Iniziazione

di Graine
(/viewuser.php?uid=97583)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Distinguere ***
Capitolo 2: *** Spogliata ***
Capitolo 3: *** Dedalo ***
Capitolo 4: *** Tenebre ***
Capitolo 5: *** Costanti ***



Capitolo 1
*** Distinguere ***


"American Beauty Soundtrack" - Traccia 08
http://www.youtube.com/watch?v=0e6iMMkbOXQ



Iniziazione
 

 

         Capitolo 1
Distinguere

       
 

Palermo, 21 maggio 2009 ore 22:16

 
 
Sento una leggera brezza, mi scivola sulla pelle come una carezza delicata. Un soffio appena accennato, tenue e caldo.
Il letto è morbido sotto di me e il lenzuolo mi avvolge con un drappeggio leggero. Sfiorando i contorni delle mie gambe col suo latteo candore.
Il sole brilla fuori dalla porta finestra e il venticello leggero muove appena le tende di quel bianco quasi inconsistente.
La sabbia, fuori, brilla sotto i raggi dorati. Le dune si alzano e si abbassano, all'infinito.
Sto camminando nel deserto. Il sole è alto sopra di me. Lo sento sulle spalle, col suo tepore.
La sabbia è calda sotto i miei sandali.
Quella stessa brezza mi agita appena i capelli e, lievemente, fa svolazzare la stoffa leggera del mio vestito blu.
L'ambra che ho al collo è riscaldata dal sole.
Mi volto e guardo me stessa nella camera, distesa sul letto.
Dalla camera osservo me stessa fuori, nel deserto, e stringo il ciondolo nella mano. È caldo.
I miei occhi si fissano nei miei per un minuto infinito.
Occhi che osservano e scoprono se stessi.
Una mano mi accarezza dolcemente il fianco. Polpastrelli languidi scivolano sulla mia pelle, con la delicatezza di una piuma.
Kellan si solleva sul gomito per depositarmi un dolce bacio sulla spalla, accarezzandomi il braccio.
Io sorrido senza voltarmi.
Sorrido guardandolo dal deserto.
Kellan mi bacia di nuovo e io mi distendo sulla schiena sorridendo, e lo guardo. Le braccia avvolte al suo collo.
Lui mi accarezza i capelli e il volto, con tenerezza. Si china su di me e mi bacia sulle labbra. Io lo abbraccio e lo stringo forte a me.
Rotola sulla schiena e mi mette sopra di sé. Io rido e lo bacio. Ancora e ancora.
Mi vedo ridere e baciarlo dal deserto - il sole alto nel cielo azzurro e limpido, la sabbia calda che mi accarezza i piedi - mi vedo ridere nella camera, sul letto. Sorrido.
Mentre scherzo con Kellan mi volto e guardo dalla porta finestra.
Mi osservo nel deserto.
Mi osservo nella stanza, dalle dune. Gli occhi che si incontrano per un altro eterno momento, e sorrido.
Kellan mi attira di nuovo a sé, ridendo.
Sorrido e guardo il cielo sopra di me e le dune davanti a me, respiro quella brezza leggera.
Mi allontano sentendo il suono della mia risata, provenire dalla stanza.
Il cammino è appena iniziato. 





397 parole

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Spogliata ***


Capitolo 2
Spogliata
 

 
 

Palermo, 11 febbraio 2011 ore 17:21

 
 
Un passo dopo l'altro, dietro di me le impronte che lascio sulla sabbia.
Impronte profonde, impronte che distinguo anche da lontano.
Le dune accarezzano l'orizzonte. Quell'orizzonte che fonde l'azzurro assieme all'oro. Quell'orizzonte che brucia, a ogni ora del giorno.
La mia veste svolazza nella brezza tiepida, la brezza che mi accarezza piano la pelle, la brezza che fa dondolare i miei ricci.
Una brezza che mi invita a proseguire, che mi dice di guardarmi indietro solo dopo, non adesso. Non è ancora il momento.
Riprendo il cammino, con la sabbia che mi scivola sui sandali e mi sfiora i piedi e mi sostiene a ogni passo.
C'è silenzio, un silenzio smorzato solo dal suono del venticello leggero.
C'è pace, c'è solo quiete.
C'è la consapevolezza di camminare e andare avanti in quel labirinto di sabbia e dune, perché bisogna farlo. Perché devo.
È un'iniziazione nel segno del fuoco del sole e della solidità del terreno.
Un percorso da tracciare.
Un percorso... per scoprire me stessa.
Altre impronte si aggiungono alle mie, dietro di me.
Spogliata.
Seguita, continuo a camminare senza guardarmi indietro.
Spogliata.
Finché non mi affianca, prima, e poi mi ferma. Strofina il muso sulla mia gamba, la leonessa, affettuosamente, e poi solleva gli occhi su di me.
Spogliata.
Spogliata da quegli occhi gialli.
Spogliata da quegli occhi gialli che poi fissano l'ambra che porto al collo. E sento la pelle scottare.
Ancora uno sguardo, e so che la leonessa mi sta dicendo che rimarrà con me.
Ora mi volto e vedo le sue orme, vicine alle mie. Le sue orme che hanno accompagnato a ogni passo le mie.
Un ruggito basso. La leonessa mi richiama a sé, non devo guardarmi indietro. Non è ancora il momento.
Spogliata.
La seguo.
Spogliata.
E ora sono nuda, sulla sabbia calda - le orme delle sue zampe accanto a quelle dei miei piedi.
Distesa, poggio la schiena sul fianco di lei e la leonessa mi sfiora, prima con la coda e poi di nuovo col muso.
Si guarda in giro, lei. È allerta, guardinga. Lo vedo.
Vigila e ascolta i ruggiti degli altri leoni lontani.
Sbuffa e si assicura che, quei leoni, rimangano tali: lontani.
Distesa sulla sabbia e nuda, aspetto.
Il sole che accende di fuoco dorato la sabbia.
Luce abbagliante.
Un altro ruggito, la leonessa è tornata. Mi chiama a proseguire con sé.
Le impronte si mischiano, la strada è libera tra le dune.
L'ambra scotta al mio collo.
Spogliata.
Con tenerezza, strofina di nuovo il muso sulla mia gamba.
Proseguiamo insieme.





422 parole







Angolo autrice:
Ecco il secondo capitolo.
Vi sono ripetizioni, in questo, di alcuni termini o immagini che richiamano il capitolo precedente e - ovviamente - è un effetto voluto. Per segnare la continuità tra di essi.
La leonessa è un totem. E' l'animale guida che l'accompagnerà lungo il cammino, sarà la sua compagna durante il viaggio e la proteggerà da eventuali minacce - vedi quando controlla che gli altri leoni rimangano lontani. E' un animale totem ma incarna anche la forza della protagonista. Questo perché ogni animale totem ha proprio tale funzione, quella cioè di incarnare le caratteristiche più significative dell'individuo a cui è legato.
Il titolo, Spogliata, si riferisce al fatto che il percorso - il cammino - iniziato nel primo capitolo, adesso è pienamente avviato e questo implica una maggiore consapevolezza di sè. La protagnista è a nudo con se stessa, si sta scoprendo poco a poco. E la leonessa ha il compito di starle vicino, in questa scoperta, perché essa stessa è un tassello della scoperta.
Di nuovo, ribadisco e vi assicuro di non essermi fumata nulla! :D



Graine  

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Dedalo ***


Capitolo 3
Dedalo
 

 
 

Palermo, 23 marzo 2011 ore 19:45

 
 
Passo dopo passo, ancora. Lentamente.
Le impronte lasciate sulla sabbia dorata.
Silenzio tra le dune.
Il sole basso all'orizzonte e quelle dune che, ora, sembrano un deserto di fuoco.
Alzo gli occhi al cielo e fisso nella mia mente quel colore così particolare, quel blu screziato di rosso e di viola nella luce del tramonto. E il sole che brucia anche al crepuscolo.
La leonessa è accanto a me, seduta in silenzio, e mi aspetta.
Si guarda in giro, lei, sempre allerta, e la sua coda mi sfiora distrattamente la gamba.
Poi un suono basso, mi chiama.
Abbasso finalmente lo sguardo e lo vedo, il dedalo.
Un labirinto con alte mura di sabbia che si snodano serpentine, di fronte a me.
È apparso dal nulla, ne sono sicura: prima non c'era.
Un altro suono, la leonessa mi chiama di nuovo. Mi piego sulle ginocchia e le passo una mano sul pelo morbido, senza staccare gli occhi dal dedalo, e lei mi strofina il muso sul viso e poi sul collo, prima di chiamarmi ancora. È lì che dobbiamo andare.
Nel silenzio ancora un passo, e un altro e un altro ancora. C'è solo silenzio. E poi un suono, come il gocciolare leggero dell'acqua.
Viene dal dedalo.
Acqua, in quel labirinto dalle mura di sabbia.
Acqua per terra, acqua che cola qua e là dalle pareti.
Una scia d'acqua che mi bagna i piedi, su quel pavimento di sabbia duro come pietra. E ancora quel suono: acqua che cade, goccia dopo goccia, in quel dedalo di sabbia apparso dal nulla, in un deserto di fuoco nella luce bruciante del tramonto. Acqua che cade su quel pavimento dorato con un picchiettio costante - insistente, assillante, penetrane.
Quasi ipnotico e molesto. Sa essere assordante, in quel silenzio.
Ancora un passo – i piedi bagnati da quell'acqua che scorre – ed entro nel dedalo.
Il cielo blu screziato di rosso e viola sopra di me, le pareti di sabbia che si snodano davanti a me, curva dopo curva.
Procedo dritto, poi volto a destra, ancora dritto. Ora a sinistra. No, la leonessa mi chiama, è la parte sbagliata. La seguo mentre mi affianca e svolta di nuovo  destra. Adesso a sinistra. Lei sa dove andare.
E io mi guardo intorno - rivoli d'acqua che colano dalle pareti di sabbia del dedalo, le impronte che io e la leonessa lasciamo su quel pavimento dorato, duro come pietra.
La leonessa si ferma di colpo, mi chiama di nuovo e mi sfiora il fianco con la coda. Fisso i suo occhi gialli per un momento e lei ruggisce piano. C'è apprensione, nel suo sguardo. Mi sta dicendo di stare attenta, di non commettere errori.
Quanti errori si possono commettere, cercando se stessi?
Quante prove bisogna superare, prima di trovarsi?
E dopo? Le prove saranno differenti, dopo essere stati iniziati?
Apprensione e ammonimento in quegli occhi gialli, in quello sguardo che ha saputo spogliarmi di quei veli che non erano fatti di stoffa.
Mi volto a fissare il punto davanti a cui la mia compagna si è fermata: è una porta, fatta di legno scuro e con una fascia d’ottone che l'attraversa in orizzontale, al centro. Mi avvicino e ne traccio il contorno con le dita, fino ad arrivare a una serratura dorata che m'invita ad aprirla. Mi volto di nuovo verso la leonessa, la mia tacita domanda in volto. Lei solleva il collo e solo adesso noto un luccichio dorato, una chiave che dondola come il ciondolo di una collana. Mi piego per prenderla e quando sto per rialzarmi, lei mi blocca di nuovo, tirando leggermente il mio vestito blu. Mugola piano.
Apprensione e ammonimento... e una promessa: non mi lascerà. Verrà con me.
Sorrido, lo so: è il suo compito badare a me.
Apro la porta e oltre quella delle scale nell'oscurità, gradini di sabbia dura che scendono giù.
Un passo dopo l'altro li percorro, la leonessa dietro di me.
Scendiamo entrambe verso le viscere di quel dedalo.
Scendiamo nel silenzio. E poi di nuovo un suono, come uno scrosciare d'acqua attutito e lontano.
Una luce, un bagliore rosso nel buio.
E l'ambra che ho al collo inizia di nuovo a scottare. 





694 parole









Angolo autrice:
Ci tenevo a precisare una cosina, e cioè che questo capitolo rappresenta una piccola eccezione a livello diciamo tecnico, poiché conta più parole di quante dovrebbe - come ho scritto, supera le 500 -, ma, appunto perché eccezione, ho deciso di lasciare la nota 'Flashfic' in quanto è così che questa storia è nata (e come tale finirà, giurin giurello).
Ho cercato di tagliare dove possibile, ma alla fine rischiavo di stuprare il capitolo e creare un gran casino, così ho preferito lasciar perdere, e nemmeno dividere il capitolo in due mi è parsa una scelta adeguata. Nei prossimi farò più attenzione, promesso!


Graine

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Tenebre ***


Capitolo 4
Tenebre
 

 
 

Palermo, 23 novembre 2011 ore 22:50

 
 
L’oscurità sembra ingoiarmi, gradino dopo gradino.
La leonessa è dietro di me, sento i suoi passi pesanti che seguono, costanti, i miei e il suo respiro basso e nervoso è un monito a non lasciare che quel buio mi assorba in sé.
Lei sente il pericolo che io ancora non percepisco.
C’è qualcosa di diverso in quelle tenebre, di vibrante; è come se quel buio amorfo respirasse. E lo avverto con maggiore chiarezza a ogni passo, in questa discesa che ancora non accenna a terminare: l’oscurità è viva e mi osserva.
Aspetta.
Sarebbe così facile lasciarsi andare, semplicemente scivolare e riposare, forse per qualche secondo, forse per ore, senza più preoccupazione alcuna del dopo.
Riposo.
Questa la promessa di quell’oscurità viva.
Una promessa seducente e languida.
Riposo.
Seduce davvero, mentre avvolge le membra con una carezza fatta di veli impalpabili ma che fasciano stretti ogni centimetro di pelle. Come spire.
Quell’oscurità non ha bisogno di fare nulla, solo aspettare che chi la attraversi ceda alla sua promessa. Sa che accadrà, è successo tante volte che ormai ne ha perso il conto.
Promette la seduzione del riposo.
E aspetta.
Ed eccola, la minaccia. Un pericolo silenzioso che non si sente arrivare.
E sento le mie gambe stanche, gradino dopo gradino. Vengono avvolte da un torpore inconsueto che le fa piegare e vacillare, senza che io riesca a oppormi.
Ma io non voglio cedere, non così, non adesso.
Non quando ho ancora così tanto da finire, non prima di aver fronteggiato ciò che mi aspetta alla fine della scalinata.
Ed è un no.
Eppure non esce suono dalle mie labbra.
L’urlo mi è morto in gola. No, è morto nell’oscurità che ha assorbito ogni cosa, persino i suoni. E le mie gambe perdono le forze e scivolano giù, lungo i gradini che prima erano saldi, di sabbia eppure duri come pietra, e ora sembrano eterei come l’aria. E mi trascinano fra le braccia incorporee di quel buio vivo.
È un no, il mio, ma che nemmeno io riesco a sentire.
E il buio si protende verso di me.
Scivolo giù, senza appigli.
Solo il buio e il silenzio.
Ma è un no, il mio, e lo urlo nella mia mente.
È un attimo e poi un altro suono squarcia quella bolla che tutto aveva avvolto: un ruggito.
Afferro qualcosa con la mano, è morbido e caldo ma più saldo della roccia e mi ci aggrappo.
Poi un altro squarcio, stavolta nel buio, e due occhi gialli compaiono, luminosi e caldi, all’altezza dei miei.
Fisso quelle iridi e torno a sentire la solidità dei gradini sotto di me. Fisso quelle iridi e il gorgogliare dolce dell’acqua che scorre torna a farsi strada nelle mie orecchie. Fisso quelle iridi e vedo me stessa riflessa in quelle pozze gialle.
L’oscurità ritira le sue spire, come scottata.
La leonessa emette un verso basso, è un rimprovero per non essere stata attenta – Quanti errori si possono commettere, cercando se stessi? Quanto facilmente ci si può perdere per non aver intuito un pericolo? È alto il prezzo da pagare, per un errore simile – ma ora sono al sicuro, lei non mi ha lasciata andare e mi ha sentita urlare.
L’ambra che ho al collo è di nuovo calda sulla mia pelle e una luce tenue si sprigiona al suo interno.
La leonessa strofina il muso sul mio collo, con affetto.
Poi un bagliore, rosso e pulsante, in quel buio ormai innocuo e l’ambra inizia a pulsare anch’essa.
Mi alzo, ho gli ultimi gradini da percorrere.
Sono appena a metà strada. 




592 parole
 





Angolo autrice:
Non ho ancora bene le idee chiare su quanti capitoli conterà, in totale, ma sicuramente ci stiamo avviando verso la fine.
E lo so, anche in questo capitolo ho sforato, ma davvero questa sarà l'ultima eccezione. Dai prossimi starò davvero attentissima al numero delle parole.
La leonessa vi saluta.
Un bacio, alla prossima.

Graine

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Costanti ***


Capitolo 5
Costanti


Palermo, 2 febbraio 2013 ore 13:15



I miei piedi indugiano sull’ultimo scalino.
Ne osservo il profilo nell’oscurità rischiarata dalla luce che brilla nell’ambra che ho al collo e che pulsa dello stesso battito che sento nel petto, che pulsa allo stesso ritmo di quel bagliore rosso e lontano.
Osservo il profilo dell’ultimo scalino e inclino il capo, quasi non riesco a credere che non ce ne saranno altri dopo.
Il gorgogliare lontano dell’acqua mi riempie le orecchie, quando solo poco prima il silenzio sembrava aver ingoiato ogni cosa.
Un suono basso, un mugolio rassicurante, la leonessa poggia la testa sul mio fianco, spingendomi piano. Non ha senso indugiare ancora, sta dicendo. È ora di scendere. È giù che devo andare.
Volto il capo e le sorrido, mentre immergo le dita nella sua pelliccia morbida e calda.
Un respiro, questo il tempo che separa l’attimo in cui sollevo il piede – brandelli di nervosismo che mi scivolano addosso – dall’attimo in cui lo poggio al suolo.
La scalinata è finita, ora c’è un lungo corridoio, stretto e buio, difronte a me.
L’oscurità mi accarezza leggera mentre lo attraverso, non più minacciosa, ma il ricordo delle sue insidie è ancora nell’aria.
I miei passi lasciano altre impronte sulla sabbia di quel pavimento duro come pietra. E il gorgogliare dell’acqua si fa sempre più insistente, mentre l’unica luce è quella che pulsa nell’ambra che mi scalda la pelle, allo stesso ritmo lento e costante del bagliore rosso che vedo lontano.
È lungo il corridoio; dritto, senza curve né deviazioni. Infinito.
E il suono dell’acqua accompagna ogni mio pensiero.
La sento, la vedo ovunque –acqua per terra, acqua che cola qua e là dalle pareti – e il suo scorrere non accenna a cessare. Procede con una marcia decisa e carezzevole, costante anch’essa – insistente, assillante, penetrante. Quasi ipnotico e molesto. Sa essere assordante, in quel silenzio.
Eppure quell’acqua mi passa accanto senza cercare di portarmi via con sé. Non ha nulla in comune con l’oscurità.
Mi fermo un istante e mi volto a guardare indietro.
Al suolo, le mie orme e quelle della leonessa giacciono accanto. Profonde, quasi scavate nella sabbia, nessuno le cancellerà. Tracciano una pista vecchia di secoli, ripercorrendo i passi di altri piedi e altre zampe venuti prima di noi.
La leonessa mi chiama, con quel tono tra l’ammonimento e la rassicurazione che è solo suo. Le sue iridi gialle mi scrutano fino alle ossa.
Mi piego sulle ginocchia, le cingo il collo con le braccia e vi immergo il viso.
Lei ricambia la stretta, sollevando una zampa e posandola sulla mia schiena. Il suo respiro caldo fra i miei capelli.
La compagna di un percorso che ricordo a stento di aver iniziato ma che so già non finirà mai; la compagna di un’intera esistenza – e non solo perché è suo compito badare a me.
Mi chiama di nuovo, abbiamo ancora della strada da fare.
Sorridendo annuisco e mi rimetto in piedi.
Cautela, ma nessun timore.
La fine del corridoio è più vicina di quanto non avessi creduto prima. 

 




499 parole





Angolo autrice:
Ribadisco che, ormai, si va verso la fine.
E devo ammettere che già sento la mancanza di questa storia che avrà sempre il suo posto speciale lì, in profondità dentro di me, proprio dentro le ossa.
Questo capitolo è a metà tra il riassestamento e la transizione. Quello precedente, Tenebre, aveva un'atmosfera più "cupa", comunque angosciante; questo, invece, rappresenta l'attimo dopo lo spavento preso, quando alla paura segue la calma dovuta alla consapevolezza.
Altra cosa: come potete vedere, questa volta sono stata attentissima al numero delle parole! Anzi, addirittura ne manca pure una per raggiungere il limite massimo xD quasi quasi ci sono rimasta male xD
La leonessa, che è una gattona fuori misura, vi fa le fusa.
Un bacio, alla prossima.

Graine

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=656294