affianco non avessero nuovamente deciso di andare nel suo letto perché troppo spaventati per dormire da soli dopo un incubo. Avevano cominciato a farlo spesso quando, dopo parecchi tentativi con altri più grandi, avevano scoperto che l’unico a non scacciarli in malo modo (anzi, non cacciarli affatto) era proprio Tsuna.

Quando mai l’aveva fatto! Quella storia, però, doveva finire! Non aveva più intenzione di fare da balia a dei bambini solo perché gli si stringeva il cuore al pensiero che gli altri non facevano nulla per loro…nooo, ci stava ricascando… cercando di farsi forte nella decisione appena presa, con un movimento appena accennato (cavoli, i bambini dicevano essere ben più d’uno, faceva fatica a spostarsi…!) voltò la testa verso il fianco sinistro.

Raggelandosi.

Qual’era il punto uno? Ah, sì. Il pigiama di seta. Aveva come l’impressione di aver trovato una risposta.

E anche allo strano sogno, incredibilmente dettagliato, che credeva di aver avuto. Deglutendo lentamente, molto lentamente, fece scivolare gli occhi sulla figura (quello che poteva vedere della figura) che stava addormentata di fianco (e per certi versi sopra) di lui. Aveva folti e lisci capelli neri che contornavano, arruffati dal sonno, l’ovale pallido del viso. Le ciglia, sottili e lievemente aggrottate, sormontavano due palpebre ancora chiuse ma, lo poteva capire, lunghe. Doveva avere gli occhi grandi e sottili.

Il ragazzo osservò incantato ( e anche un po’ terrorizzato dall’improvviso ricordo delle minacce che gli aveva rivolto la sera prima) il naso sottile (ma tutto era sottile in quel ragazzo moro?) arricciarsi leggermente. Evidentemente doveva aver usato la sua testa come cuscino, capì improvvisante Tsuna, e doveva essere rimasto infastidito dalla mancanza del tocco dei capelli castani che erano rimasti a contatto con il viso del moro per tutta la notte. Altrettanto improvvisamente il volto del più giovane si colorò di una delicata tonalità color aragosta bollita all’elaborazione del pensiero che aveva appena avuto. Notte, con quel ragazzo. Aveva passato tutta la notte in un letto con un’altra persona. Lontano dall’orfanotrofio. Senza avvertire. Gli occhi continuarono a dilatarsi dallo sconcerto fino al punto in cui, Tsuna ci avrebbe scommesso, non gli sarebbero scoppiati fuori dalle orbite.

Per fortuna (forse) proprio in quel momento il ragazzo moro socchiuse gli occhi puntando le iridi nero petrolio in quelle nocciola dell’altro. Il lieve piegarsi delle labbra sottili (pure quelle) fece scorrere un brivido non ben identificato lungo tutta la schiena di Tsuna. E una luce rossa si accese nella sua mente.

«Tsunayoshi Wasada» la voce arrochita dal sonno penetrò nel frastuono della sirena, del tutto immaginaria ma anche incredibilmente pressante e reale, che il giovane si sentiva risuonare in testa, come un avvertimento urgente «mi hai svegliato di nuovo».

Pericolo. Evacuare la zona.

~×~

Gokudera Hayato non aveva dormito bene e nemmeno tranquillamente, proprio no. Lui non era certo come quei fissati maniaci di sport (vedersi Sasagawa e Yamamoto tanto per dirne due) che, non appena posavano la testa su una superficie praticabile, sprofondavano in un lungo, placido e riposante sonno. Non era nemmeno un bambino come Lambo che crollava anche in piedi, bastava essere stanco. Lui era un comune ragazzo di sedici anni con un predisposizione al sonno tranquillo pari a quella della capacità di concentrazione della sopracitata mucca su qualunque cosa; forse tranne la cucina della signora Sawada.

In altre parole? Aveva dormito veramente male. Il fatto che avesse passato una buona parte della notte alla ricerca di un ragazzino scomparso nel nulla non aiutava certo al renderlo maggiormente in pace con il mondo. E nemmeno vedere i Varia, gli altri Guardiani e Reborn belli riposati contribuiva. Proprio no.

Era da poco salito ai piani superiori quando Yamamoto, con Reborn sulla spalla, era entrato dalla porta d’ingresso. Lui erano tornato a casa per dormire, per non far insospettire troppo il padre con le continue assenze notturne.

Forse fu il vederlo salutare allegramente non appena mise piede in casa, ad un niente dal viso scocciato e deliziosamente provvisto di occhiaie del Guardiano della Tempesta. Forse fu il grido entusiasta e vivace di Sasagawa, spuntato in quel momento dietro al primo, di ritorno dal suo solito allenamento mattutino. Forse contribuì pure il fastidioso volteggiare di Mammon, seguito da un Lussuria anche fin troppo curato per essere così presto, sulla porta della sala. Magari poteva centrare persino, sicuramente, la risatina isterica di Bel, sbucato finalmente da chissà dove (ma non poteva rimanerci? Ovunque fosse, fu il pensiero, incredibilmente dolce, di Gokudera).

Gokudera si era svegliato male, aveva passato i dieci minuti in seguito al sopracitato difficile risveglio ancor peggio e aveva proseguito, con l’ingresso in cucina, come una mattinata ancora peggiore di quanto non avesse immaginato solo pochi secondo prima.

Precisamente, cosa ci faceva lo scomparso Tsunayoshi Wasada con una scodella in mano?

Cioè, riformuliamo. Per quale motivo il ragazzo che avevano cercato come pazzi per tutta Namimori la sera e la notte precedenti si trovava, tranquillamente e con indosso quello che sembrava un pigiama in pura seta nera, palesemente di due o tre taglie più grandi, nella cucina del rifugio della famiglia Vongola con in mano una scodella di latte caldo e con uno stranamente tranquillo Hibari Kyoya accomodato su una sedia, sempre della stessa cucina della famiglia Vongola, intento a leggere un giornale e a farsi scaldare una tazza di the dell’ancora sopracitato Tsunayoshi Wasada? Ecco, più chiaro?

Più chiaro due palle! Strillò la mente di Gokudera mentre, seguito dagli altri, non meno sconcertati di lui, entrava con passo inferocito nella cucina (sempre la stessa, precisiamo).

«E lui cosa cazzo ci fa qui!?» strillacchiò quasi, il controllo ormai dimenticato. Così come la sua dignità di uomo. Loro, lui aveva sprecato una notte a cercarlo e quello si presentava tutto tranquillo a fare colazione nella loro cucina. La mente di Gokudera sottolineò in particolare che si trovasse in cucina; perché, in bagno avrebbe fatto differenza?

La situazione stava decisamente sfuggendogli di mano. E non era nemmeno la prima volta.

A quel grido improvviso, la tazza che Tsuna teneva in mano, si sfracellò al suolo, completamente ignorata dal proprietario che emise un grido soffocato di spavento e sorpresa alla comparsa improvvisa di tutta quella gente sulla soglia della cucina. Tutta quella gente che non sembrava propriamente felice di vederlo. Quello di testa sembrava piuttosto incazzato, a dirla tutta.

«Ma non era uscito?» obiettò sconcertato Sasagawa con il suo solito tono di voce delicato, indicando il giovane con un dito. Yamamoto alzò le spalle, da una parte lievemente alterato dal fatto che avevano girato come stupidi Namimori per poi scoprire che la loro “preda”, altro termine italiano che Lussuria aveva fatto imparare loro e che Gokudera non gli aveva voluto tradurre, si trovava in casa; dall’altra era però sollevato perché stesse bene. Non sapeva esattamente spiegarsi perché ma gli sarebbe dispiaciuto, e tanto, se gli fosse successo qualcosa di male.

«Allora chi ha lasciato la porta d‘ingresso aperta?» aggrottò le sopracciglia, perfettamente invisibili a chiunque non fosse Reborn, Mammon, volteggiando a pochi centimetri dal volto del suddetto ragazzo, terrorizzato dal nano volante che non gli riportava certo alla mente ricordi piacevoli. Un gigante con ombrelli e camicia da notte, un urlatore pazzo dai capelli bianchi e un incazzato individuo terrificante con pistole in mano, se la mente non gli aveva confuso le idee.

«Shishishishi» la risatina di Bel costrinse i presenti a fissarlo, forse intuendo dove sarebbe andato a parare «il principe non si abbassa a chiudere le porte, sono i servi che lo fanno per lui».

Gokudera, solo per un momento, cambiò obiettivo della sua rabbia dirigendolo, com’era solito fare quando era nei dintorni, sul Varia della Tempesta. Con un buon motivo ogni volta, a suo dire.

«Razza di maniaco fissato! Ma dove diavolo credi di essere, eh? Non sei a casa tua! E se fossero entrati dei sicari o delle spie che ci tengono d’occhio?» gridò stringendo tra i pugni due bombe pronte ad essere innescate «chiudila quella cazzo di porta!»

«Per una volta Hayato-kun ha ragione» sospirò Lussuria sistemandosi gli occhiali e schivando con destrezza le bombe precedentemente in mano a Gokudera, dopo che le aveva lanciate al sentire il suo nome storpiato dal Varia «ci saremmo potuti risparmiare le ore di ricognizione all’esterno…»

«Ushishishi! Io sono andato a divertirmi!» alzò le spalle Bel.

«Che tu sia maledetto!» il grido di Gokudera si faceva più isterico via via che il tempo passava «noi qui a lavorare e tu chissà dove a divertirti-!»

«Ero alla sala giochi Jukken» precisò il Principe, sempre preciso sul dare certe informazioni.

«Aaaahhrgh!» il Guardiano della Tempesta si portò le dita tra i capelli, arruffandoli dalla rabbia.

«Molto eloquente, Gokudera, non c’è che dire» commentò Reborn, ignorando tutto il resto che non fosse quel ragazzo ancora accasciato a terra dal terrore del loro ingresso. E nemmeno dal pigiama che stava indossando. Senza aggiungere altro voltò lo sguardo verso il Guardiano della Nuvola che non si era minimante scomposto al loro arrivo improvviso.

Hibari Kyoya sedeva al suo solito posto, in un angolo verso al finestra del tavolo da cucina che campeggiava al centro della stanza, con un giornale quotidiano di Namimori in mano e l’espressione impassibile. Di fonte a lui solo un cucchiaio e un piatto mezzo pieno di biscotti. La sua tazza doveva essere, presumibilmente, una di quelle che Tsunayoshi stava preparando.

La domanda era: cosa ci faceva lì?

L’Hitman assottigliò gli occhi senza distoglierli dalla figura del Presidente del Comitato Disciplinare. Decisamente aveva un bel po’ di domande da fargli. E, in particolare: che relazione aveva lui con il tanto ricercato Tsunayoshi Wasada?

 

Bene…come dire…la situazione si è un tantino sbloccata, non trovate? *me comincia a fischiettare e cerca disperatamente un’uscita di sicurezza*

E alzi la mano chi avrebbe voluto trovarsi al posto di Tsuna al suo risveglio (e io sono la prima della fila!!!)

Ah, quasi dimenticavo. Per quelli che se lo stessero chiedendo (nessuno mi dicono dalla regia ma io, precisina come sono, lo dico lo stesso) ho postato oggi perché da domani me ne vado al mare (e non invidiatemi troppo, sono con i miei, i nonni e pioverà tutto il tempo) e non credo Internet prenda (l’ultima volta sono rimasta lì tre settimane, è stata una tortura) e visto che il ritorno è previsto per domenica…ho preferito postare ora, almeno non lascio nessuno a bocca asciutta :)

 

Un bacio

NLH

 

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Capitolo 9
*** Target 8# ***


 

 

                I’ll bite you to death, Tsunayoshi Sawada.

 

 

[Target 8#]

«Hibari!» esordì Reborn, minaccioso.

«Bambino» replicò l’altro senza staccare gli occhi dal giornale, vagamente annoiato «scusa ma ora non posso proprio giocare con te, sono un po’ occupato…»

«Ehi tu!» Gokudera cambiò ancora una volta il soggetto delle sua grida «come ti permetti di rivolgerti in quel modo a Reborn? Razza di sf-»

«Gokudera» Yamamoto gli passò un braccio attorno al collo in un gesto che doveva essere amichevole ma che l’italiano vide più come un attentato alle proprie vie respiratorie «possibile che tu debba sempre gridare contro tutti? Non c’è una volta un cui tu riesca a startene per un minuto buono e fermo?»

«Takeshi-kun ha ragione» cinguettò Lussuria saltellando nella loro direzione con un enorme Krapfen in mano, seguito da Bel e Mammon altrettanto riforniti delle loro colazioni «lasciamoli fare e godiamoci lo spettacolo. Volete?» concluse con un sorrisino allungando il dolce mezzo mangiucchiato verso i due Guardiani.

Yamamoto scosse la testa sorridendo mentre Gokudera arricciò il naso sdegnato. Anche se in realtà c’era ben poco da ridere; anche se quei Varia non la vedevano esattamente allo stesso modo: per loro omicidi e sparatorie a colazione (per non dire duelli a pranzo e massacri per merenda) erano all’ordine del giorno. E Reborn aveva tutta l’aria di voler trivellare il Guardiano della Nuvola con un bel po’ di colpi.

«Non scherzare con me, non ho né la voglia né il tempo ora» Reborn sembrava veramente arrabbiato «Hibari».

Il moro sollevò finalmente il viso dal giornale per dare un’occhiata veloce al giovane ancora seduto a terra prima di portare gli occhi sull’Arcobaleno. Ripiegò con cura il quotidiano e lo poggiò con delicatezza sul tavolo, facendo attenzione a non metterlo né sopra i biscotti né che toccasse il cucchiaino. Con un gesto calcolatamente lento, infine, si alzò in piedi.

Yamamoto e Gokudera non furono gli unici a guardare quelle semplici azoni con sorpresa e non senza una punta di timore. Lussuria aggrottò le sopracciglia chinandosi leggermente verso Bel e Mammon che osservavano la scena con un’uguale quantità di perplessità. Persino Reborn fece un passo indietro stranito, per non dire sorpreso da quel comportamento. Gokudera tenne d’occhio il Disciplinare, con il timore (non paura eh! Lui mica aveva paura di quello, chiaro!?) con le giuste precauzioni per non finire nella sua ira ecco, facendo un passo indietro, imitato da Yamamoto, un altro che non ci teneva ad incappare nella rabbia del Presidente del Consiglio Studentesco.

Reborn socchiuse gli occhi vedendo Hibari non reagire minimante alla situazione, anzi, lo osservò con incredulità dirigersi verso il giovane Wasada e scrutarlo dall’alto.

«Alzati» gli ordinò semplicemente, senza stranamente mettere mano ai tonfa «non mi pare il caso di stare seduti per terra».

Tsuna alzò lo sguardo, ancora timoroso, e annuì lentamente prima di alzarsi in piedi, usando il bancone della cucina come appoggio, e ritrovarsi, a capo chino, accanto al Disciplinare.

«M-mi dispiace» mormorò «l-la tazza…non volevo…io…» il giovane Wasada cominciò a torturarsi le dita delle mani senza guardare nessuno in particolare e il pavimento soprattutto. Gokudera, per un attimo dimentico di chi avesse affianco il ragazzino e del motivo per cui si teneva così lontano dal centro della discussione, sospirò pesantemente in quello che sembrava più un ringhio che altro. Decisamente tutta quella arrendevolezza lo metteva non solo a disagio ma anche su tutte le furie.

«Ehi!» gli gridò alterato nuovamente, tornando all’obiettivo iniziale di tutta la sua irritazione «che cazzo ci fai qui?»

Wasada sussultò preso alla sprovvista e fece un passo di lato come a nascondersi, tra lo sconcerto di tutti, alle spalle di Hibari. E, sempre tra lo stupore generale (persino Sasagawa si stava rendendo conto che qualcosa era decisamente fuori dalla norma) il Presidente non si mosse né lo scacciò semplicemente lo guardò per un momento prima di tornare a rivolgersi a Reborn.

«Cosa volevi dirmi, bimbo?» chiese annoiato scostando con un piede i cocci di ceramica della tazza che Tsunayoshi aveva lasciato cadere. L’Arcobaleno assottigliò maggiormente gli occhi; forse cominciava a capire…

«Dove l’hai trovato?» chiese a propria volta ignorando i Guardiani alle sue spalle, in particolar modo Gokudera che sembrava non volersi calmare affatto.

«Fuori dalla mia stanza» rispose conciso Hibari, sorprendendo più d’uno.

«L’hai nascosto tu?» continuò Reborn pacato «era in camera tua mentre noi lo cercavamo, vero?» altra pausa in cui il Guardino non rispose e l’Hitman tirò le sue conclusioni «perché?»

Hibari sorrise ferino per un momento prima di tornare alla solita espressione perennemente annoiata e poco tollerante.

«Chi lo sa…» soffiò divertito «questi sono fatti miei…»

«Hibari!!» Yamamoto alzò gli occhi al cielo mentre cercava di trattenere nuovamente Gokudera, con l’eccezionale partecipazione di Lussuria che non voleva assolutamente perdersi lo spettacolo «non siamo qui per giocare, bastardo! Non abbiamo tutta questa pazienta di stare ad ascoltare le tue cazzate!»

« Nemmeno io» la voce di Xunxas risuonò stentorea e alta, molto alterata e roca, alle spalle del piccolo gruppetto pronto alla rissa, i capelli arruffati dal sonno, un bicchiere pieno in mano e con il suo secondo in comando, alterato pure lui, al suo fianco, decisamente più vestito della sera prima «che state facendo brutte checche? Un altro incontro come ier-» s’interruppe di colpo alla vista di Wasada seminascosto alle spalle di Hibari e piegò le labbra in un sorriso sprezzante «ma guarda chi si rivede…» ghignò «la piccola feccia».

Tsunayoshi emise una specie di squittio tra lo spaventato e l’esasperato. Possibile che chiunque in quella stanza si proponesse come obiettivo quello di spaventarlo a morte? Gli occhi cominciarono ad inumidirglisi e si portò una mano a pugno al viso per cercare di nascondere il fatto di essere nuovamente sull’orlo di una crisi di pianto. Ma è mai possibile? Si chiese quasi con rabbia; come aveva fatto ad entrare in tutto quel casino?

«Cos’è?» aveva ripreso intanto Xunxas ironico «sei tornato a finire quello che non hai avuto tempo di fare ieri sera?» con la coda dell’occhio colse le mani di Hibari scivolare lentamente verso la giacca, come a prendere i fidati tonfa, e sorrise perfido «ma guarda…e così ti sei trovato una guardia del corpo, ma bravo…»

Anche Reborn, alla vista di quel gesto, s’intromise nuovamente nel discorso.

«Hibari» lo riprese freddamente «si può sapere a cosa stai pensando? Per quale motivo lo stai difendendo?»

Il Guardiano della Nuvola fece un passo avanti, come colpito da quelle parole, e allontanò le mani come a mostrare di non avere tonfa in mano né l’intenzione di estrarli.

«Non capisco di cosa tu stia parlando» soffiò «non sto difendendo proprio nessuno».

Reborn assottigliò gli occhi, ancora incapace di dare una risposta a tutto quello che stava succedendo in quella casa dall’arrivo di quello Tsunayoshi Wasada. Qualcosa non tornava all’Hitman e aveva tutta l’intenzione di scoprire cosa. In che modo quel giovane poteva essere in relazione con i Guardiani? Il bimbo stava quasi per porre altre domande quando Squalo, con la solita grazia, specie di prima mattina, interferì nella discussione.

«Voooooooi! Che cazzo state facendo?» gridò afferrando il mestolo che stava appeso sopra i fornelli , in mancanza di meglio, e puntandolo verso i Guardiani a guisa di spada, incazzato per essere stato messo da parte «non siamo qui per veder le vostre liti interne! Siamo venuti in questo cazzo di posto per portarvi delle cazzo di informazioni!» ansimò mentre Lussuria, lasciando perdere Gokudera, ormai ridotto all’immobilità, per avvicinarsi a Squalo, preoccupato «e volete dirmi perché cazzo questo» indicò Tsunayoshi, sempre con il mestolo «è qui?»

«Squ, non dovresti sforzarti così tanto, fa male alla pressione» cinguettò come una madre apprensiva «lo sai che il dottore poi si lamenta se non fai attenzione…e poi non mettere parola “cazzo” in ogni frase comprendente un verbo, è poco elegante»

«VOOOOOOOOIII! Lussuria, pezzo d’imbecille! Quante volte ti ho detto di non chiamarmi a quel modo se non vuoi che ti spelli vivo!?» gli gridò in faccia agitando minacciosamente il mestolo.

«Volete piantarla?» la voce di Sasagawa non fu meno assordante di quella del Varia «stiamo dando spettacolo!» tutti si voltarono in direzione del giovane che cercava di nascondersi il più possibile dietro a Hibari senza toccare altro che non fosse il piano della cucina alle proprie spalle.

Reborn sospirò stancamente. E va bene. Un problema per volta.

«Portate il ragazzo in una delle stanze interrogatori e lasciatelo lì, assicuratevi che non scappi, ci occuperemo dopo di lui» lanciò un’occhiata intimidatoria in direzione di Hibari, per assicurarsi che non ne combinasse un’altra, delle sue stranezze, anche troppe per quel giorno. Il Guardiano si limitò a squadrare con diffidenza Gokudera e Lussuria che afferrarono Wasada, uno con rabbia, l’altro con molta più delicatezza, per portarlo al piano inferiore, senza dire una parola ma stringendo quasi impercettibilmente le dita come a desistere dall’afferrare i suoi fidati tonfa. Decisamente più tardi sarebbero dovuti tornare sul quel problema, si appuntò Reborn prima di continuare a dare disposizioni «e adesso sentiamo quello che avete da dirci» scrutò Xunxas serio «ci avete già fatto perdere anche fin troppo tempo».

Il Varia ghignò e si diresse verso la sala stravaccandosi su uno dei divani e aspettando, nemmeno troppo pazientemente, che gli altri andassero a chiamare i membri non ancora presenti.

«Quanto cazzo ci mettono ad arrivare?» sbottò infatti il Boss dei Varia dopo nemmeno due secondi essersi seduto, quando ancora nessuno era andato a cercare i “dispersi”. Decisamente il vocabolario d’italiano dei Guardiani si stava ampliando notevolmente da quando Lussuria girava da quelle parti. Anche se, a detta di Yamamoto, sarebbe stato utile conoscere anche le traduzioni della parole che stava facendo imparare loro.

«Scusate…» s’intromise infine esitante Yamamoto, indeciso se porre o meno la sua domanda, quando anche Chrome, Lambo, I-Pin, Kusakabe, Bianchi e Fuuta arrivarono, lasciando Haru e Kyoko in cucina, in caso di necessità «ma…Dino? Non doveva venire con voi dall’Italia?»

I Varia si bloccarono tutti per un attimo mentre le loro espressioni si facevano prima pensierose e poi indifferenti.

«Boh» alzò e spalle Lussuria guardando Squalo e Levi «sono loro che dovevano definire i dettagli con  il Cavallo Pazzo» gli sguardi di tutti si portarono automaticamente sui due citati, uno dei quali appena comparso sulla soglia dopo essere stato chiamato da Mammon, che si ritrassero istintivamente.

«Vooooiii! Razza di maniaco scaricabarile! Noi non gli abbiamo fatto niente!» si affrettò a smentire Squalo, con il tono di voce incredibilmente dolce che gli era solito.

Alcuni dei presenti lo quadrarono diffidenti ma, a sorpresa di tutti, Levi prese la parola e non per insultare o incastrare il Secondo in Comando.

«Aveva detto che sarebbe venuto in aereo, non con il solito jet privato che usiamo noi» fece una pausa scettica «un aereo di linea italiano…»

«E…ehm…» ridacchiò quasi Lussuria capendo all’improvviso la situazione «Romario e gl’altri non…non era previsto sarebbero venuti…»

Reborn alzò gli occhi al cielo, esasperato.

«Fantastico…un’altra splendida notizia…»

 

 

 

Bene, tesori miei che mi sopportate/seguite/incoraggiate (dovete essere dei Santi o simili…) ecco un altro capitolo…che dire..? (e se non lo so nemmeno io siamo a posto)

La storia è (finalmente) entrata nel vivo e i fatti più importanti (gli stessi che state aspettando da due mesi, tanto per precisare) cominciano e farsi vedere. Più precisamente sono annunciati esplicitamente nel prossimo cap. (sì, sempre il prossimo, mai una volta che parli chiaro…)

In bocca al lupo (nel caso abbiate voglia di farmela pagare perché io ci sono già finita…mi trovate da qualche parte tra lo stomaco e l’intestino)

 

 

Un bacio

NLH

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Capitolo 10
*** Target 9# ***


 

                I’ll bite you to death, Tsunayoshi Sawada.

 

 

[Target 9#]

Alla fine non c’era voluto molto perché tutti gli alleati della Famiglia Vongola, almeno quelli presenti in Giappone al momento, arrivassero. Ovviamente con la speciale eccezione di Dino Cavallone. Ma quella non era una novità. Quel ragazzo aveva l’incredibile abitudine di perdersi e combinare non si sa nemmeno bene quante stupidaggini una dietro l’altra, durante l’assenza della sua Famiglia. Riusciva a battere persino Lambo. Il che era tutto dire.

La sala che aveva sempre accolto i vari membri adesso sembrava anche fin troppo piccola. E c’erano proprio tutti. Reborn si accomodò meglio sulla spalla di Yamamoto che si trovava appoggiato al muro accanto alla porta, in attesa che ognuno trovasse un posto a sedere, mentre Sasagawa e Chrome erano stati mandati alla ricerca di sedie, poltrone e simili in giro per la casa per far accomodare tutti. Erano stati convocati tutti, e questo a Reborn puzzava di guai in arrivo.

Seduti sui divani, accomodati in modo da occuparli fino all’ultimo centimetro, c’erano Xunxas, Squalo, Belfagor, con Mammon che volteggiava attorno alla sua testa in un modo che per l’assassino non era altro che snervante ma che a Bel sembrava non dare particolarmente fastidio, e Iemitsu, chiamato a rappresentare la nona generazione Vongola in quella riunione.

Lì accanto, di modo da non perdere di vista il Boss c’erano Levi, protettivo come sempre, e Lussuria, rilassato e ridacchiate, che cercava di far conoscenza con un giovane Spanner che sembrava a propria volta troppo occupato a conversare con uno Shouichi semi terrorizzato dalle persone che gli stavano attorno, riguardo a dei particolari circuiti a rigenerazione biotica da sostituire invece di semplici cavi elettrici in rame. I due giovani erano stati chiamati a far parte della famiglia Vongola non appena, tornati dal futuro, avevano ricevuto le memorie di quelli che i Guardiani avevano passato dalle loro controparti adulte. E, tutto sommato, si erano integrati bene. Spanner soggiornava a casa di Shouichi con la scusa di essere uno studente straniero in gemellaggio. C’era da dire che la famiglia di Irie non aveva fatto alcuna domanda né storia.

Sistemate sulle prime sedie che erano arrivate dalla cucina c’erano Haru e Kyoko, chiamate su richiesta di Yamamoto in quanto ormai facenti parte a tutti gli effetti della Famiglia, con la speciale partecipazione di Hana, stranamente richiesta da Ryohei, perché anche lei aveva ricevuto le memorie dalla sua controparte adulta e quindi sapeva tutto. Con un sorrisino Reborn si chiese se sapesse proprio tutto. Con loro c’erano, ben lontani da Hana comunque, Fuuta, Lambo e I-pin che sembravano stranamente tranquilli, specialmente Lambo, come se si rendessero conto della straordinaria situazione in cui si trovavano. Poco distante, Bianchi, Gokudera, Colonnello e Lal, discutevano sottovoce su chissà cosa, Reborn preferiva non saperlo anche se un sospetto ce l’aveva.

Romario, arrivato da chissà dove e preoccupato per il proprio sbadato Boss, ancora disperso, stava parlando con Kusakabe, mandato da Hibari come rappresentante del Comitato disciplinare mentre sembrava sparito da chissà quale parte. Reborn sospirò. Decisamente quella situazione stava sfuggendo dalle loro mani; lo aveva già detto?

Era passata solo un’ora da quando avevano portato Wasada al piano inferiore e chiuso in una delle stanze, la biblioteca con immenso disappunto di Gokudera, ma il Presidente del Comitato Disciplinare si era ancora una volta incomprensibilmente opposto all’idea, sempre di Gokudera, di legarlo per non farlo scappare, o non fargli toccare nemmeno un volume, a seconda delle interpretazioni. Dopodiché Hibari era scomparso nuovamente.

«Yamamoto!» Ryohei era ricomparso in quel momento portando cinque sedie e una poltrona, tutte da solo, in bilico l’una sull’altra «queste dove le metto?»

«Lasciale qui, se voglio sedersi se le prenderanno da soli» la voce di Mukuro, melliflua e seccata, s’intromise «non posso crederci che sto servendo la mafia».

«Mukuro!» Gokudera aveva smesso di parlare con la sorella e i due Arcobaleno e si era avvicinato al gruppo «e tu cosa diavolo di fai qui?»

Il Guardiano alzò le spalle divertito: «La mia piccola Chrome ha insistito tanto perché fossi presente…diceva che era importante. E chi sono io per dirle di no?» fece passare lo sguardo sulla folla rumorosa e varia che era stipata alla bell’e meglio in sala «si può sapere cosa sta succedendo?»

«Te lo dico io cosa sta succedendo» la voce di Xunxas fece breccia nel chiacchiericcio persistente dei presenti «succede che se adesso non vi tappate tutti quelle stramaledette fogne che vi ritrovare io me ne vado e tutto quanto va a farsi fottere con me, chiaro?»

Reborn soffiò irritato e fece cenno ai Guardiani, in particolar modo Gokudera, Mukuro e Sasagawa che sembravano sul punto di gettarsi a volo d’angelo sul Boss dei Varia, di stare calmi e fermi. Che ci avrebbe pensato lui. E di andare a recuperare Hibari, niente storie. Ora!

Come al solito bastava uno sguardo da parte del bambino a far capire, alla maggior parte della gente, come dovevano andare le cose. I presenti ancora in piedi recuperarono le sedie che i Guardiani erano andati a prendere e si sedettero silenziosamente aspettando che il pazzo megalom-aehm aspettando che Xunxas prendesse nuovamente la parola per spiegare -finalmente erano ore che aspettavano- il motivo di tanta urgenza (?).

Il Boss fece correre lo sguardo sui presenti prima di prendere un ultimo sorso di cognac, credo, e incurvare lievemente le labbra in un sorriso affilato e soddisfatto.

«Ma allora anche voi fecce siete in grado di stare buoni e muti quando ve lo si chiede…» ironizzò crudele osservando l’impazienza, a volte la preoccupazione e il terrore di Shouichi ad esempio, negl’occhi degli ascoltatori.

«Xunxas…» Reborn, sempre a rompere quello. Il Boss alzò le spalle e puntò lo sguardo sul suo secondo in comando.

«Avanti, feccia, spiega!» se ne lavò le mani fissando il suo secondo in comando e facendo cenno a Levi di riempirgli nuovamente il bicchiere, cosa che fece prontamente, ignorando bellamente le occhiate assassine che il Varia della Pioggia gli stava indirizzando con tutte le proprie forze. Peccato solo nessun lampo verde uscì da quegl’occhi grigi e Squalo si sentì in dovere di cominciare la spiegazione.

«Avevamo una missione da portare a termine, lo sterminio della Famiglia Ferro» esordì seccamente senza guardare nessuno in particolare «ci era stato commissionato dal Nono in persona e non avevamo fatto domande-»

«Queste fecce ci sono andati da soli» lo interruppe Xunxas ghignando «e ci hanno messo mezza giornata, avevano costruito delle armi e delle trappole interessanti quelli dei Ferro. Per poco non ci lasciavano le penne».

«Già, già» annuì Lussuria convinto «mi sono rovinato la mia nuova acconciatura» a riprova di quello che stava dicendo mise in bella vista la nuca mostrando due sottilissime e praticamente invisibili cicatrici tra i capelli corti.

«Se non fosse stato per Mammon che ci ha avvertito dell’ultima trappole Squalo sarebbe potuto essere morto» borbottò invece Levi, contrariato.

«Ushishishi» ridacchiò il Principe lanciando un paio di coltelli al malcapitato Shouichi, povero sempre lui, colpevole solamente di essergli seduto alle spalle, prontamente intercettati da un improvviso vivace Spanner, per nulla desideroso a lasciare che il primo arrivato gli sottraesse il suo nuovo passatempo facendolo morire. Con chi avrebbe discusso poi di Ingegneria Biogenetica?

«Sarei potuto essere il secondo in comando» continuò a lamentarsi Lussuria, per nulla ascoltato se non da un Sasagawa stranamente partecipe alle disavventure dell’ex rivale. Si sa che tra esaltati ci si sorregge sempre.

«La volete finire?» riprese la parola Squalo, decisamente più alterato che all’inizio della discussione «stavo parlando io».

«Perché?» Xunxas sembrava decisamente divertito «vorresti dire che hai il diritto di prendere la parola quando dovrei essere io a parlare? Dovrò punirti più tardi».

«Voooooooooooooooooooooooiii! Ma se mi hai detto tu di spieg-»

«Zitto, feccia!» l’ennesimo bicchiere volò per la stanza prima di frantumarsi sulla testa del Varia.

«VOOOOOOOOOOOOOIIIIIIIIIII!!!» incurante di tutto e tutti il Varia si lanciò sul Boss che venne prontamente protetto da un Levi in assetto di battaglia mentre nella stanza tornava a regnare sovrano il caos.

«Non osare toccare il Boss! Maledetto!»

«Ushishishishsishi! Il merluzzo si è arrabbiato».

«Shhhh, Bel-chan! Che se no se la prende anche con te…»

«Ehi! non provate nemmeno ad avvicinarvi o vi mando tutti sulla luna!» Sasagawa si parò davanti alla sorella e ad Hana per evitare che i coltelli di Bel, i candelotti accesi di dinamite di Gokudera, intervenuto a suo dire a sedare la rissa, i colpi di spada di Squalo, i proiettili di Colonnello e Lal e le torte volanti di Bianchi le colpissero.

«Onii-san…»

«Si può sapere cos’è tutto questo casin-e voi non provate nemmeno ad avvicinarvi! Stupidi bambini!»

«Gyahahahahaha!! Sarà Lambo-san a vincere questo scontro»

«Lambo, dame! È pericoloso»

«Hahi! Attenta Bianchi-san»

«Non preoccuparti, Haru, noi donne non ci facciamo certo mettere in difficoltà per così poco! Preparati a morire!»

«E io cosa centro!?»

«Aneki! No! Non colpire Kusakabe!»

«Reborn! Fa qualcosa!»

«Non ci penso nemmeno».

«Che bello l’affetto della famiglia…»

«Iemitsu-san…»

«Cosa?»

«Ha un candelotto acceso nel-»

«AHhhhh! Lo sapevo che avrei dovuto far venire Basil al posto mio!!!!»

«Fuuta! Stai lontano, è pericoloso!»

«Ma…Romario-kun…Iemitsu-san ha-»

«Presto! Sasagawa, Gokudera! Portatelo fuori!»

«Nessuno può permettersi di toccare Hana-san!»

«Ma…onii-san…»

«…Ehm…estremamente in aiuto a Gokudera!!»

«Stammi lontano maniaco della boxe, Shibakatama! Va’ via! Non mi serve il tuo aiuto!»

«Oh, Hayato…come sei cresciuto».

«Aneki! Stammi lontana pure tu! No! N-»

«Ehi» la voce di Dino, stranamente coperto di rami e graffiato un po’ ovunque, fece ingresso proprio in quel momento «ma cosa sta succedendo qui?»

«Boss!»

«Romario! Cosa ci fai qui, è pericoloso! Adesso ci pens-»

«Ah! Cavallo pazzo! Non ti avevo visto!»

«Squalo-san! Come avete potuto?»

«Voooi! Quante storie per un paio di graffi!»

«Squalo, stramaledetta feccia, non ti distrarre!»

Mukuro e Mammon, gli unici ad essersi, molto saggiamente, ritirati contro il muro fin dall’inizio, osservavano con malcelato interesse la situazione ridacchiando, in particolar modo il secondo, sempre alla ricerca di nuovi capi di ricatto, ogni qual volta un colpo ben assestato andava a segno.

«E questa sarebbe la Mafia…» commentò Mukuro alzando un sopracciglio «sarebbe quasi il caso che io mi ritiri a pescare per il resto della vita e lasci fare a loro. Si autodistruggerebbero a meraviglia in meno tempo di quanto ce ne metterei io ad occuparmene personalmente»

«Non posso darti torto» fece serafico Mammon.

Altro momento di silenzio, se di silenzio si poteva parlare, tra loro prima che Mukuro tornasse a rivolgersi al bimbo volteggiante al suo fianco.

«Ma alla fine…cos’è che dovevate dirci?»

«Ah, è vero…ho trovato nella sala di progettazione della Famiglia Ferro dei documento segreti relativi al un piano, messo in atti nemmeno troppo tempo fa, contro di noi»

«E di che si tratta, esattamente?» chiese nuovamente Mukuro, non molto interessato e decisamente più partecipe al pugno che Gokudera si era preso per sbaglio dopo essersi messo tra Sasagawa e Lussuria, sempre in prima fila quando si trattava di una scazzottata.

«Sembra che abbiano cancellato la memoria del Decimo e lo abbiano anche fatto dimenticare a tutti voi, costringendovi a vivere come se non fosse mai esistito quando, in realtà, un Decimo voi l’avete sempre avuto« alzò le spalle Mammon, nemmeno fosse un pettegolezzo tra ragazzini «pare volessero mettere uno dei loro a capo della decima generazione e hanno preparato un ragazzo con le memorie del vero Decimo-»

E, non si sa come tutti avessero potuto ascoltare quelle parole, pacate e per nulla alte, il silenzio scese nella sala, talmente irreale considerate le persone che si trovavano lì dentro, persino Lambo sgranò gli occhi e con una vocina debole debole, un po’ tremante, si arrischiò a prendere la parola e non per dire una cosa stupida, una volta tanto.

«Cosa?»

«Esattamente quello che avrei voluto dire io» la voce di Hibari, appena tornato in compagnia di Yamamoto che ci aveva messo un bel po’ a trovarlo, coronò l’assurdità di quel momento. Perché, non si era già arrivati al fondo? Quanto mancava ancora?

 

 

Dunque…certo, chiaro, vivamente…e come no. Ma sicuro….

Cioè…ma che cavolo ho scritto? Ve lo state chiedendo? No perché io non riesco a capire perché mi sia venuto fuori un capitolo del genere…è questo è quanto. Sarà che sto passando un periodo un po’ così…incasinato. Ma da qui a tirar giù la sedicesima guerra mafiosa italiana in un salotto giapponese…ce ne passa direi…

Cercate di capirmi…non sapevo cosa scrivere, non mi veniva l’ispirazione, e ho messo un casino dietro l’alto, giusto per riempire qualche pagina bianche che, altrimenti, mi avrebbe inghiottita. Anche con il lupo di settimana scorsa.

Spero, se non altro, che vi siate divertiti a leggere. E che preghiate per me da mercoledì.

 

Un bacio

NLH

 

 

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Capitolo 11
*** Target 10# ***


 

                I’ll bite you to death, Tsunayoshi Sawada.

 

 

[Target 10#]

Strano a dirsi ma nella sala, opportunamente fatta a pezzi, la stessa che fino a poco prima aveva ospitato la sedicesima guerra mafiosa, non era rimasto proprio nessuno. Con la stessa velocità con cui gli alleati si erano riuniti, Reborn, aveva rimandato quasi tutti ognuno a casa propria rendendosi effettivamente conto della portata di ciò che i Varia avevano affermato.

Perché prima doveva capire lui stesso prima di poterlo spiegare a tutti e lasciare che ognuno giungesse ad una propria conclusione.

Le ragazze, con Bianchi in testa, erano state mandate a casa portandosi con sé due Arcobaleno, Colonnello e Lal, Fuuta, Lambo e I-pin. Dino aveva giusto fatto in tempo a rinvenire che era stato spedito, stavolta con Romario al seguito fortunatamente, a raccogliere quante più informazioni possibili dalla Mafia locale in merito ai piani della Famiglia Ferro accompagnati da Kusakabe che sembrava avesse a che fare con la Yakuza per via dei lavori che Hibari accettava di portare a termine di tanto in tanto. Nessuno in effetti se ne era stupito poi troppo.

I due meccanici, Shouichi e Spanner, avevano fatto un tratto di strada con le ragazze ed erano rientrati a casa del primo, con la promessa di rimanere a portata d’orecchio in caso di bisogno.

Reborn, accompagnato solamente da Iemitsu, si era chiuso in cucina con i Varia, con tutti, per chiarire la questione ordinando tassativamente ai Guardiani di rimanere in casa e non farsi trovare a spiare, se ne sarebbe accorto sicuramente. Non spiare aveva ripetuto due volte guardandoli negl’occhi uno per uno, assolutamente.

~×~

«Aye» sospirò per quella che, secondo il modesto e soprattutto tollerante parere di Gokudera, doveva essere la decimillesima volta «ma quanto ci stanno mettendo?»

«Ci mettono il tempo che serve, Yakyuubaka!» gridò scocciato il Guardiano della Tempesta stringendo spasmodicamente il volume di mille e più pagine che aveva deciso di leggere per, parole sue, distrarsi un po’ con qualcosa di leggero. Yamamoto non ci aveva visto proprio nulla di leggero ma si era ben guardato dal diglielo, ovviamente; non voleva certo essere costretto a uscire dalla biblioteca in cui si erano rifugiato per andare ai piani inferiori, dove Sasagawa e Lambo stavano giocando a nascondino distruggendo i quattro piani più bassi, o al piano terra, dove Reborn lo avrebbe massacrato seguito a ruota da Squalo visto che non aveva certo in mano una spada in quel momento, o al primo piano, dove Mukuro stava divertendosi chissà come non voleva certo andare a dare un’occhiata. E poi non aveva certo intenzione di lasciare il povero Tsunayoshi Wasada nelle sole mani, ben poco affidabili, di Gokudera e Hibari.

Il primo perché non aveva certo fatto mistero del desiderio di farlo fuori con una carica ben piazzata e, il secondo, per ovvie ragioni. Insomma…Hibari! Kyoya Hibari e dovrebbe voler già dire tutto da sé. Anche se questa volta sembra che nulla sarebbe andato come al solito.

«Ne, Gokudera…» lo chiamò annoiato, senza guardarlo, seduto sulla poltrona accanto alla sua.

«Cosa?» sibilò l’altro, seccato per essere stato interrotto nuovamente.

«Tu cosa ne pensi…?» non c’era stato bisogno di aggiungere altro. Gokudera poggiò con lentezza il volume sulle proprie ginocchia, in realtà non era riuscito a leggere nemmeno un pagina nonostante fosse nelle sue mani da più di due ore, guardando dritto davanti a sé.

«Che…non lo so» sbuffò infine scompigliandosi con nessuna delicatezza i capelli e desiderando di poter fumare una sigaretta. Accidenti alle stupide regole della casa che non permettevano di fumare liberante in biblioteca, cucina e camere da letto. Praticamente da nessuna parte. Accidenti a Reborn.

Il silenzio che seguì le parole senza senso, per chiunque non fosse loro due, si faceva sempre più pesante man mano che continuava. Ma in fondo cos’avrebbero dovuto dire? Erano venuti a conoscenza non solo di aver sempre avuto un Decimo, qualcuno con cui avevano diviso ogni avventura passata, il conflitto con Mukuro, la battaglia degli anelli, la guerra nel futuro, tutto, ma anche che non se lo ricordavano. L’avevano sempre avuto e la Famiglia Ferro, poco prima di essere stata distrutta peraltro, era riuscita a far dimenticare tutto questo.

Yamamoto guardò l’amico con la coda dell’occhio prima di tornare a contare, metaforicamente, le travi a vista del soffitto. Chissà com’era il loro Decimo, si stava chiedendo. Che aspetto aveva, quali erano i suoi difetti, come si erano conosciuti, quante volte avevano riso insieme, perché Yamamoto se lo sentiva, avevano sicuramente riso assieme. Era il Decimo. Quanto di tutto quello era stato costretto a dimenticare. Un’improvvisa irritazione si fece strada nel suo corpo costringendolo, quasi involontariamente, a stringere i pugni e a combattere contro il desiderio di spaccare qualcosa tanto era forte.

Anche Gokudera aveva osservato l’altro e le emozioni contrastati che si erano susseguite sul suo viso, altrettanto irritato e non solo. Gokudera non era solamente irritato da tutta quella faccenda. Lui era incazzato da morire. Avrebbe voluto prendere quello stronzo del Boss dei Varia e fargli sputare a forza di infilargli candelotti accesi su per il culo il motivo per cui non avevano parlato subito di quella faccenda. Chiedergli perché, nonostante avessero il compito di proteggere la Famiglia dall’Italia si fossero lasciati scappare un piano del genere. Come avevano osato permettere che tutto quello accadesse?

Gokudera e Yamamoto non ricordavano più il loro Decimo ma erano certi che fosse stato, che sarebbe stato anche in futuro perché avevano tutta l’intenzione di riprenderselo, una persona eccezionale, una persona su cui contare, che fosse una guida solida e sicura. Un Boss.

Qualcuno per tutti loro.

Consapevoli l’uno dei pensieri dell’altro, non poteva essere altrimenti oramai si capivano anche solo osservandosi da lontano, Yamamoto allungò un braccio sullo spazio tra le due poltrone fino a far posare la mano sul dorso di quella di Gokudera che, desiderando quel contatto anche senza avere alcuna intenzione di ammetterlo, la mosse leggermente per facilitare il contatto tra la sua pelle e quella di Yamamoto.

Quel calore di cui avevano scoperto di aver bisogno come l’aria, tra loro, lo ricercavano senza sapere nemmeno il perché. Yamamoto fece passare un paio di minuti prima di sporgersi maggiormente sulla poltrona e chinarsi sempre meno impercettibilmente verso Gokudera che, con la scusa borbottata e ben poco chiara sulla scomodità di quelle poltrone, raccolse entrambe le gambe al petto e poggiò la schiena al bracciolo dove poco prima aveva posato la mano con quella di Yamamoto. Dandogli le spalle e offrendogliele allo stesso tempo.

Yamamoto sorrise tra sé e sfiorò con la fronte la spalla dell’Italiano mentre respirava, e sentiva un bisogno quasi fisico, odore di bruciato, sigaretta e shampoo, di Gokudera. Era un profumo penetrante sempre stordente, per il Guardiano della Pioggia, ma di cui non riusciva più a fare a meno. Con un sospiro che s’infranse sulla pelle chiara del collo di Gokudera, si mosse fino a far sprofondare il naso nei capelli semiraccolti, perché erano più quelli che scivolavano fuori da quel codino che si ostinava e mettere, soffiando piano.

Gokudera socchiuse gli occhi a quelle attenzioni tutt’altro che detestate costringendosi a non sospirare come una ragazzina al tocco della pelle di Yamamoto. Nonostante tutto non riusciva a farne a meno. Quando sentì il viso di Yamamoto premere con maggiore sicurezza contro la sua nuca era quasi sul punto di mandare all’aria qualunque tipo di inibizione mai avuta, come il desiderio di spaccargli la faccia per quello che stava osando fare. Peccato solo stavolta il genio non avesse calcolato proprio tutto.

«All’interno della biblioteca non è permesso compiere certi atti osceni. Prendetevi una stanza o sarò costretto a mordervi a morte» come un certo Presidente del Comitato Disciplinare a due metri scarsi di distanza.

«AHAHAH! Scusaci Hibari!» si affrettò a staccarsi da Gokudera, Yamamoto, tornando alla posizione originale, con la schiena poggiata allo schienale della poltrona «non volevamo farti arrabbiare»

«Ma di cosa ti scusi, Yakyuubaka!?» gli diede uno scappellotto Gokudera, alzandosi per piantarsi con le mani sui fianchi davanti al Guardiano della Nuvola «è questo qui che dovrebbe! Come ti permetti di comportarti così? Non sai quante volte avrei voluto dirtelo!?»

«Non mi pare che tu ti sia mai trattenuto dal dire quello che ti passava per la testa» le parole lapidarie di Hibari non persero minimamente la compostezza nonostante la minaccia del dinamitardo, già armato e pronto alla lotta «ma se è questo che vuoi…» lasciò la frase in sospeso con un sorrisino divertito che costrinse Gokudera, nonostante i buoni propositi (?) di fronteggiare e possibilmente infliggere una dura lezione al Presidente, a fare un istintivo passo indietro.

«Dai, Hibari…» Yamamoto si mise in mezzo ai due con fare scanzonato nonostante la tensione «non litighiamo adesso, non è-»

«Non mi dire che hai paura» la risatina con cui Hibari accompagnò queste parole urtò i nervi a Gokudera che, cercando di spingere di lato l’amico, tentò di lanciarsi sul Guardiano della Nuvola.

Hibari schivò facilmente la prima bombe di Gokudera e arretrò di un paio di passi per avere maggiore libertà di movimento, costringendo Gokudera fare altrettanto e lasciando Yamamoto, barcollante a causa dei colpi che il Guardiano della Tempesta, per quanto ben poco aggressivi, gli aveva inferto per poter attaccare il Guardiano della Nuvola.

«Cosa succede?» lo provocò nuovamente Hibari, il solito sorrisino di derisione in volto «non mi dire che non sei in grado di attaccarmi come vuoi solo perché hai paura di colpire i tuoi preziosissimi libri» rise apertamente mentre lo costringeva ad indietreggiare, colpito al volto da un tonfa «non è possibile che tu sia così debole…non è che preferiresti uscire, così magari…»

«Maledetto!!» scattò nuovamente Gokudera cercando di centrarlo «Roket Bomb!!»

«Aha…ah…non ci siamo ancora» arricciò il naso Hibari continuando a spingere Gokudera sempre più verso la porta della biblioteca, senza essere colpito nemmeno una volta «com’è possibile che ti sia indebolito tanto…l’amore fa brutti scherzi?»

«EHI!!» strillò quasi l’altro, avvampando inspiegabilmente fino alle orecchie «che cazz-»

Gokudera non ne poteva più. Non era bastato il difficile risveglio, con facce sorridenti mentre lui era palesemente irritato e stanco, persone energiche mentre lui non aveva minimamente dormito, stranezze a non finire che Hibari non aveva fatto altro che aumentare con la sua sola presenza, l’esistenza di quello stramaledetto ragazzino che poi era all’origine di tutto il resto, e anche la guardia sempre al suddetto ragazzino tremante e irritante alla massima potenza. Noooo, figurarsi se bastava!

Ma l’avrebbe ammazzato quello stramaledetto Presidente del Comitato Disciplinare, altro che scuse. E ne aveva pure tutto il diritto se proprio doveva dirla tutta. Non solo si permetteva di andare contro il volere di tutti e si comportava stranamente, si permetteva pure di interferire con la sua relaz-cioè, tra le liti con lo Yakyuubaka, ecco. Sempre in mezzo alle scatole.

E lui in quel momento non si sarebbe nemmeno trovato a fare da bambinaia ad un ragazzetto petulante sconosciuto. Aggrottò le sopracciglia mentre preparava la trappola in cui, ci avrebbe scommesso le pall-cioè, una mano, il Presidente sarebbe caduto con tutte le scarpe quando, improvvisamente, quest’ultimo voltò di scatto la testa socchiudendo le labbra in una smorfia profondamente infastidita. Come un cane che punta la preda, si ritrovò tutto sommato a pensare Gokudera che, non ragionando minimamente al fatto che quella sarebbe potuta essere una trappola a lui tesa, fargli perdere la concentrazione ad esempio, seguì lo sguardo di Hibari.

E per una volta il Presidente del Comitato Disciplinare non era pronto ad approfittare di quel momento di distrazione.

«Allora, Hibari» Yamamoto inclinò la testa leggermente sorridendo furbo «adesso direi che è il caso che tu ci dia delle spiegazioni, non credi?»

«M-ma…Yakyuubaka! Che diavolo…?» Gokudera fece cadere le braccia lungo i fianchi sconcertato. Ma che diavolo stava succedendo? Aveva perso qualche passaggio, sicuro. Perché altrimenti avrebbe certamente capito per quale motivo Yamamoto avesse estratto la sua Shigure Kintoki e l’avesse appoggiata sulla spalla di Tsunayoshi Wasada, ad un soffio dal suo collo.

Lo spadaccino fece scivolare la lama sulla maglietta del ragazzo che, già strettamente raggomitolato e tremante, incassò maggiormente la testa tra le spalle nell’infantile tentativo di scappare dalla minaccia che incombeva, ancora una volta, sul suo povero collo. Letteralmente.

«Lascialo stare» persino Hibari si stupì al sentire le parole che gli uscirono di bocca, istintivamente.

«Mh…» Yamamoto allargò il suo sorriso, ignorando lo sconcerto ancora presente sul volto di Gokudera «si può sapere come mai ti preoccupi tanto per questo ragazzo?»

«Io non mi preoccupo di nessuno» rispose altrettanto istintivamente il Presidente, abbandonando immediatamente la posizione che aveva assunto un attimo prima, come se si stesse preparando ad attaccare lo spadaccino «non so di cosa tu stia parlando».

«Allora lascia che te lo chieda in un altro modo» fece accondiscendente l’altro «perché hai insistito così tanto con il provocare Gokudera? Perché cercavi di allontanarlo da questo ragazzo, durante lo scontro? Avevi paura potesse ferirsi?»

Hibari non disse nulla, limitandosi a squadrare Yamamoto impassibile, nemmeno si stesse chiedendo se il Guardiano della Pioggia non avesse tutte le rotelle al proprio posto. Gokudera, intanto, sembrava aver cominciato a capire quello a cui Yamamoto sembrava riferirsi e, rimettendosi in faccia il sorrisetto strafottente che gli era solito, mosse qualche passo verso Tsunayoshi.

«Ma non mi dire…» fece allusivo «non è che ti piace? Ti prego non dirmi che è così perché potrei anche prenderla a male. Anzi, non crederci assolutamente» sghignazzò «e non fare quella finta faccia da duro. Non ci casca più ness-»

«Questo è troppo» con un sibilo Hibari si mosse troppo in fretta perché Gokudera potesse reagire e gli sferrò un forte colpo in pieno viso lanciandolo di lato e parando contemporaneamente l’attacco di Yamamoto, intervenuto a coprire l’amico «fuori dai piedi!» rigirò il tonfa tra le dita e spostò il giapponese facendolo allontanare di un paio di passi prima di afferrare un braccio di Wasada, rimasto congelato e sempre più terrorizzato al proprio posto fin dall’inizio, obbligandolo ad alzarsi e se lo trascinò dietro barcollante spalancando la porta della biblioteca con una tonfata e marciando fuori.

Rialzandosi a fatica e tenendosi il naso sanguinante, Gokudera, si precipitò dietro di loro seguito a ruota da Yamamoto, sempre più preoccupato e non solo per il ragazzino. Cosa diavolo stava facendo? E cos’altro avrebbe combinato Hibari?

«Hibari! Stramaledetto deficiente! Fermati immediatamente» il grido di Gokudera fu bellamente ignorato mentre le porte dell’ascensore si chiusero alle spalle di Hibari e Wasada, ad un palmo dal suo naso, tratto in salvo solo grazie agli eccezionali riflessi di Yamamoto che lo afferrò per la collottola un secondo prima che gli si chiudesse tra le ante.

Tsunayoshi nel frattempo non aveva spiccicato parola e cercava solamente di, tentava, di stare dietro ai continui cambiamenti che avevano generalmente come protagonista il ragazzo moro che lo stava strattonando per il corridoio, nell’ascensore, fino alla porta d’ingresso. La stessa che aveva disperatamente cercato il giorno prima. La stessa contro la quale venne spinto e poi aperta per scaraventarlo quasi all’esterno.

Fu solo grazie alla mano pallida ancora saldamente ancorata, anche troppo a parere di Wasada, temeva potesse rimanergli un livido bello grosso dalla pressione che si sentiva, che non si trovò con la faccia spiaccicata sul grazioso zerbino con la scritta “welcome”. Sì, certo, benvenuto…come no. Ancora sotto choc si sentì nuovamente spingere verso il ragazzo, che lo aveva afferrato anche per l’altro braccio e lo stava fissando truce.

«Vattene e vedi di non farti più vedere da queste parti» gli sibilò ad un niente dal viso «sono stato chiaro, stupido erbivoro?» e, senza aspettare una risposta lo spinse indietro e sbatté la porta per chiuderlo fuori. Da quella casa e dalla sua vita. Punto.

Diede tre mandate alla serratura e si voltò deciso a fronteggiare i due, poveri, ansimanti Guardiani che lo avevano seguito per le scale.

«Si-si può sapere a cosa diavolo stai pensando?» biascicò Gokudera appoggiandosi al muro accanto «dove diavolo andato a fin-»

«Ora basta!» la voce alterata di Reborn s’intromise nella faccenda «è da prima che vi sento alzare la voce. Cosa state facendo?»

 

Amo le YamaGoku, ma ancora di più Hibari quando è nei paraggi. Ahahahaha

Qualcuno mi sta rincorrendo, lo sento. Ehi, tu! Sì, tu con la spranga di ferro! Guarda che se mi ammazzi non li farò mai mettere insieme!!! E passeranno la vita senza aver potuto ricordare l’esistenza di Tsuna come Decimo, senza fare niente. Con Hibari che li sorprende e li morde a morte a vita perché, non potendo ricordare Tsuna in alcun modo (né quello che forse hanno fatto), non avrà più alcuna occasione di rinchiudersi da qualche parte con lui.

Sono stata convincente?

Hai lasciato cadere a terra la spranga e sei andato a costituirti alla polizia, tu che ancora non riesco a vedere?

Lo spero.

E spero anche che, la terza prova di Lunedì, vada bene. E di non cadere, ancora, nel panico.

 

 

 

Un bacio

NLH

 

 

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Capitolo 12
*** Target 11# ***


 


            I’ll bite you to death, Tsunayoshi Sawada.

 

 

[Target 11#]

«Ma è mai possibile che io non vi possa lasciare soli un attimo?» la voce di Reborn suonava stanca mentre obbligava i presenti ad accomodarsi in salotto, miracolosamente ricostruito da non si sapeva bene chi «si può sapere cos’è successo ancora?»

Gokudera sprofondò nel divano, lo stesso in cui poco prima Yamamoto si era scompostamente stravaccato, troppo di malumore per rendersi conto che ce n’erano altri tre liberi e che le sue gambe erano a contatto con quelle dall’altro. L’irritazione salita alle stelle.

Reborn aveva da poco lasciato la cucina in cui si era confrontato con i Varia e aveva chiaramente detto che gli assassini non sarebbero certo passati per fare un amichevole saluto. Se n’erano andati non appena finita la discussione. Seduto al tavolo era rimasto solo Iemitsu, stravaccato nel suo completo formale stropicciato e con lo sguardo fisso di chi non può credere a quello che è appena venuto a sapere.

Strano, Yamamoto socchiuse gli occhi mentre si sedeva composto, tutto quello era troppo strano. Tolti gli avvenimenti precedenti, già sufficientemente isoliti, c’era il fatto che i Varia se ne fossero andati così alla chetichella. Loro che solitamente si sentivano arrivare mentre ancora erano in aereo, preceduti dalle grida isteriche di Squalo, tanto per prenderne uno dal mazzo. Per non parlare della pioggia di coltelli che il Principe faceva accidentalmente volare da chissà quale finestrino lasciato aperto ad alta quota. Perché? Le esplosioni d’Ira non si potevano contare? E i fulmini improvvisi nel cielo sereno? E gli SOS isterici lanciati dai poveri piloti quando prendevano un aereo di linea invece del solito Jet privato?

Ma stava divagando. E il problema rimaneva comunque. Possibile che i Varia, quegli stramaledetti casinisti, se ne fossero veramente andati senza farsi sentire? Cosa c’era veramente sotto?

Reborn, che aveva osservato attentamente le reazione di entrambi i Guardiani, quella scocciata di Gokudera e quella tra il perplesso e il sospettoso di Yamamoto, decise di prendere nuovamente in mano la situazione. E affrontare tutto quanto un problema per volta.

«Direi che non c’è più tempo da perdere, vediamo di sistemare questa faccenda in fretta» con gli occhi cercò Gokudera e gli fece cenno di avvicinarsi «vai a chiamare Ryohei, Lambo, Mukuro e cerca di contattare Dino, una volta finito qui ho bisogno che ci siate tutti».

Yamamoto assentì internamente a quella decisione. Decisamente Gokudera non era certo dell’umore migliore per affrontare quella discussione e, di questo lo sospettava ma non poteva averne ancora conferma, per quella successiva, riguardo al Decimo, il Guardiano della Tempesta doveva assolutamente essere lucido e presente.

Finalmente soli l’Hitman si voltò verso la solita finestra, dove Hibari si era scompostamente seduto, guardando a tratti l’esterno, la strada vuota e a tratti le proprie mani, come se non riuscisse a capacitarsi di qualcosa.

«Hibari» lo chiamò piano «si può sapere cosa ti sta succedendo?» osservò il ragazzo non fare un movimento, bloccando gli occhi sulle mani, lievemente dischiuse sulle ginocchia e ignorarlo totalmente «perché hai coperto quel ragazzo? Perché ci hai detto di non averlo mai visto mentre lo cercavamo?»

«Io non ho certo mentito» disse finalmente il moro senza peraltro guardarli «Siete stati voi a non aver capito che io non ho certo risposto alle vostre stupide domande» aggiunse come se fosse un’ovvietà nascondendo un sorrisino di derisione voltando la testa ancora di più verso la finestra «davvero non vi siete chiesti come mai io sia uscito a quel modo dalla stanza per poi tornarvi dentro senza fare nulla?»

«Ma si può sapere dov’è andato a cacciarsi? Quel ragazzo è bravissimo a nascondersi! Lo voglio nel mio club di boxe!!!»

«Cosa ti servirebbe uno che si nasconde in un club di boxe? Sentiamo…».

«Hibari!! Perché non sei con gli altri a cercare il giovane Wasada?»

«Non so di cosa tu stia parlando».

«Ti ricordi il ragazzino di questo pomeriggio? Sembra abbia avuto un faccia a faccia con Xunxas…non molto positivo oserei dire».

«Quindi?»

«Io non ne so niente, credete forse che se un moccioso si fosse introdotto in camera mia l’avrei lasciato andare impunito?»

«Ma l’hai visto passare? È venuto in questa direzione?»

«Forse non sono stato abbastanza chiaro?»

 

«Sei uscito dalla tua camera per evitare che ci entrassimo noi, vero? Per non farci scoprire che Wasada era dentro?» s’intromise Yamamoto, i pezzi che cominciavano ad andare al proprio posto, dando però, più che di una domanda, il tono di chi ha capito qualcosa «ce l’hai nascosto volutamente. Perché?»

Hibari non aveva mai ammesso di averlo visto né di stare nascondendolo, aveva dato delle risposte vaghe ed allusive che, Yamamoto e Sasagawa, non avevano certo pensato fossero un modo per distogliere l’attenzione dalle vere intenzione del Presidente; scambiando quelle poche parole scarne per l’irritazione di essere stato svegliato.

«Non è che continuare a chiedermelo mi renderà maggiormente favorevole ad una risposta» Hibari si era voltato verso di loro, l’espressione impassibile che gli era caratteristica finalmente al suo posto «e ora se ne è andato. Non era nessuno. Chi se ne frega di lui. Dico bene?»

Reborn scambiò un’occhiata con Yamamoto, ben poco convinti da quelle parole, ma non fecero in tempo a fare altro perché una breve processione di rumorosi e per certi versi, letterali o meno, bambini recalcitranti fece ingresso nel salotto. Incredibilmente Gokudera era riuscito a riunire tutti quelli richiesti in breve tempo e senza ammazzare qualcuno. Per il momento.

«Mi sembrava di averti detto di non fare alcun commento!» il tono acido di Gokudera sembrava, se possibile, essere peggiorato rispetto a poco prima, quando era uscito.

«Oya, oya~…ma quanto siamo suscettibili» Mukuro seguì il primo Guardiano oltre la porta, facendo dondolare mollemente il lungo tridente «ho solo chiesto che fine ha fatto il ragazzino…»

«Non è del tutto corretto!» Sasagawa  fece il suo spettacolare ingresso con in braccio un Lambo piuttosto scarmigliato e apparentemente svenuto e indossando solo un paio di boxer lisi «tu prima gli hai chiesto se si fosse divertito ad aspettare e poi hai commentato che Hibari si sarebbe sicuramente divertito con il ragazzino se tu-»

«Nessuno ti ha chiesto di ripetere quello che quel manico ha detto!» strepitò il Guardiano della Tempesta coprendo le ultime parole di quello del Sole «e poi mi rifiuto di accettare alcunché da uno che è stato in grado di farsi fregare dalla Scemucca giocando a nascondino» lanciò una breve occhiata allusiva all’abbigliamento succinto del Guardiano del Sole «carini i boxer».

«Gokudera!!!» Reborn osservò con distaccato interesse il Guardiano del Sole lanciare in aria quello del Fulmine per lanciarsi, pugni spianati, contro quello della Tempesta mentre quello della Pioggia si alzava istintivamente per prendere al volo il povero bimbo svenuto e in balia delle pazzie degl’altri. Quello della Nebbia che se la rideva, perché in fondo era stato lui a piantare il seme della discordia. E quello della Nuvola, nuovamente intento ad osservare l’esterno, che se ne fregava di tutto e di tutti.

La faccenda dal ragazzo, di quello Tsunayoshi Wasada, Reborn ne era certo, non era finita e prima o poi avrebbe trovato il modo per tirare nuovamente fuori l’argomento, magari solo con Hibari. Ma in quel momento avevano altro da fare.

«Ohi!» li richiamò all’ordine accennando ai divani «non mi pare il momento di divertirsi. Abbiamo un problema grave» annunciò riportando alla mente -ed era pure ora- il motivo per cui si trovavano ancora tutti lì.

Gokudera fu il primo a introdurre l’argomento di discussione, strofinandosi il naso per eliminare gli ultimi residui di sangue che il colpo del Guardiano della Nuvola era riuscito a infliggergli. Ma gliel’avrebbe pagata cara.

«Allora» esordì secco fissando Reborn negl’occhi «come sarebbe a dire che un Decimo noi ce l’abbiamo ma che la Famiglia Ferro è riuscito a farcelo dimenticare?»

Reborn respirò a fondo, racimolando quel poco di pazienza che sembrava essergli rimasta -quei pochi giorni erano stati incredibilmente deleteri- e fece scorrere lo sguardo in quello di tutti, esclusi Hibari che guardava ancora ostinatamente il vialetto d’ingresso e Lambo ancora abbastanza svenuto,  e ammonendoli senza aprire bocca.

Avrebbero dovuto stare zitti e ascoltare, era chiaro? Le domande, se ne avesse avuta voglia, a dopo!

«A Dino e tutti gli altri racconterete poi» esordì «non ho voglia di ripetere le cose due volte né di sorbirmi le stupidaggini che potrebbero dire. È una faccenda delicata e mi aspetto la massima attenzione» attese che i Guardiani assentissero, sempre con la speciale esclusione di Hibari e Lambo, e chiuse gli occhi per un momento prima di cominciare a ripetere quello che i Varia avevano raccontato a lui e Iemitsu poco prima.

«Intorno ad Aprile i Varia hanno accettato di compiere una missione in parallelo con i Ferro, non mi dilungherò sui dettagli, non è una cosa che ci riguarda direttamente, e quando sono andati alla loro tenuta per definire i dettagli Mammon, da buon osservatore opportunista che è, si è accorto che la parte più nuova nella casa, quella costruita da poco, non era minimamente utilizzata» Reborn scosse al testa rassegnato «ha sentito profumo di soldi e, una volta finita la missione, ha cominciato ad investigare per conto suo. Dopo essersi intrufolato e aver impiegato tutto il giorno solo per cercare di forzare le barriere di sicurezza ha deciso che doveva esserci qualcosa di veramente grosso dietro e ha informato Xanxus che è andato dritto filato da Nono. Nel giro di due giorni la tenuta dei Ferro è stata rasa al suolo».

 «Il nucleo della Famiglia è stato spazzato via, cancellato del tutto, e le protezioni erette intorno a quell’area sono state fatte letteralmente saltare in aria. All’interno è stato ritrovato un macchinario mezzo fuso, ci sono andati giù pesanti senza dubbio, e parecchi grafici e documenti che, fortunatamente, si sono salvati dalle fiamme».

«Avevano ideato una macchina in grado di rimuovere i pensieri riguardanti una persona o un oggetto specifico a partire dalla persona o dall’oggetto stesso e, automaticamente, cancellare ogni suo legame con tutti quelli che vi sono stati esposti»

«In parole povere…hanno catturato il Decimo e l’hanno sottoposto al trattamento togliendogli tutti i suoi ricordi e riversandoli nella macchina, sostituiti con altri presi da una persona allevata dai Ferro con quello scopo e tutti i ricordi legati al Decimo sono scomparsi dalle menti di coloro che l’hanno conosciuto» Reborn tacque  scrutando i Guardiani, tutti, che lo stavano a loro volta fissando increduli e inorriditi «chiaro? Bene, è tutto».

È tutto?» la voce di Gokudera suonò tremante anche alle proprie orecchie «come sarebbe a dire che “è tutto?”»

«Esattamente quello che significa» ribatté Reborn scocciato «che il racconto finisce qui, the end, fine. Nient’altro da dire».

«Eh no, se permetti!» Mukuro, turbato quanto gli altri si era alzato in piedi e aveva cercato almeno di mantenere la solita calma apparente nonostante calmo non si sentisse per nulla «direi che ci sono ancora un bel po’ di cose che dovresti dirci, non ho forse ragione?»

«Ci sono molti punti oscuri» gli diede man forte Yamamoto cercando inutilmente di abbozzare un sorriso «ad esempio che fine ha fatto ora il Decimo, oppure chi è veramente»

«Questo non lo so» rispose Reborn sistemandosi il cappello «nei documenti non c’era scritto»

«Cioè…mi stati dicendo che da qualche parte del mondo ci sono due genitori che non si ricordano di avere un figlio…» Yamamoto sembrava sempre più scioccato ogni minuto che passava «questo che mi stai dicendo?»

«Esattamente, hai capito benissimo, me ne compiaccio» fece Reborn per nulla toccato da quelle parole «e quindi? La faccenda non cambia. Dobbiamo comunque cercare il Decimo» fece una pausa «se non altro ora sappiamo che esiste veramente e che è fatto apposta per il suo posto»

«Certo…» Mukuro aveva ritrovato al sua immancabile vena ironica «dobbiamo solo capire chi sia…e che ci vuole…tanto il mondo non è mica così tanto grande…quante persone vuoi che ci siano? Solo sei o sette miliardi».

«Ma è possibile che non abbiano scoperto null’altro?» Gokudera sembrava essersi  ripreso ed esibiva un broncio che metà sarebbe bastato «sono entrati, hanno distrutto tutto e hanno trovato solo questo? Nessun’altra informazione?»

«Molti di quei documenti sono andati distrutti durante l’attacco, è vero, ma gli scienziati che lavoravano nel laboratorio avevano già cominciato a distruggere tutto quando si sono accorti dell’arrivo dei Varia, a partire dai più importanti» Reborn sospirò deluso «come ho detto la situazione non cambia…dobbiamo trovare il Decimo, tirarlo fuori dal buco in cui i Ferro  l’hanno nascosto, e cercare di avere fiducia degli scienziati Vongola. Stanno lavorando a pieno ritmo per cercare di capire quello che è successo»

«E i Ferro potrebbero pure averlo nascosto» Mukuro, come al solito, ascoltava solo quello che gli faceva comodo per esprimere il suo immancabile ottimismo «fantastico, così è pure più semplice sapere dove si trova…»

«Risparmiati il sarcasmo, Mukuro» non è che Reborn fosse sempre in grado di apprezzare li humour nero del Guardiano «e che qualcuno svegli Ryohei. Per oggi è successo anche troppo. Adesso voglio che riflettiate a quello che ho detto. Potete parlarne pure con chi volete. Dobbiamo trovare una soluzione al più presto»

Yamamoto annuì mentre, con la speciale e divertita partecipazione di Lambo, che al cento per cento non aveva capito quello che stava succedendo, cercava di far rinvenire il Guardiano le Sole caduto in una specie di trance quando Reborn aveva cominciato a parlare. E farfugliava pure di memorie passate e allenamenti mancati di boxe. Poverino…non l’aveva presa bene nemmeno lui.

Reborn stava per uscire dalla sala quando, inaspettatamente, lo raggiunse la voce di Hibari.

«Un’ultima cosa, bambino» lo richiamò, continuando in ogni caso a fissare fuori dalla finestra imperterrito.

«Dimmi» rispose Reborn, anche lui senza guardarlo.

«Hai detto che la memoria del Decimo si trova nella macchina che hanno costruito i Ferro» tacque e prese il silenzio dell’Hitman come un assenso «e hai anche detto che la macchina è andata distrutta» altra pausa mentre persino Yamamoto si rendeva conto delle implicazione e dei dubbi del Guardiano della Nuvola –quello del Fulmine non lo ascoltò nemmeno mentre a quello del Sole sarebbe stato necessario spiegare tutto da capo, magari senza l’ermetismo dell’Hitman.

«Cosa vuoi sapere, Hibari?» le labbra di Reborn si arricciarono.

«Se la macchina è distrutta…che fine hanno fatto i ricordi del Decimo?»

«Tra la documentazione rivenuta è stata trovata questa fotocopia» Reborn tirò fuori dalla tasca un pazzo di carta piegato più volte su sé stesso, evitando apparentemente la domanda «è un frammento delle visioni di Luce, il primo Arcobaleno del Cielo di questa generazione. Pare centri con tutta questa storia».

Hibari afferrò il foglio che l’Hitman aveva lanciato in aria prima di uscire definitivamente dalla stanza e lo spiegò con lentezza mentre gli altri Guardiani gli si ammassavano intorno. Non troppo vicini per non incappare nelle sue ire a causa di uno sconfine nei suoi spazi vitali.

Il giudizio che dal Mare sta per essere emesso

Accompagna lo scrosciare agitato del Tempo.

Questa Nuvola solitaria si ricongiunge al Cielo immenso

La Pioggia che preannuncia la Tempesta si fa sempre più forte

Lo stregone sogghigna nella sua gabbia di Nebbia

Il Sole dorato quante volte si trasformerà in Fulmine tonante?

Proviamo a porre fine a questa illusoria vita.

Non piangere, distruggi questa bugia che ti tiene in trappola

Imprimila a Fuoco nel tuo cuore

La promessa che non è riuscito a mantenere.

Vogliamo provare a porre fine a questa falsa vita?

Questo banchetto decaduto si ripete senza fine

Nessuno può difendersi dal peccato che gli scorre nelle vene

Tu quanta salvezza preghi di avere nel tuo castigo?

 

Gokudera, quello che in teoria avrebbe dovuto saperne più di tutti, in quanto Italiano e appartenente alla Mafia sin dalla nascita, e verso il quale tutti si erano rivolti per avere una spiegazione e possibilmente anche la traduzione in  giapponese, tranne Mukuro che l’Italiano lo sapeva bene, aggrottò incerto un sopracciglio sentendo un’incredibile voglia di uscire da quella sala e fumarsi un intero pacchetto in santa pace.

«E che cavolo vorrebbe dire?»

 

Beh…non è che sia successo chissà cosa…a dire la verità…e poi…da dove diavolo spunta fuori questa profezia!?!? Boh… (e se non lo sa nemmeno l’autrice siamo messi proprio bene…)

Sì, sono consapevole che questo non è un commento ma sono stanca e la testa mi sta bollendo, ergo non saprei cosa scrivere. Quindi…prendetemi così come vengo…e buona notte, vi aspetto per i prossimi capitoli (dove, finalmente qualcuno si accorgerà che manca qualcosa di fondamentale…e non dico altro)

 

Ah! Cosa importantissima!!!! Per poco non me ne dimenticavo!!! Il 5 (martedì) ho l’orale e, circa 10 minuti dalla sua fine parto per almeno dieci giorni…non so se riuscirò a postare il capitolo successivo per tempo. Come ho detto non ne ho ancora idea quindi, se non lo vedete, non allarmatevi, lo posto appena torno. Se invece lo vedete…vuol dire che ho scoperto la password della linea internet dei vicini e sto usando il loro internet abusivamente (muahahahahahahahahaah!!! A Mukuro ci faccio un baffo!)

 

Un bacio

NLH

 

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Capitolo 13
*** Target 12# ***


 

 

                I’ll bite you to death, Tsunayoshi Sawada.

 

 

[Target 12#]

«L’ANELLO DEL DECIMO È SPARITO!!!» l’urlo belluino di Gokudera ebbe il potere, due ore dopo la fine della riunione, quando tutti si erano tranquillamente stravaccati in giro per la casa nelle loro stanze preferite, per riflettere e con l’intento di rimandare al più tardi possibile il momento in cui avrebbero dovuto tornare a rivestire i panni degli studenti di tutti i giorni, di richiamare nuovamente i presenti all’ordine.

Fu talmente forte che riuscì persino a coprire le urla di Sasagawa che, aiutato dal suo fido blocco di disegno e dalla sua meravigliosa capacità artistica, stava cercando di riassumere quello che Yamamoto aveva rispiegato a lui, Haru, Kyoko, Bianchi, Fuuta e Lambo riguardo alla questione della Famiglia Ferro.

Obbligò Mukuro a rientrare in casa dopo che stava cercando di sgattaiolare via senza farsi scoprire da nessuno, mentre macchinava di andare a fare un salto a Kokuyo e strapazzare un po’ Ken e Chikusa visto che era da un po’ che non lo faceva.

I Guardiani più gli ospiti si precipitarono tutti al quarto piano interrato, stava diventando decisamente utilizzato, per raggiungere un Gokudera urlante in camera, solitamente sigillata, del Decimo.

«Cosa sta succedendo?» Reborn era comparso dal nulla, o forse da uno dei suoi nascondigli segreti, direttamente sulla testa del Guardiano che fece un salto dallo spavento di trovarselo addosso così all’improvviso.

«L’Anello del Decimo» indicò tremante la teca dove solitamente riposava, vuota «non c’è qualcuno l’ha rubato!» respirò profondamente nel tentativo di calmarsi ma i pugni serrati tradivano la sua profonda irritazione «ero venuto a controllare che fosse tutto a posto, come ogni sera, quando mi sono accorto che la porta non era bloccata ma solo socchiusa!» indicò la serratura esterna spingendo rudemente di lato Yamamoto che ne bloccava la visuale «vedete? Qualcuno l’ha forzata!»

Yamamoto, cercando di non prendersela troppo da quel gesto, si chinò ad esaminarla, imitato dagl’altri, Reborn in prima fila. Evidentemente, solo ad un occhio esperto, si potevano facilmente notare i sottili graffi sul bordo.

«Chi credete sia stato?» Reborn aggrottò le sopracciglia; ci mancava solo quello a complicare ulteriormente la situazione.

«Non lo so» Yamamoto scosse la testa cercando contemporaneamente di calmare un improvvisamente vitale Ryohei dai propositi di andare ad acciuffare il colpevole -peraltro ancora sconosciuto- e fargli confessare il misfatto a suon di pugni «ma deve essere stato uno che sapeva cosa e dove cercare»

«Hai ragione…» rifletté Reborn «e soprattutto deve aver saputo esattamente come muoversi visto che non ho notato nessuno di sospetto…» fece un momento di pausa, grave «oltretutto la protezione non si limitava solamente alla serratura…»

«Cosa intendi?» chiese Yamamoto interrogativo.

«Che chiunque non sia il vero utilizzatore dell’Anello o non abbia la Fiamma adatta, quella del Cielo, in caso si furto non rimane solamente un oggetto inanimato» lanciò un’occhiata a Yamamoto che aveva spalancato gli occhi sorpreso «come un meccanismo di difesa».

«Cioè l’Anello è stato rubato da uno della Famiglia?» cercò di afferrare il concetto il Guardiano della Pioggia, sempre più incredulo «è questo che intendi?»

«Sono certo che sono stati i Varia!» il ringhio di Gokudera interruppe le elucubrazioni di Yamamoto e Reborn «quello stronzo di Xunxas non ha ancora perso la voglia di provare a tradirci!»

«Vacci piano Gokudera» lo ammonì Reborn, nonostante internamente stesse cominciando a chiedersi quale potesse essere il modo più veloce e sicuro per raggiungere la squadra assassina prima di sera «non sappiamo se sono stato loro e tu, come possibile futuro braccio destro del Decimo, non puoi lasciarti andare a questo modo, devi imparare a valutare razionalmente ogni situazione».

«L’Anello è sparito e loro sono gli unici ad essersi allontanati da qui» sbottò in tutta risposta il Guardiano «e chi altro di noi avrebbe mai potuto trovare una motivazione al rubarlo?»

Con un movimento furtivo, il piccolo Killer, voltò gli occhi in direzione degl’altri Guardiani riuniti.

Mukuro alzò le spalle con il suo solito sorrisino malizioso.

«Quello che m’interessa è prendere possesso del corpo del Decimo per poter controllare il mondo e distruggere la mafia» sussurrò quasi indignato «rubare uno stupido anello non rientra certo nei miei piani…»

«Brutto…» Gokudera stava per lanciarsi sul Guardiano della Nebbia quando Yamamoto si fece avanti a tranquillizzare gli animi, come al solito.

«Andiamo, Gokudera…» rise «lo sai che Mukuro dice sempre queste cose ma alla fine non farà niente…»

«Oya…?» ridacchiò divertito l’interessato alle affermazioni del giovane e alla conseguente vista del viso di Gokudera che prendeva fuoco, forse a causa degl’indignazione o forse per la figuraccia appena fatta, mentre il Guardiano della Pioggia gli metteva un braccio attorno alle spalle.

«Piantala di ridere come un deficiente» lo aggredì comunque Gokudera, arrabbiato e umiliato «che tu saresti sicuramente il primo a voltare le spalle al Decimo per i tuoi fini! Credi forse me ne sia dimenticato? Sin dalla prima volta che ti abbiamo combattuto lo so!» i pugni serrati del Guardiano erano bianchi dalla sforzo mentre Mukuro continuava a rimanere impassibile a quel fiume di parole «volevi prendere il controllo di Namimori e poi, quando, per non ho ancora capito il perché, Reborn ti ha eletto come uno di noi Guardiani, non hai fatto altro che metterci i bastoni tra le ruote!»

Gli occhi della Nebbia si assottigliarono mentre Yamamoto cercava inutilmente di trattenere l’italiano.

«Mi pare di aver fatto molto per voi sciocchi, nonostante tutto» sibilò serrando la presa sul tridente che fino a quel momento aveva portato mollemente appoggiato alla spalla «nonostante foste voi» fece una pausa per far capire quanto disprezzasse l’essere in combutta con dei mafiosi «nonostante non avessimo una guida e nemmeno la garanzia di trovarla, vi ho aiutati. Anche Chrome l’ha fatto» precisò alludendo al corpo che aveva preso come ospite per potersi manifestare «non è forse così Hayato-kun?»

«Non chiamarmi in modo così familiare, doppiogiochista!» strepitò l’altro liberandosi dalla presa di Yamamoto e facendo un passo avanti, candelotti di dinamite alla mano.

«Gokudera!» il grido energico e arrabbiato di Ryohei s’intromise nella litigata mentre il ragazzo si posizionava davanti alla sorella e ad Haru, per proteggerle «non provare a far esplodere quella roba qui dentro! La mia vendetta sarà estrema se colpirai Kyoko!»

«Onii-san, attento…»

«HAHI! È pericoloso Ryohei-san! E anche tu Gokudera-kun! Smettetela è pericoloso!»

«Sta’ zitta stupida donna! Nessuno ha chiesto il tuo parere!»

«Gokudera! Ti sembra questo il modo di rivolgerti ad una ragazza!?»

«Vediamo di calmarci tutti» a Reborn sembrò di aver passato più tempo a ripetere quella frase che a bere il suo amato espresso, in quei giorni. E non è che la cosa gli facesse esattamente piacere.

«Non potrei essere più d’accordo» Hibari era appena uscito dalla camera di fronte, in cui evidentemente di era rifugiato per cercare di dormire in santa pace «possibile che voi erbivori abbiate costantemente bisogno di ricordare che odio quando vi riunite in gruppo? Specie se disturbate il mio sonno».

«Hibari»

«Cosa?» il Guardiano abbassò lo sguardo per incontrare quello di Reborn.

«L’Anello dei Cielo è scomparso. Tu ne sai qualcosa?»

«Perché dovrei sapere qualcosa riguardo a quell’anello?»

«Ma…non lo so…» Gokudera, sempre il solito attaccabrighe «magari perché ultimamente ci stai nascondendo un po’ di cose…»

«Vuoi morire, erbivoro» lo minacciò senza nemmeno guardarlo.

«Se pensi di riuscirci…» lo provocò il Guardiano della Tempesta, il colpo in viso che gli aveva inferto ancora ben presente nella sua memoria, l’orgoglio desideroso di vendetta. Possibilmente decuplicata e coronata con un bel botto. Letteralmente.

«Lambo-san ha paura» piagnucolò il bambino vedendo il Guardiano della Nuvola far scivolare i tonfa fuori dalla giacca e preparandosi ad attaccare l’altro e desideroso di una bella lotta senza quartiere. Era da un po’ che desiderava sfogare l’irritazione cresciuta in modo esponenziale negl’ultimi tre giorni.

«Anche I-Pin…» mormorò la cinesina aggrappandosi alla gamba di Kyoko mentre quest’ultima li circondava con le braccia e se li stringeva al petto.

«Visto?» fece Haru che aveva seguito tutta la scena da sotto la spalla del Guardiano del Sole «avete fatto spaventare Lambo-kun e I-pin-chan! Contenti?»

«Ho detto» la voce di Reborn era tutt’altro che calma, in quel momento, e risuonò come uno sparo per la camera «di calmarvi»

Gokudera non se lo fece ripetere due volte, rimando immobile ad un palmo dal buco nel muro che la pallottola dell’Arcobaleno aveva sparato per sottolineare le sue parole.

«Ehm…»

Hibari arricciò il naso infastidito per l’interruzione e uscì dalla camera senza dire più una parola rimanendo comunque, all’insaputa dei tutti, fuori dalla porta per ascoltare quello che gli erbivori avrebbero detto. Non perché gli interessasse, chiaro. Giusto per sapere che qualche altro pazzo esaltato si sarebbe presentato alla Nami high School. Aveva decisamente bisogno di sfogarsi su qualcuno. Tanto meglio se fosse stato il responsabile di tutto quel casino.

«Quello che dobbiamo fare ora è ritrovare l’Anello» stava dicendo Reborn «ma non dobbiamo escludere alcuna pista. Non è detto che siano stati i Varia, cose come queste necessitano di un’accurata riflessione e non di ipotesi campate per aria…»

«E se fosse che i Varia sono venuti proprio con l’intento di rubare l’Anello con la scusa della storia del Decimo?» Ryohei aveva fatto, vedersi obbligato, la sorella e Haru a sedersi sul letto per evitare qualunque possibile altra rissa e aveva raggiunto gli altri che si erano raggruppati attorno alla scrivania.

«Effettivamente potresti avere ragione» assentì Reborn, stupito dall’uscita intelligente che Ryohei aveva fatto, imitato dagl’altri «se devo essere del tutto sincero non è che la loro storia mi abbia convinto del tutto, mi è sembrata piuttosto improbabile…»

«Pure quella specie di profezia» Gokudera scosse una mano scocciato «com’è possibile che esista veramente una cosa del genere…?»

«Per esistere, esiste…» gli confermò Reborn «ma non è detto che si riferisca a questo caso in particolare…» rifletté un momento «potrebbe anche essere che la Famiglia Ferro sia stata eliminata per altri motivi e che i Varia ne abbiano approfittato per costruire tutta questa storia. Tenerci impegnati con la questione del finto Decimo e approfittarne per rubare l’Anello…» tacque un momento «sarebbe comprensibilmente nel loro stile…»

«Ma questo vorrebbe dire che stanno deliberatamente andando contro i Vongola…ancora!» Yamamoto sembrava scocciato mentre affiancava Gokudera, per una volta uniti nel desiderio di farla pagare a qualcuno. La Gokuderizzazione stava diventando evidente ogni giorno che passava, sul Guardiano della Pioggia.

«Quei bastardi…» Gokudera arricciò le labbra in un’inequivocabile smorfia di disprezzo, passando inconsapevolmente all’italiano «meritano peggio della morte…»

«Ehm…cosa?» fece Yamamoto imitato da Sasagawa, momentaneamente calmi.

«Ha detto che non vede l’ora che questa storia finisca per potersi chiudere da qualche parte con t-» Mukuro, che si era gentilmente accollato l’onere di tradurre le parole italiane che ogni tanto sfuggivano dalla bocca del Guardiano della Tempesta ricevette, non si sa come, un libro in testa ben riempito di plastico e con la miccia già accesa da un incomprensibilmente infuriato Gokudera.

«Cosa cazzo stai dicendo?» sempre più infuriato Gokudera si avvicinò pericolosamente al Guardiano della Nebbia «ripetilo se ne hai il coraggio!»

«Con piacere» sorrise mefistofelico, Mukuro «ho detto che tu ti saresti volentieri chiuso da qualche parte con Yam-»

«Mukuro…» Reborn mise nuovamente in mezzo la sua pistola, opportunamente trasformata in un lanciarazzi, bloccando sia l’invettiva e le possibili ripercussioni di Gokudera su Mukuro che il discorso, sicuramente campato per aria, che il Guardiano della Nebbia stava facendo «non sono dell’umore adatto per stare dietro a voi bambini. Chiaro?»

«Oya, oya~» Mukuro alzò le spalle facendo un passo indietro e facendo scivolare il colletto della giacca che Gokudera teneva saldamente, da sotto le sue dita «se lo dici tu allora…»

«Cosa dobbiamo fare?» Yamamoto era intervenuto anche lui a dividere i due Guardiani «dobbiamo assicurarsi che i Varia abbiano l’Anello?»

«Forse facciamo ancora in tempo ad acciuffarli» annuì Reborn minaccioso «sono stanco di tutta questa situazione. Prima li becchiamo, prima troviamo l’Anello e prima sappiamo se tutta la storia del Decimo è vera» fece una pausa mentre scrutava i presenti «intendo parlare direttamente con il Nono. Voglio chiarezza».

Yamamoto annuì raccogliendo Shigure Kintoki, che aveva lasciato cadere a terra durante la breve colluttazione tra i due Guardiani, e se la assicurò alla schiena.

«Vengo con te» asserì guardando l’Hitman «voglio capire anch’io e una mano può fare sempre comodo».

«Non dire stupidate, Yakyuubaka! Sono io il braccio destro» Gokudera gli si parò davanti «è ovvio che ci andrò io con Reborn! Tu non conosci nemmeno una parola d’Italiano!»

«Andiamo, Gokudera…» fece Yamamoto sorridendo «non vedo allora perché non potremmo andare entrambi…»

«Perché tu non sei il braccio destro del Decimo!» fu la logica risposta del ragazzo.

«E non c’è ancora nessun decimo» rincarò la dose una nuova voce «quindi non è una ragione valida, Hayato…»

«Ah…aneki…» gemette Gokudera, prima di rendersi contro che la donna aveva il volto coperto dai solito occhiali, tanto per abitudine «cosa ci fai qui?»

«Come sei rude…» gli mormorò entrando nella stanza e scompigliandosi i capelli «è ovvio che io sia ovunque ci sia anche il mio amore…oh, Reborn…» esclamò inginocchiandosi davanti a lui «posso venire anch’io vero? Proprio come ai bei tempi…io e te, in missione, oh!»

«Perché no?» assentì l’Hitman tra l’immensa gioia della donna e la funesta disperazione di un certo ragazzo «il tuo aiuto ci potrebbe essere molto utile» Bianchi si ravviò i capelli con fare sensuale e guardò di sottecchi il fratello, tutt’altro che felice.

«Hai sentito, Hayato…dopo tanto tempo faremo un bel viaggio insieme…»

«Mi rifiuto!» sbraitò il bombarolo appellandosi a Reborn «perché?»

«Perché in quattro avremo maggiori probabilità di fermare i Varia» spiegò serafico il bimbo da sotto la falda del cappello.

«Quattro…?» ripeté Gokudera aggrottando le sopracciglia.

«Quattro» gli confermò l’Hitman «io, Bianchi, tu e Yamamoto».

«Perché anche lui!?» continuò a strepitare «non serve, non ce n’è bisogno! È inutile!»

«Ahah» Yamamoto passò un braccio attorno alle spalle di Gokudera ridendo «visto? Veniamo tutti e due…»

«Ahhhrgh!!!»

Reborn decise saggiamente di estraniarsi da quelle effusioni per rivolgersi ai Guardiani rimanenti.

«Ryohei, Mukuro» li chiamò per attirare la loro attenzione «voi resterete qui» lanciò un’occhiata penetrante ad uno in particolare di loro due «dovete rimanere qui, penserò io ad avvisare la scuola per Ryohei e tu Mukuro puoi mandare un’illusione o che so’ io a Ken e Chikusa per avvertirli, non vi dovrete muovere, sono stato chiaro?»

«E per quale motivo dovrei fare quello che dici?» sussurrò il Guardiano della Nebbia, mellifluo come al solito «non mi pare di aver mai-»

«Ehi!» Sasagawa lo interruppe gesticolando e ignorando stoicamente le occhiate di Mukuro, riuscendo, non si sa bene come, a non notare nemmeno le illusioni di morte che gli stava indirizzando contro per averlo così barbaramente interrotto «Kyoko non deve rimanere qui, vero?»

«No, nemmeno Haru ma preferirei che i diretti collegati alla mafia non si muovessero» acconsentì Reborn alludendo a Lambo e Fuuta «non vorrei sbagliarmi ma…» fece una pausa stringendo gli occhi «nel caso succedesse qualcosa voglio essere pronto».

«Di cosa hai paura, bimbo?» Hibari, ancora una volta in quella stanza e tutt’altro che intenzionato ad abbandonare la conversazione «di un possibile attacco a Namimori?»

«Quello di cui ho paura non dovrebbe nemmeno interessarti» gli rispose vedendo che il Presidente, alla sola idea di poter subire un attacco da nemici sconosciuti, aveva fatto scivolare i tonfa nuovamente dalla giacca alle proprie mani «non sono ancora del tutto convinto di quello che mi hai raccontato riguardo a quel ragazzo e bada» la sua voce si fece più bassa «quando questa storia sarà finita io e te ci fare una un’altra bella chiacchierata».

Hibari si limitò nuovamente a non rispondere e ad ignorare le smorfie che Mukuro gli stava facendo alle spalle dell’Hitman. Soltanto il lieve tremolio delle mani, mentre nascondeva nuovamente i tonfa sotto la giacca, tradirono l’irritazione dovuta all’affermazione di Reborn.

«Mi aspetto che anche tu rimanga qui» aggiunse infine l’Arcobaleno senza più guardare il moro e voltandosi verso i tre litiganti di prima che sembravano aver calmato gli spiriti. O meglio, Yamamoto teneva ancora un braccio attorno al collo di Gokudera, costringendolo a stare fermo e voltato nella direzione opposta a quella in cui si trovava la sorella, tutta intenta a fantasticare sull’imminente missione che avrebbe svolto con il suo Reborn.

Anche l’atmosfera attorno a loro si era fatta più…densa, come fossero finalmente consapevoli della missione, della situazione a cui sarebbero andati incontro. La serietà mostrata ne era la prova.

«Andiamo» si limitò a dire, precedendoli, Reborn.

E stavano giusto per uscire dalla porta quando, finalmente, il decimo boss della Famiglia Cavallone rientrò, con alle calcagna Romario e Kusakabe.

«Ah, Reborn!» esclamò eccitato e frettoloso «proprio te cercavo, ti devo assolutamente parlare di una cos-» senza dargli nemmeno il tempo di spiegarsi, Reborn, lo scaraventò senza alcuna gentilezza sul muro opposto costringendo sia Romario che Kusakabe ad indietreggiare per evitare di fare la stessa fine del Boss Cavallone.

«R-Reborn…» cercò di dire Dino alzandosi faticosamente in piedi e cercando di dare un senso a tutto quello che stava accodando «Ehi! ma dove state andando tutti?» aggiunse più sveglio, tentando di intromettersi nella breve processione che si era formata e che si stava dirigendo a passo di marcia, decisamente sul piede di guerra, verso l’ingresso e poi in aeroporto.

«Fatti spiegare da loro» tagliò corto Reborn caricando Leo-cioè, mentre caricava la sua pistola «non abbiamo tempo da perdere».

«Ma…» il giovane Cavallone rimase interdetto a fissare il corridoio svuotarsi «ma cosa è successo?»

 

Sono passate due settimane e più imprevisti di quelli che sarei riuscita a sopportare in un momento normale. Mi dispiace di questi immane ritardo ma non sono sicura di avere sempre internet a disposizione.

Intanto godetevi questo capitolo e un enorme “Buone Vacanze” a tutti!!!!

 

Un bacio

NLH

 

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Capitolo 14
*** Target 13# ***


 

 

                I’ll bite you to death, Tsunayoshi Sawada.

 

 

[Target 13#]

«Dobbiamo assolutamente fermarli!» decisamente quell’urlo era l’ultima cosa che si aspettavano uscisse dalle labbra di Dino una volta che ebbero finito di raccontare le ultime novità sul Decimo, i Varia e l’Anello. Diciamo che Mukuro, soprattutto Mukuro, aveva pensato che il Boss si sarebbe alzato all’improvviso desideroso di seguire il maestro e farla pagare ai brutti e cattivi Varia per l’affronto. Si può dire che avesse sperato facesse una bella carneficina.

Non che proponesse di fermare tutto quanto. Decisamente non quello.

«Ma…perche?» Sasagawa fece passare lo sguardo dal Guardiano della Nuvola a Dino, vagamente confuso «non sono forse stati i Varia ad inventarsi tutta la storia falsa del Decimo e a farci abbassare la guardia? Non hanno rubato l’Anello?»

«Non so nulla dell’Anello» ammise il biondo prendendo a camminare avanti e indietro facendo la spola tra il letto e la poltrona dove Mukuro lo guardava con un misto tra scetticismo, delusione e bastardaggine, come ne fosse in grado non c è dato saperlo «ma la storia del Decimo è tutt’altro che inventata!»

Tornò a sedersi poggiano i gomiti sulle ginocchia e tenendosi la testa tra le mani. La situazione stava precipitando…che novità.

Erano passate circa due ore dal momento in cui era stato scaraventato contro un muro da Reborn e che quest’ultimo, seguito da degli agguerriti Gokudera, Yamamoto e Bianchi, uscisse dalla casa dei Vongola con direzione aeroporto (e tenuta italiana dei Varia). Due ore dopo aver tranquillizzato e mandato a casa sia Haru che Kyoko, con precise istruzioni di non mettere nemmeno un capello fuori dalle loro abitazioni, protette dagli uomini del Cavallone. Due ore in cui, dopo aver dato ad un Mukuro stranamente collaborativo l’ordine di proteggere la casa con una barriera di Nebbia (diciamo che l’aveva proposto con molta gentilezza e umiltà e Sasagawa aveva fatto il resto costringendolo a farlo) senza dare una spiegazione a nessuno, Dino aveva ascoltato ciò che i Guardiani rimanenti avevano da dire.

Con un Sasagawa perennemente confuso perché già aveva afferrato poco della situazione precedente e si perdeva letteralmente in quella presente; un Mukuro che aiutava ben poco con i chiarimenti preferendo riportare dettagli piccanti (e dubbi) e commenti assolutamente fuori luogo; un Lambo che credendo di aver capito tutto s’intrometteva nelle già frammentarie spiegazioni del Guardiano del Sole facendo perdere totalmente il filo, Fuuta che si sentiva in vena di predizioni e aveva fatto volare Ezio nell’acquario con risultati ben poco accettabili, Hibari che si era fatto vedere quel tanto che bastava per mettere fuori gioco la piccola tartaruga prima che raggiungesse anche solo dimensioni di un cane (meglio la prevenzione) e colpire pure il Boss Cavallone, tanto se lo meritava comunque, per poi sparire nuovamente.

Tutto per poi arrivare alla conclusione, dopo due ore ripetiamolo, che Reborn era partito senza sapere una cosa fondamentale. Di assoluta primaria importanza. Che avrebbe sconvolto tutti. Che doveva assolutamente riferirgli prima che decidesse di radere al suolo la Villa dei Varia. Un’informazione che aveva sconvolto anche lui, Dino stesso.

Qualcosa che se fosse riuscito a ricordarsi sarebbe stato meglio…

Cercando di far tornare alla mente l’informazione di vitale importanza che aveva comprato dalla Yakuza -che organizzazione però la mafia giapponese…avrebbe dovuto prenderla a esempio, così precisi e meticolosi- richiese l’attenzione dei presenti.

«La famiglia Ferro ha veramente complottato contro i Vongola e sembra abbia veramente creato una macchina per rimuovere i ricordi del vero Decimo e trasferirli in quello falso» cominciò a spiegare, finalmente, quello che ricordava del lungo discorso che aveva affrontato con la Yakuza poche ore prima «non so se i ricordi siano stati impiantati nel falso ma so per certo che non è arrivato in Giappone» strinse gli occhi per fare mente locale «l’arrivo di un drappello di Ferro era previsto per stamattina ma non si è presentato nessuno dall’Italia…»

«Vabbè…» Sasagawa cercava di capirci qualcosa «ma questo cosa centra con quello che devi assolutamente dire a Reborn?»

«Non è che te lo sei dimenticato, eh stupido Bracco?» Mukuro e la sua stramaledetta intuizione maliziosa. Dino represse il desiderio di compirlo con un qualunque oggetto contundente, il cuscino che sentiva appoggiato alla schiena tanto per dirne uno…

«Mukuro…» lo chiamò con un tono che voleva sembrare di sufficienza ma che non avrebbe ingannato Ryohei, figurarsi uno smaliziato come Rokudo Mukuro «se hai voglia di attaccar briga accomodati» indicò la porta «ho sentito che Hibari è un po’ nervoso oggi…chissà per colpa di chi…»

«Stavolta non centro» ribadì serafico il Guardiano della Nebbia «e non parlo certo per esperienza personale…» e qui sorriso malizioso «ma è normale essere un tantino frustrati dopo non aver potuto concludere» una pausa in cui guardò Dino di sottecchi rigirandosi il tridente tra le dita «non so se mi spiego…»

«Io non ho capito…» fece Ryohei dubbioso, espressione anche fin troppo simile a quella che il Boss Cavallone aveva in volto. Mukuro lasciò cadere le spalle sospirando rassegnato. Da uno come Ryohei (ancora, ancora) poteva aspettarselo ma da Dino…ma non erano i mafiosi quelli maliziosi e con alle spalle un sacco di quella esperienza? Lambo fissò con occhi spalancati ed interrogativi gli adulti prima di voltarsi verso Fuuta (finalmente seduto tranquillo in un angolo e senza il libro delle Classifiche in mano).

«Cosa vuol dire quello che ha appena detto?» fece, probabilmente riferendosi alle ultima parole di Mukuro.

«Nulla» gli rispose calmo e serafico l’altro «solo che Hibari-san e l’altro ragazzo, Tsunayoshi Wasada-kun, non hanno potuto fare sesso a causa dei problemi che ci sono stati e che per questo Hibari-san è di pessimo umore»

«Ah» commentò a propria volta il bovino «ho capito».

E sembrava finalmente aver capito anche Dino perché rischiò di strozzarsi con la saliva che stava deglutendo proprio in quel momento alle parole audaci e disinvolte del giovane classificatore, mentre sperava con tutte le proprie forze di aver capito malissimo.

E Mukuro che ammirava estasiato il bambino, ammirato dalla perspicacia di quel giovanotto che aveva fatto rapire una volta; aveva adocchiato subito il suo potenziale, altro che storie. Avrebbe dovuto, doveva assolutamente prenderlo come allievo.

E mentre Mukuro fantasticava sulla faccia di Gokudera e sul colore che avrebbe assunto nel momento in cui, dopo un adeguato addestramento fornito da lui stesso, avrebbe sentito Fuuta commentare l’ultima scenata di gelosia dell’italiano nei confronti di Yamamoto con tanto di doppi sensi e battute a sfondo sessuale, il tutto proveniente da un’innocente boccuccia da bimbo insospettabile; Dino si rendeva conto di quello che Fuuta aveva detto, con annessi e connessi, sperando, oltre al fatto di aver casualmente contratto una rarissima malattia che non gli permetteva di ascoltare quello che i bambini innocenti dicevano (altrimenti detta monoscleriuditoria), che Hibari non fosse nei paraggi per sentire quello che credeva di aver sentito ma non ne era ancora del tutto sicuro. Poteva veramente trattarsi di monoscleriuditoria!?

E Sasagawa rimaneva nella più totale ignoranza perché, nel momento stesso in cui Fuuta aveva esternato la propria interpretazione delle parole di Mukuro, gli era sembrato di sentire un rumore sordo provenire dei piani alti.

«Mukuro!!» quello di Dino era una via di mezzo tra un disperato bisogno di rassicurazione e una risata isterica «non dire certe cose, i bambini potrebbero fraintendere…»

«Oya~…?» alzò un sopracciglio quest’ultimo, ridacchiando tra sé «secondo me invece i bambini hanno capito benissimo…» fece una pausa divertito dal boccheggiare del Cavallone, alla disperata ricerca di una replica «non è forse così, Ryohei?»

Il ragazzo in tutta risposta inclinò la testa senza prestare la benché minima attenzione al discorso. Era sicuro che quel rumore si era ripetuto…ma era così debole che non…

Per nulla scoraggiato dalla mancata risposta del Sole, Mukuro, riprese con noncuranza a strapazzare il biondo. Sempre in prima fila quando si trattava di corrompere/rovinare/terrorizzare la mafia. E in particolare quello stramaledetto buonista di Dino.

«Dino-kun» cinguettò facendolo rabbrividire «non mi dirai che non ne sapevi nulla…» altra risatina maliziosa «ma quanti anni hai? Diciannove, diciotto?»

«Ventuno…» si ritrovò a pigolare il Cavallone ancora sconvolto.

«Ventuno…» Mukuro spalancò teatralmente gli occhi «e non sai ancora nulla del sesso?» calcò volutamente sulla parola costringendo il biondo a rabbrividire «non mi dirai che anche per quello hai bisogno di uno della tua famiglia…perché se no non riesci a concludere…» altro silenzio imbarazzato e scioccato da parte dell’italiano «ma no mi dire…senza uno dei tuoi che ti guarda non riesci a fartelo rizz-»

Un forte boato costrinse tutti, con immenso rammarico del Guardiano della Nebbia, a ripararsi da un’improvvisa pioggia di frammenti di soffitto, staccatisi a causa della forte scossa. Fuuta si riparò sotto il letto mentre i più grandi si coprirono la testa con le braccia anche se, nel caso speciale di Sasagawa, cominciò a colpire con i suoi pugni i pezzi più grandi gridando all’allenamento estremo o simili. Lambo, invece, cominciò a correre terrorizzato per tutta la camera.

«Gyaaaaaaaaaahhhhhhhhhh!!» strillò scaraventando nella fretta il contenuto della sua voluminosa acconciatura tutt’intorno «un terremoto!!»

«Non è possibile…» tossicchiò Dino rialzandosi barcollante in piedi «non di questa violenza…la casa è stata costruita apposta…» tossì ancora «usciamo da qui» gridò quando una seconda scossa, più forte della precedente, li fece barcollare rischiano di far cadere il voluminoso lampadario proprio sopra di loro «non è sicuro!».

Per una volta non ebbe bisogno di ripeterlo due volte perché, come un sol uomo, si precipitarono fuori dalla stanza del Decimo, con Sasagawa che aveva preso in braccio il giovane Bovino e Fuuta, verso un posto più grande e meno pieno di oggetti contundenti. La salvezza, in questo caso, era rappresentata dalla stanza di allenamento, dieci volte più resistente e grande di qualunque altra stanza costruita del Rifugio.

«Qui…» ansimò facendo cenno a Ryohei di depositare i bambini «qui dovremmo essere al sicuro, almeno per ora» si guardò introno, compiaciuto di trovare la stanza in perfetto stato, senza i segni di cedimento che aveva notato durante la fuga, incredibilmente senza cadere, lungo il corridoio.

«Per quanto ancora durerà il terremoto?» chiese Sasagawa spazientito.

«Secondo le statistiche il terremoto più lungo mai verificatosi in Giappone è durato un’ora di scosse continue» fece Fuuta, nuovamente il libro alla mano.

In effetti Dino si stava giusto chiedendo per quale motivo Lambo gli stesse volteggiano davanti agl’occhi con un dito nel naso. Era bello sapere che la sua mente non era ancora da buttare e che quelle stranezze avevano un nome. E stava giusto per porre un’altra domanda a Fuuta riguardo all’argomento, in particolare agli Tsunami che solitamente seguivano, quando Kusakabe e Romario (che erano rimasi al piano terra per tutta la durata della discussione) non si precipitarono nella stanza. Investendolo.

«Boss!!» esclamò Romario preoccupato «come state? Dovete assolutamente-»

«Romario!» esclamò a propria volta il Boss che, forse a causa dell’ennesima botta, forse per la presenza del braccio destro, aveva improvvisamente ricordato la faccenda importantissima che doveva riferire a Reborn «perché non sei fuori ad organizzare le difese? E dammi subito il cellulare, devo assolutamente parlare con Reborn!»

«Ma, Boss…» si arrischiò a commentare Romario passando obbedientemente l’apparecchio a Dino «non mi direte che non gliel’avete ancora detto…?»

«Detto cosa?» chiese curioso Mukuro mentre osservava l’italiano comporre freneticamente dei tasti e poggiare il cellulare all’orecchio.

«Che i componenti della Famiglia Ferro hanno organizzato un attacco massiccio contro questo quartier generale in caso di fallimento del piano in Italia» fece una pausa accolta nel silenzio e sconcerto generale «e in Italia i Varia hanno distrutto…tutto…ma non lo sapevate?» lanciò un’occhiata sconcertata al proprio Boss che stava cercando di contattare, uno dopo l’altro, i partecipanti alla missione in Italia, trovando tutti i cellulari spenti.

«Si può sapere per quale motivo non ce l’hai detto subito? Stupido Bracco!» sibilò Mukuro brandendo il tridente davanti a sé e chiedendosi quanto ancora Chrome sarebbe stata in grado di sopportare la sua presenza. Proprio ora che erano nei guai.

«Ehm…» decidendo che sarebbe stato meglio non rispondere, Dino, si grattò la testa imbarazzato prima di guardarsi attorno «ma dov’è Hibari?» chiese preoccupato «è pericoloso stare là fuori-» s’interruppe al suono seccato della voce di Reborn, l’unico a non aver seguito la regola di spegnere gli apparecchi elettronici sull’aereo «Reborn? Dio grazie, è un’emergenza! Dovete tornare immediatamente qui!»

«Certo che centra!» strepitò nuovamente l’italiano, probabilmente in risposta ad una domanda posta dall’Hitman «e tu come fai a saperlo?» altra pausa e faccia scioccata di Dino «e sei partito anche se avevi il sospetto di-» Dino impallidì e si arrischiò a fare un’ultima domanda «e come pensate di tornare indietro?» altra pausa e colorito ancor più pallido per Dino «ah, okay…»

Mukuro lo osservò chiudere lentamente la telefonata e riporre, ancor più lentamente, l’apparecchio in tasca, in barba al fatto che fosse di Romario.

«Che ha detto…?» gli chiese curioso.

«Che…se lo aspettava…» rispose conciso Dino, cercando di trattenere il tremolio delle mani, mentre risentiva ancora della chiacchierata con l’ex maestro «e che avrebbe dirottato l’aereo per tornare qui…»

«Kufuhfuh…» ridacchiò sinceramente divertito «questo sarebbe proprio da lui…peccato perderselo…»

«Ed è proprio questo che mi preoccupa!» gemette Dino immagina dosi la scena: Reborn che fa irruzione nella cabina di comando, magari spalleggiato da un Gokudera desideroso di rendersi utile e candelotti alla mano, Yamamoto che ride della situazione con una spada, sicuramente nessuno all’accettazione si era accorto di quanto fosse vera, che dice di non preoccuparsi, e Bianchi, con in braccio Reborn, che intima il Comandante di ascoltarlo. E Reborn che punta un fucile, o un bazooka o la solita pistola, in fronte al povero sfortunato obbligandolo a fare marcia indietro nel nome della famiglia Vongola.

Dino gemette nuovamente. Dio che disastro!!

«Io trovo sia un’idea intelligente» Hibari, spuntato da chissà dove dietro Dino, lo costrinse a fare un salto per lo spavento.

«Quando diavolo sei arrivato?» strepitò quando entrambi i piedi toccarono nuovamente terra, in direzione dei Guardiano rimasto impassibile alla reazione esagerata del Boss.

«Più o meno nello stesso momento in cui hai dimostrato ancora una volta la tua totale inutilità» sorrise mefistofelico prima di rivolgersi a Kusakabe «è questo che sta succedendo? Quegli stupidi erbivori ci stanno attaccando?»

«È così» gli confermò fermamente «io ne ho visti un centinaio ma non ne sono sicuro, potrebbero esserne arrivati altri nel frattempo».

«E qualcuno è anche riuscito ad entrare» Mukuro scosse il tridente infastidito «hanno aperto un varco nella mia barriera con una delle loro diavolerie…»

«Mukuro!» esclamò esasperato Dino.

«Cosa?» rispose insofferente l’altro «non voglio che tu mi faccia la predica…»

«Che facciamo?» chiese intanto Romario, aspettando disposizioni.

«Adesso vado e li sconfiggo tutti!!!» urlò Sasagawa, rimasto anche fin troppo calmo per i suoi gusti, mentre gli altri parlavano di strategia.

«Non credo sia la soluzione migliore…» azzardò Dino mettendo le mani avanti «non appiano quanti siano e di che armi dispongano…»

«La cosa è ininfluente» Hibari arricciò le labbra in una smorfia d’irritazione, in direzione di Dino «li morderò a morte con facilità».

«Ma non sappiamo nemmeno quanti sono già entrati in casa e se hanno informazioni su com’è strutturata» provò nuovamente Dino, nel disperato (quanto perfettamente inutile) tentativo di calmare i bollori dei Guardiani e riportare una parvenza di ordine nelle file sconvolte della Famiglia Vongola «prima dobbiamo informarci sulla situazione esterna e poi decidere come agire!»

«Chiudete tutte le uscite» la voce calma e sicura che s’intromise nella discussione ebbe il potere di far zittire tutti i Guardiani. Wasada Tsunayoshi stava a capo chino sulla porta della stanza degli allenamenti e si torceva le dita nervosamente «se vengono sigillate non ci sarà possibilità per quelli fuori di entrare né per quelli già dentro di uscire».

 

 

Wow!! Colpo di scena!! E che ci fa lì Tsuna? Bella domanda…*me fischietta innocentemente mentre fa finta di non sapere al risposta* E come ha fatto a rientrare in una casa assediata come quella, in quel momento? Ma soprattutto…che c’è tornato a fare?

La risposta tutta nel prossimo capitolo….forse.

Muahahahahahaha.

 

Un bacio

NLH

 

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Capitolo 15
*** Target 14# ***


 

 

                I’ll bite you to death, Tsunayoshi Sawada.

 

 

[Target 14#]

«Chiudete tutte le uscite» la voce calma e sicura che s’intromise nella discussione ebbe il potere di far zittire tutti i Guardiani. Wasada Tsunayoshi stava a capo chino sulla porta della stanza degli allenamenti e si torceva le dita nervosamente «se vengono sigillate non ci sarà possibilità per quelli fuori di entrare né per quelli già dentro di uscire» alzò lo sguardo, gli occhi seminascosti dalla lunga frangia umida, forse a causa della pioggia che aveva cominciato a scendere poco tempo prima «sarà più semplice fare il conto dei nemici».

«Ma cosa…?» Dino fece un passo verso di lui, confuso. Cosa ci faceva quello lì? Ma non era il ragazzino terrorizzato che avevano per sbaglio colpito con il bazooka dei dieci anni, qualche tempo prima? Scambiò una breve occhiata con Hibari che si limitò a squadrare il ragazzo con la solita espressione seria. Come diavolo aveva fatto a rientrare? Non l’avevano mandato via prima della riunione, il giorno prima?

E soprattutto…come diavolo aveva fatto ad arrivare fino al quinto piano interrato?

«Gyahahahaha» Lambo si era avvicinato a Wasada tenendo in mano una bomba delle sue e con l’espressione derisoria che faceva saltare i nervi a tutti «sarà Lambo-san a decidere cosa fare! Non il Dametsun-» il bimbo s’interruppe per un momento come per rendersi effettivamente conto di quello che stava dicendo. Dametsuna…da dove era uscito quel soprannome? Anche Dino arcuò le sopracciglia sentendo in quel suono un qualcosa di familiare ma non si sentiva in grado di definire cosa…

«Non c’è più tempo» esordì nuovamente Tsunayoshi, senza dare segno di aver ascoltato le parole del bambino «dobbiamo mettere qualcuno fuori di guardia, abbastanza forte da spazzare via chiunque cerchi di entrare mentre i rimanenti resteranno dentro la casa per stanare tutti quelli che sono già riusciti ad infiltrarsi».

Persino Sasagawa non riusciva a spiccicare parola.

«Oya, oya~» Mukuro si dipinse in viso il solito sorrisino derisorio e inclinò il capo in direzione del giovane «non ti pare di starti prendendo un po’ troppe libertà? Guarda che noi ti abbiamo fatto rimanere solo perché Yamamoto ha insistito per non lasciarti in mezzo ad una strada».

«E poi non credo tu abbia esattamente capito quello che sta succedendo…» prese nuovamente la parola Dino, cercando di calmare gli animi «questa è una faccenda pericolosa e io non credo tu-»

«Mi dispiace interromperti Dino-san» Wasada aveva fatto qualche passo nella stanza «ma io credo di aver capito esattamente quello che sta succedendo e proprio per questo ritengo non ci sia tempo da perdere» l’espressione decisa che si era dipinta sul volto del giovane costrinse persino Mukuro a smettere di ridacchiare divertito. Ma chi era in realtà quello?

Hibari strinse tra le dita i tonfa che aveva fatto lentamente scivolare fuori dalla giacca durante la conversazione. Era la stessa sensazione, lo stesso inspiegabile fremito che lo aveva colto quando, tempo prima, aveva letto il suo nome, Wasada Tsunayoshi, sulla lista degli studenti trasferiti. Lo stesso incontrollato fremito che lo prendeva ogni volta che qualcuno voleva fargli del male, come l’irrazionale istinto di proteggerlo, sempre.

«A cosa stai pensando, erbivoro?» chiese inaspettatamente, la voce senza alcuna particolare inclinazione.

Se il giovane Tsunayoshi non diede segno di essere particolarmente stupito del fatto che il Guardiano della Nuvola, Hibari Kyoya, gli stesse rivolgendo tranquillamente la parola, chiedendogli oltretutto un consiglio su come agire, gli altri presenti furono decisamente da meno: Mukuro aveva una comica espressione in volto che comprendeva, tra gli occhi spalancati e la bocca aperta, anche la caduta, perfettamente ignorata, del suo amato tridente; Dino era ammutolito e Ryohei passava lo sguardo alterato tra i due: com’è che lui aveva avuto bisogno di secoli per poter proporre la propria opinione al Disciplinare, peraltro ancora del tutto inascoltata, e quel Wasada ci metteva due secondi? Era estremamente ingiusto! Doveva assolutamente dirgli come ci fosse riuscito!!!

Nel frattempo il giovane aveva fatto qualche altro passo nella stanza, arrivando tra di loro. Ora potevano vedere i grandi occhi ambra spalancati e le sopracciglia aggrottate in un’espressione che poteva essere definita allo stesso tempo concentrata e preoccupata. A cosa stava pensando?

«Ci dovrebbe essere qualcuno all’esterno» ripeté, la voce ferma, guardando Hibari «per bloccare i rinforzi e avvisare i possibili alleati che, se non sbaglio, dovrebbero essere già sulla via di ritorno» Dino osservò, con sconcerto sempre più crescente, Hibari annuire a quella parole «credo che tu, Hibari-san, saresti il più indicato per la copertura esterna».

Il Guardiano lo fissò ancora per un momento e poi annuì nuovamente spostandosi alle spalle del giovane Wasada. «Li morderò a morte» disse solo.

Il ragazzo annuì a propria volta prima di rivolgersi agl’altri.

«Dino-san dovrebbe rimanere qui con Lambo-kun e Fuuta-kun, per proteggerli» lanciò un’occhiata penetrante al Cavallone «senza Romario-san saresti completamente inutile fuori, intralceresti solamente Hibari-san» il silenzio che seguì quell’affermazione fece ammutolire non solo i Guardiani ma persino Wasada. Dino sgranò ancora di più gli occhi. Aveva parlato di Romario e della sua incapacità di combattere senza la sua Famiglia, come faceva a saperlo? Chi diavolo era?

Persino Wasada, notò, sembrava essere sconcertato dalle parole che aveva appena pronunciato. Con un gesto lento si passò due dita sulle labbra, come se cercare di dare un senso a quello che aveva pronunciato. Chi era Romario? E come faceva a sapere…

L’ennesimo colpo sferrato alla casa, però, spazzò tutte quelle domande costringendo il giovane a concentrasi nuovamente su quello che stava pensando prima: doveva uscire vivo da lì, e doveva farlo con tutti.

Anche se non capiva il perché.

«Sasagawa-san e Mukuro-san pattuglieranno la casa e si occuperanno di quelli che sono riusciti ad entrare fino a questo momento» concluse fissandoli. I due si guardarono brevemente e si trovarono ad annuire senza nemmeno accorgersene; c’era qualcosa in quel giovane che…

«E tu?» chiese sornione Mukuro, nonostante tutto poco propenso a prendere ordini da un moccioso spuntato da chissà dove. Perché diavolo si erano lasciati ordinare da quel…mocciosetto? Mukuro era, internamente, nervoso. Quando aveva sentito quelle parole gli era venuto come…l’istinto, no, il desiderio di fare quello che gli stava dicendo. Lui, Rokudo Mukuro, che accettava senza fare domande disposizioni da un perfetto sconosciuto. Uno che…

Per la miseria! Uno che in futuro sarebbe diventato un altrettanto tremante impiegato di nessuna importanza che se la faceva sotto alla vista di una spada! Un bimbo che era scappato come un coniglio alla vista, alla sola vista, dei Varia in tenuta da notte, nemmeno in divisa!

Il giovane esitò per un momento prima di stringere la mano a pugno e fissarlo dritto negl’occhi; occhi nei quali il Guardiano della Nebbia poté leggervi una consapevolezza e una fermezza che gli erano dolorosamente familiari. Con un ultimo fremito il ragazzo schiuse la mano che aveva tenuto, fino a quel momento, chiusa a pugno in tasca. Cosa diavolo…?

«I-io non so esattamente come si usi, so solo che in qualche modo il mio corpo sa come fare» cominciò esitante, come se cercasse di esprimere un concetto troppo complicato «so che devo farlo, so cosa posso fare ma non so bene come…» sempre più lentamente faceva scivolare la mano fuori dalla tasca e ne rivelava il contenuto «sento che devo farlo e che…devo proteggere…» un luccichio aranciato passo tra le dita schiuse della mano di Wasada ma nessuno fece in tempo realmente a rendersi conto di cosa fosse perché, in barba al fatto che tutti gli adulti (?) stessero parlando di cose importati, come farlo uscire vivo da quella situazione, Lambo si era messo a correre in giro ed era riuscito incredibilmente ad inciampare sui suoi stessi piedi facendo volare, per l’ennesima volta, il bazooka dei dieci anni fuori dalla voluminosa acconciatura. Aggeggio che finì per la seconda volta addosso al giovane Tsunayoshi facendolo svanire nuovamente in una nuvola di fumo.

«N-non è colpa di Lambo-san…» mugugnò il bambino intercettando non poche occhiate di disapprovazione, in particolar modo da parte di Hibari, e Dino che voleva assolutamente svelare il mistero del giovane. Il decimo Boss dei Cavallone stava quasi per dire qualcosa al bimbo quando un’enorme fonte di potere si propagò nella stanza. Persino Mukuro sgranò gl’occhi a quella sensazione puntò lo sguardo sulla nebbia rosata ancor presente.

Cosa si aspettava di vedere? Che l’impiegato, che il giovane che avevano appena spedito nel futuro si sarebbe trasformato, si arrivasse con chissà quale…

L’uomo che si presentò ai loro occhi però, una volta che la nuvola rosa si dissipò completamente, non era affatto somigliante a quello che era apparso loro la prima volta.

Era indubbiamente la versione più adulta di Wasada Tsunayoshi ma in un certo senso era completamente diverso. Indossava un completo di sartoria bianco con una camicia in seta nera, sulle spalle indossava un mantello nero con alamari d’argento, sottili catene dorate ad impreziosirlo e la spilla che ne teneva uniti i lembi rappresentava indubbiamente lo stemma della famiglia Vongola. Anche i capelli erano diversi, più lunghi, anche se ugualmente arruffati, e gli occhi erano socchiusi un un’espressione pacata e risoluta.

«W-Wasada…» Dino non poté fare a meno di balbettare alla vista inaspettata di quell’uomo che sembrava irradiare tanta potenza quanto tanta calma e dolcezza.

Gli occhi del nuovo arrivato si spostarono lentamente sui presenti e la bocca si tese in un sorriso nostalgico e maturo.

«Dino, Romario, da quanto tempo» sorrise maggiormente «Mukuro, Ryohei vi ricordavo più alti…» i due si ritrassero istintivamente; chi era quello? «Lambo, Fuuta» i bambini si strinsero tra loro, spaventati da quell’apparizione improvvisa «e…Kyo~Hibari-san» si corresse improvvisamente mentre un lampo passava in quegl’occhi pacati «devo dedurne di trovarmi nel passato ora, no?»

«Wasada» la voce ancora incredula di Dino spezzò nuovamente il silenzio «s-sei un tantino diverso da come ti…»

«Wasada…» ripeté l’uomo rigirandosi quel nome sulla lingua come se volesse assaporarlo «sì, era così che mi avevano chiamato quelli della famiglia Ferro…» fece una pausa mentre le labbra si stiravano in un sorriso amaro «quindi è qui che mi trovo…» lanciò un’occhiata in giro e si soffermò sulle espressioni dei Guardiani presenti «è il momento in cui Gokudera, Yamamoto, Bianchi e Reborn sono andati in Italia dai Varia, giusto?»

Dino si ritrovò a deglutire lentamente, a disagio.

«Ma tu…chi sei in realtà?»

L’uomo sorrise furbescamente, facendo un gesto morbido con la mano, e mettendo il luce l’anello che, pur essendo stato per tutto il tempo in bella vista, nessuno aveva ancora notato.

«Il mio nome è Sawada Tsunayoshi, Boss di Decima generazione della Famiglia Vongola».

 

 

Molto bene, direi che se non c’è nessuna domanda io mi defilo.

E sia chiaro, per qualunque protesta/attentato/omicidio/critica/complimenti/ecc…sono disponibilissima ogni giorno dalle 17:00:00 alle 17:00:01. E dopo le 25. Tutto chiaro?

Bon…Adieu!!!

 

Un bacio

NLH

 

 

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Capitolo 16
*** Target 15# ***


 

                I’ll bite you to death, Tsunayoshi Sawada.

 

 

[Target 15#]

«Il mio nome è Sawada Tsunayoshi, Boss di Decima generazione della Famiglia Vongola».

Quelle parole stavano ancora galleggiando nell’aria, stupita e incredula, che si era formata tutt’attorno a quella stessa affermazione, quando l’uomo, lo sconosciuto che era apparso dal futuro, mosse qualche passo per trovarsi al centro della stanza, posizionandosi tra Dino e Mukuro.

«Credo» sorrise Wasad-cioè, Sawada «che potremmo anche rimandare le spiegazioni a dopo, non trovate anche voi?» con un altro gesto disinvolto della mano indicò il soffitto e, idealmente, quello che al di fuori della casa stava succedendo «se non ricordo male questi dovrebbero essere i rimanenti giapponesi della Famiglia Ferro, no?»

Dino fu il primo, solo apparentemente mi sembra chiaro, a riprendersi e lanciò un’occhiata allucinata all’uomo appena apparso tra loro. Sawada Tsunayoshi, aveva detto? Decimo Boss della Famiglia Vongola? Aveva capito bene? Nella mente del giovane Cavallone queste erano solo due delle centinaia di domande che aveva partorito (anche qui sono in senso figurato, non letterale, mi pare chiaro) all’affermazione. A quell’affermazione. Lanciò una breve occhiata agl’altri, insicuro di come muoversi.

Mukuro, l’unico forse a non mostrare alcuna espressione differente da quella che gli era solita, stringeva spasmodicamente il tridente tra le dita e scrutava nel profondo, per quanto gli abiti firmati dell’uomo gli permettessero, quello sconosciuto che era capitombolato (figurato pure questo) nella sua vita. Era stato un moto d’irritazione e aspettativa insieme che lo aveva portato ad afferrare il tridente con forza.

Irritazione per l’insolito impulso che lo aveva portato a credere che quel ragazzetto, ancora prima che si sostituisse quell’uomo tanto pacato e sicuro, avrebbe potuto veramente guidarli fuori da quella situazione. Aspettativa perché se lo sentiva, lo aveva provato come una scarica sulla pelle, lui avrebbe potuto fare qualcosa.

Hibari fissava con attenzione il nuovo arrivato e non senza una punta di eccitazione. Lo sapeva, se lo sentiva scorrere nelle vene, era forte; molto più forte di quanto sperasse. Voleva battersi con lui, si sarebbe battuto con lui anche a costo di dover aspettare dieci anni per potersi riuscire. Lui era suo. E lo avrebbe morso a morte per provarlo.

L’uomo sorrise internamente alla vista delle espressioni, prima confuse, diffidenti e poi altrettanto diffidenti ma consapevoli, che si susseguivano sui volti dei suoi Guardiani e alleati ma non fece nulla per interrompere le loro riflessioni. Se ricordava bene la situazione, avrebbe dovuto attendere che fossero loro a decidere spontaneamente di seguirlo. Non aveva certo intenzione di forzarli.

Perché Lambo avrebbe voluto dimostrarsi più forte di lui e si sarebbe scatenato dopo gli altri. Perché Mukuro doveva decidere di combattere contro la presenza della sua diffidenza nei confronti della Mafia e l’irragionevolezza di seguire gli ordini di qualcuno. Perché Hibari voleva metterlo alla prova, e lo avrebbe fatto. Perché Sasagawa si sarebbe fidato solo delle sue azioni in combattimento, da buon istintivo quel’ era. Perché alla fine sarebbero stati tutti loro, con le loro azioni, a convincere Dino.

E attendeva, il Decimo del Futuro, che i suoi passati Guardiani decidessero autonomamente delle loro vite.

«E va bene…» Mukuro fu il primo a rompere il silenzio, breve quanto pesante, creatosi «tanto direi che non ci resta poi molto da fare…»

«Ma!» anche Dino sembrava alquanto riluttante a fidarsi, nonostante l’istinto di seguire quello che l’uomo aveva detto «come possiamo essere certi di-»

«Hai paura, stupido erbivoro?» l’eccitazione della lotta era tornata anche negl’occhi di Hibari, deciso a credere solo dopo.

«Non è che ho paura…» tentò di spiegare il Boss Cavallone «solo…è difficile da credere» fissò Tsuna adulto negl’occhi «se permetti avrei qualche domanda da farti…»

«Non credo sia il momento, no, Dino?» sorrise morbidamente di rimando «possiamo invece posticipare le domande a dopo la fine della battaglia con i Ferro?»

«E io dovrei quindi fidarmi e credere che tu sia il Decimo Vongola?» obietto nuovamente Dino «che il ragazzino spaventato sia in realtà…» si bloccò un momento facendo passare lo sguardo tra l’uomo e i Guardiani «che…che Tsunayoshi Wasada è il Decimo a cui hanno tolto la memoria?» boccheggiò allibito nel capire quello che gl’altri avevano (tranne Lambo direi) capito già da un pezzo.

Proprio in quel momento un forte schianto, ancora più violento dei precedenti, fece cadere dell’intonaco persino dalla Palestra, la stanza più resistente dell’intera casa.

«Credo non ci sia più tempo da perdere, non trovate?» Sawada approfittò della scossa per riprendere in mano la discussione «dovete decidere ora» la voce, per quanto pacata e controllata, tradiva una certa urgenza; un qualcosa che Dino riconobbe, non senza un certo stupore, come urgenza, preoccupazione. Come se veramente fosse in ansia per i Guardiani e la loro Casa. Come se fosse veramente il Decimo.

«Io non credo di potermi fidare» nuovamente serio, Dino, fronteggiava l’uomo con cipiglio severo, Romario subito alle sue spalle «ci sono troppi punti oscuri e non credo che…»

Sasagawa Ryohei non ci stava capendo niente. Già aveva fatto un’immane fatica a recepire quello che Yamamoto aveva cercato di spiegargli prima che partisse alla volta dell’Italia. Poi arrivava pure Dino con una nuova versione dei fatti e cominciava seriamente a perdersi tra le nozioni, i nomi e l’ordine degli avvenimenti. E infine questo…come aveva detto di chiamarsi? Sawada Tsunayoshi, ecco, che arrivava e rivelava a tutti di essere il Decimo, di arrivare dal futuro e che la memoria del suo io passato sono state cancellate.

Troppi se e troppi ma, troppi punti oscuri e passaggi persi che stavano seriamente mettendo in crisi il Guardiano del Sole che, per nulla abituato a tenere alla mente i cambiamenti e le informazioni che puntualmente gli altri gli facevano piovere addosso, era sul punto di scoppiare.

«Se non facciamo qualcosa la Casa verrà rasa al suolo» l’uomo cercava di convincere Dino mentre Mukuro, Hibari, Kusakabe, Romario e persino Lambo con Fuuta, seguivano lo scambio in silenzio «ti prego di fidarti!»

«Mi dispiace ma non posso» Dino scosse la testa «per quanto ne sappiamo potresti essere una spia dei Ferro che sta cercando di farci uscire allo scoperto e catturare»

«Ciò che dici è senza senso!» la voce di Tsunayoshi si faceva via via più urgente «te ne rendi conto? Lo so che in quest’epoca non avete alcun ricordo di me ma…»

«Sei tu che non capisci!» Dino strinse i pugni lanciando un’occhiata di avvertimento ai Guardiani «sei arrivato dal nulla e non puoi certo pretendere che-»

«YAAAAAAHHHH!!!» l’urlo di frustrazione di Ryohei fece sobbalzare più d’uno e in particolare Lambo e Dino che si trovarono entrambi, non si sa come, in braccio rispettivamente a Kusakabe e Romario. Il Guardano del Sole aveva decisamente raggiunto il suo limite. Liberata finalmente la testa dalle mani che la stavano stritolando fino a poco prima e sotto l’occhio decisamente interessato di Mukuro e Hibari e quello serafico di Sawada, si avvicinò a passi pesanti verso quest’ultimo «io non capisco niente di tutto quello che avete detto e non voglio nemmeno chiarirlo» gli urlò ad un niente dal viso mentre l’altro, tutt’altro che sorpreso o infastidito, sorrise affabile «ma mi fido di quello che vedo nei tuoi occhi. Sei forte. I chiarimenti a dopo» alzò i pugni al cielo esattamente nello stesso momento in cui la porta della stanza veniva fatta saltare in aria da una carica di dinamite «prima sistemiamo questi qui!!»

«Kufuhfuh» Mukuro apparve accanto a Sasagawa, il tridente spianato davanti a sé e l’occhio destro pronto a scegliere lo stile di combattimento più consono, e divertente, alla situazione «parole sante, maniaco della boxe».

«Chiudete quelle bocche se non volete che vi morda a morte» Hibari aveva appena scaraventato un uomo dei Ferro, che era entrato in avanscoperta, sopra le teste degl’altri due Guardiani.

«Lambo-san li farà fuori TUTTI!!!!» il piccolo Bovino si divincolò dalle braccia di Kusakabe e stese Fuuta e Dino saltando sopra le loro teste per raggiungere gli altri e lanciando bombe a caso che, non si sa per quale miracolo, raggiunsero tutte l’ingresso della stanza ferendo altri due uomini e senza toccare i Guardiani.

«Oya~» Mukuro si guardò un attimo intorno, sinceramente divertito. Lui, Hibari, Sasagawa e Lambo si trovavano uno affianco all’altro, quasi in linea, con al centro, anche se più spostato indietro rispetto ai Guardiani, Tsunayoshi Sawada, il volto seminascosto dalla lunga frangia e sulle labbra un lieve sorriso «sembra che siamo tutti d’accordo…»

«Ma…» Dino con accanto Romario, più lontani osservavano sconcertati quello strano schieramento mentre uno strano sentimento si faceva strada in loro. Qualcosa che avevano già provato. Dino si portò involontariamente una mano al petto. Cos’era? «cosa state facendo…?» la voce senza più alcuna traccia di disappunto; le battute polemiche sembravano essersi volatilizzate nella sua mente, scacciate dall’immagine di quei ragazzi schierati affianco ad un uomo di cui non sapevano niente ma sicuri della loro scelta.

«Hibari-san!» Kusakabe aveva allontanato Fuuta dall’esplosione e guardava il suo capo alla ricerca di un ordine o una conferma.

«Tu rimani lì» affermò Hibari senza guardarlo e dopo aver dato una breve occhiata e Sawada, ancora fermo e silenzioso «non t’immischiare e tieni lo stupido erbivoro lontano. Se non intende combattere allora non lo voglio minimente tra i piedi».

«Ma…sei sicuro di stare bene, Hibari?» la risatina di Mukuro nonostante tutto non riuscì a scalfire l’atmosfera di istantanea fiducia e desiderio di combattere che si era instaurata tra di loro «è insolito per te rimanere così…docile…»

«Se questa situazione può servire a rivelare la vera natura di quell’erbivoro allora…non farò niente per interferire» rispose inaspettatamente serio il Presidente, aggiustando la sua posizione di battaglia «noi ci siamo fidati» aggiunse poi rivolto a Tsunayoshi «vedi di non deludermi o ti morderò a morte».

«A quanto pare gli sciocchi del gruppo credono tu possa essere veramente il Decimo del futuro…» Mukuro, il solito scaricabarile «quindi perché no…? La situazione può risultare interessante».

«Andiamo e dare a quegl’intrusi quello che si meritano!!!»

Sawada fece scorrere un’ultima volta gli occhi sui Guardiani del passato al suo fianco. Gli occhi infantili e vagamente spaventati di Lambo. Lo spirito fiammeggiante ed entusiasta di Sasagawa. Il sorrisino malizioso di Mukuro. La linea decisa delle labbra di Hibari. E sorrise. Perché in fondo in futuro, ne era certo, avrebbero ricordato. Perché non sarebbero cambiati. E perché mancavano ancora incredibilmente tre minuti alla fine dell’effetto della pallottola del bazooka dei dieci anni.

«Vi prometto che non ve ne pentirete» disse solamente facendo qualche passo in avanti e posizionandosi proprio di fronte alla porta divelta, dove avevano cominciato ad ammassarsi sempre più uomini.

«Guardiani» li chiamò con un tono di voce ben diverso dai precedenti, calmo certo ma intriso dello stesso potere che avevano percepito al suo arrivo in quell’era «siete pronti?»

«E sarebbe anche ora!» e la risatina irriverente di Mukuro fu l’ultimo suono che udirono prima di lanciarsi, come un sol uomo, contro i Ferro.

 

Adesso…non so se avete presente la voce di Tsuna adulto…sì, proprio quella: sexy e maliziosa allo stesso tempo. Chissà con chi l’ha tirata fuori…muahahahaha. L’ho immaginato mentre diceva quelle cose e…mamma che figo!!!

Praticamente di è scritto da solo. Perché quello sarà lo Tsuna del futuro. Ve lo dico io!!! Altro che palle, ci prenderà gusto un casino a fare il Boss della Mafia, e fa pure bene!!!!

E, io lo ricordo nuovamente, per qualunque protesta/attentato/omicidio/critica/complimenti/ecc…sono disponibilissima ogni giorno dalle 17:00:00 alle 17:00:01. E dopo le 25. Tutto chiaro?

 

 

Un bacio

NLH

 

 

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Capitolo 17
*** Target 16# ***


 

                I’ll bite you to death, Tsunayoshi Sawada.

 

 

[Target 16#]

«Mukuro, Sasagawa» Sawada richiamò la loro attenzione «quando ci saremo liberati di questi occupatevi dei topi che si sono infiltrati in casa, coprite tutti i piani» non guardò nemmeno se avessero sentito le sue parole e si rivolse immediatamente a quelli alla sua destra «Lambo» lo chiamò cogliendolo nel momento esatto in cui stava inciampando nei suoi stessi piedi, facendo volare qua e là le vivaci bombe rosa, sospirò brevemente «tu rimani qui ad ostacolare quelli che rimangono indietro» e ad essere controllato a vista da Kusakabe e gli altri in caso di necessità, aggiunse mentalmente.

«Gyahahahahaha!!! Lascia fare a Lambo-san! Non ho bisogno del vostro aiuto!!!» strillacchiò tra l’entusiasta e il piagnucolante, il piccolo Bovino.

Sawada sperò veramente di potersi fidare, in fondo nemmeno nel futuro poteva dire di potersi fidare completamente delle parole del Bovino. C’era veramente da sperare che Dino, e quindi di conseguenza Romario, decidesse di lasciare da parte il disappunto e le domande in favore della Famiglia a cui era così tanto legato. In fondo nemmeno il Dino del futuro era così sveglio a volte…

«Lascia fare a noi! Vero, Mukuro!?» Sasagawa ammirava entusiasta la folla di uomini armati che si stava avventando su di lui (in realtà su tutti, ma Ryohei non era certo il tipo da cogliere certe sottigliezze) indeciso su chi cominciare.

«Parla per te…» soffiò l’altro, i sensi già estesi a individuare gli altri intrusi per tutta la casa «a te lascio i pesci piccoli che ti piacciono tanto…»

«EHI!!!» Sasagawa colpì l’uomo più vicino senza nemmeno guadarlo, troppo impegnato a fulminare Mukuro che, ridacchiante, sfuggiva ai colpi dei presenti con tutta l’intenzione di andare avanti prima di tutti.

«Ryohei, Mukuro» li chiamò nuovamente Sawada «questi li lascio a voi» fece una pausa mentre cercava con gli occhi Hibari, impegnato in quello che sembrava un massacro a senso unico «noi andiamo all’esterno…»

«Ma come…» Mukuro, sempre il solito «non rimani qui a farci vedere gli strabilianti poteri del Decimo?»

«GIUSTO!» gli diede man forte Ryohei «anch’io voglio vedere!!»

«Forse se vi sbrigate a finire qui farete in tempo…» alluse Sawada, in un modo che ricordava troppo quello di Mukuro, «anche se sono certo che lo vedrete comunque alla fine…da me o…» l’uomo s’interruppe per schivare una pallottola, con un’agilità che fece brillare gli occhi a Hibari. Quanto avrebbe voluto confrontarsi con lui…

«Ci vediamo dopo» disse un’ultima volta scivolando alle spalle dei nemici senza toccarne nessuno né essere toccato a propria volta, imitato da Hibari che invece si faceva largo tra di loro alla vecchia maniera, facendoli volare qua e là «in bocca la lupo».

«Finirà stecchito, quel lupo» ribatté Mukuro portandosi una mano all’occhio «e ora vediamo di divertirci…» rise folle in direzione di quelli che sembravano i più forti presenti, quelli con gli anelli della mafia «sesta via, quella degl’uomini, Via dell’Ashura».

E l’ultima cosa che Sawada e Hibari sentirono prima di salire di piano fu una nuova forte esplosione, anche se di ben differente natura e un grido familiare ad entrambi: “MAXIMUM CHANNON!!”

~×~

«Lo sai, vero, che non devi mirare a me?» nella voce di Tsunayoshi c’era un genuino divertimento mentre scivolava tra i nemici che gli si paravano davanti con una grazia che, decisamente, lo Tsunayoshi Wasad-cioè Sawada del passato non aveva ancora.

Hibari sbuffò leggermente correggendo la mira e smettendo di provocare accidentali lanci di uomini, lui non li schivava di certo, contro il presunto Decimo. Lui odiava chi si riuniva in gruppo ma odiava ancora di più il non poter combattere contro quell’uomo che sembrava così forte.

«Vedi di sbarazzarti almeno di qualcuno di loro» gli rispose colpendo un uomo che gli si era parato davanti e lanciandolo contro altri tre che gli stavano dietro «non intendo farti da balia».

«Nessuno te lo ha chiesto» rispose, piuttosto sfacciatamente a dirla tutta, l’uomo «ma vedi di non darti troppo da fare, oppure non rimarrà niente per Mukuro e Ryohei…e tu lo sai come sono…»

«Sì, io lo so» mormorò sarcastico il Presidente, non accennando minimamente a smettere di sgomberare la strada, una tonfata dietro l’altra «ma mi chiedo come tu faccia a saperlo».

«Non ricordavo che in quest’epoca tu fossi tanto chiacchierone» il sorriso di Sawada assomigliava più ad un ghigno malizioso che altro costringendo, per forza di cose e tutt’altro che piacevolmente, Hibari a chiedersi come, e se veramente, quel mocciosetto che avevano raccattato dalla strada si fosse trasformato nell’uomo posato che gli stava di fronte. O qualche passo dietro di lui, a dir si voglia.

«Sai…» riprese Sawada dopo un attimo di silenzio, mentre stavano per salire l’ultima rampa di scale, quella che li avrebbe portati al piano terra e poi all’esterno «ho come l’impressone che tu sia un po’ diverso dall’Hibari del passato che ho conosciuto io…» fece un altro sorrisino «magari dipende dal fatto che tu non ti ricordi chi io sia»

«In effetti continuo a non averne idea» Hibari continuava a non guardarlo mentre scivolavano, nel caso di Sawada, e si facevano largo, per Hibari, verso l’uscita.

«L’Hibari che conosco…» Sawada fece un’altra pausa «lui parla come stai facendo tu ora, solo quando non riesce a capire come deve comportarsi. Hai forse qualche dubbio su cosa devi fare? Kyou-kun?»

«Come diavolo mi hai chiamato?» Hibari si bloccò un istante, sconcertato dall’ultima affermazione dell’uomo. O forse dal nome usato. Strinse con maggiore irritazione il tonfa, facendo accidentalmente scontrare il grosso Italiano che gli si era parato davanti con Sawada. Che lo schivò prontamente, come con tutti gli altri. Che diavolo voleva dire…Kyou-kun!? Nemmeno sua madre si era mai premessa di chiamarlo così. Quindi come…

Hibari sembrava sul punto di lanciarsi con tutte le proprie forze, e tonfa spianati ma questo sembrava piuttosto chiaro anche se sottointeso, contro quell’uomo che era sbucato dal nulla solo per sconvolgergli la vita e l’esistenza, si stava così bene senza di lui…e poi come diavolo si era permesso di chiamarlo Ky-Dio! Non riusciva nemmeno a pronunciarlo!!! In quel modo altamente orripilante!? Chi dannatamente gli aveva dato il permesso? Lui no di certo!!!

«Hibari» lo richiamò Sawada fermamente, cambiando improvvisamente espressione e arrestandosi in mezzo al corridoio «tu vai all’esterno e occupati di quelli che stanno per arrivare. Io blocco ogni ingresso e poi vengo a darti una mano».

«Non mi serve una mano» rispose freddamente, pronto nonostante tutto. Sempre pronto se si trattava di mordere a morte qualcuno, specie nello stato d’animo in cui si trovava in quel momento «li morderò tutti a morte».

«Sei pur sempre il Guardiano più forte» alzò le spalle con una certa calma, tornando a cercare di fissarlo negl’occhi «adesso così come tra dieci anni. Ma c’è una cosa che devi tenere a mente…e che, puntualmente, tendi a dimenticare. Oggi così come in futuro» approfittando di un momento di calma, gli uomini tutt’intorno sembravano scomparsi, o già scesi ai piani inferiori o in attesa di entrare,  allungò una mano verso il ragazzo, arrivando ad un paio di centimetri dai suoi capelli con le dita «sei così forte…» la sua voce si era trasformata in un sussurro nostalgico «eppure anche così…».

«Cosa diavolo state facendo?» la voce, maliziosa, di Mukuro li raggiunse come un sussurro nell’aria «perché non siete ancora fuori?»

«Mukuro…» Tsunayoshi sospirò ritraendo la mano, probabilmente abituato e quindi rassegnato a quel modo di fare le Guardiano della Nebbia. Non sembrava essere intenzionato a cambiare nemmeno dopo dieci anni «a che piano siete?»

«Appena sotto di voi» fu la risposta immediata del Guardiano della Nebbia «e da quello che vedo-»

«Ne stanno arrivando altri» gli parlò sopra Sawada allontanandosi da un Hibari ancora immobile, non si sa se per lo sconcerto o per abitudine, con un’espressione neutra in volto «saranno una ventina, Hibari li ha fermati qui quasi tutti ma qualcuno è riuscito lo stesso a penetrare. Noi ci occupiamo di quelli fuori. Ryohei?»

«Direi che il maniaco della boxe sta fin toppo bene…» commentò l’altro dopo un momento «non mi rimane molto da fare…»

Sawada rise brevemente prima di dirigersi verso la porta d’ingresso.

«Hibari…»

«Sta’ zitto» fece il Guardano con un’espressione tutt’altro che cordiale, dandogli una spallata mentre gli passava accanto per precederlo all’esterno «avvicinati ancora e sei morto» spalancò la porta «prova a venire a darmi una mano e ti morderò a morte» sibilò ancora una volta mentre Sawada lo guardava uscire, immobile «e va’ a farti fottere».

Sawada sorrise brevemente alla porta chiusa.

«Magari quando torno indietro…ancora un paio di minuti» sussurrò alla casa vuota «e Kyou-kun dice certe cose solo quando è imbarazzato».

~×~

La situazione, all’esterno, non era particolarmente rosea, né per gli assedianti né per gli assediati. Per Hibari, cioè. Gli uomini dei Ferro erano un curioso agglomerato di nazionalità diverse, chiaramente la Famiglia aveva richiamato tutti gli affiliati intorno al mondo lì, in Giappone, per colpire i Vongola. Una buona metà di loro erano già entrati nella casa e nessuno, per il momento, era ancora uscito. O si era messo in comunicazione con loro.

Ma loro erano fuori a controllare la situazione - erano rimasti più o meno in cento, centoventi - e credevano di non correre alcun pericolo. Almeno fino e quando un ragazzetto vestito come un damerino non era uscito, fermandosi sullo zerbino.

Benvenuto.

Da qual momento erano cominciati i guai. E non solo perché i più deboli tra di loro, i subordinati, erano stati spazzati via con estrema facilità proprio da quel ragazzetto, ma anche perché, e qui i pochi Italiani rimasti non la stavano prendendo bene, i capi dei rimasti, Ferro provenienti dall’Italia, si stavano preparando a scendere in campo. Claudio e Marco. I gemelli pazzi.

Hibari Kyoya. Lo avevano riconosciuto subito. Il Guardiano della Nuvola, più forte di tutti, dicevano. E da solo stava decisamente dando prova che, quelle che si sentivano nei salotti milanesi, non erano solo chiacchiere. Si stava facilmente facendo largo tra i sottoposti che si erano avventurati nel giardino della casa, in attesa di ordini.

«Tutto qui quello che sapete fare?» la voce fredda del giovane raggiunse i due Boss Italiani, beffarda e per nulla provata dal lungo combattimento.

«Ehi…fratello…» la voce, altrettanto beffarda e arrogante, di uno dei due gemelli che comandavano la divisione giapponese della Famiglia Ferro, richiamò l’altro, impegnato a leggere un breve racconto italiano.

«Cosa?» rispose scocciato di dover interrompere la lettura, alzandosi dalla comoda sedia su cui si era stravaccato, nella casa di fronte. La stessa che avevano sequestrato apposta per quell’attacco.

«Sembra che stavolta potremo divertirci» ridacchiò il primo sotto gli occhi ansiosi dei sottoposti.

«Dici?» borbottò l’altro in risposta, annoiato «ti ricordo che non abbiamo ancora ottenuto una risposta dall’Italia…chissà cosa stanno combinando quegl’incapaci…lo sapevo che non dovevamo lasciare il comando delle operazioni italiane a quell’idiota di tuo cugino…»

«Marco…» sospirò divertito, quello che indubbiamente era Claudio «guarda che Gianluca è anche il tuo, di cugino»

«No, se non lo riconosco come tale» fu la replica, seria e accompagnata dal sonoro tonfo del libro che aveva lasciato cadere a terra per raggiungere il fratello alla finestra «allora…chi sarebbe questo fenomeno che dovrebbe farci divertire?»

Gli occhi azzurri di entrambi seguirono i movimenti feroci del giapponese che non permetteva a nessuno di oltrepassare il muretto della casa. Claudio fece passare una mano tra i folti capelli rosso scuro, raccolti in una coda sulla spalla.

«Hibari Kyoya…» disse solamente «si dice sia il Guardiano più potente tra tutti».

«Stronzate» replicò subito il gemello, sistemandosi i capelli a propria volta, riordinandoli nella severa traccia, unico elemento che li differenziava.

«Se lo dici tu…» rise Claudio «allora che facciamo?»

«Altra domanda inutile» il ghigno, come un taglio trasversale sul volto di Marco, non lasciava dubbi. Così come il chiaro gesto di afferrare le due pistole, dall’elsa elaborata, dalla custodia dov’erano poste.

«Appunto» confermò l’altro, facendo scivolare due lame dai foderi nascosti sulla schiena, sotto la giacca nera.

~×~

A Hibari Kyoya, tutta quella faccenda, non piaceva per niente. Ed era anche del tutto inutile continuare a ripeterselo, tanto le cose non sarebbero cambiate. Ed era qualcosa che Hibari Kyoya odiava con tutto il proprio essere.

Innanzitutto c’era quella situazione fastidiosa che lo costringeva a combattere; come diavolo si permettevano quegli stupidi erbivori che si erano riuniti in gruppo solo per rovinare la sua bella Namimori. Li avrebbe morsi tutti a morte.

C’era poi il particolare secondo il quale si era mosso non da solo ma accompagnato da un uomo che non aveva alcuna intenzione di lasciare in vita e che, contro ogni suo ragionamento o desiderio più logico, sentiva il bisogno di proteggere. Come se uno così avesse bisogno di protezione. No, Sawada Tsunayoshi aveva solo bisogno di essere morso a morte da lui. Punto. Fine del discorso.

E poi quei rompiscatole, tonti e lenti dell’erbivoro Italiano e i suoi stramaledetti amici. Ma chi diavolo gliel’aveva fatto fare, si chiedeva, chi lo aveva convinto ad unirsi ad un tale manipolo di maniaci depravati e fissati con la boxe? Cioè…non che lui facesse veramente parte di quel…gruppo, se vogliamo evitare gli insulti che il Guardiano della Nuvola stava allegramente elencando nella sua mente, giusto per non annoiarsi durante uno scontro tanto…deludente. Lui…veniva costantemente tirato denti i casini di quelli lì. E per morderli a morte.

All’ennesimo uomo, perfettamente debole e con una fiamma pari a quella…non aveva paragoni per tanta debolezza, lo fece volare dall’altra parte del muretto, facendolo atterrare - o sbattere senza alcun riguardo, dipende dalle interpretazioni - contro il palo della luce di fronte.

E si stava annoiando.

Quegli erbivori di sedicesima classe non avrebbero fatto divertire nemmeno quel maniaco fissato Mukuro. Sempre pronto a prendere alle spalle, quello…

C’era poco da dire, in effetti. Hibari Kyoya si stava annoiando a morte. E pure i suoi pensieri cominciavano a risentirne. Da quando, di preciso, aveva cominciato a preoccuparsi dei pazzi di cui il bimbo amava tanto raccogliersi attorno?

Fu un momento, un attimo, e improvvisamente una pallottola gli arrivò talmente vicino da costringerlo ad indietreggiare per proteggersi il volto.

«Punto debole…centro perfetto»

Due uomini, tanto uguali da sembrare gemelli, entrarono nella visuale del Presidente del Comitato Disciplinare. Indossavano quelli che sembravano costosi capi di sartoria comprendenti pantaloni neri e giacca dal taglio elegante e, per quello di destra, quello con le pistole, una camicia bianca e una cravatta allacciata severamente mentre, per quello di sinistra, quello con le spade vagamente ricurve, una camicia grigio chiaro semi slacciata.

«Hibari Kyoya…» il sorriso sinistro del primo non prometteva nulla di buono «mio fratello dice che sei il Guardiano più forte di tutti, è vero?»

«Perché non lo provi tu stesso?» lo provocò il moro rimettendosi in posizione.

«Perché non ne varrebbe la pena» fu la risposta, beffarda «potrai anche aver sconfitto i nostri uomini ma non sei minimamente all’altezza di noi…non so se mi spiego…»

«Il tuo giapponese è decisamente pessimo» il sorriso si era spento sul viso di Hibari che sembrava del tutto intenzionato a morderlo a morte «non ho capito una parola di quello che hai detto».

«È simpatico però!» rise il gemello che non aveva ancora parlato (che per comodità chiameremo Claudio) saltando sul muretto che delimitava la casa «magari sarà divertente…»

«Non è permesso indossare una camicia così, a Namimori» disse soltanto Hibari lanciandosi avanti, imitato dai due che oltrepassarono il limite che il Presidente aveva imposto «Kamikurosu».

 

 

 

Un bacio

NLH

 

 

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Capitolo 18
*** Target 17# ***


 

                I’ll bite you to death, Tsunayoshi Sawada.

 

 

[Target 17#]

«Hai finito?» la voce annoiata era l’unico suono, umano se così lo si può definire, che riempiva il corridoio del sesto piano interrato. Perché i lamenti, i guaiti, le grida di pietà e, per la maggior parte, i deliri del dolore dei corpi che lo circondavano non potevano certo essere definiti suoni umani; più animali si direbbe. E nemmeno le grida di Sasagawa, Mukuro, aveva intenzione di definirle umane. Da bambino capriccioso, piuttosto.

Ed è risaputo che i bambini siano una specie a parte.

«Non è possibile che siano già tutti fuori combattimento!!» stava gridando il Guardiano del Sole, afferrando i primi che gli capitavano a tiro, quelli che sembravano avere ancora la forza di muovere un braccio o anche solo un dito «avanti! Io non mi sono divertito per nulla!!»

Mukuro sospirò mentre, con noncuranza, schiacciava la mano del corpo su cui era comodamente seduto con l’estremità del tridente, godendosi i gemiti di dolore di quell’insulso essere che aveva osato macchiargli la sua amatissima giacca. Una macchia di sangue proprio sull’alamaro d’argento purissimo di sinistra. Un affronto che aveva fatto pagare caro. E meno male che quell’essere decerebrato aveva con sé il portafoglio.

Ultimamente le lavanderie costavano un occhio alla testa.

«Guarda che se continui a malmenarli poi non si alzerà nessuno» commentò con ovvietà rivolto a Ryohei, nel vano tentativo di infilare un po’ di sano sale in zucca all’altro «se magari li lasci riposare un po’ si alzeranno da soli».

«Che stupidaggini» fu la risposta gridata come se fosse dall’altro capo del corridoio quando in realtà era giusto lì di fianco «io mi alzo sempre per combattere, specie se qualcuno mi butta a terra!!»

«Ecco…appunto…» riprovò Mukuro con un po’ di tatto, insolito ma assolutamente necessario per evitare altre catastrofi «ci tengo a farti notare che…»

«EHI!!!» gridò nuovamente, il volume portato a decibel superiori a quelli mai raggiunti, se non altro parlando di quella giornata «ma cosa diavolo sta succedendo là fuori!?»

«E cosa vuoi che ne sappia?» sibilò irritato il Guardiano della Nebbia, profondamente scocciato di essere stato nuovamente interrotto da quel…

Un’improvvisa fonte di potere, proveniente direttamente da sopra le loro teste, costrinse -ancora una volta per la miseria!!!- Mukuro a perdere il filo dei propri pensieri e a concentrarsi su qualcos’altro. Cos’è che aveva detto il maniaco della boxe? Cosa stava succedendo fuori?

Attivò immediatamente la fiamma dell’anello e spinse le proprie percezioni sui piani superiori, fino a raggiungere l’esterno. Era il caos: uomini che fuggivano come impazziti improvvisamente, le porte e ogni singola apertura sprangate da una barriera di origine differente da quella che lui stesso aveva eretto, ore prima, a difesa della casa. Era come una pellicola tiepida e aranciata che, nonostante sembrasse sottile come un foglio di carta, non lasciava entrare nessuno. C’erano due uomini, perfettamente identici l’uno all’altro se non fosse stato per i pochi lividi che deturpavano la parte destra del viso di quello che brandiva le spade e il lungo strappo nella camicia dell’altro.

C’era Hibari, in piedi sul vialetto, in posizione d’attacco e con i capelli arruffati. Sulla guancia scendeva, copioso, un rivolo di sangue rosso brillante proveniente da una ferita alla fronte. L’espressione tra l’irritato a morte, il sorpreso e un non so che di…qualcosa che Mukuro non riuscì ad identificare.

Di fronte a Hibari, dandogli le spalle e tenendo il volto rivolto verso i gemelli stava, Tsunayoshi Sawada. Il mantello, slacciato, sventolava nella brezza fredda, i capelli, già folti e arruffati di loro, venivano sconvolti da una fiamma che sembrava avere origine proprio dalla fonte di quest’ultimo. Le mani calzavano dei guanti metallici sui quali dorsi spiccavano due sottili cupole a protezione di elaborate decorazioni che formavano una X argentata.

Mani dalle quali eruttavano pure fiamme arancioni.

Niente di tutto quello, il Guardiano della Nebbia, aveva lasciato trasparire, costringendo quello del Sole e rincorrerlo al massimo della propria velocità perché, dopo essere impallidito improvvisamente, Mukuro aveva avvolto il proprio corpo da una spessa coltre di nebbia che lo avrebbe condotto direttamente fuori dalla casa, al fianco del Guardiano della Nuvola, ancora immobile.

~×~

Le urla e la confusione che, lo sentiva perfettamente nonostante le pareti spesse e la lontananza dei colpi, facevano rimbombare la casa lo stavano mettendo sempre più in agitazione. Da quando quei pazzi scatenati (letteralmente!! Adesso capiva per quale motivo Reborn li avesse lasciati tutti a casa portandosi dietro solo quelli che era certo di poter controllare) si erano buttati a capofitto in una battaglia assurda. Con a capo un estraneo venuto dal futuro. Che si spacciava per il Decimo.

Poteva esistere forse una situazione peggiore?

Un’altra scossa fece vacillare il Decimo Cavallone e i presenti, portando Lambo, terrorizzato, tra le braccia di Romario mentre un Kusakabe piuttosto in imbarazzo cercava inutilmente di calmare Fuuta.

«Boss» lo chiamò Romario, che fino ad un momento prima aveva legato ed ordinatamente ammucchiato i corpi privi di conoscenza degli uomini che li avevano attaccati «cosa facciamo?»

Dino si morse un’unghia mentre accarezzava distrattamente Enzio, nascosto nella sua tasca.

«Sembra che gli scontri in casa siano finiti» commentò Kusakabe «evidentemente a nostro favore, altrimenti ci saremmo ritrovati con un esercito qui sotto…»

«I Guardiani sanno fare il loro lavoro meglio di quanto sperassi…» rispose a propria volta l’italiano «ma fuori non è ancora finita e…» le sopracciglia del biondo si accartocciarono di preoccupazione «se sento bene si sono unite due forze al combattimento contro Hibari…e mi preoccupa…»

«Hibari-san è il più forte» obiettò Fuuta tremante, sfogliando il libro delle Classifiche «ma ora piove…non lo so più…»

«Ma cosa diavolo stanno facendo tutti quanti!?» esplose Dino portandosi entrambe le mani alla testa «potrebbero morire là fuori da soli! Non sappiamo nemmeno cos-»

«Boss…» Romario aveva improvvisamente portato gli occhi, socchiusi dalla concentrazione, verso il soffitto «non lo sente?»

Dino aggrottò le sopracciglia e lo imitò, tendendo le orecchie.

«Nomi pare ci sia niente di divers-» s’interruppe nuovamente, capendo. Romario non parlava di un rumore. Parlava dell’improvvisa nascita di una Fiamma dalla potenza spropositata, mai avvertita prima. Una Fiamma del Cielo. Una Fiamma incredibilmente nostalgica.

Una Fiamma che, inspiegabilmente, gli faceva venire in mente un paio di occhi miele scuro non ben identificati. Una Fiamma che aveva qualcosa in comune con il Nono. Incurante dei possibili pericoli ancora presenti all’esterno, dei bambini che si aggrapparono a Romario e Kusakabe che, a loro volta, avevano imitato il Boss Cavallone.

Incurante di tutto e soprattutto di andare a sbattere ad ogni parete, Dino Cavallone, si precipitò fuori dalla palestra a rotta di collo, destinazione piano terra, esterno. Fonte della Fiamma.

~×~

«Quanto ci manca ad arrivare?» la voce concitata di Gokudera non aiutava certo i poveri piloti, già minacciati da una improbabile -ma verissima- pistola verde. Per non parlare ovviamente del ragazzo sorridente che faceva dondolare una spada -palesemente vera pure quella- come fosse un giocattolo. E della donna che aveva fatto sciogliere la serratura della porta della cabine di comando con una torta!?

«S-saremo all’aeroporto tra meno di dieci minuti…» ripeté, tremante, il secondo pilota.

«È troppo» sibilò l’italiano facendo tintinnare minacciosamente la catena che teneva attaccata alla cintura.

Reborn gli scoccò un’occhiata prima di tornare a rivolgersi ai piloti, con uno sguardo ben poco rassicurante. Era perfettamente consapevole che l’aereo non poteva andare più veloce di così, così come che presto il carburante sarebbe finito e che a bordo c’erano donne e bambini (anche uomini ma questo non faceva la differenza) innocenti e che non sarebbero dovuti morire. Reborn lo sapeva, ma era anche preoccupato.

Da qualche secondo riusciva a percepire le fiamme che erano raggruppate a Namimori e, oltre alle solite a lui familiari, ne aveva percepite molte altre. Per la maggior parte deboli e che non avrebbero mai causato alcun problema nemmeno ad un Lambo addormentato e frignante…figurarsi ai Guardiani che erano rimasti a protezione della casa. No…Reborn non era preoccupato per quello.

Reborn era -leggermente- in ansia per le altre forze che sembravano essere spuntate dal nulla. Per la precisione due di Fiamma Cielo e una Nuvola. E si trovavano tutte quante addosso ad Hibari.

Yamamoto intercettò gli occhi preoccupati di Reborn e gli rispose con un sorriso tirato. Anche lui le aveva percepite. Erano Fiamme spaventose, se ne era reso conto. E Hibari, per quanto forte, non sarebbe mai stato in grado di sopraffarle tutte e tre. Magari due sì, ma una di quelle…

Anche Gokudera sobbalzò, quando i suoi sensi percepirono delle nuove Fiamme. Bianchi teneva sotto controllo a situazione da ancora prima di lui e, sebbene non avesse lasciato trasparire nulla, cominciava a preoccuparsi seriamente di non riuscire ad arrivare in tempo.

«Possibile che questo trabiccolo non riesca ad andare più in fretta?» ringhiò nuovamente Gokudera sventolando un paio di bombe sotto il naso dell’hostess che si trovava alle sue spalle, terrorizzata più che mai.

«Gokudera…» lo richiamò Reborn, i sensi ancora tesi a cercare di determinare se Hibari sarebbe riuscito a resistere fino al loro arrivo. La forza delle Fiamme cresceva in modo esponenziale e quella di Hibari, invece, era quasi del tutto scomparsa. Cosa diavolo stava succedendo? Perché Hibari non stava più combattendo!? Che fosse così gravemente ferito da non permettergli nemmeno di evocare un po’ di Fiamma in sua difesa?

Che razza di mostri erano quei tre?

«Ci deve pur essere un modo!!» la voce di Gokudera cominciava ad assumere una sfumatura disperata. Capiva anche lui le implicazioni che quelle Fiamme avrebbero avuto per la Famiglia. Cosa diavolo stava facendo Hibari!? Perché non attaccava?

Con il cuore in gola, Reborn prima di tutti, pregarono di arrivare in tempo. Anche se ci sarebbero voluti altri dieci minuti.

Dovevano fare in tempo.

~×~

Tsunayoshi Sawada sapeva quello che poteva e non poteva fare. Dall’alto dei suoi venticinque anni era a conoscenza del fatto che, in quella battaglia del passato, non avrebbe potuto, non avrebbe dovuto mettere mano, non si sarebbe dovuto schierare. Con andatura posata e volutamente lenta, faceva il giro del perimetro della casa per porre una barriera di Fiamme, del Cielo, di modo da bloccare qualunque ulteriore ingresso da parte dei Ferro e per evitare che quelli già presenti, i pochi fortunati ancora non incappati nella furia dei Guardiani ai piani di sotto, uscissero.

Osservò con la dovuta calma Hibari combattere e vincere ogni uomo che gli si parava davanti senza uscire dal perimetro della casa e gettarli con precisione chirurgica dall’altra parte della strada. Hibari Kyoya non sarebbe cambiato con il tempo, si disse con un lieve sorriso, sarebbe sempre stato in grado di cavarsela da solo, proteggere tutti anche senza darlo a vedere, e tornare in tempo per la cena senza aver nemmeno la necessità di una doccia o cambiarsi d’abito.

Molto comodo considerato che Tsunayoshi non aveva mai imparato a far andare una lavatrice senza incappare in qualche disumano errore, come confondere l’ammorbidente con il detersivo per i piatti, che gli era già più familiare.

Quello era e sarebbe stato Hibari. Il suo Kyou-kun, si corresse con una risatina, dispiaciuto dal fatto che il suddetto non potesse sentirlo. La sua reazione era stata veramente comica. Chissà cosa sarebbe successo quando avrebbe ricordato, perché era certo, se lo ricordava bene, tutto era cominciato durante la battaglia del Futuro e, quindi, a quel momento della sua vita del passato, lui e Kyou-kun… Tsunayoshi sorrise nel vedere il suo Guardiano incitare, minacciare di mordere a morte per il mancato coraggio, i nemici che erano rimasti fermi all’esterno del cortile.

Lo aveva visto incitare, vedersi insultare, i suoi avversari e vincere su tutti. A poi aveva visto quei due. I due gemelli. Dal futuro aveva sentito racconti di quei due. Claudio e Mario, i fratelli diabolici, così li chiamavano. Uno della Fiamma del Cielo e l’altro della Nuvola.

Tsunayoshi osservò con ansia sempre più crescente i due uomini avvicinarsi ad Hibari e attaccarlo in un momento in cui era sembrato distratto. Lo vide indietreggiare di un passo e pararsi il viso. Li vide invocare le Fiamme e andare all’attacco.

Quello con le spade e la Fiamma del Cielo, Claudio, si lanciò su Hibari che schivò agilmente i colpi ricambiandoli con un solo tonfa mentre, l’altro, rimaneva a bordo del cortile ad osservare lo scontro. Possibile che volesse lasciar fare tutto al fratello? Hibari tenne sotto controllo il tizio con le pistole (che sempre per comodità chiameremo Marco) cercando contemporaneamente di tenere disimpegnato un tonfa in caso di attacco improvviso da parte di quest’ultimo. Ora sì che si cominciava a ragionare. Quelli erano avversari con cui valeva la pena battersi. Con un sorriso sadico il Presidente del Comitato Disciplinare si fece avanti.

Tutto accadde in pochi secondi.

Nel momento stesso in cui Hibari parò due colpi contemporaneamente, provenienti da due direzioni diverse, il gemello fece la sua mossa. Quattro colpi di pistola, potenziati dalla Fiamma della Nuvola, vennero sparati contro Hibari. Caricati della proprietà di propagazione della nuvola furono almeno un centinaio di proiettili a raggiungere le due figure combattenti al centro del cortile. Claudio, che evidentemente si aspettava quella mossa, si era preventivamente allontanato dopo una finta e i proiettili puntavano solo su Hibari.

Il Guardiano riuscì a schivarne una buona parte con facilità e ne parò altrettanti. Solo uno di essi, nascosto dietro altri, riuscì a penetrare la sua difesa. E a colpirlo di striscio alla tempia sinistra facendogli scendere un rivolo di sangue.

Tutto accadde in pochi secondi.

Una Fiamma esplosiva addensò l’aria costringendo i presenti ad accasciarsi a terra a causa del suo peso. E solo due parole, calme, fredde e furibonde allo stesso tempo.

«X Burner».

Bon, signori e signorine mie. Direi che…siamo arrivati ad un buon punto, no?

Voglio dire…capitolo 17…non ho ancora piantato in asso, ho un po’ di cap già pronti, mi sto divertendo un casino a scrivere e la storia sembra (enfatizzate un po’ il sembra) essere apprezzata. Cosa posso chiedere di più? Non lo so…magari che finalmente quei due idioti dei giovani Hibari e Tsuna si diano una mossa!?!?

Sì, lo so che sto scrivendo io, ma insomma…questo non toglie che non vedo l’ora, quanto voi immagino, che quei due si diano da fare fottendosene di tutto e tutti, no?

Ecco, appunto.

E speriamo succeda presto (me si mette a sgranocchiare qualcosa ignorando volutamente il fatto che, se non si mette a scrivere, tutto quello che desidera non si realizzerà mai)

 

 

Un bacio

NLH

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Capitolo 19
*** Target 18# ***


 

                I’ll bite you to death, Tsunayoshi Sawada.


 

[Target 18#]

«Ah! Che stupido! Ci sei cascato in pieno!!» Claudio era indietreggiato per permettere al fratello -sapeva che si sarebbe comportato così, mai che gli lasciasse tutto il divertimento per sé-, di portare a termine il proprio attacco.

Hibari era stato colpito, certo, di striscio, ma era pur sempre stato colpito e ora non sarebbe più stato tanto divertente.

«Certo che potevi lasciarlo a me…» si lamentò comunque, forza dell’abitudine, Claudio in direzione di Marco.

«Mi stavo annoiando e tu ci stavi mettendo troppo» rispose l’altro, serafico «e poi mi pare anche che tu sia stato colpito…»

Claudio sgranò gli occhi interrogativo e si tocco il volto, rendendosi conto solo in quel momento di sentire un dolore nemmeno troppo sordo. Hibari era riuscito a colpirlo nello stesso momento in cui si era lasciato distrarre dall’attacco del gemello. Però…abile il ragazzino.

«Parla per te…» lo rimbecco lasciando cadere la mano dal volto e scoccando un’occhiata al vetriolo al gemello, di solito perfetto «sei tu quello che non ha visto che mirava a te. Se fossi stato un po’ più attento a quest’ora la tua camicia sarebbe ancora intera».

C’era stato un momento in cui il combattimento si era spostato vicino a Marco e Hibari aveva, astutamente dovette riconoscerglielo, cercato di colpirlo.

«Adesso finiamola» Marco sembrava, se possibile, ancora più annoiato del solito «fallo fuori e poi occupiamoci di quelli dentro».

Claudio ridacchio e mosse qualche passo verso il Guardiano che si era già rialzato e aveva ripreso la posizione d’attacco, irritato morte e con il profondo desiderio di, non morderli, ma sbranarli a morte. Letteralmente.

«Scusa tanto» fece Claudio alzando la lama percorsa dalla Fiamma le Cielo «ma come vedi siamo un po’ occupati».

E calò il bracciò con tutte le proprie forze.

~×~

Nel momento in cui Marco aveva sparato contro Hibari, Tsunayoshi, non era più stato in grado di rimanere impassibile come gli era solito.

Lo sapeva, si era ripromesso di non fare nulla che potesse pregiudicare gli avvenimenti futuri con la sua presenza, lo sapeva, per la miseria!

E allora perché, si chiedeva Tsunayoshi Sawada, perché nel momento in cui aveva visto quel rivolo di sangue scendere dalla tempia sulla guancia e, sempre più copioso, sulla camicia candida di Hibari, macchiandola di sangue vermiglio, non era stato in gradi di rimanere fermo e attendere che i Guardiani, che stavano risalendo in superficie lo sentiva, aiutassero quello della Nuvola?

Lo aveva visto cadere sulle ginocchia a causa del dolore e disorientamento improvvisi e si era precipitato fuori, distruggendo la barriera che aveva così pazientemente costruito. Se per pazientemente si può parlare quando si tratta di quaranta, cinquanta secondi.

Possibile che l’attaccamento per lui fosse così forte anche nel passato?

Poi aveva visto quell’uomo cercare di finirlo in quel momento di debolezza.

«E tu chi diavolo sei?» Claudio osservò stizzito il proprio colpo andare a vuoto e quello sconosciuto, comparso dal nulla, rubargli la tanto agognata preda. Non bastava tutto il tempo che già aveva perso? Ci si doveva mettere pure…

Se fosse stato possibile, e in un certo senso per Claudio forse si sarebbe potuto dire così, il pensiero gli rimase bloccato tra una sinapsi e l’altra. Imitato dal gemello, anche se in modo meno evidente, sgranò gli occhi alla vista dell’uomo che era comparso come dal nulla.

A pochi passi di distanza da lui c’era una persona che non aveva mai visto, ma avvolta da un’inconfondibile aura di potere. La stessa che avevano percepito quel giorno…com’era possibile? Si erano assicurati che non potesse essere più in grado di nuocere. Cosa diavolo stavano combinando quelli in Italia?

«Ehi, Marco…» sibilò in direzione del fratello, che gli si era avvicinato per vedere meglio.

«Lo so…» mormorò lui, in risposta, senza essere in grado di staccare gli occhi da quella figura.

In piedi, con il mantello aperto e i vestiti mossi dal vento che lui stesso aveva creato nel momento in cui la barriera era stata distrutta, stava l’ultima persona che si sarebbe mai aspettato di rivedere. Marco, a differenza del fratello, aveva riconosciuto subito quella fiamma prorompente sulla fronte e gli X Gloves, come sapeva di poterli chiamare. E adesso non avrebbe fatto in tempo a reagire.

Cercando di richiamare il più in fretta possibile le fiamme, gridando al fratello di fare lo stesso, impugnò le pistole cercando di colpirlo prima che lui potesse colpire loro.

~×~

«Hibari!!!» il grido ansioso di Dino si perse tra quelli di richiamo, più o meno educati, che i Guardiani stavano lanciando al loro compagno una volta emersi dai piani inferiori della Casa. Da quando Romario aveva percepito una variazione consistente tra le auree presenti in superficie, nemmeno un minuto prima, si era come reso conto di quello che stava effettivamente accadendo.

Non aveva alcuna importanza se quel Sawada, o Wasada, per quel che ne sapeva lui, fosse o meno il vero Decimo. Lento, certo, ma aveva realizzato che quello che stava succedendo là fuori non era…una scampagnata tra amici. Si stava combattendo una dura battaglia e lui non era al fianco dei suoi alleati; Decimo o meno.

Era stato con uno scatto che aveva agguantato Lambo, messo KO da niente poco di meno che sé stesso, inciampando durante i festeggiamenti per la sua strabiliante vittoria, e si era precipitato fuori dalla Palestra, seguito da un imperturbabile Romario, ormai abituato alle stranezze del suo Boss, e da un sempre più perplesso Kusakabe, che aveva preso in braccio un Fuuta mezzo addormentato; la pioggia non gli faceva mai troppo bene. Si era messo a correre a rotta di collo su per le scale, incrociando un Mukuro altrettanto ansioso di uscire e controllare la situazione lui stesso e un Sasagawa alquanto serio che cercava di non perdere di vista il Guardiano della Nebbia.

Ed era stato nello stesso momento in cui si era trovato fuori dalla porta d’ingresso, stranamente divelta per metà e costantemente incalzato dal tridente di un Mukuro ben poco propenso a cedergli la prima posizione, che lo aveva visto. Sawada Tsunayoshi, presunto Decimo del Futuro, si trovava a pochi passi da quello che riconobbe come Claudio, ben presto raggiunto dal  gemello, e dava loro le spalle. Con occhi spalancati vide Hibari, immobile ma apparentemente illeso, se si voleva escludere del sangue sulla tempia, e cosciente.

Sawada teneva le mani, guantate da metallici guanti che gli stavano risultando stranamente familiari ma incapace di collocarli, sulle spalle del Guardiano della Nuvola e aveva il viso vicinissimo al suo mentre sembrava gli stesse sussurrando qualcosa. Dino si limitò a registrare con incredulità la scena non riuscendo a fare altro prima che, il Decimo, si scostasse da un Hibari, sempre immobile e imperturbabile, per voltarsi in direzione dei gemelli.

«È da un po’ che non ci vediamo…» fece Claudio, sguainando le spade con tutta l’intenzione di attaccare per primo «anche se forse non è quello che dovrei dire…»

«Cosa ci fai qui?» fu invece la domanda di Marco, ben più in guardia del gemello anche se ugualmente strafottente «non dovresti essere in Italia?»

Dino e Mukuro poterono quasi vedere il sorriso pacato e sarcastico allo stesso tempo di Sawada, lo stesso che avevano avuto modo di notare e, stranamente, memorizzare…erano veramente pochi minuti prima? Nonostante l’uomo desse loro le spalle. Solo Sasagawa, ignaro delle elucubrazione che stavano frullando nella mente dei due, fissava la scena con un livello di confusione che stava raggiungendo livelli mai raggiunti. Ma come facevano a conoscersi quei tre?

«Evidentemente in Italia non è che abbiano fatto poi questo gran lavoro, non vi pare?» stava intanto rispondendo Tsunayoshi «in fondo cosa ci si poteva aspettare da gente tanto stupida da aver veramente pensato di potersi mettere in mezzo tra Xanxus e la sua vendetta, per non parlare di Mammon e dei soldi» sorrise affabile «chi è che doveva supervisionare, tanto per sapere…?»

«Tuo cugino è un coglione» disse solamente Marco, senza nemmeno guardare il fratello «ricordami di ucciderlo quando torniamo indietro».

«Guarda che è anche cugino tuo» ribatté Claudio sulla difensiva, anche lui senza perdere d’occhio Sawada «e a questo punto direi anche che è inutile farlo fuori…»

«In effetti ci hanno pensato i Varia» li informò allegramente Tsunayoshi, tra i sorrisini involontari per tanta sfacciataggine da parte di Mukuro e, anche se venato da preoccupazione, Dino, gli unici oltre a Romario ad aver capito. In effetti, si trovò a riflettere il Boss Cavallone, stavano parlando in italiano. Anche Mukuro osservava la scena con un misto di divertimento, per la risposta arguta di Sawada, e confusione.

Tutti loro, i Guardiani per lo meno, si erano fidati di quello sconosciuto che affermava di essere il Decimo e vederlo discutere a quel modo con i due Boss…

«Tu dovresti essere morto» sibilò Marco, senza più preoccuparsi di farsi capire da tutti, tornando al giapponese «e senza questo aspetto».

«Vedila così» alzò le spalle Sawada «in Italia ci sono stati non pochi problemi: chi doveva definitivamente farmi fuori è stato eliminato, prima ancora che potesse partire a prendermi, e voi avete fatto tutta questa fatica per niente».

«Cosa diavol-» Claudio non fece in tempo ad aggiungere altro che Sawada aveva teso una mano di fronte a sé e un’altra alle proprie spalle.

«Mi dispiace» sorrise mentre i due gemelli si lanciarono nella sua direzione presi alla sprovvista ma comunque sempre pronti a cercare di colpirlo per primi «ma non mi rimane più molto tempo» pensò mentalmente, in una frazione di secondo, che nel giro di poco, anzi pochissimo, sarebbe tornato alla sua realtà.

«X Burner»

E l’ultima cosa che Sawada Tsunayoshi vide, in quell’epoca, fu il volto sgomento di Hibari che non si era ancora mosso. Sawada gli aveva sorriso prima di sentire il familiare strappo allo stomaco e percorrere a ritroso quel tunnel colorato che lo aveva condotto nel passato.

Dal suo Kyou.

~×~

Nel momento stesso in cui quella fiamma del Cielo, talmente pura e luminosa che li costrinse a chiudere gli occhi e a non vedere dove sarebbero andati a sbattere, Gokudera, Yamamoto con Reborn sulla spalla e Bianchi si erano buttati dall’aereo che era riuscito, sotto previa sollecitazione, a percorrere a ritroso il tratto che aveva precedentemente fatto per andare in Italia.

Ancora sospesi nell’aria, i paracadute che avevano fregato alle hostess si erano appena aperti, videro un’enorme fiamma spazzare via quelli che sembravano i rimanenti membri della Famiglia Ferro, senza tuttavia intaccare o anche solo rovinare una casa, la strada o qualunque oggetto si era ritrovato lungo la sua traiettoria.

Reborn si aggiustò il cappello rendendosi conto della potenza e anche del totale controllo che doveva avere la persona che l’aveva avocata. Chi poteva essere? L’unico alleato utilizzatore di fiamma del Cielo era Dino…però…c’era qualcosa di totalmente diverso rispetto a quello che il Boss Cavallone effettivamente era? Possibile che esistesse qualcun altro in grado di produrre una Fiamma del genere?

Il sentore che anche Yamamoto potesse aver avuto la sua stessa illuminazione diventò certezza quando incrociò i suoi occhi. Possibile che l’ignoto utilizzatore potesse essere il Decimo che stavano cercando? Si era ritrovato nella battaglia e aveva capito d’istinto cosa fare?

«Che diavolo sta succedendo?» Gokudera, decisamente più lento rispetto ai due, aveva sgranato gli occhi, imitato da una ben più pacata Bianchi, alla vista di quello scempio di avversari. Insomma, stava urlando nella sua mente il bombarolo, noi ci affrettiamo a tornare e per poco non rischiamo pure di schiantarci al suolo e qualcun altro si occupa di quello che avremmo dovuto fare noi!!!

«Sta calmo fratellino» disse solamente Bianchi, gli occhiali muniti di binocolo incorporato – per una volta Giannini si era dato da fare senza troppi casini – mentre osservava quello che succedeva a cento metri più in basso.

«Calmo?» sbraitò l’italiano «come diavolo posso stare calmo!?» con un gesto che rischiò di farlo precipitare indicò la situazione sotto di loro e spalancò gli occhi «qui sotto si è scatenata una specie di catastrofe naturale formato Fiamma e tu mi dici di calmarmi!?»

«Sta’ zitto, Gokudera» la voce pacata di Reborn bastò a fargli smettere di agitarsi -con il solo risultato di farli cadere tutti quanti a terra- «c’è qualcosa che non mi torna…»

«Chi è stato?» chiese infatti Bianchi mentre si preparava all’atterraggio, aggiustandosi gli occhialini sul naso e stringendosi i lacci attorno alle spalle.

«È esattamente quello che voglio scoprire» sibilò Reborn assicurandosi alla spalla di Yamamoto.

 

Credo di non poter dire poi molto…sono settimane che non mi faccio sentire.

Ma sono state anche settimane senza la più assoluta speranza di accedere ad internet o anche solo accendere il pc!!!!! Traumatizzante!

Quindi posso dire di avere tutte le scusanti del caso, oh!

Ma l’importante è che sono tornata (seee, come no, ci crediamo tutti) e che un nuovo cap è stato scritto, non trovate?

*Me ridacchia nervosissima nella speranza di non aver detto una cazzata che ha fatto arrabbiare qualcuno*.

Quindi ci vediamo al prossimo.

Si spera.

 

Ancora una cosa. Mi dispiace tantissimo aver risposto così frettolosamente (e male) alle recensioni del capitolo scorso, ma è stato veramente difficile questo periodo e ho avuto pochissimo tempo per me.

Scusate ancora e spero di non aver offeso nessuno.

 

Un bacio

NLH

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Capitolo 20
*** Target 19# ***


                I’ll bite you to death, Tsunayoshi Sawada.

 

 

[Target 19#]

«Non azzardatevi a toccarlo nemmeno con un dito o la mia vendetta sarà ESTREMA!!» Sasagawa  si piazzò a braccia spalancate, prima di prendere la posizione di combattimento, davanti al corpo inerte di un giovane Sawada Tsunayoshi, come avevano il piacere di poterlo chiamare ora.

Era passata solo un’ora da quando i Guardiani, più Reborn e Bianchi, erano atterrati su quello che era stato il campo di battaglia tra la Famiglia Ferro e Vongola. Un’ora da quando avevano trovato i Guardiani rimasti di guardia (ripetizione ovviamente voluta, non pensate che sia perché non mi veniva una parola migliore e mi mancava la voglia di cercarne un’altra) che attorniavano lo stesso ragazzino, quel Wasada, che avevano trovato a gironzolare attorno alla loro base un paio di giorni prima.

Un’ora da quando i sopracitati Guardiani rimasti non avevano permesso a nessuno dei nuovi arrivati anche solo di avvicinarlo.

Gokudera, seguito a ruota da Reborn, anche se quest’ultimo lo mostrava decisamente meno, sembrava pronto a far fuoco su quelli che erano stati i suoi compagni. Anche se, rifletté poi in un momento di calma, non che questo fosse poi così diverso dalla sua solita routine, specie quando si trattava della Scemucca, del Shibakatama, del Maniaco Illusionista e del Bracco (ovviamente anche Il Pazzo Presidente Della Commissione Disciplinare, ma questo non doveva essere assolutamente di dominio pubblico, altrimenti si sarebbe ritrovato messo proprio male).

No, quello ad essere del tutto differente era altro.

Mukuro serio, ad esempio, che sedeva accanto al corpo inerte del giovane incosciente, con il tridente spianato e senza alcuna intenzione di lasciare il suo fianco per spiegare il suo comportamento, nemmeno per lasciare che Reborn, la loro guida si può dire, gli si avvicinasse, soprattutto per non permettere a Gokudera di fare un altro passo.

Lambo che stava appoggiato alla pancia del ragazzo con l’espressione imbronciata, senza lacrime, strilli o capricci, che annuiva alle istruzioni di Mukuro sul non lasciar avvicinare nessuno con frasi della serie: “Ci penso io al Decimo” e “ Sawada lo proteggo io”.

-Chi diavolo ha detto che sarebbe il Decimo? E chi cazzo è ‘sto Sawada!?-

Poi c’era Sasagawa che faceva da barriera naturale, piazzato tra il divano, su cui era disteso il giovane, e tutti gli altri. Il Boxeur urlava a più non posso di non avvinarsi al Decimo (ancora con ‘sto cazzo di Decimo? Ma di che diavolo stavano blaterando?) o la sua vendetta sarebbe stata ESTREMA (altra ripetizione, mi sa che sto diventando decisamente monotona).

E infine Dino che non aveva smesso un attimo di balbettare di stare ad ascoltarlo, palesemente ignorato da tutti in ogni caso perché Romario e i suoi, tutti i suoi, erano ancora all’esterno a “parlare” con i Vindice riguardo alla sorte dei pochi diavoli dei Ferro sopravvissuti all’enorme esplosione di poco prima.

 E su quella, le Fiamme del Cielo che avevano spazzato via tutti, magari Gokudera ci sarebbe ritornato poi. Ora c’era una faccenda ben più pressante a cui prestare orecchio (o un paio di bombe ben piazzate, fate un po’ voi). Cosa diavolo si erano messi in testa quegli idioti? Il loro comportamento era sconcertante. Possibile che nel breve tempo in cui erano stati lontani gli avessero fatto il lavaggio del cervello?

Ma quella non era l’unica cosa a preoccuparlo. Un altro esempio sarebbe potuto derivare dall’assenza di Hibari. Non che fosse poi cosa strana, chiaro, ma il suo comportamento fino a quando non era scomparso nel nulla aveva lasciato scioccato più d’uno, compresi i Guardiani rimasti. La sua assenza e la presenza della giacca nera con tanto di fascia e guarnita da un Hibird sonnecchiante lasciata da Hibari stesso a mo’ di coperta su Sawada, tanto per dirne una (e qui consiglio di riprendere fiato).

Perché quando Reborn e gli altri erano atterrati, Hibari, si era immediatamente avvicinato al giovane svenuto e, coperto dagli altri, lo aveva preso in braccio per portarlo dentro casa, miracolosamente intatta, ed adagiarlo sul divano.

Ma fosse anche solo questo!!! (che già gli aveva procurato un mezzo infarto da solo).

No, c’era anche un’altra cosa a preoccuparlo e farlo infuriare oltre ogni più razionale misura e allo stesso tempo con la capacità di confonderlo più di tutto il resto. Più precisamente un dettaglio che aveva notato proprio in quel momento, mentre riconosceva il proprietario della giacca.

«Quello è l’Anello del Decimo!» gridò incazzato indicando la mano di Sawada, richiamando l’attenzione di Reborn e Yamamoto, ancora troppo occupati a fulminare Sasagawa per aver notato quel piccolo particolare «come diavolo vi siete permessi!?»

Gli occhi di Reborn lampeggiavano di rabbia.

«Quindi l’aveva preso lui?» chiese, senza aspettare una riposta «oppure siete stati voi a darglielo?» questo voleva dire che i Varia non centravano niente?

«Reborn»…cercò di attirare nuovamente la sua attenzione, Dino «lascia solo che ti spieghi, questo ragazzo è-» non fece in tempo ad aggiungere altro che un colpo ben assestato da parte dell’assassino lo mise K.O.

«Adesso basta» la voce dell’Arcobaleno ebbe il potere di bloccare tutti al proprio posto, incapaci di proseguire nella sequela di atteggiamenti assurdi e, soprattutto, facendo cadere il silenzio nella sala. Che in effetti era quello che Reborn voleva; gli aveva sempre dato sui nevi sentire troppo baccano.

«Come sarebbe a dire che questo…» con fatica si costrinse a non ghignare scettico «ragazzo sarebbe il Decimo. È possibile sapere quello che è successo?»

«È quello che cercavo di dirti» Dino riemerse dai detriti in cui era stato scaravento, tenendosi al testa dolorante «all’inizio nemmeno io volevo crederci, ma è così. Questo ragazzo è il Decimo Vongola».

«Lo trovo alquanto…improbabile» ribatté lì arcobaleno, bloccando con una mano sul nascere qualunque invettiva fosse saltata in testa al bombarolo.  Aveva bisogno di spiegazioni e chiarezza, non casino e urla, decisamente.

«Sembra che sia stato lui a prendere l’anello del Cielo, la notte in cui ha dormito qui».

«Ma non era con Hibari?» Yamamoto aggrottò le sopracciglia scettico, stringendo il collo di Gokudera, in modo da prevenire qualunque reazione «com’è possibile che non se ne sia accorto?»

«Sembra» cercò di spiegarsi Dino, insicuro delle parole da usare «che Hibari abbia una specie di debole per questo ragazzino. Non so spiegamelo nemmeno io» prevenne qualunque ribattuta, in particolare di Gokudera, che adesso era zittito e tenuto fermo  anche da Sasagawa «ma l’avete visto, no?»

«In effetti ha un comportamento insolito da quando il ragazzo si è presentato» Reborn continuava a fissare scettico il giovane svenuto «sbaglio o ha passato la notte con lui?»

«Ehm…» Dino si schiarì la gola imbarazzato, sotto gli sguardi perplessi di Sasagawa e Yamamoto «credo non letteralmente, cioè…sarà stato in camera sua ma non credo che-»

«Cosa diavolo stato farfugliando?» Gokudera scocciato si fece largo spingendo finalmente di lato il Maniaco della Boxe e tornando a riappropriarsi del diritto di respirare «quello che ora conta è: cosa diavolo ha fatto questo marmocchio per rendervi così tanto convinti che sia veramente il Decimo?»

Mukuro, insolitamente rimasto fuori dalla conversazione ed essendosi astenuto fino a quel momento da battutine sarcastiche, insinuazioni e provocazioni a sfondo sessuale, si alzò, lascando il giovane nelle sole mani di Lambo.

«Non è esatto» sogghignò «non è che ne siamo convinti» fece una pausa «lui è Il Decimo».

~×~

«Cioè, è arrivato questo tizio dal futuro che si chiama Sawada Tsunayoshi e lui è il Decimo del futuro» ricapitolò brevemente Yamamoto, soprattutto a beneficio proprio e di Ryohei, che si erano persi ad un certo punto della spiegazione «e lui vi ha detto tutto, o quasi…»

«Esatto» confermò Dino «compreso il fatto che gli era stata cancellata la memoria dai Ferro».

«Ma noi come facciamo a sapere che tutto non è stato architettato dai Ferro?» mai che Gokudera si proponesse di cambiare idea.

«Tu non c’eri» Dino scosse la testa «anch’io all’inizio ho pensato ad un inganno, ma poi l’ho visto» sorrise incomprensibile «ho visto come combatteva per noi, come i Guardiani e qui Mukuro sogghignò enigmatico «hanno creduto in lui e gli hanno dato fiducia» tacque un attimo «non saprei spiegarlo, è come se per me non ci sono più dubbi».

«Non mi sembra una spiegazione chiara, stupido bracco» e mai che Reborn si proponga di essere gentile.

«Fatemi capire» Yamamoto sembrava confuso «a me le parole confondono solamente» Sasagawa lanciò un grido di sostegno, misericordiosamente ignorato dall’Arcobaleno, per fortuna del primo «perché ti sei fidato?»

«Oltre al fatto che è arrivato dal futuro, intendi?» Mukuro sospirò «ma siete ritardati? Aveva l’anello anche nel futuro! E una volta che è tornato abbiamo scoperto che era stato il Sawada della nostra epoca ad aver preso l’Anello, e sembrava anche sapere come usarlo, sebbene non l’abbia fatto. Quando l’ha tirato fuori ho avuto come l’impressione di aver sentito al sua Fiamma».

«La domanda rimane» Gokudera non credeva, e avrebbe continuato a non credere, che quel ragazzino inetto poteva essere il suo tanto adorato decimo «come vi ha convinto? Ovviamente messo da parte il chiaro lavaggio del cervello che vi ha fatto».

«Gokudera» lo avvertì Dino «tu non c’eri ed è difficile spiegarlo a parole».

«Provaci» lo sfidò l’italiano, beffardo «credo di essere abbastanza intelligente da capirlo, non credi?»

«Adesso stai esagerando» Sasagawa non aveva capito proprio tutto, ma si rendeva conto che Gokudera stava esagerando in qualche modo «sei estremamente un idiota!»

«Non dirmi che sono un’idiota, Shibakatama!» saltò su l’altro, i candelotti già alla mano, segno di quanto si sentisse a disagio in quella situazione. E a ben ragione, a detta sua. Partiva un paio d’ore per l’Italia, senza arrivarci peraltro, e quando tornava trovava i guardiani più stupidi (perché la Scemucca non poteva essere altrimenti), infidi (Mukuro, stava urlando con questa definizione), idioti (chi altro oltre quel maniaco fissato della Boxe e con il complesso della sorella?) e sanguinari (ci vogliono forse spiegazioni?) -che erano rimasti perché non combinassero casini- che si stringono uniti sotto un’unica bandiera, stile Mangiamo-Una-Torta-Alla-Fragola-Tutti-Insieme! E poi si sentiva dire che stava esagerando.

MA DOVE!?

«Smettetela voi due» decisamente a Reborn stava venendo il mal di testa a stare dietro alle loro liti infantili.

«È stato lui a cominciare!» gridarono in coro, facendo sospirare più d’uno e ridere Mukuro. In fondo erano comici da vedere.

«È stato come se…» intanto la voce di Dino era bassa, nel tentativo di riportare la scarica di fiducia e familiarità che aveva provato al contatto della Fiamma del Sawada adulto «come se l’intero Cielo mi stesse avvolgendo per distruggere le false idee e le illusioni in cui mi trovavo» fece una pausa imbarazzata per la sviolinata che aveva pronunciato «ecco…una cosa del genere e…»

«Wow…» Yamamoto rise ammirato «questa sì che è una dichiarazione».

«Molto poetico, stupido bracco» Mukuro ridacchiò «ma mi secca dirlo…sono d’accordo, anche se ci avrei messo meno romanticismo. Sai…Hibari potrebbe non essere proprio d’accordo».

«Non dire stupidaggini!!!» Dino arrossì, imbarazzato.

«Scusate» Reborn stava riflettendo «non vi pare di aver già sentito delle parole del genere?»

«Parole del genere?» Sasagawa alzò gli occhi al cielo per riflettere «intendi come il Cielo immenso, illusoria vita e bugie che tengono in trappola?» fere una sforzo «mmmmh…no, non mi dice niente».

«Ma a me sì» Gokudera stava fissando Yamamoto, confuso «la profezia ritrovata dai Varia».

La profezia, che era stata bellamente accantonata da tutti perché trovata troppo difficile da capire e soprattutto senza un senso apparente, balzò traditrice nella mente di chiunque la ricordasse (Reborn e Gokudera, per chi fosse interessato).

Com’è che faceva?

Il giudizio che dal Mare sta per essere emesso

Accompagna lo scrosciare agitato del Tempo.

Questa Nuvola solitaria si ricongiunge al Cielo immenso

La Pioggia che preannuncia la Tempesta si fa sempre più forte

Lo stregone sogghigna nella sua gabbia di Nebbia

Il Sole dorato quante volte si trasformerà in Fulmine tonante?

Proviamo a porre fine a questa illusoria vita.

Non piangere, distruggi questa bugia che ti tiene in trappola

Imprimila a Fuoco nel tuo cuore

La promessa che non è riuscito a mantenere.

Vogliamo provare a porre fine a questa falsa vita?

Questo banchetto decaduto si ripete senza fine

Nessuno può difendersi dal peccato che gli scorre nelle vene

Tu quanta salvezza preghi di avere nel tuo castigo?

 

«Il Mare immenso…» mormorò Reborn «lo scrosciare del Tempo. Come ho fatto a non pensarci prima…?»

«E cosa diavolo vorrebbe dire?» Dino e Sasagawa stavano ancora finendo di leggere la copia che il primo aveva in tasca fino a poco prima.

«Le prime due righe fanno chiaramente riferimento ai Vongola e agli Arcobaleno» espose Gokudera, che effettivamente era giunto alla stessa conclusione, irritato per averci messo tanto.

«Okay» Dino sembrava perplesso «e che vuol dire?»

L’occhiata scocciata di Reborn non si sprecò, decisamente.

«Con la parola “giudizio” si fa riferimento sia agli Arcobaleno, che appaiono per guidare, e anche al Tempo, perché non appaiono sempre. Con Tempo però di fa ovvio riferimento ai Vongola, che continuano negl’anni, così come il Mare, la sua casa naturale» fece una pausa scocciata «è più chiaro, ora?»

«Va bene» Yamamoto alzò le spalle «e il resto?»

«Le successive quattro righe fanno riferimento ai Guardiani» Gokudera le rilesse, per sicurezza «sono menzionate tutte le nostre specifiche caratteristiche di fiamma. Nuvola, Pioggia, Tempesta, Nebbia, Sole e fulmine. Ovviamente anche il Cielo».

«E che vuol dire?» insistette Dino, in un modo che anche a Yamamoto sembrò essere vagamente irritante.

«Parla di loro in relazione» rifletté Reborn «come se mettesse assieme alcuni di voi. Parla della Nuvola che si ricongiunge al Cielo» fece una pausa ispirata «non è che tra Hibari e il Decimo c’era qualcosa in sospeso?»

«Non dire stupidaggini, Reborn!!» Gokudera sembrava sinceramente scandalizzato, mentre qualcosa di inspiegabile lo costringeva a prendere in considerazione l’idea. E a rabbrividire, sempre senza uno specifico motivo.

Mukuro alzò le spalle, divertito dall’idea che Hibari e quel ragazzino potessero essere in relazione in un qualunque modo. Magari poteva sprecare un po’ di tempo a spiare il Guardiano della Nuvola, si sarebbe potuto ricavare qualcosa d’interessante, no?

«Poi parla di te, Gokudera» disse, malizioso «e…oh, in relazione con la Pioggia» rise molto più forte «non è che te la fai con Yamamoto?»

«Cosa cazzo dici!!!?» cominciò a sbraitare l’italiano, rosso come un pomodoro maturo, lanciando tutto quello che gli capitava per mano, comprese la credenza alle sue spalle e i cuscini della poltrona. Stranamente le dinamiti vennero tutte dimenticate nelle tasche.

Yamamoto arrossì, ma non disse niente, trovando stranamente piacevole quella possibilità.

«Poi parla di Mukuro che sogghigna» continuò Reborn, decidendo volutamente di ignorare la confusione e guardano il sopracitato Guardiano, mentre schivava con nonchalance qualunque oggetto, contundente o meno, che Hayato gli lanciava contro «e lui sogghigna, mi pare tutto regolare».

«E per quanto riguarda Sasagawa e Lambo?» chiese Dino, un po’ meno insistente, in quanto stava finalmente cominciando a capirci qualcosa. Giusto un poco.

«Dice che si trasforma» rifletté l’Arcobaleno, osservano i due in questione.

Ryohei stava gridando tutto esaltato mentre Lambo imitava il suo esempio.

«Credo si riferisca al loro comportamento. Non trovi e Sasagawa diventi un bambino quando fa così?»

«Ma sai che non è una deduzione del tutto scema?» Reborn spalancò la bocca ammirato «me ne compiaccio».

«Reborn!!» sbraitò il Boss Cavallone, sentendosi molto sottovalutato.

«Va bene, okay» Gokudera sembrava essersi finalmente calmato (e aveva finito gli oggetti da lanciare) «ma il resto?»

«Fa riferimento alla situazioni in cui ci troviamo» rispose immediatamente Reborn, l’unico ad averla capita tutta, fortuna che c’era almeno lui, altrimenti sarebbero stati tutti perduti «parla di illusoria vita, bugie e punizioni. I Ferro al loro l’hanno già avuta, mi pare».

«E la parte dell’imprimere a Fuoco nel proprio cuore» chiese Dino, rileggendola tutta e trovando quell’unico punto ancora oscuro.

«Si dice che gli Anelli mantengano la memoria dei loro possessori e della dinastia dei Vongola» fece Reborn pensieroso «se così fosse le memorie del Decimo, anche se cancellate dalla mente, potrebbero essere rimaste nell’Anello»

Yamamoto alzò le spalle mentre Dino rifletteva su quelle parole.

«In altre parole dovremmo chiedere all’Anello? E come si fa? Non è che-»

Per fortuna di tutti, Reborn mise a tacere il delirante discorso del Boss Cavallone.

«Quello che il bimbo intendeva, forse» Yamamoto lanciò un’occhiata a Reborn, che gli fece cenno di continuare «è che dovremmo far in qualche modo confrontare il ragazzo, Tsunayoshi Sawada, con l’Anello, ho capito bene»

«In un certo senso» confermò l’Arcobaleno «c’è un solo modo per farlo».

«Quale?» chiese Yamamoto, eccitato suo malgrado e già pronto ad accettare quanto sarebbe potuto accadere.

«C’è solo un modo per saper con certezza se lui è il vero Decimo o meno» Reborn, il solito ad avere tutte le risposte, si fece avanti ad esporre l’idea che gli era venuta «se quello che c’è scritto nella profezia è vero, e se noi l’abbiamo interpretata bene, rimane solo una cosa da fare».

«E quale?» ripeté Gokudera imbronciato, alla fine era rimasto l’unico scettico della situazione.

«Fargli emettere la Fiamma del Cielo, mi pare ovvio»

 

Oh! Finalmente si è scoperto cosa mai volesse dire quella manfrinata a rima scarsa di qualche capitolo prima.

*Me molto soddisfatta per aver trovato in extremis un significato alla boiata da me scritta tempo fa*

E adesso vediamo un po’ come va avanti, che qui non si vede l’ora che arrivi la fine, no?

Ahah

Giusto per evitare di morire senza sapere se quei due si danno una mossa o continueranno a guardarsi male da lontano.

 

Un bacio

NLH

 

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Capitolo 21
*** Target 20# ***


 

 

                I’ll bite you to death, Tsunayoshi Sawada.

 

 

[Target 20#]

«Si sta svegliando» Chrome, tornata da un paio d’ore perché Mukuro aveva esaurito la forza, stava seduta accanto al divano dove Sawada dormiva ancora, la schiena appoggiata ad un bracciolo.

Dino, che era rimasto a camminare avanti e indietro nella sala, aspettando che Romario finisse di spiegare a Reborn quello che avevano appena appreso dai Vindice e dai nuovi “amici” che si erano fatti nella Yakuza, grazie a Kusakabe, si precipitò al suo capezzale.

Era passato un giorno dall’attacco dei Ferro, e il ragazzo era rimasto incosciente per ventisei ore.

Yamamoto era tornato a casa quasi subito, con la scusa di dover avvertire Spanner, Shouichi, Haru e tutti gli altri su quello che era successo. Aveva bisogno di riflettere su quanto era venuto a conoscenza quel giorno, fare un po’ d’ordine.

Gokudera l’aveva imitato pochi secondo dopo, sbattendo la porta e rimanendo tutta la notte fuori dalla casa per un non si sapeva nemmeno bene precisato motivo, prima di sparire alle luci dell’alba.

Lambo era stato portato a casa da Bianchi e Kusakabe ne aveva approfittato per andare alla ricerca di un Hibari Kyoya, sparito nel nulla.

Sasagawa aveva passato la notte accanto a Tsunayoshi per poi andare a scuola, a differenza dei suoi amici, affermando che sarebbe tornato verso sera, alla fine degli allenamenti del club.

La casa era rimasta deserta, e l’unico rumore che si era sentito fino a quel momento, era stato lo sferragliare di Giannini che cercava di aggiustare ciò che era andato distrutto nella battaglia.

«La mia testa…» il ragazzo borbottò qualche lamentela mentre cercava di alzarsi, sorretto da Dino, un po’ impacciato «dove diavolo mi trovo?»

«Ehm…» cercò di dire qualcosa il biondo, indeciso se rivelare tutto subito o aspettare l’intervento di Reborn.

Fortunatamente fu quest’ultimo a decidere per lui, presentandosi all’ingresso.

«Era ora» disse solamente, lasciando aperta la porta in un chiaro invito a seguirlo «sbrigati che è arrivato anche Iemitsu».

Dino abbassò lo sguardo e aiutò il ragazzo ad alzarsi in piedi. Non poteva vedere la sua espressione, ma era certo che sarebbe stata sconcertata, per non dire confusa. Era la seconda volta che finiva nel futuro e si trovava immischiato in una battaglia che non sapeva di aver scelto. Dino si chiese che tipo di Decimo potrebbe essere stato, prima di perdere la memoria.

Perché ora ne era certo.

Tsunayoshi Sawada doveva essere stato il Decimo Boss Vongola.

«Lui è Iemitsu» Reborn lo presentò non appena il giovane si sedette, un po’ incerto, in cucina, imitato da Dino «Sawada Iemitsu» sottolineò, sbirciando la reazione dei presenti da sotto la falda del cappello.

Vide Tsunayoshi sussultare, in una pallida imitazione del salto che aveva fatto poco prima Iemitsu, quando gli aveva rivelato la vera identità del giovane che avevano raccolto giorni prima.

Tsunayoshi Sawada.

«Piacere» mormorò il ragazzo, alzando di poco la testa.

L’uomo biondo seduto dall’altra parte del tavolo sembrava quasi sul punto di scoppiare in lacrime, e Tsuna non credeva fosse per il fatto che qualcuno aveva cominciato ad affettare delle cipolle. L’aveva notato anche lui.

Sawada.

«E così» lo sentì dire, magari con una nota di esitazione nella voce «tu saresti il sedicente Decimo Vongola»

«Così dicono» mormorò ancora, fissando il tavolo «anche se a farlo è stato-è stata una persona del posto in cui sono finito prima, alla fine del tunnel colorato» scosse la testa, come se facesse fatica a comprendere tutto.

«Parli del Futuro?» Reborn notò con piacere lo sconcerto sul volto del giovane Sawada «perché e lì che sei finito, nel caso te lo stessi chiedendo…»

«Futuro…» stranamente docile ripeté la parola, scrollando le spalle «vorrei non crederti -sarebbe troppo assurdo- eppure…» si morse un labbro.

«Non puoi fare a meno di credere alle mie parole, vero?» Reborn sembrava soddisfatto «come mai?»

«Che domande sono?» Dino faceva fatica a capire il motivo per cui Reborn sembrava così compiaciuto per una cosa del genere.

«Mi crede» affermò l’Hitman.

«E quest’affermazione dovrebbe chiarirmi qualcosa?» chiese, scettico.

«Non capisci niente» fu la cortese replica dell’Arcobaleno, prima di rivolgersi nuovamente a Sawada «perché mi credi?» ripeté, impaziente.

«Non lo so» gli occhi del ragazzo esprimevano una curiosa via di mezzo tra lo sconcerto e la sicurezza «sento che è vero» fece una pausa «e poi avevo avuto come l’impressione che…»

«Che…cosa?» incalzò nuovamente Reborn.

«Quello che mi ha detto…della faccenda del Decimo» sembrava facesse fatica a trovare le parole «si chiamava come uno di voi, sembrava solo più grande. E anche tu» indicò Dino con un cenno del capo «c’eri anche tu. E quello con i capelli argentati. Mi chiamava “Juudaime” e stava quasi per piangere» s’interruppe un’altra volta, scettico «vorrei veramente non crederci, ma…»

«Gokudera in lacrime» anche Dino non sembrava molto convinto «questo sì che è strano»

«Quindi…» Reborn voleva tirare le somme «nel Futuro tu sei il Decimo».

Tsuna annuì.

«Per me può bastare» Iemitsu si alzò in piedi, il viso improvvisamente nascosto dal capello che aveva tirato fuori da chissà dove «procedi come meglio credi, Reborn. In nome del Nono ti do carta bianca» guardò ancora per un attimo il giovane Sawada e se ne andò in fretta.

«Bene» Reborn sorrise, soddisfatto.

«Bene cosa?» Dino si era perso un’altra volta.

L’Arcobaleno sbuffò scocciato. Era mai possibile che quel brocco non riuscisse a combinare nulla da solo?

«Vado a chiamare Romario» borbottò, scendendo dal tavolo e dirigendosi all’esterno «tu rimani qui con Sawada, arrivo subito».

Dino lo osservò uscire, allibito. Certe volte faceva proprio fatica a capirlo.

Con la coda dell’occhio si rassegnò a non trovare una spiegazione agli strani comportamenti del sui vecchio maestro e sbirciò il ragazzo. Se ne stava seduto composto, in silenzio.

A Dino non piaceva poi tanto il silenzio.

«Allora» tentò di dire qualcosa «chi hai incontrato nel futuro?»

«Ah» Tsuna era comprensibilmente a disagio «beh, ho visto te» gli lanciò un’occhiata «se eri tu…avevi i capelli corti».

«Davvero?» si portò una mano alla folta chioma. Sì, magari poteva anche essere.

«Gokudera-san mi è sembrato abbastanza uguale» altra pausa «era alto».

«E chi ti ha parlato?» continuò ad indagare. Non gli piaceva proprio per niente lo strano comportamento passivo del ragazzo, come se qualcosa dentro di sé gli stesse dicendo che non deve essere così.

E poi odiava sul serio il silenzio, l’aveva già detto?

Con sconcerto vide le gote di Tsunayoshi diventare rosso fuoco.

«N-non lo so» liquidò la domanda troppo in fretta. Cadendo nuovamente nel mutismo di poco prima, con il sommo disagio del Boss Cavallone.

«Posso sapere come mai sei tornato?» tentò nuovamente di avviare una parvenza di conversazione «lo sapevi, vero, che Hibari ti avrebbe morso a morte se ti fossi fatto rivedere?»

«Volevo solo riportargli il suo pigiama» rispose candidamente Sawada, alzando finalmente gli occhi, le guancie ancora un po’ troppo colorate «ce l’avevo in mano…prima di finire…nel Futuro».

«E così è vero» Yamamoto era sbucato nel nulla alle spalle dei due che per poco non saltarono in piedi dallo spavento «Ehi, ehi» sorrise rassicurante «buoni, sono solo io».

«Yamamoto…san» cercò di abbozzare un sorriso, mentre Dino gli passava un braccio sulle spalle «buongiorno».

«Ohayo…» gli sorrise sedendosi nel posto lasciato libero da Iemitsu «allora, come ti senti oggi?»

«Un po’…scombussolato» ammise. Si trovava a proprio agio a parlare con quel Takeshi, come se si conoscessero da anni.

«Ah, ciao Yamamoto» Reborn era appena entrato, seguito da Romario «sei appena arrivato?»

Lui annuì.

«Ho pensato che oggi avreste parlato di qualcosa d’interessante» alzò le spalle «oltretutto ho pensato che gli altri sarebbero stati presenti» aggrottò le sopracciglia «non ho trovato nessuno in casa…»

«Ryohei è a scuola» lo mise al corrente Dino, ora che era arrivato Romario si sentiva lucido, informato e perfettamente nel pezzo «Lambo dorme con Fuuta e Bianchi, giù di sotto, Chrome non ne ho idea, così come Gokudera».

«Non era a casa nemmeno lui…»

«Gli racconterete poi» Reborn si accomodò nel centro del tavolo «adesso vorrei discutere di un paio di cose».

«Riguardo quello che abbiamo scoperto tramite la Yakuza?» Dino incrociò le braccia, assorto.

Reborn annuì.

«Tutte le memorie di Tsunayoshi sono state trasferite, accantonate in un angolo e sostituite con quelle di un altro. Un ragazzo che, fino al momento in cui non era stato utilizzato per questo piano, ha vissuto nell’orfanotrofio della Nami e iscritto alla Nami High School» esordì secco, riassumendo in poche parole quanto appreso poco prima.

«Per questo i ricordi precedenti al coinvolgimento di Tsuna con la Mafia sono tanto precisi! Perché sono stati vissuti veramente da quel ragazzo» ragionò pensieroso Yamamoto «ma allora…che fine ha fatto questo…com’è che si chiama?»

«Wasada Tsunayoshi» confermò grave «l’hanno allevato con questo scopo. Per essere il più attinente all’originale. E temo non abbia fatto una bella fine»

«Doveva essere lui a sostituire il Boss» disse Dino senza particolari inclinazioni nella voce «era nella residenza dei Ferro quando è stata attaccata dai Varia».

«Povero» mormorò Yamamoto.

«E perché?» ancora una volta Dino non sembrava particolarmente concentrato.

«Perché lui non ha scelto di far parte di questo piano, no?»

«Quindi adesso non c’è più» Reborn non ammetteva distrazioni, non quando aveva un preciso obiettivo in mente «e con lui le memorie trasferite dal vero Decimo e quello che avrebbe dovuto sostituirlo».

«E la macchina utilizzata è andata distrutta» Dino fissava pensieroso il soffitto «questo vuol dire che tutte le memorie del Decimo, così come le nostre legate a lui, sono andate perdute».

«Quindi ora la domanda è: come facciamo ad essere certi che il ragazzo qui davanti è il vero Decimo? Come possiamo confermarlo al cento per cento?» Reborn ghignò.

«Chiediamo a qualche superstite?»

«Non credo sia rimasto qualcuno…»

«Facendo arrivare qualcuno dal futuro per confermare la sua identità?»

«Lambo ha finito la scorta e sembra che i Bovino non abbiano tanta intenzione di rifornirlo presto. Ha combinato non pochi casini, sai…»

Reborn fece finta di non ascoltare quello che Yamamoto e Dino avevano iniziato, non considerandolo minimamente come discorso serio: «Andiamo…non state ragionando» sbuffò.

«E cosa suggerisci di fare, sentiamo…» Dino era stufo di essere sempre l’ultimo a capire le cose.

«Semplice» socchiuse gli occhi con fare saputo «insegnargli ad usare l’Anello del Cielo» fece una breve pausa, alzando gli occhi al cielo e aggrottando le sopracciglia in una inequivocabile smorfia concentrata «ma questo non l’avevo già detto?»

 

Direi che ci stiamo avvicinando sempre più alla fine, temo.

Tranquilli!!!!

(Mio Dio…ho seriamente pensato di morire…)

Non siamo così vicini, però non manca poi tanto.

Altri quattro capitoli di sicuro, ma facciamo anche cinque (contenti?)

Ho appena finito di scrivere il 24° e ne manca di sicuro un altro…poi non e sono sicura. Non vorrei cadere nel banale ed annoiare tutti. Vedrò se allungarlo ancora o mettere la parola fine.

Dai *me sorride rassicurante* c’è ancora speranza!!

 

Un bacio

NLH

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Capitolo 22
*** Target 21# ***


 

                I’ll bite you to death, Tsunayoshi Sawada.

 

 

[Target 21#]

Sawada Tsunayoshi se ne stava seduto composto, immobile, da quando era entrato in quella cucina. Aveva ascoltato tutto senza spiccicare parola.

Dino fissò quel capo chino e si morse un labbro.

«Ehi» Reborn si piazzò di fronte a Sawada «non hai proprio nulla da dire?»

Sawada sembrò stringersi nelle spalle e serrare i denti.

«Sappi che io non sono ancora del tutto convinto che tu sia il vero Decimo» ci tenne a fargli sapere «hai qualcosa che non mi convince. Quindi adesso vediamo di rispondere a qualche domanda, non trovi?»

Yamamoto incrociò le braccia. Conosceva il modo di fare dell’Arcobaleno, diretto e sarcastico, ma non riusciva veramente a capire dove volesse andare a parare. Per un attimo, prima di rendersi contro di cosa effettivamente stesse pensando, rimpianse l’assenza di Gokudera. Lui avrebbe avuto certamente una qualche idea rivelatoria.

«Mi hai sentito?» Reborn iniziò spazientirsi seriamente. Come diavolo poteva, quell’essere imbranato e passivo che gli stava di fronte, essere il successore dell’uomo che tanto stimava? Lo osservò non muovere un muscolo e lo colpì con forza, scaraventandolo sulla parete accanto «adesso senti qualcosa?»

«Fa male…»

Dino e Yamamoto, così come Romario, non si azzardarono a fare un passo. L’Arcobaleno doveva essere decisamente seccato. Lo osservarono saltare dal tavolo e raggiungere il giovane accasciato a terra, ancora chiuso nel suo inspiegabile mutismo. Sawada era malamente seduto con la schiena conto il muro, curvato, e le gambe allungate davanti a sé.

Reborn saltò sul ginocchio destro e cercò i suoi occhi.

«Cominciamo con una domanda semplice» esordì, trovandolo cosciente «come mai qualche giorno fa sei venuto qui? Perché spiavi la Namimori?» alzò una mano «e non dirmi perché ci venivi durante il primo anno. Non ci ho creduto prima e non lo farò certamente adesso».

Sawada rimase ancora in silenzio e Dino iniziò a preoccuparsi seriamente. Se si fosse ferito?

«Ho saputo che il giorno stesso in cui è successo» Reborn sorrise, sinistro «due uomini si sono presentati al tuo orfanotrofio. Tu eri già uscito per andare a scuola e loro sono rimasti lì ad aspettarti per tutto il giorno».

«Non lo so» la voce del ragazzo era bassa e tremante «ho solo sentito di non dover tornare a…casa. Qualcosa mi diceva di venire alla Namimori High School».

Quello di Reborn era un ghigno.

«Quei due uomini erano dei tirapiedi dei Ferro, mandati ad ucciderti».

Yamamoto aggrottò le sopracciglia, dove voleva arrivare?

«Lo sai quel’è il requisito fondamentale per poter aspirare alla carica di Boss dei Vongola?» chiese retorico, ben sapendo che quel ragazzo, memoria bloccata o meno, non avrebbe saputo rispondere «l’Hyper Intuition».

Sawada sussultò, stringendo le mani a pugno.

«Tu non sei tornato a casa perché sentivi che qualcosa non sarebbe andato bene…e sei andato nel primo posto in cui sentivi di poter essere protetto» annuì convinto «il fatto poi che tu riesca ad indossar lì’Anello senza essere rigettato non lascia adito a dubbi, lo sai?»

Gli occhi dei presenti si catapultarono sulla mano de giovane dove, in bella vista e scintillante alla luce della lampada, brillava l’Anello del Cielo.

«Adesso hai qualcosa da dire?» sorrise, furbo, l’Arcobaleno.

Tsunayoshi si mosse lentamente, mentre cercava di alzarsi in piedi, nonostante il dolore della botta, e appoggiandosi al muro si passò una mano nervosa tra i capelli, togliendoli dal viso.

«Fa male…» i denti serrati, le labbra arricciate, gli occhi tormentati e le sopracciglia aggrottate in una smorfia assurda, che poteva essere sua di dolore che arrabbiata «fa un dannatissimo male, e non so perché» quelle che avevano iniziato a uscirgli erano lacrime calde, rabbiose «sento che mi machi qualcosa. Quando mi sveglio la mattina ho paura di non poter più farlo perché so che qualcosa non è al proprio posto. Passo il tempo a fissare oggetti luoghi e persone che non conosco, perché non so che altro fare. Sono qui…» fece una pausa spezzata «con gente che mi vuole uccidere, che mi fa del male, che parla di cose assurde…che mi manda in luoghi mai visti, che sembrano pure allucinazioni, che vogliono qualcosa da me. Me ne sto qui…e mi sento a casa. Non capisco cosa succede».

Reborn annuì soddisfatto.

«Questa è la risposta che volevo» si rivolse ai tre alle proprie spalle che, invece, non avevano capito proprio niente (e a ragione, direi) «riunite qui almeno tutti i Guardiani. Vogliamo provare a porre fine a questa falsa vita

Riconoscendo un passo della Profezia, Yamamoto, sorrise soddisfatto. Magari qualcosa era riuscito a capire pure lui.

~×~

«Sei pronto per quello che dovrai fare?» Reborn aveva, nemmeno troppo gentilmente né chiedendogli il permesso, trascinato Sawada Tsunayoshi per un orecchio giù per le scale fino alla sala di allenamento -che Giannini aveva avuto la miracolosa accortezza di riparare per prima- e scaraventato al centro della stanza.

Povero, nemmeno l’ascensore…

Dino aveva una mano semi allungata nella direzione del povero cristo che era finto nelle grinfie del suo ex tutor, indeciso e intervenire e dargli una parvenza di salvezza e morire per una buona causa, o scappare a gambe levate.

Yamamoto, sceso subito dietro di lui, non stava ridendo e fissava la scena con serietà.

Persino lui capiva il desiderio di Reborn di capire se veramente quel giovane sarebbe stato in grado di ricoprire il ruolo del decimo.

Perché era quello il grosso interrogativo che aveva rischiato di mettere in ginocchio la lealtà della Famiglia, durante la loro ricerca di un leader.

Nell’ultimo anno, anche se in particolare nell’ultima settimana, Yamamoto si era reso conto dell’eccezionalità della loro situazione. I Guardiano riuniti, in un certo senso fedeli,e ognuno in perfetta sintonia con il proprio anelli. Tutto questo e non un Boss.

Ne avevano cercato uno che ricoprisse alla perfezione il ruolo che sarebbe dovuto essergli proprio senza trovarne traccia. Troppo molli, ambiziosi, deboli, incapaci e senza una goccia di sangue Vongola nelle vene. Nessuna delle persone da loro prese in considerazione era stata approvata né dalla totalità dei Guardiani né dall’Anello.

Non da Gokudera, perché nessuno di loro gli ispirava un briciolo di desiderio di lealtà e protezione.

Non da Mukuro, che li considerava dei cani della mafia odiosi e vigliacchi, e facenti parte ella mafia. E mafiosi.

Non da Sasagawa che li spazzava letteralmente dal ring e non li avrebbe mai invitati nel suo club, quindi no per principio.

Non da Lambo, che si metteva a piangere alla loro vista, nel tentativo di trovare qualcuno che gli degnasse abbastanza attenzione e gli regalasse caramelle.

Non da Hibari, che li fissava tutti dall’alto in basso e storceva il naso, se ne andava senza dire una parola, borbottava che non erano fatti suoi, che non aveva alcuna intenzione di fare gruppo e li mordeva a morte senza pietà.

E, se doveva essere del tutto sincero, nemmeno Yamamoto stesso si era mai convinto del tutto. Aveva come l’impressione che il suo Boss avrebbe dovuto essergli affine, ridere insieme.

Si era quasi arrivati al punto in cui avrebbero dovuto restituire gli Anelli al Nono e lasciare a lui il compito di cercare un successore degno e i suoi Guardiani, quando era spuntato dal nulla quello strano ragazzo che ora si trovava sommerso dalle spiegazioni di Reborn sulla Fiamma.

E improvvisamente Lambo rideva con lui e di lui, Mukuro si ostinava a proteggerlo, Sasagawa gli correva dietro e Hibari l’aveva coperto, nascosto, protetto anch’esso e degnato della sua attenzione.

Il mondo sembrava essersi capovolto.

«…allora hai capito come funziona?» l’Arcobaleno sembrava aver finito il suo lungo monologo sull’utilizzo e le caratteristiche dell’Anello e la Fiamma.

«Io…ancora non capisco cosa diavolo ci faccio qui» Sawada sembrava sul punto di scoppiare in lacrime «e cosa volete da me? Come faccio ad essere sicuro che questo non sia uno scherzo di pessimo gusto: pistole che sparano luce, Anelli magici e viaggi nel futuro? Ma vi siete sentiti?»

Reborn non la prese poi tanto bene.

«Mi sembrava di essere già stato sufficientemente chiaro, prima…» sibilò «e tu non hai fatto obiezioni prima, mi apre».

«Non mi hai nemmeno dato l’opportunità di parlare…» borbottò inascoltato.

«Perché non è necessario» ribatté l’Arcobaleno «non vedo perché dovresti essere contrario. Hai un’opportunità più unica che rara».

«Farsi apprezzare da Hibari, Mukuro, Lambo, Dino e Ryohei in un colpo solo non è decisamente da tutti» Yamamoto annuì.

«Continuo a non capire…» Sawada scosse la testa «io non ho fatto niente, quello che voglio è solo vivere una vita normale, non mi interessano tutte queste stup-»

«Non ti permettere» Reborn lo colpì nuovamente alla testa, arrabbiato.

«Ahia! Insomma» Tsunayoshi aveva improvvisamente alzato la voce, balzando in piedi «non colpirmi sempre!»

«Mi viene naturale» fu la risposta serafica del bambino «non devo nemmeno sforzarmi».

«Questa non è una risposta!» si trovò a sbraitare, improvvisamente molto più coinvolto in tutta la faccenda, Sawada.

«Su…su» Yamamoto cercò di calmare gli animi, altrimenti non si sarebbe arrivati da nessuna parte «adesso calmiamoci tutti» sorrise al giovane «non sei forzato a fare nulla, ma vorremmo solo che tu provassi questa cosa».

«Ad..infiammare l’Anello?» alzò un sopracciglio scettico.

«Esatto».

«E se non ci riesco?»

«Puoi tornare a casa, alla tua vita di tutti i gironi e dimenticarti di noi».

«Sicuro?»

«Sicuro, promesso».

«Allora va bene» si arrese «proverò a…fare questa cosa, per quanto assurda possa essere».

«Ma se ci riesci…» Dino s’intromise anch’egli, cercando di sorridere rassicurante.

«Ci riuscirà» Reborn sembrava non avere dubbi, mentre frugava nella tasca interna alla ricerca di chissà cosa «e smetterai di fare tante storie. Adesso rifletti e quando avrai trovato una risposta ci trovi in cucina, ho voglia di un the caldo» con un gesto secco lasciò cadere qualcosa per terra «ed spero per te che sia positiva».

Quella che sembrava essere una foto scivolò per terra, mentre l’Arcobaleno usciva dalla stanza, lasciandolo solo, seduto a terra e senza una parola.

Dino esitò un attimo e seguì il bimbo, con uno sguardo di scuse, ignorato da Sawada. Anche Yamamoto seguì i due, chiudendosi la porta alle spalle.

Sawada rimase ancora un attimo in a fissare la porta chiudersi e, senza sapere veramente perché, allungò una mano a rendere quel foglietto e girarlo per vedere quello di cui Reborn stava parlando.

Gli occhi gli si spalancarono all’inverosimile.

Non era possibile.

 

Chissà cosa era ritratto in quell’immagine *me fa crocettini dietro la schiena ben consapevole di dover trovare qualcosa da far vedere, la settimana prossima, se non vuole essere linciata nuovamente*

Mi dispiace per il fatto che sia veramente corto, ma i prossimi capitoli prenderanno molte più pagine del previsto e mi dispiaceva spezzare il ritmo del racconto (con il rischio di vedermi linciare nuovamente).

Quindi…la prossima volta avrete più da leggere, felici?

 

Un bacio

NLH

 

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Capitolo 23
*** Target 22# ***


 

 

                I’ll bite you to death, Tsunayoshi Sawada.

 

 

[Target 22#]

Quando Tsunayoshi -Yamamoto avvertì l’improvviso desiderio di chiedergli se poteva chiamarlo semplicemente Tsuna- si presentò alla porta della cucina un’incalcolata mezzora più tardi, teneva stretta la foto al petto, stropicciata, e le sopracciglia arcuate in un’espressione tra il rassegnato e il deciso.

Un connubio ben particolare. E piuttosto comico, se non fosse stata la situazione critica.

«Hai detto…che l’hai trovata?»

«Per l’esattezza era tra i file segreti sopravvissuti all’attacco dei Varia. Me l’ha data Lussuria prima di partire».

Sawada strinse maggiormente quella che innegabilmente era una fotografia tra le dita, stropicciandola.

«Quindi…è tutto vero? Voglio dire, non è uno scherzo».

«Ragazzo mio» Reborn sembrava fin troppo simile ad un vecchio nonno perché Yamamoto non provasse il desiderio di scoppiare a ridere «come mai non pensi possa essere un fotomontaggio?»

«Non lo so…» Sawada sembrava a disagio.

«Non è una risposta».

«Magari è per lo stesso motivo per cui sono venuto qui» rispose infine, esitante.

«E adesso che hai capito vediamo di darci una sbrigata» affermò l’Arcobaleno sicuro, saltando giù dalla spalla dello spadaccino e afferrando, per la seconda volta quel giorno, Sawada per un orecchio, cominciando a trascinarselo dietro fino alla stanza di allenamento. Ne avevano di lavoro da fare.

Yamamoto e Dino sospirarono all’unisono, sorridendosi impacciatamente per un attimo. Quel lato dell’Hitman non sarebbe mai cambiato.

«Boss» Romario era improvvisamente apparso alle spalle del giovane Cavallone e gli stava tendendo quello che sembrava un foglietto stropicciato «credo sia il caso che lo vedeste anche voi».

Dino aggrottò le sopracciglia ma prese ugualmente ciò che gli stava porgendo, osservandolo svogliatamente.

Yamamoto stava quasi per uscire dalla cucina e raggiungere i due al quarto piano interrato quando venne richiamato indietro dalla voce tremante del boss italiano.

«Mi sa tanto che debba vederlo pure tu» fece una pausa mentre gli porgeva quello che teneva in mano «e anche gli altri».

Confuso il Guardiano della Pioggia allungò una mano e strinse tra le dita la fotografia stropicciata che Sawada – si era dimenticato di chiedergli se poteva chiamarlo Tsuna, accidenti – aveva lasciato cadere. La stirò con il pollice, impallidì e corse fuori, in strada, diretto alla scuola, facendo una deviazione per il quartiere est di Namimori e a Kokuyo.

Decisamente era il caso che la vedessero tutti.

~×~

«Cosa accidenti sarebbe questo?» quello che venava la voce di Gokudera era chiaramente puro panico. Sapeva che non poteva essere un falso, glielo diceva la sua decennale esperienza da mafioso, si rendeva conto che non era un montaggio. Ma non poteva crederci lo stesso.

Fissò nuovamente gli occhi sul sé stesso delle foto. Molto simile a come si era sempre visto ritratto, ma allo stesso tempo del tutto differente. Stava vicino al centro della foto, di poco spostato verso destra, ed inveiva con tanto di candelotti accesi alla mano contro la Scemucca che stava stupidamente urlando, lo si capiva benissimo, mentre saltava sulla testa di un povero malcapitato.

Povero malcapitato che corrispondeva perfettamente al tizio lì – Sawada Tsunayoshi – che sembrava essere stato designato come successore del Nono Vongola dai Guardiani più idioti.

«È una montatura, mi pare chiaro» affermò senza tuttavia pensarlo minimante. In primo luogo perché sapeva riconoscerne i segni, e lì non ce n’era nemmeno uno. D’altro canto, invece, sentiva quasi che quella foto fosse vera. Reale. Un ritratto della Famiglia.

E si rifiutava di credere di sembrare tanto felice in quell’immagine.

La lanciò cadere con finta noncuranza sul tavolino di fronte a sé, ultimo acquisto dopo la battaglia campale che avevano combattuto contro i Ferro, in salotto.

Da quando Yamamoto l’aveva trovato, appostato senza un preciso motivo fuori da casa Sawada, un’ora prima, si sentiva strano.

O almeno, più strano di quanto non fosse stato nell’ultima settimana.

E la colpa era ovviamente da imputare interamente a quel moccioso che sembrava impegnato a non fare nulla, seduto a gambe incrociare e l’espressione fintamente concentrata, quattro piani più sotto.

Aveva passato quasi due giorni a gironzolare per il quartiere e a riflettere. Su cosa nemmeno lui lo sapeva.

Sulle imprese passate con i Varia. E nel futuro.

Tutto ciò a cui erano andati incontro come Guardiani della Famiglia Vongola. A pensarci adesso sembrava quasi impossibile avessero combattuto tutte quelle battaglie senza una guida. Senza un Decimo.

Ma la domanda più importante era: per quale motivo ci pensava proprio ora?

E perché aveva come l’impressione che qualcosa gli stesse sfuggendo?

~×~

Lambo si trovò ad osservare quell’immagine, che Yamamoto gli aveva piazzato davanti alla deliziosa torta all’uva della Mamma che stava divorando, senza dire una parola. Un attimo prima se ne stava tutto tranquillo mangiare in braccio ad un’assonnata Bianchi e in compagnia di altre due divoratrici di torte quali Haru e Kyoko, e un secondo dopo Yamamoto era arrivato con la foto.

Ah, e c’era pure la trecciona lenta.

E c’era pure lui!stava saltando in un momento di sicura pace con sé stesso e esaltazione dell’ovvia superiorità del suo ore-sama sulla testa di Sawada.

Sawada.

Lo stupido che aveva una grande, grandissima voglia di chiamare Bakatsuna.

Magari l’indomani glielo avrebbe chiesto. Oppure no. L’avrebbe chiamato così perché ne aveva voglia, perché lui è Lambo-san e fa tutto quello che gli va.

Anche considerare quell’imbranatsuna buono a nulla il Decimo.

Soprattutto perché aveva come l’impressione che questo faceva incazzare Stupidera.

~×~

Osservare sé stesso, anche se di spalle e miracolosamente colpito dalla luce divina del sole, in uno scatto mai visto prima faceva veramente uno strano effetto.

Lo faceva sembrare estremamente figo!

E ricordava anche quella felpa. Se la memoria non lo ingannava era andata distrutta durante lo scontro con i Millefiore.

Ma ovviamente non era quello che Yamamoto voleva mostrargli, piazzandogliela davanti, sul sacco da boxe.

Quello che gli voleva mostrare era chiaramente la bellezza della sua sorellina. Ma l’aveva vista bene? Un bocciolo come quello non poteva essere che sorella sua.

La sua Kyoko.

Non esistevano altre ragazze come lei. Tranne forse un’eccezione, si sentì arrossire un poco.

Ma se lo scopo di Yamamoto era quello che chiedergli se poteva uscire con lei, si disse Ryohei mentre la rabbia del Fratello Maggiore prendeva il sopravvento, se lo poteva anche scordare. Prima avrebbe dovuto passare sul suo cadavere.

Anzi, batterlo a boxe.

Anche se forse c’era Gokudera che poteva essere interessato a lei, divagò ancora, per nulla attento a quello che il Guardiano della Pioggia cercava di spiegargli.

Ogni volta che Yamamoto le parlava lo vedeva rizzarsi e scrutarlo con rabbia.

Come ci si poteva aspettare dalla sua sorellina, annuì estremamente orgoglioso.

Solo tempo dopo, quando finalmente si degnò di ascoltare ciò che aveva cominciato a gridargli nell’orecchio, Sasagawa notò la presenza di Sawada nella foto.

E non gli sembrò minimamente strano.

Quello era il suo posto, no?

~×~

Lei, in quella foto non c’era. Così come Mukuro.

A Chrome la cosa un po’ dispiaceva.

Eppure, in un angolo, tra le piante, lei sapeva di essere stata presente. Non poteva dire come mai ne fosse convinta perché effettivamente nello scatto la sua presenza non c’era proprio per niente.

Eppure sentiva di esserci stata.

Aveva annuito un paio di volte, permettendo a Yamamoto di mettere via l’immagine e lasciarla sola, con uno sguardo pensieroso. Chrome aveva ignorato le battute e gli sberleffi di Ken, così come i richiami pacati di Chikusa, ed era uscita. Alla ricerca di un angolino tranquillo dove poter comunicare con Mukuro-sama.

Strinse le ginocchia al petto e lasciò il tridente molle, nelle proprie mani. Gli occhi chiusi alla ricerca di un collegamento con Mukuro-sama.

Era debole.

A causa dei combattimenti di qualche giorno prima doveva essersi stancato più del previsto.

Tuttavia una frase riuscì a coglierla, poco prima che piombasse nuovamente nel sonno.

È lui.

~×~

Dino chiuse la porta della stanza degli allenamenti alle spalle cercando di fare il minor rumore possibile.

Adesso, seduto sul pavimento a gambe incrociate, Sawada Tsunayoshi sembrava essersi finalmente calato nei panni dello studente modello.

E quegli ematomi vistosi che cominciavano a fiorire sulla faccia gli erano sembrati un buon pretesto, di disse Dino. Povero ragazzo.

«Cosa gli stai facendo fare?» chiese ad un Reborn concentrato a fissare il suddetto ragazzo con occhi arcigni.

«Determinazione in fiamma» disse ad alta voce a mo’ di risposta. Dino poté vedere il giovane sussultare. Evidentemente molto suscettibile a quell’informazione criptica. Chissà quante ne aveva prese, poveretto.

Dino rimase parecchi minuti in silenzio, ad osservare il ragazzo che improvvisamente era stata catapultato nelle loro vite.

A prima vista non gli era sembrato nulla di speciale. Basso, senza nerbo, balbettante, incapace di camminare in linea retta senza inciampare, spaventato da qualunque cosa.

Perché gli ricordava tanto sé stesso?

Come in quello scatto.

Tralasciando l’ovvia constatazione sulla sua autenticità, cosa colpiva veramente in lui?

Quel suo sembrare sempre, costantemente incapace di sbrigarsela da solo? Oppure quegli occhi sinceri? E poi come mai quello strano scatto, apparso così di punto in bianco, sembrava aver lasciato la metà dei Guardiani totalmente impassibili? Nemmeno si aspettassero una cosa del genere.

Chrome, Sasagawa e Lambo non avevano fatto una piega, e persino Yamamoto aveva ammesso di sentirsi in pace con sé stesso nel vedere la scena che vi era ritratta. A parte Hibari – che non si faceva vivo da giorni – solo Gokudera sembrava avere dei dubbi.

Dubbi che tuttavia non gli impedivano di spiare il giovane con un sussiego tale da sembrare quasi curiosità. Per non dire rispetto. Chi riusciva a capire quello bombarolo diffidente lo sapeva solo lui…

«Perché non ce l’hai fatta vedere prima?» la voce di Dino era bassa, per non disturbare la profonda concentrazione che il giovane Sawada sembrava aver raggiunto, ma il suo interlocutore la percepì perfettamente. Così come non vi fu bisogno di specificare alcunché.

«Perche in realtà l’ho appena trovata» Reborn non mostrava un briciolo di pentimento nell’aver mentito così spudoratamente ai Guardiani. Nemmeno l’espressione scioccata di Dino gli faceva né caldo né freddo.

«Ah» preferì dire solo l’altro. Non fosse mai che si trovasse costretto a contraddirlo in un qualunque modo. Ci teneva alla vita, lui «e…ehm, dove?»

«Nella stanza del Decimo, nascosta nel materasso» alzò le spalle «era stato distrutto a metà da uno degli attacchi di Sasagawa, probabilmente».

«Nascosta?» Dino aggrottò le sopracciglia «nel materasso. Mi sembra parecchio…strano».

«Non sei l’unico a pensarlo, direi».

~×~

Ad Hibari non era stata mostrata quella fotografia.

In parte perché nessuno era riuscito a trovarlo né a scuola – cosa effettivamente insolita perché Kusakabe aveva affermato sconcertato che non si faceva vivo da un paio di giorni almeno – né in qualunque altro posto fossero nate risse o disordini nell’intera Namimori. Nessuno sembrava sapere dove potesse trovarsi il Presidente del Comitato Disciplinare.

E in parte perché Hibari stesso, dopo essere venuto a conoscenza dell’esistenza di una foto che ritraeva i Guardiani, le ragazze, Reborn e Sawada – perché lui a scuola c’era stato ma non si era fatto vedere da nessuno – era salito sul tetto per scendere dalla parete esterna della scuola e allontanarsi indisturbato.

Aveva percorso i cinquecento metri che separavano l’istituto da casa sua – di cui non aveva lasciato intendere l’esistenza a nessuno, lasciando che credessero vivesse nella scuola – e si era come barricato dentro.

Per lasciare tutto il resto fuori.

Perché non voleva altre assurde prove del fatto che quel ragazzino spaurito e dai capelli incredibilmente morbidi, e dagli occhioni languidi. E dalle guance soffici. E le proporzioni affusolate e aggraziate, e dai lineamenti dolci. E da-

Scosse la testa, stava andando fuori tema e non intendeva nemmeno capire il perché.

In ogni caso non voleva saperne nulla.

Non da quando, rientrato in casa e con il preciso intento di farsi una doccia bollente, aveva trovato – tra gli asciugamani stipati in un cassetto che non apriva da nemmeno ricordava quanto – un enorme telo da spiaggia, morbido e profumato con un odore che non riconosceva come il proprio tanto era nuovo e mai usato, arancione con una croce nera nell’angolo destro e un nome ricamato subito sotto da una mano amorevole anche se vagamente incerta.

Tsunayoshi.

 E un biglietto.

La scrittura era inequivocabilmente la sua e sembrava datato il Natale appena passato. Cinque mesi prima.

Visto che non faccio mai un regalo per caso, ti ricordo la promessa di portarmi in piscina. Senza quegli erbivori idioti che ti ostini a definire amici.

Kyoya.

 

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Molto bene, direi che anche questo capitolo è andato senza troppe difficoltà (da tenere conto che ho fatto una fatica della miseria a trovare la foto che mi serviva perché l’avevo vista secoli fa da qualche parte e, sebbene me la ricordassi abbastanza bene, ho dovuto ricercarmela da capo per farla vedere anche a voi tutti *me sorride orgogliosa come fosse stata in grado di trovare Atlantide*).

Ma la cosa importante è che ci sia riuscita, no?

 

Un bacio

NLH

 

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Capitolo 24
*** Target 23# ***


 

 

                I’ll bite you to death, Tsunayoshi Sawada.

 

 

[Target 23#]

Erano passati quattro giorni da quando Sawada Tsunayoshi – ribattezzato Tsuna prima da Yamamoto e poi da tutti quelli che lo spalleggiavano per mancanza di desiderio di pronunciare un nome tanto lungo – aveva deciso di applicarsi seriamente all’allenamento previsto da Reborn in funzione all’emissione della presunta Fiamma del Cielo.

 Quattro giorni in cui l’ultimo, vero, irriducibile – e incredibilmente – unico (non l’avevo già detto?) opponente serio (altrimenti chiamato Hayato Gokudera) gironzolava per il quarto piano interrato senza alcun apparente motivo.

O almeno, questa era la risposta che dava alle domande, sempre più insistenti e sregolate, che Sasagawa – costantemente piantato davanti agli schermi che permettevano a coloro che stavano fuori dalla Palestra di vedere ciò che accadeva all’interno – gli urlava ad intervalli sempre più brevi.

Capitelo, il boxeur non è mai stato da guinness in pazienza.

«Gokudera» il suddetto faticò non poco nel sentire la voce dello sfaticato (vedersi Yamamoto) che lo chiamava. Quel giorno c’era pure lui a vedere i progressi – inesistenti – del sedicente Boss (delle torte…).

«Cosa diavolo ci fai qui, Yakyuubaka?» esclamò stizzoso mentre i nervi che era riuscito a nascondere da ben due minuti tornavano in superficie «non hai i tuoi fottutissimi allenamenti oggi?»

«Direi di no…» aggrottò le sopracciglia di rimando, pure lui non esattamente di buon umore. Insomma…chi mai poteva esserlo nell’essere costantemente attaccati dall’italiano, senza tregua e con una bella dose d’insulti gratis. Pure uno placido come il Guardiano della Pioggia aveva i suoi limiti.

«Dovesti darti una calmata» fu la disinteressata affermazione di Ryohei, che non aveva seguito molto il continuo bofonchiare del Guardiano della Tempesta (almeno negli ultimi tre minuti) in favore al nuovo pungo che si era aggiunto alla collezione già in bella vista sul viso di Tsuna. Quel Reborn era veramente un portento, si disse ammirato, c’era quasi da credere che potesse essere stato anche lui un allievo prediletto del sommo maestro Pao~.

«Tappati quella bocca» ringhiò in tutta risposta – nonostante l’assoluta disattenzione del suo interlocutore – prima di tornare a rivolgersi a Yamamoto «cosa diavolo ci fate tutti qui?»

Quando era entrato in Casa aveva notato – seppur di sfuggita vista la velocità con cui si era precipitato ai piani inferiori, nella segreta speranza di vedere ancora l’addestramento del giovane – Bianchi con in braccio Lambo in cucina, Dino in salotto tutto intento a fare cruciverba con addosso un paio di ridicoli occhiali, Chrome accovacciata in un angolo della stanza in cui lui si trovavano ora lui e quegl’altri due deficienti. Solo Hibari si era molto saggiamente tenuto alla larga dalla follia dilagante.

Ovviamente, nella sua ovvia rabbia e indignazione, Gokudera aveva dimenticato quanto quest’ultimo ne fosse invece ben più dentro di quanto si credesse. Ma si sa che quando si tratta del sadico Presidente del Comitato Disciplinare qualcuno tendeva a dimenticare dei gran bei pezzi di storia.

Come il dettaglio secondo il quale fosse stato Hibari a nascondere Sawada nella propria camera da letto.

Oppure la strana confidenza che aleggiava tra loro.

Era ovvio che avesse ben pensato di non coinvolgere minimamente Hibari nella faccenda.

«Immagino che siano qui per il tuo stesso motivo, non credi Gokudera?» Reborn era appena uscito dalla Palestra sbattendo la porta «quel mocciosetto mi sta facendo dannare».

«Non ha fatto alcun progresso?» domandò circospetto Yamamoto.

«L’anello non l’ha respinto…questo vuol dire che ha almeno una goccia di sangue Vongola» fece una pausa «ma nient’altro».

«Che incapace» sbuffo Gokudera, incazzato come non mai.

«Gokudera, dai…» Yamamoto alzò gli occhi al cielo reprimendo il desiderio di attaccarglisi al collo per farli un non ben definito qualcosa. Per qualche strano motivo il Guardiano della Pioggia preferì non chiedersi cosa.

«Sa che lo stiamo guardando?»  chiese ad un certo punto Sasagawa, nel silenzio sceso.

«Cosa vuoi che sappia quello?» sibilò un’ultima volta Gokudera prima di uscire sbattendo al porta, inequivocabilmente diretto in quella che nella Casa era camera sua, un paio di porte più in là.

Reborn scosse al testa: «Si può sapere cosa gli prende? Più passano i giorni e più diventa insopportabile».

«Credo senta la pressione più di noi, o se non altro al subisce più di noi» Yamamoto fissava lo schermo dove un giovane (sempre lo stesso, tranquilli, non è che Sawada se l’è data a gambe con Hibari prima del previsto) rifletteva sulle parole che Reborn aveva continuato ad urlargli per ore (giorni e settimane se non di decideva a darsi una sbrigata).

«Non serve che prendi le sue difese» Reborn alzò un sopracciglio sorpreso.

«Non è che lo sto difendendo» si affrettò a correggersi con foga, prima di grattarsi la testa e recuperare un minimo di calma «solo che lui si è sempre definito il braccio destro…è comprensibile che pretenda un Decimo che possa considerare alla sua altezza».

«Non è un valido motivo per prendersela con noi» brontolò Sasagawa, le braccia incrociate e gli occhi incollati agli schermi «non riesco a capirlo».

«Lascialo perdere» consigliò Reborn.

«Veramente non capisco…» continuò a borbottare tra sé Ryohei.

«Te l’ho detto» ripeté l’Arcobaleno spazientito «è meglio lasciare Gokudera nel suo brodo per un paio di giorni e poi tirare le somme».

Premesso che i presenti non avevano afferrato molto delle ultime parole perché pronunciate in un italiano con pesante inflessione siciliana, Sasagawa afferrò giusto quello che gli serviva, il nome del compagno. Per un attimo distolse lo sguardo dall’immagine per poi indicarla con le sopracciglia aggrottate.

«Io non dicevo Takohead» precisò «io parlavo di Sawada».

Come un sol uomo Yamamoto e Reborn scattarono verso di lui, per vedere ciò che stava loro indicando.

«Che diavolo…?»

~×~

Credendo di essere rimasto solo – per la miseria, non credeva certo di essere nel bel mezzo del Grande Fratello –, Tsuna si osservò con circospezione la mano e in particolare l’anello che faceva bella mostra di sé sul dito medio. Era tiepido e leggermente pesante. E anche in un certo senso familiare. Chiuse gli occhi lentamente e si concentrò sulla sensazione che l’anello gli faceva provare, come Dino gli aveva consigliato di fare. Gli aveva detto che lui e quell’anello dovevano essere sicuramente collegati e che, riconoscerlo come proprio, lo avrebbe certamente aiutato a ricordare quello che la Famiglia Ferro lo aveva costretto a dimenticare.

Si sentiva stanco. Molto stanco.

Erano giorni che non usciva.

La scuola era stata completamente dimenticata e per quanto riguarda l’orfanotrofio…preferiva non pensarci. In un certo senso sentiva di provare della nostalgia nei confronti dei più piccoli, che gli si aggrappavano come un’ancora di salvezza tra i prepotenti, ma null’altro.

Niente che gli facesse anche solo pensare di sentire un qualche serio attaccamento a quelli che, in teoria – perché con tutta quest’assurda storia della memoria c’era ben poco da capire bene – era stata la sua vita fino a quel momento, per quindici anni.

Poi si sentì come osservato, nonostante nella stanza non vi fosse più nessuno. Era una sensazione piuttosto precisa, si stupì, ma preferì non ignorarla. Aveva imparato sulla propria pelle quanto potessero essere pazzi i tizi che lo circondavano in quel momento. In particolare il bimbetto con la divisa da mafioso italiano.

E sprecò ancora un paio di secondi a chiedersi come mai provasse maggiore attaccamento per quegli spostati appena conosciuti piuttosto che per la sua famiglia all’orfanotrofio.

Fece un profondo respiro e cercò di fare quello che gli avevano spiegato. Trasformare la determinazione in fiamma. Determinazione in fiamma.

Determinazione, fiamma.

Aprì nuovamente gli occhi, improvvisamente perplesso. Ma determinazione per cosa?

Chiuse ancora gli occhi, cercando di concentrarsi sul desiderio di diventare un Boss rispettato e forte. Che fosse stato quello?

Determinazione in fiamma.

Con un fremito di esitazione socchiuse un occhio e sbirciò attraverso le palpebre l’anello. Niente. Rilassò improvvisamente le spalle e atteggiò le labbra in una smorfia delusa, arricciandole in un modo che, se qualcuno di nostra conoscenza non fosse stato ben lontano e fuori dalla sua vista, non avrebbe esitato un attimo a saltargli addosso. Ricordi veri o meno.

Quindi, rifletté Tsuna, la sua determinazione non era diventare forte per guidare la Famiglia. Possibile che ne fosse veramente il Boss? Si chiese, scettico.

 Inclinando la testa cercò di ricordare quanto più possibile passato con i membri della Famiglia. Cosa lo legava veramente a loro? Una forte amicizia, certo, ma che altro? Come aveva fatto a, com’è che avevano detto? Ah, sì, come aveva fatto a entrare in Hyper Mode senza le strane pillole, il lui del futuro? A cosa aveva pensato?

Cercando di resistere all’impulso di scoppiare in lacrime scosse la testa e chiuse nuovamente gli occhi. Diventare forte, forse? Importante? Cosa lo aveva spinto ad accettare quel ruolo di Boss? Lui che non era in grado di fare nulla; non era né coraggioso né determinato. Né forte né sicuro.

Cercare di sopravvivere, era quello tutto ciò che gli veniva in mente. Aveva passato poco tempo con la Famiglia, da quando si era scoperto tutto, e l’unica cosa che desiderava era quella di uscirne vivo. Era forse quello a spingerlo a combattere le volte precedenti? Sbirciò tra le ciglia e vide che l’anello non era per nulla diverso dal solito. Sbuffò. Nemmeno quello.

Chinò e la testa indietro e focalizzò nuovamente l’attenzione sull’anello che si sentiva al dito. Freddo. Come la prima volta che l’aveva preso in mano, quasi incoscientemente. Come quando si era fatto avanti durante l’attacco dei Ferr-spalancò gli occhi e ritrovandosi a fissare il soffitto si rese per la prima volta conto di quello che stava facendo. Stava cercando di trasformare la determinazione in Fiamma. Desiderio in fiamma. Bisogno fisico in fiamma.

Cos’aveva desiderato quando si era fatto avanti la prima volta? Era quello.

Rivide gli occhi preoccupati di Dino, timoroso di dover affrontare i Ferro senza nessuno della sua famiglia e Tsuna non avrebbe voluto si facesse male. Lo sguardo strafottente ma allo stesso tempo terrorizzato di Lambo, che aveva desiderato proteggere. Il desiderio di combattere e l’innocenza di Ryohei, che Tsuna aveva desiderato non cambiasse in freddezza e desiderio di uccidere. Lo scintillio sinistro di Mukuro che pregustava la lotta e che Tsuna non voleva sperimentasse nuovamente per poi tornare il mostro solitario che era stato. La schiena immobile di Hibari che si stava preparando ad uscire per combattere; da solo. Sempre da solo e allontanato dagl’altri. E ancora sapeva di conoscerli.

Rivide gli occhi freddi di Hibari mentre gli diceva che ci avrebbe pensato lui, che li avrebbe sconfitti da solo, quelli all’esterno. Rivisse il desiderio di fermarlo. Voleva proteggerlo. Voleva proteggerli tutti e aveva preso istintivamente l’Anello, stretto tra le dita e l’aveva sentito caldo, bollente, ma non faceva male.

Lentamente tornò a chiudere gli occhi e posò la mano al petto, sentiva caldo. E aveva desiderato proteggerli. Tutto qui, nient’altro.

E Hibari.

E un’intensa fiamma di pura luce arancione eruttò dal punto in cui era accovacciato espandendosi per tutta la stanza. Costringendo quelli che erano rimasti a spiarlo a chiudere gli occhi, accecati dalla luminosità.

E a ricordare.

Tsunayoshi Sawada, Decimo Boss dei Vongola.

 

Oddio!!! L’ho scritto! Ce l’ho fatta!!

E finalmente Tsuna è riuscito a fare qualcosa!!

 Mi sento molto un genio ad esserci finalmente riuscita.

Ovviamente le minacce dei recensori non centrano niente, chiaro. Così come le sollecitazioni, se vogliamo chiamarle così, di Hibari.

Oh.

ù.ù’’’

 

Un bacio

NLH

 

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Capitolo 25
*** Target 24# ***


 

 

I’ll bite you to death, Tsunayoshi Sawada.

 

 

[Target 24#]

«Ohayo, Judaime!» la voce allegra di Gokudera la mattina, quando lo chiamava per andare a scuola.

«Tsuna!» il richiamo allegro di Yamamoto che li raggiungeva alle spalle, provocando il profondo disappunto del Guardiano della Tempesta.

«DAMETSUNAaaaaaaa!!!!» il solito Lambo che scappava dalla finestra e gli si attaccava alla gamba perché voleva seguirlo fino a scuola, per cercare Reborn e vendicarsi di chissà quale danno subito.

« Tsunayoshi-kun…» il suono malizioso del suo nome, pronunciato dalle labbra di Mukuro, come un sussurro nel vento, ogniqualvolta percepiva la sua presenza.

«Boss…» la voce chiara di Chrome, seminascosta dai due fedeli a Mukuro, che passava oltre senza aggiungere altro. Come a controllare se lui fosse sempre lì per lei.

«Sawada!!!» l’immancabile richiamo energico di Sasagawa con cui ogni mattina lo accoglieva, con il desiderio di farlo finalmente e definitivamente iscrivere al club di boxe.

«SawadaTsunayoshi» la voce pacata e senza alcuna particolare inflessione che gli faceva comunque scorrere un brivido caldo lungo tutta la schiena, fermandosi sul ventre e facendolo sobbalzare ogni volta. Quel sospiro rassegnato e minaccioso allo stesso tempo. Quel richiamo e quell’insulto allo stesso tempo. Le parole di Hibari che aveva dimenticato.

È perché c’è un Cielo che le Nuvole possono volare così liberamente.

La luce calda e pura della Fiamma, emessa dal giovane inginocchiato a terra, esplose prepotente e rassicurante allo stesso tempo tutt’intorno, ricoprendo le ferite ancora fresche del ragazzo, provato dagli allenamenti e dalle prove a cui lo avevano sottoposto nel tentativo di fargliela emettere.

Scivolò sulle pareti della stanza entrando in ogni crepa, scivolando sotto ogni fessura, riversandosi all’esterno e raggiungendo gli anelli che avevano cominciato a brillare alla sua nascita. Gli anelli dei Guardiani che erano stati suoi compagni. Arrivando alla memoria di tutte le persone che avevano fatto parte della sua vita.

Assalendo, chi aveva dimenticato, con un fiume inarrestabile di ricordi.

«Hai intenzione di rimanere a fissarmi ancora per molto?» quella di Gokudera non è una domanda irritata o altro, solo una semplice curiosità, posta senza nemmeno voltarsi a guardare il suo interlocutore.

«Ti da fastidio?» immancabile la replica di Yamamoto lo raggiunge, seguita dal breve risolino che gli è solito, in quel frangente.

«Non hai proprio nient’altro da fare?»

«Se tu fossi qui a letto, con me, magari qualcosa da fare la troverei…»

Gokudera sorride e chiude il frigorifero voltandosi a guardare verso la porta lasciata aperta, che fa intravedere la camera, il letto e il ragazzo che vi è sdraiato sopra, nascosto alla sua vista solo da un leggero lenzuolo.

«Sei un animale» è la delicata risposta del Guardiano della Tempesta mentre apre la bottiglia di cocacola e ne prende un sorso «mi chiedo cosa ne penserebbe il Decimo se vedesse questa parte di te» magari solo un po’ imbarazzato.

Yamamoto alza le spalle e scivola via dalle coperte tenendo solo il lenzuolo attorno ai fianchi e raggiungendo il compagno. Gli passa le braccia attorno alla vita e affonda il viso tra i capelli scompigliati dell’Italiano.

«Probabilmente penserebbe che era ora ci dessimo una mossa e smettessimo di distruggergli la stanza per poi andare a fare ben altro nella tua»

«E lasciami!» ribatte imbarazzato Gokudera senza fare veramente nulla per sfuggire alla sua presa «sei appiccicoso!»

«E ti dispiace così tanto?»

Takeshi Yamamoto fissò il muro, dove in linea d’aria e dietro un paio di pareti sarebbe dovuto esserci l’oggetto improvviso dei suoi pensieri, con gli occhi spalancati e il respiro mozzato, a propria volta fissato incredulo dai presenti. Quindi l’avevano visto tutti…cos’era stato…? Era un ricordo? Yamamoto non lo sapeva, come non sapeva che, dietro alle stesse due pareti, Gokudera Hayato era caduto in ginocchio sul pavimento, sconvolto.

«Non riesco a crederci!!!» Sasagawa è entrato gridando a squarciagola dalla finestra del primo piano di casa Sawada e ora sta urlando sconcertato direttamente in faccia a Tsuna.

Che purtroppo è del tutto impreparato ad una cosa del genere.

«Cosa sta succedendo?» chiede un assonnato Decimo Boss, non propriamente felice di essere stato svegliato nel mezzo della notte.

«È successa una cosa estremamente importante» ribadisce il Guardiano «mi serve un tuo consiglio».

«Dimmi» cede, rassegnato.

«Ho passato tutta la notte a preparare i festoni che Hana Kurokawa mi ha chiesto di fare, per darle una mano. Ho finito adesso».

«Sei stato molto gentile» commentain riposta, diplomatico, prima di guardare furtivamente l’ora. Le quattro di mattina.

«Perché l’ho fatto?» chiede angosciato Sasagawa, camminando avanti e indietro, mulinando i pugni in aria.

«Perché ti piace?» sorride dolcemente Tsuna. In fondo si tratta di un suo amico, della sua Famiglia, come può dirgli di andare via e richiederglielo più tardi?

«Impossibile» afferma il boxeur, smettendo di fare casino con i suoi continui movimenti ansiosi.

«E allora perché lo avresti fatto?»

«Perché me l’ha chiesto» cerca di rispondere, dubbioso «ed è amica di Kyoko».

«Ma tu faresti qualunque cosa per lei» cerca di spiegare Tsuna ad un ancora troppo agitato Ryohei, per i suoi gusti.

«Ma è normale, è la migliore amica di Kyoko!» ribadisce esagitato.

«No che non è normale» cerca di spiegargli «sei stato in piedi tutta la notte a fare qualcosa che lei ti ha chiesto e che avresti benissimo potuto fare in qualunque altro momento».

«Quindi perché!?» ripete angosciato, meritandosi il sospiro pesante di Tsuna. Certo che è proprio cocciuto.

«Tu la ami, no?»

Ryohei rimane a fissarlo imbambolato, incapace di dire altro.

Sasagawa Ryohei contrasse istintivamente le dita fasciate senza guardare nessuno in particolare, sarebbe morto di estremo imbarazzo - perché era certo che anche tutti gli altri l’avessero visto -. Quindi…era successo veramente?

«Credi che cercare di ammazzarti mi renda più propenso alla pietà e ti permetta di impossessarti del mio corpo?» non c’è scherno nelle parole di Tsuna, mentre osserva il corrispettivo adulto del suo Guardiano della Nebbia, coperto di sangue. Altrui ovviamente.

«Chi lo sa» mormora divertito Mukuro«magari il te del futuro è già sotto il mio controllo».

«Il me del futuro ormai è morto» è una constatazione dolorosa «non puoi avere il controllo dei morti».

«Come lo sai?»Mukuro non può dirgli che in realtà è tutto un piano, che lo sa perché ha spiato lui e Hibari discuterne con Shoichi.

Tsuna sorride malinconico, mentre distrattamente gli pulisce la guancia da una macchia rossa particolarmente vistosa, come faceva la sua mamma quando si sporcava di terra.

«Perché tu non faresti mai del male alla tua Famiglia».

Anche questa è una constatazione, e stavolta è Mukuro a non sapere più cosa dire.

Mukuro non sapeva esattamente come fosse riuscito a far tornare Chrome al proprio posto, ben deciso a non farsi guardare da nessuno. Impossibile, non poteva essere successo veramente, non a lui. Quello doveva essere sicuramente tutto frutto di un’illusione ben costruita. E chissenefrega se sentiva che non era così. Non ci avrebbe creduto mai.

«Guardalo…piccolo…che carino!!» sono ben dieci minuti che Iemitsu Sawada, neo papà, saltella estasiato per la stanza dove sua moglie, la sua bellissima Nana, tiene in braccio loro figlio.

Il suo piccolo Ietsuna!

«Allora, hai deciso come chiamarlo?» chiede Nana accarezzando amorevolmente la guancia del piccolo che stringe gli occhi al contatto e sbadiglia piano.

«Ietsuna» non ha avuto dubbi.

«Davvero vuoi mettergli il nome di tuo padre?» il sorriso della neo mamma si incrina appena «sicuro?»

«Perché no?» piagnucola quasi Iemitsu «non ti piace?»

«Non è che non mi piaccia…» cinguetta la donna stringendo a sé il piccolo corpicino del bimbo addormentato «solo che…non assomiglia molto a tuo padre…»

Iemitsu guarda le guanciotte morbide, gli occhi grandi e, nonostante nato da poco, i folti capelli castani. Troppo delicato per quel nome in effetti. Ietsuna è un uomo duro, intransigente e spigoloso, non gli donerebbe.

«Allora…come lo chiamiamo?» chiede improvvisamente preoccupato Iemitsu, troppo occupato a declamare l’unico nome che avrebbe voluto mettergli per pensare ad altri.

«Che ne dici di Tsunayoshi?»

Iemitsu Sawada strinse a sé la moglie in lacrime, incredulo e felice. Ora sì. Ora era tutto chiaro. Il loro Tsuna. Loro figlio. Lasciandosi andare alle lacrime a propria volta sperò con tutto il cuore non succedesse mai più. Mai più avrebbe, avrebbero voluto dimenticare l’esistenza del loro Tsu-kun.

«Non si lasci ingannare, Decimo! È sicuramente Mukuro» la voce di Gokudera, sempre più alta del normale, le perfora le orecchie «Mukuro la sta controllando! Se è per i suoi scopi personali farebbe qualunque cosa!»

«Tu non mi credi» un’affermazione di Chrome, non una domanda.

«Ovviamente!! Decimo, guardi la sua arma. E sta nascondendo il suo occhio dietro quella benda sospetta!!»

«Lei non è…Rokudo Mukuro…» altra affermazione, tremante ma chiara.

«Eh?»

«…»

«È…è così?»

«No…uhm…è solo che…»

«Tu mi hai difeso» gli si avvicina con un nuovo calore nel cuore e si sporgeadappoggiare delicatamente le labbra sulla guancia del ragazzo «Grazie, Boss».

 

Chrome rimase per un momento interdetta al ricordo improvviso che la avvolse come un abbraccio caldo. Come aveva potuto permettersi di dimenticare una cosa come quella? Come avevano potuto farglielo dimenticare. Una lacrima di dolce sollievo le scivolò incontrollata dagl’occhi chiusi. Il loro Boss.

«Lambo-san è ancora arrabbiato a morte con te» grida il piccolo Bovino, lanciando bombe, stranamente non innescate -Giannini deve avergli dato una sistemata che porta la sua firma-, contro il giovane Decimo, che non cerca nemmeno di schivarle «sei cattivo come Reborn! Adesso Il Grande Lambo-sama è tuo nemico!!»

«Mi dispiace Lambo» mormora contrito «ma è troppo pericoloso, non posso lasciarti qui».

«Lambo-san vuole stare con la Mamma!» comincia a piangere, disperato «Mamma!»

«Se rimani qui potrebbero intercettare il tuo Anello» cerca di spiegargli, il cuore in mano e le lacrime agl’occhi «e faranno del male alla Mamma, capisci ora?»

«Lambo-san non vuole che la Mamma si faccia male» piagnucola.

«E allora devi venire con noi» sorride Tsuna «e ti prometto che torneremo a casa presto».

«Davvero?»

«Sì, te lo prometto»Tsuna lo prende in braccio e gli accarezza la testa, per calmarlo «te lo prometto».

Il piccolo Lambo si strinse nelle braccia di Bianchi cercando di stare calmo e non scoppiare in un pianto isterico. Il Dametsuna, che stupido. BakabakabakaTsuna!! Strinse la maglietta leggera della donna tra le dita e ci affondò il naso dentro, soffiando forte. Dametsuna!!

«Hai ucciso il Nono»Xanxus sogghigna, per la buona riuscita del piano «prendo il crudele trattamento che hai riservato al Nono come una sfida a me, Xanxus, suo figlio, e all’onorabile spirito dei Vongola».

«Cosa…?» il giovane sedicente Decimo designato ha ancora le lacrime agl’occhi.

«Non fare il finto tonto. E le bruciature sul petto del Nono sono delle prove schiaccianti. Il conflitto degli Anelli non è nulla, in confronto a quello che hai fatto» sente, può percepire la paura del giovane in ginocchio «lo farò per mio padre, il Boss e per il futuro di Vongola» l’Anello che porta al dito è freddo e gli avrebbe donato il potere necessario «ti sconfiggerò e lo vendicherò»

«Eh?»

«Che stai dicendo?» Gokudera è fuori di sé «sei stato tu a catturare il Nono!»

«Così era questo che avevi in mente»Reborn lo fissa apparentemente impassibile «anche se avesse vinto il Conflitto e fosse diventato il futuro Boss, quelli che sapevano del colpo di stato si sarebbero opposti alla sua nomina e avrebbero scatenato una rivolta» l’Arcobaleno alza lo sguardo e Xanxus si sente stranamente a disagio «ma se vendicasse il Nono incastrando Tsuna, le cose andrebbero diversamente. Conquisterebbe la completa fiducia di molte persone della Famiglia. E se si rivelasse più forte di Tsuna, che avrebbe dovuto essere il Decimo, potrebbe provare che è lui il vero successore. Se dovesse succedere non sarebbe un problema trattare con i suoi oppositori».

«Quindi Xanxus l’ha fatto per diventare Boss ed instaurare una dittatura» Basil, ecco un altro che il Leader dei Varia considera della feccia inutile. Perché, il bambino non è già stato sufficientemente chiaro?

«Sì» riprende «era una trappola. Se Mosca fosse andato fuori controllo e avesse attaccato gli amici di Tsuna, sapeva che Tsuna sarebbe venuto a salvarli».

«Perché…»Tsunayoshi trema nel pronunciare quelle parole «per un motivo simile…»

«Per favore, astenetevi dall’ipotizzare strani imbrogli».

«Stiamo registrando tutti i vostri discorsi»

«Fate come volete» è puro istinto omicida quello che scaturisce da Reborn, rischiando di far rabbrividire Xanxus«sono fuori di me. Ma manterrò la promessa fatta al Nono e non alzerò un dito, nel combattimento del mio allievo. Ma non so cosa deciderà di fare. A lui non piace combattere».

Tsuna si alza in piedi, gli occhi nascosti dalla folta frangia.

«Xanxus» è assurdamente pacata la sua voce «mi riprenderò quell’Anello».

Sembra un vero brivido quello che gli scorre lungo la spina dorsale, alla vista di quegl’occhi decisi e tormentati.

«Non lascerò che tu sia il successore del Nono».

Il bicchiere che Xanxus teneva in mano si sfracellò al suolo mentre il suo proprietario era troppo preoccupato a seguire gli strani ricordi che erano improvvisamente nella sua mente, alcuni perfettamente sconosciuti, per prestargli attenzione. E così quella feccia terrorizzata che aveva sorpreso nel suo letto era il Decimo Vongola. Un ghigno ben poco rassicurante gli si disegnò in volto. Decisamente interessante.

«Aspetta, calmati» tutti i Varia, opportunamente nascosti ovviamente, stanno ascoltando le parole che lo stupido fratello di Bel grida disperato «Ti farò parlare con Byakuran-sama, io so cosa desideri. Quello che vuoi è diventare il Decimo Vongola, vero?»

Le cicatrici sul volto di Xanxus fremono, così come le schiene di Varia stessi. Quello stupido sta toccando il tasto sbagliato.

«È ovvio che odi Sawada Tsunayoshi più di chiunque altro, non è così? Lui ti ha rubato il titolo che ti spettava di diritto».

Decisamente quello è il tasto dannatamente sbagliato.

«Con i nostri poteri combinati noi possiamo battere l’odioso Sawada e incoronarti come Decimo designato».

«Tuo fratello sta cercando di farsi uccidere, Bel-sempai».

«Ushsihsi».

«Ancora meglio, il ramo Vongola della Famiglia Millefiore! Byakuran è un uomo molto generoso! Cosa ne pensi? Non è grande?»

«Fottuta merda»Xanxus non sogghigna nemmeno «io desidero il potere di Vongola solo al suo massimo e preferisco morire piuttosto che essere sotto voi rifiuti».

«Cos…»

«Il giovane Sawada non è stato mandato dal passato perché io lo uccida» adesso gli vengono in mente i suoi occhi, sicuri e decisi, e sa che non potrebbe comunque uccidere l’origine del suo perdono «è qui per portare i Vongola alla loro forza massima».

SawadaTsunayoshi è lì anche per loro, per i Varia, gli antichi nemici.

«Per quanto riguarda i nostri conflitti interni, quando siamo attaccati da immondizia come voi»Xanxus spalanca gli occhi e le fiamme divampano decise «noi, i Vongola, siamo sempre uniti».

I Vongola al loro massimo splendore. Il loro orgoglio è indistruttibile.

«Vi prego…non ditemi che quello a cui abbiamo appena assistito non è successo veramente» la voce di Levi suonava decisamente tremante mentre, con gli altri Varia, veniva sommerso dai ricordi.

«Voooooiiii!!! Hai perfettamente ragione! Adesso mi sente quello stramaledetto finto spadaccino! Come può permettersi di passare il tempo a fottere quello stronzo bombarolo invece di allenarsi con la spada!?»

«Ma cosa hai capito, Squ» Lussuria gli cinguettò in un orecchio, rischiando seriamente lo squartamento «Levi intendeva un’altra cosa» sorrise malizioso «sempre a pensare a quello, eh? Ma tranquillo, tanto lo sappiamo che a bruciarti di più è il fatto che Takeshi-kun è attivo mentre tu sei un pass-» impossibilitato a continuare, in quanto Squalo aveva cominciato a rincorrerlo per tutta la Tenuta con la spada e il battipanni, che stava usando fino a poco prima per pulire la sua nuova uniforme da uno degli scherzi scemi del Principe, si limitò a gridargli tra un saltello e l’altro «Levi intendeva il ragazzino che era prigioniero dai Vongola!! È il vero Decimo!»

Squalo rallentò impercettibilmente il suo inseguimento mentre dava un’altra scorsa ai ricordi che gli si erano presentati alla mente.

«Ehi! è vero!»

«Che stupido…» commentò solamente il principe che non aveva mai smesso di giocare a Tekken con Mammon.

«Vooiii! Hai ragione! È solo un ragazzino senza spina dorsale» equivocò il Secondo in comando annuendo.

«Guarda che io dicevo a te» precisò Bel.

«VOOOOOOOOOOOOOOIIIIIIII! Belfagor, merdoso sacco d’immondizia!! Vuoi morire?»

«Prova a prendermi» gli fece il verso con una pernacchia.

«Il Decimo di quest’epoca» Kusakabe cerca di spiegare ad un per nulla interessato Hibari del passato «è stato assassinato dai Millefiore».

Hibari gli lancia un’occhiata raggelante e impassibile e continua a camminare, volta l’angolo dove nessuno l’avrebbe mai visto e cade in ginocchio, un rivolo di sudore lungo la tempia.

Non è possibile. Non può esserlo.

Non deve.

Perché, nel suo ragionamento, nella sua vita da ragazzo, non esiste una singola ragione al mondo per la quale Sawada Tsunayoshi deve morire. Perché lui, Hibari, il permesso non gliel’ha mai dato.

E non glielo darà mai.

«Tsunayoshi» sibila tra i denti e con il cuore in gola.

Hibari Kyoya aveva cominciato a correre a rotta di collo, dimenticando ogni suo modo di fare, ogni sua abitudine, già al primo ricordo legato a Sawada Tsunayoshi. Quando aveva rivisto gli occhi che lo tormentavano negl’ultimi giorni, nei suoi ricordi, non aveva potuto far altro che correre verso di loro.

Entrò direttamente dalla finestra del primo piano, lasciata incautamente aperta, e scese le scale fino a raggiungere la palestra, dove tutti si trovavano e fissavano sconcertati il giovane inginocchiato a terra, che emetteva quella pura Fiamma del Cielo.

«Decimo» Gokudera aveva le lacrime agl’occhi.

Perché erano tornati, tutti i ricordi legati a Tsunayoshi Sawada; erano tornati tutti i ricordi del loro Decimo.

Hibari si fece avanti, deciso a mettere in chiaro una volta per tutte quell’immagine che girava nella sua testa e, se aveva capito bene come funzionava la cosa, anche in quella degl’altri.

Le pozze color ambra, socchiuse dalla concentrazione, incontrarono quelle petrolio e, per un attimo, sembrarono non poter vedere altro.

Tsuna cercò di articolare delle parole.

Nella mente provata dalle troppe informazioni che vi erano state riammesse, nella confusione di tempo e luogo -che gli stavano facendo fare un’immane fatica a cercare di capire se avesse prima abbracciato la madre come un peluche, quando il nonno materno era morto, oppure deciso di attaccare i Millefiore- un altro ricordo, chiaro come se lo stesse vivendo in quel momento, esplose dietro le palpebre semichiuse.

E nella mente di tutti.

«Spero di essere stato chiaro stavolta» la voce di Hibari fa vibrare il petto su cui l’orecchio di Tsuna è adagiato, trasmettendogli il movimento del respiro e delle corde vocali, mentre il Guardiano stringe maggiormente a sé il viso del giovane Boss «prova a morire un’altra volta e ti morderò a morte. A costo di raggiungerti nello schifoso posto da diabete in cui ti metteranno»

Tsuna sente le proprie guance avvampare mentre fa scorrere le mani, finalmente libere dalla ferrea stretta che le ha tenute fino a poco prima che si spostasse sul viso, sulla pelle scoperta del petto del moro, sospirando.

«Sei così sicuro che mi manderanno in Paradiso…» gli ha risposto, per niente a disagio, strusciando contemporaneamente la punta fredda del naso nel solco del collo di Hibari «potrei anche finire all’inferno…»

«Sei uno stramaledetto egoista» ribatte l’altro «sei uno stupido, incosciente, incapace, imbranato, ignorante, irrecuperabile, pauroso buonista» fa una pausa in cui rimane per un momento a respirare l’odore dei capelli di Tsuna, appena uscito dalla doccia, con addosso i residui dello shampoo che l’Hibari del futuro sembra prediligere tanto  «è ovvio che diventerai un altrettanto schifoso angioletto tutto tremante».

«E tu?» ha chiesto Tsuna dopo un attimo, stringendosi inconsciamente ancora di più su di lui «anche tu avrai un paio di belle ali bianche?»

«Le schifezze piumose le lascio a quelli come te» risponde immediatamente Hibari «non mi serviranno dove andrò»

«E allora come farai a mordermi a morte?» la voce del giovane è triste.

«Con chi credi di stare parlando? Erbivoro…» Hibari rotola sul materasso di modo da far adagiare Tsuna di schiena, sotto di lui, e sfiorando la cintura che tiene uniti i lembi del largo accappatoio «credi forse che riusciranno a tenermi fuori?»

A Tsuna viene evitato di rispondere da un paio di labbra esigenti, che premono nemmeno troppo dolcemente sulle sue, costringendolo invece a mugolare qualcosa di incomprensibile, tutt’altro che contrariato, prima che gli permette nuovamente di respirare, spostandosi sul collo di lui che volta la testa per permettere un maggiore contatto.

È proprio in quel momento in cui Tsuna, seminudo perché un accappatoio tra le mani di Hibari non serve granché come protezione, scorge tra le ciglia degl’occhi semichiusi dall’eccitazione la figura pietrificata, tanto è immobile, di Gokudera stagliarsi sulla porta.

«G-Gokudera…kun?»

«E…e quello» la voce, sempre quella di Gokudera, impietrito come nel ricordo, anche se questa volta imitato da tutto il resto della gente presente «e questo cosa cazzo sarebbe!?»

 

 

Credo che questa volta non metterò nulla come commento…

 

 

Un bacio

NLH

 

 

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Capitolo 26
*** Target 25# ***


 

                I’ll bite you to death, Tsunayoshi Sawada.

 

 

[Target 25#]

Erano passati appena una manciata di minuti da quando la Fiamma, esausta per essere stata usata tutta in una volta, era scivolata via dalla vista, tornando ad essere semplicemente aria attorno ai Guardiani e a tutti coloro avevano riacquistato la memoria. Pochi minuti nei quali i Guardiani (più Dino, Romario e Reborn) si erano avvicinati a Tsuna – come sapevano di poterlo chiamare senza pericolo di cadere ancora in errore – con espressioni sollevate, sbalordite o ancora vagamente incredule.

In fondo non era facile riassorbire memorie di anni.

Ma finalmente erano tutti assieme. Tutto era andato al proprio posto.

Erano tornati ad essere la Famiglia di un tempo.

«Juudaime!!!!» Gokudera si era fiondato sul braccio del Decimo appena ritrovato, pieno di lacrime, rimorso, pentimento e una vergogna inimmaginabile «la prego mi perdoni! Come ho potuto, io!? Trattarla a quel modo quando lei aveva solo bisogno del nostro sostegno» rischiò seriamente di mettersi a piagnucolare «e come ho potuto permettere tutto questo? Sono un braccio destro indegno di questo ruolo! Ho permesso che la rapissero e le cancellassero la memoria!!!»

«Allora dimettiti da Braccio Destro» fu il simpatico suggerimento di Mukuro, tornato improvvisamente «in effetti hai sempre fatto schifo…»

«Come diavolo ti permetti!!?» strepitò il Guardiano, tornando ad una familiare quadretto che Tsuna sentì di non aver mai veramente dimenticato.

«Su andiamo, calmatevi» ecco Yamamoto, sempre il solito pacificatore, che si metteva in mezzo ai due litiganti. Poggiando una mano sulla spalla di Gokudera, a placarlo.

La mano di Yamamoto è posata quasi con grazia sulla spalla sinistra del compagno, a sostenere l’espressione triste che gli è nata in volto alle parole di Bianchi.

«Non ti devi preoccupare, sono certo che starà bene» il sussurro del Guardiano della Pioggia è così basso che, se non fosse stato per il fatto che glielo stava dicendo direttamente nell’orecchio, Gokudera se lo sarebbe perso.

«Io non ho nulla a che spartire con quelli» sibila risentito di rimando, senza accennare a liberarsi da quella stretta gentile anzi, facendo mezzo passo indietro per sentire il petto del giapponese sulla propria schiena.

«Lo so, lo so…» lo cinge con il braccio libero e affonda il viso nell’incavo del suo collo, beandosi del profumo dei suoi capelli argentati, come ama tanto fare.

«Ti odio» borbotta l’italiano sciogliendosi in quel caldo rifugio che è il suo abbraccio personale «con te non vale nemmeno la pena di sbraitarti contro, non mi dai alcuna soddisfazione».

Negl’occhi dorati dello spadaccino si è acceso un genuino lampo di divertimento.

«Nessuna soddisfazione» gli alita sul collo facendolo rabbrividire «sicuro?»

Gokudera fa decisamente fatica a trattenere un gemito, troppa fatica perché ne valga effettivamente la pena.

Yamamoto fece scattare indietro il braccio, come si fosse scottato, mentre Gokudera saltò in piedi imbarazzato e per niente incline ad altre visioni del genere, considerato poi che le memorie dei quello che era successo dopo sembravano essersi marchiate a fondo nei suoi occhi.

 E anche in quelli di tutti gli altri, se comprendeva bene il sorrisetto malizioso di Mukuro e le guance rosse di Tsuna.

«N-non è come crede, Juudaime!!!» iniziò a strepitare imbarazzatissimo e gesticolando a più non posso – evitando accuratamente di non incrociare nemmeno per sbaglio anche solo l’ombra del Guardiano della Pioggia – «non era assolutamente niente!!!»

Tsuna, sentendosi decisamente l’ultimo a potersi permettere di sfottere qualcuno – non dopo le imbarazzantissime visioni che sembravano vedere come protagonisti il Guardiano della Nuvola e lui stesso – distolse lo sguardo dai tre a lui più vicini (troppo rumoroso per il mal di testa che si sentiva, ad eccezione di Yamamoto ammutolito, che fissava incapace di fare altro le proprie).

Solo in quel momento si accorse che i presenti (i rimanenti) stavano fissando intensamente qualcosa. Che non era esattamente il Decimo redivivo.

Stavano fissando Hibari, sgomenti.

Non capitava certo tutti i giorni che il più serioso, sanguinoso, rigido, fanatico della disciplina, amante di Namimori alla follia, Guardiano della Nuvola di Decima generazione si rivelasse essere l’amante di Sawada.

Così come non era solito vederlo viso a terra, gli occhi assassini, le dita strette a pugno tremanti dallo sforzo di trattenersi dall’ammazzare chiunque avesse visto quei ricordi (un po’ tanti, ma niente che uno o due anni di caccia potessero sistemare) e i tonfa stretti spasmodicamente tra i pugni.

«Hibari…san…»

«Hibari-san» il Presidente del Comitato disciplinare si aspettava il suono del proprio nome da un momento all’altro. Ha sentito i passi che si avvicinano al suo “ufficio” fin dall’inizio del corridoio.

Hibari alza lo sguardo e lo vede in piedi sulla porta – sempre aperta per controllare il flusso di studenti ingrati che non fanno altro che divertirsi a farlo faticare per rimetterli in riga – con le mani strette attorno ad un libro di matematica e i denti che martoriano le labbra già rosse.

Si prende un attimo per ammirare lo spettacolo che sono quelle due gemme languide spalancate sul mondo – il suo mondo – prima di fargli un cenno apparentemente scocciato e indifferente, dandogli il permesso di entrare nella stanza e sedersi composto sul divano.

Sempre nello stesso posto, quello alla sua sinistra e nell’angolo più vicino alla scrivania. Come spesso fa quando rimane lì a fargli compagnia nel doposcuola.

«Hai bisogno di qualcosa, stupido erbivoro?» borbotta scarabocchiando qualcosa sulle carte, senza sapere peraltro di cosa si tratti.

«Ecco…Hibari-san» il Presidente non lo ammetterebbe mai, ma ama come poche altre cose sentire il proprio nome sussurrato da lui «mi chiedevo…se tu…potessi darmi una mano con…matematica» il tono di voce si abbassa man mano che le parole gli escono di bocca e il sopracciglio di Hibari si alza.

«Matematica» ah, quanto adora tenerlo sulle spine e vedere il rossore aumentare a dismisura «vuoi una mano con i compiti, ho capito bene?»

Tsuna deglutisce nel vedere la luce pericolosa nata negl’occhi del compagno. Forse non è stata esattamente una buona idea, il suo cervello sta gridando a squarciagola quelle parole.

E lui che pensava di poter tornare a casa, almeno per quella sera.

Il moro reagì a quel richiamo, e a quel ricordo diventato dolorosamente familiare, con un tremito maggiore del braccio destro e un nervo in superficie.

«Tu…stupido.erbivoro.incapace» fu tutto quello che riuscirono a sentirlo sibilare minaccioso prima che, con tutta al forza che gli rimaneva in corpo, lanciasse addosso al sopracitato incapace il tonfa che teneva stretto.

Tonfa che centrò con perfezione il centro della fronte del Boss al millimetro, facendolo svenire sul colpo.

«Decimo!»

 Gokudera lasciò perdere nell’immediato la stupida lotta che aveva iniziato con Mukuro, sull’uso appropriato o meno di strumenti retorici riguardo ai doppi sensi in abbracci del tutto innocui e privi, assolutamente privi di ogni malizia.

«Tsuna!» anche Yamamoto si era scosso dal torpore di poco prima, giusto per vedere il corpo del ragazzo accasciarsi al suolo con un tonfo sordo, seguito dal tintinnare dell’arma di quello che in teoria era stato il suo…Dio quasi non riusciva a dirlo, amante.

«Hibari! Stramaledetto! Come ti sei permesso?» strepitò Gokudera sollevando il corpo di Tsuna – in procinto di perdere nuovamente la memoria considerati i precedenti – e trovando il punto in cui sarebbe dovuto trovarsi il Guardiano senza la minima traccia della sua presenza «maledetto Hibari…te la sei svignata…la mia vendetta cadrà sulla tua testa!!»

Anche Sasagawa (con a carico una Scemucca poco sopportabilmente divertita) e Reborn si erano avvicinati al neosvenuto Vongola.

«Sempre il solito imbranato, BakaTsuna…»

«Reborn…» si trovò a piagnucolare il ragazzo, massaggiandosi dolorante il punto colpito, dove poteva iniziare a vedersi una splendida fioritura rossastra.

«Niente “Reborn”» sibilò questo, colpendolo con un altro calcio – l’ennesimo in quella giornata, ma il primo consapevole della sua importanza – «Hibari ha fatto benissimo. Come ti sei permesso di farti catturare, in un modo tanto stupido poi…»

«AH! Juudaime!» altro urlo preoccupato, mentre il sedicente braccio destro tornava  precipitarsi sulla figura svenuta del suo Boss «Reborn! Perché l’hai fatto?»

«Se lo meritava» fu la serafica risposta di quello.

«Scusami…»

Tsuna è di fretta: oltre ad essere in ritardo a scuola – e quindi rischia di mancare il solito appuntamento mattutino con lo sguardo gelido di Hibari, che gli fa capire che gliela pagherà, quella mancanza di puntualità per l’inizio delle lezioni, dopo le lezioni – ha anche promesso di aiutare Kyoko-chan e Kurokawa-san a riordinare la classe di scienze. Come ha potuto dimenticarselo?

Eppure a quella vocina sperduta non può a fare a meno di fermarsi e rivolgere la sua attenzione a quella bambina – di sì e no dieci anni – che lo guarda seduta sul ciglio della strada.

Il fatto che abbia grandi occhi blu – decisamente insoliti – e folti ricci rosso rame – mai visto un giapponese con dei capelli del genere? – non lo mette per nulla in allarme.

Così come non pensa minimamente al fatto che in Italia i bambini piccoli sono delle autentiche calamità naturali – basti guardare il suo maestro –.

«Cosa succede?» le chiede, vedendola in lacrime «ti sei persa?»

E sta quasi per tirare fuori un fazzoletto per permetterle di asciugare le lacrime quando un’ombra copre il sole, all’improvviso. E il visetto preoccupato della bimba diventa un ghigno malevolo.

«Ci sei cascato, Decimo Vongola».

Ed è stato in quel momento che Tsuna si era quasi mangiato le mani per aver lasciato le pillole e i guanti a casa.

Mai più, riesce a mala pena ad articolare nella sua mente mentre l’energumeno gli fa perdere i sensi, pensare che fa troppo caldo per portarseli dietro.

~×~

«Siete molto gentili ad accompagnarmi…» Tsuna è racchiuso tra Yamamoto e Gokudera, mentre Reborn se ne stava comodamente in braccio al guardiano del Sole che saltellava tutt’intorno, sferrando pugni all’aria circostante con il braccio libero.

«Scherzi?» Yamamoto rise «proprio ora che abbiamo finalmente recuperato le nostre memorie non abbiamo alcuna intenzione di lasciarti andare. E poi sono secoli che non ti portiamo fino a casa!»

«Hai detto bene!!» gridò Sasagawa – meritandosi una secchiata d’acqua gelida dalla finestra sotto cui stava passando – alzando l’ennesimo pugno al cielo.

«Già, già…» incassò la testa tra le spalle il Decimo «ma cerca di non gridare così tanto…«

«Il Decimo ha ragione» si affettò ad affermare il Guardiano della Tempesta, mettendosi subito davanti a quello del Sole, con tutto l’intento di fargli una bella ramanzina sul suo comportamento, come si conviene a un più che degno braccio destro.

Tsuna sospirò, già stanco.

Se non altro Gokudera aveva smesso di implorargli perdono per il proprio comportante durante il periodo in cui non avevano ancora riacquistato la memoria, in ginocchio e a mani giunte ad ogni suo passo.

Poi il Boss sorrise.

Yamamoto aveva alzato le mani, nell’abituale quanto inutile tentativo di placare l’animo dello Smokin’Bomb, il quale sbraitava senza sosta contro Ryohei che, a propria volta, gridava al Cielo quanto fosse ESTREMO quel potersi essere ritrovati tutti assieme.

Sawada Tsunayoshi si sentiva a casa, con la sua Famiglia.

Ma fu solo quando varcò l’ingresso della sua vera casa, l’abitazione che lo aveva ospitato per quindici anni e che per gli ultimi due aveva fatto da dimora anche a tutti i pazzi scatenati a lui più vicini, che il sentimento si intensificò.

Fu soltanto nel momento in cui sentì il grido gioioso del suo nome: “Tsu-kun”, gridato dalla Mamma, e il “Bentornato a casa figliolo”, che sentì veramente di essere tornato.

Con un sorriso di felicità si lasciò avvolgere dalle braccia amorevoli dei genitori, scivolando in ginocchio con loro e assaporando la sensazione di essere finalmente dove sarebbe dovuto essere.

Al suo posto nel mondo.

«Tadaima…».

Peccato solo, socchiuse gli occhi, il viso premuto contro il petto della madre, che il “Okaeri” che avrebbe voluto veramente sentire si trovava chissà dove.

Nella felicità del suo ritorno una lacrima solitaria si confuse a quelle di gioia che avevano cominciato a scorrere chissà da quanto.

Hibari-san…

~×~

«Ehm…» Yamamoto rimase un attimo a fissare la porta che si era chiusa alle spalle del Decimo e di due genitori felici di aver finalmente riavuto il proprio figlio, assaporando ancora per un attimo il gusto del Grazie che avevano rivolto a loro, i Guardiani, per averglielo riportato a casa.

Peccato solo fossero rimasti fuori…

«Adesso che si fa…?»

«Io me ne torno a casa» fu la risposta sgarbata di Gokudera, gettando il mozzicone di sigaretta per terra e schiacciandolo nervosamente con il piede, senza tuttavia accennare a muoversi da lì. Yamamoto lo guardò un momento, indeciso se avvicinarglisi o meno.

Tutte le loro memorie, quelle in cui stavano assieme, erano troppo…troppo inaspettate per riuscire ad inserirle nuovamente nelle loro vite così. Da un momento all’altro.

Sinceramente non sapeva come comportarsi.

E Sasagawa non è che aiutasse poi molto ad alleggerire l’atmosfera, specie con la brillante idea di andarsene via di corsa con una scusa più o meno balbettata.

Il boxeur era rimasto in silenzio – fermo e tranquillo in un modo alquanto inquietante – fin da quando Tsuna aveva suonato in campanello di casa propria e, dopo aver rimuginato chissà cosa per un paio di minuti, era scattato verso l’alto, i pugni levati e l’espressione determinata, blaterando una qualche scusa senza nemmeno darsi la pena di formularla correttamente nella propria testa, iniziando a correre a tutto spiano verso una certa casa di una certa persona.

Non gli interessava che fossero le undici di sera.

Non gli importava niente del fatto che potesse essere già a dormire.

Doveva assolutamente vederla. Si trattava di una questione ESTREMAMENTE importante.

Arrivato sotto casa sua non si fermò a controllare l’ingresso, e si arrampicò direttamente sul muretto, rimanendovi appeso. Con un tutto al cuore si accorse che lei era alla finestra, intenta a guardare il vuoto.

Quella sì che era un’estrema coincidenza!

Sventolando il braccio destro – quello con cui non era aggrappato al muretto – cercò di attirare la sua attenzione, riuscendo miracolosamente in fretta nel suo intento. Si sa che quando un idiota si mette a sbracciarsi con un Anello scintillante di Fiamma Sole solo i ciechi e gli idioti come lui potrebbero non notarlo.

Fortunatamente quel quest’ultimo, Hana Kurokawa non era né l’uno né l’altro.

«Ryohe-» s’interruppe un momento, come insicura su come dovesse chiamarlo «voglio dire, cosa ci fai qui? Non si che ore sono?»

«Le undici e dieci» ripose sussurrando, dopo aver guardato l’orologio della fermata del bus, dall’altra parte della strada.

Hana si mise una mano tra i capelli.

«Non era questo che intendevo…è tardi».

«Ma io devo dirti una cosa…» piagnucolò il ragazzo.

«Hana-san! Ti devo parlare!!» con quelle parole Sasagawa Ryohei ha fermato mezzo corridoio, durante la pausa pranzo, per l’intensità e il tono di voce elevato. Nemmeno la ragazza si trovasse dall’altra parte e non di fronte a lui.

«Cosa succede nii-san?» chiede ingenuamente Kyoko, mal interpretando il rossore sulle guance e sulle orecchie del fratello «non ti senti bene?»

«No, devo solo parlare con Hana-san».

«E di cosa?» chiede questa, cercando in tutti i modi di nascondere il rossore – perché, diamine, se un ragazzo ti ferma in mezzo a tutti con quell’espressione e quella veemenza non è certo per chiederti l’ora – e il folle desiderio che lui l’abbia fermata per quello – in fondo è pur sempre dell’idiota della boxe di cui si sta parlando, può benissimo averla chiamata per chiederle l’ora – ed evitare di nutrire false speranze «non vorrai ancora che io mi iscriva al club di boxe femminile, vero?»

Il ragazzo scuote la testa con forza.

«No, devo dirti una cosa» ripete per la terza volta con lo stesso tono di voce da stadio.

«Sentiamo…» acconsentì la ragazza, il cuore che stranamente accelera i suoi battiti e le mani gelide e sudate allo stesso tempo.

«TI AMO!!» le gridò, sussurrando.

Hana arrossì furiosamente, prima di guardarsi attorno e controllare che nessuno dei passanti – inesistenti per fortuna – avesse sentito o anche solo visto.

«Forse è meglio se entri…» si trovò a sussurrare alla fine, aprendo del tutto le finestra e indicando con una mano la pianta accanto ad essa.

Ryohei Sasagawa iniziò a sorridere come un idiota.

~×~

Hayato Gokudera non riusciva a dormire.

E ovviamente non centrava nulla quello stupido patentato di Yamamoto.

No.

Lui non riusciva a chiudere occhio per la felicità del ritorno del Decimo, assolutamente.

Non riusciva a dormire perché la vicina faceva andare una stupida telenovela a quell’ora oscena di notte. Perché il lavello perdeva qualche goccia e le cicale finivano – in barba al fatto che la stagione fosse finita – e, soprattutto, perché il mal di stomaco non lo lasciava in pace.

Lo sapeva che non doveva mangiare riso bianco prima di andare a dormire.

È troppo pesante come cena.

Oh!

Si girò nuovamente nel letto, decisissimo a non pensare a quando accaduto poche…per la miseria! Quattro ore prima! Ma da quando se ne stava a letto nel disperato tentativo di addormentarsi?

E chiaramente Yamamoto non centrava nulla.

Così come non centrava niente il fatto che, una volta sparito nel nulla Sasagawa, lui e quell’altro si fossero fatti dieci minuti di strada assieme – non poteva certo farci niente se le loro case si trovavano nello stesso quartiere – senza spiccicare parole.

Anzi, era stata una scelta voluta, perché loro non aveva niente da spartire.

Tantomeno quello che avevano appena ricordato di aver fatto.

Arrossì furiosamente all’improvviso. Loro non avevano fatto assolutamente niente.

«E-ehi…Gokudera» il sospiro di Yamamoto s’infrange bollente sulla pelle scoperta della schiena dell’italiano, costringendolo ad emettere un altro di quei suoni imbarazzanti – disperatamente simili ad un miagolio, gli ha detto una volta – che tenta di occultare abbastanza inutilmente con una mano «girati, dai…»

Gokudera affonda maggiormente il viso nel cuscino, rosso fino alla punta dei capelli argentati.

«Hayato…» gli sussurra allora nell’orecchio, accendendolo.

Gokudera si rigirò disperatamente tra le lenzuola, decisissimo a cancellare dalla mente ogni singolo pensiero gli stesse tornando a galla, traditore, ma incapace di fermare quel flusso di ricordi in particolare.

Non poteva assolutamente credere di aver fatto delle cose simili!!!

«Ne-eh, Takeshi» una delle prima volte che usa il suo nome volontariamente e non indotto dalla situazione del momento «che ne dici se..noi, ce ne…» il resto della frase è ridotto ad un borbottio incomprensibile, ma “Takeshi” – come stava scodinzolando quest’ultimo per essere stato chiamato – non necessita di una eventuale spiegazione, ancora meno della conclusione logica della frase.

Gli sorride dal banco dietro e annuisce.

Certo che ha voglia di andare a mangiare un gelato con lui dopo le lezioni.

Probabilmente questo ricordo poteva essere considerato ancora più imbarazzante del precedente. Con uno per cui non si prova nulla si può anche fare sesso – Gokudera non ci ha mai creduto, ma deve pur trovare un modo per giustificarsi – ma uscire assieme implica anche un certo grado di complicità.

Un po’ come baciare qualcuno.

Il suo primo bacio, Hayato Gokudera, lo ricorda con precisione. Sua cugina, Clarissa gliene aveva schioccato uno alla sua festa di compleanno, sulla guancia, vicinissimo alle labbra.

Il suo secondo bacio – in assoluto – aveva previsto nasi che si scontravano, morsi alle labbra e un’incazzatura niente male dell’italiano su un certo giapponese idiota.

Il terzo bacio, si trova a pensare il Guardiano della Tempesta, fa tremare le gambe, fermare il cuore, girare la testa e provare irrazionale desiderio di aggrapparsi alla persona che glielo sta donando, avvolgendogli le braccia al collo e sedendosi sulle sue gambe. In barba al fatto che si trovano sul tetto della scuola dove chiunque – vedere in particolare Hibari Kyoya – può scoprirli.

Nel disperato tentativo di fermare il flusso di ricordi – incontrollato e uno più imbarazzante dell’altro – si alzò dal letto e diede un’occhiata fuori dalla finestra.

E – lo deve ammettere – per un attimo si chiese se la sua pazzia non fosse peggiorata.

In piedi, nel bel mezzo della notte e con indosso solo una tuta e una maglia sbracciata, stava l’origine dei suoi problemi, stretto in un abbraccio che non lo avrebbe certo riscaldato. Gli occhi fissi sulla sua finestra.

E rimanendo a fissarlo, per assicurarsi che fosse veramente lui, mica per altro, si gettò allegramente la zappa sui piedi tutto da solo. Yamamoto lo vide e alzò una mano in cenno di saluto, stranamente senza il solito sorriso ad animargli il volto.

Con il cuore stranamente in gola – è l’indigestione, Gokudera, non di agitare, il riso bianco fa male, lo hai già detto – e gli occhi del Guardiano della Pioggia nella mente – sempre indigestione, si chiama effetto collaterale – scese di corsa le scale per poi fermarsi un attimo prima di aprire la porta d’ingresso all’inaspettato visitatore.

Cosa diavolo stava facendo?

Perché cavolo gli doveva attenzione?

Nonostante tutto girò la chiave nella serratura, tolse il chiavistello e abbassò al maniglia, aprendo la porta e piazzandosi sulla soglia. Yamamoto Takeshi sullo zerbino, a venti centimetri di distanza, che lo fissava intirizzito.

«Yo…» fece un mezzo sorriso tremante.

Yo un cazzo! Avrebbe voluto gridargli. Cosa diavolo ci fai qui a quest’ora. Sloggia prima che ti prenda a pugni!! Avrebbe tanto voluto gridargli.

«Vuoi salire?» che domanda idiota, si rimproverò due secondi troppo, reprimendo l’istinto di iniziare a sbraitare e sbattergli la porta in faccia.

Da che cazzo di parte stava il suo cervello?

Yamamoto ci pensò un attimo – di troppo secondo il paziente parere del Guardiano della Tempesta – prima di annuire e varcare la soglia, complice il fatto che Gokudera aveva smesso di fare da muro tra l’interno e l’esterno.

Quando gli passò accanto, Gokudera poté sentir il gelo irradiato dalla sua pelle e represse violentemente l’impulso di riscaldarlo in qualche modo. Non aveva certo intenzione di impiccarsi con le proprie mani.

«Hai le labbra viola» disse, seguendolo su per le scale, fino alla propria camera.

Come diavolo ti sei permesso di entrare in camera mia come se fosse la tua!? Avrebbe voluto gridargli invece.

«Non riuscivo a dormire» rispose tranquillamente, posizionandosi dove il Guardiano della Tempesta era stato fino a poco rima, davanti alla finestra.

E che cazzo di risposta è? Altra domanda inespressa del Guardiano.

«Nh…» ringhiò invece.

Yamamoto si girò improvvisamente nella sua direzione, le guance rosse dal freddo – o almeno questo era quello che Gokudera aveva sperato in un primo momento.

Silenzio.

Pesantissimo secondo il sempre modestissimo parere del Guardiano della Tempesta.

Lui lo odiava quel silenzio.

«Non riesco a smettere di pensare a te».

Ecco. Quella era un’affermazione che sarebbe dovuta essere rimasta inespressa, gridò nella propria mente Gokudera, mordendosi un labbro. Maledizione.

Dove cazzo era finito ora il silenzio?

Chi glielo aveva fatto fare di cacciarsi in quel casino?

A testa china, rosso come poche volte – il che era veramente qualcosa degno di nota – e indeciso su cosa fare, non si accorse dell’avvicinarsi del Guardiano della Pioggia.

Non si accorse dell’espressione determinata negl’occhi.

Non si accorse del tremore e dell’aspettativa delle sue dita, mentre gli avvolgevano le guance con delicatezza.

Non si accorse della morbidezza delle sue labbra socchiuse sulle sue, arrendevoli.

Non si accorse più di niente che non fosse il letto alle sue spalle, la lenzuola a terra, le dita gelide di Takeshi sulla sua pelle, perso nella passione di quel bacio tanto desiderato quanto mai ammesso, in quei mesi di separazione.

E improvvisamente la soap-opera melensa della vicina scomparve in un fruscio di vestiti, lo sgocciolare venne coperto dagli schiocchi di due lebbra decisamente più vicine e degne di attenzione, il frinire della cicala deficiente e sonnambula coperto dai sussurri del proprio nome che s’infrangevano bollenti sulla sua pelle.

E il nodo allo stomaco si trasformò il calore che, liquido, scendeva verso il basso e scioglieva ogni sua inibizione.

«Takeshi…» si trovò a mormorare, gli occhi socchiusi e un calore familiare che lo avvolgeva completamente.

«Hayato» il Guardiano della Pioggia gli tornò all’altezza del viso, facendo combaciare nuovamente le loro labbra «mi sei mancato».

Gokudera gemette a quel sussurro e lo strinse a sé.

«Ah…~»

 

Be’…si può dire che un po’ di cose siano andate al proprio posto, no?

È una bella notizia, no? :)

Bene.

Perché quella che segue temo piacerà meno.

Mancano solo 2 capitoli alla fine.

E qui direi che posso anche filarmela.

Addiooooooooo!!!

 

 

Un bacio (rifiutato da tutti i lettori perché offesi).

NLH

 

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Capitolo 27
*** Target 26# ***


 

                I’ll bite you to death, Tsunayoshi Sawada.



 

[Target 26#]

Nonostante avessero deciso di rimanere a casa a riposare – e nelle ultime ore  si erano dati ad attività non esattamente riposanti (non ci è dato sapere quali purtroppo) – sia Yamamoto che Gokudera non poterono fare a meno di alzarsi dal letto, vestirsi e uscire di casa, diretti nell’unico posto veniva loro in mente in quel momento. Verso la casa dei Sawada, la casa dove Reborn era ospite e dove la felice coppia non più senza figli li ospitava sempre quando si riunivano, i Guardiani, e per mangiare; come fossero una famiglia allargata.

E loro erano i Guardiani del Decimo.

Appena arrivati si fermarono un attimo davanti alla porta d’ingresso, ricordando di aver fatto esattamente nello stesso modo diversi giorni prima – anche se ora sembravano secoli – a chiedersi cosa mai li avesse spinti ad andare a quella casa. Lo stesso giorno in cui poi, anche se all’epoca non lo sapevano, avevano rincontrato la loro Guida.

Ripensando a quel giorno, Yamamoto sorrise furtivamente e si avvicinò al compagno senza fare rumore passandogli un braccio sulle spalle. Gokudera sussultò lievemente ma non si girò né fece per colpirlo o allontanarlo. Erano ormai lontani i giorni in cui quello stesso gesto appariva privo di significato.

Al contrario, sorrise e gli si avvicinò di mezzo passo, favorendo il contatto tra la propria testa e la sua mano.

 «Allora, entriamo?» gli chiese gioviale il Guardiano della Pioggia, beandosi della sensazione di avere nuovamente e senza più necessitare di scuse i capelli dell’altro tra le proprie dita.

«Nh…» mugugnò solamente in risposta, le guance arrossate e il resto del viso pronto a seguire il loro esempio, prima di suonare brevemente il campanello.

Ad aprire venne la signora Sawada, allegra e sorridente come al solito.

«Oh! Gokudera-kun, Yamamoto-kun, che bello vedervi! Entrate, mancavate solo voi!» strizzò l’occhio, dando palesemente nota di approvare quella loro vicinanza – finalmente –.

Guardandosi per un momento interrogativi – e non poco imbarazzati, specie nel caso di un certo italiano – i due giovani ricambiarono il saluto e seguirono la padrona fino all’ampia cucina dove un nutrito gruppo di persone stava ridendo, chiacchierando e soprattutto mangiando in allegria.

Il tavolo della cucina non bastava mai, sembravano inesorabilmente tutti attratti da quella piccola casa che, una persona dopo l’altra, sembravano farla diventare sempre più minuscola! Come se ognuno di loro sentisse il bisogno, la necessità di andarvi. E c’erano proprio tutti: lo schiamazzo dei bambini era assordante, soprattutto quando Lambo rubò l’ennesima fetta di torta al cioccolato di I-Pin che, con la collaborazione di Fuuta, cominciò a rincorrerlo per tutta la stanza rovesciando mobili e saltando sui presenti.

«Gyahahah! Fuuta non mi prenderete mai! Stupida I-pin! Gyahahaha!!»

«Lambo! Fermati!!»

«Gyahahaha!!» la risata assordante del Guardiano del Fulmine irritò immediatamente le orecchie sensibili di quello della Tempesta che, a stento trattenuto da Yamamoto, cercava di lanciare almeno tre candelotti di dinamite sul bambino urlante.

«Fermati immediatamente, Scemucca! Se ti prendo…»

«Gyahaha! E' arrivato Stupidera! » rise Lambo saltandogli sulla testa e decretando così l’ingresso del giovane alla caccia della Mucca, in compagnia di I-pin e Fuuta, con la speciale collaborazione di Ryohei che aveva preso il tutto come l’ennesimo allenamento.

Un Ryohei decisamente più iperattivo del solito.

«Avanti ragazzi! Questo è un allenamento ESTREMO!»

«Hahi! Ryohei-kun!»

«Onii-san! Stai attento a non fare del male a Lambo!»

Nella confusione della cucina Yamamoto si fece strada ridendo apertamente nel vedere quella cagnara, accomodandosi al proprio posto, o se non altro, al posto che aveva sempre deciso di occupare. Gli piaceva stare lì, circondato da quelle persone e da tutta quella confusione. Con la coda dell’occhio riuscì ad individuare la folta capigliatura di Tsuna, semisommerso da carte regalo e pezzi ti torta.

L’occhiata che il Boss gli lanciò, dopo averlo notato a propria volta, venne prontamente interpretata con un non chiedere supplicato tra le guance ricoperte di panna e la fronte invasa da zucchero filato.

«Lambo, ridammi quella torta, me l’hai rubata!»

«Gyahahaha, non è vero, è di Lambo-san!» non passò molto perché l’ennesima bomba lanciata per mano del Guardiano della Tempesta su Lambo volasse per la stanza e l’esplosione lo mandasse a spiaccicarsi contro il muro tra le risate generali e gli strilli preoccupati delle ragazze.

«Così impari stupido ruminante» ghignò Gokudera prendendolo per la coda e facendolo penzolare con noncuranza davanti al viso «mai farmi arrabbiare!»

«Oh! Hayato! Che parole da uomo…»

«Argh…nee-sa..ah..n..gh»

«Bianchi-san» la rimproverò bonariamente il Guardiano della Pioggia, magari giusto un po’ preoccupato per il suo nuovamente neo-fidanzato «hai dimenticato di indossare gli occhiali».

La donna alzò brevemente le spalle scuotendo al testa «Oh! Come sono sbadata» esordì senza mostrare alcun segno di pentimento e facendo ridacchiare Yamamoto rassegnato «povero il mio fratellino, adesso ci penso io a curarti…»

«Bianchi-chua~nn! Sei stupenda come sempre!» il dottor Shamal non fece nemmeno in tempo ad avvicinarsi troppo che venne scaraventato conto il muro, lo stesso di Lambo, da una delle torte velenose vaganti di Bianchi e una delle bombe accese che Gokudera aveva lasciato cadere alla vista della sorella.

Yamamoto si scambiò un’occhiata con Fuuta e le ragazze, divertito. Sì, decisamente quel posto era come la loro casa.

E quella volta tutti erano al posto giusto.

«VOOOOOII!!» per un qualche strano motivo Yamamoto non riuscì a fare a meno di rabbrividire nel sentire quell’urlo «se scopro che quell’idiota di un mezzo spadaccino non ha in mano una spada e se ne sta appresso a quello stronzo bombarolo giuro che gli ficco quella sua mazza da baseball nel culo!!!»

«Cos’è? Vuoi far provare anche a lui quello che sei costretto a subire tu?»

«V-VOOOOOIII!!! Sottospecie di sardina essiccata, le vuoi prendere!?»

«Piantala, Squalo, sei scurrile al limite della…scurrilità!»

«Tappati quella bocca, Levi» Mammon era già riuscito a recuperare uno dei pasticcini (i sette che rappresentavano la parte da lui pagata) per mangiarseli. E accidenti al Nono quando aveva ordinato loro di comprare personalmente un regalo per i Sawada.

«Come ti permetti di dirmi cosa fare, stupido bambino malefico?»

«Ushihi…fatevi da parte, il Principe sta arrivando» un paio di coltellini pregevolmente intarsiati s’infiaccarono in testa ai tre, costringendoli a farsi da parte.

«VOOOOOOOIIII!!!!! Belfagor, merdoso sacco d spazzatura rompicoglioni” come cazzo ti sei permesso???!»

«Su, su bambini, baaasta litigare…» Mamma (??!) Lussuria fece il proprio trionfale ingresso in cucina, reggendo un pacco rosa che i pochi italiani presenti riconobbero come l’involucro di una pasticceria «vi abbiamo portato un pensiero» cinguettò veleggiano tra gli ospiti assiepati fino alla signora Sawada «con gli ossequi del Nono».

«Oh, cari…» arrossì la donna prendendo il dono e portandosi una mano al volto «come siete stati carini, non è vero caro?»

«Certo, certo…» si trovò a borbottare Iemitsu, sempre poco propenso a fidarsi di quei Cari in particolare e di uno soprattutto «e dove sarebbe…il vostro Boss? Xanxus?»

«È sul tetto» spiattellò allegramente il Varia del Sole – ignorando bellamente gli insulti che provenivano dall’esterno «dice che non entrerà mai in una topaia come questa».

«Povero…ma non prenderà freddo?» la signora Sawada venne guardata con sconcerto da non pochi, mentre prendeva la decisione di mettere da parte dei dolci solo per quel povero ragazzo che se ne stava tutto solo al freddo «perché non vai a portargli tu qualcosa?»

Tsuna pregò con tutto il cuore che quelle parole non fossero altro che frutto della sua immaginazione più sfrenata. Aveva sentito qualcosa da Dino (quando durante la notte si era precipitato in camera sua in lacrime e felicissimo di aver riavuto indietro il suo Otooto) riguardo a malattie pericolosissime di cui aveva purtroppo sofferto. Allucinazioni uditive.

Monosclerudiqualcosa, se non ricordava male.

Peccato solo che queste fossero accompagnate anche da allucinazioni visive.

E questo Dino non glielo aveva affatto detto.

Perché quello che al donna gli stava porgendo era proprio un piatto strapieno di dolci e altri suoi manicaretti. E l’espressione che aveva in volto rispecchiava pienamente la domanda che aveva pregato di aver solo immaginato.

Perché Kami è sempre occupato quando deve chiedergli qualcosa di estrema importanza per la propria sopravvivenza?

Con un sospiro rassegnato – fortunatamente non notato da Gokudera causa presenza sorella, altrimenti chissà quali casini sarebbero venuti fuori – prese con riluttanza quello che la madre gli porgeva. Si pulì gli ultimi rimasugli di torta dal viso – perché se proprio doveva avere un altro faccia a faccia con il Boss dei Varia avrebbe preferito essere lui ben pulito e l’altro completamente vestito – e mise un paio di scarpe a caso – Kami, sperando che non fossero quelle di Lussuria – e uscì in veranda.

«Ehm…Xunxas…san» aggiunse alla fine, insicuro se avrebbe gradito «la mamma ha detto-»

«So benissimo cos’ha detto quella donna» la voce del Varia proveniva evidentemente da sopra di lui. Effettivamente doveva trovare il tetto comodo.

«Vuoi che te li porti su o…?» chiese educatamente – sempre essere educati con i pazzi animati da manie omicide – chiedendosi affannosamente come avrebbe fatto.

«Lascia lì oppure vai a dire a quella spazzatura del mio secondo di portarmeli lui» fu il simpatico ringhio di risposta.

Spazzatura che sentì perfettamente e che si precipitò fuori a piedi nudi e poi sul tetto, con una furia di capelli argentato.

«VOOOOIIIIII!! Stronzo di un Boss! Chi cazzo hai chiamato spazzatura, EH!?»

Tsuna sospirò pesantemente e appoggiò il piatto a terra.

Che cavolo.

Lui lì sopra non ci sarebbe di certo salito. Che se lo venissero a prendere.

Con occhi pacati guardò lo spettacolo che si svolgeva nella sua cucina, e il sorriso sulle labbra.

La Mamma stava amabilmente conversando di chissà cosa – diavolerie femminili quasi sicuro – con il Varia del Sole e papà li controllava a vista. Sempre sull’attenti quando si trattava della sua Nana~.

Lambo era stato tirato fuori da sotto il corpo – ancora svenuto e ricoperto di torta violetta e verde poco sano – del Dottor Shamal e ora si stava godendo una frittella al cioccolato sulle ginocchia di Haru, in compagnia di Kyoko-chan, I-pin e Fuuta.

Bianchi, del tutto dimentica del fratello – che sembrava misteriosamente scomparso nel nulla – stava rubando roba da mangiare dai piatti altrui sotto ordine di Reborn – il solito approfittatore.

Mammon cercava di estorcere denaro a Chrome, seduta a gambe raccolte in un angolino e rifornita ogni tanto dalle ragazze – aggrappandosi ad ogni singolo cavillo, non ultimo il fatto che si sono battuti e lei ha lasciato il posto a Mukuro.

Belfagor si faceva strada tra i presenti per prendere da mangiare, precedendo il suo incedere regale con coltellini che colpivano i poveri malcapitati alla schiena – e per un qualche ancora irrisolto motivo i poveri malcapitati erano rappresentati unicamente da Levi, alla disperata ricerca del Boss.

Boss il quale se ne stava tutto tranquilli sul tetto. Per quanto si potesse stare tranquilli in compagnia di Squalo comunque…

Shouichi e Spanner, arrivati assieme a Kusakabe – Kusakabe, la cui presenza non fece esattamente bene al momentaneo stato mentale del giovane Vongola – stavano salutando i presenti, ben attenti a non avvicinarsi troppo ai Varia. Memorie ben precise in testa, e non ultimo l’incontro della settimana precedente.

E per un qualche strano motivo anche il Guardiano della Pioggia sembrava assente, nel marasma generale.

Si sedette sul gradino della veranda e si mise a guardare il cielo, senza sapere bene il perché.

Un peso sul cuore che avrebbe preferito non avere.

«Che stai facendo qui? Guarda che ti perdi la torta della signora Sawada! E' ottima».

Tsuna sorrise leggermente.

«Niente» ripose sentendo l’amico sedersi al proprio fianco, mentre spezzettava una gigantesca fetta di crostata di mirtilli con la forchetta.

«Non è che avresti voglia di iscriverti al club di boxe?» buttò lì in Guardiano del Sole, con un’innocenza del tutto insolita per uno come lui.

Tsuna lo fisso un tantino sconcertato.

«Me lo stati chiedendo?» chiese scettico.

Sasagawa alzò le spalle continuando mangiare la torta. Hana doveva aver proprio fatto miracoli, si disse tra sé scioccato il Decimo.

«Tu non capisci come la boxe possa essere assolutamente essere paragonabile alla vita» Sasagawa scosse la testa con calma «se ti senti arrabbiato, stando o felice…tutto si risolve con una semplice equazione di conoscenza grazie alla boxe. Davvero, credo tu non abbia idea di come sia…ehm, estremo» al che Sasagawa fece un mezzo cenno imbarazzato con un pugno, come a voler colpire qualcosa d’immaginario nell’aria.

Se Tsuna non fosse stato troppo impegnato a capire cosa gli avesse detto, probabilmente si sarebbe accorto di qualche piccola stranezza nel suo Guardiano del Sole. Ma a quanto pareva il suo SuperIntuito made in Vongola aveva ben deciso di andarsi a fare una bella vacanza alle Bahamas con tanto di cervello pensante al seguito.

«Non ho capito» bofonchiò alla fine, decisamente sempre più confuso.

«Sto dicendo» spiegò il boxeur pazientemente «che quando fai un incontro provi delle emozioni e queste possono essere paragonate alla vita di tutti i giorni» fece una pausa mentre masticava con calma un pezzo di torta «quando sei preoccupati per qualcosa, si tende a diventare più aggressivi, attaccando l’avversario o l’origine del nervosismo o di tutte le preoccupazioni».

«A-ah…» annuì scettico il Decimo, non capendo assolutamente niente di quanto gli era stato detto.

«Se sei rilassato la tua boxe diventa più fluida» aggiunse, finendo di mangiare la torta e leccando elegantemente la forchetta, gli occhi socchiusi a pensare a chissà cosa «se nervoso fai errori e rischi di ferire l’avversario e te stesso. Se sei arrabbiato non ragioni e fai la prima cosa che ti passa per la testa» sorrise «poi tocca ad altri portare la ragione, rassicurare che si sta bene e che il sentimento iniziale non è mai passato».

Tsuna si sentiva veramente fuori luogo. Possibile che non riuscisse a capire minimamente quanto gli veniva detto? Fece uno sforzo immane per riepilogare il tutto.

Cavoli…

«Ehm…Nii-san» iniziò incerto «non sono proprio certo di quello che hai detto» deglutì alla disperata ricerca di un modo per capire «non è che potresti farmi un esempio?»

«Certo» acconsentì, apparentemente lieto di aver catturato la sua attenzione su un argomento che trovava estremamente importante «è un po’ come quando un bambino si perde e non sa tornare a casa. La mamma ne è spaventata e quando lo trova la prima reazione è quella di arrabbiarsi con lui» annuì un paio di volte «oppure quando una persona non riesce a sentire lì’amata e si preoccupa. Poi, quando si riuniscono iniziano a litigare furiosamente. Il principio della boxe è proprio questo. Uguali reazioni alla vita reale» lo guardò un attimo «ti è più chiaro ora, Tsunayoshi-kun?»

Tsuna fissava il vuoto davanti a sé.

Ignorando completamente tutto il resto.

Quello che Sasagawa aveva appena detto…

La rabbia, la preoccupazione…

Possibile che…?

«Ohi, Tsunayoshi-kun» Ryohei si chinò un poco su di lui, cercando di capire cosa gli fosse preso «sicuro di sentirti bene?»

In quel momento, a Tsuna non interessava più granché cosa diavolo fosse preso al suo Guardiano per comportarsi in un modo tanto strano, ma non gli importava più di tanto.

Non quanto l’idea assurda che gli era venuta in mente, comunque.

Nel frattempo, nascosto da tutti e ghignate, un losco figuro con un insolito codino ad ananas se la rideva bellamente alle spalle di un certo Boss che rifletteva sulle aspettative della sua vita e su un altro particolarmente conosciuto boxeur, chiuso accidentalmente in bagno causa indigestione molesta.

«Kufu-fu-fu~».

 

 

Quindi ova cosa favà il nostvo cavo Tsunayoshi-kun?

Bella domanda…

Ohoh~ tutto nel pvossimo capitolo.

E questa è una pvomessa, temo di non potev più vimandave…

 

Un bacio

NLH

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Capitolo 28
*** Target 27# ***


 

 

 

                I’ll bite you to death, Tsunayoshi Sawada.

 

 

[Target 27#]

Era domenica mattina.

Ne era certo.

Era domenica mattina e Tsuna si trovava a scuola.

Ma chi diavolo glielo stava facendo fare?

Ignorando il sonno – non era riuscito a chiudere occhio – il mal di testa – aveva passato la notte a pensare a quello che avrebbe voluto fare quella mattina – e il desiderio di scappare lontano, si fece forza e mosse un passo al di là dal cancello.

Deglutì.

Era entrato.

Nella scuola.

Nella fortezza personale di Hibari-san.

E, come si soul dire, che si aprano le danze.

Nello stesso momento, una figura in nero si sporse leggermente da una delle finestre del secondo piano. In mano qualcosa di metallico e dall’aria molto dolorosa.

Poi scomparve.

~×~

Con le gambe che gli tremavano, Tsuna, si fece forza e bussò lievemente – molto, moltissimo lievemente – alla porta, stranamente lasciata chiusa, dell’Ufficio del Coniglio Studentesco.

Brutto, bruttissimo segno.

Nessuno rispose.

Aggrottando le sopracciglia il ragazzo l’aprì leggermente – non era chiusa a chiave, quello voleva dire che Hibari doveva essere nei paraggi – e sbirciò all’interno. La stanza era arieggiata dalle finestre lasciate aperte e dalle tende che si muovevano al ritmo elegante del vento. I fogli sulla scrivania, incustoditi, frusciavano lievemente.

I divani in pelle scura sembravano intatti, come se nessuno si fosse mai seduto.

Gli occhi del giovane vennero calamitati sul posto che gli era solito.

Nessuno si era più seduto lì.

Non dopo di lui.

Tsuna chiuse la porta della stanza e iniziò a correre per il corridoio – con la magra e infantile speranza che in Presidente del Comitato Disciplinare sbucasse fuori dal nulla per dirgli che non si correva nella scuola. E che lo avrebbe morso a morte.

Doveva trovarlo.

Ne aveva bisogno.

Con uno sforzo si costrinse a fare di corsa anche gli ultimi due piani di scale che l’avrebbero portato al tetto e si fermò un attimo, ansante, con la mano sospesa sulla maniglia. Cos’avrebbe fatto che non vi fosse stato?

O, ancora più preoccupante, cosa avrebbe fatto lui se invece aveva visto giusto.

Deglutì, facendo un respiro profondo. Tanto non poteva più tornare indietro. E non era un codardo.

Mai più codardo, si era detto quella notte.

Mai più molte cose, si promise in quel momento.

Aprì la porta e un sorriso leggero si delineò in volto.

In fondo conosceva bene il suo Hibari-san.

All’ombra, che il tettuccio con la cisterna d’acqua faceva sul tetto, Hibari Kyoya stava sdraiato a braccia incrociate dietro la testa e gli occhi chiusi, respiro lieve e regolare di chi sta dormendo, capelli smossi dal venti fresco e giacca slacciata sulle spalle.

Come al solito. Esattamente come nei suoi ricordi.

Tsuna fece un passo all’esterno.

«Cosa diavolo vuoi? Erbivoro inutile» più che un sussurro, come i suoi ricordi suggerivano, quello sembrava un ringhio vero e proprio. Una minaccia. L’avviso di non avvicinarsi ulteriormente o sarebbero stati guai.

«Hibari-san» chiamò il suo nome.

«Vattene» ribatté, a voce sempre bassa e minacciosa «sono stanco».

C’erano così tante cose che Tsuna voleva dirgli.

Mosse un altro passo.

«Ti stavo cercando» disse invece. Non sapendo bene da che parte cominciare.

Perché erano veramente tante le cose che avrebbe voluto.

«È l’ultimo avviso» nella voce del più grande si rincorrevano tensione e qualcos’altro che l’altro non riuscì a definire correttamente. Timore, forse? Impossibile.

Voleva dirglielo. Che gli dispiaceva. Che sapeva come poteva sentirsi. Che lo capiva.

Ma le labbra sembravano incollate tra loro.

Rimase per un altro attimo a guardarlo, i muscoli del collo contratti sotto i fili di seta scura che erano i suoi capelli.

Quante altre volte li aveva fissati, nelle ore in cui si trovavano insieme, nella stessa stanza ma troppo lontani e vicini a qualcun altro per poterlo fare. Quante altre volte si era trattenuto?

Con un gesto esitante, Tsuna allungò una mano in direzione dei capelli di Hibari, come tante volte aveva fatto. Come amava fare. Ama.

Con un gesto repentino e del tutto inaspettato, Hibari lo prese per il collo, stringendo con forza e costringendo Tsuna a boccheggiare, il fiato mancante a causa della posizione in cui lo stava costringendo. Addosso al muro e inerme.

«Hai idea di quello che vorrei farti?» gli sibilò ad un niente dal viso, gli occhi terrificanti puntati nei suoi. Finalmente aperti, che lo stavano guardando.

Con rabbia.

Rabbia.

Non freddezza, rabbia.

Tsuna tirò quasi un sospiro di sollievo. Incredibilmente Ryohei sembrava aver avuto ragione, tra tutti gli sproloqui e le invettive a favore della boxe che gli aveva propinato durante tutto il discorso. Era furibondo con lui.

«Mi dispiace, Hibari-san» mormorò, cercando di ignorare il dolore sempre meno sordo dove le dita dell’altro lo stavano stringendo con forza «mi dispiace veramente, non volevo farti questo».

«Mi hai lasciato solo un’altra volta» la voce del Guardiano della Nuvola era roca e forzata, come stesse cercando di non gridare con tutte le proprie forze «stupido erbivoro, come hai osato?»

Eppure glielo aveva detto.

«Spero di essere stato chiaro stavolta» la voce di Hibari fa vibrare il petto su cui l’orecchio di Tsuna è adagiato, trasmettendogli il movimento del respiro e delle corde vocali, mentre il Guardiano stringe maggiormente a sé il viso del giovane Boss «prova a morire un’altra volta e ti morderò a morte. A costo di raggiungerti nello schifoso posto da diabete in cui ti metteranno»

Tsuna si mosse leggermente, a disagio ora come non mai.

«Perdonami».

Ancora, doveva farlo arrabbiare ancora.

Lui mosse convulsamente la mano che teneva lungo il fianco e scagliò il tonfa che vi teneva stretto tra le dita contro il muro.

Se si fosse arrabbiato avrebbe scaricato tutta la tensione e poi sarebbe tornato lo stesso Hibari-san che conosceva. Quello che divideva il pranzo con lui quando lo dimenticava a casa o Lambo glielo mangiava durante la lezione.

Quello che lo avvolgeva in un abbraccio possessivo se gli si addormentava addosso.

Quello per cui aveva rinunciato ad una vita tranquilla per una sempre all’ombra della paura di non vederlo tornare da una missione, della sua freddezza per il resto del mondo.

L’Hibari-san a cui si era donato con tutto sé stesso.

Kyoya.

Glielo disse, gli occhi spalancati fissi nei suoi.

«Sei uno stramaledetto ipocrita. Mi fai schifo» i suoi occhi non esprimevano più altro che disprezzo. Niente più preoccupazione, niente apprensione, niente rabbia nonostante ne fossero stati pieni fino ad un attimo prima. Nemmeno un cenno al fatto che la presenza di Tsuna gli donasse un qualche sentimento nei suoi confronti.

A sì che glielo aveva detto, che non lo avrebbe perdonato.

Gli occhi già sgranati di Tsuna si inumidirono pericolosamente. Non c’era proprio più speranza per lui.

«O-oh» si mosse convulsamente, per scappare alla stretta meno serrata del Guardiano «a-allora…io allora…a-andrei» stava balbettando ma non poteva farci niente. Con un po’ di fortuna sarebbe riuscito ad uscire dalla scuola – e dalla strada e dal quartiere preferibilmente, anche se ci credeva poco – prima di scoppiare in lacrime come un bambino.

Non voleva piangere più davanti a lui.

Gli faceva male.

Gli faceva un dannatissimo male vedere il nulla in quegl’occhi che aveva tanto amato. Che amava. Che ama. Sembravano morti.

Esattamente come lui di sentiva morire dentro.

Si era scostato di qualche passo da quando Hibari lo aveva lasciato andare, non accennando a fermare i pochi movimenti incerti e illogici che il ragazzo faceva nel tentativo di allontanarsi senza crollare dal dolore. Sentiva ancora la sensazione delle mani dell’altro sulla propria pelle.

Doveva andarsene.

Era stato solo uno stupido a sperare che tutto sarebbe tornato come prima.

Solo…aveva bisogno di un’ultima cosa.

Di dire ancora una volta, l’ultima, una cosa.

«Solo…» riuscì a balbettare mentre guadagnava l’uscita, la schiena curva e il desiderio irresistibile di chiudersi da qualche parte con chili di cioccolato e una confezione intera di Cleenex «ti amo, nient’altro».

Hibari rimase fermo un istante, senza guardarlo, prima di scattare nella sua direzione e afferrarlo con prepotenza, tirandolo indietro e rischiando di fargli perdere l’equilibrio.

Tsuna singhiozzò.

Questa volta non si fermò, quando gli arrivò contro e lo spinse nuovamente con forza alla parete, afferrandolo bruscamente per le spalle. Gliele stritolò, tanta era la forza incontrollata che ci stava mettendo, ma Tsuna non sentiva niente. Niente era più comparabile alla rabbia, al dolore e al rifiuto che vedeva tornare in quegl’occhi pece.

Non capiva più niente.

Chiuse i propri con forza, iniziando a respirare rumorosamente.

«Ti prego, non farmi…niente» si trovò a singhiozzare mentre Hibari affondava i denti nel suo collo con forza, strappandogli un gemito di dolore «lasciami solo…andare. Ti prego…scusami…» non sapeva nemmeno più cosa stava dicendo, incapace di collegare razionalmente il cervello alla bocca «voglio…ti prego, no…»

«Te n’eri andato» sibilò il moro, soffiando le parole sui segni dei denti, che aveva lasciato pulsanti alla base del collo del più giovane, prima di passare la lingua calda su quello stesso punto, costringendo Tsuna ad emettere un altro gemito, molto più profondo del precedente «mi avevi lasciato senza il mio permesso».

«T-ti prego, Hibari-san» singhiozzò nuovamente «l-lasciami andare».

«Tu non vai da nessuna parte» con uno scatto gli prese i capelli con una mano, per lasciare libera la fronte e il viso, e premere le labbra sulle sue. Soffocando ogni sua preghiera.

Tsuna gemette a quel gesto inaspettato e socchiuse la bocca, permettendogli quel contatto più profondo che altrimenti si sarebbe preso con la forza. Sentire quella lingua ruvida sulla sua gli faceva rivivere sensazioni talmente presenti e potenti, anche il quel momento, che le gambe gli cedettero, facendolo scivolare a terra e lasciando all’altro il compito di sostenerlo.

Hibari seguì l’abbassarsi di quelle labbra fino ad inginocchiarsi a propria volta, afferrando le gambe del ragazzo e portandole attorno ai propri fianchi, sollevandolo quel tanto che bastava per farlo sedere cavalcioni su di lui. Con un braccio gli cinse la schiena, modellando il suo corpo con il proprio.

Kami, come gli era mancata quella sensazione.

Si staccò dal bacio – più per necessità fisica che volere – e scrutò nuovamente quelle iridi miele, spalancate su di lui – solo e solamente su di lui, non più mai più sul resto del mondo – e sulle sue guance arrossate.

«Ti uccido se te ne vai nuovamente» gli sussurrò minaccioso all’orecchio, ottenendo come risultato quello di sentire quel corpo rabbrividire pericolosamente sul suo «ti morderò a morte, Tsunayoshi Sawada».

Con le lacrime agl’occhi – di felicità, non più mai più di sconforto – Tsuna artigliò la maglia di Hibari istintivamente, desideroso di non staccarsi più da lui.

Hibari, incapace di resistere oltre a quella provocazione, allargò le lunghe dita sulla nuca di Tsuna, abbassando il suo viso e intrappolando quelle dannate labbra rosse in un altro bacio.

Suo.

E di nessun altro più.

~×~

«Scusate…ora possiamo andarcene?» Yamamoto, rosso fino alle orecchie, teneva con difficoltà il corpo svenuto del fidanzato, afferrato giusto un attimo prima che questi ruzzolasse giù dalle scale per la mancanza di coscienza avuta nel momento stesso in cui il suo tanto adorato Decimo aveva dichiarato il proprio amore per il Guardiano.

Anche se poteva essere considerato un miglioramento, quel suo stato, considerato il fatto che fino a poco prima si erano messi in tre a cercare di bloccarlo ed evitare che si lanciasse all’aperto, sul tetto, nel tentativo – a sua unica opinione ovviamente – di salvare il Decimo dalle mani di quel sadico.

Reborn alzò le spalle, ringraziando la prontezza delle ragazze – e soprattutto Bianchi – quando avevano insistito nel tenere Lambo a casa, quando si erano riuniti per cercare i Guardiano della Nuvola e costringerlo a chiedere scusa a Tsuna.

Perché il sopracitato Boss non solo l’aveva trovato per primo, ma stava ricevendo un trattamento che difficilmente sarebbe stato adatto ad un bambino – anche se scemo e seccante come Lambo – di sei anni.

«Lasciami in pace, Ryohei-kun» la voce di Mukuro è un misto tra il profondamente seccato e il piacevolmente eccitato «Io ho fatto in modo che tutto questo si creasse e Io intendo godermelo fino in fondo!».

Reborn sospirò.

Quel maniaco…

Era già tanto che non si fosse messo a registrare il tutto con una telecamera.

In effetti, l’Arcobaleno era abbastanza sorpreso per non averglielo ancora visto fare.

«No!! Non te lo permetto!!! È estremamente sbagliato spiare!!!» Sasagawa stava tentando in tutti i modi di impedire che Mukuro venisse a conoscenza di dettagli sulla pelle di Tsuna e sulle dimensioni di Hibari – anche se quest’ultimo punto non era molto chiaro al Guardiano del Sole, quando quello della Nebbia l’aveva detto – sferrando un pugno dietro l’altro e saltellandogli intorno esagitato.

Non stava bene, continuava a gridare in modo tale che Reborn si era seriamente chiesto come mai quei due là fuori non si fossero ancora accorti di niente.

Guardò per l’ultima volta nello spiraglio della porta, lasciata sbadatamente socchiusa dallo stupido studente – se vai a fare certe cose almeno assicurati di non poter essere spiato da tutti i tuoi sottoposti – e sorrise, lo sguardo nascosto dalla falda del cappello.

Ora sì, che la Famiglia poteva dirsi finalmente – e definitivamente – riunita.

 

Allora…punto uno: io non ho mai, e dico mai, scritto una Yaoi in vita mia, e temo di non poter cominciare così di punto in bianco (a meno che voi non vogliate leggere una schifezza che non centra niente con il mio stile, perché ne possiamo riparlare allora…).

Ho promesso che prima o poi ne scriverò una, ma non ora.

Questo è un avviso per chi avrebbe voluto leggere di più, non una giustificazione (solo per mettere in chiaro) :)

 

In cambio, però, ho deciso di farvi una sorpresa.

Non so se l’avete notato…ma non ho messo completo sulla fic.

(ed ecco che molte teste si levano speranzose)

Ho deciso di aggiungere un altro capitolo, una specie di extra.

Sorpresa, sorpresina su cosa sarà.

Stavolta ho la bocca cucita, niente anticipazioni!!!

 

 

Un bacio

NLH

 

 

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Capitolo 29
*** Target 28# ***


 

 

                I’ll bite you to death, Tsunayoshi Sawada.

 

 

[Target 28#]

Altresì definito…Extra!!

«Cosa stai facendo?» Hibari Kyoya fissa con giusto un accenno di curiosità il proprio Boss, mentre se ne sta fermo, in piedi, davanti alla porta spalancata di casa.

«Aspetto» è la risposta, tutt’altro che esauriente dell’altro, mentre un sorriso dolce si fa largo sul volto serio «tu invece dovresti spostarti da lì, tra poco arriverà un’altra persona. Non vorrai farti trovare vestito in questo modo?»

«Come mi vesto sono affari miei» sbuffa di rimando, facendo cadere a mala pena un occhio sui larghi pantaloni della tuta e una delle maglie dell’altro. Come al solito quello stupido del Boss si è dimenticato di far andare la lavatrice quando è stato il suo turno.

«Come vuoi» sorride guardando ancora l’orologio «ma hai ancora quattro secondi per cambiare idea».

«Vuoi che ti morda a morte?» Tsuna non crede di essersi solo immaginato l’accenno di malizia tra quelle parole.

«Magari un’altra volta, no? Tanto tra qualche minuto dovrei essere di ritorno».

«Tu sei fuori» è il personalissimo giudizio del Guardiano della Nuvola, iniziando seriamente a pensare di prenderlo e sbatterlo da qualche parte. In camera da letto preferibilmente.

«Due, uno…»

Improvvisamente la figura del Decimo Vongola scompare in una nuvola rosa che lascia spazio, nel momento in cui comincia a diradarsi, ad una figura piuttosto familiare. Il Sawada Tsunayoshi di quindici anni, con la divisa della Scuola Superiore Kokuyo, fa un mezzo passo in direzione dell’ingresso, vagamente confuso.

Hibari Kyoya si sente improvvisamente irritato e, non appena il malcapitato studente raggiunge la soglia, gli sbatte la porta in faccia.

Letteralmente.

Poi, ignorando il fatto che può essere svenuto, dolorante, infortunato o chissà cos’altro, torna in cucina e mette sul fuoco i peperoni rossi che ha avuto intenzione di mangiare a cena al posto della schifezza che Tsunayoshi voleva preparare. Se li sarebbe sorbiti.

E poi lo morderà a morte.

Un ventisettenne Hibari sogghigna mefistofelico.

Eccome se lo morderà.

~×~

«Io dovrei…andare» la voce soffocata di Tsuna è velata da desiderio e nessuna convinzione, mentre lascia scivolare il proprio mantello a terra.

«E allora perché mi hai sfilato la camicia?» è la maliziosa risposta dell’uomo che lo tiene inchiodato tra il tavolo, il proprio corpo e un tonfa argentato «Tsunayoshi…»

Il povero sopracitato giovane uomo geme nel sentire il sussurro del proprio nome soffiato ad un niente dall’orecchio. E lui che l’ha messo in chiaro che sarebbe dovuto partire nuovamente a breve. E deve anche ricordarsi di prendere la famosa foto di gruppo.

Ora, a distanza di anni, ha capito come ha potuto essere finita in un luogo tanto strano come il proprio materasso di quando era giovane.

Ma un certo Guardiano della Nuvola non gliene lascia tempo. E nemmeno voglia, se deve dirla tutta. L’ha imprigionato non appena l’ha trovato sguarnito dalla protezione del gelosissimo Braccio Destro (che Hibari ha accidentalmente steso e legato come un salame nello sgabuzzino delle scope un paio di minuti prima).

«Dovresti dire a quello stupido erbivoro di girare al largo se non vuoi che faccia una brutta fine» gli mormora facendo scorrere una mano lungo tutta la schiena dell’altro, gli occhi fissi nei suoi.

«Non…lo fa per catt-» le parole vengono nuovamente soffocate da un bacio profondo, mentre la mano fredda dell’uomo scivola sotto la camicia e inizia ad eccitare ogni centimetro di pelle a sua disposizione.

«Perché stiamo parlando di lui?» riesce a mormorargli, con un pezzo di pelle del collo del Boss tra i denti.

«Kyou-ku…ah» geme nuovamente, nel bel mezzo del patetico tentativo di sfuggire alla sua morsa ferrea «devo veramente anda-» ancora una volta un paio di labbra prepotenti si interpongono tra le sue parole e l’aria di cui ha bisogno. Per un attimo il Decimo Boss si sente un tantino frustrato.

È mai possibile che non riesca ad averla vinta con lui?

Poi un occhio gli cade sull’orologio, alle spalle dell’amante. Meno dieci secondi.

Maledizione.

Con uno sforzo immane – e il disperato aiuto di una forte Fiamma del Cielo – riesce a scostarsi quei tre-quattro centimetri che gli permettono si riallacciarsi alla velocità della luce la camicia e creare almeno un apparente ordine nel proprio vestiario. Il tutto senza comunque smettere di baciare il suo Guardiano preferito.

Due secondi.

Fa appena in tempo a chiudersi gli alamari del mantello che una purtroppo familiare nuvola rosa guastafeste lo inghiotte senza lasciargli scampo.

Hibari si accorge di sfuggita del fatto che la foto di gruppo, che aveva sempre campeggiato sul comò dello studio, è scomparsa. È stato bravo a ricordarsene il Boss, ghigna.

Poi avverte nuovamente un peso sul bacino e il giovane Sawada Tsunayoshi gli appare addosso, le gambe nella stessa posizione in cui erano, fino ad un secondo prima, quella della sua controparte adulta. Il volto ugualmente vicino e solo un pugno a dividere il suo petto dal proprio.

«Cosa…» tenta di chiedere prima di venire brutalmente interrotto da un urlo belluino proveniente da fuori la porta, un secondo prima che questa fosse divelta da una carica nemmeno troppo leggera di esplosivo al plastico.

«Hibari!!! Dove cazzo sei che ti ammazzo!!?» Gokudera è riuscito a liberarsi, in un tempo vergognosamente lento, e si è fiondato dove il suo cervello gli diceva che avrebbe trovato il sopracitato dannato che lo aveva così alacremente imbalsamato.

A scuola.

Salvo poi ricordarsi che poteva essere con Tsuna.

Anche se non immaginava certo di trovarlo schiacciato alla scrivania, con le gambe allacciate sui fianchi del Dannatissimo Guardiano, rosso come un peperone e tutto intento a fissare il petto nudo dello Stramaledetto ex Presidente del Comitato Disciplinare.

Che si tratta del Decimo quindicenne e ancora smemorato non gli passa nemmeno per l’anticamera del cervello.

«Tuuuu! Maniaco pervertito! Cosa stavi facendo al Decimo?»

«Quello che gli faccio di solito» è la serafica risposta del Guardiano della Nuvola, mentre si alza dalla scrivania e cerca con lo sguardo la camicia che l’altro Decimo gli ha sfilato, nemmeno troppo tempo prima.

«Come osi?» è invece il grido belluino che riceve in risposta.

«Insomma…cos’è tutto questo baccano?» il Boss dei Cavallone (in una delle sue solite visite in Giappone con il solo scopo di mollare tutto e far incavolare i suoi sottoposti) varca lo studio del Boss Vongola, come al solito sempre più pieno del dovuto «Hibari, perché sei mezzo nudo?»

«Oya, oya~ Dino-kun» è un brivido quello che scende lungo tutta la schiena di Dino. Tutt’altro che piacevole «possibile che alla tua età ancora tu non sappia niente?»

«Mukuro!!» ecco Gokudera che inizia a strepitare contro un’altra sua personale fonte di problemi «ti stavo cercando! Cosa cazzo hai detto a Yamamoto? Brutto maniaco!!»

«Perché?» chiede innocente, rigirandosi il tridente tra le dita e facendo cenno a Chrome di andare pure, che si sarebbe divertito anche da solo.

«Perché ieri sera si è presentato con delle manette e sciarpe di velluto!!» strepita prima di rendersi conto di cosa effettivamente ha detto, e arrossire come un’aragosta bollita troppo in salsa di pomodoro concentrata.

«Adesso capisco cosa sono quei segni sui tuoi polsi…» annuisce candidamente il Guardiano della Nebbia «devo ammettere che ha avuto fantasia. I miei consigli si erano fermati al frustino e panna e fragole».

L’esplosione che segue quell’affermazioni riverbera per tutta la tenuta giapponese dei Vongola – costruita meno di una decina di anni prima ai confini di Namimori, perché Tsuna si era reso conto di quanto effettivamente potesse essere pericoloso ospitare Guardiani, alleati, ospiti, meccanici, spostati ed ex nemici (tutti quei Varia, Simon e Byakuran che occupavano abusivamente camere in ogni momento dell’anno e ad ogni pranzo/cena/colazione/spuntino possibili), ma non fuori per non scontentare Hibari (e un Kyou-kun incazzato diventava immediatamente un Hibari-san che nessuno avrebbe mai voluto incontrare, specie il Decimo sotto le lenzuola) – fino a raggiungere l’altra parte della montagna (e non si trattava certo di una collinetta con due pini e un ciliegio).

«Sei stato tu, Hayato?» Yamamoto sbuca innocentemente da dietro delle macerie, con un Lambo in cry-mode attaccato tipo koala al dorso.

«Questo è stato estremamente pericoloso!!!» Sasagawa divelle i pochi resti ancora in piedi della porta, con Hana in braccio e non esattamente del tutto vestita.

«Ma cosa fai scemo!? Rimettimi giù!»

Hibari sospira mefistofelico, con tanto di nuvoletta nera sulla testa, occhi affilati e omicidi seminascosti dall’ombra della frangia e vapore irato che gli esce dalla bocca.

Poi però, prima ancora che possa prendere mano ai tonfa, momentaneamente caduti a terra, un peso leggero si fa sentire sul petto e dei capelli soffici gli solleticano la guancia. Sawada Tsunayoshi è svenuto.

Peccato.

Vuol dire che si rifarà con la sua controparte adulta, una volta tornato dal passato.

Ghigna sadicamente.

Tanto avrebbe avuto tutto il futuro per farlo.

 

…Owari…

Sul serio questa volta, temo.

 

Allora…innanzitutto vorrei ringraziare tutti coloro che mi hanno seguito con così tanto calore e dedizione (ragazzi, vi meritereste una medaglia) e rinnovo ancora una volta i ringraziamenti per la costanza. E grazie per avermi seguito.

Quindi ricordatevi che vi ringrazio per il sostegno.

Adesso invece passerei a ringraziare tutti coloro che hanno seguito questa fic, è stato molto importante per me e, per ultimo ma non ultimo, ringrazio quelli che mi hanno sostenuta e hanno letto la mia fan fiction.

Un grazie di cuore anche a loro.

Finiti questi ringraziamenti direi che posso anche inchinarmi al vostro sostegno e alla vostra dedizione, con un grazie speciale a coloro che hanno letto (anche più di una volta da quello che ho potuto capire) la mia fic.

E quindi a voi la lista dei poveri decerebrati (tranquilli, in senso buono) che hanno avuto la pazienza di stare a sentire – anche  se forse sarebbe stato meglio scrivere “leggere” – le mie farneticazione e idee assurde:

In ordine alfabetico:

Chi ha recensito

Chi l’ha aggiunta a quelle seguite

Chi l’ha inserita nei ricordati

Chi l’ha messa nei preferiti

 

Non finirò mai di ringraziarvi.

 

Un bacio

NLH

 

P.s… Alla prossima…se vi va :)

 

 

 

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