Let it snow - Christmas in love

di Emily Kingston
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Christmas Air ***
Capitolo 2: *** Christmas Trees ***
Capitolo 3: *** Christmas Memories ***
Capitolo 4: *** Christmas Things ***
Capitolo 5: *** Christmas Nights ***
Capitolo 6: *** Christmas Meetings ***
Capitolo 7: *** Christmas Babies ***
Capitolo 8: *** Christmas Lights ***
Capitolo 9: *** Christmas Letters ***
Capitolo 10: *** Christmas Lunches ***



Capitolo 1
*** Christmas Air ***


Questa raccolta è dedicata a
Zeu483 e a .
La prima perché se lo merita,
la seconda perché è una vita che mi sopporta
e perché odia i romanticismi.
Ma è Natale, e a Natale siamo tutti più buoni.
Godetevela, questa è per voi.
E.



Christmas Air (George/Angelina)
 

Oh, the weather outside is frightful
But the fire it’s so delightful
But since we’ve no place to go
Let it snow, let it snow, let it snow
(Let it Snow)
 

La cigolante porticina di legno si richiuse alle sue spalle, mentre un leggero scampanellio si diffondeva nell’aria, annunciando il suo arrivo.
George mosse pochi passi all’interno del locale, strofinandosi le mani infreddolite e strusciando i piedi in terra per togliere la neve dalla suola delle scarpe.
Come spesso capitava durante le feste, i Tre Manici di Scopa era gremito di persone.
George si guardò un po’ intorno. Il locale era stato addobbato con qualche ghirlanda, piccoli rametti di vischio erano stati appesi qua e là, mentre al centro di ogni tavolino erano stati posti, in piccoli vasetti di coccio, degli esemplari di Stella di Natale Nana*.
Il basso vociare del pub, unito al crepitare del fuoco del camino e all’odore della Burrobirra calda, lo faceva sentire stranamente euforico. Si sentiva pronto al Natale, come se l’aria natalizia gli fosse entrata fin nelle ossa.
Sorridendo si fece strada tra i tavolini e raggiunse il bancone, dietro al quale, nel suo solito abito scuro, Madama Rosmerta stava servendo da bere.
“Oh!” esclamò, notando il volto di George in mezzo alla miriade di teste che occupava il locale. “Chi non muore si rivede.”
George abbozzò un sorriso e, appoggiando i gomiti sul bancone, si sporse verso di lei.
“Hai visto Angelina?”
Rosmerta sorrise e spostò gli occhi verso un tavolino isolato, posto vicino alle scale, dove una ragazza dalla pelle scura osservava, sovrappensiero, i petali della Stella di Natale.
“Alla buon’ora!” esclamò un’altra voce femminile.
George, spostando lo sguardo da Angelina ma senza smettere di sorridere, si voltò.
Alla sua sinistra, con due lunghe trecce bionde e grandi occhi azzurri, Hannah Abbott lo fissava con divertito rimprovero.
“Ti aspetta da quasi un’ora! Stavamo per darti per disperso!” aggiunse, sorridendogli.
George ricambiò il suo sorriso e, congedandosi, si fece strada verso il tavolo di Angelina.
“Ciao.”
Angelina alzò lo sguardo, colta di sorpresa, ritrovandosi di fronte i chiari e ridenti occhi di George, incorniciati dalle sue ormai familiari lentiggini.
“Scusa il ritardo, ma sai com’è il negozio sotto Natale.”
Angelina annuì, mentre George si sedeva al suo fianco, sfilandosi il capello dalla testa ed appoggiando sul tavolino.
“Non sei arrabbiata vero?” disse, allargando gli occhi e sbattendo velocemente le palpebre.
Angelina abbozzò un sorriso, abbandonando l’aria severa.
“Essere arrabbiati con te è praticamente impossibile,” disse, dopo un po’.
“Oh, be’,” commentò George, gonfiando il petto, “dove lo ritrovi un altro così divertente, affascinanti e sexy? Insomma, sono il meglio che è sul mercato!”
Angelina scoppiò a ridere, stringendo le mani attorno al bicchiere di Burrobirra che Hannah le aveva portato poco prima che arrivasse George.
George non disse nulla, si sporse verso di lei e le diede un bacio sulla bocca, mentre lei ancora rideva.
“Sei più allegro del solito, Georgei, tutto bene?”
“Quante volte devo dirti che non devi chiamarmi Georgei?” borbottò.
“Scusa Georgei,” ridacchiò Angelina, sciogliendo il broncio delle sue labbra con un bacio.
“Non è successo niente, comunque,” disse, dopo un po’, assaporando il particolare odore della cannella, emanato dalla bevanda della sua ragazza.
Quell’odore, unito al sottofondo delle carole che venivano cantate in strada e agli addobbi del locale, gli facevano tornare alla mente i suoi natali passati, quelli che trascorreva alla Tana con la sua famiglia, in costante iperattività ed emozione.
“Tu non la senti?”
Angelina sbatté le palpebre, guardandolo con confusione.
“Sento cosa?”
“L’aria di Natale,” rispose George, guardando la strada innevata che s’intravedeva dalla grande finestra del pub. “E’ per questo che sono allegro, oggi si sente l’aria del Natale. E quando l’aria di Natale è così forte ti senti capace di fare tutto quello che non riuscivi a fare prima.”
Angelina sorrise, accarezzando la mano che George teneva appoggiata sul tavolino.
“Sì, George,” rispose dolcemente, “la sento anch’io l’aria di Natale.”

 

 Author's Corner
Okay, ultimamente credo di essere impazzita; ho preso il via! Penso che questa sia la terza storia che pubblico in una settimana, ma vabbè, vabbè, l'unica cosa che mi dispiace è che vi sto tediando. 
By the way, non so se l'idea è originale o meno, se qualcuno ha già pensato a qualcosa del genere o no, ma a me è venuta in mente 'sta cosa e l'idea mi allettava troppo per non portarla a compimento. Mi scuserte, quindi, se la cosa non è il massimo dell'originalità.
Come è brevemente scritto nell'introduzione questa è una piccola raccolta di shot sui momenti natalizi di alcune coppie, quindi preparatevi a valangate di romanticismo e carole di Natale. 
Non so con che frequenza aggiornerò, spero assidua, nè so dirvi se le altre storie sranno corte come questa o più lunghe. Diciamo che, quelle che verranno lunghe saranno lunghe e quelle che non lo verranno non lo saranno (che persona intelligente eh! -.-)
Be', vi ho tormentato anche troppo; spero che come inizio vi piaccia e che l'idea vi sconfinferi.
In attesa di vostre notizie (e spero che ce ne saranno :3) un bacione grande a tutti,
Emily. 


PS. * Non credo esistano Stelle di Natale Nane. In qualunque caso io l'ho deliberatamente inventato perché quelle normali, usate come centro tavola per i tavolini di un pub, mi sembravano troppo ingombranti :)
 
 
 

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Capitolo 2
*** Christmas Trees ***


Christmas Trees (Arthur/Molly)
 

       Should auld acquaintance be forgot,
 and never brought to mind?
Should auld acquaintance be forgot,
and the days of Auld Lang Syne?
(Auld Lang Syne)

       
 

Molly gettò un’occhiata allo scatolone appoggiato ai piedi dell’abete che si ergeva in un angolo del salotto. Ritrovare tutte le vecchie decorazioni era stata un’impresa notevole perfino per la sua bacchetta.
Erano diversi anni che alla Tana non veniva fatto l’albero di Natale; un po’ perché era una tradizione che aveva sempre coinvolto tutta la famiglia, un po’ perché erano diversi anni che i Weasley non si riunivano alla Tana per le feste.
Un Natale era stato passato da Harry e Ginny a Grimmauld Place, un altro da George e Angelina a Diagon Alley, un altro ancora da Ron e Hermione nella Londra babbana; uno, addirittura, era stato passato in Francia, dai genitori di Bill e Fleur. E così, un Natale da un figlio il seguente da un altro, la Tana era rimasta silenziosa per molto tempo.
Ma quell’anno Molly aveva puntato i piedi e a niente erano valse le proteste di figli e nipoti: quell’anno la cena di Natale si sarebbe svolta alla Tana, con tanto di abete addobbato e pudding natalizio.
Con un sospiro, Molly si alzò dal divano e si avvicinò alla scatola, inginocchiandosi davanti ad essa. Fuori dalla finestra la neve cadeva in piccoli e radi fiocchi, ricoprendo il prato del giardino.
Molly gettò un ultimo sguardo al coperchio chiuso della scatola e poi l’aprì; quando il brillio delle decorazioni le colpì gli occhi si rese conto di aver trattenuto il respiro.
Infilò una mano dentro alla scatola, sentendo la morbida consistenza delle ghirlande e la superficie liscia delle palline. Poi, quando con la punta delle dita incontrò gli spigoli del puntale a forma di stella, un sorriso si aprì sul volto di Molly.
Ritirò la mano e, appoggiandosi alla poltrona che si trovava alla sua sinistra, si rialzò.
Face per prendere la bacchetta ma poi, abbagliata dai colori che spuntavano dalla scatola, decise di lasciar perdere e di fare l’albero alla babbana, come faceva quando i suoi figli erano piccoli e lo addobbavano tutti insieme.
Afferrò alcune palline ed iniziò ad appenderle, mentre, con ognuna di esse, le tornavano alla mente i suoi natali passati. Ricordava le risate e i dispetti, i bambini che correvano attorno all’albero e lei che li sgridava perché rischiavano di farlo cadere. Ricordava che ognuno dei suoi figli aveva una propria pallina, una pallina che solo lui poteva appendere.
Quando le capitò tra le mani una grande palla verde decorata con l’immagine di due folletti le vennero gli occhi lucidi.
Dopo aver finito di appendere le palline avvolse l’albero con le ghirlande colorate, facendogliele serpeggiare intorno.
Per qualche attimo rimirò il suo lavoro, compiacendosi della nuova luce con cui l’abete stava illuminando la stanza, poi abbassò lo sguardo, scorgendo il puntale abbandonato sul fondo della scatola.
Quando lo prese tra le mani uno strano brivido le percorse la schiena e, in un flash di ricordi, le tornarono in mente tutte le volte in cui quel dettaglio era stato aggiunto all’albero da suo marito. Durante il loro primo Natale da sposati, durante il primo Natale passato alla Tana e durante tutti gli altri natali passati con i loro figli.
Con uno strano senso di emozione Molly si alzò sulle punte dei piedi ed allungò il braccio, cercando di infilare il puntale sulla cima dell’albero.
Stava quasi per afferrare la bacchetta quando un’altra mano, grande e calda, avvolse la sua, aiutandola a sistemare la stella.
Molly si voltò, ritornando ben salda sulle piante dei piedi, e incontrò il sorriso di suo marito, un po’ sbiadito dal tempo ma lo stesso di sempre.
Arthur tirò fuori la bacchetta e, con un lieve movimento del polso, face apparire un centinaio di piccole palline di luce colorate, che iniziarono a volteggiare intorno all’albero.
“Ecco, adesso è perfetto,” disse, mentre anche la grande stella sulla punta s’illuminava di una luce tenue, argentea e pulsante.
“Già,” sussurrò Molly, spostandosi per vedere l’abete da lontano, “adesso è proprio perfetto.”
Arthur sorrise avvolgendole le spalle con un braccio e Molly pensò che quell’anno riportare il Natale alla Tana era stata davvero un’idea magnifica. In tanti anni non ricordava di aver mai visto un albero emanare tanta felicità.


Author's Corner
Lo so che è praticamente impossibile che i Weasley non abbiano passato i loro natali alla Tana, ma la storia è uscita così, che ci volete fare!
Be', spero comunque che vi piaccia. Sono felice che qualcuno abbia iniziato a seguire questa raccolta e che abbia commentato il primo capitolo. Spero che lo farete anche con questo! :D
Un bacione a tutti,
Emily.

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Capitolo 3
*** Christmas Memories ***


Christmas Memories (Sirius/Nuovo Personaggio)
 

I’ll have a blue Christmas without you;
  I’ll be so blue thinking about you.
Decorations of red on a green Christmas tree.
Won’t mean a thing if you’re not here with me
(Blue Christmas)

   
 

Aveva sempre odiato quel posto, e adesso più che mai sentiva il desiderio di essere ovunque tranne che lì.
Grimmauld Place numero dodici era stata la sua casa per anni ma, fin da bambino, l’aveva sempre trovata troppo cupa e troppo piena di membri della famiglia Black per piacergli.
Trovarsi lì, il giorno della vigilia di Natale, era una cosa che lo infastidiva.
Lo infastidiva perché i natali a casa Black erano sempre stati silenziosi, senza alberi e decorazioni, senza regali per i bambini, senza canzoni natalizie. Lo infastidiva perché gli sembrava di tornare indietro nel tempo, alla sua infanzia, quando sua madre gli urlava contro perché aveva provato a chiederle come mai loro non facessero l’albero di Natale.
Sospirò, spostando lo sguardo fuori dalla finestra dove, nel cortile ricoperto dalla neve, i bambini del vicinato si rincorrevano, ridendo sguaiatamente.
Riportando lo sguardo all’interno della stanza i suoi occhi si posarono su una fotografia attaccata alla parete. Era una foto magica e lo ritraeva insieme ad una ragazza.
Si trovavano, probabilmente, nella sala comune di Grifondoro e ridevano. Ridevano a crepapelle, con gli occhi talmente luminosi che Sirius pensò che non fosse possibile per degli occhi brillare tanto; pensò che doveva trattarsi del riflesso delle luci dell’albero.
E improvvisamente, mentre il se stesso della fotografia osservava di sottecchi la ragazza che rideva, Sirius ricordò com’erano i natali di Hogwarts, e ne ricordò uno in particolare: quello in cui suoi occhi avevano brillato come le luci di un albero di Natale.
 
***
Sirius si fermò davanti al ritratto della Signora Grassa, voltandosi indietro un’ultima volta con un mezzo sorriso malandrino sulle labbra. Di James e gli altri non c’era più alcuna traccia.
Scrollò le spalle e, fissando la donna dipinta nel quadro, disse la parola d’ordine, ridacchiando tra sé e sé.
Appena mise piede nella sala comune, il tepore del camino gli fece salire un brivido lungo la schiena. Mosse qualche passo all’interno della stanza, osservando le ghirlande appese alle pareti ed il grande albero natalizio addobbato vicino al caminetto.
In giro per la sala erano stati appesi anche dei piccoli rametti di vischio e svariate palline di luce colorate volteggiavano in aria, posandosi sul perimetro delle finestre oppure sulle costole dei libri di cui era piena la libreria.
“Oh, sei tu.”
Sirius si voltò verso il divano, sorpreso che qualcuno, oltre a lui, fosse già in sala comune, quella sera.
Sophie lo osservava dal pavimento, con le gambe incrociate sul tappeto ed il volto illuminato dalla luce del fuoco. Stranamente, notando come il calore del focolare avesse arrossato le guance della ragazza, Sirius arrossì lievemente sugli zigomi.
Quasi imprecò ad alta voce quando se ne rese conto. Lui non era affatto il tipo che arrossiva di fronte ad una ragazza, se mai era proprio il contrario.
“Che ci fai già qui? Non hai trovato nessuna ragazza da portare in giro stasera?”
Sirius scrollò le spalle, appoggiando la cartella su una sedia ed avvicinandosi a lei. Si sedette sul divano di chintz e allacciò le braccia dietro la testa, allungando le gambe sul tappeto.
“Ero stanco,” rispose, socchiudendo le palpebre. “Inoltre, pare che stasera siano tutte impegnate.”
“Io non lo sono,” borbottò Sophie, abbassando il viso. I lunghi capelli biondi le ricaddero sulle guance, nascondendo la sua espressione agli occhi di Sirius.
Il ragazzo ridacchiò.
“Be’, è la tua serata fortunata allora!” esclamò, sistemandosi meglio sul divano. “Il ragazzo più attraente di Hogwarts è libero da impegni.”
“Oh, quale onore.”
Sirius inarcò un sopracciglio e si sporse verso di lei, guardando diritto dentro ai suoi occhi. Erano grandi e verdi, incorniciati da qualche lentiggine che le ricopriva gli zigomi.
Sophie arrossì lievemente.
“Vuoi dirmi che non sei lusingata?” chiese candidamente.
“Neanche un po’.”
Lì per lì nessuno dei due disse nulla, poi entrambi scoppiarono a ridere.
“Sai Sirius,” disse Sophie, ancora ridacchiando, “sei arrogante e pieno di te, ma sotto, sotto sei simpatico.”
“Sotto, sotto?” esclamò Sirius, fintamente indignato. “Solo sotto,sotto?!”
“Okay,” ridacchiò Sophie, guardandolo negli occhi, “non solo sotto, sotto.”
Sirius non rispose e ricambiò il suo sguardo, sentendo i capelli di lei sfiorargli la fronte.
“Anche tu non sei male.”
La pendola scoccò la mezzanotte, diffondendo nell’aria un basso suono melodico.
“E’ Natale,” sussurrò Sophie, abbassando gli occhi verso le labbra di Sirius, ormai così vicine alle sue.
“Già, buon Natale, Sophie.”
“Buon Natale, Sirius,” rispose lei, e Sirius fece combaciare le loro labbra.



Aurhor's Corner.
Allor, inannzitutto saaalve :D
Volevo, in prims, ringraziare le meravigliose ragazze che hanno commentato gli altri due capitoli *me riconoscentissima*.
Poi, passiamo a 'sto capitolozzo, va!
Allora, ho controllato, e per tutto il Calice non viene mai specificato dove si trovi Sirius, e, anche se so che è alquanto improbabile che lui se ne ritorni a Grimmauld Place (soprattutto per Natale!), ho pensato che fosse l'unico luogo nel quale nessuno l'avrebbe mai cercato, l'unico che, nonostante tutto, fosse abbastanza sicuro. In qualunque caso la storia era uscita così e l'idea, tutto sommato, mi piaceva.
Continuando, non mi sono soffermata sulla fotografia, anche se il ricordo descritto è proprio quello della foto, perché pensavo che fosse inappropriato spostare l'inquadratura da Sirius e Sophie per dire che qualcuno se ne stava in un angolo a fare una foto. Infine, last but not least, spero di essere rimasta abbastanza nel personaggio.
Non ho mai scritto sulla vecchia generazione quindi non so quanto io possa aver reso bene il personaggio di Sirius; spero di non deludervi :)
Se tutto va bene domani sera posterò il prossimo capitolo, se mi dite cosa ne pensate di questo farete di me una scrittrice in erba molto felcie :3 (Su, su, che è Natale e siamo tutti più buoni!)
Be', buona serata a tutti.
Un bacio,
Emily.

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Capitolo 4
*** Christmas Things ***


Christmas Things (James/Lily) 

Oh, I don’t want a lot for Christmas,
this is all I’m asking for,
I just want to see my baby,
standing right outside my door
(All I want for Christmas is you)

 
 

James si richiuse la porta alle spalle, muovendo qualche passo nell’ingresso.
“Tesoro, sono a casa!”
In risposta, sentì solo il tintinnio di alcuni campanellini che venivano scossi.
“Lily?” chiamò, facendo fluttuare il cappotto fino all’attaccapanni con un colpo di bacchetta.
“In salotto!”
Appena la delicata voce di Lily si spanse nell’aria, James sorrise.
Attraversò a grandi passi il corridoio e sbucò in salotto, sporgendo il volto prima di entrare del tutto. Lily se ne stava inginocchiata ai piedi dell’albero di Natale, le mani sulle ginocchia e gli occhi fissi sulle lucine colorate che si alternavano sul verde dei rami.
“Ciao,” le sussurrò, fermandosi alle sue spalle.
Lily piegò il capo all’indietro, incontrando i suoi occhi, coperti dalle lenti degli occhiali. Sorrise.
“Ciao.”
James si chinò e le lasciò un bacio sulla fronte prima di sedersi al suo fianco, con le gambe incrociate appoggiate sul tappeto.
Per un po’ rimasero in silenzio, Lily a torturarsi le mani in grembo e James ad osservarla. Da fuori proveniva la bassa melodia prodotta dai gruppi di ragazzi che cantavano le carole per la strada, e dai vetri appannati si scorgevano i cumuli di neve che costeggiavano la via.
“Devi dirmi qualcosa?” domandò James, cauto.
Con Lily ho-sempre-tutto-sotto-controllo Evans c’era sempre da stare attenti a ciò che si diceva; James lo sapeva bene.
Gli ci erano voluti anni per trovare la cosa giusta da dirle e forse, ad essere proprio sinceri, era lei che era stata accondiscendente e non lui che aveva trovato le parole adatte.
Lily non rispose, si mordicchiò le labbra e tenne lo sguardo basso, fisso sulle mani che teneva appoggiate sulle ginocchia.
“Sì,” pigolò in fine, con voce talmente bassa che James dovette chiederle di ripetere ciò che aveva detto.
“Sì,” disse di nuovo, “c’è qualcosa che devo dirti.”
Visti i tempi che correvano e l’apparente timore di Lily, James si allarmò.
“E’ successo qualcosa? Qualcuno è stato ferito?” iniziò a bombardarla di domande, senza rendersi neanche conto di ciò che le chiedeva.
“Non è successo niente,” lo rassicurò. “E’…è solo che…”
James la incitò con lo sguardo e lei, rilasciando un sospiro, alzò gli occhi su di lui.
“Aspetto un bambino.”
Lì per lì James disse nulla, poi accaddero molte cose contemporaneamente.
Il volto di James si sciolse in un sorriso e lui si sporse verso Lily per abbracciarla forte. Lei si rilassò nel suo abbraccio, affondando il viso nell’incavo del suo collo, e passò le braccia attorno al busto di James.
“Avremo un bambino,” farfugliò James, appoggiandole le mani sulle spalle ed allontanandola dal suo corpo, in modo da poterla guardare in viso. “Un bambino tutto nostro.”
Lily annuì, sorridendogli.
Gli occhi di James si illuminarono, come se fino a quel momento non ci avesse creduto del tutto. Spostò una mano dalla sua spalla e, facendola scivolare lungo il busto, gliela posò sulla pancia.
Da lontano, il suono di una campana si diffuse nell’aria, melodico e costante. Gli occhi di James saettarono fuori dalla finestra, dove la neve aveva iniziato a scendere con un po’ più d’insistenza.
“Buon Natale Lil,” disse, accarezzandole la pancia con il pollice.
“Buon Natale, James.”


Author's Corner
Sinceramente non mi ritengo molto soddisfatta di questa shot. Non è questa grande originalità e, soprattutto, non so quanto io possa aver reso bene i personaggi (come ho già detto nel capitolo precedente, non ho mai scritto sulla vecchia generazione, quindi questo è tutto territorio nuovo per me).
Ho provato anche a riscriverla ma non c'è stato verso, la versione migliore rimaneva sempre questa.
Quindi, be', spero che a voi, invece, piaccia. Fatemi sapere cosa ne pensate :D
Alla prossima, un bacione grande,
Emily.


 

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Capitolo 5
*** Christmas Nights ***


Christmas Nights (Harry/Ginny)
 

When we finally say goodnight,
how I’ll hate going out in the storm,
but if you really hold me tight,
all the way home I’ll be warm
(Let it Snow)
 

 

La neve cadeva lenta, posandosi sui cappotti ed impigliandosi tra i capelli. Nonostante l’ora, Hogsmeade era comunque gremita di persone; chi uscito per fare due passi, chi uscito per bere qualcosa ai Tre Manici di Scopa.
Ginny affondò il volto nel bavero del cappotto e strinse un po’ la presa sul braccio di Harry.
“Freddo?” domandò il ragazzo, abbassando gli occhi su di lei.
Ginny alzò lo sguardo e gli sorrise, scuotendo il capo.
“Ora no.”
Harry sorrise di rimando, continuando a camminare lungo High Street, gli occhi che vagavano da una vetrina all’altra, da un addobbo all’altro.
L’intera Hogsmeade era stata addobbata alla perfezione in occasione delle feste. C’erano ghirlande attorno alle vetrine dei negozi, rametti di vischio appesi sui soffitti dei locali, palline colorate e lucine attaccate agli alberi sparsi lungo le vie; era stata perfino sparsa della porporina sulle strade.
“Non ho mai visto Hogsmeade così bella,” osservò Ginny, posando gli occhi su una delle tante bancarelle sparse ai lati della strada.
Quella vicino alla quale stavano passando, in particolare, vendeva fiori. C’erano rose, orchidee, girasoli e piante d’ogni tipo, anche quelle che in quella stagione non fiorivano.
“Guarda che bella quella!” esclamò la ragazza, fermandosi di botto ed indicando una bellissima Stella di Natale. Aveva grandi petali rosso carminio e larghe foglie di un forte verde brillante.
Harry sorrise, avvicinandosi alla bancarella.
“Mi scusi?”
Una vecchietta tozza e dall’aria allegra alzò lo sguardo su di lui e, sistemandosi i capelli con una mano, gli sorrise.
“Dimmi giovanotto.”
“Quanto vuole per quella?” domandò, indicando il fiore.
“Harry!” lo riprese Ginny, dandogli un buffetto sul braccio. Harry la ignorò.
La donna sorrise e, aggirando la bancarella, si avvicinò alla pianticella indicatale da Harry.
“Questa, caro?” Harry annuì. “Sono tre galeoni, ma se devi regalarla a questa bella signorina te la do a due.”
Un largo sorriso spuntò sul volto di Harry che annuì ed iniziò a frugare nella profonda tasca del cappotto.
Ginny continuò a guardarlo con aria severa finché lui non le porse la Stella, circondata da una bellissima carta argentea a temi natalizi.
“Grazie,” borbottò, ancora imbronciata, prendendo il fiore tra le braccia.
Harry si sporse per baciarle le labbra e poi, ridacchiando tra sé, riprese a camminare con lei a fianco.
Improvvisamente, quando ormai erano giunti nei pressi del vecchio negozio di Zonko, la neve iniziò a cadere più fitta e più insistente, costringendoli ad una fuga repentina.
Dopo aver corso per qualche minuto trovarono rifugio sotto ad una tettoia, proprio davanti alla vetrina di un negozio ormai chiuso.
Harry e Ginny si guardarono per qualche attimo, poi scoppiarono entrambi a ridere.
“Che ne dici di tornare a casa?” propose Harry, togliendosi i fiocchi di neve dai capelli.
“Guarda qua!” esclamò lei, ignorando la sua proposta.
Harry si voltò verso di lei e la trovò che sbirciava all’interno della vetrina; aveva appoggiato il fiore a terra ed aveva una mano appoggiata sul vetro e l’altra che teneva i capelli lontani dal viso.
Incuriosito, Harry scacciò via la patina che appannava il vetro e sbirciò all’interno.
Gli si mozzò il fiato.
Al di là della vetrina si trovava una vecchia fabbrica di giocattoli, probabilmente chiusa da anni. Era una piccola stanza piena di pupazzi, bambole e altri generi di giochi per bambini; al centro c’era un grande banco da lavoro con qualche attrezzo ed alcune pile di fogli scarabocchiati sparsi qua e là sul piano.
“Non ti fa sentire il Natale tutto questo?” domandò Ginny, voltandosi verso di lui.
Harry staccò gli occhi dalla vetrina e guardò verso di lei.
“Sì,” rispose, guardandola diritto negli occhi. “Ma sei soprattutto tu che me lo fai sentire.”
Ginny inarcò le sopracciglia, confusa.
“Quando sono con te….tutto ciò che ho intorno si amplifica,” spiegò, arrossendo un po’ sugli zigomi. “Sei il mio Natale, Ginny.”
La ragazza sorrise, infilando le mani nelle tasche del cappotto di Harry e tirandolo a sé.
“E tu il mio.”
Harry non disse nulla, si abbassò su di lei e la baciò sulla bocca mentre, da molto lontano, si diffondeva la melodia di una delle tante canzoni di Natale.

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Capitolo 6
*** Christmas Meetings ***


Christmas Meetings (Charlie/Nuovo Personaggio)
 

I’m waiting in a silent prayer.
I am frightened by the load bear.
In a world as cold as stone,
must I walk this path alone?
Be with me now
(Breath of Heaven)

 
 

Charlie si tirò su il bavero del cappotto, riparandosi il viso dalla neve.
Si guardò brevemente intorno, incrociando lo sguardo di qualche passante e poi, abbassando gli occhi, entrò alla Testa di Porco.
Non se la ricordava così, Hogsmeade, sotto Natale.
Quando lui frequentava Hogwarts era pieno di ragazzini che scorrazzavano da una parte all’altra, uscendo da Zonko per entrare a Mielandia.
Sospirò, passandosi una mano tra i capelli ed avviandosi al bancone. Ordinò una Burrobirra ed iniziò a guardare il via vai di persone che si muovevano all’interno del locale, uno dei pochi non addobbati per le festività.
Aveva appena iniziato a sorseggiare la sua bevanda quando una ragazza, minuta e dall’aria un po’ spaurita, entrò dalla porta principale e cominciò a guardarsi intorno.
Quei suoi lunghi capelli neri, nascosti in parte da un adorabile cappellino di lana, e le guance arrossate dal freddo, la facevano stonare paurosamente con l’ambiente circostante.
Improvvisamente, mentre ancora si guardava intorno con aria spaurita, i suoi occhi incontrarono quelli di Charlie.
Mosse qualche passo incerto all’interno del pub, prima di raggiungere Charlie a passo svelto, forse sperando di fare il prima possibile qualsiasi cosa avesse da fare lì.
“Ehm,” si schiarì la voce, nascondendo il mento nell’ingombrante sciarpa colorata.
Charlie la incitò con lo sguardo, voltandosi verso di lei anche con il busto.
“Sai per caso dove si trova la sala da tè di Madama Piediburro? Dovevo incontrarmi là con alcune persone e mi sono…ehm…persa…” disse, arrossendo sugli zigomi.
Charlie sorrise ed annuì. Pagò la birra e scambiò due parole con il vecchio locandiere prima di alzarsi e sistemarsi il cappotto.
“Vieni, ti accompagno.”
La ragazza lo seguì fuori dalla Testa di Porco e poi lungo le vie innevate di Hogsmeade. Per strada s’imbatterono anche in un gruppo di ragazzi che cantava le carole di Natale.
Dopo qualche minuto Charlie si fermò, voltandosi indietro. La ragazza lo guardò con le sopracciglia inarcate.
“Siamo arrivati,” annunciò con un mezzo sorriso, indicandole la porta alla loro sinistra con un cenno della testa. Era una porticina di legno dalla cui finestra s’intravedevano le tendine a quadretti viola che la incorniciavano.
“Oh,” esalò la ragazza, avvicinandosi ad essa ed appoggiando una mano sulla maniglia. “Be’, grazie…?” lasciò la frase in sospeso, aspettando che lui le dicesse il suo nome.
Charlie sorrise.
“Charlie.”
Anche lei sorrise, mordicchiandosi il labbro inferiore.
“Io sono Katherine,” disse, prima di sparire all’interno del locale.
Charlie rimase a fissare l’uscio per qualche minuto poi, infilando le mani nelle tasche del cappotto, s’incamminò lungo la strada innevata, accompagnato dal suono dei campanelli che venivano suonati in giro per il paese.
“Ehi, Charlie!”
Charlie si voltò, sorpreso. Katherine lo osservava dalla soglia della sala da tè di Madama Piediburro; aveva uno strano sorriso dipinto sul volto.
“I miei amici non mi hanno aspettata, che ne dici di bere qualcosa insieme?”
Lì per lì Charlie non disse nulla poi, sorridendo, annuì e tornò sui suoi passi, seguendola dentro.
Sua madre quella mattina gli aveva chiesto cosa desiderasse per Natale quell’anno e lui non aveva saputo risponderle, ma forse, adesso, non ci sarebbe più stato bisogno di nessun regalo.


Author's Corner
Buona sera a tutti :D
Non voglio tediarvi tanto con i soliti noiosissimi bla,bla,bla; semplicemente mi farebbe piacere avere una vostra opinione su questo capitolo, anche se dovete dirmi che è una cosa obbrobbriosa, sarò felice comunque :)
Ringrazio i 17 temerari lettori che hanno messo questa raccolta tra i seguiti e tutti quelli che hanno recensito i capitoli precedenti: mi avete reso una scrittrice felice :3
Be', spero di trovare qualche vostra recensione, un bacione a tutti,
Emily.


 

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Capitolo 7
*** Christmas Babies ***


Christmas Babies (Bill/Fleur)
 

And it came to pass in that
Christmas evening,
while all the doors were
shuttered tight.
That in that warm,
the happiest Christmas was shared
by candle light
(Christmas Dinner)

 
Victoire lanciò uno strillo eccitato, puntando i grandi occhi azzurri sulle lucine che illuminavano l’albero, addobbato in un angolo del salotto.
Allungo le manine verso i pacchetti colorati che si trovavano sotto di esso e ne afferrò uno, portandoselo tra le gambe.
Tutta eccitata iniziò a giocare con il nastro, stropicciandolo e cercando di sfilarlo.
Quando gli attenti occhi di Fleur si posarono su di lei, le venne quasi un infarto.
“Victoire! Mon cher, cosa stai fascondo?!”
A passo svelto si avvicinò a lei e le tolse il pacchetto dalle mani. Quando l’ebbe finalmente portato al sicuro, guardò con rammarico la carta strappata e stropicciata: quello sarebbe dovuto essere il regalo per i signori Weasley, ci aveva messo così tanto per trovare qualcosa di adatto!
Sospirò, irritata, ed appoggiò il pacchetto sul tavolo, voltandosi di nuovo verso la bambina. La trovò che la osservava con i grandi occhioni blu pieni di pentimento.
Intenerita, si avvicinò a lei e la prese in braccio, facendola volteggiare.
“Su, su, cherie, non è nionte di così grave!” la rassicurò, facendole un largo e luminoso sorriso.
Bill, che le osservava dalla soglia della porta, sorrise a sua volta.
Victoire aveva molto della madre. I lunghi capelli biondi e i grandi occhi azzurri, per esempio.
Istintivamente, osservando le guance rosee e lentigginose della figlia, Bill si accarezzò il volto, sfiorando le lunghe cicatrici lasciategli da Fernir Greyback.
Sospirando, pensò che fosse un bene che Victoire avesse così poco di lui.
Billì,” disse Fleur, voltandosi e notando il marito appoggiato allo stipite della porta. “Ehi, cher, guarda un po’ chi scè? Fai sciao, sciao a papà.”
Fleur afferrò la manina di Victoire ed iniziò a sventolarla in direzione di Bill che, riscossosi dal suo momento di riflessione, sorrise verso di loro.
“Ehi, Vic, la mamma ti sta facendo di nuovo una noiosissima lezione sul comportamento di una signorina?” ridacchiò, afferrando la mano della bambina quando lei e Fleur furono solo a pochi passi da lui.
Fleur lo guardò inarcando un sopracciglio, indignata.
“Non sono cosenoiosissime, Billì, sono cose che è bene che impori fin da-”
Bill si abbassò su di lei e la baciò sulla bocca, lasciandola piacevolmente stordita.
“Stavo scherzando,” la rassicurò, sorridendole. “Se gliene parli deve essere qualcosa di sicuramente importante. Mi fido di te.”
Fleur arrossì appena sulle gote, sorridendo lievemente al marito.
Lei e Bill si guardarono per un po’ finché Victoire, probabilmente sentendosi messa da parte, iniziò a fare strani versi e a battere i pugni sul petto del padre.
“Ehi, piccoletta, cosa c’è?” domandò Bill, dolcemente, abbassando gli occhi sulla figlia.
Victoire iniziò a gesticolare, indicando l’albero di Natale.
“Oh, vuole scortare i regali,” disse Fleur, ricordandosi del pacchetto che aveva sottratto alle sue manine. Bill sorrise, arruffando i capelli della figlia.
“Be’, vuoi scartare i regali?” le domandò, continuando a sorridere.
Victoire lo guardò per qualche secondo e poi, rispondendo al suo sorriso, riprese ad indicare l’albero con sguaiati gesti della mano.
Bill ridacchiò.
“Io penso che un pacchettino piccolo, piccolo…” disse, guardando Fleur con aria implorante.
La ragazza scosse il capo, ricambiando con uno sguardo serio. Ma quando Victoire le tirò i capelli e, anch’ella, la guardò supplichevolmente, fu costretta a cedere.
“Ah, voi ed il vostro fascino Weaslì!” borbottò, portando la bambina vicino all’albero.
Bill rimase a guardarle dalla soglia del salotto, sorridendo come un perfetto idiota.
Fleur si voltò un attimo verso di lui, rivolgendogli un sorriso luminoso, e Bill pensò che per lui era Natale tutto l’anno: ogni volta che Fleur gli sorrideva era come scartare il più bel regalo del mondo.



Author's Corner
Saaalve! :D
Scusatemi per il ritardo =s mi ero ripromessa di pubblicare questo capitolo entro sabato, domentica al massimo, ma l'ispirazione non arrivava e così....
Spero, comunque, che questo capitolo non deluda! (soprattutto dopo tutta la fatica che ho fatto per scriverlo (: )
Bien, non voglio annoiarvi troppo; ringrazio coloro che hanno messo questa raccolta tra i seguiti e quelli che hanno recensito i capitolo precedenti: veramente, grazie!
Prometto di essere più veloce con il prossimo aggiornamento (se non sarà domani sera, sarà sicuramente mercoledì, parola di boy scout!) e spero che mi lascerete qualche recensione :D - Su, non avete mai sentito dire che 'A Natale puoiiii, fare quello che non puoi fareee maiii! E' Natale, è Natale si può fare di piùùùùù!' -
Okay, potete tirarmi un pomodoro per questo.
Buon pomeriggio a tutti,
Emily.

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Capitolo 8
*** Christmas Lights ***


Christmas Lights (Ron/Hermione)

 

Baby, baby I can’t wait
to spend this special time of year
with someone who makes me feel
the special way you do
(Christmas Eve)

 
Ron si richiuse la porta alle spalle, appendendo la giacca all’attaccapanni.
Mosse qualche passo lungo il corridoio, raggiungendo il salotto. Sapeva che sarebbe stato un madornale errore annunciare il suo ritorno ad alta voce, siccome Hermione stava sicuramente o leggendo, o lavorando su qualche scartoffia di lavoro.
Silenziosamente, affacciò il volto al di là dello stipite, dando una breve sbirciata in salotto. In un primo momento, di Hermione sembrava non esserci traccia.
Allarmato, Ron entrò, rimanendo sulla soglia, ed iniziò a scandagliare le stanza con minuzia, assottigliando gli occhi.
Riuscì a capire dov’era solo dopo l’ennesima, attenta analisi, e dovette sbattere le palpebre un paio di volte per essere certo di non stare immaginando tutto.
“He-Hermione?” balbettò, incredulo.
Hermione se ne stava sdraiata sul pavimento, le ginocchia piegate e la testa nascosta sotto all’albero di Natale, con il naso rivolto all’insù.
La ragazza piegò la testa da un lato, quanto bastava per incontrare gli occhi di Ron.
“Oh, sei tornato,” commentò, con scarso interesse.
Ron annuì, avanzando di qualche passo all’interno del salotto.
“Posso sapere cosa stai facendo?” domandò, timoroso.
Hermione non rispose subito, lasciando che un lieve silenzio, interrotto dagli scampanellii e dalla lieve melodia che provenivano dalla strada, calasse attorno a loro.  
“Guardo le luci,” disse, infine, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
“Ah.”
Per qualche altro minuto un lungo silenzio si propagò nell’aria, calando sul salotto dell’appartamento.
“Vuoi venire?” domandò Hermione dopo un po’, senza staccare gli occhi dalle luci dell’albero di Natale.
Ron annuì, avviandosi verso l’angolo del salotto dove Hermione aveva addobbato l’albero. Si inginocchiò sul pavimento e si stese al fianco di Hermione, alzando il naso verso le luci.
“Oh.”
Non avrebbe mai immaginato che stare lì sotto fosse così bello. Guardare le luci dell’albero da quella prospettiva era strano eppure, allo stesso tempo, terribilmente bello. Senza contare che il continuo sfregamento tra la sua spalla e quella d’Hermione ed il calore del suo corpo, gli avevano fatto aumentare il battito cardiaco.
“Sono belle, vero?” domandò Hermione, sorridendo.
Ron annuì, sbattendo le palpebre e continuando a fissare le luci.
Rimasero in silenzio per un po’, con il sottofondo delle carole natalizie che venivano cantate per le vie di Diagon Alley ed il leggero tintinnio del campanelli.
“Stavo pensando che potremmo sposarci,” sussurrò Ron dopo un po’, senza staccare gli occhi dalle luci; il suo apparente disinteresse era, però, tradito dal bruciante rossore che aveva colpito la punta delle sue orecchie e la porzione di collo che fuoriusciva dalla maglietta.
Hermione lì per lì sussultò, ma non rispose, limitandosi ad infilare la sua piccola mano in quella grande di Ron, che la strinse forte.
Quando il battito della ragazza si fu regolarizzato, mentre, invece, il cuore di Ron moriva d’impazienza, Hermione si lasciò andare ad un sorriso.
“Pensavo…pensavo che potevamo avere una casa tutta nostra,” continuò il ragazzo, balbettando un po’ per l’imbarazzo, un po’ per il timore. “Magari potremmo prendercene una nella Londra Babbana, visto che vivere a Diagon Alley non ti piace così tanto. E…e pensavo che..che magari potevamo comprarne una grande, con due bagni, una stanza tutta per te, dove puoi lavorare, ed una camera per i bambini.”
Ron pensava di stare per morire.
Ci pensava da un po’, in effetti, ma l’idea era ancora solo un vago e nebuloso disegno nella sua testa; non aveva neanche comprato un anello!
Sentiva un caldo pazzesco addosso ed aveva una voglia matta di scavare una buca e buttarvisi dentro, senza uscirne mai più, possibilmente.
“Penso che sia un’ottima idea.”
Ron sbatté le palpebre un paio di volte: aveva detto di sì?
“E’…è un sì questo?” biascicò.
Hermione annuì, facendo oscillare la matassa di ricci sparsa sul pavimento.
“Miseriaccia!” imprecò Ron, euforico. “Merlino, non ho neanche un maledetto anello.”
Hermione ridacchiò, voltando il capo verso di lui.
“A questo possiamo rimediare,” sorrise ed allungò una mano verso l’alto, afferrando una delle decorazioni e staccandola dal ramo dell’albero.
Era un ciondolo a forma di pupazzo di neve con un largo buco in corrispondenza della pancia.
Ron arrossì, ma l’afferrò.
“Quindi…sì, insomma, sei sicura che mi vuoi sposare?” farfugliò, tenendo il ciondolo a qualche centimetro dalla sua mano.
Hermione sbuffò, alzando gli occhi al cielo. Certe abitudini sono dure a morire, pensò con una punta di dolcezza.
“Sì, Ron, sono sicura,” rispose, avvicinando la mano al ciondolo per incoraggiarlo.
Ron inspirò ed infilò il dito di Hermione nel foro del ciondolo: le calzava a pennello.
“Ma, sei proprio sicura, sicura?” chiese di nuovo, ansioso.
Hermione sospirò, esasperata, ed alzò il viso per dargli un piccolo bacio.
“Sicura, sicura.”
“Non è che poi all’improvviso spunta fuori Krum e te ne scappi con lui, vero?”
“Nemmeno l’arrivo di dieci Viktor Krum potrebbe farmi cambiare idea.”
Ron riprese a respirare con regolarità, un po’ rassicurato.
“Ma se-”
“Niente ‘ma’,” lo interruppe Hermione, “tu vali più di tutti i Viktor del mondo, Ron, e devi ficcarti in quel tuo piccolo cervellino che io sto con te ed è con te che voglio stare.”
“Niente Viktor, quindi,” disse Ron, avvicinandosi al volto di Hermione.
Lei sorrise.
“Niente Viktor.”
Ron le rivolse un piccolo sorriso, di quelli un po’ sbilenchi che le rivolgeva spesso ad Hogwarts, quando si guardavano di sfuggita.
“Quindi sei proprio sicura, sicu-”
Hermione lo sapeva che Ron odiava essere interrotto quasi quanto lei, soprattutto quando stava dicendo qualcosa che lui riteneva di vitale importanza, ed Hermione sapeva altrettanto bene che tutte le domande paranoiche che Ron le stava rivolgendo erano tra le cose che il ragazzo giudicava di vitale importanza.
“Mi hai interrotto,” borbottò Ron, imbronciato.
Hermione non rispose, lo baciò di nuovo, questa volta passando le dita tra i suoi capelli e lasciando che lui le avvolgesse la vita con le braccia, stringendola a sé.
“Sei convinto, adesso,” ansimò Hermione, a pochi centimetri dalle sue labbra.
“Sì,” sussurrò Ron, in risposta, lasciandole un piccolo bacio sulla bocca, “le tue argomentazioni sono state abbastanza convincenti.”
Hermione sorrise, furba, chiedendosi da quando Ron utilizzasse parole come ‘argomentazioni’. Avrebbe voluto chiederglielo, domandandogli anche come mai avesse esteso il suo vocabolario ma il bacio che ne seguì le tolse le parole di bocca, annullando qualsiasi pensiero coerente.
In quel momento l’unica cosa che riusciva a percepire era Ron.
Ron, ovunque, sopra e dentro di lei, in ogni particella del suo corpo, dentro ogni vena.
C’era solo Ron. E le luci di Natale.



Author's Corner
Bon soir, avete visto come sono stata brava! :D
Vi avevo promesso questo capitolo entro stasera et voilà, eccolo qui!
Be', censurando tutti i soliti bla,bla,bla che scrivo nel commento finale, volevo solo ringraziare chi ha recensito i capitoli precedenti ed augurare a tutti una buona lettura, sperando che il capitolo soddisfi le vostre aspettative.
Un bacio a tutti,
Emily.

 

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Capitolo 9
*** Christmas Letters ***


ChristmasLetters(Neville/Luna)

 

    Rudolph the red-noses reindeer
Had a very shiny nose
And if you ever saw it
You would even say it glows
(Rudolph the red-noses reindeer)

     
 

Neville sospirò, osservando la condensa del suo respiro dissolversi nell’aria.
Nonostante il pungente freddo di Dicembre, aveva tentato la coraggiosa impresa di studiare sul prato innevato del cortile; un po’ perché erano secoli che non vedeva una neve così bianca e luminosa, un po’ perché dentro non aveva nulla d’interessante da fare.
Senza Harry e Ron che gironzolavano per i corridoi, che ridevano sguaiatamente la mattina prima di andare alle lezioni, o che bevevano insieme a lui, Seamus e Dean qualche Burrobirra trafugata nelle cucine, Hogwarts era diventata silenziosa e stranamente triste.
L’unica cosa che ormai tirava su di morale Neville, era studiare Erbologia.
Ogni tanto gli capitava di scambiare due chiacchiere con Ginny o con Hermione oppure, in rari casi, perfino con Luna; anche se quando si trattava di lei per lo più erano balbettii.
Da quando, durante la battaglia, aveva detto ad Harry e Ginny di essere innamorato di lei, incontrarla e parlarle era diventato sempre più imbarazzante.
Richiudendo il libro con un colpo secco, Neville si stese sulla neve, ignorando il freddo che penetrava attraverso i vestiti, e chiuse gli occhi, aprendo e chiudendo braccia e gambe contemporaneamente.
“Lo sai che rischi di morire?”
Neville aprì gli occhi, scontrandosi con il limpido azzurro del cielo.
“Mio padre dice sempre che fare gli angeli della neve è una cosa molto pericolosa, c’è il rischio che la neve ti congeli il cervello.”
Il ragazzo abbassò lo sguardo, incontrando la figura di Luna che lo fissava con la pesante sciarpa di lana avvolta attorno al collo. Aveva le gote arrossate dal freddo e le labbra screpolate e Neville pensò che fosse proprio carina.
Senza preoccuparsi della mancata risposta di Neville, la ragazza si sedette a terra, incrociando le gambe ed appoggiando le mani sui piedi.
“Lo sapevi che i babbani credono che un signore vestito di rosso porti i regali ai bambini la notte della vigilia di Natale?” disse, dopo un po’, fissando la superficie ghiacciata del Lago Nero.
Neville scosse il capo.
“Me l’ha raccontato mio padre,” spiegò, dondolandosi un po’ sulle gambe. “Questo signor Babbo Natale, come lo chiamano i babbani, deve essere una persona molto importante.”
Neville si sedette, annuendo anche se lei non lo stava guardando.
“E’ anche molto potente, riesce a portare un regalo a tutti i bambini del mondo in una sola notte.”
Luna sembrava veramente colpita dall’operato di Babbo Natale tra i babbani.
“Ma, Luna, hai detto che è una credenza,” osservò Neville, imbarazzato.
“E allora?”
“Be’, allora…allora vuol dire che questo Babbo Natale non esiste, che i babbani credono che esista anche se non è vero,” spiegò, arrossendo sulle gote paffute.
Luna lo guardò con gli occhi spalancati, studiando la sua espressione.
“E perché?”
Neville arrossì ancora di più, schiarendosi la gola, imbarazzato.
“Ehm…im-immagino che…be’…che i babbani se lo siano inventato per fare felici i bambini,” ipotizzò. “Non credo che abbiano mai visto un Babbo Natale vero.”
Luna non disse nulla, si limitò a guardarlo in silenzio, con la testa appena piegata verso sinistra.
“Solo perché non l’hanno mai visto non vuol dire che non sia reale.”
Neville rimaste per un attimo stordito dalle parole di Luna.
Era una capacità, quella di riuscire a dire le cose più vere senza rendersene conto, che Luna aveva sempre avuto. E ogni volta, nonostante tutto, Neville rimaneva affascinato da ciò che usciva dalla sua bocca.
“Forse hai ragione,” disse dopo un po’.
Luna si voltò verso di lui e Neville abbozzò un sorriso.
“Sai, papà mi ha anche detto che i bambini babbani scrivono una lettera a questo Babbo Natale, per dirgli quali regali desiderano.”
Neville la guardò con interesse, annuendo ogni tanto mentre lei gli raccontava ogni particolare di quella credenza tipicamente babbana.
“Be’, ora sarà meglio che vada,” esclamò, sbattendo le palpebre, “ e faresti meglio ad andare via anche tu, le pulci della neve potrebbero attaccare il tuo cervello se resti troppo al freddo.”
Neville la guardò, stordito e lei, abbozzando un sorrisetto, gli accarezzò il dorso della mano prima di saltellare via, verso il castello.
 
Quella sera la sala comune era pressoché deserta e l’aria era riempita solo dal flebile scoppiettare delle ultime fiamme nel camino. Neville se ne stava accovacciato sulla poltrona più vicina al fuoco, con una pergamena appoggiata sulle ginocchia e gli occhi che scorrevano febbrili ogni riga.
Sospirando alzò lo sguardo e, constatando che era già mezzanotte passata, gettò la pergamena tra le fiamme prima di risalire in dormitorio.
Neville era ormai già sparito nel buio delle scale a chiocciola quando il fuoco aveva iniziato a consumare la pergamena.
Le fiamme si spensero poco dopo e sulle ceneri del focolare rimase la pergamena di Neville, bruciacchiata sui bordi ma ancora leggibile.
 
Caro Babbo Natale,
quest’anno, se non hai troppi impegni, vorrei che tu potessi portarmi una Luna. Non importa che sia proprio l’originale, puoi anche portarmene una simile ma non proprio uguale.
Però, se puoi, vorrei proprio che tu mi portassi una Luna, una un po’ distratta e con la testa tra le nuvole. Mi serve una Luna, questo Natale, perché ho bisogno di lei.
Quindi, caro Babbo Natale, vorrei una Luna quest’anno, se tu potessi portarmela.
 
La firma non si leggeva più ed anche il contenuto era un po’ confuso per via del carbone, ma quando gli Elfi domestici, la mattina seguente, consegnarono la lettera a Luna insieme al resto della spazzatura che avevano racimolato nelle varie sale comuni, lei sapeva perfettamente chi fosse il mittente di quella singolare missiva.



Author's Corner
Okay, non so quanto questo capitolo possa essere soddisfacente; quando si tratta di Neville e Luna ho sempre paura di sbagliare qualcosa perché entrambi, Luna soprattutto, non sono personaggi facili da caratterizzare.
Spero, però, di averli resi abbastanza bene :D
Data la mia perplessità su questo capitolo, mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate.
Grazie a tutti e tanti auguri,
Emily.

 

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Capitolo 10
*** Christmas Lunches ***


Christmas Lunches (Draco/Astoria)
 

  Jingle bells,
jingle bells,
jingle all the way
(Jingle Bells)

   
Draco alzò lo sguardo sulla tavola imbandita che occupava l’intero salotto e rilasciò un sonoro sbuffo infastidito.
“Papà, smettila,” l’ammonì Scorpius, passandogli davanti con una caraffa piena d’acqua tra le mani.
Draco inarcò un sopracciglio, scettico, e continuò a guardare la tavola in silenzio. Era una bella tavola, però, c’era da ammetterlo; quell’anno gli Elfi si erano dati davvero da fare.
La tovaglia rossa, le candele ed i tovaglioli dorati riuscivano a far sentire l’aria natalizia perfino a lui che non aveva mai amato particolarmente questa festività.
Quando i suoi occhi si posarono sui quattro piatti in più, sbuffò di nuovo.
“La vuoi piantare, papà!?” esclamò, di nuovo, suo figlio, guardandolo con rimprovero.
Draco scosse le spalle, sistemandosi meglio sulla poltrona.
“Io non capisco perché abbiamo dovuto invitarli, ecco tutto,” borbottò, incrociando le braccia al petto.
Scorpius sbuffò, alzando le mani in segno di resa, e sparì su per le scale.
Astoria sbucò dalla cucina e lo guardò con cipiglio severo.
“Non è colpa mia!” si difese l’uomo, ordinando ad un elfo di portargli un bicchiere di whisky. “E poi da quando tu metti piede in cucina?”
Astoria sospirò, avvicinandosi a lui.
“Da quando voglio che tutto sia perfetto dato che, tuo figlio, ha invitato la sua ragazza al pranzo di Natale.”
“Appunto!” esclamò Draco, lievemente infervorato. “Se non l’avesse fatto oggi non ci sarebbe tutto questo trambusto.”
“Hai provato a chiederti, anche solo per un momento, perché lo ha fatto?” l’ammonì la moglie, fermandosi di fronte a lui. Draco boccheggiò.
Certo che se l’era chiesto, l’aveva fatto dal minuto che aveva seguito l’annuncio della notizia e, da quel misero minuto, non aveva smesso di farlo per giorni, fino a quella mattina. E si era anche dato delle risposte, che sarebbero anche potute essere sensate, se non fosse che almeno la metà comprendeva la cattura dei loro ospiti.
“Lo ha fatto,” iniziò Astoria, sedendosi sul bracciolo della poltrona, “perché è innamorato di lei e vuole che tu e suo padre andiate d’accordo perché ti vuole bene e non vuole essere costretto a scegliere tra te e lei, dato che sappiamo entrambi che saresti in grado di fare una richiesta del genere.” L’uomo arrossì.
Draco non era mai arrossito in vita sua, neanche una volta; questo strano fenomeno aveva iniziato a verificarsi quando aveva conosciuto Astoria e la cosa, in un primo momento, l’aveva perfino spaventato. Ma lei aveva sempre avuto una strana sorte di potere su di lui.
Quando si trovava da solo gli era spesso capitato di pensare che lei fosse la sua parte migliore, che lei fosse tutto ciò che lui non poteva essere. In quei rari momenti il marchio che si trovava sul suo braccio, ancora scuro e ben visibile, tornava a bruciare come in passato.
Bruciava di rimorsi e faceva dieci volte di più male di quando accadeva a causa di Voldemort.
“Lui vuole solo essere felice e vuole che lo sia anche tu.”
Draco annuì, alzando lo sguardo verso Astoria.
“Va bene, mi comporterò per bene.”
“E non prenderai in giro nessuno.”
“Non lo farò.”
“Né tenterai di fare stupidi scherzi.”
“Non lo farò.”
“E non-”
“Non farò niente di niente,” promise, baciando Astoria sulle labbra.
In quel momento il campanello iniziò a trillare allegramente, annunciando l’arrivo dei tanto attesi ospiti.
Sorridendo, Astoria si alzò dalla poltrona e, seguita da un Draco ancora un po’ imbronciato, si diresse alla porta. Scorpius li raggiunse pochi minuti dopo.
“Forza, apri.”
“Ma ci sono gli elfi per aprire le porte!” protestò Draco, guardando la moglie con aria scioccata. Astoria inarcò un sopracciglio. “Va bene, va bene, apro.”
Appoggiò una mano sul pomello ed aprì la porta, ritrovandosi faccia a faccia con un paio di occhi azzurri, incorniciati da una zazzera rossa e da una cascata di lentiggini un po’ sbiadite.
“Weasley,” sussurrò Draco, sostenendo lo sguardo di Ron.
L’altro grugnì ed Hermione gli dette una gomitata.
“Malfoy.”
Astoria sorrise, stringendo forte la mano del marito, e Draco pensò che, forse, quel pranzo di Natale non sarebbe stato poi così male come aveva pensato.



Author's Corner
Eccoci qua con l'ultimo capitolo, un giono dopo Natale. Be', devo dire che il mio scopo era pubblicare ieri, ma poi sapete i parenti, il pranzo, i regali...
Eh, vabbè, spero almeno che anche questa storiella vi sia piaciuta.
Un grazie grandissimo a tutti coloro che hanno recensito o anche solo messo la storia tra preferiti/seguiti/ricordati: veramente tante grazie :D
Buon Natale in ritardo a tutti,
Emily.


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