Fuga di Lela White (/viewuser.php?uid=116144)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ricordi ***
Capitolo 2: *** Appuntamento ***
Capitolo 3: *** Ritorno ***
Capitolo 4: *** Lacrime ***
Capitolo 5: *** Da quel giorno...(parte 1) ***
Capitolo 6: *** Da quel giorno...(parte 2) ***
Capitolo 7: *** Ridere ***
Capitolo 8: *** Camicia ***
Capitolo 9: *** Festa ***
Capitolo 10: *** Domande ***
Capitolo 11: *** "Ciao" ***
Capitolo 12: *** Destino ***
Capitolo 13: *** Circeo ***
Capitolo 14: *** Raccontarsi ***
Capitolo 15: *** Toccarsi ***
Capitolo 16: *** Vedersi ***
Capitolo 17: *** Amarsi ***
Capitolo 18: *** Perdersi o Trovarsi (prima parte) ***
Capitolo 19: *** Perdersi o Trovarsi (seconda parte) ***
Capitolo 20: *** Fine di un'Amicizia ***
Capitolo 21: *** "Da quel giorno... Ale" ***
Capitolo 22: *** Missing moment (rosè) ***
Capitolo 23: *** Epilogo ***
Capitolo 1 *** Ricordi ***
FUGA- cap 1-betato
FUGA
CAPITOLO 1
Ricordi
Betato da nes_sie
10 MAGGIO 2010
Ricordo ancora lo squillo del mio cellulare, nel bel mezzo della mia
domenica
mattina, e la sensazione di voler
uccidere chiunque fosse dall’altra parte del telefono. Ero
talmente stanca che
non riuscivo ad aprire gli occhi e la mia mente si rifiutava di
comandare al
mio corpo una semplice, innocua, azione:
rispondere.
Drin drin drin.
Sospirai e, continuando ad avere gli
occhi chiusi, presi il telefono e risposi senza nemmeno vedere chi
fosse.
“Pronto?”, gracchiai.
“Tesoro, ma stavi dormendo?”,
rispose la voce della donna
che chiamava sempre nei momenti meno
opportuni.
“Sì, mamma, e
ancora non ho aperto gli occhi. Perciò, ti prego, dimmi che
è importante
altrimenti ci risentiamo dopo…”, sbadigliai.
Mia madre era solita chiamarmi circa cinque volte al giorno, e il fatto
che
vivessi dalla parte opposta dell’Europa non sembrava toccarla
minimamente.
Spendeva più soldi in ricariche telefoniche che nella spesa
di tutti i giorni,
perciò sentirmi chiamare la domenica mattina non era una
novità. Rimaneva il fatto,
però, che avendo lavorato fino a
tardi la sera prima, la stanchezza aveva annullato gran parte della mia
capacità di sopportazione.
“Tesoro mi dispiace, solo che... vedi…”
Mia madre senza parole?
“Mamma, cosa c’è?”, chiesi con
voce decisamente più sveglia.
“Non c’è bisogno che ti spaventi,
è andato tutto per il meglio solo che, beh,
tuo padre non si è sentito bene.”
A quel punto fui totalmente sveglia.
Spostai il cuscino dalla mia faccia e mi alzai a sedere.
“Cosa è successo?”, chiesi allarmata.
“Tesoro non spaventarti, ma tuo padre ha avuto un principio
di
infarto. Ora è in ospedale ma è tutto passato,
davvero. Ti ho chiamato
perché lui voleva salutarti. Sai, si era un po’
spaventato e…”
Mia
madre aveva parlato così
velocemente, che a stento riuscii a capire le parole "infarto" e
"ospedale".
Cercai di mantenere la calma e capire meglio cosa fosse
accaduto.
“Passamelo”, sussurrai.
Sentii un fruscio in sottofondo e subito dopo la voce
dell’uomo più importante
della mia vita.
“Vita mia”, gracchiò.
“Papà, come ti senti?”, chiesi, cercando
di non far tremare la voce.
“Meglio, ci siamo solo spaventati,
però…”
“Dimmi papà, cosa c’è? Hai
bisogno di qualcosa?”, chiesi in ansia.
“Sì. Torna a casa, bambina
mia…”
Trattenni il respiro, incrociando
il riflesso del mio sguardo
nello specchio di
fronte al letto, e solo allora mi accorsi della lacrima che mi solcava
il viso.
Sì. Dovevo tornare a casa.
*************************
“Allora, hai preso tutto?”, chiese Terry, la mia coinquilina.
“Credo di sì, ma non so bene quanto
resterò, e poi… spero solo che i vestiti mi
bastino e che… oh.” Sospirai,
prendendomi la testa tra le mani.
“Sei sicura di voler tornare ? ”, chiese. Lei
conosceva bene il mio stato
d’animo.
“Mio padre ha bisogno di me. La mia famiglia ha bisogno di
me, perciò devo
farmi forza. Dopo due anni, è ora che torni a casa, solo
che… beh, ho paura.” Ammisi
con un sussurro.
“My Darling, non sei la
stessa
persona che ho visto davanti la mia porta due anni fa, non sei
più quel pulcino
spaventato che piangeva tutte le notti. Stai tornando a casa come una
donna
diversa e se ne accorgeranno tutti. Pensa alla tua famiglia e torna
presto da
me. Nel frattempo, io mi occuperò delle tue bellissime
piante.” Sorrise
contagiando anche me.
“Grazie.”
Il volo Londra-Roma sarebbe durato poco più di un paio
d’ore. Solo due semplici
ore mi separavano da quella che era stata la mia vita, fino a due anni
prima.
Dall’inverno che decisi di lasciare tutto e tutti, compresa
la mia famiglia.
Mia madre e mio padre sapevano il perché della mia decisione
e non mi
ostacolarono in nessun modo. Forse, in cuor loro, credevano che questa
mia
“fuga” sarebbe stato solo uno svago di sei mesi,
“Solo per imparare la lingua”,
dicevo loro. Ma quando i sei mesi
divennero un anno e poi uno e mezzo e infine due senza dar segno di
cedimento,
anche loro iniziarono a perdere la speranza che ritornassi.
Erano venuti due volte a trovarmi, non di più,
perché ero stata io a non
permetterglielo. La scusa ufficiale era che dovevo lavorare. La
motivazione
vera era che mi mancavano tremendamente e non potevo sopportare di
salutarli
quando sarebbero dovuti ritornare indietro, perciò preferivo
resistere e non
vederli. Per Natale o festività varie, poi, era una vera e
propria lotta con mia
madre che mi chiedeva di tornare per qualche giorno di vacanza;
fortunatamente
ero sempre riuscita a trovare una scusa per posticipare ad
“un altra volta”, che
in realtà non era mai arrivata. Almeno fino a quel momento.
Sentire la voce
emozionata di mio padre che mi chiedeva di tornare da lui, era stato
uno dei
momenti più commuoventi della mia vita. Lessi tra le righe, il bisogno disperato che aveva
di rivedere sua
figlia. Lessi la paura che aveva avuto di morire, senza che fossi stata
lì con
lui. Lessi il suo bisogno e il suo amore che mai mi avevano lasciato in
quegli
anni. Lessi tutto ciò, e non potei non raggiungerlo, anche
se forse questo
avrebbe compromesso la mia felicità.
Dlin Dlon
“I signori passeggeri sono pregati di allacciare le
cinture di sicurezza,
la fase di decollo è iniziata.”
La
voce del comandante mi
risvegliò dai miei pensieri, ma ancora mi sentivo
scombussolata sapendo che
questa sensazione non sarebbe passata presto. Almeno finché
non sarei tornata
di nuovo a Londra, sì, perché ero sicura di voler
tornare.
Avevo il mio piccolo appartamento con Terry, avevo il mio lavoro al pub
vicino
casa e le mie lezioni private di italiano e spagnolo che davo ai
ragazzi del liceo.
Mi ero in un certo modo organizzata una nuova vita lì e non
ero pronta a
lasciarla. Perciò avrei seguito il piano: stare un
po’ con la mia famiglia in
questo momento delicato, essere sicura di aver fatto tutto per
aiutarli, e
tornare indietro. Punto. Avevo scritto questi tre obbiettivi su un
piccolo
post-it giallo che mi guardava come se aspettasse che aggiungessi
qualcos’altro. Ma queste erano le priorità,
perciò ripiegai il cartoncino
giallo e lo misi nel portafoglio.
Accesi il lettore mp3, scivolando più giù sulla
poltrona e decisi di provare a
dormire per il resto del viaggio. Stranamente, non ricordo come, ma per
la
prima volta dopo tanto tempo accettai che la mia mente vagasse tra i
ricordi di
ciò che era stato. Forse dipendeva da quel viaggio che avevo
intrapreso. Forse
il mio cuore era pronto per rivisitare i luoghi che lo avevano
tormentato. Forse…
forse, avevo solo nostalgia del suo viso.
Per
la prima volta, dopo due
anni, mi permisi di ricordare…
*************************
Estate
2007
“Micky vuoi dirgli qualcosa?”, urlò Gaia
verso di me.
Ero sdraiata sul verde prato del mio giardino, leggendo un libro e
godendomi
una giornata di pausa dagli esami. L'intento era, cercare di
abbronzare la pelle
color latte che raramente, solo dopo lunghe esposizioni al sole,
accennava ad
una sfumatura rosea.
“Non ti sento!”, urlai di rimando. Naturalmente
stavo mentendo.
Gaia, però, non si arrese. “Guarda che sto
parlando con te!”, disse togliendomi il libro dalle
mani.
La cosa mi indispettì molto. “Si può
sapere cosa vuoi da me?”
“Certo. Te ne stai qui come se nulla fosse, senza
preoccuparti delle azioni del
tuo caro amico”, disse sottolineando la parola
‘caro’.
“Se è per questo, è tuo
cugino”, commentai.
“Non pensi che sia ora di dirgli qualcosa? Non vedi come sta
illudendo quella
povera ragazza?”
“Io non illudo nessuno”, rispose
l’interessato.
Mi voltai, coprendomi gli occhi dal sole con la mano, ma potei vedere
perfettamente il momento in cui si avvicinò a me. Si tolse
la maglietta mostrandomi
gli addominali perfetti, levigati sotto quella sua pelle naturalmente
abbronzata che sembrava brillare, proprio in quel preciso momento, di
luce
propria. Le goccioline di sudore in bilico sull’ombelico non
aiutavano la mia
concentrazione.
Alessandro ero il mio più caro amico. Ci conoscevamo da anni
e tra noi c’era
quell’affetto sincero e reale che si ha la fortuna di
incontrare raramente
nella propria vita. Ci conoscevamo dal primo anno delle medie, eravamo
nella
stessa classe, e ricordo ancora quando il primo giorno, finite le
lezioni, ci
ritrovammo a fare la stessa strada per tornare a casa.
Da quel
giorno, un tacito
accordo di andare a scuola insieme tutte le mattine ci
accompagnò fino al
liceo.
Per Ale ero solo una ragazzina, lo ero sempre stata. Certo non potevo
nascondere
che la mia corporatura esile unita all’altezza di un metro e
sessanta aiutasse
la mia causa, ma da quando ci conoscevamo lui era solito chiamarmi con
qualche
nomignolo di suo gradimento,come ragazzina, bimba, nana
o…
“Pulce,
mi metti un po’
di crema?”, chiese con voce serena porgendomi il tubetto.
Ecco. “Pulce” era come mi chiamavano i miei
genitori, e dal primo momento che
lo sentì, cominciò ad utilizzarlo anche lui,
perché diceva che mi si addiceva
perfettamente. A niente servirono le mie repliche. Passai dal sentirmi
offesa,
allo stressata, al disinteressata fino all’ultima fase rassegnata ai suoi modi di fare. Sapevo
che mi voleva bene e questo
aiutava a farmi comprendere meglio il suo carattere e le sfumature che
prese
negli anni.
Ad occhi estranei, Alessandro poteva sembrare il classico bello e
dannato,
perché, ammettiamolo, era davvero molto bello. Affascinante
ma mai superficiale,
per quanto lui cercasse sempre di far sembrare il contrario. Alto circa
un
metro e novanta, con spalle larghe ma sottili. Aveva il viso delicato e
gli
occhi accesi di un verde acqua che si scontravano con la sua bocca
morbida e
perennemente imbronciata per cui le ragazze impazzivano.
I capelli non troppo corti, perennemente in disordine come se si fosse
appena
alzato dal letto, contribuivano a donargli quell’aurea di
fascino che era
insita in lui. Solo un aspetto del suo viso era, se possibile, il
più bello che
avessi mai visto: il suo sorriso. Lui sorrideva poco e quando lo faceva
suscitava una vera e propria emozione. Mi illuminava, mi riempiva il
cuore e
quando ero io a farlo sorridere, ogni mia azione acquistava un senso.
In quella
precisa fase della mia vita, del nostro legame, era proprio questo che
stavo
cercando, un senso a ciò che vivevo e provavo con
lui… perché se l’amicizia era
uno dei tesori più grandi, l’amore a volte
provocava uno dei dolori più forti
che una persona possa mai provare.
“Ehi, Pulce, sei rimasta
imbambolata
davanti ai miei addominali?”, sogghignò,
guardandomi di sottecchi.
Cercai di riprendermi ma naturalmente avvampai, poiché anche
se la sua voleva
essere una battuta scherzosa, era molto più vicino alla
realtà di quanto credesse.
Mi alzai a sedere e lo schiaffeggiai sulla spalla per farlo girare.
“Sì, certo. Accarezzare i tuoi addominali
è il mio sogno proibito”, affermai
mentre Gaia mi lanciava uno sguardo strano e per me del tutto
incomprensibile.
“Allora, cosa hai fatto questa volta?”, chiesi
cercando di non far tremare le
mani mentre sfioravo le sue spalle. Oh, ma perché ero
così
masochista?
“Te lo dico io cosa ha fatto il signorino. Ti ricordi
Claudia, la mia amica
dell’università?”, domandò
Gaia, tornando all’attacco.
Mi ghiacciai sul momento, perché era facile immaginare il
seguito. Claudia, 21
anni, alta, bionda, misure… beh, cosa importa. Faceva la
modella a Milano come
lavoro part-time e la valletta televisiva in non so quale programma!
Non c’era altro
da aggiungere.
Sorrisi, cercando di sembrare complice. D’altra parte ero la
sua migliore amica…
“Ma bravo! Ti piacciono di alta
classe…”, dissi pizzicandogli una spalla.
Lui si voltò, quel tanto che bastava a mostrarmi il suo
sorriso strafottente.
“Solo le migliori”, sussurrò,
incrociando il mio sguardo e paralizzando il mio
corpo.
Appena la mia mano si fermò, il suo sorriso si spense e fu
come se una nuvola
avesse coperto il sole. Provai un brivido freddo.
“Mi stai ascoltando?”, Gaia interruppe il mio stato
di catarsi e la ringraziai
mentalmente.
“Certo. Solo che mi è venuta in mente una cosa
tremenda”, risposi
tempestivamente.
“Cosa?”, chiese lei, mentre io mi alzai
dall’asciugamano chiudendo il tubetto
di crema e porgendolo di nuovo ad Ale.
Entrambi mi guardavano curiosi.
Sorrisi perché avevo la scusa perfetta per defilarmi da
quella situazione, ma
anche una terribile verità ad attendermi.
“Mi sono ricordata che Daniela ha organizzato una specie
di…cosa, per
stasera”, tentai di spiegare senza sentirmi troppo
imbarazzata.
“Con cosa per stasera,
intendi…?”, suggerì Gaia che stava
morendo di
curiosità.
Ale mi guardava senza parlare. Sapevo a cosa stesse pensando.
“Beh, una specie di appuntamento al buio, almeno per me, con
un ragazzo del suo
corso ed un suo amico. Niente di importante. È solo
che…”
Ma Alessandro mi anticipò.
“E quando avevi intenzione di dirmelo?”, chiese con
tono duro ed una luce negli
occhi.
Rimasi per un minuto interdetta dalla sua reazione.
“Scusa, so che avrei dovuto avvertirti, ma mi ero
completamente dimenticata di
questa cosa, e prima quando hai
parlato di quella ragazza e dell’università, beh,
mi è venuto in mente.”
Gaia ci guardò sconvolta, per poi fare un passo avanti verso
di me e
posizionandosi di fronte suo cugino.
“A parte il fatto che dovresti chiamare questa cosa
con il suo nome e cioè appuntamento.
Punto secondo, direi che era ora che ti dessi una
svegliata...” E a queste sue
parole di nuovo avvampai, ma sapevo che non era finita.
“…ed infine: mi spieghi perché cavolo
deve rendere conto a te di quello che
fa?”, chiese Gaia, girandosi verso Ale.
Lui
rispose
prima che io potessi anche solo respirare. Si alzò agilmente
senza guardarmi, e
sfoderando di nuovo quel suo sorrisetto arrogante.
“Lei non deve rendermi conto di niente. Sono rimasto sorpreso
perché avevamo
deciso di vedere un film insieme e mangiarci una pizza, e tra amici
sarebbe
carino avvertire se ci sono cambi di programma. E poi… no,
niente.”
Girò il viso senza neanche guardarmi e iniziò a
rivestirsi, mentre io
cominciavo seriamente ad alterarmi davanti a quel suo atteggiamento.
“Senti, ti ho già chiesto scusa. Non mi sembra la
fine del mondo se saltiamo un
giovedì. So che è la nostra
serata relax, ma magari potremmo
spostarla a domani, che ne dici?”, dissi
con un sorriso, cercando di trattenere la tensione. La
verità era che ero stata
io a chiedere a Daniela di vederci, perché era troppo tempo
che iniziavo a
sentirmi tremendamente in ansia pensando alle serate del
giovedì con
Alessandro. Le avevo quindi chiesto di uscire noi due, per una serata
tra
donne. Certo, però, non era mia intenzione finire in un
appuntamento… ma ormai
non potevo rifiutarmi.
“Ehi, non preoccuparti. Non sia mai che io non capisca il
bisogno di una
sana... scopata, perciò mi capirai anche tu se domani non
posso, vero?”, disse
sprezzante in un tono che non aveva mai usato con me e che mi sconvolse
letteralmente. Gaia si immobilizzò al mio fianco, mettendosi
una mano davanti
alla bocca.
“Come, scusa?”, chiesi sconvolta.
Lui voltò le spalle senza rispondermi.
“Sto parlando con te, idiota, orgoglioso che non sei
altro!” Lo presi per una
spalla, costringendolo a voltarsi.
“Che c’è, sei sorpresa? Come se non
conoscessi le abitudini della tua amica. Come
minimo ti ritroverai ad aspettarla da qualche parte mentre si sbatte
uno dei
due.”
Lo guardai sempre più scioccata. Non mi parlava mai in quel
modo, e poi perché
tutta quella scontrosità verso Daniela?
“Sì, ma è a me che ti sei rivolto in
quel modo.”
“Pensavo solo che non fossi quel tipo di
ragazza…”, sussurrò abbassando lo
sguardo.
“E non lo sono, dovresti saperlo. Perciò non
permetterti più di parlarmi in
quel modo”, dissi fredda, alzando lo sguardo sul suo viso.
Anche se era
decisamente più alto di me, potei vedere il suo volto
diventare triste e
colpevole.
“Tu non sei una ragazza che... tu non…”,
cercò di convincermi prendendomi per
le spalle.
A quel punto la furia aumentò. Non so quale fu esattamente
la goccia che fece
traboccare il vaso, ma in quel momento mi sentii come una sorellina
indifesa e
sgridata dal fratello più grande. Ma non era assolutamente
così: ero una donna,
non una ragazzina.
Scansai le sue mani dal mio corpo, aumentando la distanza tra noi che
era
diventata fin troppo insostenibile e lo guardai per la prima volta in
vita mia
con una rabbia che lo sorprese.
“Non sono cosa? Non sono
forse una
donna anche io? Non dovrei essere libera di uscire con chi mi pare e
piace
visto che sono single? O forse credi che non possa essere interessante
e che
sia solo una ragazzina? Vuoi sapere una novità? Io sono una
Donna come tutte le
altre, e che tu ci creda o no c’è chi mi trova
interessante e vuole uscire con
me. Perciò io ci andrò, perché mi va,
perché sono libera e perché anche se
volessi farmi una scopata, come
dici
tu, non ci sarebbe niente di male, se sono Io a volerlo. E tu non hai
nessun diritto
di insinuare che sarei una puttana se lo facessi!”, urlai con
una furia che
sorprese anche me.
“Non ho mai detto questo!”, urlò di
rimando.
“Ma è così che mi hai fatto
sentire”, dissi freddamente e questo lo ammutolì.
Ci guardammo negli occhi per un secondo di troppo. In silenzio e senza
avere né la voglia né la forza di dire altro,
rientrai in casa, diretta in camera mia.
*************************
Ciao a tutte, eccomi qui con la mia
primissima fanfiction, l'ho scritta
di getto e sono sicura si veda, ma avevo una voglia tremenda di
postarla e sapevo che se non l'avessi fatto stasera, sarebbero passati
altri mesi...sono un pò fifona quando si tratta di far
leggere ciò che scrivo e sò che è
difficile capire ed entrare in una storia con un solo capitolo ma
questa è una sorta di prova, con me stessa e con
ciò che posso fare, perciò vediamo come va ;D
La storia è tutta quì nella mia testa, spero solo
di riuscire a rendere i personaggi belli come li vedo e a far percepire
le loro emozioni... Avviso che ci saranno lacrime, rabbia, passione e
spero davvero di riuscire a mostrarveli come desidero. Ogni consiglio
è super gradito, ma non siate troppo dure con me...no
scherzo, ogni critica costruttiva mi aiuterà a crescere.
Alla prossima,
Lela
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Capitolo 2 *** Appuntamento ***
Fuga - Cap 2
FUGA
CAPITOLO 2
Appuntamento
Capitolo betato da Nes_sie
A distanza di due anni, posso ricordare quel pomeriggio, come la prima
volta che io ed
Alessandro,
litigammo davvero. Mi sentivo
tremendamente triste ed arrabbiata perché,
anche se nel corso degli anni vi erano state diverse discussioni, come
in un
normale rapporto di amicizia, mai e poi mai avevamo litigato con quei
toni. E
soprattutto io non avevo mai reagito così caldamente.
Inoltre, se prima della discussione con Alessandro, non avevo voglia di
andare
a questo fatidico appuntamento, dopo quel pomeriggio mi sembrava tutto
una
terribile punizione.
“Vedrai che ci divertiremo”, disse Daniela con tono
eccitato.
Eravamo nella sua macchina e lei cercava di guidare, ripassarsi per la
terza
volta il rossetto e convincermi che sarebbe stata una serata grandiosa,
allo
stesso tempo.
Io e Daniela eravamo caratterialmente diverse, ma ci conoscevamo sin
dal liceo
e mi piaceva la sua compagnia allegra. Almeno finché non si
metteva in testa di
farmi uscire con qualche suo amico. Lei era sicuramente più
disinvolta di me,
specialmente con i ragazzi, ma questo rappresentava il perfetto
contrappeso per
la mia timidezza e forse anche la ragione che aveva reso possibile la
nostra
amicizia, durante quegli anni.
Anche Gaia usciva spesso con noi, ma mai per appuntamenti segreti visto
che era
fidanzata, praticamente da sempre, con Riccardo. Eravamo, comunque, un
insolito
trio: la timida, la disinvolta e la testarda. Gaia era ovviamente
quest'ultima.
Con lei avevo un rapporto diverso, forse perché ci
conoscevamo da più tempo o
perché era più simile a me in certi aspetti.
Essendo la cugina di Alessandro e
avendo la nostra stessa età, ci ritrovammo ad uscire spesso
insieme, fin dalle
medie. Inoltre vivevamo nello stesso quartiere perciò
passavamo intere giornate
insieme, anche se Gaia frequentava un'altra scuola.
Con l'inizio del Liceo, scegliemmo tutti lo Scientifico della mia
città e lì
incontrammo Daniela. Quando Gaia si fidanzò con Riccardo, in
quarta liceo,
insieme a lui anche Davide, Stefano ed Ilaria entrarono a far parte del
nostro
gruppo e tutti insieme affrontammo il lungo passaggio dalla
maturità alla
scelta dell'università. La cosa più bella era
che, anche se avevamo intrapreso
corsi universitari o lavori diversi, eravamo tutti molto uniti e ci
divertivamo
da matti insieme. Erano un pò come la mia seconda famiglia. Ogni
tanto qualcuno si
fidanzava o si invaghiva di qualcun altro, ed ecco che la famiglia si
allargava
temporaneamente per poi tornare al punto di partenza.
Dal canto mio, avevo avuto solo una storia, con Fabio, che non si
poteva
neanche classificare come tale visto che durò pochi mesi,
dopo dei quali lui mi
lasciò. Diceva che il mio cuore e la mia testa, erano da
un'altra parte. Non capii
da principio cosa volesse dire, visto che gli avevo donato la parte
più
importante di me: era stato la mia prima esperienza con l'altro sesso,
in tutti
i sensi. Iniziai, però, ad intuire qualcosa quando, la sera
stessa che Fabio mi
lasciò, la passai a casa di Ale a piangere e a pentirmi di
non aver aspettato qualcun altro.
E Poi c'era Alessandro. Lui di storie non ne voleva sentire nemmeno
parlare ma,
al contrario, di avventure,
poteva
discuterne per giorni interi.
Paradossalmente, non lo si poteva descrivere come un superficiale
maschilista,
poiché le donne le ammirava, le amava a modo suo, le
rispettava con la sua
onestà. Sì, perché Ale era
terribilmente sincero, di quell'onestà straziante e
talvolta del tutto disarmante, che ti faceva venir voglia di
schiaffeggiarlo o
prendergli il viso e baciarlo finché non si fosse rimangiato
tutto!
Era saccente, orgoglioso, possessivo sin al midollo, ma tutto questo
solo ed
esclusivamente con chi voleva lui. Non avevo mai visto qualcuno capace
di gestire
i suoi sentimenti e il suo carattere a seconda di chi avesse di fronte,
senza
risultare per questo finto o calcolatore. Lui capiva le persone e con
chi
credeva ne valesse la pena si esponeva nella sua totalità,
altrimenti, in caso
contrario, il suo atteggiamento rimaneva misurato. La parola chiave per
lui era
Fiducia: non la dava facilmente e non la pretendeva ma, se avevi la
fortuna di
possederla, era totale, e ti faceva sentire la persona più
importante del mondo.
Mi faceva sentire la più
importante
del mondo... nel bene o nel male. Come quel pomeriggio.
"Stai pensando a lui?", chiese Daniela.
"Come scusa?" Non mi ero resa conto di non aver sostenuto nessun tipo
di conversazione, da quando ero salita in macchina.
"Guarda che so che hai
litigato con Alessandro."
Mi voltai sorpresa, io non avevo detto nulla!
"Gaia!", esordimmo insieme.
"Non volevi che lo sapessi ?", chiese Daniela. E potei sentire un
tono risentito nella sua voce.
Scossi la testa sorridendo: dopo così tanto tempo che ci
conoscevamo, avevo
ancora la sensazione che soffrisse di gelosia per l'amicizia tra me e
Gaia.
"No, sciocca! Cosa credi? È solo che non volevo pensarci
stasera, tutto
qui", sussurrai guardando fuori dal
finestrino.
"Beh, non sembra che tu ci stia riuscendo granché, o
sbaglio?"
Scossi di nuovo la testa e tornai a guardarla.
"Posso chiederti una cosa?", esordì guardando la strada. Era
stranamente seria.
"Certo."
"Sei innamorata di Alessandro?"
Sentii un pugno nello stomaco, assolutamente inaspettato. Insomma,
tutto mi sarei spettata
tranne che una domanda del genere.
"Ma che cavolo dici? Che domanda... che domanda sarebbe. E poi che vuol
dire? Ti rendi conto di chi stiamo parlando? È il mio
migliore... è come se
fosse mio fr..."
"Fratello?"
"Esatto!"
"Però non riesci a dirlo. Come mai?"
La guardai sconvolta, aprendo la bocca come un pesce lesso per poi
richiuderla
facendo sbattere i denti.
"Non sai di cosa parli, non puoi capire... il nostro rapporto
è più
complicato. Non esiste una definizione per tutto, ci sono delle
eccezioni..."
"E tu stai dando di matto, per una semplice domanda",
continuò
imperterrita.
Sentii il viso avvampare e le orecchie andare in fumo.
"Non è come credi. Sono solo un po’ giù
perché non abbiamo mai litigato in
quel modo e credo di aver esagerato. Forse ero solo nervosa, tutto qui.
Non ci
sono teorie psicologiche dietro", affermai sicura di me.
Lei si ammutolì e mosse il capo in segno di aver compreso.
Poi dopo qualche
minuto sorrise di nuovo.
"E adesso cosa c'è?" La guardai curiosa.
"Stavo pensando che questa serata sarà perfetta per farti
svagare un po’.
Questo ragazzo è stupendo, e poi il sesso è la
miglior cura per tutto."
"No, scusa, e chi è che dovrebbe fare sesso con chi? Non so
nemmeno se mi
piacerà, dato che non l'ho mai visto!"
Daniela scoppio a ridere come se avessi detto la più grande
fesseria di questo
mondo. Mi fece sentire una stupida.
"È lui ad aver visto te, e gli sei subito piaciuta. Inoltre
da quel che si
dice ci sa fare, e per rispondere all'ultimo punto sono sicura che ti
piacerà.
Insomma è un figo pazzesco, se non mi avesse chiesto lui,
specificatamente, di
uscire con te, ci avrei provato io! Comunque non mi lamento, anche il
suo amico
non è da buttare", disse, specchiandosi e correggendo di
nuovo il
rossetto.
In quel preciso istante, avrei voluto volentieri aprire lo sportello e
catapultarmi fuori dalla macchina, a costo di rompermi qualcosa!
*************************
"E così sei amica di Daniela?", chiese Diego ammiccando,
come se
quella scoperta significasse chissà cosa.
"Già", ammisi con non poco sforzo.
Mi sentivo un topolino messo all'angolo, ed in effetti era
così che mi trovavo.
Eravamo dentro un disco pub e avevamo deciso di sederci ai tavolini
all'aperto.
Ma scelsero un tavolo angolare nella parte più buia,
illuminata solo da qualche
fiaccola. Il tutto doveva essere stato studiato per rendere quella
parte del
locale più intima, ed inoltre a me era toccato sedermi sulla
panca vicino al
muro con Diego posizionato al mio fianco che cercava di fare colpo su
di me.
Peccato che invece a me stesse mancando l'aria e avessi una voglia
terribile di
andarmene.
Il fantomatico "figo pazzesco Diego" era il sosia perfetto di Ken
fidanzato di Barbie, con tanto di abbronzatura super finta ottenuta
direttamente dal solarium più rinomato della
città. Se si fosse presentato con
una camicia azzurra a fiori, stile hawaiana, gli sarei probabilmente
scoppiata
a ridere in faccia.
Il problema principale non era che fosse bello o brutto,
perché mentirei se
dicessi che era un mostro. Ma quella sua aria particolarmente studiata
e
quell'atteggiamento preparato con cui cercava di snocciolarmi ogni
tanto
qualche frase fatta e per nulla gradita, lo facevano risultare
troppo... finto.
"Ti ha mai detto nessuno che hai degli occhi che fanno male?", chiese
ammiccando di nuovo e sporgendosi verso di me.
Era un complimento?
"In che senso?", chiesi per non sembrare maleducata.
"È dall'inizio della serata che ogni volta che mi guardi, mi
uccidi..." E scattò il sorriso plastificato a seguire.
A quel punto credetti si aspettasse cascassi ai suoi piedi, ma anni ed
anni di
battute del genere non mi avrebbero condotta a nulla.
Mi ritrassi istintivamente, guardandomi intorno e cercando Daniela che
era
andata un attimo in bagno, ma ormai sembrava non tornare
più. Per di più,
l'altro amico era andato a prendere qualcos'altro da bere, ma era
sparito anche
lui.
In un lampo mi vennero in mente le parole di Alessandro...
"Come se non conoscessi le abitudini della tua
amica, come minimo ti
ritroverai ad aspettarla da qualche parte mentre si sbatte uno dei due."
No, non poteva essere. Non poteva avermi lasciato lì da sola
con quella specie
di...
"Non credi che ci stiano mettendo un po’ troppo?", chiesi
mentre
cominciavo a guardarmi intorno.
Diego scoppiò a ridere e scosse la testa.
"Ma non hai visto che quei due si mangiavano con gli occhi? Credo
proprio
che saranno impegnati per un altro po’. Se vuoi possiamo
trovare anche noi un
modo per... passare il tempo. Mi auguro non ti stia annoiando!"
A quelle parole un brivido mi percorse la schiena. E no, non era
assolutamente
di piacere. Quella situazione era sbagliata fin dall'inizio, ed ero
stata stupida
io a non capirlo. La rabbia verso me stessa mi fece avvampare, segno
che Diego
interpretò come timidezza. Si fece avanti, ma lo bloccai.
"Mi scusi un momento? Dovrei andare in bagno." Mi alzai di scatto,
obbligandolo a farmi passare e mi lanciai alla ricerca di Daniela. Me
l'avrebbe
pagata. Mi aveva messo in una posizione assurda e per di più
ero bloccata lì,
visto che le chiavi della macchina le aveva lei. In quel momento,
mentre mi
facevo largo tra la gente, il mio cellulare vibrò: mi
avventai su di esso con
una rabbia indescrivibile.
"Dimmi dove cavolo sei e vieni subito qui!", urlai, ma la risposta
non fu quella che mi aspettavo.
"Ehi, calmati, sono io ma che succede?" La voce di Gaia mi
tranquillizzò per qualche secondo.
"Niente è solo che la nostra cara
amica è... non posso crederci che lui avesse ragione, io non
credevo..."
"Ti calmi e mi dici cosa succede? Stai bene?"
"Si, sto bene. È solo che mi trovo in un pub e Daniela
è sparita con
quell'altro ragazzo, lasciandomi con Mister figo che non la smette di
fissarmi
le tette e dire che ho degli occhi che lo uccidono..." E mentre finivo
la
frase, realizzai di averla detta ad alta voce e di quanto tutto
ciò risultasse
assurdo. Iniziai a ridere.
"Tesoro, sei impazzita?", chiese Gaia seriamente, e questo non fece
che aumentare di più le mie risate.
"Sì, sì... forse", ammisi, uscendo
definitivamente dal locale.
"Senti dove sei che ti veniamo a prendere?"
Sentii l'allarme della macchina di Riccardo e capii che si stavano
muovendo.
Iniziai a sentirmi terribilmente in colpa.
"Sono al Boa, ma non c'è
bisogno
che veniate, non voglio rovinare la serata anche a voi. Non
è successo niente,
quel ragazzo è solo un provolone, e comunque prima o poi
Daniela dovrà pur
tornare!" Cercai di parlare il più veloce possibile,
perché sentivo la
macchina muoversi.
"Okay, non preoccuparti, ci vediamo tra dieci minuti fuori
all'ingresso."
E chiuse la comunicazione.
Mi sentii una perfetta idiota. Ma cosa diavolo mi prendeva? In fondo
quel
ragazzo non mi aveva fatto niente, era la situazione che non mi
piaceva, ma era
un problema mio. Ero io che non riuscivo a lasciarmi andare. Cosa avevo
di
sbagliato? Perché non potevo rilassarmi e godermi una serata
in maniera
diversa?
"Ehi, sei qui", disse una voce alle mie spalle.
Mi voltai e vidi Diego avvicinarsi con il volto non più
così sorridente.
"Scusami, mi ha chiamato una mia amica e non riuscivo a sentire nulla
dentro, così sono uscita", gli sorrisi, pentendomi per i
brutti pensieri
che avevo fatto su di lui.
Lui sbuffò, guardando l'orologio e non rispose.
"Daniela e il tuo amico sono tornati?", chiesi per spezzare
l'imbarazzo.
Lui si voltò a guardarmi con un sorriso strafottente.
"Per loro fortuna no. Staranno sicuramente divertendosi più
di me."
Mi ghiacciai davanti a quelle parole.
"Senti, è evidente che questa serata è stata uno
sbaglio."
Vidi i suoi occhi, letteralmente imbestialire.
"Uno sbaglio c'è stato sicuro. Pensavo fossi diversa."
Scossi la testa, cercando di mantenere la calma: mi sentivo come un
vulcano.
"È evidente che siamo molto diversi e quindi non potreb..."
Si girò di scatto, puntando un dito contro la mia faccia.
"Ehi, non provarci neanche! Io non mi faccio scaricare da una
ragazzina.
Pensavo fossi una bella scopata, tutto qui."
Esplosi di nuovo, per la terza volta in quella giornata. Ma che avevano
tutti
quanti?
"E pensavi male! quindi smettila di startene qui a frignare, per me
puoi
anche andartene."
Si avventò verso di me con foga, e non seppi dove trovai il
coraggio di fare
ciò che feci.
"Se ti azzardi a toccarmi te ne pentirai, te lo giuro", gli sputai in
faccia.
Il buttafuori del locale, si avvicinò.
"Ci sono problemi?", chiese mettendosi tra di me e il cavernicolo.
"No, me ne stavo andando" disse lui senza allontanare gli occhi dai
miei.
Riuscii a tenere il suo sguardo solo grazie all'adrenalina che mi
scorreva
nelle vene. Andandosene mi diede una spallata e sussurrò
"Stronza!"
Rimasi di spalle fin quando lo sentii salire in macchina,
dopodiché non
resistetti più e scoppiai a piangere.
"Signorina si sente bene?", chiese il buttafuori ancora al mio
fianco.
"Si graz..."
"Micky, stai bene?" La sua voce mi fece voltare di scatto.
Lo guardai e, incontrando i suoi occhi, sentii il fuoco bruciarmi nelle
vene,
il cuore cominciò a battere furiosamente e senza pensare,
senza vergognarmi ma
solo per dare voce a ciò che il mio corpo mi stava urlando
di fare, gli corsi
incontro e lo abbracciai con tutta la forza che avevo.
"Shhh, calmati, ci sono io." La voce calda di Alessandro mi avvolse
entrandomi nel cuore. Era quello il suo posto.
*************************
Ed ecco il 2 capitolo, l'ho scritto ancora più di getto
dell'altro, ma ho approfittato di questo weekend in cui non ho fatto
praticamente nulla :D Ringrazio tutte le ragazze che mi hanno
recensito, chi mi ha messo tra le seguite, chi tra le preferite, grazie
davvero...non sò se me lo merito perchè la storia
è ancora all'inizio, ho così tante idee che
vorrei scriverle subito, tutte, ma ho bisogno di tempo. Non era mia
intenzione, finire un altro capitolo in così poco tempo, ma
stasera mi sono fatta prendere la mano e ho deciso di interrompere qui
perchè dai prossimi capitoli le cose si complicano. Come
vedete, sono entrati in scena nuovi personaggi, alcuni solo accennati,
come il gruppo di amici di Michela che vedremo più in
là, e poi che ne pensate di Daniela? Come vi sembra?
Aspetto una vostra opinione e se vi va di scrivermi due paroline, ne
sarò contenta!!! GRAZIE ancora, Baci Londinesi
xoxoxox
ps: Vorrei ringraziare "LadyEl" per la sua pazienza ed il suo aiuto, se
non la conoscete (ma credo sia impossibile perchè
è tra le migliore autrici su efp) andate a leggere le sue
storie, non che abbia bisogno della mia pubblicità, ma avevo
voglia di ricambiare nel mio piccolo la sua gentilezza.
ringrazio inoltre il gruppo di fb "l'angolo di Jane" gestito dalla mia
amica Viola, che ha pubblicato un link su questa piccola storia che
timida timida sta muovendo i primi passi :)
A presto, Lela
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Capitolo 3 *** Ritorno ***
Fuga 3
Fuga
Capitolo
3
Ritorno
12
MAGGIO 2010
“Dlin Dlon, signori passeggeri vi
diamo il benvenuto all’aeroporto di
Fiumicino…”
La voce del comandante mi svegliò facendomi ritornare alla
realtà. Mi guardai intorno confusa, non
potevo credere di aver dormito per tutto il viaggio, senza accorgermi
di nulla.
La signora seduta al mio fianco
mi
sorrise e si accinse ad alzarsi così io feci lo stesso. Avevo solo un
bagaglio a mano ed il portatile quindi non avrei dovuto aspettare ad
uscire, e
questa nuova constatazione non fece altro che aumentare il mio stato
d’ansia.
Chi ci sarebbe stato ad
attendermi? Sapevo per certo che mia madre non poteva venire
perché non aveva
la patente ed inoltre quella mattina mio padre sarebbe uscito
dall’ospedale. Mi
aveva avvisato che avrebbe pensato a tutto lei senza darmi nemmeno la
possibilità di replicare, perciò ora poche possibilità
si
accavallavano una su un’altra.
Poteva esserci Alessandro?
In quell’attimo il suo
nome
rimbombò nella mia testa, lasciando che
il cuore volasse
via da me, senza controllo. Sospirai scuotendo la testa, non era
possibile che
dopo due lunghi anni passati a dimenticare tutto, adesso il semplice
suono del
suo nome potesse ritornare a me come un bumerang. Inoltre la parte
più
razionale di me sapeva che quello era solo un desiderio nascosto. Dopo
tutto ciò che era accaduto, c’era solo una persona
che mi era rimasta vicino…
“Micky!”
sentii due braccia
saltarmi al collo in una morsa d’acciaio, mentre le mie
orecchie cercavano di
sopportare l’urlo inumano provenire da
quell’innocua creatura.
“Gaia!”
risposi altrettanto
felice, mettendo da parte quella singola voce nella mente che reclamava
altre
braccia.
Ero davvero contenta di vederla,
mi era mancata immensamente.
“Ehi ma fatti
guardare…ma ti sono
cresciute le tette?” chiese ridendo.
“Sì certo
come no!”
Continuammo a guardarci per
alcuni
secondi senza dire nulla e continuando a sorridere.
“Non posso credere che
tu sia qui”
disse ancora con la voce leggermente incrinata.
Abbassai lo sguardo cercando di
trattenere le lacrime. Non c’era bisogno di parole tra di
noi, ci capivamo con
un solo sguardo.
“Lo so, è
strano anche per me…non
sai quanto mi sei mancata” dissi abbracciandola ancora.
“Anche
tu…anche tu!”
*************************
Il viaggio in
macchina fu stranamente normale, per quanto tempo fosse passato Gaia
rimaneva
la mia migliore amica. Non smetteva di raccontarmi tutto ciò che poteva, sembrava avesse
paura scomparissi da un momento all’altro
senza darle la possibilità di finire. Ero già a
conoscenza di molte novità
poiché ci eravamo sentite via internet, altre però furono del
tutto inaspettate.
“..E così mi hanno proposto una cattedra
come supplente per alcuni mesi, dovrei
cominciare a Settembre e trasferirmi a Firenze, Non puoi immaginare
quanto sia
agitata ed impaziente, inoltre sarà la prima volta in vita
mia, che vivrò da sola, libera da..”
La interruppi sorridendo.
“Ehi prendi un
po’ di fiato”
Lei annui, spostando gli occhi
dalla strada e puntandoli nei miei.
“Si, scusa è
che sono così eccitata e avevo davvero bisogno
di parlarne con te..”
“Sono felice per te,
vedrai che
sarà un ottima esperienza, certo magari la lontananza con
Riccardo potrà essere
un po’ difficile però..”
Lei spostò gli occhi sulla strada,
continuando a guidare.
“Questo non
sarà un problema”
disse seria.
Non capii da principio cosa
volesse dire.
“Certo
perché voi siete una
bellissima e solida coppia, questo non farà
che…”.
“Riccardo ed io, ci
siamo
lasciati” mi interruppe.
Rimasi immobile e incapace di
dire
anche solo una parola. Gaia continuò a guidare per alcuni secondi e
poi riprese a parlare.
“Bè…diciamo
che la decisione è
stata più sua che mia ma va bene, siamo rimasti ottimi amici
ed io sto
bene…credo”.
Cercai di riprendermi.
“Quando...quando
è successo” ero
sconvolta non me l’aspettavo davvero.
Lei sorrise facendo una piccola
smorfia con la bocca, la conoscevo e sapevo quanto in realtà
non stava bene per
niente.
“Circa sei mesi
fa”
“Cosa?” quasi
urlai.
Lei scosse la testa senza parlare.
“Perché non
mi hai detto nulla,
insomma ci sentivamo tutte le settimane…mi hai raccontato di
tutto e ti sei
dimenticata di omettere questo piccolo particolare?” chiesi
con molta più
enfasi di quanto mi potessi permettere.
“Non ne volevo parlare
e poi tu
non c’eri” rispose triste.
Quelle parole mi ferirono
perché
sapevo che erano vere.
“Mi dispiace”.
Gaia tornò a guardarmi e sorrise.
“Tesoro, so
perché sei andata via,
anzi forse sono l’unica persona a sapere tutto, non ti sto
incolpando, ti sto
solo dicendo che anche per me non è stato facile. Dover
combattere con la tua
mancanza, dover negare di sapere dove tu fossi, cercare di far
ragionare
Aless…” si interruppe nell’istante in
cui mi ghiacciai e guardai fuori dal
finestrino.
“Bè…ma
ora è tutto passato” disse
cercando di sembrare fiduciosa.
“Già..”
ma non ne ero tanto
sicura, a me sembrava solo l'inizio.
*************************
"Allora è proprio il
caso di
dire... casa dolce casa" annunciò Gaia davanti al giardino di casa
mia.
Sorrisi cercando di allontanare
la
terribile voglia di guardare in fondo alla via, per controllare se ci
fosse la sua
macchina.
Insomma Michela, non sei
più
quella ragazzina innamorata. Tutto è diverso ora, sei
tornata per un motivo e
lui non c'entra.
Guardai il mio piccolo post-it
cercando di trovare il coraggio, poi sospirai scendendo dalla macchina.
"Hai già avuto
occasione di
vedere mio padre?" chiesi avviandomi al cancello.
"Certo, prima di venire
all'aeroporto
sono passata a casa tua e loro stavano rientrando" mi voltai di scatto.
"Vuoi dire che sono
già in
casa? Dov'è la macchina?" chiesi iniziando a correre verso
la porta nella
stesso momento in cui mia madre la spalancò.
"Mi sembrava di aver sentito
dei rumori..." disse correndomi incontro.
"Oh mamma" ci
abbracciammo entrando in casa. Gaia era dietro di noi sorridendo.
"Dov'è
papà? Come sta? Cosa
hanno detto i dottori?" chiesi tutto d'un fiato guardandomi intorno per
vedere dove fosse.
"Shhh calmati, sta dormendo
ora. I dottori dicono che sta meglio ma deve riposare e stare il
più
tranquillo possibile"
Annuii, sentendo gli occhi
pungermi e le lacrime voler uscire. Mi ero davvero spaventata, avevo
preso il
primo volo disponibile ma era comunque passato troppo tempo da quando
c'
eravamo visti l'ultima volta.
"Oh bambina mia non fare così, posso immaginare quanto ti sia
spaventata. Vieni sediamoci, ho fatto
una bella spremuta d'arancia".
Andai in salone con Gaia
guardandomi intorno emozionata. Tutto era rimasto lo stesso. Il divano
color panna, sul quale mi stendevo a vedere i film e chiacchierare con
mamma, mentre
papà leggeva il giornale sulla sua poltrona preferita, la
porta finestra che
affacciava sul mio bellissimo giardino. La luce del sole che entrava
illuminando le foto sui mobili.
La sensazione di calma e
tranquillità che più amavo di casa mia... tutto
mi era mancato.
Gaia mi guardava in silenzio,
probabilmente immaginava cosa stessi pensando.
"Allora dimmi com'è
andato il
volo?" chiese mia madre tornando in salone.
"Bene, ho dormito per tutto
il tempo" sorrisi "ed invece voi come avete fatto a tornare così presto ? Hai chiamato un taxi ?".
Gaia si voltò verso mia madre ed entrambe mi
guardarono.
"Bè veramente...
Alessandro
ci ha accompagnato" disse mia madre.
La guardai interdetta per un
attimo.
"Come scusa?"
"Si, vedi nell'ultimo periodo
mi ha visto spesso prendere l'autobus per uscire quando tuo padre non
c'era ed
ora che tuo padre non può guidare...si è
offerto di
accompagnarmi quando ne ho bisogno, visto che abitiamo vicini ed
inoltre il suo
ufficio è nella stessa zona di tuo padre, usciamo spesso
insieme così mi evito di.."
"Il suo ufficio?" chiesi
spalancando la bocca.
"Sì, lavora nello studio legale del
padre da
quest'inverno" s'intromise Gaia.
A quel punto ero completamente
scioccata, insomma sapevo che aveva preso Giurisprudenza
perché il padre lo
aveva costretto, ma lui aveva studiato sempre il minimo indispensabile
per
passare l'anno, diceva sempre che non sarebbe mai voluto diventare il
portaborse di suo padre.
"Lui non ha mai voluto
lavorare con suo padre...voglio dire lo detesta ed ha ragione".
Entrambe mi guardarono senza dire
una parola, solo qualche secondo più tardi Gaia aggiunse
"bè diciamo che
Alessandro è cambiato...abbastanza direi".
Annuii senza saper cosa dire, era
ovvio che mi ero persa molto della sua vita e solo l'idea mi faceva
nascere un'immensa
tristezza. Ero sempre stata la prima a sapere tutto ciò che lo riguardava, ero sempre
stata colei con cui si confidava, ero
la sua persona speciale...la sua migliore amica. Avrei dovuto sapere
che
partendo, tutto questo sarebbe accaduto, giusto?
Ma allora perché
faceva così male?
Mi alzai prendendo
la valigia,
mentre sentivo gli occhi di mia madre e Gaia puntati addosso.
"Vi dispiace se vado a farmi
una doccia" chiesi cercando di sembrare tranquilla.
Gaia si alzò venendomi incontro.
"Fai pure, io devo scappare
ti chiamo più tardi ok?" disse abbracciandomi.
Annuii e m'incamminai verso la
mia
camera. Aprendo la porta, il sole che illuminava la stanza mi accecò, ebbi solo un attimo di
esitazione e dopo di ché entrai.
Nulla nella mia camera distolse
l'attenzione
da ciò che vidi sul mio letto. Fu
naturale per me correre di
getto dimenticando tutto per un singolo istante... un biglietto piegato
a metà
mi stava aspettando e sapevo di chi fosse.
Il cuore cominciò a correre all'impazzata, non ero
preparata alle mille sensazioni che
lui riusciva a provocarmi...avevo dimenticato come il mio cuore potesse
accendersi e tornare a vivere in un istante, non ricordavo quanto
queste
emozioni potevano sconvolgermi.
Non avevo dimenticato però, la sua scrittura ordinata,
aggraziata... e...
"So che sei tornata...ti
prego di non cercarmi....".
ed... il dolore di un cuore
spezzato....
*************************
Eccomi di nuovo qui, scusate il ritardo ma questa settimana mi sono
laureata ;D e tra discussione della Tesi, festa con amici e parenti e
ritorno a Londra, non ho avuto un attimo di respiro....ma ora sono
ufficialmente una Dottoressa!!!
Sicuramente, avrò più tempo libero da dedicare a
questa storia e anche ad un'altra che ho scritto tempo fa su Twilight,
forse la posterò perchè mi piace davvero tanto ed
ho voglia di condividerla!!! devo solo convincermi :)
Ovviamente, spero che questa mia originale vi stia piacendo, cerco di
scrivere il più possibile ma devo rispettare dei tempi
narrativi...insomma vorrei dirvi subito cosa è accaduto ma
non posso se no la storia finisce!!
Ringrazio, tutte coloro che hanno recensito, chi mi ha messo tra le
seguite, chi tra le preferite, GRAZIE davvero...dal prossimo capitolo
se la tecnologia mi assiste (sono negata sappiatelo) e senza sembrare
presuntuosa, vorrei mettere delle foto di Ale e Micky, per farvi vedere
come li immagino io, che ne pensate???
Aspetto con ansia, un vostro parere, consiglio o quello che vorrete
dirmi!!
Un abbraccio, ci rileggeremo presto ;D
Lela
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Capitolo 4 *** Lacrime ***
FUGA- Cap 4
Fuga: capitol 4
FUGA
Capitolo 4
LACRIME
13
MAGGIO 2010
Quella
notte
dormii male o forse è meglio dire che non dormii affatto.
Avevo
un terribile nodo allo stomaco ed una fortissima voglia di piangere, ma
non lo feci. Promisi a me stessa, due anni prima, che non avrei
più pianto per lui e non perchè Alessandro fosse
un
ragazzo per cui non ne valesse la pena, anzi, era per me stessa.
La ragione principale per cui partii, era perchè volevo
essere
felice, ma smettere di piangere sarebbe stato un gran passo avanti
comunque. Ricordo ancora le notti
passate in bianco, a guardare il soffitto, a tremare al solo pensiero
che da un momento all'altro Ale potesse bussare alla mia finestra, come
accadeva di continuo, ed allo stesso tempo avendo un desiderio
insaziabile che ciò accadesse. Quando finalmente partii per
Londra, le mie paure cambiarono ma non smisero mai di accompagnare le
mie notti insonnie. Terry, la mia vicina, mi chiedeva sempre come
facessi a stare sveglia tutta la notte e poi la mattina alzarmi come se
niente fosse. Non lo sapevo nemmeno io, ma mi sforzai con tutta me
stessa, di andare avanti e dimenticare.
Non mi ero mai illusa di esserci riuscita, non si può
dimenticare un ragazzo come Alessandro ne tantomeno il rapporto che
avevamo costruito negli anni, potevo solo continuare a vivere... senza
di lui. E non mi resi conto quanto tutta la mia vita, era diventata
incolore.
Ale era il mio arcobaleno dopo la pioggia, il sorriso sicuro di chi
crede in te e ti incoraggia. Era come la brezza del mare nelle giornate
di sole, un fresco e agrodolce profumo che ti riempie i polmoni
donandoti brividi in tutto il corpo. Era l'arancione delle foglie,
nelle giornate d'autunno o la cioccolata calda nelle notti
d'inverno...questo era Alessandro per me...e questo non sarebbe stato
mai più.
Chi, aveva cambiato tutto?
Potrei dire lui. Oh sì, sarebbe decisamente più
facile
incolparlo di tutto ed iniziare ad odiarlo...ma potrei incolpare anche
me stessa... potrei semplicemente
dire entrambi. Resta il fatto che mai prima di allora, capii il
detto "le persone che ami sono quelle che ti fanno più
soffrire"...
Bè allora dovevo amarlo proprio tanto!
La mattina seguente ero stanca. Stanca di essere tornata a casa con lo
stesso peso nel cuore, stanca di non sentirmi così diversa,
stanca perchè avevo davvero creduto di aver fatto dei
miglioramenti, ma la sensanzione di completo smarrimento quando lessi
il suo biglietto, mi suggerì che la strada che avevo
davanti, era
ancora lunga.
"Stupida, sciocca e sentimentale...ecco cosa sei" dissi alla figura al
mio specchio.
Mi lavai il viso con l'acqua ghiacciata con la speranza di riuscire al
scacciar via tutta la stanchezza, ma anche con la voglia di punire la
mia debolezza.
"Non puoi pensarci ancora, devi finirla!" puntai il dito verso il mio
riflesso "sai cosa facciamo? Adesso tu chiuderai questo capitolo della
tua vita una volta per sempre. Certo, forse è proprio questo
il
punto, avevi bisogno di tornare quì dove tutto è
iniziato e mettere un punto a questa storia perchè..."
"Tesoro stai bene?" chiese mia madre davanti la porta del bagno.
Mi voltai di scatto, con il dito ancora in aria.
"Certo, perchè non dovrei...papà si è
svegliato?"
chiesi asciugandomi il volto e mettendo fine alla mia performance.
Mia madre mi guardò e sorrise.
"No, stavo giusto portandogli la colazione a letto"
"Aspetta, lo faccio io" dissi togliendole il vassoio dalle mani ed
incamminandomi.
"Va bene, ma non saltargli addosso ne tantomeno sul letto".
Mi fermai guardandola.
"Mamma ho venticinque anni, non sono più una bambina"
"Bè...sarà ma cerchi ancora di autoconvincerti di
fronte allo specchio, perciò pensavo..."
"Spiritosa!" urlai dalla fine del corridoio.
La camera era ancora in penombra, così entrai lentamente
poggiando il vassoio sul comodino per poi andare a scostare le tende e
fare entrare la luce del sole.
"Mi macava tutto questo" disse una voce dolce e calma.
Mi voltai e sorrisi.
"Ma allora sei già sveglio ed io che volevo saltarti sul
letto...non dirlo alla mamma però!"
Mio padre sorrise ed allungò un braccio verso di me.
"Puoi farlo se vuoi, sarò muto come un pesce"
Mi avvicinai sentendo un nodo formarsi in gola, mi era mancato anche
lui.
"Facciamo che mi limiterò a stendermi vicino a te" dissi.
Aprii la finestra, per far entrare aria fresca e poi mi stesi al suo
fianco, facendolo appoggiare con la schiena sulla testiera del letto.
Mi avvolse in un abbraccio e rimanemmo in silenzio per alcuni istanti.
"Alla fine sei tornata da me" disse baciandomi la fronte.
Lo guardai sentendo gli occhi bagnati.
"Non era da te che fuggivo" sussurrai e mi resi conto che fu la prima
volta che lo ammisi.
Mio padre sorrise e mi guardò dolcemente.
"Speravo che tu stessi meglio ma posso vedere ancora qualche ombra nei
tuoi occhi"
Se c'era una persona che mi conosceva meglio di chiunque altro, perfino
più di me stessa, era mio padre, ma non volevo farlo
preoccupare
con i miei problemi. Tutto ciò che mi importava in quel
momento
era che lui stesse meglio.
"Forse ho sbagliato a chiamarti, non eri ancora pronta a tornare ed io
ti ho forzato..."
Lo guardai meglio mettendomi a sedere.
"Papà non dire così, hai fatto benissimo a
chiamarmi.
Questo è il mio posto, la mia casa, sarò sempre
pronta
per voi, ci sarò sempre per voi. I miei problemi...si
risolvono...sono...ma questo" dissi indicando noi due, "tu e la mamma
siete tutto ciò che conta per me, sono contenta di essere
tornata, davvero!".
Lui rimase a guardarmi in silenzio per qualche secondo ed io continuavo
a sorridergli.
"Stai ancora cercando di studiare il mio volto?"
Scosse la testa e tornò a sorridere con me.
"Mi sei mancata, bambina"
"Anche tu, papà e... dimmi se posso fare qualcosa, a parte
portarti la colazione a letto e viziarti di coccole, non sai che sei
assolutamente legittimmano a chiedermi tutto ciò che vuoi?
Non
avrai mai più un occasione come questa".
Lui iniziò a sorseggiare il suo thé.
"Davvero posso chiederti tutto ciò che voglio?"
"Assolutamente" dichiarai.
"Parla con Alessandro" disse tranquillamente.
Mi immobilizzai.
"E' fuori discussione" dissi freddamente.
"Ma hai detto qualunque cosa e tu devi..."
"Mi ha esplicitamente chiesto di non cercarlo, e non lo
farò. Non sono tornata per lui ma per te".
Tornò a sorseggiare il thé e potei giurare di
vedere le rotelline del suo cervello girare.
"D'accordo, come non detto, ti chiederò qualcos'altro e tu
non potrai rifiutare"
"Ora sembri il Padrino"
"Ah ah sempre spiritosa la mia piccoletta. No, voglio solo che sfrutti
al meglio questi giorni che sarai qui. Esci con Gaia, con i tuoi amici,
vai al mare...insomma divertiti"
Lo guardai allibita
"Papà non sono qui in vacanza ma perchè tu sei
stato male. Io voglio stare con voi, mi mancate e non mi importa.."
"Importa a me. Voglio che ti diverta e che ricordi che quì
ci
sono anche persone che ti amano, con cui hai passato bei momenti. Non
voglio che ogni volta che penserai a casa, tu debba stare
male, perciò esci. Staremo insieme, non preoccuparti, io
sono
costretto a stare in casa e non vado da nessuna parte. Esci qualche ora
ogni giorno e poi torni a casa. Semplice, utile ed indolore".
Mi sorrise, probabilmente consapevole che non potevo dire di no,
conoscevo mio padre e quando voleva una cosa...andava fatta.
Dopo pranzo, andai a disfare le valigie, la sera prima non ne avevo
avuto nè la voglia nè la forza.
Entrando in camera mia, mi permisi qualche sguardo lanciato
quì e là. Quello era sempre stato il mio nido,
durante la mia adolescenza specialmente. Adoravo il fatto che fosse una
camera molto grande e spaziosa con un bagno tutto per me. Mia madre
diceva sempre che avrei potuto chiudere la porta e vivere lì
e loro si sarebbero dimenticati della mia esistenza, per quanto tempo
ci passavo.
Adoravo chiudermi dentro il mio mondo fatto di libri, canzoni, parole,
ricordi...e sogni irrealizzabili. Inoltre adoravo il fatto di avere un
piccolo balcone tutto per me, affacciava sul nostro giardino e
rappresentava la miglior scala possibile, per Ale, che entrava
continuamente in camera mia senza chiedere.
Alessandro...di nuovo la mente volò a lui.
Scossi con forza la testa, come a voler scacciar il suo volto dalla mia
memoria, e misi la valigia sul letto.
"Tesoro, le tue cose sono tutte al loro posto" si affacciò
mia madre.
"Grazie, non ho portato molto in effetti" ammisi guardando la valigia.
"Non volevi tornare vero?" chiese sedendosi sul letto.
Non mi guardava e sapevo ci era rimasta male.
"No...non è per quello è che ho preso
l'indispensabile, non sapevo quanto sarei rimasta e non ho avuto tempo
per organizzarmi. E' gia tanto che sia riuscita ad ottenere un permesso
al lavoro, così senza preavviso".
Cominciai a tirar fuori i panni, e riporli nei cassetti, continuavo a
non guardare mia madre perchè avevo paura della fatitica
domanda, che ovviamente non tardò ad arrivare.
"Non vuoi rimanere?" chiese.
Mi fermai e tornai a guardarla, sospirai e mi misi a sedere al suo
fianco.
"Mamma...certo che vorrei rimanere, ma... vedi ci ho messo
così tanto per iniziare a costruirmi una nuova vita, ho
trovato un lavoro che mi piace, certo non sarà il lavoro
della mia vita, ma sono tutti molto simpatici e gentili con me, sono
diventati quasi una famiglia e..."
"Siamo noi la tua famiglia" disse fredda.
"Lo sò, non volevo dire questo, è solo che
è stato molto difficile per me partire, proprio per tutto
l'amore che provo per voi. Starvi lontano in questi anni è
stata una lenta tortura ma pian piano sono riuscita a risollevarmi, sto
trovando una sorta di equilibrio o quanto meno ci stò
provando..."
Mia madre mi guardò dolcemente ma con la tristezza negli
occhi.
"Scusa, sò che si tratta della tua vita e sò di
essere egoista a parlare così, ma sei la mia unica figlia e
... voglio che tu sia felice, voglio che tu guardi avanti accettando
ciò che è stato, dimenticando e.."
Mi alzai di scatto, cercando di trattenere le lacrime che volevano
venir fuori. No, non avrei pianto, erano due anni che non piangevo.
Conoscevo bene il suo punto di vista, me lo aveva ripetuto tante volte.
"Dimenticare è tutto ciò che voglio e che sto
cercando di fare da anni. Sembra così facile ma non lo
è. Mi sforzo da così tanto tempo da non
ricordarmi più da quando, poi torno quì, vengo a
sapere che, Lui ti accompagna a fare la spesa, che è venuto
a prendere papà all'ospedale... Cerco di accettarlo, vado a
salutare mio padre che ha quasi avuto un infarto e la prima cosa che mi
dice è -parla
con Alessandro-... ed io solo a sentire il suo nome mi
sento morire!"
Iniziai a camminare avanti indietro sentendo un calore incontrollabile
salirmi dentro, il cuore iniziò a pompare sempre
più veloce...
"Dite che questa è la mia casa, questa è la mia
camera, il mio nido ma Lui è ovunque.... Torno a casa mia e
trovo un biglietto, il Suo... Lui che chiede a Me di non cercalo!
Non capisci che è dappertutto... ovunque mi giri
c'è lui...."
Mi avventai verso il comò sapendo cosa ci fosse nel terzo
cassetto, lo aprii con così tanta forza da buttarlo a terra
e presi la tuta che insieme ad altri panni, Ale teneva a casa mia per
le emergenze.
"E' ovunque!" urlai... esplodendo.
Mia madre mi corse in contro, prendendomi per le spalle.
"E' ovunque, perchè non avete chiarito
nulla. E' ovunque perchè sei scappata ma non puoi continuare
a fuggire, Lui sarà sempre con te perchè
è qui..." disse poggiando la sua mano sul mio cuore e solo
allora mi accorsi di stare piangendo....
Dopo due anni, tornai a piangere...per Lui.
*************************
Allora,
eccoci quì, non sò voi ma a me dispiace proprio
tanto per Michy :(
E' davvero sempre più strano cominciare a scrivere una
storia con un'idea e vedere come poi i personaggi vagano indipendenti
tra le righe della mia fantasia...è proprio vero, loro sono
la voce ed io lo strumento. Questo è ciò che
più amo dello scrivere :D
Sò che questi primi capitoli possono sembrare un
pò lenti ma mi servono per indirizzare la storia. Dal
prossimo capitolo incontreremo finalmente Alessandro, volevo
già introdurlo da questo, ma le Lacrime di Michela hanno
deviato il percorso.
Volevo solo fare un appunto, dal prossimo capitolo torneremo nel
passato, tra flash back, sogni e discussioni vedremo cosa è
accaduto, o meglio inizieremo a vederlo... adoro le storie a doppio
tempo ma non sono proprio semplici da scrivere, devo incastrare pezzi e
ricordi che hanno un filo logico comune ed indipendetente al tempo
stesso, spero che il risultato sia interessante :)
PS: Come sempre ringrazio tutte le ragazze che mi seguono, il numero
sta crescendo e mi emoziono ogni volta che vedo un nuovo nome :)
se, vi andrebbe di condividere le vostre idee ed opinioni con me, ne
sarò felicissima..scrivete scrivete scrivete :D
Un abbraccio, alla prossima con Ale e Michy
Lela
Buona Pasqua
|
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Capitolo 5 *** Da quel giorno...(parte 1) ***
FUGA- Cap 5
FUGA cap 5
FUGA
CAPITOLO 5
Da quel giorno...(parte 1)
"Michy
sei pronta, non vorrai fare tardi al tuo primo giorno?" urlò
mia madre dalla cucina.
Mi guardai allo specchio un ultima volta, sistemai al meglio
la coda ai miei capelli e presi la cartella.
"Sto scendendo" risposi.
Quando entrai in cucina mia madre mi guardò sorridendo
mentre
mio padre abbassò il giornale e sorseggiò la sua
tazza di
caffè.
"Tesoro sei sicura che non vuoi che ti accompagni, infondo lo abbiamo
sempre fatto" cercò di persuadermi mia madre ma io ero
più che convinta, mi sentivo pronta.
"Mamma non devo fare altro che arrivare fin all'incrocio della strada e
dopo aspettare l'autobus della scuola, che passerà tra
circa...
cinque minuti? Sono in ritardo, non posso crederci" mi girai diretta
verso la porta cercando di infilare meglio la spallina della mia
cartella.
"Vieni quì ti aiuto io. Ma non è troppo pesante
questo zaino?" chiese mio padre.
Scossi la testa alzando gli occhi al cielo, "papà da oggi
inizio
le scuole medie, e non voglio che i miei professori mi trovino
impreparata, così ho portato tutto ciò che
potrebbe
servirmi, non preoccuparti ce la faccio, sono grande ora!" dissi
orgogliosa mentre mio padre annuiva sorridendo.
Chiusi la porta e uscii di casa. Era vero mi sentivo grande e anche se
non lo avrei mai ammesso, impaurita. Camminai attenta sul
marciapiede della mia via e potei vedere l'incrocio in lontananza,
tirai un sospiro per darmi coraggio e mi voltai trovando
i miei genitori a fissarmi dal cancello di casa. Sorrisi e li salutai
prima di fargli cenno di rientrare. Ero grande ormai!
Dal lato opposto del marciapiede, una porta si aprì.
"Vedi di non farti riconoscere dal primo giorno" disse una voce austera
e dopo di chè un ragazzo uscì dal cancello.
Ricordo di aver pensato quanto fosse alto, nonostante le spalle
curvate. Teneva il volto sempre abbassato e non potei vederne bene i
lineamenti.
In silenzio cominciò a camminare al mio fianco senza
guardarmi,
fino a raggiungere la fermata dell'autobus, dove tirò fuori
un
walkman tutto avvolto dallo scotch. Rimasi a guardarlo incuriosita sino
all'arrivo del bus, ma quando salimmo la confusione che regnava in
quella trappola gialla, mi fece distrarre.
Dal cancello principale della scuola si distendeva un grande piazzale
pieno di ragazzi e ragazze che, urlavano, correvano, scherzavano,
ascoltavano la musica, vidi anche alcune ragazze mettersi il
rossetto...il rossetto?
Rimasi interdetta e mi sentii totalmente in imbarazzo, insomma ero
grande ormai ma non ...così grande. Non mi ero mai truccata
in
vita mia e per di più mi sentii tremendamente goffa. Tutte
le
ragazze avevano cartelle a righe colorate e disegnate. La mia
di
cartella arrivava quasi sino a terra e mi nascondeva completamente, per
di più era piena di libri, pesante e decisamente non alla
moda.
Mentre ero lì impalata a fissare la mia nuova scuola, del
tutto
diversa da ciò che immaginavo, qualcuno mi urtò
facendomi
cadere a terra.
"Ehi, ma..." non feci in tempo a rispondere, che vidi la ragazza che mi
aveva spinto, guardarmi e ridere a crepapelle con le sue amiche.
Avvampai per l'imbarazzo sentendo le lacrime agli occhi e cercando di
alzarmi, ma la cartella era troppo pesante, così risultai
maggiormente goffa facendo aumentare le risate alle mie spalle.
Mentre ero indecisa se rimanere seduta a terra fino alla fine dei miei
giorni o alzarmi lasciando lì la cartella e valutando la
possibilità di cambiare scuola, una mano entrò
nel mio
campo visivo.
"Potresti almeno chiedere scusa" disse la sua voce alla ragazza.
"Non è colpa mia se al posto di uno zaino, ha un
soprammobile" risposte quest'ultima, facendo ridere le sue amiche.
"Già, non tutti vengono a scuola con il beautycase" rispose
lui, prendendomi per mano.
"Andiamo" mi disse, lo guardai per ringraziarlo e lo riconobbi, era lo
stesso ragazzo che viveva nella mia via.
"Questa è meglio se la porto io" prese la mia cartella senza
chiedermi il permesso e io lo guardai incredula.
"Ma che ci hai messo dentro, le pietre?" chiese scioccato.
Arrossi d'istinto ma non riuscii a trattenere una risata.
"No, ci sono i libri per quest'anno"
"Tutti?"
"Non ero sicura di quali servissero e volevo essere preparata" risposi
naturale.
Lui scrollò le spalle. "Bè dobbiamo pur passare
il tempo,
in questa gabbia di matti" e mi sorrise in quel modo dolce e
comprensivo che avrebbe, da
quel giorno in poi, riservato solo a me.
"Ah, comunque ciao, io sono Alessadro" continuò
incamminandosi.
"Ciao, io sono Michela" sorrisi di rimando, correndogli dietro.
*************************
Sfogliavo
il giornale davanti a me, ascoltando tutti i consigli di Gaia su come
dare il primo bacio.
"E' questione di pratica, tutto qui. Guarda le foto, vedi come
è spiegato?" disse entusiasta.
Piegai la testa da un lato, cercando di capire come posizionare le
labbra.
"E secondo te come faccio a fare pratica?" chiesi ridendo.
Gaia sfederò il suo sguardo da maestra.
"Allora, in mancanza di un ragazzo in carne ed ossa puoi usare il palmo
della mano, è un ottimo esercizio" e mi mostrò le
immagini dal giornale.
"Ma io mi sento stupida" commentai.
In quel momento la porta si aprì, era mia madre.
"Gaia, ha chiamato tua madre e dice che è pronto da mangiare
e
di correre a casa. Michy tra poco sarà pronto anche per noi".
Gaia mi guardò, sbuffando.
"Va bene, tu cerca di fare pratica ne riparliamo domani" e salutandomi
se ne andò.
Rimasi a contemplare....come era scritto? ah già, -le regole
base di una buona baciatrice-
La faccenda del palmo della mano non mi convinceva per niente, insomma
dove era il romanticismo in tutto questo?
"Già però sei l'unica a non aver ancora baciato
nessuno e dobbiamo rimediare" dissi a me stessa.
Diedi un ultimo sguardo alle foto, poi avvicinai il palmo al mio viso,
chiusi gli occhi e... niente. Non ci riuscivo.
"Forse devo far finta che sia un ragazzo...vediamo...chi potrebbe
essere".
Richiusi gli occhi e riavvicinai il palmo alle labbra, trattenni il
respiro come se fosse vero e...
"Che stai facendo?"
Sobbalzai di scatto, urlando.
"Ma ti sembra il modo? ti ho detto mille volte di non entrare dalla
finestra" sbuffai tirandogli un cuscino.
"E poi dov'è il divertimento?" ridacchiò Ale
sedendosi sul letto difronte a me.
"Allora che stavi facendo?" chiese di nuovo e io ricordandomi del
giornale lo chiusi di scatto. Mossa sbagliata.
"Niente, pensavo"
"Sì, come no, fammi vedere" si sporse dietro le mie spalle
per afferrare il giornale, ovviamente aveva intuito.
Sbuffai sapendo di non avere via di scampo con lui.
"Prometti di non ridere?" chiesi ed Ale cominciò a sorridere.
"Basta, non se ne fa niente" rinunciai alzandomi ma lui mi prese per la
vita e mi ritirò sul letto.
"Ok va bene" rispose.
Lo guardai seria negli occhi per capire se potevo fidarmi.
"Dì - prometto che non ti prenderò in giro-"
Ale mi guardò dolcemente.
"Lo sai che non lo faccio mai, non seriamente almeno".
Decisi di fidarmi e gli mostrai il giornale sentendomi una stupida, lui
lo guardò per alcuni minuti, terribilmente serio, solo ogni
tanto potei vedere un piccolo sorriso stringergli le labbra.
Mi affrettai a spiegare.
"Sono i brillanti consigli di tua cugina...insomma dalla prossima
settimana inizieremo il liceo ed io sono l'unica che non ha mai baciato
un ragazzo e non solo è imbarazzante ma anche ridicolo e non
sò se è più ridicolo il fatto che io
sia
quì a leggere queste cavolate e a baciare il mio
palmo o il fatto che non abbia uno straccio di ragazzo per far
pratica e..."
"Ma tu hai me!"
Mi bloccai come una statua, rimanendo a bocca aperta, insomma non
poteva averlo detto sul serio. Ci guardammo in silenzio per alcuni
secondi e poi...scoppiai in una fragorosa risata.
"Perchè ridi?" disse serio.
Tornai seria anch'io, immediatamente.
"Ma stai scherzando?" chiesi sbalordita.
Ale chiuse il giornale da una parte e mi prese una mano.
"No, parlo davvero. Se vuoi provare a baciare un ragazzo io ci sto, e
ti assicuro che sono molto meglio della tua mano"
Abbassai gli occhi imbarazzata.
"Ma non credi che sarebbe strano...voglio dire... tra noi ?".
Lui scosse la testa e sorrise.
"Non vedo perchè sei la mia migliore amica e poi
sarò onesto e ti dirò come sei andata" disse
serio.
"Davvero?"
Sorrise e si avvicinò prendendomi il viso tra le mani.
"Aspetta" dissi
Mi guardò curioso.
"Vuoi farlo ora?" chiesi rossa come un peperone. Sentivo il viso
avvampare e il cuore iniziare a galoppare, insomma non ero preparata!
"Prima lo facciamo, prima ti togli il pensiero" rispose con tono
scontato ma potei vedere una luce brillare nei suoi occhi.
"Io non so come fare" sussurai.
"Lasciati andare, al resto ci penso io".
Alessandro prese di nuovo il mio volto tra le mani e questa volta lo
lasciai fare. Mi guardò fissa negli occhi avvicinandosi per
poi
spostare l'attenzione sulle mie labbra, vidi un impercettibile
movimento
della sua lingua per inumidirsi appena le labbra e risposi
d'istinto facendo lo stesso. La sua bocca si distese in un dolce
sorriso.
"Rilassati" sussurrò, sentii il calore del suo respiro
scontrarsi con il mio ed...avvenne, così, dolcemente,
lentamente, Ale socchiuse le labbra sul mio inferiore ed il contatto mi
lascio letteralmente senza fiato. La morbidezza ed il profumo del suo
respiro mi infasero facendomi scoppiare il cuore nel petto,
passò al labbro superiore succhiandolo appena e
non seppi mai come, la sua bocca sulla mia mi sembrò la cosa
più naturale del mondo. Sentii una sua mano scivolarmi tra i
capelle spingendo il mio viso ancora più vicino al suo anche
se sembrava impossibile e il respiro accellerò. Sentivo il
suo correre con il mio, mentre il calore esplose nella
bocca, e quando senza accorgemene, ad una sua leggera
pressione risposi aprendo le labbra di più, lui mi
assecondò facendo incontrare la mia lingua con la sua ed
io... lo spinsi via.
"Ma cosa fai?" urlai con la mano a coprirmi la bocca.
Lui scosse la testa come per riprendersi e mi sorrise soddisfatto.
"Ti bacio"
"Con la lingua?" chiesi sconvolta.
"E come ti dovrei baciare secondo te?" sorrise ancora alzandosi dal
letto.
"Non si era parlato di lingua"
"Bè per me era scontato e poi non è che tu abbia
fatto tutta questa resistenza" disse spavaldo.
Lo guardai scioccata arrossendo e sentendomi una stupida
perchè sapevo quanto fosse vero.
"Sei un idiota, ecco cosa sei" dissi avvicinandomi alla porta.
"E tu sei una discreta baciatrice, complimenti".
Mi voltai di scatto.
"Davvero?" chiesi sorridendo.
Lui si avvicinò annuendo.
"Lo sai che ti dico sempre la verità, amici?" chiese
allungando una mano.
La presi, guardandolo negli occhi.
"Sempre".
Da quel giorno
Alessandro non fu più il mio migliore amico, ma questo
l'avrei scoperto solo dopo
.
*************************
"Allora...
dove eravamo, si - Manzoni, nacque a Milano nel 1785, dal
conte Pietro e...-".
Erano più di due ore che aspettavo Alessandro, dovevamo
studiare insieme ma non si era fatto vedere per tutto il pomeriggio.
Era quasi ora di cena per cui iniziai a preoccuparmi, non era da lui
sparire così senza chiamare ed inoltre passava
più tempo a casa mia che nella sua. Il risultato fu che non
ero riuscita a studiare gran chè ed il giorno dopo avrei
avuto anche un'interrogazione.
"...conte Pietro, un uomo di ..."
Sentii un rumore dal balcone della mia camera e corsi ad aprire la
finestra.
"Ale che fine avevi fatto, ti ho aspettato per tutto il pomeriggio?"
chiesi allarmata.
Quando si voltò e vidi i suoi occhi mi ammutolii.
Alessandro entrò senza guardarmi, con la testa basta ed in
silenzio si incamminò verso il letto e rimase immobile,
continuando a darmi le spalle.
"Lo odio, lo disprezzo e odio me stesso per quello che provo. E' mio
padre ma ogni giorno che passa lo odio sempre di più"
sussurrò con voce tremante.
Capii subito che era accaduto qualcosa, così chiusi la
finestra e mi avvicinai a lui non sapendo cosa fare ma decisa a capire
e stargli vicino. Lo voltai gentilmente verso di me e lui mi
lasciò fare, gli presi il volto tra le mani e lo costrinsi a
guardarmi lui cercò di resistere ma alla fine cedette ed
incrociò i suoi occhi nei miei. Ciò che vidi mi
turbò profondamente, il suo sguardo sempre gioioso e solare
per la mia volta aveva perso tutta la sua vitalità. Mi
guardava come se si sentisse perso, sperduto e potei vedere il normale
brillante verde dei suoi occhi, diventare un pozzo nero di tristezza.
Il respiro aumentò, e per un attimo mi sentii smarrita,
incapace di dire o fare la cosa giusta, perciò mi limitai ad
alzarmi in punta di pieni stringergli le braccia intorno al collo ed
abbracciarlo stretto a me con tutta la forza che avevo.
Lo sentii irrigidirsi per un momento e dopo di chè crollare,
abbandonare ogni resistenza concedendomi di vedere quanto
fosse vulnerabile.
"Perchè non sono mai abbastanza per lui? Non valgo
niente...io...io non sono niente".
Pianse, come un bambino e lo lasciai sfogare. Ci sdraiammo insieme sul
mio letto e coprii entrambi con una coperta, mentre lui continuava ad
abbracciarmi come se fossi l'aria per i suoi polmoni. Pianse le lacrime
che si era tenuto dentro probabilmente da sempre ed io non mi mossi dal
suo abbraccio.
Quella fu la prima
volta che dormimmo insieme... era un giovedì e da quel giorno
in poi sarebbe stata la nostra serata speciale.
************************
Ciao a tutte,
scusate il ritardo ma tra le varie festività sono stato un
pò impegnata.
Il capitolo si è sviluppato da solo, volevo fare una sorta
di paronamica su come era nato il rapporto tra Ale e Michy ma non
volevo neanche dilungarmi troppo perchè la"storia" in
sè comincia dal passato e continua nel presente (non
sò se mi sono spiegata) cmq ho scelto di scrivere piccoli
spunti della loro storia, in modo da far capire come si sono legati
negli anni. Ovviamente, hanno condiviso davvero molto tempo insieme, ma
ho fatto una sorta di cernita dei momenti più importanti che
continueranno nel prossimo capitolo fino ad arrivare all'estate che
avevo introdotto nel 1 capitolo.
Quel periodo è quello fondamentale, dove accade...tutto, che
porta Michy a fuggire, quindi voglio arrivarci pian piano e far capire
come si è svolto il tutto.
Sinceramente, è la prima volta che scrivo una ff
perciò anche questa tecnica di menzionare i ricordi
più importanti è una novità per me,
perciò volevo chiedervi... che ne pensate??? Vi è
piaciuto il capitolo strutturato in questo modo??
Fatemi sapere, ci tengo :D
Un abbraccio
Lela
|
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Capitolo 6 *** Da quel giorno...(parte 2) ***
FUGA- Cap 6
Fuga : Cap 6
FUGA
CAPITOLO 6
Da quel
giorno...(parte 2)
"Sei pronta per il compito" chiese Gaia mentre entravamo nel cortile
del liceo.
"Definisci pronta" risposi ridendo.
Avevamo passato l'ultima settimana a rivedere le mille formule che non
volevano proprio entrarmi in testa. Era
l'ultimo compito di matematica prima che finisse il terzo anno e
rischiavo di prendere un debito, perciò quella mattina era
la mia ultima
possibilità, dopo di chè avrei rinunciato a
capire la
matematica.
"Scusami?" chiese una ragazza alle nostre spalle.
Mi voltai incuriosita, la conoscevo o meglio, l'avevo vista di sfuggita
a scuola ma non ci eravamo mai parlate.
"Si?"
"Sei Michela, vero?" chiese ancora.
Annuii, aspettando che continuasse e con me anche Gaia.
"Ciao io sono Sonia e bè...scusami, di nuovo, ma dovrei
farti una domanda un pò personale".
Io e Gaia ci guardammo curiose ed annuii ancora.
"Vedi, mi stavo chiedendo se tra, te ed Alessandro ci fosse qualcosa..."
Sbarrai gli occhi per la sorpresa e poi scoppiai a ridere.
"Come dici?" chiesi incredula, insomma chi era questa qui?
"Si vedi, diciamo che mi interesserebbe conoscerlo meglio ma vedo che
state sempre insieme e non si capisce se siete fidanzati oppure..."
"Oppure nulla" la interruppi, improvvisamente nervosa anche se non ne
capivo il motivo.
"Senti, sinceramente non ti conosco ma... nulla, tra me ed Ale
c'è solo una grande amicizia perciò.."
"Vuoi dirmi che non c'è mai stato niente tra voi?" chiese
allibita.
Adesso iniziavo ad innervosirmi davvero, perchè non erano
questioni che la riguardavano.
"Non credo che debba interessarti e non sò perchè
ti stia
rispondendo comunque... no, te lo ripeto siamo amici ed Alessandro
è liberissimo di frequentare chi vuole, come faccio io..."
"Bè non è che tu ti dia alla pazza gioia"
commentò Gaia ridendo.
"Zitta tu, che ne sai" risposi mentre lei alzava gli occhi al cielo.
Sonia rimase a fissarmi per alcuni secondi e poi annuì.
"D'accordo, volevo solo capire meglio per non creare problemi, anche
perchè...no niente grazie ancora" e si girò.
Non resistetti, fu istintivo.
"Anche perchè cosa?" chiesi fermandole un braccio.
Lei scosse la testa, sembrando per un attimo imbarazzata.
"No, niente è che tutti sanno del -divieto su di te-,
aggiungi che siete sempre insieme e.."
"Non ti seguo, che vuol dire -divieto su di me-?"
Lei spalancò gli occhi allarmata e Gaia mi prese per un
braccio
frenando la furia che stava salendo, avevo un terribile sospetto...
"Tutti i ragazzi della scuola sanno che devono...come dire...girarti
alla larga, Alessandro è stato molto chiaro".
Eccola lì la furia, arrivata tutta insieme ad accecarmi e
vidi solo rosso.
"Io lo uccido! Questa volta lo uccido con le mie mani!"
Dopo scuola mi diressi a casa sua, visto che quella mattina non era
venuto.
Davanti la sua porta bussai fino a farmi diventare le nocche rosse,
sapevo che non c'era nessuno a quell'ora e che probabilmente Alessandro
stava dormendo beato.
Dopo diversi minuti, la porta si spalancò.
"Ma chi diavolo è?".
Lo spinsi con foga dentro casa.
Con le mani puntati sul suo petto, nudo, iniziai ad urlare.
"Tu, brutto idiota, troglodita, possessivo e maschilista, come ti sei
permesso?"
"Ehi ma sei impazzita?" rispose indietreggiando e
stringendomi le mani con le sue per impedirmi di colpirlo.
Continuai ad agitarmi ma mi teneva bloccata con una sola mano, mentre
con l'altra cercava di chiudere la porta.
"Che cos'è questa storia?" gli chiesi cercando di fermarmi,
visto che con l'azione fisica non stavo ottenendo molto.
"Ok, andiamo con calma e dimmi cosa avrei fatto questa volta"
commentò sereno, il che mi infastidì ancora di
più.
"Cosa vuol dire il -divieto su di me- ?" chiesi a bruciapelo.
Lui mi guardò senza muovere un ciglio, per poi girarsi ed
incamminarsi verso la sua stanza, sbuffando.
"Ehi, sto parlando con te e ti conviene rispondere perchè
sono molto arrabbiata" aggiunsi seguendolo.
La camera era nella penombra, le tende erano accostate e vidi il letto
sfatto, mi concentrai per la prima volta sul suo abbigliamento, ovvero
solo un paio di jeans calati, scalzo e senza maglietta. A quanto pare
stava dormendo davvero.
"Sinceramente non capisco perchè ti scaldi in questo modo e
nemmeno come hai fatto a metterci così tanto per scoprirlo"
disse iniziando a ridere.
Mi avventai ancora verso di lui per colpirlo ma mi strinse i polsi con
una mano e mi tirò più stretta.
"Ehi, aspetta e fammi finire".
"Non hai scusanti. E' una cosa ridicola, per non dire che tu non hai
nessun diritto..."
"Oh certo che ce l'ho... è scritto nel -diritto del migliore
amico-. Un pò come non far guidare un tuo amico quando
è ubriaco, o dire ad una tua amica che il vestito
che indossa le fà un sedere enorme. Questa è
onestà, è a.mi.ci.zia!" disse sillabando l'ultima
parola.
"Già ma la vera amicizia, non vuole dire fare di tutto per
evitare all'altro una vita sociale"
risposi allontanandomi da lui, che sorrideva divertito.
"Non l'ho fatto. Mi sembra che tu sia uscita con diversi ragazzi in
questi anni, ma quello che non sai è che prima venivano
"vagliati" dal sottoscritto" disse inchinando la testa come in attesa
di un applauso.
La mia faccia in quel momento assunse l'espressione di un pesce palla.
Ero completamente allibita.
"Dovresti ringraziarmi" disse orgoglioso.
"Ah si?" commentai sarcastica.
"Certo, perchè hai qualcuno che ti vuole bene e che si
prende cura di te. Sai che potrei uccidere chiunque ti sfiorasse senza
che tu lo voglia" disse con la sguardo più dolce del mondo.
Abbassai gli occhi, un pò imbarazzata ed un pò
infastidita con me stessa per non essere riuscita a rimanere arrabbiata
con lui e nel farlo mi voltai camminando per la stanza. Pessima scelta.
Gli occhi volarono su una carta argentata sul comodino, era aperta e
stracciata. Usata.
Mi voltai di scatto verso di lui, che capì immediatamento ed
iniziò a sorridere.
"Cosa è successo?" chiesi curiosa, mentre il cuore iniziava
a corre più veloce.
"Vuoi la versione lunga e piccante o breve e pulita?" chiese
orgoglioso, mentre io, scorrendo ancora lo sguardo per la stanza
iniziai a mettere insieme i pezzi.
Il letto disfatto, panni a terra, lui mezzo nudo e quel quadruccio
argentato aperto. Qualcuno aveva fatto sesso. Alessandro, aveva fatto
sesso per la prima volta.
Sentii una strana morsa allo stomaco, mai provata prima. Un sentimento
di delusione e rabbia che mi confuse ma tutto ciò
che dissi fù :"Dai stallone, racconta".
Da quel giorno
capii che essergli amica, a volte, faceva male...
*************************
"Non posso credere che la festa sia tra poche ore e voi
siete ancora così!" esclamò Daniela entrando in
camera mia e vedendo me ed Alessandro attorcigliati tra le coperte in
un mare di pop corn e gelatine.
"Il film è quasi finito" disse Ale senza distogliere gli
occhi dal film, mentre io mi coprivo con una mano per non vedere
l'assassino che torturava la protagonista.
"Va bene vado a chiamare Gaia, poi ritorno e quando sarò
quì voglio vedervi in piedi" disse uscendo come una furia.
"Uffà" borbottai.
"Che c'è ragazzina, non vuoi andare alla festa del liceo?"
chiese fingendosi sconvolto.
Mi voltai a guardare quegli occhi verdi e brillanti con il sorriso
caldo che riservava sempre a me.
"No, non mi piacciono, ormai dovresti saperlo e tu vuoi andarci?".
Ale portò lo sguardo sul televisore ridendo.
"Bè, non si dica che io disdegni un pò di carne
fresca!" commentò infilandosi in bocca una manciata di
gelatine.
Gli infilai un gomitata nelle costole e mi alzai.
"Ehi non finisci di vedere il film?" chiese.
"No, devo farmi una doccia ed iniziare a vestirmi oppure Fabio mi
troverà in tuta e non sono un bello spettacolo" dissi
iniziando a prendere il cambio dal cassetto.
"Che stupidaggine, io credo che il tuo pigiama con le ranocchie sia il
massimo" commentò.
A quel punto mi fermai, dandogli le spalle. C'era una cosa di cui
volevo parlargli ma non sapevo come e quindi optai per andare dritta al
punto.
"Bè, diciamo che il pigiama non è il massimo
per... tutto"
"Se ti riferisci alla festa, sono sicuro che qualsiasi vestito
andrà bene" disse continuando a mangiare.
Respirai a fondo prima di prendere ciò che volevo mostrargli
dal cassetto e poi mi giri di scatto.
"Che ne pensi?" chiesi stendendo il completino intimo sul letto.
Ale si volto a guardarmi e per poco non morì soffocato, con
le gelatine.
"E questo cosa sarebbe? " disse prendendo tra
le mani il mio completino blu perlato.
"Stasera voglio fare l'amore con Fabio!" dissi
sorridendo.
Lo guardai e vidi i suoi occhi
allargarsi a dismisura, il volto diventare rosso come un cartone
animato e lo sentii trattenere il respiro.
"Ale...stai.."
"Ma sei impazzita?" mi urlò, scattando in piedi.
Il mio sorriso si spense immediatamente.
Sapevo che Alessandro era molto possessivo nei miei confronti ma
credevo che ormai si fosse abituato a Fabio e che non lo considerasse
più un pericolo per me. La sua reazione mi confuse e mi fece
arrabbiare. Insomma, ricordavo bene quando scoprii che aveva perso la
verginità, mi ricordai di essermi sentita strana e ferita,
ma capii che dovevo reagire da amica, capii che era solo una strana
gelosia dettata dal nostro rapporto ma che non significava
nulla. Perchè lui non stava facendo lo stesso?
"E sentiamo perchè sarei impazzita, perchè voglio
fare l'amore con il mio ragazzo?" chiesi arrabbiata.
Alessandro mi guardò e giurai di aver visto una
luce nei suoi occhi.
"No, certo che no, che dici... è solo che..bè non
me l'aspettavo e poi, queste cose ...queste cose non si dovrebbero
pianificare. Voi ragazze ci tenete a questa cosa...questa cosa della
verginità ed io non voglio che...bè ma se tu...
è ovvio che" non sapeva più come continuare e
capii che si sentiva in imbarazzo.
Di nuovo quella dolce espressione mi calmò e mi avvicinai a
lui prendendolo per il volto come facevo sempre per costringerlo a
guardarmi.
"Ale stasera farò l'amore con il mio ragazzo per la prima
volta. Sò che mi vuoi bene e che ti preoccupi per me, ti
sei...sempre...preoccupato per me, ma stasera non ce n'è
bisogno. Voglio farlo, mi sento pronta. Vorrei solo che il mio migliore
amico condivida con me questo momento" dissi sorridendo.
Lo vidi socchiudere gli occhi per un momento visto che non poteva
scappare dalla mia presa, per poi prendere un profondo respiro prima di
parlare.
"Michy, c'è una cosa che vorrei dirti..."
"Dimmi" sussurrai guardandolo negli occhi.
"Io.."
"Siete ancora così?" urlò Gaia entrando come un
tornado.
Alessandro si allontanò di scatto, scompigliandosi i capelli.
"Oh mamma mia, hai ragione, devo farmi una doccia anch'io. Allora ci
vediamo dopo, vi lascio alle vostre cose da..ragazze" disse tutto di
botto avvicinandosi alla porta.
Lo guardai confusa per un attimo.
"Ale cosa stavi dicendo?" chiesi.
Lui si fermò sulla soglia della porta e poi si
girò guardandomi.
Gli occhi brillavano ed il volto sorrideva.
"Ma niente...solo.. dacci dentro ragazza!" disse facendomi
l'occhiolino, per poi andar via.
Da quel giorno
capii, che il sesso non è amore.
*************************
Dopo che Alessandro mi venne a prendere al pub, ma
soprattutto dopo la serata disastrosa che avevo passato con il
-fantomatico-super-figo Diego, non avevo ricevuto nessuna chiamata
dalla mia amica Daniela, solo un messaggio in cui si scusava per avermi
lasciata sola e che l'indomani mi avrebbe spiegato tutto.
Ero arrabbiata con lei ma non mi andava di discutere, così
rimandai il tutto al giorno seguente.
Arrivati sotto casa mia, nel più totale silenzio, Ale spense
la macchina e rimase a guardare davanti a se. Io feci lo stesso, prima
di sospirare e guardarlo.
"Grazie per essere venuto a prendermi" dissi.
"Non dirlo neanche, mi dispiace solo non essere arrivato prima" rispose.
"Ale..." sospirai guardandolo.
"Dimmi"
"Mi guardi?" chiesi, la voce mi tremava e non sapevo il
perchè.
Lui si voltò lentamente, tenendo gli occhi abbassati e poi
ancora più lentamente li alzò incontrando i miei.
In quell'attimo una lacrima scese sulla mi guacia e sospirai ancora.
"Mi dispiace per oggi, non sò cosa mi sia preso...io.."
Mi interruppe prendendomi il viso tra le mani e asciugandomi la lacrima.
"No dispiace a me. Non dovevo parlarti in quel modo, tu non centri
niente sono io che...scusa davvero sono stato stupido ed infantile"
Sorrisi vedendo che non era arrabbiato con me e poi scossi la testa.
"Non parliamone più, non è successo nulla, le
discussioni possono accadere a chiunque".
Lui annuì sorridendo.
"Ti va di vederci un film?" chiese.
"Certo".
I miei dormivano da un pezzo, perciò entrammo senza far
rumore.
Mi tolsi le scarpe, mentre Ale andava ad aprire la finestra.
"Che caldo, in questa stanza non si respira" disse.
Lo guardai ridendo.
"Mi aiuti?" chiesi dandogli le spalle e mostrandogli la chiusura del
vestito.
"Sai, ogni volta che devo aiutarti mi sembra di spogliare una bambola
di pezza" disse sorridendo.
Sapevo che scherzava, mi prendeva sempre in giro ma in quel preciso
istante, notai come fece attenzione a non sfiorarmi neanche con un dito.
Il vestito scivolò fino a metà schiena ma lo
fermai davanti.
"Ma bravo, se vuoi un consiglio quando spogli una ragazza non dirle una
cosa del genere, ho ti chiuderà la via per il paradiso"
risposi prendendolo in giro a mia volta.
Lo sentii sogghignare mentre andai in bagno a cambiarmi.
Dopo qualche minuto, riuscii con indosso il mio pigiama con le
cigliege. Era una serata molto calda e quando sentii una leggera musica
venire da fuori capii che Ale era sul mio balcone.
Lo trovai sdraiato sul mio lettino per prendere il sole, mentre
ascoltava la musica dallo stereo. Aveva spostato le casse sul balcone e
canticchiava sottovoce con gli occhi chiusi.
Mi sorpresi a guardarlo curiosa ed emozionata, si era cambiato anche
lui indossando una tuta grigia con una cannottiera bianca,
erano i panni che teneva a casa mia per occasioni come questa.
Lo guardai e pensai che...era bello. Semplicemente.
"Non dovevamo vedere un film?" chiesi rimanendo vicino la finestra.
"Rimaniamo un pò quì" disse allungando una mano
verso la mia.
La presi e mi attirò verso di se, facendomi
sdraiare al suo fianco e stringendomi con un braccio.
Con la coda nell'occhio lo vidi guardare le stelle, serio e pensieroso
come non lo vedevo da tanto, ma il tutto durò pochi istanti
perchè continuando a guardare in alto iniziò a
sorridere.
"Sento che mi guardi"
Spostai gli occhi di colpo e scoppiammo a ridere insieme.
"Allora non mi dici niente della serata?" chiese dopo pochi minuti.
Sospirai e scossi la testa.
"Dico che tutta questa...cosa non è per me" sussurrai,
appoggiando la testa sul suo petto, lo sentii ridere tra i miei capelli.
"Che c'è?" chiesi curiosa alzando gli occhi.
"Niente è che continuai a chiamarla -cosa-, mi diverte, ti
fa sembrare ancora più piccola"
"Ecco, ti pareva" sbuffai.
"Era un complimento, vuol dire che sei tenera, sei buona...pura".
Rimanenno in silenzio per altri minuti.
"Quel ragazzo...ti ha dato fastidio in qualche modo.." capii
immediatamente e scossi la testa.
"No, no, nulla, a parte contemplare le mie tette" risi ma lui si
irrigidì.
"Cosa?"
"Ale, smettila è normale, è un ragazzo. Cosa ti
aspettavi che iniziasse a parlare di filosofia? In fondo tu fai lo
stesso, non mi sembra che il tuo sguardo vada molto su, quando parli
con una ragazza" commentai.
"Ehi non offendere, io rispetto le donne, hanno sicuramente molto
più cervello degli uomini"
Tornò il silenzio.
"Ale?"
"Mmm"
"Ti sei mai innamorato?" chiesi d'istinto.
Lo sentii trattenere il respiro. Notai che ci mise qualche secondo di
troppo a rispondere e per un attimo ebbi paura che la risposta potesse
essere positiva. Che ci fosse stata una ragazza di cui io non sapevo
nulla.
"Saresti stata la prima a saperlo" rispose poi.
"Già" commentai.
"E tu?" chiese lui.
Fu il mio turno, ad irrigidirmi, decisi di essere onesta.
"Credevo di esserlo di Fabio, ma con il tempo ho capito che non era
così. E' che...non sò sembra tutto
così difficile e non dovrebbe esserlo, insomma, l'amore per
me è la cosa più naturale del mondo ma non credo
sia per tutti".
Sospirai ancora, abbassando il viso sul suo petto e chiudendo gli
occhi, mi sentivo terribilmente stanca, messa alla prova da tutte
l'emozioni di quella lunga giornata.
"Perchè dici questo?" chiese in un sussurro, sentii il suo
respiro caldo tra i miei capelli e mi sentii protetta, avvolta solo dal
suo profumo dolce.
"Perchè mi sento invisibile a volte..." parlavo ormai con
gli occhi chiusi, cullata da i nostri respiri e senza preoccuparmi di
ciò che dicevo.
"... non sono come Daniela, bella e stravagante o come Gaia, forte ed
istintiva...io sono...io. Sò di non essere bella o
attraente, sono quella che rimane dietro le quinte, la ragazza
dell'ultimo banco, quella da storia seria che sogna l'amore ma non lo
trova. Che lo vede...ma lui... non vede l-e-i...".
Ricordo di essermi addormentata così, tra le sue braccia.
Ricordo la pace e il calore del suo corpo, avvolgermi.
Ricordo di essermi sentita forte e amata, ma non seppi mai se
ciò che sentii dopo, fu un ricordo o parte del mio sogno.
"...Io ti vedo..."
Da quel giorno...
ha inizio la mia storia.
*************************
Ciao a tutti, eccomi di
nuovo quì. Come avrete capito la storia è tornata
al punto di partenza...ah ah ah no intendo che dal prossimo capitolo,
inizieremo a capire cosa è accaduto. Vi sono piaciuti questi
piccoli sprazzi di ricordi??
Ho provato ad immaginare i momenti più importanti e questo
è ciò che è uscito fuori.
Spero vi sia piaciuto questo secondo capitolo, così come
è piaciuto a me scriverlo.
Ho gli occhi a cuoricino ora *_*.
In ogni modo, spero che stia uscendo fuori il carattere di tutti e due
e come si è sviluppato il loro rapporto, spero che riuscite
ad immaginarli ed a viverli con me.
Ringrazio tutte le ragazze che mi seguono, il numero cresce sempre di
più ed io gongolo su me stessa mentre il mio ragazzo mi
guarda, crede che sia impazzita e cerca ancora di capire cosa voglia
dire EFP!
Ringrazio, ovviamente anche chi trova il tempo per recensire, mi avete
detto cose bellissime! GRAZIE davvero!
Ringrazio una delle autrici migliori su questo sito, ovvero,
FALLSOFARC, per avermi letto-recensito con parole stupende che mi hanno
emozionato e per aver dato la possibilità a noi piccole
scrittrici di farci un pò di pubblicità! Grazie
mille!!
Come sempre, ogni commento è più che
gradito.
Un abbraccio,
Lela
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Capitolo 7 *** Ridere ***
FUGA- Cap 7
FUGA cap 7
FUGA
Capitolo 7
Ridere
13
MAGGIO 2010
Dopo aver
pianto tutte le lacrime,
che credevo di aver esaurito, tra le braccia di mia madre, mi misi a
dormire e non mi risvegliai fino alla mattina successiva.
Dicono che il sonno ristora, bè io sò soltanto
che ero
tornata a casa con intenzioni diverse ma la realtà mi aveva
sorpreso, in quel momento ero arrabbiata con me stessa e demotivata.
Sapevo di essere tornata per la mia famiglia ma non stavo facendo nulla
di rilevante, mi sentivo inutile ed in colpa perchè la
verità era che non vedevo
l'ora di fuggire di nuovo.
Aprii gli occhi e mi ritrovai dei ciuffi biondi davanti al viso, mi
scansai di colpo e sentii la sua risata cristallina.
"Buongiorno" disse Gaia sorridendo. "Allora hai finito di dormire?".
Mi stropicciai gli occhi, per poi girarmi su un fianco.
"Che ore sono?" chiesi sbadigliando.
"Sono circa le dieci, il sole è alto nel cielo e gli
uccellini
cantano solo per te!" mi disse trascinandomi per un braccio.
"Ma davvero? " commentai sorridendo.
La capacità di Gaia di scaldarti il cuore non era cambiata.
Non
a caso il suo nome era la perfetta descrizione di se stessa.
Mi sedetti sul letto, legandomi i capelli mentre lei andava ad aprire
la finestra per far entrare il sole. Era vero, era una bellissima
giornata.
"Allora a cosa devo questa sveglia mattutina?" chiesi sorridendo.
Gaia si voltò entusiasta.
"Innanzitutto, stavo vedendo il tuo bellissimo colorito bianco pallido
e direi che, anche se sarà sicuramente di moda nella terra
delle
nubi, bisogna assolutamente rinvigorire questa tua lattea pelle,
perciò che ne dici di stenderci a prendere un pò
di sole
in giardino?" chiese lanciandomi un costume.
"Ma questo non è mio" commentai guardandolo.
"Tesoro, certo che lo è...l'ho appena comprato!" disse quasi
offesa.
Dopo aver fatto colazione, ci ritrovammo stese a prendere il sole nel
mio giardino, con un sottofondo musicale che accompagnava la nostra
chiacchierata in quello che era un quadro del tutto familiare e quanto
mai gradito. Ero più calma, sicuramente a causa dei raggi
del
sole.
Gaia aveva ragione, quel calore era quanto di più benefico,
potessi ricordare da due anni.
"Lo avevo dimenticato" commentai ad occhi chiusi, senza dover
aggiungere nulla, sapevo che Gaia avrebbe capito.
"Eh già, non riesco davvero ad immaginare come hai fatto
tutto questo tempo senza il sole!"
Sorrisi voltendomi verso di lei.
"Sai non è proprio così. Londra è una
città
magnifica, ma è talmente grigia e triste d'inverno, quanto
bellissima e piena di colori in estate. E' vero il sole non
è
caldo come quì, ne tantomeno così presente, ma
quando
è bel tempo...tutto cambia. Londra stessa cambia, i suoi
parchi,
il centro...la gente. Adoro questo suo aspetto. Con Terry,
approfittavamo di queste occasione per andare a pattinare" dissi
tornando a ridere.
"Come?" chiese Gaia incredula.
"Si, ci credi che mi ha fatto comprare un paio di pattini e costretta
ad inseguirla per tutto il parco? Senza contare le volte che con noi
sono venute anche Sarah e Kate, quelle ragazze sono pazze,
assolutamente senza paura di nulla e poi..." mi fermai d'improvviso
dopo essermi voltata verso di lei.
Aveva abbassato lo sguardo e cambiato completamente espressione.
Sembrava triste.
"Ehi, cosa c'è?" chiesi allarmata alzandomi a sedere sul
lettino.
Gaia alzò il viso di scatto e sorrise.
"Niente è solo che...sentirti parlare di altre persone,
altri
tuoi amici che io non conosco che non siamo noi...E' stupido ed
infantile, lo sò me ne rendo conto, ma mi sei mancata.."
"Tesoro, guardami" le presi le mani mentre lei abbassava ancora lo
sguardo.
"Mi sei mancata anche tu. In ogni momento, tutte le cose che abbiamo
vissuto, mi tornavano alla mente e mi ritrovavo a pensare.."A Gaia
questo piacerebbe" perciò non credere nemmeno per un attimo
che
io mi sia dimenticata di te o di noi in questi anni perchè
non
è assolutamente così!"
Lei annuì convinta, tornandomi a guardare.
"Questo lo so, ti conosco troppo bene per credere che ti sia
dimenticata di noi, non intendevo questo è solo che... Vedi
è stato molto difficile. Tutto è cambiato e mi
sono
ritrovata ad affrontare tutte le conseguenze senza di te, senza la mia
migliore amica... e.." si fermò.
La vidi trattenere le lacrime e mi sentii terribilmente colpevole.
"Gaia..."iniziai ma lei mi interruppe.
"Scusami, sono una
stupida. Lo so che ti ho fatto una promessa. Ti ho giurato che non
avremmo riparlato, perciò fa come non avessi detto nulla."
"Gaia...ascoltami. Perdonami per tutto questo, me ne sono andata
lasciandoti sola..."
Scosse la testa di nuovo.
"Non c'è niente da pardonare, so perchè sei
partita. Paradossalmente non è neanche perchè mi
hai
lasciato sola, anche se sono stati i due anni più difficili
della mia vita ed io avevo bisogno di te, ma ho capito che
ciò
di cui Tu avevi bisogno...era diverso, perciò l'ho
accettato, con
dolore ma l'ho accettato.
E' stato...tutto il resto, si è rovinato tutto! E non parlo
solo di te
ed...bè anche di me e Riccardo" sospirò chiudendo
gli occhi.
In quel momento capii di essere stata terribilmente egoista. Tutto il
dolore e tutto ciò che era accaduto, non doveva coinvolgere
anche lei, non in quel modo. Non solo ero fuggita da tutto, ma avevo
lasciato le mie responsabilità e conseguenze nelle sue mani,
perchè ero stata una codarda, perchè il dolore mi
aveva
annientato e perchè in un modo o nell'altro volevo
sopravvivere
a quel dolore!
"Oh tesoro vieni quì" l'abbracciai stretta a me e la sentii
crollare come se avesse aspettato quel momento da troppo tempo.
Non
dissi niente, la cullai dolcemente, sentendomi tremendamente in colpa.
In quei due anni, sapevo che i miei genitori, amici, Gaia, sentivano la
mia mancanza ma avevo messo la mia felicità prima della
loro. Era stato
giusto? Si dice che si capisce davvero il significato e l'importanza di
una persona nella nostra vita, solo quando la si perde ed io non potevo
essere più d'accordo in quel momento. Mi era mancata Gaia,
immensamente...ma cosa potevo fare se anch'io nel mio cuore, non ero
felice? Se sentivo ogni volta che pensavo a lui, il cuore stringersi
nel petto?
Ero scappata ma la verità era che stavo ancora fuggendo.
Non
so quanto tempo passò, ma quando la sentii rilassarsi tra le
mie
braccia, sperai si fosse calmata. Gaia si mosse, guardandomi e
sorridendomi imbarazzata.
"Scusami"
"Quanto sei scema, ma di cosa ti stai scusando?" le sorrisi.
Aspettai qualche secondo, mentre lei si soffiava il naso.
"Sono proprio un disastro" commentò.
"Non credo proprio" dissi e cercai un modo per distrarla.
"Senti
che ne dici se andiamo a pranzo fuori? Ho una voglia matta di spaghetti
alle vongole, sono due anni che li sogno" chiesi sorridendo.
Gaia alzò la testa di scatto e notai immediatamente i suoi
occhi attenti e felici.
"Si,
hanno aperto un ristorante al porto che è la fine del mondo,
sono
sicura che lo adorerai" saltò in piedi come un grillo, il
volto di
nuovo gioioso.
Guardandola, sorrisi di riflesso anch'io e mi
promisi di cercare di farla sorridere il più possibile, nel
tempo che
sarei rimasta a casa. Lo meritava.
"Allora corriamo a vestirci!" esclamai.
*******************
Dopo
una bottiglia di Falanghina, il mio vino bianco preferito, e un pranzo
di quelli che saziano per tre giorni, ci ritrovammo a ridere come matte
sedute sulla terrazza di un favoloso ristorante.
Non saprei dire se
fù per l'aria frizzante del mare che sembrava darmi una
carica nuova o
perchè era da tanto tempo che non passavamo
delle ore insieme, senza
pensare a nulla. Sicuramente il vino ci diede il colpo finale,
perchè
arrivammo al dolce, completamente accaldate e forse un pò
brille.
Le
battute erano iniziate appena uscite di casa. Gaia sosteneva che mi ero
vestita come un ananas mentre io cercavo di spiegarle che i vestitini
gialli andavano di moda a Londra ma la situazione degenerò
dopo
l'aperitivo, mentre sceglievamo l'antipasto.
"Però quel cameriere non è per niente male"
commentò Gaia bevendo dalla cannuccia.
"Ma
la smetti di fissarlo? Con quella cannuccia poi, sembri una porno star
che ricorda i bei tempi andati" la presi in giro ridendo.
"Bè sulla porno star avrei da ridire, visto che ho avuto
solo una relazione, quanto ai bei tempi andati..."
"Non dirlo a me" e scoppiammo a ridere incuranti degli altri.
Una voce si schiarì alle nostre spalle.
"Allora, cosa posso portarvi?" chiese il cameriere carino.
"Bè
direi..."ci guardammo per un attimo negli occhi con Gaia e rispondemmo
insieme "...pesce a volontà" per poi scoppiare a ridere
ancora, dando
vita al pranzo più divertente che riuscissi a ricordare.
E mi resi conto che ridere fa davvero bene al cuore!
Chiedemmo il conto e nel frattempo che stavamo aspettando, decisi di
andare in bagno.
"Mi scusi un momento?" chiesi ed alzandomi barcollai leggermente,
provocando l'ennesima risata di Gaia seguita dalla mia.
"Non siamo più abituate vero?"
"Abbiamo una certa età" commentai incamminandomi.
Dopo
aver finito in bagno mi rinfrescai il collo con le mani bagnate.
Guardandomi allo specchio vidi gli occhi lucidi e le guance accaldate e
sorrisi sentendomi finalmente più leggera da quando ero
tornata.
Uscendo sentii chiamarmi e mi voltai verso il bancone del bar.
Era il cameriere carino.
"Signorina, questi sono per lei e la sua amica"
Lo guardai confusa puntanto gli occhi su i due bicchieri di cocktails.
"Ma noi non abbiamo ordinato nulla"
"Si lo so, sono da parte...della casa" ed ammiccò
guardandomi intensamente.
Sorrisi imbarazzata e ringranziai prendendoli per poi incamminarmi
verso il tavolo.
Muovendomi
ancora un pò barcollando, scossi la testa sorridendo per la
mia
imbranataggine fino ad arrivare quasi al tavolo pronta a mostrare a
Gaia il mio trofeo ma quando alzai gli occhi vidi che non era sola.
Era
in piedi e stava parlando con...oh... mi gelai in un secondo
realizzando troppo tardi che fosse...Riccardo e captando lo sguardo
omicida che Gaia sembrava lanciarmi e che io interpretai come un "ti
prego non interromperci proprio ora". Fu per questo che
bloccandomi
immediatamente su i miei passi, mi voltai d'istinto per darmela a gambe.
"Oddio!"
esclamai andando a sbattere su un petto duro come l'acciao, avvolto da
una camicia bianca immacolata che venne completamente rovinata dai
nostri cocktails.
"Eh stai attenta dannazione...questa camicia costa
più di 200 euro!!" mi urlò una voce calda ma
furiosa, nello stesso
istante in cui io stavo dicendo "Scusa, mi dispiace".
Alzai il viso istintivamente ad incontrare gli occhi più
belli e verdi che avessi mai visto.
Si
dice che la mente registra ogni singolo istante delle nostre esistenze,
per poi conservarlo intatto nella nostra memoria, ma in quel momento
capii che non era vero. La mia di memoria mi aveva mentito o forse
aveva oscurato la perfetta immagine di quel viso...il suo viso...per
non farmi soffrire, perchè non avrei potuto avere
una seconda
possibilità di perdermi nuovamente nell'oceano in tempesta,
che era lo
sguardo di...Alessandro!
Ci irrigidimmo insieme, nell'esatto
istante in cui capimmo di essere uno di fronte all'altra, dopo due
lunghi anni. Rimasi con la bocca socchiusa e gli occhi spalancati, mi
sentivo un pulcino sotto gli occhi di un aquila. Alessandrò
mi guardò
sorpreso, talmente scioccato che credetti potesse scappare o
abbracciarmi nell'istante successivo e contro ogni mia aspettativa,
sperai con tutta me stessa sciegliesse la seconda opzione. Lo volevo,
volevo abbracciarlo con tutta me stessa e affondare il volto nel suo
petto...lo volevo da star male. Lo volevo perchè ero
scappata per due
anni per ritrovarmi davanti a lui e capire con estrema consapevolezza
che il mio corpo lo voleva..il mio cuore lo aveva riconosciuto e sentii
gli occhi pungermi per la gioia di vedere ancora il suo viso.
Il
tutto durò pochi istanti, che a me sembrarono infiniti ma
che non
furono di certo abbastanza per colmare il vuoto di lui che avevo
dentro, ma quando vidi la sua espressione trasformarsi in
pietra dura e
fredda, lo guardai mentre si allontanava come scottato.
Mi guardò furioso, sembrava impazzito.
"Ti
avevo chiesto solo una cosa. Una fottutissima cosa, ma oramai avrei
dovuto imparare a non fidarmi di te!" mi sputò in faccia con
una rabbia
che lo rendeva irriconoscibile. Se ne andò, lasciandomi
lì immobile.
No, non poteva essere il mio Alessandro.
**********************
Ciao
a tutte!!! Scusate il terribile ritardo ma mi sono trasferita. Sono
tornata in Italia e tra scatoloni, panni, documenti, ricerca del lavoro
e quant'altro credevo che questo capitolo non sarebbe mai uscito fuori.
Spero
vi piaccia e che non ci siano troppi errori visto che sto scrivendo con
il pc del mio ragazzo e non so perchè non ha la correzione
come
word...insomma spero che non ci siano troppe mostruosità :D
Inoltre
mi scuso profondamente per non aver potuto rispondere a tutte le
recensioni, ma sappiate che mi avete fatto immensamente felice *_* !!!!
RINGRAZIO
tutte le ragazze che mi seguono...siete 109 e non posso crederci e le
43 che mi hanno inserita tra i preferiti...me contentissima!
Spero davvero che
continuerete a seguirmi e aspetto con ansia un vostro parere, se
vorrete condividerlo con me!
Un abbraccio a presto,
Lela
ps: E' arrivato Alessandro....che ne pensate???
pps: se volete aggiungetemi pure su fb, il mio nome è lela
sognatrice, solo mandatemi un messaggio con il vostro nick almeno
saprò con chi parlo :P
|
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Capitolo 8 *** Camicia ***
Fuga- cap 8
fuga cap 8
ps:
abbiate pietà ho la febbre...
FUGA
Capitolo
8
Camicia
Lo
guardai allontanarsi, con un dolore nel petto, senza però
riuscire a staccare gli occhi da quella figura perfetta. Sentii delle
mani scuotermi le spalle e mi accorsi di Gaia al mio fianco che mi
guardava preoccupata.
"Ehi Michy stai bene? Cosa
è successo?" chiese agitata.
Aveva sicuramente sentito le parole di Alessandro, ma il tutto era
accaduto così velocemente da lasciarmi impreparata a tale
reazione e naturalmente sconvolta.
"Michy mi senti?"
Mi accorsi di non aver ancora detto una parola e così scossi
la
testa, come a volere scacciare dalla mente l'immagine dei suoi occhi e
mi voltai verso Gaia.
"Niente, sto bene non preoccuparti, solo che avrei preferito
incontrarlo in un'altra situazione" o forse non incontrarlo
affatto...pensai.
In quel momento ci raggiunse Riccardo, lo guardai timorosa, come ad
aspettarmi un’ altra sfuriata.
"Mi fa piacere rivederti" disse sorridendo, anche se lo sentivo un po a
disagio.
"Anche a me" sorrisi sincera.
Riccardo era pur sempre un mio caro amico e mi sembrava così
strano salutarlo avvolti da quell'aria di tensione.
Lo vidi abbassare gli occhi in imbarazzo e capii che il tempo aveva
davvero cambiato tante cose.
"Va da lui" dissi abbassando lo sguardo.
Gaia e Riccardo si guardarono per un attimo e poi lui si
voltò nuovamente verso di me.
"Ehi, perdonalo è solo che è molto nervoso in
questo
periodo e non si aspettava...oggi così...ma sono sicuro che
gli
faccia piacere averti rivisto e..."
Scoppiai a ridere amaramente, alzando una mano per fermarlo.
"Si certo, ma comunque non preoccuparti, non devi giustificarti per
lui. Avrà le sue motivazioni, come io ho avuto le mie" dissi
seria e fredda come non mi accadeva da tanto.
Gaia mi guardò preoccupata.
"Non guardatemi così, sto bene" dissi sicura, o almeno
sforzandomi di esserlo come non mai.
Riccardo mi guardò serio e non so cosa lesse nei miei occhi,
so solo che la sua espressione cambiò.
"Vieni qui scricciolo" disse abbracciandomi.
Mi irrigidii per un attimo, non aspettandomi quella reazione ma dopo
pochi secondi, mi lasciai andare all’abbraccio del mio amico.
Così doveva essere un bentornato!
"Non posso credere ai miei occhi, vado un attimo in bagno e poi chi mi
ritrovo davanti, mentre abbraccia quel carciofo di Riccardo?" chiese un
vocione alle mie spalle.
Mi voltai di scatto, sorridendo immediatamente, non potevo crederci!
"E perché non mi abbracci tu?" dissi saltando addosso a
Stefano che mi stritolò in meno di un secondo.
"Ciao anche a te Stè, ma perché oggi nessuno mi
si fila?" disse Gaia ridendo.
Ci voltammo senza staccarci per fargli una linguaccia in simultanea,
dopo di ché tornai ad abbracciare quel pazzo.
Stefano, insieme a Davide ed Ilaria, completava il nostro gruppo di
amici, e come per gli altri non ci vedevamo da due anni, o forse
è meglio dire due anni e tre mesi.
Era partito volontario per entrare nei paracadutisti, circa tre mesi
prima della mia "fuga". Sapevo che stava bene e che si era trasferito
in Trentino, durante il corso. Tornava a volte solo per le vacanze ma
ovviamente , essendo io a Londra, non ci eravamo più visti.
Solo
alcune telefonate che mi facevano sempre sorridere.
Stefano era una forza della natura. Il classico ragazzo, alto come una
montagna, pazzo all'inverosimile e con il sorriso sempre sulle labbra.
"Che ci fai qui?" dissi guardandolo meglio.
Si era rasato i capelli ed era diventato ancora più
muscoloso.
"Dovrei farti io questa domanda, non mi ricordavo più
nemmeno come eri fatta!" disse sorridendo.
Abbassai gli occhi colpevole e Gaia intervenì immediatamente.
"Sergio si è sentito male" commentò.
"Tuo padre?" mi chiese ed io annuii.
"Mi dispiace molto, non lo sapevo sono appena arrivato, come sta ora?"
disse abbracciandomi.
"Molto meglio, ti ringrazio. Ma quando sei tornato?".
Fu Riccardo a rispondere.
"E' arrivato due giorni fà e già ci ha incastrato
con i suoi preparativi,
anzi se non ci muoviamo non riusciamo a fare niente e..tu sai chi...ci
starà aspettando da qualche parte" disse guardando
l'orologio.
Sorvolai sul...tu sai chi...e per pura curiosità chiesi di
getto "Quali preparativi?".
Se avessi saputo prima cosa sarebbe accaduto, non avrei mai fatto
quella domanda.
"Vedi Michy..." intervenne Gaia con sguardi strani.
"Non le avete detto nulla?" chiese Stefano.
Riccardo e Gaia si guardarono imbarazzati.
Riccardo spezzò per primo il silenzio.
"Vedi, non credo che sia il caso...perché.."
Abbassai lo sguardo sentendomi terribilmente a disagio, non sapevo cosa
stesse accadendo ed evidentemente i miei più cari amici
volevano
tenermi all'oscuro.
"Perché un cavolo! Di chi è la festa? Mia,
perciò sono io a decidere?" commentò Stefano.
A quelle parole alzai la testa di scatto. Guardai Gaia e capii
perché non mi aveva detto nulla. Non sapeva come l'avrei
presa
ma certo poteva immaginarlo.
"Domani sera ci sarà una festa per il mio bentornato e a
questo
punto direi anche per il tuo, possiamo festeggiare insieme, ballare e
bere tutta la notte... e poi..."
Mi ghiacciai all'istante.
"No ti ringrazio, ma non credo sia il caso"
"Ancora con questa storia del caso e caso, sei mia amica
così
come lui e se questa è la volta buona che la smette di fare
il
coglione, risolviamo anche questa situazione!" disse alterato.
In un attimo divenni tutta rossa, il cuore andò a mille e mi
sentii tirare verso un baratro infinito.
"No, davvero non scherziamo, non se ne parla e poi devo stare con mio
padre..."
"Hai detto che sta meglio e poi sappiamo entrambi che Sergio alle dieci
già dorme" disse Gaia di getto, tanto che ci voltammo tutti
a
guardarla.
La fulminai con lo sguardo.
"Basta chiacchiere...l'innominato ci starà aspettando e non
mi
và di farlo incazzare ancora di più" disse
Stefano
ridendo.
Riccardo scosse la testa ridendo anche lui.
"Dopo questa, non ti perdonerà facilmente"
commentò.
"Non preoccuparti, ti aspetto a casa mia bella come sempre, domani alle
otto" disse facendomi l'occhiolino.
Rimasi allibita. Come se mi avessero fatto una doccia fredda.
Cosa dovevo fare?
********************
"Certo che quando ci si mette è davvero un idiota. Non posso
credere che sia mio cugino e soprattutto che ti abbia detto quelle
cose! Ma cosa pretende? Che tu ti nasconda dal resto del mondo? Eravamo
in un luogo pubblico e non sono affari suoi, ha perso i diritti che
aveva su di te, già ma tanto gliene dico quattro, non
può fare così e poi..." Gaia sbraitava da sola in
macchina mentre tornavamo a casa.
Dal canto mio non ero riuscita a dire più una parola,
semplicemente la mia mente si era fermata.
Guardai fuori dal finestrino, mentre costeggiavamo il mare, guardando
la luce del tramonto riflessa nell'acqua. Cercai con tutta me stessa di
non pensare al suo sguardo, a quel viso che non rivedevo da troppo
tempo, a quegli occhi bellissimi, rimasti immutati, ma che stonavano
sul quel volto bello da far male, e decisamente diverso da come lo
ricordavo.
C'era qualcosa che mi infastidiva in quell'immagine e non solo per la
reazione che aveva avuto alla mia presenza, anche se mi aveva ferita,
ma perchè fu come se la mia mente non lo riconoscesse per
ciò che era.
Chi era quel ragazzo così pieno di rabbia?
Dove era finito quel sorriso speciale che gli illuminava gli occhi ogni
volta che mi guardava?
"Tesoro mi stai ascoltando?" chiese Gaia preoccupata.
Annuii senza voltarmi.
"A cosa pensi?" chiese fermandosi davanti casa.
"Alla camicia..." sussurrai guardando fuori.
Estate
2009
"Non posso crederci, gli hai dato il mio numero!" esclamai scioccata
scendendo dalla macchina di Ilaria, mentre Gaia rideva a crepapelle.
"E cosa ci sarebbe di male? sei single, bella e simpatica e poi anche
lui non mi sembrava male" ammiccò guardando Gaia complice.
"Dico solo che dare il mio numero di telefono ad un ragazzo che abbiamo
incontrato in un bar mentre io
ero in bagno, ahhhhh non mi ci far pensare, mi auguro che non chiami.
Che figura!" urlai affacciandomi al finestrino della macchina mentre
Ilaria metteva in moto.
"Dovresti buttarti, come fa Daniela! Guarda lei per esempio, stasera si
è vista di nuovo con il tizio dell'università"
disse Gaia.
Alzai gli occhi al cielo, ricordavo bene l'amico
di -quanto-sono-figo-Diego, che avevo avuto la sfortuna di
incontrare la settimana prima.
"Certo e dare buca alle sue amiche e una serata tra donne" commentai.
"Bè ma come dice lei -la carne è debole- e domani
ci racconterà tutti gli aspetti piccanti".
Scoppiammo a ridere tutte insieme, dopo di chè le salutai
entrando nel cancello di casa.
Era molto tardi, circa le quattro del mattino, avevamo passato ore a
ridere e scherzare in quel bar fino a quando non ci avevano
letteralmente cacciato, con una bomba al cioccolato in una mano ed una
sigaretta nell'altra.
Entrai togliendomi le scarpe, e camminando in punta di piedi per non
svegliare i miei.
Una volta in camera mia, le posai a terra iniziando a spogliarmi.
Anche se avevo una gonnellina leggera con una cannottiera, stavo
impazzendo dal caldo.
Sbuffai infastidita, erano diverse sere che non si respirava un
pò di aria fresca, ed in men che non si dica rimasi in
culotte e reggiseno che non voleva sfilarsi.
"Dai..." sospirai alzando gli occhi al cielo "giuro che domani ti
butto" borbottai iniziando a sfilarmelo come un top.
"Che tecnica!"
"Ahhhhhhh" urlai volando verso l'interruttore della luce.
Con le mani intente a coprirmi il seno mi voltai furiosa verso il letto
e per poco non svenni.
Alessandro in tutto il suo splendore, si stava stiracchiando nel mio
letto in quella che doveva essere la movenza più sexy in
assoluto che gli avevo visto fare, il tutto reso ancora più
dannatamente eccitante se si considera il fatto che ....fosse nudo!
Con un paio di slip bianchi, rigorosamente Kalvin Clein che avevano
l'aria di far fatica a contenere il...tutto, il resto del suo corpo si
contorceva rilassandosi subito dopo mettendo in risalto gli addominali,
le spalle e i lunghi muscoli delle gambe.
Alzò le braccia intrecciandole dietro la testa per poi
sbadigliare e aprire finalmente gli occhi, come un gattino sazio dopo
un sonnellino ben riuscito. Bè gattino...diciamo pure
gattone!
"Ma sei impazzito!" urlai tentando di coprirmi come potevo.
Il suo sguardo, si fece più attento stringendo gli occhi
come a voler mettere a fuoco meglio l'immagine e forse cio che vide gli
piacque, perchè sorrise...diversamente... in
quell'istante non fu Alessandro, il mio migliore amico, ma fu
Alessandro, il predatore.
Non era difficile capire come le ragazze impazzivano quando le guardava
in quel modo, ma non avevo mai provato sulla mia pelle tale sguardo e
tale sensazione.
Per un attimo un brivido mi percorse la schiena e una gocciolina fredda
di sudore scivolò giù dal mio collo, perdendosi
sul mio petto.
E quando mi accorsi dei suoi occhi puntati su quella gocciolina, che la
seguivano fedeli ed incuriositi come un segugio, trattenni il respiro
immobile vicino la porta.
"Dove sei stata?" chiese e la voce sembrò vibrare.
Mi riscossi momentaneamente da quell'assurda sensazione e mi voltai
verso l'armadio per prendere un pigiama pulito. Non osai avvicinarmi al
mio letto per prendere quello sotto il cuscino.
Optai per una camicia da notte di cotone leggero e la infilai dando le
spalle ad Ale. Mi maledii in trecento lingue quando realizzai di
avergli lasciato una visuale aperta della mia schiena nuda con in dosso
solo le culotte, fortunatamente per la mia già precaria
sanità mentale in quel momento, lui non fece commenti.
Raccolsi i capelli in una coda morbida, prendendomi il tempo necessario
per stabilizzare gli ormoni, impazziti durante quella caldissima notte
di giugno.
"Allora, mi dici dove sei stata fino a quest'ora?" chiese con voce
terribilmente lenta ma seria.
Dopo aver inspirato profondamente, mi voltai guardandolo arrabbiata.
"Potrei risponderti che sono affari miei, ma non lo farò
perchè sono educata e anche terribilmente stanca, invece
vorrei sapere... tu che diavolo ci fai in camera mia, di notte, per
giunta...nudo!"
Sospirò, alzando gli occhi al cielo.
"Esagerata, mi sembra di avere gli slip, non sono n-u-d-o" commento
scocciato scandendo l'ultima parola.
Mi irritai immediatamente.
"A va bè, allora.... ma dico sei impazzito? e se fosse
entrata mia madre e ti avesse visto così nel mio letto, cosa
avrebbe pensato, eh?" dissi avvicinandomi finalmente a lui
Si voltò guardandomi, e tutta la mia furia sparì
dopo aver visto il suo viso.
"Cosa è successo?" dissi spaventata salendo sul letto e
prendendogli il viso tra le mani.
"Ahia, fa piano" brontolò con voce roca.
Solo allora mi accorsi del taglio lungo il sopracciglio, gonfio e
violaceo. Percorsi allarmata il resto del viso e mi accorsi di altri
segni violacei sulla guancia destra congiungersi al labbro spaccato, al
lato della bocca.
Possibile che non me ne ero accorta. Eri troppo concentrata sulle
grandi firme più in basso... idiota! pensai tra me..
"Cosa è successo?" ripetei in un sussurro.
Alessandro allontanò lo sguardo, in imbarazzo per poi
sorridere mesto.
"Solite discussioni, sai che non c'è un perchè,
basta la mia vista ad irritarlo. Poi stasera ho esagerato anch'io ma mi
ha fatto davvero perdere la pazienza. Non sarò mai il suo
bamboccio in camicia da usare a suo piacimento".
Sospirai con le lacrime agli occhi, non era la prima volta che accadeva
certo, ma era passato un pò di tempo e comunque, quella sera
ci era andato giù davvero pesante.
Non riuscivo a capire come un padre potesse far questo a suo figlio.
"Non volevo dormire da me e mi sono spogliato perchè qui
dentro si muore di caldo. Scusami non volevo metterti a disagio"
continuò con una voce talmente dolce da farmi sciogliere il
cuore.
Istintivamente, gli posai un dito sulle labbra, per non farlo
continuare.
Scossi la testa e lo guardai seria.
"Non dirlo nemmeno per scherzo, va bene? Lo sai che puoi venire qui
quando vuoi, scusami tu per come ho reagito, mi hai solo spaventata.
Ora aspetta qui e non ti muovere".
Andai in bagno, trattenendo le lacrime. Ogni volta che lo vedevo
così, indifeso e ferito dentro e fuori, mi sembrava di
impazzire.
Non ricordavo più quante volte avrei voluto urlare in faccia
a suo padre tutto quello che pensavo di lui.
Era un avvocato di successo, i soldi non gli mancavano, ma era senza
morale e senza cuore. Pressava Alessandro affinchè
diventasse come lui, affinchè seguisse le sue ombre, ma Ale
era un milione di volte meglio e di valore in confronto al padre.
Odiava approfittarsi degli altri, non sarebbe mai stato il suo secondo,
e questo il padre non lo accettava.
"Vieni qui, disinfettiamo questo taglio" dissi sedendomi al suo fianco.
"Ma brucia?" chiese con gli occhioni da cucciolo
"No, tutte le volte mi fai la stessa domanda" dissi sorridendo
"E tu rispondi sempre di no, ma non è vero...ahia!"
Sospirai e continuai a disinfettargli il sopracciglio, per poi passare
al labbro.
Ero così arrabbiata che quel viso perfetto fosse stato
ferito, ma la cosa che mi faceva più male era sapere che
c'erano altre tipi di ferite impossibili da rimarginare.
Dopo aver messo un cerotto sulla ferita, sospirai tristemente, lui
capì e mi guardò negli occhi. Cercai di
sorridere, ma sentivo le lacrime che volevano uscire.
Non puoi! mi ammonii.
Non era ciò di cui Ale avesse bisogno, perciò mi
sforzai e avvicinai il mio volto al suo lasciandogli un bacio sul
sopracciglio, la sua pelle era bollente e soffice sotto le mie labbra e
mi sentii strana, diversa... Ale sospirò sul mio collo ed io
istintivamente feci lo stesso per poi staccarmi e abbassare lo sguardo
nei suoi occhi.
I nostri sguardi si intrecciarono, incapaci di muoversi e con una voce
che non mi apparteneva riuscii a parlare "Ecco, sei come nuovo"
sussurrai.
Lui annuì impercettibilmente, e sentii il suo naso sfiorare
il mio, realizzai con un attimo di ritardo quanto in realtà
fossimo vicini e senza rendermene conto, gli occhi si abbassarono sulle
sue labbra, rosse, umide e all'apparenza tremendamente
morbide, succose. Deglutii appena e per la prima volta percepeii il
doloroso desiderio di farle mie, di...sentirle.
No, non puoi, è sbagliato! disse una voce nella mia testa,
talmente forte da stordirmi.
Sbattei le palpebre e lui fece lo stesso.
L'incantesimo si era rotto, i nostri occhi erano liberi.
"Credo che sia meglio dormire" sussurrai stendendomi al suo fianco.
Ale annuì, stiracchiandosi ancora per nulla
turbato da quello che era appena accaduto.
Forse perchè è successo solo nella tua testa,
tonta! pensai.
"Sono stanco anch'io ero rientrato poco prima di te" disse Ale
spegnendo la luce.
"E cosa hai fatto fino a quest'ora?" chiesi ad Alessandro.
Ero seriamente preoccupata per lui, non lo avevo mai visto
così.
Sospirò distendendosi.
"Avevo bisogno di sfogarmi con qualcuno" continuò ad occhi
chiusi.
Mi sentii terribilmente triste per non essere stata lì con
lui quella sera e avvicinandomi gli presi la mano.
"Ehi, sai che per qualsiasi cosa io ci sono. Potevi sfogarti con me
bastava che mi chiamassi ma puoi farlo ora se vuoi..." dissi
sorridendogli.
Ale, aprì gli occhi e mi guardò in modo strano.
"Sei
proprio una pulce ingenua...era un altro il tipo di sfogo di cui avevo
bisogno...ma se vuoi..." e sorridendo mi fece l'occhiolino.
"Sei proprio un cretino ed io che ti sto pure a sentire..." dissi
scansandomi per quanto mi era possibile.
In men che non si dica un dubbio s'insinuò.
"Ale non dirmi che hai fatto sesso con qualcuna e poi ti sei spogliato
ed infilato nel mio letto?" urlai mettendomi a sedere.
Scoppiò in una fragorosa risata, per poi prendermi un
braccio e farmi accoccolare vicino a lui.
"Mi sono fatto la doccia, anche perchè...dio qualla ragazza
era insaziabile avevo la sua bocca ovunque e poi.."
"Ok basta, smettila, non voglio i dettagli, che schifo!"
Continuò a ridere piano e per alcuni istanti non parlammo.
"Tu cosa hai fatto? perchè sei tornata così
tardi?" chiese poco dopo.
Sorrisi per la sua curiosità. Era premuroso all'inverosimile.
"Ero fuori per una serata tra donne, con Gaia ed Ilaria"
"E perchè Daniela non è venuta?"
"Aveva un incontro piccante" risposi sbadigliando.
"Ah si? brava brava, quella ragazza sembra me al femminile"
commentò ridendo.
"Ora che mi ci fai pensare è vero e poi in questo periodo
è tutta presa dal tizio dell'università, lei lo
chiama...cito testuale -botta sicura- scusa il francesismo"
Scoppiammo a ridere come matti, sdraiandoci uno di fronte all'altro.
"Si certo, ridi tu...ma le altre mi prendono in giro dicendo che dovrei
imparare qualcosa da questa filosofia" dissi continuando a ridere. Da
sola!
"Ah che stronzata!" disse sprezzante.
Alzai il viso curiosa.
"Perchè? Non posso fare del...sano, appagante, assolutamente
privo di inibizioni, selvaggio...sesso?" chiesi scherzando ma la voce
mi uscì molto più sensuale di quanto volessi.
Alessandro non rispose, ci fu silenzio per alcuni minuti tanto da farmi
pensare si fosse addormentato, ma subito dopo si
accoccolò alle mie spalle, tenendomi stretta e sciogliendo i
capelli dalla mia coda.
Rimasi immobile per alcuni istanti finchè non lo sentii
inspirare e sospirare subito dopo.
"mhmm" mormorò vicino il mio orecchio.
"Cosa?" chiesi sorridendo.
"Adoro questo profumo..." disse ispirando ancora tra i miei capelli.
"Piace anche a me è lo shampoo all'albicocca" commentai
rilassandomi contro il suo petto e chiudendo gli occhi.
Ero davvero stanchissima...
"No, non questo" disse poco dopo.
"E cosa allora?"
"Sei tu. E' il tuo profumo, non sò spiegarti... mi ha sempre
fatto impazzire" disse Ale in un sussurro cedendo ai richiami di morfeo
e lasciandomi sola..nel cerchio dei...lussuriosi!
********************************
Eccomi quì, odio doverlo dire ma...bho questo capitolo non
mi convince :(
lo volevo a tratti leggero a tratti più profondo ma non
riesco a capire com'è e più lo rileggo
più peggiora, perciò lascio a voi l'ardua
sentenza...
Fatemi sapere, apprezzerei moltissimo :D
Ora Scuse e Ringraziamenti :D
SCUSATE per il tremendo ritardo ma sono alla ricerca di un lavoro e
giro a lasciare CV inoltre mia nonna è stata operata la
scorsa settimana ed io sono stata male e veramente ancora lo sono... ho
preso un colpo di sole con febbre quasi a 40... ragazze me la sono
fatta sotto...non mi era mai accaduto ma mi sono proprio spaventata...
anyway ora son tornata ma gli occhi mi si incrociano, forse
è anche per questo che il capitolo non è uscito
fuori come lo volevo... e ci saranno molti errori :P
RINGRAZIO bhè cosa dire se non che siete favolose????
siamo arrivate a ben 1287 visite 130 seguite 56 preferite e
per me che sono agli inizi è veramente tanto tantissimo :D
Vi sono grata per le bellissime parole che mi scrivete, grazie
davvero...mi dispiace solo non essere presente come vorrei,
ma spero di rimediare!!!
Attendo con ansia una vostra opinione e non escludo di poterlo
riscrivere se non andasse bene, non sò...fatemi sapere!!
Un abbraccio,
Lela
|
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Capitolo 9 *** Festa ***
FUGA-Cap 9
CAPITOLO
9
FUGA
Festa
"Scacco
matto!" urlai ridendo di fronte l'espressione accigliata di mio padre.
"Non è possibile" commentò "sono tre volte di
fila che vinci tu, io non perdo mai!" .
Continuai a ridere mentre mettevo a posto gli scacchi.
"Vuoi la rivincita?" chiesi ammiccando.
"Assolutamente no, il mio ego ne ha risentito abbastanza. Oggi mi hai
stracciato".
Era tutta la mattinata che stavamo giocando. Prima a carte e dopo
pranzo avevamo continuato con gli scacchi, mentre mamma sistemava la
cucina. Stranamente era stata una giornata serena, mi stavo godendo la
mia famiglia e non mi stupirò mai abbastanza di concordare
con
chi dice che gli attimi più piacevoli sono quelli che dai
per
scontato e apprezzi solo quando non ci sono più. Avere la
possibilità di rivivere la mia quotidianità, mi
stava
aiutando molto più di quanto credessi e gli occhi di mio
padre e
mia madre che si fermavano su di me quando credevano che non li
vedessi, mi davano la conferma che la mia sensazione non fosse l'unica.
Capii di essere stata molto egoista ed era una realtà nuova
con
cui mi ci stavo scontrando fin dal mio primo giorno a casa. Prima con
Gaia e ora con loro. Gli ero mancata, come loro erano mancati a me, ma
il sottile desiderio di andar via dinuovo non mi abbandonava mai e
ciò mi faceva sentire ancora più in colpa.
"C'è qualcuno?" urlò Gaia dall'ingresso.
"Vieni siamo in giardino" risposi.
Appena arrivò la guardai stupita. Era accaldata, sudata con
il
fiatone ed il tutto contornato da una quantita innumerevole di...buste?
"Ma cosa stai facendo?" mi chiese quasi con fare scioccato.
Mi voltai verso mio padre come a chiedere aiuto ma lui alzò
le spalle sorridendo.
"Sto giocando a scacchi?" chiesi ironica.
Potei distintamente vedere i diversi livelli di rosso contornargli il
viso, come una pentola a pressione che stava per esplodere e per un
attimo ebbi paura che potesse accadere davvero.
"Scacchi?" chiese con voce stridula.
"Perchè non si può?"
Lei lasciò cadere a terra tutte le buste, brandendo il dito
contro il mio viso come fosse una spada.
"Io sono stata tutto il giorno a trovare tutto l'occorrente per stasera
sperando che quanto meno ti fossi fatta una doccia!" disse guardandomi
quasi schifata e per istinto abbassai gli occhi a controllarmi. No,
tutto normale, pantaloncini e top e la doccia l'avevo fatta quella
mattina.
Tornai su di lei, confusa, ma mio padre mi anticipò.
"L'occorrente per cosa?" chiese.
Gaia si voltò verso mio padre e sorrise.
"Sergio, so che per voi uomini è diverso ma dovete sapere
che
per la preparazione di una donna c'è bisogno di un lungo
processo che solo noi donne possiamo comprendere e che fa sì
che
voi maschietti cadiate stecchiti quando ci guardate. E' matematico"
commentò con tono professionale.
A quel punto una vaga ansia si impossessò di me. Avevo
volutamente evitato quel pensiero per tutto il giorno e con cautela mi
ero rifiutata di informare Gaia della mia intenzione a non andare a
quella festa, sapevo che avrebbe scatenato l'inferno. Ormai
però
era imminente.
"Mi sono perso, preparazione per cosa?" chiese mio padre sempre
più curioso.
Gaia mi guardò scioccata ed alcuni tasselli andarono a
costruire la risposta, che ovviamente non le piaceva.
"Non gli hai detto niente? Non vuoi venire alla festa?"
"Festa?" chiesero in coro mio padre e mia madre che ci raggiunse.
Mi alzai d'istinto prendendo un respiro.
"Allora calmiamoci tutti. Si, una festa per il ritorno di Stefano e no,
non ti ho mai detto che ci sarei andata" dissi autoritaria.
Gaia spalancò la bocca ed il colorito rosso tornò.
"Prima di tutto Stefano ha detto che la festa sarebbe stata anche per
il tuo ritorno e poi tu non hai detto proprio niente e di solito chi
tace acconsente".
"Bè questo lo dici tu, io non ho promesso nulla" dissi
vergognandomi un pò di me stessa.
"A me si però" commentò mio padre. "Ti ho chiesto
di
passare del tempo con i tuoi amici e tu hai acconsentito, ora quale
migliore occasione di una festa per celebrare il vostro ritorno a
casa?" chiese e notai come la sua voce si soffermò
sull'ultima
parola.
All'improvviso mi sentii braccata da tutte le parti ed istintivamente
indietreggiai, abbassando lo sguardo.
Mia madre capì il mio cambio d'umore e mi venne incontro
sorridendo.
"Tesoro nessuno ti costringerà a fare nulla ma è
giunto
il momento di sforzarti a fare dei passi avanti, su dimmi
qual'è
il problema? Sono i tuoi amici, siete cresciuti insieme e sei mancata
così tanto a tutti, perchè non fai uno sforzo?"
Alzai gli occhi verso Gaia che aveva un'espressione triste sul volto e
poi guardai mio padre che invece sembrava arrabbiato.
"Il problema non sono gli altri il problema è...che ci
sarà..." lui
dissi senza pronunciarlo ma tutti avevano capito.
Mia madre e Gaia sospirarono come sconfitte e mi vergognai di me stessa
ma fu solo quando mio padre si alzò in piedi che toccai il
fondo.
"Non ho cresciuto una figlia perchè fosse una vigliacca!"
primo schiaffo emotivo che mi fece gelare sul posto.
Si avvicinò alzandomi il viso.
"Sei bellissima, intelligente, buona e sei mia figlia perciò
alza le spalle e riprenditi la tua vita!" disse urlando.
Non seppi di preciso se fu per le parole che usò o se per il
fatto che fosse lui a dirmele, ma annuii e lo abbracciai.
Sarei andata
alla festa.
Qualche ora più tardi, mi ritrovai a camminare
verso il
cancello della villa di Stefano. La sua famiglia era benestante, madre
architetto e padre ingegniere, avevano lavorato molto per dare a
Stefano e alle sue sorelle tutte le possibilità che
volessero ed
anche se la vita era stata buona con loro, non erano quel genere di
persone che non apprezzano quello che hanno e che si sentono superiori
nell'averlo. Erano persone umili e ciò lo spiegava anche la
scelta che aveva fatto Stefano, con tutto ciò che avrebbe
potuto
fare decise di arruolarsi e non perchè non gli piacesse
studiare
ma semplicemente non riusciva a stare fermo in un posto per
più
di un limitatissimo periodo di tempo. Nessuno di noi si
stupì
quando si arruolò e i suoi genitori lo lasciarono libero di
intraprendere la vita che voleva. Senza dubbio una fortuna riservata a
pochi.
E' difficile descrivere come attraversai quel cancello e ciò
che
la mia mente mi disse, semplicemente...trattenni il respiro. Come mi
accadde diverse volte nella vita, nei miei momenti di ansia
più
grande il mio corpo tendeva ad irrigidirsi come a costruire un muro
intorno a me. Una enorme bolla d'aria in cui rifugiarmi. Accadde la
prima volta che feci l'amore, accadde quando realizzai l'inevitabile,
quando un suo sguardo e una sua carezza non avevano più lo
stesso significato. Accadde la mattina che capii di amarlo, quando con
tutto il dolore che avevo nel cuore glielo urlai contro...accadde
quando lo persi per sempre.
Ora stava accadendo di nuovo.
"Michy sei con me?" sentii la voce di Gaia e realizzai di non aver
ascoltato nemmeno una parola.
"Si scusami dicevi?"
Gaia sospirò e si fermò.
"Stavo dicendo che ti comporti come se stessi andando al patibolo. E'
una festa per la miseria e tu sei bellissima, questo vestito
è
una bomba perciò basta pensieri tristi e vediamo di
divertirci,
ne abbiamo bisogno entrambe" disse con gli occhi lucidi e
sembrò
una bambina così dolce, che d'istinto l'abbracciai.
Non avevo considerato che ci sarebbe stato anche Riccardo e che quindi
anche lei potesse sentirsi nervosa. La consapevolezza di essermi
comportata per l'ennesima volta come un'egoista mi fece arrabbiare con
me stessa.
Scossi la testa e le sorrisi raggiante.
"Ma ti rendi conto vero, che con quel vestito addosso nessuno si
prenderà la briga di guardare me se ci sei tu?"
Gaia sorrise arrossendo.
"Davvero?" chiese con gli occhi che brillavano.
"Tesoro hai scelto il mio vestito ed il tuo egregiamente e stasera
siamo bellissime, perciò hai ragione, stracciamo qualche
cuore".
Varcando la soglia, mille luci bianche ci accolsero. Molta gente era
già arrivata, alcuni volti erano conosciuti altri meno e
prendendo un bel respiro cominciai a guardarmi intorno curiosa.
La piscina era illuminata e dei fiori galleggiavano sulla superficie
eleganti, la musica aleggiava nell'aria tra risate varie e non potemmo
non sorridere entrambe.
"Stefano non si smentisce mai" commentò Gaia.
"Eccovi qui finalmente" un uragano tutto vestito di bianco ci venne
incontro.
"Lasciatevi dire che stasera siete stupende, davvero" e ci
abbracciò.
"Ehi non mi dirai che nell'esercito ti hanno insegnato le buone
maniere?" chiesi ridendo.
Una seconda voce ci raggiunse.
"Sai che sarebbe un' impresa troppo ardua" commentò Riccando
facendoci ridere mentre sentii Gaia irrigidirsi all'istante.
"Cosa vorresti dire? Non sono meravigliose?"
Riccardo abbassò gli occhi impercettibilmente.
"Assolutamente stupende, come sempre" rispose arrossendo dopo aver
guardato per istante Gaia e fuggire verso il buffèt.
Quì gatta ci
cova... pensai!
Gaia divenne un peperone e Stefano scoppiò a ridere.
"Non vi capirò mai, vi piace proprio complicarvi la vita?"
commentò.
Lo strattonai per un braccio, prima che qualcun'altro mi saltasse
addosso.
Era Ilaria seguita da Davide.
"Michy! Sapevo che eri tornata, perchè non mi hai chiamato?
Come
stai? Ma sei bellissima!!" disse tutto d'un fiato che mi fece ridere.
"Ehi dalle il tempo di rispondere! Ciao, è bello vederti"
disse Davide.
"Ciao ragazzi, è bello anche per me" dissi abbracciandoli e
quando sentii una piccola pretuberanza sulla pancia di Ilaria abbassai
gli occhi scioccata.
"Eh si, sono di cinque mesi è un maschietto" disse
orgogliosa.
Non sapevo cosa dire sorridevo come una sciocca scuotendo la testa.
"Ma..cioè è bellissimo, tesoro auguri davvero...e
chi.." dissi balbettando.
Davide alzò la mano sorridendo sornione.
Allargai gli occhi ancora più stupita!
"Ma voi vi odiate, cioè litigavate sempre come cane e
gatto..."
"Oh ma ci odiamo ancora, solo che l'amore è stato
più
forte!" disse Davide abbracciandola e dandole un bacio sulla guancia.
Erano bellissimi e scoppiai a ridere come una matta mentre un calore mi
esplose nel petto e capii che migliaia di chilometri non possono
cancellare tutto.
"Bene ragazzi vi voglio bene, ma ve ne vorrò di
più se
andiamo a mangiare, sto morendo!" disse Riccardo e insieme agli altri
mi incamminai.
"Ah Michy" mi chiamò Stefano
"Si ?"
"Lui non verrà, pensavo volessi saperlo" disse a bassa voce
in modo che gli altri non potessero sentirci.
Mi fermai di colpo sentendo una fitta allo stomaco.
"E' per me vero?" chiesi e non potei evitare alla mia voce di tremare.
"No, ha detto di avere una cena di lavoro con il padre"
"Non avrebbe mai preferito una cena con il padre alla tua festa"
Stefano abbassò lo sguardo per poi rialzarlo triste.
"E' cambiato Michy"
"Me ne sto accorgendo" sussurrai incamminandomi verso gli altri.
Li guardai uno ad uno seduti ad
una grande tavolata, ridevamo e scherzavamo come ai vecchi tempi. I
loro volti erano gli stessi di sempre ma che ora raccontavano storie
diverse.
C'era il volto di Davide che si illuminava ogni volta che sfiorava la
pancia di Ilaria, gli occhi di Riccardo che rincorrevano quelli di Gaia
per poi nascondersi in altro, le guancie di Gaia che arrossivano ogni
volta che Riccardo le sfiorava per sbaglio una mano.
C'era il sorriso di Stefano, l'affetto che aveva per tutti noi e la sua
ilarità contagiosa che mi fece ridere dopo tanto tempo,
troppo.
E c'ero io...lo sguardo attento di chi osserva senza mai prendere
parte, c'ero io e la mia paura che stava pian piano abbassando le
difese, scalfita dall'amore che avevo attorno quella sera... Scalfita
ma non ancora abbattuta, e anche se gran parte del merito era
dovuto alla mia famiglia ed a Gaia che mi aveva convinta ad andare a
quella festa, per un attimo mi sentii più forte.
Avevo avuto il coraggio. Lui no. E con quella nuova consapevolezza,
passai una bellissima serata, avvolta dai miei amici e con il
desiderio, dopo tanto tempo, di riprendermi la mia vita. Come aveva
detto mio padre.
Cercai di non farlo. Cercai con tutta me stessa di continuare a dormire
ma non ci riuscivo. Non dopo tutte le emozioni e le delusioni di quella
sera. Incurante di essere vestita con una tuta ed un top presi le
chievi di casa ed uscii. Dovevo camminare, dovevo pensare anche se la
mente non aveva smesso un attimo di tormentarmi di ricordi tra il
passato ed il presente che ora avevo davanti.
Percorsi la strada isolata per pochi metri, camminando lenta sul
marciapiede e tenendo gli occhi su quel balcone...il suo.
Arrivata sotto casa, mi accesi una sigaretta e non seppi
nemmeno perchè ne chiesi una a Gaia poco prima, erano due
anni che non fumavo. Alzai gli occhi verso la finestra della sua
stanza, era così strano essere lì...
Respirai a pieni polmoni quel gusto che credevo dimenticato e prima di
espirare fuori il fumo la luce si accese ed il mio cuore si
fermò!
Una figura entrò nella stanza, era lui. Si tolse la giacca
con l'eleganza che lo aveva sempre distinto per poi allantarsi la
cravatta.
Lo vidi prendere un bicchiere di qualcosa e bere il tutto con estrema
foga per poi poggiare il bicchiere al lato del letto dove sapevo che
c'era la scrivania. Vedendo la sua immagine avvicinarsi di
più alla finestra ebbi paura potesse vedermi ma anche se il
mio cuore stava scoppiando non riuscii a muovere un piede. Avrei fatto
la peggiore figura della mia vita se se ne fosse accorto, ma non
muovevo un passo ugualmente.
Ed accadde. Come se lo avessi chiamato, come se il rimbombare del mio
cuore lo avesse attirato, alzò la testa di scatto, un
movimento così repentino che mi fece sussultare.
Ci guardammo a lungo, occhi negli occhi e nonostante la notte
incombesse su di noi, potevo chiaramente distinguere il verde delle sue
iridi, brillare per poi scurirsi di colpo.
Con volto teso iniziò a sbottonarsi la camicia continuando a
tenere il suo sguardo su di me, serio, concentrato.
Predatore contro preda, entrambi vittime della stessa lotta, entrambi
sospesi nel tempo fino all'ultimo respiro.
Sentii le ginocchia tremare ed il cuore battere
così forte da volare fuori dal mio petto ma non fece in
tempo perchè si sgretolò prima di toccare il
cielo... Spezzato dall'inevitabile...
Da una mano smaltata di rosso che si
unì a quella di lui, carezzandogli il petto.
******************************
Ciao a tutte, scusatemi davvero davvero tanto per il tremendo ritardo,
ma il lavoro ancora non arriva e mi sto deprimendo parecchio inoltre
sono totalmente insofferente al caldo e non posso mai scrivere quando
vorrei, insomma una congiura!!!
Ma vi penso sempre e vi ringrazio per le bellissime parole che mi
riservate *_*
Devo dirvi alcune cose,
la 1- spero che il capitolo vi sia piaciuto anche se immagino che molte
di voi si siano immaginate la "festa" andare in un altro modo, la
verità è che doveva essere così ma ho
trovato un' immensa difficoltà a scriverlo e poi ho capito,
visto che non è la prima volta che mi succede, quando non
riesco a scrivere una scena particolare, bè vuol dire che
non è quella giusta, perciò forse la pazzia,
forse il caldo oggi mi sono messa ed ho riscritto TUTTO il capitolo
doveva andare così! Non sò spiegarvi bene il
perchè ma c'è :D lo sento così.
2- ci sarà un altro incontro /scontro, un pò la
sintesi di quest'ultimo ed il primo per poi...spostarci tutti
in...bè lo scoprirete solo seguendomi ah ah ah ah!!!
3- Sapete che sono alla mia prima ff e non pretendo nulla
anzi, ma se vorrete lasciarmi un opinione mi farete felicissimissima *-*
4- sto pubblicando anche un'altra ff /twilight fateci un
salto se vi va ;)
Grazie ancora per tutto e se volete aggiungermi
su fb mi fa sempre piacere, il nick è lo stesso :D
Un abbraccio e buon Ferragosto!!!!!
Lela
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Capitolo 10 *** Domande ***
FUGA- Cap 10
Fuga cap 10
CAPITOLO 10
FUGA
Domande
"Now that don't kill me,
can only make me stronger, I need you to harry up now 'cause I can't
wait much longer....."
Mentre continuavo a cantare a squarcia gola non mi accorsi
di
Gaia e mia madre che mi guardavano allibite dalla porta della
mia
camera. Certo potevo immaginare che ciò che stavano
osservando
in quel momento fosse un' invasata che prendeva a calci e pugni l'aria
con quelli che dovevano essere una specie di guanti.
Avevo spostato il mio letto fino alla parete e tolto dalla mia
pericolosa vicinanza qualsiasi cosa potesse essere distrutta e avevo
cominciato a saltellare sul posto alzando sempre di più il
volume dello stereo.
"Ma cosa stai facendo?" chiese mia madre con occhi sconvolti.
La guardai sbuFfando e alzando i pugni per mostrarle i miei guantoni.
"Non lo vedi? Si chiama "Kick boxing" ed è in
assoluto il miglior antistress che conosca, l'ho scoperto a Londra"
dissi sorridendo, mentre tiravo un nuovo gancio.
"Chi sei tu e cosa hai fatto alla mia dolce amichetta?" chiese Gaia
ridendo.
"Chiedilo a tuo cugino" mi scappò dalle labbra senza
pensare,
mentre mia madre e Gaia assumevano l'espressione che più
detestavo. Quella della - Oh povera Michy-.
Scossi la testa ed andai ad abbassare la musica per poi voltarmi verso
di loro nervosa.
"Non fatelo. Non guardatemi così perchè io sto
bene. Ok ho capito cosa intendevate quando diceste che...lui era
cambiato, certo non potevo aspettarmi che fosse diventato un' idiota
totale a questi livelli, immaturo, strafottente, arrogante,
prepotente...e con la camicia!"
"La camicia?" chiese mia madre.
"Si lo ripete da ieri, ma non sò a cosa si riferisca"
commentò Gaia.
Sbuffai. "Scusate ma sarei qui e il vostro comportamento non mi
è di aiuto. Tu mi hai messo in questa situazione,
è colpa
tua" indicai Gaia con il guantone.
"Innanzitutto, abbassa quel coso che mi fai paura e poi io non ho fatto
proprio nulla, è stato Stefano ad invitarti alla festa. Io
immaginavo che avresti reagito così...bè non
proprio stile Roky
Balboa ma qualcosa del genere!" continuò ridendo e tenendosi
la
pancia.
"Tu ridi?" chiesi sconvolta.
"Ok scusami, ma ora spiegaci a cosa è dovuto tutto questo"
disse
indicando la stanza. "Credevo che ieri sera fossi stata bene, insomma
nessuno scontro con mio cugino -l'innominato- perciò credevo
ti
fossi divertita".
Sospirai, voltandomi a guardare la finestra.
"A dire il vero, l'ho visto. Ieri sera".
"Come? Quando?" chiesero all'unisono Gaia e mia madre avvicinandosi.
Risposi senza girarmi a guardarle, cercando di scacciare la terribile
sensazione che avevo provato la sera prima.
"Ieri sera, tornata dalla festa non riuscivo a dormire e dopo essermi
rigirata nel letto centinaia di volte, mi sono alzata ed ho deciso di
andare a fare due passi..."
"Si va bè" commentò Gaia.
"Ok, forse, una parte piccolissima del mio maledetto cervello voleva
vederlo e sapere come stesse, soprattutto dopo che non si è
fatto vedere alla festa. Insomma, anche se è contorto, una
parte
di me si sentiva in colpa, credevo che non fosse venuto per me ma mi
sbagliavo, aveva altri impegni per la serata" terminai sorridendo
triste.
"Cosa vuoi dire? Che è successo?" chiese mia madre.
Le raggiunsi sedendomi sul mio letto e parlai togliendomi i guandoni
maldestramente. Ero nervosa.
"Nulla, ho semplicemente camminato lungo la via fino ad arrivare sotto
la sua finestra, la luce si è accesa e l'ho visto. Non sono
riuscita a muovere un passo, speravo che non mi vedesse ed al tempo
stesso volevo che invece accadesse ed il fato deve avermi accontentato
perchè si è voltato e ci siamo guardati. Dio,
giuro che
non mi sentivo così viva da due anni e per un istante
è
scomparso tutto, avevo dimenticato tutto il male che ci siamo fatti,
volevo solo abbracciarlo ma poi.."
Cercai di controllare il nodo che mi si era formato in gola e
trattenere le lacrime ma una scappò al mio controllo e ne
sentii
il sapore salato mentre sorridevo amaramente.
"Bè dal nulla è uscita una donna, bionda e
altissima che
lo abbracciava da dietro, mentre lui è rimasto a guardarmi,
freddo come il ghiaccio. Non ha tolto lo sguardo fino a che io stessa
non mi sono fatta indietro. Ero così imbarazzata e ferita,
che
sono corsa via come una ragazzina, la stessa che ha sempre creduto che
fossi e forse ha ragione."
Dissi tirando su con il naso e asciugandomi il viso con le mani
tremanti.
"Non dire così, sai che non è vero. Hai
dimostrato
coraggio ad andartene da sola e ricostruirti una vita. Lo sappiamo
tutti. Probabilmente la sua rabbia deriva anche dal fatto che lui
invece questo coraggio non l'ha avuto ed oggi paga per questo". Disse
mia madre facendomi intendere che sapesse molto di più di
ciò che pensassi.
La guardai negli occhi e lei mi sorrise dolce.
"Che vuoi dire?" chiesi.
"Lo capirai, non spetta a me parlarne. So che stai soffrendo ma se
davvero gli vuoi bene trova il modo di parlargli, glielo devi."
A quelle parole abbassai gli occhi colpevole e Gaia mi
guardò annuendo.
"Non è facile parlare, con chi non vuole avere nessun
contatto con te".
"Non è così" rispose lei.
"A no? e quel biglietto? e quella scenata? Per ieri sera, invece
avrà avuto altro da fare ma.."
"Mio
zio lo ha costretto davvero ad andare a
quella cena."
Disse Gaia di punto in bianco. "Avevo sentito una
discussione qualche giorno fa su un gruppo di clienti russi che
sarebbero dovuti arrivare a giorni, non sapevo la data ma stamattina
Alessandro mi ha raccontato della cena con questi clienti
e..bè una
bionda è uscita dalla sua camera mentre noi eravamo in
cucina a fare il
caffè. Sarà stata la stessa che hai visto tu e
parlava solo inglese con
accento decisamente russo. Alessandro gli ha fatto firmare dei fogli e
quando se ne è andata, mio zio era su di giri e si
complimentava con
lui per le sue doti...persuasive". Concluse schioccando la lingua.
La guardai sconvolta, mentre il cuore cominciava a battere
all'impazzata e non seppi mai se per il disgusto o la rabbia.
"Vuoi dire che Ale..."
"Non lo so, ti sto dicendo solo quello che ho visto e non è
la prima volta".
Mi alzai di scatto furiosa come non mai.
"Ma è impazzito? Questi
non sono affari miei. Facesse quel che vuole con il suo..con la sua
vita. Se questo è ciò che ha scelto.. Dannazione
non sono affari miei
anche se muoio dalla voglia di prenderlo a calci! Ma cosa gli
è preso?" urlai.
Mia
madre si alzò sospirando e mi guardò paziente.
"C'è solo una persona che può rispondere alle tue
domande e non siamo noi"
Sbuffai infastidita "Non capisco ma sono solo io che ho interpretato le
sue scenate come un chiaro messaggio a -stargli alla larga-? non vuole
avere nulla a che fare con me!"
Mia madre si voltò rossa in viso per la tenzione e capii
quanto
si stesse trattenendo, abbassò la maniglia della porta e
disse
"Secondo te un ragazzo di venticinque anni non ha nulla di
meglio che fare da autista a me, che ne ho cinquanta ed
aspettare un
qualche mio commento che riguardi una certa persona scappata a Londra?"
disse di getto.
Io e Gaia la guardammo stralunate.
"Non capisco, che vuoi dire?"
"Che noi siamo l'unico appiglio che ha per rimanere attaccato a te.
Quel
ragazzo sono due anni che ti aspetta. Gli manchi. Gli manchi
così tanto che è furioso con se stesso,
perchè
è riuscito a chiudere tutti fuori dal suo mondo ma tu sei
sempre
lì".
***************
2007
"Ale ?" dissi
sovrappensiero mentre lo guardavo sottolineare attentamente il suo
libro di diritto con la matita. Era ordinato e preciso.
"Dimmi" rispose senza schiodare gli occhi dal libro.
"Credi nelle persone?"
Si fermò e mi guardò.
"Perchè mi fai questa domanda?"
"Tu rispondi" insistetti sorridendo.
Ale iniziò a giocare con la matita mordendola appena, mentre
pensava alla risposta giusta da darmi io fissavo le sue labbra
incantata ed incuriosita.
"Vediamo...diciamo che credo di più nelle Certezze"
Arricciai il labbro superiore e lo guardai.
"Non ti capisco, che vuol dire?"
Sorrise ed abbassò la matita sul libro.
"Le persone sono volubili e nel corso di una vita, tutto può
cambiare, perciò preferisco credere nelle Certezze,
ciò che sò si ripeterà domani e
dopodomani ancora, così, fino all'infinito. Ciò
mi da un discreto margine di prevedibilità e di conseguenza
limita le delusioni" disse sorridendo " o almeno mi piace crederlo"
aggiunse facendomi l'occhiolino.
Sorrisi tristemente.
"Cosa c'è? La mia risposta non ti soddisfa?" chiese
intenerito.
"No è solo che speravo, ti fidassi di me, che credessi in
noi..." dissi in un sussurro.
Ale mi alzò il mento con un dito e mi guardò
dolcemente.
"Ma non capisci? Non c'è bisogno che creda in noi. Noi siamo
oltre, siamo una Certezza. Tu sei la mia Certezza, Michy!"
******************
ok io ho le lacrimuccie agli occhi, non sò voi!! Ho bisogno
di nutella!!!
Va bè, scusate per il ritardo ma sono stata in vacanza,
finalmente! Sono stata a Gallipoli ed è STUPENDA, andateci!!
Il capitolo non è ciò che avevo programmato, ma
arriverà! questo è un pò di
transizione, si iniziano ad intravedere un pò di cose, ho
letto che tutte voi ce l'avete a morte con Alessandro ma vi posso
assicurare che non è cattivo, str... o bast.. come lo avete
definito! La sua non è una vita facile e la sua
personalità è molto più profonda e
complicata.
Entrambi hanno sbagliato, forse Michy di meno o di più,
forse hanno agito entrambi mossi da emozioni
sbagliate...chissà???
VI RINGRAZIO TANTISSIMO per le bellissime parole che mi riservate ogni
volta!!!!
e RECENSITE mi raccomando mi fa sempre piacere sapere cosa ne pensate :D
Un abbraccio,
Lela
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Capitolo 11 *** "Ciao" ***
FUGA- Cap 11
CAPITOLO 11
Fuga
"Ciao"
Passarono tre giorni. Tre lunghi giorni.
Sapevo che non vi era logica nel mio comportamento. Sapevo che
qualsiasi altra persona capace di raziocinio avrebbe agito in maniera
diversa. Sarebbe corsa da lui e avrebbe cercato di ottenere le risposte
che nessun altro sapeva darle. Risposte alle mille domande che le
accavallavano la mente. Lo sapevo. Ma non lo feci.
Gaia continuava ad urlarmi dietro, ancora più stralunata del
solito dopo l'inaspettata chiacchierata, spronandomi a
fare...bè, non capii bene cosa si aspettasse da me. Forse la
reazione più plausibile, ma non ero io ad esserlo. Non lo
eravamo io ed Ale, non fummo mai scontati in nulla.
Mia madre, dal canto suo, non si esprimeva, lasciandomi il tempo o
forse lo spazio di cui avessi bisogno.
Mio padre...era mio padre... con le sue occhiate più che
eloquenti, mi lasciò più volte intendere che il
nostro
discorso non era rimasto solo tra noi ragazze, anzi.
Ed io, io correvo...letteralmente. Ogni sera prendevo il mio Iphode e
correvo, cercando di accellerare il passo di fronte a casa sua, anche
se i miei tentativi erano inutili. Gli occhi, curiosi, vagavano da soli
lanciando sguardi fugaci, per poi tornare delusa sul mio traggitto.
La sua macchina non c'era. Erano tre giorni che non vedevo nessun segno
di alcun passaggio sotto casa sua e ciò mi innervosiva.
Molto.
Poteva, il nostro ultimo incontro dalla sua finestra, aver scosso anche
lui?
Smettila!
mi ammonii.
Continuai a correre, nella pineta. Erano giorni che evitavo anche il
"nostro" solito percorso verso la spiaggia...
" Mi spieghi
perchè decidi
sempre di venire a correre qui, specialmente in estate e con questo
caldo?" urlai cercando di mantenere il suo passo.
"Perchè
l'aria del mare fa
bene e l'estate mette di buon umore tutti" disse Alessandro, girandosi
verso di me e correndo all'indietro.
"Ah ed io che pensavo
fosse per le ragazze in bichini!" risposi alzando gli occhi al cielo.
"Tu mi offendi, nana,
davvero! Come
puoi solo pensare che io sia così egoista?.... Ce
n'è anche
per te!" disse mettendosi una mano sul cuore, fingendosi mortalmente
ferito.
Sorrisi amaramente tornando al presente, quando il telefono
squillò.
"Pronto?"
"Alle 20.00 pizza a casa mia come ai vecchi tempi, non si accettano
rifiuti, ritardi, risposte di
qual si voglia natura, se non quelle che acconsentiranno a renderti
partecipe di questa bellissima serata" disse la voce tutto d'un fiato.
"Un semplice, "cena da me" poteva bastare, Stefano" commentai ridendo.
"Avevo paura rifiutassi e non potevo assolutamente permetterlo.
C'è una cosa di cui dobbiamo parlare" disse tornando
leggermente
più serio tanto da non lasciarmi dubbitare nemmeno
per
un'istante, sulla risposta da dare.
"Va bene, allora ci sarò" dissi sorridendo.
"Perfetto, a dopo".
"Ah Stefano?" chiesi prima di attaccare.
"Dimmi".
"Perchè avevi paura che rifiutassi?"
"Perchè ci sarà anche Lui!"
***************
"Non posso crederci" disse Gaia guardandomi a bocca aperta.
"La vuoi smettere!"
Stavamo entrambe camminando verso il cancello della casa di Stefano. Le
luci del giardino erano accese ed io non smettevo di guardarmi intorno
leggermente agitata.
"No, sul serio perchè diamine non me lo hai detto?"
"Cosa avrei dovuto dirti, scusa!"
Erano circa quindici minuti che discutevamo sulla stessa cosa. Io
sapevo che Alessandro sarebbe venuto, lei no. Io avevo accettato la
situazione senza aver dato di matto, lei no. Io ero pronta ai
possibili risvolti della serata, lei...
"E poi, perchè non ti sei vestita meglio se lo sapevi ?"
Mi guardai per un attimo, per poi voltarmi confusa.
"Ma se ho messo anche i tacchi come mi hai detto" risposi spalancando
la bocca.
Gaia mi guardò come se avessi bestemmiato.
"Le zeppe non sono tacchi, tesoro. Le vere donne soffrono con eleganza
ma donano alle loro gambe uno slancio femminile che rendono una lunga
gamba, bella da guardare sotto la gonna. Cosa che a quanto pare deve
esserti sfuggita, visto i jeans stretti che porti !" disse furibonda.
Mi fermai ad osservarla per qualche secondo e capii.
"Tesoro tutto bene?"
Si voltò di scatto e la sua espressione cambiò.
"Si certo, perchè non dovrebbe?" rispose distogliendo
velocemente lo sguardo.
"Perchè forse una certa persona, stasera, sarà
quì
con noi? Ed ora non sto parlando di Alessandro" chiesi sorridendo.
Gaia mi guardò e rispose mesta al sorriso.
"Già..è solo che...non sò..non ti
sembra strana
tutta questa situazione? Sembra di stare rivivendo il passato, le
nostre serate a casa di Stefano, tutti noi insieme, solo che..."
"Ora è tutto diverso, lo so" finii per lei.
Ci guardammo serie ed un pò tristi.
"Ho paura, mi sento troppo agitata, insomma è diverso dalla
festa dell'altra sera. Questo è più...come dire,
intimo"
disse Gaia con quei suoi bellissimi occhioni marroni.
"Non devi aver paura. Ti capisco, giuro, Dio solo sa perchè
sono
quì e non me la sono data già a gambe levate, e
vorrei
anche me lo spiegasse visto che io non lo sò..." dissi in
una
smorfia scoppiando a ridere con lei.
"Sono sicura ci divertiremo, l'altra sera siamo stati bene. Sono sempre
loro, dopotutto. Siamo sempre noi".
Mi guardò annuendo e si sporse per citofonare.
"E tu ti senti pronta a rivederlo?" chiese improvvisamente.
La serratura telecomandata del cancello scattò, ed una voce
dal citofono ci invitò ad entrare.
"Chiedimelo a fine serata" sussurrai, incamminandomi nel viale.
***************
La musica, unita alle nostre risate, si sentiva probabilmente fin dalla
strada ma era circa un quarto d'ora che la nostra attenzione, era
canalizzata sui nuovi artisti autodidatti.
Stefano e Davide, stavano scontrandosi nella più
competitiva
delle partite a "Guitar Hero", mentre noi ragazze non facevamo che
ridere degli acuti improvvisati da Davide.
"Ho vinto!" urlò Stefano di fronte al punteggio, per poi
buttarsi
a capofitto tra me e Gaia che eravamo comodamente sedute sul tappeto
più morbido che avessi mai visto.
"Ormai posso suonare tranquillamente una chitarra vera, ne sono sicuro
e tutto senza neanche aver mai preso una lezione" rideva compiaciuto ed
anche assolutamente convinto della sua teoria.
"Certo e se devi leggere uno spartito, che fai cerchi i colori invece
che le note?" chiesi ridendo.
"Vorrà dire che mi farò uno spartito colorato".
Mentre ridevamo spensierati come una volta, l'ansia si era un
pò
attenuata. Gaia era decisamente più rilassata e le
guanciotte
rosa per le troppe risate, ebbero l'effetto di tranquillizzare anche me.
"Ragazzi io ho fame! Tesoro ti prego vammi a prendere qualcosa" chiese
con sguardo implorante la povera Ilaria, intrappolata comodamente tra
diversi cuscini.
"E' vero, ormai dovrebbero essere
già quì con le
pizze. Sono usciti da quasi un' ora" disse Stefano alzandosi per
prendere il cellulare ma non fece in tempo a farlo, che una voce ci
fece voltare.
"Chi ha fame? E' arrivato Babbo Natale!" esordì Riccardo
entrando con scatole fumanti.
Ovviamente furone le parole magiche a far muovere tutti ed avventarsi
verso le pizze ma io rimasi pietrificata.
Gli occhi volarono dietro le spalle di Riccardo, cercando un segno, una
persona, i suoi occhi.
Il brivido dell'attesa mi percorse la spina dorsale ed il cuore
cominciò la sua danza, in attesa dell'unica persona che lo
avesse mai fatto battere in quel modo.
Mi avvicinai timida, con un innocente e quanto mai intenzionale sorriso
a sfiorarmi le labbra ed in quell'esatto momento capii il
perchè.
Capii perchè non avevo rifiutato di partecipare a quella
serata,
capii che le parole di mia madre mi avevano dato la forza necessaria ad
affrontare le mie paure. Capii di essere lì in piedi ed in
silenzio, solo perchè anche se non volevo ammetterlo, quelle
parole mi avevano lasciato una sottile speranza nel cuore. La speranza
di non dover scrivere per forza la parola Fine e la voglia indomabile
di vederne un barlume anche nei suoi occhi.
Una corrente di aria fredda, mi fece tremare impercettibilmente tanto
da stringermi nelle spalle e sbattere le ciglia, perdendo
così
il contatto visivo sugli altri. Una sensazione strana mi avvolse e mi
voltai di scatto.
Alessandro rimase sulla porta che dava al giardino, la mano ancora
stretta alla maniglia come a volerla disintegrare, gli occhi fissi nei
miei, divennero smeraldi profondi che presagivano tempesta.
Trattenemmo entrambi il respiro. Nessuno parlò.
"Ciao" sussurrai appena, senza che neanche me ne accorgessi. Ero stata
io a parlare?
Gli occhi di Alessandro mi scavalcarono, correndo alle mie spalle.
"Che cosa ci fa lei quì?" chise freddo.
Alle sue parole mi ghiacciai sul posto. A quanto sembrava non sapeva
della mia presenza. Sentii un dolore esplodermi nel petto e d'istinto
indietreggiai di qualche passo.
"Ehi, prima di tutto mi sembra che Michela abbia detto "Ciao", secondo
è una nostra
amica, perciò non vedo dove sia il problema" disse Stefano
mettendosi al mio fianco, dopo aver enfatizzato la parola nostra .
Alessandro varcò definitivamente la soglia, sorridendo
freddo, spostando i suoi occhi di ghiaccio su di me.
"Oh, ma quale novità, Michela ha detto "ciao". Deve essere
cambiata molto negli ultimi due anni" . Continuò a parlare
guardandomi ma mai indirizzandosi a me.
Trattenni Stefano per un braccio prima ancora di permettergli di
muoversi.
"A quanto sembra sei cambiato molto anche tu" risposi con lo stesso
tono.
Mi guardò sorridendo.
"Ti ringrazio"
"Non era un complimento" dissi scontrosa per poi voltarmi verso Stefano.
Era stato un errore essere andata lì con l'idea che
tutto potesse risolversi. Ero stata solo una stupida e ovviamente avevo
sottovalutato il rancore che Ale aveva verso di me.
"Stefano, scusami ma è meglio che vada adesso" dissi con
voce sicura, tanto da sorprendermi.
Ma Alessandro mi precedette.
"Bè lascia che te lo dica, non devi essere tanto
cambiata se già te la svigni. Attenta o sembrerai la
solita ragazzina senza palle" disse con tono di scherno ed io per poco
non vacillai sulle mie gambe.
Trattenni le lacrime di rabbia e lo guardai. Sapeva come ferirmi e non
si teneva nel farlo. Lo feci anch'io.
"Meglio essere una ragazzina che un bamboccio" sbottai fiuriosa e lui
capì, oh, si che capì!
Si avvicinò in un lampo, senza che me ne accorgessi.
"Non ti permettere di giudicarmi, hai perso questo diritto!" mi
urlò ad un passo dal mio viso.
"E tu smettila di fare il cazzone, allora, se hai da dire qualcosa,
dilla!" urlai di rimando, avvicinandomi di più a lui.
Tutti tacquero, mi dimenticai di ogni singolo attimo trascorso negli
ultimi anni. C'era solo silenzio intorno a noi. Solo io ed Ale immersi
uno negli occhi dell'altra, sentii il viso avvampare, di rabbia,
frustazione e...desiderio. Forte, indomabile e assolutamente senza
senso.
Il respiro accellerato, si scontrò sul volto dell'altro.
Sentire il suo sapore dopo tutto quel tempo, mi fece perdere il
controllo di me stessa. Le palpebre mi tremarono e socchiusi le labbra,
totalmente inebriata dalla sua vicinanza. Come in risposta al mio,
anche il suo respiro accellerò ed i suoi occhi corsero
impazziti sul mio volto veloci ed insaziabili si posarono sulle mie
labbra.
Fu un attimo, quel millesimo di secondo in cui senti che qualcosa sta
per accadere. Fu un sospiro di troppo che ci fece arrancare, entrambi
stremati.
I suoi occhi si scurirono di più, fino a
spingermi letteralmente lontano da lui. Come se quella vicinanza fosse
stata troppa, come ferito, ustionato dallo stesso calore che mi era
esploso nel petto. Come se avesse avuto paura
di crollare da un momento all'altro.
Dopo quei pochi istanti che a noi erano sembrato ore, con lo stesso
impeto di prima ed
il respiro accellerato, si guardò intorno spaesato, come a
rendersi conto
solo allora, che non eravamo soli.
"Non preoccuparti, sono io ad andarmene" disse crudele voltandosi.
Il tutto fu estremamente veloce. Quella montagna di Stefano prese Ale
per le spalle e lo spinse, si avventò alla porta e la
sbattè con forza.
"Da qui non se ne va nessuno, cazzo!Dannazione siete peggio di due
ragazzini" urlò furioso.
"Stefano, è inutile non..." tentai di dire.
"No, siete voi a non capire. Devo parlarvi. Ho bisogno dei miei amici.
Quì, ora, di tutti i miei amici. Potete mettere da parte i
vostri rancori ed ascoltarmi, per favore?" chiese abbassando le spalle
e strofinandosi il viso con forza.
Io ed Ale ci guardammo negli occhi, entrambi capimmo che qualcosa non
andava, davvero.
Alessandro gli andò vicino e tutti lo seguimmo sedendoci sul
divano.
Le gambe mi tremavano per le troppe emozioni, Gaia non aveva detto una
parola durante il nostro scontro così come gli altri.
Addirittura, Ilaria aveva smesso di mangiare e Davide ora la teneva in
braccio come una bambina.
Riccardo si sedette al lato opposto, vicino Alessandro e Stefano, che
si prese pochi secondi prima di incontrare i nostri occhi.
"Stè, che succede stai bene?" chiese Ale e notai
l'apprensione nella sua voce.
Lui sorrise, come al suo solito, prima di rispondere.
"Si, sto bene non preoccupatevi. E' solo che... la mia vita sta per
cambiare, bè almeno momentaneamente".
***********
Salve salvino mie care, eccoci qui con un nuovo capitolo spero vi sia
piaciuto, ci stiamo avvicinando moltissimo alla parte centrale della
storia... Ale e Michy per forza di cose...non possono più
ignorarsi.
Qui c'è un pò il primo vero, incontro
/scontro...ci ho pensato molto su come scriverlo ma la
verità è che è venuto fuori
così da solo, questo pomeriggio e rileggiendolo, anche se
magari qualcuno avrebbe voluto reazioni diverse, non potendoli
nè lasciarsi andare ad effusioni, nè picchiarsi a
sangue, nè ignorarsi totalmente, credo che sia stata la
scelta più congrua con la storia ed i personaggi. Ovviamente
però ogni consiglio è bene accetto
perchè neanche io mi aspettavo uscisse fuori
così... non sò ditemi la vostra :P
Dal prox capitolo metterò finalmente il "banner" mi stanno
aiutando a farlo...perciò... poi vedrete ;)
VI RINGRAZIO TANTISSIMO per le bellissime parole che avete regalato
allo scorso capitolo, ne sono felice perchè è
stato un capitolo importante per l'evolversi della storia, anche se lo
capirete più in là. Daltro canto il capitolo di
oggi è ben diverso, più discorsivo, ma spero vi
possa aver emozionato ugualmente!
Aspetto sempre con ansia una vostra opinione :D
Un abbraccio,
Lela
Ps: La frase di poco prima (non
potendoli nè lasciarsi ad effusioni, nè
picchiarsi a sangue, ne ignorarsi totalmente)....
bè era riferito a questo capitolo, non al futuro ;)
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Capitolo 12 *** Destino ***
Fuga, capitolo 12
Fuga
Capitolo 12
Destino
Avevo
lasciato Londra da
circa dieci giorni e non mi sarei mai immaginata che potessero bastare
per
rimettere tutto in gioco. Ero tornata a casa per dei motivi diversi,
senza i quali,
sicuramente, la mia vita avrebbe intrapreso un'altra strada. Ma, e
questo lo
capii solo dopo, se il destino ha in mente altri piani per te, non
c'è nulla
che tu possa fare. Che sia stato a causa della salute di mio padre, per
la
richiesta di Stefano o l'insistenza di Gaia. Che sia stato tutto o
nulla io,
quel pomeriggio, mi trovavo seduta su un divano di pelle, ad ascoltare
la più
assurda tra le richieste.
Almeno per me e bè...per Ale.
"Stè, stai bene? Che vuol dire che la tua vita sta per
cambiare?"
chiese Alessandro preoccupato.
Stefano sorrise e si alzò camminando in mezzo a noi tutti
che lo guardavamo
incuriositi.
"Prima di tutto non preoccupatevi. Sto bene. Non sono malato, non sto
per
diventare padre o che ne so cosa vi stiate immaginando..."
"Ti consiglierei di andare al punto, allora" aggiunse Riccardo,
sorridendo dopo l'uscita di Stefano.
"Va bene, come si dice, le chiacchiere sono a zero. Non
potrò spiegarvi
tutto perché riguarda il mio lavoro, però...Ok o
la va o la spacca...Sto per partire
come volontario, per una missione di recupero in Afghanistan" concluse
tutto d'un fiato.
Silenzio. Tutti tacemmo.
"Allora, dite qualcosa?" chiese dopo qualche secondo, mentre tutti
cercavamo di comprendere il senso della sua frase.
"Cosa?". "Come?". "Quando?". Le parole si
accavallarono una sull'altra.
"Volontario?" urlò per ultimo Alessandro.
"Ma sei impazzito. Se non te ne fossi accorto lì la gente ci
muore!"
continuò.
Guardai il volto di Ale diventare sempre più sconvolto.
Scattò in piedi e gli
si avvicinò, furioso.
"Lo so meglio di te, se è per questo" rispose Stefano,
sbuffando
infastidito.
"A sì...?"
"Va bene, calmiamoci tutti ora. Lasciamolo finire" disse Riccardo,
prendendo Alessandro per un braccio. "Sono sicuro che Stefano non abbia
finito di parlare, giusto?".
Vidi Stefano annuire per poi camminare verso il tavolo e prendere una
birra. Si
voltò a guardarci e sospirò.
"Cavolo è stato più facile dirlo ai miei
genitori!" commentò.
Gaia lo guardò in silenzio, poi si voltò verso di
me e continuò con Riccardo.
Alzammo entrambi le spalle, non sapendo cosa stesse accadendo. Mentre
il
silenzio tornò per fare spazio alle spiegazioni di Stefano,
cercai di mettere
da parte l'ansia e capire meglio cosa stava accadendo.
"Allora, questo non potrei dirlo ma, sono scomparsi pochi giorni
fa’ dei
militari. Ora, sapete bene che i telegiornali raccontano una minima
parte di
ciò che accade laggiù e tra l'altro molto poco
veritiera, quindi si vuole
indagare sulla situazione, prima che tutto il mondo inizi a sparare a
zero e
dia notizie errate e superflue che possono solo compromettere
l'operazione. Ed
è qui che entrano in gioco i Parà! " si
indicò con un sopracciglio alzato
e gli occhi che brillavano di eccitazione, per poi continuare.
"Una prima squadra è partita proprio oggi, la seconda
partirà tra una
settimana circa, al massimo dieci giorni, dipende dall'evolversi
dell'operazione. Io ho accettato di far parte della seconda squadra e
questo è
il massimo che posso dire". Concluse sorridendo imbarazzato.
Ammutolimmo ancora una volta, e potei vedere l'espressione sconvolta e
preoccupata di tutti.
Era una decisione pericolosa, in gioco c'era la sua vita ma mi
meravigliai di
come Stefano sembrasse sicuro di ciò che diceva e di come la
sua voce fosse
calma e ferma in attesa della nostra reazione, convinto,
però,della sua scelta.
Riccardo si strofinò il volto mentre Alessandro continuava a
guardare a terra.
Lo conoscevo e sapevo quanto si stesse trattenendo per non esplodere.
Stefano,
era come un altro fratello.
"Va bene, credo di parlare a nome di tutti nel dire che siamo a dir
poco
sconvolti e capisco che tu non possa spiegarci i dettagli ma almeno,
possiamo
sapere quanto è pericolosa questa -missione speciale- e
quando tornerai?"
chiese Riccardo mantenendo la calma.
Stefano annuì ancora, cercando di sorridere. Pensai fosse
una sua reazione per
farci comprendere quanto lui fosse tranquillo. Balle!
"Vi dirò le stesse cose che ho detto ai miei. Le uniche cose
che so, per
il momento, è che una volta che l'aereo
raggiungerà il punto di lancio, ci
daranno le indicazioni per raggiungere il primo campo. Dopo
di ché,
salteremo e saremo solo noi, il cielo e, una volta a terra, spero
nessun altro.
Le condizioni sono di non cercare nessun contatto con chi non sia della
squadra. Siamo spie e nessuno deve sapere di noi, ovviamente, se
dovesse
accadermi qualcosa, la mia famiglia sarà contattata il prima
possibile e
riceverà un risarcimento". Concluse serio.
Silenzio. Di nuovo.
Questa volta fui la prima a parlare.
"Stai scherzando? Dimmi che è uno scherzo perché
non puoi aver accettato
una proposta del genere?" chiesi alzando la voce.
Alessandro si voltò verso di me, l'espressione sempre
più sconvolta ed
arrabbiata.
"Non l'hai sentito? Non ha accettato, si è addirittura
proposto come volontario!
" e pronunciò l'ultima parola quasi urlando. "Questa non
è una
missione speciale, è una missione suicida. Sembra un fottuto
film di guerra e
cosa pretendi ? Che ti auguriamo "Buon viaggio" sapendo che tu andrai
a rischiare la pelle?" .
Alessandro era a dir poco furioso, ma sapevo bene che a guidarlo era la
paura.
"Non pretendo che mi capiate. Sapete come sono fatto, ho scelto questa
vita e ne sono felice. Ora dei miei compagni hanno bisogno di aiuto ed
io non
mi tiro indietro. E' una questione di onore e fedeltà!"
disse Stefano
tornando terribilmente serio.
Non seppi più cosa dire, mi voltai e vidi Gaia con le
lacrime agli occhi così
come Ilaria. Mentre Davide si alzò e per la prima volta
parlò.
"C'è qualcosa che possiamo fare? Insomma ti serve aiuto per
qualcosa?" chiese serio.
"Col cazzo!" ribatté Ale. "Non ti aiuterò in
questo, non lo
farò! Non capisco cosa ti aspetti, ma non lo
farò!"
Stefano annuì convinto e gli si avvicinò
prendendolo per le spalle e
scuotendolo appena.
Era assurdo vedere come Ale sembrasse un ragazzino vicino alla
corporatura di
Stefano.
"Ehi, guardami. Lo so che hai paura e ti ringrazio per questo, ma so
fare
il mio lavoro anzi sono fottutamente bravo! Andrà tutto
bene, devi solo avere
fiducia in me ed assecondarmi per quest'ultima settimana. Non ti sto
chiedendo
di partire con me o di aiutarmi a stilare testamento" si
voltò a guardare
anche noi, sorridendo.
"Ho un'ultima settimana di libertà e voglio passarla con
voi,
ragazzi"
"Cosa hai in mente?" chiese Riccardo.
Stefano si voltò verso il tavolo ed aprì una
scatola della pizza prendendo a
mangiarne un pezzo.
"Quando è stata l'ultima volta che siamo stati tutti insieme
o
meglio...dove?" e masticando un grosso boccone scoppiò a
ridere.
I miei occhi corsero ad incontrare quelli di Alessandro e come se lo
avessi
chiamato, si voltò anche lui. Entrambi avevamo capito.
Sentii il cuore
accelerare sempre di più. No, non poteva essere!
"L'opzione di partire con te, è ancora valida?" disse Ale.
Se qualcuno mi avesse detto prima, ciò che sarebbe accaduto
da lì a pochi
giorni, gli avrei sicuramente riso in faccia. Se, avessi saputo cosa
sarebbe
accaduto quel pomeriggio a casa di Stefano, codarda quale ero, non mi
sarei mai
presentata. Invece, contro ogni statistica ero lì, in quella
macchina, con le
gambe di Ilaria che poggiavano sulle mie, una canzone dei "Dire
Straits" in sottofondo ad accompagnarci, per quella improbabile
avventura.
Contro ogni mia volontà, incapace di rifiutare, eravamo
stati -costretti-
ad andare con Stefano. Dove? Bè, il destino doveva averci
messo davvero molto
impegno, perché ero proprio diretta lì, dove
tutto era finito nell'estate di
due anni prima. Lì dove avevo lasciato il mio cuore. Proprio
lì, nella casa
estiva di Stefano, sotto la montagna della famosa Maga Circe.
Eravamo diretti al Circeo, per una vacanza di una settimana.
******************
Estate
2007
Al ricordo di
quella mattina, sento
ancora il suo profumo e le farfalle nello stomaco. Ricordo
distintamente la sua
espressione beata mentre dormiva con il viso rivolto verso il mio e le
braccia
strette sue miei fianchi. Non era la prima volta che dormivamo insieme,
anzi
accadeva molto spesso che preferisse il mio letto al suo ed anch'io
negli anni
mi ero abituata a dormire con lui.
Non seppi
quindi, cosa ci fu di diverso
quella mattina. Forse erano i segni sul suo volto. L'occhio ancora
gonfio ed il
labbro spaccato da quelle mani che avrebbero dovuto sempre proteggerlo
ed
invece erano le prime ed anche le uniche a ferirlo in quel modo. Sia
all'esterno che all'interno.
Come incantata
da quell'espressione
beata che aveva, alzai un dito a sfiorargli quei segni. Sentii gli
occhi
bruciarmi, come la sera prima e la voglia di lasciar scivolare le
lacrime che
tornarono prepotenti. Non capivo come si poteva fargli del male. Ale
era una
persona così buona, l'unica su cui sapevo di poter contare,
sempre, in
qualsiasi circostanza e mi sentivo così inutile a non poter
fare lo stesso. Era
così indifeso, lì tra le mie braccia che
d'istinto mi strinsi di più al suo
petto, senza smettere di fissare le sue labbra rosa, morbide e dolci,
che mi
regalavano i sorrisi più belli.
Mi
scoprii possessiva e furiosa contro tutto ciò che
gli
facesse del male, perché Alessandro non meritava di
soffrire. Era bello, Ale,
di una bellezza semplice ma al tempo stesso complicata. Dal cuore
buono, leale
e pieno di luce, nonostante vivesse tra le tenebre.
Sorrisi dei miei pensieri e come incantata iniziai ad accarezzargli il
volto.
Lentamente e solo con le dita. Le palpebre tremarono leggermente ed
ebbi paura
si stesse svegliando, ma sentendo il suo respiro profondo continuai la
mia
corsa. La pelle era liscia con appena un accenno di barba, e calda. Le
dita
corsero alle sue labbra, e mi mossi senza una ragione, senza un
perché ma solo
cullata dai nostri respiri. Sfiorai il labbro superiore e poi quello
inferiore
soffermandomi appena sulla ferita, senza smettere di essere
meravigliata dalla
sua morbidezza. Lo vidi socchiudere appena le labbra e sentendo il suo
respiro
caldo sulle mie, capii quanto gli fossi vicino.
Sentii un morso nel petto, mentre il cuore cominciò a
correre all'impazzata. Un
desiderio m'invase, senza che riuscii a contenerlo e cedetti al quel
calore,
sfiorando la mia bocca con la sua. Fu fuoco, semplice ma letale.
Che ti ha fatto, Amore mio!
L'istante esatto in cui queste parole rimbombarono nella mia
mente, mi
staccai terrorizzata!
Cosa ho fatto?
Lo guardai sconvolta mentre continuava a dormire ignaro di
cosa fosse
accaduto. Invasa dalla paura, sgusciai via da quel letto e dalle sue
braccia.
Con il cuore che non smetteva la sua cors,a presi una tuta ed uscii in
silenzio
dalla mia camera chiudendomi la porta alle spalle.
Respirai a lungo prendendo delle boccate d'aria mentre le gambe
ritrovavano la
loro funzionalità e mi aiutavano a dirigermi in cucina.
"Buongiorno, tesoro" disse mia madre con una tazza di caffè
in mano.
Saltai sul posto, guardandola con gli occhi spauriti.
"Siamo nervose questa mattina?"
"No, non ti avevo visto, scusa ma devo andare un attimo da Gaia"
dissi tutto d'un fiato.
"Capisco, volete prepararvi insieme" commentò.
Mi voltai, dopo aver infilato le scarpe.
"Prepararci per cosa?"
"Tesoro ma cos'hai stamattina? Non devi preparare la valigia ?"
Cazzo! pensai.
Uscii di corsa senza nemmeno risponderle. Avevo bisogno di Gaia, dovevo
parlare
con lei. Non capivo cosa diavolo mi era passato per la testa!
L'ho baciato, dannazione. Ho baciato Alessandro! Il mio Ale!
E proprio adesso! Che diavolo ho fatto?
Già perché quel pomeriggio saremmo partiti per
una vacanza, tutti insieme!
Al Circeo. No, non potevo farcela.
***************
Eccomiiiiiiii!!! Dai che non vi ho fatto aspettare troppo vero?? :D
Vi piace il banner???? Io lo adoro *__* Naturalmente NON è
opera mia ma della
bravissa e gentilissima MARTYBET GRAZIEEEEEE sei stata
grandiosa.
Naturalmente se non la conoscete correte a leggere le sue storie *_*
Che ne pensate del capitolo??? mi piaceva l'idea di unire passato e
presente
nella stessa situazione e location (Circeo) dove tutto ha avuto
inizio/fine....curiose??????
Ringrazio TUTTE coloro che mi seguono e che trovano il tempo per
recensire
siete favolose e vi giuro risponderò a tutte, abbiate
pazienza è un periodo
assurdo per me :D
Un abbraccio grande, fatemi sapere eh ???
Lela
|
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Capitolo 13 *** Circeo ***
fuga cap 13
Capitolo
13
Fuga
Circeo
Estate
2007
Una
ragazza con in dosso solo una maglia ed una tuta
sgualcita, corre con tutto il fiato che ha in corpo, mentre la
pioggia fa da
sfondo al suo cuore confuso. Le scarpe si scontrano con il suolo
bagnato, lasciando che l'acqua la schizzi sulle gambe. Svolta
all'angolo della sua strada e l'attraversa saltando gli ostacoli che ha
davanti, mentre il cuore pompa furioso e spaventato, incapace di capire
ciò che gli sta accadendo. Un altro angolo, un altra via.
Arriva
alla
terza casa sulla destra, quella con le mura gialline e la finestra del
primo piano appena socchiusa. E' presto ma non importa, è
come
se fosse casa sua.
"Sono
io, apri" urla la ragazza con il respiro accellerato.
I
capelli le gocciolano sul volto ma non se ne accorge e quando la porta
si apre, riesce a dire solo una frase.
"Ho
fatto un casino".
Questo,
è ciò che ricordo di quella mattina.
Rivedo
chiaramente me stessa di fronte a Gaia, spaventata come una bambina e
bagnata come un pulcino. Ricordo la paura che mi aveva completamente
invaso, impedendomi di capire ciò che stava accadendo.
"Dannazione"
urlai frustrata mentre camminavo avanti ed indietro in camera di Gaia.
"Ehi,
ma cosa succede? E perchè sei bagnata non vedi che piove?"
chiese Gaia avvicinandosi.
Scostai
la maglietta dalla vita e mi accorsi solo in quel momento di essere
fradicia.
"Ho
fatto un casino" ripetevo come una cantilena.
Gaia
si avvicinò passandomi un asciugamano pulito e prendendomi
per le spalle.
"Adesso,
calmati e spiegami cosa succede".
Sospirai
cercando di far calmare i battiti di quel cuore così confuso
ed arrabbiato.
"Va
bene, sto per dirti una cosa che ti sconvolgerà ma devi
promettermi di dimenticartene appena te la dirò" dissi
minacciandola con il dito indice.
Gaia
sorrise dolce " Non vedo come questo sia possibile. Tu intanto dimmela
e poi vediamo il da farsi."
"No!"
urlai secca "E' proprio questo il problema, non c'è un da
farsi,
perchè questa cosa non avrà futuro. E'
sbagliata!"
Lei
mi guardò senza continuare, sapendo che avevo solo bisogno
di sfogarmi.
"Stamattina
è successa una cosa strana...io... non credevo...non avevo
capito che....oh dannazione! E va bene, ho baciato Alessandro!" dissi
tutto d'un
fiato cercando di rimangiarmi le parole e dando le spalle a Gaia.
Silenzio.
Ancora.
Sbuffai
infastidita e mi voltai a guardarla.
Se
ne stava tranquilla, seduta sul letto senza dare cenni di vita.
"Hai
capito cosa ho detto?" chiesi.
Lei
annuì, sorridendo.
"Si,
stò solo aspettando il seguito."
"Perchè
non mi sembri sconvolta, insomma guardami?" squittii.
"Dimmi
cosa è successo."
Sospirai
sedendomi accanto a lei, iniziando a tamponarmi i capelli con
l'asciugamano.
"Bè,
ieri sera, quando sono tornata a casa, ho trovato Ale in camera mia.
Stava dormendo e mi ha fatto prendere un colpo perchè non mi
sono accorta di lui fino a che non ho acceso la luce. Quando l'ho
visto, mi sono arrabbiata perchè entra sempre in camera mia
senza bussare, insomma, quante volte gliel'ho detto? Comunque, ieri
sera è stata una di quelle sere..." conclusi in un sussurro
sentendo un magone in gola al solo pensiero.
"Che
intendi?"
"Aveva
discusso ancora con Roberto e...bè ne porta, chiari segni in
volto."
Gaia
si alzò di scatto, infuriata.
"Lo
detesto quando fa così. Mio zio ricorre alle mani per tutto
e
con Ale ci prova gusto perchè lui non si piega. Che rabbia,
se
fossi un uomo gliele darei io di santa ragione."
"Non
sei l'unica, sono anni che sogno di ripagarlo con la stessa moneta.
Sò che è tuo zio, ma lo odio per quello che fa a
suo
figlio".
Annuì
girandosi e potei vedere i suoi stessi occhi diventare lucidi. Eravamo
le sole, oltre Riccardo, a sapere cosa accadeva tra Alessandro e suo
padre.
"Lui
come sta?"
"Come
il solito Ale. Sai che si chiude a riccio e ci scherza su. Ha detto il
minimo indispenzabile per poi chiudere il discorso."
"Senti,
scusa ma non capisco cosa centra con il fatto che vi siate baciati"
commentò.
Scossi
la testa con forza.
"No
no no, noi non ci siamo baciati!"
"Ma
sei hai detto..."
"..io
ho baciato lui.... mentre dormiva. Non sò cosa mi sia preso
ma
ero così triste per lui. Voglio proteggerlo ma non
sò
come fare...insomma ero lì e lo guardavo dormire... e mi
abbracciava, come sempre d'altronde, ed eravamo così
vicini...io...io volevo stringerlo e lo accarezzavo...e... che ho
fatto? Perchè?" dissi prendendomi la testa tra le mani.
Gaia
si avvicinò abbracciandomi, cercando di calmare l'agitazione
che stava tornando più forte di prima.
"Ascoltami,
non è successo nulla, è una cosa bella non vedo
dove sia il problema?"
Mi
voltai sconvolta a guardarla.
"Cosa?
Come fai a non vedere dov'è il problema? E' Ale, capisci? Il
mio
Alessandro, lo stesso che mi conosce da sempre, che mi vede come una
bambina da prendere in giro. Lo stesso geloso e possessivo che ha
pedinato Fabio per settimane, prima di lasciarmi uscire con lui. Che
guarda male qualunque essere di genere maschile che si possa
intrattenere con me!"
"E
questo non ti fa sorgere qualche dubbio?" disse seccata.
Mi
alzai di scatto scuotendo la testa.
"Non
farlo, capito. Non cercare di trovare qualcosa dove...non
c'è!
Io sono come una sorella più piccola per lui... e lui
è
il mio migliore amico non c'è nulla di più!"
dissi
accorgendomi subito dopo di aver quasi urlato.
Gaia
abbassò lo sguardo e sospirò.
"Senti,
allora non vedo dove sia il problema. L'hai baciato ma lui dormiva.
Fine della storia. Nessuno lo saprà mai."
Aprii
la bocca per replicare e la richiusi di scatto senza trovare nulla di
sensato da dire.
"Quindi
non devo preoccuparmi" affermai ma dal tono usato sembrava
più una domanda.
"No,
ti sarai fatta prendere dall'affetto che c'è fra di voi.
L'hai
visto indifeso ed è stato un gesto istintivo, da amica. "
Annuii
convinta sorridendo timida.
"Giusto,
una dimostrazione d'affetto!" commentai convinta della mia conclusione.
Gaia
annuì dirigendosi verso lo stanzino e prendendo la valigia.
"Bene,
dopo aver appurato che buona amica sei, possiamo passare alle valigie?"
Annuii
pensierosa prima di voltarmi di scatto verso di lei.
"Credi
che una settimana in vacanza insieme sia un problema?" chiesi di getto
senza nemmeno accorgermene.
Lei
mi guardò sorridendo sorniona, di fronte alla mia
espressione spaventata.
"Certo
che no, siete amici, non
vedo dove sia il problema. Dimenticati del bacio, era solo una
dimostrazione d'affetto, no?"
"Certo!"
"Bene"
"Bene"
Annuii
ancora cercando di sorridere, avevo come la sensazione di essermi
incartata con le mie stesse parole ma non capivo il perchè.
Gaia
si voltò aprendo la valigia.
"Ah,
Michy?"
"Si?"
"Anche
se sei la mia migliore amica, io preferisco gli abbracci!".
Fortunatamente
il temporale della mattina era stato passeggero. Il tempo di
rinfrescare l'aria e lasciare quel profumo di erba bagnata
tipico
di quando tutto finisce e fummo liberi di partire.
Non
avevo più visto Ale da quella mattina. Quando tornai a casa
dopo
un paio d'ore lui se ne era già andato, perciò
sperai con
tutta me stessa che non si accorgesse del mio turbamento mentre io, dal
mio canto, facevo di tutto per non pensarci.
"Ehi,
che fine hai fatto stamattina?" chiese Ale aiutandomi a
mettere la valigia in macchina.
Mi
irrigidii di scatto cercando Gaia con gli occhi.
"Sono
uscita presto" commentai senza guardarlo.
"Perchè?"
Già, spiegagli
perchè sei scappata correndo dalla tua stanza!
"Perchè.."
"Doveva
aiutarmi a fare la valigia, sai che non sò mai cosa mettere"
intervenne Gaia in mio soccorso.
La
guardai e sorrisi ringraziandola mentalmente dopo di chè mi
voltai verso di Ale che mi scrutava curioso e feci spallucce . "Sai
come è fatta" aggiunsi con l'aria più innocente
del mondo.
Riccardo
ci raggiunse, dopo aver schioccato un bacio sulla guancia di Gaia.
Erano entusiasti perchè potevano passare un pò di
tempo
insieme senza la supervisione del padre di Gaia, uomo a dir poco
protettivo.
"Allora
siamo tutti pronti?" annuimmo, prima di vedere la macchina di Stefano
accostarsi alla nostra.
Eravamo
un gruppo di otto persone, divisi tra le due Mini cooper di Riccardo e
Stefano; io e Gaia, in macchina con Riccardo ed Alessandro, mentre
Daniela ed Ilaria con Stefano e Davide.
I due piloti erano entrambi talmente innamorati di quell'auto che
puntualmente, una volta
sopra i sedili e accesi i motori, si sentivono come Dio pronti a
gareggiare sul circuito di Monza.
Così,
dopo
aver assistito all'ennesima discussione tra Ilaria e Davide su chi
doveva stare davanti, aver inserito il cd "da viaggio" ed essersi
muniti di un walky-talky per ciascuna autovettura, la nostra vacanza
poteva avere inizio. Solo una cosa mancava.
"Ehi,
fatevi sentire... Circeo?" urlò Ale sporgendosi dal
finestrino.
"Circeoooo"
urlammo tutti dalle macchine.
"Sarà
una settimana indimenticabile" commentò accendendo la musica.
Già!
Pensai.
Arrivammo circa verso le dieci di sera. Eravamo partiti tardi
per aspettare Davide e Daniela che finissero di lavorare, ma quando ci
ritrovammo di fronte a quella villa meravigliosa rimanemmo tutti a
bocca aperta. Quella casa, valeva l'attesa.
Sulla parte alta del Circeo, verso il centro storico vi erano le case
più belle che avessi ma visto. Ovviamente, anche la villa di
Stefano era tra queste. Un cancello dalle mura alte celava al suo
interno una varietà di fiori e piante da far
invidia ad un
giardino botanico. La stradina di ghiaia scricchiolava sotto le
macchine mentre avanzavamo tutti in silenzio fino a fermarsi davanti un
portone tutto di legno intarsiato, alto all'incirca come la facciata
della casa. Ero assolutamente senza parole. Scendemmo dalle macchine in
silenzio, non ero la sola ad essere sconvolta.
"Allora vi piace?" chiese Stefano sorridendo.
Scoppiammo tutti a ridere mentre Ale e Riccardo fischiavano eccitati.
"Voglio essere anch'io un figlio di papà"
commentò Davide mentre tutti ridevamo.
"Sono contento che vi piaccia ma non è molto grande. Venite
passiamo dal retro ".
Lo seguimmo pieni di valigie, buste per la spesa, borse per il mare.
Ognuno aveva qualcosa in mano. L'entrata sul retro affacciava sul
salone della casa e dopo aver acceso le luci, Stefano si
voltò
invitandoci ad entrare.
La casa era bella fuori come lo era all'interno, arredata con un gusto
più moderno ma tutto dai colori chiari che ben si
accostavano
alle mille piante che si vedevano dal giardino.
"Ehi venite qui" disse Gaia.
Un terrazzo si ergeva sulla costa, dove brillavano le mille luci del
porto in lontananza e la luna proprio di fronte a noi.
"C'è una vista spettacolare!" commentai.
Il padrone di casa accese le luci nella cucina di fianco al salone e
battè le mani per attirare l'attenzione.
"Allora, sopra c'è la zona notte con le camere da letto.
Sono
quattro matrimoniali quindi dobbiamo accoppiarci. Ognuno scelga quella
che vuole"
Andai verso la mia valigia e per la prima volta pensai al problema
letto. Gaia sarebbe stata con Riccardo perciò mi voltai
verso
Daniela.
"Non ci provate. Io non voglio dormire con quello sfigato" disse Ilaria
prendendo Daniela per un braccio ed indicando Davide.
Mi voltai e scoppiammo a ridere. Quei due erano come cane e gatto.
"Non per offendere ma io voglio dormire comodo, perciò me ne
vado con la nana" disse Ale togliendomi la valigia dalle mani.
Rimasi senza parole per un secondo di troppo, giusto il tempo di fargli
salire per le scale che mi ritrovai a corrergli dietro.
"Ehi e chi lo dice che voglio dormire con te?" chiesi indispettita ed
anche a dir poco agitata.
Alessandro non si voltò nemmeno ed entrò
nell'ultima
camera del corridoio, poggiando la mia valigia sul letto per poi andare
ad aprire la finestra.
"Sto parlando con te" continuai imperterrita.
"Perchè non dormi bene con me? E poi dormiamo spesso insieme
non
vedo dove sia il problema" chiese con gli occhi da cucciolo.
Già, dove era il problema? Cos'era quel nodo alla bocca
dello stomaco che mi impediva di calmarmi?
Michela smettila! E' Alessandro, il tuo Ale!
"Si bè, è che potevi almeno chiedere" borbottai
andando ad aprire la valigia.
"Dettagli, e poi non ti avrei mai lasciato dormire con quell'armadio di
Stefano o Davide il mani lunghe"
"Guarda che ti abbiamo sentito" urlarono dalla stanza affianco, mentre
scoppiammo tutti a ridere.
Mi voltai e mi accorsi di un altra porta.
"Ehi abbiamo anche il bagno privato!" commentai ad alta voce prima di
voltarmi verso Ale.
"Che stai facendo?" chiesi intimorita.
Lui mi guardò sogghignando mentre si toglieva le
scarpe per
poi sfilarsi la maglietta velocemente, lasciandomi una chiara
visuale del suo corpo scolpito.
"Ti conviene spogliarti...." Deglutii senza distogliere gli occhi dai
suoi.
"...o correre" concluse in un attimo, prima di saltarmi addosso.
"Ahhhh noooo mettimi giu!!!".
Scoprii troppo tardi che la fantastica villa aveva anche una
meravigliosa...piscina!
Si, la vacanza era iniziata.
****************
Estate
2010
Era
tardi ma non riuscivo a prendere sonno. Sicuramente l'emozione di
ritrovarmi di nuovo in quella casa da fiaba, mentre Lui dormiva sotto
il mio stesso tetto, non mi aiutavano a coinciliare il sonno.
Tutti
invece sembravano essere felici di trovarsi li. Gaia e Riccardo avevano
passato la giornata a rincorrersi con gli occhi e mi ero ripromessa che
prima di ripartire avrei fatto di tutto per farli tornare insieme.
Erano fatti
per stare insieme.
Alessandro
era stato l'unico ad essere taciturno. Naturalmente, come
immaginavo, non mi aveva rivolto ne la parola ne uno sguardo. Il tutto
era reso ancora più difficile dal fatto di trovarmi di nuovo
lì con lui. La mia mente riceveva continui
flashback di
noi due insieme. La prima sera mi aveva scaraventato in piscina vestita
e poi eravamo stati raggiunti dagli altri. Ricordai come ogni suo gesto
fosse rivolto a me, sembravamo due calamite attratte dalla stessa
energia e se ci trovavamo nella stessa stanza finivamo inevitabilmente
per punzecchiarci, sorriderci, scherzare...l'importante era stare
vicini. Non mi ero mai accorta di quanto anche il mio corpo si fosse
abituato al suo, sentirlo al mio fianco mi faceva stare bene, era come
se non avessi avuto bisogno di nient'altro. Ed ora...tutto era sparito
ed io avevo la continua sensazione che mi mancasse l'aria nei polmoni.
Finirà
mai questo dolore?
Con
i piedi nell'acqua della piscina, disegnavo piccoli cerchi, sospirando
e cercando di trattenere tutte le lacrime che quei ricordi suscitavano.
Cosa stavo facendo? Perchè ero lì?
Perchè avevo
accettato anche se sapevo quanto mi avrebbe distrutto?
Domande,
sospiri e ancora domande. In attesa che qualcuno mi rispondesse, che
facesse smettere quel dolore.
Un
rumore alle mie spalle mi fece voltare spaventata.
"Chi
è?" chiesi con la voce che tremava.
Gli
occhi corsero verso il viso dolce e bellissimo di Ale che mi
guardò sorpreso e subito dopo spaventato,
indietreggiò di
un passo voltandomi le spalle. Se ne stava andando.
"Ti
prego, non andare" sussurrai d'istinto.
Vidi
le sue spalle irrigidirsi. Si fermò e tornò a
voltarsi
lentamente, mentre trattenevo il respiro davanti a quella muta
risposta.
Era
a petto nudo, solo con un pantalone della tuta ed illuminato dalla luna
non mi sembrò mai così bello.
Mise
le mani in tasca ed alzò appena lo sguardo versa l'acqua
senza
mai incrociarlo con il mio. Sospirai con il cuore che iniziava una
corsa senza tempo e tornai a giocare con i miei piedi nell'acqua,
cercando di non fare nulla di avventato che potesse farlo fuggire.
Lo
sentti muoversi e trattenni il respiro, quando mi accorsi che si
sedette al mio fianco.
Dì qualcosa!
Mi ammonii.
"Non
riesci a dormire nemmeno tu?" chiesi in un sussurro cercando di
riconoscere quella voce spaventata. Non poteva essere la mia!
Non
rispose ma vidi un leggero movimento del capo ed un improvvisa voglia
di voltarmi e stringerlo si impadronì di me, tanto
che
dovetti sforzarmi con tutta me stessa per non farlo.
Ma
stavo esplodendo per quella vicinanza e non riuscii a controllarmi.
"Ale
ascolta io..."
"Non
voglio parlarne" mi interruppe freddo.
Le
lacrime tornarono prepotenti a spingere per venire fuori. Non riuscivo
a sopportare di vederlo così, era una lenta agonia che mi
stava
torturando.
Tirai
su con il naso cercando di calmarmi.
"Credi
che potremmo mai sistemare le cose tra di noi? " chiesi senza neanche
rendermene conto.
E'
questo che vuoi Michy? Non sei fuggita via da lui?
Ale
non rispose subito e credetti non avrebbe mai risposto alla mia domanda.
"Perchè
sei tornata, Michela?" chiese serio, chiamandomi per nome. Non era mai
accaduto!
Balbettai
per qualche secondo, cercando la risposta giusta da dire. Cosa
intendeva?
"Non
sono tornata perchè volevo rovinarti la vita, o tormentarti
per
tutto quello che è accaduto. Mio padre si è
sentito male
ed io dovevo
tornare, capisci
? Io mi chiedevo solo se, un giorno, le cose saranno
diverse...perchè...perchè...io non..." cercai di
parlare
ma non riuscivo a trovare un senso logico a quello che dicevo.
Ale
si alzò di scatto e mi interruppe.
"Ti
sei risposta da sola" disse voltandosi.
Mi
alzai anch'io confusa.
"Che
vuoi dire? Parlami?"
Ale
si fermò a guardarmi per un attimo che mi sembrò
un
eternità. Gli occhi divennero come smeraldi liquidi ed il
suo
viso si addolcì per poi rattristarsi ancora.
"Non
sei tornata per me, Michy. Se tuo padre non si fosse sentito male, non
saresti mai tornata" disse serio lasciandomi senza parole.
Il
cuore si fermò, stretto in una morsa di ghiaccio.
"Non
hai bisogno di me. Non hai mai
avuto bisogno di me!" e se ne andò...
portandosi il mio cuore con se.
Volevo
solo piangere e fu ciò che feci per tutta la notte.
***********************************
Ok
io sto piangendo davvero, sono una sciocca lo sò, ma mi
emoziono che ci posso fare???
Allora
che ne pensate del capitolo? fatemi sapere!!! è stato
difficile
per me da scrivere perciò su...ditemi pure..sono
impaziente!!!
Devo
scappare perchè è tardissimo perciò
RINGRAZIO
tutte voi che mi recensite, seguite, coccolate....insomma Grazie,
grazie, grazie davvero!!!
Un
abbraccio ed una buona domenica,
Lela
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Capitolo 14 *** Raccontarsi ***
FUGA CAP 14
FUGA
CAPITOLO 14
Raccontarsi
ESTATE
2007
La
prima notte trascorse lenta nella villa. Le risate, gli scherzi, le
battute
assurde, avevano riempito rapidamente le fresche mura, rendendo la
serata
interminabile e tutti, nonostante la stanchezza,
ci rifiutammo di
andare a dormire. Ovviamente però, il sonno, appena prima
dell’alba ci
sconfisse e cademmo addormentati nel salone.
Un
cinguettio unito al chiacchiericcio di bimbi e mamme, proveniente dalle
finestre aperte, mi svegliò. Aprii appena un occhio cercando
di capire dove mi
trovassi e vidi un mento coperto da una leggera e chiara peluria. Scesi
con gli
occhi verso il pomo d’Adamo per poi risalire veloce sino alla
bocca.
L’incrinatura del collo non mi permetteva di alzare la testa
senza spostarmi
direttamente e rischiare di svegliare il mio cuscino personale, ma
sapevo già
chi fosse.
Per
la seconda volta in due giorni mi ero svegliata tra le sue braccia, non
che
fosse una cosa così inusuale ma tutto stava assumendo un
significato diverso,
che volessi ammetterlo o meno, mi piaceva essere abbracciata da lui. Un
piacere
del tutto lontano dall’essere platonico…
In
quel momento, di nuovo, con la stessa curiosità, i miei
occhi si fissarono
sulle sue labbra, morbide, rosa, che si schiudevano appena respirando
dolcemente sulla mia pelle.
Rabbrividii
mossa nuovamente da una strana emozione…desiderio
e prima di fare ancora
lo stesso errore, mi allontanai leggermente alzandomi dal suo petto.
Senza
soffermarmi sul viso di Ale, sapendo già quanto
l’avrei trovato tenero ma
dannatamente bello, mentre dormiva, mi voltai cercando di capire dove
fosse il
resto della truppa. Scoprii di aver passato quelle poche ore di sonno,
sul
pavimento ma non mi sentivo stanca ne dolorante, merito di Ale,
sicuramente.
Mi
misi a sedere lentamente, mentre capii che tutti dormivano.
Gaia,
era in una posizione, all’apparenza scomodissima, tra
Riccardo ed Ilaria che si
stendeva verticalmente, con la testa sulla schiena di Davide che a sua
volta
condivideva un cuscino del divano con Stefano. Poi vi era Daniela,
appoggiata
ad una spalla di Stefano che allungava le gambe verso Alessandro e per
ultima
io. Forse per questo avevo dormito comoda, ero l’ultima di
quella lunga catena
e per di più, decisamente più piccola di
corporatura, mi adattavo perfettamente
al fianco di Alessandro.
Gli
occhi tornarono a lui e… come immaginavo, lo trovai
maledettamente bello!
“Giorno”
biascicò ad occhi chiusi.
Sussultai
appena sentendo la sua voce. Non mi ero accorta si fosse svegliato.
“Scusa,
non volevo svegliarti” risposi sussurrando per non svegliare
gli altri.
Mi
alzai cercando di far piano e mi diressi in bagno.
Avevo
il viso stravolto dalle poche ore di sonno ed i capelli arruffati,
cercai
quindi, di migliorare l’impossibile e dopo essermi
rinfrescata con dell’acqua
ed aver legato i capelli decisi che avevo davvero bisogno di un
caffè.
Mi
diressi in cucina, senza fare troppo rumore e trovai Alessandro intento
a
versare il caffè nelle tazzine.
“Ehi
ti sei alzato?”, chiesi sedendomi al suo fianco.
“Già,
ormai ero sveglio”.
“Colpa
mia?” chiesi portando il caffè alle labbra.
Ma
lui fece spallucce sorridendo appena, mentre eseguiva i miei stessi
movimenti.
“Veramente,
ho sentito come se mi avessero tolto un peso dal petto”
commentò.
“Come?”
“Già,
sarà per il tuo testone” disse ridendo.
“Io
non ho il testone!” squittii arrabbiata.
Ale
scoppiò a ridere e mi mise un dito sulle labbra.
“Non
urlare o sveglierai tutti!”
Lo
guardai, per un attimo intimorita dalla sensazione di calore che avevo
percepito
sulla bocca, ad un suo semplice contatto. Abbassai gli occhi, timorosa
che
potesse capire il mio turbamento e mi limitai a borbottare tra me.
“Non
ho il testone!”.
Vidi
con la coda dell’occhio le labbra di Ale alzarsi appena
all’insù per poi
tornare a sorseggiare il suo caffè.
Rimanemmo
in silenzio per alcuni minuti, sembravamo entrambi persi in pensieri
lontani o
almeno io lo ero sicuramente. Era strano come la mia mente si
soffermava in
tanti piccoli dettagli che fino a poco tempo prima davo per scontati;
la
bellezza di Alessandro, per esempio, era sempre stata lì,
davanti a me. Lo
avevo visto in mille situazioni diverse ma ero sempre stata consapevole
di...lui!
In
quei giorni, però, il
mio stesso corpo
mi stava dando risposte diverse da
quelle che credevo. Quando era accaduto? Quando era cambiato tutto?
Insomma,
era come se ci fosse uno stretto legame tra il mio cuore e la mia testa
ma in
quel momento non stessero collaborando. Era come se la testa rispondeva
alle
mille domande che mi ponevo ma il mio cuore cercava continuamente di
smentirle.
E
quando un sorriso diventa una morsa allo stomaco, quando…
“Che
c’è?” chiese Ale
all’improvviso.
Sussultai
alzando gli occhi spaventata.
“Niente
ero sovrappensiero”.
“Lo
vedo, è per questo che te l’ho chiesto”
disse muovendo gli occhi verso di me
come per analizzarmi meglio.
Sentii
il viso andarmi a fuoco e mi maledii in tutte le lingue per non
riuscire a
nascondergli nulla.
Quando…
“Ma
niente, niente, sai che di prima mattina mi perdo in concetti
inutili” .
Quando…
ci si nasconde da quegli stessi occhi che ti hanno guardato da sempre, cosa vuol dire? A chi si
deve dar retta? Alla
mente o al cuore?
Non
ne avevo idea, seguii solo l’istinto. E lo feci per tutta la
vacanza.
“Tu
invece?” esordii cercando di cambiare argomento.
“Io
cosa?”
Presi
un nuovo respiro, come per darmi il coraggio di guardarlo.
Dannazione
Michy ma che ti prende? Non riesci nemmeno più a parlargli?
Pensai arrabbiata.
Mi
sforzai, e tornai con gli occhi su di lui.
“So
che preferisci far finta di nulla ma ora siamo soli e sai che puoi
dirmi tutto,
perciò mi racconti cosa è accaduto con tuo
padre?” chiesi dolcemente.
Ale
strizzò gli occhi, prese un altro sorso di caffè
e tornò a guardarmi.
“Non
c’è bisogno che ti spieghi il motivo. E’
sempre la stessa storia, non ci
capiamo, siamo diversi, completamente diversi e lui quando si
arrabbia… Stava
per prendersela con Mirko e non potevo permettere che
accadesse!”, disse
cercando di trattenere la rabbia che gli sentivo nelle voce.
Mirko
era il fratello più piccolo di Alessandro. A sedici anni,
era un ragazzino
dolcissimo che adoravo ma che non riuscivo a vedere molto spesso
perché viveva
con la nonna paterna. Frequentava una scuola di musica per giovani
talenti e si
era trasferito sin dal primo anno, quando ne aveva solo quattordici, per poter
seguire tutti i corsi nella parte Nord di Roma senza dover
fare avanti
ed indietro da casa sua.
A
volte, però, tornava a casa per un paio di giorni,
più per stare con Ale che
con il padre.
La
scuola, era quindi, la motivazione ufficiale ed Alessandro aveva
insistito
tantissimo per convincere il padre a lasciare che Mirko seguisse i suoi
sogni
ed ovviamente se ne era preso tutta la responsabilità,
diventando l’unico
figlio che doveva seguire le sue orme.
Lo
guardai e mi avvicinai istintivamente abbracciandolo, lui si
irrigidì appena,
come sempre gli risultavano strani i gesti d’affetto, ma poi
mi fece spazio
sotto il suo braccio.
Rimanemmo
in silenzio alcuni minuti, mentre Ale continuava a darmi piccoli baci
sulla
fronte come per calmarsi. Io mi godetti
quell’intimità ma una parte di me non
riusciva a smettere di pensare a quanto dovesse essere difficile la
vita di
Alessandro e di cercare un modo o una soluzione per poterlo aiutare.
“A
cosa pensi ora?” chiese dolcemente.
“Posso
farti una domanda un po’ personale?” chiesi di
getto.
“Certo”
Presi
un respiro e lo guardai negli occhi per cercare di scorgere la sua
risposta
ancora prima gli desse voce.
“Perché
tuo padre reagisce sempre in questo modo?”.
Ale
mantenne lo sguardo fisso su di me senza darmi nessun segno di vergogna
o
timore e ciò mi fece piacere.
“Perché
assomiglio a lei” rispose semplicemente.
Corrugai
la fronte confusa, non era esattamente la risposta che mi aspettavo.
Lui
sorrise della mia espressione buffa e continuò : “
mia madre”.
Mi
alzai improvvisamente come per drizzare le orecchie. Non avevamo mai
parlato
molto di sua madre.
“Non
ti ho mai fatto vedere nessuna sua foto ma…beh con gli anni
sono cresciuto e ti
posso assicurare che sono la sua fotocopia, al contrario di Mirko che
è uguale
a nostro padre. Ecco il motivo. Con me, ha sempre davanti gli occhi
l’immagine
della donna che lo ha lasciato” disse sorridendo amaramente e
anche se cercò di
mascherare il suo risentimento capii che non ne era immune.
“Ti
manca?” chiesi guardandolo.
Ale
si guardò intorno e sorrise di sbieco stringendosi nelle
spalle.
“Me
ne sono fatto una ragione ormai. Mi ha lasciato che avevo quattordici
anni e
per quanto mia padre sia uno stronzo è l’unica
famiglia che mi sia stata sempre
vicina, al contrario di lei. Non so cosa gli abbia fatto, capisco che
la vita
con lui non deve essere stata una passeggiata ma perché
chiudere tutti i ponti
anche con me e Mirko? Lui aveva appena sei anni e ormai quasi non se
l’ha
ricorda più. L’unica cosa che ci ha lasciato
è il talento per la musica a mio
fratello e gli occhi verdi a me”, concluse cercando di
riderci su.
“E
non dimentichiamo la mia incredibile bellezza” aggiunse
facendomi l’occhiolino.
Io
ero rimasta ad ascoltarlo in silenzio, senza smettere di guardarlo,
sentendo il
cuore battere all’impazzata fino a scoppiarmi nel petto e non
riuscii a
trattenermi.
Mi
lanciai di nuovo tra le sue braccia, stringendolo con tutta la forza
che avevo
e trattenendo le lacrime di fronte a questo dolcissimo ragazzo che
rimaneva un
mistero per molti ma il regalo più grande per me.
“Sei
un bravo fratello” sussurrai sul suo collo, mentre sentivo
due braccia
avvolgermi la vita, ricambiando la mia stretta.
“Tu..tu
ti preoccupi sempre per
gli altri, per
me, per Mirko ed invece…chi si preoccupa per te?”
dissi e mi accorsi troppo
tardi della mia voce, rotta dall’emozione.
Lo
sentii respirare tra i miei capelli mentre sussurrò :
“Tu Michy. Sei tu, sei la mia Certezza, ricordi?”.
**********************************
La
notte era passata, mentre io non avevo smesso mai di piangere. Non ero
tornata
nemmeno in camera, ero semplicemente rimasta fuori rannicchiata sul
dondolo a
guardare le stelle e cercare di capire dove avessi sbagliato in tutti
quegli
anni, ma le risposte non arrivarono. Ci eravamo amati, di un amore
fraterno che
per me poi era cambiato ma sempre di amore si trattava.
Allora
perché poi ci eravamo fatti così male e ancora ce
ne stavamo facendo?
In
quei due anni mi ero più volte costretta a guardare avanti,
ed anche se era una
cosa che dovevo fare e rifare più volte ogni giorno, avevo
iniziato a convivere
con quella presenza nel mio cuore. In quel posto però, mi
accorsi di come le
mie difese stessero iniziando a cedere davanti i ricordi di
quell’estate.
Li
vedevo e rivivevo ancora ed ancora, come una vecchia videocassetta che
finisce ed inizia
daccapo, ininterrottamente.
C’ero
io, e la paura per la scoperta di quel nuovo sentimento.
C’era
Ale, e la sua più innocente e sconvolta espressione di
stupore, di fronte alle
mie
parole.
E
poi rabbia, dolore, lacrime ed ancora dolore. Un male straziante e
disarmante
che mi lasciò sola ed indifesa in quella che doveva essere
la nostra vacanza
più bella e che invece divenne la fine di tutto.
Mi
sentii tradita, nel cuore e nell’anima. Tradita dalla persona
che amavo di più
e non seppi affrontarlo, fu semplicemente…troppo!
“Ehi
ma sei già sveglia?”, una voce mi fece voltare
verso lo sguardo curioso di
Stefano.
“Non
hai una bella faccia, stai bene?”, continuò
avvicinandosi preoccupato.
La
mia mente ancora annebbiata e stanca per la nottata insonne e per le
lacrime
versate, ci mise qualche secondo a capire la sua domanda.
Scossi
la testa, abbassando lo sguardo e cercando di ritrovare la voce.
Stefano dovette
capire il mio tentativo, perché si
avvicinò in poche falcate e mi strinse fra le braccia.
“Vieni,
entriamo, ho fatto il caffè” disse.
“Non
mi va di entrare, sto bene qui” dissi rabbrividendo.
“Stanno
ancora tutti dormendo, non preoccuparti e poi hai bisogno di qualcosa
di caldo
sei gelata”, insistette avviandosi verso l’interno
senza smettere di
stringermi.
“Meglio?”
chiese seduto al mio fianco, dopo avermi preparato la colazione ed
avermi guardato
mangiarla, senza dire una parola.
Il
latte caldo insieme ad una bella tazza di caffè, mi avevano
calmato abbastanza
da affrontare meglio un discorso. Dimenticai perfino che al piano di
sopra lui
stesse ancora dormendo e che sarebbe sceso prima o poi.
“Si
grazie, molto meglio” risposi sorridendo e cercando di farlo
al mio meglio.
“Come
mai già in piedi?” chiesi.
“Sai
nei Parà non è che si dorma fino alle dieci.
Ormai è un abitudine. Tu
piuttosto, vuoi dirmi perché ti ho trovata in giardino, alle
sette del mattino,
congelata e con la faccia che sembravi uno zombie?” disse
guardandomi negli
occhi.
Io
abbassai lo sguardo e feci spallucce.
“Non
riuscivo a dormire. Tutto qui”
“Tutto
qui”, ripeté.
“Già”.
“E
quindi non c’entra nulla il fatto che il mio caro compagno di
stanza mi abbia
tenuto sveglio tutta la notte, sbuffando come un treno e che finalmente
sia
crollato solo qualche ora fa?”.
Mi
voltai di scatto incrociando i suoi occhi. Qualcosa…proprio
lì, più
giù nel petto, nel profondo della mia
anima, in quel cuore che da tempo credevo spento, si accese.
“Già”,
ripeté.
Sentivo
il sangue tornare in circolo, come se sapere che anche Ale avesse
passato la
notte sveglio mi avesse rincuorato, ed in certo senso fu
così. Forse,
nonostante l’impressione di infischiarsene di tutto, di me,
forse…
No,
non volevo ricadere in mille congetture che mi avrebbero solo fatto del
male.
“Abbiamo
parlato o meglio, ci abbiamo provato ma lui mi odia e quindi non
c’è nulla
da dire”, dissi.
Stefano
mi guardò e sputò fuori l’aria come se
si stesse trattenendo dal dire qualcosa
di sbagliato, ma non resistette.
“Stronzate!”
Lo
guardai confusa.
“Si,
hai capito bene. Quelle che dici sono solo stronzate. Il fatto che ti
odi è da
escludere. E’ arrabbiato, ferito e sappiamo entrambi quanto
sia orgoglioso”.
Sbuffai
e sbattei la tazza sul tavolo facendo uscire del caffè dal
bordo e sporcandomi.
La calma stava svanendo di nuovo
forse perché era solo apparenza.
“E’arrabbiato?
Ferito? Quando finirà la mia condanna? Sai, anche il peggior
criminale ha un
processo ed una sentenza, ma lui non mi permette nemmeno di spiegare.
Mi ha già
condannato. Ed io allora cosa dovrei dire? Tutto quello che ho fatto
è stato
una conseguenza delle sue azioni, questo sembra che
lo abbiate
dimenticato tutti, lui per primo!” dissi furiosa.
Ci
guardammo negli occhi, Stefano mi studiò ed annuì
appena, mentre io cercavo di
non scoppiare a piangere di nuovo.
“Lo
so, o meglio so qualcosa. A quanto pare nessuno dei due si è
mai deciso a
spiegare cosa sia accaduto quell’estate”.
Mi
voltai di scatto impaurita.
“Sta
tranquilla nessuno sa i dettagli e ci ha mandato ai matti parecchio il
fatto di non sapere nulla.
Gaia e Riccardo ne sanno
qualcosa”.
“Che
vuoi dire?”.
Stefano
sospirò ed allontanò lo sguardo, stropicciandosi
il viso con una mano. Sembrava
stanco, forse aveva davvero passato la notte in bianco.
“Beh,
quando sei sparita, nessuno sapeva niente. Alessandro sembrava
impazzito e
lasciami dire che ti ha cercato ovunque, è andato anche a
casa di tua zia nelle
Marche visto che i tuoi dicevano ti fossi trasferita lì,
perché tua zia non
stava bene…”
Abbassai
gli occhi imbarazzata, era la scusa che avevo supplicato ai miei di
dire,
mentre rimasi per settimane rintanata in casa mia, nella camera degli
ospiti.
“Immagino
non ci sia mai stata una zia malata”.
Scossi
la testa senza guardarlo.
“Comunque,
tu rispondevi raramente alle sue chiamate e quando lo facevi eri sempre
di
fretta. Alessandro aveva capito che qualcosa ti aveva
turbato”.
“Tzè”
commentai
“Cosa?”
chiese curioso.
“Non
so quanto sai di questa storia ma ti assicuro che ero più
che turbata e che lui
lo sapeva
benissimo” dissi sprezzante.
Stefano
non parlò perciò gli feci segno di continuare
aggiungendo : “ma cosa c’entra
questo con Gaia e Riccardo?”
“C’entra
che Gaia fosse l’unica a sapere dov’eri ma non
disse nulla. All’inizio ha
giurato di non sapere nulla ma il fatto che non si
–preoccupasse- così tanto
come ci si aspetterebbe in una situazione del genere, ci ha
insospettiti. Primo
fra tutti Alessandro.
Insomma la conosci
Gaia, avrebbe chiamato la Farnesina, l’esercito o il Presidente per trovarti,
anche se i tuoi
avessero continuato a dirle di non farlo!”
Annuii
sorridendo. Si, Gaia ne era capace.
“Beh
quando Alessandro ha capito che lei stava nascondendo la
verità si è infuriato.
Ha cercato di convincere Riccardo a parlarle ed alla fine lei ha
ceduto. Me lo
ricordo perché ero tornato in licenza ed eravamo tutti a
casa mia. Alessandro
era tornato quel giorno dalle Marche e Riccardo lo aveva accompagnato,
quando
entrarono in casa Ale si avventò contro Gaia, dicendo che
lei sapeva dove eri e
che stava lasciando che impazzisse brancolando nel buio, senza nemmeno
dire una
parola. Anche Riccardo era arrabbiato, capimmo tutti che Gaia stava
nascondendo
la verità ed alla fine scoppiò piangendo, dicendo
che eri partita per Londra e
che le avevi fatto giurare di non dirlo a nessuno… I loro
rapporti si
incrinarono da allora.
Credo
che Riccardo non gli abbia perdonato di essersi chiusa così
tanto in se stessa
e non riuscirono ad essere più quelli di prima”.
Strinsi
gli occhi fino a farli bruciare, iniziando a tremare e respirare
più
velocemente.
“E’
stata tutta colpa mia!” sussurrai.
Stefano
mi guardò e capì solo allora il significato delle
sue parole.
“Cosa?
No! No!”.
Scossi
la testa, sentendo le lacrime arrivare.
“E’
tutta colpa mia, ho rovinato tutto! Tutto! Io le avevo
chiesto…io non volevo…”
Stefano
mi abbracciò stretta a lui.
“No!
Shhh, non piangere. Non è colpa tua, tu le avevi chiesto un
favore, stavi
soffrendo e avevi bisogno di un appoggio. Sono loro che non hanno
saputo
gestire la cosa, probabilmente Gaia si è trovata in
difficoltà ma sicuramente
avevano altri problemi o la loro storia non sarebbe finita solo per
questo”.
Scossi
la testa e sospirai staccandomi da lui.
Ero
triste, arrabbiata e volevo solo abbracciare la mia migliore amica.
“Hai
ragione, non è solo colpa sua. Anche Alessandro ha la sua
parte. Perché diavolo
doveva prendersela con lei? E’ stata una mia scelta e Gaia
non centrava nulla”.
Mi
alzai andando verso il lavandino e mi sciacquai il viso con
l’acqua fresca
facendo respiri profondi e la rabbia mi aiutò a riacquistare
lucidità.
“Risolverò
questa cosa. Quei due sono fatti per stare insieme, basta guardarli.
Prima che
io riparta loro staranno di nuovo assieme, fosse l’ultima
cosa che faccio!”
Stefano
si voltò seguendo i miei movimenti con gli occhi per poi
alzarsi e mettersi di
fronte a me oscurandomi completamente la vista tanto era alto e grosso.
“Allora
è così? Sei intenzionata ad andartene di
nuovo?” chiese con voce diversa, quasi
arrabbiata.
Sbattei
le palpebre deviando il suo sguardo sentendomi un pulcino in gabbia.
“Non
c’è motivo per cui io debba restare”
risposi rassegnata.
Lui
mi guardò intensamente e continuò ad avvicinarsi.
"E
se te ne dessi uno?"
Rimasi
in silenzio. Stordita.
“O hai
trovato qualcuno a Londra?” chiese con voce più
arrogante.
Mi
irrigidii sentendomi a disagio per quella vicinanza e quel cambio di
discorso.
“Stefano
ti prego non…”
Si
avvicinò ancora mettendomi una mano sul fianco e
stringendolo. Sentii il cuore
scalpitare ma era per l’imbarazzo e la confusione del suo
gesto, niente di più.
“Voglio
sapere se stai con qualcuno, prima di fare qualcosa che desidero da
tanto!”
disse lentamente e sensuale.
Strabuzzai
gli occhi, poggiando le mani sul suo petto e cercando di respingerlo ma
era
come marmo sotto la mia pelle.
Respirai
malamente e confusa. Non capivo cosa stesse accadendo ma sapevo quanto
fosse
sbagliata quella situazione.
“Io…”
“Dimmelo”,
insistette.
“Io…io…no”,
alzai gli occhi fissandoli nei suoi.
“Io…io
lo amo ancora, lo amo probabilmente da sempre e
non ho mai smesso di farlo e
forse non lo farò mai. E’ parte di me
e non posso dimenticarlo. Non si
può scappare da ciò che si
è…”
Sussurrai
mentre le lacrime rigavano le mie guancie.
Sentii
una mano sfiorarmi una guancia ed il respiro caldo di Stefano tra i
miei
capelli.
“Brava
la mia Michy!” disse spostandosi.
Alzai
gli occhi di scatto, il tempo di vederlo muoversi scomparendo alla mia
visuale
e lasciare l’immagine di Ale che mi guardava sulla porta.
******************
Note cortissime
perchè è già tardi, susate il ritardo
ma sto studiando per un esame che...lasciam perdere... :D
Spero vi sia piaciuto il
capitolo si sono scoperte un pò di cose, i prossimi saranno
tutti su questo ritmo :D
Volevo ringraziere tutte
le ragazze che mi seguono e chi si ferma a recensire o anche chi legge
soltanto, grazie!
Volevo ricordarvi un
gruppo che ho aperto per le scrittrici emergenti di Efp fateci un
salto
GRUPPO
"TUTTE PER UNA..."
Un abbraccio,
Lela
ps: non vorrei sembrare
paranoica o assillante ma se crediate che la storia non vi stia
più piacendo o non sò...vorrei saperlo per
favore, non so se è la mia insicurezza ma..beh ...fatemi
sapere :D
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Capitolo 15 *** Toccarsi ***
Fuga cap 15
FUGA
CAPITOLO 15
Toccarsi
Avete mai avuto la
sensazione che il tempo si fermasse?
O di riuscire a vedere
un’immagine al rallentatore, visualizzando ogni singolo
dettaglio
che ad un occhio estraneo, potrebbe risultare inesistente o persino
innocuo?
Beh, fu ciò che accadde a me, quando incrociai gli occhi di
Alessandro, ben lontani dall’essere innocui, che se ne stava
fermo ed impalato come se gli avessero fatto una doccia gelata.
La stessa espressione che probabilmente avevo io.
Sentii il cuore esplodermi nel petto, mentre un fischio continuo ed
assordante mi andò a riempire le orecchie. Il volto prese
fuoco
ed il respiro si mozzò. Fermo ed incapace di raggiungere i
miei
polmoni e lasciando che quel nodo terribile che sentivo allo stomaco,
corresse su, sino alla gola e mi bloccasse le parole.
Mi voltai di scatto, dandogli le spalle e aggrappandomi al lavandino
come un’ancora di salvezza. Era troppo e non ero preparata.
Non
era giusto, non ne avevano il diritto. Di colpo l’imbarazzo e
l’umiliazione che sentii, si strinsero tutt’uno con
una
rabbia accecante.
Non ne avevano il diritto!
Ero e mi sentivo in trappola ed anche se Ale non aveva ancora aperto
bocca, il suo silenzio mi stava facendo ancora più male.
Scattai come un felino in gabbia, incurante di sembrare una sciocca
ragazzina, ero arrabbiata e ferita. Così senza riflettere
agii
d’istinto. Mi staccai dal lavandino, dirigendomi come un
treno
verso la porta, anche se ciò voleva dire scontrarmi con lui,
era
la mia unica via d’uscita.
Con gli occhi bassi e con le lacrime di rabbia che premevano per
uscire, non lo degnai di uno sguardo. Non potevo farcela.
Solo quando sentii una morsa bollente prendere il mio polso mi voltai,
come ustionata ed in parte lo ero.
“Michy aspetta” chiese la sua calda voce, quasi
come la
stessa preghiera che avevo usato io la sera prima e mi bloccai.
Nascondendogli ancora il viso, sentii la sua stretta scaldarmi tutto il
braccio, come uno strano formicolio a cui non sapevo come rispondere.
La mia sciocca mente da innamorata, pensò solo che
stavo
toccando di nuovo Ale, dopo due anni, e per quanto avrei voluto
scappare da quella situazione, il mio cuore diede un piccolo, leggero,
battito di felicità.
Avevo dimenticato che sapore avesse.
“Aspetta” ripeté con forza e non
resistetti ancora.
“Perché? Non mi sono umiliata
abbastanza?” risposi di getto voltandomi ad incontrare il suo
viso.
Le sue pupille si dilatarono ed il petto si alzò ed
abbassò, più velocemente.
“Cosa? Credi di esserti umiliata? Credi che non mi faccia
piacere
ciò che hai detto?” disse veloce, quasi sconvolto.
Ma se
la furia e l’orgoglio non mi avessero accecato, in quel
momento
mi sarei accorta di come gli brillavano gli occhi. Erano di nuovo gli
occhi del mio Ale, ma ovviamente non lo capii, anzi. Fu proprio in
quell’attimo, che realizzai, quanto avessi mentito a me
stessa.
Ero arrabbiata. Furiosa con Ale e questo sentimento, esplose senza che
potessi controllarlo.
“Certo è solo questo l’importante. Credi
che lo
abbia detto per farti piacere? O per adulare il tuo ego?”
dissi
ferita mentre gli occhi pungevano.
Lui mi guardò, per poi lasciarmi andare il polso, deluso. Ma
prima che fossi libera un’altra voce mi si
affiancò.
“Michela non devi arrabbiarti in questo modo, è
colpa mia.
Io volevo che tu…che voi due..” cercò
di dire
Stefano ma lo interruppi ancor prima di finire.
“Cosa? Volevi cosa?”
“E’ tempo che voi due vi chiariate, insomma
è palese
l’affetto che vi lega e non capisco perché voi due
non
possiate stare…”
“Non dirlo” dissi e quasi urlai. Mi guardarono
entrambi scioccati dalla mia reazione.
Scossi la testa e sorrisi amaramente trattenendo ancora per poco le
lacrime.
“Sai cos’è che mi dà
più fastidio?
E’ che tu ti sia approfittato di una mia confidenza, di un
mio
momento di debolezza, perché io non sono più
quella
persona. Dannazione, non lo sono, e non mi farò schiacciare
ancora da questa storia. Lui sa bene ciò che provo, non
c’era bisogno che gli dessi ancora altre conferme. Tra noi,
sono
sempre stata io ad espormi” sputai con rabbia.
“E come lo avresti fatto? Te ne sei andata, cazzo!”
mi
urlò Ale con gli occhi furiosi, come se ciò
bastasse a
spiegare tutto e non vidi più nulla.
La furia prese il posto della razionalità e fregandomene di
tutto gli urlai di rimando.
“Perché tu non mi hai voluto!” e
scoppiai in lacrime, mentre Stefano guardava Alessandro con aria
confusa.
A quanto sembrava era una parte della storia che gli mancava!
“Dannazione!” urlai voltandomi e scappando su per
le scale.
***********************
ESTATE
2007
“Salti tu, salto io” disse Ale afferrandomi le mani.
Scossi la testa terrorizzata.
“La parte di Di Caprio non ti si addice” sussurrai
spaventata.
“Ah no? Va bene riproviamo. Ti fidi di me?”
“Guarda che pure questa è sua” commentai
guardando
al di sotto dei miei piedi, sentendo l’adrenalina scorrermi
nelle
vene.
“Allora facciamo in un altro modo. Guardami”
sussurrò sul mio volto.
“Non posso, non ce la faccio ho troppa paura” dissi
chiudendo gli occhi istintivamente.
“No, no, non così, guardami” mi prese il
mento tra le mani e incontrai i suoi occhi.
Il blu del mare non era nulla in confronto alla bellezza del verde
degli occhi di Ale, sorrisi ed arrossii imbarazzata quando mi accorsi
di quanto i nostri volti si stavano sfiorando.
Mi circondò le spalle e prese ad accarezzarmi dal collo in
giu.
“Brava, guarda me e respira” continuò.
E’ una parola!
Pensai.
Prese un mio braccio e se lo passò intorno al collo, per poi
fare lo stesso con l’altro. Al contatto della mia pelle con
la
sua rabbrividii. Avevo solo un semplice costume a separarmi
completamente da quel corpo perfetto che catturava, ormai come una
calamita, il mio sguardo ad ogni suo movimento.
“Ora aggrappati a me. Non aver paura e continua a
guardarmi”.
Scese con le mani ad accarezzarmi la schiena per poi correre sulle mie
cosce e il respiro accelerò. Con uno scatto mi strinse le
gambe
e mi alzò, portandomi a circondargli la vita, mentre gli
occhi
non smettevano di sfidarsi. Il mio respiro, davanti
quell’ulteriore contatto così intimo, si
fermò del
tutto.
Ale continuò a guardarmi sorridendo tranquillo ma per un
attimo,
per una frazione di secondo, il sorriso sparì dal volto di
entrambi e ci guardammo seri, quanto mai lo eravamo stati. In quel
momento ero sua, lo sentivo io e lo sentiva lui. Un gesto nato
innocente, al contatto dei nostri corpi divenne…diverso.
Deglutii appena spostando lo sguardo dagli occhi alle sue labbra, e lui
lo seguì, mentre entrambi trattenemmo il respiro.
Avete mai avuto la
sensazione che il tempo si fermasse?
O di riuscire a vedere
un’immagine al rallentatore, visualizzando ogni singolo
dettaglio
che ad un occhio estraneo, potrebbe risultare inesistente o persino
innocuo?
“Ehi vi buttate o no?” una voce interruppe il
momento ed il tempo sembrò tornare a scorrere normale.
“Trattieni il respiro, pulce. Fidati sarà
bellissimo” disse Ale tornando a sorridere.
“Mi fido” sussurrai, buttandomi nel
vuoto…con lui.
La giornata era trascorsa così, in mare, tra tuffi, nuotate,
risate…lasciandoci al tramonto distrutti, abbronzati e
felici.
“Chi vuole il gelato?” chiesi in piscina mentre
tutti chiacchieravano davanti una birra fresca.
“Tutti” commentai sorridendo. Andai quindi in
cucina a prendere tutto l’occorrente seguita dalle altre.
“Ragazze sono distrutta” esordì Gaia
sedendosi vicino Daniela.
“Anch’io ma vedrai che una bella doccia ci rimette
al mondo e poi stasera si balla no?”
Il programma della serata era infatti quello di andare a ballare dopo
cena.
“Non ci credo mancano tre giorni alla fine della
vacanza” disse Ilaria sbuffando.
“Non dirlo, pensa a oggi chissà quante cose
possono
accadere in tre giorni!” dissi ridendo e mai parole furono
più profetiche.
Quando tornai verso la piscina i ragazzi erano concentrati in un
discorso tanto da non accorgersi di me.
“Ragazzi c’è sesso e sesso! E lei
è proprio
da sesso violento!” commentò Davide. Stefano ed
Ale
scoppiarono a ridere, mentre Riccardo scuoteva la testa.
Ecco il discorso era interessante, davvero. Mi fermai ad ascoltarli.
“Io non posso parlare, sono felicemente fidanzato”
commentò Riccardo “E poi smettetela che se vi
sente si
arrabbia”.
“Figurati è lei la prima a dirlo. E poi le
vogliamo bene
è solo un opinione oggettiva” insistette Davide.
“Il sesso non è mai oggettivo, ragazzi”
esordì Ale "ma è piacere totale e possesso. Sei
tu e la
tua donna e non c'è niente di più appagante, per
un uomo,
che sentirla urlare sotto di se!" e sorrise in quel modo
così
sexy che mi fece tremare le gambe.
Gaia si avvicinò e le feci cenno di tacere, ma lei capendo
di
cosa stavano parlando chiamò anche Daniela ed Ilaria. Si,
eravamo delle curiose ed impiccione! Ma cavolo, chi poteva resistere?
“Ok quindi la serata di sesso selvaggio la vince
Daniela” concluse Stefano.
Noi ragazze ci guardammo ridendo mentre Daniela sorrise alzando il
pollice.
“La bella Ilaria, a me non dispiace”
commentò Davide.
“Ma se la odi?” chiesero in coro ridendo.
“Che centra, il sesso è un'altra cosa. Secondo me
non è male per niente” continuò offeso.
Mentre noi ragazze ci trattenevamo dallo scoppiare a ridere di fronte
l’espressione sconcertata di Ilaria.
“E’ rimasta Michy, che ne pensate ?”
chiese Riccardo.
Sentendomi chiamata in causa mi sporsi di più verso la
porta-finestra.
“Che c’entra adesso?” chiese Ale
abbassando la voce.
Gli altri lo guardarono curiosi.
“Scusa ma stavamo parlando di sesso e ragazze, e dato che di
Gaia
non si può parlare, visto il qui presente fidanzato, rimane
Michela che vi dirò secondo me è
proprio…”
disse Davide venendo subito interrotto da Alessandro.
“Falla finita ok? Questo discorso mi ha stufato!”
L’ennesima uscita di Ale, gli costò lo sguardo
confuso di tutti e tre i ragazzi, ma anche di noi.
Sentivo una sorta di agitazione salirmi nel petto e capii che dal gioco
il discorso si stava facendo serio. E il soggetto in questione ero io,
perché ? Cosa voleva significare ?
“E sentiamo, perché ti sei stufato proprio ora che
parliamo di Michy, se fino a poco fa dettavi legge sul
sesso?”
chiese Stefano dando voce ai miei pensieri e sentii gli occhi di Gaia
al mio fianco puntati su di me. Immaginai che anche le altre stessero
facendo lo stesso. Io invece mi ritrovai a trattenere il fiato, di
nuovo in quella giornata.
“Perché Michela non è una ragazza da
sesso. Non sa
nemmeno cosa voglia dire e di certo un ragazzo non ci si può
divertire per una sera e basta. Ci sono donne che sono sexy ed
ammiccanti e donne più semplici che
invece…”
“Michela è bella” lo interruppe Stefano
guardando serio Alessandro.
Lui per tutta risposta ammutolì, mentre io sentivo il cuore
spezzarsi.
Non ero una ragazza da sesso. Che voleva dire?
Non ero sexy ed ammiccante. Che significava, era un pregio o un difetto?
Non sapevo nemmeno cosa voleva dire fare sesso. Era questo
ciò che pensava di me come Donna?
Mi voltai di scatto, indietreggiando e trattenendo la delusione che
sentivo nascere sempre di più.
Gaia mi guardò e capì il mio turbamento. La vidi
scuotere
la testa e venirmi incontro ma fui più veloce e corsi su per
le
scale, in camera, chiudendomi in bagno.
Quando si fa l’amore per la prima volta, di solito, lo si fa
con la persona che crediamo di amare.
Io quando decisi di fare quel passo importante con Fabio lo feci
credendo fosse amore ma in realtà non era
quell’Amore, con
la A maiuscola e capii subito dopo, di aver sbagliato.
Avevo passato la notte da Ale, una delle poche sere passate a casa sua
visto che di solito la mia camera era il nostro posto speciale.
Alessandro si era limitato a dirmi che sarebbe andato tutto bene; che
avrei trovato qualcuno con cui sentirmi totalmente a mio agio e che
avrei provato sensazioni indescrivibili perché sarei stata
innamorata davvero.
Erano tutte bugie? Era solo il sesso e l’aspetto fisico che
contava?
Asciugandomi davanti lo specchio del bagno, lo pulii con la mano per
dar luce al mio viso.
Mi guardai cercando di trovare qualcosa di “bello e
sexy”
ma aveva ragione Ale, non ero una di quelle donne. Sospirai sentendo
gli occhi pungermi ma mi imposi di non piangere. Non volevo che gli
altri mi vedessero così.
Presi un respiro profondo e mi guardai intorno, accorgendomi, tardi, di
essermi chiusa in bagno senza aver portato il cambio.
Al diavolo! Borbottai.
Aprii la porta ed uscii in camera solo avvolta
nell’asciugamano.
Ne presi un altro ed iniziai a tamponarmi i capelli cercando di non
pensare alle parole di Ale ma fu quasi impossibile.
Mi sedetti sbuffando sul letto. Lo stesso letto che condividevo con Lui
e pensai a tutte le sere, in cui prima di addormentarmi, sognavo di
essere stretta dalle sue braccia in modo diverso. Lui invece, non aveva
mai fatto certi pensieri. Le lacrime tornarono a spingere e sbuffando,
tirando su con il naso, come la bambina che tutti mi dicevano di
essere, presi la crema e cominciai a spalmarla lenta e concentrata con
la mente nel nulla.
Era inutile, volevo piangere ancora.
“Pulce sei qui ?” chiese una voce entrando in
camera come un tornado. La sua voce.
Alzai gli occhi di scatto mentre Ale sorridendo mi guardò
per poi spalancare la bocca e voltandosi di scatto.
“Oddio scusa non sapevo fossi nuda” disse ridendo e
grattandosi la testa.
Io, che in una situazione del genere e in un altro momento, mi sarei
imbarazzata da morire, sorrisi amaramente abbassando gli occhi su me
stessa. L’asciugamano legato al seno era ancora
lì, solo
più lento. Le gambe invece erano completamente scoperte
mentre
continuavo a spalmarmi la crema.
Ma le sue parole tornarono a galla.
Non sono né bella né sexy. Punto.
“Non preoccuparti, lo so che non ti da fastidio. E poi non
sono
nuda” commentai con la voce leggermente incrinata, ma celando
bene il mio stato d’animo.
Ale si girò lentamente e mi guardò incerto,
mentre io
continuavo a spalmarmi la crema sulla pelle e guardare il lenzuolo del
letto, divenuto improvvisamente interessante.
“Che vuoi dire che non mi da fastidio? E’ logico
sono un
uomo. E’ per te che lo dicevo” affermò
confuso e
potei percepire dal tono della sua voce una nota di
curiosità.
Probabilmente si stava sforzando come un matto per capire cosa
intendessi.
Perciò presi aria, e coraggio, e sorrisi appena. Solo con la
bocca però.
“Voglio dire che, so che non ti metto a disagio
che…si va
bene hai capito che non ti faccio effetto…come..come donna
ecco,
in fondo siamo amici ed è meglio
così..perchè”
“Ma che cavolata è mai questa?” disse
con una certa enfasi avvicinandosi al letto.
Io alzai lo sguardo ed incontrai i suoi occhi di verde liquido e persi
un battito.
Mi alzai tremando appena e confusa.
“Ale lo so, capito? So che non mi vedi come una donna
e…”
“E da cosa lo avresti capito?” chiese con tono
più arrabbiato.
Io temporeggiai abbassando lo sguardo e mordendomi un labbro.
“Non fa niente è una cavolata” dissi
superandolo
diretta alla mia valigia, ma lui fu più veloce e mi
afferrò per un polso.
“Che sia chiara una cosa” disse inchiodandomi con
gli occhi
nei suoi, “sei la mia migliore amica e la persona
più
importante della mia vita, oltre mio fratello e quello che sto per
dirti non è giusto per niente, ma si da il caso io debba
fare
delle precisazioni, o la tua testolina bacata continuerà ad
elaborare strane teorie” .
Deglutii appena, mentre il cuore prese a martellarmi nel petto, come
sapesse già, che tutto, in quel momento, stesse per cambiare.
“Io evito di
guardarti come una Donna,
perché…perché se davvero lo facessi,
non so cosa accadrebbe”.
Mi lasciò sola, nella nostra camera, con queste sue parole a
riempirmi la mente ed il cuore.
***************************
Allora, prima di tutto un GRAZIE INFINITE a tutte coloro che
si sono fermate a recensire lo scorso capitolo. Siete state in 18 e per
me è un traguardo grandissimo. So che il più
delle volte ci si sofferma a leggere e poi passare oltre, ma per un
"autrice emergente" come me, le vostre opinioni sono davvero davvero
importanti, perciò Grazie davvero! anche a chi mi segue o
mette tra le preferite, è una gioia ogni volta :D
Ora passiamo al capitolo, solo poche cose perchè
è tardissimo e ho gli occhi che mi bruciano.
Allora in linea di massima questa era l'idea generale ma nel dettaglio
è stato tutto diverso, devo dire che non mi convince molto,
ma non mi possono piacere tutti i capitoli in egual misura, giusto? Ma
questo mi stona un pò e non lo dico per farmi coccolare :P
no davvero, mi è già accaduto con un altro in
questa storia, non so dirvi cos'è solo non mi convince...bho
fatemi sapere se vi va!!
Grazie per l'affetto che riservate a me e a questa storia ogni volta,
sei bellissime *_*
Vi abbraccio tutte,
Lela
PS: il prossimo capitolo dovrebbe essere....curioso e
passionale....vedremo ;)
|
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Capitolo 16 *** Vedersi ***
FUGA CAP- 16 CORRETTO
FUGA
Capitolo
16
Vedersi
ESTATE 2007
Ero
nuda. Semplicemente avvolta
nell’asciugamano, seduta sul bordo del letto, senza riuscire
a pensare ad altro
che alle parole di Ale.
“Io
evito di guardarti come
una Donna perché se lo facessi, non so cosa accadrebbe."
Una
strana sensazione di felicità
e stordimento mi
avvolgeva
e non riuscivo a capire come dovevo interpretare le sue parole. Non
sapevo se
anche lui provasse qualcosa per me o se era un semplice modo per farmi
capire
che mi trovava…attraente.
Io…attraente.
Era
un concetto talmente strano
per me, da lasciarmi totalmente confusa. Poi qualcuno interruppe i miei
pensieri.
“Michy hai finito?” Chiese
Gaia,
entrando con un vassoio
in una
mano ed una
borsa nell’altra.
Mi voltai lentamente e scossi la
testa come per riprendermi da uno shock.
“Allora qui c’è
il tuo panino.
Abbiamo cenato tutti così, visto che dobbiamo prepararci per
la serata e guarda
qui cos’ho? E’ una cosa stupenda che ti
piacerà da matti.”
Mi
urlò praticamente nelle orecchie.
La guardai sempre più confusa.
“Ma dove sono Daniela ed
Ilaria?”
Chiesi.
"Si sono appena fatte la doccia e stanno arrivando. Ho proposto di
prepararci tutte insieme qui." Lo
sapevi che Ale ha scelto la camera più grande? Hai uno
specchio enorme ed è
quello che ci serve”.
Scossi la testa e sorrisi della
sua esuberanza.
“Veramente non lo sapevo. Tutte
le fortune a me,
eh?” Sogghignai,
alzando gli occhi al
cielo.
Il mio tono non la sorprese,
anzi, iniziò a studiarmi come per capire cosa fosse accaduto
poco prima.
“Senti prima che arrivino le
altre, ho capito che il discorso dei ragazzi…beh che ci sei
rimasta male, ma
vedi,
secondo me,
lui non intendeva quello che hai capito tu.”
Disse,
sedendosi al mio fianco.
La guardai ed annuii leggermente,
mentre le parole di Ale mi risuonavano
nella testa come una dolce melodia che non vuole lasciarti.
Sorrisi appena ed imbarazzata
distolsi lo sguardo.
“Ok quella faccia non mi
convince, che mi sono persa?” Chiese
Gaia curiosa.
Sorrisi ancora e mi nascosi il viso
con le mani, poi
presi un bel respiro e la guardai.
“Devo dirti una cosa e so che dirai
–te l’avevo detto- e farai i salti di gioia ma,
prima, sappi che credo sia tutto un gran casino
e che ci sia poco da festeggiare.”
Gaia annuì,
sorridendo appena davanti alla
mia espressione.
“Credo…” Respirai.
“Credo di essermi innamorata di Ale.”
Conclusi
veloce.
Lei mi guardò, si aprì in
un
bellissimo sorriso e mi abbracciò forte stringendomi a sè.
“Sono felice che tu l’abbia
capito.”
Esordì.
“Io no! Io ho paura, una paura
tremenda e credo di aver solo rimandato e rifiutato quello che provo
per lui,
ma adesso…adesso è così difficile! Non
ce la
faccio, non mi sento più libera, né di
muovermi, né di parlare spontaneamente,
perché…perchè se lo facessi, gli direi
solamente che lo amo…che l’ho sempre amato e che
voglio scelga me. Che mi
guardi come se fossi l’unica, che quando mi sfiori si senta
morire perché
io…perché è questo ciò che
io provo." Dissi,
come un
fiume in piena, singhiozzando tra le sue braccia.
Ero esplosa. La verità era uscita
fuori in tutta la sua irruenza e desiderai solo parlare, piangere e
sognare.
Sperare che tutto si sarebbe risolto, che quello che sentivo non fosse
ingiusto
o sbagliato. Che non avevo colpa di nulla perché in
fondo…mi ero solo
innamorata.
“E poi lui non mi aiuta per
niente! Non mi ci fa
capire nulla con il suo atteggiamento. Come prima in giardino, ha detto
quelle cose e poi…poi in camera..." Mi
fermai, asciugando
le lacrime e tornando a sorridere come una sciocca.
“Sto impazzendo." Commentai.
“A cosa ti riferisci? Non ti
seguo." Chiese
Gaia curiosa.
“Prima è entrato in camera
senza
bussare. Io mi stavo mettendo la crema con
solo l’asciugamano indosso, e beh, ad una mia frase
dove gli dicevo che sapevo di non fargli effetto come donna, si
è stranito
molto e mi ha risposto che non mi vede come una donna,
perché se lo facesse non
saprebbe cosa potrebbe accadere. Ecco il sunto."
Gaia sbottò a ridere come una
matta, scuotendo
la testa.
“Ma quanto è
contorto?”
“Già." Risi
amaramente.
La vidi improvvisamente scattare
in piedi, sorridendo gioiosa.
“Allora costringiamolo." Disse
battendo le
mani.
Strabuzzai gli occhi e la guardai
confusa.
“A fare cosa?”
“A guardarti come una
donna!” Commentò,
come
se fosse
ovvio e si
diresse verso la borsa che aveva portato.
“Stasera al “Coco
night” c’è un
party sulla spiaggia e ci andremo tutti, sarà
l’occasione perfetta."
La guardai,
storcendo la bocca ed alzando gli occhi
al cielo.
“Guarda che le favole alla
Cenerella non esistono. E poi
è una festa,
non un cataclisma.”
Commentai
ironica.
Lei sbuffò e si affacciò
dalla
porta urlando il nome di Ilaria e Daniela per poi tornare verso di me.
“Ma non è una semplice
festa…Ci
mascheriamo!”
“Cosa? Una festa in maschera a
luglio?”
“Donna di poca fede. E’
stata
organizzata così, una sorta di “Halloween
estivo”, non c’è un vero tema,
l’importante è essere sexy e mezzi nudi.”
Concluse
ridendo.
Mi alzai e presi la borsa che
aveva tra le mani.
“Bene proprio la festa per me.”
Dissi,
scuotendo la testa
sconvolta.
“Vuoi fare colpo?” Chiese
facendomi
l’occhiolino.
“Su di chi?” Intervenne
Daniela in
accappatoio, con mille buste e borse al seguito.
Trattenni il respiro davanti a
quella domanda. Anche
se erano mie amiche, non mi sentivo pronta a confidarmi con loro.
“Beh…”
“Dobbiamo aiutare questa
pecorella smarrita, perché si è presa una bella
cotta.”
Disse
Gaia con la sua boccaccia. Mi voltai a
fulminarla con lo sguardo e capì.
“Davvero?” Chiese
Ilaria mettendo
tutte le sue cose sul letto.
“Uffa chi è?
Perché io sono
sempre l’ultima a sapere le cose?” Insistette
Daniela.
Tre paia di occhi mi fissarono in
attesa e io non seppi cosa dire. Le parole uscirono da sole.
“E’ Stefano” Sputai
tutto d’un fiato.
Si udirono urli di entusiasmo, da
parte di Ilaria mentre Gaia e Daniela mi guardarono allibite. Potevo
comprendere
la reazione di Gaia, visto quello che le avevo detto poco prima, ma
l’espressione di Daniela mi lasciò interdetta.
Almeno quanto lei.
“Bene fanciulla. Allora ci
pensiamo noi!” disse Daniela abbracciandomi e facendomi
sedere sul letto, senza
però smettere di guardarmi stranamente.
Che
avevo fatto?
*****************************
ALESSANDRO POV
“Quanto credete ci faranno
aspettare?” Chiesi
sbuffando.
Vidi altre tre teste scuotersi,
mentre Stefano spalancò le braccia e rise.
“Sono donne. E’ ovvio che
ci facciano
aspettare, ma d’altra parte cosa ci manca? Guardati intorno,
bella musica,
belle donne e alcol a volontà”.
Ridemmo e brindammo alle donne.
“E poi perché non vi siete
voluti
mascherare? Io sarei stato
un Ladro d’eccezione” Chiese
Davide indicandoci con il dito, per poi pavoneggiarsi, senza vergogna.
“Ecco appunto. Non
credo avresti
fatto tutto questo scalpore e comunque non vedi la mia collana di
fiori?” Mostrai
ridendo.
“Non vale,
te l’ha data la pollastrella all’entrata.”
Continuò.
Riccardo rise e scosse la testa.
“Ancora devo capire come fai a
rimorchiare in questo modo. Insomma nemmeno siamo arrivati, che
già una ragazza
si è fatta avanti.”
Commentò
curioso.
Risi e feci spallucce bevendo un
altro sorso di birra.
“Sul serio non è normale,
direi
addirittura imbarazzante. Sì,
potrei decisamente offendermi. Perché guardare te, quando ci
sono io!” Intervenne
Davide.
“Sono ancora libero, però.
E’
tutta questione di tempistica, riuscire a giostrarsi le situazioni al
meglio e
non cadere in nessuna rete.”
Dissi
facendo
l’occhiolino.
“Già, come incastrare la
ragazza
del martedì mattina,
tra una lezione e
la ragazza del martedì sera.”
Commentò
Stefano e
tutti scoppiammo a ridere.
“Esagerati! Non sono a questi
livelli.”
Commentai,
sorseggiando la mia
birra e continuai.
“Cosa posso dire? Riesco a capire le
donne. Le so guardare come vogliono essere guardate e nonostante tutto,
rimango
sempre onesto con loro e con me stesso. Sanno cosa le aspetta e non si
tirano
indietro. Anzi!".
“Sì,
proprio.”
Borbottò
Stefano, abbassando lo sguardo, ma sentii ugualmente.
“Beh, che c’è ?
Non è vero
forse?” Chiesi,
sorpreso dalla sua
reazione.
“Tu, riesci a capire le donne.”
Commentò,
sfidandomi con lo
sguardo ed incrociando le braccia al petto.
“Certo.”
Ammisi
convinto.
Annuì come per assecondarmi ma
senza sembrarne sicuro.
“Forse hai ragione. Forse capisci
davvero le donne, ma ce n’è una che, secondo me,
è un foglio bianco. Che ti fa
uscire di senno, semplicemente con uno sguardo di troppo o solo se la
si nomina
in contesti che
non ti piacciono. E…se per caso, non
c’è, ora, ci sarà”.
Mi irrigidii all’istante senza
sapere nemmeno il perché.
“Non so di cosa tu stia parlando.”
Commentai,
distogliendo lo sguardo
dal suo,
divenuto
troppo fastidioso, e mi concentrai su altro.
La musica si alzò ed il locale
iniziò a riempirsi, mentre poggiato al bancone battevo il
piede a terra a ritmo
di musica e mi guardavo intorno. Sentivo una strana agitazione sotto
pelle ed
anche se stavo cercando in tutti i modi di non pensarci, probabilmente
era per
quello che avevo detto a Michy.
La giornata era stata assurda sin
dall’inizio.
Ogni
volta che mi voltavo, incrociavo i suoi occhi e stranamente non
riuscivo a
riconoscerli. Mi guardava diversamente ma non capivo in che modo fosse diverso
e questo m’infastidiva.
Di certo avevo sbagliato a
parlarle in quel modo. Stavo iniziando a pentirmene ma era stato tutto
così
improvviso. Avevo la terribile sensazione di aver varcato una soglia e,
dannazione,
erano anni che cercavo
di delinearla. Ma sentirla così abbattuta...
Sembrava insicura e dagli occhi avevo capito che avesse pianto. Forse
era solo
un momento di stanchezza. Forse aveva bisogno di certezze, forse non si
sentiva
a suo agio con il suo corpo e visto che abbiamo sempre parlato di
tutto, voleva
conferme da me, che la conosco meglio di tutti.
Ricordo
ancora l’esatto istante,
in cui mi accorsi che fosse divenuta una donna. Era un pomeriggio di
qualche
anno prima ed entrando in camera sua, la vidi su una scala intenta a
sistemare
i ripiani alti della libreria. Indossava un vestitino di cotone giallo
leggero,
i capelli raccolti morbidi in una coda, mentre ciuffi ribelli le
incorniciavano
il viso e la luce arancione del pomeriggio, giocava
con le sue forme. Rimasi abbagliato, quando,
poi,
si voltò
sorridendomi.
Non
avevo visto mai niente di più
bello.
“Ehi
sei ancora qui?” Chiese
Stefano
schioccandomi le dita davanti al
viso.
“Sì,
sì pensavo”
“Bene,
ti aggiorno. Stavamo dicendo che stasera
noi tre, in quanto uomini belli e single, dobbiamo servire la
comunità
femminile, ci stai?” Chiese
Davide ridendo.
Feci spallucce e sorrisi.
“Tutto per la comunità.”
Dissi
ancora ma Stefano
intervenne.
“Che poi abbiamo tre splendide
donne in casa, non ci sarebbe nemmeno bisogno di cercare
così lontano.”
Disse
tornando a
guardarmi e fu troppo.
“Ancora con questa storia.”
Esordii
infastidito,
prima di sentire nuovamente il nome di Michy.
“Ah giusto, ragazzi non nominate
Michela o il signorino, qui, si agita.”
Disse
Stefano facendo ridere gli altri ma non me.
Lo guardai serio e stranito
ancora di più.
“Ma che cazzo c’entra ?
E’ perché
sono nostre amiche, non mi va di parlare così di loro.”
“Non ti va di parlare così
di
Michela!” Sottolineò
Riccardo.
Mi voltai di scatto verso di lui.
“Ehi, ma che diavolo vi siete
messi in testa, stasera! E’ la mia migliore amica e non mi va
di stare qui, ad
immaginare mille modi per farmela” Esclamai
arrabbiato.
Tutti tacquero per alcuni istanti
prima che Riccardo si alzasse
in piedi con il volto sorpreso.
“Oh mamma.”
Sussurrò,
sparendo nella folla.
Ci voltammo tutti e tre senza
vedere nulla. Non capii cosa stesse accadendo e d’un tratto
anche Davide
scattò.
“Per la miseria.”
Disse,
sparendo a sua volta.
Io
e Stefano ci guardammo confusi
e ci spostammo dal bancone.
Mi mossi tra la folla, cercando
di seguire il punto dove erano spariti ma non era facile. Venivo
continuamente
spintonato da una parte all’altra, mentre la folla aumentava
a dismisura.
C’era il delirio vero e proprio.
D’improvviso, sentii una mano
stringermi la spalla, mi voltai e vidi Stefano con la bocca spalancata.
Mi diede una pacca sulla schiena
e scoppiò a ridere per poi avvicinarsi e dirmi :
“Ti voglio bene, ma sei un coglione!”
Alzò
gli occhi e
indicò un punto in fondo alla sala.
Lo
seguii e...
Due
grandi occhi nocciola sorsero
tra la folla e quando incontrarono
i miei, li
sentii sulla pelle come se mi stessero
accarezzando. Il piccolo viso, da bambina dolce e indifesa,
aveva lasciato il posto ad una donna bellissima e sensuale,
incorniciato
com’era da una parrucca a caschetto rosa…Rosa? Assurdo! Era
totalmente
diversa, ma sempre lei.
Si morse le labbra e pensai solo
che volevo affondare in esse e lasciarmi andare, completamente.
La pelle lattea, stretta in un
piccolo corpetto bianco, lasciava poco spazio
all’immaginazione, ma davvero
molto alla vista. Stretti pantaloncini bianchi,
mostravano le cosce lunghe e affusolate di
quella che da sempre era la mia bimba, ma che in quell’attimo
vidi per la prima
volta.
La
mia Michy… e dannazione era
bellissima.
La
musica si spense. L’agitazione
salì. Le orecchie presero a fischiare e la testa a
girare.
La sala si svuotò di tutte quelle
persone e in un attimo, giusto il tempo di battere le ciglia, di capire
che non
fosse un sogno, realizzai
come,
in
realtà, tutto intorno a me non era mutato per nulla, ma che,
invece, era bastato
quel singolo istante, per far crollare tutte le mie Certezze.
“Oh
cazzo!” Commentai.
Mi
avevano messo un’assurda
parrucca rosa e non capii nemmeno come avessero fatto a convincermi.
Daniela
insisteva nel dire che ero perfetta e che sembravo una di quelle
bamboline sexy
e provocanti, mentre io mi sentivo molto più come
una Barbie fuori dalle righe.
Tutto
sommato però, era stato
divertente.
“Ragazze ci stanno aspettando al
bancone. Dobbiamo cercare di farci vedere perché Riccardo,
con questa musica,
non sentirà mai il cellulare.”
Disse
Gaia
incamminandosi.
Iniziammo a farci largo tra la
gente e notai,
meravigliata, come non fossimo state le uniche a partecipare
mascherate, anzi
la maggior parte delle ragazze si
era letteralmente sbizzarrita.
“Scusate ma quella sarebbe una
Jessica Rabbit in bichini?” Chiese
Ilaria ridendo.
“Sì,
credo proprio di sì.”
Ammisi
sconvolta.
“Venite. Qui, in fondo alla sala.”
Ci
urlò Daniela che si
trovava in testa alla fila.
Mi fermai a guardarla per un
secondo e capii perché tutti la trovassero bella. Lo era
davvero e sapeva di
esserlo. Per la serata aveva scelto un completo leopardato. Corpetto e
gonna
che aveva perso oramai la sua forma primaria, dopo essere passati sotto
un paio
di forbici. L’intento era sembrare una “Jane
sexy” e c’era più che riuscita.
Riusciva, infatti, a giocare con
la sua sensualità senza risultare troppo finta o costruita.
Sapeva cosa voleva da un uomo e
se lo prendeva. Come facevano molti uomini con lei stessa, ovviamente.
Daniela
sosteneva che era uno scambio equo, dopotutto era la classica storia
dove se lo
fa un uomo, è un “grande” di fronte gli
altri di genere maschile, ma se lo fa
una donna, è una poco di buono.
“Ahi.”
Borbottai
all’ennesima spinta, voltandomi arrabbiata.
“Scusami, ti ho fatto male ?” Chiese
un ragazzo
decisamente molto più alto di me.
Piegai la testa in alto fino ad
incontrare il suo volto e feci spallucce guardandolo.
“Non fa niente.”
Risposi,
tornando dalle
altre.
Una volta tutte insieme,
iniziammo a cercare i ragazzi per la sala. Presi a scorrere ogni volto,
senza
troppo interesse, fino a che non raggiunsi
la mia meta e mi fermai.
Quando vidi anche lui bloccarsi e
guardarmi, sentii nel cuore il presentimento che quella serata sarebbe
stata
decisamente più lunga di
quello che credessi.
Nonostante la gente e la
confusione che ci avvolgeva, riuscii chiaramente a sentire, oltre che
vedere, i
suoi occhi su di me. E fu la prima volta.
Gli occhi che mi avevano guardato
da sempre. Le stesse labbra che desideravo mordere, lo stesso corpo che
avevo
più volte ammirato. Lui, Ale, di fronte a me…con
un’espressione impenetrabile!
“Ehi,
senti vorrei farmi
perdonare.”
Disse
una voce al mio
fianco.
“Come?” Mi
voltai stordita ed infastidita per essere stata
interrotta e mi ritrovai lo stesso ragazzo di poco prima.
“Dicevo, volevo farmi perdonare.
Ti va qualcosa da bere?” Chiese
sorridendo.
Lo
guardai confusa. Anche se
avevo capito benissimo le sue parole, rimasi qualche secondo di troppo
in
silenzio, non sapendo cosa dire.
“Beh vedi…”
Balbettai
distogliendo lo sguardo e cercando
ancora Ale, ma non era più dove lo avevo visto.
“Ti
prometto che farò il bravo.”
Sorrise
dolce e lo trovai
davvero carino, ma in quel momento la mia mente era totalmente
scombussolata da
altro.
“La ragazza è impegnata.”
Disse
una voce al mio
fianco e mi voltai sorpresa.
“Oh scusami non lo sapevo. Beh
complimenti e buona serata.”
Disse
il ragazzo
andandosene.
Guardai Stefano seguirlo con
volto duro, per poi tornare da me.
“Cosa bisogna fare con te?” Chiese
sorridendomi.
“Che vuoi dire?”
“Stasera hai deciso di fare
impazzire qualcuno, non è vero?” Chiese
avvicinandosi di più al mio volto e percepii uno strano
doppio senso nelle parole.
Scossi la testa ed abbassai lo
sguardo imbarazzata.
“Non so a cosa ti riferisci.
Veramente sono state le ragazze a farmi vestire così e mi
sento anche un po’
ridicola.”
Commentai,
gesticolando
nervosa e
guardandomi intorno alla ricerca di Ale.
Sentii Stefano avvicinarsi di
più. Stringermi la vita con un braccio e sussurrarmi
all’orecchio:
“ti assicuro che sei
tutto, tranne che ridicola”.
Mi irrigidii alzando lo sguardo
verso il viso di Stefano e lo trovai concentrato sul mio volto.
“Sei bellissima stasera e lo
farai impazzire.”
Commentò
sfiorandomi una
guancia con le labbra calde, per poi guardarmi e farmi
l’occhiolino.
Arrossii
di botto, per poi scoppiare a ridere.
Stefano
lo sapeva o,
quanto meno,
lo aveva capito.
“Ragazze
siete una bomba!” Urlò
Davide
abbracciandoci una ad una.
“Stasera volete farci fare a
botte con qualcuno, non è vero?” Chiese
Riccardo controllando la gonna di Gaia.
“Ma smettetela, siamo qui per
divertirci, perciò divertiamoci!” Urlò
Daniela al mio fianco passandoci
bicchieri, pieni di qualcosa di indefinito.
“Aspettate ma Alessandro?” Chiese
Stefano e lo
ringraziai mentalmente per aver fatto la stessa domanda che mi frullava
per la
testa.
“Eccolo lì!” Ci
voltammo e lo vidi
poggiato al muro di fronte a noi.
Gli
occhi verdi, come
la tempesta pronta
ad esplodere, fissi su di me.
Mi guardava, mi toccava, mi
divorava con lo sguardo, in quella che non capii mai che emozione
fosse. Se rabbia
o desiderio. Specialmente quando vidi la ragazza al suo fianco,
baciargli il
collo, sensuale.
Lì,
in quel momento, il mio cuore
si buttò definitivamente nel vuoto. Ero distrutta e
disillusa ma invece di
arrendermi al destino, alle mie mille paure, alle sue parole che non
riuscivo
mai a comprendere totalmente, buttai tutto all’aria. Me
stessa, noi, il nostro
futuro.
Voleva
giocare? Avrei giocato
anch’io!
*********************************************
Potrei
dirvi tante cose. Potrei stare qui, a raccontarvi come l'ansia per
questo capitolo, mi abbia fatta impazzire, ma vi dirò solo
GRAZIE.
Grazie
a
tutte coloro che si sono fermate a recensire lo scorso capitolo, a chi
continua a mettermi tra seguite/preferite/ricordate...spero che Fuga vi
stia dando le stesse emozioni che da a me!
Vorrei
fare
un ringraziamento speciale a Fallsofarc, Clara-sterne, e la mia amica
Marina (da cui la nostra Gaia prende vita) per avermi consigliato-
supportato e sopportato...Questo è un momento importante per
la
storia e spero ogni volta di non deludere le aspettative (non che stia
scrivendo la Divina Commedia, intendiamoci :D ) ma è la mia
piccola storia e da gioco, quale è iniziato, è
diventato
qualcosa di più.
In
Michy,
Ale, Gaia, Riccardo, Stefano, Daniela, Ilaria, Davide.... ci sono io.
C'è Emanuela, i suoi pensieri, le sue paure e anche le
personalità più particolari, dei suoi amici :D
Spero
inoltre abbiate apprezzato l'idea del Banner speciale, opera della
formidabile Khristh....IO ADORO LO!!!!!
Non
mi resta che abbracciarvi sperando che vi sia piaciuto anche questo
capitolo e augurandovi uno splendido Natale.
Lela
|
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Capitolo 17 *** Amarsi ***
FUGA CAP 17 CORRETTO
FUGA
CAPITOLO
17
Amarsi
Betato
da Nes_sie
ESTATE
2007
La
musica risuonava
incessantemente nelle orecchie. Corpi sudati, resi ancora
più sexy e disinibiti
dall’alcol, si muovevano in sincrono con solo la voglia
irrefrenabile di
divertirsi. La gioia e l’ebbrezza di poter fare tutto, di
sentirsi forti ed
invincibili. Sensuali e potenti. Leggere la lussuria ed il desiderio
negli
occhi degli altri e ridere come non mai, perché lo vuoi.
Perché lo senti.
Perché ne hai bisogno.
Io
ne avevo bisogno.
Non
bisogna mai sottovalutare
un cuore ferito ed arrabbiato, unito a una dose alquanto alta di alcol.
Specialmente
con una ragazza come me non abituata a lasciarsi andare, sempre per
paura di
essere inadeguata.
Quella
sera non lo ero.
Quella sera decisi di prendermi le mie piccole rivincite. Decisi di
ottenere
quello che volevo, di prendermi ciò che mi spettava.
Perché ero giovane e
bella, anche se non mi sentivo così, ma cercavo di
ripetermelo ininterrottamente,
mentre ballavo. Incurante dell’effetto che le mie movenze
avevano… sugli altri.
“Sei
bella da far male!”
Disse un ragazzo muovendosi dietro di me.
Scoppiai
a ridere, senza
nemmeno guardarlo e continuando a ballare.
“Non
sono tutti di questo
parere.” Gridai continuando a muovermi sinuosa.
“Chi
non lo pensa è un
coglione.” Continuò cercando di avvicinarsi ma
senza che io glielo permettessi.
Sorrisi
amaramente e chiusi
gli occhi, lasciandomi andare alla musica. Non volevo vedere
nient’altro.
Specialmente Alessandro schiacciato tra due donne che gli ballavano
strusciandosi addosso. Che schifo!
“Ti
va di fare un giro?”
Continuò il ragazzo imperterrito.
“Voglio
solo ballare.” Dissi
scuotendo la testa e continuando a dargli le spalle.
“Dai,
ci divertiamo.”
Rafforzò la presa sul mio fianco e mi strinse a lui,
facendomi sentire tutto il
suo desiderio. Mi scansai infastidita.
“Ho
detto di no!”
Ma
diavolo una ragazza non
poteva nemmeno ballare in santa pace?
“Perché
non ti vai a fare un
giro da solo?”
La
mano di Stefano scansò il
ragazzo da me con forza. Quest’ultimo si voltò
furioso ma, davanti alla stazza
di Stefano, si arrese prima di iniziare.
“Bravo,
bimbo!” Commentai,
ricevendo l’occhiata furiosa del ragazzo e quella infastidita
di Stefano.
Mi
voltai, fregandomene e
tornando a ballare, ma mi fu impossibile.
“Si
può sapere che diavolo ti
prende?” Mi urlò Stefano nelle orecchie.
“Perché?
Non posso ballare?
Ho sete, scusa!”
Mi
diressi verso il nostro
tavolo e trovai tutti indaffarati a fare altro.
Gaia
ballava abbracciata a
Riccardo, persi ognuno negli occhi dell’altro. Davide, con
mia grandissima
sorpresa, aveva chiesto ad Ilaria di ballare ed ora ridevano insieme
all’altro
lato del tavolo. Daniela sorseggiava il suo cocktail e si muoveva
sensuale
insieme ad un ragazzo che non conoscevo. L’unico che sembrava
sparito era
Alessandro, ma potei facilmente immaginare dove fosse andato.
Strinsi
gli occhi per non
piangere e mandai giù tutto il contenuto del bicchiere. Non
sapevo di cosa si
trattasse, ma lo sentii bruciare in gola e mi ritrovai a tossire.
“Ehi,
vacci piano, non sei
abituata.” Disse Daniela avvicinandosi.
“Ti
prego non ti ci mettere
anche tu!” Borbottai guardandola e notai i suoi occhi
studiarmi curiosi.
“Si
può sapere che ti prende?
Volevi fare colpo su Stefano e mi sembra non ti stia togliendo gli
occhi di
dosso, ma tu non lo calcoli minimamente.” Insistette,
inchiodandomi al muro.
Distolsi
lo sguardo
infastidita, cercando di sembrare indifferente alle sue parole.
“A
meno che…” Continuò e mi
voltai di scatto.
“Siamo
proprio sicuri si
trattasse di Stefano? Non è che ti sei messa in tiro per
Ale?” Chiese con un
ghigno sulle labbra.
Abbassai
lo sguardo e mandai
giù il grosso nodo, che si era formato. Non sapevo
perché, ma non volevo
parlarne.
“Ti
sbagli di grosso.
Alessandro? Figurati! Mi sto solo divertendo. Tutto qua.”
Dissi con il sorriso
più convincente possibile, allontanandomi da tavolo.
Sentii
i suoi occhi sulla
schiena, ma non mi voltai.
“Ho
caldissimo. Ti va di
prendere una boccata d’aria?” Chiese Stefano al mio
fianco.
Annuii
e lo seguii senza
smettere di guardarmi intorno in cerca di un paio di occhi verdi che
sembravano
spariti.
“Ne
vuoi una?” Disse Stefano
offrendomi una sigaretta.
Scossi
la testa e tornai a
giocare con la sabbia.
Eravamo
seduti sulla spiaggia,
appena fuori dal locale. Il volume della musica era notevolmente
ridotto e
sembrò quasi di riuscire a tornare a pensare lucidamente.
“Allora,
si può sapere
cos’hai?” Chiese Stefano guardandomi, mentre io ero
concentrata sul nulla.
Feci
spallucce, senza
rispondere.
“Guarda
che l’ho capito.”
Continuò sorridendomi dolce.
Alzai
gli occhi intimorita e
risposi appena, sorridendo a mia volta.
“Allora
capirai perché non
voglio parlarne.”
Annuì
e prese una boccata
di fumo. Subito dopo
scosse la testa.
“Siete
due testoni! Non vi
rendete conto della fortuna che avete.” Disse guardando il
mare.
Lo
fissai confusa. Era bello,
Stefano, ed anche dolce, ma in quel momento vidi una strana luce nei
suoi
occhi.
“A
cosa ti riferisci?”
“Al
fatto che, in un modo o
nell’altro, vi appartenete. Ed è una cosa
bellissima. Per quanto uno cerchi l’amore,
lo insegua con tutto se stesso, è raro riuscire a
raggiungere un livello di…
appartenenza, sì, non trovo aggettivo migliore, come la
vostra!” Disse tornando
a guardarmi.
Sospirai
sentendo le lacrime
agli occhi.
“E’
vero, ma ti assicuro che
è un arma a doppio taglio.” Commentai.
Si
voltò di scatto e mi
fissò.
“Perché?
Perché lo ami?” Disse
forte, e sentirlo in quel modo mi fece tremare.
Alzai
gli occhi nei suoi e le
lacrime presero a scendere mentre annuivo come una bambina.
“Non
capisci che invece è una
cosa bellissima? Io pagherei per sentirmi vivo in quel modo. Voi avete
la
fortuna di provare un affetto l’uno per l’altra
così forte che niente potrà
portarvelo via. Alessandro ci sarà sempre per te e tu per
lui! Dovresti lottare
invece di arrenderti!”
Scossi
la testa continuando a
piangere e cercando di asciugarmi gli occhi.
“Tu
non capisci. Non sai cosa
voglia dire guardarlo e volerlo abbracciare, stringerlo. Urlare al
mondo che è
tuo e che nessuno può portartelo via. Io invece me lo vedo
strappare via ogni
singolo istante, e ti assicuro che fa male! Fa dannatamente
male!”
Dissi
non riuscendo più a
tenermi. E quando sentii le braccia di Stefano avvolgermi, mi ci
aggrappai come
fosse la mia ancora di salvezza.
“Shh. Calmati. Lo so. So come ci si sente.
È la stessa cosa che
provo io.” Sussurrò tra i miei capelli, con voce
talmente sottile che faticai a
capire il senso delle sue parole.
Sollevai
appena la testa dal
suo mento e mi costrinsi a guardarlo, seppure con aria interrogativa.
Stefano
capì la mia muta
domanda e sorrise, imbarazzato.
“Vuoi
sapere chi è? Però non
devi farne parola con nessuno!”
Annuii
curiosa. Non avevo
minimamente idea chi fosse questa ragazza e lui era stato davvero bravo
a
tenerlo nascosto.
“Beh…
uff, come te lo dico? È
imbarazzante!” Sorrise.
Mi
alzai appena per poterlo
guardare meglio.
“Ho
una parrucca rosa in
testa, il trucco sarà tutto colato e ti sto piangendo
addosso come una bambina.
Ti assicuro che nulla è più imbarazzante di
questo”.
Stefano
scoppiò a ridere.
“Va
bene, hai vinto. Te lo
dico…” Sospirò e abbassò lo
sguardo.
“È
da circa un anno che sono
innamorato di… Daniela.” Disse lasciandomi di
sasso.
Silenzio.
Ancora
silenzio.
“Insomma,
dì qualcosa!” Mi
urlò ridendo.
La
mia mente corse veloce
alle parole che avevo detto a lei, riguardo Stefano.
Che diavolo avevo fatto? Se lei continuasse a credere che
sono innamorata di
Stefano, non si lascerebbe mai andare con lui. Ed il mio piano in quel
momento
era riuscire a trovare una soluzione, perché per quanto
assurdo potesse
sembrare in quell’istante… quei due erano fatti
apposta per stare insieme.
“Perché
non ci ho pensato
prima!” Borbottai tra me.
“Beh,
perché io sono un buon
attore. Sicuramente molto meglio di te.” Mi
canzonò dandomi una leggera spinta
con il braccio.
Sbuffai,
alzando gli occhi al
cielo.
“Si
vede tanto?”
“Non
preoccuparti, solo
l’interessato è talmente tonto da non averlo
capito.” Disse ridendo.
Sospirai
sollevata.
“Allora
sono a posto. Ma tu,
piuttosto, perché non ti sei fatto avanti?”
Tornò
ad imbarazzarsi come un
ragazzino. Era troppo tenero.
“Perché
non le interesso.”
“Questo
non puoi saperlo.”
“Sì,
invece. E’ sempre
impegnata con qualche ragazzo. Le piace vivere all’avventura
e una rivelazione
come questa complicherebbe solo le cose. Preferisco aspettare che sia
pronta.”
Lo
guardai negli occhi per
poi abbracciarlo forte.
“Sei
troppo buono e qualsiasi
ragazza sarebbe più che fortunata ad averti. E poi sei bellissimo!” Dissi
sincera.
Stefano
scoppiò a ridere e mi
strinse di nuovo a sé.
“Ti
ringrazio. Lo stesso vale
per te, ma mi prometti che non ti arrenderai con quel
testone?” Continuò
stringendomi.
“Non
so a cosa serva. Hai
visto anche tu, stasera. Non mi ha degnato di uno sguardo ed era
occupato con
quelle galline!” Borbottai nervosa.
Stefano
continuò a ridere e
scosse la testa.
“Oh,
ti assicuro che ti ha
notato. Sarebbe stato impossibile non farlo. Stasera sei da togliere il
fiato.
E poi chi credi mi abbia mandato a toglierti di dosso quel
provolone?” Esordì
lasciandomi senza parole.
“È
stato lui?” Chiesi sorpresa.
Stefano
annuì sorridendo, ma
io scossi la testa.
“Questo
non vuol dire nulla
per Ale. Sai quanto è protettivo verso di me. Se davvero gli
interessassi in
quel senso, non perderebbe tempo con quelle due.”
Lo
vidi guardarmi, sorridendo
appena, per poi stringermi di nuovo e darmi un bacio sulla fronte.
“Devi
avere pazienza con lui,
ma non ti arrendere.” Sussurrò tra i miei capelli.
Feci
spallucce e rimanemmo in
silenzio per alcuni istanti.
“Toglile
le mani di dosso!”
Un
uragano si avventò su di
noi, spingendomi lontano da Stefano.
Mi
voltai impaurita e vidi
Alessandro con la furia negli occhi.
“Ehi,
amico, ma che ti
prende?” Chiese Stefano alzandosi.
Vidi
Ale vacillare per un
attimo, confuso.
“Ah,
ma sei tu. Io pensavo
che…”Borbottò stranito.
Lo
guardai allibita e la
rabbia raggiunse le stelle in un attimo.
“Ma
sei impazzito? Ma come
osi?”
Si
voltò verso di me e vidi i
suoi occhi rimpicciolirsi appena.
“Credevo
che stessi con quel
carciofo. Eri sparita da un pezzo.” Rispose arrabbiato, come
fosse nella
ragione.
Scossi
la testa incredula,
rimanendo con la
bocca spalancata.
Poi
mi abbassai a prendere le
scarpe da terra che mi ero tolta poco prima, e iniziai a camminare
furiosa.
“Ehi,
adesso dove vai?” Mi
urlò Ale da dietro.
“Me
ne vado a casa. Sono
stufa di questa serata e tu hai superato ogni limite!”
Risposi, continuando a
camminare, ma in un attimo fu al mio fianco.
“Tu
da sola non vai da
nessuna parte!” Disse furioso.
Mi
voltai rossa in volto ed
arrabbiata come non mai.
“Tu,”
lo indicai con il dito.
“Non mi dici quello che posso o non posso fare. Tornatene da
quelle galline!” Continuai
a camminare imperterrita.
Aveva
superato ogni limite
possibile.
“Michy,
aspetta, non andare
da sola. Non è prudente.” Disse Stefano venendomi
dietro.
Mi
voltai appena, giusto il
tempo di vedere lo sguardo di Alessandro ma non mi fermai su di lui
più di un
secondo.
“Stefano,
mi accompagneresti,
per favore?” Chiesi con calma glaciale, e percepii Alessandro
irrigidirsi
ancora di più.
Notai
come Stefano si voltò a
guardarlo, quasi a cercare il suo permesso e questo
m’infastidì ancora di più.
Stava
per parlare quando Ale
gli mise una mano davanti, per zittirlo, e senza smettere di guardarmi,
disse
gelido “Vuoi andare a casa? Bene, andiamo!”
Sbattei
le palpebre, allibita.
“Io
non ci vengo con te.”
Squittii furiosa.
“Invece
sì. Ho io le chiavi
della macchina e sono molto stanco, perciò
andiamo!” Iniziò a camminare.
Mi
voltai furiosa e lo
superai senza degnarlo di uno sguardo.
Non
l’avrebbe avuta vinta!
La
casa di Stefano era a
circa dieci minuti da lì e fu decisamente meglio per
entrambi visto che in
macchina nessuno dei due parlò.
Rimasi
per tutto il tempo a
guardare fuori dal finestrino e lui con lo sguardo fisso sulla strada
senza
degnarmi di uno sguardo.
Appena
arrivammo, scesi dalla
macchina ed entrai senza voltarmi. Andai dritta in cucina a prendere un
bicchiere d’acqua e ne approfittai per rinfrescarmi. Mi
sentivo stranamente
calma. Come se il silenzio mi avesse aiutato a mantenere la rabbia
sotto
controllo. Ma era una strana sensazione. Come la calma prima della
tempesta e non
mi mollò per tutto il tragitto.
Quel
comportamento era
decisamente lontano dal nostro solito. Insomma avevamo discusso diverse
volte,
per il suo essere protettivo nei miei riguardi, ma quella sera fu tutto
diverso.
Presi
un respiro e decisi di andarmene
in camera e passando per il salone notai le luci spente e la porta
chiusa.
Forse era tornato al locale. Sbuffai infastidita e salii al piano
superiore.
La
porta era socchiusa ed
aprendola trovai Ale affacciato alla finestra mentre fumava una
sigaretta.
Il
fastidio tornò. Era così
arrogante da non lasciarmi nemmeno andare a dormire in santa pace! Mi
diressi
verso lo specchio e cominciai a togliermi i bracciali con gli
orecchini,
continuando nella mia opera di mutismo.
Lo
vidi voltarsi appena, con
la sigaretta leggermente inclinata sulle labbra e gli occhi ancora
carichi come
la tempesta. Ci guardammo in silenzio dal riflesso dello specchio e
sentii una
strana agitazione iniziare a salire sempre di più.
“Ti
sei divertita, stasera.”
Disse spavaldo. Non era una domanda ma un’affermazione che mi
infastidì ancora
di più.
Lo
sfidai con gli occhi,
continuando a togliermi gli orecchini.
“Mai
quanto te.” Risposi
fredda.
Lo
vidi girarsi completamente
ed iniziare a srotolarsi le maniche della camicia.
“Su
questo non ci giurerei.”
Commentò con la sigaretta tra se labbra, per poi camminare
verso di me.
Abbassai
lo sguardo, dopo
aver pensato quanto lo trovassi bello e sexy in
quell’istante. Mi maledii,
costringendomi, invece, a rimanere arrabbiata.
Chinai
la testa da un lato,
cercando di togliermi la collana, ma lui fu più veloce.
Dita
lisce e calde corsero
lente sul mio collo, liberandomi subito dopo.
Trattenni
il fiato a quel
minuscolo contatto e distolsi gli occhi da lui per non fargli capire il
mio
turbamento.
Mi
allontanai, sentendomi in
trappola, e l’agitazione si unì alla rabbia.
“Senti,
perché sei qui? Non
potevi startene con quelle galline?” Esordii senza guardarlo
ed iniziando a
togliermi i sandali.
Posò
la sigaretta nel
posacenere e mi guardò furioso.
“Che
c’è, volevi ti
accompagnasse Stefano?” Disse freddo.
Mi
immobilizzai del tutto ed
alzai lo sguardo nel suo.
“Se
anche fosse?”
“Tsè. È
così, allora? Sei incazzata perché volevi ci
fosse lui,
ora?” Continuò avvicinandosi.
“Perché
rispondere, tanto sai
già tutto, no?” Lo sfidai ancora.
“Vi
siete baciati?” Chiese
agitato, facendo un altro passo.
“Te
lo ripeto… se anche
fosse?” Insistetti furiosa.
“Non
mi provocare!” Disse
scuotendo la testa e avrei voluto credergli sulla parola, dal modo in
cui mi
guardava, ma non gliel’avrei mai data vinta!
“Non
vedo come ti possa
interessare. Sono una donna anch’io, e mi piace se qualcuno
se ne accorge.”
Non
sapevo perché o cosa
stessi dicendo, seguii solo l’istinto.
Lo
vidi vacillare per un
attimo, per poi spingermi contro il muro.
“Dannazione,
rispondi. Lo
stai facendo apposta? Mi stai facendo impazzire! Vuoi giocare con me?
Vuoi
prenderti gioco di me?”
Mi
urlò furioso ed io non
resistetti più. Esplosi.
“Sei
tu! Tu mi prendi in
giro. Io non sto giocando, ma tu, dannazione… tu
sì! Cosa vuoi da me? Dimmelo!
Non lasciarmi con frasi a metà, non dirmi che non vuoi
guardarmi come una
donna. Fallo! Guardami! Guardami e poi dimmelo. Dimmi cosa
vuoi!” Urlai come
non mai. Con la voce, con il cuore.
Lo
guardai e mi sentii
esplodere.
Strinse
i miei polsi al muro,
sulla mia testa e mi fissò affamato, infuriato. Pazzo.
“Lo
sai che non posso. Lo
sai!” Urlò di rimando, affannato con gli occhi
lucidi ed il mio cuore perse un
battito.
“Perché?”
Sussurrai.
“Cosa
accadrebbe dopo?
Domani? Che fine faremmo?” Chiese tremando.
Sentii
le sua mani allentare
la presa e gli occhi chiudersi, mentre sospirava distrutto.
Mi
accorsi solo allora del
mio respiro accelerato, come se avessi fatto una corsa. Degli occhi
lucidi e
delle lacrime che volevano uscire.
Lo
guardai ancora. Il volto
arrossato, quasi stesse trattenendosi oltre misura, le labbra gonfie e
gli
occhi come due pozze verde liquido, che mi guardavano in una muta
richiesta
d’aiuto.
Trattenni
il fiato davanti
alla sua bellezza e non esistette più nient’altro.
Né il domani. Né il futuro.
C’eravamo solo noi, in quel momento.
“Domani
non esiste. Ci siamo
noi ora. Ci saremo anche domani, ma per stasera…solo per
questa notte… se lo
vuoi, se mi vuoi… Amami!”
Tornò
a stringermi i polsi e
far scorrere gli occhi dai miei alle mie labbra, aumentando il respiro
ogni
secondo di più.
“Non
si rovinerà niente.
Promettimelo. Promettimi che domani tornerà tutto come
prima. Promettimi che
non ti perderò.”
Lo
scrutai in viso sentendo
il cuore scoppiarmi, ed inebriata dal suo respiro sulle mie labbra, non
mi resi
conto di che promessa stessi per fare.
“Te
lo prometto.” Sussurrai.
E, inconsapevolmente, mentii.
I
suoi occhi salirono e si
inchiodarono ai miei. Ci
guardammo ancora, con le labbra che si sfioravano, il respiro
dell’uno che si
confondeva con quello dell’altra e il calore che aumentava
fino a darmi alla
testa. Lo
supplicai.
“Ale…”
Balbettai, bagnandomi
le labbra e fu il culmine.
Si
avventò su di me, facendo
scontrare labbra, denti, lingua. Entrambi impazziti e persi ognuno nel
sapore
dell’altro.
ESTATE
2010
Mancavano
circa tre giorni
alla fine della vacanza e quella sera saremmo dovuti uscire dopo cena.
Alessandro e io non ci eravamo rivolti la parola da quella mattina. Sia
io che
lui non volevamo rivangare ulteriormente i ricordi di
quell’estate. Faceva già
male essere lì.
Mentre
preparavo la cena,
Riccardo non aveva smesso un attimo di punzecchiare Gaia, di guardarla
quando
lei non lo vedeva. Così decisi di intervenire.
“Si
può sapere cosa stai
aspettando?” Chiesi a Riccardo che tagliava il pane vicino a
me.
Si
voltò incuriosito.
“A
cosa ti riferisci?”
“Al
fatto che sei ancora
innamorato di lei e che è da stupidi ferirsi in questo
modo.” Risposi
sorridendo.
Lui
abbassò lo sguardo di
scatto.
“Non
capisci. Noi… abbiamo
rovinato tutto. È finita.” Disse cercando di
sembrare convinto.
Scossi
la testa e lo guardai.
“No,
io ed Ale abbiamo
rovinato tutto. Voi vi siete sempre amati, avete solo avuto un momento
difficile.
Ma ora dimmi che quando la guardi non ti senti scoppiare il cuore, al
pensiero
che non puoi più averla e io me ne starò
zitta.”
Riccardo
scoppiò a ridere, ma
non potei evitare di notare gli occhi lucidi.
“Ma
dove sei stata in questi
due anni?” Commentò sorridendo.
Annuii
soddisfatta perché
aveva capito ciò che volevo dirgli.
“Lontana…
ma sono tornata.”
Risposi.
“Ma
te ne andrai ancora.”
Continuò.
“Già.”
Dissi tornando a
prendere i piatti.
“Michy
potresti andare in
cantina a prendere un paio di bottiglie di vino?” Chiese
Stefano dal salone.
Accettai
e mi diressi nel
sottoscala, aprendo la porta e cercando l’interruttore.
“Ma
dove si accende la luce?”
Borbottai.
“Chi
c’è?” Chiese un'altra
voce.
Mi
voltai verso l’interno ma
qualcuno mi spinse, mentre sentii la porta chiudersi dietro di me.
Caddi
a terra ed urlai.
“Ma
che diavolo…”
“Michy,
sei tu?”
“Ale,
ma che succede?” Camminai
tastoni fino a sentire una gamba.
Due
braccia mi aiutarono ad
alzarmi.
“Non
lo so ma ho un
presentimento!” Disse arrabbiato.
“Ragazzi
,in estremi casi,
estremi rimedi. Non volete parlarvi? Beh, ora dovrete farlo per
forza!” Disse
la voce di Stefano dietro la porta.
Ci
allontanammo di scatto,
appena ci accorgemmo di essere abbracciati e mi voltai verso la porta
bussando
arrabbiata.
“Questo
non è divertente.
Apri questa porta! Gaia, Gaia!” Urlai, ma non ottenni la
risposta che volevo.
“Tesoro,
è vero, dovete
risolvere questa situazione.” Disse lei ridendo.
Rideva?
“Alessandro
fai qualcosa!”
Urlai verso di lui.
“È
tutto inutile.”
Urlai
frustrata, prendendo a
pugni la porta.
“Non
me ne starò chiusa qui
dentro, al buio, con lui. Aprite!”
“Per
la luce non
preoccupatevi, vi accendo quella di emergenza.” Disse Stefano
ed in un attimo
una tenue luce bianca ci illuminò. E potei vedere Ale seduto
a terra con una
sigaretta inclinata sulle labbra ed un ghigno che non prometteva nulla
di
buono.
“Mi
sembra una sorta di
déjà-vu, vero, Pulce?” Chiese
strafottente.
“Già,
e sappiamo come sia
finita.” Risposi arrabbiata.
Lo
vidi scurirsi in volto,
tirare una boccata di fumo e poi sputarla fuori elegantemente,
mantenendo un
sorriso sexy e dannatamente letale.
“Beh,
non mi sembra tu ti sia
lamentata, in quel frangente.” Disse cercando di provocarmi.
Arrossii
di botto e mi
sedetti il più lontano possibile da lui, cercando in tutti i
modi umanamente
possibili di scappare al suo sguardo, ma soprattutto al ricordo delle
sue mani
su di me.
Quando una donna ama, lo fa con
tutta se stessa.
Quando si dona a qualcuno, lo fa totalmente, perché gli
appartiene e perché senza
di lui non sarebbe intera.
E così fu per me.
Il contatto delle labbra di Ale con
le mie fu qualcosa
a cui non ero assolutamente preparata. Quando il sogno si scontra con
la realtà
è difficile che si mescoli fino a nasconderne i confini, ma
per me fu così.
Ale prese a baciarmi dapprima con
foga, possessione,
pazzia, per poi lasciare posto alla passione, alla devozione completa.
“Dio, quanto ho
desiderato questo momento.” Sussurrò,
mordendomi appena il labbro inferiore facendomi tremare fra le sue
braccia.
La foga era sempre lì, e
per quanto ci stringessimo
non ne avevamo mai abbastanza. Mi spaventai per un attimo della mia
stessa
irruenza, di come tutta la mia timidezza sparisse, al contatto dei
nostri
corpi. Lo spinsi, affamata ed impazzita quanto lui, verso il bordo del
letto e,
sdraiandoci l’uno sull’altra, riprendemmo a
baciarci ancora più intensamente.
Era assurdo anche solo pensarlo.
Non potevo credere a
ciò che stava accadendo.
Alessandro era mio. Mio e di
nessun’altra in quel
momento e non ricordai mai di essermi sentita più viva di
come lo fui, invece,
in quell’attimo.
“Aspetta.”
Disse e mi fermai guardandolo. Lui sorrise,
mi tolse la parrucca lentamente e tornò a guardarmi. Occhi
negli occhi.
“Adesso
sì.” Sussurrò, riempiendomi il volto di
baci
leggeri e bollenti, per poi sorridere l’uno sulla bocca
dell’altra. Ero felice,
ero completamente persa dalle mille sensazioni che stavo provando. Ero
completa. Con lui.
Voleva me. Ale mi voleva.
Nient’altro aveva
importanza.
“Mi hai fatto impazzire
per tutta la sera.” Disse
roco, mordendomi l’orecchio e scendendo lungo il collo, in
una piccola ma lenta
agonia. Sentivo i suoi denti sulla pelle lacerarmi l’anima ad
ogni tocco,
mentre la lingua, bagnata, sembrava fuoco liquido che mi colava sul
corpo.
Inarcai istintivamente la schiena e
lui scese verso il
mio seno.
“Non mi sembrava ti
stessi annoiando.” Sussurrai in
risposta al commento di prima.
Sogghignò sulla mia
pelle ed alzò gli occhi nei miei,
senza però staccare le labbra da me. Ero completamente
incantata dal suo viso
stravolto dall’eccitazione, di come il suo tocco fosse
assolutamente diverso da
ciò che avevo mai provato con lui, ma che risultava pur
sempre familiare,
rassicurante e maledettamente eccitante.
Era sempre lui, ero sempre io. La
nostra complicità ad
unirci ancora di più nell’atto d’unione
completa.
“Tutta scena. Era un modo
per tenermi occupato e
resisterti il più possibile.” Disse roco,
sorridendo con quella bocca rossa ed
umida.
Quando iniziò ad
abbassarmi il corpetto, dopo una muta
richiesta con lo sguardo, sorrisi complice e annuii, stringendolo
ancora di più
a me.
Sentii le sue mani su di me, la
bocca carnosa ed
infuocata sul mio seno ed iniziai a perdere il conto dei battiti del
mio cuore.
Capii quanto cercasse di
trattenersi, forse per non
spaventarmi, forse per memorizzare ogni piccolo dettaglio. Forse per
non
perdersi nemmeno un respiro.
Era lento, controllato, ma al tempo
stesso totalmente
perso. Lo potevo vedere dalla luce che gli brillava negli occhi,
riflesso della
mia.
All’ennesimo scontro di
labbra. Di lingue intrecciate,
morbide e bagnate, mentre scorrevano voraci su corpi conosciuti ma mai esplorati.
All’ennesimo sospiro, ad una
carezza lenta e profonda, però,
impazzii.
Lo spogliai in fretta della sua
camicia e lui rispose
con ancora più veemenza, incapaci di saziarsi, di averne
abbastanza. Ed una
volta pelle contro pelle mi sentii finalmente completa.
“Sei
bellissima.” Disse in un sospiro.
“Sei mia.” Mi
morse le labbra, prima di entrare in me
e farmi perdere ogni contatto con la realtà.
*************************
Eccoci...c'è
poco da dire in verità, se non che sono AGITATISSIMA per
come possa essere recepito il capitolo. Voglio dire è senza
dubbio un momento importantissimo per la storia e soffro di ansia da
prestazione, anche perchè ho cercato di descrivere la loro
prima volta, senza averlo mai fatto prima...Insomma è
troppo? è troppo poco? siete rimaste deluse?
Il
rating è arancione e non volevo deludere le
aspettative...perciò siate clementi con me :P e fatemi
sapere...ci tengo davvero davvero tanto!!!
Ringrazio
tutte coloro che hanno recensito, chi mi segue e mi incoraggia su FB,
chi mi aggiunge tra le preferite...grazie di cuore :D Spero che questo
capitolo vi sia piaciuto come i precedenti.
Volevo
lasciarvelo prima del nuovo anno, anche perchè nei prossimi
giorni, saremo tutte impegnate...perciò colgo l'occasione
per augurarvi BUON ANNO!!!!
Un
abbraccio
Lela
|
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Capitolo 18 *** Perdersi o Trovarsi (prima parte) ***
FUGA
CAPITOLO
18
Perdersi o Trovarsi
(prima
parte)
Le
lancette del mio orologio correvano e battevano il tempo silenziose ma
non
troppo, visto che riuscivo a percepirne il rumore.
Non
parlavamo. Ognuno era perso nei propri pensieri ed evitavamo
accuratamente gli
sguardi.
No,
non era vero. Solo io li evitavo.
Sbuffai
nervosa percependo l’ennesima occhiata correre sul mio corpo
e la sensazione
che mi suscitava, mi lasciava disorientata.
Come
potevano i suoi occhi farmi rabbrividire così, anche dopo
due anni?
Era
come se la pelle stessa, ne reclamasse il tocco.
Basta.
“Puoi
smetterla per favore?” Squittii mal celando la mia agitazione.
Lo
vidi sogghignare e socchiudere appena le palpebre mentre si appoggiava
con la
testa al muro. La bocca distesa in una smorfia strafottente era un
dolore per
gli occhi. O forse è meglio dire, un piacere troppo grande.
“Siamo
nervose, forse?” Chiese arrogante.
Volsi
la testa di scatto, celandogli la mia espressione.
“Si,
certo” Commentai.
Lo
sentii trattenere una risata e ricomporsi subito dopo.
Era
assurdo come ricordassi ogni suo piccolo dettaglio. La lingua che bagna
appena
le labbra, quando si sente sicuro di sé e sta per dirti
qualcosa che sa ti
metterà a disagio. Ma lo fa ugualmente, perché
è proprio quello che vuole ottenere.
“Sei
nervosa perché ti hanno chiusa qui… o per
me?”
Ecco
appunto.
“Vedo
che sei sempre il solito arrogante” Risposi di getto
voltandomi a
fronteggiarlo.
Non
volevo sentirmi soggiogata da lui e dalla sua presenza, anche se era
dannatamente difficile.
“Beh,
che vuoi farci, fa parte del mio fascino” Concluse per poi
sbuffare verso la
porta.
“Ah,
non sono l’unica quindi ad essere nervosa. E’ per
me?” Risposi facendogli il
verso.
Si
alzò lentamente, sorridendo appena, per poi tornare serio.
“No,
è che ho fame!”
Si
avvicinò alla porta ed iniziò a bussare.
“Ragazzi
basta, lo scherzo è bello quando dura poco!”
Dall’altra
parte non si udì risposta e anche se mi avesse un
po’ infastidito il fatto che
lui non volesse essere rinchiuso li con me, decisi di ignorarlo,
alzarmi ed
iniziare a bussare anch’io.
“Ragazzi,
basta ora!”.
Silenzio.
Ale
mi guardò di sottecchi con le braccia incrociate ed una
spalla che poggiava
alla porta. Alzò un sopracciglio in una muta domanda.
“Cosa?”
Chiesi indispettita di fronte alla sua espressione.
“No,
davvero complimenti. E’ stato un discorso esaustivo sono
sicuro che li hai
convinti”.
“Non
è che tu abbia fatto di meglio”.
“Si,
ma almeno ho preso l’iniziativa. Tu mi hai solo seguito con
scarsi risultati”.
“Perché
stiamo parlando?”
“Non
c’è di meglio da fare”.
“Si
invece, stare zitti!”
“Bene”
Rispose infastidito.
“Bene!”
Ripetei e riuscii a notare l’espressione del suo viso
cambiare di fronte alla
mia.
Non
andava bene per niente.
Si
allontanò lentamente, dopo avermi scrutato a lungo con
quegli occhi che
riuscivano a leggermi sempre l’anima ma che in quel momento,
li vedevo immersi
in un verde scuro che mi celava ai suoi pensieri.
Si
risedette a terra, vicino la finestra che dava sul giardino ma che era
chiusa.
La luce del viale di fuori filtrava appena e lasciava sul corpo di Ale
un
colore rossastro che mi lasciò per un attimo senza fiato.
Era bellissimo.
La
sensazione terrificante di corrergli tra le braccia, come una volta, mi
raggiunse,
lasciandomi senza parole e solo con un terribile magone allo stomaco,
uno
schiaffo in pieno volto.
Non
c’era più. Non c’eravamo più.
Voltai
la testa e guardai la porta trattenendo una piccola lacrima che
spingeva per
uscire e con rabbia ripresi a bussare.
“Aprite
ho detto! Basta, voglio uscire. Tutta questa storia non ha senso,
aprite questa
dannata porta o la butto giù” Urlai con tutto il
fiato che avevo in corpo.
Sentii
dei passi avvicinarsi e mi zittii immediatamente.
Mi
avevano dato retta. Notai Ale guardarmi, e non seppi mai se dietro il
suo volto
ci fosse rabbia o rassegnazione.
“Cosa
c’è?” Chiese la voce di Stefano.
Spalancai
gli occhi allibita.
“Cosa
c’è? Sono chiusa in una fottuta cantina, ecco cosa
c’è! Senza contare che sto
morendo di fame. Voglio uscire” Risposi a tono.
Ci
fu silenzio e poi un borbottio di voci che mi fece infuriare ancora di
più.
Si
stavo divertendo!
“Avete
parlato?” Chiese Stefano improvvisamente.
Vidi
Alessandro alzarsi e raggiungermi.
“Non
c’è niente di cui parlare” Disse freddo.
Forse
le mie parole di prima, lo avevano offeso.
“Non
credo proprio. No, ragazzi, non ci siamo così. Chiaritevi e
poi potrete
uscire!”
Continuò
Stefano.
Vidi
Ale irrigidirsi ed in uno scatto, che non riuscii a vedere, diede un
forte
colpo alla porta, facendola vibrare.
“Non
è un cazzo di gioco, va bene? Non vogliamo stare qui, non
vogliamo parlare, non
c’è un cazzo di niente
da chiarire è
andato tutto a puttane. Ok? Ora fammi uscire da questa cazzo di cantina
o giuro
che spacco tutto!” Urlò con una rabbia che mi
spaventò ed indietreggiai
istintivamente. Le sue parole mi avevano sorpreso. Cera dolore, rabbia
ed ancora
dolore in ogni singola sillaba. Disperazione.
La consapevolezza di non poter cambiare il passato. E per quanto male
facesse,
lo capivo, perché era la stessa che avevo io.
“Hai
finito?” Chiese Stefano, calmo.
Vidi
Ale sospirare pesantemente e trattenersi dal prendere ancora a pugni la
porta.
“Bene.
Se hai finito, vi informo che sulla cassapanca in fondo alla parete
c’è un
cesto con la vostra cena. A pancia piena si ragiona meglio.”
Ci
voltammo insieme verso la direzione indicata ma Ale tornò
subito a rivolgersi
alla porta.
“Perché
mi stai facendo questo?” Chiese furioso.
Mi
irrigidii sentendomi inerme, di fronte a tanta rabbia e dolore.
“Perché
vi voglio bene e non avete mandato tutto a puttane. Guardatevi negli
occhi, e
siate onesti con voi stessi. Se non vi interessa più niente,
se state bene
così, io vi farò uscire…”
“Non
spetta a te deciderlo” Lo interruppe Ale chiudendo gli occhi
e poggiando la
fronte sulla porta.
“….ma
se invece, guardandovi capirete che non state bene, che vi manca
qualcosa, che vi mancate…sedetevi,
mangiate e parlate.
Lo avete fatto per una vita!” Continuò Stefano.
D’improvviso
entrambi alzammo lo sguardo. Timorosi, spaventati l’uno
dell’altro e di fronte
a così tante emozioni non capii come fossimo arrivati a quel
punto.
Ci
eravamo fatti così male? Era davvero tutto ormai
irrimediabile?
Il
cuore batteva furioso, mentre le lacrime spingevano sempre
più prepotentemente.
Ale
mi guardò. Il verde brillava forte in quei grandi occhi
spaventati.
Io
lo guardai. E non riuscendo a trovare la voce per dar vita ai miei
pensieri,
preferii agire.
Mi
mossi verso il fondo della stanza, prendendo la cesta e sedendomi a
terra.
Alla
mia muta richiesta, Ale rimase fermo sulla porta per qualche secondo,
per poi
con passo lento e controllato, venirmi incontro e sedersi al mio fianco.
Era
quanto meno, un compromesso.
ESTATE
2007
Avete
mai provato quella sensazione di gioia e frenesia? La stessa che da
bambina non
ti faceva dormire, ma ti lasciava impaziente a contare le ore?
Quella
notte, in un certo senso, per me fu così.
Anche
se avevamo passato le ultime due ore ad amarci, non ne avevo abbastanza.
L’alba
non era ancora sorta ma sentivo che non mancava molto e per la prima
volta, quella
gioia e frenesia si trasformò in terrore. Non volevo
arrivasse mattina. Non
volevo che la luce di quel nuovo giorno, mi strapasse dalle sue braccia.
Alzai
lo sguardo sul suo viso. Gli occhi chiusi, le labbra morbide e rosse
che mi
avevano regalato sensazioni indescrivibili. I capelli ribelli che avevo
tirato
nel culmine del piacere, la mandibola rigida e perfetta che avevo morso
con
possesso.
Era
bellissimo. Era perfetto. Non era mio.
Questa
consapevolezza, mi gelò. Bloccò il battito del
mio cuore ed inconsapevolmente
il mio corpo reagì stringendosi di più a lui.
Eravamo
entrambi nudi e per tutta la notte eravamo rimasti incastrati
l’un l’altra,
come se ogni centimetro della pelle, necessitasse dell’altro.
Ma
ora… in quel momento, la paura iniziò a nascere
in me. Come avevo potuto anche
solo pensare, di poter dimenticare tutto? Di fare finta di nulla?
Come
lo avrei guardato sapendo ciò che ci eravamo detti, come ci eravamo donati
e
pretendere di ignorarlo?
Ma
è quello che devi fare! Mi ammonii. Lo avevo promesso.
Intrecciai
la gamba alla sua, che dormiva a pancia in sotto, con il volto verso di
me. La
schiena scoperta, sinuosa e muscolosa, mi ricordava come mi fossi
aggrappata
alle sue spalle ed arrossii.
Con
una mano, iniziai ad accarezzarlo appena. Leggera come una piuma.
Se
avevo ancora poche ore per stare stretta in quel modo a lui, non le
avrei di
certo perse dormendo. Avrei approfittato del suo sonno, per guardarlo
in quel
modo illecito che non mi sarebbe più stato permesso.
L’indice
corse a disegnare il contorno delle sue spalle e potei percepire il
calore
sotto di esso. Piano, sempre più lentamente, sfiorai le
sopracciglia, divenute
leggermente più chiare grazie al sole di quei giorni. Il
naso dritto, gli
zigomi appena accennati ed un filo di barba morbida che mi
solleticò le dita. I
miei occhi seguivano il percorso delle mie dita e mi scoprii come
incantata. La
passione non ci aveva lasciato molto spazio alla contemplazione. Ora,
ne avevo
la possibilità e volevo catturarne ogni particolare. Quando,
respirando appena
più veloce e cercando di fare ancora più piano,
arrivai al bordo delle sue
labbra, le sentii bollenti e soffici, tanto da stordirmi. Le volevo,
volevo
sentirle sulle mie. Su di me. Ma non ebbi il tempo di fare nulla,
perché le
sentii aprirsi di scatto ed intrappolare velocemente il mio dito tra i
denti.
Mi
irrigidii ed alzai lo sguardo incontrando quello di Ale. Era sveglio e
lo
scoprii intento ad osservarmi…affamato ed eccitato. La
lingua, accompagnò la
stretta dei denti, facendomi rabbrividire e togliendomi ogni
capacità di
parlare.
Lo
succhiò, continuando a fissarmi per poi liberarmi lentamente
e mettersi su di
un fianco. Allungò il braccio, verso il mio fianco
stringendomi a lui e deglutii
appena, non sapendo cosa dire.
Si
avvicinò al mio volto, lentamente, cauto ma predatore.
“E’
ancora notte. Sei ancora mia!” Disse roco intrappolandomi
sotto di lui.
****************
Seduti
uno affianco, all’altra mangiavamo in silenzio. Ad ogni
morso, mandare giù
diventava più facile ma nessuno sembrava voler proferire
parola.
Lo
vidi prendere una bottiglia di vino, guardarla e sorridere appena.
“Hanno
pensato a tutto eh?” Disse scherzando e riempiendomi il
bicchiere.
“Già”
Sorrisi imbarazzata ed osservai il pavimento nelle sue mille
sfaccettature. Interessante eh? Scema, di
qualcosa!
“E’strano”
Commentai senza accorgermene.
Lo
vidi osservarmi annuire appena e dare un altro morso al suo panino.
“Voglio
dire, io e te che non…”
“…non
parliamo” Continuò.
Tornammo
ad annuire e mangiare. Altro silenzio.
Feci
un respiro profondo per darmi coraggio e lui percepì il mio
nervosismo.
Probabilmente
decise di agire in quel momento. Gettò la carta del panino,
sorseggiò il vino e
si mosse appena per mettersi di fronte a me.
Io
dal mio canto smisi di mangiare e rimasi immobile.
“Allora
com’è Londra?” Chiese sorridendo
forzatamente.
Allargai
gli occhi allibita. Cioè voleva fare conversazione
così?
“Lo
vuoi sapere davvero?”
Fece
spallucce ed annuì.
Posai
il panino che rimaneva nel cestino e mi pulii le mani.
“Beh…è
bella! E’ stimolante, all’avanguardia, è
giovane ma allo stesso tempo elegante.
Le persone sono molto educate ed anche se noi italiani cataloghiamo
questo
atteggiamento come “essere freddi” in
realtà per loro è educazione. Certo i
ragazzi della nostra età sono molto meno rigidi…
Dovresti vederli nei pub, è
sempre una festa. Andrew dice che il loro è un modo di
interagire gli uni con
gli altri senza costrizioni e…”
“Andrew?”
Chiese interessato.
“Si,
è il mio capo ma in realtà è una
specie di famiglia. Me lo ha presentato Terry
la mia coinquilina. E’ suo zio e sono persone meravigliose.
Con me lavorano
anche Carol e Brian, abbiamo la stessa età e usciamo spesso
insieme. Poi ci
sono i ragazzi della scuola. Li adoro davvero...”
“La
scuola dove insegni, giusto?” Chiese sorridendo e mi sorprese
che lo sapesse.
“Si,
come lo sai?” Chiesi di getto.
S’irrigidì
ed abbassò lo sguardo.
“Tua
madre mi ha tenuto…informato” Disse piano,
nascondendomi la sua espressione.
In
quel momento mi sembrò un bambino indifeso e provai una
morsa allo stomaco.
“Ale…mi
dispiace” Dissi in un sussurro talmente basso che credevo non mi avesse sentito.
“Perché…perché
non ne hai parlato prima con me?”
“Non
ci riuscivo, non potevo…io…”
“Ti
ho cercato ovunque. Ero impazzito…sapevo...io sapevo di aver
mandato tutto a
puttane, dopotutto cosa avrei dovuto aspettarmi. Lui aveva ragione. Ha
sempre
avuto ragione!” Disse scuotendo la testa e sorridendo
amaramente.
Si
strofinò le mani sul viso. Era un gesto che faceva sempre
quando si sentiva
perso ed indifeso.
“Ale
non è così. Tuo padre non c’entra
niente. Tu sei diverso e se si è rovinato
tutto è stato anche per colpa mia. Non ho saputo
affrontare...io non ho potuto
accettare che tu...”
“Lo
so. Perdonami!”
Rimasi
in silenzio per alcuni secondi che sembrarono interminabili ed anche se
non
avevo la forza di parlare di quella notte, capii che quello era il
momento
della verità. In un modo o nell’altro.
“Non
hai detto tutta la storia a Stefano”Affermai e lo vidi
guardarmi colpevole.
“No.
E’ vero non sono stato completamente onesto. Lui non sa tutto
quello che è
accaduto” Disse sospirando e poggiandosi con la schiena alla
parete.
Lo
seguii poggiandomi ad essa anch’io ma guardando fuori dalla
finestra.
Ed
un tuono risuonò.
ESTATE
2007
Erano
circa le dieci del mattino quando mi svegliai. La luce era
inevitabilmente
arrivata. La nostra notte era finita. Mi voltai e lo vidi dormire
profondamente
ma prima di permettere alla paura di schiacciarmi, mi alzai lentamente
ed andai
in bagno.
Mi
feci una doccia veloce ed asciugandomi, notai come il mio volto
sembrasse
diverso. Se ne sarebbero accorti gli altri? Dovevamo dirlo? Ma
dopotutto cosa
c’era da dire?
No,
non volevo sbandierare ai quattro venti quello che c’era
stato. Riguardava solo
me ed Ale....Ale.
Al
suono del suo nome nella mia testa sorrisi arrossendo. Era stata la
notte più
bella di tutta la mia vita e non volevo rovinarmi l’emozione
che stavo
provando, con dubbi e paure.
Ne
avremmo parlato, insieme. Dopotutto non potevo credere che per lui
fosse stata
una notte come un'altra. Era impossibile.
Ecco
che ricominci!
Scossi
la testa e mi vestii, continuando però a pensare a come
sarebbe stato il
risveglio. Cosa ci saremmo detti? Non ero proprio brava in simili
situazioni.
Michy
hai fatto una promessa e non puoi
costringerlo a fare niente. Appena sveglio ne parlerete.
Uscii
dal bagno in pantaloncini ed una maglia a maniche lunghe, sembrava
volesse
piovere da un momento all’altro.
Ale
dormiva ancora e decisi di non svegliarlo.
Scesi
in cucina per farmi un po’ di caffè e trovai la
casa avvolta dal silenzio a
quanto sembrava tutti dormivano ancora.
Feci
colazione avvolta solo dalle mille sensazioni che provavo e dalla
voglia di
raccontarle a Gaia.
Cavolo,
le sarei corsa in camera se fossi stata certa di non trovare Riccardo
nudo!
Sentii
dei passi provenire dal piano di sopra e guardando l’orologio
mi accorsi che
ero stata più di mezz’ora, seduta lì,
così riempii una tazza di caffèlatte, la
preferita di Ale, e decisi di portargliela in camera.
Non
starai esagerando? Non siete
fidanzati, cosa penserà?
Oh ma
insomma, al diavolo!
Presi
la tazza e scalza m’incamminai verso le scale, ma a
metà di esse sentii delle
voci discutere appena.
“...ti
ho detto che non sono affari tuoi!” Sentii una voce dura
esclamare.
Una
voce che conoscevo bene. Ale?
Istintivamente
continuai a salire, per capire cosa stesse accadendo.
“Chi
cazzo è ?”
“Non
devo dirti proprio niente!”
“
Dimmelo!”
Alla
fine della rampa mi fermai davanti a quella scena. Confusa ed agitata.
“Falla
finita!”
“Ti
ho aspettato tutta la notte, dimmi chi ti sei scopato!”
Tutto
accadde molto lentamente. La tazza mi scivolò dalle mani,
rompendosi in mille
pezzi. Il respiro mi si fermò in gola, ed il cuore smise di
battere. Il rumore
fece sobbalzare entrambi mentre io rimasi immobile, incapace di capire.
Rifiutandomi
di vedere.
Alessandro
spalancò gli occhi e s’irrigidì di
fronte a me. Mosse appena un passo e solo allora trovai la forza di
muovermi ed indietreggiare istintivamente.
“Michy...”
Balbettò, Ale.
Scossi
la testa mantenendo gli occhi su entrambi e quando anche lei
capì, mi guardò
colpevole.
Ed
io mi arresi. Le lacrime mi inondarono il viso, senza che potessi
fermarle. E
qualcosa, giù nel petto, sprofondò. Ma non diedi
loro il tempo di scoprire
quanto, quella mattina, avessero spezzato una parte di me.
Scappai
giù per le scale, sentendo la voce di Daniela urlarmi
“Mi dispiace!”
Mentre un tuono risuonò.
**************************
Eccoci
qui. Sono un po’ restia pubblicare questo capitolo
perché doveva essere più
lungo ma ho dovuto dividerlo a metà. Quando si racconta una
storia a due tempi
è giusto equilibrare gli eventi o sembra tutto un gran
casino. Spero quindi di
essere riuscita a gestire questo parallelismo che continuerà
nel prossimo
capitolo.
Allora
FINALMENTE sapete cosa è successo, non è finita
qui ovviamente, ma Daniela ha
dato una grossa mano L
Cosa
ne pensate? VE LO ASPETTAVATE???
Ringrazio
infinitamente TUTTE coloro che mi hanno recensito, siete state stupende
e non
prendete il fatto che non vi risponda come una mancanza di rispetto,
anzi, ma
tra lo studio, colloqui vari, casa....appena ho un attimo mi metto a
scrivere e
so già che la prossima settimana sarà un delirio
per questo volevo pubblicare
al più presto.
GRAZIE
anche a chi continua a mettermi tra le seguite/preferite, grazie per la
fiducia
e l’affetto che mi date.
Spero
di non avervi deluso con questo capitolo, avrei voluto dire di
più...ma
niente...tutto a suo tempo a quanto pare. Quando mi forzo a fare una
cosa non
riesce L ho dovuto tagliarlo
per forza!
Va
beh mi vado a nascondere che è meglio :D
A
presto,
Lela
|
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Capitolo 19 *** Perdersi o Trovarsi (seconda parte) ***
FUGA CAP 19
FUGA
CAPITOLO
19
Perdersi
o Trovarsi (seconda parte)
Estate
2007
La
pioggia iniziò a cadere lenta.
Un
passo, veloce, confuso e via verso il nulla.
Ricordo
poco di quegl’attimi. Forse la mia mente mi difende ancora
oggi, dal dolore che
provai.
Una
volta lessi che quando il cuore si spezza, non è una
semplice linea retta, ma
una linea spazzata per davvero, un taglio reale. Il fuoco che sentivo
in quel
momento, nel petto, era molto vicino ad una ferita che sanguinava. La
potevo
quasi toccare con mano.
E Piansi,
ancora.
Tanto
e di più, fino a ché le lacrime non divennero
tutt’uno con le gocce di pioggia
che cadevano incessanti.
Un
lampo mi illuminò appena e subito un forte tuono mi scosse.
Correvo, Scappavo.
Volevo solo fuggire, fuggire da tutto quel dolore. Ma più
correvo e più lo
sentivo esplodere dentro di me.
Non
c’era via di fuga.
Arrivai
alla spiaggia senza nemmeno sapere come. La vista appannata e le
lacrime non mi
permettevano di capire dove stessi andando. Un ragazzo correva con il
suo cane
e passandomi affiancò rallentò chiedendomi se
stessi bene. Scossi la testa e
corsi via, ancora. Ancora. Più veloce.
E
quando trovai un rifugio che mi permettesse di sparire agli occhi del
mondo, mi
rannicchiai in me stessa, piangendo e pregando fosse tutto un incubo.
Mentre
la pioggia continuò a cadere.
ALE POV
Era
stato tutto troppo veloce, tanto da lasciarmi stordito. Un attimo prima
la
stavo abbracciando a me, un attimo dopo la guardavo scappare via
piangendo.
Sentendomi un verme.
Daniela
era entrata di soppiatto in camera mentre ancora dormivo, con quella
sua
stupida scenata. Quando avevo realizzato che Michy non era in camera,
avevo
tirato un sospiro di sollievo e cercato in tutti i modi di mandare via
Daniela
prima che lei tornasse. Ancora più verme.
D’improvviso
tutto tornò a scorrere veloce. Dovevo raggiungerla e
spiegarle cosa fosse
accaduto. Tornai in camera, presi una maglietta e allacciai le scarpe
di corsa
senza curarmi dello sguardo di Daniela su di me.
“Dove
stai andando ?” Chiese arrabbiata.
Non
alzai nemmeno lo sguardo per evitare di risponderle, ero furioso con
lei...con
me!
“Lasciala
in pace” Continuò ed io non resistetti.
“Che
diavolo vuoi? Lasciami stare, ti ho detto che non solo affari
tuoi”.
“Ma
lo erano quando ti infilavi nel mio letto”
Sussurrò sprezzante.
Mi
voltai infilandomi la maglietta per poi prendere una felpa per Michy.
“Non
fare la santerellina con me. Non ti riesce. Sei stata tu a cercarmi e
sappiamo
entrambi che non volevo una storia, tantomeno con te!” Dissi
arrabbiato.
La
vidi indietreggiare come l’avessi colpita e per un attimo mi
dispiacque ma il
pensiero della mia pulce che piangeva chissà dove, mi stava
facendo impazzire.
“Quanto
sei stronzo!” Mi urlò.
La
scansai con la spalla per uscire dalla mia stanza.
“Non
è una novità” Commentai senza guardarla
ma d’un tratto un lampo mi balenò alla
mente e tornai indietro verso di lei.
“Perché
le hai detto –mi dispiace-
?” Chiesi
serio.
La
vidi abbassare lo sguardo come si sentisse colpevole. Ma di cosa?
“Non
so di cosa tu stia parlando”
“Non
dire cazzate. Quando se ne è andata le hai detto -mi dispiace- . Perché? Cosa
voleva dire?” Continuai percependo che
dietro quella risposta ci fosse un significato importante.
La
vidi indietreggiare ancora e dirigersi verso la stanza.
“Non
spetta a me dirtelo. Ma sappi che questa non ce la
perdonerà!”
*******************
Sdraiato
sul pavimento di quella cantina non riuscivo a non pensare
all’estate di due
anni prima. A quella notte, alla mattina e a quando ritrovai Michy solo
nel
pomeriggio. Tremante ed addormentata sulla spiaggia mentre la pioggia
non aveva
smesso di cadere. L’avevo cercata ovunque e solo quando notai
delle piccole
impronte sulla riva della spiaggia vicino casa, tentai
l’ultima possibilità e
la trovai.
C’è
un momento, nella vita di un uomo, che ti spinge in basso, ti toglie
ogni
lucidità o pensiero razionale. Ti senti perduto, indifeso e
sapere che non puoi
fare nulla per quella persona o che peggio sei tu, il motivo del suo
dolore, ti
disintegra.
L’immagine
che vidi quel giorno, Michy, piccola, e letteralmente distrutta, mi ha
perseguitato per tutte le notti seguenti. Avrei fatto di tutto per
proteggerla
da quel dolore. Avrei ucciso con le mie mani, chiunque
l’avesse fatta soffrire.
Ma ero stato...io. L’unica persona che doveva esserle sempre
affianco. Il suo
migliore amico.
Io.
Voltai
appena lo sguardo e la vidi concentrata sulle gocce di pioggia che
battevano
sulla finestra. Averla al mio fianco e non poterla abbracciare era
quanto di
più doloroso avessi provato. No, in realtà, il
dolore più grande fu quando
seppi che se ne era andata per sempre. Che mi aveva lasciato. Che non
aveva
mantenuto la promessa.
Potevo
capirla? In realtà no. Per due anni non avevo fatto altro
che aggrapparmi alla
rabbia e all’odio, che provavo verso di lei. Ma
cos’è l’odio se non un'altra
faccia dell’amore?
Eppure,
nonostante le parole che avevo rubato qualche giorno prima, mentre
parlava con
Stefano, non riuscivo ancora a crederle. Paura? Sicuramente.
“So
che non ho il diritto di chiederti nulla ma...” Esordii e
solo dopo aver
sentito la mia voce mi accorsi di aver parlato davvero.
La
vidi voltarsi e scaldarmi con quei grandi occhi di cioccolato. Deglutii
appena,
disorientato dalla luce fioca che le illuminava il viso solo da un
lato,
lasciando l’altro nell’ombra. Pur non volendo mi
persi a scorrere sulle sue
forme, solo con lo sguardo, come per acquietare quel bisogno
incessante, che il
mio corpo aveva di lei. Era bella la mia Michy, ancora più
bella di come
l’avessi lasciata. Più donna, più
sicura di sé. Quella sua dolcezza, che avevo
sempre amato, era ora mista ad una sensualità innata. Era
bella, ma non lo
sapeva. Non glielo avevo mai detto, se non quell’unica notte.
“Ale?”
Chiese confusa e mi accorsi di essere rimasto in silenzio per tutto
quel tempo.
“Si
beh” Tossicchiai tirandomi appena su a sedere.
Nessuna
donna mi aveva mai fatto quell’effetto.
“Dicevo.
Quello...quello che hai detto a Stefano, l’altra mattina,
era..cioè, era vero
?” Balbettai come un ragazzino distogliendo lo sguardo.
La
sentii trattenere il respiro e non rispondermi subito.
Avevo
sbagliato.
“Hai
ragione, scusa non dovevo chiedertelo. Non ne ho diritto.”
“Ha
importanza?” Chiese d’un tratto.
“Cosa?”
“La
mia risposta. Ha importanza?”
Mi
voltai a guardarla ed incrociando ancora i suoi occhi che sembravano
brillare
nei miei, non riuscii a dire nient’altro che ; “No,
non ne ha.”
Ma
ne aveva. Ne aveva eccome dannazione!
Mi
alzai in piedi nervoso e cominciai a guardarmi intorno.
Ero
un leone in gabbia. Non sapevo cosa fare o dire. Ogni dannata parola
era
sbagliata e non sapevo da che parte iniziare non sapevo che diamine
fare!
E
odiavo. Odiavo sentirmi inerme.
Presi
una bottiglia di vino rosso e sorrisi tra me.
“Cosa
fai?” Chiese Michy curiosa.
Mi
voltai in un sorriso nervoso.
“Se
dobbiamo stare qui dentro a girarci i pollici tanto vale, alzare la
temperatura.”
La
vidi arrossire di botto per quella mia battuta e scoppiai in una
fragorosa
risata.
“Che
c’è ragazzina, ancora ti scandalizzi a parlare di
sesso o di fronte a frasi di
dubbio significato?”Dissi per stuzzicarla un po’,
ma non seppi mai il perché,
il nervosismo stava tornando.
“E
tu, invece, sempre pronto a farle certe battute. D’altra
parte sei o non sei un
maestro del sesso? Ci concludi pure i contratti con il tuo
amichetto!” Rispose
gelida.
Mi
ghiacciai in piedi, con il vino ancora tra le labbra. La guardai
furioso e
faticai non poco a trattenermi. Mandando una grossa sorsata di quel
liquido
rosso, tornai ad osservarla e sorridere arrabbiato.
“Sei
brava. Sei migliorata pulce, ma non potrai mai essere stronza quanto
me. Anche
se la tua ultima uscita di scena, ti ha decisamente mandato in pole
position!”
La
vidi alzarsi e strapparmi la bottiglia dalle mani, per poi bere anche
lei.
“Stai
tranquillo, dopo la performance con Daniela il primato non te lo toglie
nessuno!”
“Touché”
************
ESTATE
2007
Sentivo
freddo. Solo tanto freddo e dolore. Un dolore lancinante al petto che
non
voleva passare. E per quanto mi sforzassi non riuscivo a smettere di
pensare e
torturarmi. Da quanto andava avanti questa storia?
Tornai
con la mente alle settimane passate ed ogni volta un piccolo
particolare veniva
alla luce.
“Sto
parlando con te, idiota, orgoglioso
che non sei altro.” Lo presi per una spalla costringendolo a
voltarsi.
“Che
c’è sei sorpresa? Come se non
conoscessi le abitudini della tua cara amica. Come minimo ti ritroverai
ad
aspettarla da qualche parte, mentre si sbatte uno dei due.” Lo guardai sempre
più scioccata, non mi
parlava mai in quel modo e poi perché tutta quella
scontrosità verso Daniela?
Era
stato questo il motivo del suo atteggiamento? Era geloso di Daniela ?
"Posso
chiederti una cosa?" Esordì
Daniela guardando la strada. Era stranamente seria.
"Certo."
"Sei innamorata di Alessandro?"
"Avevo
bisogno di sfogarmi con
qualcuno" continuò ad occhi chiusi.
"Sei
proprio una pulce
ingenua...era un altro il tipo di sfogo di cui avevo bisogno”
"Tu
cosa hai fatto?”
“Ero
fuori per una serata tra donne, con
Gaia ed Ilaria.”
“E
perché Daniela non è venuta?”
“Aveva
un incontro piccante.”
“Siamo
proprio sicuri si trattasse di Stefano? Non è che ti sei
messa in tiro per
Ale?” Chiese Daniela con un ghigno sulle labbra.
Daniela lo aveva sempre
saputo. C’era sempre stata lei dietro. Lei sapeva cosa
provassi per Alessandro,
era palese ormai a tutti. Ecco perché mi aveva urlato -mi dispiace-. Lo sapeva ma lo aveva fatto
ugualmente.
Tornai
a guardare il mare, che agitato come il mio cuore, si scontrava con gli
scogli.
Mentre
la pioggia non aveva mai smesso di cadere.
“Michy!
Oddio finalmente ti ho trovata”
Mi
voltai di scatto trovandomi davanti l’ultima persona che
volevo vedere.
“Vattene!”
Risposi in un sussurro, mentre la voce sembrava persa chissà
dove.
Lo
vidi avvicinarsi e poi tornare indietro distogliendo lo sguardo.
“Ascolta
io...”
Mi
alzai senza sapere nemmeno dove avessi trovato la forza.
“No,
ascolta tu. Non mi devi nessuna spiegazione. Eravamo
d’accordo sul fatto che da
oggi tutto sarebbe tornato come prima, perciò.” Lo
interruppi senza finire la
frase e mi incamminai verso la spiaggia.
“Aspetta.
Sei arrabbiata ed hai pianto. E’ ovvio che ti devo una
spiegazione e voglio
dartela.”
Mi
prese per un braccio voltandomi verso di lui. Ed io cercai con tutta me
stessa
di non guardarlo negli occhi per evitare di fargli vedere tutto il mio
tormento.
“Sono
circa due mesi che io e Daniela...andiamo a letto insieme.”
Disse serio ed il
cuore si fermò.
“Cosa?
Due...due mesi?”
Rimase
in silenzio ad osservare la mia reazione per poi annuire piano.
Lo
scansai di colpo, rabbrividendo di freddo e dolore.
“Ma
come.. perché non mi hai detto niente?” Chiesi
sconvolta.
Ale
si mise le mani nei capelli nervoso e sbuffò.
“Ascolta
è solo una storia di sesso. Mi ha cercato lei, la sera che
siamo andati in quel
locale ed eravamo tutti brilli, è successo allora. Voleva
solo divertirsi ed
anch’io ed il giorno dopo mi ha pregato di non dirlo a
nessuno, tantomeno a te
perché non voleva la giudicaste male. Era una cosa senza
impegno. Una cazzata,
lo so, ma eravamo d’accordo entrambi...”
Iniziai
a non sentire più nulla e a ridere amaramente. Sembravo
impazzita.
“Perché
stai ridendo adesso?”
“Lei
aveva paura che Io la giudicassi,
è
questo che ti ha detto?” Chiesi ridendo.
“Si
perché?”
“E
tu le hai creduto?”
Rimase
in silenzio a guardarmi, cercando di interpretare le mie parole.
Quando
la risposta non arrivò, il silenzio divenne pesante. Le
lacrime tornarono a
farsi sentire e mi coprii il volto con le mani. Non volevo piangere, ma
non
riuscivo a fare altrimenti.
“No,
ti prego non piangere. Dimmi, parlami, prendimi a schiaffi ma non
piangere. E’
una cosa senza importanza davvero. Era così per divertirci
e...”
“Anche
stanotte è stato solo per divertirti ?”Chiesi
improvvisamente e mi maledii per
averlo fatto.
Indietreggiò,
sorpreso ed imbarazzato dalla mia domanda e quando lo vidi iniziare a
muoversi
agitato, desiderai solo di sparire. Ma qualcosa, prese a spingere nel
petto.
Qualcosa di mai detto che voleva venir fuori a tutti i costi.
Lo
vidi fermarsi, guardarmi ed avvicinarsi prendendomi il viso tra le
mani, sorridendomi
dolcemente. Il cuore iniziò a battere furioso.
“ Questa
notte è stata la notte più bella di tutta la mia
vita. Non mi sono mai sentito
così con nessun’altra donna e mentirei se ti
dicessi che è tutto dimenticato
perché ho ancora il tuo profumo addosso che mi sta facendo
impazzire. Perciò
no, assolutamente no, tu non sei lontanamente paragonabile a lei.
Quello che è
accaduto tra noi è stato...meraviglioso.”
Sentii
quel qualcosa spingere ancora, per poi uscir fuori ed io mi arresi.
Sorrisi e
lo guardai negli occhi, stringendo le sue mani che mi accarezzavano il
volto,
tra le mie.
“Ale...io...
Io ti amo”
Silenzio.
Lo
vidi vacillare. Staccare le sue mani dal mio viso come scottato ed io
mi sentii
persa.
I
suoi occhi corsero impazziti sul mio volto ed indietreggiò
inciampando.
Sconvolto.
Impaurito.
Terrorizzato.
“Cosa?”
Urlò con voce smorzata.
Sbattei
le palpebre confusa, mentre le lacrime ripresero a scendere sul volto.
“Io...ho
detto che...” Tentai ma mi bloccò.
Alzò
un braccio come per difendersi e con l’altra mano inizio a
spettinarsi i
capelli agitato.
“Non
dirlo. Non. Dire. Una. Parola.” Sillabò lento e
furioso.
Mi
agitai non capendo cosa avessi fatto ed il perché della sua
reazione. Piansi
ancora, sconvolta quanto lui.
“Perché?”
Disse disperato e non seppi cosa rispondere.
“Ieri
sera perché non mi hai fermato? Tu mi avevi giurato che non
sarebbe cambiato
nulla. Tu mi avevi dato la tua parola. Io...non posso, non
capisci?”
Scossi
la testa ancora più disperata. Cosa avevo fatto?
“Dannazione”
Urlò furioso, calciando l’aria e stringendosi i
capelli, come impazzito.
“Ale...
ti prego” Dissi senza sapere cosa volessi ma vederlo
così sconvolto mi stava
facendo morire.
Si
voltò ancora, guardandomi per poi tornare sui suoi passi,
prendermi per il viso
e stringermi forte a lui.
“Ti
prego. Ti scongiuro, non mandiamo tutto a puttate. Io ho bisogno di te.
Noi
siamo perfetti così come siamo. Non roviniamo tutto. Ho solo
te...lo
capisci?...Ho solo te. Ti prego!” Mi implorò
poggiando la fronte sulla mia e
quando sentii le sue lacrime bagnarmi le labbra, capii quanto grande
fosse la
sua paura. Quanto piccoli fossimo noi, in realtà.
Chiusi
gli occhi, sentendo il suo respiro agitato sul viso ed annuii.
“Ti
prego, ti prego...non lasciarmi. Ti prego”
Continuò in un silenziosa preghiera.
“Non
ti lascio” Sussurrai piangendo.
Dopo
quattro mesi, il dolore e la sopravvivenza ebbero la meglio. E lo
lasciai.
ALE POV
Rimanemmo
avvolti dal silenzio della cantina a guardarci e non mi
sembrò mai più bella di
allora.
“Lo
so che è tardi ormai...”Sussurrai avvicinandomi
lentamente. “Ma non l’ho più
guardata o toccata da quella notte.”
Indietreggiò,
in risposta ad ogni mio passo e distolse lo sguardo.
“Non
importa ormai. Sono passati due anni, abbiamo due vite
diverse...E’ normale che
ci siano state altre persone e non...”
“Stai
con qualcuno?”Chiesi di getto, le pupille allargate mentre
stringevo i pugni
per trattenere la gelosia che mi sorprese.
“Io...io...ho
cercato di...” Tentennò e la rabbia mi
accecò.
“Dimmelo.”
Quasi urlai prendendola per le spalle. “Dimmi se qualcuno ti
ha toccato, come
ti ho toccato io. Dimmi se qualcun altro ti ha avuta, come ti ho avuta
io.
Dimmi se hai goduto di quel corpo, come hai goduto del mio...”
Indietreggiò
singhiozzando ma ormai la gelosia mi aveva accecato.
“Ale
smettila...” Mi implorò.
“Come
faccio a smetterla? Dimmelo, perché io sto impazzendo. Sono
due anni che ho
perso la ragione, che non so cosa fare. Se tu sei riuscita a
dimenticare tutto,
ti prego dimmelo. Dimmi come faccio a smetterla?”
La
sentii tremare tra le mie braccia e scuotere la testa insistentemente.
Per poi
spintonarmi con forza, allontanandosi da me.
“Smettila!”
Urlò e il dolore che sentii mi ammutolì.
“Quello
che dici non ha senso. Non è possibile! Sei stato tu
dannazione, tu. Tu non mi
hai voluta. Tu mi hai detto, che eravamo perfetti come amici. Tu mi hai
fatto
giurare...di... Perché ?” Urlò
piangendo, ma non mi diede il tempo di fare
nulla, si avventò contro la porta ed iniziò a
piangere ed urlare.
“Fatemi
uscire da qui. Ora. Fatemi uscire!”.
Rimasi
immobile non sapendo cosa fare. Ero pietrificato, non l’avevo
mai vista così
sconvolta. Sentii la porta aprirsi e lei non diede nemmeno il tempo a
Stefano
di dire o fare nulla. Scappò ancora da me.
*****************
Eccoci
qui. Capitolo sofferto. Davvero davvero sofferto. Sia il passato che il
presente non sono stati facili da scrivere, spero che sia arrivato il
dolore
che entrambi hanno vissuto. Come ho detto sul mio profilo di fb, non
c’è un
colpevole o una vittima in questa storia. “La
vittima” sono entrambi.
Spero
di non avervi deluso, con questa seconda parte capiamo praticamente
tutto del
passato. A molte di voi potrà sembrare banale o scontato, ma
“fuga” non ha mai
avuto la pretesa di esser un giallo, è sempre stata una
storia di sentimenti e
da loro, i nostri protagonisti, sono stati travolti.
Ringrazio
tutte coloro che hanno recensito lo scorso capitolo, chi mi segue in
silenzio
ma ha sempre una parola gentile per me su fb. GRAZIE MILLE DAVVERO.
Ps:
Il capitolo non è betato quindi scusate gli errori.
Pps:
Credo che la storia sia quasi giunta al termine forse rimarranno 2
capitoli,
non lo so devo ancora decidere. Sapete tutti che la scrivo volta per
volta,
nulla è pianificato, se non a grandi linee.
GRAZIE
ANCORA attendo un vostro parere con ansia :D
Un
abbraccio Lela
|
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Capitolo 20 *** Fine di un'Amicizia ***
FUGA CAP 20
CAPITOLO
20
La
fine di un’amicizia
N.b
capitolo non betato
Il
tempo a volte è tuo amico, altre il tuo incubo peggiore.
A
volte è un lampo, un sorriso, un colore, uno sguardo e tutto
finisce ancora,
lasciandoti solo l’essenza di un ricordo.
Il
tempo è crudele, è geloso, possessivo. A lui, e
lui soltanto spetta il compito
di far scorrere il tutto.
Lui
e lui soltanto può decidere se farti vivere in una ruota
continua o portarti
via tutto.
Con
me decise di togliermi tutto.
I
momenti trascorsi con Ale, i sorrisi, gli abbracci, le notti passate a
parlare,
tutto scemò e perse la sua consistenza di fronte
all’inevitabile. Di fronte al
dolore. Perché?
Perché
l’uomo è crudele. Non è mai sazio, mai
soddisfatto.
Avevo
avuto molti anni della mia vita con Ale, li avevo visti passare e
scorrermi tra
le dita come granelli di sabbia. Avrei voluto catturarne uno solo, un
singolo
attimo da poter rivivere in eterno, ma non mi fu possibile.
Il
tempo è crudele, geloso, possessivo. Scorre senza il tuo
consenso. Porta e
toglie in continuazione, senza mai chiedere, ma d’altro
canto, cosa avrei
potuto volere di diverso? Tutto oppure niente.
Qualcosa
accadde quell’estate. Qualcosa di profondo mutò
per sempre e non parlo solo di
me ed Ale, ma di tutti noi. Di me stessa. Michela.
Era
un cambiamento impercettibile, qualcosa di cui mi accorsi veramente
solo alcune
settimane dopo. Ma fu quello l’attimo in cui avvenne. In cui
qualcosa finì.
ESTATE 2007
Davanti
la porta della casa del Circeo, Ale mi strinse la mano, prima di
entrare e
tornare dagli altri.
“Ce
la fai?” Chiese preoccupato mentre io guardavo davanti a me,
con gli occhi
talmente gonfi da confondermi la vista.
Annuii
senza guardarlo. Come avrei potuto? Era troppo presto.
Quella
giornata era stata tremendamente lunga e volevo solo farmi una doccia
bollente
e chiudermi a piangere da qualche parte. Ma non potevo. Lui non me lo
avrebbe
permesso.
“Senti
c’è una cosa che dovresti sapere” Gli
dissi con voce roca.
Lui
mi affiancò prendendomi le spalle.
“Dimmi.
Tutto quello che vuoi” Sorrise incerto ma appena compreso il
significato delle
sue parole s’irrigidì.
Non
andava bene. Con quei presupposti non saremmo arrivati lontano.
Sospirai
scuotendo la testa, gli lasciai la mano e tornai a guardarlo negli
occhi.
“Per
quanto riguarda... Daniela” Sospirai ma lui
m’interruppe.
“E’
finita. Non accadrà più niente, te lo
giuro” Si affrettò a rispondere.
Tentennai
di fronte la sua agitazione, era un atteggiamento che dopo quello che
gli avevo
confessato e che lui aveva deciso, non aveva senso. Ma ero troppo
stanca e
demoralizzata in quel momento per capirlo.
“Non
è a quello che mi sto riferendo e poi non mi riguarda...
cioè non in quel
senso..ma”
Balbettai.
“Va
bene ma è finita ugualmente.”Affermò
deciso.
Annuii
cercando tra la confusione della mia mente cosa volevo dirgli in
realtà.
“Comunque,
stavo dicendo...Dovresti parlare con Stefano”
“Stefano?
E perché mai?” Chiese stupito.
Abbassai
la testa indecisa se dirglielo ma alla fine quanto stavo male io per
essere
stata all’oscuro di tutto?
Mi
strinsi nelle spalle e feci un passo verso la porta.
“E’
innamorato di Daniela” Dissi decisa per poi aprire la porta e
lasciare Ale
impietrito dietro di me.
Uno
dei miei desideri si avverò quel giorno. La doccia bollente.
Chiuso
il getto d’acqua calda e mi avvolsi
nell’accappatoio, tamponandomi i capelli.
La testa mi doleva, la sentivo pesante ma allo stesso tempo vuota.
Sicuramente
aver passato la giornata piangendo non aveva aiutato.
Per
tutto il resto invece, non sentivo nulla. Una completa apatia si era
impossessata di me e alzando lo sguardo verso me stessa come avevo
fatto quella
mattina, notai quanto in quel momento la mia immagine fosse diversa.
Ero
un guscio vuoto.
Silenziosa,
muovendomi lentamente uscii dalla camera. Sapevo che Ale era
giù con i ragazzi
che quando ci videro arrivare mi guardarono ma non chiesero nulla.
Nessuno
sapeva, in realtà solo Daniela, ma ero fortemente convinta
non avesse detto
nulla. Non la vidi, probabilmente si era allontanata prima che o
arrivassi e fu
meglio così.
Non
avevo idea di come comportarmi con lei e non avevo nemmeno la forza di
pensarci
in quel momento.
Qualcuno
bussò alla porta della camera e prima che potessi rispondere
Gaia irruppe
dentro.
“Scusa
ma non ce la facevo più!” Disse veloce correndomi
incontro.
Mi
voltai appena per andare a prendere il cambio senza risponderle e la
vidi
osservarmi attentamente.
“Ne
vuoi parlare ?” Chiese con cautela.
Mi
fermai vicino il comodino e vidi la parrucca rosa poggiata sopra.
“Il
tuo piano ha funzionato sai?” Dissi sorridendo amaramente.
Gaia
mi guardò in silenzio aspettando che continuassi.
“Mi
ha vista” Sussurrai “ma non come volevo
io” e piansi.
Gaia
mi strinse a se ed esaurii tutte le lacrime di quella giornata.
Mi
portò una camomilla, più tardi, senza che gli
altri chiesero niente. A detta di
Gaia, di sotto c’era un clima normale. Il
mondo era crollato solo per me.
Parlarne
con lei mi aiutò, quel vuoto che sentivo in
realtà sembrava stracolmo di
emozioni ed ogni volta che mi stropicciavo tra quelle lenzuola potevo
sentire
ancora il suo profumo ed il ricordo di quella notte.
“Non
lo capisco” Disse Gaia incrociando le braccia.
“Insomma sono sua cugina e in un
certo senso dovrei essere più vicina al suo modo di
ragionare ma niente, non lo
capisco”.
Annuii
soffiandomi il naso.
“C’è
dell’altro” Sospirai. Volevo dirglielo ma mi
sentivo in colpa. Assurdo, ma
vero.
“Ho
scoperto che da due mesi... beh che aveva una storia... di sesso con
un’altra”
Dissi lentamente.
“Cosa
?” La vidi scattare in piedi furiosa.
“Ma
è impazzito ? E
poi perché non te l’ha
detto? Insomma non mi sembra che si sia mai tenuto per se qualche
avventura! E
poi dannazione poteva dirtelo prima di venire a letto con te.”
Sospirai
abbassando gli occhi tra le mie mani e giocando con un tovagliolo.
“Beh
ti assicuro che non mi sono fatta pregare, anzi. E’ colpa
mia, l’ho spinto a
farlo promettendogli che non sarebbe cambiato niente.”
“Stronzata
clamorosa!” Disse arrabbiata.
“Lo
so, lo so, ormai il danno è fatto. Comunque il vero motivo
per cui non me l’ha
detto prima è che..”
Non
sapevo cosa fare. Era giusto dirglielo? Si sarebbe arrabbiata e magari
anche la
loro amicizia sarebbe stata compromessa ma avevo bisogno di parlarne
con lei.
Non potevo tenermi tutto dentro o sarei impazzita.
“Perché...perché
lei gli ha chiesto di non farlo” Dissi decidendo di dire
tutto una volta per
tutte.
“Aspetta,
che vuol dire ?”
Presi
un respiro profondo e tornai a guardarla.
“Sono
due mesi che va a letto con Daniela e lei gli aveva chiesto di non
dirlo a
nessuno perché era solo sesso. Tantomeno a me,
perché aveva paura la
giudicassi.” Dissi tutto d’un fiato.
Gaia
s’immobilizzò con la bocca spalancata e gli occhi
fuori dalle orbite. Avrei
riso della sua espressione se non fossi stata distrutta per la mia
situazione.
“Che
grandissima figlia di...”
“Gaia,
no, lascia stare.”
Si
allontanò di scatto come per trattenere la rabbia repressa.
“Lasciare
stare? Sei forze impazzita anche tu? Adesso tu esci da qui e la vai a
prendere
per i capelli o giuro che..”
“A
che servirebbe ?” Chiesi con le lacrime che tornarono a
scendere.
Mi
alzai e presi a vestirmi distrattamente ma continuai a sentire gli
occhi di
Gaia su di me. Vedevo la sua espressione rigida ed arrabbiata,
probabilmente si
stava trattenendo dal dire o fare qualcosa, ma le risultava alquanto
difficile.
Qualcuno
bussò alla porta e m’immobilizzai. Non volevo
vedere nessuno.
“Chi
è ?” Chiese Gaia per me.
“Sono
io” Rispose Daniela.
Rimasi
in silenzio, non sapevo cosa dire ma non volevo vederla. Non avevo la
forza,
per vederla, ma Gaia si lasciò prendere dalla rabbia.
Spalancò
la porta ed urlò.
“Con
che faccia vieni qui ? Cosa credi di...”
“Gaia
smettila e falla entrare” Dissi decisa con un forza che non
credevo di avere.
Di
una cosa però ero sicura, non mi andava di fare sceneggiate
lì. Non volevo che
anche Stefano lo venisse a sapere in quel modo. Non avrei mai permesso
che
l’amicizia tra lui ed Alessandro potesse compromettersi in
qualche modo.
Gaia
mi guardò sconvolta.
“Insomma
ma come fai a rimanere così calma? Ti rendi conto di cosa ha
fatto?” Chiese guardandomi
mentre Daniela entrò chiudendosi la porta alle spalle.
“Lo
so meglio di te !” Risposi indispettita. “Ma questa
è una cosa tra me e Daniela
e la vostra amicizia non c’entra niente.” Dissi
convinta ed era ciò che
credevo.
Daniela
alzò il viso verso di me, sconvolta per quelle mie parole
mentre Gaia rimase in
silenzio ed annuì lentamente.
“Va
bene, allora è meglio se vi lascio parlare” Disse
arrabbiata ma cercando di
nasconderlo.
So
che mi voleva bene. So che avrebbe voluto difendermi ma non ne avevo
bisogno.
In quel momento avevo altro da fare. A Gaia sarebbe passata.
Rimanemmo
da sole ed in silenzio per qualche secondo, quando lei si fece avanti.
“Michy
senti, non so nemmeno da dove iniziare”
“Dimmi
perché” Sussurrai senza guardarla.
Sospirò
agitandosi.
“E’
iniziata per una cavolata, eravamo ubriachi e volevo divertirmi e
lui..”
“Oh
no, non voglio sapere questo. Ti giuro che capisco il perché
hai scelto
Alessandro, ma non perché non me l’hai
detto.” Dissi seria incrociando il suo
sguardo e ci lessi paura. Paura di me. Di quello che avrei potuto dire.
La
vidi spostarsi e stringersi tra le braccia, indecisa se rispondermi o
meno, ma
alla fine probabilmente decise che era arrivato il momento di essere
oneste.
“Perché
sapevo che eri innamorata di lui.” Sussurrò.
Annuii,
era la risposta che già conoscevo ma volevo fosse lei a
dirmela.
“La
prima volta che accadde ero troppo ubriaca anche per ricordare come ci
siamo
arrivati, ma poi quando ho realizzato quello che avevo fatto mi sono
spaventata
e gli ho chiesto di non dire niente.”
Tornai
a guardarla con un sorriso amaro ed una freddezza che
continuò a sorprendermi.
“Ma
non ti sei tirata indietro, è andata avanti per due mesi.
Due mesi senza che io
sapessi niente e a farmi commenti ridicoli per sapere se fossi o meno
innamorata di lui e raccontarmi balle sul tuo amico
dell’università. E non
contenta ti soffermavi pure sui dettagli... Ma che razza di persona
sei?” Chiesi
alzando la voce ad ogni parola.
La
vidi indietreggiare con le spalle al muro. Probabilmente non si
aspettava che
Ale mi avesse confessato tutto.
“Io...io
mi sono...mi sono fatta prendere dalla cosa e non sapevo
come...”
Mi
alzai di scatto, in piedi di fronte a lei ed anche se era
più alta di me, in
quell’istante mi sentii un gigante. Ero arrabbiata, ferita,
ma non le avrei mai
permesso di schiacciarmi.
“Tu
ti sei divertita alle spalle di una tua amica, fregandotene delle
conseguenze e
questo è il modo migliore per far finire
un’amicizia.” Sillabai furiosa.
Spalancò
gli occhi, impaurita.
“No
ascoltami, non è così, non me ne sono
fregata...”
Cercò
di avvicinarsi ma mi allontanai, come ustionata.
“Ah
no?” Sorrisi crudele.
“No!
Io..mi sono...innamorata di lui” balbettò ed il
mio cuore si fermò.
Le
lacrime scesero ancora e mi infuriai con me stessa. Ero una ragazzina.
Una
stupida ragazzina, ingenua. Era questa la verità.
“Cioè...
è iniziata per gioco...ma dopo...”
S’interruppe senza aggiungere altro. Era
inutile.
Mi
sedetti sul letto esausta, continuando a piangere silenziosa, mentre la
ferita
nel mio cuore continuava ad allargarsi sempre di più.
Avevo
paura. Tanto. E mi sentii vuota ed inutile. Sola contro qualcosa di
troppo
grande, doloroso, ingestibile.
“Ascolta...io...
io lo so che voi avete questo rapporto speciale, ma non è
sano, capisci? Lui
non potrà mai amarti come vuoi tu. Sarai l’eterna
amica è questo che vuoi?”
Disse dolcemente prendendomi il mento con le mani.
La
guardai sconvolta, e ferita per le sue parola. Era come sale che
bruciava e
corrodeva l’anima.
“Lascialo
libero di frequentare altre persone. Insomma il vostro rapporto non
è normale!”
Urlò esasperata.
Mi
alzai di scatto, scacciando le sue mani dal mio volto.
“Non
ti permettere di dire una sola parola, sul mio rapporto con Ale. Non ne
hai il
diritto.”
Le
mie parole accesero la spia e la sua maschera venne giù, una
volta per tutte.
“Il
fatto che te lo sei scopato stanotte, non vuol dire che sia innamorato
di te!”
Disse crudele.
Ed
io... scoppiai a ridere.
Risi
di cuore, con lacrime di euforia ed adrenalina che mi pervasero.
“Oh
grazie” Balbettai ridendo.
“Per
cosa ? E perché ridi?”
Mi
asciugai le lacrime con la maglia e la guardai sorridendo.
“Mi
sento meno in colpa di fare questo!” Dissi
colpendola velocemente con un
pugno in pieno viso.
Il
colpo la fece vacillare e cadere all’indietro.
“Ma
sei impazzita?” balbettò toccandosi il volto
arrossato.
“Può
darsi, ma non sai che soddisfazione” Dissi fredda aprendo la
porta.
“Ed
ora puoi anche andartene”.
Si
alzò furiosa e mi sputò le sue ultime parole,
addosso.
“Ti
stai rendendo ridicola, non te ne rendi conto?”
Riflettei
un secondo sulle sue parole prima di parlare.
“Sai
qual è la cosa più buffa? Se tu fossi venuta da
me e mi avessi detto che
provavi un affetto sincero...beh ci sarei stata di merda ma non avrei
mai
interferito tra voi. Se oggi, tu fossi venuta da me chiedendomi scusa,
ci sarei
stata di merda ma ti avrei perdonato. Invece non l’hai fatto.
Hai solo cercato
di allontanarmi da lui e sai perché? Perché sei
meschina, sei una persona
cattiva! E dopo questo io e te abbiamo chiuso.”
Dissi
sbattendogli poi la porta della camera in faccia e scoppiando a
piangere
ancora.
Dopo
cena, andammo tutti in spiaggia per l’ultimo falò.
La mattina seguente saremmo
tornati a casa e cercai con tutta me stessa di non crollare in quelle
ore che
rimanevano.
Gli
altri sembravano non essersi accorti di nulla ma sapevo fosse solo una
maschera. Io avevo gli occhi ancora gonfi. Alessandro non parlava e
Daniela era
nervosa. Ma per il resto ci sforzammo tutti di sembrare normali, almeno
per
quell’ultima sera.
Il
silenzio ci circondò, ognuno perso nei propri pensieri e nei
ricordi indelebili
che quella vacanza avrebbe portato con sé.
“All’Amicizia”
disse Stefano innalzando una bottiglia di birra.
Tutti
sorrisero, chi felice, chi deluso, mentre il fuoco caldo illuminava i
loro
volti ed innalzarono le bottiglie a loro volta.
Fu
un movimento impercettibile. Uno spostamento di sguardi che corsero
veloci.
Daniela
abbassò il viso, in silenzio e colpevole.
Ale
fermò lo sguardo sul volto di Stefano.
Io
fissai il fuoco. In silenzio. Lasciando che il suo calore mi
avvolgesse.
Lasciando che potesse riscaldare quel cuore affannato e freddo.
Lasciando che
prendesse il posto di braccia che mi avevano stretta diversamente e che
mi
avevano fatta sentire viva.
Io
non sorrisi e mi sentii tremendamente colpevole per questo, ma mai come
quella
sera, la parola Amicizia mi lasciò in bocca un sapore amaro.
Io
piansi, in silenzio e nascosta dal buio.
Una
lacrima scese impercettibilmente solcandomi il volto e lui lo seppe.
Anche se
non mi stava osservando, Ale lo sapeva, sapeva come mi sentivo.
Si
voltò avvicinandosi.
Le
sue labbra calde si poggiarono sulle mie palpebre e
catturarono le lacrime stringendomi forte a lui.
"Non preoccuparti, ce la faremo. Siamo solo io e
te Michy. Saremo sempre io e te!"
E
per la prima volta nella mia vita, non gli credetti.
*********************
ALE
POV
Dopo
che scappò dalla cantina, salii in salone e la guardai dalla
finestra. Era
fuori, seduta sul dondolo e rannicchiata di spalle. Era piccola, la mia
Michy,
ma sapeva amare come pochi. Era una cosa che avevo sempre saputo ma
sperimentarla sulla mia pelle, su di noi, mi sconvolse. Era qualcosa a
cui non
ero preparato.
La
vita non era stata gentile con me, non per gli affetti, almeno.
Quando
l’unica donna della tua vita, quella che ti ha messo al mondo
e che dovrebbe
amarti contro ogni remora o logica, ti abbandona...
Quando
l’unico genitore che ha avuto la sfortuna o la pazienza di
doverti crescere, ti
rammenta ogni santo giorno della tua vita, quanto tu sia un inetto, un
incapace,
buono solo ad attirare clienti infilandosi nel letto delle mogli...
Quando
hai una cosa... Una sola cosa, nella vita, che ti fa sentire vero,
utile e te
stesso più di nessun’altro...
Quando ce l’hai tra le tue braccia e ti senti di
aver trovato un posto nel mondo...
Quando
la sua gioia è la tua ed il suo dolore, un tormento per te...
Quando
c’è lei e gli altri sembrano sparire...niente a
più importanza. Niente, se non
tenerla al tuo fianco per sempre.
Ma
cosa faresti se il pericolo più grande per voi due, sei
proprio tu?
Cosa
faresti se credessi fortemente che quell’angelo che ti
è stato messo affianco,
tu...non lo meriti?
Cosa
faresti, se davanti all’opportunità di cogliere la
felicità solo allungando una
mano, la tua paura più grande ti paralizzasse ?
Perché
vivi nel terrore che quell’angelo possa accorgersi di cosa
sei in realtà, o
peggio di cosa non sei!
Ed
allora l’unica cosa che ti rimane da fare... è
stringerla.
Tenerla
forte a te, per non fartela portare via da nessuno. Tenerla al tuo
fianco,
sempre e comunque, perché non puoi farne a meno.
Perché sei egoista. Perché sai
che senza di lei... nulla avrebbe più senso.
********************
Non dico
nulla, sto
piangendo. Ecco! Questi due mi faranno impazzire, prima o poi...si!
Il capitolo
è
triste, lo so, e pure pesantuccio forse, infatti non l’ho
fatto troppo lungo.
Ho ragionato
molto
su cosa fosse accaduto dopo la dichiarazione di Michy e la reazione di
Ale, ma
in realtà, non c’era niente di importante o
rilevante da dire, se non lo
scontro con Daniela. Era una cosa che dovevo proprio fare XD ed anche
se il
pugno mi sa che glielo ha dato Emanuela e non Michy, spero vi sia
piaciuto lo
stesso XD
Per quanto
riguarda
la parte di Ale...non so cosa dire ma è difficile spiegare
tutto ciò che sente.
Le sue
ragioni. Ed ho voluto farvi una specie di panoramica prima del capitolo
successivo che sarà, molto probabilmente, solo dal suo punto
di vista.
Spero che
iniziate a
capirlo un po’ di più J
La storia sta
per
finire, non so quantificare i capitoli ma non sono molti, continuo sul
2-3 non
lo so. Forse però farò dei missing
moment
giusto per mettere il punto su qualcosa.
Spero di non
avervi
deluse e che vi sia piaciuto anche questa volta!!
Un GRAZIE
enorme,
per tutte voi che recensite, scusate se no rispondo non è
perché non sia felice
o mi senta che so superiore, no assolutamente!!! E’ un
periodo un po’
incasinato, tra il lavoro, lo studio e l’idea mal sana di
cominciare un’altra
storia, che mi tolgono tempo! Grazie a chi commenta i miei post su fb,
asseconda le mie cavolate sul gruppo e via dicendo! Grazie per le
seguite le
ricordate, le preferite...crescete ogni giorno di più ed io
non potrei che
esserne più felice!!!
Un Grazie
anche ad
Elle Sinclaire per il bellissimo nuovo Banner di Fuga ;)
Un super mega
GRAZIE
a Maruschetta che ha segnalato Fuga per le scelte.....*__* ma
scherziamo??? Non
mi sento assolutamente all’altezza ma ti mando un abbraccio
grandissimo e
grazie grazie davvero *___*
PS: come
accennavo
prima, ho iniziato una nuova storia e vi posso assicurare che
è particolare e
che ci lascerò un pezzo di
cuore! Se volete dare
un’occhiata al Prologo ne sarei felice ma devo informarvi di
non spaventarvi...
Il prologo è....diverso....perciò...beh
leggete e poi capirete ;)
se vi va!
|
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Capitolo 21 *** "Da quel giorno... Ale" ***
FUCA - CAP 21
Fuga
Capitolo 21
“Da quel
giorno...Ale”
Era
circa mezzanotte ed il
temporale si era fermato. Da quando un’ora prima era scappata
da quella cantina,
non aveva fatto altro che stare seduta sul dondolo di fuori, al bordo
piscina e
non aveva voluto parlare con nessuno. Nemmeno con Gaia. Figurarsi con
me. E mi
sentivo in trappola, chiuso in un labirinto senza uscita.
La
guardavo dalla finestra del
salone, sentendo gli occhi di tutti su di me.
“Cosa
dovrei fare ?” Sussurrai
guardandoli.
"L'ho
detto io, che eri un
coglione!" commentò Stefano incrociando le braccia al petto
e sorridendo
appena.
“Grazie
sei d’aiuto.” Risposi
strofinandomi il volto stanco.
"No, ma ha ragione, se lei non ne vuole parlare...fa bene a... "
intervenne Riccardo ma fu subito interrotto da un piccolo tornado.
"Certo, sentite il genio che parla! Mandare al diavolo l'Amore di una
vita...eh
però se non ne vuole parlare..." Esplose Gaia con un nodo
alla gola e Stefano
diede uno scappellotto a
Riccardo, che era rimasto
senza parole, scuotendo la testa, mentre Davide
scoppiò a ridere.
“Certo
ridi tu, che idioti che siete.” Esordì Ilaria
andando in cucina e tornando
subito dopo con un barattolo di gelato tra le mani ed un cucchiaio in
bocca.
Prese
Gaia, che continuava a guardare verso Michy fuori la finestra e
l’abbracciò.
“Adesso
che c’entro io? E perché piangi ?”
Chiese Davide talmente preoccupato da
sembrare buffo.
“Sono
incinta e piango quanto mi pare!” Gli rispose Ilaria
sbuffando infastidita.
Mi
fermai a guardarli e pensai che in un modo o in un altro eravamo tutti
cambiati, cresciuti. C’erano state lacrime, liti, ma eravamo
di nuovo tutti
lì...insieme e non potevo permettere che quello cambiasse.
Mi voltai verso
Stefano e lo guardai.
“Avevi
ragione, devo mettere in chiaro troppe cose o passerò il
resto della vita a
pentirmene. Voi..” Indicai Riccardo e Gaia, “
Andatevene di sopra, parlate, strappatevi i
vestiti, litigate ma poi fatela finita e tornate insieme. Sono sei mesi
che vi
sento depressi e avviliti perché vi mancate a vicenda e vi
amate ancora!” Dissi
forte e deciso tanto che entrambi rimasero senza parole e si guardarono
in
silenzio.
“Tu,
fai un po’ di coccole alla tua ragazza. Ha tuo figlio in
grembo e non deve
assolutamente piangere!” Continuai verso Davide che
annuì borbottando un –Sì
Signore!-
Alla
fine mi voltai ancora verso Stefano e tornai serio.
“Devo
dirti una cosa. Non sono stato onesto con te e ti prego di perdonarmi
ma...vedi
quell’estate...quando siamo venuti qui per la prima
volta...”
Stefano
si avvicinò serio e mi strinse le spalle in una morsa, tanto
da farmi male.
“Che
cos’è che vuoi?” chiese arrabbiato.
Lo
guardai confuso per un attimo non capendo il senso della sua domanda,
specialmente davanti a quello che gli stavo dicendo.
“Cosa?”
Sospirò
pesantemente e poi tornò a guardarmi.
“So
tutto di te e Daniela. L’avevo intuito e poi ne ho avuto la
conferma da lei.
Quando siamo tornati dalla vacanza era sparita, non usciva mai con noi
e a mano
a mano si è allontanata sempre di più, per questo
l’ho cercata. Le ho parlato e
mi ha detto tutto quello che era accaduto, almeno tra te e lei e del
fatto che
Michela lo avesse scoperto e sai cosa? Mi sono incazzato a
morte...”
Annuii
abbassando lo sguardo.
“Lo
so, hai ragione ma ti giuro che io non sapevo nulla di te
e...”
Scosse
la testa e rise rumorosamente.
“No,
non mi sono incazzato per me, per lei e nemmeno per Michy anche se mi
è
dispiaciuto per come lo abbia scoperto. Io...mi sono incazzato a morte
con te!
Perché sei un coglione!”
“Beh
si..grazie?” Chiesi confuso ma iniziando a sorridere davanti
la sua
espressione.
“Voglio
dire è una vita intera che ti privi di quell’unica
cosa che davvero desideri,
che alla fine ci sei riuscito! Hai mandato tutto a puttane. Fine della
storia,
eccola lì. E’ tornata dopo due anni, e non
riuscite a stare in una stanza per
più di dieci minuti. Sei soddisfatto?”
Urlò arrabbiato.
Mi
allontanai sentendo la rabbia salire.
“Ma
che diavolo...credi mi faccia piacere? Credi sia felice di tutto
questo? No che
non lo sono! Fanculo tutto, tutto!” Urlai di rimando
spingendolo lontano da me.
Poi mi voltai come una furia verso Ilaria e la guardai inferocito.
“Posso?”
Chiesi prendendo il barattolo di gelato e lei annuì
spaventata.
Tornai
sui miei passi ma sentii una voce trattenermi.
“Ale
credi sia il caso? Non è meglio aspettare chi vi calmiate un
po’ ?” Chiese Gaia
intimorita. Mi girai a guardarli uno per uno e scoppiare a ridere.
“No,
cazzo, ho aspettato abbastanza!” Dissi sorridendo mentre
Stefano mi guardava
annuendo.
"Certo ridi tu, che idioti
che siete!"
Esordì Ilaria prendendo un barattolo di gelato tra le mani e
girandosi con Gaia
per seguire Michy.
"E adesso che centro io? e
perchè
piangi?"
"Sono incinta e piango
quanto mi pare!"
Uscii di fuori a passo svelto, superando
il tavolo ancora apparecchiato della cena e la sorpresi.
“Dobbiamo
parlare” Dissi cercando
di rimanere calmo.
Vidi
i suoi occhi di cioccolata
scrutarmi e scuotere forte la testa.
“Non
mi và. Basta per questa sera,
ti prego” Sussurrò e sentii la voce rotta dal
pianto ed impazzii.
“E
invece a me và perciò parliamo.”
Continuai avvicinandomi e vidi il suo sguardo cambiare, arrabbiarsi.
Bene!
“Che
c’è dobbiamo fare sempre
quello che vuoi tu? Sei sempre tu a decidere tra noi?” Mi
rispose con foga e
sorrisi appena, non per le sue parole ma perché ero riuscito
a farla reagire in
qualche modo.
“Ecco,
vedi? Anche tu vuoi
parlare con me ed è inutile continuare a nascondersi a
questo punto. Guarda ho
portato anche il gelato, come ai vecchi tempi, ti ricordi?”
Dissi calmo
cercando di avvicinarmi e mantenere l’emozione che sentivo
nascere nel petto.
Scattò
in piedi, infuriata e con
gli occhi lucidi.
“Ma
cosa credi che tu possa fare
tutto quello che vuoi? Credi di venire qui con un barattolo di gelato e
cancellare questi ultimi anni ? Con che pretesa, poi? Quale pretesa? Io
ricordo
tutto, dannazione, tutto! Forse sei tu ad aver dimenticato di avermi
lasciato
in lacrime, mentre ti chiedevo di amarmi!” Urlò
piangendo e la rabbia mi assalì.
“Tu
credi di essere l’unica ad
aver sofferto, vero? Credi che io me ne sia sempre fregato di te, ma
allora non
è servito a niente che io... che io...” Ringhiai
furioso e la vidi avvicinarsi
scossa ed arrabbiata quanto me.
“Cosa?
Cosa? Parlami, vuoi
parlare? Allora parlami!” Mi urlò sul viso e
sentii il calore del suo corpo
avvicinarsi e farmi impazzire.
“Tu
non sai cosa voglia dire,
tu...” Sillabai furioso ogni parola ma lei mi si
avventò contro.
“Io
non lo so? Non so cosa voglia
dire, cosa? Ho mandato tutto al diavolo per te...tutta la mia
vita...io...”
“Ma
non ci hai pensato due volte
ad andartene!” Urlai impazzito.
Fu
un attimo. Un intero secondo
dove tutta la tua vita si trova ad un bivio. Quell’attimo che
rivivrai nella
tua mente per ogni giorno a venire perché è in
quel momento che tutto cambia, e
non puoi fare altro che seguire il tuo cuore, sempre ed ovunque, anche
se sai
già dove ti porterà.
La
furia e la disperazione ci
accecarono entrambi, impazziti e disperati.
“Perché
ti amavo!” Urlò con tutta
se stessa.
Ed
esplosi... il tavolo, la
tovaglia, piatti e bicchieri distrutti a terra, lasciarono solo
l’eco della mia
risposta.
“Ti
amavo anch’io dannazione! Ti
ho amata Ogni. Singolo. Attimo, di questa fottuta vita!”
Urlai stremato, mentre
un tuono risuonò.
Dicono che prima della morte, la tua vita ti passa davanti come un
film...beh io non stavo per morire, ma rividi ugualmente tutti quegli
anni nella mia mente e anche se tutto cambiava, una costante era
presente... Michela.
******************
Seduto
sul marciapiede della scuola di Mirko,
aspettavamo insieme che mia madre ci venisse a prendere; era in ritardo
e non
sapevo il perché. Quando una macchina si accostò
a noi e Gaia con le sue
immancabili trecce si sporse dal finestrino, capii che mamma non
sarebbe
venuta.
Al
citofono nessuno rispose e mentre Mirko
continuava a farmi domande, misi la cartella a terra e scavalcai in
cancello
facendo poi entrare mio fratello.
“Aspetta
qui,” gli dissi e mi avvicinai alla porta
socchiusa.
L’ingresso
era sottosopra ed il silenzio che
percepivo mi agitò.
Decisi
di entrare controllando prima che Mirko
non mi avesse seguito per poi attraversare il salone. Uno strano
lamento colpì
la mia attenzione e senza capire più nulla, mi precipitai in
camera dei miei
genitori.
Mio
padre era seduto di spalle alla porta, con il
volto tra le mani e le lacrime a soffocargli il respiro.
“Papà,”
sussurrai avvicinandomi.
Lo
vidi sussultare appena e voltarsi verso di me
come scottato.
“Che
ci fai qui ?” chiese con voce tremante.
Il
volto ferito di mio padre, mi lasciò senza
parole ma mi avvicinai tremando appena, fino al suo fianco. Sentivo gli
occhi
iniziare a bruciare ed una paura cocente
s’impossessò di me.
“Dov’è
mamma?” chiesi tremando.
Tutto
accadde molto velocemente. Il mondo che
avevo conosciuto sino ad allora cambiò per sempre, in un
istante, il tempo di uno
schiaffo pesante che mi atterrò, bruciando il corpo e
l’anima.
“Non
pronunciare più quella parola in mia
presenza. Quella donna non esiste più. Voi ed i vostri
continui piagnistei
l’avete fatta scappare. Da oggi saremo solo noi tre e farai
bene ad abituarti a
tutto questo.”
Da quel giorno di fine Maggio, non fui
più un bambino. Smisi di essere
me stesso, lasciando entrare la paura dentro di me.
*******************
Avevo
passato quell’estate con mia nonna e Mirko,
lontano da mio padre e dalle sue continue crisi, ma a settembre
tornammo a
casa.
La
sveglia suonò e facendo attenzione a non
svegliare Mirko che insisteva per dormire con me, andai a preparare la
colazione.
Feci
il caffè per mio padre e mi riempii la tazza
di cereali iniziando a mangiare.
Lui
entrò in cucina, vestito nel suo completo
elegante, guardandomi appena.
“E’
il tuo primo giorno di scuola, vero?”
Annuii
con il boccone in bocca.
“Oggi
Mirko starà con zia, ha avuto un po’ di
febbre stanotte.” Commentai alzandomi e bevendo
l’ultimo goccio di latte.
Presi
la cartella e mi diressi verso la porta.
Srotolai le cuffiette del walkman ma sentii ugualmente le sue parole.
“Vedi
di non farti riconoscere dal primo giorno.”
“Certo,
buona giornata anche a te papà” borbottai
tra me isolandomi poi dal resto del mondo.
Di
fronte la scuola, tutti correvano frenetici ed
elettrizzati per il primo giorno delle medie, per me invece, era un
giorno come
un altro.
Qualcuno
cadde atterra davanti ai miei occhi. Era
una ragazza così minuta che sembrava avesse
l’età di Mirko e fu istintivo per
me, andarla ad aiutare.
“Ciao
io sono Alessandro.”
“Ciao,
io sono Michela.”
Da quel giorno lei entrò a far parte
della mia vita e a farla sua, ma
ancora non lo sapeva...
**********************
Guardai
l’orologio e chiusi i libri, Michy doveva
essere già tornata dal suo corso di nuoto.
“Dove
stai andando?” Chiese mio padre prendendomi
per un polso.
“Vado
da Michela” risposi facendo spallucce.
Lo
vidi guardarmi di sottecchi e deridermi
appena.
“Bene.
Hai capito già come funziona il mondo.”
Disse crudele e seppi anche se non ne avevo capito il significato, che
mi aveva
appena insultato.
Rimasi
incerto sulla porta per pochi secondi ed
alla fine cedetti.
“Cosa
vuoi dire?” chiesi senza guardarlo.
Notai
la sua schiena voltarsi, tornando verso il
salone.
“Vuol
dire che se una persona è mediocre ma si
circonda di gente che vale, può avere un minimo di speranza.
Tu ritieniti pure
fortunato che quella ragazzina ti permetta di starle accanto.
E’
sufficientemente carina e di discreta famiglia, di certo non puoi
pretendere di
più. Quando si stuferà, potrai sempre contare sul
tuo cognome, e non è cosa da
poco, sempre però, se non avrai finito di rovinarti con le
tue mani”.
La voce di mio padre era una goccia che martellava
quotidianamente la
mia mente ma la cosa che odiavo più di tutte era quando
parlava di lei.
Dell’unica cosa bella della mia vita, oltre mio fratello. E
lo odiai perché da
quel giorno iniziai a credere alle sue parole.
*****************
“Se vuoi
provare a baciare un ragazzo io ci sto, e ti assicuro che sono molto
meglio
della tua mano.” Dissi un pomeriggio.
“Ma
non credi che sarebbe strano...voglio dire...tra
noi?” chiese arrossendo e scossi la testa sicuro. Ero certo
di noi e volevo
solo farla felice.
“Non
vedo perché, sei la mia migliore amica e poi
sarò onesto e ti dirò come sei andata.”
“Io
non so come fare” sussurrò appena e qualcosa
d’impercettibile si mosse nel mio petto.
“Lasciati
andare, al resto ci penso io” riuscii a
dire e la voce fu molto più ferma di quanto credessi.
Quello
che era iniziato come un gioco si tramutò,
quel pomeriggio, in qualcosa di terribilmente pericoloso,
perché non lo sapevo.
Non sapevo a cosa stavo andando incontro, non sapevo che premendo le
mie labbra
sulle sue, il mio intero universo avrebbe cambiato significato. Non
sapevo
quanto in realtà quel sapore, il suo, avrebbe dato un senso
diverso alla mia
vita.
Non sapevo che da quel giorno, avrei vissuto ogni
attimo nel desiderio
incessante di poterlo assaggiare di nuovo ma con la paura assordante
che fosse
semplicemente, troppo...talmente buono da essere...peccaminoso.
*****************
“Ragazzi
filate negli spogliatogli e lavatevi
bene...” Disse Stefano facendo il verso al nostro allenatore
dopo la partita.
“Ma che crede che non ci laviamo?” .
Scoppiammo
a ridere tutti mentre io mi asciugavo
il sudore sedendomi sulla panchina.
“Beh
forse ha avuto qualche dubbio su di te” reagì
Davide spintonandolo ed iniziando così a fare gli scemi come
sempre.
“Ehi
ehi venite quà, le ragazze stanno ancora
giocando.”
Mirko,
un compagno di classe, salì in piedi sulla
panchina e si sporse dalla finestrella alta dello spogliatoio.
“Dio
ma non sanno che quei pantaloncini
elasticizzati non lasciano niente
all’immaginazione?” Commentò ridendo
mentre
altri si arrampicavano curiosi.
“Meglio
per noi che non se ne rendono conto.”
“Guarda
che quelle lo fanno apposta per farsi
guardare e noi le accontentiamo...”
Mi
alzai ridendo con gli altri.
“Sembrate
dei lupi arrapati davanti ad un film
porno. Stanno solo giocando a pallavolo!” Commentai
divertito, andando ad
aprire la borsa per lavarmi.
“Si
si certo. Guarda che culo! Certo che la
piccolina sa il fatto suo” Continuò Diego.
Non
gli diedi ascolto e continuai a sogghignare
divertito pensando che avrebbero dovuto mettere una videocamera
lì dentro e
farsi due risate.
“Che
poi a me quelle piccoline mi fanno
impazzire..” ed il commento iniziò ad attirare la
mia attenzione.
“Certo
perché a letto, te le puoi rigirare senza
difficoltà” Conclusero spalleggiandosi a vicenda e
mi avvicinai cercando di
capire di chi stessero parlando.
“Si,
piccola abbassati a prendere la palla... Dio,
Michela, hai un culo che parla!”
A
quel nome scattai, non capendo più nulla. Presi
Mirko per la maglietta e lo spinsi indietro facendolo cadere a terra.
“Che
cazzo hai detto?” Urlai furioso.
“Oh
ma che problema hai?” Rispose allontanandosi
impaurito.
Scattai
ancora e lo alzai da terra con tutta la
forza che avevo.
“Il
mio problema sei tu. Non ti permettere mai
più di parlare di Michela in quel modo e nemmeno di
guardarla! Hai capito?”
Sentii la mano di Stefano trattenermi ma non riuscii a calmarmi
ugualmente,
sembravo impazzito ma non potevo permetterlo!
Nessuno
poteva guardarla. Nessuno!
Lo
spinsi ancora lasciandolo cadere ancora a
terra mentre tutti mi guardavano impauriti. Non ero mai stato un tipo
violento
ma quel giorno la rabbia mi accecò.
“Stavamo
solo scherzando e poi...che diavolo...mica
è la tua ragazza!” Continuò Diego
aiutando Mirko ad alzarsi.
Indietreggiai
appena, davanti a quelle parole e
mi voltai di scatto tornando verso la borsa per prendere il cambio.
“Si
beh...voi tenetelo a mente. Nessuno si deve
avvicinare a lei senza che io lo sappia. Il resto non vi
riguarda!” Sputai
furioso, infilandomi dentro la doccia e lasciando il silenzio dietro di
me.
Da quel giorno conobbi il significato di qualcosa
che ancora non avevo
mai provato.
Gelosia. Cieca gelosia per Michy e non seppi in
quel momento, quanto
avrei dovuto imparare a conviverci.
******************
“Quella
ti sta guardando” disse Riccardo in piedi
nell’autobus. Tornavamo da scuola mentre le ragazze erano
rimaste per un corso
facoltativo di matematica che io avevo tranquillamente saltato. Mi
voltai
curioso e la vidi, era biondina alta e slanciata, bel fisico tanto
forse troppo
trucco ed era decisamente troppo sicura di sé visto che mi
sorrise sfacciata.
Le
diedi le spalle e tornai a parlare con
Riccardo.
“Si
l’ho vista diverse volte, prende
quest’autobus tutte le mattine” Commentai guardando
dal finestrino che fermata
fosse.
“Non
mi sembri interessato” Disse curioso.
“Non
lo sono infatti, è carina ma se la tira
decisamente troppo.” Risposi convinto.
Davide
si tolse le cuffiette e mi guardò come
venissi da Marte.
“Cioè,
fammi capire bene, quella figa ti punta
ogni giorno e te non te la sei ancora fatta perché se la
tira? Ma che ti frega!
Tira in porta e arrivederci!” Disse con la sua solita
sfacciataggine che mi
fece scoppiare a ridere.
“Ecco
diciamo che lo credo anch’io, detto in
altre parole ma il senso è quello!”
Commentò Riccardo ridendo con me.
Scossi
la testa e sentii qualcuno passarmi
affianco e toccarmi impercettibilmente la schiena mi voltai e me la
trovai davanti.
L’amica al suo fianco era decisamente più timida e
disse un flebile “permesso”
per passare, mentre lei mi guardò sfacciata, prima di
scendere.
“Capito
la ragazza? E te che ancora ci pensi? Ma
si può sapere chi stai aspettando? Lo vogliamo inaugurare o
no?” Continuò
Davide e se non fosse stato per il significato delle sue parole, avrei
riso
anch’io.
Chi
stavo aspettando?
Avevo
perso l’autobus quella mattina, la sveglia
non aveva suonato e per fortuna ero riuscito ad accompagnare Mirko a
scuola
mentre io sarei dovuto entrare alla seconda ora.
Seduto
alla fermata, stavo fumando una sigaretta
con la testa appoggiata alla parete e gli occhi chiusi. Non stavo
pensando a
nulla di particolare, solo all’appuntamento di Michy con quel
cetriolo della
3F. Fortunatamente sapevo già che non sarebbe accaduto
nulla, altrimenti gli
avrei spezzato le gambe, ma anche solo l’idea che lui
l’avrebbe baciata...beh
mi faceva impazzire!
“Guarda
che coincidenza!” sentii una voce al mio
fianco ed aprendo gli occhi vidi la biondina al mio fianco, sorridermi
maliziosa.
Forse
il destino, aveva altri progetti per me.
“Cos’hai?”
chiese la biondina spogliandosi
davanti a me.
Chiusi
le persiane per togliere un po’ di luce e
solo con i jeans addosso tornai a guardarla. Era bella, certo! Mezza
nuda, alta
e sinuosa che mi sorrideva sexy.
Era
bella, sì, ma non era lei. E questo bastava a
frenarmi.
Si
avvicinò, toccandomi il petto e scendendo a
baciarmi con le labbra bollenti e per quanto mi sentivo strano e
confuso, il
mio corpo reagì.
Sospirai
prendendole la testa tra le mani e
affondando la lingua in quella bocca di fragola. Gemette e mi sentii
forte,
eccitato e decisi di spengere la mente ed il cuore.
Lei non era per me.
Da quel giorno il sesso divenne il mio miglior
sfogo, anche se in ogni
volto, in ogni sorriso, in ogni sospiro... io immaginavo solo lei...
**********************
“Mi
spieghi cos’hai?” chiese Stefano arrabbiato,
urlandomi nelle orecchie per la musica assordante.
Feci
spallucce e tornai a buttare giù un altro
sorso di qualcosa di indefinito, sapevo solo che bruciava da matti.
“Si
presume essere una festa perciò perché quella
faccia?”
Scossi
la testa e sorrisi amaramente ricordando
le parole che Michy mi aveva detto
poco
prima; -
staserà farò
l’amore con Fabio- e
dannazione mi ero sentito morire!
Ero
rimasto così sconvolto che stavo per fare la
più grande cazzata della mia vita, stavo per dirle
tutto...tutto... già e poi?
Dopo sarebbe andato tutto a puttane, perché la
verità era semplice; non valevo
un cazzo ed il giorno in cui lei se ne sarebbe accorta, sarebbe finito
tutto. E
non potevo! Avevo solo lei...era tutto per me, tutto!
Strinsi
gli occhi, ricacciando il magone che
sentivo salirmi nel petto. Affogai nell’ultimo bicchiere,
l’immagine di lei con
un altro uomo, di lei che si donava completamente ad un altro che
semplicemente...non ero io. E lo maledii, lo maledii con tutto me
stesso perché
aveva l’unica mia ragione di vita...tra le mani ed io non
potevo farci nulla
perché non valevo niente!
“Sai
che c’è? Hai ragione! E’ una festa,
allora
divertiamoci!” dissi scolandomi la bottiglia e sparendo tra
folla.
Da quel giorno capii che l’alcol non
aiuta a cancellare i demoni e le
paure che si hanno nel cuore, ma solo ad ingigantirle.
*******************
“Cosa
vorresti fare tu?” Urlò mio padre chiudendo
Mirko in un angolo.
Scattai
verso di lui ma Mirko rispose prima di
me.
“Voglio
suonare papà. Suonare il piano come la
mamma, mi hanno detto che sono bravo, vuoi sentire ?” Chiese
Mirko innocente e
fiducioso.
Vidi
le spalle di mio padre irrigidirsi e temetti
potesse picchiarlo, anche se non aveva mai alzato un dito su di lui,
ero sempre
stato io il suo sfogo preferito, perciò mi avvicinai
prendendo Mirko per un
braccio e tirandolo vicino a me.
“E’
vero papà, è bravo. Ho già parlato con
la
segreteria del conservatorio per avere qualche informazione
e...” non riuscii a
finire che sentii la guancia bruciarmi.
“Da
quando in qua prendi decisioni che non ti
spettano? Ti metti sempre in mezzo, non vuoi proprio imparare eh? Devi
startene
al posto tuo! Siete i miei figli e decido io per voi, non
tu!” sputò crudele.
La
voglia di ribellarmi era tanta ma non lo feci
solo per Mirko, per non lasciarlo indifeso con mio padre. Io ormai ero
abituato
alle sue parole anche se non smettevano mai di fare male e di
umiliarmi.
Sentivo che mi stava annientando lentamente ma non potevo evitarlo.
Guardai
Mirko che con gli occhi lucidi rispondeva al mio e gli sorrisi; presi
un
respiro e tornai all’attacco.
“Non
sai quanti soldi si possono fare intraprendendo
una carriera come la sua. L’insegnante ha detto che ha
davvero molto talento, e
ciò non farebbe altro che portare in alto il tuo nome,
portare prestigio a
tutti noi...a te! E poi io farò legge, lo sai che sono
d’accordo..”dissi
scegliendo le parole più adatte per convincerlo.
“Certo
che lo sei, è l’unica carta che hai per
avere un futuro, chi altri assumerebbe uno scansafatiche come te ?
Tocca sempre
a me rimediare ai tuoi sbagli!” Sputò bevendo un
sorso di vino.
Mandai
giù il boccone amaro e cercai di annuire.
“Appunto.
Lasciamolo provare allora no?”
Insistetti mentre lui camminava per il salone.
“Ci
penserò.” Disse solo e Mirko mi strinse forte
a se. Era felice, solo questo importava!
Con gli anni capii che quel giorno decretai la
felicità di Mirko ma
condannai me stesso.
****************
Il
Circeo era stata la vacanza che avevo
aspettato impazientemente. Avevo bisogno di staccare dalla mia
quotidianità, da
mio padre che in assenza di Mirko poteva concentrarsi solo su di me,
come la
sera prima della partenza. Inoltre, assurdo pensarlo, ma ero anche
stanco delle
ragazze dell’università, avventure di uno notte,
l’unico aspetto di me per cui
mio padre si vantava, tra l’altro, non sapeva quanto invece
la mia era una
stupida lotta verso me stesso e verso ciò che volevo davvero
ma che non potevo
permettermi.
Anche
la presenza di Daniela, iniziava ad
infastidirmi e mi pentii di aver iniziato quella stupida storia di
sesso che
non avrebbe portato a niente, almeno per me, e lo sapevamo entrambi
anche se
lei sembrava non capirlo.
Al
terzo giorno di vacanza a notte fonda entrò
piano in camera mia, Michy dormiva già da un po’
mentre io ero ancora sveglio
perso con gli occhi sul soffitto.
“Che
diavolo fai?” sussurrai vedendola entrare.
“Non
ho sonno” commentò avvicinandosi.
Mi
voltai verso Michy per assicurarmi non si
fosse svegliata e poi mi alzai furioso prendendo Daniela per un braccio.
“Senti
fatti una camomilla o quello che ti pare,
ma non infilarti in camera mia così mai
più!” Dissi arrabbiato.
La
vidi guardarmi offesa ma non demorse.
“Dai
ci divertiamo un po’, visto che non dormi
nemmeno tu” Disse civettuola ma
m’innervosì solamente.
“Direi
proprio di no. Ho di meglio da fare”
risposi duro, voltandomi e chiudendo la porta alle spalle.
Mi
sdraiai accanto alla mia pulce e la vidi
sorridere appena nel sonno, mi voltai quindi, verso di lei e presi ad
accarezzarle i capelli morbidi, incantato dal suo respiro e dal battito
del suo
cuore.
Dicono
che capisci di amare una persona, quando
puoi passare la notte intera a guardarla dormire...beh i miei
sentimenti per
lei erano quanto di più profondo e vero conoscessi ma...
Solo quella notte capii di amarla davvero...
********************
“Dimmi
dov’è. Dimmi dove cazzo è andata o
giuro
su Dio che te ne pentirai!” Urlai impazzito verso Gaia.
“Ehi
calmati, lei non c’entra niente con le
scelte di Michela.” Disse Riccardo abbracciando Gaia che
aveva iniziato a
piangere.
Ma
io non riuscivo a capire più nulla.
“Scelte?
Scelte? Ma di che cazzo state parlando?
E’ sparita, non mi risponde al telefono. Tu prima mi dici che
è da sua zia ed
io mi faccio un giorno ed una notte di viaggio per andare lì
e trovare il
nulla. Poi come se non bastasse sua madre e suo padre non mi
rispondono, il suo
cellulare è spento e tu continui a dirmi che non sai nulla?
Ed ora mi parlate
di scelte?” Urali stremato. Ero pazzo.
Accecato
dalla rabbia e dalla paura di averla
persa.
Vidi
Gaia prendere un respiro profondo e
staccarsi da Riccardo.
“Va
bene senti, è durata fin troppo ed il tempo
necessario ormai è passato quindi posso dirtelo, tra
l’altro ho anche un
biglietto per te.” Disse cercando dentro la borsa e la paura
iniziò a
comprimermi il petto.
“Di
che parli? Spiegati perché ho perso la
pazienza” Dissi tremando.
Gaia
alzò gli occhi nei miei con le lacrime che
iniziarono a scorrerle sul viso.
“E’
partita. Se n’è andata.”
Tutti
tacemmo ed il mio cuore si fermò.
“Co..come
partita e dove?” Chiese Riccardo dando
voce ai miei pensieri, mentre io e Gaia continuavamo a guardarci.
“Se
n’è andata a Londra. E’ partita una
settimana
fa e beh... non è stato facile per lei...comunque questo
biglietto è per te”
Disse consegnandomi un piccolo foglio di carta piegato a
metà.
Non
seppi dove trovai la voglia né la forza di
leggerlo ma lo feci:
-Perdonami per non
aver mantenuto la promessa. Perdonami perché sapevo
che non avrei mai potuto farlo. Non
sono forte. Non lo sono mai stata,
anche se ci ho provato davvero....per Noi.... perché un Noi
esiste ed è sempre
esistito e voglio credere che, in un modo o nell’altro,
continuerà ad esserci.-
Strinsi
il foglietto nel palmo della mano fino a
farmi male, mentre un sapore salato mi bagnò le labbra. Cosa
puoi fare se per
anni ti sei aggrappato a quell’unica certezza che ti ha fatto
andare
avanti...quell’unico Noi, che racchiude il significato
più profondo di te? Puoi
correre, scappare ed infuriarti o puoi piangere.
Ed
io piansi, perché tutto era finito. Perché lei
se ne era andata, perché la mia paura più grande
si era avverata.
Piansi,
da solo, come un ragazzino.
******************
“Sai
cosa è significato per me,
vederti ogni istante della mia vita e non poterti...avere...MAI?...
Vivere ogni
tua parola, ogni tuo sorriso, ogni sguardo e desiderare...costantemente...che
fosse solo per me? Impazzire ogni volta che
qualcun altro poteva averti come avrei voluto averti io ed odiare me
stesso,
odiarmi con tutto il cuore perché io non potevo?”
Sussurrai con un nodo in gola
mentre Michy mi fissata sconvolta e senza parole.
“Ci
pensi mai a quella notte?”
Chiesi serio
guardandola i quegli occhi
che brillavano davanti a me.
Mi
morsi un labbro e sentii la
piaggia bagnarmi il viso ma non distolsi lo sguardo.
“Io...”
Tremò non riuscendo a
parlare.
Mi
avvicinai, lento, verso di
lei. I capelli bagnati incollati a quel viso meraviglioso che avevo
contemplato
ogni giorno alla luce del sole ed ogni notte sotto i raggi della luna.
Era
bellissima la mia Michy!
“Io
vorrei non farlo. Davvero.”
Sussurrai tremando sentendo il suo calore bruciarmi la pelle.
“Ma
non posso... Vorrei non averci
pensato ogni notte in questi due anni. Vorrei poterti dire che sono
andato
avanti, che sono felice ed orgoglioso di te, delle nuove esperienze che
stai
vivendo. Ma non posso.
Io...io
non riesco a guardare più
una donna come ho guardato te. Non sento più niente. Tutto
quello che è
accaduto dopo, è stato solo dolore ed io...io ti ho odiato,
ti ho odiato con
tutto me stesso perché eri l’unica. Eri
l’unica cosa bella nella mia vita e lo
sapevo...sapevo che non sarei sopravvissuto senza di te. Sono io lo
sai? Tra me
e te sono io quello debole. Sono io che non potevo vivere senza di te,
senza il
tuo sorriso, il tuo profumo. Sapevo che se ti avessi avuto, sarebbe
stato
troppo e ti avrei persa, perché avrei rovinato tutto. Non ti
meritavo. Io...
non ti merito, lo so, ma...Dio... lo voglio così
tanto!” le sussurrai piangendo
e poggiando la mia fronte sulla sua.
Mentre
un lampo improvviso c'illuminò e brillò su quel
volto perfetto e sulla lacrima che
scivolava lenta.
Non
pensai più a nulla la strinsi
solo, forte a me. Sconvolti entrambi, da quell’amore
così grande che ci aveva
lasciati inermi di fronte l’inevitabile.
******************
Ebbene
sì, è l’ultimo capitolo e
mi viene da piangere. Il prossimo sarà l’Epilogo e
non vi nascondo che mi mancheranno
da morire questi due testoni, per questo probabilmente, troverete
qualche
missing moment, giusto per tenerli d’occhio :D
Non
so cosa dirvi, se non Grazie,
per avermi accompagnato in questi primi mesi con la mia prima storia.
E’ stato
emozionante scrivere di loro e lo è stato vedere ancora do
più come vi siate
affezionata a Michy ed Ale... ne sono commossa.
Cavolo
ho un nodo alla gola, ma
si può??? Basta non dico più altro, ho una certa
età e non reggo forti emozioni
perciò rimando ulteriori saluti all’epilogo!
Spero
che questo capitolo, più
lungo e particolare, tutto su Alessandro vi sia piaciuto!
Tutti
dicono che l’Amore è
semplice, naturale, ma in realtà è un impegno
costante che facciamo ogni
giorno.
Il
vero Amore per me non è
semplicemente, amarsi nella gioia ma è soprattutto
condividere il dolore.
Capisci di non poter fare più a meno di una persona e che
questa ti ama
davvero, quando affronta con te le giornate di sole e quelle di
pioggia. Ti
vede con la febbre, i capelli arruffati e senza trucco ma continua a
dirti che
sei Bellissima. Ti fa sorridere e piangere con uguale
intensità e velocità ma
soprattutto... se alla sera, abbracciati nello stesso letto, senti di
aver
trovato il tuo posto nel mondo, allora beh...non fatevela scappare!
Un
abbraccio
Lela
|
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Capitolo 22 *** Missing moment (rosè) ***
FUGA missing rosso
FUGA
Missing
moment (rosè)
NB:
capitolo non betato, scusate!
Il
rating è tra l'arancione ed il rosso, scusate quindi se
può turbare qualcuno, in quel caso evitate di leggere. Non
cambia molto ai fini della storia.
“Io
vorrei non farlo. Davvero.”
Sussurrai tremando sentendo il suo calore bruciarmi la pelle.
“Ma
non posso... Vorrei non averci
pensato ogni notte in questi due anni. Vorrei poterti dire che sono
andato
avanti, che sono felice ed orgoglioso di te, delle nuove esperienze che
stai
vivendo. Ma non posso.
Io...io
non riesco a guardare più una
donna come ho guardato te. Non sento più niente. Tutto
quello che è accaduto
dopo, è stato solo dolore ed io...io ti ho odiato, ti ho
odiato con tutto me
stesso perché eri l’unica. Eri l’unica
cosa bella nella mia vita e lo
sapevo...sapevo che non sarei sopravvissuto senza di te. Sono io lo
sai? Tra me
e te sono io quello debole. Sono io che non potevo vivere senza di te,
senza il
tuo sorriso, il tuo profumo. Sapevo che se ti avessi avuto, sarebbe
stato
troppo e ti avrei persa, perché avrei rovinato tutto. Non ti
meritavo. Io...
non ti merito, lo so, ma...Dio... lo voglio così
tanto!” le sussurrai piangendo
e poggiando la mia fronte sulla.
Mentre
un lampo improvviso illuminò i
nostri volti e brillò su quel volto perfetto e sulla lacrima
che scivolava
lenta.
Non
pensai più a nulla la strinsi solo,
forte a me. Sconvolti entrambi, da quell’amore
così grande che ci aveva
lasciati inermi di fronte l’inevitabile.
“Stai
tremando” susurrò Ale
mentre ancora mi abbracciava sotto la pioggia.
Ero
sconvolta per quello che
mi aveva appena detto e non riuscivo a trovare le parole adatte per
fargli
capire come mi sentivo.
“Vieni
andiamo dentro, siamo
tutti bagnati” sorrise dolce e seguii rimanendo abbracciati.
Nel
salone le luci arano
tutte spente e guardando l’orologio mi accorsi che erano le
tre di notte. Gli
altri stavano sicuramente dormendo.
“Hai
sonno” chiese e notai
una strana luce negli occhi.
Feci
di no con la testa, come
potevo avere sonno?
“Ti
va se andiamo in camera a
parlare un po’?” chiese e notai una speranza ed un
desiderio di avermi con lui
che mi fece annuire con vigore.
Una
volta in camera però, mi
guardai intorno confusa, non sapevo cosa fare e come comportarmi di
fronte a
quella rivelazione.
“Tieni”
disse passandomi un
asciugamano ed iniziai a tamponarmi in silenzio.
“Parlerai
mai ancora con me?”
chiese timido ma sorridente.
“Si
beh, sono un po’
sconvolta, perdonami.” Dissi allontanandomi e poggiandomi
vicino il mobile, in
piedi.
Lo
vidi poggiarsi all’altra
parete e fissarmi.
“Lo
so che avrei dovuto
dirtelo prima e non so se riuscirai mai a perdonarmi ma...Ti
amo...è questa la
verità. Ti ho sempre amato ma ero troppo spaventato per
ammetterlo” disse
serio, talmente tanto da colpirmi.
“Ed
ora non lo sei più?
Spaventato intendo.”
Mi
fissò e scosse piano la
testa.
“Ho
guardato in faccia la mia
paura più grande.”
“Quale?”
chiesi staccandomi
appena dal mobile.
“Ti
ho persa” sussurrò.
Annuii
capendo cosa intendeva
e volevo trovare la forza per urlargli che ero lì davanti a
lui e niente
sarebbe cambiato.
“Volevo
solo essere felice”
risposi abbassando gli occhi.
“E
ci sei riuscita?”
Tornai
a guardarlo.
“No...ma..”
chiese impaurita.
“Cosa?”
chiese avvicinandosi.
“Abbiamo
vite diverse ora.
Io...io ho un’altra vita e non so cosa...non so cosa
far...e” singhiozzai
appena guardandolo con la paura e la speranza negli occhi.
"Il
punto non è se sarai felice o no, perché so che
lo sarai...Il punto è se vuoi essere
felice con me o con un altro..."
chiese serio ed i miei dubbi crollarono all’istante.
Trattenni
il respiro e mi
avvicinai tremando.
“Io...Io
non potrei mai
essere felice senza di te” dissi in un sussurrò.
Vidi
i suoi occhi brillare
mentre lo raggiungevo.
“Meglio
così allora, perché
io non potrei vivere senza di te” sorrise dolce ed il mio
cuore si fermò.
Si
avvicinò lento guardandomi
negli occhi e tremando appena. La bocca socchiusa respirava leggera ma
veloce e
lo sentivo sulla pelle. Uno di fronte all’altra, il tremore
aumentò sentendolo
scorrere nelle ossa, il mio corpo rispondeva al suo muovendosi lento e
attirato
da un’energia che ci racchiudeva dentro una bolla.
La
sua mano destra salì lenta
nell’aria muovendosi nello spazio tra di noi, ma lui
continuava a fissarmi negli
occhi come aspettando una risposta od un rifiuto che non sarebbe mai
arrivato.
All’altezza
della spalle un
indice si posò al lato del collo e mi toccò...
leggero come un petalo, fece
scorrere il polpastrello accarezzandomi delicato mentre il mio respiro
aumentò
facendosi più intenso e sentito. Lo fissavo, incantata da
quel viso perfetto e
da quel tocco proibito che mi regalava un calore
talmente profondo da ustionarmi la pelle
mentre il suo dito s’insinuò sotto la bretella
della canottiera che con una
leggera spinta scese veloce scoprendomi un lato e facendomi tremare. Si
fermò,
lento ma determinato giocando con tutte le dita sulla spalla...quattro
scie
lente ed infuocate a marchiarmi la pelle e la voglia di sentirne di
più ed ancora
ed ovunque, crebbe dentro di me. Sospirai guardandolo e pregandolo con
gli
occhi di fare qualcosa, qualsiasi cosa potesse farmi perdere totalmente
nella
sua pelle. E parve avere lo stesso bisogno, la necessità di
sentirmi pienamente.
Avvicinò il viso al mio, continuando a guardarmi ma
muovendosi lento e cauto,
spostò la bocca sulla mia guancia destra ed il contatto con
quelle labbra
bollenti sulla mia pelle mi scossero fin dentro l’anima.
Ispirò forte sul mio
collo e mi baciò appena lungo la mandibola fino al lobo e lo
sentii trattenersi
...fermarsi appena e respirare...
“Se
vuoi fermarmi, fallo ora.
Perché sto impazzendo dalla voglia che ho di te, di
respirarti...” disse
inspirando sulla pelle ...” di toccarti”
continuò accarezzandomi l’altra spalla..
“e che Dio mi salvi, di assaggiarti...” a quelle
parole gemetti senza vergogna
sentendo la sua lingua bollente accarezzarmi il lobo.
“Dimmi
una parola ed io mi
fermerò ma sappi che...” si fermò
ancora cercando di controllare il respiro
sempre più pesante, “spero tanto che tu non lo
faccia...”
E
tremai forte, completamente
persa in lui e nelle mille sensazioni che stavo provando solo ad averlo
vicino
e senza riuscire a dire una parola mi aggrappai alle sue spalle,
ispirando
anch’io il suo profumo e sfiorandogli la mandibola con la
guancia.
Ale
s’irrigidì appena in
attesa di una mia mossa, sapevo che voleva fossi sicura. Sicura di lui,
sicura
di noi.
Mi
alzai in punta di piedi
prendendogli il viso tra le mani e lo guardai negli occhi; il verde
fuso delle
sue iridi sembrava sciogliersi sotto di me e cercando di concentrarmi
sulla mia
voce ed acquietare il battito del cuore che mi stava scoppiando riuscii
solo a
respirargli calda sul viso tre semplici parole :”Non voglio
fermarmi.”
Vidi
i suoi occhi brillare e
le labbra socchiudersi nel sorriso più dolce e sexy che
avessi mai visto.
“Allora
è la fine...”sorrise
scuotendo la testa come in una rassegnazione totale ma felice.
“Perché
sono già perso... di
te e non mi fermerò. Non mi fermerò
mai!” sussurrò tremando avvicinando le sue
labbra alle mie.
E
tornammo ad essere una sola
persona.
Mi
strinse forte a se come
per non lasciarmi scappare ma io non sarei fuggita mai più,
non sarei
sopravvissuta ancora senza di lui, senza il suo sapore, il suo calore.
Le
mani scivolarono sul mio
corpo, lente ma decise, dalle spalle ai finchi ed ancora sul collo,
mentre le
labbra mi mordevano lente e la lingua riempiva bollente la bocca. Il
sapore di
Ale era qualcosa di sublime e paradisiaco di cui non avrei mai fatto a
meno.
Gli strinsi forte il volto tra le mani, spingendo sulle punte e
cercando di
averne di più sempre di più. Ero frenetica,
insaziabile ed impazzita, incapace
di capire come avessi fatto a respirare senza quel profumo sulla pelle.
Le
mani tornarono alla
bretella della canottiera e fece cadere anche la seconda lasciando il
petto
solo con l’intimo. Le mie scorsero tra i suoi capelli morbidi
e li tirai appena
mordendogli le labbra, morbide e succose perdendo anche
l’ultimo appiglio di
lucidità. Gemetti quando il palmo caldo scese sul mio fianco
destro e poi sulla
schiena per sbottonare quell’inutile indumento ed io impazzii
nell’indecisione
se lasciare quei soffici capelli o scendere ad aprirgli la camicia. La
carne
vinse, la voglia della sua pelle sua mia e gemetti frustrata
perché lo volevo
tutto e non era ancora abbastanza anche se mi stringeva forte
togliendomi il
respiro. Il primo bottone, poi il secondo e via scivolando lenta ma
affamata
sul quel corpo perfetto mentre sentii la pressione del gancetto
allentarsi ed
il reggiseno cadere giù. Ultimo bottone ed il suo petto fu
nudo per me,
sospirai estasiata ed entrambi gememmo quando mi strinse a se ed i miei
capezzoli entrarono in contatto con la sua pelle calda.
Respiravo
a fatica, sconvolta
dal piacere e dal desiderio e lui lasciò piano le mie labbra
scendendo lento e
calcolatore sul seno, su quella carne rosa e sensibile. Ne prese la
punta
irrigidita leccandola piano, con tutta la superficie della lingua
mozzandomi
l’aria e facendomi inarcare sotto di lui. Succhiò
primo lento e contemporaneamente
stringendomi tra la nuca e l’inizio della schiena come per
schiacciarmi ancora
di più a lui ed arrivò la fame; pura e lussuriosa
che lo fece succhiare con
foga e passione, ed io sentendo la mia carne riempirgli la bocca gridai
dal piacere.
Si staccò all’improvviso allontanandosi appena e
mi guardò sconvolto, con le
labbra rosse e gonfie come le mie, entrambi con il petto che si alzava
ed
abbassava dalla foga.
“Non
arriverò vivo alla
fine...” sussurrò roco guardandomi e sorrisi
sconvolta annuendo, incapace di
parlare.
“Ma
non ci arriverai nemmeno
tu!” continuò, prima di avventarsi ancora su di me
e non sorrisi più.
Mi
alzò con possesso la
gonnellina di cotone che si andò ad arrotolare insieme alla
canottiera in vita
e s’inginocchiò guardandomi con la furia negli
occhi.
Prese
a baciarmi lento la
pancia, con una mano massaggiarmi il seno sinistro e con
l’altra la coscia
destra. Mi voleva tutta, così come io volevo lui ma due mani
non bastavano a
saziarci. Lo strinsi di più a me tirandogli ancora i capelli
e alle labbra si
sovrappose la lingua, bagnata calda a riempirmi l’ombelico
mandandomi scosse di
piacere. Leccò un fianco e strinse il capezzolo tra le dita
facendomi inarcare
e gemere e non seppi mai come, ma tutta la mia timidezza la mia paura
vennero
spazzate via dal piacere e dalla consapevolezza di Alessandro su di me.
Non era
sesso, era Amore ed era centomila volte più appagante e
totalizzante.
Unii
la mia mano alla sua che
stringeva il seno e mi chinai a baciargli quelle dita, quella pelle,
leccando
ed assaggiando con un senso di primitività che mi fece
perdere la testa.
Ringhiò
basso, al tocco della
mia lingua e mosse la sua mano destra dalla coscia alla vita,
abbassandomi con
possesso la canottiera e la gonna che caddero a terra senza resistenza
alcuna.
Rimasi nuda, coperta solo dall’intimo striminzito che amavo
indossare e quando
lo vide si fermò ancora, con la testa scattò
verso l’alto per guardarmi
malizioso e soddisfatto sotto al mio sguardo eccitato.
Prese
ad accarezzarmi le gambe
dalle caviglie fine al seno che strinse a coppa con entrambe le mani
per poi
scendere sulla pancia lento; arrivò al bordo delle mutandine
ed iniziò ad
accarezzarne i bordi senza invadere troppo quella parte di me che
invece
impazziva per essere toccata. Iniziai a respirare ancora più
veloce con le
gambe che iniziarono a tremarmi e il desiderio di lui diventare
più
insopportabile.
“Ale...”
sussurrai come una
preghiera e lo vidi sorridere guardandosi e leccandosi le labbra. Con
il dito
s’intrufolò appena sotto il tessuto ma senza
penetrarmi e gemetti di
frustrazione ed aspettativa.
“Non
ce la faccio più...”
boccheggiai in preda al calore bruciante.
“Se
pensi che ho aspettato
due anni per poterti assaggiare di nuovo...”
sussurrò roco e si avvicinò alla mia
intimità.
Con
la lingua prese a leccare
il bordo delle mutandine per poi trovare il mio centro e mordermi sopra
di
esse. Gemetti frustrata e mi abbassai sulle sue spalle.
“Basta
giocare” dichiarai in
preda alla pura e semplice follia. Lo spinsi a terra e mi misi a
cavalcioni su
di lui riempiendogli la bocca con la mia lingua e presi a muovermi e
strusciarmi annaspando in cerca di sollievo su di lui.
Lo
sentii sorridere sotto di
me e rispondere ai miei movimenti con altrettanta foga.
“Stronzo”
borbottai mordendogli
un labbro e succhiandolo dopo.
“Sei
stupenda” mi rispose e
ridemmo continuando a baciarci.
Con
le mani scesi a
togliergli i pantaloncini che vennero via con l’intimo stesso
e, visto che non
era premeditato, al contatto delle nostre intimità gememmo
entrambi sorpresi,
smettendo immediatamente di ridere e guardandoci seri negli occhi.
Nel
silenzio che scese
improvviso, ci immobilizzammo entrambi per un attimo, mi chinai piano a
baciarlo e lui rispose leccandomi il labbro e stringendomi i fianchi.
Allungai
una mano verso di
lui e lo strinsi fra le dita, caldo e duro, mentre Ale socchiuse gli
occhi
perso dal piacere; lo fissai con il desiderio di imprimere quel momento
e
quella sua espressione nel mia mente per sempre e sapevo sarebbe stato
così. Sollevandomi
appena con il bacino e mi tolsi le mutandine per poi avvicinarlo alla
mia
entrata.
“Cosa
credi di fare?” chiese
divertito e lo guardai confusa.
Mi
prese per i fianchi
facendomi scivolare sul suo petto rimanendo sdraiato.
“Devo
ancora assaggiarti come
si deve” mormorò roco, spalancandomi le gambe
davanti al suo viso.
Trattenni
il fiato sentendo
il suo respiro caldo sulle mie labbra
.
“Dio
se sapessi quante volte
ho sognato il tuo sapore”.
Roteai
gli occhi sentendo il
petto alzarsi veloce, stavo impazzando.
“Ale..”
gridai senza più
fiato e lui affondò in me, pienamente, totalmente facendo mi
gridare.
Leccò
profondo entrando ed
uscendo lento tanto da farmi morire e quando prese a succhiare caddi
sdraiata
senza forza allungando una mano tra i suoi capelli e stringendolo a me.
Affondava,
leccare, succhiava
così tanto da portarmi sul baratro in pochi attimi, respirai
veloce, con voce
spezzata, lo sentii prendermi le cosce ed allargarmi ed affondare
ancora
impazzito quanto me. Strinsi i capelli e lo spinsi dentro di me tanto
da
sentire male alle nocche. Ringhiò mordendomi
l’apice ed esplosi senza più aria
nei polmoni.
Tornò
a leccarmi lento e
dolce per darmi il tempo di respirare di nuovo ma io paradossalmente
volevo
sentirlo ancora e di più.
Mi
alzai fissando la bocca
bagnata ed il volto in preda alla lussuria e lo baciai in un misto di
sapori
che non fecero che eccitarci di più.
Mi
sedetti di nuovo a
cavalcioni e lo avvicinai alla mia carne calda trattenendo entrambi il
respiro;
lo vidi tornare a fissarmi proprio quando persa in lui, mi abbassai
lenta
prendendolo dentro di me ed il piacere ci fece spalancare gli occhi uno
nell’altra. Iniziammo a muoverci insieme seguendo un ritmo
naturale e lento,
spingendo sempre di più e volendone ancora ed ancora. Il
respiro accelerò ed
Ale si sollevò di scatto mettendosi seduto mentre io
continuavo ad accoglierlo
mai sazia.
Spinse
forte facendomi
sdraiare indietro sulle sue gambe ed il suo calore sembrava toccarmi
l’anima.
Si abbassò poi su di me succhiandomi il seno ed aumentando
il piacere che
saliva pian piano. Ero sconvolta, persa e volevo solo gridare, incapace
di
trattenere tutte quelle sensazioni quelle emozioni ed sentendo un
calore salire
dal basso mi rialzai di scatto tornando seduta su di lui. Gambe e
braccia ad
avvolgerci e la sua bocca che cercava la mia e trovandola affondava la
lingua
seguendo il ritmo delle sue spinte. Ero piena di lui.
Tremai,
vicina al culmine e
spinse più forte più affondo.
“Ti
amo” sussurrò sulle mie
labbra lo strinsi a me ancora più forte tremando.
“Ti..a..mo”
risposi e
all’ennesima spinta gridai, avvolta da un mare di luci e
sentendolo gridare con
me capii di essermi persa in lui...per sempre.
***************
Avevo
promesso un missing
rosso e beh questo è il meglio che sono riuscita a fare
perdonatemi se vi
aspettavate di più ma non sono capace a scrivere certe scene
e con questo
capitolo ho decisamente sofferto XD
Il
prossimo è l’Epilogo, lo
dico per chi non mi segue su fb e si è visto arrivare questo
missing così senza
senso. Non ve la prendete con me, mi hanno costretto ^_^
GRAZIE
a tutte voi che mi
avete seguito ed incoraggiato sino alla fine!!! GRAZIE DAVVERO!
Se
volete leggere
qualcos’altro di mio, ho iniziato una nuova e molto diversa
originale “L’Amore
non è Peccato” se vi va di darci
un’occhiata e dirmi che ne pensate
ne sarei felice :D
Un
abbraccio a tutte
Lela
|
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Capitolo 23 *** Epilogo ***
EPILOGO- FUGA
Epilogo
Fuga
Solo per
Noi
4
anni dopo
Il
tempo tornò ad essere dalla mia parte ed in un
certo senso, avanti a me. Era accaduto in quell'estate, la stessa che
aveva
portato con se le risposte alle mille domande che mi ero posta per
anni. Potrei
dire che tutto cambiò da allora, che la mia vita si mosse
verso la stessa
direzione in cui sarebbe andata prima che fuggissi ma...beh ho capito
con gli
anni che il destino segue il corso che ritiene più giusto
anche se a noi non
sembra così.
"See you in two weeks honey.
Have fun!" mi
salutò Brenda mentre uscivo dall'ufficio. Era mattina ed ero
passata a portare
degli articoli su cui avevo finito di lavorare la sera prima, certo
avrei
potuto mandarli via mail ma volevo farlo do persona ed anche salutare i
miei colleghi.
"Thanks darling, take care"
risposi abbracciandola
e scendendo subito dopo, le scale di corsa. Ero in ritardo e nervosa
per quello
che sarebbe accaduto di lì a poco, anche se l'idea di non
dover lavorare per
due settimane era decisamente entusiasmante.
L'aria fresca mi
colpì in viso e sentendo leggerissime
gocce d'acqua bagnarmi la pelle, sorrisi; quella mattina il sole era
spuntato e
scomparso già diverse volte ma dopotutto era normale, ero a
Londra.
Sulla
metro mi ritrovai a pensare ancora a quell’estate,
senza un reale motivo in realtà ma a distanza di quattro
anni, le scene, i
pianti, i sorrisi di quei giorni tornarono ad affollarmi la mente. Ed
era
strano come per tutti noi, la vita avesse preso strade diverse da
quelle che ci
aspettavamo.
Al
risveglio, per esempio, ricordai con quanto
silenzio facemmo tutti colazione, guardandoci l’un
l’altro ma senza parlare.
Due telefonate importanti, infatti, spezzarono la magia creatasi in
quella
vacanza.
Il sole
mi riscaldava la pelle e qualcosa o meglio
qualcuno stretto al mio corpo, mi teneva con un bisogno talmente forte
che
faticai a dimenticare con gli anni. Era possesso ed amore, nel senso
più puro e
semplice del termine ed anche se erano due concezioni opposte, a me
risultavano
illogicamente perfette... come lo era tutto tra me ed Ale ma era giusto
così, il
senso eravamo Noi.
Era
giusto quel possesso, era giusta la disperazione e
la liberazione con cui i nostri corpi e le nostre anime si erano
finalmente
amati. Era giusto stare lì, in quel letto con il sole caldo
sulla pelle e gli
occhi aperti... ancora a sognare una vita diversa, solo per noi.
“Sei
sveglio?” sussurrai appena e lo sentii annuire
piano respirando tra i miei capelli. Mi voltai lentamente verso di lui
e lo
trovai con gli occhi che brillavano su di me, le labbra rosse e morbide
piegate
in un sorriso dolcissimo mentre con la mano si teneva la testa e con
l’altra
giocava con i miei capelli.
“Hai
dormito?” chiesi piano e lo vidi muovere appena
la testa in segno di diniego mentre il sorriso si allargava ad
illuminargli
tutto il viso e non potei non sorridere con lui. Era felice il mio Ale.
Io ero
felice. Eravamo vergognosamente felici, insieme, per la prima volta
nella
nostra vita.
E
quando la sua mano lasciò i miei capelli e piano
andò a disegnare il contorno delle mie labbra, fu istintivo
perdermi ancora nei
suoi occhi, fu istintivo, socchiudere le labbra sulle sue dite per
saggiarne il
calore, fu naturale spingermi verso le sue per reclamarle e farle mie
ma Ale mi
fermò.
Le sue
dite si posarono sulle mie labbra per
trattenere quel bacio ancora un attimo.
“E’
così che deve essere” disse serio, quasi sconvolto
mentre continuava a fissarmi negli occhi. Mi allontanai
impercettibilmente per
parlare ma lui mi strinse ancora.
“E’
così che voglio svegliarmi ogni mattina”
sussurrò
sulle mie labbra per poi baciarmi con tutto il bisogno che sembrava non
saziarsi mai.
E fummo
ancora una sola persona, persi l’uno
nell’altra finché il mio telefono non
squillò ed Ale si alzò per prenderlo; era
Brian.
Il
comandante di Stefano lo chiamò quella mattina, al
rientro a Roma sarebbe dovuto partire e così fece.
Non
ci fu un attimo in cui diede l’impressione di aver
cambiato idea, anzi, era davvero motivato a fare il suo dovere e
nessuno di noi
riuscì a dirgli nulla. Lo accompagnammo alla base, ci
abbracciammo tutti in
silenzio in una muta preghiera di rivederlo presto e lo lasciammo alla
sua
vita, a quello che aveva scelto.
Così
doveva andare e così andò.
Ancora
oggi se ripenso a quel momento sento una
stretta al cuore, ricordo di aver pensato quanto in realtà
le vite di ognuno
siano legate l’un l’altra, nessuno vive senza che
le sue azioni o la sua
semplice esistenza, possa influire su quella di un altro.
Le
nostre, almeno, vennero decisamente scosse da
Stefano e dalle sue scelte e così come noi, anche il
Parà che salvò dopo dieci
giorni di marcia nel deserto.
Lo
stesso Parà che sposò due anni dopo; una
bellissima
ragazza, Serena, che venne accolta nelle nostre vite con immensa gioia.
Sorrisi
ricordando il giorno del loro matrimonio e la
festa hawaiana organizzata per lui da Davide e scossi la testa
incredula,
quando il mio telefono vibrò; - Vestito
e
scarpe pronti da me, vedi di muovere il tuo sederino e non fare tardi,
Gaia-
.
Tardi,
già!
Scattai
in piedi riconoscendo la fermata e continuai
la mia corsa verso casa.
Erano
circa le nove e trenta del mattino e davanti al
cancello di casa trovai una donna in pigiama con una valigia al suo
fianco ed
un taxi fermo.
“Scusa
scusa scusa” urlai dal marciapiede opposto.
Vidi
Terry sorridere e scuotere la testa.
“Sbrigati
tra un ora parte l’aereo, il check- in è
stato già fatto.” Disse abbracciandomi.
“Grazie
davvero!”
“Non
ringraziare me, ho solo portato giù la valigia ma
dì a Brian che se si azzarda a svegliarmi presto dopo il mio
turno di notte all’ospedale
sarà peggio per lui!” scoppiai a ridere e mi
avvicinai al taxi.
“Dai
povero non è colpa sua ho dimenticato le chiavi e
solo tu potevi aprirmi. Ci vediamo fra due settimane ok?”.
La
vidi sbadigliare sorridendo.
“Divertitevi
e riporta intero il tuo uomo eh?”.
Salii
sul taxi e tirai un sospiro di sollievo. Forse
avrei fatto in tempo, forse!
Dlin
Dlon
-I signori
passeggeri sono pregati di allacciare le cinture, la fase di decollo
è
iniziata-
“Mi
scusi è libero quel posto?” chiese un uomo in
giacca e cravatta.
“Si,
si prego” risposi guardandolo ed arrossii appena per come
sembrasse mangiarmi
con gli occhi.
Mi
voltai quindi, leggermente infastidita, mettendomi comoda sul sedile ed
ascoltando una canzone dei Dire Straits che aveva sempre la
capacità di
rilassarmi.
Soltanto
pochi minuti dopo però sentii qualcuno scuotermi appena il
braccio.
“Scusi
ancora ma...le è caduto il portafoglio dalla
borsa” disse l’uomo porgendomelo.
Mi
alzai appena e sorrisi.
“Grazie
non me ne ero accorta”.
“E’
suo figlio?” chiese di getto guardando la foto del piccolo
Andrea che
fuoriusciva da una tasca.
Alzai
gli occhi a scrutarlo e lui sorrise imbarazzato.
“Scusi
ancora, sono troppo curioso per natura”.
Annuii
a richiusi il portafoglio.
“E’
il mio figlioccio.” Risposi educata, lo vidi guardarmi ancora
come avesse l’intenzione
di chiedermi altro ma evidentemente esitò.
“Bel
bambino” aggiunse poco dopo e si voltò iniziando a
leggere il giornale.
Annuii
appena in risposta e tornai a guardare la foto.
Il
piccolo Andrea arrivò nelle nostre vite come un mini
tornado, il quindici
settembre di quattro anni prima. Davide era letteralmente impazzito e
non
riusciva a calmarsi in nessun modo durante il travaglio, tanto che i
dottori dovettero
aggiungere una poltrona per farlo stare vicino ad Ilaria. Dopo
esattamente
ventitré ore, la peste venne fuori tra urla e pianti e
Davide finalmente svenne.
Dire
che Andrea fosse l’esatta copia di Davide era dire poco, era
infatti, la sua miniatura
perfetta in tutto e per tutto e noi scoppiavamo a ridere ogni volta che
Ilaria
sbuffava alzando gli occhi al cielo dicendo “non me ne
bastava uno!”
Ovviamente
essendo il più piccolo del gruppo era anche il
più coccolato da tutti gli zii e
questo non faceva che aumentare la sua furbizia; sapeva come ottenere
quello
che voleva e ci riusciva sempre.
Sorrisi
e chiusi gli occhi cercando di dormire un po’.
Avevo
lavorato molto in quelle ultime settimane ma ero davvero soddisfatta di
aver
concluso i miei articoli ed esserli riuscita a consegnare in tempo;
anche se
questo aveva voluto dire, tornare a Roma all’ultimo momento,
passare a casa,
cambiarmi ed essere pronta per le diciotto di quella sera. Senza
dimenticare il
“dover parlare” con una certa persona!
Sospirai
cercando di calmarmi e concentrarmi sulle note della canzone che
fortunatamente
aiutò...
“Dimmi che vuoi
fare!” Mi urlò Ale mentre cercavo di
coprirmi con il lenzuolo.
“Io...io, non lo so
è che è successo tutto di
fretta...”
“Allora dimmi se ci sei
andata a letto!” Continuò vestendosi
in fretta.
Mi alzai di scatto incurante che
fossi mezza nuda.
“Senti smettila e fammi
parlare perché questa tua
reazione non ha senso...”
Mi avvicinai cercando di calmarlo
ma lui s’infuriò di
fronte alle mie parole.
“Non ha senso? Voglio
sapere se ti sei scopata questo
Brian oppure no!”
Rimasi scioccata dalla sua reazione
e sentii la rabbia
salire.
“Ma ti senti come parli?
Stai dimenticando un piccolo
dettaglio, io ho una vita lì, ho un lavoro, ci ho vissuto
per gli ultimi due
anni ed ora non posso fregarmene e dimenticare tutto...Noi dobbiamo
parlarne
perché io non voglio buttare all’aria la vita che
ho costruito lì e tu, se
vuoi, potresti...”
“Ci. Hai. Scopato o no ?
Dillo! E’ una semplice
parola!” urlò impazzito venendomi incontro.
“Si! Ci ho scopato, sei
contento ?” urlai in risposta ma
non ebbi il tempo di fare o dire nulla perché si
lanciò su di me...
“Cosa?
Chiesi confusa di fronte la domanda dell’uomo al mio fianco
“Dicevo...vuole
qualcosa da bere? Stanno passando le bevande”.
Annuii
ridestandomi svelta.
“Si,
una bottiglietta d’acqua per favore”.
Controllai
l’orario e mi accorsi di essere quasi arrivati.
“Stiamo
volando su Roma a breve ci faranno allacciare le cinture”
disse offrendomi da
bere.
Annuii
e mi voltai a guardare dal finestrino la mia città. Il sole
splendeva e l’acqua
del mare in lontananza sembrava una lastra d’oro.
“Contenta
di tornare ?” chiese l’uomo curioso
Sorrisi
annuendo per poi sorseggiare l’acqua.
“Sono
sempre felice di tornare a casa”.
Tacchi.
Odiosi
Tacchi che avevo dovuto indossare quella mattina per
l’ufficio ora mi stavano
facendo un male cane. Presi il mio trolley e mi diressi verso
l’uscita quando
il telefono squillò.
“Dimmi
che sei arrivata” Urlò Gaia agitata.
“Sono
arrivata” risposi affannata mentre stavo praticamente
correndo verso le porte
automatiche.
“Perché
sei agitata?” mi chiese all’improvviso e rallentai
di riflesso confusa.
“Non
sono agitata sto correndo per uscire dall’aeroporto, anzi
dimmi dove sei che
facciamo prima” chiesi fermandomi e cercandola con lo sguardo.
“No
sei agitata e sappiamo entrambe il perché; devi parlare con
qualcuno o
sbaglio?” chiese Gaia improvvisamente calma.
Sbuffai
e mi fermai di colpo.
“Ti
rendi conto che stiamo facendo questa conversazione mentre ti cerco
nell’aeroporto?” e accorgendomi di stare urlando
abbassai subito la voce
sull’ultima parola.
“Pronto?”
chiesi ma guardando il cellulare vidi che era spento. Perfetto mi si
era
scaricata la batteria.
Sbattei
i piedi a terra frustata avrei fatto proprio tardi. Bene.
Perciò
arresa al mio destino, mi diressi verso l’uscita sperando di
trovare Gaia o al
massimo provare a chiamarla da un telefono pubblico.
Tacchi,
odiosi tacchi bellissimi ma scomodi, mi fecero inciampare sui miei
piedi
improvvisamente ed andare a sbattere contro qualcuno.
“Mi
scusi, sono inciam...e Lei?”
“Già
io, tutto bene ? Posso aiutarla?” chiese l’uomo che
era stato al mio fianco
sull’aereo e pensai di approfittarne e chiedere un cellulare
ma..
“E’
scesa dall’aereo così di corsa che beh mi
piacerebbe offrirle qualcosa” mi
interruppe e quando mi fui ricomposta e capito il senso delle sue
parole la mia
testa scattò in alto. L’uomo mi guardava malizioso
ed indietreggiai
istintivamente.
“Forse non ti
è chiara una cosa” disse Ale furioso ma
serio.
“Nessuno potrà
più toccarti, guardarti o respirarti”
Mi prese il volto fra le mani, forte come fossi un tesoro.
“Sei mia. Sei sempre
stata mia. E non esisterà può
nessun altro uomo per te” soffiò forte sulla mia
labbra e tremai sentendo il
cuore esplodermi nel petto. Afferrò piano il labbro
inferiore e lo morse appena
per poi strofinare con la lingua le sue labbra sulle mie.
“Non ne sarai nemmeno
attratta” colpì con la lingua il
labbro superiore tenendomi sempre stretta a se, questa volta mozzandomi
l’aria
come una piccola punizione.
Il
ricordo si affievolì ed il volto dell’uomo
tornò di fronte a me. Era
oggettivamente un bell’uomo ma io non me ne ero minimamente
accorta ed al
ricordo delle parole di Ale, scoppiai a ridere e scossi la testa.
“Mi
perdoni ma non posso grazie”.
Presi
la valigia e mi sentii osservata, voltai lo sguardo sulla destra ed
appoggiato
al muro vicino l’uscita, Ale mi guardava con le mani in tasca
ed un sorriso
furbo sulle labbra ed io corsi. Da lui.
“Non lo vorrai
perché ci sarò io” si fece spazio nella
mia bocca ed io reagii come creta tra le sue mani “Solo io.
Ci saremo solo Noi”
.
Approfondì il bacio e mi
aggrappai alle sue spalle
mentre lui mi spinse contro il muro come per reclamare quel corpo,
oltre al
cuore, che non sarebbe dovuto essere di nessun altro.
***************
“...
e mi ha fatto anche i complimenti per come ho gestito tutto, credo sia
rimasto
davvero soddisfatto dal mio lavoro. Ah! sono passata nel tuo ufficio
ieri e
Mike ti saluta dice che deve ancora rifarsi dell’ultima
partita e che se
riuscite ad organizzare appena torneremo a casa, lui...” mi
fermai di botto
notando come Ale fosse fermo a guardarmi senza parlare.
“Perché
mi guardi così ?” chiesi divertita e di riflesso
mi guardai intorno. Eravamo
fermi davanti casa di Gaia. “Aspetta ma siamo
arrivati?” continuai veloce ed lo
sentii ridere sereno.
“Non
volevo interromperti e poi mi piace molto” disse allungando
una mano nella mia
e giocando con le dita.
“Cosa?”
“La
tua voce” rispose semplice e si avvicinò a
baciarmi.
Se
c’era una cosa a cui non mi ero abituata erano le carezze ed
i baci di Ale;
ogni volta mi perdevo nel suo profumo o nel semplice stare abbracciati
e sia il
calore della sua pelle sia le sue azioni mi facevano sentire completa
ed a
casa.
“Mi
sei mancata”
“Anche
tu. E’ stata una lunga settimana” commentai
sorridendo sulla sua bocca.
“Si,
non facciamolo mai più” borbottò ma
fummo interrotti da un frastuono tremendo
chiamato Gaia.
“Smettetela
di sbaciucchiarvi ed andate a prepararvi.” Ci urlò
fuori dal finestrino.
In
casa regnava il caos, Gaia era completamente euforica e correva da una
stanza
all’altra spostando oggetti, vestiti, scarpe.
“Eccola
qui l’inglesina, per fortuna sei arrivata altrimenti sarei
impazzito” mi salutò
Riccardo uscendo dalla camera con una pila di vestiti e cianfrusaglie
varie.
Guardai
Alessandro mentre si toglieva la giacca e sorrisi.
“Ma
che le prende? Sembra che si debba sposare!” commentai
togliendomi le scarpe.
Odiosi tacchi.
“Già
fatto cara o non ricordi nemmeno di avermi fatto da
testimone?” urlò dalla
camera. E scoppiai a ridere.
Gaia
e Riccardo dopo quell’estate andarono a vivere insieme
praticamente subito, lei
che aveva accettato quel lavoro come supplente si era dovuta trasferire
per
alcuni mesi ma quando tornò Riccardo non aspettò
altro tempo e dopo un anno si
sposarono.
Ovviamente
la loro fu una cerimonia molto romantica e tutti noi non riuscimmo a
non
piangere, persino Ale aveva gli occhi lucidi anche se continuava a dire
fosse
l’allergia al polline! Inoltre non avevamo smesso un attimo
di guardarci per
tutta la cerimonia e anche se per noi era decisamente presto, cedetti
alla
voglia di sognare un po’ ed immaginarmi anch’io con
un vestito bianco.
“Michy
puoi cambiarti in camera mia e farti una doccia se ti va,
però devi fare in
fretta ci aspettano tutti lì” Disse Gaia
portandomi un asciugamano.
“Anche
Stefano e Serena?”
“Si,
sono riusciti a venire”
Annuii
e mi voltai verso Ale.
“Io
vado a casa a controllare le ultime cose, mi cambio e passo a
prenderti” disse
baciandomi dolcemente ed a lungo tanto che sentimmo un colpo di tosse
fastidioso.
“Ok
vengo, ma qualcuno sa dirmi perché non sono potuta passare a
casa mia?”
“E’
rotta la caldaia”
“E’
rotto il bagno”
“La
cucina” dissero in coro e li guardai confusa.
“Si
beh, si è rotto qualcosa non ho capito bene ma ho promesso a
tua madre che
domani sarei andato a controllare” concluse Ale e anche se mi
sembrò strano
annuii dirigendomi in bagno.
“Va
bene, faccio presto allora e dà un bacio a Mirko da parte
mia. A proposito,
grazie per aver chiamato Brian mi ero dimenticata le chiavi e Terry non
mi
rispondeva” sorrisi e lui annuì.
“L’importante
è che sei qui!”
“Non
potevo non esserci Amore mio” risposi baciandolo ancora.
Quando
le luci del teatro si abbassarono, il silenzio regnò,
lasciando crescere
quell’emozione e quell’orgoglio totale che lessi
sia negli occhi di Ale, che in
quelli di Gaia e di tutti noi. Io stessa, mi resi conto di trattenere
il
respiro e dalla prima nota che vibrò forte sino
all’ultima, strinsi forte la
mano di Ale che al mio fianco sorrideva felice. Cercai più
volte di mettere a
fuoco l’immagine davanti ai miei occhi scacciando quelle
lacrime di gioia e
commozione; quel giovane ragazzo che aveva ricevuto uno dei doni
più belli, ora
stava incantando tutti nel suo primo concerto. Mentre il padre, seduto
ai primi
posti vicino a noi cercava di mantenere la posa austera che lo aveva da
sempre
caratterizzato ma il suo sforzo fu vano. All’apice di quella
musica celestiale
scoppiò a piangere come un bambino ed io percepii come una
piccola bolla
rompersi, come se quello che lo avvolgeva avesse finalmente ceduto il
posto a
quell’amore totale che sarebbe sempre dovuto essere
lì. Il sogno di Mirko si
era avverato grazie alla sua tenacia, agli sforzi del fratello, al suo
appoggio
continuo e al suo amore incondizionato.
E
di riflesso, in quegli occhi verdi, che da sempre accompagnavano i miei
passi,
vidi realizzarsi anche il sogno di Alessandro.
“Va bene allora dobbiamo
decidere. Pareti gialline o
celesti?” chiesi raccogliendomi i capelli.
“Guarda che dobbiamo
ridipingere il salone non un
bagno!” Rise Ale al mio fianco mentre sistemava i giornali a
terra.
“Farò finta di
non aver sentito. Braian vieni qui!”
Urlai fuori la porta verso le scale del condominio, quando una testa
bionda e
spettinata si mosse verso l’ingresso di casa mia.
“Che ho fatto
adesso?” chiese sbadigliando.
Gli andai incontro brandendo un
pennello.
“Ti ricordi il nostro
primo appartamento che dividevamo
con Terry? Le pareti erano gialline o celesti chiare? Non me lo
ricordo.”
Lo vidi scoppiare a ridere e
scuotere la testa.
“Non lo so ma se vuoi
posso dirti com’era il divano e
quante notti di sesso selvaggio ha visto!”
Sentii Ale borbottare e venirmi
incontro in un lampo.
“Senti Braian, eviterei
di unire la parola “sesso e selvaggio”
davanti alla mia ragazza, sai com’è! E’
già tanto che ti sopporto come vicino
di casa senza contare di evitare di pensare a....capito no....voi
che...”.
Trattenni un sorriso davanti
all’espressione confusa
di Braian ed indietreggiai appena, voltando le spalle ai due.
“Are you crazy
man?” borbottò Braian “di cosa stai
parlando?”
Vidi Alessandro voltarsi a
guardarmi e poi sbuffare
pesantemente.
“Su dai, tanto lo so ma
sappi che devi eliminare ogni
immagine della mia donna dal tuo cervello.”
Braian scoppiò in un
fragorosa risata, mentre alzava
le mani in segno di resa.
“Ti giuro che se lo
avessi fatto me lo ricorderei. Ma
la signorina qui, si è fatta desiderare da tutti senza mai
cedere a nessuno!”
Disse ridendo mentre Ale si
girò di scatto verso di me
e non resistetti, scoppiai a ridere iniziando a correre per tutta la
casa.
“Piccola
bugiarda!” mi urlò rincorrendomi.
“Una donna deve giocarsi
le sue carte” urlai scappando
per le stanze, riempiendo di risate, magia ed amore quel piccolo nido
solo per
noi.
Il
concerto era stato bellissimo ed anche la cena che ne era seguita.
Guardai
tutti seduti allo stesso tavolo, tra risate, amore e gioia e ripensai a
quella
cena di quattro anni prima, quando guardando i miei amici sorridere fui
felice
di sentirmi nuovamente parte di loro.
Quella
sera, avevamo finalmente raggiunto le nostre vite nel momento in cui
dovevano
essere; perché era lì, era seduta affianco ad Ale
con Gaia che rideva, mentre
Riccardo le accarezzava le spalle, Stefano che raccontava
l’ultima avventura,
Davide che costruiva mostri con le molliche del pane e poi ci giocava
con
Andrea sotto lo sguardo tenero di Ilaria. Era lì che dovevo
essere, con Matteo
che arrossiva ad ogni complimento e non faceva che prendersi in giro
con Ale
che invece non la smetteva di dire : “il mio
fratellino!”
Con
i miei genitori, lì al tavolo seduti insieme ai genitori di
Gaia; era lì che
dovevamo essere tutti noi.
Mio
padre si era deciso finalmente ad andare in pensione e da allora tutti
i fine
settimana partivano per qualche città
d’Italia.Vennero anche a Londra
ovviamente e fui così orgogliosa di mostrargli
l’appartamento che dividevo con
Ale ed il suo ufficio nella City; grazie ad un collega di Roma lo aveva
potuto
aprire occupandosi delle pratiche europee tra l’Italia e
l’Inghilterra.
E
poi c’ero io, come sempre silenziosa, a guardare gli altri
sorridere davanti a
me sentendo la stessa gioia anche sulla mia pelle. Ero riuscita a
trovare un
piccolo lavoro come giornalista, in una rivista di Londra, ovviamente
la strada
era ancora molta da fare ma dedicavo comunque il mio tempo libero ad
alcuni studenti,
facendo ripetizioni o passando le mie domeniche con Ale, Terry, Braian
ed altri
amici.
Ero
felice.
Era
una vita semplice, fatta di giornate comuni ma tutto intorno a me aveva
cambiato colore.
Alessandro
era con me e non passava giorno che ricordassi a me stessa, quanto la
paura del
cambiamento, di una realtà diversa, paura di non essere
accettati, di non
sentirsi all’altezza oppure semplicemente la paura di essere
amati...quanto
tutto questo, ci avesse ostacolato dall’essere....felici.
Semplicemente
felici, solo per Noi.
La
macchina si fermò e riaprii appena gli occhi capendo di
essermi addormentata.
“Ben
svegliata dormigliona” sussurrò Ale al mio
orecchio baciandomi piano la
guancia.
“Scusami
sono crollata, siamo arrivati? ” chiesi sbadigliando.
Lo
vidi annuire con gli occhi che brillavano.
“Perché
mi guardi così?” sussurrai sorridendo.
“Non
so, sei più bella del solito” rispose semplice
baciandomi le labbra ed io sospirai
felice di poterlo sentire vicino a me e potergli parlare.
“Mi
fai un favore?” chiese piano.
Annuii
e lo vidi prendere una benda scura.
“Chiudi
gli occhi”
“Che
vuoi fare?”
“Chiudi
gli occhi e basta, c’è una piccola
sorpresa”
Sbuffai
sorridendo e li chiusi, provai a sbirciare ovviamente ma non
funzionò. Non
vedevo niente.
Sentii
il suo sportello aprirsi e richiudersi e subito dopo anche il mio venne
aperto.
“Scendi
piano, ti tengo io” disse calmo e lo seguii.
La
notte era silenziosa e sentii solo il rumore dei nostri passi e
l’eco di
respiri appena accelerati. Non sapevo sinceramente cosa aspettarmi ma
riuscii a
trattenere la curiosità mossa anche dall’ansia di
ciò che dovevo dirgli che mi
aveva accompagnato per tutto il giorno.
Una
porta si aprì ed entrammo ma appena varcai la soglia un
profumo dolce e
famigliare mi colpì.
“Dove
siamo?” chiesi sussurrando leggermente intimorita dal
silenzio che continuava
ad avvolgerci.
Mi
tolse la giacca senza parlare e si abbassò ad accarezzarmi
le gambe
procurandomi brividi in tutto il corpo per poi togliermi le scarpe
lentamente.
“Così
stai più comoda” disse con un sorriso nella voce.
“Grazie”
risi anch’io dolcemente.
Sentii
altri fruscii ed intuii che anche lui si stesse mettendo comodo.
“Allora
mi dici dove siamo?” chiesi emozionata per
l’energia che sentivo crescere ma in
risposta mi baciò appena le labbra prendendomi poi per mano
e spingendomi a
seguirlo.
Si
aprì una porta e l’odore cambiò ma
rimase lo stesso famigliare.
Si
fermò accarezzandomi le braccia e stringendomi la vita da
dietro.
“Sai...è
un po’ che ci pensavo” sussurrò
baciandomi il collo di lato.
“A
cosa?” gracchiai emozionata.
Mi
spinse leggermente e mi mossi fino a toccare con le gambe una
superficie
morbida. Mi fece sedere lentamente e riconobbi la consistenza di un
letto sotto
di me.
“Ho
pensato a tante cose in realtà, a questi ultimi anni
insieme, alla nostra
storia e a dove siamo arrivati...” sussurrò
accarezzandomi le braccia.
“E
volevo fare qualcosa di speciale per farti capire quanto io ti
ami.”
Sorrisi
sentendo il battito del mio cuore accelerare sempre di più.
“Ti
amo anch’io” dissi veloce incapace di trattenermi e
lo sentii sogghignare
appena per poi chinarsi a baciarmi i palmi delle mani.
“Ho
pensato a qualcosa di grande, come portarti sul London Eye di notte o
sul
Tamigi e restare svegli ad aspettare l’alba
insieme...”
“Ma
non siamo sul London Eye” commentai piano.
“No,
non siamo sul London Eye” rispose serio.
E
fu silenzio.
Il
cuore accelerò inconsapevole di cosa stesse accadendo e
percependo le mani di
Alessandro tremare sulle mie.
“Ho
pensato...che non sarebbe stato da Noi. Ho pensato...che
l’unico posto al mondo
dove mi sia mai sentito al sicuro e completo fosse con te. Ovunque ma
con
te...ma... ce n’è uno...un luogo, che è
sempre stato solo nostro e che sarebbe
stato perfetto per Noi.”
Sussurrò
con la voce incrinata per poi allungare le mani verso il mio viso e
togliere la
benda che mi copriva gli occhi.
Non
li aprii subito e continuai a respirare sempre più veloce.
“Apri
gli occhi amore mio” disse Ale baciandomi una guancia.
Una
luce tenue e calda mi avvolse, mi voltai a guardare dove fossi ed
iniziai a
piangere.
Centinai
di piccole candele bianche illuminavano la mia stanza ed il volto di
Ale
inginocchiato di fronte a me.
“Quattro
anni fa ti ho detto che avrei voluto svegliarmi con te ogni mattina.
Oggi
voglio svegliarmi con te per il resto della mia vita, perché
se sei con me, non
smetterò mai di sognare.”
Con il senno
di poi è facile individuare i momenti in cui la tua vita ha
preso svolte diverse
e sembra quasi buffo pensare a quanto noi tutti sembriamo remare contro
una
corrente od una direzione che non vogliamo ma che poi inevitabilmente
accade
qualcosa che ti costringe a seguirla. Sempre o quasi.
Le
lacrime scesero ininterrotte, bagnando le labbra piegate in un sorriso.
“Sposami
Pulce.” Disse tremando come se io avessi potuto avere anche
un minimo dubbio
sulla mia risposta, di certo però non fu quella che si
aspettava.
Il
cuore esplose nel petto e la gioia più forte che avessi mai
provato mi colmò.
“Sono
incinta!”
Fine
**********************
(Scusate
gli errori ma non è stata betata e visto che
vi avevo già fatto aspettare molto ho voluto pubblicare
subito)
Ed eccoci qua.
Alessandro e Michy hanno avuto il loro lieto fine ma
c’è da dire che se lo sono
sudato!
Questa
è stata la mia prima storia su efp e mi ha
accompagnato per circa nove mesi, sarà quindi davvero
difficile lasciarli
andare del tutto e forse non lo farò mai davvero.
Vi
ringrazio con tutto il cuore per le bellissime
parole che mi avete regalato in questi mesi e per tutte le persone che
mi hanno
sempre incoraggiato a scrivere!
GRAZIE
DAVVERO.
Se
volete ancora leggere qualcosa di mio, ho iniziato
una nuova storia molto diversa da Fuga ma spero possa piacervi
ugualmente sì
intitola “L’Amore non è
Peccato”
Un
abbraccio
Lela
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