I'll try to fix you

di Ari_92
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 27 ***
Capitolo 28: *** Capitolo 28 ***
Capitolo 29: *** Capitolo 29 ***
Capitolo 30: *** Capitolo 30 ***
Capitolo 31: *** Capitolo 31 ***
Capitolo 32: *** Capitolo 32 ***
Capitolo 33: *** Capitolo 33 ***
Capitolo 34: *** Capitolo 34 ***
Capitolo 35: *** Capitolo 35 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Ciao a tutti ^_^
Per chi già mi conoscesse, sì, sono la pazzoide che ha scritto quella fluffosissima Baby!Klaine di trenta capitoli XD (*semina terrore*) per tutti gli altri *saluta timidamente con la manina* spero che questa nuova long possa piacervi: questa volta ho provato a cimentarmi in un campo totalmente diverso ;)
 
Prima di lasciarvi al capitolo, qualche doverosa precisazione:
siamo nella terza stagione, ma le cose sono andate un tantino diversamente.
Blaine e Kurt non si sono mai conosciuti, Le New Directions non hanno mai gareggiato contro i Warblers, Blaine si trasferisce al McKinley per il suo ultimo anno (sì, anche lui è Senior u.u *agita il pugno contro i RIB*) e Kurt... Beh, non è il Kurt che tutti noi conosciamo.
Qualche altra precisazione a fondo pagina, per ora smetto di rompervi l’anima (per non dire altro) e vi lascio al capitolo :)

 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Era una tiepida mattina di inizio settembre.
Praticamente ogni studente al mondo era in fibrillazione per il rientro a scuola, e più o meno tutti quanti erano impegnati negli ultimi, eccitati preparativi al nuovo anno scolastico, felici di poter finalmente riabbracciare i compagni di scuola, percorrere quei corridoi familiari e, anche se nessuno l’avrebbe mai ammesso, sedersi di nuovo a quei banchi che, dopo tanta vacanza, iniziavano un po’ a mancare.
 
“Blaine? Blaine, muoviti!” Un ragazzo dai riccioli scuri alzò la testa di scatto, voltandosi nervosamente verso la porta della propria stanza.
“Arrivo mamma...” Gridò in risposta, riprendendo ad armeggiare con il tubetto di gel sulla mensola vicino al grande specchio della camera.
 
Blaine sospirò.
 
Avrebbe dato qualunque cosa, qualunque cosa per poter trascorrere il suo ultimo anno insieme ai suoi amici.
Avrebbe voluto condividere con loro le ultime avventure insieme, prima che la vita facesse il suo corso e li spedisse ognuno per la propria strada.
Già, avrebbe voluto, ma non era colpa di nessuno se la retta dell’accademia Dalton si era fatta troppo alta perfino per gli standard dei suoi genitori. Inoltre, non era colpa di nessuno se l’unico liceo abbastanza vicino a casa fosse il McKinley, in pieno centro di Lima.
 
Certo, ci sarebbe stata anche un’altra scuola pubblica nelle vicinanze, a due passi da  Westerville,ma le probabilità di trascorrere anche un solo minuto tra quelle mura erano per lui piuttosto basse.
Proprio in quell’istituto aveva infatti trascorso i primi mesi delle superiori, quando poi si trovò costretto a trasferirsi alla Dalton, subito dopo il ballo di inizio anno scolastico.
 
Si era presentato a quella festa con un amico, l’unico altro ragazzo gay della scuola e, proprio nel momento in cui si era concesso di illudersi del fatto che, in fondo, sarebbe andato tutto bene, erano stati intercettati da tre ragazzi che non sembravano aver niente di meglio da fare se non riempirli di botte.
 
Il trasferimento in una scuola privata con tolleranza zero per le discriminazioni era stato tanto inevitabile quanto immediato, nonostante la retta fosse esorbitante anche per la sua famiglia, che mai aveva avuto problemi finanziari di alcun tipo.
 
Poi però i soldi erano finiti, e con questi la sua permanenza alla Dalton.
 
Avrebbe trascorso il suo ultimo anno al liceo McKinley, e non c’era motivo di essere tanto terrorizzati, giusto? Era solo una nuova scuola, avrebbe trovato dei nuovi amici, e il fatto che non fosse privata non significava necessariamente che avrebbe ricevuto lo stesso trattamento del suo primo anno di superiori.
 
Se solo avesse potuto cancellare dai suoi ricordi le urla di quella sera di settembre, se solo avesse potuto smettere di avere incubi al riguardo...
 
“Blaine! Vuoi arrivare in ritardo il tuo primo giorno?!” Il ragazzo cacciò l’ennesimo sospiro, lanciandosi un’ultima occhiata nello specchio, cercando in tutti i modi di farsi forza.
Afferrò la borsa con uno strattone e si avviò al piano di sotto, modellandosi al meglio i capelli cosparsi di gel.
 
Blaine arrivò in soggiorno con il fiatone, e cercò di convincersi che non fosse per via dell’ansia, ma solo per la rampa di scale scesa troppo in fretta.
 
Una donna con un elegante abito chiaro al ginocchio lo accolse con un sorriso, portandosi distrattamente una mano fino all’ordinato chignon nel quale aveva raccolto i capelli, come ad assicurarsi che fosse ancora perfetto.
 
“Eccoti finalmente. Sei pronto?” Blaine annuì, anche se no, non era pronto affatto.
 
Il ragazzo seguì sua madre lungo il vialetto, aggiustandosi nervosamente i polsini della camicia.
Tutto quello che doveva fare era non dare nell’occhio. Semplicemente, individuare subito i soggetti potenzialmente pericolosi – perché, ne era certo, ce ne sarebbero stati – e girarci il più alla larga possibile.
 
Blaine si sedette in macchina con un inaspettato pelino di ottimismo: non poteva andare poi così male, dopotutto.
 
Il buon umore del giovane durò si e no trenta secondi, il tempo sufficiente per uscire dal cancello di casa e non voltare a sinistra, verso Westerville, ma a destra, verso Lima.
 
“...Blaine? È tutto a posto?” Blaine sobbalzò vistosamente sul sedile, ritornando alla realtà grazie alla voce di sua madre e al suo cellulare, che aveva appena ronzato l’arrivo di un messaggio.
 
“Sì... Tutto a posto...” Mormorò poco convinto, estraendo il telefono dalla tasca anteriore dei jeans.
 
Sentiamo già la tua mancanza :( Facci sapere come è andato il primo giorno! _W –
 
Blaine sorrise, e lo stomaco gli si strinse dolorosamente al pensiero di non potersi trovare insieme a Wes, David, Nick, Jeff e tutti gli altri ragazzi della Dalton.
 
 
 
Arrivarono a Lima molto prima di quanto avesse sperato.
 
“Questi sono gli ultimi moduli per il trasferimento: ricordati di consegnarli in segreteria prima di andare a lezione.” Spiegò brevemente la donna, porgendogli alcuni fogli accuratamente piegati, dopo aver accostato di fronte a quello che doveva essere il liceo McKinley.
Blaine annuì, inserendo i moduli nella tasca esterna della propria cartelletta.
Stava per aprire lo sportello, quando sua madre lo trattenne delicatamente per un braccio.
“Blaine?” Lui si voltò appena, incontrando timidamente i suoi occhi.
“Andrà tutto bene, ok?” Annuì con un sorriso, e si augurò con tutte le sue forze che avesse ragione.
 
 
                                                                   ***
 
 
Il liceo McKinley era spaventosamente caotico.
Di questo Blaine fu abbastanza sicuro non appena mise piede oltre l’ingresso.
 
I corridoi erano piuttosto stretti rispetto agli ampi saloni della Dalton, gli arredi decisamente meno elaborati – si limitavano per lo più a progetti scolastici più o meno riusciti appesi ai muri, e a vari ed eventuali cartelloni con su scritto “go Titans!”, in effetti – mentre la tipologia persone che circolava per la scuola era facilmente identificabile.
 
Al vertice c’erano i giocatori di football, che sì, indossavano la loro divisa già il primo giorno, tanto perché agli altri fosse chiaro fin da subito qual’era il loro posto nella scala sociale.
Poi c’erano le cheerleader: in questa scuola indossavano gonnelline incredibilmente corte e una canottiera rossa, e – Blaine non avrebbe saputo spiegarne il motivo – portavano tutte la coda di cavallo.
C’era una grossa bacheca di sughero al centro del corridoio principale, con appesi diversi annunci e moduli di iscrizione a svariati Club studenteschi, ed era piuttosto impressionante la fila di ragazze che spingevano per aggiungere il loro nome al foglio intitolato “Aspiranti Cheerios 2011/2012”
 
Blaine aveva trascorso abbastanza tempo in una scuola pubblica da sapere di non dover incrociare lo sguardo di un giocatore di football, per nessuna ragione al mondo. Così decise saggiamente di adocchiare la persona più inoffensiva che gli capitava a tiro per informarsi su dove fosse la segreteria, prima che suonasse l’ultima campana e lui fosse davvero in ritardo il suo primo giorno.
Si fece largo come poteva nel corridoio brulicante di studenti, gli uni intenti a riabbracciare i propri amici, gli altri a tirare testate all’armadietto nel disperato tentativo di ricordarsi la combinazione.
 
Proprio mentre era intento ad evitare la furia di una ragazza non esattamente snella che correva nella sua direzione, finì per scontrarsi in pieno con una delle tante cheerleader in gonnellina e canottiera che trottavano per i corridoi.
“Ehm... Scusami, stavo cercando di evitar-“
“Sei cieco?! Guarda dove metti i piedi! Razza di idiota...” Sibilò la ragazza, trafiggendo Blaine con un paio di occhi neri decisamente penetranti.
“Lo sai come si regolano i conti a Lima Heights, quando succede questo genere di cose? Eh?!”  Il ragazzo si irrigidì, scuotendo meccanicamente la testa.
 
“Andiamo Santana... Non essere così cattiva con lui: guarda com’è carino...” Mormorò la ragazza bionda accanto a lei, strattonandola appena per un braccio.
La mora alzò gli occhi al cielo, lanciando l’ennesima occhiataccia a Blaine.
“...Per questa volta sei fortunato, nanetto.”  Esclamò, spingendolo da una parte per far largo a lei e alla sua amica, con una forza che non ci si aspetterebbe  da una ragazza pon-pon . Blaine saltellò su un piede fino a finire addosso a qualcun altro.
 
Il terrore si impossessò di lui quando si accorse dell’inconfondibile divisa da football che gli si parava davanti al naso.
 
Se in questa scuola riusciva a prenderle perfino dalle cheerleader, figuriamoci cosa avrebbe potuto fargli un giocatore di football.
 
Oh. Wow. E a quanto pare un giocatore di football decisamente più alto del normale.
 
“S-Scusa. Non ho fatto apposta. Io...” Balbettò a occhi bassi, facendo per proseguire oltre.
“Ehi, aspetta! Non ti ho mai visto qui, sei nuovo?” Tono gentile. Cos... Un attimo. Tono gentile?!
“Sì, in effetti. Mi sono appena trasferito da Westerville.” Confermò, alzando finalmente lo sguardo verso il suo interlocutore.
Sì. Era davvero incredibilmente alto. Aveva occhi e capelli castani, e un’espressione non particolarmente sveglia.
 
“Uh. Non ho idea di dove si trovi questo posto... Comunque piacere, sono Finn.” Disse il ragazzone con un gran sorriso.
“Io sono Blaine, piacere.” Il tizio sorrise di nuovo, aggiustandosi la divisa sulle spalle.
“Sai Blaine, io sono il quarterback della squadra di football. Quindi sai, il più figo della scuola. Per cui se hai qualche dubbio poi chiedere a me, sono io che comando qui.”
Il fatto che avesse avuto bisogno di precisarlo fece dubitare seriamente Blaine di quell’affermazione, comunque decise di non farci caso.
“Beh, se posso approfittare subito mi chiedevo se potresti dirmi dov’è la segreteria...?”
Finn assunse un’espressione perplessa, come se sentisse quella parola per la prima volta in vita sua.
“Ehm... Sai, sono nuovo: devo consegnare i moduli di iscrizione...”
“Oh! Sì certo! Segreteria! È lì che mia madre è venuta a prendermi quando ho preso la mononucleosi per via di quella bancarella dei baci...”
“Cosa...?”
“Da questa parte, ti accompagno!”
 
 
                                                                  ***
 
 
“Perciò? Cos’hai alla prima ora?” Chiese Finn, mentre Blaine si destreggiava con tutti i nuovi fogli e foglietti che la segretaria gli aveva appena appioppato.
“Prima ora, ehm... vediamo...” Riuscì miracolosamente a rintracciare l’orario tra le sue infinite scartoffie.
“Uhm... Storia, credo.” Finn sorrise.
“Dovrebbe esserci ancora la Holiday in sostituzione. Lei è forte.” Blaine annuì, cacciando in borsa buona parte dei propri fogli.
“Pensa che l’anno scorso ha sostituito anche Schuester al Glee, quando Lauren gli ha attaccato quell’influenza scimmiesca...”
“Il Glee?” Chiese distrattamente Blaine, ignorando deliberatamente la parte sull’influenza scimmiesca. Finn assunse un’aria sorpresa.
“Sì! Non te ne ho parlato? Da qualche anno nella nostra scuola sta tornando alla ribalta, più o meno da quando mi ci sono iscritto io, in seconda...” Blaine spalancò gli occhi.
“Tu? Nel Glee Club? Davvero?” Finn annuì.
“Sì. Ci si becca qualche granita in faccia ogni tanto, ma in fondo ne vale la pena. Ci chiamiamo New Directions.”
 
Blaine sorrise. Ricordava benissimo quanto fosse divertente fare parte di un Glee Club: alla Dalton era entrato nei Warblers quasi subito, e in breve tempo si era trovato a cantare un numero di assoli sempre maggiore, tanto che era stato considerato per due anni di fila il leader del gruppo.
Si erano esibiti in alcune competizioni locali, ma non ricordava di aver mai gareggiato contro le New Directions.
 
“Sai, anch’io ero nel Glee Club della mia vecchia scuola.” Finn spalancò gli occhi.
“Davvero?! Wow, cioè wow!! Questo è decisamente un bene perché reclutiamo nuovi membri! Potresti unirti a noi.”
“Grazie, posso pensarci...”
“La lista delle iscrizioni è appesa in bacheca, ricordati di segnarti prima che ci sia troppa gente! Adesso scusami ma devo andare a lezione, spero di vederti in aula canto dopo l’ultima ora!”
Il ragazzo annuì, entrando a sua volta nella classe di storia.
 
Beh, negli anni che aveva trascorso alla Dalton le cose dovevano essere decisamente cambiate: era stato quasi preso a pugni da una cheerleader e aveva stretto amicizia con il quarterback della squadra di football.
 
Sarebbe potuto andare molto peggio, dopotutto. Ora conosceva Finn, e magari si sarebbe fatto dei nuovi amici se fosse entrato a far parte delle New Directions.
 
Forse il liceo McKinley non era poi così male.
 
 
                                                                  ***
 
 
Blaine uscì dall’ultima ora piuttosto sfiancato.
Certo, il programma sembrava decisamente più leggero di quello della Dalton, tuttavia alcuni professori, come per esempio Holly Holiday – che spiegava storia con strambi vestiti d’epoca addosso e diceva cose pressoché senza capo né coda – l’avevano inquietato abbastanza.
 
Inutile dire che si non si fosse sentito esattamente a suo agio quando la ragazza bionda che poco prima l’aveva salvato dall’ira di quella Santana si era seduta accanto a lui tutto il tempo, cercando di convincerlo ad uscire con lei.
“Non ti ho mai visto qui, e ho baciato praticamente chiunque in questa scuola, quindi è inevitabile.”
Blaine era rimasto abbastanza perplesso, soprattutto quando lei aveva iniziato a dire qualcosa a proposito di un bidello al primo piano che si aggirava per la scuola con chissà che teiera a pois, ma aveva deliberatamente deciso di non darci troppo peso.
 
Il ragazzo aveva declinato le sue avances nel modo più gentile possibile: un conto era cercare di non dare troppo nell’occhio per non replicare gli eventi della scuola pubblica di Westerville, un conto era fingere di interessarsi davvero alle ragazze.
 
Blaine non ci mise molto a rintracciare il corridoio diretto all’aula canto: la piantina che gli avevano lasciato in segreteria si era rivelata piuttosto utile, in effetti.
 
Passò davanti alla bacheca annunci, tanto per controllare se nel frattempo si era aggiunto qualcuno alla lista dei nuovi iscritti alle New Directions.
 
Beh, a quanto pareva lui restava l’unico.
Si strinse nelle spalle: evidentemente Finn aveva sopravvalutato le inclinazioni artistiche dei ragazzi di quella scuola.
 
Sorpassò qualche altra fila di armadietti, avviandosi verso il suo, in modo da mettere da parte i libri della mattinata prima di raggiungere il Glee Club.
Era incredibile pensare a come quelli stessi corridoi fossero gremiti di gente non meno di poche ore prima, mentre ora al contrario fossero completamente deserti, riempiti solo dal rimbombo delle voci degli ultimi ritardatari che si affrettavano a uscire da scuola.
 
Proprio per questo, Blaine fu abbastanza sorpreso di non essere completamente solo in corridoio.
 
Si trovava solo a pochi passi dalla sua meta, infatti, quando si rese conto della presenza di un’altra persona, intenta a frugare proprio nell’armadietto accanto al suo.
 
Blaine dalla sua posizione non era in grado di vedere più in alto della cintura del tale che aveva di fronte, dato che il resto era nascosto dallo sportello di latta spalancato.
 
Da lontano, a giudicare dai jeans stretti fasciati intorno alle gambe, era piuttosto sicuro si trattasse di una ragazza; tuttavia, ora che stava a sua volta aprendo il proprio armadietto ed era a un passo da quella figura, i muscoli sottili ma ben definiti che spiccavano da sotto il tessuto sottile gli suggerivano il contrario.
 
“Ciao...” Era il suo vicino di armadietto: doveva pur presentarsi, giusto? E in ogni caso erano soli in quel corridoio, sarebbe stato piuttosto imbarazzante fingere la reciproca invisibilità.
 
Blaine vide il ragazzo accanto a sé sussultare appena, e si chiese come fosse stato possibile che non lo avesse davvero sentito arrivare.
 
Attese un attimo: nessuna risposta. Evidentemente non era un tipo socievole.
Blaine si strinse nelle spalle, cercando di inserire la combinazione del proprio armadietto con la mano libera dai libri.
 
A un tratto, però, lo sportello alla sua sinistra sbatté con uno stridio assordante, rivelando chi aveva appena chiuso violentemente l’anta.
 
Blaine rimase senza fiato.
 
In piedi di fronte a lui c’era il ragazzo più bello che avesse mai visto.
 
 
Senza poter fare niente per fermarli, lasciò che i suoi occhi spaziassero sulla figura che aveva davanti, accarezzando ogni tratto e assimilando ogni dettaglio a loro consentito.
La prima cosa che notò fu la pelle. Era bianca, talmente chiara da sembrare quasi trasparente, così perfetta e immacolata che appariva quasi brillante.
Poi i suoi occhi spaziarono sui capelli, corti e ordinatamente pettinati all’insù, quel genere di chiome che ti basta vederle per poter immaginare la loro morbidezza al tatto; così come le labbra, sulle quali Blaine si trovò a indugiare qualche istante in più del necessario. Poi si costrinse a salire, passando per un lineare nasino all’insù fino ad arrivare agli occhi.
 
 
Fu a quel punto che Blaine dimenticò completamente dov’era e cosa stava facendo. Nemmeno era più sicuro di ricordare il proprio nome.
 
 
Andò completamente alla deriva nelle due iridi chiare di fronte a sé: azzurre, grigie e verdi insieme. Mille colori e sfumature che, tuttavia, non si fondevano: rimanevano uno affiancato all’altro, in improbabili ghirigori e pagliuzze trasparenti.
 
Oh sì. Era decisamente il ragazzo più bello che avesse mai visto.
 
Blaine non era sicuro se fosse passato un decimo di secondo o un anno da quando aveva posato gli occhi su di lui, fatto sta che ci impiegò probabilmente più tempo del dovuto a cogliere che l’espressione dipinta sul volto perfetto di fronte a sé fosse tutt’altro che rilassata.
 
Il giovane squadrò Blaine, che sentì come se quegli occhi fossero capaci di conoscere ogni cosa di lui solo per averlo sfiorato un istante, poi lasciò scivolare verso il basso le dita che ancora teneva premute sullo sportello dell’armadietto, serrandole a pugno lungo un fianco.
 
Socchiuse le sue labbra incredibilmente scure in confronto alla pelle lattea, come se stesse per dire qualcosa.
Blaine sapeva solo che qualunque cosa fosse uscita da quella bocca, valeva davvero la pena di essere ascoltata.
Tuttavia il giovane non lo fece e, senza dire una parola, si voltò velocemente verso il corridoio che portava all’uscita, avviandosi a grandi passi.
 
Blaine rimase immobile, gli occhi spalancati in direzione dell’angolo dietro al quale quella figura che di umano aveva ben poco era appena sparita, con le dita strette intorno alla sua cartelletta marrone, talmente forte che – notò Blaine – le nocche erano ancora più bianche del resto della sua pelle innaturalmente pallida.
 
Non appena lo sconosciuto sparì dalla sua vista, Blaine fu assalito da uno strano senso di inquietudine, quasi un dolore al petto.
 
Era come se quegli occhi pungenti che l’avevano indagato un istante, gli avessero lasciato addosso qualcosa di loro.
 
Blaine non si chiese cosa cercasse tanto freneticamente quel ragazzo nel suo armadietto, né perché si aggirasse da solo per la scuola dopo la fine delle lezioni, e nemmeno perché, nonostante non si fossero mai visti prima e lui avesse solo cercato di essere gentile, l’altro avesse sbattuto l’armadietto e si fosse dileguato; con quegli occhi magnifici pieni di qualcosa che, qualunque cosa fosse, faceva gelare il sangue nelle vene.
 
Blaine non si chiese niente di tutto questo, perché al momento tutto ciò che sapeva era di volersi immergere ancora una volta in quei due pozzi di ghiaccio, per quanto fosse inspiegabilmente doloroso, e che, in fondo, quel nuovo anno al McKinley non prometteva poi così male.
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Eccoci qua ^_^
Ci tenevo a fare una piccola precisazione: come avrete notato per ora il punto di vista è quello di Blaine. Beh, vi anticipo che non sarà sempre così ;)
Ah! Se ci avete fatto caso, il rating di questa storia è arancione.
Ecco, riguardo a questo volevo chiarire che forse arancione è anche troppo, ma tanto per essere sicuri ho preferito abbondare: più che altro per l’angst, che *me misera* non mancherà :S
Poi chissà... Non ho ancora finito di scrivere tutti i capitoli, quindi non è detto che il rating possa riferirsi anche a sviluppi di altro genere... *fischietta*
... Ecco, a proposito di capitoli: in realtà mi ero ripromessa di iniziare a pubblicare solo a FF finita, ma come al solito non ho avuto la pazienza -.-“
In ogni caso ho già pronti una buona dose di aggiornamenti, per cui dovrei riuscire a tenere il passo senza problemi :)
 
Grazie mille a tutti coloro che hanno letto ç_____ç
Neanche a dirlo, se avete voglia di farmi sapere che ne pensate non potrei esserne più felice *__*
 
  

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Buon inizio settimana a tutti :D
Prima di lasciarvi al secondo capitolo, devo proprio dirvelo: AWWWWW ç______ç No, seriamente! Di tutto mi sarei aspettata ma mai che addirittura 40 persone mettessero la storia tra le seguite e che 9 abbiano dato tanta fiducia a questa FF da metterla direttamente tra le preferite *o*
Sono senza parole, davvero :’) Grazie mille! E in particolare a Kappinias, Sirymcgregor, meggap, sakuraelisa, BeatriceS, aleka_80, LexyDC__, SiaStew e nem che hanno recensito lo scorso capitolo :D È sempre un piacere leggere le vostre opinioni ^_^
Senza ulteriori indugi vi lascio al nuovo capitolo! In fondo troverete qualche indicazione circa la pubblicazione degli aggiornamenti, buona lettura :)
 
 

 
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Blaine Anderson aveva sempre saputo di essere gay.
 
Insomma, quasi sempre, ma comunque da molto prima che venisse a conoscenza del significato di quella stessa parola.
Ricordava qualche volta da piccolo, quando si soffermava a esaminare un po’ più a lungo del necessario alcuni dei suoi amici, e aveva realizzato che sì, ce n’erano alcuni che avevano dei bei capelli, altri dei begli occhi e altri ancora un bel sorriso, e gli piaceva guardarli.
 
Non ci aveva dato troppo peso, in effetti, soprattutto negli anni in cui i bambini ripudiano completamente le bambine, per poi tornare sui propri passi con la crescita.
 
Tuttavia si era stupito parecchio, quando uno dei suoi migliori amici gli aveva confessato la propria cotta per una ragazzina di cui lui aveva notato soltanto gli invidiabili capelli lisci.
 
Da quel momento in avanti, non era passato giorno che non avesse immerso rigorosamente la chioma nel gel prima di uscire di casa.
Eppure, scoprì che non bastava avere i capelli in ordine per piacere a qualcuno.
Fu abbastanza dura da accettare.
 
Passata quella piccola cotta se ne erano susseguite poche altre, nessuna delle quali sfociata in una relazione: per meglio dire il più delle volte si erano concluse con una sonora risata in faccia seguita dall’immancabile “Stai scherzando, vero?” oppure da un pugno sul naso.
 
Fatto sta, che le poche volte che a Blaine era piaciuto davvero qualcuno, si trattava di un amico che frequentava da tempo e che aveva imparato ad apprezzare con la conoscenza reciproca.
 
Proprio per questo, Blaine Anderson non credeva ai colpi di fulmine.
 
Per lo stesso motivo, era rimasto leggermente sorpreso di quei due occhi grigi, verdi ed azzurri insieme, che avevano popolato i suoi sogni di quella notte.
 
Quelle stesse iridi cangianti che gli avevano fatto completamente dimenticare la sua audizione per il Glee Club.
 
 
                                                                   ***
 
 
“Tu! Allora sei vivo!” Blaine strabuzzò gli occhi, richiudendo accuratamente l’armadietto dal quale aveva appena estratto i libri per la prima ora.
“Sì, Finn. Perché non dovrei esserlo?” Chiese con sincera sorpresa, come si vide marciare contro il ragazzone che aveva conosciuto il giorno prima, con uno sguardo decisamente alterato.
Perché non dovrei esserlo?! Ti sei perso, per caso? Ieri dovevi venire a fare l’audizione per le New Directions, e non c’eri!” Sbottò  con aria straziata, alzando la voce nel tentativo di farsi sentire sopra il brusio del corridoio pieno di studenti.
 
Blaine si batté la mano sulla fronte.
“L’audizione! Me n’ero completamente scordato!”
“Si può sapere a cosa diavolo ha da pensare un nuovo arrivato il primo giorno di scuola da scordarsi di venire alle prove?!”
 
Blaine abbassò lo sguardo borbottando qualche parola priva di senso.
Era già abbastanza umiliante dover ammettere nell’intimità del suo cervello che sì, era rimasto totalmente stregato da quel ragazzo del giorno prima, figurarsi con qualcun altro.
 
“...Lasciamo perdere. Ma se ci dai buca anche oggi Rachel darà di matto, e non è una cosa che posso permettere: ne va della mia sanità mentale.”
Blaine annuì, deciso a non indagare più a fondo su quella storia.
Finn gli diede una pacca sulla spalla e sparì tra la folla, lasciando Blaine con la schiena appoggiata al proprio armadietto, in attesa.
 
Era abbastanza sicuro di non aver mai fatto niente di più assurdo, cretino e patetico al mondo, eppure rimaneva lì, nella speranza che quel ragazzo innaturalmente stupendo rifacesse la sua apparizione da un momento all’altro, togliendogli nuovamente la facoltà di respirare.
 
Blaine aspettò con i libri stretti al petto fino a quando la campanella suonò e, reputando di essersi comportato da pazzo a sufficienza per quel giorno, si trascinò in classe avvolto da un sinistro alone di depressione.
 
 
                                                                 ***
 
 
“Non arriverà, Finn! Credi di essere il più figo della scuola e di attirare nuovi membri come una calamita?! Beh, indovina un po’? Non è così!”
“Ma... Ma è appena suonata la campanella, potrebbe ancora...”
“Come diavolo fai ad essere così stupido, Finnocenza?!”
“Santana! È il mio ragazzo, smettila di- ”
“Zitta Berry. È anche colpa tua.”
“Colpa mia?! E perché mai dovrebbe essere colpa mia?”
“Tu c’entri sempre qualcosa.”
 
Blaine era davanti alla porta dell’aula canto da cinque minuti buoni, e di secondo in secondo si faceva sempre più riluttante all’idea di mettervi piede dentro.
 
Primo, aveva riconosciuto – e come dimenticarla – la voce della ragazza ispanica che il giorno prima lo avrebbe volentieri voluto uccidere. Secondo, quel posto assomigliava pericolosamente ad un pollaio. Terzo... beh, Santana valeva per due.
 
“Finn! Avevi detto che sarebbe venuto!! Siamo in undici, come diavolo facciamo ad andare alle Regionali in undici?!” Ruggì una ragazza oltre la porta, e Blaine era piuttosto sicuro di non aver mai sentito voce più spaventosa.
“Troveremo un modo Rachel... Ti prego, non impazzire...”
Fu a quel punto che a Blaine fu chiaro quello che doveva fare: certo, aveva appena conosciuto Finn, ma lasciarlo alla deriva nell’odio di quella che era evidentemente la sua ragazza sarebbe stato fin troppo sadico da parte sua.
 
Bussò con riluttanza alla porta, chiedendosi se non fosse stato meglio darsi al Club di bricolage.
 
La stanza si gelò nel silenzio.
 
“...Blaine?” Chiamò Finn con un sottile filo di speranza nella voce.
Il ragazzo spinse la porta, trovandosi di fronte a un gruppetto di più o meno una decina di ragazzi, più un professore che – notò – era lo stesso di Spagnolo.
 
“Ehm... Ciao...? Sono Blaine Anderson, e vorrei fare il provino per le New- ”
“Benvenuto a bordo!” Squittì la ragazza che poco prima stava strillando, saltellando in sua direzione.
“Ciao Blaine, io sono Rachel Berry, felice di accoglierti nelle New Directions!” Esclamò sorridendo in un modo vagamente inquietante. Blaine era un tantino confuso.
“...Questo non dovrebbe essere un Glee Club? Dove si canta? Non pensate che dovrei cantare un pezzo prima di- ”
“Ora ti spiego come funziona, Blaine: tu vieni alle prove tutti i giorni, fai presenza, poi durante le Provinciali prendi il tuo bel faccino e ondeggi sullo sfondo mentre io canto il mio assolo.” Spiegò brevemente e, come Blaine fece per ribattere qualcosa, il gesto piuttosto esplicito di Finn di lasciar perdere lo convinse più di mille parole.
 
Blaine si guardò istintivamente intorno.
 
Non poteva negare di aver sperato che il ragazzo del giorno prima si trovasse nei corridoi a quell’ora perché faceva parte del Glee Club.
Gli bastò una rapida occhiata per lasciarsi prendere da un moto di delusione.
 
 
Quel primo giorno al Glee Club, nonostante i presupposti non esattamente positivi, non si rivelò poi così male: Blaine conobbe diversi ragazzi piuttosto simpatici, e in particolare strinse amicizia con Mercedes – che sembrava estremamente determinata – poi c’erano Artie, Tina e Mike, e perfino Rachel forse – forse – aveva un qualche lato positivo.
 
 
                                                                  ***
 
 
La prima settimana si rivelò talmente densa di cose da fare che, una volta giunta al termine, Blaine a stento riusciva a credere di esserne davvero uscito vivo.
 
Le prove al Glee Club avevano occupato buona parte del suo tempo, soprattutto dal momento in cui il professor Schuester e gli altri si erano accorti che lui era davvero in grado di cantare, e non si era iscritto in quel Club per ondeggiare sullo sfondo.
 
Inoltre era stato alla Dalton a trovare i suoi amici, aveva compilato le ultime scartoffie per il trasferimento e si era reso conto di quanto fosse tremendamente più comodo alzarsi la mattina e avere sempre pronta la solita divisa da indossare, anziché scegliere ogni giorno gli abbinamenti giusti come era costretto a fare ora.
 
E poi c’era la notte.
 
Già, perché – era patetico solo pensarlo – non era passata notte in cui non si fosse trovato davanti quello sguardo glaciale, talmente intenso da far tremare le ossa.
 
La cosa non aveva il minimo senso: aveva visto quel ragazzo solo una volta e poi, non si sa come, non l’aveva mai più incrociato a scuola, nonostante fosse suo vicino di armadietto.
Eppure continuava a cercare ogni giorno per i corridoi quelle sue iridi magnetiche, la sua pelle lattea o i capelli morbidi.
 
 
 
Era sabato mattina, quando Blaine lo vide per la seconda volta.
 
Stava andando verso il suo armadietto e, scorgendo una familiare figura intenta a controllare con attenzione un foglio che teneva in mano, per poco non ebbe un mancamento.
 
Inserì velocemente la combinazione nel lucchetto, osservando con la coda dell’occhio in ragazzo concentrato sul suo pezzo di carta, con la testa abbassata come a volersi schermire dalla gente che trottava verso la classe della quarta ora.
 
“Problemi con l’orario?” Tentò, nella vaga speranza di intavolare una qualsivoglia conversazione.
Gli occhi del ragazzo saettarono verso l’alto, piantandosi dentro quelli di Blaine.
 
Reggeva il suo sguardo con quelle iridi tanto magnetiche quanto distanti, e nel suo insieme c’era un’impercettibile sfumatura di paura, come un animale in gabbia.
 
Lo osservò con distacco per qualche interminabile istante, prima di rivolgere nuovamente la sua attenzione al foglietto che teneva in mano.
 
“No.” Rispose semplicemente, senza staccare gli occhi dal foglio.
 
Blaine stentava a credere alle sue orecchie.
Ora che aveva sentito la sua voce, poteva affermare con ulteriore sicurezza che quel ragazzo non avesse assolutamente niente di umano.
 
“...Così siamo vicini d’armadietto. Non ti ho visto molto qui nei cambi d’ora.”
Il ragazzo si strinse nelle spalle, ed era una conquista che non avesse già girato i tacchi per poi sparire chissà dove.
 
Blaine spostò il peso da un piede all’altro, desiderando ardentemente di trovare qualcosa di abbastanza furbo da dire.
 
“Comunque io sono Blaine. Mi sono trasferito quest’anno da Westerville.”
Il ragazzo annuì distrattamente, e sembrava di secondo in secondo più irritato.
“Tu come ti chiami?” Chiese alla fine, ormai sicuro che non si sarebbe presentato da solo in nessun caso.
 
Il giovane tornò a far incontrare i loro occhi, e questa volta i suoi fiammeggiavano di rabbia.
“Immagino che le voci abbiano già cominciato a girare, non è vero? È per questo che parli con me.”
Blaine lo guardò con aria confusa, più stordito per come ogni parola suonava cristallina nella sua voce che per il significato della frase in sé.
 
“...Come? Quali voci?”
Il ragazzo inspirò profondamente, lasciando scivolare il foglietto che aveva in mano nella propria cartelletta marrone.
“Quelle secondo cui non sono esattamente la persona ideale con cui fare quattro chiacchiere. A meno che non ti abbiano già spiattellato tutta la storia e  tu sia solo incuriosito da quello strano.”
 
Blaine scosse la testa, cercando tra le altre cose di eliminare l’intontimento dovuto a quella voce d’angelo.
“Io non so niente, qualunque cosa ci sia da sapere.”
Il giovane lo indagò per qualche lungo istante con gli occhi ridotti a fessure, poi annuì, mordicchiandosi appena le labbra.
“Ci si vede in giro, Blaine.”
 
Il ragazzo riccioluto era piuttosto convinto che il suo nome non avrebbe mai potuto suonare meglio se non pronunciato da quelle labbra.
 
Rimase immerso nei suoi pensieri qualche attimo in più del necessario e, quando fece per chiedergli nuovamente il suo nome, lui era già sparito tra la folla.
 
 
                                                                  ***
 
 
“Amico, non ti ringrazierò mai abbastanza!” Esclamò per l’ennesima volta Finn, seduto accanto a Blaine in aula canto.
“Non c’è bisogno, Finn...”
“No, davvero! Se non ti fossi unito al Glee Club probabilmente Rachel mi avrebbe ucciso! Ti devo praticamente la vita.”
“Non canterei vittoria tanto presto Finn: Rachel può disintegrarti come e quando vuole.” Fece Mercedes, qualche fila più in alto.
“Ma per favore! Fammi un fischio quando vuoi che uccida la tua ragazza, faccia da feto. Non che tu mi stia simpatico, ma detesto la Berry.”
Rachel fece il suo ingresso in quell’istante, minimamente insospettita dal silenzio generale che l’aveva accompagnato.
“Ciao ragazzi! Qualche idea sull’assolo che io dovrei cantare alle Provinciali?”
Santana iniziò a scrocchiarsi minacciosamente le dita.
 
Passarono diversi minuti prima che Will Schuester riuscisse a prendere di nuovo il controllo della situazione, riprendendo le prove da dove le avevano lasciate.
 
Rachel cantò la sua ballade con Finn, o almeno ci provarono, dato che vennero interrotti numerose volte da Puck e Santana, intenti a imitare conati di vomito. Poi fu il turno di Puck e Quinn, un assolo di Mercedes e uno di Santana.
Le prove si conclusero con un’esibizione dell’intero gruppo, nella stanchezza generale.
 
“Blaine, Mercedes! Potreste venire un momento, ragazzi?” Li chiamò il professor Schuester, mentre tutti gli altri componenti delle New Directions lasciavano stremati l’aula canto.
I ragazzi si scambiarono un’occhiata stranita, raggiungendo il professore intento a racimolare scartoffie dalla sua cartella potenzialmente senza fondo.
“Ci dica.” L’uomo alzò lo sguardo, senza smettere di dividere spartiti secondo un ordine noto solo a lui.
“Beh ragazzi, avrei una proposta da farvi. Quest’anno piazzarsi alle Nazionali è  d’obbligo, ma non credo potremmo farcela se non proviamo nuove combinazioni e ci limitiamo al solito binomio Finn e Rachel, non credete?”
I ragazzi assunsero un’aria confusa.
“Sì... Credo...”
“Esatto. Proprio per questo mi chiedevo se vi andrebbe di cantare il nostro duetto delle Provinciali.”
Mercedes sgranò gli occhi, emettendo un urletto eccitato.
“Sta scherzando?! Certo che ci va di cantare il duetto!”
Blaine deglutì rumorosamente.
 
Certo, Mercedes era sua amica e gli faceva piacere fosse così entusiasmata per la parte da protagonista che, evidentemente, non prendeva da tempo.
Tuttavia non poteva negare di essere un tantino in ansia per quella proposta.
Non che fosse nuovo a cantare pezzi che giravano principalmente attorno a lui: aveva avuto tempo per abituarsi con i Warblers, ma le New Directions era un gruppo nuovo, il McKinley era una scuola nuova, e lui non era sicuro di volersi esporre così tanto fin dall’inizio.
Se avesse sbagliato qualcosa? Se avesse fatto sfumare i sogni di chi faceva parte di quel Club da molto più tempo di lui?
 
“...Blaine?” Il ragazzo sussultò.
“Eh? Cosa?”
“Ti ho chiesto se anche per te va bene.” Lo incalzò Mercedes, con un paio di occhi talmente pieni di speranza che Blaine non si sentì di dirle di no.
“Sì. Direi di sì...”
La ragazza lo abbracciò felice, stringendo in pugno i diversi spartiti che Will Schuester le aveva appena allungato.
“Scegliete un paio di canzoni: lunedì le proverete al Glee Club e quella che verrà meglio sarà il nostro duetto per le Provinciali!”
 
 
                                                                  ***
 
 
“Questo è assolutamente fantastico!” Esclamò Mercedes, dirigendosi insieme a Blaine verso l’uscita attraverso i corridoi deserti.
“Schuester punta molto su Finn e Rachel, di solito?” Chiese divertito Blaine.
“Di solito?! Punta sempre su quei due! È una fortuna che le nostre voci si armonizzino alla perfezione: è un’ottima opportunità per tutti e due.” Spiegò con un sorriso, passando al ragazzo qualche foglio.
“Dai un’occhiata agli spartiti, e chiamami se un pezzo ti ispira particolarmente, tanto abbiamo tutto il weekend per scegliere i migliori!” Disse, scarabocchiando il proprio numero di cellulare su uno dei pezzi di carta.
 
Dopotutto, il McKinley non era poi così terribile come temeva una settimana prima.
 
Blaine e Mercedes uscirono da scuola, proseguendo insieme verso il parcheggio, e il ragazzo riccioluto per poco non si lasciò cascare la mascella ai piedi, come vide il ragazzo bellissimo di poco prima.
 
Si stava avviando nella loro direzione, quasi volesse tornare nuovamente a scuola.
Blaine ostentò tutta la calma possibile, limitandosi a sorridergli quando gli passarono di fianco.
 
Neanche a dirlo, quello neanche lo guardò in faccia.
 
Tuttavia a Blaine non sfuggì l’occhiata che si scambiò con Mercedes, la quale, inspiegabilmente, sembrava essere stata del tutto prosciugata dell’entusiasmo di poco prima.
 
Quando lui passò oltre, lei si voltò a guardarlo andar via.
 
 
“...Mercedes? Chi è quel ragazzo?”
Lei si voltò verso Blaine di scatto, quasi avesse dimenticato di non essere sola.
“Si chiama Kurt. Kurt Hummel.” Il ragazzo esitò un attimo, prima di chiederle ciò che lo tormentava dalla prima volta che aveva posato gli occhi su quel giovane dagli occhi di ghiaccio.
 
“Cosa gli è successo?”
 
Mercedes abbassò gli occhi sul marciapiede, e la sua voce tremava un po’ quando iniziò a raccontare.

 
 
 
 
 
 
 



 
 
 
Uh uh... Ma quanto sono sclerati Rachel, Santana e tutti gli altri XD? Per quanto riguarda Finn, beh... io ce lo vedo bene come amico di Blaine ^_^ *ogni riferimento a quei deficienti bravi ragazzi dei RIB è puramente casuale ù.ù*
Per quanto riguarda Kurt... Beh, su di lui si sa ancora ben poco (niente a dire il vero XD).
Nel prossimo capitolo vedremo cosa ci dirà la nostra cara Mercedes :)
 
Ecco! Proprio riguardo a questo (ai capitoli, non a Mercedes :S) volevo informarvi – come ho già scritto a qualcuno rispondendo alle recensioni – che se va tutto secondo i piani dovrei aggiornare ogni lunedì e giovedì ^_^ (una volta alla settimana mi sembrava troppo poco frequente... non so perché XD)
In ogni caso grazie di nuovo per il vostro meraviglioso sostegno *_*
A giovedì :D

  

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Buon giovedì pomeriggio a tutti :D
Prima di lasciarvi al terzo capitolo, mi trovo (felicemente) costretta a ribadire quanto enormemente sia stupita *o*

Seriamente, avere 68 persone che hanno messo questa storia tra le seguite e 16 tra le preferite solo al secondo capitolo va ben oltre ogni mia più rosea aspettativa ç__________ç
Per non parlare di chi recensisce! Inutile dire che apprezzo tantissimo ogni opinione, dato che se pubblico ciò che scrivo è proprio per migliorarmi grazie al parere altrui :) in tal proposito ne approfitto per ringraziare meggap,tartufo,anastasianapp,LexiPopUp,Tallutina,HopeAndHuggy,Alessandranna, aleka_80,P e r l a,Safelia22,Silv_,BeatriceS,nem,LexyDC,Sirymcgregor,sakuraelisa e Kappinias che hanno commentato lo scorso capitolo ^_^

Grazie di cuore a tutti per la fiducia che avete dato a me e a questa storia appena agli inizi T__T
Ok, la smetto di tediarvi e vi lascio al terzo capitolo :D

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Blaine si lasciò scivolare a sedere sul marciapiede davanti all’uscita del liceo McKinley, affiancando Mercedes.

“...Io non so tutto con precisione, in realtà.” Mormorò la ragazza, fissandosi le punte dei piedi.
“Potresti dirmi quello che sai, allora.”  La incalzò Blaine, non ottenendo altro se non un’occhiata sospettosa.
“Perché ti interessa così tanto?” Blaine boccheggiò: non poteva dirle la verità, ma neanche mentirle spudoratamente. Così si risolse che, in fondo, omettere parte dei fatti non era da considerarsi come una vera e propria bugia.
 
“Ho parlato con lui, e mi ha fatto capire che ci sono voci che circolano sul suo conto. Tutto qua.” Spiegò, evitando accuratamente la parte dove lui perdeva completamente la testa per quel ragazzo magneticamente affascinante.
“Hai... Hai parlato con lui?” Mercedes sembrava assolutamente sconcertata da quell’informazione. Blaine alzò un sopracciglio.
“Scusa, è che di solito non parla molto. In realtà non parla affatto.” Concluse scrollando la spalle, mentre si tormentava nervosamente le dita.
 
Rimasero in silenzio qualche lungo istante.
 
“...Perciò? Puoi dirmi qualcosa su di lui?” Mercedes sospirò.
“Se parlo è solo perché mi sei simpatico, Blaine, e dobbiamo cantare un duetto insieme. Ma sappi che non mi piace tornare su quell’argomento.” Il ragazzo annuì, attendendo pazientemente gli attimi che servirono all’amica per iniziare il proprio discorso.
 
 
“Conosco Kurt praticamente da sempre. Siamo amici da una vita, e so che ne ha passate tante: ha perso sua madre quando era piccolo, e prima del liceo molti ragazzini... beh...” Lei esitò, gli occhi incapaci di non guizzare in ogni direzione, evitando tuttavia lo sguardo del suo interlocutore.
“Molti ragazzini...?” Mercedes sospirò.
“I bambini a volte sanno essere davvero crudeli.” Blaine annuì, ed era chiaro che la ragazza non volesse indugiare oltre su quell’aspetto.
“E poi?”
 
“...E poi è iniziato il liceo.
Kurt ha giurato a se stesso che non avrebbe replicato ciò che era successo negli anni precedenti, così si è impegnato fin da subito per essere tra i più popolari della scuola. Il primo anno non ha fatto in tempo a mettere piede oltre la soglia ed era già entrato nella squadra di football come kicker e, nonostante io e Rachel avessimo insistito tanto e lui abbia una voce straordinaria, non ha mai voluto unirsi al Glee Club.
Ha iniziato addirittura a non farsi più vedere insieme a noi che da sempre eravamo suoi amici. Le New Directions erano appena nate, all’epoca.” Sorrise appena, persa in vecchi ricordi a cui Blaine sapeva di non poter avere accesso.
 
“Poi c’è stato il periodo in cui ha iniziato a uscire con Brittany, cosa che ha portato la sua reputazione alle stelle.
Faceva di tutto, insomma, ma non era affatto felice.” Mercedes inspirò a fondo, con gli occhi sempre più tristi.
 
“...Poi è successo qualcosa, lo scorso anno.
Kurt continuava ad essere nostro amico anche se non si faceva vedere in giro più di tanto insieme a noi, ma a un tratto era felice. Straordinariamente felice, come non l’avevo mai visto. Ho provato a chiedergli più volte cosa ci fosse sotto di tanto emozionante, ma lui aggirava sempre le mie domande. Ho lasciato correre perché mi sembrava che, qualunque cosa fosse, lo facesse stare bene, finalmente. Magari col senno di poi avrei dovuto indagare di più...” Le ci volle qualche istante per riprendere a parlare, ma Blaine decise di non interromperla.
 
“Ha lasciato Brittany e la squadra di football, in quel periodo, e parlava anche di volersi iscrivere al Glee Club.
È durata qualche settimana, poi qualcosa ha spezzato drasticamente la sua felicità di quel periodo.
Non ho idea di cosa, so solo che è mancato da scuola per più di dieci giorni, e quando è tornato... beh, non era più lui.”
 
Blaine sbatté le palpebre velocemente, cercando di incamerare tutte quelle informazioni come meglio poteva.
“Non... Non era più lui?” Mercedes si strinse le ginocchia al petto.
 
“Già. È praticamente da metà dello scorso anno che non ci rivolge la parola. Non è più tornato nella squadra di football, e si è isolato completamente da tutto e tutti. Di voci sul suo conto ne sono girate tante, ma la verità è che nessuno sa davvero cosa diavolo gli sia successo.”
Raccontò la ragazza stringendosi nella spalle.
 
Blaine socchiuse la bocca, stupito.
Da qualunque punto di vista la guardasse, la storia sembrava evidentemente lacunosa.
Per esempio, per quale motivo quel ragazzo era entrato nella squadra di football, se lo faceva sentire così triste? E poi, cosa era successo nel periodo che aveva preceduto la rottura finale di tutti i ponti, quando era tanto felice da aver lasciato senza pensare la propria squadra e la sua ragazza dopo un anno e mezzo?
 
La sua ragazza.
 
Sentì le budella contorcersi, ma si impedì categoricamente di pensarci.
 
A Blaine non tornavano diverse cose, tuttavia era sempre più motivato ad indagare, determinato a scoprire cosa fosse successo di tanto grave a quel ragazzo angelico da renderlo talmente distaccato dal resto del mondo.
 
“Grazie per avermelo detto, Mercedes.” La ragazza alzò lo sguardo, facendo incontrare i propri occhi tristi con quelli di Blaine.
“Per quanto ne so tu sei il primo con cui ha scambiato due parole da parecchio tempo. A scuola lo si vede pochissimo, e comunque non sta mai con nessuno.” Mercedes abbassò nuovamente lo sguardo.
“Ti prego: non fare niente che potrebbe ferirlo in qualche modo. È così fragile, Blaine...”
 
Il ragazzo si ricordò di quegli occhi freddi che lo scrutavano, e sì, racchiudevano parecchia paura, ma al contempo una forza enorme. Straordinaria.
Poteva essere ferito, anche distrutto. Ma non era annientato, questo no.
 
In ogni caso annuì, convinto che Mercedes non avesse mai smesso di essere la sua migliore amica, nonostante tutto.
 
Blaine era talmente immerso nei suoi pensieri, che gli ci volle qualche istante per accorgersi della lacrima silenziosa che rigava il viso della ragazza seduta al suo fianco.
“...Mercedes?”
“È solo... vorrei sapere cosa gli è successo. Vorrei indietro il mio Kurt.”
 
 
                                                                 ***
 
 
Kurt.
 
Kurt.
 
“...Kurt!” Blaine si svegliò di soprassalto, la fronte sudata e quel nome ancora sulle labbra.
 
Gli ci volle qualche interminabile istante per rendersi conto che quello era il suo letto, non un corridoio deserto, e che ciò che stringeva tra le mani era un cuscino, non il lucchetto del suo armadietto e sì, quello che aveva di fronte era un poster di Katy Perry, che ben poco aveva a che fare con gli occhi chiari che ancora gli bruciavano nelle retine.
 
Blaine sbuffò sonoramente, passandosi una mano tra i capelli.
 
C’era decisamente ben poco di normale nella sua fissazione per Kurt perché davvero, cercava in tutti i modi di non pensarci, ma quando arrivava la sera i suoi sogni non mentivano mai.
 
Sospirò, scendendo in cucina per un bicchiere d’acqua.
 
Doveva assolutamente scoprire cos’era successo a Kurt. Qualunque cosa, ma avrebbe trovato il modo di aiutarlo, o di stargli vicino in qualche modo.
 
Non c’era una vera ragione in effetti: avevano parlato a malapena una volta, e lui sembrava sempre visibilmente irritato quando era in sua  compagnia, eppure Blaine non poteva farci niente.
 
L’istinto di riaggiustare quegli occhi di vetro spezzati era più forte di lui.
 
 
                                                                 ***
 
 
Lunedì, neanche a dirlo, Blaine non lo incontrò nei corridoi.
 
“Allora? Il nostro duetto?” Il ragazzo sussultò, mentre trascorreva gli ultimi minuti disponibili prima dell’inizio delle lezioni a ciondolare affianco all’armadietto, nella speranza di imbattersi in Kurt.
“Cos...? Oh! Sei tu Mercedes!”
“E Finn.” Precisò il ragazzo altissimo che l’affiancava nella sua divisa dei Titans.
“Ciao Finn... Stai bene?” Chiese Blaine, allarmato dall’espressione cadaverica dell’amico. Quello spalancò la bocca con fare indignato.
“Sto bene?! Tu mi chiedi... Oh santo panino, no che non sto bene!! Mercedes mi ha appena detto in anteprima questa cosa del vostro duetto alle Regionali: Rachel mi ucciderà!” Il ragazzo più basso lo guardò con tanto d’occhi.
“...Non vedo che cosa c’entri tu, a dire il vero.”
“Forse non ti è chiaro, Blaine: io, se succede qualcosa di male, secondo lei c’entro sempre!” Sbottò esasperato.
 
“Allora?! A quali canzoni hai pensato? Non mi hai chiamata questo weekend...” Riprese Mercedes, ignorando bellamente le lamentele disperate del quarterback, che diede ad entrambi le spalle con rassegnazione, dirigendosi poi con aria a dir poco nervosa verso Rachel, in arrivo dall’altra parte del corridoio.
 
“Io sarei indeciso tra ‘Not Like The Movies’ e ‘Happy Ending’, tu avevi pensato a qualcosa in particolare?” Il volto di Mercedes si illuminò.
“Totalmente d’accordo per ‘Happy Ending’! Inizieremo con quella alle prove, e vedrai che non ci sarà neanche bisogno di presentare un pezzo di riserva. Saremo strepitosi!” Affermò sorridendo la ragazza, congedando poi Blaine con un abbraccio veloce, diretta alla classe della prima ora.
 
 
                                                                   ***
 
 
L’ultima ora arrivò più in fretta del previsto.
Forse perché l’assurda lezione di storia di Holly Holiday era volata, forse perché era dannatamente nervoso per quel duetto.
 
Non l’avrebbe mai ammesso davanti a Mercedes, ma era sempre più terrorizzato all’idea di assumersi parte della responsabilità riguardo la sorte delle New Directions alle Provinciali.
 
Inoltre, aveva ripromesso a se stesso di non dare troppo nell’occhio in modo da salvaguardarsi da eventuali remake più o meno coloriti della sua storia alla scuola pubblica di Westerville, e cantare un duetto in una competizione canora non era esattamente il miglior modo per restare nell’anonimato.
 
Non che gli importasse, ma, come gli aveva fatto notare Mercedes, buona parte degli studenti del McKinley si tenevano lontano dal Glee Club perché a loro dire era una sottospecie di covo per sfigati, e magari non era esattamente un primo passo promettente entrare in quella scuola e unirsi seduta stante al gruppo bersagliato per eccellenza.
 
 
Blaine lasciò che i suoi pensieri vorticassero liberamente, troppo stanco per avere la forza di dar loro un ordine.
 
Svoltò l’angolo con le braccia cariche di libri, dirigendosi a passo spedito verso il proprio armadietto.
 
 
Il suo cuore ebbe un sussulto piuttosto doloroso, quando riconobbe il ragazzo appoggiato alla lunga fila di cassettiere di latta.
 
Indossava un paio di jeans scuri, che sparivano in due stivali bianchi alti fin sotto il ginocchio. Portava una camicetta aderente e un gilet nero, il tutto perfettamente adattato alle forme morbide del suo corpo.
 
Blaine ingoiò a fatica il proprio groppo alla gola, incapace di staccare gli occhi da quella figura magneticamente attraente.
 
Kurt – Blaine era piuttosto sicuro di adorare quel nome – alzò lo sguardo dal pavimento che stava fissando fino a pochi attimi prima, piantando gli occhi in quelli del ragazzo riccioluto che si muoveva in sua direzione.
 
Blaine si sentì travolgere da quella occhiata penetrante, e fu costretto ad abbassare lo sguardo mentre inseriva la combinazione del lucchetto.
 
“Ciao.” Riuscì a dire, complimentandosi con se stesso per essere riuscito a spiccicare parola.
 
Kurt lo guardò con aria quasi divertita, ma al contempo assurdamente diffidente. Fece un piccolo segno con la testa, a mo di saluto.
 
Blaine lasciò tutto ciò che non gli serviva nell’armadietto ed estrasse alcuni spartiti per il Glee, richiudendo poi lo sportello.
 
“Sei... iscritto a qualche Club? Perché di solito non si ferma nessuno dopo l’ultima campana.” Kurt lo guardò come se avesse appena affermato di avere un allevamento di armadilli in cantina.
“No. Nessun Club.” Disse, con quella voce cristallina che faceva perdere a Blaine ogni minima facoltà intellettuale.
“Ah. E allora perché sei quasi sempre qui davanti al tuo armadietto dopo le lezioni?”
 
Kurt si voltò con una lentezza disarmante, fronteggiando così l’altro ragazzo. Gli lanciò l’ennesima delle sue espressioni perplesse, di quelle che facevano sentire Blaine un emerito idiota.
 
“Non sono fatti tuoi.” Rispose prontamente un attimo dopo.
 
Ok. Era piuttosto ovvio fino a che punto Kurt lo detestasse.
 
“Io... ehm... Sì, scusa.” Il ragazzo si strinse nelle spalle, senza perdere quell’aria contemporaneamente infastidita e apatica che gli aleggiava intorno.
 
“Tu?” Blaine strabuzzò gli occhi e no, non era normale andare in iperventilazione ogni qualvolta Kurt apriva bocca.
Io? Cosa?”
“Sei iscritto a qualche Club?” Chiese, e non era esattamente una domanda, non ora che fissava insistentemente gli spartiti che Blaine teneva in mano.
“Io... Sì. Sì, da una settimana faccio parte del Glee Club.” Spiegò, sventolando i fogli che teneva in mano.
Kurt annuì distrattamente, e sembrava aver di nuovo trovato parecchio interesse nel pavimento.
“...Sai? Si canta, si balla... è- ”
 
So cos’è, grazie.” Tagliò corto e, aprendo l’armadietto rapidamente, ne estrasse un foglietto ripiegato in quattro e se lo infilò in tasca, con un sospiro rassegnato.
Richiuse l’anta con un tonfo.
“Ciao, Blaine.” Disse con noncuranza, allontanandosi verso l’uscita.
 
Prima di poter pensare lucidamente, Blaine aveva già aperto bocca.
 
“No Kurt, aspetta un attimo!”
Il ragazzo si gelò a due passi da lui, voltandosi lentamente e guardandolo con fare interrogativo.
 
“Cosa vuoi?”
 
Oh. Quella sì che era una bella domanda.
 
Blaine sussultò, balbettando qualche parola priva di senso. Gli occhi di Kurt si allargarono.
 
“Sai come mi chiamo. Io non te l’ho mai detto.”
 
A quel punto, Blaine era abbastanza sicuro di avere un colorito piuttosto tendente al viola. Era ovvio: ora Kurt lo credeva una sottospecie di stalker, cosa che non faceva che sommarsi all’ovvio odio di quel ragazzo nei suoi confronti già dal loro primissimo incontro.
 
Blaine non fece in tempo ad inventarsi qualcosa di decente per scusarsi, che Kurt aveva già girato i tacchi ed era sparito oltre l’angolo del corridoio.
 
Il ragazzo inspirò a fondo, rendendosi conto di aver trattenuto il fiato per buona parte della loro pseudo conversazione.
 
Sì. Doveva decisamente rivedere le sue convinzioni circa i colpi di fulmine.
 
 
 
“Blaine!” Per poco non gli prese un infarto.
“...Eh?!”
“Allora sei qui nanetto! Gli altri ti stavano già dando per disperso. Sai che perdita, comunque...” Fece Santana, afferrandolo sottobraccio e dirigendosi insieme a lui in aula canto.
“Ehm... Stavo mettendo via i libri, ho perso un po’ il senso del tempo, così...”
Zitto Blaine: Mercedes ci ha già informati del vostro duetto. Sappiamo tutti che hai cercato di scappare per nasconderti dalla furia della Berry.” Puntualizzò la ragazza, scoppiando poi a ridere.
 
“Non so come ti sia venuto in mente di perderti la scena! È stato esilarante!” Blaine ridacchiò a sua volta. Non che trovasse divertente la propria morte imminente, tuttavia non voleva neanche indispettire l’imprevedibile ispanica al suo fianco.
Non avrebbe significato altro che anticipare il suo decesso.
 
Quando Santana trascinò Blaine in sala prove, lui cominciò a dubitare che la ragazza al proprio fianco fosse davvero la più pericolosa.
 
Non ora, con una Rachel Berry palesemente furiosa in avvicinamento.
 
“Auguri, zuccherino.” Gli sussurrò malignamente Santana prima di dileguarsi.
 
Tu! Come ti salta in mente di piombare qui e compromettere il mio ultimo anno?!” Sbraitò la ragazza, gesticolando abbondantemente.
“Rachel, finiscila! Come ti ho già detto dalle mille alle duemila volte queste sono le Provinciali, abbiamo un’infinità di competizioni a cui partecipare, se il duetto non ti tocca questa volta, sarà per la prossima!” Sbottò esasperato il professor Schuester.
“Sono d’accordo. Blaine si è appena iscritto, dovremo pur dargli un’occasione, no?” Chiese timidamente Tina, subito appoggiata da Mike.
 
Rachel si voltò indignata verso il suo fidanzato, che prontamente iniziò a fissare con estremo interesse la gomma spiccicata sul pavimento di fianco alla sua sedia.
 
La ragazza prese un respiro profondo, e Blaine sperò vivamente non si stesse accingendo a sopprimerlo.
 
“Senti Rachel, se proprio ci tieni così tanto potremmo- ”
“D’accordo, Blaine: tu e Mercedes avrete il vostro momento di gloria. D’altronde anche l’anno scorso io e Finn ci siamo fatti da parte per far ambientare Sam. Ok, posso farlo.” Blaine trattenne a stento un sospiro di sollievo.
 
“Ma...” Aggiunse, avvicinandosi all’orecchio del ragazzo abbastanza perché potesse sentirla solo lui.
“...Guai a te se me ne fai pentire.” Lo ammonì in un sibilo, per poi voltarsi teatralmente e accomodandosi a braccia incrociate sulla propria sedia.
 
Blaine deglutì rumorosamente: dire che quella ragazza lo terrorizzava era un eufemismo.
 
Mercedes dal canto suo, dopo aver urlato dietro a Rachel per cinque minuti buoni, finalmente si decise a raggiungere un Blaine piuttosto agitato al centro della sala, mentre le prime note di ‘Happy Ending’ riempivano l’aria.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Rieccomi qua ^_^ *in coro: nessuno richiede la tua presenza!* ...^_^”
Beh XD in ogni caso volevo specificare qualcosina circa questo capitolo.

Prima di tutto la canzone che ho affibbiato a Blaine e Mercedes: si tratta di “Happy Ending”,  una canzone di Mika che ho scelto perché (a parte il fatto che mi piace un sacco) trovo sia adatta da cantare in duetto con sotto il coro del resto del gruppo (ovviamente è solo una mia opinione, e non datele troppo peso dato che ve lo dice una che alle medie non sapeva suonare il flauto ed è stonata come una campana XD) in ogni caso, la canzone è questa qui --->http://www.youtube.com/watch?v=pxA26LGI2Mc
Blaine, quando ne parla con Mercedes, dice di essere decisa tra quella e “Not like the Movies”... Ho messo quella canzone come alternativa solo ed esclusivamente perché è di Katy Perry XD Blaine non poteva non pensarci u.u

... Sì. Dopo questa inutile interessantissima digressione, un piccolo spoiler sul prossimo capitolo: come avevo anticipato all’inizio, la storia non sarà solo ed esclusivamente dal punto di vista di Blaine.
Si dà il caso che proprio dalla prossima volta avremo un assaggio di come la vede il nostro misterioso Kurt ;)
Grazie mille a chi è arrivato vivo fino qui *applaude* e ovviamente a chi recensirà ^_^
A lunedì con il nuovo capitolo :) 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Buon lunedì a tutti :D
Pare proprio che ce la faccia a stare in pari con gli aggiornamenti, e ciò è un bene u.u
Ora come ora sto scrivendo il capitolo 13, ma con le vacanze di Natale alle porte il tempo di proseguire non mancherà sicuramente ^_^
Ok, prima di lasciarvi al nuovo aggiornamento ne approfitto per ringraziare le fantastiche BeatriceS, P e r l a, Safelia22, Silv_, tartufo, nem, Tallutina, Sirymcgregor, Maggie_Lullaby, aleka_80, LexyDC__, Stupid, sakuraelisa, Alessandranna, LexyPopUp e HopeAndHuggy che hanno recensito lo scorso capitolo *o* Grazie mille ç______ç
E grazie infinite anche a tutti coloro che hanno messo la storia tra preferite, seguite o ricordate :)
Senza ulteriori indugi vi lascio al capitolo che, come anticipato, ci darà un’idea del punto di vista del nostro misterioso Kurt XD
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Kurt Hummel non era una persona diffidente.
Non era freddo, né distaccato, e tantomeno tendeva ad allontanare le persone.
 
Non per natura almeno, ma le esperienze della vita hanno la facoltà di trasformarci in quello che non siamo.
 
 
“No Kurt, aspetta un attimo!”
 
Allora, senza che potesse fare niente per impedirselo, aveva sentito qualcosa scattargli dentro, una sorta di speranza che non era più abituato ad avvertire.
 
“Cosa vuoi?”
 
Ed era stato davvero difficile rimanere imperturbabili, contenere ogni fremito della voce, soffocare qualunque emozione.
 
Poi Blaine – il ragazzo nuovo, quello che aveva detto di non conoscere nessun pettegolezzo su di lui – aveva iniziato a balbettare qualche parola priva di senso, i suoi occhi color ambra persi nel vuoto.
 
Fino a che a un tratto la verità sgorgò nel cervello di Kurt come un fiume in piena, perché davvero, come aveva fatto a  non accorgersene prima?
 
“Sai come mi chiamo. Io non te l’ho mai detto.”
 
Sapeva tutto.
 
Il nuovo arrivato era stato diligentemente informato di ogni cosa, ogni stupida e falsa voce di corridoio, e a Kurt non importava indagare sul motivo per cui quel giovane dai riccioli scuri continuasse a cercare di parlargli, quando lui era certo di essere stato maleducato a sufficienza da spingerlo a non farlo.
 
Non voleva saperlo, perché già intuiva come sarebbe andata a finire: Blaine che voleva sapere di lui per morbosa curiosità, per poterlo sfottere meglio... o perché mandato da altri.
 
A quel pensiero il cuore di Kurt si contorse dolorosamente.
No. Niente amici, nessun tipo di contatto con il nuovo arrivato: Blaine era esattamente come tutti gli altri. Basta anche con quelle mezze conversazioni dove non faceva che trattarlo come una pezza da piedi. Basta con tutto.
 
Poco importava se gli occhi di quel ragazzo brillassero di sincerità a ogni parola che pronunciava. Poco importava se sembrava esattamente lo stereotipo della persona di cui ci si può fidare.
 
 
Kurt ignorò orgogliosamente il dolore che gli attanagliava il petto mentre si dirigeva verso l’uscita della scuola, senza voltarsi indietro per vedere Blaine balbettare qualche vaga scusa.
 
Aveva già avuto modo di scegliere in passato le persone in cui riporre la propria fiducia, e ancora ne pagava le conseguenze.
 
 
                                                                  ***
 
 
“Amico, sei stato fenomenale!!” Esclamò Finn, rigorosamente una volta che Rachel non era più a portata d’orecchio.
“Oh. Grazie Finn!”
“No, davvero! Il fatto che tu sia entrato nelle New Directions è stata davvero una fortuna! Tra le altre cose non dovremo più sorbirci le lamentele di Mercedes sul fatto che non la trattiamo abbastanza da diva e cose del genere, dato che canta in duetto con te!” Blaine annuì, lusingato e sorpreso dall’euforia di Finn.
“Come mai tanto di buon’umore?” Il ragazzo si strinse nelle spalle.
“Niente di che, è solo che tra qualche settimana dovrebbe presentarsi un Talent Scout: sceglierà uno tra i giocatori di football della scuola per una borsa di studio.”
Blaine annuì.
“In bocca al lupo allora!”
“Già. Oh, Blaine: non è che vorresti unirti alla squadra di football anche tu? Sai, è divertente far parte del Glee Club e tutto il resto, però se ti limiti a quello gli altri ti etichetteranno come sfigato totale e... Beh, diciamo che potrebbero esserci delle conseguenze.”
 
Blaine arricciò il naso.
Non che detestasse il football, anzi, era sempre stato un discreto appassionato. Non che seguisse ogni singolo incontro minore, ma conosceva le squadre del campionato, per intenderci.
Tuttavia c’era una discreta differenza tra guardare uno sport e giocarlo in prima persona.
Prima di tutto, l’idea di essere bellamente spiaccicato da una decina di giganti ossessionati dal possesso di una palla ovale non lo allettava gran ché, in secondo luogo nella migliore delle ipotesi gli altri si sarebbero accorti che era gay non appena avesse messo piede in spogliatoio.
 
Non si sa come, per i giocatori di football è sempre incredibilmente facile intuire se per caso in squadra non tutti sono etero... Più che altro danno del gay a chiunque, tanto per stare nel sicuro.
Peccato che Blaine sapesse esattamente come avrebbe reagito se questo fosse successo: panico totale, balbuzie, sguardo basso.
 
Di nuovo quelle urla nelle orecchie.
 
No. Decisamente no squadra di football.
Ora non restava che dirlo a Finn, in un qualche modo contorto grazie al quale non fosse costretto a rivelare la propria omosessualità.
 
Oh. Ma certo.
 
“Finn, guardati: anche da seduto sei più alto di me!” Il ragazzo socchiuse la bocca con sorpresa, quasi si accorgesse solo in quel momento dell’aspetto dell’amico.
“Oh. Beh, in effetti...” Blaine ridacchiò.
“Non preoccuparti: più avanti troverò un altro Club a cui unirmi, per ora mi concentrerò sul duetto per le Regionali.”
Finn annuì.
 
“Finnocenza? La Berry ti cerca.” Esclamò Santana dal corridoio, mentre si avviava all’uscita insieme a Brittany.
Finn raccolse velocemente tutte le sue cose, salutando Blaine con una pacca sulla spalla.
“Io vado, meglio non farla aspettare.”
 
 
                                                                  ***
 
 
Il giorno dopo, Blaine non vide Kurt a scuola. E nemmeno quello dopo, né quello dopo ancora.
 
Era rimasto fino a tardi anche quando non aveva le prove con il Glee, la schiena appoggiata all’armadietto, nella speranza di vederlo comparire dietro l’angolo del corridoio.
 
Diverse volte si era dato dell’idiota, del pazzo e mille altri coloriti appellativi, eppure non poteva farci niente: quel ragazzo aveva mandato a farsi benedire ogni neurone buono che rimaneva nel suo cervello.
 
Non osò neanche immaginare come sarebbe stato ridotto ora, se Kurt si fosse dimostrato gentile e carino con lui anziché detestarlo: probabilmente avrebbe già allestito un altarino in suo onore, o qualcosa del genere.
 
Tuttavia fece del suo meglio per non pensarci, concentrandosi al massimo sulla scuola e sul Glee Club. Era perfino stato a casa di Mercedes per provare il duetto, oltre che farsi le consuete gite in auto fino alla Dalton, per andare a trovare Jeff, Nick e gli altri e raccontare loro le ultime novità del McKinley.
 
Quando si era trovato a parlare di Kurt con Wes, capì che la sua sanità mentale era ormai irreversibilmente compromessa.
 
 
                                                                  ***
 
 
La seconda settimana di scuola stava giungendo al termine, quando Blaine rivide Kurt.
 
Era la prima ora, i corridoi erano gremiti di studenti ancora mezzi intontiti dal sonno diretti alle loro rispettive aule. Fu fin troppo facile per Blaine, in mezzo a tutti quegli sguardi vacui, percepire un brillante lampo cristallino che non poteva provenire da altri se non da Kurt.
 
Quella mattina indossava un paio di jeans stranamente larghi, scarpe da ginnastica e una felpa troppo grande di almeno tre taglie.
 
Certo, l’aveva visto pochissime volte, eppure avrebbe potuto giurare di aver già inquadrato il suo stile come elegante, raffinato e alla moda.
Proprio per questo non era in grado di spiegarsi quegli abiti, oltre a constatare che, oggettivamente, era innaturalmente stupendo anche con un sacco di patate addosso.
 
Kurt gli passò di fianco a testa alta, fiero e ostile al tempo stesso, senza degnarlo di uno sguardo.
 
Fu un attimo.
 
Un singolo istante, prima che lo superasse effettivamente e continuasse a camminare per la sua strada. Un decimo di secondo in cui, Blaine ne era sicuro, Kurt aveva posato gli occhi su di lui.
 
“Ciao Kurt.” Esclamò, a voce abbastanza alta da farsi sentire oltre gli schiamazzi del corridoio. Il ragazzo si gelò sul posto, una spanna dietro all’altro.
Blaine si voltò verso di lui, sorridendogli timidamente.
 
“Orario pesante oggi?” Kurt alzò gli occhi al cielo, incrociando le braccia sul petto.
Sembrò indugiare un istante, prima di sospirare un rassegnato “Vieni con me.”
 
Blaine assunse un’espressione che – temeva – si avvicinava tanto a quella di un cagnolino scodinzolante. Seguì Kurt fino a una rientranza nella parete del corridoio, dove erano parzialmente nascosti dalla bolgia di studenti.
 
“Perché lo fai?” Chiese senza mezzi termini, spiazzando Blaine.
“...Perché faccio cos- ”
“Lo sai benissimo. Parlare con me, fare il gentile, il carino... Perché?” Blaine sbatté le palpebre, senza sapere dove andare a parare per rispondere a quella domanda.
 
Non poteva certo rivelargli di essere gay e di aver perso la testa per lui, soprattutto dato che Kurt, oltre a detestarlo piuttosto esplicitamente, era anche stato fidanzato con Brittany per un anno, ed evidentemente non poteva essere interessato.
...E allora cosa avrebbe potuto dirgli? Che, in qualunque circostanza, tutto ciò che voleva era vederlo felice? Così, irrazionalmente, dopo essersi incontrati accidentalmente sì e no qualche volta?
 
Kurt, evidentemente, interpretò male quel silenzio.
 
“Sarò chiaro, Blaine: lo vedi anche tu che qui nessuno parla con me, no?” Blaine annuì, perché lo vedeva, ed era doloroso come se lo provasse sulla sua stessa pelle.
 
Lo era, da quando per la prima volta quelle iridi trasparenti si erano posate su di lui, lasciandogli addosso una parte di loro.
 
“E allora ti prego, stammi lontano.” Concluse con un sospiro seccato.
Se Blaine non fosse stato certo che non era possibile, avrebbe potuto giurare di sentire il rumore sordo di un cuore che si spezza, anche al di sopra degli schiamazzi circostanti.
 
Non ne aveva motivo in realtà. L’aveva incrociato pochissime volte, lui si era sempre comportato in modo distaccato e, come se non bastasse, era stato fidanzato un anno con una ragazza.
 
E allora perché faceva così male?
 
“Ma- ”
Kurt abbassò lo sguardo e gli scivolò affianco, riuscendo a rimettersi nel corridoio senza nemmeno doverlo sfiorare.
 
“Kurt...” Riuscì a sussurrare mentre lo guardava allontanarsi oltre la fila di armadietti vicino alla bacheca, prima che il suono della campanella coprisse la sua voce.
 
 
                                                                  ***
 
 
Non ci era riuscito.
 
Non era stato in grado di guardare dritto davanti a sé, non senza concedersi una piccola, impercettibile occhiata a Blaine.
 
Lasciò cadere svogliatamente la cartella sul pavimento, nell’ultimo banco dell’aula di Francese. La sedia accanto alla sua traballava pericolosamente: nessuno si sedeva mai lì, ed era solo un bene.
 
Kurt estrasse il proprio blocco degli appunti, scarabocchiando ogni singola parola che il professor Cooper scriveva alla lavagna: doveva tenersi la mente occupata.
 
Non poteva pensare a ciò che era successo il giorno precedente e alle conseguenze che ci sarebbero state, non poteva guardarsi continuamente le spalle e, soprattutto, non poteva lasciare che Blaine entrasse a far parte dei suoi pensieri, come aveva effettivamente fatto dalla prima volta che si erano incontrati, due settimane prima.
 
Era più forte di lui: non poteva negare quanto gli fosse costato pregarlo di stargli alla larga, quella stessa mattina. Eppure era la cosa più giusta: non poteva correre il rischio di essere demolito di nuovo. Non l’avrebbe sopportato.
 
La campanella dell’intervallo suonò prima del previsto, e Kurt avrebbe soltanto voluto rimanere lì, al sicuro nell’aula di Francese.
 
Invece si alzò dal proprio banco, raccogliendo le sue cose con mani tremanti.
 
Corse attraverso i corridoi affollati, aggrappato ai libri che aveva in mano come se la sua vita dipendesse da quello. I ragazzi gli urlavano dietro qualcosa, ogniqualvolta li urtava nella smania di andare più veloce, ma non li sentiva.
 
Era quasi arrivato, quasi davanti al laboratorio di Chimica, quando qualcuno lo afferrò per l’elastico molliccio della felpa.
 
Kurt si sentì precipitare nel vuoto.
 
 
                                                                  ***
 
 
“...Continuo a non capire.”  Blaine alzò gli occhi al cielo, ormai in procinto di prendere a testate l’armadietto.
“Per l’ennesima volta, Brittany, un duetto non è più un duetto se lo cantano tre persone, capisci?!” La ragazza sbatté le palpebre, confusa.
“...Sì, capisco. Ma non si tratterebbe di tre persone. Lord Tubbington non è una persona.”
“Ma Brittany! Come possiamo cantare con un gatto?!” La ragazza sembrava seriamente stranita da quel ragionamento.
“Se non vuoi ascoltarmi non importa, Blaine. Ma quando Lord Tubbington smetterà di fumare e si deciderà a entrare nel Glee Club te ne pentirai.” Asserì la ragazza con un’occhiata profondamente offesa.
 
Blaine provò a fermarla prima che girasse i tacchi sconvolta, ma fu del tutto inutile.
 
Con un sospiro rassegnato iniziò ad avviarsi verso l’aula di Spagnolo, dove sapeva avrebbe incontrato Finn e Puck. Sempre che quest’ultimo non avesse deciso di saltare il corso, cosa in effetti più che probabile.
 
 
Stava giusto per raggiungere la sua classe quando, tutto a un tratto, le cose si fecero incredibilmente fredde, umide e al gusto di succo d’uva.
 
Ma che...?
 
“Sfigato.”
“Grande! Abbiamo fatto bene a ripristinare la granitata delle dieci e mezza!”
 
Blaine si asciugò come poteva gli occhi dalla roba appiccicosa che gli avevano lanciato in faccia, rabbrividendo come la sentì colare lentamente oltre il colletto della camicia.
“E levati!” Esclamò il tizio dalla stramba pettinatura che teneva ancora in mano il bicchiere vuoto della granita.
 
Blaine, dalla divisa, lo riconobbe come un giocatore di hockey.
 
Non fece in tempo a fare come gli era stato detto, comunque, dato che il tizio l’aveva già spinto contro l’armadietto più vicino, facendosi largo.
 
Oh.
Dunque era a questo che Finn si riferiva quando parlava delle conseguenze di far parte del Glee Club.
 
Il ragazzo decise saggiamente di non reagire in alcun modo che avrebbe potuto infastidire ulteriormente quei tizi e si diresse verso il bagno più vicino sgocciolando abbondantemente, nell’indifferenza generale.
 
Bentornato alla scuola pubblica, Blaine.
 
Probabilmente sarebbe stato anche peggio se qualcuno avesse saputo che era gay ma, fortunatamente, questo era un dettaglio che era ben lungi dal rivelare.
Tuttavia, neanche a farlo apposta, entrare a far parte delle New Directions aveva creato un’opzione alternativa per demolirlo nonostante non conoscessero il suo orientamento sessuale.
 
Blaine si passò una mano tra i capelli appiccicati in uno strano mix di gel, ghiaccio e pezzetti di frutta: perché doveva andarsele a cercare, per una volta che poteva scampare dai soliti scherzetti idioti?
 
Sospirò aprendo la porta del bagno, e fece per raggiungere il primo lavello disponibile.
“Chi è questo sfigato?” Blaine si gelò sul posto, intercettando all’istante due ragazzi con una sigaretta in bocca, appoggiati contro al muro.
 
Il giovane fece un passo indietro, cercando a tentoni la maniglia della porta.
“V-Vado a lezione...” Uno dei due si sfilò la giacca rossa dei Titans e se la legò intorno alla vita, facendo un passo minaccioso in sua direzione.
 
“Tu non sei l’idiota che è entrato in quel Club di checche canterine? Uh?” Blaine non mosse un muscolo, incapace di concentrarsi su altro se non il battito impazzito del proprio cuore contro la cassa toracica.
 
“Vuoi chiudere quella fogna, Palmer?” Sbottò Puck, della cui presenza Blaine si accorse solo nel momento in cui uscì da uno dei bagni.
“Non è colpa nostra se non lasci perdere quel covo di idioti per tornare una persona normale, Puckerman.”
 
Puck roteò gli occhi, poi si rivolse a Blaine.
“Vattene. Se Schuester mi cerca a Spagnolo digli che mi ha investito un tram o qualcosa del genere.” Disse lanciando un’occhiata assassina al giocatore di football che si stava avvicinando pericolosamente al ragazzo più basso.
“Ti metti a difendere questo sfigato adesso?!”
“No. Ma non mi voglio beccare una sospensione. Lui si mette a urlare, arriva qualcuno e si scopre che io ho saltato Spagnolo.”
Spiegò, facendo cenno a Blaine di sparire più rapidamente possibile, e lui non se lo fece ripetere.
 
Abbassò la maniglia della porta con mani tremanti, ritrovandosi nel corridoio ormai deserto dopo il suono della campanella.
Sentiva solo il battito impazzito, terrorizzato del proprio cuore.
 
Certo, non era successo niente, e probabilmente non sarebbe successo in nessun caso, tuttavia la sua mente non aveva potuto far altro che correre a quella sera di settembre di diversi anni prima, e non era stato più capace nemmeno di tirare il fiato.
 
Scosse la testa nel tentativo di eliminare quei pensieri, mentre le ultime goccioline di granita ancora non solidificate gli scivolavano tra i riccioli.
Doveva cercare un bagno, e alla svelta, prima che il professor Schuester lo desse definitivamente per disperso.
Estrasse la piantina del McKinley dalla tasca esterna della borsa, e si maledisse mentalmente per quelle dita che non volevano smettere di tremare.
Trovò un bagno poco più in là del laboratorio di Chimica, così seguì il percorso sulla cartina senza smettere di toccarsi con disgusto i riccioli impregnati di granita.
 
 
                                                                  ***
 
 
“Allora? Cosa avevamo detto su quei vestiti, mh?” Blaine si gelò, con ancora la mano sulla maniglia.
 
Qualcuno aveva appena sibilato quelle poche parole oltre la porta del bagno, frase che era stata seguita da un tonfo e dal suono secco di uno strappo.
“Pensavo di essere stato chiaro, frocetto...”
 
Non...”
 
Blaine, a un tratto, dimenticò completamente come respirare.
 
Perché avrebbe potuto ascoltare anche solo mezza lettera, un sussurro, un soffio. Avrebbe riconosciuto quella voce innaturalmente limpida in qualsiasi circostanza.
 
“Conosci i patti, no? Sai che succede quando infrangi le regole.”
Blaine sentì un altro tonfo provenire dal bagno, seguito da quello che assomigliava spaventosamente a un urlo strozzato.
 
Poi, prima di poter razionalmente pensare alle conseguenze, le sue dita avevano già premuto la maniglia verso il basso.
 
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
...Per favore non uccidetemi ç_____ç
Lo so, sono una gran brutta persona per una considerevole quantità di motivi :S
...Se posso dire qualcosa a mia discolpa *schiva gli scarponi che le stanno lanciando* è che tra gli avvertimenti a questa storia c’è l’angst, quindi purtroppo era una sofferenza annunciata >.<
Ecco, se tra gli avvertimenti ci fosse stato qualcosa tipo “la tizia che scrive fa finire i capitoli in un modo osceno” l’avrei messo, giuro! ...Beh, in ogni caso ci saranno pochissimi giorni da aspettare per il nuovo aggiornamento: arriverà giovedì ^_^


Grazie ancora a chi ha letto, e a ovviamente a chi recensirà :D 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Buon giovedì sera a tutti :)
Lo so: sono in ritardo ç______ç Non posso dire nulla a mia discolpa, se non il fatto che oggi sono stata tutto il giorno alla disperata ricerca del regalo-di-Natale-perfetto per una mia cara amica... ma questo non c’entra un emerito nulla con questa storia, per cui la smetto di tediarvi u.u
 
Allora, ci eravamo lasciati con Blaine che stava per cimentarsi in un’eroica impresa... Come andrà a finire? Ehehe... tutte le risposte in questo capitolo, ovviamente... Ok, devo seriamente smetterla di scrivere queste cose come prefazione, dopo è ovvio che nessuno le legge se istigo così tanto a iniziare il capitolo, e- Ok, basta, sto diventando logorroica. *Lo sei già!* ...Sì, lo so ç____ç
Beh XD Prima di lasciarvi (finalmente!) al capitolo, ne approfitto per ringraziare le supermegafoxyawesomehot HopeAndHuggy, Safelia22, aleka_80, Silv_, Tallutina, tartufo, Alessandranna, anastasianapp, LexyDC__, Sirymcgregorsakuraelisa e Maggye_Lullaby che hanno recensito lo scorso aggiornamento! Grazie mille :D
E un grazie particolare a tutti coloro che hanno messo questa FF tra preferite, seguite o ricordate! Vi adoro tutti *____*
 
 

 
 
 




 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
È strano, quasi assurdo come possa bastare un’immagine sfocata, un suono ovattato o un odore confuso a risvegliare ricordi che fanno parte della nostra memoria, catapultandoli violentemente nel presente.
Ed era proprio quel genere di sensazione che investì Blaine, una volta varcata la porta del bagno.
 
C’era una cartelletta marrone abbandonata sotto ad uno dei lavandini, dalla quale sporgeva l’angolo di qualche quaderno. Gli bastò un’occhiata per capire a chi appartenesse.
 
Poi un tonfo – l’ennesimo – e un libro che volava sul pavimento quasi fino ai suoi piedi.
 
Blaine sapeva che gli bastava fare un passo, uno solo, e non ci sarebbe più stato il cubicolo del bagno a nascondere la sua presenza.
 
Un passo, e si sarebbe rivisto davanti lo stesso incubo che lo tormentava ogni notte. Un passo e, in qualche modo, avrebbe trovato la maniera di aiutare Kurt.
 
Blaine stesso si stupì quando, anziché paralizzarsi, le sue gambe avanzarono automaticamente.
 
 
Sentì il cuore vacillargli nel petto.
 
C’erano tre tizi avvolti nella loro giacca dei Titans, ognuno dei quali era più o meno il doppio di Blaine. Il primo era di spalle, coprendo con la sua stazza buona parte della scena, il secondo lo affiancava, e il terzo stava semi accovacciato a terra, impedendo facilmente al corpo che placcava di ribellarsi in alcun modo.
 
Blaine rabbrividì alla vista di quella mano troppo grande premuta sulla bocca di Kurt.
 
“Allora, principessa? Devo ricordarti di nuovo come stanno le cose da quando- ”
 
“Lascialo stare.”
 
Il tizio che aveva appena parlato si voltò di scatto insieme al suo compagno, trovandosi di fronte un ragazzino dai riccioli scuri, tanto esile quanto sorprendentemente determinato.
I giocatori di football rimasero interdetti per un attimo, osservando il nuovo arrivato in un irreale silenzio.
Un istante, infatti, che bastò a Blaine per intercettare gli occhi di Kurt: grandi, febbricitanti, terrorizzati, mentre saettavano per tutta la stanza.
 
Quelle iridi trasparenti, che non fecero altro se non infondere a Blaine una forza che non sapeva di poter cogliere da uno sguardo così sconvolto e che, nonostante tutto, non tradiva una lacrima.
 
I tre ragazzi scoppiarono a ridere.
 
“E tu chi saresti per dirci quello che possiamo e non possiamo fare, mh?”
 
Blaine esitò.
 
Chi era, in fondo? Chi era lui per Kurt?
 
Il volto del più alto dei tre si illuminò di consapevolezza.
 
“Oh! Sei il suo ragazzo, non è così?” Esclamò con una scintilla negli occhi, che Blaine non avrebbe potuto descrivere in altro modo se non pura e gratuita malvagità.
 
“Ti fai scopare da questo qui, adesso? E noi che pensavamo che l’anno scorso- ”
“Lascialo andare!” Fece di nuovo Blaine, vagamente consapevole delle lacrime che avevano iniziato a scendergli in silenzio.
 
Per quella situazione.
 
Per se stesso.
 
Per Kurt.
 
Per tutto.
 
Uno dei ragazzi strattonò il giovane steso a terra per la sua felpa slargata e – Blaine se ne accorse solo in quel momento – lacerata in più punti.
“Quanto scommetti che possiamo suonarle a entrambi, ragazzo nuovo? Non ne bastava uno di froci in questa scuola, a quanto pare...”
 
 
Blaine valutò velocemente la situazione, con la fredda lucidità dettata dell’esigenza del momento.
 
Tre ragazzi che non era oggettivamente in grado di fronteggiare. Kurt immobilizzato a terra. Un’unica via d’uscita alle sue spalle.
 
C’era una sola soluzione possibile – magari non la più nobile – ma l’unica che li avrebbe salvati da quella situazione.
 
Iniziò a urlare.
 
“Ma che caz- ”
Uno dei due tra quelli in piedi si slanciò verso Blaine nel tentativo di afferrarlo, ma il ragazzo riuscì a schivare la sua presa e a destreggiarsi agevolmente oltre lo stretto antibagno, fino a chiedere aiuto dal corridoio, la sua voce che rimbombava per le corsie vuote.
 
Quando il ragazzo afferrò Blaine, i primi studenti iniziavano già a fare capolino dalle proprie aule, attirati dalle grida.
 
“Questa te la farò pagare, piccolo bastardo, mi hai capito?” Sibilò scaraventandolo con tutte le sue forze contro la porta del bagno, proprio mentre un professore non meglio identificato correva in loro direzione.
 
 
                                                                  ***
 
 
“Allora? Volete decidervi a spiegare cosa diavolo è successo?!”
Kurt si agitò sulla sedia, fissando insistentemente un punto imprecisato sotto la cattedra del preside.
Seth, Anthony e Gregor erano seduti di fronte a Figgins, lui e Blaine agli estremi, leggermente in disparte.
 
Era successo tutto incredibilmente in fretta: un attimo prima era a un passo dal laboratorio di Chimica, un attimo dopo loro erano riusciti a prenderlo.
 
Poi era sul pavimento del bagno, con Seth che si accingeva a fare esattamente ciò che aveva minacciato il giorno prima in uno di quegli stupidi bigliettini che gli infilavano nell’armadietto quando infrangeva le regole.
 
Poi era arrivato Blaine.
 
Blaine che, senza motivo, aveva rischiato di essere pestato per aiutare un ragazzo che con lui si era sempre dimostrato freddo e distaccato.
 
Che gli aveva detto di stargli lontano.
 
Kurt lasciò correre involontariamente lo sguardo fino al ragazzo riccioluto dall’altra parte della stanza, immobile sulla sua sedia, le mani strette l’una nell’altra.
 
E tremava, Kurt poteva coglierlo distintamente.
 
Abbassò in fretta gli occhi sulla propria felpa strappata e sgualcita.
Senza neanche sapere come, Kurt si ritrovò a domandarsi se Blaine fosse davvero gay, come aveva insinuato poco elegantemente Seth alcuni minuti prima.
 
Come quel pensiero si insinuò nella sua mente, Kurt sentì una fitta dolorosa al cuore e decise che no, non poteva essere.
 
Seth era un idiota, e Blaine troppo gentile o troppo stupido per tenergli testa.
 
“Sarò costretto a convocare i vostri genitori. Sappiate che rischiate seriamente l’espulsione tutti e tre.” Li ammonì Figgins, fallito l’ennesimo tentativo di farsi spiegare cos’era successo esattamente.
“Hummel, vuoi esporre tu l’accaduto?” Kurt scosse meccanicamente la testa, senza aspettare l’occhiata piuttosto esplicita che sapeva gli sarebbe arrivata da Gregor. Il preside sospirò esasperato.
“E’ nel tuo interesse, lo capisci questo?” Silenzio.
“E tu, Anderson? Hai qualcosa da dire?” Blaine aprì la bocca per parlare, ma Kurt riuscì a intercettare il suo sguardo, mimando un impercettibile no con la testa.
 
Blaine squadrò Kurt con attenzione, e il ragazzo si sentì irrimediabilmente svuotato da quello sguardo così forte e vivo, così profondamente diverso dal suo.
 
Era fisicamente doloroso avere quegli occhi addosso, in realtà.
 
“No.” Concluse, facendo sbuffare sonoramente il preside Figgins.
 
“Bene. Posso capire che ora siate scossi e che magari non abbiate voglia di parlare davanti a loro. Va bene. Potete andare in infermeria, mentre io mi occupo di questi tre.”
L’uomo non fece in tempo a finire la frase che Kurt si era già alzato in piedi, sperando di non tradire con le proprie smorfie il dolore che gli pulsava su buona parte del corpo, e uscì più in fretta possibile dall’ufficio del preside.
 
Non voleva parlare con Blaine.
Non poteva parlare con Blaine.
 
 
                                                                  ***
 
 
Blaine si chiuse la porta di vetro alle spalle, accennando un saluto all’uomo seduto alla scrivania. Poi si voltò, e quasi si mise a correre.
 
“Kurt! Dove stai andando? L’infermeria è dall’altra parte!” Esclamò seguendo la sagoma sottile del ragazzo lungo il corridoio.
Kurt cercò goffamente di fuggire per un altro paio di minuti, fino a quando si bloccò sul posto e si voltò di scatto verso Blaine.
“Sono in questa scuola da tre anni, so dov’è l’infermeria, ok?”
Blaine aveva Kurt di fronte. A poche spanne da lui, e una e una sola una domanda gli martellava nel cervello.
 
“Come... Come stai?”
Kurt sgranò i suoi occhioni spauriti e per un attimo, solo un attimo, Blaine avrebbe potuto giurare di leggerci qualcosa di diverso dal solito muro con il quale si schermiva dal resto del mondo.
 
Per un attimo, Blaine fu abbagliato dalla loro luce.
 
Poi Kurt abbassò lo sguardo.
“Non ti ho chiesto io di intervenire.” Mormorò, glaciale come al solito.
 
Blaine avrebbe dovuto, avrebbe voluto arrabbiarsi per un’affermazione del genere, soprattutto ora che aveva ancora le mani scosse da tremiti per il panico di poco prima.
 
Ora che – anche se Kurt non poteva saperlo – aveva sfidato i suoi stessi incubi per cercare di salvarlo.
Contro ogni logica, qualsivoglia buon senso, certo. Eppure l’aveva fatto.
 
“Lo so. Non hai risposto alla mia domanda, però.” Kurt boccheggiò, tormentandosi tra le dita l’orlo strappato della felpa.
“...Andiamo in infermeria.” Concluse il ragazzo dagli occhi chiari, senza incrociare lo sguardo di Blaine.
 
Arrivarono nella stanza in completo silenzio, e lasciarono che l’infermiera li facesse accomodare su due lettini, dietro una spessa tenda di stoffa azzurra.
 
“Aspettate qui, ok? Io intanto chiamo i vostri genitori.”
“Non c’è bisogno, sto bene.”
“Ma se sei appena stato aggred- ”
“Sto bene.” Ripeté Kurt fermamente, facendo annuire l’anziana donna con riluttanza. Li lasciò soli nella stanza con un sospiro, per poi dirigersi in segreteria.
 
 
“Lo verrà a sapere comunque. Quando espelleranno quei tre idioti tuo padre verrà convocato.” Kurt non rispose, continuando a guardare fisso nel vuoto, quasi come se tutto ciò che gli era appena accaduto non lo riguardasse.
 
Blaine sospirò.
“Questo... non è la prima volta che succede, non è vero?” Il ragazzo scosse impercettibilmente la testa, accovacciandosi un po’ più in là sul proprio lettino, quasi a volersi schermire dal suo interlocutore.
 
Di nuovo.
 
“Ma perché? E’ come dicono loro, perché sei gay?”  Chiese Blaine, rievocando quelle poche frasi che i tre sconosciuti di prima avevano sputato loro in faccia.
Si vergognò parecchio quando, nonostante tutto, si trovò a sperare che il motivo fosse proprio quello, così da avere anche solo una mezza speranza con quel ragazzo tanto strano quanto magneticamente affascinante.
 
Kurt sembrò smettere improvvisamente di respirare.
 
Alzò gli occhi di scatto e incontrò lo sguardo di Blaine, che vi lesse talmente tanto odio che il cuore gli si strinse nel petto.
 
“Ascoltami bene, Blaine. Non importa cosa abbiano detto. Io non sono... così.”
 
Certo che non era così.
Era stato un anno insieme a Brittany, eppure faceva male ugualmente.
Vide Kurt tremare, ed era fisicamente difficile non sporgersi quanto bastava per stringerlo tra le braccia, nella speranza di infondergli un po’ di quel calore umano al quale sembrava tanto estraneo.
 
Kurt ci mise qualche istante a formulare a sua volta una domanda.
“Tu... Tu sei così? Come hanno detto loro?”
 
Blaine stava per dirglielo.
 
Stava per mandare all’aria la propria copertura in quella scuola, stava per correre il rischio di ributtarsi razionalmente in quell’incubo che gli aveva reso necessario il trasferimento alla Dalton.
 
Stava per farlo, e l’avrebbe fatto se non  avesse colto tutto l’odio dello sguardo di Kurt pochi attimi prima, quando gli aveva chiesto se fosse gay.
Non aveva molte certezze in vita sua, eppure sapeva che non avrebbe retto se lui lo avesse disprezzato.
 
“No.” Rispose, senza guardarlo negli occhi.
“...Comunque non ho nessun problema con i gay.”
 
Kurt annuì lentamente.
“Mi dispiace per quello che hai visto... e sentito. Me la sarei cavato, comunque.” Fece alzandosi dal lettino e davvero: non aveva l’aria di uno che è in grado di camminare da solo.
“Aspetta, posso...” Si offrì lasciando a sua volta il proprio posto e avvicinandosi all’altro, nell’intento di dargli una mano a reggersi in piedi.
 
Kurt indietreggiò istantaneamente, fino a sfiorare la parete con le spalle.
“No, non... non voglio essere toccato.” Confessò a occhi bassi e, sorreggendosi contro il muro, raggiunse la porta a vetri dell’infermeria, con Blaine che lo fissava immobile.
“Dovresti andare a casa anche tu, come ha detto l’infermiera. Non sei nelle condizioni di tornare in classe...”
“Blaine, quello che hai fatto oggi... è stato...” Sospirò, gli occhi persi da qualche parte lontano da quella stupida stanza.
“...Tuttavia ti prego di rispettare quello che ho detto stamattina. D’ora in poi stammi lontano.”
Blaine socchiuse la bocca, il cuore ridotto in brandelli sempre più sfilacciati, eppure incapace di odiare il ragazzo pallido, terrorizzato e bellissimo che aveva di fronte.
 
“Questa è una cosa che non ti posso promettere...” Sussurrò, ma Kurt si era già chiuso la porta alle spalle.
 
 
                                                                  ***
 
 
 
Kurt non avrebbe voluto essere aiutato.
Non aveva chiesto lui che Blaine intervenisse, nel modo più assoluto.
Anzi, se avesse potuto scegliere avrebbe desiderato direttamente che quel ragazzo non si fosse mai trasferito al McKinley.
 
Non poteva comparire nella sua vita come se niente fosse, fare l’eroe della situazione per scopi non meglio identificati che davvero, Kurt non voleva sapere.
Non sapeva neanche perché gli aveva chiesto a sua volta se Seth e gli altri avevano insinuato la verità, in infermeria.
 
Blaine aveva detto di no e ovvio, no, certo.
 
Kurt avrebbe solo voluto sapere cosa voleva Blaine da lui e, magari, cosa lui stesso voleva da Blaine, dato che era la prima persona con cui scambiava due parole da un anno a quella parte.
Per quale motivo, poi? Che straccio di ragione aveva per fidarsi di lui? Nessuna, appunto, per questo non avrebbe dovuto fargli tanto male pregarlo di stargli alla larga.
 
Kurt ingoiò l’ennesimo groppo alla gola, vagamente consapevole che, prima o poi, non avrebbe più avuto la forza necessaria per tenersi tutto dentro.
 
 
                                                                 ***
 
 
“Blaine! Oh mio Dio...”
“Mamma dai... sto bene.” Cercò di tranquillizzarla Blaine, come la raggiunse all’ingresso della scuola.
“Come puoi dire di stare bene?! Il preside ha detto che hai cercato di difendere un tuo compagno di scuola da tre ragazzi che- ”
“Mamma, lo so. Ma davvero, mi hanno solo spinto, non mi sono fatto niente.” La donna annullò in un attimo la distanza che li separava, abbracciando Blaine in un modo di cui il ragazzo si rese conto di aver bisogno solo in quell’istante.
 
“Ha detto che convocheranno i loro genitori.” Sussurrò tra i riccioli del figlio, passandogli dolcemente una mano lungo la schiena.
“Mi dispiace tanto, Blaine.”
Lui annuì appena, lasciandosi cullare dalle braccia rassicuranti di sua madre, nella speranza che riuscissero a portarlo da qualche parte lontano da quella stanza, lontano da quella scuola.
 
Lontano da Kurt.
 
 
                                                                  ***
 
 
Quando lunedì tornò a scuola, Blaine non si stupì di non incrociare Kurt per i corridoi neanche una volta.
 
“Ciao nanetto impomatato! Ci sei oggi al Glee Club?” Chiese Santana che, come suo solito, era magicamente apparsa dal nulla. Il ragazzo si voltò verso di lei, stringendo mollemente il libro di spagnolo.
“Oh mio Dio! Hai un aspetto orribile! Che ti è successo?” Blaine fu scosso da un brivido come le immagini degli incubi che gli avevano tolto il sonno in quei giorni tornarono a galla.
 
“Non ho dormito bene.” Tagliò corto. Santana alzò gli occhi al cielo.
“Era una domanda retorica, ok? Non mi interessa saperlo veramente.”
“...”
“...Comunque oggi faresti bene ad esserci alle prove: non per allarmarti ma le Provinciali sono la prossima settimana, gnometto.”
 
Le Provinciali.
 
Benissimo: se n’era completamente dimenticato.
 
La ragazza fece per andarsene, per poi bloccarsi sul posto e balbettare qualche parola che, a quanto pareva, le era molto difficile pronunciare.
“Per quello che è successo sabato... Hai avuto coraggio. Per quanto ne possa avere un ragazzino alto un metro, s’intende.” Concluse velocemente.
“Beh, grazie...? Suppongo.” La ragazza si strinse nelle spalle, lasciandolo solo davanti all’aula di Spagnolo.
 
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
...Visto che per una volta ho fatto la brava persona e il capitolo è finito in modo tranquillo? Bene, non fateci l’abitudine u.u *sente da qui i sospiri rassegnati* ...eh già u.u
Che dire di questo capitolo? Beh, se non altro sappiamo qualcosa di più sul nostro misterioso Kurt, anche se alcuni suoi comportamenti sono ancora parecchio, parecchio strani :S
...Piccolo spoiler? Avremo un momento Finn/Kurt, nel prossimo capitolo ;) (come fratelli! Non pensate male :S) e altre cosucce Klainose che non svelerò u.u *troll face*
Ancora grazie mille a tutti! A lunedì con il sesto capitolo :)
BUON NATALE :D!!!
  

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Buon S. Stefano, mie care e miei cari ^_^
Avete passato un buon Natale? Io sono ancora nella mia classica fase di depressione che segue il cenone della Vigilia. Sapete com’è, ho mangiato come un maiale e cerco in tutti i modi di ignorare le occhiate di sfida che mi lancia la bilancia :S Povera me... Anyway! Parliamo un po’ di questo capitolo ;)
 
Direi che ci aspetta un importante passo avanti per quanto riguarda la Klaine e, come vi avevo anticipato, ci sarà un po’ di Furt ^_^ (davvero: ringraziate Finn, perché in questa storia farà da cupido in più occasioni XD ovviamente senza rendersene conto, ma parliamo di Finn, povero caro ù.ù)
Beh! Vedo di smetterla di parlare (perché parlo sempre a vanvera -.-“?) e passo a qualcosa di molto più importante u.u GRAZIE MILLE alle fantastiche 103 persone (voglio dire... 103, davvero?! *,*) che hanno messo la storia tra le seguite, le 22 tra le preferite e le 4 tra le ricordate (*ama tutti in silenzio*)
E un grazie particolare a BeatriceS, HopeAndHuggy, tartufo, aleka_80, Tallutina, LexyDC__, sandy_hachi, nem, Maggie_Lullaby, anastasianapp, Kappinias, SiaStew e Sirymcgregor che hanno recensito lo scorso capitolo! Grazie :D
Senza ulteriori indugi vi lascio alla lettura, e ovviamente giovedì posterò il capitolo 7 ^_^
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 




 
 


 
 
 
“Blaine, ma è vero...?”
“Com’è successo?!”
“Un momento... mi sono persa qualcosa...” Blaine strabuzzò gli occhi come, appena messo piede in sala prove, venne letteralmente assalito dai componenti delle New Directions, tutti desiderosi di sapere quanti più dettagli possibili sulla vicenda di sabato.
“Allora è vero? Sei stato tu ad aiutare mio fratello?” Chiese Finn, facendosi largo tra gli altri ragazzi accalcati intorno a Blaine.
 
“Tuo... Cosa?” Esclamò sconcertato il più basso, cercando anche solo un tratto somatico vagamente riconducibile a Kurt in quelli del quarterback.
“No, voglio dire... Siamo fratellastri. Mia madre e suo padre si sono sposati all’inizio dell’anno scorso.” Blaine annuì con aria confusa.
 
Dunque Finn, il primo ragazzo con cui aveva stretto amicizia al McKinley, era in realtà fratellastro di quella specie di visione angelica che gli aveva fatto perdere completamente il nume della ragione.
 
Oh. Buono a sapersi.
 
“Sì, io... Mi sono imbattuto per caso in Kurt e quei tre tiz- ”
Blaine si trovò costretto a interrompere il proprio discorso, come Finn rischiò di soffocarlo in un abbraccio che davvero, di certo non si aspettava da uno come lui.
“Amico, grazie...” Blaine annuì contro il petto dell’altro, e non fece in tempo ad allontanarsi che venne tempestato da un’altra sfilza di domande: Rachel, Tina, Artie, Brittany, perfino Puck vollero sapere ogni dettaglio della vicenda.
 
“Quindi... Kurt parla davvero con te?” Domandò a un tratto Rachel, gli occhi leggermente umidi.
“Io... Sì. Sì ho parlato con lui, qualche volta...” Confermò, sempre più incredulo che Kurt non parlasse davvero con nessuno, e sorpreso di aver costituito una così inaspettata eccezione.
“...Ma non credo di stargli molto simpatico.” Si affrettò a precisare, sotto gli sguardi increduli dei suoi amici, i quali stavano per aggiungere qualcosa quando finalmente Will Schuester fece il suo ingresso in aula, dando il via alle prove di quel giorno.
 
 
                                                                ***
 
 
“Mi raccomando ragazzi: vi voglio tutti carichi per le Provinciali della prossima settimana!”
Gli studenti, terminata la sfiancante sessione di prove in vista dell’imminente competizione, lasciarono la classe in gruppetti.
“...Blaine?”  Il ragazzo incontrò lo sguardo di Mercedes, realizzando solo in quel momento che lei era forse l’unica a non averlo assalito di domande, poco prima.
“Come... Come pensi che stia Kurt?” Chiese, con occhi talmente sinceri nella loro angoscia che Blaine non se la sentì davvero di mentirle.
“Non posso dirlo per certo, però... non credo che stia bene, Mercedes.” La ragazza annuì e, dalla sua espressione rassegnata, aveva tutta l’aria di aspettarsi una risposta di quel tipo.
“Senti, se davvero parla con te, per favore, potresti dirgli che ci manca? Che mi manca?”
 
Blaine avrebbe voluto dire la verità.
 
Le avrebbe dovuto confessare che, a dire il vero, Kurt lo aveva espressamente pregato di stargli alla larga. Non voleva essere avvicinato e davvero, lui non aveva idea di come riuscire a recapitare quel messaggio, nonostante tutte le sue buone intenzioni.
 
Poi incontrò lo sguardo triste di Mercedes, quel tipo di occhi che conosceva troppo bene per rimanerne insensibile.
 
“Glielo dirò.”
 
 
                                                                 ***
 
 
“Mamma, Burt! Sono a casa!”
Urlò Finn dall’entrata, abbastanza forte da far sobbalzare Kurt, sdraiato sul divano del soggiorno.
Sentì il fratellastro chiamare un altro po’, dall’ingresso alla cucina fino ad arrivare a sua volta in salotto.
Come il giovane Hudson raggiunse la stanza fu piuttosto sorpreso di trovarvi Kurt, che di solito rimaneva sempre chiuso in camera sua o andava fuori chissà dove, unendosi al resto della famiglia solo a pranzo e  a cena.
 
“Uh. Ciao Kurt, hai visto mia mamma?” Il ragazzo aprì svogliatamente un occhio, incontrando lo sguardo proverbialmente ebete del quarterback.
“Carole non è ancora rientrata, ma ha lasciato qualcosa in frigo da ieri se vuoi scaldartelo.”
“Tu hai già mangiato?” Kurt si strinse nelle spalle, facendo sospirare abbondantemente l’altro.
“Kurt... sabato non hai toccato cibo, ieri non hai cenato e oggi non pranzi? Stai cercando di morire di fame, per caso?”
Il più basso alzò gli occhi al cielo, stiracchiandosi sul divano.
“E poi, si può sapere quando sei tornato? Stamattina sei uscito prima di me, eppure a scuola non c’eri!”
“Se tu non mi incroci per i corridoi, non significa che io non ci sia, Finn.”
 
Kurt ignorò l’ennesimo sospiro rassegnato del fratellastro.
 
Non era colpa sua se dopo gli eventi di sabato non avesse più avuto così tanta voglia di mangiare, e magari nemmeno di tornare a scuola.
 
Magari per non imbattersi in Blaine. Forse.
 
Tuttavia, l’espressione scioccata che Finn assunse pochi istanti dopo non poteva essere dovuta alla storia del cibo o della scuola.
Seguì lo sguardo allucinato del fratellastro, che scoprì essersi posato sulla sottile striscia di pelle all’altezza dell’ombelico che, stiracchiandosi, aveva lasciato scoperta.
“Oh mio Dio, Kurt...”
Il più piccolo si abbassò la felpa con uno strattone, coprendo le piccole macchie viola che gli marcavano la pelle lattea.
 
“Cosa credevi che fosse successo sabato, mh? Non so, che avessimo giocato a morra cinese, forse?!” Sbraitò sulla difensiva, alzandosi a fatica dal divano.
Finn si accigliò.
“Quei tizi sono stati sospesi, Kurt. Stamattina tuo padre è stato convocato a scuola per questo... e tu avresti dovuto parlarne prima.”
“E con chi esattamente avrei dovuto parlarne, Finn?!”
“Non so, magari con quegli amici che snobbi da un anno intero? Hai presente?” Gridò in risposta il ragazzo, gesticolando a vuoto.
Kurt abbassò gli occhi sul tavolino, impedendosi categoricamente di scoppiare a piangere.
 
Rimasero così per un po’, immobili uno di fronte all’altro.
 
“Senti, Kurt... Io non so perché non vuoi più avere a che fare con noi, ok? Però se parli con il ragazzo nuovo, non vedo perch- ” Gli occhi di Kurt saettarono verso Finn.
“Blaine? Cosa diavolo c’entra Blaine?!” Finn socchiuse la bocca, sorpreso.
“Io... Io credevo che con lui parlassi, ha detto così...”
“Blaine non sa niente, Finn, niente di niente e... oh! E’ stato lui a dirti di farmi questo discorsetto? In questo modo crede che mi metterò a... che so, confidarmi con lui, non è vero?”
“Cos... no! Neanche sapeva che siamo fratellastri fino a quando non gliel’ho detto io, oggi al Glee Club.”
 
La sicurezza di Kurt si spense in un moto di delusione.
In fondo ci aveva sperato che Blaine avesse messo in piedi un sotterfugio del genere, al fine di avvicinarsi a lui per scopi non meglio identificati.
 
Almeno così avrebbe finalmente avuto per le mani una ragione concreta per tenerselo lontano.
 
“Se non vuoi parlare con nessuno di quello che ti sta succedendo, qualunque cosa diavolo sia, e invece con Blaine le cose miracolosamente vanno meglio, allora parla con lui! È esattamente il tipo di persona di cui ci si può fidare.”
 
Quelle parole si rivelarono per Kurt molto più dolorose dei segni viola sulla sua pelle.
 
 
                                                                  ***
 
 
Blaine non vide Kurt per una settimana intera.
 
Ogni giorno si esercitava al Glee per il suo duetto con Mercedes, ogni giorno passava tutti i cambi d’ora con la schiena appoggiata all’armadietto, nell’attesa perenne di qualcuno che l’aveva pregato di non rivolgergli più la parola.
Ogni giorno Mercedes chiedeva notizie di Kurt, e ogni giorno faceva più male non averne, quasi tanto quanto, ogni notte, faceva male sognarlo.
 
Il lunedì dopo mentre, dopo la fine delle lezioni, dava un’ultima occhiata in bacheca alla scaletta per le Provinciali di giovedì, di tutto si sarebbe aspettato tranne sentire la sua voce.
“...Blaine?” Il ragazzo sobbalzò, e per poco non lasciò cadere gli spartiti che aveva in mano.
Si voltò, e lui era lì, bellissimo anche infilato in quella che non sembrava altro che una tuta vecchiotta e slargata.
“Kurt. Ciao!”
 
Blaine lasciò che in proprio sguardo indugiasse un istante in quegli occhi incredibili: verdi, grigi e azzurri contemporaneamente, talmente distanti da far male.
 
Sì, era decisamente stupido avere il cuore a mille solo perché lui era lì, eppure Blaine non riuscì a biasimarsi per non voler far altro che stringerlo, così forte da rimettere insieme tutti i frammenti in cui era scheggiato.
 
“Senti... Lo so che avevi detto di starti lontano e tutto il resto, ma Mercedes vorrebbe farti sapere che le manchi. Che manchi a tutti i ragazzi del Glee.”
Kurt si irrigidì visibilmente, e sembrò chiudersi in se stesso ancora un briciolo di più, per quanto fosse possibile.
 
Blaine avrebbe giurato che ora era il momento in cui lui girava i tacchi e spariva oltre la fila di armadietti, ma – incredibilmente – non lo fece.
 
“...Quando ti ho detto di starmi lontano, io... Volevo solo dire che non dev’essere così per forza.”
Blaine spalancò gli occhi, e avrebbe fatto un salto mortale se solo non fosse sembrato tanto patetico.
“Non... Non per forza...?” Kurt scosse la testa.
“No, infatti. Però, per favore, smettila di parlare di me con le New Directions...”
Il moro arrossì fino alla punta delle orecchie.
Benissimo: Kurt doveva essere definitivamente convinto che fosse un maniaco, o qualcosa del genere.
“C...Come sai...?”
“Finn è mio fratello.” Tagliò corto il ragazzo.
“Quindi per favore, non dire niente a loro e a nessun altro. Ok?”
 
Blaine non sapeva il motivo per cui Kurt gli stesse chiedendo una cosa del genere.
Non sapeva nemmeno perché quel ragazzo innaturalmente meraviglioso non parlasse mai con nessuno e, senza preavviso, avesse a un tratto deciso di farlo con lui.
Non sapeva cosa gli fosse successo di tanto grave da spezzarlo fino a quel punto, da renderlo così incredibilmente distaccato e insensibile al resto del mondo.
Non sapeva nemmeno se mai sarebbe stato in grado – in qualche modo – di guarire quegli occhi che per troppo tempo erano rimasti scheggiati come pezzi di vetro.
 
Blaine non sapeva niente di tutto questo, eppure una cosa la sapeva per certo: quando il suo sguardo si posavano su Kurt, il suo cuore iniziava a battere più veloce.
 
Non è così che funziona, di solito? Quando una persona ci piace, non siamo irrazionalmente disposti a fare qualsiasi cosa pur di vederla felice, anche se non potremo mai averla?
 
Blaine si diede esattamente questa spiegazione, pur consapevole di quanto fosse irrazionale e forse anche stupida.
 
Ma si trattava di Kurt, ed era sufficiente.
 
“Sì. Non... Non dirò più niente a nessuno, se è questo che vuoi.” Kurt annuì appena, abbozzando un timido sorriso.
 
In quel momento Blaine avrebbe solo voluto avere tra le mani una macchina fotografica e immortalare quelle labbra rosee piegate all’insù.
Luiera talmente bello da far male.
 
“Stai andando a casa?” Blaine si risvegliò bruscamente dal suo stato di semiadorazione.
“Eh? Io... Sì.”
“Ti andrebbe di fare la strada insieme?”
 
Blaine si ricordò vagamente della propria auto parcheggiata davanti alla scuola, e di come ci avrebbe messo secoli a tornare a Westerville se avesse acconsentito ad accompagnare a casa Kurt.
Certo, poteva offrirsi di portarlo in macchina, ma probabilmente lui l’avrebbe preso per maniaco ancor più di quanto già non facesse.
 
“Certo!”
 
 
                                                                 ***
 
 
Kurt parlò tutto il tempo, e Blaine scoprì che avrebbe passato ore ad ascoltare la sua voce.
 
Disse qualcosa sui programmi televisivi, sui professori di scuola, sulla musica e qualunque altra cosa che non si rivelasse minimamente personale, nel suo solito atto di innalzare una barriera tra sé e il resto del mondo.
 
Blaine rispose a ogni sua domanda, facendo di tutto per non perdersi troppo in quella voce angelica e in quei lineamenti delicati, così meravigliosamente distesi quando sorrideva.
 
Raggiunsero casa di Kurt troppo presto. Decisamente, troppo presto.
 
Blaine sorrise, completamente assorto da quel viso bellissimo che aveva davanti.
“Cosa c’è?” Chiese il ragazzo dagli occhi chiari, con un tono stranamente rilassato.
 
Fondamentalmente, c’era che era totalmente e completamente preso da quel giovane, che come se non bastasse aveva anche iniziato ad essere gentile con lui, non facendo che aggravare la sua improbabile cotta nei suoi confronti.
 
Peccato che Kurt non fosse gay, e lui gli avesse detto a sua volta di non esserlo.
 
“Niente. E’ solo... Tu sei...” Cominciò, inciampando nelle sue stesse parole.
 
Kurt tutto a un tratto ridivenne dannatamente serio, gli occhi sgranati e la bocca serrata. Il buonumore di pochi istanti prima completamente cancellato.
 
“Blaine, tornerò a chiedertelo, e questa volta pretendo una risposta.” Kurt prese un profondo respiro, divenendo se possibile ancora più pallido.
Cosa vuoi da me, Blaine?”
 
Il moro spalancò gli occhi, frugando affannosamente nel proprio cervello alla ricerca di una risposta  da dargli che non comprendesse l’ammettere i suoi stupidi sentimenti.
 
Kurt, più i secondi passavano, più si faceva sconvolto.
 
“Rispondi.” Biascicò, e sembrava quasi che tremasse.
“Kurt, io... io voglio solo esserti amico, davvero!” Provò Blaine, ed era una verità molto parziale, ma pur sempre una verità.
 
Fu allora che gli occhi di Kurt tornarono a illuminarsi di quella scintilla indagatrice, posandosi su quelli dell’altro e saccheggiandoli con una facilità disarmante di ogni cosa detta e non detta.
 
Blaine, per l’ennesima volta, si sentì completamente nudo e prosciugato dall’intensità di quello sguardo, ma con una forza che non sapeva di possedere riuscì a sostenerlo.
 
“Ok.” Sussurrò Kurt dopo un po’ abbassando gli occhi, e a Blaine non era mai sembrato più scosso di così, nemmeno dopo ciò che era successo sabato.
“Ok...?” Il ragazzo annuì velocemente, incrociando le braccia sul petto talmente strette che sembrava intenzionato a sfondarsi il torace.
 
Spezzava il cuore vederlo così.
Blaine avrebbe dato qualunque cosa per poterlo abbracciare.
 
“Ci vediamo domani a scuola.” Mormorò con voce ancora più piatta e distaccata del solito, prima di voltarsi e raggiungere la porta di casa in alcune veloci falcate, evitando accuratamente di incontrare di nuovo gli occhi di Blaine.
 
 
                                                                  ***
 
 
Aveva ceduto.
 
Volente o nolente, le parole di Finn non avevano potuto fare a meno di insinuarsi prepotentemente nella sua mente.
 
Blaine è esattamente il tipo di persona di cui ci si può fidare.” Aveva detto, dunque magari non era solo una sua impressione che gli occhi di quel ragazzo trasudassero sincerità ad ogni battito di ciglia.
 
Magari, non si sarebbe rivelato tanto sbagliato dargli una possibilità.
 
E Kurt ci provò, ci provò davvero a negare a se stesso che era dal primo giorno di scuola che rincorreva una scusa qualsiasi per dare quella dannata possibilità a Blaine, per trovare un pretesto abbastanza valido da lasciare crollare qualche mattone di quello spesso muro che aveva innalzato tra sé e il resto del mondo.
 
Un muro che davvero, iniziava a gravargli troppo sulle spalle per riuscire a sopportarne il peso.
 
Un anno di silenzio, un anno di bugie, di segreti nascosti da una fosca patina di vergogna, e a volte era tutto talmente troppo che perfino respirare diventava spaventosamente faticoso.
 
Aveva giurato, aveva ripromesso orgogliosamente a se stesso che ce l’avrebbe fatta benissimo senza bisogno di nessuno, e ci stava anche riuscendo prima che arrivasse Blaine.
 
Blaine, che non lo conosceva, e si era dimostrato tanto gentile con lui.
Blaine con quegli occhi allegri e sorridenti, così luminosi da riuscire ad offuscare le sue paure, nell’attimo in cui vi si lasciava naufragare.
 
Blaine che, nonostante il pericolo, non aveva esitato un solo istante a correre in suo aiuto, quel giorno nel bagno dei ragazzi.
 
Non era stato facile, tuttavia dopo una lunga settimana di silenzio Kurt aveva finito per decidere che, se fosse stato costantemente vigile e non avesse posto chissà che speranze e fiducia in lui, avrebbe potuto lasciare che Blaine entrasse nella sua vita, proprio come lui cercava piuttosto insistentemente di fare dal primo giorno di scuola.
 
L’aveva rintracciato, lui l’aveva accompagnato a casa e Kurt non aveva potuto fare a meno di sentirsi sollevato di parlare finalmente con qualcuno. Di niente in particolare, solo... parlare. Non era abituato a farlo senza dover misurare attentamente ogni parola, senza paura delle conseguenze.
 
Era rilassato, aveva allentato le misure di sicurezza, poi aveva visto lo sguardo di Blaine.
 
Aveva visto il modo in cui lo guardava, quasi sembrasse imbambolato nel farlo.
 
E’ solo... Tu sei...” E Kurt non ci aveva più visto. Qualunque cosa, ma non avrebbe permesso a Blaine di finire quella frase.
 
Così gli aveva chiesto chiaro e tondo cosa diavolo volesse da lui, perché in fin dei conti non aveva mai risposto a quella domanda, e chi era lui per giudicare se quella fosse una persona affidabile o meno?
 
Blaine aveva balbettato, aveva esitato, e infine aveva giurato di volergli solo essere amico, nulla di più.
 
Kurt aveva indagato qualche istante i suoi occhi, e non era riuscito a capire se Blaine mentisse o meno. Non ci era riuscito, e questo l’aveva spaventato più di quanto riuscisse ad ammettere a se stesso.
 
Tornò in casa praticamente di corsa, senza neanche salutarlo, il corpo scosso da tremiti di puro panico.
 
Kurt scostò la tenda del salotto quanto bastava per vedere Blaine allontanarsi lentamente lungo il marciapiede, e si maledisse per la fitta al petto che avvertì.
 
Perché quando Blaine l’aveva guardato dritto negli occhi, in un attimo era riuscito a buttar giù ciò che lui con tanta fatica aveva costruito in un lungo anno, in una vita intera.
 
Perché Blaine aveva la facoltà di guardare oltre quel muro, ed era capace di abbatterlo con una facilità disarmante.
 
E questo, più di tutto, spaventava Kurt a morte.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Eccoci qua ^_^
...Cosa avevo detto io? Bisogna ringraziare Finn u.u Senza la sua piccola perla di saggezza Kurt sarebbe ancora lontano anni luce da Blaine D:
In ogni caso, il prossimo capitolo sarà quello delle Provinciali, e per la cronaca è oscenamente lungo -.-“
Beh! Complimenti a chiunque sia arrivato vivo fin qui, e a giovedì con il seguito :)

  

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Buon giovedì a tutti :D
Come anticipato la volta scorsa questo è il capitolo delle Provinciali ;)

Allora, prima di tutto ci tengo a precisare che l’ho scritto prima che uscisse l’episodio di Glee in merito, e addirittura prima di tutta la trafila con le Truble Tones (che poi davvero, a cosa diavolo è servita quella cavolata -.-“?) Quindi qui ci sono solo le New Directions, comprese di Mercedes, Santana e Brittany u.u (Sugar  non l’ho messa, per il semplice fatto che è inutile e mi sembra anche un po’ pazzoide :S Però non è escluso che più avanti faccia comparire Rory, per il semplice fatto che lo adoro *v*)

Bene XD Fatta questa doverosa precisazione ci tengo a ringraziare con tutto il cuore le fantastiche 19 persone che hanno recensito lo scorso capitolo ç___ç Quindi, grazie grazie e grazie a violanassi, HopeAndHuggy, Safelia22, Alessandranna, saechan, aleka_80, BeatriceS, Maggie_Lullaby, sakuraelisa, LaylaColfer, Tallutina, LexyDC__, nem, Sirymcgregor, tartufo, JulesCullenMeyer, ColferAddict, sandy_hachi e GinnyIris93 *manda baci*
Inoltre ci tenevo a ringraziare tantissimo le 26 persone che hanno messo questa FF tra le preferite, le 109 che l’hanno messa tra le seguite e le 5 tre le ricordate T___T  Grazie a tutti, davvero, non mi stancherò mai di dirlo :’)
Senza ulteriore indugio vi lascio a questo lungo capitolo, dopo questa lunga introduzione... Sono senza speranza -.-“
 
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 


 
 
 
Giovedì mattina, Blaine era completamente in preda al panico.
 
Certo, si era esercitato e anche tanto per le Provinciali, lui e Mercedes si erano praticamente ammazzati di prove, ma ciò non toglieva che fosse completamente e totalmente terrorizzato.
 
“Paura, gnometto? Lo sai che se sbagli qualcosa la Berry ti strapperà uno ad uno quei bei ricciolini impomatati che ti ritrovi, vero?”
Blaine deglutì rumorosamente.
“...Grazie, Santana. Avevo proprio bisogno di un incoraggiamento...”  Brittany affiancò in quel momento l’amica, che stava alzando svogliatamente gli occhi al cielo.
“Che succede, San?”
“Oh, niente di che. Il nanetto se la sta solo facendo sotto.” La bionda annuì saggiamente.
“Se non vinciamo, è colpa di Blaine che non ha voluto Lord Tubbinghton in squadra.” Il ragazzo si passò con rassegnazione una mano sulla faccia.
“Vado a lezione, ragazze.” Sospirò issandosi meglio la cartelletta sulla spalla, vagamente scocciato all’idea della noiosissima ora di Letteratura Inglese che lo aspettava: alla Dalton erano decisamente più avanti col programma.
 
Si stava trascinando svogliatamente verso la propria classe quando – era abbastanza allenato in questo – riuscì a scorgere distintamente Kurt che si incamminava nella direzione opposta.
 
Blaine non poté impedire a se stesso di voltarsi e seguire con sguardo sognate quel ragazzo bellissimo, inchiodandosi per altro in mezzo al corridoio affollato e beccandosi di conseguenza una serie non irrilevante di insulti.
 
“Ti vuoi levare?!” Prima che potesse razionalmente rendersene conto, Blaine era già stato scaraventato contro il primo armadietto disponibile, con un fracasso infernale.
 
Ok.
Mai piùintralciare il percorso dei giocatori di hockey.
 
Fatto questo appunto mentale e spalancati di colpo gli occhi per riprendersi, Blaine fece in tempo a scorgere Kurt sparire nell’aula di Francese.
 
Si liscò la camicia con sguardo altamente ebete, per poi procedere in direzione opposta a quella della sua classe.
 
Che male poteva fare, in fondo, cimentarsi in una lingua nuova?
 
 
                                                                  ***
 
 
Per Kurt quello non era un giorno particolare.
 
Doveva limitarsi a seguire le lezioni, continuare ad indossare una delle sue inguardabili felpe slargate e tornarsene a casa.
 
Le cose si erano fatte più tranquille da quando Seth e gli altri erano stati sospesi.
Un mese, per l’esattezza, e la certezza di dover recuperare le lezioni perse nei corsi estivi.
 
Kurt sapeva fin troppo bene cosa lo avrebbe aspettato una volta che i ragazzi sarebbero tornati a scuola, ma si era risolto di non pensarci e di godersi quel
tanto agognato momento di tregua.
 
Si accomodò svogliatamente al suo solito posto: nella parte più remota della classe di Francese, dove era sicuro che nessuno gli si sarebbe seduto accanto.
 
Estrasse con calma libri e quaderno, mentre tutti gli studenti prendevano posto tranquillamente, ormai abituati ai ritardi cronici del professor Cooper.
 
Proprio quando si stava armando del proprio blocco degli appunti, lo sguardo di Kurt cadde inesorabilmente sul ragazzo che aveva appena fatto il suo ingresso in classe.
 
Pantaloni arrotolati fin sopra le caviglie, scarpe rigorosamente senza calzini, capelli scuri impomatati da una cosa come due quintali di gel e... oh, immancabile. Quello sguardo da cucciolo spaurito mentre scrutava intono a sé, ispezionando con ogni angolo della classe.
 
Blaine.
 
Già, semplicemente Blaine, quel ragazzo tremendamente sconsiderato e, Kurt doveva ammetterlo, anche coraggioso – non tutti avrebbero rischiato di essere presi a pugni per difendere uno sconosciuto – che da qualche giorno era entrato a far parte della sua quotidianità.
 
Non era stato facile in effetti, non dopo quel lunedì mattina, quando era rimasto talmente spiazzato dall’effetto che Blaine aveva su di lui da spaventarsene a sua volta.
 
Tuttavia era stato costretto a riconoscere di non essere davvero più in grado di cavarsela esclusivamente da solo e, se avesse prestato la dovuta attenzione, instaurare un’amicizia con quel ragazzo che sembrava morire dalla voglia di parlare con lui non avrebbe rappresentato altro che un fattore positivo per entrambi.
 
D’altro canto, tutto ciò che doveva fare era evitare di toccare un qualsivoglia tasto personale durante le loro conversazioni e non fissarlo troppo a lungo negli occhi, in quel modo che finiva sempre per farlo sentire completamente svuotato.
 
Era un compromesso: si era concesso di far entrare Blaine nella sua vita, ma a patto che questa partecipazione non fosse altro che apparenza.
 
Kurt aveva deciso che sarebbe andata esattamente così, avrebbe portato avanti quell’amicizia distaccata, quel piccolo sprazzo di evasione dall’inferno in cui viveva.
 
Eppure a volte era difficile evitare il suo sguardo.
 
A volte era difficile sopportare quel familiare senso di calore allo stomaco che in vita sua aveva avvertito solo un’altra volta.
 
Quel calore che un tempo l’aveva infiammato piacevolmente, mentre ora bruciava solo di dolore.
 
 
“Ragazzi! Silenzio!” Sbottò il professore – straordinariamente in ritardo solo di pochi minuti – prima di raggiungere la cattedra.
Tutti gli studenti si affrettarono ad occupare i propri posti e Blaine, data un’ultima disperata occhiata in giro, riuscì finalmente ad avvistare Kurt in fondo all’aula.
 
Il moro gli lanciò uno di quei suoi tipici sorrisi altamente contagiosi e disarmanti. Di quel genere che faceva sentire Kurt esattamente come non voleva e non poteva sentirsi.
 
Blaine trotterellò fino al posto accanto al suo, e il ragazzo dagli occhi chiari era talmente assorto dal contemplarlo che si dimenticò completamente di avvisare l’altro di un particolare piuttosto rilevante.
“Ciao Kur- WAAAA!!!”
“Blaine! La sedia...” il ragazzo finì a gambe all’aria sul pavimento.
“...traballa.” Kurt si sforzò di trattenere una risatina come Blaine arrossì fino alla punta delle orecchie, cercando goffamente di risollevarsi.
“Che succede là dietro?”
“Io... Ehm... Sono caduto.” Cooper alzò gli occhi al cielo tra le risate generali, completamente ignaro del fatto che quello steso sul pavimento non fosse uno dei suoi studenti.
 
L’uomo riprese subito il proprio discorso, e pian piano tutti i ragazzi si voltarono nuovamente verso la cattedra.
 
“Stai bene?” Bisbigliò Kurt.
“Sarei stato meglio se mi avessi avvertito che la sedia traballava prima che io mi ci sedessi sopra!” Borbottò sedendosi – stavolta con molta più cautela – su quella cosa pericolante.
“Scusa.” Blaine si strinse nelle spalle, ripristinando a poco a poco il più collaudato dei suoi sorrisi.
“Da quando in qua frequenti Francese?”
“Da oggi, presumo.”  Spiegò il moro con espressione concentrata.
“Comunque, sono qua per chiederti una cosa. Sei libero stasera?”
 
Kurt boccheggiò un attimo, lo stomaco improvvisamente tanto stretto da far male.
 
“Allora ti passo a prendere stasera, ok?”
 
Il doloroso eco di quelle parole iniziò a rimbombargli in testa, talmente forte da offuscare ogni suo pensiero.
L’unica cosa che sapeva, era che la risposta non poteva essere la stessa dell’ultima volta.
 
 
“No.” Rispose seccamente, lo sguardo piantato sul banco, spostandosi impercettibilmente un pelo più lontano da Blaine.
 
Kurt, dalla sua posizione, non poteva vedere lo sguardo triste dell’altro.
 
“Oh. Ok... Comunque erano solo le Provinciali. Stasera io e gli altri ragazzi del Glee abbiamo la gara, volevo solo sapere se ti andava di venirci a vedere. Ma se hai altri impegni non importa.” Aggiunse il ragazzo, e Kurt sentì un moto di rabbia verso se stesso, perché non era colpa di Blaine, non lo era mai stata, e stava incassando ingiustamente tutti i fantasmi del suo passato.
 
Tuttavia, chi era lui per dire che quello seduto accanto a lui fosse il bravo ragazzo che sembrava? Chi era, per dire di essere al sicuro?
 
“...Scusa Blaine, è che stasera proprio non posso.” Sussurrò, incrociando timidamente lo sguardo dell’altro.
Il ragazzo sorrise appena, e Kurt avrebbe solo voluto che fosse un po’ più rude, che si arrabbiasse e lo insultasse quando gli rispondeva male o lo trattava in un modo che non meritava.
 
Sarebbe stato talmente più facile stargli lontano.
 
Invece sorrideva, in quel modo così luminoso che rendeva tutto il resto assurdamente insignificante.
 
“Non importa, era solo un’idea. Comunque qui c’è l’indirizzo se per caso ti liberi prima.” Spiegò, porgendo a Kurt il programma della serata.
Lui annuì, infilando il foglietto in mezzo al quaderno.
“Grazie.” Blaine gli sorrise dolcemente, e Kurt maledisse di nuovo quel calore allo stomaco, ormai pericolosamente onnipresente quando quello sguardo luminoso si posava su di lui.
 
 
                                                                  ***
 
 
“Ragazzi...”  Mercedes alzò gli occhi al cielo all’ennesimo tentativo di Santana di avventarsi su Rachel.
“Ragazzi...!” Nella colluttazione, Artie rischiò seriamente di essere travolto con tutta la carrozzina.
“RAGAZZI!!” Tuonò alla fine Will Schuester, sperando ardentemente che qualcuno gli prestasse finalmente un briciolo di attenzione.
 
“Stiamo solamente decidendo in che ordine cantare i nostri pezzi di stasera, questo non vuol dire che- ”
“Io e Finn abbiamo concesso il nostro duetto a Blaine e Mercedes! Come minimo la canzone dove io ho più strofe si fa per prima!” Sbottò Rachel alzandosi di scatto dal proprio posto. Santana aprì le braccia con rassegnazione.
“Visto? Mi chiedo perché vi ostiniate a impedirmi di eliminarla!” Finn annuì saggiamente.
“Me lo chiedo anch’io...”
“...FINN!!”
“Eh?! Cosa? ”
“Hai appena suggerito a Santana di farmi fuori!”
“Chi, io?! Ma dai amore, avrai capito male...”
 
“Sono ancora in tempo ad annullare la nostra iscrizione alle Provinciali di stasera!”
 
L’aula cadde in un irreale silenzio, e Blaine si congratulò mentalmente con Will Schuester per aver interrotto quel pollaio.
“...Bene. Dato che a quanto pare non siete in grado di arrivare ad un accordo pacifico procederemo per estrazione.”  Fece con aria rassegnata, mentre scarabocchiava qualcosa su tre foglietti di carta, per poi piegarli e mischiarli sul pianoforte.
 
Pescò il primo bigliettino sotto gli occhi ansiosi delle New Directions, e quelli terrorizzati di Blaine.
“...Welcome To My Life.” Non fece in tempo a pronunciare la prima sillaba che Rachel stava già saltellando.
“Visto?! Visto che il karma fa sempre il suo corso??” Brittany trattenne fisicamente Santana per le spalle, mentre Finn si limitava a rivolgere un sorriso ebete alla propria fidanzata.
“Ok, ed ora la seconda esibizione... So What” Blaine ingoiò a vuoto, gli occhi sbarrati e le mani pericolosamente tremanti.
 
“Per esclusione il numero di chiusura sarà Happy Ending... Ricordate di presentarvi mezz’ora prima stasera per provare i costumi.” Concluse, sciogliendo l’ultima riunione del Glee prima delle Provinciali.
 
I ragazzi iniziarono a uscire in piccoli gruppi, chiacchierando eccitati sulla performance che gli attendeva.
 
 
“...Blaine? Stai bene?” Il ragazzo sussultò, accorgendosi in quell’esatto istante che la sala prove era ormai quasi del tutto deserta.
“Blaine...?”
“No.” Finn alzò un sopracciglio.
“...No?”
No che non sto bene! Oh mio Dio... Non solo dovrò cantare un duetto alle Provinciali, ma come se non bastasse quello mio e di Mercedes sarà anche il numero di chiusura!! No. È escluso Finn, non posso farlo, non pos- ”
 
“Blaine! Calmati.” Lo interruppe il quarterback strattonandolo per le spalle con un tantino di forza in più del necessario.
“Non impazzire, ok? Ci servi sano di mente stasera!” Blaine iniziò a piagnucolare frasi prive di senso, sempre più disperato.
“Canti con Mercedes, Blaine. Mercedes! Una delle nostre colonne portanti da sempre! Andrà bene, fidati!” Il moro fece alcuni profondi respiri, tormentandosi nervosamente le mani.
 
“...E’ solo che non voglio combinare un casino.” Finn sorrise, raccattando gli ultimi spartiti sulla sua sedia. Era poco ma sicuro: non avrebbe mai dovuto rassicurare Rachel su una cosa del genere.
“Non succederà. Ok? Ora vado a casa a riposarmi un po’ per stasera, faresti bene a fare lo stesso.”
 
Blaine abbozzò un sorriso tirato.
Avrebbe dovuto stare tranquillo e fare esattamente ciò che avevano provato, ciò che aveva fatto per anni con i Warblers.
 
Temeva solo che non avrebbe saputo respirare nel modo giusto, che sarebbe rimasto senz’aria.
 
E, per qualche strana ragione, sapeva che solo se Kurt avesse deciso di accompagnarlo, solo in quel caso sarebbe riuscito ad intonare le parole.
 
 
                                                                  ***
 
 
Finn arrivò a casa piuttosto stanco, e decisamente elettrizzato per le Provinciali di quella sera: Rachel gli aveva mandato una cosa come settanta messaggi, dove gli ricordava il giusto riscaldamento vocale da eseguire nel pomeriggio.
 
Uno degli sms diceva espressamente di non ingozzarsi come un bufalo, ma Finn, bellamente ignaro del significato del verbo ingozzarsi, si strinse nelle spalle e trotterellò verso la cucina.
 
Il giovane Hudson si diresse automaticamente al frigo, e per poco non fece cadere il grosso vassoio di gelato che aveva in mano quando si rese conto di non essere solo nella stanza.
 
Kurt aveva seguito perplesso tutte le mosse del fratellastro, inzuppando svogliatamente un biscotto nel latte.
 
“Mangi qualcosa, Finn? Strano.” Commentò senza incrociare il suo sguardo sorpreso. Finn non era più abituato a parlare con Kurt – da più di un anno ormai comunicavano solo per stretta necessità – e ora di punto in bianco gli capitava sempre più spesso di incontrarlo in giro per casa.
 
Non poteva che essere una cosa positiva, in ogni caso, e con tutta probabilità era merito di Blaine, anche se non parlava più di Kurt da parecchio tempo.
 
“Devo fare il pieno di energie! Stasera ci sono le Provinciali...” Kurt annuì, portandosi il biscotto alla bocca.
“Sì, lo so.”
“...Lo sai?”  Kurt sentì le guance scaldarsi appena e no, davvero, non c’era motivo di reagire in quel modo.
“Sì, insomma... Nella bacheca degli annunci è appeso il programma.” Disse con ovvietà, ricordando di quando aveva chiesto a Blaine di smettere di parlare di lui con le New Directions.
Ecco, appunto.
Perché mai avrebbe dovuto tradirsi da solo?
 
“Oh.” Fece il ragazzo più alto, sedendosi al bancone con davanti nient’altro se non una vaschetta strabordante di gelato e un cucchiaio da cucina.
“...Hai davvero intenzione di mangiare quella roba a badilate?” Finn si strinse nelle spalle, affondando il cucchiaio nel gusto al cioccolato.
“Te l’ho detto, cerco solo di mantenermi in forze per stasera.”
“Nervoso?” Il quarterback spinse di nuovo la sua arma impropria nella vaschetta.
“Non particolarmente. Beh, non io almeno! Avresti dovuto vedere Blaine...” A Kurt bastò sentire quel nome per rischiare di strozzarsi con il latte.
 
“Blaine? Perché?” Chiese, ostentando tutta l’indifferenza possibile.
“Deve cantare un duetto con Mercedes. Sai, il numero di chiusura. Sta dando di matto.”
 
Kurt sapeva che se ne sarebbe pentito.
 
Sapeva che non era la cosa giusta da fare, né per se stesso né per Blaine.
Sapeva che non doveva, che così facendo avrebbe finito per ricascarci, per correre il rischio di rivivere l’incubo che l’anno precedente l’aveva segnato, sconvolgendogli la vita.
 
Kurt era consapevole di tutto questo, e anche dell’odio verso la sua stessa calma, serenità e fiducia quando si parlava di Blaine.
 
Ma – si ripeté mentalmente – era ancora in pieno possesso delle sue facoltà, era ancora in tempo, qualora avesse voluto fare marcia indietro e scappare.
 
 
“...Finn?” Il ragazzo riemerse dalla vaschetta semivuota.
“Sì?” Kurt fece un profondo respiro, pregando un ultimo istante di avere la forza di fermarsi, di non spingersi fin dove stava andando a parare, di non esporsi.
Non di nuovo.
 
“Potresti darmi il numero di Blaine?”
 
 
                                                                 ***
 
 
Gli Anderson avevano accompagnato Blaine all’auditorium dove si sarebbe tenuta la gara.
Avevano salutato loro figlio, l’avevano abbracciato e avevano promesso che lo sarebbero venuti a prendere dopo la competizione, perché purtroppo non potevano restare.
 
Tanto meglio: si sarebbero persi Blaine che balbettava qualche parola sul palco per poi correre nei camerini a vomitare.
 
In ogni caso era arrivato mezz’ora prima per la prova costumi, e non aveva fatto in tempo ad indossare il suo che aveva iniziato a sudare in un modo inconcepibile, e cominciava davvero a sentirsi male.
 
Rachel continuava a spronare chiunque – anche i tecnici del suono – a riscaldarsi la voce, Finn tentava con poco successo di entrare nel proprio smoking, Puck assumeva pose assurde davanti allo specchio, Brittany e Santana erano sparite chissà dove, Mike e Tina provavano la coreografia e gli altri avevano accompagnato Schuester ad informarsi circa l’rodine di esibizione dei tre Glee Club in gara.
 
“Siamo gli ultimi, ragazzi.” Annunciò Quinn qualche minuto più tardi, e Blaine iniziava davvero a temere che nemmeno il suo fedelissimo gel potesse reggere a tutto quel sudore.
 
Gli altoparlanti annunciarono il primo Glee Club, e nel bel mezzo dell’esibizione il cellulare di Blaine squillò, da qualche parte tra i cuscini del divanetto assegnato ai partecipanti.
 
“Pronto?”
“Blaine! Tesoro, stai bene?!” Il moro alzò gli occhi al cielo.
“Sì, mamma... Però davvero, non telefonare più, tra poco tocca a noi...”
“Ma avevi detto di non sentirti bene!”
“Questo perché sono nervoso... Ti chiamo appena finiamo, ok?”
 
Dopo altre mille rassicurazioni, Blaine interruppe finalmente la chiamata, anche perché Mercedes lo stava praticamente tirando per un braccio.
 
“Blaine! Muoviti!! Tocca a noi!” Sbraitò la ragazza, trascinandolo dietro le quinte al seguito degli altri membri delle New Directions, in modo da trovarsi tutti a ridosso del pesante tendone rosso che li separava dal pubblico.
 
Da lì a poco si sarebbe spalancato sulla loro esibizione.
 
Blaine stava iperventilando. Letteralmente.
 
“Cosa fai lì impalato?! Tre minuti e tocca noi!”
“Il telefono... Ho ancora in mano il telefono!!” Puck spalancò le braccia con ovvietà.
“E allora appoggialo, no?”
“Oh. Sì. Giusto...” Il ragazzo si ricordò del piccolo tavolino nel corridoio che gli aveva condotti sul palco e, proprio mentre stava lasciando il telefono sulla tavola, se lo sentì vibrare tra le mani.
 
“Blaine?! Meno due minuti!”
“A-Arrivo!” Gracchiò sbloccando velocemente lo schermo per poi aprire un messaggio che – notò – arrivava da un numero sconosciuto.
 
 
– Andrà benissimo. _Kurt –
 
 
Blaine sentì il peso di quelle parole sollevarsi dallo schermo e schiantarsi direttamente sul suo petto, talmente forte che senza accorgersene indietreggiò di qualche passo.
 
Il suo cuore prese a battere più veloce e, di punto in bianco, Blaine aveva solo la folle, spasmodica esigenza di salire su quel palco e cantare.
 
#...E ora dal liceo William McKinley di Lima, Ohio: le New Directions!#
 
Il ragazzo si precipitò sul palco nell’esatto attimo in cui vennero tirate le tende, dando inizio alla loro esibizione.
 
 
                                                                 ***
 
 
I primi due numeri passarono in fretta.
 
Forse per il ritmo incalzante, magari per il pubblico affiatato che gli ricordava tanto quello che assisteva alle sue esibizioni con i Warblers, o più probabilmente per quelle poche parole impresse sul display del suo cellulare che ancora gli bruciavano nelle retine.
 
Blaine aveva cantato senza dimenticare le parole, eseguito la coreografia senza inciampare, eppure ora sembrava tornare tutto in discussione.
 
Le luci si erano abbassate e il resto del gruppo aveva fatto un passo indietro, lasciandolo solo al centro del palco, insieme a Mercedes.
 
 
Le ultime note della canzone di P!nk si dissolsero nell’aria, mentre un singolo riflettore si accendeva sui due ragazzi affiancati davanti al pubblico, in quegli attimi di silenzio irreale che precedono l’inizio di una nuova canzone.
 
Blaine alzò lo sguardo sulla platea.
 
Fu perfino troppo facile notarlo.
 
L’avrebbe riconosciuto tra mille altri, in un corridoio affollato, anche senza farlo apposta, perfino al buio.
 
Era in fondo alla sala, in piedi, appoggiato alla porta d’ingresso.
 
Lontano, certo, eppure Blaine lo vedeva, lo vedeva benissimo, e lo sentiva, anche.
Non si era mai lasciato sfiorare, neanche per sbaglio, ma ora, ora non l’aveva mai sentito più vicino.
 
Era qualcosa di impalpabile, come se la terra si dissolvesse lentamente e improvvisamente, lasciandolo a galleggiare nel vuoto.
Come se le decine di occhi che lo fissavano si serrassero in un unico istante, non lasciando altro che una figura sottile, in fondo alla sala, appoggiata alla porta d’ingresso.
 
Quando le prime note di Happy Ending riempirono l’auditorium, Blaine lasciò che quella strana tensione nell’aria gli facesse tremare le corde vocali, lasciò che la sua voce intonasse le prime parole.
 
Lasciò che il suo cervello, la sua bocca e le sue labbra facessero ciò che dovevano, mentre il cuore era altrove, da qualche parte in fondo alla sala, vicino alla porta d’ingresso.
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Eccoci qua ^_^
Arrivati vivi fino alla fine? I miei complimenti u.u
Prima di dileguarmi un’ultima precisazione: come ho detto quando ho scritto questo capitolo non sapevo nulla dell’episodio delle Provinciali, per cui anche le canzoni sono diverse :)

In ogni caso ne ho scelte tre, per il semplice fatto che di solito loro ne cantano sempre tre, e gli altri gruppi una perché sì u.u Cooomunque XD
La prima canzone è  “Welcome To My Life” dei Simple Plan, e sarebbe questa qui ----> http://www.youtube.com/watch?v=vLl1NDwMJps 
La seconda è “So What” di P!nk, eccola qua ----> http://www.youtube.com/watch?v=EH6atHxFCtE
Ho scelto questi pezzi (oltre per al fatto che mi piacciono XD) perché mi sembra siano adatte a essere cantate da più voci, e poi di P!nk hanno già fatto “Raise Your Glass”, è cosa buona e giusta cantarne un’altra canzone u.u
Per il resto... Beh, aspetto di leggere i vostri commenti ;)!
A lunedì :D 

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Buon lunedì ragazze e ragazzi, e buon anno nuovo :D
Avete passato bene l’ultimo dell’anno? Io ho mangiato in un modo imbarazzante e il giorno dopo mi sono depressa a vedere i tizi al telegiornale che correvano per smaltire un po’, cosa che io non ho fatto e non ho intenzione di fare -.-“
...Perché parlo sempre di cose inutili D:? Vediamo di passare al capitolo u__u

L’anno scorso ci eravamo lasciati con Blaine che cantava il suo duetto alle Provinciali, scorgendo in fondo alla sala un certo ragazzo per il quale ha completamente perso la testa... Ricordate?
Bene, in questo capitolo vedremo cosa ne pensa Kurt di questa faccenda, poi ci sarà un piccolo dramma personale del nostro Finn, immancabilmente della Klaine e... Beh. Vedrete ;) Sappiate solo che questo capitolo serve ad introdurre bene il prossimo, che segnerà una svolta non da poco ^_^ ...In ogni caso ho scoperto che anche aggiornamento è piuttosto lungo :S

Ok, la smetto e prima di lasciarvi alla lettura ci tengo a ringraziare tutti coloro che hanno messo la storia tra preferite, seguite e ricordate :’) Inoltre un grosso bacio a xChicory, violanassi, Maggie_Lullaby, JulesCullenMeyer,Tallutina, aleka_80, elisabethy92, anastasianapp, BeatriceS, Sirymcgregor, LaylaColfer, GinnyIris93, Alessandranna, sakuraelisa, iMato, LexyDC__ e ColferAddict  che hanno recensito lo scorso capitolo :D Grazie a tutti ç____ç
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Le New Directions avevano vinto.
O almeno così aveva detto – urlato – Finn, una volta rincasato con il cravattino allentato e lo smoking sgualcito.
 
Kurt era arrivato solo una mezz’oretta prima del fratellastro, parcheggiando con attenzione la macchina di Burt in garage e sperando intensamente che non si accorgesse che l’aveva presa senza il suo permesso.
 
Fece scivolare le chiavi nella ciotola sul tavolino dell’ingresso, e lasciò che le sue gambe lo conducessero al piano superiore, dove era stata spostata la sua camera in seguito al trasferimento dell’anno precedente.
 
Kurt entrò nella propria stanza e si fece cadere a peso morto sul letto.
Non si tolse le scarpe, né appoggiò sul comodino le chiavi di casa e il cellulare.
Rimase semplicemente lì, sul materasso, gli occhi piantati nel soffitto chiaro che lo sovrastava.
 
Era stato all’auditorium indicato nel programma.
 
Era andato a vedere le New Directions.
 
Era andato a vedere Blaine.
 
Non era così che doveva andare. Aveva chiesto il numero di Blaine a Finn apposta, l’aveva fatto per potergli stare vicino, dargli quel minimo di incoraggiamento che ci si aspetta da un amico.
Aveva scritto quell’sms, quelle poche parole per spronarlo a dare il massimo, ma non gli era bastato. No, perché nell’esatto istante in cui sul suo schermo il messaggio si era spostato tra gli inviati, era come se avesse sradicato quel piccolo, impalpabile contatto creatosi tra lui e Blaine, mentre il testo era ancora in fase di invio.
 
E qualcosa aveva dolorosamente ceduto dentro di lui, quando era scattato in piedi.
 
Prima che potesse rendersene conto, stava già guidando come un pazzo in direzione dell’auditorium dove si sarebbe tenuta la competizione, sforzandosi di non domandarsi il motivo di quella frenesia improvvisa, quell’angoscia di arrivare troppo tardi, il cuore accelerato dalla tensione e gli occhi lucidi sbarrati sulla strada.
 
Kurt non pensò a niente, assolutamente nulla.
Giunse a destinazione con la mente appannata e il fiato corto, neanche avesse fatto tutta quella strada di corsa anziché a bordo dell’auto di suo padre.
 
Cercò con gli occhi la porta dell’auditorium, la scorse ed entrò.
 
La platea era piena, Kurt poteva rendersene conto nonostante il buio che avvolgeva la stanza.
 
Poi accadde.
 
La luce pallida ma inesorabile di un unico riflettore illuminò il palco, e Kurt dovette appoggiarsi alla porta di ingresso per non cadere sotto il suo stesso peso, come una fitta lancinante lo trapassò da parte a parte.
 
C’era Blaine su quel palco. E i suoi occhi non avevano nemmeno fatto in tempo ad abituarsi alla luce che lo stava già fissando.
Non era un’ipotesi: Kurt avrebbe potuto giurare che Blaine aveva lo sguardo posato su di lui.
 
Il suo cuore prese a battere più forte, e diede la colpa all’agitazione.
Il suo torace iniziò a scaldarsi in quel modo che conosceva fin troppo bene, e si detestò per questo.
 
Poi alcune note riempirono l’aria e Kurt, di punto in bianco, si ricordò del posto in cui si trovava, dell’ambiente circostante, del pavimento sotto i suoi piedi.
 
Blaine intonò le prime parole della canzone, e lui fece di tutto per evitare di essere preso, intrappolato da quella voce così calda e avvolgente da far tremare le ginocchia.
 
Ci provò, appunto, ma quando quel suono gli occupò tutto il corpo, tutta la mente, sia il lato razionale che quello inconscio, capì di non avere scampo.
 
Capì di aver valutato la situazione nel modo sbagliato sin dal primo momento, quando aveva creduto di essere in grado di tornare indietro, di voltarsi e correre via senza problemi. Quando credeva di avere ancora in mano se stesso, mentre ora si sentiva scivolare via lentamente, sotto il peso impalpabile di quelle note.
 
Kurt fu preso dal panico più totale, completamente schiacciato da quell’improvvisa consapevolezza scandita dai battiti del suo cuore, che palpitava per qualcosa per cui – si era ripromesso – avrebbe dovuto restare ibernato per sempre.
 
Le ultime note della canzone vennero sostituite dall’applauso entusiasta del pubblico, in piedi per i due ragazzi.
 
Oh. C’era anche Mercedes sul palco.
 
Gli spettatori si alzarono dai loro posti durante il boato, interrompendo il contatto visivo tra Kurt e Blaine che, per tutta la durata del pezzo, non era vacillato nemmeno un istante.
 
Il ragazzo dagli occhi chiari si scosse tornando prepotentemente alla realtà, il cuore che scalpitava tanto forte da essere doloroso.
 
Fece alcuni passi incerti, bloccandosi quando fu in grado di scorgere ancora una volta l’altro ragazzo, che si stava facendo largo tra gli amici che lo abbracciavano per poter scendere dal palco.
 
Kurt si sentì incredibilmente debole e vulnerabile, talmente tanto che fu preso dal panico più totale.
 
Quando Blaine arrivò in fondo all’auditorium, la porta di ingresso era appena stata chiusa.
 
 
                                                                  ***
 
 
“Blaine! Sapevo che sarebbe stata una buona idea concederti il mio duetto!” Cinguettò Rachel il giorno seguente, stritolando l’amico in un abbraccio.
 
Blaine avrebbe potuto ricordarle di quando lo aveva praticamente minacciato di morte di tal proposito, ma decise saggiamente di astenersi.
 
“Grazie Rachel! Hai visto Finn, comunque?” La ragazza assunse un’aria melodrammatica, indicando tristemente un ragazzo visibilmente depresso, seduto per terra sotto l’armadietto di Finn.
 
Oh. Un momento. Quel ragazzo era Finn!
 
“Cosa diavolo gli è successo?! Ieri era felicissimo di aver vinto le Provinciali...”
“Lo so! Ma stamattina alla prima ora quel cavolo di Talent Scout ha dato il suo verdetto, e...” Sospirò.
“Non ha intenzione di concedergli una borsa di studio per il football.” Blaine fece una smorfia.
“Ahia.”
“Già.” Il moro lanciò l’ennesima occhiata a Finn. Sembrava seriamente un condannato a morte.
“...Provo a parlargli. Tu vai al Glee e dì a Shuester che oggi io e Finn non veniamo alle prove.” Rachel annuì, avviandosi verso l’aula coro.
 
 
“...Finn?” Provò cautamente, avvicinandosi all’armadietto dell’amico.
Il ragazzo alzò lo sguardo su Blaine poi, con un sospiro affranto, tornò a fissarsi i piedi.
“Ehi... Come stai? Rachel mi ha detto del Talent Scout...”
“Come dovrei stare, secondo te?” Blaine si inginocchiò davanti a lui, cercando di stabilire un contatto visivo.
“Non è poi la fine del mondo, non credi?” Finn scosse la testa.
“Potrà sembrarti stupido, Blaine, ma è come se lo fosse.”
“Finn...”
“No, davvero! Guardami! Canto decentemente, ma non abbastanza bene da avere un futuro; so giocare a football, ma non ho margine di crescita... Sono un fottuto fallimento!” Blaine sospirò profondamente, nella speranza di trovare le parole giuste per dargli un minimo di conforto.
“Non devi demolirti in questo modo, e poi hai Rachel- ”
Rachel? Quanto pensi che potrebbe durare uno come me insieme ad una come lei?! Sprizza talento da tutti i pori, non le resta che aspettare un ragazzo alla sua altezza.”
“Questo non è vero, e lo sai...” Il più alto si massaggiò le tempie, alzandosi improvvisamente dal suo posto contro l’armadietto. Blaine lo guardò dal basso.
“...Finn?”
“Vado alle prove.” Esclamò, dirigendosi a grandi passi verso l’aula canto.
Il moro si tirò su a fatica e, rimasto solo in corridoio, valutò il da farsi.
 
Sarebbe potuto andare al Glee Club, dove i suoi amici non aspettavano altro che complimentarsi con lui per l’esibizione della sera precedente, festeggiare la vittoria e iniziare a pianificare i primi accorgimenti per le Regionali.
 
...Oppure poteva trascinarsi fino al parcheggio, salire sulla sua auto e guidare fino a Westerville.
 
Scelse la seconda opzione.
 
Si issò la borsa sulla spalla e si diresse verso l’uscita.
Non che non avesse voglia di vedere i ragazzi delle New Directions, ma davvero: non era proprio nei suoi intenti contagiarli con la sua depressione.
Certo, era felice, felicissimo che avessero vinto le Provinciali anche per merito suo, tuttavia non riusciva a smettere di pensare a quando, dopo il suo duetto, Kurt era misteriosamente scomparso nel nulla.
 
Aveva visto tutta l’esibizione – Blaine avrebbe potuto giurarlo, dato che non gli aveva mai tolto gli occhi di dosso – ma, dopo gli applausi, era sparito con la stessa velocità con cui era apparso tre minuti prima.
 
Blaine si era ripromesso di non farsi intaccare l’umore da quell’episodio, ma ovviamente i suoi propositi erano bellamente andati in fumo.
 
Avrebbe dovuto essere contento, che diamine, felice che Kurt non solo gli avesse scritto quel messaggio, ma fosse anche venuto ad assistere al suo pezzo.
Invece riusciva solo a pensare a quanto gli fosse sprofondato il cuore quando, di punto in bianco, non era più là.
 
Come se non bastasse quel giorno a scuola non si era fatto vedere nemmeno per sbaglio, e non era esattamente il massimo per Blaine che – se mai avesse avuto dubbi al riguardo – la sera precedente aveva avuto l’assoluta certezza di provare qualcosa per lui.
 
Era stato toccato, mosso profondamente da quel ragazzo, in un modo totalmente devastante che mai aveva provato in vita sua.
 
E Kurt non aveva dovuto muovere un dito per ottenere tutto questo.
 
Gli era bastato essere l’angelo con le ali spezzate che era, per avere il suo cuore.
 
Blaine si trovò scioccamente a pensare che avrebbe anche finito per regalarglielo, il suo cuore, se fosse servito a restituirgli quel sorriso bandito per troppo tempo dalle sue labbra.
 
 
Il moro scosse la testa, cercando a tentoni le chiavi della macchina.
Doveva smetterla di pensare a Kurt in quel modo.
Era stato insieme a Brittany un anno intero, i suoi occhi si erano riempiti d’odio quando gli aveva chiesto se era gay e, quel che era più importante, Kurt aveva già abbastanza problemi per conto suo senza che ci si mettesse anche lui e i suoi stupidi sentimenti.
 
Doveva essergli amico, come aveva promesso, doveva restargli accanto in ogni modo che sapeva gli avrebbe fatto bene.
 
Blaine raggiunse sovrappensiero il parcheggio deserto, e quasi gli prese un colpo quando, sporgendosi per aprire lo sportello, per poco non afferrò l’elastico sgualcito di una felpa al posto della maniglia.
 
“Ma che...?” Una figura scivolò agilmente di lato, distanziandosi di qualche passo.
“Ciao Blaine.” Il ragazzo alzò lo sguardo con la faccia già dotata del consueto sorriso ebete che quella voce cristallina immancabilmente gli provocava.
“Ciao Kurt!” Lui abbozzò un piccolo sorriso, appoggiandosi distrattamente all’auto di Blaine.
 
“Pensavo avessi le prove del Glee, così ho deciso di aspettarti qui per congratularmi di persona per ieri sera.” Blaine continuava a rimanere immobile, la bocca socchiusa e gli occhi persi ad indagare quel  pallido viso angelico.
“...Perché avete vinto, vero? Finn ha dett- ”
“Sì! Abbiamo vinto. In effetti dovrei essere alle prove in questo momento, ma ero piuttosto stanco e ho deciso di andare a casa.” Spiegò velocemente, riprendendosi più in fretta possibile dallo stato di catalessi in cui era piombato.
Kurt annuì, abbassando poi lo sguardo ed incrociando le braccia al petto.
 
“Hai... Hai ricevuto il mio messaggio ieri sera?” Chiese, e sembrava che pronunciare quelle poche parole gli comportasse uno sforzo enorme.
“Spero che non ti dispiaccia, ma Finn aveva detto che eri preoccupato per la gara, così gli ho chiesto il tuo numero...”
 
“Perché te ne sei andato?” Kurt spalancò gli occhi.
“Cosa...?”
“Dopo la canzone. Perché?” Chiese Blaine e davvero, aveva solo bisogno di saperlo.
 
Kurt rimase in silenzio, gli occhi fissi sull’asfalto.
 
Il moro non poté fare a meno di notare come le sue guance pallide si colorassero improvvisamente di una quasi impercettibile sfumatura rosata: non gli era mai sembrato così bello.
 
“Sei stato bravissimo.” E a quelle parole Blaine – nonostante tutte le sue buone intenzioni – non riuscì a ricordargli di non aver risposto alla sua domanda.
“Grazie.” Kurt si strinse nelle spalle, accarezzandosi distrattamente un braccio da sopra la felpa.
“Vuoi che ti accompagni a casa?” Lui sorrise.
“Blaine, l’hai già fatto l’ultima volta, e poi sei dovuto tornare qui a recuperare la macchina...” Blaine era piuttosto sicuro di essere arrossito, ma non volle indagare in tal proposito.
“...In questo caso ci vediamo domani a scuola.” Kurt annuì e, come Blaine fece un passo in sua direzione, lui ne fece uno indietro.
 
Blaine voleva solo salutarlo ma... Già. Kurt non volevaessere toccato.
 
“Scusa, è solo...”
“Non preoccuparti.” Lo rassicurò con il più collaudato dei suoi sorrisi, sperando di non lasciar trapelare che avrebbe fatto qualunque cosa per poterlo sfiorare, per sentire la consistenza delle sua pelle lattea sotto le dita, anche solo una volta.
 
Kurt si mordicchiò il labbro inferiore, e dai suoi occhi scaturì un lampo di dolore talmente intenso che Blaine si meravigliò di essere ancora lì, in piedi, dopo essere stato travolto da una cosa del genere.
 
Rimase a guardarlo allontanarsi.
 
Ci sarebbe riuscito.
 
Avrebbe salvato Kurt da se stesso, in un modo o nell’altro.
 
 
                                                                   ***
 
 
La giornate si susseguirono velocemente. Fin troppo, per i gusti di Kurt.
 
Lui e Blaine avevano trovato una sorta di silenzioso equilibrio, e ormai erano rari i casi in cui passassero più di un giorno senza incrociarsi per i corridoi, o a lezione, o nel parcheggio davanti alla scuola.
 
Kurt sapeva quando Blaine aveva le prove con il Glee, e in quei giorni di solito lo aspettava vicino alla sua macchina. In caso contrario, era Blaine che rimaneva in attesa davanti all’uscita, scrutando attentamente tra la bolgia di studenti fino a quando non lo vedeva comparire.
 
E lo accompagnava a casa, la maggior parte delle volte.
 
Anche se Kurt gli aveva ripetuto fino allo sfinimento che non era necessario, che non aveva senso andare a piedi fino là per poi tornare da solo a scuola per riprendere la macchina, ma a Blaine non sembrava importare, e interrompeva sempre Kurt quando iniziava a scusarsi per il fatto di non voler essere accompagnato in auto.
 
Certo, Kurt doveva stare tremendamente attento a non lasciarsi trascinare dagli occhi, dalle mani, dalla voce di Blaine, ma in qualche modo sapeva – sperava – di essere in grado di gestire quelle sensazioni che, per quanto ci provasse disperatamente, non poteva impedirsi di provare.
 
Per quanto potesse sembrargli strano, le cose stavano finalmente prendendo una piega migliore. O almeno lo stavano facendo prima che, qualche settimana più tardi, il suo fragile equilibrio non crollasse come un castello di carte.
 
 
                                                                  ***
 
 
“Blaine! Blaine!” Il ragazzo si voltò di scatto, riconoscendo una voce familiare tra le urla degli studenti.
“Finn?” Il quarterback lo affiancò in pochi passi, per poi uscire insieme a lui nella bolgia di ragazzi che lasciavano la scuola più in fretta possibile, dopo il suono dell’ultima campanella.
Si fermarono giusto qualche metro più in là della porta d’uscita.
 
“Dimmi. Qualche problema?” Finn scosse la testa, la solita espressione ebete di sempre stampata in faccia.
“No amico, volevo solo chiederti se hai voglia di unirti a me, Puck e Mike oggi pomeriggio.” Blaine quasi stentava a credere che quello che aveva di fronte fosse lo stesso ragazzo depresso di qualche settimana prima.
 
Per quanto aveva capito, il ritorno improvviso del suo proverbiale buonumore era collegato a Rachel.
 
Strettamente, collegato a Rachel.
 
“Non so...”
“Dai, sarà divertente! Io porto Rachel, Mike porta Tina e Puck la sua nuova ragazza, Penny, che si dà il caso abbia un’amica che muore dalla voglia di conoscerti...”
Blaine deglutì rumorosamente.
 
“Ehm... Veramente oggi ho da fare...” Finn sembrava davvero dispiaciuto. Il moro abbassò lo sguardo, piuttosto sicuro di essere arrossito.
 
Nascondersi si stava facendo sempre più difficile.
 
“E cosa dovresti fare, scusa?”
“Devo vedere K-” Blaine si morse la lingua. Perché, per quale assurdo motivo non riusciva a tenere la bocca chiusa?
Finn socchiuse la bocca, confuso. Era davvero una fortuna che quel ragazzo non fosse esattamente sveglio.
“...Chi è che devi vedere?”
 
“Ehm... K... K-Karen! Sì sai, la mia... la mia ragazza, ecco.” Balbettò, impacciato come ogni volta che stava palesemente mentendo.
Finn, ovviamente, non colse l’evidente imbarazzo dell’amico.
“Beh, non vedo dove sta il problema! Puoi portare lei, così facciamo un’uscita a quattro coppie!” Blaine si tormentò nervosamente le mani, lanciando occhiate apprensive all’uscita della scuola, da dove di lì a poco sarebbe sbucato Kurt.
Avrebbe solo voluto poter rivelare a Finn che, semplicemente, voleva accompagnare a casa suo fratello.
Ma Kurt l’aveva pregato di non dire niente a nessuno, e doveva rispettare la sua decisione, come aveva promesso.
“Lei è... riservata. Davvero Finn, scusami, sarà per la prossima volta.” Il ragazzo mise su il broncio.
“...Sei proprio sicuro?” Blaine annuì, sperando di sembrare abbastanza dispiaciuto.
Il quarterback lo salutò con la consueta pacca sulla spalla, per poi raggiungere alcuni amici che di solito uscivano prima di lui, quando aveva le prove del Glee Club.
 
 
Blaine tirò un sospiro di sollievo e, vedendo che Kurt non era ancora uscito, cominciò a temere che se ne fosse già andato prima senza che lui se ne accorgesse.
 
Il ragazzo si appoggiò al muro di fianco alla porta, e dieci minuti più tardi era piuttosto persuaso che Kurt ormai non sarebbe più arrivato.
Forse era davvero andato a casa senza avvisarlo, anche se gli sembrava strano, visto e considerato che non era mai successo nel giro di almeno due settimane.
 
Blaine stava per andare al parcheggio a recuperare la sua auto, perché davvero, quanto bisognava essere patetici per aspettare mezz’ora un ragazzo per il quale hai perso la testa, mentre lui è un miracolo che abbia smesso di insultarti?
 
 
Poi capì.
 
 
Senza aspettare che avvenisse consciamente, il suo cervello aveva unito i puntini, nell’esatto istante in cui dall’interno dell’edificio era sopraggiunto il rumore di passi affrettati, che sicuramente appartenevano a più di una persona.
 
All’improvviso tutto aveva un senso: il malumore di Kurt degli ultimi giorni, il suo scattare ad ogni armadietto sbattuto, e infine le parole del preside, che si ripresentarono nella mente di Blaine come un pugno dritto alla tempia.
 
Un mese.
 
Un mese e i tre delinquenti che avevano fatto quelle cose a Kurt sarebbero tornati a piede libero per la scuola.
 
Un mese.
 
 
Un mese era passato.
 
 
Il ragazzo sentì il cuore battere più forte, in un misto di rabbia, paura e sì, soprattutto rabbia. I passi si avvicinavano all’uscita dove era ancora in piedi, ormai solo, in attesa di qualcuno che probabilmente non era mai uscito.
 
Blaine voleva solo prenderli a pugni, talmente forte da farli pentire per ogni singola infamia che avevano sputato nella loro ignobile esistenza.
 
L’avrebbe fatto, l’avrebbe fatto senza pensarci due volte, l’unica cosa che lo fermò fu il fatto che loro erano in tre, e se voleva aiutare Kurt doveva essere intero.
 
In uno scatto raggiunse i cassonetti che ogni mattina accoglievano quelle matricole che, secondo i giocatori di football, dovevano imparare chi comanda a scuola, e si accovacciò dietro al più grande.
 
Dalla sua posizione riconobbe perfettamente gli stessi tre tizi dell’altra volta e – a giudicare dalle loro facce subdolamente soddisfatte – le sue ipotesi avevano un fondamento.
 
I ragazzi procedettero tranquillamente, chiacchierando di chissà quale idiozia.
Blaine combatté con tutte le sue forze contro l’istinto di alzarsi e andargliele a suonare. Doveva resistere, solo il tempo che girassero l’angolo.
 
Solo il tempo che girassero l’angolo.
 
Solo... Erano spariti oltre l’edificio.
 
Blaine iniziò a correre.
 
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
*schiva i pomodori che le stanno lanciando*
Ok, lo riconosco: questo finale è osceno anche per i miei standard T___T
Però guardiamo il lato positivo: non ci sarà molto da aspettare, dopotutto giovedì è dietro l’angolo :) *la gente non smette di insultarla* ...Sì, lo so ç________ç
Ok, ora faccio una cosa che non so se placherà la vostra ira o la intensificherà D: io tento u.u
Dal capitolo 9: “[...]Poi Kurt fece l’ultima cosa che Blaine si aspettava.” 

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Ciao a tutti :D
Allora carissimi/e, visto e considerato come ho concluso l’altro capitolo sarebbe davvero sadico da parte mia asfissiarvi con una delle mie solite introduzioni chilometriche, quindi bando alle ciance e passo subito ai ringraziamenti senza perdermi in inutili sproloqui  ;)
Un bacio a chiunque abbia messo la storia tra preferite/seguite o ricordate, inoltre un ringraziamento particolare a JulesCullenMeyer, Psike, relaxandtakeiteasy, elisabethy92, _Haven, Maggie_Lullaby, Tallutina, aleka_80, Alessandranna, itsgiulsparawhore, ColferAddict, LaylaColfer, violanassi, Sirymcgregor, TheScrafOfSexualPreference, LexyDC__, Misato85, HopeAndHuggy, sakuraelisa e YouArePerfectToMe che hanno recensito lo scorso capitolo :’) Vi adoro ç____ç
Bene ^_^ Ci eravamo lasciati con Blaine che corre in aiuto di Kurt... Buona lettura, e ci risentiamo alle note finali, dato che ho un po’ di cosette da dirvi ;)

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Comandò alle sue gambe di muoversi più veloce di quanto non avessero mai fatto, inciampando più volte dalla foga e maledicendo i propri muscoli intorpiditi dalla paura.
Sentiva il cuore scalpitargli tra i denti, e avrebbe voluto piangere se solo si fosse ricordato come si faceva.
 
La scuola a un tratto sembrava irrazionalmente enorme, e Blaine sapeva di non potersi mettere a urlare per via dei pochi studenti ancora presenti, quelli che facevano parte di qualche Club. Così iniziò a setacciare alla rinfusa ogni anfratto, ogni classe vuota, ogni corridoio. Tutto sembrava così schifosamente enorme che ebbe il terrore non sarebbe mai finita.
 
Poi si ricordò. Il bagno poco usato, quello di fianco al laboratorio di chimica.
 
Non gli sarebbe servita la piantina per ricordare dove fosse quel maledetto posto.
 
Corse più veloce nei corridoi deserti, cercando di concentrarsi sull’eco dei propri passi che rimbalzava sulle pareti, nella speranza di darsi un ritmo e non cadere di nuovo.
 
Blaine si fermò davanti al bagno dopo quelle che gli sembrarono ore, con il cuore che batteva così forte da privarlo del poco fiato rimastogli.
Chiuse gli occhi e posò la mano sulla maniglia, sperando con tutte le sue forze di sbagliarsi, che in realtà Kurt non fosse in quella stanza, e nemmeno in quella scuola. Che fosse a casa, uscito in un momento in cui lui era distratto a parlare con Finn.
 
Strinse le dita attorno all’asta metallica tanto forte da farsi diventare le nocche bianche, e l’abbassò lentamente.
 
Mosse due passi nel bagno silenzioso, fermandosi oltre il cubicolo che gli impediva la vista sull’intero ambiente.
 
Blaine voleva morire. O diventare cieco, o qualunque altra cosa che gli impedisse di vedere ciò che aveva davanti. Chi, aveva davanti.
 
Kurt era immobile, seduto per terra con la schiena contro al muro, gli occhi sbarrati e le ginocchia strette al petto.
I libri e i quaderni erano sparsi ovunque, la manica destra della sua felpa quasi completamente staccata. E sanguinava.
 
Sanguinava.
 
Dalle sue labbra rosee scendeva un piccolo rivolo rossastro, ed era talmente scuro, talmente impensabile su quella pelle così chiara, che spezzava il cuore solo a vederlo.
 
Non una lacrima, nemmeno una.
Le sue iridi chiare erano perse nel vuoto, un vuoto lontano da quella stanza. Da quella scuola. Da quella dimensione.
 
Blaine sentì le ginocchia cedergli.
 
Era successo, e lui non era lì. Quei tre sadici si erano divertiti a frantumare Kurt come una bambola di porcellana, e lui non era lì.
Voleva piangere, voleva urlare, voleva sbattere la testa contro il muro, ma non era questo che doveva fare. Doveva prendersi cura di Kurt, doveva cercare di rimettere insieme tutti i frammenti in cui si era scheggiato.
Doveva, perché voleva, perché non aveva mai provato per nessuno quello che sentiva per lui.
 
“Kurt...” Lui alzò la testa con una lentezza irreale, fino a far incontrare i suoi occhi con quelli di Blaine.
 
Lo stava guardando, ma non lo vedeva davvero.
 
“Vai via.” Sussurrò con voce stanca, rassegnata, distante.
 
Ma il ragazzo non si mosse.
 
“Kurt, ti prego...”
“Vattene!!” Fece a voce più alta, appiattendosi ancora di più contro le mattonelle fredde del bagno.
 
Blaine, per la prima volta, decise deliberatamente di non dargli retta.
 
In due passi fu davanti a  Kurt, lasciandosi poi scivolare in ginocchio sul pavimento, esattamente di fronte a lui.
“Lasciami in pace!” Kurt ormai stava urlando e, spalancando ancora di più gli occhi, si fece scivolare due grosse lacrime lungo le guance.
 
Blaine non l’aveva mai visto piangere, ed ora che accadeva era semplicemente assurdo. Kurt non era fatto per piangere. Quando succedeva spezzava il cuore.
 
“Non me ne vado, invece.” Il ragazzo iniziò a urlargli di sparire, rischiando di soffocare tra un singhiozzo e l’altro, fino ad arrivare al punto che piangeva troppo forte per riuscire a parlare.
 
 
Blaine aveva sognato tante volte di toccare Kurt.
 
Aveva desiderato sentire quella pelle soffice sotto i polpastrelli, immaginato come le sue mani morbide si sarebbero adattate alle proprie, e  sperato di passargli le dita tra i capelli, così setosi che sembravano invitarlo a farlo.
 
Aveva sognato tutto questo tante, troppe volte, ma finiva sempre col ripetersi che Kurt non voleva essere toccato, e probabilmente non avrebbe mai voluto.
 
Invece ora era arrivato il momento, l’attimo esatto in cui avrebbe infranto la sua promessa.
 
Strisciò sulle ginocchia fino ad appoggiarle contro la punta delle scarpe dell’altro, per poi abbassarsi su di lui e avvolgergli le braccia intorno al corpo.
 
Lo strinse, le ginocchia di lui conficcate nel proprio stomaco, avvicinandoselo con tutta la propria forza, nella speranza di tenere insieme quel corpo ridotto a brandelli.
 
“Non mi toccare!!” Kurt aveva ripreso a urlare, insinuando le mani tra i loro corpi fino a raggiungere le spalle di Blaine e cercare di spingerlo via.
“Lasciami!!” Cercava di spostarlo con tutte le sue energie, provando a far leva anche con le ginocchia intrappolate contro l’latro ragazzo, senza smettere di urlare e piangere disperatamente.
“Kurt...” Continuava a ripetere Blaine, con una voce talmente bassa che sarebbe stato un miracolo se fosse riuscito a farsi sentire.
 
Le lacrime scendevano su quella pelle pallida senza bisogno che Kurt sbattesse le palpebre. Blaine era piuttosto sicuro di non aver mai visto nessuno piangere in un modo talmente furioso, inconsolabile, quasi violento.
 
Non voleva fare assolutamente niente contro la sua volontà ma, nonostante lui cercasse continuamente di scalciare e spingerlo via, Blaine sapeva di non doverlo lasciare andare.
 
 
Kurt continuò a ribellarsi finché ne ebbe la forza, fino a quando la sua voce non fu spezzata dalle troppe urla e il suo corpo divenne troppo debole per opporre resistenza.
 
Lasciò le proprie mani inermi dov’erano, sulle spalle di Blaine, continuando a piangere con la testa appoggiata al muro.
 
“Kurt... è finita...”  Sussurrò vicino al suo orecchio.
 
 
Poi Kurt fece l’ultima cosa che Blaine si aspettava.
 
 
La presa sulle sue spalle si intensificò di nuovo, ma questa volta non per allontanarlo. Kurt divaricò le ginocchia dove Blaine era appoggiato, e senza fare in tempo a realizzarlo il ragazzo si sbilanciò in avanti, franando su Kurt fino a far combaciare quasi completamente i loro toraci, ostacolati soltanto dalle braccia di Kurt, piegate contro il suo petto.
Blaine, ancora in ginocchio, era un po’ più in alto rispetto all’altro, che gli appoggiò la fronte gelida nell’incavo della spalla.
 
Blaine sentì le dita del ragazzo stringersi attorno alla sua camicia e tirarla verso di sé, quasi volesse inglobare il proprio corpo nel suo.
 
I capelli di Kurt gli accarezzavano la guancia, il suo profumo era devastante, ma doveva concentrarsi, doveva tenerlo stretto, doveva stringerlo forte.
 
“Blaine...” Il moro trattenne a stento un singhiozzo come sentì pronunciare il suo nome contro i propri vestiti, da quella voce debole, tenue, eppure inconfondibile: era di nuovo Kurt, era lì, tra le sue braccia.
“Sono qui.” Gli sussurrò tra i capelli, e i singhiozzi dell’altro si erano fatti silenziosi, riconoscibili solo dalle lacrime che gli bagnavano la spalla.
Kurt tremava, e Blaine poteva sentire il suo cuore battere a mille dalla paura, ma lui non lo lasciò andare, neanche un istante.
 
“Kurt, va tutto bene.” Continuò a ripetergli il suo nome, fino a quando i singhiozzi non si trasformarono in un pianto silenzioso, e alla fine si rilassò completamente contro il suo petto.
 
Blaine avrebbe voluto accarezzargli i capelli e la schiena, ma decise che era meglio per Kurt che rimanesse esattamente com’era: le braccia saldamente avvolte attorno alle sue spalle e la propria voce che sussurrava dolcemente il suo nome.
 
Blaine non sapeva da quanto tempo erano lì, aggrappati disperatamente l’uno all’altro sulle mattonelle fredde del bagno.
 
Ma una cosa la sapeva: se avesse potuto scegliere di trovarsi in un qualsiasi luogo e tempo del mondo, sarebbe stato lì, e adesso.
 
 
                                                                   ***
 
 
“Kurt, Finn, siamo a casa!” Gridò Carole dal soggiorno, mentre aiutava Burt a infilare il cappotto nel guardaroba.
“...Ragazzi? Ci siete?”
“Ciao mamma, Burt.” Fece Finn, riemergendo – senza sorpresa di nessuno – dalla cucina.
“Ciao tesoro. Hai visto Kurt?” Il ragazzo si strinse nelle spalle.
“Non lo so, sono tornato dieci minuti fa. Immagino sia chiuso in camera sua.” Carole e Burt annuirono, ormai rassegnati ad aspettare i tempi di Kurt, sperando che un giorno avrebbe finalmente rivelato loro cosa fosse successo di tanto grave da cambiare radicalmente la sua vita, da un anno a quella parte.
 
Kurt, dal canto suo, non si prese nemmeno la briga di scendere per salutare Finn, o i suoi genitori.
Era tutto il pomeriggio che stava in camera sua, il ghiaccio ormai liquefatto su un ginocchio e il labbro sempre più gonfio e livido.
 
Doveva aspettarselo.
Sapeva che quando Seth, Anthony e Gregor sarebbero rientrati dalla loro sospensione gliel’avrebbero fatta pagare. Poteva saltare la scuola quel giorno, poteva scappare, e invece era andato a sbattere deliberatamente il muso contro quella condanna annunciata.
 
L’avevano preso, e non avevano fatto niente di più e niente di meno di ciò che si aspettava. Era rimasto lì, in quel bagno, sperando con tutte le sue forze che quel muro su cui era appoggiato lo inghiottisse.
 
Poi era arrivato Blaine.
 
Kurt non aveva idea di come avesse fatto a trovarlo, né perché fosse lì in quel momento, voleva solo che se ne andasse.
Lo voleva, perché era stupidamente convinto di essere orribile, col sangue alla bocca, i capelli arruffati e gli occhi persi. Non voleva che Blaine lo vedesse così, non voleva fargli pena, non voleva sembrargli un mostro.
Poi lui aveva detto che non se ne sarebbe andato, e per Kurt era stato il panico.
Non voleva, non poteva lasciare che lo vedesse così, e senza rendersene conto le lacrime avevano cominciato a sgorgargli dagli occhi come un fiume in piena.
 
Non sapeva cosa stava succedendo, non sapeva niente, solo che a un tratto Blaine era di fronte a lui, per terra, e lo guardava con quei suoi occhi talmente caldi da sciogliere parte del ghiaccio che ibernava il suo cuore.
Era bellissimo.
Kurt non avrebbe voluto pensarlo.
 
Poi Blaine si era sporto verso di lui e lo aveva abbracciato.
 
Kurt voleva sparire nel nulla.
 
Le sue braccia forti lo avvolgevano, ma lui non voleva, non voleva essere toccato. Non poteva, non dopo quello che gli era successo.
Da allora l’unico modo in cui qualcuno lo toccava erano le botte, e andava bene così, era molto meglio, davvero.
Invece Blaine lo stava stringendo, sussurrandogli qualcosa troppo piano perché potesse sentirla sopra le sue stesse urla.
Provò a spingerlo via con tutte le sue forze, provò, ma aveva troppe poche energie.
 
Era così stanco di combattere.
 
Smise di scalciare, si lasciò passivamente tenere da lui, e piangeva tanto disperatamente che non credeva di essere lui quello in lacrime.
 
Poi c’era Blaine, il suo profumo, il suo essere così dolce, così buono con lui anche se non aveva mai fatto niente per meritarselo.
 
Kurt non poté impedirsi di farlo scivolare ancora più vicino, di stringerlo a sua volta, di aggrapparvisi come se la sua vita dipendesse da quello.
 
Sentiva il suo odore, mentre piangeva contro la sua camicia, sentiva il suo corpo caldo e compatto a contatto con il suo, ed era così bello che le lacrime non volevano smettere di rigargli le guance.
 
Pianse per ciò che gli avevano fatto.
Pianse per l’anno prima, pianse per se stesso, per Blaine, per Finn, Mercedes e tutti quelli che una volta erano suoi amici.
Pianse e pianse ancora, fino a quando non sapeva neanche più per cosa stava piangendo.
 
Blaine non mollò la presa, nemmeno per un attimo, il suo respiro tiepido tra i capelli di Kurt. Era lui, era Blaine, non lo era stato mai tanto come adesso.
“Blaine...” Si trovò a sussurrare.
“Sono qui.” Rispose, continuando a sussurrargli il suo nome, con un tono che mai nessuno aveva usato.
Dolce, importante, come se valesse qualcosa.
 
Rimasero lì per un tempo interminabile, e Kurt avrebbe solo voluto trovare un modo per non sentirsi in quel modo quando era con lui. In quel modo che si era ripromesso di non essere mai più.
 
Kurt era quasi sicuro di essersi addormentato contro il suo petto, quando un movimento impercettibile di Blaine lo riportò alla realtà.
 
“Blaine... Mi dispiace...”
“Non scusarti. Non è colpa tua.” Kurt annuì appena, lasciando la presa sulle spalle di Blaine un attimo prima che anche lui – cautamente – lo lasciasse andare.
 
Si alzò in piedi lentamente.
“Posso... Posso aiutarti ad alzarti...?”
 
Non voleva essere toccato.
 
Non aveva mai permesso a nessuno di farlo, da un anno a quella parte.
 
 
Blaine poteva.
 
“Sì, per favore.” Kurt era quasi certo di aver colto un lampo di felicità nei suoi occhi color caramello. Doveva essersi sbagliato.
 
Blaine si abbassò di nuovo e gli afferrò delicatamente un braccio, agganciandoselo dietro le spalle. Poi gli passò una mano intorno alla vita, aiutandolo a sollevarsi da terra.
 
Non lo stava toccando, lo stava sfiorando, come se avesse paura di romperlo.
 
Kurt sentì la pelle bruciare come il calore di quella di Blaine lo raggiunse oltre i vestiti.
 
Fecero qualche primo passo incerto, e Kurt scoprì che il ginocchio destro faceva male, così come lo stomaco e le costole, e il labbro, e la testa.
 
Doveva aver ceduto un po’, perché Blaine lo strinse più forte.
 
“Ce la fai ad arrivare alla macchina?”
Kurt annuì, senza sapere di cosa esattamente stesse parlando.
 
In un modo o nell’altro riuscirono a uscire da quello stupido bagno e dalla scuola deserta: gli studenti nei Club avevano già terminato le loro lezioni.
 
Erano nel parcheggio quando Kurt intese cosa Blaine avesse intenzione di fare.
“Ti porto in ospedale, Kurt. Lo so che non vuoi mai salire sulla mia macchina, ma so guidare, davvero, andrà tutto bene.”
“A casa.”
“...Come?”
“Blaine portami a casa, per favore.”  Mormorò con un filo di voce, ormai completamente a peso morto sull’altro ragazzo.
“Ma potresti avere qualcosa di rotto- ”
“Non ho niente di rotto. Ti prego...” Blaine sospirò rassegnato, e Kurt si proibì di pensare che stava davvero salendo in macchina con lui.
Doveva farlo, ne aveva bisogno o non sarebbe riuscito a tornare a casa, solo per questo.
 
Blaine riuscì a farlo scivolare sul sedile del passeggero e allacciargli la cintura.
 
“E slacciati quella maledetta cintura!”Kurt rabbrividì. No, non doveva, non poteva ripensarci.
 
“Andrà tutto bene, Kurt. Tra poco sarai a casa.”
 
Arrivarono relativamente in fretta.
Blaine lo aiutò a uscire e a percorrere il vialetto.
“Dove tieni le chiavi?”
“Tasca esterna...” Mormorò indicando con un cenno del capo la propria cartelletta, che Blaine aveva avuto la cura di raccogliere dal bagno e portare con loro.
Annuì ed estrasse le chiavi, armeggiando più in fretta possibile con le serratura.
 
Riuscì ad aprire, e fece un passo all’interno sorreggendo Kurt. Poi si fermò, arrossendo un tantino.
“Ehm... Posso entrare?” Kurt stava per lasciarsi scappare un sorriso, ma la fitta al labbro che sentì quando ci provò gli fece velocemente abbandonare l’idea.
“Se non vuoi lasciarmi qui e farmi strisciare fino in camera...” Blaine arrossì, stavolta più vistosamente.
“Oh. Già, sì... Scusami...” Balbettò, trascinando Kurt oltre l’ingresso.
“C’è qualcuno in casa?”
“Papà e Carole tornano solo a pomeriggio inoltrato... Forse Finn.” Il ragazzo scosse la testa.
“No. Finn è fuori con Rachel, Puck, Mike e altra gente.” Kurt fu per un attimo preso dal panico. Era in casa da solo con Blaine, e in condizioni che certo non gli permettevano di difendersi se si fosse presentata la necessità.
 
No. Blaine non gli avrebbe fatto del male. Non lo avrebbe fatto... l’avrebbe fatto?
 
“Ripensandoci credo di riuscire ad arrivare alla mia stanza da solo... Blaine?” Il ragazzo non dava segno di ascoltarlo.
“Kurt, per piacere. Non ti reggi in piedi!” Kurt sospirò con rassegnazione.
“Dov’è la tua stanza?”
“...”
“Kurt?!”
“Al paino di sopra.” Riuscirono a fatica a trascinarsi oltre il soggiorno, fino alle scale.
Blaine si fermò, guardandole come se si trovasse di fronte all’Everest.
“Blaine...?” Lui prese un profondo respiro, voltandosi appena verso Kurt.
 
“È un problema se... insomma... ti prendo in braccio...?” Kurt spalancò gli occhi, maledicendo ogni singola goccia di sangue che gli affluiva pericolosamente alle guance.
“C-Cosa?! Blaine tu sei più basso di me e anche più magro! Non penso sia una buona idea...”
“Ma tiravo di box, alla mia vecchia scuola- ”
“Non vedo cosa diavolo c’entri!” Lui sospirò.
“Senti, sarebbe troppo faticoso trascinarti su per le scale a piedi, e come se non bastasse potresti farti ancora più male!”
“Mi farò molto più male quando ruzzoleremo giù, perché succederà!” Blaine gli lanciò un’occhiata supplichevole, con quegli occhi che Kurt detestava.
Li detestava, perché non poteva farne a meno.
 
“Ti prometto che non cadremo. Fidati di me.”
 
Quelle parole lo travolsero come un treno in corsa.
 
La vita l’aveva allenato a non fidarsi di nessuno, mai, in alcun caso. Soprattutto dopo gli eventi dell’anno scorso, non aveva alcuna intenzione di riporre le sue speranze in qualcuno. Non era giusto. Non era possibile.
 
“...Come faccio a sapere che posso fidarmi di te?” Ed entrambi sapevano che quelle parole c’entravano ben poco con la faccenda delle scale.
 
“Non puoi saperlo. Ma puoi darmi una possibilità, e io posso darti la mia parola.”
 
A Kurt veniva da piangere.
Forse l’avrebbe fatto, se solo i suoi occhi non fossero stati ancora totalmente gonfi e pesti dalle lacrime di poco prima.
Prima che il suo cervello potesse mettere insieme qualsivoglia pensiero razionale, le sue mani si erano già timidamente aggrappate alle spalle di Blaine, in attesa di istruzioni sul da farsi.
 
Lui si illuminò in un sorriso che – in qualche strano modo che Kurt non voleva sapere – fece sì che il suo cuore accelerasse un tantino i battiti.
 
Doveva essere la paura di cadere dalle scale. Doveva esserlo per forza.
 
“Come...?” Blaine – in tutta risposta – fece scivolare il braccio che teneva dietro le spalle di Kurt un po’ più in basso, fino a cingergli tutto il torace. Poi si chinò, e gli passò l’altro braccio dietro alle ginocchia.
“Cos...?! Oh no... No no no...! Blaine!!” Ma ormai lui si era già rialzato, tenendolo come una sottospecie di sposa al suo primo ingresso in casa. Kurt si aggrappò istintivamente al suo collo, terrorizzato di cadere.
 
“Vedi? Ce la faccio!” Il ragazzo sbuffò sonoramente, sperando con tutte le sue forze che Blaine non si accorgesse del colore delle sue guance.
“Ok, questo è imbarazzante.” Blaine non commentò, limitandosi a fare qualche primo passo traballante su per le scale.
“Oh mio Dio... Peso troppo, davvero! Blaine ci ammazzeremo tutti e due, e- ”
“Kurt, puoi smetterla di agitarti, per cortesia?”
“Oh. Scusa.”
 
Per via di qualche strano astro a loro favore, riuscirono ad arrivare in cima alle scale.
 
“Dov’è la tua camera?” Kurt gli indicò l’ultima porta in fondo al corridoio, troppo imbarazzato per dire un’altra parola.
Entrarono con qualche difficoltà, e finalmente Blaine riuscì ad adagiare Kurt sul suo letto. Il ragazzo constatò che l’altro era praticamente viola per lo sforzo, e si volle sotterrare una volta in più, in quella meravigliosa giornata.
Poi, improvvisamente, sentì diventare fredda la pelle che fino a pochi istanti prima era avvolta tra le braccia di Blaine, e quella sensazione gli mancò.
 
“Grazie.” Disse sinceramente al ragazzo in piedi affianco al letto, che scrollò le spalle.
“Figurati... Oh! Kurt, dov’è la cucina?” Lui lo fissò confuso.
“...Sulla sinistra dell’ingresso, perché?”
“Arrivo subito.” Blaine scomparve oltre la porta, per poi ripresentarsi pochi minuti dopo con una busta azzurra in mano e una lattina nell’altra.
 
“Ho preso un po’ di ghiaccio... Non sembra che il tuo ginocchio regga granché bene. E questa se vuoi qualcosa da bere.” Kurt annuì, e avrebbe solo voluto che Blaine non fosse così adorabile, perché davvero, doveva esserci qualcosa in lui, qualche secondo fine, un perché che lo spingesse ad essere così gentile con uno come lui.
 
“Blaine... Perché fai tutto questo?” Lui si irrigidì, ed esitò qualche istante prima di rispondere.
“Te l’ho detto. Voglio esserti amico, e gli amici servono a questo, no?”
Già. Amico. Voleva essergli amico, ovvio, ed era esattamente ciò di cui lui aveva bisogno: un amico.
 
...Allora perché faceva così male?
 
“Grazie Blaine, davvero.” Lui annuì, porgendogli la lattina.
“...Immagino che dovrei lasciarti riposare. Mandami un messaggio quando stai meglio.” Kurt gli sorrise, sistemandosi come meglio poteva sul materasso.
Blaine sorrise di rimando, allontanandosi di qualche passo fino ad essere di nuovo sulla soglia della stanza.
“Ciao.”
“Ciao Blaine.” Si chiuse silenziosamente la porta alle spalle.
Kurt lo sentì fare le scale, chiudere la porta d’ingresso e mettere in moto l’auto.
 
Blaine se n’era appena andato, e Kurt voleva solo che fosse ancora lì.
 
Chiuse gli occhi immaginando le sue braccia ancora strette intorno a lui, ben consapevole che era una cosa che non doveva fare, ma altrettanto consapevole di non saperne fare a meno.
 
 

 
 
 
 
 
 
 
 


 
 
 
 
...Eccoci qua ^_^
Non ve lo nascondo: sono davvero curiosa di leggere i vostri commenti su questo aggiornamento in particolare. Tra tutti è il capitolo che più mi ha emozionato scrivere (lo so, sono pazza -.-“) però è così: ci tengo davvero a questo capitolo ^_^ Sarà perché rappresenta una svolta non da poco per Kurt, sarà perché ero quando l’ho scritto ero in un momento particolarmente sclerotico, ma ci tengo :’)
Detto questo, come preannunciato nell’introduzione, avrei due cosette da dirvi :)
 
Forse chi ha seguito anche la mia scorsa long se lo ricorderà dai miei accenni in merito nell’ultimo capitolo, in ogni caso ora vi racconto tutto u__u
Kappinias (mia amica, nonché compagna di scleri) ed io abbiamo unito le nostre forze (?) e ci siamo date ad una collaborazione, partorendo una FF a quattro mani ;)
Ci lavoriamo da un bel po’, e approfitto di queste note per presentarvela e lasciarvi il link nel caso siate interessati a darle un’occhiata ^_^
Allora: Kurt e Blaine vivono entrambi a New York, ma non si sono mai conosciuti, almeno fino a quando un incontro casuale non cambierà completamente le loro vite ;).
Sì, lo so cosa state pensando: “Ecco. Si vedono, si innamorano, si sposano e adottano tanti PamPini u.u” E invece no XD!! Già, perché questo famoso incontro sarà... diciamo... piuttosto fisico (!) e Blaine non è il caro ragazzo che conosciamo... e ha anche parecchie cose da nascondere ;) Mentre Kurt... Povero Kurt XD
Beh, la smetto o vi racconto tutto quanto -.-“
Sappiate solo a titolo informativo che scriviamo un capitolo a testa: Kappinias è Kurt, io sono Blaine XD (il che è una sfida anche per noi dato che lei è fan sfegatata di Blaine e io lo sono di Kurt). Aggiorniamo ogni mercoledì, quando ci troviamo a casa sua per (ri)vedere le puntate di Glee in TV, dato che io non ho sky (>.<) e... Ok, tutto questo non c’entra XD Bando alle ciance! Ecco il link --->  http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=913088&i=1 
Ok, e questa è fatta u.u
 
...Vi confesso che mi vergogno non poco a dire quello che sto per dire... Ma ormai sono qui e tanto vale farsi compatire del tutto -.-“ *prende un bel respiro* Allora... Ci sarebbe quest’altra storia che (purtroppo) ho scritto per conto mio (della serie: non posso incolpare nessun altro :S) e... Beh. È nata per via del fatto che scrivo sempre cose cariche di dramma e/o fluff, per cui mi serviva qualcosa per staccare un po’ la spina... qualcosa di folle, demenziale, completamente privo di senso e del tutto OOC... Beh, trovato -.-“
Dovete sapere *si vergogna* che mi sono cimentata in una breve long (tipo 5 capitoli... ancora non so :S) Fibastian.
Sì. Avete capito bene. Finn e Sebastian. Rinchiudetemi vi prego >.< Poi vabbé, ci sono anche i nostri Klaine ovviamente, e Rachel, e... Stendiamo un velo pietoso -.-“
Ok, io il link lo lascio, ma davvero, non sentitevi in dovere di cliccarci sopra perché è davvero demenziale XD Giusto nel caso qualcuno si volesse fare qualche risata (?) questo è il link al primo capitolo (ne ho scritti due -.-“) ----> http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=871723&i=1
Ok. Mi scuso per questo papiro, e ribadisco: non vedo l’ora di sapere cosa ne pensate di questo nono capitolo :D
Un grazie speciale a chiunque sia arrivato a leggere fin qui ç____ç
  

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Buon inizio settimana a tutti :D
Non fatevi ingannare dalla faccina sorridente: oggi c’è ben poco da sorridere *è in lutto per il rientro forzato a scuola* T______T
Ok, stendiamo un velo pietoso sulla mia condizione psico-emotiva e parliamo di questo capitolo u_u
Ci sarà una svolta, cari/e ragazzi/e, e in teoria avrebbe dovuto essere tutta in un unico aggiornamento, ma era davvero impossibile se pretendevo di raccontare tutto con precisione e far anche quadrare i comportamenti dei personaggi... Quindi sì: due (lunghi -.-“) capitoli :S ...Quello di giovedì sarà pure peggio, quindi preparatevi psicologicamente XD
 
Detto questo prima di lasciarvi leggere in pace ci tenevo a dire una cosa: mi avete commossa ç____ç
Davvero! Alla fine dello scorso aggiornamento avevo scritto che ero particolarmente curiosa di leggere  i vostri pareri perché era un capitolo al quale tenevo tanto...
E voi? 29 recensioni T____T Non avete idea di quanto vi adori :’) Poi avete scritto cose talmente belle che continuo a essere certa di non meritarle ç___ç. Grazie, per farmi ricordare ogni giorno il motivo per cui pubblico su questo sito, grazie per supportarmi e sopportarmi e per essere così speciali :’) In particolare un abbraccio a Endgame_Klaine, violanassi, Sunshine92, TheScrafOfTheSexualPreference, lolaly, GleekLove91, elisabethy92, xChicory, Carolina110411, aleka_80, Alessandranna, xnotsonaive, HopeAndHuggy, tonkseremus4ever, Tallutina, Evy78, saechan, JulesCullenMeyer, LaylaColfer, MissingPieces, LexyDC__, nem, aLoserLikeMe, Maggie_Lullaby, sakuraelisa, SiaStew, safelia22, BlackLittleMole, Sirymcgregor e GinnyIris93   *___________________*
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
– Torno a scuola domani _Kurt –
 
Blaine rilesse l’sms più volte, neanche sperasse che le lettere cambiassero magicamente ordine andando a formare chissà quale messaggio segreto.
 
Eppure era esattamente così che stavano le cose.
Kurt era stato preso di mira – di nuovo – da quei bulli psicotici, lui l’aveva riportato a casa e diamine, l’aveva preso in braccio!
 
Blaine ancora non riusciva a credere che fosse successo per davvero.
 
Certo, Kurt era più alto e di conseguenza più pesante, eppure mai peso da trasportare gli era parso più leggero, soprattutto quando si era appiattito contro di lui nel terrore di cadere.
Gli sembrava di sentire ancora il suo respiro agitato sulla pelle, le dita sottili aggrappate alla maglietta e quelle gambe – quelle gambe – agganciate al suo braccio.
 
Blaine rabbrividì ancora a quel pensiero, ma doveva guardare in faccia la realtà.
Era passata una settimana dal giorno dell’aggressione, e Kurt si faceva sentire solo ora, con un anonimo torno a scuola domani.
Non che si aspettasse chissà quali telefonate chilometriche, ma almeno un avviso di miglioramento, un come va ogni tanto... qualcosa, insomma.
 
Invece tornava a scuola domani. Punto e basta.
 
Blaine sospirò. Doveva smettere di pensarci. Cosa si aspettava, in fondo? D’altronde l’unica cosa che voleva, che voleva davvero, era irrealizzabile. Perché non riusciva semplicemente a smettere di essere pazzo di lui?
 
 
“Ciao Blaine! Ci sei oggi alle prove del Glee? Ho organizzato un’audizione a Lord Tobbinghton!” Cinguettò Brittany, affiancando il ragazzo in direzione dell’aula di Inglese.
“Uh, ciao Britt! Certo che ci sono.”
“...Cos’hai?” Blaine alzò un sopracciglio, guardandola con fare interrogativo.
“Voglio dire, oltre a rifiutare tutte le mie avances in questi ultimi giorni sei strano... Sembri triste...” Oh, perfetto. Se se n’era accorta anche Brittany doveva essere davvero evidente.
“Niente di che, sono solo un po’ stanco ultimamente.” Lei annuì saggiamente, per poi assumere un’aria preoccupata.
 
“...Hai un pisello sotto al materasso, Blaine?” Il ragazzo strabuzzò gli occhi.
 
“Prego...?!” Lei scosse la testa, comprensiva.
“Certo che non sai proprio niente! Se sei stanco è perché non dormi, e se non dormi l’unica spiegazione è che hai un pisello sotto il materasso.”
“Oh buon Dio...” Mormorò Blaine, passandosi una mano tra i capelli impomatati di gel dalla disperazione.
“Sul serio, Blaine! Dovresti cercarlo, dopo non saresti più stanco e... Oh!” Il ragazzo aveva seriamente paura di domandarle a cosa fosse dovuta la sua ultima esclamazione.
“Dimenticavo! Questa cosa vale solo per le principesse, quindi non so davvero perché non riesci a dormire. A meno che... Sei una principessa, Blaine?” Chiese con sincero interesse.
 
Blaine non sapeva se ridere o a piangere.
 
“...No Britt, non sono una principessa. Ehm... dovremo entrare in classe, adesso...” Fece indicando l’aula che avevano appena raggiunto. Lei si strinse nelle spalle.
“Oh, tu vai pure. Io penso che cercherò Rachel per convincerla ad insegnare qualcuno dei suoi esercizi per la voce a Lord Tubbinghton. I professori mi danno voti più alti quando non ci sono.”
 
 
                                                                  ***
 
 
Kurt stava meglio, almeno fisicamente parlando.
 
Il ginocchio si era sgonfiato, la ferita al labbro si era rimarginata e un livido violaceo sulle costole era ciò che rimaneva di quel dolore così forte al petto che rendeva il semplice respirare un’impresa non da poco.
 
Non era stato facile riuscire a nascondere tutto a suo padre e a Carole, ma buona parte dei danni erano mascherabili sotto i vestiti, e a quel punto bastava non zoppicare troppo vistosamente.
C’erano stati momenti in cui avrebbe voluto che lo vedessero.
Attimi in cui aveva dovuto fisicamente trattenersi per evitare di raccontare ogni cosa, ma in qualche modo ci era riuscito. Non poteva farlo.
 
Il giorno dopo sarebbe tornato a scuola, perché non poteva essere bocciato né scappare per sempre.
 
La cosa più assurda in tutta quella faccenda era che, più che volersi nascondere da Seth, come sarebbe stato giusto, naturale e ovvio, voleva nascondersi da Blaine.
 
Era tremendamente irrazionale, tuttavia l’unico modo che Seth aveva per entrare in contatto con lui erano le botte.
Avevano un inizio e una fine, lasciavano dolore, ma poi se ne andavano.
 
Blaine invece disponeva di armi ben più pericolose.
 
I suoi occhi, per esempio, o la sua voce. Quel modo di sfiorarlo senza toccarlo davvero, il suo essere gentile, e mille altre cose che avevano il potere di entrare dentro di lui e, al contrario dei lividi, non si riassorbivano mai.
 
Blaine l’aveva visto come non aveva mai permesso a nessuno.
Indifeso, solo, spezzato.
 
L’aveva preso in braccio, e lui aveva pianto, davanti a Blaine.
 
Era stato troppo, ben lontano dai suoi propositi iniziali di un’amicizia distaccata.
Si era lasciato andare secondo dopo secondo e, senza quasi rendersene conto, aveva lasciato che Blaine si prendesse tutto lo spazio, in un modo sbagliato, lo stesso che gli aveva rovinato la vita, eppure al contempo completamente diverso.
 
Blaine che si era guadagnato la sua fiducia senza chiedere nulla in cambio, Blaine che in due mesi l’aveva fatto sorridere più che in una vita intera.
 
 
Kurt, in quei giorni lontano dalla scuola, aveva avuto modo di pensare, di essere pervaso dalla consapevolezza che forse, dopo ciò che era successo, tenersi tutto dentro non avesse più alcun senso.
Blaine aveva visto, aveva visto ogni cosa, aveva visto dentro di lui in un modo nuovo, inaspettato, completamente diverso da come lo vedevano gli altri.
 
Da come si vedeva lui.
 
Per quanto fosse doloroso, era arrivato il momento per Kurt di fare i conti con se stesso.
 
Sarebbe stato orribile, una tortura, ma forse dirlo a qualcuno, qualcuno di cui si poteva fidare, avrebbe rappresentato un primo passo, un modo per buttare fuori quell’inferno che si portava dentro da troppo tempo.
 
E lui, che lo volesse o meno, nonostante avesse giurato di non farlo, nonostante non fosse prudente e sicuramente non rientrasse nei suoi piani, si fidava di Blaine.
 
Doveva solo mettere da parte la paura e sperare che lui ascoltasse senza giudicare.
 
Sperare che lo stringesse ancora una volta.
 
 
                                                                  ***
 
 
Sabato mattina, Blaine iniziava seriamente a chiedersi da quando in qua “torno domani a scuola” fosse diventato un concetto interpretabile.
 
Aveva presenziato a tutte le prove del Glee Club, frequentato le lezioni e si era anche cimentato nella sfida si avere Brittany come compagna per un progetto di Scienze, a costo di tenersi occupato.
 
Kurt sarebbe dovuto tornare giovedì, ed era sabato.
 
Aveva scritto dozzine di sms in cui gli chiedeva dov’era, come stava e perché non era lì, ma non aveva avuto il coraggio di spedirne nemmeno uno.
 
Blaine sbuffò, sollevato che almeno quel giorno le prove saltassero per via del corso di potenziamento di Spagnolo che il professor Shuester doveva tenere.
Neanche a dirlo Rachel si era offerta di fare le sue veci, ma aveva rischiato seriamente di essere presa a sassate, così aveva rinunciato all’idea.
 
Il ragazzo aprì svogliatamente l’anta del proprio armadietto e, mentre riponeva i libri al suo interno, qualcosa attirò la sua attenzione.
 
Un foglietto piegato in quattro era appena scivolato fuori dalla cassettiera, svolazzando fino a terra.
Blaine lo raccolse prima che uno fra i pochi studenti che ancora non erano usciti da scuola lo calpestasse, e lo aprì incuriosito.
 
Scusami. So che avevo detto che sarei tornato due giorni fa, ma c’erano delle cose a cui dovevo pensare. Se hai tempo vorrei parlarti dopo la scuola. Ti aspetto vicino alla tua macchina. Kurt
 
Fu un miracolo che si ricordasse di chiudere l’armadietto prima di correre verso il parcheggio.
 
 
 
Kurt era lì, esattamente come aveva scritto.
Avrebbe riconosciuto anche a un chilometro di distanza la sagoma appoggiata al cofano della sua macchina.
 
“Kurt!” Lui si voltò di scatto, con un lampo terrorizzato negli occhi.
“Ehi... Stai... stai bene?” Gli domandò d’istinto, avvicinandosi lentamente all’auto fino a trovarselo davanti. Era bellissimo, ma non era a questo che doveva pensare.
Kurt prese un profondo respiro e abbassò lo sguardo sull’asfalto.
“No. Non sto bene.”
 
Blaine cercò i suoi occhi, ma non li trovò.
 
“...Se il ginocchio ti fa ancora male potresti- ”
“Non è il ginocchio.” Il moro smise di parlare. Non aveva idea di cosa Kurt si aspettasse che lui facesse, ma davvero, ormai non sapeva più quale fosse la mossa giusta.
 
Kurt contemplò qualche istante la sua espressione sconfitta, per poi abbandonare lungo il corpo le braccia che fin’ora aveva tenuto strette al petto.
 
“Senti Blaine, io... Mi dispiace, ok? Per tutto. Mi dispiace per averti snobbato... per averti trattato in questo modo tutto il tempo. Scusami.” Mormorò, lasciandosi scivolare sulla mollemente carrozzeria dell’auto fino a sedersi sull’asfalto a gambe incrociate. Sembrava stanco, senza forze, arreso come quando si era lasciato andare in quel bagno deserto.
 
Blaine andò istintivamente a mettersi accanto a lui, appoggiando la schiena alla portiera. Colse negli occhi chiari che aveva di fronte talmente tanta sofferenza che dovette stringere i pugni, per non lasciarsi travolgere.
“Non importa Kurt, davvero.”
 
E non importava. Non importava perché, volente o nolente, ti faresti anche ridurre a brandelli pur di restare a fianco, di far sentire bene la persona che ti fa battere il cuore.
 
Blaine avrebbe voluto dirlo a Kurt, ma non poteva rovinare tutto.
 
“Sì che importa! Tu mi sei stato accanto fin dal primo momento, senza mai chiedere nulla in cambio, Blaine... Tu hai fatto una cosa che nessuno aveva mai fatto per me.” Si voltò verso di lui, facendo combaciare i loro sguardi.
 
Blaine avrebbe solo voluto sporgersi in avanti e baciarlo, ma non era questo che doveva fare.
 
“Cosa... Cosa ho fatto?” Lui sorrise. Il cuore di Blaine perse un battito.
“Sei riuscito a farmi credere nelle persone, Blaine. Almeno un po’. Non pensavo sarebbe successo di nuovo. E ho provato... ho provato per talmente tanto tempo a impedirmelo che... non riesco neanche ad accettarlo, eppure... Io mi fido di te.”
 
Blaine voleva dire qualcosa. Voleva, davvero, ma il suo cuore batteva troppo forte per concedergli di parlare, e comunque non era sicuro che le sue labbra sarebbero riuscite a pronunciare qualcosa di diverso da mi fai impazzire.
Rimase in silenzio, a boccheggiare come un pesce.
 
Kurt sostenne lo sguardo di Blaine qualche altro istante, poi si lasciò andare a una risata triste.
“Lo so, lo so... È una cosa stupida. Insomma, le persone si fidano delle altre persone tutti i giorni, non dovrebbe essere strano o eccezionale. È solo... io non mi sono mai- ”
“Kurt.” Lui continuava a scuotere la testa lentamente, sorridendo appena al pavimento sotto di loro.
“Kurt, guardami.” Kurt si irrigidì appena a quelle parole, ma un attimo dopo alzò nuovamente il capo.
Non è stupido.” Lui sembrò sinceramente colpito da quell’ultima frase, tanto che dovette sbattere le palpebre un paio di volte, prima di parlare di nuovo.
 
“Blaine... proprio per quello che ho detto, per il fatto che mi fido di te... C’è una cosa che vorrei dirti.” Blaine annuì, il cuore che martellava all’impazzata. Kurt cominciò a tormentarsi nervosamente le dita.
“Io... non l’ho mai detto a nessuno, quindi...”
 
Stava per piangere.
 
Blaine poteva capirlo dai suoi occhi nuovamente sfuggenti, dalle labbra che tremavano appena, dalle sopracciglia impercettibilmente aggrottate.
 
 
Tempo fa gli aveva detto di non voler essere toccato.
 
Blaine si augurò che, dopo averlo portato in camera sua in braccio, quella regola non valesse più.
 
“Kurt, sta tranquillo, ok? Sono qui, e ti ascolto. Ma prima...” Gli occhi di Kurt saettarono di paura. Blaine prese un profondo respiro.
“Se quello che stai per dirmi ti sconvolge tanto, penso che potrebbe aiutarti se lasciassi che io...” Allungò timidamente un braccio tra Kurt e la carrozzeria della macchina, invitandolo ad appoggiarsi alla sua spalla.
 
E Blaine pensava davvero che questo potesse aiutare – sua madre non aveva lasciato la sua mano nemmeno per un attimo in ospedale, dopo l’aggressione di diversi anni prima –.
...E voleva anche stringere Kurt di nuovo.
 
Per una volta, dovere e piacere andavano di pari passo.
 
Lui sembrò pensarci qualche istante, e Blaine a stento credeva ai suoi occhi quando lo vide spostarsi cautamente verso di lui, guardandolo da sotto le ciglia, quasi a chiedere come doveva sistemarsi.
 
Blaine gli passò un braccio dietro le spalle, attirandolo dolcemente verso di sé fino a quando non appoggiò la testa sulla sua spalla.
Kurt si accoccolò contro di lui, tornando poi a incrociare le braccia al petto.
Blaine gli accarezzò un braccio con fare incoraggiante, in attesa che iniziasse a parlare.
 
Passarono alcuni minuti in silenzio, durante i quasi Blaine godette della sensazione di avere Kurt tra le sue braccia.
 
“Puoi... Puoi promettermi di non giudicarmi?” Chiese a un tratto con un filo di voce. Il moro dovette trattenersi dal lasciargli un bacio tra i capelli.
“Te lo prometto.” Kurt prese un profondo respiro.
“Non sono stato sempre così.” Cominciò, parlando talmente piano che Blaine dovette quasi appoggiare la testa sulla sua per riuscire a sentire.
“Non... Non ero così, con le altre persone. Non evitavo la gente e non mi piaceva stare da solo.” Blaine, inconsapevolmente, lo strinse un po’ più forte. Kurt balbettò, e stava iniziando a tremare.
“Kurt...?”
“Ti ho mentito.”
“Cos- ”
“Quel giorno, in segreteria, quando sei venuto ad aiutarmi per la prima volta. Ti ho mentito.” Blaine ripercorse mentalmente la loro conversazione di quel giorno e, malgrado si sforzasse, gli veniva in mente solo e soltanto una cosa sulla quale Kurt avrebbe potuto raccontare una bugia.
 
Eppure no, non poteva essere.
 
“...E su cosa avresti mentito?”
Ti prego non farmelo dire ad alta voce...” Sussurrò Kurt, con una punta d’odio.
“Io... Io non capisco...”
 
“Quello che hanno detto... loro. È vero. Sono così. Lo so che è... orribile e... non l’ho mai detto a nessuno...”
 
Blaine non riusciva a crederci.
Prima di tutto, non poteva credere che Kurt avesse davvero usato l’aggettivo orribile riferito a se stesso, cosa che alle sue orecchie era davvero un abominio bello e buono. In secondo luogo... Gli stava davvero dicendo di essere gay?
 
Blaine dovette seriamente sforzarsi per non alzarsi in piedi ed esultare.
Insomma, il ragazzo per cui aveva completamente perso la testa gli aveva appena rivelato l’unica cosa che da sempre aveva segretamente sperato di sentire, e...
 
I suoi pensieri si interruppero, e a un tratto sentì come se qualcosa di molto affilato lo stesse trapassando da parte a parte.
 
Kurt aveva appena detto che era orribile, orribile essere com’era.
 
Che non l’aveva mai detto a nessuno, nonostante i suoi diciassette anni.
 
Poi Blaine sapeva per certo che era stato insieme a Brittany per un anno.
 
D’un tratto gli riaffiorarono alla mente le parole che Mercedes gli aveva detto all’inizio della scuola, e fu come una seconda coltellata al petto.
 
Poi c’è stato il periodo in cui ha iniziato a uscire con Brittany, cosa che ha portato la sua reputazione alle stelle.
Faceva di tutto, insomma, ma non era affatto felice.
 
Blaine sentì il cuore sbriciolarsi nel petto.
Quel ragazzo doveva aver sofferto così tanto...
 
Il moro si irrigidì, provando in tutti i modi possibili a trattenere le lacrime che gli si stavano formando agli angoli degli occhi. Kurt, dopo qualche altro istante di silenzio, si staccò quasi violentemente dal corpo dell’altro, alzandosi in piedi a una velocità impressionante.
“Lo sapevo. Sapevo che non avrei dovuto dirtelo. Mi dispiace, ok? Fai finta che non abbia detto nient- ”
“Kurt. Ti prego.” Blaine riuscì ad afferrargli il polso, impedendogli di scappare.
 
“Non... non dovrei essere così. Ti capisco se non vorrai più avere a che fare con me.” Affermò, senza incrociare il suo sguardo.
“E credi davvero che una cosa del genere potrebbe impedirmi di esserti amico? Non c’è niente di orribile in te, Kurt.” A quelle parole le sue guance pallide acquistarono un po’ di colore e Dio, era semplicemente perfetto.
 
Ci volle qualche minuto perché tornasse a sedersi e, sotto invito di Blaine, si avvicinasse nuovamente a lui.
 
“Ho sempre saputo di avere qualcosa di diverso.” Cominciò, pronunciando le parole più veloce possibile, quasi volesse evitare che gli contaminassero la bocca.
“...Tuttavia non sapevo di essere... in quel modo. Ma è bastata la consapevolezza di non essere come tutti gli altri a far iniziare tutto quanto.” Sospirò appena.
“I bambini si accorgono subito quando gli vuoi nascondere qualcosa. Io provavo a fingere che mi piacessero i loro stessi giochi, e mille altre cose che credevo non avrebbero notato. Ma se ne accorgono, e ti isolano. Hai idea di come sia vivere la solitudine a otto anni, Blaine?” Chiese, la voce talmente distante che ascoltarla spezzava il cuore.
 
“Quando mia madre è morta mi è caduto il mondo addosso. Credevo che tutti mi respingessero, quando forse ero io il primo a farlo... Poi prima delle superiori ho conosciuto Mercedes, Tina, Rachel e buona parte delle ragazze che ora sono nel Glee Club. Con loro riuscivo ad essere spensierato, ogni tanto, anche se continuavo a non capire cosa ci fosse di strano in me, cosa avesse spaventato tanto gli altri bambini quando eravamo più piccoli.” Kurt ridacchiò tristemente.
“La risposta è arrivata poco prima dell’inizio del liceo.” Blaine non avrebbe potuto giurarlo, eppure era piuttosto certo che si stesse mordicchiando il labbro inferiore, con lo stesso minuzioso nervosismo di quando era terrorizzato per qualcosa.
 
“...Ho iniziato a provare delle... uhm... cose, e non nei confronti delle ragazze, come tutti gli altri.” A ogni parola che pronunciava, sembrava farsi un po’ più piccolo contro la spalla di Blaine.
 
“Era così... ingiusto. Ne avevo patite talmente tante, io... avrei solo voluto che fosse tutto un po’ più facile, che... Non lo so. Assomigliare agli altri almeno in una cosa, una volta tanto.” Sospirò appena, stringendosi più forte le braccia intorno al petto.
“... Mercedes e le altre iniziavano a sospettare qualcosa, e io volevo solo essere lasciato in pace. Quando ho iniziato il liceo mi sono ripromesso che avrei fatto di tutto per far sì che non si rivelasse un inferno, come era stata la mia vita di prima. Mi sono iscritto alla squadra di football, ho iniziato a frequentare più raramente i miei amici che nel frattempo si erano uniti al Glee Club, dato che era considerato da tutti un covo per sfigati.” Blaine non fu in grado di fermare le proprie stesse parole.
 
“Mi dispiace tanto, Kurt- ”
“Non farlo. Nonostante tutto, i primi due anni me la sono cavata: grazie al football ho conosciuto alcuni ragazzi, Finn per esempio. Ad una partita sua madre e mio padre si sono incontrati, e l’anno scorso si sono sposati.” Sorrise, forse con una punta d’amaro in meno.
“Non è stato facile tenerlo nascosto... quello intendo, a tutti quanti. Ma avevo trovato un equilibrio. Una specie.” Kurt si strinse nelle spalle, e nel farlo il tessuto spugnoso della sua felpa sfregò contro quello della camicia di Blaine. Era lì, vicino a lui.
 
“...Poi Brittany ha detto di voler essere la mia ragazza. Era una cheerleader, stare con lei significava porre fine a qualunque tipo di pettegolezzo sarebbe potuto girare sul mio conto.” Blaine annuì, per il semplice fatto che aveva promesso di non giudicarlo. Fosse stato per lui, gli avrebbe detto che non si meritava niente del genere, non poteva farsi questo, non poteva demolirsi in quel modo.
 
“Ho lasciato che mi baciasse. Io... non avevo mai baciato nessuno e mi sembrava così... insignificante. Lasciavo che accadesse, sperando che succedesse il meno possibile.” Kurt rimase in silenzio un istante, prima di aggiungere qualche parola.
 
“...In realtà la maggior parte delle volte fingevo semplicemente che ci fosse qualcun altro al suo posto. Non so nemmeno chi, in realtà.”
Lasciò lentamente la presa attorno al suo petto, e si sollevò poco a poco da Blaine, allontana dosi quel tanto che bastava per poterlo guardare negli occhi.
 
“Questo... tutto questo non è fine a se stesso. Nonostante ciò che è successo sono sempre riuscito a cavarmela: stavo con Brittany, anche se non volevo, ero nella squadra di football, anche se la detestavo, ma avevo i miei amici nel Glee Club, e riuscivo a destreggiarmi- ”
 
“...Ma?” Domandò Blaine, reggendo il suo sguardo trasparente.
 
Lo chiese, perché sapeva, sentiva che c’era qualcosa d’altro, qualcosa di forte, qualcosa che aveva costretto Kurt a premettere tutta quella triste storia prima di poter essere rivelato.
 
Il lampo terrorizzato che contaminò i suoi occhi chiari fu sufficiente: non si sbagliava.
 
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Ed eccoci qui ^_^
...Nel caso ve lo steste chiedendo, sì: il prossimo è il famoso capitolo dove sapremo tutta la verità su Kurt. E’ completamente sotto il suo punto di vista... Spero vi piacerà :)
Giusto per precisare avrete notato che ho fatto conoscere in modo diverso Burt e Carole, ma era l’unico che poteva addirsi a questo Kurt... Non ce lo vedevo a provarci spudoratamente con Finn, non avrebbe avuto senso con tutto il resto, soprattutto dopo ciò che ha raccontato a Blaine in questo capitolo :S
A giovedì <3

  

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Buonasera a tutti :)
Prima di parlare brevemente del nuovo capitolo (e cercherò di essere rapida, dato che già di suo è decisamente lungo e per chi ha tempo e voglia ci sono altre note in fondo) non posso che dirmi per l’ennesima volta incredibilmente stupita. Davvero, di tutto mi sarei aspettata ma mai che questa storia ricevesse così  tanti consensi, e che sempre più persone abbiano voglia di dedicare a me e a questa FF qualche minuto per farmi sapere il loro parere ç___ç Non ho parole per dirvi quanto siete tutti fantastici e fin troppo gentili con me :’) 

Questa volta, oltre alle fantastiche persone che hanno messo questa storia tra preferite/seguite/ricordate, mi trovo a ringraziare addirittura 35 amabili esseri che hanno recensito lo scorso capitolo ç__ç *ama* Quindi un bacio a Fiby AndersonBoss_ , sandy_hachi, tartufo, LaylaColfer, Psike, violanassi, Sunshine92, Misato85, Evy78, P e r l a, YouArePerfectToMe, elisabethy92, JulesCullenMeyer, GleekLove91, Alessandranna, lolaly, aleka_80, Tallutina, nem, seachan, Maggie_Lullaby, _Haven, FradoraZooey, aLoserLikeMe, GinnyIris93, xnotsonaive, xChicory, itsgiulsparawhore, sakuraelisa, BeatriceS, Merilwen, Sirymcgregor, LexyDC__ e SiaStew        *_______________*
 
Detto questo carissimi/e, come avrete intuito questo è il capitolo in cui Kurt racconta a Blaine la sua storia. Sarà tutto sotto il punto di vista di Kurt, e non si tratterà di un dialogo esclusivo tra loro due, ma sono inseriti direttamente degli spezzoni del passato.
...Non aggiungo altro ^_^ Riservo le note alla fine, per ora mi eclisso e vi lascio alla lettura :)

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 



 
 
 
 
 
“Ma...?”
 
Kurt non riusciva a crederci.
 
Semplicemente non riteneva possibile di aver davvero trovato il coraggio di aprirsi in quel modo con qualcuno.
Non aveva mai raccontato la sua vita, e farlo a voce alta la faceva sembrare ancora più disastrosa di quanto non fosse realmente.
 
Aveva appena confidato a Blaine una cosa che non aveva mai ammesso con nessuno, tantomeno con se stesso, e nonostante ciò lui aveva deciso di non andarsene. Era rimasto lì, e l’aveva di nuovo accolto tra le sue braccia.
 
Proprio per questo Kurt si sentiva in colpa.
 
Era mortificato per essere stato così sospettoso nei confronti di Blaine, per averlo trattato male ed averlo evitato. Gli dispiaceva, proprio ora, costringerlo a condividere con lui un peso che lo opprimeva da fin troppo tempo, così soffocante che a volte gli impediva di respirare.
 
E, più di tutto, si sentiva in colpa per non potergli dire tutta la verità.
 
Avrebbe voluto rivelargliela, davvero, ma non poteva semplicemente dirgli come lo faceva sentire ogni volta che i suoi occhi color caramello si posavano su di lui.  Non poteva dirgli di quanto disperatamente avesse provato a tenerlo lontano da sé, nella speranza che i suoi stupidi sentimenti si affievolissero fini a scomparire.
Non poteva, non poteva fargli sapere che il suo cuore batteva più forte quando l’aveva vicino.
 
Blaine non era come lui, non poteva dargli quello che suo malgrado cercava e, soprattutto, Kurt non era per niente sicuro di volerlo accanto a sé in quel modo, non dopo ciò che era successo l’anno prima.
 
Aveva troppa paura per dimenticare.
 
“...Kurt?” Incontrò nuovamente lo sguardo di Blaine, che lo fissava come se fosse qualcosa su cui valesse la pena posare gli occhi. Nessuno l’aveva mai considerato in quel modo prima di allora.
“Non posso costringerti ad ascoltare questa storia.
Se non vuoi, se pensi di non riuscire a mantenere il segreto... qualunque cosa, Blaine, sei libero di dirmi che non vuoi starmi a sentire.” Blaine rispose più prontamente di quanto avesse potuto sperare.
“Kurt... mi hai detto delle cose, prima, cose che non hai mai detto a nessuno. Posso solo essere onorato che tu abbia scelto me per confidarle, e non ho intenzione di tirarmi indietro adesso. Sono qui perché voglio essere qui, chiaro?”
 
Kurt non sapeva esattamente a che punto di quel discorso si fosse sentito demolire qualcosa dentro. Qualcosa che assomigliava pericolosamente all’ultima pietra di quel muro costruito in una vita, abbattuto in qualche mese.
Non si accorse di aver preso a stritolarsi le mani l’una con l’altra, ma si accorse quando Blaine le prese entrambe nelle le sue.
“Kurt... Ehi...?”
“Solo... grazie.” Gli lanciò una delle sue occhiate luminose, di quelle che gli facevano venire voglia di sporgersi verso di lui e compiere quel piccolo gesto che, nonostante tutto, non aveva mai conosciuto, non davvero.
“Questo è un segreto, Blaine.” Si affrettò a chiarire.
“Se Seth e gli altri vengono a sapere che l’ho detto a qualcuno, io...”
“Seth?”
“Uno dei tizi che... Sai...”  Blaine annuì serrando le mascelle, e Kurt era abbastanza sicuro di aver letto un moto di rabbia, da qualche parte oltre il luccichio dei suoi occhi.
 
Il ragazzo abbassò lo sguardo sulle sue mani che Blaine teneva ancora strette alle sue.
Era una bella sensazione.
 
“Tutto è cominciato l’anno scorso, quando giocavo a football e stavo insieme a Brittany.” Kurt sospirò.
Davvero, non aveva idea di come sarebbe riuscito a dirlo a voce alta.
“Va tutto bene.” Gli sussurrò Blaine, e Kurt non poté fare a meno di annuire.
“... In squadra oltre a me, Finn, Mike, Puck, Seth, Anthony, Gregor e diversi altri, c’era anche questo ragazzo dell’ultimo anno...” Gli occhi di Kurt si offuscarono, scavalcando quella dimensione per catapultarsi in un’altra, così dolorosa da togliere il fiato.
“... Si chiamava Trevor.”
 
 
                                                                    *
 
 
“E dai Kurt! Perché non vuoi unirti al Glee? Rachel non fa che dire che hai una bellissima voce!” Kurt si passò una mano tra i capelli ancora umidi dalla doccia, sistemandosi la maglietta pulita che aveva appena indossato.
“Come ti ho già detto mille volte sia a scuola che a casa, non ho intenzione di unirmi al Glee Club, Finn.” Il più alto sbuffò sonoramente.
“Ma perché? È divertente, e poi ci sono tutti i tuoi amici-”
“Finn, per pietà, finiscila con questa storia!” Il ragazzo mise il broncio, uscendo dallo spogliatoio con aria depressa.
 
Kurt non voleva trattare male il suo fratellastro, davvero. Solo che era tremendamente insistente, e non voleva mettersi in testa che non c’era verso che lui rinunciasse a alla sua reputazione costruita a sforzi e sacrifici solo per cantare qualche canzone e cimentarsi in balletti stupidi.
 
Si tirò su i pantaloni velocemente, ringraziando suo malgrado la propria orrenda divisa da football che gli impediva anche volendo di indossare quegli abiti attillati, dalle forme strane o dai colori improbabili dei quali pullulava il suo guardaroba.
 
Non sapeva nemmeno perché li aveva comprati, in effetti.
O forse lo sapeva, ma non aveva intenzione di ammetterlo.
 
“Ehi Hummel.” Kurt sobbalzò, e per un attimo temette di non riuscire a contenere quella punta stridula che caratterizzava la sua voce quando si spaventava per qualcosa.
“T-Trevor. Pensavo non ci fosse più nessuno in spogliatoio...” Lui appoggiò la spalla a uno degli armadietti, con uno strano sorrisetto stampato in faccia.
“Stavo aspettando che quell’idiota di tuo fratello si levasse dalle palle, in realtà. C’è una cosa di cui vorrei parlarti.” Kurt stava per dire qualcosa in difesa di Finn, ma Trevor non gliene lasciò il tempo.
 
“Ti ho già capito, Kurt.” Il ragazzo spalancò gli occhi chiudendo con studiata lentezza l’anta del proprio armadietto, per poi sedersi sulla panca dietro di lui ad allacciarsi le scarpe.
“...Non vedo cosa ci sia da capire su di me.” Trevor ridacchiò, allontanandosi dalla fila di armadietti per andarsi a sedere accanto a Kurt.
“Andiamo! Sai benissimo a cosa mi riferisco...”
“Non credo proprio.” Trevor si voltò del tutto verso l’altro, mettendosi a cavalcioni sulla panca.
“Ah no? Molto bene. Lascia che te lo spieghi io, allora.” Esclamò, fissandolo negli occhi.
“Sei il kicker della squadra di football, quando baci la tua ragazza sembri sul punto di vomitare , fai sempre la doccia nell’angolo più remoto dello spogliatoio e ci metti degli anni a sistemarti i capelli dopo l’allenamento. Pensavi davvero che non me ne fossi accorto?”
 
Kurt sperò con tutto il cuore che quello fosse solo un incubo, e che ben presto si sarebbe risvegliato sotto le coperte, stringendo la federa del cuscino al posto dei lacci delle scarpe.
 
“Continuo a non capire dove stia il punto.”
“Il punto...” Cominciò Trevor, afferrandogli il mento tra le dita in modo che tornasse a guardare verso di lui.
“...è che tu giochi per l’altra squadra. E sai cosa intendo.” Spiegò, senza togliersi dalla faccia quel suo sorrisetto beffardo.
Kurt si sentì impallidire, con il cervello già impegnato a progettare spiegazioni varie ed eventuali da fornire al suo compagno di squadra per dissuaderlo da quell’idea.
 
Aprì la bocca per parlare, ma lui gli aveva già posato un dito sulle labbra.
 
“Ssh... Calmati, dolcezza. Non hai ancora sentito la parte migliore.” Kurt spalancò gli occhi, in preda alla confusione più totale.
“Si dà il caso che io trovi quella tua aria spaurita parecchio eccitante... Per cui fammi sapere, ok?” Chiese con una strizzatina d’occhio, lasciandolo solo nello spogliatoio.
 
Trevor era un ragazzo alto, muscoloso e indiscutibilmente attraente, questo Kurt non poteva di certo negarlo.
Ed era... Era davvero gay e, per giunta, interessato a lui? Non riusciva a credere che stesse succedendo per davvero.
Non che lui fosse innamorato di Trevor, o qualcosa del genere, ma Dio! Non era l’unico ragazzo gay della scuola, e piaceva a qualcuno!
Avrebbe dovuto preoccuparsi per la sua reputazione, temere che Trevor lo andasse a dire in giro, o cose del genere. Invece l’unica cosa che era in grado di fare era essere felice, completamente e totalmente felice.
Forse la sua vita stava finalmente iniziando a prendere una piega migliore.
 
 
                                                                    *
 
 
“Kurt...?” La voce di Blaine lo riportò alla realtà. Alzò la testa, un attimo prima di rendersi distrattamente conto delle lacrime sulle proprie guance.
Era divertente, in fondo: non aveva mai pianto davanti a nessuno, e con Blaine era già a quota due volte.
“Non sei obbligato a raccontare tutto oggi. Se non te la senti, io- ”
“No. Voglio... Voglio continuare a parlare, voglio tirare fuori tutta questa storia, io... non ho più abbastanza forza da tenermela per me. Sempre se tu hai ancora voglia di ascoltare, dopo quello che ho detto...”
 
“Kurt, mentirei se ti dicessi che muoio dalla voglia di sapere cosa ti ha fatto di tanto male quel tizio per demolirti in questo modo, ma... io voglio solo che tu stia bene, e se sfogarti con qualcuno ti potrà aiutare, allora voglio ascoltarti.”
Kurt annuì, cercando di non dare troppo a vedere fino a che punto quelle parole fossero passate direttamente dalle sue orecchie al suo cuore.
 
“Poi cos’è successo?” Lo incalzò Blaine, iniziando ad accarezzargli il dorso della mano con il pollice.
 
“...Ho pensato un po’ alle sue parole, ma ero talmente emozionato all’idea di piacere finalmente a qualcuno nel modo in cui mi impedivo da una vita che ho detto di sì praticamente subito.” Spiegò, con lo stomaco che bruciava di rabbia.
“Trevor voleva portarmi... a casa sua quella sera stessa, ma io ovviamente ho rifiutato. Gli ho proposto di andare a mangiare qualcosa nel fine settimana. Lui ha detto di doverci pensare, e quando è tornato a parlarmi sembrava davvero scocciato all’idea di accettare l’invito.” Sospirò.
 
“Questo avrebbe dovuto farmi intuire che qualcosa non andava.
O altri sentori, come per esempio il fatto che fosse sempre il primo ad andarsene dagli spogliatoi dopo l’allenamento, quando io ogni volta speravo stupidamente che mi aspettasse per poter rimanere un po’ da soli. O quando non mi rivolgeva nemmeno la parola a scuola.
Me lo spiegavo con il fatto che anche lui volesse tenere nascosto quello che era, come me del resto, e non ci davo troppo peso.” Sbatté le palpebre, lo sguardo completamente offuscato dalle lacrime.
 
“Sono stato un tale idiota...” Blaine continuò ad accarezzargli le mani.
“Non sei stato un idiota. Sei solo qualcuno che ha creduto di aver trovato un appiglio per salvarsi, e ci si è aggrappato ciecamente.”
 
Kurt valutò quelle parole.
 
Blaine non aveva idea di quanto, ora come ora, quell’appiglio fosse proprio lui.
La differenza era che non si sentiva cieco quando era insieme a Blaine, anzi, era come se riuscisse a vedere oltre il confine dell’orizzonte.
 
 
                                                                    *
 
 
Kurt scelse accuratamente ogni vestito, svuotando il suo armadio da cima a fondo.
Quella era la sua prima uscita con Trevor, e aveva intenzione di renderla indimenticabile.
 
Era la prima volta in effetti che si concedeva di spulciare davvero tra i suoi vestiti, quelli che aveva visto nelle riviste patinate ben nascoste sotto il suo letto e mai aveva avuto il coraggio di indossare.
 
Alla fine si risolse per un paio di attillati jeans neri, una camicetta bianca e un gilet scuro, con un piccolo papillon allacciato con minuziosa precisione.
Kurt si guardò allo specchio, e vide un ragazzo sorridente, in quell’angoscia felice che porta con sé il primo appuntamento.
Non si era mai sentito così in tutta la sua vita: era come se, di punto in bianco, avesse una forza tale da poter spaccare il mondo, quando era abituato a essere lui quello spezzato.
 
Trevor suonò il clacson con qualche minuto di ritardo.
Kurt liquidò suo padre con la scusa di uscire a cena con amici e amiche che facevano parte del Glee Club, e salì in macchina cercando di mantenere tutta la calma possibile.
 
“Ciao...” Mormorò con un sorriso imbarazzato.
“Kurt! pronto per la cena?” Lui annuì con convinzione, aspettandosi qualche gesto affettuoso che andasse al di là di una semplice domanda retorica. Magari si augurava di ricevere un complimento sui suoi vestiti, i capelli... o qualunque cosa.
 
Non arrivò niente di tutto questo.
 
Trevor parcheggiò dopo un lungo tragitto, decisamente maggiore di quello che serviva per arrivare da Breadstix, come Kurt aveva immaginato.
“Trevor... Dove siamo, esattamente?” Lui ridacchiò, facendo strada a Kurt lungo il parcheggio deserto.
“Un posticino fuori città. Vedrai che ti piacerà.” Kurt lo seguì all’interno di quello che – più che un ristorante – assomigliava decisamente a un fastfood.
 
Il locale era praticamente vuoto, fatta eccezione per un tizio obeso stravaccato davanti a un piccolo televisore.
 
Mangiarono nella parte più appartata del ristorante: non che ne fosse stato bisogno, visto e considerato che erano gli unici clienti.
 
Trevor parlò di football tutto il tempo, e Kurt si era adattato a quella conversazione, nonostante non fosse esattamente ciò di cui si aspettava avrebbero discusso.
Guardava Trevor e, nonostante non fosse esattamente uno stereotipo di gentilezza né il suo tipo ideale di ragazzo, gli sembrava la persona più meravigliosa dell’intero universo.
 
Perché l’aveva salvato. Salvato da se stesso.
 
Quando terminarono la cena il vecchio proprietario era già caduto in un sonno profondo.
“Andiamocene.” Kurt spalancò gli occhi.
“...Cosa? E il conto?”
“Al diavolo il conto! Se facciamo piano non ci sentirà nemmeno...” Kurt ignorò quelle parole, lasciando una banconota sotto il segnaposto del loro tavolo.
“Ma che- ”
“Non me ne vado senza pagare.” Trevor alzò gli occhi al cielo, uscendo dal locale a passo talmente spedito che Kurt faticò a stargli dietro.
 
L’aria frizzante della sera gli pizzicò la pelle.
 
“Trevor?”
“Dio, Hummel! Ti comporti come una ragazzina! Davvero non capisco come ho fatto a non accorgermi prima che sei un- ” Si morse le labbra, impedendosi di concludere la frase. Kurt lo fissava a bocca aperta.
“Scusami, ok?” Chiese un attimo dopo, sfoderando uno dei suoi sorrisi più collaudati. Il ragazzo annuì appena, stringendosi le braccia al petto per il freddo pungente.
 
Trevor gli passò con riluttanza un braccio intorno alle spalle, ritrosia della quale Kurt non si accorse.
 
Il viaggio di ritorno fu – se possibile – ancora più silenzioso di quello di andata.
Trevor rimase immerso nei suoi pensieri, e Kurt continuò a gustarsi mentalmente il calore del suo braccio intorno a sé.
Arrivarono sotto casa di Hummel - Hudson che ci si vedeva appena.
 
“Perciò...” Fece Trevor con un sorrisetto, una volta posteggiata l’auto nel vialetto.
“P-Perciò?” Balbettò il ragazzo, arrossendo fino alla punta delle orecchie sotto lo sguardo ammiccante dell’altro.
 
Trevor si slacciò la cintura di sicurezza, sporgendosi più agevolmente verso Kurt che chiuse istintivamente gli occhi, in attesa del suo primo vero bacio.
 
Tuttavia, invece di sentire le labbra dell’altro premere sulle sue, le sentì schiudersi vicino al proprio orecchio, nell’esatto istante in cui si aggrappò con una mano alla sua camicia, mentre l’altra scendeva pericolosamente verso il basso.
 
“Lo aspettavi da tanto questo momento, non è vero? Tutto il tempo che hai passato con Brittany... Ti chiedevi come sarebbe stato...”
“Cosa stai-?” Arrivò alla zip dei suoi pantaloni prima che Kurt potesse capire che diavolo stesse succedendo.
“Ora slacciati la cintura e ci andiamo a mettere più comodi sui sedili posteriori- ”
 
“No!” Trevor si congelò.
 
“...Come hai detto?” Kurt riprese a respirare a fatica, il cuore a mille dalla paura.
“Ho detto che non voglio! Io non... Stiamo insieme da tre giorni!” Lui sbuffò sonoramente, cercando di tornare a quello che stava facendo.
“E slacciati quella maledetta cintura!” Kurt seguì il suo suggerimento, ma solo per riuscire ad aprire lo sportello della macchina.
Sgusciò fuori più in fretta possibile, con i pantaloni mezzi slacciati e la camicia aperta sul davanti.
“Si può sapere qual è il tuo problema?!”
 
Kurt prese a correre, talmente in fretta che gli fu impossibile accorgersi che lui e Trevor non erano gli unici due ragazzi nel vialetto quella sera.
 
 
                                                                   *
 
 
Kurt scosse la testa.
“Mi ha urlato dietro altre cose, ma io ero già corso in casa.”
“Kurt, io... Mi dispiace così tanto.” Il ragazzo si strinse nelle spalle.
“A me no. D’altro canto poteva andare peggio... e più che altro mi fa rabbia. Non verso di lui, verso di me, che sono stato così idiota, così cieco da non capire tutto e subito.” Blaine separò con facilità le sue mani ancora unite l’una all’altra, stringendole questa volta singolarmente.
 
Rimasero in silenzio qualche lungo istante.
 
“Posso capire, Kurt. Anche io sarei rimasto sconvolto se la persona in cui avevo riposto riposto tutta la mia fiducia mi avesse trattato in quel modo.” Kurt scosse la testa, con una risata triste.
 
“...La storia non è finita, Blaine.”
 
Il ragazzo davanti a lui vacillò un attimo, gli occhi splendenti attraversati da un lampo di terrore.
 
“Oh mio Dio...”
“No, lui... Non ha fatto quello che pensi.” Vide lo sguardo di Blaine farsi di secondo in secondo più impaziente, quasi febbricitante.
“...Ero un idiota tale che mi sono convinto che ciò che era successo fosse dovuto solo ed esclusivamente al fatto che gli piacessi troppo, e non volesse aspettare oltre per... quello. Quindi avrei dovuto sentirmi lusingato.” Kurt sentì crescere con sempre maggior intensità un moto d’odio incontrollabile, tanto da fargli contorcere le budella.
 
“Mercedes mi chiedeva perché fossi tanto felice, e io sapevo solo che non mi ero mai sentito più forte in vita mia.
Ho lasciato Brittany e la squadra di football, perché francamente non mi importava più niente di quello che gli altri avrebbero potuto pensare... avevo lui, e mi sembrava di avere tutto, di essere indistruttibile... al sicuro.”
 
 
                                                                   *
 
 
Trevor si scusò con Kurt il mattino successivo, dopo gli allenamenti di football.
 
Gli disse che si era comportato da idiota, che avrebbe aspettato, e gli riempì la testa di promesse talmente scintillanti da offuscare tutto il resto.
 
Quando Kurt lasciò la squadra, Brittany e la sua uniforme dei Titans, Trevor sembrò iniziare a preoccuparsi.
 
Quando iniziò a blaterare sul fatto di volersi finalmente unire al Glee Club e non dover più nascondere la loro relazione, Trevor era visibilmente terrorizzato.
 
“Kurt, io non... Non penso sia una buona idea...”
“E perché? Adesso stiamo insieme, non c’è più motivo di avere paura!” Trevor increspò le labbra. Quelle stesse labbra che – ricordò Kurt – dopo due settimane non avevano ancora sfiorato le sue.
Lo interpretò come causa del suo stesso rifiuto nella sera della loro prima cena. Era semplicemente carino a preoccuparsi dei suoi sentimenti.
 
Era un venerdì, quando Trevor mandò a Kurt un sms dove gli diceva di raggiungerlo in spogliatoio, dopo gli allenamenti della squadra.
 
Il ragazzo non se lo fece ripetere e si diresse con un gran sorriso verso il luogo indicatogli, completamente ignaro del peso che quel messaggio avrebbe avuto sul suo futuro. Sulla sua vita.
 
 
                                                                    *
 
 
“Ci sono andato. Ho fatto esattamente come aveva scritto... Mi sono fidato.” Kurt piangeva, ed era rabbia, nient’altro che pura e viscerale rabbia.
“Quando sono arrivato gli altri se n’erano già andati: eravamo solo io e lui, o almeno così mi ha fatto credere.” Blaine sbarrò gli occhi.
 
“Ti... Ti ha fatto credere...?”
 
“Appena sono entrato ha cominciato a dire che stavamo insieme da qualche settimana ed era arrivato il momento per... quello. Io ero spaventato, perché pensavo avessimo deciso di aspettare, così l’ho respinto un’altra volta, ma...” Kurt prese una piccola pausa, aspettandosi che Blaine lo incalzasse in qualche modo, ma lui si limitò a stringergli le mani un po’ più forte.
 
“A un tratto ha detto che lui si tirava fuori. Che non si prestava più a quel giochetto idiota, ed è a quel punto che dall’altra stanza sono entrati Seth, Anthony a Gregor. Io... io non capivo cosa stesse succedendo.”
 
 
                                                                   *
 
 
“C-Cosa...?” Kurt non riusciva a credere ai suoi occhi, come tre dei suoi ex compagni di squadra fecero il loro ingresso nella stanza. Si strinse come meglio poteva sul petto la maglia slacciata, rinfilandosi la cintura nei passanti dei pantaloni.
 
“Trevor ti sei rincretinito?! Non erano questo i patti!”
“Beh, io mi sono rotto di fare la parte del frocio! Se ci tieni tanto a concludere questa minchiata fallo senza di me!” Sbottò Trevor, e con una spinta si staccò di dosso Kurt, che si era istintivamente aggrappato al suo braccio.
 
“Volevate le prove che questo qui è un cazzo di finocchio? Le avete! Volevate una fottutissimo foto per ricattarlo? Non è colpa mia se fa il prezioso, questa storia è andata avanti anche troppo! Un conto è fare il carino due giorni per aiutarvi ad ottenere quello che volete, un altro è farla andare avanti per settimane!” Scattò, ringhiando praticamente in faccia ad Anthony.
 
“Vuoi darti una calmata?! Ce le abbiamo quella foto, ok? Non è come quelle che ci aspettavamo, ma è meglio di niente.” Trevor si irrigidì, socchiudendo la bocca dalla sorpresa.
“La... l’avete? Ma come...?” Seth strinse più saldamente il telefono che teneva in mano.
“Tranquillo: non ti si vede, tu sei di spalle. Se Hummel avesse smesso di starnazzare magari si sarebbe accorto del cellulare che sbucava da dietro la porta.” Anthony e Gregor lanciarono un’occhiata perplessa a Seth, che li ignorò bellamente.
 
“Trevor... Non è così, vero? Ti prego, dimmi che- ”
“Mio Dio! Non dirmi che ci hai creduto seriamente!” Kurt spalancò gli occhi, improvvisamente velati di qualcosa di più spesso delle lacrime.
“Ora sei in nostro potere, signorina.” Non sentì nemmeno le parole di Seth, non vide il cellulare strettamente saldo nel suo pugno.
 
L’unica cosa che Kurt riusciva a percepire era un rumore acuto, stridente, assordante.
Un cuore spezzato, in brandelli troppo sfilacciati per essere rimessi insieme.
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Eccoci qua ^_^
...Lo so che adesso avete solo tanta voglia di uccidermi (vi capisco, tra l’altro -.-“) ma aggiungo comunque qualche nota, giusto per precisare alcune cose.
Lo vedevo da qua l’enorme WTF che avete fatto quando Kurt è tornato da Trevor, dopo quella prima uscita conclusa in quel modo. Lo so, nessuno razionalmente lo farebbe, ma posso assicurarvi per esperienza che quando si è completamente assuefatti da qualcuno si fanno cose che viste con gli occhi di un osservatore esterno sembrerebbero vere e proprie follie, oltre ad essere irrimediabilmente ciechi ai segnali del fatidico c’è-qualcosa-che-non-va.

Detto questo... La parte della foto... Ovviamente ci saranno delle condizioni perché non venga resa pubblica, e nei prossimi capitoli saranno chiare. Non aspettatevi nulla di tremendo ragazzi, potete stare tranquilli almeno per questo: a loro basta che lui sappia di essere sotto il loro controllo.
...Nel caso vi steste chiedendo quanto si deva essere sadici per fare una cosa del genere, sappiate che sì: esistono persone la cui più alta aspirazione nella vita è rovinare quella degli altri, e questo lo posso dire con certezza.
...Ok, direi che come al solito ho parlato anche troppo visto e considerato quanto già il capitolo in sé sia molto lungo :S
Grazie ancora ragazze, spero non mi lincerete troppo dopo tutto questo ç___ç

E’ da considerarsi un punto a mio favore se vi anticipo che nel prossimo capitolo avremo del sano fluff Klaine...? *incrocia le dita*
 A lunedì :)  

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Buon lunedì a tutti :D
Ok, non vi nascondo che sto leggermente sclerando per motivi scolastici (...e per Chris che si aggira come se niente fosse con una cavolo di tutina aderente, ma questa è un’altra storia ù.ù) ...Ehm, stavamo dicendo? Ah già, il nuovo capitolo u.u
Miei cari, potete tirare un sospiro di sollievo! Ebbene sì, dopo tutto questo angst finalmente un po’ di tranquillità ^_^ ...Che dire? Un po’ di fluff e tanta follia dei nostri cari ragazzi del Glee XD Già: li dipingo come un branco di pazzoidi, povera me...
 
Non vi rubo altro tempo e vi lasci al capitolo, non prima di aver ringraziato con tutto il cuore chi ha messo questa storia tra preferite/seguite/ricordate *ama* e le fantastiche persone che hanno recensito lo scorso capitolo, rassicurandomi su cose su cui non ero davvero sicura: confesso che temevo di essere linciata :S Per cui un bacio a Merilwen, violanassi, saechan, JulesCullenMeyer, aLoserLikeMe, HopeAndHuggy, BeatriceS, GinnyIris93, _Haven, Fiby AndersonBass_, elisabethy92, Guzzy_12, GleekLove91, Evy78, aleka_80, tartufo, SiaStew, sakuraelisa, nem, LexyDC__, Maggie_Lullaby, YouArePerfectToMe, Tallutina, Alessandranna, Sirymcgregor, iMato, MissingPieces, BlackLittleMole, lolaly e xnotsonaive *_____*
Grazie ancora a tutti, e buona lettura :)
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Blaine, semplicemente, non voleva crederci.
Non poteva, perché faceva troppo male ritenere possibile un atto talmente meschino e gratuitamente crudele nei confronti di un’altra persona. Soprattutto se la persona in questione non meritava neanche lontanamente un trattamento del genere, vista e considerata tutta l’ingenuità e l’ottimismo con cui era andato incontro a quella situazione.
 
Era orribile, ingiusto, e così profondamente sbagliato che Blaine si sentiva stringere il cuore dal dolore.
Kurt piangeva, piangeva e i suoi occhi erano ancora più limpidi e innocenti del solito.
Gli strinse le mani perché non poteva fare altro, e lo abbracciò, perché non poteva fare altro.
 
Kurt lasciò che lo tenesse stretto a sé, senza resistergli in alcun modo.
 
Se Blaine poco prima si era trovato a doversi trattenere dall’esultare in seguito alla rivelazione che anche Kurt era gay, ora si sentiva come se tutto il peso del mondo si fosse riversato sulle sue spalle.
 
Aveva avuto un’esperienza orribile e, per via di quella stupida foto, era stato costretto a sottostare a un anno di soprusi.
Gli avevano intimato di non tornare mai più nella squadra di football, mai più insieme a Brittany e di dimenticare una volta per tutte i vestiti attillati che aveva indossato in quelle ultime settimane. In caso contrario, il giorno successivo ogni studente avrebbe trovato una copia di quella foto sullo sportello dell’armadietto.
Kurt si era ridotto in niente, aveva lasciato che la paura lo spegnesse e lo annullasse piano piano, giorno dopo giorno.
Si era lasciato morire, nonostante non avesse mai smesso di respirare.
 
Blaine non poteva semplicemente guardarlo in faccia, confessargli di avere a sua volta mentito quel giorno in infermeria, e che in realtà era completamente pazzo di lui dalla prima volta in cui aveva incrociato i suoi occhi.
 
Sarebbe stato fin troppo sospetto, soprattutto in seguito a ciò che gli aveva appena raccontato. Avrebbe avuto paura, avrebbe creduto che non si trattasse di altro se non di uno stupido giochetto, magari architettato proprio con Seth. Si sarebbe di nuovo chiuso in se stesso, sentendo tradita per l’ennesima volta quella fiducia che con tanta circospezione aveva iniziato a riporre in lui.
 
Non poteva permetterlo.
 
 
                                                                   ***
 
 
Si era lasciato andare.
 
Aveva abbandonato tutto se stesso nelle mani di qualcun altro, per la seconda volta nella sua vita.
Eppure, nonostante avrebbe dovuto, non si sentiva in bilico, sospeso su un filo di paura troppo sottile da percorrere.
Si era fidato completamente di Blaine, e ora si sentiva solo più leggero.
 
Era passata una settimana da quella mattina nel parcheggio.
 
Lui aveva seguito scrupolosamente le condizioni di Seth e non aveva avuto alcun tipo di problema, a differenza dell’ultima volta, quando indossare un paio di pantaloni stretti gli era costato piuttosto caro.
Blaine aveva avuto diverse prove con le New Directions, perché ormai era novembre inoltrato, e subito dopo Natale avrebbero avuto le Regionali a cui partecipare.
Il loro rapporto non era sostanzialmente cambiato, ad eccezione del fatto che ora Kurt non era più costretto a misurare ogni parola che diceva, nel terrore che Blaine venisse a scoprire il suo segreto.
 
Lui era gentile come sempre, e anche quel pizzico in più che ogni volta gli scaldava piacevolmente il petto. E non voleva, non avrebbe mai voluto sentirsi nuovamente in quel modo nei confronti di un ragazzo, non dopo tutto quello che era successo.
 
Eppure, sapere di provare quelle cose proprio per Blaine le faceva sembrare immediatamente più giuste e legittime.
 
E, mentre da un lato era una consolazione, dall’altro lasciava l’amaro di bocca delle cose destinate a non avere un lieto fine.
 
Tuttavia la certezza che Blaine non potesse mai ricambiare i suoi sentimenti non era del tutto negativa. Lo faceva sentire al sicuro, in realtà.
 
Al sicuro dai fantasmi del suo passato.
 
 
                                                                  ***
 
 
“Ehi barboncino! Come va?” Blaine alzò gli occhi al cielo, portandosi istintivamente una mano ai capelli.
“Santana, se l’altro giorno mi hanno tirato una granita in faccia e mi sono dovuto lavare- ” Lei sbuffò.
“Sì, certo. Il fatto che ti si sia sciolto il gel e senza quello sembri un barboncino non mi autorizza a chiamarti così.”
“Appunto.” Sentenziò, mentre raccoglieva svogliatamente i libri della prima ora.
 
Santana attese qualche istante prima di aprire di nuovo bocca.
 
“Comunque, barboncino, sono qui per un motivo ben preciso.” Non lasciò a Blaine il tempo materiale di replicare, estraendo a tempo di record un foglietto colorato dalla borsetta e porgendoglielo. Il ragazzo era un tantino interdetto.
 
“...E questo cosa sarebbe?” Domandò afferrandolo cautamente: non era mai del tutto sicuro accettare qualsivoglia cosa offerta da Santana. Lei si strinse nelle spalle.
“L’ennesima stronzata di Rachel Berry. Crede che organizzare una specie di sfigatissimo party Natalizio sia la chiave vincente per aumentare il nostro spirito di squadra.” Ridacchiò.
“L’unico motivo per cui ci vado è che spero succeda come l’anno scorso. Durante la settimana della coscienza dell’alcool la Berry ha dato una festa a casa sua: pensa che era talmente ubriaca che non si è fatta problemi a baciare Quinn! Dovevi vedere la faccia di Finn...” Blaine aprì la bocca per dire qualcosa al riguardo, ricredendosi solo qualche istante più tardi.
 
“In ogni caso sei invitato anche tu: la sera del ventitré in quella specie di inquietante sottoscala che sarebbe il seminterrato di Rachel Berry.” Comunicò con un’espressione semidisgustata, mentre si sistemava la propria impeccabile coda di cavallo.
 
La ragazza fece per andarsene, e Blaine non si sorprese particolarmente per il suo mancato saluto. Tuttavia dopo qualche passo si voltò improvvisamente con uno strano sorrisetto stampato in faccia.
 
“Ah! Rachel ha anche detto che se vuoi puoi portati un’amica. O un amico, aggiungerei io.”
 
Aggiunse con una strizzatina d’occhio, facendo poi per riprendere il suo percorso lungo il corridoio.
 
Blaine per poco non ebbe un mancamento.
 
“A-Aspetta, Santana!” Si sporse in avanti e per miracolo riuscì ad afferrarle il polso, un attimo prima che si dileguasse.
Lei si voltò a fronteggiarlo, con aria sicura e vagamente divertita.
“Che c’è, Anderson?” Blaine si sentì arrossire fino alle punte dei capelli. Com’era possibile che lei sapesse? E, cosa ben più importante, l’aveva per caso detto a qualcuno? Non poteva permetterselo. Non avrebbe potuto gestire di nuovo tutto ciò che l’aveva accompagnato durante la sua permanenza a Westerville, per nessuna ragione al mondo.
 
“Ehm... Tu... Io...” Santana alzò gli occhi al cielo.
“Andiamo barboncino, credevi davvero che non mi fossi accorta che giochi per l’altra squadra? Quale ragazzo etero si unirebbe a un coro canterino come prima cosa appena cambiata scuola? O si impasticcerebbe i capelli di gel in quel modo osceno? O resisterebbe alle avances di Brittany- ”
“Perché tu non resisteresti mai alle avances di Brittany, non è vero?” Chiese Blaine sulla difensiva, rendendosi conto che sì, Santana aveva scoperto il suo segreto, e l’unico modo che aveva per farle tenere la bocca chiusa era giocare il suo stesso gioco... e sperare che i suoi sospetti circa la relazione della ragazza con Brittany avessero un minimo di fondamento.
 
Santana strabuzzò gli occhi, sbattendo rapidamente le ciglia.
 
Bingo.
 
“Io... i-io non so di cosa stai parlando.” Blaine squadrò quegli occhi scuri, solitamente diretti e pronti a giudicare, ed ora così inconsuetamente sfuggenti.
Lesse un lampo di paura in quello sguardo buio, e tanto gli bastò per pentirsi all’istante di quella mezza minaccia.
Sospirò.
 
“Senti Santana... scusami. Io non volevo insinuare niente su te e Brittany, è solo... mi hai detto quelle cose e ho avuto paura che... sai, le potessi dire a qualcuno.”
 
Per la prima volta da quando la conosceva, Santana non aveva la risposta pronta.
 
Tenne gli occhi bassi qualche istante, prima di rincontrare quelli di Blaine.
“So di non essere sempre carina e gentile con tutti, ok? Questo lo so. Ma non andrei mai a dire in giro una cosa del genere. Capito?” Il ragazzo annuì, rivolgendo uno sperimentale sorriso alla ragazza di fronte a sé, che in tutta risposta fece una smorfia.
“Questo non vuol dire che siamo amici del cuore, piccoli pony saltellanti o roba del genere, barboncino, perciò togliti quell’espressione da cucciolo cerca amici dalla faccia prima che vomiti.” Blaine non se lo fece ripetere.
“Quindi non... non lo sa nessuno a parte te, vero?” Santana scosse la testa, alzando gli occhi al cielo.
 
Rimasero in silenzio qualche istante.
 
“Beh, dì alla Berry se vuoi andare o no a quella festa. Deve ordinare sidro frizzante a sufficienza.” Blaine annuì, facendo per avviarsi alla sua classe, alla quale ovviamente era in ritardo di parecchio.
Stava giusto per girare l’angolo quando sentì la voce della ragazza chiamarlo di nuovo, nel corridoio ormai vuoto.
“E tu? L’hai detto a qualcuno... di me e... insomma, sai.”
 
Blaine, per quanto potesse essere strano, si sentì a un tratto un tantino meno solo.
Scosse la testa, e questa volta un piccolo sorriso gli venne spontaneo.
 
 
                                                                   ***
 
 
Kurt non era sicuro di come si dovesse comportare.
 
Insomma, ormai aveva confidato a Blaine ogni cosa: gli aveva detto di Trevor, Seth e anche della foto.
Soprattutto gli aveva confessato ciò che era, e non l’aveva mai detto a nessuno prima di allora.
 
Nonostante tutto questo, Blaine non sembrava farsi alcun problema a passare del tempo con lui, sgattaiolare a Francese quando poteva, parlare del più e del meno dopo scuola, e spesso Kurt non era riuscito nemmeno a impedirgli di accompagnarlo a casa.
 
Era stupido, in effetti, e peraltro vagamente masochista da parte sua passare tutto quel tempo insieme a Blaine ora che i propri sentimenti nei suoi confronti erano diventati ridicolmente ovvi, e davvero, poco c’entravano con la semplice amicizia.
 
Kurt si era ritrovato ad ammettere che avrebbe dato qualsiasi cosa per vedere i capelli di Blaine senza quelle tonnellate di gel che si metteva ogni giorno, e che quei riccioli scuri dovevano essere davvero morbidi, e magari anche la sua pelle lo era.
 
Sapeva che non avrebbe dovuto avere quel tipo di desideri, soprattutto se comprendevano un ragazzo che non poteva in alcun modo essere interessato a lui.
Tuttavia, forse per la prima volta, Kurt sentiva che non ci fosse davvero niente di così terribile in ciò che provava, non se quei sentimenti che cercava da una vita di soffocare erano rivolti a qualcuno di così incredibilmente gentile, adorabile e tra l’altro oggettivamente avvenente.
Già. Anche per questo avrebbe dovuto ringraziare Blaine, magari non ad alta voce.
 
“Kurt! Ciao!” Kurt salutò con la mano il ragazzo sorridente in avvicinamento.
Sì, avrebbe decisamente dovuto fare qualcosa per impedire al proprio cuore di partire in quarta ogni qualvolta Blaine gli lanciava uno sguardo.
 
Tuttavia, per una volta, anche sforzandosi non riusciva a sentirsi in colpa.
Veniva così spaventosamente naturale volere bene a Blaine.
 
“Ciao. Bella maglietta.” Il moro fissò con aria disgustata la macchia rossastra che si estendeva su buona parte della sua polo.
“Granita alla fragola. Tra le peggiori.” Si voltò per un attimo verso la bolgia di studenti che stavano ancora uscendo da scuola, poco più in là di dove Kurt lo aspettava di solito.
 
“È... insomma, è successo qualcosa...?” Chiese sottovoce, gli occhi visibilmente agitati.
 
Kurt sorrise.
 
Era da quando gli aveva raccontato la sua storia che ogni giorno Blaine gli chiedeva se per caso Seth e gli altri avessero fatto qualcosa di male.
Kurt non aveva specificato ogni cosa, tuttavia rientrava nei patti che lui non dovesse andarsene in giro con vestiti appariscenti, attillati o qualunque cosa stancasse loro la vista. Inoltre doveva stare lontano dalla squadra di football, dato che non volevano essere spiati sotto la doccia. Non poteva, a detta loro, comportarsi da frocio. E, ovviamente, non doveva fare qualsivoglia cosa avrebbe potuto dar loro fastidio, se no avrebbero ripreso a scrivergli quei bigliettini minacciosi, l’avrebbero preso a calci e, in casi estremi, avrebbero reso pubblica quella foto.
 
Doveva semplicemente evitare tutto questo, e la sua vita sarebbe proseguita in modo relativamente tranquillo.
 
Ovvio, si stava accontentando di sopravvivere, ma non poteva rischiare che quello stupido scatto circolasse: era consapevole che sarebbe bastato un nonnulla, un semplice insulto bisbigliato alle spalle, e non avrebbe retto oltre.
 
Era stanco di sopportare tutto ciò che il mondo gli sputava addosso.
 
“No Blaine, tutto bene. Non preoccuparti.” Lui sorrise sollevato.
“Posso accompagnarti a casa?”
“...In macchina?” Chiese Kurt, con una nota amara nella voce. Conosceva Blaine, e non aveva paura di lui, perché si fidava. L’unica cosa che ancora lo spaventavano erano i ricordi. Quelli erano duri da cancellare.
“Eh? Ma no! No, assolutamente! Non era questo che volevo dire, io- ”
“Blaine? Va bene.”
“No, Kurt. Davvero, io volevo solo... Aspetta. Cosa?” Kurt ridacchiò.
“Ho detto che va bene. Possiamo andare in macchina.” Blaine balbettò, e Kurt era quasi sicuro che fosse arrossito.
 
“N-Non devi sentirti obbligato. L’ultima volta che sei stato in macchina con un ragazzo, beh... Era Trevor, e non devi dimostrarmi niente! Se sei spaventato per quella volta è più che legittimo! Possiamo benissimo andare a piedi...”
“L’ultimo ragazzo con cui sono stato in macchina non era... lui. L’ultima volta un certo tizio dai capelli gelificati mi ha accompagnato a casa, mezzo morto, e poi mi ha anche portato una lattina.” Blaine ridacchiò, e Kurt sperò che almeno a lui non fosse venuta in mente la parte in cui lo prendeva in braccio.
 
“...Per cui ho abbastanza fiducia in quel tizio da ritenere che non tenterà di allungare le mani.” Concluse, cercando con tutte le sue forze di ignorare la sensazione di voltastomaco provocatogli da quelle parole che, inevitabilmente,  avevano portato con loro un ricordo piuttosto vivido nella sua mente.
 
Eppure non doveva pensarci.
Il passato era passato.
Il presente era adesso, ed era Blaine, ed era la cosa migliore che gli fosse mai capitata.
 
“Va bene allora.” Acconsentì lui, incamminandosi con Kurt verso la propria auto, ormai una delle poche rimaste nel parcheggio.
Il giovane Hummel aprì la portiera, vagamente consapevole che era la prima volta che saliva in macchina con Blaine senza che fossero le circostanze ad obbligarlo in tal proposito.
Eppure era una cosa che doveva fare perché, improvvisamente, era come se aver rivelato la verità fosse un primo passo per cancellarla anche dai suoi ricordi, un primo filo che ricuciva il suo cuore.
E con Blaine era irrazionalmente sicuro di riuscirci, fino a quando sarebbe rimasto al suo fianco.
 
Il viaggio si rivelò tranquillo, tra chiacchiere sui professori e le materie della giornata. Quando arrivarono sotto casa di Kurt, sembrava incredibile che avessero fatto tanto in fretta.
 
“Grazie per avermi accompagnato.” Blaine si strinse nelle spalle, e fece per slacciarsi la cintura di sicurezza, quando poi ritirò la mano con fare allarmato.
“Blaine... Guarda che puoi slacciarla, stai tranquillo.” Lui fece come gli era stato detto, con una timida risatina.
“Cosa c’è?”
“Niente, è che... Dovrei essere io a rassicurarti, invece succede il contrario...”
“Hai già fatto tantissimo per me, più di quanto nessuno abbia mai fatto. Penso di poterti suggerire di slacciarti la cintura senza che tu ti senta in debito con me.”
 
Blaine sorrise di nuovo, e Kurt si chiese se fosse normale sentirsi così pesanti e leggeri allo stesso tempo.
 
“Posso... posso farti una domanda?” Kurt annuì, liberandosi a sua volta dall’impaccio della cintura.
“Come mai dopo quello che è successo l’anno scorso ti sei isolato completamente? Voglio dire, avresti potuto contare sui tuoi amici.” Kurt abbassò lo sguardo, e rispose con tutta la sincerità che meritava Blaine.
 
“Mi vergognavo.”
“Cos- ”
“Mi vergognavo. Mi vergognavo per essere stato così ingenuo, così stupido... per quella foto, per il fatto di essere quello che sono, per l’umiliazione di essere stato preso in giro così facilmente...” Blaine lo fissò interdetto, la bocca socchiusa dalla sorpresa.
“Ma... tu sei l’unico a non doversi vergognare di niente, in tutta questa storia.”
“Sei gentile, Blaine. Però non tutti sono così pazzi da rincorrere per mari e monti qualcuno che cerca ogni modo e maniera per evitarli.”
“...Mi dispiace: sono stato un tantino pesante.”
“Non scusarti Blaine. Non so cosa avrei fatto senza di te...” Le parole gli uscirono di bocca prima che potesse fare qualsiasi cosa per fermarle.
 
Dopotutto, era la pura e semplice verità.
Quando si erano incontrati per la prima volta, stava per raggiungere il limite umano di sopportazione della solitudine.
Non aveva la più vaga idea di cosa ne sarebbe stato di lui, se Blaine non fosse capitato nella sua vita proprio nel momento in cui aveva più bisogno di lasciarsi andare, di buttare fuori i suoi fantasmi, di avere un amico vero su cui poter contare.
Blaine gli sorrise in un modo talmente dolce che Kurt comprese, qualora non ne fosse stato ancora del tutto certo, fino a che punto quel ragazzo fosse stato in grado di raccogliere ciò che rimaneva di lui e dargli nuova vita.
 
 
                                                                  ***
 
 
“Allora, Anderson? Quand’è che ci presenti la tua ragazza?” Blaine alzò gli occhi al cielo, dopo l’ennesimo calcetto che Puck aveva tirato alla sua sedia.
“Noi... Ci siamo lasciati.” Finn, seduto accanto a lui, spalancò la bocca per la sorpresa.
“Cosa?! E perché?” Puck allargò le braccia con ovvietà.
“Ti ha tradito, immagino.”
“Ma no...” Rachel, dall’altra parte dell’aula canto, si voltò sconvolta verso i tre ragazzi.
“Oh mio Dio. Tu hai tradito lei?!” Blaine, se non avesse avuto tre chili di gel a tenerglieli incollati in testa, probabilmente si sarebbe strappato i capelli.
“No!”
 
“Ha cambiato Stato?”
“Si è accorta quanto sia profondamente sbagliato avere un fidanzato con i pantaloni arrotolati sopra le caviglie?”
“Ha scoperto che non sempre vale la regola della L?” Tutte le ragazze si voltarono allibite.
“Santana!”
“Beh? Che ho detto?”
 
Blaine lasciò che le New Directions si divertissero a mettere in piedi le ipotesi più disparate, in attesa dell’arrivo di Will Shuester in sala prove.
Andarono avanti per un po’, sconfinando tra osceno e assurdo, fino a quando dimenticarono presumibilmente che il diretto interessato era proprio Blaine, e ognuno continuò ad argomentare la sua ipotesi senza calcolarlo minimamente.
 
Dopo svariati minuti Rachel Berry, sgomitando tra Puck, Santana e altri ragazzi in procinto di prendersi a sberle, raggiunse la sedia vuota alla destra di Blaine.
 
“Ciao! Santana ti ha detto della festa del ventitré?” Chiese, in tono stranamente gentile.
“Sì, mi ha anche dato il volantino. Penso di esserci, non sono occupato.” Rachel sorrise, appoggiandogli amichevolmente una mano sulla spalla.
“Sono contenta! Sarà un ottimo modo per fare squadra prima della Regionali. Spero che Shuester non si riduca all’ultimo momento con la scaletta, come al solito...” Aggiunse con aria preoccupata.
 
“Comunque! Finn mi aveva detto che eri fidanzato, così ho detto a Santana di dirti che se volevi potevi portare la tua ragazza. Mi dispiace che non stiate più insieme...”
 
In quell’esatto istante un’idea balenò nella mente di Blaine.
 
Certo, era solo un pensiero abbozzato, tuttavia, ora che si era materializzato nel suo cervello, ben difficilmente avrebbe potuto essere estirpato.
 
“Infatti ci siamo lasciati. Però... non voglio venire da solo.”
Rachel lo fissò con sguardo interrogativo.
 
“...Sarebbe un problema se portassi un amico?”
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Eccoci qua ^_^
...Chi ha notato l’accenno Feberry? Ok, taccio che è meglio ù.ù
E così la nostra Santana ha capitolo l’antifona... eh eh... Tuttavia si sta comportando bene: da notare la parte con le sue battutine sulla presunta Karen, tanto per salvare allegramente il posteriore al nostro Blaine XD E brava Santana u.u
Detto questo... Mi sembra abbastanza ovvio chi sia il famigerato amico che si vuole portare il nostro barboncino, sbaglio ;)? 
  

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Buon giovedì a tutti ^_^
...Mi sono appena resa conto che questo capitolo è chilometrico o.O ...Beh, ormai ci avrete fatto l’abitudine -.-“ In ogni caso qualche avvertimento prima di lasciarvi alla lettura ;)
- Vagonate di fluff
- Follia New Directions
- Sclero di Blaine...
Ecco, direi che ci siamo XD Non aggiungo altro che è meglio u.u
Prima di smaterializzarmi *si sente tanto Harry Potter* ci tengo a ringraziare con tutto il mio cuoricino le fantastiche persone che hanno aggiunto questa storia a preferite, seguite o ricordata, e inoltre violanassi, aLoserLikeMe, HopeAndHuggy, YouArePerfectToMe, Fiby AndersonBass_, Evy78, Alessandranna, seachan, Guzzy_12, elisabethy92, GleekLove91, GinnyIris93, aleka_80, nem, Psike, JulesCullenMeyer, LexyDC__, sakuraelisa, Sirymcgregor, Maggie_Lullaby, Tallutina, lolaly, SiaStew e xnotsonaive che hanno recensito lo scorso capitolo *_________* Grazie infinite a tutti :’)

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
“Auguri compagno di duetto!” Blaine non fece nemmeno in tempo a realizzare da dove venisse la voce che l’aveva appena chiamato, che era già stato letteralmente travolto da un abbraccio a dir poco soffocante.
“M-Mercedes! Auguri anche a te!” La ragazza si staccò da lui qualche istante più tardi, lasciandogli in mano un festone color oro.
“Attaccalo all’armadietto. Il tuo è il più triste di tutta la scuola!” Blaine annuì con un sorriso e, una volta salutata Mercedes, si avviò per il corridoio.
 
Non che le differenze tra Dalton e McKinley solitamente non fossero evidenti, tuttavia in quel particolare periodo lo erano in modo sorprendente.
 
Natale si avvicinava a grandi passi, e tutta la scuola sembrava essere entrata in un clima festoso decisamente più spiccato di quello che si respirava alla Dalton nella stessa stagione dell’anno.
 
C’erano festoni appesi ovunque, un enorme albero di Natale all’ingresso e in diverse aule, ogni armadietto era ghermito di decorazioni varie ed eventuali.
Blaine non era abituato a tutto quello spirito Natalizio alla sua vecchia scuola, molto più sobria nel celebrare ogni evento.
 
Doveva ammettere che l’entusiasmo e la vivacità erano tra le cose che più apprezzava del liceo McKinley.
 
Il ragazzo, non appena venne sfiorato da quel pensiero, sentì di nuovo il morale sotto i piedi.
Già, perché pensare alle cose che più gli piacevano di quella scuola non aveva fatto altro che ricollegarsi a qualcosa, o meglio qualcuno che in un mese non aveva ancora trovato il coraggio di invitare al party Natalizio di Rachel.
Blaine incastrò il filamento dorato all’anta del proprio armadietto, emettendo un sospiro sconfitto.
 
Ricordava fin troppo bene il giorno in cui aveva invitato Kurt a venire a fare il tifo per loro alle Provinciali, e com’era stato restio fino all’ultimo a partecipare.
Certo, ora le cose erano profondamente cambiate.
Adesso erano amici, e Kurt sembrava giorno dopo giorno un tantino più aperto verso il resto del mondo, ma restava il fatto che lui fosse seriamente terrorizzato all’idea di proporgli quell’idea.
 
Kurt si fidava di lui, e non voleva compromettere le cose mettendolo in imbarazzo a dover declinare la sua offerta, tuttavia-
 
“Ciao Blaine.” Il ragazzo sussultò, risvegliato improvvisamente dai suoi stessi pensieri.
“Cos- Oh. Kurt, ciao!” Lui sorrise, e davvero, erano diverse settimane che sorrideva, ed era talmente bello da togliere il fiato.
“Vai da qualche parte durante le vacanze?” Blaine scosse il capo, ancora abbondantemente stordito dal ragazzo di fronte a lui. E no, non era normale dopo tutto il tempo che avevano trascorso insieme ultimamente.
“Nemmeno io. Mio padre avrebbe voluto portare Finn da qualche parte per non so che partita di campionato, ma- ”
“Ti va di venire alla festa di Natale di Rachel con me?”
 
 
                                                                   ***
 
 
Aveva fatto qualcosa di male.
 
Insomma, doveva averlo fatto di sicuro, altrimenti Blaine non si sarebbe dato dell’idiota da solo, voltandosi di scatto e sparendo nel corridoio con una sottospecie di decorazione color oro che aveva fallimentarmente tentato di agganciare all’armadietto tra le mani.
 
Kurt era rimasto interdetto solo un istante dopo la domanda a brucia pelo dell’amico, ma di certo non si sarebbe aspettato una reazione del genere da parte sua.
Era passato diverso tempo dalle Provinciali, e all’epoca era ancora nella fase di negazione dei suoi sentimenti per lui.
Ora le cose avevano iniziato a migliorare e, malgrado un tantino di paura rimanesse sempre, aveva deciso che di Blaine poteva fidarsi, e non c’era niente di male ad accompagnarlo a una festa di... Oh.
 
Era stato troppo preso dal pensiero dell’invito in sé per realizzare che, in realtà, questo comprendeva anche rincontrare Rachel, e probabilmente buona parte di quelli che una volta erano suoi amici.
 
Kurt ripensò alle mille volte in cui gli avevano chiesto di unirsi alle New Directions: aveva sempre rifiutato, nello strenuo tentativo di proteggersi da ciò che gli altri avrebbero potuto pensare di lui.
Avrebbe anche funzionato, forse, se solo non fosse stato tanto stupido da cadere in un tranello fin troppo palese, che aveva fatto crollare miseramente quelle certezze che credeva ormai profondamente radicate in lui.
 
Quella foto.
 
Kurt avrebbe solo voluto essere stato un po’ meno ingenuo, un po’ meno disperato da aggrapparsi alle prima, ingannevole ancora di salvezza che era stata gettata.
 
Proprio per questo aveva avuto bisogno di tanto tempo per lasciarsi andare con Blaine, tra mille ripensamenti e sensi di colpa.
Sarà stato per via di quella gentilezza disarmante, talmente lontana dai modi di Trevor, sarà stato il fatto che lui non fosse interessato ai ragazzi, tuttavia Kurt aveva deciso: si fidava di Blaine.
 
Eppure... Rachel, Mercedes, Finn... Avrebbero avuto così tante domande, e a lui mancava la forza di rispondere. Non voleva condividere quella storia con chiunque perché, in fin dei conti, continuava a vergognarsene tremendamente.
 
Se solo avesse potuto avere la certezza che non sarebbe successo nulla di ciò che temeva, forse avrebbe potuto compiere uno sforzo, un passo in più verso ciò che era e da sempre seppelliva sotto quintali di bugie.
 
Se solo non fosse stato tanto stupido...
 
 
                                                                  ***
 
 
“Come ho fatto ad essere così stupido?!”
Blaine stava letteralmente sbraitando, costringendo il ragazzo dall’altro capo del telefono ad allontanarsi un tantino dal ricevitore.
“Blaine! Ti vuoi calmare?! Cosa può mai essere successo di tanto grave?” Il moro sbuffò, ormai in preda al delirio più totale.
“L’ho fatto! Ho invitato... tu sai chi alla festa di Rachel!”
“Hai invit- ”
“Niente battute idiote su Voldemort, per cortesia.” Aggiunse in fretta, guadagnandosi un guaito di protesta da parte di Wes.
 
“Come vuoi. In ogni caso, era ora! Sarà un mese che mi sfinisci con questa storia.” Blaine strabuzzò gli occhi, e per un attimo fu preso dalla smania di fracassare il cellulare contro il muro.
“...Sei impazzito?! È una tragedia, invece! Non avrei mai dovuto chiederglielo... Mi odierà a vita! Mi è uscito così, non so nemmeno- ”
“Ok, frena. Vediamo se ho capito bene. Tu sei gay, ed hai invitato questo tuo amico per cui hai perso la testa in un modo a dir poco imbarazzante ad una festa. Oh, lui non ha detto di no. Non ha detto proprio nulla in realtà, dato che tu sei scappato col tuo festone dorato.” Blaine sbatté velocemente le palpebre.
 
“Si può sapere dove diavolo sta il problema, Anderson?” Il ragazzo si appiattì contro al muro esterno della scuola, ormai semideserta dopo il suono dell’ultima campanella.
Il problema, è che lui non sa che io... insomma...” Wes si lasciò andare ad un verso esasperato.
“Mio Dio Blaine! Non gliel’hai ancora detto?! Ma perché? Come fai a sapere se è gay anche lui?!” Blaine avrebbe voluto dirgli la verità. Peccato che avesse fatto una promessa, e non c’era verso che la infrangesse rivelando a Wes tutta la storia di Kurt.
“È... è complicato.”
“Sei insopportabile. Ti passo David, o potrei seriamente venire lì e sopprimerti.”
 
Blaine si accorse improvvisamente di non essere più solo.
C’era una figura che camminava in sua direzione, decisamente troppo perfetta per essere scambiata con qualcun altro.
 
“No Wes, devo andare. Salutami David e gli altri.”
“Blaine, ma che- ” Il ragazzo si ficcò il cellulare in tasca, dirigendosi a grandi passi verso Kurt che... sorrideva?
 
“Ciao Blaine. Perché prima sei scappato in quel modo? E perché fino a un minuto fa stavi urlan- ”
“Scusa! Mi dispiace! Non avrei dovuto chiederti di venire a quella festa! Sono stato un idiota, insensibile, cretino, deficiente e...”
“Blaine, respira!” Gli disse Kurt, appoggiandogli le mani sulle spalle e scuotendolo leggermente. Blaine fece come gli era stato detto.
Oh, già. A quanto pare era parecchio che non si concedeva una boccata d’ossigeno come si deve.
“...Grazie.” Kurt gli sorrise, e non poteva semplicemente starsene lì, bello come Blaine nemmeno credeva possibile che qualcuno potesse essere, e ritenere davvero che fosse possibile per lui non provare niente nei suoi confronti al di là della semplice amicizia.
 
“Stai bene? Oggi sei scappato a gambe levate dopo avermi chiesto quella cosa sulla festa di Rachel...” Blaine tentò di togliersi a tempo di record la propria espressione imbambolata dalla faccia, perché sbavare non era esattamente il modo migliore per darsi un tono quando bisognava scusarsi.
“Kurt, davvero, non so perché l’ho detto. Mi dispiace...” Kurt assunse un’aria perplessa.
“Non... non vuoi più invitarmi?” Blaine sbatté le palpebre, con il cuore che aveva improvvisamente preso a scalpitare prepotentemente.
 
“No. Cioè sì, non lo so!” Riuscì a blaterare, nella speranza di cogliere un qualsivoglia segnale in Kurt che gli facesse capire come dovesse comportarsi. Il ragazzo gli rivolse un timido sorriso, abbassando poi lo sguardo.
 
“...Io verrei volentieri, solo se lo vuoi ancora, ovviamente.” Blaine sentì la mascella cadergli fino a piedi. Aveva davvero chiesto una cosa del genere? Aveva davvero qualche dubbio sul fatto che non lo volesse insieme a lui in qualsiasi momento, continuamente? Ok, doveva decisamente darsi una calmata.
 
“Sì. Certo che sì.” Kurt sorrise – di nuovo – e Blaine era piuttosto sicuro che presto o tardi i suoi sentimenti sarebbero guizzati fuori prepotentemente, se lui continuava inconsciamente a provocarlo in quel modo.
“Per cui... quando sarebbe?”
“La sera del ventitré, a casa di Rachel. Ci saranno tutti i ragazzi delle New Directions.” Kurt annuì, incrociando poi lo sguardo di Blaine.
“...Però dovrei chiederti un favore.”
 
 
                                                                  ***
 
 
La sera del ventitré arrivò relativamente in fretta.
 
Blaine fece esattamente come gli aveva detto Kurt, e chiese per tempo ai ragazzi delle New Directions se la sua presenza fosse gradita, nonostante non fosse un membro del gruppo.
Erano tutti rimasti interdetti qualche istante, quasi non riuscissero a credere alle loro orecchie. Un attimo dopo si scatenò una sottospecie di putiferio, e Blaine venne sommerso da una tale quantità di domande che temette seriamente per l’incolumità dei propri timpani.
Rispose a quello che poteva, pregando poi tutti quanti di non travolgerlo eccessivamente con il loro entusiasmo.
 
I ragazzi sembravano sinceramente felici di quell’annuncio, e Blaine tra tutti scorse gli occhi di Mercedes, che ringraziavano più di mille parole.
 
 
                                                                 ***
 
 
Kurt valutò con aria assorta le diverse combinazioni di vestiti accoppiate alla rinfusa sul proprio materasso, piuttosto incerto sul da farsi.
 
Una delle felpe consunte che era solito portare a scuola era ancora piegata sulla sedia della scrivania, insieme ai pantaloni della tuta.
Tracciò con un dito l’orlo di un gilet nero lucido, orribilmente simile a quello che aveva indossato al suo primo ed unico appuntamento.
Non poteva impedirsi di tremare di rabbia a quel ricordo, e di rimpianto per essersi rovinato la vita, per colpa della sua ingenuità e di quella dannata foto.
 
Era esattamente un anno che non ci impiegava tanto tempo a scegliere un vestito da indossare, ed ogni gesto che compiva era dolorosamente gemello di quello che aveva effettuato l’ultima volta.
 
Che fosse un segno? Che stesse facendo la scelta sbagliata?
 
Sospirò pesantemente, sollevando una camicetta grigio perla dal letto.
 
No, non era la cosa sbagliata da fare.
 
Quello non era un appuntamento, nel modo più assoluto.
Stava semplicemente andando alla festa di Natale di quelli che fino all’anno prima erano suoi amici, per quel poco che avesse permesso loro di entrare nella sua vita. Non gli avrebbero fatto del male, questo no.
 
E poi c’era Blaine.
Blaine con i suoi occhi luminosi, il sorriso sincero che tanto gli era costato ammettere di trovare irresistibile.
C’era Blaine: si fidava di Blaine.
Dopotutto era stato lui stesso a insistere di unirsi alla festa, convinto di aver bisogno di una spinta, un qualcosa che lo smuovesse dal torpore in cui vegetava da una vita.
 
Sì, sarebbe andato tutto bene. Tutto bene. Tutto bene...?
 
“Carina. Dovresti mettere quella.” Kurt sussultò, voltandosi di scatto verso il punto da cui aveva sentito provenire la voce.
Finn era appoggiato allo stipite della porta di camera sua, un gran sorriso sul volto.
Kurt ne venne contagiato inconsapevolmente, e piegò appena le labbra all’insù.
“Grazie.” Mormorò, adagiando nuovamente la camicetta sul letto.
Finn entrò nella stanza, lanciando un’occhiata divertita alla sorprendente varietà di vestiti sparsi in giro dal fratellastro.
 
“Però. Non sapevo fossi tanto appassionato di moda.”
“Non lo sono, infatti.” Si affrettò a fargli presente, iniziando ad accatastare qualche paio di pantaloni nell’armadio. Finn si strinse nelle spalle.
“In ogni caso Blaine ci ha detto della festa. Sono tutti molto ansiosi di rivederti.” Kurt annuì, ostentando tutta l’indifferenza possibile.
 
Finn rimase in silenzio qualche istante, quasi fosse in attesa di qualcosa. Poi sospirò, lasciandosi cadere mollemente sul letto di Kurt.
“Ci ha lasciato intendere di non tartassarti troppo di domande, Kurt, e questo mi sta bene... Però una cosa te la devo chiedere.” Il ragazzo deglutì, concedendogli con un cenno della testa di parlare, mentre appendeva alle grucce qualche altro gilet.
 
“Perché lui sì e noi no?” Le mani di Kurt vacillarono un po’, mentre sistemava i vestiti all’appendiabiti.
“Non... non capisco a cosa ti riferisci.” Finn alzò gli occhi al cielo.
 
“Andiamo, Kurt! È evidente che non puoi essere cambiato così drasticamente da solo, e Blaine era l’unico ad avere contatti con te a scuola! È ovvio che devi esserti aperto con lui in queste settimane... tuttavia continuo a non capire perché con uno sconosciuto, mentre avevi degli amici che ti conoscono da sempre pronti ad appoggiarti!” Kurt sentì le guance scottargli e davvero, non c’era verso che rivelasse a Finn o a chiunque altro tutta la verità in merito, anche perché in fondo non lo sapeva nemmeno lui, cosa aveva Blaine in più di tutti gli altri.
 
O forse lo sapeva, ma ammetterlo lo spaventava a morte.
 
“Non lo so Finn, è solo... non lo so, davvero.” Lui fece per ribattere qualcosa, ma parve ripensarci, perché richiuse frettolosamente la bocca.
 
“Va bene allora. Quando sei pronto io sono giù: possiamo andare là con la mia macchina.” Kurt annuì, senza staccare gli occhi dalle sue grucce.
 
Intuì che Finn si era alzato dal letto solo per il cigolio delle molle, tuttavia era abbastanza sicuro che non fosse ancora uscito dalla stanza.
 
Si voltò lentamente, e a confermare i suoi sospetti c’era un ragazzone impacciato, dall’aria indecisa e vagamente imbarazzata che indugiava in mezzo alla stanza.
“...Finn?”
“Kurt, posso... posso solo...?” Si mordicchiò un labbro nervosamente, per poi muovere qualche passo indeciso in direzione dell’altro ragazzo, che dava la schiena alle ante spalancate dell’armadio.
 
Kurt non era certo al cento per cento di quello che stava succedendo, sapeva solo che da un momento all’altro il suo fratellastro era a un passo da lui, esattamente un attimo prima di stringerlo tra le sue braccia.
Il più basso rimase interdetto, non opponendo tuttavia alcuna resistenza alle braccia di Finn, che si erano strette in modo impacciato intorno al suo corpo.
 
Non era caldo contro di lui, però era tiepido. Non si sentiva indistruttibile, però si sentiva a casa.
 
Se Kurt non fosse certo del contrario e il loro rispettivo patrimonio genetico non lo esplicitasse così evidentemente, avrebbe giurato che Finn fosse davvero suo fratello.
 
Quello lo lasciò andare un istante più tardi, grattandosi la nuca con aria imbarazzata.
“Scusa, è che... Sono contento che tu stia meglio. Davvero.” Kurt annuì, fermando l’altro ragazzo un istante prima che uscisse dalla sua stanza.
“Finn?” Lui si voltò, e sembrò rilassarsi alla vista del volto sereno del più piccolo.
“Grazie.”
 
 
                                                                  ***
 
 
“Ciao Blaine! Benvenuto allo sfolgorante party Natalizio di Rachel Berry!” Esclamò la stessa padrona di casa, lasciando due rumorosi baci sulle guance di Blaine.
“Ciao Rachel!” Rispose con un sorriso, mentre anche gli altri membri delle New Directions si avvicinavano a salutarlo.
 
Beh, tutti tranne Puck, che con tutta probabilità era intento a svaligiare il frigobar – come aveva abbondantemente annunciato quel pomeriggio – mentre Tina, Mike e Quinn erano saliti al piano di sopra, alla ricerca dell’abnorme dose di sidro frizzante acquistato da Rachel per l’occasione.
 
“Primo punto fermo: non permetterò che le cose degenerino come è successo lo scorso anno, chiaro?” Buona parte dei ragazzi ridacchiò, alzando gli occhi al cielo.
Lei fulminò i suoi amici con lo sguardo, scortandoli poi nel seminterrato, che Blaine notò essere provvisto di pianoforte e di un piccolo palco.
 
Sì. Era decisamente casa di Rachel Berry.
 
“Non dirmi che quella... cosa è il tuo stereo!” Sbottò Puck, in arrivo dal piano di sopra, indicando l’aggeggio rosa confetto e ricoperto di fiorellini in cima al tavolo.
“Qualcosa in contrario?” Il ragazzo fece una smorfia, appoggiando ai piedi del divanetto più vicino due casse piuttosto sospette.
“No, finché ci sono queste con me!” Affermò, facendo l’occhiolino alle sue amate bottiglie di vodka.
“Puck!! Avevo detto niente frigobar!!”
“Avevi anche detto di detestare Quinn, ma non sembrava esattamente così con qualche bicchierino di troppo, eh Rachel?” La ragazza arrossì vistosamente, borbottando qualcosa circa gli effetti dell’alcool sull’inibizione delle persone.
 
“...In ogni caso manca solo Finn, o sbaglio?” Chiese, nell’evidente intenzione di cambiare argomento. I ragazzi annuirono allegramente, stappando le prime bottiglie di sidro frizzante che Mike aveva appena disposto su uno dei tavolini.
“...E Kurt.” Aggiunse Blaine, facendo calare la stanza in un silenzio irreale.
 
Lo sguardo di Mercedes si perse nel vuoto, immerso in qualche ricordo lontano. Magari in un’epoca in cui quegli occhi trasparenti non racchiudevano tutto il dolore di adesso.
Blaine avrebbe solo voluto avere accesso a quei ricordi.
 
 
I ragazzi ripresero a poco a poco le loro chiacchiere, attaccando poi il discutibile stereo di Rachel alla presa vicino al tavolino su cui era appoggiato, in modo da riprodurre qualche tranquilla canzone di sottofondo.
 
La musica continuò a diffondersi piacevolmente nella stanza, tuttavia, quando qualche minuto più tardi il campanello di casa Berry suonò, nessuno ci fece più molta attenzione.
 
Blaine non era in grado di avvertire altro se non i battiti scalmanati del proprio cuore, talmente forti che li sentiva quasi tra i denti. E no, non era normale provare una cosa del genere solo perché – forse – Kurt stava per scendere da quella cavolo di scalinata.
No, non lo era. Eppure Blaine non aveva nemmeno più la forza di sentirsi patetico, non dopo che Kurt si era aperto a lui in quel modo, tanto doloroso quanto forte, importante e sconvolgente.
 
Quasi gli avesse affidato il cuore in mano, e ogni giorno i suoi occhi urlassero in silenzio di non stringerlo troppo forte nel pugno.
 
Non aveva mai ricevuto così tanto da qualcuno in vita sua, mai si era sentito così nei confronti di un’altra persona.
Perciò, davvero, aveva smesso di compatirsi per quanto disperatamente e indissolubilmente fosse legato a quel ragazzo perfetto.
 
Rachel andò ad aprire, e quando Blaine avvertì il rumore della porta di ingresso chiudersi per poco non si rovesciò addosso il suo sidro frizzante, tanto gli tremavano le mani.
Si lasciò scivolare su uno dei divanetti, proprio accanto a Mercedes.
 
“Ragazzi! Siamo al completo!” Cinguettò Rachel tornando nel seminterrato, e Blaine sperò di non stare sognando quando sentì dietro di lei un distinto rumore di passi, che non potevano davvero appartenere a una persona sola.
 
Qualche istante più tardi sulle scale comparvero due figure, eppure Blaine ne vide una, ed una soltanto.
 
 
Kurt indossava un paio di jeans grigi scuri, stretti esattamente quanto bastava a mettere in evidenza le forme morbide ma decise delle sue gambe. Le scarpe erano lucide, nere, della stessa tonalità della cintura stretta sui suoi fianchi.
 
Blaine si chiese se era davvero l’unico a notare quanto le anche di quel ragazzo invitassero tacitamente chiunque a sfiorarle, e si sarebbe anche voltato a guardare le espressioni dei suoi amici per accertarsene se solo fosse stato in grado si distogliere lo sguardo da Kurt.
 
Aveva una camicia di un grigio perlato, più chiaro di quello dei pantaloni, e un particolare cravattino sottile che gli permetteva di lasciare slacciato qualche bottone fino alla base del collo.
 
Blaine avrebbe voluto trovare un aggettivo, uno solo per descrivere la visione celestiale che gli si parava davanti, tuttavia non ne era capace, per il semplice fatto che era perfetto.
Ecco, solo questo: perfetto.
Scese le scale lentamente, guardandosi timidamente intorno, senza tuttavia incontrare lo sguardo dei suoi vecchi amici.
 
Ci vollero alcuni istanti prima che Kurt intercettasse Blaine tra i presenti, ormai del tutto ammutoliti.
 
Il moro vide l’angelo di fronte a sé alzare gli occhi su di lui e, quando i loro sguardi si incrociarono, tutto a un tratto il resto del mondo era sparito.
 
Non c’era più la musica di sottofondo, non c’era lo stereo imbarazzante di Rachel, le insinuazioni di Puck né le bottiglie di sidro frizzante.
 
Niente di tutto questo.
 
C’era semplicemente Kurt, le guance impercettibilmente arrossate, che guardava Blaine con un piccolo sorriso sulle labbra, quasi timido, emozionato.
 
Blaine lo guardava, solo perché non poteva fare altro.
 
Non poteva alzarsi e correre verso di lui, stringerlo tra le braccia fino a non avere più fiato per respirare, dar voce ai suoi sentimenti, per la semplice ragione che erano troppi, e non erano fisicamente contenibili in una persona sola.
 
E davvero, Blaine non aveva la presunzione di avere la verità in tasca, nel modo più assoluto.
Tuttavia, a dispetto di qualunque logica, lui sapeva che era così, esattamente così che ci si doveva sentire quando si è innamorati.
 
Anzi, non lo sapeva.

Ne aveva la più assoluta certezza.
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 



 
 
 
 
 
 
 
...E fu così che Blaine passò dalla semplice cotta all’aMMore u.u
*continua a immaginarsi un Blaine sclerotico che se ne va con il suo festone in mano* XDD Sono fuori di testa, I know u.u
Per quanto riguarda la parte con Finn... Scusate, ma lo adoro troppo, non potevo non metterci qualcosa del genere ç________ç

Neanche a dirlo nel capitolo di lunedì scopriremo la reazione di Kurt e delle New Directions :) 

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Buon inizio settima a tutti :)
Allora ragazzi: vi avviso che sono piuttosto sclerata (sì, più del solito -.-“) complice la fine del quadrimestre (la mia prof di latino ha bellamente deciso di rinterrogare in due giorni tutta la classe perché, parole sue, se no si annoia -.-“”” *piange*) e complice anche gli spoiler di questi ultimi giorni (cioè, Chris che spinge Ryan a far granitare Darren?! Kbbwekulbfllln  CrissColfer *______*) ...Sì, sono messa ancora peggio, fermatemi D:
Ok, non vi tedio ulteriormente con le mie pare mentali e passo subito a parlare del nuovo capitolo ;) ...Ok, questa volta non c’è molto da dire, vi rimando direttamente alle note finali con qualche precisazione ^_^

Prima di smaterializzarmi ci tengo a ringraziare di nuovo tutte le supermegafoxyawesomehot persone che hanno messo questa storia tra seguite, preferite e ricordate *ama con tutto il cuore* e un abbraccio speciale a violanassi, elisabethy92, Guzzy_12,TheScrafOfTheSexualPreference, Psike, Alessandranna, AyrinL, anastasianapp, aLoserLikeMe, saechan, BeatriceS, Fiby AndersonBass_, sandy_hachi, Misato85, YouArePerfectToMe, jjei, Evy78,BlackLittleMole, aleka_80, Merilwen, nem, GleekLove91, SiaStew, LexyDC__, JulesCullenMeyer, Sirymcgregor, sakuraelisa,Tallutina, Elphaba Groff, lolaly, xnotsonaive e Maggue_Lullaby   che hanno recensito lo scorso capitolo :**
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
A Kurt sembrava irreale.
Semplicemente impossibile, come se si trovasse in una sorta di mondo parallelo.
Era inconcepibile per lui avere i suoi amici di nuovo lì, insieme, proprio davanti a lui.
 
Non si stupì di non trovare nemmeno il coraggio di guardarli in faccia: come avrebbe potuto d’altronde, dopo essere sparito senza un’apparente motivo per un anno intero? Eppure, nonostante tutto, loro erano lì, e magari – forse – non avevano mai smesso di esserci.
 
Lasciò che i suoi occhi imbarazzati scorressero sul pavimento, fino a quando non intercettarono un paio di mocassini a lui piuttosto familiari.
Incontrò lo sguardo di Blaine in meno di un istante e davvero, lui aveva sempre trovato quelle iridi color ambra qualcosa di meraviglioso, eppure quella sera erano diverse, c’era qualcosa in più.
Quella sera i suoi occhi brillavano, di una luce così splendente da essere abbagliante, quasi impossibile da sorreggere.
 
Kurt si sarebbe volentieri guardato intorno per accertarsi di quanti tra i ragazzi presenti avessero notato quegli occhi impressionanti, se solo fosse stato in grado di smettere di fissarli.
 
Fu con un attimo di ritardo che si accorse del fatto che – per tutto quel tempo – Blaine aveva guardato solo e soltanto lui.
 
Sentì lo stomaco contrarsi piacevolmente, e immediatamente la sua agitazione si trasferì sul viso, sotto forma di rossore.
 
Se solo qualche mese prima gli avessero detto che si sarebbe di nuovo sentito in quel modo per qualcuno senza detestare se stesso, lo avrebbe preso senz’altro per pazzo.
Tuttavia, ora che aveva a disposizione qualche metro di parametro, gli era palesemente ovvio quanto in realtà l’unica cosa ad attrarlo in Trevor era ciò che rappresentava: una via di scampo, uno spiragli di luce, un’ingannevole promessa.
 
Ciò che invece gli piaceva in Blaine, beh... Era Blaine.
 
Il modo in cui sorrideva, le mani forti e delicate allo stesso tempo, la sua capacità di ascoltarlo e guardarlo in quel modo che lo faceva sentire come se valesse davvero qualcosa. La gentilezza e la dolcezza di ogni parola, di ogni gesto.
 
Blaine, semplicemente, e Kurt non riusciva davvero a sentirsi in colpa per i suoi sentimenti: non era concepibile per lui un mondo dove non fosse innamorato di Blaine.
 
Perché lo era, nonostante tutto, da molto prima che avesse avuto il coraggio di ammetterlo a se stesso.
 
“...Kurt?” Mercedes si alzò cautamente dal divanetto dove era seduta, avvicinandosi alle scale da cui Finn e il fratellastro stavano scendendo.
Kurt trovò miracolosamente la forza di staccare i suoi occhi da quelli di Blaine, per farli poi atterrare in quelli scuri di Mercedes.
Erano lucidi, increduli, tristi e felici allo stesso tempo.
 
Sentì un’improvvisa fitta al cuore.
Lei, più di tutti, gli era mancata da morire.
 
Scese gli ultimi gradini in una rigida compostezza, nell’ormai abitudinaria volontà di non far trasparire ciò che provava.
 
Perché gli avevano detto che era sbagliato, lo stavano ricattando per questo.
 
Eppure cominciava ad essere troppo, cominciava a non essere più in grado di annullarsi.
 
Blaine gli aveva lasciato addosso un po’ di sé.
 
Kurt fece un passo nella sala silenziosa e, prima di darsi il tempo materiale di pensare e quindi rivalutare le sue conseguenze, aveva già raggiunto Mercedes e la stava stringendo, proprio come Blaine gli aveva inconsapevolmente insegnato ad abbracciare.
Le braccia della ragazza si avvolsero ermeticamente intorno al suo corpo, e sentire il suo profumo nelle narici fu come ritornare a un’altra epoca, non felice, ma di sicuro meno triste di quella che aveva vissuto nei mesi precedenti all’arrivo di Blaine.
 
Kurt non si rese esattamente conto di quando accadde esattamente, eppure a un tratto non erano solo le braccia di Mercedes ad avvolgerlo.
C’erano Rachel, Tina, Puck, e praticamente ogni ragazzo delle New Directions attorno a lui e davvero, di tutto si sarebbe aspettato tranne qualcosa del genere.
 
La musica proseguiva imperterrita in sottofondo ma, per un po’, nessuno diede segno di sentirla.
 
 
                                                                  ***
 
 
Ti prego!”
“Britt, davvero, non credo sia una buona idea...”
“Ma come?! L’anno scorso non siamo neanche arrivati al dunque! Sei l’unico con cui non sono andata a letto, ad esclusione di Blaine... Ma lui prima o poi cederà.” Asserì Brittany, sbraitando per farsi sentire oltre la musica altissima e le urla degli altri ragazzi.
 
Blaine aveva assistito a quello scambio di battute in disparte, seduto su un divanetto dove poco prima Rachel stava saltellando.
 
Buona parte dei ragazzi erano completamente sbronzi – Finn e Puck che discutevano animatamente da mezz’ora sulla teoria secondo cui vodka si scrive con la c ne erano l’esempio più emblematico – mentre c’era chi si spogliava, chi insultava chiunque gli capitasse a tiro, chi vomitava e chi rideva a crepapelle.
 
Brittany al momento era in reggiseno e pantaloncini, e ci stava provando piuttosto spudoratamente con il suo ex ragazzo.
 
Kurt aveva bevuto si e no qualche bicchiere, e Blaine non aveva smesso di fissarlo per tutta la sera: era incredibile come ogni singolo movimento che facesse fosse in grado di mettere in evidenza una nuova porzione di quel suo corpo fantastico. Indugiò sulle pieghe della sua camicetta, che si arricciava appena nel punto in cui spariva dentro i pantaloni... Ok, doveva concentrarsi, e darsi una calmata, anche.
 
Si alzò velocemente dal suo posto e raggiunse i due ragazzi che aveva di fronte: Brittany era ormai completamente avvinghiata a Kurt e lui, con le guance deliziosamente arrossate, continuava timidamente ad allontanarla.
 
“Britt! Santana ti sta cercando.” Lei si voltò di scatto, intercettando immediatamente lo sguardo della ragazza in questione. Santana, senza alcuna sorpresa di Blaine, la stava fissando. La bionda si accigliò appena, rivolgendosi poi a Kurt.
“Adesso devo andare, ma tu pensa alla mia offerta!” Il ragazzo annuì meccanicamente, con un sorriso palesemente tirato sul volto. Lei ammiccò e si diresse barcollando verso lo sgabello su cui era seduta Santana.
 
“...Grazie.” Mormorò Kurt, fissando il pavimento con aria piuttosto imbarazzata.
Blaine avrebbe solo voluto prendergli il viso tra le mani, avvicinarselo e baciarlo fino a non sentirsi più le labbra.
 
Eppure non poteva, non era così che doveva andare.
 
“Figurati.” Lui annuì, sollevando finalmente lo sguardo su Blaine.
“A quanto pare sono tutti un po’... alticci.”
“Dì pure completamente ubriachi.” Kurt si strinse nelle spalle, lanciando poi un’occhiata preoccupata a Finn, che al momento conversava amabilmente con lo stereo.
“Ehi... Tutto bene?” Kurt sospirò appena.
“Sì... È solo che sono in macchina con Finn, ma lui non sembra esattamente in grado di guidare...” Le parole uscirono di loro iniziativa dalla bocca di Blaine, e davvero, non riuscì a fare nulla per fermarle.
 
“Posso accompagnarti io.” Gli occhi di Kurt si spalancarono in tutta la loro disarmante bellezza. Perché, perché non riusciva a tenere la bocca chiusa?
“Io... Scusami. Non intendevo dire- ”
“Blaine, te l’ho detto: di te mi fido. So che non... non mi faresti mai del male.” Concluse, e Blaine era abbastanza sicuro che fosse arrossito.
 
“...Però non devi sentirti obbligato a darmi un passaggio. Se rimanere da solo con me ti mette a disagio non farti problemi a dirmelo.” Spiegò con un filo di voce, e Blaine ci mise il suo tempo a capire a cosa si riferisse.
 
Già.
Kurt gli aveva confessato di essere gay, ma lui non aveva fatto lo stesso.
 
Il terrore che quell’angelo dagli occhi di ghiaccio potesse rivedere in lui una brutta copia del mostro che gli aveva rovinato la vita era davvero troppo da sopportare.
Tuttavia a volte gli sembrava impossibile, inconcepibile che Kurt non si accorgesse del modo in cui lo guardava, perché era abbastanza sicuro che fosse perfino troppo facile leggere nei suoi occhi quanto fino a che punto fosse preso da lui.
Eppure evidentemente non era così, o almeno non lo era per Kurt, che continuava ad essere convinto che lui non fosse gay, semplicemente perché aveva detto così, mesi prima, senza nemmeno il coraggio di guardarlo in faccia.
 
“Non dirlo neanche per scherzo. Chiaro?” Chiese, inchiodando gli occhi in quelli cangianti di fronte a lui. Kurt non sostenne lo sguardo, limitandosi ad annuire timidamente, intento a mordicchiarsi il labbro inferiore.
 
Blaine si domandò distrattamente se quel ragazzo avesse anche solo una vaga idea di quanto fosse dannatamente attraente, ma decise con saggezza di tenere per sé quegli ultimi pensieri che gli erano inevitabilmente affiorati in mente.
 
“...Perciò, vogliamo andare?” Kurt si strinse nelle spalle.
“Non credo ci sia bisogno di avvisare nessuno. Tanto non capirebbero una parola.” Disse, indicando con un cenno del capo Quinn e Rachel, che si contendevano un microfono come pazze scatenate, avvinghiandosi tra l’altro in pose alquanto fantasiose.
 
Blaine annuì, è fu una specie di miracolo riuscire a non abbassare gli occhi sui suoi jeans, così, tanto per controllare se le sue gambe sembrassero ancora così meravigliosamente perfette come un attimo prima.
 
Sì. Aveva decisamente bisogno di darsi una calmata.
 
 
                                                                   ***
 
 
Quella notte era fantastica.
 
Kurt aveva il gomito appoggiato contro lo sportello e il mento sul palmo della mano, mentre guardava fuori dal finestrino dell’auto di Blaine.
L’abitacolo era buio, esattamente come l’ambiente circostante: Kurt si vedeva passare davanti al naso infiniti alberi che accostavano la strada, immersa nell’oscurità.
 
Non c’erano molte macchine per strada, un po’ perché dopotutto erano a Lima, un po’ perché il giorno dopo era la Vigilia di Natale, e la maggior parte delle famiglie era impegnata con i pacchetti dell’ultimo minuto.
Kurt si tranquillizzò, contemplando le stelle che brillavano tra una nuvola e l’altra, mentre poteva sentire distintamente Blaine che canticchiava qualcosa, nel sedile accanto al suo.
 
Era tutto tremendamente rilassante, e non si era mai sentito più al sicuro in tutta la sua vita se non lì, ora, di fianco a Blaine, la notte prima della Vigilia di Natale in una strada semideserta.
 
“È una bellissima serata.” Commentò sovrappensiero senza smettere di guardare il cielo sopra di loro, buio e splendente al tempo stesso.
 
“Sì... Lo è davvero.” La sua voce sembrava ancora più calda nel silenzio circostante, e Kurt avrebbe voluto pregarlo di continuare a parlare, solo per lasciarsi cullare dalle sue parole. Blaine sembrò leggergli nel pensiero, perché non si fermò.
“Ti sei divertito stasera?”
“Sì. Specialmente prima che tutti si ubriacassero.” Blaine ridacchiò, e Kurt chiuse gli occhi, nel tentativo di imprimere quella voce melodiosa nella sua mente in un modo indissolubile, sperando che non smettesse mai di accompagnarlo.
 
Si voltò impercettibilmente verso il ragazzo alla guida, e il cuore gli tremò alla vista dei suoi occhi, che brillavano tanto da far concorrenza alle stelle del cielo.
 
Mentre Kurt contemplava quello sguardo, tutto a un tratto si sentì scomparire.
 
Sì, perché non avrebbe mai avuto Blaine nel modo che segretamente sperava, e solo in quel momento ne diveniva pienamente consapevole.
Blaine non era interessato a lui, punto e basta, e Kurt si sentiva davvero un egoista a provare quelle cose, a pretendere da Blaine anche solo una briciola in più di tutto quello che già gli aveva donato.
 
Poi, chi poteva davvero assicurarlo che – nell’impossibile ipotesi che ricambiasse – lui stesso sarebbe stato in grado di gestire una relazione di quel tipo?
Già era stato un miracolo lasciarlo diventare suo amico, aprirsi in quel modo con lui, raccontargli i suoi segreti. Non era sicuro di reggere a un ipotetico passo successivo, non dopo quello che era successo l’anno prima, non dopo le innumerevoli voci che per tutta la sua esistenza non avevano fatto altro che ripetergli quanto fosse sbagliato.
 
 
Arrivarono sotto casa di Kurt troppo presto. Decisamente troppo presto.
 
Il ragazzo diede uno sguardo oltre il parabrezza, scorgendo la finestra del soggiorno illuminata, segno che suo padre e Carole erano ancora in piedi.
 
Blaine spense la macchina, la luce dei fari scemò lentamente fino a sparire, lasciando loro nient’altro che la fioca illuminazione dei lampioni costeggianti il marciapiede.
“Fuori fa freddo...” Osservò Blaine, lanciando un’occhiata al termometro tra le spie dell’auto, che in effetti segnava meno sette gradi.
“Sì...” Kurt sollevò lo sguardo fino a incontrare quello dell’altro.
“...Qui si sta bene, però.” Aggiunse, facendo sorridere il ragazzo al suo fianco.
“Vuoi rimanere in macchina tutta la notte?” Kurt si irrigidì involontariamente.
“No. Certo che no.”
“Io... Scusami- ”
“Blaine? Devi seriamente smetterla di scusarti.”
 
Lui balbettò qualcosa, fissando poi un punto da qualche parte dietro Kurt.
 
“Kurt, guarda!” Esclamò, sorridendo con gli occhi spalancati di meraviglia.
Si sporse appena verso di lui, per potergli indicare i piccoli fiocchi che scendevano lentamente, visibili solo grazie alla luce del lampione.
 
Blaine appoggiò la mano sul bordo del sedile di Kurt, in modo da non sbilanciarsi troppo verso di lui, ma ciò che ignorava era che era bastato quello sporgersi appena verso l’altro ragazzo a portare quest’ultimo a una situazione di non ritorno.
 
Fuori c’erano meno sette gradi, e Kurt poteva sentire il calore del corpo di Blaine, a pochi centimetri dal suo.
 
Poteva sentire il suo odore, poteva vedere da vicino quelle labbra appena dischiuse dallo stupore, contare ad una ad una le sue lunghe ciglia scure e perdersi in quegli occhi più luminosi del sole, dentro i quali riusciva scorgere il debole riflesso dei fiocchi che scendevano, da qualche parte dietro di lui.
 
“Nevica.”
 
Sussurrò Kurt, e non era per niente di sicuro se quello non fosse altro che un bellissimo sogno, né di quando esattamente lui e Blaine si fossero avvicinati così tanto l’uno all’altro.
 
Nonostante ciò, le cose si rivelarono piuttosto reali quando nelle pupille di Blaine non erano più riflessi i fiocchi di neve, ma un paio di occhi chiari.
 
E Kurt non sapeva esattamente quale parte irrazionale del suo cervello si fosse mobilitata in tal proposito, tuttavia un istante più tardi si era sporto in avanti, solo un altro po’.
 
Un attimo dopo, Kurt aveva fatto combaciare le proprie labbra con quelle di Blaine.
 
 
                                                                   ***
 
 
“Nevica.”
 
Kurt gliel’aveva soffiato sulle labbra, e davvero: Blaine non aveva idea di chi dei due si fosse avvicinato tanto all’altro.
 
Sentiva il cuore galoppargli a mille, e pregò Dio, tutti i Santi o chi per loro di dargli la forza di non abbassare lo sguardo dai fiocchi di neve che danzavano nel cielo invernale.
 
Non poteva concederselo, perché se avesse incrociato gli occhi di Kurt non ci sarebbe stato verso di mettere in moto un qualsivoglia pensiero razionale.
 
Non doveva farlo.
Non doveva farlo.
Non dov- ... L’aveva fatto.
 
Le sue iridi si specchiarono in quelle dell’angelo di fronte a lui, ed era così bello... così vicino...
 
Poi Blaine smise di respirare.
 
Sul serio, perché non aveva più senso ora che Kurt si era sporto a baciarlo.
 
La prima cosa che Blaine pensò era che non si sbagliava, quel primo giorno al McKinley: le labbra di Kurt erano davvero innaturalmente soffici, proprio come aveva immaginato.
 
Poi avvertì il loro calore, la morbidezza, tutta la dolcezza con la quale rimanevano unicamente appoggiate sulle sue, a bearsi di quel semplice contatto.
 
Non si mosse, non fece nulla che potesse sconvolgerlo, rimanendo semplicemente immobile.
 
Ed ora, in quell’esatto istante più che mai ne era sicuro: era completamente, totalmente e incondizionatamente innamorato di Kurt.
 
Kurt, che in quell’esatto istante stava allontanando il proprio viso dal suo, lasciandogli una spiacevole sensazione di mancanza.
Kurt, che aveva appena sgranato i suoi occhioni cangianti, più di quanto Blaine ritenesse umanamente possibile.
 
Il moro non mosse un muscolo, terrorizzato all’idea di dire, fare o pensare qualcosa di sbagliato. Kurt dal canto suo fece un balzo indietro, lo sguardo spezzato dal panico più totale.
 
“Kurt- ”
“Oh mio Dio. Scusami!! Io... io non so davvero... Oh mio Dio!” Afferrò affannosamente la maniglia della portiera, abbassandola con febbricitante rapidità.
Non lo guardava in faccia, si limitava a cercare di andarsene più in fretta possibile, continuando a blaterare sul fatto di aver rovinato tutto, e che ciò che aveva fatto era imperdonabile.
 
Blaine tentò più volte di afferrargli la mano, trattenerlo e spiegargli che quel bacio era semplicemente quello che desiderava più ardentemente dalla prima volta che aveva posato gli occhi su di lui.
 
“Kurt, ascoltami- ”
“Lo so, sono stato un idiota. Tu hai fatto di tutto per aiutarmi e io...” Stava iniziando a piangere.
 
Blaine non poteva vederlo piangere.
 
“Ti prego- ”
“Scusa. Non ti disturberò più, non dovrai più avere a che fare con me in nessun modo.” Il moro a quelle parole si sentì preso dal panico.
 
No, assolutamente non poteva permettere che Kurt uscisse dalla sua vita: non era neanche lontanamente pensabile.
 
“Kurt, aspetta!”
 
Ma a rispondergli fu il suono secco di una portiera sbattuta, mentre la neve, in quella gelida notte di dicembre, continuava dolcemente a fluttuare nell’aria.
 
 
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Eccoci qua ^_^
...Vi prego, non uccidetemi ç_____________ç Almeno ditemi che avete sentimenti contrastanti! Nel senso, da un lato siete contenti del bacio, dall’altro mi odiate per come è finito il capitolo... E’ così...? *spera*
In ogni caso posso stimarmi per essere riuscita a non spoiler are niente?! E’ un miracolo *__*
In ogni caso sì... Let it snow let it snow let it snooooow *O* Non si è visto che ho adorato il duetto della 3x09, no no u_u
...Beh, come sempre sono curiosissima di sapere cosa ne pensate... Ok, ve lo dico ç_ç Preparatevi a un pelino di angst nel prossimo capitolo, ma don’t worry, purtroppo o per fortuna siamo ancora molto lontani dalla fine :S
A lunedì :) 

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


Buon giovedì sera a tutti ^_^
...Ebbene no: stavolta non ho intenzione di tediarvi con le mie introduzioni chilometriche u.u Sono consapevole di aver concluso lo scorso capitolo in un modo indecente, quindi è meglio che sparisca e vi lascia alla lettura in santa pace u.u *ha già ricevuto sufficienti pomodori marci* Quindi per le note vi rimando alla fine ;)
Prima di eclissarmi definitivamente, ci tengo a ringraziare chi segue questa storia, chi l’ha messa tra le ricordate e chi addirittura l’ha aggiunta alle preferite. Siete tantissimi, sicuramente più di quanti merito, e l’unica cosa che posso fare è ringraziarvi con tutto il cuore nella speranza di non deludervi :’)
Un abbraccio speciale va alle carissime persone che hanno lasciato un commento allo scorso capitolo, quindi grazie mille YouArePerfectToMe, P e r l a, aLoserLikeMe, sakuraelisa, Evy78, Guzzy_12, elisabethy92, JulesCullenMeyer, aleka_80, BeatriceS, GleekLove91, GinnyIris93, Tallutina, Psike, seachan, Misato85, TheScarfOfTheSexualPreference, LexyDC__, violanassi, HopeAndHuggy, lolaly, Ocatarinetabelasciscix, Alessandranna, mushroom_, Rodeya, Maggie_Lullaby, BlackLittleMole, SiaStew, Sirymcgregor e xnotsonaive :* ...
*e, nonostante i buoni propositi, riesce a fare un’introduzione chilometrica ugualmente -.-“*
 
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Kurt non si diede neanche il tempo di arrivare in camera sua.
Chiuse con un tonfo la porta alle sue spalle e si lasciò scivolare contro il legno freddo, finendo a sedere sul pavimento, le ginocchia ermeticamente strette al petto.
 
Aveva rovinato tutto.
 
Proprio ora che era riuscito a costruire qualcosa, nella sua stupidissima vita, qualcosa di bello, di importante.
 
Ed era distrutto.
 
A causa sua.
 
Sentì Burt e Carole chiamare dal soggiorno, ma non rispose.
Sapeva che da lì a poco sarebbero venuti a controllare, così prevenne qualsivoglia spiegazione da dover fornire e si alzò in piedi, scattando più veloce possibile su per le scale.
 
Si accorse di camminare a fatica, che la testa gli girava e il cuore gli batteva all’impazzata.
Voleva piangere, ma non avrebbe risolto niente.
 
Entrò nella sua stanza e si stese a pancia in giù sul letto, senza prendersi la briga di accendere la luce.
Nel buio i suoi pensieri potevano fluttuare liberi, senza essere condizionati da forme e colori circostanti.
Così a Kurt sembrarono enormi, insormontabili, e facevano ancora più paura.
 
Blaine aveva avuto fiducia in lui, l’aveva supportato nonostante tutto. L’aveva ascoltato, aveva sopportato i suoi cambiamenti d’umore e l’aveva abbracciato quando nessuno aveva avuto il coraggio di farlo.
 
Kurt sentì le lacrime scorrere sotto le palpebre, fino agli angoli degli occhi e poi giù per le sue guance bollenti.
 
Voleva urlare, voleva prendersi a pugni, voleva annullarsi.
Davvero, perché nonostante i suoi brucianti sensi di colpa il cuore continuava a battere a scatti, le sue mani sudavano e – Kurt ne era sicuro – il sapore di Blaine era ancora sulle sue labbra.
Avrebbe dovuto sentirsi mortificato, sbagliato per quello che aveva fatto, e invece non poteva fare a meno di pensare a quanto fosse stato dannatamente fantastico.
 
Né lui né Blaine si erano mossi. Le loro bocche erano semplicemente entrate in contatto, e tanto era bastato a Kurt per capire cosa fosse davvero un bacio, e cosa significasse.
 
Avrebbe dovuto sentire solo e soltanto i sensi di colpa, eppure questi erano mischiati a qualcos’altro: quell’amore che aveva creduto di saper nascondere, ed invece era affiorato prepotentemente, senza che potesse fare niente per fermarlo.
 
Era stato uno sprovveduto: avrebbe dovuto riconoscere il momento giusto in cui staccare cuore e cervello, in modo che non si influenzassero l’un l’altro.
E invece era lì, steso sul suo letto, al buio, a piangere senza neanche volerlo, per il semplice motivo che per l’ennesima volta aveva perso il controllo sulla sua stessa vita.
 
Strinse il lenzuolo tra le dita più forte che poteva, eppure le mani cedevano, tremavano, si ribellavano.
 
Quando le sue labbra si strinsero l’una sull’altra, non poté fare nulla per impedirlo. Come non riuscì a fare a meno di farvi scorrere in mezzo la punta della lingua, un attimo più tardi.
 
Il sapore di Blaine gli invase la bocca, e sciolse tutti i nodi in cui era accartocciato il suo corpo. Si lasciò andare, fino a ridursi a uno straccio informe fradicio di lacrime.
 
Si confuse tra i suoi stessi singhiozzi, i sensi di colpa e i rimpianti, scivolando in un sonno che assomigliava più a una perdita di coscienza.
 
 
                                                                   ***
 
 
“Kurt?”
 
Tre colpi alla porta.
 
“Ti ho portato la colazione!”
 
Tre colpi alla porta.
 
Kurt sollevò pigramente una palpebra, e per un attimo fu felice di sentire la familiare voce di suo fratello arrivargli dal corridoio.
 
Per un attimo, appunto, in quella proverbiale manciata di secondi di inconsapevolezza che ci accolgono quando apriamo gli occhi ogni mattina.
 
Puoi il buio.
 
Il cuore gli divenne a un tratto pesante, quasi fosse una pietra che premeva verso il basso, impedendogli di muoversi.
Era ancora steso sul letto, con gli stessi vestiti della sera prima, comprese le scarpe.
 
“Non ho fame.” Sussurrò, più a se stesso che a Finn, che di fatti entrò nella stanza un attimo dopo senza averlo sentito parlare.
“Passata una bella serata ieri? Sai, non ricordo nemmeno quando te ne sei andato. Ero talmente ubriaco che- ” Il ragazzo intercettò lo sguardo di Kurt.
Doveva essere davvero malconcio, a giudicare dalla faccia sconvolta con cui Finn lo fissava.
 
“Che... Che cosa...”
“Niente. Davvero.” Si affrettò a dire Kurt, accorgendosi fino a che punto la propria voce fosse alterata dalle troppe lacrime.
Finn strinse i pugni, respirando profondamente. Stava cercando di mantenere la calma, questo era evidente.
“Kurt, sono stupido, ma non sono cieco. Non puoi startene lì, con... con gli occhi rossi e i vestiti e... quella faccia, e dirmi che non c’è niente che non va!”
 
Lui non rispose, perché fino a qualche ora prima era convinto che il buio fosse in grado di deformare, dilatare le paure; quando invece proprio in quel momento si accorgeva del contrario: la luce del giorno, quella più di tutto il resto, era capace di mostrare le cose per quello che erano, ed era molto peggio di un incubo.
 
Perché la realtà era quella: aveva tradito Blaine e la fiducia che lui gli aveva dato, ed ora si ritrovava da solo. Di nuovo.
 
Alla deriva.
 
Kurt a un tratto si sentì più perso di quanto non fosse mai stato, e questa volta non sarebbe arrivata nessuna scialuppa di salvataggio in suo soccorso.
 
“...Kurt?”
 
“Non è successo niente.” Ripeté, senza nemmeno sentire davvero la sua stessa voce.
 
Era solo, e qualcosa dentro di lui suggerì che fosse per sempre.
 
 
                                                                   ***
 
 
“Buongiorno tesoro, ci sono le frittelle per colazione.” Esclamò una donna come sempre vestita in modo impeccabile, facendo capolino nella stanza di suo figlio.
“Mamma... Non vado a scuola, non c’è bisogno che mi svegli quando ti alzi tu...” Mormorò Blaine, ancora avvolto sotto diversi strati di coperte e scosso dopo un sonno a dir poco agitato.
 
Dalla sua posizione, poté sentire distintamente un piccolo sospiro, da qualche parte nei pressi della porta.
 
Il rumore dei tacchi sul pavimento si rivelò più fastidioso che mai quella mattina, e Blaine avrebbe dato volentieri la colpa ai postumi di una fantomatica sbronza, ma purtroppo avrebbe solo significato mentire a se stesso.
 
Aveva il cervello pieno, totalmente affollato da quei pochi attimi nel vialetto di casa Hummel, la notte precedente. Poteva ancora sentire le labbra di Kurt sulle sue, il suo profumo delizioso, e semplicemente non riusciva a credere che fosse vero, che proprio a lui fosse toccata quella fortuna.
 
Poi però Kurt era scappato via in preda al panico, e lui non era riuscito a fare niente per impedirlo.
 
“Blaine...?” Sentì le molle del letto cigolare, e un istante più tardi le dita di sua madre che gli accarezzavano i capelli.
“Mamma... Davvero, le mangio più tardi! Non devi chiamarmi quando non vado- ”
“A scuola, lo so. Ma si dà il caso che sia la Vigilia di Natale un po’ per tutti, Blaine.” Lui spalancò gli occhi, intercettando lo sguardo divertito di sua madre.
 
“Che...”
“Le dieci passate.” Gli bastarono quelle parole per saltare in piedi come una molla, scattando verso l’armadio alla veloce ricerca di qualcosa da indossare.
“Buongiorno anche a te!” Commentò la donna, alzandosi cautamente dal materasso.
“Oh! Scusa mamma, ma vado di fretta.”
“...Non hai intenzione di raccontarmi come è andata la tua prima festa con gli amici della nuova scuola?” Blaine si allacciò nervosamente il bottone dei primi pantaloni che gli capitarono a tiro.
Erano piuttosto larghi, e color cachi.
Ok, forse era meglio cercarne un altro paio.
 
“Bene mamma, tutto molto bene.” Disse, e in parte era vero, lo sarebbe stato del tutto se Kurt non fosse scappato in quel modo, se magari lui gli avesse confessato di essere gay fin dall’inizio.
 
Idiota, Blaine. Sei un idiota.
 
Afferrò un paio di jeans neri. Decisamente meglio.
 
Li infilò saltellando da una gamba all’altra, mentre prendeva una polo verde e bianca, e la infilava a tempo di record dopo essersi sbottonato la casacca del pigiama.
Blaine era praticamente sicuro che sua madre se ne fosse andata da quel pezzo, per cui quasi sobbalzò dalla sorpresa sentendo nuovamente la sua voce da dietro le ante spalancate dell’armadio.
 
“...Si tratta di un ragazzo, non è così?”
 
Spalancò gli occhi, ringraziando che la sua reazione fosse nascosta da due spessi sportelli di legno.
“No!” Esclamò, un attimo troppo tardi e con voce eccessivamente squillante.
Perché non riusciva a dire una semplice bugia a sua madre, quando era riuscito a nascondere per mesi i suoi sentimenti a Kurt? Avrebbe voluto sprofondare nel pavimento.
 
“...Blaine?” Il ragazzo sentì la voce di sua madre esattamente dietro le spalle, ed entrò nel panico più totale.
“No! Cioè, in un certo senso... ma non in quel senso! Io...” Blaine si voltò, lisciandosi la maglietta sulle spalle.
“...Sì.” Lei gli rivolse un sorriso comprensivo, mentre si faceva da parte per permettergli di raccogliere chiavi e cellulare.
 
Rimasero in silenzio qualche istante.
 
“Beh... Io dovrei proprio andare...”
“Non mi dici com’è?” Blaine era abbastanza sicuro di essere arrossito, e no, non aveva intenzione di dire a sua madre quanto Kurt fosse meraviglioso, dentro e fuori, come i suoi occhi gli dessero alla testa, così come la pelle, i capelli, e...
 
“Noi non... non stiamo insiem- ”
“Oh. Mi dispiace tesoro, allora dovresti lasciar perdere...” Blaine la fissò con tanto d’occhi.
“...Come?”
“Se lui non è gay non significa che non troverai qualcun altro che- ” Il ragazzo si passò una mano tra i capelli. Possibile che stesse davvero facendo questo discorso con sua madre?
 
“Mamma! Non... non è quello il problema, è esattamente il contrario, in realtà...” Biascicò, infilandosi il giaccone e afferrando la sciarpa. Lei gli lanciò un’occhiata confusa.
“...Mi stai dicendo di non essere gay?” Blaine alzò gli occhi al cielo, finalmente pronto per uscire.
“No! È solo...” In effetti, c’era solo un aggettivo adatto al caso.
“...complicato.” Concluse, avviandosi verso la porta.
 
“Mangerò le frittelle più tardi. Adesso devo andare assolutamente in un posto.”
“Blaine! Aspetta. Dove credi di andare con questo tempo?!” Blaine le lanciò un’occhiata interrogativa.
“Ha appena smesso di nevicare! Tu non vai da nessuna parte.”
“Ma io devo andare a Lima! Adesso!”
“A maggior ragione! Non puoi guidare con questo tempo.”
 
Blaine stava seriamente per impazzire.
Non poteva semplicemente starsene in casa ad addobbare l’albero mentre qualche chilometro più in là c’era Kurt, preso da chissà che pensieri.
Doveva sapere: sapere se quel bacio era stato dettato da sentimenti simili ai suoi, o dalla disperazione, o altro. Doveva rassicurarlo, doveva abbracciarlo... non poteva rimanere lì con le mani in mano.
 
“...Però potrei accompagnarti io.” Gli occhi del ragazzo si illuminarono, e un attimo dopo corse ad abbracciare sua madre.
“Grazie mamma! Grazie grazie grazie!!” Lei ridacchiò e, affiancata da Blaine, raggiunse il soggiorno dove suo marito stava tentando senza particolare successo di incartare un regalo.
 
“Meredith! Finalmente! Non c’è verso che riesca a impacchettare questo affare.” La donna alzò gli occhi al cielo.
“Invece dovrai arrangiarti, perché io e Blaine stiamo uscendo.”
“State... cosa?! E io come faccio a incartare i regali?!” Meredith inforcò un elegante cappotto nero, dando un bacio sulla guancia a suo marito.
 
“Richard, tesoro, usa un po’ d’immaginazione!” L’uomo borbottò qualcosa su quanto ci fosse poco da immaginare in un rotolo di scotch, ma lasciò cadere il discorso.
 
“Ciao Blaine, vi aspetto per pranzo.” Il ragazzo salutò suo padre con un gesto veloce, e per poco non rischiò di scivolare sul vialetto ghiacciato tanto correva veloce.
 
 
                                                                  ***
 
 
“È questa la casa?” Blaine annuì, fremendo per scendere dalla macchina.
“Ok, allora aspetto qui.” Il ragazzo si voltò verso sua madre con aria stralunata.
“C-Cosa?! Mamma! Non puoi aspettarmi qui, non ho idea di quanto ci metterò! Tu vai, mal che vada mi farò accompagnare a casa da Finn...” Meredith scosse meccanicamente la testa.
“Non se ne parla! Voi ragazzi non dovreste guidare con questo tempo. Aspetterò.”
“Ma mamma... Almeno vai a farti un giro per il centro di Lima, mi metti l’ansia!”
 
Dopo qualche insistenza finalmente la donna cedette e, dopo averla salutata, Blaine schizzò fuori dall’auto più in fretta che poté.
 
Provò a citofonare, ma non ottenne nessuna risposta.
In preda all’esasperazione prese anche a bussare alla porta.
 
Gli ci volle qualche minuto per riflettere sul fatto che dopotutto era la Vigilia di Natale, e non sarebbe stato strano se Finn, Kurt e i loro genitori fossero andati a casa di qualche parente, o semplicemente non volessero essere disturbati.
 
Si sentì un’idiota totale, e avrebbe anche girato i tacchi seduta stante se il desiderio di parlare con Kurt non avesse bruciato tanto forte dentro al suo petto, offuscando senza pietà tutto il resto.
 
Blaine dovette attendere ancora qualche minuto prima che un Finn più stordito del solito si presentasse sulla soglia.
“...Blaine? Amico, cosa ci fai qui?” Chiese il ragazzo con aria sorpresa.
“Ciao Finn. Vedi, io... Devo parlare con Kurt, ed è abbastanza urgente.” Chiarì senza troppi convenevoli, sperando che Finn non lo prendesse completamente per pazzo.
 
Il quarterback si voltò neanche troppo discretamente verso il soggiorno, tornando poi a Blaine.
 
“Non è in casa.”
“Ah no? E dove sarebbe esattamente?” Finn boccheggiò.
“Finn... Ti prego: ho capito che è nell’altra stanza. Mi fai entrare per favore?”
E Blaine non voleva nel modo più assoluto costringere Kurt a quel confronto, non voleva metterlo a disagio. Tuttavia era consapevole di doversi spiegare, chiarire la sua posizione il prima possibile, dire finalmente tutta la verità a colui che per primo sarebbe dovuto venirne a conoscenza.
 
Finn oppose qualche debole resistenza, ma lo lasciò entrare in un tempo relativamente breve.
 
Blaine percorse l’ingresso a grandi falcate e sì, non era esattamente un comportamento educato piombare così in casa d’altri, ma per una volta aveva qualcosa di più importante a cui pensare.
 
Passò attraverso la cucina, e in con un altro paio di passi fu in soggiorno.
 
Blaine non fece in tempo a mettere piede nella stanza che una figura scattò in piedi, dal divano su cui era seduta.
 
“A-Avevo detto a Finn di... di non...” Kurt fece un passo indietro, fissando Blaine in un modo che gli spezzò il cuore.
 
I suoi occhi, i suoi bellissimi occhi erano spenti, distanti, deserti, come quelli di cucciolo abbandonato, che ha dovuto imparare a cavarsela da solo prima del tempo.
Indossava gli stessi vestiti della sera prima, tremava visibilmente e la sue pelle, prima di un pallore etereo, ora non sembrava nemmeno appartenere a una persona viva.
 
Era colpa sua.
 
Era solo colpa sua e della sua stupida esitazione: se solo avesse detto la verità a Kurt sin dal primo momento...
 
“Kurt...”
“Mi dispiace tanto, Blaine. Davvero. So che ora non vorrai più essermi amico e hai tutte le ragioni per- ”
“Kurt ti prego! Non è come pensi.” Lo interruppe, per il semplice motivo che non avrebbe retto un secondo in più a vederlo in quello stato, non di nuovo, non dopo tutti i progressi degli ultimi mesi. I loro progressi, quelli che avevano fatto insieme.
 
Kurt spalancò gli occhi e, come Blaine fece per avvicinarsi, mosse l’ennesimo passo indietro.
 
“Blaine, cosa stai- ”
“Lascia che ti spieghi Kurt, ti prego. Io non voglio smettere di starti vicino.” Kurt si fermò poco prima di finire spalle al muro, e per un attimo Blaine credé che avesse smesso di respirare. Era immobile, inalterabile e, per quanto sconvolto, riusciva a splendere di una bellezza radiosa, brillante.
 
Si concesse un lungo istante per accarezzare con lo sguardo i suoi occhi stanchi, sperando di riuscire a trasmettere almeno una briciola di quell’amore che gli riempiva completamente il petto dalla prima volta che l’aveva visto.
 
Kurt non si mosse, nemmeno quando Blaine iniziò ad avanzare con calcolata lentezza verso di lui.
 
“Puoi ascoltarmi? Mi prometti che lo farai?” Gli chiese una volta arrivato davanti a lui, senza perdere il contatto con i suoi occhi. Non poteva spezzarlo, non quando farlo significava ridurre a brandelli anche i loro cuori. Avevano i loro sguardi, in quel momento, avevano l’unica arma per essere certi della reciproca sincerità, e ne avevano bisogno più dell’aria.
 
Dopo un tempo infinito Kurt annuì, nello stesso istante in cui il suo petto fu scosso da un tremito più violento e scoppiò a piangere. Di punto in bianco.
 
Per Blaine era troppo da sopportare.
 
“Kurt ti prego! Non vado da nessuna parte, davvero! Non posso.” Cercò di abbracciarlo, ma Kurt si divincolò.
“Non devi farlo. Non è giusto fingere che non sia successo niente, quando io...” Singhiozzò più forte.
“...Non sono riuscito a controllarmi, e non posso promettere che non succederà ancora. Non posso saperlo, capisci?! Se tu mi abbracciassi adesso io non so... Se solo fossi un po’ meno gentile e... perfetto e adorabile, io...”
 
Blaine aveva sentito abbastanza.
 
“Kurt ascoltami, per favore...”
“Sono un mostro. Ho rovinato tutto. Ho- ”
“Kurt! Guardami!” Blaine gli prese il viso con entrambe le mani, costringendolo ad incontrare i suoi occhi. Kurt tremò, e per un attimo Blaine temette che le ginocchia gli cedessero.
 
“Perché mi fai questo?” Gli chiese con voce sottile, sincera, impalpabile.
Blaine avrebbe voluto baciarlo di nuovo.
 
“Perché è dalla prima volta che ti ho visto che aspetto ciò che è successo ieri sera.”
 
Kurt sbatté i suoi magnifici occhi cangianti, la bocca socchiusa dallo stupore.
 
“Io... io non capisco.” Confessò, e senza saperlo portò via un altro pezzetto del cuore di Blaine.
 
“Lascia che ti spieghi, allora. Ma devi promettermi che mi starai a sentire, ok? Come ho fatto io quando tu mi hai parlato di Trevor.” Lui annuì, e non oppose resistenza quando Blaine gli afferrò delicatamente un polso e lo fece sedere al suo fianco sul divano dal soggiorno.
 
 
Raccontò ogni cosa.
 
Gli disse della scuola pubblica di Westerville, della Dalton e di come i suoi genitori non avessero più potuto permettersela, rendendo il trasferimento al McKinley l’unica soluzione possibile.
 
Raccontò di quanto avesse paura il primo giorno di scuola, e di come Finn gli fosse stato subito d’aiuto. Parlò delle New Directions, di quando aveva chiesto a Mercedes qualche notizia su di lui, e di come gli avesse mentito in infermeria dopo quell’aggressione per il semplice fatto che temeva il suo disprezzo, ancora ignaro che questo avesse ben altre origini rispetto a quelle da lui temute.
 
Raccontò di come si fosse tenuto tutto dentro perché convinto di non potergli interessare in nessun caso, fino alla scoperta della verità su tutta la vicenda dell’anno precedente e la conseguente paura di allontanarlo se avesse confessato ciò che era.
 
Disse ogni cosa, e fino all’ultima parola Kurt lo ascoltò in silenzio.
 
 
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Eccoci qua ^_^
Che dire ragazzi, capitolo abbastanza intenso, soprattutto nella prima parte. O almeno, a me ha fatto seriamente contorcere le budella scriverlo... Perché mi affeziono a personaggi di mia invenzione D:?
Beh, poi di mia invenzione un cavolo, perché... Oh! Non l’ho mai scritto! Ok, vado? Vado u.u *si sente potente*
Io NON possiedo Glee(anche perché se no si chiamerebbe “Klaine”... *coffcoff*), non possiedo la Kurt e Blaine (e la cosa mi rattrista alquanto ç__ç), non possiedo la Finchel (...ed è meglio per loro, perché se no finirebbero male è.é)... insomma non possiedo un bel niente -.-“ Ah! Possiedo Meredith e Richard Anderson *o* Alèèèè XD Beh, a proposito: come avrete notato i genitori di Blaine non sembrano avere chissà che problemi con il fatto che lui sia gay... Il punto è che c’erano già abbastanza disastri disastrosi (?) in questa storia, se aggiungevo anche i genitori omofobi c’era da spararsi -.-“ ...Tuttavia questa non sarà l’ultima volta che li vedremo, e soprattutto ci sarà modo di conoscere meglio loro e come la pensano su Blaine ;) ...Ne hanno ancora di cose da dare, questi due ^_^
...Ok, direi che posso sparire e andare a vergognarmi per il papiro che vi ho propinato D:
Lunedì siete pronti per un capitolo a tutta Klaine?
 
Dal capitolo 16:

-
“Sei bellissimo.”
Oh. Beh, questo non era previsto. - 

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


Buon inizio settimana a tutti ^_^
Mi scuso per aver pubblicato a ora un po’ più tarda rispetto al solito, ma oggi ho avuto una strana giornata e ho perso il mio già precario senso dello spazio/tempo XD
A questo aggiungiamo che forse – FORSE – Blaine sarà nell’episodio di S. Valentino *prega in aramaico* e che giusto l’atro giorno è venuto fuori il fatto che Blaine ha un fratello.
Sì, Blaine ha un fratello O_O ...Quando ho letto quello spoiler non nascondo di aver subito pensato a tutti i fanwriters bellamente ignari di tutto ciò XDD!! ...Io compresa, ma sono dettagli u_u
Bene, detto questo qualche avvertimento per questo capitolo: fluff estremo, maneggiare con cautela, l’uso scorretto può essere nocivo (??) tenere fuori dalla portata dei bambini (???) Ok, la smetto u.u
Prima di eclissarmi *ci prende gusto con questo termine* per poi ricomparire magicamente nelle note finali (=.=) ci tengo a rinnovare i miei ringraziamenti a chi ha aggiunto questa FF tra preferite/seguite/ricordate:  siete meravigliosi, e vi assicuro che il vostro supporto è fondamentale sia per me che per questa storia :’)
Inoltre un abbraccio particolare a chi, tramite le recensioni, riesce sempre a dipingere questa storia indiscutibilmente meglio di quanto non lo faccia io. Grazie mille a Psike, Elphaba Groff, P e r l a, anastasianapp, YouArePerfectToMe, GleekLive91, violanassi, sakuraelisa, Alessandranna, BeatriceS, Guzzy_12, seachan, JulesCullenMeyer, Tallutina, Maggie_Lullaby, Evy78, aleka_80, Ocatarinetabelasciscix, elisabethy92, Sirymcgregor, Fiby AndersonBass_, aLoserLikeMe, LexyDC__, MissingPieces, SiaStew, lolaly, BlackLittleMole, nem, Kappinias e xnotsonaive
:**

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Non ne aveva idea.
 
Kurt, semplicemente, non ne aveva idea.
 
Blaine era piombato a casa sua di punto in bianco e, per la prima volta da quando lo conosceva, non gli aveva dato scelta.
 
Sì, perché Blaine era gentile, e lasciava sempre a lui l’ultima parola.
Aveva aspettato i suoi tempi quando avevano allacciato quella loro strana amicizia, attendendo che fosse Kurt a fare il primo passo, una volta che si fosse sentito pronto.
Gli era rimasto accanto, per la maggior parte delle volte in un silenzio confortante, che non invadeva e non sconvolgeva, ma completava. Gli aveva chiesto se poteva toccarlo di nuovo, dopo aver raccolto ciò che restava di lui sul pavimento ghiacciato di un bagno, perché Blaine gli concedeva di scegliere, gli lasciava sempre una via di fuga.
 
Quella mattina non lo fece.
 
No, perché le mani che avevano afferrato il suo viso erano sicure, inesorabili, così come il suono della sua voce quando gli aveva chiesto di ascoltarlo.
Kurt non aveva avuto scelta e, anche se l’avesse avuta, non sarebbe scappato.
 
Per una volta, la prima volta nella sua vita sapeva di trovarsi esattamente dove doveva essere.
 
Lì, con Blaine.
 
 
Lui parlò, e disse tante cose, più di quante Kurt avrebbe mai creduto di saper sopportate.
Eppure, mentre Blaine raccontava, una parte del suo cervello rimaneva ferma a qualche attimo prima, a una frase in particolare, tanto pesante che poteva leggerla nell’aria intorno a lui.
 
“Perché è dalla prima volta che ti ho visto che aspetto ciò che è successo ieri sera.”
 
E in quel momento Kurt aveva smesso di respirare, per il semplice motivo che niente aveva più importanza.
Gli aveva risposto di non avere capito, ma aveva capito benissimo.
 
Quelle parole l’avevano scottato, andando a stuzzicare una ferita già aperta, mai del tutto rimarginata.
 
Kurt ascoltò ogni parola di Blaine.
Ascoltò la sua storia, vide attraverso i suoi occhi quei ragazzi che avevano fatto quelle cose a lui e al suo amico in prima superiore, ed era stato come ricevere un pugno nello stomaco.
Faceva male perché faceva male a Blaine, e Kurt non sapeva esattamente quando avesse iniziato a sentire attraverso il suo corpo, ma era così che stavano le cose.
 
Blaine gli raccontò di quando l’aveva visto la prima volta, gli disse che gli era sembrato un angelo.
 
Kurt non era un angelo.
 
Perché gli angeli non mentono, non piangono, non cadono e si rialzano per poi cadere di nuovo.
Non era un angelo: era solo qualcuno che cercava di proteggersi dal mondo in cui era nato, e aveva sentito abbastanza bugie e falsi buonismi da averne abbastanza per tutta una vita.
 
Eppure Blaine non stava mentendo.
 
No, perché Blaine non era mai stato capace di raccontare bugie. Quando succedeva balbettava, arrossiva, abbassava lo sguardo, invece ora lo fissava dritto negli occhi, e la sua voce non gli era mai sembrata più sicura.
 
Invece Kurt mentiva.
 
Lo faceva tanto spesso che ormai non gli dava più importanza.
Eppure faceva male, tutto ciò che prima era la sua vita faceva male da quando Blaine aveva iniziato a farne parte. Era come se l’avesse privato da quel suo scudo invisibile che lo proteggeva dagli altri, da se stesso.
Gli aveva restituito la sua umanità. Non era un angelo, ma era felice che Blaine l’avesse trattato come un essere umano.
 
“...Kurt?”
Aveva appena finito di parlare, e Kurt avrebbe solo voluto fermare il tempo e non dover rispondere subito.
 
Blaine gli aveva detto di essere gay, di averlo notato fin dal primo momento.
 
Era buffo, in effetti. Ora aveva un senso la sua ossessione per stringere amicizia con lui, quei primi giorni di scuola.
 
Ma a Kurt non bastava.
 
Non bastavano le mille evidenze che solo ora gli saltavano agli occhi, non bastava quello sguardo sincero, la voce decisa, non bastava nemmeno il semplice fatto che fosse Blaine a mettergli il cuore in pace.
No, perché la vita l’aveva preso a bastonate in troppe occasioni per concedergli il lusso di lasciarsi andare ai suoi sentimenti.
 
Bastava una volta sola, un passo falso, e sarebbe finito tutto in fumo. In pezzi.
 
Lo guardò negli occhi, sperando ardentemente che la voce gli uscisse dalle labbra.
“Blaine, tu... Ho bisogno di sapere che non mi stai mentendo. Io non... Non posso permettermi che succeda di nuovo...” Mormorò, ed era impensabile non fidarsi di Blaine, eppure doveva preservarsi, doveva pensare al suo cuore.
 
Lui lo guardò, con uno sguardo che – nonostante Kurt non avesse alcuna intenzione di ammetterlo – fece a pezzi ogni suo dubbio, reale o immaginario.
 
“Te lo giuro. Qualunque cosa, Kurt. Chiedimi qualunque cosa per dimostrarti che non sto mentendo.”
A Kurt non venne in mente niente.
Per il semplice fatto che gli credeva già, consciamente o meno, ed era talmente meraviglioso e terrificante che nemmeno lo riteneva possibile. Come possono d’altronde convivere due sentimenti del genere? Come riusciva a stare seduto, a respirare, nonostante l’esplosione che da dentro lo bombardava senza tregua?
 
Blaine abbassò lo sguardo.
“...Comunque anche tu... insomma. Ieri sera. L’hai fatto perché...” Kurt non riuscì a trattenersi dal sorridere della sua timida esitazione, che lo fece innamorare un po’ di più, per quanto fosse umanamente possibile.
 
“L’ho fatto per l’unico motivo per cui avrei potuto farlo, Blaine.” Confessò, e pronunciare il suo nome si rivelò rassicurante, come una conferma che quello che provava non era poi così sbagliato se diretto a qualcuno come lui.
 
Blaine lo guardò dolcemente, in quel modo in cui solo lui lo fissava.
 
“Io... Non devi sentirti obbligato in nessun modo nei miei confronti, Kurt. Se vuoi continuare ad essere mio amico e nient’altro per me va bene anche così. Solo... Non chiedermi di uscire dalla tua vita, perché non posso.” Kurt sentì il cuore vacillargli nel petto.
 
“Vorrei che rimanessi al mio fianco.” Precisò subito.
“...Ma non come amico.”
 
Blaine spalancò i suoi occhi color ambra, e Kurt non avrebbe saputo descriverli diversamente se non felici.
“Allora anche tu vuoi che noi...”
“Non posso prometterti niente, Blaine.” Si affrettò a dire “Sai benissimo quello che è successo e non so... Non so davvero se sono capace di-... Capirei se volessi cercare qualcuno di un po’ meno... terrorizzato.”
“Non vedo perché dovrei cercare altrove se la persona che voglio è proprio qui.” Rispose all’istante il ragazzo, con uno di quei sorrisi che rivolgeva solo e soltanto a lui, dei quali si rese conto di essere geloso solo in quel momento.
 
“Grazie.” Blaine non disse niente, ma si limitò a fissarlo cautamente, come se avesse paura di spezzarlo.
Nessuno aveva mai fatto sentire Kurt in quel modo.
Come se valesse qualcosa, come se fosse importante. Il moro gli si avvicinò appena, con studiata lentezza, senza smettere di guardarlo negli occhi.
 
Kurt si chiese se fosse arrivato il momento.
 
Forse stava davvero per ricevere il suo primo bacio.
Magari non il primo numericamente parlando, ma di sicuro il primo che avesse importanza: che non fosse rubato, obbligato o mancato.
Ricordò vagamente com’era con Brittany, e come ogni volta chiudesse gli occhi e provasse ad estraniarsi da se stesso, sperando che a lungo andare avrebbe iniziato a trovarlo piacevole.
Ricordò Trevor, e di quanto a lungo avesse aspettato che quel bacio arrivasse, tanto quanto ora era felice che non fosse mai successo.
 
Poi a un tratto tutto questo svanì, perché a un tratto Blaine era tutto, Blaine era troppo per lasciare spazio ad altro.
 
Non lasciò i suoi occhi nemmeno per un istante e, arrivato a pochi centimetri dal suo viso si fermò, quasi a chiedergli il permesso di continuare.
 
Kurt sentiva il suo profumo, e si rivelò talmente rassicurante che abbassare le palpebre fu automatico. Era certo che non sarebbe mai successo: in quel modo era vulnerabile, completamente esposto, eppure non aveva paura.
Perché era Blaine quello che gli stava accarezzando dolcemente la guancia con la punta delle dita, e poteva sentire distintamente il suo sguardo su di lui, nonostante non potesse vederlo.
 
Kurt non aveva la certezza di quanto tempo fosse passato una volta che Blaine posò le labbra sulle sue.
 
Gli lasciò una via di fuga: attese qualche attimo, nel caso Kurt avesse voluto spingerlo via. Lui non si mosse.
 
Allora Blaine lo baciò nello stesso modo in cui lo guardava: con dolcezza, nel costante terrore di spezzarlo. Lo baciò con attenzione, come se lo scopo della sua vita fosse far ricordare a Kurt quel momento come il più bello di sempre.
Lo baciò con amore, ed era talmente palpabile che il giovane Hummel fu percorso da un brivido che dal cuore gli attraversò il braccio, schizzando fino alla punta delle dita. Fu proprio quella scossa a guidare la mano di Kurt fino alla guancia di Blaine, perché aveva bisogno di rimanere aggrappato a quell’attimo più a lungo possibile, necessitava di sentire la sua pelle sotto la propria, per colorare di almeno un briciolo di realtà quel momento altrimenti leggero e impalpabile, come se galleggiasse nell’aria.
 
Quando si separarono non passò un istante e Blaine stava già cercando i suoi occhi, pronto a leggervi qualsivoglia tipo di rimpianto.
 
Kurt non aveva idea di che aspetto avesse in quel momento, sapeva solo di non riuscire a smettere di guardare Blaine, le sue guance appena arrossate e le iridi più brillanti che mai, e si chiese come avesse fatto ad alzarsi ogni mattina in diciassette anni di vita senza la certezza di averlo al suo fianco.
 
Blaine, invece, qualcosa da dire la trovò.
 
“Sei bellissimo.”
 
Oh. Beh, questo non era previsto.
 
Kurt sorrise, perché non era abituato ai complimenti, e riceverli portava con sé una strana sensazione alla quale non sapeva come rispondere.
Le uniche parole che nell’ultimo anno gli erano entrate nelle orecchie e negli occhi erano quelle di Seth, faccia a faccia o via bigliettino. Era talmente convinto che dalla vita non gli sarebbe mai arrivato altro che aveva finito per dimenticare il suono di una parola gentile, in special modo se rivolta a lui.
E allora ecco un altro dei mille meriti di Blaine: farlo sentire come mai avrebbe sperato.
Ci sarebbe voluto davvero tanto tempo per sdebitarsi di almeno una parte di tutto ciò che aveva fatto per lui.
Kurt sperò di riuscirci, un giorno.
 
 
                                                                   ***
 
 
Blaine meditò un istante se ringraziare Kurt o meno.
 
Dopotutto gli aveva regalato il miglior primo bacio che potesse sperare – primi due a dire il vero, se andava considerata anche la sera prima – e davvero non riusciva a credere che qualcuno come Kurt essere interessato a uno come lui, e avere addirittura dei dubbi riguardo al fatto che potesse voler cercare qualcun altro.
 
Blaine non l’avrebbe fatto per nessuna ragione al mondo.
 
Che senso avrebbe avuto, quando ti rendi conto di trovare finalmente qualcuno di cui non tu, ma una strana scintilla di ansia e trepidazione dentro al tuo cuore è alla ricerca?
Quando guardi negli occhi questa persona, e senti di poter tirare finalmente un sospiro di sollievo perché l’hai trovata, e niente e nessuno sarà in grado di sottrartela, perché non lo permetteresti mai.
 
Blaine guardava Kurt, e sapeva che avrebbe potuto cercare in eterno, ma sarebbe sempre mancato quel qualcosa in più che ora aveva, e che avrebbe avuto fino a quando quegli occhi verdi, azzurri e grigi insieme avrebbero continuato a posarsi su di lui.
 
Gli disse che era bellissimo e Kurt sorrise, allora era più che bellissimo, ma Blaine non riusciva a trovare l’aggettivo adatto.
 
“...Spero di non deluderti troppo.”  Sussurrò abbassando lo sguardo, con un impercettibile movimento all’indietro.
“Non dirlo neanche per scherzo.”
“Davvero. Io non so se sono capace, e poi... So che non è così e che non lo faresti mai, ma sappi che se mi stai prendendo in giro io- ”
“Kurt.” Esclamò con voce ferma, senza smettere di accarezzare la pelle delle guance con la punta delle dita.
“Io non ti sto prendendo in giro. Chiaro?”
 
Kurt appoggiò le mani sulle sue e si sporse timidamente in avanti, quasi a chiedere il permesso di un altro bacio.
Come se Blaine avesse intenzione di negarglielo.
 
Poi le cose accaddero in fretta.
 
Un leggero rumore di passi nell’altra stanza, Kurt che lo spingeva via frettolosamente, lui mezzo steso sul divano e Kurt in piedi poco più in là.
 
“Kurt? Burt e mia madre stanno arrivando, hanno detto che dobbiamo passare da tua zia Agatha prima di- ” Finn si inchiodò nell’ingresso della stanza, squadrando con aria sorpresa i ragazzi di fronte a sé.
 
“...Blaine, amico, cosa ci fai sdraiato sul divano?” Il moro fece per rispondere, ma Kurt lo precedette.
“Niente. Stava per andarsene.” Spiegò con voce piatta, allontanandosi di un altro passo dal divano.
Blaine stentava a credere fosse la stessa persona di mezzo minuto prima.
 
“Oh. Credevo che dovevate parlare di qualcosa...”
“Abbiamo già parlato, Finn. Potresti prendere i regali che ha incartato Carole ieri sera? Dobbiamo caricarli tutti in macchina se andiamo dai nostri parenti.” Finn si prese qualche lungo istante per incamerare tutte le informazioni che aveva ricevuto, senza smettere di fissare Kurt e Blaine.
“...Ok. Comunque non per essere maleducato, ma saremmo di fretta...” Farfugliò rivolgendosi a Blaine, che anche questa volta non ebbe il tempo di articolare alcun suono.
 
“Come ti ho detto, se ne stava andando. Ci vediamo nel vialetto tra cinque minuti?” Finn annuì e, con un’ultima occhiata stranita, lasciò la stanza diretto al piano di sopra, dove Carole aveva lasciato i regali.
 
Una volta nuovamente soli a Blaine non sfuggì l’aria distante dell’altro ragazzo, tantomeno le sue dita strette a pugno lungo i fianchi.
“Kurt...?” Chiamò cautamente, mentre si rimetteva in piedi. Lui non rispondeva, e tantomeno sembrava intenzionato a guardarlo in faccia.
“Ehi...” Allungò una mano verso la sua spalla, ma lui si scansò.
“Ti accompagno alla porta.” Disse invece, dandogli le spalle e avanzando verso una parte della casa che Blaine non aveva mai visto, che evidentemente portava all’uscita sul retro.
 
Lo seguì in silenzio, senza capire quell’improvviso tono distaccato e infastidito, ma non per questo immune all’effetto che quel comportamento comportava.
Raggiunsero la porta, e Blaine era piuttosto abbattuto.
“Eccoci.” Sibilò Kurt ad occhi bassi, le dita strette attorno alla maniglia che aveva appena abbassato.
“Buona Vigilia di Natale.”
 
Incrociò le braccia al petto, e Blaine era abbastanza sicuro che non fosse dovuto al freddo che stava entrando dalla porta spalancata.
 
Stava per uscire senza aggiungere altro, ma fu più forte di lui.
“Ho... Ho fatto qualcosa di sbagliato?” Gli occhi chiari di Kurt saettarono verso di lui.
“Non lo so, secondo te? Cosa pensi che sarebbe successo se Finn ci avesse trovati... In quel modo?” Blaine non rispose.
“Avrebbe avuto... paura di me, o qualcosa del genere. Avrebbe detto tutto a mio padre, e poi alle sue stupidissime New Directions e anche alla squadra di football. Seth sarebbe venuto a sapere che evidentemente non mi crogiolo abbastanza nella sofferenza e avrebbe reso pubblica quella dannatissima foto, e- ”
“Kurt, ti prego...” Blaine tentò di avvicinarsi, ma lui fece un passo indietro.
“Cosa c’è di male nel voler essere come tutti gli altri? Nel desiderare una vita normale, senza la paura costante di essere presi a pugni, umiliati, colpiti, ricattati...” Si lasciò andare ad una risata triste.
 
“Sapevo che non ne sarei stato capace. Riesco sempre a rovinare tutto: succederà anche con te, rovinerò ogni cosa. Tu... tu hai fatto tante cose per me. Poco fa mi hai fatto vivere l’unica cosa che vorrei ricordare di tutta la mia schifosissima vita e due minuti dopo sto già rovinando tutto.”
“Non stai rovinando nien- ”
“Sì invece!” Gridò allargando le braccia.
 
“Lo sto facendo! Guardami: ti sto urlando addosso senza un fottuto motivo e tu stai anche qui ad ascoltarmi! Avresti dovuto darmi retta molto tempo fa, Blaine. Avresti dovuto starmi lontano come ti avevo chiesto. Ti meriti qualcuno che- ”
 
“Sai perché non ti ho ascoltato, quando mi hai chiesto di starti lontano?”
 
Lo interruppe Blaine, riuscendo finalmente a intercettare il suo sguardo.
Kurt non rispose.
 
“Perché voglio stare insieme a te. E sapevo benissimo che non sarebbe stato facile, lo so a maggior ragione adesso che mi hai detto quello che hai passato, che stai passando. Ma la verità è che voglio stare con te, non mi importa di nient’altro.”
Kurt rimase in silenzio qualche istante, e si rivelarono i più lunghi che Blaine avesse mai dovuto sopportare.
 
“Anch’io voglio stare insieme a te.” Confessò poi con un filo di voce.
“E mi dispiace.” Blaine sorrise, ormai consapevole che gli si sarebbe voluto parecchio tempo per abituarsi al fatto che adesso Kurt fosse suo per davvero. Più di quanto potesse immaginare.
 
“Non scusarti. Vieni qui, piuttosto.” Incontrò timidamente il suo sguardo e ripercorse i passi che aveva fatto lontano da lui, fino a trovarsi abbastanza vicino per lasciargli un piccolo bacio sulle labbra.
Blaine lo lasciò fare e davvero, non aveva assolutamente nulla da obiettare.
 
“Kurt?! Ci sei?” L’urlo inconfondibile di Finn li raggiunse da qualche stanza più in là costringendoli a separarsi, seppur con minor fretta della volta precedente.
Kurt gli accarezzò la guancia con un tocco impalpabile, che fece rabbrividire Blaine.
“Non credo di aver ancora realizzato bene il tutto.”  Mormorò con un sorriso timido.
“Continuo ad aver paura che sia solo un sogno e che mi sveglierò da un momento all’altro.”
“Non sei l’unico, credimi.”
Finn emise l’ennesimo urlo disperato dal soggiorno.
 
“Sarà meglio che vada.”
“Sì. Chiamami, ok? Quando vuoi. Se vuoi.” Balbettò Kurt, e a Blaine non era mai sembrato più adorabile.
“Buona Vigilia.”
“Anche a te.”
 
 
                                                                   ***
 
 
“Ma Rachel, amore, ti prego!” Kurt raggiunse Finn nel vialetto, dopo aver recuperato i regali che suo fratello aveva ovviamente dimenticato in casa.
 
“Vedrai che troveremo una soluzione...Cosa?! Non puoi dire una cosa del genere! Rach- Rachel!?” Il ragazzo si scollò il telefono dall’orecchio, fissandolo con un’aria allucinata.
Spostò poi lo sguardo su Kurt, che lo squadrava piuttosto perplesso.
 
“Mi ha chiuso il telefono in faccia!” Il ragazzo alzò gli occhi al cielo.
“Questo è evidente, Finn. La domanda è perché.” Lui si passò una mano tra i capelli, con un’espressione piuttosto melodrammatica stampata in faccia.
“Si tratta del campionato di football. Sembra che la prima partita sia proprio nello stesso giorno delle Regionali del Glee Club. Rachel mi ha minacciato di morte se abbandono le New Directions...”
 
Kurt avrebbe voluto dare una mano a Finn con i suoi problemi esistenziali fatti di palle ovali e balletti, ma al momento aveva ben altro a cui pensare.
 
Qualcuno che, al contrario di ogni sua aspettativa, gli aveva appena confessato i propri sentimenti verso di lui.
Qualcuno che aveva baciato – finalmente – ed era stato il primo – i primi – baci migliori di tutti i tempi.
Qualcuno a cui non importavano i suoi mille difetti, perché riusciva a guardarlo con occhi diversi: occhi che non giudicano ma comprendono, occhi che non fissano ma sfiorano, che non brillano ma splendono.
 
E a Kurt non andava di chiedersi il perché, per il semplice fatto che amava Blaine e, per qualche strana ragione, lui ricambiava.
 
Il suo Blaine, ed era strano anche solo pensarlo, né tantomeno si sarebbe aspettato che qualsiasi cosa potesse rendere quel nome più meraviglioso di quanto non fosse, eppure l’aveva trovata.
 
Un piccolo, incantevole aggettivo.
 
Il suo Blaine.

                                                                                           
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Eccoci qui ^_^
...Siete sopravvissuti al fluff :S?? Vi stanno cadendo i denti? State insultando pesantemente Finn Hudson XD?? No dai, povero Finn, non ha fatto apposta :( Poi pensateci: ora Kurt ha Blaine e Blaine ha Kurt, mentre lui ha solo una fidanzata sclerotica e una coach che lo ucciderà se manca alla prima partita di campionato XD
...Un attimo, mi sto davvero dilungando su Finn? -.-“
Passiamo a cose più interessanti ;): non so se si avete fatto caso, ma il bacio in teoria dovrebbe assomigliare al loro primo bacio nella 2x16 *_* Sapete? Quando Kurt a un certo punto gli mette la manina santa sulla guancia <3<3? Ecco u_u
Lo so che magari non vi aspettavate quella mezza sfuriata, ma per Kurt questa faccenda è tutto fuorché facile, spero non verrò linciata per questo, anche perché miracolosamente il capitolo non finisce in un modo osceno XD
Grazie mille a tutti! A giovedì :)

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


Buon giovedì a tutti :D
Ok, sono particolarmente sclerotica perché, causa neve, da me le scuole terranno chiuse fino a lunedì *ç*!!
E sapete questo cosa significa (a parte dormite inconsulte e affini )? Più tempo per scrivere e, purtroppo per voi, non solo nuovi capitoli di questa FF ;) ...Ebbene sì u.u Ho scritto il quarto capitolo dell’altra mia long (che poi non sarà tanto long, dato che a breve finirà XD) comunque sì, avete presente quella senza un minimo nesso logico? Quella u.u Domani dovrei aggiornare, per chi di voi volesse darsi al masochismo ;)
In ogni caso la smetto di delirare e vi parlo un po’ di questo capitolo: ...Fluff. Fluff, e... oh, già: fluff u.u ...Non so se ho reso l’idea :S In realtà ci sarà anche una scena Finn/Kurt, perché sì u.u

Ok, non dico altro perché mi rendo conto che le mie facoltà mentali (???) al momento sono troppo compromesse :’)
Prima di sparire non mi resta che dirvi il mio ennesimo GRAZIE ç___ç Lo so che non saranno mai abbastanza paragonati al numero di persone che hanno aggiunto questa storia a seguite, preferite o ricordate, e sicuramente non di fronte a tutti coloro che mi lasciano i loro preziosi pareri dopo ogni capitolo, ma tutto ciò che posso fare è continuare a ringraziarvi, e rispondere a ogni recensione con grande piacere :’)
Quindi grazie con tutto il cuore, in particolare a YouArePerfectToMe, sakuraelisa, anastasianapp, Ocatarinetabelasciscix, jjei, BeatriceS, Tallutina, Guzzy_12, Fiby AndersonBass_, aleka_80, saechan, JulesCullenMeyer, elisabethy92, sandy_hachi, kappinias, LexyDC__, HopeAndHuggy, Maggie_Lullaby, violanassi, GleekLive91, nem, lolaly, Psike, SiaStew, BlackLittleMole, Alessandranna, xnotsonaive e iMato che hanno recensito lo scorso capitolo :**
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Kurt non chiuse occhio per tutta la notte.
 
Rimase sveglio a fissare il soffitto, nel tormentato dubbio che trasformare la sua amicizia con Blaine in un altro tipo di rapporto fosse stata la scelta sbagliata.
 
Aveva giurato di pensare a se stesso, dopo quella maledetta mattina negli spogliatoi con Trevor, Seth e gli altri. Si era ripromesso di contare esclusivamente sulle proprie forze, di prendere le distanze dal resto del mondo.
E di non innamorarsi più, nonostante ciò che provava per Trevor non fosse altro che un senso di sollievo, una boccata d’ossigeno.
Non si era accorto di respirare veleno. Perché a volte il veleno non ha odore né sapore, eppure a un tratto ti ritrovi annientato, e solo allora capisci di aver sottovalutato la radice del pericolo. Quando ormai è troppo tardi.
 
Con Blaine tutto questo gli si era sbriciolato sotto le dita nel giro di tre mesi. Tutte le sue certezze, i pochi punti fermi che l’avevano tenuto in vita per tutto quel tempo.
Era entrato nella sua vita, e senza che Kurt se ne potesse rendere davvero conto era diventato fondamentale, insostituibile.
 
Poi si era innamorato, senza sapere esattamente quando.
Forse dal primo momento, forse la prima volta che l’aveva abbracciato, o quel giorno al corso di Francese, o quando l’aveva sentito cantare... Forse in ogni bel ricordo che aveva di lui, e forse erano gli unici attimi che valeva davvero la pena non dimenticare in tutta la sua vita.
 
Nonostante questo, nonostante tutto avere la certezza che Blaine non lo avrebbe ricambiato gli dava un innegabile senso di sicurezza: era protetto, al sicuro da se stesso e da quei sentimenti che avrebbero potuto distruggerlo con fin troppa facilità se lasciati liberi di esprimersi.
 
Poi aveva perso il controllo, e l’aveva baciato.
Blaine gli aveva detto di essere gay e di essere da sempre interessato a lui.
 
Era bastato questo, i suoi occhi sinceri e la sua voce vellutata per persuaderlo del tutto a lasciarsi andare. Per cui ora... stavano insieme, o qualcosa di simile.
 
Kurt aveva solo il terrore di aver fatto la scelta sbagliata.
 
Per se stesso, per Blaine, per tutti quanti.
 
Se solo Seth fosse accidentalmente venuto a sapere che lui era felice la sua vita sarebbe tornata ad essere un inferno. Semplicemente, non accettava che potesse essere sereno, e minava ogni suo tentativo in merito con il ricatto o le botte.
Se solo avessero scoperto in qualche modo che Blaine era gay e provavano qualcosa l’uno per l’altro non avrebbero esitato a riservare lo stesso trattamento anche a lui, nella sadica intenzione di vederlo soffrire.
 
Blaine aveva detto di non voler rivelare a nessuno la sua omosessualità per evitare che accadesse di nuovo ciò che l’aveva costretto a cambiare scuola la prima volta, e quindi non avrebbe voluto divulgare a nessuno quello che c’era tra loro, giusto? Seth non sarebbe mai venuto a saperlo, dunque?
 
Kurt lo sperò con tutte le sue forze, perché poteva reggere qualunque cosa, poteva sopportare calci, pugni e insulti di ogni tipo, ma non potevano prendersela anche con Blaine.
 
Non dovevano azzardarsi a torcergli neanche un capello, nel modo più assoluto.
 
Perché Kurt cominciava a sentirsi di nuovo in forze, rinvigorito da quegli occhi color ambra di cui non poteva fare a meno, e la paura iniziava a scendere, man mano il suo cuore tornava a far scorrere il sangue nelle vene.
 
E dovevano solo provare a toccare il suo Blaine, e avrebbe trovato il modo di farli pentire.
 
Perché non sapeva se valeva la pena rischiare per se stesso, ma di sicuro valeva la pena farlo per lui.
 
 
                                                                   ***
 
 
“Oh! Grazie Kurt per questa... Mmh...” Il ragazzo alzò gli occhi al cielo.
“È una sciarpa, Finn, con un paio di guanti e un cappello.” Spiegò sotto lo sguardo perplesso del fratellastro, che sorrise con consapevolezza qualche istante più tardi.
 
Burt e Carole avevano fatto un regalo unico per entrambi: l’ultimo modello dell’x-box – sempre che le x-box andassero per modelli, questo Kurt non lo sapeva – con la promessa che avrebbero giocato entrambi con moderazione.
 
In altre parole Finn avrebbe smanettato con quell’aggeggio fino a farsi scoppiare gli occhi, e lui sarebbe rimasto al piano di sopra ad ascoltare la musica.
Ma non gli importava più di tanto, in effetti: meglio che nessuno sospettasse nulla sul suo conto, Finn in primis, e ricevere quel regalo anziché qualcosa come un papillon rosa shocking gli dava buone speranze che il suo segreto fosse ancora al sicuro.
 
“Allora? Non apri il mio regalo?” Chiese il quarterback, porgendogli con aria raggiante un piccolo pacchettino quadrato. Kurt lo scartò con curiosità.
La sera prima aveva ricevuto un sms da Mercedes – il primo da un’infinità di tempo, in effetti – dove l’aveva informato del regalo di Finn per Rachel: una specie di maiale morto, aveva detto.
Kurt aveva creduto si trattasse di prosciutto, e la cosa l’aveva sorpreso, ma poi Mercedes aveva specificato che si trattava di un facocero africano che avrebbe dovuto nutrire per un anno, poi qualcuno l’avrebbe mangiato.
 
Oh, per rimediare a quel regalo francamente orripilante aveva pensato bene di regalarle una stella.
Kurt aveva scritto a Mercedes che in fondo era un gesto romantico, e lei aveva risposto che lo diceva solo perché non conosceva il nome della stella: Finn Hudson.
 
Kurt era scoppiato a ridere.
 
“Se mi hai regalato un animale morto sappi che te lo puoi anche riprendere.” Specificò il ragazzo, intento ad aprire il suo pacchetto. Finn, ovviamente, non colse il significato recondito di quelle parole.
“...Come?”
“Non importa.” Kurt finì di strappare la carta e... Oh.
 
Oh, no.
 
“N-Non capisco. Perché mi hai comprato- ”
“Ti ho sentito ascoltare un suo pezzo sotto la doccia, così ho pensato- ”
“E da quando sai cosa ascolto mentre faccio la doccia?!” Esclamò Kurt, cercando di trattenere la punta stridula che caratterizzava la sua voce quando entrava nel panico.
“Da quando viviamo insieme e mi capita di passare davanti alla porta del bagno quando ci sei dentro, scusa tanto!” Sbottò Finn con ovvietà, assumendo poi un’aria triste.
 
“Perciò non ti piace...? Oh santo panino, quest’anno con i regali di Natale ho fatto seriamente schifo...” Kurt si sentì orribilmente in colpa. Insomma, per una volta che Finn aveva fatto un regalo vagamente azzeccato ora doveva fingere il contrario solo per tenere al sicuro il suo segreto?
“No Finn, non dico che non mi piaccia, è solo... Lady Gaga è un po’... Sai...” Farfugliò, abbozzando un sorriso mentre riponeva il CD insieme agli altri regali.
Finn si illuminò in un sorriso.
 
“Quindi mi stai dicendo che non è stato un fiasco completo, giusto?” Ok, era ufficiale: quel ragazzo era definitivamente troppo stupido per mettere insieme un qualsivoglia sospetto su di lui.
Poteva anche aggirarsi per casa con addosso una delle gonne di Carole, e lui probabilmente non avrebbe capito un accidente.
Forse era proprio la sua completa ingenuità ciò che preferiva di Finn.
 
“Cosa? Ma no! Certo che no! Anzi, grazie del pensiero.” Il più alto stava seriamente per commuoversi – d’altronde quando gli sarebbe mai più capitato di azzeccare un regalo? – ma l’emozionante momento venne interrotto dalla squillante suoneria del cellulare di Kurt.
Il ragazzo afferrò il telefono che aveva di fianco sovrappensiero, e quasi gli scivolò dalle mani quando lesse il nome che lampeggiava sullo schermo.
 
Si alzò in piedi di scatto, rischiando tra l’altro di demolire il tavolino con sopra i regali.
 
“Kurt! Fai cadere tutto!” Lui indietreggiò di qualche passo, con il cellulare che continuava a squillare. Finn gli lanciò un’occhiata eloquente.
“Beh? Non rispondi?”
“D-Dovresti andare in cucina ad aiutare Carole. Non può preparare da sola la tavola del pranzo di Natale, e mio padre non sa nemmeno distinguere una forchetta da un cucchiaio- ”
“Ok, ok! Me ne vado!” Esclamò Finn alzandosi dal suo posto a mani alzate, lanciandogli un ultimo sguardo perplesso prima di sparire in cucina.
 
Kurt non si preoccupò nemmeno di trattenere un sospiro di sollievo, e finalmente rispose alla chiamata.
 
“Ciao Kurt! Pensavo non avresti risposto più, ormai.” Il ragazzo alzò gli occhi al cielo, raggiungendo più in fretta possibile la propria stanza, dove si chiuse ermeticamente dentro.
 
Blaine! Come ti è saltato in mente di telefonare?! È la mattina di Natale, stavo aprendo i regali con Finn. Avrebbe potuto sentire che eri tu!”
“...E di conseguenza avrebbe dedotto che non ti stavo chiamando perché sono un tuo amico e volevo augurarti buon Natale, assolutamente no. Avrebbe capito che tu sei gay nonostante lui ti abbia visto uscire con Brittany per un anno, e che lo sia anch’io nonostante creda che abbia appena rotto con una certa Karen. E poi ovviamente che noi due stiamo insieme.”
 
Kurt sbuffò.
Ok, forse Blaine non aveva poi tutti i torti.
 
D’altronde Finn non aveva sospettato nemmeno che Rachel desiderasse qualcosa di diverso da un maiale condannato a morte, figurarsi se poteva arrivare a una cosa del genere.
 
“...Chi sarebbe questa Karen?”
“È una lunga – e falsa – storia. Tu, piuttosto, dovresti smettere di preoccuparti così tanto.”
“Ok. Sono paranoico.” Ammise senza riuscire a trattenere un sorriso, che venne ampliato dalla risata che lo raggiunse dall’altro capo del telefono.
“Lo so. Ma sei ugualmente adorabile.”
No.
 
Kurt era sempre più convinto che non si sarebbe mai abituato a quel genere di parole rivolte a lui. Sperò solo di imparare presto a ricambiare quel tipo di complimenti, dal momento che al momento le parole gli si bloccavano in gola, qualunque cosa avesse intenzione di rispondere.
 
“...Hai ricevuto dei bei regali per Natale?”
“Dai miei genitori dei vestiti, e anche una discreta quantità di calzini che non credo metterò.” Kurt rise.
“Non ne dubitavo.”
“Tu invece?”
“Da papà e Carole un’x-box per me e Finn, su cui ovviamente non mi concederà neppure di metter mano, e da lui un CD di Lady Gaga.” Blaine esitò qualche istante.
“Ma allora Finn sa che...”
“No, Blaine, e dubito se ne accorgerà mai. Come ti ho detto lo so solo io, loro...”
 
Mormorò a bassa voce, e davvero, non aveva la minima voglia di pronunciare anche solo una volta di troppo quei maledetti nomi.
 
“E... beh, tu.” Kurt avrebbe potuto giurare che Blaine stesse sorridendo.
 
“Comunque c’è una cosa che vorrei chiederti. Saresti... Saresti libero domani sera?” Chiese cautamente, e Kurt non poté impedirsi di essere preso dal panico. Perché quello che Blaine voleva proporgli era un appuntamento: c’erano davvero pochi dubbi al riguardo.
La prima volta gli aveva chiesto di andarlo a vedere alle Provinciali, beh, di andare a vedere le New Directions alle Provinciali, non poteva certo sapere che fosse andato solo per lui.
 
Ma non era un appuntamento, nel modo più assoluto. Mentre ora...
 
“...Kurt? Ci sei? Non succede niente se non hai tempo, o voglia, o- ”
“Va bene.”
“Sul serio, non devi farti dei problem- C-Cosa?”
“Ho detto che vorrei uscire con te. Se vuoi.” Precisò, e quasi stentava a credere alle sue stesse parole. Aveva accettato e, sinceramente, moriva dalla voglia di vedere Blaine.
 
“Voglio che sia speciale. Voglio che te lo ricordi per sempre.” Sussurrò il ragazzo dall’altro capo del telefono. Kurt avrebbe voluto dirgli che c’erano ben pochi dubbi al riguardo, se si trattava di lui, e dopotutto era il suo primo appuntamento.
Beh, il primo reale, il primo al quale non voleva andare per evadere dal suo mondo, ma per il semplice fatto che non riusciva a stare lontano dalla persona che glielo aveva proposto.
 
“...Allora ti aspetto domani sera. Buon Natale Blaine.”
“Buon Natale Kurt.”
 
 
                                                                   ***
 
 
Blaine lanciò l’ennesima occhiata nello specchietto retrovisore della macchina, studiando il riflesso dei suoi capelli perfettamente modellati dal gel.
Rimase a fissarsi ancora qualche attimo per poi abbandonare il capo sul poggiatesta, stando attento a non spettinarsi.
 
Ok, era decisamente patetico.
 
Era stato patetico impiegare un’intera giornata  a prepararsi per quella serata, patetico mettere sottosopra la sua intera collezione di papillon per trovare quello giusto. Si era rivelato piuttosto patetico anche arrivare con una buona mezz’ora di anticipo per la paura di trovare traffico, ed era più che mai era patetico ora, dopo aver fatto inversione di marcia e posteggiato dal lato opposto della strada, nella speranza che nel buio della sera Kurt non riconoscesse la sua auto, nel caso avesse messo il naso fuori dalla finestra.
 
Sì, perché in quel caso anche Kurt avrebbe pensato che era davvero patetico, e probabilmente avrebbe perso completamente la voglia di uscire con lui.
 
Che poi davvero, come pretendeva di interessare davvero a qualcuno come lui? Insomma, era perfetto: intelligente, dolce, sensibile e bellissimo, poi era fragile, ferito e quando sorrideva uno dei suoi incredibili occhi cangianti si socchiudeva impercettibilmente più dell’altro. Blaine era certo che fossero state esattamente queste ultime caratteristiche a farlo innamorare di Kurt: i pregi sono cose che ci accomunano, uguali per tutti. I difetti, le imperfezioni... Sono quelle ad essere diversi per ognuno, a modellare una persona e a renderla ciò che è.
 
Il ragazzo lanciò l’ennesima occhiata allarmata all’orologio automatico sul cruscotto: segnava se 19:58.
 
Bene, meno due minuti.
 
Per un momento considerò l’idea di andare a citofonare direttamente sotto casa, poi gli tornò in mente: il padre di Kurt non sapeva dell’omosessualità di suo figlio, e trovarsi sotto casa un ragazzo tutto in tiro pronto a portare il suddetto figlio fuori a cena non era esattamente il modo migliore per mantenere il segreto.
 
Erano appena scattate le 19:59 quando la luce nella stanza di Kurt si spense, e Blaine trovò che fosse il momento buono per inviargli il messaggio che aveva pronto da circa quaranta minuti. Patetico. Patetico Blaine.
 
– Sono arrivato, ti aspetto sotto casa :) _B. –
 
Blaine fissò lo schermo con apprensione fino a quando non comparve l’avviso che l’sms era stato inviato. Un attimo dopo qualcuno aveva aperto la porta di casa Hummel – Hudson, lo stesso qualcuno che si incamminava verso la sua macchina.
 
Il ragazzo si maledì mentalmente di non aver fatto inversione per la seconda volta e aver parcheggiato nel vialetto della casa, ma ormai era troppo tardi per tornare indietro.
 
Riconobbe i contorni della figura di Kurt avanzare nel buio, e quasi sussultò quando aprì timidamente lo sportello, che si illuminò automaticamente della luce giallognola dei faretti.
 
Il ragazzo si infilò con calma in macchina, e Blaine rimase letteralmente senza fiato.
 
Sì, perché socchiuse la bocca e spalancò gli occhi come un perfetto idiota non appena fu in grado di vedere decentemente il giovane che si stava sedendo al suo fianco.
 
Indossava un paio dei pantaloni bianchi meravigliosamente stretti – nonostante attentassero in maniera alquanto imbarazzante ai suoi ormoni – che sparivano in un paio di stivali scuri. Il cappotto slacciato lasciava intravedere una camicetta chiara e un morbido foulard allacciato intorno al collo.
Aveva modellato i capelli un po’ più in su del solito, fermati da qualche spruzzata di lacca.
 
Per un attimo Blaine si chiese se quel ragazzo avrebbe smesso di essere sempre più bello ogni volta che posava gli occhi su di lui, ma poi si rese conto che Kurt era già in macchina da qualche secondo, e magari era il caso di dire qualcosa, così, tanto per non essere preso per l’emerito idiota che era.
 
“Kurt, sei... sei stupendo.” Blaine non si perse l’attimo esatto in cui le sue guance si tinsero piacevolmente di rosa, ed era incredibile, sorprendente che riuscisse ad avere questo effetto su di lui.
 
Da bambino c’erano state volte in cui avrebbe voluto saper volare, altre – la maggior parte – in cui sognava di potersi rendere invisibile.
Eppure ora si rendeva conto che far arrossire Kurt, vederlo appena imbarazzato dopo un suo complimento, era in assoluto l’unico superpotere che voleva davvero possedere.
 
“...Anche tu.” Rispose dopo qualche istante con un filo di voce, e quella era la prima volta che non cercava di sviare la conversazione dopo aver ricevuto un apprezzamento. Blaine si sporse verso di lui per dargli un leggero bacio sulla guancia, al quale Kurt non si sottrasse come il moro aveva segretamente temuto.
 
“Dove andiamo?”
“...All’inizio avevo pensato al Breadstix, ma praticamente tutti passano il loro primo appuntamento in quel posto. Volevo che per noi fosse speciale.” Spiegò Blaine, e si rivelò davvero difficile non impappinarsi con le parole, ora che il profumo inconfondibile di Kurt stava lentamente iniziando ad invadere l’abitacolo, impedendo a quel che rimaneva del suo cervello di mettere insieme una qualsivoglia frase di senso compiuto.
 
“Ho prenotato in un ristorante dalle mie parti. È vicino ad una vecchia gelateria(*) non lontana da casa.” Kurt annuì, rivolgendogli un timido sorriso.
“Il fatto che sembri più agitato di me è stranamente confortante.” Blaine fece una smorfia.
 
“Lo so: sembro... sono un perfetto idiota.” Kurt scosse la testa, trattenendolo per un polso prima che potesse raggiungere le chiavi dell’auto.
 
“Non sei un idiota.” Bisbigliò, pericolosamente vicino al suo viso. Blaine annullò la breve, ridicola e del tutto provocatoria distanza che li separava, lasciandogli un bacio leggero sulle labbra ancora piegate all’insù.
 
Il ragazzo mise in moto qualche attimo più tardi: non che al momento impazzisse di gioia all’idea, ma gli sarebbe scocciato mandare all’aria prenotazione, cena e tutto il resto per la sua maniacale esigenza di baciare il meraviglioso ragazzo al suo fianco ancora per un po’, giusto per assicurarsi che quello non fosse altro che un bellissimo sogno.
 
“Non dovremmo metterci troppo ad arrivare. Non ho trovato molto traffico venendo qui.”
“Blaine... Avresti potuto dirmi che il posto dove volevi portarmi era a Westerville: sarei venuto io da te!”
“Così ti avrei rovinato la sorpresa, però.” Kurt sbuffò divertito, e un istante più tardi il cellulare vibrò nella tasca del suo cappotto.
 
“Oh Dio... Questo telefono è un disastro! I messaggi mi arrivano sempre in ritardo, o non arrivano proprio...” Esclamò sbloccando lo schermo, per poi rimanere un tantino interdetto.
“...Chi ti scrive? Cioè, se posso chiedere. Non voglio essere invadente, solo se hai voglia di- ” Kurt per poco non si scoppiò a ridere.
 
“Blaine, rilassati! Non mi sembra vero di essere io quello che deve dirlo a te... E comunque sei tu.”
“Io...? Ma se l’unico messaggio che ti ho mandato oggi è quello in cui ti dicevo di essere arrivato?”
“È quello, infatti.” Blaine alzò un sopracciglio, prendendo la prima a sinistra verso Westerville.
“E allora come hai fatto a sapere che ero sotto casa tua?”
 
“...Credevi davvero che non mi fossi accorto della tua macchina sotto casa alle sette e venti, e poi spostata dall’altra parte della strada dieci minuti dopo?”
 
Blaine spalancò gli occhi, ed era una fortuna che al momento dovesse mantenere lo sguardo fisso sulla strada, perché probabilmente se avesse incontrato lo sguardo di Kurt sarebbe sprofondato nel sedile.
 
“M-Mi dispiace...”
“No, io... L’ho trovato carino. Ti avrei raggiunto subito ma stavo finendo di prepararmi.”
 
Blaine si fermò ad un semaforo rosso, approfittandone per intercettare un sorriso rilassato sul volto di Kurt.
 
Sembrava a suo agio, tranquillo, senza pensieri: tutto a un tratto era un normale ragazzo di diciassette anni.
Blaine avrebbe potuto giurare di vedere la rabbia, la paura e la diffidenza scivolare sulla sua pelle candida e nascondersi da qualche parte, perché non se n’erano andate, questo no, tuttavia per quella sera erano state accantonate.
Non erano parte di lui, non gli appartenevano più come pochi mesi prima. Gli erano sempre più estranee, e Blaine sperò di essere ancora accanto a lui il giorno in cui l’avrebbero lasciato andare definitivamente, e anche quelli successivi.
 

 
 
 
 
 


 
 
 
* Ok, questa sarebbe è una nota prettamente inutile, però l’ho messa per tutti quelli a cui quella gelateria ha ricordato qualcosa. Scusate, ma la mia mappa mentale di Westerville è rimasta, rimane e rimarrà sempre la stessa T__T Ok, la smetto u__u *miss baby!Klaine ç__ç*
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Eccoci qua ^_^
Ooops.
Minuto di silenzio per la gaffe di Blaine, allegramente sgamata da Kurt u___u
Ecco. Ora mi chiedo: sono stata l’unica a rotolare sul pavimento quando Finn ha regalato a Rachel una stella di nome Finn Hudson?!?! No, ok, dopo c’è stata tutta la spiegazione filosofica ma io non ho sentito una mezza parola XDD Oddio, amo quel ragazzo :’D!!
Ok, me ne vado che è meglio u_u ...Devo esplicitarlo che il prossimo capitolo sarà completamente dedicato al loro primo appuntamento? Ecco, quindi preparatevi al fluff (again -.-“)!

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


Buon inizio settimana a tutti  :D
Dunque miei cari, come vi avevo anticipato la volta scorsa questo aggiornamento sarà completamente dedicato al primo appuntamento dei nostri due amabili Klaine (...e non fatevi ingannare dalla barra laterale: si tratta di un capitolo piuttosto lungo, è solo che ho messo meno spazi tra i periodi ;) *non sa fino a che punto questa notizia possa essere apprezzata*)
Prima di lasciarvi alla lettura preciso giusto una cosetta, visto che mi è stato già chiesto da diverse persone nelle recensioni, ovvero di quanti capitoli verrà lunga questa storia :)
...Ehm. L’amara verità è che non ne ho la più pallida idea, ragazzi XD
O meglio: so esattamente cosa far succedere, ma non con precisione in quanti capitoli dovrei stare :S Per ora posso dirvi che sto scrivendo il 24, e se le cose vanno avanti come sono nella mia testa dovremmo aggirarci indicativamente intorno ai 30/35 capitoli, ma come vi dicevo non lo so ancora per certo... In ogni caso non più di 35, se no avete il diritto di chiedermi pietà e la smetterò di tormentarvi con questa cavolo di FF XD
...Bene. Brava, finisco sempre per scrivere un papiro osceno -.-“

Prima di levarmi davvero dai piedi un’ultima, importantissima cosa: GRAZIE, grazie e ancora grazie alle fantastiche persone che hanno aggiunto la storia a preferite/seguite/ricordate: mai avrei immaginato che poteste essere così tanti :’D
Inoltre un grande abbraccio a chi mi sostiene sempre con i propri preziosissimi commenti, e in particolare a Kady Miss G Warbler, Fiby AndersonBass_,  Safelia22, jjei, HopeAndHuggy, Maggie_Lullaby, sandy_hachi,  JulesCullenMeyer, Guzzy_12, Alessandranna, sakuraelisa, aleka_80, nem, anastasianapp, BeatriceS, saechan, GleekLove91, Tallutina, LexyDC__, elisabethy92, BlackLittleMole, Evy78, SiaStew, lolaly e xnotsonaive che hanno recensito lo scorso capitolo :***

 
 
 
 
 
 



 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Clove (*).
 
Kurt osservò l’insegna fiocamente illuminata che rendeva visibili i contorni di alcune delle poche macchine presenti nel parcheggio, oltre il finestrino dell’auto di Blaine .
 
Per quanto ne sapesse – e ne sapeva davvero poco visto e considerato che suo padre era un meccanico – si trattava di macchine piuttosto costose.
E quello stesso ristorante, a una prima occhiata, sembrava abbastanza costoso.
 
Stava per voltarsi e chiedere a Blaine se non fosse meglio puntare su qualcosa di più economico, ma lui era appena sceso dall’auto, e Kurt avrebbe fatto lo stesso se lo sportello non si fosse aperto prima che le sue dita potessero raggiungere la maniglia.
Blaine gli stava aprendo la portiera, e Kurt avrebbe volentieri farfugliato che non era necessario se solo fosse riuscito a spiccicare parola.
 
Il ragazzo gli porse la mano per aiutarlo a scendere, e Kurt trovò estremamente piacevole la sensazione delle dita di Blaine intrecciate alle sue.
Nessuno dei due lasciò la presa, una volta che lui uscì dall’auto.
“Blaine... Sicuro che possiamo permettercelo?”
“Non preoccuparti.” Rispose semplicemente, incamminandosi con lui verso l’entrata del ristorante.
 
Kurt aveva seriamente temuto che quell’uscita si rivelasse una continua tortura per i suoi ricordi fin troppo sensibili, e che ogni cosa lo riportasse inequivocabilmente a Trevor.
La verità, invece, era che – da quando aveva messo piede fuori di casa – nemmeno una volta la sua mente era tornata a quella sera dell’anno prima.
 
Perché era con Blaine, e lui aveva la facoltà di prendersi tutto lo spazio, monopolizzare i suoi pensieri e il suo corpo in modo da riempirlo, senza invaderlo.
 
Certo, non era stato esattamente facile prima, quando si stava preparando, né quando era stato costretto a raccontare a suo padre l’ennesima bugia. Eppure in un certo senso si era sentito felice quando il senso di colpa per aver mentito gli aveva attanagliato lo stomaco: era troppo tempo che era non era pervaso da altro se non da un senso di apatia costante, distacco e indifferenza tanto dagli altri quanto da se stesso.
 
Eppure ora aveva ripreso a provare sensazioni diverse: rabbia, rammarico, imbarazzo, felicità, amore... e ogni volta era come rinascere. Non avrebbe mai ripagato Blaine a sufficienza per tutto ciò che – consciamente o inconsciamente – era riuscito a fare per lui.
 
 
Entrarono nel locale, Blaine a passo deciso, Kurt titubante.
 
All’ingresso c’erano due vasi piuttosto grandi, contenenti ognuno una composizione di fiori e rametti differente. Al centro della saletta figurava uno spesso tappeto decorato, e contro le pareti – rivestite di legno scuro – erano appoggiate alcune poltroncine imbottite, rivolte verso un piccolo televisore disposto su un tavolino basso.
Nell’insieme sembrava un posto davvero accogliente, complice anche l’enorme lampadario antico che pendeva sulle loro teste, diffondendo una luce calda e avvolgente.
 
Kurt a malapena si accorse della donna dietro al bancone della cassa, che sorrideva raggiante ai nuovi arrivati.
 
“Buonasera! Lasciate che vi prenda le giacche.” Il ragazzo spalancò gli occhi: non era mai stato in nessun posto in cui ti sistemassero il cappotto nel guardaroba prima di farti accomodare.
Era come i tizi che ti parcheggiano macchina quando vai in un hotel elegante: qualcosa che succede agli altri, ma di sicuro non capita a te.
 
Kurt era abbastanza sicuro di essere a bocca aperta, ma si sforzò di sorridere all’aria amichevole della donna, che stava lasciando la sua postazione per raggiungerli.
 
A un tratto lo colpì una preoccupante consapevolezza: la sua mano ancora stretta a quella di Blaine.
 
Preso dal panico se ne liberò in uno scatto, troppo imbarazzato per cogliere lo sguardo rassicurante lanciatogli dall’altro ragazzo.
 
La proprietaria sistemò le loro giacche nell’appendiabiti, senza smettere di sorridere.
“Allora, avete una prenotazione?” Blaine le sorrise.
“Sì: Anderson.” Lei spalancò gli occhi prima di sporgersi ad abbracciare il moro, lasciando Kurt non poco stupito.
 
“Blaine! Tesoro, quanto sei cresciuto! Non ti vedo da quando avevi ancora i tuoi adorabili ricciolini scompigliati.” Esclamò, tentando senza successo di arruffare i capelli di Blaine, che subito si portò le mani alla zona incriminata, in preda al panico.
“Perché ti metti in testa tutta questa roba? Senza saresti ancora più carino, tesoro.” Kurt non riuscì a trattenere una risatina, attirando l’attenzione della donna.
 
“Signora White, lui è Kurt.” Lei si illuminò in un sorriso.
“E così sei il ragazzo di Blaine. Sei davvero adorabile, tesoro.” Kurt spalancò gli occhi.
 
Il ragazzo di Blaine.
 
No, non si sarebbe abituato tanto presto a quella definizione; anche se – questo doveva ammetterlo – non suonava affatto male.
 
“E io per voi sono Nancy, non sono ancora tanto vecchia da essere chiamata per cognome.” Kurt indagò quella sconosciuta, e si stupì di non leggere nemmeno un briciolo di diffidenza nei suoi occhi, sebbene lei stessa avesse riconosciuto di avere di fronte due ragazzi che stavano insieme.
Evidentemente doveva conoscere Blaine da parecchio tempo, e questo era rassicurante.
 
“Avrete fame, ragazzi! Vi accompagno al vostro tavolo.”
Nancy li accompagnò attraverso una stanza non troppo grande, dove alcune persone stavano già gustando la loro cena.
 
Kurt sperò davvero che il loro posto fosse abbastanza distante dagli altri clienti: aveva come la sensazione di aver scritto in faccia di essere innamorato di Blaine, e non voleva che gli altri se ne accorgessero ed iniziassero a fissarli.
Certo, non c’erano molti ragazzi giovani in quel posto, e non erano a Lima, tuttavia qualcuno sarebbe potuto venire a sapere di loro, e quel qualcuno avrebbe potuto spargere la voce a scuola, Seth lo sarebbe venuto a sapere e allora-
“Il vostro tavolo, ragazzi. Vi lascio i menu.” Ok, non poteva davvero negare di trovare adorabili i separé che – in quell’ala del ristorante – dividevano un tavolo dall’altro.
 
I due ringraziarono e si sedettero, e per Kurt fu un impresa non arrossire alla vista della piccola candela rossa la cui fiamma danzava al centro del tavolo.
 
“Nancy è una grande amica di mia madre: venivamo qui praticamente tutte le sere prima che iniziassi il liceo. Poi sai, con la Dalton e tutto il resto non siamo più riusciti a permettercelo.”
“Così lei sa che tu... Che noi...”
“Glielo avrà detto mia madre, probabilmente. Lei è riuscita... a estorcermi il fatto che ci fosse qualcuno che mi piaceva, e ovviamente l’avrà detto a Nancy.” Spiegò Blaine, alzando gli occhi al cielo con aria divertita.
 
“Come si chiama? Tua madre intendo.” Kurt era piuttosto curioso sotto questo punto di vista. Era un po’ che si chiedeva come fossero i genitori di Blaine, più o meno da quando lui gli aveva detto che – seppur con qualche iniziale perplessità – avevano accettato completamente il suo orientamento sessuale.
“Si chiama Meredith. Mio padre Richard.” Kurt annuì.
 
Meredith e Richard Anderson. Suonavano piuttosto bene insieme.
 
Kurt Hummel e Blaine Anderson.
 
Già. In effetti anche i loro nomi accostati avevano il loro fascino.
 
“...A cosa stai pensando?”
“Niente. Solo a cosa potrei ordinare.” Rispose un po’ troppo velocemente, sparendo dietro il menu, nel maldestro tentativo di nascondere il proprio imbarazzo.
 
Kurt scorse rapidamente la lista delle pietanze, ed era abbastanza inquietante il fatto che non conoscesse nemmeno la metà dei cibi elencati, e a mala pena si attentò a far scorrere lo sguardo fino ai prezzi.
 
D’accordo, alcune cose erano abbordabili, altre assolutamente no.
 
“Hai deciso cosa prendere ?”
Kurt riemerse da dietro al suo menu, e doveva avere una faccia davvero buffa perché Blaine quasi scoppiò a ridere.
“Veramente...”
“Fanno dei cheesecake molto buoni, se può interessarti.” Il giovane Hummel mascherò come poté un sospiro sollevato, facendo sorridere il ragazzo di fronte a lui.
 
“Questo posto è bellissimo.”
“Ti piace allora? Confesso che ero abbastanza terrorizzato...”
“È tutto perfetto Blaine, davvero. Non ne hai motivo.”  Gli disse con un sorriso sincero, sistemando i menu al lato esterno del tavolo.
 
Gli occhi di Blaine si illuminarono, e prima che Kurt se ne potesse accorgere aveva già fatto scivolare la mano sulla tovaglia, fino a raggiungere la sua, intrecciando le loro dita sul tavolo.
 
Kurt abbassò lo sguardo, senza tuttavia sottrarsi al contatto.
 
“Quindi ora noi... noi stiamo insieme. Proprio come ha detto Nancy...?” Chiese, semplicemente perché aveva bisogno di saperlo, di avere un punto fermo, una certezza. E niente era più rassicurante ed indispensabile di Blaine.
Il ragazzo continuò a giocherellare con le sue dita, tenendole allacciate alle proprie.
 
“Sì. Cioè... Io lo vorrei, e anche tanto. Ma non voglio se tu non vuoi.” Kurt trattenne a stento una risata.
“Blaine... Sono qui, è ovvio che voglio essere il tuo- ...che voglio stare con te.” Si corresse in fretta, ringraziando mentalmente la ragazza appena arrivata per le ordinazioni, che l’aveva inconsciamente salvato da quel momento di imbarazzo.
Entrambi i ragazzi scelsero ciò che aveva consigliato Blaine.
 
La cena non proseguì come Kurt l’aveva immaginata.
 
Ricordava esattamente com’era andata con Trevor, quando ingenuamente aveva creduto si sarebbe rivelata la serata più bella della sua vita.
Questa volta aveva fatto di tutto per non crearsi aspettative di alcun tipo, per tenere al sicuro il suo cuore.
 
Eppure ogni gesto, ogni sguardo, ogni secondo con Blaine scivolava dolcemente nei suoi ricordi.
E lì, proprio nella sua mente si fondevano in uno strano equilibrio che, attimo dopo attimo, andava a creare  un’armonia perfetta, in una muta colonna sonora che non lo avrebbe abbandonato tanto presto.
 
Non se ne rese nemmeno conto.
Di solito, quando ci accade qualcosa di straordinario, lo definiamo un sogno diventato realtà.
Kurt quella sera vide la realtà diventare un sogno, esattamente sotto i suoi occhi: il contrario di quanto credeva, appunto.
 
Non sempre le cose devono andare come ci aspettiamo, per combaciare con i nostri desideri.
 
 
                                                                     ***
 
 
Doveva mantenere gli occhi sulla strada.
 
Doveva farlo, insomma: era sera inoltrata, c’era ancora qualche rimasuglio di neve ai lati della strada, e in generale non è consigliabile concentrarsi su altro quando si guida una macchina.
 
Blaine tuttavia era piuttosto convinto che distrarsi fosse il minimo, visto e considerato il ragazzo seduto accanto a lui.
 
Erano usciti dal ristorante poco prima e, benché avesse fatto di tutto per impedirglielo, Kurt aveva insistito fino all’ultimo per pagare la sua parte e, dopo un’accesa battaglia, era stato costretto a dargliela vinta.
 
Nancy era esattamente la stessa donna solare di qualche anno prima, quando lui e la sua famiglia erano clienti abituali del Clove.
Blaine aveva scelto ogni cosa con una cura maniacale in un’accesa organizzazione telefonica, e lei l’aveva assecondato in tutto e per tutto, nonostante non riuscisse davvero a smettere di ricordargli come stesse meglio senza gel nei capelli, esattamente come sua madre.
 
“Va bene se accendo la radio?” Chiese a un tratto Blaine, nella speranza che un po’ di musica lo aiutasse a concentrarsi.
Kurt si sporse verso lo stereo e lo azionò; pochi istanti dopo nell’abitacolo prese a diffondersi una melodia particolarmente delicata.
A Blaine bastò un istante per riconoscere la canzone.
 
Not Like The Movies! Sono stato indeciso fino all’ultimo tra questa e Happy Ending da portare alle Provinciali.”
“...Sei proprio fissato con Katy Perry, mh?” Chiese Kurt con una risatina, regolando il volume della radio.
“No... Non così tanto...”
“...Però hai dei suoi poster anche nell’armadietto.”
“Ok, va bene.” Si arrese con un sorriso, grato di aver appena avvistato il cartello che annunciava l’ingresso a Lima, visto e considerato che guidare con Kurt in macchina si stava rivelando piuttosto complicato.
 
He put it on me I put it on
Like there was nothing wrong
It didn’t fit
It wasn’t right
Wasn’t just the size


Blaine sentì il respiro mozzarsi in gola.
A un tratto ogni cosa aveva perso di consistenza, riducendosi a un’insignificante mescolanza di forme e colori.
Kurt aveva iniziato a canticchiare le parole delle canzone, e Blaine avrebbe potuto rimanere ad ascoltarlo per tutto il tempo del mondo, ma non ne avrebbe avuto abbastanza.
 
If it’s not like the movies
That’s how it should be...
When he’s the one
I’ll come undone
And my world will stop spinning
And it’s just the beginning...

 
La sua voce era qualcosa di non descrivibile a parole.
Non c’era bisogno dell’udito per sentirla, si trattava di qualcosa di completamente diverso.
Usciva dalle sue labbra e penetrava direttamente nel cuore, inesorabile, senza dare nessuna via di scampo. Era come una pugnalata indolore, qualcosa che non aveva nulla, assolutamente nulla di umano.
 
Blaine si perse in quella voce celestiale, ed era come andare alla deriva: non aveva più nulla a cui aggrapparsi, rimanevano solo quelle note impalpabili che si mescolavano all’aria, in un’intensità tale da farle cambiare di consistenza.
 
Non aveva mai provato niente del genere in vita sua, ed era completamente sicuro che nulla avrebbe potuto rendere quegli attimi più indimenticabili.
 
Si sbagliava.
 
Erano i suoi occhi.
 
Il modo in cui li chiudeva mentre cantava, sollevando appena il viso, in un’espressione completamente rilassata, quasi beata. Come se fosse in grado di scollegare corpo e mente, abbandonandosi completamente alla musica.
 
Blaine si accorse per miracolo di dover svoltare nel vialetto di casa Hummel – Hudson, posteggiando proprio mentre Kurt intonava le ultime note.
 
Spense la macchina con le dita che tremavano appena percettibilmente, e sperò che fosse Kurt il primo a dire qualcosa: non aveva intenzione di spezzare l’incredibile incantesimo che la sua voce aveva creato.
Il ragazzo si voltò verso di lui qualche istante più tardi, con un sorrisetto imbarazzato sulle labbra.
“Io... Scusa. È che cantare mi è sempre piaciuto parecchio- ”
“Hai la voce di un angelo.”
 
Le parole scivolarono fuori dalle sue labbra senza che potesse fare nulla per fermarle. Ma dopotutto era la semplice verità: se gli angeli esistessero, dovrebbero essere esattamente come lui, su questo non aveva alcun dubbio.
 
Kurt spalancò i suoi grandi occhi chiari, e quella vista non fece altro che consolidare la tesi che Blaine portava avanti dalla prima volta che aveva posato lo sguardo su di lui.
 
“...Io ho davvero ben poco a che fare con gli angeli, Blaine.”
“Io dico di sì invece.” Kurt scosse la testa.
“Gli angeli sono perfetti. Fanno sempre le scelte giuste e non hanno paura di niente. Io di paure ne ho anche troppe, sono pieno di difetti e ho fatto sempre la cosa sbagliata. Beh, tranne con una persona...” Alzò lo sguardo su Blaine con quella timida dolcezza che niente e nessuno sarebbe stato in grado di sottrargli.
 
Nessuna delusione, nessun tradimento, nessun colpo alle spalle era riuscito a scalfirlo, non davvero, a modificare la sua stessa sostanza.
Quel Kurt c’era sempre stato. Sepolto, oppresso, soffocato, ma non ha mai smesso di esistere. Aveva solo bisogno di una mano a cui aggrapparsi per riuscire a tirarsi fuori da dove era confinato, per tornare a splendere.
 
“La verità è un’altra, Kurt.” Disse con sicurezza, mentre allungava cautamente una mano verso il suo viso. Quando sfiorò la sua guancia e Kurt non si sottrasse al tocco, il suo cuore non poté fare a meno di battere più veloce. Era una nuova vittoria, un traguardo diverso di giorno in giorno. Ancora non riusciva a credere di avere il privilegio di accompagnarlo attraverso ogni nuova conquista.
Ancora non era consapevole di fino a che punto fosse suo.
 
“Gli angeli appaiono quando meno ce lo aspettiamo...” Gli accarezzò la pelle.
“...E ci danno tutto ciò di cui abbiamo bisogno.” Spiegò, guadagnandosi un’occhiata consapevole dal ragazzo di fronte a lui.
“In questo caso tu sei stato un angelo per me.” Ammise, avvicinandosi un po’ di più a Blaine.
 
“Vale lo stesso per me.” Kurt socchiuse la bocca per protestare, ma il moro glielo impedì, avvicinandosi quel poco che bastava per far incontrare le loro labbra.
Lo sentì respirare sulla sua pelle, e riuscì a cogliere la scintilla trasparente nel suoi occhi fino all’ultimo istante, quando lentamente li chiuse, abbandonandosi al bacio.
Lasciò che fosse Kurt a prendere l’iniziativa, a condurre ogni mossa secondo la sua volontà.
 
Non che fosse esattamente semplice mantenere la più completa coscienza di sé con un ragazzo del genere tra le braccia, ma Blaine conosceva il suo passato, e voleva che per una volta fosse Kurt a scegliere come condurre il gioco, voleva fargli capire che poteva farlo.
 
Lui gli prese cautamente il viso tra le mani e Blaine si beò di quel contatto, cingendogli a sua volta i fianchi per quanto lo scomodo impiccio di sedili, freno a mano e cambio potesse permetterglielo.
Il moro seguì i movimenti lenti e morbidi delle labbra di Kurt, che si spostavano sulle sue con estrema dolcezza, a ritmo con i battiti dei loro cuori.
 
Quando si separarono Blaine cercò istintivamente le sue mani, prendendole tra le proprie. Fece per dire qualcosa, ma Kurt lo precedette.
“È stato tutto perfetto stasera. Io... grazie Blaine, davvero.” Mormorò, ma a Blaine non sfuggì la punta di tristezza nella sua voce.
 
“C’è... c’è qualcosa che non va? Puoi dirmelo Kurt, qualunque cosa- ”
“Non è niente, davvero. Solo...” Abbassò lo sguardo.
“...Kurt?”
“È stupido. È... è solo che sono così felice, Blaine. Vorrei poterlo urlare a tutti, vorrei che sapessero quanto sono fortunato...” Confessò, e Blaine non si perse nemmeno una sfumatura del rossore che imporporò le sue guance a quell’ultima affermazione.
 
“...È solo che mi dispiace non poterlo fare.”
 
Blaine avrebbe voluto conoscere le parole giuste da dire a quel punto.
Avrebbe voluto guardarlo negli occhi, rassicurarlo sul fatto che potevano essere esattamente ciò che erano, camminare mano nella mano per i corridoi del McKinley e non doversi preoccupare di altro se  non di quello che li legava.
 
Ma non poteva.
 
No, perché sarebbe stato stupido mentire.
 
Kurt era terrorizzato, distrutto, e a mala pena riusciva ad accettare ciò che era e quello che provava a causa di tutto il fango che per una vita gli avevano gettato addosso. Per non parlare di quella maledetta foto: se Seth avesse saputo di loro non avrebbe esitato a renderla pubblica, e Blaine non era sicuro di reggere a come si sarebbe ridotto Kurt, se questo fosse successo.
 
Poi c’era lui, con quegli incubi che non smettevano di tormentarlo.
Non avrebbe mai dimenticato com’era essere guardati con disprezzo, essere presi a calci, umiliati e compatiti da occhi distanti, buoni per giudicare e incapaci di vedere.
 
Santana si era accorta di lui, tuttavia di lei poteva fidarsi: in fondo non erano poi tanto diversi.
 
Tuttavia non aveva intenzione di incontrare uno sguardo del genere mai più. Nessun’altro sarebbe venuto a sapere di ciò che era al McKinley, perché se l’avessero saputo l’avrebbero demolito, lui ne sarebbe uscito distrutto e non avrebbe trovato la forza di sorreggere anche Kurt, e sarebbero caduti insieme.
Nessuno dei due sarebbe riuscito a rialzarsi, non da solo.
 
“Dispiace anche a me.” Ed era la semplice verità, nonché tutto ciò che poteva dire.
 
Kurt sorrise e lo baciò di nuovo, in quella macchina che li proteggeva, nascondendoli dal resto del mondo.
“Non... loro non devono venirlo a sapere. Nessuno deve venirlo a sapere.”  Blaine annuì.
“Lo so, ti prometto che nessuno saprà niente.” Lui sorrise con un pizzico di tristezza, poi Blaine si perse per l’ennesima volta negli occhi chiari di fronte a sé: brillanti, diretti, inesorabili.
 
Era incredibile, inumano pensare che qualcuno avesse davvero potuto fare del male a una persona con uno sguardo del genere, con un’anima talmente leggere che traspariva attraverso le sue iridi vibranti.
 
Blaine era semplicemente fortunato: non aveva trovato una persona, aveva trovato la persona, aveva trovato Kurt e per qualche strano motivo lui ricambiava i suoi sentimenti.
 
Era suo, ed era qualcosa a cui non avrebbe mai fatto l’abitudine, nel modo più assoluto.
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 

 
*Clove: chiodo di garofano, in inglese.
...Ok, questo è da pazzi, ma tanto vale dirla tutta XD
Dunque: sto leggendo “Il linguaggio segreto dei fiori” di Vanessa Diffenbaugh, e alla fine del libro sono riportati i nomi delle piante citate con il rispettivo significato. E beh, il ristorante l’ha scelto Blaine, ma va bene per entrambi:
- chiodi di garofano: ti ho amato a tua insaputa
...Sì, ora potete internarmi u.u
 
 
 
 
 
 
 
 
Eccoci qua ^_^
...Piccolo applauso per quella brava donna di Nancy *clapclap* u_u
Poi... Kurt che canta. Io muoio tutte le volte che apre bocca, e anche Blaine, perché sì u.u La canzone comunque è questa qui -----> http://www.youtube.com/watch?v=3fars3wq2Bk di Katy Perry, appunto ;)
Secondo punto all’ordine del giorno: siete ancora vivi? Sì, insomma, nonostante i denti cariati e il diabete? Se sì vi do appuntamento al prossimo capitolo... E so già che qualcuno mi odierà per quello che accadrà XD No dai, scherzo, non sarà niente di terribile, promesso u.u
...Diciamo solo che ci saranno un po’ di cose non dette, supposizioni sbagliate... e ormoni partiti per la tangente.
Ok, la smetto u.u

P.S. ODDIO finalmente me ne ricordo! Sono millemila capitoli che volevo chiederlo! Ok, ehm... C’è qualcuno che shippa Jeff e Nick...? Scoprirete più avanti perché l’ho chiesto XD

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


Buon giovedì a tutti :D
Mi correggo: buon giovedì 9 febbraio 2012 *____* Tanti auguri a meeeeee *canta* :D Ebbene sì, come dice il mio nome (Ari_92, in cui 92 NON sta per l’anno di nascita, ma bensì per 9 febbraio) oggi la barbona che vi scassa costantemente le scatole con questa FF compie gli anni! ...E con questa notizia (??) spero di farmi perdonare per il leggero ritardo nella pubblicazione, e per il fatto che questo sia il capitolo più lungo di tutta la storia, per ora -.-“
...Ok. Per una volta non anticipo niente u_u Prima di smaterializzarmi un enorme bacio a chi ha messo questa FF tra preferite, seguite o ricordate *ama profondamente* e tutto il mio aMMore ( XD ) a mikyge91, rosettina, Maggie_Lullaby, P e r l a, Misato85, Guzzy_12, Alessandranna, Fiby AndersonBass_, sakuraelisa, aleka_80, ND_Warblers518, GleekLove91, JulesCullenMeyer, YouArePerfectToMe, saechan, Tallutina, elisabethy92, violanassi, BlackLittleMole, Ocatarinetabelasciscix, LexyDC__ e xnotsonaive che hanno recensito lo scorso capitolo *___________*
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 




 
 
 
 
 
 
“Ragazzi! Volete mantenere la calma?!”
Will Schuester, come sempre prima di una qualsivoglia competizione, stava fallimentarmente tentando di calmare i suoi scalmanati studenti.
 
“Questo non lo accetto! Non farò da tappezzeria nel mio ultimo anno!”
“Vuoi chiudere quella bocca, Berry? Ti ricordo che ci sono persone ben più meritevoli di te che non hanno ancora avuto l’opportunità di far emergere il loro talento, a causa tua e delle tue manie di protagonismo!” Rachel spalancò la bocca con aria indignata, ma Santana sembrava ben lungi dall’idea di lasciar cadere il discorso.
 
“Schuester vuole puntare su Tina e Brittany per una delle tre canzoni che canteremo, tu avrai il tuo dannatissimo assolo alle Nazionali, fattene una ragione!”
“Ah sì? E sentiamo, com’è che non te la prendi con Brittany dato che lei canta un pezzo e tu no?” Scattò la ragazza, sovrastando le voci degli altri membri delle New Directions, ognuno intento a dire la propria in merito a quella faccenda.
 
Santana spalancò gli occhi, facendli vagare nervosamente per la stanza.
 
“Ragazzi, davvero: non ha senso continuare a litigare per questa cosa. Ormai la scaletta è decisa, chi non canta lunedì lo farà la prossima volta.” A Blaine non sfuggì l’occhiata vagamente riconoscente lanciatagli dall’ispanica, né il sospiro sollevato del professor Schuester.
 
“Grazie, Blaine.
Ora, se posso, vi lascio l’indirizzo dell’auditorium dove dovremo esibirci. Fortunatamente per una volta non è troppo lontano da qui.”
Il professore iniziò a frugare nella sua borsa potenzialmente senza fondo, alla ricerca dei programmi della serata.
 
Erano tornati a scuola da poco più di due settimane, e Blaine stava insieme a Kurt da quasi un mese ormai.
 
Ventisei giorni, per essere precisi.
 
Le vacanze di Natale erano state in assoluto le migliori della sua vita: erano usciti insieme praticamente ogni sera, e spesso al pomeriggio, quando Finn era fuori con Rachel e i genitori di Kurt lavoravano, lo andava a trovare.
 
Ogni volta che lo vedeva, per Blaine era come se non succedesse da troppo tempo.
 
Poi la scuola era ricominciata, ognuno aveva indossato la sua maschera e ripreso a sopravvivere, non animati da altro se non la certezza che ogni giorno avrebbero aspettato che tutti se ne fossero andati, per poi chiudersi nella macchina di Blaine e rimanere lì.
A stringersi e baciarsi, sentirsi vivi, nei pochi momenti in cui potevano.
 
Entrambi erano consapevoli che non era giusto, che non era così che doveva andare, ma era l’unica cosa che potevano permettersi.
 
Inoltre, Kurt aveva ripreso a frequentare i ragazzi del Glee Club, quando i giocatori di football erano troppo impegnati negli allenamenti per accorgersi di lui, e sorrideva, in quel modo disarmante che faceva innamorare Blaine più di quanto ritenesse umanamente possibile.
 
“...Westerville? Blaine, amico, non andavi a scuola lì?” Il ragazzo si risvegliò dal suo stato di adorazione, sollevando lo sguardo verso Finn.
 
“Come...?”
“Vedi? Dice Westerville,Ohio.” Spiegò indicando il programma che teneva in mano, sventolandolo in faccia a Blaine.
Il moro lesse e rilesse la scritta, nell’assurda speranza di essersi sbagliato, che ci fosse un qualche errore.
 
Eppure le lettere rimanevano impresse esattamente lì: nero su bianco, inesorabili quanto il panico che a un tratto gli attanagliò il petto.
 
 
                                                                    ***
 
 
Per Kurt era un normale venerdì pomeriggio.
 
O almeno avrebbe dovuto esserlo, fino a quando un urlo sconvolto non gli trafisse i timpani, facendolo quasi cadere dalla sedia della sua stanza.
 
Il ragazzo scattò in piedi, affrettandosi verso la camera di fianco alla sua.
 
“Finn?” Chiamò sulla porta e, non ricevendo alcuna risposta, si risolse che fosse meglio entrare senza attendere oltre. Insomma, visto e considerato quel verso il suo fratellastro avrebbe potuto essere caduto, aver sbattuto la testa, o peggio essersi reso conto di quanto profondamente sbagliato fosse il suo guardaroba.
 
“Finn, sto entrando...” Lo avvertì prima di socchiudere la porta, trovandosi poi davanti a qualcosa di sentitamente terrificante.
Finn era immobile al centro della sua stanza, con due fogli in mano e la faccia completamente sbiancata.
I suoi occhi erano spalancati, e persi in un vuoto non meglio definito.
 
“...F-Finn?” Kurt gli si avvicinò cautamente, cercando di sbirciare i due pezzi di carta che teneva stetti in mano. Il ragazzo senza preavviso si mosse, incontrando lo sguardo di Kurt.
 
“Sono un uomo morto.” Constatò con una calma piuttosto inquietante, sotto lo sguardo allibito del fratellastro.
“...Come mai tutto questo melodramma?” Finn sollevò i volantini, indicando prima uno poi l’altro.
“Vedi qui? Dice lunedì 23 gennaio 2012, dalle 18:00 in poi. E vedi qui? Dice lunedì 23 gennaio 2012, dalle 20:00 in poi.” Kurt lesse, annuendo lentamente.
“E questo starebbe a significare che...?” Finn spalancò le braccia con ovvietà.
 
“Questo starebbe a significare che sono morto, Kurt. Stai parlando con un cadavere!”
“Ma Finn- ”
“Non capisci?! Le Regionali del Glee Club sono alle sei, e la prima partita di campionato è alle otto dello stesso giorno! Sono morto. Molto morto. Rachel mi ucciderà, e se non lo farà lei ci penserà la coach Beiste... Oh mio Dio!” Kurt socchiuse la bocca.
 
Oh.
Ancora quella storia.
 
Finn l’aveva già tirata fuori qualche tempo prima, ma lui aveva ben altre cose a cui pensare in quel momento e... Beh, poteva ancora farsi perdonare, giusto? In fondo era pur sempre suo fratello.
 
“Mi dispiace, Finn. Ma se fossi in te non mi preoccuperei più di tanto: se salti le premiazioni delle Regionali dovresti riuscire a non perderti l’inizio della partita, non pensi?” Finn non diede segno di averlo sentito, così riprovò.
“Insomma, manca ancora un po’, hai tutto il tempo per trovare una soluzione. Puoi chiedere alla coach di trovarti un sostituto per i primi minuti di gioco, oppure- ”
 
“Kurt, oggi è venerdì! Mancano solo tre giorni! Se chiedo una cosa del genere senza preavviso verrò linciato, per non parlare di tutte le granitate che mi prenderei dagli altri se scoprono che gli ho dato buca per il Glee...” Kurt si perse a metà di quel discorso.
 
Lanciò un’occhiata furtiva al calendario sulla parete, e sì, era venerdì 20 gennaio, mancavano tre giorni alle Regionali.
 
Ci provò, ma non riuscì ad evitare di chiedersi perché Blaine non gli avesse detto niente in merito.
 
Kurt aveva intuito che ci fosse qualcosa che non andava, in effetti, anche se non aveva mai avuto il coraggio di parlarne apertamente con il suo ragazzo.
Erano già diversi giorni che sembrava distante, un po’ triste, e forse vagamente innervosito. All’inizio aveva pensato si trattasse di una giornataccia a scuola, e gli era sembrato stupido e anche piuttosto soffocante da parte sua chiedergli cosa ci fosse che non andava, così aveva lasciato perdere.
 
Ma poi i suoi occhi erano rimasti spenti anche in giorno dopo, e quello stesso venerdì... ed ora veniva a sapere delle Regionali da Finn.
 
Evidentemente c’era qualcosa che non andava, ed era proprio uno degli infiniti privilegi che comportava lo stare con Blaine: riusciva ad essere in pieno possesso di se stesso e della sua mente, essere in grado di vedere distintamente senza avere lo sguardo offuscato dai suoi stessi sentimenti.
 
Blaine non lo confondeva, anzi: tutto era perfettamente chiaro e giusto quando era con lui. D’altronde non avrebbe potuto permettersi di avere un’immagine distorta di quel ragazzo meraviglioso: era un crimine perdersi quanto Blaine fosse splendido, esattamente per ciò che era realmente.
 
Proprio per questo Kurt non poteva mentire a se stesso: c’era qualcosa di strano in quegli ultimi giorni.
 
Ripercorse mentalmente i fatti accaduti di recente: l’aveva visto insieme a Finn, Santana, Mercedes e tutti gli altri, eppure non gli era sembrato diverso dal solito, forse solo un tantino nervoso.
Poi si erano incontrati all’uscita, e Blaine l’aveva baciato in un modo un po’ diverso dal solito: sembrava più irruento, quasi bisognoso di quel contatto. Come se non potesse farne a meno. Kurt non ci aveva fatto molto caso, anche perché non poteva certo dire di non aver apprezzato quella nuova intensità, ma poi si erano separati, e Blaine sembrava profondamente turbato.
 
Doveva esserci un collegamento, una connessione tra quel bacio e il suo comportamento di quei giorni, ed evidentemente si trattava di qualcosa relativo a lui, in quanto con gli altri non sembrava poi così diverso.
 
 
Kurt ci pensò su ancora un po’, mentre cercava distrattamente di rassicurare il povero Finn, che dal canto suo non sembrava essere intenzionato a smettere di annunciare la sua morte ormai prossima.
 
Una volta riuscito a calmare un minimo il suo fratellastro – vale a dire parecchio tempo più tardi – a Kurt era rimasta un’unica ipotesi, la sola che avrebbe potuto spiegare ogni aspetto del suo strano comportamento.
 
Stavano insieme da un mese – ventotto giorni, per la precisione – e forse Blaine stava iniziando a stancarsi delle sue paranoie, stava iniziando a stancarsi di lui: prima di tutto per via del suo umore altalenante, mischiato a sensi di colpa vari ed eventuali, per non parlare delle volte che si era sentito fragile, spaventato, magari solo dopo aver incrociato Seth per i corridoi, per l’assurda paura di dare fin troppo a vedere di essere felice.
 
Doveva essere davvero una sfida per Blaine riuscire a rimanergli accanto nonostante tutto, sopportare la sua debolezza... chiaramente si aspettava qualcosa in cambio.
 
Ne era consapevole: non erano mai andati oltre i baci, e forse questo stava iniziando ad irritare Blaine.
 
Kurt cercò di evitare l’iperventilazione, anche se la situazione attuale era piuttosto indirizzata verso quella prospettiva.
 
L’aveva chiarito sin dall’inizio: non era sicuro di essere capace di essere un buon fidanzato, figurarsi se la persona in questione era Blaine, l’esempio più lampante di perfezione: Kurt non si sentiva nemmeno vagamente alla sua altezza, per non parlare della costante paura di deluderlo e di perderlo.
Non sapeva cosa avrebbe fatto senza Blaine, non sapeva neanche se sarebbe stato in grado di continuare a respirare: non avrebbe potuto giurarlo.
 
Non poteva lasciarlo andare via da lui, non fino a quando ci fosse stato un modo per evitarlo.
 
... Forse avrebbe semplicemente dovuto mettere da parte le sue paranoie e cercare di capire cosa rendeva triste Blaine, nonostante avesse davvero paura, fosse terrorizzato di conoscere la risposta.
Insomma, come avrebbe reagito se gli avesse detto di essere stanco di aspettare, di non riuscire più a sopportare lui e le sue stranezze, a meno che non si fossero spinti oltre?
 
Il problema non era Blaine: sarebbe stato un ipocrita se avesse affermato di non aver mai fantasticato su una futura evoluzione fisica del loro rapporto, i guai cominciavano nel momento in cui rifletteva su cosa tutto questo avrebbe comportato.
 
Essere completamente vulnerabile, affidarsi totalmente a un’altra persona... era una vita che cercava in ogni modo di scansare situazioni di quel tipo e, nonostante fosse innamorato, non sapeva se sentirsi pronto o meno per qualcosa del genere.
 
Eppure da un lato avrebbe voluto, e questo nuovo malumore di Blaine non faceva che aumentare in maniera esponenziale i suoi pensieri in merito. Magari...
Magari era arrivato il momento di mettere da parte le sue paure, per quanto lo terrorizzassero.
 
Magari era arrivato il momento di accantonare se stesso e aggrapparsi a Blaine, impedirgli di sparire dalla sua vita.
 
 
                                                                    ***
 
 
“Blaine, tesoro, stai bene?” Il ragazzo alzò gli occhi al cielo, accoccolandosi meglio sul divano del soggiorno.
 
Erano ormai quattro giorni che viveva in quell’assurdo stato di apatia e davvero, non aveva la minima voglia di parlarne con sua madre.
 
“Blaine...? Vuoi dirmi che succede?” Chiese nuovamente Meredith, prendendo posto affianco a suo figlio.
“Per favore... Non potremmo lasciar perdere?” La donna si accigliò, passandogli affettuosamente una mano tra i capelli liberi dal gel.
Sembrò valutare bene le parole prima di aprire bocca.
 
“... È per via di quel ragazzo, vero?” Se quello fosse stato un fumetto, Blaine sarebbe sbiancato completamente, con tanto di teatrale caduta a gambe all’aria.
“C-Cosa?”
“Kurt. Quello da cui ti ho portato il giorno della Vigilia! Non mi hai più detto niente da quel giorno, e- ”
“Mamma! Questo non... Non c’entra assolutamente niente con Kurt, e... Come diavolo fai a sapere come si chiama?!”
“Tesoro, dovresti saperlo: Nancy non è esattamente lo stereotipo della donna riservata.” Il ragazzo si massaggiò le tempie tra le dita, nel disperato tentativo di non arrossire in modo eccessivamente patetico.
 
“Dovevo aspettarmelo... In ogni caso ti ripeto che lui non c’entra niente.”
La pausa che seguì quelle parole si rivelò abbastanza lunga da illudere Blaine che sua madre avesse finalmente gettato la spugna, cosa che con suo sommo rammarico era ben lungi dal fare.
 
“...State insieme?”
“Cosa?!”
“Tu e Kurt intendo.”
“Ho capito! È solo che non mi sembra il caso di parlare di queste... umh... cose, ecco.” Borbottò, inciampando più volte sulle sue stesse parole.
Meredith sfoggiò un malcelato sorrisetto compiaciuto, annuendo leggermente.
 
“Per cui state insieme.”
“Mamma! Ti ho detto che- ”
“No. Non era una domanda.”
 
Blaine aprì la bocca per ribattere, richiudendola pochi istanti dopo per mancanza di argomentazioni per smontare quella tesi fin troppo ovvia.
 
Insomma: era chiaro, palpabile fino a che punto fosse cambiato da quando Kurt era entrato nella sua vita. Cominciava a temere che i suoi stessi occhi assumessero l’inquietante forma di due cuoricini palpitanti.
 
Sbuffò con poca convinzione, fissandosi con aria imbarazzata le punte dei piedi.
 
“...Blaine? Tesoro, non voglio metterti in imbarazzo, d’accordo? È solo che sono così felice per te! Erano anni che non ti vedevo così vitale come adesso.” Il ragazzo abbozzò un sorriso.
Meredith era in assoluto la persona che più l’aveva sostenuto in tutta la vita, e non per un semplice fatto genetico.
Lei era stata la prima a cui Blaine aveva confidato di essere gay.
 
“Sarò sincera con te, tesoro: non sarà facile. Davvero, vorrei poterti dire che andrà tutto a meraviglia e la tua vita sarà tutta in discesa, ma meriti la verità. Ci saranno degli ostacoli da superare, e potresti ricevere diverse porta in faccia. Nonostante questo voglio che tu sappia che io e tuo padre ci saremo sempre, in qualunque circostanza, che ti vogliamo bene e che non c’è niente che tu possa dire o fare per farci smettere di amarti.”
 
Quelle parole erano entrate nel suo cuore, ed erano qualcosa che non avrebbe mai dimenticato.
Sua madre era stata in ospedale con lui dopo l’aggressione: non aveva lasciato la sua mano, nemmeno per un secondo. Poi c’era suo padre, che non aveva reagito in nessun modo alla notizia della sua omosessualità. Semplicemente aveva continuato a comportarsi come sempre, solo aveva smesso di chiedergli se avesse messo gli occhi su qualche ragazza carina.
 
A volte Blaine si chiedeva se davvero sapesse che era gay. Lui non aveva mai trovato il coraggio dirglielo apertamente, tuttavia era piuttosto sicuro che sua madre non si fosse tenuta per sé tutta la faccenda.
 
 
“...Grazie.” E non si riferiva solo a quelle sue ultime parole. Lei sorrise, alzandosi dal divano e radunando le cose nella sua borsetta.
“Quand’è che viene qui a cena?” Blaine alzò gli occhi al cielo.
“Mamma!”
“Ok, ok! Io esco, tuo padre dovrebbe tornare prima delle otto, vedrò di arrivare in tempo anch’io.” Il ragazzo annuì, vagamente sollevato di trovarsi nuovamente da solo.
 
Non passò molto tempo dall’uscita di Meredith quando Blaine fu di nuovo scosso dai suoi pensieri, a causa del campanello d’ingresso che aveva appena trillato.
 
Il ragazzo si alzò di malavoglia, stiracchiandosi un po’.
Se qualcuno citofonava di sabato pomeriggio, di sicuro aveva una buona ragione per essere lì, e Blaine aveva già abbastanza gatte da pelare senza doversi preoccupare di cacciare venditori porta a porta, testimoni di Geova o boyscout con ridicoli biscottini.
 
“...Non abbiamo bisogno di nient- ” Spalancò gli occhi, sbattendo rapidamente le ciglia quasi fosse stato accecato dalla luce diretta del sole.
Beh, visto e considerato chi aveva davanti non era poi nulla di così strano.
 
“K-Kurt?” Riuscì a balbettare con non poca difficoltà, sentendosi un completo idiota come si ritrovò a squadrare non proprio elegantemente la figura davanti a sé.
 
Dalla cerniera semi slacciata del suo cappotto faceva capolino il colletto di una camicia che Blaine conosceva fin troppo bene: quella a maniche bianche e fantasia a scacchi sul petto, quella che se possibile lo rendeva ancora più strepitoso del solito.
 
Blaine amava quella camicia.
 
Poi c’erano i jeans, e davvero, prima o poi avrebbe scoperto dove si procurasse quelle armi di distruzione di massa, perché non poteva andarsene in giro in quel modo senza mandare a quel paese i pochi ormoni rimasti, ormai vagamente moribondi, che albergavano in Blaine.
 
Si sforzò di alzare lo sguardo, e si rivelò impossibile il contrario quando incontrò i suoi occhi chiari, fissi nei suoi.
 
“Ciao. Disturbo?” Chiese con un sorriso timido, e Blaine sperò con tutto il cuore di essersi sbagliato quando gli parve di cogliere un lampo di paura, malcelato dalle sue iridi trasparenti.
 
“No. Certo che no, io... Mia madre è appena uscita, sia lei che mio padre dovrebbero tornare per cena.” Lo informò con un sorriso, che subito andò ad offuscarsi, nell’attimo quei pensieri non propriamente allegri che gli albergavano in testa da alcuni giorni tornarono a galla.
 
Avrebbe solo voluto dimostrare appieno tutta la felicità che provava nell’avere Kurt lì insieme a lui, eppure le sue stupide paranoie non ne volevano sapere di lasciarlo in pace.
 
Poi cercò di tornare alla realtà.
Kurt non era sicuramente il tipo di persona che si presenta senza preavviso, soprattutto considerato che avevano in programma di andare al cinema quella sera stessa.
 
“...Tutto bene? È successo qualcosa?”
“Posso entrare?” Blaine annuì meccanicamente, perché era Kurt, ovvio che poteva entrare.
Eppure non fece quasi in tempo a richiudere la porta, che le poche sinapsi sopravvissute alla vista di quella specie di miraggio che era il suo fidanzato si scollegarono definitivamente.
 
Kurt senza preavviso gli aveva gettato le braccia intorno al collo, unendo le loro labbra in un bacio decisamente meno casto di quelli che erano soliti scambiarsi.
Gli strinse istintivamente la vita, spalancando gli occhi per la sorpresa.
 
Non che quella situazione non fosse piacevole, tuttavia nell’esatto istante in cui le loro bocche erano entrate in contatto Blaine aveva realizzato che c’era qualcosa che non andava.
Insomma, certo, quello era Kurt, eppure al contempo non era lui neanche lontanamente; quasi gli sembrava di baciare un’altra persona.
 
Blaine non si accorse di essere stato spinto indietro di qualche passo, né di quando il retro delle sue ginocchia cozzò con il bordo del divano.
Fatto sta che pochi attimi dopo Kurt era quasi del tutto spalmato su di lui, tanto che Blaine riusciva ad avvertire i battiti scalmanati del suo cuore esattamente sopra al proprio. Lo sentì prendere una frettolosa boccata d’aria, poi le sue mani avevano iniziato a scendere verso il basso, fino all’orlo della maglietta del ragazzo sotto di lui.
 
Blaine trattenne involontariamente il fiato.
 
Stava sognando?
Sì, doveva essere così, in caso contrario che razza di minimo senso avrebbe avuto ciò che stava succedendo?
Kurt... aveva davvero intenzione di spingersi oltre con lui? Così, adesso, senza che ne avessero mai parlato prima?
 
Quando avvertì i suoi polpastrelli ancora freddi a contatto con la pelle dei fianchi Blaine ebbe un brivido, poi si rese conto di quanto quelle dita tremassero contro di lui.
 
Gli mise entrambe le mani sulle spalle, spingendolo delicatamente verso l’alto.
 
Kurt fu costretto a staccarsi dalla sua bocca, e gli tolse immediatamente le mani dalle anche, con il labbro inferiore che tremava leggermente.
 
“Blaine...”
“Kurt. Cosa stai facendo?”
 
Chiese, tentando di tenere sotto controllo la propria voce, improvvisamente di qualche ottava più bassa del normale.
Perché d’accordo, quella situazione sfiorava l’assurdo, ma Kurt era Kurt e lui era fatto di carne.
 
Il ragazzo spalancò gli occhi, e il suo viso iniziò a diventare pericolosamente rosso.
“I-io... io credevo...” Le parole gli si spensero in gola. Cercò goffamente di togliersi di dosso a Blaine, con il solo risultato di inciampare sul suo corpo e, aggrappandoglisi d’istinto alla maglietta, far rotolare entrambi giù dal divano.
 
“Oh mio... oh mio Dio!” Blaine non riuscì a trattenersi dallo scoppiare a ridere, guadagnandosi una gomitata nelle costole dal ragazzo ancora arpionato a lui.
“Scusami Kurt, è solo- ”
Kurt abbassò lo sguardo con aria mortificata, e sembrò riflettere un po’ sulle parole da dire prima di aprir bocca.
 
“...Credevo che fosse questo ciò che volevi.” Il moro socchiuse la bocca dalla sorpresa.
“Non... Non cadere dal divano. Quello che stavamo facendo prima, sai, prima di...”
 
Blaine non riusciva a crederci.
 
Aveva fatto qualcosa, qualunque cosa che avesse indotto Kurt a pensarlo? Certo, probabilmente aveva sbavato davanti a lui diverse volte e in un modo non particolarmente signorile, ma non era per spingerlo a fare qualcosa per cui non si sentiva pronto, ma per il semplice fatto che non poteva farne a meno.
 
“Ma io non voglio... quello!” Esclamò, e in fondo non era una bugia. Insomma, non completamente, non per ora.
Kurt aveva un’espressione indecifrabile.
 
“...Non credevo di farti tanto schifo.” Disse tranquillamente, e Blaine avrebbe ripreso a ridere per l’assurdità di quell’affermazione, se solo questo non avesse comportato quasi sicuramente un ceffone.
“Cosa...? Kurt, intendevo dire che non voglio fino a quando non sarà il momento giusto, quando nessuno di noi due vorrà farlo solo perché sotto pressione, nonostante sia spaventato a morte...”
“Io... io non sono spaventato!” Scattò, senza però molta convinzione.
 
Blaine gli rivolse un sorriso divertito, andando ad intrecciare con leggerezza le dita alle sue, ancora arpionate al suo petto.
 
“...Già. Ma ti tremano ancora le mani.”
 
Kurt sostenne con fierezza il suo sguardo ancora per qualche istante, lasciandosi infine andare ad un sospiro rassegnato.
 
“Sono ridicolo. Anzi, patetico.” Blaine scosse con decisione la testa, riuscendo finalmente ad arrampicarsi di nuovo sul divano.
“Vieni qui.” Kurt lo osservò timidamente, mentre si metteva semi sdraiato, facendo un cenno con la mano accanto a lui.
 
“Beh? Prima mi salti addosso e ora non ti fai neanche abbracciare?” Kurt trattenne a stento una risatina, più per orgoglio che per altro.
“Bel modo per tranquillizzarmi, davvero.” Commentò, andandosi comunque a stendere al suo fianco.
 
Blaine lo strinse contro al suo petto, avvolgendogli la vita con le braccia, e per un po’ nessuno dei due disse una parola. L’unico suono udibile era quello delle labbra del moro, che lasciavano una scia di piccoli baci sulla nuca del suo ragazzo.
 
“Non voglio che ti sforzi più in alcun modo con me. In nessun campo, Kurt, capito?” Lui annuì, voltandosi a fatica per riuscire a catturare le labbra di Blaine in un soffice bacio.
 
E... Oh, già: quello sì che era Kurt.
Kurt che gli lasciava il tempo di assaporare ogni attimo, che tracciava il contorno della sua bocca con la punta della lingua, e indugiava sempre un attimo più del necessario prima di fargliela scivolare tra le labbra.
Si beò di quel contatto fino a quando entrambi ebbero abbastanza fiato.
 
Kurt tornò a sistemarsi su un fianco, accoccolandosi contro il petto di Blaine. Lasciò che le carezze dell’altro lo sciogliessero per qualche altro istante, e quando si decise a parlare fu un miracolo se il moro riuscì a cogliere la sua voce, tanto era flebile.
 
“...È solo che sono diversi giorni che sei strano. Io... credevo ti stessi stancando di me.”
 
Anche questa volta, Blaine dovette sforzarsi per non scoppiare a ridere.
Insomma, come poteva anche solo pensare una cosa del genere? Come poteva aleggiargli anche vagamente per il cervello?
 
Kurt non era qualcuno di cui ci si potesse semplicemente stancare.
 
Non conosceva nemmeno una briciola di tutto ciò che avrebbe voluto sapere su di lui, ed era come se solo nell’esatto istante in cui i loro occhi si erano incrociati per la prima volta fosse stato in grado di percepire la terra sotto i piedi, l’aria nei polmoni e la luce negli occhi.
 
Avrebbe potuto facilmente tracciare una linea netta tra i giorni passati prima di conoscerlo, e quelli dopo che era piombato nella sua esistenza, sconvolgendola irrimediabilmente.
 
Era come aver preso nuova vita, aver visto il mondo per la prima volta.
 
Blaine sapeva di dipendere da lui per questo, che sarebbe stato cieco se un giorno gli avesse impedito di guardare attraverso i suoi occhi.
 
Ma non aveva paura: qualunque cosa, ma non avrebbe rinunciato a Kurt.
 
 
 
 
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 




 
Eccoci qua ^_^
Duuunque XD ...Che dire di questo capitolo? Abbiamo una nuova apparizione di Meredith (di cui in questo momento non vi interessa un accidenti), un Finn versione drama queen (di cui in questo momento vi interessa ancora meno), e... Già. La parte Klaine *tossicchia*.
...Sappiate solo che questa non è l’ultima volta che parleranno/penseranno/agiranno (??) riguardo L’argomento, quindi sì, non perdete le speranze  *ogni riferimento a possibili cambiamenti di rating è del tutto casuale*...
...Lunedì ovviamente scopriremo cosa turba il nostro Blaine, anche se dall’inizio del capitolo è piuttosto intuibile ;)
Ok, vado a letto prima di sparare altre amenità XD
A lunedì :)

 

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***


Buon lunedì a tutti :D
Allora miei cari, prima di perdermi in inutili introduzioni chilometriche inizio subito a parlarvi del nuovo capitolo ;) Dunque dunque dunque: ovviamente verremo a sapere ciò che affligge Blaine, cosa che molti di voi hanno già indovinato nelle recensioni u_u Inoltre per la prima volta sarà Kurt a ‘prendersi cura’ del suo ragazzo, a differenza di quanto è successo fin ora.
...Sul finale non mi pronuncio, vedrete è.é!
Ok, prima di vaporizzarmi tutti i miei infiniti GRAZIE a chi ha messo questa storia tra preferite, seguite o ricordate. Siete davvero magnifici ç__________ç
Inoltre un bacio a ND_Warblers518, Chris91, GleekLove91, P e r l a, sakuraelisa, aleka_80, BeatriceS, JulesCullenMeyer, Tallutina, TWEJTOEOOFGSDKSFKSDO, Masato85, elisabethy92, Alessandranna, jjei, saechan, Maggie_Lullaby, violanassi, anastasianapp, Midori394, Guzzy_12, FraRock, BlackLittleMole, LexyDC__, nem, SiaStew e lolaly che hanno recensito lo scorso capitolo, cosa che come sempre mi rende felicissima :’D!!

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 


 
 
 
 
 
Kurt lasciò che il calore emanato dal corpo di Blaine lo cullasse, insieme alle sue braccia forti che gli cingevano dolcemente i fianchi.
I baci che gli stava lasciando da diversi minuti alla base del collo e tra i capelli riuscirono in qualche modo a tranquillizzarlo, o se non altro a farlo sentire un tantino meno stupido.
 
Già, perché era stato del tutto irrazionale auto convincersi che il malumore di Blaine fosse dovuto a qualcosa di prettamente fisico, e si era rivelato ancora più idiota agire in quel modo sconsiderato, per il semplice, folle e disperato terrore di perdere Blaine, e Kurt era consapevole che la propria realtà era ormai troppo allacciata alla sua per potersi separare senza conseguenze.
 
Stare senza Blaine avrebbe significato vivere un’esistenza a metà, nella frustrazione di chi sfiora incessantemente il proprio corpo, nella speranza di trovare una qualsivoglia parte mancante che giustifichi quel sentimento di assenza e di incompletezza che alberga dentro di lui.
 
Kurt non poteva stare senza Blaine.
 
Semplicemente, non lo avrebbe sopportato.
 
Ed ora come non mai si sentiva male, per aver anche solo pensato che potesse davvero volerlo abbandonare come aveva temuto: Blaine gli voleva bene, di questo Kurt era certo, e lo dimostrava in ogni suo gesto, ogni sguardo, ogni sorriso e ogni bacio.
Perfino in quel momento quando, respirandogli sulla nuca, l’aveva fatto rabbrividire, subito l’aveva stretto più forte, lasciandogli un ennesimo bacio tra la base del collo e la spalla, quasi a scusarsi.
 
Eppure, nonostante tutto, Kurt continuava a non spiegarsi il recente comportamento di Blaine.
 
In fondo aveva appena avuto la prova tangibile che, a conti fatti, parlare è in assoluto il modo migliore per evitare stupidi ed imbarazzanti fraintendimenti, dunque decise di farsi coraggio e procedere in tal senso.
 
“...Blaine? Lasciando da parte la mia figuraccia di prima, posso chiederti cosa c’è che non va ultimamente?”
Sentì il suo corpo irrigidirsi appena.
“Io... Non sei obbligato a dirmi nulla. Solo se vuoi.” Si affrettò a precisare, fin troppo consapevole quanto fosse difficile trovare la forza di dar voce ai propri sentimenti, ma non per questo meno speranzoso che Blaine decidesse di condividerli con lui.
 
“...Non è niente di importante, Kurt. Mi dispiace di averti fatto preoccupare, io... è così insignificante rispetto a quello che hai passato tu... Mi prenderesti per codardo se te lo dicessi.” Sussurrò da qualche parte tra i suoi capelli, e Kurt poteva immaginare i suoi caldi occhi dorati resi imperfetti da una sfumatura triste.
 
“Codardo? Blaine, stai parlando con qualcuno che ha finto di essere un’altra persona per tutta la vita. Tu non ti sei arreso, sei andato avanti senza curarti del giudizio degli altri. Sei la persona più coraggiosa che conosca.” Disse tutto d’un fiato e, una volta finito, quasi stentava a credere di averlo davvero detto ad alta voce.
 
Blaine intrecciò una gamba con quella di Kurt, mollemente abbandonata sul divano.
 
“Grazie Kurt, ma credo che tu sia più forte di quanto pensi.” Mormorò, e a Kurt non sfuggì il piccolo sospiro soddisfatto che emise nel momento in cui riuscì a raggiungere una delle sue mani, stringendola nella sua.
 
“Non volevo farti stare in ansia Kurt, davvero. È solo... Vedi, mercoledì al Glee Club hanno dato il volantino per le Regionali, e a quanto pare si terrà all’auditorium della mia vecchia scuola.” Kurt assunse un’aria confusa, senza capire.
 
“...Alla Dalton?” Blaine scosse la testa.
 
“No. È nella mia prima scuola, quella da cui mi sono dovuto trasferire.”
 
Sospirò.
“Lo so che è... stupido, ma non sono mai più passato davanti a quel posto. E sì, lo so: è solo un’insieme di cemento e mattoni, eppure- ”
“Blaine. Non è stupido.” Affermò Kurt, sciogliendo controvoglia l’abbraccio di Blaine per potersi mettere seduto e guardarlo negli occhi. Era spaventato, e Kurt conosceva fin troppo bene quella sensazione, e sì: a volte le paure peggiori vengono a galla proprio quando il vero pericolo è passato.
 
“È normale non voler tornare in un posto a cui sono legati dei brutti ricordi, sarebbe strano il contrario.” Il ragazzo esitò qualche istante, incerto se porre la domanda che aveva spontaneamente preso forma nei suoi pensieri.
 
“...Pensi che sarebbe più facile per te se io ti accompagnassi?”
 
Chiese abbozzando un sorriso, e sperò davvero che Blaine non capisse fino a che punto fosse nervoso. Lui spalancò gli occhi, incontrando lo sguardo di Kurt.
“...Non sei obbligato a farlo. Non so come reagirei a trovarmi di nuovo in quella scuola e... e ci sarebbero gli altri delle New Directions. Quindi se non vuoi- ”
 
“Sai Blaine? Una volta un ragazzo piuttosto carino ha detto di non volermi ascoltare perché doveva, ma perché voleva. Penso sia arrivato il momento di riciclare quelle parole su di te.” Esclamò arrossendo leggermente, come i lineamenti di Blaine si distendevano in un sorriso.
 
“Un ragazzo piuttosto carino, mh? Dovrei essere geloso?” Kurt si strinse nelle spalle.
“Non saprei. Normalmente faresti bene ad esserlo, ma se resti come sei oggi non ne hai motivo.”
“...Come sono oggi?”
“Quel ragazzo aveva la cattiva abitudine di pasticciarsi i capelli di gel.” Blaine sbiancò completamente, portandosi all’istante le mani ai capelli.
“Oh mio Dio. Il gel. Non ho messo il gel!”
 
Kurt dovette mordersi l’interno delle guance per non scoppiargli a ridere in faccia, ma poi, ricordando quando poco prima il suo ragazzo non gli aveva riservato la stessa premura una volta caduti rovinosamente dal divano, non si preoccupò di trattenersi ulteriormente.
 
“Grazie eh!” Sbottò, mettendo su un broncio davvero adorabile.
“Ma se ti ho appena detto che senza stai ancora meglio?”
“Mmh... Ok, diciamo che mi fido. In ogni caso Kurt, davvero, sei sicuro di voler venire?”
“Gli altri non sanno che sei gay... Non potresti raccontarlo a loro. Io ufficialmente verrò per fare il tifo per voi, quindi dovremmo aver risolto.” Blaine lo fissò con una tale intensità che si sentì rimpicciolire sotto quello sguardo.
 
“Non so cosa farei senza di te.” Kurt sentì il cuore rimbalzargli contro le costole: osservò il suo sorriso, gli occhi, il modo in cui tutto il suo viso risplendesse naturalmente.
 
No, nemmeno lui lo sapeva.
 
 
                                                          ***
 
 
“Blaine... Sei sicuro?” Il ragazzo emise un sospiro rassegnato
“Sì, Rachel: ho fatto tutti gli esercizi per la voce che mi hai detto, ok? Ora, per favore, potresti smettere di telefonare?”
“Volevo solo ricordarti che la prima esibizione è alle diciotto, quindi dovremmo- ”
“Arrivare alle cinque e mezza per i costumi. Lo so Rachel, non preoccuparti.” La ragazza non sembrava particolarmente fiduciosa, tuttavia decise finalmente di far cadere l’argomento.
“...Ok. Passi tu a prendere Kurt? Finn deve già accompagnare me, Quinn e Mercedes.”
“Sì: mi ha già chiamato Finn per dirmelo.”
 
Beh, in realtà l’aveva più che altro urlato, tra un attacco di panico e l’altro.
 
Da quanto Blaine aveva capito il problema stava nella sovrapposizione delle Regionali con una partita di campionato.
 
“D’accordo. Allora ci vediamo più tardi in auditorium.” Si salutarono, e a Blaine non rimase altro che un’enorme quantità di panico: non voleva mettere piede in quel posto mai più, neanche vederlo in foto.
Il problema era che ogni cosa gli avrebbe ricordato quella sera di diversi anni prima... Eppure doveva essere coraggioso, esattamente come aveva fatto Kurt: affrontare le sue paure, e prendere coscienza del fatto di non essere solo.
 
Adesso c’erano l’uno per l’altro, e i mostri del passato facevano immediatamente meno paura.
 
Era un po’ in anticipo, ma decise di andare da Kurt subito.
 
 
Blaine, una volta arrivato sotto casa Hummel – Hudson, si stupì parecchio di trovare il suo ragazzo fuori di casa, seduto sui gradini dell’ingresso con un’aria a metà tra lo sconsolato e l’esasperato.
Come vide la sua macchina posteggiare davanti a casa scattò in piedi, e in un nanosecondo era già seduto in auto.
 
“Blaine! Per fortuna sei arrivato! Stavo seriamente per compiere un omicidio.”
“Finn?” Chiese, cercando di guardarlo con più discrezione possibile, anche se era piuttosto complesso, se continuava a vestirsi in quel modo così dannatamente-
“Sì. È insopportabile! Ti rendi conto che stanotte è venuto a lamentarsi in camera mia? Non si è neanche accorto che stavo dormendo!” Sbottò esasperato, per poi incontrare gli occhi di Blaine.
 
“...Ehi?” Il moro riemerse a fatica dai suoi sogni ad occhi aperti, e con tutta la buona volontà del mondo riuscì e far risalire lo sguardo fino alle iridi chiare del suo ragazzo.
 
“Grazie per aver deciso di accompagnarmi.” Kurt gli sorrise dolcemente, e Blaine ringraziò mentalmente gli ideatori del cambio automatico, che gli permise di tenere la mano a Kurt per la maggior parte del tragitto.
 
 
                                                          ***
 
 
Era esattamente come se la ricordava.
 
Un grande edificio circondato da un parchetto, evidentemente ripulito all’ultimo momento per ospitare la gara di quella sera. Era una scuola vecchia, e tenuta non particolarmente bene.
 
Blaine si ricordò di quando aveva attraversato quello stesso giardino, affiancato da quello che all’epoca era il suo unico amico, pieno di aspettative per il ballo studentesco.
 
Rabbrividì appena, e sentì la mano di Kurt stringere la sua più forte.
 
“...A quanto pare non è ancora arrivato nessuno.” Commentò, nel tentativo di pensare ad altro che non fossero quei tre ragazzi, le urla, il modo in cui Brian continuasse a gridare il suo nome, a implorare di aiutarlo.
Ma lui non riusciva a muoversi, non poteva, non era in grado di fare altro se non rimanere immobile a incassare i calci che gli arrivavano da tutte le direzioni e, se cercava di allungare un braccio verso di lui, otteneva solo altre urla disperate.
 
Non l’aveva più rivisto da quel giorno: sapeva solo che erano stati ricoverati nello stesso ospedale, e che si sarebbe ripreso, come avevano detto i medici.
 
Ma Blaine sapeva che non era così: ci sono cose dalle quali non ti puoi semplicemente riprendere.
 
Era certo che anche i suoi sogni da quella sera non fossero stati più gli stessi, con l’unica differenza che le urla nella sua testa sarebbero state silenziose.
Blaine non aveva aperto bocca, quella notte, e avrebbe voluto dire anche a Brian di non farlo: non era che uno stimolo a farli continuare. Ma la verità era che Brian non capiva: credeva che gridare, piangere e pregare di smetterla avrebbe fatto cessare quell’inferno.
 
Ma non capiva, non capiva che persone del genere si nutrono esattamente di questo, si compiacciono nel leggere la sofferenza negli occhi delle loro vittime.
 
E questo, invece, Blaine lo sapeva.
 
Lo sapeva quella notte di tanti anni prima, e lo sapeva quando Kurt cercava di parlargli di Seth, per quando gli fosse umanamente possibile.
 
C’erano volte in cui avrebbe voluto sapere se Brian stesse meglio, se per caso fosse ancora confinato in quella stupida scuola. Forse sarebbe stato un po’ meno orribile, se solo avesse avuto la conferma che in qualche modo le cose per lui fossero migliorate.
Solo per poter ricordare la voce di quando parlava, di quando rideva, di quando gli raccontava delle sue cotte varie ed eventuali.
 
Avrebbe solo voluto sovrapporle a quelle urla.
 
 
“...Blaine?” Il suo viso si voltò automaticamente verso Kurt, ed era strano, perché a un tratto il suo corpo sembrava aver perso di consistenza, o quanto meno lui non sentiva più niente.
 
“Blaine... Stai piangendo.” Mormorò, lasciando immediatamente la maniglia della porta di ingresso dell’edificio su cui aveva appena appoggiato la mano.
Lo guardò dritto negli occhi, e sembrava talmente provato dalle lacrime sul suo viso che Blaine temette che presto non sarebbe stato l’unico a piangere.
 
“M-Mi dispiace. Non avrei dovuto lasciare che mi accompagnassi.” La sua bocca parlò per conto suo, e non era per niente certo di connettere qualsivoglia sinapsi del cervello.
Kurt scosse la testa con decisione, passandogli dolcemente le dita sulle guance, in modo da raccogliere ogni piccolo rivolo salato che le bagnava.
Poi una mano scivolò dietro la sua nuca, e lo attirò a sé in un bacio che Blaine non avrebbe saputo definire. Perché non era un semplice bacio, era come se Kurt stesse infondendo vita a quell’ammasso di carne intorpidita che era il suo corpo.
 
Il calore prese forma e dalle labbra si propagò lentamente in tutte le membra, facendolo sospirare di sollievo contro la sua bocca.
 
Kurt si allontanò lentamente, senza smettere di guardarlo negli occhi.
 
“Scusa. È che... Vederti piangere. Non riesco a sopportarlo.” Blaine sentì il cuore battere più veloce, e istintivamente cercò la sua mano, stringendola forte nella propria.
 
“Grazie Kurt, davvero.”Lui sorrise e, quando entrarono, Blaine avrebbe davvero voluto essere in grado trattenere le lacrime. Invece ogni angolo, ogni punto, ogni singolo centimetro quadrato portava con sé un ricordo, abbastanza doloroso da schizzare fino al suo petto, tanto forte da spezzargli il cuore.
 
Non credeva sarebbe stato tanto difficile.
 
 
                                                           ***
 
 
Kurt scoprì che c’era qualcosa di peggio dei ricatti, degli insulti e degli spintoni.
 
Kurt aveva visto Blaine piangere, ed era come se il mondo si fosse fermato.
 
Aveva visto le lacrime incastrarsi alle sue ciglia, per poi scivolargli giù dalle guance, e non era qualcosa di cui ci si può capacitare.
Non era solito prendere l’iniziativa, eppure non aveva potuto far altro che baciarlo. Perché non trovava le parole giuste per dirgli fino a che punto gli fosse vicino, fino a che punto il cuore gli faceva male quando lui non era felice.
 
E, per la prima volta, non era un sentimento egoistico: non poteva stare senza di lui per se stesso, perché non avrebbe avuto senso nient’altro che non fossero loro due insieme.
Eppure ora era diverso: non poteva vedere Blaine piangere, perché si sentiva impotente, inutile, e avrebbe dato qualunque cosa pur di non vederlo soffrire.
 
Kurt non era certo di quando i suoi sentimenti avessero preso quella direzione, ma a un tratto era del tutto consapevole di appartenere a lui, di essere nelle sue mani: Blaine poteva farlo ridere, farlo impazzire, farlo sciogliere o annientarlo, dipendeva solo da lui.
E Kurt si stupì di non averne paura, di non sentirsi vulnerabile e terrorizzato, al contrario, non avrebbe mai potuto ritenersi più al sicuro.
 
Lo amava così tanto.
 
“Andiamo subito nel backstage, ok? Gli altri ragazzi dovrebbero arrivare tra poco.” Suggerì poi, trascinandolo per un braccio più in fretta possibile: non era il caso che indugiasse oltre in quei corridoi, non con le gambe che tremavano e gli occhi sbarrati.
 
Percorsero velocemente qualche stanza, e seguirono una rampa di scale che portava all’ambiente destinato ai concorrenti, seguendo le indicazioni sparpagliate su buona parte dei muri.
 
“A quanto pare hanno fatto le cose in grande.” Commentò Kurt, lanciando una rapida occhiata all’atrio che si apriva su tre porte diverse, su ognuna delle quali era appesa una targhetta con il nome del Glee Club corrispondente.
 
“Oddio... The Waffletoots, Vocal Chordz ... Questi tizi non hanno speranza contro di voi.” Esclamò, dirigendosi invece insieme a Blaine nella stanza destinata alle New Directions.
 
C’erano due enormi divanetti, un televisore e perfino un frigo bar.
 
“Scommetto che Rachel arriverà fra poco.” Rifletté Blaine, con la voce leggermente alterata dal pianto di poco prima.
“Non saprei... Ti ricordo che è in macchina con Finn, e lui è un ritardatario cronico.”
“In questo caso verrà a piedi, l’importante per lei è arrivare prima di tutti e mettere l’ansia ai tecnici del suono.” Kurt ridacchiò, e davvero: non gli sarebbe di certo dispiaciuto unirsi al Glee Club.
 
...Peccato che, se avesse fatto qualcosa del genere, Seth avrebbe fatto circolare quella maledetta foto prima che avesse anche solo potuto intonare una strofa.
 
Gli altri avrebbero iniziato a parlare alle sue spalle, insultato, o peggio, e non era neanche lontanamente considerabile l’idea di affrontare di nuovo quell’inferno. Ne aveva avuto abbastanza per tutta la vita.
 
Ma quello non era il momento di pensare ai suoi problemi: c’era Blaine adesso, seduto sul bordo più esterno del primo divano a disposizione.
 
Aveva gli occhi smarriti, persi in ricordi che Kurt non conosceva con precisione, ma poteva immaginare con dolorosa facilità.
 
Lui stesso aveva passato ore intere così, a fissare il nulla, senza nemmeno accorgersi del suo stesso corpo, senza sentire l’esigenza di asciugarsi le lacrime.
Quei momenti erano scivolati via lentamente, al ritmo dei timidi passi che Blaine aveva fatto nella sua vita, eppure non aveva dimenticato cosa avrebbe tanto desiderato quando si sentiva in quel modo.
 
Lui non aveva potuto ottenerlo, ma l’avrebbe dato a Blaine.
 
Si sedette cautamente al suo fianco, passandogli un braccio attorno alla vita.
Lo attirò a sé poco a poco, fino ad appoggiarsi allo schienale del divano, Blaine tra le braccia, con la testa sulla sua spalla.
 
Lo strinse senza proferire parola, e appoggiò la guancia sulla sommità della sua testa, non badando ai riccioli che gli solleticavano la punta del naso.
 
Rimasero così per un tempo interminabile, che a Kurt tuttavia non parve neanche lontanamente sufficiente a soddisfare il suo bisogno patologico di sentire Blaine vicino a sé.
 
 
Cominciarono ad avvertire qualche rumore di passi oltre la porta, segno che i primi ragazzi iniziavano ad avviarsi ai rispettivi luoghi di ritrovo, e presto anche Rachel, Finn e gli altri membri delle New Directions avrebbero raggiunto la sala loro destinata.
 
“Tra poco dovrebbero arrivare gli altri...” Mormorò Kurt, allontanandosi lentamente dal suo ragazzo per poterlo guardare in faccia.
Blaine annuì con un sorriso, e con grande sollievo dell’altro sembrava decisamente più sereno.
 
“Meno male che sei venuto, Kurt. Grazie per avermi... insomma...” Abbassò lo sguardo con una punta di imbarazzo.
“Non devi ringraziarmi Blaine: non ho fatto niente che tu non avessi già fatto per me, e poi- ”
 
Blaine Anderson!! Ci riteniamo ufficialmente offesi!”
 
Entrambi i ragazzi sobbalzarono, scorgendo un attimo dopo i nuovi arrivati, appena comparsi sulla porta.
 
Kurt li squadrò da capo a piedi, con aria vagamente perplessa.
 
“Ti rendi conto che abbiamo scoperto per caso che le Regionali erano a Westerville?! Non ti è passato neanche per l’anticamera di quel tuo cervellino bacato di chiedere ai tuoi amici di venirti a vedere??”
Ok, ora la cosa iniziava a farsi davvero inquietante.
Soprattutto adesso che il tizio che aveva appena parlato – un biondino dal taglio di capelli improbabile – si stava avvicinando a loro, gesticolando abbondantemente.
 
E sarà stato per le loro facce non propriamente rassicuranti, o con più probabilità per la divisa obbiettivamente oscena che tutti e quattro indossavano, ma Kurt sperò davvero che quei tizi non fossero sul serio amici di Blaine.
 
“Jeff! Nick! Ragazzi!”
 
Ok, perfetto, erano amici di Blaine.
 
Il moro si alzò velocemente dal suo posto, correndo ad abbracciare un tizio dai capelli neri, e subito accorsero anche gli altri tre.
 
“Allora hobbit? Cosa combini alla nuova scuola? Com’è che è da Natale che non ti fai più vivo?” Kurt deglutì rumorosamente, arrossendo un tantino. ...Non era mica a causa sua se Blaine aveva dimenticato di chiamare i suoi amici, giusto?
“Ehm... Ho avuto, ecco, altre cose a cui pensare...”
“Oh mio Dio no! Non dirmi che è ancora per via- ”
“Wes! Zitto, ti prego...”
“Che c’è? Hai finalmente capito che con la storia platonica con tu-sai-chi ti stai seriamente rendendo patetico?” Il ragazzo biondo si portò teatralmente una mano al petto.
 
“No... Non dirmi che sei ancora in fissa con Voldermort! Blaine, volta pagina.”
“...Voldemort?” Chiese quello che sembrava il meno svitato dei quattro, vagamente preoccupato.
“Non preoccuparti David, è una lunga storia, un giorno te la racconteremo.” Blaine sembrava propriamente sull’orlo di una crisi isterica.
 
“Ehm... ragazzi? Potreste smetterla di parlare di... ehm...” Si passò con esasperazione una mano tra i capelli indicando con un cenno del capo Kurt, ancora seduto sul divano, che li fissava piuttosto inquietato.
 
“Ragazzi, lui è Kurt.”
I quattro si voltarono tutti contemporaneamente – cosa di per sé già abbastanza spaventosa – che si andava a sommare ai sorrisetti consapevoli che pian piano prendevano forma sui loro volti.
 
“Oh mio Dio. Voldemort è qui!” Il tizio biondo si beccò una gomitata nelle costole da parte di Blaine.
Kurt si alzò – per il semplice motivo che non farlo sarebbe stato da maleducati – e si diresse verso i quattro con un sorriso un po’ preoccupato.
 
“...Voldemort?”
“Oh, è una lunga storia. Sappi solo che negli ultimi mesi ci sei costato una buona dose di pazienza, Kurt.”
“C-Cosa? Ma se non ci siamo mai visti prima d’ora...?”
“Oh, ma noi ti conosciamo benissimo. Molto più di quanto il nostro basso livello di sopportazione agli scleri di Anderson possa accettare... Comunque io sono Nick!”
“Oh. Ehm... K-Kurt.”
“Jeff!”
“David.”
“Wes.”
 
Blaine alzò gli occhi al cielo.
“Ragazzi... Non credete di averlo già spaventato abbastanza? Davvero, dovreste finirla di comportarvi da deviati mentali.”
 
Jeff e Nick si lanciarono un’occhiata d’intesa... e poi le cose accaddero in fretta.
 
A un tratto il biondino aveva preso Kurt sottobraccio, trascinandolo come se nulla fosse verso l’uscita, mentre Blaine cercava di divincolarsi dal placcaggio degli altri tre.
 
“Jeff!! Non hai capito come stanno le cose! Io e Kurt- ”
“Taci Anderson. Mi ringrazierai.”
 
Blaine emise un gemito esasperato, e Kurt avrebbe tanto voluto urlargli di muoversi e venirlo a liberare dalle grinfie di quel pazzoide, ma probabilmente sarebbe sembrato un tantino schizzato, così si limitò a farsi trasportare passivamente fuori dalla stanza.
 
Nella vana speranza che quel tizio fosse tanto strano quanto innocuo.
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Eccoci qua ^_^
...E fu così che Jeff Sterling rapì Kurt Hummel X’D!!
Ok, andiamo per ordine: scena fluffosissima all’inizio (è la Klaine che mi ispira il fluff più estremo: non posso farci niente T^T), seguita dall’ennesimo accenno ai drammi del nostro Finn (che ha tutta la mia comprensione, tra l’altro u.u).
Poi sì, altro fluff angstoso Klaine, perché non era abbastanza è.é

...E poi il delirio O___O Va beh, si era capito che ci sarebbero state queste guests star, e figurati se potevo dipingerli sani di mente -.-“ ...Perché sia le ND che i Warblers hanno di questi problemi psichici? Forse perché io stessa ho la stessa sanità mentale del RIB che si è inventato la storia di Kurt con un gorilla per l’episodio di S. Valentino... Ma sorvoliamo che è meglio =___=”
Ok, neanche a dirlo giovedì sapremo cosa hanno in mente questi pazzoidi, così, per rilassarsi un po’ tra un dramma e l’altro :D *ride per non piangere*
Detto questo non mi resta che sparire, non prima di aver fatto a tuuuutti gli innamorati tanti auguri di buon S. Valentino :’) ...E dare una pacca sulla spalla ai sigle come me XD
*lancia cioccolatini in aria*
P.S. Sì: Wes ha raccontato ai quattro venti la storia di Voldemort, dai tempi di quella famosa telefonata tra lui e Blaine di non so quanti capitoli fa XDD P.P.S. I nomi dei Glee Club concorrenti li ho presi da quelli che nell'ultima puntata della seconda stagione si erano qualificati per le Nazionali, per il semplice fatto che non avevo la fantasia di inventarmeli per conto mio XD

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Capitolo 21
*** Capitolo 21 ***


Buon giovedì a tutti :D
Alé ragazzi! Oggi sono particolarmente euforica (senza motivo tra l’altro, ma godo di questa improvvisa ondata di adrenalina prima di realizzare che sabato ho una verifica di chimica e non apro il libro da un anno [letteralmente, purtroppo  -.-“]) ...Dicevamo? Ah, già: commento inutile come mio solito >.<
Aaaaaanyway, vediamo di parlare un po’ di questo capitolo ;) ...Mmh. Fondamentalmente è descrivibile con un solo aggettivo: folle u_u ... Sì, colpa dei Warblers, ma non c’era neanche bisogno di precisarlo -.-“
Beh, come sempre preservo altri eventuali precisazioni alla fine ^_^
 
...Ragazzi, non so come ringraziarvi. Davvero, non ho parole per quanto mi faccia felice leggere e rispondere alle vostre recensioni, per non parlare dei tantissimi che hanno aggiunto la storia alle seguite, alle preferite o alle ricordate. Non posso fare altro che abbracciarvi virtualmente tutti quanti, e mandare un bacio a saechan, sakuraelisa, P e r l a, Alessandranna, Maggie_Lullaby, YouArePerfectToMe, Tallutina, elisabethy92, CrissColferIsOnBitches, Guzzy_12, aleka_80, mikygleek91, FraRock, Chris_91, violanassi, BeatriceS, Fiby AndersonBass_, anastasianapp, rosettina, JulesCullenMeyer, LexyDC__, MissingPieces, Ocatarinetabelasciscix, Joick, xnotsonaive e lolaly che hanno lasciato un commento allo scorso capitolo :’)
 
 


 

Dedico il capitolo a Maggie che martedì ha compiuto gli anni :)
Un bacio <3

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
“Ma Rachel... Siamo in anticipo di dieci minuti- ”
“Finn, per l’amor del cielo! Chiudi la bocca!”
“Ma amore...”
“Ti ho detto di stare zitto!!”
 
Kurt valutò velocemente le sue opzioni.
Avrebbe potuto unirsi a Rachel, che stava avanzando a passo di marcia in sua direzione, seguita a ruota da Finn e un po’ meno baldanzosamente da Mercedes e Quinn.
 
...Oppure avrebbe potuto lasciare che il suo rapitore lo trasportasse chissà dove.
 
“Rach- ”
“Finn! Ne va della mia carriera, capisci?! Non possiamo semplicemente arrivare in ritardo!!”
“Ma non siamo in ritardo...”
Non è questo il punto!”
 
Oh.
Ok. Preferiva decisamente il sequestro di persona.
 
“Ciao Kurt! Blaine è nel backstage?” Cinguettò Rachel quando finalmente si incrociarono.
“Ciao. Sì, è con alcuni amici.” La informò, guadagnandosi un’espressione vagamente infastidita da parte della ragazza.
“Oh. Spero abbia riscaldato la voce per davvero...” Rifletté con aria vagamente preoccupata.
“Beh! Noi andiamo a prepararci, dato che siamo già abbastanza in ritardo... Spero di vederti tra il pubblico, anche se il tuo posto sarebbe sul palco insieme a noi- ”
“Rachel...”
“Ok, ok! Come non detto! A dopo Kurt.” Il ragazzo seguì il gruppetto con lo sguardo fino a quando non sparì oltre la porta alle sue spalle.
 
Per quanto detestasse ammetterlo, apprezzava il fatto che Rachel avesse ripreso a insistere con la storia di unirsi al Glee Club.
Era una cosa stupida, eppure lo faceva sentire come se fosse tutto come sempre, come se non avesse mai detto addio ai suoi amici.
Lo rendeva inspiegabilmente felice.
 
Kurt venne bruscamente distolto dai suoi pensieri come Jeff lo trascinò fino al reparto spettatori, ancora deserto, e lo fece sedere su una delle poltroncine vicino all’ingresso, sistemandosi affianco a lui.
 
Il biondo piuttosto esaltato, Kurt palesemente basito.
 
“Mi sembra incredibile! Finalmente a tu per tu con il famoso Kurt Hummel!” Esordì con quella che sembrava una profonda emozione il ragazzo, guadagnandosi l’ennesima espressione preoccupata dell’altro.
“Io veramente...”
“Oh lo so, lo so: tu non mi conosci. Ma si dà il caso che io conosca te e al momento sia in missione per conto di buona parte dei Warblers, quindi andrò subito al dunque.” Kurt sgranò gli occhi, facendo saettare furtivamente lo sguardo per la stanza, alla ricerca delle uscite di sicurezza più vicine.
 
“Vedi Kurt, devi sapere che il nostro piccolo Anderson a volte sa essere davvero stressante, e asfissiante, e può indurre al suicidio...” Kurt, solo a sentire il nome di Blaine, sentì l’imbarazzo cominciare a montargli nello stomaco.
Non poteva fare niente al riguardo: ogni volta che si parlava di lui aveva come la sensazione che si accendesse una specie di neon luminoso sulla sua testa con ‘io e Blaine stiamo insieme’ che si illuminava a intermittenza.
Quando trovò il coraggio di incontrare nuovamente lo sguardo di Jeff, si accorse con un pizzico di terrore che questo lo stava osservando come si guarda un rarissimo esemplare di chissà quale specie in via d’estinzione.
 
Non proferì parola per qualche inquietante secondo, per poi aprirsi in un grande sorriso.
 
“Oh mio Dio! Non posso crederci... Tutto questo è esilarante!” Esclamò sedendosi più comodamente, in modo da guardare Kurt dritto in faccia.
“Ok, proviamo di nuovo...” Jeff ridacchiò.
“...Blaine.” Il ragazzo abbassò istintivamente lo sguardo.
“Oh, ma sei adorabile! Ma dimmi, arrossisci in questo modo normalmente o è per via di Blaine?” Kurt sentì il fiato venirgli meno.
 
“C-Cosa? Io...”
“Ti prego Kurt! Dimmi che è per lui, ti supplico! Sul tuo bel faccino si gioca la sanità mentale di mezza Dalton...”
“...Eh?” Jeff allargò le braccia con ovvietà.
 
“Andiamo! Non dirmi che non ti sei accorto di quanto Blaine sia cotto di te! In questi mesi non ha fatto altro che assillare me e gli altri su quanto fossi carino, speciale, dolce, meraviglioso e altre cosucce che ti risparmio. Insomma, ha completamente perso la testa! E non come quella volta che ci ha costretto a cantare una serenata a un tizio con una rotoballa in testa, no! Perché gli era passata in fretta, stavolta è ossessionato, anzi peggio! Te lo posso assicurare, lui- ”
“No, aspetta un momento. Rotoballa? Quale tizio- quale rotoballa??” Il biondo si portò entrambe le mani sul cuore.
 
“Gelosia?! Intravedo gelosia? Ti prego Kurt, dimmi che sei gay anche tu. Ti prego!”
“I-Io...”
“Ti piace Blaine? Dai, a parte le sopracciglia e la statura non è poi tanto male...”
“Senti Jeff... Non so cosa esattamente ti abbia detto Blaine, ma- ” Il ragazzo sgranò gli occhi.
“No. Non dirmi che sei etero perché mi rifiuto di crederlo. Non puoi, ok? Devi salvarci dalla furia di quell’hobbit, dalle sue paranoie e dalle menate su quanto tu sia – parole sue – il ragazzo più meravigliosamente perfetto del mond-
 
“Jeff? N-Noi due... Ecco...” Lui alzò un sopracciglio, per poi lasciarsi andare a una risatina divertita.
“Beh, sono onorato di questa velata proposta, ma io- ” Kurt arrossì furiosamente.
“Cosa? Ma no! Non io e te, Intendevo io e Blaine.” Jeff spalancò la bocca.
“Tu e Blaine.”
“Già.”
“State insieme.”
“Sì...?” Il giovane Hummel trattenne a stento un urlo terrorizzato, come il suo interlocutore si sporse in avanti soffocandolo in un abbraccio.
 
Non sapeva il motivo esatto per il quale avesse deciso di rivelare a quello semisconosciuto la verità. Forse perché era amico di Blaine, o perché studiava in un’altra scuola non mettendo così a rischio di diffusione la notizia... Oppure per il semplice fatto che non gli aveva lasciato esattamente molta scelta.
 
“Oh Kurt! Ti ho già detto che ti amo profondamente??” Si staccò da lui, fissandolo con aria commossa.
“La Dalton ti è debitrice, piccolo Voldemort con il naso.”
 
 
                                                                                      ***
 
 
“Nick!! Lasciami andare!”
 
Blaine stava decisamente sbraitando senza tuttavia riuscire a liberarsi dalle grinfie dei suoi pseudo amici, che gli stavano categoricamente impedendo di andare a salvare Kurt, recentemente rapito da Jeff.
 
“Dove lo sta portando?! Oh mio Dio...” Wes si strinse nelle spalle, dando poi cenno agli altri di lasciarlo andare.
 
“Tranquillo Anderson: non l’ha portato in nessun vicolo buio. Non torcerà neanche un capello a quel ragazzino.” Blaine spalancò la bocca, incapace di inventarsi qualcosa di abbastanza indignato da dire.
“Ma... Ma siete impazziti?! Venite qui, mi placcate mentre rapite il mio Kurt e poi pretendete anche che stia tranquillo??” David gli diede una comprensiva pacca sulla spalla.
 
“Lo sappiamo Blaine, ma devi capire che con la tua ossessione per quel tizio hai sfinito buona parte di noi Warblers... Poi dal nulla sei sparito per settimane: dovevamo venire a darti una mano.”
“E quale occasione migliore delle Regionali?”
“Soprattutto visto e considerato che, per nostra fortuna, c’era anche colui che non deve essere nominato.”
 
Blaine spalancò gli occhi, in un periodo di stasi tra il terrorizzato e lo sclerotico.
 
“...E avete pensato bene di far portare via Kurt da Jeff?? No, dico, da Jeff?!” I sorrisi raggianti sui volti dei tre Warblers scemarono impercettibilmente, fino a trasformarsi in un’espressione vagamente preoccupata.
 
“Uh. Non sono più tanto sicuro sulla parte del vicolo buio...”
 
Il povero Anderson si mise con orrore le mani nei capelli.
 
“Oh santissimo- Per cui, nel migliore dei casi, gli sta facendo una specie di interrogatorio?!” Wes si strinse nelle spalle.
“In realtà credo sia più un’opera di convincimento a darti una mezza chance. In origine dovevamo convincere te a lasciar perdere con lui, ma dato che Voldy era qui...”
“...Tanto vale tentare di rovinare la vita al vostro ex compagno di squadra!”
 
Blaine lanciò l’ennesimo sospiro sconfitto.
Chissà come Kurt avrebbe preso tutta quella faccenda: d’altronde avevano deciso di comune accordo di non rivelare a nessuno la loro relazione, anche se ognuno per motivi differenti.
 
...Sempre che ci fosse stato ancora un rapporto da preservare dopo tutta quella faccenda.
 
“Vi sto odiando profondamente.” I tre ragazzi si lanciarono occhiate scioccate.
“Oh, ma non dire così! Lo stiamo facendo per il tuo bene...” Blaine alzò un sopracciglio.
“...E per preservare le nostre facoltà mentali.” Asserì Wes.
Quali facoltà mentali, esattamente?”
“Calma Anderson... e comunque i miei complimenti: ti sei trovato davvero un gran bel pezzo di ragazzo da stalkerare.”
“...P-Prego?!” Nick fece roteare gli occhi.
 
“Non fare l’idiota, Blaine. Figurarsi se da quando sei entrato in fissa con lui non hai mai buttato l’occhio sul suo- ”
 
Spie!!!” Forse per la prima volta nella sua vita, Blaine fu profondamente grato a Rachel Berry.
 
La ragazza aveva appena fatto la sua apparizione insieme a Finn, Quinn e Mercedes, esattamente un attimo prima che le cose iniziassero a farsi seriamente imbarazzanti.
 
Poi i pochi neuroni incolumi da pensieri non esattamente edificanti scaturiti in seguito al mancato commento di Nick fecero due più due.
I ragazzi della Dalton non sapevano che nella nuova scuola nascondesse la propria omosessualità e, nell’ipotesi altamente probabile che tirassero fuori la questione, dato che normalmente accadeva un minuto sì e l’altro pure, tutta la sua copertura al McKinley sarebbe rovinosamente precipitata.
 
E Blaine non poteva permettersi che accadesse nulla di tutto questo, in particolare dopo quel pomeriggio, che più che mai gli aveva dimostrato fino a che punto fosse ancora terrorizzato dal suo passato e dalla costante paura che questo potesse ripresentarsi, prima o dopo.
 
Kurt era stato fondamentale, quel giorno più che mai.
 
Gli aveva dato esattamente ciò di cui aveva bisogno, quando nemmeno lui aveva idea di necessitare di qualcosa.
Si era completamente affidato a Kurt e, infondo, quella era la prima volta che succedeva davvero. Aveva lasciato che le sue mani lo conducessero lungo quei corridoi infiniti, che le sue braccia lo stringessero forte e che il suo respiro gli accarezzasse i capelli, lasciandosi amare di un amore palpabile, che sembrava scorrere direttamente tra i loro corpi vicini, oltre le palpebre socchiuse e quel silenzio leggero, naturale, così perfetto per quel momento che era solo loro.
 
Blaine aveva potuto sentire i loro sentimenti, e si era reso conto di quanto entrambi li avessero sottovalutati.
 
Ciò che li univa era scattato mesi prima, ad inizio settembre, quando per la prima volta Blaine aveva incrociato lo sguardo di un ragazzo visibilmente ferito, eppure così vivo e forte, e quelle iridi pericolosamente simili all’esplosione di una stella erano entrate dentro di lui, gli erano rimaste addosso.
Già quella prima volta si era reso conto dell’effetto che Kurt aveva su di lui, nonostante ciò, forse se ne accorgeva soltanto ora: consciamente o meno, era una vita che lo cercava.
 
Il suo cuore aveva riconosciuto quelle iridi trasparenti ancora prima che i loro occhi si incrociassero.
 
 
                                                                                      ***
 
 
“Ciao amico... Chi sono questi tizi?”
 
Blaine riemerse dal flusso dei suoi pensieri, vagamente scosso.
 
“C-Come?”
“Oh Dio, Blaine, ti prego: dicci chi sono questi tre ragazzi così Rachel smette di dare di matto.” Lo implorò con veemenza Mercedes, che si era lasciata cadere a peso morto su uno dei divanetti, vagamente stremata dal viaggio in auto con Finn e Rachel.
 
“Siete tutte spie!”
“Rilassati Barbra Streisand: siamo qui solo per vedere il nostro Anderson sgambettare sul palco, non siamo in competizione.” Spiegò pazientemente Nick e, ripetuto il concetto un numero di volte sufficiente a far calmare la ragazza, ottenne il permesso di rimanere con Wes e David nel backstage delle New Directions.
 
“...Ma se provate a interferire con la mia preparazione vocale giuro che ve ne pentirete.”
I Warblers annuirono, ormai consapevoli che rovinare l’umore a Rachel avrebbe coinciso con il loro esilio con disonore dall’auditorium.
 
Pian piano la saletta si riempì completamente di tutti i membri del Glee Club, che puntualmente dovettero sorbirsi uno ad uno una simpatica lavata di capo della Berry, che sembrava detestare i ritardatari ancor più di chi era negligente con gli esercizi per la voce.
 
Le New Directions erano già in fase di riscaldamento, quando Nick spalancò la bocca, con lo schermo cellulare a un palmo dal naso.
 
Oh. Mio. Dio.” Il ragazzo puntò immediatamente gli occhi su Blaine, che dal canto suo lo stava fissando con un pizzico di malcelato panico.
 
“...Nick?”
“Anderson. Perché ci hai mentito?”
“I-Io... Cosa?” Wes e David si trovarono a tempo di record alle spalle dell’amico, sbirciando come potevano il telefono tra le sue mani.
“Blaine!! No, questa adesso ce la spieghi!”
“Si può sapere di cosa state parlando??” In tutta risposta David afferrò il cellulare, sventolandoglielo davanti agli occhi.
 
Oh.
 
Questo non era previsto.
 
– Voi-sapete-chi dice di stare insieme a Blaine da quasi un mese. Non sono certo se se lo sia inventato perché ha paura di me (probabile) o se le cose stiano davvero così, chiedete all’hobbit. Se è vero insultatelo anche da parte mia :’) J –
 
Blaine fissò lo schermo illuminato per qualche lungo istante, senza dire una parola.
“Allora, Anderson? Niente da dire a tua discolpa?”
 
“A discolpa di cosa?” Intervenne a un tratto Santana, miracolosamente sfuggita dalle grinfie di Rachel e del suo giro di Do pre-gara.
 
“E-Eh?? Niente! Io...” La ragazza roteò gli occhi con aria scocciata.
 
“Hai avuto fortuna a non nascere a Lima Eights, barboncino. A quest’ora di te sarebbe rimasto ben poco, da quelle parti.” Blaine deglutì rumorosamente.
“...Comunque datti una mossa: cinque minuti e si va in scena. Non che non farei volentieri a meno di te, ma sai, bisogna fare numero...” Spiegò velocemente l’ispanica e, dopo aver fatto un cenno di saluto ai tre ragazzi in uniforme davanti a loro, prese Blaine sotto braccio, seguendo gli altri membri del gruppo per il corridoio che portava al palco.
 
Nick, Wes e David furono abbandonati senza troppi convenevoli nella stanza ormai vuota.
 
 
“Consideralo un ringraziamento per quando hai dissuaso la Berry a parlare di me e Britt, l’altro giorno al Glee Club.” Bisbigliò a un tratto la ragazza, mantenendosi a una certa distanza dalla coda del gruppo.
 
“...Cosa?” Lei sbuffò.
“Ma allora sei davvero cretino, e io che pensavo facessi apposta... comunque ti ho salvato da quei tre tipetti in uniforme, visto e considerato quel messaggio...”
“Lo... Lo hai letto?? Ma come- ”
“Te l’ho detto barboncino: noi di Lima Eights abbiamo una marcia in più. E si da il caso che io ci veda benissimo, soprattutto da sopra la spalla di un nano.”
 
“Oh.” Commentò Blaine, visto e considerato che a quel punto non c’era molto altro da aggiungere.
 
“Già.” Le New Directions raggiunsero in quel momento il retro del palco e Blaine, incredibilmente, non sentiva nemmeno la metà dell’angoscia che l’aveva accompagnato alle Provinciali.
 
Sarà stato per via del fatto che questa volta non aveva un numero intero tutto suo sulle spalle, oppure per la sua amicizia sempre più stretta con i compagni di squadra, ma aveva iniziato a provare di nuovo la stessa adrenalina che precedeva le sue esibizione con i Warblers.
 
Inoltre, non poteva negare che sapere il suo ragazzo seduto tra il pubblico non poteva che renderlo enormemente felice.
 
“...E comunque, Anderson” Bisbigliò Santana, dopo essersi brevemente guardata intorno.
“Se vuoi evitare che la tua fin troppo evidente gayezza diventi impossibile da ignorare, ti conviene smetterla di mandare messaggi al tuo ragazzo per tutto il tempo.” Blaine arrossì leggermente, abbassando gli occhi sulla punta delle scarpe.
 
“...Che c’è, lo conosco?”
“No!” Santana ghignò malignamente, prima di posizionarsi in scena con gli altri ragazzi delle New Directions.
 
“Ok, lo conosco.”
 
 
                                                                                      ***
 
 
Kurt non era certo di come fosse arrivato a quel punto.
Seduto tra Jeff, Nick, Wes e David, impegnati in un’accesa discussione circa suo rapporto con Blaine.
 
In realtà avevano aperto una sorta di banco scommesse su fino a che punto si fossero spinti da quando si erano messi insieme.
 
Kurt ormai stava pregando ogni divinità celeste che l’esibizione delle New Directions iniziasse presto: era stanco di doversi tenere le dita nelle orecchie per non sentire le fantasie perverse di quel gruppo di pazzoidi.
 
Erano arrivati giusto cinque minuti prima, lamentandosi del fatto di aver dovuto aspettare il messaggio di Jeff per ottenere la verità da Blaine e, dopo aver abbondantemente spupazzato Kurt, si erano lasciati andare a ciò che sembrava riuscir meglio loro: metterlo in imbarazzo.
 
Kurt trovò il coraggio di scoprirsi le orecchie solo quando le luci iniziarono lentamente ad abbassarsi, lasciando illuminato soltanto il grande palcoscenico dell’auditorium. Il mormorio di sottofondo andò via via scemando, cosa che rese ancora più chiaro il bisbiglio che Nick gli aveva appena biascicato all’orecchio.
 
“...Kurt? Vale la regola della L?” Il povero Hummel arrossì di botto, tirandogli una gomitata non esattamente amichevole nelle costole.
“Ahi!! Come siamo suscettibili...” Borbottò con aria scocciata.
 
Espressione che, neanche a dirlo, riuscì a sostenere per non più di un minuto scarso.
 
“Oh. Ma come si fa ad essere arrabbiati con te? Sei così carino...” Esclamò, osservandolo come si guarda una cucciolata di gattini appena nati.
Kurt gli lanciò un’occhiata perplessa.
 
“...Non sono un criceto.” Nick si strinse nelle spalle, intercettando poi lo sguardo vagamente scocciato di Jeff, che rimaneva con le braccia incrociate al petto sulla sua poltroncina, stranamente – molto stranamente – senza proferire parola.
 
“Ehi? Tutto bene?”
“Sì.” Rispose apatico, senza distogliere gli occhi dalla nuca del vecchietto nel posto davanti al suo.
 
“Dai Jeff! Cos’hai?” Riprovò, distogliendo finalmente l’attenzione da Kurt e sistemandosi meglio vicino all’altro, che a quel punto si concesse un piccolo sorriso.
 
“Niente.” Nick raccolse le gambe sulla poltrona, appoggiando la testa sulla spalla dell’altro ragazzo, e interrompendo finalmente quel gioco al massacro che aveva come obiettivo Kurt e i suoi poveri ormoni.
 
Finalmente il sipario venne tirato, e il giovane Hummel non poté che avvertire un discreto tuffo al cuore come, uno dopo l’altro, tutti i suoi amici venivano illuminati dalla luce di un riflettore.
 
Le ragazze indossavano un vestitino lilla senza maniche, tenuto stretto in vita da una spessa cintura viola che si apriva in una gonna a balze. I ragazzi avevano la cravatta della stessa tonalità della cinghia delle loro compagne di squadra, e inoltre portavano camicette color lavanda con giacca e pantaloni scuri.
 
Il palco iniziò a illuminarsi di colori diversi, che si riflettevano splendidamente sui volti sorridenti dei ragazzi che lo dominavano, mentre Brittany e Tina muovevano qualche passo verso il centro della scena.
 
Kurt avrebbe voluto essere lì con loro.
 
Non aveva senso negarlo: avrebbe dato qualunque cosa per poter cantare su quel palco, perché era come se la poltrona dove era seduto scottasse, quasi a fargli capire che non era la tribuna il suo posto.
 
Non che avesse importanza, ma quello era sempre stato il suo sogno.
 
Non l’aveva mai confessato a nessuno, e d’altronde la vita non gli aveva riservato molto tempo per dedicarsi ad altro che non fosse nascondersi, scappare o mentire. Tutto il resto era passato in secondo piano: doveva sopravvivere, trovare il modo per arrivare a fine giornata senza troppi danni, e la sua unica soddisfazione era stendersi sul letto, la sera, con la consapevolezza che un altro giorno era passato.
 
Poi le cose erano cambiate.
 
Blaine gli aveva mostrato il netto confine tra vivere e sopravvivere, e Kurt aveva capito fino a che punto l’esistenza che aveva condotto fino a quel punto fosse impraticabile.
Ora cominciava a sentire i suoi sogni riaffiorare timidamente a galla, da qualche angolo remoto dentro di lui. Sentiva la voglia di cantare bruciargli sotto la pelle: per troppo tempo aveva tenuto a bada se stesso raccontandosi che erano solo stupide canzoncine, idiozie.
 
Giorno dopo giorno mentirsi era sempre più difficile, e anche per questo doveva ringraziare Blaine.
 
I was searching
You were on a mission
Then our hearts combined like
A neutron star collision
 
Le prime parole della canzone riempirono piacevolmente l’auditorium, e Kurt non poté far altro di abbandonarsi alla musica, sprofondando un po’ di in basso nella poltroncina. Si ritrovò inconsciamente a cercare la figura di Blaine sul palco, e non riuscì a impedirsi di provare un leggero tuffo al cuore accorgendosi che anche lui lo stava fissando.
 
Kurt sorrise, e non avrebbe distolto lo sguardo per nessuna ragione al mondo se non fosse stato per via del fatto che, al momento del ritornello, alcuni suoni provenienti dai posti accanto al suo divennero abbastanza difficili da ignorare.
 
Si voltò impercettibilmente alla sua destra, giusto in tempo per intercettare Jeff e Nick, che nella penombra sembravano presi da ben altro rispetto alla canzone.
 
Kurt si spostò istintivamente un po’ più in là, dando un colpetto sulla spalla di Wes.
 
“Ma... Ma stanno insieme...?” Bisbigliò con esitazione, facendo un cenno verso i due ragazzi intenti a baciarsi sulle poltroncine accanto alla sua.
Wes alzò un sopracciglio.
“Certo che no. Come ti è venuto in mente?” Domandò, con un non troppo velato sarcasmo.
“Veramente io- ” David sbuffò.
“Ti darò un consiglio: non passare troppo tempo con quell’hobbit, Kurt. Rimbambisce.”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 
Eccoci qua ^_^
...Che dire. È iniziato in un modo delirante, doveva finire in un modo delirante, no? *se ne auto convince*
Comunque, qualche piccola nota poi la smetto di rompervi ;)
Come sapete martedì ci sarà l’episodio delle Regionali, e proprio in questi giorni sono uscite le foto con gli outfit dei nostri amabili ragazzi. Ecco, questo capitolo l’ho scritto un po’ di tempo fa, quindi i vestiti ovviamente non combaciano con quelli che vedremo in Glee :S
Detto questo... Beh, a parte qualche delirio dei Warblers (sarcasmo portami via -.-“) direi che non c’è molto altro da aggiungere... Oh. La Neff *-* Scusate, li amo, non ce la facevo a non inserirli da qualche parte *shippa* quindi sì, vi sorbite anche un po’ di Neff XD
Uh! La canzone che cantano Brittany e Tina è costei -----> http://www.youtube.com/watch?v=FwsFhgYG2Y0 “Neutron star collision” dei Muse :)
E con questa direi di aver detto tutto ^_^ ...Preparatevi a un capitolo piuttosto, come dire... ricco, lunedì ;)

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Capitolo 22
*** Capitolo 22 ***


Buon lunedì ragazzi :D
Dunque, prima di tutto agito il pugno contro EFP, che non mi faceva accedere creandomi non pochi problemi con l’aggiornamento e le risposte alle recensioni -.-“
Ecco, dopo questa imprescindibile nota qualche avvertimento riguardo al capitolo: demenza, fluff estremo e  angst (un pochino)... Più o meno in questo ordine ;)
Prima di smaterializzarmi abbraccio virtualmente tutte le meravigliose persone che hanno aggiunto questa storia a seguite, preferite o ricordate *Q* Davvero, non ho parole per esprimere il mio amore nei vostri confronti T___T anzi, ce l’ho -----> http://media.tumblr.com/tumblr_lvjrj15nf51qks8ej.gif
Ecco u.u E questo vale anche e a maggior ragione per Maggie_Lullaby, aleka_80, Joick, Fiby AndersonBass_, Evy78, Guzzy_12, anastasianapp, Tallutina, Chris_91, YouArePerfectToMe, sakuraelisa, saechan, Psike, mikygleek91, Alessandranna, JulesCullenMeyer, Matii_Mee, LexyDC__, elisabethy92, CrissColferIsOnBitches, FraRock, SiaStew e lolaly che hanno recensito lo scorso capitolo :’) Grazie infinite ç__________ç
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
“No, Finn! Non andrai a quella maledetta partita di campionato.”
“Ma Rachel! Se non mi presento sono fuori dalla squadra, e non c’è verso che riesca a sopravvivere nel Glee Club senza la divisa da football!”
 
Erano dieci minuti buoni che Rachel e Finn andavano avanti di questo passo.
Inizialmente si erano limitati a smontare tutto l’entusiasmo per l’esibizione ben riuscita, ma a questo punto stavano decisamente mandando sotto le scarpe l’umore di tutto il gruppo.
 
Blaine era accovacciato sul divanetto del backstage di fianco a Mercedes e Santana, la quale era a sua volta placcata da Puck, anche perché se lasciata a piede libero avrebbe in tutta probabilità dato fuoco all’auditorium.
 
Con Rachel Berry rigorosamente dentro.
 
Il ragazzo sbuffò appena percettibilmente. Gli dispiaceva in effetti che dopo un numero così ben fatto le cose stessero degenerando, soprattutto perché non mancava molto alla premiazione, visto e considerato che le Vocal Chordz avevano appena terminato la loro performance.
 
“Rachel... Io devo andare, mi dispiace- ”
“Invece non vai proprio da nessuna parte! Sei in macchina con me, Quinn e Mercedes, e non esiste che ce ne torniamo tutti a casa prima di aver ritirato il trofeo.” Finn stava per ribattere, quando la porta della stanzetta di spalancò, rivelando quattro figure sorridenti seguite a poca distanza da una quinta.
 
“Ragazzi, devo proprio dirvelo: siete stati eccezionali!” Blaine alzò lo sguardo sul povero David, lanciandogli un’occhiata talmente cadaverica da cancellare in lui qualsivoglia traccia di entusiasmo.
 
“Q-Qualcosa non va...?”
“No, mio caro, qualcuno non va, e quel qualcuno è esattamente colei che Puckerman mi sta impedendo di annientare!” Esclamò Santana, nell’esatto istante in cui anche Kurt raggiunse gli altri nella stanza.
 
Blaine si aprì istintivamente in un sorriso adorante, e non poté fare a meno di sentire il cuore vacillargli nel petto quando anche lui ricambiò lo sguardo, con quei suoi occhi incantevoli.
 
Quinn si mise ad esporre per l’ennesima volta il dramma di Finn, mentre Blaine ne approfittava per alzarsi dal divano e avvicinarsi con tutta la nonchalance possibile al suo ragazzo.
 
“È inaudito! Mi rifiuto di abbandonare la gara al momento delle premiazioni: non esiste!”
“...Guai in vista?” Bisbigliò Kurt con una smorfia.
“Puoi dirlo forte. Rachel è in macchina con Finn, e non vuole saltare le premiazioni per la sua partita di football del suo ragazzo.” Spiegò roteando gli occhi.
Kurt annuì brevemente.
“Posso accompagnarlo io, se tu riesci a portare a casa le ragazze con la tua macchina. Così la fanno finita con questa tragedia.” Blaine sorrise riconoscente, per poi essere pervaso da un’idea decisamente migliore.
 
Non che non ritenesse necessario portare Finn alla sua partita prima che Rachel perdesse del tutto il nume della ragione, ma al contempo non poteva certo ignorare la possibilità di sfruttare un po’ di tempo da passare con Kurt.
 
“Ragazzi?” Esclamò a voce un po’ più alta per farsi sentire sopra le urla generali.
 
Tutta la saletta si voltò verso di lui, con un’aria vagamente omicida.
 
“Ti conviene dire qualcosa di intelligente, hobbit, o dovrai vedertela con le dure leggi di sopravvivenza di Lima Eights.” Blaine deglutì.
“...Volevo solo proporre a Finn di salire in macchina con me e Kurt, così tutti gli altri potranno partecipare alla premiazione.” Propose, senza lasciarsi sfuggire l’occhiata sorpresa e vagamente compiaciuta lanciatagli dal suo ragazzo.
 
La stanza si gelò per qualche interminabile istante in un silenzio tombale, per poi esplodere in uno scroscio di applausi e fischi di ammirazione.
 
“Anderson... Dopo questa niente più minacce per un mese.” Promise Santana con aria commossa, mentre Rachel dava svogliatamente il suo assenso, senza però smettere di lanciare occhiate assassine al suo fidanzato.
Finn si diresse in fretta verso l’amico e il fratellastro, con uno sguardo di muta riconoscenza.
 
Poi accadde l’incredibile.
 
Per la prima volta da quando Blaine aveva fatto la sua conoscenza, Brittany pronunciò una frase dotata di nesso logico.
 
Ovviamente, non poteva scegliere momento peggiore.
 
“...Scusate, ma Kurt non ha la patente? Non sarebbe più logico se accompagnasse solo lui Finn, così alle premiazioni mancherebbe solo un membro del gruppo?”
 
Buona parte dei ragazzi nella stanza spalancò poco elegantemente la bocca, aspettandosi probabilmente che da dietro al divano sbucasse un doppiatore improvvisato che, dopo aver stordito la povera e ingenua Brittany, si fosse divertito a mimarne la voce.
 
Man mano che l’incredulità generale scemava, iniziavano a spuntare i primi timidi assensi a quella straordinariamente sensata teoria.
 
“E-Ehm... È che non mi sento troppo bene...” Mentì spudoratamente Blaine.
Oh, il mal d’amore...” Commentò teatralmente Jeff, con una mano sul cuore.
Kurt si irrigidì in modo piuttosto evidente al suo fianco, e Blaine maledisse mentalmente i suoi nefasti amici.
 
“Quale mal d’amore?” Chiese incuriosita Tina, e ormai tutti gli occhi erano puntatati su Blaine, con grande disappunto di Rachel Berry, il cui dramma era sventuratamente passato in secondo piano.
 
“N-Nessun mal d’amore! A Jeff piace scherzare...”
“Ma come Blaine? Perché non ammetti che non sopporti l’idea di stare lont- ”
“Nick. Stai zitto.” Lo interruppe senza troppi convenevoli. E ormai aveva il cuore che scalpitava a mille contro la cassa toracica. Non aveva la minima intenzione di rivelare di essere gay, tantomeno se questo portava inesorabilmente con sé il fatto di far saltare anche la copertura di Kurt.
Aveva ancora troppa paura, non era pronto per il giudizio degli altri e, per quanto riguardava Kurt, lui semplicemente non avrebbe potuto sopportare che le voci sul suo conto iniziassero a circolare.
 
Erano l’uno il porto sicuro dell’altro, le rispettive ancore di salvezza, e non poteva essere altrimenti.
 
“Mio Dio, Anderson. Non dirmi che continui a pensare a Karen! Volta pagina.”
Blaine, tutto a un tratto, si rese conto fino a che punto dovesse essere grato a Santana.
Lei era la migliore, nonostante tutto.
 
“...Karen??” Sbottarono in coro i quattro Warblers, facendo scattare così un’accesa spiegazione della presunta storia d’amore finita male di Blaine e, man mano che i quattro prendevano consapevolezza di come stavano le cose, si rivelò sempre più difficile per loro trattenere una sonora risata.
 
“Ooh! Ma certo, Karen.” Annuì saggiamente Wes.
“Una ragazza così fine, così femminile...” Aggiunse David.
 
“OK! Abbiamo perso abbastanza tempo, non credete? Noi prendiamo la macchina di Finn.
Ragazzi? Voi riuscite ad accompagnare a casa Rachel, Quinn e Mercedes senza sfasciarmi la macchina se vi lascio le chiavi?” Domandò cautamente ai quattro in uniforme, che annuirono con aria inconsuetamente saggia.
Il ragazzo estrasse con riluttanza le chiavi dalla borsa ammucchiata con le altre sul tavolino, allungandole a David.
“Credo in te, David. Non distruggermela.”
 
“...E io dovrei andarmene solo soletto in macchina con questi due maniaci sessuali?! Non se ne parla proprio!” Sbottò Wes, pietrificato dal terrore. Blaine gli diede una confortante pacca sulla spalla.
“Courage Wes, fatti forza...”
 
“No no no... Siamo arrivati con la mia macchina Blaine, non ho intenzione di fare da autista mentre questi due si accoppiano sui sedili posteriori!” Il giovane Anderson sgranò gli occhi e, senza sorprendersene particolarmente, notò che né Jeff né Nick facevano molto per negare la cosa, limitandosi al contrario a sorridere sornioni.
 
Non che Blaine non sapesse che quei due stessero insieme, tuttavia non immaginava che fossero diventati così smaliziati...
Poi ricordò di quella volta in cui, durante una festa alla Dalton, i suddetti Warblers erano quasi riusciti a rinchiuderlo in bagno per avere la camera da letto tutta per loro.
 
Ok, forse Jeff e Nick non erano cambiati più di tanto.
 
“...Quindi voi due state insieme?” Chiese Mercedes con curiosità, e Blaine avvertiva sulla sua stessa pelle la tensione di Kurt, sempre più nervoso al suo fianco.
 
“Mmh... Più o meno.” Rispose Jeff, beccandosi un’occhiata indignata dall’altro ragazzo.
 
“...Comunque promettiamo solennemente che non traumatizzeremo Wes. Quindi sì, David può andare con le ragazze e Wes accompagnare noi con la sua macchina.”
 
“...Ehm, ragazzi? Non per mettervi fretta...” Cominciò Finn, e Blaine non poté essere più contento di lasciarsi finalmente alle spalle quella situazione imbarazzante, confidando che ormai i Warblers avessero intuito di non dover sbandierare la sua omosessualità ai quattro venti.
 
 
                                                                                     ***
 
 
“Guido io?” Chiese Finn, osservando con aria scettica il posto del conducente.
“È la tua macchina...” Osservò Blaine, e Kurt sperò vivamente che al suo fratellastro fosse sfuggito l’attimo in cui le loro mani si erano istintivamente cercate, per poi schizzare lontane dopo aver realizzato la situazione in cui si trovavano, e semplicemente non potevano concedersi alcun gesto d’affetto.
 
Kurt li aveva invidiati.
 
Aveva invidiato Jeff e Nick talmente tanto che a un tratto era certo di non aver mai davvero invidiato niente e nessuno prima di quel momento.
Erano rimasti lì, perfettamente a loro agio con il fatto che tutti sapessero che erano gay e che stavano insieme.
Non gli importava chi lo sapesse, non tenevano il conto di quanti fossero, non li selezionavano, non prestavano un’attenzione maniacale a tutto ciò che facevano, dicevano, addirittura agli stessi sguardi che si scambiavano.
 
Semplicemente si comportavano come se non ci fosse nulla da nascondere, e Kurt aveva dovuto trattenere fisicamente l’impulso di afferrare la mano di Blaine, abbracciarlo e baciarlo, esattamente come aveva sognato di fare dall’esatto istante in cui l’aveva visto seduto sul divanetto del backstage.
 
Ma non aveva potuto, e non avrebbe potuto, mai.
 
Finn si accomodò al posto del guidatore, Kurt e Blaine sui sedili posteriori.
 
“Basta che non fate come quei tizi in uniforme...” Scherzò allegramente il più alto, e Kurt per l’ennesima volta quella sera sentì le ginocchia tremendamente molli, e gli angoli degli occhi umidi.
 
L’abitacolo, una volta messa in moto l’auto, calò lentamente nell’oscurità.
 
Finn accese la radio, canticchiando la prima canzone soft rock capitatagli a tiro, e Kurt sentì il buio come una coperta confortevole sotto la quale nascondersi.
 
Le cose non sarebbero dovute andare in quel modo: lo sapeva fin troppo bene. Nel suo ideale lui e Blaine non avevano bisogno di nascondersi da nulla, e l’oscurità non era altro che un ostacolo che impediva loro di guardarsi come avrebbero voluto.
Non doveva essere così: il buio non poteva essere il loro tutto, ciò che avevano, quello che si potevano permettere.
 
Eppure era esattamente così che stavano le cose.
 
Si avvicinò impercettibilmente al ragazzo al suo fianco, e riuscì ad intercettare la sua mano appoggiata sul sedile dell’auto.
Intrecciò le loro dita, nascoste dal buio e dalle maniche troppo lunghe dei cappotti, e non poté far altro che sospirare di sollievo a quella sensazione.
 
Lanciò una rapida occhiata a Blaine, scoprendolo a guardare con aria persa fuori dal finestrino, mentre i profili di quella che un tempo era la sua scuola si sfocavano nella nebbiolina gelida della sera, man mano avanzavano verso Lima.
 
Kurt lo osservò.
Lo aveva sempre considerato incredibilmente forte, e sicuramente era così che si comportava e voleva apparire: non aveva mai vacillato un attimo, supportandolo in ogni cosa, tranquillizzandolo e regalandogli quell’equilibrio che non credeva avrebbe mai trovato.
 
Eppure era fragile, Blaine, e faceva male il modo in cui provava con tutte le sue forze a non darlo a vedere.
 
Kurt gli strinse delicatamente la mano, distraendolo dai suoi pensieri.
Lui si voltò rivolgendogli un sorriso un po’ triste, che strideva in modo così evidente con i suoi lineamenti dolci.
 
Avrebbe voluto baciarlo, ma non poteva.
 
Così si limitò a non lasciare la sua mano.
 
 
                                                                                      ***
 
 
“Ragazzi, non so come ringraziarvi per avermi fatto usare la macchina!” Esclamò Finn in un moto di riconoscenza, abbracciando il suo fratellastro e dando a Blaine una pacca sulla spalla.
 
Erano da poco arrivati a Lima, e subito si erano precipitati al McKinley in modo da non perdere l’inizio della partita di campionato.
 
Finn salutò entrambi e, una volta averli invitati a seguire la partita dagli spalti, entrò nello spogliatoio lasciandoli soli nel corridoio deserto, appena in penombra.
 
Blaine riuscì miracolosamente ad aspettare che il suo amico si chiudesse la porta alle spalle prima di voltarsi ad abbracciare Kurt.
Riusciva a malapena a percepire il suo corpo rigido sotto gli strati di vestiti pesanti che li dividevano, ma non gli sfuggì quando lentamente iniziò a sciogliersi, muscolo per muscolo, fino a stringergli a sua volta le braccia intorno al collo.
 
Blaine sperò di non essere costretto a dare una spiegazione per quell’abbraccio, per il semplice motivo che ci sarebbe stato troppo da dire: era per ribadire il suo grazie, grazie di averlo accompagnato in quella scuola, di averlo tenuto tra le sue braccia, essergli stato vicino – e non solo fisicamente – come mai nessuno era stato capace di fare.
Grazie per avergli stretto la mano, non essere andato fuori di testa a causa di quei pazzoidi dei suoi amici e grazie di essere lì, con lui, in quel preciso momento.
 
Sentì il suo profumo riempirgli i polmoni, e istintivamente gli accarezzò i capelli, nel tentativo di sentirlo ancora più vicino.
 
“Mi sei mancato.” Kurt sorrise sulla sua spalla, sciogliendo lentamente l’abbraccio per riuscirlo a guardare negli occhi.
 
Blaine non si stupì quando il fiato gli venne meno, alla vista di quelle meravigliose iridi chiare.
 
“...Siamo stati insieme tutto il tempo- ”
“Sai cosa intendo.” Sussurrò accarezzandogli delicatamente la guancia. Da come gli sorrise, Blaine capì che aveva compreso esattamente ciò che intendeva.
 
Rimase in silenzio qualche istante, e sperò di sbagliarsi quando gli parve di cogliere un piccolo accenno di tristezza sul suo volto.
 
“Eri molto bello, voglio dire, stavi bene con quei vestiti.” Disse Kurt, con quella punta di imbarazzo che fece innamorare Blaine ancora un altro po’.
 
“...Kurt?” Lui abbassò lo sguardo.
“Che cos’hai?”
Kurt si strinse nelle spalle, iniziando ad avviarsi al campo da football dove stava iniziando la partita.
Blaine lo affiancò immediatamente.
 
Arrivarono velocemente agli spalti, dove era già seduta buona parte degli studenti del McKinley con tanto di striscioni, sciarpe e quant’altro.
 
Il moro riuscì ad afferrare la mano di Kurt poco prima che si avviasse in tribuna, trattenendolo.
 
“...Kurt? Puoi dirmi cosa c’è che non va?” Lui si guardò intorno con aria terrorizzata, per poi strappare la sua mano da quella di Blaine.
Lanciò qualche ulteriore occhiata in giro, per poi rincontrare i suoi occhi e lasciarsi andare a un sospiro rassegnato.
 
“È solo... è questo che non va.” Confessò in un soffio amareggiato, accennando con il capo alle loro mani, abbandonate lungo i fianchi.
 
“Vieni.”
 
Kurt lo guardò con aria incuriosita, ma non esitò a seguire Blaine sotto gli spalti, di fianco a una delle innumerevoli colonne che reggevano le panche.
Era appena illuminato, per quanto reso possibile dalla luce del campo che filtrava attraverso le gradinate, le gambe dei presenti e le schiene dei giocatori di football in panchina.
 
“...Blaine?”
“Non dobbiamo lasciarsi condizionare da tutto questo.” Chiarì immediatamente, guardandolo fisso negli occhi.
“Tutto... tutto questo?”
“Lo so che ti fa soffrire. Ok? So che è difficile rimanere nascosti.” Abbassò gli occhi e Blaine, nonostante il buio, era quasi certo che fosse arrossito.
 
“Non devi vergognartene. Non è facile neanche per me far finta che non ci sia niente tra di noi.” Spiegò con una punta di imbarazzo. Kurt alzò lo sguardo.
 
“Non mi sto lamentando Blaine, davvero. So che non possiamo fare niente per cambiare questa situazione, è solo... a volte vorrei... Ok, ora mi prenderai per pazzo- ”
“No.” Gli sorrise “Parla. Ricordi? Niente segreti: ne abbiamo già troppi con gli altri per averne anche tra di noi.” Kurt balbettò, stringendosi le braccia al petto.
Raramente l’aveva visto così imbarazzato.
 
“È solo che vorrei essere tuo tutto il tempo, non solamente quando gli altri non guardano.”
 
Blaine sentì il cuore capitolargli nel petto, e fu davvero grato di trovarsi in un posto pieno zeppo di colonne a cui appoggiarsi, perché non era esattamente il massimo della decenza cadere a gambe all’aria sotto il semplice peso di una frase.
 
Suo.
 
Era così che si era definito.
Candidamente, come se lui potesse davvero essere in grado di sopportare quell’aggettivo senza accusare alcun colpo.
 
Non riusciva a crederci.
Blaine non trovava semplicemente possibile che qualcuno di così perfetto, così meraviglioso, talmente straordinario che la sua sola presenza gli bloccava il fiato in gola fosse davvero suo.
 
Un ragazzo, un miracolo luccicante circondato dal buio, la prova vivente che anche da tutto il male del mondo può essere plasmato qualcosa di perfetto, si era appena definito suo.
 
E Blaine non poteva, non riusciva a capacitarsi di una cosa del genere.
 
Non era in grado di averlo tutto per sé, quando il solo sfiorarlo lo faceva sentire un privilegiato.
Non riusciva a concepire l’idea che lui fosse davvero nelle sue mani, che lo amasse anche solo la metà di quanto lo amava lui.
 
Metabolizzare quelle parole gli richiese alcuni istanti, sufficienti a far vibrare di terrore gli occhi di Kurt.
 
“Blaine? M-Mi dispiace, ho... ho parlato senza pensare- ”
“Non devi scusarti. È solo che mi sembra troppo bello per essere vero.” Confessò, e fu grato di avere ancora un filo di voce per rassicurare il suo meraviglioso ragazzo. Kurt emise un sospiro deliziato.
 
“Bene. Perché lo penso davvero.” Blaine gli prese la mano.
“Ricordatelo, Kurt: sei sempre mio, anche quando siamo con i nostri amici, anche se facciamo finta di non conoscerci. Sei sempre mio, anche quando stai dormendo. E anch’io lo sono. Tuo, intendo.”
 
Kurt sollevò gli angoli delle labbra in un sorriso appena accennato, e le luci dello stadio filtrate dal buio circostante mettevano ancor più in risalto i luccichii umidi nei suoi occhioni chiari.
 
“...Kurt? Stai bene?”
“Sì. Io... sì. È solo che nessuno mi aveva detto mai niente di simile. So di non meritarti Blaine, e che prima o poi troverei qualcuno alla tua altezza, però...” Fece per ribattere, ma Kurt glielo impedì.
“...Però sappi che sarò egoista, e ti terrò stretto fino all’ultimo, anche a costo di rasentare il patetico.” Concluse con una risata imbarazzata, che fece vacillare ancor più il cuore già provato del suo ragazzo.
 
“Perché ho la netta sensazione che tra noi due non sia tu quello patetico?” Kurt scosse la testa, sorridendo.
“Davvero, Blaine. È così... così ingiusto vedere tutti gli altri che camminano per i corridoi per mano, come se niente fosse. Come un’abitudine, capisci? Qualcosa che non vale niente...” Abbassò lo sguardo.
 
“Ci sono delle volte in cui vorrei... sai... baciarti. A scuola.” Incrociò di nuovo le braccia al petto.
“E sapere di non poterlo fare... mi uccide.” Blaine ignorò il suo cuore a brandelli e si aprì in un sorriso, lanciando un rapido sguardo alle gambe a penzoloni sopra di loro.
 
“Facciamolo.”
 
“C-Cosa?”
 
“Baciarci, qui. Adesso.” Kurt spalancò gli occhi, arrossendo leggermente.
 
“I-Io...” Blaine sorrise.
 
“Non ci vedrà nessuno. Ma è comunque un primo passo, non credi?” Lui annuì, dando un rapido sguardo alle gradinate sopra di loro. Blaine fece lo stesso, sperando di non darlo troppo a vedere.
Poi Kurt gli lanciò un’occhiata che da sola sarebbe stata in grado di farlo capitolare, lì e subito.
 
“Non credo me lo farò ripetere, Mr Anderson...” Sussurrò, con quel particolare tono di voce involontariamente malizioso che faceva partire per la tangente i poveri ormoni ancora integri del suo ragazzo.
 
Blaine non poté essere più felice di avere la schiena già appoggiata ad una delle colonne che reggevano gli spalti, in caso contrario le sue ginocchia avrebbero ceduto sotto il peso dello sguardo trasparente piantato nei suoi occhi.
 
Kurt gli portò entrambe le mani al bavero del cappotto, stringendolo tra le dita. Blaine gli avvolse le braccia intorno alla schiena, facendo combaciare perfettamente i loro corpi.
Poteva sentire distintamente la differenza tra la colonna gelida contro cui era premuto e il corpo morbido e caldo di Kurt, talmente invitante che Blaine non riuscì fisicamente a trattenere un sospiro di approvazione, che fece emettere all’altro una risatina silenziosa.
 
“Tutto bene?” Bisbigliò Kurt a pochi centimetri dalle sua labbra, e poteva vedere il suo respiro tiepido infrangersi con l’aria glaciale di quella sera di gennaio, in una piccola nuvoletta di vapore.
Blaine abbassò gli occhi, quel poco che bastava per intercettare la sua bocca scurita dal freddo, appena dischiusa, e non era esattamente il modo migliore per rientrare in possesso delle proprie facoltà mentali.
 
“...Anche troppo, direi.” Kurt sorrise e, tirandolo piano per il bavero del cappotto, annullò la breve distanza che ancora li separava.
 
Blaine sentì le labbra calde del suo ragazzo premere sulle sue, ed eccezionalmente non erano perfettamente morbide, ma appena screpolate dal freddo. Si chiese se fosse normale trovarlo ancora più eccitante del solito.
Kurt gli respirò un’ultima volta sulla bocca, prima di tracciarne il contorno con la punta bollente della lingua.
 
Blaine dischiuse le labbra all’istante, per il semplice fatto che non avrebbe potuto fisicamente attendere oltre: voleva sentire il sapore di Kurt, bearsi del calore rovente della sua bocca fino a rimanere senza fiato.
 
Lui sembrava avere le stesse intenzioni, o almeno così lo interpretò Blaine, nel momento in cui le loro lingue si scontrarono.
 
Lo abbracciò se possibile ancora più stretto, e lui si aggrappò più forte alla sua giacca.
 
Si lasciarono andare a quel bacio, regalandosi un po’ di loro stessi, parzialmente nascosti dal resto del mondo.
 
Erano troppo presi l’uno dall’altro per pensare, per avere paura.
 
 
Troppo distratti, per accorgersi di non essere soli.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 
 
 
 
 
 
 
Eccoci qua ^_^
...Ecco. Con quel “non essere soli” intendo che qualcuno li ha visti, anche se non è proprio lì sotto gli spalti fisicamente parlando... ma chi? Eheh è.é
Per ora l’unica cosa che sappiamo è che il loro equilibrio è in bilico, ed entrambi non sono pronti per questo... Non voglio anticipare niente per una volta XD
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto... Devo ammettere che scrivere l’ultima parte tra Kurt e Blaine mi ha ridotta a una pappetta informe -.-“ *quando capisci che invece di scrivere FF faresti bene a darti all’ippica* ...Beh XD
Sono curiosa di leggere il vostro parere :) A giovedì ^_^

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Capitolo 23
*** Capitolo 23 ***


Buon giovedì ragazzi!
Dunque, inizio subito scusandomi ç___ç In questi giorni sono stata talmente oberata di cose da fare che proprio non sono riuscita a finire di rispondere alle recensioni, e mi dispiace davvero, ma ho preferito pubblicare ugualmente e rispondere in seguito, così almeno mi posso far perdonare lasciandovi nel frattempo qualcosa da leggere -.-“
A proposito di questo, un AVVISO: il prossimo capitolo NON sarà pubblicato lunedì, ma bensì giovedì prossimo, il primo di marzo insomma.
Mi dispiace davvero ragazzi, ma mi aspetta una settimana disumana, e sarà un miracolo se ne uscirò viva T___T
Prima di pubblicare devo sempre revisionare i capitoli, e anche di parecchio, e non mi va di propinarvi qualcosa di orrendo postato di corsa, quindi per una volta l’aggiornamento slitterà, spero capirete.
 
Detto questo, non mi resta che lasciarvi a quello che è il capitolo più lungo di tutta la FF (almeno avrete un po’ di cose sottomano in mia assenza XD) e ne approfitto anche per ringraziare chi ha aggiunto questa storia a seguite, preferite o ricordate :’)
Inoltre un enorme bacio a rosettina, P e r l a, aleka_80, Maggie_Lullaby, BeatriceS, Me_Mi, Guzzy_12, anastasianapp, Chris_91, saechan, CrissColferIsOnBitches, Tallutina, sandy_hachi, belinda andreani, YouArePerfectToMe, sakuraelisa, Fiby AndersonBass_, elisabethy92, TheScarfOfTheSexualPreference, Evy78, Alessandranna, violanassi, FraRock, LexyDC__, Misato85, KIAsia, JulesCullenMeyer, Psike, SiaStew e lolaly che hanno recensito lo scorso capitolo: naturalmente risponderò a tutti i commenti al più presto, di nuovo, scusate per i disguidi :(
 
 
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Kurt si lasciò cadere a peso morto sul letto, decisamente provato dalla giornata appena trascorsa: era da poco rincasato dopo la partita di Finn, che i Titans avevano miracolosamente vinto.
 
In effetti si era rivelato decisamente imbarazzante quando il suo fratellastro aveva chiesto a lui e a Blaine quale parte della partita li avesse maggiormente entusiasmati, in quanto non potevano affermare di essere stati esattamente attenti al gioco, e comunque non sarebbe stato semplice da sotto gli spalti.
 
Finn, per il resto del viaggio, si era dimostrato stranamente silenzioso, accantonando la sua proverbiale abitudine di parlare a vanvera.
 
Arrivarono a Westerville a sera inoltrata.
Kurt si trovò vagamente impacciato nel salutare Blaine, limitandosi a un sorriso tirato e a un cenno della mano, dato che c’era Finn, e non potevano davvero concedersi altro.
 
Impiegarono un altro quarto d’ora per tornare a Lima, e il ragazzo alla guida sembrava sempre più silenzioso.
 
L’unica cosa che blaterò fu il fatto di essere dispiaciuto che la coach lo avesse fatto entrare solo a metà della partita, perché se lo avesse saputo non si sarebbe perso le premiazioni delle New Directions.
 
Tutto qui.
 
Kurt si limitò ad annuire con aria vagamente preoccupata: evidentemente suo fratello aveva davvero bisogno di riposo.
 
 
Si rigirò tra le lenzuola, allungando il braccio per afferrare l’ultimo numero di Vogue da sotto il letto. Appoggiò la rivista sulle ginocchia accovacciandosi contro il cuscino, senza riuscire a trattenere un sorriso compiaciuto.
 
Blaine l’aveva baciato.
L’aveva fatto a scuola: quel posto tanto terrificante quanto proibito, lo stesso luogo dove entrambi avevano convenuto non fosse possibile esporsi.
Kurt non aveva mai provato talmente tante cose contemporaneamente: non lo credeva nemmeno possibile.
 
Si era sentito imbattibile, nell’esatto istante in cui le loro labbra erano entrate in contatto era scattata una rivincita silenziosa per entrambi, scandita dai movimenti morbidi delle loro bocche, dalle mani strette ai vestiti stropicciati dalla voglia di essere più vicini di quanto fosse fisicamente possibile, dai loro cuori silenziosi, che battevano più forte di quanto i loro compagni di scuola seduti sulle loro teste potessero anche solo lontanamente immaginare.
 
Kurt non sapeva di averne bisogno.
 
Non era consapevole di quanta rabbia gli facesse il fatto di essere limitato da quelle persone, le stesse che lo avevano guardato come se valesse meno di un insetto fastidioso, e i giocatori di football, che per poco non erano riusciti a strappargli quella tenue punta di vita che ancora batteva, da qualche parte dentro di lui.
 
E Blaine l’aveva trovato, quello spiraglio, l’aveva sfondato, distraendolo in qualche modo dal dolore.
Kurt non sapeva di desiderare tanto ardentemente di farla pagare a tutti, in un qualche modo, non sapeva di volerli prendere in giro almeno una volta, esattamente come loro facevano con lui da quando ricordava.
 
E ci era riuscito, quella sera, a prendersi gioco di ognuno di loro, e Blaine aveva vinto esattamente quanto lui.
 
Perché erano lì, insieme, e non importava se gli altri non potevano vederli: non avrebbe sminuito quel successo. Non aveva mai sentito l’adrenalina scorrergli così prepotentemente nelle vene, nemmeno ai tempi in cui Seth e gli altri se la prendevano con lui ogni santo giorno.
 
Ed era merito di Blaine.
 
Era sempre, merito di Blaine.
 
Del modo in cui lo guardava, di come lo faceva sentire. E forse era un po’ anche merito suo, e dell’unica cosa che davvero avesse un valore nella sua vita, che in un certo senso la costituisse: ciò che lo univa a lui.
 
Quel sentimento che sapeva non sarebbe mai stato capito da quelli che quella sera erano seduti sugli spalti, e men che meno da chi era in campo a giocare; ma per la prima volta non gli importava.
 
Non sentiva il bisogno di urlare, di dire a quelle persone che si sbagliavano, che non c’era niente di inconcepibile in quello che provava.
 
No.
 
Semplicemente perché non aveva più importanza.
 
Gli erano serviti diciassette lunghi anni, che a guardare indietro sembravano il triplo, a farglielo capire: non aveva importanza ciò che loro credevano, né quello che si rifiutavano di vedere e nemmeno il fatto che si guardassero bene dal fare quel piccolo passo che avrebbe permesso loro di considerarlo come una persona, un essere umano.
 
No, perché la verità era che non aveva assolutamente niente da dimostrare a persone del genere, e non avrebbe sprecato una boccata d’aria in più per lamentarsi di loro, in futuro.
 
La verità era che aveva Blaine, ed era l’unica persona a cui doveva – voleva – davvero dimostrare qualcosa, l’unico che lo vedeva per quello che era: un essere umano con i suoi pregi e i suoi difetti, esattamente come gli altri, eppure abbastanza diverso da averlo convinto a non lasciarlo mai scappare, a impedirgli di nascondersi, a prenderlo, strattonarlo e a urlargli in faccia, se questo fosse servito a tirar fuori se stesso.
 
E ci era riuscito, Blaine, a liberarlo, per quanto liberi potessero essere.
 
Solo da poco Kurt aveva avuto modo di accorgersi che sì, forse perfino lui in fondo qualcosa di positivo lo aveva, per quale altro motivo se no una persona meravigliosa come Blaine sarebbe stata ancora al suo fianco?
 
No. Non lo avrebbe mai ringraziato abbastanza.
 
Per tutto, e in particolare per le parole che gli aveva detto quella sera, che l’avevano fatto piangere come un povero idiota.
 
Non si era mai sentito più incatenato a qualcuno, e sentirselo dire da Blaine, sentirsi dire di essere suo, gli aveva fatto capitolare il cuore più di qualsiasi altra cosa.
Era completamente felice che lo avesse definito in quel modo, dando voce a quello che segretamente sperava da tanto tempo, non senza un pizzico di paura.
 
Kurt – proprio mentre sfogliava le ultime novità della moda maschile per quella primavera – venne distratto dalla suoneria squillante del suo cellulare, che annunciava l’arrivo di un nuovo messaggio.
Allungò la mano verso il comodino, lanciando contemporaneamente un’occhiata alla sveglia.
 
Le undici e mezza.
 
Addio lungo sonno anti occhiaie.
 
– ...Sto continuando a rodermi il fegato per non averti dato la buonanotte in un modo decente :( – 
 
Kurt fissò lo schermo con quella che non avrebbe saputo descrivere altrimenti se non una faccia da ebete, e si trovò a maledire lo specchio che gli restituiva inesorabilmente il proprio riflesso imbarazzato. 
 
– Tutta colpa di Finn. È sempre colpa di Finn. –  
 
– Rachel la pensa allo stesso modo u.u Comunque volevo ringraziarti per oggi. Per quello che hai detto... e fatto ;) –
 
Kurt lanciò una rapida occhiata alla finestra della sua stanza, meditando se fosse il caso di aprirla o meno.
 
Ok, magari non era una grande idea a fine gennaio, soprattutto alle undici e mezza di notte. ...Anche se improvvisamente faceva parecchio caldo.
 
– Non devi ringraziarmi per quello che ho detto: sono solo cose che penso. Cos’ho fatto...? –
 
La risposta arrivò dopo qualche estenuante minuto di attesa.
 
– E devo anche ricordartelo D: ?? Non eri tu il tizio con me sotto gli spalti neanche un’ora fa? –
 
– ...Aaah! Quello! Per la cronaca vorrei essere ancora là, anche se probabilmente a questo punto saremmo morti assiderati >.< –
 
– Naah. Credo che avremmo trovato il modo per scaldarci... ;) –
 
Ok.
No, questo non andava bene per niente.
Era mezzanotte meno venti, e non esisteva doversi andare ad immergere in un bagno preferibilmente molto freddo, non per colpa di qualche messaggio di per sé piuttosto ordinario.
...Sarebbe stato tutto più semplice, se solo il suo fantasioso cervello non lo avesse arricchito con immagini mentali piuttosto vivide, andando a compilare una simpatica lista dei mille modi in cui lui e Blaine avrebbero potuto scaldarsi.
E no, nessuno di questi comprendeva un falò.
Kurt stava giusto rivalutando l’opzione della finestra, quando il cellulare squillò di nuovo.
 
– Kurt? Ci sei? Ho detto qualcosa di sbagliato? –
 
Il ragazzo si lasciò andare a una risatina vagamente isterica, rifiutandosi di guardare la sua immagine allo specchio prima di digitare la risposta.
 
– No, Blaine. È solo che vorrei evitare l’autocombustione, in particolare a quest’ora... –
 
Va bene, ormai l’aveva scritto.
Ma era stato Blaine a cominciare, non era certo colpa sua se-
 
– ...Kurt? –
 
– Cosa? –
 
– Ti arrabbi se ti dico che inizio a pentirmi di non averti lasciato fare, l’altro giorno a casa mia? –
 
Kurt si arrese e, con qualche borbottio impacciato, si avviò sconfitto verso la finestra.
 
Maledetto, maledetto Blaine Anderson.
 
Poi il cellulare squillò l’arrivo di due messaggi, praticamente in contemporanea.
Uno proveniva da Blaine, l’altro da un numero sconosciuto.
 
– ...Mi stai detestando D:? –
 
Kurt alzò gli occhi al cielo, e prima di rispondere controllò anche l’altro sms.
 
– Kuuuuuuuuurt!!! DORMI per carità D: !! Blaine ci sta chiedendo consulenza perché è un imbranato incapace che non sa neanche rispondere ai messaggi -.-“ ...Non che le vostre porcate non ci entusiasmino, ma abbiamo sonno D: !!! Ah: sono Wes, ma scrivo anche da parte di David: Jeff e Nick vogliono sapere i dettagli, ovviamente -.-“ Ah! Non dire a Blaine che te l’abbiamo detto, e non chiederti come facciamo ad avere il tuo numero. Davvero: non farlo. E dormi, ti prego!! W. –
 
 
                                                                                      ***
 
 
Blaine si sistemò con aria assorta un ricciolo che non ne voleva sapere di rimanere barricato nella propria prigione di gel, percorrendo a passo spedito il parcheggio del McKinley.
 
Aveva voglia di vedere Kurt, ma questo era stupidamente ovvio: aveva sempre voglia di vedere Kurt.
 
Tuttavia non poteva non ammettere che quel criptico – Preparati, domani devo parlarti di una cosa – la sera prima lo aveva leggermente spiazzato.
 
Che Kurt avesse deciso di intavolare l’argomento? Quell’’argomento?
 
Ovvio, scherzava quando diceva di rimpiangere l’occasione dell’ultima volta a casa sua.
Perché lo voleva, in ogni senso possibile, ma voleva Kurt, non uno sconosciuto terrorizzato, che strizzava gli occhi nella speranza di estraniarsi da ciò che stava succedendo.
Da quella volta si era ripromesso di aspettare, di provare a cogliere qualsivoglia segnale che fosse il momento giusto, e comportarsi di conseguenza.
 
Proprio per quelle ragioni il messaggio della sera prima l’aveva scosso fino a quel punto: se Kurt aveva intenzione di parlare con lui di quel genere di cose, doveva dimostrarsi quantomeno tranquillo, come qualcuno che sa esattamente cosa sta facendo.
 
La verità era che Blaine ne sapeva esattamente quanto Kurt, la differenza stava nel fatto che fosse troppo orgoglioso per ammetterlo.
 
E, cosa non meno importante, non era nemmeno certo di essere davvero pronto per... insomma, quello.
 
Si spacciava per uno sicuro di sé, quando si trattava solo di un riflesso, un qualcosa che doveva essere perché c’era Kurt, ed era lui quello bisognoso di sostegno, di approvazione e di punti fermi.
 
...Poi erano andati alla sua vecchia scuola, e gli era caduto il mondo addosso.
 
Kurt l’aveva tenuto stretto come si fa con un bambino che ha appena avuto un incubo, e la sua solida impalcatura da ragazzo perfetto era crollata, lasciando solo ciò che era.
 
Niente di più, niente di meno.
 
Riusciva ad essere se stesso, insieme a Kurt, e per una volta non si vergognava di essere fragile, indifeso, a volte privo di tutto quel coraggio che ostentava per schermirsi dal resto del mondo.
 
Per cui no, non avrebbe recitato la parte dello spavaldo, sarebbe stato solo Blaine, perché in qualche strano modo a Kurt bastava.
 
Sospirò, avviandosi verso l’aula della prima ora con aria ancora assonnata.
 
Il fatto era che voleva Kurt, talmente tanto che a volte era difficile stare in sua presenza senza avventarglisi fisicamente addosso.
Ma voleva essere certo che non fosse sotto pressione, che si sentisse pronto, che lui stesso fosse-
 
“Ciao barboncino.” Blaine sobbalzò, e per poco non lasciò cadere i libri di storia da poco estratti dall’armadietto.
“Sa-Santana...?” Chiese, con la voce resa traballante dal fatto che la cheerleader non rivolgeva mai la parola a qualcuno senza un motivo ben preciso e nella maggior parte dei casi allarmante e, a conferma dei suoi sospetti, il sorrisetto sulla faccia di lei non preannunciava nulla di buono.
La ragazza alzò gli occhi al cielo.
 
“Mantieni la calma, Anderson: non ho intenzione di rapirti per qualche curioso esperimento scientifico.” Blaine, per qualche motivo, si trovò ad emettere un sospiro sollevato. Attese qualche altro istante, ma Santana si limitava a  fissarlo con un ghigno, senza dire una parola.
 
“...Se vuoi scusarmi io avrei lezione- ”
“Allora, non me lo chiedi?” Blaine alzò un sopracciglio.
“Chiedere cosa?” Lei si strinse nelle spalle.
 
“Mah, che so, magari come è andata ieri sera alle Regionali, dato che non c’eri alle premiazioni... o forse avevi qualcosa di più importante a cui pensare?”
 
Chiese con calma, sfoderando quel tono falsamente innocente che Blaine le aveva sentito usare fin troppe volte per non preoccuparsene.
 
La campanella della prima ora trillò, lasciando il ragazzo con la sola voglia di girare i tacchi e scappare di gran carriera in classe, lasciandosi alle spalle la cheerleader, che non smetteva di fissarlo in quello strano modo.
 
Va bene, d’accordo, dopo quello che era successo al campo da football la sera prima il Glee Club, le Regionali e tutto il resto non erano esattamente ai primi posti nella top ten dei suoi pensieri, tuttavia gli importava, ovvio che gli importava: era la sua squadra dopo tutto.
 
“Scusami. Quindi abbiamo vint- ”
 
“Da quanto tempo te la fai con Hummel?” 
 
Blaine sentì il cuore staccarsi dal petto, per poi precipitare rovinosamente nello stomaco.
Doveva aver capito male.
 
Doveva, perché se Santana avesse fatto girare una voce del genere tutto sarebbe crollato: lui, Kurt, il loro equilibrio, ogni cosa.
 
Come aveva fatto a scoprirlo? E se fosse stato qualcun altro a dirglielo? Se questo qualcuno avesse già provveduto a passare la notizia ad altri? Se fosse arrivata a Seth? Se-
 
“Non so chi te l’abbia raccontato, ma non è assolutamente vero.” Decretò categorico, cercando di mantenere il tono più distaccato e neutro possibile.
 
Di non farle capire che ogni parte di lui stava tremando.
 
“Ehi! Tranquillo nanetto: nessuno mi ha detto niente. È solo una mia intuizione geniale, o per essere più precisi sarebbe il sentore di chiunque avesse un gay radar anche solo vagamente funzionante.”
 
Blaine scosse la testa. Non avrebbe mollato, non questa volta.
 
“Ti dico che stai sbagliando.” Santana sorrise.
“Vedo come lo guardi, Blaine, e si dà il caso che sia lo stesso modo in cui lui guarda te.”
 
Gli veniva da piangere.
Si sentiva completamente inutile, impotente e stupido.
Non gli importava che Santana sapesse che lui era gay: era qualcosa che avrebbe voluto tenere nascosta, ma lei lo aveva capito, e ormai il danno era fatto.
Ma questa volta le cose erano diverse: aveva intuito di loro due, di lui e Kurt, e lui aveva giurato di proteggerlo, di tenerlo al sicuro.
 
Non ci era riuscito, aveva fallito miseramente, non era stato capace di difendere Kurt dalla sua paura più grande: quella che gli altri trovassero uno spiraglio nella sua corazza, lo trapassassero e lo annientassero di nuovo.
E quale pretesto migliore, se non quella che considerava la sua più grande debolezza?
La stessa cosa su cui Seth e Trevor avevano calcato fino a farlo capitolare, l’anno precedente?
 
Non l’aveva protetto, si era lasciato tradire dai suoi stessi sentimenti, e ora avrebbe solo voluto sprofondare nel pavimento.
 
“...Ehi?” Non alzò lo sguardo. Se l’avesse fatto sarebbe scoppiato a piangere come un idiota, e non doveva, non poteva, non-
 
“Oh no! Non ci provare nemmeno a metterti a frignare!”
 
“Non dirlo a nessuno. Non per me, è per Kurt, lui- ”
 
Santana perse il suo solito ghigno malizioso, nell’esatto istante in cui la voce del ragazzo davanti a lei si spezzò.
 
Blaine! Calmati.” Esclamò afferrandolo per le spalle.
Ma Blaine non aveva intenzione di calmarsi. Non poteva farlo, non ci riusciva perché non era capace di smettere di pensare di aver fallito, di essere stato una delusione, e poteva vedersi davanti agli occhi lo sguardo di Kurt, se si fosse saputo in giro.
 
Il bacio del giorno prima era stato una rivincita, talmente agognata da togliere il fiato ad entrambi. Ma non poteva diventare la realtà di tutti i giorni.
 
Non erano pronti, non lo sarebbero mai stati.
 
“Tu non capisci... Se qualcuno lo viene a sapere... Questo distruggerebbe Kurt.”
 
Riuscì a trovare la forza di dire, perché aveva l’esigenza che lo sapesse, e anche se faceva male lei doveva sapere. Gli occhi scuri della ragazza luccicarono appena, mentre lasciava la presa sulle sue spalle.
 
“Non sapevo neanche se fosse vero, Blaine. L’ho visto uscire con Brittany per un sacco di tempo, non ero nemmeno sicura che voi due- ”
“Promettimelo. Ti prego.” La interruppe, asciugandosi l’unica lacrima che era riuscita a scappargli dalle ciglia.
Non credeva di avere tanta paura. Non sapeva di essere terrorizzato all’idea di ciò che sarebbe potuto succedere, se il McKinley avesse saputo di loro.
 
Santana non rispose subito, limitandosi a tenere gli occhi piantati in quelli di Blaine.
Solo quando lui distolse lo sguardo aprì finalmente bocca.
 
“Lo ami davvero, non è così?”
 
Blaine non rispose, per il semplice motivo che non ce n’era bisogno.
 
La cheerleader rimase immobile qualche altro attimo, e se ne sarebbe andato, se solo a un tratto le sue gambe non fossero diventate così dolorosamente pesanti.
 
“...So già che me ne pentirò. Oh, al diavolo.”
 
Santana si fece avanti, per stringerlo in quello che Blaine non avrebbe saputo definire in un modo diverso se non un abbraccio.
Ed era strano, tremendamente strano da parte di qualcuno come lei, talmente tanto che non fece in tempo a riprendersi dalla sorpresa e ricambiare che si era già allontanata.
 
“...Io- ”
“Non dire niente, hobbit. E soprattutto non ti ci abituare.”
Esclamò categorica la ragazza, rivolgendogli un sorriso inconsuetamente dolce. Poi scosse la testa, incamminandosi per il corridoio deserto.
 
“Santana?”
“Non lo saprà nessuno.”
 
Decretò senza voltarsi, e il cuore di Blaine tornò nella sua sede.
 
 
                                                                                     ***
 
 
Kurt girò una pagina del suo quaderno di Biologia, anche se per quello che gli importava poteva anche trattarsi di una rivista di automodellismo.
 
Era con le spalle appoggiate al suo armadietto già da qualche minuto, fingendosi interessato a qualunque cosa fosse scritta su quei fogli, nella sola speranza che Blaine avesse intenzione di passare dal proprio armadietto a riporre i libri prima della fine dell’intervallo.
 
I ragazzi trottavano da ogni parte, schiamazzando come degli invasati, e lui non poteva far altro che rimanere lì, con una tuta inguardabile, augurandosi che quell’idiota del suo ragazzo si decidesse a fare un salto al suo cavolo di armadietto.
 
Blaine sbucò da un corridoio laterale qualche attimo più tardi, e Kurt sentì una fitta allo stomaco come si rese conto di non potergli andare in contro e non poterlo salutare come avrebbe voluto.
Non poteva squadrare il suo abbigliamento ridicolmente attraente, né correre il rischio di incontrare troppo di frequente i suoi occhi.
 
Oh, e non avrebbe neanche dovuto pensare a quanto era dannatamente bello quella mattina, anche perché dopotutto era arrabbiato.
 
Sì, giusto: doveva fare il sostenuto.
 
Blaine raggiunse il suo armadietto con aria svogliata, e a Kurt non sfuggì il breve sussulto che lo scosse dopo averlo visto. In effetti di solito facevano di tutto per non incrociarsi a scuola, anche perché con la loro fortuna era anche piuttosto probabile che Seth si imbattesse in loro nell’istante esatto in cui si fossero incontrati.
 
Oh.
 
Forse Blaine era semplicemente spaventato alla vista di lui in una tuta orribile, e non poteva dargli torto, tra l’altro. ...Se solo avesse potuto portare i suoi vestiti anche a scuola- arrabbiato.
 
Doveva rimanere- era arrabbiato.
 
Blaine si voltò verso lo sportello di latta per inserire la combinazione e, come da copione, non incontrò il suo sguardo.
 
“Ciao Kurt. Come mai qui?” Kurt intercettò i pantaloni di Blaine. Non era facile rimanere concentrati se lui faceva di tutto per- arrabbiato.
 
Ok, arrabbiato.
 
“Leggo.” Rispose semplicemente, stringendosi nelle spalle con tutta l’indifferenza possibile.
Proprio in quel momento un gruppetto di cheerleader passò loro davanti, parlando fitto e – Kurt ne era quasi sicuro – lanciando un’occhiata curiosa verso di lui.
 
Ok, stava diventando paranoico.
 
“Complimenti.” Commentò Blaine, risvegliandolo dai suoi pensieri.
“Cosa?”
“Sai leggere al contrario. Non è da tutti.”
 
Kurt squadrò il suo stupidissimo quaderno, per poi chiuderlo con un colpo secco e voltarsi a sua volta per inserire la combinazione del lucchetto.
 
Blaine ridacchiò, indugiando volutamente più del necessario con i suoi libri.
 
“Sul serio, Kurt? Che succede?”
“Succede che sei un idiota.” Spiegò candidamente, riponendo il quaderno con gli altri.
Vide Blaine spalancare gli occhi dalla sorpresa, e non poté fare a meno di compiacersene.
 
Un po’.
 
Con un pizzico di senso di colpa.
 
 Perché era incapace di avercela con lui, dannato Blaine Anderson?
 
“Cosa? P-Perché? È per via dei messaggi di ieri sera?” Kurt iniziò a spiluccare i resti di qualche matita dal fondo dell’armadietto.
“...E me lo chiedi anche?” Blaine stava iperventilando, e lui non avrebbe dovuto volerlo baciare.
 
“Io... Mi dispiace! Credevo che ti andasse bene il... insomma, sai... tono di quei messaggi...” Kurt lasciò cadere un mozzicone il mozzicone di gomma che aveva appena rinvenuto.
 
Oh.
 
Ok, ottimo.
 
Blaine non aveva capito un accidente.
 
“Blaine! Non ce l’ho con te per il contenuto di quel messaggi, anzi...” Deglutì a vuoto.
“Dico solo che ti sarei grato se la smettessi di raccontare, insomma... tutto di noi ai Warblers. Jeff e Nick in primis, loro sono i più spaventosi...” Si sforzò di non sorridere. Blaine avvampò.
 
“Oh mio... T-Te l’hanno detto?- ”
“No, sono un chiaroveggente.”
“Kurt io... Oddio mi dispiace! Ma era a fin di bene, solo- Non sono bravo con queste cose e volevo qualche consiglio da- ”
“Oh, io invece sono bravissimo. Ho avuto una caterva di ragazzi ai miei piedi.” Blaine sospirò, e fece per riprendere a parlare, ma Kurt lo precedette.
 
“Senti Blaine... Non ce l’ho con te, davvero. Forse mi da solo fastidio il fatto che tu abbia degli amici con cui parlarne.” Confessò con un filo di voce.
 
“Voglio bene ai ragazzi del Glee, ma loro non sanno chi sono davvero. E... Non so nemmeno come sono finito a dirti queste cose. In realtà volevo solo tenerti il muso per un po’, ma...”
 
Si fermò, come riuscì a scorgere le dita di Blaine, che stringeva la parte inferiore dell’armadietto, abbastanza forte da farsi diventare le nocche bianche.
 
“...Blaine?”
 
“Non ho mai desiderato baciarti tanto come adesso.”
 
Sussurrò, assicurandosi che solo lui potesse sentirlo. E Kurt, a quel punto, nonostante tutta la sua buona volontà in merito, non ebbe più la forza di fingersi arrabbiato.
 
“Oh.”
 
Commentò semplicemente, con l’improvvisa urgenza che l’intervallo terminasse, così come le rimanenti lezioni, in modo da potersi fiondare nella macchina di Blaine.
Improvvisamente, faceva di nuovo molto caldo.
 
“Non so se sentirmi lusingato o offeso. Insomma, andiamo: mi hai visto con outfit migliori.” Blaine ridacchiò, estraendo il cellulare dalla tasca dei pantaloni.
“Si da il caso che ti stia bene praticamente ogni vestito di questo mondo. ...E immagino che saresti ancora più bello senz- ”
 
Blaine! Ti scongiuro non finire la frase.”
 
Balbettò avvampando completamente.
Blaine sbloccò lo schermo, aprendo il nuovo messaggio.
 
“Ehm... Scusami, è solo- ”
“La vuoi smettere di scusarti? Non lo dico per la frase in sé, solo, vorrei conservare un minimo di integrità fisica per le prossime lezioni, ok? E questo non aiuta.”  Spiegò, interrompendosi poi alla vista dell’aria imbarazzata con cui Blaine fissava lo schermo del cellulare. O più probabilmente per quello che aveva sentito, ma sempre meglio incolpare un messaggino.
 
“Blaine? Va tutto bene?”
“Sì. Certo. È solo mia madre.” Kurt alzò un sopracciglio.
“Tua madre ti scrive messaggi durante l’orario scolastico?” Blaine sembrava sempre più imbarazzato.
“No, lei... Non abitualmente. È solo che a volte è un po’...”
“Blaine. Stai divagando.”
 
Il ragazzo si lasciò andare a un sospiro sconfitto, passando il cellulare a Kurt.
 
“...Non sei obbligato, ok? È lei che è un po’ pazza, non farti nessun problema a rifiutare.” Kurt avrebbe potuto farsi tante domande dopo una frase del genere, ma trovò più saggio limitarsi a leggere l’sms.
 
– Già che sei a scuola perché non ne approfitti per invitare Kurt a cena? Sono settimane che il fantastico menu che ho in mente per l’occasione aspetta di essere testato. Muoviti. –
 
Kurt spalancò gli occhi, guadagnandosi un’occhiata preoccupata da parte di Blaine.
 
“...Kurt? Guarda che non sei obbligato a venire. È mia madre che insiste con questa storia della cena, io le ho detto che probabilmente ti avrebbe solo spaventato a mort- ”
“Certo che voglio venire.” Blaine spalancò gli occhi.
“D-Dici sul serio?” Kurt annuì vigorosamente. In tutta franchezza, moriva dalla voglia di conoscere i genitori di Blaine e beh, andare a cena da lui era qualcosa che sognava di fare da un po’, ormai.
 
“Temevo non me lo avresti mai chiesto. Perché mai dovrei rifiutare una cena a casa del mio- ...a casa tua?”
 
Si corresse velocemente, sentendo le guance che gli si scaldavano appena. Blaine sorrise, e Kurt non poté che essere felice di non essere l’unico ad assumere quell’aria vagamente ebete, ogni tanto.
 
Con l’unica differenza che Blaine era bellissimo anche così, ma era ben lungi dal dirglielo.
 
“Puoi dirlo.”
 
“...Cosa?”
 
“Che sono il tuo ragazzo. Adorerei sentirtelo dire.”
 
Kurt sorrise, e anche se lo specchio del suo armadietto era stato bandito insieme a tutte le altre cose che Seth reputava troppo gay, non gli serviva vedere il suo riflesso per sapere di essere color papavero.
 
Ce l’aveva ancora con lui per la storia dei messaggini, davvero. ...Ma lo amava comunque da impazzire.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 
 
 
 
 


 
Eccoci qui ^_^
...Beh, che dire di questo capitolo? Immagino non fosse esattamente come ve lo aspettavate :S
Infatti ora come ora i Klaine non sanno che qualcuno è a conoscenza del loro segreto... o meglio, Santana lo è, ma come lei stessa ha specificato si è trattato di una sua intuizione assestante, non ha visto niente, insomma u.u
...Per il resto sì, un po’ (ok, tanto -.-“) fluff, simpatici discorsetti che avranno modo di essere approfonditi in futuro (*troll face*), follia made in Warblers... il solito, insomma u.u
Non mi dilungo oltre vista la già spropositata lunghezza del capitolo, e mi limito a darvi appuntamento tra una settimana :’) Scusate di nuovo, e grazie ç____ç (Klainbow *___*)

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Capitolo 24
*** Capitolo 24 ***


Ciao a tutti :D
Eccomi di ritorno, dopo la peggior settimana della mia vita :D *ride per non piangere*
Damn, damn school -.-“
Ok, mi rendo conto di avervi già fatto aspettare abbastanza, dunque passo subito a qualche avvertimento circa il capitolo di oggi. Fondamentalmente è uno: angst -.-“ ...Non odiatemi troppo, vi prego ç___ç
Prima di eclissarmi definitivamente ci tengo davvero a ringraziare chi ha aggiunto questa storia a seguite, preferite o ricordate. Siete sempre di più, e non posso che amarvi logorricamente (?) in ogni introduzione ai capitoli e nelle risposte ai commenti  :’)
In particolare, un enorme bacio a P e r l a, sakuraelisa, aleka_80, Evy78, Me_Mi, belinda andreani, elisabethy92, Tallutina, Guzzy_12, Joick, CrissColferIsOnBitches, Alessandranna, rosettina, sandy_hachi, saechan, Fiby AndersonBass_, YouArePerfectToMe, JulesCullenMeyer, LexyDC__, violanassi, Maggie_Lullaby e anastasianapp che hanno recensito lo scorso capitolo *Q*
 
Un’ultima domandina: qualcuno di voi ha la più vaga idea di dove si terranno le Nazionali quest’anno D:?? Non per altro, ma se devo mandarceli questi santi ragazzi sarebbe carino averne una vaga idea XD

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Blaine si avviò a grandi passi verso la sua classe di Letteratura: come al solito era dannatamente in ritardo, per una volta aveva una buona motivazione.
 
Aveva passato gran parte dell’intervallo a parlare con Kurt, e praticamente tutto il tempo aveva lottato contro l’impulso di saltargli fisicamente addosso.
 
Doveva suo malgrado ringraziare i loro urlanti compagni di scuola per essere riuscito a trattenersi.
 
Il fatto era che la situazione iniziava ad essere davvero preoccupante: se credeva che quel genere di tute slargate che il suo ragazzo portava a scuola fossero in grado di calmare i suoi bollenti spiriti, beh, si sbagliava di grosso.
 
E questo era un problema.
 
Lo era, in primo luogo perché non erano soli, e poi, anche se lo fossero stati, questo non significava che semplicemente avrebbe potuto saltare addosso a Kurt.
 
Forse era proprio colpa di quella tuta, del modo in cui cadeva dolcemente sul suo corpo, lasciando intravedere i muscoli tesi delle spalle, quelli definiti delle gambe, e Blaine poteva facilmente immaginare i contorni leggeri dei suoi addominali, esattamente dove la maglietta cadeva perfettamente liscia...
 
Ok, questo non aiutava.
 
Non aiutava nel modo più assoluto, e soprattutto era preoccupante il fatto che non riuscisse a smettere di pensarci.
 
Raggiunse l’aula che cercava dopo aver indugiato qualche altro minuto in corridoio, nella speranza di calmare i suoi dannatissimi ormoni che non ne volevano sapere di smettere di schizzare da tutte le parti.
 
“Scusi il ritardo...” Borbottò entrando in classe, sotto lo sguardo esasperato dell’insegnante.
La donna non commentò: dopotutto Blaine, nonostante mancasse alla maggior parte delle lezioni e le poche volte che c’era arrivava in ritardo, tirate le somme prendeva sempre voti alti.
E in una scuola in cui le matite venivano abitualmente usate come armi tanto bastava.
 
Il ragazzo raggiunse l’unico posto libero in fondo all’aula, sedendosi affianco ad una ragazza con un paio di spessi occhiali da vista, completamente concentrata sul suo libro.
 
 
...E così Kurt sarebbe venuto a cena da lui.
 
Oh, beh: questo era un ulteriore problema.
 
Prima di tutto sotto il punto di vista dell’autocontrollo: conoscendolo, avrebbe indossato qualcosa che avrebbe fatto partire per la tangente ogni suo buon proposito di apparire come una persona calma, misurata e vagamente sana di mente.
E la cosa inquietante era che sarebbe successo proprio di fronte ai suoi genitori, e Blaine non era sicuro di gradire l’idea che lo vedessero sbavare per Kurt.
 
Secondo punto all’ordine del giorno: suo padre.
 
Non avevano mai avuto una vera conversazione riguardo la sua omosessualità, e non era certo che portare il suo ragazzo a cena fosse esattamente il modo più delicato di introdurre l’argomento.
Ovvio, sua madre gli aveva sicuramente menzionato il fatto che il fidanzato di suo figlio si sarebbe unito a loro per una piacevole serata, tuttavia restava il fatto che non ne avevano mai parlato faccia a faccia, e magari era arrivato il momento di-
 
“...Scusa?” Blaine quasi sobbalzò, come sentì un bisbiglio vicino al suo orecchio.
 
Oh, già: classe di Letteratura, ragazza con gli occhiali accanto a lui.
Terra chiama Blaine, non esiste solo Kurt a questo mondo.
 
“Sì?” Lei lo fissò con tanto d’occhi, neanche fosse sorpresa di ottenere una risposta.
“...Tu sei Blaine? Blaine Anderson?” Il ragazzo aggrottò la fronte, vagamente stranito dal tono di voce incredulo che quella sconosciuta stava usando.
 
“S...Sì, sono io. Posso fare qualcosa per te?” La ragazza scosse meccanicamente la testa, tornando a fissare il suo amato libro.
 
Poi si fece un po’ più in là con la sedia.
 
Qualcosa di impercettibile, ma Blaine non riuscì a non farci caso.
 
“No... niente.”
 
Ok, quella tizia aveva decisamente qualcosa di strano.
Prima di tutto sapeva chi era lui – e davvero, chi conosceva il suo nome in quella scuola a parte le New Directions e i simpatici ragazzi che si divertivano ad affogarlo nelle granite? – e poi, che diavolo le aveva fatto di male per essere snobbato in quel modo, con tanto di distanza di sicurezza?
 
Blaine decise di non darci troppo peso, del tutto ignaro che, mentre finalmente si decideva a prestare un minimo di ascolto alla lezione, un bigliettino stava iniziando a passare di banco in banco.
 
 
                                                                                       ***
 
 
“...Ragazzi? Non sarà il caso di mettere giù Rachel?” Provò per l’ennesima volta Will Schuester, lanciando uno sguardo implorante a Santana, Puck, Quinn e Mike, che in qualche modo erano riusciti a sollevare Rachel da terra, facendola strillare come un’anatra.
 
In tutto ciò, ovviamente, Santana faceva di tutto per farla scivolare.
 
“Ma professor Schue! Fa parte dei festeggiamenti.” Si lamentò la ragazza, con lo stesso tono di un bambino a cui hanno appena rubato le caramelle.
Finn intanto provava senza particolare successo a dare una mano alla sua ragazza, mentre il resto del gruppo non faceva che ridere allegramente, tra complimenti vari e pacche sulle spalle.
 
A quel punto la loro vittoria alle Regionali era lampante, e Blaine fu piuttosto felice di non dover domandare ad alta voce, con figura orrenda in allegato.
 
Ci volle un po’ prima che Schuester riuscisse a riprendere il controllo della situazione, e ancora di più per far sedere tutti al loro posto, nella confusione generale.
 
Blaine non riusciva a smettere di fissare Santana.
 
Era più forte di lui: sapere che fosse a conoscenza del loro segreto lo mandava completamente fuori di testa.
 
Certo, aveva giurato di non dirlo a nessuno, eppure non riusciva a sentirsi completamente tranquillo.
Sarà stato per via delle sue paranoie, eppure la ragazza di poco prima non ne voleva sapere di abbandonare i suoi pensieri: perché sapeva il suo nome, e perché si era allontanata impercettibilmente da lui dopo averlo riconosciuto?
 
Blaine non sapeva il motivo, ma al momento avrebbe solo voluto andare da Kurt.
 
E non perché fondamentalmente sarebbe stato con lui tutto il tempo, ma piuttosto era spaventato.
 
Qualcosa stava iniziando a girare nell’aria: era percepibile, si sentiva.
 
Sperò solo che Kurt non lo avesse notato, e sperò che la campana dell’ultima ora suonasse alla svelta, perché improvvisamente iniziava ad avere paura.
 
Probabilmente non ce n’era motivo e ci avrebbe anche fatto una risata sopra più avanti, ma al momento non riusciva a smettere di pensare a Santana, quella tizia con gli occhiali e a Kurt.
Il solo pensiero che ci fosse un collegamento tra di loro lo mandava fuori di testa, e starsene lì seduto con le mani in mano era sempre più difficile.
 
“Io propongo di iniziare a stendere la scaletta per le Nazionali!” Esclamò a un tratto Rachel, beccandosi le occhiate più torve da buona parte dei ragazzi nella stanza.
 
“Ti picchierei, ma ho come la sensazione che sia controproducente...” Rifletté Santana, che Brittany aveva preventivamente afferrato per un braccio.
 
“Ma ragazzi! Non è stato facile arrivare fino a qui: sono tre anni che sogniamo di vincere le Nazionali, e l’anno scorso abbiamo perso per un soffio- ”
“Abbiamo perso perché tu e il tuo tricheco avete pensato bene di accoppiarvi davanti ai giudici.” Le ricordò l’ispanica, provocando qualche mormorio di sottofondo.
 
“Ancora con quella storia?? Sto solo dicendo che quest’anno le Nazionali pulluleranno di nuovi talenti, e dalle mie esperienze artistiche posso affermare che la giuria è sempre più esigente, quindi non vedo cosa ci sia di male a darsi subito da fare!” Protestò Rachel, nella vana speranza di trovare l’appoggio di Finn che, dal canto suo, non aveva ancora realizzato di essere appena stato paragonato ad un mammifero marino.
 
 “Ragazzi...”
“La avviso professor Schuester: se non mi sarà assegnato nemmeno un assolo dovrete fare a meno di me alle Nazionali- ”
“Oh Dio sì! Per favore!”  Scattò nuovamente Santana, facendo perdere le speranze un po’ a tutti di portare a termine in modo civile l’incontro di quel giorno.
 
Blaine alzò gli occhi al cielo, avvicinandosi a Brittany, che per tutta la lezione era rimasta in silenzio, con le ginocchia contro il petto e l’aria imbronciata.
 
“...Britt? Sai per caso dov’è Mercedes?” Lei alzò lo sguardo, fissandolo con aria vagamente infastidita.
 
“È inutile che fai il carino con me, Blaine. Ce l’ho con te lo stesso.” Il ragazzo la fissò stranito.
“...Cosa? E perché?”
“Avresti potuto dirmi subito di essere un delfino. Non avrei perso tutto questo tempo a cercare di fare colpo su di te.” Spiegò afflitta, mentre Blaine si domandava semplicemente di cosa diavolo stesse parlando.
 
“Ehm... sì. Mi dispiace. Comunque, hai visto Mercedes?”
“È insieme a Kurt. Sono in biblioteca per un progetto di storia. In realtà io sono in gruppo con loro, ma Mercedes ha detto che da qui avrei contribuito di più.” Spiegò con un sorriso fiero.
 
“Oh. Capisco... Grazie. E scusa ancora se sono un... delfino...? Delfino, giusto?” Brittany aggrottò le sopracciglia.
 
“Blaine? Non sai neanche cosa sei adesso? Sei più confuso di quanto pensassi...” Blaine avrebbe voluto dire che non era certo di essere lui il più confuso tra i due, ma pensò bene di lasciar cadere l’argomento.
 
Perfetto.
 
Ora voleva solo uscire da quella stupida stanza e precipitarsi in biblioteca.
 
Era stupido, eppure aveva il terrore che anche Kurt avvertisse quella strana tensione nell’aria, e non aveva idea di come avrebbe reagito.
 
Tuttavia era l’ultima ora: non mancava così tanto alla campanella, e allora sarebbe uscito, avrebbe trovato Kurt al solito posto vicino alla sua macchina, e tutto sarebbe andato per il meglio.
 
Tutto bene.
 
Tutto bene...?
 
 
                                                                                   ***
 
 
“Credi che dovremmo allegare qualche immagine?”
 
Mercedes radunò ordinatamente i fogli del loro progetto, inserendoli in una cartellina trasparente.
 
“Kurt, ti ricordo che tecnicamente siamo in gruppo con Brittany: la Bletheim ci avrebbe dato una A solo per questo... Non credo si aspetti neanche la metà di quello che abbiamo fatto.” Constatò la ragazza.
“Forse hai ragione...” Mercedes aprì le braccia con ovvietà.
 
“Certo che ho ragione! Ti ricordo che stiamo parlando della stessa Brittany che all’ultimo test di Spagnolo ha risposto ai quesiti disegnando un sombrero!” Kurt non poté fare a meno di scoppiare a ridere, seguito a ruota dall’amica.
 
“Shhhh!” I ragazzi si voltarono di scatto, intercettando lo sguardo ammonitore dell’anziana sorvegliante della biblioteca, che li fissava come se desiderasse ardentemente incenerirli.
In realtà non ce l’aveva con loro in particolare, ma con qualunque cosa o persona si azzardasse a produrre il minimo rumore in quella stanza.
 
Mercedes alzò gli occhi al cielo, avvicinando la sedia a quella di Kurt in modo da poter parlare più a bassa voce.
 
“Manca molto alla fine dell’ora?”
“...Più o meno dieci minuti, perché? Hai ripensato alla mia proposta di inserire qualche immagine?”
“Cos- No! Dimentica quella ricerca.” La ragazza abbassò lo sguardo, intrecciando le mani sul tavolo.
 
“...È che nemmeno mi ricordo l’ultima volta che abbiamo passato un po’ di tempo insieme. Volevo solo dirti che sono felice che le cose stiano tornando come una volta.” Gli rivelò con un sorriso sincero.
“...Però Kurt devo chiedertelo: non c’è proprio speranza che tu ti unisca al Glee Club?”
“Mercedes...”
“Lo so, lo so che ho già insistito tanto e- ”
“Sai come stanno le cose. Te l’ho detto appena abbiamo iniziato il liceo: non ho intenzione di fare niente per attirare l’attenzione.” Ripeté come un mantra, ed era esattamente così che doveva essere, esattamente ciò che si era ripetuto per tutto quel tempo, l’unica cosa che avesse davvero importanza: cercare di salvaguardarsi, soffocare le sue ambizioni a vantaggio della propria sopravvivenza.
 
Mercedes abbassò lo sguardo velocemente, quasi fosse accecata da qualcosa nel suo sguardo.
 
“So come la pensi, Kurt, e conosco anche il motivo.”
 
Il ragazzo strinse i pugni sotto al tavolo.
 
Certo, lei lo sapeva: quando erano piccoli passavano insieme ogni minuto di ogni giorno, ed era stata lei a non lasciarlo in disparte, quando gli altri bambini lo prendevano in giro.
Proprio per questo era scappato, da Mercedes e da tutti gli altri: avrebbero potuto capire, e iniziare a guardarlo esattamente come facevano Seth, Anthony e Gregor.
 
Con l’unica differenza che non l’avrebbe sopportato, non dai suoi amici.
 
“...Già. Allora saprai anche che è inutile insistere: ho fatto la mia scelta diverso tempo fa.” Mercedes incrociò le braccia al petto.
“Credevo che le cose fossero cambiate adesso...” Kurt alzò un sopracciglio.
“Cosa vuoi dire?”
 
“Niente. Dico solo che pensavo ti saresti unito a noi, dal momento che nel Glee c’è anche Blaine.”
 
Kurt sentì il cuore scattargli nel petto, e non poté fare nulla per evitare di essere preso dal panico.
 
“Non vedo cosa c’entri Blaine.” Rispose seccamente, guardandola fisso negli occhi, con quella freddezza che per tanto tempo era stato il suo pane quotidiano.
 
“Kurt...”
“No, Mercedes. Niente potrà farmi cambiare idea, ok? Non vedo perché Blaine dovrebbe rappresentare un’eccezione.”
 
Mentire.
 
Kurt si accorse solo in quel momento quanto fosse diventato dannatamente difficile quando si trattava di Blaine. Arrivò a chiedersi cosa gli desse la forza di farlo, nonostante quelle parole gli squarciassero la gola come lame affilate, rendendo la sua voce instabile.
Era la paura.
Quella maledetta paura di essere scoperto che non ne voleva sapere di lasciarlo andare.
 
Nonostante questo, non poteva negare che un piccolo, timido passo avanti ci fosse stato: ora l’angoscia non era più parte di lui, qualcosa di talmente mescolato alla sua essenza da risultare inscindibile.
Si trattava di un sentimento assestante, costantemente agganciato a lui, ma non più parte del suo essere.
 
Però faceva male.
 
Da morire.
 
“Ma Kurt... Non puoi negare di essere profondamente cambiato da quando siete diventati amici. Di sicuro Blaine ti ha fatto bene, non credi?”
“È mio amico esattamente come tutti voi, e come non mi farete cambiare idea tu, Finn e gli altri non me la farà cambiare nemmeno lui.”
“...Ma- ”
“Mercedes, davvero: potremmo smetterla di parlare di Blaine?”
 
Lei sorrise dolcemente, mentre Kurt si limitò a fissarla, senza capire.
 
“Ti comporti come se volessi proteggerlo, Kurt.”
 
“Non voglio proteggere nessuno che non sia me stesso. Dovresti conoscermi: sai quanto sono egoista.” Mormorò, con lo stomaco stretto in una morsa.
 
Non aveva mai considerato la faccenda sotto quel punto di vista, non aveva mai preteso di essere abbastanza coraggioso da proteggere Blaine.
 
...Anche se ci era riuscito in un certo senso, il giorno delle Regionali.
 
Ma si era limitato a schermirlo dai fantasmi del suo passato, non aveva la ben che minima certezza di riuscire a farlo nella vita vera, di avere le facoltà necessarie per rappresentare un punto di riferimento per Blaine.
 
Il solo pensiero gli scaldava il cuore.
 
A un tratto la mano dell’amica gli strinse affettuosamente un braccio, risvegliandolo dai suoi pensieri.
 
“Non sei un egoista, Kurt. E devi smetterla di addossarti colpe che non hai: non sei la persona orribile che credi.”
Kurt non rispose. Si limitò a fissare un punto indefinito ai piedi della propria sedia.
 
“Il fatto che siate tanto amici è bello Kurt, noi siamo felicissimi per voi. Non dovresti nascondere sempre quello che provi.”
“Io non provo proprio niente.” Mercedes sospirò.
“Kurt... Sei un essere umano. Non c’è niente di male ad affezionarsi alle persone.”
 
“Ah, davvero? Allora dovrebbero dare una specie di... manuale di istruzioni, o qualcosa del genere, allegati alle persone. Perché non è sempre un bene affezionarsi, Mercedes, anzi, è quasi sempre un male! Quindi per favore non dirmi di non nascondere quello che provo, ok? Non hai mai considerato l’idea che potrei semplicemente non affezionarmi? Che siano anni che provo... che provo a- ”
 
Kurt si interruppe di colpo.
 
Non sapeva per quale motivo quel mare di parole gli fosse uscito dalle labbra, e nemmeno perché proprio ora, perché con Mercedes.
 
La verità era che stava raggiungendo il limite umano di sopportazione: quell’oceano di bugie, tensione e costante necessità di guardarsi alle spalle lo stavano inesorabilmente conducendo verso un punto di rottura, e l’unica cosa di cui era certo al momento era che non sarebbe riuscito a reggere ancora per molto.
 
“Kurt.” Gli afferrò la mano, guardandolo come se sapesse, come se fosse in grado di leggergli nel pensiero.
 
“...Mercedes.”
 
“Solo... Sappi che sei l’unico ad avere il controllo su te stesso. Non devi farti condizionare: vai per la tua strada a testa alta.”
 
Kurt aprì la bocca per rispondere, quando il suono dell’ultima campanella gli smorzò le parole in gola.
 
Distese le labbra in un sorriso, impedendosi categoricamente di versare anche solo una lacrima.
Buona parte dei ragazzi seduti intorno a loro si stiracchiarono e, alzandosi rumorosamente sai loro posti, si avviarono verso l’uscita sul retro.
 
“...Sarà meglio che vada anch’io. Tieni tu il progetto di storia?” Mercedes annuì, lasciandogli la mano.
 
“Certo. Non preoccuparti: rimedieremo al prima A di Brittany, dovrebbero darci un premio Nobel per questo, o qualcosa del genere.” Kurt ridacchiò, beccandosi l’ennesima occhiata omicida dell’inquietante vecchietta della biblioteca.
 
 
                                                                                     ***
 
 
Kurt quasi si mise a correre, dalla smania di raggiungere Blaine più in fretta.
 
Ora più che mai sentiva l’esigenza di perdersi nei suoi occhi, farsi stringere, baciare e sentirsi dire che sarebbe andato tutto bene, che questo fosse vero o meno.
 
Aveva bisogno di chiudersi in macchina con lui e sentirlo più vicino, aggrapparsi disperatamente a quell’unico sprazzo di realtà in un mare confuso di bugie.
 
Aveva l’urgenza disperata di sentirlo contro di lui, con in cuore, il corpo e in ogni modo possibile: voleva solo bearsi del suo profumo, la pelle calda e le mani delicate e forti allo stesso tempo, voleva avvertire il suo respiro sulla pelle, voleva la certezza materiale che Blaine fosse ancora lì per lui, nonostante ogni giorno fosse costretto ad affermare continuamente il contrario.
 
Si issò la borsa sulla spalla, che nella fretta gli era scivolata lungo il braccio, imboccando il corridoio principale dove stavano confluendo tutti gli studenti, diretti verso l’uscita.
 
Come d’abitudine si mise in disparte, procedendo a ridosso degli armadietti in modo da dare meno nell’occhio possibile. Non che avesse problemi in questo senso: con gli stracci che indossava era piuttosto difficile farsi notare.
 
Avanzò ad occhi bassi, e si ritrovò costretto ad infilarsi le mani in tasca, tanto gli formicolavano all’idea che da lì a poco sarebbero state immerse nei capelli del suo ragazzo – che lui lo volesse o meno: per una volta se ne sarebbe infischiato delle sue paranoie sul gel –.
 
Kurt stava per raggiungere l’uscita, quando qualcuno gli urtò accidentalmente una spalla.
Si ritrasse istintivamente, incontrando poi lo sguardo divertito di una ragazza.
 
Lei richiamò l’attenzione dell’amica che le camminava affianco, che a sua volta fece uno strano ghigno, ridacchiando con l’altra.
 
Kurt rimase qualche secondo a fissarle andare via, tra lo stranito e il preoccupato.
 
Non poteva negare di aver avvertito una strana tensione nell’aria quella mattina, a partire dalle cheerleader che – durante l’intervallo – avevano sghignazzato esattamente come quelle due ragazze.
Abbassò istintivamente lo sguardo sulla sua felpa, afferrandone l’orlo e tirandola verso il basso.
 
No: nessuna macchia imbarazzante, strappi, o altre amenità più che probabili con vestiti tanto vecchi.
 
E allora perché lo avevano fissato in quel modo? Perché non riusciva a tranquillizzarsi, e la porta d’uscita anziché a pochi metri sembrava improvvisamente distante chilometri?
 
Kurt decise di non pensarci: la cosa più probabile era che non si trattasse di altro che l’ennesima delle sue stupide paranoie.
Aveva solo bisogno di passare un po’ di tempo con Blaine, per disintossicarsi da quella dannata scuola che gli si stringeva sempre più mortalmente addosso. Doveva solo arrivare nel parcheggio, e dimenticare finché poteva le condizioni in cui era costretto a vivere. Costretto da se stesso, e dalla paura che lo opprimeva, lo vincolava e lo limitava da una vita.
 
Poi commise un errore.
 
Perché Kurt aveva fatto di tutto per non sbagliare nulla, per preservarsi nel migliore dei modi e tenere se stesso al sicuro; aveva impiegato diciassette lunghi anni a costruire la sua maschera perfetta, plasmandosi addosso tutto ciò che l’avrebbe potuto aiutare a schermirsi da ciò che gli faceva tanta paura.
 
Tuttavia, la verità è tristemente ironica: le impalcature che impieghiamo più tempo e forze a costruire sono anche, ridicolmente, le più fragili.
 
È incredibile pensare a quanto poco basti per farle capitolare: uno sguardo, una risata, qualche parola...
 
E Kurt commise un errore, nell’istante in cui i suoi occhi si alzarono dal pavimento a cui solevano rimanere incollati, incontrando il ghigno di un ragazzo e di alcuni suoi amici.
 
Identificò le magliette con la coda dell’occhio, riconoscendoli come giocatori di rugby.
 
Kurt non sapeva chi fosse quel tizio, ma il suo sguardo... quello lo conosceva fin troppo bene.
Non era qualcosa che si può semplicemente dimenticare.
 
Nel giro di qualche istante, lesse in quegli occhi tutto ciò che aveva inutilmente tentato di cancellare dalla sua memoria: disprezzo, scherno, come se nemmeno avesse davanti una persona.
 
Kurt sentì il fiato bloccarsi in gola, e a un tratto era del tutto incapace di distogliere lo sguardo da quel ragazzo, neanche avesse creato un filo invisibile, tanto affilato da tagliare l’aria.
Sentiva le ginocchia cedergli e il cuore precipitare da qualche parte in fondo allo stomaco, e faceva fisicamente male non riuscire ad abbassare gli occhi e proseguire oltre.
 
A un tratto voleva solo essere insieme a Blaine.
 
Voleva disperatamente incontrare i suoi occhi, che lo guardavano in un modo capace di fargli dimenticare tutto il resto.
 
Perché era così sbagliato desiderare di avere al suo fianco la persona che amava?
 
“Che cazzo hai da guardare?” Kurt abbassò istintivamente lo sguardo e aumentò la velocità dei suoi passi, ignorando i battiti del suo cuore che di secondo in secondo si facevano più scalmanati contro al suo petto.
 
Passò di fianco al gruppo dei rugbisti, sperando con tutto se stesso che lo lasciassero passare senza conseguenze.
 
Il tizio che aveva parlato gli diede una spallata, facendolo cozzare contro uno degli armadietti.
Kurt strizzò gli occhi, come una pioggia di risate lo colpivano più dolorosamente di proiettili.
 
Non erano solo quei pochi ragazzi.
 
Attorno a loro si era raggruppata qualche altra persona e, per esperienza, Kurt sapeva che non avrebbero mosso un dito in sua difesa.
 
Qualcosa lo colpì allo stomaco, facendolo piegare in due dal dolore.
 
“Che c’è, finocchio? Non ti reggi in piedi?”
 
Kurt sperò solo che fosse un incubo.
 
Sperò di essere in tempo per svegliarsi.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 
 
Eccoci qua ^_^
...Sì. Lo so: mi volete uccidere D:
Saltando a piè pari il finale osceno di questo capitolo... Vi è piaciuta la parte Kurtcedes? Ammetto che mi manca da morire la loro amicizia in Glee: l’ennesima cosa passata nel dimenticatoio dei nostri amici RIB -.-“ *estrae il suo bazooka* ... *sì, ha un bazooka*.
Poi l’avrete capito, no? A Britt era già arrivata quella voce che evidentemente sta prendendo piede. Ricordate? I delfini sono squali gay, gente u.u
A lunedì con il prossimo capitolo... Spero non mi lancerete troppe granite virtuali D:
Love you all <3

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Capitolo 25
*** Capitolo 25 ***


Buon lunedì a tutti, ragazzi :D
Dunque, vedrò di non dilungarmi nei miei soliti infiniti preamboli e passerò subitissimo alla descrizione di questo capitolo ;) ...Bene. Mi sembra doveroso iniziare con una richiesta: per favore non detestatemi ç___ç Lo so, lo so che già con lo scorso vi ho fatti penare, ma vi prego, siate forti *sniff* (capitolo lunghissimo tra l’altro... >.<)
...Ok, detto questo e avendo così scoraggiato chiunque a proseguire nella lettura (Dio, sono pessima -.-“) un’ultima cosa, ma non meno importante :)
Graziea tutti, grazie infinite a chi ha aggiunto questa storia a seguite, preferite o ricordate: non ho parole, siete stupendi ç___ç!! E grazie anche a chi legge in silenzio, e soprattutto un bacio a P e r l a, mikygleek91, Psike, elisabethy92, saechan, CrissColferIsOnBitches, aleka_80, Guzzy_12, Me_Mi, BeatriceS, Tallutina, jjei, Joick, JulesCullenMeyer, sandy_hachi, sakuraelisa, Alessandranna, Maggie_Lullaby, GinnyIris93, Fiby AndersonBass_, LexyDC__, Ocatarinetabelasciscix, anastasianapp, Evy78, violanassi, balinda andreani e nem che hanno recensito lo scorso capitolo: sono sempre felicissima di leggere e rispondere ai vostri commenti :’D
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Blaine spense la macchina con un gesto secco e uscì in fretta, sbattendosi la portiera alle spalle: per una volta era arrivato a scuola in orario, ovviamente con le sue motivazioni.
 
Era terrorizzato.
 
Ecco, sostanzialmente era questo, da aggiungersi all’ansia, alla collera e al fatto che non aveva chiuso occhio per tutta la notte.
 
Kurt non l’aveva aspettato vicino alla sua auto il giorno prima, e non aveva nemmeno risposto ai suoi messaggi, alle sue chiamate e diavolo, Blaine avrebbe fatto anche i segnali di fumo se fosse servito a qualcosa.  
 
Invece era rimasto lì, ad aspettarlo come un idiota dopo la fine delle lezioni, e non aveva ricevuto più sue notizie. La cosa peggiore era che quella misteriosa sparizione coincideva esattamente con i suoi brutti presentimenti del giorno prima, e al momento l’unica cosa che voleva era trovare Kurt, prima che il panico gli attanagliasse troppo lo stomaco impedendogli di fare anche solo un altro passo.
 
Le prime auto iniziarono a comparire nel parcheggio, proprio mentre Blaine saliva due gradini alla volta la scalinata d’ingresso del McKinley, intenzionato a raggiungere il proprio armadietto prima di Kurt e poterlo aspettare lì.
Spinse la porta d’ingresso con entrambe le mani, cercando di ignorare i battiti scalmanati del proprio cuore.
 
Non gli era successo niente di male, nel modo più assoluto.
Gliene avrebbe sicuramente parlato se gli fosse capitato qualcosa, giusto?
L’avrebbe chiamato.
E allora perché non riusciva a mantenere la calma?
Perché non era fisicamente in grado di non agitarsi in quel modo esagerato?
 
Blaine era completamente preso dai suoi pensieri, tanto che nemmeno si accorse di non essere solo in corridoio.
Si sentì strattonare con forza per una manica, e quasi perse l’equilibrio dalla foga che aveva di avanzare verso il suo obiettivo.
 
“Non così in fretta, Anderson.”  Blaine provò a scrollarsi quella mano di dosso, ma ben presto si ritrovò costretto ad ammettere di non poter fare nulla in proposito.
 
“Dove corri?” Il ragazzo sbuffò, con le gambe che tremavano dalla smania di andarsene.
 
“Ti dispiacerebbe rimandare le tue frecciatine a più tardi, Santana? Scusami ma al momento sono piuttosto di fretta.” Fece per voltarsi, ma la ragazza lo trattenne.
“No, Blaine. Aspetta un attimo.”
 
Si fermò.
 
E lo fece più per il tono che l’ispanica aveva usato che per il comando in sé.
Santana non era solita perdere tempo in stupidi convenevoli, limitandosi a dire tutto ciò che le passava per la testa. Tuttavia in quel momento sembrava volersi moderare, cercando di mantenere una voce pacata.
 
C’era qualcosa che non andava. Nel modo più assoluto.
 
“Dimmi, Santana.” Lei sospirò pesantemente, abbassando lo sguardo. Blaine poteva sentire il cuore battere pesantemente al ritmo dei secondi che passavano. Doveva muoversi, doveva correre all’armadietto, raggiungere Kurt il più in fretta possibile.
 
“...Merda. L’avevo detto agli altri che non sono tagliata per queste cose! Senti Blaine, io non so davvero come dirtelo- ”
I primi studenti iniziarono a fare il loro ingresso a scuola, con i loro passi strascicati e sonnolenti. Doveva muoversi, ora.
 
“...Non è che potremmo parlare più tardi? Scusami, davvero, ma sono di fretta.”  Non voleva offendere Santana, davvero: ma al momento aveva cose ben più importanti a cui pensare. O meglio, aveva Kurt a cui pensare, il che lo rendeva abbastanza in ansia non curarsi minimamente d’altro.
 
La salutò con gesto rapido, voltandosi verso uno dei corridoi secondari.
“...Blaine? Dove diavolo vai?! Blaine!” Lui non si voltò. Aveva bisogno di Kurt, aveva bisogno di sapere perché non si era fatto rintracciare in alcun modo, voleva arrabbiarsi e dare di matto perché diavolo, non poteva sparire così!
 
Voleva, ed era talmente assuefatto da quel desiderio da non accorgersi di quanto profondamente le cose fossero cambiate intorno a lui.
 
 
                                                                                               ***
 
 
Tutto quello non aveva il minimo senso.
 
Blaine aveva vagato per la scuola ad ogni cambio d’ora, nella disperata ricerca del suo ragazzo, eppure Kurt non era da nessuna parte.
Era incredibile.
Per quale motivo si ostinava a non dare nessun segno di vita, nemmeno con un dannatissimo sms?
 
Come se non bastasse, quel giorno i ragazzi delle New Directions sembravano inspiegabilmente intenzionati a passare con lui tutto il tempo possibile, impedendogli di cercare Kurt come avrebbe voluto.
 
Quinn gli aveva impedito di andare ad ispezionare la zona dei campi da football, bloccandolo davanti al bagno delle ragazze del primo piano, dato che sembrava incapace di attendere oltre per qualche consiglio sui capelli.
 
Puck poi l’aveva preso in disparte, consultandosi su un assolo che sembrava voler dedicare alla sua ex ragazza.
Poi era stata la volta di Tina, che voleva un parere su un abito in stile gotico che aveva visto su e-bay – che poi davvero, cosa diavolo ne sapeva lui di abiti gotici? – e infine in testimone era passato a Finn che, dal canto suo, era rimasto in silenzio per la maggior parte del tempo che avevano trascorso insieme, camminando fianco a fianco per il corridoio.
 
Forse era stato proprio lui a metterlo più in allarme, insomma, in più occasioni si era ritrovato ad inventare le scuse più fantasiose per mettere a tacere le stupidaggini del quarterback, e il fatto che se ne stesse semplicemente zitto non preannunciava nulla di buono.
 
Era ormai suonata l’ultima campana, quando Blaine ebbe modo di mettere insieme i pezzi di quell’assurdo puzzle: i suoi amici gli erano stati addosso, quel giorno, letteralmente.
 
Gli avevano impedito di parlare con chiunque altro, ed era fin troppo palese che ci fosse qualcosa sotto.
 
Uscì di buon passo dall’aula canto, dopo l’ultima, estenuante prova tenutasi quel giorno al Glee Club.
Ormai aveva deciso: sarebbe andato direttamente a casa di Kurt, e subito anche.
Non gli importava di niente, e i segnali fin troppo chiari che ci fosse qualcosa di strano lanciatogli dai suoi amici non facevano che metterlo ancor più in allarme.
 
Non riusciva a pensare lucidamente: vedeva solo Kurt, e l’unica cosa che aveva in testa era la necessità di  parlare con lui, ovunque diavolo fosse.
 
Non fece nemmeno in tempo a girare il primo corridoio, che si sentì tirare per un braccio.
 
Cosa c’è adesso?!” Scattò in preda alla frustrazione. Rachel lo affiancò velocemente, prendendolo sottobraccio.
“Rachel... Sto cercando una persona, ok? È tutto il santo giorno che ci provo, ma sembra che chiunque cerchi con tutte le sue forze di impedirmelo. Quindi, per favore, potresti lasciarmi andare?” La ragazza sbuffò, sistemandosi i capelli dietro le orecchie con la mano libera.
 
“Senti Blaine, lo so che questa giornata può esserti sembrata strana, ma ti assicuro che tutto ciò che abbiamo fatto è stato per il tuo bene.” Il ragazzo sollevò un sopracciglio.
 
“...Che avete fatto? Rachel, si può sapere di che diavolo stiamo parlando?” Lei lanciò un’occhiata furtiva alla sua destra, facendo immediatamente cambiare direzione ad entrambi.
 
“Ma che...? ”
“È tutta colpa di Santana, ovviamente. Se ti avesse parlato stamattina come tutti noi le avevamo esplicitamente chiesto- ” Blaine si bloccò in mezzo al corridoio, guardando Rachel fisso negli occhi.
“Cosa avrebbe dovuto dirmi?”
 
Lei abbassò lo sguardo.
 
“Rachel? Ti prego!”
“Ascolta, semplicemente non volevamo che lo sapessi da altri, ok? Abbiamo cercato di tenerti lontano da certi idioti che si aggirano in questa scuola per... per proteggerti.”
“...Proteggermi? E da cosa, di grazia?” Sbottò spazientito e, leggendo esitazione negli occhi della ragazza, realizzò che di quel passo non solo non avrebbe ottenuto una risposta, ma Finn avrebbe anche fatto in tempo a tornare a casa, cosa che gli avrebbe impedito di parlare in privato con Kurt.
 
“...Non è così facile. Poi noi due non abbiamo mai avuto tutta la confidenza che magari hai con... Mercedes, o Finn, magari Santana. Sarebbe più giusto se te ne parlassero loro- ”
“Rachel, davvero: scusami tanto, ma proprio non posso rimanere un minuto di più. Se Santana deve parlarmi potrà farlo domani, d’accordo?” Chiese con tutta la gentilezza possibile, offrendo all’amica il migliore dei suoi sorrisi tirati, prima di avviarsi verso l’uscita.
 
“Cos- Blaine! P-Posso chiamare Santana, le dico che dovete parlare, che è urgente- ”
“Scusami Rachel... A domani, ok?”
Blaine proseguì a grandi passi verso l’uscita, intenzionato a raggiungere in fretta la sua auto e precipitarsi da Kurt. Quando uscì il parcheggio era ormai semideserto, e stava mettersi a correre, quando una figura familiare attirò la sua attenzione.
 
Non avrebbe potuto non accorgersene.
 
Era a ridosso del muro esterno della scuola, tanto appiattito contro di esso che sembrava volersi inglobare ai mattoni.
 
Lo guardava, e anche da quella distanza Blaine avrebbe potuto giurare che lo stesse chiamando perché, nonostante dalla sua bocca non fosse sfuggita nemmeno una sillaba, i suoi occhi stavano urlando, così forte che Blaine si sentì travolgere completamente.
 
Kurt era lì, a pochi metri da lui: il cuore di Blaine in qualche modo tornò nella sua sede.
 
Gli si avvicinò rapidamente e, ad ogni passo che faceva, desiderava più intensamente che la vista gli stesse mentendo.
 
Kurt era immobile contro al muro, e lo guardava.
 
Blaine conosceva quello sguardo.
 
Era esattamente con quegli occhi che l’aveva fissato il primo giorno di scuola: quella rabbia vibrante, il dolore, la paura, tutto era tornato prepotentemente a galla, impadronendosi di lui per l’ennesima volta, comprendo quel vero se stesso che tanto faticosamente aveva lottato per liberare.
 
Erano tornati al punto di partenza, e quella consapevolezza per poco non gli fece cedere le ginocchia.
 
Semplicemente non lo sopportava: non era in grado di vedere Kurt in quel modo, non dopo aver conosciuto la persona che era davvero.
 
Cosa gli è successo?
 
Avrebbe voluto correre da lui, abbracciarlo e chiedergli il perché di tutto quello e, nonostante ogni parte del suo cervello gli suggerisse il contrario, non riuscì a fare a meno di avvicinarsi a lui.
 
Non era giusto.
 
Qualunque cosa fosse successa, non era giusto che fosse ridotto in quello stato.
 
“Kurt...?”
“Perché l’hai fatto?” Il cuore di Blaine sussultò al suono della sua voce.
Era spezzata, distante, ma era lui.
Non avrebbe sopportato un giorno in più senza sentirla.
 
“Come...? Cosa ho fatto?” Gli occhi di Kurt si allargarono.
“Perché l’hai detto a tutti?!”
“Eh? Non capisco di cosa stai parlando Kurt, ma... Stai bene? Non ho più tue notizie da- ”
“Perché, Blaine? Dimmi solo il perché!” Delle lacrime silenziose scivolarono sul suo viso, e Blaine avrebbe solo voluto capire perché fosse colpa sua.
 
“Kurt... Io non...”
“Me lo avevi promesso! Avevi detto che non l’avresti detto a nessuno.”
 
Blaine gli si avvicinò, ma lui indietreggiò di qualche passo.
 
“Detto cosa?”
 
“Di noi.”  
 
Sgranò gli occhi, sentendo qualcosa di spaventosamente simile ad una lama affilata trafiggergli il petto.
 
Noi.
 
Chi sapeva di loro, e come?
Non poteva essere vero.
 
“I-Io non capisco...”
“Smettila. Solo io e te sappiamo di quello che c’è tra noi, chi altro sarebbe potuto andare a raccontarlo?”
 
Doveva riflettere.
Faceva male, era così dannatamente doloroso da togliere il fiato, ma doveva tentare di pensare lucidamente.
Stando a quanto diceva Kurt, ora tutto il McKinley sapeva di loro due.
E aveva senso: Rachel e gli altri gli erano stati addosso tutto il giorno, probabilmente per evitare che venisse a scoprire quella notizia in un modo troppo brusco.
Riflettere.
Doveva riflettere e smetterla di ripetersi che l’aveva fatto piangere.
 
L’aveva fatto piangere.
 
Santana.
Era lei l’unica a sapere della loro relazione in quella scuola. ...Ma perché l’avrebbe fatto? Per quale motivo, dopo aver giurato il contrario?
 
Non poteva essere stata lei.
Ma allora chi, se nessun altro sapeva di loro?
 
“Kurt, davvero, non ho detto niente a nessuno...”
“E allora come lo hanno scoperto, mh? Dimmelo tu, perché io so solo che ti avevo dato fiducia Blaine, e tu l’hai calpestata come se niente fosse!”
“Kurt...”
“No, Blaine. Ne ho ascoltate a sufficienza di bugie nella mia vita, ok? Cosa credevi? Che fosse facile per me rimanere nascosto, fingere continuamente? È questo che pensavi?” La voce gli si incrinò in un singhiozzo, e Blaine avrebbe solo voluto morire lì, in quell’esatto istante.
 
“Hai mai considerato quanto detestassi l’idea di non potermi comportare come tutti gli altri ragazzi di questo mondo, per il semplice motivo che farlo avrebbe portato a farmi insultare o riempire di botte? Perché è esattamente questo che è successo ieri, sai? Ed è solo l’inizio.” Kurt appoggiò le mani al muro, come se il peso di quelle parole potesse fargli perdere l’equilibrio.
 
“Sarà sempre peggio. Sarà un incubo, ti è anche vagamente passato per la testa quando sei andato a raccontarlo in giro? Cosa pensavi? Che ci avrebbero guardato con gli stessi occhi di prima? Hai pensato a Seth, Blaine? Verrà a saperlo, e allora niente lo tratterrà più dal rendere pubblica quella fottutissima foto. Ma a te questo non importa, non è così? Mi hai detto di non volere che gli altri sapessero che sei gay. Perché mi hai mentito?”
 
Blaine non sapeva cosa rispondere.
Avrebbe potuto difendersi, affermare di non essere stato lui, provare a spiegarsi.
Ma poi considerò la situazione attraverso gli occhi di Kurt.
Per quanto ne sapeva lui, nessuno a parte loro due sapeva che stavano insieme, e quindi non c’era alcun dubbio circa il diffusore di quella notizia. In secondo luogo era terrorizzato e sconvolto per essere stato nuovamente tradito, e per quella dannata fotografia.
 
Blaine non riuscì a pronunciare una parola.
 
“...A quanto pare la mia vita è destinata ad essere un circolo vizioso di menzogne. Ottimo. Vedrò di farmene una ragione.”
“Kurt, io- ” Lui strinse i pugni lungo i fianchi, e Blaine avrebbe solo voluto percorrere i due metri che li dividevano e asciugargli le lacrime, tenendo fermo quel corpo scosso dal pianto, lo stesso che per tutte quelle settimane aveva stretto tra le braccia.
 
Non gli era mai sembrato così indifeso, e la consapevolezza di non potersi avvicinare lo uccideva.
 
“Seth renderà pubblica quella cosa entro domani, e io non mi farò trovare. Non ho intenzione di sopportare altro. Qui non ci metto più piede.”
“C-Cosa? No. Ti prego Kurt, non puoi!” Lui inspirò con calma, a scatti, al ritmo del suo respiro strozzato.
 
“Posso eccome.”
 
Detto questo si voltò lentamente, facendo per avviarsi verso l’uscita del parcheggio.
“Aspetta! E cosa ne sarà di... di noi?
 
Kurt si fermò, ma non rispose.
 
“Kurt, ti prego. Non posso stare senza di te.”
“Dovevi pensarci prima.” Blaine sentì distintamente il cuore sbriciolarsi nel petto.
Kurt.
Il suo Kurt.
Senza di lui non era nemmeno in grado di tirare il fiato.
“Non ci riesco. Non sono capace di starti lontano. Non posso.” Lo disse, perché era l’unica cosa a cui riusciva a pensare in quel momento.
Era patetico, idiota, egoista, ma non ricordava come viveva prima che quell’angelo piombasse nella sua vita, e non aveva intenzione di impararlo.
“Parli come se fossi l’unico a provare queste cose.” Kurt si appoggiò nuovamente al muro, graffiando i mattoni con le unghie.
 
“Guardami. Per quanto lo detesti non sono niente senza di te, Blaine. Niente.”
 
Quelle parole annientarono ogni sua difesa.
 
“Non è così, e lo sai. Però non puoi dirmi che è tutto finito.”
“Hai tradito la fiducia che ti ho dato. Hai infranto una promessa. Non posso.”
“Kurt- ”
“Non so perché hai raccontato in giro qualcosa che mi avevi giurato di mantenere segreto, e dovrei detestarti. Io... vorrei solo trovare un po’ di forza di volontà e lasciarti andare. Ma sono talmente stupido che- ”
“Neanche io riesco a lasciarti andare. L’ho capito dalla prima volta che ti ho visto. Ti prego... “ Kurt si lasciò sfuggire una risata triste, tra un singhiozzo e l’altro.
 
Era davanti a lui, e non poteva toccarlo.
 
“È stupido. È patetico che non riesca a sostenere neanche una discussione, dovrei urlarti contro, vorrei, invece...” Si passò la manica della felpa sulle guance bagnate.
“...Invece non riesco a smettere di pensare a quanto stare senza di te sarà difficile. Al fatto che avrei voluto averti con me quando ieri mi dicevano quelle cose, ho- ho immaginato che fossi insieme a me per tutto il tempo. Era l’unico modo... Non so cosa avrei fatto se non avessi avuto nemmeno un ricordo a cui aggrapparmi.” Lasciò la presa sul muro, e sembrava reggersi in piedi per miracolo.
Incontrò lo sguardo di Blaine, per la prima volta dopo troppo tempo, e sorrise appena.
 
“Non piangere, ti prego. Non adesso che non ho modo di farti smettere.” Blaine si accorse solo in quel momento dei rivoli bagnati che gli scendevano fino al mento, ma la forza di gravità lo teneva inchiodato a terra, impedendo alle sue mani di fare qualunque cosa per spazzarle via dal suo volto.
 
Quel bacio.
 
Il bacio che Kurt gli aveva dato la sera delle Regionali, proprio quando ogni certezza gli si era sgretolata sotto le dita. Quel bacio che l’aveva fatto sentire amato più di ogni altra cosa nella sua esistenza. Non poteva non significare niente. Non poteva seppellirsi nel passato, Blaine lo sentiva ancora sulle labbra.
 
“Kurt... Lo so che sei arrabbiato con me, ma non- non lasciarmi. Ti prego.” Kurt socchiuse la bocca, per poi richiuderla in un sospiro. Blaine avrebbe potuto giurare di vedere i suoi muscoli, che si allentavano impercettibilmente sotto la stoffa dei vestiti. Era fragile, come non lo era mai stato.
Non era giusto che non lo potesse stringere fino a non sentirsi più le braccia.
Era tutto sbagliato.
Lui sbatté le palpebre, facendosi rotolare giù per le guance qualche altra lacrima.
 
“Non so quanto mi ci vorrà, Blaine. Non so se tornerà tutto come prima, dopo questo. So solo che non ti sto dicendo addio, ok? Mi odio per non esserne capace, ma è così.“
“Non mi importa quanto ci metterai. Perché scoprirò chi ha raccontato in giro di noi due, e allora- ”
“Blaine. Smettila.”
 
Non gli credeva.
Come avrebbe potuto?
 
Lo vide irrigidirsi nuovamente, per poi fare qualche ulteriore passo indietro, senza allontanarsi dal muro.
“...Dove vai?” Lui incrociò le braccia al petto.
“A casa, e ci rimarrò fino a quando non convinco mio padre a farmi cambiare scuola.” Mormorò, facendo qualche altro passo indietro.
“E quando... Quando potremmo- ”
 
“Non lo so Blaine, io... Ti prego, mi serve del tempo, davvero, solo- Non cercarmi, ok? Per ora.”
 
Balbettò, con la voce scossa dal pianto.
Blaine si sforzò di parlare, nonostante ciò che aveva davanti agli occhi gli stesse straziando il cuore.
“...Ci proverò. Però... Per favore. Dimmi che non è finita. Kurt, ti prego. L’altra sera sotto gli spalti hai detto che non mi avresti mai lasciato andare, che- ...Sono patetico, lo so. Ma non riesco a fare altrimenti, non posso, non se mi dici che noi- ”
 
“Non ti dirò mai addio, Blaine.”
 
Mormorò, con una voce talmente dolce ed inerme da stridere con la rabbia, le lacrime e tutto ciò che aveva esternato fino a quel momento. Il moro sentì il petto accartocciarsi sotto quelle parole, e un sorriso affiorare di sua spontanea volontà. Perché era sempre speciale scoprire un nuovo orizzonte, un modo per riuscire ad amare il suo Kurt ogni volta di più, nonostante non lo credesse possibile.
 
Poi lui si voltò e si diresse verso l’uscita del parcheggio, senza incontrare i suoi occhi.
 
Blaine avrebbe voluto fermarlo, avrebbe voluto avere in mano le prove che dimostrassero quanto quel sospetto fosse del tutto infondato, ma la verità era che non ne aveva nemmeno una.
 
Gli serviva tempo.
 
Tempo per realizzare ciò che stava succedendo, per capire chi avesse diffuso a macchia d’olio la notizia della loro relazione, e in che modo.
 
Poi doveva realizzarlo: non era più al sicuro.
 
La bolla protettiva in cui aveva vissuto fino a quel momento era inesorabilmente scoppiata, non lasciando altro se non lo stesso ragazzino terrorizzato di tanti anni prima, con i suoi sogni illusori spezzati nella sera del ballo della scuola.
 
Si sentiva fragile, vulnerabile, e non esisteva sensazione che lo mettesse più a disagio.
Lo era perché ora il McKinley sapeva di lui, e si trattava dell’ultima cosa che avrebbe voluto, della sua paura più grande.
 
...Ma non era solo questo.
 
In qualche modo, sapeva che le cose sarebbero andate diversamente se in quello stesso istante ci fosse stato Kurt al suo fianco.
Perché – per quanto fosse insensato e stupido da parte sua – in qualche modo avrebbe trovato il modo di affrontarlo, avrebbe trovato il modo di affrontare qualunque cosa insieme a lui.
 
Blaine strinse i pugni, lanciando uno sguardo al parcheggio deserto.
 
E così ora lo sapevano tutti quanti.
 
Ed era solo, esattamente come Kurt.
 
Provò a trarre un respiro profondo, ma era come inalare cenere.
Gli occhi bruciavano, così come la gola, e il cuore sembrava aver perso il suo ritmo regolare.
Doveva affrontare la sua più grande paura, e Kurt non c’era.
Non ci sarebbe stato per un giorno, due, forse una settimana, o magari non sarebbe mai tornato.
 
Tutto questo lo faceva sentire sull’orlo di un baratro, eppure lo avvertiva distintamente sotto le dita, quel qualcosa a cui poteva, doveva aggrapparsi per non precipitare.
 
Era necessario che mettesse da parte i sentimenti e iniziasse a ragionare, unire i pezzi che riconducevano a chi aveva rivelato il loro segreto.
Doveva, perché perdere Kurt non era qualcosa che avrebbe sopportato.
Il solo pensiero di non poter più sfiorare la sua pelle, sentire il suono cristallino della sua voce o leggergli negli occhi quel sentimento che traspariva da ogni gesto rivolto a di lui lo faceva impazzire.
 
Blaine scrollò la testa, nel tentativo di riacquistare parte di quel cuore e quella ragione che Kurt si era portato via, lacrima dopo lacrima, svuotandolo abbastanza da spezzargli le ossa.
 
Raggiunse la propria auto maledicendo ogni singolo rivolo salato che gli appannava la vista.
Doveva pensare, doveva sforzarsi di farlo, Kurt doveva tornare a sorridere.
 
Sollevò la borsa dalla spalla, e fece per aprire lo sportello e infilarla sul sedile del passeggero, quando si accorse dei segni sulla vernice scura della carrozzeria.
 
Blaine non capiva.
 
Ci stava provando con tutte le sue forze, a fingere di non comprendere.
 
Osservò le lettere graffiate sulla portiera, incise da una fretta dettata dalla paura di essere scoperti. Appoggiò la punta dell’indice nel punto in cui la vernice era stata scrostata la prima volta, percorrendo il solco poco profondo.
 
Non poteva bruciare, giusto?
 
Era solo una macchina, e le macchine non emanano calore.
 
Eppure Blaine avrebbe potuto giurare di sentirsi scottato, non appena sfiorò quella scritta, tanto da trovarsi costretto a ritirare la mano all’istante.
Indugiò qualche ultimo istante su quella parola, la stessa che gli avevano urlato contro ripetutamente coloro che anni prima l’avevano aggredito.
Come se fosse un capo d’accusa, una giustificazione a ogni spinta, calcio, pugno.
Ogni cosa.
 
Blaine si sforzò di vederla come nient’altro che un’insieme di lettere, e si impedì di pensare che quello non era che l’inizio della fine.
 
Poi, soprattutto, si augurò di fare in tempo a coprire la scritta prima che i suoi genitori avessero il tempo di domandargli perché ci fosse inciso frocio sulla macchina.
 
 
                                                                                              ***
 
 
Blaine entrò in aula canto, rifiutandosi di pensare a quanto lui gli mancasse, nonostante non fossero passate più di ventiquattr’ore.
Era qualcosa di indescrivibile, in effetti. La costante consapevolezza di avere il bisogno di qualcuno come se fosse una parte del proprio corpo, o la stessa aria che respirava.
 
Quel genere di sensazioni che non se ne vanno nemmeno nell’incoscienza dei sogni, neanche in quei proverbiali istanti di inconsapevolezza che ci colgono quando apriamo gli occhi ogni mattina.
 
Gli mancava, nel senso più completo del termine.
Doveva essere lì con lui, era naturale che fosse così, e invece non c’era.
 
Blaine evitò le occhiate che i ragazzi delle New Directions gli stavano lanciando, limitandosi a raggiungere il suo posto in silenzio, senza sapere l’esatta ragione per la quale era a scuola, quella mattina.
Lasciò che il suo sguardo indugiasse sui ragazzi che scorrazzavano in corridoio, visibili dalla porta socchiusa dell’aula canto, nella vana speranza di evadere dai suoi stessi pensieri.
 
Poi accadde.
 
Una figura che Blaine aveva imparato a detestare che, in un attimo, lo travolse come un treno in corsa.
 
Seth.
 
Il ragazzo spalancò gli occhi, abbastanza da farseli bruciare.
 
Quant’era? Due, tre giorni che l’intera scuola sapeva di lui e Kurt?
Tanto, troppo per pensare che stesse aspettando il momento opportuno per dar loro il colpo di grazia.
 
Non era credibile, non era... possibile? Possibile che...?
 
Blaine continuava a non sapere chi fosse stato il primo a far girare quel pettegolezzo, ma ad un tratto la sua priorità era diventata un’altra, e c’era solo un modo per avere conferma di quei sospetti che tanto gli risollevavano le speranze, e quel modo aveva un nome e un cognome.
 
La lezione del Glee era appena terminata quando raggiunse chi stava cercando, come un automa, nel disperato tentativo di estraniarsi dal proprio corpo.
 
“...Santana?”
La ragazza gli si avvicinò in due passi, posandogli una mano sulla spalla.
“L’hai saputo, non è vero? Avevo detto alla Berry di non farsi scappare niente, ma a quanto pare la sua petulante boccuccia- ”
 
“Santana... Potrei chiederti un favore?”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 
 
 
 
 
Eccoci qua ^_^
Ok, ehm... Prima di beccarmi la mia buona (e meritata) dose di scarponate, qualche commentino random che ci tenevo a fare :)
Punto primo: se siete sopravvissuti a questo, la strada è tutta in discesa, miei cari! Ebbene sì: con questo capitolo abbiamo toccato il fondo della depressione e, come vi sarete accorti dagli ultimi passaggi, comincia ad accendersi qualche debole speranza per il futuro :’)
Per quanto riguarda la Klaine… Visto cosa ha detto Kurt? Eh? Eh?? Non gli dirà addio, è solo incavolato nero perché ha fatto due più due, e non poteva mica immaginarsi che qualcuno li avesse visti sotto gli spalti... Argh >.<
Capitolo a tutto Blaine... Nel prossimo avremo del doveroso pov Kurt, e... Siete pronti?? Grande protagonista sarà Santana, e in via del tutto eccezionale ci sarà un po’ del suo punto di vista ;)!! Infatti Blaine gli chiede un favore... Di quale favore si tratterà? E che speranza gli è balenata in testa vedendo Seth? Eh eh è.é Grandi novità ci attendono... Ok. La smetto u.u
...Vi ho rincuorato almeno un pochino *si sente in colpa* ...?
A giovedì ragazzi: le cose miglioreranno un po’ :)!

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Capitolo 26
*** Capitolo 26 ***


Buon giovedì a tutti :D
Happy Glee day, tra l’altro u.u ...Sì, parlo delle repliche della prima stagione su La5, ma in questo periodo di magra è sempre meglio di niente u.u
...Ma parliamo di questo capitolo ;) Pronte per un po’ di sano pov Santana? Spero di averla resa decentemente, anche perché amo profondamente il suo personaggio in Glee, ed è di sicuro tra quelli femminili che preferisco :) ...Devo precisare chi sono quelli maschili? *guarda con aria distaccata 26 capitoli di fan fiction Klaine* ...Naah u.u
Detto questo prima di lasciarvi alla lettura ci tengo a ringraziare con tutto il cuore chi ha aggiunto questa storia a seguite, preferite e ricordate, e soprattutto ci tengo tantissimo ad abbracciare virtualmente tutti coloro che mi sostengono, mi supportano e mi sopportano con i loro commenti, che adoro profondamente ç___ç Perciò un bacio a P e r l a, violanassi, sakuraelisa, CrissColferIsOnBitches, Maggie_Lullaby, Me_Mi, Joick, BeatriceS, Alessandranna, beerpong, Guzzy_12, FraRock, JulesCullenMeyer, aleka_80, YouArePerfectToMe, sandy_hachi, GinnyIris93, Carolina110411, Evy78, KIAsia, Psike, LexyDC__, Oceanic 6, saechan, mikygleek91, LadyRhoswen, Fiby AndersonBass_, Tallutina, elisabethy92, nem e anastasianapp, che hanno recensito lo scorso capitolo :**
Buona lettura ;)
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Santana si incamminò per il corridoio, dandosi un’ultima sistemata alla coda di cavallo che le ondeggiava sulla sommità del capo.
 
D’accordo, non era esattamente qualcosa che era solita fare. Insomma, andiamo: quando mai Santana Lopez si era prodigata per qualcosa che non comportasse qualche tipo di vantaggio personale?
 
Eppure quel giorno, percorrendo a grandi falcate i corridoi del McKinley, avrebbe fatto un’eccezione.
 
La prima, e con tutta probabilità l’unica.
D’altronde non l’avrebbe ammesso neanche sotto tortura, ma la verità era che aveva preso in simpatia quella sottospecie di nanetto impomatato di nome Blaine Anderson.
 
Certo, era schifosamente melenso – soprattutto con Hummel, e davvero, solo gli imbecilli che popolavano quella scuola avrebbero potuto non accorgersi della fin troppo palese intesa tra quei due – e come se non  bastasse si era guadagnato anche qualche avance da Brittany, eppure per quanto si prodigasse in merito non riusciva a provare per lui l’abituale repulsione che aveva per il resto di quello schifosissimo liceo.
 
Non poteva farci niente: vedere come quel barboncino guardava Kurt non l’aveva lasciata indifferente.
 
E non era il consueto senso di nausea che provava in seguito a ogni singolo semi-accoppiamento pubblico della Berry e del suo balenottero sudaticcio: Blaine, a differenza loro, sapeva cosa significava essere degli oppressi, sapeva come ci si sentiva a non poter esprimere ciò che si sente in pubblico, per paura della reazione degli altri.
 
Proprio per questo non ebbe nemmeno un attimo di esitazione prima di spalancare la porta dello spogliatoio della squadra di football, appoggiandosi allo stipite di quest’ultima, con uno sguardo forzatamente divertito rivolto ai ragazzi nella stanza.
 
Il chiacchiericcio alimentato da qualche risata scemò velocemente, e in un attimo tutti gli occhi erano puntati sulla cheerleader.
Qualcuno la squadrò da capo a piedi, indugiando sulle gambe lasciate volutamente in vista dalla minigonna rossa.
 
“Lopez? Ci stiamo preparando per l’allenamento. Potresti- ”
“Qualche compresso di inferiorità, Montgomery?” Lo spogliatoio scoppiò in una risata divertita, e Santana dovette trattenersi per non alzare gli occhi al cielo.
 
Talmente prevedibili... Così incommensurabilmente idioti...
La ragazza stava per uscire da quel posto – che tra l’altro puzzava anche di calzini sporchi – quando intercettò la sagoma di un ragazzo, che si dava il caso coincidesse esattamente con la descrizione di Blaine.
 
“Alto, grosso, con i capelli scuri e occhi chiari. La faccia cattiva. Davvero, di quegli sguardi che non riesci umanamente a sostenere.”
 
Santana lanciò un ghignetto in sua direzione.
 
Dunque, era quello il famoso Seth.
 
Non che le importasse particolarmente, ma doveva ammettere che Anderson non scherzava a descrivere i suoi occhi come due pezzi di vetro: completamente vuoti e inespressivi. Santana si era poi rifiutata di stare a sentire tutte le menate dello gnomo su quanto lo sguardo di Kurt fosse profondamente diverso, però non poteva negarlo: se gli occhi sono davvero lo specchio dell’anima, quel tizio era tutto un programma.
 
D’accordo, doveva rimanere concentrata: dopotutto era in missione per conto di Mr sopracciglia triangolari, e aveva una scaletta ben precisa da seguire.
 
“...So di chiederti tanto Santana, e... Per favore, non farmi rivelare tutta la storia... Sappi solo che c’è una foto di mezzo, un ricatto, ok? La verità è che ora tutta la scuola sa di noi, e conoscendo Seth e i suoi amici non hanno motivo di aspettare a darci il colpo di grazia. Sono passati due giorni, e di quella foto neanche l’ombra, io... Comincio a credere che sia tutto un bluff. Devi solo trovare il modo di farglielo ammettere, se è davvero così. Andrei io, ma non me lo direbbe mai: vuole tenerci in pugno, questo è tutto ciò che gli importa.”
 
Santana non aveva domandato ulteriori dettagli, limitandosi a dare la sua parola.
 
Ovviamente avrebbe trovato il modo di fargli confessare ciò che voleva Blaine ma, se avesse giocato bene le sue carte, forse sarebbe riuscita ad andare oltre. Aveva un piano preciso, appunto, e quale arma migliore della minigonna inguinale delle Cheerios per metterlo in pratica con successo?
 
La ragazza non si stupì particolarmente di sorprenderlo a fissarla, colse anzi l’occasione per rivolgergli la più collaudata delle sue occhiate maliziose.
Come volevasi dimostrare lui la colse abbastanza prontamente, iniziando ad allacciare più lentamente la divisa da football, nel chiaro intento di prendersela comoda rispetto ai suoi compagni e rimanere solo con lei.
 
Santana l’avrebbe definito patetico, se già non avesse per la testa sufficienti aggettivi non esattamente edificanti per definire quel povero idiota.
 
La ragazza rimase mollemente appoggiata alla porta per qualche altro minuto, fino a quando buona parte dei ragazzi si diresse in campo, e i restanti intercettarono le occhiate tra lei e Seth, giudicando fosse meglio lasciarli soli.
Attese pazientemente che l’ultimo esemplare di bufalo ottuso varcasse la soglia dello spogliatoio, lasciandola finalmente da sola con il ragazzo.
 
Ora, c’era sempre l’opzione di prenderlo a pugni fino a farlo implorare una tregua... Oppure poteva seguire il suo schema, e sì, forse era la scelta più saggia.
Staccò le spalle dalla porta, avvicinandosi lentamente al ragazzo di fronte a lei, con il suo tipico sorriso da flirt sulle labbra.
 
“E quindi tu saresti Seth, mmh? Il linebacker della squadra di football.”
 
Lui ricambiò il sorriso, e Santana dovette trattenersi dal vomitare.
 
“...E tu sei Santana Lopez. La capo cheerleader che per qualche strano motivo passa buona parte del suo tempo a canticchiare con degli sfigati.” Santana, ovviamente, colse la palla al balzo.
 
“A proposito di questo. Sono qui per un’informazione, Seth, e tu sei piuttosto popolare nella squadra... Spero che saprai darmi le risposte che cerco...” Mormorò, fermandosi giusto un centimetro più avanti di quella che sarebbe la normale distanza tra due persone che  conversano.
Il tizio, neanche a dirlo, guardava ovunque tranne che nei suoi occhi.
 
Santana si trattenne dal rifilargli un calcio ben piazzato tra le gambe, optando invece per allungare una mano verso di lui, sollevandogli il mento con due dita.
 
“...Mi stavo chiedendo se puoi aiutarmi a rintracciare una persona. Sai, sento davvero il bisogno di ringraziarla.” Lui deglutì, e Santana sapeva già di essere lei a gestire il gioco.
“E chi cerchi, esattamente?” Lei gli rivolse l’ennesimo sorriso da flirt, appoggiandosi poi le mani sui fianchi.
 
“Non so se ti è giunta voce, ma si da il caso che in questi ultimi giorni sia girato un pettegolezzo su Kurt Hummel e il ragazzo nuovo, quello che si è trasferito a settembre ed è nel Glee Club, Blaine Anderson...”
“L’ennesimo frocio della compagnia, insomma.”
Avrebbe solo voluto riempirlo di botte, invece si trovò costretta a ridacchiare insieme a lui.
 
“Esatto. ...Beh, si da il caso che questa storia abbia demoralizzato non poco Anderson, e che non sia in vena di cantare l’assolo che aveva in programma per le Nazionali. ...Assolo che è passato a me.” Spiegò allegramente, del tutto grata a Lima Heights che l’aveva abituata così dannatamente bene a sparare qualsivoglia assurdità con tutta la nonchalance del caso.
 
Seth annuì, invitandola con un cenno della testa a continuare.
 
“E qui entri in gioco tu.
Ho provato a chiedere in giro, sia tra i ranghi delle Cheerios che al Glee, ma la fonte che ha dato il via al pettegolezzo sembra ignota a tutti. Sapresti aiutarmi? Vorrei ringraziare questo qualcuno come si deve...” Spiegò, consapevole di trovarsi sempre più vicina a quello che sapeva essere uno degli obiettivi di Blaine: individuare la fonte di quel pettegolezzo.
 
Anderson non gli aveva detto niente ad alta voce, ma la misteriosa sparizione di Kurt e il suo relativo umore da funerale avevano parlato per lui: era fin troppo evidente che quella storia avesse provocato un qualche tipo di frattura tra i due piccioncini, ed evidentemente l’hobbit era piuttosto impaziente di prendere a calci l’idiota che aveva scoperto e diffuso la notizia.
 
Il tizio si avvicinò.
 
Santana si chiese se, toccandolo, le sarebbe rimasto in mano il suo viscidume.
 
“...E se ti dicessi che sono stato io?” La ragazza alzò un sopracciglio.
“È così?” Seth si strinse nelle spalle, lanciandole un’occhiata schifosamente languida.
“Ha importanza?” Santana incrociò le braccia al petto. Sì, ne aveva eccome, e glielo avrebbe volentieri ricordato con pugno ben assestato in mezzo agli occhi se ciò non avesse comportato il rovinoso crollo della sua copertura.
 
“Non sei stato tu.” Constatò, con un velo di delusione.
 
“Ma se ho appena detto- ”
“Non mi piacciano le persone che raccontano balle, Seth.” Tagliò corto lei, sistemandosi meglio la gonnellina sui fianchi. Lui balbettò qualcosa, permettendole di incalzarlo all’istante.
“Beh, se non puoi aiutarmi vorrà dire che andrò a chiedere a qualcun altro...”
 
Alzò le spalle e fece per voltarsi quando, prevedibilmente, Seth la fermò.
 
“Ehi... Aspetta un attimo, ok? È stato Greg.”
 
Bingo.
 
Santana si voltò nuovamente verso di lui, sorridendogli.
“Greg?”
“Gregor, un ragazzo della squadra. Durante la partita è rimasto in panchina tutto il tempo, e dice di aver visto quei due finocchi darci dentro.” Spiegò con un ghigno a metà tra il divertito e lo schifato.
“L’ha detto agli altri della squadra, e ovviamente la notizia è girata. ...Comunque posso dire di essere tra chi ha sparso maggiormente la voce...” Santana si chiese per quale strana ragione se ne stesse vantando, finché la mente non le si disappannò dalla rabbia cieca riportandola alla realtà: lei stessa aveva manifestato il desiderio di trovarsi faccia a faccia con il diffusore di quella notizia.
Doveva portare avanti il suo progetto, se voleva estrapolargli la verità circa quella foto di cui parlava Blaine.
 
Gli lanciò un sorrisetto lascivo, stropicciandosi l’orlo della gonna tra il pollice e l’indice.
“Oh, così hai dato una mano...” Gli si avvicinò di un altro mezzo passo.
 
“Sai una cosa, Seth? Penso sia arrivato il momento della tua ricompensa.” Il tizio aveva la stessa espressione di un bambino a cui hanno appena promesso un viaggio a Disneyland, e non perse tempo ad abbassarsi verso Santana, la quale però si scansò all’ultimo istante.
 
“Ma che- ”
“Chi mi assicura che una volta passato il maremoto di questi giorni non torni tutto come prima? E se Anderson dovesse tornare nel Glee?” Domandò con aria preoccupata, vagamente soddisfatta di cogliere un moto di confusione nel brutto muso a un palmo dalla sua faccia.
“Se mi stai chiedendo di suonarle a quel frocio per me non c’è alcun problema.” Lei finse di pensarci su.
“...Vedi, il fatto è che lui è davvero egocentrico, servirebbe qualcosa di sconvolgente per tenerlo a tempo indeterminato lontano da un assolo... Bisognerebbe colpire il suo punto debole...”
Buttò lì la cheerleader, nella speranza che quello scimmione arrivasse da solo a dove voleva andare a parare.
 
“Potrei menare quella ragazzina di Hummel.” Santana si accigliò, continuando a fantasticare sui tanti e coloriti modi in cui avrebbe potuto far fuori Seth.
“...Non credo sia l’idea migliore. Temo ti spedirebbero in riformatorio, e comunque pensavo a qualcosa di più sottile, umiliante magari, che non gli facesse più mettere piede in questa scuola. In questo modo Anderson sarebbe troppo a terra per tornare al Glee.”
“...Riempirlo di granite? Insultarlo? Prenderlo a calci? Tutto quello che vuoi, dolcezza.” Esclamò, con una tale tranquillità da far impallidire la cheerleader.
 
Davvero era disposto a fare cose del genere a un’altra persona? Per cosa, poi? Conquistare una ragazza?
 
Mai come in quel momento fu complicato per Santana rimanere nella parte.
 
“Non... Non credo sia una buona idea. Sicuro che non ci sia un altro modo?”
 
Seth rimase in silenzio, pensieroso, per un tempo sufficiente a far capire a Santana che, dopotutto, Blaine era stato piuttosto preciso con le sue supposizioni.
 
“Beh io... io non saprei...” Santana annuì vigorosamente.
Sapeva abbastanza, sapeva tutto quello che le serviva: era fin troppo evidente quanto Anderson e Hummel avessero bisogno l’uno dell’altro, e a lei non andava di vederli rovinarsi la vita per quella storia.
 
“Non importa, Seth. Così va più che bene.” Fece, beandosi dell’aria ebete e stupidamente piena di aspettative dell’idiota davanti a sé.
 
Le sorrise raggiante, sfiorandole un fianco con la mano.
 
“...Perciò? Questa ricompensa?”
 
Santana si alzò in punta di piedi, avvicinando le labbra all’orecchio del ragazzo.
“Ascoltami attentamente, Seth.” Sussurrò languidamente, sentendolo fremere d’aspettativa.
 
“Non so se tu abbia idea di che razza di quartiere sia Lima Heights... Mettiamola così: considerati fortunato se non sei già appeso per le palle a una trave, chiaro il concetto? Oh, dimenticavo! La ricompensa è che non ti prenderò a calci... per oggi.”
 
Non si voltò a guardare la sua espressione basita mentre usciva ancheggiando dallo spogliatoio, completamente soddisfatta.
 
 
                                                                                      ***
 
 
Inferno.
 
Kurt non credeva in Dio, eppure non poteva far altro che pensare a questo, insistentemente, continuamente: inferno.
 
Ed era così che lo dipingevano, giusto?
Un luogo desolato, fuori dal tempo, conficcato in qualche meandro della Terra, dove restavano sospese in eterno infinite anime, eppure ognuna era da sola.
 
Poi il fuoco.
 
Kurt non sapeva fino a che punto le anime dovessero soffrire, non sapeva quanto alle fiamme fosse concesso di infierire su di loro.
L’unica cosa che sapeva era che erano morte, fredde, e il calore non le avrebbe mai dilaniate tanto da distruggerle.
 
Si chiese se valesse lo stesso per i vivi.
 
Si chiese che il fuoco dentro di lui avrebbe smesso di bruciare, un giorno, per il semplice motivo che gli era sempre più chiaro che non ci fosse più nulla da distruggere in lui.
 
Cuore, mente, corpo, tutto aveva perso di consistenza, riducendosi a un insieme confuso di ossa e di sangue. E Kurt sentiva il cuore battere, nonostante tutto, lo sentiva. Dunque non era morto, non secondo il modo comune di intendere la morte.
 
Gli batteva il cuore, ed era stupido, ridicolo quanto un corpo si aggrappi disperatamente alla vita, nonostante il cervello l’abbia già confinata nei ricordi.
 
Gli mancava.
 
Era come se tutto avesse perso di significato: vedeva delle lettere su un foglio di carta, ma ai suoi occhi non formavano delle parole.
Vedeva colori e forme, ma non immagini.
 
Era come se alle cose mancasse un senso, come se fosse lui ad essere incapace di coglierlo, per il semplice fatto che la sua debole vista non era più guidata da due iridi color miele, dagli occhi di chi amava.
 
Blaine era il suo senso, era il suo tutto, l’unico di cui non sapeva fare a meno.
 
E allora perché l’aveva fatto?
 
Perché aveva raccontato di loro due? Perché gli aveva mentito?
Kurt aveva pensato qualunque alternativa al fatto che fosse stato lui, ma non ne aveva trovate.
 
Era passata una settimana dall’ultima volta che si erano visti, e lui stava semplicemente impazzendo senza Blaine.
 
Ed era stupido.
Era idiota da parte sua aspettare con un’ansia ridicola un nuovo messaggio che avrebbe puntualmente cancellato.
 
Sì, perché gli aveva detto di non cercarlo, ma grazie al cielo Blaine non l’aveva ascoltato.
 
Continuava a scrivergli, continuamente, e Kurt non leggeva ciò che gli inviava.
Si limitava a cancellarlo perché, qualunque cosa dicesse, gli avrebbe spezzato il cuore.
Non avrebbe sopportato di sapere che sentiva la sua mancanza, e tantomeno che era stanco di aspettare.
L’aveva anche chiamato, diverse volte. Kurt aveva pianto più forte ad ogni squillo.
 
Lacrime.
 
Chissà se all’inferno facevano in tempo a scendere, prima che il fuoco le portasse via.
 
“...Kurt?”
Il ragazzo si voltò istintivamente verso la porta, scorgendo una figura familiare sbirciare nella stanza.
“Lasciami solo.” Lo disse per abitudine, per il semplice desiderio di non far accedere nessun altro al suo inferno. Era sempre stato così, fino a quando Blaine era venuto a liberarlo.
 
E ora tornava a bruciare.
 
L’uomo sulla soglia emise un sospiro rassegnato ma, al contrario di ciò che Kurt credeva, si fece coraggio ed entrò, richiudendosi cautamente la porta alla spalle.
 
“Papà. Per favore...” Bisbigliò, a un tratto in preda al panico più totale. Erano mesi che lui e suo padre non avevano una conversazione che potesse definirsi tale, ed erano anni che Kurt lo teneva lontano dal suo mondo. Non voleva che lo detestasse, non avrebbe potuto sopportarlo.
 
Perché aveva scelto proprio quel momento per parlare? ...Forse la foto che Seth a quel punto aveva senza dubbio fatto girare era arrivata anche a lui?
 
Kurt si sentì sprofondare nello sconforto, misto a tristezza e vergogna.
Era tutto sbagliato.
Era un incubo, e lui avrebbe solo voluto svegliarsi.
 
“Mi ero ripromesso di aspettare i tuoi tempi, ma c’è un limite a tutto.” Esordì Burt, sedendosi pesantemente sul bordo del letto dove Kurt era steso, gli occhi fissi al soffitto.
“È una settimana che non esci da questa stanza, Kurt. Non puoi semplicemente smettere di andare a scuola. Qualunque sia il tuo problema, non è nulla che non si possa risolvere parlandone, chiaro?”
 
Lui non rispose, senza smettere di guardare il muro.
 
“Finn non ti vede da giorni, io e Carole solo quando passi per la cucina, e diciamocelo: non è la prima volta che hai queste crisi. Ricordo benissimo l’anno scorso, quando hai passato tutti quei giorni a piangere. Sei cambiato, Kurt, e forse crederai che a me e a Carole non sia importato niente o che abbiamo fatto finta di non vedere, ma non è affatto- ”
“Lo so. Non è colpa tua.” Lo interruppe apatico, continuando a sforzarsi di non incontrare il suo sguardo.
 
Ma Burt non sembrava intenzionato a lasciar cadere l’argomento.
“Ho bisogno che tu me lo dica, Kurt. Ho bisogno di sapere cosa è successo per poterti aiutare.”
“Non è successo niente.”
“Mentire non servirà.” Kurt sbuffò.
“Ti è arrivata, non è così?”
“...Cosa?”
“Quella foto. Ti è arrivata.”
 
Avrebbe dovuto avere paura.
Era così che sarebbero dovute stare le cose: in quel momento avrebbe dovuto sentirsi terrorizzato, in paranoia per quello che ormai non era più un segreto per nessuno. Forse, nemmeno per suo padre.
 
“Non- Non capisco...”
 
La verità era che non provava niente.
 
Si dice che c’è un limite a tutto, magari valeva anche per i sentimenti.
 
Magari ne aveva provati di troppi e troppo forti per poterne sopportare altri, magari quell’apatia non era altro che spirito di conservazione.
 
O più probabilmente era lui ad aver superato il limite.
Quello tra giusto e sbagliato, tra coraggioso e sconsiderato.
 
Forse niente di tutto questo aveva più davvero importanza, adesso.
 
Non senza di lui.
 
 “Blaine.”
 
Mormorò, quasi bastasse quel nome, il semplice modo in quell’insieme di lettere suonavano una dopo l’altra a spiegare tutto a suo padre.
Lo disse come se fosse l’unica cosa che la sua bocca riuscisse a pronunciare.
Per questo rimase sorpreso, nel leggere un’espressione confusa negli occhi di Burt.
 
“...Blaine? Chi è Blaine?”
 
Non poteva dirlo.
Non doveva.
Andava contro ogni logica, ogni precauzione che aveva da sempre adottato, eppure...
 
Non poteva negarlo.
 
Nemmeno ricordava da quanto aspettasse di dirlo ad alta voce.
 
“Il mio ragazzo.”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Eccoci qua ^_^
Come avete letto, è passata una settimana dagli eventi dello scorso capitolo. Lo so... c’è carenza di Blaine qui, ma ci voleva una parte del genere... e posso anticiparvi che ci rifaremo nel prossimo aggiornamento ;) ...Oh, e ci sarà un lungo dialogo tra personaggi che sicuramente NON vi aspettate... Ma per una volta non anticipo niente ;)
E poi Kurt... Cosa succederà con Burt, dopo questo finale?

...Visto?? Visto la nostra Santana, che geniaccia che è stata?? ...E ora sappiamo che Seth ha allegramente bluffato per tutto questo tempo -.-“”
E Kurt come farà a venirlo a sapere, se non legge i messaggi di Blaine? Eh eh è.é Nel prossimo capitolo ce ne faremo un’idea, o almeno, a Blaine verrà un’idea ;)
Detto questo, prima di lasciarvi stare ci tenevo a dire ancora una cosa.
 
...Dunque, non so se abbiate seguito “8”, l’altro giorno, ma in caso contrario vi lascio il link con l’interpretazione di Chris (la versione con i sottotitoli, che ho finalmente trovato) http://www.youtube.com/watch?v=31wm4MclAZc ...Che dire, è semplicemente da vedere. Non ho parole per definire il suo talento, e non ho parole per commentare le parole di quella testimonianza, ma davvero, se non l’avete visto fatelo perché ne vale la pena.
A lunedì, un bacio a tutti <3

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Capitolo 27
*** Capitolo 27 ***


Happy Klaine week, guys :D!
Duuunque dunque dunque! Ma quante belle sorprese oggi su EFP *-*!! Accedo, e mi ritrovo davanti un’infinità di baby!Klaine *___* !! ...Neanche a dirlo io mi ero persa tutta questa storia delle one-shot (-.-“), se no avrei sicuramente scritto qualcosa, ma ciò non mi ha impedito di godermi tante belle baby!Klaine, ecco u.u
Fatta questa inutile doverosa precisazione, passiamo alla descrizione del capitolo ;) Beh, lo definirei piuttosto vario u.u Come avevo anticipato ci sarà un dialogo tra due personaggi che non credo vi sareste aspettati, un po’ di doveroso pov Blaine, e... Come dire? Preparatevi ad amare un certo balenottero sudaticcio di nostra conoscenza u.u Non dico altro u.u
Prima di lasciarvi alla lettura, abbraccio virtualmente tutte le meravigliose persone che hanno aggiunto questa storia a seguite, preferite o ricordate, e in particolare un bacio a Maggie_Lullaby, CrissColferIsOnBitches, sakuraelisa, BeatriceS, aleka_80, Guzzy_12, Joick, saechan, Me_Mi, Tallutina, YouArePerfectToMe, Evy78, Sandy_hachi, GinnyIris93, elisabethy92, KIAsia, Oceanic  6, LexyDC__, violanassi, Fiby AndersonBass_, FraRock, JulesCullenMeyer, Alessandranna e anastasianapp che hanno recensito lo scorso capitolo :’)

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Una settimana.
 
Era passata una settimana da quando Santana era riuscita ad ottenere tutta la verità da Seth e, nonostante ciò, era una settimana che non vedeva Kurt.
 
Tutto questo era assurdo, doloroso e insopportabile: Blaine stava impazzendo senza di lui.
La scuola era diventata un incubo: non passava giorno in cui non si beccasse qualche granita in faccia, degli insulti o qualche altra divertente trovata dei giocatori di football.
 
La cosa più assurda era che niente di tutto questo aveva più importanza.
 
A Westerville aveva sofferto, era stato demolito mattone dopo mattone da tutto ciò che aveva subìto, aveva lasciato che accedesse, per il semplice motivo che non aveva niente per cui combattere.
Ma aveva Kurt, adesso, aveva i suoi occhi incredibili a ricordargli ogni giorno che vale la pena incassare un po’ di fango per rimanere al fianco di chi si ama.
 
A un tratto il terrore cieco che l’aveva assalito insieme ai fantasmi del suo passato era svanito, lasciando solo rabbia, indifferenza, e un bisogno disperato di stringere tra le braccia il ragazzo che si era preso il suo cuore, la sua mente, e ogni altra cosa.
Gli mancava follemente, disperatamente, e anche se l’aveva pregato di lasciargli tempo Blaine non aveva potuto fare a meno di riempirlo di sms e chiamate, rimaste puntualmente senza risposta.
 
Il ragazzo raggiunse il proprio armadietto anche quella mattina, nella speranza ormai sempre più vana di trovare Kurt ad aspettarlo.
Sapeva che non sarebbe venuto, eppure non poté fare a meno di sentirsi stringere lo stomaco alla vista dello sportellino chiuso accanto al suo.
 
Inserì la combinazione mentre, estraendo i libri della prima ora, scorreva rapidamente i messaggi inviati nel suo cellulare.
 
Giovedì 26 gennaio 11:32
– Ho mandato Santana a parlare con Seth (è una lunga storia), e quella foto NON ESISTE! Lo so che hai detto di non scriverti, ma dovevi saperlo. E devi anche sapere che è stato Gregory a raccontare in giro di noi: Santana dice che ci ha visti il giorno della partita sotto gli spalti. –
 
11:41
– Kurt? Dimmi almeno se hai letto il messaggio! Non importa se ce l’hai ancora con me, almeno dimmi se l’hai saputo. –
 
11:44
– Spero che tu l’abbia letto. –
 
22:58
– Buonanotte♥ Mi manchi. –
 
Venerdì 27 gennaio 07:13
– Buongiorno Kurt :) Lo so che avevi detto che non saresti più tornato, ma spero comunque di vederti oggi a scuola. –
 
8:54
– ...A quanto pare non sei venuto. Li leggi questi messaggi, anche se non rispondi? –
 
12:01
– Almeno dimmi di smettere. Dimmi qualcosa. Ti prego. –
 
Blaine fece scorrere tutti gli sms scritti in quei giorni, e risultavano più di cinquanta, rigorosamente senza risposta, così come la decina di chiamate perse.
Osservò lo schermo del cellulare, prendendo a digitare un nuovo messaggio.
 
Giovedì 02 febbraio 07:52
– Ti dirò la verità: non ce la faccio più. E non per gli insulti e tutto il resto, non me ne frega niente di quello. Il fatto è che mi manchi da morire, e l’idea che ancora non sai che quella dannata foto non esiste mi manda fuori di testa. Per favore... Ti amo. –
 
Non voleva che fosse così.
 
Aveva immaginato di dirglielo faccia a faccia, magari tenendolo per mano, magari dopo avergli dato il suo regalo di S. Valentino.
E invece aveva scritto che lo amava via messaggio, senza poter fare niente per trattenersi.
 
Stava per chiudere l’armadietto e dirigersi verso la sua classe della prima ora, quando qualcosa di freddo e bagnato gli schizzò su tutta la nuca e tra i capelli, facendolo rabbrividire.
 
Si voltò di scatto, pronto ad inveire contro l’idiota che gli aveva appena fatto fare una doccia al lampone di prima mattina, ma per sua sfortuna i tizi erano due e anche ben piazzati, così optò per il silenzio forzato.
 
Se il karma esisteva, non stava decisamente facendo il suo corso.
 
“Che c’è bambolina? Hai usato troppo la bocca e ora non riesci a parlare?” Blaine non rispose, deciso ad avviarsi verso il bagno più vicino e ripulire quel macello.
“Non così in fretta...” Uno di loro lo afferrò per una spalla, costringendolo a girarsi.
“Lasciatemi in pace.” Il più alto lo sbatté contro all’armadietto facendolo accasciare a terra.
 
Gli stavano dicendo qualcosa, adesso, ma Blaine aveva deliberatamente deciso di non starli a sentire.
Si concentrò sui pezzettini di ghiaccio che avevano preso a scivolargli oltre il colletto della camicia, mentre iniziavano la loro lenta discesa lungo la sua schiena.
Non voleva pensare alle parole che gli stavano sputando addosso, non voleva dar loro alcun senso.
Sentiva solo sottili rivoli ghiacciati sulla pelle, e nella testa due parole, marchiate a fuoco sotto le palpebre chiuse.
 
Strinse gli occhi più forte, per non smettere di fissarle.
 
Ti amo.
 
E lo amava, ed era questo a tenerlo in vita: era ciò che la mattina lo faceva alzare dal letto e che di giorno gli dava la forza di combattere. Era il suo ultimo pensiero prima di addormentarsi.
I ragazzi del Glee avevano fatto di tutto per rimanergli accanto quella settimana, ma non potevano dargli ciò di cui aveva davvero bisogno.
 
Non potevano dargli Kurt.
 
Quando le prime gocce di granita iniziarono a solidificarsi Blaine era abbastanza sicuro che quei due se ne fossero andati.
 
Quando socchiuse gli occhi e quelle parole erano ancora impresse nelle sue retine, a un tratto sapeva esattamente cosa doveva fare.
 
Estrasse le chiavi della macchina e, contemporaneamente, una penna e un foglio di carta.
 
 
                                                                           ***
 
 
Bussò alla porta con insistenza, rifiutandosi categoricamente di pensare a quanto tutto quello fosse rischioso, nonché sconsiderato e stupido.
L’unica persona che aveva in mente era Kurt, non poteva rimanere un minuto di più senza che sapesse la verità, senza di lui.
 
Continuò qualche altro istante, finendo per lasciare il pugno chiuso appoggiato al legno, con le lacrime che gli bruciavano gli angoli degli occhi.
 
La sua macchina era parcheggiata alla bell’e meglio nel vialetto di casa Hummel – Hudson, la granita gli si era del tutto appiccicata ai capelli e ai vestiti.
 
Cosa stava facendo?
 
Non si era mai sentito così perso, non aveva avuto mai più bisogno di qualcuno.
 
Stava già iniziando a ricredersi su quanto fosse geniale l’idea di saltare le lezioni per comparire all’improvviso sotto casa di Kurt, quando la porta si aprì, rivelando un uomo dall’aria severa, con un cappello da baseball calato in testa.
 
Oh, davvero perfetto: era la prima volta che si trovava a faccia a faccia con il padre del suo ragazzo e se ne stava così, con gli occhi rossi dal pianto, i capelli e la camicia impasticciati e la faccia sconvolta. Non poteva davvero andare meglio.
 
“B-Buongiorno signor Hummel.” Farfugliò imbarazzato, cercando di mettere insieme una sorta di sorriso. L’uomo alzò un sopracciglio con aria perplessa, e... Oh. Ecco da chi Kurt aveva ereditato quell’espressione stralunata che a volte si faceva strada sul suo volto, specie con Jeff e Nick nelle vicinanze.
 
“Non dovresti essere a scuola?” Chiese con voce piatta, squadrandolo da capo a piedi. Blaine tentennò, sistemandosi di riflesso i riccioli che a causa della granita gli si erano arruffati sulla fronte.
“Scusi il disturbo, io- Beh... Volevo solo sapere se Kurt è in casa.” L’uomo gli lanciò un’occhiata sospettosa... e anche vagamente sconvolta, o almeno così sembrò a Blaine.
 
“E tu chi saresti?”
 
“Blaine, signore. Blaine Anderson.”
 
L’uomo sgranò gli occhi, fissandolo con studiata calma.
“Beh, Blaine Anderson, si da il caso che Kurt non voglia vederti.” Il ragazzo si sentì sprofondare sotto il peso di quelle parole. Quindi era così che stavano le cose? Kurt non voleva vederlo, non voleva saperne niente di lui, non-
“...Voglio dire. Forse potrei essermi accidentalmente espresso male.” Gli occhi di Blaine si illuminarono di speranza, mentre cercava quelli dell’uomo di fronte a lui, che sbuffò.
 
“Kurt è... è sconvolto, ok? Non l’ho mai visto in questo stato, e l’unica cosa che è stato capace di dirmi prima di scoppiare di nuovo a piangere è stato il tuo nome.” Il ragazzo avvertì una fitta al cuore, abbastanza forte da fargli tremare le ginocchia. Non sopportava l’idea di vedere Kurt piangere: semplicemente, era inconcepibile qualsiasi cosa che alterasse la perfezione di quel viso angelico, così perfetto, etereo ai suoi occhi.
 
Non riusciva ad accettare di essere l’involontario responsabile di tutto quello.
 
Blaine stava per pregare nuovamente il padrone di casa di farlo entrare, quando nella sua mente si fece largo un nuovo dubbio.
 
“Ha... Ha detto il mio nome? Solo questo?” L’uomo incrociò le braccia al petto, e sembrò soppesare bene le parole prima di aprir bocca.
“A dire il vero no.”
“...Allora cos’altro?”
“Gli ho chiesto chi fossi, dato che non mi ha mai parlato di te.” Blaine annuì cautamente, piuttosto indeciso se porre o meno la domanda successiva.
Si risolse di non essere troppo diretto, ma piuttosto di preservarsi un margine sufficiente a tornare sui suoi passi, se si fosse rivelato necessario.
 
“...E lui? Chi ha detto che sono?”
 
Blaine conosceva quello sguardo.
Lo stesso che aveva anche Kurt, quando si sforzava di non ridere.
 
“Signor Hummel...?”
“Kurt ha appena detto di essere il tuo ragazzo, e tu parli come se non lo sapessi.” Il moro socchiuse la bocca, a metà strada tra l’incredulità e la gioia.
 
Perché non solo Kurt si considerava ancora il suo ragazzo, ma aveva addirittura detto di loro due a suo padre! Oh. Già: suo padre. Forse era giunto il momento di provare a presentarsi in una maniera decente, dato che ormai doveva avere tutti i buoni motivi per essere traumatizzato.
 
“M-Mi dispiace signor Hummel! Credevo che Kurt non le avesse ancora detto di essere gay e di- beh, ecco, stare con me. In realtà potrei sembrare un pazzo furioso perché sono venuto qui di prima mattina e- beh, non ho centrato del tutto il vialetto, puzzo di lampone e ho della granita solidificata tra i capelli, ma le assicuro che non mi succede spesso, anzi, non mi era mai- ”
“Prendi fiato.” Blaine fece una smorfia.
 
Sempre, sempre peggio.
 
Doveva seriamente imparare a non farsi prendere dal panico in quel modo quando si trattava di fare una buona impressione a qualcuno. Soprattutto se il qualcuno in questione era il padre di Kurt.
 
“Punto primo. So di Kurt da quando aveva tre anni, e ti assicuro che se avessi saputo anche solo la metà del travaglio che stava passando sarei stato io il primo a parlargli. Punto secondo: non so cosa tu gli abbia fatto di tanto male, ma ti conviene spiegarti prima che io non risponda più delle mie azioni. E punto terzo. Perché diavolo sei sporco di granita al lampone?”
“Io... Oh. Wow. Quindi lei non ha... non ha alcun problema con il fatto che Kurt sia- ”
“È mio figlio. Mi basta che continui ad essere il ragazzo educato e onesto che ho cresciuto. Il resto non ha nessuna importanza.”
 
Blaine avrebbe voluto fare un passo avanti ed abbracciarlo, se solo questo non l’avesse fatto passare del tutto per svitato.
 
Eppure era felice, così felice che per una volta Kurt avesse ciò che si meritava: era suo padre, doveva essere così importante per lui...
 
“Un’altra cosa: farò tutto ciò che è in mio potere per preservare mio figlio da chi potrebbe farlo soffrire. Soprattutto se il qualcuno in questione è a portata di mano ed è quello per cui sta piangendo disperatamente da una settimana a questa parte.”
 
Blaine boccheggiò, ormai del tutto rassegnato all’idea di non piacere per niente a quell’uomo, che ormai lo stava apertamente minacciando.
 
“Io... È una lunga storia, e non credo di essere la persona più adatta a raccontargliela. Dovrebbe farlo Kurt, quando si sentirà pronto.” Infilò la mano in tasca, afferrando un foglietto piegato in quattro.
 
“Comunque stiamo passando tutti e due un brutto periodo... Speravo di potergli dare questo, dato che non so se apre i messaggi che gli scrivo. Ma forse è meglio che lo legga da solo,” Porse il pezzo di carta all’uomo.
 
“Quindi le sarei grato se riuscisse a darglielo... È importante.” Lo pregò, sostenendo il suo sguardo severo. Dopo qualche interminabile istante annuì, afferrando il foglio piegato, prima di squadrare nuovamente Blaine da capo a piedi.
 
“...Ti conviene essere sincero, ragazzino. Se scopro che hai fatto qualsiasi cosa per far soffrire Kurt- ”
“Non lo farei soffrire per nessuna ragione al mondo. ...Deve solo leggere quel foglio, capirà tutto ciò che c’è da sapere.” Lo interruppe, abbassando all’istante lo sguardo.
Si sentiva a disagio, questo era innegabile. Avrebbe voluto presentarsi in modo impeccabile al padre di Kurt, tranquillizzarlo sul fatto che suo figlio avesse al suo fianco qualcuno in grado di prendersi cura di lui.
 
Invece non aveva mostrato altro che angoscia, disperazione e paura.
 
Si schiarì la voce, deciso ad essere più sincero possibile.
 
“Le chiedo scusa, signor Hummel. Questo è in assoluto il peggior modo con cui avrei potuto presentarmi, però... Glielo posso assicurare: ci tengo davvero tanto a Kurt. È una persona speciale, e noi... siamo rimasti semplici amici diverso tempo prima di metterci insieme: ne abbiamo passate tante, ci siamo aiutati e sostenuti per tutto questo tempo... è... è tutto per me.” Ammise, nella speranza che la propria voce lasciasse trasparire tutto l’amore che provava per lui, e la tortura che rappresentava non averlo al suo fianco.
 
L’uomo socchiuse appena la bocca, vagamente colpito da quelle parole, o almeno così sperò Blaine.
 
“...Perché mi dici queste cose?”
“Perché capisco che lei speri in qualcosa di meglio per suo figlio che uno come me. Insomma, nessuno mi sembrerebbe degno di lui se avessi un figlio come Kurt- ”
 
“Penso che sia stato fortunato a incontrarti.”
 
Blaine spalancò gli occhi, cercando invano di tornare a respirare normalmente.
 
“C-Come...?”
“Ne ha passate tante. È una cosa positiva che abbia trovato qualcuno che gli sia così... affezionato.” Borbottò imbarazzato, guardandosi dall’incontrare gli occhi di Blaine, che dal canto suo non poteva che essere felice che ciò che sentiva fosse risultato chiaro, palpabile.
 
“...Non so davvero come ringraziarla signor Hummel- ”
“Puoi chiamarmi Burt.” Concluse con fare pratico. Per quel poco che Blaine aveva potuto capire, quella semplice concessione doveva rappresentare un gesto piuttosto significativo per una persona di così poche parole.
Doveva ammetterlo: il modo di fare di Burt Hummel gli piaceva.
Sapeva benissimo quanto fosse difficile dar voce ai propri sentimenti, ed era sempre pronto ad accogliere negli altri ogni piccolo segnale di tentativi di questo tipo.
 Fece un piccolo cenno con il capo, senza riuscire a trattenere un sorriso sollevato.
 
“...Non hai ancora risposto alla mia domanda di poco fa sulla granita al lampone.” Fece poco dopo, nel chiaro tentativo di alleggerire l’atmosfera.
 
Blaine abbassò lo sguardo.
 
“Noi... Io e Kurt avevamo deciso di tenere nascosto il fatto che stiamo insieme, per evitare... problemi. Però ci hanno scoperto ugualmente, e la scuola si sta trasformando in un inferno. Per questo Kurt sta evitando di venire.” Spiegò in fretta, evitando accuratamente la parte sulla foto, ben consapevole di quanto esplicitarla avrebbe allarmato inutilmente l’uomo.
 
“...Le granite sono la parte più leggera della faccenda, mi creda.” Burt gli lanciò un’occhiata sconvolta.
“...È assurdo. Ma le cose cambieranno: mi troveranno nell’ufficio del preside ancora prima di- ”
 
“No!”
 
Blaine si schiarì la voce.
“Voglio dire, non è il caso. Le cose cambierebbero per una settimana, poi peggiorerebbero. Inoltre i miei genitori verrebbero convocati e non voglio che si sentano in colpa... Frequentavo una scuola privata prima che i soldi finissero e... se sapessero quello che succede non so come potrebbero reagire. Solo... prima dia quel foglio a Kurt.”
 
L’uomo ascoltò in silenzio, con gli occhi carichi di dispiacere. Non era sua intenzione essere così duro, ma era importante che conoscesse quella verità che suo figlio non aveva la forza di raccontare ad alta voce senza cadere in pezzi.
 
Burt annuì, e il cuore di Blaine scattò insieme alla serratura della porta.
 
 
                                                                             ***
 
 
Giovedì 02 febbraio 2012 13:20
– Tuo padre ti ha dato quel foglio? L’hai letto? –
 
15:04
– Kurt... Rispondi, per favore –
 
22:37
– Buonanotte. Ti amo. –
 
Venerdì 03 febbraio 2012 07:23
 – Devo supporre che cancelli ogni messaggio che ti mando, giusto? O semplicemente non rispondi? Vado a scuola, magari sei venuto. –
 
07:49
– Un’altra giornata inutile. –
 
18:11
– Non ce la faccio più. Dimmi qualcosa! Qualsiasi cosa! Anche se vuoi mandarmi al diavolo, lasciarmi, quello che ti pare ma davvero, rispondi! –
 
 
                                                                              ***
 
 
“Pollo al cherry o con la salsa di pomodoro?”
 
Blaine staccò gli occhi dallo schermo del proprio cellulare, nello sforzo di alzarli fino a sua madre che lo fissava con aria dubbiosa dalla poltrona su cui si era appena lasciata cadere, intenta a calzare un paio di decolté nere dal tacco sottile.
 
“Prego?” La donna alzò gli occhi al cielo, e suo figlio non era sicuro se fosse per lui o per le scarpe.
 
“Intendo per la cena, Blaine. Ho tutto il menu in testa, ma non riesco a decidermi con questo maledetto pollo. A Kurt piace il cherry? Perché sarebbe grandioso, il mio cherry è fantastico. Però devo ammettere che con il pomodoro si va sul sicuro... Tu che ne pensi?”
“Non saprei. Però... Vedi, mamma- ”
“Comunque pensavo di organizzare la serata nel giorno di S. Valentino, se per voi non ci sono problemi. Sarebbe una cosa carina, non trovi?” Emise un versetto di giubilo, come riuscì finalmente ad entrare nelle sue decolté.
 
“...Dannate scarpe. Sono oscenamente vecchie, ma tuo padre ci teneva così tanto... Sai, le indossavo il giorno del nostro primo appuntamento- ”
“Non credo che dovremmo fare quella cena.”
“Fu una serata memorabile! Pensa che- ...Aspetta, cosa?” Il ragazzo continuò a fissare il pavimento con aria persa.
 
“Ho detto che la cena può aspettare.”
 
Meredith lo fissò con tristezza, e a Blaine sembrava impossibile che avesse davvero smesso di parlare.
Quella sera i suoi genitori sarebbero partiti per un breve viaggio di due giorni in una piccola località appena fuori Lima, dove si erano conosciuti. Richard aveva insistito per festeggiare in grande stile il loro ventesimo anniversario di matrimonio, e Meredith non si era certo lasciata pregare.
 
Blaine tuttavia non era così felice di rimanere da solo.
 
Non essere assillato dalle chiacchiere di sua madre e dalle imprecazioni che suo padre lanciava puntualmente al televisore non lo avrebbero aiutato a distogliersi dai propri pensieri.
 
Era sabato sera, erano tre giorni che aveva consegnato a Burt quel biglietto per suo figlio, e ancora non aveva notizie di Kurt.
 
Così non poteva continuare, nel modo più assoluto: aveva bisogno di vederlo, sentire la sua voce, aveva bisogno di lui come mai aveva sentito l’esigenza di qualcuno in tutta la sua vita.
 
Blaine non piangeva, semplicemente perché non ne aveva più la forza.
 
“È per qualcosa che ho detto?” Sospirò.
“Non c’entri, mamma. Tranquilla.”
“...Per cui devo intuire che avete litigato? È così?”
“I-Io...”
“Meredith? Sei pronta?” Richard fece in quel momento il suo ingresso in soggiorno, brandendo le chiavi dell’auto come un’arma impropria, mentre si arruffava i ricci con la mano libera.
 
Blaine chiuse istintivamente la bocca, abbassando lo sguardo con aria imbarazzata.
 
Non aveva la minima intenzione di affrontare l’argomento Kurt con suo padre nei paraggi: lo imbarazzava, e oltretutto non aveva ancora avuto modo di affrontare con lui un vero discorso in merito.
 
Tuttavia, al momento era l’ultimo dei suoi problemi.
 
“Blaine? Allora?” Insistette la donna, mentre il marito l’affiancava cautamente, osservando Blaine con discrezione.
“...Ho interrotto qualcosa?”
 
Lui avvampò, e non doveva essere così: era pur sempre suo padre.
 
“No. No, davvero. Penso che mangerò qualcosa... Voi divertitevi in questi due giorni.” Meredith fece per controbattere, ma Richard la lanciò una strana occhiata, che in un qualche modo la fece trattenere.
 
Blaine non sapeva perché l’aveva fatto, sapeva solo che aveva sempre meno voglia di rimanere da solo.
Non in compagnia della sua tristezza, di quel dolore che si era trasformato in un costante formicolio al petto, che gli ovattava i battiti del cuore.
 
Improvvisò un sorriso tirato, ed era abbastanza palese che i suoi genitori stessero fingendo di credergli.
 
Meredith lo abbracciò stretto, impeto al quale Blaine cercò di rispondere come poteva: l’ultima persona che l’aveva stretto in quel modo era Kurt... e improvvisamente i suoi condotti lacrimali sembravano di nuovo funzionanti.
 
“Sicuro che non vuoi che restiamo?” Gli chiese suo padre, osservando come disperatamente stesse stringendo i denti per non farsi scappare alcuna lacrima.
Annuì, guardandoli mentre si dirigevano verso l’ingresso, fianco a fianco.
 
Quando sentì la porta serrarsi, Blaine chiuse gli occhi.
 
Quando sentì l’auto di suo padre mettersi pigramente in moto, intravide un paio di iridi chiare, attraverso le proprie palpebre chiuse.
 
Quando non ci fu più alcun rumore, Blaine non aveva più motivo per trattenere le lacrime.
 
 
                                                                             ***
 
 
Una, dieci, cento, mille volte.
 
Kurt aveva perso il conto di tutte le occasioni in cui era stato sul punto di leggere il contenuto del foglietto portatogli qualche giorno prima da suo padre.
 
Blaine era venuto personalmente sotto casa sua per consegnarglielo.
Kurt, a quella notizia, era scoppiato a piangere di nuovo.
 
Era assurdo, in effetti: aveva pianto più in quei pochi mesi che in una vita intera.
Non si era mai considerato particolarmente emotivo, ma era per via di Blaine: quando si parlava di lui perdeva ogni difesa. Si sentiva un bambino, un folle, uno sconsiderato. Forse era un suo limite non riuscire ad abituarsi a lui, o forse un fattore positivo, di questo non era certo.
 
L’unica cosa sicura a quel punto era Blaine, sotto casa sua, pochi giorni prima.
 
Se davvero avesse voluto lasciarlo non si sarebbe scomodato a venire fin lì, giusto? Oppure proprio su quel biglietto era scritto che, alla fine, si era stancato di aspettare?
La cosa più assurda era che quel pezzo di carta era , sotto le sue dita tremanti, e lui non riusciva umanamente ad aprirlo.
 
Aveva paura, troppa paura di saperne il contenuto, e del tutto impreparato alla propria reazione: non si conosceva, quando si trattava di Blaine.
E amava scoprirsi sotto quel punto di vista. O almeno l’aveva amato, prima che tutto si spezzasse.
Forse stava davvero esagerando, forse era un azzardo troppo spropositato rischiare di perderlo, eppure non poteva smettere di pensare a come avesse rivelato a tutti la loro storia, quando lui l’aveva pregato espressamente del contrario.
 
Non capiva perché non ne avesse parlato prima di fare qualcosa del genere, e si era sentito tradito.
 
Era assurdo, perché in quel momento più che mai avrebbero dovuto essere l’uno affianco all’altro: era una situazione difficile, e sostenersi reciprocamente sarebbe stato importante per entrambi.
 
E invece era più di una settimana che non si vedevano e non si sentivano.
 
Ed era tutta colpa sua.
 
Blaine aveva continuato a scrivergli, e probabilmente stava soffrendo a causa del proprio stesso gesto, in quella scuola che ormai conosceva il loro segreto.
 
Non sapeva più cosa pensare, né dove sbattere la testa.
 
Il suo rifiuto categorico di avere un qualsivoglia contatto con lui stava diventando ridicolo, e la sua paura di perderlo era assurda, rapportata a quei messaggi che continuava a cancellare, allontanandosi da lui sempre di più.
Tutto era il controsenso di tutto, e ciononostante non riusciva a perdonarlo, e tantomeno a pensare lucidamente.
 
Perfino l’ammissione della sua storia con Blaine a suo padre era caduta nel dimenticatoio nel giro di mezza giornata, e davvero, avrebbe dovuto rimediare anche a questo, perché non poteva limitarsi a dire che Blaine era il suo ragazzo – sempre se a quel punto le cose stessero ancora così – senza l’aggiunta di una mezza spiegazione in merito.
 
Dio.
Era stato pessimo, davvero.
Cosa gli era saltato in testa?
Se solo avesse avuto modo di-
 
“Posso entrare?” Kurt sobbalzò, come una delle tante persone che da giorni evitava si presentò senza preavviso sulla soglia della sua stanza, socchiudendo la porta quel tanto che bastava per sbucare appena con la testa.
 
Finn gli rivolse un sorriso impacciato mentre, senza aspettare una risposta, si introduceva goffamente nella stanza, con le mani impedite da un vassoio.
Kurt non sapeva cosa dire, così si limitò a fissarlo, con la bocca socchiusa dalla sorpresa.
 
“Ho portato dei biscotti, spero ti piacciano. Io... mmh... mia madre ha detto che di solito mangi questi, non ci avevo mai fatto caso, insomma, sai...” Borbottò, appoggiando sul comodino del fratellastro due tazze di quello che sembrava latte caldo, e una confezione dei biscottini dietetici che mangiava alla mattina, affiancati da una fetta di torta al cioccolato.
 
Kurt osservò il tutto senza proferire parola.
Finn studiò la sua espressione impassibile, grattandosi la nuca.
 
“Ehm... La torta l’ho portata per me, sai: da mangiare con il latte.” Il giovane Hummel era talmente stranito da tutto quello che, per qualche lungo istante, dimenticò di provare imbarazzo per il fatto che Finn sapesse tutto, esattamente come il resto del McKinley.
 
Poi la consapevolezza lo travolse, facendolo rannicchiare un po’ più in là sul materasso.
 
“Finn- ”
“Scusami se non sono venuto a parlarti prima, ma penso mi ci sia voluto un po’ per... insomma, organizzare le idee.”
Kurt non aveva il coraggio di guardarlo in faccia, neanche avesse fatto del male a qualcuno, quando la sua unica colpa era di essersi innamorato di un altro ragazzo.
Perché il mondo non riusciva ad accettarlo?
 
Finn non aggiunse niente per un po’, cosa che costrinse Kurt ad alzare lo sguardo su di lui, ancora in piedi di fronte al suo letto.
 
Aveva un’aria calma ma concentrata. Non l’aveva mai visto così prima d’ora.
 
“Devo parlarti di una cosa.”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Eccoci qui ^_^
...Pronti ad amare Finn Hudson, ragazzi e ragazze *-*? Ok, ormai il mio debole per quel bietolone è dichiarato ed esplicito, per cui sì, non c’è da stupirsi di ciò che accadrà nel prossimo capitolo u_u ...Awww *-* latte & lady chat made in Furt... *-* Ok, la smetto.
Perciò? Cosa ne pensate della chiacchierata Burt/Blaine?  E la famiglia Anderson?? Come sempre sono curiosissima di leggere i vostri pareri :D
A giovedì <3
 
Dal prossimo capitolo:


Raggiunse il salotto a passi strascicati, mentre il citofono continuava a trillare insistentemente.
Stava per arrivare alla porta quando il cellulare gli vibrò in mano, e per poco non lo lasciò cadere a terra dalla sorpresa.”

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Capitolo 28
*** Capitolo 28 ***


Happy Klainversay *-*!!
Io... Io boh. Io non ho veramente parole per dire quanto amo questo fandom, e fino a che punto quello di oggi sia stato un giorno speciale ç___ç E sì, sarà da pazzi emozionarsi per i personaggi di un telefilm, ma prima di tutto non ho mai preteso di essere normale (ormai mi conoscete, dopotutto u.u) e in secondo luogo... se siamo qui, sappiamo benissimo che Kurt e Blaine sono molto più di questo. Per quale motivo se no saremmo qui a scrivere e a leggere di loro, a emozionarci e a ritrovarci nei loro sentimenti, nel rispetto e nel coraggio, che nessuno, personalmente, è stato in grado di infondermi meglio di loro?
...Sì, oggi sono un po’ sentimentale, ma vista la giornata non provo neanche a trattenermi, e abbraccio con tutto il cuore ognuno di voi, e questo sito che mi ha fatto ‘incontrare’ persone meravigliose. Sono felice che il capitolo di stasera sia capitato proprio in questo giorno: non poteva esserci momento migliore, e non era nemmeno voluto T__T
Ringrazio infinitamente P e r l a, elisabethy92, YouArePerfectToMe, Tallutina, CrissColferIsOnBitches, violanassi, Maggie_Lullaby, BeatriceS, Alessandranna, saechan, Me_Mi, KIAsia, aleka_80, Evy78, Guzzy_12, sandy_hachi, GiNeVrA_21, sakuraelisa, Fiby AndersonBass_, Oceanic 6, GinnyIris93, Meg___Gleek, _marti, lolaly, LexyDC__, nem e JulesCullenMeyer che hanno recensito lo scorso capitolo, e ringrazio un po’ chiunque abbia dato una possibilità a questa storia, mettendola tra preferite, seguite, ricordate o semplicemente leggendola :’)
 




Questo capitolo è per noi, che esattamente un anno fa siamo saltati sulla sedia, sul divano o sul letto a quel
“Oh, there you are! I’ve been looking for you forever” e che oggi, 365 giorni dopo, siamo ancora qui.

Insieme.

 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
“Devo parlarti di una cosa.”
 
Kurt lo guardò interdetto, sforzandosi di concentrarsi sul fatto che in fondo era pur sempre Finn, il suo fratellastro, qualcuno che di certo non avrebbe cambiato opinione su di lui per il solo fatto che fosse gay.
Perché non lo avrebbe fatto, giusto?
 
Finn indicò con un cenno del capo il letto su cui Kurt era raggomitolato a gambe incrociate.
“Posso sedermi?” Annuì cautamente, mentre lui si lasciava cadere sul bordo del materasso, cercando di stabilire un qualsivoglia contatto visivo.
 
“Non puoi rimanere a casa da scuola per sempre.” Esordì il ragazzo, dopo aver preso un profondo respiro.
“E soprattutto non puoi snobbare così me e gli altri ragazzi del Glee. Hai idea di quando sia in ansia Mercedes? E Rachel? E tutti gli altri? Perfino Santana ha chiesto di te.”
 
Aveva ragione.
Su tutto, ma non sopportava l’idea di ammettere di essere stato così orribile con tutti, di aver deluso nuovamente i suoi amici, e forse anche suo padre.
 
Se solo Blaine non avesse fatto girare quella stupida notizia...
 
“Quindi è per questo che sei qui? Per farmi la predica?” Scattò sulla difensiva, del tutto incapace di affrontare quella situazione. Finn si rabbuiò, abbassando lo sguardo.
“Io... no. Mi dispiace. Non era questo che intendevo dire.” Allungò a Kurt una delle tazze di latte, afferrando a sua volta la propria.
 
“Non volevo accusarti di niente, è solo... Non dovremmo essere fratelli, noi due? Una specie di famiglia?” Kurt lo fissò, senza capire.
“Mi è dispiaciuto venire a sapere che sei-... quelle cose su di te per sbaglio. Credevo me ne avresti parlato. Tutto qui.”
 
Kurt spalancò gli occhi.
Aveva immaginato qualsivoglia tipo di reazione da parte del suo fratellastro, ma di certo quella non era contemplata. Aveva creduto che il loro rapporto sarebbe diventato imbarazzante, che ci sarebbero state brevi occhiate apatiche, atteggiamenti strani e via su quella corrente.
 
Era pronto a tutto.
 
Tutto tranne quello.
 
“Finn...”
“Non lo dico per farti sentire in colpa!” Si affrettò ad aggiungere. “Anzi, in realtà sono qui per la ragione opposta: volevo dirti che puoi stare tranquillo, perché per quel che conta io e gli altri ti staremo vicini, e non ha importanza se sei gay: non cambia le cose.”
 
Kurt non sapeva cosa pensare, così si limitò ad annuire, fissando un punto impreciso sul pavimento.
“...Non posso dire di sapere come ci si sente, ma so cosa significa essere presi di mira per qualcosa di cui non si ha colpa. Prendi noi del Glee Club, ad esempio: ci riempiono di insulti e tutto il resto, senza avere una mezza ragione. Ed è così anche per te, o almeno credo...” Balbettò e, prima che potesse farfugliare altro, Kurt decise di interrompere ciò che inevitabilmente si sarebbe concluso con un povero Finn imbarazzato oltre ogni immaginazione, senza saper più cosa inventarsi per rassicurarlo.
 
“Grazie Finn. Davvero.” Lui sorrise sollevato, bevendo un sorso di latte.
“...Sai, non so come ho fatto a non accorgermene. Insomma, viviamo insieme da anni, e io- ”
“Ti mette a disagio?” Domandò preventivamente Kurt, cercando nel suo sguardo ogni traccia di malessere. Finn sbatté le palpebre.
 
“Cos- ...No! Non è questo. Dico solo che è strano, e se ripenso a tutto i mesi che hai passato con Brittany... Non so davvero come hai fatto. Nel senso, io non riuscirei a stare con un ragazzo. Senza offesa.” Kurt sorrise, improvvisamente sollevato. Non sapeva per quale ragione, eppure sapere che per Finn le cose non fossero minimamente cambiate lo riempiva di gioia.
Era come un primo passo, una speranza che anche alle altre persone non sarebbe importato, che non lo avrebbero visto e trattato diversamente da prima.
 
In cuor suo sapeva che si trattava di un proposito irrealizzabile, tuttavia non poteva evitare di augurarselo, almeno per quanto riguardava i suoi amici.
 
“Si possono fare tante cose per necessità.”
“Mi dispiace. Che sia così dura, intendo.” Kurt annuì, prendendo un sorso del suo latte ancora tiepido.
Finn gli diede una pacca impacciata sulla spalla.
 
Bevvero in silenzio per qualche minuto.
 
“...Kurt? Posso chiederti una cosa?”
“Certo.” Finn trasse un profondo respiro.
“Perché hai litigato con Blaine?” Kurt si irrigidì, e tutto il suo corpo si tese sotto il suono di quel nome.
Era strano.
Era la prima volta che parlava con qualcuno che conosceva ciò che c’era tra lui e Blaine: si sentiva esposto, vulnerabile, e tremendamente imbarazzato nel constatare quanto fosse evidente quello che provava.
Si mosse a disagio sul letto, arrossendo.
 
“Ehm... Scusa, non intendevo essere così diretto, è solo... Voi due state... state insieme, no? Lui a scuola ne sta passando tante, per quanto noi cerchiamo di proteggerlo... Mi stavo chiedendo perché non fai niente per stargli vicino.”
 
Kurt ringraziò che le parole non potessero uccidere perché, se così fosse, di lui non sarebbe rimasto altro che un mucchietto di cenere.
 
Lui a scuola ne sta passando tante.
 
Non fai niente per stargli vicino.
 
...Che cosa aveva fatto?
 
Come aveva potuto, quale demone si era impossessato di lui quando cancellava i suoi messaggi, ignorandolo completamente per via dei propri stupidi capricci sulla fiducia?
D’accordo, si sentiva ferito, e non sapeva nemmeno se le cose avrebbero mai potute tornare come prima, ma doveva guardare in faccia la realtà: era il momento di mettere da parte le sue paranoie e stare al fianco di Blaine, sempre che lui lo volesse ancora con sé.
 
Perché, perché lo era andato a dire in giro?
 
Perché aveva rovinato tutto? Perché, dopo tutte le cose incredibili che aveva fatto per lui gli aveva lasciato la mano, facendolo precipitare nel vuoto?
 
“Kurt! Non... non essere triste. La mia era solo una domanda- ”
“Pensavo sapessi perché abbiamo litigato. Non credevo si fosse fatto scrupoli a raccontare anche questo.” Sbottò sulla difensiva, in un’ultima, strenue tutela di ciò che per tutto quel tempo aveva usato come giustificazione con se stesso.
Finn spalancò gli occhi, fissandolo confuso da dietro il suo bicchiere mezzo vuoto.
 
Anche questo? Che vuol dire? Cosa ha raccontato in giro?” Kurt si lasciò andare a una risata amara, scuotendo la testa.
“Forse non l’ha detto a te in particolare, ma è stato lui il primo a far circolare la voce che noi... Insomma, sai.” Il ragazzo sembrò prendersi qualche attimo per riflettere prima di aprire bocca.
 
“Non è vero.”
 
“...Prego?” Finn appoggiò il bicchiere vuoto sul comodino.
“Blaine non ha detto proprio niente su di voi. Voglio dire, sarebbe stato strano, no? Perché farlo se significava essere presi di mira a scuola?” Kurt non riusciva a capire.
“E tu come fai ad essere così sicuro?”
“Perché vi ho visti.”
“C-Cosa?”
“Il giorno della prima partita di campionato.
Sono stato in panchina per buona parte del tempo, e... sai, c’erano i fari a illuminare il campo, così quando mi sono voltato a prendere il cellulare dalla borsa per chiedere a Rachel se ci eravamo piazzati alle Nazionali, mi sono accorto di qualcuno sotto gli spalti. Ho guardato per un po’, e ho capito che eravate tu e Blaine.”
 
Kurt si rifiutò categoricamente di considerare il fatto che il suo fratellastro li avesse visti insieme in quel modo, per il semplice fatto che non avrebbe retto all’imbarazzo, e ora aveva solo bisogno di sapere.
 
“...Ok. Tu lo sapevi ancora prima che Blaine lo dicesse a tutti gli altri, però- ”
“Non sono una persona molto... ehm... discreta. Credo che anche qualcun altro si sia accorto che vi stavo fissando...” Kurt sentì il cuore sprofondargli nello stomaco. Qualcosa gli permise di alzarsi in piedi di scatto, con gli occhi spalancati e una fiamma di ansia che gli divorava il petto.
“Chi altro ha visto?”
“I-Io... non saprei, non mi ricordo...”
“Finn! Sforzati, ti prego!” Il ragazzo si allarmò dall’angoscia del fratellastro, iniziando a pensare freneticamente.
“Beh, in panchina eravamo davvero pochi, visto che molti ragazzi della squadra sono nel Glee, ed erano alle premiazioni- ”
 
Un nome, Finn.”
 
“Gregor.”
 
Per poco le ginocchia non gli cedettero, facendolo ricadere sul letto.
La verità lo colpì come un macigno, abbastanza forte da stordirlo.
 
Non era stato Blaine.
 
Non era stata colpa sua sin dall’inizio: non gli aveva mentito quel giorno fuori da scuola, non l’aveva tradito, niente di tutto questo.
Si era limitato ad essere Blaine, solo Blaine, il suo primo amore, il ragazzo che era riuscito a far sì che smettesse di detestarsi, che convogliasse la sua rabbia in qualcosa di meno autodistruttivo.
 
E lui l’aveva lasciato ad affrontare quell’inferno da solo.
 
Aveva dubitato di lui, della sua sincerità, dopo tutto quello che avevano passato insieme: per l’ennesima volta aveva lasciato che la paura cieca e irrazionale lo schiavizzasse, allontanandolo dalla realtà.
 
“Lo sapevo. Sapevo che non era possibile... Come ho potuto fargli questo?” Finn lo guardò con preoccupazione , socchiudendo la bocca.
 
“...Kurt?” Lui afferrò d’istinto il bigliettino piegato sulla coperta, aprendolo senza esitazione.
 
– Kurt,
non credo mi farai entrare in casa, così ti lascio questo biglietto, dato che dubito leggerai i miei sms. Volevo solo che sapessi che non sono stato io a raccontare in giro di noi due, ma Gregor. L’ha scoperto Santana... Ti spiegherò meglio a voce come. E poi Kurt, soprattutto, la foto di cui hai tanta paura NON ESISTE! Capito? Non te ne devi più preoccupare. Da quanto mi ha riferito Santana, erano tutte troppo mosse perché si capisse che eri tu, e un filmato non sarebbe servito, perché sarebbe stato chiaro che era contro la tua volontà. E se era contro la tua volontà come avrebbero fatto a ricattarti, quei bastardi?
Ho avuto il sospetto che fosse un bluff sin dall’inizio: mi avevi detto che Anthony e Gregor l’avevano guardato strano quando aveva detto di avere tra le mani quella foto, che tra l’altro non ti ha mai mostrato.
Chiamami quando leggi questo biglietto. Non ce la faccio a stare senza di te e mMi manchi da morire. Mi uccide l’idea che continui a preoccuparti per qualcosa che non esiste, ti prego...
Ho bisogno di te. I tuoi occhi, i tuoi baci, il modo in cui sorridi, e Ti aspetto.
                                                                                                                                                  Blaine –
 
“Kurt? Stai tremando!”
Esclamò preoccupato Finn, alzandosi goffamente dal letto per dirigersi verso il fratellastro.
Kurt, semplicemente, non si era mai sentito più stupidamente felice.
 
Lo amava.
 
Era così ridicolmente innamorato di Blaine da non avere nemmeno la forza di prendersi a schiaffi da solo per aver dubitato di lui.
 
Doveva chiamarlo subito.
 
Doveva- No.
 
Non l’avrebbe chiamato.
 
Afferrò l’orlo della propria maglietta, sfilandosela agevolmente da sopra la testa mentre con la mano libera raggiungeva l’elastico dei pantaloni, abbassandoseli talmente in fretta da rischiare di inciampare, quando gli si accartocciarono ai piedi.
 
Finn boccheggiò.
 
“C-Che stai facendo...?” Kurt si precipitò fino al proprio armadio, spalancando le ante quasi con violenza.
“Per l’amor del cielo Finn! Abbiamo giocato a football insieme per più di un anno: non è la prima volta che mi vedi in mutande.” Snocciolò, mentre, preso dall’euforia, metteva sottosopra l’intero contenuto del cassetto delle camice, alla ricerca di ciò che cercava.
 
“No! Non è questo, solo... Perché stai buttando tutto per aria?” Kurt non rispose, fino a quando non estrasse con successo ciò che cercava. Indossò con tutta la cura che la fretta gli permetteva una camicetta celeste a righe scure, che sapeva essere apprezzata particolarmente da Blaine.
Si avvolse intorno al collo una sciarpa grigia, voltandosi poi verso Finn, che lo fissava stralunato.
 
Afferrò la spazzola sulla scrivania, ringraziando il cielo di aver fatto la doccia quello stesso pomeriggio, con annessa una messa in piega decente. Accennò al fratellastro lo schienale della propria sedia con un gesto del capo, mentre era intento a sistemarsi i ciuffi in testa.
 
“Quelli. Passameli.”
Finn - ormai completamente succube della situazione – afferrò l’unico paio di jeans nelle vicinanze a dove gli era stato indicato e con una mossa repentina li lanciò al fratellastro, che li afferrò al volo.
 
Kurt appoggiò la spazzola con una smorfia, ovviamente insoddisfatto dei propri capelli. Infilò la prima gamba nei pantaloni, saltellando pericolosamente in tutte le direzioni.
 
“Kurt? Sicuro di farcela...?” Domandò premurosamente l’altro, andandogli incontro.
Il giovane Hummel riuscì miracolosamente a entrare nei suoi pantaloni, cosa assolutamente non scontata, dato che erano abbastanza stretti da stritolargli le gambe.
 
“Sì. Io... sì. Vado a lavarmi i denti. Tu cerca sotto al letto: stivali grigio scuro sotto il ginocchio.” Ordinò, facendo per uscire dalla stanza.
“I denti? Perché?” Lui arrossì.
“...Limitati a cercare gli stivali.”
 
Finn ne estrasse qualche paio che lui reputava sostanzialmente identici, idea destinata a mutare dopo essersi sentito rimproverare circa la sua ignoranza sulle diverse tonalità di grigio.
Kurt infilò uno dei modelli che il fratellastro aveva riesumato, ficcandosi poi il cellulare in tasca.
 
“D’accordo. Ci siamo.”
“...Ora posso chiedere perché ti sei vestito di tutto punto, alle nove di sera?”Kurt lo guardò fisso negli occhi, facendo di tutto per non dare a vedere il proprio imbarazzo.
 
“...Avrei bisogno di un favore, Finn. Puoi aiutarmi?” Lui sgranò gli occhi, vagamente terrorizzato.
“Io... C-Credo di sì...?”
“Benissimo. Avrei bisogno che mi prestassi la macchina. Oh! Se mio padre o Carole chiedono qualcosa, io sono da Mercedes.” Disse, lanciandogli la migliore delle sue occhiate persuasive.
Finn parve rilassarsi un tantino.
“Uh. Penso di poterlo fare. Va bene.” Acconsentì con un sorriso, che Kurt ricambiò con entusiasmo.
“Grazie Finn. Per tutto: non hai idea di quanto sia in debito con te.”
“Siamo pur sempre fratelli. Beh, più o meno.”
 
Kurt lo abbracciò velocemente, per poi fiondarsi a tutta velocità giù per le scale, sotto lo sguardo ancora stranito del quarterback.
 
“Le chiavi della macchina sono nella ciotola vicino all’ingresso!”
 
 
                                                                                      ***
 
 
Blaine si fece rigirare il cellulare in mano, con gli occhi fissi al soffitto.
 
Non sapeva da quanto tempo era lì immobile, senza riuscire a calmarsi.
Le aveva provate tutte: gli aveva scritto messaggi, aveva tentato di chiamarlo, era andato addirittura sotto casa sua. Per quanto si spremesse le meningi, non gli veniva in mente nessun altro modo per stargli vicino.
 
Eppure stare lì seduto era una tortura.
Si sentiva inutile, stupido e completamente folle , tuttavia non riusciva a smettere di pensare a Kurt, nonostante tutto il male che faceva.
 
Digitò l’ennesimo messaggino che lui non avrebbe mai letto, nel semplice desiderio di creare un qualche tipo di contatto, reale o immaginario che fosse.
 
Sabato 04 febbraio 2012 21:17
– Vuoi la verità? Non ce la faccio più. Sarò un idiota, ma mi sento uno schifo totale senza di te. Avevi detto che non mi avresti mai detto addio... Se non è così fammelo sapere prima possibile, per favore. –
 
Blaine premette su invio, esattamente un attimo prima che il campanello suonasse.
 
Il ragazzo si alzò barcollando, mentre si lisciava come poteva i jeans e la maglietta stropicciati.
In tutta probabilità si trattava di sua madre o suo padre che avevano dimenticato qualcosa a casa, anche perché i venditori porta a porta avrebbero dovuto essere davvero disperati per scampanellare alle nove passate di sabato sera.
 
Si passò il braccio sugli occhi gonfi, e con la mano libera si sondò i ricci scompigliati.
Era un completo disastro, e non aveva neanche la forza per deprimersene.
 
Raggiunse il salotto a passi strascicati, mentre il citofono continuava a trillare insistentemente.
Stava per arrivare alla porta quando il cellulare gli vibrò in mano, e per poco non lo lasciò cadere a terra dalla sorpresa.
 
Ok, non doveva farsi illusioni: probabilmente era Wes, che si lamentava per la sua misteriosa sparizione dal giorno delle Regionali a quella parte.
 
Oppure Nick, David, Jeff, o i ragazzi delle New Directions.
 
Eppure, mentre apriva sms e porta insieme, non poté impedire la nascita di una timida speranza, da qualche parte in fondo al suo cuore.
 
– Vuoi la verità? Tu non sei un idiota, ma lo sono decisamente, e spero solo che potrai perdonarmi. E sì, avevo detto che non ti avrei mai detto addio, ed è così, e lo sarà sempre. –
 
Se non fosse stato certo del contrario, Blaine avrebbe potuto giurare che il suo cuore avesse smesso di battere.
 
Perché aveva appena aperto la porta, e Kurt era lì.
 
Era lì con la sua pelle candida, che per prima aveva notato, quel giorno di inizio settembre che sembrava lontano anni luce. Era lì con i suoi occhi incredibili, un po’ arrossati, eppure così limpidi e belli da togliere il fiato. Con le stesse labbra rosee, morbide e seducenti dell’ultima volta.
 
Era lì con il cappotto scuro allacciato fin sotto al mento, lo stesso della loro prima cena insieme, e un sorriso autentico, triste, dolce e incredibile, che Blaine non sapeva definire.
 
Sarebbe potuto morire in quel momento, se solo non si fosse trovato improvvisamente sotto gli occhi l’esatto motivo per cui valeva la pena respirare.
 
“K-Kurt ...?” Chiese. Perché non lo sapeva, non poteva essere certo se si trattasse solo di un sogno, di una visione, non dopo tutto quello che era successo.
 
“Sono un idiota.”
 
“Cos- ”
 
“Ti ho accusato di qualcosa che non hai fatto, non ti ho creduto, ti ho lasciato solo ad affrontare quello che sta succedendo a scuola, io... Io lo capirò se vorrai lasciarmi, davvero. Ti ho fatto del male ed è una cosa che non posso perdonarmi, e mi dispiace talmente tanto che non so nemmeno come dirtelo.”
 
Lo disse tutto d’un fiato, e Blaine si perse da qualche parte a metà del discorso, preso com’era dal suono angelico della sua voce. La stessa che aveva sentito ridere, piangere, pronunciare il suo nome in quel modo che lo rendeva così dannatamente perfetto.
Lo amava talmente tanto che rasentava il patetico, ma non poteva né voleva fare nulla al riguardo.
 
“Kurt. Hai letto quei messaggi? Anche solo uno di quelli che ti ho mandato?”
 
Kurt spalancò gli occhi, ovviamente sorpreso da quella domanda che ben poco c’entrava con quello che aveva detto. Scosse piano la testa, abbassando lo sguardo.
 
“Io... Mi dispiace. Ero arrabbiato, e stupido, e- ”
“Grazie al cielo.” Kurt inarcò le sopracciglia.
“...Come?”
“Sono contento che tu non li abbia letti, perché c’era qualcosa che meritava di essere detta a voce. E non sei uno stupido, né idiota, né nessun’altra cosa del genere. Sei solo un ragazzo meraviglioso che un gruppo di sadici ha spaventato a morte.”
 
Lui stava per protestare, ma Blaine gli prese entrambe le mani, seminascoste dalle maniche del cappotto.
 
E io ti amo.
Avrei voluto dirtelo ogni minuto di ogni giorno questa settimana, così l’ho scritto in quei messaggi, ma mi dispiaceva che lo venissi a sapere così. Per questo sono felice che non li hai letti, e sono felice di potertelo dire adesso. Ti am- “
 
Blaine non riuscì a terminare il concetto che la bocca di Kurt era già premuta sulla sua, e davvero, mai aveva reputato più gradevole essere interrotto.
 
Le loro labbra si incontrarono, e a un tratto il tempo riprese a scorrere, le stelle tornarono a brillare e il suo cuore ricordò come battere.
 
Era lui.
 
Dio, era lui!
 
Quante persone hanno la fortuna di incontrare la parte mancante del proprio cuore, della propria anima? Per quanto tempo devono vagare a vuoto, prima di trovarla?
Invece lui aveva trovato Kurt.
Kurt aveva trovato lui.
Per questo faceva così male quando non erano insieme, per questo aveva rischiato di impazzire all’idea di perderlo.
 
Semplicemente si rifiutava di sentirsi strappare via la parte più importante di sé, quella che contava davvero. Rifiutava di allontanarsi da lui, perché c’era un filo invisibile ad unirli, quel cappio spaiato che ci trasciniamo dietro fino a trovare un laccio compatibile a cui saldarlo.
 
Era lui.
 
Lo cercava da sempre.
 
Kurt lasciò la presa sulle sue mani, facendo risalire le proprie lungo le braccia di Blaine, oltre le spalle, fino a stringersi attorno al suo collo. Il moro gli cinse saldamente la vita, stringendoselo più vicino di quanto non avesse mai fatto.
 
Aveva l’esigenza di sentirlo, di avvertire la consistenza del suo corpo sotto le dita, contro il petto, su di lui.
 
Kurt si staccò dalle labbra di Blaine, senza tuttavia sottrarsi all’abbraccio in cui erano avvinghiati. Lo guardò dritto negli occhi, e quelle due pozze chiare erano abbastanza vicine da farlo capitolare.
 
“Anch’io ti amo, Blaine. Mi dispiace tantissimo, per tutto, e non ti merito neanche lontanamente, ma è così: ti amo, ti amo da impaz- ”
 
Fu Blaine, questa volta, a smorzargli le parole sulle labbra.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 
 
 
Ok, per una volta non dico nulla, limitandomi ad aspettare trepidante i vostri pareri *-*!!
...Happy Klainversary!!! *manda baci*
 
Dal prossimo capitolo:

 
- “Beh... Come ti dicevo mi sei mancato da morire in questi giorni, e io vorrei solo sentirti più-... ehm... vicino...?” -

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Capitolo 29
*** Capitolo 29 ***


Buon inizio settimana a tutti :D
Dunque, prima tutto devo dire che sono ancora in overdose da zuccheri grazie al Klaine week *Q* ...No, non ho intenzione di rimpiangere neanche mezza della one-shot meravigliosamente diabetiche che ho letto u.u
Beh, fatto sta che stamani mi sono svegliata con un bel mal di stomaco, e già iniziamo male, e poi oggi dopo scuola entro su EFP, e... Seblaine week? Davvero?? Io... meglio che non mi pronunci, e che vada a rileggermi qualche meraviglia Kurt/Blaine, perché... Boh. Sarò folle, ma li vedo così innamorati che tutti gli altri paring mi sembrano impossibili... Ok, la smetto con le mie menate da Klainer integralista (cosa che non smetterò mai di essere, tra l’altro *-*...) e passo a parlare del capitolo ;)
Dunque, che dire? A tutta Klaine, miei cari ù.ù E a tutto fluff... Fossi in voi mi armerei di insulina, ne serve davvero tanta stavolta :S ...Dai, non anticipo nulla e mi faccio risentire nelle note finali, dato che come al solito ho già scritto troppo >.<  *senza speranza*
Dunque, prima di eclissarmi davvero, ci tengo a ringraziare tutte le supermegafoxyawesomehot persone che hanno aggiunto questa storia a seguite, preferite o ricordate: siete fantastici :’)
Inoltre, un abbraccio particolare va a P e r l a, Maggie_Lullaby, violanassi, aleka_80, Meg___Gleek, Misato85, Joick, Guzzy_12, Chris_91, CrissColferIsOnBitches, belinda andreani, BeatriceS, Alessandranna, _Lulina_, KIAsia, YouArePerfectToMe, nem, saechan, sakuraelisa, LexyDC__, GiNeVrA_21, Oceanic 6, sandy_hachi, Evy78, Tallutina, elisabethy92, Fiby AndersonBass_, Me_Mi, mikygleek91, GinnyIris93, JulesCullenMeyer e LUcy__ che hanno recensito lo scorso capitolo ♥♥

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Blaine non era certo di quanto tempo ci aveva messo a realizzare di essere ancora sulla soglia di casa.
 
Sarà stato per la sorpresa di trovarsi Kurt sotto gli occhi all’improvviso, magari per come si era scusato senza che lui lo pretendesse nel modo più assoluto... o più probabilmente per il trasporto che il suo ragazzo stava mettendo in quel bacio che li univa da ormai svariati minuti e beh, doveva essere quello, perché Blaine aveva scoperto che non esisteva situazione al mondo che mandasse più efficacemente a farsi benedire la sua già precaria percezione spaziotemporale.
Kurt gli stava letteralmente tirando i capelli, e lui non aveva mai trovato nessun dolore più dannatamente piacevole.
 
“K-Kurt...?” Il moro si detestò profondamente per essersi separato dalla bocca dell’altro, nel galante proposito di invitarlo ad entrare anziché rimanere davanti all’ingresso a strusciarsi uno sull’altro con tanto di cappotto addosso.
 
Kurt lo guardava confuso e leggermente affannato, e Blaine si ritrovò ad indugiare sulle labbra che aveva davanti: arrossate e umide e calde e...
 
Uh.
 
Questo non aiutava affatto.
 
“Blaine? Cosa c’è?” Il ragazzo si risvegliò dai suoi poco edificanti sogni ad occhi aperti, rincontrando lo sguardo di Kurt.
“Niente. E’ solo che sei arrivato da un po’ e non ti ho neanche invitato ad entrare- ” Scorse un lampo negli occhi del suo ragazzo e, di qualunque cosa si trattasse, gli fu sufficiente per dire addio a ciò che rimaneva dei suoi poveri ormoni, decimati dalla dannata perfezione di Kurt Hummel.
 
Il suddetto ragazzo sembrò accorgersi dell’effetto che gli faceva, perché si concesse un sorrisetto compiaciuto prima di entrare senza troppi preamboli oltre la porta ancora socchiusa di casa Anderson.
 
Blaine lo seguì chiudendosi l’uscio alle spalle e, mentre faceva scattare la serratura, avrebbe potuto scommettere tutte le sue scorte di gel che Kurt era esattamente lì, a due passi da lui.
Ed era strano, perché non era certo la prima volta che metteva piede in casa sua: avrebbe semplicemente potuto avviarsi verso il salotto invece di-
 
Oh.
 
Beh, questo era decisamente meglio.
 
Non fece nemmeno in tempo ad allontanare la mano dalla maniglia che Kurt aveva già annullato la breve distanza che li separava, premendosi quasi violentemente contro di lui, fino a quando non lo inchiodò con successo tra la porta e il suo stesso corpo.
 
Le loro labbra cozzarono le une sulle altre e Blaine rimase senza fiato, cercando in tutti i modi di scollegare il cervello e abbandonarsi alla sensazione di quella bocca calda e bagnata sulla sua, al modo in cui le loro lingue si incontravano di loro spontanea iniziativa.
 
Provò di tutto, per impedire alla sua stupida memoria di ricordargli quando, anziché a una porta di legno, era appoggiato a una colonna, sotto gli spalti di un campo da football.
 
Eppure, per quanto la buona iniziativa sia ammirevole, c’è ben poco di concretamente utile ad annullare i capricci di una mente segnata da brutti ricordi.
 
Era semplice, dopotutto. Si trattava di un concetto facile, inesorabile:
 
Li avevano visti.
 
E poi avevano sconvolto il loro mondo.
 
Cosa ne sarebbe stato di ciò che li univa, adesso?
Di quell’amore che ad entrambi era costato tanto confessare, come se fosse qualcosa da insabbiare, da tenere segreto? E Blaine lo sentiva ancora nelle orecchie quel ‘ti amo anch’io’ che aveva fatto a pezzi in un istante ogni rimpianto, ogni errore della sua vita.
Perché gli era bastato sentire quelle parole, gli era bastato guardarlo negli occhi mentre le pronunciava per capire che era vero.
 
Ed era esattamente così che stavano le cose: si amavano.
Erano due ragazzi, e si amavano.
 
Poco male se da quel momento in avanti qualcuno avrebbe condannato, mortificato o sminuito quello che c’era tra loro, perché adesso se l’erano detti, lo sapevano.
Bastava questo, giusto?
Bastava che loro due avessero la certezza l’uno dell’altro, e non si sarebbero accorti di quanto, dopo quel pettegolezzo, il mondo si stesse sbriciolando attorno a loro, calciandoli fuori dal loro personale angolo di paradiso. Ed era così, dopotutto. Ora che ogni cosa era andata a monte e non restava nessuna copertura a cui aggrapparsi, nessuna maschera, niente.
 
Da quella sera erano Kurt e Blaine, da quella sera restavano solo loro.
 
Solo loro.
 
Bastava?
 
“Scusami. Mi dispiace. Non avrei dovuto saltarti addosso in quel modo.” Blaine riaprì gli occhi, talmente stordito da tutta quella situazione che a mala pena si accorse di Kurt che faceva un passo indietro, guardandolo con preoccupazione e un pizzico di imbarazzo.
 
 “...Cosa? Perché?” Il ragazzo distolse lo sguardo.
“Beh, ti sei irrigidito come un pezzo di legno quando ti ho, sai... contro la porta...” Blaine non poté fare a meno di sorridere.
“Mi dispiace, Kurt. Non era a causa tua, stavo solo pensando ad alcune cose... Comunque ora che siamo in casa puoi toglierti il cappotto, sai?” Kurt guardò confuso l’indumento citato da Blaine, come se si ricordasse solo in quel momento della sua esistenza.
 
“Pensavi a cosa, esattamente?”
“A noi due. E a cosa faremo adesso che tutta la scuol- ”
 
Uh.
 
Non era possibile.
 
Non poteva fargli questo.
Perché, perché Kurt si divertiva a torturarlo in quel modo?
 
Che poi davvero, avrebbero dovuto fare seriamente qualcosa riguardo i vestiti in cui si infilava il suo ragazzo. Una legge, magari.
Portava un paio di jeans che in tutta probabilità aveva pensato bene di tatuarsi addosso, dato che non era umanamente plausibile infilarsi in qualcosa di così dannatamente stretto.
Poi una camicia. Anzi, la camicia: Kurt sapeva fin troppo bene quanto Blaine adorasse quel pezzetto di stoffa, o più ragionevolmente adorava come cadeva su chi c’era dentro.
 
...E una sciarpa.
 
Ok, questo era divertente.
 
Lui sapeva, sapeva benissimo che ogniqualvolta metteva quella dannatissima camicetta tutto ciò che Blaine poteva fare era sbavare neanche troppo velatamente sul suo collo, che i primi bottoni slacciati lasciavano abbastanza scoperto da dare il via libera in lui ad una corrente di pensieri non esattamente esemplare.
 
E ora metteva una sciarpa.
Volontaria o meno che fosse, era una dannatissima provocazione.
 
 “Blaine? Stai bene?” Chiese innocentemente, appendendo il cappotto all’attaccapanni dell’ingresso.
“No.” Kurt alzò un sopracciglio.
“Cioè sì! Sto bene, credo.” Lui annuì con aria vagamente confusa, mentre Blaine lo invitava a seguirlo in soggiorno.
 
“Scusa per la tuta, ma non credevo sarebbe venuto qualcuno...”
“Puoi anche metterti i vestiti di Finn: resti sempre bellissimo.”
Il moro sorrise all’imbarazzo del suo ragazzo nel mettere insieme quelle parole, nonostante ce l’avesse ancora con lui per quella discutibile scelta d’abito.
Si accomodarono insieme sul divano.
 
Non ci si sarebbe mai abituato: era così bello. Così innaturalmente perfetto...
 
“Allora? A cos’è che pensavi su noi due?” Blaine cercò di riprendersi, e magari di tornare anche a respirare normalmente.
 
Lui gli si avvicinò, stringendogli saldamente la mano. Come se sapesse che aveva bisogno esattamente di quello, al momento. Quel pizzico di coraggio che quando erano insieme diventava così reale, così solido nella stretta delle loro dita.
 
“...Pensavo a quello che è successo a scuola in questi giorni, e a come affronteremo quello che ci aspetta.” Sentì Kurt tremare vicino a lui.
 
Aveva paura, era chiaro, e certo non poteva biasimarlo.
 
Entrambi, anche se su piani diversi, si erano ritrovati a dover affrontare l’odio del mondo molto prima di quanto fosse razionalmente possibile da sopportare. Entrambi avevano combattuto, erano caduti e si erano aiutati a rialzarsi. Ma ora le cose erano diverse.
 
“Non lo so.” Confessò Kurt, inerme come lo era stato lui, da quando tutto quello era cominciato. Il ragazzo si voltò, guardandolo dritto negli occhi.
 
“Una cosa la so con certezza, però: non ti lascerò più solo, Blaine. Non importa quanto mi costerà, so soltanto che non voglio che lo affronti per conto tuo. È la nostra battaglia, e non ho intenzione di nascondermi dietro di te. Qualunque cosa dovremo affrontare la affronteremo insieme.” La sua voce era sicura, inesorabile, come Blaine l’aveva sentita poche volte.
Non riusciva a trovare le parole, così si limitò a stringergli più forte la mano.
 
“Non mi perdonerò mai di averti lasciato da solo in questi giorni, ma ho intenzione di rimediare. Non so se ne sarò capace, ma proverò a fare per te quello che tu hai fatto  per me in tutti questi mesi. Potrai contare su di me, sempre.” Era così deciso, così certo di quello che diceva.
E parlava guardandolo dritto negli occhi, le loro mani unite su un suo ginocchio.
Blaine sospirò, accigliandosi.
 
Come una volta gli aveva detto sua madre, le persone che amiamo meritano da noi la verità, bella o brutta che sia.
 
“Blaine? Stai... Stai bene?”
“Posso essere sincero?” Kurt annuì con ovvietà, fissandolo intensamente.
“...A scuola va da schifo. È un tormento continuo, e temo che fino a quando una cheerleader non si farà mettere incinta o roba del genere noi rimarremo il pettegolezzo più succulento, e la gente agirà di conseguenza. So quanto ti spaventi l’idea di sentirti lanciare addosso altro fango dopo tutto quello che è successo, e io... io voglio solo che tu sia felice, Kurt, e se questo comporta cambiare scuola allora- ”
 
“Io non vado proprio da nessuna parte.”
 
Kurt, per qualche strano motivo, trovò una ragione per sorridere.
 
Di quei suoi sorrisi innocenti, sereni, che avrebbero fatto invidia agli angeli.
 
“Non capisci, Blaine? Sono venuto qui, e tu mi vuoi ancora insieme a te. Quella dannatissima foto era solo una montatura, eppure non mi interessa nemmeno prendere a calci Seth...  perché ci sei tu. Lo so che ci ho messo tanto a capirlo, ma quando sono insieme a te... va tutto bene. Possono dire quello che vogliono, ma non mi porteranno più a pensare che c’è qualcosa di sbagliato in me. O in noi.”
 
Blaine si chiese se fosse possibile innamorarsi di lui incessantemente, ogni volta daccapo, come se fosse la prima volta.
Le sue parole l’avevano accarezzato delicatamente, insinuandosi dentro di lui poco a poco come realtà assestanti, quasi fossero scaturite dalla sa stessa mente.
 
“...Grazie Kurt. Davvero... però se decidi di tornare lunedì sappi che non posso prometterti che non ti urleranno contro qualcosa, o tireranno granite, o pegg- ”
 
“Blaine.”
 
Si fermò, leggendo un moto di urgenza negli occhi chiari di fronte a lui.
 
“Io... Per favore, possiamo non parlarne più, per ora? Non hanno il diritto di prendersi un minuto di più del nostro tempo, e stasera... Stasera vorrei che fosse solo per noi. Vedi... Mi sei mancato tantissimo, e... mi chiedevo...” Kurt abbassò lo sguardo, e a Blaine non sfuggì l’adorabile sfumatura rosata che in quel momento attraversò i suoi zigomi.
 
“Kurt? Parla tranquillamente. Sono solo io: nessun segreto, ricordi?” Il ragazzo lo fissò timidamente da sotto le ciglia, tornando un attimo dopo a concentrarsi sul pavimento.
 
“Beh... Come ti dicevo mi sei mancato da morire in questi giorni, e io vorrei solo sentirti più-... ehm... vicino...?”
 
Deglutì a vuoto, e si sarebbe dato un pizzicotto da solo per verificare l’autenticità di quel momento se non fosse sembrato tanto patetico.
 
Era completamente spiazzato.
 
Certo, sarebbe stato ipocrita dire che non desiderasse tremendamente sentire Kurt più vicino, in particolare dopo la calorosa accoglienza di pochi minuti prima. Solo....
 
Ok, era completamente spiazzato.
 
Impiegò qualche lungo istante per riconnettere le sinapsi, completamente andate all’idea di Kurt più vicino a lui, e a quanto lo mandasse in estasi quell’idea a un tratto non più così lontana ed improbabile.
 
...Poi intercettò lo sguardo a dir poco nervoso del suo ragazzo.
Uh. Ok: magari era arrivato il momento di dire qualcosa.
 
“E... E a cosa pensavi, esattamente?” Kurt abbozzò un sorriso impacciato e, seguitando ad evitare i suoi occhi, si mosse verso di lui, avvicinando pericolosamente le loro labbra.
 
“Intanto potresti baciarmi, se ne hai voglia...” Gli sussurrò direttamente sulla bocca, cosa che a Blaine si rivelò più che sufficiente per smarrire quel minimo di autocontrollo che l’aveva fermato nel momento in cui si era levato il cappotto, quando per chissà quale combinazione di forze era riuscito a trattenersi dal saltargli fisicamente addosso.
 
Con tutta la calma che nel suo stato riusciva a concepire liberò una mano dalla stretta che la univa a quelle di Kurt, per poi accarezzargli dolcemente la guancia, avvicinandoselo quanto bastava a far sfiorare le loro labbra.
 
Kurt sospirò felicemente nel bacio leggero che li univa, afferrandolo per la maglietta fino a far combaciare i loro toraci.
Blaine poteva sentire i rispettivi cuori tamburellare oltre la stoffa dei vestiti, mentre Kurt socchiudeva la bocca, permettendogli di sentire il suo respiro caldo farsi strada fino in fondo alla gola.
 
Il moro lasciò una mano abbandonata su un lato del suo viso, mentre l’altra raggiungeva lentamente il suo fianco, arpionandosi alla stoffa di quelli che scoprì essere pantaloni veri, contrariamente a quanto aveva ipotizzato poco prima.
 
Fu in un momento imprecisato tra quando Kurt prese a mordicchiargli insistentemente il labbro inferiore e quando lo trascinò giù con sé sul divano, che Blaine si rese conto fino a che punto quel ‘vorrei sentirti più vicino’ fosse letterale.
 
Ed ora appariva palesemente ovvio, con Kurt steso tra i cuscini e con le gambe intrecciate alle sue, mentre lo baciava come se non potesse fare altro, e con Blaine che tentava per mezzo delle poche sinapsi rimastegli di far leva sugli avambracci, in modo da non schiacciare del tutto il suo ragazzo.
 
Stava semplicemente perdendo il controllo.
 
Perché lo voleva, l’aveva sempre voluto così disperatamente che nel periodo antecedente a quel loro distacco forzato aveva rischiato più volte di cedere, e la maggior parte in luoghi e situazioni tutt’altro che consoni.
 
Tuttavia ora era diverso: diverso da quella volta che Kurt gli si era avventato addosso, spaurito e terrorizzato.
Perché adesso vedeva, sentiva che niente di tutto quello era forzato.
Poteva percepirlo dal modo in cui lo baciava, da come lo stava stringendo, dai flebili mormorii di approvazione soffocati nei baci che si lasciava sfuggire quando i loro corpi scorrevano uno sull’altro.
 
Blaine sarebbe potuto vivere benissimo ascoltando nient’altro che quei timidi mugolii per il resto dei suoi giorni.
 
Le mani di Kurt gli spaziarono lungo la schiena, aggrappandosi qua e là alla stoffa della sua t-shirt ormai inesorabilmente stropicciata. Furono poi costretti a separarsi un istante per mancanza d’aria, cosa che diede a Blaine il tempo di far scendere la propria bocca fino alla sua mandibola, baciando la poca pelle che quella dannatissima sciarpa gli permetteva di raggiungere.
 
Sentì Kurt inarcarsi sotto di lui, con un versetto acuto che spinse inesorabilmente Blaine a domandarsi fino a che punto fosse normale essere così ridicolmente eccitato, per non altro se non i suoni che stavano uscendo dalle labbra del suo ragazzo.
 
Blaine stava giusto valutando se fosse il caso di chiedergli se poteva togliergli quella maledetta sciarpa o se avesse dovuto limitarsi a farlo senza troppi preamboli, quando Kurt lo spinse improvvisamente all’indietro per le spalle.
 
Oh, no.
 
Beh, era chiaro: era troppo bello per essere vero.
 
“K-Kurt? Ho... Ho fatto qualcosa di sbagliato...?” Lui lo fissò dritto negli occhi, e Blaine ci lesse sorpresa, meraviglia, quasi trovasse surreale la sua domanda.
Poi c’erano le sue guance arrossate, i capelli non più perfettamente in ordine, e gli occhi lucidi e tendenti al blu, come il cielo sereno dell’estate.
 
Sarebbe stato a guardarlo per sempre, esattamente così, in quella perfezione tutta loro che nessun insulto, spintone o quant’altro sarebbe mai riuscito a sottrargli.
 
“Cosa? No. N-Non è questo. Solo... I tuoi. Non mi sembra il caso che mi vedano per la prima volta... così, e poi-”
“I miei non sono in casa.” Socchiuse la bocca sorpreso.
“...Eh?”
“Festeggiano il loro anniversario: non torneranno prima di due giorni.”
 
Sperò vivamente che la voce gli fosse uscita più calma possibile, e che non fosse troppo palese il pizzico di speranza, confusione, eccitazione e paura che temeva di aver inserito qua e là nel discorso.
 
Kurt richiuse lentamente la bocca ancora umida, abbassando lo sguardo con quello che Blaine non avrebbe saputo definire diversamente se non un piccolo sorriso.
 
Aveva le guance arrossate, i capelli sconvolti ed era tanto bello da perdere il fiato.
 
Non disse niente, limitandosi a rimanere parzialmente seduto, con Blaine in ginocchio tra le sue gambe.
Il moro lasciò passare qualche altro secondo, prima di lasciarsi prendere dal panico.
 
“Con questo non voglio dire che dobbiamo... cioè, assolutamente! Mi hai fatto una domanda e volevo solo rassicurarti sul fatto che non c’è pericolo che i miei piombino qui da un momento all’alt- ”
 
“Blaine... Questa non dovrebbe essere la parte dove mi chiedi se voglio salire in camera tua?” 
 
Era abbastanza sicuro che gli occhi gli fossero guizzati fuori dalle orbite, e sicuramente la mascella a quel punto era in procinto toccare il pavimento.
Kurt stava palesemente trattenendo il fiato, e Blaine pregò con tutte le sue forze di non essere colpito da un infarto proprio in quel momento.
 
Ok, doveva stare calmo.
 
Moltocalmo.
 
“Cioè stai dicendo che vorresti...? Adesso? Io... non ne abbiamo mai parlato, e poi, beh... non ho in casa quello- quello che...” Kurt assunse un colorito tendente al viola, scattando velocemente a sedere.
“Ma cos- Oh. Wow. Non finire la frase.” Lo pregò sistemandosi nervosamente i capelli scompigliati.
 
“Non intendevo... tutto, ok? Solo... qualcosa.”
 
Blaine si chiese se a quel punto le cose avrebbero dovuto apparirgli più chiare, perché si sentiva solo più confuso.
 
E esaltato.
 
E confuso.
 
“...Puoi essere più specifico?”
Cosa?
“Niente! Mi chiedevo solo cosa intendessi con quel ‘qualcos- ”
“Oddio Blaine! Stiamo davvero parlando di questo?? Non possiamo salire e basta?”
“...Immagino di sì.”
“Bene.”
“Bene.”
 
Sostennero i reciproci sguardi per qualche interminabile istante.
Blaine sperò che Kurt non avesse davvero intenzione di fare il sostenuto, perché lui dal canto suo stava inevitabilmente per scoppiare a ridere.
E diavolo, sapeva che non era carino, però non poteva fare altrimenti dopo una semidiscussione su ciò che avrebbero fatto o non fatto a letto. Le sue labbra si incurvarono impercettibilmente all’insù, e grazie al cielo fu Kurt il primo a lasciarsi andare ad una risata liberatoria.
 
Il moro si alzò dal divano, allungando una mano verso il suo ragazzo.
 
“Visto che mi stai praticamente obbligando, immagino ti chiederò di salire in camera mia.” Constatò divertito mentre Kurt afferrava la sua mano, aiutandosi ad alzarsi.
 
Il ragazzo affiancò Blaine, incontrando finalmente il suo sguardo.
 
“...Ok, a parte gli scherzi. Non voglio costringerti a fare niente che non voglia anche tu, Blaine. È solo... Mi fai sentire davvero bene quando mi baci, e- ”
“Kurt. Pensi davvero che stare con te, in qualunque accezione del termine, potrebbe rappresentare una costrizione? È solo che mi ha colto di sorpresa, tutto qui.” Mosse qualche passo verso le scale, stringendo la mano di Kurt che proseguiva al suo fianco.
 
“...E giusto per la cronaca: è dal nostro primo bacio che cerco di contenermi, quando siamo insieme.” Salirono i gradini in silenzio, e Blaine passo dopo passo iniziava a pentirsi della sua ultima affermazione, piuttosto angosciato all’idea di aver terrorizzato il suo ragazzo.
 
“Non intendevo dire dire-... Ottimo. Ora mi prenderai per un maniaco- ”
“In realtà la cosa è reciproca.” Lo interruppe Kurt, guardandosi bene dall’incontrare il suo sguardo.
 
Blaine sorrise sollevato, nonostante gli sembrasse quantomeno singolare che un ragazzo assurdamente perfetto come quello che gli camminava vicino potesse davvero essere attratto da un tipo come lui. Non gli restava che godere di quel piccolo grande controsenso, ancora incredulo che gli fosse capitato.
 
Entrarono insieme nella sua stanza, e il tempo sembrò rallentare.
 
Kurt lasciò la sua mano, guardandosi intorno incuriosito.
Raggiunse la scrivania, i ripiani con i libri, e fece scorrere le dita sul tavolino dove teneva qualche foto di famiglia, prendendosi tutto il tempo per entrare in confidenza con l’ambiente.
 
Blaine si chiese se fosse normale per lui vedere soltanto il letto.
 
Davvero, da quando in qua la presenza di quell’oggetto era diventata così assurdamente ingombrante? A un tratto da qualunque parte si girasse c’era il letto.
 
O Kurt.
O Kurt e il letto.
O lui, Kurt e il letto.
E questo non aiutava minimamente.
 
 “...Quindi questa è la tua stanza.” Constatò il ragazzo dopo qualche altro istante di silenzio, lasciando Blaine leggermente interdetto.
“Così sembrerebbe.” Lui non rispose, e il moro gli si avvicinò, sbirciando oltre la sua spalla.
 
Kurt stava fissando con quello che sembrava un profondo interesse il dorso del suo dizionario di Spagnolo, da quasi un minuto. Blaine sorrise e fece un altro passo verso di lui, abbracciandolo da dietro, fino ad aderire perfettamente alla sua schiena.
 
Kurt sussultò appena.
 
“Nervoso?”  Non incontrò il suo sguardo.
“Un po’.” Blaine lo lasciò andare, in modo da lasciargli spazio per muoversi e permettergli così di voltarsi verso di lui. Kurt sospirò.
 
“È solo che... Mi sento un idiota solo a dirti una cosa del genere, però...”
“Puoi dirmi qualunque cosa, Kurt. Lo sai.” Si affrettò a precisare.
Lo voleva in una maniera quasi imbarazzante, ma nonostante questo non avrebbe fatto una mossa oltre la linea di confine tracciata dal suo ragazzo per nessuna ragione al mondo.
 
Kurt sorrise dolcemente, arrossendo appena.
Prese un profondo respiro prima di continuare, tormentandosi nervosamente le mani.
 
“...Stare con te mi sta facendo rimettere tutto in discussione.
Io... è tutta la vita che cerco di cavarmela da solo, che... che faccio di tutto per non attaccarmi a nessuno, per paura di rimanere ferito. Poi però sei arrivato tu, e ormai lo sai fino a che punto sei importante per me.”
 
Kurt esitò un attimo, permettendo a Blaine di rivolgergli un sorriso incoraggiante.
 
“...Ma?”
 
“...Ma non posso negare che l’idea di affidarmi completamente a un’altra persona continui a mandarmi fuori di testa. E stare con te... in quel senso... non ho mai voluto tanto qualcosa in vita mia, ma al tempo stesso mi... mi spaventa a morte.”
 
Blaine sentì il cuore stringersi sotto il peso di quelle parole.
 
Era un dolore strano, piacevole, di quelli che ti spezzano in due mentre sorridi, perché non sai farne a meno.
Il motivo era semplice, in fondo: non riusciva a concepire che Kurt avesse davvero scelto lui, lo avesse sul serio considerato così importante non solo da voler fare quel primo passo insieme – di qualunque cosa si trattasse –, ma anche e soprattutto da esporsi in quel modo, aprire il suo cuore e rivelargli le sue paure.
 
Sapeva quando fosse difficile per Kurt essere completamente se stesso, mettere in luce le proprie debolezze senza provare in tutti i modi a tenere in piedi la facciata da uomo impassibile che voleva far passare per vera.
 
Lo sapeva, e sentiva quanto gli fosse costato confidarlo, e Blaine era solo certo che qualunque momento avrebbero condiviso quella sera non sarebbe mai potuto essere più intimo di quello.
 
Non si era mai sentito più profondamente in contatto con qualcuno, e questo lo emozionava, gli faceva battere più forte il cuore.
 
Kurt deglutì rumorosamente, con aria disarmata.
 
“...Ho rovinato l’atmosfera, non è vero?” Il suono della sua voce riportò Blaine alla realtà.
 
Ed era lì, Kurt, autentico, inerme e bellissimo, proprio davanti ai suoi occhi.
 
“Non hai rovinato un bel niente, Kurt. Sei meraviglioso.” Lui sbatté le palpebre, senza riuscire a trattenere un sorriso felice.
Era esattamente così che sarebbe sempre dovuto essere, era esattamente per quello che i suoi lineamenti erano stati plasmati: sorridere, in quel modo leggero e impalpabile che lo facevano sembrare la creatura più meravigliosamente perfetta al mondo.
 
Blaine si sporse quel che bastava per far combaciare le proprie labbra con quelle piegate all’insù davanti a lui, riprendendo un bacio che non sembrava essersi mai interrotto.
 
Non davvero.
 
Non ci mise alcuna fretta questa volta, si diede il tempo di assaporarle lentamente, di avvertirne la consistenza e la morbidezza, esplorandole come se fosse la prima volta che si posavano sulle sue.
Sentì le mani di Kurt risalirgli lungo le braccia per poi chiudersi a coppa sulle sue guance, avvicinando ancora di più i loro visi.
 
Blaine la prese come un’autorizzazione ad approfondire quel contatto, così gli catturò con gentilezza il labbro inferiore, succhiandolo fino a fargli emettere quei piccoli gemiti che tanto gli avevano dato alla testa poco prima.
Le loro gambe si mossero automaticamente verso il letto, barcollando appena nell’intensità di quel bacio.
 
Inevitabilmente, ebbero entrambi un sussulto quando le ginocchia cozzarono con il bordo del materasso.
 
Perché a un tratto non era più una possibilità lontana, una cosa che di sicuro sarebbe successa, un giorno.
 
No, perché il letto era proprio lì, in quel preciso istante.
 
Blaine separò con riluttanza le loro labbra, sedendosi cautamente sul piumone, senza tuttavia perdere il contatto con quegli occhi chiari che lo fissavano pieni di aspettativa, emozione e chissà cos’altro.
 
Si focalizzò sul suo viso alla ricerca di una qualsivoglia traccia di ripensamento, ma tutto ciò che riuscì a leggervi fu nervosismo ed impazienza, mescolati a un po’ di timidezza.
 
Ed era completamente perso davanti alla sua pelle trasparente, così deliziosamente incline ad arrossarsi al più piccolo cenno di imbarazzo e, si ritrovò a pensare, probabilmente anche alla più leggera delle carezze.
 
“...Vieni?” Kurt si limitò ad annuire, inumidendosi le labbra – Blaine non avrebbe saputo dire se volontariamente o meno –.
 
 
E poi tutto svanì, perché Kurt Hummel si stava sdraiando sul suo letto assieme a lui, e questa era in assoluto l’ultima cosa che fino a qualche ora prima Blaine Anderson avrebbe mai osato sperare.
 
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Eccoci qui ^_^
...Ehm... Perché ho come l’impressione che nel prossimo capitolo non accadrà neanche la metà della metà di quello che vi aspettate/sperate? ...Beh, spero non mi picchierete troppo, ehm... Oddio... Non avete idea di quanto sia incapace in questo >///< Anzi, mi correggo: ce l’avrete giovedì! *comincia a iperventilare*
D’accordo, spero almeno di compensare con il fluff che (davvero lo sto precisando?) non mancherà ;)
Ok, detto questo non mi resta che attendere trepidante i vostri pareri, e ammetto di essere abbastanza terrorizzata, ma... Ok, la smetto ù.ù
...Spoilerino? Il prossimo capitolo sarà pov Kurt :) ...Volete uno spoiler inutile? Ma sì! Vada per lo spoiler inutile è.é A giovedì ♥♥
 



- “...Stai cercando di corrompermi?” Blaine rise, e per un momento Kurt temette che avesse intenzione di scompigliargli i capelli, ma probabilmente intercettò il suo sguardo minaccioso, perché ritrasse subito la mano.
“Ma no, Kurt. Dico solo che dovremo parlarne, prima o poi.”
“Io voto per il ‘poi’.” -

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Capitolo 30
*** Capitolo 30 ***


Buon giovedì a tutti :D
Dunque dunque dunque... Uh, ok. Questa volta ho parecchie cose da dire, e sono anche nervosa. Il fatto è che quando sono nervosa divento logorroica (sì, peggio del solito! ...Non fate quella faccia... So che è strano, ma è possibile O__O)... Dicevamo? Già. Prima di parlare del capitolo (che il Santo Panino mi aiuti >///<) ho due COMUNICAZIONI DI SERVIZIO da farvi :)
1) Martedì 28, ovvero la prossima settimana, me ne vado in gita con la scuola (...A Trieste. Dovevamo andare a Londra. Poi si è deciso per Trieste. Tanto sono più o meno la stessa cosa, no? ...*piange*) e non tornerò prima di sabato (sì, 4 GIORNI A TRIESTE. Just... why ç__ç?). Beh, tutto ciò per dire che giovedì prossimo NON riuscirò ad aggiornare, ma per farmi perdonare (?) vi lascerò con un capitolo piuttosto corposo (??) lunedì  27 ;)
2) La lunghezza di questa FF. Dunque, oggi mi sono fatta due conti, e se riesco a non dilungarmi troppo dovrei far stare il tutto in altri 5 o 6 capitoli :) ...Poi c’è il fatto che sono fellata in love con questi personaggi e l’idea di lasciarli mi uccide, ma è un altro paio di maniche u.u

...Ok. E adesso parliamo del capitolo. Premetto che mi sento nelle budella che dopo questo mi odierete in eterno, e sono terrorizzata a morte, perché è la prima scena un-po’-oltre-i-baci che scrivo, e non sono assolutamente capace, perciò... Sì, vi deluderò tutti, solo... Non siate troppo spietati. Nel senso, se volete mandarmi a quel paese mettete almeno una faccina sorridente alla fine! Ok, io... Basta. Sto iperventilando u.u
Prima di sparare altre amenità, mando il mio consueto amore virtuale a tutti coloro che hanno aggiunto questa storia a preferite, seguite o ricordate *let me love you* e abbraccio selvaggiamente P e r l a, Joick, Alessandranna, missdarcy24, violanassi, aleka_80, YouArePerfectToMe, _Breakable, CrissColferIsOnBitches, Maggie_Lullaby, saechan, KIAsia, JulesCulleMeyer, Guzzy_12, Evy78, elisabethy92, Oceanic 6, sakuraelisa, sandy_hachi, Tallutina, _marti, mikygleek91, Fiby AndersonBass_, GiNeVrA_21, LUcy__, amberamphetamines, LexyDC__, Me_Mi e lolaly , le anime pie che hanno recensito lo scorso capitolo :’) Grazie a tutti ç_____ç
 


Quasi dimenticavo!! INSULINA, mi raccomando D:!! *non vuole avere nessuno sulla coscienza*
 
 
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Si stava mettendo completamente nelle sue mani.
 
Kurt non riusciva a smettere di pensarci, mentre lui e Blaine si sdraiavano l’uno accanto all’altro, su quel letto che sembrava cigolare apposta per renderlo più nervoso.
 
Aveva superato ogni confine, a quel punto: si era scusato con lui, aveva rivelato di amarlo, e poi gli aveva confessato la sua più grande paura, quella che era certo non sarebbe mai riuscito a pronunciare ad alta voce.
Ed ora era esattamente così che stavano le cose: non era rimasta una sola cosa che si fosse tenuto per sé, neanche un singolo segreto di cui Blaine fosse all’oscuro.
Per quando ne sapeva, sarebbero potuti essere la stessa persona, e lui non se ne sarebbe nemmeno accorto.
 
Era completamente, totalmente suo.
 
E lo spaventava, in un modo che gli faceva venir voglia di scoppiare a ridere.
 
O a piangere.
 
O entrambi.
 
Si spostarono fino alla sommità del letto, e lui voleva solo riprendere esattamente da dove si erano interrotti qualche attimo prima.
E Blaine era meraviglioso, e lo guardava come si guarda un’opera d’arte dal valore inestimabile.
 
“Ti amo.” Ribadì con il cuore in gola, un attimo prima che il suo ragazzo lo attirasse nuovamente a sé, baciandolo dolcemente sulle labbra.
Kurt sentiva il petto scoppiargli, per un insieme di sensazioni opposte che non avrebbe saputo definire.
Aveva di nuovo Blaine, proprio lì con lui, il suo profumo inconfondibile e il calore familiare della sua pelle, mentre lo baciava come se il suo scopo nella vita fosse di farlo sentire esattamente così, importante.
 
Lo sentì mentre gli accarezzava lentamente un fianco, muovendo a poco a poco la mano fino a raggiungergli la coscia, lungo la cucitura dei suoi jeans.
Tenne gli occhi chiusi e lasciò che quei tocchi delicati lo calmassero, ringraziando mentalmente Blaine di non mettergli nessuna fretta.
Rabbrividì appena quando gli accarezzò con più decisione la gamba, preso dal calore che le sue mani emanavano oltre il tessuto dei propri pantaloni.
 
Avvertì un’altra mano scivolargli dietro la nuca, riscaldando in pochi minuti i baci che si stavano scambiando.
Da lì, non passò molto prima che Kurt si sentisse autorizzato ad iniziare a sua volta una timida esplorazione del corpo avvinghiato al suo.
 
Gli risalì con le mani lungo le braccia, fino alle spalle e poi in basso, dietro la schiena e sui fianchi, prendendosi tutto il tempo per godere del tepore piacevole della sua pelle e memorizzare i movimenti dei muscoli, oltre la maglietta sottile che a un tratto sembrava decisamente un impedimento al suo desiderio di sfiorare, toccare e baciare quel corpo così solido e compatto sopra al proprio.
 
“...Posso?” Kurt riaprì pigramente gli occhi, per poi trovarsi davanti lo sguardo dubbioso di Blaine, che lo fissava con un’estremità della sua sciarpa stretta tra il pollice e l’indice. Non poté trattenere una risata divertita.
“C-Cosa c’è?”
“È una sciarpa, Blaine. Ovvio che la puoi togliere!”
 
Lui borbottò qualcosa di fintamente indignato e, quando riuscì finalmente a sfilargliela senza strozzarlo, sentì le sue labbra sfiorare appena percettibilmente le proprie, per poi proseguire oltre la mascella, e Kurt si morse le labbra nell’avvertire il suo respiro caldo scendere morbidamente fino al collo.
La bocca di Blaine si dischiuse all’altezza della sua clavicola, per poi risalire lentamente in una scia calda e bagnata, fino a raggiungere un punto imprecisato tra la gola e l’orecchio e fermarsi lì, a leccare e succhiare fino a farlo sospirare di piacere.
 
E Kurt ci stava provando, ci stava provando davvero a trattenere la propria voce, che gli scappava dalle labbra in toni e sfumature che mai avrebbe immaginato possibili.
Il problema era che non ci riusciva, e forse non voleva riuscirci, non con la lingua di Blaine che esercitava più pressione sul suo collo ogniqualvolta si lasciava scappare un gemito.
 
Tuttavia per sua grande gioia il suo ragazzo non commentò quei versetti in alcun modo, limitandosi ad insistere su quella piccola porzione di pelle mentre lui gli si aggrappava alle spalle, con la testa che scivolava istintivamente all’indietro, permettendogli di avere completo campo libero.
 
Sprofondò tra i cuscini vicini alla testata del letto, e quasi non si rese conto delle sue stesse mani, che dalle spalle erano scese lungo la schiena di Blaine, e ora indugiavano sull’orlo della sua maglietta.
 
Infilò in via sperimentale le dita oltre i lembi della sua t-shirt, risalendo piano la linea della colonna vertebrale.
Kurt percepì distintamente un brivido nel corpo sopra al proprio come i polpastrelli entrarono in contatto con la sua schiena, e avrebbe solo voluto avere più ampio accesso alla sua pelle, a lui.
 
“B-Blaine?” Lui si allontanò quel tanto che bastava per guardarlo negli occhi, tremando alla perdita di contatto con quella bocca bollente premuta sul suo collo.
“Sì?”
“Va... Ve bene se...?” Arrossì appena, tirando delicatamente la sua maglietta ormai arrotolata fino all’altezza dell’ombelico.
Blaine gli rivolse un sorriso che avrebbe dovuto sembrare rassicurante, eppure un pizzico di tensione era lampante, debolezza che tranquillizzò Kurt più di qualunque altra cosa.
Si sporse a baciarlo, separandosi solo nel momento in cui la stoffa scivolò tra di loro, lasciando Blaine a torso nudo.
 
Kurt sbatté le palpebre più volte e, tutto a un tratto, sembrava aver dimenticato completamente come respirare.
 
Lui se ne stava semplicemente lì, come se fosse la cosa più normale del normale di questo mondo. E invece Kurt non riusciva a smettere di provare a metterlo a fuoco in maniera decente, e si sarebbe sfregato le mani sugli occhi se fosse servito a qualcosa. Il concetto era semplice, ma al contempo difficile da accettare.
Eppure, non aveva mai visto niente di più bello in vita sua.
 
Fece vagare gli occhi su tutto il suo torace, dalle clavicole fino agli addominali, per poi soffermarsi sui solchi definiti che dal basso ventre gli sparivano nei pantaloni.
Sì, nel modo più assoluto: non aveva mai visto qualcosa di così magnifico.
 
Ed era Blaine.
 
E lui non riusciva nemmeno a muovere un muscolo da quanto tutta quella perfezione statuaria lo mettesse in reverenziale soggezione.
 
“...Kurt? Stai bene?”
“I-Io...”
“Ehi?”
 
Lui spalancò gli occhi, scollando a fatica lo sguardo dal suo petto.
 
Dal suo tonico, abbronzato e assolutamente perfetto petto.
 
Oh Santiss-
 
“C-Cosa?”
“Hai una faccia sconvolta...”
 
Beh, questo era piuttosto plausibile dato che al momento stava letteralmente venerando il suo corpo, ma non era qualcosa che Kurt aveva intenzione di dire ad alta voce.
 
Valutò per un momento l’idea di domandargli perché diavolo fino a quel momento avesse indossato vestiti in sua presenza, ma si risolse saggiamente di limitarsi a baciarlo.
Un po’ per evitare di sparare qualche idiozia della quale avrebbe finito per pentirsi, un po’ perché, in tutta franchezza, moriva dalla voglia.
Fece leva sugli avambracci, in modo da sollevarsi quanto bastava per far scontrare le loro bocche.
 
Blaine lo strinse tra le braccia, separandogli le labbra con la lingua in modo da potergliela far scivolare in mezzo, e Kurt sentiva così distintamente il suo calore avvolgerlo da perdere del tutto la testa. Accolse un’ultima volta la lingua di Blaine, impegnata in una danza tutta sua con la propria, e si allontanò dalla sua bocca, affondando il viso nell’incavo della sua spalla.
 
Inspirò a fondo il suo odore, facendogli poi scorrere la lingua sulla pelle, curioso di scoprire se quel profumo delizioso si riflettesse anche al gusto.
Mordicchiò attentamente una piccola porzione di pelle, cosa che provocò a Blaine gemito basso e eccitante, tanto che Kurt quasi morì di vergogna al ricordo dei pigolii strozzati che erano usciti dalla sua bocca poco prima.
Ad ogni modo continuò la sua lenta esplorazione, troppo preso dall’assaporare quella squisita pelle olivastra per accorgersi di ciò che stava trafficando Blaine, il quale muoveva freneticamente le dita tra i loro toraci vicini.
 
Kurt stava per protestare che avesse smesso di baciarlo e toccarlo come poco prima, quando sentì la propria camicetta smollarsi un po’ sul petto.
 
Fu allora che tutto divenne improvvisamente, spaventosamente chiaro.
 
No! No no no...” Scivolò qualche centimetro indietro, trattenendo un gemito come nella fretta si strusciò inavvertitamente contro una sua gamba.
Blaine lo fissò con aria confusa, affannata.
 
“Cos- ”
“Non provare a sbottonarmi la camicia!” Blaine sollevò un sopracciglio.
“Ma tu- ”
Io non ho neanche la metà di- di quelli!” Indicò con aria accusatoria i suoi addominali.
“E tu non puoi essere così e pretendere di guardare me! Non c’è un bel niente da vedere, davvero, è meglio lasciar perd- ” Blaine incollò le labbra alle sue, interrompendo sul nascere quell’interessante monologo.
 
Kurt stava giusto per lasciarsi nuovamente andare, quando, neanche dieci secondi più tardi, e il suo ragazzo aveva già ripreso da dove era stato interrotto.
 
Blaine!”
“Almeno lascia decidere a me se ne vale la pena o meno...” Kurt a un tratto aveva del tutto smarrito la forza per muovere una qualsivoglia obiezione, completamente ipnotizzato da come Blaine si muoveva sopra di lui, dai suoi occhi lucidi e i capelli scompigliati.
 
Aveva come l’impressione che facesse apposta, a ridurlo ad una pappetta informe, così da levargli la camicia senza particolare difficoltà.
 
I bottoni uscivano dalle asole uno dopo l’altro, e avrebbe potuto giurare di andare a fuoco sotto  lo sguardo con cui lui stava squadrando ogni porzione della sua pelle che mano a mano veniva lasciata scoperta.
 
Sembrava quasi volerlo mangiare, ed era patetico sentirsi così ridicolmente eccitati dopo qualche carezza e un po’ di baci. Giusto?
 
Kurt al momento non aveva la forza morale di chiederselo, limitandosi ad augurarsi che Blaine non si accorgesse di come l’aveva ridotto.
Insomma, non avevano fatto niente! E invece ora se ne stava lì, a maledirsi per aver optato per quei jeans dolorosamente stretti, mentre il suo ragazzo gli slacciava l’ultimo bottone della camicia.
 
Se la sentì aprire sul petto e, visto e considerato che Blaine non stava dicendo facendo niente, si costrinse a riemergere dal proprio abisso di mortificazione e riaprire gli occhi.
 
Non l’avesse mai fatto.
 
Blaine aveva lo sguardo fisso sulla pelle pallida del suo torace, e faceva scorrere gli occhi su e giù, con un’aria talmente famelica che Kurt sperò con tutto il cuore di non lasciarsi andare lì e subito.
“B-Blaine...?” Perché gli era uscito con quel tono? Come un gemito, o qualcosa del genere? Perché, se Blaine non lo stava nemmeno toccando?
 
Dio. Era completamente senza speranza.
 
“Sei bellissimo.” Constatò, e Kurt avrebbe avuto di che controbattere in merito, se non fosse per il fatto che Blaine si era appena messo a cavalcioni su di lui.
 
Oh santiss-
 
“Anzi, sei perfetto.”
 
Calma.
Doveva mantenere la calma e non dare di matto come suo solito. Eppure era difficile. Sì, perché sarebbe stato piuttosto umiliante se Blaine si fosse accorto di quanto il suo corpo avesse reagito prepotentemente a quella situazione, e soprattutto non riusciva a non sentirsi terrorizzato, nella consapevolezza che al momento Blaine avrebbe potuto fare di lui esattamente ciò che voleva.
 
“...Kurt?” Si costrinse a incontrare i suoi occhi, che non fecero che stordirlo ancora di più.
 
Ottimo, stava dando di matto.
 
“Sono io, ok? Non devi avere paura di niente. Siamo noi due.” Come facesse Blaine a comprendere i suoi pensieri con quella facilità disarmante e sapere sempre cose dire un attimo prima che lui stesso si rendesse conto di averne bisogno, per Kurt rimaneva un mistero.
 
Kurt non lo sapeva, c’erano tante cose che non sapeva.
Una certezza l’aveva però: il ragazzo sopra di lui era Blaine. Il suo Blaine. Non l’avrebbe preso in giro accorgendosi che era così insensatamente eccitato. O meglio, l’avrebbe fatto di sicuro, dopo, ma adesso no, non sarebbe successo.
 
Non fece nemmeno in tempo a farsi prendere dal panico, che Blaine aveva già intrecciato le loro mani ai lati della testa di Kurt, spostandosi poi più in alto lungo le sue gambe, fino a mettersi del tutto in grembo al ragazzo sotto di sé.
 
Kurt socchiuse la bocca e spalancò gli occhi, rimanendo completamente senza fiato nell’attimo in cui i loro bacini entrarono in contatto.
 
Blaine sibilò qualcosa di incomprensibile, e lui non riuscì a trattenere un gemito ai seppur minimi movimenti del suo ragazzo, che si piegò a baciargli una spalla.
Kurt a un tratto si sentì piuttosto sollevato: stando a quanto poteva sentire, Blaine era nelle sue stesse identiche condizioni.
 
A quel punto, era piuttosto improbabile che dopo lo prendesse in giro.
 
Il ragazzo spostò nuovamente le anche, ed entrambi fremettero all’attrito tra le loro ormai evidenti erezioni. Kurt si inarcò sotto di lui, stringendo involontariamente le dita ancora allacciate alle proprie, mentre si mordeva le labbra più forte di quanto ritenesse possibile.
 
“Ti amo.” Kurt avrebbe voluto rispondere, davvero, ma quando la bocca umida e calda del suo ragazzo iniziò a spaziare sul suo petto in lui era rimasto ben poco di razionale.
 
Blaine lasciò la presa sulle sue mani e gli fece scorrere le proprie lungo ai fianchi, mentre leccava e succhiava ogni singola porzione di pelle che riusciva a raggiungere.
Kurt smise di provare a contenere i propri sospiri affannati, per il semplice motivo che non ne era più capace.
 
E sì, era completamente nelle mani di un’altra persona.
 
Ma in quel momento non riusciva ad avere paura, non con Blaine che aveva appena sollevato la testa, guardandolo come se potesse infondergli il proprio amore attraverso gli occhi.
 
Quello sguardo l’aveva scosso, toccato se possibile ancora più intimamente di quanto non stesse facendo con le mani e la bocca.
 
Non avrebbe mai sperato di poter provare tutto quello con qualcuno, la maggior parte delle volte si era impedito di augurarselo del tutto. E invece era lì, nel posto giusto, al momento giusto e con la persona giusta.
 
Blaine lo accarezzò con lo sguardo un’ultima volta prima di abbassare la testa, lasciandogli un bacio dolce e leggero sul lato sinistro del petto, esattamente dove batte il cuore.
 
E fu in quel momento che parve chiaro, lampante: non si era mai sentito tanto amato come in quel preciso attimo.
 
Le labbra di Blaine che tremavano appena per l’eccitazione, premute lì, sulla pelle che si alzava e si abbassava al ritmo del suo respiro affannato.
 
“Ti amo così tanto...”
 
Lo disse senza nemmeno pensare, perché Dio, era il gesto più meravigliosamente innocente, più importante che avesse mai condiviso con qualcuno.
 
Blaine riprese ad accarezzarlo lentamente, con le mani e con la lingua, in un confuso miscuglio di sensazioni che fecero completamente perdere il controllo al ragazzo sotto di lui, che si contorceva tremante ad ogni tocco.
 
Poi Blaine spinse i fianchi contro i suoi, e Kurt si sentì andare a pezzi, nel senso migliore del termine.
Trovò a tentoni i riccioli scuri aggrovigliati da qualche parte sul proprio petto e vi si aggrappò con tutte le sue forze, per l’irrazionale esigenza di sentire sotto le dita la concretezza di quel momento, talmente intenso sotto ogni punto di vista da apparirgli quasi surreale.
 
Le mani del ragazzo si fecero strada oltre i suoi fianchi, fino a stringerglisi a coppa sul sedere, cosa che fece piagnucolare Kurt di piacere, mentre lo attirava a sé, unendo le loro labbra in un bacio che conteneva qualcosa di più di un semplice intrecciarsi di lingue.
Blaine continuava a muovere il bacino contro il suo, tanto che il giovane Hummel si ritrovò ad agganciare istintivamente una gamba al suo fianco, alla ricerca di maggior contatto.
 
“Blaine... ” Trovò la forza di mormorare, con quel poco di voce che ancora riusciva a controllare, augurandosi di non dover aggiungere altro per fargli capire dove stesse il punto.
Per suo grande sollievo lo sentì annuire sulla sua spalla. Gli strinse le braccia al collo, godendo del contatto dei loro corpi che scivolava l’uno sull’altro, mentre dondolavano i fianchi insieme, in spinte sempre meno calibrate.
 
A quel punto, non gli ci volle molto per raggiungere il limite umano di sopportazione. Kurt si tese sotto il corpo di Blaine, stringendogli saldamente le gambe intorno alla vita e, nell’esatto istante in cui lui sussurrò il suo nome da qualche parte vicino al suo orecchio, realizzò di non poter far altro che lasciarsi completamente andare, troppo fuori di sé per dispiacersi dell’indegna fine a cui i suoi poveri boxer erano ormai tristemente destinati.
 
Kurt strinse le labbra, ma non poté fare molto per contenere l’ennesimo singhiozzo acuto della serata, cosa che fece bruscamente irrigidire il suo ragazzo, il quale finì per gemere forte il suo nome, ancor prima che Kurt potesse registrare di aver pronunciato a propria volta il suo.
 
A un trattò si sentì incredibilmente pesante. E felice. E Blaine doveva aver avuto le sue stesse sensazioni perché si spostò da sopra di lui, scivolandogli di fianco con il sorriso sulle labbra.
 
Kurt seguì con lo sguardo i suoi movimenti, e pensò che era bellissimo, e che non avrebbe potuto desiderare di trovarsi in nessun altro posto, con nessun’altra persona al mondo.
 
Sarebbe stato inutile negarlo: se prima aveva qualche dubbio e paura su quel tipo di rapporto con Blaine, ora poteva davvero rimangiarsi tutto.
Perché non si era affidato a un’altra persona, si era affidato a lui, si era messo nelle sue mani e – nonostante un po’ di inevitabile imbarazzo – ogni cosa era stata come avrebbe dovuto essere.
 
Ed era inevitabile.
Era Blaine.
Erano lui e Blaine.
 
Si rilassò completamente tra i cuscini, con la bocca ancora dischiusa, nel tentativo di riprendere a respirare in modo regolare. Blaine sospirò felicemente al suo fianco, avvolgendogli le braccia intorno ai fianchi. Kurt si accoccolò vicino a lui, guardandolo da sotto le ciglia, vagamente imbarazzato.
 
“Ciao.” Sorrise, mentre i loro respiri ancora irregolari si scontravano all’altezza delle loro bocche vicine.
“Ciao...?” Blaine gli sistemò alcune ciocche di capelli con delicatezza, guardandolo dritto negli occhi. Kurt gli rivolse un’occhiata contenta, stringendo le sue mani calde vicino al cuore.
 
Rimasero così per un po’, a bearsi della reciproca vicinanza, fino a quando Blaine si schiarì appena la voce, attirando la sua attenzione.
 
“Beh... Immagino che dovremmo... mmh... parlarne? Giusto?” Kurt spalancò gli occhi, e chinò la testa in modo da non incontrare lo sguardo del suo ragazzo.
“Ehm... Kurt?”
“No, Blaine, ti prego...” Lui riuscì in qualche modo a fargli rialzare il capo, stampandogli un bacio sulle labbra socchiuse.
 
“...Stai cercando di corrompermi?” Blaine rise, e per un momento Kurt temette che avesse intenzione di scompigliargli i capelli, ma probabilmente intercettò il suo sguardo minaccioso, perché ritrasse subito la mano.
“Ma no, Kurt. Dico solo che dovremo parlarne, prima o poi.”
“Io voto per il ‘poi’.” Borbottò, cominciando piano piano a tornare in possesso delle proprie facoltà psicofisiche, e si mosse appena, infastidito più che mai dai suoi stessi pantaloni.
 
“...Kurt? Non dobbiamo parlarne per forza adesso, ok? Se la cosa ti mette tanto a disagio- ”
“Al momento in realtà il problema è un altro...” Blaine lo fissò con aria confusa.
“E cioè?”
“...Cioè sarebbe carino se mi facessi usare la doccia, prima che me ne torni a casa. E sarebbe ancora più carino se mi prestassi un paio di... ehm... mutande...?”
 
 
                                                            ***
 
 
Blaine non riusciva a crederci.
 
Fino a poche ore prima era totalmente depresso e demoralizzato, ed ora era lì, a torso nudo, intento a rovistare nel suo cassetto della biancheria alla ricerca di un paio di boxer da prestare al suo ragazzo, dopo aver vissuto una delle esperienze più belle della sua vita.
 
Perché amava Kurt, lo amava come nemmeno credeva possibile, e aveva condiviso un altro piccolo grande passo insieme a lui.
Aveva sentito il sapore della sua pelle, il modo in cui tremava dolcemente sotto il tocco delle proprie dita, ed era rimasto semplicemente senza parole, alla vista di quel corpo sottile, pallido, perfetto, tanto da togliergli il fiato, che perdeva lentamente il controllo sotto di lui.
 
“...Blaine? Ci sei?” Il ragazzo sussultò, riprendendo a frugare nel cassetto, vagamente in ansia.
“Ehm... S-Sì...” Sentì Kurt avvicinarsi e sbirciare da sopra la sua spalla, cosa che gli fece maledire mentalmente la propria bassa statura.
 
Tentò di chiudere il cassetto, ma Kurt fu più veloce.
 
“Uh... Questa poi...”
“Io... ehm... io-”
 
“Boxer di Harry Potter, Blaine? Davvero?”
 
Si schiaffò una mano sulla fronte.
“Me li ha regalati Nick. Non li metto mai, giuro!” Si voltò verso Kurt, che lo stava fissando con un sopracciglio sollevato, e l’aria di chi la sa lunga.
“...Mai, eh?” C’era ben poco da fare: era umanamente impossibile darle a bere a Kurt Hummel.
“D’accordo, quasi mai.” Ritrattò, guadagnandosi un suo sorrisetto a metà tra il soddisfatto e il divertito.
 
Inevitabilmente lo sguardo gli indugiò più in basso, spaziando sul torace snello del suo ragazzo, nonostante lui si fosse preventivamente incrociato le braccia al petto.
Non poté farci niente: un attimo dopo gli era già pericolosamente vicino, e gli bastava questo per avere il fiato corto.
 
Vide Kurt esitare un attimo, prima di riprendere pieno possesso di sé.
 
“S-Se questo è il tuo modo di cambiare argomento sappi che non attacca. Non mi dimenticherò tanto facilmente quello che ho visto...”
“Nemmeno io.” Rispose con un sorrisetto. Kurt alzò gli occhi al cielo.
“Intendevo di quello che ho visto in quel cassetto!” Blaine ridacchiò, passandogli le più ordinarie tra le sue mutande, che lui afferrò arrossendo leggermente.
 
“...Per cui è questo che ti verrà in mente quando ripenserai a stasera. I miei boxer di Harry Potter.”
 
“Ovvio. Perché? C’è altro?”
 
Blaine finse di mettere su il broncio, abbassando lo sguardo. Tuttavia Kurt sembrò prenderlo sul serio, perché gli prese entrambe le mani, scollandosele dal petto dove le teneva avvinghiate.
 
“Ehi? Scherzavo. È stato... speciale per me. Prima intendo, non vedere le tue discutibili mutande di Harry Potter.” Blaine colse la palla al balzo.
“...È stato speciale, però ti rifiuti di parlarne.”
 
Kurt lo guardò malissimo.
 
“Ancora?? Blaine, morirei di imbarazzo! E poi- Oh, lasciamo perdere.” Si voltò velocemente, cercando di raggiungere più in fretta possibile la porta del bagno, in modo da sigillarvisi dentro, farsi la doccia ed evitare quel discorso.
 
“Ma Kurt! Ci sono delle cose che dobbiamo dirci...”
“Domani.”
“...Cosa?”
“Se per te è così importante, domani ne parleremo, d’accordo? Ora però mi fiondo sotto la doccia, e poi corro a casa prima che mio padre chiami i servizi segreti.”
 
Balbettò imbarazzato, con la mano sulla maniglia, pronto a chiudersi in bagno in qualunque evenienza.
 
Blaine gli si avvicinò, e lo baciò dolcemente sulle labbra.
 
Kurt sorrise, assumendo un’aria interrogativa.
 
“...Questo era perché parlerò di- di quelle cose con te?” Il moro ridacchiò.
“No, Kurt. Non è perché parlerai di sesso con me,” puntualizzò, marcando volutamente su quella parola che il suo ragazzo evitava come la peste “ma era piuttosto un invito.” Kurt lo guardò confuso, e anche visibilmente imbarazzato.
 
“Un... un invito?” Blaine annuì, cercando di celare la propria leggera esitazione.
 
“I miei non tornano prima di due giorni, così mi chiedevo se ti andava di rimanere qui stanotte.” Era un po’ che ci pensava, in effetti. Più o meno da quando Kurt aveva messo piede oltre la soglia di casa.
 
Attese con pazienza che assimilasse la domanda, cogliendo ogni lieve cambiamento di espressione sul suo volto.
 
“...Passare la notte insieme?”
“Sì. Io... Oh. Non intendevo quello che pensi! Solo... dormire.” Kurt arrossì adorabilmente.
 
Poi sorrise, in un modo intimo, familiare, che per un attimo gli fece dimenticare completamente come respirare.
 
“Mi farebbe davvero piacere.” Ammise, e Blaine ebbe la netta sensazione di intercettare ogni singolo muscolo del suo corpo che lentamente si rilassava, a un tratto privo di fretta, e non aveva più motivo di averne, dopotutto.
Erano lì, insieme, dopo fin troppo tempo, e volevano solo sentirsi reciprocamente vicini. Volevano appartenersi, esattamente come non gli era stato possibile per tutto quel tempo in cui il loro rapporto era stato solo un segreto.
 
“Aspetta però: devo prima mandare un messaggio a Finn e dirgli che se mio padre chiede di me io sono a dormire da Mercedes... e devo scrivere a Mercedes che se mio padre chiama io sono da lei. Poi devo fare la doccia, e devi farla anche tu.” Esclamò, tentennando un po’ verso la fine della frase.
 
Kurt afferrò velocemente il cellulare dalla scrivania dov’era appoggiato, digitando qualcosa sullo schermo.
Blaine lo osservò in silenzio, contemplando quanto fosse splendido quando era felice.
 
“Va bene, fatto. Faccio la doccia, tu... non entrare, ok?” Balbettò nervosamente, evitando il suo sguardo.
 
Blaine sorrise.
 
“Non preoccuparti: rispetterò la tua privacy.” Kurt sembrò sospirare di sollievo, e a quel punto non poté davvero risparmiarsi una frecciatina.
 
“...Dopotutto non abbiamo ancora parlato di sess- ”
 
Blaine! Ti prego, smettila di ripeterlo a raffica! Se penso che ti ho appena promesso che domani ne parleremo davvero mi viene l’ansia...”
 
Blaine ridacchiò, alzando le mani in segno di resa.
“Ok, va bene, la smetto. Per oggi.” Kurt alzò gli occhi al cielo.
“Povero me... Beh, ora penso proprio che andrò in bagno, questa... ehm... situazione comincia a farsi veramente- ”
 
Entrambi sussultarono, come la suoneria del cellulare di Kurt invase la stanza.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 



Eccoci qua ^_^
So di avervi deluso. La domanda è quanto vi ho deluso? ...Non sono sicura di volerlo sapere o.O
...Se pensate che ora mi metterò a commentare ciò che ho scritto nella prima parte vi sbagliate di grosso, perché davvero, non ci sono parole per esprimere quanto sia incapace. Perdonatemi se potete... I can’t ç__ç
Solo una cosuccia, poi vado a prepararmi psicologicamente per gli insulti: la chiamata che sta arrivando... NON è niente di negativo, potete stare tranquilli su questo :)
...E ora vado a flagellarmi ^_^”

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Capitolo 31
*** Capitolo 31 ***


Buon inizio settimana a tutti :D
...Allora. *prende un respiro profondo. Mooolto profondo* ...Vi sto amando profondamente, lo sapete, vero? No, perché con le recensioni allo scorso capitolo sono abbastanza sicura di aver perso qualche anno di vita, e per la cronaca non me ne pento minimamente ç___ç
Io... Giuro, ero convinta che mi avreste lanciato pomodori, uova marce, mattoni, daini, armadilli danesi parlanti (?)... ma mai mi sarei aspettata che vi fosse piaciuto, e sicuramente mai mi sarei aspettata tutte le bellissime parole che ho letto... Non ho davvero parole per dirvi quanto vi adoro :’)!! Oh, e avete infranto anche ogni record: MAI avevo ricevuto così tanti commenti! Non ho davvero parole, a parte quelle che ho già abbondantemente riversato rispondendo alle recensioni, e probabilmente vi avrò anche storditi con i miei papiri, ma davvero, dopo un capitolo come quello scorso DOVEVO ç__ç!
Ok, basta, se no l’aggiornamento lo iniziate a leggere l’anno prossimo (... sì, sono ancora convinta che esistano persone che leggono queste introduzioni abnormi, ok?? ...*palle di fieno che rotolano*...), e devo dirvi ancora delle cosucce ù.ù
Prima di tutto, è finita la Seblaine week! ...E’ iniziata la Kurtbastian (?) week... Ok, adesso io pretendo la Lord Tubbington/Pav week ù.ù DEVE succedere! XD, no suvvia, anche questa settimana qualcosa la leggerò (certe autrici non posso evitarle *-*), poi per riprendermi mi drogherò di Klaine ù.ù
Ok, dopo questa inutile fondamentale parentesi, dico solo un’altra cosa (giuro, è l’ultima ç_ç *continua a parlare come se qualcuno stesse realmente leggendo*) ...Ricordate quando ho detto che mancano circa 5 capitoli alla fine? Beh... Diciamo che mi sono venute in mente alcune cose, che comunque sarebbero secondarie alla trama generale, per cui... come vedreste un piccolo sequel? Intendo una decina di capitoli ;) Fatemi sapere ^-^
Oook, ora direi che posso davvero lasciarvi al capitolo, non prima però di aver ringraziato con tutto il mio cuoricino Klainoso chi ha aggiunto questa FF a seguite, preferite e ricordate *QQQ*!! E ovviamente alle fantastiche persone di cui parlavo all’inizio, ovvero P e r l a, denyse1997, Fiby AndersonBass_, KIAsia, Meg___Gleek, GinnyIris93, CrissColferIsOnBitches, Maggie_Lullaby, Joick, Chris_91, _Breakable, saechan, aleka_80, Me_Mi, Misato85, CassieGrey, ClaudeAndSheila, YouArePerfectToMe, Alessandranna, sandy_hachi, Oceanic 6, sakuraelisa, Ocatarinetabelasciscix, JulesCullenMeyer, Tallutina, GiNeVrA_21, violanassi, mikygleek91, LUcy__, elisabethy92, missdarcy24, EllyGleek96, CallipeVittoria, anastasianapp, LexyDC__ e Guzzy_12 che abbraccio selvaggiamente *O*!!

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Kurt, mentre raggiungeva il suo cellulare, iniziò a pensare che, a quanto pareva, non era destino per lui riuscire a farsi una maledetta doccia quella sera.
 
Afferrò il telefono, e lesse sul display il numero del fisso di casa sua.
 
“Dovrebbe essere mio padre... Spero che Finn e Mercedes non abbiano combinato nessun disastro...” Disse a Blaine, che lo guardava con aria interrogativa, come se fosse incerto a domandargli chi fosse.
Kurt accettò la chiamata, ma tutto ciò che sentì dall’altro capo del telefono fu il suono di una specie di zuffa, qualche parola soffocata e tanto, tanto rumore.
 
“Ma che diavolo...?”
“Tutto bene? È tuo padre?” Chiese sottovoce Blaine, guardandolo con aria preoccupata. Avrebbe voluto sapergli rispondere, ma al momento le cose erano piuttosto confuse anche per lu-
 
Kurt Hummel!!
 
La voce gli trafisse l’orecchio chiara e forte, costringendolo ad allontanare il cellulare di qualche centimetro. Stava per rispondere a tono, quando realizzò che – chiunque stesse parlando – non poteva certo essere suo padre, dato che era palese si trattasse di una donna.
 
“...Chi parla?” Blaine nel frattempo si era avvicinato a lui, e Kurt intravide un pizzico di apprensione nei suoi occhi color miele. Rimase a fissarli intontito ancora qualche istante, prima di riprendere coscienza di sé e della persona urlante che doveva fronteggiare.
Abbassò lo sguardo, perché dire cose sensate con Blaine così vicino – senza maglietta, per giunta – non era esattamente una cosa semplice.
 
“Non farlo!! Ti prego Kurt, no!”
“...Eh? Si può sapere chi- ”
“Non prima di aver vinto almeno un Tony, qualche Golden Globe, un po’ di Emmy e- ”
 
Rachel?
Sentì in lontananza un sospiro frustrato, che questa volta sembrava provenire da una voce maschile.
Di nuovo qualche rumore sconclusionato.
 
“Certo che sono io! E tu hai un evidente bisogno di parlare con me prima di- ”
“Kurt! Mi dispiace tantissimo, ma ho invitato Rachel a casa nostra e quando mi hai mandato quel messaggio... Beh, lei temeva fosse di Quinn così ho dovuto farglielo legg- ”
 
Finn? Di cosa diavolo state parlando??” Rachel, da quanto poteva immaginare, si riappropriò del telefono.
 
“Lascia che ti spieghi, Kurt. Diciamo solo che potrei aver letto quel ‘Se mio padre mi cerca digli che rimango a dormire da Mercedes’, e diciamo che potrei aver chiamato Mercedes per avere conferma, e che lei mi potrebbe aver detto- ” Di nuovo rumori indefinibili.
 
“Sei a casa di Blaine?”
 
Chiese in tono pratico Finn, spiazzando completamente il suo fratellastro.
Kurt alzò velocemente lo sguardo sul ragazzo vicino a lui, adocchiando poi le loro magliette spiegazzate sul letto.
Arrossì violentemente, cercando tuttavia di rimanere calmo.
 
“No.”
 
Lo disse con la voce più ferma e sicura del suo repertorio.
 
Neanche a dirlo, non servì assolutamente a nulla.
 
Ci fu qualche istante di silenzio, che lo fece illusoriamente sperare per il meglio. Poi il delirio.
“Kurt Hummel!! Tu sei a casa di Blaine, non provare a mentirmi! E Finn, vai al piano di sotto e prendi l’altro telefono, così la smetti di provare a rubarmi questo!”
Kurt valutò l’idea di riattaccarle in faccia, ma il pensiero che potesse chiamarlo continuamente per tutta la notte lo inquietò abbastanza da fargli abbandonare l’idea sul nascere.
 
“Senti Rachel, io...”
“Aspetta, c’è Mercedes sull’altra linea: aggiungo la chiamata.”
“Kurt! Mi dispiace, ho provato a dirle di lasciar perdere, ma non ha voluto ascoltarmi- ”
“Sta’ zitto Finn. Ciao Kurt!”
“M-Mercedes...?”
“E chi se no? Dunque, andrò subito al sodo così non rubo a te e ad Anderson altro tempo prezioso.”
Tempo prezioso...?”
 
“Metti in vivavoce.”
 
Oh.
Quella aveva tutta l’aria di essere una pessima idea.
 
“Non ci penso neanche!” Poi le cose accaddero in fretta.
Si sentì sfilare il cellulare di mano, e al contempo le voci di Finn, Rachel e Mercedes iniziarono a propagarsi per tutta la stanza.
 
Blaine! Perché l’hai fatto??” Chiese stizzito, con l’aria di chi è appena ricevuto il peggiore dei colpi bassi. Il suo ragazzo ridacchiò, trascinandolo a sedere sulle sue ginocchia, posizionandosi alla sedia della scrivania, sul piano della quale aveva appena appoggiato il suo telefono.
 
“Perché è divertente.”
“No, non lo è!” Kurt provò a raggiungere il proprio cellulare, ma Blaine gli aveva già avvolto le braccia intorno alla vita, tenendolo fermo sulle sue gambe.
Kurt si rifiutò categoricamente di soffermarsi a valutare il fatto di essere seduto in braccio a Blaine.
Dopotutto la situazione era già abbastanza bizzarra senza bisogno di ulteriori spunti per perdere la testa.
 
“Ciao ragazzi!” Esclamò raggiante Blaine, mentre Kurt si nascondeva la faccia tra le mani.
“Ciao ex compagno di duetti!”
Tu! Guai a te se provi a- ”
“Oh Santo Panino! Allora hai davvero intenzione di dormire con mio fratello!” Kurt strizzò gli occhi, ancora ben nascosti dalle sue dita, piuttosto sicuro di essere ormai tendente al bordeaux. D’accordo, aveva sperato con tutto il cuore che i suoi amici accettassero senza difficoltà la sua relazione con Blaine, ma di sicuro non immaginava questo.
 
“Ascoltami bene, Kurt. Sono contentissima e non particolarmente sorpresa che tu e Blaine stiate insieme. Voglio dire, non ce l’hai mai confessato apertamente ma sospettavamo un po’ tutti che fossi gay. Beh, tutti tranne Finn- ”
“Grazie, Rachel.”
“...Comunque anche Blaine e i suoi papillon erano piuttosto equivoci. Poi tutto il tempo che passavate insieme... Insomma, tu sei un bel ragazzo, lui è un bel ragazzo- ”
Rachel! Potresti dirmi dove sta il punto, per favore, così la finiamo e magari sopravvivo a questa dose inumana di imbarazzo?” Piagnucolò Kurt, guadagnando una risatina da parte del suo ragazzo, che gli appoggiò la fronte sulla spalla.
 
“D’accordo, d’accordo. Fondamentalmente, penso che voi due non dobbiate fare sesso.”
 
Calò un silenzio surreale.
Kurt sbatté più volte le palpebre, sconvolto.
 
“...Ho capito male, vero?”
 
“No, Kurt: hai capito benissimo. Passerai la notte con il tuo ragazzo, e immagino non abbiate in programma di guardarvi le repliche di America’s Next Top Model, quindi prima che sia troppo tardi ho pensato fosse il caso di fermarvi. Finn, appoggiami!”
“Io... Io credo di aver bisogno di un minuto.”
“Finn!!”
“Stiamo parlando di mio fratello, Rachel, scusa tanto se la cosa mi turba!”
“Ma amore! Kurt deve capire che, nonostante si ostini a non unirsi al Glee Club, ciò che lo aspetta è una prosperosa carriera a Broadway, non può andare a letto con- ”
“Ehm... Rachel?”
“Sì, Mercedes?”
“...Lo sai vero che perdere la verginità non compromette le corde vocali?”
“Certo che lo so! Dico solo che non mi sembra il caso di- ”
 
BASTA!!” Kurt gridò con tutto il fiato che aveva in gola, e si rivelò più che sufficiente per far sobbalzare Blaine, che fino a quel momento aveva ridacchiato sotto i baffi, e zittire i tre dall’altro capo del telefono.
Era piuttosto sicuro di non essere mai stato tanto imbarazzato in vita sua, e il fatto di aver promesso di parlare di quel medesimo argomento con Blaine, il giorno seguente, lo mandava ancor più in paranoia.
 
“Pietà, smettetela di parlare! Non che siano fatti vostri, ma io e Blaine non abbiamo intenzione di fare quello che per qualche strana ragione temete, per cui vi sarei grato se- ”
“Aspetta, non farete sesso?” Chiese Mercedes, praticamente indignata.
“Scusa, amico, perché mai rimarresti con lui tutta la notte allora?”
“Oh, sta’ zitto Finn. Kurt evidentemente ha capito di non essere pronto all’intimità, e vuole restare a casa di Blaine solo per- ”
“Sì, certo. Come no.”
“Mercedes! Rispetta la sua scelta!”
“...Ehm, non per contraddirti, amore, ma Kurt non ha detto proprio nient- ”
“Sta’ zitto Finn.”
“Uh. Ok.”
“...E Blaine? Perché non parla? Blaine??”
“Sì, Mercedes?”
“Hai intenzione di abbindolare il povero Kurt e costringerlo così a concedersi a t- ”
Rachel!!
“Cosa?!”
 
“...Ragazzi. Avete frainteso tutto. Kurt è qui solo per... ehm... aiutarmi con... con Lily.”
 
“Lily?”
“...Chi? Cosa?”
“Sta’ zitto Finn. Blaine, chi è Lily?” Kurt si voltò verso il ragazzo seduto sotto di lui, e in effetti era piuttosto curioso di scoprire chi diavolo fosse, questa Lily. Blaine gli fece l’occhiolino.
“Una gattina. L’ho trovata tornando da scuola: è molto piccola, e deve mangiare piuttosto di frequente. Kurt si è offerto di fare a turno con me, in modo da riuscire a dormire almeno un po’.” Lo disse con convinzione, talmente sicuro di sé che per poco Kurt non iniziò a guardarsi attorno, aspettandosi di veder sbucare quella fantomatica gattina da un momento all’altro.
 
Blaine gli mimò un ‘come sono andato?’ con le labbra, e lui sorrise felicemente, in tutta la sua sollevata approvazione.
Dal telefono uscì qualche borbottio confuso. Mercedes sembrava delusa, Rachel sollevata e Finn esaltato all’idea di un cucciolo di gatto.
 
“Ti devo le mie scuse, Kurt. Non avrei dovuto temere che compissi gesti sconsiderati...”
Gesti sconsiderati?? Rachel, ma ti senti?”
“Ohh! Non vedo l’ora di vedere Lily! I gattini appena nati sono un amore...”
“...Finn? Stai bene?”
“Che c’è? Mi piacciono i gatti, e allora?”
“...Ragazzi, non per altro, ma Lily ha davvero bisogno di mangiare. Noi andiamo se non è un problema.”
“Oh, certo. Certo. Buona serata, ragazzi!”
“Ciao Kurt, ciao Blaine!”
“Salutatemi Lily!” E con quell’ultima richiesta finalmente la chiamata fu interrotta.
 
Kurt non provò nemmeno a trattenere un sospiro di sollievo, e si accasciò mollemente su Blaine, che gli teneva ancora le braccia allacciate in vita.
 
“E anche questa è andata.” Il moro ridacchiò, girando la testa quanto bastava per riuscire a baciarlo dolcemente sulla guancia, senza smettere di sorridere.
“Sono stato bravo allora?” Kurt finse di pensarci su, mentre si alzava goffamente dal grembo del suo ragazzo.
“Dopo questa devo presumere che la maggior parte delle volte fai solo finta di essere un cretino.” Blaine si alzò in piedi a sua volta e, prima che potesse fare qualunque cosa per fermalo, gli aveva già cinto nuovamente la vita, portando i loro corpi abbastanza vicini da togliergli il fiato.
 
Non poteva farci niente: averlo con sé gli faceva quell’effetto, era stato così dalla prima volta, anche se a quel tempo era ben lungi dall’ammetterlo.
Era insensato, e forse anche stupido visto che dopotutto era solo un adolescente, eppure, non riusciva ad immaginare se stesso senza Blaine. Era una possibilità che non riusciva a concepire, quella di stare senza di lui, e non poteva negare di esserne spaventato, ma d’altra parte, se c’era una cosa che aveva imparato da tutti quegli anni difficili, era che non c’è niente che si può fare per controllare i propri sentimenti, di qualunque genere essi siano.
 
Blaine gli accarezzò i capelli tra le dita, e lui fu scosso da un piccolo brivido.
“...Diciamo che sono abbastanza bravo in questo.”
“In cosa?” Chiese Kurt, che aveva perso completamente il filo del discorso, insieme alla leggerezza di pochi istanti prima.
“Nel fingermi un cretino.”
“Non sei un cretino.”
“Ma se l’hai detto tu un attimo fa?”
“Beh, mi sbagliavo.” Si abbassò quel poco che bastava a incontrare le sue labbra, in un bacio a cui Blaine rispose con trasporto. Rimasero stretti l’uno all’altro per un po’, poi Kurt iniziò a sentire la bocca del suo ragazzo scivolargli sul collo, cosa che gli rammentò la famosa doccia che continuava ad illuminarsi ad intermittenza al vertice della sua lista della cose da fare.
 
“B-Blaine?”
“Mmh?” Mormorò sulla sua pelle, facendolo rabbrividire.
“Dio... Odio doverlo dire, ma devo assolutamente levarmi i pantaloni.”
“Niente in contrario...” Kurt arrossì. Ok, così non suonava particolarmente bene.
“Intendo... la doccia. Potrei morire se tengo addosso questi vestiti un minuto di più- Nel senso... Insomma, hai capito.” Blaine sospirò, scollandosi malvolentieri dalla sua gola.
 
Kurt incontrò i suoi occhi, e per un attimo valutò seriamente l’idea di levarsi davvero i restanti vestiti di dosso e, invece di fiondarsi sotto la doccia, fiondarsi su Blaine.
 
Uh.
Ok, non era davvero il caso di-
 
“...A cosa stai pensando?” Kurt sentì le orecchie prendergli fuoco.
“Chi? Io? N-Niente! Assolutam- ”
“Kurt... Puoi dirmelo.”
“P-Pensavo al fatto che devo fare la doccia. Adesso. E devi farla anche tu se vuoi venire a letto con me!” Lo disse senza riflettere, più che altro per distogliere Blaine dal fatto che fondamentalmente aveva pensato di passare direttamente a uno degli step successivi al discorso sul sesso. O almeno, a quelli che presumeva sarebbero stati gli step successivi.
 
Blaine spalancò i suoi occhi ambrati, e Kurt si complimentò con se stesso per essere ancora in grado di pensare lucidamente.
O almeno in parte, quel tanto che bastava a ripercorrere le poche parole che aveva appena pronunciato.
 
“I-Io... Non intendevo dire... Cioè, avrai sicuramente una stanza per gli ospiti- ”
“Kurt. Credi davvero che ti inviterei a dormire qui per poi lasciarti in un’altra camera?” Si mordicchiò un labbro e, prima che potesse rispondere, Blaine lo interruppe.
“Voglio dire! Se tu vuoi dormire in un’altra stanza, naturalmente pos- ” Alzò gli occhi al cielo, rassegnato e intenerito allo stesso tempo.
 
“Blaine. Se volevo dormire da solo potevo tornare a casa, non credi?”
“...S-Suppongo di sì.” Kurt annuì pazientemente, lanciandosi una rapida occhiata intorno.
Nessun telefono che suonava, nessun gattino neonato, nessuna Rachel Berry appiccicata al vetro della finestra... Oh, e nessuna invasione aliena.
Tirò un sospiro di sollievo.
 
“...E ora vado davvero a fare la doccia.”
 
 
                                                                    ***
 
 
Blaine chinò la testa da un lato, colpendosi più volte l’orecchio con il palmo aperto, fermamente convinto che ci fosse qualcosa che non andava del suo udito.
E doveva essere così per forza, insomma, per quale altro motivo avrebbe dovuto sentire l’acqua scorrere così vividamente, visto e considerato che ora si trovava al piano terra?
 
Sapeva che non era logicamente possibile, eppure, mentre si chiudeva a propria volta la porta del bagno alle spalle, sembrava che il getto fosse esattamente tra i suoi capelli, anziché quelli di Kurt, che a quel punto sicuramente era già sotto la doccia.
 
Blaine non avrebbe mai pensato che avere più di un bagno si sarebbe mai rivelato uno svantaggio.
 
Tuttavia era stato costretto a ricredersi, e sapere che Kurt si stava lavando esattamente sopra la sua testa gli stava facendo perdere il lume della ragione.
Si tolse rapidamente i vestiti, entrando a sua volta nella doccia, nella speranza che l’acqua calda sciacquasse via almeno in parte la propria tensione, dovuta a tutto l’insieme di cose successe nel giro di una sola sera.
 
Provò a concentrarsi su un pensiero particolare, a valutare le cose, ma per quanto cercasse di afferrare un’idea questa immancabilmente finiva per sfuggirgli, tramutandosi nello scroscio d’acqua proveniente dal piano di sopra che, non si sa come, riusciva a oscurare persino quello sotto cui si trovava lui.
 
Blaine sospirò.
 
Se solo fosse stato in grado di smettere di pensare a come quelle dannatissime goccioline fossero schifosamente fortunate a scivolare sul corpo perfetto del suo ragazzo, probabilmente le cose sarebbero andate meglio.
E magari si sarebbero rivelate ancora migliori, se quella lontananza forzata non avesse amplificato oltre l’inverosimile il suo bisogno di stare vicino a Kurt, di sentire la sua voce, il suo profumo, il modo in cui lo baciava.
 
Finì la doccia più in fretta possibile, si infilò la biancheria, una delle tute che usava per dormire – la meno sciupata, vista l’occasione –, si asciugò i capelli alla bell’e meglio e procedette a lavarsi i denti.
Quando finalmente ebbe finito per poco non dimenticò il rubinetto aperto, nella smania che aveva di salire al piano di sopra.
 
Un quarto d’ora dopo, Blaine aveva fatto tutto quello che poteva.
 
Era andato in camera sua, e ne aveva approfittato per rifare il letto, piegare la sua maglietta e quella di Kurt, chiudere le persiane e contemplare con sguardo vacuo la porta del bagno, dalla quale non arrivava altro che qualche occasionale rumore ovattato, che Kurt sembrava fare apposta per rassicurarlo sul fatto di non essere affogato nel water, o cose del genere.
 
Non che si lamentasse, ma davvero: quanto tempo passa in media una persona sotto la doccia? O chiusa in bagno?
 
Più volte aveva considerato l’idea di bussare alla porta, giusto per fargli presente che era già lì, ma poi si era ricreduto, spaventato al pensiero che saperlo a mezzo metro da lui mentre era potenzialmente senza vestiti non l’avrebbe di certo aiutato a mantenere la calma.
 
...Senza vestiti.
Blaine si complimentò con se stesso: mai avrebbe pensato di riuscire a considerare qualcosa del genere rimanendo semplicemente seduto sul letto, senza dirigersi in uno scatto repentino fino alla porta del bagno.
 
“Blaaaine!” Il ragazzo sobbalzò.
Ok, calmo.
Doveva stare calmo.
 
“Kurt, sono in camera. Qualcosa non va?” Lo sentì trafficare, da qualche parte oltre la porta.
“Uh! Sei già lì. Puoi venire un attimo per favore?” Non era assolutamente il genere di cosa che si sarebbe fatto ripetere. Balzò in piedi, e nel tempo di fare due passi aveva già la mano sulla maniglia.
“...Posso?”
 
Kurt aprì la porta dall’interno, e Blaine per poco non ci restò secco.
 
Se c’era qualcosa di più bello di Kurt Hummel, era Kurt Hummel dopo una doccia.
La sua pelle chiara era deliziosamente arrossata dal getto caldo, aveva qualche piccola gocciolina impigliata tra le ciglia e i capelli ancora umidi, come Blaine non avrebbe mai sperato di vederli.
Era semplicemente magnifico. Come può una persona incarnare la perfezione? Blaine non aveva mai avuto motivo di chiederselo, prima di avere Kurt nella sua vita.
Lui lo guardò con aria imbarazzata, stringendosi un po’ più forte nell’asciugamano che lo avvolgeva completamente.
 
“...E-Ehm. Posso chiederti un favore?” Blaine sbatté più volte le palpebre. Come diavolo faceva ad essere così... così...
“Qualunque cosa.” La voce gli uscì un po’ bizzarra, piuttosto simile a quella di chi è appena stato testimone di un evento sovrannaturale, o qualcosa del genere. Kurt lo guardò un po’ stranito, prima di continuare.
“Mi stavo chiedendo se puoi prestarmi il tuo esfoliante. E poi anche una crema idratante, dato per stasera eccezionalmente eviterò la maschera: ci impiegherei almeno venti minuti e non ci tengo che tu mi veda con quella roba addosso.”
 
Blaine lo guardò con tanto d’occhi.
Perciò... Si presumeva che possedesse almeno una di quelle cose, giusto?
 
“Esfoliante...?” Kurt annuì e, vedendo che non dava alcun cenno di indicargli dove fosse, piegò la testa da un lato, con aria confusa.
“Non... vuoi prestarmelo?”
“Cos- No! Certo che te lo voglio prestare, ma vedi... Non ho un esfoliante.” Spiegò, e Kurt lo fissò come se avesse appena confessato di essere un serial killer, uno di quelli che conservano i resti delle proprie vittime nel freezer.
 
Non hai un esfoliante?”
“No...?” Sembrò prendere un respiro profondo, come a contenere una crisi isterica. Blaine iniziò a preoccuparsi.
“...D’accordo. Posso gestirlo, vediamo... Mi daresti la tua crema?” Il povero Anderson fu molto combattuto sul dirgli o meno la verità. Ma poi incontrò lo sguardo indagatore del suo ragazzo e capì che, qualunque bugia si fosse inventato, lui avrebbe finito per smascherarla.
 
“Non ho una crema, Kurt. Non ho niente del genere.” C’erano quelle di sua madre in realtà, ma erano tutte antirughe. Alzò con terrore lo sguardo sul suo ragazzo: Kurt sembrava devastato.
 
“...Se è uno scherzo non è divertente.”
“Non- Non è uno scherzo. Io davvero non ho- ”
“Blaine!! Non puoi non averla! Adesso sarò costretto ad andare a prenderla a casa, e- Oddio! Mio padre non mi farebbe mai guidare a quest’ora! Come... Come- ”
“Kurt.”
“Domani la pelle mi si seccherà, poi diventerà screpolata, e... Oddio! Non voglio neanche pensarci!” Vedendo che i suoi tentativi di calmarlo solo mediante uno sguardo rassicurante non sortivano alcun effetto, gli prese con delicatezza il viso tra le mani.
“Kurt. Guardami.” Lui si morse un labbro, e ora sembrava troppo imbarazzato per incontrare i suoi occhi.
“Stare una sera senza crema non ha mai ucciso nessuno, non credi?”
 
A Blaine servì una buona dose di pazienza per dimostrare la validità della sua affermazione.
 
 
                                                                    ***
 
 
Kurt si lisciò il pigiama sul petto, dando un’ultima occhiata alla sua immagine riflessa nello specchio del bagno di casa Anderson.
Blaine gli aveva prestato quello che a suo dire era l’unico pigiama che aveva, dato che solitamente dormiva in tuta, e poi aveva avuto la galanteria di lasciarlo a rivestirsi da solo, dopo un lungo discorso per sfatare l’importanza fondamentale delle creme da notte, argomentazione di cui non era comunque del tutto convinto.
 
Tirò un profondo respiro, che si rivelò sufficiente a riempirgli i polmoni dell’odore di Blaine, intrappolato nella stoffa. Era un profumo che non riusciva a definire con precisione, perché non c’era nient’altro al mondo che gli si avvicinava abbastanza per fare un paragone.
 
In un certo senso assomigliava a una giornata di fine maggio, quando uscendo di casa senti per la prima volta una nuova consistenza nell’aria, una leggerezza impalpabile che sembra annunciare l’arrivo dell’estate. Un po’ come quando fa abbastanza caldo da rimanere in terrazza, la sera, pizzicati appena percettibilmente dalla brezza fresca.
 
Per un attimo desiderò di avere quel profumo nelle narici per tutta la vita.
 
Poi vide l’immagine nello specchio arrossire, così abbassò gli occhi.
Era infantile pensare a una cosa del genere, soprattutto alla sua età. Eppure, mentre usciva finalmente dal bagno, non poté impedire a quel pensiero di depositarsi da qualche parte in fondo al suo cuore, là dove la razionalità non poteva raggiungerlo.
 
“Scusa se ci ho messo tanto.” Blaine si alzò dal letto dove era seduto e chiuse il libro che teneva sulle ginocchia, avvicinandosi a lui con quel genere di sorrisi a cui Kurt non avrebbe mai fatto l’abitudine.
 
“Ti sei fatto una ragione per storia della crema idratante?” Si morse l’interno delle guance per non ridere: dopotutto non c’era niente di divertente nel suo dramma personale.
 
Ma poi Blaine si fece più vicino, e Kurt perse del tutto la propria vena umoristica.
 
Sentì la mano del suo ragazzo posarsi con leggerezza su un lato del collo, un attimo dopo lo stava baciando e, forse per la prima volta, a Kurt fu chiaro che quel momento era solo per loro. Poco importava del mondo fuori da quelle quattro mura, poco importava se avevano dovuto mentire a Finn, Rachel e Mercedes, che in tutta probabilità non avrebbero creduto minimamente al fatto che volessero solo dormire nello stesso letto, quando invece era esattamente così che stavano le cose.
 
Poco importava quanto sarebbe stata dura.
Perché erano insieme, adesso e, anche se mai come dopo gli ultimi pettegolezzi erano stati esposti alla cattiveria della gente, paradossalmente non si era mai sentito più al sicuro.
Blaine lasciò le sue labbra e gli prese una mano, baciandogli delicatamente il polso e inspirando a fondo. Kurt rabbrividì.
 
“Hai un profumo buonissimo.” Disse sorridendogli, mentre raggiungevano insieme il letto.
“È per via del tuo bagnoschiuma.” Provò a giustificarsi il giovane Hummel,  immergendosi con un certo imbarazzo sotto le coperte. Blaine lo seguì un attimo dopo, sistemandosi al suo fianco.
“No.” Lo guardò stranito.
“No?”
“Non è il bagnoschiuma. Sei tu.” Il respiro di Kurt rimase sospeso a mezz’aria, e si sentiva talmente pesante e leggero allo stesso tempo che nemmeno lo credeva possibile.
 
Blaine era agitato. Lo vedeva che era agitato, nonostante stesse ostentando tutta la tranquillità possibile. E lui, in quell’esatto istante, non poteva immaginare di essere più felice. Insieme alla persona che amava, che amava lui allo stesso modo.
 
Perché Kurt sapeva che Blaine lo amava.
 
Lo sapeva per via di tutte le volte che aveva sopportato lui e le sue paranoie, per il fatto di non averlo piantato dopo tutto ciò che in quella settimana gli aveva fatto. Lo sapeva da quei primi giorni di scuola, quando nonostante tutto si era rifiutato di lasciarlo andare alla deriva, sebbene fosse la scelta più facile.
 
Sorrise, e un po’ gli veniva da piangere, anche se non era il momento.
 
“Kurt? Va tutto bene?” Chiese Blaine allarmato e, prima che potesse risollevarsi di scatto dal materasso, Kurt gli aveva già appoggiato una mano sul torace, tenendolo incollato al letto.
“Non c’è assolutamente niente che non va, Blaine.” Guardò in su per evitare di lasciarsi davvero scappare una lacrima, poi si accoccolò meglio sotto le lenzuola.
 
Blaine allungò un braccio fino a sfiorare l’interruttore, facendo scivolare l’oscurità nella stanza, fatta eccezione per i pochi spiragli di luce che penetravano dalle sottili fessure tra gli scuri della finestra.
Dovevano esserci tanti piccoli lampioncini ad illuminare il giardino sul retro di casa Anderson, o almeno così si era sempre immaginato Kurt.
 
I suoi occhi si stavano ancora abituando all’oscurità quando sentì la mano di Blaine coprire la propria, ancora mollemente appoggiata sul suo petto. Un attimo dopo gli avvolse l’altro braccio intorno alla vita, tirandoselo più vicino.
Kurt si voltò istintivamente verso di lui, mettendosi su un fianco e intrecciando le loro gambe sotto le coperte. Sospirò felicemente, e sistemò la testa sulla sua spalla.
 
“Spero non cadremo dal letto... Dopotutto è solo a una piazza e mezzo, non vorrei che spostandoci nel sonno- ”
“Grazie.” Il sussurro si rivelò abbastanza percepibile nella stanza buia. E forse fu proprio grazie a quell’oscurità rassicurante che riuscì a trovare il coraggio di parlare.
“...Eh? E per cosa?” Sembrava realmente stupito, e a Kurt veniva quasi da ridere. Rispose mantenendo la voce appena udibile, quasi temesse che qualcuno potesse sentirlo. O forse voleva avere la possibilità di negare, se avesse detto qualcosa di sbagliato. Qualcosa di troppo.
 
Per tutto, Blaine. Per non avermi lasciato perdere quando ti ho trattato male all’inizio dell’anno, per essere venuto in mio aiuto quando Seth e gli altri mi facevano quelle cose... Per avermi sempre ascoltato, essere stato al mio fianco, avermi fatto capire che non esistono solo persone cattive a questo mondo. Per... per essere stato sempre così buono, e paziente con me. Io... Vorrei solo trovare il modo per ringraziarti abbastanza.” Parlò lentamente, con la testa incastrata sotto il suo mento. Poi attese qualche istante, nella speranza che dicesse qualcosa.
 
“Blaine...?”
“Credi davvero di dovermi ringraziare. ...Non hai idea di quanto tu abbia fatto per me, non è così?” Kurt non rispose. E no, non ne aveva idea.
 
Blaine lo colse alla sprovvista, togliendogli l’aria con un bacio inaspettato.
Si strinse al suo ragazzo sotto le coperte, passandogli dolcemente le dita tra i ricci e agganciando l’altro braccio alla sua schiena. Si baciarono fino a quando ebbero aria a sufficienza, poi rimasero semplicemente così, con le bocche abbastanza vicine da sentire i rispettivi respiri infrangersi sulle labbra.
 
“Ti amo.” Kurt sorrise e, nonostante il buio, era convinto che Blaine ne fosse consapevole.
 
“Ti amo.” Gli diede un ultimo piccolo bacio, per poi voltarsi lentamente, tenendo strette le mani dell’altro. Kurt si ritrovò la schiena di Blaine contro il petto, e lo strinse istintivamente più vicino, allacciandogli dolcemente le braccia intorno al corpo.
Affondò il viso tra i suoi capelli e, mentre scivolava lentamente nel sonno, un ultimo sprazzo di pensiero gli accarezzò la mente. Qualcosa di impalpabile, distante. Più una consapevolezza, chiusa da qualche parte in fondo al suo cuore.
 
Perché per un attimo, prima di addormentarsi, Kurt realizzò che era esattamente con quel profumo nelle narici, con quelle mani strette alle sue, con quella sensazione di appartenenza, che avrebbe voluto chiudere gli occhi ogni sera della sua vita.
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Eccoci qua ^_^
...Sono o non sono stata una brava persona *-*?? Aggiornamento anticipato e nessun finale indecente :’)! Dunque dunque dunque, che dire di questo capitolo? Inizialmente c’è un pezzo vagamente sclerotico, dove ovviamente non poteva mancare la mia amatissima Rachel *-* *inserire sarcasmo qui*, quel bietolone di Finn *ama*, e quella santa donna di Mercedes *ama anche lei*... Che si siano davvero bevuti la storia del gatto? Lo scopriremo del prossimo capitolo ;)... (Anyway, Finn se l’è bevuta di sicuro -.-“).
Poooi: nessuna invasione aliena, e quei due santi esseri possono finalmente farsi una doccia ù.ù... Dopodiché... Fluff, fluff e ancora fluff. E altro fluff. E uno sclero di Kurt perché sì u.u Poi boh, quando parlavo dell’esfoliante ero ispirata all’episodio del prom della scorsa stagione ---> “Non mi vuoi accompagnare D:??” “Certo che ti voglio accompagnare O^O” ...Basta, torno ad awwware sulla parte finale, ecco *-*
...Ok, prima di andarmene, visto che come vi avevo già detto il prossimo aggiornamento sarà lunedì prossimo, e visto che vi voglio taaanto bene, vi lascio con un piccolo spoiler del prossimo capitolo: ci sarà una visita inaspettata. Molto inaspettata... e inopportuna, diciamo così ù.ù
E...


 
“[...] Mi stavo solo chiedendo se vale ancora l’idea di parlare di sesso... dopo quello che è successo stamattina intendo.” Kurt abbassò meccanicamente lo sguardo, fissando con profondo interesse le briciole dei suoi biscotti. Blaine estrasse le tazze dal forno, tornandosi a sedere al suo posto.
“Senti, per me non c’è problema se vogliamo rimandarlo. Insomma, sarai già abbastanza sconvolto da- ”
“Facciamolo.” Blaine per poco non si strozzò con il latte.
“...E-Eh?”

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Capitolo 32
*** Capitolo 32 ***


Buon inizio settimana a tutti :D
Dunque dunque dunque, visto e considerato che alcuni di voi mi hanno scritto che leggono davvero le mie inutili e oscenamente lunghe introduzioni (ma quanto siete carini ç___ç ?), penso che ne approfitterò anche questa volta *-*
Prima di tutto le cose importanti: in questo momento, proprio mentre scrivo, mi sto ingozzando di cioccolato *Q* ...E sapete di che cioccolato parlo? Eh eh eh è.é Oggi mia madre ha fatto la spesa, ed è tornata con un uovo di cioccolata di Glee!! No, ci rendiamo conto?? Amore profondo... Ci ho trovato un paio di cuffie bianche con scritto ‘Glee’ sugli auricolari ù.ù D’ora in avanti ascolterò la musica con più fierezza *^*
...Bene. Dopo questa fondamentale notizia c’è una cosa che posso rendere ufficiale, ovvero il piccolo sequel di questa storia :)!! Ho avuto parecchi consensi, quindi direi che si può fare! Prossimamente vi metterò una piccola introduzione, così mi dite che ne pensate ;)
Anyway, come sapete sono stata in gita quattro giorni, e stavo per impazzire senza internet ç____ç E vi dico solo questo: è stato il male minore. Già, visto e considerato che mi sono ammalata (ancora -.-“) e ho perso del tutto la voce (...Quando in pullman canti Teenage Dream in playback D: )... Un disastro, insomma ù.ù Il tutto incorniciato dal fatto che il mio letto era privo di comodino, il riscaldamento era guasto, ho le mie buone ragioni per sostenere che il cibo fosse in realtà plastica colorata e un nostro amico ci ha tenute sveglie fino a orari indecenti per spettegolare (lui spettegolava, io dormivo sulle carte da Uno -.-“)... *si rende improvvisamente conto che di questo resoconto non importa nulla a nessuno* ...Beh, ecco, sì ù.ù Gita grandiosa ç______ç
Detta questa valanga di scemenze informazioni indispensabili, ne approfitto per ringraziare con tutto il cuore chi ha aggiunto questa FF a seguite, preferite o ricordate :’)!! Inoltre, un bacio a LUcy__, sakuraelisa, Tallutina, YouArePerfectToMe, P e r l a, CalliopeVittoria, Me_Mi, Fiby AndersonBass_, Alessandranna, aleka_80, elisabethy92, _Iclemyer_, _Breakable, violanassi, Ocatarinetabelasciscix, mikygleek91, CrissColferIsOnBitches, KIAsia, missdarcy24, GiNeVrA_21, sandy_hachi, Oceanic 6, saechan, Joick, Guzzy_12, Meg___Gleek, belinda adriani, LexyDC__, _marti, JulesCullenMeyer, anastasianapp e Maggie_Lullaby che hanno recensito lo scorso capitolo *ç*!!
Spero che l’aggiornamento vi piaccia... Non anticipo niente questa volta ;) *troll face*

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Quando la mattina seguente Blaine aprì gli occhi, gli ci volle qualche lungo istante per realizzare che niente di ciò che aveva vissuto la sera precedente era stato solo un sogno. Kurt era davvero piombato a casa sua dopo una lunga settimana di lontananza.
Non riusciva nemmeno a crederci.
Ripercorse mentalmente tutto ciò che era successo, ritrovandosi a pensare confusamente che, a rigor di logica, ora il suo ragazzo avrebbe dovuto essere sdraiato al suo fianco.
 
Prese un respiro profondo e allungò cautamente una mano verso sinistra.
Trattenne l’aria tutto il tempo perché, per quanto ne sapeva, Kurt poteva benissimo essersene andato o, più in generale, lui poteva essersi immaginato tutto.
 
Poi però intercettò qualcosa di caldo e soffice, che aveva tutta l’aria di essere il braccio di qualcuno.
 
Il suo cuore accelerò istantaneamente, e con l’altra mano raggiunse l’interruttore della abatjour, facendolo scattare.
Si voltò, ed ebbe una fitta al petto.
Di quelle che ti trapassano inesorabilmente da parte a parte, senza che tu possa far niente per fermarle. E Blaine si sentì esattamente così, svuotato, alla vista di ciò che aveva davanti.
 
Kurt era sdraiato a pancia in giù, con le gambe attorcigliate nelle coperte, la testa girata verso di lui e un braccio abbandonato sotto il cuscino. Blaine si perse nella sua espressione, completamente inerme ed abbandonata, la bocca appena socchiusa.
Non sembrava nemmeno reale, e avrebbe voluto sfiorargli il viso per accertarsene se solo non fosse stato così impaurito di alterarne la perfezione.
Sorrise, seguendo con lo sguardo l’altro braccio del suo ragazzo, che scoprì essere ancora appoggiato sul suo stomaco, esattamente come la sera prima, quando si era addormentato accoccolato contro di lui e per un momento – un solo, folle momento – aveva desiderato che fosse così per sempre.
 
Si sentì stupido per questo, e ridacchiò mentalmente all’idea di quanto Kurt avrebbe dato di matto a sentirsi dire una cosa del genere. Eppure, non poté impedirsi di immaginare quella stessa situazione proiettata avanti di qualche anno. Lontano da Lima, magari. Non poté impedirsi di desiderare di svegliarlo, vederlo impazzire perché non si era ancora spalmato tutte le sue creme, e poi baciarlo, rassicurarlo ed amarlo fino a quando non avesse capito che, per quanto lo riguardava, non c’era niente di più bello di lui a quel mondo.
 
Blaine strinse le labbra, costringendosi a non pensarci.
Fece per alzarsi cautamente dal letto, quando si rese conto della mano di Kurt che, non si sa come, anche nel sonno rimaneva stretta attorno alla sua maglietta, quasi non volesse lasciarlo andare.
E sapere di significare davvero qualcosa per lui, qualcosa a cui voleva aggrapparsi, era tutto ciò che poteva desiderare.
 
Staccò delicatamente le sue dita dalla t-shirt, facendogli borbottare qualcosa. Era piuttosto sicuro che non esistesse immagine di più adorabile di quella. Si chinò a lasciargli un piccolo bacio sulla fronte, poi si alzò dal letto, cercando di fare meno rumore possibile.
 
Kurt scivolò dalla sua parte del materasso, e si accoccolò lì, avvolgendo le braccia attorno al cuscino dove fino a pochi minuti prima dormiva lui.
 
 
                                                                    ***
 
 
Latte, aranciata, biscotti... Doveva esserci tutto, o almeno così sembrava a Blaine, mentre controllava per l’ennesima volta il vassoio dove aveva allestito quella che avrebbe dovuto essere una specie di colazione.
In realtà non aveva idea di come avrebbe reagito Kurt a vederlo entrare con quella roba in mano, ma confidava che apprezzasse il gesto, senza dare di matto per essere ancora spettinato.
 
Fece per prendere in mano il vassoio, quando uno scampanellare deciso alla porta gli fece quasi prendere un colpo. Uscì velocemente dalla cucina e si fiondò all’ingresso: chiunque fosse, non voleva che svegliasse Kurt.
Per un momento ebbe il terribile sospetto che i suoi fossero tornati dalla loro breve vacanza prima del tempo, cosa che mise già in moto il suo cervello alla ricerca di una qualsivoglia scusa che giustificasse la presenza di un ragazzo che non avevano mai visto nel suo letto.
 
Blaine ebbe cura di stamparsi in faccia il migliore dei suoi sorrisi tirati, prima di abbassare la maniglia.
 
Uh.
 
Beh. Questo era decisamente peggio.
 
“Anderson!! Come vanno le cose al McKinley?” Prima che potesse inventarsi un qualsivoglia pretesto per mandarli via, Jeff e Nick gli erano già bellamente saltati addosso.
Blaine indietreggiò di qualche passo, sotto l’impeto di quell’abbraccio.
 
“Jeff, Nick... Non vi aspettavo, ragazzi.” I due lo lasciarono andare, chiudendosi senza troppi complimenti la porta alle spalle.
“È un modo carino per dirci che non ci vuoi qui? Perché sai, non abbiamo intenzione di andarcene.”
“Ma no!” Mentì spudoratamente “Solo, mi chiedevo cosa vi porta qui di domenica mattina, con ancora addosso la divisa della Dalton, per giunta.”
 
Nick lo guardò con tanto d’occhi.
“...E lo chiedi anche?? È l’anniversario dei tuoi, Blaine! Dovevamo passare da te, tutto solo soletto...”
“Ok... ora mi fate paura. Fino a ieri nemmeno io sapevo che era il loro anniversario, come diavolo- ” Jeff alzò gli occhi al cielo.
“Per rispondere alla tua domanda, sappiamo dell’anniversario perché l’anno scorso se ti ricordi hai invitato praticamente tutti i Warblers a casa tua e, sempre se ti ricordi, è stata proprio quella sera che il qui presente signor Duvall – evidentemente ubriaco –  ha pensato bene di baciarmi- ”
“Sta’ zitto Jeff! Sappiamo benissimo entrambi che sei stato tu a baciarmi.” Gli ricordò con aria vagamente compiaciuta, ricevendo un’occhiata indignata dal biondo.
“Ma sentitelo! Certo Nick, continua a ripetertelo, e forse un giorno- ”
 
“Un momento.” Li interruppe Blaine, con aria sconvolta.
“...Dunque voi festeggiate l’anniversario nello stesso giorno dei miei genitori?! Ok, ora ho davvero paura.”
“Taci hobbit. Non siamo qui per parlare del mio masochismo a sopportare questo qui per un anno intero- ”
“Non mi sembra che tu ti sia mai lamentato, Jeff...” Ricevette una gomitata nelle costole.
“...Quello che Nick voleva dire, è che siamo qui per ben altri motivi.”
 
E poi accadde.
 
Entrambi assunsero quella spaventosi aria ammiccante che Blaine aveva ingenuamente sperato di non dover più intercettare in vita sua.
 
“Ragazzi...?”
Jeff con una mossa repentina schizzò fino al soggiorno, esattamente ai piedi della rampa di scale che conduceva al piano di sopra.
Blaine udì l’inconfondibile risata malvagia del biondo e, quando lo raggiunse, ormai era troppo tardi.
 
“Ciao Kurt!”
 
 
                                                                   ***
 
 
Kurt fu svegliato dall’odioso suono di un citofono che trillava.
 
Evidentemente suo padre aveva dimenticato le chiavi di casa vicino al tostapane, e la povera Carole si era dovuta alzare ad allungargliele. Si stiracchiò pigramente, prendendo una profonda boccata d’aria.
 
Oh. Quello... quello era l’odore di Blaine.
 
Scattò a sedere sul letto e, una manciata di secondi dopo, realizzò che non era stato solo un sogno. Aveva dormito davvero assieme a Blaine, ed ora era davvero sul suo letto, avvolto dal suo profumo.
Kurt spostò istintivamente la mano al suo fianco, ma non trovò nessun corpo addormentato accanto a lui. Evidentemente si era già svegliato.
Kurt sperò che fosse sceso senza accendere la luce: Dio solo sapeva quanto era inguardabile senza le sue creme mattutine.
 
Cercò a tentoni la lampada vicino al letto e, una volta accesa la luce, si diresse senza indugio in bagno, dove si sistemò per quanto quel luogo tristemente privo di qualsivoglia tipo di prodotto di bellezza glielo consentisse.
Intanto i rumori provenienti dal piano di sotto si erano accentuati, segno che qualcuno era seriamente entrato in casa, e davvero, nel caso fossero i genitori di Blaine le cose non erano esattamente messe molto bene.
Deglutì rumorosamente, risolvendosi di affacciarsi solo un minimo dalla tromba delle scale, in modo da intuire la natura dei visitatori – e dovevano essere più di uno, perché non era neanche lontanamente pensabile che tutto quel baccano provenisse da una persona sola –.
 
Si aggiustò il pigiama come meglio poté e, lanciando un’ultima occhiata al letto, uscì dalla stanza, nella consapevolezza che quella appena trascorsa era stata senza ombra di dubbio la miglior serata della sua vita.
Si sedette sul primo gradino della scalinata, e non riuscì a fare a meno di pensare che, in effetti, aveva davvero finito per sentirsi più vicino a Blaine.
La cosa strana era che, a differenza di quanto credeva, questa nuova intimità non era dovuta esclusivamente a quanto successo la sera prima. Aveva creduto che vivere un primo accenno del lato fisico del loro rapporto avrebbe cambiato le cose, e l’aveva fatto, ma in un modo del tutto diverso da quel che immaginava.
 
Non contava sul fatto che quello potesse farlo, se possibile, innamorare ancora di più.
O più completamente, o con maggiore consapevolezza, né fargli tremare le gambe al pensiero che, nonostante l’imbarazzo, non vedeva l’ora che ricapitasse.
 
Oh.
E quella mattina doveva parlarne con Blaine.
 
D’accordo, questo era un problema, e tra l’altro-
 
“Ciao Kurt!” Il ragazzo si pietrificò completamente, spalancando gli occhi. Fantastico, si era lasciato prendere dai suoi pensieri al punto da perdere allegramente ogni sentore spaziotemporale.
 
Il che non era un bene.
Soprattutto con Jeff che gli sorrideva con lo stesso sguardo inquietante che aveva adottato quando l’aveva praticamente pregato in ginocchio di mettersi con Blaine, il giorno delle Regionali.
“Dunque c’è davvero? C’è davvero?!!” Nick raggiunse l’altro ragazzo da chissà dove, saltellando come un pazzo.
 
Oh, no.
 
Kurt aveva sviluppato un certo terrore per loro due, soprattutto dopo quell’sms dove volevano sapere – a detta loro – i dettagli sconci di ciò che facevano lui e Bl-
Oh, no. No, no e no! Blaine aveva davvero chiamato quei due per aiutarlo a parlargli di quelle cose?
 
Doveva scappare da quella casa.
Avrebbe realizzato una fune legando le coperte, in modo da potersi calare dal balcone, e poi-
 
“Oddio! Kurt, davvero, sei sempre schifosamente adorabile, ma in pigiama superi veramente te stesso!” Un attimo dopo Nick era al suo fianco, guardandolo esattamente come avrebbe guardato la piccola Lily, se solo fosse esistita.
“C-Ciao Nick...” Jeff, da in fondo alle scale, sbuffò sonoramente.
“Hai presente il nostro anniversario? Beh, era il primo e anche l’ultimo.” Nick emise un versetto di giubilo, afferrando Kurt per un braccio e trascinandoselo dietro, fino a ritrovarsi nell’atrio con gli altri.
 
Fu proprio lì che il giovane Hummel intercettò il suo ragazzo, che se ne stava appoggiato a una colonna con aria affranta.
Gli sorrise istintivamente, e a un tratto gli parve di sentirsi ancora stretto a lui, nel letto che per la prima volta avevano condiviso. Gli si avvicinò cautamente e – a giudicare dalla faccia – non sembrava proprio che fosse in combutta con i due pazzoidi a mezzo metro da loro.
Blaine catturò il suo sguardo, e subito lo abbracciò teneramente, senza sapere quanto quel piccolo gesto gli stesse togliendo il fiato.
 
“Mi dispiace... Avrei voluto svegliarti io. Stavo anche preparando la colazione...” Gli sussurrò a un orecchio, abbastanza piano perché potesse sentirlo soltanto lui.
Kurt si sentì stringere il cuore.
 
La colazione.
Blaine gli stava preparando la colazione.
 
Era piuttosto sicuro di aver perso qualche anno di vita, ma tentò il tutto e per tutto per non darlo a vedere.
“Mmh... Devo dedurre che cercavi un modo per corrompermi così da poter intavolare quel discorso, non è vero?” Lo sentì irrigidirsi tra le sue braccia, e lo lasciò andare per guardarlo negli occhi.
“Blaine. Sei il fidanzato migliore di questo mondo, e io- ...Aspetta, avevi dimenticato di volermi parlare di quelle cose?? Mi sono appena tirato la zappa sui piedi da solo?”
 
Blaine scoppiò a ridere, suono che tuttavia non sovrastò il battibecco accanto a loro.
 
“Si può sapere che diavolo hai da ridere, Nick?! Ti ho appena minacciato di mollarti!” Scattò Jeff, puntando il dito contro la faccia divertita dell’altro ragazzo, che aprì le braccia con ovvietà.
“Prima di tutto, adoro quando fai il geloso. Secondo, so che non mi lasceresti mai.”
“Geloso? Io? Di te?? Ma non farmi ridere. E poi, cosa ti fa essere tanto sicuro che non ti lascerei mai, Nick? Perché pensa un po’, potrebbe succedere prima di quanto credi!”
“...Sì. Decisamente geloso. E diciamocelo: io sono troppo dannatamente affascinante per essere lasciato.”
“...Tu cosa?? Ok, è finita.”
“Bene.”
“Bene.”
 
“...Jeff? Non fai sul serio, vero?” Il biondo non rispose, fissando Nick con aria offesa.
“Daaai Jeff!! Lo sai che scherzo! L’unico che vedo sei tu, Kurt mi fa solo tanta tenerezza... Insomma, deve sopportare Blaine! Non è da tutti.” Jeff sbuffò.
“Tu come la prenderesti se io mi mettessi a fare i grattini all’hobbit, scusa?” Nick assunse un’aria schifata. Aprì la bocca per rispondere, poi la richiuse.
“Ok... Pessimo esempio.”
“...Non credo che mi toglierò mai più questa agghiacciante immagine dalla testa.”
“Che orrore.”
“Ehm... ragazzi? Io sono qui.” Disse Blaine, e Kurt sperò che non l’avesse mai fatto. Perché, perché attirare l’attenzione di quei due pazzoidi, quando potevano semplicemente scappare di casa a gambe levate? Jeff e Nick si voltarono verso di loro, schiaffandosi una mano sulla fronte.
 
“Ecco! Stavamo di nuovo perdendo di vista il fine della nostra visita!” Blaine alzò un sopracciglio.
Ha un fine?”
Certo che ce l’ha, Anderson. E ora se non vi dispiace...”
 
Kurt e Blaine furono bellamente catapultati in salotto, e in un baleno tutti e quattro erano seduti sul tappeto, intorno al tavolino basso.
 
“Mooolto bene. Dunque ragazzi, siamo qui perché... mmh...”
“Fondamentalmente perché Jeff è un pettegolo.”
“Taci tu. Dicevo, siamo qui perché ieri sera abbiamo ricevuto la chiamata di una santa, santissima donna che avevamo conosciuto il giorno delle Regionali.”
“Mercedes.”
“Appunto. Che ci ha detto, testuali parole ‘Non ho creduto neanche per un momento che Kurt e Blaine dovessero dar da mangiare a un gattino, semplicemente volevano far star zitta la Berry in modo da poter fare ses- Kurt! Dove pensi di andare??” Il ragazzo si gelò sul posto.
 
Dannazione.
Proprio quando credeva di riuscire a svignarsela... Nick lo tirò di nuovo giù, facendolo sedere accanto a Blaine.
 
“Jeff, Nick... io... Credo di aver capito che piega prenderà questa conversazione, e penso di avere un impegno improvviso che non posso proprio rimandare- ”
“Oh! Bando alle ciance! Com’è andata?” Kurt e Blaine rimasero impietriti, voltandosi l’uno verso l’altro con l’aria di chi è al limite di una crisi isterica.
Il giovane Hummel fu vagamente consolato dal fatto che il suo ragazzo avesse la sua medesima faccia sconvolta.
 
Non credeva l’avrebbe mai pensato, ma a un tratto parlare di quelle cose con Blaine sembrava davvero il male minore.
 
“...Pronto? Siete morti?” Kurt si portò una mano tra i capelli, gesto che non avrebbe mai fatto, se non in casi disperati come quello.
“Non ci posso credere. È una congiura!” Si voltò verso Blaine “Ti rendi conto che nel giro di due giorni cinque persone ci hanno chiesto quello- quello che-... Non è possibile.”  Jeff alzò gli occhi al cielo, posizionandosi più comodamente sul tappeto.
“Suvvia Kurt, dovevi aspettartelo! Poi noi siamo troppo curiosi. Avanti!” Kurt lanciò uno sguardo terrorizzato al suo ragazzo, senza avere la minima idea di cosa dire.
 
“Ehm... Veramente noi...” Nick sorrise, sporgendosi sul tavolino.
“Veramente voi, cosa?” Blaine balbettò qualche parola priva di senso, e Kurt era ben lungi da aprire bocca.
Nick sembrava raggiante, esattamente al contrario di Jeff, che si teneva arpionato al bordo del tavolino, quasi temesse di perdere i sensi.
 
Non l’avete fatto, non è così?”
 
Kurt era abbastanza sicuro che ci fosse una finestra che dava sul cortile, nella stanza accanto. Magari con un po’ di fortuna sarebbe potuto fuggire da lì. Intercettò per un attimo Blaine, che sembrava pietrificato.
 
Ci fu qualche lungo istante di silenzio, interrotto dalla risata gioiosa di Nick.
 
Ah! Lo sapevo! Jeff, mi devi venti dollari.”
“Non ci penso neanche. Certo che l’hanno fatto, vero Blaine?”
 
D’accordo. Tutto ciò non era possibile. Kurt afferrò il braccio di Blaine, più per disperazione che per altro. In ogni caso, il moro si decise a parlare.
 
“Voi... voi avete scommesso su questo??”
 
Jeff e Nick lo guardarono straniti, quasi fosse lui il pazzo a chiedere una cosa del genere.
Ovvio che l’abbiamo fatto! Ma ora la domanda è: avete fatto sesso sì o no?”
“Ragazzi, sparite.”
“...Era un sì?” Blaine si lasciò andare a un sospiro frustrato, per poi scattare in piedi e afferrare i due visitatori per un braccio. Kurt avrebbe volentieri dato una mano, se non fosse stato pietrificato sul pavimento.
“Blaine! Parla!” Rimase esattamente dov’era, ignorando i versi scomposti che provenivano dall’ingresso.
“Dai Anderson! Guarda che conta anche se avete intenzione di farlo adesso. È importante! I miei venti doll- ”
“Salutami Kurt! Li spenderò alla vostra salute!”
 
Quando sentì la porta di casa Anderson sbattere, Kurt era abbastanza sicuro che, dopo questo, era immune qualunque cosa.
 
 
                                                                  ***
 
 
Blaine appoggiò la schiena al legno liscio della porta di ingresso, senza riuscire a trattenere un sospiro di sollievo.
D’accordo, aveva sempre saputo che i suoi amici non erano esattamente sani di mente, ma arrivare a scommettere su quello che lui a Kurt avevano o non avevano fatto a letto, beh, avevano a dir poco superato loro stessi.
La cosa peggiore in assoluto era che quei due pazzoidi avevano pensato bene di uscirsene con quella faccenda proprio il giorno il cui aveva intenzione di parlare con Kurt di sesso, cosa che già di per sé sarebbe stata un’impresa, senza che ci si mettessero anche Jeff e Nick a traumatizzarlo.
 
Si diresse velocemente verso il soggiorno, nell’intento di sondare fino a che punto il suo povero ragazzo fosse sotto shock.
Si fermò all’ingresso della sala, e lo trovò di spalle, ancora seduto sul tappeto.
Blaine si chiese se il fatto che non fosse ancora scappato di corsa da quella casa fosse un fattore positivo o meno.
 
“Mi dispiace.” Disse preventivamente. E dopotutto non era altro che la verità. Avrebbe voluto che ogni cosa fosse perfetta, esattamente come lo era stato la sera prima, almeno per lui.
Non aveva idea di cosa pensasse Kurt in merito, e forse grazie a Jeff e Nick non l’avrebbe saputo neanche quella mattina.
Kurt si voltò lentamente verso di lui. Era scosso, questo era chiaro, tuttavia i suoi occhi limpidi lo stavano fissando intensamente, quasi a volerlo rassicurare che, in fondo, andava tutto bene.
Si aggrappò a quella speranza e mosse qualche passo verso di lui, nel tentativo di cogliere nei tratti del suo viso fino a che punto i suoi maledettissimi amici fossero stati distruttivi.
 
“Non è colpa tua.” Blaine rimase spiazzato da quelle parole. Era convinto che ne sarebbe uscito un putiferio, e invece Kurt era lì, quasi sollevato, mentre si alzava dal pavimento e lo raggiungeva.
Non poté fare a meno di notare come i suoi capelli fossero ancora un po’ schiacciati da un lato, e di come questo non alterasse comunque la perfezione del suo volto, con quegli occhi chiari, la pelle candida e l’aria innocente.
 
Blaine sorrise.
Se per un po’ aveva sperato di fare l’abitudine a quella specie di creatura celeste che aveva come ragazzo, ormai aveva perso le speranze.
 
“Blaine? Stai bene?” Lui annuì, risvegliandosi dai propri sogni ad occhi aperti.
“...Sì. Sì, credo. La domanda è come stai tu.” Kurt riempì la breve distanza che ancora li separava, avvolgendogli le braccia intorno al collo e baciandolo dolcemente sulle labbra. Blaine lo attirò a sua volta verso di sé, e gli accarezzò la schiena, inspirando il suo odore.
 
Non riusciva ad associare nulla al profumo di Kurt.
Era uno strano miscuglio di miele, aria fresca e nuvole che non avrebbe saputo definire diversamente.
Il ragazzo si separò da lui, senza tuttavia sciogliere il loro abbraccio.
“Sto decisamente meglio, adesso. E poi sono contento che hai cacciato quei due pervertiti.” Blaine annuì, dandogli un bacio veloce sulla punta del naso. Kurt sorrise adorabilmente.
 
“Ok, facciamo finta che non sia successo niente. Mi sono svegliato adesso e sono sceso in soggiorno, e ti ho trovato qui...” Il moro diede un altro bacio sulle sue labbra piegate all’insù.
“...Buongiorno.” Il suo ragazzo lo prese per mano, e Blaine avrebbe solo desiderato che potesse essere sempre così. Avrebbe solo voluto vederlo rilassato, sereno e a suo agio tutto il tempo, e non solo quando erano nascosti al resto del mondo.
Non era giusto. Blaine lo sapeva, e davvero, non era una persona incline all’odio, ma detestava profondamente ognuno dei bastardi che avevano ferito Kurt al punto da straziarlo in quel modo.
 
Rendergli spontaneo fingere di essere qualcun altro.
 
“Buongiorno anche a te.” Inspirò profondamente, costringendosi a non farsi prendere da quei pensieri. Non in quei momenti che – come Kurt aveva detto la sera prima – appartenevano a loro, e a loro soltanto.
“Andiamo a fare colazione?” Lui annuì, e Blaine lo condusse in cucina, dove il vassoio era ancora abbandonato sul bordo del tavolo.
 
Si sedettero l’uno di fronte all’altro sugli sgabelli del bancone.
Il moro dispose il contenuto del vassoio tra di loro, e radunò le tazze di latte con l’intento di metterle a scaldare nel microonde, visto che con il considerevole contrattempo di poco prima avevano avuto tutto il tempo di raffreddarsi.
Impostò il timer e, mentre le scodelle di porcellana iniziavano a girare lentamente su loro stesse, Blaine si fece coraggio e parlò.
 
“Kurt?”
“Mmh?” Si voltò, scoprendolo intento a mangiare i biscotti. Kurt intercettò il suo sguardo, e appoggiò sul tavolo quello che aveva in mano.
“Ehm... Scusa. Avevo fame, così- ”
“Ma no, mangia pure! Mi stavo solo chiedendo se vale ancora l’idea di parlare di sesso... dopo quello che è successo stamattina intendo.” Kurt abbassò meccanicamente lo sguardo, fissando con profondo interesse le briciole dei suoi biscotti.
 
Blaine estrasse le tazze dal forno, tornandosi a sedere al suo posto.
“Senti, per me non c’è problema se vogliamo rimandarlo. Insomma, sarai già abbastanza sconvolto da- ”
 
“Facciamolo.”
 
Blaine per poco non si strozzò con il latte.
 
“...E-Eh?” Il viso del suo ragazzo si tinse progressivamente di ogni tonalità di rosso, al ritmo della presa di consapevolezza di quanto aveva appena detto.
“No! Voglio dire, parlarne!” Balbettò.
“Sì! Sì, certo! Parlarne... Ma davvero, se non vuoi- ”
“Blaine. Voglio solo che ne parliamo adesso, così posso circoscrivere a due giorni tutto l’imbarazzo che potrò mai provare nella mia vita. Non ci tengo a trascinarmi dietro questa cosa ancora a lungo.” Blaine ridacchiò, bevendo un sorso della sua aranciata.
 
“D’accordo allora.”
“Bene.” Dopo qualche istante di silenzio Kurt alzò timidamente lo sguardo, mordicchiandosi il labbro inferiore, come faceva sempre quando era nervoso per qualcosa. Blaine amava conoscere quei particolari.
 
“Beh? Non inizi?”
“Kurt, non ne parlerò a te. Ne parlerò con te.”
 
Lui si mise in bocca un biscotto.
 
“Questa sembra una pessima idea.”
“Ma- ”
“Ok, ok! Però inizia tu.” Blaine sorrise, e fece per aprir bocca, quando Kurt lo interruppe.
 
“Aspetta! Aspetta. Se hai intenzione di parlare di cose... ehm... tecniche, non farlo. Voglio dire, so come funziona, e sono abbastanza sicuro che morirei a sentirlo dire ad alta voce. Oh! E che non ti venga in mente di farmi domande strane, perché potrei tirarti il latte in faccia e scappare.” Il ragazzo fissò Kurt con tanto d’occhi, vagamente imbarazzato.
“O-Ok...”
 
“...Non è che possiamo iniziare da qualcosa di soft?”
“Possiamo iniziare da ieri sera.” Kurt arrossì di colpo, abbassando di nuovo lo sguardo. Iniziò a tamburellare le dita sul tavolo, e gli ci volle qualche istante per parlare.
 
“Te l’ho detto... È stato speciale per me. E... sì, insomma, avevo detto di volermi sentire più vicino a te, ed è esattamente quello che è successo.” Blaine annuì.
“Non hai nessun rimpianto allora?”
“No. Io... Proprio no. Tu... tu invece ne hai?” La sua aria seriamente preoccupata lo fece sorridere.
“Assolutamente, nessuno. Mi chiedevo solo se tu non ti aspettassi qualcosa di diverso... o qualcosa di più.” Kurt sgranò gli occhi, fermando a mezz’aria il cucchiaino di zucchero che aveva intenzione di aggiungere al latte.
 
“Cos- ...No! Non- Non volevo niente di più... Voglio dire, non so se hai notato, ma per me è stato un traguardo solo il fatto di farmi vedere da te senza maglietta, quindi... Oh, e ti sono grato per non aver provato ad andare oltre, tipo togliermi i pantaloni o cose del genere, perché io vorrei... Insomma, ho sempre immaginato che non ci sarebbe stata fretta, che- Beh, che ci prendessimo il nostro tempo per... per avvicinarci.”
Blaine evitò di fargli notare che, in definitiva, tra i due era decisamente lui che stava parlando di più, per evitare che si ammutolisse.
 
Anche perché al momento la questione che più gli premeva era un’altra.
 
“...Hai sempre immaginato?” Kurt gli lanciò un’occhiata imbarazzata, sbriciolando nervosamente un biscotto.
“No! Cioè, sì... Ma non prendermi per maniaco! Io... Ho solo pensato al fatto che mi piace quando ci baciamo, e... e mi è piaciuto anche quello che abbiamo fatto ieri sera. E penso che vorrei che fosse sempre così. Dolce, intendo, e romantico. E che ci prendessimo il tempo che ci serve... senza fretta.”
 
Blaine sentì un peso improvviso opprimergli il petto.
A un tratto ebbe paura, paura di non essere abbastanza per il ragazzo che aveva di fronte. Perché, ne era certo, trovarsi accanto una persona come Kurt metteva in discussione ogni cosa, prima tra tutte il suo cuore, provato dalle parole che aveva appena sentito.
Gli aveva detto esplicitamente ciò che voleva, in un modo talmente ingenuo e innamorato da togliergli il fiato. Ma aveva bisogno di più certezze, per potergli rispondere.
 
“Ed è così che l’hai immaginato? Voglio dire... Ci avrai pensato per forza. Tutti ci pensano.” Lui abbassò di nuovo lo sguardo.
“Kurt. Non devi sentirti imbarazzato, ok? Dimmi solo la verità, così poi potrò dirti quello che penso io.” Lo sentì deglutire a vuoto, mentre alzava timidamente gli occhi.
 
“...Beh. All’inizio pensavo che il- il sesso dovesse essere una gran cosa, perché altrimenti la gente ne parlerebbe tutto il tempo?
Ma poi ho iniziato a credere che fosse solo qualcosa di- ...qualcosa di riduttivo, e volgare, e superficiale... Sai, solo per divertirsi...”
 
Si sistemò nervosamente qualche ciocca di capelli, e sembrava ben lungi da continuare quel discorso.
 
“...La pensi ancora così?” Lo incalzò Blaine, cercando il suo sguardo.
Quando lo trovò, la risposta che ci lesse era lampante, quasi emergesse spontaneamente dai suoi occhi chiari.
 
“...No.
Quello che è successo ieri... mi ha fatto capire che il vero piacere non sta nel toccarsi- cioè, , anche in quello, e mi ha fatto sentire meravigliosamente, ma ancora migliore è stata la consapevolezza di volere proprio te lì con me, e nessun altro.
E quando mi hai guardato... e mi hai baciato qui,” si portò una mano sul cuore “è lì che ho capito perché la gente ne parla tanto.”
 
Blaine restò senza parole, e senz’aria.
Per il semplice fatto che non avrebbe potuto immaginare di ricevere una dichiarazione d’amore così sentita, semplice e devastante allo stesso tempo. Si chiese se Kurt aveva idea di quanto avesse portato quella conversazione ben oltre a quelle che erano le sue più rosee aspettative. Si chiese se sapesse che, dopo quelle parole, aveva ogni più piccola parte del suo cuore.
 
“Ho... Ho detto qualcosa di sbagliato? Tu credevi... vorresti che noi... Perché se tu non vuoi aspettare allora io mi adatterò, se- ”
“Kurt.” Intercettò la sua mano sul tavolo, prendendola delicatamente tra le sue.
Lui tenne la testa bassa, osservando i pezzetti dei biscotti che galleggiavano nel suo latte.
 
Blaine fece per parlare, ma Kurt lo anticipò.
“Mi dispiace. Non avrei dovuto dirti quelle cose. Ora penserai che sono una specie di... di ragazzino, e ti sarà anche passata la voglia di fare... quel genere di cose con me- ”
“Kurt. Ascoltami. Non penso niente di tutto questo, anzi: penso che tu abbia fatto benissimo a dirmelo. È per questo che ne stiamo parlando, no? Capire cosa vogliamo, come e quando lo vogliamo. E sappi che non ti considero un ragazzino per il fatto di voler fare un passo alla volta, né tantomeno per desiderare che sia romantico.
È naturale che sia così, che tu ti voglia sentire amato, e anch’io preferisco che ci prendiamo i nostri tempi. Ok?” Kurt sembrava davvero sollevato, come se avesse trattenuto il fiato per tutto il tempo.
 
“E poi Kurt... Io ne so esattamente quanto te. La sera della festa di Rachel è stato anche il mio primo bacio.” Lui ridacchiò.
“Ti ricordo che io ho anche baciato Brittany, quindi tecnicamente sono io quello con più esperienza.”
“Appunto. Quindi non parlare come se io avessi chissà quale scienza infusa, perché ti assicuro che non è così. E soprattutto non dire che ti adatteresti, se io volessi qualcosa per cui non sei pronto, o su cui hai anche solo qualche dubbio. Perché non è giusto: tu devi fare solo quello che ti senti, e così anch’io. Siamo diversi, abbiamo i nostri desideri, ma dobbiamo rispettare quelli dell’altro.” Kurt annuì, e sembrava quasi emozionato.
 
Blaine ne ebbe la certezza quando sentì tramare la sua mano sotto la propria.
“...Stai bene?” Lui sorrise, in modo talmente disarmante da stringergli il cuore.
 
“È solo... Riesci sempre a farmi sentire importante, Blaine, tu... riesci a dare un valore aggiunto alle cose, non so come spiegarlo... A un tratto questa è entrata nella top five delle mie conversazioni preferite.” Il moro tirò un sospiro sollevato.
Certo, non erano entrati in chissà quali dettagli, ma dopotutto certe cose non possono essere pianificate a tavolino. L’importante per il momento era che entrambi sapessero ciò che volevano, e come lo volevano: con quelle premesse il resto sarebbe venuto da sé.
 
E, come al solito, Kurt non la smetteva di meravigliarlo.
 
“Quindi me lo prometti? Prometti che mi fermerai nel caso facessi qualcosa che non vuoi? Io prometto che lo farò, se dovesse capitare a me.” Lui annuì, ed esitò un istante prima di parlare.
 
“...Sono contento che ne abbiamo parlato.” Blaine sorrise, accarezzandogli il dorso della mano.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 
Eccoci qua ^_^
...Che dire di questo capitolo? Prima di tutto che è finito in una maniera decente, quindi può darsi che non verrò minacciata di morti lente e dolorose ù.ù E poi... Già, è giustappunto finita la Niff week, ed ecco che abbiamo il loro trionfale ritorno *-* ...Poveri Klaine, comunque XD
Come sempre aspetto i vostri pareri *Q*!!
A giovedì <3 

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Capitolo 33
*** Capitolo 33 ***


Buon giovedì, e buona Pasqua :)
Prima di tutto, ci tengo a scusarmi per non aver ancora finito di rispondere alle recensioni dello scorso capitolo e dell’allucinante ritardo a pubblicare ç___ç (tra stasera e domani prevedo di rispondere a tutti quelli che mancano comunque :D)!!
In realtà immaginavo di terminare oggi, ma il mio appuntamento dalla parrucchiera si è rivelato più lungo del previsto (...Sì, mi sono fatta la permanente XD Oh Santo Panino... dopo una vita che sono abituata a vedermi totalmente e completamente liscia, questi ricci mi inquietano O___O).
Anyway! Per una volta non vi rubo troppo tempo, e passo subito a dirvi due cose sul nuovo capitolo :D Vi avviso che sarà un po’ di passaggio (e la cosa è inquietante visto che è il 33esimo XD) ma diciamo che farà un po’ da spartiacque verso gli ultimi due. ...Ebbene sì: questa storia avrà ufficialmente 35 capitoli :) (...più il sequel, che arriverà più avanti ed è comunque secondario).
Orbene (?), prima di lasciarvi alla lettura vorrei ringraziare con tutto il mio aMMore (sì, siete autorizzati a spaventarvi ù.ù) tutti coloro che hanno aggiunto questa storia a seguite, preferite o ricordate: dopotutto è il mio unico modo per sapere se questa FF è abbastanza decente da meritare di essere continuata, e vedere che le persone che leggono aumentano di volta in volta non può che rendermi felicissima *-*
Inoltre, un abbraccio speciale va a chi mi fa sapere cosa ne pensa tramite un commento, o un MP: fa sempre piacere leggere le vostre opinioni :) In particolare grazie a P e r l a, Chris_91, CrissColferIsOnBitches, YouArePerfectToMe, sakuraelisa, Me_Mi, aleka_80, _Breakable, AcheleBellamy, anastasianapp, JulesCullenMeyer, Fiby AndersonBass_, saechan, elisabethy92, Evy78, CalliopeVittoria, GiNeVrA_21, missdarcy24, Tallutina, KIAsia, Meg___Gleek, Alessandranna, LUcy__, BlackLittleMole, _marti, Guzzy_12, LexyDC__, nem e Oceanic 6 che hanno recensito lo scorso capitolo :’) *salta loro in braccio con slancio, spappolandoli*
 
 
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Lunedì mattina, Kurt passò più tempo davanti allo specchio di quanto non avesse mai fatto in vita sua.
E non era una questione di vanità, semplicemente non riusciva a capacitarsi della propria immagine riflessa.
Portava un paio di jeans neri, una camicetta chiara e un cardigan lungo, intonato agli stivali.
 
Il punto però non era quello.
Il punto era che, per la prima volta da dove la sua mente osasse spingersi, la tuta sformata che era solito mettersi a scuola giaceva piegata in fondo all’armadio.
 
Sospirò un’ultima volta, prima di distogliere lo sguardo.
 
Sarebbe stato inutile negarlo: aveva paura.
E non si trattava di un sopportabile pizzicorino alla base della schiena, ma qualcosa di più forte, che dallo stomaco gli risaliva fino al petto, attanagliandogli la gola. Si aggrappava dall’interno, e non sembrava avere la minima intenzione di lasciarlo andare. Kurt si augurò che non piantasse le unghie in vecchie ferite, perché a quel punto non era certo di quanto sarebbe potuto accadere.
 
“Sei pronto?” Il ragazzo sussultò, talmente preso dai propri pensieri da non accorgersi di Finn, appoggiato allo stipite della porta.
Annuì senza troppa convinzione, afferrando la borsa abbandonata sul letto. Fece per uscire dalla porta, ma il suo fratellastro non sembrava intenzionato a spostarsi.
 
“Finn? Arriveremo in ritardo...”
“Andrà tutto bene, Kurt. Lo so che adesso sei preoccupato, ma vedrai che io, Rachel, Santana e gli altri ti faremo stare tranquillo... Oh, e anche Blaine, ovviamente.” Kurt gli sorrise, rimpiangendo un po’ di aver sottovalutato quanto il supporto di Finn potesse essere rivelarsi importante, fondamentale per lui.
E gli dispiaceva, per tutti quei mesi prima di incontrare Blaine, quando erano stati praticamente due estranei sotto lo stesso tetto.
Proprio per questo Kurt sorrise, lo fece per dirgli che sì, confidava in lui, in Blaine e negli altri ragazzi del Glee Club, e che sarebbe andato tutto bene.
 
Glielo fece capire, anche se non era la verità.
Non era colpa sua, perché in fondo Kurt non dubitava degli altri, più di tutti, dubitava di se stesso, e di come avrebbe reagito a sentirsi buttare giù, di nuovo.
 
Non lo sapeva, e questo, più di qualsiasi altra cosa, lo spaventava a morte.
 
“Grazie.” E in quello, almeno, fu sincero del tutto.
“Non c’è problema. Piuttosto, come sta Lily?” Chiese Finn, dirigendosi a grandi passi verso il giardino dov’era parcheggiata la macchina. Kurt cercò di stargli dietro, per quanto la sua inesistente voglia di uscire di casa glielo permettesse.
“...Cosa?” Raggiunsero l’auto, e si guadagnò un’occhiata indignata.
“Ma come? Ti sei già dimenticato di lei? ...Un attimo! Non dirmi che Blaine l’ha regalata a qualcuno! Non l’ha fatto, vero?” Kurt impiegò qualche istante a cogliere cosa stesse esattamente blaterando il suo fratellastro e, quando la cosa gli parve chiara, fu un’impresa non scoppiargli a ridere in faccia.
 
“Oh! Lily... Sta meravigliosamente! Mai stata meglio.”  Finn sembrava sinceramente sollevato mentre metteva in moto l’auto, che dal canto suo emise qualche borbottio di protesta.
“Adoro i gatti... Lei com’è?”
“Beh... Ha questi... adorabili baffetti. E le orecchie. Ha due orecchie pelose...”
“Quelle cose le hanno tutti i gatti, Kurt. Anche Lord Tubbington. Anche se non giurerei che quella... quella cosa sia un gatto.”
 
Kurt guardò l’altro ragazzo, e per un lungo istante si domandò per quale strano motivo lui e Brittany non facessero coppia fissa già da tempo.
 
“...Già. Mmh... Lily ha il pelo nocciola scuro. Chiaro. Nocciola chiaro, e qualche macchiolina marrone sulla schiena.” Finn assunse un’aria sognante.
“Un giorno devo andare assolutamente da Blaine a vederla.”
No!” Il quarterback gli lanciò un’occhiata profondamente ferita.
“V-Volevo dire, certo, certo che puoi andarla a trovare. Solo, aspetta qualche mese: è ancora troppo piccola e rischieresti di attaccarle qualche malattia. E non guardarmi così, sta’ attento alla strada piuttosto!” Si augurò che come scusa fosse passabile, poi si ricordò con chi aveva a che fare, e decise di essersi sforzato fin troppo.
 
Kurt sprofondò un po’ più a fondo nel sedile e, vedendo che il fratellastro sembrava in procinto di porgli qualche altra domanda su Lily – come ad esempio se riusciva a vedere al buio, o quanto di frequente faceva i suoi bisogni – optò per accendere la radio, cambiando stazione fino a quando Finn si mise a canticchiare sulla canzone in sottofondo.
 
Appoggiò un gomito di fianco al finestrino, reggendosi la testa sul palmo della mano.
Doveva assolutamente pensare a qualcosa, qualsiasi cosa in grado di tenergli la mente occupata e distante da ciò a cui stava andando in contro.
 
In fondo c’era stato un periodo in cui estraniarsi aveva funzionato.
 
Semplicemente, continuava a ripetersi che quelle parole, quelle spinte e quelle occhiate non fossero rivolte a lui, non davvero.
Per un po’ aveva funzionato, fino a quando non aveva finito per schermirsi da qualunque cosa, e di ciò che era davvero non era rimasto che un’immagine sfocata, fragile ed irraggiungibile.
Gli erano servite settimane, mesi per riscoprire quel se stesso che tanto aveva penato per mettere a tacere.
 
Ma ora?
Avrebbe dovuto rispolverare la sua maschera impassibile, per tirare avanti in quella scuola?
Sospirò, percorrendo pigramente con la punta delle dita la cucitura esterna della sua borsa.
 
Era così stanco di mentire.
 
Prima che Kurt potesse valutare le opzioni che aveva a disposizione, fu distratto dal suo cellulare che, sepolto nella tasca dei jeans, aveva appena vibrato.
Inaspettatamente, gli bastò leggere il mittente per sentirsi più leggero.
 
 – Buongiorno :) Sono davanti all’ingresso principale, ti aspetto qui. Una domanda bruciapelo: pollo al cherry o al pomodoro? –
 
Kurt alzò un sopracciglio, e non poté trattenere un sorriso.
“Chi ti scrive?” Chiese distrattamente Finn, regolando il volume dell’autoradio. Lui si strinse nelle spalle.
“Blaine. Mi chiede come preferisco mangiare il pollo.” Il quarterback sembrava confuso, e per una volta non poteva biasimarlo.
“...È una domanda trabocchetto? Tipo quelle dei test di matematica?”
Kurt sorrise, mentre digitava la risposta.
“Sinceramente? Non ne ho la più pallida idea.”
 
 

***

 
 
“Blaine! Gliel’hai chiesto??”
Il ragazzo sbuffò, lanciando l’ennesima occhiata all’orologio.
 
“Per la centesima volta: , ho chiesto!”
“E lui? Cosa ha risposto?”
“Se magari mi lasci riattaccare posso controllare se mi è arrivato un messaggio!”
“Blaine, tesoro, quante volte ti ho detto che volevo organizzarmi per tempo? Da quant’è che pianifichiamo questa cena? Quanto?”
“Lo so, mamma...”
 
“Ecco, appunto! Allora perché hai fatto preoccupare me e tuo padre tutto questo tempo? Ti rendi conto? Quando ce ne siamo andati sembravi sul punto di spararti un colpo in testa, torniamo a casa ieri sera e ti troviamo felice come una pasqua... Non è che hai dato una festa, Blaine, con quei pazzoidi dei tuoi amici? E io che pensavo che la Dalton fosse frequentata solo da ragazzi per bene... L’anno scorso ho trovato schifezze nei luoghi più impensabili per mesi, Blaine, mesi! E sospetto che ce ne siano ancora, a distanza di un anno! Possibile che- ”
“Mamma!! Calmati...”
“Calmarmi? Come diavolo faccio a calmarmi quando tutto quello che ti ho chiesto è di sapere entro la prossima era zoologica se Kurt preferisce il pollo al cherry o al pomodoro, e tu non ce l’hai ancora fatta a dirmelo?! La cena è il quattordici, Blaine, oggi è il sei, è ti sarei grata se ti dessi una mossa!”
 
Il fatto che sua madre non sospettasse minimamente che lui, tecnicamente, non aveva ancora invitato Kurt, era qualcosa che avrebbe di certo fatto bene a tenere per sé, se voleva evitare lo scoppio della terza guerra mondiale.
Mentre Meredith continuava bellamente a urlargli nell’orecchio, Blaine scorse un orrendo catorcio in avvicinamento, che non poteva essere altro se non l’auto di Finn.
 
Sentì il cuore fargli una capriola nel petto.
 
“...Senti mamma, ti mando un messaggio quando leggo la risposta di Kurt, ok?”
“Cos- ...Farai meglio a muoverti, Blaine Anderson! Dio! Perché non sei fisicamente in grado di essere puntuale e preciso?? Sei proprio il figlio di tuo padre- ”
Ciao mamma!” Uno sbuffò deciso dall’altra parte del telefono.
“...E va bene! Mi raccomando però! Ti voglio bene.”
“Sì! Tranquilla. Anch’io ti voglio bene.”
 
Blaine interruppe la chiamata, e infilò il cellulare nella tasca dei pantaloni.
 
La macchina aveva appena parcheggiato, facendosi largo tra diversi gruppetti di studenti che si trascinavano svogliatamente verso l’ingresso.
Prese un profondo respiro.
Sapeva che quel giorno avrebbe rappresentato una svolta per entrambi, sapeva che sarebbe stato difficile, e non aveva la più pallida idea di come avrebbe reagito Kurt a una situazione del genere.
 
Probabilmente non era pronto, ma si può davvero essere pronti ad affrontare la propria paura più inconfessabile?
A volte non resta che accettare il fatto di esserne talmente oppressi da non riuscire a respirare, e poi correre. Correre a testa bassa, passarci in mezzo e provare a sfondarla, senza essere preparati, convinti o decisi. Semplicemente è l’unica alternativa possibile: per Kurt era esattamente di questo che si trattava e, dopotutto, per lui valeva la stessa cosa.
 
Da quella mattina, nel momento in cui lo sportello del passeggero dell’auto di Finn si fosse aperto, sarebbero rimasti solo loro.
 
Niente più maschere, sotterfugi o scappatoie: solo Kurt, il suo coraggio, la sua voglia di riscatto e quei sentimenti che ormai non aveva più senso sforzarsi di nascondere.
E poi c’era lui, con le proprie paure, le incertezze e il desiderio incondizionato di tenere al sicuro la persona che amava, in tutti i modi in cui era capace.
 
Avrebbe fatto di tutto per non farlo pentire di niente, qualunque cosa, perché un giorno potesse camminare al suo fianco per i corridoi con lo stesso sorriso di quando erano soli.
 
Blaine strinse più forte la tracolla della borsa che gli pendeva lungo a un fianco e, quando la portiera scattò, non poté fare a meno di avere paura.
 
 

***

 
 
Quando i suoi piedi toccarono il parcheggio polveroso del liceo McKinley, Kurt non poté fare a meno di avere paura.
 
Perché a un tratto era reale: si trovava davvero lì, in quel preciso momento, e stava mettendo in gioco tutto se stesso.
In realtà non aveva solo paura, era completamente terrorizzato, tanto che se Finn non l’avesse scosso delicatamente per una spalla sarebbe rimasto esattamente lì, immobile.
 
“Kurt... Stai tremando.” Lui scosse piano la testa, quasi stesse valutando se davvero servisse ancora a qualcosa mentire in quel modo. Probabilmente no. Prese un respiro profondo, abbassando lo sguardo sull’asfalto. A che scopo, in fondo, fingere che andasse tutto bene?
 
“...Ho paura, Finn.”
 
Lo sentì sospirare, e qualche attimo dopo nel suo campo visivo, proprio davanti alle proprie, apparvero le scarpe del suo fratellastro.
Le braccia del ragazzo lo avvolsero goffamente, e d’istinto appoggiò la testa sul suo petto, con gli occhi chiusi.
Lasciò che quel contatto lo tranquillizzasse un po’, per quanto possibile, e si sentì un po’ più al sicuro quando lui gli appoggiò il mento sulla sommità del capo, tenendolo stretto a sé.
 
“Lo so che non ci credi, ma sei forte. Molto più di quanto non lo siano quelli che se la sono presi con te per tutto questo tempo.”
 
Kurt non sapeva quanto ci fosse di vero in quelle parole.
Tuttavia, sapeva che al momento l’unica cosa che poteva fare era concedersi di rifugiarsi in quella piccola consolazione, e sperare di non perdere il controllo, qualunque cosa fosse accaduto.
 
“...Kurt?” Riaprì velocemente gli occhi, staccandosi dal fratellastro, un po’ impacciato.
“Scusa. Solo... grazie.” Finn lo guardò confuso, per poi scuotere con decisione la testa.
“Ma no! No Kurt, puoi... se vuoi un abbraccio basta chiederlo...” Si grattò il retro del collo con aria imbarazzata.
“...intendevo dire che Blaine è lì, se vuoi andare da lui.”
 
A quelle parole, il cuore di Kurt fece una capriola nel petto.
 
Si voltò di scatto verso le scalinate della scuola e, tra uno sciame di studenti e l’altro, scorse una familiare massa di capelli neri e due occhi color ambra che guardavano proprio nella sua direzione.
 
Fu proprio in quel momento che il mondo riprese a girare sul proprio asse.
 
Fu in quel momento, che ogni singolo dubbio che gli arrovellava il cervello si sciolse, finendo in niente.
 
Perché a un tratto la ragione per cui stava facendo tutto quello riprese prepotentemente il sopravvento, confinando tutto il resto in una parte remota del suo cervello.
Perché lo stava facendo per amore. E si dice che niente di ciò che si fa per amore sia sbagliato, non davvero.
 
Prima di poter valutare anche un solo pensiero coerente, le sue gambe si erano già mosse verso la gradinata d’ingresso.
E il suo cervello era ancora scollegato, quando senza nemmeno salutarlo gli strinse le braccia al collo.
Ed era strano, assurdo, in assoluto contrasto con tutto ciò che temeva e che nella sua testa aveva programmato di fare, eppure, dal momento in cui l’aveva visto, tutto ciò a cui era riuscito a pensare era il suo corpo contro il proprio, in quel loro modo perfettamente naturale di combaciare.
 
Lo strinse per un lungo istante e, prima che Blaine potesse registrare quanto stesse succedendo, la sua parte razionale aveva di nuovo preso il sopravvento, facendolo allontanare di un passo.
 
“Scusa. E buongiorno anche a te.” Blaine sbatté più volte le palpebre, man mano che sul suo volto si formava un sorriso un po’ teso.
“Ciao Kurt! Hai... Hai letto il messaggio?”
“Sì. E ti ho anche risposto a dire il vero...”
“Oh! Ero al telefono con mia madre, per cui- ”
“Pollo al cherry. Decisamente al cherry, anche se non capisco che razza di domanda sia alle sette e mezza di mattina.”
 
Il ragazzo strinse le mani intorno alla tracolla della propria borsa, come era solito fare quando era nervoso per qualcosa.
 
“...Blaine?”
“Senti, so di coglierti un po’ alla sprovvista e che non è assolutamente il momento, ma ti ricordi quella cena di cui parlavamo la scorsa settimana?” Kurt annuì confusamente.
“Vorrei chiederti se ti andrebbe di venire a mangiare a casa mia, la sera di San Valentino.”  
 
Spalancò gli occhi, del tutto spiazzato da quel discorso.
 
Un attimo prima era del tutto preso dall’esito di quella giornata, ed ora si ritrovava a considerare l’idea di incontrare i genitori di Blaine, e il solo pensiero lo mandava in iperventilazione. Gli sarebbe piaciuto? Cosa avrebbero pensato di lui, in particolare suo padre che, da quanto Blaine gli aveva detto, non aveva mai preso una vera e propria posizione sulla sua omosessualità?
Il cuore iniziò a tamburellargli furiosamente nel petto, agitato da quel pensiero, e dalle occhiate che buona parte dei ragazzi stavano lanciando loro, prima di sparire in corridoio.
Era sopraffatto, completamente.
 
“...Kurt? Se- Se non vuoi venire posso benissimo dire a mia madre che- ”
“Blaine. Voglio venire, naturalmente. È solo... sono un po’ frastornato, a dire il vero.” Blaine annuì, allungando una mano verso la sua.
 
Kurt la evitò istintivamente, come al loro fianco passarono tre cheerleader, intente a ridacchiare tra loro.
 
Non fece nemmeno in tempo a registrare il proprio stesso gesto, che la sua bocca stava già parlando.
“Oddio. Io... mi dispiace. Mi dispiace tanto, non riesco nemmeno- non- ”
“Kurt.”  Fece per avvicinarsi, ma lui lo trattenne leggermente per le spalle.
“Non è colpa tua. Lo so che è difficile, e averti messo in testa anche questa cosa della cena di sicuro non ha aiutato, perciò... Davvero, non devi preoccuparti. Adesso andiamo in classe, insieme, e vediamo di arrivare in fondo a questa giornata. Vedrai che una superato questo scoglio sarà tutto il discesa.”
E
Kurt non poté fare a meno di augurarselo, che le cose sarebbero state in discesa. Dopotutto era piuttosto certo di non essere abbastanza forte, né abbastanza coraggioso per affrontare qualcosa di diverso.
 
“...Blaine?” Lui lo guardò dritto negli occhi, con aria preoccupata. Kurt voleva solo che sapesse.
“Sia come sono fatto. Non ho idea di come reagirò se dovessero... insultarmi, o altro. Ma prima di entrare voglio che tu sappia che qualunque cosa succeda non mi pentirò di quello che ho fatto. Non mi pento di niente.”
 
Gli occhi di Blaine si ingrandirono, illuminandosi di quell’incantevole luce che Kurt amava particolarmente, perché brillava solo quando si posavano su di lui.
 
Distolse istintivamente lo sguardo: certo, erano a debita distanza l’uno dall’altro e non stavano facendo niente di compromettente, eppure Kurt era fermamente convinto che fosse fin troppo facile intuire che erano proprio loro i ragazzi su cui era girato l’ultimo pettegolezzo.
Era ovvio, palese.
Sarebbe bastato passare loro di fianco per accorgersi di una particolare tensione nell’aria, quel qualcosa in grado di esplicitare candidamente che tra lui e Blaine c’era qualcosa di molto più forte di una semplice amicizia.
 
Percepì che si stava avvicinando a lui, e no, non era pronto per baciarlo di fronte alla scuola, non mentre gli ultimi studenti si affrettavano in classe.
 
Non alla luce di ciò che era successo l’ultima volta che si erano concessi quel lusso.
 
Si voltò preventivamente e, dandogli le spalle, stava per avviarsi a sua volta verso la propria classe della prima ora, quando si sentì trattenere per la tracolla della borsa.
“Blaine...” Lui sussurrò direttamente nel suo orecchio.
“Ti aspetto davanti ai nostri armadietti all’intervallo. E giusto per la cronaca sei bellissimo stamattina.”
 
Uh.
Ok, a quanto pareva Blaine non aveva nessuna intenzione di rendergli le cose più semplici.
Dovette farsi  violenza per contenere l’impulso di voltarsi, ma per via di qualche strana forza cosmica riuscì a trattenersi.
 
“...A presto allora.” Blaine lo superò, diretto a sua volta verso la sua classe della prima ora.
Kurt gli fu mentalmente grato di avergli permesso di affrontare quei primi passi a scuola per conto suo. Era qualcosa che doveva e voleva fare da solo, e non poteva che essere felice che il suo ragazzo l’avesse intuito senza bisogno che lo esplicitasse.
 
Tirò un profondo respiro, gli occhi incollati alla porta.
La paura era ancora lì, saldamente ancorata alle sue ossa, ma non si sarebbe tirato indietro.
 
Non stavolta.
 
 

***

 
 
Kurt non si concesse di tirare un sospiro di sollievo fino a quando non rimase che l’eco dell’ultima campanella.
Era tardi, era stanco, e quella sembrava essere stata la giornata più dannatamente lunga della sua vita.
 
In realtà era andata decisamente meglio degli scenari apocalittici che aveva in mente: dopotutto non era passato minuto che uno o più membri del Glee Club non l’avessero casualmente incontrato per i corridoi e, sempre casualmente, accompagnato da una classe all’altra.
Non poteva che essergli grato di quella forma di protezione, nonostante non avessero potuto fare niente per nascondere le occhiate strane, curiose o divertite che lo raggiungevano, ma in fondo non poteva certo lamentarsi.
 
Certo, non era realistico pensare che sarebbe andata sempre così bene, tuttavia , per una volta, Kurt aveva intenzione di guardare il bicchiere mezzo pieno
 
– A pranzo con Puck e Mike. Riesci a farti dare un passaggio o ti porto le chiavi della macchina? –
 
Lesse il messaggio di Finn con aria stranita, e si sentì un po’ in imbarazzo, dato che al momento si trovava appoggiato allo sportello dell’auto di Blaine, nella parte più appartata del parcheggio.
In parole povere, aveva bellamente scordato che in teoria sarebbe dovuto tornare a casa con il suo fratellastro.
Digitò velocemente la risposta, rassicurandolo di aver già trovato qualcuno che gli desse un passaggio, e l’icona dell’sms in fase di invio lampeggiava ancora sul display quando Kurt si accorse di non essere più solo.
 
“Kurt! Allora sei qui! Santana ha detto di averti perso di vista più di un’ora fa...” Il ragazzo spalancò gli occhi, incontrando lo sguardo seriamente preoccupato di Blaine. Cercò di rimanere più serio possibile, mentre gli puntava un dito contro.
“Allora sei stato tu a farmi pedinare!” Lui rimase leggermente spiazzato, stringendosi goffamente nelle spalle.
“Io... io volevo solo accertarmi che stessi bene, e che non facessi incontri spiacevoli- ”
 
“Mi dai un passaggio a casa?”
 
Blaine sembrò rimanere un tantino disorientato da quella domanda, anche perché in tutta probabilità si aspettava qualche altra battutina sul tallonamento che aveva allestito, ma al momento Kurt aveva ben altro per la testa.
 
“...Sì. Sì, certo.” Il giovane Hummel lanciò un’occhiata furtiva al parcheggio, che iniziava inesorabilmente a svuotarsi, prima di infilarsi in macchina.
Blaine entrò un attimo dopo, e fece a malapena in tempo a chiudersi la portiera alle spalle che le loro labbra erano già incollate.
 
Semplicemente, vederselo passare davanti per tutto il giorno senza avere il coraggio di sfiorarlo nemmeno con un dito si era rivelata una tortura sufficiente, che non aveva la minima intenzione di far durare un minuto di più.
 
Non gli diede nemmeno il tempo di realizzare cosa stesse succedendo che lo stava già baciando con trasporto, stringendolo abbastanza vicino da arpionarsi al retro del suo giubbotto.
Qualche decimo di secondo più tardi Blaine sembrava già essersi ripreso da quell’attimo di smarrimento, perché gli aveva passato una mano dietro la nuca, tirandolo ancora più vicino, e aveva iniziato a sondargli la bocca con la lingua.
Kurt sentì l’altra mano del suo ragazzo scivolargli su un fianco e tirarlo leggermente per i passanti dei pantaloni, facendolo sospirare nella sua bocca.
 
Era talmente preso che quasi non si rese conto di quando, pochi istanti più tardi Blaine lo sollevò di peso, riuscendo in qualche modo a fargli scavalcare il sedile e a metterlo a cavalcioni sulle sue ginocchia.
 
Una parte remota del suo cervello fu addirittura pervasa dalla lucidità di domandarsi come diavolo avesse fatto, ma al momento la risposta non gli interessava particolarmente.
Così come non gli importava di come fosse riuscito a slacciargli bottoni del cappotto a sufficienza per infilarci dentro le mani, né se fosse davvero fisicamente possibile avvicinarsi a lui ancora di più, come Blaine era in effetti appena riuscito a fare, facendogli scorrere le mani sulla stoffa sottile della camicia e provocandogli un prolungato brivido lungo la spina dorsale.
 
A un tratto tutto il resto sembrava aver perso di consistenza.
A un tratto sembravano esserci solo le mani del suo ragazzo, il modo in cui scivolavano lungo la sua schiena indugiando sul bordo dei jeans, e c’era quella bocca che non pareva neanche vagamente dell’avviso di staccarsi dalla sua.
 
Kurt inarcò la schiena quel tanto che bastava a far passare una mano tra i loro corpi, alla ricerca della zip della giacca del suo ragazzo, che abbassò velocemente.
Raggiunse l’orlo della sua maglietta, e la sollevò a sufficienza per stringergli direttamente i fianchi, senza nessun vestito di mezzo.
 
Blaine gli mordicchiò il labbro inferiore e lui strinse istintivamente le ginocchia contro le sue anche, mentre lui gli percorreva le cuciture laterali dei jeans, stringendogli le cosce.
Kurt soffocò un gemito in fondo alla gola, mentre senza pensare si scrollava il cappotto di dosso, facendo per sollevare ancora un po’ la maglietta del suo ragazzo.
 
Aveva il cervello completamente scollegato, tanto che ci impiegò qualche lungo istante a rendersi conto che volente o nolente aveva bisogno d’aria, così interruppe il bacio, con il fiato corto e gli occhi lucidi.
 
 

***

 
 
Blaine tirò una profonda boccata di ossigeno, spalancando gli occhi e immergendoli nei due pozzi chiari davanti a lui, inconsuetamente di un azzurro più intenso del normale, abbastanza da stordirlo ancora di più di quanto già non facesse la consapevolezza di avere Kurt a cavalcioni sulle sue gambe, intento a provare a levargli la maglietta.
 
E fu proprio perché era tutto fin troppo fantastico, che Blaine giudicò ciò che stava per fare tra le più immonde idiozie della sua vita.
 
“K-Kurt...?”
“Blaine.”
 
Stava per riavventarsi sulla sua bocca, ma lui sollevò le mani dalle sue gambe, posandogliele morbidamente sulle spalle.
 
Kurt gli lanciò un’occhiata tra il confuso e lo spaurito, e avrebbe fatto bene a spiegarsi in fretta, se non voleva che il suo ragazzo fraintendesse completamente le sue intenzioni.
“Ho- Ho fatto qualcosa di sbagliato- ”
 
Appunto.
 
No! No no assolutamente no! Solo... Siamo in un parcheggio, e- ”
“Oddio.”
“...Cos- ”
“Parcheggio. Siamo in un parcheggio... e io... oddio.”
 
In un qualche strano modo riuscì a rotolare giù dalle sue gambe, arrancando fino al sedile del passeggero.
 
“Kurt- ”
“Mi dispiace! Non so cosa mi è preso, è solo che tu eri così... così, e io volevo parlarti di una cosa, davvero, ci ho pensato tutta la mattina, ma poi siamo entrati qui e io... non volevo! Cioè, volevo, ma non era il caso, non è il caso, e mi dispiace, e ora mi prenderai per un maniaco e non riesco neanche a smettere di parlare perché- ”
“Kurt. Calmati.” Lui balbettò qualche altra parola priva di senso, fissandosi le punte delle scarpe.
“Non devi essere imbarazzato, e non vedo perché dovresti considerarti un maniaco!”
“Mi dispiace, davvero! Io non volevo- ”
“Beh, io invece volevo. Eccome. Ma avevo paura che qualcuno ci vedesse. Ne abbiamo avuto già abbastanza di ricatti montati, non ci tengo a doverne affrontare uno vero.”
 
Kurt rimase in silenzio qualche istante, annuendo leggermente.
 
“...Hai ragione.” Blaine gli sorrise dolcemente, cercando il suo sguardo.
Era ancora in imbarazzo, così pensò che fosse più saggio non calcarci ulteriormente sopra e cambiare del tutto argomento.
 
“...Comunque, di cos’era che volevi parlarmi?” Lui alzò timidamente gli occhi, e prese un profondo respiro prima di parlare.
 
“Di tuo padre.”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 
 
 
 
Eccoci qua ^_^
...Sì. Siete ufficialmente autorizzati a insultare Blaine ù.ù
A parte ciò, lasciatemi fere un enorme let me love you a Meredith Anderson, e anche a Finn Hudson. Ecco ù.ù
Anyway, il prossimo miei cari sarà il capitolo di S. Valentino, ovvero quello della fatidica cena a casa Anderso ;)
In particolare, come avrete intuito dalla fine di questo aggiornamento, ci saranno delle novità tra Blaine e suo padre :)
A lunedì <3

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Capitolo 34
*** Capitolo 34 ***


Buona Pasquetta a tutti :)
Ebbene sì, miei cari! È tempo di doni pasquosi *-*!! E cosa potevo mai regalarvi io, se non un aggiornamento pomeridiano ed oscenamente lungo?? Ecco, appunto ù.ù ...Ok, stavolta non ho intenzione di stressarvi troppo nell’introduzione (il che rientra sempre nel regalo pasquoso *^* *usa deliberatamente parole inesistenti*) ma vi riservo i miei vaneggiamenti a fine capitolo ;) ...Ecco, giusto per la cronaca questo aggiornamento è davvero lungo, voglio dire, quasi il doppio di uno normale, non so che mi è preso... ç___ç Ok, lo so: è il penultimo T_____T *le cry*
Prima di sparire davvero e lasciarvi a questa mole spropositata di roba, ci tengo a mandare il mio consueto abbraccio a tutte le fantastiche persone che hanno aggiunto questa storia a seguite, preferite o ricordate :’)! Mi rendete sempre felicissima ç___ç Non di meno, invio un virtuale abbraccio selvaggio (c’è chi ne ha sentito la mancanza, dell’abbraccio selvaggio XD) a P e r l a, Alessandranna, CrissColferIsOnBitches, YouArePerfectToMe, Chris_91, GiNeVrA_21, sakuraelisa, LexyDC__, saechan, Fiby AndersonBass_, KIAsia, aleka_80, Maggie_Lullaby, Tallutina, LUcy__, elisabethy92, Meg___Gleek, Joick, Me_mi, anastasianapp, Guzzy_12 e _marti  che hanno recensito lo scorso capitolo :’)
*cuoricino palpitante*
 
 
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Kurt tenne gli occhi fissi sulle proprie ginocchia, rifiutandosi categoricamente di soffermarsi a considerare il fatto di essere praticamente saltato addosso a Blaine in un parcheggio, perché non era qualcosa di cui andava particolarmente fiero – da quando il suo autocontrollo aveva iniziato a fare tanto schifo? – e al momento aveva bisogno di un cervello funzionante, visto e considerato l’argomento di cui voleva parlare.
Ed era quello che aveva in mente sin dall’inizio, prima che i suoi ormoni partissero per la tangente.
 
Blaine spalancò gli occhi, e iniziò a tormentarsi le dita in grembo.
 
“...Di- Di mio padre?” Kurt annuì leggermente.
Non poteva negarlo: sapere della cena a casa Anderson l’aveva mandato leggermente in paranoia, per tutta una serie di ragioni con cui non aveva intenzione di annoiare Blaine. Sarebbe stato infantile da parte sua manifestare le proprie insicurezze circa la paura di non piacere ai suoi genitori, di essere ritenuto di livello decisamente inferiore a loro figlio – e davvero, non avrebbe avuto niente da ridire in merito – o qualunque altro possibile intoppo.
Perché al momento c’era una ed una sola cosa che gli premeva e che voleva chiarire con Blaine. Perché ci teneva, e sapeva cosa significava avere dei rimpianti: lui li aveva provati sulla sua stessa pelle, e non voleva che Blaine fosse costretto ad una situazione simile, non quando si poteva evitare.
 
“A dire il vero sì. Stamattina mi hai chiesto di venire a cena da te a San Valentino, e c’è qualcosa che vorrei dirti.”
 
Il ragazzo non rispose, limitandosi a fissare il vuoto.
 
“Io... io non voglio essere inopportuno, né ficcare il naso dove non dovrei. So che è una questione personale e forse sbaglio a parlartene, ma- ” Blaine scosse piano la testa, incontrando i suoi occhi.
“No. Non... Non devi preoccuparti, puoi parlare.”
 
Kurt gli sorrise dolcemente, prendendo un respiro profondo.
 
“...Vedi, tu mi hai sempre parlato tanto di tua madre, ed è meraviglioso che abbiate un rapporto così forte, davvero. ...Nonostante questo, hai nominato tuo padre pochissime volte, e con lui non hai neanche mai affrontato il fatto che sei gay.” Blaine abbassò lo sguardo, come se si sentisse colpevole.
 
A Kurt si strinse il cuore.
 
“Non mi fraintendere. Non ti sto giudicando per questo, e ti ricordo che se non fosse stato per te a questo punto nemmeno io l’avrei ancora detto a mio padre, e in realtà non ne abbiamo ancora propriamente parlato, però...” prese a giocare con un bottone del suo cappotto “...però almeno so che mi vuole bene, a prescindere da quello, ed è sempre grazie a te che mi hai riferito quello che vi siete detti.
Ovvio, dovrò prendere il coraggio a due mani e parlargliene apertamente, ma il punto è proprio questo: non voglio che tu rimanga nella stessa situazione di stallo che ho passato io, e magari arrivare a toccare quell’argomento per caso fra chissà quanto tempo,e scoprire che per lui andava bene fin dall’inizio, e roderti il fegato per tutti gli anni passati nel dubbio.”
 
Blaine fece vagare lo sguardo qua e là, evidentemente nervoso.
Era il momento di arrivare al punto di quel discorso e, per quanto invadere così prepotentemente la vita privata di Blaine lo rendesse tremendamente esitante, sapeva di non volersi tirare indietro.
 
“Penso che dovresti parlare con tuo padre prima di San Valentino.” Disse cautamente, studiando attentamente ogni singolo lampo che attraversava i suoi occhi.
 
“Kurt... Io non credo di riuscirci.” Lui sospirò, appoggiandogli una mano sul ginocchio.
 
“Lo so che a dirlo così sembra qualcosa di insormontabile. Ma guarda me: fino a qualche ora fa ero convinto di stare per affrontare la giornata peggiore della mia vita, e invece non è stato così! Anzi, sono contento di essere riuscito a superare la mia paura, perché più l’avrei rimandato peggio sarebbe stato.” Blaine alzò finalmente lo sguardo e, dopo quella piccola confessione di Kurt, sembrava un tantino più a suo agio.
 
“Hai ragione, in teoria. Lo so che è qualcosa che dovrei affrontare il prima possibile, e in ogni caso è palese che, nel caso lui non mi appoggi, tollera comunque la mia presenza. Voglio dire, mia madre gliel’ha detto, ovviamente, ma non riesco... non riesco davvero a intavolare quel discorso...” Kurt annuì, pensieroso.
“Beh, potresti farlo quando c’è anche tua madre nei paraggi. A pranzo, magari, o a cena, o mentre- ”
 
“Non è così semplice, Kurt.
Io e mio padre abbiamo un rapporto molto diverso rispetto a quello che ho con mia madre. Lo sai: lei scherza sempre, è una chiacchierona e la maggior parte delle volte anche imbarazzante, e l’adoro, ma mio padre... beh, è più simile a me.
Non parliamo praticamente mai, se si escludono i normali convenevoli familiari, ed era così anche prima che venisse a sapere che sono gay. Mi mette un po’ in soggezione, a dirla tutta, però... io gli voglio bene, e ho paura di scoprire cosa pensa davvero di me, dato che non l’ha mai detto... nemmeno una volta.”
 
Kurt colse ogni suo piccolo segno di emozione.
Il modo in cui gli occhi sfuggivano qua e là, la testa impercettibilmente abbassata, le spalle appena incurvate.
La consapevolezza di averlo portato ad aprirsi in quel modo, ad esternare cose per lui tanto delicate e vederlo in così, per una volta lontano anni luce dalla maschera di perfezione incorruttibile che indossava la maggior parte delle volte, glielo fece amare ancora di più.
 
Si sporse d’istinto verso di lui, circondandolo delicatamente con le braccia.
Sentì Blaine sospirare di sollievo contro la sua nuca, prima di appoggiargli la guancia sulla spalla. Kurt si limitò ad accarezzargli i capelli, senza dire una parola.
 
Rimasero così per un po’, in un silenzio leggero, giusto, che nessuno dei due sentiva l’esigenza di interrompere.
 
“...Non posso prometterti che gliene parlerò.”
“E non devi promettermelo, infatti. Ti chiedo solo di pensarci, perché non voglio che tu ti penta di non averlo nemmeno considerato come ipotesi.”
 
Blaine annuì sulla sua spalla, e Kurt lo strinse un po’ più forte.
 
 

***

 
 
Blaine aveva rimandato.
 
Poi aveva posticipato di nuovo.
 
E ancora.
 
Lo sapeva, lo sapeva fin troppo bene che Kurt aveva avuto tutte le ragioni per fargli quel discorso, risalente ormai a più di una settimana prima.
Eppure, ogniqualvolta si era trovato vicino a suo padre, inspiegabilmente avevano iniziato ad affiorargli in mente scenari apocalittici di cosa sarebbe potuto succedere, alcuni talmente assurdi che lui stesso era stato costretto ad ammettere che no, nemmeno nella peggiore delle soap sarebbe potuta andare così male.
 
Nonostante questa consapevolezza, non ci riusciva.
Non voleva correre il rischio di intaccare il delicato equilibrio che aveva da sempre caratterizzato il proprio rapporto con suo padre: non avevano mai alzato la voce l’uno con l’altro, dopotutto, in realtà la maggior parte delle volte non si parlavano affatto.  
Ma non era un silenzio rancoroso, il loro, Blaine questo lo percepiva: non era niente di più e niente di meno dell’esternazione del loro carattere.
 
Sapeva che suo padre  per lui c’era, era palpabile, e non si era mai rivelato necessario esplicitarlo, nemmeno una volta.
 
Eppure Richard non si era perso nemmeno un momento importante della sua vita, fin da quando era bambino.
Era in braccio a lui che aveva fatto la sua prima foto, appena nato. Era stato lui ad infondergli un po’ di passione per il football, e sempre lui aveva rischiato il licenziamento per aver abbandonato di punto in bianco una riunione di lavoro, al solo fine di arrivare in tempo alla sua festa di compleanno.
 
E questo lo sapeva solo perché glielo aveva detto sua madre, casualmente, diverso tempo dopo.
 
Blaine gli voleva davvero un gran bene, anche se non glielo aveva mai detto, e il solo pensiero di averlo deluso in qualche modo lo mandava completamente fuori di testa.
 
Ma ormai era troppo tardi per tornare indietro.
Perché tra meno di un’ora Kurt sarebbe arrivato, Meredith era al piano di sotto a preparare la tavola, e il suo pugno chiuso aveva già battuto tre volta sulla porta della camera dei suoi.
 
Suo padre era lì dentro: da sotto la porta filtrava una sottile striscia di luce, e poteva sentire il fruscio di qualche cassetto che si apriva.
 
“...Metz?”
“Sono io, papà. Posso entrare?” Ci fu una piccola esitazione oltre la porta, ma poi la voce arrivò sicura, impenetrabile come sempre.
“Certo figliolo. Vieni pure.” Blaine prese un ultimo respiro profondo, prima di abbassare la maniglia.
La stanza era perfettamente in ordine: il letto era fatto, le ante dell’armadio erano chiuse e sullo schienale della sedia se ne stava appesa soltanto la giacca scura che suo padre avrebbe indossato una volta allacciata la cravatta, che stava annodando proprio in quel momento, con aria concentrata di fronte allo specchio.
 
Blaine portò d’istinto una mano al proprio papillon – rosso, visto il tema dalla serata – aggiustandoselo sul collo.
Il ragazzo sorrise, perché a un tratto sembrava tutto tremendamente assurdo. Dopotutto suo padre si stava preparando in quel modo per incontrare il suo ragazzo, e non avevano nemmeno mai sfiorato l’argomento.
 
“Posso fare qualcosa per te?” Blaine sussultò, realizzando improvvisamente di essere entrato già da qualche istante, senza aver proferito parola.
“In effetti sì.” Suo padre annuì, sistemandosi il nodo della cravatta.
“Ti ascolto allora.”
“Beh... Volevo solo sapere se è stata mamma a dirti di vestirti in quel modo o è una tua iniziativa spontanea.” Chiese con un sorriso palesemente nervoso, sedendosi con cautela sul bordo del materasso.
Richard spalancò gli occhi.
“Perché? C’è qualcosa che non va in questo vestito?”
“...Cosa? No! Non c’è niente che non va, è solo...” Abbassò lo sguardo, fissandosi intensamente le punte delle scarpe.
 
“È solo...?”
 
“...Senti papà, io... io lo so che non sei un tipo di molte parole, e nemmeno io lo sono, e forse è proprio per questo che adesso mi sembra così assurdo, piombare qui e parlarti. Ma è anche troppo tempo che evito del tutto l’argomento, e stasera... stasera proprio non posso.” Richard annuì appena e, abbandonando del tutto lo specchio, si mise a sedere sulla sedia che reggeva la sua giacca, praticamente di fronte a Blaine.
 
“Papà, io- ”
“Hai ragione a dire che sono un tipo di poche parole, e poi beh, sei mio figlio, ovviamente hai preso da me.” Sorrise, rassicurandolo un po’ “...Però Blaine, sono tuo padre. Quando hai bisogno di parlare di qualcosa – qualsiasi cosa – io ci sono, e ci sarò sempre. Lo sai questo, vero?”
Il ragazzo fece cenno di sì con la testa, consapevole di essere improvvisamente entrato in un territorio del tutto inesplorato del suo rapporto con suo padre.
 
“Bene. Ora; credo di aver intuito di cosa mi vuoi parlare...” Blaine deglutì a vuoto, senza il coraggio di alzare lo sguardo.
“...È stata la mamma a dirtelo? Voglio dire, non della cena. Di... Beh, hai capito.” Era abbastanza sicuro che avesse sorriso.
“Sì. È stata lei.”
“E... E tu cosa le hai detto...?” Sentì una mano stringergli saldamente la spalla, e fu costretto, per quanto gli costasse a sollevare lo sguardo.
“Blaine.”
“Dimmelo subito se... se sei deluso, o se le cose sono cambiate, o- ”
 
“Blaine... Credevo che fosse chiaro... Non ti ho mai detto niente perché ne avevi già parlato con la mamma, e pensavo ti imbarazzasse venirlo a dire a me, ma davvero, credi che farei tutta questa fatica a vestirmi elegante per il tuo amico, se non vedessi di buon occhio tutta questa... mmh... faccenda?”
Blaine incontrò finalmente i suoi occhi, senza nascondere un certo moto di stupore, misto a felicità.
“Quindi... Quindi non sei arrabbiato con me, non- ”
“Blaine. Te l’avrei detto un bel po’ di tempo fa, non trovi? E comunque non vedo come questa cosa possa mettere in discussione il bene che io e tua madre ti vogliamo.” Il ragazzo annuì appena, senza trattenere un sospiro di sollievo.
 
“...Grazie papà.” Lui sorrise, dandogli un’ultima stretta alla spalla, prima di alzarsi dalla sedia e dirigersi nuovamente verso lo specchio.
 
“Piuttosto, ormai è risaputo quanto la mia memoria sia tremendamente carente. Metz me l’avrà ripetuto almeno cinquanta volte, ma al momento mi sfugge il nome di... beh...”
“Kurt. Kurt Hummel.” L’uomo si passò una mano tra i ricci, decisamente meno impomatati di quelli del figlio.
“Kurt.” Ripeté il nome tra sé e sé, quasi a volerselo stampare in testa.
A Blaine fece uno strano effetto sentirglielo pronunciare. Preso dall’euforia del momento, non si fece scrupolo ad aggiungere qualche raccomandazione.
“...Papà, per favore, non dire o fare cose strane che potrebbero metterlo in imbarazzo: tende ad andare in paranoia facilmente. Oh, e non metterti a parlare di football: a Kurt non piace il football, però gli piace la musica, ed è bravissimo anche a cantare!” Richard ridacchiò.
 
“D’accordo, d’accordo. Non preoccuparti.”
“Lui è... è una persona fantastica, davvero! È dolcissimo, e simpatico, e- ”
“Oh, non ne dubito. Dopotutto te lo sei scelto tu, questo Kurt. Tu sei un bravo ragazzo, immagino che anche lui lo sia.”
 
Blaine gli sorrise felicemente, alzandosi dal letto.
 
“Lo è.”
Richard annuì, e Blaine raggiunse velocemente la porta, indugiando un attimo prima di abbassare la maniglia.
 
“...Ti voglio bene.”
E gli suonava quasi assurdo averglielo detto ad alta voce, per la prima volta da quando ricordava.
 
“Anch’io, Blaine.”
 
E non fece neanche in tempo a chiudersi la porta alle spalle, che stava già digitando velocemente sulla tastiera del proprio cellulare, con il più sentito dei sorrisi sulle labbra.
 
 

***

 
 
– Avevi ragione Kurt! Ho parlato con mio padre, e indovina? Non ce l’ha con me! Ti aspetto tra... beh, pochi minuti ormai :)!! ♥ –
 
Kurt non poté fare a meno di tirare un profondo sospiro di sollievo, non appena posò gli occhi sull’sms che Blaine gli aveva inviato.
D’altronde non poteva che essere felice di leggerlo proprio in quel momento, mentre muoveva i primi passi incerti verso il giardino di casa Anderson.
Avrebbe voluto venire in macchina, ma Finn doveva andare al cinema con Rachel, e Burt era uscito con Carole, e comunque non sapeva dei suoi progetti per quella sera.
Così Kurt aveva finito col chiedere un passaggio a Mercedes, che l’aveva accompagnato proseguendo poi verso casa di Quinn, dove la ragazza aveva organizzato una specie di party privato per soli single.
 
Come avrebbe fatto a tornare a casa, per ora rimaneva un mistero.
 
Kurt si rigirò tra le dita il mazzo colorato che teneva in mano, per lo più rosa intenso, per via della rosa muscosa, e puntellato qua e là del giallo della primula maggiore*.
 
Attraversò il grande cancello socchiuso con le ginocchia che gli tremavano: non solo stava per rivedere Blaine – e davvero, era stata una tortura trattenersi dal baciarlo davanti a tutta la scuola, quel giorno, come del resto avevano fatto tutte le altre coppiette, tuttavia erano stati fin troppo fortunati ultimamente, ed era meglio non gettare benzina sul fuoco – ma stava anche per incontrare i suoi genitori.
Percorse il vialetto, guardandosi intorno per la prima volta. Dopotutto in ogni altra occasione in cui si era recato in quella casa, non aveva avuto esattamente il tempo di fermarsi ad ammirare il paesaggio.
 
Notò l’erba tagliata con precisione, tante piccole aiuole tutt’intorno, e dal retro proveniva una luce fioca, probabilmente proprio da quei lampioncini che Kurt aveva sempre immaginato.
C’era anche una lunga ombra, sul retro, che doveva appartenere a un albero decisamente più grande rispetto agli altri che crescevano qua e là in giardino.
 
Arrivò davanti alla porta pochi istanti dopo, neanche troppo velatamente terrorizzato. Spinse il campanello, sentendo provenire dall’interno il tipico suono dei vecchi citofoni che aveva sempre adorato, a differenza del rumore metallico del suo.  
Non fece nemmeno in tempo a considerare il fatto che stava davvero pensando ai citofoni in un momento come quello, perché la porta si aprì, lasciandolo senza fiato.
 
Davanti a lui, c’era la più meravigliosa versione di Blaine Anderson su cui i suoi occhi avessero mai avuto la fortuna di posarsi.
 
Portava un paio di jeans neri, leggermente più stretti del solito ed immancabilmente arrotolati alla caviglia, una camicetta sottile e un farfallino di un rosso acceso, esattamente come le scarpe, che Kurt non aveva davvero idea di come fosse riuscito a procurarsi. Inoltre, aveva usato meno gel del solito, riservandosene un po’ solo per i lati del capo, lasciando quelli in cima alla testa liberi da costrizioni.
Socchiuse la bocca, completamente senza parole.
Non fu nemmeno costretto a ricomporsi in fretta, perché Blaine parlò per primo.
 
“Oh, no...” Kurt alzò un sopracciglio.
“Vedo che sei felice di vedermi.”
“Cosa? Certo che sono felice di vederti, il problema sta nel fatto che oggi ti avevo chiesto esplicitamente di non metterti nulla di troppo attillato, o smanicato, o... o-oddio Kurt! Perché mi vuoi male?”
Il ragazzo lanciò una rapida occhiata al proprio abbigliamento: jeans scuri, stivaletti, un pullover aderente con scollo a V e il cappotto che doveva ancora sfilarsi.
“...Non vedo cosa ci sia che non va nei miei vestiti.”
Blaine deglutì rumorosamente, e poté sentire il suo sguardo scivolargli su tutto il corpo, con un’intensità tale da farlo rabbrividire.
 
Beh.
Non erano esattamente i presupposti migliori per una serata in famiglia.
 
La tensione cominciava a farsi insopportabile, e Kurt aveva l’impellente necessità di dirottare il tutto su un altro piano se non voleva finire per saltargli addosso, come del resto aveva fatto una settimana prima in quel parcheggio, e non era esattamente una gran bella prima impressione da fare ai genitori del suo ragazzo.
 
Poi si ricordò dei fiori, ancora stretti dietro la schiena nelle le sue mani sudate.
Li allungò in direzione di Blaine, con un sorriso vagamente imbarazzato. Il moro socchiuse le labbra dalla sorpresa, spostando lo sguardo dai fiori a Kurt, da Kurt ai fiori.
 
“Per...Per me?” Il ragazzo roteò gli occhi.
“No, Blaine. Li sto allungando verso di te perché ho una paresi al braccio.” Lui ridacchiò, prendendo il mazzo dalle sue mani.
“Sono bellissimi, ma non dovevi disturbarti. Poi io devo ancora darti il mio regalo di San Valentino...” Kurt lo fissò stranito.
“...Anch’io devo ancora darti il mio regalo, se è per questo.” Blaine alzò un sopracciglio.
“Ma... ma i fiori...?”
“Blaine. Pensavi davvero che mi sarei limitato a un cliché come quello del classico mazzo di fiori?” Il moro sbatté le palpebre, e per un attimo Kurt temette di aver fatto la peggiore gaffe della sua vita.
“...Voglio dire, n-non per forza! Se mi hai regalato dei fiori ne sarei felice, Blaine, davvero- ”
“Kurt. Non ti ho preso dei fiori, sono solo sorpreso e felice che tu me li abbia portati.”
 
“Uh. Ok, meno male, non volevo offenderti! E in ogni caso, il mio regalo vero te lo darò più tardi...”
Vide Blaine avvampare completamente e, ancor prima di poter chiarire l’ambiguità imbarazzante di quelle parole, un’altra figura li raggiunse all’ingresso.
 
“Oh, tu devi essere Kurt! Benvenuto, caro!” Il ragazzo sussultò appena, trovandosi davanti quella che doveva essere Meredith Anderson.
 
Portava un vestito bianco, stretto in vita da una cintura blu della stessa tonalità delle scarpe. Non appena la guardò in faccia, capì perché il suo ragazzo era una specie di statua greca piombata in terra.
Quella donna era davvero, davvero bellissima: aveva gli occhi simili a quelli di Blaine, anche se leggermente più chiari, le labbra soffici e i tratti decisi, quel genere di volti dove nemmeno il tempo è in grado di imprimere il suo marchio.
 
“B-Buonasera signora Anderson!” La donna gli si avvicinò con un sorriso, lasciandogli un bacio sulla guancia.
“Chiamami Meredith. Ma ora venite di là ragazzi, prima che si raffreddi la cena!” Meredith li precedette affrettandosi verso la cucina, e Blaine ne approfittò per prendere Kurt per mano, dopo aver appoggiato i fiori su una mensola, con la promessa che poi li avrebbe sistemati in un vaso.
“Non preoccuparti. È piuttosto esuberante, ma innocua.” Il ragazzo sorrise, seguendo poi l’altro dove era stato loro indicato.
 
Trovò il padre di Blaine già seduto in tavola, che esaminava con aria perplessa un alquanto bizzarro segnaposto.
Kurt si ritrovò a sospirare di sollievo: non poteva sentirsi minacciato, non da qualcuno così incredibilmente simile a Blaine. Richard non aveva soltanto i suoi stessi capelli ricci e il sorriso gentile, ma anche e soprattutto il medesimo sguardo incredibilmente dolce, immutato sebbene le sue iridi fossero scure come la notte.
L’uomo incontrò i suoi occhi, e Kurt li colse per un attimo smarriti, sorpresi, e forse un po’ spaventati.
Dopotutto Blaine gli aveva appena raccontato si sé, e di loro due.
Non poté fare a meno di rimanere colpito da quella reazione, e si domandò se quella simpatia così improvvisa quanto inaspettata fosse almeno in parte condivisa anche dal padre del suo ragazzo.
Sfoderò il migliore dei suoi sorrisi, avvicinandosi a Richard.
 
“Salve signor Anderson. Sono Kurt Hummel.” Tese una mano verso di lui, che l’uomo non esitò a stringere.
“Ciao Kurt. Blaine mi ha parlato molto bene di te.”
“Oh, Blaine esagera sempre!” Richard sorrise, mentre Blaine sbuffava indignato.
“Non esagero, Kurt! Ho solo detto che ti piace la musica, sei bravissimo a cantare e... beh, qualche altra cosa.” Borbottò, sedendosi di fronte a suo padre.
Kurt raggiunse la sedia accanto alla sua, proprio mentre Meredith ricompariva dalla cucina, con in mano una grossa teglia fumante.
 
“Pasta al forno, ragazzi. Spero vi piaccia, anzi, vi deve piacere, anche perché ci ho messo tutto il pomeriggio a prepararla...”
Mamma! Così sembra che lo costringi a mangiarla!”
“Oh Blaine, lo sai com’è tua madre quando si tratta di cucina...”
“Guarda che mi piace la pasta al forno, Blaine. La mangio volentieri.” Il moro si agitò un po’ sulla sedia, mentre Meredith, una volta distribuita a tutti una porzione abbondante, si sedeva vicino a suo marito, e di fronte a Kurt.
Doveva ammettere che quella pasta al forno non era davvero niente male: dopotutto non ne mangiava da fin troppo tempo per paura del brutto effetto che i carboidrati avevano sui suoi fianchi.
 
“Allora, Kurt? Come vi siete conosciuti tu e Blaine? Sai, provo sempre a tirare fuori l’argomento, ma lui puntualmente si impappina e non mi da mai risposte degne di questo nome.” Kurt sorrise, arrossendo appena.
“Mamma... Così lo metti in imbarazzo...”
“Oh ma dai, Blaine. Non preoccuparti.” Lo tranquillizzò con un sorriso, che Blaine ricambiò con una punta di nervosismo.
Dopotutto non poteva biasimarlo: se si fossero trovati in quella stessa identica situazione ma con davanti Burt e Carole lui probabilmente sarebbe sprofondato nella sedia.
 
Gli sfiorò un ginocchio con il suo, lasciandoli a contatto sotto il tavolo.
 
“Ci siamo conosciuti il primo giorno di scuola, al McKinley. ...Io però non ero molto propenso a stringere nuove amicizie e ad- ad aprirmi con la gente, e Blaine... Beh, se non fosse stato per lui... davvero, non so cosa avrei fatto.” Ammise, abbassando lo sguardo sul suo piatto.
Sentì la gamba di Blaine strofinarsi affettuosamente contro sua, e sorridere gli venne spontaneo.
 
“Oh... Ti ha mai detto nessuno che sei adorabile, Kurt?” Chiese Meredith con aria sognante, facendo tossicchiare il povero Richard, vagamente a disagio.
“C’è un amico di Blaine che non fa che ripetermelo, in realtà.”
“Sì. È Nick mamma, sai com’è fatto Nick.” La donna spalancò gli occhi.
“Lo stesso Nick che ha inciso il suo sulla porta del bagno, l’anno scorso?!”
“Beh...”
“Sapevo che non c’era da fidarsi nemmeno dei ragazzi delle scuole private. O forse Blaine si è andato a cercare gli unici studenti svitati...” Rifletté Richard.
Grazie, papà.”
“Non essere sciocco Richard! Blaine non cerca di proposito i pazzoidi, se no non vedo come avrebbe fatto ad incontrare un ragazzo come Kurt, non trovi?” Kurt arrossì di nuovo, mordicchiandosi un labbro.
 
L’uomo sorrise, annuendo mentre sua moglie radunava i piatti, pronta a servire il secondo.
Meredith sparì in cucina, e Kurt si aspettava di tutto, meno la domanda che il padre di Blaine gli pose in quel momento.
 
“Perciò... Da quant’è che voi due...?”
Alzò gli occhi, incontrando quelli autorevoli e seriamente interessati di Richard, che sembrava aver trasmesso a suo figlio tutta la premura e il rispetto che dimostrava verso le altre persone.
A un tratto Blaine sembrava essersi paralizzato al suo fianco, oltre ad essere arrossito vistosamente.
Fu in quel momento, che capì di dover dare voce non solo ai propri sentimenti, ma anche e soprattutto a quelli del ragazzo seduto accanto a lui.
E probabilmente era proprio a quelli che si interessava Richard, nonostante avesse scelto lui come intermediario con il diretto interessato. Kurt gli sorrise cordialmente, accantonando quell’imbarazzo per il quale ora non c’era posto.
 
“Da poco prima di Natale.
Siamo andati ad una festa per la Vigilia a casa di un’amica, e Blaine si è offerto di riaccompagnarmi a casa. Lui... Lui sapeva tutto quello che- quello che avevo passato, ma non mi aveva mai detto niente su di lui.
È semplicemente rimasto al mio fianco per tutti quei mesi, come un amico. Spesso non l’ho trattato come meritava, ed è qualcosa che ancora non mi perdono, ma... avevo paura. Blaine è riuscito a guardare oltre il muro che avevo creato, e... e ha trovato me.
È la persona migliore che conosca, e io... io mi sento davvero fortunato a stare insieme a lui.”
 
Lo disse tutto d’un fiato, non perdendosi neanche una delle diverse sfumature che attraversarono gli occhi di Richard, durante quel discorso, né il tono appena alterato dall’emozione che la sua voce assunse quando rispose.
“...Sembri un bravo ragazzo, Kurt.” Lui sorrise, sollevato.
“La ringrazio.”
 
“...In realtà non è lui quello fortunato,” aggiunse a un tratto Blaine, senza incontrare gli occhi di suo padre “...la mamma ha sempre detto che per voi è stato amore a prima vista. Io non l’avevo mai capito per davvero... almeno fino a qualche mese fa.”
 
Kurt sbatté le palpebre, guardando direttamente Blaine.
 
“Era il mio primo giorno al McKinley, ed ero terrorizzato. All’ultima ora avrei avuto l’audizione per il Glee Club, così prima sono passato a lasciare i libri nell’armadietto.
E Kurt era lì.
Io... non dimenticherò mai quello che ho provato quando l’ho guardato la prima volta. ...Era come se me lo ricordassi, in un certo senso. Come se fosse sepolto da qualche parte nella mia memoria e... ho avuto la certezza di essermi innamorato di lui.”
 
Kurt lo ascoltò in silenzio, lasciando che quelle parole si depositassero da qualche parte vicino alla bocca dello stomaco, talmente ingombranti che non si stupì di sentirsi pizzicare gli angoli degli occhi, né di credere che il suo cuore venisse improvvisamente oppresso da una morsa, mentre tentava invano di allargarsi nel petto.
 
Richard annuì piano e, quando Meredith tornò con il suo pollo al cherry, nessuno di loro sentì l’esigenza di tornare su quell’argomento.
 
La cena proseguì tranquillamente e, boccone dopo boccone, Kurt si sentiva sempre più a suo agio con i genitori di Blaine.
Si erano conosciuti poco lontano da Lima, avevano deciso di sposarsi praticamente subito e, a dispetto di tutte le amiche di Meredith che tanto avevano detto per spingerla a ponderare meglio quella scelta, stavano felicemente insieme da vent’anni.
Richard raccontò di come fino all’ultimo non avessero voluto sapere il sesso del bambino che avrebbero avuto insieme, e di come Meredith fosse assolutamente convinta si trattasse di una femmina, tanto che nei primi mesi dopo il parto qualche volta finiva per parlare di loro figlio sotto il nome di Blair, come del resto aveva fatto da nove mesi a quella parte.
Chiamarlo Blaine era stato inevitabile, a quel punto.
 
La conversazione si era poi spostata sulla famiglia di Kurt: Richard aveva voluto sapere qualcosa sull’officina che gestiva suo padre, e Blaine aveva puntualizzato che il suo fratellastro era il quarterback della squadra di football.
Quando Kurt mise in bocca l’ultimo cucchiaino di torta gelato, era ormai giunto alla conclusione che incontrare gli Anderson si era rivelata un’ottima idea. Non solo perché loro sembravano gradire la sua compagnia, ma anche e soprattutto per il fatto che quello scambio di battute e la loro precedente conversazione si era rivelato un nuovo inizio, per Blaine e suo padre.
 
“Hai bisogno di un passaggio a casa, Kurt?” Sorrise all’espressione speranzosa del suo ragazzo.
“Grazie. In realtà erano tutti impegnati stasera, così ho dovuto chiedere un passaggio a Mercedes...”
“Non c’è problema. Ti accompagno io.” Blaine si alzò da tavola, seguito da tutti gli altri.
“È stato un piacere conoscerti, Kurt. Voglio dire, sei un ragazzo davvero adorabile, e poi sei così carino... Non mi è difficile immaginare perché Blaine- ”
Mamma!” Richard ridacchiò.
 
“No, davvero: è stato un piacere conoscerti.” Kurt si sentì arrossire fin sopra i capelli, mentre cercava di mettere insieme una risposta di senso compiuto.
“G-Grazie. Anche per me è stato un vero piacere, e la cena era buonissima.” Meredith sfoggiò un’espressione adorante, tirando una manica del cappotto a suo marito.
“Ma lo senti, Richard? Lo senti?? Blaine, perché non prendi esempio da lui e la finisci di criticare il mio talento culinario? E- ”
Ciao, mamma.” La donna sospirò teatralmente, e Kurt non poté fare a meno di sussultare quando Blaine lo prese per mano, conducendolo con sé verso la porta d’ingresso.
Salutò un’ultima volta gli Anderson, annuendo al posto di Blaine all’ennesimo “guidate con prudenza” di Meredith.
 
Usciti dal campo visivo dei genitori il suo ragazzo aveva accelerato il passo, tanto che Kurt faticò quasi a stargli dietro, lungo il corridoio che portava all’uscita.
Blaine afferrò la giacca al volo, lasciando la sua mano solo per potersela infilare, Kurt fece lo stesso con il proprio cappotto, e un attimo dopo erano già fuori dalla porta.
 
 

***

 
 
Gliel'aveva detto.
 
Sì, l’aveva fatto, e peraltro in modo assolutamente non interpretabile. Semplicemente, l’aveva pregato di non infilarsi in uno di quei vestiti che mettevano in risalto in modo così dannatamente esplicito ogni singola forma del suo corpo.
E, a dirla tutta, era buona parte della cena che gli ormoni di Blaine erano partiti per la tangente, insieme al suo autocontrollo e alla dignità di non apparire come un pazzo assatanato di fronte ai suoi genitori.
Inoltre, come se tutto quello non bastasse, Kurt aveva detto a suo padre cose che gli avevano fatto perdere ogni difesa, tanto che era stato automatico ammettere che lo amava.
E suo padre era lì davanti a lui, ma avrebbe potuto esserci chiunque altro, per quanto gli importava: era innamorato, e non gli importava in quanti lo sapessero, l’unico di cui gli importava davvero era Kurt.
 
Già, Kurt.
Che si era appena chiuso la porta di casa alle spalle.
 
“Blaine? Si può sapere perché ti sei messo a corr- ”
La domanda del suo ragazzo si spense da qualche parte sulla sua bocca, e Blaine la trovò in ogni caso una risposta più che esauriente.
Gli prese delicatamente il volto con entrambe le mani, resistendo all’impulso di baciarlo con la medesima intensità che Kurt stesso aveva usato nel parcheggio della scuola, la settimana precedente. Assaporò invece la sua bocca con lentezza, compiacendosi del sospiro soddisfatto del suo ragazzo, che si era appena infranto contro le sue labbra.
 
Non si mossero dallo zerbino di casa Anderson per qualche lungo minuto, fino a quando il respiro di Kurt si fece irregolare.
Si staccò da lui con il fiato corto, trafiggendolo con uno sguardo fin troppo intenso per i poveri ormoni di Blaine.
 
“Blaine... Andiamo a casa mia...?” Il ragazzo era piuttosto sicuro di avvertire il principio di un infarto. Studiò l’espressione di Kurt, e decise di muoversi con i piedi di piombo.
“C-Certo. Ti ho già detto che ti accompagno- ”
“Sai cosa intendo.” E, a quel punto, Blaine era certo di avvertire il principio di un infarto.
 
Kurt a un tratto sbatté la palpebre, avvampando totalmente.
 
“...V-Voglio dire! Mi dispiace, non voglio costringerti a- ”
“Kurt. È  tutta la sera che cerco di evitare di saltarti addosso.”
Il ragazzo si inumidì le labbra con la lingua, e Blaine sperò con ogni cellula del suo corpo che non l’avesse fatto apposta.
 
Raggiunsero la macchina qualche istante più tardi, e quello che seguì si rivelò il più terrificante viaggio in auto che Blaine Anderson potesse rammentare.
 
La tensione nell’aria si poteva tagliare con il coltello, e i tentativi di entrambi di avviare una conversazione sulla cena appena trascorsa finivano inevitabilmente in niente, nel momento esatto in cui Blaine cambiava marcia e, spostando il cambio, sfiorava inevitabilmente il ginocchio di Kurt.
 
Ginocchio che, tra parentesi, lui non sembrava intenzionato a spostare.
 
Il moro sperò per tutto il tragitto di non schiantarsi contro un albero e, una volta svoltato nel vialetto di casa Hummel – Hudson, capì che nessuna sfida era impossibile per lui.
 
Sfilò le chiavi dell’auto dalla loro sede e, voltandosi lentamente verso Kurt lo trovò a fissarlo con lo stesso identico sguardo di prima, carico di qualcosa in grado percorrergli tutta la colonna vertebrale molto più intensamente di quanto avrebbe potuto fare un semplice brivido.
Era come se riuscisse a spogliarlo con lo sguardo, ed era umanamente impossibile da ignorare.
Ingoiò a vuoto, senza poter impedire al suo corpo di reagire prepotentemente a quegli occhi, dell’azzurro più caldo che avesse mai visto.
 
“Blaine?”
“Sì?”
“...Non è che potremmo rimandare a domani lo scambio dei ragal- ”
“Sì. Assolutamente.” Kurt sorrise appena, sporgendosi a baciarlo con dolcezza. Blaine si abbandonò a quel contatto e, da come le sue labbra tremavano contro le proprie, era deliziosamente chiaro che volesse qualcosa di più.
 
Qualcosa che forse aveva paura di chiedere.
 
“Kurt- ”
“Abbiamo deciso di fare un passo alla volta. Io... io mi chiedevo se...”
.” E, quella sera, sembrava l’unica parola che fosse in grado di pronunciare. Kurt annuì, allontanandosi quel tanto che bastava per guardarlo negli occhi.
“Ti amo.” Ecco, un altro insieme di suoni che non si sarebbe mai abituato a sentir pronunciare da quella voce soffice, angelica come il volto del suo proprietario.
“Ti amo anch’io, Kurt.” Lui arrossì di nuovo, in quel modo adorabile che lo contraddistingueva.
 
Scese dalla macchina un istante più tardi, seguito a ruota da Blaine, che reputò i pochi secondi che il suo ragazzo aveva impiegando a far girare la chiave nella serratura della porta indecentemente lunghi.
Quando finalmente entrarono in casa di Kurt, il tempo parve smettere di funzionare.
A un tratto, a dispetto dell’urgenza che avevano avuto fino a quel momento, ogni istante sembrò dilatarsi.
Kurt si slacciò il cappotto lentamente, un bottone alla volta, e Blaine ebbe cura di sistemare con attenzione la sua giacca sull’appendiabiti. Raggiunsero la sala in silenzio e, se solo non fossero stati così presi dalla situazione, probabilmente avrebbero considerato quantomeno curioso il fatto che la luce fosse accesa.
 
Invece tutto ciò di cui Blaine riusciva ad accorgersi era Kurt, appoggiato al retro del divano, mentre si mordicchiava un labbro.
Annullò la distanza che li separava in due passi lenti, e un attimo dopo era davanti a lui. Tutta la sua intraprendenza sembrava essersi smarrita nei pozzi chiari davanti a sé.
 
Fece per aprire la bocca, ma Kurt lo precedette.
 
“Non sono pronto per- per tutto. Però... ehm...” Blaine sorrise, e sospirò mentalmente di sollievo, dato che nemmeno lui era così convinto di voler andare fino in fondo. Per ora.
“Cosa vorresti?” Kurt abbassò gli occhi, ed erano talmente vicini che avrebbe potuto contare una ad una le ciglia sottili che sembravano quasi sfiorargli gli zigomi, tinti di un delizioso colorito rosato. Gli sollevò il mento con due dita, e non fece nemmeno in tempo a domandargli altro, perché in tutta risposta Kurt fece incontrare le loro labbra in un bacio che, da lento com’era, non impiegò che qualche istante per diventare qualcosa di decisamente più appassionato.
 
Blaine si fece guidare da lui, lasciando che lo afferrasse per le spalle e lo attirasse più vicino a sé, tanto che si ritrovò a dover fare un pizzico di resistenza per paura di schiacciarlo contro al divano, cosa di cui Kurt non sembrava tuttavia preoccuparsi minimamente.
Si spostò invece un po’ più indietro, in modo da potersi sedere sullo schienale con Blaine in piedi tra le sue gambe.  
Il moro fece scorrere istintivamente le mani lungo la schiena del suo ragazzo, arcuata verso di lui, fino a fermarsi ad accarezzare con la punta delle dita l’orlo dei suoi pantaloni.
Kurt dal canto suo gli agganciò le gambe dietro la schiena, avvicinandoselo più di quanto non avessero mai fatto.
 
Blaine, a quel punto, aveva perso ogni vaga percezione della realtà.
 
L’unica cosa a cui riusciva a pensare era il modo in cui le cosce del suo ragazzo erano ermeticamente strette attorno ai suoi fianchi, e ai respiri irregolari che gli si infrangevano in fondo alla gola.
Blaine non poteva umanamente immaginare situazione più eccitante, cosa che dovette rimangiarsi un attimo dopo, quando le mani si Kurt si staccarono dai ricci a cui erano arpionate e raggiunsero i suoi polsi, spostandoli senza troppi complimenti verso il basso.
A quel punto, dato che l’autorizzazione era arrivata direttamente dal suo proprietario, Blaine non esitò a stringere quel fondoschiena che fino ad allora si era limitato a guardare, con l’aiuto di quei suoi dannatissimi pantaloni attillati che la maggior parte delle volte gli impedivano di pensare lucidamente.
 
Kurt si staccò dalla sua bocca per prendere fiato, e lui non poté fare a meno di vendicarsi un po’ di quel maledetto scollo a V che il suo ragazzo aveva pensato bene di sfoggiare.
Accarezzò con la punta della lingua il suo labbro inferiore, per poi scendere fino al mento e più giù, lungo quel collo niveo a cui tanto difficilmente resisteva.
 
“B-Blaine... Uh, Dio- ” Morse e succhiò la sua pelle fin dove la scollatura della maglia glielo consentiva, consapevole di come Kurt stesse stringendo le labbra per contenere almeno in parte quei morbidi gemiti di cui Blaine avrebbe tranquillamente vissuto da lì all’eternità.
Proprio quando iniziava a considerare di aver tormentato a sufficienza la sua giugulare, le gambe di Kurt allentarono la presa attorno alla sua vita quel tanto che bastava ad allontanarlo di qualche centimetro, in modo da potergli raggiungere i bottoni della camicia ed iniziare a sfilarli velocemente – per quanto le mani tremanti glielo permettessero – dalle loro asole.
 
Blaine si sciolse il papillon, rischiando peraltro il soffocamento, aiutando così il suo ragazzo a sfilargli la camicia lungo le braccia.
Kurt tornò a baciarlo avidamente, spostandosi in modo da far combaciare i loro fianchi. Il ragazzo fece scivolare istintivamente le proprie mani ancora più in basso, accarezzandogli le natiche fino a fermarsi all’attaccatura delle cosce, spingendolo direttamente contro i suoi fianchi.
Kurt gemette nelle sua bocca, mentre con una mano scendeva pericolosamente verso il basso, fino a sfiorargli la cintura dei pantaloni, al che, il moro diede completamente addio a ogni buon senso.
 
Lo stesso buon senso che lo investì come un treno in corsa, nell’esatto istante in cui una voce di sua conoscenza li raggiunse dal piano di sopra.
 
“Mamma? Burt? Siete voi?”
 
 
 

 
 
 


 
 
 
 
* Rosa muscosa: dichiarazione d’amore ( http://www.agel-rosen.de/fotos/Moss-Rose-Rosa-centifolia-muscosa-Rubra-81637.jpg )
Primula maggiore: fiducia ( http://www.stelviopark.it/images/Fiori/003Primula_elatior.htm )
...Io e i miei significati dei fiori XD
 







 
 
 
 
 
 
 
 
 
Eccoci qua ^_^
Dunque ragazzi, lo so che al momento volete solo strozzarmi attraverso lo schermo dei vostri computer (o me o Finn. O entrambi), e so anche di meritarmi la cosa, però... Suvvia, provo ad andare per punti, anche perché se no sclero, mi perdo, e sclero di nuovo.
- Kurt & Blaine. Con Kurt che cerca di convincere Blaine a parlare con suo padre. ...Ebbene sì, abbiamo un secondo candidato alla palma d’oro (?) di fidanzato dell’anno ù.ù ...No, boh, amo i motivi che lo spingono a farlo :’)
- Blaine & Richard. Ecco, loro due mi piacciono. Nel senso, mi piacciono anche Meredith e Blaine, ma lui ha un rapporto completamente diverso con sua madre rispetto al padre... e diciamo che conosco quel tipo di rapporto, e mi piaceva rifletterlo su di lui. Spero abbiate apprezzato quel bizzarro ma forte affetto che li lega ç___ç Ecco, poi parlano, e basta, tanto amore per Richard. (Blaine non ha drammi famigliari di alcun tipo, perché ci sono già state abbastanza calamità -.-“). ...Oh, Cooper non esiste XD. Sapete com’è, ho iniziato questa storia quando Blaine in Glee era ancora figlio unico, non mi sembrava avesse molto senso far sbucare un fratello da dietro un portaombrelli. Poi la nuova puntata non è ancora uscita: non so com’è il suo personaggio... e poi, figurasi se Blaine non l’avrebbe detto a Kurt ù.ù
- Cena. Dunque, prima di parlare della cena in sé, ci tengo a sottolineare quanto io sia cerebralmente lesa XD Suvvia: mazzo di fiori con tanto di significato! Dopo il ‘Clove’ questo ed altro ù.ù Comunque... (per chi mi segue già da tempi antecedenti a questa storia) notato niente nella descrizione che Kurt fa del giardino ç___ç?? Vi prego, internatemi u.u La cena... Boh, è stata cenosa. E poi abbiamo avuto un secondo e definitivo step tra Richard e Blaine *-* Belli loro u.u ...Meredith è una pazza *-* La amo XD!!
- Coff. Ecco. Sì. Figurati se ce la potevano fare, poveri esseri ç____ç. Anyway non perdete le speranze, o intrepidi lettori (?)!  Dopotutto vi ho detto che ci sarà un sequel, no?
 
Cooomunque. Quello di sabato  (mi dispiace D: è solo che questa settimana sono strapiena di verifiche, e non posso fare altrimenti D: ) sarà il 35esimo ed ultimo capitolo di questa storia.
...No. Non mi sto commuovendo *sbatte sinuosamente (???) le ciglia*. ...Cosa ci aspetta? Beh, intanto quei due devono ancora darsi il regalo di San Valentino, poi ci saranno tante piccole storielle che vedranno la loro conclusione, e inoltre... beh, la scena finale, quella che avevo in mente fin da quando ho iniziato a scrivere il primo capitolo ù.ù (e magari così il titolo acquista un significato, in tutto ciò XD)
...Ok. A questo punto credo di aver detto tutto (finirà che ho sparato solo inutilità e quello che dovevo dire davvero è finito nel dimenticatoio -.-“) e non mi resta che darvi appuntamento a sabato, con l’ultimo capitolo *si rassegna alle lacrime*, dove vi lascerò qualche informazione in più sul sequel (il titolo ad esempio, che non ho ancora deciso :S), oltre ai saluti e ringraziamenti vari :’) Come sempre, comunque, aspetto i vostri pareri su questo capitolo <3

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Capitolo 35
*** Capitolo 35 ***


Per tutte le persone che hanno dato a questa FF una possibilità.
Per tutti coloro che mi hanno sostenuta nel corso di questi mesi, in qualunque modo l’abbiano fatto.
Per tutti quelli a cui questa storia lascerà qualcosa (ed è tutto ciò che spero).
 
Questo capitolo è per voi ♥

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Kurt sbarrò gli occhi, le dita congelate sulla fibbia della cintura del suo ragazzo.
 
Si ripeté mentalmente che non era possibile, che doveva essersi trattato di un’allucinazione, magari dettata dalla sua paura di fare qualcosa di sbagliato, dato che quella sera si stavano muovendo in un territorio inesplorato.
Tuttavia, se l’ipotesi che fosse tutto nella sua testa fosse stata veritiera, era del tutto inspiegabile perché anche Blaine si fosse tutto a un tratto irrigidito, voltando la testa in direzione delle scale.
 
Rimasero entrambi immobili e ammutoliti per qualche interminabile secondo, fino a quando dal piano di sopra giunse il suono inequivocabile di grosse scarpe da ginnastica trascinate sul pavimento.
Kurt avrebbe potuto facilmente identificare il proprietario, associandovi peraltro la voce di poco prima che, a quel punto, era tutto fuorché uno scherzo della sua mente.
 
Il ragazzo si voltò di scatto verso Blaine, che lo stava fissando con il suo medesimo, muto terrore.
 
I passi provenienti dal piano di sopra si facevano sempre più marcati, e Kurt sapeva solo che dovevano agire in fretta.
Spalancò lo gambe che fino a mezzo secondo prima avvolgevano i fianchi di Blaine e lo spinse indietro con una forza che non sapeva di avere, tanto che lui barcollò vistosamente e per poco non cadde all’indietro.
 
“Scusa...” Bisbigliò più a bassa voce possibile, scendendo velocemente dallo schienale del divano, ancora piuttosto stordito da ciò che stavano facendo fino a qualche istante prima.
Blaine scrollò le spalle, mentre Kurt realizzava con orrore che lui era ancora a torso nudo.
E al momento gli sfuggiva come avesse fatto esattamente a levargli la camicia con quella foga, ma l’importante ora era rimettergliela addosso.
 
Con uno scatto felino la raggiunse sul pavimento, cercando poi di farla infilare a Blaine.
“Si può sapere che diavolo hai da ridere?!” Iniziava ad infervorarsi.
Sì, perché mentre lui era in preda al panico più totale, Blaine, dopo un iniziale sbigottimento, sembrava quantomeno divertito dalla situazione.
“Blaine? Vuoi collaborare??”
“Kurt, è alla rovescia.” Strabuzzò gli occhi, mentre il suo ragazzo scoppiava bellamente a ridere.
“Blaine!” Gli lanciò la peggiore delle occhiatacce, e si compiacque del moto di panico che colse nel suo viso.
Il moro si sfilò velocemente la camicia, e in un attimo la stava indossando per il verso giusto.
 
“...Mamma?”
“Dannazione...” Lo aiutò ad allacciare i bottoni, mentre cercava di sistemarsi addosso i vestiti stropicciati come meglio poteva.
Finn era sulle scale, e sarebbe stato in salotto da un momento all’altro.
Kurt aveva appena fatto sgusciare l’ultimo pezzettino di plastica nell’asola, quando un volto che mai avrebbe pensato di detestare così tanto fece capolino da dietro la porta.
 
“C-Ciao Finn!” Lui li guardò con aria stranita, evidentemente sorpreso di trovarli lì.
“Rachel, è Kurt. Puoi mettere giù la scopa.” La ragazza sbucò da dietro la spalla del quarterback, brandendo l’arma impropria con cui aveva evidentemente intenzione di allontanare possibili malintenzionati.
 
A quel punto, Kurt era seriamente combattuto se ridere, deprimersi o fare una strage.
 
Guardò Blaine con la coda dell’occhio e, dato che lui sembrava ancora inspiegabilmente in vena di ilarità, decise di prendere in mano la situazione.
“Rachel. Ragazzi, credevamo foste al cinema...” Finn, come prevedibile, si limitava a guardarli con la bocca parzialmente socchiusa e gli occhi a mezz’asta, nella sua consueta aria intontita.
Rachel, al contrario, sembrava particolarmente interessata.
 
“Infatti. Siamo tornati giusto dieci minuti fa.”
“Oh.”
“Già.” Kurt si guardò intorno con nervosismo, lisciandosi convulsamente il pullover sull’addome.
Detestava quella situazione, e detestava come Rachel stesse fissando con il peggiore dei suoi sguardi indagatori sia lui che Blaine.
“Voi che avete fatto, ragazzi?”
“Niente.” Lo dissero in perfetta sincronia, cosa che Blaine evidentemente trovò divertente, perché scoppiò a ridere senza tanti complimenti.
Kurt, dal canto suo, provò a rimediare il rimediabile.
 
“Beh! Siamo andati a cena insieme, e Blaine mi ha riaccompagnato a casa.” Rachel annuì, e Kurt non trovò per niente rassicurante il sorrisetto malizioso che le era appena affiorato sulle labbra.
“Oh. Capisco. Io e Finn stavamo rivedendo West Side Story, volete unirvi a noi?”
“Blaine deve andare, in realtà...” Il cervello di Finn, magicamente, riprese una vaga cognizione di sé.
“Deve dare da mangiare a Lily!” Kurt gli sorrise, in una muta ed incompresa riconoscenza.
“Esattamente.” Rachel si sistemò i capelli dietro le orecchie, rivolgendo loro un sorriso fin troppo accondiscendente.
“Ok ragazzi, allora non vi tratteniamo oltre. Buon San Valentino!” Kurt, ingenuamente, tirò un sospiro di sollievo.
“Grazie, anche a voi!” A quel punto, dopo l’ennesimo sorriso tirato, afferrò senza troppi complimenti Blaine per le spalle, con l’intento di scortarlo fino alla macchina.
 
“...Uh. Kurt?” Il ragazzo si congelò sul posto, voltandosi con una lentezza estenuante verso l’amica.
 
?” Si augurò che la goccia di sudore che gli scivolava lungo la tempia non fosse troppo evidente.
Rachel sorrise. In quel suo modo inquietante di quando credeva di avere ogni verità in mano.
 
“Fossi in te metterei una sciarpa, lunedì a scuola. Sai, non vorrei che i più maliziosi interpretassero male le... mmh... bruciature che hai sul collo...” E, a quel punto, Kurt non avrebbe desiderato altro che un’improvvisa voragine si aprisse nel pavimento e lo inghiottisse.
 
O – ancora meglio – inghiottisse Rachel Berry.
 
Ok, niente panico. Poteva ancora uscirne a testa alta, nonostante Blaine stesse per lasciarsi nuovamente andare alle sue risate isteriche.
“Br-Bruciature? No, no! Solo, ehm... sono allergico a... alle fragole, e... stasera ne ho assaggiata una e... beh, sai, il prurito...”
“Certo. Immagino.” Prima di potersi ulteriormente scavare la fossa, Kurt mosse un altro passo affrettato verso l’ingresso, trascinandosi dietro Blaine.
 
“Ehm... Ragazzi?”
Cosa?” Si voltò nuovamente, e sì. In quel caso la voragine nel pavimento era l’unica soluzione possibile.
“Stavate dimenticando questo.” E Kurt avrebbe solo voluto che quella fosse un’allucinazione.
 
Perché non era sicuro di sopravvivere a Rachel Berry che gli sventolava sotto al naso ciò che rimaneva del papillon di Blaine.
 
 

***

 
 
“Non mi sono mai sentito più in imbarazzo in tutta la mia vita!”
 
Blaine si stava sforzando, ci stava provando con tutte le sue forze a rimare serio e contrito, eppure, mentre trotterellava verso la sua stessa macchina dietro a un Kurt palesemente fuori di sé, gli risultava orribilmente difficile non ridere.
 
Non che all’inizio ci trovasse qualcosa di particolarmente divertente, ma una volta vista la faccia confusa di Finn, il modo in cui Rachel sfoderava un manico di scopa neanche fosse un fucile da caccia e le sue successive sottigliezze per far ammettere a Kurt cosa stava realmente succedendo un minuto prima del loro arrivo, non avevano fatto altro che aggravare quella che inizialmente non era altro che una singola risata isterica.
 
Kurt avanzò a grandi passi fino in fondo al vialetto, per poi fermarsi di fronte alla sua auto, con le braccia a ciondoloni lungo i fianchi.
 
Lo raggiunse velocemente, appoggiandogli una mano sulla spalla.
 
“Kurt...”
“Mi dispiace.” Blaine aggrottò le sopracciglia, facendolo voltare con delicatezza. Pensava non dicesse sul serio, eppure, quando incontrò i suoi occhi limpidi, non poté fare a meno di leggervi un velo di tristezza.
 
“Cos’è che ti dispiace?” Lui abbassò lo sguardo, fissando con quello che sembrava un profondo interesse le punte delle sue scarpe.
“Ehi...?”
“La cena è stata perfetta, Blaine. I tuoi sono adorabili, hanno organizzato tutto alla perfezione, e con me sono stati carinissimi... Avrei dovuto immaginare che Finn sarebbe potuto essere a casa, io... Possibile che sia riuscito a rovinare anche questo?” Blaine cercò una traccia di sorriso sul suo volto, ma trovò solamente senso colpa.
 
“...Dimmi che non lo pensi davvero.” Kurt continuò a rifiutarsi di incontrare i suoi occhi, limitandosi a sussurrare un altro “mi dispiace”.
Blaine, istintivamente, si sporse quel poco che bastava per stringerlo tra le braccia, sentendolo irrigidirsi contro di lui.
 
“Esiste un modo per farti capire che tu non rovini le cose, Kurt?” Lui si rilassò a poco a poco nel loro abbraccio, rimanendo semplicemente così, inerme.
 
Una parte del suo cervello non poté evitare di scivolare nei ricordi, finendo inesorabilmente a quella mattina in cui, per la prima volta, sulle piastrelle fredde di un bagno, Kurt aveva deciso di affidarsi a lui, di mettere il poco che aveva nelle sue mani.
 
E da quel giorno Blaine aveva fatto qualsiasi cosa in suo potere per non farlo pentire.
Avevano sbagliato, qualche volta, si erano fraintesi, ma ciò che li univa non aveva mai vacillato per davvero.
Non era possibile, d’altronde: non riusciva nemmeno a ricordare come fosse non avere Kurt al suo fianco, e non era qualcosa che aveva intenzione di sperimentare. Non voleva provarci mai più, ed era ormai l’ennesima volta che si ritrovava ad indugiare su pensieri di quel tipo, e aveva persino smesso di sorridere mentalmente per la sua stessa ingenuità.
 
Perché, con quel corpo caldo tra le braccia, il suo profumo nelle narici e il respiro che gli si infrangeva piano sul collo, per quanto si sforzasse, non riusciva ad avere paura di ammettere che non avrebbe mai potuto desiderare nessun altro, nemmeno volendolo.
 
“Sei troppo buono con me.” Sussurrò all’improvviso.
Blaine lo allontanò quanto bastava per poterlo guardare negli occhi.
 
“Kurt...”
“No, davvero. Tu... Blaine, non solo mi hai dato il sostegno che mai mi sarei aspettato da nessuno, e che nemmeno merito, ma sopporti anche tutte le mie paranoie, le stranezze, le assurdità che- ”
“Kurt. Io ti amo, ok? E con questo voglio dire che amo tutto di te, compresi i tuoi saltuari deliri.” Disse sinceramente, facendolo sorridere.
 
Kurt abbassò lo sguardo e, nonostante il buio circostante, Blaine non poté non notare un sottile velo di rossore tingergli le guance.
Ed era incredibile che succedesse ancora, eppure continuava ad imbarazzarsi in quel suo modo adorabile ad ogni complimento che gli faceva.
L’ennesima cosa in lui di cui non avrebbe mai potuto stancarsi.
 
“Blaine...” Oh. Beh, forse lo stava fissando un po’ troppo intensamente per uno che non sembra essere intenzionato a dire una parola. Riemerse in fretta dai suoi pensieri, rivolgendogli il più sentito dei sorrisi.
Kurt spezzò quel silenzio un attimo dopo, nel palese tentativo di uscire dal proprio imbarazzo.
 
“Senti... Dato che abbiamo ancora un po’ di tempo prima di dover rientrare, per te andrebbe bene se ti dessi il mio regalo adesso?” Sembrava vagamente in ansia, e Blaine rispose con un cenno incoraggiante.
In realtà non vedeva la ragione per cui Kurt dovesse agitarsi per via di un regalo di San Valentino, ma aveva il sospetto che chiederglielo non avrebbe fatto altro che metterlo ancor più in difficoltà.
Il ragazzo prese un profondo respiro, infilando una mano nella tasca del cappotto che si era infilato al volo uscendo di casa. Blaine sorrise.
 
“Quindi l’hai portato con te tutta la sera?” Kurt gli lanciò un’occhiata ovvia.
Certo che l’ho fatto! Aspettavo solo il momento giusto per darteli.”
“...C-Cosa? Sono più di uno??” Il ragazzo si lasciò andare a una risata leggera, di quelle che assomigliavano tanto al tintinnio di un’infinità di campanellini. Adorava sentirlo ridere in quel modo: come se non avesse niente di cui preoccuparsi, nessuno da cui nascondersi.
 
“No! Cioè, . Ma quello significativo in fin dei conti è solo uno, anche se probabilmente lo troverai anche più stupido dell’altro.” Farfugliò, estraendo dalla tasca una scatolina quadrata non più grande del suo palmo.
La carta era bianca con tanto di cuoricini, e il fiocchettino che spiccava in cima era rosso intenso. Blaine lo prese dalle sue mani a dir poco incuriosito, mentre Kurt storceva il naso.
 
“Scusa per il pacchettino inguardabile, ma quando ho chiesto di incartarmelo e visto che mancavano due giorni a San Valentino è stato il meglio che hanno saputo fare... Oh, ti avrei portato anche i campioncini che mi hanno dato da provare, ma erano tutti da donna. La tizia della profumeria ha insistito a rifilarmeli per darli alla mia ragazza, e non mi sono sentito di smorzare il suo entusiasmo.”
Blaine ridacchiò, immaginando senza il minimo sforzo Kurt che guardava con orrore una commessa intenta a riempirgli la borsa con tester di ogni tipo.
“Dunque lo hai preso in profumeria? ...Mi chiedo cosa ci sia di così piccolo- ”
“Blaine. Se non strappi subito quella carta strapiena di ridicoli cuoricini lo farò io al tuo posto.”
 
Il ragazzo non se lo fece ripetere, anche perché – a giudicare dal suo tono – Kurt non stava scherzando per niente. Appallottolò i resti del pacchetto, studiando con aria concentrata ciò che aveva in mano.
 
“È...”
“Una crema per la notte, sì. Non mi hai per niente convinto con quel tuo discorsetto sull’inutilità degli idratanti, perciò ti ho preso questa. Vedi di usarla con saggezza, e non restare più senza nel caso io dovessi... ehm... rimanere a dormire da te di nuovo, in futuro.”
Blaine si ritrovò a sorridere come un idiota, il che era abbastanza preoccupante visto e considerato l’entità di ciò che aveva appena ricevuto, eppure era abbastanza sicuro che la prospettiva che Kurt progettasse di passare altre notti con lui compensasse qualsiasi altra cosa.
 
“Grazie, Kurt! Vedrò di conservartene un po’ allora.” Lui roteò gli occhi, un tantino in imbarazzo.
Un attimo dopo quella sua strana forma di agitazione sembrava essere prepotentemente tornata a galla, perché evitò in ogni modo possibile il suo sguardo.
 
“...Stai bene?”
“Sì. Sì, è solo... Non sono così sicuro di volerti dare il regalo vero, intendo a parte i fiori e la crema.” Blaine piegò la testa da un lato, guardandolo con dolcezza.
“Lo so che non è carino fare così, ma forse quel regalo è un po’ esagerato, e... non lo so, preferisco dartelo quando ne sarò davvero sicuro. Voglio dire, sono sicuro, ma- ”
“Kurt. Va bene, non preoccuparti.” Lui sembrò sentirsi autorizzato a riprendere a respirare solo in quel momento, cosa che non fece che rendere Blaine ancora più curioso circa l’entità di quel suo misterioso regalo.
Tuttavia, conosceva Kurt abbastanza da poter dire che, se aveva fatto quella scelta, doveva avere le sue buone ragioni, e francamente l’ultima cosa di cui gli importava di quella festa erano bigliettini e i pupazzetti.
 
“Spero che varrà la pena di avere aspettato.”
“Conoscendoti, questo è poco ma sicuro.” Confermò con un sorriso, sporgendosi poi per baciarlo. Dopotutto aveva pur sempre ricevuto una crema per la faccia: ringraziarlo era il minimo che potesse fare.
 
“...In ogni caso, spero che tu sia disposto ad avere a che fare con altra orribile carta regalo, perché ora ho intenzione di darti il mio!” Kurt annuì con aria melodrammatica.
“Farò questo sforzo.” Premette un tasto del telecomandino che aveva in tasca e l’auto si aprì con un familiare squittio, lasciando il suo ragazzo sorpreso.
“...È in macchina?”
“Già. In realtà speravo di riaccompagnarti a casa dopo la cena da molto prima che me lo chiedessi.” I suoi occhi chiari si allargarono.
“Oh.”
 
Blaine spalancò la portiera del passeggero, infilando una mano sotto al sedile dove fino a poco tempo prima era seduto Kurt. Ne estrasse un pacchetto rettangolare, che porse al suo ragazzo con una punta di imbarazzo.
Lo prese con una delicatezza quasi riverenziale, neanche si trattasse del primo regalo che riceveva in tutta la sua vita.
 
“...Grazie.”
“Kurt. Devi ancora aprirlo- ”
“No. Per... grazie.” Non aggiunse altro e iniziò a scartare con cura il pacchetto, sotto gli occhi speranzosi di Blaine.
 
Ci teneva così tanto che gli piacesse.
 
Voleva vederlo felice, era stato così dalla prima volta che aveva incontrato i suoi occhi e, scoprendoli smarriti, si era sentito invecchiare di cent’anni.
 
Kurt sollevò un angolo della carta, scoprendo una piccola porzione di soffice tessuto blu cobalto, che sfiorò con la punta delle dita.
“Stai attento ad aprirla, è avvolta intorno a un’altra cosa.” Kurt annuì piano, completamente assorto in quello che stava facendo.
Sembrava incredibile quanto riuscisse ad essere inverosimilmente bello, con quella particolare luce che gli illuminava gli occhi quando si emozionava.
 
Quel genere di dettagli che rimangono invariati per tutta una vita, che glielo avrebbero fatto riconoscere come suo, nonostante lo scorrere del tempo.
 
Estrasse del tutto la piccola sciarpa dal suo involucro di carta, incontrando finalmente gli occhi di Blaine, dopo qualche interminabile secondo.
“È bellissima.” E Blaine si sentì rimpicciolire per la sincerità disarmante con cui aveva parlato.
“I-Io... Quando ho visto quel colore ho pensato a come dovesse stare bene su di te, così- ”
“È bellissima, Blaine.” Affermò categorico, come a non voler ammettere obiezioni.
Non poté trattenere un sorriso.
“Guarda dentro.” Kurt annuì, iniziando lentamente a svolgere la sciarpa dalla forma rettangolare attorno a cui era sistemata.
 
Quando il ragazzo si trovò con la striscia di stoffa in una mano e una cornice nell’altra, Blaine era abbastanza sicuro che avesse gli occhi lucidi.
 
“Ma... Ma questa...”
“Sì, ho dovuto chiedere in prestito la macchina fotografica a Finn per ritracciare le foto della festa della Vigilia, e questa era l’unica in cui io non stavo parlando, non avevo gli occhi chiusi o non sembravo troppo basso.”
Kurt, eccezionalmente, non colse la palla al balzo per prenderlo in giro circa la sua non esattamente considerevole altezza.
Al contrario, rimaneva immobile con gli occhi fissi sulla fotografia, incorniciata da un sottile rivestimento di legno colorato.
 
I due ragazzi nel rettangolo sorridevano verso di loro, vicini come sarebbe stato lecito per due amici, dato che quello scatto precedeva di qualche ora il loro primo bacio.
Eppure Blaine, guardando con attenzione la foto, avrebbe potuto giurare che il modo in cui si erano sistemati l’uno accanto all’altro, il sorriso rilassato di Kurt e i suoi stessi occhi illuminati parlassero per loro ancor prima che avessero avuto il coraggio di dar voce a ciò che provavano davvero.
 
Cercò gli occhi del suo ragazzo e, quando li vide scivolare verso il basso, capì che ormai era troppo tardi per tornare indietro.
Perché le sue pupille stavano già scorrendo sulla scritta sottile al bordo della cornice e, se anche avesse voluto fermarlo, non avrebbe più potuto impedirgli di leggere.
 
Blaine contò mentalmente ogni secondo, e solo quando Kurt gli accordò nuovamente l’accesso al suo sguardo si accorse di aver trattenuto il fiato tutto il tempo.
 
“K-Kurt, io...” I suoi occhi sembravano traballare, scossi qua e là da una lacrima che si rifiutava di solcargli la guancia. Nonostante questo, mai la sua voce era apparsa più sicura e ferma di quando aprì bocca.
 
“Ti amo.” E, prima che lo potesse anche solo vagamente realizzare, Kurt gli aveva gettato le braccia al collo.
Lo baciò come se non potesse farne a meno, e Blaine sentì una sua lacrima sulla punta del naso, mentre cercava di fargli percepire quanto la piccola scritta in fondo alla cornice non corrispondesse ad altro che alla verità.
Mentre il cuore gli si stringeva nel petto.
 
– Sperando in un nuovo primo bacio, ogni nuova prima nevicata –
 
 

***

 
 
Il mattino dopo, quando la prima campana doveva già essere in procinto di suonare, Blaine Anderson aveva la più completa certezza che c’era qualcosa che non andava.
 
L’aveva capito dai lunghi minuti in cui Rachel non gli aveva tolto gli occhi di dosso, per poi voltarsi come se nulla fosse non appena aveva incontrato il suo sguardo.
Poi Mercedes l’aveva completamente evitato, così come Quinn, e perfino Puck si era risparmiato dal fargli il dettagliato resoconto circa il suo considerevole intreccio di appuntamenti risalenti alla sera precedente.
 
Arrivò al suo armadietto con aria sospettosa, e il fatto che Kurt non si fosse fatto vivo con altro se non un interessante – Tutto ok, ma non cercarmi ! –non gli faceva sperare esattamente per il meglio.
 
Aprì con un sospiro l’anta di metallo, con l’intenzione di radunare i libri della prima ora, proposito che, neanche a dirlo, venne sventato in partenza.
 
“Ehi, hobbit?” Blaine sobbalzò, per poi gelarsi immancabilmente sul posto una volta inteso a chi appartenesse quella voce.
Si voltò lentamente, trovandosi immerso senza preavviso in un paio di occhi scuri pronti a farlo a fette. Deglutì a vuoto.
 
“C-Ciao Santana...” Lei roteò gli occhi, incrociando le braccia al petto.
“Dio! È mai possibile che tutti devano avere paura di me anche quando vengo in pace?” Blaine spalancò gli occhi, titubante all’idea di credere a quelle parole.
“...Quindi non vuoi mostrarmi come si placcano i tizi poco raccomandabili a Lima Heights, vero? Perché ci hai già provato una volta e mi sono quasi spezzato un brac- ”
“Vuoi chiudere quella fogna?! Se sono qui è solo per via di Brittany, quindi vedi di darti una calmata!”
 
“...Per via di Brittany?” Lei sospirò, sistemandosi con cura la coda di cavallo.
“Già.
Ha insistito che venissi a ringraziarti, dato che secondo lei è anche merito tuo se adesso stiamo insieme alla luce del sole, non ci nascondiamo, non stiamo nell’armadio e altra boiate del genere. Quindi grazie e ciao, compito assolto, torno dalle altre Cheerios- ”
“Aspetta!” Blaine l’afferrò per un braccio, impedendole di sparire seduta stante. La ragazza gli lanciò un’occhiata talmente risentita da fargli tremare le ginocchia, ma non mollò la presa.
 
“...Tu e Brittany? Voi... Da quanto avete deciso di...”
“Da adesso, Anderson. Esattamente da quando Britt ha pensato bene di baciarmi in mezzo al corridoio, perché ‘proprio non sapeva cosa c’era di male’.” Blaine spalancò gli occhi, cercando di scorgere nelle iridi scure di Santana come si sentisse al riguardo.
Indubbiamente quello era qualcosa che ci si poteva aspettare da Brittany, ma lei...
 
“Mi dispiace.” Provò, incapace di leggere la verità nel suo sguardo impenetrabile. La cheerleader si strinse nelle spalle.
“A me no. Voglio dire, sarebbe venuto a galla prima o poi, e magari farsi in quattro tutti i giorni per non lasciarsi scoprire è peggio che sentirsi bisbigliare qualche offesa alle spalle.
Dopotutto anche sforzandosi non riusciranno mai ad inventarsi insulti peggiori dei miei.” Blaine azzardò un sorriso d’incoraggiamento.
 
“E ti prego, risparmiati quelle faccette amichevoli per Hummel, perché a me viene solo voglia di prenderti a pugni.” Il ragazzo richiuse istintivamente la bocca, facendo ridacchiare Santana.
 
“Mi limiterò a essere contento per voi, allora. Senza espressioni facciali.”
“Grazie. Oh, e se Brittany dovesse venirti a chiedere il resoconto di questa conversazione – anche se dubito si ricordi anche solo di avermi mandato a parlare con te – digli che ti ho ringraziato anche per il fatto che tu e Kurt avete rappresentato tanto per noi in questi... mh... mesi in cui rimanevamo nascoste, e quando siete tornati a scuola a testa alta ha... significato molto.” Concluse faticosamente, tormentandosi l’orlo della maglietta tra il pollice e l’indice.
Blaine annuì.
 
“Dì a Brittany che io e Kurt siamo felici che il nostro coming out a scuola abbia favorito il vostro.”
“Glielo dirò.” La ragazza gli fece un cenno con il capo, e si era già voltata quando Blaine le pose un’ultima domanda, che suonava più come una presa di consapevolezza.
 
“...Non è stata Brittany a mandarti da me.”
 
Santana ebbe un sussulto appena percettibile, e non si voltò quando gli rispose.
“Allora devo dedurre fai solo finta di essere un cretino?”
 
Lasciando quell’ultimo quesito sospeso, la ragazza si diresse verso lo spogliatoio femminile.
Blaine stava giusto scuotendo il capo con aria divertita visto e considerato che era la seconda volta che gli rifilavano quella frase, quando a un tratto le cose diventarono confuse.
 
In un momento imprecisato mentre una mano sbatteva con forza l’anta ancora aperta del suo armadietto, e un’altra lo spintonava contro di esso con la medesima violenza.
 
 

***

 
 
Kurt sapeva che quello era il gran giorno.
 
Lo sapeva anche la sera prima, e quella prima ancora.
...Lo sapeva da un bel po’, in effetti, ma aveva avuto il fegato di renderlo ufficiale raccontandolo ai suoi amici non più tardi di quella mattina.
In realtà l’aveva fatto per se stesso: era l’unico modo per avere la certezza di non poter più tornare sui suoi passi, proprio perché a quel punto non glielo avrebbero permesso neanche morto.
 
Non si era mai sentito più in ansia in vita sua, in realtà, e la scelta di evitare candidamente il suo ragazzo non era stata casuale.
 
Se avesse camminato per i corridoi al suo fianco, non gli sarebbero sfuggite le occhiate della gente, sguardi che in tutta probabilità gli avrebbero provocato i più coloriti ripensamenti su quanto aveva intenzione di fare.
Proprio per queste ragioni Kurt aspettò l’ultimo momento per raggiungere il proprio armadietto, ormai del tutto convinto che Blaine fosse già sparito nella sua classe della prima ora.
 
Imboccò il corridoio dell’aula di Chimica, quando un suono familiare gli trafisse i timpani, congelandolo sul posto.
 
Qualche studente ritardatario lo urtò inavvertitamente, ma Kurt non se ne accorse, perché al momento l’unica cosa che gli occupava il cervello era l’eco assordante di un armadietto sbattuto.
 
E Kurt conosceva quel rumore.
Sapeva che non proveniva da una manata seccata del proprietario. Perché quello era senza ombra di dubbio il fracasso di un corpo che vi veniva scaraventato contro.
Sentì il cuore pompargli nel petto ad una velocità tale che la vista gli si annebbiò, mentre la testa prendeva a girargli convulsamente.
 
Stava succedendo.
 
Stavano davvero facendo a qualcuno ciò che per così tanto tempo avevano fatto a lui, talmente di frequente che aveva finito per convincersi di potersi abituare. E ora si odiava per aver gettato la spugna così facilmente, ma fino a qualche mese prima aveva ben poco per cui combattere, visto e considerato che non riteneva se stesso qualcuno per cui valesse la pena di farlo.
Fino a qualche mese prima, appunto.
 
Le sue gambe si mossero di loro iniziativa, e un attimo dopo si trovava alla fine del corridoio, e con un ultimo passo aveva imboccato quello da cui proveniva il rumore. Kurt si era rifiutato di considerare che si trattava del luogo in cui si trovava il suo armadietto.
 
Trovò da qualche parte dentro di sé la forza di alzare lo sguardo da terra e, quando i suoi occhi tagliarono l’aria del corridoio, avrebbe solo voluto morire.
 
Le ginocchia gli traballarono pericolosamente, e senza preavviso la gola iniziò a bruciargli, quasi avesse respirato veleno.
 
C’era Seth, e c’era Anthony.
 
La prima cosa a cui pensò, fu scappare.
Sarebbe stato inutile negare quanto lo terrorizzassero, e tutt’ora Kurt non riusciva a farsi una ragione di quanto bisognasse essere senza cuore per provare piacere nel rovinare la vita di un’altra persona.
Da quando aveva saputo dell’enorme bluff messo da loro in atto, erano successe talmente tante cose in così poco tempo che non aveva avuto il tempo materiale di pensarci seriamente.
 
Eppure, ora che li vedeva, l’unica cosa che sentiva era un brivido lungo la schiena di pura e schietta paura.
E rabbia. C’era anche quella.
 
E Kurt voleva scappare, davvero, voleva voltarsi e correre via senza essere costretto ad averci a che fare mai più.
Ma non lo fece.
No, perché dopo aver visto Seth e Anthony, Kurt vide Blaine.
 
Vide come lo inchiodavano all’armadietto, i loro sguardi divertiti, e il modo in cui Anthony giocherellava con il bicchiere di granita che teneva in mano.
Kurt vide tutto quello, e a un tratto tutto ciò che gli avevano fatto non era altro che un eco lontano, qualcosa che a malapena ricordava di aver provato.
 
Credeva che fosse stupido ritenere che il male fatto a qualcuno che amiamo ferisce infinitamente di più di quello subìto sulla nostra pelle.
Invece, in quel preciso momento, Kurt fu travolto dalla verità di quelle parole.
 
Poi Seth sollevò Blaine da terra, e Kurt aveva una sola, inesorabile certezza: non sarebbe scappato.
 
Non sarebbe più scappato.
 
Prese a percorrere il corridoio a grandi falcate, più veloce di quanto avesse programmato, ignorando deliberatamente la parte del suo cervello che gli urlava quanto ciò che stava facendo fosse completamente stupido, insensato e masochista. Un lato di lui sembrava sbraitargli nelle orecchie che non si trattava di altro se non una condanna annunciata, e Kurt gli avrebbe dato anche ragione, se non fosse stato che al momento si trovava a due passi da Seth, e se si fosse messo a pensare alle conseguenze probabilmente non avrebbe retto un solo istante.
 
“Lascialo andare.”
Lo disse senza nemmeno rendersene davvero conto, ed era stupido, sconsiderato... nonché tutto ciò che poteva fare per Blaine e, in qualche modo, quella consapevolezza gli bastava.
 
Seth si voltò di scatto verso di lui, accorgendosi solo in quel momento di non essere da solo con la sua vittima.
Appena lo vide, sorrise di una gioia sadica che a Kurt, nonostante fosse stato più saggio avere paura, faceva solo ribrezzo.
 
“Ma chi abbiamo qui! Così hai pensato di unirti a noi- ”
“Metti giù le mani da lui.”
E, a quel punto, si sorprese di non trovare nemmeno una punta di indecisione nella sua voce. Seth stesso rimase stupito, era palese, tanto che un secondo più tardi fece scorrere il corpo di Blaine lungo l’armadietto, fino a fargli appoggiare i piedi a terra.
Lo teneva immobile per le spalle, da quanto Kurt poteva immaginare: non aveva intenzione di guardarlo, perché se l’avesse fatto sarebbe scoppiato a piangere.
 
E non doveva, non adesso che la situazione sembrava in bilico tra lui e Seth.
 
Non aveva intenzione di distogliere lo sguardo da quegli occhi vuoti che lo fissavano con un cipiglio divertito, seppur meno accentuato, adesso.
 
Kurt si chiese se avesse paura.
 
“Perciò? Cosa credi di fare? Sei qui per difendere il tuo fidanzatino, non è così?”
“È esattamente così, infatti.” Lo disse candidamente e, man mano che il sorriso sul suo volto si allargava, Seth di faceva sempre meno sicuro di se stesso.
 
E, nel momento in cui lui distolse lo sguardo, a Kurt fu chiaro.
Non aveva paura di quel ragazzo, non più. Tutto ciò che gli serviva era imporsi per ottenere la sottomissione altrui, si nutriva del dolore negli occhi di chi distruggeva.
Ma ora Kurt non provava dolore, e questo era bastato per mandare nel pallone Seth.
 
Gli avrebbe fatto pena, se solo fosse stato in grado di provarla per una persona del genere.
 
“Stai giocando col fuoco, signorina.”
“E tu stai infastidendo Blaine. Non sono io quello che rischia di scottarsi, Seth, e lo sai benissimo.”
 
Kurt poté sentire distintamente Blaine trattenere il fiato, così come Anthony, nello stesso istante in cui la bocca di Seth si socchiudeva dalla sorpresa.
 
Adesso o mai più.
 
“Puoi nasconderti dietro la paura degli altri tutta la vita, ma questo non ti farà diventare magicamente la persona forte e sicura di sé per cui ti spacci.
Sei un debole, Seth, io l’ho capito, e presto lo capiranno anche tutti gli altri.”
 
Da quel momento, le cose accaddero in fretta.
Un piccolo rumore di ferraglia, il suono pesante di passi lungo il corridoio e quello secco di un bicchiere di carta che cade a terra.
Tutto ciò, esattamente un attimo dopo che qualcosa di gelido, pungente e orrendamente profumato della fragola degli sciroppi per la tosse era entrato in collisione con i suoi occhi.
 
Kurt!”
 
E quello era Blaine.
Oh,grazie al cielo era Blaine.
 
Si piegò velocemente in avanti, in modo da non sgocciolare sui vestiti visto e considerato che la granita l’aveva preso soltanto dagli occhi in su.
 
“Oh mio Dio, Kurt! Mi dispiace così tanto... Stai bene? Stai- Sei stato assolutamente magnifico! Gli hai detto tutte quelle cose, e lui- ”
“Blaine. Bagno. Adesso.”
 
Lui annuì, e a Kurt era bastata una rapida occhiata per capire che non gli avevano fatto niente, che era arrivato in tempo, e Dio, era la prima volta che qualcosa andava deliberatamente per il verso giusto nella sua vita.
 
Lasciò che Blaine lo aiutasse a lavare via ogni singolo residuo di granita dai capelli, accertandosi intanto che stesse bene, e che quei trogloditi non gli avessero detto niente di troppo pesante.
 
E, mentre si sistemava come poteva i ciuffetti umidi sulla testa, Kurt aveva la più assoluta certezza di ciò che era il suo grande progetto per quel giorno.
 
Lo avrebbe portato avanti, gli avrebbe dato vita, esattamente come Blaine gli aveva restituito la sua.
 
 

***

 
 
“Dunque amici e compagni di squadra, vorrei portare alla vostra attenzione il fatto che le Nazionali di quest’anno si terranno a Chicago.
Ora, io ovviamente ho sostenuto innumerevoli prove di canto lì, per cui- ” Santana sollevò un braccio.
“Volevo solo far presente che resto sempre disponibile, il giorno in cui si deciderà di sopprimerla.”
Santana!”
“È la verità, Berry, lo sai bene.”
“Lasciate parlare Rachel! Vuole solo dare il suo contributo...”
“Senti Quinn, se siete tanto in sintonia sposatevi, ma non rompete le palle a noi.”
“...Continuo a non capire come mai tutte le discussioni in questo Club finiscano sempre per tergiversare su un omicidio o un matrimonio.”
“Risolveremmo la soluzione se prima vi sposaste poi vi strangolaste a vicenda?”
 
Blaine alzò gli occhi al cielo, ormai rassegnato a quell’amichevole scambio di battute che seguiva ogni commento, proposta o suggerimento di Rachel.
E Rachel commentava, proponeva e suggeriva continuamente.
 
Anche il professor Shuester sembrava del suo stesso parere, e al momento si limitava a scrivere qualcosa alla lavagna.
Il ragazzo si estraniò completamente da quella pseudo conversazione, sorridendo mentalmente al ricordo di qualche ora prima.
Era così felice che Kurt avesse capito fino a che punto quei tizi fossero inferiori a lui, felice di averlo aiutato in questo, per tutto il tempo che avevano passato insieme.
 
“Ragazzi! Un po’ di attenzione per favore.” Solo in quel momento Blaine realizzò che il professore doveva aver urlato per un certo periodo di tempo, se ora tutti i componenti delle New Directions se ne stavano buoni e zitti. L’uomo tirò un sospiro di sollievo, recitando la scritta sulla lavagna.
 
Cosa ci ha portati fin qui.
Ragazzi, come sapete il compito di questa settimana era di trovare una canzone che esprimesse al meglio ciò che è stato importante per voi, che vi ha accompagnato in quest’anno scolastico. Insomma, abbiamo vinto le Regionali! Prima di iniziare a prepararci per Chicago, dobbiamo tirare le somme.”
 
Blaine sorrise.
Aveva la canzone perfetta a quello scopo, ed era stato proprio Kurt a suggerirgliela – arrossendo un po’ – quando gli aveva parlato del compito della settimana.
“...Per cui voglio vedere emozione in queste esibizioni, ragazzi, voglio che- ”
 
Schuester si interruppe, come tre colpi alla porta gli fecero perdere il filo del discorso.
 
“Sì?” La maniglia girò lentamente, quasi la persona dall’altra parte stesse esitando. Poi però scese di colpo, e la porta si aprì.
 
Il cuore di Blaine perse un battito.
 
Davanti a lui, esattamente davanti a lui c’era un ragazzo dai capelli leggermente umidi, la pelle così chiara da sembrare trasparente, due occhi simili all’esplosione di una stella e un foulard blu cobalto attorno al collo.
 
Era l’essere più bello che Blaine avesse mai visto.
Ed era suo.
 
Non si sarebbe abituato mai a questo, nemmeno tra un anno, nemmeno tra due, nemmeno sotto la prima neve di New York, Los Angeles, o di qualunque altro posto in cui sarebbero andati.
 
Perché ci sarebbero andati, insieme.
Blaine lo sapeva: non sarebbe mai stato capace di lasciare andare Kurt. L’avrebbe amato sempre, e venne a patti con questo in quell’esatto istante.
 
Il suo ragazzo trovò il suo sguardo, tra tutti gli occhi fissi su di lui. Lo trovò e gli sorrise, lo stesso sorriso che gli aveva rivolto prima di addormentarsi insieme a lui.
Kurt mosse qualche passo nell’aula, rivolgendosi poi al professor Shuester.
 
“Salve. Io... io mi chiedevo se sono ancora in tempo per un’audizione.”
 
Blaine spalancò gli occhi, senza riuscire a capacitarsi di quanto stava succedendo. Tuttavia, Mercedes parlò per tutti.
 
Certo che sei ancora in tempo.”
“Assolutamente.” Confermò Rachel, con lo stesso sorriso commosso dell’amica. Il professore annuì.
“La platea ha parlato. Poi abbiamo sempre bisogno di nuovi membri: qui le defezioni sono giornaliere. Comunque, che canzone hai portato?” Kurt abbassò lo sguardo.
 
“Ecco... Andrebbe bene se rendessi il mio assolo un duetto?”
“Oh. Sì. Come preferisci...”
 
“Blaine?”
 
Disse a bassa voce, voltandosi nuovamente verso di lui.
Il moro rimase pietrificato, ed erano troppe, troppe cose da digerire in una volta sola.
 
“Coraggio! Vai.” Finn gli diede un colpetto sulle spalle, facendolo alzare e raggiungere a passo incerto il centro dell’aula.
Affiancò Kurt, che lo stava fissando con un amore talmente palese che si sentì travolgere.
 
“I-Io... Non ho nessun pezzo...” Il ragazzo scosse la testa, dando cenno al pianista di iniziare a suonare.
“Oh, sì che ce l’hai.” Blaine lo guardò confuso ma, non appena le prime note riempirono la stanza, tutto gli fu completamente chiaro.
 
When you try your best but you don’t succeed,
When you get what you want but not what you need,
When you feel so tired but you can’t sleep,
Stuck in reverse...

 
Blaine rimase del tutto spiazzato.
Aveva già sentito Kurt cantare prima di quel momento, ma c’era un’altra voce sotto, e l’abitacolo di un’auto non è esattamente il massimo per l’acustica.
Ora... Ora era semplicemente senza fiato.
 
Lasciò che la sua voce lo accarezzasse poco a poco, scivolandogli inesorabilmente fino al cuore.
Sembrava uno strumento musicale a sé, un suono angelico che aveva impietrito buona parte dei ragazzi di fronte a loro.
Blaine era talmente fuori di sé che per poco non perse l’attacco della strofa successiva.
 
...And the tears come streaming down your face,
When you lose something you can’t replace,
When you love someone but it goes to waste,
Could it be worse
?
 
Kurt strinse le labbra, con gli occhi appena umidi.
Ed era talmente bello, talmente perfetto da annullarlo completamente. Sentiva solo la musica, sentiva solo la voce di Kurt.
Registrò a mala pena le immagini di Santana e Brittany, la testa dell’una appoggiata sulla spalla dell’altra mentre li ascoltavano, così come non fece caso al sorriso di Rachel, Mercedes e perfino di Puck, contrapposto all’aria confusa ma fondamentalmente compiaciuta di Finn.
 
Lights will guide you home
And ignite your bones
And I will try to fix you...

 
Quella volta cantarono insieme, e Blaine non si stupì di come le loro voci si mescolassero alla perfezione.
Senza combattere, scavalcarsi o prevalere: si limitavano ad unirsi, ad essere una cosa sola.
 
And high up above earth or down below,
When you’re too in love to let it go...
 
Sorrise, e sentì il cuore scoppiargli mentre gli cantava quelle parole guardandolo dritto negli occhi.
 
...But if you never try you’ll never know
Just what you’re worth,
 
Gli prese istintivamente la mano, e Kurt non ritrasse la sua.
Sentì la sua voce soffice invaderlo, e il calore dei loro palmi stretti insieme non fece che incrementare quella sensazione di appartenenza che non poteva fare a meno di provare. Non se c’era Kurt con lui.
 
La musica scemò a poco a poco, lasciando solo qualche nota sottile.
 
Lights will guide you home,
And ignite your bones...
 
Qualche ragazzo aveva già iniziato ad applaudire, ma Blaine non lo sentiva.
Nemmeno Kurt lo sentiva, di questo era piuttosto certo.
 
Si guardarono negli occhi un ultimo, infinito istante, e ci lesse tutto quello che cercava.
Che cercava da sempre.
 
Poi lui sorrise, nel modo che fino a quel momento aveva riservato a quando erano soli. Gli sorrise come se non avesse paura di niente, come se nulla potesse più scalfirlo.
 
Fu proprio in quel momento che Blaine capì di essere proto a cantare con lui l’ultimo verso della canzone. Perché era vero, era esattamente così che stavano le cose.
 
Perché non importava quanto entrambi fossero stati malconci, sciupati, o soli.
Avevano trovato la strada per guarire, e scoperto di non poterla percorrere in modo diverso da come erano adesso.
 
Mano nella mano.

 
And I will try... to fix you.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
...Sarò sincera.
Dopo aver pubblicato l’ultimo capitolo della mia prima FF, non credevo che avrei mai provato qualcosa di simile arrivata alla conclusione di una qualsivoglia altra storia.
Beh, mi sbagliavo.
Perché qui  ho messo davvero tutto il cuore, e spero tanto, tanto tanto che quest’ultimo capitolo vi sia piaciuto.
Sarei più che felice nel caso aveste voglia di tirare le somme di questa storia in un’ultima recensione: non nascondo di essere emozionata, sia per essere arrivata davvero fino al 35esimo capitolo, sia per averlo fatto affiancata da persone meravigliose come voi.
 
In ogni caso, prima di lasciarvi, ci tengo a precisare che risponderò a tutte i commenti che per ora non ho fatto in tempo a prendere sottomano: come avete visto ho anche aggiornato con un giorno di ritardo per via di qualche imprevisto, ma rimedierò.
Detto questo, qualche piccola informazione riguardante il sequel: non ho ancora iniziato a scriverlo – a parte una scena particolare che non vi spoilero ;) – ma posso dire quasi con certezza che sarà tra i 10 e i 15 capitoli, e che lo inizierò a pubblicare tra un po’ di settimane.
Non so ancora precisamente quando, ma se più avanti vorrete chiedermi qualcosa via MP sono sempre disponibile.
Comunque, si intitolerà “All the ways you saved me” :)


...Vorrete un piccolo spoilerino su cosa conterrà, immagino? Beh, una doverosa chiacchierata con Burt, il ritorno dei Niff ( *-* ), il regalo di San Valentino mancato, piani per il futuro, una piccola difficoltà per Blaine, una piccola difficoltà per Kurt, Meredith & Richard e... ok, lemon. ...Lo so che vi interessa solo l’ultimo punto XD
 
Detto questo, vi rubo un ultimo minuto per dirvi GRAZIE (sì, un ringraziamento arcobalenoso *-*)
Voglio davvero esprimere il mio amore profondo alle persone già citate a inizio capitolo, e inoltre grazie, grazie e ancora grazie alle 125 persone che hanno aggiunto questa storia ai preferiti, alle 22 che l’hanno messa tra le ricordate e alle 244 che l’hanno seguita. E poi... 887 recensioni. Non ho davvero parole per dirvi quanto io e questa stessa storia siamo in debito con voi: non sarebbe stata la stessa senza il vostro fondamentale contributo.
È mia quanto vostra, davvero.
 
Infine, spero con tutto il cuore – come dicevo all’inizio – di essere riuscita a lasciarvi qualcosa.
Spero che leggerla sia valsa la pena, e di non aver deluso nessuno.
 
A presto, e grazie ancora a tutti ♥♥♥  Ari  :’)

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