Bugie, ombre e tanto Caos.

di G_Elizabeth
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Io rimango ***
Capitolo 2: *** Giuramento a me ***
Capitolo 3: *** Anima Bianca ***
Capitolo 4: *** La Mostra della Pagine Bianche ***
Capitolo 5: *** Jealousy ***
Capitolo 6: *** E venne l’alba, nei tuoi zaffiri blu ***
Capitolo 7: *** Tramonto ***
Capitolo 8: *** Riflesso ***
Capitolo 9: *** Proseguire ***
Capitolo 10: *** Rimembrare ***
Capitolo 11: *** Solo per Te ***
Capitolo 12: *** Continuare ***
Capitolo 13: *** Duecentosei ***



Capitolo 1
*** Io rimango ***


_________Io rimango

_________Io rimango.

 

 

 

 

 

Isola quieta in un mare di guai.

Ciò che mi facevi provare,

ciò in cui tu mi avevi plasmato.

 

Ti avevo sempre aspettato,

pensavo.

 

Ero un attimo di serenità nel tuo tumultuoso animo,

culla di un bambino egoista.

 

Ma io ti aspettavo, sempre.

Il mio pensiero non era mutato.

 

Quando arrivavi a chiedermi aiuto,

implorandomi con silenziose preghiere profane sparse ai quattro venti,

ti ascoltavo come vento passeggero,

correvo e ridevo fra i tuoi capelli ramati,

ti cullavo tra le mia bianche braccia lucenti,

piangevo con te fondendo le tue gocce salate alle mie,

dolci e lontane, non adeguate, non all’altezza.

 

E baciavo invano il tuo ricordo,

mentre soffrivo per la mia inadeguatezza.

 

Aspettando…

Comunque.

 

Forse una tua risposta, forse un tuo rifiuto,

 

Ma anche tu attendevi, come me.

 

Il mio unico peccato era non sapere,

fu non accorgermene in tempo,

così, pensai.

 

Baciavo il tuo corpo,

mentre le tue labbra rimanevano socchiuse e ferme,

la tua anima, invece, rimaneva consacrata nel profondo,

scalciava e piangeva in silenzio.

 

Oh Conchiglia, tu piccola e lucente, hai lasciato la tua orma sulla mia pelle,

livida e sconquassata da tempeste infinite.

 

Ma io continuavo ad aspettare.

Ed aspettare e aspettare,

e aspettare…

 

E non capivo che quando tu divoravi con gli occhi il Sole, il cielo ed il mare,

non riuscivo a capire che quando tu venivi rapita lasciando qui da me il solo tuo corpo,

eri già lontana, avevi già tradito e lasciato indietro,

e non attendevi, non più.

 

Non capivo che avevi già scelto.

La mia logica, rifiutava il tuo egoistico verdetto.

 

Ma tu, crudele compassione del mio animo sfregiato, tu!

Rimanevi con me e non mi lasciavi mai andare completamente.

 

Tornavi a farmi visita, di tanto in tanto,

restavi con me quel tanto che mi accendeva desiderio e conforto,

lasciandomi il tempo di cullare una qualche squilibrata speranza.

 

Ma tutto ormai si stava sfasciando come carta bagnata,

inchiostro nero lasciato a marcire in fondo al cuore.

 

Non capì nemmeno quando mi abbandonasti per il vasto orizzonte,

mi congedasti con un addio mascherandolo con un arrivederci.

 

Ma io, non ero capace di smettere

E aspettavo, aspettavo sempre.

 

Isola condannata ad un eterno stato di quiete ero rimasta.

Non troppo triste per sprofondare,

troppo arrabbiata per scatenare tempesta.

 

Intanto lacrimavo non capendone il perché,

cascate di ricordi sgorgavano dalle mie membra spente…

E stanche, così tanto stanche

 

Il vuoto scavava e mangiava, e grugniva,

e intanto divorava feroce e lento ciò che di me restava.

 

Ed io aspettavo.

Incapace di fare altro,

attendevo serenamente disgustata

la mia lenta e silenziosa fine.

 

Speranza di rimasuglio d’amore tradito,

ecco cosa rimase infine,

e solo le salate acque gentili mi sfioravano…

Ecco cosa rimase.

 

Piccola e sommersa sotto la superficie del cielo,

circondata da branchi di squali affamati,

…a volte assaggiavano,

a volte sfioravano languidi.

 

Ed ecco cosa rimase,

patetica e sbiadita dal tempo inarrestabile.

 

Mentre aspettavo,

e aspetto e aspetterò… Ecco cosa rimane:

Io rimango.

E aspetto.

 

 

 

 

 

 

Notes:

Poesia. Boh.

Non so cosa sia e non so se sia poesia sinceramente, ma posto comunque, più per una soddisfazione personale, che per recensioni o numero di letture/visite.

Ho scritto ciò con un certo e non trascurabile sollievo, mi ha liberata da cento parole che non riuscivo ad esprimere in altro modo. Scrivere è una cura e una dannazione, quando non riesco a farlo e la voglia poca e/o manca, è irritante guardare il foglio bianco.

Ora l’ispirazione è già spirata, purtroppo. (Sarà il caldo, direi se non sapessi che sono pigra di natura!)

Vi lascio comunque, perché non so cosa potrei spiegare, forse è fin troppo lunga e forse esprime tutto e niente o forse sono riuscita nell’impresa di raccontare quello che volevo, chi lo sa! *la speranza rimane tanta in ogni caso*

Un grazie sempre per chi legge queste piccole note!

 

G.

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Capitolo 2
*** Giuramento a me ***


_________Giuramento a me

_________Giuramento a me.

 

 

 

 

 

Ira gorgogliante sbocciava con germogli scarlatti dentro me

e come rampicanti cresceva e afferrava.

Avida, sincera, orgogliosa prendeva,

fluiva ardente in ossa cave di fame logorate dai granelli del tempo,

incise con filamenti di rabbia e solchi come morsi di vento.

 

Tempesta di ghiaccio.

Solo grida, tuoni e bagliori.

 

Pigro desiderio umano mi sospingeva a te, lento e ignobile,

anche se grata rimanevo avvinghiata alle ormai sciupate memorie,

Orba e senza nome m’ero rifugiata tra fulmini di pace e rubini d’amore,

ma la mia mano era salda alla tua in questo vortice ricolmo d’orrore.

 

Frantumata, sul cammino della vergogna seminavo polvere di rimpianti,

copiavo solchi di passati avventurieri, che sul cammino, in vero, eran tanti.

 

E non saranno lacrime che ti mostrerò piangendo,

urlando dolore non sarà malinconia.

Non sarà rabbia, ira, discordia o bugia.

Non sarò io quella che ti vedrai venir incontro con passi traballanti e malfermi,

vuota sarò per te, colma di gocce di rubino e lamenti,

e ancor più accecata cercherai il passato

lasciando che il presente sia presto dimenticato.

 

Quiete.

In questo momento,

il solo silenzio.

 

Un’intima serenità sgorga ora lenta in giorno di festa,

e accecanti scintille rendon l’aria al sapor funesta,

ma scrosci assordanti e limpidi di autentica allegria,

riportan ciò che è e fu stato sul cammin della retta via.

 

Oh, guardami! Guardami mentre sorrido!

Ma ferma all’istante! Cosa fai?

Non ti muovere, non fiatare,

che me stessa in riflessi di scintille d’orate voglio osservare.

 

Immagina risate di fata, ritmi cristallini e squillanti,

come orchestre sinfoniche dagli strumenti sgargianti.

Occhi di stelle e cuore d’amata

Ora forman versi di giada.

 

E non temo che tu non comprenda,

enigmatica la mia fine sembra serena,

conclusione di scritti ancor in catena.

 

Ch’io non dimentichi!

Ch’io non riscriva!

Se i torti arrecati non vengan sanati.

 

E ch’io non goda d’altrui sentimento!

riprenderò ciò che di te ho perso: è un giuramento.

 

 

 

 

 

 

Notes:

Non so se mi piaccia oppure no, però ha un suo perché, almeno credo.

Mi ha divertita scriverla, e le rime a volte sono state una pena -tra l’altro alcune non sono nemmeno esatte, lo so-.

E’ un giuramento, o una promessa, impegno o come lo si voglia chiamare, con me stessa.

L’altra persona come sempre non saprà mai niente, ignorante di tutto anche se quasi onnipresente…

Sono convinta che questo scritto contenga più errori di quanto non ne faccia di solito, ma beh..  Pace.

Direi che non ho più nulla da dire,

per cui.. Grazie per l’attenzione! ;]

 

G.

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Capitolo 3
*** Anima Bianca ***


_____Anima Bianca

_____Anima Bianca

 

 

 

 

 

La pioggia precipita sulla mia schiena fredda e immobile.

I tuoni strepitano e inveiscono alla Luna traditrice,

quando una nota vibra gutturale nell’aria di ghiaccio

un sentimento taciuto risorge, e la tua voce mietitrice

La mia anima sequestra.

 

Ora gli specchi dell’anima bruciano, ardono di fiamme pure,

ora ciò che prima sopravviveva e guaiva di pianti consunti,

muore di una morte silente, senza ricordo alcuno.

 

La volta del firmamento mi confina lontano, distante dal mondo,

ma la tua carne mi è vicina in queste tenebre morenti.

 

L’ultima goccia di rugiada risale fino alle ossa,

il tempo scivola e si ritrae, ma non si volta,

non ringrazia né benedice,

e non si scusa né perdona o assolve.

 

Ma l’arcobaleno ora splende,

oh, che grazia ha la mano di chi lo dipinse per la prima volta,

lassù dove nessuno può,

lassù, dove nessuno deve osare,

dove tutti possono scrutare.

 

Ma io… Io! Io povero cieco, orbo senza nome,

uomo privo di ogni umanità,

Io, colui che si flagella per i peccati sbagliati…

Io, solo io, quel tutto si perde.

 

Ve ne prego, chino il capo ed una riverenza impacciata vi offro,

Lasciate che i colori avvolgano ciò che di me rimane

E fate che di me solo i ricordi si librino nella memoria del tempo,

Ognuno è ciò che lascia come lividi sulla terra bruciata del cuore.

 

… E infine, di me,

Io lo so!

Oh… Sì che almeno questo conosco,

non rimarranno che pigmenti imbrattati di un’amara malinconia.

 

Ora lasciatemi stare,

lasciatemi solo.

 

Lasciatemi al ricordo di chi di me,

in modo così slealmente cortese,

vorrà serbar memoria.

 

 

 

 

 

 

Notes:

Dubbio. Un atroce dubbio mi ha accompagnato per tutto questo scritto e, a dirla tutta, non mi abbandona nemmeno adesso.

Non sono esattamente sicura che questo si possa definire poesia, è la prima volta che scrivo -quasi, o almeno ci ho provato- una poesia vera e propria e non credo di esserci riuscita. Proprio no.

Nonostante questo, volevo “lasciarla in balia del pubblico”, non che mi aspetti niente di che; semplicemente, ha vinto il desiderio di non lasciarla lì, a marcire in qualche angolo del pc, senza che vedesse mai la “luce sfolgorante” di una pagina internet.

Tutto qui, nulla da aggiungere. Per concludere…

Grazie a tutti quelli che hanno letto, soprattutto se siete arrivati fin qui!

 

G.

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Capitolo 4
*** La Mostra della Pagine Bianche ***


____La Mostra delle Pagine Bianche

____La Mostra delle Pagine Bianche.

 

 

 

 

 

C’è chi dice che la mia sia arroganza,

chi la definisce falsa umiltà.

Chi di insulti vive e ci danza,

chi di preghiere ed inchini crea falsità.

 

Cantastorie e scrittore…

Di illusioni io ne creo a volontà.

Forse pecco di sola omissione del vero,

non menzogne, in questo almen son sincero.

 

Ora dimmi, stolto lettore,

chi è che ci deride, la verità?

 

La lettura è fasulla,

la scrittura è mediocre,

ma tu applaudi il nulla!

 

La sincerità si fa falsa ai vostri occhi,

la realtà non fa eccezione.

E chi dice che voi siate sciocchi,

pone fine ad ogni tenzone.

 

Poeta mancato ma antagonista perfetto,

ecco chi sono… E forse un po’ matto.

 

Gioiose e scontente creature

Forgiate dalla stupidità più innata,

non provate a pensare, e scriver neppure!

la Natura della vostra nascita s’è già addolorata!

 

Io sono schietta, niente da dire,

ma sono Poesia, perché mentire?

 

Ora son stanca e pace e silenzio domando,

e non macchiate queste pagine bianche!

Adesso è questo, e questo soltanto, ciò che comando!”

 

 

 

 

 

 

Notes:

Poesia, atto di liberazione, divertimento… Sì, direi che per me è tutto questo.

E’ un piccolo e semplice scritto e mira a tutte quelle persone che deturpano la scrittura e l’arte –in questo caso la poesia- per semplici scopi di arroganza e superbia senza umiltà né grazia o amore per ciò che viene creato.

Qualcuno potrà dire “Da che pulpito viene la predica!” forse, ma a me non importa. E’ un pensiero il mio, e lo esprimo.

Io amo scrivere e dilettarmi a volte nella poesia, o nella stesura di semplici storie, non sarò il Genio della Lampada, ma questo è uno sfogo personale nonché una presa in giro [in parte anche su di me] ed invito chi leggerà a prenderla anche come tale oltre che piccolo sguardo sulla verità, sempre secondo il mio punto di vista.

Mi son divertita. E sto sorridendo tutt’ora mentre scrivo queste note.

Sì, forse non sarà scritta benissimo e/o l’italiano non sarà impeccabile… Ma è uscita di getto e così rimarrà.

Direi fine…!

Grazie mille a chi gentilmente si sarà sforzato arrivando fin qui!

J

El.

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Capitolo 5
*** Jealousy ***


____Jealousy

____Jealousy.

_____ Gelosia.

 

 

 

 

 

Pesanti son le tende sui muri che circondano tetre una scacchiera,

fioche fiammelle danzano in una stanza cieca, in abbandono caduta.

I servitori della signora in bianco e nero giacciono a terra,

impolverati, mancanti… Ma profonda e sensuale una voce sussurra...

 

“Servitori e pedine… Re e Regine! L’ora del castigo è scoccata,

la vendetta è pronta e la fortuna già accecata”

 

Un trono abbandonato si mostrava illuminato da fiammelle,

ombre luminescenti ma spente,

 

un tempo anime, ora aloni che lentamente si sottraggono al giudizio della vista.

Anime ormai estinte, ormai rovinate e ingiallite come pagine consunte.

Una regina rigorosamente spodestata ad ogni alba di redenzione è lì e sola sta.

 

Lei è frammenti di anima nera e bruciata.

Lei vivrà per sempre e per sempre comanderà e sognerà.

Lei è ladra, vigliacca, vendicatrice assassina e come l’universo ella è sconfinata…

Lei oggi è lì, proprio al tuo fianco e domani al fianco di tutti, almeno una volta si mostrerà.

 

“Non è nel mio esser pregar”  disse a gran voce “non è da me sorridere ed esser gentile,

Di infamia e narcisismo faccio i miei indumenti prediletti, la vergogna non mi sfiora… Oh, ch’anima vile!

 

“Ceno con mille e più emozioni, un boccone via l’altro e divoro ogni singola portata.

I miei pasticcini preferiti son pietanza prelibata…”

 

Poi tutto è finito.

 

Lo sguardo e l’attenzione sbiadisce, come i primitivi colori nel nostalgico dipinto,

e tutto va a posarsi su lei, sull’altra: quell’amorevole creatura, leale, gentile e sincera…

E lei rimane solo quello, un riflesso… Il suo riflesso nello specchio rotto, ormai vinto.

 

Ma nuova forza vien forgiata,

ira di mille, ma come amante sempre vien negata.

 

Lei ora nasce, è ora che risorge dal velato sonno polveroso,

si abbiglia da guerriera per cominciar la guerra, lei è avversaria esperta.

Lei è orgogliosa, vuole ammirazione e la sua mano mai è incerta.

 

Lei…

Lei è semplice da capire.

Ancor più facile di morire.

 

Lei è tormento, lei è invidia ed ossia,

Vien chiamata…

 

 

 

 

 

 

Notes:

Gelosia.

Sì, non è un sentimento nobile ma è estremamente “popolare” e sfido chiunque a dire di non averlo mai provato in vita sua.

Non ho dato una definizione letterale di gelosia, o per lo meno, ho provato a dare spazio ad aspetti un po’ più… Nascosti, spaziando anche nell’invidia.

Non so se sia propriamente un male essere gelosi e/o invidiosi… Non sono sentimenti come il coraggio o l’amore, è vero. E con ciò?

Ti mettono alla prova più di molte altre emozioni sdolcinate… E la trovo una cosa a dir poco eccellente.

Trovo di non dover spiegare niente altro che non sia già troppo superfluo.

Quindi, a voi, miei cari lettori!

El.

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Capitolo 6
*** E venne l’alba, nei tuoi zaffiri blu ***


____E venne l’alba, nei tuoi zaffiri blu

____E venne l’alba, nei tuoi zaffiri blu.

 

 

 

 

 

Non fu in quella tiepida alba.

Che nei zaffiri tuoi ingenua s’incastrò,

ricordo di cui oramai, in questo tempio di sfortuna,

non tutt’intero, non ancor, il pensiero rincasò.

 

Ho perduto i fili d’erba che frusciavano, violini fradici del primo chiarore.

Ho perduto il corpo, ho perduto quell’aroma selvatico delle mute fronde.

 

Non fosse per quegli occhi…

Avrei perduto gli stessi miei occhi.

 

Non fu in quel lustro dì.

Di cenni di gioia cospargevi il mio viso, come germogli di Sole.

L’abbraccio era puro, il gesto istintivo,

il bacio eran scintille che scordavi sul nostro cammino,

era d’amor ciò di cui eravam forgiati in quel dì splendente?

Era amor, la primitiva passione struggente.

 

Non fu in quella nostalgica sera.

La corteccia dell’animo mio scostavi indugiando, bramoso come pur paziente.

Il tuo ricordo incendia la memoria tutt’ora,

lasciando che le leggere ceneri prendan il volo.

 

Adesso che i tuoi zaffiri non riesco più a veder,

in quest’odioso tempo che non mi lascia rifugio né speranza alcuna,

io, da sola, piango. Piango lacrime sole.

E gemo, infine.

 

Fu allora, seguendo quel tramonto…

L’abbandono avvenne in quell’abbagliante notte fonda.

Ogni cosa era densa di te. Ogni ricordo è come allora di un profondo color.

Fu nei tuoi zaffiri che tutto iniziò e fu in quegli stessi mari blu ch’io affogai silenziosa.

 

Fu allora, che il respiro mancò.

Nei tuoi zaffiri blu.

Quando il ricordo tuo sbiadì non lasciando…

Nulla.

 

E venne di nuovo l’alba,

infine.

 

Nei tuoi zaffiri blu.

 

 

 

 

 

 

Notes:

Non so se è scritta bene, non so se la grammatica è corretta e non so nemmeno se suoni bene o sia un completo disastro.

Non so nemmeno se m’importa più di tanto in verità.

Non so se è questo ciò che si prova, me se volessi innamorarmi e finire un amore, forse vorrei che finisse così.

L’ho scritta io ma non so assolutamente niente di questa poesia, la cosa è un po’ strana… [e se ripeterò ancora una volta “non so” cancello tutto.]

Però, spero che per qualcuno queste parole, forse un po’ sdolcinate, abbiano un senso.

Grazie,

El.

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Capitolo 7
*** Tramonto ***


____Tramonto

____Tramonto.

 

 

 

 

 

All’alba,

ti vorrei guardare, accostarmi a te.

E sentire te.

 

All’alba,

vorrei poter mangiare il gelato e i popcorn,

come in quel ricordo d’inverno passato,

tutt’ora presente.

 

All’alba,

ogni oggetto posato sotto questo cielo si ritrova dorato,

e tutto si fa prezioso per innumerevoli istanti.

 

All’alba,

mi sento migliore, una voglia di vivere che mai m’è appartenuta.

Migliore dell’orrore che nel cuore mi porto.

 

Se un giorno mi vorrai lasciare,

fammi partecipe della tua scelta

all’alba.

 

Quel giorno, al tramonto,

ti avrò già dimenticato.

 

 

 

 

 

 

 

Notes:

Che assurdità che mi ritrovo a scrivere di mattina.

Ha qualcosa che non mi piace questa poesia. Ma la posto comunque tra un’assurda insoddisfazione.

Non so nemmeno che dire…

A voi, e basta.

Grazie.

El.

 

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Capitolo 8
*** Riflesso ***


_____Riflesso

_____Riflesso.

 

 

 

 

 

Spesso d’ombra la mia persona era abbozzata,

non per voglia, sogno o bramosia,

non per astuzia o inganno

costringevo il mio corpo al margine dell’esser comune.

 

Dolore raffinatamente congelato

in espressione di muta astensione.

Ecco che m’apparteneva, contemplando negli specchi

del mondo civile e da ordine regolato,

questo plumbeo e semplice riflesso.

 

Culla di sogni dichiarati con lieve consiglio a me stessa,

pietra sepolcrale di quell’essere rinchiuso,

accuratamente lontano dal mite e diffidente sguardo.

 

E solo timor di vita si trattiene

a regolare cotanta assoluta

negazione d’esser semplicemente io.

 

 

 

 

 

 

Notes:

Dire che l’ispirazione mi sia venuta leggendo Leopardi alle 10 di mattina di un’alquanto stancante giornata scolastica penso dica molto.

Da spiegare ho poco niente, la negazione d’essere è una caratteristica dell’uomo assai comune, credo soprattutto oggi.

Non voglio dilungarmi, più che altro non ne ho voglia e non saprei nemmeno come poterlo fare.

Quindi, se si capisce, bene… Se no pace, sono stanca anche di scrivere cose, a parer mio, superflue.

Grazie dell’attenzione,

 

El.

 

 

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Capitolo 9
*** Proseguire ***


_____Proseguire

_____Proseguire.

 

 

 

 

 

I riflessi negli occhi tuoi

eran come folgori di luce,

come neonati eran creature di vita e

da un manto di speranza profonda fasciati

per mezzo di mani di madre esperta, sicura.

 

In quella notte affilata di sguardi impazienti

con la solenne pesantezza dei rintocchi del tempo

e il rapido respiro di quest’aria avvelenata

pregna di ceneri e spoglie lontane,

eran solamente loro.

Ciò che rischiarava quest’animo affrescato del medesimo buio.

 

E solo quei lampi di luce videro di quanta vibrante paura era gremito.

E semplice silenzio fu pronunciato infine..

E l’animo non volle osservar più nulla.

 

Solo ascoltare il silenzio.

Vedere solo l’inesistente.

Raggiungere il solo infinito.

 

Ed infine,

fermarsi.

 

 

 

 

 

 

Notes:

Nulla da dire, semplicemente e solamente, nulla.

L’affido solo alla vostra “spietata” lettura per chi avrà la voglia di fermarsi.

Un saluto, a voi.

El.

 

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Capitolo 10
*** Rimembrare ***


Non mi fu mai tanto lieto scriver

_____Rimembrare.

 

 

 

 

 

Non mi fu mai tanto lieto scriver

del pensier mio quando lo sguardo

urtava quell’infinita umana cadenza.

Lontana perfezione in quei volti e

presto nient’altro che polvere,

rimembranze di spoglie e lamenti.

 

Ostile era il destino che faceva strada,

di candido il tempo non lasciava che memorie

levigate dal ritmo della mente in tormenta.

 

Oh, ma sebben sfavorevole rimaneva quel compagno,

fin troppo dolore era già stato raffinato

e il gioire fu tale lieta voce d’illusione!

Nulla sosteneva l’importanza di quell’attimo,

e la ragione rimase allora priva di senso alcuno.

 

Riportar il senno al corrente tempo

è impresa improvvisa e di sovrumano dolore,

ma il calor, rimembro sol nel pensier,

mi invase quando furono le tue fredde dita

a sfiorare le mie che riscaldaron

l’essere col semplice umile gesto.

 

Ed ancor funeste son le memorie di quel momento,

deprimo i sensi per l’angosciante affronto e

senza sosta rimpiango il corpo traditore

per aver scordato con mancato indugio

quell’indistinto e ancor caro sentimento.

 

 

 

 

 

Notes:

Oltre queste sdolcinate e svenevoli parole non ho niente da aggiungere,

penso solo che se aggiungo altro zucchero mi sentirò male.. Per cui niente,

non è una poesia (?) ben riuscita ma oh, beh..

Sono solo pensieri in fondo.

 

 

El.

 

 

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Capitolo 11
*** Solo per Te ***


_____Solo per Te

_____Solo per Te.

 

 

 

 

 

Avrei mentito se non avessi compiuto quel gesto,

avrei mentito così cinicamente da pianger

sulle stesse mie ossa…

senza pelle,

senza carne.

 

Nello stesso istante in cui portai a termine quell’atto tanto vile

ma assai gustoso a dire il vero,

il mio stomaco fu strattonato da un rimorso raccapricciante,

il mio pugno e le dita doloranti imbrattate di rosso pulsavano di vita,

i muscoli fremevano caldi e scattanti,

la mente esultava ghignante di gioia e vendetta incassata

con gloria e con audacia rinata.

 

Il cuore correva di angosciata premura,

gli sguardi eran crudeli, fermi ma tremanti

come il riverbero che balla una danza antica,

fremente, con le onde del mare,

le labbra serrate per non lasciar fuggire emozioni traditrici.

 

Eppur ero contenta e soddisfatta di averti fatto male,

un male giusto e assai perfetto:

non troppo da richiedere un esagerato rimorso,

non troppo poco da pentirmi e ripeter il gesto delusa del risultato,

anche se la soddisfazione forse si sarebbe solo moltiplicata.

 

Pacata e silenziosa rimanevo anche in quegli attimi di follia,

non che nel solito respiro di vita non fossi pazza

e le rotelle rotolassero via scappando dal mio cervello,

semplicemente non ero violenta ma i pensieri erano così acidi

da sciogliermi dentro senza sosta.

 

Ancora un poco,

ancora qualche goccia…

Sempre di più.

 

E non ti avevo colpito perché ti odiassi,

ti ammiravo, amavo, adoravo e invidiavo...

Un groviglio fin troppo complicato per la mia povera persona,

miseramente arida.

 

E siccome eran troppo per lo spazio ristretto del mio cuore,

talmente piccolo da contenere a mala pena un’emozione alla volta,

che strabordando capovolsero ogni minima macchia di bontà.

 

Eppur ora mi guardi con occhi lucidi e arrossati dal prossimo irritante pianto,

con aria di chi ne ha dovuto tragicamente sopportare troppe.

Ma tu non sai.

Ignorante, non conosci nulla del vero dolor

delle membra e del pensiero,

delle terre dell’anima che si inaridiscono e che si sgretolano

sotto la carezza del tuo splendente Sole.

 

Eppur ti ostini con testardaggine volgare e sbagliata

ad esser triste nonostante l’amore che hai rapito,

le amicizie che raggianti ti sostengono con lealtà,

la famiglia che si preoccupa per la tua sorte ingrata,

la bellezza e il buon carattere che furbamente tieni stretti.

 

Tu non sai, in assoluto, niente del vuoto.

Di quel vuoto che ingoia godurioso ogni cosa,

Che si lecca le labbra e le carni scoperte.

 

Con dolcezza mi compatisci e curi,

con occhi tristi mi guardi e carezzi il mio viso,

sospingi le mie labbra a dir menzogne per non ferirti.

 

Ma la stanchezza mi ha raggiunto, adesso,

e non ho più voglia di tener tutto per la mia povera e misera persona.

Non ho più argini da interporre da compier questo gesto infame.

 

Eppur lasciai che mi sfiorassi con calda premura un’ultima volta,

lasciandomi assaporare un’ultima volta solamente

per restituirti quel tuo bacio finale con il mio primo bacio:

ed un vigoroso e amoroso pugno ti diedi,

ed un vigoroso e sofferente pugno colpì anche me.

Eppur solo un gesto fu compiuto.

 

 

Ora apro gli occhi tornando indietro alla banale realtà,

placida e stagnante

rinchiudendo la fantasia, ancora una volta.

 

Ancora un poco,

ancora qualche goccia…

Sempre di più.

 

Eppur a guardarti sorridere penso a quanto bello sarebbe…

Quanto meraviglioso sarebbe darti,

anche in questa realtà troppo stabile,

un doloroso e assai soddisfacente,

magnifico pugno.

 

 

 

 

 

Notes:

Sono solo tante parole, tanti tanti pensieri stupidi.

Forse sono frasi troppo semplici e non sono sinceramente sicura di aver scritto ciò che realmente avrei voluto dire.

E’ troppo lunga ed è uno di quegli scritti che non sono soddisfatta di aver scritto.

E qualcuno potrebbe dire “Perché allora li posti?”

Ed io risponderei “Semplicemente per le critiche”.

Un saluto,

 

 

El.

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Capitolo 12
*** Continuare ***


Continua,

_____Continuare.

 

 

 

 

 

Continua,

te ne prego.

 

A sfiorarmi,

senza mani

e ad abbracciarmi,

senza braccia

mentre mi baci,

senza labbra.

 

Continua.

A guardarmi,

senza occhi

e ad ascoltarmi,

senza orecchie

mentre mi chiami,

senza voce.

 

Continua.

A correre,

senza terra

e a nuotare,

senza acqua

mentre voli,

senza cielo.

 

...E non voltarti, ma

Continua,

te ne prego.

 

 

 

 

 

Notes:

“Forse, in realtà, vorrei solo fermarmi qui,

e non continuare più”.

Non è il massimo, ma.. Oh, beh. Niente lo è.

Perciò vi auguro solo che sia stata una “non-così-spiacevole” lettura.

A voi.

 

El.

 

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Capitolo 13
*** Duecentosei ***


Nudo è l’osso che pende dalle braccia,

_____Duecentosei.

 

 

 

 

 

Nudo è l’osso che pende dalle braccia,

quando le dita diventano sabbia scura

tra nuvole salmastre di mare affrescate,

quando schiuma argentea solletica

ciò che è nella memoria languida.

 

Semplici e così fini,

senza il tatto del mondo.

Sterili, fragili e dure allo sguardo

degli amari peccatori educati.

 

Eppur sono solo ossa,

solo duecentosei frammenti sbiancati,

solo duri frammenti di un giaciglio lontano,

che sottoterra rimarran bloccate tra vermi e lava.

 

A rimembrare senza temere e

ad osservare senza nascituri rimpianti,

avvolte tra caldi lembi di terra,

sangue e rugiada in polvere.

 

E sole come bolle di zucchero

fluttuano in quel lasso di tempo presente.

Dolce punzecchian la lingua e

vanno in pezzi echeggiando in silenzio

in duecentosei granelli di zucchero e argento.

 

Ogni anima e

Solo duecentosei ossa.

Duecentosei.

 

 

 

 

 

Notes:

Completamente senza senso, o quasi.

A voi.

 

El.

 

 

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