Sangue impazzito

di VaniaMajor
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 - Inviti ***
Capitolo 2: *** 2 - Sposi di primavera ***
Capitolo 3: *** 3 - Sintomi ***
Capitolo 4: *** 4 - Una misteriosa malattia ***
Capitolo 5: *** 5 - Problemi di anniversario ***
Capitolo 6: *** 6 - La belva in gabbia ***
Capitolo 7: *** 7 - Il ritorno di Sesshomaru ***
Capitolo 8: *** 8 - Tracce ***
Capitolo 9: *** 9 - Il grande cane dorato ***
Capitolo 10: *** 10 - Metamorfosi ***
Capitolo 11: *** 11 - Darsi alla macchia ***
Capitolo 12: *** 12 - Una falsa pista ***
Capitolo 13: *** 13 - Trovare la strada ***
Capitolo 14: *** 14 - Complicazioni ***
Capitolo 15: *** 15 - L'origine del potere ***
Capitolo 16: *** 16 - La soluzione a portata di mano ***
Capitolo 17: *** 17 - Nella tana degli okami-yokai ***
Capitolo 18: *** 18 - L'ultima occasione ***
Capitolo 19: *** 19 - Comunque vada ***
Capitolo 20: *** 20 - Epilogo ***



Capitolo 1
*** 1 - Inviti ***


Author's note: Benvenuti! Inizia qui una nuova avventura della saga di Cuore di Demone :) Spero che vorrete leggerla fino alla fine e che riceverò la solita dose di minacce di morte, ah ah ah! Cominciamo!!

Era una notte magnifica. Il cielo era terso come se qualcuno avesse pensato a spazzarlo da qualunque residuo di nube. Le stelle splendevano con un’intensità pura e fredda, lasciando intravedere lo spettacolo della Via Lattea. La luna era solo uno spicchio crescente, un’unghia di luce che solcava il cielo. L’aria era tiepida, piacevolmente apportatrice di pensieri primaverili. Tutto era perfetto.
Anna si voltò verso Sesshomaru. Lui era a pochi passi da lei, seduto per metà all’interno della camera, con la schiena appoggiata alla porta scorrevole. La guardava con occhi scintillanti, che nulla avevano da invidiare allo spettacolo della volta notturna. Un brivido piacevole scosse il corpo di Anna quando lui allungò una mano verso di lei.
«Vieni.» mormorò, un ordine che lei fu ben felice di assecondare. Sfiorò le lunghe dita con le proprie e lui la fece inginocchiare di fronte a sé. Seguì le linee del suo volto con le dita, assorto, come se cercasse nei suoi lineamenti qualcosa di particolare, poi si chinò a baciarla. Le sue labbra sfiorarono quelle di Anna…
«Anna!»
Anna si svegliò con un grido di spavento e frustrazione incastrato in gola, mentre si metteva a sedere di scatto sul futon, stringendosi contemporaneamente addosso la coperta. Il suo istinto le aveva ricordato di essere pressoché nuda. Del tutto sveglia e non poco arrabbiata per quella chiamata così brusca, Anna si voltò verso colui che le aveva perforato l’orecchio con la sua voce. Sesshomaru era seduto accanto a lei e quegli occhi che le avevano provocato le palpitazioni fino a un istante prima, in quel momento la stavano squadrando con quello che era senza dubbio compatimento.
«Non si è mai visto che uno yokai impieghi tanto tempo a svegliarsi.» disse Sesshomaru, squadrandola.
«Stavo sognando.- ribatté Anna, seccata- Adesso non si può più nemmeno sognare?»
«Non se questo inibisce i tuoi sensi.- disse Sesshomaru, con una smorfia- Ti ho chiamata quattro volte, di cui l’ultima dritta nel tuo orecchio. Non hai nemmeno avvertito il mio odore.»
«Visto che sognavo te, non mi pare una cosa tanto grave.» sbuffò Anna, scostandosi i capelli biondi dalla spalla. Quando Sesshomaru la svegliava con la ferma intenzione di provocare discussioni, l’avrebbe strozzato volentieri. Se c’era una cosa che odiava a morte, era svegliarsi male la mattina, soprattutto quando doveva lasciare a metà un bel sogno. Il problema era che Sesshomaru lo sapeva benissimo. Purtroppo, sembrava che la passione di Sesshomaru per le loro ‘curiose conversazioni’ non fosse affatto scemata…e forse gli faceva piacere vederla arrabbiarsi.
«Sognavi me?» chiese Sesshomaru, sollevando appena un sopracciglio. Anna lo guardò da sotto in su, imbronciata. Sul volto del demone comparve un breve sorrisetto e nei suoi occhi luccicò un lampo pericoloso e tremendamente seducente. «Cosa sognavi, Anna?» chiese Sesshomaru, mormorando.
Anna si accorse di essere arrossita. Maledizione, perché riusciva sempre a metterla a disagio? Eppure, era ormai un anno che si conoscevano! E da mesi erano legati da sentimenti indissolubili, nonostante i vari problemi in cui erano incappati! Perché riusciva sempre a coglierla in flagrante?
«Fatti miei.- borbottò Anna, decisa a non rivelare il proprio sogno allo yokai- Ora, se non mi hai chiamata per un qualche motivo, perché non esci e lasci che mi vesta?»
Sesshomaru si alzò per metà, posando una mano oltre il corpo di Anna e protendendosi su di lei, sempre con quella luce pericolosa negli occhi.
«Sei sicura? Devo andarmene?- chiese, il viso a un niente da quello di lei- Scommetti che indovino cosa stavi sognando?»
«E invece non lo sai!» esclamò Anna, imbarazzata da morire, mentre il cuore prendeva a galoppare come un puledro impazzito. Il suo viso era in fiamme. Il sorriso di Sesshomaru si accentuò.
«Sei come un libro aperto.» sussurrò, prima di iniziarle a baciarle il viso con delicatezza. Anna mugolò una protesta, ma invano. Si sarebbe arresa, come sempre.
«Sei impossibile.- protestò, borbottando- Allora è per questo che mi hai svegliata?»
Sesshomaru le chiuse la bocca con un bacio e Anna non trovò più occasione di protestare. Più tardi, mentre Anna faceva colazione avvolta solo da una veste leggera color oro, Sesshomaru le tese una lettera.
«Cos’è?» chiese Anna, prendendola in mano.
«Leggila e lo saprai.» fu la risposta di Sesshomaru, che come sempre evitava quando possibile di perdersi in chiacchiere. Anna non se la prese e srotolò invece il foglio di pergamena. Lo scorse velocemente e una smorfia le comparve sul viso.
«Ma com’è scritta questa lettera?- gemette, confusa dagli ideogrammi scritti in fretta e con una pessima calligrafia- E’ giapponese più antico di quello che si parla qui, non capirò niente!»
Guardò Sesshomaru con aria supplichevole, ma il demone non le diede la minima considerazione. La guardò soltanto di sottecchi, come in attesa di altre lamentele. Seccata, sapendo bene che Sesshomaru provava un certo piacere nel vederla in difficoltà e soprattutto nel sentirla chiedere aiuto, Anna strinse le labbra e si immerse nella titanica impresa di decifrare quella missiva. Se la sarebbe cavata da sola a costo di perderci sopra la vista! Dopo qualche tempo passato a litigare con gli ideogrammi, riuscì infine a capire il senso della lettera.

- A Sesshomaru-sama, Principe dei Demoni dell’Ovest.
Salve, sovrano di demoni. Il mio nome è Kun Yan e mi fregio di essere un demone di questa onorata terra di Cina. Tu non mi conosci, ma io conosco te attraverso il tuo sangue. Per meglio esprimere questo concetto, ti confiderò che conoscevo tuo padre. Ho avuto l’onore di legarmi a lui in amicizia al tempo ormai lontano del suo viaggio in Cina, ben prima della funesta battaglia che vide la sua dipartita da questo mondo. Egli mi parlò di te, suo unico figlio ed erede, e in seguito mi illustrò la lotta di potere che la nascita del suo secondogenito aveva generato. Ma non ti sto scrivendo per rinvangare il passato…soltanto per gettare le basi a questo presente che in modi misteriosi mi lega ora a te, figlio di Inuken.
Sappi, Sesshomaru, che dodici mesi orsono mi apparve lo spirito di tuo padre. Egli non si soffermò in mia presenza che per chiedermi un favore che al momento non compresi e che ancora non mi è chiaro. Nonostante ciò, ho esaudito le sue richieste, in nome della nostra lunga amicizia. Lo spettro di tuo padre mi chiese di fabbricare per te un gioiello.
Ti sia noto, Sesshomaru, che io sono un mastro gioielliere fra i demoni, conosciuto e stimato nei suoi tremila anni di vita, in grado di donare a metalli e pietre poteri antichi che nessuno più conosce. Ho approntato per te questo dono, riuscendo a ultimarlo nel tempo limite di un anno, tempo che mi fu chiaramente segnalato da tuo padre. Io sono vecchio e per quanto i miei poteri di mastro gioielliere non siano scemati, il mio corpo non risponde più ai comandi come un tempo. Non posso recarmi nelle tue terre per consegnarti il mio dono. Ti invito quindi a venire a prenderlo di persona, domandandoti perdono per una richiesta così sfacciata. Tu forse saprai dirmi per quale motivo Inuken mi ha fatto una tale richiesta. Spero non siano in vista pericoli per il tuo casato, ma che il dono approntato possa servire al solo scopo di accrescere il tuo potere.-

Seguiva una rozza mappa che indicava la dimora di Kun Yan e l’arzigogolata firma dello stesso. Anna alzò gli occhi su Sesshomaru.
«Tuo padre…» mormorò, pensierosa. Anna aveva avuto modo di conoscere Inuken nella sua forma spettrale. A ben guardare, era stato proprio lui a favorire l’apparizione di Anna nella Sengoku Jidai e a spingerla a votarsi a Sesshomaru per il resto della vita. Anna doveva essere il suo dono al figlio maggiore, il cui cuore non sapeva amare. Nonostante le vicissitudini e i nemici che avevano cercato di separarli in ogni modo, si poteva dire che il desiderio del defunto Signore dei Demoni si fosse realizzato. Anna corrugò la fronte nell’accorgersi che Inuken era comparso a Kun Yan un anno prima, in concomitanza con il momento in cui si era ritrovata sola e sperduta in una foresta sconosciuta dell’antico Giappone.
«Non hai altro da dire?» chiese Sesshomaru, dopo averle lasciato qualche istante per pensare.
«Cosa vuoi che dica?- rispose lei, con un gesto distratto- Mi sembra evidente che tu debba andare in Cina. Se tuo padre ha commissionato per te un oggetto magico, è giusto che tu vada a prenderlo.»
«Mi chiedo cosa l’abbia spinto a mostrarsi e cosa abbia chiesto a quel vecchio.» mormorò Sesshomaru, socchiudendo appena gli occhi ambrati in un’espressione cupa e sospettosa.
«Kun Yan spera che tu possa spiegarlo a lui.» osservò Anna, arrotolando di nuovo la lettera.
«E cosa vuoi che ne sappia?» disse Sesshomaru, secco.
«Probabilmente quando ti spiegherà le funzioni dell’oggetto magico comprenderai perché è stato fatto creare.- disse Anna, pensierosa- Tuo padre non è tipo da fare cose inutili.»
«No, non lo è.» disse Sesshomaru, dopo un istante, sfiorando Tenseiga. Anna sorrise. Sesshomaru aveva iniziato ad accettare l’eredità paterna quando aveva usato Tenseiga per salvare Rin, ma si era convinto di non essere stato messo in secondo piano dal padre solo quando aveva potuto far tornare in vita Anna, che si era sacrificata per lui. Si alzò e andò a sedersi accanto a lui, posando la testa sulla sua spalla.
«Vengo anch’io?» chiese, guardandolo con i suoi luminosi occhi azzurri. Sesshomaru le lanciò un’occhiata, sollevando appena un sopracciglio.
«Perché, volevi rimanere a casa?» chiese, sarcastico. Anna sorrise, avvicinandosi ancora di più per godere del suo calore. Mai una volta che Sesshomaru non le rivoltasse la domanda! Non le avrebbe mai chiesto di andare con lui, doveva essere lei a farlo. Soffocò una risata. Nonostante il fatto che le disgrazie che li avevano quasi divisi fossero invece riusciti a legarli indissolubilmente l’uno all’altro, l’atteggiamento esteriore di Sesshomaru non sarebbe mai cambiato.
«Non si sa mai, magari la mia presenza ti dà fastidio.- lo stuzzicò, birichina- Magari ti sei stancato di sentirti ripetere che ti amo ogni cinque minuti.»
«Quando non mi dai dello stupido.» osservò Sesshomaru, senza cambiare tono ma assecondando lo scherzo. Anna rise, poi lo baciò con impeto sulla guancia.
«Ma certo che vengo anch’io! Da solo non ti lascio di sicuro.- ridacchiò, felice al pensiero di viaggiare con lui- Ogni volta che scompari da sotto i miei occhi succede qualcosa.»
«Non me lo ricordare.» mormorò Sesshomaru, stringendo le labbra. Anna gli accarezzò una guancia, intenerita. Sesshomaru non si era ancora perdonato le atrocità che aveva commesso contro di lei quando il demone forbice Kiokumushi gli aveva sottratto la memoria. Il ricordo era ancora doloroso per entrambi. Sesshomaru si tormentava nel ricordo di averla quasi uccisa e lei rabbrividiva al pensiero di averlo quasi perduto. La loro vita insieme subiva troppo spesso grandi scossoni.
«Non ci pensare.- sussurrò lei, appoggiando la fronte al suo braccio- Finché stiamo insieme, non abbiamo nulla di cui preoccuparci.»
Sesshomaru le circondò le spalle con un braccio, stringendola a sé. Anna sorrise. Per quanto litigassero spesso e si irritassero l’un l’altro, ormai non c’era alcun dubbio sul grande amore che li legava. Questo la rendeva più felice di chiunque altro.
«Allora partiamo domani.» disse Sesshomaru, ritrovando la propria freddezza.
Proprio in quel momento, un suono di passi minuti e due voci infantili che chiacchieravano con allegria, turbarono la pace dei corridoi del Palazzo. Anna, corrugando la fronte, si voltò verso la porta.
«Chi c’è con Rin?» chiese Sesshomaru, contrariato.
«Credo che sia…» mormorò Anna, sorpresa, prima che la porta si spalancasse, facendo entrare Rin e il suo seguito, formato da Shippo e da Jaken, che aveva tentato invano di fermarli. Purtroppo, Rin non aveva l’abitudine di bussare. Grazie al cielo, sembrava capire in quali momenti poteva irrompere nella camera dei due demoni senza dar luogo a scene imbarazzanti.
«Buongiorno! Sesshomaru-sama, guardate chi c’è?» esclamò Rin, con tutta la gioia della sua voce di bimba.
«Shippo-chan!» esclamò Anna, sorpresa, alzandosi in piedi e andandogli incontro.
«Anna-chan!- la salutò il piccolo kitsune, saltandole in braccio- Che bello vederti!»
«Ma quando sei arrivato?» chiese Anna, basita. Non era una cosa comune che il kitsune viaggiasse da solo.
«L’ha portato Kirara!- intervenne Rin, lieta di poter dare spiegazioni- Rin giocava nel giardino con Misao e Shuei, e Jaken stava correndo alla Prima Porta. Vero, Jaken?»
«Chiedo perdono, Sesshomaru-sama!- gemette il piccolo rospo, prosternandosi di fronte al suo padrone, che non aveva ancora detto una parola- E’ stata Rin a insistere perché entrasse.»
«Tu sei veramente antipatico.» osservò Shippo, con le palpebre a mezz’asta.
«Mi fa piacere che tu sia qui, Shippo-chan!» disse Anna, sorridendo.
«Fate troppo baccano.» disse Sesshomaru, senza alzare la voce, ma il suo tono fu sufficiente a riportare una certa compostezza tra i presenti.
«Come mai questa visita?» chiese Anna, andando a sedersi con Rin e Shippo in un angolo della stanza per disturbare Sesshomaru il meno possibile.
«Ti porto un invito.- disse subito Shippo- Beh, in realtà è per tutti voi. Per chi vuole venire.» Lanciò un’occhiata di sbieco a Sesshomaru, ma si affrettò a riportare gli occhi su Anna quando si accorse di essere a sua volta osservato.
«E’ la giornata delle lettere.» commentò Anna, prendendo in mano il foglio di carta color avorio che Shippo le stava porgendo. Constatò che quella carta veniva dall’epoca moderna e, mentre Rin le si metteva accanto per sbirciare, si preparò a leggere un messaggio di Kagome. Con sua grande sorpresa, invece, la missiva conteneva ben altro.

- Miroku e Sango vi invitano al loro matrimonio, che si terrà il quinto giorno di primavera al villaggio di Edo.  Saremo lieti di vedervi alla cerimonia, Anna, Rin e Sesshomaru (anche Jaken, se vuole…). Vi aspettiamo con ansia in questo giorno di giubilo.
Miroku e Sango
Miroku : Anna, vieni sola! Scappiamo insieme!
Sango : Cercate di venire tutti, se potete. Purtroppo non garantisco che troverete lo sposo ancora in vita…
Miroku : …credo che i miei giorni ad andare di fiore in fiore siano definitivamente conclusi…-

Anna rise di quel particolare invito alle nozze, poi lo lesse a Rin, in maniera che anche Sesshomaru potesse sentire. Evitò i post scriptum per amor di pace e vide sul viso di Shippo un sorriso divertito. Il kitsune doveva aver letto l’invito prima di consegnarlo.
«Il quinto giorno di primavera…mancano otto giorni.- osservò Anna- Verremo volentieri, Shippo-chan.»
«Non credo proprio.»
Anna si voltò verso Sesshomaru, che si era alzato in piedi e la guardava con un’espressione preoccupante. Anna corrugò la fronte, perplessa.
«Perché no? Due nostri amici si sposano…» disse.
«Nostri amici?- disse Sesshomaru, con disprezzo- Amici tuoi, vorrai dire!»
«Come minimo sono stati tuoi alleati.- disse Anna, seccata- Sia Miroku che Sango hanno combattuto per te e, se non ricordo male, grazie a Miroku hai potuto attuare il tuo piano per salvarmi dal Sigillo della Vita.»
Sesshomaru strinse le labbra e negli occhi gli passò un lampo pericoloso. Non sopportava che gli si ricordassero certe cose. Anna, però, era sul piede di guerra. Quell'atteggiamento non le piaceva. Shippo e Rin si guardarono, perplessi. Sembrava stesse per scatenarsi una litigata da una cosa molto semplice.
«Non ci andremo.» sentenziò Sesshomaru, marmoreo. Anna si alzò subito in piedi, battagliera.
«Non crederai che io mi perda il loro matrimonio?!- sbottò- Non è giusto!»
«Domani partiamo per la Cina. Abituati all’idea.» disse Sesshomaru, desideroso di chiudere la discussione, facendo per andarsene. Anna gli si parò di fronte, ben lungi dall’aver finito con le sue rimostranze.
«Non c’è nessuna fretta.- disse, a voce bassa ma densa di elettricità- Possiamo andare al matrimonio di Sango e Miroku e poi partire insieme per la Cina.»
«Io parto domani.- disse Sesshomaru, che iniziava ad irritarsi davvero- Tu fai quello che ti pare. Posso anche fare a meno della tua compagnia.»
Comprese subito di aver detto le parole sbagliate. Gli occhi di Anna si incupirono fin quasi a diventare blu e il suo viso si ammantò di nubi di tempesta.
«Presto ci sarà un anniversario importante.- disse la demone, a voce bassissima e ringhiante- Volevo passarlo con te, ma vedo che tu non te ne ricordi, o forse non te ne importa niente, visto che non puoi nemmeno farmi il piccolissimo favore di ritardare la partenza a dopo il matrimonio! Se vai via ora, non tornerai per tempo!»
«Di che anniversario stai parlando?» chiese Sesshomaru, sprezzante.
«Lo sapevo! Non te lo ricordi!» sbottò Anna, pestando un piede per terra in uno scatto d’ira.
«Un anno fa abbiamo conosciuto Anna-nee-chan.» intervenne timidamente Rin, guardando con i suoi occhioni luminosi Sesshomaru. Scese un silenzio pesante. Anna strinse i pugni, nel vedere che la notizia non aveva minimamente colpito lo yokai. Quella era la data più importante della sua vita. Rappresentava la sua seconda nascita ed era il momento in cui Sesshomaru era entrato nella sua esistenza. Mancavano venti giorni a quella data, che Sesshomaru aveva completamente dimenticato.
«Non capisci niente.- ringhiò, offesa- Non ricordi niente di ciò che io reputo importante! Non sai niente di me! Non sai nemmeno il mio vero nome!»
«Il tuo nome è Anna.» disse Sesshomaru, guardandola come fosse pazza.
«Non è il mio nome completo!» obiettò Anna. Sesshomaru mosse appena le spalle.
«E’ sufficiente.» disse, lapidario. Anna si morse un labbro per evitare di lasciarsi scappare di bocca qualche parola pesante in presenza dei bambini. «Al di là di queste chiacchiere inutili, io ricordo che mi avevi appena promesso di venire in Cina con me.- disse lo yokai, scansandola- Ma sembra che le tue promesse siano come il vento.»
«Ho detto che verrò con te dopo il matrimonio!» scattò Anna, arrabbiatissima.
«Io parto domani.- disse ancora il demone, uscendo dalla stanza- Tu fai quello che ti pare.»
Sbatté la porta alle sue spalle e Anna rispose dando alla stessa un gran calcio, che quasi la spaccò.
«Sei un cretino, Sesshomaru!» urlò, furiosa. Il grido echeggiò nel corridoio, ma Sesshomaru non tornò indietro. Furibonda, Anna strinse i pugni, mentre dagli occhi le partivano lampi d’ira che avrebbero fatto tremare chiunque.
«Anna-nee-chan…»
Anna si voltò verso Rin, cercando di recuperare almeno un po’ di compostezza. Non le faceva mai piacere litigare con Sesshomaru davanti alla bambina.
«Anna-nee-chan, forse Sesshomaru-sama ci è rimasto male.» mormorò Rin, preoccupata. Anna quasi spalancò la bocca per la sorpresa.
«Ci è…rimasto male? Lui?!- sbottò- Rin-chan, sono io che ci sono rimasta male!»
«Rin lo sa.- si affrettò a dire la bambina- Però Rin crede che Sesshomaru-sama volesse tanto fare questo viaggio con te. Forse è un po’ geloso perché tu ora preferisci andare al matrimonio di Sango-chan e Miroku.»
Interdetta, Anna fissò la bambina per qualche istante, in silenzio, poi si sedette a gambe incrociate, guardandosi le mani.
«Insomma, ho torto io?» mormorò, dopo un po’.
«Ma nemmeno per sogno!» sbottò Shippo. Per quanto lo riguardava, Sesshomaru era stato davvero cattivo!
«No, nee-chan!- disse Rin, scuotendo il capo con veemenza e correndo ad aggrapparsi al suo braccio- Rin dice solo che anche lui è triste come te. Avete ragione tutti e due!»
Anna sorrise, abbracciando la bambina.
«Il che significa che abbiamo torto tutti e due.- riassunse, con una breve risata- Va bene, cercherò di fare pace con lui.»
«Allora andrai con Sesshomaru?- chiese Shippo, corrugando la fronte- Sango e Miroku saranno molto dispiaciuti.»
«No, verrò al matrimonio. Anzi, verremo. Io e Rin.- lo tranquillizzò Anna, con un sorriso- Non ce lo perderemmo per niente al mondo, vero Rin-chan?»
«Verissimo!» rispose Rin, che era emozionata al pensiero di vedere Sango vestita da sposa. Le sarebbe piaciuto che anche Anna-nee-chan e Sesshomaru-sama…
«E Sesshomaru?» chiese Shippo, piano. Anna sospirò.
«Cercherò di farlo ragionare, ma so già che andrà in Cina. Quando decide una cosa, è impossibile fargli cambiare idea.» disse, stringendosi nelle spalle. Non le piaceva che Sesshomaru si allontanasse da solo. Da quando si erano conosciuti, ogni volta che non avevano avuto l’altro a fianco era successo qualcosa di terribile. Il Sigillo della Vita, il demone Kiokumushi…Questo pensiero non la rendeva tranquilla. D’altra parte, non era giusto che Sesshomaru le togliesse la possibilità di assistere al matrimonio di due amici preziosi.
Sospirando e cercando di attingere al profondo pozzo della sua pazienza, Anna si alzò e uscì dalla stanza, andando a cercare quel testardo di Sesshomaru per cercare di far pace.

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Capitolo 2
*** 2 - Sposi di primavera ***


Author's note: La coppia principale litiga fin dalle prime righe, Inuken ci rimette lo zampino e una coppia di amici si sposa. La primavera nella Sengoku Jidai comincia bene...

Kagome uscì dal pozzo, issandosi con fatica visto lo zaino pesante che aveva sulle spalle. Si sedette sul bordo di legno e passò le gambe dall’altra parte, togliendosi la frangia dagli occhi con un sospiro di soddisfazione. Era passata da un paio d’ore l’ora di pranzo. A casa aveva lasciato un cielo terso e azzurro, un bel venticello tiepido e il Goshinboku in inizio di fioritura. Nella Sengoku Jidai, invece, il cielo era cupo e piovigginava in maniera leggera. I pochi fiori del Goshinboku erano zuppi, segno che aveva piovuto più forte in precedenza. Kagome corrugò la fronte. Bel modo di festeggiare l’arrivo della primavera! Mancavano pochissimi giorni al matrimonio di Sango e Miroku. La ragazza sperava che il tempo si decidesse a sistemarsi per quella data. Si alzò in piedi, caricandosi lo zaino sulle spalle, poi sul suo viso comparve un largo sorriso nel vedere Inuyasha venirle incontro, proveniente dal villaggio.
«Inuyasha!» lo salutò, correndogli incontro velocemente quanto glielo consentiva il pesante ingombro.
«Kagome, potevi dirmelo che tornavi oggi.- sbuffò Inuyasha, per tutta risposta, sfilandole lo zaino dalle spalle e sollevandolo con noncuranza con una sola mano- Sarei venuto a prenderti.»
«So che stai aiutando Miroku con gli ultimi ritocchi. Non volevo disturbarti.» disse Kagome. Inuyasha sbuffò di nuovo.
«Ma che ultimi ritocchi! Quella casa è pronta da un anno, Miroku ha solo le smanie da sposo a due passi dall’altare!» disse, acido.
«Che romantico…» sospirò Kagome, con le mani sulle guance e lo sguardo sognante.
«Che idiota, vorrai dire. Perde tempo in stupidaggini. Invece, potrebbe darmi una mano a eliminare gli ultimi demoni di Soichiro.» sentenziò Inuyasha, buttandosi lo zaino oltre la spalla e iniziando a incamminarsi.
«Prima delle nozze?! Inuyasha, tu non hai un briciolo di romanticismo!» lo rimproverò Kagome, camminandogli a fianco.
«Romanticismo? Che c’entra il romanticismo?- chiese Inuyasha, perplesso- Io so solo che Sango sospetterà di avere le corna tutta la vita e che Miroku prenderà un sacco di legnate nei secoli dei secoli.»
«Tu pensi solo alle cose negative.- sbuffò Kagome- Quei due si amano moltissimo. Vivranno felici, probabilmente avranno molti figli come desidera Miroku, e sono sicura che il nostro amico non sfiorerà mai nemmeno una donna dopo il matrimonio. Se è per questo, non lo fa da quando si è fidanzato con Sango.»
«Ma ci prova con tutte.» sottolineò Inuyasha.
«Lo fa solo per far ingelosire Sango.- gli spiegò Kagome- Non capisci che la cosa lo lusinga?»
«No.» rispose Inuyasha, dopo un attimo di riflessione. Come faceva a lusingarlo una cosa che lo portava a sfoggiare bernoccoli e lividi, ben meritati a parer suo?
«Oh, Inuyasha, quanto sei prosaico.» borbottò Kagome, contrariata.
«E tu sei troppo romantica.» ritorse Inuyasha. Kagome mise il broncio.
«Allora, secondo te, nemmeno noi potremmo andare d’accordo.» disse, cupa.
«Cosa?» chiese Inuyasha, fermandosi. Attorno a Kagome c’era un’aria scura che gli faceva venire la pelle d’oca. Doveva aver detto qualcosa che non le era piaciuto.
«Dici che Miroku e Sango litigheranno sempre.- disse Kagome, e Inuyasha le sentì nella voce un inizio di pianto- Anche noi litighiamo sempre. Vuol dire che non potremo mai sposarci, perché…»
«Oi! Ma che stai dicendo?!- esclamò Inuyasha, lasciando andare lo zaino e afferrando Kagome per le braccia- Ho detto solo che quei due litigheranno sempre, non che non si amano! E’ ovvio che si sposeranno e saranno pure felici! Su noi due, poi, non devi avere nessun dubbio. Noi ci amiamo, quindi quando ci sposeremo saremo semplicemente ancora più felici di quanto siamo adesso! Hai capito, Kagome? Non dire mai più una cosa simile!»
L’aura negativa intorno a Kagome scomparve del tutto e sul viso della ragazza ricomparve un dolce sorriso, cosa che fece saltare un battito al cuore di Inuyasha.
«Hai detto ‘quando’ ci sposeremo, Inuyasha.» disse lei, arrossendo.
«Eh?» chiese Inuyasha, perplesso per quel repentino cambiamento di umore e d’argomento.
«Hai detto ‘quando’ ci sposeremo, non ‘se’ ci sposeremo.- spiegò Kagome, felice- Vuol dire che hai intenzione di sposarmi, prima o poi.»
Inuyasha rimase basito, poi un afflusso di sangue gli salì al volto, facendolo tingere di porpora. Non si era mai sentito così imbarazzato in tutta la sua vita. La frase gli era scappata senza alcuna premeditazione. Non aveva pensato al senso delle sue parole. Non voleva farle una proposta di matrimonio in questo modo così sciatto!
«Ehm…io…parlavo per dopo…per il futuro.- balbettò Inuyasha- E’ certo che io…però ora sei troppo giovane…e poi non ti ho chiesto come si deve…insomma…così è un po’ rude, ma…»
Kagome lo abbracciò, avendo capito cosa intendeva dire.
«Aspetterò di ricevere una proposta come si deve.- disse, felice- Per ora mi basta quello che hai detto.»
Si alzò sulla punta dei piedi e baciò Inuyasha sulla bocca. Inuyasha la strinse a sé e la baciò a sua volta, più intensamente, lasciandosi avvolgere dal dolce profumo di Kagome. Fosse stato per lui, se la sarebbe portata via già da un pezzo, matrimonio o meno. Sapeva, però, di dover attendere che Kagome mettesse in chiaro le cose con la sua famiglia. Ci voleva ancora tempo perché Kagome diventasse solo sua.
«Dai, andiamo al villaggio.» disse infine, lasciandola andare con riluttanza. Kagome gli prese la mano, sorridente e con le guance rosee.
«Shippo è tornato?» chiese.
«Sì, stamattina.» confermò Inuyasha.
«Anna e Sesshomaru verranno al matrimonio?» chiese Kagome, alzando lo sguardo su di lui. Gli vide sul volto una smorfia.
«Anna e Rin verranno. Quel cretino di Sesshomaru è partito per la Cina.» disse, sprezzante.
«Hanno litigato?» chiese Kagome, preoccupata.
«Come al solito. Niente di serio, solo due teste dure che cozzano e fanno un sacco di rumore.» sentenziò Inuyasha. L’immagine evocata dallo yokai fece ridere Kagome e presto Inuyasha si unì a lei. I due raggiunsero il villaggio appena prima che la pioggia tornasse a intensificarsi.

***

«Shippo! Vai a cercare Miroku, per favore?» gridò Sango, affacciandosi alla porta della casa di Kaede. Il piccolo kitsune, che stava chiacchierando con un bambino del villaggio, annuì in risposta e si mise in cerca del monaco.
«Sarà con Inuyasha, qui attorno.» disse Kaede, che stava cucendo la manica di un bell’abito bianco da sposa seduta accanto al focolare.
«Se ne va sempre in giro.- borbottò Sango, tormentandosi nervosamente le mani- Domani ci sposiamo e non era presente quando Kaede-sama ha fatto l’auspicio, e…»
«Sei nervosa, Sango?» chiese Kagome, sorridendo. Sango si zittì, arrossendo. In effetti si sentiva tremare. Desiderava ardentemente sposare Miroku, ma era anche molto agitata. Il matrimonio era un passo importante. A un doloroso ricordo, la morte di Kohaku, si sarebbe presto sovrapposta una dolce ricorrenza. Nel frattempo, però, non poteva evitare di sentirsi agitata fino all’inverosimile.
«Da cosa l’hai dedotto?» chiese, mesta. Kagome rise e Kaede scosse la testa.
«Beh, l’auspicio è solo una cosa senza importanza. Che tu abbia tanta fretta di dire a Miroku che secondo Kaede-sama vivrete felici…»
«Oh, Kagome-chan, non prendermi in giro!- disse Sango, arrossendo fino alla radice dei capelli- So anch’io che è una stupidaggine, però…»
«E’ permesso?»
Le due ragazze si voltarono verso la porta. Inquadrate dalla luce del sole che filtrava ai loro lati, sulla soglia stavano Anna e Rin, entrambe sorridenti.
«Anna! Rin-chan!» esclamò Kagome, alzandosi in piedi.
«Benvenute!» le accolse Sango, abbracciando prima una e poi l’altra.
«Non siamo in ritardo, vero?- rise Anna, con un lampo malizioso negli occhi- Dalla vostra conversazione mi pare di capire che le nozze non sono ancora state celebrate.»
«Anna, non scherzare…sapessi come sono agitata!» confessò Sango, facendo spazio a Kagome perché le salutasse.
«Rin è felice per te e Miroku-sama, Sango-chan!» disse la bambina, con un gran sorriso.
«Grazie, Rin.» mormorò Sango, felice.
«Noto che nessuno mi chiede dov’è Sesshomaru.- disse Anna, entrando in casa, con tono colloquiale- Shippo ha fatto la spia?»
«Ci ha raccontato il vostro litigio.- ammise Kaede, continuando a cucire- Allora, alla fine è andato in Cina?»
«Sì.- sbuffò Anna, poi scrollò le spalle- Ma forse è meglio così. Costringerlo a stare in mezzo a tanti esseri umani non era consigliabile. Inoltre…non dovrei dirlo, ma Sesshomaru non è esattamente lo spirito della festa.»
Kagome e Sango si guardarono, incerte se ridere alla battuta o conservare un prudente silenzio. Anna sorrise, conscia del loro dilemma, poi porse un pacco a Sango.
«Tieni, il nostro regalo di nozze.- disse- Mio e di Rin.»
«Le ha scelte Rin!» aggiunse la bambina. Anna le fece cenno di non dire altro per non rovinare la sorpresa. Sempre più imbarazzata, Sango prese il pacco dalle mani della yokai. In quel momento, entrarono Miroku, Inuyasha e Shippo.
«Mi sembrava di aver sentito il tuo odore.» borbottò Inuyasha, rivolto ad Anna.
«Anna, mia cara amica! Qual buon vento ti conduce a noi?» esclamò Miroku, aprendo le braccia per stringere a sé la yokai, che lo fermò con una mano in faccia mentre Sango gli strattonava con cattiveria il codino.
«E’ questo il trattamento riservato allo sposo?» piagnucolò Miroku, offeso.
«Se lo sposo sei tu, sì. - disse Sango, fulminandolo con lo sguardo- Anna ci ha portato un regalo. Lo apriamo?»
«Ma certo, Sango.- disse Miroku, tornando serio per poi inchinarsi ad Anna e Rin- Vi ringrazio per la vostra gentilezza.»
Anna fece un gesto vago, come a dire che non era necessario. Sango si inginocchiò sul pavimento e aprì il pacco, mentre Kagome curiosava da sopra la sua spalla. Davanti ai loro occhi, comparvero metri e metri di tessuti di eccellente fattura.
«Kami-sama…sono bellissimi.- mormorò Sango, alzando una stoffa chiara ricamata d’azzurro- Anna, questa stoffa vale un patrimonio!»
«Ah sì?- chiese Anna, scrollando le spalle- Ho solo pensato che avrebbero potuto farvi comodo. Potrai creare qualche vestito per te e per Miroku. Desideravo donarvi qualcosa di utile per la futura vita coniugale.»
«I colori li ha scelti Rin!- intervenne la bambina, inginocchiandosi accanto a Sango- Ti piacciono, Sango-chan? Questo, questo e questo sono per te. Invece questi per Miroku-sama, perché sono più scuri. Poi ci sono i pettini per i capelli e quelli li ha scelti Anna-nee-chan.»
«Non…non so cosa dire.» mormorò Sango, commossa, guardando Miroku per avere supporto.
«Per parte mia, vi ringrazio.- disse il monaco, sorridendo, poi scompigliò i capelli di Rin- Mi piacciono molto i colori che hai scelto, Rin-chan!»
La bambina sorrise, felice.
«Io e Kaede-sama, invece, abbiamo confezionato l’abito da sposa di Sango.- disse Kagome, orgogliosa per l’impresa- Stavamo giusto finendo l’ultima cucitura.»
«Ormai è fatta, Kagome.» disse Kaede, tagliando il filo con i denti e ammirando l’opera.
«Pare che si sia profuso grande impegno per questo matrimonio.» rise Anna, facendo arrossire persino Miroku.
«Quel cretino di mio fratello alla fine non è venuto.» osservò Inuyasha, sarcastico.
«No, è in Cina. O meglio, dovrebbe essere nelle sue vicinanze, ormai.- sospirò Anna, alzando gli occhi al cielo- Tornerà fra tre settimane, più o meno. Fine della questione.»
«Meglio. E’ solo un rompiscatole, ci avrebbe rovinato la festa.» sentenziò Inuyasha, guadagnandosi un’occhiataccia da parte di Kagome, che aveva capito quanto Anna fosse dispiaciuta per quella mancanza.
«Anna, perché non vieni a vedere la casa che ho approntato per me e Sango? Non hai ancora avuto modo di visitarla, vero?» propose Miroku, con un sorriso luminoso.
«Vi accompagno.» disse Inuyasha, sollecitato da un pizzicotto di Kagome, che aveva visto Sango rabbuiarsi. Sango riteneva che Anna fosse estremamente bella e quindi una tentazione non da poco per Miroku. Non si rendeva conto che il monaco non faceva altro che stuzzicarla.
«Ma sì, vengo volentieri.- disse Anna, allegra- Rin-chan, tu rimani con Shippo e le ragazze?»
«Sì, Rin resta qui. Rin vuole che Sango guardi tutte le stoffe che ha scelto per lei!» disse la bambina, con gli occhi che le rilucevano. Per lei, fare quel regalo era una cosa importante. Sango acconsentì di buon grado a guardare tutto con calma. Dopotutto, Anna le aveva appena messo tra le mani un patrimonio in stoffe.
Miroku, Inuyasha e Anna uscirono dalla casa di Kaede e si diressero verso il fondo del villaggio, ove Miroku aveva costruito la casa in cui avrebbe vissuto con Sango. La costruzione era recente, risaliva a dopo la battaglia contro Soichiro, ma Miroku vi aveva profuso così tanti sforzi che già dall’esterno si capiva benissimo che la casa non aveva una funzione strettamente pratica, ma anche estetica.
«Ma guarda quanto lavoro…» mormorò Anna, ammirata, notando gli intagli su stipite e architrave. «Miroku, sei bravo a intagliare il legno!»
«Se lo dici tu, ci credo.» disse Miroku, nascondendo un sorriso di soddisfazione.
«Non sollevare questo argomento.- la pregò Inuyasha, con una smorfia- Ogni giorno scopre che avrebbe potuto aggiungere qualcosa. Di questo passo bucherà il legno e Sango si troverà una casa con le pareti traforate.»
Anna scoppiò a ridere di gusto, facendo sogghignare Inuyasha.
«Ah ah, molto divertente.- disse Miroku, scoccando a Inuyasha un’occhiataccia- Invece di criticare, prova a fare qualcosa per Kagome-sama.»
«Che vuoi dire?» lo aggredì Inuyasha.
«Chissà.- disse Miroku, con un sorrisetto, prima di aprire la porta- Prego, Anna…entra!»
Anna si trovò in un’ampia stanza, al cui centro era stato scavato il focolare. Lanciò un’esclamazione estasiata nel vedere gli accostamenti di legni di diverso colore con cui Miroku aveva ricoperto l’interno, tutti intarsiati con motivi floreali. Batté la mani, deliziata.
«Miroku, è una meraviglia!- esclamò, voltandosi verso il monaco- Sango l’ha già vista?»
«Ancora no!- disse Miroku, fingendo indignazione- Sarà una sorpresa per il giorno del matrimonio.»
«Cioè per domani.» sottolineò Inuyasha.
«Già, domani.» disse Miroku, e un sorriso un po’ sognante gli comparve sul volto. Anna, intenerita, gli scoccò un sorriso abbagliante.
«Sango è una donna fortunata.- sentenziò, prima di guardarsi attorno nel vedere due porte scorrevoli, una a destra e una a sinistra- E di là cosa c’è?»
«A destra c’è la nostra camera da letto.- disse Miroku, aprendo la porta con aria maliziosa e mostrando un’altra bella stanza alla yokai- Di là, invece, dormiranno i nostri figli…quando arriveranno.»
«Conoscendoti, credo che quella stanza sarà presto occupata.» ridacchiò Anna. Inuyasha roteò platealmente gli occhi e Miroku rise. Anna aveva colpito nel segno! Poco dopo, i tre erano seduti sul pavimento a bere del tè.
«In pratica, cosa è andato a fare Sesshomaru in Cina?» chiese Inuyasha, seduto con la schiena contro la parete.
«Shippo non ve l’ha detto?- chiese Anna, blandamente stupita- Un demone cinese gli ha scritto, dicendo di aver fabbricato un gioiello per lui. Pare sia stato lo spirito di tuo padre a commissionarglielo.»
Inuyasha si alzò a sedere dritto di scatto.
«Mio padre?!- sbottò- E che aspettavi a dirmelo?!»
«Scusa…hai ragione, non ci ho più pensato.- borbottò lei, nascondendo metà del volto dietro la tazza fumante- Fatto sta che questo demone, Kun Yan, era amico di tuo padre. Circa un anno fa, lo spettro di Inuken si è presentato a lui e gli ha chiesto di fabbricare questo gioiello per Sesshomaru.»
«Che tipo di gioiello?» chiese Miroku. Anna si strinse nelle spalle.
«Non lo so. So solo che è pervaso da un potere particolare. Sesshomaru è andato a vedere di che si tratta.» rispose, poi fece un sospiro. Non sembrava molto felice di quella separazione temporanea. Miroku rifletté.
«Un anno fa…non coincide con il momento in cui arrivasti nella Sengoku Jidai?» chiese. Anna levò gli occhi e le mani al cielo in un gesto plateale.
«Qualcuno che se lo ricorda! Grazie, kami!- esclamò, facendo aumentare la loro perplessità, poi rise- Sesshomaru l’aveva completamente dimenticato. Mi sono scelta un grandissimo buzzurro.»
«Ho sempre detto che hai gusti terribili.- disse Inuyasha, con una smorfia- Comunque sia, mi sembra una coincidenza strana.»
«Chissà? Forse.- disse Anna, riflettendo- In ogni caso, all’epoca io non vidi Inuken. Non sapevo come fossi arrivata qui. Il suo fantasma mi apparve solo diverso tempo dopo, quando cercai di trovare un sistema per tornare a casa. Non credo ci siano collegamenti tra questo fatto e la chiamata di Kun Yan.»
«Non si può mai dire.» la avvertì Miroku.
«Sicché è già passato un anno da quando sei arrivata qui?» chiese Inuyasha, riandando con la memoria a tutte le cose che erano successe in così poco tempo. Il suo riavvicinamento con il fratello, la morte di Naraku, la guerra contro Soichiro, l’amicizia con i ragazzi di Nerima, l’orrida esperienza con il demone Kiokumushi…
«Dal mio arrivo sì.- ammise Anna- Tra un paio di settimane, invece, sarà l’anniversario della mia rinascita come demone.» Rimase un attimo in silenzio, incupendosi. «E’ anche l’anniversario della prima volta che ho visto Sesshomaru.- mormorò- Volevo trascorrere la ricorrenza con lui, ma è scappato in Cina.» Rise senza convinzione. «Non sono tranquilla.» disse infine, confessandosi.
«Credo che tu sia diventata un po’ paranoica.- disse Inuyasha, senza alcun tatto- D’altra parte, non posso darti tutti i torti. Quel cretino di Sesshomaru poteva anche aspettare un po’.»
Anna sorrise alle sue parole e Miroku le posò una mano sulla spalla.
«Non ci pensare, non gli accadrà nulla di male.- le disse, per rincuorarla- Ingegnati a consolare quest’uomo che dà l’addio al celibato e la vita tornerà a sorriderti.»
«Guarda che lo dico a Sango e faccio saltare le nozze.» disse Inuyasha, sollevando un sopracciglio, mentre Anna scoppiava a ridere.
«Non intendevo nulla di sconcio!» si difese Miroku, atteggiando il viso a un’espressione di onore offeso.
Anna guardò i due battibeccare con un sorriso, poi sfiorò con la mano la cicatrice nascosta che le marchiava il collo. Quello era il segno del suo matrimonio segreto. Il suo uomo era lontano, ma le loro anime erano unite. Non aveva nulla di cui preoccuparsi.

***

Il tempo fu clemente e sulle nozze di Miroku e Sango splendette un bel sole.
Tutto il villaggio assistette alla cerimonia, officiata dalla vecchia Kaede. Sango era uno splendore, nel kimono bianco da sposa che Kaede e Kagome le avevano confezionato. I capelli raccolti sulla nuca, un velo di trucco impostole da Kagome e il luccichio di lacrime trattenute che le brillava negli occhi fecero quasi venire un colpo a Miroku, che pure sapeva quanto fosse bella la ragazza che stava sposando.
«Sei sicura di volere me?» le chiese perfino, tanto era sconvolto. Lei gli sorrise senza rispondere, ma fu sufficiente.
Kagome e Anna si erano messe in ghingheri. Kagome aveva un abitino con giacca verde chiaro e sandali con il tacco, cosa che la faceva apparire del tutto estranea alla Sengoku Jidai. Anna, avendo preso sul serio il suo ruolo di principessa, aveva una veste aperta azzurro chiaro con ricami in oro e un kimono bianco e oro molto semplice, per non rubare la scena alla sposa. Aveva raccolto sulla nuca i lunghi capelli e sembrava davvero una regina dei demoni. La piccola Rin si era vestita a nuovo, mentre Inuyasha e Shippo non si erano formalizzati. Inuyasha, addirittura, cominciò a sbadigliare prima ancora che la cerimonia iniziasse.
Gli amici si schierarono subito dietro la coppia, in fila, ascoltando con tenera commozione le risposte della cerimonia. I due si scambiarono le promesse di matrimonio, bevvero il sake nuziale, e finalmente poterono sigillare le loro nozze con un bacio, fra gli applausi degli abitanti del villaggio. Sia Miroku che Sango ringraziarono, imbarazzati, mentre tutti facevano loro le congratulazioni. Dopo averli baciati entrambi, Anna si mise un po’ in disparte, guardando la coppia con occhi pieni di tenerezza. Era davvero felice per loro. Entrambi avevano sofferto più del necessario, durante tutta la loro vita, e questo poteva ora ripagarli di tutte le lacrime versate. Sarebbero stati felici insieme, questo era certo.
Al pensiero di Sesshomaru che decideva di sottoporsi a una cerimonia del genere, soffocò un sorriso. No, non ce lo vedeva proprio. L’unico matrimonio concepibile per Sesshomaru era quello degli yokai e in quel senso si erano già sposati.
“Non indosserò mai un abito da sposa.” pensò, mesta.
In quel momento, un forte capogiro la costrinse a portarsi una mano alla fronte. Un velo rossastro le scese per un attimo sugli occhi, accecandola. Sbatté più volte le palpebre, cercando di dissiparlo, mentre un rombo le riempiva le orecchie. Sembravano tutti i segni di un imminente collasso.
“Non è importante. Presto staremo meglio entrambi, mia cara.”
La voce, scaturita dal passato, le spedì un tale brivido lungo la schiena da irrigidirla. Conosceva quella voce…ma perché le tornava alla mente ora, con tutta quella chiarezza?
“Quel bastardo di Sesshomaru mi ha ridotto così, ma grazie al tuo potere latente riuscirò a sopravvivere. E ad ucciderlo, finalmente.”
Per gli dei…quella era la voce del demone che l’aveva quasi uccisa! Il demone che aveva tentato di assorbire il suo potere e di cui ora deteneva invece la forza yokai! Perché la sentiva ora?
Una mano le sfiorò il braccio. Subito, la vista di Anna si schiarì, le voci scomparvero e la donna tornò a sentire l’allegro vociare dei presenti sopra il rombo del proprio sangue. Si voltò verso Kagome, che la guardava con aria preoccupata.
«Anna, stai bene? Sei pallida.» chiese la ragazza.
«Sto bene.- disse Anna, con un sorriso tirato, accorgendosi di essere madida di sudore freddo- Ho avuto solo un capogiro. Credo di essermi emozionata un po’ troppo.»
Kagome sorrise, credendo alla sua risposta.
«Vieni ad aiutarmi? Bisogna portare le vivande ai tavoli e se faccio spostare le cose a Inuyasha andrà a finire che mangeremo per terra.» disse.
«Oi! Kagome!» esclamò Inuyasha, che l’aveva sentita anche da lontano.
Anna assentì, seguendola. Non vista, sfiorò la cicatrice nascosta sotto il kimono. Nulla, la pelle era liscia e integra. Sesshomaru stava bene. Ma allora, cosa significava il malore di poco prima? E perché aveva sentito quelle voci così ostili?

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Capitolo 3
*** 3 - Sintomi ***


Author's note: Sesshomaru scopre cosa suo padre ha preparato per lui, ma...a che serve?! Intanto si prepara un nuovo pensiero per Inuyasha e compagnia...

Era calato da poco il sole quando Sesshomaru mise piede sul suolo paludoso che sulla mappa vergata dal demone corrispondeva alla dimora di Kun Yan. Sesshomaru si guardò attorno, mentre la nebbia viscida e umida lo avvolgeva in spire, come lembi di ragnatela. I suoi piedi poggiavano su un suolo fangoso, scuro, che riluceva d’acqua e cercava di risucchiare i suoi piedi mentre stava lì, fermo, a contemplare quel luogo desolato. Polle d’acqua grigia e stagnante, ricoperte qua e là di melma verdastra, luccicavano fiocamente, come se la nebbia avesse trattenuto una parvenza di luce diurna. Forse sopra quel manto bianco stava nascendo la luna.
Sesshomaru si inoltrò con indifferenza tra i fanghi, riservando un remoto pensiero di fastidio alle chiazze di mota che gli avrebbero macchiato i pantaloni. Cercava una grotta, la vera dimora di Kun Yan. Aveva fatto un lungo e noioso viaggio per giungere fin lì. Sesshomaru corrugò la fronte.
Il viaggio in Cina si era dipanato attraverso giornate venate da un’irritazione costante. Jaken era dovuto restare a Palazzo. Erano ancora in corso gli incontri con i delegati delle famiglie di demoni dell’Est e qualcuno doveva pur occuparsene. Il totale silenzio e la solitudine l’avevano esacerbato, mettendo in evidenza la mancanza di Anna al suo fianco.
Strinse le labbra, seccato con se stesso. Non era possibile essere diventato così dipendente dalla presenza di lei! Aveva fatto bene a partire senza attenderla, lasciandola ai suoi divertimenti puerili con quegli umani, visto che era ciò che voleva. Il fatto che fosse inquieto quando lei non si trovava sotto il suo sguardo attento doveva finire.
Certo, l’amava. Sapeva bene che era più difficile che le succedesse qualcosa con lui presente. Inoltre, ancora sentiva dentro di sé il rimorso per come l’aveva trattata quando aveva perso la memoria, una morsa di uncini che gli artigliava l’anima e la straziava ogni volta che alzava la voce con lei, o le proibiva qualcosa. Ma questi stupidi sentimentalismi dovevano finire. Era o non era il Signore dei Demoni dell’Ovest? Anna non avrebbe avuto come consorte un uomo molle e accondiscendente come…beh, come suo fratello Inuyasha, tanto per dirne uno!
Ulteriormente irritato per questi ragionamenti, che lo dividevano in due correnti di pensiero differenti, Sesshomaru accelerò il passo. Presto la nebbia si alzò quel tanto che bastava da mostrargli una parete di roccia, stillante acqua come tutto il resto della palude. Sulla soglia, dal cui interno veniva una luce rossa, c’era un bambino.
«Sesshomaru-sama?- chiese il bambino, inchinandosi- Il Sommo Kun Yan vi attende.»
Sesshomaru annuì, registrando in un angolo della mente le branchie e le mani palmate del moccioso, un demone salamandra ancora giovane. Entrò nella grotta al suo seguito e presto fu in un’immensa aula naturale, costellata di stalattiti che ne delimitavano le volte. Ovunque, alla luce di rosse lampade di carta cinese, luccicavano preziosi gioielli, a cui però non prestò più di un’occhiata. Le gemme non gli interessavano. Quella ricchezza la lasciava volentieri alla stupida bramosia degli esseri umani.
«Sommo Kun Yan, è arrivato Sesshomaru-sama.» disse il bambino a una figura ricurva, avvolta in una veste viola e celeste di tessuto traslucido. Questa alzò il capo e Sesshomaru si trovò di fronte a un’enorme salamandra, per metà in forma umana. Era palesemente anziana, con la pelle che si squamava. Aveva lunghe sopracciglia cespugliose, e baffi e barba lunghi e sottili, alla maniera dei cinesi. La vecchia salamandra sorrise.
«Benvenuto, Sesshomaru-sama.- disse, senza accennare ad alzarsi ma chinando il capo- Vi prego, sedete qui, di fronte a me. Sono vecchio e non riesco più ad alzarmi. Ji Lun, vai a prenderci del sake.»
Il bambino si inchinò e corse via, perdendosi tra le ombre della grotta.
«E’ il mio pronipote.- disse Kun Yan, mentre Sesshomaru si sedeva di fronte a lui- Finalmente nella nostra famiglia è nato qualcuno con il mio talento. Potrò trasmettere la mia arte, prima di morire.» Guardò Sesshomaru, che sedeva con aria impassibile e fredda. «Somigliate a vostro padre in alcuni tratti.- disse poi- Forse non nel carattere.»
«Non sono qui per sentirmi dire se somiglio o meno a mio padre.- tagliò corto Sesshomaru- Ho fatto un lungo viaggio per venire qui, vecchio. Racconta la tua storia e sii breve.»
Kun Yan lo fissò, poi sorrise appena, annuendo, mentre Ji Lun arrivava con il sake.
«Bene, piglio fiero e sbrigativo. Un vero Principe dei Demoni.- disse, poi rise piano- Non mi sorprende che la Tigre sia caduta sotto le vostre zanne. Non stupitevi, perfino in questo luogo dimenticato arrivano echi quando muore un Signore dei Demoni.»
Sesshomaru corrugò la fronte, mentre il bambino versava il liquore e si ritirava. Kun Yan bevve un sorso, sospirando di piacere. Sesshomaru ponderò se rifiutare o meno, poi si adeguò. Dopotutto, non era il caso di essere scortesi con quel vecchio…non ancora.
«Ebbene, probabilmente vorreste sapere altro sul mio incontro con vostro padre.- sospirò Kun Yan, corrugando la fronte rugosa- Purtroppo non ho molto da aggiungere. Il suo spirito venne da me, mi chiese il favore di creare il gioiello e poi scomparve. Non è più ritornato al mio cospetto, nemmeno quando ho finito la mia opera.» Lo guardò fisso negli occhi ambrati. «Voi pensate di sapere perché venne a me?» chiese.
«Non lo so.- disse Sesshomaru, brusco- Circa un anno fa, mio padre si è manifestato altre due volte, a una yokai che egli stesso prescelse e in seguito a me. Non credo sia una coincidenza.»
«E non vi disse nulla di particolare?» chiese Kun Yan, perplesso. Sesshomaru corrugò la fronte, seccato nel rivelare fatti personali a quel vecchio, poi scrollò le spalle.
«Mi procurò una sposa.- tagliò corto- In un momento di pericolo, mi guidò sulla giusta via. E’ tutto.»
«Una sposa? Magnifico!- esultò Kun Yan- Anche se questo non spiega la creazione del gioiello. Ma forse, vedendolo e conoscendone le qualità, ne saprete più di me. Ji Lun, prendi l’anello.»
Mentre il ragazzino correva via, Kun Yan guardò di sottecchi il figlio maggiore del suo vecchio amico. Ricordava la descrizione che gliene aveva fatto Inuken: un giovane demone il cui cuore era diventato di ghiaccio troppo presto. Un demone bellissimo e forte, senza debolezze ma anche senza sentimenti. Molti demoni potevano vivere così, ma era un peccato che il grande spirito che di certo Inuken gli aveva trasmesso andasse ibernato sotto strati e strati di freddezza. Il demone che ora gli stava davanti era senza dubbio freddo, brusco e deciso, ma Kun Yan vedeva nelle persone come attraverso le sue gemme e capiva che ora un piccolo fuoco brillava nel cuore di quel Principe dei Demoni.
Forse era dovuto alla sposa che Inuken gli aveva procurato?
Ji Lun tornò con il gioiello, che consegnò nelle mani di Kun Yan. La vecchia salamandra alzò il gioiello alla luce. Sesshomaru si trovò a guardare un anello di oro bianco. Era forgiato nelle forma di un serpente avvolto su se stesso, nella cui bocca spalancata riposava una perla piccola e perfetta. La luce rossa falsava i colori, ma a Sesshomaru quella perla parve grigia come l’argento, traslucida.
«Questo è l’anello che ho forgiato. L’ho chiamato Seishin, la parola ‘anima’ nella vostra lingua.- spiegò, parlando piano e con reverenza nel guardare il lavoro delle proprie mani- Seishin ha l’immenso potere di assorbire e conservare in sé il potere di qualsiasi yokai, persino quelli più potenti al mondo. La perla di Seishin è un contenitore magico, il cui spazio interno è infinito. Basta il tocco per sottrarre l’energia demoniaca dal corpo prescelto.» Guardò Sesshomaru e fu deluso nel vedere la totale inespressività del suo volto. «Non vi piace, Sesshomaru-sama?» chiese, ansioso. Sesshomaru socchiuse appena gli occhi, pensieroso.
«La mia consorte ha già questo potere e lo usa per mio conto.- disse, gelido- Che me ne faccio di questo anello?»
Kun Yan sbalordì, abbassando la mano che teneva il gioiello.
«Volete dire che…un anno di lavoro…» balbettò.
«In ogni caso, deve esserci un motivo se mio padre ti ha dato da creare questo anello.- continuò Sesshomaru, senza badare all’interruzione, poi abbassò la voce- Sicuramente mi avrebbe fatto comodo quando Soichiro tentò di ucciderla con il Sigillo della Vita.»
«Il Sigillo della Vita?!- ansimò Kun Yan- Anche vostra madre ne fu vittima!»
Sesshomaru fece un gesto secco, interrompendo le sue reminiscenze.
«Questo anello, Seishin, mi pare inutile. In ogni caso lo prenderò.- disse, duro- Potrei usarlo io, oppure aumentare con esso il potere della mia consorte. Mio padre non ha mai fatto cose prive di significato. Il suo utilizzo potrebbe essermi nascosto ora e palesarsi in seguito.»
Kun Yan si trovò d’accordo con lui. Sesshomaru prese l’anello dalle mani di Kun Yan e lo sollevò per guardarlo con attenzione. Un anello di pregevole fattura, ma a che pro? A cosa poteva servire un anello che ricalcava il potere di Anna? Forse suo padre aveva fatto creare il gioiello prima di scovare Anna e di condurla alla Sengoku Jidai…di condurla da lui? Era possibile, eppure Sesshomaru non ne era convinto.
La perla in bocca al serpente scintillò quasi a volergli dare ragione.

***

La primavera era esplosa. Dal giorno del matrimonio di Sango e Miroku, si erano succedute bellissime giornate di sole e vento tiepido. Ovunque era un tripudio di fiori e un profumo intossicante riempiva l’aria.
«Sembra quasi che la natura sia felice per il matrimonio di Miroku-sama e Sango-chan!» diceva spesso Rin, estasiata.
Erano passati tre giorni dalle nozze e Sango ancora non si era ripresa. Era svagata, con gli occhi lucidi e un sorriso felice perennemente stampato sulle labbra. Sembrava camminasse sulle nuvole.
«Non c’è da chiedersi come stia andando la vita coniugale di Sango.» rise Anna, guardando Sango andare con Kirara a fare un’ispezione nei dintorni. Distratta com’era, si era dimenticata Hiraikotsu ed era dovuta tornare a prenderlo, imbarazzata.
«Sono così felice per lei!» sospirò Kagome, commossa.
«Finché dura!- commentò Inuyasha, che sedeva sotto un albero con Shippo su un ginocchio e Rin attorno che raccoglieva i petali caduti- Vedrai che Miroku combinerà presto qualcosa che la farà arrabbiare.»
«Non portare sfortuna.» borbottò Kagome. Anna rise.
«Beh, è inevitabile!- disse, con un sogghigno- La vita coniugale non è tutta rose e fiori come può sembrare all’inizio! L’idillio ha vita breve.»
«Parli per esperienza?» disse Inuyasha, sarcastico. Anna gli fece una linguaccia.
«Sesshomaru-sama e Anna-nee-chan litigano spesso, però si vogliono un gran bene.- disse Rin, alzando un dito per sottolineare le sue parole- Per esempio, quando pensano che Rin non veda, lui la abbraccia e…»
«Grazie, Rin, basta così.» si affrettò a zittirla Anna, facendo ridere tutti. In quel mentre, Miroku li raggiunse.
«Ehilà! Sango dov’è?» chiese, alzando una mano e sorridendo. Miroku recitava meglio di Sango e sembrava che per lui tutto procedesse come al solito.
«E’ andata a fare un giro d’ispezione.- lo informò Kagome- La ragazza sta molto male?»
«Un raffreddore di stagione, con poca febbre. Si rimetterà presto.» rispose il monaco. In mancanza di demoni nelle vicinanze, dava una mano a curare le eventuali malattie degli abitanti del villaggio.
«E non ne hai approfittato, vero, monaco pervertito?» lo stuzzicò Inuyasha, con un ghigno.
«Inuyasha! Mi sono appena sposato!- disse lui, scandalizzato- Aspetta almeno qualche mese!» Sulle donne presenti scese il gelo e Miroku fece una risatina. «Andiamo, ragazze…stavo scherzando, mi pare ovvio!»
«Sappi che non dovrai guardarti solo da Sango. Se sgarri…» lo minacciò Kagome, strappandogli un’altra risata nervosa.
«Secondo me, presto avremo la gioia di vedere il primo figlio di Miroku e Sango.» disse Anna, pensierosa.
«Dici?» chiese il monaco, con occhi luminosi.
«E’ solo una sensazione.- rise la yokai- Hai intenzione di creare una piccola squadra di cacciatori di demoni?»
«L’ultima volta che ne ha parlato, questo matto ha desiderato dieci, o anche venti figli. Povera Sango!» disse Shippo, scuotendo il capo.
«Ne farò quanti Sango me ne concederà.- disse Miroku, offeso- E ovviamente saranno bellissimi e in gamba.»
«Ve l’ho detto, secondo me non ci vorrà molto per vedere il primo.» sospirò Anna, melodrammatica. Tutti risero, Miroku un po’ imbarazzato.
«E tu? Quando darai un erede a Sesshomaru?- chiese Kagome, ingenuamente- Ormai state insieme da diverso tempo.»
Il viso di Anna diventò di porpora, dando l’impressione che stesse per esplodere. Rin, al contrario, assunse un’espressione deliziata.
«Kagome!- balbettò la yokai, tremendamente imbarazzata- Ma che ti viene in mente?!»
Inuyasha scoppiò a ridere così forte che Shippo cadde dal suo ginocchio, poi l’inu-yokai si alzò e andò a battere grosse pacche sulla schiena di Anna, che si rabbuiò e cominciò a ringhiare.
«Non ce lo vedo Sesshomaru che fa il padre.- ghignò Inuyasha- Un moccioso che gli somiglia…non ci posso pensare!» E rise ancora più forte, tanto che Anna gli si rivoltò contro e ingaggiò una lotta con lui.
«Inuyasha non capisce quando è ora di finirla.» sospirò Miroku, a braccia conserte.
«Inuyasha, smettila!» gridò Kagome. Inuyasha continuava a ridere, anche mentre Anna gli si sedeva sulla schiena e gli tirava indietro una gamba, intimandogli di piantarla di prenderla in giro.
«Sono troppo giovane per fare figli.» sbottò infine, dopo aver lasciato andare Inuyasha, che ridacchiava ancora.
«Ma Sesshomaru ha più di duecento anni, o sbaglio? E tu hai due anni più di Sango. Non sarebbe ora, per lui, di avere un erede?» chiese Miroku.
«Beh, forse…ma lui non mi ha chiesto niente e io non so come funziona per gli yokai, visto che…insomma…Oh, cambiamo argomento, per favore?!» chiese Anna, con un lampo pericoloso negli occhi. Comprendendo che lo scherzo si stava protraendo troppo a lungo e che toccava un tasto dolente, gli altri abbandonarono il discorso.
«Peccato. Rin voleva proprio un fratellino.» fu l’ultima frase sull’argomento.
Anna sospirò, cercando di tranquillizzarsi, mentre gli altri tornavano a chiacchierare di cose più leggere. Al solo pensiero di essere incinta di un figlio di Sesshomaru non capiva più niente! Anna aveva intuito che per gli yokai c’erano meno possibilità che per gli esseri umani di fare figli, ma ogni tanto si chiedeva se lei non avesse qualcosa che non andava. Forse era Sesshomaru che stava attento anche per lei, però non ne era sicura. Anna era un essere ibrido e questo la riempiva di sospetti riguardo alla propria capacità di dare eredi a Sesshomaru. Non che lui ne avesse chiesti…
«Domattina mi metto in viaggio per il Palazzo.» annunciò a Kagome e Sango, più tardi.
«Vai già via, Anna?» chiese Sango, dispiaciuta. Lei annuì.
«C’erano in ballo alcune visite da parte dei demoni dell’Est ed è tutto in mano a Jaken.- disse la yokai, con una smorfia- Lo aiuterò a fare gli onori di casa, è mio dovere. Vi lascio Rin, siamo d’accordo che verrò a prenderla quando tornerà quel testardo di Sesshomaru. Finché ho da fare non potrei farle compagnia. Qui starà bene.»
«Come vuoi, Anna.- disse Kagome, annuendo, poi sorrise- Per un attimo ho creduto che tu volessi raggiungere Sesshomaru in Cina!»
Anna arrossì, rivelando la tentazione inespressa.
«Allora ci avevi pensato davvero! Confessa!» esclamò Sango. Le tre ragazze risero, spensierate. E perché no? Ognuna di loro amava ed era riamata. Cosa c’era di più prezioso al mondo?
Anna partì l’indomani mattina, lasciando Rin al villaggio. Si mosse veloce, correndo per la foresta ed evitando gli agglomerati di esseri umani. Voleva arrivare a Palazzo al più presto per sbrigare le faccende lasciate alle cure di Jaken. Se avesse finito con celerità, forse avrebbe potuto permettersi di andare incontro a Sesshomaru, che presto avrebbe preso la via del ritorno. Ogni volta che ci pensava, un sorriso le compariva sul volto e il suo passo si faceva più leggero, facendola somigliare più a una dea che a un demone. Gli esseri della foresta, però, non erano ingannati da quel sorriso e a scanso di equivoci si tenevano lontani da lei, lasciandole la via sgombra.
A un paio di giorni di cammino dal castello, Anna si concesse una pausa. Catturò un coniglio, lo cucinò secondo il metodo che le aveva insegnato Miroku e lo mangiò con piacere. Un tempo disdegnava la carne, ma ora la trovava piacevole, per quanto poco avesse bisogno di nutrirsi. Si rifiutava di mangiarla cruda, almeno finché non si trasformava. Il solo pensiero di ficcarsi in bocca carne cruda e viscere le faceva rivoltare lo stomaco. Forse era la sua natura di inu-yokai che le permetteva di farlo quand’era trasformata? Poteva essere. Anna non si faceva troppe domande, soprattutto perché servivano solo a irritare Sesshomaru. Quando cercava di capire quanto le fosse rimasto di umano e quanto dipendesse dalla natura demoniaca, Sesshomaru si innervosiva, tagliava corto dicendo che lei era sempre Anna e poi abbandonava la stanza…o la zittiva a forza di baci.
Arrossendo, Anna appoggiò la schiena al tronco di un albero. Sospirò. Sesshomaru le mancava già tantissimo. Per quanto si fossero lasciati con una litigata, questo non significava che fosse stata contenta di vederlo partire da solo. Si sentiva un po’ in colpa per aver scelto di andare al matrimonio, ma questo era proprio il sentimento che Sesshomaru aveva voluto instillarle, perciò Anna lo scacciò con risolutezza.
«Chissà che stai facendo?» mormorò, guardando la luna attraverso le fronte dell’albero.
Sperava che Sesshomaru avesse già parlato con Kun Yan e stesse tornando. Anna non sapeva quanto tempo occorreva per andare e tornare dalla Cina, soprattutto visto che Sesshomaru aveva molti modi per spostarsi velocemente, ma sperava di rivederlo entro le prossime due settimane. Un lieve capogiro la colse, costringendola a smettere di guardare per aria e a portarsi una mano alla fronte.
Sbuffò, strofinandosi la pelle bianca. Forse era debole, probabilmente avrebbe fatto bene a mangiare ancora o ad assorbire un po’ di energia dagli alberi. Allungò le mani verso il piacevole tepore del fuoco, anche se non sentiva freddo. Le dispiaceva che Sesshomaru non fosse presente per l’anniversario della sua nascita in quanto demone. Era il momento più importante della sua vita, la svolta che le aveva segnato il destino per l’eternità. Inoltre, in quella stessa notte aveva incontrato Sesshomaru. Anna sorrise, ripensando all’incontro sulle sponde del lago, alla paura che aveva avuto…e al fascino che già allora Sesshomaru esercitava su di lei. Come le era sembrato perfetto sotto la luce della luna! Freddo e dispotico, sicuro, ma incredibilmente bello, tanto da far male al cuore.
Il sorriso si trasformò in una bassa risata quando ricordò di aver replicato la scena a uso e consumo di Sesshomaru solo un paio di mesi prima. Sesshomaru aveva perso la memoria e lei aveva esaurito pazienza e metodi per fargliela tornare. Lui aveva iniziato a inseguirla, incuriosito da ciò che lei gli faceva provare, e lei l’aveva sfidato a prenderla, sulle sponde di quel lago, dopo avergli ricordato il passato. Era trascorso così poco tempo? Eh, sì…aveva rischiato di perderlo per sempre. Fortuna che i suoi sforzi erano stati coronati dal successo!
Un nuovo capogiro trasformò il mondo in una trottola e Anna chiuse gli occhi. Questo non servì a migliorare la situazione. Anzi, un conato di vomito le strinse la gola e Anna faticò a trattenere nello stomaco la cena che aveva consumato.
“Che succede? Possibile che io sia così debole?- si chiese, un po’ spaventata da quel malessere così strano- Forse è perché da tempo non sottraggo energia altrui? Appena mi passa rimedio subito…”
Non si accorse nemmeno di perdere conoscenza.
Quando riaprì gli occhi, sopra di lei brillavano le stelle, che stavano iniziando a impallidire. Una sensazione di gelo la pervadeva, dalle anche in giù.
«Cos’è successo? Ho dormito?» mormorò, stranita. Attorno a lei sentì rumore d’acqua corrente. Aprì gli occhi di scatto. Lei non si era accampata vicino a un torrente. Si alzò a sedere e vide di essere immersa fino alla cintola in un torrente dalle acque limpide e gelide. «Ma che diavolo…?» ringhiò, tirandosene fuori. Si era bagnata tutta ed era mezza congelata! Ma che ci faceva in quel posto?! Si staccò il tessuto bagnato dalle gambe, imprecando, e si accorse di avere le mani coperte fino ai polsi di una materia scura. Trasalì, quando l’odore le giunse alle narici. Sangue?
Anna portò le mani al volto, poi le distolse bruscamente. Era sangue! Molto sangue! Pensando di essere ferita, di essere stata aggredita mentre era incosciente, Anna guardò il proprio petto, anch’esso grondante sangue. Si denudò velocemente, con movimenti febbrili dettati dal panico, ma la sua carne era integra e sana.
«Allora da dove viene questo sangue? Che è successo?» mormorò, guardandosi attorno. Poco lontano, un tanfo di morte si levava nell’aria, appestandola.
Anna si costrinse ad alzarsi in piedi e a dirigersi in quella direzione. Si sentiva le membra rigide come marmo, il cuore le batteva all’impazzata e aveva i capelli ritti sulla nuca. C’era qualcosa che non andava…qualcosa…Si trovò sul luogo di una carneficina. Solo parzialmente nascosti dagli alberi, c’erano i cadaveri di un branco di cervi. Giacevano scomposti al suolo, smembrati e dissanguati. Molti erano parzialmente divorati, le viscere sparse al suolo come festoni. Tre o quattro di loro erano disseccati come mummie.
Anna si portò una mano alla bocca, poi si gettò da un lato a vomitare. Era stata lei? Era stata lei?! Il sangue che aveva addosso le diceva di sì. Ma com’era possibile? Come aveva potuto fare una cosa del genere? Lei non ricordava niente di tutto ciò!
Lanciò ancora uno sguardo allo spettacolo macabro, che denunciava una ferocia e una violenza senza pari. Mortalmente pallida, Anna strinse le mani a pugno sulla veste insanguinata. Aveva compiuto quella carneficina, ma non ne ricordava un singolo momento. Aveva perso conoscenza quando si era sentita male, no? Come aveva potuto compiere quel macello mentre era incosciente? Qualcosa…qualcosa di brutto le stava accadendo.
«Ho qualcosa che non va.- mormorò, trattenendo a stento il pianto, senza poter staccare gli occhi dallo scempio che aveva di fronte- Io…io ho qualcosa che non va!» Le tremavano le labbra. Si sentiva sperduta, la sua mente non riusciva a comprendere ciò che vedeva. Quella violenza era estranea alla sua natura e la spaventava come niente altro era mai riuscito a fare nella sua vita. «Sto male. Io…devo essere malata!- singhiozzò, tremante- C’è qualcosa che non va in me! Oh, kami-sama, che mi succede?!»
In preda al panico, Anna voltò le spalle ai cadaveri dei cervi e si mise a correre verso il castello. Avrebbe dato la vita, in quel momento, per avere Sesshomaru al suo fianco. Ma lui non c’era.

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Capitolo 4
*** 4 - Una misteriosa malattia ***


Author's note: Anna non è del tutto in sè, Sesshomaru è ancora in quel di Cina...indovinate chi dovrà cercare di risolvere la situazione?

Inuyasha sedeva su un ramo del Goshinboku, con le mani dietro la nuca e una gamba penzoloni, annoiato.
Era il tramonto. Il cielo ad ovest era un mare di fuoco, striato del blu delle nuvole. Ancora pochi minuti e sarebbe stato buio. Inuyasha sbuffò, chiudendosi il volto tra i gomiti e tirando su la gamba, incrociandola con l’altra per cambiare posizione. Kagome era tornata a casa quella mattina e sarebbe ricomparsa a breve, ma Inuyasha era già stanco di aspettarla. Lo aveva pregato di non andare con lei, in quanto in sua presenza le risultava difficile mettersi a studiare.
«Che noia.» sbuffò di nuovo Inuyasha, seccato, guardando il cielo che si faceva di azzurro cupo. Miroku e Sango erano nella loro casetta a scambiarsi paroline d’amore. Shippo era con Rin e Inuyasha non aveva voglia di fare compagnia ai due mocciosi. Non c’era nemmeno un demone contro cui combattere per far passare il tempo! Bah…Quella vita così tranquilla non era fatta per lui.
Poco importava che fino a un mese e mezzo prima di grattacapi ne avessero avuti fin troppi. Inuyasha non era fatto per stare fermo sempre nello stesso posto, per condurre una normale vita tranquilla e senza emozioni. Se Kagome gli era a fianco, poteva anche adattarsi, ma appena lei scompariva tutto il suo nervosismo e la sua irrequietezza gli saltavano addosso. Quasi rimpiangeva i tempi della caccia a Naraku…o gli assalti di Sesshomaru…Inuyasha piegò la bocca in un sorrisetto, conscio di stare cadendo nel grottesco. Lanciò un’occhiata al pozzo, contrariato. Ma quanto ci metteva Kagome a tornare? Possibile che dovesse sempre riempire quello zaino fino all’orlo?!
Un odore familiare gli giunse improvvisamente alle narici. Inuyasha saltò in piedi, scrutando la foresta verso ovest. L’odore era quello di uno degli animali volanti che vivevano al Palazzo di Sesshomaru, spesso usati come mezzo di trasporto. Possibile che Anna avesse già mandato a prendere Rin? Gli sembrava presto perché Sesshomaru fosse tornato dalla Cina e Anna stessa non doveva essere al castello da più di due giorni! Saltò sui rami più alti, curioso. Non avvertiva l’odore di Anna, né quello di Jaken. Solo quello della bestia, che ora poteva vedere mentre si avvicinava.
Era strano…Rin non poteva certo badare a se stessa per i tre, quattro giorni di volo necessari! Corrugando la fronte, Inuyasha si mise in bella vista, cosicché l’animale non potesse fare a meno di notarlo. Questo scese subito verso di lui, come se l’avesse riconosciuto. Forse era così, visto che lui stesso aveva avuto modo di servirsi di loro nell’ultimo anno.
«Cosa sei venuto a fare?- chiese Inuyasha, scrutando il muso da drago della bestia- Sei qui per Rin?»
La bestia garrì, ma ovviamente Inuyasha non poté capire cosa intendesse dire. Lo scrutò per un attimo, pensieroso, poi si accorse che al suo collo era legata una striscia di cuoio, a cui era appesa una custodia per pergamene.
«Che diavolo è?- borbottò Inuyasha, armeggiando per sfilargliela dal collo- Un messaggio?»
Inuyasha aprì la custodia e vi trovò dentro un foglio arrotolato. Lo svolse, socchiudendo gli occhi mentre la luce se ne andava rapidamente, seguendo il sole oltre l’orizzonte. Era una missiva di Anna.
- Ho immediato bisogno del vostro aiuto. Venite al castello al più presto. Non dite niente a Rin. –
Inuyasha imprecò, guardando il messaggio con occhi torvi. Che diavolo era successo, ancora? Qualcosa a lei? O a Sesshomaru? Oppure c’erano guai che le facevano visita dalle terre appena conquistate?
«Beh, volevo un diversivo, no?- borbottò, scuotendo il capo- Tu, vai al villaggio. Anzi, no! Rin non deve vederti.» Rifletté un istante, poi si decise. «Aspetta qui. Recupero gli altri e poi torniamo insieme al castello.»
La bestia emise un mugolio, poi discese lentamente, andando ad atterrare alle radici del Goshinboku. Inuyasha corse al villaggio, raggiungendo in pochi balzi la casa di Sango e Miroku. Una luce era accesa all’interno e i due stavano discutendo di qualcosa a bassa voce. L’aria sapeva di zuppa di miso. Miroku disse qualcosa e Sango rise.
«Ragazzi!» quasi urlò Inuyasha, spalancando la porta d’ingresso con grande fracasso. Miroku e Sango, che stavano cenando seduti l’uno di fronte all’altro, si congelarono sul posto, fissando lo yokai con aria attonita.
«Forza, preparatevi. Si parte subito.» li spronò, secco.
«Inuyasha, ma che sta succedendo?- chiese Miroku, corrugando la fronte- Ci sono demoni in zona?»
«Niente demoni. Almeno, non qui.- spiegò Inuyasha- Anna ha appena mandato un messaggio. Toh, leggilo.»
Inuyasha tirò a Miroku la custodia per pergamene e il monaco la acchiappò al volo senza problemi. L’aprì e srotolò la missiva, mentre Sango gli si portava alle spalle per leggere a sua volta. Entrambi si fecero scuri in volto.
«Una richiesta di aiuto? A così breve distanza dalla sua partenza?- mormorò Sango, preoccupata- Avrà trovato una brutta situazione al castello?»
«Visto che non è stata più chiara, non possiamo far altro che andare subito. Coraggio, datevi una mossa.- li spronò di nuovo Inuyasha- Io vado a recuperare Kagome. Ci vediamo sotto il Goshinboku.»
Ciò detto, sparì, lasciando la porta aperta.
«Non riesco a capire se sia più preoccupato per Anna, o più contento di mettersi in azione.» osservò Sango.
«Mia cara Sango, ho paura che la nostra luna di miele sia già finita.» sospirò Miroku con rammarico.
Inuyasha, nel frattempo, si recò al pozzo e vi saltò dentro, raggiungendo in un istante l’epoca di Kagome. Fece per balzare fuori dal pozzo, quando vide Kagome affacciarsi oltre l’orlo.
«Inuyasha!- disse lei, sorpresa- Non sono poi così in ritardo!»
«Scendi subito, Kagome! Dobbiamo partire verso ovest!- le disse, facendole cenno di buttarsi- Anna ci ha chiesto aiuto!»
«Cosa?! Che è successo?» chiese Kagome, sorpresa.
«Non ne ho la minima idea.- ammise Inuyasha- Dai, butta quello zaino e poi salta.»
Kagome lasciò cadere lo zaino nel pozzo, poi di gettò dentro di esso. Il passaggio temporale si aprì di nuovo, trasportando i due nella Sengoku Jidai. Inuyasha si mise lo zaino di Kagome in spalla, poi afferrò la ragazza per la vita e la portò fuori. All’esterno, li attendeva Kaede.
«Oh, bene! Vecchia, ci pensi tu a questo zaino assurdo?» disse Inuyasha.
«Ma Inuyasha! Come faccio senza…» protestò Kagome.
«Tanto si va al Castello. Troverai tutto là.» sbuffò Inuyasha, tagliando corto.
«Inuyasha, cos’ha Anna?- chiese Kaede, burbera- Miroku e Sango mi hanno detto che vi ha chiesto aiuto.»
«Non lo sappiamo, vecchia Kaede. L’unica cosa da fare è andare a vedere.» disse Inuyasha.
«Spero solo che non sia accaduto niente a Sesshomaru.» mormorò Kagome, preoccupata. Rammentando le preoccupazioni di Anna al riguardo, a tutti scappò un brivido. Che avesse avuto ragione nel temere nuove disgrazie?
«Andate, ragazzi.- li spronò Kaede- Io e il piccolo Shippo faremo in modo che Rin non si accorga di niente.»
Inuyasha annuì, poi prese Kagome in spalla e si recò al Goshinboku, dove Miroku e Sango li attendevano in groppa a Kirara. Il gruppo si mise in viaggio verso il castello di Sesshomaru mentre la luna faceva capolino tra le cime degli alberi.

***

«Eccoci qua.» disse Inuyasha, mettendo giù Kagome per un attimo, riprendendo fiato. Erano in cima alla collina che dava sul Palazzo di Sesshomaru. Inuyasha notò subito che la barriera che serviva a proteggere il castello dagli sguardi degli esseri umani era stata di nuovo sollevata. Brutto segno.
«C’è una potente barriera.» mormorò infatti Miroku.
«La avverto.- ammise Sango- Ma non riesco a vedere il castello…»
«Beh, la barriera non ci fermerà.- commentò Inuyasha- Anche se mi chiedo perché Anna l’abbia fatta sollevare di nuovo. Sempre se è stata lei.» Sfiorò con un gesto assente l’elsa di Tessaiga. Erano passati quattro giorni e mezzo da quando avevano ricevuto il messaggio di Anna. Più veloce di così non avevano potuto muoversi. E in quattro giorni poteva essere accaduto di tutto.
«Non mi piace, Inuyasha. Cerchiamo di sbrigarci.» mormorò Kagome. Sentiva nell’aria qualcosa di negativo, ma non riusciva a individuarne la ragione. Inuyasha annuì e il gruppo coprì la breve distanza che ancora lo separava dal castello. Quando oltrepassarono la barriera, l’immensa magione si mostrò ai loro occhi, come aveva sempre fatto.
«Ehi, aprite questa porta!» gridò Inuyasha, rivolto alle guardie di ronda in cima alla muraglia.
«Non è permesso l’ingresso a nessuno!- rispose una guardia- Ordini di…»
«E’ il Principe Inuyasha!- replicò qualcun altro- Aprite la porta, è il Principe Inuyasha!»
La maestosa porta a due battenti iniziò ad aprirsi lentamente.
«Tutto chiuso e sprangato.- disse Miroku, corrugando la fronte- Sembra che il castello sia in stato di guerra.»
«L’importante è che ci facciano entrare.» disse Sango, aggiustandosi in spalla l’Hiraikotsu come se temesse di doversi fare strada tra demoni ostili. Entrarono nell’immenso giardino, muovendosi quasi di corsa. Inuyasha osservò che il numero di guardie era stato leggermente aumentato dall’ultima volta che era stato al castello. Non c’era panico, né agitazione, ma l’atmosfera era strana. Le porte vennero loro aperte con celerità, senza ulteriori discussioni. Evidentemente erano attesi. Ma perché Anna aveva innalzato la barriera? Era questo, più che ogni altra cosa, a mettere a disagio Inuyasha. La sensazione sgradevole aumentò quando giunsero di fronte all’ingresso principale e trovarono ad accoglierli non Anna, bensì Jaken.
Kagome scese a terra, mentre Miroku e Sango saltavano giù dalla groppa di Kirara, che non osò ancora trasformarsi. Nell’aria annusava un odore che le faceva rizzare il pelo sulla schiena.
«Ehi, Jaken! Ma che succede?- chiese Inuyasha, andando incontro al piccolo rospo- Che ha Anna? E’ successo qualcosa a Sesshomaru?»
«Per carità! Niente di male può accadere a Sesshomaru-sama!» replicò Jaken, piccato. Tutti però si accorsero che era agitato. Sudava, il suo sguardo guizzava a destra e a sinistra e tormentava il Bastone Ninto che teneva fra le mani.
«Insomma, Sesshomaru non c’entra?» chiese Inuyasha, sbuffando. Jaken scosse la testa febbrilmente.
«Però vorrei che il padrone fosse già tornato, almeno non sarei io a dover gestire questo guaio!» gemette. Gli altri si guardarono.
«Jaken, è successo qualcosa ad Anna?» chiese Kagome, preoccupata. Il demone rospo sospirò.
«Venite con me.» disse, amaro, dando loro le spalle e rientrando nel castello.
Il gruppo lo seguì, comprendendo che Jaken non avrebbe risposto ad altre domande. All’interno del castello c’era un tremendo silenzio e un’aria greve, nonostante il sole pomeridiano entrasse a illuminare le stanze.
«Dov’è Anna?» chiese Inuyasha, con una mano sull’elsa di Tessaiga.
«Nella sua stanza, per ora.- rispose Jaken, infastidito dalla domanda- Perlomeno finché il fabbro non finisce di forgiare i bracciali per legarla al trono.»
«Eh?! Ma che stai dicendo?!» sbottò Inuyasha.
«Jaken, di cosa stai parlando?» chiese Miroku, corrugando la fronte.
«Se la finite di farmi domande, lo vedrete presto.- rispose il rospo, acido- In ogni caso, non ve lo saprei spiegare. Diciamo che quella sciocca donna si è ammalata.» Sospirò. «Perché Sesshomaru-sama non c’è mai quando capitano le grane?- gemette, a voce bassissima- Se le succede qualcosa, poi dovrò risponderne io…»
«Jaken, finiscila di parlare a mezze frasi!- ringhiò Inuyasha- Che diavolo sta succedendo qui?!»
Jaken si fermò davanti a una porta, che non era quella degli appartamenti di Sesshomaru, bensì una delle camere del quartiere femminile. La suddetta porta era spaccata nella parte superiore e le schegge di legno si proiettavano verso l’esterno come minuscole stalattiti. Jaken sospirò di nuovo e aprì la porta. Le narici di Inuyasha furono subito sgradevolmente colpite da un odore ferino, mescolato a uno di malattia. Scostò con un piede Jaken ed entrò, subito seguito dagli altri. Non appena vide lo stato della stanza, una pesante imprecazione gli sfuggì tra i denti.
La camera era devastata. Il pavimento era spaccato in un paio di punti, come se vi fosse stato sferrato un pugno. La pareti erano ricoperte di tagli a mezzaluna, artigliate senza alcun dubbio. Il pavimento era disseminato di cocci, frammenti di corda, lance fatte a fette…e sangue. In mezzo a questo marasma, era steso un futon molto malconcio, su cui era distesa Anna. La demone ansimava, con gli occhi chiusi. La sua pelle era ricoperta da una patina di sudore e sembrava avere la febbre. Inuyasha quasi poteva vedere il calore eccessivo che avviluppava il suo corpo. Le sue vesti erano ridotte al minimo e anche quel minimo sembrava essere passato sotto le unghie di un gatto idrofobo. Particolare ancora più inquietante, le braccia e le gambe di Anna erano legate con metri di spessa corda scura.
«Anna!» gridò Kagome, accorrendo al capezzale della inu-yokai.
«Kami-sama…cos’è successo qui?» mormorò Sango.
Anna socchiuse gli occhi, sempre respirando a fatica, e si voltò verso di loro.
«Ragazzi…siete arrivati…» mormorò, con voce debolissima. «Grazie di essere accorsi.» Tutti rimasero stupefatti nel vedere che i suoi occhi avevano perso il solito colore azzurro. Erano d’oro, con la sclera blu, come le succedeva quando si trasformava. Kagome notò che anche la fiamma sulla sua fronte era molto più estesa e ramificata del solito, e aveva un malsano colorito scuro.
«Per il Buddha, Anna…cosa sta accadendo qui?- chiese Miroku, inginocchiandosi accanto a Kagome e allungando una mano per sfiorare la fronte di Anna- Tu scotti. Sei malata?»
«Cosa significano queste corde, Anna?» chiese Inuyasha, brusco. Non gli piaceva affatto la cera di Anna. Soprattutto non era possibile che un demone si ammalasse!
«Devono legarmi, ne va della loro vita.» mormorò Anna, chiudendo gli occhi come se tenerli aperti le costasse fatica.
«Chi deve legarti?» chiese Kagome, confusa.
«Jaken. Le guardie. Per il bene di tutti.» disse Anna, aprendo di nuovo quegli occhi inquietanti. Sorrise nel vedere le loro facce sconcertate. «Ho un brutto aspetto, vero?- chiese, amara- Basta guardarvi per capirlo.»
«Anna, vuoi dirci cosa sta succedendo?- chiese Miroku, gentile- Forse potremo aiutarti.»
«Lo spero, Miroku. Per questo vi ho chiamati.» mormorò lei, stanca.
Anna raccontò loro dello strano malessere che l’aveva presa, dapprima nel giorno del matrimonio di Sango e Miroku, e quindi nella foresta, durante il suo viaggio di ritorno.
«Ho fatto una strage orrenda. Ho ucciso con violenza inaudita.- sussurrò, corrugando la fronte- Per un lasso di tempo che non saprei definire, il mio corpo ha agito senza coscienza.» Sospirò. «Dapprima pensai che lo spirito di Beko, l’inu-yokai che uccisi, fosse ancora dentro di me. Ora, invece, credo che le voci che sentii la prima volta fossero solo un segnale. Il mio sangue demoniaco sta prendendo il sopravvento e divora a poco a poco la mia anima umana.»
«Cosa?!» sbottò Inuyasha. Anna lo guardò.
«A te è successa una cosa simile, vero Inuyasha?- chiese- Tessaiga fu il sigillo con cui regolare il tuo sangue. Ma io non sono un mezzo demone, sono una inu-yokai pura con anima umana. Qui l’unica cosa che ci rimette è la mia coscienza.» Prese fiato, con una smorfia di dolore. «Sono venuta a Palazzo per cercare nella biblioteca informazioni su questo male, ma non ho trovato nulla. Ho perso il controllo già due volte. Sono molto più forte delle nostre guardie e hanno dovuto legarmi…ma le corde non durano a lungo.»
«Stiamo forgiando due anelli di metallo per legarla al trono.- borbottò Jaken, che era rimasto in un angolo- E’ stato creato magicamente, non si può né spostare né distruggere. E’ l’ideale per…»
«Per tenerla prigioniera?!- ringhiò Inuyasha, sentendo una strana rabbia montargli in corpo- Che magnifica soluzione, Jaken! Degna di te!»
«Sono stata io a ordinarlo.- disse Anna, frenandolo- Finché Sesshomaru non torna, è mio dovere garantire la sicurezza di coloro che vivono al castello, anche a mio discapito.»
«Che situazione…Anna, ma non hai mai avuto altre esperienze del genere, prima?» chiese Sango, cupa. Anna scosse la testa. Miroku, che stava riflettendo, strinse d’improvviso le labbra.
«Anna, tu hai detto che tra poco sarà l’anniversario della tua nascita in quanto demone, non è così?» chiese.
«Fra tre giorni.» rispose lei, annuendo.
«Non vorrei che tutto ciò fosse correlato.» disse il monaco. Kagome si stupì del suo acume.
«Miroku, tu credi che si stia preparando una nuova trasformazione?» chiese Anna, corrugando la fronte.
«Purtroppo non ne ho idea, Anna.- sospirò Miroku- Il tuo caso è particolare e diverso da quello di Inuyasha. Dovremmo parlarne con qualcuno che conosce bene i demoni e le particolarità dell’incantesimo che ti ha permesso di diventare ciò che sei.»
«Non credete che Sesshomaru potrebbe saperne qualcosa?» chiese Kagome.
«Hai mandato un messaggio a Sesshomaru, vero?» chiese Inuyasha, brusco. Al cenno di diniego di Anna, si arrabbiò di nuovo. «Come no?! Ma sei scema?!- gridò, alzandosi in piedi- Quell'idiota potrebbe anche saperne qualcosa! Mandalo subito a chiamare!»
«Sarà già sulla via del ritorno, Inuyasha, e non è il tipo che perde tempo per strada.- rispose Anna, stanca- Inoltre vorrei risolvere questa questione prima del suo ritorno.»
«Per non dargli pensiero, certo!- sibilò Inuyasha, stizzito- Per tutti i demoni, quanto sei stupida!»
«Inuyasha!- esclamò Kagome, risentita- Smettila di parlarle così. E’ ovvio che non voglia far preoccupare Sesshomaru.»
«Purtroppo ci sarebbe servita la sua sapienza.- sottolineò Miroku- Dovremo far senza. Chi altri potrebbe conoscere la cura per il male di Anna?»
«Il vecchio Myoga.» rispose subito Kagome.
«O Totosai.» aggiunse Sango.
«Giusto. Probabilmente li potremo trovare entrambi alla caverna del vecchio fabbro.- ponderò Miroku- Anna, ce la fai a resistere mentre noi andiamo a cercare consiglio?»
«Farò del mio meglio.» promise lei, con un sorrisetto sarcastico. Miroku annuì e si alzò.
«Inuyasha, Jaken, andiamo un attimo fuori a parlare. Ragazze, voi restate con Anna.» disse. Kagome e Sango annuirono, rimanendo al capezzale della inu-yokai. Gli altri uscirono, allontanandosi il più possibile dalla stanza per non essere uditi dalle orecchie sensibili di Anna.
«Allora, Miroku, che ne pensi?- chiese Inuyasha, a bruciapelo- Non hai una bella faccia.»
«Sono preoccupato.- ammise il monaco- Queste crisi, qualunque cosa siano, sono state troppo frequenti e improvvise. Il suo fisico ne sta risentendo. Hai visto il colore della fiamma sulla sua fronte?»
«Blu scuro.- annuì Inuyasha- Non è mai stata così.» Abbassò lo sguardo su Jaken. «Ehi, rospaccio, che le succede quando va fuori di testa?»
«Succede che rischiamo tutti la pelle, maledizione!- sbottò Jaken, contrariato- Quella donna è già forte quando è normale, figurati se passa da savia a selvaggia! Diventa una belva incontrollata, violenta e assassina.»
«Ha già fatto del male a qualcuno?» chiese Miroku.
«Siamo riusciti a evitare il peggio, grazie al tempo che impiega per liberarsi.- ammise Jaken, borbottando- Le due crisi che ha avuto finora sono durate pochi minuti.»
«La seconda è durata più della prima, non è così?» chiese Miroku. Jaken rifletté, poi annuì. «E non parla con voce diversa dalla sua durante queste crisi?» chiese ancora.
«Parlare?!- sbuffò Jaken- Ringhia e sbava, altro che parlare! Diventa uno stupido animale!»
«Tu credi che sia in atto una qualche trasformazione.» disse Inuyasha, guardando fisso Miroku mentre tirava un pugno in testa a Jaken. Il monaco annuì.
«Credo che Anna abbia ragione a non temere di essere posseduta dal demone che assorbì.- mormorò- Nonostante ciò, ho timore che il sangue demoniaco stia prendendo il sopravvento su di lei, come successe a te con la rottura di Tessaiga.»
«Ma io ero un hanyo. Il mio corpo non reggeva la trasformazione.» obiettò Inuyasha.
«Il corpo di Anna invece la reggerà, purtroppo.- fu il commento lapidario di Miroku- Sarà solo la sua coscienza a soccombere.»
Inuyasha imprecò, comprendendo le implicazioni della cosa. Anna non rischiava di morire, ma di trasformarsi in un mostro sanguinario senza sentimenti.
«Cosa facciamo?» chiese, brusco.
«Io e Sango andiamo a cercare Totosai e Myoga. Tu e Kagome state con Anna…soprattutto tu, Inuyasha, che potrai contenerla se avrà un’altra crisi.- disse Miroku- Ma stai attento. Anna può uccidere con il solo tocco, se vuole.»
«Non hai bisogno di dirmelo, so che quella è un osso duro.- disse Inuyasha, con una smorfia- Maledizione, ci mancava solo questa!» E dov’era Sesshomaru nel momento del bisogno? In Cina! Maledizione anche a lui! Inuyasha sferrò un pugno alla balaustra che dava sui giardini, frustrato, poi raccattò un incosciente Jaken e tornò con Miroku nella stanza della malata.

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Capitolo 5
*** 5 - Problemi di anniversario ***


Author's note: Reduce da una settimana di delirio puro, vi mando un capitolo prima di scomparire nel caos che mi aspetta nei prossimi giorni. Grazie per le vostre recensioni, sono preziose! Diamo inizio alle danze?

Non era trascorsa un’ora da quando il gruppo era arrivato al Palazzo di Sesshomaru, che già la metà del medesimo stava per lasciarlo. Sango e Miroku erano fuori dalla porta d’ingresso, accanto a Kirara. Sango si stava aggiustando l’Hiraikotsu sulla spalla, mentre Miroku accarezzava la pelliccia di Kirara con fare distratto. Inuyasha e Kagome li raggiunsero all’esterno.
«Sicuro che quella roba funzionerà?» chiese Inuyasha a Miroku, indicando con il pollice l’interno del castello.
«Intendi la rete di protezione?» chiese il monaco, sorpreso. Per precauzione, aveva creato attorno ad Anna una rete di corde e amuleti che avrebbe dovuto trattenere eventuali eccessi di aggressività della inu-yokai. «L’ho creata un po’ in fretta, ma dovrebbe tenere, soprattutto se Kagome-sama le darà nuova forza fino al nostro ritorno. Avevo già fatto una cosa del genere quando catturammo Anna dopo la sua fuga da Inuzuka e allora funzionò.» Guardò Sango, che annuì.
«Sei preoccupato, Inuyasha?» chiese la tajiya, sorpresa.
«Feh! Se anche desse in escandescenze, la batterei facilmente.- disse Inuyasha, sprezzante, poi aggiunse- Ma non stiamo parlando di un nemico. Non posso permettermi di fare del male ad Anna, e fermarla senza farle del male potrebbe rivelarsi un problema.»
«Ti aspetti che Anna diventi così feroce?» chiese Kagome, stupita.
«Tu non l’hai vista durante la guerra contro Soichiro.- disse Inuyasha, corrugando la fronte- E’ una furia, quando vuole. Inoltre il suo tocco è micidiale. Non la si può sottovalutare.»
«Giusto. Ricordati di non farti toccare da lei in nessun caso.- asserì Miroku- La barriera dovrebbe contenerla e se siamo fortunati non accadrà nulla fino al nostro ritorno. In caso contrario…»
«In caso contrario dovrò pensarci io.- disse Inuyasha, sbrigativo- Dai, andate. Speriamo che il vecchio Myoga e Totosai sappiano qualcosa.»
«Tornate presto, mi raccomando.» disse Kagome, preoccupata, mentre i due montavano in groppa a Kirara. Entrambi annuirono, poi si alzarono in volo, compiendo un breve giro sopra la testa degli amici.
«Alla grotta di Totosai, Kirara.- disse Sango- Più veloce che puoi.» Kirara ubbidì, preparandosi a un viaggio spossante. Sango si voltò verso Miroku. «Pensi che la malattia di Anna sia grave?» chiese, preoccupata.
«Non so, Sango, ma non mi piace.- commentò il monaco, cupo- Un demone forte come Anna privato del controllo è potenzialmente letale. Soprattutto a causa di quel suo potere di sottrarre energia con il tocco.»
«Mi chiedo cosa abbia provocato una tale situazione.» mormorò la ragazza.
«Spero potranno dircelo Totosai e Myoga. In ogni caso, io propendo per una instabilità del sangue. Non credo sia un caso che questi sintomi si siano manifestati in concomitanza con l’anniversario della sua morte come essere umano.- disse Miroku- Quale sia la cura per questa instabilità, io non la conosco.»
Sango sospirò, corrucciandosi.
«Cosa c’è, Sango?» le chiese dolcemente Miroku.
«Spero…- iniziò lei, poi scrollò le spalle- L’ultima volta che abbiamo cercato di aiutare Anna non ci siamo riusciti. Le sono affezionata e mi dispiace vederla in quelle condizioni. Spero che stavolta potremo essere di qualche utilità, per riscattarci del fallimento con Kiokumushi.»
«Mia cara, adorabile Sango.- disse Miroku, sorridendo e stringendole la vita sottile con le braccia- Vedrai che il tuo desiderio sarà realizzato.»
Sango abbassò lo sguardo sulla mano che, a fare da contrappunto alle parole dolci, le stava accarezzando il seno. Un secondo dopo, un bernoccolo era comparso sulla fronte di Miroku.
«Inutile che io ti dica che non è il momento, vero?» chiese Sango, scoccandogli un’occhiata fulminante. Miroku rise nervosamente. Kirara, abituata alle schermaglie dei due, continuò a dirigersi verso il territorio di Totosai.

***

Inuyasha e Kagome si calarono completamente nel ruolo di guardiani. Kagome vegliava Anna durante il giorno, con la costante presenza di Inuyasha nella stanza accanto, mentre di notte era Inuyasha a vegliare il sonno sempre agitato di Anna. Restava seduto contro la parete, con la Tessaiga appoggiata alla spalla, e scrutava quel corpo immobile, cercandovi dei segni di imminente follia senza trovarli.
«Sarai stanca di farmi la guardia, Kagome.» mormorò Anna, un giorno, da dietro la rete di corde e amuleti che Miroku le aveva intessuto attorno.
«Non ne parlare, Anna! Ma ti pare?- replicò la ragazza, passandole il cibo con tranquillità da sotto gli amuleti- Piuttosto, oggi come ti senti?»
«Meglio.- rispose la inu-yokai, corrugando la fronte- Ho dormito tranquilla, stanotte.» Ridacchiò. «Forse Inuyasha ha fatto paura persino agli incubi!» scherzò. Guardò Inuyasha con una punta di monelleria nello sguardo e anche Kagome si voltò verso di lui, sorridendo. Il sorriso le morì sulle labbra alla vista del suo viso serio.
«Ti sei agitata tutta la notte, Anna.- fu la secca replica di Inuyasha- Forse non te lo ricordi.»
Anna si zittì, impallidendo, e Kagome lanciò uno sguardo di rimprovero a Inuyasha. Era sempre troppo diretto e diceva anche cose che avrebbe potuto evitare. Con un gesto, lo invitò a uscire dalla stanza. Inuyasha sbuffò e ubbidì.
«Non mi ricordo nemmeno se ho fatto incubi oppure no.» mormorò Anna, accanto a lei, e Kagome tornò a guardarla.
«Non te ne preoccupare. Significa che avevi un sonno profondo.- minimizzò- Ti ho chiesto come stai perché hai un aspetto migliore. Inoltre, non hai avuto crisi da quando siamo arrivati.»
«Già, è vero.- rifletté la inu-yokai- Davvero ho un aspetto migliore?»
Kagome annuì, sorridendo. Anna sembrava davvero migliorata, a guardarla. La pelle era ancora pallida, ma più vicina al suo colore naturale. Gli occhi avevano perso la luce febbrile. Purtroppo, però, questi miglioramenti non celavano il progressivo scurirsi della fiamma della vita sulla sua fronte, né il fatto che gli occhi non le fossero ancora tornati azzurri. Inoltre, Anna faticava a muovere persino un dito. Sembrava che il corpo non le ubbidisse più.
«Vedrai che tra poco starai meglio.- disse Kagome, decisa ad avere fiducia- Inoltre, credo che Miroku e Sango non ci metteranno molto a ottenere un consiglio da Myoga e Totosai. Sono entrambi vecchi e saggi, e conoscono un mucchio di cose.»
«E tra poco tornerà Sesshomaru.- sospirò Anna, con un lieve sorriso- E mi sgriderà dandomi della scansafatiche.»
«O forse si preoccuperà un sacco e Sesshomaru quando è contrariato è intrattabile! Perciò, cerca di guarire.» le disse Kagome, scherzando.
«Ci provo, Kagome.- disse Anna, piano, chiudendo gli occhi- Almeno sapessi cos’ho…»
Fuori, affacciato sui giardini in fiore, Inuyasha rifletteva, cupo. Quella notte Anna non aveva fatto altro che parlare nel sonno, gemere e scuotere la testa da una parte all’altra. Non riusciva a muovere il corpo, ma per il resto aveva fatto abbastanza chiasso da svegliare un esercito di morti. Come faceva ad affermare di aver dormito bene? Inuyasha sbuffò, dando la schiena ai giardini e appoggiandosi con le reni alla balaustra, le braccia conserte. Quel guaio proprio non ci voleva. Aveva ipotizzato qualche combattimento quando aveva ricevuto il messaggio di Anna. Certo non si aspettava di trovarla malata, quando pochi giorni prima stava benissimo!
Un brivido lo scosse al pensiero di cosa avrebbe detto Sesshomaru una volta a casa se non avessero risolto la situazione prima del suo arrivo. Quel dannato iniziava sempre con il prendersela con chi gli stava sottomano, prima di ascoltare e capire cosa stava succedendo! Inuyasha scosse la testa, riconoscendo nell’impulsività del fratello un tratto che li accomunava.
«Quanto ci vorrà per tornare dalla Cina?» borbottò, contrariato. Ma quel deficiente non poteva aspettare Anna, invece di andarsene da solo facendo l’offeso? Almeno avrebbe potuto dare il suo contributo! Anna era la sua donna, che diavolo! Per parte sua, non avrebbe lasciato sola Kagome nemmeno sotto tortura e con il fuoco acceso sotto i piedi.
Inuyasha non sapeva perché se la prendesse tanto per quei due, ma ormai era un dato di fatto che Sesshomaru e Anna dovessero stare insieme, in salute e possibilmente felici, per quanto si potesse essere felici vivendo con un ghiacciolo. Inuyasha aveva accolto il desiderio del padre e in un modo o nell’altro si era trovato a dover vegliare su quella stramba unione, con le buone o con le cattive. Invece, ne accadeva una ogni minuto! Anna era morta e resuscitata, poi era arrivato Soichiro a scatenare una guerra, grazie al Sigillo della Vita erano stati a un niente dal perdere sia Sesshomaru che Anna, dopodiché Kiokumushi aveva operato la sua vendetta di dubbio gusto e quei due cretini si erano lasciati e ripigliati…Sembrava proprio che il destino non fosse d’accordo su quell'unione e cercasse in ogni modo di complicarla e metterla alla prova. Nemmeno questo era un bel pensiero e Inuyasha fece una smorfia.
Si era affezionato ad Anna e sentiva una certa affinità con lei. Anche lei era una specie di hanyo, alla fine dei conti, e come lui aveva subito angherie dalla Grande Famiglia inu-yokai. La malattia di Anna rievocava in Inuyasha il ricordo delle sue crisi d’identità, quando si trasformava in demone completo senza controllo. Tessaiga era stata il sigillo con cui tenere a bada il proprio sangue, finché non aveva usato la Shikon no Tama. Inuyasha abbassò lo sguardo sulla spada.
E se quella potesse essere la risposta anche per Anna? Perché non forgiare anche per lei una spada o roba simile da una zanna? Se Totosai ci si metteva, era capace di fare un ottimo lavoro. Anna era una inu-yokai piuttosto forte e aveva ingegno. Se fosse riuscita a gestire la propria forza attraverso l’arma, di certo il problema sarebbe scomparso! Inuyasha si raddrizzò, con un sorriso fiero, pronto ad andare a riferire la propria idea, poi si incupì di nuovo e tornò nella posizione di prima. No, era troppo semplice. E poi, Anna non era un hanyo, il problema doveva essere diverso. In ogni caso, Totosai avrebbe saputo cosa fare. Dovevano solo aspettare.
Notò in quel momento Jaken, che veniva avanti con passo barcollante, borbottando fra sé.
«Ehi, microbo!- lo apostrofò Inuyasha, il cui unico divertimento, da due giorni, era tormentare Jaken- Cos’è quell'aria meditabonda?»
Jaken fece una smorfia, indispettito, ma non fiatò. Sapeva bene che Inuyasha non era meno bravo del padrone a fargli purgare la sua lingua lunga.
«Hanno finito di forgiare i bracciali per legare Anna al trono.- disse, saccente, cercando di gonfiare il petto per sembrare più autoritario- Se la spostate dalla sua camera, possiamo procedere anche subito. Almeno riprenderò a respirare.» Sospirò, come se lui fosse l’unica vittima di tutto quel trambusto.
Inuyasha corrugò la fronte. Non gli piaceva affatto l’idea di Anna legata al trono per i polsi. Forse perché ricordava quando vi era stato legato lui? Era un bambino, allora; la Grande Famiglia aveva appena preso possesso del castello, dopo la notizia della morte di suo padre. Lo avevano acchiappato e assicurato al trono perché non scappasse. Sua madre era sfuggita alle loro grinfie, l’aveva liberato ed erano fuggiti insieme. Inuyasha però non aveva dimenticato la sensazione di essere prigioniero in casa propria, tutti quei volti ostili che lo guardavano dall’alto, e la voglia di strappare il trono da terra e scagliarlo loro in testa…
«Per ora Anna non si muove.- rispose, secco- La barriera di Miroku sembra prevenire le sue crisi e io non mi azzarderei a levarla fino al ritorno dei miei amici.»
«Ma se Sesshomaru-sama torna e lei perde il controllo…» gemette Jaken, tormentando il Bastone Ninto.
«Penso che si arrabbierebbe di più vedendola legata al trono come un animale.» ringhiò Inuyasha, lanciandogli un’occhiata rovente che chiuse la questione.
«Va bene, non insisterò più.- borbottò Jaken, risentito- Ma ricordatevi, tu e la miko, che stanotte cade l’anniversario della sua rinascita come demone.»
Inuyasha fece spallucce.
«Non accadrà niente.» sentenziò.

***

Più tardi, quella notte, Inuyasha sedeva al suo solito posto di guardia, con Tessaiga appoggiata alla spalla e le braccia conserte. Anna dormiva…strano tutto quel sonno, per una yokai. Kagome riposava nella stanza accanto, oltre la parete a cui Inuyasha era appoggiato.
Inuyasha sbuffò piano, appoggiando la testa e guardando il cielo oltre la finestra. La notte era nuvolosa e spirava un vento insistente che produceva un fischio fastidioso. Anna era tranquilla, quella notte. Non si era ancora mossa da quando aveva chiuso gli occhi, dopo aver cenato. Meglio così. Inuyasha si chiese quanto tempo avrebbero impiegato ancora Miroku e Sango per tornare al castello. Tre giorni? Quattro? Certo non di più, a meno che non avessero incontrato qualche inconveniente. E Sesshomaru? Probabilmente una decina, accidenti a lui.
Si voltò di scatto quando sentì Anna gemere. La inu-yokai era immobile, ma stava lamentandosi. Inuyasha sentì la bocca inaridirsi quando dalla gola di Anna uscì una voce artefatta che ne imitava una maschile.
«Presto staremo meglio entrambi, mia cara.» disse Anna, modulando la voce a un basso strafottente e maligno.
«Anna…» la chiamò Inuyasha, alzandosi in piedi e corrugando la fronte. Che stesse sognando?
«E’ il sangue. Il sangue di demone.» mormorò Anna, con la propria voce, scuotendo la testa da una parte all’altra. Non sembrava che fosse sveglia, ma che stesse continuando a delirare. «E’ il sangue che ti ho rubato! L’ho conquistato!» esclamò, più forte.
«Ehi! Anna!» chiamò ancora Inuyasha, più forte. Non poteva toccare la barriera di Miroku, quindi nemmeno avvicinarsi ad Anna. Il corpo di lei era in tensione. Le sue mani si erano serrate a pugno, il primo movimento che compivano da tre giorni.
«Ora è mio. Io sono io.- balbettò Anna- Beko è morto. Io sono Anna…Etain…donna e demone! Il sangue scorre troppo forte. Kami-sama, quanto scorre forte…»
«Ma che dici? Ehi, svegliati!- disse Inuyasha, ad alta voce, chiedendosi se non fosse il caso di chiamare Kagome- Chi diavolo è Beko? Di che stai parlando?»
«Il suo sangue. La mia anima. Sangue…anima…non funzionano.- gemette Anna, mordendosi le labbra e stringendo le palpebre con forza- Non funzionano più!» Il suo corpo si contorse, come se soffrisse. «Scorre troppo forte! Mi sta spezzando!» ansimò di nuovo lei e la sua voce parve a Inuyasha allontanarsi progressivamente, con un effetto che gli mise addosso i brividi.
«Va bene, adesso basta. Chiamo Kagome.» decise, voltandosi per uscire dalla stanza. Subito, un silenzio terribile, minaccioso, e ancora più lugubre se messo in relazione con i deliri di un momento prima, permeò la camera. Qualcosa era cambiato. Dietro di lui si celava un pericolo che gli congelò la spina dorsale e gli fece rizzare i capelli sulla nuca. Inuyasha si voltò di scatto, la mano sull’elsa di Tessaiga. Oltre la barriera di corde e amuleti, Anna lo fissava con gli occhi dorati che brillavano nell’oscurità come quelli di una fiera. Sulle quattro zampe come se fosse stata in forma canina, era acquattata in una posizione di tensione, pronta allo scatto. Un ringhio sommesso le nacque in gola, leggero come le fusa di un gatto e malvagio come poche altre cose che Inuyasha aveva sentito.
«Anna?» la chiamò, piano, stupefatto da quel repentino cambiamento.
Anna scoprì le zanne e gli balzò addosso con gli artigli protesi.

***

Sesshomaru stava sorvolando il mare che lo separava dal Giappone, riflettendo sull’anello Seishin e sul suo possibile utilizzo. Per quanto ci pensasse, non gli veniva in mente nulla. Chissà, magari avrebbe potenziato le qualità demoniache di Anna. Questo non poteva che fargli piacere, avrebbe avuto meno preoccupazioni nel lasciarla sola se lei fosse stata forte quanto lui.
Corrugò la fronte, pensando che non aveva mai provato tanta noia nel viaggiare da solo da quando aveva incontrato Rin e Anna. Nel limite del possibile, d’ora in avanti avrebbe sempre fatto in modo di avere Anna  accanto nel caso di lunghi spostamenti. Provò un moto di fastidio al pensiero che lei si stesse invece divertendo con Inuyasha e compagnia, ma anche quello scomparve in fretta. La mancanza di lei stava soffocando il risentimento.
Fu in quel momento che una fitta lancinante gli risalì lungo il collo e il sangue nelle sue vene divenne per un istante una corrente insopportabile. La sensazione si concentrò, bruciante, dietro la nuca, per poi scomparire del tutto. Sesshomaru ristette un attimo, poi impallidì. Subito, la sua mano andò a infilarsi sotto la veste, tastando la pelle tra il collo e la spalla, dove era celata la cicatrice che lo legava ad Anna. Nulla, la pelle era liscia e integra. La cicatrice non era comparsa. Ciò significava che Anna non era ferita, né in pericolo di morte. Ma allora perché quella sensazione sgradevole? Cosa significava?
«Le è successo qualcosa.» mormorò. Non sapeva come decifrare quelle sensazioni, ma era certo che ad Anna fosse accaduto qualcosa. Non importava che il suo corpo non fosse stato ferito. Poteva essere il suo spirito a essere irrequieto o sotto attacco. Stringendo le labbra, maledicendo i giorni che ancora lo separavano da casa, Sesshomaru accelerò la propria andatura, pregando di non dover più tardi maledire se stesso per averla lasciata sola tanto a lungo.

***

Inuyasha fletté le ginocchia e si preparò a evitare l’attacco, ma questo non avvenne mai. La barriera di Miroku svolse efficacemente il suo dovere e Anna venne bloccata da lampi di luce azzurra. Si alzarono in aria sfrigolii e un ruggito frustrato mentre la inu-yokai cadeva in piedi, ringhiando.
«Dannazione…» sibilò tra i denti Inuyasha, sentendo il cuore battergli in petto per lo spavento. Non si sarebbe mai aspettato un cambiamento così repentino! Fortuna che Miroku aveva pensato a creare quella barriera! «Ehi, Anna, adesso smettila!» le intimò, vedendo che continuava a ringhiare e guardarlo in cagnesco. Lei non rispose, né del resto parve capire quello che le era stato detto. Anna annusò la barriera, arricciando le labbra sui denti in una smorfia disgustata, poi si gettò contro di essa più e più volte, illuminando la stanza di luce azzurra, incurante dei danni che si procurava nel tentativo di sfondarla.
«Piantala!- gridò Inuyasha- Piantala, scema! Tanto non la puoi sfondare!»
Anna, di nuovo, nemmeno lo ascoltò. Continuò a scagliarsi contro la barriera, tentando di uscirne da tutti i lati ma senza risultato. La sua pelle fumava, segno che gli esorcismi le avevano fatto effetto.
«Ora rimettiti giù e sta calma, stupida.- disse Inuyasha- Vado a chiamare Kagome. Tu…» In quel momento, Kagome entrò nella stanza reggendo una lanterna, attirata dal chiasso.
«Ma che succede? Inuyasha…» chiese, assonnata, poi spalancò gli occhi e rimase basita nel vedere Anna aggirarsi attorno al futon come un animale in gabbia. Anna si voltò verso di lei e la graziò di un latrato aggressivo.
«Una crisi?» chiese Kagome, stupita e preoccupata.
«Già. Non me l’aspettavo. Si è messa a delirare e poi è diventata così.» disse Inuyasha, frustrato.
«La barriera regge?» chiese subito Kagome. Inuyasha annuì.
«E’ meglio che esci, Kagome. Non è uno spettacolo edificante.» iniziò a dire, spingendola fuori.
«Inuyasha, attento!» gridò Kagome, notando da sopra la spalla di lui le nuove mosse di Anna. Inuyasha fece appena in tempo a girarsi. Una sfera di luce blu proruppe dal corpo di Anna, si scontrò contro la barriera producendo scintille, poi la fece saltare con un boato, causando uno spostamento d’aria che scagliò Inuyasha e Kagome fuori dalla porta. Inuyasha riuscì ad evitare a Kagome di sbattere la schiena contro la balaustra proteggendola con il proprio corpo.
Il boato svegliò tutti, nel castello. Inuyasha imprecò, sentendo movimento e mormorii nei corridoi mentre Anna si stagliava sulla soglia devastata della stanza, con il volto illuminato da una luce assassina.
«Che nessuno venga qui!- gridò Inuyasha, preparandosi a combattere- Kagome, allontanati!»
«Ma Inuyasha…» protestò lei.
«Niente ma! Non puoi usare i tuoi poteri su di lei o l’ammazzerai, quindi lascia fare a me!» disse lui, mettendo mano a Tessaiga.
«Inuyasha, non puoi usare Tessaiga!» gli ricordò Kagome, spaventata, mentre Anna li squadrava con quegli occhi inquietanti.
«Lo so. Vai!» sussurrò lui, preparandosi allo scontro. Kagome corse verso sinistra, allontanandosi da loro. Anna la seguì con lo sguardo e fece per scattare verso di lei. Inuyasha le si parò davanti.
«Ah no! Non vai da nessuna parte, tu!» le disse, deciso. Anna latrò e gli si gettò addosso, allungando le mani verso di lui. Inuyasha si disimpegnò all’indietro, scacciando le mani della inu-yokai con il fodero di Tessaiga. La barriera del fodero sfrigolava a contatto con le mani di Anna.
“Sta usando il suo potere. Vuole la mia energia.” pensò Inuyasha, con una smorfia. Sentendosi a disagio nell’evitare semplicemente i colpi, Inuyasha attaccò. Se fosse riuscito a farle perdere conoscenza, forse sarebbe tornata normale. Con un grido battagliero, Inuyasha portò un attacco orizzontale, mirando al ventre di Anna con l’elsa della spada. Anna fece un balzo all’indietro, atterrando poco più in là sulle quattro zampe, ringhiando.
«Vedi di rendermela facile.» le disse Inuyasha, seccato, correndo verso di lei. Anna spiccò un altro balzo e si portò alle sue spalle. Inuyasha fece appena in tempo a voltarsi. Le mani e le fauci di Anna si chiusero sul fodero di Tessaiga, che sfrigolò. Inuyasha si trovò a guardare da vicino il volto ringhiante della donna, mentre le loro forze lottavano per spingere via l’avversario.
Negli occhi di Anna non c’era altro che furore animalesco. Mordeva il fodero come avrebbe fatto un cane rabbioso, mentre lo guardava con ira non umana. In quel momento, nel corpo della demone bionda non c’era traccia di anima, ma nemmeno di intelligenza da yokai. Era solo un animale feroce che aveva fame di sangue e di energia.
“Maledizione! E’ peggio di quanto pensassi.” pensò Inuyasha, con una smorfia, facendo uno sforzo per togliersi Anna di dosso. Riuscì a spingerla via facendo compiere un ampio arco a Tessaiga, ma Anna lo attaccò di nuovo, senza un attimo di pausa. Schivò il colpo di Inuyasha e lo colpì con violenza al petto. Kagome gridò, da qualche parte dietro di loro.
Inuyasha sentì la propria energia vitale uscire dal suo corpo e riversarsi in quella mano artigliata, poi colpì violentemente con la schiena la balaustra, che crollò, facendo cadere i due contendenti in giardino. L’incidente liberò Inuyasha dal tocco di Anna. Si tenne in piedi a fatica, con la fronte imperlata di sudore. C’era mancato poco! Ancora un attimo e sarebbe stato alla mercé di Anna.
«Non sei da sottovalutare, eh?- ansimò, guardando Anna che si rimetteva in posizione accucciata, pronta a balzargli addosso un’altra volta- Ma adesso ho capito come ti muovi. Mi spiace, ma è ora di tornare a dormire!»
Si lanciò contro di lei, che fece per saltare di nuovo alle sue spalle per attaccarlo di sorpresa. Inuyasha, però, intuì la sua mossa. Si voltò mentre Anna era ancora in aria. Con un movimento brusco, Inuyasha la colpì alla nuca con l’elsa di Tessaiga. La inu-yokai mandò un guaito e cadde al suolo su mani e ginocchia, tentando di riprendersi dal colpo. Inuyasha non gliene diede il tempo. La colpì di nuovo, nello stesso punto, e Anna perse i sensi.
«Sei un osso duro.- mormorò Inuyasha, guardando la sua forma immobile e tergendosi la fronte- Maledizione…»
«Inuyasha! Tutto bene?- gridò Kagome, sporgendosi dal piano superiore insieme a un terrorizzato Jaken- Come sta Anna?»
Inuyasha fece una smorfia eloquente, indicando il corpo esanime.
«Jaken, vai a prendere immediatamente quei bracciali di cui mi parlavi.- disse al piccolo demone rospo, sollevando Anna da terra per il vestito- Ho paura che da questo momento in poi non ci converrà fare tanto gli schizzinosi.»

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Capitolo 6
*** 6 - La belva in gabbia ***


Author's note: Anna è ingovernabile. Inuyasha riuscirà a gestire la situazione in assenza di Sesshomaru? Speriamo...

Inuyasha, Kagome e Jaken erano accucciati attorno al grande trono della sala delle udienze del castello. Legata alle gambe del trono tramite bracciali di metallo ai polsi e a una caviglia, Anna giaceva ancora incosciente, vestita della corta tunica oro che usava per dormire, la quale le lasciava scoperte le lunghe gambe bianche.
«Non l’avrai colpita troppo forte?» mormorò Kagome, preoccupata. Anna era incosciente da cinque ore e il giorno aveva già preso il posto della notte.
«Non ci sono andato troppo per il leggero. Non ho potuto permettermi di fare il sentimentale.- disse Inuyasha, con una smorfia- In ogni caso, si sveglierà. Non l’ho uccisa.»
«Questa è stata la crisi più brutta di tutte.- disse Jaken, con un brivido- Aveva sempre fatto fatica a muovere il corpo, nonostante la violenza che usava.»
«Insomma, era più lenta?» chiese Inuyasha.
«Molto più lenta del solito.- ammise Jaken- Però c’è da dire che nessuno qui è in grado di compararsi con lei, Sesshomaru-sama a parte, quindi faceva danni ugualmente.»
«Non ha pronunciato parola, mentre combatteva con te.- mormorò Kagome, corrugando la fronte- Sembrava davvero una belva.»
«Sì, un animalaccio feroce!» sottolineò Jaken, infervorandosi, per poi chiudere di scatto la bocca all’occhiata di fuoco degli altri due.
«In quel momento, Anna era senz’anima. Era solo una belva in un corpo umano.- disse Inuyasha, cupo, ricordando gli occhi privi di intelligenza di Anna- Non mi aspettavo una cosa simile.»
«Anche tu stavi diventando così, quando il sangue di yokai ha preso il sopravvento.» disse Kagome, rabbrividendo.
«Già. Brutta storia.- borbottò Inuyasha- Se così fosse, Anna diventerebbe una specie di mostro dedito solo all’uccidere. Speriamo che si riprenda alla svelta.»
«Hai visto com’è scura la fiamma sulla sua fronte?» chiese Kagome, indicando il viso di Anna. La fiamma della vita si ramificava fino all’attaccatura dei capelli, annerendone anche alcune ciocche più corte.
«Non è scura. E’ nera.» tagliò corto Inuyasha. Si alzò in piedi e iniziò a camminare in tondo, a braccia conserte. «Non mi piace per niente.- mormorò tra sé, contrariato- Sarà meglio che Totosai e Myoga sappiano cosa fare per ricondurla alla normalità, altrimenti…»
«Inuyasha!» lo chiamò Kagome.
«Si sta svegliando!» balbettò Jaken, in preda al panico, arretrando di qualche passo tanto per sicurezza. Inuyasha si voltò verso Anna, attendendo come gli altri di sapere se la inu-yokai aveva ripreso coscienza di sé. Le lunghe ciglia nere tremarono sulle guance pallide, la bocca si tese in una smorfia. Poi, le palpebre si sollevarono su occhi dorati dalla sclera blu…occhi vuoti come un pozzo senza fondo.
Non ebbero il tempo di esserne delusi. Passando quasi istantaneamente dal sonno alla veglia, Anna si avventò su di loro con le zanne in mostra, facendoli caracollare all’indietro. Lo slancio di Anna fu frenato dai bracciali di metallo, che la scagliarono all’indietro contro il trono, facendola guaire dal dolore quando uno dei braccioli le si conficcò nel fianco. Ringhiando, Anna abbassò lo sguardo sui suoi polsi e sulla caviglia. Lanciò un ululato di sdegno nel vedersi legata a quel modo e iniziò a strattonare violentemente il trono.
«Adesso sappiamo che non è ancora tornata normale.» gracchiò Jaken, tenendosi una mano sul cuore in tumulto. Quella maledetta donna faceva davvero paura! Inuyasha imprecò nel vedere con quale violenza Anna stava cercando di strappare il trono dalla sua sede per liberarsi. Anna era davvero forte!
«Siamo sicuri che quella roba terrà?» chiese, accarezzando l’elsa di Tessaiga e facendo un gesto verso il trono.
«Il trono terrà di sicuro.- disse Jaken, cercando di ritrovare la compostezza- In quanto ai bracciali…beh, li abbiamo ottenuti forgiando strati su strati di metallo, che poi è stato indurito. Dureranno…per un po’.» ammise, notando con un tuffo al cuore che Anna aveva già iniziato ad attaccarli con i denti, furiosa. «Perché Sesshomaru-sama non è ancora tornato?» gemette, quasi alle lacrime.
«Ottima domanda, vorrei saperlo anch’io.» disse Inuyasha, acido. Sbuffò quando vide Anna scrollare il bracciale che aveva tra i denti con furia, come un cane che spolpa un osso, ferendosi il polso. Si avvicinò a lei di un paio di passi. «Cretina, la vuoi piantare! Ti fai solo male!» le gridò. Anna smise di rosicchiare il metallo e tentò di nuovo di saltare addosso ad Inuyasha, ma dovette rassegnarsi a guardarlo in cagnesco a tre passi di distanza.
«Mi fa una tale pena.- disse Kagome, con le lacrime agli occhi- Inuyasha, è così ingiusto che le sia successo questo!»
«Fa pena anche a me.- disse Inuyasha, cupo- Ma che possiamo fare?»
«Il padrone ci ucciderà!» gemette Jaken, torturando il Bastone Ninto. Già si immaginava la faccia che avrebbe fatto entrando nella sala delle udienze e vedendo Anna in quello stato indecente, legata al trono, sbavante e ringhiante…e prevedeva anche cos’avrebbe fatto dopo! Si strinse la gola, quasi sentisse la propria testa già sul punto di rotolare via.
«Parla per te, rospaccio.» disse Inuyasha, sprezzante. Scrollò le spalle. «Tra un paio di giorni, Miroku e Sango dovrebbero essere di ritorno. Se Anna rimane legata al trono, non dovremmo avere troppi problemi.»
«Ma Totosai e Myoga riusciranno a trovare un sistema per guarirla?» chiese Kagome, preoccupata. Inuyasha sospirò.
«Non lo so, Kagome.- ammise- Possiamo solo sperare che ci sia qualcosa da fare per…ehi, l’hai finita di grattare il pavimento a quel modo?! Mi fai venire i brividi!»
Kagome guardò Anna ritrarsi come un cane incattivito a quell'ingiunzione, sempre masticando uno dei bracciali, e sospirò. Sperava che la situazione si risolvesse prima dell’arrivo di Sesshomaru. Nemmeno lei faticava a immaginare cosa sarebbe accaduto se il Signore dell’Ovest si fosse trovato di fronte allo spettacolo della sua consorte degradata a cane rabbioso.

***

Sango e Miroku atterrarono al limitare del territorio di Totosai. In lontananza si alzavano i fumi venefici della sua fucina, a cui per gli umani era malsano avvicinarsi.
«Sarà in casa, quel vecchio attira guai?» mormorò Miroku, aguzzando lo sguardo.
«Credo che l’unico modo per scoprirlo sia chiamarlo.» disse Sango, togliendosi la coda di capelli dalla spalla con un gesto stanco. Volavano quasi senza interruzione da tre giorni ed erano piuttosto stanchi. Kirara, approfittando del momento di pausa, si trasformò e si accoccolò sull’erba, sbadigliando con un miagolio.
«Totosai!» gridò Sango.
«Ehi, vecchio Totosai!- chiamò Miroku, con le mani ai lati della bocca- Siamo Miroku e Sango! Abbiamo bisogno del tuo aiuto!»
«Totosai, ci manda Inuyasha!» aggiunse Sango, come per un ripensamento. La memoria del vecchio era labile, quando non era in vena di darsi da fare. Ai loro richiami rispose il silenzio. Per diversi minuti, i due rimasero dov’erano, scrutando i dintorni.
«Mi sa che fa orecchie da mercante.» sbuffò Miroku, seccato.
«Chi fa orecchie da mercante, giovane monaco?» chiese una voce gracchiante poco lontano. Miroku e Sango si voltarono, e videro il vecchio Totosai guardarli dalla cima di un dosso erboso, corrucciato, tenendo sulla spalla il suo grosso martello. Sia Miroku che Sango tirarono un sospiro di sollievo.
«Allora sei in casa.- mormorò Sango, sollevata- Meno male.»
«Che cercate, ragazzi? Era un po’ che non ci si vedeva!- borbottò Totosai, raggiungendoli con la sua andatura dondolante- Quello stupido di Inuyasha non avrà combinato qualcosa alla mia adorata Tessaiga, non è vero?»
«No, Totosai, stai tranquillo. Siamo qui per un altro motivo.- lo tranquillizzò Miroku- Il vecchio Myoga è con te?»
Totosai si fermò, guardandosi attorno.
«Ci sei, Myoga?» chiese, grattandosi la testa. Una minuscola figura gli saltò sulla spalla.
«Ci sono! Nemmeno ti ricordi se sono tuo ospite o meno…- si lamentò Myoga- Sango! Miroku! E’ bello rivedervi! Come sta il signorino Inuyasha?»
«Lui bene, vecchio Myoga.- disse Sango- E’ per altri motivi che ricerchiamo il vostro aiuto.»
«Aiuto? Addirittura?- chiese Totosai, perplesso- Roba pericolosa?» Myoga smise subito di saltellare, all’erta.
«Non credo che vi recherà alcun danno.» li rassicurò Miroku, dopo aver scambiato un’occhiata d’intesa con Sango. Quei due facevano a gara di vigliaccheria!
«Si tratta di Anna.» disse Sango.
«Chi?!» chiese Totosai, cadendo dalle nuvole.
«Anna?- chiese Myoga, preoccupato- Cosa è successo a quella giovane donna?»
«Ma chi è?» chiese Totosai, con voce lamentosa.
«Ma…è la consorte di Sesshomaru! Te l’ho raccontato, ma quando mai ascolti quello che ti dico?!» si inalberò Myoga, che aveva conosciuto Anna durante la guerra contro Soichiro. Totosai, per tutta risposta, colpì Myoga con l’indice, facendoselo saltare via dalla spalla.
«Sentite, ricominciamo daccapo.- disse, sedendosi per terra a gambe incrociate- Quando si parla di Sesshomaru è meglio conoscere tutti i dettagli. Almeno saprò da che parte scappare in caso il vento tiri dalla parte sbagliata.»
Sango e Miroku sospirarono all’unisono, poi si sedettero per terra e raccontarono concisamente al vecchio fabbro yokai chi era Anna e quali vicissitudini l’avevano portata al fianco di Sesshomaru.
«Insomma, era un’umana e ora è una inu-yokai con anima umana e corpo di demone.- borbottò infine Totosai- Buffo e un po’ grottesco che Sesshomaru ne abbia sposata una, dopo averne ammazzati tanti…anche se mi fa piacere che abbia alla fine compreso l’importanza e il valore di Tenseiga. Va bene, fin qui ho capito. Ma dal sottoscritto che volete?»
«Negli ultimi giorni Anna ha iniziato ad avere degli strani disturbi.- spiegò Sango- Fa fatica a muovere il suo corpo, è febbricitante e la fiamma della vita sulla sua fronte si sta scurendo. Inoltre, di tanto in tanto ha delle crisi in cui diventa una belva, ma una volta terminato il parossismo di violenza non ricorda più nulla. I suoi occhi sono completamente demoniaci.»
Totosai si sfregò il mento, pensieroso.
«Non mi piace ciò che state dicendo.- disse Myoga, seduto sul ginocchio di Miroku- I demoni che possiedono un tatuaggio sulla fronte, o sul corpo, di norma deducono dal suo stato l’equilibrio del proprio potere. Ciò che voglio dire è che una deformazione dello stesso equivale a una deformazione degli equilibri che mantengono in vita un demone. Equilibri di anima e sangue.»
«Questi segni ce li hanno un po’ tutti i demoni, chi più e chi meno.- sbuffò Totosai- Avrete notato che anche a quello sciocco di Inuyasha si manifestavano quando andava fuori di senno.»
«E’ vero, gli comparivano due strisce rosse sulle guance.» disse Sango, rammentando.
«Perciò, che quel segno sia diventato più grande e scuro non è certo un buon avvenimento.» concluse Myoga, annuendo gravemente.
«Avete idea di cosa le stia succedendo?» chiese Miroku, pratico.
«Difficile a dirsi. Dovremmo vedere in che stato si trova.» borbottò Totosai.
«Ma voi non sapete niente degli effetti collaterali dell’incantesimo di fusione tra umani e demoni?- insistette Sango- Non potrebbe essere…un malessere simile a quello di Inuyasha? Voglio dire…»
«Stai chiedendo se sia possibile creare un sigillo anche per lei? Come Tessaiga?- tagliò corto Totosai, riflettendo mentre incrociava le braccia sul petto- Mah, non saprei…il caso è molto diverso. Inuyasha era un hanyo, il suo corpo non avrebbe dovuto possedere tanta forza e questo metteva a rischio la sua stessa vita. Perciò serviva un sigillo. Ma riguardo questa Anna, la faccenda è diversa. Lei è un demone, il suo corpo è perfettamente in grado di gestire il potere anche alla massima carica. Quel che è certo è che non rischia la morte.»
Miroku e Sango si guardarono.
«Beh, questa è già una buona notizia…» disse Miroku, lentamente.
«Rischia solo di diventare completamente matta.» disse Totosai, zittendolo. Myoga lo guardò storto.
«Ti sembra il modo di dire le cose, Totosai?» lo rimproverò, sospirando.
«Ma davvero non sapete cosa si possa fare?- chiese Miroku, corrugando la fronte- Di sicuro voi conoscerete altri casi in cui…»
«Giovanotto, l’incantesimo di fusione non è roba che si fa tutti i giorni.» rispose Totosai, seccato e petulante.
«Sango e Miroku, dovete capire che un simile incantesimo avviene solo quando un demone desidera una particolare capacità umana e questo di per sé è un caso rarissimo.- spiegò Myoga, cupo- Questo incantesimo, compiuto pochissime volte, ha sempre visto il demone assorbire l’umano, non viceversa! Che io sappia, Anna è l’unica vittima di una tale magia che sia riuscita a ribaltarne il risultato, assorbendo lei stessa le caratteristiche del suo carnefice. Siamo di fronte a un caso mai presentatosi prima.»
«Non potrebbe trattarsi quindi di un caso di possessione?» chiese Sango.
«No, è passato troppo tempo. Il vecchio Beko si sarebbe fatto sentire da subito.- disse Myoga, scuotendo il capo- Il fatto che l’instabilità si sia verificata dopo un anno ha una sua logica. Evidentemente, l’equilibrio tra un corpo demoniaco e un’anima umana non poteva durare di più.»
«Ma ci sarà qualcosa che potete fare!» esclamò Sango. Myoga e Totosai si guardarono senza proferire verbo. Il loro silenzio non era molto promettente. Miroku si alzò, costringendo Myoga a saltare sulla gamba di Sango.
«Sentite, è inutile stare qui a costruire teorie.- disse, deciso- Venite al castello e date un’occhiata ad Anna. Credo sia l’unico modo per fare una diagnosi.»
«Al castello di Sesshomaru?- chiese Totosai, nervoso- Non ci penso nemmeno! Con quel ghiacciolo sanguinario non voglio avere niente a che fare.»
«Per ora Sesshomaru non è in casa. Non rischi nulla.» gli disse Sango.
«Non importa! Non si sa mai, potrebbe ricominciare a chiedermi di forgiargli una spada e sapete quanto sappia essere insistente.» disse Totosai, cocciuto e irremovibile. Miroku fece un sorrisetto maligno.
«Immagino che non sarà molto felice di sapere che non hai voluto prestare aiuto ad Anna durante la sua assenza. Potrebbe rimanerne contrariato.» insinuò, con voce melliflua. Totosai sbiancò, pur cercando di non darlo a vedere. Sango guardò Miroku, scuotendo il capo. Ogni tanto, il cattivo carattere del monaco si manifestava…
«Beh…magari vengo con voi a tentare una diagnosi.- borbottò infine Totosai, facendo il sostenuto- Ma badate! E’ una mia decisione, non vengo perché costretto dalle circostanze!»
«No, certo che no. Ti ringraziamo, Totosai.» disse Miroku, serissimo, per poi strizzare maliziosamente l’occhio a Sango. Totosai chiamò il suo toro demoniaco e vi saltò in groppa, seguito dal vecchio Myoga.
Kirara comprese che il momento di riposarsi era ancora lontano e tornò a trasformarsi. Il gruppo si diresse in volo verso il castello di Sesshomaru.

***

Giunsero alla porta dell’enorme magione in un pomeriggio piovoso e grigio, che ricordava più l’inverno da poco trascorso che la primavera. Il gruppo, fradicio dalla testa ai piedi, entrò nel castello attraverso il portone, prontamente aperto dai servitori.
«Miroku! Sango!- sentirono echeggiare la voce di Inuyasha, che li stava raggiungendo insieme a Kagome e Jaken- Siete riusciti a portare quella mummia incartapecorita di Totosai?»
«Bada alle parole, giovanotto!» si inalberò Totosai, strizzandosi di dosso l’acqua e bagnando il pavimento, con sommo fastidio di Jaken.
«Signorino Inuyasha! Quanto tempo!» esultò il vecchio Myoga, saltando sul naso di Inuyasha e iniziando immediatamente a succhiargli il sangue. Inuyasha lo spiaccicò con la mano, seccato.
«Non ti smentisci mai, eh?» chiese alla pulce ridotta a una frittella sul palmo della sua mano.
«Benvenuti!- disse Kagome, facendo un breve inchino verso Totosai- Vi aspettavamo con impazienza.»
Il suo tono di voce insospettì Sango e Miroku.
«E’ successo qualcosa?» chiese subito il monaco, vedendo le loro espressioni serie. Inuyasha annuì.
«Qualche sera fa, Anna ha perso il controllo.- li informò, cupo- Ha fatto a pezzi la tua barriera e ha combattuto contro di me. Sono riuscito a sconfiggerla e adesso è legata al trono mani e piedi. Da allora non si è più ripresa. Si comporta come una belva scatenata. Non parla, si limita a ringhiare e ululare.»
«Allora la mia teoria era esatta, come prevedevo.» disse Totosai, annuendo.
«Di che teoria parli?» chiese Inuyasha, sospettoso.
«Ve ne parleremo, ma conduceteci da Anna.- si intromise Miroku- E’ meglio che Totosai e Myoga possano vederla.»
«Di qua.» fece loro strada Kagome, precedendoli.
«Speriamo che quei due cialtroni sappiano cosa fare, altrimenti…» gemette Jaken.
«Non sei cambiato, vero, rospetto?» chiese Totosai, guardandolo di sbieco.
«Non mi parlare con quel tono!» sbraitò Jaken, offeso. Non c’era rispetto per il fedele servitore di Sesshomaru-sama!
«Ecco, entrate pure.» disse Kagome, spingendo una delle grandi ante della porta che conduceva alla sala del trono. Il gruppo entrò nel vasto salone e fu salutato da un ringhio basso e feroce.
«Per la miseria…» scappò detto a Miroku.
Anna era in equilibrio sulle quattro zampe, legata per i polsi e una caviglia alle gambe del trono. Li squadrava con aria assassina, scarmigliata come una selvaggia. Mostrava loro le zanne e gli occhi erano ancora dorati, con quell'inquietante sclera blu. La fiamma sulla sua fronte era nera come la pece e le sue lingue si insinuavano fra i capelli, annerendone alcune ciocche. La pelle del viso era più tirata sulle ossa di quanto Sango e Miroku ricordassero.
«Non è un bello spettacolo, lo so.- disse Inuyasha, con una smorfia- Dai, avvicinatevi. Finché è legata a quel coso non può muoversi più di tanto.»
«E’ dimagrita o è una mia impressione?» chiese Sango, attonita.
«Non vuole mangiare.- sospirò Kagome- Rifiuta il cibo, lo rovescia non appena glielo portiamo.»
Si avvicinarono cautamente, non particolarmente rassicurati dalla precauzione di quei bracciali di metallo, che sembravano poco solidi, e dal sostegno del trono, che lo sembrava ancora meno. Anna si ritirò su se stessa, come un cane dal pelo ritto, e il suo ringhio si fece più fondo. Attese che fossero a una distanza ravvicinata prima di tentare l’ennesimo attacco, che come sempre non fece altro che procurarle ferite ai polsi e renderla ancora più rabbiosa.
«La vuoi finire, scema?!» sbottò Inuyasha, che aveva assistito a quella scena ogni volta che entrava nella sala. Totosai, con le mani dietro la schiena, si piegò per guardare meglio in faccia la consorte di Sesshomaru.
«Beh…sapevo che quel Sesshomaru non poteva avere gusti normali.» disse infine, ricevendo immediatamente un pugno sulla testa da parte di Inuyasha.
«Idiota! Non è mica sempre stata così!» ringhiò, seccato.
«Vecchio Myoga, Totosai…voi sapete cos’ha Anna?» chiese Kagome, riportando il discorso sui binari.
«La nostra ipotesi è che il corpo demoniaco e l’anima umana non riescano più a lavorare in sintonia.- disse il vecchio Myoga, saltellando sulla spalla di Inuyasha per avere la sua attenzione- Ovviamente, il sangue yokai ha prevalso.»
«In poche parole, abbiamo di fronte una creatura che agisce per solo istinto…o almeno questo sembrerebbe.» finì Totosai, scrutando Anna con gli occhi socchiusi.
«Ma sapete come guarirla, vero?» chiese Inuyasha. Totosai rimase in silenzio per qualche momento, poi si voltò verso Myoga.
«Ehi, vecchia pulce…te la senti di provare il sangue di questa donna?» chiese. Myoga non se lo fece ripetere due volte. Rassicurato dal fatto che la prigionia di Anna sembrava sicura, saltò sul collo della inu-yokai, che ululò e scrollò il capo, infastidita e rabbiosa per non poter scacciare la pulce. Myoga si fece una bevuta veloce, poi tornò dagli altri, prima che Anna si irritasse troppo.
«Che ti dice?» chiese Totosai. Myoga ci pensò un po’ su, tenendo tutti in tensione.
«Dolce. Molto saporito.» disse infine, facendo quasi cadere tutti a terra di faccia.
«Non ti ha chiesto i tuoi gusti, imbecille!- sbraitò Inuyasha, strizzando la pulce tra pollice e indice- Ti sta chiedendo se hai scoperto qualcosa!»
«Il suo flusso è troppo forte.- disse Myoga, rauco, tentando di liberarsi- Avevamo ragione, è il sangue yokai che ha preso il sopravvento!»
Inuyasha lasciò andare Myoga e guardò Totosai, che continuava a scrutare Anna.
«Vecchio, hai una cura per lei?» chiese Inuyasha, brusco.
«Ho qualche idea.- borbottò il vecchio fabbro- Ma non parliamone qui. Andiamo altrove.»
«Perché?» chiese Kagome, sorpresa.
«Perché questa donna avrà perso l’anima, ma non l’astuzia.- disse Totosai, guardando la giovane miko- Anche adesso che ringhia e agogna il nostro sangue, capisce tutto quello che diciamo.»
Gli altri tornarono a guardare Anna. La inu-yokai non sembrava altro che un cane rabbioso, che in quel momento stava mordendo i bracciali di metallo, ma non era prudente sottovalutare le sensazioni di Totosai. Il gruppo si ritirò dalla sala del trono, lasciando Anna da sola. Nessuno vide le scariche di luce blu che si alzavano nel punto in cui i denti di Anna mordevano il metallo.
Si riunirono tutti nella camera di Kagome. Miroku e Sango spiegarono per sommi capi la conversazione che era avvenuta tre giorni prima e le deduzioni che ne erano derivate.
«Sono contenta che Anna non rischi la vita.- mormorò Kagome, sospirando di sollievo- Avevo una tale paura…»
«Continua ad averla.- disse Inuyasha, acido- Se Sesshomaru torna e trova Anna così, saremo noi a rischiare la pelle. E il tempo stringe.»
Tutti rabbrividirono, ognuno immaginando il modo in cui Sesshomaru si sarebbe sfogato su tutti coloro che avrebbe ritenuto colpevoli di negligenza nei confronti di Anna.
«Avete qualche idea di come guarirla?» chiese Kagome, preoccupata.
«Non sarà una cosa facile.- mormorò il vecchio Myoga, seduto sul martello di Totosai- Bisognerebbe sottrarle il potere yokai, almeno nella misura adatta a ristabilire un equilibrio. Purtroppo Anna non è una hanyo, ma una yokai…il corpo si rifiuterà in tutti i modi di farsi indebolire.»
«E se non si indebolisce il suo potere, non tornerà normale?» chiese Inuyasha. Sia Myoga che Totosai scossero la testa.
«Potrei provare a inventarmi qualcosa.- propose Totosai, incerto- Creare un sigillo per lei…ma poi come faremo a farglielo portare?»
«Non puoi fare qualcosa che si possa infilare?» chiese Sango.
«Sono un fabbro, più che armi non so fare.- sbuffò Totosai- Ed è già tanto, vista la situazione in cui siamo non vi conviene lamentarvi!»
«Che cosa hai intenzione di fare, Totosai?» chiese Kagome, gentilmente, cercando di non farlo inalberare.
«Beh…potrei fare una spada anche per lei.- borbottò il vecchio- Mi servirà una sua zanna…e anche dei capelli, direi.»
«Non riusciremo mai a farle portare una spada, Totosai.- replicò Myoga, poco convinto- Bisognerebbe legargliela addosso e anche così il corpo potrebbe rifiutarsi di collaborare con la spada.»
«Già…Inuyasha è riuscito nel suo intento solo perché lo voleva fortemente.» disse Miroku.
«Insomma, basta con le lamentele! E’ l’unica cosa che mi viene in mente!- sbottò Totosai, offeso- Se avete un’idea migliore fatevi avanti!»
Nessuno aveva la benché minima idea di cosa fare, perciò decisero di tentare la fabbricazione della spada per Anna.
«Come prendiamo ad Anna la zanna e i capelli? Se ci tocca ci sottrarrà l’energia vitale.» ricordò loro Kagome.
«Ci penso io.- disse Inuyasha, alzandosi in piedi con decisione- Un colpo sulla nuca e sarà nel mondo dei sogni.»
Kagome fece per replicare, poi rinunciò. In effetti, non c’era altro sistema.
«Quanto ci metterai per fare quella spada?» chiese Jaken.
«Penso di farla in tre giorni.- disse Totosai, dopo aver riflettuto- Perché?»
«Ho paura che Sesshomaru-sama arriverà prima.» piagnucolò Jaken, terrorizzato alla prospettiva.
«Basta lamentarsi.- disse Inuyasha, desideroso di agire ora che avevano un piano- Torniamo di sotto e…»
In quel momento, un boato fece tremare l’intero palazzo, mandando quasi a gambe all’aria Inuyasha e strappando esclamazioni di sorpresa agli altri.
«Ma che diavolo…» sbottò Inuyasha, quando il rombo si spense e tutto tornò calmo. Fuori iniziarono a sentirsi voci concitate e piene di allarme.
«Da dove veniva?» chiese Miroku, alzandosi in piedi a sua volta.
«Da sotto, credo…» disse Sango, poi sbiancò.
«Anna!» esclamarono tutti all’unisono. Corsero fuori dalla stanza, seguiti più lentamente da Totosai e Jaken. Non prestarono ascolto alle domande della servitù che incontrarono, ma filarono dritti alla sala del trono, prevedendo un guaio.
«Anna!» esclamò Inuyasha, spalancando i battenti con entrambe le mani ed entrando come una furia, con gli altri al seguito. Lo spettacolo che si presentò loro di fronte li fece fermare di botto, facendoli caracollare l’uno addosso all’altro. La parete di fondo della stanza del trono era forata da una parte all’altra. Attraverso il grosso buco se ne potevano vedere altri tre, in rapida successione. Due mettevano in comunicazione due corridoi che non avevano mai avuto niente a che fare l’uno con l’altro. L’ultimo dava sul giardino all’esterno. Il rumore della pioggia battente arrivava fino a loro. La sala del trono era vuota. Anna era scomparsa e i bracciali che la tenevano legata al trono giacevano a terra in pezzi bruciacchiati, come se una grande forza li avesse fatti esplodere.
«E’ scappata.» mormorò Miroku, incredulo. Inuyasha lanciò un grido frustrato e si precipitò verso il giardino, uscendo all’aperto. La pioggia lo inzuppò dalla testa ai piedi in un baleno, mentre cercava di cogliere l’odore della inu-yokai. Inutile. La pioggia riusciva a cancellare qualunque cosa.
«Anna!- gridò Inuyasha al cielo grigio- Idiota, torna indietro!»
Naturalmente, nessuno rispose al suo appello.

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Capitolo 7
*** 7 - Il ritorno di Sesshomaru ***


Author's note: Avendo capito che Inuyasha e compagnia sono ossi duri, Anna ha pensato bene di scappare. Come la prenderà Sesshomaru, reduce da un viaggio che non l'ha propriamente messo di buon umore? *Totosai e Myoga fuggono a gambe levate* ^___^

Inuyasha rientrò a Palazzo, fradicio dalla testa ai piedi, dopo aver passato la giornata sotto l’acqua. Da due giorni non smetteva di piovere e solo nel tardo pomeriggio lo scroscio era diminuito d’intensità. Una condizione atmosferica perfetta per permettere ad Anna di squagliarsela chissà dove. Maledizione!
Scrollandosi l’acqua di dosso in perfetto stile canino, mormorando imprecazioni tra i denti, Inuyasha si recò nella sala del trono. Come pensava, vi trovò gli amici, seduti a terra a discutere dell’accaduto. Sango stava asciugando Kirara e lei stessa aveva i capelli bagnati. Gli aveva dato una mano ad esplorare i dintorni, ma evidentemente non aveva trovato alcun segno del passaggio di Anna. Miroku aveva in mano uno dei pezzi di metallo che avevano subito il potere di Anna e lo scrutava con aria assorta, mentre Jaken sospirava, appoggiato con la schiena a una gamba del trono. Kagome parlava con Totosai e Myoga. Inuyasha si accorse vagamente che nessuno aveva ancora pensato a riparare il buco nella parete.
«Inuyasha!- esclamò Kagome, alzandosi per corrergli incontro- Novità?»
«Niente.- sospirò Inuyasha, corrugando la fronte- Sembra scomparsa nel nulla.» Imprecò forte. «Cosa diavolo le sarà saltato in mente di scappare?!» ringhiò.
«E’ tipico di un animale selvaggio ricercare la libertà.- mormorò Miroku, riflettendo- Se a questi istinti aggiungi l’astuzia di Anna…»
«Non la troverete tanto facilmente.- pronosticò Totosai- Ve l’avevo detto! Nonostante l’aspetto, possiede ancora molta intelligenza.»
«Deve averli fatti esplodere usando il suo potere tramite il morso.- disse Miroku, alzando il pezzo di metallo perché Inuyasha lo guardasse- Probabilmente all’inizio la rabbia aveva preso il sopravvento e non ci aveva pensato. Dopo…stava solo aspettando che la lasciassimo sola.»
«E perché non ci ha attaccati?- chiese Inuyasha, seccato- Mi sembrava che non aspettasse altro!»
«Perché siamo in tanti e deve aver intuito che non le conveniva.- disse Sango, sollevando lo sguardo da Kirara- Ha preferito scappare. Dopotutto, non è che ce l’avesse in particolare con noi.»
Inuyasha si incupì, riflettendo su ciò che aveva appena sentito.
«Inuyasha, dobbiamo trovarla al più presto.- disse Kagome, appoggiandogli una mano sul braccio- Totosai non può fare niente per Anna se non ha del materiale su cui lavorare.»
«E’ vero. Ci muoveremo non appena smetterà di piovere. Troveremo pure qualche traccia.» disse Inuyasha, desiderando crederci ma non confidando poi tanto in una simile fortuna. Se Anna non aveva perso la sua astuzia, chissà che idee si era fatta venire per far perdere le sue tracce! Già scappare sotto la pioggia si era rivelata ottima e le aveva offerto un sacco di vantaggio.
«Siamo nei guai!- gemette Jaken, scrollando il capo- Se il padrone scopre quello che è successo…»
«Sarà ancora per strada, c’è tempo per porre rimedio.- lo censurò subito Inuyasha, seccato- Vecchio, quanto hai detto che ti serve per forgiare quella spada?»
«Tre giorni.- rispose Totosai, scrollando il capo- Ma ti ho detto che non so se funzionerà e aggiungici il tempo che perderete per trovarla…»
«Sì, sì, lo so!- sbraitò Inuyasha, seccato da quelle complicazioni- Di questo non preoccuparti. La troveremo e la cattureremo, con le buone o con le cattive.»
«Personalmente credo che fareste bene a farla arrabbiare il più possibile.» suggerì il vecchio Myoga, saltato dalla spalla di Kagome a quella di Inuyasha.
«Eh?» chiese Inuyasha, perplesso.
«Cosa vuoi dire, vecchio Myoga?» chiese Kagome, perplessa.
«Non avete sentito quello che ha detto il monaco? Secondo lui, Anna ci ha messo tanto a realizzare il suo piano di fuga perché in principio era troppo irata per la prigionia per poter pensare.» ricordò loro la vecchia pulce. Tutti guardarono Miroku, che annuì con una luce di comprensione negli occhi.
«Vuoi dire che facendola arrabbiare, l’istinto all’attacco sommerge l’astuzia di Anna?» chiese Kagome.
«Credo proprio di sì.» annuì Myoga.
«Credo che il vecchio Myoga abbia visto giusto.- rifletté Inuyasha- Dopotutto questo succede anche quando è normale.»
«Inuyasha…» lo rimproverò blandamente Kagome, scuotendo il capo.
«Per farla breve, quando la troveremo dovremo cercare di farla infuriare il più possibile. Se perderà il controllo e ci attaccherà senza avere la mente lucida, potremmo riuscire a catturarla.- riassunse Miroku- Sempre che lei non sia in grado di sopraffarci.»
«L’importante è non farsi toccare.» disse Inuyasha, che già iniziava a vedere le cose sotto una luce migliore.
«Ma se nel frattempo dovesse tornare Sesshomaru-sama?» chiese Jaken, piagnucoloso.
«Beh, ci darà una mano!- sbottò Inuyasha, che ne aveva abbastanza delle lamentele del piccolo rospo- Dannazione, è anche colpa sua se è successo tutto questo casino! Siamo alla vigilia di un evento importante per Anna, e quell'imbecille che fa? Se ne va in Cina!» Inuyasha serrò i pugni, sognando di stringerli attorno al collo del fratello. «Dovrebbe essere lui quello intelligente, no?- ringhiò, senza accorgersi che nella stanza era calato il silenzio- Il Grande Sesshomaru, il Signor So Tutto Io! Beh, non sapeva nemmeno che le potesse succedere un casino simile! E poi le patate bollenti dal fuoco gliele dobbiamo togliere noi, mentre lui gira per la Cina come un deficiente, tutto per la sua testardaggine! Anzi, volete sapere come la penso? Quello che è successo è colpa sua! Solo colpa sua! E quando tornerà glielo dirò in faccia!»
Solo in quel momento Inuyasha si accorse che tutti guardavano alle sue spalle con visi mortalmente pallidi. Un brivido lo scosse dalla testa ai piedi, i capelli gli si rizzarono sulla nuca. Un odore a cui fino a quel momento non aveva badato gli riempì le narici.
«E’ dietro di me, vero?» chiese, rauco, a Kagome, che annuì. Inuyasha si voltò.
Sesshomaru stava sulla soglia. Gocciolava acqua da tutte le parti, senza per questo perdere in gelida bellezza. Doveva aver sentito tutto il discorso di Inuyasha, visto che gli occhi ambrati erano socchiusi in due fessure mortifere e dalla sua persona proveniva un’aura negativa che toglieva il fiato.
«Cos’è successo ad Anna?» chiese. La sua voce non aveva nessuna inflessione particolare, ma tutti rabbrividirono.
«Ecco…vedi, Sesshomaru, durante la tua assenza…» iniziò Kagome, incerta. Inuyasha scoprì le zanne in una smorfia.
«Il sangue yokai le è andato alla testa!- rispose, brusco, a voce alta- Non c’era momento meno appropriato per andarsene! Anna aveva bisogno di te e tu non c’eri! Sei veramente…»
Un secondo più tardi, Sesshomaru era al centro della stanza e teneva Inuyasha per il collo. Il suo volto era sfigurato dall’ira.
«La verità fa male, eh? Ho colpito nel segno?» disse Inuyasha, pur se mezzo soffocato.
«Cosa stai dicendo?!- sibilò Sesshomaru- Che è successo ad Anna? Dov’è?»
«Sono stufo di rimediare ai guai che combini tu!» continuò Inuyasha, imperterrito.
«Bada, Inuyasha…un’altra parola inutile e ti uccido!» ringhiò Sesshomaru, sul punto di trasformarsi.
«Sesshomaru, lascialo!» esclamò Kagome.
«Sesshomaru, Inuyasha ha fatto molto per aiutare Anna!- intervenne Miroku- Vuoi lasciarlo andare, così ti spieghiamo la situazione?»
Per un attimo, Sesshomaru non sembrò intenzionato a farlo. Poi si decise ad allentare la presa e Inuyasha si liberò dando un pugno al braccio di Sesshomaru. Si fece indietro di un paio di passi, tossendo.
«Imbecille!- ringhiò- E’ inutile che te la prendi con me, fatti un esame di coscienza!»
«Dov’è Anna?» ripeté Sesshomaru per l’ennesima volta.
«E’ scappata dal castello ieri pomeriggio.» rispose Sango. Sesshomaru si voltò verso di lei con tale impeto da farla sobbalzare.
«Cosa?!» disse, con voce mortalmente gelida.
«Anna è fuggita, Sesshomaru, ma dietro a questo fatto c’è una storia piuttosto complicata.- cercò di placarlo Miroku- Se vuoi cercare di contenere la tua impazienza, ti racconterò come sono andati i fatti in tua assenza.»
Per un attimo il gelido yokai non parve voler seguire il consiglio. Sembrava più propenso a cominciare a sfogarsi facendo fuori tutti i presenti, poi finalmente strinse le labbra in una linea incolore e annuì. Miroku sospirò, soddisfatto, poi lanciò un’occhiata d’ammonimento a Inuyasha e cominciò a raccontare. A mano a mano che Miroku procedeva nella narrazione, Sesshomaru si fece sempre più pallido. Sul finire, si voltò verso Jaken con un’espressione tale che il piccolo rospo si inchinò faccia a terra, tremando.
«Perché non sono stato avvisato ai primi sintomi?» chiese Sesshomaru, con voce sferzante.
«Perdonatemi, Sesshomaru-sama…la vostra consorte non ha voluto!- si difese Jaken, balbettando- Ha detto che di certo stavate già tornando, e…e che era inutile farvi preoccupare!»
Sesshomaru strinse le labbra. Sì, era da lei una condotta simile. Mai una volta che chiedesse esplicitamente aiuto.
«Mi state dicendo che Anna è là fuori, preda dei suoi istinti yokai?- riassunse alla fine- Che non è più una persona cosciente di sé?» Il solo pensiero lo faceva rabbrividire. Sentiva dentro una sensazione orrenda, come se un legame fosse stato tranciato. L’avvertiva fin dalla notte in cui aveva provato dolore in concomitanza con la cicatrice che lo univa ad Anna, ma adesso che ne conosceva la causa la sensazione si era accentuata. Era partito con l’immagine di lei che lo guardava andar via dagli spalti del muro più esterno, con un sorriso mesto, e adesso che era tornato lei non c’era. Né fisicamente, né spiritualmente. Provò un senso di vertigine che lo turbò.
«In parte è così.- ammise Kagome- Ha conservato la sua intelligenza, ma non la sua coscienza. E’…è una yokai senza anima.»
«Ma tu, dannato idiota!- sbottò Inuyasha, che aveva ancora il dente avvelenato- Non sospettavi che potesse succedere una cosa del genere?! Tu lo conosci quel diavolo di un incantesimo di fusione, no? Tu stesso hai detto di aver seguito Anna, quella volta, perché credevi che l’inu-yokai che l’aveva rapita volesse assorbirla!»
«Conosco l’incantesimo.- lo interruppe Sesshomaru, secco- Ti faccio presente, però, che non si sono mai verificati casi simili a quello di Anna. Qualunque altro essere umano sarebbe morto.»
«Come io stesso ho detto ieri.» disse Totosai, desideroso di mettersi al riparo quanto più possibile dall’ira di Sesshomaru. Lo yokai nemmeno lo guardò.
«Come avrei potuto sapere che, passato un anno, avrebbe avuto una tale crisi d’identità?- continuò, amaro- Al momento della mia partenza, lei stava benissimo. Aveva il totale controllo di sé. Non ha mai dato segni di…»
Le parole morirono in bocca a Sesshomaru. Un’immagine gli aveva attraversato la mente: Anna, trasformata, che ululava alla tempesta, ritta sopra il corpo senza vita di un inu-yokai a Inuzuka. Ricordò lo sguardo di quegli occhi d’oro, le zanne insanguinate, la sete di sangue che aveva permeato il suo ululato, e si rese conto che anche in quel momento Anna non aveva avuto anima.
“Avevo ricevuto un segnale, dunque.” pensò, ignaro delle occhiate perplesse degli altri di fronte al suo prolungato silenzio. La prima volta che si era trasformata, Anna aveva perso del tutto la sua anima, ritrovandola molti giorni più tardi, quando il monaco e la tajiya l’avevano catturata. All’epoca, Sesshomaru aveva pensato che quella fosse stata una reazione dovuta esclusivamente all’odio che era stato capace di suscitare in lei. Possibile, invece, che fosse stato un segnale di quanto instabile fosse il connubio tra il suo sangue yokai e l’anima umana? Un segnale che lui non era stato in grado di cogliere…Il sangue che condividevano in quanto compagni non era stato sufficiente a garantire maggiore stabilità a quello di lei.
«Da quanto tempo è scomparsa?» mormorò, continuando a riflettere.
«Ventiquattro ore, più o meno.- rispose Sango- L’abbiamo cercata in lungo e in largo, ma grazie alla pioggia è riuscita a far perdere le sue tracce. Tu, tornando a Palazzo, non hai avvertito nulla?»
«No.» rispose Sesshomaru.
«Allora non si è allontanata nella direzione da cui provenivi, altrimenti l’avresti incrociata…o avresti sentito il suo odore, visto che per queste cose hai il naso fino.- disse Inuyasha, con una smorfia- Ormai non ci resta che aspettare che smetta di piovere. Poi usciremo a cercarla e la cattureremo.»
Sesshomaru colse il sottinteso implicito nella frase.
«Avete in mente qualcosa.» disse, e non era una domanda. Inuyasha annuì.
«Ho già combattuto contro Anna e se non ci si fa toccare non è imbattibile.- disse- Inoltre, sia Miroku che il vecchio Myoga hanno notato che, quando si incavola, Anna attacca a casaccio, con molta violenza ma poco cervello. Se saremo in gruppo, riusciremo a catturarla senza eccessive difficoltà.»
«Sarò io ad andare a prenderla.» disse Sesshomaru, rigido.
«Non dire idiozie!- sbottò Inuyasha- Ormai siamo coinvolti anche noi!»
«Sesshomaru, vogliamo tutti che Anna torni come prima.- intervenne Kagome, conciliante- Lascia che ti aiutiamo. A lei farebbe piacere. Inoltre, se accidentalmente Anna dovesse farti del male non se lo perdonerebbe mai. Con noi presenti, la possibilità si riduce al minimo.»
Quest’ultima frase fece stringere le labbra a Sesshomaru, ma l’inu-yokai non replicò. Kagome aveva pronunciato una verità evidente.
«Il vecchio Totosai proverà a forgiare un sigillo per lei. Stavamo per mettere in pratica il nostro piano, quando lei è scappata.» disse Inuyasha, brusco. Sesshomaru si voltò verso Totosai, che per quanto ostentasse impassibilità iniziò a sudare sotto quegli occhi penetranti.
«Di che parla?» chiese l’inu-yokai, imperioso.
«Proverò a fare una spada per lei con una zanna e dei capelli. Magari funzionerà, ma non garantisco nulla.- borbottò il vecchio fabbro- Insomma, bisognerà costringerla a portarla e a brandirla. Non sarà una cosa semplice.» Sospirò. «Certo che potevi anche trovarti una consorte più normale e risparmiarci tutti questi…»
Avvedendosi del lampo rosso che passò negli occhi di Sesshomaru, Totosai si rese conto di cosa stava dicendo e si zittì, riparandosi in un istante dietro Miroku.
«Una spada?!- disse Sesshomaru, sprezzante- Come puoi pensare che possa funzionare? Tu prendi spunto da Tessaiga, che ha fermato la pazzia di Inuyasha, ma la differenza sta nel fatto che questo idiota ha combattuto per tornare alla normalità, mentre Anna non lo farà, se mi avete detto il vero riguardo alla sua condizione.»
Inuyasha guardò Kagome, sollevando un sopracciglio. Sesshomaru aveva colto subito la falla nel piano.
«Beh, e che altro vuoi da me?- si lamentò Totosai- Sono un fabbro, io! E’ già tanto che faccia questo per te, che mi minacci sempre di morte!» Si rese minuscolo dietro a Miroku quando Sesshomaru si alzò in piedi, posando una mano sull’elsa di Tokijin.
«Vuoi morire, Totosai? Ti accontento subito.» disse Sesshomaru, facendo per sguainare la spada.
«Insomma, cosa vuoi che ti dica?! Ci vorrebbe qualcosa che le togliesse il potere, per bilanciare il sangue con l’anima, ma io non saprei come fare!- disse Totosai, con voce gracchiante- Qui l’unica che ha un potere simile è lei stessa e non mi pare che la cosa ci sia utile!»
Inuyasha si sorprese nel vedere l’istinto omicida scomparire del tutto dagli occhi di Sesshomaru alle parole di Totosai. L’inu-yokai lasciò andare la spada e infilò una mano nel vestito, tirandone poi fuori qualcosa.
«Un oggetto come questo, vecchio?» chiese Sesshomaru, tenendo qualcosa fra due dita e allungandolo verso Totosai. Tutti aguzzarono lo sguardo, curiosi. Tra le dita di Sesshomaru, c’era un bellissimo anello a foggia di serpente, il quale teneva serrata tra le mascelle una perla del colore dell’argento.
«E’ bellissimo!» mormorò Kagome.
«Che diavolo è? Un anello?» borbottò Inuyasha, corrugando la fronte, mentre Totosai si avvicinava con riluttanza.
«E’ questo che sei andato a prendere in Cina, Sesshomaru?» chiese Miroku. Sesshomaru non rispose, ma non ce n’era bisogno. Era evidente che quello era il gioiello per cui aveva compiuto il lungo viaggio verso occidente.
«Uhm…ottima fattura!- borbottò Totosai, prendendo l’anello e scrutandolo, mentre Myoga gli saltava sulla testa per guardare a sua volta- Chi ha fatto questo gioiello?»
«Un certo Kun Yan.» disse sbrigativamente Sesshomaru.
«Kun Yan, l’amico cinese del nostro defunto Signore!- esclamò Myoga, sorpreso- Ragazzi, potevate dirmelo che era stato lui a chiamare il signorino Sesshomaru!»
«E che ne sapevamo noi?» ringhiò Inuyasha, seccato.
«Kun Yan è sempre stato un mastro gioielliere con i fiocchi. E’ molto bravo a instillare la magia in oggetti così piccoli.- borbottò Totosai, intento a valutare l’anello- Sicché è stato tuo padre a chiedergli di crearlo?»
Sesshomaru annuì, poi corrugò la fronte.
«Questo anello, Seishin, ha il potere di assorbire l’energia yokai.- mormorò, piano- Forse mio padre aveva previsto questa eventualità.» Era sconcertante che suo padre avesse programmato con tanta cura il futuro, in maniera da garantire al figlio maggiore la possibilità di vivere con la donna che aveva prescelto per lui, ma viste come si erano svolte le faccende passate non era poi così impossibile.
«Evidentemente tuo padre aveva previsto che la stabilità della tua signora non sarebbe durata a lungo.» fu la sentenza di Totosai.
«Invece di continuare a chiacchierare, dimmi se quell'anello è la soluzione ai miei problemi.» tagliò corto Sesshomaru, socchiudendo di nuovo gli occhi in un’espressione allarmante.
«Sì, sì, lo è!- si affrettò a dire Myoga, saltellando- E’ evidente che l’anello è stato creato apposta!»
«Che devo fare?» chiese Sesshomaru.
«Beh, devi usare questo anello su di lei. Ti direi di appoggiare la perla sulla fiamma che ha sulla fronte, è il punto in cui il suo potere si manifesta.- disse Totosai, riflettendo- L’anello si metterà in funzione da solo, avvertendo la tua volontà. Le sottrarrà il potere e poi…puf! Tutto risolto! La situazione è più semplice di quanto pensassi.»
Sesshomaru strappò l’anello di mano al vecchio fabbro, lo infilò al dito e voltò loro le spalle, incamminandosi verso la porta.
«Ehi, dove hai intenzione di andare?- lo frenò Inuyasha- Piove e fa buio. Non troverai un accidente anche a voler cercare tutta la notte. Anna sarà già lontana.»
Sesshomaru si voltò con ira, serrando le labbra per ricacciare una risposta che Inuyasha lesse però molto bene nei suoi occhi. L’inu-yokai non riusciva a reggere il pensiero che Anna si stesse aggirando nella foresta da ventiquattro ore, da sola e in quelle condizioni. La tensione che lesse nella sua postura rigida fece scuotere il capo a Inuyasha.
«Per stanotte riposiamoci. Anche tu devi essere stremato.- propose- Domattina presto cominceremo le ricerche…tutti insieme.»
Sesshomaru sembrò sul punto di ribattere, poi annuì con aria brusca. Dopotutto, Inuyasha aveva ragione e la soluzione al problema era meno complicata di quanto si fosse aspettato. Il gruppo sfilò fuori dalla stanza, diretto alle proprie camere da letto, mentre Totosai borbottava che se ne sarebbe andato il giorno dopo, stufo della dubbia ospitalità di quel castello. Inuyasha, passando accanto a Sesshomaru, si fermò.
«Non ti aspettavamo prima di altri tre o quattro giorni. Hai fatto una corsa?» gli disse. Il fratello non rispose. «Avevi avvertito che qualcosa non andava, vero?» chiese ancora, sollevando un sopracciglio. Vide una mano di Sesshomaru sfiorare distrattamente la base del collo e capì. Il segno che univa Sesshomaru e Anna l’aveva avvertito che lei non era in salute.
«Coraggio, vedrai che entro un paio di giorni sarà tutto risolto. Anna è un osso duro.» cercò di incoraggiarlo. Per parte sua, si sentiva molto più tranquillo ora che una cura efficace era stata approntata…ma d’altronde non era la sua donna, quella a essere impazzita e in fuga nei boschi. Sentiva un’ira bruciante trattenuta a stento aleggiare attorno a Sesshomaru, come il calore di un fuoco rovente. Sospirando e scrollando le spalle, Inuyasha fece per andarsene.
«Non riesco mai a proteggerla.»
La frase, detta con voce del tutto incolore, bloccò Inuyasha. Il giovane si voltò di nuovo verso il fratello maggiore, che in quel momento era voltato dall’altra parte.
«Ehi…che stai dicendo?» chiese Inuyasha, sconcertato.
«Quando ha bisogno di me, non sono mai presente.- disse Sesshomaru, secco- E’ la persona che più ho desiderio di proteggere e lascio sempre che gli eventi la travolgano.» Inuyasha non seppe cosa replicare. Sesshomaru fece una smorfia. «E quella stupida non chiede mai aiuto chiaramente!- ringhiò- Perché non mi ha avvisato di ciò che stava accadendo?»
«Sai che lei è fatta così.» borbottò Inuyasha. Stava assistendo a un inaspettato sfogo. Questo dava un’idea di quanto fosse preoccupato Sesshomaru.
«Proprio perché so com’è fatta…» mormorò Sesshomaru, poi parve rendersi conto di chi era il suo interlocutore e si zittì. Stringendo le labbra in una linea sottile, Sesshomaru congedò Inuyasha con un brusco cenno della mano. Questi ubbidì, conscio che la rabbia di Sesshomaru cercava solo una scusa per sfogarsi e non era il caso di fare da capro espiatorio.
Quando fu scomparso oltre la soglia, Sesshomaru si diresse lentamente verso il trono. Vi si sedette, guardando di fronte a sé con occhi persi.
«Non avrei dovuto lasciarti sola.» mormorò, affondando il viso tra le mani. Passò la notte così, contando con impazienza le ore che lo separavano dal sorgere del sole.

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Capitolo 8
*** 8 - Tracce ***


Author's note: Anna è in fuga e gli amici sono in caccia. Andrà tutto per il meglio? Non fidatevi...

 

Era scappata nel momento ideale. Ne era del tutto convinta e aveva accolto con favore la sferzata della pioggia, quand’era uscita da quelle mura soffocanti. Le dispiaceva non essersi vendicata sui suoi carcerieri, ma erano in troppi. Non le conveniva. Era debilitata dalla prigionia, anche se riprendeva forze di giorno in giorno, e tra quegli strani figuri serpeggiava una forza da non sottovalutare. Non parlava la loro lingua, chissà perché non le riusciva, ma capiva tutto quello che dicevano. C’erano poteri spirituali pronti a scagliarsi contro di lei…e poi quel demone suo simile, dai capelli d’argento, la cui vista la irritava tanto. Le ricordava qualcosa che le faceva contorcere le viscere, forse un antico combattimento. A quel colore di capelli associava il rumore dei tuoni e lei detestava i temporali.
Aveva scelto di fuggire e basta, usando quell'astuzia che gli umani avevano sottovalutato. Aveva bisogno di muoversi, di sfogarsi un po’…e di mangiare. Era a stomaco vuoto da giorni. La pioggia stava cessando e un timido sole faceva capolino tra le nubi, illuminando la sua figura seduta su un ramo d’albero. Aguzzò lo sguardo, spazzando la foresta con i suoi occhi d’oro, cercando una vittima. L’intero corpo era in tensione, attraversato da un tremito nervoso dovuto all’eccitazione della caccia, dalla brama di sangue. Aveva così fame che si sentiva vuota dentro.
Schiacciò un insetto che si stava inerpicando sulla sua gamba nuda, poi distolse velocemente lo sguardo. La metteva a disagio guardare il proprio corpo. Non ci si sentiva a proprio agio. Forse perché non riusciva a capire se era femmina o maschio? Il suo corpo era di donna umana ma lei non si sentiva altro che ciò che era, cioè un inu-yokai. La sua identità era andata persa chissà quando e non le mancava. Si riferiva a se stessa con il femminile a causa di quel corpo, ma per lei non cambiava molto. La sua identità stava nella sua rabbia, nella sua fame, nella voglia di ululare e sbranare e uccidere. Non importava se questi desideri erano femminili o maschili.
Vagamente, ricordava di possedere anche un’altra forma, ma sembrava che al momento fosse al di là della sua portata. Forse perché era così debole? Poteva essere. Era certa che dopo la trasformazione si sarebbe sentita del tutto se stessa.
Un ringhio basso le nacque in gola quando vide muoversi tra gli alberi la sagoma bruna e dondolante di un orso. Un’ottima preda, ricca di energia. Non perse tempo a pensare. Balzò dal ramo con gli artigli protesi e la bocca aperta, pronta al morso. Atterrò con violenza sulla schiena del grande animale, mordendo e strappando. L’orso lanciò un roco grido lamentoso, poi cadde a terra, mentre la inu-yokai assorbiva la sua energia. Si fermò prima di ridurlo a una mummia incartapecorita. L’orso rappresentava una gran quantità di carne gustosa e doveva nutrire il corpo, oltre che lo spirito!
Per parecchio tempo rimase seduta nell’erba, divorando con aria soddisfatta la carcassa dell’orso. Ne mangiò metà prima di ritenere di averne avuto abbastanza. L’energia stava entrando in circolo nel suo corpo, scaldandolo e rilassandolo mentre accresceva il suo potere. Sul viso le comparve un sorriso di feroce soddisfazione.
Si guardò intorno, cercando acqua. Aveva sete. Annusò l’aria, cercando un polla o un torrente che facesse al caso suo. Avvertì un vago odore metallico poco distante. Forse un laghetto dalle acque forti. Corse via tra le macchie di luce e di ombra del bosco, godendo della propria agilità e della velocità della corsa. Attorno a lei, animali e demoni fuggivano, dandole una piacevole sensazione di potenza. Quelle creature dovevano la vita al fatto che si fosse già nutrita! Il pensiero di poter decidere della vita e della morte di chi le stava attorno le fece nascere in gola una risata che suonò come un gloglottio maligno.
Giunse al lago, poco più che una pozza, e rimase abbagliata dalla luce del sole riflessa sulla sua superficie increspata. Mugolò, contrariata, e quasi in risposta una nube oscurò il sole, riportando ombra sulla foresta. Soddisfatta, si accucciò sulla riva e cominciò a bere avidamente. Non si era resa conto di avere tanta sete! Sbadigliò, stiracchiandosi con mosse voluttuose, gli occhi socchiusi come quelli di un gatto che fa le fusa.
Si sentiva satolla, piacevolmente rilassata. Erano tre giorni che correva quasi senza sosta per depistare i suoi inseguitori, perché era certa ce ne fossero, e ora sentiva di avere bisogno di riposo, prima di potere giudicare il suo potere totalmente rigenerato. Si immerse nel sottobosco e si sdraiò sul terreno coperto d’erba, arrotolata su se stessa come uno scoiattolo in letargo. Il sole fece capolino tra gli alberi, ferendole gli occhi, e con una smorfia si alzò per cercare un posto in ombra. Trovatolo, si addormentò quasi all’istante di un sonno senza sogni.
I suoi sensi costantemente all’erta la svegliarono un paio d’ore prima dell’imbrunire. Udiva voci sottili che parlavano in tono allegro. Odore di essere umano le riempì le narici, facendole nascere in corpo una gran voglia di sangue. Si alzò su mani e ginocchia, agile, scrutando la polla d’acqua dal suo nascondiglio nel sottobosco. Aveva visto giusto. Una donna e una bambina si stavano avvicinando per prendere l’acqua. Facili prede, per l’inu-yokai.
Leccandosi le labbra, pregustando il sapore del sangue e l’inebriante sensazione dell’energia umana, si bilanciò sui piedi, pronta allo scatto. Avrebbe giocato un po’ con loro, riempiendole di terrore, e poi le avrebbe uccise. Attese che la donna, probabilmente la madre, si abbassasse sull’acqua rendendosi vulnerabile. Balzò fuori dal nascondiglio con un ululato da far gelare il sangue. Madre e figlia si impietrirono sul posto, livide di terrore, semplificandole il lavoro. Atterrò tra loro, gettò la madre in acqua con un manrovescio e si lanciò poi sulla bambina, che cominciò a urlare e a piangere, invocando la madre.
Si erse su di lei, mentre la donna annaspava nell’acqua, chiamando la figlia con voce piena di paura e dolore. La inu-yokai alzò la mano artigliata con un sogghigno, pronta a fare a fette quel viso paffuto striato di lacrime, contratto per i singhiozzi e la paura.
“Rin!”
Il nome le sfrecciò nella mente come se qualcuno l’avesse gridato dritto nelle sue sensibili orecchie. Un viso di bimba comparve come un fantasma nella sua memoria, per poi svanire. Vacillò, ringhiando. Cos’era quel nome?
“Rammenta Rin! Non ucciderle!”
Scrollando il capo per schiarirselo, guardò ancora la bambina. Questa continuava a piangere, ma ora la fissava con una punta di dubbio. Forse si chiedeva perché non l’avesse ancora uccisa. Se lo chiedeva lei stessa! Fece di nuovo per dilaniarla e stavolta parole umane eruttarono dalla sua bocca, contro la sua volontà.
«Non ucciderle!» scandì chiaramente, con voce bella e musicale che contrastò con il suo aspetto selvaggio e pose fine per lo stupore al pianto della bambina. Guardò ancora il volto sorpreso e lacrimoso della bambina. Una sensazione di disagio le si agitava dentro. Che diavolo era?! Non aveva sentito niente del genere uccidendo animali e demoni! Dentro di lei qualcosa si ribellava al pensiero di uccidere esseri umani. Ringhiò, furiosa. Dietro di lei, la donna uscì dall’acqua, barcollando verso di loro.
«Yuka! La mia Yuka!» balbettava, pallida e fradicia.
Anna impiegò tutta la sua volontà per superare il divieto che la sua mente le aveva trasmesso, ma invano. Il corpo si rifiutava di agire. Non potendo uccidere quelle due creature, vergognandosi della propria debolezza, si voltò e fuggì nella foresta.

***

La mattina dopo il ritorno di Sesshomaru, il gruppo partì alla ricerca di Anna. Myoga e Totosai tornarono all’antro del fabbro, avendo dato, a loro parere, una mano più che consistente nel risolvere la situazione. In realtà, ben sapendo che al lieto fine sarebbe preceduto uno scontro violento, entrambi si erano defilati con una certa classe.
Sesshomaru fremeva d’impazienza, ma ormai era stato deciso che il gruppo di Inuyasha avrebbe lavorato insieme a lui. Da due giorni la pioggia aveva cancellato ogni traccia di Anna e affidarsi al solo odorato non era consigliabile. Inuyasha e gli altri erano esperti nel ricercare informazioni, grazie al tempo che avevano trascorso all’inseguimento di Naraku. Sesshomaru avrebbe ignorato gli esseri umani, che spesso invece erano ottime fonti d’informazione. Il Principe dei Demoni si assoggettò di malavoglia e con rigidità al compromesso di viaggiare più lentamente a favore di una ricerca più accurata.
«In che direzione si sarà allontanata?» chiese subito Kagome, ponendo la domanda essenziale.
«Beh…non in direzione delle porte, né in quella segnalata dai buchi che ha scavato nei muri.- riassunse Inuyasha, che aveva setacciato quella zona per tutto il tempo in cui aveva piovuto- E da quella direzione è arrivato Sesshomaru, quindi abbiamo un’altra prova che una volta fuggita non ha seguito un cammino lineare.»
«Ottima idea se pensava di sviarci.» sospirò Miroku, facendo tintinnare lo shakujo.
«Ne consegue che può essersi allontanata o verso nord o verso sud.- disse Sango, pensierosa- Sempre che non abbia preso direzioni caotiche per depistarci…»
«Verso sud.» disse Sesshomaru, freddandoli.
«Come?» chiese Kagome, perplessa.
«Ho detto che è andata verso sud. E’ ovvio.- ripeté il gelido demone, voltando loro le spalle- Avanti, muovetevi.»
«Aspetta un momento! Chi ti dice che sia andata a sud? Come puoi dire che è ovvio?!» sbottò Inuyasha. Sesshomaru gli lanciò un’occhiata fulminante, senza fermarsi. Continuò a camminare, senza curarsi che gli altri lo seguissero o meno. Era stata una semplice intuizione a fargli scegliere quella direzione. Un’eco profonda, qualcosa che non poteva stare a spiegare a quegli idioti e che comunque non avrebbe saputo tradurre in parole. Tra il nord e il sud, Anna avrebbe scelto quest’ultimo. Quella direzione gli riportava alla mente l’unico viaggio che Anna aveva compiuto da sola, verso la dimora di una dea della memoria che potesse restituirgli i suoi ricordi…un viaggio che si era rivelato un fiasco. Sapeva che Anna aveva attraversato quel territorio nella sua forma canina. Se l’istinto inu-yokai la guidava, avrebbe scelto quella terra per insediarvisi perchè non suscitava alcuna memoria importante alla parte umana di Anna. L’est, l’ovest e il nord erano indissolubilmente legati a lui, Sesshomaru. Il sud era una terra che non avevano mai ‘condiviso’. Inconsciamente, Anna si sarebbe allontanata da lui quanto più possibile. Questo gli diceva la logica, se seguiva il presupposto che il sangue inu-yokai avesse relegato nel dimenticatoio l’anima umana. Il pensiero gli fece più male di quanto intendesse sopportare e lo seppellì nell’inconscio, sfiorando con le dita la perla sull’anello Seishin. Presto le cose sarebbero tornate alla normalità.
Le proteste di Inuyasha e compagnia non lo scalfirono né gli strapparono una sillaba, e gli amici dovettero quindi rassegnarsi a seguirlo senza ottenere alcuna spiegazione, sperando solo che la direzione presa fosse quella giusta. Dopo una giornata e mezzo di viaggio, si trovarono di fronte alla prima prova del passaggio di Anna.
«Che mi venga un colpo…- mormorò Inuyasha, guardando la carcassa di orso poco distante e scrutando poi Sesshomaru- Ehi, mi vuoi dire come diavolo hai fatto a capire da che parte si era diretta?!»
Sesshomaru non rispose. Da quella mattina sentiva l’odore di Anna. Era debole e inquinato da un sentore ferino, ma esso testimoniava senza ombra di dubbio che la giovane donna era passata di lì. Ben presto avevano trovato una vecchia carcassa d’orso, di cui restava poco più che lo scheletro. L’animale poteva essere stato ucciso da chiunque, ma sia Sesshomaru che Inuyasha avevano subito avvertito i rimasugli del potere di Anna nell’aria.
«Ha ucciso lei quest’orso?» chiese Kagome, corrugando la fronte.
«Direi di sì.- sospirò Inuyasha- Beh, almeno sappiamo di essere sulla strada giusta. Non saranno passati più di due giorni da quando è stata qui.»
«Si è nutrita, sia di carne che di energia.- mormorò Sesshomaru, parlando tra sé- Sta cercando di recuperare le forze.»
«Credi che si sia allontanata di molto?» chiese Miroku, guardandosi intorno. Sesshomaru non rispose, guardandosi attorno con aria cupa.
«Ehi, Sesshomaru…non deciderà di trasformarsi, vero?» chiese Inuyasha, colto di sorpresa egli stesso da quell'idea. Non ci aveva pensato, prima.
«Lo farà, ma non adesso.- tagliò corto Sesshomaru, tornando a incamminarsi- Le ci vuole una forte dose d’energia per mantenere la forma canina.»
«O di rabbia…» borbottò Inuyasha, seccato da quell'atteggiamento indifferente. Kagome gli strinse il braccio, scuotendo il capo. Non era il caso di stuzzicare troppo Sesshomaru. Inuyasha scrollò le spalle, seccato. Sperava davvero di riuscire a trovare Anna prima che avesse abbastanza energia da trasformarsi, altrimenti le cose si sarebbero complicate, e molto. Solo Sesshomaru era in grado di combattere contro di lei in quelle condizioni, ma Inuyasha iniziava a sospettare che l’apparente calma del fratello nascondesse in realtà una ridda di pensieri agitati. Lo capiva da alcuni piccoli particolari: il fatto che parlasse spesso tra sé ad alta voce, che ogni tanto si voltasse come a cercare qualcuno che mancava, le ombre che ogni tanto gli oscuravano lo sguardo. Sesshomaru era preoccupato da morire. Peccato che questo accentuasse il suo rinomato atteggiamento glaciale che tanto gli dava sui nervi.
Costeggiarono un laghetto di piccole dimensioni e Inuyasha indicò in silenzio agli altri dei segni sulla riva, dove la terra bruna era scoperta e l’erba divelta. Anna doveva aver spiccato un balzo, smuovendo la terra umida che si era poi seccata in quella forma. Non c’era più dubbio che la ragazza avesse fatto tappa laggiù. Quando sbucarono dagli alberi, un’oretta dopo, si trovarono di fronte a un declivio erboso, che scendeva dolcemente verso un piccolo villaggio.
Sesshomaru riprese il cammino fra gli alberi, ma Miroku lo fermò.
«Aspetta, Sesshomaru.- disse- Anna è passata qui di recente. E’ probabile che qualcuno, al villaggio, possa averla vista.»
«Se qualcuno l’avesse vista, avremmo trovato il cadavere del malcapitato.» fu la secca replica di Sesshomaru. A tutti vennero i brividi. Anna non si sarebbe mai perdonata una cosa del genere, una volta tornata se stessa. «Costeggiamo il bosco.» ordinò loro Sesshomaru, riprendendo a camminare.
«E invece noi andiamo al villaggio a chiedere informazioni!- sbottò Inuyasha, che a suo parere aveva chinato il capo già abbastanza- Tu fai quello che ti pare.»
Si incamminò verso il villaggio di gran carriera, seguito dopo qualche titubanza dagli altri. Sesshomaru li guardò allontanarsi con una smorfia. Anna non si era avventurata nel villaggio. Ora che l’odore si faceva più forte, ricostruiva il passaggio di lei con sempre maggiore precisione. Ciò che non aveva detto agli altri era che sulla riva del lago aleggiava ancora l’odore del terrore umano…terrore probabilmente causato da Anna. Inuyasha doveva averlo avvertito a sua volta, se si era messo a comportarsi come un moccioso cocciuto. Trattenendo un sospiro d’impazienza, Sesshomaru cercò una postazione nascosta che gli consentisse di seguire lo svolgersi della conversazione al villaggio senza immischiarsi con i ningen.
Inuyasha, nel frattempo, aveva raggiunto il limitare del villaggio, camminando a passo marziale, scuro in volto. Detestava la testardaggine di Sesshomaru, senza avvedersi che ricalcava la propria. Nemmeno si accorse che gli abitanti del villaggio lo squadravano con diffidenza e un certo timore.
«Ehi! Tu, uomo!- apostrofò un contadino, che sobbalzò dallo spavento- Hai visto una donna con i capelli biondi, mezza nuda…»
«E’ uno yokai?» chiese l’uomo, arretrando di un passo.
«Sì, è uno yokai!» ansimò una donna, andando a nascondersi in casa.
«Ehi, non eludete la domanda!» sbottò Inuyasha, irritato.
«Scusatelo.- intervenne Miroku, parandosi davanti ad Inuyasha con aria ascetica- Non voleva spaventarvi. Siamo in viaggio per un alto scopo. Potreste rispondere alle nostre domande?»
«Inuyasha, lascia parlare Miroku.» suggerì Kagome, notando che le orecchie di Inuyasha erano schiacciate all’indietro sulla testa.
«Questo monaco della malora…la deve piantare di fare il santone a mie spese!» ringhiò Inuyasha, offeso, mentre Miroku blandiva gli abitanti con la sua voce suadente. Nonostante le sue proteste, i modi di Miroku ebbero come al solito un effetto positivo e presto un piccolo gruppo si assiepò attorno a loro per ascoltare le domande del monaco e del suo strano seguito.
«Ditemi, avete per caso visto una donna dai lunghi capelli del colore dell’oro negli ultimi due giorni?- chiese Miroku, gentile- Ha una fiamma tatuata sulla fronte…una fiamma nera.»
Qualcuno lanciò un’esclamazione soffocata e la folla si aprì su una donna giovane, che si era portata le mani alla bocca e aveva una bambina di circa cinque anni aggrappata al vestito.
«Signora, voi ne sapete qualcosa?» chiese Sango, notando il pallore sul viso di lei.
«E’…quello che cercate è un demone, non è vero?- balbettò la donna, stringendo una mano della bambina- Io e mia figlia siamo state attaccate da quel mostro, due giorni fa.»
I compagni avvertirono una fitta di pena nel sentire la donna chiamare Anna ‘mostro’. Purtroppo, non potevano darle torto.
«Volete spiegarci com’è andata?» chiese Miroku.
«Ci…ci ha assalite poco distante da qui. C’è un laghetto e la mia Yuka aveva sete.- raccontò in fretta la donna, rabbrividendo- Quella yokai è sbucata dal bosco, mi ha spinta nell’acqua e si è avventata sulla mia piccola.» Si abbassò sulle ginocchia per stringere meglio a sé la bambina, come impaurita che le sue parole potessero richiamare quel momento di orrore. «Credevo fosse finita per entrambe, invece la yokai si è fermata, ha esclamato qualcosa e poi è fuggita.»
Miroku e Inuyasha si scambiarono un’occhiata perplessa. Era strano che Anna non avesse fatto loro del male, visto che era in balia del sangue inu-yokai. Ancora più strano il fatto che avesse parlato! Da quando era diventata selvaggia, si era sempre espressa attraverso ringhi e ululati.
«Non ricordate cos’ha detto?» chiese Kagome. La donna scosse il capo.
«Beh, almeno sappiamo che finora non ha fatto vittime.» mormorò Sango, pensierosa.
«Comunque è strano. Molto strano.- ponderò Miroku- Questo non si accorda con la teoria che abbiamo…»
«Nella donna cattiva c’era una bella signora!» esclamò in quel momento la bambina, desiderosa d’attenzione, facendo voltare tutti verso di lei.
«Cosa?» chiese Inuyasha, corrugando la fronte.
«Yuka, cosa dici?» mormorò la madre, cercando di placare la figlia.
«No, signora, lasciatela parlare.- disse Kagome, abbassandosi poi verso la bambina con un sorriso- Cosa stavi dicendo, piccola Yuka?»
«Nella donna cattiva c’era una signora. Era bella e aveva gli occhi come il cielo. L’altra aveva gli occhi gialli e blu, ma brutti.- disse la bambina, con enfasi, concentrandosi per riuscire ad esprimersi- La signora bella non ha guardato male Yuka. Lei non scopriva tutti i denti ed era come una principessa! Ha detto di non fare male a Yuka. Poi, però, è tornata la donna cattiva, ma forse la principessa ha vinto perché è scappata nel bosco. Poi la mamma mi ha abbracciata e io ho pianto.»
Inuyasha guardò Miroku, incerto.
«Tu ci hai capito qualcosa?» chiese.
«E’ il racconto di una bambina. E’ normale che sia confuso.» lo sgridò Sango. Kagome rifletté sulle parole apparentemente prive di senso, poi impallidì.
«Ragazzi, Anna ha avuto la forza di impedirsi di uccidere la bambina!- disse, frenetica, gli occhi spalancati per lo stupore e la speranza- La bella signora dagli occhi di cielo! Se gli occhi le sono tornati normali, forse per un attimo Anna è tornata se stessa! Ha visto la bambina, e…»
«…avrà pensato a Rin.» mormorò Inuyasha, comprendendo dove Kagome volesse arrivare. Strinse i pugni. Anna contrastava ancora con tutte le sue forze il suo sangue impazzito, ma per quanto ancora ci sarebbe riuscita? E quanto le stava costando? Alzò lo sguardo su una macchia di sottobosco poco distante, dove sapeva era nascosto Sesshomaru.
Come avrebbe inciso questa rivelazione su di lui?
Più tardi, a notte inoltrata, Inuyasha si allontanò dal gruppo degli amici dormienti, andando a cercare Sesshomaru, che come sempre passava con loro il minor tempo possibile. Lo trovò in una radura poco distante, seduto su un ceppo. Uno spicchio di luna traeva riflessi argentei dai suoi capelli. Gli voltava le spalle e non diede mostra di averlo sentito avvicinarsi, anche se Inuyasha sapeva che il fratello era ben conscio della sua presenza. Fin dal pomeriggio, Sesshomaru non aveva più pronunciato parola. Trattenne un sospiro. In quel momento suo fratello gli faceva quasi pena.
«Ehi.- lo chiamò, piano, facendosi avanti- Non ti riposi?»
Sesshomaru non rispose. Inuyasha gli si portò a fianco, abbastanza vicino da vedere l’espressione del suo volto. Era gelido e marmoreo come al solito. Non si aspettava di trovarlo in lacrime, però…Corrugò la fronte.
«So che hai sentito ciò che è stato detto oggi.- disse, brusco- Che ne pensi?»
Per un po’ permase il silenzio, tanto che Inuyasha si chiese se non dovesse ripetere la domanda, poi Sesshomaru si decise a rispondere.
«Anna sta lottando contro la marea del suo sangue.- disse, laconico- E’ un bene. Questo impedirà la sua trasformazione ancora per qualche tempo.»
Inuyasha sbuffò.
«E basta? Questa è l’unica cosa che hai pensato?- disse, sarcastico- Non me la dai a bere.»
«Per ora la cosa più importante è che Anna non sia nel pieno delle forze.- lo sferzò la voce di Sesshomaru- Catturarla e trattenerla sarà più semplice. Non mi pare una cosa da sottovalutare con quel tono saccente, Inuyasha.»
«Certo che no.- borbottò Inuyasha- E’ solo che credevo che…beh…che quello che hai sentito oggi ti avesse fatto soffrire.»
«Ti preoccupi per tuo fratello, Inuyasha?» chiese Sesshomaru, sollevando appena un sopracciglio. Inuyasha gli rifilò una parola volgare e si sedette sull’erba a braccia conserte, offeso. Per un po’, nessun suono turbò il silenzio della notte.
Inuyasha, sbollita la rabbia, rifletté sulle parole del fratello. A quanto pareva, la più grande preoccupazione di Sesshomaru al momento era che il combattimento contro Anna si risolvesse alla svelta e nel modo più semplice possibile. Probabilmente questo stava a significare che Sesshomaru aveva una gran paura di farle del male. Un dubbio gli si affacciò alla mente.
«Ce la farai a combattere contro di lei?» chiese dopo un po’, a bassa voce. Sesshomaru lo guardò come se avesse davanti un povero demente.
«Questa è una domanda stupida perfino per te.- lo censurò- Io sono il Grande Sesshomaru. Anna non potrà ferirmi, né assorbire tutta la mia energia. E’ eccessiva per il suo corpo.»
«Però hai paura di essere tu a farle del male.» insistette Inuyasha.
«Io so dosare la mia forza.» ribatté Sesshomaru, secco, guardando altrove. Inuyasha scosse la testa. Sotto quelle sbruffonate, secondo lui si celava una paura bella e buona. Sesshomaru era sì in grado di contenere la propria forza, ma era anche vero che le vicende passate gli avevano instillato un profondo orrore al solo pensiero di fare del male ad Anna. Sarebbe riuscito davvero a comportarsi come al solito al momento di doverla catturare?
«Beh, se non ti riesce, fai un fischio e ti darò una mano.» disse, alzandosi di nuovo in piedi e facendogli un brevissimo cenno di saluto.
«Tocca Anna e ti uccido, Inuyasha. Non scherzo.»
Le parole di Sesshomaru furono dette con tale gelido furore che un brivido attraversò la schiena di Inuyasha.
«Guarda che non ho nessuna intenzione di ferirla o che so io, idiota!- ringhiò Inuyasha, offeso- Vai un po’ al diavolo! Non ti dirò più niente!»
Se ne andò rumorosamente, lasciando solo Sesshomaru. L’inu-yokai alzò lo sguardo alla luna crescente, poi lo riabbassò sull’anello che portava al dito. Anna non si era arresa. Combatteva ancora, in attesa che lui la salvasse, e Sesshomaru non le sarebbe venuto meno.
«Sto arrivando, Anna.- mormorò- Resisti.»
Non volle pensare al fatto che Inuyasha avesse messo in luce l’unico punto debole che metteva in crisi la sua sicurezza.

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Capitolo 9
*** 9 - Il grande cane dorato ***


Author's note: Privata di metà delle serate disponibili causa teatro, sto diventando matta. Abbiate pietà di questa povera scrittrice sadica... ;)

Non riusciva a capacitarsi di quanto accaduto. Non poteva credere di non essere riuscita a fare una cosa tanto ovvia e semplice! Uccidere un inerme essere umano, una bambina indifesa, totalmente alla sua mercé! Era lì, nel pieno del suo potere, senza impedimenti di sorta. Carne tenera, sangue giovane, energia pura alla sua portata…Eppure non era riuscita nemmeno a sfiorarla. Qualcosa dentro di lei si era ribellato, qualcosa le aveva per qualche attimo tolto il controllo del corpo, esercitando su di lei una volontà estranea che le aveva riempito la mente di api ronzanti e le aveva fatto ribaltare lo stomaco.
Una voce era uscita dalle sue labbra. «Non ucciderla!» le aveva ordinato, e per un motivo o per l’altro era stata costretta a ubbidire. Era fuggita come un cane messo in fuga dal bastone del padrone! Il corpo le doleva, come trafitto da mille lame, come se volesse spaccarsi in due. Due pensieri diversi, due differenti necessità avevano per qualche ora lottato dentro di lei, dilaniandola, facendola ululare dal dolore mentre cercava di non scivolare nella totale follia. Chi si nascondeva al di là del suo io cosciente?
Fortunatamente, dopo una lunga lotta era riuscita a ricacciare quella coscienza tanto estranea nel profondo. Nonostante ciò, ne provava paura. Desiderava uccidere un essere umano, uno qualunque, purché fungesse da prova che la sua vittoria sull’entità estranea era stata vera e definitiva! Purtroppo non ne aveva più incontrati e la sua folle corsa non l’aveva fatta incappare in nessun villaggio.
Sentiva l’ira montarle in corpo di minuto in minuto mentre correva per la foresta, dilaniando tutto ciò che incontrava, assorbendo energia da demoni e animali con furia bestiale, quasi a voler soffocare con essa i propri timori e il malessere generale che avvertiva. Come se questi problemi non fossero stati sufficienti, la stavano seguendo. Ormai ne era ben conscia.
Anna si fermò sul ciglio di un basso dislivello, che digradava in una vasta piana erbosa attraversata da una strada ben definita, evidentemente usata spesso dagli esseri umani. Poco lontano, scorreva un fiume. Sollevò le labbra sui denti, mentre un ringhio le rotolava in gola come una pietra che non andava né su né giù. La piana era rossa alla luce del tramonto. Il sole era una grossa vescica di sangue che le mise addosso una gran sete. Sollevò il viso al cielo, annusando l’aria.
I suoi carcerieri. Era certa che fossero loro. I loro odori erano ancora a una certa distanza e mischiati l’uno con l’altro, ma non poteva sbagliarsi. La gente che l’aveva incatenata a quella sedia tanto resistente era ora sulle sue tracce. Fece un verso di stizza, artigliando il terreno per la rabbia. C’era qualcun altro con loro, qualcuno di cui non riusciva a riconoscere l’odore, pur trovandolo stranamente familiare. Il pensiero le diede fastidio, poi sogghignò. Avrebbe ucciso ciascuno di loro, ma non doveva farsi sorprendere così, all’aperto. Se solo avesse potuto trasformarsi…ma l’energia che aveva in corpo era stata dissipata dalla sua rabbia bruciante e lei non osava tentare la trasformazione senza avere la certezza che quella dannata voce altera non sarebbe ricomparsa al momento meno opportuno.
Una vibrazione del terreno la riportò con i pensieri su ciò che la circondava. Gli occhi stretti in due fessure micidiali, Anna osservò la strada che si allungava di fronte a lei. Nella luce morente, si sollevava in lontananza un gran polverone. Un rumore ritmico scuoteva il terreno. Odori forti e animaleschi le aggredirono le narici, facendole dilatare. Cavalli. Molti cavalli. E altrettanti cavalieri.
Anna si alzò in piedi, scrutando l’orizzonte con aria famelica. Uno squadrone di cavalieri in armatura, con in mano lance e stendardi, le stava andando incontro. Uno dei gruppi militari tanto facili da incontrare in quell'epoca di guerre. Anna si leccò le labbra, inumidendole mentre la bocca le si inondava di saliva e un rossore dovuto all’eccitazione le compariva sugli zigomi.
Esseri umani. Un intero squadrone di esseri umani! Era il momento giusto per ottenere la prova del proprio equilibrio, della forza del proprio sangue yokai. Se fosse riuscita a sterminare quegli insetti, avrebbe potuto chiudere il fastidioso capitolo aperto con l’episodio al lago. Se l’azione fosse andata a buon fine, inoltre, avrebbe potuto trasformarsi…e tanti saluti a quegli idioti che le davano la caccia.
Il sorriso che le comparve sul volto avrebbe ghiacciato il sangue nelle vene di chiunque. In esso c’era una ferocia assassina portata ai suoi estremi e un totale disprezzo per le vittime designate. Senza più pensare al da farsi, Anna scattò in una corsa fulminea, correndo dritta verso la cavalleria. Sentì con piacere le esclamazioni di sorpresa e allarme al suo rapido avvicinarsi. Come la vedevano? Una freccia color dell’oro diretta verso di loro? Una sagoma confusa di cui non sapevano discernere i tratti? Ah, ma sapevano che era una yokai! Dovevano saperlo! Voleva che morissero nel terrore!
Qualcosa la frenò, negli ultimi metri, o almeno tentò di farlo. Una voce dal profondo gridò il proprio sdegno, il proprio orrore. Di nuovo, cercò di venire a galla, di prendere il controllo sulle funzioni corporee per frenare la sua corsa. C’era terrore puro in quella voce e la inu-yokai ne esultò. Si liberò da quella presa fastidiosa, zittì la voce, schiacciò l’entità fino a ridurla a un briciolo infinitesimale dentro di sé.
E poi attaccò.
Con un balzo, fu sugli uomini delle prime file. Cominciò il massacro. Colpiva con zanne e artigli, sottraeva energia dai corpi morenti, mentre il sangue di uomo e di cavallo la inondava. Affondò i denti nel collo di un uomo, disarcionandolo mentre lo riduceva a una mummia incartapecorita, poi si avventò sul successivo, strappandogli le budella con un’artigliata. Alcuni tentarono la fuga, ma non fecero molta strada. Ridusse a pezzi qualunque cosa le si parò davanti e così continuò fino all’esaurirsi delle vittime e al calare del silenzio. Bastarono pochi secondi per giungere a quel risultato, ma le furono graditi.
Si erse sulla strage che aveva compiuto, macchiata di sangue, guardando i corpi smembrati e contorti con aria quasi professionale, come valutando un lavoro ben fatto. Sentiva correre l’energia dalla testa ai piedi come un piacevole e caldo formicolio. Lanciò un lungo ululato di soddisfazione. Non si era mai sentita tanto viva e finalmente padrona del proprio corpo. Leccò distrattamente il sangue che aveva sulle dita, rivoltando un cadavere con il piede per vedere con che espressione era morto.
Fu allora che i suoi inseguitori sbucarono dal bosco, dietro di lei. Si voltò per guardarli, riconoscendo l’inu-yokai vestito di rosso, il monaco, la miko e la tajiya. La miko gridò, gli altri dissero qualcosa ma lei ne colse solo il tono orripilato e sgomento. Sorrise al pensiero di essere finalmente in grado di massacrarli.
Poi, dietro a loro giunse un inu-yokai dai capelli d’argento, con una stola rosata che gli fasciava una spalla. Quando incontrò lo sguardo di quelle iridi ambrate un senso di gelo le calò addosso. Il sorriso morì sulle labbra di Anna.

***

«Siamo vicini!» esclamò Inuyasha, lanciato in corsa con Kagome sulle spalle. Accanto a lui, Sango e Miroku galoppavano in groppa a Kirara, e Sesshomaru correva chiuso in un determinato mutismo.
«Senti il suo odore?» chiese Kagome, aggrappata alle sue spalle.
«Sì, è inconfondibile.- annuì Inuyasha- Non ci sono dubbi che sia lei.»
Lanciò un’occhiata di traverso al fratello maggiore, che non sembrava dare alcun peso alla loro presenza. Guardava solo dritto davanti a sé, concentrato sulla meta. Doveva essere stato il primo ad avvertire l’odore di Anna, ma non aveva condiviso la notizia con loro. Era solo un sintomo del suo normale caratteraccio, oppure Sesshomaru era così preoccupato da non riuscire a pensare ad altro? Un odore forte, metallico e sgradevole gli riempì le narici, inaridendogli la bocca. Trattenne il fiato.
«Sangue?» mormorò, attonito.
«Cosa?» chiese Sango, vedendolo parlare senza sentire le parole.
«Sangue! Sangue umano!- disse Inuyasha, più forte, poi imprecò- Sesshomaru!»
L’inu-yokai annuì, grave. Qualcuno, avanti rispetto a loro, stava facendo strage di esseri umani. E davanti a loro c’era solo Anna.
«Volete dire che Anna…sta uccidendo degli esseri umani?» chiese Kagome, attonita.
«Non è possibile!- si ribellò Sango- Con quella bambina…»
«Forse il sangue yokai si è ulteriormente rafforzato.» disse Miroku, cupo in volto.
«Dannazione!- esclamò Inuyasha- Kagome, tieniti forte!»
Accelerò la propria corsa, teso nella speranza di poter fermare Anna prima che accadesse l’inevitabile. Kirara si adeguò subito al suo passo e così fece Sesshomaru. Poi, un ululato si alzò nell’aria, congelando loro il sangue nelle vene. Sesshomaru quasi si fermò, colpito nel mezzo del petto da quel suono. Gli altri continuarono senza accorgersi della sua defezione. L’inu-yokai, bianco in volto, continuò a procedere camminando, preparando se stesso alla vista della donna che amava ridotta a un essere guidato solo dalla furia omicida. Gli altri furono fuori dalla boscaglia in pochi secondi. Frenarono bruscamente la loro corsa sul ciglio di un pendio che dava su una vallata erbosa. Il respiro si mozzò loro in gola di fronte allo spettacolo che la luce del tramonto offrì.
Una vasta area era coperta di cadaveri. Uomini in armatura e cavalli, stendardi stracciati, armi piegate da una forza superiore e mummie secche erano riversi sul terreno intriso di sangue, in un ampio raggio. Scura l’erba, scura la terra battuta della strada…e in mezzo a quello sfacelo, in piedi contro la luce rossa del sole, c’era Anna. La donna era ricoperta di sangue dalla testa ai piedi e sembrava fremere dall’energia che le scorreva nel corpo. Le lunghe gambe e le braccia erano nude, a causa dell’incuria verso l’indumento giallo che la ricopriva.
«Anna!» gridò Kagome, addolorata fin nel profondo nel vedere l’amica ridotta in un tale stato. Lei si girò verso di loro e tutti poterono vedere la fiamma nera sulla sua fronte e gli occhi demoniaci ardenti di sanguinaria soddisfazione.
«Dannazione…siamo arrivati tardi.» mormorò Inuyasha, attonito. Anna sorrise e fu così sgradevole che dovettero distogliere lo sguardo. Quel sorriso era un insulto all’anima stessa di Anna. Poi Sesshomaru uscì dalla boscaglia. Inuyasha si voltò verso il fratello, desideroso di avvertirlo…ma di cosa, poi? Che c’era da dire, quando la scena che avevano di fronte parlava per sé? Si aspettò di vederlo impallidire, o comunque di notare in lui una qualche reazione. Non vi fu niente. Sesshomaru pareva, se possibile, ancora più gelido del solito. Inuyasha corrugò la fronte. Possibile che una devastazione del genere non gli facesse il minimo effetto?
Miroku gli diede una gomitata nelle costole.
«Inuyasha, guarda!» mormorò, indicandogli Anna. Inuyasha si voltò, subito imitato dalle due ragazze. Il sorriso sul volto di Anna era scomparso. Era lei quella pallida, in tensione. I suoi occhi erano fissi su Sesshomaru, le pupille dorate dilatate. Sembrava trattenere il respiro.
«Lo…lo sta riconoscendo?» mormorò Kagome, speranzosa.
«Qualcosa in lei lo riconosce di certo.- disse Miroku, annuendo- Forse questo va a nostro vantaggio.»
Una sagoma bianca sfrecciò accanto a loro, troncando di netto le parole del monaco, avventandosi su Anna.
«Ehi! Sesshomaru!» gridò Inuyasha, attonito. Sesshomaru…stava attaccando?! L’inu-yokai si avventò su Anna, che saltò subito all’indietro, atterrando sulle quattro zampe. Sesshomaru non aveva tentato un attacco. Si era solo avvicinato quanto più possibile. I due rimasero immobili, fissandosi. Sul volto di Sesshomaru c’era una spaventosa espressione vuota. Su quello di Anna una vena di paura. Lei ansimava, come se evitarlo l’avesse messa a dura prova.
«Ehi, idiota! Non attaccarla a casaccio!» sbraitò Inuyasha, correndo con gli altri giù dal pendio. Sesshomaru non rispose, né attese che arrivassero. Era ben deciso a sfruttare quel momento di smarrimento in Anna. Doveva sfiancarla, se voleva avere il tempo di appoggiare l’anello Seishin sulla sua fronte. Attaccò, chiudendo il pugno e preparandosi a colpirla. Anna saltò via di nuovo, ringhiando, spaventata e furiosa. Evidentemente avvertiva la potenza dell’inu-yokai che la stava attaccando e la cosa la metteva a disagio. Lei tentò un paio di artigliate, che andarono a vuoto. Sesshomaru si disimpegnò senza difficoltà. Per quanto Anna fosse forte, era sempre inferiore a lui per abilità e velocità.
Le saltò alle spalle, cogliendola di sorpresa, e si preparò a colpirla alla schiena. Il pugno le avrebbe fatto perdere equilibrio e fiato. Mentre stava per colpirla, un’immagine gli serrò la mente. La propria mano che affondava nel ventre di lei, che trapassava carne e organi interni, iniettandole il suo veleno micidiale. Il sangue di lei sulle dita…
Lo avvolse un tale brivido di disgusto che perse concentrazione e velocità d’azione. Anna fece in tempo a voltarsi e a colpirlo al viso, lasciandogli quattro tracce insanguinate sulla guancia. Dopo di ciò, Anna saltò oltre lui e si diede alla fuga.
«Sa che sono più forte di lei.» mormorò Sesshomaru, preparandosi a correrle dietro. I vecchi rimorsi l’avevano frenato per un istante, ma non l’avrebbe più permesso.
«Ehi!- gridò Inuyasha, raggiungendolo e afferrandolo per un braccio- Che diavolo fai, imbecille?! Stavamo appunto dicendo che forse Anna ti ha riconosciuto e tu rovini tutto prima ancora di…»
«Lasciami, Inuyasha!» disse Sesshomaru e gli occhi gli diventarono rossi per un istante. Inuyasha non demorse.
«Hai davvero intenzione di colpirla?!» chiese Inuyasha, attonito.
«Non c’è altra scelta.» disse Sesshomaru.
«Abbiamo i poteri spirituali di Kagome e Miroku.- disse Inuyasha, testardo, indicando gli amici- Loro…»
«Non la fermeranno finché ha in sé tutto quel potere.- disse Sesshomaru, liberandosi con un gesto deciso- L’unico che può farle perdere le forze sono io.»
«Ma non puoi farle del male!» protestò Kagome, accorata. Sesshomaru le lanciò una singola occhiata, ma per la ragazza fu sufficiente. Sesshomaru non le avrebbe fatto del male nemmeno se fosse stato in pericolo di vita, ma doveva scendere a patti con la necessità di fermarla.
«Vedete anche voi su cosa poggiamo i piedi.- disse Sesshomaru, e nella sua voce si avvertì una punta di amarezza- Cadaveri umani. E’ mio dovere fermare Anna. Lei lo vorrebbe.»
Scattò in corsa, lasciandoli indietro. Inuyasha fissò ancora per un attimo i cadaveri, stringendo le labbra, poi scrollò il capo.
«Seguiamolo.- disse, facendo di nuovo salire Kagome sulla sua schiena- Quando la battaglia fra loro sarà al suo massimo, potrebbero aver bisogno del nostro aiuto.»
I compagni corsero dietro a Sesshomaru, ma per quanto i due inu-yokai corressero forte non ci fu pericolo di perdere le loro tracce. Pochi istanti dopo, infatti, un enorme cane dorato apparve in lontananza. Alzò le zampe posteriori, colpendo poi il terreno in maniera da scuoterlo, facendo salire un ruggito che ne mise in mostra le zanne.
«Si è trasformata!» gridò Kagome, indicando avanti a loro.
«Maledizione! Non ci voleva. Ora…» disse Inuyasha, tra i denti. Prima ancora che finisse la frase, Sesshomaru si trasformò in un possente cane dal pelo argentato e le orecchie lunghe. La battaglia iniziò, aspra e senza esclusione di colpi. I compagni si fermarono, consci di essere momentaneamente fuori dai giochi.
«Alla fine è riuscita a trasformarsi.- mormorò Sango, impressionata da quel combattimento fra giganti- Significa che la sua parte umana è completamente svanita?»
«Quantomeno zittita in via definitiva, almeno finché Sesshomaru non usa l’anello.» disse Miroku, corrugando la fronte.
«Non potreste bloccarla con una barriera?» chiese Inuyasha, stringendo i pugni. Fremeva dalla voglia di trasformarsi a sua volta per dare una mano, ma questo desiderio si scontrava con la paura di compiere una metamorfosi del genere davanti a Kagome…e con la certezza che se avesse osato sfiorare Anna, Sesshomaru lo avrebbe fatto a pezzi.
«Sarebbe necessaria una barriera troppo potente, in questo momento. Rischiamo di farle del male.» disse Miroku, scuotendo la testa.
«E di coinvolgere Sesshomaru.» aggiunse Kagome, trattenendo poi un grido vedendo Anna avventarsi su Sesshomaru. Il cane d’argento ripiegò con noncuranza, conscio che non doveva farsi toccare da quello dorato. Il pericolo non era per lui, quanto per lei: assorbire una tale energia l'avrebbe fatta esplodere.
«In ogni caso, teme Sesshomaru.- osservò Sango, notando che l’attacco del cane dorato era sempre in leggero ritardo, quasi avesse dei continui ripensamenti- Pensate sia dovuto a…beh, a ricordi venuti a galla?»
«No, dev’essere puro istinto.- disse Inuyasha, con una smorfia- Sente che Sesshomaru è molto più potente di lei. Inoltre, ormai sappiamo che quei due si sono uniti con il sangue. Qualche eco di questa cosa le girerà pure in corpo.»
«Ah! L’ha presa!» esclamò Kagome, aggrappandosi al braccio di Inuyasha. Sesshomaru, con una potente zampata alla schiena, aveva atterrato Anna, che guaì, rotolando poi via dalla presa del cane d’argento. Non aveva alcuna ferita. Sesshomaru non aveva usato le sue unghie micidiali.
«Sesshomaru vincerà.- constatò Miroku- E’ troppo evidente la sua superiorità, perfino adesso che si sta contenendo.»
Persero il fiato quando Anna espulse improvvisamente una grande quantità di energia azzurra, scavando un cratere ai piedi di Sesshomaru, e si avventò poi contro di lui, le fauci aperte. Sesshomaru fu costretto a respingerla con un poderoso colpo al muso, che la fece rinculare, ringhiante. Inaspettatamente, Anna voltò le spalle a Sesshomaru e prese a fuggire in direzione dei compagni.
«Ma…sta scappando!» esclamò Kagome.
«Beh, non andrà lontano.» disse Inuyasha, sguainando Tessaiga.
«Inuyasha! Cosa fai?!» esclamarono in coro Kagome e Sango, attonite.
«Tranquille, non la colpirò.- le zittì Inuyasha, alzando la spada- Voglio solo fermarla.» Si concentrò, dosando la propria forza, poi gridò: «Kaze no Kizu!» abbassando di scatto la lama di Tessaiga. Un colpo abbastanza forte da sollevare un grande polverone e lasciare le sue cicatrici sul terreno si sprigionò dalla spada. Non fu vibrato con tale decisione da giungere fino ad Anna, ma ne arrestò il passo.
«Perfetto!» esultò Inuyasha, con un sogghigno, mentre il cane dorato si girava di scatto, sentendo arrivare alle proprie spalle quello d’argento. Tentando il tutto per tutto, Anna si scagliò nuovamente contro Sesshomaru. Lottò furiosamente, sempre più frustrata dall’apparente noncuranza del cane d’argento. Una zampata la respinse. Furibonda, balzò in avanti con tale rapidità da prendere Sesshomaru in contropiede. Lui avrebbe potuto ancora fermarla, ma questo avrebbe significato usare la violenza, passare dalla difesa all’attacco. La lasciò fare, conscio di non poter essere danneggiato più che tanto da lei. Gli altri inorridirono quando Anna affondò le zanne nella zampa destra di Sesshomaru.
«Inuyasha! Fai qualcosa!» esclamò Kagome.
«Maledizione! Non ci voleva!» disse Inuyasha, digrignando i denti. Di nuovo usò Tessaiga, stavolta vibrando un colpo più deciso. Il Kaze no Kizu non li avrebbe colpiti, ma Anna ne sarebbe stata disturbata e avrebbe lasciato andare Sesshomaru. Il colpo era appena partito, che Anna si separò da Sesshomaru di sua volontà, ritraendosi con un guaito che li lasciò scossi per la sofferenza che conteneva. Poi, il Kaze no Kizu arrivò tra i due, sollevando un gran polverone. Ci fu un’esplosione di luce azzurra, poi il silenzio.
Quando la polvere ricadde, solo il cane d’argento era ancora presente sul campo. Anna era scomparsa.
«Dov’è finita?!» sbottò Inuyasha, guardandosi attorno. L’unico nascondiglio possibile era la foresta, dietro di loro! Possibile che…il fiume?! In quel momento, Sesshomaru tornò umano. Dal braccio destro gocciolava sangue e la manica era strappata. Il demone diede subito corpo all’ipotesi di Inuyasha mettendosi a correre lungo l’argine.
«Presto, seguiamolo!» disse Inuyasha, traendo a sé Kagome e cominciando a correre dietro al fratello.
«Sesshomaru, stai bene?- chiese Kagome- Il tuo braccio…»
«E’ una sciocchezza.» tagliò corto Sesshomaru.
«Sesshomaru!- lo chiamò Miroku, dalla groppa di Kirara- Sesshomaru, dov’è Anna?»
«Ha approfittato della stupidità di Inuyasha, che le ha creato un perfetto diversivo,- disse lui, fulminando il fratello con uno sguardo- per tentare la fuga attraverso il fiume. Si è indebolita, e di molto. Basterà seguire la corrente e la troveremo.»
«Sento solo critiche nei confronti del mio intervento. Se l’ho fatto è stato per aiutarti, deficiente! Anna ti aveva morso, e…» rinfacciò Inuyasha, con una smorfia.
«Non ti è passato per quella mente bacata che avessi provocato apposta una cosa del genere?» chiese Sesshomaru, sprezzante.
«Cosa?! E perché?» chiese Sango, attonita.
«Perché sapevo che avrebbe riconosciuto il sapore del mio sangue.- mormorò Sesshomaru, con un lampo d’acciaio negli occhi- E infatti così è avvenuto. Per questo è fuggita.»
«Vuoi dire…che si è ricordata di te?» chiese Kagome, stupita. Sesshomaru non rispose. Forse la sua sapienza si fermava lì.

***

Anna uscì dalla corrente del fiume più a valle, fradicia e stremata. Si aggrappò all’argine, ansimando, troppo stanca perfino per scrollarsi di dosso l’acqua gelida. L’oscurità era scesa, ormai. Sperava di aver fatto perdere le sue tracce. Arrancò fino ad avere dalla sua la copertura del bosco, poi si accasciò contro il tronco di un albero, cercando di frenare l’intenso malessere che la pervadeva. Era andato tutto storto. Tutto storto! E la colpa era solo di quell'inu-yokai dallo sguardo di ghiaccio…
Una fitta le attraversò la mente, facendola mugolare. Anna  strinse la testa tra le mani, rotolando sull’erba, sofferente nel corpo e nello spirito. Sapeva che avrebbe dovuto scappare da quel tipo fin da quando l’aveva visto sbucare dalla foresta! Invece aveva visto svanire ogni speranza di fuga ed era stata costretta a combattere. Dopotutto, si era detta, sono nel pieno delle mie forze. Che paura posso avere? E poi, la irritava venire cacciata. Non voleva essere la preda di nessuno.
Si era trasformata, cercando di mostrarsi più forte del demone bianco, ma lui aveva fatto lo stesso ed era molto più imponente e potente…e veloce…e forte. Non le aveva mostrato tutta la sua forza. Sapeva di essere stata trattata con i guanti e questo l’aveva fatta infuriare finché non aveva più capito niente. Si era lasciata trasportare dalla furia come una marea.
Poi, quegli strani colpi che avevano fatto tremare la sua youki. Li aveva vibrati l’altro inu-yokai, quello dal vestito rosso. Aveva perso molte energie, si sentiva stanca. Inoltre, iniziava ad avere paura, una sensazione che non avrebbe mai creduto propria. Aveva tentato di nuovo la fuga, ma niente! Nessuno voleva concederle  tregua! Braccata su due fronti, Anna aveva attaccato. Si era stupita quando era riuscita a colpire il cane d’argento. Era stato troppo facile. Praticamente l’avversario non si era difeso. Avrebbe avuto tutto il tempo di dilaniarla, invece aveva lasciato che lei lo mordesse.
E poi, il suo sangue le aveva inondato la bocca…
Lanciò un grido rauco, stringendosi il petto e poi lo stomaco. Non riusciva a localizzare il dolore, ma le si propagava in tutto il corpo. Dentro di lei lottavano due forze contrastanti, due coscienze diverse, e su tutto si alzava alto il rombo del sangue nelle sue vene. Le martellava nella testa come un mantice in funzione. Uccidere gli esseri umani avrebbe dovuto risolvere tutti i suoi problemi, invece il sapore di quel sangue l’aveva rigettata nel caos. Conosceva quel sangue! Vi aveva trovato traccia del proprio e possedeva un’energia che era in risonanza con la sua! Ma perché, perché se lei non conosceva quel dannato demone dai capelli d’argento?!
La fuga era stata l’unica scelta possibile. L’alternativa era la pazzia, che in ogni caso attendeva dietro una fragile barriera di condurla a una prematura morte. Lanciò un guaito, sofferente. Lacrime che non sapeva di stare piangendo le rigavano il volto. Poi, una barriera di forza spirituale scese su di lei.
«Presa.- disse Miroku, con voce stanca- E’ molto provata. Il combattimento deve averla prosciugata.»
Il gruppo si avvicinò ad Anna, che rimase sdraiata, appallottolata su se stessa, tenendosi la testa con le mani.
«La fuga è stata breve.- sospirò Sango, soddisfatta- Per fortuna non era andata lontano.»
Sesshomaru si parò davanti ad Anna, fissandola. Gli occhi demoniaci di lei si alzarono sul suo viso, ma a quella vista guaì di nuovo e cercò pateticamente di allontanarsi, senza riuscirci. La barriera spirituale la inchiodava al suolo.
«Rimuovi la barriera.» ordinò Sesshomaru, gelido, togliendosi dal dito l’anello Seishin.
«Sei sicuro? Potrebbe avere ancora qualche reazione.» lo avvertì Miroku. Bastò un’occhiata, al demone, per rendere manifesto che il suo era stato un ordine. «Va bene.» mormorò il monaco. Rimosse i fuda che aveva lanciato attorno ad Anna e la barriera si dissolse. In preda a un tremendo conflitto interiore, Anna non si mosse. Sesshomaru si abbassò su un ginocchio, mentre tutti trattenevano il fiato.
«Custodirò io il potere in eccesso. Torna com’eri, Anna. Torna da me.» mormorò Sesshomaru, troppo piano perché gli altri potessero sentirlo. Anna non si mosse, né reagì. Sesshomaru allungò la mano e toccò la fiamma sulla fronte di Anna con la perla di Seishin.

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Capitolo 10
*** 10 - Metamorfosi ***


Author's note: Ah, finalmente tutto si risolve...o no? O no?! Oh, no...

Sesshomaru avvicinò la perla dell'anello Seishin al tatuaggio della fiamma sulla fronte di Anna.
Tutti trattennero il fiato. Quella era la soluzione mostrata loro da Totosai e Myoga, il rimedio approntato tanti mesi prima dalla lungimiranza del padre di Inuyasha e Sesshomaru e dalle mani laboriose dell’artigiano Kun Yan. Come il potere dell’anello prevedeva, esso avrebbe assorbito il potere in eccesso di Anna, riportandola alla sua natura normale. Sesshomaru sarebbe stato il custode di quel potere in più, così che Anna non sarebbe più stata costretta a vivere un’avventura del genere.
La perla, iridescente perfino alla fioca luce della luna, toccò la fronte madida di Anna. Un’esplosione di luce azzurra li accecò e li respinse, facendoli gridare per la sorpresa. Inuyasha afferrò Kagome prima che volasse via, puntando i piedi a terra per resistere alla pressione, mentre accanto a loro Sango e Miroku si proteggevano dietro Hiraikotsu. Un attimo dopo, la luce si spense bruscamente, lasciandoli con una visione notturna compromessa dalle macchie gialle e viola che si erano impresse sulla loro retina.
«Sesshomaru, ha funzionato?» chiese Inuyasha, stropicciandosi gli occhi. Sesshomaru non rispose. Guardava Anna con aria corrucciata, come se stesse riflettendo su qualcosa. La giovane donna era riversa a terra, incosciente. Allungò una mano verso di lei, ma il movimento si fermò a mezz’aria. Le sue dita vibrarono, improvvisamente incerte.
«Guarda la sua fronte.- consigliò Miroku, avvicinandosi- Se la fiamma è tornata azzurra…»
«Guardate! La perla di Seishin è diventata blu!» disse Kagome, stupita. L’anello al dito di Sesshomaru emanava una luce blu che diventava sempre più fioca e che aveva colorato la pietra iridescente, testimoniando l’avvenuto passaggio del potere.
«Allora ha funzionato.» sospirò Sango, sollevata. Si inginocchiarono tutti attorno ad Anna, non osando toccarla prima di Sesshomaru per non incorrere nella sua ira. L’inu-yokai, però, continuava a guardarla senza muovere un dito.
«Allora, ti vuoi accertare se sta bene o no?!» sbottò infine Inuyasha, acido.
«Non senti niente di strano?» chiese Sesshomaru, a fior di labbra, senza lasciare Anna con lo sguardo. Inuyasha ristette, perplesso. Annusò l’aria.
«E’ sparito il suo odore canino.- disse alla fine, sbuffando- E’ un segno che ci sei riuscito, no? Avanti, guardiamo come sta fisicamente. Moralmente starà malissimo non appena saprà cos’ha combinato.»
«Magari non lo ricorda, Inuyasha. Anzi, spero proprio che non abbia memoria di questa brutta avventura.- disse Kagome, preoccupata- Non raccontiamole ogni dettaglio, se non ne fa cenno lei stessa. Evitiamole almeno questo.»
«Non vi sembra…che i suoi capelli siano troppo scuri?» disse in quel momento Sango. Questo li zittì, proprio mentre Sesshomaru stava finalmente voltando il corpo dormiente di Anna, in maniera da farla riposare con la schiena sulle sue gambe. In effetti, i capelli di Anna sembravano scuri. Di norma brillavano anche alla luce della luna, dando un’idea ben chiara del loro colore dorato.
«Vuoi vedere che lo shock…» mormorò Inuyasha, corrugando la fronte.
Sesshomaru tolse con mano insolitamente gentile i capelli dal viso di Anna. Il volto che si mostrò loro non aveva i tratti affinati e decisi degli yokai, ma quelli dolci e morbidi di una giovane donna…umana. Inuyasha si batté un pugno sul palmo, mentre gli altri si lasciavano andare ad esclamazioni di sorpresa.
«Ecco, lo sapevo!» esclamò.
«L’anello…le ha tolto così tanto potere da costringerla a prendere forma umana?» mormorò Sango.
«Forse è un bene.- disse Kagome- Così si riprenderà a poco a poco…»
Sesshomaru continuò a rimanere in silenzio. Nel buio, sembrava insolitamente pallido. Miroku allungò un braccio per fare cenno agli altri di tacere.
«Non sento…- disse con voce rauca, poi deglutì e continuò- Non sento la sua aura demoniaca.»
«Beh, è normale. L’ha nascosta.» replicò Inuyasha. Miroku scosse la testa.
«Io sono un monaco. Riconosco un demone, anche quando è mascherato.» disse.
Solo allora Inuyasha riuscì ad avvertire il sottile cambiamento nell’odore di Anna. Guardò il fratello, sconvolto. Lui non si era ancora mosso.
«Cosa? Cosa c’è?» chiese Kagome, aggrappandosi al suo braccio nel vedere mutare improvvisamente la sua espressione.
«C’è qualcosa che non va?» chiese Sango.
«Anna…è tornata un essere umano.» balbettò Inuyasha, stravolto.
«Cosa?!» gridarono le due ragazze all’unisono.
«E’ un essere umano.» ripeté Miroku, fissando Anna con occhi spalancati.
«Ma…ma com’è possibile?!- disse subito Inuyasha, inalberandosi- Quei due imbecilli avevano detto che usando l’anello…»
«Avremmo potuto liberarla del potere in eccesso.- intervenne Sesshomaru, con voce gelida e distante- E l’anello l’ha fatto. Evidentemente…» Fece una breve pausa. «Evidentemente, il corpo di Anna non reggeva più il potere yokai. Se ne è liberato.»
«Volete dire…che Anna è un vero e proprio essere umano?- chiese Kagome, senza fiato- Come me, Miroku e Sango?»
Sesshomaru annuì. Il silenzio calò sui presenti, mentre tutti fissavano quel volto dormiente, che aveva riacquistato la sua naturale espressione gentile e calma, ma che aveva perso le forme affilate e il tatuaggio della fiamma della vita sulla fronte.
«E adesso?» mormorò Kagome tra le labbra insensibili. Sesshomaru non dava segno di una qualsiasi emozione, ma doveva essere sconvolto. La sua consorte era diventata un normale essere umano. Un debole, mortale essere umano. D’improvviso Kagome sentì ghiacciarsi il sangue nelle vene. Sesshomaru sarebbe rimasto accanto a un normale essere umano? Anche se quell'essere umano era sempre Anna? In quell'anno era cambiato abbastanza da poter accettare una cosa del genere? Si aggrappò più forte al braccio di Inuyasha, preda di un’improvvisa paura per l’amica.
«Cominciamo con l’andarcene da qui.- disse Sesshomaru, alzandosi con Anna tra le braccia- Tornati a casa, vedremo il da farsi.»
«Cosa intendi per ‘il da farsi’?» chiese Inuyasha, tra labbra improvvisamente insensibili. Sesshomaru non rispose. Gli altri si alzarono a loro volta, straniti. Inuyasha strinse forte la mano di Kagome. Fino a qualche minuto prima, pensava che quella notte avrebbe visto la fine dei loro guai…ma forse erano appena cominciati.

***

Anna dormì tutto il giorno successivo, rivelando una spossatezza profonda dovuta alla condotta eccessiva che aveva avuto negli ultimi giorni. Il combattimento, poi, doveva averle dato il colpo di grazia. Nessuno disse una parola per tutta la giornata. Sesshomaru continuò a portare Anna tra le braccia e gli altri fissavano alternativamente la sua schiena e la cascata di capelli castano dorato che fluttuava oltre l’incavo del suo gomito.
Anna…un normale essere umano. C’era di che avere i brividi, a pensare al momento del suo risveglio.
Questo avvenne quella sera sul tardi, mentre consumavano una sparuta cena alla luce di un fuoco. Erano un po’ discosti da Sesshomaru e Anna, l’uno seduto con la schiena contro un tronco, gli occhi d’ambra fissi sulla sagoma dormiente, l’altra sdraiata a terra, immobile. Improvvisamente, un lieve gemito ruppe il silenzio teso, facendo voltare tutti verso Anna. La giovane donna mosse appena le dita delle mani, emise un altro gemito, poi aprì le palpebre con uno sforzo evidente. La prima cosa che vide fu Sesshomaru.
«Ah…ciao.- mormorò, con un pallido sorriso- Sei tornato?»
Sesshomaru strinse le labbra nel sentire la sua voce, così normale e pacata se confrontata con tutto il resto della situazione. Anna non si era resa conto di dove si trovasse. Forse pensava di essersi svegliata a Palazzo, dopo un lungo sonno…di aver avuto la gradita sorpresa di essere svegliata da lui. Gli altri si alzarono per raggiungerla. In quel momento, Anna impallidì. I suoi occhi si ingrandirono a dismisura, mentre una smorfia di orrore le distorceva i lineamenti.
«Io…io…» balbettò lei, alzandosi a sedere a fatica.
«Anna, stai calma. Va tutto bene.» cercò di placarla Kagome, prendendole una mano fra le sue. Anna la strappò dalla sua stretta e se la premette forte sulla bocca. Era evidente che i ricordi degli ultimi giorni non erano stati cancellati insieme al potere yokai.
«Che cos’ho fatto?- mormorò, sconvolta- Che cos’ho fatto?!»
«Non eri in te, Anna. Non darti colpe che non hai.» disse Miroku.
«Che non ho?- ansimò Anna, cercando con tutta evidenza di mantenersi calma- Non ho potuto fermarmi!»
«Appunto, non è colpa tua!- la rimproverò Sango- Anna, tutti noi sappiamo bene che in condizioni normali non avresti mai fatto nulla del genere. Non eri tu a guidare il tuo corpo e lo sai.»
«Inuyasha, dille qualcosa anche tu.» disse Kagome, voltandosi verso di lui. Il giovane rimase in silenzio. Attendeva il momento peggiore. Anna non si era ancora resa conto di tutto ciò che le era capitato. Anna si voltò verso Sesshomaru, come cercando conforto in lui.
«Tu…quando sei tornato?» chiese, con voce alterata dal pianto trattenuto.
«Il giorno dopo la tua fuga.» disse Sesshomaru, con voce fredda. Kagome gli lanciò un’occhiata fulminante. Perché era così freddo? Perché non la consolava, non la prendeva tra le braccia? Non vedeva che Anna stava soffrendo? Ci pensò Anna ad annullare la distanza che la separava da lui. Gli prese la mano su cui spiccava l’anello Seishin.
«Ho sentito…ho capito che mi stavi aiutando.- mormorò Anna, sfiorando l’anello e guardando poi Sesshomaru con tale amore che a tutti si strinse lo stomaco per l’angoscia- Grazie, Sesshomaru. Grazie di essere tornato.»
Lo abbracciò stretto, dando loro la schiena. Le braccia di Sesshomaru si serrarono attorno a lei, ma il viso del demone rimase impassibile, remoto. Inuyasha non lo giudicò affatto un buon segno. Era evidente che anche Sesshomaru era sconvolto e non sapeva a cosa questo potesse portare. Improvvisamente, Anna rabbrividì.
«Ho freddo.- mormorò, il viso affondato nella coda morbida di Sesshomaru- Devo essere ancora debole se ho tutto questo freddo.»
Gli altri non proferirono parola. Anna stava cercando di parlare di cose frivole per non affrontare subito i sensi di colpa derivati dall’uccisione dei soldati. Quello che non sapeva era che si stava cacciando in un pantano ancora più profondo. Era naturale che Anna avesse freddo. L’aria di primavera non era calda e lei era vestita solo dei corti resti di una veste gialla. Se fosse stata ancora una yokai non avrebbe avvertito niente di tutto ciò. Chi avrebbe avuto il coraggio di farglielo presente?
«E mi sento strana. Come…non so, raffreddata.- continuò lei, debolmente, slacciandosi dall’abbraccio e toccandosi il naso con aria pensierosa- Sento pochissimi odori. Sarà una conseguenza di…» Le parole le morirono in gola quando Sesshomaru prese tra le dita una ciocca dei suoi capelli e gliela mise davanti agli occhi. Anna impallidì. «I miei capelli…?- rantolò Anna, prendendoli dalla mano di Sesshomaru per osservarli, incredula- Che mi è successo? Ho…» Li guardò uno per uno, stranita. «Ho…ho assunto un aspetto umano?- chiese, con una nota di supplica nella voce, portandosi le mani al viso per toccarlo- Sono così debole che…»
«Sei tornata un essere umano. Totalmente.» tagliò corto Sesshomaru. I suoi occhi non l’avevano lasciata un momento. Le iridi grigio blu di Anna si fissarono nelle sue. Era così scioccata che le pupille guizzavano, a tratti ridotte a un punto minuscolo. Anna boccheggiò, incapace di fare uscire la voce dalla propria gola. Inuyasha masticò un’imprecazione verso la brutalità di Sesshomaru.
«Potevi anche arrivarci per gradi, deficiente!» ringhiò.
«E’ in grado di sopportare la verità.» disse Sesshomaru. Anna nemmeno guardò Inuyasha. Continuò a rivolgersi a Sesshomaru, come se fossero soli.
«Cos’è successo?» chiese. Tremava da capo a piedi ed era ovvio che si stava controllando a fatica. Kagome si sentì stringere il cuore per l’amica.
«Il tuo sangue yokai è impazzito e ha preso il sopravvento. Pare che l’equilibrio tra anima umana e corpo demoniaco non fosse possibile a lungo termine.- spiegò Sesshomaru, lapidario- Mio padre aveva previsto una simile eventualità. Il manufatto che ho acquisito in Cina è questo anello, Seishin, capace di assorbire il potere yokai.» Le mostrò il dorso della mano, su cui spiccava il serpente con la perla blu tra le fauci. «Mi è stato consigliato di usarlo per salvarti.- continuò, e una punta di amarezza fece capolino tra le sue parole- E ora sei salva. Ma senza potere. Sei un essere umano.»
Anna lo guardò senza parlare. C’erano mille domande che si agitavano dentro di lei, ma era evidente che le stava trattenendo. Il suo sguardo era così bruciante che per un attimo Sesshomaru ebbe la tentazione di abbassare gli occhi. Strinse le labbra, contrariato. Perché questo? Perché si sentiva colpevole nei confronti di lei? L’aveva soltanto salvata…
«Anna, non demoralizzarti.- disse Kagome- Dev’esserci una soluzione.»
«E quale che sia il modo in cui sei stata salvata, l’importante è che la tua vita e la tua sanità mentale siano state preservate.» le ricordò Miroku.
«Anna, usare quell'anello era l’unico modo per…» iniziò Sango. Un lampo folle passò negli occhi di Anna, che si avventò sulla mano di Sesshomaru.
«Dammi l'anello!- esclamò, sfilandoglielo dal dito in un gesto veloce- Forse…»
Lo infilò con decisione al proprio anulare e gli altri trattennero il respiro. Ma certo! Forse indossando l’anello il potere si sarebbe di nuovo riversato nel corpo da cui era stato estratto! Ma nulla accadde. Per qualche minuto tutti rimasero ad osservare l’anello, in attesa che facesse il miracolo. Fu presto chiaro che il risultato era un nulla di fatto. Con estrema calma, Anna si sfilò l’anello e lo riconsegnò a Sesshomaru. Poi, si schiacciò entrambe le mani sulla bocca e vi gridò dentro, un grido rauco e dolorante che finì con tremendi singhiozzi. Anna si accasciò su se stessa, i capelli a coprirle il viso solcato di lacrime, mentre il corpo era scosso dai singulti del pianto come da un terremoto.
«Perché?!- gridò- Non è giusto!»
Sesshomaru e Inuyasha rimasero pietrificati da quello sfogo così violento. Anna non si era mai lasciata andare in quella maniera. Kagome, Sango e Miroku, invece, si avvicinarono a lei e cercarono di placarla con carezze e parole gentili. Lei continuò a piangere, desolata.
Sesshomaru era preda di sensazioni contrastanti. Desiderava consolare Anna, ma al contempo si sentiva a sua volta ferito, defraudato…una metà di lui aveva soltanto voglia di voltare le spalle a quella scena patetica e andarsene. Disgustato verso i propri pensieri, verso quella palese debolezza mascherata da atto di forza, tentò di sfiorare Anna, allungando una mano, ma quando la toccò lei si ritrasse, scuotendo la testa, come avvertendo la titubanza in lui.
Anna aveva forse paura di essere improvvisamente oggetto di disprezzo per lui? Temeva di aver perso il suo amore? Desiderò essere solo con lei, scacciare quegli impiccioni per poterle parlare, per affrontare quel momento orribile insieme. Di nuovo, una parte di lui si ritenne soddisfatta che la responsabilità consolatoria potesse essere demandata a quegli inutili esseri umani. Voleva consolarla. Voleva voltarle le spalle. Era l’ennesima dura prova per il loro amore e Sesshomaru sentiva che qualcosa dentro di lui stava andando in pezzi.
L’inu-yokai non tentò più di avvicinarla e Inuyasha si accorse con orrore che qualcosa, tra quei due, si stava sfilacciando. La distanza che separava Sesshomaru da Anna, in quel momento, era dannatamente ampia.

***

«Ora come stai?» chiese Kagome, facendo capolino nella stanza.
«Meglio. Molto meglio.- disse Anna, sorridendole- Entrate, non state lì sulla porta.»
Kagome aprì del tutto la porta scorrevole ed entrò, seguita dagli altri. Erano tornati al castello da poco e Anna era corsa in camera per cambiarsi. Aveva sofferto non poco il freddo in quegli ultimi due giorni di viaggio e adesso aveva il naso un po’ rosso, e di quando in quando starnutiva. Si era infilata una veste azzurra e bianca con l’aiuto di Rika e Misao, che le avevano anche pettinato i capelli scarmigliati in due lunghe trecce arrotolate. Benché scioccate dalle nuove sembianze della padrona, le due si erano comportate con normalità. Erano state loro ad avvisare Kagome e gli altri che potevano recarsi da Anna.
«Davvero stai meglio?» chiese Sango. Aveva ancora impresso nella mente il pianto di Anna, nel momento in cui si era resa conto del proprio cambiamento.
«Sì, ora va meglio. Avevo accumulato un gran freddo.- disse lei, leggera- Per fortuna che il sole, durante il giorno, è piuttosto caldo…» Starnutì, con una mano davanti alla bocca, poi sbuffò.
«Sicura di non stare fingendo?» chiese Inuyasha, brusco. Anna lo guardò con occhi limpidi.
«Dovresti riuscire a sentire che non è così.- disse, tranquilla- Non sono più uno yokai. Non posso celare l’odore delle mie emozioni.»
Inuyasha ristette. In effetti, l’odore della disperazione non aleggiava più attorno ad Anna. Nonostante ciò, sentiva che qualcosa non andava e l’assenza di Sesshomaru non faceva altro che sottolinearlo. Benché avessero continuato il viaggio di ritorno camminando fianco a fianco, Inuyasha vedeva allargarsi una voragine tra i due.
«Dov’è l’idiota?» borbottò, sedendosi.
«Se parli di Sesshomaru, credo che sia nella sala del trono. Ti avevo detto che avevamo ricevuto visite dall’Est e credo stia leggendo i miei rapporti.- disse Anna, poi sospirò- Sentite, inutile aggirare l’argomento. Parliamone e capirete perché non sono così disperata.» Gli altri si scambiarono un’occhiata, incerti, poi si sedettero tutti per ascoltarla. Anna chinò leggermente il capo verso destra, come se stesse cercando le parole giuste per cominciare. «Ebbene, sono tornata un essere umano…e la cosa non mi piace affatto, non fingerò che sia così.- disse, seria- Però mi sembra presto per lasciarsi andare alla disperazione. L’anello Seishin non può restituirmi il potere che mi ha sottratto, ma forse c’è qualcos’altro che si può fare.»
«Hai qualche idea?» chiese Miroku, attento. Anche lui pensava che Anna non stesse fingendo indifferenza, però sentiva che qualche idea informe già si agitava dietro gli occhi blu della giovane donna. Se questo fosse un bene o un male, non avrebbe saputo dirlo. Anna scrollò le spalle.
«Ora come ora non ne ho la minima idea.- ammise, poi sorrise- Ma abbiamo la sapienza di Totosai e Myoga da poter consultare, no? E se andrà male, potrei sempre chiedere a Sesshomaru di fare un altro viaggio in Cina. Kun Yan potrebbe darci dei consigli.»
«Questo ha senso.» convenne Sango, riflettendo.
«Inoltre, anche se ho perso la natura yokai, ho ancora i miei poteri latenti.- li avvisò- Sono un normale essere umano, ma portata alla magia. Avverto il potere altrui e tendo ad attirarlo. In questa terra piena di demoni e dei, qualcosa che si adatti a me la troverò pure! Un manufatto, o un incantesimo…Potrei perfino tornare dalla Dea della Memoria a chiedere consiglio!»
«In effetti le conoscenze utili non mancano.» mormorò Miroku. Anna sorrise.
«Come vedete, il mio cervello funziona a meraviglia, il che è un buon passo avanti.» scherzò.
«Oh, Anna, sono così felice di vedere che non ti sei arresa!» disse Kagome, correndo ad abbracciare l’amica. Lei rise piano, stringendola a sua volta.
«Ho giurato che non mi sarei più arresa, Kagome.- le ricordò- Ormai, disgrazia più, disgrazia meno…» Il tono plateale e il modo in cui roteò gli occhi li fece ridere loro malgrado. Anna si batté una mano su una coscia. «Coraggio, andate a dormire.- consigliò loro- Domani ne parleremo con Sesshomaru e decideremo il da farsi. Posso contare sul vostro aiuto ancora per un po’, vero?»
«Ma certo, Anna.- disse Miroku, esibendosi in un perfetto baciamano- Sai che faremmo di tutto per…ahi!»
Un feroce pizzicotto di Sango evitò che la mano di Miroku venisse a contatto con altre parti di Anna. Lei rise.
«Sempre il solito Miroku…» disse, piano.
«E con Rin cosa facciamo?- chiese Kagome, avviandosi con gli altri verso la porta- E’ molto che non ha tue notizie. Sarà preoccupata.»
«Giusto.- disse Anna, corrugando la fronte- Beh, le scriverò una lettera. Le dirò che Sesshomaru è tornato, ma che staremo via insieme per un po’. Se poi la ricerca di una soluzione si protrarrà troppo a lungo, andrò a trovarla e le spiegherò gli ultimi avvenimenti con calma. Lei capirà.»
Gli altri approvarono, annuendo. Solo Inuyasha continuava ad avere un’espressione torva.
«Sesshomaru avrebbe anche potuto venire qui a parlare, come abbiamo fatto noi.» fu il suo acido commento, mentre Anna apriva loro la porta e li faceva passare. La giovane scrollò le spalle e un lampo di tristezza le solcò lo sguardo.
«Credo che lui l’abbia presa peggio di me, Inuyasha. Lasciamolo stare, per stanotte.» disse piano, con un sorriso tirato. Inuyasha fece per replicare, adirato, ma un pizzicotto datogli da Kagome lo fece desistere. Con uno sbuffo seccato, Inuyasha si allontanò con passo sostenuto lungo il corridoio. Anna augurò loro la buonanotte e tornò a chiudersi in camera.
Appoggiò la fronte alla porta, sospirando, mentre sentiva i passi allontanarsi. L’enormità di ciò che le era successo minacciò di nuovo di caderle addosso e Anna sorrise, amara. Non aveva finto con gli altri…non proprio. Non poteva dire di sentirsi disperata. Voleva davvero combattere per riavere ciò che aveva perso e finché si aggrappava a quel pensiero riusciva a non lasciarsi sopraffare dalla disperazione. D’altronde, sapeva bene ciò che doveva fare.
Si allontanò dalla porta, sciogliendosi le trecce in maniera che le cadessero sulle spalle, due corde opulente con qualche riflesso color oro. Si affacciò alla finestra, guardando il cielo stellato, e si appoggiò con un fianco al telaio di legno.
Aveva ricordi molto precisi della sua malattia. Non ne aveva parlato con gli altri, visto che si erano tutti concentrati sul suo mutamento in essere umano, ma quei ricordi la turbavano profondamente. Aveva attaccato Inuyasha e era stata battuta da lui. Era fuggita, non ritenendo saggio affrontare i suoi carcerieri tutti in una volta. Aveva cercato di uccidere una bambina, ma per fortuna non ci era riuscita. Si guardò le mani, cupa in volto. Ricordava molto bene, purtroppo, il momento in cui aveva perso il controllo e dilaniato i soldati e le loro cavalcature, facendo il bagno nel loro sangue. La parte umana di sé aveva ceduto. Troppo debole, in confronto al potente istinto yokai verso il sangue umano. Il rimorso per quel gesto atroce la rodeva. Non sapeva che legami aveva tranciato, a quante altre persone aveva fatto del male uccidendo quegli uomini. Erano soldati regolari, non mercenari o banditi. Di certo avevano famiglia. Bambini.
Strinse i pugni, accorgendosi subito che le unghie, per quanto modeste rispetto agli artigli, le segnavano i palmi. Era di nuovo debole, ora. Terribilmente esposta alle ferite e alla morte. Si passò una mano sul viso. Una spossatezza tremenda le gravava sulle spalle, ricordandole che doveva dormire. Dormire…era tornata ad essere una necessità.
Scrollò il capo per liberarlo da quei pensieri. Ciò a cui doveva pensare era soltanto come tornare una yokai. Difatti, era impensabile continuare a vivere accanto a Sesshomaru in quella forma. I suoi occhi vagarono verso le ampie finestre della sala del trono. Sesshomaru era lì, poteva scommetterci la poca forza che le era rimasta. Era lì da solo e rimuginava sull’accaduto. Anche se non sentiva più il suo odore, era ancora legata a lui. Sospirò e chiuse per un attimo gli occhi.
Si rendeva conto che Sesshomaru doveva essere sconvolto quanto lei, se non di più. Una trasformazione del genere non era nei suoi piani e adesso si ritrovava legato a un essere umano. Una donna debole e mortale. Una creatura da proteggere costantemente, che presto sarebbe invecchiata davanti ai suoi occhi. Anna strinse le labbra. Non voleva una cosa del genere. Avrebbero sofferto le pene dell’inferno portando avanti la loro relazione su quelle basi. Per essere felici insieme, dovevano essere entrambi forti e immortali.
«Inuken, signore, la tua soluzione è stata troppo radicale.» mormorò, guardando le stelle. L’anello Seishin aveva funzionato, ma in maniera eccessiva. Ora Sesshomaru aveva un nuovo potere da utilizzare, all’occorrenza…ma lei aveva perso tutto. Aveva pensato che infilare l’anello le avrebbe restituito il potere, ma non era stato così. Corrugò la fronte al pensiero che questa fosse un’ennesima prova ordita dal padre per rendere più profondi i sentimenti di Sesshomaru. Trattenne un’esclamazione soffocata, contrariata. Non si rendeva conto che questo avrebbe spezzato il loro legame, invece di rafforzarlo?! Lei stessa non gli avrebbe permesso di tenerla con sé a quelle condizioni!
Il suo sguardo si addolcì e divenne triste nell’abbassarsi di nuovo su quelle finestre. Doveva essere lei a fare qualcosa. Sesshomaru si era speso più che abbastanza per lei, negli ultimi giorni, e Anna già sentiva allentarsi i loro legami. Gli istinti yokai di Sesshomaru stavano creando una barriera di gelo a difesa di quel cuore risvegliatosi da troppo poco.
Anna si erse, assumendo un’espressione decisa. Agli amici aveva raccontato un sacco di frottole. Durante quell'anno, Anna aveva studiato quanto più possibile sulla propria natura, e per quanto il suo fosse un caso unico e non l’avesse quindi preparata alla crisi del sangue, quel poco che sapeva le dava la risposta che cercava. C’era un solo modo per tornare come prima: ripetere l’incantesimo di fusione.
Doveva trovare un demone capace di attuarlo. Un demone che avrebbe avvertito il suo potere latente e avrebbe cercato di prenderlo per sé. Era un’operazione che l’avrebbe portata a un passo dalla morte, ma Anna era sicura di poter sopravvivere all’incantesimo. L’aveva già fatto una volta. Allora, sarebbe tornata una yokai…forse a tempo determinato, ma era pronta a rifare l’esperienza mille volte, pur di avere la certezza di poter condividere l’eternità con Sesshomaru.
Chiuse la finestra con uno scatto. Non poteva coinvolgere Inuyasha e gli altri, perché le avrebbero impedito di rischiare la pelle a quel modo. Non poteva dirlo nemmeno a Sesshomaru. Avrebbe fatto tutto da sola. Avrebbe combattuto con le sue forze. Poi, una volta ottenuto il potere, sarebbe tornata a casa. Doveva uscire dal castello quella notte stessa e formulare un buon piano per far perdere le proprie tracce. Nessuno doveva seguirla.

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Capitolo 11
*** 11 - Darsi alla macchia ***


Author's note: Scusate il ritardo, Anna aveva bisogno di tempo per combinarne una delle sue...


Non si era mai sentito così male in tutta la sua vita.
Sesshomaru sedeva nella stanza del trono, ma non sul ricco seggio che testimoniava la sua potenza sui demoni, bensì per terra, ai suoi piedi. In quel momento si sentiva così poco Signore, perfino del proprio destino, da avere in odio quel dannato scranno. Era lì seduto fin da quando era rientrato a Palazzo. Sembrava avervi messo radici. Il suo corpo si muoveva a fatica. Stagnava, esattamente come il suo pensiero. Qualunque direzione esso prendesse, se ne ritraeva presto per evitare di guardare in faccia le cose, di prendere decisioni, di passare all’azione. Non si riconosceva più. Dov’era finito il Grande Sesshomaru? Dov’era finito colui che attaccava ancora prima di pensare, che prendeva, faceva, disfaceva senza nemmeno il disturbo di un battito di ciglia nel mezzo? Fece per portarsi le mani al viso, ma esse ricaddero prima di arrivarci. Era uno sforzo che al momento gli risultava eccessivo.
Aveva subito diversi dolori, nella sua esistenza. La morte della madre, quella del compagno di giochi umano…cose che gli avevano insegnato la mortalità e a circondare il proprio cuore di ghiaccio. Colui che è solo, non soffre a causa degli altri ma può solo biasimare se stesso. Una lezione di vita che aveva forgiato il suo carattere. Poi era morto suo padre, ma anche allora aveva reagito. Aveva alimentato il proprio odio verso Soichiro, verso i suoi nemici…e verso quel moccioso di suo fratello che, chiave di un enigma, gli nascondeva l’arma tanto desiderata per portare a termine la propria vendetta.
Tutti dolori considerevoli, eppure li aveva superati come si conveniva a un Signore dei Demoni. Li aveva seppelliti, se non dimenticati, e li aveva utilizzati per far crescere la propria forza interiore. E adesso, Anna…Quanti dolori l’avevano già colpito da quando Anna era entrata nella sua vita? Tanti. Troppi. Davvero troppi, tenendo anche conto che la presenza di lei aveva incrinato la sua perfetta armatura di ghiaccio e aveva reso vulnerabile il suo cuore.
Aveva sopportato di tutto. La morte di lei l’aveva gettato nella pazzia, certo, ma almeno quella era stata una reazione. Di fronte alla possibilità di perderla di nuovo, aveva agito per il meglio, salvandole la vita. Aveva messo in un angolo i propri rimorsi per ciò che le aveva fatto durante il periodo in cui era stato privato dei ricordi, rimorsi che se fossero stati lasciati liberi di prendere possesso di lui gli avrebbero impedito persino di sfiorarla. Ma lui era bravo a comportarsi da egoista. Non lo stava facendo anche adesso? Stavolta le sue mani raggiunsero il viso e vi si serrarono attorno, mentre Sesshomaru stringeva i denti. Adesso non ne poteva veramente più.
Sapeva che Anna stava soffrendo quanto lui. Eppure, non riusciva a fare altro che pensare al proprio dolore, alla proprio delusione, con un egoismo che Sesshomaru per la prima volta vedeva con chiarezza dentro di sé. Gli era stata tolta la Anna forte, auto sufficiente, potente…la Anna yokai che poteva vivergli accanto come un essere indipendente, una donna che lui poteva amare senza rischiare quasi nulla di sé, senza mettere in gioco più di tanto le convinzioni e i pregiudizi che si portava dietro da una vita.
Ma ora, Anna era diventata umana. Completamente umana. La razza che più disprezzava al mondo…Si sarebbe innamorato di lei se all’epoca Beko non avesse combinato quel pasticcio? Se l’avesse presa con sé così com’era, una semplice umana a far da balia a Rin, si sarebbe accorto di lei? L’avrebbe trovata interessante? Avrebbe ceduto ugualmente al sentimento? O non era forse stato il sapere che dopotutto il suo corpo era demoniaco e immortale a gettare le basi perché lui guardasse il suo cuore?
Queste domande erano terribili e sapevano di sporco e di falso, ma Sesshomaru non poteva fare a meno di porsele, soprattutto perché ora stava lì a rimuginare in solitudine invece di salire da lei e abbracciarla, consolarla per la perdita dei suoi poteri. Non poteva dirle di non preoccuparsi, in quel momento. Lui stesso era preoccupato. Sarebbe riuscito a vivere con una donna mortale? Una donna che sarebbe invecchiata sotto i suoi occhi? Una donna debole, che lui avrebbe dovuto sempre lasciare al sicuro nel castello, come suo padre con la madre di Inuyasha, con il costante pensiero che chiunque avrebbe potuto con facilità porre fine alla sua vita? Il suo amore avrebbe resistito a tutto questo?
Non lo sapeva. Dannazione, non lo sapeva! In quel momento non era in grado di pensare con lucidità.
Nemmeno si voltò quando sentì aprirsi la porta della sala del trono. L’odore era quello di Inuyasha, l’unico con abbastanza faccia tosta da contravvenire al suo perentorio ordine di non disturbarlo.
«Ehi, sei ancora qui?» chiese Inuyasha. Sesshomaru non rispose e nemmeno si voltò. «Sesshomaru, vai da Anna.- continuò Inuyasha, imperterrito- Fa la forte, ma è di umor nero anche lei. Potresti fare la fatica di cercare di consolarla un po’, no?»
«Vattene, Inuyasha.» disse Sesshomaru, gelido. Inuyasha fece una smorfia.
«Ma certo, ‘Vattene Inuyasha’, la soluzione di sempre, non è vero?- disse, sarcastico- Perché per una volta non segui i miei consigli, stupido? Guarda che non ci guadagni punti a comportarti in modo tanto egoista.»
Sentire i propri pensieri uscire dalla bocca di Inuyasha riempì d’ira Sesshomaru. Un lampo omicida gli passò negli occhi, che finalmente si fissarono sul viso del fratello.
«Inuyasha, tu vuoi morire.» ringhiò.
«Io vorrei che tu ti dessi una sveglia!- urlò Inuyasha di rimando, aggressivo- Ma ti vedi? Che diavolo di atteggiamento è?! Guarda che chi ci ha rimesso di più, qui, è Anna!»
«Sicuro?» disse Sesshomaru, freddandolo per un istante. Poi, la rabbia di Inuyasha si ingigantì.
«Certo che sono sicuro! Ti comporti come se questo casino fosse colpa sua!- gridò- Ma ti vedi? Ti piangi addosso come se fossi la vittima predestinata, ma lei cosa dovrebbe dire?! Guarda che non è facile essere un semplice essere umano, soprattutto dopo aver provato il potere yokai.»
«Parli per esperienza?» disse Sesshomaru, crudele.
«Sì, parlo per esperienza!- urlò di rimando Inuyasha, stringendo furiosamente i pugni- Ma si può sapere che ti cambia se lei ha un aspetto piuttosto che un altro? Non credevo che il tuo amore per lei fosse così superficiale!»
«Sei bravo a prendere le sue difese.- disse Sesshomaru, acido- Sono certo che Anna apprezza i tuoi sforzi. Tra simili…»
«Oh…tu…- balbettò Inuyasha, livido per lo sdegno, mettendo una mano sull’elsa di Tessaiga- Ma ti rendi conto delle castronerie che dici?!»
«Mi rendo conto che tu parli senza sapere né capire, e mi rendo conto che stai per varcare i limiti della mia pazienza.- tagliò corto Sesshomaru, fulminandolo con lo sguardo- Vattene, Inuyasha.»
Inuyasha strinse i denti così forte da farli stridere. In quel momento avrebbe voluto soltanto saltare al collo del fratello maggiore e strangolarlo, ma si rese conto che più lo attaccava, più Sesshomaru diventava sgradevole e crudele. Non era un buon modo di gestire la cosa.
«Mentre tu stai qui a rimuginare, lei pensa a come mettere a posto le cose.- disse, con voce tremante di ira contenuta- Ha già formulato un sacco di ipotesi valide. C’è molta gente che può offrirle la sua sapienza. E inoltre…» Indicò la mano di Sesshomaru, su cui brillava la perla blu. «…il forgiatore di quell'anello potrà magari modificarlo perché restituisca il suo potere ad Anna!»
«Idiota.- sibilò Sesshomaru- Anna ora è un essere umano. Non potrebbe mai usare un manufatto yokai.»
«Non lo puoi sapere!- replicò Inuyasha, con fervore- Ha ancora il suo potere nascosto, ce l’ha detto lei. Non sai cosa sia capace di fare, perfino da essere umano!»
Sesshomaru si alzò improvvisamente in piedi e fu addosso a Inuyasha. Lo afferrò per il vestito, stringendo il tessuto rosso appena sotto il collo e sollevando Inuyasha dal pavimento.
«Non darmi speranze che non esistono, Inuyasha!- disse Sesshomaru, con il volto distorto dalla rabbia- L’unico modo sicuro per ridarle il potere sarebbe sottoporla a un nuovo incantesimo di fusione e questo significa gettarla  a un passo dalla morte! Tutto per un potere che avrebbe durata limitata! Chiedi a chi vuoi, otterrai sempre questa stessa risposta!»
«Cosa?!» ansimò Inuyasha, stupefatto.
«Hai capito benissimo.» sibilò Sesshomaru, i cui occhi erano rossi. La rabbia di Inuyasha tornò a farsi sentire.
«Non puoi sapere se esiste o meno un altro sistema!- gli gridò in faccia, cercando di liberarsi della sua stretta- La tua è solo una scusa per evitare di lottare! Sei stanco di provare sofferenza, non è così?! Vigliacco!»
Sesshomaru scagliò Inuyasha dall’altra parte della stanza. Il giovane colpì la porta con la schiena, un colpo che gli tolse il fiato e riempì il corridoio di un sordo boato. Si rialzò a sedere a fatica, guardando con odio il fratello maggiore.
«Vattene, Inuyasha, o giuro che ti uccido.» disse Sesshomaru, con voce fonda e innaturale.
Inuyasha si alzò in piedi, stringendo le labbra in una linea sottile. Aprì la porta, poi disse: «Noi la aiuteremo. Tu fai quello che ti pare. Fossi in Anna, io ti lascerei seduta stante.» Lanciò al fratello maggiore un’ultima occhiata di disprezzo, poi uscì.
Sesshomaru riuscì a sentire solo un debole pungolo di dolore a quella prospettiva. Perfino l’ira stava defluendo dietro la cortina di insensibilità che si ricostruiva mattone su mattone attorno al proprio cuore. Lentamente, tornò a sedersi al posto di prima, di nuovo sprofondato in una cupa depressione.
Inuyasha, dal canto suo, si allontanò dalla stanza con passo rigido, stringendo i pugni per l’ira, le labbra strette e bianche come fossero dissanguate. L’impeto della sua rabbia contro il fratello non gli permise di accorgersi della figura nascosta dietro a una colonna e la superò, scomparendo presto dietro un angolo.
Anna lo seguì con lo sguardo, cupa in volto, poi si appoggiò con la schiena alla colonna, trattenendo un sospiro seccato. Stuzzicò tra le mani il bordo del pezzetto di carta che teneva in mano, vergato con pochi ideogrammi in inchiostro nero. Non era stata sua intenzione assistere allo scambio di battute dei due fratelli. Purtroppo, per recarsi alle stalle doveva passare da lì, visto che le era ormai preclusa la possibilità di saltare agilmente da un piano all’altro. Era giunta davanti alla porta della sala del trono proprio nel momento in cui Inuyasha aveva iniziato a urlare.
Non aveva afferrato tutte le frasi. Come altre cose, anche il suo udito soprannaturale era andato a farsi benedire, ma ben presto Sesshomaru le aveva fatto il favore di mettersi a parlare ad alta voce a sua volta, dandole un’idea ben chiara del pensiero di entrambi i fratelli. Si mordicchiò il labbro inferiore, ripensando alle parole di Sesshomaru. Un’ira sorda e ancora incerta, poco propensa a venire a galla, le si agitava nel ventre.
Guardò la porta, storcendo senza saperlo la bocca in una smorfia. Non le piaceva l’atteggiamento egoista di Sesshomaru. Restare inerte, poi, non era da lui e lo faceva apparire grottesco. Senza contare, ovvio, che era palese il fatto che fosse lui a ritenersi vittima di quella faccenda!
“E io che trattengo il pianto anche se avrei voglia di scoppiare, e gli sto vicina quando qualcosa non va. La stupida si abbassa a fare la serva devota se lui perde la memoria, mentre il Grande Signore dei Demoni si fa prendere dallo scoramento al pensiero di essere unito a una mortale.- pensò, rancorosa- Bella faccenda. Proprio splendida!”
Da un certo punto di vista lo capiva. Lei stessa non avrebbe comunque continuato a vivere al suo fianco a quelle condizioni, ma questo non giustificava Sesshomaru. Anche lei stava soffrendo! Riteneva che Inuyasha avesse un po’ esagerato con la sua frase finale, ma aveva apprezzato le sue parole e il fatto che avesse perorato la sua causa. Guardò di nuovo il messaggio che aveva tra le mani.
Non aveva avuto intenzione di andarsene senza dire una parola, non le sembrava giusto. Ora, però, decise di prendersi almeno quella piccola rivincita nei confronti di quel campione di gelo. Inoltre, Sesshomaru sembrava ben conscio di cosa servisse per farla tornare una yokai. Se avesse saputo delle sue intenzioni, avrebbe potuto farsi venire un guizzo di amor proprio e scattare all’inseguimento per fermarla. Sesshomaru adorava fare ciò che gli veniva proibito. Beh, tanto peggio. Non meritava tanta considerazione! Che soffrisse anche lui per un po’, chiedendosi dove fosse finita!
Anna tornò sui suoi passi, nascondendosi nelle ombre, fino a raggiungere il quartiere delle donne. Al suo limitare, rimise mano al suo scarno messaggio, poi lo rilesse.

- Non cercatemi. Tornerò quando potrò. PS Non una parola a Sesshomaru! -

Raggiunse la camera di Kagome e infilò il foglietto sotto la sua porta. Fatto ciò, si sistemò meglio il sacco sulle spalle e cercò una via per le stalle che non passasse dalla sala del trono. Il suo piano doveva partire con il piede giusto, altrimenti gli altri sarebbero riusciti a seguire le sue tracce con eccessiva facilità ed era l’ultima cosa che desiderava.
Giunse alle stalle, dove veniva ricoverato qualche cavallo, ma soprattutto le bestie volanti al servizio di Sesshomaru. C’era una guardia al suo ingresso. Sonnecchiava, seduta su un covone di foraggio per gli animali. Anna sfruttò le ombre per portarglisi alle spalle e colpirlo alla nuca con l’elsa di una katana. La guardia crollò e Anna, a fatica, mise il corpo in posizione comoda, così che lo yokai, svegliandosi, potesse pensare di essersi semplicemente addormentato. Anna sperava di non lasciare tracce e di non far male a nessuno. A uno yokai non sarebbe venuto un bernoccolo per una botta tanto lieve, no?
Entrò nella stalla, sistemandosi ai fianchi le due spade corte che aveva sottratto dall’armeria del castello. Non poteva aggirarsi per boschi e campi disarmata, e quelle spade sarebbero state i suoi artigli di riserva. Non era più forte come prima, ma era agile e sapeva combattere. Se la sarebbe cavata. Ricontrollò il suo bagaglio, poi si avvicinò alla bestia a due teste preferita da Rin.
«Tu mi aiuterai, vero?- mormorò, accarezzando l’animale- Il tuo supporto mi sarà indispensabile.»
La bestia mugolò, apprezzando le attenzioni. Anna la sellò e le mise i finimenti, poi controllò di nuovo il proprio bagaglio. Annuì. Era ora di partire. Invitando l’animale magico a fare silenzio, Anna lo condusse per le briglie fuori dalla stalla. Si fermò oltre la soglia, la fronte corrugata, mentre guardava il cielo stellato sopra di lei cercando di riportare alla mente gli spostamenti delle guardie sulle mura perimetrali.
Essendo il braccio destro di Sesshomaru, oltre che la sua consorte, Anna conosceva a menadito tutti i movimenti di soldati e servitori, gli orari e i cambi di turno. In quel periodo relativamente pacifico, con la barriera di nuovo sollevata sul castello, la ronda era stata dimezzata. Con tutta probabilità, in quel momento poteva avere via libera verso sud est, se volava a tutta velocità e ad una quota adeguata. Chi si sarebbe messo a guardare il cielo, con la sicurezza della barriera attivata?
Meno sicura di quanto volesse lasciare intendere perfino a se stessa, Anna saltò in sella alla bestia e le sussurrò i suoi ordini all’orecchio. Questa, in perfetto silenzio, si alzò in volo in strette e veloci spirali, raggiungendo presto una quota considerevole. Da quell'altezza, sorvolarono le tre mura esterne, dirette verso i boschi. Anna tenne lo sguardo fisso in basso, ma le guardie erano a una certa distanza, come aveva previsto, e il buio della notte non avrebbe permesso a nessuno di scorgerla a una tale altezza.
Sospirando di sollievo, Anna superò l’ultima cerchia di mura. Era fuori. La parte più rischiosa del suo piano, la fuga, era stata attuata. Se qualcuno avesse dato l’allarme, tutto il suo vantaggio sarebbe andato a farsi benedire, con conseguente certezza che Sesshomaru si sarebbe messa a sorvegliarla, e allora addio all’incantesimo di fusione! Invece era andato tutto bene. Qualcuno lassù vedeva di buon occhio la sua scelta, dopotutto! La giovane si rilassò e ordinò all’animale di continuare in linea retta fino a nuovo ordine. Non avrebbe volato ancora per molto, giusto il tempo di allontanarsi dal castello. Il suo piano era molto più complicato, visto che doveva far perdere le sue tracce.
Volò per quasi tutta la notte, rischiando un paio di volte di assopirsi in sella. Quando vide le stelle iniziare a impallidire, diede ordine alla bestia volante di atterrare. Toccarono il suolo in una radura, in mezzo a una boscaglia. Anna scese di sella, barcollando sulle gambe, poi si sgranchì con pochi esercizi. Tirò giù il suo sacco da viaggio dalla sella, poi si guardò attorno per cercare un ramo caduto di dimensioni adeguate.
Impiegò un po’ di tempo nella ricerca, mentre la sua cavalcatura brucava i fiori rosa di un arbusto, poi lanciò un’esclamazione di soddisfazione e sollevò da terra un ramo spezzato di considerevole diametro. Con fatica, lo portò vicino all’animale, poi cominciò a spogliarsi.
Si levò la bella veste, una delle sue preferite, e la drappeggiò sul ramo. Sempre nuda, con le trecce che le ciondolavano davanti al seno, prese una piccola lama dal sacco e si procurò un taglio non troppo profondo sul palmo della mano. Soffocò un’esclamazione di dolore mentre il sangue defluiva dalla ferita. Non ricordava di poterne versare tanto per un graffio del genere! Ignorando il fastidio, passò la mano sulla veste, stropicciandola e macchiandola di sangue. Si tamponò poi la mano con un fazzoletto finché la ferita si chiuse e unì il pezzo di stoffa al fagotto del vestito. Issò con fatica il ramo e il drappeggio macchiato sulla sella dell’animale volante, che si voltò per assistere alle sue manovre. Legò il ramo alla sella della bestia perché non lo perdesse. Il tutto dovette essere ripetuto tre volte, perché il ramo continuava a cadere di qua e di là, con estrema frustrazione di Anna, che aveva nuove prove della scomparsa della sua forza.
Quando finalmente riuscì, cominciava a rabbrividire all’aria notturna. Sbuffando, tolse dal sacco un semplicissimo yukata marrone che aveva sottratto a una delle serve di Palazzo. Un furto, a ben guardare. Si ripromise di regalarne un altro alla proprietaria. Se lo infilò, mettendosi degli zoccoli ai piedi, poi si legò ai fianchi le due corte spade con una larga striscia di stoffa rossa.
Fece un paio di prove, estraendo le spade alla maggiore velocità possibile. Trovò un difetto nella loro posizione, le risistemò, poi tentò qualche mossa in giro per la radura. Usava le spade come fossero state i suoi artigli. Non una tecnica molto ortodossa, né particolarmente elegante, ma le pareva fosse efficace. Era ancora piuttosto agile, per un essere umano, e ciò era un bene. Doveva sopravvivere ai malintenzionati e ai demoni troppo deboli per esserle utili, mentre cercava ciò di cui aveva bisogno.
Sorridendo soddisfatta, le rinfoderò e tornò dalla sua cavalcatura. Prese di nuovo il coltello e tagliò le estremità di entrambe le trecce, ottenendo due ciocche di capelli di una ventina di centimetri. Un po’ le dispiaceva quel sacrificio, ma bisognava depistare Inuyasha e gli altri quanto più possibile.
Fischiettando, legò le ciocche di capelli al ramo, poi rifece le proprie trecce, se le arrotolò attorno al capo e legò su tutto un grosso fazzoletto da contadina. I suoi capelli erano troppo appariscenti perfino senza essere color oro. Se nessuno l’avesse guardata negli occhi, poteva ancora pensare di viaggiare pressoché inosservata. Farsi riconoscere subito per una gaijin non era un buon modo di far perdere le proprie tracce e i suoi amici erano ottimi investigatori.
Si fece indietro, ammirando soddisfatta la sua opera. La sua veste, il suo sangue e i suoi capelli. La summa dei suoi odori avrebbe presto preso il volo, depistando Inuyasha e Sesshomaru. Lei, invece, si sarebbe allontanata in un’altra direzione, con il proprio odore coperto per qualche ora da quello della serva a cui apparteneva il vestito e…Si piegò sull’arbusto e colse tre o quattro di quei fiori tanto gustosi per la bestia volante. Li annusò. Avevano un profumo penetrante. Andavano bene per coprire il suo odore nella prima parte del percorso.
Guardò ancora la sua opera, sorridendo con orgoglio. Il sangue era il tocco di genio. Aggiungere l’odore di sangue versato garantiva che gli amici si sarebbero preoccupati abbastanza da seguire quella pista senza tanti indugi. Alzò una mano alla fronte, imitando Miroku, mentre elevava una preghiera di scuse per quell'inganno. Le dispiaceva dar loro tante ansie, ma presto avrebbero scoperto che non era stata affatto ferita. Non aveva intenzione di farli girare come degli scemi troppo a lungo. Si avvicinò alla bestia e le accarezzò il muso, sorridendo.
«Vai al villaggio della vecchia Kaede, amico mio.- ordinò, deciso- Va’ dalla piccola Rin e resta lì. Mi hai capita?»
L’animale scrollò il capo, mugolando soddisfatto, e Anna rise. Infilò tra le pieghe del vestito un nuovo messaggio, scritto per spiegare gli ultimi avvenimenti alla piccola Rin, quindi diede una pacca sul posteriore della creatura, che prese il volo e si allontanò dopo aver compiuto un paio di giri sopra la sua testa. Anna seguì il suo volo per quanto poté, con le mani sui fianchi.
Inuyasha avrebbe creduto che si fosse allontanata verso il villaggio di Kaede? Pensava di sì. Secondo i suoi calcoli, gli amici sarebbero comunque partiti dal presupposto di una sua nuova crisi depressiva e avrebbero letto la sua fuga come un tentativo di allontanarsi da Sesshomaru. Il villaggio della vecchia Kaede era il posto ideale per consolare un cuore ferito e il suo odore li avrebbe portati laggiù.
Fiera del proprio ingegno, Anna allungò le braccia al cielo fattosi chiaro, poi si caricò il sacco sulla schiena, voltò le spalle alla radura e si incamminò. Fu una lieta sorpresa per lei trovare poco distante un torrente di acqua chiara.
«Qualcuno lassù mi assiste!» disse, ridendo.
Si tolse gli zoccoli, si chinò a bere, poi immerse i piedi nell’acqua. Lanciò un gridolino nel sentirla tanto fredda, poi si riscosse e si mise a camminare sul greto, seguendo la corrente. Gettò i fiori nell’acqua. Ormai non le servivano più. Con quell'accorgimento, nemmeno Sesshomaru sarebbe mai riuscito a trovarla!
Ora non le restava che scovare un demone abbastanza forte e abbastanza stupido da voler tentare la fusione con lei. Eccitata come per una scampagnata, Anna si allontanò lungo il torrente, canticchiando.

***

Kagome si svegliò sentendo bussare alla porta della sua camera.
«Kagome? Sei sveglia?» disse la voce di Inuyasha da fuori, mentre Kagome si metteva a sedere e si stropicciava gli occhi.
«Entra, Inuyasha!» lo invitò. Lo accolse con un sonoro sbadiglio, passandosi le dita tra i capelli corvini. Non era stata una gran nottata. Inuyasha entrò nella stanza, richiudendo la porta dietro di sé, e si sedette a gambe incrociate accanto a lei.
«Hai dormito bene?» le chiese.
«Non molto. E tu?» chiese Kagome, prima di accorgersi della sua aria fosca. «Sembri contrariato. C’è qualcosa che non va?» chiese. Inuyasha sbuffò e si strinse nelle spalle.
«Sesshomaru.- disse infine, borbottando- Ieri sera abbiamo litigato. E’ diventato un’ameba, non lo capisco.»
«Un’ameba?!» disse Kagome, sconcertata da quel paragone insolito.
«Ma sì! Non si muove, non agisce!- disse Inuyasha, gesticolando- Si sta comportando in maniera assurda da quando Anna ha perso il potere.»
«Sembra sia sconvolto, poverino.» sospirò Kagome. Pensare al dramma di quei due la rendeva triste.
«Perché, Anna no?- chiese Inuyasha, acido- Almeno si consolassero a vicenda…»
«In effetti hanno uno strano modo di stare assieme, quei due.- mormorò Kagome- Quando hanno un problema, se lo nascondono a vicenda.»
«Due idioti, e questo è quanto.- fu il lapidario commento di Inuyasha- Comunque, discutendo è venuto fuori che secondo Sesshomaru l’unico modo per far tornare Anna come prima sarebbe rifare quell'incantesimo che l’ha resa yokai la prima volta.»
«Eh?!» sbottò Kagome, a bocca aperta. Sesshomaru aveva davvero l’intenzione di…
«No, non hai capito. Lui non vuole che lei lo faccia.- la frenò Inuyasha- Secondo lui non c’è speranza, è per quello che è diventato così…bah, non saprei nemmeno come definirlo. Il problema è che qualcosa dentro di lui cozza con il pensiero di stare insieme a un essere umano, te lo dico io.»
Kagome scostò la leggera coperta e si mise in ginocchio sul futon.
«Ma Anna ha proposto di chiedere a Totosai e Myoga, e poi c’è quella dea…» disse, frenetica.
«Infatti, penso anch’io che sia un po’ presto per gettare la spugna.- disse Inuyasha, con una smorfia- Comunque volevo andare da Anna con te e parlargliene, prima che veda Sesshomaru e si faccia contagiare dal suo muso lungo. Hai voglia di accompagnarmi?»
«Ma certo! Vengo subito!- disse subito Kagome, alzandosi in piedi- Se esci un attimo, mi vesto…» Si zittì, mentre già Inuyasha si alzava. Indicò un punto del pavimento. «Cos’è quello? L’hai perso tu?» chiese. Poco distante dalla porta, c’era un rettangolo di carta. Inuyasha si voltò, corrugando la fronte, poi andò a raccogliere il pezzo di carta. Subito, una sonora imprecazione gli sfuggì dalle labbra. «Cos’è, Inuyasha?» chiese Kagome, sorpresa per quella reazione. Inuyasha le porse il foglietto. Leggendolo, Kagome impallidì. «Che significa?» mormorò, basita.
«Significa che quella scema è scappata, o ha intenzione di farlo! Vieni!» disse Inuyasha, prendendola in braccio. Corse fuori dalla stanza con lei, ignorando il fatto che fosse ancora in pigiama. Arrivarono alla stanza di Anna e Inuyasha spalancò la porta. La stanza era vuota, tranne che per la presenza di una confusa Rika. Il letto era intonso.
«Rika, dov’è Anna?» chiese Kagome alla smarrita hanyo.
«Io…non lo so, Kagome-sama.- ammise la donna- Anna-sama non ha atteso la colazione. Ero venuta a dirle che è stata rilevata la mancanza di un animale dalle stalle…»
Inuyasha si batté un pugno rabbioso sulla coscia.
«Maledizione, è già fuggita! La prossima volta ricordiamoci di legarla, quella scema!» esclamò.
«Inuyasha, cosa facciamo?» chiese Kagome, spaventata. Inuyasha trattenne un sospiro rabbioso.
«Non lo so.- disse infine- So solo che vorrei non essere io a dover dare questa notizia a Sesshomaru.»

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Capitolo 12
*** 12 - Una falsa pista ***


Author's note: Pare che il destino di Inuyasha e compagnia sia sempre quello di correre dietro a qualcuno...

Sango venne svegliata da voci concitate e un suono di passi di corsa fuori dalla sua camera. Aprì gli occhi, corrugando la fronte, poi si voltò verso Miroku. Visto che erano sposati, ormai non aveva più senso dar loro camere separate. Vide che il monaco era già sveglio e all’erta, con l’orecchio teso verso la porta.
«E’ successo qualcosa.» disse, guardando Sango. La tajiya annuì. I toni all’esterno non erano allegri. I due si alzarono dal futon e si vestirono velocemente, uscendo poi dalla loro camera per correre verso la fonte di tutto quel trambusto.
«Sono nella camera di Anna?!» esclamò Sango, imboccando il corridoio. In lontananza videro Inuyasha che imprecava contro la stupidità di Anna e Kagome, al suo fianco, ancora in pigiama.
«Credo che Anna ne abbia combinata un’altra delle sue.» sospirò Miroku.
«Non lo so. So solo che vorrei non essere io a dover dare questa notizia a Sesshomaru.» stava dicendo Inuyasha, passando con aria frustrata una mano sulla frangia di capelli argentati.
«Inuyasha! Che succede?» chiese Miroku, attirando la loro attenzione.
«Sango! Miroku!- disse Kagome, raggiungendoli a metà corridoio- Anna è scomparsa!»
«Cosa? Di nuovo?!» sbottò Sango, stupita. L’avevano appena riportata a casa! Kagome annuì, tendendo loro un pezzo di carta.
«Io e Inuyasha abbiamo trovato questo nella mia camera.- spiegò, affranta- Speravamo di fermarla, di fare ancora in tempo! Invece, la sua stanza è vuota.»
«E a quanto pare dalla stalla manca un animale, quindi la nostra cara Anna ha già preso il volo.» disse Inuyasha, acido, per poi imprecare e sferrare un pugno allo stipite della porta. «Ma perché non sta mai ferma, quella dannata?!» inveì, mentre Sango e Miroku leggevano la brevissima missiva.
«Non una parola a Sesshomaru…- disse Sango, mormorando- Non è che Anna se la sia presa per il comportamento di Sesshomaru nei suoi confronti?»
«E’ quello che ho pensato anch’io. Non le darei nemmeno tutti i torti.» ammise Kagome.
«Ieri sera ho detto a Sesshomaru che, al posto di Anna, l’avrei già mollato da un pezzo.- borbottò Inuyasha- Ma non pensavo davvero che l’avrebbe fatto.»
«Hai detto una cosa del genere?!- lo sgridò Kagome- E se Anna ti avesse sentito?! Se fosse stata sul punto di andare da Sesshomaru ma sentendoti avesse pensato che eri nel giusto? Magari se n’è andata per questo!»
«Non c’era nessuno vicino alla sala del trono!» replicò Inuyasha.
«Potresti giurarlo?» chiese Kagome, scettica, ben sapendo che quando Inuyasha si arrabbiava non capiva più niente. Inuyasha fece per rispondere, poi chiuse la bocca. In effetti, non ci aveva fatto caso.
«Non credo che Inuyasha c’entri qualcosa, Kagome-sama.- disse Miroku, sempre scrutando il messaggio- Se Anna è riuscita a defilarsi senza attirare l’attenzione di nessuno, significa che aveva già programmato la cosa fin da prima della nostra chiacchierata di ieri sera.»
«Sembrava così determinata, ieri.- sussurrò Kagome, tormentandosi le mani- Non avrei mai creduto che potesse cedere di nuovo allo sconforto.»
«E’ una brava attrice, questo glielo devo.- disse Inuyasha, con una smorfia- Comunque è una cosa da idioti scappare a questo modo per una cosa tanto stupida. E’ tornata umana: e allora? Le ipotesi che ha fatto ieri sono plausibili, è ancora presto per arrendersi.»
«Bisognerà dirlo a Sesshomaru e andarla a cercare.» disse Sango, cominciando a legarsi i capelli nella sua tipica coda alta.
«Già. Meglio togliersi subito il dente.» ammise Inuyasha, con una smorfia, facendo loro cenno di seguirlo.
«Non preoccuparti, Rika. La tua padrona starà benissimo.» disse Kagome alla governante di Rin, che aveva seguito tutta la discussione con espressione preoccupata. Sango si incamminò dietro di loro, poi si accorse che Miroku non li seguiva. I suoi occhi erano ancora fissi sul messaggio.
«Cosa c’è, Miroku? Non vieni?» chiese la tajiya, perplessa.
«Questa fuga…non mi convince.- disse il monaco- E’ vero, Anna è brava a recitare, ma ormai la conosciamo e come essere umano ha meno possibilità di sostenere certe finzioni.»
«Cosa intendi dire?» chiese Sango. Miroku scrollò le spalle.
«Credo che la nostra amica non sia semplicemente fuggita da Sesshomaru.- sospirò, poi raggiunse Sango- Ma queste sono solo supposizioni. Cominciamo con l’affrontare Sesshomaru e cerchiamo di ritrovarla. I motivi della fuga potrà sempre dirceli lei.»
Sango ponderò sulle parole di Miroku, perplessa, ma lo seguì con passo celere dietro a Inuyasha e Kagome.
«Ehi, Sesshomaru!» esclamò Inuyasha, aprendo con una spinta la porta della sala del trono. Ristette quando trovò la sala vuota. «Non è qui.- disse agli altri, che lo stavano raggiungendo- Proviamo nelle sue stanze.»
Girarono per gli appartamenti di Sesshomaru senza trovarne traccia. Il demone sembrava scomparso nel nulla.
«Non sembra che sia andato a dormire.» disse Sango, quando entrarono nella camera da letto. Evidentemente lo yokai non aveva la minima intenzione di usufruirne con Anna alloggiata altrove. Proprio per questo, Inuyasha pensava di trovarlo ancora nella stanza del trono, invece non c’era.
«Ma dove diavolo si è cacciato?!- ringhiò Inuyasha- Jaken! Rospo malefico, fatti vedere!»
Jaken andò loro incontro con aria seccata e passo non certo celere quando arrivarono nell’atrio, mentre Inuyasha, ormai furioso, chiamava il piccolo demone con un ennesimo urlo possente.
«Si può sapere che c’è?- gracchiò Jaken, contrariato- E’ il modo di comportarsi, in un rispettato castello come questo?! Urlare come un…»
Le rimostranze di Jaken furono troncate di netto da Inuyasha, che lo strozzò con la stoffa del suo abito e lo sollevò da terra, facendogli perdere subito l’aria supponente.
«Dove – diavolo – è – Sesshomaru?» ringhiò Inuyasha, tenendo il viso a pochi centimetri da quello di Jaken. Il piccolo rospo iniziò subito a sudare.
«E’…è andato via!- gracchiò, cercando di prendere fiato- Ma si può sapere cos’è questa furia? Che volete da Sesshomaru-sama?»
«Cosa significa ‘è andato via’?» continuò Inuyasha, imperterrito, scrollandolo. Vedendo che Jaken stava diventando viola, Miroku mise una mano sulla spalla di Inuyasha.
«Lascialo respirare almeno un po’, Inuyasha, o non potrà risponderti.» gli ricordò. Inuyasha allentò la stretta, ma non di molto.
«Allora?» disse, brusco.
«Sesshomaru-sama va e viene come vuole.- disse Jaken, sollevando il muso in un patetico gesto di sfida- Non sono tenuto a rivelarti i suoi spostamenti.»
Inuyasha guardò Miroku, che annuì con un sospiro. Inuyasha tornò a strozzare Jaken con grande piacere. Il trattamento fece tornare immediatamente la voglia di chiacchierare allo yokai.
«E’…è partito poco prima dell’alba.- balbettò Jaken, quando infine Inuyasha decise che poteva respirare- Non mi ha detto dove andava, solo che non dovevo permettere ad Anna di uscire durante la sua assenza. Non so cosa sia andato a fare, né dove. Non mi ha detto nemmeno quando ritornerà.»
«Sicuro di non saperne di più?» chiese Inuyasha, cupo.
«Sì, sono sicuro! Sesshomaru-sama non si confida certo con me!» disse freneticamente Jaken. Inuyasha guardò gli altri.
«Forse è andato in qualche posto tranquillo per pensare.- ipotizzò Kagome- Era sconvolto…magari aveva bisogno di tranquillità.»
«E se ne va senza dire niente! In un momento come questo!- esplose Inuyasha- Io lo ammazzo, quell'idiota! Lo ammazzo!!»
Mentre Inuyasha si sfogava elencando quello che avrebbe fatto a Sesshomaru quando l’avrebbe visto, Jaken chiese: «Ma si può sapere qual è il motivo di tutta questa agitazione?»
«Anna è scappata.» disse Miroku, gettando il fatto in faccia a Jaken con una noncuranza non scevra di una certa maligna soddisfazione. Vide infatti impallidire e boccheggiare il piccolo rospo. Jaken lanciò un urlo gracchiato, le mani sulle testa, unendo la sua disperazione agli improperi di Inuyasha.
«Sesshomaru-sama mi ammazzerà!- si disperava Jaken- Nemmeno il tempo di dirlo, e già è sparita!»
«Miroku…l’hai fatto apposta, non è vero?» mormorò Sango, in tono di rimprovero, vedendo il sorrisetto sul volto del monaco. Lui si strinse nelle spalle con aria innocente.
«Insomma, basta con questo chiasso!- li interruppe Kagome, alzandosi in piedi e battendo le mani per richiamare tutti all’ordine- Dobbiamo decidere cosa fare. Andiamo a cercare prima Sesshomaru o Anna?»
«Anna! Anna, per carità, così forse sarò salvo!» ansimò Jaken, guardando Kagome come se fosse una dea.
«Salvezza di Jaken a parte,- disse Miroku- mi sembra che Anna abbia la priorità. Ricordiamoci che adesso è un normale essere umano, con tutte le pecche di questa condizione. Non è abituata ad andare in giro per i boschi senza poter usufruire della sua forza. E’ solo una donna debole e indifesa, ora.»
«Giusto. Sesshomaru sa badare a se stesso. Ora dobbiamo occuparci di Anna.» disse Sango, annuendo.
«Senza contare che, trovando Anna e riportandola a casa, potreste almeno evitare che Sesshomaru-sama lo scopra!» gemette Jaken.
«Anche solo per farti ridurre in polpette, vorrei che lo scoprisse.- ringhiò Inuyasha, fulminando il piccolo yokai con lo sguardo- Comunque avete ragione, prima ritroviamo Anna.»
Una volta deciso il da farsi, fu più facile organizzarsi. Anna doveva avere solo qualche ora di vantaggio. Erano andati tutti a letto molto tardi e anche se Anna fosse scappata subito dopo, non potevano essere passate più di sette ore dalla sua fuga. Il problema era indovinare da che parte si era allontanata. Discutendo con Jaken e facendo qualche domanda alle guardie, riuscirono a capire quali direzioni prendere in considerazione.
«Una di queste porta al villaggio della vecchia Kaede.» osservò Kagome, che si era finalmente vestita.
«Potrebbe benissimo essere andata laggiù.- disse Sango- Sa che là troverebbe un rifugio sicuro. Inoltre, al villaggio c’è ancora la piccola Rin.»
Inuyasha balzò su una cinta di mura e annusò l’aria, assumendo un’aria concentrata. Debolissimo, sentiva ancora l’odore di Anna e dell’animale che l’aveva portata fuori dal castello.
«Sì, dev’essere andata di là.- disse, tornando dagli altri- Andiamole dietro. Jaken, tu resta qui. Se torna Sesshomaru, digli di aspettarci e di non andarsene in giro.»
«Mi stai chiedendo di dare un ordine a Sesshomaru-sama?!» gracchiò Jaken, inorridito al solo pensiero.
«Tu diglielo senza fare tante storie.» disse Inuyasha, con una smorfia, mentre si issava Kagome sulla schiena. Miroku e Sango erano sulla groppa di Kirara. A un segnale di Inuyasha, il gruppo partì sulla strada di casa, lasciandosi dietro un Jaken maledettamente sulle spine. Corsero ininterrottamente per mezza giornata, tenendo un buon passo. Ogni tanto Inuyasha annusava l’aria, ringraziando il cielo per la traccia ancora fresca. L’odore era sempre debolissimo, ma c’era. Tre ore dopo mezzogiorno, raggiunsero una minuscola radura tra gli alberi e lì si fermarono.
«E’ stata qui.» disse subito Inuyasha, mettendosi carponi sul terreno e annusandolo.
«Sì, hai ragione.- disse Sango, notando i fiori brucati dall’animale volante- Devono aver fatto una sosta.»
«Essendo umana, ora ha bisogno di dormire, mangiare e bere.- disse Miroku- Il suo cammino è rallentato rispetto al solito.»
«Per fortuna stavolta non è scomparsa nel nulla.- sospirò Kagome, con sollievo- Non avrei retto un’altra…»
Fu interrotta da un’esclamazione di Inuyasha. Tutti si voltarono verso di lui, che aveva il naso incollato a terra.
«Inuyasha, che c’è?» chiese Kagome, andandogli vicino.
«Sangue.- disse lui, cupo in volto, indicando due piccole macchie circolari sull’erba- Sangue di Anna.»
«Sangue?!» esclamarono in coro le due ragazze.
«E’ pochissimo. Forse si è ferita perché non sa più dosare le sue forze.» disse Miroku, cercando di non drammatizzare. Inuyasha corrugò la fronte, guardandosi intorno, poi annusò di nuovo l’aria.
«Non so…sento odore di sangue elevarsi in volo.- mormorò- Forse non è stata una ferita grave, ma di sangue ne ha perso abbastanza. L’odore mi riempie le narici.»
«Allora muoviamoci, Inuyasha. Possiamo coprire ancora una buona distanza, il pomeriggio è lungo.» gli fece fretta Kagome, preoccupata. Inuyasha annuì e Sango si affrettò a tornare da Kirara. Inuyasha si guardò di nuovo attorno con aria cogitabonda.
«Cosa c’è?- chiese Miroku, parlando a bassa voce- Pensi davvero che Anna sia ferita gravemente?»
«No. E’ che…non so, qualcosa non mi convince.» borbottò Inuyasha, pensieroso. Si sentiva sulla spine. Qualcosa non andava in tutta quella faccenda, ma non riusciva a capire cosa. La traccia di Anna dopotutto, era evidente…forse troppo evidente. Gli sembrava strano che la giovane donna non avesse tentato almeno un’astuzia, conoscendo la sua mente contorta. Miroku rimase in attesa che aggiungesse altro, ma Inuyasha scrollò le spalle. «Bah, inutile perdere tempo. E’ evidente che quella scema sta andando al villaggio della vecchia Kaede.- disse, deciso, facendo cenno a Miroku di sbrigarsi a montare in sella- Andiamo a prenderla. Quando l’avrò davanti, voglio proprio dirle due paroline.»
«Inuyasha, cerca di non aggredirla.» gli disse Kagome, salendo di nuovo sulla sua schiena.
«Qualcuno gliele deve pur cantare, a quella testarda.» ringhiò Inuyasha, riprendendo la corsa e lasciandosi alle spalle i propri dubbi. Il gruppo continuò il suo viaggio verso il villaggio, senza sapere che Anna si stava allontanando in tutt’altra direzione. Nonostante i dubbi di Inuyasha, la trappola della giovane aveva avuto successo.

***

«Tashiki-sama!» disse l’inu-yokai, salutando l’anziano della sua stessa specie dopo essergli balzato di fronte dall’oscurità della foresta.
«Higemaru.- disse il vecchio inu-yokai, con un cenno del capo- Cosa ti porta da me?»
«Notizie dal palazzo di Sesshomaru-sama, Tashiki-sama.» disse il nuovo venuto, con un sogghigno.
L’anziano componente della Grande Famiglia degli inu-yokai corrugò la fronte rugosa. Le notizie che arrivavano dal castello di Sesshomaru, di norma, portavano guai alla loro stirpe. Erano ancora fresche le ferite all’orgoglio della loro razza perpetrate da colui che li governava.
Sesshomaru-sama si era unito a una impura creatura umana diventata demone tramite la magia. Un’impudicizia che l’ala più anziana della Grande Famiglia giudicava tuttora una vergogna incancellabile. Avevano tentato di uccidere la donna, approfittando del suo crimine: lei aveva ucciso sul terreno sacro di Inuzuka. Purtroppo, la morte della donna per mano degli scagnozzi del Signore dell’Est era stata temporanea e la vecchia tigre non era stata in grado di approfittare nemmeno della palese mancanza di sforzi da parte della Grande Famiglia nel proteggere quella donna impura.
Sesshomaru-sama era sempre riuscito a salvarla. Dal punto di vista degli anziani, questa era una prova del suo indebolimento. Di certo, inoltre, quella donna impura non avrebbe potuto dare eredi al Signore dei Demoni. Gli anziani tramavano da tempo per trovare un modo per liberarsi della donna senza che Sesshomaru-sama lo venisse a sapere. Convenivano sul fatto che la forza del loro Signore non era paragonabile a quella di nessun altro di loro. Era solo la presenza di quella insipida bionda a renderlo vulnerabile. Nemmeno la perdita di memoria da parte di Sesshomaru, notizia che erano venuti a sapere con deprecabile ritardo, era servita a qualcosa. La demone, Anna, restava al suo fianco.
I giovani erano dalla parte di lei. Credevano che avrebbe portato una buona ventata nella Grande Famiglia, che sarebbe stata una regina potente e discreta. Questo aveva provocato una frattura mai vista prima nella Grande Famiglia. Il vecchio Tashiki non riusciva a tollerare un tale decadimento dei costumi. E ora Higemaru, colui che era in contatto con la spia che prestava servizio come guardia al castello, gli portava notizie. Buone notizie, a giudicare dal ghigno che gli scopriva le zanne.
«Cos’è successo?» chiese Tashiki, facendo cenno all’altro di sedersi.
«Il sangue yokai di quella donna è impazzito, Tashiki-sama.- disse Higemaru, accentuando il sogghigno- Pare che l’anima umana e il corpo demoniaco non siano riusciti a trovare un equilibrio.»
Tashiki fece una smorfia, disgustato, poi nei suoi occhi neri passò una luce.
«E’ morta?» chiese, in un sussurro.
«No,  la mia fonte dice che Sesshomaru-sama ha utilizzato un manufatto che l’ha liberata della forza in eccesso.- disse Higemaru, scuotendo il capo- Ma qui viene il bello. Pare che la donna sia tornata un essere umano! Il suo corpo ha espulso tutto il potere demoniaco!»
«Cosa?!» ansimò il vecchio Tashiki. Una notizia del genere era…era…
«E non è tutto, Tashiki-sama.- disse Higemaru, eccitato- Quella stolta donna è fuggita dal castello per chissà quale motivo e ora si aggira sola e indifesa per i boschi. Sesshomaru-sama è partito e non se ne conosce la destinazione. Lei è sola. E inerme.»
Tashiki rimase in silenzio per qualche istante, cercando di assorbire la notizia.
«Higemaru.- disse infine, sbalordito- Ti rendi conto che questa è la nostra occasione? Ti rendi conto che possiamo uccidere quella donna senza rischio?»
«Me ne rendo conto, Tashiki-sama.- disse Higemaru- Sapevo che la notizia vi avrebbe fatto piacere.»
Il vecchio inu-yokai si alzò in piedi. Negli occhi gli brillava una luce di trionfo omicida.
«Raduna gli altri, Higemaru. Inizia una battuta di caccia.» disse all’inu-yokai più giovane, che si inchinò e balzò via. Tashiki sogghignò. «Sei già morta, donna…Stavolta Sesshomaru-sama non potrà salvarti.» disse. La sua risata fu così maligna da far alzare in volo perfino i corvi.

***

Le risate dei bambini si alzavano nell’aria tiepida della giornata primaverile. Kaede, seduta davanti alla soglia di casa impegnata a cucire la fodera del suo abito di ricambio, guardò i due con un sorriso. Era sempre una gioia sentire quelle voci cristalline. Davano la speranza che si potesse vivere con serenità.
«Non riuscirai a prendere Rin, Shippo-chan!» strillò Rin, tra le risa, provocando il piccolo yokai.
«Mi stai sfidando?» esclamò Shippo, stupito e contento. Spiccò un balzo per andare ad atterrare sulle spalle della bambina, ma Rin si abbassò di scatto con un gridolino e Shippo finì a terra ruzzoloni. Entrambi scoppiarono a ridere tanto forte che Rin cadde a sua volta seduta per terra, tenendosi la pancia.
«Uhm…ho fame.» considerò Shippo, dopo che le loro risate si furono calmate un po’.
«Ma hai sempre fame?» chiese Rin, con un sorriso.
«Probabilmente sto entrando nella fase della crescita.» si pavoneggiò Shippo, gonfiando il petto. Tornò serio quando vide Rin guardare fisso la foresta di Inuyasha. «Ti manca Anna-chan?» chiese.
«Un po’. Anche Sesshomaru-sama.- sospirò la bambina- Non so…non ti sembra che ci stiano mettendo un po’ troppo a venire a prendere Rin? Non che a Rin dispiaccia stare qui, ma Rin è un po’ preoccupata.»
«Inuyasha e gli altri sono andati ad aiutare Anna a sbrigare le sue faccende.- le ricordò Shippo- Non credo ci sia da preoccuparsi.»
«Ma Sesshomaru-sama sarà tornato?» chiese Rin, guardandosi tristemente i piedi.
«Beh, questo non lo so…- borbottò Shippo, pensando a un modo per cambiare discorso- Ma sono sicuro che sia sulla strada del ritorno. E’ un lungo viaggio dalla Cina!»
«Tu sei mai stato in Cina?» chiese Rin, interessata.
«Io? No, è troppo lontana!» rispose Shippo, sorpreso.
«Pensi che sia un bel posto?» chiese ancora Rin.
«Mah…forse. Mio padre diceva che è un posto molto più grande del Giappone. Non saprei nemmeno immaginarmelo.» borbottò Shippo, cercando di riportare alla memoria le cose che gli aveva raccontato suo padre. Il suo atteggiamento fece ridere Rin e Shippo sospirò di sollievo. La bambina non sembrava più afflitta da pensieri. Shippo balzò in piedi.
«Dai, andiamo dalla vecchia Kaede a chiedere qualcosa da mangiare. Io ho davvero fame!» disse, tenendosi lo stomaco, che gorgogliò quasi a dare prova tangibile delle sue parole. Rin ridacchiò di nuovo e si alzò in piedi per seguirlo, quando il piccolo kitsune alzò d’improvviso un dito al cielo. «Ehi, cos’è quello?» chiese, mentre Rin si voltava per guardare nella stessa direzione. Un grosso animale a due teste si stava avvicinando a loro volando nel cielo terso. Rin lanciò un gridolino e batté le mani.
«Lo conosco! Rin lo conosce! Viene dal castello!» strillò, iniziando a correre verso la bestia, che stava atterrando poco lontano. Shippo la seguì dopo aver scambiato un’occhiata con la vecchia Kaede. L’anziana sacerdotessa si alzò e si incamminò dietro di loro con passo affaticato. Sembrava che ci fosse qualcosa sulla sella dell’animale, ma sembrava più un fagotto che una persona. Kaede corrugò la fronte. Sperava che questo non portasse cattive nuove. Ora che raggiunse i due bambini, li trovò pallidi e con gli occhi sgranati, mentre scrutavano ciò che era legato di traverso sulla sella.
Kaede vide una veste bianca e azzurra sporca di sangue avvolta alla bell’e meglio attorno a un grosso ramo d’albero. Legate ai rametti con due pezzi di spago c’erano due ciocche di capelli castano chiaro. Nel complesso, quel carico appariva inquietante e privo di senso.
«Kaede-sama, che cos’è questo?» chiese Shippo, perplesso. Annusò, poi impallidì. Quello era l’odore di Anna! Il sangue di Anna! Un po’ diverso dal solito, però…Kaede, sotto lo sguardo angosciato di Rin, slegò il ramo dalla sella dell’animale, che ne parve molto lieto, poi cercò di districare la veste. Subito, un foglio piegato in quattro cadde sull’erba accanto ai piedi della vecchia miko.
«Un messaggio, Kaede-sama!» esclamò Rin, mentre l’anziana donna lo raccoglieva.
«Leggilo ad alta voce!» le raccomandò Shippo, ancora più preoccupato ora che aveva riconosciuto l’odore. Kaede aprì il foglio e si mise a leggerlo con voce burbera.

- Salve a voi! Vorrei dirvi subito di non preoccuparvi. Quello che vedete legato sulla sella è solo uno scherzo complicato che sto facendo a Inuyasha e Sesshomaru. Per essere più chiari, non sono ferita, il sangue che vedete fa parte del mio piccolo tranello e arriva da un innocuo taglietto a una mano.
Rin-chan, Sesshomaru-sama è tornato a casa, perciò non preoccuparti. Sarei venuta a prenderti subito, ma purtroppo mi sono ammalata e come conseguenza di questo…beh…ho perso i poteri demoniaci. Ricordi com’ero quando ci siamo incontrate per la prima volta? Sono tornata un essere umano e anche tu capirai che questo potrebbe far soffrire Sesshomaru-sama. Così sono partita per un viaggio per recuperare i miei poteri. Ho sviato Inuyasha e Sesshomaru perché loro si preoccupano molto per me e mi avrebbero impedito di partire. Tu, però, non devi preoccuparti. Io so badare a me stessa! Ti consiglierei di restare al villaggio finché non verrò a prenderti, a meno che Sesshomaru-sama non mandi Jaken a farti da scorta. Shippo-chan, resta vicino a Rin. Kaede-sama, cercate di tranquillizzare Inuyasha e gli altri, se cadranno nella mia trappola e arriveranno al villaggio. Non voglio far preoccupare nessuno, ma questa è una cosa che devo assolutamente fare.
Un bacio a tutti. Vi voglio bene!
Anna –

«Un viaggio…» mormorò Rin, perplessa.
«E’ tornata un essere umano?! Ma come può essere successo?» chiese Shippo, sbalordito.
«Anna era uno yokai nato dalla magia. Forse questo ha creato degli squilibri.» disse Kaede, pensierosa. Shippo, vedendo gli occhi di Rin riempirsi di lacrime, le batté una mano su una spalla.
«Coraggio, Rin! Sono sicuro che Anna non corra pericoli.- le disse, incoraggiante- E’ avventata, ma è davvero brava a cavarsela. Vedrai che non c’è da preoccuparsi.»
«Ma perché non è andata con Sesshomaru-sama? Rin sarebbe stata più tranquilla!» mormorò la bambina, asciugandosi gli occhi. Shippo rimase senza parole. In effetti, perché Anna aveva voluto sviare anche Sesshomaru? In quell'istante, il gruppo di Inuyasha sbucò dal folto della foresta, correndo loro incontro. I tre, sorpresi da quella comparsa repentina, li attesero in silenzio. Inuyasha e Kagome si fermarono davanti a loro, subito seguiti da Kirara con Sango e Miroku.
«Dov’è Anna?! E’ qui vero? Quella scema!- ringhiò Inuyasha, guardandosi attorno- Non la nascondete, lei…» Si zittì quando Kagome gli indicò lo strambo fagotto sulla sella dell’animale. «Cos’è quella roba?» chiese, sospettoso. Shippo sospirò, guardando Rin e la vecchia Kaede.
«A quanto pare, ci sono cascati come pere cotte.» sentenziò.

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Capitolo 13
*** 13 - Trovare la strada ***


Author's note: Scusate il ritardo, ma...ho trovato lavoro!! Yeah! E adesso bando alle ciance, torniamo da Inuyasha e compagnia! ;)

Ignaro del trambusto che la sua scomparsa aveva provocato, Sesshomaru era impegnato in uno dei compiti più difficili a cui fosse mai stato chiamato: dipanare la matassa ingarbugliata dei propri sentimenti. Il Principe dei Demoni era sdraiato sul declivio erboso, circondato da fiori di cui nemmeno sentiva il profumo. Sopra di lui, il cielo primaverile era di un azzurro pulito e luminoso…come gli occhi di Anna.
Sesshomaru chiuse le palpebre, stringendo appena le labbra per l’irritazione. Ogni cosa che guardava, ogni odore che sentiva, gli riportava alla mente l’immagine di lei. Eppure si era recato laggiù proprio per cercare di pensare agli ultimi avvenimenti con freddezza! Si alzò a sedere, guardando con aria truce il fiume che scorreva più sotto, dopo essersi gettato dalla cascata. Forse non aveva fatto bene a scegliere la valle come luogo di meditazione. Gli portava alla mente troppi ricordi.
Si alzò in piedi e scese al torrente. Si chinò sul corso del fiume e bevve l’acqua gelida, tergendosi poi la bocca con una mano. Si sedette lì accanto, con espressione torva. Chissà Anna come aveva preso la sua scomparsa? Sentiva un intenso fastidio nel ritrovarsi a pensare con preoccupazione alle reazioni di lei…ma perché poi? Non era giusto così? Lei non era la sua donna? Perché tutto a un tratto desiderava di nuovo trattarla come un’estranea?
Sesshomaru trattenne un sospiro, fissando le iridescenze dell’acqua sui sassi del greto. Aveva pensato per giorni e l’unica cosa che reputava certa era che amava Anna sempre e comunque. Allora, cosa c’era che non andava? La risposta era stata altrettanto semplice. Tutte le sue difese erano di nuovo pronte e all’erta, e stavano cercando in tutti i modi di soffocare quell'amore per non causargli sofferenza. Il punto era: voleva permettere al gelo di far ripiombare il suo cuore nel letargo? Davvero preferiva troncare la relazione con Anna pur di non soffrire ulteriormente? Perché era questa l’alternativa: lasciarla.
Sesshomaru non avrebbe saputo spiegare cos’aveva provato quando l’aveva vista trasformata di nuovo, e definitivamente, in un essere umano. Anche se non aveva alcun senso, si era sentito tradito e defraudato di qualcosa di suo. Anna, come essere umano, non era sua. Quell'aspetto rappresentava la sua ‘altra’ vita, la vita che aveva vissuto in un mondo lontano, diverso…un tempo e un luogo in cui lui non era presente, in cui non aveva posto il suo marchio su di lei. Un tempo e un luogo in cui lei non era sua.
Ricordava ancora quanto fosse rimasto scombussolato nel vedersela comparire in quella forma quando era tornata dalla sua spedizione nel mondo della miko, per cercare guerrieri adatti alla sfida contro Soichiro. La belva dell’ira gli si era attaccata alle viscere ed era stata necessaria una tremenda sfuriata per ricondurlo alla calma…oltre alla subitanea trasformazione di Anna in demone.
No, non riusciva a pensare a starle accanto in quel modo. Doveva essere frustrante anche per lei, nonostante questo pensiero suonasse tanto come una giustificazione. Il punto era: cosa doveva fare? Non si poteva far tornare demone Anna…non allo stesso modo dell’ultima volta, perlomeno, e quello era l’unico che gli venisse in mente. Guardò l’anello che ancora portava al dito. La perla risplendeva, di un blu acceso, testimoniando quale potere contenesse. Perché quel maledetto anello non era stato in grado di ridarle il potere rubato? Perché suo padre non era riuscito a prevedere questo? O forse voleva che imparasse ad amare perfino un essere umano?
Si passò una mano sul volto, seccato con se stesso, con il padre, con il mondo intero. Non poteva aggrapparsi alla speranza che l’arte di Kun Yan potesse modificare l’anello. Non riusciva a credere alla speranza, perché questo avrebbe reso più violenta la delusione in caso di insuccesso. Gliene erano successe di tutti i colori da quando Anna era entrata nella sua vita, eppure non si era mai lasciato andare a una tale disperazione. Dopo aver deciso che Anna era sua e che avrebbe dovuto vivere al suo fianco, tutto il resto non era stato che un contrattempo da superare. Il legame che lo univa a lei non era mai, mai stato messo in discussione. Ora, invece…
Quell'indecisione gli sapeva tanto di vigliaccheria e se c’era una cosa che il Signore dei Demoni dell’Ovest non conosceva era proprio la vigliaccheria. Allora, cosa voleva fare? Restare là a rimuginare o affrontare la questione di petto? Sapeva, però, che affrontare Anna li avrebbe portati a separarsi. Lui si sarebbe rinchiuso sempre più in se stesso. Lei, orgogliosa com’era, si sarebbe allontanata non appena avesse capito…
Spalancò gli occhi, mentre il pensiero affondava un arpione nel suo cuore, dilaniandolo. Lei se ne sarebbe andata? L’avrebbe lasciato, di sua spontanea volontà? Diceva sempre che solo lui avrebbe potuto allontanarla, ma non lo stava forse già facendo? Strinse i pugni, riflettendo su quanto fosse probabile una tale eventualità. Conosceva Anna, aveva un amor proprio quasi pari al suo. Non sarebbe mai rimasta al suo fianco in tali condizioni di inferiorità. Invecchiare e morire di fronte a lui, sempre giovane? Mai! Le parole che Inuyasha gli aveva lanciato contro qualche sera prima gli rimbombarono nelle orecchie.
“Fossi in Anna, io ti lascerei seduta stante.”
Il pensiero era raggelante. Mentre poteva pensare di lasciarla, non riusciva nemmeno a concepire l’idea di essere lasciato. Sesshomaru si alzò. Aveva sprecato anche troppo tempo rimuginando in solitudine. L’unica cosa da fare era affrontare la situazione come avrebbe affrontato un nemico. Doveva parlare con Anna. Non doveva permettere che lei lo lasciasse senza neppure averlo consultato. Forse, parlandole, sarebbe riuscito a sua volta a trovare una soluzione ai propri dilemmi e alle proprie incertezze.
Lanciò un’ultima occhiata alla valle. Con gli occhi della mente vide Rin giocare con i fiori, vide se stesso seduto sull’erba e Anna dietro di lui che gli pettinava i capelli con le dita. Una sensazione impagabile.
“Funziona bene il nuovo braccio, Sesshomaru-sama?” echeggiò la voce della memoria nelle sue orecchie. Abbassò lo sguardo sul braccio che sostituiva quello perduto: un braccio che gli era stato procurato da Anna stessa. Assumendo un’espressione decisa e marmorea, Sesshomaru si incamminò verso casa.

***

Inuyasha e gli altri sedevano in cerchio attorno al focolare della casa di Kaede. Nella stanza c’era un’atmosfera cupa e silenziosa. Il piccolo Shippo sedeva con le braccia incrociate sul petto, offeso e piuttosto seccato per il bernoccolo che la sua frase di benvenuto gli aveva fruttato. Inuyasha non aveva gradito la sua supponenza.
«Insomma, Anna ci ha fregati.» disse infine Inuyasha, in un ringhio poco rassicurante.
«A quanto pare.- disse Kagome, rileggendo per l’ennesima volta il messaggio che Anna aveva mandato a Rin- Ve l’avevo detto che non mi era sembrata affatto propensa ad una fuga di quel tipo, visto come ci aveva parlato la sera prima.»
«Se non è fuggita in preda alla tristezza, allora perché se ne è andata?» chiese Sango, perplessa.
«Anna-nee-chan era triste?» chiese subito Rin, affannata.
«No, Rin-chan, non sembrava affatto triste. Certo non era contenta, ma sembrava ben decisa a migliorare la sua situazione.- la rassicurò Kagome, sorridendo- Proprio per questo non capivamo perché fosse andata via.»
«Oh…» sospirò di sollievo la bambina, pur restando piuttosto preoccupata. Anna non aveva detto dove fosse sua intenzione recarsi e Rin non riusciva a immaginare come sarebbe riuscita a cavarsela senza Sesshomaru-sama.
«Quello che sappiamo è che Anna è partita con uno scopo.- disse Miroku, indicando il messaggio dell’amica- Anche il tono della sua missiva è deciso e razionale. La trappola in cui ci ha fatto cadere era molto ben congegnata. Era ovvio che ci saremmo affidati al fiuto di Inuyasha e non avremmo seguito altre tracce.»
«Insomma, è colpa mia che ho seguito la strada sbagliata?» chiese Inuyasha, amaro.
«Non direi. Ci aspettavamo tutti che venisse da Kaede e lei lo sapeva. Ha giocato su questo.» disse Sango.
«Ragazzi, Anna è là fuori da qualche parte come un normale, debole e indifeso essere umano.- riassunse Inuyasha, sbuffando- Il punto è: perché questa pazzia? Perché è una pazzia, non giriamoci intorno.»
«Deve avere un piano…» mormorò Kagome, corrugando la fronte.
«Ma un piano di che?! Un piano per farsi ammazzare?» disse Inuyasha, seccato.
«Inuyasha, osuwari.- disse Kagome, spedendolo con la faccia a terra nel vedere le lacrime negli occhi di Rin- Perché non pensi prima di parlare?!»
«Non credo proprio che Anna se ne sia andata in giro a farsi ammazzare, per usare la tua espressione.- disse Miroku, sospirando- In quest’ultimo anno ha imparato a combattere e, anche se ha perso in forza e agilità, non mi sorprenderebbe sapere che ha acquisito un’abilità pari a quella della mia Sango.»
«Credo anch’io che sappia cavarsela.- ammise Sango- Anna non è una sprovveduta. Probabilmente si sarà rifornita di armi e sa cosa significa vivere all’aperto.»
«Sì, ma perché? Perché andarsene in giro a rischiare a quel modo?- insistette Inuyasha, alzandosi a fatica con una smorfia- Cosa ci guadagna?»
«In effetti, la sua fuga risulta priva di senso.- ammise Kagome, pensierosa- Dovevamo consultare tutti insieme Totosai e Myoga, e poi la dea della memoria…Non ha senso che abbia intrapreso il viaggio da sola.»
«Probabilmente non era davvero sua intenzione recarsi da loro.- intervenne la vecchia Kaede, cupa in volto- Ragazzi, come dite voi Anna non se ne sarebbe andata via da sola se avesse avuto intenzione di tentare ciò di cui avevate discusso quella sera. Se avesse creduto nelle sue ipotesi, quale motivo avrebbe avuto di rifiutare il vostro aiuto? E’ evidente che si è incamminata verso una soluzione di cui non vi ha parlato e che desidera raggiungere da sola.»
«Ma perché? Il nostro aiuto non le avrebbe fatto comodo?» chiese Shippo, che proprio non riusciva a capire. Inuyasha, invece, si fece mortalmente serio e pallido.
«Inuyasha, che c’è?» chiese Kagome.
«Quella sera…io ho litigato con Sesshomaru soprattutto perché rigettava tutte le ipotesi che aveva formulato Anna. Mi ha fatto incavolare e gli ho sciorinato le cose che ci aveva detto lei, tanto per fargli capire che avevamo ancora un po’ di frecce al nostro arco.- disse, riportando alla memoria la discussione- E Sesshomaru mi ha detto di non aggrapparmi a speranze così effimere, perché l’unico modo per ridare i suoi poteri ad Anna sarebbe…» Smise di parlare, poi lanciò un’imprecazione tale che Kaede tappò le orecchie di Rin per non permetterle di sentire certe volgarità.
«Inuyasha, ma che ti prende?!» protestò Sango, contrariata.
«Ho capito! Maledizione a lei, ho capito che cosa le frulla in quella sua testa bacata!» esclamò Inuyasha, alzandosi addirittura in piedi per la foga.
«Ma di che stai parlando?» chiese Kagome, stupita.
«Pensi che voglia ricreare le condizioni per un incantesimo di fusione?» chiese Miroku, arrivando al punto. Inuyasha gli piantò in faccia lo sguardo dei suoi occhi ambrati.
«E’ proprio quello che penso, Miroku.» disse, duro. Il monaco imprecò a sua volta, fra i denti.
«Fermi un attimo, fatemi capire.- disse Sango, guardando ora l’uno ora l’altro- Anna sarebbe partita alla ricerca di un demone…»
«…a cui sottrarre le energie per tornare ad essere una yokai.- finì per lei Kagome, scioccata- Ma…ma è pericoloso!»
«Certo che lo è! Sesshomaru non voleva assolutamente che lei tentasse una roba del genere!» sbottò Inuyasha.
«Ecco perché se ne è andata in quel modo.- mormorò Kagome, abbassando lo sguardo sulle proprie mani- Sapeva che le avremmo impedito di farlo e lei vuole tornare uno yokai a ogni costo! Ma perché?»
«Perché sa che altrimenti non potrebbe vivere con mio fratello.» disse Inuyasha, cupo.
Vi fu qualche momento di silenzio. La portata dei piani di Anna li aveva colpiti in pieno nella sua assurdità. Come poteva sperare quella matta di ripetere il ‘miracolo’ di un tempo? Nessuno le garantiva che avrebbe funzionato di nuovo! E poi…non doveva forse arrivare ad un passo dalla morte perché l’incantesimo funzionasse? Era il demone a dover effettuare l’incantesimo, lei non sapeva nulla di magia. Come poteva giocarsi la vita in quel modo?
«Anna-nee-chan è in pericolo, vero?» chiese infine Rin, cupa, riportandoli alla realtà.
«No, Rin-chan…o almeno, non ancora.- cercò di rassicurarla Miroku, con un sorriso- E’ molto difficile trovare uno yokai che sia abbastanza forte e al contempo conosca questo incantesimo.»
«Finché non lo trova, credo che Anna non corra grandi pericoli. In ogni caso, è meglio avvisare Sesshomaru e andarla a cercare.» aggiunse Kagome.
«Sempre che quello scemo si dia una mossa.» disse Inuyasha, fra i denti.
«Rin lo andrà a chiamare!- esclamò la bambina, decisa, balzando in piedi- Rin è sicura di sapere dove sia andato Sesshomaru-sama.»
«Ne sei sicura?» chiese Kagome, titubante. Rin annuì, poi guardò Shippo.
«Vengo con te, Rin.» si offrì il kitsune, alzandosi a sua volta.
«Allora mentre voi vi occupate di Sesshomaru, noi torniamo in quella radura a cercare tracce di lei.» sbuffò Inuyasha, seccato.
«Aspetta, Inuyasha. Ti pare il caso?» chiese Miroku, riflettendo.
«Che vuoi dire, Miroku?» chiese l’inu-yokai, perplesso.
«Pensaci. Anna è fuggita nella speranza di tornare una yokai. Ci seguirà sapendo che questo cancellerà le sue speranze?» chiese il monaco.
«Basta darle una botta in testa se si ribella.» sentenziò Inuyasha, guadagnandosi alcune occhiate di rimprovero.
«Anche se la riducessimo all’incoscienza e la portassimo a casa, tenterebbe di nuovo la fuga non appena possibile.» disse Miroku, scuotendo il capo.
«La leghiamo! E’ fin dal principio che lo propongo.» disse Inuyasha, incrociando le braccia sul petto. Tutti sospirarono.
«Io credo che sia il caso di mandarle dietro Sesshomaru, mentre noi ci daremo da fare per offrirle una speranza d’altro genere.- propose Miroku- Andiamo da Totosai e Myoga. Cerchiamo informazioni che le possano essere utili. Credo che perderemmo meno tempo e avremmo più possibilità di condurla a casa. Rin dirà a Sesshomaru in che punto abbiamo perso le tracce di Anna.»
«Ma…» mormorò Kagome, preoccupata per l’amica. Miroku scosse la testa.
«Anna potrebbe abbandonare il suo progetto solo dietro insistenza di Sesshomaru o se le sottoponessimo una soluzione alternativa.- le ricordò- Lasciamo fare a lui. E’ l’unico capace di convincerla.»
Gli altri annuirono, anche se Inuyasha si risentì di dover demandare a chissà quando il piacere di fare una lavata di capo a quella pazza e stupida donna. Faceva proprio il paio con quell'idiota di suo fratello! Non persero altro tempo. Rin e Shippo salirono in groppa alla cavalcatura giunta dal castello e si involarono verso il Palazzo. Inuyasha e gli altri si allontanarono in una diversa direzione, diretti verso la grotta di Totosai.
Kaede rimase a guardarli allontanarsi dalla soglia di casa, ripensando alla giovane straniera che un anno prima, quando ancora era solo una gaijin dagli strani poteri, le aveva detto: «Me la caverò, Kaede-sama. Non preoccupatevi per me.» Sospirando, la vecchia miko scosse la testa. Da quando Anna era entrata nelle loro vite, praticamente non facevano altro.

***

Anna aveva seguito il corso del fiume per quasi tutto il giorno, consumando le provviste che si era portata dietro dal castello. Non poteva più dimenticarsi di mangiare, il suo stomaco era molto preciso nel ricordarle l’ora dei pasti! Sentì anche la stanchezza, cosa che non le capitava più da molto tempo, e qualche volta si fermò a riposarsi. La sera la colse lontana da case o villaggi e dovette dormire all’aperto.
Stanca, si adagiò con la schiena contro un albero e chiuse gli occhi, ampliando le sue facoltà nascoste per tendere al massimo il proprio livello di guardia nonostante il sonno. La notte trascorse in tutta tranquillità e la mattina dopo Anna si svegliò con la schiena a pezzi. Sembrava che ogni parte della corteccia avesse lasciato il suo segno nelle ossa e nei muscoli della giovane donna, che impiegò un po’ di tempo per sgranchirsi. Non aveva mai avuto certi problemi quand’era demone!
Per nulla propensa a lasciare che gli inconvenienti minassero la sua determinazione, Anna si esercitò per un po’ con le spade, poi si incamminò di nuovo. Poco prima di mezzogiorno incontrò una strada in terra battuta e la seguì per un tratto. Non molto più tardi, un carro le passò accanto e Anna chiese un passaggio. Adagiandosi tra le balle di merce che il conducente stava portando a una magione di nobili più avanti lungo la strada, Anna si concesse un altro pisolino.
Non aveva fretta, né al momento viaggiava con uno scopo preciso. L’unica cosa che voleva, ora, era allontanarsi il più possibile dal castello di Sesshomaru. Sapeva che sarebbe occorso parecchio tempo prima di trovare anche solo notizia di un demone abbastanza forte da incuriosirla. Occorreva poi sapere se quest’ultimo si intendeva di magia e se poteva interessargli assorbire il suo potere! Sarebbe stata una caccia lunga e complessa, ma Anna non si preoccupava. Il suo destino era di stare accanto a Sesshomaru, perciò tutto si sarebbe risolto, prima o poi. Questo era ciò che si diceva. A nessun altro pensiero era concesso di venire a galla.
Verso il tramonto, il carretto arrivò a destinazione. Anna si guardò attorno, incuriosita. Si trovava di fronte a una bella casa nobiliare, di apparenza ricca. Numerose guardie pattugliavano il viale d’ingresso.
«Pensi di andare al villaggio? E’ molto più a valle, sai?- chiese il conducente del carro, quando lei fu scesa- Non è sicuro che una donna sola viaggi di notte.» Abbassò lo sguardo sulle spade che la giovane portava ai fianchi e la voce gli si ruppe, incerta. Anna, cercando di coprirsi gli occhi tenendo con le dita l’orlo del fazzoletto che aveva in testa, sorrise.
«Non dovete preoccuparvi per me. So badare a me stessa.» disse, gentile. L’uomo scosse la testa.
«Ti direi di chiedere ospitalità al Signore del palazzo,- sospirò, burbero- ma pare che abbiano problemi con uno yokai. Questa roba qui…» Indicò il contenuto del carretto. «…è tutto materiale per esorcizzare e simili.»
Gli occhi di Anna luccicarono, interessati. Yokai in quel palazzo? Chissà…
«Non ho paura degli yokai. Forse…forse tenterò di chiedere ospitalità al Signore.» mormorò, precedendo l’uomo stupefatto all’interno del cortile. Dopo una breve discussione con una delle guardie, Anna si separò dal conducente e fu fatta attendere vicino all’ingresso. Non molto più tardi, un nobile di mezza età accompagnato dalla figlia si avvicinò per scrutarla.
«Sei tu che chiedi ospitalità?» chiese il nobile, burbero. Anna si inchinò con cortesia, ma all’uomo non sfuggirono i suoi occhi chiari. «Sei una gaijin o…o un demone?!» esclamò, mentre le guardie mettevano subito mano alle lance.
«Sono una mezzosangue, signore. Mio padre venne dal mare, ma sono umana quanto voi.» spiegò Anna con un sorriso, raccontando la storiella che aveva inventato. Il nobile la scrutò, poi annuì.
«Una mezzosangue che se ne va in giro con due spade.- disse, indicando i fianchi di Anna- Sei una guerriera?»
«Qualcosa di simile.» disse Anna, senza scoprirsi troppo. Già la seccava che si fossero accorti dei suoi occhi. Voleva lasciare meno tracce possibili per Sesshomaru e Inuyasha.
«Padre, potrebbe aiutarci contro il demone che ci affligge.» mormorò la giovane figlia, poggiando una mano sul braccio del padre. Questi corrugò la fronte, sempre scrutando la straniera.
«Ti intendi di yokai?» borbottò.
«Abbastanza, mio signore. Ne ho conosciuto qualcuno, durante il mio viaggio.» disse Anna, con un sorrisetto. Annuendo, il nobile le fece cenno di seguirlo. Venne condotta in un’ala posteriore del palazzo, ove viveva la servitù femminile.
«Ecco, cena e riposati dal viaggio.- disse il nobile, burbero- Quando sarà buio ti convocherò e ti spiegherò qual è il nostro problema.»
Di nuovo, Anna si inchinò senza parlare. Cenò piuttosto bene, quella sera, e sorrise nel pensare che quella doveva essere stata la vita di tutti i giorni per Miroku, quando ancora non aveva incontrato Inuyasha e gli altri. Chissà se gli mancava girovagare a quel modo approfittando dell’ospitalità dei nobili? Non poté trattenere una risatina. Poco più tardi, venne chiamata dal signore e le fu raccontata tutta la storia.
A quanto pareva, un demone si era invaghito della figlia del signore e la voleva per sé. Anna faticò a non mettersi davvero a ridere: quella sembrava una copia delle avventure del suo amico monaco. Quello che il signore le disse la deluse un po’, ma d’altronde non si era aspettata di avere successo al primo colpo. Nonostante l’intero castello fosse impaurito, sembrava che il temuto yokai non fosse altro che un demone scimmia particolarmente insistente. Si presentava al castello ogni notte, chiedeva la mano della fanciulla e alla risposta negativa del signore metteva tutto a soqquadro senza che le guardie riuscissero ad acchiapparlo. Si rifugiava sui tetti, era molto agile…e poi scappava, per tornare la notte successiva.
“Insomma, è un gran codardo.- si disse Anna, delusa- Non mi sarà di alcuna utilità.”
Nonostante questo, accettò di aiutare le guardie, quella notte, a tentare di fermare quella fastidiosa scimmia. Avrebbe fatto un po’ di allenamento in vista di scontri futuri, sempre che lo yokai non avesse deciso di scappare…e poi il nobile le aveva promesso dei pezzi d’oro, e se c’era una cosa che non aveva potuto procurarsi al castello era proprio del denaro!
Così, Anna uscì nel giardino, piantonato dalle guardie, guardandosi attorno. Corrugò la fronte. A quanto sembrava, la scimmia entrava sempre dalla porta principale. Era un demone molto sfacciato. Notò i sigilli e le statuette votive che erano state sparse qua e là per il giardino e sorrise. Quella roba non emanava nessuna energia. Era taroccata: qualcuno aveva gabbato per bene il nobile. Con un sospiro, rimpianse di non avere le conoscenze di Miroku e Kagome al riguardo. Sbuffando e allentando la stretta della cinta sulle spade, Anna decise che avrebbe atteso la scimmia in un luogo più elevato.
Lo yokai non si fece attendere a lungo. Poco dopo la mezzanotte, una grande scimmia bipede, vestita con uno yukata tutto macchiato, saltò il muro di cinta spaventando le guardie con alte strida. Sghignazzando, chiamò per nome la figlia del nobile con voce petulante.
«Vattene, dannato demonio!- esclamò il nobile, affacciandosi- Non sei ancora convinto delle nostre parole? Non avrai mai mia figlia!»
«Io la voglio, la voglio, la voglio!- strillò la scimmia, pestando i piedi per terra- Deve essere mia! Io l’ho scelta!»
«Ma lei non ha scelto te!»
La scimmia ebbe un ghigno malefico.
«Non sei ancora stanco di non dormire la notte, vecchio bacucco?- gridò, gli occhi luccicanti di rosso- Vuoi proprio che ti sfasci questa baracca, eh?»
«Guardie, uccidetelo!» ordinò il nobile. Le guardie si fecero sotto con le lance alzate, ma lo yokai saltò via agilmente, cominciando poi a correre in mezzo agli uomini, facendoli cadere come birilli e fracassando tutta la mercanzia che il nobile si era fatto arrivare per santificare la propria dimora. Incalzata dalle lance delle guardie, la scimmia saltò sul tetto della magione.
«Se un maleducato e sciocco essere umano! Avrò tua figlia, costi quel che costi!- stridette, sghignazzando alla volta del nobile, che era uscito in cortile attorniato dalle sue guardie- Io non mollo così facilmente, e…»
La scimmia lanciò un urlo quando una spada gli si conficcò nella mano, trapassandola e inchiodandogli l’arto al tetto. Lo yokai sollevò lo sguardo, stupefatto, e si trovò di fronte Anna, che lo squadrava con commiserazione e disprezzo.
«Sei davvero debole.- commentò Anna- Non mi hai neanche sentita arrivare.»
«Chi…chi sei? Una donna?!- strillò la scimmia, sudando per il dolore- Come osi…»
«Sentimi bene, yokai da quattro soldi.- disse Anna, abbassandosi per parlare con la scimmia a poca distanza- Sei solo una pulce seccante. Ti potrei far fuori senza nemmeno dover combattere contro di te, perfino in questa forma.» Sguainò l’altra katana e la scimmia strillò di nuovo, ritraendosi. «Ma – continuò Anna- di norma sono una persona pietosa. Se giuri di non tornare mai più a disturbare queste persone, ti lascerò andare.»
«Da…davvero?» biascicò la scimmia, lanciando una breve occhiata di sotto, dove tutti attendevano di capire cosa si stavano dicendo i due contendenti.
«Hai la mia parola.- disse Anna, dura- Parimenti, se non ti atterrai al patto ti ucciderò senza ulteriori convenevoli.»
La scimmia impiegò ben poco tempo a riflettere. Si inchinò in modo servile, con un sorriso ampio e falso e così meschino che Anna fece una smorfia.
«Giuro. Giuro quello che vuoi!- gemette la scimmia, mielata- Ti prego, potente signora, lasciami andare e io ti giuro che non importunerò più la figlia del nobile.»
Anna lo scrutò per un istante, poi tolse la spada dalla mano della scimmia, che se la strinse al petto con un uggiolio.
«Vattene.» gli ingiunse, socchiudendo gli occhi blu. La scimmia fece per allontanarsi e Anna le voltò le spalle per scendere dal tetto. Non ebbe bisogno di guardare dietro di sé o di attendere le urla di allarme delle guardie per sapere che il demone le stava saltando addosso a tradimento. Gliel’aveva letto negli occhi prima ancora di lasciarlo andare. Se lo yokai aveva scelto di morire, che fosse.
Anna si voltò con movimento fulmineo, incrociando le spade di fronte a sé come usava fare con i suoi artigli. La scimmia le stava cadendo addosso, dopo aver compiuto un balzo. Anna separò le spade con un movimento secco, alzando al tempo stesso la gamba per un calcio. Il suo colpo incrociato recise la testa della scimmia e il calcio spedì nel cortile il corpo tozzo e sgraziato, evitando che le finisse addosso nell’inerzia della caduta. Il cadavere si disfece in polvere sotto gli occhi stupefatti dei presenti, che presto scoppiarono in grida di giubilo.
«Donna! Venite giù!- la esortò il nobile, al settimo cielo- Sarete ben ricompensata per questo!»
Anna si risistemò sui capelli il fazzoletto, che le stava scivolando all’indietro, e annuì, pur continuando a guardare con aria cupa i resti polverizzati della testa della scimmia. Sì, era ancora abbastanza veloce da uccidere uno yokai così scarso. Ma come se la sarebbe cavata con demoni più potenti? Il paragone con le sue capacità da yokai non poteva che deluderla profondamente e instillarle una certa preoccupazione. Sperava che l’allenamento le avrebbe dato più certezze. Quello che aveva capito, però, era che le due spade non bastavano a garantirle la sicurezza.
Lasciando da parte i dubbi e rimandando a dopo le riflessioni, Anna rinfoderò le spade e scese dal tetto per prendere la sua prima ricompensa come cacciatrice di demoni.

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Capitolo 14
*** 14 - Complicazioni ***


Author's note: Anna si sta cacciando nei guai...grossi guai. Sesshomaru farà meglio a fare in fretta!!

Le spade rotearono attorno ad Anna come falci lucenti, strappando riflessi al sole del pomeriggio e spargendo ovunque minuscole gocce di sangue. Ansimante, con il sudore che le colava in rivoli brucianti dentro gli occhi, Anna si abbassò con uno scatto agile per evitare le fauci spalancate del demone, poi tagliò l’aria con la katana, staccando di netto un’ala alla demoniaca creatura. Questa cadde al suolo con un grido stridulo, mentre la sua compagna si gettava su di lei.
«Maledetta!» sibilò il demone, un serpente volante dalla testa e braccia umane. Le sue mani la afferrarono con forza alle spalle.
«Non sottovalutarmi solo perché sono un essere umano.» fu la replica di Anna, che si lasciò cadere a terra sulla schiena, sorprendendo lo yokai e facendo andare a vuoto il suo morso. Anna affondò entrambe le spade nel petto della creatura, che gridò. Quando le roteò nella ferita, il sangue le sgorgò lungo le braccia e sul petto, una doccia calda e sgradevole che la spinse ad allontanare da sé il corpo del demone con un calcio.
Ansimando, si alzò in piedi. Estrasse le spade dal corpo tremante dello yokai, poi si diede al macabro ma necessario rito del taglio delle teste. Quando ultimò il suo lavoro, rimase in piedi in mezzo all’erba, ansimante, guardando lo sfacelo che le stava attorno. Quel pomeriggio era stata attaccata da ben quattro di quei demoni, forse una famiglia. Dovevano aver avvertito il suo potenziale, o forse avevano solo fame di carne umana. Comunque fosse andata, le erano balzati addosso nel momento in cui si stava decidendo per un riposino all’ombra degli alberi. Era avvilente pensare che Inuyasha li avrebbe ridotti a brandelli nel giro di due secondi con Tessaiga, mentre lei con quelle due katana aveva fatto una fatica del diavolo e aveva pensato almeno in due momenti di stare per rischiare la pelle. Quelli erano demoni mediocri, eppure l’avevano quasi stremata. Sospirò, stanca, e abbassò lo sguardo sulle proprie braccia. Era lorda di sangue altrui. Le lame delle spade erano diventate scure e dovette chinarsi per pulirle sull’erba, lunga e fibrosa. Una fitta la colse alla spalla.
«Ah…perfetto!» imprecò quando si accorse del taglio che le era stato inflitto sulla parte alta del braccio destro. Perdeva un discreto flusso di sangue e quasi a richiamo iniziò a pulsare dolorosamente. Finì di pulire le spade e le infilò alla cinta, poi si portò la mano alla testa per prendere il fazzoletto che le copriva i capelli. Non lo trovò e si guardò attorno, scovandolo infine per metà sotto lo scheletro decomposto di una delle sue vittime. Se lo legò alla ferita con qualche difficoltà, rimpiangendo amaramente lo sprezzo per il dolore fisico che era stata una sua caratteristica demoniaca. Era sopravvissuta perfino con lo stomaco bucato da parte a parte, il veleno di Sesshomaru in circolo e un Kaze no Kizu preso quasi in pieno, e adesso quel taglietto le faceva vedere le stelle! C’era un’ingiustizia di fondo in tutto ciò…
Fasciò il taglio alla bell’e meglio, poi lasciò ricadere le trecce ormai sghembe sulle spalle, togliendo i pezzi rotti dei pettini e delle stecche che aveva nei capelli. Glieli avevano spezzati con un’artigliata. Un paio di centimetri più in là e addio alla testa.
Si asciugò il sudore dalla faccia con un lembo ancora pulito, o perlomeno non insanguinato, del suo vestito, poi recuperò il suo bagaglio. Aveva un bisogno disperato di lavarsi quel sangue da dosso. Le faceva venire il vomito.
Si incamminò, pensierosa, con i muscoli che le facevano un male cane e un principio d’ira profonda che ancora si stava scaldando in fondo al suo stomaco. Era passato qualche giorno dalla sua prima avventura come ‘cacciatrice’. Non che la sua già fin troppo lunga carriera fosse qualcosa di simile a quella di Sango. La tajiya era una vera professionista e aveva armi adeguate per quasi ogni tipo di yokai. Lei aveva solo quelle due spade e qualche erba con cui si era preparata dei tamponi per naso e bocca nel caso avesse incontrato yokai velenosi. Stava studiando il modo di creare delle sfere di polvere esplosiva per prendersi qualche vantaggio sugli yokai più grossi, ma ancora i suoi esperimenti non la soddisfacevano. Alla fine, si trovava sempre a dover combattere con le proprie forze e l’agilità innata che possedeva, e da quel poco che aveva potuto constatare ciò non le dava molta sicurezza.
Il nobile l’aveva pagata, le aveva perfino proposto di continuare a lavorare per lui, ma ad Anna non interessava. Gli aveva chiesto se nella zona abitassero demoni di una certa importanza e il nobile aveva risposto che la scimmia era stato il primo yokai a disturbarli. Evidentemente, quello non era un luogo che potesse darle ciò che cercava.
In quei cinque giorni aveva percorso un bel po’ di strada e si era imbattuta sia in yokai che in briganti. Se l’era vista brutta un paio di volte, tra cui la piccola avventura di qualche minuto prima, ma fino a quel momento non aveva subito ferite gravi.
“Se incontrerò un demone abbastanza potente, dovrò farmi portare a un passo dalla morte.” si ricordò, con un sorrisetto amaro. Il braccio le faceva un gran male. Non ricordava più che il dolore fosse così insistente, negli esseri umani. Avrebbe sopportato una nuova esperienza così simile alla morte?
«Ottima domanda, ragazza.» borbottò, corrugando la fronte. Inutile pensarci. Era ancora molto lontana dalla sua meta. Si rimproverò quando una vocina, dentro di lei, si lamentò di essere già stanca di quello stile di vita. Un sospiro di sollievo le salì alla gola quando, aprendosi la strada fra gli arbusti, trovò una fonte termale, la cui acqua usciva in uno zampillo da una massa rocciosa lì accanto. Dalla grossa pozza partiva un piccolo ruscello che si inoltrava nella foresta, diretto chi sa dove.
«Un dono degli dei.» mormorò, quasi con le lacrime agli occhi. Da quanto non si lavava? Le vennero i brividi al pensiero di quanto dovesse apparire sciatta, poi una risata le sgorgò dalle labbra al pensiero della faccia che Sesshomaru avrebbe fatto vedendola conciata a quel modo. Si guardò, sempre con quella risata un po’ isterica che le gorgogliava in gola. Spettinata, sporca, insanguinata. Il vestito che portava, già modesto di per sé, adesso era una cosa inguardabile e strappata in più punti. I suoi piedi erano ricoperti da uno strato di sporcizia alto un centimetro. Dov’era finita la graziosa principessa del castello?
“Già, dov’è finita?” si chiese. Il suo umore peggiorò all’istante.
Mentre quell'ira ancora vaga le si riaccendeva nel ventre, Anna gettò a terra il suo misero bagaglio, si guardò rapidamente attorno, scandagliando i dintorni con tutta la forza delle sue facoltà, quindi si spogliò, quasi strappandosi i vestiti di dosso nella foga di levarsi dalla pelle il contatto con il sangue viscido. Nuda, sciolse le trecce. I capelli le ricaddero sulla schiena, in ciocche annodate e appiccicose che le spedirono un brivido lungo la spina dorsale.
Disgustata, Anna ammucchiò la propria roba sulla riva, mise a portata di mano le spade, quindi si immerse lentamente nell’acqua calda. Un gemito di puro piacere le scappò dalle labbra quando fu immersa fino al mento nella fonte termale, poi sibilò nel sentire il bruciore in corrispondenza della ferita, ma vi si abituò subito.
«Il paradiso…» sospirò, deliziata, lasciando che i capelli galleggiassero dietro di lei in una scia a cui il sole traeva riflessi d’oro. Rilassandosi nell’acqua, Anna si strofinò con energia, poi afferrò le sue vesti e le lavò vicino al ruscello, in maniera che l’acqua sporca defluisse subito. Tornò poi alla sua postazione, mise i vestiti sull’erba ad asciugare e tornò a rilassarsi nell’acqua. Guardando distrattamente i giochi di luce tra le fronde degli alberi mentre il sole calava, si pettinò i lunghi capelli con le dita. Per un po’ si accontentò di rimanere così, senza pensieri, paga di quel momento di tranquillità. Purtroppo, molto presto le sue preoccupazioni tornarono a farsi sentire, a punzecchiarla con insistenza. Anna sospirò, riunendo i capelli dietro la nuca e appoggiando la schiena alla riva, per poi abbracciarsi le ginocchia con le braccia. Chissà cosa stavano facendo i suoi amici in quel momento? Chissà se Sesshomaru era preoccupato?
Chiuse gli occhi a quel pensiero, sentendo una lama affilata rigirarlesi nel cuore. Erano giorni che non vedeva Sesshomaru. Anzi, a ben guardare non poteva nemmeno contare i due giorni che avevano passato insieme dopo la sua guarigione dalla pazzia…non si erano quasi rivolti la parola! Volendo essere precisi, non passava del tempo con Sesshomaru da prima delle nozze di Sango e Miroku. Sospirò, mentre la bocca prendeva una piega amara.
Sesshomaru era un brutto pensiero. Aveva già abbastanza ripensamenti senza spasimare perché sentiva la sua mancanza. Chissà se si era più arrabbiato o più preoccupato? Fece un sorriso mesto. Chissà che reazione aveva avuto? Era sembrato così ombroso, quasi depresso prima della sua partenza…Di sicuro Inuyasha si era arrabbiato tantissimo. Ridacchiò immaginandosi la scena svoltasi al villaggio di Kaede. Visto che nessuno l’aveva trovata, di certo erano caduti nella trappola. Quanti accidenti le aveva tirato dietro?
Il suo sorriso si addolcì pensando che gli amici dovevano essere preoccupati. Magari la stavano cercando, ma Anna sperava di non aver lasciato tracce troppo evidenti. Se Sesshomaru si fosse messo in testa, di trovarla, però…
Anna corrugò la fronte, incupendosi. Non poteva sperare di avere grande vantaggio su di lui. Sapeva che se si fosse messo d’impegno, Sesshomaru l’avrebbe trovata in breve tempo. Doveva sbrigarsi a trovare un demone potente in grado di fare la fusione, se non voleva veder saltare tutti i suoi piani. Per quanto l’avvenimento potesse averlo sconvolto, Sesshomaru non l’avrebbe lasciata rischiare la propria vita in maniera tanto dissennata. Ed era un’idea dissennata, la sua, se ne rendeva conto sempre di più.
Non pensava avrebbe avuto troppe difficoltà fino al momento fatidico, ma aveva sopravvalutato le proprie forze e le proprie capacità. Era costantemente sul punto di rimetterci le penne. Quanto ancora sarebbe sopravvissuta vivendo a quel modo? Eppure, non poteva vivere accanto a Sesshomaru in una tale condizione di inferiorità. No, non poteva proprio! Quei tentennamenti erano inutili! C’era solo una cosa che poteva fare, e doveva farla!
Arrabbiata con se stessa, ben conscia che la depressione che stava cercando di evitare da più di una settimana era dietro l’angolo, Anna si alzò di scatto per uscire dalla pozza, con un cipiglio battagliero in faccia, facendo schizzare l’acqua ovunque. Fu in quel momento che udì l’ansito alla sua sinistra. Con un gesto fulmineo, acchiappò una spada e la puntò verso l’intruso.
«Chi sei?!» esclamò, rabbiosa. Si trovò di fronte niente di meno che un giovane uomo in armatura leggera, il quale la fissava a bocca spalancata come un pesce spiaggiato. Anna lo fissò a sua volta per un istante, basita, essendosi aspettata un altro yokai o roba simile, poi si ricordò di essere nuda e riaffondò nella pozza con un grido spaccatimpani.
«No…non sono un maniaco!- balbettò l’uomo, caduto a sedere per terra dalla potenza dell’urlo- Chiedo scusa! Davvero, non avevo intenzione…» Teneva le mani davanti a sé come per difendersi, ma evidentemente non riusciva proprio a distogliere lo sguardo da Anna, che lo riempì di epiteti ingiuriosi, rossa fino alla radice dei capelli. In quel momento, una bambina uscì dal folto.
«Zio Tenchi! Zio Tenchi, chi grida?- esclamò la piccola, una ragazzina più o meno dell’età di Rin- Cosa…» I suoi occhi grandi e neri si posarono su Anna, che si zittì. La bambina batté le mani, felice, mentre una vecchia raggiungeva il piccolo gruppo. «Nonna, lo zio Tenchi ha trovato la dea del lago!- strillò la bambina, eccitata- Guarda, ha gli occhi azzurri! Ha i capelli chiari, nonna!»
Anna, pietrificata al suo posto tutta rannicchiata nell’acqua, osservò quelle persone che le erano piombate addosso senza preavviso. La vecchia venne avanti, mentre l’uomo chiamato Tenchi si rialzava e finalmente, imporporato per l’imbarazzo, si decideva a guardare da un’altra parte. La vecchia si affiancò alla bambina e scrutò Anna. La giovane sentì provenire un rozzo potere da lei, qualcosa che la spinse a socchiudere gli occhi in due fessure e a tendere il corpo, come se sentisse l’aria stessa iniziare a vibrare.
«Questa non è una dea, piccola Mi.» disse la vecchia, con voce gracchiante. Vi fu uno scintillio nei suoi occhi, occhi neri e profondi come quelli di un rapace. «Ma forse non ci sei andata troppo lontana.» aggiunse.

***

La prima cosa che Sesshomaru avvertì entrando nella grande magione fu la totale calma e il profondo silenzio. Corrugò la fronte. Tempo addietro, quando ancora la sua vita non aveva subito una rivoluzione completa, questo sarebbe stato un segno che le cose procedevano ordinatamente come lui desiderava, che ognuno era al suo posto e non si perdeva in chiacchiere.
Al momento, però, tutto quel silenzio lo irritò. Non sentiva il fastidioso vociare degli amici di Inuyasha. Non sentiva la voce del fratello che diceva stupidaggini in giro per i corridoi. Non sentiva la risata di Anna, né la sua voce pacata che dava ordini a qualcuno della servitù. Nessun richiamo della voce acuta di Rin. Il suo volto si incupì ulteriormente. Il castello sembrava spopolato…e nessuno era venuto ad accoglierlo! L’impressione subitanea che fosse successo qualcosa mise radici in Sesshomaru.
«Jaken!» chiamò. Non alzò la voce più di tanto, ma il nome del piccolo rospo esplose nel silenzio con tanto fragore che Sesshomaru sentì distintamente un sentimento generale di ansia propagarsi per il castello. Che cos’altro era successo in sua assenza?! «Jaken!» ripeté, dirigendosi con passo deciso verso la stanza che aveva assegnato temporaneamente ad Anna. Ne aprì la porta e la vide vuota, asettica, rassettata, senza un solo segno che Anna avesse recentemente dormito in quella stanza. Sempre più contrariato, Sesshomaru si spostò nei suoi appartamenti. Era sempre possibile che Anna avesse deciso di tornare a dormire nella loro camera da letto, in fin dei conti.
La mano gli si strinse sulla porta tanto da lasciarci i segni delle unghie quando si accorse che anche quella camera non veniva usata da giorni e giorni. Strinse gli occhi ambrati in uno sguardo che avrebbe potuto essere catalogato come ‘assassino’. Anna aveva combinato qualcosa e la scomparsa di Inuyasha sembrava dimostrare la sua complicità con lei. Inoltre, Jaken continuava a non farsi trovare…
«Sesshomaru-sama!» pigolò una voce melliflua e remissiva alle sue spalle. Sesshomaru si voltò lentamente per guardare Jaken.
Il piccolo rospo sobbalzò nel vedere l’espressione sul volto del padrone e fece una fatica del diavolo a non portarsi le mani alla gola, in quanto sentiva già la propria testa sul punto di rotolarsene via, ma cercò di farsi coraggio. Il momento tanto temuto era giunto e lui avrebbe dovuto riferire a Sesshomaru per filo e per segno cos’era accaduto. Cercò di riprendere il controllo di sé, senza accorgersi che invece continuava a tremare, a sudare e a schiarirsi la gola senza riuscire a spremersi una parola di bocca.
«Dove sono tutti, Jaken?» chiese Sesshomaru, con una voce che sarebbe potuta venire dall’oltretomba, tanto era fredda.
«Eh…uh…tutti?» chiese Jaken, balbettando. Sesshomaru lo afferrò per il collo e lo alzò fino al livello del proprio viso, così che Jaken si trovò a guardare dritto negli occhi del padrone. Un brivido terribile lo scosse. Il padrone era furioso! «So…sono andati via, Sesshomaru-sama!- gracchiò, parlando ora così veloce da impappinarsi sulle parole- Dietro ad Anna-sama! Cioè…quando siete andato via è andata via anche lei, ma non sapevamo dove eravate, perciò sono andati Inuyasha e gli altri umani a cercarla e penso che presto torneranno, perciò Sesshomaru-sama non uccidete il vostro povero servitore che non ha mai fatto nulla di…»
La frase fu troncata quando Sesshomaru aprì la mano e lasciò cadere Jaken a terra.
«Anna se ne è andata?» chiese.
«La notte…la notte stessa in cui voi siete partito, mio Signore. Ha preso una delle bestie dalle stalle, qualche provvista e mancano un paio di spade dall’armeria.- gracchiò Jaken, sfregandosi il collo- Volevo avvisarvi, ma voi non mi avete detto dove vi eravate recato!»
«E Inuyasha le è andato dietro.» riassunse Sesshomaru, dando ora pochissima attenzione a Jaken, il quale cominciò a pensare di essersela cavata.
«Erano dell’idea che potesse essere diretta al loro villaggio.» tentò debolmente il rospo. Sesshomaru tornò a fissarlo, con uno sguardo che lo trapassò da parte a parte.
«Al loro villaggio?» mormorò a fior di labbra. Perché Anna avrebbe dovuto andare al villaggio di quegli insulsi umani? Perché si rifugiava sempre là quando qualcosa non andava? Davvero riceveva tanto conforto e sicurezza da quegli stupidi esseri umani? Da Inuyasha e gli altri?
Il solo pensiero di Anna consolata da Inuyasha gli fece rivoltare lo stomaco e negli occhi gli passò un bagliore rosso che strappò un gridolino a Jaken. Sapeva che tra quei due non c’era niente di più che amicizia. Inuyasha amava la sua miko umana. Nonostante ciò, le affinità tra loro lo facevano rodere di gelosia…soprattutto in un momento come quello.
“Mi ha già lasciato, dunque? Non mi ha dato nemmeno il tempo di pensare al da farsi?” pensò, sentendo l’ira montargli in corpo. Anna credeva davvero di liberarsi di lui? Non gli concedeva nemmeno il silenzio e la meditazione, dopo essere tornata un debole essere umano? Riusciva a capire che trauma era stato per lui?!
Respirò profondamente e cercò di calmarsi, rendendosi conto che l’ira lo spingeva a gettare tutta la colpa degli ultimi avvenimenti su Anna, che in realtà ne era la vittima principale. Nonostante ciò, la rabbia contro di lei non passò. Lei non poteva nemmeno osare pensare di lasciarlo a quel modo! Credeva davvero che lui non l’avrebbe ripresa, con la forza se necessario? Era lui a decidere il suo destino. Dopo tutta la fatica che aveva fatto per amarla, non se la sarebbe lasciata scappare solo per un capriccio dettato dall’orgoglio. Non si accorse che questo rispondeva anche a tutti i dubbi che l’avevano lacerato negli ultimi giorni.
Fece per superare un attonito Jaken per uscire dai suoi appartamenti, deciso a recarsi immediatamente al villaggio di Inuyasha e a metterlo a ferro e fuoco per riavere quella donna testarda, quando una vocina ben nota echeggiò nei corridoi.
«Sesshomaru-sama! Sesshomaru-sama!»
«Rin?» sussurrò Sesshomaru.
«Ma…è Rin! Che ci fa qui? Era al villaggio!» disse Jaken, stupefatto. Sesshomaru, per un istante, pensò che Anna avesse ceduto, che Inuyasha avesse per una volta agito in maniera intelligente e l’avesse convinta a tornare a casa…poi si accorse che l’odore di Anna non c’era. Sentiva solo quello di Rin e del piccolo kitsune suo amico.
Un attimo dopo, la bambina e Shippo corsero dentro gli appartamenti di Sesshomaru, fermandosi con il fiatone davanti al gelido demone.
«Sesshomaru-sama!- esclamò Rin, correndo ad abbracciare Sesshomaru- Rin è così contenta che siate tornato! Rin ha sentito la vostra mancanza!»
Sesshomaru accarezzò lievemente i capelli della bimba. La sua sola presenza serviva a restituirgli la calma.
«Rin, sei tornata da sola?» chiese, piano. Rin alzò gli occhi castani su di lui.
«Sesshomaru-sama, dovete andare subito a cercare Anna-nee-chan!» esclamò.
«A…cercare?- disse Jaken- Rin, ma che stai dicendo? Non arrivi dal villaggio di Inuyasha?»
«Anna-nee-chan non è venuta al villaggio di nonna Kaede!» replicò subito Rin, scuotendo la testa. Jaken rimase a bocca aperta. Sesshomaru gelò.
«Rin, spiegati meglio.» le ordinò, a voce bassa.
«Anna-nee-chan ha fatto credere a Inuyasha e i suoi amici di essere venuta al villaggio, ma non era vero!- disse Rin, decisa- Lei è andata da un’altra parte!»
«Ha preparato un tranello per Inuyasha e gli altri.- spiegò Shippo, intervenendo- Ha caricato sull’animale che cavalcava il suo vestito, l’ha macchiato di sangue e ci ha anche legato un paio di ciocche di capelli. Ha ingannato l’odorato di Inuyasha e probabilmente si è allontanata in un’altra direzione coprendo il proprio odore in qualche modo.»
Il volto di Sesshomaru si indurì percettibilmente e Rin gli si aggrappò ancora ad una gamba.
«Sesshomaru-sama, non dovete essere arrabbiato.- lo pregò- Non ho capito molto bene, ma Anna-nee-chan forse è andata a fare una cosa per tornare demone. Lo sta facendo per voi, Sesshomaru-sama!»
Quelle parole attraversarono Sesshomaru come una lancia. Anna stava facendo qualcosa per tornare demone? D’improvviso capì. Anna non era scappata da lui…perlomeno, non per lasciarlo. Se ne era andata per attuare il suo folle piano, l’unico con qualche possibilità di funzionare, per rimarginare il baratro tra loro e tornare demone. In quel momento era in giro da sola, debole e indifesa, a cercare uno yokai dal quale farsi portare ad un passo dalla morte.
«Stupida…» disse a fior di labbra, ma nessuno lo udì.
«Ma Inuyasha dov’è?- stava chiedendo in quel momento Jaken- E i suoi stupidi amici?»
«Ha parlato il rospo geniale.» sbuffò Shippo, facendogli una linguaccia.
«Sono andati da una persona che Rin non conosce.» disse Rin.
«Da Totosai.» specificò Shippo. Rin annuì.
«Da quello lì. Vogliono chiedergli se c’è un modo per far tornare come prima Anna-nee-chan. Miroku ha detto che solo Sesshomaru-sama avrebbe potuto convincere la sorellina a tornare a casa, quindi loro avrebbero pensato a trovare una soluzione per il problema di Anna-nee-chan.»
«Mica stupido, quel monaco…» borbottò Jaken. Sesshomaru la pensava nello stesso modo. In quel momento, però, ben pochi pensieri riuscivano a farsi sentire sopra l’imperativo: trova Anna prima che si faccia ammazzare! Si accorse a malapena del foglietto che Rin gli tendeva.
«Sesshomaru-sama, è qui che hanno perso le sue tracce.» disse la bimba. Sesshomaru lanciò una sola occhiata alla rozza mappa vergata sul pezzo di carta, ma fu sufficiente per memorizzarla.
«Rin…- mormorò- tu conosci il nome completo di Anna?»
La bimba lo fissò per un istante, incerta per quella domanda repentina e apparentemente fuori luogo, poi annuì.
«Anna Etain O’Seal.» compitò, facendo attenzione a pronunciare esattamente quel nome così difficile. Solo lei riuscì a vedere il minuscolo sorriso che stirò le labbra di Sesshomaru. Fu un sorriso che le toccò il cuore.
«Etain. E’ un bel nome.» sussurrò l’inu-yokai. D’improvviso, li lasciò indietro e uscì. I bambini e Jaken gli corsero dietro, Rin con un grande sorriso. Aveva visto la decisione sul viso di Sesshomaru-sama, e iniziava a sentirsi più tranquilla per la sorte di Anna. Sesshomaru-sama l’avrebbe trovata di sicuro!
«Sesshomaru-sama, dove andrete?» chiese Jaken, ansimando per cercare di star dietro al padrone.
«Jaken, tu bada a Rin.- disse Sesshomaru, gelido- Se torna Inuyasha, digli di aspettare qui. Se se ne va di nuovo in giro, lo ammazzo.»
«Anna-chan ha più di una settimana di vantaggio.- disse Shippo- Pensi di farcela a raggiungerla?»
Sesshomaru gli lanciò una brevissima occhiata, ma fu sufficiente per far rizzare tutti i capelli in testa al piccolo kitsune. In effetti, non era stata una domanda intelligente. Stavano raggiungendo l’ingresso, quando una guardia si fece loro incontro, trafelata.
«Sesshomaru-sama! C’è un membro della Grande Famiglia per…» iniziò a dire, prima che il padrone lo superasse senza nemmeno degnarlo di uno sguardo.
«Lascia stare il padrone, non è il momento.» disse Jaken alla guardia con sussiego.
«Ma…è importante!- protestò il soldato, parlando con l’attendente del padrone- Pare che riguardi la nostra hime-sama.»
Sesshomaru si fermò all’istante e Rin quasi andò a sbattere sulle sue gambe. Il demone si voltò verso la guardia.
«Di che si tratta?» chiese, gelido.
«Non…non so con precisione.- balbettò la guardia- L’inu-yokai è alla porta.»
Sesshomaru si diresse verso il portone d’ingresso con passo deciso. Cosa c’entrava ora la Grande Famiglia? Perché si intromettevano in un momento simile? Non gli sembrava probabile che gli portassero notizie di Anna, visto come l’avevano trattata in passato. Il pensiero gli mise il ghiaccio nelle vene. La sensazione di gelo aumentò quando si trovò di fronte uno degli inu-yokai giovani, il cui volto era preoccupato ma al contempo deciso.
«Cosa vuoi?» chiese Sesshomaru, senza nemmeno accorgersi di aver parlato. Aveva già letto la verità sui lineamenti del suo ospite.
«Sesshomaru-sama, vi porto una notizia gravissima.- disse questo, venendo avanti- Gli anziani della Famiglia si sono messi in caccia di Anna-sama.»

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Capitolo 15
*** 15 - L'origine del potere ***


Author's note: Chi è questa vecchiaccia dallo sguardo inquietante? Cosa vuole la Grande Famiglia? E perchè Sesshomaru non si è dato una mossa qualche capitolo fa?!?!

Quando il sole calò all’orizzonte, lasciando la foresta nel buio, Anna sedeva a un fuoco rovente e allegro, le cui fiamme guizzavano alte, mandando scintille. Accanto a lei sedeva la bambina dai capelli neri, Michiko, che le aveva già raccontato di avere sette anni e di essere orfana. Dall’altra parte del fuoco sedeva la strana vecchia dai capelli grigi e gli occhi neri, la bisnonna di Michiko, una donna di cui Anna aveva subito avvertito il carattere forte e un certo potere latente. Si chiamava Harune ed era la nonna del giovane uomo che stava ancora raccogliendo legna, in preda all’imbarazzo per l’equivoco di poco prima. Era lo zio di Michiko, fratello della madre della piccola, e faceva il soldato personale di un nobile che abitava a cinque giornate di viaggio.
«Lo zio Tenchi è venuto a prenderci per portarci con lui.- stava raccontando Michiko, mentre sua nonna si metteva a cucinare una zuppa- Dice che nel suo castello saremo al sicuro.»
«Non è il mio castello, piccola Mi.» protestò debolmente l’uomo, imbarazzato. Non riusciva a guardare in faccia Anna, la quale, dal canto suo, non gli portava rancore per l’incidente. Tenchi e la bimba cercavano solo acqua per le loro borracce.
«Però ci vivi, zio Tenchi, quindi è anche tuo.» disse la bambina, cocciuta, strappando un sospiro allo zio. Michiko sorrise ad Anna per avere supporto e la giovane donna le rispose allo stesso modo, mentre si passava le dita nei capelli ancora umidi. Sentendosi osservata, lanciò un’occhiata di sbieco alla vecchia Harune e vide i suoi occhi neri e rapaci fissi su di lei con uno sguardo provocatorio e malizioso.
«E tu come ti chiami, signora?» chiese Michiko.
«Io non sono una signora!- rise Anna, toccandole la punta del naso con il dito- Mi chiamo Anna.»
«Anna-san! Diventiamo amiche, Anna-san?» chiese la bambina, entusiasta. Anna annuì, non le costava niente rendere allegra per una sera quella bambina sfortunata. La sua storia non somigliava a quella di Rin, ma aveva subito a sua volta molte disgrazie. Chissà quanti bambini, in quell'epoca, crescevano orfani? «Perché hai i capelli di questo colore, Anna-san?- chiese Michiko, toccandole i capelli con meraviglia- Sei un demone o una dea?»
«Michiko!» protestò Tenchi, imbarazzato, ma la vecchia Harune scoppiò a ridere, una risata roca e assolutamente divertita.
«La piccola Mi ha preso da me l’abitudine a fare domande dirette.- sghignazzò la vecchia, fissando Anna con quello strano sguardo- Anch’io sono curiosa, ragazza. Dicci cosa sei.»
«Al momento, né demone né dea.- sbuffò Anna, un po’ contrariata dall’atteggiamento di Harune- Sono un essere umano come voi. Solo, vengo da un Paese molto lontano.»
«Oh, non sei come noi.- disse la vecchia, rimestando la zuppa- Perlomeno, non come loro.» Indicò con il pollice nipote e nipotina. «Forse sei più simile a me.» I suoi occhi brillarono ancora. Anna, dopo qualche titubanza, annuì.
«Se parli del potere che sento dentro di te…sì.- ammise, seria- Presumo tu abbia avvertito il mio. Tu come ti definisci?»
«La gente direbbe che sono una strega.» sghignazzò Harune.
«Oh, nonna, ti prego!- protestò Tenchi, per poi guardare Anna- In realtà la nonna ama fare scena. Sa fare qualche incantesimo, usa le erbe e sente avvicinarsi gli yokai, ma niente di più.»
«Non dire così! La nonna è potente!- protestò Michiko- Lo sai, Anna-san, che la nonna riesce a vedere il passato delle persone nel fuoco?»
Anna fissò la vecchia. Una strega…non ci aveva pensato. Non si sentiva minacciata da quella donna, ma finalmente capiva perché si sentiva a disagio. Era il primo essere umano che aveva un potere personale, come lei, ben diverso da quelli spirituali di monaci e sacerdotesse. Si chiese se non fosse il caso di rivelare i suoi scopi a quella donna. Forse avrebbe potuto aiutarla, o darle informazioni preziose.
«Il mio potere è diverso.- disse infine- Io attraggo ed esalto il potere altrui, specialmente quello dei demoni.»
Harune sollevò un sopracciglio grigio.
«Questo ti mette in costante pericolo, o mi sbaglio?» chiese la vecchia.
«E’ ciò che voglio.- disse Anna, scrollando le spalle- Sto cercando un demone da assorbire e far mio.»
Ebbe la soddisfazione di vedere la vecchia spalancare gli occhi per la sorpresa. Tenchi trattenne il fiato mentre la piccola Mi, non avendo capito, li guardava alternativamente, curiosa.
«Un incantesimo di fusione. Sai farlo, tu?- chiese Harune, ma Anna scosse la testa- Allora ne rimarrai vittima, lo sai?»
«Sono già sopravvissuta una volta. Sopravviverò di nuovo.» disse Anna. Vi fu un momento di silenzio.
«La tua storia dev’essere interessante, ragazza.- disse Harune, con un sorrisetto- Coraggio, ora mangiamo. Dopo ci ringrazierai per l’ospitalità narrandoci il tuo passato.»
Il gruppetto mangiò la zuppa, poi gli adulti attesero che Michiko si addormentasse. Tenchi si mise a rintuzzare il fuoco, mentre le due donne si fronteggiavano alle due estremità del falò.
«Ebbene, ragazza mia, cosa ti spinge ad un’impresa tanto rischiosa?» chiese infine Harune, interessata.
«Un anno fa, un demone mi rapì e tentò la fusione con me. Io lo assorbii senza averne l’intenzione e diventai un demone a mia volta. Uno yokai con anima umana.- raccontò Anna, brevemente- Purtroppo, allo scadere del primo anniversario di questo avvenimento, il sangue yokai ha preso il sopravvento, causandomi la pazzia.»
«Kami-sama…» mormorò Tenchi. Anna lo guardò. Sembrava più preoccupato per lei che impaurito e non poté fare a meno di sorridere per la sua natura gentile. In quel momento le giungeva gradita.
«Le persone che mi sono state accanto da quando sono arrivata in questo Paese mi hanno aiutata a guarire.- disse, sbrigativa- Purtroppo, la cura si è rivelata drastica. Sono tornata un essere umano.»
«E non ne siete contenta?- chiese Tenchi, affannato- Mia signora, essere uno yokai dev’essere terribile!»
«In realtà non era cambiato nulla in me, solo il mio potere era cresciuto.- spiegò Anna, sempre sorridendo- Ora sto cercando un demone da assorbire, per tornare com’ero.»
«Perché?» chiese Harune, con la sua voce roca. Anna rifletté. Non voleva lasciarsi andare a confidenze, non era il tipo da raccontare i fatti suoi a chicchessia. Decise di dire la verità, ma di restare sul vago.
«Io desidero proteggere le persone che amo.- disse, guardandosi le mani- In questa forma, non solo non sono loro di alcuna utilità, ma li metto in condizione di dover salvaguardare la mia vita. Questo non mi sta bene.»
«Preferisci rischiare di morire?» chiese Harune, scettica. Anna annuì. «E loro lo sanno?» continuò la vecchia. Anna sorrise, poi scosse la testa. L’anziana strega rimuginò in silenzio per qualche momento.
«Ti posso insegnare a fare l’incantesimo di fusione senza farti sbranare.- borbottò infine, facendo fare un tuffo al cuore di Anna- Prima, però, devo conoscere bene i limiti del tuo potere. Come funziona?»
«Io…» iniziò Anna, entusiasta, con gli occhi che le brillavano. Poi, un pensiero. «Io…in realtà non lo so.- ammise, stupita- Come essere umano, non ho mai davvero usato il mio potere. Non so nemmeno da dove arrivi.»
La vecchia annuì, come se se lo fosse aspettato.
«Va bene, allora facciamo così.» borbottò. Allungò una mano verso di lei. «Dammi tre capelli.»
Anna, perplessa, staccò tre capelli dalla sua chioma e li passò alla vecchia, che li arrotolò e se li infilò sotto il vestito.
«Li porterò su di me per tre giorni, poi li getterò nel fuoco e guarderemo nel tuo passato per scoprire l’origine del tuo potere.- disse, burbera- Solo così saprò se posso insegnarti quell'incantesimo.»
Anna annuì, ancora sbalordita di aver avuto una tale fortuna. Conoscere l’incantesimo ed essere in grado di attuarlo da sé avrebbe ridotto della metà i rischi da correre! Finalmente la fortuna girava anche per lei! Tenchi si alzò e prese la propria lancia per andare ad ispezionare i dintorni, scusandosi con un mormorio. Anna si alzò a sua volta, le spade in mano.
«Almeno permettetemi di aiutarvi a fare la guardia.- disse, sorridendo- Sono meno sprovveduta di quanto posso sembrare.»
Tenchi sorrise, imbarazzato ma contento, e i due si allontanarono nel buio del bosco. La vecchia Harune guardò i due e un sorrisetto le comparve sul volto rugoso. Chissà che entro tre giorni non riuscisse ad accasare il giovane Tenchi e a guadagnare un’apprendista?

***

Sui rami più alti di un abete, alle pendici delle montagne, un nugolo di piccoli demoni volava compiendo ampi cerchi, allontanando gli uccelli. Erano piccoli demoni servitori, spiriti deboli che si erano assoggettati alla Grande Famiglia di Inu-yokai per avere una possibilità in più di sopravvivere. In quel momento stavano aspettando nuovi ordini da coloro che stavano discutendo, in piedi sui rami resinosi.
«E questo è tutto?» chiese il vecchio Tashiki all’inu-yokai che era andato a fargli rapporto.
«Per ora.- ammise quest’ultimo- E’ presto per disperare, Tashiki-sama. I nostri servitori setacciano il territorio in un ampio raggio e prima o poi scoveranno le sue tracce.»
«Ricordatevi di non dare nell’occhio.- lo ammonì Tashiki, corrugando le grigie sopracciglia- Sesshomaru è a Palazzo, i suoi occhi sono ovunque. Non vogliamo che venga a rovinarci questa occasione speciale.»
«Pare non si sia ancora mosso dal castello, Tashiki-sama.» commentò l’inu-yokai.
Tashiki annuì, pensieroso. Era strano che il loro Signore non si fosse ancora mosso alla ricerca della sua consorte umana. Stando ai resoconti delle sue spie, ella era fuggita, non era stata scacciata da Sesshomaru. Allora come mai il Principe dei Demoni non era ancora andato a prenderla? Perché le faceva correre tutti i rischi a cui un debole essere umano era soggetto viaggiando da solo in una terra piena di demoni assetati di sangue e di umani non meno pronti a recidere una vita? Ai suoi occhi la cosa non aveva senso. A meno che…
«Ritenete possibile che il nostro signore si sia stancato di lei, Tashiki-sama?» chiese l’inu-yokai, dando voce ai suoi pensieri.
«Mi sembra una soluzione troppo facile.- mormorò Tashiki, pensieroso- Non vorrei che la troppa sicurezza ci facesse cadere in un tranello. In ogni caso, approfitteremo di ogni attimo che Sesshomaru ci lascerà.»
«Potrebbe non voler vivere accanto ad un essere umano…ad una mortale.» continuò a ponderare l’altro. Sì, la sua teoria non era balzana. Dopotutto, qualcosa del vecchio Sesshomaru doveva essere rimasto, tralasciando il malsano periodo di convivenza con quella Anna. Sesshomaru aveva sempre avuto il cuore duro, era diverso da suo padre. Probabilmente la condizione umana di lei era sufficiente a fargli perdere interesse…ma sarebbe stato troppo bello per essere vero. In ogni caso, la donna andava ammazzata.
«Tashiki-sama!»
I due inu-yokai si voltarono al suono della voce. Una yokai dai capelli neri, seguita dalla sua personale scorta di piccoli demoni, li raggiunse in pochi balzi.
«Shiratsu, cosa c’è?» chiese Tashiki.
«Tracce, Tashiki-sama.- disse lei, con un sorrisetto- Abbiamo trovato traccia del passaggio di quella donna. Si dirige laggiù. Ha poco vantaggio su di noi.» Indicò una fila di alte colline, piuttosto lontane, alla loro sinistra. Tashiki stirò le labbra in un sorriso crudele.
«Signori, radunate gli altri.- disse- La preda è stata individuata.»

***

Anna osservava l’alta linea di colline davanti a lei, mentre sostava al limite di uno strapiombo erboso, con il vento che le scompigliava i capelli. Tutti i suoi sensi erano all’erta. Su quelle colline vivevano dei demoni e alcuni di essi erano potenti. Inoltre, sentiva un pericolo avvicinarsi. La sensazione le fremeva nelle ossa, un senso di urgenza le si comunicava per tutto il corpo.
“Devo sbrigarmi a fare ciò che devo.” pensò. Sentiva attorno a sé una minaccia quasi palpabile, pur non sapendo da dove arrivasse. Voltò le spalle alle colline e si incamminò verso il resto del gruppo, che riposava accanto a un corso d’acqua. Erano già due giorni che viaggiava insieme alla famiglia di Harune e quella sera la vecchia avrebbe attuato il suo incantesimo, insegnandole poi quello di fusione. Anna non vedeva l’ora. Stare con loro era piacevole, ma la faceva cadere in una sorta di letargo. Era troppo facile dimenticarsi della propria situazione stando in mezzo ad altri esseri umani, per di più simpatici e cordiali. Inoltre, lei rappresentava un pericolo per loro, visto che attraeva demoni come una calamita. Meglio farla finita alla svelta e prendere un’altra strada…che possibilmente portasse in mezzo a quelle colline. Tenchi sbucò da dietro un albero.
«Oh, eccoti! Ci chiedevamo dove fossi.» le disse, sorridendo.
«Controllavo i dintorni.- disse Anna, scrollando le spalle- Si riparte?»
«Ancora no, Michiko sta facendo un pisolino.» disse Tenchi, ridendo e facendole cenno di seguirlo. Anna gli camminò dietro, guardandolo con una certa tenerezza. Aveva capito che Tenchi si era preso una sbandata per lei e pur essendone lusingata sperava che il soldato se ne sarebbe dimenticato presto. Era molto discreto, gentile…davvero adorabile. In pratica l’esatto contrario di Sesshomaru. La vecchia Harune, di quando in quando, faceva battutine allusive e il povero giovane arrossiva fino alla radice dei capelli. Sorrise tra sé al pensiero di cosa avrebbe detto Sesshomaru se avesse saputo che un uomo le faceva la corte. Cercò di non pensare a quello che avrebbe fatto al malcapitato. Povero Tenchi…per fortuna Sesshomaru era lontano. Il pensiero la incupì.
«Oh, eccovi.- li accolse la vecchia, tendendo loro due tazze- Vi ho preparato qualcosa di rinfrescante da bere.»
«Grazie, nonna.» disse Tenchi, prendendo la tazza e bevendo d’un fiato. Anna annusò prima il contenuto.
«Che cos’è?» chiese, sospettosa.
«Erbe. Fanno bene e ridanno energie.» disse Harune. Anna bevve, convinta, e la vecchia si sfregò le mani. Quella era una pozione d’amore. Aveva impiegato gli ultimi due giorni a cercare le erbe adatte e finalmente aveva potuto somministrarla a quella donna tanto cocciuta. Era una donna forte di carattere e con il potere. Harune desiderava averla per apprendista, dando al contempo un po’ di felicità al nipote. Quando Anna abbassò la tazza la fissò con occhi luccicanti di trionfo. Quella pozione funzionava alla prima occhiata. Anna guardò Tenchi…e non successe niente.
«Ho tempo per allenarmi un po’?» chiese, tranquilla.
«Fai pure. Concedo alla piccola Mi ancora una mezz’ora di sonno.» rispose Tenchi, ignaro delle trame di sua nonna. Anna sorrise e si alzò, allontanandosi per allenarsi con le spade, senza accorgersi che la vecchia Harune la guardava a bocca aperta. La pozione non aveva funzionato! Era la prima volta che assisteva a un simile fallimento! Guardò il nipote, che si era sdraiato e contemplava il cielo. Sbuffò.
Non sapeva come fosse possibile, ma quella Anna aveva bevuto la pozione senza fare la minima piega. Questo significava solo una cosa: c’era già qualcuno nel suo cuore, qualcuno che l’aveva legata a sé con una magia molto più potente di quella di Harune. Di che si trattava? Chi occupava il cuore di quella donna, così in profondità da resistere perfino alla magia? Rassegnata, la vecchia osservò l’allenamento di Anna. Quella ragazza le piaceva: peccato non averla per nipote.
Più tardi, quella sera, il gruppetto era riunito attorno a fuoco intento a consumare la cena.
«Stasera attuerai l’incantesimo, vecchia Harune? I tre giorni sono passati.» chiese Anna, gettando il rametto su cui aveva arrostito il pesce. La vecchia borbottò qualcosa, poi annuì. Mentre anche gli altri finivano di mangiare, estrasse da sotto il vestito i capelli di Anna, arrotolati in una cordicella.
«Tagliati un dito, ragazza.» borbottò. Anna non se lo fece ripetere. Prese il suo pugnale e si praticò un taglio al dito, da cui sgorgò qualche goccia di sangue, suscitando un gridolino inorridito di Michiko. Harune intinse i capelli nel sangue, poi guardò Anna come a voler cercare conferma. Negli occhi chiari della giovane non c’era alcun tentennamento, così Harune gettò i capelli nel fuoco sotto lo sguardo curioso di tutti. Per qualche momento l’aria fu piena della voce roca della vecchia, che cantilenava parole magiche facendo strani gesti con le dita; il fuoco tremolò e divenne azzurro, poi viola.
«Ecco, il fuoco del passato ci darà la visione.- disse la strega, soddisfatta per il risultato- Vediamo da dove arriva questo tuo potere.»
Anna, intenta, vide presto formarsi due visi all’interno delle fiamme. Tenchi e Michiko osservarono con preoccupazione il suo volto farsi pallido, i suoi pugni stringersi. La bambina le sfiorò un braccio, ma Anna nemmeno se ne accorse.
«Li conosci, no?» chiese Harune, stuzzicando il fuoco con un legnetto. Anna annuì. Nel fuoco vedeva le immagini dei suoi genitori. Sua madre, una bella donna italiana dai capelli e gli occhi scuri, da cui lei aveva ereditato la testardaggine, l’astuzia e la tendenza ad agire prima di riflettere. Suo padre, un uomo irlandese, biondo con gli occhi azzurri, allegro e facile al riso, buono come il pane ed estremamente riflessivo. I genitori che non vedeva da una vita, da molto prima che la magia la portasse nella Sengoku Jidai.
«Sono i miei genitori.» rispose, e la voce le si incrinò sull’ultima sillaba. Suo padre era morto da quasi cinque anni. Sua madre aveva divorziato da lui più di dieci anni prima ed era tornata in Italia senza la figlia. Ogni tanto Anna era andata a trovarla, ma il rapporto fra loro si era incrinato da un pezzo. Aveva lasciato la casa della nonna paterna e se ne era andata a studiare in Inghilterra pur di lasciarsi alle spalle il passato, per poi tentare addirittura di trasferirsi in Giappone. Ciononostante, i nomi che portava riassumevano l’amore di quelle due creature così diverse, che lei conservava nel cuore. Chissà se sua madre si era preoccupata per la sua scomparsa? Chissà come l’aveva presa la dolce nonnina che viveva nel Connacht?
«Il tuo potere è di discendenza paterna.- disse Harune, riportandola al presente- Ma in tuo padre non è manifesto. Forse la linea del sangue è quella femminile. Torniamo indietro ancora un po’.»
Anna vide il viso della nonna paterna quando non poteva avere più di trent’anni. Giocava con il suo piccolo e aveva ancora i suoi magnifici capelli rossi.
«Sì, in lei il potere c’è. Lo senti?» chiese Harune, sempre stuzzicando il fuoco. Anna si concentrò e lo avvertì. Sì, c’era del potere in lei. Forse per questo tra loro era sempre esistito un rapporto speciale?
«Vai più indietro.- disse, con voce atona- L’origine non è qui.»
Harune fece un gesto e il tempo scorse all’incontrario all’interno delle fiamme purpuree. Centinaia di volti femminili e maschili si succedettero, la maggior parte di fisionomia prettamente irlandese. Il vorticare delle immagini dava alla testa e Anna avvertì una lieve nausea allo stomaco. I pesci che aveva mangiato facevano le bizze. Poi, finalmente, l’immagine si fermò. Nel fuoco c’era il viso di una bella donna, che somigliava molto ad Anna.
«E’ lei l’origine?» chiese, piano.
«E’ lei…e non è lei.- borbottò Harune, seccata perché qualcosa limitava la sua visione- Siamo andati molto indietro nel tempo e dietro questa immagine se ne nasconde un’altra. Se solo riuscissi…»
Mentre Harune borbottava, Anna scrutò la figura. Aveva i suoi stessi capelli, i suoi stessi occhi. La pelle era pallida quanto la sua, i lineamenti potevano essere quelli di una sorella o una cugina di sangue. Chi era quella donna, da cui il suo potere era stato ereditato? Sperando di far bene, Anna si riaprì il taglio al dito e versò alcune gocce del suo sangue direttamente nel fuoco. Al suo interno vi fu un rombo, l’immagine tremolò, poi d’improvviso al viso della donna se ne sovrappose un altro. Anna perse il fiato e la bocca le si seccò. I lineamenti erano quelli di prima…ma la donna aveva ora capelli d’oro e occhi azzurri! Gli stessi colori che lei assumeva come demone!
«La somiglianza è molta.» mormorò Tenchi.
«Perché questa donna ha due facce?» chiese Michiko, perplessa.
«Non saprei dire, piccola Mi.- disse Harune, lanciando un’occhiata veloce ad Anna per poi concentrarsi sul fuoco- In ogni caso, se l’intuito non m’inganna, questa è una dea.»
«Una dea?!» esclamarono all’unisono Tenchi e Michiko, stupiti. Anna impallidì.
«Etain?» mormorò, piano. Il fuoco arse più vivo in risonanza con il nome e la strega guardò la giovane donna.
«La conosci?» chiese.
«Io…forse.- balbettò Anna, portandosi una mano alla fronte- Il mio secondo nome è Etain. E’…è il nome di una dea antica della mia gente. Ma è solo una leggenda. Solo…» Già, e anche gli yokai erano leggende, no? Smise di balbettare stupidaggini. Era evidente che anche nel suo mondo, un tempo, demoni e dei esistevano.
«Conosci la sua storia? Potrebbe esserti utile.» disse Harune, socchiudendo gli occhi neri. Anna annuì.
«Era una dea solare, una dea della vita. Era così agile che spesso veniva ritratta come una dea cavallo. So anche che sapeva produrre una musica melodiosa.» Si zittì per un istante, desumendo da queste caratteristiche la sua capacità di dare e togliere la vita e l’innata agilità che la accompagnava anche quando era un essere umano. «Lei…si innamorò di un dio, ricambiata, ma egli aveva già una moglie. Essa maledisse Etain e la costrinse a cambiare più volte forma. Il dio perse le sue tracce e i due innamorati furono allontanati definitivamente.» Sospirò, trovando analogie con la propria condizione. Quante volte lei e Sesshomaru erano stati separati? Scrollò le spalle. «Poi, lei si incarnò in un essere umano. Non aveva memoria, si sposò e costruì una propria famiglia.»
«E dalla sua discendenza sei nata tu.- finì per lei Harune- Sbaglio se ritengo che tu sia la sua ultima erede?»
Anna annuì, stupita.
«Il ramo principale della famiglia muore con me.» ammise, piano.
«Ma i due innamorati non si ritrovarono più?» chiese Michiko, triste. Anna sorrise.
«Lui la cercò così tanto che la ritrovò.- disse- Etain recuperò i suoi ricordi e i due innamorati si trasformarono in cigni, volando nel lontano regno oltre il mondo degli uomini, dove avrebbero potuto vivere insieme per tutta l’eternità.»
Vi fu qualche istante di silenzio, mentre Anna assimilava la notizia sconcertante. Lei era l’ultima discendente di una dea? Per questo il suo corpo umano cercava continuamente un potere forte per completare se stesso? Era ridicolo che lei fosse invece diventata un demone…ma non era poi la stessa cosa? La donna nel fuoco le somigliava troppo per pensare a una banale coincidenza.
«Insomma, il tuo, pur se diluito, è potere divino.- riassunse la vecchia strega, passando una mano sopra il fuoco e cancellando l’immagine- Posso insegnarti la magia di fusione. Ho paura, però, che tu sarai costretta a ripercorrere in qualche modo le tappe della vita di quella dea, ragazza mia. Porti il suo nome e termini la sua discendenza. E’ un segno.»
«Percorro quelle tappe già da un pezzo. Ho cambiato forma molte volte, sono stata esiliata altrettante…e poi…» mormorò Anna, pensierosa.
«Anche tu hai un innamorato che ti cerca, Anna-san?» chiese Michiko, curiosa. Anna sorrise, e fu un sorriso così dolce e malinconico che Tenchi abbassò lo sguardo e la vecchia Harune sospirò. Come pensava, c’era qualcuno che aveva stregato il cuore di quella donna.
«Sì, piccola Mi, anche se non so se in questo momento mi sta cercando.» rispose, piano, toccandosi con fare distratto la base del collo.
«Oh, ti cerca di sicuro.- disse la bambina, decisa- La storia di quella dea finisce bene, perciò finirà bene anche la tua.»
Anna la guardò, sbalordita, poi rise.
«Ammiro la tua sicurezza piccola Mi.- disse, accarezzandole i capelli neri- Speriamo che…»
«Non ci sarà nessun lieto fine.»
La voce, dura e severa, sbucò dal nulla alle loro spalle. Anna si alzò con uno scatto felino, sguainando le spade, mentre Tenchi afferrava la sua lancia e Harune faceva scongiuri. Lentamente, alcune sagome si profilarono nel buio. Erano circondati e nessuno di loro era stato all’erta per una simile eventualità.
«Maledizione!- sibilò Anna, tra i denti, poi gridò- Chi siete?! Fatevi vedere!»
«Risparmia il fiato, donna impura, perché stai per morire.» rispose la voce. La sagoma che aveva di fronte venne alla luce. Anna perse il fiato quando l’anziano della Grande Famiglia le si parò davanti.

***

Finalmente una piccola traccia.
Sesshomaru si chinò sui resti di un bivacco. Risaliva ad almeno una settimana prima, ma questo non era un problema. Per lui, l’odore di Anna era come del color oro che dipingesse tutti i luoghi in cui lei aveva sostato. Non poteva fare a meno di avvertirlo con il naso, come non poteva fare a meno di ricostruire i suoi movimenti con l’istinto. Aveva una fretta immane, dopo aver sentito le notizie del giovane inu-yokai, ma per il momento sembrava che nessuno fosse riuscito a trovare Anna prima di lui.
Era sempre più sorpreso della sua astuzia e di come fosse riuscita a mettere tutti in scacco per così tanti giorni. Nonostante questo, ormai lui era sulle sue tracce e tra pochi giorni l’avrebbe acchiappata e riportata di peso a casa, a costo di legarla e imbavagliarla. Poi avrebbe sterminato la Grande Famiglia. Si sentiva preda della vertigini al pensiero che lei si fosse messa di sua spontanea volontà in una situazione tanto assurda, che stesse cercando la morte con tanto accanimento pur di riuscire ad assorbire di nuovo il potere di uno yokai. D’altronde, era stato lui, Sesshomaru, a metterla alle strette. Forse si sarebbe accontentata della sua natura umana se lui non l’avesse tenuta in così palese disprezzo.
Si rialzò in piedi, rigido e pallido. Non riusciva a credere di aver tenuto un comportamento tanto stupido. Per quanto non riuscisse a sopportare il pensiero che Anna fosse così vulnerabile e dovesse un giorno morire, lui l’amava. Questo non era cambiato. Ogni minuto senza di lei era una tortura. Forse un giorno avrebbe conosciuto una sofferenza ancora maggiore, era vero, ma Sesshomaru non era un vigliacco. Desiderava vivere con lei ogni istante che gli fosse stato concesso.
“Era questo che mio padre provava?- si chiese- Era questo il sentimento che non riuscivo a comprendere?”
Sarebbero rimasti insieme, comunque fosse andata. Lei era sua, e lui…sì, anche lui aveva dato se stesso a lei. Era già pronto a ricevere la notizia che gli sforzi di Inuyasha non erano valsi a trovare una soluzione, perciò l’unica cosa che doveva fare era trovare Anna, riportarla a casa, e amarla con tutta la sua forza senza pensare al futuro. Il suo cuore piangeva, ma era meglio del silenzio ottuso in cui si era trincerato fino a pochi giorni prima.
D’improvviso, una fitta lacerante gli si propagò lungo il collo. Riconoscendola, Sesshomaru si portò una mano alla spalla, mentre il suo cuore perdeva un battito. Sentì subito il caldo appiccicoso del sangue, i margini gonfi della ferita. Impallidì.
In quello stesso momento, Anna era stata ferita gravemente. Il suo corpo umano, così fragile e indifeso, era stato ferito. La Grande Famiglia doveva aver trovato Anna e lui aveva interi giorni di svantaggio su di loro. Una furia immensa riempì Sesshomaru. I suoi occhi divennero rossi e mentre si lanciava nella corsa si trasformò in cane argentato.
Chiamando incessantemente il nome di lei nella sua mente, Sesshomaru attraversò la foresta come un lampo bianco dagli occhi assassini.

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Capitolo 16
*** 16 - La soluzione a portata di mano ***


Author's note: Perdonate ritardo e silenzio, ma sto vivendo un momento delicato per il mio futuro...abbiate pazienza! Chiedo scusa per avervi lasciato in un punto ostico, ora rimedio...forse!! XD

Sapeva che sarebbero stati troppi per lei…troppi, e troppo forti. Anna se ne rese conto fin da quando li vide sbucare dal folto, formando un anello che si stringeva sempre più intorno a loro. Digrignò i denti. La Grande Famiglia era l’ultima cosa che si fosse aspettata. Anzi, a dirla tutta non l’aveva nemmeno annoverata tra i pericoli che avrebbe potuto correre. E questo perché? Perché, cullata dall’invulnerabilità di cui godeva in qualità di consorte di Sesshomaru, si era dimenticata di essersi fatta quel nemico mortale. Una dimenticanza fatale.
“Brava, Anna. Tanti complimenti al tuo brillante ingegno. Nemmeno ti ricordi di chi ti ha minacciato di morte.” ebbe il tempo di pensare, irritata con se stessa.
Gli inu-yokai balzarono addosso al piccolo gruppo. Anna attaccò a sua volta, ben sapendo di essere tremendamente più debole di loro. Cos’avrebbe potuto fare contro sette inu-yokai, lei sola, con quelle due ridicole katana? Ma c’erano gli altri tre da proteggere, loro non sapevano combattere gli yokai.
Le furono addosso in men che non si dica. Anna menò fendenti furiosi, lanciando rauche grida di frustrazione mentre agitava le spade come mulinelli per non permettere loro di metterle le mani addosso. In qualche modo li fece recedere, così poté piazzarsi di fronte a nonna e nipote, che si tenevano abbracciate vicino al fuoco. Tenchi era stato colpito da un manrovescio e giaceva a terra, gemente.
«Che diavolo volete da me?!» disse Anna, tra i denti, osservando con odio quell'assemblea di morte. Il vecchio Tashiki sorrise, un sorriso di gelido disprezzo.
«La tua vita ci appartiene, donna impura.- disse il vecchio inu-yokai- Ti sei sottratta per fin troppo tempo alla giusta punizione. O forse non ricordi il delitto che ti macchia?»
«Storie!- disse Anna, tenendo le spade di fronte a sé e controllando al contempo i movimenti degli altri inu-yokai- Ho ucciso quel cane per non diventare sua schiava. Non lo considero un delitto.»
Tashiki storse il sorriso in una smorfia, guardando Anna dall’alto in basso.
«Inutile sperare che uno stupido essere umano comprenda le leggi che governano gli yokai.- disse, sprezzante- Ma a noi non importa che tu capisca. Ci importa solo che tu muoia.»
«Come essere umano, non sono soggetta alle vostre leggi.» ritorse Anna.
«Ma quando hai commesso il delitto, lo eri.» commentò uno degli altri inu-yokai.
«Sesshomaru vi ucciderà tutti, se oserete torcermi un capello.» disse Anna, sollevando il mento in segno di sfida. Questo spense per un istante la sete di sangue degli yokai, ma non per molto. Tashiki sorrise di nuovo.
«Io credo che Sesshomaru-sama ti abbia abbandonata.- disse, con voce insinuante- Come si spiega, altrimenti, il fatto che tu sia qui, da sola, in balia di chiunque desideri la tua vita?»
Anna strinse i denti, deglutendo un rospo piuttosto amaro. Non credeva che quelle parole le avrebbero fatto tanto male. Lei era fuggita, non era stata scacciata, ma questo non nascondeva il fatto che era riuscita a prendere un buon margine su Sesshomaru, sempre che lui fosse partito alla sua ricerca. Ebbra del suo successo, non aveva pensato che se aveva fatto tanta strada significava che Sesshomaru non si era preoccupato di seguirla. L’aveva lasciata al suo destino? L’aveva già allontanata dal suo cuore?
Tashiki fece un passo avanti e Anna sollevò le spade, recuperando la posizione di guardia. Non era il momento di lasciarsi andare a certe elucubrazioni. C’era in gioco la sua pelle, ora.
«E va bene. Venite avanti, se volete morire.- disse, esibendo un sorrisetto micidiale- Mi basta il solo tocco per togliervi la vita.»
Di nuovo, il vecchio inu-yokai si fermò e gli altri attesero, in silenzio, che trovasse una soluzione per quel problema a cui non avevano pensato.
«Anna-san, chi è questa gente?- pigolò la piccola Mi, tra le braccia della bisnonna- Perché ci vogliono attaccare?»
«A dopo le spiegazioni, piccola Mi.» tagliò corto Anna, senza lasciare il vecchio Tashiki con lo sguardo. La vecchia Harune borbottava fra sé preparando un incantesimo. Quando Tashiki mise in mostra gli artigli, di nuovo sorridendo con una luce maligna negli occhi, Anna seppe che il suo bluff non aveva funzionato.
«Non abbiate timore, amici miei. La donna ha perso il suo potere.- disse Tashiki, trionfante- Le spade che tiene in mano…proprio quelle mani che dovrebbero essere letali…ne sono la prova! Non avremo paura di una stupida arma, non è vero?»
Ciò detto balzò di nuovo addosso ad Anna, seguito a ruota da tutti gli altri. D’improvviso, un mare di fuoco si propagò dal falò, rispondendo all’incantesimo della vecchia Harune e investendo tutti, accecandoli.
«Cercate di scappare nella foresta!- gridò Anna in mezzo alle grida di sorpresa, rivolgendosi ai tre che le fiamme avevano nascosto alla sua vista- Vogliono me! Li distrarrò io!»
Non ricevette risposta e in ogni caso non avrebbe potuto sentirla. Quelle fiamme illusorie soffocavano anche i suoni. Una mano artigliata sferrò un colpo che la mancò di un centimetro, lacerando però il tessuto della manica sinistra del suo yukata. Imprecando, Anna si fece indietro, guardandosi attorno freneticamente. Le fiamme erano una cortina impenetrabile. Non bruciavano, ma non permettevano di vedere nulla a più di cinque centimetri dal suo naso. Se confondeva gli inu-yokai, altresì non le permetteva di capire dove questi fossero, né da che parte dirigersi per cercare di scappare.
Un viso segnato dall’ira e dalla confusione comparve nel suo raggio visivo. Trattenendo un grido a quell'improvvisa apparizione, Anna tirò indietro il braccio e affondò la lama quanto più poteva in mezzo alla fronte dell’inu-yokai, che gridò e cadde all’indietro nelle fiamme, strappandole di mano la katana. Anna si guardò di nuovo attorno, frenetica, stringendo convulsamente nel pugno la katana rimasta. Scariche di adrenalina le correvano lungo i vasi sanguigni, facendole formicolare le dita. Sentiva la testa che stava per scoppiare per la tensione. Non aveva mai avuto tanta paura in vita sua. Il pensiero di Sesshomaru era diventato un imperativo nella sua mente e per la prima volta le balenò nel cervello la possibilità di morire senza poterlo rivedere un’altra volta.
Sentì delle grida, attutite, e pregò con tutte le sue forze che non si trattasse dei suoi recenti amici. Era sufficiente sapere di essere spacciata senza dover aggiungere altre tre vittime innocenti ai rimorsi che le gravavano sull’anima. Poi, una donna sbucò dalle fiamme dritta davanti a lei.
«E’ qui!» gridò la inu-yokai, balzando addosso ad Anna. La giovane cercò di proteggersi con la spada, ma la sua avversaria era troppo forte per lei. Fortunatamente sembrava che non avessero voglia di sbranarla…forse temevano un incantesimo di fusione. Anna cadde a terra, perdendo il fiato mentre la inu-yokai l’afferrava per le braccia. Anna strinse i denti e sferrò un ginocchiata nel ventre della yokai prima che questa stringesse troppo la presa. Ottenne un breve momento di libertà e ne approfittò. Ficcò le unghie negli occhi alla yokai, che strillò e le rifilò un manrovescio che le fece vedere le stelle. Con il sangue che le sgorgava dalla bocca, Anna affondò la katana nel fianco della inu-yokai, rotolando poi via dalla sua presa, scalciando le sue mani e tornando a nascondersi tra le fiamme. Purtroppo, queste stavano scemando di intensità, segno che l’incantesimo stava per esaurirsi.
Anna si alzò sulle ginocchia, cercando di resistere al dolore pulsante alla mascella, un dolore che si propagava su fino all’occhio, dandole l’impressione che stesse per esplodere. Non aveva più armi, a parte un piccolo pugnale. Sperò almeno di aver ammazzato i due inu-yokai che aveva colpito. Sul primo ci avrebbe messo la firma, ma per la seconda…
D’improvviso, una mano l’afferrò per lo yukata, strattonandola. Anna, con un grido soffocato, si trovò ad essere sollevata di peso da terra e scaraventata per aria. Andò a sbattere con la schiena contro un tronco con violenza tale che ebbe la precisa sensazione di spezzarsi in due. Senza fiato, tremante per il dolore, cadde bocconi, respirando in rantoli d’agonia. Non ricordava di aver mai provato un dolore simile, nella sua precedente vita umana. Respirare le faceva male. Doveva esserlesi spezzata una costola…o forse due. Il braccio sinistro non rispondeva e le faceva un male cane. L’articolazione della spalla doveva essere lussata.
Alzò lo sguardo, e poté vedere cinque inu-yokai farlesi incontro, tra le ultime fiammelle guizzanti sull’erba. Poco distante giaceva il cadavere dello yokai al quale aveva trafitto il cranio. La donna, come prevedeva, era ancora viva e si teneva a distanza, ringhiando. Inorridì quando vide i corpi senza vita poco distante.
«Li avete uccisi.» disse, senza emettere alcun suono. Nessuno rispose. Gli occhi di Anna si riempirono di lacrime di rabbia e dolore. Poteva vedere i piedini di Michiko, stesa accanto al corpo della nonna, che giaceva in una pozza di sangue. Tenchi era caduto contro le radici di un albero. Aveva entrambe le braccia spezzate ed era morto con un’espressione di orrore stampata sul volto. I suoi occhi aperti, vuoti, erano fissi su di lei. L’unico loro errore era stato incontrarla…e per questo erano morti.
«Perché li avete uccisi?!- gridò Anna, fissando gli yokai con furia impotente, versando loro addosso il suo odio con quanto fiato il dolore le permetteva di usare- Perché?! Volevate me, non avevate alcun bisogno di far loro del male! Erano semplici esseri umani!»
Tashiki si abbassò quanto bastava per afferrarla per il braccio lussato e trascinarla in piedi. Anna non poté reprimere un grido di dolore, anche se cercò di soffocarlo mordendosi le labbra a sangue. Sapeva che le sue parole non avevano avuto nessun significato per loro. Li odiò ancora di più per questo.
«Giocate un po’ con lei, amici.- disse il vecchio Tashiki, sospingendo Anna contro uno degli yokai- Non uccidiamola subito. L’avvenimento dev’essere festeggiato come si conviene.»
Iniziarono a passarsela l’un l’altro, spingendola con violenza, ferendola, stringendola crudelmente sulle ferite che già le avevano procurato, riempiendole il corpo di tagli non profondi ma dolorosi. Anna non disse una parola, non produsse un lamento. Non voleva dare loro quella soddisfazione, nonostante non avesse più la forza di reagire alle loro percosse. Sapeva che stavano solo scherzando, che si stavano burlando di lei facendola penare nel fisico mentre la insultavano.
Infine, quando fu troppo dolorante e malconcia anche solo per barcollare tra uno spintone e l’altro, venne lasciata a terra come un mucchio di stracci. Quando il vecchio Tashiki la sollevò a metà da terra, afferrandola per i capelli, i suoi occhi ancora scintillavano di sfida e disprezzo, nonostante la sua pelle fosse ricoperta di sangue.
«Questo è ben poco rispetto a ciò che i tuoi crimini meriterebbero, ma purtroppo il tuo corpo è umano e non è adatto alle lunghe torture.- disse il vecchio inu-yokai- In omaggio alla dignità con cui stai morendo, sarò io a strapparti personalmente la testa dal collo.»
Gli inu-yokai ulularono di soddisfazione, pregustando il sapore del sangue che presto avrebbero bevuto. Era sottinteso che si sarebbero divisi le spoglie, una volta che Tashiki avesse compiuto l’esecuzione. Il vecchio torse ulteriormente la testa di Anna, tanto che il suo collo delicato parve sul punto di spezzarsi.
«Hai finito di sviare gli intenti di Sesshomaru-sama, donna impura.» mormorò l’inu-yokai, con un lampo negli occhi.
“Sesshomaru è miliardi di volte migliore di voi.- pensò Anna, trattenendo il pianto- Sesshomaru ha dei sentimenti, cosa che voi non capirete mai, campaste mille anni!”
Tentò di esprimere il suo pensiero, ma le labbra le si mossero senza produrre suono. Tashiki, curioso di sentire le ultime parole della condannata, si chinò su di lei. Uno sputo lo centrò nell’occhio, facendolo illividire dal furore.
«Muori, dannata!» ringhiò, preparandosi a dilaniarle la gola con i suoi artigli. Anna chiuse gli occhi, sopraffatta dall’orrore di quella morte tanto stupida, lontana dalle persone che amava.
«Che ci fanno dei puzzolenti inu-yokai nel territorio degli okami-yokai?» disse una voce arrogante. Il colpo micidiale si fermò a mezz’aria.
«Che diavolo volete, voi?» ringhiò un inu-yokai.
«Le domande qui le facciamo noi. Cos’è questo casino?» replicò la voce. Anna aprì gli occhi a fatica. Quasi non riuscì a credere ai suoi occhi. Accanto ai corpi degli umani assassinati c’era una quindicina di okami-yokai. Questi erano alle spalle di un giovane yokai dai capelli neri, vestito di un corto abito di pelliccia, che guardava i cadaveri con aria critica e cupa. Anna non l’aveva mai incontrato di persona, ma lo riconobbe. Era un incontro insperato, ma poteva essere la sua unica occasione per sopravvivere.
«Abbiamo una faccenda da sistemare.- disse il vecchio Tashiki, con un ringhio minaccioso- Non ci intralciate.»
«Qualsiasi cosa sia, andate a farla altrove.- disse lo yokai dai capelli neri, sprezzante- Noi…»
«Ko…Koga! Aiutami!» gridò Anna, con tutto il fiato che le era rimasto. Vide gli occhi chiari dello yokai spalancarsi per la sorpresa nel sentirsi chiamare per nome da una sconosciuta donna umana, poi Tashiki la colpì con durezza alla tempia e Anna precipitò in un nero gorgo di incoscienza.

***

«Eccoci qua.» disse Inuyasha, lasciando che Kagome scendesse dalla sua schiena. Guardò gli amici, stremati per quel viaggio fatto di fretta con ritmi serrati. «Sentite, restate qui a riposare.- propose- Vado su io. Quei due sarebbero capaci di non rispondere, se capiscono che siamo di nuovo qui per Sesshomaru.»
«Non hai tutti i torti.» disse Miroku, scendendo dalla groppa di Kirara con un sospiro stanco. Quanto tempo era che viaggiavano con quel ritmo? Anche Kirara si trasformò subito, acciambellandosi con un miagolio.
«Siamo tutti stanchi. Approfittiamone per rilassarci un po’.» disse Sango, accarezzando la pelliccia di Kirara.
«Inuyasha, fatti dire qualsiasi rimedio venga loro in mente.» gli raccomandò Kagome, guardandolo con occhi preoccupati. Inuyasha annuì, poi le diede un bacio sulla fronte e si incamminò su per la collina, diretto alla fucina di Totosai.
Era passata circa una settimana da quando, seguendo le tracce di Anna, erano arrivati al villaggio di Kaede, dove invece li attendeva uno stupido fantoccio macchiato di sangue e decorato da capelli come festoni. Inuyasha ancora non ci poteva pensare: come diavolo era venuto in mente a quella stupida donna di depistarli a quel modo?! Chissà dov’era in quel momento? Chissà se quel testone di Sesshomaru si era finalmente dato una mossa ed era partito per cercarla? Inuyasha sapeva che la piccola Rin aveva molto ascendente su suo fratello, ma sapeva anche che quel dannato ghiacciolo era un cocciuto di proporzioni cosmiche e questo non lo lasciava tranquillo. Purtroppo Miroku aveva ragione: solo Sesshomaru era in grado di far tornare un po’ di buon senso in quella bionda testa dura.
Inuyasha sospirò gravemente, corrugando la fronte. La situazione era molto peggiore di quello che aveva pensato in un primo tempo. Non credeva che Anna sarebbe stata così stupida da andarsene in quel modo, rischiando la pelle ad ogni passo per le strade di un Giappone in guerra, con tutti i banditi e i demoni che non aspettavano che di fare un’altra vittima. Era veramente da stupidi cercare a quel modo la morte, senza contare l’idiozia massima, ovvero l’idea di trovare un altro yokai da cui farsi sbranare per ottenere la fusione! Anna doveva proprio avere qualche rotella fuori posto di cui nemmeno Sesshomaru aveva mai sospettato l’esistenza. Eppure, quella stupida lo faceva per avere la sicurezza di poter vivere accanto a Sesshomaru senza invecchiare né morire in breve tempo.
Inuyasha si incupì ancora di più. In quei giorni aveva pensato più di una volta a quanto lui e Kagome fossero fortunati. La Shikon no Tama li aveva uniti per sempre senza cambiare le loro essenze, ma lasciando a Inuyasha la forza per proteggere Kagome e donando alla ragazza una vita da yokai perché il loro amore non si consumasse con la velocità di uno di quei fiammiferi dell’era moderna. Inuyasha era stato pronto a vivere con Kagome a costo di qualunque sacrificio. L’amava troppo per non farlo. Forse grazie a questa forza, la Shikon no Tama aveva fatto tanto per loro. Nonostante questo, Inuyasha non aveva scordato tutti i gravi pensieri che l’avevano afflitto e le visioni del futuro che spesso lo avevano assillato quando ancora non aveva deciso cosa fare di se stesso. Sapere che il suo tempo con Kagome sarebbe stato breve gli aveva dilaniato il cuore. Per questo, sentiva di comprendere in parte ciò che aveva spinto Anna a prendere una decisione tanto assurda. Dall’altra, desiderava che suo fratello la fermasse. Lei ormai era un essere umano…quel colpo di testa era un vero e proprio suicidio. Sperava che i vecchi consiglieri di suo padre avessero qualche buon suggerimento da dargli.
«Ehi, Totosai! Myoga!» chiamò, avvicinandosi alle mascelle spalancate dell’antro di Totosai. Una minuscola figura saltellante uscì, dirigendosi con entusiasmo verso di lui.
«Signorino Inuyasha, che sorpresa! Sono così felice di vede…» La frase fu bruscamente interrotta quando Myoga, che era diretto al naso di Inuyasha, si spiaccicò sul palmo della mano che lo yokai aveva aperto protettivamente davanti alla propria faccia.
«Ehi, vecchio, c’è Totosai?» chiese Inuyasha, deciso.
«E’ dentro, signorino Inuyasha.- disse Myoga, riprendendosi e saltandogli su una spalla- Spero non ci siano altri problemi con…»
«Ci sono.» tagliò corto Inuyasha, entrando nella fucina. Vide Totosai che lucidava i propri arnesi con aria serafica, piuttosto indifferente alla sua visita.
«Toh, Inuyasha.- disse, quasi annoiato- Spero tu mi venga a portare i ringraziamenti di quello sciagurato di tuo fratello. E’ veramente maleducato a non…»
«Abbiamo un problema.» esordì Inuyasha, sedendosi a gambe incrociate e fissando con intensità il vecchio fabbro.
«Ancora?!- sbottò Totosai, sbattendo il martello sull’incudine- Nessuno vi ha mai detto che siete peggio delle pulci, benedetti ragazzi?»
«Oi, Totosai! Con questo cosa vorresti dire?!» insorse Myoga, piccato.
«L’anello Seishin ha funzionato in modo anomalo.» disse Inuyasha, inserendosi nel diverbio. Totosai si grattò la testa.
«Che significa che ha funzionato in modo anomalo?- borbottò- Non sarete stati voi a combinare qualche disastro? Ero stato molto chiaro nello spiegarvi come usare il manufatto di Kun Yan.»
«Signorino Inuyasha…state dicendo che l’anello non ha funzionato?- chiese il vecchio Myoga, preoccupato- Mi risulta difficile pensare che Kun Yan abbia fallito.»
«No, no, l’anello ha funzionato!- disse Inuyasha, sbuffando- Anche troppo!»
«Che significa anche troppo?» disse Totosai, seccato.
«Significa che quando Sesshomaru ha usato quell'anello su Anna, le ha tolto tutto il potere!- disse Inuyasha, battendosi un pugno sulla coscia- Tutto, mi spiego?! Anna è tornata ad essere un normalissimo essere umano!»
«Beh, certo.» sbottò Totosai, annuendo con solennità.
«E’ ovvio.» asserì Myoga. Un secondo dopo, due enormi bernoccoli crescevano sulla testa di Totosai, mentre Inuyasha digrignava i denti pronto per un terzo colpo e stringeva al contempo tra due dita il povero vecchio Myoga.
«Che cavolo significa ‘beh, certo, è ovvio’?!» urlò Inuyasha, furibondo.
«Era ovvio che sarebbe successo, no?» disse Myoga, semi spiaccicato, con voce strozzata.
«Voi non ci avevate detto nulla del genere!» ringhiò Inuyasha.
«Ah, no?» chiese Totosai, svanito.
«No!- gridò Inuyasha, poi cercò di calmarsi lasciando andare Myoga e passandosi una mano sul volto- Sentite, come posso farvi capire? Ci avevate detto che l’anello poteva guarire Anna e invece l’ha fatta tornare un essere umano. Riuscite a immaginarvi che shock è stato per lei e per Sesshomaru?»
«Bah, quante storie.- sbuffò Totosai, puntando su Inuyasha un dito nodoso- Tuo fratello dovrebbe imparare a non tenere il muso per ogni cosa che gli accade.»
«Stiamo parlando della sua donna, diamine! La donna che ama!- disse Inuyasha, inviperito dall’apparente ingenuità dei due vecchi yokai- E’ ovvio che sia rimasto sconvolto.»
«Il signorino Sesshomaru sconvolto…- mormorò Myoga- Non riesco davvero a immaginarmelo.»
«Beh, e il problema dove sta?» chiese Totosai, svogliato, tornando a lucidare il suo martello.
«Cosa significa questa frase?- disse Inuyasha, irato- Ma te lo immagini mio fratello che sta con un essere umano? No, vero? Beh, nemmeno lui, né Anna! Quei due rischiano di separarsi a causa di quello sciagurato anello, quindi sarà meglio che adesso facciate andare le meningi e che troviate una soluzione a questo problema!»
I due lo guardarono, attoniti.
«Signorino Inuyasha, state dicendo che il signorino Sesshomaru ha abbandonato Anna?» chiese Myoga, preoccupato. Inuyasha sospirò.
«Non ancora…ma il suo contegno negli ultimi giorni è stato pessimo e non so cosa potremo aspettarci.- disse, tornando a sedersi di botto, cupo in volto- Inoltre, quella sciagurata di Anna è scappata chissà dove per cercare un altro yokai con cui fare la fusione.»
«Cosa?! Ma è…è pericoloso!» esclamò la vecchia pulce, saltellando per la preoccupazione.
«Certo che lo è! E’ questo il nostro problema.- disse Inuyasha, acido- Ci serve una soluzione alternativa. Spremete quei cervelli, coraggio.»
Totosai sospirò, scuotendo la testa.
«Benedetti ragazzi, volete sempre la pappa pronta…quando c’è di mezzo l’amore non capite più niente, eh?» disse. Inuyasha strinse le labbra, poi si accorse che il vecchio era intenerito, cosa del tutto nuova nel suo repertorio.
«Signorino Inuyasha, la soluzione al problema era nello stesso anello Seishin, per questo non abbiamo aggiunto altro.- disse il vecchio Myoga- Non credevamo che nessuno di voi avesse intuito…»
«Avesse intuito cosa?- sbottò Inuyasha- Anna se lo è infilato, quel dannato anello, ma non è successo assolutamente nulla!»
«Come se lo è infilato?» chiese Totosai, con le palpebre a mezz’asta.
«Cos…in che senso, scusa? Se lo è infilato al dito, come altro avrebbe potuto infilarselo?!» disse Inuyasha, sospettando che lo stessero prendendo in giro.
«In che direzione puntava la testa di serpente con la perla, signorino Sesshomaru?» chiese Myoga. Inuyasha ristette, perplesso, cercando di ricordare com’era fatto l’anello.
«Beh…all’esterno, no?» borbottò, sfiorandosi l’anulare nel ricordare Anna che sfilava Seishin dal dito di Sesshomaru e lo provava su di sé.
«Ah, beata ingenuità.- sbuffò Totosai, incrociando le braccia sul petto- Era ovvio che non avrebbe funzionato!»
«Se la perla punta verso l’esterno, può operare solo una magia aggressiva, signorino Inuyasha.- spiegò Myoga, vedendo che Inuyasha stava perdendo la pazienza- Può sottrarre il potere, cosa che è avvenuta, e può permettere a colui che lo porta di utilizzare quello stesso potere in forma aggressiva.»
«Ovvio che questo non può restituire il potere a quella donna.- disse Totosai, alzando un dito per sottolineare le sue parole- Per fare ciò, dovrà indossare l’anello Seishin al contrario, e…»
«Solo questo?!- esclamò Inuyasha- Tutto questo casino perché non si è infilata l’anello nel senso giusto?!»
«E dovrà pronunciare l’incantesimo di fusione.- continuò Totosai, seccato per l’interruzione- Ce l’avrete da qualche parte negli archivi di Palazzo, no? Fateglielo studiare. Mi sorprende che a Sesshomaru non sia venuto in mente.»
Inuyasha aprì la bocca un paio di volte, poi scosse la testa.
«No, Anna ha fatto delle ricerche, ma non l’ha mai trovato e nemmeno Sesshomaru lo conosce.» disse, infine.
«Mmh…in questo caso la faccenda si complica. L’avevo dato per scontato.» borbottò Totosai.
«Voi non lo conoscete?» chiese Inuyasha, frustrato. I due scossero la testa.
«Signorino Inuyasha, la giovane Anna dovrebbe aver sentito le parole dell’incantesimo, quando ne fu vittima.» gli ricordò il vecchio Myoga. Inuyasha si batté il pugno sul palmo.
«Ma certo! Potremmo andare da quella dea della memoria!- disse, riflettendo ad alta voce- Se le portiamo Anna, forse riuscirà a far venire a galla dai suoi ricordi le parole dell’incantesimo.» Rimase un attimo in silenzio, ripassando mentalmente le informazioni che aveva ricevuto.
«Quindi dobbiamo trovare Anna, farle indossare quell'anello all’incontrario e poi farle pronunciare l’incantesimo di fusione.- riassunse- Ma…riassorbendo il suo potere non è che andrà di nuovo fuori di testa?»
«No, l’anello le consentirà un passaggio graduale.- assicurò Myoga- Ma di questo potremo parlare in seguito, non vi pare?»
«Giusto, ora la cosa urgente è ritrovare quella pazza scatenata.» disse Inuyasha, alzandosi in piedi.
«Ce l’ha ancora Sesshomaru, l’anello Seishin?» chiese Totosai. Inuyasha rifletté, poi annuì. Ciò significava che per prima cosa dovevano parlare con Sesshomaru e accertarsi che avesse ancora l’anello. Gli venne un brivido al pensiero che il fratello potesse aver fatto la stupidata di liberarsene in un raptus di rabbia.
«Bene, grazie dell’aiuto.» disse, dirigendosi verso l’uscita. Poi, come per un ripensamento, si voltò di nuovo verso di loro con un sorriso maligno sul volto. «Chissà cosa dirà Sesshomaru quando saprà che tutto questo casino è successo solo a causa di due vecchi parchi di parole?»
Essendosi preso la piccola soddisfazione di veder sbiancare e sudare Totosai, Inuyasha se ne andò a passo svelto. Ovviamente non avrebbe detto al fratello che quei due avevano dato per scontato che capissero una cosa tanto importante, altrimenti i vecchi yokai non sarebbero vissuti ancora a lungo. In ogni caso, sperava che le buone notizie avrebbero smosso Sesshomaru, se non erano riuscite a farlo le parole di Rin. Tornò dagli amici, che avevano passato il tempo cercando di fare un pisolino.
«Ehi, sveglia, ragazzi!- esclamò, balzando davanti a loro- Ho in mano la chiave del successo!»
«Inuyasha! Hai trovato una soluzione?!» esclamò Kagome, sorpresa, alzandosi subito in piedi. Inuyasha annuì, con un sorriso confidenziale.
«Ne ho solo una parte, ma come inizio dovrebbe bastare. Coraggio, torniamo a Palazzo.- disse- Ci sono un paio di cose che Sesshomaru deve sapere.»

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Capitolo 17
*** 17 - Nella tana degli okami-yokai ***


Author's note: Koga, aiutaci tuuuuu!!!!!!!

Fu principalmente la difficoltà di respirazione a far riemergere Anna dal mare dell’incoscienza. Tornò in sé e subito venne assalita dal dolore. Dolore al costato, al braccio, al viso…Sentiva bruciori dappertutto, forse un segno che le sue ferite si stavano infettando. Rimase immobile, cercando di non dare segni di vita, ascoltando con attenzione i rumori che le giungevano per capire se lo scontro fra inu-yokai e okami-yokai fosse ancora in corso. Le giunsero voci, qualche risata, un ringhio non troppo lontano. Tutto echeggiava in una strana maniera. L’aria era piuttosto umida e sapeva di minerale.
“Una grotta.” si disse Anna. Sospirò di sollievo, cercando di ignorare il dolore micidiale che le trafisse il petto. Se si trovava in una grotta, ancora viva, significava che la Grande Famiglia aveva perso la sua preda e che per il momento la sua vita era salva. Sempre che Koga e i suoi non l’avessero portata laggiù per assaggiarla con comodo...
Scacciando dalla sua mente quei timori che non l’aiutavano per niente, Anna si sforzò di aprire gli occhi. Le sue palpebre impiegarono qualche istante a recepire l’ordine. Per gli dei, se era acciaccata! Si stupiva di essere ancora viva, dopo tutti i colpi che le avevano inferto! La prima cosa che i suoi occhi videro fu la roccia scura sopra la sua testa. Girò il collo con fatica e vide di trovarsi in una piccola nicchia rocciosa, in alto nella grotta. Sotto di lei gozzovigliava il branco degli okami-yokai.
Cercò di controllare le proprie condizioni. Era stesa su una pelle, coperta da altro pellame che la teneva al caldo. Del suo yukata era rimasto ben poco e questo aveva permesso a un’anima buona di curarle le ferite, anche se in modo molto raffazzonato. Sui tagli le erano state applicate foglie da cui colava un impiastro puzzolente, forse un medicinale.
«Ecco perché bruciano.» borbottò, con una smorfia. Il braccio era stato rimesso in sede e bendato sommariamente, forse nell’attesa di sapere se quell'umana meritava o meno altre cure.
“Dovrei già essere soddisfatta di star qui sdraiata piuttosto che a terra con la gola squarciata dagli artigli di quel vecchiaccio.” pensò Anna, con una smorfia. Si riadagiò sulle pelli, cercando di mantenere il respiro poco fondo per non sentire troppo male.
Le immagini dello scontro con gli inu-yokai le solcarono la mente e Anna chiuse gli occhi con una smorfia addolorata. La vecchia Harune, la piccola Mi e il cordiale Tenchi….Morti, uccisi per avere avuto la sfortuna di incontrarla. Anna sentì le lacrime pungerle gli occhi, ma era troppo stanca perfino per piangere. Povera famiglia sfortunata…Altro sangue umano le macchiava le mani, benché non lo avesse versato in prima persona. C’era atto peggiore che uccidere un essere indifeso?
Sussultò allo sfocato ricordo del suo bagno di sangue, quando aveva trucidato un’intera compagnia di soldati. Strinse i pugni, poi trattenne un grido per il dolore all’articolazione della spalla e si costrinse a rilassarsi. Non si poteva tornare indietro. Doveva convivere con la consapevolezza di aver compiuto quegli orrori e di avere degli innocenti sulla coscienza.
«Sei discendente di una dea.» le aveva detto la vecchia Harune, poco prima dell’attacco. Beh, il potere divino era corrotto, ormai. Chissà, magari la prossima fusione sarebbe avvenuta con successo totale, grazie al fatto che si era macchiata dei crimini usi a tutti gli yokai? Sorridendo amaramente, si passò una mano sugli occhi, che non riuscirono comunque a spremere più di un paio di lacrime. Tanto per dare il tocco finale alla sua sfortuna, la vecchia Harune non aveva avuto il tempo di insegnarle l’incantesimo. Era tornata al punto di partenza: doveva trovare uno yokai che conoscesse l’incantesimo e che tentasse di fare la fusione con lei. Doveva spingersi fino al proprio limite vitale, e poi…
«Ti sei svegliata.»
A quell'affermazione, pronunciata a pochissima distanza da lei, Anna aprì di nuovo gli occhi. Seduto con le braccia conserte all’ingresso della nicchia di roccia, stava Koga. Era la prima volta che Anna poteva vederlo di persona. Lo yokai la fissava con occhi gelidi e sospettosi, la coda di capelli neri gettata su una spalla. Anna riconobbe però in lui la traccia lasciata da Kagome: Koga non sembrava remoto e insensibile come tutti gli yokai. Prova ne era che l’aveva salvata.
«Ti devo ringraziare.- mormorò Anna, parlando quasi in rantoli- Avete combattuto o hanno abbandonato il campo?»
«Chi? Quei cagnacci?- chiese Koga, con un sorriso sprezzante- Li abbiamo fatti scappare con la coda tra le gambe.»
«Ben fatto.» mormorò Anna, con un sospiro di sollievo.
«Non ti abbiamo salvata, se proprio lo vuoi sapere.- disse Koga, sbuffando- Mi hai solo incuriosito perché mi hai chiamato per nome.»
«Quale che sia il motivo, ti ringrazio di non avermi fatta uccidere.» disse Anna.
«Questo non spiega chi tu sia, che c’entri con loro e come fai a sapere il mio nome.- disse Koga, duro- Avanti, donna, sputa il rospo prima che perda interesse e ti faccia rotolare a calci fuori da questa grotta. Chi diavolo sei, tu?»
«Io…il mio nome è Anna.- spiegò Anna, toccandosi con una smorfia le costole fratturate- Sono un’amica di Kagome.»
Furono le parole magiche. Koga si alzò a sedere dritto, con gli occhi illuminati da un principio di gioia, come se Kagome stesse per entrare nella grotta da un momento all’altro.
«Un’amica di Kagome?- chiese l’okami-yokai, cercando di mantenere un certo contegno- Allora è lei che…che ti ha parlato di me?»
Anna annuì per non dover spiegare tutti gli antefatti e sorrise tra sé nel vedere quanto Koga fosse ancora innamorato di Kagome, nonostante cercasse di non assillarla con le sue visite da quando lei aveva scelto Inuyasha davanti a tutti. Inoltre, avergli detto della loro amicizia le avrebbe probabilmente evitato di venire scaricata da sola nel bosco in quelle condizioni miserevoli.
«Beh, e che ci fa un’amica di Kagome in balia degli inu-yokai?- chiese il demone, corrugando la fronte- Non sarà un pasticcio combinato da quel cucciolo di cane di…»
«No, Inuyasha non c’entra nulla.- gli assicurò Anna- In verità il problema riguarda solo me.»
«Spiegati. A me i misteri non piacciono.» tagliò corto Koga, con una smorfia.
Anna gli raccontò la storia a grandi linee, partendo dalla sua trasformazione in demone e dalla sua relazione con Sesshomaru, per finire con la crisi del suo sangue e il suo conseguente ritorno alla condizione di essere umano.
«Per la Grande Famiglia è una buona occasione di farmi fuori senza tante complicazioni.- sospirò, ormai senza fiato- Per quanto mi riguarda, sto cercando un demone con cui fondermi nuovamente, così tornerò da Sesshomaru.»
Ci fu un breve momento di silenzio, in cui Koga cercò di assimilare quelle informazioni. L’okami-yokai scrollò le spalle.
«Mi ricordo il fratello maggiore di Inuyasha.- disse, con una smorfia- Un ghiacciolo avrebbe più vita di quello lì. Era perfino più antipatico del botolo ringhioso, se ciò è possibile.» Anna non replicò. Non le importava molto che Koga cambiasse idea su Sesshomaru e non aveva più voglia di parlare. «Inoltre, anche se capisco che tu voglia più potere, secondo me sei una scema a cercare la morte in questo modo.- tagliò corto- Comunque, sono affari tuoi. Visto che sei un’amica di Kagome ti terrò qui finché non starai in piedi da sola. Ma ti avverto: non disturbare il branco. E’ un brutto momento perché una donna ci stia tra i piedi.»
«Perché? Che sta succedendo?» riuscì appena a mormorare Anna, ma Koga le aveva già voltato le spalle e se ne era andato.
Per quella sera e la successiva non seppe niente di ciò che stava accadendo al gruppo degli inu-yokai, né rivide Koga. A turno, Ginta e Haggaku le portavano da mangiare e il necessario per curarsi da sola. I due sembravano restii a parlare, ma dopo una nutrita serie di sorrisi da parte di Anna divennero più malleabili. La terza sera di permanenza nella grotta, Anna tentò di indagare.
«Così, ora è questo il vostro nuovo branco?» chiese a Ginta, che stava posando vicino a lei una ciotola con l’impiastro per le ferite, ormai quasi scomparse. Haggaku la guardò con sospetto, ma lei sorrise e l’okami-yokai arrossì e ridacchiò.
«Non proprio, Anna-san.- rispose Ginta, guardando di sotto, ove si stava svolgendo una sorta di assemblea- Hanno chiamato Koga perché dia loro una mano con uno yokai che li fa penare.»
«Ma se Koga lo vincesse, potrebbe divenire il loro capo.- asserì Haggaku, poi sospirò- Sarebbe anche ora di tornare a far parte di un branco che conti più di tre yokai.»
«Dite che da queste parti c’è un demone potente?- continuò Anna, discorsiva- Avevo avvertito qualcosa del genere, avvicinandomi alle colline.»
«Anche tu hai dei poteri, Anna-san?» chiese Ginta, sorpreso. Anna sorrise e annuì.
«Forse Koga non ve l’ha detto, ma sono stata anche una yokai, per un certo periodo. Sono stata la principessa regnante dell’Ovest.» disse, ridacchiando di fronte alla loro sorpresa. Quei due le erano simpatici. «In ogni caso, di che demone si tratta?» chiese, riportando il discorso sui binari.
«E’ un potente demone serpente.- spiegò Ginta, sempre guardando di sotto- Si è installato con i suoi figli in un castello non lontano da qui, dopo aver sterminato gli umani che ci vivevano. E’ bravo a usare la magia e ha legato alla vita tutti gli spiriti dei morti che ha fatto, sia uomini che animali. Li ha trasformati nel suo esercito personale e ora tiranneggia le altre tribù yokai dei dintorni.»
«Sicché è bravo con la magia?» mormorò Anna, pensierosa.
«Molto bravo.- ammise Haggaku- E’ per questo che stiamo pianificando per bene l’attacco. Il branco ha già perso un sacco di elementi attaccando a casaccio.»
Anna non rispose. Stava pensando all’incredibile colpo di fortuna che le era capitato. Un demone potente, abile nella magia, probabilmente assetato di nuovo potere…Certo, era un demone serpente, ma non aveva il tempo di stare a fare la schizzinosa. Guardò il proprio corpo, ripassando mentalmente il proprio stato fisico e i dolori che ancora la affliggevano.  Non era in grado di affrontare un combattimento, nel modo più assoluto. Quasi non si poteva muovere. Ma lei non doveva muoversi, giusto? Doveva solo aspettare che lo yokai tentasse di ucciderla!
Anna sapeva che il suo piano era a rischio. La Grande Famiglia era stata scacciata, ma appena lei fosse guarita e avesse ripreso il viaggio, sarebbe tornata all’attacco e non avrebbe trovato di nuovo Koga a protezione della sua incolumità. Inoltre…
Anna sfiorò con la mano la cicatrice nascosta che le segnava la carne tra collo e spalla. Di certo, la cicatrice di Sesshomaru aveva sanguinato. Lui sarebbe andato a cercarla, se ancora non si era mosso, cosa a cui Anna non credeva più. Tutto in lei le diceva che Sesshomaru era sulle sue tracce e benché la cosa le facesse piacere, questo limitava il tempo a sua disposizione. Sì, doveva giocarsi il tutto per tutto adesso. Probabilmente non avrebbe avuto un’altra occasione.
«Ginta, Haggaku.- mormorò, cercando di alzarsi in piedi- Fatemi un favore, aiutatemi a raggiungere Koga.»
«Ma c’è in corso una riunione…» balbettò Haggaku.
«Koga non gradirà…» tentò di replicare Ginta.
«Riguarda il demone. E’ importante.- disse Anna, ergendosi per quanto le era possibile e fissando i due con occhi seri e tormentati- Vi prego, fatemi questo favore.»
Entrambi gli okami-yokai non faticarono, in quel momento, a vedere una principessa in Anna. Per quanto acciaccata e scarmigliata, possedeva una dignità a cui loro non seppero resistere pur temendo i rimproveri di Koga. Lentamente, portandola a braccia, la aiutarono a scendere dalla nicchia di roccia e a giungere nella grande aula principale della grotta, dove il branco stava conferendo.
«Quindi attacchiamo domani?» chiese un demone lupo a cui mancava un occhio.
«Domani all’alba, quando quel bastardo non avrà ancora avuto modo di scaldarsi il sangue.- disse Koga, con un ghigno- Sarà meno forte.»
«Ma come ci proteggeremo dalla sua magia?» chiese uno yokai i cui capelli crescevano in orizzontale.
«Alla sua magia ci penso io.» disse Anna, ad alta voce, interrompendo la discussione. Tutti si voltarono verso di lei, che era sorretta da Ginta e Haggaku. Koga li fulminò con lo sguardo, seccato.
«Ti avevo detto di non disturbare, donna!» sbottò.
«Tu hai bisogno di me, Koga. Io posso neutralizzare la sua magia.- disse Anna, decisa- Lasciami tentare.»
«Non abbiamo bisogno dell’aiuto di un’umana.- disse Koga, bellicoso- Il demone lo ucciderò io.»
«Non ce la farai contro la magia.- replicò Anna- Io invece posso.»
«Ah, davvero?- disse Koga, corrugando la fronte- E come?»
Anna fece un sorrisetto micidiale. D’un tratto non parve più un semplice essere umano. Tutti i presenti poterono avvertire la loro yuki attratta da quella ragazza debole e sporca di sangue.
«Farò la fusione con lui.» disse Anna.

***

Gli esponenti del ramo conservatore della Grande Famiglia si stavano leccando le ferite non lontano dalle pendici delle colline su cui avevano perso la loro preda. Si erano ritirati di fronte agli okami-yokai, non perché temessero quel branco di stupidi, ma perché non conveniva loro scatenare una guerra con le tribù indipendenti dei lupi per il piacere di far fuori una donna scomoda.
«Non preoccupatevi, prima o poi lascerà quelle colline.- aveva detto a tutti Tashiki, quando si erano resi conto che il giovane capo dei demoni lupo intendeva rubare loro la preda- Quello yokai è rimasto sorpreso perché lei l’ha chiamato per nome…forse si conoscono. Vedrete che presto avremo una seconda occasione.»
Così, pur se di malavoglia, si erano ritirati. Non dovevano attirare troppo l’attenzione, se non volevano che la loro caccia arrivasse alle orecchie del loro signore Sesshomaru. Il bilancio era già più pesante del previsto. Un morto e due feriti gravi. Non c’era di che vantarsi, visto che il morto l’aveva fatto proprio quella donna impura, un misero essere umano.
«In ogni caso, l’abbiamo conciata per le feste.- disse un inu-yokai, leccandosi distrattamente un grosso taglio al braccio- L’abbiamo strapazzata per bene. Potrebbe perfino morire.»
«No, non reputarla così debole.- disse Tashiki, con una smorfia- Non abbiamo infierito più di tanto. Le ferite erano dolorose, ma non mortali. Si riprenderà, anche se le occorrerà del tempo.»
«E allora la ritroveremo e ricominceremo daccapo a infliggerle tormento.- ringhiò la inu-yokai ferita al fianco dalla spada di Anna- E la prossima volta non troverà okami-yokai che l’aiuteranno!»
«Non pensate che quei tizi possano ucciderla prima di noi, Tashiki-sama?» borbottò un inu-yokai. Tashiki rifletté sulla domanda, poi scosse la testa.
«No, ho visto chiaramente l’interesse negli occhi di quel moccioso. Non la uccideranno, finché lei sarà in grado di mantenere viva la sua curiosità.- disse, con una smorfia- Purtroppo sappiamo bene che arti ammaliatrici abbia.»
La donna, Shiratsu, biascicò tra i denti un insulto. Gli altri inu-yokai risero, approvando con grandi cenni del capo.
«Il suo sangue è buono, in ogni caso.- disse Higemaru, guardandosi gli artigli ormai puliti- Non mi sorprende che Beko sia stato tentato.»
«Non vedo l’ora di berne dalla sua gola squarciata.» ridacchiò un altro.
«Questo piacere sarà presto di nuovo a portata di mano.- disse Tashiki, sorridendo con soddisfazione nel vedere che la brama non si era spenta nei suoi seguaci- Dobbiamo avere solo un po’ di…»
D’un tratto, Shiratsu soffocò un grido e balzò in piedi, fissando qualcosa alle spalle del vecchio inu-yokai. Tutti seguirono il suo esempio, avvertendo un pericolo, un’aura così minacciosa da far gelare il sangue. Qualcosa di bianco si nascondeva tra gli alberi.
«Chi…» rantolò Tashiki, ma subito il suo naso gli diede la risposta. Si pietrificò sul posto, pur conscio che quello era il momento di fuggire a gambe levate per la propria vita. L’aura negativa, però, era troppo forte, e inchiodava lui come gli altri all’immobilità. Lentamente, un passo per volta, Sesshomaru uscì dalla copertura degli alberi.
Vi furono lunghi momenti di silenzio, mentre gli aspiranti assassini di Anna fissavano attoniti Sesshomaru, che restava rigido di fronte a loro, squadrandoli con occhi che non comunicavano niente, che non parevano nemmeno gli occhi di un essere vivente. Tashiki si accorse di stare tremando. Eppure Sesshomaru non li aveva ancora minacciati! Non aveva nemmeno pronunciato parola contro di loro! Nonostante ciò, non c’era modo di fraintendere la furia celata in quel silenzio.
«Se…Sesshomaru-sama…- balbettò il vecchio inu-yokai, conscio di dover prendere in mano la situazione- Quale sorpresa…»
La lingua gli si seccò in bocca quando Sesshomaru alzò una mano davanti al proprio viso, facendo scrocchiare le nocche delle lunghe dita, mentre i suoi occhi si tingevano improvvisamente di rosso.
Sesshomaru era preda di una rabbia di cui non aveva mai sperimentato l’eguale. Ricordava di essersi infuriato quando suo padre gli aveva affidato Tenseiga e anche quando Inuyasha era riuscito a prendere Tessaiga. Quei due momenti di rabbia erano stati meno intensi di quella che aveva provato quando Naraku aveva rapito Rin; forse perfino l’odio che aveva provato per Soichiro era stato meno intenso.
Quei dannati…quegli insetti che ora gli stavano di fronte avevano osato toccare Anna! Avevano osato approfittarsi del suo stato di debolezza, della sua vulnerabile umanità, per cercare di ucciderla. Le avevano fatto del male. Prendendo a pretesto l’uccisione di uno di loro da parte di lei, che non aveva fatto altro che difendersi spinta a quel livello di rabbia da Sesshomaru stesso, stavano soltanto cercando di eliminare una donna che giudicavano scomoda.
Scomoda, perché? Perché a loro faceva comodo che il loro Signore fosse immutabile? Perché non avevano nessun desiderio che scoprisse di avere un cuore? Di quanto si era elevato sopra di loro Inuken, imparando ad amare? Sesshomaru aveva sempre reputato il comportamento del padre un inno alla debolezza, ma ora riusciva a capire il coraggio e la grandezza d’animo che il genitore aveva dovuto alimentare per superare certe prove.
Aveva sentito le parole degli inu-yokai, ma non erano state quelle a fargli capire cosa le avevano fatto: l’odore del sangue di Anna aleggiava ancora su quei cani maledetti. L’avevano toccata. L’avevano ferita. Avevano cercato di ucciderla, poi l’avevano lasciata nelle mani di sconosciuti okami-yokai che potevano averle fatto qualsiasi cosa. Avevano cercato di uccidere la sposa di Sesshomaru, la loro regina. Sesshomaru aveva sempre odiato la Grande Famiglia, che più e più volte si era spinta sul filo sottile del tradimento. Ora, quel filo era stato spezzato.
Sesshomaru si avventò sugli inu-yokai con gli artigli protesi. Erano in sei e lui era solo, ma la sua potenza non era paragonabile a quella di nessuno di loro. Colpì, dilaniò, versò sangue tra le urla di dolore e terrore degli inu-yokai che cadevano sotto i suoi colpi dopo aver tentato invano di fuggire o di reagire. Uccise con la solita efficienza, ma con un’efferatezza che non sperimentava da tempo. Brandelli di carne volarono ovunque, il terreno si intrise di sangue. Sesshomaru, però, non agiva senza intelletto.
Li uccise tutti, tranne uno. Quando nulla più si mosse nella radura, Sesshomaru afferrò il vecchio Tashiki per la gola, sollevandolo e sbattendolo contro un tronco, facendo in modo che potesse vedere lo stato in cui erano ridotti i suoi seguaci mentre aspettava di morire. Tashiki cercò di sottrarsi a quella stretta, ma sarebbe stato come sottrarsi alla stretta della stessa Morte. Il vecchio inu-yokai ansimò, mentre una metà della sua faccia sanguinava, ridotta a un ammasso irriconoscibile.
«Questa è la ricompensa per il tradimento, Tashiki.» disse Sesshomaru, con voce innaturale.
«Dovevamo salvarvi dalle grinfie di quella donna.- insistette il vecchio- Era per il vostro bene, Sesshomaru-sama!» La stretta si fece micidiale, strozzandogli il fiato in gola.
«Balle.- ringhiò Sesshomaru, scoprendo le zanne- Avete fatto solo i vostri interessi.»
«Quella donna…quella donna vi ha cambiato, Sesshomaru-sama!- gracchiò Tashiki, cercando di parlare- Vi ha indebolito, non ve ne rendete conto?»
«Indebolito? No.- disse Sesshomaru, gelido- Ha, al contrario, aumentato il mio potere. E forse è proprio questo che non vi è andato giù, Tashiki.»
Il vecchio ringhiò e schiumò, dibattendosi. Sesshomaru socchiuse gli occhi.
«Ho indovinato, non è vero?» sussurrò.
«Quella donna…quella donna…» balbettò Tashiki, furibondo. Sesshomaru gli torse il braccio. Si udì uno schiocco e Tashiki gridò. Il braccio gli penzolò inerte dal gomito in un angolo innaturale.
«Rivolgiti con rispetto alla mia consorte, Tashiki, negli ultimi istanti di vita che ti rimangono.- ringhiò Sesshomaru- Ora dimmi: cosa c’entrano gli okami-yokai?»
Tashiki digrignò i denti, ma non rispose. Sesshomaru gli torse anche l’altro braccio. Un nuovo schiocco, un nuovo urlo.
«Posso spezzarti un osso alla volta prima di decidere di ucciderti, Tashiki.- mormorò Sesshomaru, con voce micidiale- E’ questo che vuoi?»
Tashiki gridò. Il dolore era eccessivo. Sapeva di non avere scampo…a quel punto, la morte era benvenuta.
«L’hanno presa…gli okami-yokai.- rantolò- Sulle colline…è il loro territorio. Lei…lei conosce il loro capo.»
Sesshomaru strinse appena gli occhi a quell'affermazione. Anna conosceva un okami-yokai? Quando l’aveva conosciuto? E dove? Possibile che…che si fosse diretta verso quelle colline con il preciso intento di raggiungere quel demone lupo di cui non aveva mai fatto cenno?
Una rabbia ulcerata dalla gelosia lo invase. Sesshomaru la sfogò su Tashiki. Affondò la mano nel ventre del demone, iniettandogli il suo veleno e allo stesso tempo strappandogli le viscere come festoni di carta. Tashiki gridò ancora, un gorgoglio macchiato di sangue. Sesshomaru lo lasciò andare e il vecchio cadde ventre a terra, in un orrendo rumore di sciacquio. Non soffrì a lungo. Sesshomaru affondò le dita nella sua schiena, ne strappò la colonna vertebrale e la spezzò come fosse un ramo. Tashiki sussultò ancora un paio di volte, poi giacque immobile. Le sue trame erano definitivamente concluse.
Senza nemmeno un’occhiata ai cadaveri, Sesshomaru volse lo sguardo alle colline. Con chi era Anna in quel momento? Chi era quell'okami-yokai tanto pronto a salvarla? Ma oltre a questo…
Sesshomaru avvertiva la presenza, su quelle colline in lontananza, di un demone piuttosto potente. Poteva sentire l’odore della sua magia; di certo era uno yokai che stava cercando di imporsi sul territorio. Sesshomaru corrugò la fronte. Se Anna non aveva ancora rinunciato al suo folle piano, sarebbe andata in cerca di quello yokai. Doveva trovarla prima che si cacciasse in un guaio troppo grosso e mettesse a repentaglio la sua vita. Sfiorò la cicatrice che lo legava a lei. Non sanguinava più, ma era ancora infiammata. Lei era viva, e ferita, ma non in pericolo…al momento. Doveva fermarla in tempo.
«Anna, sto arrivando.» mormorò, riprendendo la sua corsa e lasciandosi alle spalle ciò che un tempo era il nucleo centrale della Grande Famiglia Inu-yokai.

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Capitolo 18
*** 18 - L'ultima occasione ***


Author's note: Anna e Koga riusciranno a peggiorare la situazione? Due testardi di quella risma in una volta sola possono solo combinare guai...Sesshomaru, CORRI!!

«Ma che diavolo stai blaterando, donna?!» sibilò Koga, fra i denti, strappandola alla protezione di Ginta e Haggaku e trascinando Anna per un gomito lontano dal consiglio degli okami-yokai. Anna, ancora debole, inciampò e cadde, e per gli ultimi passi Koga dovette letteralmente portarla di peso. Si fermò una volta raggiunta la parete della caverna, dove potevano avere un po’ di privacy. La guardò con i suoi occhi chiari, fissi e irati, attendendo una giustificazione a quel comportamento.
«Ti posso fare presente che quello era il braccio lussato?» disse Anna, con una smorfia, liberandosi dalla presa di Koga. L’okami-yokai faticò a non prenderla per il collo. Quella donna dai capelli chiari aveva un atteggiamento che trovava assolutamente irritante. E aveva circuito persino Ginta e Haggaku! Ma chi gliel’aveva fatto fare, a salvarla?! Non poteva perdonare la sua faccia tosta.
«Piantala di blaterare! Cosa ti salta in mente di metterti a fare proposte simili mentre siamo impegnati in un serio consiglio di guerra?!» esclamò, ringhiando.
«Non vedo cosa ci sia di male, visto che vi ho proposto un’ottima soluzione per uccidere quel demone serpente. Da quello che ho sentito, ci sarà parecchio da fare laggiù, tra creature magiche e i figli del demone. Non credo vi sia d’impiccio se qualcuno vi toglie dai piedi il burattinaio di questi fantocci.» sbuffò Anna. Koga la squadrò da capo a piedi, scuotendo la testa con aria incredula.
«Tu devi avere qualcosa che non va in quel cervello. Ma ti vedi?- disse, piano, con una piccola smorfia- Sei un essere umano. Un debole essere umano, senza alcun vero potere. Non sei forte, non sei agile, non sai fare niente. Sei ferita dalla testa ai piedi e hai perso contro dei banalissimi cagnacci.»
«So cosa sono, tante grazie.- disse Anna, acida- E per quanto riguarda gli inu-yokai, non potevo batterli perché quei bastardi conoscono il mio potere e nessuno di loro avrebbe mai tentato la fusione con me.»
«Ottima scusa.» disse Koga, con un sorrisetto di scherno.
«Non è una scusa! Ma guarda che razza di…- balbettò Anna, furibonda- Non mi sembrava che fossi tanto critico nei confronti dell’umanità di Kagome.»
«Quello era un caso diverso. E non nominare Kagome!» sbottò Koga, mostrandole il pugno per minacciarla.
«Beh, perché non dovrei?! Pensavo che ti avesse fatto imparare qualcosa!- esclamò Anna, avvicinando la faccia alla sua raccogliendo la sfida- Invece sei rimasto un idiota come tutti gli yokai!»
«Cosa?!» gridò Koga, afferrandola per il vestito e dimenticandosi del fatto che quella doveva essere una conversazione privata. Ormai stavano gridando così tanto che li stava sentendo l’intero branco. Anna lo afferrò a sua volta per le fibbie del pettorale, rifiutandosi di cedere.
«Gli esseri umani hanno una forza diversa. Certo, molti di loro sono deboli e stupidi, come voi yokai siete insensibili e sanguinari.- sibilò Anna fra i denti, con gli occhi che le scintillavano pericolosamente- Non osare sottovalutarmi solo perché sono un essere umano, tu…dannato lupastro!»
Sentendo il tipico appellativo con cui Inuyasha lo beffeggiava, Koga spalancò gli occhi, poi li strinse in una fessura. Quindi sembrò trattenere una risata e, con un sospiro, lasciò andare Anna e si allontanò di qualche passo, dandole le spalle. Anna non si mosse. Non pensava affatto che Koga fosse uno stupido, né un ‘dannato lupastro’. Prova ne era che non l’aveva ancora fatta a pezzi per la sua lingua lunga. Anna, però, era stanca di essere diplomatica. Doveva farsi portare da quel demone a qualunque costo. Con le sue sole forze non sarebbe andata molto lontano e Sesshomaru si stava avvicinando. Se lo sentiva nelle ossa.
«Come fai ad essere sicura che quel bastardo attuerà la fusione?» disse Koga.
«Lo farà. Se davvero ama usare la magia, non si farà scappare l’occasione. Il mio potere è molto allettante.» asserì Anna, mostrando più sicurezza di quanta ne avesse realmente. D’altronde, era la sua ultima possibilità.
«Morirai, lo sai?» chiese Koga, senza voltarsi.
«Ci andrò vicina, ma non morirò.» assicurò Anna.
«Mi sembri tremendamente ottimista.» disse Koga, voltandosi a metà con una smorfia. Anna annuì.
«Ci riuscirò.- affermò- Vedrai, assorbirò quel demone in men che non si dica.» Koga non rispose, forse stava riflettendo. «Senti…- mormorò Anna, piano- io ho bisogno di tornare uno yokai. Lo faccio per l’uomo che amo. Devo diventare forte…e come posso diventarlo se pavento di mettere in pericolo la mia vita? So quello che faccio e accetto il margine di rischio. Tu non dovrai preoccuparti per me, dovrai solo fornirmi l’occasione adatta. Dopotutto, cosa t’importa? Non sono che uno stupido essere umano, no?»
Koga si voltò e la fissò, con le mani sui fianchi e un’espressione disgustata sul volto.
«Voi umani siete veramente strani.» disse, infine. Anna sorrise.
«Io sono più strana di tanti altri.» ammise, ridendo. Koga brontolò qualcosa. Non sembrava contento e Anna sapeva che in realtà Koga era una persona capace di preoccuparsi del prossimo, anche quando non ne aveva nessuna voglia. Anche solo perché era amica di Kagome, un pochino si sarebbe preoccupato. L’okami-yokai si passò una mano attraverso la frangia di capelli neri.
«Proverai a fare quello che vuoi, ma se non ci riesci saranno fatti tuoi, chiaro?- sbottò- Io non mi prendo alcuna responsabilità.»
«Ovviamente.» disse Anna, annuendo.
«E non ti salverò la vita se ti troverai nelle grane. Dovrai cavartela da sola. Dopotutto, vuoi diventare forte, no?» puntualizzò Koga. Anna annuì, con un sorriso.
«A quanto pare, non sei un dannato lupastro. Grazie, Koga.» mormorò, ridendo. Koga non diede segno di averla sentita, ma Anna sapeva che le sue parole erano arrivate a destinazione. Koga sbuffò.
«Dai, vieni.- borbottò- Illustraci questo tuo favoloso piano di battaglia.» Le fece cenno di seguirlo mentre tornava al consiglio dei demoni, che stavano aspettando di sapere l’esito della conversazione con un certo interesse. Anna lo seguì lentamente, zoppicando.

***

Tramontava il sole quando Inuyasha e i suoi amici giunsero finalmente al castello di Sesshomaru.
«Poche volte nella mia vita sono stato così stanco.» sospirò Miroku mentre si fermavano davanti al portone d’ingresso. Scivolò giù dalla groppa di Kirara con un sospiro di sollievo.
«E’ davvero da molti giorni che siamo in viaggio.- ammise Sango- Per fortuna, ne è valsa la pena.»
«Dai, andiamo dentro.- disse Inuyasha, prendendo per mano Kagome, che cascava dal sonno- Riferiamo la buona novella a Sesshomaru e poi costringiamo Jaken a darci da mangiare. Sto morendo di fame!»
Entrarono nel Palazzo spalancando il portone. Inuyasha si mise subito a gridare il nome del fratello, facendo echeggiare la propria voce nell’atrio. Mezzo secondo più tardi, Rin e Shippo sbucarono da uno dei corridoi laterali, correndo loro incontro.
«Inu-chan! Kagome-chan!- gridò Rin, aprendo le braccia- Siete tornati!»
«Rin! Shippo! Tutto bene?» chiese Kagome, sorridendo.
«Ragazzi, com’è andata?» chiese Shippo, saltando su una spalla di Miroku mentre Rin abbracciava tutti a turno. Osservandoli meglio, sgranò gli occhi. «Mamma mia, che aria stanca avete!»
«Sono più di due settimane che non stiamo fermi un momento, Shippo-chan.» sospirò Sango, e la sua frase fu sottolineata da un miagolio lamentoso di Kirara, che si era trasformata. Quando Rin volle abbracciare Inuyasha, lui sollevò la bambina al livello del suo viso, burbero.
«Ehi, hai parlato a quel cretino di mio fratello?» chiese, cupo.
«Oh, sì!- disse Rin, e il suo sorriso divenne smagliante- Sesshomaru-sama era molto preoccupato per Anna-nee-chan e aveva già deciso di trovarla e riportarla a casa! Rin non ha dovuto fare molto per convincerlo!»
«Le parole di Rin gli hanno solo dato un’ulteriore spinta.- disse Shippo, saccente- Non è così duro di cuore come vuole far credere. Aveva una faccia terribilmente malinconica.»
A queste parole, gli altri si guardarono.
«Ehm…Shippo-chan…- mormorò Kagome, guardandosi attorno con circospezione- Mi sembri un po’ troppo confidenziale nei confronti di Sesshomaru…»
«Se non hai paura di essere sentito, significa che Sesshomaru non c’è?» chiese Miroku, sollevando un sopracciglio.
«No, non c’è.- ammise Shippo, stupito- Vi abbiamo detto che ha deciso subito di andare a cercare Anna. E’ partito il giorno stesso in cui noi siamo arrivati.»
Inuyasha imprecò e Kagome recuperò Rin prima che lo yokai si mettesse a gesticolare con la bambina ancora fra le mani.
«Cos’è questo chiasso?- strillò una voce gracchiante- In questo Palazzo la disciplina sta diventando un’opinione!»
«Jaken! Inuyasha e gli altri sono tornati!» esclamò Rin, gioiosa. Il piccolo rospo li raggiunse, sbuffando.
«Cosa ci fate qui? Il padrone non c’è, quindi vedete di slogg…» iniziò a dire. Inuyasha gli si parò di fronte con fare minaccioso.
«Dacci da mangiare e prepara delle stanze, rospo. Siamo stanchi.- ringhiò, scrocchiando le nocche delle dita- Inoltre, dobbiamo fare una chiacchierata.»
Grazie alle ‘buone maniere’ di Inuyasha, Jaken non protestò eccessivamente. Preparò loro delle stanze e fece approntare la cena, che i quattro consumarono con una certa voracità. Rin e Shippo, nel frattempo, raccontarono loro il breve colloquio che avevano avuto con Sesshomaru.
«La Grande Famiglia?- chiese Inuyasha, dopo aver ingoiato un onigiri intero- Che c’entra la Grande Famiglia?»
«Pare…pare che intendessero trovare Anna-chan.- borbottò Shippo, guardando Rin di sottecchi- Non abbiamo capito bene cosa si sono detti Sesshomaru e quell'inu-yokai, ma abbiamo sentito distintamente nominare la Grande Famiglia.»
Inuyasha strinse le labbra e Kagome gli posò una mano sul braccio, preoccupata.
«Inuyasha, la Grande Famiglia…» mormorò. Inuyasha annuì.
«Se si sono messi alla sua ricerca, possono avere un solo obiettivo.- disse, duro- Quei vigliacchi devono avere scoperto che Anna è tornata un essere umano.»
«Questo non ci voleva.- disse Miroku, incrociando le braccia sul petto con fare pensoso- Conosciamo l’astio che hanno nei suoi confronti.»
«Oh, ma non dovete preoccuparvi!- disse Rin, decisa- Rin è sicura che Sesshomaru-sama sconfiggerà tutti i cattivi e salverà la vita ad Anna-nee-chan. Non le succederà nulla di male, finché Sesshomaru-sama penserà a lei.»
Inuyasha borbottò qualcosa di intelleggibile, ma Kagome lo zittì con un pizzicotto.
«Sono certa che hai ragione, piccola Rin.» disse, sorridendo.
«E voi, invece, cosa ci dite?- chiese Shippo, curioso- Siete riusciti a trovare una cura per Anna, non è vero?»
«Sì, Shippo-chan, ed è anche una cosa piuttosto semplice.- disse Sango- E’ maggiore la preoccupazione che ci ha afflitto tutti piuttosto che la difficoltà di procurarsi questa cura.»
«Cos’avete scoperto?» chiese Jaken, suo malgrado interessato.
«Il segreto è sempre quello stupido anello Seishin.» disse Inuyasha, sbuffando. Spiegò loro la particolarità dell’anello e il fatto che Anna avrebbe dovuto indossarlo al contrario e attivare un incantesimo di fusione.
«Il padrone aveva ancora quell'anello al dito, quando è partito.- disse Jaken, pensieroso- Non credo proprio che se ne sia sbarazzato.»
«Allora non c’è problema.» disse Inuyasha, ingollando un altro onigiri.
«Quando Anna tornerà a casa, sarà il caso che faccia un viaggio fin dalla dea della memoria per recuperare quell'incantesimo dai meandri dei suoi ricordi.- disse Miroku- A meno che, Jaken, non vi siano archivi a Palazzo cui Anna non ha mai avuto accesso.»
«Figurarsi! Ha messo il naso ovunque, quella.- si lamentò Jaken- I sacri archivi, su cui mai occhi umani si erano posati…e Sesshomaru-sama non l’ha mai fermata una volta!»
Si zittì nel vedere le occhiate di disapprovazione di tutti, Rin compresa. Inuyasha si passò una mano sul volto, poi si tirò indietro la lunga frangia di capelli argentati.
«Beh, avrei preferito dirlo subito, a quell'idiota di mio fratello.- brontolò- Comunque non è male che le stia già correndo dietro, visto che quei bastardi si sono messi sulle tracce di Anna. Senza contare che ciò significa che ha almeno un po’ di cervello in zucca. Per quanto ci riguarda, ci riposeremo un po’ e poi andremo loro incontro con calma.»
«Li raggiungiamo?» chiese Kagome, sorpresa.
«Sarà meglio.- disse Inuyasha, annuendo- Prima facciamo in modo che Anna possa tornare normale, prima ci toglieremo dalle mani questa patata bollente.»
«E meno sarà probabile che Sesshomaru-sama abbia qualcosa da rimproverarci.» disse Jaken, con un brivido. Fosse stato per lui, avrebbe spinto quei quattro fuori dal castello immediatamente!
«Allora, se per il momento è tutto, io e Sango ci ritiriamo per riposare.- disse Miroku, alzandosi in piedi con un sospiro e allungando una mano verso Sango- Vieni?»
Sango accettò l’invito e se ne andò con lui. Inuyasha accompagnò Kagome alla sua camera e Shippo le chiese di poter dormire con lei, dopo che Rin diede loro la buonanotte. I compagni, esausti, si abbandonarono a un sonno ristoratore. Tutti, tranne Inuyasha. Lo yokai si sedette sulla balaustra di una balconata, con le gambe penzoloni nel vuoto, osservando il cielo stellato. Molti pensieri gli affollavano la mente. Non fu molto sorpreso quando Kagome, nel bel mezzo della notte, lo raggiunse. La ragazza aveva un sesto senso non indifferente per i suoi momenti di tristezza e quando capitava era sempre al suo fianco.
«A cosa pensi?» chiese Kagome, piano, appoggiando la testa sulla sua spalla.
«Non dovresti dormire?» disse Inuyasha, guardandola. Lei sollevò gli occhi su di lui.
«A cosa pensi?» chiese ancora, con un sorriso dolce. Inuyasha sospirò e le passò un braccio attorno alle spalle, stringendola a sé.
«Sai,- disse, dopo un momento di pausa- stavo pensando che non mi stupirebbe affatto sapere che mio padre aveva programmato tutto questo.»
«Tutto questo?- chiese Kagome, perplessa- Intendi…la malattia di Anna e poi la sua trasformazione in essere umano?» Inuyasha annuì e Kagome lanciò un’esclamazione soffocata. «Inuyasha! Come puoi pensare che tuo padre…»
«Frena, non ho detto che ha creato lui questa situazione.- la prevenne Inuyasha- Dico solo che di certo lui sapeva che il potere di Anna aveva una scadenza. E credo…credo che la cosa non gli dispiaccia affatto.»
«Perché?- chiese Kagome, stupita- Non ha senso. Perché questi ultimi guai avrebbero dovuto fargli piacere?»
«Perché? Beh…perché questo sta insegnando a Sesshomaru quei sentimenti che mio fratello disprezzava tanto in nostro padre. L’amore per un’umana, il desiderio di proteggerla, di mettersi in gioco senza poter ottenere molto in cambio.- disse Inuyasha, guardandola con i suoi occhi d’ambra- Capisci, adesso?»
Kagome chinò il capo, riflettendo. Dopo qualche attimo, una luce le si accese negli occhi e annuì.
«Io ho vissuto una vita schifosa, ma posso vantarmi di essere nato dal grande amore di due persone.- continuò Inuyasha, tornando a guardare lontano- Per Sesshomaru non è così. Nostro padre si comportava diversamente con lui e credo che abbiamo avuto parecchie prove del fatto che si sia pentito di questo.»
«Sesshomaru è cresciuto senza essere amato da nessuno.» mormorò Kagome, comprendendo.
«Non che se lo meritasse.- disse Inuyasha, acido- Era ed è un bastardo. Comunque nostro padre si era elevato al di sopra degli altri yokai e Sesshomaru disprezzava i suoi sentimenti…o forse, da qualche parte dentro di lui, li invidiava.»
«Dici che ora sia in grado di capire quel genere di amore?- mormorò Kagome, stringendosi a lui- L’amore che dà tutto di sé, senza chiedere nulla?»
«Ah, questo non lo so.- borbottò Inuyasha- Ma visto che è andato a cercarla, forse non è senza speranza.»
Kagome sorrise.
«Inuyasha, sei adorabile.» disse. Inuyasha la fissò, sollevando un sopracciglio.
«Perché?» chiese, ingenuo. Kagome rise e lo baciò. Anche se gli avesse spiegato quanto le sembrava grande il suo cuore quando si preoccupava senza accorgersene per suo fratello, non sarebbe riuscita ad ottenere altro che veementi proteste.
«Speriamo solo che ci sia un lieto fine.» aggiunse, quando il bacio finì. Inuyasha annuì. I due rimasero seduti vicini sulla balaustra finché non sorse il sole.

***

«Ecco, ci siamo.» disse Koga.
«E’ quella la magione?- Anna fischiò tra i denti- Megalomane, il tipo.»
Si trovavano sul crinale della collina, nascosti dalle rocce e dagli alberi. Il branco degli okami-yokai era sparso lì attorno, in attesa di ordini. Koga aveva portato Anna sulla schiena fin laggiù e ora stava studiando il territorio, con i fidi Ginta e Haggaku alle sue spalle. La grande tenuta era immobile e silenziosa, come se tutti stessero dormendo. Solo le guardie non-morte pattugliavano il grande cortile, aggirandosi curve e grottesche nella piatta luce che precede l’alba.
«Non si vede anima viva.» mormorò Ginta, deglutendo nervosamente.
«Non è ancora l’alba. I serpenti danno il meglio di sé quando il loro sangue è caldo.» disse Koga, con un sorrisetto astuto.
«Quante cose sai, Koga…» disse Haggaku, ammirato.
«Bleah! Quei cadaveri fanno una puzza tale che la sento da qui.» sbuffò Ginta, portandosi una mano al naso. Anna scrutò in basso, ripassando mentalmente le fasi del piano.
«Non dovremmo avere problemi a usare la tua tattica.» disse a Koga.
«Certo che no! Il mio piano è ottimo.» asserì.
«E’ anche un po’ mio, scusa se ho l’ardire di ricordartelo.» sbuffò Anna. Koga non diede segno di volerle concedere soddisfazione.
«Sul serio pensi che quel tipo conosca l’incantesimo di cui hai bisogno?» chiese dopo un po’, corrugando la fronte.
«Adesso che ho visto la sua casa e le opere della sua magia, ne sono sicura.» disse Anna, con una smorfia. Già…uno yokai con un tale senso dell’esibizionismo e un cattivo gusto del genere non poteva che essere un tipo in costante ricerca di modi per diventare più forte ed elevarsi dalla mediocrità. Probabilmente l’incantesimo della fusione era stata la prima cosa che aveva imparato.
«Va bene, allora non perdiamo altro tempo.- disse Koga, alzandosi in piedi- Non vedo l’ora di spazzare via quei dannati dal territorio degli okami-yokai!»
Sollevò Anna di peso senza darle il tempo di alzarsi da sola, poi fece un cenno imperioso ai suoi. L’attacco era cominciato. Anna si aggrappò alla schiena di Koga mentre scendevano il crinale a velocità folle, conscia che spettava a lei tenersi ben salda per non cadere. Strinse i denti, ma la sua mente era pronta al combattimento e non aveva paura. Saltarono il muro di cinta lanciando lunghi e alti ululati di sfida, piombando in mezzo alle guardie non-morte con gli artigli pronti a colpire.
Per qualche attimo il campo fu totalmente degli okami-yokai. L’attacco a sorpresa aveva funzionato e Anna, che aveva letto di magie del genere negli archivi di Palazzo, aveva spiegato al branco dove colpire per rendere inoffensivi i cadaveri ambulanti. La loro schiacciante superiorità, però, durò solo pochi istanti.
Da ogni fessura della magione uscirono cadaveri rivivificati e demoni serpente dal busto umano che li incalzarono, furibondi per quell'attacco imprevisto. Koga e i suoi reagirono…ma nemmeno poi tanto. Molto presto vennero circondati senza via di scampo. Solo allora, dalla porta principale, uscì un imponente yokai il cui corpo squamoso era lungo almeno trenta metri. Lo sormontava un torso umano vestito con opulenza, un viso inespressivo in cui spiccava il sorriso maligno corredato di zanne.
«E fin qui ci siamo.» mormorò Koga, tenendo Anna accanto a sé. Lei annuì, deglutendo a fatica. Quel demone era veramente orrendo. Ovviamente lo yokai, che ora si stava avvicinando con aria soddisfatta, non poteva sapere che gli okami-yokai si erano fatti catturare apposta. Si erano affidati a lei: se fosse riuscita a uccidere il patriarca, le creature magiche sarebbero state distrutte e il branco avrebbe facilmente trucidato gli yokai serpente. Se lei avesse fallito…beh, avrebbero lottato con tutte le loro forze, supportati da un’altra squadra che stava seguendo tutta la scena in alto, al riparo della vegetazione. Anna lasciò fluire liberamente il proprio potere, nella speranza che il demone lo avvertisse.
«Sciocchi quei lupi che osano entrare non invitati nella dimora di Hebikinu.- disse lo yokai, con voce sibilante, incombendo su di loro- Non siete d’accordo, figli miei?»
Gli yokai più piccoli riempirono l’aria di sibili, agitandosi. Hebikinu stese una mano e la sua prole si zittì.
«Sciocchi quei lupi…che presto diventeranno miei servi non-morti.- ridacchiò, scrutandoli uno per uno- Saranno più resistenti di quelli che già possiedo, presumo.» Strinse appena gli occhi quando i suoi occhi si posarono su Koga e Anna.
«Un essere umano?- mormorò il demone, poi nei suoi occhi passò un lampo- Ma certo! Tu devi essere Koga, il famoso senza branco che per tanto tempo ha dato la caccia a quel mezzo demone, Naraku! Avevo sentito dire che la tribù cercava il tuo aiuto.» Rise più forte, con suoni simili a gesso passato su una lavagna. Anna rabbrividì.
«Non ridere troppo, bastardo!- disse Koga, con un sorrisetto- Perché non facciamo un duello, io e te? Sono sicuro di batterti.»
Hebikinu rise ancora più forte.
«Perché mai dovrei abbassarmi a combattere con te? Con te, che ti porti dietro un’umana?- sogghignò Hebikinu- Avevo sentito anche questa chiacchiera. Così è questa l’umana per cui hai perso la testa? Sento il suo potere permeare l’aria.»
Koga ristette, poi fece per replicare. Anna, conoscendo piuttosto bene la meccanica della mente yokai, prese la palla al balzo. Lanciò un gridolino e si aggrappò a Koga, affondando il viso nel suo petto come se non sopportasse la vista di Hebikinu.
«Ehi! Che diavolo…» esclamò Koga. Anna gli rifilò un doloroso pizzicotto.
«Se crederà che sono la tua donna e che sono inerme, non ci penserà due volte a trascinarmi via da te.- ringhiò Anna, a bassa voce- Fingi che io sia Kagome! Vedrai che pur di farti soffrire combinerà qualcosa.»
Koga non sembrò molto convinto, ma la abbracciò e disse, mostrando un’attitudine alla recitazione pressoché nulla: «Tu, mostro, non posare i tuoi luridi occhi su Kagome.» Perfino Ginta e Haggaku guardarono il loro capo con disapprovazione, visto il tono di voce del tutto colloquiale. Per fortuna, Hebikinu non era un critico teatrale. Rise, poi una delle sue spire si abbatté con violenza sugli okami-yokai. I lupi balzarono all’indietro per evitarlo. Koga, senza pensarci, fece per portare Anna con sé, ma lei lo spinse via, consentendo a Hebikinu di catturarla. Gridò mentre la spira la stringeva, in realtà senza eccessiva violenza, e la sollevava all’altezza del viso dello yokai.
«An…Kagome!» gridò Koga, continuando la recita. Hebikinu rise, mentre Anna faceva qualche debole tentativo di liberarsi.
«Te lo concedo, Koga. E’ una bella donna.- disse Hebikinu, scrutandola da vicino, e i suoi figli sibilarono, divertiti- Ma il suo potere…quello è ancora migliore. Ti ringrazio per avermela portata. Potrei fare di te il capo delle mie guardie, una volta morto.»
Koga lo insultò, ma lo yokai non fece una piega. Hebikinu la annusò, facendo guizzare la lingua biforcuta tra i denti. Disgustata, Anna non dovette fingere di volersi sottrarre al suo tocco. Girò la testa da una parte, inarcando il corpo all’indietro quanto più possibile. Il pensiero di essere toccata da quello yokai le faceva venire da vomitare, ma era necessario. Meglio assorbire il suo potere che niente. Per quello che riusciva a sentire, questo tizio era più potente dell’inu-yokai Beko.
«Il tuo potere è grande, per un essere umano.- sibilò Hebikinu, fissando Anna che tremava nella sua stretta- E’ sprecato. Penso che io potrei farne un uso migliore.»
“Ci siamo!” pensò Anna. Il sangue le si gelò nelle vene, i pensieri le si congelarono nel cervello. Quello era il momento, l’occasione che aveva cercato con tanto impegno. Improvvisamente fu assalita da una tale paura di morire che ebbe la sensazione di svenire. Si morse il labbro inferiore con violenza. Non doveva cedere proprio ora!
«Guarda bene, Koga, mentre divoro l’essenza della tua donna.- disse Hebikinu, ergendosi sulle sue spire- Sarà con il suo stesso potere che vi sterminerò.»
Forse Koga avrebbe dovuto protestare, ma Hebikinu era già impegnato a recitare l’incantesimo. Tutti rimasero immobili per assistere alla morte di Hebikinu…o della donna umana.
Anna ascoltò le parole dell’incantesimo con un orecchio solo, impegnata a raccogliere tutte le proprie forze. Sapeva che ora lui l’avrebbe morsa, che avrebbe succhiato il suo sangue e la sua anima. Doveva riconoscere il momento giusto per morderlo a sua volta. Doveva restare cosciente fino alla fine. La sua vita dipendeva da questo. Hebikinu aprì la bocca zannuta, pronto a morderla. Anna controllò la respirazione, fissando senza battere ciglio il suo nemico, attendendo il dolore con coraggio. Lo yokai si preparò ad azzannarla…poi si bloccò, con un’espressione di totale incredulità sul volto appiattito.
Per qualche istante Anna non capì. Troppo concentrata su se stessa, si rese conto soltanto che Hebikinu stava impiegando un’eternità nel decidersi a colpirla. Furono i sibili di sgomento dei piccoli yokai a destarla dalla sua trance. Anna fissò con incredulità il corpo di Hebikinu…da cui fuoriusciva la lama di una spada macchiata di sangue. Hebikinu boccheggiò una, due volte, poi sotto gli occhi attoniti dei presenti si disfece in polvere.
Anna, incredula, cadde a terra, improvvisamente libera. La spada che giaceva a pochi passi da lei era una lama conosciuta. Era Tokijin. Con il cuore quasi fermo nel petto, Anna alzò lo sguardo. In piedi in cima al tetto della grande magione c’era Sesshomaru.

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Capitolo 19
*** 19 - Comunque vada ***


Author's note: Il momento del confronto! Era ora!

Anna rimase immobile, priva di forze, di voce, anche solo della volontà di alzarsi da dove stava. Poteva solo guardare la figura bianca di Sesshomaru, il suo viso marmoreo, mentre saltava giù dal tetto con grazia e iniziava a camminare lentamente verso di lei. Alla sua destra, gli okami-yokai non persero tempo. Koga li riscosse subito dallo sbalordimento e diede il via al combattimento contro i figli di Hebikinu, mentre i prodotti della magia cadevano a terra in mucchi scomposti. Fortunatamente gli scontri rimasero circoscritti in una zona del cortile lontana da lei, perché Anna non era in grado di reagire e ne sarebbe stata travolta.
Riusciva solo a stare lì, seduta, fissando il suo uomo che si avvicinava. Non c’era espressione sul suo volto, ma al momento non era quello a preoccuparla. Da quanto tempo non lo guardava in viso? Da quanto tempo non poteva parlargli, toccarlo, stargli al fianco? Le sembrava che dal loro ultimo incontro fossero passate migliaia di anni. Le vennero le lacrime agli occhi. Le parve bellissimo, perfetto…troppo perfetto. Già, lui era uno yokai. E lei? Lei era un’umana che in quel momento si sentiva sporca, scarmigliata, piena di lividi e con i capelli aggrovigliati alla faccia. Difficile che due creature così diverse potessero vivere insieme, no?
Una spirale di rabbia iniziò ad avvolgerlesi nello stomaco. Più lui si avvicinava, più quella rabbia cresceva dentro di lei. Abbassò gli occhi sulla spada Tokijin, che giaceva ancora a terra. Anna strinse le labbra in maniera impercettibile. Sesshomaru era convinto di averla salvata da Hebikinu. Invece ciò che aveva fatto era uccidere sotto i suoi occhi l’unico yokai che fosse riuscita a trovare per tornare immortale. Certo, sarebbe diventata uno yokai serpente. E allora? Non era meglio che restare umana e mortale? Dopotutto, tempo un anno e avrebbe dovuto cambiare di nuovo, no? Perché era arrivato nel momento sbagliato e le aveva messo il bastone tra le ruote? Non riusciva a capire? Era davvero così insensibile?!
Sapeva di stare facendo dei ragionamenti senza senso. Sesshomaru le aveva appena salvato la vita e doveva aver fatto una fatica del diavolo per trovarla. Ciononostante, la sua pazienza era definitivamente terminata. Aveva sopportato tante cose per troppo tempo. Adesso stava per esplodere.
«Anna…» disse Sesshomaru, fermandosi a pochi passi da lei e tendendole la mano. Anna balzò in piedi da sola, furibonda, con i pugni stretti e gli occhi che mandavano lampi.
«Perché?- chiese, gridando sopra il frastuono dei combattimento e bloccando il suo movimento a metà- Perché sei arrivato proprio adesso?!» Fece un passo avanti, minacciosa. «Hai idea di quanta fatica ho fatto a trovare questo demone?- continuò, conscia di stare urlando come una pescivendola- Hai idea dei pericoli che ho corso?!»
«Anna.» disse Sesshomaru, rabbuiandosi, ma lei lo interruppe di nuovo.
«L’avevo preso! Io avevo preso lui, mi spiego?- sbraitò, gesticolando- L’avrei assorbito, dannazione! Ora sarei uno yokai! E invece no! Arrivi tu, bello e terribile con la tua spada, e lo ammazzi davanti ai miei occhi! Tanta fatica per niente!»
«Anna!» ripeté Sesshomaru. Il suo tono di voce stava diventando imperioso, ma Anna non lo voleva ascoltare.
«Per chi credi che abbia fatto tutta questa fatica, eh?- continuò, imperterrita, sentendo che la voce iniziava a spezzarlesi in gola- Va bene, forse uno yokai serpente non era proprio il massimo, ma…»
«Anna, chiudi quella dannata bocca!» disse Sesshomaru, con voce abbastanza forte e autoritaria da zittirla davvero. Fece una smorfia, conscia che lui la stava fissando. Si coprì la faccia con le mani e gli voltò le spalle.
«Non mi guardare.- gemette- Non mi guardare, sono….sono orribile, e…» Sentì la mano di lui protendersi verso il suo braccio e indietreggiò. «E…e non toccarmi!- disse, mentre le prime lacrime iniziavano a rigarle le guance- Altrimenti io…»
Sesshomaru perse la pazienza. Aveva fatto un sacco di strada per correrle dietro, aveva temuto per la sua vita, aveva ucciso la Grande Famiglia per vendicarla. Si era tormentato l’anima per venire a capo dei propri sentimenti, riuscendoci con molta sofferenza personale. Quando era arrivato al covo degli okami-yokai, aveva scoperto che Anna se ne era andata con il loro capo per uccidere un demone serpente. Non poteva descrivere ciò che aveva provato nel vedere il fragile corpo umano di Anna stretto tra le spire di quel disgustoso rettile. La guardava e poteva ancora vedere i segni dei maltrattamenti che aveva subito. E ora lei, dopo tanto tempo che erano lontani, lo assaliva con un simile fiume di assurdità? Possibile che quella sua stupida donna non riuscisse mai a capire quand’era il momento di stare zitta?!
Sesshomaru allungò il braccio e afferrò con forza un polso di Anna. La attirò a sé senza dare ascolto alle sue rimostranze e se la strinse forte al petto. Ignorò i suoi deboli pugni di protesta, i tentativi di liberarsi dalla sua stretta. Posò la bocca sui suoi capelli, inebriandosi del profumo di lei…piccoli fiori bianchi, una pesca piena di sole…
«Stai zitta, Anna. Chiudi quella bocca.» ripeté, parlando a contatto con la pelle della sua tempia. Anna mugolò una protesta poi, riluttante, gli passò le braccia attorno al torace. Tremava e Sesshomaru la strinse più forte.
«Volevo vederti.- confessò infine Anna, stringendolo forte- Mi sei mancato da morire! E’…è solo che…»
Scoppiò in lacrime, non dissimile in quel momento dalla piccola Rin. Sesshomaru non disse nulla. Non ce n’era bisogno. La lasciò sfogare, mentre attorno a loro gli okami-yokai avevano ragione dei loro nemici. Per quel che gliene importava, era come se non esistessero nemmeno.
Presto, Anna frenò il proprio sfogo e alzò il viso bagnato di lacrime e imbronciato su di lui, tirando su con il naso. Sesshomaru si sorprese nell’avvertire la tentazione di ridere di fronte a quel faccino offeso. Si sentiva come se si fosse innamorato di lei in quel preciso istante, di nuovo e più in profondità. Era una sensazione frizzante che dava alla testa.
«Comunque sia, l’avrei assorbito.- borbottò Anna, cercando di asciugarsi la faccia- Adesso dovrò ricominciare daccapo.»
«Non dire assurdità. Hai finito di vagabondare.» disse Sesshomaru, duro.
«Ma…» protestò Anna. Lui le pose una mano sulla bocca per zittirla, poi guardò il capo degli okami-yokai, che si stava avvicinando. Gli sembrava vagamente familiare, ma niente di più. Koga stava davanti al suo branco, a braccia conserte. Mentre i due se ne stavano lì abbracciati, loro avevano sconfitto i demoni serpente.
«Ehi, com’è questa storia?- chiese Koga, sollevando un sopracciglio e squadrando Sesshomaru con aria critica- Alla fine è arrivato in tempo per guastarti la festa, eh?»
Anna avvertì una cappa di gelo scendere su Sesshomaru e lo prevenne.
«Koga, ti ringrazio per il tuo aiuto.- disse, inchinandosi con cortesia- E anche tutti voi. Il tentativo è andato a vuoto, perciò troverò una diversa soluzione.»
Koga sbuffò, ironico.
«Fai un po’ tu, Anna. Comunque sia, voi due ci avete facilitato il lavoro. Niente ringraziamenti.» disse, con un sogghigno. Anna si accorse che Sesshomaru era diventato veramente minaccioso dopo aver sentito Koga chiamarla con tanta familiarità e gli strinse la mano per trattenerlo.
«Mi arrangerò.» disse, mesta. Koga annuì.
«Beh, buona fortuna con quel ghiacciolo.- disse, portandosi due dita alla fronte in segno di saluto- Tu e Kagome non avete proprio gusto in fatto di uomini…ma salutamela ugualmente. Dille che presto andrò a trovarla.»
«Lo farò.- disse Anna, pensando a un altro inu-yokai che non avrebbe apprezzato affatto- Grazie ancora per avermi salvato la vita.»
Questo colpì Sesshomaru, che la guardò con espressione penetrante. Koga sbuffò, dando poco peso alla cosa, poi fece cenno al branco di tornare alla grotta. I lupi se ne andarono, rivolgendole cenni di saluto.
«Ti ha salvato la vita?» chiese Sesshomaru, osservando il branco allontanarsi.
«Mi ha salvato dalla Grande Famiglia.» ammise Anna. Sesshomaru strinse le labbra, poi raccolse Tokijin e strinse bruscamente Anna a sé. Si alzò in volo con lei.
«Vieni.- disse, cupo- Abbiamo parecchie cose di cui discutere.»
Anna, troppo desolata e stanca per replicare, si appoggiò a lui. Sapeva che era l’ora della resa dei conti. Più tardi, quel pomeriggio, i due sedevano all’ombra di un albero in una valle già molto lontana dalle colline della tribù di Koga. Sesshomaru sedeva con un gomito appoggiato al ginocchio e guardava dritto di fronte a sé. Anna era a una certa distanza e si abbracciava le ginocchia contro il petto. Le sembrava di essere una bambina in castigo. Il silenzio fra loro le pesava.
«Inuyasha non è venuto con te?» mormorò.
«Quell'idiota si è fatto ingannare dalla tua trappola.» rispose Sesshomaru. Anna si mordicchiò il labbro inferiore, sulle spine.
«La Grande Famiglia è sulle mie tracce.- borbottò- Non dovremmo tornare al castello?»
«La Grande Famiglia è stata sterminata.- disse Sesshomaru, gelido- Da me. Non ci darà più noie.»
«Oh…» mormorò Anna, guardandolo con sincero stupore. Il silenzio cadde di nuovo tra loro, una barriera irritante. «Non mi chiedi niente?» disse infine, brusca. Sesshomaru abbassò lo sguardo, corrugando appena la fronte.
«Avevo molte domande da farti.- ammise- Ora, però, non sono più necessarie.»
«Perché?» chiese Anna, agitata. Lui la guardò.
«Perché conosco già le risposte.- disse, gelido- So perché te ne sei andata, so cosa stavi cercando di fare, so che stupidi pensieri ti hanno portata così lontana da me…»
«Non sono stupidi pensieri!- sbottò Anna, colpendo il terreno con il palmo della mano- Sesshomaru, guardami! Sono un essere umano! Tu odi gli esseri umani!»
Sesshomaru la squadrò sul serio da capo a piedi, facendola sentire a disagio. Le faceva male tutto il corpo e pensava di essere orrenda da guardare, al momento.
«Sei Anna. Sei tu e basta. Mi importa chi sei, non cosa sei.» disse lui, sorprendendola.
«Questa…questa non sembra una frase che ti possa appartenere.» mormorò Anna, arrossendo e abbassando gli occhi. Sesshomaru annuì.
«Non poteva appartenermi. Non volevo che mi appartenesse.- ammise, senza problemi- Ho disprezzato mio padre per decine di anni a causa di sentimenti del genere.»
Anna strinse le labbra.
«Lo so. E’ proprio per questo che…» iniziò a dire, ma Sesshomaru la interruppe.
«Sono rimasto sconvolto quando sei tornata un essere umano.- confessò- Ho avuto la tentazione di lasciarti andare. Mi procuravi troppa sofferenza.»
Anna non disse nulla, nonostante quelle parole la ferissero. Si poteva dire qualunque cosa a Sesshomaru, ma non che non fosse sincero con lei…anche se a volte la sua sincerità faceva male come una lama. Nonostante ciò, preferiva sapere nei dettagli ciò che lui provava. Sesshomaru tornò a guardarla.
«Ho scoperto, però, che stare lontano da te è mille volte peggio.- disse, apparentemente senza emozione- Io ti voglio con me, anche se questo significa votarsi alla sofferenza. Ti voglio, anche se sei un’umana.»
Anna strinse le mani l’una contro l’altra, accorgendosi che stavano tremando. Deglutì nervosamente.
«Sesshomaru, io…io invecchierò e morirò.- gli ricordò, con voce incerta- Presto la mia sola vista ti disgusterà. Io…»
«Io ti amo.- disse Sesshomaru- Credo di aver imparato che questa è l’unica cosa importante.»
Anna rimase senza parole. Lui non le aveva mai detto di amarla con tanta facilità. Sentì un nodo formarlesi in gola e si accorse di essere lì lì per piangere.
«Anch’io ti amo. Ma…» balbettò Anna. Si asciugò gli occhi e abbassò lo sguardo, affranta. «Io non voglio farti soffrire.- mormorò, con un filo di voce- Non voglio che stare vicino a me ti faccia del male.»
«Sono io quello che ti ha fatto del male e molte volte. Adesso basta.- disse Sesshomaru- Anna, preferisco amarti sapendo che un giorno ti perderò, piuttosto che voltarti ora le spalle e cercare di dimenticarti. E’ una scelta che ho fatto e non intendo tornare indietro. Il Grande Sesshomaru non è demone da prendere alla leggera delle decisioni del genere.»
«Ma il Grande Sesshomaru non è nemmeno tipo da stare con una debole umana.» disse Anna, tentando debolmente di scherzare.
«Stai dicendo che tu invece hai intenzione di lasciarmi?» chiese Sesshomaru, con voce dura come il granito. Anna scosse la testa, decisa. Sesshomaru sospirò appena. «A questo punto rimane solo una cosa da chiarire.» disse.
«Co…cosa?»
«Che diavolo ci fai seduta a quella distanza da me?» chiese lui, brusco. Anna impiegò un istante per capire, poi, singhiozzando, si gettò tra le braccia di Sesshomaru, che la strinse forte. «Il tuo odore è avvelenato dalle lacrime.- mormorò, baciandole la fronte, gli occhi e poi le labbra- Avanti, liberatene.»
E Anna, dopo tanto tempo passato a tenersi tutto dentro, accolse l’invito. A tratti piangendo, a tratti cercando di calmarsi, Anna raccontò a Sesshomaru tutte le sue vicissitudini, partendo dalla sua malattia di un mese prima. Gli confidò tutti i suoi pensieri, le sue paure, i sensi di colpa che la tormentavano per gli esseri umani innocenti che erano morti a causa sua. Gli raccontò del suo viaggio, della famiglia della strega Harune, dell’attacco della Grande Famiglia e di come avesse pensato di essere sul punto di raggiungere il suo scopo.
«Avevo paura, non lo nego.- disse infine, sospirando, mentre Sesshomaru le accarezzava i capelli castani- Ma era l’unico modo. E lo penso ancora.»
«Smetti di pensarci. E dico sul serio, Anna.- disse Sesshomaru, duro, spezzando il silenzio con cui l’aveva ascoltata- Non tollererò un altro colpo di testa del genere. La prossima volta che scapperai, ti riporterò a casa legata e imbavagliata, e così rimarrai per almeno un mese.»
Anna soffocò un sorriso, pensando che Sesshomaru l’avrebbe fatto davvero, poi tornò seria.
«Sesshomaru, io desidero davvero tornare uno yokai.- mormorò- Per te, ma anche per me stessa. Anche se ci amiamo, stare insieme a queste condizioni sarà durissima. Io desidero tentare.»
«Non tenterai nessuna fusione, Anna. E questa è l’ultima parola sull’argomento.» Sesshomaru fu categorico e un lampo irato gli passò negli occhi. Anna trattenne un’ulteriore rimostranza, conscia di essere sul punto di farlo arrabbiare sul serio. Sesshomaru alzò lo sguardo alle fronde degli alberi per cercare di calmarsi. «Tenteremo altre strade.- disse, duro- Le ipotesi che avevi fatto per sviare Inuyasha non erano del tutto campate per aria. Proveremo quelle e se non funzioneranno…» Sesshomaru non si lasciò interrompere da Anna. «…devi promettermi di rassegnarti, come farò io.»
«Ma Sesshomaru…» protestò lei.
«Prometti, Anna.» le ingiunse lui. Sapeva che Anna manteneva sempre le promesse e voleva vincolarla. Non ci voleva un genio per vedere che la ribellione le covava ancora dietro quelle iridi blu. Anna fece una smorfia, poi, sconfitta, annuì. «Bene.» mormorò Sesshomaru. Le alzò il mento con due dita, guardando quel viso dai tratti morbidi e delicati, quasi una versione bambina del viso di Anna che aveva imparato a conoscere. Si chinò su quelle labbra e le baciò. Anna rispose al bacio con dolcezza e si accorse solo dopo che Sesshomaru le aveva infilato qualcosa al dito. Quando poté abbassare lo sguardo, vide al proprio anulare l’anello Seishin.
«Quest’anello è stato fatto per te.- mormorò Sesshomaru, dandole un altro breve bacio- Resta con me per sempre, Anna Etain O’Seal.»
Le lacrime ripresero a scendere dagli occhi di Anna senza che lei se ne accorgesse. Quella era in assoluto la cosa più bella che Sesshomaru le avesse mai detto.
«Hai pronunciato il mio nome per intero.» balbettò, commossa.
«Rin sa rendersi utile in molti modi.» disse Sesshomaru. Anna rise tra le lacrime e lo abbracciò.
«Sì.» sussurrò, in risposta alla richiesta di lui. Sesshomaru la baciò di nuovo e subito la passione li infiammò entrambi. Sesshomaru, però, ricordò di avere ancora una piccola spina da sfilare.
«Quasi dimenticavo: da quanto tempo conosci quello stupido okami-yokai che ti ha chiamata per nome con tanta confidenza?» chiese, acido. strappandole la prima, vera risata dopo tanto tempo.

***

La mattina dopo, Sesshomaru e Anna erano in volo per il castello, stretti l’uno all’altra. Parlavano a bassa voce di cose senza troppa importanza, cercando di lasciare i loro problemi relegati in fondo alla mente, dove non potevano nuocere. Avevano bisogno di qualche momento di serenità, c’era tutto il tempo di ricominciare a pensare al loro futuro.
«Così Rin è venuta a dirti del mio scherzo a Inuyasha?» chiese Anna, sorridendo immaginandosi la scena.
«Era molto preoccupata.» disse lui. Anna si rabbuiò.
«Mi dispiace.» mormorò. Sesshomaru la strinse più forte.
«Sarà felice di vederti.» disse soltanto e Anna gli sorrise, grata che non le facesse pesare ciò che era successo. Con la coda dell’occhio, si accorse che alcune minuscole figure si agitavano tra i campi, sotto di loro. Una di esse era vestita di un rosso così brillante che spiccava su tutta la pianura. Le figure sembravano sbracciarsi verso l’alto e si potevano udire anche dei confusi richiami.
«Sesshomaru…ma quelli non sono Inuyasha e gli altri?» chiese Anna, socchiudendo gli occhi. La sua vista da umana non era acuta come quella da yokai.
«Sì.» disse Sesshomaru, senza nemmeno guardare di sotto. Continuò a volare imperterrito.
«Ehi! Ma che fai, li superi senza fermarti?!- protestò Anna, sentendo ora abbastanza nitidamente le imprecazioni di Inuyasha verso il fratello- Dai, Sesshomaru, atterriamo!»
Sesshomaru trattenne a stento un sospiro seccato. Corrugò la fronte, contrariato, ma scese a terra. Vennero presto raggiunti da Inuyasha e i suoi amici, che corsero loro incontro.
«Anna!» esclamò Kagome, correndo dalla giovane e buttandole le braccia al collo.
«Kagome! Ragazzi! Sono felice di rivedervi!» disse Anna, ricambiando l’abbraccio dell’amica e guardando tutti con occhi scintillanti.
«Sono lieta di vedere che stai bene, Anna!» disse Sango, sospirando di sollievo.
«Ah, basta con questi salamelecchi! Ehi, cretina! Hai idea di quanto ci hai fatto preoccupare?!» sbottò Inuyasha, aggressivo, guadagnandosi un’occhiata omicida di Sesshomaru. Anna si rabbuiò.
«Vi chiedo scusa davvero con tutto il cuore.» disse, inchinandosi profondamente agli amici.
«Ehi…ehi! Non ti ho chiesto una cosa simile!- protestò Inuyasha, imbarazzato e piuttosto inquieto nel vedere Sesshomaru irritarsi ancora di più- Basta che tu sia pentita.»
Anna sorrise mostrando ben poco pentimento, poi Miroku chiese: «Visto il tuo aspetto attuale, dobbiamo dedurre che non sei riuscita a trovare un demone che conoscesse l’incantesimo di fusione?»
«Oh, l’avevo trovato.- disse Anna, sospirando- Ma Sesshomaru me l’ha ucciso davanti agli occhi prima che potessi fare qualsiasi cosa.»
«Meno male.» mormorò Kagome, sollevata.
«Perché meno male?- chiese Anna, perplessa- Se ci fossi riuscita…»
«Anna?» disse soltanto Sesshomaru e lei subito si zittì. Aveva promesso che non avrebbe più parlato di quell'eventualità e non voleva farlo arrabbiare.
«E’ una fortuna che Sesshomaru sia arrivato in tempo, Anna.» disse Miroku, facendo tintinnare gli anelli del suo shakujo. Anna sollevò un sopracciglio, interrogativa. Kagome guardò lei e Sesshomaru con un gran sorriso.
«Abbiamo trovato un sistema per farti tornare una inu-yokai, Anna.» disse, battendo le mani dalla gioia. Anna impallidì e il volto di Sesshomaru divenne di pietra.
«Co…cosa?» balbettò Anna. Inuyasha annuì.
«Ho indagato insieme a Totosai e Myoga, e abbiamo scoperto che puoi riavere i tuoi poteri tramite quell'anello, Seishin.- disse, stando davanti a lei a braccia conserte- Basta che lo indossi…»
«Ma l’ho già fatto!» protestò Anna, alzando la mano per mostrargli l’evidenza. Inuyasha fece un gesto per zittirla.
«…all’incontrario, e che pronunci l’incantesimo di fusione. L’anello ti ridarà i tuoi poteri di inu-yokai. Capito? Devi mettere la perla verso il dorso della mano.» disse. Vi fu un istante di silenzio attonito. Anna non poteva credere alle proprie orecchie. Aveva rischiato la vita…per niente? Tutti i discorsi che aveva fatto con Sesshomaru, il dolore al pensiero di vivere un amore a scadenza, l’incerto futuro che l’attendeva, tutte quelle lacrime…cancellati da un uso così semplice di quell'anello che aveva dato il via a tutta la storia? Inuyasha sospirò e si passò una mano sulla frangia. «Sì, lo so, sembra troppo semplice in confronto con tutte le baggianate che hai fatto, ma…»
Anna cacciò uno strillo che trapanò le orecchie a tutti i presenti, poi gettò le braccia al collo di Inuyasha, saltellando e trasformando il grido in una risata di gioia pura.
«Grazie, Inuyasha! Grazie! Ti voglio bene!» gridò.
«E…ehi! Mollami subito!» protestò Inuyasha, a disagio, mentre gli altri ridevano. Ci pensò Sesshomaru a dividerli. Un secondo più tardi, Anna si trovava tenuta come un pacco sotto il braccio di Sesshomaru e Inuyasha aveva piantata in faccia una mano del fratello maggiore.
«Piano con gli entusiasmi.- disse Sesshomaru, gelido come l’inverno, mentre Inuyasha si tirava indietro e si strofinava il naso ammaccato con aria imbronciata- Inuyasha, ti ho già detto che Anna è un’umana e questo significa che non può usare la magia demoniaca.»
«Invece posso.» disse Anna, sorridendo da un orecchio all’altro. Ridacchiò di fronte alla faccia sorpresa di Sesshomaru. «Vedi, durante il mio viaggio ho scoperto qualcosa sull’origine del mio potere. E’ un potere divino, diluito in centinaia di generazioni umane.»
«Un potere…divino?» chiese Miroku, stupito. Anna annuì.
«Il secondo nome che porto è quello di una dea solare della mia gente. Lei è la capostipite della mia famiglia.- disse, poi sembrò riflettere- Forse per questo la mia reazione al potere demoniaco è stata tanto violenta. In ogni caso, il mio potere mi dà accesso alla magia demoniaca.»
«Ma è perfetto!- esultò Kagome- Se ricordi l’incantesimo che Beko ha pronunciato…»
Anna scosse il capo.
«Non sentii Beko pronunciare l’incantesimo.- borbottò, riflettendo- Hebikinu l’ha fatto, ma non ricordo una sola parola.» Alzò lo sguardo e incontrò quello di Kagome. Entrambe le ragazze sorrisero. «Kiokuchi-sama!» dissero in coro, e risero.
«Qualcuno vuole spiegarmi di che diavolo state parlando?» chiese Sesshomaru, irritato. Non voleva sperare in qualcosa che si sarebbe rivelato un fiasco, ma quando vide il sorriso del tutto fiducioso di Anna una parte di lui cominciò a credere alle parole di Inuyasha.
«Lo vedrai.- disse Anna, stringendoglisi a fianco con gli occhi luccicanti di gioia- Temo però che dovremo fare una scappata in Kyushu.»

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Capitolo 20
*** 20 - Epilogo ***


Author's note: Appuntamento in fondo alla pagina!

Sesshomaru non volle perdere tempo. Costrinse il gruppo a una marcia forzata verso il Kyushu, anche se da parte sua avrebbe fatto volentieri a meno della compagnia di ‘quegli insetti fastidiosi’. I ragazzi, però, volevano vedere come sarebbe andata a finire e li accompagnarono. Anna raccontò a tutti la storia del suo viaggio, chiedendo di nuovo scusa per il piccolo inganno che aveva preparato per loro. Kagome le spiegò come si erano regolati quando avevano scoperto la sua fuga e quasi ogni sua frase fu sottolineata da uno sbuffo di Inuyasha, che fingeva di avercela ancora con Anna per averli fatti correre qua e là come degli idioti.
«Insomma, non siete stati fermi un attimo.» disse Anna, stuzzicando con un legnetto il fuoco da campo.
«Grazie a te, stupida che non sei altro.» borbottò Inuyasha.
«Inuyasha, un altro insulto ad Anna e ti ritroverai a dover cercare i denti in mezzo all’erba.» lo avvisò Sesshomaru, tornato in quell'istante da un giro nei dintorni. Inuyasha sobbalzò, mentre Anna rideva e faceva cenno a Sesshomaru di sedersi accanto a lei. Dopo un’occhiata sprezzante ai presenti, il demone andò a sedersi ad una certa distanza, fuori dal cerchio di luce del fuoco.
«Mi dispiace molto avervi rovinato la luna di miele, Sango e Miroku.» disse Anna, contrita.
«Non preoccuparti, Anna. Credo che questo tipo di vita sia nel nostro destino.» disse Sango, sorridendo e scuotendo la testa. Kirara miagolò per dare la sua approvazione.
«Inoltre potresti sempre sdebitarti…» iniziò a dire Miroku, allegro, poi si bloccò. «Perché sento di essere appena stato trafitto in due punti diversi?» chiese il monaco, rigido, con una risatina nervosa.
«Perché è così.» disse Kagome, sorridendo, nel notare le occhiate omicide di Sango e Sesshomaru.
«Ma non avevo ancora detto nulla!» si lamentò Miroku, facendo ridere Anna.
«Anna, i tuoi capelli hanno ancora un taglio strano.» osservò Kagome, indicando i capelli castani di Anna.
«Oh, questi?- chiese Anna, sollevando alla luce le punte dei capelli- Già…non sono stata molto abile, vero? A dire il vero fanno un po’ schifo.» In effetti, il taglio di capelli che aveva fatto per sviare il fiuto di Inuyasha l’aveva lasciata con le punte piuttosto storte. Avendo ben altro a cui pensare, fino a quel momento non ci aveva fatto caso.
«Vuoi che te li metta a posto io?- chiese Kagome, con gli occhi illuminati dall’aspettativa- Sono brava a tagliare i capelli!»
Risultò che Kagome si trovò a porre rimedio allo scempio dei capelli di Anna stando anche attenta a non esagerare con il taglio, in quanto Sesshomaru aveva preso come un sacrilegio il fatto che la sua donna si tagliasse i capelli e poteva avere reazioni inconsulte. Solo l’evidenza dell’aspetto disordinato della stessa e l’assicurazione di Kagome che non avrebbe esagerato consentirono alle forbici di fare il loro dovere. Quella sera Anna tornò ad avere un taglio decente…anche se più corto di almeno quindici centimetri sull’originale.
Il viaggio fu per molti versi piacevole, nonostante i musi lunghi di Sesshomaru. Fu quasi una gita, densa di scherzi, chiacchierate e giochi. Anna si sentiva agitata oltre ogni dire, a mano a mano che si avvicinavano al Kyushu, ma il suo cuore scoppiava di felicità. Ne godeva ancora di più ora, dopo aver pensato di poter perdere tutto ciò che la circondava, e per sempre. Sesshomaru era silenzioso, ma spesso la prendeva per mano e la notte la cercava sempre per dormire accanto a lei. Speranza e timore si agitavano in loro, creando una strana atmosfera.
E poi, finalmente, giunsero alla dimora di Kiokuchi-sama. La foresta era lussureggiante e piena di fiori, in quella stagione, l’aria densa di un profumo inebriante. Il lago era limpido e calmo, e rifletteva la luce del sole. L’ultima volta che Anna vi era stata era notte e viaggiava anche allora con una speranza nel cuore. La giovane sorrise tra sé, prima di alzare il mento con un moto d’orgoglio e di chiamare per nome la dea, mentre gli altri si guardavano attorno. Per qualche tempo, non accadde nulla. Poi, dalla foresta giunse Kiokuchi-sama, fluttuando leggera nella sua ampia veste, con i lunghi capelli neri acconciati.
«La mia memoria conserva questa voce e mi è gradito sentirla di nuovo.- disse la dea, sorridendo, con voce soave- Anna-san, questo è il nome che le appartiene. Ma l’essenza è cambiata.»
Anna le andò incontro, inchinandosi appena.
«L’essenza è tornata all’origine, Kiokuchi-sama.- disse, mesta- E questo non mi aggrada affatto.»
«Sei accompagnata?» chiese la dea. Anna annuì, presentandole brevemente tutti. Miroku, Sango e Kagome si inchinarono alla dea, mentre Inuyasha e Sesshomaru stavano in disparte.
«Vi saluto, mortali.- mormorò Kiokuchi-sama, per poi inchinarsi- E rendo omaggio e coloro che posseggono Ovest ed Est. Se non siete qui per intenti malvagi, vi ascolterò.»
«Siamo qui perché ho grande bisogno del vostro aiuto, Kiokuchi-sama.» disse Anna. La dea la prese per mano.
«Non sprecare le parole con me, Anna-san. Ora che sei umana, posso vedere attraverso i tuoi ricordi.» le disse la dea e il suo viso divenne inespressivo per un istante. Poi sorrise. «Così i tuoi dolori possono essere guariti. Ne sono felice, mia cara ragazza. E sono felice di poter fare qualcosa per te, stavolta.»
«Potete aiutarmi?» chiese Anna, speranzosa. La dea annuì, sorridendo.
«Dammi l’altra mano.- le disse- Porterò a galla nella tua memoria l’incantesimo che ti è tanto caro.»
Anna si affrettò ad ubbidire. La dea si concentrò e una luce unì i suoi occhi bianchi a quelli di Anna. In pochi istanti, tutto finì.
«Cosa dice, ora, la tua mente?» chiese la dea.
«Ricordo.- mormorò Anna, poi si voltò raggiante verso i suoi amici- Ricordo ogni singola parola dell’incantesimo!» Tornò a voltarsi verso la dea, con le lacrime agli occhi. «Grazie, Kiokuchi-sama.» mormorò. La dea le sfiorò la guancia con una carezza materna.
«Tu sei della mia specie, Anna-san.- disse la dea della memoria, sorprendendola- Per questo, posso farti una rivelazione. La tua vita sarà costellata da grandi lotte, ma l’amore di chi ti sta attorno non ti mancherà mai. Per lungo tempo il tuo potere vacillerà e come un hanyo sopporterai temporanee trasformazioni che ti renderanno debole, ma questo scomparirà con il tempo finché non tornerai ad essere completa.»
Anna sorrise, così felice da avere le lacrime agli occhi. La dea la fissò con gravità, spegnendo per un istante i suoi entusiasmi.
«C’è però una menomazione che ti affliggerà, mia cara.» disse.
«Cosa? Di che state parlando?» balbettò. La dea guardò Sesshomaru, che ricambiò con freddezza. Si era atteso una brutta notizia fin dall’inizio.
«A meno di un dono dal cielo, tu non sarai in grado di dare un erede al Signore dell’Ovest.» disse Kiokuchi-sama. Anna si sentì divenire di gelo. Trattenne il fiato, sottraendo le mani dalla stretta della dea e stringendosele al petto. Sobbalzò quando una mano le si posò sulla spalla. Guardò dietro di sé e vide Sesshomaru.
«Questi sono affari nostri. Non metterle strane idee in testa, donna.» disse il demone, deciso, guardando freddamente la dea. Ella chinò appena il capo.
«Come preferite.- mormorò, poi sorrise ad Anna- Addio, mia cara.» La dea scomparve con un cenno di saluto.
«A me non importa affatto avere o meno un erede.» le disse subito Sesshomaru.
«Ma…Sesshomaru…l’Ovest…» balbettò Anna, che di nuovo sentiva tutto vacillarle attorno. Non avrebbe mai potuto dare un erede a Sesshomaru! Non avrebbe mai potuto avere un figlio da lui! Avvertì la pena di coloro che le stavano attorno, la loro solidarietà, ma in quel momento non le raggiungevano il cuore.
«C’è sempre Inuyasha.» disse Sesshomaru. Anna lo fissò, sbalordita, ma non quanto il diretto interessato, che sbottò in un «Cosa?!» alquanto sentito. «Inoltre,- continuò Sesshomaru, stringendo Anna a sé e costringendola a guardarlo negli occhi- mi pare di aver sentito la frase ‘ a meno di un dono dal cielo’. Io il mio dono dal cielo l’ho già avuto. Può sempre arrivarne un secondo.»
Anna si strinse a lui, nascondendo il viso nel suo petto.
«Sei sicuro…che non t’importa?» balbettò. Sesshomaru la strinse più forte.
«Pronuncia quel dannato incantesimo e torna immortale, Anna.- disse Sesshomaru, con un mormorio appena percettibile- Sei tu l’unica cosa di cui m’importa, stupida.»
«Non te ne pentirai, vero?» chiese ancora. Sesshomaru, per tutta risposta, le infilò al dito l’anello nella giusta posizione.
«Ehi!- sbraitò Inuyasha, che cercava di farsi sentire già da un po’- Volete fare un attimo di pausa e dirmi che significavano quelle parole?»
«Inuyasha, aspetta ancora qualche momento!» lo censurò Kagome.
«Ma non hai sentito quello che ha detto?! Dev’essere impazzito!- disse Inuyasha, sconvolto- E’ assurdo che…»
«Muoviti, prima che lo ammazzi.» mormorò Sesshomaru ad Anna, che rise. Stringendo a pugno la mano su cui indossava l’anello, pronunciò a voce alta l’incantesimo che le avrebbe restituito l’immortalità.

***

Quella notte la luna piena brillava, illuminando le tre coppie di innamorati accampate nella foresta. Una coppia dormiva, teneramente allacciata. Le altre due chiacchieravano, ognuna per i fatti suoi.
Sesshomaru si voltò a guardare Anna, ancora incredulo di vedere i suoi capelli d’oro dopo tanto tempo. Lei gli sorrise. Il potere si stava riversando in lei a poco a poco. Ancora non aveva zanne né artigli e la fiamma sulla sua fronte era di un colore così chiaro da essere quasi invisibile, ma il suo odore era di nuovo quello di un inu-yokai. Lei era nuovamente immortale.
«Avevo quasi dimenticato come ci si sente.- mormorò Anna, appoggiandosi con la testa alla sua spalla- Quanti odori, e suoni…»
«Sei pentita?» chiese Sesshomaru. Lei gli scoccò un’occhiata ironica.
«Ti pare possibile?- chiese, poi si rabbuiò- E tu? Non sei pentito?» Lui la zittì con un bacio. Anna sorrise a contatto con le sue labbra. «Davvero lasceresti il tuo trono a Inuyasha?» mormorò. Sesshomaru si scostò, sospirando con fare seccato.
«Davvero ci hai creduto?» le disse, sollevando appena un sopracciglio. Anna ristette, perplessa.
«Ma allora…» balbettò.
«L’ho detto solo per convincerti. Non ho nessuna intenzione di morire tanto presto, Anna. Governeremo insieme ancora per qualche centinaio di anni.- disse lui, secco- Nel caso ci fosse impossibile avere figli, cercheremo di allevare un figlio di Inuyasha in maniera che faccia lavorare quel poco cerebro che erediterà dal padre.»
Anna trattenne a stento una risata, poi guardò Sesshomaru con un sorriso mesto.
«Rinunci a molto, per me.» gli disse. Sesshomaru le prese una mano e ne baciò il palmo, guardandola negli occhi con le sue iridi ambrate.
«Ho tutto quello che mi serve.» disse.
Poco lontano, Inuyasha e Kagome sedevano abbracciati, cercando di tirare le somme degli avvenimenti degli ultimi mesi.
«Sono una coppia davvero sfortunata.» sospirò Kagome, stretta nell’abbraccio di Inuyasha.
«Un po’ della loro sfortuna se la vanno anche a cercare.- borbottò Inuyasha, poi si strinse nelle spalle- Comunque hai ragione.»
«Prenderesti davvero il comando dell’Ovest se Sesshomaru te lo lasciasse?» chiese Kagome, curiosa.
«Stai scherzando?! Nemmeno morto!» sbottò Inuyasha, guardandola con incredulità. Kagome ridacchiò, poi divenne pensierosa.
«Allora come farà?» chiese, dopo un po’.
«Non lo so e non me ne importa.- sbuffò Inuyasha- Basta che quell'imbecille di Sesshomaru stia lontano dai nostri figli, se…»
«Inuyasha!» disse Kagome, guardandolo con un sorriso così gioioso che Inuyasha arrossì fino alla radice dei capelli.
«Che…che ho detto?» balbettò, vedendola arrossire mentre lo abbracciava più stretto. Poi capì e si sentì avvampare. Aveva parlato di figli…figli suoi e di Kagome. Ma da dove gli era venuto fuori?!
«Hai detto una cosa bellissima, Inuyasha.- mormorò Kagome, comprendendo il suo imbarazzo- Ma non aggiungere altro perché potresti rovinare tutto.»
Inuyasha aprì e chiuse la bocca un paio di volte, poi si accontentò di abbracciare a sua volta Kagome e di baciarla. Dopotutto, non aveva fatto altro che esprimere un suo reale desiderio. Fu bruscamente interrotto da un calcio che lo raggiunse alla schiena e lo mandò a finire dritto nel laghetto di fronte a loro. Ne venne fuori fradicio e furibondo e vide Sesshomaru in piedi sulla riva.
«E questo perché?!» sbottò, spruzzando acqua da tutte le parti.
«Ho sentito chiaramente quella bocca darmi dell’imbecille.- disse Sesshomaru, gelido- E’ questo il rispetto dovuto a tuo fratello maggiore?»
La risposta di Inuyasha fu quanto di più volgare potesse inventarsi. Mentre i due fratelli litigavano, svegliando Sango e Miroku, Anna e Kagome si scambiarono un sorriso.
«E tornato tutto alla normalità.» disse Kagome, stringendo una mano all’amica, i cui occhi al buio risplendevano di nuovo di una luce dorata. Anna rise piano.
«Sì. Direi proprio di sì.» ammise. Kagome rise con lei, mentre i due fratelli mettevano mano alle spade.
«Sarà meglio correre ai ripari.» sospirò Anna.
«Inuyasha?» chiamò Kagome.
«Cosa?!» sbottò Inuyasha.
«Osuwari.» disse amabilmente la ragazza dai capelli corvini, spedendolo sulla riva a faccia in giù e ponendo fine al litigio.
Mentre Kagome andava a recuperarlo, Anna si strinse a Sesshomaru e lo baciò, mandando un pensiero alla sua antenata che aveva tanto sofferto per amore.
Forse anche lei e Sesshomaru, dopo tante fatiche, avrebbero raggiunto un lieto fine.

FINE

Author's note (quella vera): Siamo giunti alla fine di Sangue Impazzito. Grazie di cuore a tutti coloro che l'hanno letta e seguita, e ancora di più agli affezionati che l'hanno recensita (vi amoooo!!!). Questo doveva essere l'ultimo episodio della saga, ma tra richieste specifiche e mezze idee che mi stan venendo, temo che prima o poi vedrete comparire una nuova, conclusiva avventura di Sesshomaru e Anna ^___^ E ora, le news! Tra poco, su questi schermi, comparirà una nuova AU di Inuyasha! Sulla scia di "Mahoo no Hanashi" e di "Doomei", tra un paio di settimane inizierà la mia nuova fatica: "Hoshisaki - Frammenti di stella".
La trama in breve: Nel Regno di En, uomini e demoni sono in guerra contro Naraku, sovrano di Gake. Il malvagio hanyou colleziona le Hoshisaki delle Tenebre, che gli daranno un potere immenso. La giovane Kagome, caduta in un pozzo, si ritrova in questo mondo di magia. Porta con sè, senza saperlo, una Hoshisaki della Luce. Questo cambierà le sorti della battaglia e darà forza all'Imperatore di En, Sesshomaru? Chi è il Principe Dormiente che lei dovrebbe risvegliare? Kagome appartiene a En più di quanto sospetti...
Colpi di scena! Grandi battaglie! Momenti romantici! Un sacco di personaggi della serie regolare (tra cui Kagura, Bankotsu&Jakotsu, Koga...)! E una sorpresa ^____^
Vi aspetto a En fra due settimane! Vi voglio bene!!

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