Lily

di shiinait
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Lily ***
Capitolo 2: *** Come ho conosciuto Lily (raccontato da Jack Sparrow) ***
Capitolo 3: *** Oggetti dal passato ***
Capitolo 4: *** Il mio passato (raccontato da Lily) ***
Capitolo 5: *** Will e Lily ***
Capitolo 6: *** La partenza (raccontato da Lily-Catherine) ***
Capitolo 7: *** In viaggio! ***
Capitolo 8: *** La rivelazione (raccontato da Commodoro) ***
Capitolo 9: *** Convincere Commodoro... ***
Capitolo 10: *** Il duello (raccontato da Lily e Commodoro) ***



Capitolo 1
*** Lily ***


Appena le campane di Port Royal suonarono le sette, Lily, puntualmente, si svegliò

Appena le campane di Port Royal suonarono le sette, Lily, puntualmente, si svegliò. I suoi occhi ancora assonnati brillarono quando si ricordò la data: 16 ottobre. Ma poi, mentre il sonno svaniva e metteva a fuoco gli oggetti della sua stanza, vide la lettera che aveva ricevuto un mese prima e si ricordò. No, quel 16 ottobre suo "padre" non sarebbe venuto a trovarla. In realtà quello che lei chiamava "padre" era il suo tutore. Ma nemmeno questa era la parola giusta per definirlo. Semplicemente era colui che l'aveva allevata negli ultimi sette anni. Non ricordava chi era suo padre: aveva perso la memoria per un incidente su una nave quando aveva circa dieci anni. Non sapeva neppure la sua vera età, e il nome "Lily" gli era stato conferito da suo "padre". Ma non era quello il momento di pensare a quelle cose. Mentre si legava i capelli bruni in una coda, Lily pensò a come poteva scusarsi con la padrona della locanda. Lei le obbediva sempre, in tutto e per tutto, ed era anche brava come cameriera, ma la sera prima aveva risposto veramente male al vecchio fabbro. Era successo tutto in fretta: il complimento osceno del fabbro ubriaco a Marianne, una sua collega che lei considerava come una sorella, e la risposta piena di insulti di Lily. Non era la prima volta che rispondeva a qualcuno così, figuriamoci, ma il più delle volte che lo faceva, era con avventori venuti per caso. Il vecchio fabbro, invece, era un abitudinario. Lily era considerata come una figlioccia dai padroni della locanda, ma una caduta di stile così grande al "Puledro d'Oro", il più famoso punto di ristoro di Port Royal... Insomma, era intollerabile! Scendendo le scale, Lily cercò tutte le scuse possibili, ma, quando vide la padrona della locanda, non seppe spiccicare una parola. La seguì in silenzio in una stanza illuminata.

La padrona chiuse la porta della stanza, e fece segno a Lily di sedersi a un'estremità, poi le si mise di fronte. L'atmosfera era tesa e insopportabile. Lily iniziò: - Mi dispiace, ha ragione, mi cacci pure dalla locanda, ma non potevo sopportare che Marianne diventasse così rossa per quel complimento osceno urlato tanto forte! - disse tutto d'un fiato, e smise solo perché notò che la padrona rideva. Aveva detto qualcosa di buffo? - Lily, non è per questo che ti voglio parlare a quattr'occhi. Ieri hai fatto bene, il fabbro era veramente ubriaco e insopportabile, aspettavamo solo che se ne andasse, e tu gli hai dato un motivo sufficiente. Pazienza, poi, se non ha pagato. Volevo solo consegnarti queste due lettere. - . Gliele porse. Di una riconobbe la calligrafia: era di suo "padre"! Ma l'altra... - Ti consiglierei di aprirla, Lily, - continuò la padrona, - e di accettare la proposta. - . Lily aprì in fretta. Dentro un biglietto e l'invito ad un matrimonio. "Il Governatore è lieto di annunciare il matrimonio di sua figlia Elizabeth con Will Turner.". Lily guardò la padrona della locanda, poi l'invito e di nuovo la padrona. Non capiva. - C'è una lettera insieme all'invito, Lily. - le disse la signora. Era vero: in quella lettera Lily era invitata a fare un colloquio con il maggiordomo del governatore per servire come cameriera durante il pranzo nuziale. Lily conosceva il maggiordomo: quando veniva alla locanda lo serviva sempre lei, era un uomo cortese che non beveva mai più del dovuto e le lasciava una lauta mancia. Anche il nome Will Turner non le era nuovo... - Allora, Lily? Cosa ne pensi? - . La padrona interruppe i suoi pensieri. - Accetterò, solo che... Non ho un abito decente per presentarmi al colloquio con il maggiordomo. - rispose Lily: qualcosa nella sua testa le diceva di non accettare, ma lei non seguiva mai quello che la coscienza le consigliava. - Non bisogna preoccuparci di questo. - rispose la padrona. - Marianne! - chiamò poi. - Vai con Lily a comprare una stoffa per farle un bel vestito. Hai abbastanza soldi, non è vero? - chiese poi alla ragazza. Lily annuì.

- Come sei fortunata! - . Marianne non la finiva più con la cantilena. - Immagina, Lily! Magari incontri un barone, o addirittura un principe, vi innamorate e... - . - Frena l'entusiasmo, Marianne. - la interruppe bruscamente Lily mentre si avviavano al negozio di stoffe. - Servo come cameriera, mica sono chiamata a partecipare al matrimonio come invitata! - . - E allora? - le rispose Marianne. - Lo sposo non è forse l'apprendista del vecchio fabbro? Eppure sposerà la figlia del governatore! - continuò. Lily stette in silenzio. Quella giornata non le piaceva. Suo "padre" non sarebbe arrivato, lei doveva comprare delle stoffe per un vestito (e odiava comprare qualcosa) e per di più c'era sempre quella voce nella sua testa... Come avrebbe voluto rimanere nella sua camera a leggere un libro e a vivere avventure! Anzi, no, perché vivere avventure solo con la fantasia? Avrebbe voluto solcare i mari con suo "padre", ma lui non la voleva mai portare con sé: troppo rischioso! Ma rischioso cosa? Lily sapeva che era una scusa. Lei sapeva difendersi benissimo da sola... Anche se non sapeva come aveva fatto ad imparare. Quel buco nella sua memoria la faceva veramente star male. - Lily, siamo arrivate! - . Marianne la richiamò alla realtà. Stava per entrare nel negozio con la sua amica quando una mano si poggiò sulla sua spalla. Era il vecchio fabbro.

- Cosa vuole? - chiese Lily sgarbatamente. Non era nella locanda, e adesso poteva dar sfogo a tutta la sua cattiveria. - Scusarmi per ieri, - rispose il fabbro - e chiederti un favore. - . Cosa? Scusarsi per ieri? La sua voce non era impastata dall'alcool come al solito. Forse stava sognando... Il fabbro che non è sbronzo e chiede scusa? Lily si stropicciò gli occhi, ma lui era ancora lì. Afferrò l'occasione per liberarsi di Marianne e godersi un po' di libertà. - Se lei promette di ritornare alla locanda le farò il favore! - promise. - Dovresti portare questa spada al palazzo del governatore, come regalo allo sposo. Visto come sono vestito non mi farebbero entrare. Il matrimonio è fra due settimane, ma non si sa mai... - . Lily prese la spada che le porgeva. - Comunque sarei tornato lo stesso alla locanda! Fate un ottimo vino! - continuò il fabbro. Lily, dopo questa frase, corse verso il palazzo.

La sala d'attesa era grande e c'era lei sola. Il maggiordomo l'aveva accolta sorpreso, dicendole che era in anticipo di tre giorni sul colloquio. Ma aveva spiegato in fretta l'equivoco, ed era stata ammessa. Ora stava aspettando quel tale Will Turner, e guardava la spada. Era fatta bene... D'istinto iniziò a maneggiarla, come le aveva insegnato suo "padre". Affondo, parata, affondo, parata, destra e sinistra.. Stava continuando con questo esercizio da un paio di minuti quando, appena fatto un affondo, la porta si aprì, in modo tale che la spada si trovò a pochi millimetri dal petto di Will Turner. La guardò sorpreso. Con destrezza Lily ribaltò la spada, in modo che l'impugnatura si trovasse dalla parte di Will Turner. - E' un regalo da parte del suo vecchio maestro. - spiegò. Will sorrise, e quel sorriso risvegliò qualcosa in Lily. Un turbine di ricordi e sentimenti del passato che aveva dimenticato... Sulla nave c'era un bambino che sorrideva così... E si chiamava... Will Turner! A Lily venne in mente tutto quello che aveva perso dei suoi anni passati che si erano persi nel buio. - La ringrazio, miss...? - chiese Will. Lily era ancora turbata per rispondere, era troppo intenta a ricercare. Rispose solo quando la stessa domanda le fu rivolta per la terza volta. - Lily. - rispose, con un filo di voce. - Avrà pure un cognome, no, miss Lily? - le chiese gentilmente Will. - Sparrow. Lily Sparrow. - rispose lei. Poi corse via, lasciando Will sbigottito.

Correndo non si era accorta di essere arrivata alla grande rupe. Will era lui... Possibile che quando era alla locanda non l'aveva mai riconosciuto? Guardò giù, verso gli scogli .Ora ricordava il suo passato e quello che si era ripromessa quando la nave stava affondando, e il suo scopo era finito. Era dura la morte? Vide la nave di suo "padre" che si avvicinava... Ma no, non poteva essere, non sarebbe venuto... Si buttò.

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Capitolo 2
*** Come ho conosciuto Lily (raccontato da Jack Sparrow) ***


Appena le campane di Port Royal suonarono le sette, Lily, puntualmente, si svegliò

- Lily! Lily - . La chiamavo, la scuotevo, le davo degli schiaffetti... Niente. Era un corpo inanimato. Forse stava fingendo... - Lilibeth! - la chiamai. Era il primo nome che mi era venuto in mente quando l'avevo conosciuta. Odioso per lei, che adorava i nomi corti, e che prendeva persino a pugni chiunque si arrischiasse a chiamarla Lilibeth. Se fingeva avrebbe aperto gli occhi e mi avrebbe guardato torva. Ma niente, non si muoveva... Cavolo, Lily, ma devi morire proprio così? Da quando ti conosco è già il quarto tentativo di suicidio! Ti ho sempre salvata in extremis, adesso sei morta, contenta? E poi, ti sembra normale gettarti dalla rupe di Port Royal quando arrivo io? Ti vengo a trovare ogni due mesi, hai avuto un casino di tempo per gettarti... Ma no, lo fai solo quando arrivo io... Oppure non hai ricevuto la mia lettera in cui ti avvisavo che sarei venuto lo stesso, che avevo avuto all'improvviso un invito importante? Lily, diamine, svegliati! Non era morta. Respirava ancora, ma il suo respiro era così flebile... Lily...

Avevo conosciuto Lily in un'isola, circa sette anni fa. Non avevo mai visitato quell'isola, abitata, con osterie e bordelli, ma quando la necessità mi costrinse ad approdare (io e la mia ciurma avevamo finito tutti i rifornimenti), decisi di dare un'occhiata in giro. Alla prima insegna di osteria, entrai. Feci male. Era un'osteria-bordello, con un pessimo vino e pessime donne. Ce n'erano di tutte le età, ma erano irrimediabilmente brutte, e rese ancor più repellenti dal belletto. Mentre la mia ciurma si era sparpagliata per la città (ognuno aveva scelto un locale diverso), ordinai del vino, e davanti a quelle donne sentii l'impellente desiderio di possederne una. Non sono mai andato con prostitute brutte, solo con belle e giovani, ma dopo tre mesi che navigavo... Ero pronto ad accettare tutto. Stavo decidendomi sul da farsi, quando vidi una bambina di circa dieci anni che, appiattendosi contro tavoli e sedie, cercava di raggiungere l'uscita. Da dietro una tenda logora uscì un uomo, con i pantaloni mezzi sbottonati, che si teneva i genitali e gridò: - Bastarda di una puttanella, dove sei finita? - . Non finì di dire quella frase, che la bambina stava già correndo a perdifiato verso la porta. Niente da fare. Il padrone dell'osteria-bordello si mise davanti a lei, la prese per le spalle e la scosse. - Ancora non abbiamo capito che non dobbiamo fuggire? - urlò alla ragazzina. Lei si dibatteva, urlava in una lingua che non conoscevo. - Peccato, piccola, non conosco il francese! - ringhiò il padrone con tono beffardo, poi, rivolto all'uomo che si teneva i genitali: - Cosa le ha fatto? - . L'uomo rispose: - Non è evidente? Mi ha dato un calcio alle palle! - . Non finì di parlare che la ragazzina si trovò l'impronta delle mani del padrone della locanda sulla faccia. Tuttavia non piangeva. Il padrone la prese di peso e la portò dietro un'altra tenda logora, che chiuse a metà, ma dalla mia posizione riuscivo a vedere tutto... Scapaccioni, calci, pugni... Non avrei mai immaginato che una bambina potesse sopportare tutto questo. Eppure sopportava. E si rialzava sempre, aveva una postura eretta, e guardava il padrone con l'aria da dire "Tutto qua?". Cosa che mandava in bestia l'uomo, che continuava. Mi piaceva quella bambina. Non sarebbe stata la prima volta che andavo con una di dieci anni circa. Poi, era bella, non usava il belletto ed era bella di fanciullezza e di maturità insieme. Tuttavia, alla vista di quel corpicino che si rialzava nonostante tutte le botte, provavo solo tenerezza, nessuna voglia di possederla. Volevo aiutarla, ma che potevo fare? Stavo per andarmene, distolsi un attimo lo sguardo dalla tenda, mi alzai, riguardai come per dare un commiato segreto alla piccola... E vidi il padrone che si calava i pantaloni. Lessi il labiale: - Adesso t'insegno come si trattano i clienti... - . La sbatté su un letto e stava per avventarvicisi sopra quando entrai nella stanzetta. Il padrone sembrava sorpreso e infuriato per quella intromissione. - Voglio questa bambina. - dissi, con tono perentorio, come se fosse un ordine. - E' acerba, - mi rispose il padrone - non gliela consiglio... - . Risi. - Acerba per me ma non per lei, vedo. Comunque non ha capito. Voglio comprarla. - . Era l'unico modo che mi era venuto in mente per salvare la bambina dalle grinfie dell'uomo. - Non è in vendita. - mi rispose quello. - LA ESIGO! - dissi, calcando molto sull'"esigo". Accettò, e mi chiese una cifra sproporzionata, dato che per lui liberarsi della piccola significava liberarsi di una piccola rompipalle. Ma avevo soldi con me, e concludemmo l'affare. La portai alla nave.

Sulla nave la bambina non si muoveva. Si era ranicchiata ai piedi dell'albero più alto, con le gambe strette contro il petto, e non si muoveva. I suoi vestiti erano più grandi della sua taglia, me ne accorsi alla luce della luna. Notai anche che, seppure fosse un po' spaurita, i suoi occhi mostravano disprezzo e altezzosità riguardo a ciò che la circondava. I suoi capelli corvini erano lunghi e poco lavati ei suoi occhi... un blu profondo, che non avevo mai visto. (Avete presente il mare delle cartoline della Grecia o della Sardegna? Ecco, così . -NdA- ). Mi avvicinai per rassicurarla che non le avrei fatto alcun male, ma non feci in tempo a fare un passo che lei si alzò, e, mostrandomi i pugni, m'intimò in francese qualcosa. Pensai che fosse un "Non avvicinarti", quindi mi bloccai e ammirai il suo coraggio. Piccola, sola insieme ad un uomo, e capace di fare a pugni! La postura era sempre eretta, regale. Non sapendo come fare ad accattivarmela, pensai di offrirle da mangiare qualcosa che fosse rimasto della cena. Le feci cenno di aspettare e tornai su con un po' di carne e delle patate. Lei mi tolse di mano il piatto e lo ripulì subito. - Diamine! - esclamai ridendo - Sei proprio affamata! Ma se avessi aspettato ancora un po' ti avrei dato forchetta e coltello! - . Aveva capito quello che avevo detto? Non so. Fatto sta che nel suo sguardo, ora, c'era meno diffidenza. Ma quando tentai di avvicinarmi di nuovo, contrasse i pugni e me li mostrò. Intanto stava tornando la mia ciurma, tra cui il nano. Appena lo vidi mi ricordai che era stato in Francia, quindi, spiegatagli la storia, gli chiesi se avrebbe comunicato con la bambina. Lui acconsentì. Per prima cosa le dicemmo che eravamo suoi amici e doveva fidarsi di noi. Poi le chiedemmo se voleva qualcos'altro oltre al cibo. Lei ci pensò un po' su, e rispose. Il nano m'informò: - Vorrebbe un bicchiere d'acqua e vestiti nuovi. - . Per l'acqua non c'era problema, ma per i vestiti... Poi guardai il mio traduttore, e lui capì la mia occhiata, e scosse subito la testa. - No, per niente al mondo, i miei vestiti sono maschili! - . - Ma voi siete della stessa altezza, poi, chiedile se le vanno bene vestiti maschili. Credo che acconsentirà. - gli risposi. Infatti la bambina non ebbe nessun problema ad accettarli. La portai nella mia cabina per farle cambiare i vestiti e per non crearle disagio mi girai dall'altra parte. Sentii l'abito pesante femminile cadere a terra, poi i fruscii dei tessuti sulla pelle della ragazzina che indossava i pantaloni marroni, la casacca bianca e il cappello verde oliva. Doveva ormai aver finito. Mi stavo per girare quando sentii sul mio collo una leggera pressione. Una catena! Chi me l'aveva stretta attorno senza che me ne accorgessi? - Ora farai quello che ti dico... - mi disse in perfetto inglese una voce femminile....

Non mi sembrava vero. Dunque la bambina sapeva parlare inglese, era tutta una finta! Ma perché mi aveva aggredito adesso? Sentii la pressione della catena farsi più forte. - Calma, calma... - sussurrai, cercando un modo per prendere tempo. Se la mia ciurma non mi vedeva apparire mi sarebbe venuta a cercare, no? La stretta aumentò ancora un poco. Ma dove diavolo aveva tenuto l'arma? Non gliel'avevo vista addosso! - Non fiatare! - m'intimò la bambina, sussurrando. - Ora dirai alla tua ciurma di lasciarmi libera di vagare per la città. Fammi scendere da questa nave! - ordinò con tono minaccioso. Non sapevo come risponderle, e trovavo, mio malgrado, la situazione piuttosto buffa: il capitano Jack Sparrow tenuto in ostaggio da una ragazzina! - Allora, lo darai o no, quest'ordine? - mi chiese dopo un po' di minuti. Il mio viso s'illuminò di gioia quando sentii una voce, dietro di lei, che rispondeva: - Scusa, quale ordine? -Un uomo della mia ciurma! Sentii la catena che cadeva a terra, il nano la raccolse e lego la ragazzina al letto. Poi uscimmo, lasciandola sola nella mia cabina.

Rientrai piuttosto tardi. Si era parlato a lungo dell'ospite che avevamo a bordo, della sua aggressività, di dove si fosse procurata la catena e così via. Per tenerci allegri c'eravamo anche un po' ubriacati e così, non badando a dove mettevo i piedi, inciampai in una figurina silenziosa che stava davanti al mio letto. Lei. Non aveva più il volto altezzoso di prima. Adesso era silenziosa, impaurita. Mi guardò. I suoi grandi occhi blu mandavano fuori fiumi di lacrime. Mi stava quasi intenerendo, ma poi mi ricordai cosa mi aveva fatto. - Allora, bimba, vogliamo raccontarci qualcosa? - le chiesi. La sua risposta mi venne "frammentata" dai singhiozzi. - Ti prego, fammi andare via... Non portarmi in un altro bordello, preferisco uccidermi! - implorò. - Portarti in un altro bordello? Ma chi ti ha detto questo? Piccola, io voglio renderti la libertà, non schiavizzarti! - . Pensavo di rincuorarla con queste parole, ma provocai in lei un accesso di rabbia. - Allora perché non mi liberi? - urlò. - Perché non mi ridai la catena? Perché non mi lasci andare? - continuò. Capii che era disperata. Mi sedetti vicino a lei, e la calmai accarezzandole i capelli come un padre. Poi le spiegai. - Sai difenderti bene, è vero. Ma non ti lascerei mai andare di nuovo per quest'isola. Finiresti di nuovo preda dei proprietari di bordelli e altri tipacci del genere. Guardati! Tu non sei come noi, non sei come loro! Me lo hanno dimostrato il tuo coraggio, il tuo portamento, il tuo sguardo... Ti lascerò andare, sì. Ma solo quando sarai al sicuro da questi personaggi. Ora, iniziamo col presentarci. Io sono il capitano Jack Sparrow. Ti chiami...? - dissi, porgendole la mano. Lei non rispose per qualche secondo. Con gli occhi fissi a terra, infine, mi disse: - Non
lo so... - . E fu allora che...

- Dove sono? - . Lily! Finalmente ti sei svegliata! - Sei sulla mai nave, Lily. - .

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Capitolo 3
*** Oggetti dal passato ***


Appena le campane di Port Royal suonarono le sette, Lily, puntualmente, si svegliò

Quando Lily si svegliò, trovò normale chiedersi dove si trovava. Ricordava tutto molto confusamente: lei che si gettava, la nave che sembrava quella di suo "padre" ma non poteva essere... o si? Era davvero tutto così confuso. E la voce che le aveva risposto non era forse quella di... - Papa? - mormorò in francese, aprendo gli occhi per intero, ma il suo sguardo era ancora offuscato. Qualcuno si era chinato su di lei. - Lily, quante volte ti ho detto di non chiamarmi papa?! Sono io! - esclamò Jack Sparrow, tuttavia aggiunse: - Stai bene? Non ti sei rotta qualcosa, vero? - . - Ah, è solo lei, capitano Jack Sparrow... - disse Lily in risposta, con una punta di delusione nella voce, quando gli occhi ripresero completamente la vista. Ma si accorse subito dal viso del suo tutore che non doveva dirlo: diamine, si era preoccupato per lei, e lo ripagava così! - Mi scusi capitano, non volevo offenderla. - riprese, con gli occhi bassi, poi gli rivolse uno dei suoi sorrisi meravigliosi e infallibili, uno di quelli che le si aprivano piano piano, a cui Jack Sparrow non sapeva resistere. Sapeva che lui adorava quei sorrisi, e in quel momento le sembrava il modo migliore per gratificarlo. Dalla sua parte il capitano Jack Sparrow pensava che questa volta Lily non l'avrebbe avuta vinta come al solito quando faceva quel sorriso: l'avrebbe accettato come risarcimento per la punta di delusione nella voce della ragazza quando l'aveva riconosciuto ma avrebbe voluto IMMEDIATAMENTE una giustificazione più che valida per il suo gesto. Immediatamente. - Allora, Lily, ti sei gettata dalla rupe per venirmi incontro più velocemente? Oppure correvi così veloce e non l'hai vista? Ma ti sembra normale che io arrivo e tu ti getti? - domandò tutto d'un fiato. Lily capì che sarebbe stato difficile inventare una scusa. - Lei non doveva venire... - mormorò. - Dammi del tu! - ordinò Jack Sparrow. - E chiamami capitano. - aggiunse.

Dal tono di voce di Jack Sparrow Lily capì che non se la sarebbe cavata tanto facilmente. Tuttavia non si fece intimorire e ribatté: - Non doveva... Cioè, capitano, mi avevi scritto che non saresti venuto! - esclamò, convinta di quello che diceva. - Come no? - domandò Jack Sparrow. - La lettera dovrebbe già esserti arrivata! La padrona dell'osteria non te l'ha data? Allora dovrei parlarci... - . Finì con un mormorio, come parlando a se stesso. Solo allora Lily ricordò che la padrona le aveva dato due lettere, e che lei, su consiglio della donna, aveva aperta quella del maggiordomo del governatore, e non quella di suo "padre". I suoi pensieri furono però interrotti dalla voce del capitano: - Comunque non cambiare discorso! Hai detto sempre che non t'importa morire perché ricordi pochissimo del tuo passato. Per questo ti sei gettata Lilibeth? Cioè... Lily? - . Jack Sparrow si rese conto dell'errore fatto quando vide gli occhi della ragazza fiammeggiare al "beth" in più.

Quando il capitano, circa sette anni prima, chiese alla bambina riscattata dal bordello come si chiamasse, lei rispose: - Non lo so. - . Dopo varie domande aggiunse solo: - Ho perso la memoria dopo il naufragio della nave dove ero imbarcata... Credo. Mi ricordo solo che circa un anno fa ero stata ritrovata da dei pescatori che mi vendettero al bordello. Nessuno si preoccupò mai di darmi un nome, per loro ero "la francese" . Allora Jack Sparrow propose: - Che ne dici di Lilibeth? - . - Troppo lungo. - rispose la bambina. - Lilith? - propose ancora il capitano. - Non è un nome per me, lo "sento". - rispose ancora lei. (Più tardi il capitano scoprì che aveva ragione: Lilith era il nome della dea babilonese della lussuria, poco adatto a una mini-prostituta che non accettava i suoi clienti!). - Allora come?? - sbottò Jack Sparrow. - Semplicemente Lily. - rispose serafica lei.

- No, non mi sono gettata perché non ricordo nulla della mia infanzia, capitano. Ma posso sapere perché tu sei qui? - . Era inutile. Lily non riusciva a trattenere la sua curiosità. Jack Sparrow la guardò. - Lily, ti ho appena detto... - si arrese allo sguardo incuriosito della ragazza. - Sono qui perché sono stato invitato al matrimonio di Elizabeth e Will Turner. Ti ricordi? Ti ho raccontato come salvai Elizabeth da Barbossa e... - si fermò vedendo Lily che rideva rotolandosi quasi per terra. - Capitano, non ho mai creduto a quelle storie. Pirati-non morti! Ahahahah! - riuscì a dire la ragazza tra le risate. - Scusami - aggiunse poi più seriamente quando notò lo sguardo dispiaciuto del "tutore". E aggiunse: - Allora c'incontreremo. Forse verrò presa come cameriera per il banchetto nuziale... - . Jack Sparrow si rese conto che calcava molto sulla parola "cameriera". Sapeva bene che il sogno di Lily era quello di solcare i mari insieme a lui, e sapeva anche che la ragazza avrebbe saputo difendersi bene. Tuttavia desiderava per lei, proprio come un "padre", un matrimonio tranquillo, un marito fedele e molti figli. Ma questi erano sogni: Lily non si sarebbe mai piegata a questo, lo sapeva. Ad un tratto la voce della ragazza interruppe i suoi pensieri: - Comunque... adesso... io... ricordo. - .

- Cosa? - . Jack Sparrow non riusciva a credere alle proprie orecchie. Lily aveva detto che ricordava? - Sì, capitano. Un incontro mi ha fatto ricordare tutto. Tutti i fatti e quasi tutti i nomi. Il mio no, purtroppo. - . La ragazza sorrise, come se avesse dovuto farsi perdonare quella mancanza, e non specificò chi aveva incontrato. - Forse questo può farti tornare alla memoria qualcosa, piccola! - rispose affettuosamente il pirata, e con un sorriso sibillino rovesciò sulla nave il contenuto di un sacchetto. Pettinini, fermagli e un medaglione intarsiato... tutti d'oro. Lily cacciò un urlo. - Dove li hai presi? - domandò, afferrando da terra il medaglione e aprendolo. - Oh, - sorrise il capitano - ho semplicemente chiesto CORTESEMENTE al padrone del bordello se aveva qualche tuo oggetto. Il medaglione me l'ha dato di SUA SPONTANEA VOLONTA', e i pescatori che ti avevano raccolta mi hanno dato pettinini e fermagli quando gliel'ho CHIESTI - spiegò ironicamente. Si avvicinò a Lily: il ritratto del medaglione raffigurava una bambina di circa tre anni. La ragazza fece scattare una levetta: si aprì un altro scomparto con la dedica "Alla mia Catherine. Joseph Abbott." . - Papa... - sussurrò Lily in francese.

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Capitolo 4
*** Il mio passato (raccontato da Lily) ***


Appena le campane di Port Royal suonarono le sette, Lily, puntualmente, si svegliò

Mio padre Joseph, mia madre Clodette. Mio zio John, mia zia Cynthia. Mio cugino François e me, Catherine. Ma come ho fatto a dimenticarmi tutto? No, ora ricordo: persone, nomi, luoghi, fatti... E quella immensa villa isolata immersa nel verde... Se avessi saputo che sarebbe bastato vedere il sorriso di Will (sì, Will, perché io lo conoscevo prima che diventasse l'amichetto di miss Elizabeth Swann) per ricordare il mio passato lo avrei costretto a sorridere in ogni modo! Ed ora... Ora potrà il capitano Jack Sparrow credere alla mia storia? Potrà credere che io, ora cameriera di una locanda, prima ero... I suoi occhi dimostrano che vuole sapere la mia storia. Inizio.

- Come avrai capito, capitano, mi chiamo Catherine Abbott. - . Nessuna reazione. Continuo: - Forse a te questo nome non dirà niente, ma gli Abbott sono una famiglia di origini inglesi, emigrata tempo fa in Bretagna. Sono ricchi, - esito - molto ricchi. - aggiungo. Il capitano non ha ancora alcuna reazione. Tanto vale dire tutto quello che posso, almeno mi libero del peso del mio segreto, il mio passato strano. - Le famiglie sono ricche o perché di origini nobiliari o perché hanno avuto successo. Gli Abbott no. Almeno non ho visto nessuno della mia famiglia che commerciasse o cose del genere, né ho mai saputo di affari che i miei genitori portassero avanti. Io passavo le giornate con mio cugino François, e vedevo i miei solo a cena, sapevo davvero poco di loro. In realtà non ho mai capito la mia famiglia fino in fondo: non mi hanno mai spiegato perché le donne dovessero avere un nome con la C come lettera iniziale, né perché non avessimo mai ospiti o non potessi intrattenere rapporti coi miei coetanei. Un'altra cosa che non mi spiego è come gli Abbott riescano a sapere due lingue, inglese e francese, fin da quando inizino a parlare e sappiano camminare già a sei mesi. E come mai tutti gli oggetti che mi circondavano fossero d'oro... - . Una luce d'interesse s'accende nello sguardo del capitano. Lo sapevo che si sarebbe interessato a questo particolare. - TUTTO d'oro? - chiede. - TUTTO: dalle stoviglie fino a fermagli e pettinini, come questi. Non erano oggetti particolari per me, capitano, ma oggetti ordinari, da usare ogni giorno. - rispondo. Il suo sguardo non riesco a interpretarlo. Continuo: - Ma tra le stranezze degli Abbott, la principale era una, e tutto era legato ad essa. Sebbene, come ogni componente della famiglia, fossi molto precoce, c'era una parola che, a quattro anni (cioè l'ultimo anno che
vissi con la mia famiglia) non riuscivo a capire: alchimia. - . - Vuoi dire che...? - . Sapevo che il capitano avrebbe capito velocemente. - Esatto. La mia famiglia s'interessava d'alchimia, e aveva scoperto la formula per trasformare ogni metallo in oro. Non solo: dedicandosi agli studi alchemici aveva fatto anche altre scoperte, come allungare la vita, avere la formula dell'eterna giovinezza, o rendere più precoci le persone. - .


Io con mio cugino François seduti sul verde prato della tenuta. - François, che significa alchimia? - . - Non te lo posso dire, Cathy. Ma quando avrai la mia età te lo spiegheranno. - . - Ma tu hai sette anni! Io solo quattro... Voglio saperlo! - . - Non posso davvero Cathy. Sei felice? - . - Felice? Che significa? - . - Significa stare bene con quello che si ha. - . - Quando i miei genitori non ci sono no... Li vedo solo a cena, e li sento di notte di sotto... Dove sono loro e gli zii? Perché li vediamo così raramente? - . Mi baciava. - Capirai presto Cathy. Per adesso basta che tu sia felice la notte - . Già, la notte. E il terribile segreto degli Abbott...

- Lil.. cioè, Catherine! Mi senti? - . Il capitano mi porta alla realtà. Lo guardo. - Ricapitolando: la tua famiglia era ricca perché aveva scoperto la formula dell'oro alchemico, giusto? Più altre cosucce che rendevano strambi gli Abbott, no? Ma a te, cos'è successo? - continua. Non ho voglia di farla tanto lunga, ma devo continuare. - Una notte, i miei stavano di sotto e io avevo appena dato loro la buonanotte. Uscirono, per andare a teatro, e mi lasciarono con la governante. Mentre stavo dormendo fui svegliata da urla che provenivano dal piano inferiore, ma non feci in tempo ad aprire gli occhi che fui bendata, legata e costretta a stare muta da una voce che non conoscevo. I rapitori mi portarono in un posto che non conoscevo e chiesero un riscatto altissimo a mio padre. Io lo capivo, però... Mio padre poteva pagarlo, ma non lo fece. Era attaccato al suo denaro, e non mi liberò in nessun modo. Così i rapitori mi portarono in un'altra città, e mi costrinsero a chiedere l'elemosina per strada, finché un giorno fuggii. - . - E non ti cercarono? - m'interrompe il capitano. - Per loro ero una piccola rompipalle, che importava? Vissi un po' con degli straccioncelli più grandi di me, che mi presero tra loro. Poi riuscii ad imbarcarmi clandestinamente su una nave, quella naufragò e... il resto lo sa. - concludo. Jack Sparrow mi guarda: - C'è qualcosa che non mi racconti, Lily... - .

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Capitolo 5
*** Will e Lily ***


Appena le campane di Port Royal suonarono le sette, Lily, puntualmente, si svegliò

Will era disteso sul letto. Guardava il soffitto, la parete… ma non vedeva le mura,anzi! Tutto intorno a lui prendeva le forme della ragazza che aveva detto di chiamarsi Lily Sparrow. Non se n’era invaghito, ma c’era qualcosa in lei che gli tornava familiare e che lo aveva scombussolato per tutto il resto della giornata. Anche Elizabeth se n’era accorta, e gli aveva chiesto cos’aveva, ma Will non gli aveva risposto… Le sue parole ( - Ho conosciuto una strana ragazza… - ) potevano essere intese in modo equivoco, e lui non voleva che tutto finisse in malora pochi giorni prima del suo matrimonio.


Dunque Jack Sparrow aveva una figlia? Impossibile! Eppure quella ragazza aveva detto di chiamarsi così. Che avesse sentito il nome del pirata e l’avesse fatto diventare suo? Era talmente sconsiderata e di poco senno? No di sicuro, tutt’altro, negli occhi di Lily brillava intelligenza allo stato puro! E allora? Un’omonimia? Possibile, ma Will ci credeva poco: intuiva, sapeva che tra lo strambo pirata che aveva invitato al suo matrimonio e la donna che gli aveva portato il regalo del suo vecchio maestro fabbro c’era un legame. Non capiva quale, ma c’ERA. Ed era intenzionato a scoprirlo: non sapeva perché ma ci TENEVA a scoprirlo. O, forse, sapeva il perché ma non lo voleva ammettere con se stesso: era una cosa ormai dimenticata e sepolta da tanto tempo. Però lo sguardo fiero e tuttavia mesto di Lily Sparrow l’aveva risvegliato, e Will non ce la faceva più a tenersi dentro e a rimuovere continuamente quel ricordo che veniva a galla. Chiuse gli occhi e si mise a pensare…


- Will! Will! - . Com’era dolce la voce della mamma. Dolce e soffice, piena di allegria e di apprensione. Ma se voleva poteva anche diventare dura e aggressiva quando lo riprendeva per qualche azione sbagliata o una marachella. Will adorava sua madre, ed era pronto a fare di tutto per lei. Suo padre, invece, non l’aveva mai conosciuto! Ma durante la traversata la mamma gli aveva rivelato un grande segreto: quando sarebbero giunti a destinazione, il padre di Will sarebbe stati ad attenderli! – Sono qui, mamma! Sto vedendo i delfini! – le rispondeva ogni volta che lo chiamava sulla nave: nel mare si vedevano i mammiferi che, argentei, facevano le capriole, come se allestissero uno spettacolo solo per lui. – Non dire sciocchezze, Will! Non c’è nessun delfino! – lo riprendeva dolcemente la madre, avvicinandosi. – Ma ora allontanati da lì: con questa brezza ti prenderai un malanno. - . Will se ne andava, rattristato dal dover lasciare i delfini che lui vedeva. Si girava una volta, giusto in tempo per ammirare uno dei mammiferi che, con un balzo prodigioso, arrivava fino all’altezza della nave, e poi seguiva la madre. Non si accorgeva mai che il delfino scompariva a mezz’aria e che, quando comparivano nell’acqua, c’era sempre un piccolo passeggero coperto da una mantella nera che sorrideva ogni volta che Will gli passava accanto.


Era necessario compiere quel lungo viaggio noioso per conoscere suo padre? Will se lo chiedeva spesso: già lui e sua madre navigavano da giorni e giorni, e ancora non si arrivava a destinazione. Ed era impossibile dire che sulla nave ci fossero dei divertimenti… o, almeno, lui non ne trovava. Certo, c’erano i delfini che solo lui vedeva, e anche diversi bambini, ma quest’ultimi erano tutti della prima classe! Gli unici che appartenevano alla sua categoria erano due fratelli che giocavano sempre insieme! Per il resto, solo lattanti. Sopportare un viaggio interminabile poteva andar bene, ma addirittura noioso…! Per conoscere, poi, un uomo di cui aveva solo il cognome, Turner, che aveva abbandonato la mamma! Ma i pensieri di Will si fermavano lì, e non tentava di esprimerli neppure: l’unica volta che aveva provato aveva ricevuto uno schiaffo dalla madre. – Will, vergognati!! Pensare così di tuo padre! Un uomo bello, ricco, gentile e soprattutto onesto! Ce ne sono così poche di persone oneste di questi tempi! Non pensarlo mai più! - . E così era costretto a tenersi tutto dentro, con l’unica consolazione dei delfini.


Quel giorno il mare era più calmo del solito, e Will si trovava, come suo solito, sul ponte, aspettando la visita dei suoi amici mammiferi che nessun altro vedeva…Ma questi tardavano a venire. Forse aveva ragione la mamma, non esistevano, erano frutto della sua fantasia, un modo per ingannare il tempo… Ma possibile che le altre volte fossero così reali? I suoi pensieri furono distratti dal suono di uno zufolo vicino a lui. Si girò e per poco non cadde a sedere per la sorpresa. Vicino a lui, senza che se ne fosse accorto, era venuta una figurina avvolta in una mantella nera: suonava sullo zufolo una canzone non popolare, ma estremamente complicata, che non riusciva a capire come potesse rendere così efficacemente con quello strumento così rudimentale. Ma la cosa più strana era la sua posizione: non era seduta, bensì SDRAIATA sull’orlo della barca, in un modo tale che un minimo scossone l’avrebbe sbalzata nel mare. Tuttavia era tranquilla, e non si teneva con le mani, con quelle era occupata a muovere lo zufolo per fare la canzone. Will guardò i piedi dello strano passeggero: se erano caprini poteva essere il diavolo… Ma erano umani, e anche molto minuti… Forse neppure questa figura era vera… Che stesse…


- No, non stai diventando pazzo. Sono reale. – disse una voce. Will guardò il passeggero: era lui che aveva parlato? Sembrava di sì, perché aveva smesso di suonare… Ma come faceva a sapere i suoi pensieri? E poi aveva una voce femminile… - Oh, bella! Certo che ho una voce femminile, sono una bambina! – disse la figurina avvolta nella mantella nera. Scese sul ponte e abbassò il cappuccio, facendo vedere i suoi lunghi capelli neri ei tratti del viso femminili. – Mi chiamo Catherine Abbott, piacere. - . Will restò lì per lì sorpreso, poi rispose. – Will Turner, piacere mio. – come gli aveva insegnato la mamma. Da quel giorno Will e Catherine divennero inseparabili.


Will era felice di aver trovato qualcuno che giocasse con lui sulla nave: non importava che fosse una bambina, perché Catherine aveva gusti maschili in fatto di divertimenti. Giocavano in tutti i modi possibili, e la madre vedeva anche di buon occhio la loro amicizia, stranamente. Se erano stanchi si fermavano sul ponte a guardare i delfini che non mancavano mai, e li riuscivano a vedere tutti e due, oppure correvano per tutta la nave fino a perdere il fiato, o si nascondevano nei posti più impensabili. Il momento più bello, però, era verso sera, quando entrambi, stanchi, si sedevano nel cantuccio dove Catherine dormiva (dato che era clandestina) e Will ascoltava le storie che lei raccontava. Racconti fantastici, misteriosi, e alcune volte anche spaventosi, oppure solari, fatti di vita vissuta dalle persone nobili, immensi castelli e giardini grandi come labirinti. Della famiglia di Catherine il ragazzo non sapeva granché, anzi, nulla, e di lei, solo il nome e l’età, qualche anno più piccola di lui. Non le domandava nulla, temendo d’offenderla, si limitava a godere quei momenti… Poi la bambina era davvero strana. Riusciva, per esempio, a trasformare i sassolini per la fionda di Will in oro, e gli intimava di non dirlo a nessuno e di usarli per pagare solo in caso di estrema necessità: purtroppo Will, quando fu salvato da Elizabeth Swann, li aveva persi tutti, altrimenti li avrebbe fatti esaminare.


Con Catherine, poi, Will scoprì l’amore: quel piccolo amore infantile che sovente i bambini si giurano. Di nascosto dalla madre si scambiavano teneri baci, promettendosi che non si sarebbero mai lasciati. Lo fecero anche il giorno in cui la nave fu intercettata dai pirati, e solo Will si salvò… Almeno così sembrava.


Ed ora Will era un uomo, si stava per sposare e una ragazza, che si chiamava Lily Sparrow, fin troppo simile a Catherine, era giunta a turbare la sua vita. Possibile che fosse lei? Il sorriso, gli occhi, i capelli: tutto combaciava, a parte il nome. – No, non devo pensarci più! – intimò a se stesso Will. – Catherine è morta con tutti gli altri nella nave. Sono solo stupide coincidenze. –

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Capitolo 6
*** La partenza (raccontato da Lily-Catherine) ***


Appena le campane di Port Royal suonarono le sette, Lily, puntualmente, si svegliò

Non riesco a dormire: se chiudo gli occhi vedo solo il viso incredulo del capitano Sparrow che mi dice che gli racconto frottole, che quello che ricordo è un puro frutto della mia fantasia. - Su, Lily, penso che ci arrivi da sola. Non puoi essere una nobile… Poi alchimia, tutto che viene trasformato in oro, la formula dell’eterna giovinezza… No, non è davvero credibile, anzi, a dirla tutta, impossibile! - . - Non mi chiami più Lily! Io sono Catherine! Catherine Abbott! - . Ma, prima che potessi urlargli tutte le mie ragioni e la mia rabbia, Marianne mi aveva trovato e mi aveva ricondotto alla locanda. - Anche lei capitano. Sono sicura che alla nostra padrona farà piacere rivederla. - . No, è davvero impossibile dormire, non ce la faccio. Rimarrò sveglia fino a tardi, fino a quando mi dovrò alzare, se necessario. Non voglio dormire… e se sognassi il terribile segreto degli Abbott? Quel segreto che mi affligge da così tanti anni ma che non posso rivelare a nessuno? E se si compisse qui la… no, non può succedere. Non c’è la luna piena e non sono infelice, non può colpirmi la maledizione che grava sulla mia famiglia. La maledizione e il nostro terribile segreto non arrivano fino a qui. Ma poi come fa a dormire la gente con questi rumori… Persino l’ululato di un lupo… L’ululato di un lupo? LORO sono qui! (Scusate, ma quest’uscita “alla Legolas” era troppo carina! N.d.A.)

Devo essermi assopita. E’ giorno inoltrato, il sole è già alto… Mio Dio, no, la padrona mi sgriderà! Ma perché non ho sentito le campane? Marianne poteva pure svegliarmi, l’ ho sempre aiutata, perché non mi ha avvertito che era ora di alzarsi… Che male la testa… Mi gira tutto… Ieri devo essermi sognata l’ululato, non c’è altra spiegazione. LORO non possono essere qui. E poi per chi? Per me? Se mi volevano così bene me lo dovevano dimostrare molto tempo fa… Circa quindici anni o giù di lì. Mah, sarà meglio scendere le scale. Ma chi è che bussa alla porta? Arrivo, arrivo. Sarà di sicuro la padrona, mi caccerà dal posto di lavoro… O forse no, se il capitano è ancora qui.

Davanti a me c’è Marianne. - Marianne? Bell’amica, mi hai svegliato proprio in tempo…- , ma non finisco la frase, ha la faccia stravolta. - Cosa succede? - . - Oh, Lily, è tremendo! Hanno rapito miss Elizabeth Swann! - mi risponde. Fatico a credergli. - Chi, scusa?- . - Miss Swann, la figlia del governatore. Tutta la città è in subbuglio. Qui alla locanda non sappiamo che fare… Teniamo ancora chiuso, non vorremmo che si pensasse che durante questo duro frangente noi guardassimo al lato economico della faccenda… Tipo gente che viene per commentare il fatto e intanto ordina qualcosa. - . - Ma nessuno fa niente? - . - Il Commodoro, il futuro marito Will Turner e il tuo tutore si stanno preparando a partire. La destinazione è ignota, ma un uomo ha affermato che ha visto uomini vestiti stranamente che la portavano su una nave e andavano verso est… - . Ma appena Mari ha detto “il tuo tutore” non la sento più. - Il capitano Sparrow è già partito senza dirmi niente? - . - No, dovrebbe essere in procinto di partire, ancora al porto, non ha voluto svegliarti. - . Che incosciente! Se l’ululato l’ ho sentito e non me lo sono sognato e se è collegato con il rapimento non sa cosa l’aspetta. Vuole morire? Loro non gli permetteranno di riprendersi miss Elizabeth così facilmente! Devo imbarcarmi… Ma dove ho messo i vestiti da uomo che tengo per ogni evenienza… Eccoli! Pantaloni marrone, camicia bianca, cappello verde oliva per i capelli… non dovrei destare sospetti! - Lily, ma cosa fai? Sono indumenti maschili! - mi riprende Marianne. Lo so bene, ma non l’ascolto neppure. Ah, ecco il medaglione che mi ha consegnato ieri il capitano: meglio metterlo al collo per ogni problema. E devo prendere anche i pettinini e gli altri oggetti d’oro: si sa, i mostri marini adorano i tesori, e il capitano ne dovrà affrontare molti, se ho intuito bene chi ha rapito miss Elizabeth. - Mari, tieni queste. Sono monete d’oro: ripagheranno la padrona per tutto il tempo che starò via. - . - Ma dove vuoi andare conciata così? - . - A liberare miss Elizabeth, è ovvio. - . - Lascia questo compito agli uomini, noi donne… - . - Loro non sanno a cosa vanno incontro!! Smettila di mettermi i bastoni tra le ruote, aiutami ad uscire senza che la padrona mi veda!! - . - Lily… - . - Tornerò sana e salva, vedrai. - .

Sono stata poche volte al porto, ma non avrei mai pensato che potesse essere così caotico. O lo è adesso per la scomparsa di miss Elizabeth? Chissà se i miei genitori fecero lo stesso quando ero ancora Catherine… Ma adesso non devo pensare a questo. Quello è Commodoro lo riconosco! Ma che fa? Aggredisce Will Turner? E’ pazzo? Sarà meglio avvicinarsi, non vorrei destare sospetti… La città è pettegola, e se vedono che guardo con insistenza la scena chissà cosa potrebbero pensare i cittadini… Forse che ho un collegamento coi rapitori. Meglio non destare preoccupazioni.


- Le avevo detto di trattarla bene. E ora la rapiscono di nuovo! Lei è un incosciente! - . Commodoro prova un gusto sadico ad aggredire Will. Che fai, diamine? Reagisci, no? - Veramente… - . - Veramente un corno! Mi chiedo ancora come abbia fatto a liberare miss Elizabeth l’altra volta da quei pirati maledetti… E’ solo uno smidollato! Altro che uomo! Un ragazzino imberbe e impaurito… E ora non abbiamo neppure una nave per riprendere i rapitori, la mia flotta l’avevo rimandata da poco in Inghilterra… - . E’ ancora Commodoro che parla… Sembra che siano nei guai. - Una mossa davvero astuta, non c‘è che dire… - interviene il capitano Jack Sparrow, continuando - Questa Elizabeth ha una spiccata propensione a farsi rapire… - . - Lei stia zitto! Tollero la sua presenza solo perché miss Swann l’ ha voluta al suo matrimonio. E parli di lei con più rispetto! - . Commodoro ama la voce alta, eh? Sono sicura che il mio tutore lo riprenderà. - Non le conviene farmi arrabbiare, perché se ho capito bene la mia Perla Nera è l’unica nave disponibile… - . - Non salirò mai sulla sua nave! - . - Bene, resti qui, e io e Will riprenderemo Elizabeth meritando tutta la gloria del caso… - . Commodoro ne esce sconfitto. Bravo capitano! - E va bene. Ma se i suoi uomini tentano un’azione sovversiva contro di me o uno qualunque del mio seguito… Gliela farò pagare. - . - Affare fatto! Sciogliete le vele! Che la Perla Nera si prepari a partire! - . Come senza di me? Capitano, lei è veramente ingiusto e senza cuore!


- Aspettate, voglio venire con voi! - urlo. Nessuno mi bada, solo Commodoro si gira e mi dà un’occhiata. - Tu, ragazzino? - mi chiede, pensando che io sia un maschio. Beh, era questa la mia intenzione, no? - Sì, io. Sono bravo sulle navi, posso essere un mozzo perfetto, non creerò problemi. - lo supplico… Più che altro penso, con la mia presenza, di proteggere la Perla Nera dai pericoli, e di levarmi la noia che Port Royal mi ha gettato addosso durante questi anni presso la locanda. - Niente da fare, sei troppo piccolo. Quanti anni avrai? Sedici al massimo, se non di meno… Sembri più una femmina… Torna a casa, sarai più utile là. - . Ma come si permette? Certo che sembro una femmina, lo sono! E meno male che il mio seno è poco sviluppato, così posso coprirlo facilmente con abiti maschili. Quasi quasi uso la catena che ho sempre sotto i miei vestiti e strozzo Commodoro… Ehi, non partite! No, Commodoro, non salga sulla nave! Neppure tu, Will ! Capitano Sparrow, non mi abbandoni pure lei! - Al ladro! - sento una voce maschile poco lontana da me che urla. - Al ladro! - gli fa eco più lontana una voce femminile. Ma che sta succedendo?

Commodoro deve aver sentito quello che ho percepito io, perché scende di corsa dalla nave e ordina ai suoi uomini di cercare i ladri. - Deve essere un altro colpo combinato della banda che da giorni sta imperversando…- lo sento sibilare, accanto a me. - Non si parte fin quando non li catturo! - . Improvvisamente vedo un uomo che, correndo all’impazzata, fende la folla con gomitate e spintoni, e va verso la città, in direzione opposta alla mia… E’ lontano, ma i miei occhi, più acuti di quelli normali fino dalla nascita, lo notano ancora, e la mia abilità con la catena può colpirlo se m’impegno… Non posso stare a ragionare. Tiro fuori la catena da sotto i pantaloni, la roteo e la lancio: girando ancora, quella vola sopra le teste della moltitudine assiepata nel porto e colpisce l’uomo. Ce l’ ho fatta! Contemporaneamente ne sbuca un altro correndo vicino a me: con questo è più facile, basta uno sgambetto… I due ladri sono pronti per la prigione.

La folla è ammutolita, tutti mi guardano, e così anche Commodoro, accanto a me. - Il problema è andare a riprendere la catena… - dico tra me e me. - Fa presto, - mi consiglia Commodoro - poi sali sulla Perla Nera. Sei assunto, ragazzo. - . Non me lo faccio ripetere due volte, da quanto tempo aspettavo questo momento! Corro a riprendere la catena con il cuore che mi scoppia dalla felicità: ritorna l’avventura, ritornano i momenti magici sulla nave, ritornano l’agitazione e la bellezza del mare! Quando, presa la catena, vado verso la nave e alzo lo sguardo incontro gli occhi del capitano Jack Sparrow. Ahia, mi ha visto, e sa che solo poche persone sanno usare la catena a quel modo… E solo una a Port Royal: io. Ma, quando salgo, evito di guardarlo, e lui non mi rivolge parola.

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Capitolo 7
*** In viaggio! ***


Appena le campane di Port Royal suonarono le sette, Lily, puntualmente, si svegliò

Sulla Perla Nera, che in quel momento conduceva la ciurma e la Marina Britannica sulle tracce di Miss Elizabeth Swann, di lavoro ce n’era poco da fare: certo, preparare il pranzo, ripulire la nave (dato che il Commodoro aveva protestato per il grado di pulizia presente, davvero basso) e maneggiare il timone… ma quando Lily (o sarebbe più giusto chiamarla Catherine?) era salita, già tutti stavano attendendo al proprio lavoro. L’unica donna della ciurma al timone, alcuni a preparare il pranzo ed altri che si davano da fare per rendere la nave un poco presentabile: nessuno si accorgeva di lei, tutti presi nella propria occupazione. “ Tanto meglio! “ pensò la ragazza. “ Almeno non mi tocca fare le cose cui mi costringeva il capitano quando ero piccola… “ continuò, ricordando gli allucinanti lavori “da donna”, come li chiamava Jack Sparrow, che doveva compiere quando ancora viaggiava sulla Perla Nera, cinque anni prima: il capitano era convinto che la bambina che aveva salvato dal bordello dovesse diventare alla fine una brava moglie… Ma a proposito dov’era lui? Dalle voci che giravano sembrava che si fosse ritirato nella propria cabina, a fare cosa non si sa… Chi diceva a consultare carte nautiche, chi asseriva che non voleva stare ancora a sentire i continui lamenti del Commodoro e i battibecchi tra la sua ciurma e i componenti della Marina Britannica e così via. Lily (per convenienza la chiamiamo così) non si preoccupò di vedere cosa realmente facesse l’uomo che l’aveva salvata tanti anni fa. Semplicemente si mise ad ascoltare i rumori della nave, sdraiata sul bordo del veliero, come era solita fare da piccola… Come l’aveva vista per la prima volta Will, nella posizione che il capitano temeva tanto perché pensava sempre che la sua piccola “figlia” potesse da un momento all’altro cascare tra le onde del mare. Così sistemata, con gli occhi chiusi, iniziò ad ascoltare le voci dei vari occupanti dell’imbarcazione.


- La ucciderei, se solo mi fosse possibile… Mio Dio, ma come è possibile che il governatore abbia potuto scegliere lei al posto mio? Accettare che sua figlia sposasse un umile fabbro piuttosto che ME! - . Il Commodoro continuava a muovere a Will sempre le stesse accuse: era un fabbro, non un nobile, non era stato capace di salvare Elizabeth da chi l’aveva rapita, non sapeva far altro che combinare pasticci, era amico di pirati e poteva contare solo sull’aiuto di tipi come Jack Sparrow e la sua lurida nave quando si trovava nei guai. Will, paziente, stava ad ascoltarlo, cercando di rispondere ogni tanto, anche se sapeva perfettamente che il Commodoro non l’avrebbe ascoltato, tutto preso dalle sue considerazioni… Intanto, mentre i due passeggiavano per la nave quasi litigando (o meglio, l’uno monologando, l’altro ascoltandolo) incontravano sempre qualcuno che parteggiava per l’uno o l’altro uomo, a seconda che facesse parte degli uomini della Perla Nera o della Marina Britannica. In fondo l’aspetto comico del dialogo trai due era un modo per divertirsi quando non si aveva nulla da fare sull’ imbarcazione, e poi gli spropositi del Commodoro e le mezze risposte di Will erano troppo divertenti. Suo malgrado anche Lily si trovò ad ascoltare la scena sorridendo, mentre i due venivano verso di lei, e aprì gli occhi osservandoli e ascoltandoli con ancora più attenzione quando le si fermarono vicino: non si erano accorti di lei, dato che il bordo della nave non era certo un punto dove si fermavano i sguardi dei più… Anche se una figura sdraiata in quel punto poteva attirare facilmente l’attenzione! Così, dopo aver parlato di miss Elizabeth e del suo pretendente più appropriato, i due, non certo riappacificati ma finiti gli argomenti di discussione, si misero a guardare il mare. - Il mare… - sospirò il Commodoro. - Causa di sfortune e di gioie… - continuò filosofeggiando. - Possibile che noi uomini non possiamo combattere contro questo nemico immenso ma composto da sola ACQUA? - gridò quasi a se stesso, facendo un brusco movimento con il braccio. - Ahi! Faccia più attenzione! - sentì una voce vicino a lui. Si girò e solo allora i due videro Lily sdraiata sul bordo accanto a loro.


- Ma… ragazzino! - balbettò il Commodoro esterrefatto alla vista dello “spettacolo” . - Come…come… - . - Sto sdraiato? Non lo vede? Se muoveva ancora un po’ il suo braccio mi avrebbe buttato in acqua! - rispose Lily, risentita. Poi, accorgendosi dello sguardo accigliato dell’uomo, si ricordò che in fondo era lui che l’aveva assunta, quindi, con il volto falsamente contrito, si riprese. - Mi scusi, signore. E’ che ho davvero passato un brutto pericolo… Ovviamente lei non mi aveva vista… cioè, visto! - si corresse subito, accorgendosi di aver sbagliato. Will, vedendo quello che credeva un ragazzino, si meravigliò più che altro della sua posizione… Era identica a quella della piccola Catherine Abbott… Due giorni e già tanti ricordi gli venivano da quel viaggio in nave compiuto tanti anni prima! - Hai imparato da qualcuno questa posa? - chiese, in cuor suo sperando di ricevere notizie sulla ragazzina che pensava fosse tragicamente morta durante il naufragio. Chissà, magari si era davvero salvata… - No. - rispose laconicamente Lily, immaginando che se avesse detto di sì qualche indizio avrebbe condotto il giovane e bel fabbro a dubitare della sua morte durante l’affondamento. - Ah… - disse Will, con il volto triste. No, Catherine non si era salvata… Ma perché pensava sempre a lei? - E dunque… - riprese il Commodoro, - … cosa fai qui sdraiato, mozzo? Non avevi detto che ti saresti dato da fare? - . - Oh, ma nessuno qui ha qualcosa da fare, quelli indaffarati sono già molti, e ormai hanno già compiuto ogni occupazione. Ho chiesto se volevano il mio aiuto, ma hanno rifiutato. - mentì spudoratamente Lily. - E come ti chiameresti? - continuò il suo interlocutore. La ragazza si trovò in alcuni momenti di panico totale, poi gli venne un nome alla bocca. – John - . - John…? - chiese il Commodoro, aspettandosi il cognome. - John… Russel! - tirò fuori la ragazza, sparando un cognome a caso, ma il Commodoro sembrava soddisfatto. Vedendo che non accennavano ad andarsene, Lily prese a rovistare nel suo striminzito bagaglio che teneva con sé e tirò fuori il suo zufolo, insieme alla catena era l’unico oggetto che la legava al passato, al periodo vissuto insieme ai monelli di strada. - Posso suonarle una canzone? - chiese al Commodoro, tanto per fare qualcosa. L’uomo, sbalordito dalla richiesta, acconsentì: - Almeno ti terrai occupato! La musica è ristoro dell’anima… - . Lily non se lo fece ripetere due volte: in breve tempo sfoggiò sullo zufolo una musica complicata ed elaborata, come solo lei riusciva a fare, adesso ricordava perché.


- Mamma, mi canti ancora quella canzoncina? - . Catherine aveva tre anni quando rivolgeva questa richiesta alla madre: voleva sempre una canzone per addormentarsi, e quella che faceva “Softly, gently, night…” era quasi una ninna-nanna.
(La canzone è “The Music of the Night” tratta da “The Phantom of the Opera”… Scusate, ma la mia ignoranza è infinita riguardo la musica di quel tempo! N.d.A.) . La madre, prontamente, acconsentiva. Così, nella mente di Catherine si affollavano le canzoni dell’Opera e di teatro, le grandi rappresentazioni musicali di quel tempo, inglesi, francesi ed italiane, e lei imparava a suonarle… mentalmente, certo. Poi, quando si era trovata uno zufolo tra le mani aveva provato a ricostruire quelle musiche nella mente…E c’era riuscita.


- Ma… Questa è la musica di una canzone di “The Phantom of the Opera”! Ma non è possibile suonarla con uno strumento così rudimentale! John tu non puoi… conoscerla, non puoi… suonarla! - commentò il Commodoro quando Lily smise di muovere abilmente lo zufolo. La ragazza non sapeva cosa rispondere, anche perché aveva notato che molti si erano fermati ad ascoltarla… Stava per replicare con qualcosa di appropriato quando il cuoco, l’unico non ammaliato dalla musica perché era in cucina, si affacciò dalla stiva e annunciò che il pranzo era pronto. Tutti andarono verso la porta che conduceva alla stanza che fungeva da sala da ritrovo e da sala pranzo, vociando, e il Commodoro, allontanandosi, si voltò per ordinare a Lily: - Mozzo… John Russel, avvisa il capitano. - .


Bussò alla porta. Nessuno rispose. Poteva entrare? Non lo sapeva, ma spinse lo stesso l’uscio. La cabina di Jack Sparrow era oscurata, le tende tirate sull’oblò non permettevano alla luce del sole di penetrare. - Che succede? - sentì una voce dietro di lei. Girandosi Lily vide il capitano in piedi, che le chiudeva la porta alle spalle. - Mi hanno ordinato di annunciarle che il pranzo è pronto… - disse la ragazza, cercando di tare il tono più maschile possibile alla sua voce, dato che immaginava che il capitano potesse riconoscerla. - Ah, sei il nuovo mozzo… - disse lui, con un espressione sardonica. - O dovrei dire la nuova piccola marinaia? - . Lily non si scoraggiò: - Non capisco cosa vuole intendere… Mi chiamo John Russel e… - . Il capitano non la lasciò finire. Si avvicinò di più a lei e scosse la testa. - Lily, Lily… Possibile che non ti rendi conto che ti riconoscerei ovunque? Se non bastassero i tuoi vestiti, che ti ho comprato personalmente e che hai voluto sempre dello stesso colore, il cappello verde oliva, i pantaloni marroni e la maglia bianca, ti distinguerei per la forma del tuo viso o la tua bocca che mi ha sempre lanciato improperi ogni volta che mi arrischiavo a chiamarti Lilibeth o Lilith. E inoltre solo tu puoi avere un portamento quasi… regale e solo tu hai occhi così blu… Senza parlare del modo in cui usi la catena, che è unico nel suo genere… - . Si avvicinò ancora di più e tolse il cappello alla ragazza, i lunghi capelli corvini le caddero giù . - Come volevo dimostrare… - sorrise il capitano. Lily abbassò gli occhi, sentitasi scoperta. – Adesso cosa vuole fare, capitano? Abbandonarmi? - chiese, senza guardarlo. - Prima di tutto, Lily, dovrai dire al resto degli abitanti dell’imbarcazione chi sei: che ti chiami Lily Sparrow e che io sono il tuo tutore. - . - Io non mi chiamo Lily Sparrow, ma Catherine Abbott! - . - Fa poca differenza. Comunque sia dovrai rivelare che sei una ragazza, poi potrai restare, ma non dovrai intralciare la missione. - . - E se rifiutassi? - . - Allora ti lascerò nel primo porto dove sbarcheremo, e forse tornerò a prenderti… Se tornerò dalla missione e se questa avrà avuto buon esito. - . - Cioè mai, viste le possibilità che avete di rintracciare Elizabeth. - . - MISS Elizabeth Swann, Lily. Per te e, per forza di cose, anche per me. Forza, andiamo a mangiare. - . “Miss Elizabeth Swann…” pensò Lily, oscurandosi in volto, mentre seguiva il capitano. “Cosa vuole che sia una misera figlia di governatore in confronto a me? Miss Catherine Abbott de Tintagel! * “.


*
Tintagel è uno dei luoghi legati al culto di Re Artù, Merlino ei Cavalieri della Tavola Rotonda.

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Capitolo 8
*** La rivelazione (raccontato da Commodoro) ***


Appena le campane di Port Royal suonarono le sette, Lily, puntualmente, si svegliò

Quindici minuti. Tanti sono passati da quando ho mandato quel mozzo, George Russel, a chiamare Jack Sparrow, il “capitano” di questa lurida bagnarola. Quindici minuti, e ancora non arrivano. Picchietto furiosamente le dita sul tavolo: sento i miei uomini che chiedono di mangiare, la ciurma di questa nave che si oppone, perché Sparrow deve ancora tornare. Will Turner guarda il resto del mondo con aria assente… Non che mi aspettassi molto da lui… Intanto passano i secondi ei due “dispersi” ancora non si vedono. Mi nascono in mente diversi pensieri, uno predominante: e se…? Ma no,cosa vado pensando, il “capitano” è un uomo! Sì, però, già da come si muove fa nascere qualche sospetto sulle sue… ehm… preferenze sessuali… Ma no, mi starò sbagliando! Eppure… E dire che, dopotutto, Russel non è neanche male… Ha capelli neri e setosi, come dimostra la ciocca che gli cade sul viso, l’ho osservato mentre parlavamo… Occhi blu come il mare di notte… Lineamenti femminei e una pelle bianca che sarebbe piacevole accarezzare… Ma Dio! Che penso! Devo concentrarmi solo su miss Elizabeth, devo pensare solo e unicamente a lei, questa missione è stata creata per salvarla! … Però… George Russel... Davvero non è male… No, basta! Commodoro che vai dicendo? Deve essere l’influsso di questa nave e del suo “capitano”! Russel è un UOMO! PeròEccoli, entrano. Meglio smettere questi discorsi, è ora di mangiare.


- Siediti qui. – dico al ragazzo appena entrato, indicandogli un posto vicino a me. Il “capitano”, senza profferire parola, mi guarda trucemente e ordina con tono perentorio al ragazzo di mettersi accanto a lui, indicandogli il posto alla sua destra (quello alla sinistra è occupato da Turner). Russel segue l’ordine di Sparrow, mentre un mormorio di disapprovazione da parte della ciurma della nave accoglie questa decisione, ma nessuno dei due appena arrivati ci fa caso. Non mi piace l’espressione di Russel, ha una smorfia dipinta in faccia, deve essere successo qualcosa di poco piacevole con il “capitano”. E se le mie supposizioni fossero giuste? Devo aiutarlo, ma non so come! Il cuoco sta per portare in tavola quando Sparrow lo ferma con un gesto della mano. – Credo che… debba dire qualcosa… - annuncia, indicando dopo il “che” George, diventato improvvisamente pallido. – Devo… ora? - sussurra il ragazzino, visibilmente agitato. – Pensavi di farlo dopo? – gli chiede il capitano, adirato. Cosa deve annunciare? Cosa c’è di così importante? – Pensavo di rovinare la loro digestione, non l’intero pranzo… - sorride debole Russel. – Forza! – lo incita il pirata, con un tono nella voce che non ammette repliche. – Non. – ribatte il mozzo… Aspettate… Ha ribattuto in francese! Ma non può… Solo i nobili conoscono questa lingua! – Oui! – gli grida di rimando Sparrow. – Ora, adesso! In questo stesso momento! – continua, sempre più adirato, SEMPRE IN FRANCESE. – Non voglio. – risponde calmo Russel, sfoderando un sorriso che farebbe sciogliere il più gelido dei cuori… Tranne quello del “capitano”. – Bene… Bene! - sussurra, poi urla, Sparrow. – Cambiamento di rotta. – annuncia, placido. - Andiamo verso la prima isola presente sul nostro tragitto! – ordina, perentorio. Il timoniere sta per muoversi secondo le nuove direttive quando una voce stridula, di donna, urla : - Non puoi farlo, capitano! - . Con sorpresa mi accorgo che è quella di George, sull’orlo delle lacrime, che si è attaccato alla giubba di Sparrow come un bambino piccolo che cerca di commuovere la madre. – Ne abbiamo già parlato. – risponde il “capitano”. – Ma desso o dopo cosa cambia? – piange il ragazzo . – A quanto sembra dalle carte la prossima isola è pressoché disabitata… - . – Va bene, lo dico, lo dico, ma non mi abbandonare! – singhiozza George. Grosse lacrime gli solcano le guance. Che tenerezza… Vorrei prenderlo tra le mie braccia e conso… Commodoro! COSA VAI PENSANDO! – Bene. – commenta gelido il “capitano”. – Dunque? – chiede, rivolgendosi al mozzo. Questo si gira verso tutti noi, e, come fosse la cosa più semplice del mondo, si toglie il cappello… Una coda di capelli neri gli ricade sulle spalle, ciocche ribelli le incorniciano il viso… LE. Perché Russel è una donna, senza ombra di dubbio. Una giovane donna che molti sembrano conoscere: l’equipaggio della nave ha un sussulto, Will Turner sbianca in volto e alcuni dei miei uomini sgranano gli occhi, altri sussurrano qualcosa di cui intendo solamente la parola “cameriera”. – Sono Lily Sparrow. – inizia intanto la ragazza, con un tono di voce cantilenante, come se ripetesse una nenia imparata a memoria. – Il capitano Sparrow non è mio padre, ma il mio tutore. – continua, sempre con lo stesso tono di voce. Poi, come se si fosse tolta un peso di dosso, con l’espressione più candida che abbia mai visto, domanda: - Possiamo mangiare, adesso? - .


Mangiare… Impossibile! Appena finita la presentazione ei vari commenti, ogni uomo dell’equipaggio della nave si getta letteralmente contro Russel… Cioè, Lily, e la copre di baci, le da pacche affettuose sulla schiena, la abbraccia. Lo stesso Sparrow, dopo aver comandato al timoniere di riprendere la direzione originaria, scompiglia i capelli alla ragazza come un padre affettuoso. Ma per me esiste solo lei. Non so più che espressione abbia quello sciocco di Turner, né quale sia il volto del “capitano”: tutto quello che vedo è una massa indistinta, tutti i colori si mescolano, i suoni non li percepisco più. Vedo solo lei, Lily, che, in un attimo di tregua dalle coccole e dagli omaggi tributatigli dall’equipaggio, si gira verso di me, sorridendomi. Me… A sorriso a me! Il mio cuore è sconvolto… Mi sembra di essere un ragazzino, e in un attimo capisco che c’è qualcosa che lega Lily e miss Elizabeth, oltre alla bellezza: il sentimento che provo verso di loro… Ma giurerei che Lily ha qualcos’altro che mi sconvolge, qualcosa che miss Swann non possiede: un anima candida… come un cigno.


Quando finiamo di mangiare è ormai pomeriggio inoltrato. Ogni membro dell’equipaggio riprende il proprio compito, mentre i miei uomini girano per le nave attirandosi le occhiate di odio da parte della ciurma di Sparrow, ma è stata una mia richiesta: nessuno dei ragazzi comandati da me deve lavorare su questa bagnarola… Sono di origini nobili, accidenti. Mentre bighellono un po’ per la nave, noto il “capitano” che cinge con un braccio la vita di Lily e la sospinge verso una cabina. Subito penso ad un atto di violenza carnale verso la ragazza e corro verso di loro. – Capitano! – urlo, con tono perentorio. – Cosa crede di fare? – continuo, raggiungendolo. – Far cambiare d’abito a Lily. – mi risponde lui, con la massima calma possibile, introducendo la ragazza nella cabina. Poi esce e, chiudendo la porta, le dice: - Sbrigati, mi raccomando! Non ci mettere ore come al solito! - , e sorridendo malizioso, rivolto a me: - Cosa pensava, Commodoro? Che volessi usarla? Lily è come una figlia e non tutti, su questa nave, abbiamo pensieri libidinosi come LEI… - . – Cos… Come si permette Jack Sparrow!! – gli rispondo, diventando rosso per l’insinuazione. – CAPITANO Jack Sparrow… - mi ripete lui, come al solito. Poi, forse intuendo nel mio sguardo una domanda, inizia a raccontarmi di come ha conosciuto Lily, di dove lavorava quando l’ha trovata, di come l’ha salvata… S’infrange la mia idea della purezza di Lily… Tuttavia rimango sbalordito dalla generosità profonda del pirata… Jack Sparrow è davvero fuori dal comune… Senza permettermi poi di commentare qualcosa inizia a dirmi qualche accenno sul fatto della memoria ritrovata di Lily quando lei apre la porta della cabina, vestita con abiti femminili. – Preferirei che non dica al Commodoro della mia memoria ritrovata. – esordisce. – Dopotutto tu stesso, capitano, hai detto che si tratta di un mucchio di sciocchezze. – continua. Poi, come ripensandoci: - Anche se penso che il Commodoro possa confermarti che esiste in Bretagna la famiglia di cui ti ho parlato… Ma preferirei farlo in un altro momento. - . Sparrow non replica e da un’occhiata ai vestiti. – Come mai questi? Ce ne sono di migliori tra quelli che ti ho preso. - . – Lo so, capitano. Ma questi sono i più modesti e più comodi… I più adatti per una cameriera… I più adatti per Lily Sparrow. – risponde lei, guardando in basso e allontanandosi. Giurerei di aver visto delle lacrime solcarle il volto.

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Capitolo 9
*** Convincere Commodoro... ***


Lily sedeva sul bordo della Perla Nera, le mani fortemente ancorate al legno ei piedi danzanti nell’aria, a diversi metri dall’acqua profonda dell’Oceano

Lily sedeva sul bordo della Perla Nera, le mani fortemente ancorate al legno ei piedi danzanti nell’aria, a diversi metri dall’acqua profonda dell’Oceano. A mano a mano che il viaggio per la liberazione di Miss Swann procedeva, la ragazza si era rapidamente accorta che la vita dei pirati non era avventurosa e colma d’insidie come quella che era descritta nei romanzi, né gioiosa come quella che ricordava di aver vissuto nei tre anni in cui era stata su quella nave, prima di diventare cameriera a Port Royal. Sospirò e guardò in basso, dove le onde s’infrangevano trasformandosi in bianchi flutti, e il blu profondo dell’acqua era impenetrabile… A causa di quei maledetti della Marina Britannica, quegli spocchiosi figli di papà, anche l’equipaggio, che di solito la viziava come una principessina, non la degnava di un’occhiata, tutto intento a rendere perfetta la Perla Nera, affinché nessuno avesse da ridire sulla pulizia o sull’efficienza dell’imbarcazione. Ben pochi non erano stati contagiati dall’agitazione generale: tra questi il capitano Jack Sparrow, rinchiuso da mattina a sera nella sua cabina, chino su carte nautiche di dubbia precisione e provenienza; Will Turner, che camminava sul ponte della nave ogni giorno per ore, guardando l’orizzonte, come se sperasse di veder comparire all’improvviso Elizabeth, e Commodoro, che ormai considerava inutile persino rimbrottare il suo rivale in amore, e si distraeva in altri modi. Certo, i vantaggi c’erano, la ragazza non doveva occuparsi di stupidi lavori femminili, e poteva permettersi di oziare… Ma il fatto che nessuno le stesse accanto per “proteggerla” aveva anche un lato negativo… che spesso avanzava verso di lei, vestito di blu e con il parrucchino bianco posizionato perfettamente.

Commodoro si distraeva in altri modi. Uno di questi era dar noia a Lily.


- Buongiorno Miss Lily. - . Mentre era immersa nei suoi pensieri, la ragazza non si era accorta che colui che la tormentava ormai da qualche giorno le si era avvicinato, e non prestò attenzione all’uomo fin quando non dovette rivolgergli la parola per rispondere al suo cortese saluto. - Buongiorno, signor Commodoro. - . - Il tempo è veramente incantevole, non trovate? - riprese lui, con un linguaggio quasi aulico, guardando davanti a sé. - Sì, signore. - disse l’altra, confusa sia dall’amabilità dell’ufficiale nei suoi confronti sia da quella farsa che continuava da troppo tempo. Il copione si svolgeva uguale ogni giorno: Commodoro si avvicinava quasi furtivo, le rivolgeva qualche parola di circostanza, di solito riguardo il tempo e lo stare attenta alla posizione che assumeva sul bordo della nave, e poi si limitava a starle vicino tutto il giorno, invitandola persino a sedersi accanto a lui a tavola. La situazione iniziava a pesarle, e le attenzioni dell’uomo le davano fastidio. Molto fastidio. - Fate attenzione, mi raccomando. Non è prudente star seduti in questo modo. - . Appunto. Ma non aveva altri argomenti più stimolanti? E poi, fare attenzione… figurarsi se lo stava ad ascoltare! Non badava fin da piccola a tali avvertimenti, neppure se glieli rivolgeva il capitano Jack Sparrow, figuriamoci se si curava di quelli che le venivano dati da un uomo che fino a pochi giorni prima non conosceva! Tuttavia, seppure fastidiosa e noiosa, la ragazza riconosceva che quell’ “amicizia” avrebbe potuto apportare qualche vantaggio. Quindi, spesso, alle raccomandazioni di Commodoro, per non farlo preoccupare ulteriormente, Lily si girava all’interno della barca, e gli rivolgeva un sorriso gratificante, che considerava più significativo di mille parole. L’ufficiale si riteneva sempre soddisfatto.


L’odore di chiuso aleggiava sulla cabina come un fantasma nauseabondo, ma l’occupante sembrava non accorgersene, chino com’era su pergamene scolorite e strappate in più punti. Non si rese conto neppure della porta che si apriva, fino a quando colei che era appena entrata non si schiarì la voce. - Sì? - chiese Jack Sparrow, con il tono vagamente infastidito. - Mi mandano ad avvisarla che la cena è pronta… - iniziò Lily, sentendosi a disagio sotto lo sguardo indagatore del capitano. - … e che stiamo per attraccare nella prima isola che si trova sulla nostra rotta. - . - Scott Island, giusto? - domandò il pirata, non accennando a distogliere lo sguardo penetrante dalla sua figlioccia. - Sì, signore. - rispose la ragazza, abbassando il capo per non sostenere lo sguardo del suo “tutore” e sentendo persistere ancora quella fastidiosa sensazione di imbarazzo. - Bene… - mormorò l’uomo. - … Bene… - ripeté di nuovo. Un grande sbadiglio gli deformò il viso per un momento, poi uscì dalla cabina per dirigersi verso la cucina dove era radunati tutti gli occupanti della nave. Ordinò alla ciurma di lasciar perdere il pasto preparato dal cuoco di bordo: chi avesse voluto mangiare doveva scendere a Scott Island. - Ad eccezione di te, Lily. - continuò, rivolgendosi in tono più sommesso verso la ragazza che l’aveva seguito. - Dovrai rimanere qui... - . - Ma perché… - iniziò la figlioccia, quando un’occhiata del capitano le gelò il sangue. - Sai bene il perché. E non osare contraddirmi! - le rispose Jack Sparrow, avviandosi a gran passi verso il ponte per vedere di persona chi sarebbe sceso. Per quanto lo riguardava, aveva deciso di rimanere sulla nave. Che fare?


Passare il ponte travestita da maschio non aveva funzionato, come al solito il capitano l’aveva riconosciuta. Supplicarlo, piangere e urlare erano valsi a poco, solo a strappargli una parola: “No”. Eppure lei voleva scendere! Voleva vedere come era cambiata l’isola dopo tanti anni, come erano diventate le persone che aveva conosciuto! - Se vuoi, Lily, potrei acconsentire a farti scendere se qualcuno ti scortasse e ti proteggesse per le vie della città... - aveva buttato lì, beffardo, il suo “tutore”, sapendo che nessuno della ciurma avrebbe fatto una cosa talmente temeraria e stupida: perché Lily, e ogni pirata lo sapeva, era in grado di difendersi da sola, aveva sempre con sé la sua catena micidiale… Senza contare che tutti i membri dell’equipaggio erano legati ad un patto di assoluta fedeltà al capitano: se uno solo di essi avesse provato a trasgredire un ordine o ad andare contro Jack Sparrow sarebbe stato subito lasciato a terra dai suoi compagni! La ragazza non poteva chiedere a nessuno di accompagnarla, dunque… Stava per rassegnarsi quando le balenò in mente un’idea: il capitano aveva detto “qualcuno”, non aveva specificato l’origine di questo accompagnatore! Poteva essere anche Will, o uno della Marina Britannica… Scartando immediatamente l’idea del fabbro, troppo legato a Sparrow per infrangere una sua sola regola, Lily si decise risoluta verso l’unica sua speranza, felice di aver sopportato tutti i giorni l’estenuante dialogo di Commodoro.


La porta del Capitano della Marina Britannica era sorvegliata da un ragazzo che alcune volte era stato nella locanda dove Lily serviva da cameriera. Aveva pressappoco la stessa età della ragazza, così, evitando i convenevoli soliti negli ambienti di città, non si fece scrupolo di chiamarlo per nome. - Harry… - . - Ciao Lily. - rispose lui, sorridendole. La situazione in cui si trovavano, soli, senza nessuno intorno, permetteva ad entrambi di parlarsi come due pari, senza le solite differenze tra uomo e donna che la giovane odiava tanto. - Non scendi? - chiese lei, con tono ingenuo, decidendo di prendere l’argomento alla larga. - No. Vorrei tanto, più che altro per mangiare, ma il Commodoro mi ha ordinato di stare qui a sorvegliare la sua cabina. - rispose il ragazzo, con un sospiro evidente . - Come mai? - domandò Lily, il viso che esprimeva innocenza allo stato puro. Era lo stesso atteggiamento che usava quando il capitano Jack Sparrow si mostrava adirato o sorpreso per delle conoscenze della “una ragazza di buona famiglia non deve assolutamente sapere”. - Non dovrei dirlo a nessuno - esitò Harry. - … Ma… - abbassò la voce per non farsi sentire - Oh, beh, si sta facendo un bagno! - esclamò, sembrando quasi che si liberasse da un grosso peso. - Capisco. - sorrise Lily, mostrando complicità. Poi, come se si fosse ricordata all’improvviso di una cosa importante, chiese: - L’acqua è già dentro? - . - Sì. Ma perché me lo chiedi? - le rispose il giovane uomo della Marina Britannica, incuriosito dalla domanda. - Sai… - iniziò la ragazza - … Mi è appena venuto in mente che il signor Commodoro mi aveva parlato della sua intenzione di farsi un bagno, e mi aveva chiesto se ero disponibile ad aiutarlo con l’acqua, visto che io non faccio mai nulla sulla nave… - continuò con una voce quasi da bambina, sapendo che nessuno avrebbe potuto pensare che un viso così ingenuo potesse mentire facilmente. Inoltre tutti avevano visto i dialoghi mattutini di Commodoro e Lily, ma si erano tenuti sempre a debita distanza… Dunque non potevano neppure immaginare che gli argomenti erano sempre gli stessi. - Però si era dimenticato di dirmi quando intendeva farlo, così ero venuta a chiederlo ora… Mi sembrava un buon momento… Sai, sono scesi tutti, nessuno potrebbe dargli fastidio… - disse ancora. Poi, senza alcun preavviso: - Dai, Harry, fammi entrare… E’ lo stesso Commodoro che voleva che io lo aiutassi… - sorrise, guardando supplichevole il giovane e sfoderando il più avvenente dei sorrisi. - Ma… - iniziò lui, visibilmente a disagio. - Ti prego! - esclamò lei. Senza altri indugi, la porta le fu aperta. Quando voleva, Lily sapeva essere estremamente convincente.


Commodoro era già dentro la tinozza per il bagno, l’acqua calda che gli cullava il corpo e la mente. Il cigolio della porta che si apriva lo adirò non poco, perché non voleva essere disturbato, almeno non in quel piccolo momento di quiete che era riuscito a ritagliarsi solo per sé, ma tenendo gli occhi ben chiusi per evitare alla sensazione di appagamento di scivolare via, si limitò a chiedere con voce brusca : - Sì, Harry? - . - Non sono Harry, signor Commodoro. - rispose quietamente la voce di Lily, facendo sobbalzare l’ufficiale della Marina Britannica che si affrettò a coprire le sue parti basse, anche se immerse in acqua, e ad aprire gli occhi. - Miss… Miss… Miss Lily! - riuscì a balbettare, tra lo sconcertato, l’adirato… e, in fondo, anche se non voleva ammetterlo con se stesso, il compiaciuto. - Sì, signor Commodoro? - domandò Lily, mostrando tutta l’innocenza possibile. - Pensavo che Harry le avesse detto che… che… - masticò l’uomo, lo sguardo da tutt’altra parte e il viso arrossato. - Sì, me l’ha detto. Ma io ho pensato che avrei potuto aiutarvi… con l’acqua e la schiena, ad esempio… - iniziò Lily, camminando verso la tinozza e mettendo ancora più in agitazione l’animo dell’uomo. - Suvvia, dopotutto sono cresciuta prima in un bordello e poi trai pirati, non sono cose di questo tipo ad impressionarmi! - continuò, vedendo Commodoro che cercava di prendere, senza successo, un asciugamano troppo distante, per coprirsi del tutto. L’uomo cessò di fare i suoi inutili tentativi e la guardò. - Si rilassi… - sussurrò lei, avvicinandosi del tutto e prendendogli dalla mano la spugna. Iniziò a passarla sulla schiena dell’ufficiale, che quasi automaticamente chiuse gli occhi e cominciò ad assaporare di nuovo le sensazioni dell’acqua calda e del massaggio che Lily effettuava con la spugna.


- In realtà pensavo fosse sceso… - disse la ragazza, interrompendo il silenzio fattosi troppo gravoso. - No, non mi piacciono queste isole poco conosciute - rispose Commodoro - abitate solo da gente di bassa lega… Senza offesa nei vostri confronti, ovviamente. Intendevo pirati, prostitute e… - l’uomo si fermò di nuovo, ricordandosi solo in quel momento che la giovane donna era vissuta proprio in mezzo alla gente che stava denigrando. - Nessuna offesa, non si preoccupi. - lo interruppe Lily, evitando che lui continuasse con la lista delle persone che detestava. Alla sua affermazione seguirono alcuni attimi di silenzio, dopo i quali l’uomo si decise a parlare. - E lei? Come mai non scende? Sbaglierò, ma mi sembrava piuttosto desiderosa di abbandonare, anche solo per un attimo, la vita di mare. Sul bordo della nave era piuttosto insofferente. - . Caspita, che occhio aveva avuto! E dire che lei si era sempre vantata di saper mascherare bene le sue emozioni, i suoi pensieri! Era davvero così facile leggerla, come un libro aperto? Oppure, senza che lei se ne fosse accorta, Commodoro l’aveva fissata più di una volta, notando i suoi piccoli gesti… La bocca storta in un moto di noia, il ciuffo sfuggito dalla coda che attorcigliava su un dito o tirava leggermente… Possibile che queste minuzie avessero suggerito all’ufficiale della Marina Britannica il suo stato d’animo? Straordinario… - Effettivamente sì. - ammise Lily, smettendo di passare la spugna sulla schiena dell’uomo e aggiungendo acqua calda alla tinozza. - Ma il capitano mi ha categoricamente vietato di scendere… E immagino che lei sappia che non posso fare altro che ubbidirgli. - aggiunse, mostrando un’aria afflitta da cane bastonato, gli occhi offuscati da una tristezza non solo fittizia. - Ma… è intollerabile! Limitare la libertà di una persona in un modo talmente barbaro… Miss Lily, parlerò immediatamente con Jack Sparrow, non mi pare giusto che… - Commodoro si era talmente infervorato che solo quando si trovò la mano della ragazza sulla bocca si ricordò che sulla Perla Nera le pareti non erano molto solide e potevano facilmente far trapelare le sue parole. - Non servirebbe a nulla - rispose la ragazza, liberando la bocca dell’uomo - ho il permesso di scendere solo se accompagnata… Comunque la ringrazio per il pensiero. - . Tuttavia, appena pronunciate quelle parole, Lily si accorse facilmente dallo sguardo fermo di Commodoro che aveva già fatto la sua scelta.


- Lily… no! - disse il capitano Jack Sparrow, ancora a guardia sul ponte, mettendosi davanti alla sua protetta per impedirle di scendere. - Perché no? - chiese lei, mostrandosi sorpresa dal divieto. - Forse perché indosso vestiti maschili? - continuò, non avendo ricevuto una risposta alla sua prima domanda... e poi era estremamente divertente vedere l’uomo che mano a mano che procedeva con le parole cercava di mostrarsi calmo! - Forse perché non hai un accompagnatore, come ho stabilito che dovesse essere per farti scendere… - sibilò il pirata, cercando di fare del sarcasmo. - L’accompagno io Sparrow. Così non correrà pericoli. - lo raggiunse una voce perentoria, alle spalle del pirata… un’odiosa voce. Commodoro era appena arrivato, vestito di tutto punto e pronto a scendere con Lily. Un leggero sorriso diabolico sul volto angelico della ragazza e un ciao-ciao con la mano fecero capire immediatamente a Jack Sparrow che questa volta si era incastrato da solo.

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Capitolo 10
*** Il duello (raccontato da Lily e Commodoro) ***


Cerco di camminare il più velocemente possibile, ma nulla

Cerco di camminare il più velocemente possibile, ma nulla. Confondermi nella folla non serve, con un intuito impensabile, che in lui non avrei mai immaginato, riesce sempre a trovarmi e a raggiungermi. Come fa? Dunque quei giorni passati coi monelli di strada, quando ero più piccola, non sono serviti a nulla, se riesco a farmi seguire tanto facilmente da uno della Marina Britannica! No, no, Lily, pensa… Sì, certo, se finisco in uno dei quartieri più sudici e malvisti di Scott Island, Commodoro non mi seguirà! Offenderebbe il suo senso estetico… Non si mescolerebbe mai a gente “plebea e meschina” come sono sicura che direbbe di pirati, prostitute e ubriachi. Dove si passava per finire nel quartiere più degradato? Ah, sì, di qua…

So bene che Miss Lily cerca di far disperdere le sue tracce, che vuole essere lasciata in pace. Non sono così stupido da non aver capito che il suo ammiccare nella mia stanza, mentre facevo il bagno, era un modo per invitarmi ad essere suo “protettore” fintanto che fosse uscita dalla Perla Nera. Tuttavia non mi decido a lasciarla. Da una parte c’è il mio senso dell’onore: ho promesso che l’avrei accompagnata, e mantengo sempre la parola data. Dall’altra parte c’è la prospettiva di trovarmi davanti al viso di Jack Sparrow, prospettiva non molto rosea se solo provassi a dirgli che ho “perso” per l’isola la sua figlioccia. Anche se lo nascondo, lo temo: i suoi modi sono leggermente effeminati, va bene, ma sa anche essere temibile e crudele, come dicono le chiacchiere a Port Royal. Infine, se non mi separo da Miss Lily è anche per quel sentimento tra la compassione, la tenerezza e l’affetto che ho provato istintivamente per lei dal primo momento che l’ho vista, e che si è acuito col passare dei giorni e con le brevi chiacchierate che abbiamo avuto. Ma perché adesso si dirige verso quel quartiere che sembra così malfamato? Sarà pieno di gente plebea e meschina! Forza Commodoro, devi proteggerla!

Mi giro per l’ennesima volta, ma di Commodoro non c’è più alcuna traccia. Finalmente! Contro ogni mia previsione poco fa era riuscito ad entrare in questo squallido quartiere, vincendo il suo ribrezzo, e mi aveva addirittura seguito per un po’, costringendomi ad allungare la strada e a prendere una serie di sentieri e piccole vie poco conosciute… ma evidentemente mi ha perso in questo dedalo di viottoli mal lastricati e poco illuminati. Poverino, chissà se riuscirà a tornare alla Perla Nera… - Ahi! Faccia attenzione, maledizione! - urlo appena riprendo la strada, andando a sbattere contro il petto di un uomo. Non avendo risposta alzo il capo con aria di sfida per vederne il viso. - Commodoro? - esclamo, tra il costernato e la sorpresa. Com’è possibile? Lui non mi seguiva più, ne ero sicura, non era più dietro di me! L’ufficiale della Marina Britannica deve aver capito che sono stupita: sul suo volto, di solito impenetrabile e perennemente serio si disegna un sorriso sarcastico, appena ombrato dal disappunto per la parola “signor” che ho omesso davanti al suo nome. - Ehm…Volevo dire… Signor Commodoro, pensavo di averla persa… - cerco di rimediare, assumendo il mio solito viso innocente, da vergine pentita, e abbassando il capo in modo che non veda la mia rabbia per essere stata raggirata.

Gli anni passati in Inghilterra come soldato d’infimo grado, addetto ad inseguire i borseggiatori, non sono stati vani. Si deve sempre immaginare cosa cercherà di fare colui che rincorri, ragionare come il ladro… ed ho adottato lo stesso metodo per Miss Lily. Ammetto che ho avuto un po’ di ribrezzo ad entrare in questo quartiere, e ho provato paura a seguire vicoli diversi da quelli della mia “preda” pregando che fossero paralleli, ma infine ce l’ho fatta, e davanti alla sua sorpresa mi esce un sorriso sarcastico. Leggo stupore e disappunto nel suo viso, lo noto nelle parole, dal “signor” omesso davanti al mio nome… e dalle scuse che sta balbettando con il volto basso. Prendo il suo mento con il pollice e l’indice e gli alzo il viso per guardarla nei profondi occhi blu, mentre il mio sorriso si distende in uno più ampio. - Non c’è bisogno di scusarsi. - le mormoro. - Basta che non si allontani più, Miss Lily. - .

Ubriachi, prostitute e gente di infimo grado o dai più che discutibili valori morali sono gli avventori della taverna dove mi sono diretta, seguita con diffidenza da Commodoro. Lui non ci crederebbe mai, ma so quello che sto facendo… Questa locanda è perfetta per avere informazioni sui rapitori di Miss Swann! E’ noto, dopotutto, che la gente, cercando di smaltire una sbornia a un’ora tarda, può vedere molte cose! Parecchio del racconto sarà distorto dagli effetti dell’alcool, ma poco male, si poggia su una solida roccia di verità, senza dubbio. Inoltre le persone che cerchiamo sono dotate di molta fantasia e hanno poca attinenza col reale… se ho capito bene chi sono…Ordino la birra e do un’occhiata in giro per decidere chi può essere il più ciarliero tra la clientela di questo posto: devo giocare d’astuzia, non posso andare al sodo senza un valido (per coloro che mi circondano) motivo. Mentre cerco di concentrarmi per trovare una scusa decente, noto lo sguardo di Commodoro intento ad osservare il locale…E’ un misto tra l’orrore e la paura. - Commodoro, forse qualcosa non va? - gli chiedo, attirando la sua attenzione. - Prenda un po’ di birra, - continuo, precedendolo prima che possa rispondermi - magari le tira su il morale! - .

Il sorriso di Miss Lily, che di solito mi rinfranca l’anima, in questo momento non mi apporta alcun sollievo. Mi chiede se qualcosa non va… Cerco di rassicurarla sul mio stato d’animo, ma dentro di me penso che io, che mi sono eletto a suo protettore, sono quello che ora deve essere protetto! Mi trovo tra gente plebea, di infimo grado e dal dubbio moralismo, persone che non frequenterei neppure nei miei peggiori incubi; sono circondato da uomini con pugnali e pistole, avvezzi ad ogni crudeltà ed avversità che la vita può presentare… Come fa la mia piccola accompagnatrice a mostrare un comportamento tanto sicuro? Come può non essere turbata da ciò che la circonda? La mia mano trema nel portare il boccale di birra alla bocca, e per la prima volta in vita mia ammetto che ho paura. Qui vige la legge del più forte, non ho alcuna autorità e la mia divisa non è altro che un abito diverso sì, ma perché più pulito degli stracci marroni di sporcizia indossati dalla gente comune. - Ehilà pivellino! - mi sento apostrofare. Mi giro appena e mi trovo faccia a faccia con un ubriacone che si è avvicinato senza farsi notare, distratto com’ero dall’indagine del locale. - Fai bene a portare una spada con te… Girano strani tipi di questi tempi! - .

- Strani tipi? Cosa intende dire? - . La rivelazione fatta a Commodoro mi fa perdere ogni prudenza, e non esito a rivolgermi all’uomo che ha parlato senza mascherare la mia voce, che risuona chiara e limpida, con un timbro prettamente femminile. Il beone, però, sembra non farci caso, ed è ben lieto di aver trovato qualcuno che ascolti interessato la sua storia. - Eh, sì, tipi strani… - ripete. - Dai lunghi abiti orientali! Sono venuti senza nave né altra imbarcazione ma con una terra che si muove…Proprio così! Come un’isola che va a loro piacimento sul mare e… - . - Silenzio Rudolph!! - . Il padrone della locanda si avvicina con cipiglio severo a noi tre. Le due parole bastano per mettere a tacere il loquace bevitore che si ritira immediatamente al suo tavolo. - Non ascoltatelo, signore. - continua, rivolgendosi al mio accompagnatore. - E’ da giorni che ripete questa storia degli strani tipi e dell’isola che si muove. Chissà cos’ha visto veramente! E’ un ottimo cliente, ma proprio per questo non mi fido delle sue visioni notturne… - . Il suo sguardo cade su di me, come se mi avesse notato in quel momento, e tace, giusto il tempo di farmi girare lo sguardo affinché non veda i miei occhi. Padron Peter, potrai mai perdonarmi di essere venuta qui senza dirti chi sono veramente?

Lo sguardo di Miss Lily è da vari minuti fisso a terra, senza alcun motivo apparente. Tiene gli occhi sul pavimento fin da quando il padrone di questa bettola l’ha notata, come se temesse di essere… riconosciuta? Possibile. Magari in questa taverna hanno dei conti in sospeso con Jack Sparrow e potrebbero rivalersi sulla “figlia”, o forse la mia accompagnatrice ha pensato più semplicemente che, guardandola, il titolare del locale si accorgesse delle sue fattezze non del tutto maschili… Dunque non si fida di me, non crede che io possa difenderla da qualsiasi tipo di violenza perpetrato nei suoi confronti… - Padron Peter! Padron Peter!! - . Un grido squarcia le chiacchiere del locale, una voce femminile di bambina che proviene dalla porta… E infatti una fanciulla dai capelli biondo cenere, agghindata con abiti pesantemente ornati ma dal gusto pacchiano, corre verso il bancone, con lacrime salate che le rigano le guance, segnate anche dalle rosse tracce di uno schiaffo. - Sally! Ancora? - le chiede con preoccupazione il padrone della locanda, avvicinandosi. - Nasconditi al solito posto, presto! - . Tra le prostitute presenti c’è un leggero mormorio, ma non capisco le parole, attratto da un movimento improvviso alla mia sinistra. Miss Lily ha lasciato cadere il bicchiere di birra che teneva tra le mani! Quando vedo i suoi occhi fissi sulla ragazzina, vacui, capisco subito il perché.

Uno schianto mi porta alla realtà, seguito da un dolore alla gamba. Maledizione, mi è caduto il boccale, e una scheggia mi ha tagliato il polpaccio! Imprecando riprendo il controllo, sia dei sensi che della mente, mentre piccole gocce di sangue iniziano a colare sul pavimento, tingendolo di rosso rubino. Un cameriere accorre velocemente a riparare al danno che ho fatto, mentre io torno a guardare la bambina che si sta sistemando tremante sotto il bancone, il “solito posto” che padron Peter le ha indicato. Quella fanciulla in due secondi è riuscita a far risalire tutti i ricordi che pensavo di aver sepolto in un angolo della memoria diverso tempo fa… Il mio passato a Scott Island. Le fughe che duravano qualche minuto, i pianti dirotti per aver rotto un bicchiere e aver ricevuto una dura punizione, le malattie che fingevo di avere per rimandare l’apprendistato di prostituta, se così si poteva chiamare il primo incontro con un cliente ubriaco… E le corse da padron Peter, l’unico uomo che si preoccupava delle fanciulle costrette a stare nel bordello accanto alla sua locanda, quello dove ero stata trovata da Jack Sparrow. Era stata una “collega” caritatevole a portarmi la prima volta da questo omaccione dal cuore buono, e io avevo eletto immediatamente il posto a rifugio sicuro. Correvo qui quando avevo un momento libero, o con la faccia segnata da un sonoro schiaffo per alcune mancanze…Certo che non capissi l’inglese, il proprietario mi parlava solo a gesti, offrendomi un poco di birra, indicandomi un posto dove sedere… Era il padre che non avevo mai avuto. - Peter! Non nasconderla, so che è qui! - . Ma come adesso il momento idilliaco era interrotto da lui. Rufus, il proprietario del bordello.

Mi basta vedere il viso di Miss Lily, dal colorito terreo, per capire chi è l’uomo che urla dalla porta. Il magnaccio da cui la fanciulla è scappata, colui che la fa patire e la inizia ad una dura vita. - Non hai pietà per questa bambina, Rufus? - chiede con voce autorevole e allo stesso tempo gentile il padrone della taverna, cercando di far rinsavire l’uomo che ha davanti. - Ha solo pochi anni di vita! - continua. - E’ mia… - ringhia l’altro per tutta risposta, come se non avesse sentito nulla, scansando ubriachi e persone che si parano per caso davanti al suo cammino. - Non tentare d’intralciarmi, Peter, non te ne verrà nulla di buono… Forza, esci da quel misero nascondiglio! - urla ora, penetrando con forza dietro il bancone e prendendo la giovane per i capelli. – Si fermi! Questa ragazzina non è un oggetto! Non è di sua proprietà, non è un animale! E’ un essere umano, e come tale è libero! - grida qualcuno. La voce la riconoscerei tra mille: è la mia piccola accompagnatrice che si è alzata, e affronta l’omaccione davanti a lei con inaspettato coraggio per una donna… Coraggio che non la aiuta ad evitare lo spintone che la manda a terra. - Frena le tue passioni ei tuoi istinti, giovanotto… - la schernisce l’uomo di nome Rufus. - Lo so, capisco che questa bambina fa risvegliare le tue parti basse, ma per adesso un cliente l’aspetta già di là… Se passi fra una mezz’oretta forse sarà libera e… - . La voce ironica agisce come una frusta su Miss Lily, che balza in piedi e si sarebbe già avventata sull’individuo se non l’avessi fermata con un braccio. - Se permettete. - dico, con voce ferma, - Vorrei pensarci io. - .

Il capitano Sparrow ama raccontarmi le sue gesta. Tra queste ne compaiono due tre in cui la scena è divisa tra lui, Will e Commodoro, spesso definito “un uomo codardo, traditore, una nullità che non sa neppure capire qual è il rum migliore delle taverne di Tortuga”. Ebbene, appena tornerò sulla nave dirò al mio tutore di aggiungere alla lista la parola “pazzo”: perché solo un pazzo può offrirsi spontaneamente di affrontare Rufus e sperare di uscirne vivo. Per due buone ragioni: prima di tutto il magnaccio è un omaccione di due metri di altezza, e, ad occhio, di larghezza: tutti muscoli che non sono celati dagli stracci che porta. In secondo luogo, non sa misurare bene la propria forza: se sono ancora qui è perché quando mi batteva si tratteneva a stento, sapendo che ero merce preziosa… ma i lividi che mi procurava non passavano tanto in fretta, anche se in me scorre il sangue degli Abbott. Insomma, solo qualcuno con dei seri problemi mentali vorrebbe trovarsi sul cammino di Rufus. Ed ecco che Norrington si permette di sfidarlo, senza rendersi conto che al momento è un Commodoro della Marina, il rappresentante della Legge in un luogo dove la stessa è derisa e violata circa un migliaio di volte al giorno… un avversario, dunque, che il proprietario del bordello non vede l’ora di sfregiare per poter dimostrare il suo disprezzo per l’autorità. Mentre i due si fronteggiano indietreggio verso il bancone, più per trarne sostegno materiale che per altro, e mi ritrovo accanto alla bambina scappata dal bordello, che con gli occhi spalancati si chiede chi sia quell’uomo che cerca di preservarla da un futuro di miserie continue. Quasi non mi rendo conto di quello che faccio, ma le prendo la mano e mi costringo a guardare il combattimento.

- Bene, bene… Cos’abbiamo qui? Un Commodoro, se la vista non m’inganna… - . L’uomo davanti a me sogghigna in modo malevolo. I suoi occhi sarcastici rivelano il giudizio che ha di me: non gli sembro un avversario così temibile, anzi! Si passa la lingua sulle labbra come se stesse già pregustando il mio sangue, il mio corpo privo di vita. Non ritengo necessario rispondergli e non mi lascio intimorire... Son sopravvissuto a ben altro. - Sta attento, imbecille dal parrucchino ordinato, qui non vigono le regole di cavalleria che voi ufficiali della Marina amate tanto… Qui esistono solo le regole di Scott Island… - . Il tono è diventato improvvisamente aspro, dalla voce dello sfruttatore di bambine si è dileguata ogni sfumatura ironica. Accenno un “sì” con la testa, rapidamente, tanto per fargli capire che lo seguo. - Bene. Dunque, la prima regola è niente armi. Quindi faresti meglio a gettare quello spiedo per polli che hai alla cintola. - inizia l’omaccione, osservando attentamente i miei gesti. Eseguo l’ordine, gettando la spada poco lontano, mentre il bruto continua con le sue regole. - Si usano solo i pugni, niente calci alle parti basse… - dice, buttando poi una battuta sul suo pene, che scatena l’ilarità tra gli ubriachi, ma che, per quanto mi riguarda, mi lascia impassibile… Sarà forse rimasto deluso dal fatto che io non abbia reagito?... Senza alcun preavviso, Rufus si avventa su di me.

Un pugno alla mascella non l’ha mandato a terra, ma la testata che è seguita è riuscita nello scopo. Penso che lo scontro sia già finito, ma a quanto pare Norrington è più coriaceo di quanto il capitano Sparrow mi ha descritto. Si è già rialzato, ridendo, ed evita con abilità i calci e gli sgambetti con cui Rufus cerca di colpirlo, incurante delle regole da lui stesso inventate. Non che il Commodoro le segua, beninteso: al primo calcio del magnaccio ha risposto con un colpo dritto allo stomaco dell’altro, facendolo piegare (stranamente) in due. Che sia possibile un miracolo… la vittoria tanto agognata? Fosse vero, inizierei a credere in quel Dio che mi ha deluso fin da piccola. No! Rufus ha sfoderato il coltello che lui non ha gettato quando ha proibito l’uso delle armi! Commodoro è spacciato. Giro il viso per evitare la visione del colpo…Clang!

Ho sempre detto che non ci si deve mai fidare dei magnacci e delle regole inventate. Per questo la spada l’ho buttata a terra, abbastanza vicino da prenderla all’occorrenza… Ho parato il tuo colpo, Rufus.

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