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Lista capitoli: Capitolo 1: *** Lily *** Capitolo 2: *** Come ho conosciuto Lily (raccontato da Jack Sparrow) *** Capitolo 3: *** Oggetti dal passato *** Capitolo 4: *** Il mio passato (raccontato da Lily) *** Capitolo 5: *** Will e Lily *** Capitolo 6: *** La partenza (raccontato da Lily-Catherine) *** Capitolo 7: *** In viaggio! *** Capitolo 8: *** La rivelazione (raccontato da Commodoro) *** Capitolo 9: *** Convincere Commodoro... *** Capitolo 10: *** Il duello (raccontato da Lily e Commodoro) ***
Appena le campane di Port Royal suonarono le sette, Lily, puntualmente,
si svegliò
Appena le campane di PortRoyal suonarono le sette, Lily,
puntualmente, si svegliò. I suoi occhi ancora assonnati brillarono quando si ricordò la data: 16
ottobre. Ma poi, mentre il sonno svaniva e metteva a fuoco gli oggetti della
sua stanza, vide la lettera che aveva ricevuto un
mese prima
e si ricordò. No, quel 16 ottobre suo "padre" non sarebbe venuto a
trovarla. In realtà quello che lei chiamava "padre" era il suo
tutore. Ma nemmeno questa era la
parola giusta per definirlo. Semplicemente era colui
che
l'aveva allevata negli ultimi sette anni. Non ricordava chi era suo padre:
aveva perso la memoria per un incidente su una nave
quando
aveva circa dieci anni. Non sapeva neppure la sua vera età, e il nome "Lily"
gli era stato conferito da suo "padre". Ma non era quello il momento di pensare a
quelle cose. Mentre si legava i capelli bruni
in una coda, Lily pensò a come poteva scusarsi con la padrona della locanda.
Lei le obbediva sempre, in tutto e per tutto, ed era anche brava come
cameriera, ma la sera prima aveva risposto veramente male al vecchio fabbro.
Era successo tutto in fretta: il complimento osceno del fabbro ubriaco a Marianne, una sua collega che lei
considerava come una sorella, e la risposta piena di insulti di Lily. Non era
la prima volta che rispondeva a qualcuno così, figuriamoci, ma il più delle
volte che lo faceva, era con avventori venuti
per caso. Il vecchio fabbro, invece, era un abitudinario. Lily era considerata come una figlioccia dai padroni
della locanda, ma una caduta di stile così grande al "Puledro d'Oro",
il più famoso punto di ristoro di PortRoyal... Insomma, era intollerabile! Scendendo
le scale, Lily cercò tutte le scuse possibili, ma, quando vide la padrona della locanda,
non seppe spiccicare una parola. La seguì in silenzio in una stanza illuminata.
La padrona chiuse la porta della stanza, e fece segno a Lily
di sedersi a un'estremità, poi le si mise di fronte. L'atmosfera era tesa e
insopportabile. Lily iniziò: - Mi dispiace, ha ragione, mi cacci pure dalla
locanda, ma non potevo sopportare che Marianne diventasse così rossa per
quel complimento osceno urlato tanto forte! - disse tutto d'un fiato, e smise solo perché notò che la
padrona rideva. Aveva detto qualcosa di buffo? - Lily, non è per questo che ti voglio parlare a quattr'occhi. Ieri hai fatto
bene, il fabbro era veramente ubriaco e insopportabile, aspettavamo solo che se
ne andasse, e tu gli hai dato
un motivo sufficiente. Pazienza,
poi, se non ha pagato. Volevo solo consegnarti queste due lettere. - .
Gliele porse. Di una riconobbe la calligrafia: era di suo "padre"! Ma l'altra... - Ti consiglierei di aprirla,
Lily, - continuò la padrona, - e di accettare la proposta. - . Lily aprì in
fretta. Dentro un biglietto e
l'invito ad un matrimonio. "Il Governatore è lieto di annunciare il
matrimonio di sua figlia Elizabeth con WillTurner.". Lily guardò la
padrona della locanda, poi l'invito e di nuovo la padrona. Non capiva. - C'è
una lettera insieme all'invito, Lily. - le disse la signora. Era vero: in
quella lettera Lily era invitata a fare un colloquio con il maggiordomo del
governatore per servire come cameriera durante il pranzo nuziale. Lily
conosceva il maggiordomo: quando veniva alla locanda lo serviva sempre lei, era
un uomo cortese che non beveva mai più del dovuto e le
lasciava una lauta mancia. Anche il nome WillTurner non le era nuovo... -
Allora, Lily? Cosa ne pensi? - . La padrona
interruppe i suoi pensieri. - Accetterò, solo che... Non ho un abito decente per presentarmi al
colloquio con il maggiordomo. - rispose Lily: qualcosa nella sua testa le
diceva di non accettare, ma lei non seguiva mai quello che la coscienza le
consigliava. - Non bisogna preoccuparci di questo. - rispose la padrona. - Marianne! - chiamò poi. - Vai con
Lily a comprare una stoffa per farle un bel vestito. Hai abbastanza soldi, non è vero? - chiese poi alla
ragazza. Lily annuì.
- Come sei fortunata! - . Marianne non la finiva più con la
cantilena. - Immagina, Lily! Magari incontri un barone, o addirittura un
principe, vi innamorate e... - .
- Frena l'entusiasmo, Marianne. - la interruppe
bruscamente Lily mentre si avviavano al negozio
di stoffe. - Servo come cameriera, mica sono chiamata a partecipare al
matrimonio come invitata! - . - E allora? - le rispose Marianne. - Lo sposo non è forse
l'apprendista del vecchio fabbro? Eppure sposerà la figlia del
governatore! - continuò. Lily stette in silenzio. Quella giornata non le
piaceva. Suo "padre" non sarebbe arrivato, lei doveva comprare delle
stoffe per un vestito (e odiava comprare qualcosa) e per di più c'era sempre
quella voce nella sua testa... Come avrebbe
voluto
rimanere nella sua camera a leggere un libro e a vivere avventure! Anzi, no,
perché vivere avventure solo con la fantasia? Avrebbe voluto solcare i mari con
suo "padre", ma lui non la voleva mai
portare con sé: troppo rischioso! Ma rischioso
cosa?
Lily sapeva che era una scusa. Lei sapeva difendersi benissimo da sola... Anche se non sapeva come aveva
fatto ad imparare. Quel buco nella sua memoria la faceva veramente star male. -
Lily, siamo arrivate! - . Marianne la richiamò alla realtà.
Stava per entrare nel negozio con la sua amica
quando
una mano si poggiò sulla sua spalla. Era il vecchio fabbro.
- Cosa vuole? - chiese Lily
sgarbatamente. Non era nella locanda, e adesso poteva dar sfogo a tutta la sua
cattiveria. - Scusarmi per ieri, - rispose il fabbro - e chiederti un favore. -
. Cosa? Scusarsi per ieri? La
sua voce non era impastata dall'alcool come al solito. Forse stava
sognando... Il fabbro che non è sbronzo e chiede scusa?
Lily si stropicciò gli occhi, ma lui era ancora lì. Afferrò l'occasione per
liberarsi di Marianne e godersi un po' di libertà.
- Se lei promette di ritornare alla locanda le farò il favore! -
promise. - Dovresti portare questa spada al palazzo del governatore, come
regalo allo sposo. Visto come sono vestito non mi farebbero entrare. Il
matrimonio è fra due settimane, ma non si sa mai... - . Lily prese la spada che le porgeva.
- Comunque sarei tornato lo stesso
alla locanda! Fate un ottimo vino! - continuò il fabbro. Lily, dopo questa frase, corse verso il
palazzo.
La sala d'attesa era grande e c'era lei sola. Il maggiordomo
l'aveva accolta sorpreso, dicendole che era in anticipo di
tre giorni sul colloquio. Ma aveva spiegato in fretta
l'equivoco, ed era stata ammessa. Ora stava aspettando quel tale WillTurner, e guardava la spada. Era
fatta bene... D'istinto iniziò a maneggiarla, come le aveva insegnato suo "padre".
Affondo, parata, affondo, parata, destra e sinistra.. Stava continuando con questo esercizio da
un paio di minuti quando, appena fatto un affondo, la porta si aprì, in modo
tale che la spada si trovò a pochi millimetri dal petto di WillTurner. La guardò sorpreso. Con
destrezza Lily ribaltò la spada, in modo che l'impugnatura si trovasse dalla
parte di WillTurner. - E' un regalo da parte
del suo vecchio maestro. - spiegò. Will sorrise, e quel sorriso
risvegliò qualcosa in Lily. Un turbine di ricordi e sentimenti del passato che
aveva dimenticato... Sulla nave c'era un bambino che
sorrideva così... E si chiamava... WillTurner! A Lily venne in mente
tutto quello che aveva perso dei suoi anni passati che si erano persi nel buio.
- La ringrazio, miss...? - chiese Will. Lily era ancora turbata per rispondere, era troppo intenta a
ricercare. Rispose solo quando la stessa domanda le fu
rivolta per la terza volta. - Lily. - rispose, con un filo di voce. - Avrà pure
un cognome, no, miss Lily? - le chiese gentilmente Will. - Sparrow. Lily Sparrow. - rispose lei. Poi corse
via, lasciando Will sbigottito.
Correndo non si era accorta di essere arrivata alla grande rupe. Will era lui... Possibile che quando era alla locanda non
l'aveva mai riconosciuto? Guardò giù, verso gli scogli .Ora ricordava il suo passato e quello che
si era ripromessa quando la nave stava affondando,
e il suo scopo era finito. Era dura la morte? Vide la nave di suo
"padre" che si avvicinava...
Ma
no, non poteva essere, non sarebbe venuto... Si buttò.
Capitolo 2 *** Come ho conosciuto Lily (raccontato da Jack Sparrow) ***
Appena le campane di Port Royal suonarono le sette, Lily, puntualmente,
si svegliò
- Lily! Lily - . La chiamavo, la scuotevo, le davo degli schiaffetti... Niente. Era un corpo inanimato.
Forse stava fingendo... - Lilibeth! - la chiamai. Era il
primo nome che mi era venuto in mente
quando
l'avevo conosciuta. Odioso per lei, che adorava i nomi corti, e che prendeva
persino a pugni chiunque si arrischiasse
a chiamarla Lilibeth. Se fingeva avrebbe aperto gli occhi
e mi avrebbe guardato torva. Ma niente, non si muoveva...
Cavolo, Lily, ma devi morire proprio così? Da quando ti conosco è già il quarto
tentativo di suicidio! Ti ho sempre salvata in extremis, adesso sei
morta, contenta? E poi, ti sembra normale gettarti dalla rupe di PortRoyal quando arrivo io? Ti vengo a
trovare ogni due mesi, hai avuto un casino di tempo per gettarti... Ma no, lo fai solo quando
arrivo io... Oppure non hai ricevuto la mia lettera in cui ti avvisavo che
sarei venuto lo stesso, che avevo avuto all'improvviso un invito importante?
Lily, diamine, svegliati! Non era morta. Respirava ancora, ma il suo respiro
era così flebile... Lily...
Avevo conosciuto Lily in un'isola, circa sette anni fa. Non
avevo mai visitato quell'isola, abitata, con
osterie e bordelli, ma quando la necessità mi costrinse ad approdare (io e la mia
ciurma avevamo finito tutti i rifornimenti), decisi di dare un'occhiata in
giro. Alla prima insegna di osteria, entrai. Feci
male. Era un'osteria-bordello, con un pessimo vino e pessime donne. Ce n'erano di
tutte le età, ma erano irrimediabilmente brutte, e rese ancor più repellenti dal
belletto. Mentre la mia ciurma si era
sparpagliata per la città (ognuno aveva scelto un locale diverso), ordinai del
vino, e davanti a quelle donne sentii l'impellente desiderio di possederne una.
Non sono mai andato con prostitute brutte, solo con belle e giovani, ma dopo
tre mesi che navigavo... Ero pronto ad accettare
tutto. Stavo decidendomi sul da farsi, quando vidi una bambina di circa dieci
anni che, appiattendosi contro tavoli e sedie, cercava di raggiungere l'uscita.
Da dietro una tenda logora uscì un uomo, con i pantaloni mezzi sbottonati, che
si teneva i genitali e gridò: - Bastarda di una puttanella, dove sei finita? - . Non
finì di dire quella frase, che la bambina stava già correndo a perdifiato verso la porta. Niente da fare. Il
padrone dell'osteria-bordello si mise davanti a lei, la prese per le spalle e
la scosse. - Ancora non abbiamo capito che non dobbiamo fuggire? - urlò alla
ragazzina. Lei si dibatteva, urlava in una lingua che non conoscevo. - Peccato, piccola, non conosco il francese!
- ringhiò il padrone con tono beffardo, poi, rivolto all'uomo che si teneva i
genitali: - Cosa le ha fatto? - . L'uomo rispose: -
Non è evidente? Mi ha dato un calcio alle palle! - . Non finì di parlare che la
ragazzina si trovò l'impronta delle mani del padrone della locanda sulla faccia. Tuttavia non piangeva. Il padrone
la prese di peso e la portò dietro un'altra tenda logora, che chiuse a metà, ma
dalla mia posizione riuscivo a vedere tutto... Scapaccioni, calci, pugni... Non
avrei mai immaginato che una
bambina potesse sopportare tutto questo. Eppure sopportava. E si rialzava sempre, aveva una postura
eretta, e guardava il padrone con l'aria da dire "Tutto qua?". Cosa che mandava in bestia l'uomo, che
continuava.
Mi piaceva quella bambina. Non sarebbe stata la prima volta che andavo con una
di dieci anni circa. Poi, era bella, non usava il belletto ed era bella di
fanciullezza e di maturità insieme. Tuttavia,
alla vista di quel corpicino che si rialzava nonostante tutte le botte,
provavo solo tenerezza, nessuna voglia di possederla. Volevo aiutarla, ma che
potevo fare? Stavo per andarmene, distolsi un attimo lo sguardo dalla tenda, mi
alzai, riguardai come per dare un commiato segreto alla piccola... E vidi il
padrone che si calava i pantaloni. Lessi il labiale: - Adesso t'insegno come si
trattano i clienti... -
.
La sbatté su un letto e stava per avventarvicisisopra quando entrai nella stanzetta.
Il padrone sembrava sorpreso e infuriato per quella
intromissione.
- Voglio questa bambina. - dissi, con tono perentorio, come se fosse un ordine.
- E' acerba, - mi rispose il padrone - non gliela consiglio... - . Risi. - Acerba per me ma non per lei,
vedo. Comunque non ha capito. Voglio
comprarla. - . Era l'unico modo che mi era venuto in mente per salvare la
bambina dalle grinfie dell'uomo. - Non è in vendita. - mi rispose quello. - LA ESIGO! -
dissi, calcando molto sull'"esigo". Accettò, e mi chiese una cifra
sproporzionata, dato che per lui liberarsi della piccola significava liberarsi di una piccola
rompipalle. Ma avevo soldi con me, e concludemmo l'affare. La portai alla
nave.
Sulla nave la bambina non si muoveva. Si era ranicchiata ai piedi dell'albero più
alto, con le gambe strette contro il petto, e non si muoveva. I suoi vestiti
erano più grandi della sua taglia, me ne
accorsi
alla luce della luna. Notai anche che, seppure fosse un po' spaurita, i suoi
occhi mostravano disprezzo e altezzosità riguardo a ciò che la circondava. I
suoi capelli corvini erano lunghi e poco lavati ei suoi occhi... un blu
profondo, che non avevo mai visto. (Avete presente il mare delle
cartoline della Grecia o della Sardegna? Ecco, così .-NdA- ). Mi avvicinai per
rassicurarla che non le avrei fatto alcun male, ma non feci
in tempo a fare un passo che lei si alzò, e, mostrandomi i pugni, m'intimò in
francese qualcosa. Pensai che fosse un "Non avvicinarti", quindi mi
bloccai e ammirai il suo coraggio. Piccola,
sola insieme
ad un uomo, e capace di fare a pugni! La postura era sempre eretta, regale. Non
sapendo come fare ad accattivarmela, pensai di offrirle da mangiare qualcosa
che fosse rimasto della cena. Le feci cenno
di aspettare e tornai su con un po' di carne e delle patate. Lei mi tolse di
mano il piatto e lo ripulì subito. - Diamine! - esclamai ridendo - Sei proprio
affamata! Ma se avessi aspettato ancora un po' ti avrei dato forchetta e
coltello! - . Aveva capito quello che avevo detto? Non so. Fatto sta che nel
suo sguardo, ora, c'era meno diffidenza. Ma quando tentai di
avvicinarmi di nuovo, contrasse i pugni e me li mostrò. Intanto stava tornando
la mia ciurma, tra cui il nano. Appena lo vidi mi ricordai che era stato in
Francia, quindi, spiegatagli la storia, gli chiesi se avrebbe comunicato con la
bambina. Lui acconsentì. Per prima cosa le dicemmo che eravamo suoi amici e
doveva fidarsi di noi. Poi le chiedemmo se voleva qualcos'altro oltre al
cibo. Lei ci pensò un po' su, e rispose. Il nano m'informò: - Vorrebbe un bicchiere
d'acqua e vestiti nuovi. - . Per l'acqua non c'era problema, ma per i
vestiti... Poi guardai il mio
traduttore, e lui capì la mia occhiata, e scosse subito la testa. - No, per
niente al mondo, i miei vestiti sono maschili! - . - Ma voi siete della stessa altezza, poi,
chiedile se le vanno bene vestiti maschili. Credo che acconsentirà. - gli
risposi. Infatti la bambina non ebbe
nessun problema ad accettarli. La portai nella mia cabina per farle cambiare i vestiti e per
non crearle disagio mi girai dall'altra parte. Sentii l'abito pesante femminile
cadere a terra, poi i fruscii dei tessuti sulla pelle della ragazzina che
indossava i pantaloni marroni, la casacca bianca e il
cappello verde oliva. Doveva ormai aver finito. Mi stavo per girare quando sentii sul mio collo una
leggera pressione. Una catena! Chi me l'aveva stretta attorno senza che me ne accorgessi? - Ora
farai quello che ti dico... - mi disse in perfetto inglese una voce
femminile....
Non mi sembrava vero. Dunque la bambina sapeva parlare
inglese, era tutta una finta! Ma perché mi aveva aggredito
adesso? Sentii la pressione della catena farsi più forte. - Calma, calma... - sussurrai, cercando
un modo per prendere tempo. Se la mia ciurma non mi vedeva apparire mi sarebbe
venuta a cercare, no? La stretta aumentò ancora un poco. Ma dove diavolo aveva tenuto l'arma? Non
gliel'avevo vista addosso! - Non
fiatare! - m'intimò la bambina, sussurrando. - Ora dirai alla tua ciurma di lasciarmi libera di vagare per la città.
Fammi scendere da questa nave! - ordinò con tono minaccioso. Non sapevo come
risponderle, e trovavo, mio malgrado, la situazione piuttosto buffa: il
capitano JackSparrow tenuto in ostaggio da una
ragazzina! - Allora, lo darai o no, quest'ordine? - mi chiese dopo
un po' di minuti. Il mio viso s'illuminò di gioia
quando
sentii una voce, dietro di lei, che rispondeva: - Scusa, quale ordine? -Un uomo
della mia ciurma! Sentii la catena che cadeva a terra, il nano la raccolse e lego la ragazzina al letto.
Poi uscimmo, lasciandola sola nella mia cabina.
Rientrai piuttosto tardi. Si era parlato a lungo dell'ospite
che avevamo a bordo, della sua
aggressività, di dove si fosse procurata la catena e così via. Per tenerci
allegri c'eravamo anche un po' ubriacati e così, non badando a dove mettevo i
piedi, inciampai in una figurina silenziosa che stava davanti al mio letto.
Lei. Non aveva più il volto altezzoso di prima. Adesso era silenziosa,
impaurita. Mi guardò. I suoi grandi occhi blu mandavano fuori fiumi di lacrime.
Mi stava quasi intenerendo, ma poi mi ricordai cosa mi aveva fatto. - Allora,
bimba, vogliamo raccontarci qualcosa? - le chiesi. La sua risposta mi venne "frammentata"
dai singhiozzi. - Ti prego, fammi andare via... Non portarmi in un altro
bordello, preferisco uccidermi! - implorò. - Portarti in un altro bordello? Ma chi ti ha detto questo? Piccola, io voglio
renderti la libertà, non schiavizzarti! - . Pensavo di rincuorarla con queste
parole, ma provocai in lei un accesso di rabbia. - Allora perché non mi liberi?
- urlò. - Perché non mi ridai la catena? Perché non mi lasci andare? -
continuò. Capii che era disperata. Mi sedetti vicino a lei, e la calmai
accarezzandole i capelli come un padre. Poi le spiegai. - Sai difenderti bene, è vero. Ma non ti lascerei mai andare di nuovo per quest'isola. Finiresti di nuovo preda dei proprietari di
bordelli e altri tipacci del genere. Guardati! Tu non sei come noi, non sei come loro! Me lo hanno
dimostrato il tuo coraggio, il tuo portamento, il tuo sguardo... Ti lascerò andare, sì. Ma solo quando sarai al sicuro da questi
personaggi.
Ora, iniziamo col presentarci. Io sono il
capitano JackSparrow. Ti chiami...? - dissi, porgendole la mano. Lei non
rispose per qualche secondo. Con gli occhi fissi a terra, infine, mi disse: -
Non lo so...
- .E fu allora che...
- Dove sono? - . Lily!
Finalmente ti sei svegliata! - Sei sulla mai nave, Lily. - .
Appena le campane di Port Royal suonarono le sette, Lily, puntualmente,
si svegliò
Quando Lily si svegliò, trovò
normale chiedersi dove si trovava. Ricordava tutto molto confusamente: lei che
si gettava, la nave che sembrava quella di suo "padre"
ma
non poteva essere... o si? Era davvero tutto così confuso. E la voce che le aveva
risposto non era forse quella di... - Papa? - mormorò in francese, aprendo gli
occhi per intero, ma il suo sguardo era ancora offuscato. Qualcuno si era
chinato su di lei. - Lily, quante volte ti ho detto di non chiamarmi papa?! Sono io! - esclamò JackSparrow, tuttavia aggiunse: -
Stai bene? Non ti sei rotta qualcosa, vero? - . - Ah, è solo lei, capitano Jack
Sparrow... - disse Lily in risposta, con una punta
di delusione nella voce, quando gli occhi ripresero completamente la vista. Ma si accorse subito dal
viso del suo tutore che non doveva dirlo: diamine, si era preoccupato per lei,
e lo ripagava così! - Mi scusi capitano, non volevo offenderla. - riprese,
con gli occhi bassi, poi gli rivolse uno dei suoi sorrisi meravigliosi e
infallibili, uno di quelli che le si aprivano piano piano, a cui Jack Sparrow non sapeva resistere.
Sapeva che lui adorava quei sorrisi, e in quel momento le sembrava il
modo migliore per gratificarlo. Dalla sua parte il capitano Jack Sparrow pensava che questa volta Lily non l'avrebbe avuta
vinta come al solito quando faceva quel sorriso: l'avrebbe accettato come
risarcimento per la punta di delusione nella voce della ragazza quando l'aveva
riconosciuto ma avrebbe voluto IMMEDIATAMENTE una giustificazione più che
valida per il suo gesto. Immediatamente. - Allora, Lily, ti sei gettata dalla
rupe per venirmi incontro più velocemente? Oppure correvi così veloce e non
l'hai vista? Ma ti sembra normale che io
arrivo e tu ti getti? - domandò tutto d'un fiato. Lily capì che
sarebbe stato difficile inventare una scusa. - Lei non doveva venire... -
mormorò. - Dammi del tu! - ordinò JackSparrow. - E chiamami capitano. -
aggiunse.
Dal tono di voce di JackSparrow Lily capì che non se la
sarebbe cavata tanto facilmente. Tuttavia non si fece intimorire e ribatté: -
Non doveva... Cioè, capitano, mi avevi
scritto che non saresti venuto! - esclamò, convinta di quello che diceva. -
Come no? - domandò JackSparrow. - La lettera dovrebbe
già esserti arrivata! La padrona dell'osteria non te l'ha data? Allora dovrei
parlarci... - . Finì con un mormorio,
come parlando a se stesso. Solo allora Lily ricordò che la padrona le aveva
dato due lettere, e che lei, su consiglio della donna, aveva aperta quella del maggiordomo
del governatore, e non quella di suo "padre". I suoi pensieri furono
però interrotti dalla voce del capitano: - Comunque non cambiare discorso!
Hai detto sempre che non t'importa morire perché ricordi pochissimo del tuo
passato. Per questo ti sei gettata Lilibeth? Cioè... Lily? - . Jack Sparrow si rese conto dell'errore
fatto quando vide gli occhi della
ragazza fiammeggiare al "beth" in più.
Quando il capitano, circa sette anni prima,
chiese alla bambina riscattata dal bordello come si chiamasse, lei rispose: -
Non lo so.
- . Dopo varie domande aggiunse solo: - Ho perso la
memoria dopo il naufragio della nave dove ero imbarcata... Credo. Mi ricordo
solo che circa un anno fa ero stata ritrovata da dei
pescatori che mi vendettero al bordello. Nessuno si preoccupò mai di darmi un nome, per loro ero
"la francese" . Allora JackSparrow propose: - Che ne dici di
Lilibeth? - . - Troppo lungo. -
rispose la bambina. - Lilith? - propose ancora il
capitano. - Non è un nome per me, lo "sento". - rispose ancora lei. (Più tardi il capitano scoprì
che aveva ragione: Lilith era il nome della dea
babilonese della lussuria, poco adatto a una mini-prostituta che non accettava
i suoi clienti!). - Allora come?? - sbottò JackSparrow. - Semplicemente Lily. -
rispose serafica lei.
- No, non mi sono gettata perché non ricordo nulla della mia
infanzia, capitano. Ma posso sapere perché tu
sei qui? - . Era inutile. Lily non riusciva a trattenere la sua curiosità. JackSparrow la guardò. - Lily, ti ho
appena detto... - si arrese allo sguardo incuriosito della ragazza. - Sono qui
perché sono stato invitato al matrimonio di Elizabeth e WillTurner. Ti ricordi? Ti ho
raccontato come salvai Elizabeth da Barbossa e... - si fermò vedendo
Lily che rideva rotolandosi quasi per terra. - Capitano, non ho mai creduto a
quelle storie. Pirati-non morti! Ahahahah! - riuscì a dire la
ragazza tra le risate. - Scusami - aggiunse poi più seriamente
quando
notò lo sguardo dispiaciuto del "tutore". E aggiunse: - Allora
c'incontreremo. Forse verrò presa come cameriera per
il banchetto nuziale... - . JackSparrow si rese conto che calcava
molto sulla parola "cameriera". Sapeva bene che il sogno di Lily era
quello di solcare i mari insieme a lui, e sapeva anche che
la ragazza avrebbe saputo difendersi bene. Tuttavia desiderava per lei,
proprio come un "padre", un matrimonio tranquillo, un marito fedele e
molti figli. Ma questi erano sogni: Lily
non si sarebbe mai piegata a questo, lo sapeva. Ad un tratto la voce della
ragazza interruppe i suoi pensieri: - Comunque... adesso... io...
ricordo. - .
- Cosa? - .JackSparrow non riusciva a credere
alle proprie orecchie. Lily aveva detto che ricordava? - Sì,
capitano. Un incontro mi ha fatto ricordare tutto. Tutti i
fatti e quasi tutti i nomi. Il mio no, purtroppo. -
. La ragazza sorrise, come se avesse dovuto farsi perdonare quella mancanza, e
non specificò chi aveva incontrato. - Forse questo può farti tornare alla
memoria qualcosa, piccola! - rispose affettuosamente il pirata, e con un
sorriso sibillino rovesciò sulla nave il contenuto di un sacchetto. Pettinini,
fermagli e un medaglione intarsiato... tutti d'oro. Lily cacciò un urlo. -
Dove li hai presi? - domandò, afferrando da terra il medaglione e aprendolo. -
Oh, - sorrise il capitano - ho semplicemente chiesto CORTESEMENTE al padrone
del bordello se aveva qualche tuo oggetto. Il medaglione me l'ha dato di
SUA SPONTANEA VOLONTA', e i pescatori che ti avevano raccolta mi hanno
dato pettinini e fermagli quando
gliel'ho CHIESTI - spiegò ironicamente. Si avvicinò a Lily: il ritratto del
medaglione raffigurava una bambina di circa tre anni. La ragazza fece scattare
una levetta: si aprì un altro scomparto con la dedica "Alla mia Catherine. JosephAbbott." . - Papa... - sussurrò
Lily in francese.
Capitolo 4 *** Il mio passato (raccontato da Lily) ***
Appena le campane di Port Royal suonarono le sette, Lily, puntualmente,
si svegliò
Mio padre Joseph, mia madre Clodette. Mio zio John, mia zia Cynthia. Mio cugino François e me, Catherine. Ma come ho fatto a dimenticarmi tutto? No,
ora ricordo: persone, nomi, luoghi, fatti... E quella
immensa
villa isolata immersa nel verde... Se avessi saputo che sarebbe bastato vedere
il sorriso di Will (sì, Will, perché io lo conoscevo
prima che diventasse l'amichetto di miss Elizabeth Swann) per ricordare il mio
passato lo avrei costretto a sorridere in ogni modo! Ed ora... Ora potrà il capitano Jack Sparrow credere alla mia storia?
Potrà credere che io, ora cameriera di una locanda, prima ero... I suoi occhi
dimostrano che vuole sapere la mia storia. Inizio.
- Come avrai capito, capitano, mi
chiamo CatherineAbbott. - . Nessuna reazione.
Continuo: - Forse a te questo nome non dirà niente, ma gli Abbott sono una famiglia di origini inglesi, emigrata
tempo fa in Bretagna. Sono ricchi, - esito - molto
ricchi.
- aggiungo. Il capitano non ha ancora alcuna reazione. Tanto vale dire tutto
quello che posso, almeno mi libero del peso del mio segreto, il mio passato strano. - Le
famiglie sono ricche o perché di
origini
nobiliari o perché hanno avuto successo. Gli Abbottno. Almeno non ho visto
nessuno della mia famiglia che commerciasse o cose del genere, né ho
mai saputo di affari che i miei genitori portassero avanti. Io passavo le
giornate con mio cugino François, e vedevo i miei solo a cena, sapevo
davvero poco di loro. In realtà non ho mai capito la mia famiglia fino in
fondo: non mi hanno mai spiegato perché le donne dovessero avere un nome con la C come lettera
iniziale, né perché non avessimo mai ospiti o non potessi intrattenere rapporti
coi miei coetanei. Un'altra
cosa che non mi spiego è come gli Abbott riescano a sapere due
lingue, inglese e francese, fin da quando inizino a parlare e sappiano
camminare già a sei mesi. E come mai tutti gli oggetti che mi circondavano
fossero d'oro... - . Una luce d'interesse
s'accende nello sguardo del capitano. Lo sapevo che si sarebbe interessato a
questo particolare. - TUTTO d'oro? - chiede. - TUTTO: dalle stoviglie fino a
fermagli e pettinini, come questi. Non erano
oggetti particolari per me, capitano,
ma
oggetti ordinari, da usare ogni giorno. - rispondo. Il suo sguardo non riesco a interpretarlo.
Continuo: - Ma tra le stranezze degli Abbott, la principale era una, e
tutto era legato ad essa. Sebbene, come ogni componente della famiglia, fossi
molto precoce, c'era una parola che, a quattro anni (cioè l'ultimo anno che vissi con
la mia famiglia) non riuscivo a capire: alchimia. - . - Vuoi dire che...? - . Sapevo che il
capitano avrebbe capito velocemente. - Esatto. La mia famiglia s'interessava
d'alchimia, e aveva scoperto la formula per trasformare ogni metallo in oro.
Non solo: dedicandosi agli studi alchemici aveva fatto anche altre scoperte,
come allungare la vita, avere la formula dell'eterna giovinezza, o rendere più
precoci le persone. - .
Io con
mio cugino François seduti sul verde prato
della tenuta. - François, che significa alchimia?
- . - Non te lo posso dire, Cathy. Ma quando avrai la mia età te lo spiegheranno. - . -
Ma tu hai sette anni! Io solo quattro... Voglio saperlo! - . - Non posso
davvero Cathy. Sei felice? - . -
Felice? Che significa? - . -
Significa stare bene con quello che si ha. - . - Quando i miei genitori non ci
sono no... Li vedo solo a cena, e li sento di notte di sotto... Dove sono loro
e gli zii? Perché li vediamo così
raramente? - . Mi baciava. - Capirai presto Cathy. Per adesso basta che tu
sia felice la notte - . Già, la notte. E il terribile segreto degli Abbott...
- Lil.. cioè, Catherine! Mi senti? - . Il
capitano mi porta alla realtà. Lo guardo. - Ricapitolando: la tua famiglia era
ricca perché aveva scoperto la formula dell'oro alchemico, giusto? Più altre
cosucce che rendevano strambi gli Abbott, no? Ma a te, cos'è successo? - continua. Non ho
voglia di farla tanto lunga, ma devo continuare. - Una notte, i miei stavano di
sotto e io avevo appena dato loro la buonanotte. Uscirono, per andare a teatro,
e mi lasciarono con la governante. Mentre stavo dormendo fui svegliata da urla
che provenivano dal piano inferiore, ma non feci in tempo ad aprire gli occhi
che fui bendata, legata e
costretta a stare muta da una voce che non conoscevo. I rapitori mi portarono
in un posto che non conoscevo e chiesero un riscatto altissimo a mio padre. Io
lo capivo, però... Mio padre poteva pagarlo, ma
non lo fece. Era attaccato al suo denaro, e non mi liberò in nessun modo. Così i
rapitori mi portarono in un'altra città, e mi costrinsero a chiedere
l'elemosina per strada, finché un giorno fuggii. - . - E non ti cercarono? - m'interrompe il
capitano. - Per loro ero una piccola rompipalle, che importava? Vissi un po'
con degli straccioncelli più grandi di me, che mi
presero tra loro. Poi riuscii
ad imbarcarmi clandestinamente su una nave, quella naufragò e... il resto lo sa. - concludo. Jack Sparrow mi guarda: - C'è qualcosa
che non mi racconti, Lily... -
.
Appena le campane di Port Royal suonarono le sette, Lily, puntualmente,
si svegliò
Will era disteso sul letto. Guardava il soffitto, la
parete… ma non vedeva le mura,anzi! Tutto intorno a lui prendeva le forme della
ragazza che aveva detto di chiamarsi Lily Sparrow. Non se n’era invaghito, ma
c’era qualcosa in lei che gli tornava familiare e che lo aveva scombussolato
per tutto il resto della giornata. Anche Elizabeth se n’era accorta, e gli
aveva chiesto cos’aveva, ma Will non gli aveva risposto… Le sue parole ( - Ho
conosciuto una strana ragazza… - ) potevano essere intese in modo equivoco, e
lui non voleva che tutto finisse in malora pochi giorni prima del suo
matrimonio.
Dunque Jack
Sparrow aveva una figlia? Impossibile! Eppure quella ragazza aveva detto di
chiamarsi così. Che avesse sentito il nome del pirata e l’avesse fatto
diventare suo? Era talmente sconsiderata e di poco senno? No di sicuro,
tutt’altro, negli occhi di Lily brillava intelligenza allo stato puro! E
allora? Un’omonimia? Possibile, ma Will ci credeva poco: intuiva, sapeva che
tra lo strambo pirata che aveva invitato al suo matrimonio e la donna che gli
aveva portato il regalo del suo vecchio maestro fabbro c’era un legame. Non
capiva quale, ma c’ERA. Ed era intenzionato a scoprirlo: non sapeva perché ma
ci TENEVA a scoprirlo. O, forse, sapeva il perché ma non lo voleva ammettere
con se stesso: era una cosa ormai dimenticata e sepolta da tanto tempo. Però lo
sguardo fiero e tuttavia mesto di Lily Sparrow l’aveva risvegliato, e Will non
ce la faceva più a tenersi dentro e a rimuovere continuamente quel ricordo che
veniva a galla. Chiuse gli occhi e si mise a pensare…
- Will! Will! -
. Com’era dolce la voce della mamma. Dolce e soffice, piena di allegria e di
apprensione. Ma se voleva poteva anche diventare dura e aggressiva quando lo
riprendeva per qualche azione sbagliata o una marachella. Will adorava sua
madre, ed era pronto a fare di tutto per lei. Suo padre, invece, non l’aveva
mai conosciuto! Ma durante la traversata la mamma gli aveva rivelato un grande
segreto: quando sarebbero giunti a destinazione, il padre di Will sarebbe stati
ad attenderli! – Sono qui, mamma! Sto vedendo i delfini! – le rispondeva ogni
volta che lo chiamava sulla nave: nel mare si vedevano i mammiferi che,
argentei, facevano le capriole, come se allestissero uno spettacolo solo per
lui. – Non dire sciocchezze, Will! Non c’è nessun delfino! – lo riprendeva
dolcemente la madre, avvicinandosi. – Ma ora allontanati da lì: con questa
brezza ti prenderai un malanno. - . Will se ne andava, rattristato dal dover
lasciare i delfini che lui vedeva. Si girava una volta, giusto in tempo per
ammirare uno dei mammiferi che, con un balzo prodigioso, arrivava fino
all’altezza della nave, e poi seguiva la madre. Non si accorgeva mai che il
delfino scompariva a mezz’aria e che, quando comparivano nell’acqua, c’era
sempre un piccolo passeggero coperto da una mantella nera che sorrideva ogni
volta che Will gli passava accanto.
Era
necessario compiere quel lungo viaggio noioso per conoscere suo padre? Will se
lo chiedeva spesso: già lui e sua madre navigavano da giorni e giorni, e ancora
non si arrivava a destinazione. Ed era impossibile dire che sulla nave ci
fossero dei divertimenti… o, almeno, lui non ne trovava. Certo, c’erano i
delfini che solo lui vedeva, e anche diversi bambini, ma quest’ultimi erano
tutti della prima classe! Gli unici che appartenevano alla sua categoria erano
due fratelli che giocavano sempre insieme! Per il resto, solo lattanti.
Sopportare un viaggio interminabile poteva andar bene, ma addirittura noioso…!
Per conoscere, poi, un uomo di cui aveva solo il cognome, Turner, che aveva
abbandonato la mamma! Ma i pensieri di Will si fermavano lì, e non tentava di
esprimerli neppure: l’unica volta che aveva provato aveva ricevuto uno schiaffo
dalla madre. – Will, vergognati!! Pensare così di tuo padre! Un uomo bello,
ricco, gentile e soprattutto onesto! Ce ne sono così poche di persone oneste di
questi tempi! Non pensarlo mai più! - . E così era costretto a tenersi tutto
dentro, con l’unica consolazione dei delfini.
Quel giorno
il mare era più calmo del solito, e Will si trovava, come suo solito, sul
ponte, aspettando la visita dei suoi amici mammiferi che nessun altro vedeva…Ma
questi tardavano a venire. Forse aveva ragione la mamma, non esistevano, erano
frutto della sua fantasia, un modo per ingannare il tempo… Ma possibile che le
altre volte fossero così reali? I suoi pensieri furono distratti dal suono di
uno zufolo vicino a lui. Si girò e per poco non cadde a sedere per la sorpresa.
Vicino a lui, senza che se ne fosse accorto, era venuta una figurina avvolta in
una mantella nera: suonava sullo zufolo una canzone non popolare, ma
estremamente complicata, che non riusciva a capire come potesse rendere così
efficacemente con quello strumento così rudimentale. Ma la cosa più strana era
la sua posizione: non era seduta, bensì SDRAIATA sull’orlo della barca, in un
modo tale che un minimo scossone l’avrebbe sbalzata nel mare. Tuttavia era
tranquilla, e non si teneva con le mani, con quelle era occupata a muovere lo
zufolo per fare la canzone. Will guardò i piedi dello strano passeggero: se
erano caprini poteva essere il diavolo… Ma erano umani, e anche molto minuti…
Forse neppure questa figura era vera… Che stesse…
- No, non stai
diventando pazzo. Sono reale. – disse una voce. Will guardò il passeggero: era
lui che aveva parlato? Sembrava di sì, perché aveva smesso di suonare… Ma come
faceva a sapere i suoi pensieri? E poi aveva una voce femminile… - Oh, bella!
Certo che ho una voce femminile, sono una bambina! – disse la figurina avvolta
nella mantella nera. Scese sul ponte e abbassò il cappuccio, facendo vedere i
suoi lunghi capelli neri ei tratti del viso femminili. – Mi chiamo Catherine
Abbott, piacere. - . Will restò lì per lì sorpreso, poi rispose. – Will Turner,
piacere mio. – come gli aveva insegnato la mamma. Da quel giorno Will e Catherine
divennero inseparabili.
Will era
felice di aver trovato qualcuno che giocasse con lui sulla nave: non importava
che fosse una bambina, perché Catherine aveva gusti maschili in fatto di
divertimenti. Giocavano in tutti i modi possibili, e la madre vedeva anche di
buon occhio la loro amicizia, stranamente. Se erano stanchi si fermavano sul
ponte a guardare i delfini che non mancavano mai, e li riuscivano a vedere
tutti e due, oppure correvano per tutta la nave fino a perdere il fiato, o si
nascondevano nei posti più impensabili. Il momento più bello, però, era verso
sera, quando entrambi, stanchi, si sedevano nel cantuccio dove Catherine
dormiva (dato che era clandestina) e Will ascoltava le storie che lei
raccontava. Racconti fantastici, misteriosi, e alcune volte anche spaventosi,
oppure solari, fatti di vita vissuta dalle persone nobili, immensi castelli e
giardini grandi come labirinti. Della famiglia di Catherine il ragazzo non
sapeva granché, anzi, nulla, e di lei, solo il nome e l’età, qualche anno più
piccola di lui. Non le domandava nulla, temendo d’offenderla, si limitava a
godere quei momenti… Poi la bambina era davvero strana. Riusciva, per esempio,
a trasformare i sassolini per la fionda di Will in oro, e gli intimava di non
dirlo a nessuno e di usarli per pagare solo in caso di estrema necessità:
purtroppo Will, quando fu salvato da Elizabeth Swann, li aveva persi tutti,
altrimenti li avrebbe fatti esaminare.
Con
Catherine, poi, Will scoprì l’amore: quel piccolo amore infantile che sovente i
bambini si giurano. Di nascosto dalla madre si scambiavano teneri baci,
promettendosi che non si sarebbero mai lasciati. Lo fecero anche il giorno in
cui la nave fu intercettata dai pirati, e solo Will si salvò… Almeno così
sembrava.
Ed ora Will
era un uomo, si stava per sposare e una ragazza, che si chiamava Lily Sparrow,
fin troppo simile a Catherine, era giunta a turbare la sua vita. Possibile che
fosse lei? Il sorriso, gli occhi, i capelli: tutto combaciava, a parte il nome.
– No, non devo pensarci più! – intimò a se stesso Will. – Catherine è morta con
tutti gli altri nella nave. Sono solo stupide coincidenze. –
Capitolo 6 *** La partenza (raccontato da Lily-Catherine) ***
Appena le campane di Port Royal suonarono le sette, Lily, puntualmente,
si svegliò
Non
riesco a dormire: se chiudo gli occhi vedo solo il viso incredulo del capitano Sparrow che mi dice che gli
racconto frottole, che quello che ricordo è un puro frutto della mia fantasia.
- Su, Lily, penso che ci arrivi da sola. Non puoi essere una nobile… Poi
alchimia, tutto che viene trasformato in oro, la
formula dell’eterna giovinezza… No, non è davvero credibile, anzi, a dirla
tutta, impossibile! - . - Non mi chiami più Lily! Io sonoCatherine! CatherineAbbott! - . Ma, prima che potessi urlargli tutte le mie
ragioni e la mia rabbia, Marianne mi aveva trovato e mi aveva ricondotto alla locanda. - Anche
lei capitano. Sono sicura che alla nostra padrona farà
piacere rivederla. - . No, è davvero impossibile dormire, non ce la faccio.
Rimarrò sveglia fino a tardi, fino a quando mi dovrò
alzare, se necessario. Non voglio dormire… e se sognassi
il terribile segreto degli Abbott? Quel segreto che
mi affligge da così tanti anni ma che non posso rivelare a nessuno? E se si compisse qui la… no, non può succedere. Non c’è la luna
piena e non sono infelice, non può colpirmi la maledizione che grava sulla mia
famiglia. La maledizione e il nostro terribile segreto non arrivano fino a qui.
Ma poi come fa a dormire la gente con questi rumori…
Persino l’ululato di un lupo… L’ululato di un lupo? LORO sono qui! (Scusate, ma quest’uscita “alla Legolas” era troppo carina! N.d.A.)
Devo
essermi assopita. E’ giorno inoltrato, il sole è già
alto… Mio Dio, no, la padrona mi sgriderà! Ma perché
non ho sentito le campane? Marianne poteva pure
svegliarmi, l’ ho sempre aiutata, perché non mi ha avvertito che era ora di
alzarsi… Che male la testa… Mi gira tutto… Ieri devo
essermi sognata l’ululato, non c’è altra spiegazione. LORO non possono essere
qui. E poi per chi? Per me? Se mi volevano così bene me lo dovevano dimostrare molto tempo fa… Circa
quindici anni o giù di lì. Mah, sarà meglio scendere le scale. Ma chi è che bussa alla porta? Arrivo, arrivo. Sarà di
sicuro la padrona, mi caccerà dal posto di lavoro… O forse no, se il capitano è
ancora qui.
Davanti a me
c’è Marianne. - Marianne? Bell’amica, mi hai svegliato proprio in tempo…-
, ma non finisco la frase, ha la faccia stravolta. - Cosa
succede? - . - Oh, Lily, è tremendo! Hanno
rapito miss Elizabeth Swann! - mi risponde. Fatico a
credergli. - Chi, scusa?- . - Miss Swann,
la figlia del governatore. Tutta la città è in subbuglio. Qui alla locanda non
sappiamo che fare… Teniamo ancora chiuso, non vorremmo
che si pensasse che durante questo duro frangente noi guardassimo al lato
economico della faccenda… Tipo gente che viene per commentare il fatto e
intanto ordina qualcosa. - . - Ma nessuno fa niente? -
. - Il Commodoro, il futuro maritoWillTurner e il tuo tutore
si stanno preparando a partire. La destinazione è ignota, ma un uomo ha
affermato che ha visto uomini vestiti stranamente che la portavano su una nave
e andavano verso est… - . Ma appena Mari ha detto “il tuo tutore” non la sento più. - Il capitano Sparrow è già partito senza dirmi niente? - . - No, dovrebbe essere in procinto di partire, ancora al porto, non ha
voluto svegliarti. - . Che incosciente! Se l’ululato l’ ho sentito e non me lo sono sognato e se è
collegato con il rapimento non sa cosa l’aspetta. Vuole morire? Loro non gli
permetteranno di riprendersi miss Elizabeth così facilmente! Devo imbarcarmi… Ma dove ho messo i vestiti da uomo che tengo per
ogni evenienza… Eccoli! Pantaloni
marrone, camicia bianca, cappello verde oliva per i capelli… non dovrei
destare sospetti! - Lily, ma cosa fai? Sono indumenti maschili! - mi riprende Marianne. Lo so bene, ma non l’ascolto neppure. Ah, ecco il medaglione che mi ha consegnato ieri il capitano:
meglio metterlo al collo per ogni problema. E
devo prendere anche i pettinini e gli altri oggetti
d’oro: si sa, i mostri marini adorano i tesori, e il capitano ne dovrà
affrontare molti, se ho intuito bene chi ha rapito miss Elizabeth. - Mari,
tieni queste. Sono monete d’oro: ripagheranno la padrona per tutto il tempo che
starò via. - . - Ma dove vuoi
andare conciata così? - . - A liberare miss Elizabeth,
è ovvio. - . - Lascia questo compito agli uomini, noi donne… - . - Loro non sanno a cosa vanno
incontro!! Smettila di mettermi i bastoni tra le ruote, aiutami ad uscire senza
che la padrona mi veda!! - . - Lily… - . - Tornerò
sana e salva, vedrai. - .
Sono stata poche volte al porto, ma non avrei mai pensato che
potesse essere così caotico. O lo è adesso per la
scomparsa di miss Elizabeth? Chissà se i miei genitori fecero lo stesso quando ero ancora Catherine…
Ma adesso non devo pensare a questo. Quello è Commodoro lo
riconosco! Ma che fa? Aggredisce WillTurner? E’ pazzo? Sarà
meglio avvicinarsi, non vorrei destare sospetti… La città è pettegola, e se
vedono che guardo con insistenza la scena chissà cosa potrebbero pensare i
cittadini… Forse che ho un collegamento coi rapitori.
Meglio non destare preoccupazioni.
- Le avevo detto di trattarla bene. E ora la
rapiscono di nuovo! Lei è un incosciente! - . Commodoro prova un gusto sadico
ad aggredire Will. Che fai,
diamine? Reagisci, no? - Veramente… - . - Veramente un corno! Mi chiedo ancora
come abbia fatto a liberare miss Elizabeth l’altra volta da quei pirati
maledetti… E’ solo uno smidollato! Altro che uomo! Un ragazzino imberbe e
impaurito… E ora non abbiamo neppure una nave per
riprendere i rapitori, la mia flotta l’avevo rimandata da poco in Inghilterra…
- . E’ ancora Commodoro che parla… Sembra che siano nei guai. - Una mossa
davvero astuta, non c‘è che dire… - interviene il capitano Jack Sparrow, continuando - Questa Elizabeth
ha una spiccata propensione a farsi rapire… - . - Lei stia
zitto! Tollero la sua presenza solo perché miss Swann
l’ ha voluta al suo matrimonio. E parli di lei con più
rispetto! - . Commodoro ama la voce alta, eh? Sono sicura che il mio tutore lo
riprenderà. - Non le conviene farmi arrabbiare, perché se ho capito bene la mia
Perla Nera è l’unica nave disponibile… - . - Non
salirò mai sulla sua nave! - . - Bene, resti qui, e io e Willriprenderemo Elizabeth meritando tutta la gloria del
caso… - . Commodoro ne esce sconfitto. Bravo capitano!
- E va bene. Ma se i suoi uomini tentano un’azione
sovversiva contro di me o uno qualunque del mio seguito… Gliela farò pagare. - . - Affare fatto! Sciogliete le vele! Chela
Perla Nera si prepari a partire! - . Come senza di me?
Capitano, lei è veramente ingiusto e senza cuore!
- Aspettate, voglio venire con voi! - urlo. Nessuno mi bada,
solo Commodoro si gira e mi dà un’occhiata. - Tu,
ragazzino? - mi chiede, pensando che io sia un maschio. Beh, era questa la mia
intenzione, no? - Sì, io. Sono bravo sulle navi, posso
essere un mozzo perfetto, non creerò problemi. - lo supplico… Più che altro penso, con la mia presenza, di proteggere la Perla Nera dai
pericoli, e di levarmi la noia che PortRoyal mi ha gettato addosso durante questi anni presso la
locanda. - Niente da fare, sei troppo piccolo. Quanti
anni avrai? Sedici al massimo, se non di meno… Sembri più una femmina… Torna a
casa, sarai più utile là. - .Ma
come si permette? Certo che sembro una femmina, lo sono! E
meno male che il mio seno è poco sviluppato, così posso coprirlo facilmente con
abiti maschili. Quasi quasi uso la catena che ho sempre sotto i miei vestiti e strozzo Commodoro… Ehi, non
partite! No, Commodoro, non salga sulla nave! Neppure tu, Will ! Capitano Sparrow, non mi
abbandoni pure lei! - Al ladro! - sento una voce maschile poco lontana da me
che urla. - Al ladro! - gli fa eco più lontana una voce femminile. Ma che sta succedendo?
Commodoro
deve aver sentito quello che ho percepito io, perché scende di corsa dalla nave
e ordina ai suoi uomini di cercare i ladri. - Deve essere un altro colpo
combinato della banda che da giorni sta imperversando…- lo sento sibilare,
accanto a me. - Non si parte fin quando non li
catturo! - . Improvvisamente vedo un uomo che, correndo all’impazzata, fende la
folla con gomitate e spintoni, e va verso la città, in direzione opposta alla
mia… E’ lontano, ma i miei occhi, più acuti di quelli normali fino dalla nascita, lo notano ancora, e la mia abilità con
la catena può colpirlo se m’impegno… Non posso stare a ragionare. Tiro fuori la
catena da sotto i pantaloni, la roteo e la lancio: girando ancora, quella vola
sopra le teste della moltitudine assiepata nel porto e colpisce l’uomo. Ce l’ ho fatta! Contemporaneamente ne sbuca un altro
correndo vicino a me: con questo è più facile, basta uno sgambetto… I due ladri
sono pronti per la prigione.
La folla è ammutolita, tutti mi guardano, e così anche
Commodoro, accanto a me. - Il problema è andare a riprendere la catena… - dico
tra me e me. - Fa presto, - mi consiglia Commodoro - poi sali sulla Perla Nera.
Sei assunto, ragazzo. - . Non me lo faccio ripetere
due volte, da quanto tempo aspettavo questo momento! Corro a riprendere la
catena con il cuore che mi scoppia dalla felicità: ritorna l’avventura, ritornano i momenti magici sulla nave, ritornano
l’agitazione e la bellezza del mare! Quando, presa la catena,
vado verso la nave e alzo lo sguardo incontro gli occhi del capitano Jack Sparrow. Ahia, mi ha visto, e sa che solo poche
persone sanno usare la catena a quel modo… E solo una
a PortRoyal: io. Ma, quando salgo, evito di guardarlo, e lui non mi rivolge
parola.
Appena le campane di Port Royal suonarono le sette, Lily, puntualmente,
si svegliò
Sulla Perla Nera, che in
quel momento conduceva la ciurma e la Marina Britannica
sulle tracce di Miss Elizabeth Swann, di lavoro ce n’era poco da fare: certo,
preparare il pranzo, ripulire la nave (dato che il Commodoro aveva protestato
per il grado di pulizia presente, davvero basso) e maneggiare il timone… ma
quando Lily (o sarebbe più giusto chiamarla Catherine?) era salita, già tutti
stavano attendendo al proprio lavoro. L’unica donna della ciurma al timone,
alcuni a preparare il pranzo ed altri che si davano da fare per rendere la nave
un poco presentabile: nessuno si accorgeva di lei, tutti presi nella propria
occupazione. “ Tanto meglio! “ pensò la ragazza. “ Almeno non mi tocca fare le
cose cui mi costringeva il capitano quando ero piccola… “ continuò, ricordando
gli allucinanti lavori “da donna”, come li chiamava Jack Sparrow, che doveva
compiere quando ancora viaggiava sulla Perla Nera, cinque anni prima: il
capitano era convinto che la bambina che aveva salvato dal bordello dovesse
diventare alla fine una brava moglie… Ma a proposito dov’era lui? Dalle voci
che giravano sembrava che si fosse ritirato nella propria cabina, a fare cosa
non si sa… Chi diceva a consultare carte nautiche, chi asseriva che non voleva
stare ancora a sentire i continui lamenti del Commodoro e i battibecchi tra la
sua ciurma e i componenti della Marina Britannica e così via. Lily (per
convenienza la chiamiamo così) non si preoccupò di vedere cosa realmente
facesse l’uomo che l’aveva salvata tanti anni fa. Semplicemente si mise ad
ascoltare i rumori della nave, sdraiata sul bordo del veliero, come era solita
fare da piccola… Come l’aveva vista per la prima volta Will, nella posizione
che il capitano temeva tanto perché pensava sempre che la sua piccola “figlia”
potesse da un momento all’altro cascare tra le onde del mare. Così sistemata,
con gli occhi chiusi, iniziò ad ascoltare le voci dei vari occupanti
dell’imbarcazione.
- La
ucciderei, se solo mi fosse possibile… Mio Dio, ma come è possibile che il
governatore abbia potuto scegliere lei al posto mio? Accettare che sua figlia
sposasse un umile fabbro piuttosto che ME! - . Il Commodoro continuava a
muovere a Will sempre le stesse accuse: era un fabbro, non un nobile, non era
stato capace di salvare Elizabeth da chi l’aveva rapita, non sapeva far altro
che combinare pasticci, era amico di pirati e poteva contare solo sull’aiuto di
tipi come Jack Sparrow e la sua lurida nave quando si trovava nei guai. Will,
paziente, stava ad ascoltarlo, cercando di rispondere ogni tanto, anche se
sapeva perfettamente che il Commodoro non l’avrebbe ascoltato, tutto preso
dalle sue considerazioni… Intanto, mentre i due passeggiavano per la nave quasi
litigando (o meglio, l’uno monologando, l’altro ascoltandolo) incontravano
sempre qualcuno che parteggiava per l’uno o l’altro uomo, a seconda che facesse
parte degli uomini della Perla Nera o della Marina Britannica. In fondo
l’aspetto comico del dialogo trai due era un modo per divertirsi quando non si
aveva nulla da fare sull’ imbarcazione, e poi gli spropositi del Commodoro e le
mezze risposte di Will erano troppo divertenti. Suo malgrado anche Lily si
trovò ad ascoltare la scena sorridendo, mentre i due venivano verso di lei, e
aprì gli occhi osservandoli e ascoltandoli con ancora più attenzione quando le
si fermarono vicino: non si erano accorti di lei, dato che il bordo della nave
non era certo un punto dove si fermavano i sguardi dei più… Anche se una figura
sdraiata in quel punto poteva attirare facilmente l’attenzione! Così, dopo aver
parlato di miss Elizabeth e del suo pretendente più appropriato, i due, non
certo riappacificati ma finiti gli argomenti di discussione, si misero a
guardare il mare. - Il mare… - sospirò il Commodoro. - Causa di sfortune e di
gioie… - continuò filosofeggiando. - Possibile che noi uomini non possiamo
combattere contro questo nemico immenso ma composto da sola ACQUA? - gridò
quasi a se stesso, facendo un brusco movimento con il braccio. - Ahi! Faccia
più attenzione! - sentì una voce vicino a lui. Si girò e solo allora i
due videro Lily sdraiata sul bordo accanto a loro.
- Ma…
ragazzino! - balbettò il Commodoro esterrefatto alla vista dello “spettacolo” .
- Come…come… - . - Sto sdraiato? Non lo vede? Se muoveva ancora un po’ il suo
braccio mi avrebbe buttato in acqua! - rispose Lily, risentita. Poi,
accorgendosi dello sguardo accigliato dell’uomo, si ricordò che in fondo era
lui che l’aveva assunta, quindi, con il volto falsamente contrito, si riprese.
- Mi scusi, signore. E’ che ho davvero passato un brutto pericolo… Ovviamente
lei non mi aveva vista… cioè, visto! - si corresse subito, accorgendosi di aver
sbagliato. Will, vedendo quello che credeva un ragazzino, si meravigliò più che
altro della sua posizione… Era identica a quella della piccola Catherine
Abbott… Due giorni e già tanti ricordi gli venivano da quel viaggio in nave
compiuto tanti anni prima! - Hai imparato da qualcuno questa posa? - chiese, in
cuor suo sperando di ricevere notizie sulla ragazzina che pensava fosse
tragicamente morta durante il naufragio. Chissà, magari si era davvero salvata…
- No. - rispose laconicamente Lily, immaginando che se avesse detto di sì
qualche indizio avrebbe condotto il giovane e bel fabbro a dubitare della sua
morte durante l’affondamento. - Ah… - disse Will, con il volto triste. No,
Catherine non si era salvata… Ma perché pensava sempre a lei? - E dunque… -
riprese il Commodoro, - … cosa fai qui sdraiato, mozzo? Non avevi detto che ti
saresti dato da fare? - . - Oh, ma nessuno qui ha qualcosa da fare, quelli
indaffarati sono già molti, e ormai hanno già compiuto ogni occupazione. Ho
chiesto se volevano il mio aiuto, ma hanno rifiutato. - mentì spudoratamente
Lily. - E come ti chiameresti? - continuò il suo interlocutore. La ragazza si
trovò in alcuni momenti di panico totale, poi gli venne un nome alla bocca. –
John - . - John…? - chiese il Commodoro, aspettandosi il cognome. - John…
Russel! - tirò fuori la ragazza, sparando un cognome a caso, ma il Commodoro
sembrava soddisfatto. Vedendo che non accennavano ad andarsene, Lily prese a
rovistare nel suo striminzito bagaglio che teneva con sé e tirò fuori il suo
zufolo, insieme alla catena era l’unico oggetto che la legava al passato, al
periodo vissuto insieme ai monelli di strada. - Posso suonarle una canzone? -
chiese al Commodoro, tanto per fare qualcosa. L’uomo, sbalordito dalla
richiesta, acconsentì: - Almeno ti terrai occupato! La musica è ristoro
dell’anima… - . Lily non se lo fece ripetere due volte: in breve tempo sfoggiò
sullo zufolo una musica complicata ed elaborata, come solo lei riusciva a fare,
adesso ricordava perché.
- Mamma, mi
canti ancora quella canzoncina? - . Catherine aveva tre anni quando rivolgeva
questa richiesta alla madre: voleva sempre una canzone per addormentarsi, e
quella che faceva “Softly, gently, night…” era quasi una ninna-nanna. (La canzone è “The Music of the Night” tratta da “The Phantom of the
Opera”… Scusate,
ma la mia ignoranza è infinita riguardo la musica di quel tempo! N.d.A.) . La
madre, prontamente, acconsentiva. Così, nella mente di Catherine si affollavano
le canzoni dell’Opera e di teatro, le grandi rappresentazioni musicali di quel
tempo, inglesi, francesi ed italiane, e lei imparava a suonarle… mentalmente,
certo. Poi, quando si era trovata uno zufolo tra le mani aveva provato a ricostruire
quelle musiche nella mente…E c’era riuscita.
- Ma… Questa
è la musica di una canzone di “The Phantom of the Opera”! Ma non è possibile
suonarla con uno strumento così rudimentale! John tu non puoi… conoscerla, non
puoi… suonarla! - commentò il Commodoro quando Lily smise di muovere abilmente
lo zufolo. La ragazza non sapeva cosa rispondere, anche perché aveva notato che
molti si erano fermati ad ascoltarla… Stava per replicare con qualcosa di
appropriato quando il cuoco, l’unico non ammaliato dalla musica perché era in
cucina, si affacciò dalla stiva e annunciò che il pranzo era pronto. Tutti
andarono verso la porta che conduceva alla stanza che fungeva da sala da
ritrovo e da sala pranzo, vociando, e il Commodoro, allontanandosi, si voltò
per ordinare a Lily: - Mozzo… John Russel, avvisa il capitano. - .
Bussò alla
porta. Nessuno rispose. Poteva entrare? Non lo sapeva, ma spinse lo stesso
l’uscio. La cabina di Jack Sparrow era oscurata, le tende tirate sull’oblò non
permettevano alla luce del sole di penetrare. - Che succede? - sentì una voce
dietro di lei. Girandosi Lily vide il capitano in piedi, che le chiudeva la
porta alle spalle. - Mi hanno ordinato di annunciarle che il pranzo è pronto… -
disse la ragazza, cercando di tare il tono più maschile possibile alla sua
voce, dato che immaginava che il capitano potesse riconoscerla. - Ah, sei il
nuovo mozzo… - disse lui, con un espressione sardonica. - O dovrei dire la
nuova piccola marinaia? - . Lily non si scoraggiò: - Non capisco cosa vuole
intendere… Mi chiamo John Russel e… - . Il capitano non la lasciò finire. Si
avvicinò di più a lei e scosse la testa. - Lily, Lily… Possibile che non ti
rendi conto che ti riconoscerei ovunque? Se non bastassero i tuoi vestiti, che
ti ho comprato personalmente e che hai voluto sempre dello stesso colore, il
cappello verde oliva, i pantaloni marroni e la maglia bianca, ti distinguerei
per la forma del tuo viso o la tua bocca che mi ha sempre lanciato improperi
ogni volta che mi arrischiavo a chiamarti Lilibeth o Lilith. E inoltre solo tu
puoi avere un portamento quasi… regale e solo tu hai occhi così blu… Senza
parlare del modo in cui usi la catena, che è unico nel suo genere… - . Si
avvicinò ancora di più e tolse il cappello alla ragazza, i lunghi capelli
corvini le caddero giù . - Come volevo dimostrare… - sorrise il capitano. Lily
abbassò gli occhi, sentitasi scoperta. – Adesso cosa vuole fare, capitano?
Abbandonarmi? - chiese, senza guardarlo. - Prima di tutto, Lily, dovrai dire al
resto degli abitanti dell’imbarcazione chi sei: che ti chiami Lily Sparrow e
che io sono il tuo tutore. - . - Io non mi chiamo Lily Sparrow, ma Catherine
Abbott! - . - Fa poca differenza. Comunque sia dovrai rivelare che sei una
ragazza, poi potrai restare, ma non dovrai intralciare la missione. - . - E se
rifiutassi? - . - Allora ti lascerò nel primo porto dove sbarcheremo, e forse
tornerò a prenderti… Se tornerò dalla missione e se questa avrà avuto buon
esito. - . - Cioè mai, viste le possibilità che avete di rintracciare
Elizabeth. - . - MISS Elizabeth Swann, Lily. Per te e, per forza di cose,
anche per me. Forza, andiamo a mangiare. - . “Miss Elizabeth Swann…” pensò
Lily, oscurandosi in volto, mentre seguiva il capitano. “Cosa vuole che sia una
misera figlia di governatore in confronto a me? Miss Catherine Abbott de
Tintagel! * “.
* Tintagel è uno dei luoghi
legati al culto di Re Artù, Merlino ei Cavalieri della Tavola Rotonda.
Capitolo 8 *** La rivelazione (raccontato da Commodoro) ***
Appena le campane di Port Royal suonarono le sette, Lily, puntualmente,
si svegliò
Quindici
minuti. Tanti sono passati da quando ho mandato quel
mozzo, GeorgeRussel, a
chiamare Jack Sparrow, il “capitano” di questa lurida
bagnarola. Quindici minuti, e ancora non arrivano. Picchietto furiosamente le
dita sul tavolo: sento i miei uomini che chiedono di mangiare, la ciurma di
questa nave che si oppone, perché Sparrow deve ancora
tornare. WillTurner guarda
il resto del mondo con aria assente… Non che mi aspettassi
molto da lui… Intanto passano i secondi ei due “dispersi” ancora non si vedono.
Mi nascono in mente diversi pensieri, uno predominante: e se…? Ma no,cosa vado pensando, il “capitano” è un uomo! Sì, però, già
da come si muove fa nascere qualche sospetto sulle sue… ehm… preferenze sessuali… Ma no, mi starò sbagliando! Eppure… E dire che, dopotutto, Russel non è
neanche male… Ha capelli neri e setosi, come dimostra
la ciocca che gli cade sul viso, l’ho osservato mentre parlavamo… Occhi blu
come il mare di notte… Lineamenti femminei e una pelle bianca che sarebbe
piacevole accarezzare… Ma Dio! Che penso! Devo
concentrarmi solo su miss Elizabeth, devo pensare solo
e unicamente a lei, questa missione è stata creata per salvarla! … Però… George Russel... Davvero non è male… No,
basta! Commodoro che vai dicendo? Deve essere l’influsso di questa nave e del
suo “capitano”! Russel è un UOMO! Però…
Eccoli, entrano. Meglio smettere questi discorsi, è
ora di mangiare.
-
Siediti qui. – dico al ragazzo appena entrato, indicandogli un posto vicino a
me. Il “capitano”, senza profferire parola, mi guarda trucemente e ordina con
tono perentorio al ragazzo di mettersi accanto a lui, indicandogli il posto
alla sua destra (quello alla sinistra è occupato da Turner).
Russel segue l’ordine di Sparrow,
mentre un mormorio di disapprovazione da parte della ciurma della nave accoglie
questa decisione, ma nessuno dei due appena arrivati ci fa
caso. Non mi piace l’espressione di Russel, ha
una smorfia dipinta in faccia, deve essere successo qualcosa di poco piacevole
con il “capitano”. E se le mie supposizioni fossero
giuste? Devo aiutarlo, ma non so come! Il cuoco sta per portare in tavola
quando Sparrowlo ferma con
un gesto della mano. – Credo che… debba dire qualcosa… - annuncia, indicando
dopo il “che” George, diventato improvvisamente
pallido. – Devo… ora? - sussurra il ragazzino, visibilmente agitato. – Pensavi
di farlo dopo? – gli chiede il capitano, adirato. Cosa
deve annunciare? Cosa c’è di così importante? – Pensavo di rovinare la loro digestione, non l’intero pranzo… -
sorride debole Russel. – Forza! – lo incita il
pirata, con un tono nella voce che non ammette repliche. – Non. – ribatte il mozzo… Aspettate… Ha ribattuto in francese! Ma non può… Solo i nobili conoscono questa lingua! – Oui! – gli grida di rimando Sparrow.
– Ora, adesso! In questo stesso momento! – continua, sempre più adirato, SEMPRE
IN FRANCESE. – Non voglio. – risponde calmo Russel,
sfoderando un sorriso che farebbe sciogliere il più gelido dei cuori… Tranne
quello del “capitano”. – Bene… Bene! - sussurra, poi urla, Sparrow.
– Cambiamento di rotta. – annuncia, placido. - Andiamo verso la prima isola
presente sul nostro tragitto! – ordina, perentorio. Il timoniere sta per
muoversi secondo le nuove direttive quando una voce stridula, di donna, urla : - Non puoi farlo, capitano! - . Con sorpresa mi accorgo
che è quella di George, sull’orlo delle lacrime, che
si è attaccato alla giubba di Sparrow
come un bambino piccolo che cerca di commuovere la madre. – Ne
abbiamo già parlato. – risponde il “capitano”. – Ma
desso o dopo cosa cambia? – piange il ragazzo . – A
quanto sembra dalle carte la prossima isola è
pressoché disabitata… - . – Va bene, lo dico, lo dico,
ma non mi abbandonare! – singhiozza George. Grosse
lacrime gli solcano le guance. Che tenerezza… Vorrei
prenderlo tra le mie braccia e conso… Commodoro! COSA VAI PENSANDO! – Bene. – commenta gelido il “capitano”.
– Dunque? – chiede, rivolgendosi al mozzo. Questo si
gira verso tutti noi, e, come fosse la cosa più
semplice del mondo, si toglie il cappello… Una coda di capelli neri gli ricade
sulle spalle, ciocche ribelli le incorniciano il viso… LE. Perché Russel è una donna, senza ombra di dubbio.
Una giovane donna che molti sembrano conoscere: l’equipaggio della nave ha un
sussulto, WillTurner
sbianca in volto e alcuni dei miei uomini sgranano gli occhi, altri sussurrano
qualcosa di cui intendo solamente la parola “cameriera”. – Sono Lily Sparrow. – inizia intanto la ragazza, con un tono di voce
cantilenante, come se ripetesse una nenia imparata a memoria. – Il capitano Sparrow non è mio padre, ma il mio
tutore. – continua, sempre con lo stesso tono di voce.
Poi, come se si fosse tolta un peso di dosso, con l’espressione più candida che
abbia mai visto, domanda: - Possiamo mangiare, adesso? - .
Mangiare…
Impossibile! Appena finita la presentazione ei vari
commenti, ogni uomo dell’equipaggio della nave si getta letteralmente contro Russel… Cioè, Lily, e la copre di baci, le da pacche
affettuose sulla schiena, la abbraccia. Lo stesso Sparrow,
dopo aver comandato al timoniere di riprendere la direzione originaria,
scompiglia i capelli alla ragazza come un padre affettuoso. Ma
per me esiste solo lei. Non so più che espressione abbia quello sciocco di Turner, né quale sia il volto del “capitano”: tutto quello
che vedo è una massa indistinta, tutti i colori si mescolano, i suoni non li percepisco più. Vedo solo lei, Lily, che, in un attimo di
tregua dalle coccole e dagli omaggi tributatigli dall’equipaggio, si gira verso
di me, sorridendomi. Me… A sorriso a me! Il mio cuore è sconvolto… Mi sembra di
essere un ragazzino, e in un attimo capisco che c’è qualcosa che lega Lily e
miss Elizabeth, oltre alla bellezza: il sentimento che provo
verso di loro… Ma giurerei che Lily ha qualcos’altro che mi sconvolge, qualcosa
che miss Swann non possiede: un anima candida… come
un cigno.
Quando finiamo di
mangiare è ormai pomeriggio inoltrato. Ogni membro dell’equipaggio riprende il
proprio compito, mentre i miei uomini girano per le nave
attirandosi le occhiate di odio da parte della ciurma di Sparrow,
ma è stata una mia richiesta: nessuno dei ragazzi comandati da me deve lavorare
su questa bagnarola… Sono di origini nobili, accidenti. Mentre
bighellono un po’ per la nave, noto il “capitano” che cinge con un braccio la vita
di Lily e la sospinge verso una cabina. Subito penso ad un atto di
violenza carnale verso la ragazza e corro verso di loro. – Capitano! – urlo,
con tono perentorio. – Cosa crede di fare? – continuo,
raggiungendolo. – Far cambiare d’abito a Lily. – mi risponde lui, con la
massima calma possibile, introducendo la ragazza nella cabina. Poi esce e,
chiudendo la porta, le dice: - Sbrigati, mi raccomando! Non ci mettere ore come
al solito! - , e sorridendo
malizioso, rivolto a me: - Cosa pensava, Commodoro? Che
volessi usarla? Lily è come una figlia e non tutti, su questa nave, abbiamo pensieri libidinosi come LEI… - . – Cos… Come si
permette Jack Sparrow!! –
gli rispondo, diventando rosso per l’insinuazione. – CAPITANO Jack Sparrow… - mi ripete lui, come al solito.
Poi, forse intuendo nel mio sguardo una domanda, inizia a raccontarmi di come
ha conosciuto Lily, di dove lavorava quando l’ha
trovata, di come l’ha salvata… S’infrange la mia idea della purezza di Lily…
Tuttavia rimango sbalordito dalla generosità profonda del pirata… Jack Sparrow è davvero fuori dal comune… Senza permettermi poi
di commentare qualcosa inizia a dirmi qualche accenno sul fatto della memoria
ritrovata di Lily quando lei apre la porta della cabina, vestita con abiti
femminili. – Preferirei che non dica al Commodoro della mia memoria ritrovata.
– esordisce. – Dopotutto tu stesso, capitano, hai detto
che si tratta di un mucchio di sciocchezze. – continua. Poi, come ripensandoci:
- Anche se penso che il Commodoro possa confermarti che esiste in Bretagna la
famiglia di cui ti ho parlato… Ma preferirei farlo in
un altro momento. - . Sparrow non replica e da un’occhiata ai vestiti. – Come mai questi?
Ce ne sono di migliori tra quelli che ti ho preso. - . – Lo so, capitano. Ma questi sono i più modesti e più comodi… I più adatti per
una cameriera… I più adatti per Lily Sparrow. –
risponde lei, guardando in basso e allontanandosi. Giurerei di aver visto delle
lacrime solcarle il volto.
Lily sedeva sul bordo della Perla Nera, le mani fortemente ancorate al
legno ei piedi danzanti nell’aria, a diversi metri dall’acqua profonda
dell’Oceano
Lily
sedeva sul bordo della Perla Nera, le mani fortemente ancorate al legno ei piedi danzanti nell’aria, a
diversi metri dall’acqua profonda dell’Oceano. A mano a mano che il viaggio per
la liberazione di Miss Swann
procedeva, la ragazza si era rapidamente accorta che la vita dei pirati non era
avventurosa e colma d’insidie come quella che era descritta nei romanzi, né gioiosa come quella che ricordava di
aver vissuto nei tre anni in cui era stata su quella nave, prima di diventare
cameriera a Port Royal. Sospirò e guardò in basso, dove le onde s’infrangevano
trasformandosi in bianchi flutti, e il blu profondo dell’acqua era
impenetrabile… A causa di quei maledetti della Marina Britannica, quegli
spocchiosi figli di papà, anche l’equipaggio, che di solito la viziava come una
principessina, non la degnava di un’occhiata, tutto intento a rendere perfetta la Perla Nera,
affinché nessuno avesse da ridire sulla pulizia o sull’efficienza
dell’imbarcazione. Ben pochi non erano stati contagiati dall’agitazione
generale: tra questi il capitano Jack
Sparrow, rinchiuso da mattina a sera nella sua cabina, chino su carte nautiche
di dubbia precisione e provenienza; WillTurner, che camminava sul
ponte della nave ogni giorno per ore, guardando l’orizzonte, come se sperasse
di veder comparire all’improvviso Elizabeth, e Commodoro, che ormai considerava
inutile persino rimbrottare il suo rivale in amore, e si distraeva in altri
modi. Certo, i vantaggi
c’erano, la ragazza non doveva occuparsi di stupidi lavori femminili, e poteva
permettersi di oziare… Ma il fatto che nessuno le stesse accanto per
“proteggerla” aveva anche un lato negativo… che spesso avanzava verso di lei,
vestito di blu e con il parrucchino bianco posizionato perfettamente.
Commodoro
si distraeva in altri modi. Uno di questi era dar noia a Lily.
-
Buongiorno Miss Lily. - . Mentre era immersa nei suoi pensieri, la ragazza non
si era accorta che colui che la
tormentava ormai da qualche giorno le si era avvicinato, e non prestò
attenzione all’uomo fin quando non dovette rivolgergli la parola per rispondere
al suo cortese saluto. - Buongiorno, signor Commodoro. - . - Il tempo è
veramente incantevole, non trovate?
- riprese lui, con un linguaggio quasi aulico, guardando davanti a sé. - Sì,
signore. - disse l’altra, confusa sia dall’amabilità dell’ufficiale nei suoi
confronti sia da quella farsa che
continuava da troppo tempo. Il copione si svolgeva uguale ogni giorno:
Commodoro si avvicinava quasi furtivo, le rivolgeva qualche parola di
circostanza, di solito riguardo il
tempo e lo stare attenta alla posizione che assumeva sul bordo della nave, e
poi si limitava a starle vicino tutto il giorno, invitandola persino a sedersi
accanto a lui a tavola. La situazione iniziava a pesarle, e le attenzioni
dell’uomo le davano fastidio. Molto fastidio. - Fate attenzione, mi raccomando.
Non è prudente star seduti in
questo modo. - . Appunto. Ma non aveva altri argomenti più stimolanti? E poi, fare attenzione… figurarsi se lo stava ad ascoltare!
Non badava fin da piccola a tali avvertimenti, neppure se glieli rivolgeva il
capitano Jack Sparrow, figuriamoci
se si curava di quelli che le venivano dati da un uomo che fino a pochi giorni
prima non conosceva! Tuttavia, seppure fastidiosa e noiosa, la ragazza
riconosceva che quell’“amicizia” avrebbe potuto
apportare qualche vantaggio. Quindi, spesso, alle raccomandazioni di Commodoro,
per non farlo preoccupare ulteriormente, Lily si girava all’interno della
barca, e gli rivolgeva un sorriso gratificante, che considerava più significativo di mille parole.
L’ufficiale si riteneva sempre soddisfatto.
L’odore
di chiuso aleggiava sulla cabina come un fantasma nauseabondo, ma l’occupante
sembrava non accorgersene, chino com’era su
pergamene scolorite e strappate in più punti. Non si rese conto
neppure della porta che si apriva, fino a
quando colei che era appena entrata non si schiarì la voce. - Sì?
- chiese Jack Sparrow, con il
tono vagamente infastidito. - Mi mandano ad avvisarla che la cena è pronta… -
iniziò Lily, sentendosi a disagio sotto lo sguardo indagatore del capitano. - … e che stiamo per attraccare nella prima isola
che si trova sulla nostra rotta. - . - Scott Island, giusto? -
domandò il pirata, non accennando a distogliere lo sguardo penetrante dalla sua
figlioccia. - Sì, signore. - rispose la ragazza, abbassando il capo per non
sostenere lo sguardo del suo “tutore” e sentendo persistere ancora quella
fastidiosa sensazione di imbarazzo.
- Bene… - mormorò l’uomo. - … Bene… - ripeté di nuovo. Un grande sbadiglio gli
deformò il viso per unmomento, poi uscì dalla
cabina per dirigersi verso la cucina dove era radunati
tutti gli occupanti della nave. Ordinò alla ciurma di lasciar perdere il pasto preparato dal cuoco di
bordo: chi avesse voluto mangiare doveva scendere a Scott Island. - Ad
eccezione di te, Lily. - continuò, rivolgendosi in tono più sommesso verso la
ragazza che l’aveva seguito.
- Dovrai rimanere qui... - .
- Ma perché… - iniziò la
figlioccia, quando un’occhiata del capitano le gelò il sangue. - Sai bene il
perché. E non osare
contraddirmi! - le rispose Jack
Sparrow, avviandosi a gran passi verso il ponte per vedere di persona chi
sarebbe sceso. Per quanto lo riguardava, aveva deciso di rimanere sulla nave. Che fare?
Passare
il ponte travestita da
maschio non aveva funzionato, come al solito il capitano l’aveva riconosciuta.
Supplicarlo, piangere e urlare erano valsi a poco, solo a strappargli una
parola: “No”. Eppure lei
voleva scendere! Voleva vedere come era
cambiata l’isola dopo tanti anni, come erano diventate le persone che aveva
conosciuto! - Se vuoi, Lily, potrei acconsentire a farti scendere se qualcuno
ti scortasse e ti proteggesse per le vie della città... - aveva buttato lì,
beffardo, il suo “tutore”, sapendo che nessuno della ciurma avrebbe fatto una
cosa talmente temeraria e stupida: perché Lily, e ogni pirata lo sapeva, era in
grado di difendersi da sola, aveva sempre con sé la sua catena micidiale… Senza
contare che tutti i membri dell’equipaggio erano legati ad un patto di assoluta fedeltà al capitano: se
uno solo di essi avesse provato a trasgredire un ordine o ad andare contro Jack
Sparrow sarebbe stato subito lasciato a terra dai suoi compagni! La ragazza non
poteva chiedere a nessuno di accompagnarla, dunque… Stava per rassegnarsi quando le balenò in
mente un’idea: il capitano aveva detto “qualcuno”, non aveva specificato
l’origine di questo accompagnatore! Poteva essere anche Will, o uno della Marina Britannica… Scartando
immediatamente l’idea del fabbro, troppo legato a Sparrow per infrangere una
sua sola regola, Lily si decise risoluta verso l’unica sua speranza, felice di
aver sopportato tutti i giorni l’estenuante dialogo di Commodoro.
La
porta del Capitano della Marina Britannica era sorvegliata da un ragazzo che
alcune volte era stato nella locanda dove Lily serviva da cameriera. Aveva pressappoco la stessa età della ragazza,
così, evitando i convenevoli soliti negli ambienti di città, non si fece
scrupolo di chiamarlo per nome. - Harry… - . - Ciao Lily. - rispose lui,
sorridendole. La situazione in cui si trovavano, soli, senza nessuno intorno, permetteva ad entrambi di parlarsi
come due pari, senza le solite differenze tra uomo e donna che la giovane
odiava tanto. - Non scendi? - chiese lei,
con tono ingenuo, decidendo di prendere l’argomento alla larga. -
No. Vorrei tanto, più che altro per mangiare, ma il Commodoro mi ha ordinato di stare qui a
sorvegliare la sua cabina. - rispose il ragazzo, con un sospiro evidente . - Come mai? - domandò Lily, il
viso che esprimeva innocenza allo stato puro. Era lo stesso atteggiamento che usava quando il capitano Jack
Sparrow si mostrava adirato o sorpreso per delle conoscenze della “una ragazza
di buona famiglia non deve assolutamente sapere”. - Non dovrei dirlo a nessuno
- esitò Harry. - … Ma… -
abbassò la voce per non farsi sentire - Oh, beh, si sta facendo un bagno! -
esclamò, sembrando quasi che si liberasse da un grosso peso. - Capisco. - sorrise
Lily, mostrando complicità. Poi, come se si fosse ricordata all’improvviso di
una cosa importante, chiese: - L’acqua è già dentro? - . - Sì. Ma perché me lo chiedi? - le
rispose il giovane uomo della Marina Britannica, incuriosito dalla domanda. -
Sai… - iniziò la ragazza - … Mi è appena venuto in mente che il signor
Commodoro mi aveva parlato della sua intenzione di farsi un bagno, e mi aveva
chiesto se ero disponibile ad aiutarlo con l’acqua, visto che io non faccio mai
nulla sulla nave… - continuò con una voce quasi da bambina, sapendo che nessuno
avrebbe potuto pensare che un viso così ingenuo potesse mentire facilmente.
Inoltre tutti avevano visto i dialoghi mattutini di Commodoro e Lily, ma si
erano tenuti sempre a debita distanza… Dunque non potevano neppure immaginare
che gli argomenti erano
sempre gli stessi. - Però si era dimenticato di dirmi quando intendeva farlo, così ero venuta a
chiederlo ora… Mi sembrava un buon momento… Sai, sono scesi tutti, nessuno
potrebbe dargli fastidio… - disse ancora. Poi, senza alcun preavviso: - Dai,
Harry, fammi entrare… E’ lo stesso Commodoro che voleva che io lo aiutassi… -
sorrise, guardando supplichevole il giovane e sfoderando il più avvenente dei
sorrisi. - Ma… - iniziò lui,
visibilmente a disagio. - Ti prego! - esclamò lei. Senza altri indugi, la porta
le fu aperta. Quando voleva, Lily sapeva essere estremamente convincente.
Commodoro
era già dentro la tinozza per il bagno, l’acqua calda che gli cullava il corpo
e la mente. Il cigolio della porta che si apriva lo adirò non poco, perché non voleva essere disturbato,
almeno non in quel piccolo momento di quiete che era riuscito a ritagliarsi
solo per sé, ma tenendo gli occhi ben chiusi per evitare alla sensazione di
appagamento di scivolare via, si limitò a chiedere con voce brusca : - Sì,
Harry? - . - Non sono Harry, signor Commodoro. - rispose quietamente la voce di
Lily, facendo sobbalzare l’ufficiale della Marina Britannica che si affrettò a
coprire le sue parti basse, anche se immerse in acqua, e ad aprire gli occhi. -
Miss… Miss… Miss Lily! -
riuscì a balbettare, tra lo sconcertato, l’adirato… e, in fondo, anche se non
voleva ammetterlo con se stesso, il compiaciuto. - Sì, signor Commodoro? -
domandò Lily, mostrando tutta l’innocenza possibile. - Pensavo che Harry le
avesse detto che… che… -
masticò l’uomo, lo sguardo da tutt’altra
parte e il viso arrossato. - Sì, me l’ha detto. Ma io ho pensato che avrei potuto aiutarvi… con
l’acqua e la schiena, ad esempio… - iniziò Lily, camminando verso la tinozza e
mettendo ancora più in agitazione l’animo dell’uomo. - Suvvia, dopotutto sono
cresciuta prima in un bordello e poi trai pirati, non sono cose di questo tipo
ad impressionarmi! - continuò, vedendo Commodoro che cercava di prendere, senza
successo, un asciugamano troppo distante, per coprirsi del tutto. L’uomo cessò
di fare i suoi inutili tentativi e la guardò. - Si rilassi… - sussurrò lei,
avvicinandosi del tutto e prendendogli dalla mano la spugna. Iniziò a passarla
sulla schiena dell’ufficiale, che quasi automaticamente chiuse gli occhi e
cominciò ad assaporare di nuovo le sensazioni dell’acqua calda e del massaggio
che Lily effettuava con la
spugna.
-
In realtà pensavo fosse sceso… - disse la ragazza, interrompendo il silenzio
fattosi troppo gravoso. - No, non mi piacciono queste isole poco conosciute -
rispose Commodoro - abitate solo da gente di bassa lega… Senza offesa nei
vostri confronti, ovviamente. Intendevo pirati,
prostitute e… - l’uomo si fermò di nuovo, ricordandosi solo in
quel momento che la giovane donna era vissuta proprio in mezzo alla gente che
stava denigrando. - Nessuna offesa,
non si preoccupi. - lo interruppe Lily, evitando che lui continuasse con la
lista delle persone che detestava. Alla sua affermazione seguirono alcuni
attimi di silenzio, dopo i quali l’uomo si decise a parlare. - E lei? Come mai non scende?
Sbaglierò, ma mi sembrava
piuttosto desiderosa di abbandonare, anche solo per un attimo, la vita di mare.
Sul bordo della nave era piuttosto insofferente. - . Caspita, che occhio aveva
avuto! E dire che lei si era
sempre vantata di saper mascherare bene le sue emozioni, i suoi pensieri! Era
davvero così facile leggerla, come un libro aperto? Oppure, senza che lei se ne fosse accorta, Commodoro
l’aveva fissata più di una volta, notando i suoi piccoli gesti… La bocca storta
in un moto di noia, il ciuffo sfuggito dalla coda che attorcigliava su un dito
o tirava leggermente… Possibile che queste minuzie avessero suggerito
all’ufficiale della Marina Britannica il suo stato d’animo? Straordinario… -
Effettivamente sì. - ammise Lily, smettendo di passare la spugna sulla schiena
dell’uomo e aggiungendo acqua calda alla tinozza. - Ma il capitano mi ha categoricamente vietato di
scendere… E immagino che lei sappia che non posso fare altro che ubbidirgli. -
aggiunse, mostrando un’aria afflitta da cane bastonato, gli occhi offuscati da
una tristezza non solo fittizia. - Ma…
è intollerabile! Limitare la libertà di una persona in un modo talmente
barbaro… Miss Lily, parlerò immediatamente con Jack Sparrow, non mi pare giusto
che… - Commodoro si era talmente
infervorato che solo quando si trovò la mano della ragazza sulla
bocca si ricordò che sulla Perla Nera le pareti non erano molto solide e
potevano facilmente far trapelare le sue parole. - Non servirebbe a nulla -
rispose la ragazza, liberando la bocca dell’uomo - ho il permesso di scendere
solo se accompagnata… Comunque
la ringrazio per il pensiero. - . Tuttavia,
appena pronunciate quelle parole, Lily si accorse facilmente dallo sguardo
fermo di Commodoro che aveva già fatto la sua scelta.
-
Lily… no! - disse il capitano Jack
Sparrow, ancora a guardia sul ponte, mettendosi davanti alla sua protetta per
impedirle di scendere. - Perché
no? - chiese lei, mostrandosi sorpresa dal divieto. - Forse perché indosso
vestiti maschili? - continuò, non avendo ricevuto una risposta alla sua prima
domanda... e poi era estremamente
divertente vedere l’uomo che mano a mano che procedeva con le parole cercava di
mostrarsi calmo! - Forse perché non hai un
accompagnatore, come ho stabilito che dovesse essere per farti scendere… -
sibilò il pirata, cercando di fare del sarcasmo. - L’accompagno
io Sparrow. Così non correrà pericoli. - lo raggiunse una voce perentoria, alle
spalle del pirata… un’odiosa voce. Commodoro era appena arrivato, vestito di
tutto punto e pronto a scendere con Lily. Un leggero sorriso diabolico sul
volto angelico della ragazza e un ciao-ciao con la mano fecero capire immediatamente a Jack Sparrow che
questa volta si era incastrato da solo.
Capitolo 10 *** Il duello (raccontato da Lily e Commodoro) ***
Cerco di camminare il più velocemente possibile, ma nulla
Cerco di
camminare il più velocemente possibile, ma nulla. Confondermi nella folla non
serve, con un intuito impensabile, che in lui non avrei mai
immaginato, riesce sempre a trovarmi e a raggiungermi. Come fa? Dunque
quei giorni passati coi monelli di strada, quando ero
più piccola, non sono serviti a nulla, se riesco a farmi seguire tanto
facilmente da uno della Marina Britannica! No, no, Lily, pensa… Sì, certo, se
finisco in uno dei quartieri più sudici e malvisti di Scott Island, Commodoro
non mi seguirà! Offenderebbe il suo senso estetico… Non si mescolerebbe mai a
gente “plebea e meschina” come sono sicura che direbbe di
pirati, prostitute e ubriachi. Dove si passava per finire nel quartiere
più degradato? Ah, sì, di qua…
So bene che
Miss Lily cerca di far disperdere le sue tracce, che vuole essere lasciata in
pace. Non sono così stupido da non aver capito che il suo ammiccare nella mia
stanza, mentre facevo il bagno, era un modo per invitarmi ad essere suo
“protettore” fintanto che fosse uscita dalla Perla Nera. Tuttavia
non mi decido a lasciarla. Da una parte c’è il mio senso dell’onore: ho
promesso che l’avrei accompagnata, e mantengo sempre la parola data. Dall’altra
parte c’è la prospettiva di trovarmi davanti al viso di Jack Sparrow,
prospettiva non molto rosea se solo provassi a dirgli
che ho “perso” per l’isola la sua figlioccia. Anche se
lo nascondo, lo temo: i suoi modi sono leggermente effeminati, va bene, ma sa
anche essere temibile e crudele, come dicono le chiacchiere a Port Royal.
Infine, se non mi separo da Miss Lily è anche per quel
sentimento tra la compassione, la tenerezza e l’affetto che ho provato
istintivamente per lei dal primo momento che l’ho vista, e che si è acuito col
passare dei giorni e con le brevi chiacchierate che abbiamo avuto. Ma perché adesso si dirige verso quel quartiere che sembra
così malfamato? Sarà pieno di gente plebea e meschina! Forza Commodoro, devi
proteggerla!
Mi giro per l’ennesima
volta, ma di Commodoro non c’è più alcuna traccia. Finalmente! Contro ogni mia
previsione poco fa era riuscito ad entrare in questo squallido
quartiere, vincendo il suo ribrezzo, e mi aveva addirittura seguito per un po’,
costringendomi ad allungare la strada e a prendere una serie di sentieri e
piccole vie poco conosciute… ma evidentemente mi ha perso in questo dedalo di
viottoli mal lastricati e poco illuminati. Poverino, chissà se riuscirà a
tornare alla Perla Nera… - Ahi! Faccia attenzione, maledizione!
- urlo appena riprendo la strada, andando a sbattere contro il petto di un
uomo. Non avendo risposta alzo il capo con aria di sfida per vederne il viso. -
Commodoro? - esclamo, tra il costernato e la sorpresa. Com’è possibile? Lui non
mi seguiva più, ne ero sicura, non era più dietro di
me! L’ufficiale della Marina Britannica deve aver capito che sono stupita: sul
suo volto, di solito impenetrabile e perennemente serio si disegna un sorriso
sarcastico, appena ombrato dal disappunto per la parola “signor” che ho omesso
davanti al suo nome. - Ehm…Volevo dire… Signor Commodoro, pensavo di averla persa… - cerco di rimediare, assumendo il mio
solito viso innocente, da vergine pentita, e abbassando il capo in modo che non
veda la mia rabbia per essere stata raggirata.
Gli anni
passati in Inghilterra come soldato d’infimo grado, addetto ad inseguire i
borseggiatori, non sono stati vani. Si deve sempre
immaginare cosa cercherà di fare colui che rincorri,
ragionare come il ladro… ed ho adottato lo stesso metodo per Miss Lily. Ammetto
che ho avuto un po’ di ribrezzo ad entrare in questo
quartiere, e ho provato paura a seguire vicoli diversi da quelli della mia
“preda” pregando che fossero paralleli, ma infine ce l’ho fatta, e davanti alla
sua sorpresa mi esce un sorriso sarcastico. Leggo stupore e
disappunto nel suo viso, lo noto nelle parole, dal “signor” omesso davanti al mio nome… e dalle scuse che sta balbettando con
il volto basso. Prendo il suo mento con il pollice e l’indice e gli alzo il viso per guardarla nei profondi occhi blu, mentre il
mio sorriso si distende in uno più ampio. - Non c’è bisogno di scusarsi. - le
mormoro. - Basta che non si allontani più, Miss Lily. - .
Ubriachi, prostitute e gente di
infimo grado o dai più che discutibili valori morali sono gli avventori della
taverna dove mi sono diretta, seguita con diffidenza da Commodoro. Lui non ci
crederebbe mai, ma so quello che sto facendo… Questa
locanda è perfetta per avere informazioni sui rapitori di Miss Swann! E’ noto, dopotutto, che la gente, cercando di
smaltire una sbornia a un’ora tarda, può vedere molte
cose! Parecchio del racconto sarà distorto dagli effetti
dell’alcool, ma poco male, si poggia su una solida roccia di verità,
senza dubbio. Inoltre le persone che cerchiamo sono dotate di molta fantasia e
hanno poca attinenza col reale… se ho capito bene chi sono…Ordino la birra e do un’occhiata in giro per decidere chi può essere il più
ciarliero tra la clientela di questo posto: devo giocare d’astuzia, non posso
andare al sodo senza un valido (per coloro che mi circondano) motivo. Mentre cerco di concentrarmi per trovare una scusa decente,
noto lo sguardo di Commodoro intento ad osservare il locale…E’ un misto tra
l’orrore e la paura. - Commodoro, forse qualcosa non va? - gli chiedo,
attirando la sua attenzione. - Prenda un po’ di birra, - continuo, precedendoloprima che possa
rispondermi - magari le tira su il morale! - .
Il sorriso
di Miss Lily, che di solito mi rinfranca l’anima, in questo momento non mi
apporta alcun sollievo. Mi chiede se qualcosa non va… Cerco di rassicurarla sul
mio stato d’animo, ma dentro di me penso che io, che mi sono eletto a suo protettore, sono quello che ora deve essere protetto!
Mi trovo tra gente plebea, di infimo grado e dal
dubbio moralismo, persone che non frequenterei neppure nei miei peggiori
incubi; sono circondato da uomini con pugnali e pistole, avvezzi ad ogni
crudeltà ed avversità che la vita può presentare… Come fa la mia piccola
accompagnatrice a mostrare un comportamento tanto sicuro? Come può non essere
turbata da ciò che la circonda? La mia mano trema nel portare il boccale di
birra alla bocca, e per la prima volta in vita mia ammetto che ho paura. Qui
vige la legge del più forte, non ho alcuna autorità e
la mia divisa non è altro che un abito diverso sì, ma perché più pulito degli
stracci marroni di sporcizia indossati dalla gente comune. - Ehilà pivellino! -
mi sento apostrofare. Mi giro appena e mi trovo faccia a
faccia con un ubriacone che si è avvicinato senza farsi notare, distratto
com’ero dall’indagine del locale. - Fai bene a portare una
spada con te… Girano strani tipi di questi tempi! - .
- Strani
tipi? Cosa intende dire? - . La rivelazione fatta a
Commodoro mi fa perdere ogni prudenza, e non esito a rivolgermi all’uomo che ha
parlato senza mascherare la mia voce, che risuona chiara e limpida, con un
timbroprettamente
femminile. Il beone, però, sembra non farci caso, ed
èben lieto di aver trovato qualcuno che
ascolti interessato la sua storia. - Eh, sì, tipi strani… - ripete. -Dai lunghi abiti
orientali! Sono venuti senza nave né altra imbarcazione ma con una terra che si
muove…Proprio così! Come un’isola che va a loro piacimento sul mare e… - . - Silenzio Rudolph!! - . Il padrone della locanda si avvicina con cipiglio
severo a noi tre. Le due parole bastano per mettere a tacere
il loquace bevitore che si ritira immediatamente al suo tavolo. - Non
ascoltatelo, signore. - continua, rivolgendosi al mio accompagnatore. - E’ da
giorni che ripete questa storia degli strani tipi e dell’isola che si muove.
Chissà cos’ha visto veramente! E’ un ottimo cliente, ma proprio per questo non
mi fido delle sue visioni notturne… - . Il suo sguardo
cade su di me, come se mi avesse notato in quel momento, e tace, giusto il
tempo di farmi girare lo sguardo affinché non veda i miei occhi. PadronPeter, potrai mai
perdonarmi di essere venuta qui senza dirti chi sono
veramente?
Lo sguardo
di Miss Lily è da vari minuti fisso a terra, senza
alcun motivo apparente. Tiene gli occhi sul pavimento fin da
quando il padrone di questa bettola l’ha notata, come se temesse di
essere… riconosciuta? Possibile. Magari in questa taverna hanno dei conti in
sospeso con Jack Sparrow e potrebbero rivalersi sulla
“figlia”, o forse la mia accompagnatrice ha pensato più semplicemente che,
guardandola, il titolare del locale si accorgesse delle sue fattezze non del
tutto maschili… Dunque non si fida di me, non crede che io possa difenderla da
qualsiasi tipo di violenza perpetrato nei suoi confronti… - PadronPeter! PadronPeter!! - . Un grido squarcia le
chiacchiere del locale, una voce femminile di bambina che proviene dalla porta…
E infatti una fanciulla dai capelli biondo cenere,
agghindata con abiti pesantemente ornati ma dal gusto pacchiano, corre verso il
bancone, con lacrime salate che le rigano le guance, segnate anche dalle rosse
tracce di uno schiaffo. - Sally! Ancora? - le chiede con preoccupazione il
padrone della locanda, avvicinandosi. - Nasconditi al solito posto, presto! - .
Tra le prostitute presenti c’è un leggero mormorio, ma non capisco le parole,
attratto da un movimento improvviso alla mia sinistra. Miss Lily ha lasciato
cadere il bicchiere di birra che teneva tra le mani! Quando
vedo i suoi occhi fissi sulla ragazzina, vacui, capisco subito il perché.
Uno schianto
mi porta alla realtà, seguito da un dolore alla gamba. Maledizione, mi è caduto
il boccale, e una scheggia mi ha tagliato il polpaccio! Imprecando riprendo il
controllo, sia dei sensi che della mente, mentre
piccole gocce di sangue iniziano a colare sul pavimento, tingendolo di rosso
rubino. Un cameriere accorre velocemente a riparare al danno che ho fatto,
mentre io torno a guardare la bambina che si sta sistemando tremante sotto il
bancone, il “solito posto” che padronPeter le ha indicato. Quella fanciulla in due secondi è riuscita a far risalire tutti i
ricordi che pensavo di aver sepolto in un angolo della memoria diverso tempo
fa… Il mio passato a Scott Island. Le fughe che duravano qualche minuto, i
pianti dirotti per aver rotto un bicchiere e aver
ricevuto una dura punizione, le malattie che fingevo di avere per rimandare
l’apprendistato di prostituta, se così si poteva chiamare il primo incontro con
un cliente ubriaco… E le corse da padronPeter, l’unico uomo che si preoccupava delle fanciulle
costrette a stare nel bordello accanto alla sua locanda, quello dove ero stata
trovata da Jack Sparrow. Era stata una “collega” caritatevole a portarmi la
prima volta da questo omaccione dal cuore buono, e io
avevo eletto immediatamente il posto a rifugio sicuro. Correvo qui quando avevo un momento libero, o con la faccia segnata
da un sonoro schiaffo per alcune mancanze…Certo che non capissi l’inglese, il
proprietario mi parlava solo a gesti, offrendomi un poco di birra, indicandomi
un posto dove sedere… Era il padre che non avevo mai avuto. - Peter! Non nasconderla, so che è qui! - . Ma come adesso il momento idilliaco era interrotto da lui. Rufus, il proprietario del bordello.
Mi basta
vedere il viso di Miss Lily, dal colorito terreo, per capire chi è l’uomo che
urla dalla porta. Il magnaccio da cui la fanciulla è
scappata, colui che la fa patire e la inizia ad una dura vita. - Non hai pietà
per questa bambina, Rufus? - chiede con voce
autorevole e allo stesso tempo gentile il padrone della taverna, cercando di
far rinsavire l’uomo che ha davanti. - Ha solo pochi anni di vita! - continua.
- E’ mia… - ringhia l’altro per tutta risposta, come se non avesse
sentito nulla, scansando ubriachi e persone che si
parano per caso davanti al suo cammino. - Non tentare d’intralciarmi, Peter, non te ne verrà nulla di buono…
Forza, esci da quel misero nascondiglio! - urla ora, penetrando con
forza dietro il bancone e prendendo la giovane per i capelli. – Si fermi!
Questa ragazzina non è un oggetto! Non è di sua proprietà,
non è un animale! E’ un essere umano, e come tale è libero! - grida
qualcuno. La voce la riconoscerei tra mille: è la mia piccola accompagnatrice
che si è alzata, e affronta l’omaccione davanti a lei con inaspettato coraggio
per una donna… Coraggio che non la aiuta ad evitare lo spintone che la manda a
terra. - Frena le tue passioni ei tuoi istinti,
giovanotto… - la schernisce l’uomo di nome Rufus. -
Lo so, capisco che questa bambina fa risvegliare le tue parti basse, ma per
adesso un cliente l’aspetta già di là… Se passi fra una mezz’oretta forse sarà
libera e… - . La voce ironica agisce come una frusta
su Miss Lily, che balza in piedi e si sarebbe già avventata
sull’individuo se non l’avessi fermata con un braccio. - Se
permettete. - dico, con voce ferma, - Vorrei pensarci io. - .
Il capitano
Sparrow ama raccontarmi le sue gesta. Tra queste ne compaiono due tre in cui la
scena è divisa tra lui, Will e Commodoro, spesso
definito “un uomo codardo, traditore, una nullità che non sa neppure capire
qual è il rum migliore delle taverne di Tortuga”. Ebbene, appena tornerò sulla nave dirò al mio tutore di
aggiungere alla lista la parola “pazzo”: perché solo un pazzo può offrirsi
spontaneamente di affrontare Rufus e sperare di
uscirne vivo. Per due buone ragioni: prima di tutto il magnaccio è un omaccione
didue metri di
altezza, e, ad occhio, di larghezza: tutti muscoli che non sono celati dagli
stracci che porta. In secondo luogo, non sa misurare bene la propria forza: se
sono ancora qui è perché quando mi batteva si tratteneva a stento, sapendo che
ero merce preziosa… ma i lividi che mi procurava non
passavano tanto in fretta, anche se in me scorre il sangue degli Abbott. Insomma, solo qualcuno con dei seri problemi
mentali vorrebbe trovarsi sul cammino di Rufus. Ed ecco che Norrington si
permette di sfidarlo, senza rendersi conto che al momento è un Commodoro della
Marina, il rappresentante della Legge in un luogo dove la
stessa è derisa e violata circa un migliaio di volte al giorno… un
avversario, dunque, che il proprietario del bordello non vede l’ora di
sfregiare per poter dimostrare il suo disprezzo per l’autorità. Mentre i due si fronteggiano indietreggio verso il bancone,
più per trarne sostegno materiale che per altro, e mi ritrovo accanto alla
bambina scappata dal bordello, che con gli occhi spalancati si chiede chi sia quell’uomo che cerca di preservarla da un futuro di miserie
continue. Quasi non mi rendo conto di quello che faccio, ma le prendo la mano e
mi costringo a guardare il combattimento.
- Bene,
bene… Cos’abbiamo qui? Un Commodoro, se la vista non
m’inganna… - . L’uomo davanti a me sogghigna in modo
malevolo. I suoi occhi sarcastici rivelano il giudizio che ha di me: non gli
sembro un avversario così temibile, anzi! Si passa la lingua sulle labbra come
se stesse già pregustando il mio sangue, il mio corpo
privo di vita. Non ritengo necessario rispondergli e non mi lascio
intimorire... Son
sopravvissuto a ben altro. - Sta attento, imbecille dal parrucchino ordinato,
qui non vigono le regole di cavalleria che voi ufficiali della Marina
amate tanto… Qui esistono solo le regole di Scott Island… - .
Il tono è diventato improvvisamente aspro, dalla voce dello
sfruttatore di bambine si è dileguata ogni sfumatura ironica. Accenno un
“sì” con la testa, rapidamente, tanto per fargli capire che lo seguo. - Bene. Dunque, la prima regola è niente armi. Quindi
faresti meglio a gettare quello spiedo per polli che hai alla cintola. - inizia
l’omaccione, osservando attentamente i miei gesti. Eseguo l’ordine, gettando la spada poco lontano, mentre il bruto continua con le sue
regole. - Si usano solo i pugni, niente calci alle parti basse… - dice,
buttando poi una battuta sul suo pene, che scatena l’ilarità tra gli ubriachi,
ma che, per quanto mi riguarda, mi lascia impassibile… Sarà forse rimasto
deluso dal fatto che io non abbia reagito?... Senza
alcun preavviso, Rufus si avventa su di me.
Un pugno
alla mascella non l’ha mandato a terra, ma la testata che è seguita è riuscita
nello scopo. Penso che lo scontro sia già finito, ma a quanto pare Norrington è più coriaceo di quanto il capitano Sparrow mi
ha descritto. Si è già rialzato, ridendo, ed evita con abilità i calci e gli
sgambetti con cui Rufuscerca
di colpirlo, incurante delle regole da lui stesso inventate. Non
che il Commodoro le segua, beninteso: al primo calcio del magnaccio ha risposto
con un colpo dritto allo stomaco dell’altro, facendolo piegare (stranamente) in
due. Che sia possibile un miracolo… la vittoria
tanto agognata? Fosse vero, inizierei a credere in
quel Dio che mi ha deluso fin da piccola. No! Rufus
ha sfoderato il coltello che lui non ha gettato quando
ha proibito l’uso delle armi! Commodoro è spacciato. Giro il viso per evitare
la visione del colpo…Clang!
Ho sempre detto che non ci si deve mai fidare dei magnacci
e delle regole inventate. Per questo la spada l’ho buttata a
terra, abbastanza vicino da prenderla all’occorrenza… Ho parato il tuo
colpo, Rufus.