Fuga

di Lela White
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ricordi ***
Capitolo 2: *** Appuntamento ***
Capitolo 3: *** Ritorno ***
Capitolo 4: *** Lacrime ***
Capitolo 5: *** Da quel giorno...(parte 1) ***
Capitolo 6: *** Da quel giorno...(parte 2) ***
Capitolo 7: *** Ridere ***
Capitolo 8: *** Camicia ***
Capitolo 9: *** Festa ***
Capitolo 10: *** Domande ***
Capitolo 11: *** "Ciao" ***
Capitolo 12: *** Destino ***
Capitolo 13: *** Circeo ***
Capitolo 14: *** Raccontarsi ***
Capitolo 15: *** Toccarsi ***
Capitolo 16: *** Vedersi ***
Capitolo 17: *** Amarsi ***
Capitolo 18: *** Perdersi o Trovarsi (prima parte) ***
Capitolo 19: *** Perdersi o Trovarsi (seconda parte) ***
Capitolo 20: *** Fine di un'Amicizia ***
Capitolo 21: *** "Da quel giorno... Ale" ***
Capitolo 22: *** Missing moment (rosè) ***
Capitolo 23: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Ricordi ***



FUGA- cap 1-betato

FUGA

CAPITOLO 1

Ricordi

Betato da nes_sie




10 MAGGIO 2010



Ricordo ancora lo squillo del mio cellulare, nel bel mezzo della mia domenica mattina, e la sensazione di voler uccidere chiunque fosse dall’altra parte del telefono. Ero talmente stanca che non riuscivo ad aprire gli occhi e la mia mente si rifiutava di comandare al mio corpo una semplice, innocua, azione: rispondere.

Drin drin drin.


Sospirai e, continuando ad avere gli occhi chiusi, presi il telefono e risposi senza nemmeno vedere chi fosse.

“Pronto?”, gracchiai.

“Tesoro,
ma stavi dormendo?”, rispose la voce della donna che chiamava sempre nei momenti meno opportuni.

“Sì,
mamma, e ancora non ho aperto gli occhi. Perciò, ti prego, dimmi che è importante altrimenti ci risentiamo dopo…”, sbadigliai.

Mia madre era solita chiamarmi circa cinque volte al giorno, e il fatto che vivessi dalla parte opposta dell’Europa non sembrava toccarla minimamente. Spendeva più soldi in ricariche telefoniche che nella spesa di tutti i giorni, perciò sentirmi chiamare la domenica mattina non era una novità.
Rimaneva il fatto, però, che avendo lavorato fino a tardi la sera prima, la stanchezza aveva annullato gran parte della mia capacità di sopportazione.

“Tesoro mi dispiace, solo che... vedi…” Mia madre senza parole?

“Mamma, cosa c’è?”, chiesi con voce decisamente più sveglia.

“Non c’è bisogno che ti spaventi, è andato tutto per il meglio solo che, beh, tuo padre non si è sentito bene.”

A quel punto fui totalmente sveglia. Spostai il cuscino dalla mia faccia e mi alzai a sedere.

“Cosa è successo?”, chiesi allarmata.

“Tesoro non spaventarti, ma tuo padre ha avuto un principio di infarto. Ora è in ospedale ma è tutto passato, davvero. Ti ho chiamato perché lui voleva salutarti. Sai, si era un po’ spaventato e…”

Mia madre aveva parlato così velocemente, che a stento riuscii a capire le parole "infarto" e "ospedale".


Cercai di mantenere la calma e capire meglio cosa fosse accaduto.

“Passamelo”, sussurrai.

Sentii un fruscio in sottofondo e subito dopo la voce dell’uomo più importante della mia vita.

“Vita mia”, gracchiò.

“Papà, come ti senti?”, chiesi, cercando di non far tremare la voce.

“Meglio, ci siamo solo spaventati, però…”

“Dimmi papà, cosa c’è? Hai bisogno di qualcosa?”, chiesi in ansia.

“Sì. Torna a casa, bambina mia…”

Trattenni il respiro, incrociando il riflesso del mio sguardo nello specchio di fronte al letto, e solo allora mi accorsi della lacrima che mi solcava il viso.
Sì.
Dovevo tornare a casa.


*************************



“Allora, hai preso tutto?”, chiese
Terry, la mia coinquilina.

“Credo di sì, ma non so bene quanto resterò, e poi… spero solo che i vestiti mi bastino e che… oh.” Sospirai, prendendomi la testa tra le mani.

“Sei sicura di voler tornare ? ”, chiese. Lei conosceva bene il mio stato d’animo.

“Mio padre ha bisogno di me. La mia famiglia ha bisogno di me, perciò devo farmi forza. Dopo due anni, è ora che torni a casa, solo che… beh, ho paura.” Ammisi con un sussurro.

My Darling, non sei la stessa persona che ho visto davanti la mia porta due anni fa, non sei più quel pulcino spaventato che piangeva tutte le notti. Stai tornando a casa come una donna diversa e se ne accorgeranno tutti. Pensa alla tua famiglia e torna presto da me. Nel frattempo, io mi occuperò delle tue bellissime piante.” Sorrise contagiando anche me.

“Grazie.”



Il volo Londra-Roma sarebbe durato poco più di un paio d’ore. Solo due semplici ore mi separavano da quella che era stata la mia vita, fino a due anni prima. Dall’inverno che decisi di lasciare tutto e tutti, compresa la mia famiglia.

Mia madre e mio padre sapevano il perché della mia decisione e non mi ostacolarono in nessun modo. Forse, in cuor loro, credevano che questa mia “fuga” sarebbe stato solo uno svago di sei mesi, “Solo per imparare la lingua”, dicevo loro. Ma quando i sei mesi divennero un anno e poi uno e mezzo e infine due senza dar segno di cedimento, anche loro iniziarono a perdere la speranza che ritornassi.

Erano venuti due volte a trovarmi, non di più, perché ero stata io a non permetterglielo. La scusa ufficiale era che dovevo lavorare. La motivazione vera era che mi mancavano tremendamente e non potevo sopportare di salutarli quando sarebbero dovuti ritornare indietro, perciò preferivo resistere e non vederli. Per Natale o festività varie, poi, era una vera e propria lotta con mia madre che mi chiedeva di tornare per qualche giorno di vacanza; fortunatamente ero sempre riuscita a trovare una scusa per posticipare ad “un altra volta”, che in realtà non era mai arrivata. Almeno fino a quel momento. Sentire la voce emozionata di mio padre che mi chiedeva di tornare da lui, era stato uno dei momenti più commuoventi della mia vita. Lessi tra le righe,
il bisogno disperato che aveva di rivedere sua figlia. Lessi la paura che aveva avuto di morire, senza che fossi stata lì con lui. Lessi il suo bisogno e il suo amore che mai mi avevano lasciato in quegli anni. Lessi tutto ciò, e non potei non raggiungerlo, anche se forse questo avrebbe compromesso la mia felicità.

Dlin Dlon

I signori passeggeri sono pregati di allacciare le cinture di sicurezza, la fase di decollo è iniziata.”

La voce del comandante mi risvegliò dai miei pensieri, ma ancora mi sentivo scombussolata sapendo che questa sensazione non sarebbe passata presto. Almeno finché non sarei tornata di nuovo a Londra, sì, perché ero sicura di voler tornare.

Avevo il mio piccolo appartamento con Terry, avevo il mio lavoro al pub vicino casa e le mie lezioni private di italiano e spagnolo che davo ai ragazzi del liceo. Mi ero in un certo modo organizzata una nuova vita lì e non ero pronta a lasciarla. Perciò avrei seguito il piano: stare un po’ con la mia famiglia in questo momento delicato, essere sicura di aver fatto tutto per aiutarli, e tornare indietro. Punto. Avevo scritto questi tre obbiettivi su un piccolo post-it giallo che mi guardava come se aspettasse che aggiungessi qualcos’altro. Ma queste erano le priorità, perciò ripiegai il cartoncino giallo e lo misi nel portafoglio.

Accesi il lettore mp3, scivolando più giù sulla poltrona e decisi di provare a dormire per il resto del viaggio. Stranamente, non ricordo come, ma per la prima volta dopo tanto tempo accettai che la mia mente vagasse tra i ricordi di ciò che era stato. Forse dipendeva da quel viaggio che avevo intrapreso. Forse il mio cuore era pronto per rivisitare i luoghi che lo avevano tormentato. Forse… forse, avevo solo nostalgia del suo viso.

Per la prima volta, dopo due anni, mi permisi di ricordare…



*************************

Estate 2007



“Micky vuoi dirgli qualcosa?”, urlò Gaia verso di me.

Ero sdraiata sul verde prato del mio giardino, leggendo un libro e godendomi una giornata di pausa dagli esami. L'intento era, cercare di abbronzare la pelle color latte che raramente, solo dopo lunghe esposizioni al sole, accennava ad una sfumatura rosea.

“Non ti sento!”, urlai di rimando. Naturalmente stavo mentendo.

Gaia, però, non si arrese. “Guarda che sto parlando con te!”, disse togliendomi il libro dalle mani.

La cosa mi indispettì molto. “Si può sapere cosa vuoi da me?”

“Certo. Te ne stai qui come se nulla fosse, senza preoccuparti delle azioni del tuo caro amico”, disse sottolineando la parola ‘caro’.

“Se è per questo, è tuo cugino”, commentai.

“Non pensi che sia ora di dirgli qualcosa? Non vedi come sta illudendo quella povera ragazza?”

“Io non illudo nessuno”, rispose l’interessato.

Mi voltai, coprendomi gli occhi dal sole con la mano, ma potei vedere perfettamente il momento in cui si avvicinò a me. Si tolse la maglietta mostrandomi gli addominali perfetti, levigati sotto quella sua pelle naturalmente abbronzata che sembrava brillare, proprio in quel preciso momento, di luce propria. Le goccioline di sudore in bilico sull’ombelico non aiutavano la mia concentrazione.

Alessandro ero il mio più caro amico. Ci conoscevamo da anni e tra noi c’era quell’affetto sincero e reale che si ha la fortuna di incontrare raramente nella propria vita. Ci conoscevamo dal primo anno delle medie, eravamo nella stessa classe, e ricordo ancora quando il primo giorno, finite le lezioni, ci ritrovammo a fare la stessa strada per tornare a casa.

Da quel giorno, un tacito accordo di andare a scuola insieme tutte le mattine ci accompagnò fino al liceo.

Per Ale ero solo una ragazzina, lo ero sempre stata. Certo non potevo nascondere che la mia corporatura esile unita all’altezza di un metro e sessanta aiutasse la mia causa, ma da quando ci conoscevamo lui era solito chiamarmi con qualche nomignolo di suo gradimento,come ragazzina, bimba, nana o…

Pulce, mi metti un po’ di crema?”, chiese con voce serena porgendomi il tubetto.

Ecco. “Pulce” era come mi chiamavano i miei genitori, e dal primo momento che lo sentì, cominciò ad utilizzarlo anche lui, perché diceva che mi si addiceva perfettamente. A niente servirono le mie repliche. Passai dal sentirmi offesa, allo stressata, al disinteressata fino all’ultima fase rassegnata ai suoi modi di fare. Sapevo che mi voleva bene e questo aiutava a farmi comprendere meglio il suo carattere e le sfumature che prese negli anni.

Ad occhi estranei, Alessandro poteva sembrare il classico bello e dannato, perché, ammettiamolo, era davvero molto bello. Affascinante ma mai superficiale, per quanto lui cercasse sempre di far sembrare il contrario. Alto circa un metro e novanta, con spalle larghe ma sottili. Aveva il viso delicato e gli occhi accesi di un verde acqua che si scontravano con la sua bocca morbida e perennemente imbronciata per cui le ragazze impazzivano.

I capelli non troppo corti, perennemente in disordine come se si fosse appena alzato dal letto, contribuivano a donargli quell’aurea di fascino che era insita in lui. Solo un aspetto del suo viso era, se possibile, il più bello che avessi mai visto: il suo sorriso. Lui sorrideva poco e quando lo faceva suscitava una vera e propria emozione. Mi illuminava, mi riempiva il cuore e quando ero io a farlo sorridere, ogni mia azione acquistava un senso. In quella precisa fase della mia vita, del nostro legame, era proprio questo che stavo cercando, un senso a ciò che vivevo e provavo con lui… perché se l’amicizia era uno dei tesori più grandi, l’amore a volte provocava uno dei dolori più forti che una persona possa mai provare.

“Ehi, Pulce, sei rimasta imbambolata davanti ai miei addominali?”, sogghignò, guardandomi di sottecchi.

Cercai di riprendermi ma naturalmente avvampai, poiché anche se la sua voleva essere una battuta scherzosa, era molto più vicino alla realtà di quanto credesse.

Mi alzai a sedere e lo schiaffeggiai sulla spalla per farlo girare.

“Sì, certo. Accarezzare i tuoi addominali è il mio sogno proibito”, affermai mentre Gaia mi lanciava uno sguardo strano e per me del tutto incomprensibile.

“Allora, cosa hai fatto questa volta?”, chiesi cercando di non far tremare le mani mentre sfioravo le sue spalle. Oh, ma perché ero così masochista?

“Te lo dico io cosa ha fatto il signorino. Ti ricordi Claudia, la mia amica dell’università?”, domandò Gaia, tornando all’attacco.

Mi ghiacciai sul momento, perché era facile immaginare il seguito. Claudia, 21 anni, alta, bionda, misure… beh, cosa importa. Faceva la modella a Milano come lavoro part-time e la valletta televisiva in non so quale programma! Non c’era altro da aggiungere.

Sorrisi, cercando di sembrare complice. D’altra parte ero la sua migliore amica…

“Ma bravo! Ti piacciono di alta classe…”, dissi pizzicandogli una spalla.

Lui si voltò, quel tanto che bastava a mostrarmi il suo sorriso strafottente.

“Solo le migliori”, sussurrò, incrociando il mio sguardo e paralizzando il mio corpo.

Appena la mia mano si fermò, il suo sorriso si spense e fu come se una nuvola avesse coperto il sole. Provai un brivido freddo.

“Mi stai ascoltando?”, Gaia interruppe il mio stato di catarsi e la ringraziai mentalmente.

“Certo. Solo che mi è venuta in mente una cosa tremenda”, risposi tempestivamente.

“Cosa?”, chiese lei, mentre io mi alzai dall’asciugamano chiudendo il tubetto di crema e porgendolo di nuovo ad Ale.

Entrambi mi guardavano curiosi.

Sorrisi perché avevo la scusa perfetta per defilarmi da quella situazione, ma anche una terribile verità ad attendermi.

“Mi sono ricordata che Daniela ha organizzato una specie di…cosa, per stasera”, tentai di spiegare senza sentirmi troppo imbarazzata.

“Con cosa per stasera, intendi…?”, suggerì Gaia che stava morendo di curiosità.

Ale mi guardava senza parlare. Sapevo a cosa stesse pensando.

“Beh, una specie di appuntamento al buio, almeno per me, con un ragazzo del suo corso ed un suo amico. Niente di importante. È solo che…”

Ma Alessandro mi anticipò.

“E quando avevi intenzione di dirmelo?”, chiese con tono duro ed una luce negli occhi.

Rimasi per un minuto interdetta dalla sua reazione.

“Scusa, so che avrei dovuto avvertirti, ma mi ero completamente dimenticata di questa cosa, e prima quando hai parlato di quella ragazza e dell’università, beh, mi è venuto in mente.”

Gaia ci guardò sconvolta, per poi fare un passo avanti verso di me e posizionandosi di fronte suo cugino.

“A parte il fatto che dovresti chiamare questa cosa con il suo nome e cioè appuntamento. Punto secondo, direi che era ora che ti dessi una svegliata...” E a queste sue parole di nuovo avvampai, ma sapevo che non era finita.

“…ed infine: mi spieghi perché cavolo deve rendere conto a te di quello che fa?”, chiese Gaia,
girandosi verso Ale.

Lui rispose prima che io potessi anche solo respirare. Si alzò agilmente senza guardarmi, e sfoderando di nuovo quel suo sorrisetto arrogante.

“Lei non deve rendermi conto di niente. Sono rimasto sorpreso perché avevamo deciso di vedere un film insieme e mangiarci una pizza, e tra amici sarebbe carino avvertire se ci sono cambi di programma. E poi… no, niente.”

Girò il viso senza neanche guardarmi e iniziò a rivestirsi, mentre io cominciavo seriamente ad alterarmi davanti a quel suo atteggiamento.

“Senti, ti ho già chiesto scusa. Non mi sembra la fine del mondo se saltiamo un giovedì.
So che è la nostra serata relax, ma magari potremmo spostarla a domani, che ne dici?”, dissi con un sorriso, cercando di trattenere la tensione. La verità era che ero stata io a chiedere a Daniela di vederci, perché era troppo tempo che iniziavo a sentirmi tremendamente in ansia pensando alle serate del giovedì con Alessandro. Le avevo quindi chiesto di uscire noi due, per una serata tra donne. Certo, però, non era mia intenzione finire in un appuntamento… ma ormai non potevo rifiutarmi.

“Ehi, non preoccuparti. Non sia mai che io non capisca il bisogno di una sana... scopata, perciò mi capirai anche tu se domani non posso, vero?”, disse sprezzante in un tono che non aveva mai usato con me e che mi sconvolse letteralmente. Gaia si immobilizzò al mio fianco, mettendosi una mano davanti alla bocca.

“Come, scusa?”, chiesi sconvolta.

Lui voltò le spalle senza rispondermi.

“Sto parlando con te, idiota, orgoglioso che non sei altro!” Lo presi per una spalla, costringendolo a voltarsi.

“Che c’è, sei sorpresa? Come se non conoscessi le abitudini della tua amica. Come minimo ti ritroverai ad aspettarla da qualche parte mentre si sbatte uno dei due.”

Lo guardai sempre più scioccata. Non mi parlava mai in quel modo, e poi perché tutta quella scontrosità verso Daniela?

“Sì, ma è a me che ti sei rivolto in quel modo.”

“Pensavo solo che non fossi quel tipo di ragazza…”, sussurrò abbassando lo sguardo.

“E non lo sono, dovresti saperlo. Perciò non permetterti più di parlarmi in quel modo”, dissi fredda, alzando lo sguardo sul suo viso. Anche se era decisamente più alto di me, potei vedere il suo volto diventare triste e colpevole.

“Tu non sei una ragazza che... tu non…”, cercò di convincermi prendendomi per le spalle.

A quel punto la furia aumentò. Non so quale fu esattamente la goccia che fece traboccare il vaso, ma in quel momento mi sentii come una sorellina indifesa e sgridata dal fratello più grande. Ma non era assolutamente così: ero una donna, non una ragazzina.

Scansai le sue mani dal mio corpo, aumentando la distanza tra noi che era diventata fin troppo insostenibile e lo guardai per la prima volta in vita mia con una rabbia che lo sorprese.

“Non sono cosa? Non sono forse una donna anche io? Non dovrei essere libera di uscire con chi mi pare e piace visto che sono single? O forse credi che non possa essere interessante e che sia solo una ragazzina? Vuoi sapere una novità? Io sono una Donna come tutte le altre, e che tu ci creda o no c’è chi mi trova interessante e vuole uscire con me. Perciò io ci andrò, perché mi va, perché sono libera e perché anche se volessi farmi una scopata, come dici tu, non ci sarebbe niente di male, se sono Io a volerlo. E tu non hai nessun diritto di insinuare che sarei una puttana se lo facessi!”, urlai con una furia che sorprese anche me.

“Non ho mai detto questo!”, urlò di rimando.

“Ma è così che mi hai fatto sentire”, dissi freddamente e questo lo ammutolì.

Ci guardammo negli occhi per un secondo di troppo. In silenzio e senza avere né la voglia né la forza di dire altro, rientrai in casa, diretta in camera mia.



*************************

Ciao a tutte, eccomi qui con la mia primissima fanfiction, l'ho scritta di getto e sono sicura si veda, ma avevo una voglia tremenda di postarla e sapevo che se non l'avessi fatto stasera, sarebbero passati altri mesi...sono un pò fifona quando si tratta di far leggere ciò che scrivo e sò che è difficile capire ed entrare in una storia con un solo capitolo ma questa è una sorta di prova, con me stessa e con ciò che posso fare, perciò vediamo come va ;D
La storia è tutta quì nella mia testa, spero solo di riuscire a rendere i personaggi belli come li vedo e a far percepire le loro emozioni... Avviso che ci saranno lacrime, rabbia, passione e spero davvero di riuscire a mostrarveli come desidero. Ogni consiglio è super gradito, ma non siate troppo dure con me...no scherzo, ogni critica costruttiva mi aiuterà a crescere.
Alla prossima,
Lela




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Capitolo 2
*** Appuntamento ***


Fuga - Cap 2

 

FUGA
CAPITOLO 2

Appuntamento

Capitolo betato da Nes_sie



A distanza di due anni, posso ricordare quel pomeriggio, come la prima volta che io ed Alessandro,
litigammo davvero. Mi sentivo tremendamente triste ed arrabbiata perché, anche se nel corso degli anni vi erano state diverse discussioni, come in un normale rapporto di amicizia, mai e poi mai avevamo litigato con quei toni. E soprattutto io non avevo mai reagito così caldamente.

Inoltre, se prima della discussione con Alessandro, non avevo voglia di andare a questo fatidico appuntamento, dopo quel pomeriggio mi sembrava tutto una terribile punizione.

“Vedrai che ci divertiremo”, disse Daniela con tono eccitato.

Eravamo nella sua macchina e lei cercava di guidare, ripassarsi per la terza volta il rossetto e convincermi che sarebbe stata una serata grandiosa, allo stesso tempo.

Io e Daniela eravamo caratterialmente diverse, ma ci conoscevamo sin dal liceo e mi piaceva la sua compagnia allegra. Almeno finché non si metteva in testa di farmi uscire con qualche suo amico. Lei era sicuramente più disinvolta di me, specialmente con i ragazzi, ma questo rappresentava il perfetto contrappeso per la mia timidezza e forse anche la ragione che aveva reso possibile la nostra amicizia, durante quegli anni.

Anche Gaia usciva spesso con noi, ma mai per appuntamenti segreti visto che era fidanzata, praticamente da sempre, con Riccardo. Eravamo, comunque, un insolito trio: la timida, la disinvolta e la testarda. Gaia era ovviamente quest'ultima. Con lei avevo un rapporto diverso, forse perché ci conoscevamo da più tempo o perché era più simile a me in certi aspetti. Essendo la cugina di Alessandro e avendo la nostra stessa età, ci ritrovammo ad uscire spesso insieme, fin dalle medie. Inoltre vivevamo nello stesso quartiere perciò passavamo intere giornate insieme, anche se Gaia frequentava un'altra scuola.

Con l'inizio del Liceo, scegliemmo tutti lo Scientifico della mia città e lì incontrammo Daniela. Quando Gaia si fidanzò con Riccardo, in quarta liceo, insieme a lui anche Davide, Stefano ed Ilaria entrarono a far parte del nostro gruppo e tutti insieme affrontammo il lungo passaggio dalla maturità alla scelta dell'università. La cosa più bella era che, anche se avevamo intrapreso corsi universitari o lavori diversi, eravamo tutti molto uniti e ci divertivamo da matti insieme. Erano un pò
come la mia seconda famiglia. Ogni tanto qualcuno si fidanzava o si invaghiva di qualcun altro, ed ecco che la famiglia si allargava temporaneamente per poi tornare al punto di partenza.

Dal canto mio, avevo avuto solo una storia, con Fabio, che non si poteva neanche classificare come tale visto che durò pochi mesi, dopo dei quali lui mi lasciò. Diceva che il mio cuore e la mia testa, erano da un'altra parte. Non capii da principio cosa volesse dire, visto che gli avevo donato la parte più importante di me: era stato la mia prima esperienza con l'altro sesso, in tutti i sensi. Iniziai, però, ad intuire qualcosa quando, la sera stessa che Fabio mi lasciò, la passai a casa di Ale a piangere e a pentirmi di non aver aspettato qualcun altro.


E Poi c'era Alessandro. Lui di storie non ne voleva sentire nemmeno parlare ma, al contrario, di avventure, poteva discuterne per giorni interi. Paradossalmente, non lo si poteva descrivere come un superficiale maschilista, poiché le donne le ammirava, le amava a modo suo, le rispettava con la sua onestà. Sì, perché Ale era terribilmente sincero, di quell'onestà straziante e talvolta del tutto disarmante, che ti faceva venir voglia di schiaffeggiarlo o prendergli il viso e baciarlo finché non si fosse rimangiato tutto!

Era saccente, orgoglioso, possessivo sin al midollo, ma tutto questo solo ed esclusivamente con chi voleva lui. Non avevo mai visto qualcuno capace di gestire i suoi sentimenti e il suo carattere a seconda di chi avesse di fronte, senza risultare per questo finto o calcolatore. Lui capiva le persone e con chi credeva ne valesse la pena si esponeva nella sua totalità, altrimenti, in caso contrario, il suo atteggiamento rimaneva misurato. La parola chiave per lui era Fiducia: non la dava facilmente e non la pretendeva ma, se avevi la fortuna di possederla, era totale, e ti faceva sentire la persona più importante del mondo. Mi faceva sentire la più importante del mondo... nel bene o nel male. Come quel pomeriggio.

"Stai pensando a lui?", chiese Daniela.

"Come scusa?" Non mi ero resa conto di non aver sostenuto nessun tipo di conversazione, da quando ero salita in macchina.

"Guarda che so
che hai litigato con Alessandro."

Mi voltai sorpresa, io non avevo detto nulla!

"Gaia!", esordimmo insieme.

"Non volevi che lo sapessi ?", chiese Daniela. E potei sentire un tono risentito nella sua voce.

Scossi la testa sorridendo: dopo così tanto tempo che ci conoscevamo, avevo ancora la sensazione che soffrisse di gelosia per l'amicizia tra me e Gaia.

"No, sciocca! Cosa credi? È solo che non volevo pensarci stasera, tutto qui
", sussurrai guardando fuori dal finestrino.

"Beh, non sembra che tu ci stia riuscendo granché, o sbaglio?"

Scossi di nuovo la testa e tornai a guardarla.

"Posso chiederti una cosa?", esordì guardando la strada. Era stranamente seria.

"Certo."

"Sei innamorata di Alessandro?"

Sentii un pugno nello stomaco, assolutamente inaspettato. Insomma, tutto mi sarei spettata tranne che una domanda del genere.

"Ma che cavolo dici? Che domanda... che domanda sarebbe. E poi che vuol dire? Ti rendi conto di chi stiamo parlando? È il mio migliore... è come se fosse mio fr..."

"Fratello?"

"Esatto!"

"Però non riesci a dirlo. Come mai?"

La guardai sconvolta, aprendo la bocca come un pesce lesso per poi richiuderla facendo sbattere i denti.

"Non sai di cosa parli, non puoi capire... il nostro rapporto è più complicato. Non esiste una definizione per tutto, ci sono delle eccezioni..."

"E tu stai dando di matto, per una semplice domanda", continuò imperterrita.

Sentii il viso avvampare e le orecchie andare in fumo.

"Non è come credi. Sono solo un po’ giù perché non abbiamo mai litigato in quel modo e credo di aver esagerato. Forse ero solo nervosa, tutto qui. Non ci sono teorie psicologiche dietro", affermai sicura di me.

Lei si ammutolì e mosse il capo in segno di aver compreso. Poi dopo qualche minuto sorrise di nuovo.

"E adesso cosa c'è?" La guardai curiosa.

"Stavo pensando che questa serata sarà perfetta per farti svagare un po’. Questo ragazzo è stupendo, e poi il sesso è la miglior cura per tutto."

"No, scusa, e chi è che dovrebbe fare sesso con chi? Non so nemmeno se mi piacerà, dato che non l'ho mai visto!"

Daniela scoppio a ridere come se avessi detto la più grande fesseria di questo mondo. Mi fece sentire una stupida.

"È lui ad aver visto te, e gli sei subito piaciuta. Inoltre da quel che si dice ci sa fare, e per rispondere all'ultimo punto sono sicura che ti piacerà. Insomma è un figo pazzesco, se non mi avesse chiesto lui, specificatamente, di uscire con te, ci avrei provato io! Comunque non mi lamento, anche il suo amico non è da buttare", disse, specchiandosi e correggendo di nuovo il rossetto.

In quel preciso istante, avrei voluto volentieri aprire lo sportello e catapultarmi fuori dalla macchina, a costo di rompermi qualcosa!



*************************


"E così sei amica di Daniela?", chiese Diego ammiccando, come se quella scoperta significasse chissà cosa.

"Già", ammisi con non poco sforzo.

Mi sentivo un topolino messo all'angolo, ed in effetti era così che mi trovavo. Eravamo dentro un disco pub e avevamo deciso di sederci ai tavolini all'aperto. Ma scelsero un tavolo angolare nella parte più buia, illuminata solo da qualche fiaccola. Il tutto doveva essere stato studiato per rendere quella parte del locale più intima, ed inoltre a me era toccato sedermi sulla panca vicino al muro con Diego posizionato al mio fianco che cercava di fare colpo su di me. Peccato che invece a me stesse mancando l'aria e avessi una voglia terribile di andarmene.

Il fantomatico "figo pazzesco Diego" era il sosia perfetto di Ken fidanzato di Barbie, con tanto di abbronzatura super finta ottenuta direttamente dal solarium più rinomato della città. Se si fosse presentato con una camicia azzurra a fiori, stile hawaiana, gli sarei probabilmente scoppiata a ridere in faccia.

Il problema principale non era che fosse bello o brutto, perché mentirei se dicessi che era un mostro. Ma quella sua aria particolarmente studiata e quell'atteggiamento preparato con cui cercava di snocciolarmi ogni tanto qualche frase fatta e per nulla gradita, lo facevano risultare troppo... finto.

"Ti ha mai detto nessuno che hai degli occhi che fanno male?", chiese ammiccando di nuovo e sporgendosi verso di me.

Era un complimento?

"In che senso?", chiesi per non sembrare maleducata.

"È dall'inizio della serata che ogni volta che mi guardi, mi uccidi..." E scattò il sorriso plastificato a seguire.

A quel punto credetti si aspettasse cascassi ai suoi piedi, ma anni ed anni di battute del genere non mi avrebbero condotta a nulla.

Mi ritrassi istintivamente, guardandomi intorno e cercando Daniela che era andata un attimo in bagno, ma ormai sembrava non tornare più. Per di più, l'altro amico era andato a prendere qualcos'altro da bere, ma era sparito anche lui.

In un lampo mi vennero in mente le parole di Alessandro...

"Come se non conoscessi le abitudini della tua amica, come minimo ti ritroverai ad aspettarla da qualche parte mentre si sbatte uno dei due."

No, non poteva essere. Non poteva avermi lasciato lì da sola con quella specie di...

"Non credi che ci stiano mettendo un po’ troppo?", chiesi mentre cominciavo a guardarmi intorno.

Diego scoppiò a ridere e scosse la testa.

"Ma non hai visto che quei due si mangiavano con gli occhi? Credo proprio che saranno impegnati per un altro po’. Se vuoi possiamo trovare anche noi un modo per... passare il tempo. Mi auguro non ti stia annoiando!"

A quelle parole un brivido mi percorse la schiena. E no, non era assolutamente di piacere. Quella situazione era sbagliata fin dall'inizio, ed ero stata stupida io a non capirlo. La rabbia verso me stessa mi fece avvampare, segno che Diego interpretò come timidezza. Si fece avanti, ma lo bloccai.

"Mi scusi un momento? Dovrei andare in bagno." Mi alzai di scatto, obbligandolo a farmi passare e mi lanciai alla ricerca di Daniela. Me l'avrebbe pagata. Mi aveva messo in una posizione assurda e per di più ero bloccata lì, visto che le chiavi della macchina le aveva lei. In quel momento, mentre mi facevo largo tra la gente, il mio cellulare vibrò: mi avventai su di esso con una rabbia indescrivibile.

"Dimmi dove cavolo sei e vieni subito qui!", urlai, ma la risposta non fu quella che mi aspettavo.

"Ehi, calmati, sono io ma che succede?" La voce di Gaia mi tranquillizzò per qualche secondo.

"Niente è solo che la nostra cara amica è... non posso crederci che lui avesse ragione, io non credevo..."

"Ti calmi e mi dici cosa succede? Stai bene?"

"Si, sto bene. È solo che mi trovo in un pub e Daniela è sparita con quell'altro ragazzo, lasciandomi con Mister figo che non la smette di fissarmi le tette e dire che ho degli occhi che lo uccidono..." E mentre finivo la frase, realizzai di averla detta ad alta voce e di quanto tutto ciò risultasse assurdo. Iniziai a ridere.

"Tesoro, sei impazzita?", chiese Gaia seriamente, e questo non fece che aumentare di più le mie risate.

"Sì, sì... forse", ammisi, uscendo definitivamente dal locale.

"Senti dove sei che ti veniamo a prendere?"

Sentii l'allarme della macchina di Riccardo e capii che si stavano muovendo. Iniziai a sentirmi terribilmente in colpa.

"Sono al Boa, ma non c'è bisogno che veniate, non voglio rovinare la serata anche a voi. Non è successo niente, quel ragazzo è solo un provolone, e comunque prima o poi Daniela dovrà pur tornare!" Cercai di parlare il più veloce possibile, perché sentivo la macchina muoversi.

"Okay, non preoccuparti, ci vediamo tra dieci minuti fuori all'ingresso." E chiuse la comunicazione.

Mi sentii una perfetta idiota. Ma cosa diavolo mi prendeva? In fondo quel ragazzo non mi aveva fatto niente, era la situazione che non mi piaceva, ma era un problema mio. Ero io che non riuscivo a lasciarmi andare. Cosa avevo di sbagliato? Perché non potevo rilassarmi e godermi una serata in maniera diversa?

"Ehi, sei qui", disse una voce alle mie spalle.

Mi voltai e vidi Diego avvicinarsi con il volto non più così sorridente.

"Scusami, mi ha chiamato una mia amica e non riuscivo a sentire nulla dentro, così sono uscita", gli sorrisi, pentendomi per i brutti pensieri che avevo fatto su di lui.

Lui sbuffò, guardando l'orologio e non rispose.

"Daniela e il tuo amico sono tornati?", chiesi per spezzare l'imbarazzo.

Lui si voltò a guardarmi con un sorriso strafottente.

"Per loro fortuna no. Staranno sicuramente divertendosi più di me."

Mi ghiacciai davanti a quelle parole.

"Senti, è evidente che questa serata è stata uno sbaglio."

Vidi i suoi occhi, letteralmente imbestialire.

"Uno sbaglio c'è stato sicuro. Pensavo fossi diversa."

Scossi la testa, cercando di mantenere la calma: mi sentivo come un vulcano.

"È evidente che siamo molto diversi e quindi non potreb..."

Si girò di scatto, puntando un dito contro la mia faccia.

"Ehi, non provarci neanche! Io non mi faccio scaricare da una ragazzina. Pensavo fossi una bella scopata, tutto qui."

Esplosi di nuovo, per la terza volta in quella giornata. Ma che avevano tutti quanti?

"E pensavi male! quindi smettila di startene qui a frignare, per me puoi anche andartene."

Si avventò verso di me con foga, e non seppi dove trovai il coraggio di fare ciò che feci.

"Se ti azzardi a toccarmi te ne pentirai, te lo giuro", gli sputai in faccia.

Il buttafuori del locale, si avvicinò.

"Ci sono problemi?", chiese mettendosi tra di me e il cavernicolo.

"No, me ne stavo andando" disse lui senza allontanare gli occhi dai miei.

Riuscii a tenere il suo sguardo solo grazie all'adrenalina che mi scorreva nelle vene. Andandosene mi diede una spallata e sussurrò "Stronza!"

Rimasi di spalle fin quando lo sentii salire in macchina, dopodiché non resistetti più e scoppiai a piangere.

"Signorina si sente bene?", chiese il buttafuori ancora al mio fianco.

"Si graz..."

"Micky, stai bene?" La sua voce mi fece voltare di scatto.

Lo guardai e, incontrando i suoi occhi, sentii il fuoco bruciarmi nelle vene, il cuore cominciò a battere furiosamente e senza pensare, senza vergognarmi ma solo per dare voce a ciò che il mio corpo mi stava urlando di fare, gli corsi incontro e lo abbracciai con tutta la forza che avevo.

"Shhh, calmati, ci sono io." La voce calda di Alessandro mi avvolse entrandomi nel cuore. Era quello il suo posto.



*************************

Ed ecco il 2 capitolo, l'ho scritto ancora più di getto dell'altro, ma ho approfittato di questo weekend in cui non ho fatto praticamente nulla :D Ringrazio tutte le ragazze che mi hanno recensito, chi mi ha messo tra le seguite, chi tra le preferite, grazie davvero...non sò se me lo merito perchè la storia è ancora all'inizio, ho così tante idee che vorrei scriverle subito, tutte, ma ho bisogno di tempo. Non era mia intenzione, finire un altro capitolo in così poco tempo, ma stasera mi sono fatta prendere la mano e ho deciso di interrompere qui perchè dai prossimi capitoli le cose si complicano. Come vedete, sono entrati in scena nuovi personaggi, alcuni solo accennati, come il gruppo di amici di Michela che vedremo più in là, e poi che ne pensate di Daniela? Come vi sembra?

Aspetto una vostra opinione e se vi va di scrivermi due paroline, ne sarò contenta!!! GRAZIE ancora, Baci Londinesi xoxoxox

ps: Vorrei ringraziare "LadyEl" per la sua pazienza ed il suo aiuto, se non la conoscete (ma credo sia impossibile perchè è tra le migliore autrici su efp) andate a leggere le sue storie, non che abbia bisogno della mia pubblicità, ma avevo voglia di ricambiare nel mio piccolo la sua gentilezza.

ringrazio inoltre il gruppo di fb "l'angolo di Jane" gestito dalla mia amica Viola, che ha pubblicato un link su questa piccola storia che timida timida sta muovendo i primi passi :)

A presto, Lela


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Capitolo 3
*** Ritorno ***


Fuga 3

Fuga

Capitolo 3

Ritorno

12 MAGGIO 2010

Dlin Dlon, signori passeggeri vi diamo il benvenuto all’aeroporto di Fiumicino…”

La voce del comandante mi svegliò facendomi ritornare alla realtà. Mi guardai intorno confusa, non potevo credere di aver dormito per tutto il viaggio, senza accorgermi di nulla.

La signora seduta al mio fianco mi sorrise e si accinse ad alzarsi così io feci lo stesso. Avevo solo un bagaglio a mano ed il portatile quindi non avrei dovuto aspettare ad uscire, e questa nuova constatazione non fece altro che aumentare il mio stato d’ansia.

Chi ci sarebbe stato ad attendermi? Sapevo per certo che mia madre non poteva venire perché non aveva la patente ed inoltre quella mattina mio padre sarebbe uscito dall’ospedale. Mi aveva avvisato che avrebbe pensato a tutto lei senza darmi nemmeno la possibilità di replicare, perciò ora poche possibilità si accavallavano una su un’altra.

Poteva esserci Alessandro?

In quell’attimo il suo nome rimbombò nella mia testa, lasciando che il cuore volasse via da me, senza controllo. Sospirai scuotendo la testa, non era possibile che dopo due lunghi anni passati a dimenticare tutto, adesso il semplice suono del suo nome potesse ritornare a me come un bumerang. Inoltre la parte più razionale di me sapeva che quello era solo un desiderio nascosto. Dopo tutto ciò che era accaduto, c’era solo una persona che mi era rimasta vicino…

“Micky!” sentii due braccia saltarmi al collo in una morsa d’acciaio, mentre le mie orecchie cercavano di sopportare l’urlo inumano provenire da quell’innocua creatura.

“Gaia!” risposi altrettanto felice, mettendo da parte quella singola voce nella mente che reclamava altre braccia.

Ero davvero contenta di vederla, mi era mancata immensamente.

“Ehi ma fatti guardare…ma ti sono cresciute le tette?” chiese ridendo.

“Sì certo come no!”

Continuammo a guardarci per alcuni secondi senza dire nulla e continuando a sorridere.

“Non posso credere che tu sia qui” disse ancora con la voce leggermente incrinata.

Abbassai lo sguardo cercando di trattenere le lacrime. Non c’era bisogno di parole tra di noi, ci capivamo con un solo sguardo.

“Lo so, è strano anche per me…non sai quanto mi sei mancata” dissi abbracciandola ancora.

“Anche tu…anche tu!”

*************************


Il viaggio in macchina fu stranamente normale, per quanto tempo fosse passato Gaia rimaneva la mia migliore amica. Non smetteva di raccontarmi tutto ciò che poteva, sembrava avesse paura scomparissi da un momento all’altro senza darle la possibilità di finire. Ero già a conoscenza di molte novità poiché ci eravamo sentite via internet, altre però furono del tutto inaspettate.

“..E così mi hanno proposto una cattedra come supplente per alcuni mesi, dovrei cominciare a Settembre e trasferirmi a Firenze, Non puoi immaginare quanto sia agitata ed impaziente, inoltre sarà la prima volta in vita mia, che vivrò da sola, libera da..”

La interruppi sorridendo.

“Ehi prendi un po’ di fiato”

Lei annui, spostando gli occhi dalla strada e puntandoli nei miei.

“Si, scusa è che sono così eccitata e avevo davvero bisogno di parlarne con te..”

“Sono felice per te, vedrai che sarà un ottima esperienza, certo magari la lontananza con Riccardo potrà essere un po’ difficile però..”

Lei spostò gli occhi sulla strada, continuando a guidare.

“Questo non sarà un problema” disse seria.

Non capii da principio cosa volesse dire.

“Certo perché voi siete una bellissima e solida coppia, questo non farà che…”.

“Riccardo ed io, ci siamo lasciati” mi interruppe.

Rimasi immobile e incapace di dire anche solo una parola. Gaia continuò a guidare per alcuni secondi e poi riprese a parlare.

“Bè…diciamo che la decisione è stata più sua che mia ma va bene, siamo rimasti ottimi amici ed io sto bene…credo”.

Cercai di riprendermi.

“Quando...quando è successo” ero sconvolta non me l’aspettavo davvero.

Lei sorrise facendo una piccola smorfia con la bocca, la conoscevo e sapevo quanto in realtà non stava bene per niente.

“Circa sei mesi fa”

“Cosa?” quasi urlai.

Lei scosse la testa senza parlare.

“Perché non mi hai detto nulla, insomma ci sentivamo tutte le settimane…mi hai raccontato di tutto e ti sei dimenticata di omettere questo piccolo particolare?” chiesi con molta più enfasi di quanto mi potessi permettere.

“Non ne volevo parlare e poi tu non c’eri” rispose triste.

Quelle parole mi ferirono perché sapevo che erano vere.

“Mi dispiace”.

Gaia tornò a guardarmi e sorrise.

“Tesoro, so perché sei andata via, anzi forse sono l’unica persona a sapere tutto, non ti sto incolpando, ti sto solo dicendo che anche per me non è stato facile. Dover combattere con la tua mancanza, dover negare di sapere dove tu fossi, cercare di far ragionare Aless…” si interruppe nell’istante in cui mi ghiacciai e guardai fuori dal finestrino.

“Bè…ma ora è tutto passato” disse cercando di sembrare fiduciosa.

“Già..” ma non ne ero tanto sicura, a me sembrava solo l'inizio.

*************************

"Allora è proprio il caso di dire... casa dolce casa" annunciò Gaia davanti al giardino di casa mia.

Sorrisi cercando di allontanare la terribile voglia di guardare in fondo alla via, per controllare se ci fosse la sua macchina.

Insomma Michela, non sei più quella ragazzina innamorata. Tutto è diverso ora, sei tornata per un motivo e lui non c'entra.

Guardai il mio piccolo post-it cercando di trovare il coraggio, poi sospirai scendendo dalla macchina.

"Hai già avuto occasione di vedere mio padre?" chiesi avviandomi al cancello.

"Certo, prima di venire all'aeroporto sono passata a casa tua e loro stavano rientrando" mi voltai di scatto.

"Vuoi dire che sono già in casa? Dov'è la macchina?" chiesi iniziando a correre verso la porta nella stesso momento in cui mia madre la spalancò.

"Mi sembrava di aver sentito dei rumori..." disse correndomi incontro.

"Oh mamma" ci abbracciammo entrando in casa. Gaia era dietro di noi sorridendo.

"Dov'è papà? Come sta? Cosa hanno detto i dottori?" chiesi tutto d'un fiato guardandomi intorno per vedere dove fosse.

"Shhh calmati, sta dormendo ora. I dottori dicono che sta meglio ma deve riposare e stare il più tranquillo possibile"

Annuii, sentendo gli occhi pungermi e le lacrime voler uscire. Mi ero davvero spaventata, avevo preso il primo volo disponibile ma era comunque passato troppo tempo da quando c' eravamo visti l'ultima volta.

"Oh bambina mia non fare così, posso immaginare quanto ti sia spaventata. Vieni sediamoci, ho fatto una bella spremuta d'arancia".

Andai in salone con Gaia guardandomi intorno emozionata. Tutto era rimasto lo stesso. Il divano color panna, sul quale mi stendevo a vedere i film e chiacchierare con mamma, mentre papà leggeva il giornale sulla sua poltrona preferita, la porta finestra che affacciava sul mio bellissimo giardino. La luce del sole che entrava illuminando le foto sui mobili.

La sensazione di calma e tranquillità che più amavo di casa mia... tutto mi era mancato.

Gaia mi guardava in silenzio, probabilmente immaginava cosa stessi pensando.

"Allora dimmi com'è andato il volo?" chiese mia madre tornando in salone.

"Bene, ho dormito per tutto il tempo" sorrisi "ed invece voi come avete fatto a tornare così presto ? Hai chiamato un taxi ?".

Gaia si voltò verso mia madre ed entrambe mi guardarono.

"Bè veramente... Alessandro ci ha accompagnato" disse mia madre.

La guardai interdetta per un attimo.

"Come scusa?"

"Si, vedi nell'ultimo periodo mi ha visto spesso prendere l'autobus per uscire quando tuo padre non c'era ed ora che tuo padre non può guidare...si è offerto di accompagnarmi quando ne ho bisogno, visto che abitiamo vicini ed inoltre il suo ufficio è nella stessa zona di tuo padre, usciamo spesso insieme così mi evito di.."

"Il suo ufficio?" chiesi spalancando la bocca.

"Sì, lavora nello studio legale del padre da quest'inverno" s'intromise Gaia.

A quel punto ero completamente scioccata, insomma sapevo che aveva preso Giurisprudenza perché il padre lo aveva costretto, ma lui aveva studiato sempre il minimo indispensabile per passare l'anno, diceva sempre che non sarebbe mai voluto diventare il portaborse di suo padre.

"Lui non ha mai voluto lavorare con suo padre...voglio dire lo detesta ed ha ragione".

Entrambe mi guardarono senza dire una parola, solo qualche secondo più tardi Gaia aggiunse "bè diciamo che Alessandro è cambiato...abbastanza direi".

Annuii senza saper cosa dire, era ovvio che mi ero persa molto della sua vita e solo l'idea mi faceva nascere un'immensa tristezza. Ero sempre stata la prima a sapere tutto ciò che lo riguardava, ero sempre stata colei con cui si confidava, ero la sua persona speciale...la sua migliore amica. Avrei dovuto sapere che partendo, tutto questo sarebbe accaduto, giusto?

Ma allora perché faceva così male?

Mi alzai prendendo la valigia, mentre sentivo gli occhi di mia madre e Gaia puntati addosso.

"Vi dispiace se vado a farmi una doccia" chiesi cercando di sembrare tranquilla.

Gaia si alzò venendomi incontro.

"Fai pure, io devo scappare ti chiamo più tardi ok?" disse abbracciandomi.

Annuii e m'incamminai verso la mia camera. Aprendo la porta, il sole che illuminava la stanza mi accecò, ebbi solo un attimo di esitazione e dopo di ché entrai.

Nulla nella mia camera distolse l'attenzione da ciò che vidi sul mio letto. Fu naturale per me correre di getto dimenticando tutto per un singolo istante... un biglietto piegato a metà mi stava aspettando e sapevo di chi fosse.

Il cuore cominciò a correre all'impazzata, non ero preparata alle mille sensazioni che lui riusciva a provocarmi...avevo dimenticato come il mio cuore potesse accendersi e tornare a vivere in un istante, non ricordavo quanto queste emozioni potevano sconvolgermi.

Non avevo dimenticato però, la sua scrittura ordinata, aggraziata... e...

"So che sei tornata...ti prego di non cercarmi....".

ed... il dolore di un cuore spezzato....

*************************


Eccomi di nuovo qui, scusate il ritardo ma questa settimana mi sono laureata ;D e tra discussione della Tesi, festa con amici e parenti e ritorno a Londra, non ho avuto un attimo di respiro....ma ora sono ufficialmente una Dottoressa!!!
Sicuramente, avrò più tempo libero da dedicare a questa storia e anche ad un'altra che ho scritto tempo fa su Twilight, forse la posterò perchè mi piace davvero tanto ed ho voglia di condividerla!!! devo solo convincermi :)
Ovviamente, spero che questa mia originale vi stia piacendo, cerco di scrivere il più possibile ma devo rispettare dei tempi narrativi...insomma vorrei dirvi subito cosa è accaduto ma non posso se no la storia finisce!!
Ringrazio, tutte coloro che hanno recensito, chi mi ha messo tra le seguite, chi tra le preferite, GRAZIE davvero...dal prossimo capitolo se la tecnologia mi assiste (sono negata sappiatelo) e senza sembrare presuntuosa, vorrei mettere delle foto di Ale e Micky, per farvi vedere come li immagino io, che ne pensate???
Aspetto con ansia, un vostro parere, consiglio o quello che vorrete dirmi!!
Un abbraccio, ci rileggeremo presto ;D

Lela

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Capitolo 4
*** Lacrime ***


FUGA- Cap 4

Fuga: capitol 4
FUGA
Capitolo 4


LACRIME



13 MAGGIO 2010

Quella notte dormii male o forse è meglio dire che non dormii affatto. Avevo un terribile nodo allo stomaco ed una fortissima voglia di piangere, ma non lo feci. Promisi a me stessa, due anni prima, che non avrei più pianto per lui e non perchè Alessandro fosse un ragazzo per cui non ne valesse la pena, anzi, era per me stessa.

La ragione principale per cui partii, era perchè volevo essere felice, ma smettere di piangere sarebbe stato un gran passo avanti comunque. Ricordo ancora le notti passate in bianco, a guardare il soffitto, a tremare al solo pensiero che da un momento all'altro Ale potesse bussare alla mia finestra, come accadeva di continuo, ed allo stesso tempo avendo un desiderio insaziabile che ciò accadesse. Quando finalmente partii per Londra, le mie paure cambiarono ma non smisero mai di accompagnare le mie notti insonnie. Terry, la mia vicina, mi chiedeva sempre come facessi a stare sveglia tutta la notte e poi la mattina alzarmi come se niente fosse. Non lo sapevo nemmeno io, ma mi sforzai con tutta me stessa, di andare avanti e dimenticare.

Non mi ero mai illusa di esserci riuscita, non si può dimenticare un ragazzo come Alessandro ne tantomeno il rapporto che avevamo costruito negli anni, potevo solo continuare a vivere... senza di lui. E non mi resi conto quanto tutta la mia vita, era diventata incolore.
Ale era il mio arcobaleno dopo la pioggia, il sorriso sicuro di chi crede in te e ti incoraggia. Era come la brezza del mare nelle giornate di sole, un fresco e agrodolce profumo che ti riempie i polmoni donandoti brividi in tutto il corpo. Era l'arancione delle foglie, nelle giornate d'autunno o la cioccolata calda nelle notti d'inverno...questo era Alessandro per me...e questo non sarebbe stato mai più.
Chi, aveva cambiato tutto?
Potrei dire lui. Oh sì, sarebbe decisamente più facile incolparlo di tutto ed iniziare ad odiarlo...ma potrei incolpare anche me stessa... potrei semplicemente dire entrambi. Resta il fatto che mai prima di allora, capii il detto "le persone che ami sono quelle che ti fanno più soffrire"...
Bè allora dovevo amarlo proprio tanto!


La mattina seguente ero stanca. Stanca di essere tornata a casa con lo stesso peso nel cuore, stanca di non sentirmi così diversa, stanca perchè avevo davvero creduto di aver fatto dei miglioramenti, ma la sensanzione di completo smarrimento quando lessi il suo biglietto, mi suggerì che la strada che avevo davanti, era ancora lunga.

"Stupida, sciocca e sentimentale...ecco cosa sei" dissi alla figura al mio specchio.
Mi lavai il viso con l'acqua ghiacciata con la speranza di riuscire al scacciar via tutta la stanchezza, ma anche con la voglia di punire la mia debolezza.

"Non puoi pensarci ancora, devi finirla!" puntai il dito verso il mio riflesso "sai cosa facciamo? Adesso tu chiuderai questo capitolo della tua vita una volta per sempre. Certo, forse è proprio questo il punto, avevi bisogno di tornare quì dove tutto è iniziato e mettere un punto a questa storia perchè..."

"Tesoro stai bene?" chiese mia madre davanti la porta del bagno.
Mi voltai di scatto, con il dito ancora in aria.

"Certo, perchè non dovrei...papà si è svegliato?" chiesi asciugandomi il volto e mettendo fine alla mia performance.
Mia madre mi guardò e sorrise.

"No, stavo giusto portandogli la colazione a letto"

"Aspetta, lo faccio io" dissi togliendole il vassoio dalle mani ed incamminandomi.

"Va bene, ma non saltargli addosso ne tantomeno sul letto".

Mi fermai guardandola.
"Mamma ho venticinque anni, non sono più una bambina"

"Bè...sarà ma cerchi ancora di autoconvincerti di fronte allo specchio, perciò pensavo..."

"Spiritosa!" urlai dalla fine del corridoio.

La camera era ancora in penombra, così entrai lentamente poggiando il vassoio sul comodino per poi andare a scostare le tende e fare entrare la luce del sole.
"Mi macava tutto questo" disse una voce dolce e calma.
Mi voltai e sorrisi.
"Ma allora sei già sveglio ed io che volevo saltarti sul letto...non dirlo alla mamma però!"
Mio padre sorrise ed allungò un braccio verso di me.

"Puoi farlo se vuoi, sarò muto come un pesce"

Mi avvicinai sentendo un nodo formarsi in gola, mi era mancato anche lui.
"Facciamo che mi limiterò a stendermi vicino a te" dissi.

Aprii la finestra, per far entrare aria fresca e poi mi stesi al suo fianco, facendolo appoggiare con la schiena sulla testiera del letto. Mi avvolse in un abbraccio e rimanemmo in silenzio per alcuni istanti.

"Alla fine sei tornata da me" disse baciandomi la fronte.

Lo guardai sentendo gli occhi bagnati.
"Non era da te che fuggivo" sussurrai e mi resi conto che fu la prima volta che lo ammisi.

Mio padre sorrise e mi guardò dolcemente.
"Speravo che tu stessi meglio ma posso vedere ancora qualche ombra nei tuoi occhi"

Se c'era una persona che mi conosceva meglio di chiunque altro, perfino più di me stessa, era mio padre, ma non volevo farlo preoccupare con i miei problemi. Tutto ciò che mi importava in quel momento era che lui stesse meglio.

"Forse ho sbagliato a chiamarti, non eri ancora pronta a tornare ed io ti ho forzato..."
Lo guardai meglio mettendomi a sedere.

"Papà non dire così, hai fatto benissimo a chiamarmi. Questo è il mio posto, la mia casa, sarò sempre pronta per voi, ci sarò sempre per voi. I miei problemi...si risolvono...sono...ma questo" dissi indicando noi due, "tu e la mamma siete tutto ciò che conta per me, sono contenta di essere tornata, davvero!".

Lui rimase a guardarmi in silenzio per qualche secondo ed io continuavo a sorridergli.
"Stai ancora cercando di studiare il mio volto?"

Scosse la testa e tornò a sorridere con me.
"Mi sei mancata, bambina"

"Anche tu, papà e... dimmi se posso fare qualcosa, a parte portarti la colazione a letto e viziarti di coccole, non sai che sei assolutamente legittimmano a chiedermi tutto ciò che vuoi? Non avrai mai più un occasione come questa".

Lui iniziò a sorseggiare il suo thé.
"Davvero posso chiederti tutto ciò che voglio?"

"Assolutamente" dichiarai.

"Parla con Alessandro" disse tranquillamente.

Mi immobilizzai.

"E' fuori discussione" dissi freddamente.

"Ma hai detto qualunque cosa e tu devi..."

"Mi ha esplicitamente chiesto di non cercarlo, e non lo farò. Non sono tornata per lui ma per te".

Tornò a sorseggiare il thé e potei giurare di vedere le rotelline del suo cervello girare.
"D'accordo, come non detto, ti chiederò qualcos'altro e tu non potrai rifiutare"

"Ora sembri il Padrino"

"Ah ah sempre spiritosa la mia piccoletta. No, voglio solo che sfrutti al meglio questi giorni che sarai qui. Esci con Gaia, con i tuoi amici, vai al mare...insomma divertiti"
Lo guardai allibita
"Papà non sono qui in vacanza ma perchè tu sei stato male. Io voglio stare con voi, mi mancate e non mi importa.."

"Importa a me. Voglio che ti diverta e che ricordi che quì ci sono anche persone che ti amano, con cui hai passato bei momenti. Non voglio che ogni volta che penserai a casa, tu debba stare male, perciò esci. Staremo insieme, non preoccuparti, io sono costretto a stare in casa e non vado da nessuna parte. Esci qualche ora ogni giorno e poi torni a casa. Semplice, utile ed indolore".
Mi sorrise, probabilmente consapevole che non potevo dire di no, conoscevo mio padre e quando voleva una cosa...andava fatta.


Dopo pranzo, andai a disfare le valigie, la sera prima non ne avevo avuto nè la voglia nè la forza.
Entrando in camera mia, mi permisi qualche sguardo lanciato quì e là. Quello era sempre stato il mio nido, durante la mia adolescenza specialmente. Adoravo il fatto che fosse una camera molto grande e spaziosa con un bagno tutto per me. Mia madre diceva sempre che avrei potuto chiudere la porta e vivere lì e loro si sarebbero dimenticati della mia esistenza, per quanto tempo ci passavo.

Adoravo chiudermi dentro il mio mondo fatto di libri, canzoni, parole, ricordi...e sogni irrealizzabili. Inoltre adoravo il fatto di avere un piccolo balcone tutto per me, affacciava sul nostro giardino e rappresentava la miglior scala possibile, per Ale, che entrava continuamente in camera mia senza chiedere.
Alessandro...di nuovo la mente volò a lui.

Scossi con forza la testa, come a voler scacciar il suo volto dalla mia memoria, e misi la valigia sul letto.

"Tesoro, le tue cose sono tutte al loro posto" si affacciò mia madre.

"Grazie, non ho portato molto in effetti" ammisi guardando la valigia.

"Non volevi tornare vero?" chiese sedendosi sul letto.

Non mi guardava e sapevo ci era rimasta male.
"No...non è per quello è che ho preso l'indispensabile, non sapevo quanto sarei rimasta e non ho avuto tempo per organizzarmi. E' gia tanto che sia riuscita ad ottenere un permesso al lavoro, così senza preavviso".

Cominciai a tirar fuori i panni, e riporli nei cassetti, continuavo a non guardare mia madre perchè avevo paura della fatitica domanda, che ovviamente non tardò ad arrivare.
"Non vuoi rimanere?" chiese.

Mi fermai e tornai a guardarla, sospirai e mi misi a sedere al suo fianco.
"Mamma...certo che vorrei rimanere, ma... vedi ci ho messo così tanto per iniziare a costruirmi una nuova vita, ho trovato un lavoro che mi piace, certo non sarà il lavoro della mia vita, ma sono tutti molto simpatici e gentili con me, sono diventati quasi una famiglia e..."

"Siamo noi la tua famiglia" disse fredda.

"Lo sò, non volevo dire questo, è solo che è stato molto difficile per me partire, proprio per tutto l'amore che provo per voi. Starvi lontano in questi anni è stata una lenta tortura ma pian piano sono riuscita a risollevarmi, sto trovando una sorta di equilibrio o quanto meno ci stò provando..."

Mia madre mi guardò dolcemente ma con la tristezza negli occhi.
"Scusa, sò che si tratta della tua vita e sò di essere egoista a parlare così, ma sei la mia unica figlia e ... voglio che tu sia felice, voglio che tu guardi avanti accettando ciò che è stato, dimenticando e.."

Mi alzai di scatto, cercando di trattenere le lacrime che volevano venir fuori. No, non avrei pianto, erano due anni che non piangevo. Conoscevo bene il suo punto di vista, me lo aveva ripetuto tante volte.

"Dimenticare è tutto ciò che voglio e che sto cercando di fare da anni. Sembra così facile ma non lo è. Mi sforzo da così tanto tempo da non ricordarmi più da quando, poi torno quì, vengo a sapere che, Lui ti accompagna a fare la spesa, che è venuto a prendere papà all'ospedale... Cerco di accettarlo, vado a salutare mio padre che ha quasi avuto un infarto e la prima cosa che mi dice è -parla con Alessandro-... ed io solo a sentire il suo nome mi sento morire!"

Iniziai a camminare avanti indietro sentendo un calore incontrollabile salirmi dentro, il cuore iniziò a pompare sempre più veloce...
"Dite che questa è la mia casa, questa è la mia camera, il mio nido ma Lui è ovunque.... Torno a casa mia e trovo un biglietto, il Suo... Lui che chiede a Me di non cercalo!
Non capisci che è dappertutto... ovunque mi giri c'è lui...."

Mi avventai verso il comò sapendo cosa ci fosse nel terzo cassetto, lo aprii con così tanta forza da buttarlo a terra e presi la tuta che insieme ad altri panni, Ale teneva a casa mia per le emergenze.

"E' ovunque!" urlai... esplodendo.
Mia madre mi corse in contro, prendendomi per le spalle.

"E' ovunque, perchè non avete chiarito nulla. E' ovunque perchè sei scappata ma non puoi continuare a fuggire, Lui sarà sempre con te perchè è qui..." disse poggiando la sua mano sul mio cuore e solo allora mi accorsi di stare piangendo....

Dopo due anni, tornai a piangere...per Lui.



*************************

Allora, eccoci quì, non sò voi ma a me dispiace proprio tanto per Michy :(
E' davvero sempre più strano cominciare a scrivere una storia con un'idea e vedere come poi i personaggi vagano indipendenti tra le righe della mia fantasia...è proprio vero, loro sono la voce ed io lo strumento. Questo è ciò che più amo dello scrivere :D

Sò che questi primi capitoli possono sembrare un pò lenti ma mi servono per indirizzare la storia. Dal prossimo capitolo incontreremo finalmente Alessandro, volevo già introdurlo da questo, ma le Lacrime di Michela hanno deviato il percorso.

Volevo solo fare un appunto, dal prossimo capitolo torneremo nel passato, tra flash back, sogni e discussioni vedremo cosa è accaduto, o meglio inizieremo a vederlo... adoro le storie a doppio tempo ma non sono proprio semplici da scrivere, devo incastrare pezzi e ricordi che hanno un filo logico comune ed indipendetente al tempo stesso, spero che il risultato sia interessante :)

PS: Come sempre ringrazio tutte le ragazze che mi seguono, il numero sta crescendo e mi emoziono ogni volta che vedo un nuovo nome :)
se, vi andrebbe di condividere le vostre idee ed opinioni con me, ne sarò felicissima..scrivete scrivete scrivete :D
Un abbraccio, alla prossima con Ale e Michy

Lela
Buona Pasqua













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Capitolo 5
*** Da quel giorno...(parte 1) ***


FUGA- Cap 5

FUGA cap 5
FUGA
CAPITOLO 5

Da quel giorno...(parte 1)





"Michy sei pronta, non vorrai fare tardi al tuo primo giorno?" urlò mia madre dalla cucina.
Mi guardai allo specchio un ultima volta, sistemai al meglio la coda ai miei capelli e presi la cartella.
"Sto scendendo" risposi.

Quando entrai in cucina mia madre mi guardò sorridendo mentre mio padre abbassò il giornale e sorseggiò la sua tazza di caffè.
"Tesoro sei sicura che non vuoi che ti accompagni, infondo lo abbiamo sempre fatto" cercò di persuadermi mia madre ma io ero più che convinta, mi sentivo pronta.

"Mamma non devo fare altro che arrivare fin all'incrocio della strada e dopo aspettare l'autobus della scuola, che passerà tra circa... cinque minuti? Sono in ritardo, non posso crederci" mi girai diretta verso la porta cercando di infilare meglio la spallina della mia cartella.

"Vieni quì ti aiuto io. Ma non è troppo pesante questo zaino?" chiese mio padre.
Scossi la testa alzando gli occhi al cielo, "papà da oggi inizio le scuole medie, e non voglio che i miei professori mi trovino impreparata, così ho portato tutto ciò che potrebbe servirmi, non preoccuparti ce la faccio, sono grande ora!" dissi orgogliosa mentre mio padre annuiva sorridendo.

Chiusi la porta e uscii di casa. Era vero mi sentivo grande e anche se non lo avrei mai ammesso, impaurita. Camminai attenta sul marciapiede della mia via e potei vedere l'incrocio in lontananza, tirai un sospiro per darmi coraggio e mi voltai trovando i miei genitori a fissarmi dal cancello di casa. Sorrisi e li salutai prima di fargli cenno di rientrare. Ero grande ormai!

Dal lato opposto del marciapiede, una porta si aprì.

"Vedi di non farti riconoscere dal primo giorno" disse una voce austera e dopo di chè un ragazzo uscì dal cancello.

Ricordo di aver pensato quanto fosse alto, nonostante le spalle curvate. Teneva il volto sempre abbassato e non potei vederne bene i lineamenti.
In silenzio cominciò a camminare al mio fianco senza guardarmi, fino a raggiungere la fermata dell'autobus, dove tirò fuori un walkman tutto avvolto dallo scotch. Rimasi a guardarlo incuriosita sino all'arrivo del bus, ma quando salimmo la confusione che regnava in quella trappola gialla, mi fece distrarre.

Dal cancello principale della scuola si distendeva un grande piazzale pieno di ragazzi e ragazze che, urlavano, correvano, scherzavano, ascoltavano la musica, vidi anche alcune ragazze mettersi il rossetto...il rossetto?

Rimasi interdetta e mi sentii totalmente in imbarazzo, insomma ero grande ormai ma non ...così grande. Non mi ero mai truccata in vita mia e per di più mi sentii tremendamente goffa. Tutte le ragazze avevano cartelle a righe colorate e disegnate. La mia di cartella arrivava quasi sino a terra e mi nascondeva completamente, per di più era piena di libri, pesante e decisamente non alla moda.

Mentre ero lì impalata a fissare la mia nuova scuola, del tutto diversa da ciò che immaginavo, qualcuno mi urtò facendomi cadere a terra.

"Ehi, ma..." non feci in tempo a rispondere, che vidi la ragazza che mi aveva spinto, guardarmi e ridere a crepapelle con le sue amiche.

Avvampai per l'imbarazzo sentendo le lacrime agli occhi e cercando di alzarmi, ma la cartella era troppo pesante, così risultai maggiormente goffa facendo aumentare le risate alle mie spalle.
Mentre ero indecisa se rimanere seduta a terra fino alla fine dei miei giorni o alzarmi lasciando lì la cartella e valutando la possibilità di cambiare scuola, una mano entrò nel mio campo visivo.

"Potresti almeno chiedere scusa" disse la sua voce alla ragazza.

"Non è colpa mia se al posto di uno zaino, ha un soprammobile" risposte quest'ultima, facendo ridere le sue amiche.

"Già, non tutti vengono a scuola con il beautycase" rispose lui, prendendomi per mano.

"Andiamo" mi disse, lo guardai per ringraziarlo e lo riconobbi, era lo stesso ragazzo che viveva nella mia via.

"Questa è meglio se la porto io" prese la mia cartella senza chiedermi il permesso e io lo guardai incredula.

"Ma che ci hai messo dentro, le pietre?" chiese scioccato.

Arrossi d'istinto ma non riuscii a trattenere una risata.
"No, ci sono i libri per quest'anno"

"Tutti?"

"Non ero sicura di quali servissero e volevo essere preparata" risposi naturale.

Lui scrollò le spalle. "Bè dobbiamo pur passare il tempo, in questa gabbia di matti" e mi sorrise in quel modo dolce e comprensivo che avrebbe, da quel giorno in poi, riservato solo a me.

"Ah, comunque ciao, io sono Alessadro" continuò incamminandosi.

"Ciao, io sono Michela" sorrisi di rimando, correndogli dietro.




*************************




Sfogliavo il giornale davanti a me, ascoltando tutti i consigli di Gaia su come dare il primo bacio.
"E' questione di pratica, tutto qui. Guarda le foto, vedi come è spiegato?" disse entusiasta.

Piegai la testa da un lato, cercando di capire come posizionare le labbra.
"E secondo te come faccio a fare pratica?" chiesi ridendo.

Gaia sfederò il suo sguardo da maestra.
"Allora, in mancanza di un ragazzo in carne ed ossa puoi usare il palmo della mano, è un ottimo esercizio" e mi mostrò le immagini dal giornale.

"Ma io mi sento stupida" commentai.

In quel momento la porta si aprì, era mia madre.
"Gaia, ha chiamato tua madre e dice che è pronto da mangiare e di correre a casa. Michy tra poco sarà pronto anche per noi".

Gaia mi guardò, sbuffando.
"Va bene, tu cerca di fare pratica ne riparliamo domani" e salutandomi se ne andò.

Rimasi a contemplare....come era scritto? ah già, -le regole base di una buona baciatrice-
La faccenda del palmo della mano non mi convinceva per niente, insomma dove era il romanticismo in tutto questo?
"Già però sei l'unica a non aver ancora baciato nessuno e dobbiamo rimediare" dissi a me stessa.

Diedi un ultimo sguardo alle foto, poi avvicinai il palmo al mio viso, chiusi gli occhi e... niente. Non ci riuscivo.
"Forse devo far finta che sia un ragazzo...vediamo...chi potrebbe essere".

Richiusi gli occhi e riavvicinai il palmo alle labbra, trattenni il respiro come se fosse vero e...
"Che stai facendo?"

Sobbalzai di scatto, urlando.
"Ma ti sembra il modo? ti ho detto mille volte di non entrare dalla finestra" sbuffai tirandogli un cuscino.

"E poi dov'è il divertimento?" ridacchiò Ale sedendosi sul letto difronte a me.

"Allora che stavi facendo?" chiese di nuovo e io ricordandomi del giornale lo chiusi di scatto. Mossa sbagliata.

"Niente, pensavo"

"Sì, come no, fammi vedere" si sporse dietro le mie spalle per afferrare il giornale, ovviamente aveva intuito.
Sbuffai sapendo di non avere via di scampo con lui.

"Prometti di non ridere?" chiesi ed Ale cominciò a sorridere.

"Basta, non se ne fa niente" rinunciai alzandomi ma lui mi prese per la vita e mi ritirò sul letto.

"Ok va bene" rispose.

Lo guardai seria negli occhi per capire se potevo fidarmi.
"Dì - prometto che non ti prenderò in giro-"

Ale mi guardò dolcemente.
"Lo sai che non lo faccio mai, non seriamente almeno".

Decisi di fidarmi e gli mostrai il giornale sentendomi una stupida, lui lo guardò per alcuni minuti, terribilmente serio, solo ogni tanto potei vedere un piccolo sorriso stringergli le labbra.
Mi affrettai a spiegare.
"Sono i brillanti consigli di tua cugina...insomma dalla prossima settimana inizieremo il liceo ed io sono l'unica che non ha mai baciato un ragazzo e non solo è imbarazzante ma anche ridicolo e non sò se è più ridicolo il fatto che io sia quì a leggere queste cavolate e a baciare il mio palmo o il fatto che non abbia uno straccio di ragazzo per far pratica e..."

"Ma tu hai me!"
Mi bloccai come una statua, rimanendo a bocca aperta, insomma non poteva averlo detto sul serio. Ci guardammo in silenzio per alcuni secondi e poi...scoppiai in una fragorosa risata.

"Perchè ridi?" disse serio.
Tornai seria anch'io, immediatamente.

"Ma stai scherzando?" chiesi sbalordita.
Ale chiuse il giornale da una parte e mi prese una mano.

"No, parlo davvero. Se vuoi provare a baciare un ragazzo io ci sto, e ti assicuro che sono molto meglio della tua mano"
Abbassai gli occhi imbarazzata.

"Ma non credi che sarebbe strano...voglio dire... tra noi ?".
Lui scosse la testa e sorrise.
"Non vedo perchè sei la mia migliore amica e poi sarò onesto e ti dirò come sei andata" disse serio.

"Davvero?"
Sorrise e si avvicinò prendendomi il viso tra le mani.

"Aspetta" dissi
Mi guardò curioso.

"Vuoi farlo ora?" chiesi rossa come un peperone. Sentivo il viso avvampare e il cuore iniziare a galoppare, insomma non ero preparata!

"Prima lo facciamo, prima ti togli il pensiero" rispose con tono scontato ma potei vedere una luce brillare nei suoi occhi.

"Io non so come fare" sussurai.

"Lasciati andare, al resto ci penso io".

Alessandro prese di nuovo il mio volto tra le mani e questa volta lo lasciai fare. Mi guardò fissa negli occhi avvicinandosi per poi spostare l'attenzione sulle mie labbra, vidi un impercettibile movimento della sua lingua per inumidirsi appena le labbra e risposi d'istinto facendo lo stesso. La sua bocca si distese in un dolce sorriso.

"Rilassati" sussurrò, sentii il calore del suo respiro scontrarsi con il mio ed...avvenne, così, dolcemente, lentamente, Ale socchiuse le labbra sul mio inferiore ed il contatto mi lascio letteralmente senza fiato. La morbidezza ed il profumo del suo respiro mi infasero facendomi scoppiare il cuore nel petto, passò al labbro superiore succhiandolo appena e non seppi mai come, la sua bocca sulla mia mi sembrò la cosa più naturale del mondo. Sentii una sua mano scivolarmi tra i capelle spingendo il mio viso ancora più vicino al suo anche se sembrava impossibile e il respiro accellerò. Sentivo il suo correre con il mio, mentre il calore esplose nella bocca, e quando senza accorgemene, ad una sua leggera pressione risposi aprendo le labbra di più, lui mi assecondò facendo incontrare la mia lingua con la sua ed io... lo spinsi via.

"Ma cosa fai?" urlai con la mano a coprirmi la bocca.
Lui scosse la testa come per riprendersi e mi sorrise soddisfatto.

"Ti bacio"

"Con la lingua?" chiesi sconvolta.

"E come ti dovrei baciare secondo te?" sorrise ancora alzandosi dal letto.

"Non si era parlato di lingua"

"Bè per me era scontato e poi non è che tu abbia fatto tutta questa resistenza" disse spavaldo.
Lo guardai scioccata arrossendo e sentendomi una stupida perchè sapevo quanto fosse vero.
"Sei un idiota, ecco cosa sei" dissi avvicinandomi alla porta.

"E tu sei una discreta baciatrice, complimenti".
Mi voltai di scatto.

"Davvero?" chiesi sorridendo.
Lui si avvicinò annuendo.

"Lo sai che ti dico sempre la verità, amici?" chiese allungando una mano.
La presi, guardandolo negli occhi.

"Sempre".

Da quel giorno Alessandro non fu più il mio migliore amico, ma questo l'avrei scoperto solo dopo
.




*************************



"Allora... dove eravamo, si - Manzoni, nacque a Milano nel 1785, dal conte Pietro e...-".
Erano più di due ore che aspettavo Alessandro, dovevamo studiare insieme ma non si era fatto vedere per tutto il pomeriggio. Era quasi ora di cena per cui iniziai a preoccuparmi, non era da lui sparire così senza chiamare ed inoltre passava più tempo a casa mia che nella sua. Il risultato fu che non ero riuscita a studiare gran chè ed il giorno dopo avrei avuto anche un'interrogazione.

"...conte Pietro, un uomo di ..."

Sentii un rumore dal balcone della mia camera e corsi ad aprire la finestra.
"Ale che fine avevi fatto, ti ho aspettato per tutto il pomeriggio?" chiesi allarmata.
Quando si voltò e vidi i suoi occhi mi ammutolii.

Alessandro entrò senza guardarmi, con la testa basta ed in silenzio si incamminò verso il letto e rimase immobile, continuando a darmi le spalle.
"Lo odio, lo disprezzo e odio me stesso per quello che provo. E' mio padre ma ogni giorno che passa lo odio sempre di più" sussurrò con voce tremante.

Capii subito che era accaduto qualcosa, così chiusi la finestra e mi avvicinai a lui non sapendo cosa fare ma decisa a capire e stargli vicino. Lo voltai gentilmente verso di me e lui mi lasciò fare, gli presi il volto tra le mani e lo costrinsi a guardarmi lui cercò di resistere ma alla fine cedette ed incrociò i suoi occhi nei miei. Ciò che vidi mi turbò profondamente, il suo sguardo sempre gioioso e solare per la mia volta aveva perso tutta la sua vitalità. Mi guardava come se si sentisse perso, sperduto e potei vedere il normale brillante verde dei suoi occhi, diventare un pozzo nero di tristezza.
Il respiro aumentò, e per un attimo mi sentii smarrita, incapace di dire o fare la cosa giusta, perciò mi limitai ad alzarmi in punta di pieni stringergli le braccia intorno al collo ed abbracciarlo stretto a me con tutta la forza che avevo.
Lo sentii irrigidirsi per un momento e dopo di chè crollare, abbandonare ogni resistenza concedendomi di vedere quanto fosse vulnerabile.

"Perchè non sono mai abbastanza per lui? Non valgo niente...io...io non sono niente".

Pianse, come un bambino e lo lasciai sfogare. Ci sdraiammo insieme sul mio letto e coprii entrambi con una coperta, mentre lui continuava ad abbracciarmi come se fossi l'aria per i suoi polmoni. Pianse le lacrime che si era tenuto dentro probabilmente da sempre ed io non mi mossi dal suo abbraccio.


Quella fu la prima volta che dormimmo insieme... era un giovedì e da quel giorno in poi sarebbe stata la nostra serata speciale.


************************


Ciao a tutte, scusate il ritardo ma tra le varie festività sono stato un pò impegnata.
Il capitolo si è sviluppato da solo, volevo fare una sorta di paronamica su come era nato il rapporto tra Ale e Michy ma non volevo neanche dilungarmi troppo perchè la"storia" in sè comincia dal passato e continua nel presente (non sò se mi sono spiegata) cmq ho scelto di scrivere piccoli spunti della loro storia, in modo da far capire come si sono legati negli anni. Ovviamente, hanno condiviso davvero molto tempo insieme, ma ho fatto una sorta di cernita dei momenti più importanti che continueranno nel prossimo capitolo fino ad arrivare all'estate che avevo introdotto nel 1 capitolo.
Quel periodo è quello fondamentale, dove accade...tutto, che porta Michy a fuggire, quindi voglio arrivarci pian piano e far capire come si è svolto il tutto.
Sinceramente, è la prima volta che scrivo una ff perciò anche questa tecnica di menzionare i ricordi più importanti è una novità per me, perciò volevo chiedervi... che ne pensate??? Vi è piaciuto il capitolo strutturato in questo modo??
Fatemi sapere, ci tengo :D
Un abbraccio
Lela






























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Capitolo 6
*** Da quel giorno...(parte 2) ***


FUGA- Cap 6

Fuga : Cap 6
FUGA
CAPITOLO 6

Da quel giorno...(parte 2)



"Sei pronta per il compito" chiese Gaia mentre entravamo nel cortile del liceo.
"Definisci pronta" risposi ridendo.
Avevamo passato l'ultima settimana a rivedere le mille formule che non volevano proprio entrarmi in testa. Era l'ultimo compito di matematica prima che finisse il terzo anno e rischiavo di prendere un debito, perciò quella mattina era la mia ultima possibilità, dopo di chè avrei rinunciato a capire la matematica.

"Scusami?" chiese una ragazza alle nostre spalle.
Mi voltai incuriosita, la conoscevo o meglio, l'avevo vista di sfuggita a scuola ma non ci eravamo mai parlate.
"Si?"
"Sei Michela, vero?" chiese ancora.
Annuii, aspettando che continuasse e con me anche Gaia.
"Ciao io sono Sonia e bè...scusami, di nuovo, ma dovrei farti una domanda un pò personale".
Io e Gaia ci guardammo curiose ed annuii ancora.
"Vedi, mi stavo chiedendo se tra, te ed Alessandro ci fosse qualcosa..."
Sbarrai gli occhi per la sorpresa e poi scoppiai a ridere.
"Come dici?" chiesi incredula, insomma chi era questa qui?
"Si vedi, diciamo che mi interesserebbe conoscerlo meglio ma vedo che state sempre insieme e non si capisce se siete fidanzati oppure..."
"Oppure nulla" la interruppi, improvvisamente nervosa anche se non ne capivo il motivo.
"Senti, sinceramente non ti conosco ma... nulla, tra me ed Ale c'è solo una grande amicizia perciò.."
"Vuoi dirmi che non c'è mai stato niente tra voi?" chiese allibita.
Adesso iniziavo ad innervosirmi davvero, perchè non erano questioni che la riguardavano.
"Non credo che debba interessarti e non sò perchè ti stia rispondendo comunque... no, te lo ripeto siamo amici ed Alessandro è liberissimo di frequentare chi vuole, come faccio io..."
"Bè non è che tu ti dia alla pazza gioia" commentò Gaia ridendo.
"Zitta tu, che ne sai" risposi mentre lei alzava gli occhi al cielo.
Sonia rimase a fissarmi per alcuni secondi e poi annuì.
"D'accordo, volevo solo capire meglio per non creare problemi, anche perchè...no niente grazie ancora" e si girò.
Non resistetti, fu istintivo.
"Anche perchè cosa?" chiesi fermandole un braccio.
Lei scosse la testa, sembrando per un attimo imbarazzata.
"No, niente è che tutti sanno del -divieto su di te-, aggiungi che siete sempre insieme e.."
"Non ti seguo, che vuol dire -divieto su di me-?"
Lei spalancò gli occhi allarmata e Gaia mi prese per un braccio frenando la furia che stava salendo, avevo un terribile sospetto...
"Tutti i ragazzi della scuola sanno che devono...come dire...girarti alla larga, Alessandro è stato molto chiaro".
Eccola lì la furia, arrivata tutta insieme ad accecarmi e vidi solo rosso.
"Io lo uccido! Questa volta lo uccido con le mie mani!"

Dopo scuola mi diressi a casa sua, visto che quella mattina non era venuto.
Davanti la sua porta bussai fino a farmi diventare le nocche rosse, sapevo che non c'era nessuno a quell'ora e che probabilmente Alessandro stava dormendo beato.
Dopo diversi minuti, la porta si spalancò.
"Ma chi diavolo è?"
.
Lo spinsi con foga dentro casa.

Con le mani puntati sul suo petto, nudo, iniziai ad urlare.
"Tu, brutto idiota, troglodita, possessivo e maschilista, come ti sei permesso?
"
"Ehi ma sei impazzita?" rispose indietreggiando e stringendomi le mani con le sue per impedirmi di colpirlo.
Continuai ad agitarmi ma mi teneva bloccata con una sola mano, mentre con l'altra cercava di chiudere la porta.
"Che cos'è questa storia?" gli chiesi cercando di fermarmi, visto che con l'azione fisica non stavo ottenendo molto.

"Ok, andiamo con calma e dimmi cosa avrei fatto questa volta" commentò sereno, il che mi infastidì ancora di più.
"Cosa vuol dire il -divieto su di me- ?" chiesi a bruciapelo.
Lui mi guardò senza muovere un ciglio, per poi girarsi ed incamminarsi verso la sua stanza, sbuffando.
"Ehi, sto parlando con te e ti conviene rispondere perchè sono molto arrabbiata" aggiunsi seguendolo.
La camera era nella penombra, le tende erano accostate e vidi il letto sfatto, mi concentrai per la prima volta sul suo abbigliamento, ovvero solo un paio di jeans calati, scalzo e senza maglietta. A quanto pare stava dormendo davvero.
"Sinceramente non capisco perchè ti scaldi in questo modo e nemmeno come hai fatto a metterci così tanto per scoprirlo" disse iniziando a ridere.
Mi avventai ancora verso di lui per colpirlo ma mi strinse i polsi con una mano e mi tirò più stretta.
"Ehi, aspetta e fammi finire".
"Non hai scusanti. E' una cosa ridicola, per non dire che tu non hai nessun diritto..."
"Oh certo che ce l'ho... è scritto nel -diritto del migliore amico-. Un pò come non far guidare un tuo amico quando è ubriaco, o dire ad una tua amica che il vestito che indossa le fà un sedere enorme. Questa è onestà, è a.mi.ci.zia!" disse sillabando l'ultima parola.
"Già ma la vera amicizia, non vuole dire fare di tutto per evitare all'altro una vita sociale"
risposi allontanandomi da lui, che sorrideva divertito.
"Non l'ho fatto. Mi sembra che tu sia uscita con diversi ragazzi in questi anni, ma quello che non sai è che prima venivano "vagliati" dal sottoscritto" disse inchinando la testa come in attesa di un applauso.
La mia faccia in quel momento assunse l'espressione di un pesce palla. Ero completamente allibita.
"Dovresti ringraziarmi" disse orgoglioso.
"Ah si?" commentai sarcastica.
"Certo, perchè hai qualcuno che ti vuole bene e che si prende cura di te. Sai che potrei uccidere chiunque ti sfiorasse senza che tu lo voglia" disse con la sguardo più dolce del mondo.
Abbassai gli occhi, un pò imbarazzata ed un pò infastidita con me stessa per non essere riuscita a rimanere arrabbiata con lui e nel farlo mi voltai camminando per la stanza. Pessima scelta.
Gli occhi volarono su una carta argentata sul comodino, era aperta e stracciata. Usata.
Mi voltai di scatto verso di lui, che capì immediatamento ed iniziò a sorridere.
"Cosa è successo?" chiesi curiosa, mentre il cuore iniziava a corre più veloce.
"Vuoi la versione lunga e piccante o breve e pulita?" chiese orgoglioso, mentre io, scorrendo ancora lo sguardo per la stanza iniziai a mettere insieme i pezzi.
Il letto disfatto, panni a terra, lui mezzo nudo e quel quadruccio argentato aperto. Qualcuno aveva fatto sesso. Alessandro, aveva fatto sesso per la prima volta.
Sentii una strana morsa allo stomaco, mai provata prima. Un sentimento di delusione e rabbia che mi confuse ma tutto ciò che dissi fù :"Dai stallone, racconta".

Da quel giorno capii che essergli amica, a volte, faceva male...




*************************



"Non posso credere che la festa sia tra poche ore e voi siete ancora così!" esclamò Daniela entrando in camera mia e vedendo me ed Alessandro attorcigliati tra le coperte in un mare di pop corn e gelatine.
"Il film è quasi finito" disse Ale senza distogliere gli occhi dal film, mentre io mi coprivo con una mano per non vedere l'assassino che torturava la protagonista.
"Va bene vado a chiamare Gaia, poi ritorno e quando sarò quì voglio vedervi in piedi" disse uscendo come una furia.
"Uffà" borbottai.
"Che c'è ragazzina, non vuoi andare alla festa del liceo?" chiese fingendosi sconvolto.
Mi voltai a guardare quegli occhi verdi e brillanti con il sorriso caldo che riservava sempre a me.
"No, non mi piacciono, ormai dovresti saperlo e tu vuoi andarci?".
Ale portò lo sguardo sul televisore ridendo.
"Bè, non si dica che io disdegni un pò di carne fresca!" commentò infilandosi in bocca una manciata di gelatine.
Gli infilai un gomitata nelle costole e mi alzai.
"Ehi non finisci di vedere il film?" chiese.
"No, devo farmi una doccia ed iniziare a vestirmi oppure Fabio mi troverà in tuta e non sono un bello spettacolo" dissi iniziando a prendere il cambio dal cassetto.
"Che stupidaggine, io credo che il tuo pigiama con le ranocchie sia il massimo" commentò.
A quel punto mi fermai, dandogli le spalle. C'era una cosa di cui volevo parlargli ma non sapevo come e quindi optai per andare dritta al punto.
"Bè, diciamo che il pigiama non è il massimo per... tutto"
"Se ti riferisci alla festa, sono sicuro che qualsiasi vestito andrà bene" disse continuando a mangiare.
Respirai a fondo prima di prendere ciò che volevo mostrargli dal cassetto e poi mi giri di scatto.
"Che ne pensi?" chiesi stendendo il completino intimo sul letto.
Ale si volto a guardarmi e per poco non morì soffocato, con le gelatine.
"E questo cosa sarebbe? " disse prendendo tra le mani il mio completino blu perlato.
"Stasera voglio fare l'amore con Fabio!" dissi
sorridendo.
Lo guardai e vidi i suoi occhi allargarsi a dismisura, il volto diventare rosso come un cartone animato e lo sentii trattenere il respiro.
"Ale...stai.."
"Ma sei impazzita?" mi urlò, scattando in piedi.
Il mio sorriso si spense immediatamente.
Sapevo che Alessandro era molto possessivo nei miei confronti ma credevo che ormai si fosse abituato a Fabio e che non lo considerasse più un pericolo per me. La sua reazione mi confuse e mi fece arrabbiare. Insomma, ricordavo bene quando scoprii che aveva perso la verginità, mi ricordai di essermi sentita strana e ferita, ma capii che dovevo reagire da amica, capii che era solo una strana gelosia dettata dal nostro rapporto ma che non significava nulla. Perchè lui non stava facendo lo stesso?
"E sentiamo perchè sarei impazzita, perchè voglio fare l'amore con il mio ragazzo?" chiesi arrabbiata.
Alessandro mi guardò e giurai di aver visto una luce nei suoi occhi.
"No, certo che no, che dici... è solo che..bè non me l'aspettavo e poi, queste cose ...queste cose non si dovrebbero pianificare. Voi ragazze ci tenete a questa cosa...questa cosa della verginità ed io non voglio che...bè ma se tu... è ovvio che" non sapeva più come continuare e capii che si sentiva in imbarazzo.
Di nuovo quella dolce espressione mi calmò e mi avvicinai a lui prendendolo per il volto come facevo sempre per costringerlo a guardarmi.
"Ale stasera farò l'amore con il mio ragazzo per la prima volta. Sò che mi vuoi bene e che ti preoccupi per me, ti sei...sempre...preoccupato per me, ma stasera non ce n'è bisogno. Voglio farlo, mi sento pronta. Vorrei solo che il mio migliore amico condivida con me questo momento" dissi sorridendo.
Lo vidi socchiudere gli occhi per un momento visto che non poteva scappare dalla mia presa, per poi prendere un profondo respiro prima di parlare.
"Michy, c'è una cosa che vorrei dirti..."
"Dimmi" sussurrai guardandolo negli occhi.
"Io.."
"Siete ancora così?" urlò Gaia entrando come un tornado.
Alessandro si allontanò di scatto, scompigliandosi i capelli.
"Oh mamma mia, hai ragione, devo farmi una doccia anch'io. Allora ci vediamo dopo, vi lascio alle vostre cose da..ragazze" disse tutto di botto avvicinandosi alla porta.
Lo guardai confusa per un attimo.
"Ale cosa stavi dicendo?" chiesi.
Lui si fermò sulla soglia della porta e poi si girò guardandomi.
Gli occhi brillavano ed il volto sorrideva.
"Ma niente...solo.. dacci dentro ragazza!" disse facendomi l'occhiolino, per poi andar via.

Da quel giorno capii, che il sesso non è amore.





*************************



Dopo che Alessandro mi venne a prendere al pub, ma soprattutto dopo la serata disastrosa che avevo passato con il -fantomatico-super-figo Diego, non avevo ricevuto nessuna chiamata dalla mia amica Daniela, solo un messaggio in cui si scusava per avermi lasciata sola e che l'indomani mi avrebbe spiegato tutto.
Ero arrabbiata con lei ma non mi andava di discutere, così rimandai il tutto al giorno seguente.
Arrivati sotto casa mia, nel più totale silenzio, Ale spense la macchina e rimase a guardare davanti a se. Io feci lo stesso, prima di sospirare e guardarlo.
"Grazie per essere venuto a prendermi" dissi.
"Non dirlo neanche, mi dispiace solo non essere arrivato prima" rispose.
"Ale..." sospirai guardandolo.
"Dimmi"
"Mi guardi?" chiesi, la voce mi tremava e non sapevo il perchè.
Lui si voltò lentamente, tenendo gli occhi abbassati e poi ancora più lentamente li alzò incontrando i miei.
In quell'attimo una lacrima scese sulla mi guacia e sospirai ancora.
"Mi dispiace per oggi, non sò cosa mi sia preso...io.."
Mi interruppe prendendomi il viso tra le mani e asciugandomi la lacrima.
"No dispiace a me. Non dovevo parlarti in quel modo, tu non centri niente sono io che...scusa davvero sono stato stupido ed infantile"
Sorrisi vedendo che non era arrabbiato con me e poi scossi la testa.
"Non parliamone più, non è successo nulla, le discussioni possono accadere a chiunque".
Lui annuì sorridendo.
"Ti va di vederci un film?" chiese.
"Certo".

I miei dormivano da un pezzo, perciò entrammo senza far rumore.
Mi tolsi le scarpe, mentre Ale andava ad aprire la finestra.
"Che caldo, in questa stanza non si respira" disse.
Lo guardai ridendo.
"Mi aiuti?" chiesi dandogli le spalle e mostrandogli la chiusura del vestito.
"Sai, ogni volta che devo aiutarti mi sembra di spogliare una bambola di pezza" disse sorridendo.
Sapevo che scherzava, mi prendeva sempre in giro ma in quel preciso istante, notai come fece attenzione a non sfiorarmi neanche con un dito.
Il vestito scivolò fino a metà schiena ma lo fermai davanti.
"Ma bravo, se vuoi un consiglio quando spogli una ragazza non dirle una cosa del genere, ho ti chiuderà la via per il paradiso" risposi prendendolo in giro a mia volta.
Lo sentii sogghignare mentre andai in bagno a cambiarmi.
Dopo qualche minuto, riuscii con indosso il mio pigiama con le cigliege. Era una serata molto calda e quando sentii una leggera musica venire da fuori capii che Ale era sul mio balcone.
Lo trovai sdraiato sul mio lettino per prendere il sole, mentre ascoltava la musica dallo stereo. Aveva spostato le casse sul balcone e canticchiava sottovoce con gli occhi chiusi.
Mi sorpresi a guardarlo curiosa ed emozionata, si era cambiato anche lui indossando una tuta grigia con una cannottiera bianca, erano i panni che teneva a casa mia per occasioni come questa.
Lo guardai e pensai che...era bello. Semplicemente.
"Non dovevamo vedere un film?" chiesi rimanendo vicino la finestra.
"Rimaniamo un pò quì" disse allungando una mano verso la mia.
La presi e mi attirò verso di se, facendomi sdraiare al suo fianco e stringendomi con un braccio.

Con la coda nell'occhio lo vidi guardare le stelle, serio e pensieroso come non lo vedevo da tanto, ma il tutto durò pochi istanti perchè continuando a guardare in alto iniziò a sorridere.
"Sento che mi guardi"
Spostai gli occhi di colpo e scoppiammo a ridere insieme.
"Allora non mi dici niente della serata?" chiese dopo pochi minuti.
Sospirai e scossi la testa.
"Dico che tutta questa...cosa non è per me" sussurrai, appoggiando la testa sul suo petto, lo sentii ridere tra i miei capelli.
"Che c'è?" chiesi curiosa alzando gli occhi.
"Niente è che continuai a chiamarla -cosa-, mi diverte, ti fa sembrare ancora più piccola"
"Ecco, ti pareva" sbuffai.
"Era un complimento, vuol dire che sei tenera, sei buona...pura".
Rimanenno in silenzio per altri minuti.
"Quel ragazzo...ti ha dato fastidio in qualche modo.." capii immediatamente e scossi la testa.
"No, no, nulla, a parte contemplare le mie tette" risi ma lui si irrigidì.
"Cosa?"
"Ale, smettila è normale, è un ragazzo. Cosa ti aspettavi che iniziasse a parlare di filosofia? In fondo tu fai lo stesso, non mi sembra che il tuo sguardo vada molto su, quando parli con una ragazza" commentai.
"Ehi non offendere, io rispetto le donne, hanno sicuramente molto più cervello degli uomini"
Tornò il silenzio.
"Ale?"
"Mmm"
"Ti sei mai innamorato?" chiesi d'istinto.
Lo sentii trattenere il respiro. Notai che ci mise qualche secondo di troppo a rispondere e per un attimo ebbi paura che la risposta potesse essere positiva. Che ci fosse stata una ragazza di cui io non sapevo nulla.
"Saresti stata la prima a saperlo" rispose poi.
"Già" commentai.
"E tu?" chiese lui.
Fu il mio turno, ad irrigidirmi, decisi di essere onesta.
"Credevo di esserlo di Fabio, ma con il tempo ho capito che non era così. E' che...non sò sembra tutto così difficile e non dovrebbe esserlo, insomma, l'amore per me è la cosa più naturale del mondo ma non credo sia per tutti".
Sospirai ancora, abbassando il viso sul suo petto e chiudendo gli occhi, mi sentivo terribilmente stanca, messa alla prova da tutte l'emozioni di quella lunga giornata.
"Perchè dici questo?" chiese in un sussurro, sentii il suo respiro caldo tra i miei capelli e mi sentii protetta, avvolta solo dal suo profumo dolce.
"Perchè mi sento invisibile a volte..." parlavo ormai con gli occhi chiusi, cullata da i nostri respiri e senza preoccuparmi di ciò che dicevo.
"... non sono come Daniela, bella e stravagante o come Gaia, forte ed istintiva...io sono...io. Sò di non essere bella o attraente, sono quella che rimane dietro le quinte, la ragazza dell'ultimo banco, quella da storia seria che sogna l'amore ma non lo trova. Che lo vede...ma lui... non vede l-e-i...".

Ricordo di essermi addormentata così, tra le sue braccia. Ricordo la pace e il calore del suo corpo, avvolgermi.
Ricordo di essermi sentita forte e amata, ma non seppi mai se ciò che sentii dopo, fu un ricordo o parte del mio sogno.
"...Io ti vedo..."

Da quel giorno... ha inizio la mia storia.


*************************



Ciao a tutti, eccomi di nuovo quì. Come avrete capito la storia è tornata al punto di partenza...ah ah ah no intendo che dal prossimo capitolo, inizieremo a capire cosa è accaduto. Vi sono piaciuti questi piccoli sprazzi di ricordi??
Ho provato ad immaginare i momenti più importanti e questo è ciò che è uscito fuori.
Spero vi sia piaciuto questo secondo capitolo, così come è piaciuto a me scriverlo.
Ho gli occhi a cuoricino ora *_*.

In ogni modo, spero che stia uscendo fuori il carattere di tutti e due e come si è sviluppato il loro rapporto, spero che riuscite ad immaginarli ed a viverli con me.

Ringrazio tutte le ragazze che mi seguono, il numero cresce sempre di più ed io gongolo su me stessa mentre il mio ragazzo mi guarda, crede che sia impazzita e cerca ancora di capire cosa voglia dire EFP!

Ringrazio, ovviamente anche chi trova il tempo per recensire, mi avete detto cose bellissime! GRAZIE davvero!

Ringrazio una delle autrici migliori su questo sito, ovvero, FALLSOFARC, per avermi letto-recensito con parole stupende che mi hanno emozionato e per aver dato la possibilità a noi piccole scrittrici di farci un pò di pubblicità! Grazie mille!!

Come sempre, ogni commento è più che gradito.


Un abbraccio,

Lela





















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Capitolo 7
*** Ridere ***


FUGA- Cap 7

FUGA cap 7
FUGA
Capitolo 7

Ridere

13 MAGGIO 2010


Dopo aver pianto tutte le lacrime, che credevo di aver esaurito, tra le braccia di mia madre, mi misi a dormire e non mi risvegliai fino alla mattina successiva.

Dicono che il sonno ristora, bè io sò soltanto che ero tornata a casa con intenzioni diverse ma la realtà mi aveva sorpreso, in quel momento ero arrabbiata con me stessa e demotivata. Sapevo di essere tornata per la mia famiglia ma non stavo facendo nulla di rilevante, mi sentivo inutile ed in colpa perchè la verità era che non vedevo l'ora di fuggire di nuovo.

Aprii gli occhi e mi ritrovai dei ciuffi biondi davanti al viso, mi scansai di colpo e sentii la sua risata cristallina.
"Buongiorno" disse Gaia sorridendo. "Allora hai finito di dormire?".

Mi stropicciai gli occhi, per poi girarmi su un fianco.
"Che ore sono?" chiesi sbadigliando.
"Sono circa le dieci, il sole è alto nel cielo e gli uccellini cantano solo per te!" mi disse trascinandomi per un braccio.
"Ma davvero? " commentai sorridendo.

La capacità di Gaia di scaldarti il cuore non era cambiata. Non a caso il suo nome era la perfetta descrizione di se stessa.
Mi sedetti sul letto, legandomi i capelli mentre lei andava ad aprire la finestra per far entrare il sole. Era vero, era una bellissima giornata.
"Allora a cosa devo questa sveglia mattutina?" chiesi sorridendo.
Gaia si voltò entusiasta.
"Innanzitutto, stavo vedendo il tuo bellissimo colorito bianco pallido e direi che, anche se sarà sicuramente di moda nella terra delle nubi, bisogna assolutamente rinvigorire questa tua lattea pelle, perciò che ne dici di stenderci a prendere un pò di sole in giardino?" chiese lanciandomi un costume.
"Ma questo non è mio" commentai guardandolo.
"Tesoro, certo che lo è...l'ho appena comprato!" disse quasi offesa.


Dopo aver fatto colazione, ci ritrovammo stese a prendere il sole nel mio giardino, con un sottofondo musicale che accompagnava la nostra chiacchierata in quello che era un quadro del tutto familiare e quanto mai gradito. Ero più calma, sicuramente a causa dei raggi del sole.
Gaia aveva ragione, quel calore era quanto di più benefico, potessi ricordare da due anni.
"Lo avevo dimenticato" commentai ad occhi chiusi, senza dover aggiungere nulla, sapevo che Gaia avrebbe capito.

"Eh già, non riesco davvero ad immaginare come hai fatto tutto questo tempo senza il sole!"
Sorrisi voltendomi verso di lei.

"Sai non è proprio così. Londra è una città magnifica, ma è talmente grigia e triste d'inverno, quanto bellissima e piena di colori in estate. E' vero il sole non è caldo come quì, ne tantomeno così presente, ma quando è bel tempo...tutto cambia. Londra stessa cambia, i suoi parchi, il centro...la gente. Adoro questo suo aspetto. Con Terry, approfittavamo di queste occasione per andare a pattinare" dissi tornando a ridere.

"Come?" chiese Gaia incredula.

"Si, ci credi che mi ha fatto comprare un paio di pattini e costretta ad inseguirla per tutto il parco? Senza contare le volte che con noi sono venute anche Sarah e Kate, quelle ragazze sono pazze, assolutamente senza paura di nulla e poi..." mi fermai d'improvviso dopo essermi voltata verso di lei.
Aveva abbassato lo sguardo e cambiato completamente espressione. Sembrava triste.

"Ehi, cosa c'è?" chiesi allarmata alzandomi a sedere sul lettino.
Gaia alzò il viso di scatto e sorrise.

"Niente è solo che...sentirti parlare di altre persone, altri tuoi amici che io non conosco che non siamo noi...E' stupido ed infantile, lo sò me ne rendo conto, ma mi sei mancata.."

"Tesoro, guardami" le presi le mani mentre lei abbassava ancora lo sguardo.

"Mi sei mancata anche tu. In ogni momento, tutte le cose che abbiamo vissuto, mi tornavano alla mente e mi ritrovavo a pensare.."A Gaia questo piacerebbe" perciò non credere nemmeno per un attimo che io mi sia dimenticata di te o di noi in questi anni perchè non è assolutamente così!"

Lei annuì convinta, tornandomi a guardare.
"Questo lo so, ti conosco troppo bene per credere che ti sia dimenticata di noi, non intendevo questo è solo che... Vedi è stato molto difficile. Tutto è cambiato e mi sono ritrovata ad affrontare tutte le conseguenze senza di te, senza la mia migliore amica... e.." si fermò.
La vidi trattenere le lacrime e mi sentii terribilmente colpevole.

"Gaia..."iniziai ma lei mi interruppe.
"Scusami, sono una stupida. Lo so che ti ho fatto una promessa. Ti ho giurato che non avremmo riparlato, perciò fa come non avessi detto nulla."

"Gaia...ascoltami. Perdonami per tutto questo, me ne sono andata lasciandoti sola..."

Scosse la testa di nuovo.
"Non c'è niente da pardonare, so perchè sei partita. Paradossalmente non è neanche perchè mi hai lasciato sola, anche se sono stati i due anni più difficili della mia vita ed io avevo bisogno di te, ma ho capito che ciò di cui Tu avevi bisogno...era diverso, perciò l'ho accettato, con dolore ma l'ho accettato.
E' stato...tutto il resto, si è rovinato tutto! E non parlo solo di te ed...bè anche di me e Riccardo" sospirò chiudendo gli occhi.

In quel momento capii di essere stata terribilmente egoista. Tutto il dolore e tutto ciò che era accaduto, non doveva coinvolgere anche lei, non in quel modo. Non solo ero fuggita da tutto, ma avevo lasciato le mie responsabilità e conseguenze nelle sue mani, perchè ero stata una codarda, perchè il dolore mi aveva annientato e perchè in un modo o nell'altro volevo sopravvivere a quel dolore!

"Oh tesoro vieni quì" l'abbracciai stretta a me e la sentii crollare come se avesse aspettato quel momento da troppo tempo.
Non dissi niente, la cullai dolcemente, sentendomi tremendamente in colpa. In quei due anni, sapevo che i miei genitori, amici, Gaia, sentivano la mia mancanza ma avevo messo la mia felicità prima della loro. Era stato giusto? Si dice che si capisce davvero il significato e l'importanza di una persona nella nostra vita, solo quando la si perde ed io non potevo essere più d'accordo in quel momento. Mi era mancata Gaia, immensamente...ma cosa potevo fare se anch'io nel mio cuore, non ero felice? Se sentivo ogni volta che pensavo a lui, il cuore stringersi nel petto?
Ero scappata ma la verità era che stavo ancora fuggendo.

Non so quanto tempo passò, ma quando la sentii rilassarsi tra le mie braccia, sperai si fosse calmata. Gaia si mosse, guardandomi e sorridendomi imbarazzata.
"Scusami"
"Quanto sei scema, ma di cosa ti stai scusando?" le sorrisi.

Aspettai qualche secondo, mentre lei si soffiava il naso.

"Sono proprio un disastro" commentò.

"Non credo proprio" dissi e cercai un modo per distrarla.
"Senti che ne dici se andiamo a pranzo fuori? Ho una voglia matta di spaghetti alle vongole, sono due anni che li sogno" chiesi sorridendo.

Gaia alzò la testa di scatto e notai immediatamente i suoi occhi attenti e felici.

"Si, hanno aperto un ristorante al porto che è la fine del mondo, sono sicura che lo adorerai" saltò in piedi come un grillo, il volto di nuovo gioioso.

Guardandola, sorrisi di riflesso anch'io e mi promisi di cercare di farla sorridere il più possibile, nel tempo che sarei rimasta a casa. Lo meritava.

"Allora corriamo a vestirci!" esclamai.


*******************


Dopo una bottiglia di Falanghina, il mio vino bianco preferito, e un pranzo di quelli che saziano per tre giorni, ci ritrovammo a ridere come matte sedute sulla terrazza di un favoloso ristorante.
Non saprei dire se fù per l'aria frizzante del mare che sembrava darmi una carica nuova o perchè era da tanto tempo che non passavamo delle ore insieme, senza pensare a nulla. Sicuramente il vino ci diede il colpo finale, perchè arrivammo al dolce, completamente accaldate e forse un pò brille.

Le battute erano iniziate appena uscite di casa. Gaia sosteneva che mi ero vestita come un ananas mentre io cercavo di spiegarle che i vestitini gialli andavano di moda a Londra ma la situazione degenerò dopo l'aperitivo, mentre sceglievamo l'antipasto.

"Però quel cameriere non è per niente male" commentò Gaia bevendo dalla cannuccia.

"Ma la smetti di fissarlo? Con quella cannuccia poi, sembri una porno star che ricorda i bei tempi andati" la presi in giro ridendo.

"Bè sulla porno star avrei da ridire, visto che ho avuto solo una relazione, quanto ai bei tempi andati..."
"Non dirlo a me" e scoppiammo a ridere incuranti degli altri.

Una voce si schiarì alle nostre spalle.
"Allora, cosa posso portarvi?" chiese il cameriere carino.

"Bè direi..."ci guardammo per un attimo negli occhi con Gaia e rispondemmo insieme "...pesce a volontà" per poi scoppiare a ridere ancora, dando vita al pranzo più divertente che riuscissi a ricordare.

E mi resi conto che ridere fa davvero bene al cuore!




Chiedemmo il conto e nel frattempo che stavamo aspettando, decisi di andare in bagno.
"Mi scusi un momento?" chiesi ed alzandomi barcollai leggermente, provocando l'ennesima risata di Gaia seguita dalla mia.
"Non siamo più abituate vero?"
"Abbiamo una certa età" commentai incamminandomi.

Dopo aver finito in bagno mi rinfrescai il collo con le mani bagnate. Guardandomi allo specchio vidi gli occhi lucidi e le guance accaldate e sorrisi sentendomi finalmente più leggera da quando ero tornata.

Uscendo sentii chiamarmi e mi voltai verso il bancone del bar.
Era il cameriere carino.
"Signorina, questi sono per lei e la sua amica"

Lo guardai confusa puntanto gli occhi su i due bicchieri di cocktails.
"Ma noi non abbiamo ordinato nulla"

"Si lo so, sono da parte...della casa" ed ammiccò guardandomi intensamente.

Sorrisi imbarazzata e ringranziai prendendoli per poi incamminarmi verso il tavolo.

Muovendomi ancora un pò barcollando, scossi la testa sorridendo per la mia imbranataggine fino ad arrivare quasi al tavolo pronta a mostrare a Gaia il mio trofeo ma quando alzai gli occhi vidi che non era sola.

Era in piedi e stava parlando con...oh... mi gelai in un secondo realizzando troppo tardi che fosse...Riccardo e captando lo sguardo omicida che Gaia sembrava lanciarmi e che io interpretai come un "ti prego non interromperci proprio ora". Fu per questo che bloccandomi immediatamente su i miei passi, mi voltai d'istinto per darmela a gambe.

"Oddio!" esclamai andando a sbattere su un petto duro come l'acciao, avvolto da una camicia bianca immacolata che venne completamente rovinata dai nostri cocktails.
"Eh stai attenta dannazione...questa camicia costa più di 200 euro!!" mi urlò una voce calda ma furiosa, nello stesso istante in cui io stavo dicendo "Scusa, mi dispiace".

Alzai il viso istintivamente ad incontrare gli occhi più belli e verdi che avessi mai visto.

Si dice che la mente registra ogni singolo istante delle nostre esistenze, per poi conservarlo intatto nella nostra memoria, ma in quel momento capii che non era vero. La mia di memoria mi aveva mentito o forse aveva oscurato la perfetta immagine di quel viso...il suo viso...per non farmi soffrire, perchè non avrei potuto avere una seconda possibilità di perdermi nuovamente nell'oceano in tempesta, che era lo sguardo di...Alessandro!

Ci irrigidimmo insieme, nell'esatto istante in cui capimmo di essere uno di fronte all'altra, dopo due lunghi anni. Rimasi con la bocca socchiusa e gli occhi spalancati, mi sentivo un pulcino sotto gli occhi di un aquila. Alessandrò mi guardò sorpreso, talmente scioccato che credetti potesse scappare o abbracciarmi nell'istante successivo e contro ogni mia aspettativa, sperai con tutta me stessa sciegliesse la seconda opzione. Lo volevo, volevo abbracciarlo con tutta me stessa e affondare il volto nel suo petto...lo volevo da star male. Lo volevo perchè ero scappata per due anni per ritrovarmi davanti a lui e capire con estrema consapevolezza che il mio corpo lo voleva..il mio cuore lo aveva riconosciuto e sentii gli occhi pungermi per la gioia di vedere ancora il suo viso.

Il tutto durò pochi istanti, che a me sembrarono infiniti ma che non furono di certo abbastanza per colmare il vuoto di lui che avevo dentro, ma quando vidi la sua espressione trasformarsi in pietra dura e fredda, lo guardai mentre si allontanava come scottato.
Mi guardò furioso, sembrava impazzito.

"Ti avevo chiesto solo una cosa. Una fottutissima cosa, ma oramai avrei dovuto imparare a non fidarmi di te!" mi sputò in faccia con una rabbia che lo rendeva irriconoscibile. Se ne andò, lasciandomi lì immobile.

No, non poteva essere il mio Alessandro.



**********************
Ciao a tutte!!! Scusate il terribile ritardo ma mi sono trasferita. Sono tornata in Italia e tra scatoloni, panni, documenti, ricerca del lavoro e quant'altro credevo che questo capitolo non sarebbe mai uscito fuori.
Spero vi piaccia e che non ci siano troppi errori visto che sto scrivendo con il pc del mio ragazzo e non so perchè non ha la correzione come word...insomma spero che non ci siano troppe mostruosità :D

Inoltre mi scuso profondamente per non aver potuto rispondere a tutte le recensioni, ma sappiate che mi avete fatto immensamente felice *_* !!!!

RINGRAZIO tutte le ragazze che mi seguono...siete 109 e non posso crederci e le 43 che mi hanno inserita tra i preferiti...me contentissima!

Spero davvero che continuerete a seguirmi e aspetto con ansia un vostro parere, se vorrete condividerlo con me!
Un abbraccio a presto,

Lela

ps: E' arrivato Alessandro....che ne pensate???

pps: se volete aggiungetemi pure su fb, il mio nome è lela sognatrice, solo mandatemi un messaggio con il vostro nick almeno saprò con chi parlo :P


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Capitolo 8
*** Camicia ***


Fuga- cap 8

fuga cap 8



ps: abbiate pietà ho la febbre...



FUGA


Capitolo 8

Camicia







Lo guardai allontanarsi, con un dolore nel petto, senza però riuscire a staccare gli occhi da quella figura perfetta. Sentii delle mani scuotermi le spalle e mi accorsi di Gaia al mio fianco che mi guardava preoccupata.
"Ehi Michy stai bene? Cosa è successo?" chiese agitata.

Aveva sicuramente sentito le parole di Alessandro, ma il tutto era accaduto così velocemente da lasciarmi impreparata a tale reazione e naturalmente sconvolta.

"Michy mi senti?"

Mi accorsi di non aver ancora detto una parola e così scossi la testa, come a volere scacciare dalla mente l'immagine dei suoi occhi e mi voltai verso Gaia.

"Niente, sto bene non preoccuparti, solo che avrei preferito incontrarlo in un'altra situazione" o forse non incontrarlo affatto...pensai.

In quel momento ci raggiunse Riccardo, lo guardai timorosa, come ad aspettarmi un’ altra sfuriata.

"Mi fa piacere rivederti" disse sorridendo, anche se lo sentivo un po a disagio.
"Anche a me" sorrisi sincera.

Riccardo era pur sempre un mio caro amico e mi sembrava così strano salutarlo avvolti da quell'aria di tensione.
Lo vidi abbassare gli occhi in imbarazzo e capii che il tempo aveva davvero cambiato tante cose.

"Va da lui" dissi abbassando lo sguardo.
Gaia e Riccardo si guardarono per un attimo e poi lui si voltò nuovamente verso di me.

"Ehi, perdonalo è solo che è molto nervoso in questo periodo e non si aspettava...oggi così...ma sono sicuro che gli faccia piacere averti rivisto e..."

Scoppiai a ridere amaramente, alzando una mano per fermarlo.

"Si certo, ma comunque non preoccuparti, non devi giustificarti per lui. Avrà le sue motivazioni, come io ho avuto le mie" dissi seria e fredda come non mi accadeva da tanto.

Gaia mi guardò preoccupata.

"Non guardatemi così, sto bene" dissi sicura, o almeno sforzandomi di esserlo come non mai.

Riccardo mi guardò serio e non so cosa lesse nei miei occhi, so solo che la sua espressione cambiò.

"Vieni qui scricciolo" disse abbracciandomi.

Mi irrigidii per un attimo, non aspettandomi quella reazione ma dopo pochi secondi, mi lasciai andare all’abbraccio del mio amico. Così doveva essere un bentornato!

"Non posso credere ai miei occhi, vado un attimo in bagno e poi chi mi ritrovo davanti, mentre abbraccia quel carciofo di Riccardo?" chiese un vocione alle mie spalle.

Mi voltai di scatto, sorridendo immediatamente, non potevo crederci!
"E perché non mi abbracci tu?" dissi saltando addosso a Stefano che mi stritolò in meno di un secondo.

"Ciao anche a te Stè, ma perché oggi nessuno mi si fila?" disse Gaia ridendo.

Ci voltammo senza staccarci per fargli una linguaccia in simultanea, dopo di ché tornai ad abbracciare quel pazzo.

Stefano, insieme a Davide ed Ilaria, completava il nostro gruppo di amici, e come per gli altri non ci vedevamo da due anni, o forse è meglio dire due anni e tre mesi.

Era partito volontario per entrare nei paracadutisti, circa tre mesi prima della mia "fuga". Sapevo che stava bene e che si era trasferito in Trentino, durante il corso. Tornava a volte solo per le vacanze ma ovviamente , essendo io a Londra, non ci eravamo più visti. Solo alcune telefonate che mi facevano sempre sorridere.
Stefano era una forza della natura. Il classico ragazzo, alto come una montagna, pazzo all'inverosimile e con il sorriso sempre sulle labbra.

"Che ci fai qui?" dissi guardandolo meglio.

Si era rasato i capelli ed era diventato ancora più muscoloso.

"Dovrei farti io questa domanda, non mi ricordavo più nemmeno come eri fatta!" disse sorridendo.

Abbassai gli occhi colpevole e Gaia intervenì immediatamente.
"Sergio si è sentito male" commentò.

"Tuo padre?" mi chiese ed io annuii.

"Mi dispiace molto, non lo sapevo sono appena arrivato, come sta ora?" disse abbracciandomi.

"Molto meglio, ti ringrazio. Ma quando sei tornato?".

Fu Riccardo a rispondere.
"E' arrivato due giorni fà e già ci ha incastrato con i suoi preparativi, anzi se non ci muoviamo non riusciamo a fare niente e..tu sai chi...ci starà aspettando da qualche parte" disse guardando l'orologio.

Sorvolai sul...tu sai chi...e per pura curiosità chiesi di getto "Quali preparativi?".

Se avessi saputo prima cosa sarebbe accaduto, non avrei mai fatto quella domanda.

"Vedi Michy..." intervenne Gaia con sguardi strani.

"Non le avete detto nulla?" chiese Stefano.

Riccardo e Gaia si guardarono imbarazzati.

Riccardo spezzò per primo il silenzio.

"Vedi, non credo che sia il caso...perché.."

Abbassai lo sguardo sentendomi terribilmente a disagio, non sapevo cosa stesse accadendo ed evidentemente i miei più cari amici volevano tenermi all'oscuro.

"Perché un cavolo! Di chi è la festa? Mia, perciò sono io a decidere?" commentò Stefano.

A quelle parole alzai la testa di scatto. Guardai Gaia e capii perché non mi aveva detto nulla. Non sapeva come l'avrei presa ma certo poteva immaginarlo.

"Domani sera ci sarà una festa per il mio bentornato e a questo punto direi anche per il tuo, possiamo festeggiare insieme, ballare e bere tutta la notte... e poi..."

Mi ghiacciai all'istante.

"No ti ringrazio, ma non credo sia il caso"

"Ancora con questa storia del caso e caso, sei mia amica così come lui e se questa è la volta buona che la smette di fare il coglione, risolviamo anche questa situazione!" disse alterato.

In un attimo divenni tutta rossa, il cuore andò a mille e mi sentii tirare verso un baratro infinito.
"No, davvero non scherziamo, non se ne parla e poi devo stare con mio padre..."

"Hai detto che sta meglio e poi sappiamo entrambi che Sergio alle dieci già dorme" disse Gaia di getto, tanto che ci voltammo tutti a guardarla.

La fulminai con lo sguardo.

"Basta chiacchiere...l'innominato ci starà aspettando e non mi và di farlo incazzare ancora di più" disse Stefano ridendo.

Riccardo scosse la testa ridendo anche lui.
"Dopo questa, non ti perdonerà facilmente" commentò.

"Non preoccuparti, ti aspetto a casa mia bella come sempre, domani alle otto" disse facendomi l'occhiolino.

Rimasi allibita. Come se mi avessero fatto una doccia fredda.

Cosa dovevo fare?


********************

"Certo che quando ci si mette è davvero un idiota. Non posso credere che sia mio cugino e soprattutto che ti abbia detto quelle cose! Ma cosa pretende? Che tu ti nasconda dal resto del mondo? Eravamo in un luogo pubblico e non sono affari suoi, ha perso i diritti che aveva su di te, già ma tanto gliene dico quattro, non può fare così e poi..." Gaia sbraitava da sola in macchina mentre tornavamo a casa.
Dal canto mio non ero riuscita a dire più una parola, semplicemente la mia mente si era fermata.

Guardai fuori dal finestrino, mentre costeggiavamo il mare, guardando la luce del tramonto riflessa nell'acqua. Cercai con tutta me stessa di non pensare al suo sguardo, a quel viso che non rivedevo da troppo tempo, a quegli occhi bellissimi, rimasti immutati, ma che stonavano sul quel volto bello da far male, e decisamente diverso da come lo ricordavo.
C'era qualcosa che mi infastidiva in quell'immagine e non solo per la reazione che aveva avuto alla mia presenza, anche se mi aveva ferita, ma perchè fu come se la mia mente non lo riconoscesse per ciò che era.

Chi era quel ragazzo così pieno di rabbia?
Dove era finito quel sorriso speciale che gli illuminava gli occhi ogni volta che mi guardava?

"Tesoro mi stai ascoltando?" chiese Gaia preoccupata.

Annuii senza voltarmi.

"A cosa pensi?" chiese fermandosi davanti casa.

"Alla camicia..." sussurrai guardando fuori.


Estate 2009


"Non posso crederci, gli hai dato il mio numero!" esclamai scioccata scendendo dalla macchina di Ilaria, mentre Gaia rideva a crepapelle.

"E cosa ci sarebbe di male? sei single, bella e simpatica e poi anche lui non mi sembrava male" ammiccò guardando Gaia complice.

"Dico solo che dare il mio numero di telefono ad un ragazzo che abbiamo incontrato in un bar mentre io ero in bagno, ahhhhh non mi ci far pensare, mi auguro che non chiami. Che figura!" urlai affacciandomi al finestrino della macchina mentre Ilaria metteva in moto.

"Dovresti buttarti, come fa Daniela! Guarda lei per esempio, stasera si è vista di nuovo con il tizio dell'università" disse Gaia.

Alzai gli occhi al cielo, ricordavo bene l'amico di -quanto-sono-figo-Diego, che avevo avuto la sfortuna di incontrare la settimana prima.

"Certo e dare buca alle sue amiche e una serata tra donne" commentai.

"Bè ma come dice lei -la carne è debole- e domani ci racconterà tutti gli aspetti piccanti".

Scoppiammo a ridere tutte insieme, dopo di chè le salutai entrando nel cancello di casa.

Era molto tardi, circa le quattro del mattino, avevamo passato ore a ridere e scherzare in quel bar fino a quando non ci avevano letteralmente cacciato, con una bomba al cioccolato in una mano ed una sigaretta nell'altra.

Entrai togliendomi le scarpe, e camminando in punta di piedi per non svegliare i miei.
Una volta in camera mia, le posai a terra iniziando a spogliarmi.

Anche se avevo una gonnellina leggera con una cannottiera, stavo impazzendo dal caldo.
Sbuffai infastidita, erano diverse sere che non si respirava un pò di aria fresca, ed in men che non si dica rimasi in culotte e reggiseno che non voleva sfilarsi.

"Dai..." sospirai alzando gli occhi al cielo "giuro che domani ti butto" borbottai iniziando a sfilarmelo come un top.

"Che tecnica!"

"Ahhhhhhh" urlai volando verso l'interruttore della luce.

Con le mani intente a coprirmi il seno mi voltai furiosa verso il letto e per poco non svenni.

Alessandro in tutto il suo splendore, si stava stiracchiando nel mio letto in quella che doveva essere la movenza più sexy in assoluto che gli avevo visto fare, il tutto reso ancora più dannatamente eccitante se si considera il fatto che ....fosse nudo!

Con un paio di slip bianchi, rigorosamente Kalvin Clein che avevano l'aria di far fatica a contenere il...tutto, il resto del suo corpo si contorceva rilassandosi subito dopo mettendo in risalto gli addominali, le spalle e i lunghi muscoli delle gambe.
Alzò le braccia intrecciandole dietro la testa per poi sbadigliare e aprire finalmente gli occhi, come un gattino sazio dopo un sonnellino ben riuscito. Bè gattino...diciamo pure gattone!

"Ma sei impazzito!" urlai tentando di coprirmi come potevo.

Il suo sguardo, si fece più attento stringendo gli occhi come a voler mettere a fuoco meglio l'immagine e forse cio che vide gli piacque, perchè sorrise...diversamente... in quell'istante non fu Alessandro, il mio migliore amico, ma fu Alessandro, il predatore.

Non era difficile capire come le ragazze impazzivano quando le guardava in quel modo, ma non avevo mai provato sulla mia pelle tale sguardo e tale sensazione.
Per un attimo un brivido mi percorse la schiena e una gocciolina fredda di sudore scivolò giù dal mio collo, perdendosi sul mio petto.
E quando mi accorsi dei suoi occhi puntati su quella gocciolina, che la seguivano fedeli ed incuriositi come un segugio, trattenni il respiro immobile vicino la porta.

"Dove sei stata?" chiese e la voce sembrò vibrare.

Mi riscossi momentaneamente da quell'assurda sensazione e mi voltai verso l'armadio per prendere un pigiama pulito. Non osai avvicinarmi al mio letto per prendere quello sotto il cuscino.
Optai per una camicia da notte di cotone leggero e la infilai dando le spalle ad Ale. Mi maledii in trecento lingue quando realizzai di avergli lasciato una visuale aperta della mia schiena nuda con in dosso solo le culotte, fortunatamente per la mia già precaria sanità mentale in quel momento, lui non fece commenti.

Raccolsi i capelli in una coda morbida, prendendomi il tempo necessario per stabilizzare gli ormoni, impazziti durante quella caldissima notte di giugno.

"Allora, mi dici dove sei stata fino a quest'ora?" chiese con voce terribilmente lenta ma seria.

Dopo aver inspirato profondamente, mi voltai guardandolo arrabbiata.

"Potrei risponderti che sono affari miei, ma non lo farò perchè sono educata e anche terribilmente stanca, invece vorrei sapere... tu che diavolo ci fai in camera mia, di notte, per giunta...nudo!"

Sospirò, alzando gli occhi al cielo.

"Esagerata, mi sembra di avere gli slip, non sono n-u-d-o" commento scocciato scandendo l'ultima parola.

Mi irritai immediatamente.
"A va bè, allora.... ma dico sei impazzito? e se fosse entrata mia madre e ti avesse visto così nel mio letto, cosa avrebbe pensato, eh?" dissi avvicinandomi finalmente a lui

Si voltò guardandomi, e tutta la mia furia sparì dopo aver visto il suo viso.

"Cosa è successo?" dissi spaventata salendo sul letto e prendendogli il viso tra le mani.
"Ahia, fa piano" brontolò con voce roca.

Solo allora mi accorsi del taglio lungo il sopracciglio, gonfio e violaceo. Percorsi allarmata il resto del viso e mi accorsi di altri segni violacei sulla guancia destra congiungersi al labbro spaccato, al lato della bocca.

Possibile che non me ne ero accorta. Eri troppo concentrata sulle grandi firme più in basso... idiota! pensai tra me..

"Cosa è successo?" ripetei in un sussurro.

Alessandro allontanò lo sguardo, in imbarazzo per poi sorridere mesto.
"Solite discussioni, sai che non c'è un perchè, basta la mia vista ad irritarlo. Poi stasera ho esagerato anch'io ma mi ha fatto davvero perdere la pazienza. Non sarò mai il suo bamboccio in camicia da usare a suo piacimento".

Sospirai con le lacrime agli occhi, non era la prima volta che accadeva certo, ma era passato un pò di tempo e comunque, quella sera ci era andato giù davvero pesante.
Non riuscivo a capire come un padre potesse far questo a suo figlio.

"Non volevo dormire da me e mi sono spogliato perchè qui dentro si muore di caldo. Scusami non volevo metterti a disagio" continuò con una voce talmente dolce da farmi sciogliere il cuore.

Istintivamente, gli posai un dito sulle labbra, per non farlo continuare.
Scossi la testa e lo guardai seria.
"Non dirlo nemmeno per scherzo, va bene? Lo sai che puoi venire qui quando vuoi, scusami tu per come ho reagito, mi hai solo spaventata. Ora aspetta qui e non ti muovere".

Andai in bagno, trattenendo le lacrime. Ogni volta che lo vedevo così, indifeso e ferito dentro e fuori, mi sembrava di impazzire.
Non ricordavo più quante volte avrei voluto urlare in faccia a suo padre tutto quello che pensavo di lui.
Era un avvocato di successo, i soldi non gli mancavano, ma era senza morale e senza cuore. Pressava Alessandro affinchè diventasse come lui, affinchè seguisse le sue ombre, ma Ale era un milione di volte meglio e di valore in confronto al padre.
Odiava approfittarsi degli altri, non sarebbe mai stato il suo secondo, e questo il padre non lo accettava.

"Vieni qui, disinfettiamo questo taglio" dissi sedendomi al suo fianco.

"Ma brucia?" chiese con gli occhioni da cucciolo

"No, tutte le volte mi fai la stessa domanda" dissi sorridendo

"E tu rispondi sempre di no, ma non è vero...ahia!"

Sospirai e continuai a disinfettargli il sopracciglio, per poi passare al labbro.

Ero così arrabbiata che quel viso perfetto fosse stato ferito, ma la cosa che mi faceva più male era sapere che c'erano altre tipi di ferite impossibili da rimarginare.

Dopo aver messo un cerotto sulla ferita, sospirai tristemente, lui capì e mi guardò negli occhi. Cercai di sorridere, ma sentivo le lacrime che volevano uscire.

Non puoi! mi ammonii.

Non era ciò di cui Ale avesse bisogno, perciò mi sforzai e avvicinai il mio volto al suo lasciandogli un bacio sul sopracciglio, la sua pelle era bollente e soffice sotto le mie labbra e mi sentii strana, diversa... Ale sospirò sul mio collo ed io istintivamente feci lo stesso per poi staccarmi e abbassare lo sguardo nei suoi occhi.

I nostri sguardi si intrecciarono, incapaci di muoversi e con una voce che non mi apparteneva riuscii a parlare "Ecco, sei come nuovo" sussurrai.

Lui annuì impercettibilmente, e sentii il suo naso sfiorare il mio, realizzai con un attimo di ritardo quanto in realtà fossimo vicini e senza rendermene conto, gli occhi si abbassarono sulle sue labbra, rosse, umide e all'apparenza tremendamente morbide, succose. Deglutii appena e per la prima volta percepeii il doloroso desiderio di farle mie, di...sentirle.

No, non puoi, è sbagliato! disse una voce nella mia testa, talmente forte da stordirmi.

Sbattei le palpebre e lui fece lo stesso.
L'incantesimo si era rotto, i nostri occhi erano liberi.

"Credo che sia meglio dormire" sussurrai stendendomi al suo fianco.
Ale annuì, stiracchiandosi ancora per nulla turbato da quello che era appena accaduto.

Forse perchè è successo solo nella tua testa, tonta! pensai.

"Sono stanco anch'io ero rientrato poco prima di te" disse Ale spegnendo la luce.

"E cosa hai fatto fino a quest'ora?" chiesi ad Alessandro.

Ero seriamente preoccupata per lui, non lo avevo mai visto così.
Sospirò distendendosi.

"Avevo bisogno di sfogarmi con qualcuno" continuò ad occhi chiusi.

Mi sentii terribilmente triste per non essere stata lì con lui quella sera e avvicinandomi gli presi la mano.

"Ehi, sai che per qualsiasi cosa io ci sono. Potevi sfogarti con me bastava che mi chiamassi ma puoi farlo ora se vuoi..." dissi sorridendogli.

Ale, aprì gli occhi e mi guardò in modo strano.

"Sei proprio una pulce ingenua...era un altro il tipo di sfogo di cui avevo bisogno...ma se vuoi..." e sorridendo mi fece l'occhiolino.

"Sei proprio un cretino ed io che ti sto pure a sentire..." dissi scansandomi per quanto mi era possibile.

In men che non si dica un dubbio s'insinuò.

"Ale non dirmi che hai fatto sesso con qualcuna e poi ti sei spogliato ed infilato nel mio letto?" urlai mettendomi a sedere.

Scoppiò in una fragorosa risata, per poi prendermi un braccio e farmi accoccolare vicino a lui.

"Mi sono fatto la doccia, anche perchè...dio qualla ragazza era insaziabile avevo la sua bocca ovunque e poi.."

"Ok basta, smettila, non voglio i dettagli, che schifo!"


Continuò a ridere piano e per alcuni istanti non parlammo.

"Tu cosa hai fatto? perchè sei tornata così tardi?" chiese poco dopo.

Sorrisi per la sua curiosità. Era premuroso all'inverosimile.

"Ero fuori per una serata tra donne, con Gaia ed Ilaria"

"E perchè Daniela non è venuta?"

"Aveva un incontro piccante" risposi sbadigliando.

"Ah si? brava brava, quella ragazza sembra me al femminile" commentò ridendo.

"Ora che mi ci fai pensare è vero e poi in questo periodo è tutta presa dal tizio dell'università, lei lo chiama...cito testuale -botta sicura- scusa il francesismo"

Scoppiammo a ridere come matti, sdraiandoci uno di fronte all'altro.
"Si certo, ridi tu...ma le altre mi prendono in giro dicendo che dovrei imparare qualcosa da questa filosofia" dissi continuando a ridere. Da sola!

"Ah che stronzata!" disse sprezzante.

Alzai il viso curiosa.

"Perchè? Non posso fare del...sano, appagante, assolutamente privo di inibizioni, selvaggio...sesso?" chiesi scherzando ma la voce mi uscì molto più sensuale di quanto volessi.

Alessandro non rispose, ci fu silenzio per alcuni minuti tanto da farmi pensare si fosse addormentato, ma subito dopo si accoccolò alle mie spalle, tenendomi stretta e sciogliendo i capelli dalla mia coda.

Rimasi immobile per alcuni istanti finchè non lo sentii inspirare e sospirare subito dopo.

"mhmm" mormorò vicino il mio orecchio.

"Cosa?" chiesi sorridendo.

"Adoro questo profumo..." disse ispirando ancora tra i miei capelli.

"Piace anche a me è lo shampoo all'albicocca" commentai rilassandomi contro il suo petto e chiudendo gli occhi.

Ero davvero stanchissima...

"No, non questo" disse poco dopo.

"E cosa allora?"

"Sei tu. E' il tuo profumo, non sò spiegarti... mi ha sempre fatto impazzire" disse Ale in un sussurro cedendo ai richiami di morfeo e lasciandomi sola..nel cerchio dei...lussuriosi!


********************************


Eccomi quì, odio doverlo dire ma...bho questo capitolo non mi convince :(
lo volevo a tratti leggero a tratti più profondo ma non riesco a capire com'è e più lo rileggo più peggiora, perciò lascio a voi l'ardua sentenza...
Fatemi sapere, apprezzerei moltissimo :D

Ora Scuse e Ringraziamenti :D

SCUSATE per il tremendo ritardo ma sono alla ricerca di un lavoro e giro a lasciare CV inoltre mia nonna è stata operata la scorsa settimana ed io sono stata male e veramente ancora lo sono... ho preso un colpo di sole con febbre quasi a 40... ragazze me la sono fatta sotto...non mi era mai accaduto ma mi sono proprio spaventata... anyway ora son tornata ma gli occhi mi si incrociano, forse è anche per questo che il capitolo non è uscito fuori come lo volevo... e ci saranno molti errori :P

RINGRAZIO bhè cosa dire se non che siete favolose????
siamo arrivate a ben 1287 visite 130 seguite 56 preferite e per me che sono agli inizi è veramente tanto tantissimo :D

Vi sono grata per le bellissime parole che mi scrivete, grazie davvero...mi dispiace solo non essere presente come vorrei, ma spero di rimediare!!!

Attendo con ansia una vostra opinione e non escludo di poterlo riscrivere se non andasse bene, non sò...fatemi sapere!!

Un abbraccio,

Lela






























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Capitolo 9
*** Festa ***


FUGA-Cap 9

CAPITOLO 9
FUGA

Festa


"Scacco matto!" urlai ridendo di fronte l'espressione accigliata di mio padre.
"Non è possibile" commentò "sono tre volte di fila che vinci tu, io non perdo mai!" .

Continuai a ridere mentre mettevo a posto gli scacchi.
"Vuoi la rivincita?" chiesi ammiccando.
"Assolutamente no, il mio ego ne ha risentito abbastanza. Oggi mi hai stracciato".

Era tutta la mattinata che stavamo giocando. Prima a carte e dopo pranzo avevamo continuato con gli scacchi, mentre mamma sistemava la cucina. Stranamente era stata una giornata serena, mi stavo godendo la mia famiglia e non mi stupirò mai abbastanza di concordare con chi dice che gli attimi più piacevoli sono quelli che dai per scontato e apprezzi solo quando non ci sono più. Avere la possibilità di rivivere la mia quotidianità, mi stava aiutando molto più di quanto credessi e gli occhi di mio padre e mia madre che si fermavano su di me quando credevano che non li vedessi, mi davano la conferma che la mia sensazione non fosse l'unica. Capii di essere stata molto egoista ed era una realtà nuova con cui mi ci stavo scontrando fin dal mio primo giorno a casa. Prima con Gaia e ora con loro. Gli ero mancata, come loro erano mancati a me, ma il sottile desiderio di andar via dinuovo non mi abbandonava mai e ciò mi faceva sentire ancora più in colpa.

"C'è qualcuno?" urlò Gaia dall'ingresso.
"Vieni siamo in giardino" risposi.

Appena arrivò la guardai stupita. Era accaldata, sudata con il fiatone ed il tutto contornato da una quantita innumerevole di...buste?
"Ma cosa stai facendo?" mi chiese quasi con fare scioccato.

Mi voltai verso mio padre come a chiedere aiuto ma lui alzò le spalle sorridendo.
"Sto giocando a scacchi?" chiesi ironica.
Potei distintamente vedere i diversi livelli di rosso contornargli il viso, come una pentola a pressione che stava per esplodere e per un attimo ebbi paura che potesse accadere davvero.

"Scacchi?" chiese con voce stridula.

"Perchè non si può?"

Lei lasciò cadere a terra tutte le buste, brandendo il dito contro il mio viso come fosse una spada.

"Io sono stata tutto il giorno a trovare tutto l'occorrente per stasera sperando che quanto meno ti fossi fatta una doccia!" disse guardandomi quasi schifata e per istinto abbassai gli occhi a controllarmi. No, tutto normale, pantaloncini e top e la doccia l'avevo fatta quella mattina.
Tornai su di lei, confusa, ma mio padre mi anticipò.

"L'occorrente per cosa?" chiese.

Gaia si voltò verso mio padre e sorrise.
"Sergio, so che per voi uomini è diverso ma dovete sapere che per la preparazione di una donna c'è bisogno di un lungo processo che solo noi donne possiamo comprendere e che fa sì che voi maschietti cadiate stecchiti quando ci guardate. E' matematico" commentò con tono professionale.

A quel punto una vaga ansia si impossessò di me. Avevo volutamente evitato quel pensiero per tutto il giorno e con cautela mi ero rifiutata di informare Gaia della mia intenzione a non andare a quella festa, sapevo che avrebbe scatenato l'inferno. Ormai però era imminente.

"Mi sono perso, preparazione per cosa?" chiese mio padre sempre più curioso.

Gaia mi guardò scioccata ed alcuni tasselli andarono a costruire la risposta, che ovviamente non le piaceva.
"Non gli hai detto niente? Non vuoi venire alla festa?"

"Festa?" chiesero in coro mio padre e mia madre che ci raggiunse.

Mi alzai d'istinto prendendo un respiro.
"Allora calmiamoci tutti. Si, una festa per il ritorno di Stefano e no, non ti ho mai detto che ci sarei andata" dissi autoritaria.
Gaia spalancò la bocca ed il colorito rosso tornò.

"Prima di tutto Stefano ha detto che la festa sarebbe stata anche per il tuo ritorno e poi tu non hai detto proprio niente e di solito chi tace acconsente".
"Bè questo lo dici tu, io non ho promesso nulla" dissi vergognandomi un pò di me stessa.

"A me si però" commentò mio padre. "Ti ho chiesto di passare del tempo con i tuoi amici e tu hai acconsentito, ora quale migliore occasione di una festa per celebrare il vostro ritorno a casa?" chiese e notai come la sua voce si soffermò sull'ultima parola.

All'improvviso mi sentii braccata da tutte le parti ed istintivamente indietreggiai, abbassando lo sguardo.
Mia madre capì il mio cambio d'umore e mi venne incontro sorridendo.

"Tesoro nessuno ti costringerà a fare nulla ma è giunto il momento di sforzarti a fare dei passi avanti, su dimmi qual'è il problema? Sono i tuoi amici, siete cresciuti insieme e sei mancata così tanto a tutti, perchè non fai uno sforzo?"

Alzai gli occhi verso Gaia che aveva un'espressione triste sul volto e poi guardai mio padre che invece sembrava arrabbiato.

"Il problema non sono gli altri il problema è...che ci sarà..." lui dissi senza pronunciarlo ma tutti avevano capito.

Mia madre e Gaia sospirarono come sconfitte e mi vergognai di me stessa ma fu solo quando mio padre si alzò in piedi che toccai il fondo.

"Non ho cresciuto una figlia perchè fosse una vigliacca!" primo schiaffo emotivo che mi fece gelare sul posto.

Si avvicinò alzandomi il viso.

"Sei bellissima, intelligente, buona e sei mia figlia perciò alza le spalle e riprenditi la tua vita!" disse urlando.

Non seppi di preciso se fu per le parole che usò o se per il fatto che fosse lui a dirmele, ma annuii e lo abbracciai.
Sarei andata alla festa.







Qualche ora più tardi, mi ritrovai a camminare verso il cancello della villa di Stefano. La sua famiglia era benestante, madre architetto e padre ingegniere, avevano lavorato molto per dare a Stefano e alle sue sorelle tutte le possibilità che volessero ed anche se la vita era stata buona con loro, non erano quel genere di persone che non apprezzano quello che hanno e che si sentono superiori nell'averlo. Erano persone umili e ciò lo spiegava anche la scelta che aveva fatto Stefano, con tutto ciò che avrebbe potuto fare decise di arruolarsi e non perchè non gli piacesse studiare ma semplicemente non riusciva a stare fermo in un posto per più di un limitatissimo periodo di tempo. Nessuno di noi si stupì quando si arruolò e i suoi genitori lo lasciarono libero di intraprendere la vita che voleva. Senza dubbio una fortuna riservata a pochi.

E' difficile descrivere come attraversai quel cancello e ciò che la mia mente mi disse, semplicemente...trattenni il respiro. Come mi accadde diverse volte nella vita, nei miei momenti di ansia più grande il mio corpo tendeva ad irrigidirsi come a costruire un muro intorno a me. Una enorme bolla d'aria in cui rifugiarmi. Accadde la prima volta che feci l'amore, accadde quando realizzai l'inevitabile, quando un suo sguardo e una sua carezza non avevano più lo stesso significato. Accadde la mattina che capii di amarlo, quando con tutto il dolore che avevo nel cuore glielo urlai contro...accadde quando lo persi per sempre.

Ora stava accadendo di nuovo.

"Michy sei con me?" sentii la voce di Gaia e realizzai di non aver ascoltato nemmeno una parola.
"Si scusami dicevi?"

Gaia sospirò e si fermò.
"Stavo dicendo che ti comporti come se stessi andando al patibolo. E' una festa per la miseria e tu sei bellissima, questo vestito è una bomba perciò basta pensieri tristi e vediamo di divertirci, ne abbiamo bisogno entrambe" disse con gli occhi lucidi e sembrò una bambina così dolce, che d'istinto l'abbracciai.
Non avevo considerato che ci sarebbe stato anche Riccardo e che quindi anche lei potesse sentirsi nervosa. La consapevolezza di essermi comportata per l'ennesima volta come un'egoista mi fece arrabbiare con me stessa.

Scossi la testa e le sorrisi raggiante.
"Ma ti rendi conto vero, che con quel vestito addosso nessuno si prenderà la briga di guardare me se ci sei tu?"
Gaia sorrise arrossendo.
"Davvero?" chiese con gli occhi che brillavano.
"Tesoro hai scelto il mio vestito ed il tuo egregiamente e stasera siamo bellissime, perciò hai ragione, stracciamo qualche cuore".


Varcando la soglia, mille luci bianche ci accolsero. Molta gente era già arrivata, alcuni volti erano conosciuti altri meno e prendendo un bel respiro cominciai a guardarmi intorno curiosa.
La piscina era illuminata e dei fiori galleggiavano sulla superficie eleganti, la musica aleggiava nell'aria tra risate varie e non potemmo non sorridere entrambe.

"Stefano non si smentisce mai" commentò Gaia.

"Eccovi qui finalmente" un uragano tutto vestito di bianco ci venne incontro.

"Lasciatevi dire che stasera siete stupende, davvero" e ci abbracciò.

"Ehi non mi dirai che nell'esercito ti hanno insegnato le buone maniere?" chiesi ridendo.

Una seconda voce ci raggiunse.
"Sai che sarebbe un' impresa troppo ardua" commentò Riccando facendoci ridere mentre sentii Gaia irrigidirsi all'istante.

"Cosa vorresti dire? Non sono meravigliose?"

Riccardo abbassò gli occhi impercettibilmente.

"Assolutamente stupende, come sempre" rispose arrossendo dopo aver guardato per istante Gaia e fuggire verso il buffèt.

Quì gatta ci cova... pensai!

Gaia divenne un peperone e Stefano scoppiò a ridere.

"Non vi capirò mai, vi piace proprio complicarvi la vita?" commentò.

Lo strattonai per un braccio, prima che qualcun'altro mi saltasse addosso.

Era Ilaria seguita da Davide.

"Michy! Sapevo che eri tornata, perchè non mi hai chiamato? Come stai? Ma sei bellissima!!" disse tutto d'un fiato che mi fece ridere.

"Ehi dalle il tempo di rispondere! Ciao, è bello vederti" disse Davide.

"Ciao ragazzi, è bello anche per me" dissi abbracciandoli e quando sentii una piccola pretuberanza sulla pancia di Ilaria abbassai gli occhi scioccata.
"Eh si, sono di cinque mesi è un maschietto" disse orgogliosa.

Non sapevo cosa dire sorridevo come una sciocca scuotendo la testa.
"Ma..cioè è bellissimo, tesoro auguri davvero...e chi.." dissi balbettando.

Davide alzò la mano sorridendo sornione.

Allargai gli occhi ancora più stupita!
"Ma voi vi odiate, cioè litigavate sempre come cane e gatto..."

"Oh ma ci odiamo ancora, solo che l'amore è stato più forte!" disse Davide abbracciandola e dandole un bacio sulla guancia.

Erano bellissimi e scoppiai a ridere come una matta mentre un calore mi esplose nel petto e capii che migliaia di chilometri non possono cancellare tutto.

"Bene ragazzi vi voglio bene, ma ve ne vorrò di più se andiamo a mangiare, sto morendo!" disse Riccardo e insieme agli altri mi incamminai.

"Ah Michy" mi chiamò Stefano

"Si ?"

"Lui non verrà, pensavo volessi saperlo" disse a bassa voce in modo che gli altri non potessero sentirci.
Mi fermai di colpo sentendo una fitta allo stomaco.

"E' per me vero?" chiesi e non potei evitare alla mia voce di tremare.

"No, ha detto di avere una cena di lavoro con il padre"

"Non avrebbe mai preferito una cena con il padre alla tua festa"

Stefano abbassò lo sguardo per poi rialzarlo triste.

"E' cambiato Michy"

"Me ne sto accorgendo" sussurrai incamminandomi verso gli altri.

Li guardai uno ad uno seduti ad una grande tavolata, ridevamo e scherzavamo come ai vecchi tempi. I loro volti erano gli stessi di sempre ma che ora raccontavano storie diverse.
C'era il volto di Davide che si illuminava ogni volta che sfiorava la pancia di Ilaria, gli occhi di Riccardo che rincorrevano quelli di Gaia per poi nascondersi in altro, le guancie di Gaia che arrossivano ogni volta che Riccardo le sfiorava per sbaglio una mano.
C'era il sorriso di Stefano, l'affetto che aveva per tutti noi e la sua ilarità contagiosa che mi fece ridere dopo tanto tempo, troppo.
E c'ero io...lo sguardo attento di chi osserva senza mai prendere parte, c'ero io e la mia paura che stava pian piano abbassando le difese, scalfita dall'amore che avevo attorno quella sera... Scalfita ma non ancora abbattuta, e anche se gran parte del merito era dovuto alla mia famiglia ed a Gaia che mi aveva convinta ad andare a quella festa, per un attimo mi sentii più forte.
Avevo avuto il coraggio. Lui no. E con quella nuova consapevolezza, passai una bellissima serata, avvolta dai miei amici e con il desiderio, dopo tanto tempo, di riprendermi la mia vita. Come aveva detto mio padre.





Cercai di non farlo. Cercai con tutta me stessa di continuare a dormire ma non ci riuscivo. Non dopo tutte le emozioni e le delusioni di quella sera. Incurante di essere vestita con una tuta ed un top presi le chievi di casa ed uscii. Dovevo camminare, dovevo pensare anche se la mente non aveva smesso un attimo di tormentarmi di ricordi tra il passato ed il presente che ora avevo davanti.
Percorsi la strada isolata per pochi metri, camminando lenta sul marciapiede e tenendo gli occhi su quel balcone...il suo.
Arrivata sotto casa, mi accesi una sigaretta e non seppi nemmeno perchè ne chiesi una a Gaia poco prima, erano due anni che non fumavo. Alzai gli occhi verso la finestra della sua stanza, era così strano essere lì...

Respirai a pieni polmoni quel gusto che credevo dimenticato e prima di espirare fuori il fumo la luce si accese ed il mio cuore si fermò!

Una figura entrò nella stanza, era lui. Si tolse la giacca con l'eleganza che lo aveva sempre distinto per poi allantarsi la cravatta.
Lo vidi prendere un bicchiere di qualcosa e bere il tutto con estrema foga per poi poggiare il bicchiere al lato del letto dove sapevo che c'era la scrivania. Vedendo la sua immagine avvicinarsi di più alla finestra ebbi paura potesse vedermi ma anche se il mio cuore stava scoppiando non riuscii a muovere un piede. Avrei fatto la peggiore figura della mia vita se se ne fosse accorto, ma non muovevo un passo ugualmente.

Ed accadde. Come se lo avessi chiamato, come se il rimbombare del mio cuore lo avesse attirato, alzò la testa di scatto, un movimento così repentino che mi fece sussultare.
Ci guardammo a lungo, occhi negli occhi e nonostante la notte incombesse su di noi, potevo chiaramente distinguere il verde delle sue iridi, brillare per poi scurirsi di colpo.

Con volto teso iniziò a sbottonarsi la camicia continuando a tenere il suo sguardo su di me, serio, concentrato.

Predatore contro preda, entrambi vittime della stessa lotta, entrambi sospesi nel tempo fino all'ultimo respiro.

Sentii le ginocchia tremare ed il cuore battere così forte da volare fuori dal mio petto ma non fece in tempo perchè si sgretolò prima di toccare il cielo... Spezzato dall'inevitabile...
Da una mano smaltata di rosso che si unì a quella di lui, carezzandogli il petto.




******************************

Ciao a tutte, scusatemi davvero davvero tanto per il tremendo ritardo, ma il lavoro ancora non arriva e mi sto deprimendo parecchio inoltre sono totalmente insofferente al caldo e non posso mai scrivere quando vorrei, insomma una congiura!!!

Ma vi penso sempre e vi ringrazio per le bellissime parole che mi riservate *_*

Devo dirvi alcune cose,
la 1- spero che il capitolo vi sia piaciuto anche se immagino che molte di voi si siano immaginate la "festa" andare in un altro modo, la verità è che doveva essere così ma ho trovato un' immensa difficoltà a scriverlo e poi ho capito, visto che non è la prima volta che mi succede, quando non riesco a scrivere una scena particolare, bè vuol dire che non è quella giusta, perciò forse la pazzia, forse il caldo oggi mi sono messa ed ho riscritto TUTTO il capitolo doveva andare così! Non sò spiegarvi bene il perchè ma c'è :D lo sento così.
2- ci sarà un altro incontro /scontro, un pò la sintesi di quest'ultimo ed il primo per poi...spostarci tutti in...bè lo scoprirete solo seguendomi ah ah ah ah!!!
3- Sapete che sono alla mia prima ff e non pretendo nulla anzi, ma se vorrete lasciarmi un opinione mi farete felicissimissima *-*
4- sto pubblicando anche un'altra ff /twilight fateci un salto se vi va ;)


Grazie ancora per tutto e se volete aggiungermi su fb mi fa sempre piacere, il nick è lo stesso :D

Un abbraccio e buon Ferragosto!!!!!

Lela













































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Capitolo 10
*** Domande ***


FUGA- Cap 10

Fuga cap 10
CAPITOLO 10
FUGA

Domande



"Now that don't kill me, can only make me stronger, I need you to harry up now 'cause I can't wait much longer....."

Mentre continuavo a cantare a squarcia gola non mi accorsi di Gaia e mia madre che mi guardavano allibite dalla porta della mia camera. Certo potevo immaginare che ciò che stavano osservando in quel momento fosse un' invasata che prendeva a calci e pugni l'aria con quelli che dovevano essere una specie di guanti.
Avevo spostato il mio letto fino alla parete e tolto dalla mia pericolosa vicinanza qualsiasi cosa potesse essere distrutta e avevo cominciato a saltellare sul posto alzando sempre di più il volume dello stereo.

"Ma cosa stai facendo?" chiese mia madre con occhi sconvolti.

La guardai sbuFfando e alzando i pugni per mostrarle i miei guantoni.

"Non lo vedi? Si chiama "Kick boxing" ed è in assoluto il miglior antistress che conosca, l'ho scoperto a Londra" dissi sorridendo, mentre tiravo un nuovo gancio.

"Chi sei tu e cosa hai fatto alla mia dolce amichetta?" chiese Gaia ridendo.

"Chiedilo a tuo cugino" mi scappò dalle labbra senza pensare, mentre mia madre e Gaia assumevano l'espressione che più detestavo. Quella della - Oh povera Michy-.

Scossi la testa ed andai ad abbassare la musica per poi voltarmi verso di loro nervosa.

"Non fatelo. Non guardatemi così perchè io sto bene. Ok ho capito cosa intendevate quando diceste che...lui era cambiato, certo non potevo aspettarmi che fosse diventato un' idiota totale a questi livelli, immaturo, strafottente, arrogante, prepotente...e con la camicia!"

"La camicia?" chiese mia madre.
"Si lo ripete da ieri, ma non sò a cosa si riferisca" commentò Gaia.

Sbuffai. "Scusate ma sarei qui e il vostro comportamento non mi è di aiuto. Tu mi hai messo in questa situazione, è colpa tua" indicai Gaia con il guantone.

"Innanzitutto, abbassa quel coso che mi fai paura e poi io non ho fatto proprio nulla, è stato Stefano ad invitarti alla festa. Io immaginavo che avresti reagito così...bè non proprio stile Roky Balboa ma qualcosa del genere!" continuò ridendo e tenendosi la pancia.

"Tu ridi?"
chiesi sconvolta.


"Ok scusami, ma ora spiegaci a cosa è dovuto tutto questo" disse indicando la stanza. "Credevo che ieri sera fossi stata bene, insomma nessuno scontro con mio cugino -l'innominato- perciò credevo ti fossi divertita".

Sospirai, voltandomi a guardare la finestra.
"A dire il vero, l'ho visto. Ieri sera".

"Come? Quando?" chiesero all'unisono Gaia e mia madre avvicinandosi.

Risposi senza girarmi a guardarle, cercando di scacciare la terribile sensazione che avevo provato la sera prima.

"Ieri sera, tornata dalla festa non riuscivo a dormire e dopo essermi rigirata nel letto centinaia di volte, mi sono alzata ed ho deciso di andare a fare due passi..."

"Si va bè" commentò Gaia.

"Ok, forse, una parte piccolissima del mio maledetto cervello voleva vederlo e sapere come stesse, soprattutto dopo che non si è fatto vedere alla festa. Insomma, anche se è contorto, una parte di me si sentiva in colpa, credevo che non fosse venuto per me ma mi sbagliavo, aveva altri impegni per la serata" terminai sorridendo triste.

"Cosa vuoi dire? Che è successo?" chiese mia madre.

Le raggiunsi sedendomi sul mio letto e parlai togliendomi i guandoni maldestramente. Ero nervosa.

"Nulla, ho semplicemente camminato lungo la via fino ad arrivare sotto la sua finestra, la luce si è accesa e l'ho visto. Non sono riuscita a muovere un passo, speravo che non mi vedesse ed al tempo stesso volevo che invece accadesse ed il fato deve avermi accontentato perchè si è voltato e ci siamo guardati. Dio, giuro che non mi sentivo così viva da due anni e per un istante è scomparso tutto, avevo dimenticato tutto il male che ci siamo fatti, volevo solo abbracciarlo ma poi.."

Cercai di controllare il nodo che mi si era formato in gola e trattenere le lacrime ma una scappò al mio controllo e ne sentii il sapore salato mentre sorridevo amaramente.

"Bè dal nulla è uscita una donna, bionda e altissima che lo abbracciava da dietro, mentre lui è rimasto a guardarmi, freddo come il ghiaccio. Non ha tolto lo sguardo fino a che io stessa non mi sono fatta indietro. Ero così imbarazzata e ferita, che sono corsa via come una ragazzina, la stessa che ha sempre creduto che fossi e forse ha ragione."

Dissi tirando su con il naso e asciugandomi il viso con le mani tremanti.

"Non dire così, sai che non è vero. Hai dimostrato coraggio ad andartene da sola e ricostruirti una vita. Lo sappiamo tutti. Probabilmente la sua rabbia deriva anche dal fatto che lui invece questo coraggio non l'ha avuto ed oggi paga per questo". Disse mia madre facendomi intendere che sapesse molto di più di ciò che pensassi.

La guardai negli occhi e lei mi sorrise dolce.
"Che vuoi dire?" chiesi.

"Lo capirai, non spetta a me parlarne. So che stai soffrendo ma se davvero gli vuoi bene trova il modo di parlargli, glielo devi."

A quelle parole abbassai gli occhi colpevole e Gaia mi guardò annuendo.
"Non è facile parlare, con chi non vuole avere nessun contatto con te".

"Non è così" rispose lei.

"A no? e quel biglietto? e quella scenata? Per ieri sera, invece avrà avuto altro da fare ma.."


"Mio zio lo ha costretto davvero ad andare a quella cena."
Disse Gaia di punto in bianco. "Avevo sentito una discussione qualche giorno fa su un gruppo di clienti russi che sarebbero dovuti arrivare a giorni, non sapevo la data ma stamattina Alessandro mi ha raccontato della cena con questi clienti e..bè una bionda è uscita dalla sua camera mentre noi eravamo in cucina a fare il caffè. Sarà stata la stessa che hai visto tu e parlava solo inglese con accento decisamente russo. Alessandro gli ha fatto firmare dei fogli e quando se ne è andata, mio zio era su di giri e si complimentava con lui per le sue doti...persuasive". Concluse schioccando la lingua.

La guardai sconvolta, mentre il cuore cominciava a battere all'impazzata e non seppi mai se per il disgusto o la rabbia.

"Vuoi dire che Ale..."

"Non lo so, ti sto dicendo solo quello che ho visto e non è la prima volta".

Mi alzai di scatto furiosa come non mai.

"Ma è impazzito? Questi non sono affari miei. Facesse quel che vuole con il suo..con la sua vita. Se questo è ciò che ha scelto.. Dannazione non sono affari miei anche se muoio dalla voglia di prenderlo a calci! Ma cosa gli è preso?" urlai.

Mia madre si alzò sospirando e mi guardò paziente.
"C'è solo una persona che può rispondere alle tue domande e non siamo noi"

Sbuffai infastidita "Non capisco ma sono solo io che ho interpretato le sue scenate come un chiaro messaggio a -stargli alla larga-? non vuole avere nulla a che fare con me!"

Mia madre si voltò rossa in viso per la tenzione e capii quanto si stesse trattenendo, abbassò la maniglia della porta e disse "Secondo te un ragazzo di venticinque anni non ha nulla di meglio che fare da autista a me, che ne ho cinquanta ed aspettare un qualche mio commento che riguardi una certa persona scappata a Londra?" disse di getto.

Io e Gaia la guardammo stralunate.
"Non capisco, che vuoi dire?"

"Che noi siamo l'unico appiglio che ha per rimanere attaccato a te. Quel ragazzo sono due anni che ti aspetta. Gli manchi. Gli manchi così tanto che è furioso con se stesso, perchè è riuscito a chiudere tutti fuori dal suo mondo ma tu sei sempre lì".



***************

2007

"Ale ?" dissi sovrappensiero mentre lo guardavo sottolineare attentamente il suo libro di diritto con la matita. Era ordinato e preciso.

"Dimmi" rispose senza schiodare gli occhi dal libro.
"Credi nelle persone?"

Si fermò e mi guardò.

"Perchè mi fai questa domanda?"

"Tu rispondi" insistetti sorridendo.

Ale iniziò a giocare con la matita mordendola appena, mentre pensava alla risposta giusta da darmi io fissavo le sue labbra incantata ed incuriosita.

"Vediamo...diciamo che credo di più nelle Certezze"

Arricciai il labbro superiore e lo guardai.

"Non ti capisco, che vuol dire?"

Sorrise ed abbassò la matita sul libro.

"Le persone sono volubili e nel corso di una vita, tutto può cambiare, perciò preferisco credere nelle Certezze, ciò che sò si ripeterà domani e dopodomani ancora, così, fino all'infinito. Ciò mi da un discreto margine di prevedibilità e di conseguenza limita le delusioni" disse sorridendo " o almeno mi piace crederlo" aggiunse facendomi l'occhiolino.

Sorrisi tristemente.

"Cosa c'è? La mia risposta non ti soddisfa?" chiese intenerito.

"No è solo che speravo, ti fidassi di me, che credessi in noi..." dissi in un sussurro.

Ale mi alzò il mento con un dito e mi guardò dolcemente.

"Ma non capisci? Non c'è bisogno che creda in noi. Noi siamo oltre, siamo una Certezza. Tu sei la mia Certezza, Michy!"



******************

ok io ho le lacrimuccie agli occhi, non sò voi!! Ho bisogno di nutella!!!

Va bè, scusate per il ritardo ma sono stata in vacanza, finalmente! Sono stata a Gallipoli ed è STUPENDA, andateci!!

Il capitolo non è ciò che avevo programmato, ma arriverà! questo è un pò di transizione, si iniziano ad intravedere un pò di cose, ho letto che tutte voi ce l'avete a morte con Alessandro ma vi posso assicurare che non è cattivo, str... o bast.. come lo avete definito! La sua non è una vita facile e la sua personalità è molto più profonda e complicata.
Entrambi hanno sbagliato, forse Michy di meno o di più, forse hanno agito entrambi mossi da emozioni sbagliate...chissà???

VI RINGRAZIO TANTISSIMO per le bellissime parole che mi riservate ogni volta!!!!
e RECENSITE mi raccomando mi fa sempre piacere sapere cosa ne pensate :D

Un abbraccio,

Lela













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Capitolo 11
*** "Ciao" ***


FUGA- Cap 11


CAPITOLO 11

Fuga

"Ciao"




Passarono tre giorni. Tre lunghi giorni.
Sapevo che non vi era logica nel mio comportamento. Sapevo che qualsiasi altra persona capace di raziocinio avrebbe agito in maniera diversa. Sarebbe corsa da lui e avrebbe cercato di ottenere le risposte che nessun altro sapeva darle. Risposte alle mille domande che le accavallavano la mente. Lo sapevo. Ma non lo feci.

Gaia continuava ad urlarmi dietro, ancora più stralunata del solito dopo l'inaspettata chiacchierata, spronandomi a fare...bè, non capii bene cosa si aspettasse da me. Forse la reazione più plausibile, ma non ero io ad esserlo. Non lo eravamo io ed Ale, non fummo mai scontati in nulla.

Mia madre, dal canto suo, non si esprimeva, lasciandomi il tempo o forse lo spazio di cui avessi bisogno.

Mio padre...era mio padre... con le sue occhiate più che eloquenti, mi lasciò più volte intendere che il nostro discorso non era rimasto solo tra noi ragazze, anzi.

Ed io, io correvo...letteralmente. Ogni sera prendevo il mio Iphode e correvo, cercando di accellerare il passo di fronte a casa sua, anche se i miei tentativi erano inutili. Gli occhi, curiosi, vagavano da soli lanciando sguardi fugaci, per poi tornare delusa sul mio traggitto.
La sua macchina non c'era. Erano tre giorni che non vedevo nessun segno di alcun passaggio sotto casa sua e ciò mi innervosiva. Molto.

Poteva, il nostro ultimo incontro dalla sua finestra, aver scosso anche lui?
Smettila! mi ammonii.

Continuai a correre, nella pineta. Erano giorni che evitavo anche il "nostro" solito percorso verso la spiaggia...





" Mi spieghi perchè decidi sempre di venire a correre qui, specialmente in estate e con questo caldo?" urlai cercando di mantenere il suo passo.

"Perchè l'aria del mare fa bene e l'estate mette di buon umore tutti" disse Alessandro, girandosi verso di me e correndo all'indietro.

"Ah ed io che pensavo fosse per le ragazze in bichini!" risposi alzando gli occhi al cielo.

"Tu mi offendi, nana, davvero! Come puoi solo pensare che io sia così egoista?.... Ce n'è anche per te!" disse mettendosi una mano sul cuore, fingendosi mortalmente ferito.




Sorrisi amaramente tornando al presente, quando il telefono squillò.

"Pronto?"

"Alle 20.00 pizza a casa mia come ai vecchi tempi, non si accettano rifiuti, ritardi, risposte di qual si voglia natura, se non quelle che acconsentiranno a renderti partecipe di questa bellissima serata" disse la voce tutto d'un fiato.

"Un semplice, "cena da me" poteva bastare, Stefano" commentai ridendo.

"Avevo paura rifiutassi e non potevo assolutamente permetterlo. C'è una cosa di cui dobbiamo parlare" disse tornando leggermente più serio tanto da non lasciarmi dubbitare nemmeno per un'istante, sulla risposta da dare.

"Va bene, allora ci sarò" dissi sorridendo.

"Perfetto, a dopo".

"Ah Stefano?" chiesi prima di attaccare.

"Dimmi".

"Perchè avevi paura che rifiutassi?"

"Perchè ci sarà anche Lui!"



***************

"Non posso crederci" disse Gaia guardandomi a bocca aperta.
"La vuoi smettere!"

Stavamo entrambe camminando verso il cancello della casa di Stefano. Le luci del giardino erano accese ed io non smettevo di guardarmi intorno leggermente agitata.

"No, sul serio perchè diamine non me lo hai detto?"
"Cosa avrei dovuto dirti, scusa!"

Erano circa quindici minuti che discutevamo sulla stessa cosa. Io sapevo che Alessandro sarebbe venuto, lei no. Io avevo accettato la situazione senza aver dato di matto, lei no. Io ero pronta ai possibili risvolti della serata, lei...

"E poi, perchè non ti sei vestita meglio se lo sapevi ?"

Mi guardai per un attimo, per poi voltarmi confusa.

"Ma se ho messo anche i tacchi come mi hai detto" risposi spalancando la bocca.

Gaia mi guardò come se avessi bestemmiato.

"Le zeppe non sono tacchi, tesoro. Le vere donne soffrono con eleganza ma donano alle loro gambe uno slancio femminile che rendono una lunga gamba, bella da guardare sotto la gonna. Cosa che a quanto pare deve esserti sfuggita, visto i jeans stretti che porti !" disse furibonda.

Mi fermai ad osservarla per qualche secondo e capii.

"Tesoro tutto bene?"
Si voltò di scatto e la sua espressione cambiò.

"Si certo, perchè non dovrebbe?" rispose distogliendo velocemente lo sguardo.

"Perchè forse una certa persona, stasera, sarà quì con noi? Ed ora non sto parlando di Alessandro" chiesi sorridendo.

Gaia mi guardò e rispose mesta al sorriso.
"Già..è solo che...non sò..non ti sembra strana tutta questa situazione? Sembra di stare rivivendo il passato, le nostre serate a casa di Stefano, tutti noi insieme, solo che..."

"Ora è tutto diverso, lo so" finii per lei.

Ci guardammo serie ed un pò tristi.

"Ho paura, mi sento troppo agitata, insomma è diverso dalla festa dell'altra sera. Questo è più...come dire, intimo" disse Gaia con quei suoi bellissimi occhioni marroni.
"Non devi aver paura. Ti capisco, giuro, Dio solo sa perchè sono quì e non me la sono data già a gambe levate, e vorrei anche me lo spiegasse visto che io non lo sò..." dissi in una smorfia scoppiando a ridere con lei.

"Sono sicura ci divertiremo, l'altra sera siamo stati bene. Sono sempre loro, dopotutto. Siamo sempre noi".

Mi guardò annuendo e si sporse per citofonare.

"E tu ti senti pronta a rivederlo?" chiese improvvisamente.

La serratura telecomandata del cancello scattò, ed una voce dal citofono ci invitò ad entrare.

"Chiedimelo a fine serata" sussurrai, incamminandomi nel viale.


***************


La musica, unita alle nostre risate, si sentiva probabilmente fin dalla strada ma era circa un quarto d'ora che la nostra attenzione, era canalizzata sui nuovi artisti autodidatti.
Stefano e Davide, stavano scontrandosi nella più competitiva delle partite a "Guitar Hero", mentre noi ragazze non facevamo che ridere degli acuti improvvisati da Davide.

"Ho vinto!" urlò Stefano di fronte al punteggio, per poi buttarsi a capofitto tra me e Gaia che eravamo comodamente sedute sul tappeto più morbido che avessi mai visto.

"Ormai posso suonare tranquillamente una chitarra vera, ne sono sicuro e tutto senza neanche aver mai preso una lezione" rideva compiaciuto ed anche assolutamente convinto della sua teoria.

"Certo e se devi leggere uno spartito, che fai cerchi i colori invece che le note?" chiesi ridendo.

"Vorrà dire che mi farò uno spartito colorato".


Mentre ridevamo spensierati come una volta, l'ansia si era un pò attenuata. Gaia era decisamente più rilassata e le guanciotte rosa per le troppe risate, ebbero l'effetto di tranquillizzare anche me.

"Ragazzi io ho fame! Tesoro ti prego vammi a prendere qualcosa" chiese con sguardo implorante la povera Ilaria, intrappolata comodamente tra diversi cuscini.

"E' vero, ormai dovrebbero essere già quì con le pizze. Sono usciti da quasi un' ora" disse Stefano alzandosi per prendere il cellulare ma non fece in tempo a farlo, che una voce ci fece voltare.

"Chi ha fame? E' arrivato Babbo Natale!" esordì Riccardo entrando con scatole fumanti.

Ovviamente furone le parole magiche a far muovere tutti ed avventarsi verso le pizze ma io rimasi pietrificata.

Gli occhi volarono dietro le spalle di Riccardo, cercando un segno, una persona, i suoi occhi.
Il brivido dell'attesa mi percorse la spina dorsale ed il cuore cominciò la sua danza, in attesa dell'unica persona che lo avesse mai fatto battere in quel modo.
Mi avvicinai timida, con un innocente e quanto mai intenzionale sorriso a sfiorarmi le labbra ed in quell'esatto momento capii il perchè.

Capii perchè non avevo rifiutato di partecipare a quella serata, capii che le parole di mia madre mi avevano dato la forza necessaria ad affrontare le mie paure. Capii di essere lì in piedi ed in silenzio, solo perchè anche se non volevo ammetterlo, quelle parole mi avevano lasciato una sottile speranza nel cuore. La speranza di non dover scrivere per forza la parola Fine e la voglia indomabile di vederne un barlume anche nei suoi occhi.

Una corrente di aria fredda, mi fece tremare impercettibilmente tanto da stringermi nelle spalle e sbattere le ciglia, perdendo così il contatto visivo sugli altri. Una sensazione strana mi avvolse e mi voltai di scatto.

Alessandro rimase sulla porta che dava al giardino, la mano ancora stretta alla maniglia come a volerla disintegrare, gli occhi fissi nei miei, divennero smeraldi profondi che presagivano tempesta.

Trattenemmo entrambi il respiro. Nessuno parlò.

"Ciao" sussurrai appena, senza che neanche me ne accorgessi. Ero stata io a parlare?

Gli occhi di Alessandro mi scavalcarono, correndo alle mie spalle.

"Che cosa ci fa lei quì?" chise freddo.

Alle sue parole mi ghiacciai sul posto. A quanto sembrava non sapeva della mia presenza. Sentii un dolore esplodermi nel petto e d'istinto indietreggiai di qualche passo.

"Ehi, prima di tutto mi sembra che Michela abbia detto "Ciao", secondo è una nostra amica, perciò non vedo dove sia il problema" disse Stefano mettendosi al mio fianco, dopo aver enfatizzato la parola nostra .

Alessandro varcò definitivamente la soglia, sorridendo freddo, spostando i suoi occhi di ghiaccio su di me.

"Oh, ma quale novità, Michela ha detto "ciao". Deve essere cambiata molto negli ultimi due anni" . Continuò a parlare guardandomi ma mai indirizzandosi a me.

Trattenni Stefano per un braccio prima ancora di permettergli di muoversi.

"A quanto sembra sei cambiato molto anche tu" risposi con lo stesso tono.

Mi guardò sorridendo.

"Ti ringrazio"

"Non era un complimento" dissi scontrosa per poi voltarmi verso Stefano.

Era stato un errore essere andata lì con l'idea che tutto potesse risolversi. Ero stata solo una stupida e ovviamente avevo sottovalutato il rancore che Ale aveva verso di me.

"Stefano, scusami ma è meglio che vada adesso" dissi con voce sicura, tanto da sorprendermi.

Ma Alessandro mi precedette.

"Bè lascia che te lo dica, non devi essere tanto cambiata se già te la svigni. Attenta o sembrerai la solita ragazzina senza palle" disse con tono di scherno ed io per poco non vacillai sulle mie gambe.

Trattenni le lacrime di rabbia e lo guardai. Sapeva come ferirmi e non si teneva nel farlo. Lo feci anch'io.

"Meglio essere una ragazzina che un bamboccio" sbottai fiuriosa e lui capì, oh, si che capì!

Si avvicinò in un lampo, senza che me ne accorgessi.

"Non ti permettere di giudicarmi, hai perso questo diritto!" mi urlò ad un passo dal mio viso.

"E tu smettila di fare il cazzone, allora, se hai da dire qualcosa, dilla!" urlai di rimando, avvicinandomi di più a lui.

Tutti tacquero, mi dimenticai di ogni singolo attimo trascorso negli ultimi anni. C'era solo silenzio intorno a noi. Solo io ed Ale immersi uno negli occhi dell'altra, sentii il viso avvampare, di rabbia, frustazione e...desiderio. Forte, indomabile e assolutamente senza senso.
Il respiro accellerato, si scontrò sul volto dell'altro. Sentire il suo sapore dopo tutto quel tempo, mi fece perdere il controllo di me stessa. Le palpebre mi tremarono e socchiusi le labbra, totalmente inebriata dalla sua vicinanza. Come in risposta al mio, anche il suo respiro accellerò ed i suoi occhi corsero impazziti sul mio volto veloci ed insaziabili si posarono sulle mie labbra.
Fu un attimo, quel millesimo di secondo in cui senti che qualcosa sta per accadere. Fu un sospiro di troppo che ci fece arrancare, entrambi stremati.
I suoi occhi si scurirono di più, fino a spingermi letteralmente lontano da lui. Come se quella vicinanza fosse stata troppa, come ferito, ustionato dallo stesso calore che mi era esploso nel petto. Come se avesse avuto paura di crollare da un momento all'altro.

Dopo quei pochi istanti che a noi erano sembrato ore, con lo stesso impeto di prima ed il respiro accellerato, si guardò intorno spaesato, come a rendersi conto solo allora, che non eravamo soli.


"Non preoccuparti, sono io ad andarmene" disse crudele voltandosi.

Il tutto fu estremamente veloce. Quella montagna di Stefano prese Ale per le spalle e lo spinse, si avventò alla porta e la sbattè con forza.

"Da qui non se ne va nessuno, cazzo!Dannazione siete peggio di due ragazzini" urlò furioso.

"Stefano, è inutile non..." tentai di dire.

"No, siete voi a non capire. Devo parlarvi. Ho bisogno dei miei amici. Quì, ora, di tutti i miei amici. Potete mettere da parte i vostri rancori ed ascoltarmi, per favore?" chiese abbassando le spalle e strofinandosi il viso con forza.

Io ed Ale ci guardammo negli occhi, entrambi capimmo che qualcosa non andava, davvero.
Alessandro gli andò vicino e tutti lo seguimmo sedendoci sul divano.

Le gambe mi tremavano per le troppe emozioni, Gaia non aveva detto una parola durante il nostro scontro così come gli altri. Addirittura, Ilaria aveva smesso di mangiare e Davide ora la teneva in braccio come una bambina.

Riccardo si sedette al lato opposto, vicino Alessandro e Stefano, che si prese pochi secondi prima di incontrare i nostri occhi.

"Stè, che succede stai bene?" chiese Ale e notai l'apprensione nella sua voce.

Lui sorrise, come al suo solito, prima di rispondere.
"Si, sto bene non preoccupatevi. E' solo che... la mia vita sta per cambiare, bè almeno momentaneamente".



***********


Salve salvino mie care, eccoci qui con un nuovo capitolo spero vi sia piaciuto, ci stiamo avvicinando moltissimo alla parte centrale della storia... Ale e Michy per forza di cose...non possono più ignorarsi.

Qui c'è un pò il primo vero, incontro /scontro...ci ho pensato molto su come scriverlo ma la verità è che è venuto fuori così da solo, questo pomeriggio e rileggiendolo, anche se magari qualcuno avrebbe voluto reazioni diverse, non potendoli nè lasciarsi andare ad effusioni, nè picchiarsi a sangue, nè ignorarsi totalmente, credo che sia stata la scelta più congrua con la storia ed i personaggi. Ovviamente però ogni consiglio è bene accetto perchè neanche io mi aspettavo uscisse fuori così... non sò ditemi la vostra :P

Dal prox capitolo metterò finalmente il "banner" mi stanno aiutando a farlo...perciò... poi vedrete ;)

VI RINGRAZIO TANTISSIMO per le bellissime parole che avete regalato allo scorso capitolo, ne sono felice perchè è stato un capitolo importante per l'evolversi della storia, anche se lo capirete più in là. Daltro canto il capitolo di oggi è ben diverso, più discorsivo, ma spero vi possa aver emozionato ugualmente!

Aspetto sempre con ansia una vostra opinione :D

Un abbraccio,

Lela

Ps: La frase di poco prima (non potendoli nè lasciarsi ad effusioni, nè picchiarsi a sangue, ne ignorarsi totalmente)....
bè era riferito a questo capitolo, non al futuro ;)























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Capitolo 12
*** Destino ***


Fuga, capitolo 12

Fuga

Capitolo 12

Destino






Avevo lasciato Londra da circa dieci giorni e non mi sarei mai immaginata che potessero bastare per rimettere tutto in gioco. Ero tornata a casa per dei motivi diversi, senza i quali, sicuramente, la mia vita avrebbe intrapreso un'altra strada. Ma, e questo lo capii solo dopo, se il destino ha in mente altri piani per te, non c'è nulla che tu possa fare. Che sia stato a causa della salute di mio padre, per la richiesta di Stefano o l'insistenza di Gaia. Che sia stato tutto o nulla io, quel pomeriggio, mi trovavo seduta su un divano di pelle, ad ascoltare la più assurda tra le richieste.
Almeno per me e bè...per Ale.

"Stè, stai bene? Che vuol dire che la tua vita sta per cambiare?" chiese Alessandro preoccupato.

Stefano sorrise e si alzò camminando in mezzo a noi tutti che lo guardavamo incuriositi.

"Prima di tutto non preoccupatevi. Sto bene. Non sono malato, non sto per diventare padre o che ne so cosa vi stiate immaginando..."

"Ti consiglierei di andare al punto, allora" aggiunse Riccardo, sorridendo dopo l'uscita di Stefano.  

"Va bene, come si dice, le chiacchiere sono a zero. Non potrò spiegarvi tutto perché riguarda il mio lavoro, però...Ok o la va o la spacca...Sto per partire come volontario, per una missione di recupero in Afghanistan" concluse tutto d'un fiato.

Silenzio. Tutti tacemmo.

"Allora, dite qualcosa?" chiese dopo qualche secondo, mentre tutti cercavamo di comprendere il senso della sua frase.

"Cosa?". "Come?". "Quando?". Le parole si accavallarono una sull'altra.

"Volontario?" urlò per ultimo Alessandro.
"Ma sei impazzito. Se non te ne fossi accorto lì la gente ci muore!" continuò.

Guardai il volto di Ale diventare sempre più sconvolto. Scattò in piedi e gli si avvicinò, furioso.

"Lo so meglio di te, se è per questo" rispose Stefano, sbuffando infastidito.

"A sì...?"

"Va bene, calmiamoci tutti ora. Lasciamolo finire" disse Riccardo, prendendo Alessandro per un braccio. "Sono sicuro che Stefano non abbia finito di parlare, giusto?".

Vidi Stefano annuire per poi camminare verso il tavolo e prendere una birra. Si voltò a guardarci e sospirò.

"Cavolo è stato più facile dirlo ai miei genitori!" commentò.

Gaia lo guardò in silenzio, poi si voltò verso di me e continuò con Riccardo. Alzammo entrambi le spalle, non sapendo cosa stesse accadendo. Mentre il silenzio tornò per fare spazio alle spiegazioni di Stefano, cercai di mettere da parte l'ansia e capire meglio cosa stava accadendo.

"Allora, questo non potrei dirlo ma, sono scomparsi pochi giorni fa’ dei militari. Ora, sapete bene che i telegiornali raccontano una minima parte di ciò che accade laggiù e tra l'altro molto poco veritiera, quindi si vuole indagare sulla situazione, prima che tutto il mondo inizi a sparare a zero e dia notizie errate e superflue che possono solo compromettere l'operazione. Ed è qui che entrano in gioco i Parà! " si indicò con un sopracciglio alzato e gli occhi che brillavano di eccitazione, per poi continuare.

"Una prima squadra è partita proprio oggi, la seconda partirà tra una settimana circa, al massimo dieci giorni, dipende dall'evolversi dell'operazione. Io ho accettato di far parte della seconda squadra e questo è il massimo che posso dire". Concluse sorridendo imbarazzato.

Ammutolimmo ancora una volta, e potei vedere l'espressione sconvolta e preoccupata di tutti.
Era una decisione pericolosa, in gioco c'era la sua vita ma mi meravigliai di come Stefano sembrasse sicuro di ciò che diceva e di come la sua voce fosse calma e ferma in attesa della nostra reazione, convinto, però,della sua scelta.

Riccardo si strofinò il volto mentre Alessandro continuava a guardare a terra. Lo conoscevo e sapevo quanto si stesse trattenendo per non esplodere. Stefano, era come un altro fratello.

"Va bene, credo di parlare a nome di tutti nel dire che siamo a dir poco sconvolti e capisco che tu non possa spiegarci i dettagli ma almeno, possiamo sapere quanto è pericolosa questa -missione speciale- e quando tornerai?" chiese Riccardo mantenendo la calma.

Stefano annuì ancora, cercando di sorridere. Pensai fosse una sua reazione per farci comprendere quanto lui fosse tranquillo. Balle!

"Vi dirò le stesse cose che ho detto ai miei. Le uniche cose che so, per il momento, è che una volta che l'aereo raggiungerà il punto di lancio, ci daranno le indicazioni per raggiungere il primo campo.  Dopo di ché, salteremo e saremo solo noi, il cielo e, una volta a terra, spero nessun altro. Le condizioni sono di non cercare nessun contatto con chi non sia della squadra. Siamo spie e nessuno deve sapere di noi, ovviamente, se dovesse accadermi qualcosa, la mia famiglia sarà contattata il prima possibile e riceverà un risarcimento". Concluse serio.

Silenzio. Di nuovo.

Questa volta fui la prima a parlare.

"Stai scherzando? Dimmi che è uno scherzo perché non puoi aver accettato una proposta del genere?" chiesi alzando la voce.

Alessandro si voltò verso di me, l'espressione sempre più sconvolta ed arrabbiata.

"Non l'hai sentito? Non ha accettato, si è addirittura proposto come volontario! " e pronunciò l'ultima parola quasi urlando. "Questa non è una missione speciale, è una missione suicida. Sembra un fottuto film di guerra e cosa pretendi ? Che ti auguriamo "Buon viaggio" sapendo che tu andrai a rischiare la pelle?" .

Alessandro era a dir poco furioso, ma sapevo bene che a guidarlo era la paura.

"Non pretendo che mi capiate. Sapete come sono fatto, ho scelto questa vita e ne sono felice. Ora dei miei compagni hanno bisogno di aiuto ed io non mi tiro indietro. E' una questione di onore e fedeltà!" disse Stefano tornando terribilmente serio.

Non seppi più cosa dire, mi voltai e vidi Gaia con le lacrime agli occhi così come Ilaria. Mentre Davide si alzò e per la prima volta parlò.

"C'è qualcosa che possiamo fare? Insomma ti serve aiuto per qualcosa?" chiese serio.

"Col cazzo!" ribatté Ale. "Non ti aiuterò in questo, non lo farò! Non capisco cosa ti aspetti, ma non lo farò!"

Stefano annuì convinto e gli si avvicinò prendendolo per le spalle e scuotendolo appena.
Era assurdo vedere come Ale sembrasse un ragazzino vicino alla corporatura di Stefano.

"Ehi, guardami. Lo so che hai paura e ti ringrazio per questo, ma so fare il mio lavoro anzi sono fottutamente bravo! Andrà tutto bene, devi solo avere fiducia in me ed assecondarmi per quest'ultima settimana. Non ti sto chiedendo di partire con me o di aiutarmi a stilare testamento" si voltò a guardare anche noi, sorridendo.

"Ho un'ultima settimana di libertà e voglio passarla con voi, ragazzi"

"Cosa hai in mente?" chiese Riccardo.

Stefano si voltò verso il tavolo ed aprì una scatola della pizza prendendo a mangiarne un pezzo.

"Quando è stata l'ultima volta che siamo stati tutti insieme o meglio...dove?" e masticando un grosso boccone scoppiò a ridere.

I miei occhi corsero ad incontrare quelli di Alessandro e come se lo avessi chiamato, si voltò anche lui. Entrambi avevamo capito. Sentii il cuore accelerare sempre di più. No, non poteva essere!

"L'opzione di partire con te, è ancora valida?" disse Ale.
      




Se qualcuno mi avesse detto prima, ciò che sarebbe accaduto da lì a pochi giorni, gli avrei sicuramente riso in faccia. Se, avessi saputo cosa sarebbe accaduto quel pomeriggio a casa di Stefano, codarda quale ero, non mi sarei mai presentata. Invece, contro ogni statistica ero lì, in quella macchina, con le gambe di Ilaria che poggiavano sulle mie, una canzone dei "Dire Straits" in sottofondo ad accompagnarci, per quella improbabile avventura.

Contro ogni mia volontà, incapace di rifiutare, eravamo stati -costretti- ad andare con Stefano. Dove? Bè, il destino doveva averci messo davvero molto impegno, perché ero proprio diretta lì, dove tutto era finito nell'estate di due anni prima. Lì dove avevo lasciato il mio cuore. Proprio lì, nella casa estiva di Stefano, sotto la montagna della famosa Maga Circe.

Eravamo diretti al Circeo, per una vacanza di una settimana.






******************

Estate 2007

Al ricordo di quella mattina, sento ancora il suo profumo e le farfalle nello stomaco. Ricordo distintamente la sua espressione beata mentre dormiva con il viso rivolto verso il mio e le braccia strette sue miei fianchi. Non era la prima volta che dormivamo insieme, anzi accadeva molto spesso che preferisse il mio letto al suo ed anch'io negli anni mi ero abituata a dormire con lui.

Non seppi quindi, cosa ci fu di diverso quella mattina. Forse erano i segni sul suo volto. L'occhio ancora gonfio ed il labbro spaccato da quelle mani che avrebbero dovuto sempre proteggerlo ed invece erano le prime ed anche le uniche a ferirlo in quel modo. Sia all'esterno che all'interno.  

Come incantata da quell'espressione beata che aveva, alzai un dito a sfiorargli quei segni. Sentii gli occhi bruciarmi, come la sera prima e la voglia di lasciar scivolare le lacrime che tornarono prepotenti. Non capivo come si poteva fargli del male. Ale era una persona così buona, l'unica su cui sapevo di poter contare, sempre, in qualsiasi circostanza e mi sentivo così inutile a non poter fare lo stesso. Era così indifeso, lì tra le mie braccia che d'istinto mi strinsi di più al suo petto, senza smettere di fissare le sue labbra rosa, morbide e dolci, che mi regalavano i sorrisi più belli. 

Mi scoprii possessiva e furiosa contro tutto ciò che gli facesse del male, perché Alessandro non meritava di soffrire. Era bello, Ale, di una bellezza semplice ma al tempo stesso complicata. Dal cuore buono, leale e pieno di luce, nonostante vivesse tra le tenebre.

Sorrisi dei miei pensieri e come incantata iniziai ad accarezzargli il volto. Lentamente e solo con le dita. Le palpebre tremarono leggermente ed ebbi paura si stesse svegliando, ma sentendo il suo respiro profondo continuai la mia corsa. La pelle era liscia con appena un accenno di barba, e calda. Le dita corsero alle sue labbra, e mi mossi senza una ragione, senza un perché ma solo cullata dai nostri respiri. Sfiorai il labbro superiore e poi quello inferiore soffermandomi appena sulla ferita, senza smettere di essere meravigliata dalla sua morbidezza. Lo vidi socchiudere appena le labbra e sentendo il suo respiro caldo sulle mie, capii quanto gli fossi vicino.

Sentii un morso nel petto, mentre il cuore cominciò a correre all'impazzata. Un desiderio m'invase, senza che riuscii a contenerlo e cedetti al quel calore, sfiorando la mia bocca con la sua. Fu fuoco, semplice ma letale.

Che ti ha fatto, Amore mio!

L'istante esatto in cui queste parole rimbombarono nella mia mente, mi staccai terrorizzata!

Cosa ho fatto?

Lo guardai sconvolta mentre continuava a dormire ignaro di cosa fosse accaduto. Invasa dalla paura, sgusciai via da quel letto e dalle sue braccia. Con il cuore che non smetteva la sua cors,a presi una tuta ed uscii in silenzio dalla mia camera chiudendomi la porta alle spalle.

Respirai a lungo prendendo delle boccate d'aria mentre le gambe ritrovavano la loro funzionalità e mi aiutavano a dirigermi in cucina.

"Buongiorno, tesoro" disse mia madre con una tazza di caffè in mano.

Saltai sul posto, guardandola con gli occhi spauriti.

"Siamo nervose questa mattina?"

"No, non ti avevo visto, scusa ma devo andare un attimo da Gaia" dissi tutto d'un fiato.

"Capisco, volete prepararvi insieme" commentò.

Mi voltai, dopo aver infilato le scarpe.

"Prepararci per cosa?"

"Tesoro ma cos'hai stamattina? Non devi preparare la valigia ?"

Cazzo! pensai.

Uscii di corsa senza nemmeno risponderle. Avevo bisogno di Gaia, dovevo parlare con lei. Non capivo cosa diavolo mi era passato per la testa!

L'ho baciato, dannazione. Ho baciato Alessandro! Il mio Ale!

E proprio adesso! Che diavolo ho fatto?

Già perché quel pomeriggio saremmo partiti per una vacanza, tutti insieme!
Al Circeo. No, non potevo farcela.


***************


Eccomiiiiiiii!!! Dai che non vi ho fatto aspettare troppo vero?? :D
Vi piace il banner???? Io lo adoro *__* Naturalmente NON è opera mia ma della bravissa e gentilissima MARTYBET  GRAZIEEEEEE sei stata grandiosa. Naturalmente se non la conoscete correte a leggere le sue storie *_*

Che ne pensate del capitolo??? mi piaceva l'idea di unire passato e presente nella stessa situazione e location (Circeo) dove tutto ha avuto inizio/fine....curiose??????

Ringrazio TUTTE coloro che mi seguono e che trovano il tempo per recensire siete favolose e vi giuro risponderò a tutte, abbiate pazienza è un periodo assurdo per me :D

Un abbraccio grande, fatemi sapere eh ???

Lela









 

 

 

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Capitolo 13
*** Circeo ***


fuga cap 13

Capitolo  13 

Fuga

Circeo

Estate  2007

Una ragazza con in dosso solo una maglia ed una tuta sgualcita, corre con tutto il fiato che ha in corpo, mentre la pioggia fa da sfondo al suo cuore confuso. Le scarpe si scontrano con il suolo bagnato, lasciando che l'acqua la schizzi sulle gambe. Svolta all'angolo della sua strada e l'attraversa saltando gli ostacoli che ha davanti, mentre il cuore pompa furioso e spaventato, incapace di capire ciò che gli sta accadendo. Un altro angolo, un altra via. Arriva alla terza casa sulla destra, quella con le mura gialline e la finestra del primo piano appena socchiusa. E' presto ma non importa, è come se fosse casa sua.

"Sono io, apri" urla la ragazza con il respiro accellerato.

I capelli le gocciolano sul volto ma non se ne accorge e quando la porta si apre, riesce a dire solo una frase.

"Ho fatto un casino".

Questo, è ciò che ricordo di quella mattina. 

Rivedo chiaramente me stessa di fronte a Gaia, spaventata come una bambina e bagnata come un pulcino. Ricordo la paura che mi aveva completamente invaso, impedendomi di capire ciò che stava accadendo.

"Dannazione" urlai frustrata mentre camminavo avanti ed indietro in camera di Gaia.

"Ehi, ma cosa succede? E perchè sei bagnata non vedi che piove?" chiese Gaia avvicinandosi.

Scostai la maglietta dalla vita e mi accorsi solo in quel momento di essere fradicia.

"Ho fatto un casino" ripetevo come una cantilena.

Gaia si avvicinò passandomi un asciugamano pulito e prendendomi per le spalle.

"Adesso, calmati e spiegami cosa succede".

Sospirai cercando di far calmare i battiti di quel cuore così confuso ed arrabbiato.

"Va bene, sto per dirti una cosa che ti sconvolgerà ma devi promettermi di dimenticartene appena te la dirò" dissi minacciandola con il dito indice.

Gaia sorrise dolce " Non vedo come questo sia possibile. Tu intanto dimmela e poi vediamo il da farsi."

"No!" urlai secca "E' proprio questo il problema, non c'è un da farsi, perchè questa cosa non avrà futuro. E' sbagliata!" 

Lei mi guardò senza continuare, sapendo che avevo solo bisogno di sfogarmi.

"Stamattina è successa una cosa strana...io... non credevo...non avevo capito che....oh dannazione! E va bene, ho baciato Alessandro!" dissi tutto d'un fiato cercando di rimangiarmi le parole e dando le spalle a Gaia.

Silenzio.

Ancora.

Sbuffai infastidita e mi voltai a guardarla.

Se ne stava tranquilla, seduta sul letto senza dare cenni di vita.

"Hai capito cosa ho detto?" chiesi.

Lei annuì, sorridendo.

"Si, stò solo aspettando il seguito."

"Perchè non mi sembri sconvolta, insomma guardami?" squittii. 

"Dimmi cosa è successo."

Sospirai sedendomi accanto a lei, iniziando a tamponarmi i capelli con l'asciugamano.

"Bè, ieri sera, quando sono tornata a casa, ho trovato Ale in camera mia. Stava dormendo e mi ha fatto prendere un colpo perchè non mi sono accorta di lui fino a che non ho acceso la luce. Quando l'ho visto, mi sono arrabbiata perchè entra sempre in camera mia senza bussare, insomma, quante volte gliel'ho detto? Comunque, ieri sera è stata una di quelle sere..." conclusi in un sussurro sentendo un magone in gola al solo pensiero.

"Che intendi?" 

"Aveva discusso ancora con Roberto e...bè ne porta, chiari segni in volto."

Gaia si alzò di scatto, infuriata.

"Lo detesto quando fa così. Mio zio ricorre alle mani per tutto e con Ale ci prova gusto perchè lui non si piega. Che rabbia, se fossi un uomo gliele darei io di santa ragione."

"Non sei l'unica, sono anni che sogno di ripagarlo con la stessa moneta. Sò che è tuo zio, ma lo odio per quello che fa a suo figlio".

Annuì girandosi e potei vedere i suoi stessi occhi diventare lucidi. Eravamo le sole, oltre Riccardo, a sapere cosa accadeva tra Alessandro e suo padre.

"Lui come sta?"

"Come il solito Ale. Sai che si chiude a riccio e ci scherza su. Ha detto il minimo indispenzabile per poi chiudere il discorso."

"Senti, scusa ma non capisco cosa centra con il fatto che vi siate baciati" commentò.

Scossi la testa con forza.

"No no no, noi non ci siamo baciati!"

"Ma sei hai detto..."

"..io ho baciato lui.... mentre dormiva. Non sò cosa mi sia preso ma ero così triste per lui. Voglio proteggerlo ma non sò come fare...insomma ero lì e lo guardavo dormire... e mi abbracciava, come sempre d'altronde, ed eravamo così vicini...io...io volevo stringerlo e lo accarezzavo...e... che ho fatto? Perchè?" dissi prendendomi la testa tra le mani.

Gaia si avvicinò abbracciandomi, cercando di calmare l'agitazione che stava tornando più forte di prima.

"Ascoltami, non è successo nulla, è una cosa bella non vedo dove sia il problema?"

Mi voltai sconvolta a guardarla.

"Cosa? Come fai a non vedere dov'è il problema? E' Ale, capisci? Il mio Alessandro, lo stesso che mi conosce da sempre, che mi vede come una bambina da prendere in giro. Lo stesso geloso e possessivo che ha pedinato Fabio per settimane, prima di lasciarmi uscire con lui. Che guarda male qualunque essere di genere maschile che si possa intrattenere con me!"

"E questo non ti fa sorgere qualche dubbio?" disse seccata.

Mi alzai di scatto scuotendo la testa.

"Non farlo, capito. Non cercare di trovare qualcosa dove...non c'è! Io sono come una sorella più piccola per lui... e lui è il mio migliore amico non c'è nulla di più!" dissi accorgendomi subito dopo di aver quasi urlato.

Gaia abbassò lo sguardo e sospirò.

"Senti, allora non vedo dove sia il problema. L'hai baciato ma lui dormiva. Fine della storia. Nessuno lo saprà mai." 

Aprii la bocca per replicare e la richiusi di scatto senza trovare nulla di sensato da dire.

"Quindi non devo preoccuparmi" affermai ma dal tono usato sembrava più una domanda.

"No, ti sarai fatta prendere dall'affetto che c'è fra di voi. L'hai visto indifeso ed è stato un gesto istintivo, da amica. "

Annuii convinta sorridendo timida.

"Giusto, una dimostrazione d'affetto!" commentai convinta della mia conclusione.

Gaia annuì dirigendosi verso lo stanzino e prendendo la valigia.

"Bene, dopo aver appurato che buona amica sei, possiamo passare alle valigie?"

Annuii pensierosa prima di voltarmi di scatto verso di lei.

"Credi che una settimana in vacanza insieme sia un problema?" chiesi di getto senza nemmeno accorgermene.

Lei mi guardò sorridendo sorniona, di fronte alla mia espressione spaventata.

"Certo che no, siete amici, non vedo dove sia il problema. Dimenticati del bacio, era solo una dimostrazione d'affetto, no?"

"Certo!"

"Bene"

"Bene"

Annuii ancora cercando di sorridere, avevo come la sensazione di essermi incartata con le mie stesse parole ma non capivo il perchè.

Gaia si voltò aprendo la valigia.

"Ah, Michy?"

"Si?"

"Anche se sei la mia migliore amica, io preferisco gli abbracci!".

Fortunatamente il temporale della mattina era stato passeggero. Il tempo di rinfrescare l'aria e lasciare quel profumo di erba bagnata tipico di quando tutto finisce e fummo liberi di partire.

Non avevo più visto Ale da quella mattina. Quando tornai a casa dopo un paio d'ore lui se ne era già andato, perciò sperai con tutta me stessa che non si accorgesse del mio turbamento mentre io, dal mio canto, facevo di tutto per non pensarci.

"Ehi, che fine hai fatto stamattina?" chiese Ale aiutandomi a mettere la valigia in macchina. 

Mi irrigidii di scatto cercando Gaia con gli occhi. 

"Sono uscita presto" commentai senza guardarlo.

"Perchè?"

Già, spiegagli perchè sei scappata correndo dalla tua stanza!

"Perchè.."

"Doveva aiutarmi a fare la valigia, sai che non sò mai cosa mettere" intervenne Gaia in mio soccorso.

La guardai e sorrisi ringraziandola mentalmente dopo di chè mi voltai verso di Ale che mi scrutava curioso e feci spallucce . "Sai come è fatta" aggiunsi con l'aria più innocente del mondo.

Riccardo ci raggiunse, dopo aver schioccato un bacio sulla guancia di Gaia. Erano entusiasti perchè potevano passare un pò di tempo insieme senza la supervisione del padre di Gaia, uomo a dir poco protettivo.

"Allora siamo tutti pronti?" annuimmo, prima di vedere la macchina di Stefano accostarsi alla nostra.

Eravamo un gruppo di otto persone, divisi tra le due Mini cooper di Riccardo e Stefano; io e Gaia, in macchina con Riccardo ed Alessandro, mentre Daniela ed Ilaria con Stefano e Davide.
I due piloti erano entrambi talmente innamorati di quell'auto che puntualmente, una volta sopra i sedili e accesi i motori, si sentivono come Dio pronti a gareggiare sul circuito di Monza. 

Così, dopo aver assistito all'ennesima discussione tra Ilaria e Davide su chi doveva stare davanti, aver inserito il cd "da viaggio" ed essersi muniti di un walky-talky per ciascuna autovettura, la nostra vacanza poteva avere inizio. Solo una cosa mancava.

"Ehi, fatevi sentire... Circeo?" urlò Ale sporgendosi dal finestrino.

"Circeoooo" urlammo tutti dalle macchine.

"Sarà una settimana indimenticabile" commentò accendendo la musica.

Già! Pensai.






Arrivammo circa verso le dieci di sera. Eravamo partiti tardi per aspettare Davide e Daniela che finissero di lavorare, ma quando ci ritrovammo di fronte a quella villa meravigliosa rimanemmo tutti a bocca aperta. Quella casa, valeva l'attesa.
Sulla parte alta del Circeo, verso il centro storico vi erano le case più belle che avessi ma visto. Ovviamente, anche la villa di Stefano era tra queste. Un cancello dalle mura alte celava al suo interno una varietà di fiori e piante da far invidia ad un giardino botanico. La stradina di ghiaia scricchiolava sotto le macchine mentre avanzavamo tutti in silenzio fino a fermarsi davanti un portone tutto di legno intarsiato, alto all'incirca come la facciata della casa. Ero assolutamente senza parole. Scendemmo dalle macchine in silenzio, non ero la sola ad essere sconvolta.

"Allora vi piace?" chiese Stefano sorridendo.

Scoppiammo tutti a ridere mentre Ale e Riccardo fischiavano eccitati.

"Voglio essere anch'io un figlio di papà" commentò Davide mentre tutti ridevamo.

"Sono contento che vi piaccia ma non è molto grande. Venite passiamo dal retro ".

Lo seguimmo pieni di valigie, buste per la spesa, borse per il mare. Ognuno aveva qualcosa in mano. L'entrata sul retro affacciava sul salone della casa e dopo aver acceso le luci, Stefano si voltò invitandoci ad entrare.
La casa era bella fuori come lo era all'interno, arredata con un gusto più moderno ma tutto dai colori chiari che ben si accostavano alle mille piante che si vedevano dal giardino.
"Ehi venite qui" disse Gaia.
Un terrazzo si ergeva sulla costa, dove brillavano le mille luci del porto in lontananza e la luna proprio di fronte a noi.
"C'è una vista spettacolare!" commentai.

Il padrone di casa accese le luci nella cucina di fianco al salone e battè le mani per attirare l'attenzione.
"Allora, sopra c'è la zona notte con le camere da letto. Sono quattro matrimoniali quindi dobbiamo accoppiarci. Ognuno scelga quella che vuole"

Andai verso la mia valigia e per la prima volta pensai al problema letto. Gaia sarebbe stata con Riccardo perciò mi voltai verso Daniela.
"Non ci provate. Io non voglio dormire con quello sfigato" disse Ilaria prendendo Daniela per un braccio ed indicando Davide.
Mi voltai e scoppiammo a ridere. Quei due erano come cane e gatto.

"Non per offendere ma io voglio dormire comodo, perciò me ne vado con la nana" disse Ale togliendomi la valigia dalle mani.
Rimasi senza parole per un secondo di troppo, giusto il tempo di fargli salire per le scale che mi ritrovai a corrergli dietro.
"Ehi e chi lo dice che voglio dormire con te?" chiesi indispettita ed anche a dir poco agitata.

Alessandro non si voltò nemmeno ed entrò nell'ultima camera del corridoio, poggiando la mia valigia sul letto per poi andare ad aprire la finestra.
"Sto parlando con te" continuai imperterrita.
"Perchè non dormi bene con me? E poi dormiamo spesso insieme non vedo dove sia il problema" chiese con gli occhi da cucciolo.

Già, dove era il problema? Cos'era quel nodo alla bocca dello stomaco che mi impediva di calmarmi?

Michela smettila! E' Alessandro, il tuo Ale!

"Si bè, è che potevi almeno chiedere" borbottai andando ad aprire la valigia.

"Dettagli, e poi non ti avrei mai lasciato dormire con quell'armadio di Stefano o Davide il mani lunghe"

"Guarda che ti abbiamo sentito" urlarono dalla stanza affianco, mentre scoppiammo tutti a ridere.

Mi voltai e mi accorsi di un altra porta.
"Ehi abbiamo anche il bagno privato!" commentai ad alta voce prima di voltarmi verso Ale.

"Che stai facendo?" chiesi intimorita.

Lui mi guardò sogghignando mentre si toglieva le scarpe per poi sfilarsi la maglietta velocemente, lasciandomi una chiara visuale del suo corpo scolpito.

"Ti conviene spogliarti...." Deglutii senza distogliere gli occhi dai suoi.
"...o correre" concluse in un attimo, prima di saltarmi addosso.

"Ahhhh noooo mettimi giu!!!".

Scoprii troppo tardi che la fantastica villa aveva anche una meravigliosa...piscina!

Si, la vacanza era iniziata.

****************

Estate 2010

Era tardi ma non riuscivo a prendere sonno. Sicuramente l'emozione di ritrovarmi di nuovo in quella casa da fiaba, mentre Lui dormiva sotto il mio stesso tetto, non mi aiutavano a coinciliare il sonno.

Tutti invece sembravano essere felici di trovarsi li. Gaia e Riccardo avevano passato la giornata a rincorrersi con gli occhi e mi ero ripromessa che prima di ripartire avrei fatto di tutto per farli tornare insieme. Erano fatti per stare insieme.

Alessandro era stato l'unico ad essere taciturno. Naturalmente, come immaginavo, non mi aveva rivolto ne la parola ne uno sguardo. Il tutto era reso ancora più difficile dal fatto di trovarmi di nuovo lì con lui.  La mia mente riceveva continui flashback di noi due insieme. La prima sera mi aveva scaraventato in piscina vestita e poi eravamo stati raggiunti dagli altri. Ricordai come ogni suo gesto fosse rivolto a me, sembravamo due calamite attratte dalla stessa energia e se ci trovavamo nella stessa stanza finivamo inevitabilmente per punzecchiarci, sorriderci, scherzare...l'importante era stare vicini. Non mi ero mai accorta di quanto anche il mio corpo si fosse abituato al suo, sentirlo al mio fianco mi faceva stare bene, era come se non avessi avuto bisogno di nient'altro. Ed ora...tutto era sparito ed io avevo la continua sensazione che mi mancasse l'aria nei polmoni.

Finirà mai questo dolore?

Con i piedi nell'acqua della piscina, disegnavo piccoli cerchi, sospirando e cercando di trattenere tutte le lacrime che quei ricordi suscitavano. Cosa stavo facendo? Perchè ero lì? Perchè avevo accettato anche se sapevo quanto mi avrebbe distrutto?

Domande, sospiri e ancora domande. In attesa che qualcuno mi rispondesse, che facesse smettere quel dolore.

Un rumore alle mie spalle mi fece voltare spaventata.

"Chi è?" chiesi con la voce che tremava.

Gli occhi corsero verso il viso dolce e bellissimo di Ale che mi guardò sorpreso e subito dopo spaventato, indietreggiò di un passo voltandomi le spalle. Se ne stava andando.

"Ti prego, non andare" sussurrai d'istinto.

Vidi le sue spalle irrigidirsi. Si fermò e tornò a voltarsi lentamente, mentre trattenevo il respiro davanti a quella muta risposta. 

Era a petto nudo, solo con un pantalone della tuta ed illuminato dalla luna non mi sembrò mai così bello.

Mise le mani in tasca ed alzò appena lo sguardo versa l'acqua senza mai incrociarlo con il mio. Sospirai con il cuore che iniziava una corsa senza tempo e tornai a giocare con i miei piedi nell'acqua, cercando di non fare nulla di avventato che potesse farlo fuggire.

Lo sentti muoversi e trattenni il respiro, quando mi accorsi che si sedette al mio fianco.

Dì qualcosa! Mi ammonii.

"Non riesci a dormire nemmeno tu?" chiesi in un sussurro cercando di riconoscere quella voce spaventata. Non poteva essere la mia!

Non rispose ma vidi un leggero movimento del capo ed un improvvisa voglia di voltarmi e stringerlo si impadronì di me, tanto che dovetti sforzarmi con tutta me stessa per non farlo.

Ma stavo esplodendo per quella vicinanza e non riuscii a controllarmi.

"Ale ascolta io..." 

"Non voglio parlarne" mi interruppe freddo.

Le lacrime tornarono prepotenti a spingere per venire fuori. Non riuscivo a sopportare di vederlo così, era una lenta agonia che mi stava torturando.

Tirai su con il naso cercando di calmarmi.

"Credi che potremmo mai sistemare le cose tra di noi? " chiesi senza neanche rendermene conto.

E' questo che vuoi Michy? Non sei fuggita via da lui?

Ale non rispose subito e credetti non avrebbe mai risposto alla mia domanda.

"Perchè sei tornata, Michela?" chiese serio, chiamandomi per nome. Non era mai accaduto!

Balbettai per qualche secondo, cercando la risposta giusta da dire. Cosa intendeva?

"Non sono tornata perchè volevo rovinarti la vita, o tormentarti per tutto quello che è accaduto. Mio padre si è sentito male ed io dovevo tornare, capisci ? Io mi chiedevo solo se, un giorno, le cose saranno diverse...perchè...perchè...io non..." cercai di parlare ma non riuscivo a trovare un senso logico a quello che dicevo.

Ale si alzò di scatto e mi interruppe.

"Ti sei risposta da sola" disse voltandosi.

Mi alzai anch'io confusa.

"Che vuoi dire? Parlami?" 

Ale si fermò a guardarmi per un attimo che mi sembrò un eternità. Gli occhi divennero come smeraldi liquidi ed il suo viso si addolcì per poi rattristarsi ancora.

"Non sei tornata per me, Michy. Se tuo padre non si fosse sentito male, non saresti mai tornata" disse serio lasciandomi senza parole.

Il cuore si fermò, stretto in una morsa di ghiaccio.

"Non hai bisogno di me. Non hai mai avuto bisogno di me!" e se ne andò... portandosi il mio cuore con se.

Volevo solo piangere e fu ciò che feci per tutta la notte.

***********************************

Ok io sto piangendo davvero, sono una sciocca lo sò, ma mi emoziono che ci posso fare???

Allora che ne pensate del capitolo? fatemi sapere!!! è stato difficile per me da scrivere perciò su...ditemi pure..sono impaziente!!!

Devo scappare perchè è tardissimo perciò RINGRAZIO tutte voi che mi recensite, seguite, coccolate....insomma Grazie, grazie, grazie davvero!!!

Un abbraccio ed una buona domenica,

Lela


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Capitolo 14
*** Raccontarsi ***


FUGA CAP 14

FUGA

CAPITOLO 14

 

 Raccontarsi

 

 

ESTATE 2007

 

 

La prima notte trascorse lenta nella villa. Le risate, gli scherzi, le battute assurde, avevano riempito rapidamente le fresche mura, rendendo la serata interminabile e  tutti,  nonostante la stanchezza, ci rifiutammo di andare a dormire. Ovviamente però, il sonno, appena prima dell’alba ci sconfisse e cademmo addormentati nel salone.

 

Un cinguettio unito al chiacchiericcio di bimbi e mamme, proveniente dalle finestre aperte, mi svegliò. Aprii appena un occhio cercando di capire dove mi trovassi e vidi un mento coperto da una leggera e chiara peluria. Scesi con gli occhi verso il pomo d’Adamo per poi risalire veloce sino alla bocca. L’incrinatura del collo non mi permetteva di alzare la testa senza spostarmi direttamente e rischiare di svegliare il mio cuscino personale, ma sapevo già chi fosse.

Per la seconda volta in due giorni mi ero svegliata tra le sue braccia, non che fosse una cosa così inusuale ma tutto stava assumendo un significato diverso, che volessi ammetterlo o meno, mi piaceva essere abbracciata da lui. Un piacere del tutto lontano dall’essere platonico…

In quel momento, di nuovo, con la stessa curiosità, i miei occhi si fissarono sulle sue labbra, morbide, rosa, che si schiudevano appena respirando dolcemente sulla mia pelle.

Rabbrividii mossa nuovamente da una strana emozione…desiderio e prima di fare ancora lo stesso errore, mi allontanai leggermente alzandomi dal suo petto. Senza soffermarmi sul viso di Ale, sapendo già quanto l’avrei trovato tenero ma dannatamente bello, mentre dormiva, mi voltai cercando di capire dove fosse il resto della truppa. Scoprii di aver passato quelle poche ore di sonno, sul pavimento ma non mi sentivo stanca ne dolorante, merito di Ale, sicuramente.

Mi misi a sedere lentamente, mentre capii che tutti dormivano.

Gaia, era in una posizione, all’apparenza scomodissima, tra Riccardo ed Ilaria che si stendeva verticalmente, con la testa sulla schiena di Davide che a sua volta condivideva un cuscino del divano con Stefano. Poi vi era Daniela, appoggiata ad una spalla di Stefano che allungava le gambe verso Alessandro e per ultima io. Forse per questo avevo dormito comoda, ero l’ultima di quella lunga catena e per di più, decisamente più piccola di corporatura, mi adattavo perfettamente al fianco di Alessandro.

Gli occhi tornarono a lui e… come immaginavo, lo trovai maledettamente bello!

“Giorno” biascicò ad occhi chiusi.


Sussultai appena sentendo la sua voce. Non mi ero accorta si fosse svegliato.

 
“Scusa, non volevo svegliarti” risposi sussurrando per non svegliare gli altri.

 
Mi alzai cercando di far piano e mi diressi in bagno.
Avevo il viso stravolto dalle poche ore di sonno ed i capelli arruffati, cercai quindi, di migliorare l’impossibile e dopo essermi rinfrescata con dell’acqua ed aver legato i capelli decisi che avevo davvero bisogno di un caffè.

Mi diressi in cucina, senza fare troppo rumore e trovai Alessandro intento a versare il caffè nelle tazzine.

“Ehi ti sei alzato?”, chiesi sedendomi al suo fianco.

“Già, ormai ero sveglio”.

“Colpa mia?” chiesi portando il caffè alle labbra.

Ma lui fece spallucce sorridendo appena, mentre eseguiva i miei stessi movimenti.

“Veramente, ho sentito come se mi avessero tolto un peso dal petto” commentò.

“Come?”

“Già, sarà per il tuo testone” disse ridendo.

“Io non ho il testone!” squittii arrabbiata.

Ale scoppiò a ridere e mi mise un dito sulle labbra.

“Non urlare o sveglierai tutti!”

Lo guardai, per un attimo intimorita dalla sensazione di calore che avevo percepito sulla bocca, ad un suo semplice contatto. Abbassai gli occhi, timorosa che potesse capire il mio turbamento e mi limitai a borbottare tra me.

“Non ho il testone!”.

Vidi con la coda dell’occhio le labbra di Ale alzarsi appena all’insù per poi tornare a sorseggiare il suo caffè.

Rimanemmo in silenzio per alcuni minuti, sembravamo entrambi persi in pensieri lontani o almeno io lo ero sicuramente. Era strano come la mia mente si soffermava in tanti piccoli dettagli che fino a poco tempo prima davo per scontati; la bellezza di Alessandro, per esempio, era sempre stata lì, davanti a me. Lo avevo visto in mille situazioni diverse ma ero sempre stata consapevole di...lui!

In quei giorni, però,  il mio stesso corpo mi stava dando risposte diverse  da quelle che credevo. Quando era accaduto? Quando era cambiato tutto?
Insomma, era come se ci fosse uno stretto legame tra il mio cuore e la mia testa ma in quel momento non stessero collaborando. Era come se la testa rispondeva alle mille domande che mi ponevo ma il mio cuore cercava continuamente di smentirle.

E quando un sorriso diventa una morsa allo stomaco, quando…

“Che c’è?” chiese Ale all’improvviso.

Sussultai alzando gli occhi spaventata.

“Niente ero sovrappensiero”.

“Lo vedo, è per questo che te l’ho chiesto” disse muovendo gli occhi verso di me come per analizzarmi meglio.

Sentii il viso andarmi a fuoco e mi maledii in tutte le lingue per non riuscire a nascondergli nulla.

 Quando…

“Ma niente, niente, sai che di prima mattina mi perdo in concetti inutili” .

Quando… ci si nasconde da quegli stessi occhi che ti hanno guardato da sempre,  cosa vuol dire? A chi si deve dar retta? Alla mente o al cuore?

Non ne avevo idea, seguii solo l’istinto. E lo feci per tutta la vacanza.

 

“Tu invece?” esordii cercando di cambiare argomento.

“Io cosa?”

Presi un nuovo respiro, come per darmi il coraggio di guardarlo.

Dannazione Michy ma che ti prende? Non riesci nemmeno più a parlargli? Pensai arrabbiata.

Mi sforzai, e tornai con gli occhi su di lui.

“So che preferisci far finta di nulla ma ora siamo soli e sai che puoi dirmi tutto, perciò mi racconti cosa è accaduto con tuo padre?” chiesi dolcemente.

Ale strizzò gli occhi, prese un altro sorso di caffè e tornò a guardarmi.

“Non c’è bisogno che ti spieghi il motivo. E’ sempre la stessa storia, non ci capiamo, siamo diversi, completamente diversi e lui quando si arrabbia… Stava per prendersela con Mirko e non potevo permettere che accadesse!”, disse cercando di trattenere la rabbia che gli sentivo nelle voce.

 

Mirko era il fratello più piccolo di Alessandro. A sedici anni, era un ragazzino dolcissimo che adoravo ma che non riuscivo a vedere molto spesso perché viveva con la nonna paterna. Frequentava una scuola di musica per giovani talenti e si era trasferito sin dal primo anno, quando ne aveva solo quattordici,  per poter  seguire tutti i corsi nella parte Nord di Roma senza dover fare avanti ed indietro da casa sua.

A volte, però, tornava a casa per un paio di giorni, più per stare con Ale che con il padre.

La scuola, era quindi, la motivazione ufficiale ed Alessandro aveva insistito tantissimo per convincere il padre a lasciare che Mirko seguisse i suoi sogni ed ovviamente se ne era preso tutta la responsabilità, diventando l’unico figlio che doveva seguire le sue orme.

Lo guardai e mi avvicinai istintivamente abbracciandolo, lui si irrigidì appena, come sempre gli risultavano strani i gesti d’affetto, ma poi mi fece spazio sotto il suo braccio.

Rimanemmo in silenzio alcuni minuti, mentre Ale continuava a darmi piccoli baci sulla fronte come per calmarsi. Io mi godetti quell’intimità ma una parte di me non riusciva a smettere di pensare a quanto dovesse essere difficile la vita di Alessandro e di cercare un modo o una soluzione per poterlo aiutare.

“A cosa pensi ora?” chiese dolcemente.

“Posso farti una domanda un po’ personale?” chiesi di getto.

“Certo”

Presi un respiro e lo guardai negli occhi per cercare di scorgere la sua risposta ancora prima gli desse voce.

“Perché tuo padre reagisce sempre in questo modo?”.

 
Ale mantenne lo sguardo fisso su di me senza darmi nessun segno di vergogna o timore e ciò mi fece piacere.

“Perché assomiglio a lei” rispose semplicemente.

Corrugai la fronte confusa, non era esattamente la risposta che mi aspettavo.

Lui sorrise della mia espressione buffa e continuò : “ mia madre”.

Mi alzai improvvisamente come per drizzare le orecchie. Non avevamo mai parlato molto di sua madre.

 
“Non ti ho mai fatto vedere nessuna sua foto ma…beh con gli anni sono cresciuto e ti posso assicurare che sono la sua fotocopia, al contrario di Mirko che è uguale a nostro padre. Ecco il motivo. Con me, ha sempre davanti gli occhi l’immagine della donna che lo ha lasciato” disse sorridendo amaramente e anche se cercò di mascherare il suo risentimento capii che non ne era immune.

“Ti manca?” chiesi guardandolo.

Ale si guardò intorno e sorrise di sbieco stringendosi nelle spalle.

“Me ne sono fatto una ragione ormai. Mi ha lasciato che avevo quattordici anni e per quanto mia padre sia uno stronzo è l’unica famiglia che mi sia stata sempre vicina, al contrario di lei. Non so cosa gli abbia fatto, capisco che la vita con lui non deve essere stata una passeggiata ma perché chiudere tutti i ponti anche con me e Mirko? Lui aveva appena sei anni e ormai quasi non se l’ha ricorda più. L’unica cosa che ci ha lasciato è il talento per la musica a mio fratello e gli occhi verdi a me”, concluse cercando di riderci su.

“E non dimentichiamo la mia incredibile bellezza” aggiunse facendomi l’occhiolino.

Io ero rimasta ad ascoltarlo in silenzio, senza smettere di guardarlo, sentendo il cuore battere all’impazzata fino a scoppiarmi nel petto e non riuscii a trattenermi.

Mi lanciai di nuovo tra le sue braccia, stringendolo con tutta la forza che avevo e trattenendo le lacrime di fronte a questo dolcissimo ragazzo che rimaneva un mistero per molti ma il regalo più grande per me.

“Sei un bravo fratello” sussurrai sul suo collo, mentre sentivo due braccia avvolgermi la vita, ricambiando la mia stretta.

“Tu..tu ti preoccupi sempre  per gli altri, per me, per Mirko ed invece…chi si preoccupa per te?” dissi e mi accorsi troppo tardi della mia voce, rotta dall’emozione.

Lo sentii respirare tra i miei capelli mentre sussurrò : “Tu Michy. Sei tu, sei la mia Certezza, ricordi?”.

 
**********************************

 

La notte era passata, mentre io non avevo smesso mai di piangere. Non ero tornata nemmeno in camera, ero semplicemente rimasta fuori rannicchiata sul dondolo a guardare le stelle e cercare di capire dove avessi sbagliato in tutti quegli anni, ma le risposte non arrivarono. Ci eravamo amati, di un amore fraterno che per me poi era cambiato ma sempre di amore si trattava.

Allora perché poi ci eravamo fatti così male e ancora ce ne stavamo facendo?

In quei due anni mi ero più volte costretta a guardare avanti, ed anche se era una cosa che dovevo fare e rifare più volte ogni giorno, avevo iniziato a convivere con quella presenza nel mio cuore. In quel posto però, mi accorsi di come le mie difese stessero iniziando a cedere davanti i ricordi di quell’estate.

Li vedevo e rivivevo ancora ed ancora, come una vecchia videocassetta che finisce  ed inizia daccapo, ininterrottamente.

C’ero io, e la paura per la scoperta di quel nuovo sentimento.

C’era Ale, e la sua più innocente e sconvolta espressione di stupore, di fronte  alle  mie parole.

E poi rabbia, dolore, lacrime ed ancora dolore. Un male straziante e disarmante che mi lasciò sola ed indifesa in quella che doveva essere la nostra vacanza più bella e che invece divenne la fine di tutto.

Mi sentii tradita, nel cuore e nell’anima. Tradita dalla persona che amavo di più e non seppi affrontarlo, fu semplicemente…troppo!

 

“Ehi ma sei già sveglia?”, una voce mi fece voltare verso lo sguardo curioso di Stefano.

“Non hai una bella faccia, stai bene?”, continuò avvicinandosi preoccupato.

La mia mente ancora annebbiata e stanca per la nottata insonne e per le lacrime versate, ci mise qualche secondo a capire la sua domanda.
Scossi la testa, abbassando lo sguardo e cercando di ritrovare la voce. Stefano  dovette capire il mio tentativo, perché si avvicinò in poche falcate e mi strinse fra le braccia.

“Vieni, entriamo, ho fatto il caffè” disse.

“Non mi va di entrare, sto bene qui” dissi rabbrividendo.

“Stanno ancora tutti dormendo, non preoccuparti e poi hai bisogno di qualcosa di caldo sei gelata”, insistette avviandosi verso l’interno senza smettere di stringermi.

 

 

 

“Meglio?” chiese seduto al mio fianco, dopo avermi preparato la colazione ed avermi  guardato mangiarla, senza dire una parola.

Il latte caldo insieme ad una bella tazza di caffè, mi avevano calmato abbastanza da affrontare meglio un discorso. Dimenticai perfino che al piano di sopra lui stesse ancora dormendo e che sarebbe sceso prima o poi.

“Si grazie, molto meglio” risposi sorridendo e cercando di farlo al mio meglio.

“Come mai già in piedi?” chiesi.

“Sai nei Parà non è che si dorma fino alle dieci. Ormai è un abitudine. Tu piuttosto, vuoi dirmi perché ti ho trovata in giardino, alle sette del mattino, congelata e con la faccia che sembravi uno zombie?” disse guardandomi negli occhi.

Io abbassai lo sguardo e feci spallucce.

“Non riuscivo a dormire. Tutto qui”

“Tutto qui”, ripeté.

“Già”.

“E quindi non c’entra nulla il fatto che il mio caro compagno di stanza mi abbia tenuto sveglio tutta la notte, sbuffando come un treno e che finalmente sia crollato solo qualche ora fa?”.

Mi voltai di scatto incrociando i suoi occhi. Qualcosa…proprio lì,  più giù nel petto, nel profondo della mia anima, in quel cuore che da tempo credevo spento, si accese.

“Già”, ripeté.

Sentivo il sangue tornare in circolo, come se sapere che anche Ale avesse passato la notte sveglio mi avesse rincuorato, ed in certo senso fu così. Forse, nonostante l’impressione di infischiarsene di tutto, di me, forse…

No, non volevo ricadere in mille congetture che mi avrebbero solo fatto del male.

“Abbiamo parlato o meglio, ci abbiamo provato ma lui mi odia e quindi non c’è  nulla da dire”, dissi.

Stefano mi guardò e sputò fuori l’aria come se si stesse trattenendo dal dire qualcosa di sbagliato, ma non resistette.

“Stronzate!”

Lo guardai confusa.

“Si, hai capito bene. Quelle che dici sono solo stronzate. Il fatto che ti odi è da escludere. E’ arrabbiato, ferito e sappiamo entrambi quanto sia orgoglioso”.

Sbuffai e sbattei la tazza sul tavolo facendo uscire del caffè dal bordo e   sporcandomi. La calma stava svanendo di nuovo forse perché era solo apparenza.

“E’arrabbiato? Ferito? Quando finirà la mia condanna? Sai, anche il peggior criminale ha un processo ed una sentenza, ma lui non mi permette nemmeno di spiegare. Mi ha già condannato. Ed io allora cosa dovrei dire? Tutto quello che ho fatto è stato una conseguenza delle sue azioni, questo sembra che lo abbiate dimenticato tutti, lui per primo!” dissi furiosa.

Ci guardammo negli occhi, Stefano mi studiò ed annuì appena, mentre io cercavo di non scoppiare a piangere di nuovo.

“Lo so, o meglio so qualcosa. A quanto pare nessuno dei due si è mai deciso a spiegare cosa sia accaduto quell’estate”.

 Mi voltai di scatto impaurita.

“Sta tranquilla nessuno sa i dettagli e ci ha mandato ai matti parecchio il fatto  di   non sapere nulla. Gaia e Riccardo ne sanno qualcosa”.

“Che vuoi dire?”.

Stefano sospirò ed allontanò lo sguardo, stropicciandosi il viso con una mano. Sembrava stanco, forse aveva davvero passato la notte in bianco.

“Beh, quando sei sparita, nessuno sapeva niente. Alessandro sembrava impazzito e lasciami dire che ti ha cercato ovunque, è andato anche a casa di tua zia nelle Marche visto che i tuoi dicevano ti fossi trasferita lì, perché tua zia non stava bene…”

Abbassai gli occhi imbarazzata, era la scusa che avevo supplicato ai miei di dire, mentre rimasi per settimane rintanata in casa mia, nella camera degli ospiti.

“Immagino non ci sia mai stata una zia malata”.

Scossi la testa senza guardarlo.

“Comunque, tu rispondevi raramente alle sue chiamate e quando lo facevi eri sempre di fretta. Alessandro aveva capito che qualcosa ti aveva turbato”.

“Tzè” commentai

“Cosa?” chiese curioso.

“Non so quanto sai di questa storia ma ti assicuro che ero più che turbata e  che  lui  lo sapeva benissimo” dissi sprezzante.

Stefano non parlò perciò gli feci segno di continuare aggiungendo : “ma cosa c’entra questo con Gaia e Riccardo?”

“C’entra che Gaia fosse l’unica a sapere dov’eri ma non disse nulla. All’inizio ha giurato di non sapere nulla ma il fatto che non si –preoccupasse- così tanto come ci si aspetterebbe in una situazione del genere, ci ha insospettiti. Primo fra tutti  Alessandro. Insomma la conosci Gaia, avrebbe chiamato la Farnesina, l’esercito o  il Presidente per trovarti, anche se i tuoi avessero continuato a dirle di non farlo!”

Annuii sorridendo. Si, Gaia ne era capace.

“Beh quando Alessandro ha capito che lei stava nascondendo la verità si è infuriato. Ha cercato di convincere Riccardo a parlarle ed alla fine lei ha ceduto. Me lo ricordo perché ero tornato in licenza ed eravamo tutti a casa mia. Alessandro era tornato quel giorno dalle Marche e Riccardo lo aveva accompagnato, quando entrarono in casa Ale si avventò contro Gaia, dicendo che lei sapeva dove eri e che stava lasciando che impazzisse brancolando nel buio, senza nemmeno dire una parola. Anche Riccardo era arrabbiato, capimmo tutti che Gaia stava nascondendo la verità ed alla fine scoppiò piangendo, dicendo che eri partita per Londra e che le avevi fatto giurare di non dirlo a nessuno… I loro rapporti si incrinarono da allora.
Credo che Riccardo non gli abbia perdonato di essersi chiusa così tanto in se stessa e non riuscirono ad essere più quelli di prima”.

 
Strinsi gli occhi fino a farli bruciare, iniziando a tremare e respirare più velocemente.

“E’ stata tutta colpa mia!” sussurrai.

Stefano mi guardò e capì solo allora il significato delle sue parole.

“Cosa? No! No!”.

Scossi la testa, sentendo le lacrime arrivare.

“E’ tutta colpa mia, ho rovinato tutto! Tutto! Io le avevo chiesto…io non volevo…”

Stefano mi abbracciò stretta a lui.

“No! Shhh, non piangere. Non è colpa tua, tu le avevi chiesto un favore, stavi soffrendo e avevi bisogno di un appoggio. Sono loro che non hanno saputo gestire la cosa, probabilmente Gaia si è trovata in difficoltà ma sicuramente avevano altri problemi o la loro storia non sarebbe finita solo per questo”.

Scossi la testa e sospirai staccandomi da lui.
Ero triste, arrabbiata e volevo solo abbracciare la mia migliore amica.

“Hai ragione, non è solo colpa sua. Anche Alessandro ha la sua parte. Perché diavolo doveva prendersela con lei? E’ stata una mia scelta e Gaia non centrava nulla”.

Mi alzai andando verso il lavandino e mi sciacquai il viso con l’acqua fresca facendo respiri profondi e la rabbia mi aiutò a riacquistare lucidità.

“Risolverò questa cosa. Quei due sono fatti per stare insieme, basta guardarli. Prima che io riparta loro staranno di nuovo assieme, fosse l’ultima cosa che faccio!”

Stefano si voltò seguendo i miei movimenti con gli occhi per poi alzarsi e mettersi di fronte a me oscurandomi completamente la vista tanto era alto e grosso.

“Allora è così? Sei intenzionata ad andartene di nuovo?” chiese con voce diversa, quasi arrabbiata.

Sbattei le palpebre deviando il suo sguardo sentendomi un pulcino in gabbia.

“Non c’è motivo per cui io debba restare” risposi rassegnata.

Lui mi guardò intensamente e continuò ad avvicinarsi.

"E se te ne dessi uno?" 

Rimasi in silenzio. Stordita.

“O hai trovato qualcuno a Londra?” chiese con voce più arrogante.

Mi irrigidii sentendomi a disagio per quella vicinanza e quel cambio di discorso.

“Stefano ti prego non…”

Si avvicinò ancora mettendomi una mano sul fianco e stringendolo. Sentii il cuore scalpitare ma era per l’imbarazzo e la confusione del suo gesto, niente di più.

“Voglio sapere se stai con qualcuno, prima di fare qualcosa che desidero da tanto!” disse lentamente e sensuale.

Strabuzzai gli occhi, poggiando le mani sul suo petto e cercando di respingerlo ma era come marmo sotto la mia pelle.
Respirai malamente e confusa. Non capivo cosa stesse accadendo ma sapevo quanto fosse sbagliata quella situazione.

“Io…”

“Dimmelo”,  insistette.

“Io…io…no”, alzai gli occhi fissandoli nei suoi.

“Io…io lo amo ancora, lo amo probabilmente da sempre e  non ho mai smesso di farlo e  forse non lo farò mai. E’ parte di me e non posso dimenticarlo. Non si può scappare da ciò che si è…”

Sussurrai mentre le lacrime rigavano le mie guancie. Sentii una mano sfiorarmi una guancia ed il respiro caldo di Stefano tra i miei capelli.

“Brava la mia Michy!” disse spostandosi.

Alzai gli occhi di scatto, il tempo di vederlo muoversi scomparendo alla mia visuale e lasciare l’immagine di Ale che mi guardava sulla porta.

 

 ******************

Note cortissime perchè è già tardi, susate il ritardo ma sto studiando per un esame che...lasciam perdere... :D 

Spero vi sia piaciuto il capitolo si sono scoperte un pò di cose, i prossimi saranno tutti su questo ritmo :D

Volevo ringraziere tutte le ragazze che mi seguono e chi si ferma a recensire o anche chi legge soltanto, grazie!

Volevo ricordarvi un gruppo che ho aperto per le scrittrici emergenti di Efp fateci un salto 

GRUPPO "TUTTE PER UNA..."

Un abbraccio,

Lela

ps: non vorrei sembrare paranoica o assillante ma se crediate che la storia non vi stia più piacendo o non sò...vorrei saperlo per favore, non so se è la mia insicurezza ma..beh ...fatemi sapere :D

 

 

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Capitolo 15
*** Toccarsi ***


Fuga cap 15

FUGA

CAPITOLO 15

Toccarsi




Avete mai avuto la sensazione che il tempo si fermasse?
O di riuscire a vedere un’immagine al rallentatore, visualizzando ogni singolo dettaglio che ad un occhio estraneo, potrebbe risultare inesistente o persino innocuo?

Beh, fu ciò che accadde a me, quando incrociai gli occhi di Alessandro, ben lontani dall’essere innocui, che se ne stava fermo ed impalato come se gli avessero fatto una doccia gelata.
La stessa espressione che probabilmente avevo io.
Sentii il cuore esplodermi nel petto, mentre un fischio continuo ed assordante mi andò a riempire le orecchie. Il volto prese fuoco ed il respiro si mozzò. Fermo ed incapace di raggiungere i miei polmoni e lasciando che quel nodo terribile che sentivo allo stomaco, corresse su, sino alla gola e mi bloccasse le parole.
Mi voltai di scatto, dandogli le spalle e aggrappandomi al lavandino come un’ancora di salvezza. Era troppo e non ero preparata. Non era giusto, non ne avevano il diritto. Di colpo l’imbarazzo e l’umiliazione che sentii, si strinsero tutt’uno con una rabbia accecante.

Non ne avevano il diritto!
Ero e mi sentivo in trappola ed anche se Ale non aveva ancora aperto bocca, il suo silenzio mi stava facendo ancora più male.
Scattai come un felino in gabbia, incurante di sembrare una sciocca ragazzina, ero arrabbiata e ferita. Così senza riflettere agii d’istinto. Mi staccai dal lavandino, dirigendomi come un treno verso la porta, anche se ciò voleva dire scontrarmi con lui, era la mia unica via d’uscita.
Con gli occhi bassi e con le lacrime di rabbia che premevano per uscire, non lo degnai di uno sguardo. Non potevo farcela.
Solo quando sentii una morsa bollente prendere il mio polso mi voltai, come ustionata ed in parte lo ero.

“Michy aspetta” chiese la sua calda voce, quasi come la stessa preghiera che avevo usato io la sera prima e mi bloccai.
Nascondendogli ancora il viso, sentii la sua stretta scaldarmi tutto il braccio, come uno strano formicolio a cui non sapevo come rispondere. La mia sciocca mente da innamorata,  pensò solo che stavo toccando di nuovo Ale, dopo due anni, e per quanto avrei voluto scappare da quella situazione, il mio cuore diede un piccolo, leggero, battito di felicità.
Avevo dimenticato che sapore avesse.

“Aspetta” ripeté con forza e non resistetti ancora.

“Perché? Non mi sono umiliata abbastanza?” risposi di getto voltandomi ad incontrare il suo viso.
Le sue pupille si dilatarono ed il petto si alzò ed abbassò, più velocemente.

“Cosa? Credi di esserti umiliata? Credi che non mi faccia piacere ciò che hai detto?” disse veloce, quasi sconvolto. Ma se la furia e l’orgoglio non mi avessero accecato, in quel momento mi sarei accorta di come gli brillavano gli occhi. Erano di nuovo gli occhi del mio Ale, ma ovviamente non lo capii, anzi. Fu proprio in quell’attimo, che realizzai, quanto avessi mentito a me stessa. Ero arrabbiata. Furiosa con Ale e questo sentimento, esplose senza che potessi controllarlo.

“Certo è solo questo l’importante. Credi che lo abbia detto per farti piacere? O per adulare il tuo ego?” dissi ferita mentre gli occhi pungevano.
Lui mi guardò, per poi lasciarmi andare il polso, deluso. Ma prima che fossi libera un’altra voce mi si affiancò.

“Michela non devi arrabbiarti in questo modo, è colpa mia. Io volevo che tu…che voi due..” cercò di dire Stefano ma lo interruppi ancor prima di finire.

“Cosa? Volevi cosa?”

“E’ tempo che voi due vi chiariate, insomma è palese l’affetto che vi lega e non capisco perché voi due non possiate stare…”

“Non dirlo” dissi e quasi urlai. Mi guardarono entrambi scioccati dalla mia reazione.
Scossi la testa e sorrisi amaramente trattenendo ancora per poco le lacrime.

“Sai cos’è che mi dà più fastidio? E’ che tu ti sia approfittato di una mia confidenza, di un mio momento di debolezza, perché io non sono più quella persona. Dannazione, non lo sono, e non mi farò schiacciare ancora da questa storia. Lui sa bene ciò che provo, non c’era bisogno che gli dessi ancora altre conferme. Tra noi, sono sempre stata io ad espormi” sputai con rabbia.

“E come lo avresti fatto? Te ne sei andata, cazzo!” mi urlò Ale con gli occhi furiosi, come se ciò bastasse a spiegare tutto e non vidi più nulla.
La furia prese il posto della razionalità e fregandomene di tutto gli urlai di rimando.

“Perché tu non mi hai voluto!” e scoppiai in lacrime, mentre Stefano guardava Alessandro con aria confusa.
A quanto sembrava era una parte della storia che gli mancava!

“Dannazione!” urlai voltandomi e scappando su per le scale.






***********************


ESTATE 2007


“Salti tu, salto io” disse Ale afferrandomi le mani.
Scossi la testa terrorizzata.

“La parte di Di Caprio non ti si addice” sussurrai spaventata.

“Ah no? Va bene riproviamo. Ti fidi di me?”

“Guarda che pure questa è sua” commentai guardando al di sotto dei miei piedi, sentendo l’adrenalina scorrermi nelle vene.

“Allora facciamo in un altro modo. Guardami” sussurrò sul mio volto.

“Non posso, non ce la faccio ho troppa paura” dissi chiudendo gli occhi istintivamente.

“No, no, non così, guardami” mi prese il mento tra le mani e incontrai i suoi occhi.
Il blu del mare non era nulla in confronto alla bellezza del verde degli occhi di Ale, sorrisi ed arrossii imbarazzata quando mi accorsi di quanto i nostri volti si stavano sfiorando.
Mi circondò le spalle e prese ad accarezzarmi dal collo in giu.

“Brava, guarda me e respira” continuò.
E’ una parola! Pensai.
Prese un mio braccio e se lo passò intorno al collo, per poi fare lo stesso con l’altro. Al contatto della mia pelle con la sua rabbrividii. Avevo solo un semplice costume a separarmi completamente da quel corpo perfetto che catturava, ormai come una calamita, il mio sguardo ad ogni suo movimento.

“Ora aggrappati a me. Non aver paura e continua a guardarmi”.
Scese con le mani ad accarezzarmi la schiena per poi correre sulle mie cosce e il respiro accelerò. Con uno scatto mi strinse le gambe e mi alzò, portandomi a circondargli la vita, mentre gli occhi non smettevano di sfidarsi. Il mio respiro, davanti quell’ulteriore contatto così intimo, si fermò del tutto.
Ale continuò a guardarmi sorridendo tranquillo ma per un attimo, per una frazione di secondo, il sorriso sparì dal volto di entrambi e ci guardammo seri, quanto mai lo eravamo stati. In quel momento ero sua, lo sentivo io e lo sentiva lui. Un gesto nato innocente, al contatto dei nostri corpi divenne…diverso.
Deglutii appena spostando lo sguardo dagli occhi alle sue labbra, e lui lo seguì, mentre entrambi trattenemmo il respiro.

Avete mai avuto la sensazione che il tempo si fermasse?
O di riuscire a vedere un’immagine al rallentatore, visualizzando ogni singolo dettaglio che ad un occhio estraneo, potrebbe risultare inesistente o persino innocuo?


“Ehi vi buttate o no?” una voce interruppe il momento ed il tempo sembrò tornare a scorrere normale.

“Trattieni il respiro, pulce. Fidati sarà bellissimo” disse Ale tornando a sorridere.

“Mi fido” sussurrai, buttandomi nel vuoto…con lui.



La giornata era trascorsa così, in mare, tra tuffi, nuotate, risate…lasciandoci al tramonto distrutti, abbronzati e felici.

“Chi vuole il gelato?” chiesi in piscina mentre tutti chiacchieravano davanti una birra fresca.

“Tutti” commentai sorridendo. Andai quindi in cucina a prendere tutto l’occorrente seguita dalle altre.

“Ragazze sono distrutta” esordì Gaia sedendosi vicino Daniela.

“Anch’io ma vedrai che una bella doccia ci rimette al mondo e poi stasera si balla no?”
Il programma della serata era infatti quello di andare a ballare dopo cena.

“Non ci credo mancano tre giorni alla fine della vacanza” disse Ilaria sbuffando.

“Non dirlo, pensa a oggi chissà quante cose possono accadere in tre giorni!” dissi ridendo e mai parole furono più profetiche.

Quando tornai verso la piscina i ragazzi erano concentrati in un discorso tanto da non accorgersi di me.

“Ragazzi c’è sesso e sesso! E lei è proprio da sesso violento!” commentò Davide. Stefano ed Ale scoppiarono a ridere, mentre Riccardo scuoteva la testa.
Ecco il discorso era interessante, davvero. Mi fermai ad ascoltarli.

“Io non posso parlare, sono felicemente fidanzato” commentò Riccardo “E poi smettetela che se vi sente si arrabbia”.

“Figurati è lei la prima a dirlo. E poi le vogliamo bene è solo un opinione oggettiva” insistette Davide.

“Il sesso non è mai oggettivo, ragazzi” esordì Ale "ma è piacere totale e possesso. Sei tu e la tua donna e non c'è niente di più appagante, per un uomo, che sentirla urlare sotto di se!" e sorrise in quel modo così sexy che mi fece tremare le gambe.

Gaia si avvicinò e le feci cenno di tacere, ma lei capendo di cosa stavano parlando chiamò anche Daniela ed Ilaria. Si, eravamo delle curiose ed impiccione! Ma cavolo, chi poteva resistere?

“Ok quindi la serata di sesso selvaggio la vince Daniela” concluse Stefano.
Noi ragazze ci guardammo ridendo mentre Daniela sorrise alzando il pollice.

“La bella Ilaria, a me non dispiace” commentò Davide.

“Ma se la odi?” chiesero in coro ridendo.

“Che centra, il sesso è un'altra cosa. Secondo me non è male per niente” continuò offeso.
Mentre noi ragazze ci trattenevamo dallo scoppiare a ridere di fronte l’espressione sconcertata di Ilaria.

“E’ rimasta Michy, che ne pensate ?” chiese Riccardo.
Sentendomi chiamata in causa mi sporsi di più verso la porta-finestra.

“Che c’entra adesso?” chiese Ale abbassando la voce.
Gli altri lo guardarono curiosi.

“Scusa ma stavamo parlando di sesso e ragazze, e dato che di Gaia non si può parlare, visto il qui presente fidanzato, rimane Michela che vi dirò secondo me è proprio…” disse Davide venendo subito interrotto da Alessandro.

“Falla finita ok? Questo discorso mi ha stufato!”
L’ennesima uscita di Ale, gli costò lo sguardo confuso di tutti e tre i ragazzi, ma anche di noi.
Sentivo una sorta di agitazione salirmi nel petto e capii che dal gioco il discorso si stava facendo serio. E il soggetto in questione ero io, perché ? Cosa voleva significare ?

“E sentiamo, perché ti sei stufato proprio ora che parliamo di Michy, se fino a poco fa dettavi legge sul sesso?” chiese Stefano dando voce ai miei pensieri e sentii gli occhi di Gaia al mio fianco puntati su di me. Immaginai che anche le altre stessero facendo lo stesso. Io invece mi ritrovai a trattenere il fiato, di nuovo in quella giornata.

“Perché Michela non è una ragazza da sesso. Non sa nemmeno cosa voglia dire e di certo un ragazzo non ci si può divertire per una sera e basta. Ci sono donne che sono sexy ed ammiccanti e donne più semplici che invece…”

“Michela è bella” lo interruppe Stefano guardando serio Alessandro.
Lui per tutta risposta ammutolì, mentre io sentivo il cuore spezzarsi.

Non ero una ragazza da sesso. Che voleva dire?
Non ero sexy ed ammiccante. Che significava, era un pregio o un difetto?
Non sapevo nemmeno cosa voleva dire fare sesso. Era questo ciò che pensava di me come Donna?

Mi voltai di scatto, indietreggiando e trattenendo la delusione che sentivo nascere sempre di più.
Gaia mi guardò e capì il mio turbamento. La vidi scuotere la testa e venirmi incontro ma fui più veloce e corsi su per le scale, in camera, chiudendomi in bagno.


Quando si fa l’amore per la prima volta, di solito, lo si fa con la persona che crediamo di amare.
Io quando decisi di fare quel passo importante con Fabio lo feci credendo fosse amore ma in realtà non era quell’Amore, con la A maiuscola e capii subito dopo, di aver sbagliato.
Avevo passato la notte da Ale, una delle poche sere passate a casa sua visto che di solito la mia camera era il nostro posto speciale.
Alessandro si era limitato a dirmi che sarebbe andato tutto bene; che avrei trovato qualcuno con cui sentirmi totalmente a mio agio e che avrei provato sensazioni indescrivibili perché sarei stata innamorata davvero.
Erano tutte bugie? Era solo il sesso e l’aspetto fisico che contava?

Asciugandomi davanti lo specchio del bagno, lo pulii con la mano per dar luce al mio viso.
Mi guardai cercando di trovare qualcosa di “bello e sexy” ma aveva ragione Ale, non ero una di quelle donne. Sospirai sentendo gli occhi pungermi ma mi imposi di non piangere. Non volevo che gli altri mi vedessero così.
Presi un respiro profondo e mi guardai intorno, accorgendomi, tardi, di essermi chiusa in bagno senza aver portato il cambio.
Al diavolo! Borbottai.
Aprii la porta ed uscii in camera solo avvolta nell’asciugamano. Ne presi un altro ed iniziai a tamponarmi i capelli cercando di non pensare alle parole di Ale ma fu quasi impossibile.
Mi sedetti sbuffando sul letto. Lo stesso letto che condividevo con Lui e pensai a tutte le sere, in cui prima di addormentarmi, sognavo di essere stretta dalle sue braccia in modo diverso. Lui invece, non aveva mai fatto certi pensieri. Le lacrime tornarono a spingere e sbuffando, tirando su con il naso, come la bambina che tutti mi dicevano di essere, presi la crema e cominciai a spalmarla lenta e concentrata con la mente nel nulla.
Era inutile, volevo piangere ancora.

“Pulce sei qui ?” chiese una voce entrando in camera come un tornado. La sua voce.
Alzai gli occhi di scatto mentre Ale sorridendo mi guardò per poi spalancare la bocca e voltandosi di scatto.

“Oddio scusa non sapevo fossi nuda” disse ridendo e grattandosi la testa.
Io, che in una situazione del genere e in un altro momento, mi sarei imbarazzata da morire, sorrisi amaramente abbassando gli occhi su me stessa. L’asciugamano legato al seno era ancora lì, solo più lento. Le gambe invece erano completamente scoperte mentre continuavo a spalmarmi la crema.
Ma le sue parole tornarono a galla.

Non sono né bella né sexy. Punto.

“Non preoccuparti, lo so che non ti da fastidio. E poi non sono nuda” commentai con la voce leggermente incrinata, ma celando bene il mio stato d’animo.
Ale si girò lentamente e mi guardò incerto, mentre io continuavo a spalmarmi la crema sulla pelle e guardare il lenzuolo del letto, divenuto improvvisamente interessante.

“Che vuoi dire che non mi da fastidio? E’ logico sono un uomo. E’ per te che lo dicevo” affermò confuso e potei percepire dal tono della sua voce una nota di curiosità.
Probabilmente si stava sforzando come un matto per capire cosa intendessi.
Perciò presi aria, e coraggio, e sorrisi appena. Solo con la bocca però.

“Voglio dire che, so che non ti metto a disagio che…si va bene hai capito che non ti faccio effetto…come..come donna ecco, in fondo siamo amici ed è meglio così..perchè”

“Ma che cavolata è mai questa?” disse con una certa enfasi avvicinandosi al letto.
Io alzai lo sguardo ed incontrai i suoi occhi di verde liquido e persi un battito.
Mi alzai tremando appena e confusa.

“Ale lo so, capito? So che non mi vedi come una donna e…”

“E da cosa lo avresti capito?” chiese con tono più arrabbiato.
Io temporeggiai abbassando lo sguardo e mordendomi un labbro. “Non fa niente è una cavolata” dissi superandolo diretta alla mia valigia, ma lui fu più veloce e mi afferrò per un polso.

“Che sia chiara una cosa” disse inchiodandomi con gli occhi nei suoi, “sei la mia migliore amica e la persona più importante della mia vita, oltre mio fratello e quello che sto per dirti non è giusto per niente, ma si da il caso io debba fare delle precisazioni, o la tua testolina bacata continuerà ad elaborare strane teorie” .

Deglutii appena, mentre il cuore prese a martellarmi nel petto, come sapesse già, che tutto, in quel momento, stesse per cambiare.
Io evito di guardarti come una Donna, perché…perché se davvero lo facessi, non so cosa accadrebbe”.

Mi lasciò sola, nella nostra camera, con queste sue parole a riempirmi la mente ed il cuore.




***************************





Allora, prima di tutto un GRAZIE INFINITE  a tutte coloro che si sono fermate a recensire lo scorso capitolo. Siete state in 18 e per me è un traguardo grandissimo. So che il più delle volte ci si sofferma a leggere e poi passare oltre, ma per un "autrice emergente" come me, le vostre opinioni sono davvero davvero importanti, perciò Grazie davvero! anche a chi mi segue o mette tra le preferite, è una gioia ogni volta :D

Ora passiamo al capitolo, solo poche cose perchè è tardissimo e ho gli occhi che mi bruciano.
Allora in linea di massima questa era l'idea generale ma nel dettaglio è stato tutto diverso, devo dire che non mi convince molto, ma non mi possono piacere tutti i capitoli in egual misura, giusto? Ma questo mi stona un pò e non lo dico per farmi coccolare :P no davvero, mi è già accaduto con un altro in questa storia, non so dirvi cos'è solo non mi convince...bho fatemi sapere se vi va!!

Grazie per l'affetto che riservate a me e a questa storia ogni volta, sei bellissime *_*
Vi abbraccio tutte,
Lela

PS: il prossimo capitolo dovrebbe essere....curioso e passionale....vedremo ;)




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Capitolo 16
*** Vedersi ***


FUGA CAP- 16 CORRETTO

 

 

 FUGA

Capitolo 16

Vedersi


ESTATE 2007

Ero nuda. Semplicemente avvolta nell’asciugamano, seduta sul bordo del letto, senza riuscire a pensare ad altro che alle parole di Ale.

“Io evito di guardarti come una Donna perché se lo facessi, non so cosa accadrebbe."

Una strana sensazione di felicità e stordimento mi avvolgeva e non riuscivo a capire come dovevo interpretare le sue parole. Non sapevo se anche lui provasse qualcosa per me o se era un semplice modo per farmi capire che mi trovava…attraente.

Io…attraente.

Era un concetto talmente strano per me, da lasciarmi totalmente confusa. Poi qualcuno interruppe i miei pensieri.
“Michy hai finito?” Chiese Gaia, entrando con un vassoio in una mano ed una borsa nell’altra.
Mi voltai lentamente e scossi la testa come per riprendermi da uno shock.
“Allora qui c’è il tuo panino. Abbiamo cenato tutti così, visto che dobbiamo prepararci per la serata e guarda qui cos’ho? E’ una cosa stupenda che ti piacerà da matti.Mi urlò praticamente nelle orecchie.
La guardai sempre più confusa.
“Ma dove sono Daniela ed Ilaria?” Chiesi.
"Si sono appena fatte la doccia e stanno arrivando. Ho proposto di prepararci tutte insieme qui." Lo sapevi che Ale ha scelto la camera più grande? Hai uno specchio enorme ed è quello che ci serve”.
Scossi la testa e sorrisi della sua esuberanza.
“Veramente non lo sapevo. Tutte le fortune a me, eh?” Sogghignai, alzando gli occhi al cielo.
Il mio tono non la sorprese, anzi, iniziò a studiarmi come per capire cosa fosse accaduto poco prima.
“Senti prima che arrivino le altre, ho capito che il discorso dei ragazzi…beh che ci sei rimasta male, ma vedi, secondo me, lui non intendeva quello che hai capito tu.Disse, sedendosi al mio fianco.
La guardai ed annuii leggermente, mentre le parole di Ale mi risuonavano nella testa come una dolce melodia che non vuole lasciarti.
Sorrisi appena ed imbarazzata distolsi lo sguardo.
“Ok quella faccia non mi convince, che mi sono persa?” Chiese Gaia curiosa.
Sorrisi ancora e mi nascosi il viso con le mani, poi presi un bel respiro e la guardai.
“Devo dirti una cosa e so che dirai –te l’avevo detto- e farai i salti di gioia ma, prima, sappi che credo sia tutto un gran casino e che ci sia poco da festeggiare.”
Gaia annuì, sorridendo appena davanti alla mia espressione.
“Credo…” Respirai. “Credo di essermi innamorata di Ale.Conclusi veloce.
Lei mi guardò, si aprì in un bellissimo sorriso e mi abbracciò forte stringendomi a .
“Sono felice che tu l’abbia capito.” Esordì.
“Io no! Io ho paura, una paura tremenda e credo di aver solo rimandato e rifiutato quello che provo per lui, ma adesso…adesso è così difficile! Non ce la faccio, non mi sento più libera, né di muovermi, né di parlare spontaneamente, perché…perchè se lo facessi, gli direi solamente che lo amo…che l’ho sempre amato e che voglio scelga me. Che mi guardi come se fossi l’unica, che quando mi sfiori si senta morire perché io…perché è questo ciò che io provo." Dissi, come un fiume in piena, singhiozzando tra le sue braccia.
Ero esplosa. La verità era uscita fuori in tutta la sua irruenza e desiderai solo parlare, piangere e sognare. Sperare che tutto si sarebbe risolto, che quello che sentivo non fosse ingiusto o sbagliato. Che non avevo colpa di nulla perché in fondo…mi ero solo innamorata.
“E poi lui non mi aiuta per niente! Non mi ci fa capire nulla con il suo atteggiamento. Come prima in giardino, ha detto quelle cose e poi…poi in camera..." Mi fermai, asciugando le lacrime e tornando a sorridere come una sciocca.
“Sto impazzendo." Commentai.
“A cosa ti riferisci? Non ti seguo." Chiese Gaia curiosa.
“Prima è entrato in camera senza bussare. Io mi stavo mettendo la crema con solo l’asciugamano indosso, e beh, ad una mia frase dove gli dicevo che sapevo di non fargli effetto come donna, si è stranito molto e mi ha risposto che non mi vede come una donna, perché se lo facesse non saprebbe cosa potrebbe accadere. Ecco il sunto."
Gaia sbottò a ridere come una matta, scuotendo la testa.
“Ma quanto è contorto?”
“Già." Risi amaramente.
La vidi improvvisamente scattare in piedi, sorridendo gioiosa.
“Allora costringiamolo." Disse battendo le mani.
Strabuzzai gli occhi e la guardai confusa.
“A fare cosa?”
“A guardarti come una donna!” Commentò, come se fosse ovvio e si diresse verso la borsa che aveva portato.
“Stasera al “Coco night” c’è un party sulla spiaggia e ci andremo tutti, sarà l’occasione perfetta."
La guardai, storcendo la bocca ed alzando gli occhi al cielo.
“Guarda che le favole alla Cenerella non esistono. E poi è una festa, non un cataclisma.Commentai ironica.
Lei sbuffò e si affacciò dalla porta urlando il nome di Ilaria e Daniela per poi tornare verso di me.
“Ma non è una semplice festa…Ci mascheriamo!”
“Cosa? Una festa in maschera a luglio?”
“Donna di poca fede. E’ stata organizzata così, una sorta di “Halloween estivo”, non c’è un vero tema, l’importante è essere sexy e mezzi nudi.Concluse ridendo.
Mi alzai e presi la borsa che aveva tra le mani.
“Bene proprio la festa per me.Dissi, scuotendo la testa sconvolta.
“Vuoi fare colpo?” Chiese facendomi l’occhiolino.
“Su di chi?” Intervenne Daniela in accappatoio, con mille buste e borse al seguito.
Trattenni il respiro davanti a quella domanda. Anche se erano mie amiche, non mi sentivo pronta a confidarmi con loro.
“Beh…”
“Dobbiamo aiutare questa pecorella smarrita, perché si è presa una bella cotta.Disse Gaia con la sua boccaccia. Mi voltai a fulminarla con lo sguardo e capì.
“Davvero?” Chiese Ilaria mettendo tutte le sue cose sul letto.
“Uffa chi è? Perché io sono sempre l’ultima a sapere le cose?” Insistette Daniela.
Tre paia di occhi mi fissarono in attesa e io non seppi cosa dire. Le parole uscirono da sole.
“E’ Stefano” Sputai tutto d’un fiato.
Si udirono urli di entusiasmo, da parte di Ilaria mentre Gaia e Daniela mi guardarono allibite. Potevo comprendere la reazione di Gaia, visto quello che le avevo detto poco prima, ma l’espressione di Daniela mi lasciò interdetta. Almeno quanto lei.
“Bene fanciulla. Allora ci pensiamo noi!” disse Daniela abbracciandomi e facendomi sedere sul letto, senza però smettere di guardarmi stranamente.

 Che avevo fatto?

 

*****************************

 

ALESSANDRO POV

 
“Quanto credete ci faranno aspettare?” Chiesi sbuffando.
Vidi altre tre teste scuotersi, mentre Stefano spalancò le braccia e rise.
“Sono donne. E’ ovvio che ci facciano aspettare, ma d’altra parte cosa ci manca? Guardati intorno, bella musica, belle donne e alcol a volontà”.
Ridemmo e brindammo alle donne.
“E poi perché non vi siete voluti mascherare? Io sarei stato un Ladro d’eccezione” Chiese Davide indicandoci con il dito, per poi pavoneggiarsi, senza vergogna.
“Ecco appunto. Non credo avresti fatto tutto questo scalpore e comunque non vedi la mia collana di fiori?” Mostrai ridendo.
“Non vale, te l’ha data la pollastrella all’entrata.Continuò.
Riccardo rise e scosse la testa.
“Ancora devo capire come fai a rimorchiare in questo modo. Insomma nemmeno siamo arrivati, che già una ragazza si è fatta avanti.Commentò curioso.
Risi e feci spallucce bevendo un altro sorso di birra.
“Sul serio non è normale, direi addirittura imbarazzante. , potrei decisamente offendermi. Perché guardare te, quando ci sono io!” Intervenne Davide.
“Sono ancora libero, però. E’ tutta questione di tempistica, riuscire a giostrarsi le situazioni al meglio e non cadere in nessuna rete.Dissi facendo l’occhiolino.
“Già, come incastrare la ragazza del martedì mattina, tra una lezione e la ragazza del martedì sera.Commentò Stefano e tutti scoppiammo a ridere.
“Esagerati! Non sono a questi livelli.Commentai, sorseggiando la  mia birra e continuai. “Cosa posso dire? Riesco a capire le donne. Le so guardare come vogliono essere guardate e nonostante tutto, rimango sempre onesto con loro e con me stesso. Sanno cosa le aspetta e non si tirano indietro. Anzi!".
, proprio.Borbottò Stefano, abbassando lo sguardo, ma sentii ugualmente.
“Beh, che c’è ? Non è vero forse?” Chiesi, sorpreso dalla sua reazione.
“Tu, riesci a capire le donne.Commentò, sfidandomi con lo sguardo ed incrociando le braccia al petto.
“Certo.Ammisi convinto.
Annuì come per assecondarmi ma senza sembrarne sicuro.
“Forse hai ragione. Forse capisci davvero le donne, ma ce n’è una che, secondo me, è un foglio bianco. Che ti fa uscire di senno, semplicemente con uno sguardo di troppo o solo se la si nomina in contesti che non ti piacciono. E…se per caso, non c’è, ora, ci sarà”.
Mi irrigidii all’istante senza sapere nemmeno il perché.
“Non so di cosa tu stia parlando.Commentai, distogliendo lo sguardo dal suo, divenuto troppo fastidioso, e mi concentrai su altro.
La musica si alzò ed il locale iniziò a riempirsi, mentre poggiato al bancone battevo il piede a terra a ritmo di musica e mi guardavo intorno. Sentivo una strana agitazione sotto pelle ed anche se stavo cercando in tutti i modi di non pensarci, probabilmente era per quello che avevo detto a Michy.
La giornata era stata assurda sin dall’inizio. Ogni volta che mi voltavo, incrociavo i suoi occhi e stranamente non riuscivo a riconoscerli. Mi guardava diversamente ma non capivo in che modo fosse diverso e questo m’infastidiva.
Di certo avevo sbagliato a parlarle in quel modo. Stavo iniziando a pentirmene ma era stato tutto così improvviso. Avevo la terribile sensazione di aver varcato una soglia e, dannazione, erano anni che cercavo di delinearla. Ma sentirla così abbattuta... Sembrava insicura e dagli occhi avevo capito che avesse pianto. Forse era solo un momento di stanchezza. Forse aveva bisogno di certezze, forse non si sentiva a suo agio con il suo corpo e visto che abbiamo sempre parlato di tutto, voleva conferme da me, che la conosco meglio di tutti.

Ricordo ancora l’esatto istante, in cui mi accorsi che fosse divenuta una donna. Era un pomeriggio di qualche anno prima ed entrando in camera sua, la vidi su una scala intenta a sistemare i ripiani alti della libreria. Indossava un vestitino di cotone giallo leggero, i capelli raccolti morbidi in una coda, mentre ciuffi ribelli le incorniciavano il viso e la luce arancione del pomeriggio, giocava con le sue forme. Rimasi abbagliato, quando, poi, si voltò sorridendomi.

Non avevo visto mai niente di più bello.

“Ehi sei ancora qui?” Chiese Stefano schioccandomi le dita davanti al viso.
Sì, sì pensavo”
“Bene, ti aggiorno. Stavamo dicendo che stasera noi tre, in quanto uomini belli e single, dobbiamo servire la comunità femminile, ci stai?” Chiese Davide ridendo.
Feci spallucce e sorrisi.
“Tutto per la comunità.Dissi ancora ma Stefano intervenne.
“Che poi abbiamo tre splendide donne in casa, non ci sarebbe nemmeno bisogno di cercare così lontano.Disse tornando a guardarmi e fu troppo.
“Ancora con questa storia.Esordii infastidito, prima di sentire nuovamente il nome di Michy.
“Ah giusto, ragazzi non nominate Michela o il signorino, qui, si agita.Disse Stefano facendo ridere gli altri ma non me.
Lo guardai serio e stranito ancora di più.
“Ma che cazzo c’entra ? E’ perché sono nostre amiche, non mi va di parlare così di loro.
“Non ti va di parlare così di Michela!” Sottolineò Riccardo.
Mi voltai di scatto verso di lui.
“Ehi, ma che diavolo vi siete messi in testa, stasera! E’ la mia migliore amica e non mi va di stare qui, ad immaginare mille modi per farmela” Esclamai arrabbiato.
Tutti tacquero per alcuni istanti prima che Riccardo si alzasse in piedi con il volto sorpreso.
“Oh mamma.Sussurrò, sparendo nella folla.
Ci voltammo tutti e tre senza vedere nulla. Non capii cosa stesse accadendo e d’un tratto anche Davide scattò.
“Per la miseria.Disse, sparendo a sua volta.

Io e Stefano ci guardammo confusi e ci spostammo dal bancone.
Mi mossi tra la folla, cercando di seguire il punto dove erano spariti ma non era facile. Venivo continuamente spintonato da una parte all’altra, mentre la folla aumentava a dismisura.
C’era il delirio vero e proprio.
D’improvviso, sentii una mano stringermi la spalla, mi voltai e vidi Stefano con la bocca spalancata.
Mi diede una pacca sulla schiena e scoppiò a ridere per poi avvicinarsi e dirmi : “Ti voglio bene, ma sei un coglione!” Alzò gli occhi e indicò un punto in fondo alla sala.

Lo seguii e...

Due grandi occhi nocciola  sorsero tra la folla e quando incontrarono i miei, li sentii sulla pelle come se mi stessero accarezzando. Il piccolo viso, da bambina dolce e indifesa, aveva lasciato il posto ad una donna bellissima e sensuale, incorniciato com’era da una parrucca a caschetto rosa…Rosa? Assurdo! Era totalmente diversa, ma sempre lei.
Si morse le labbra e pensai solo che volevo affondare in esse e lasciarmi andare, completamente.
La pelle lattea, stretta in un piccolo corpetto bianco, lasciava poco spazio all’immaginazione, ma davvero molto alla vista. Stretti pantaloncini bianchi, mostravano le cosce lunghe e affusolate di quella che da sempre era la mia bimba, ma che in quell’attimo vidi per la prima volta.

La mia Michy… e dannazione era bellissima.

La musica si spense. L’agitazione salì. Le orecchie presero a fischiare e la testa a girare.
La sala si svuotò di tutte quelle persone e in un attimo, giusto il tempo di battere le ciglia, di capire che non fosse un sogno, realizzai come, in realtà, tutto intorno a me non era mutato per nulla, ma che, invece, era bastato quel singolo istante, per far crollare tutte le mie Certezze.

“Oh cazzo!” Commentai.

 

 


 

 

Mi avevano messo un’assurda parrucca rosa e non capii nemmeno come avessero fatto a convincermi. Daniela insisteva nel dire che ero perfetta e che sembravo una di quelle bamboline sexy e provocanti, mentre io mi sentivo molto più come una Barbie fuori dalle righe.

Tutto sommato però, era stato divertente.
“Ragazze ci stanno aspettando al bancone. Dobbiamo cercare di farci vedere perché Riccardo, con questa musica, non sentirà mai il cellulare.Disse Gaia incamminandosi.
Iniziammo a farci largo tra la gente e notai, meravigliata, come non fossimo state le uniche a partecipare mascherate, anzi la maggior parte delle ragazze si era letteralmente sbizzarrita.
“Scusate ma quella sarebbe una Jessica Rabbit in bichini?” Chiese Ilaria ridendo.
, credo proprio di sì.” Ammisi sconvolta.
“Venite. Qui, in fondo alla sala.Ci urlò Daniela che si trovava in testa alla fila.
Mi fermai a guardarla per un secondo e capii perché tutti la trovassero bella. Lo era davvero e sapeva di esserlo. Per la serata aveva scelto un completo leopardato. Corpetto e gonna che aveva perso oramai la sua forma primaria, dopo essere passati sotto un paio di forbici. L’intento era sembrare una “Jane sexy” e c’era più che riuscita.
Riusciva, infatti, a giocare con la sua sensualità senza risultare troppo finta o costruita.
Sapeva cosa voleva da un uomo e se lo prendeva. Come facevano molti uomini con lei stessa, ovviamente. Daniela sosteneva che era uno scambio equo, dopotutto era la classica storia dove se lo fa un uomo, è un “grande” di fronte gli altri di genere maschile, ma se lo fa una donna, è una poco di buono.
“Ahi.Borbottai all’ennesima spinta, voltandomi arrabbiata.
“Scusami, ti ho fatto male ?” Chiese un ragazzo decisamente molto più alto di me.
Piegai la testa in alto fino ad incontrare il suo volto e feci spallucce guardandolo.
“Non fa niente.Risposi, tornando dalle altre.
Una volta tutte insieme, iniziammo a cercare i ragazzi per la sala. Presi a scorrere ogni volto, senza troppo interesse, fino a che non  raggiunsi la mia meta e mi fermai.
Quando vidi anche lui bloccarsi e guardarmi, sentii nel cuore il presentimento che quella serata sarebbe stata decisamente più lunga di quello che credessi.
Nonostante la gente e la confusione che ci avvolgeva, riuscii chiaramente a sentire, oltre che vedere, i suoi occhi su di me. E fu la prima volta.
Gli occhi che mi avevano guardato da sempre. Le stesse labbra che desideravo mordere, lo stesso corpo che avevo più volte ammirato. Lui, Ale, di fronte a me…con un’espressione impenetrabile!

“Ehi, senti vorrei farmi perdonare.Disse una voce al mio fianco.
“Come?” Mi voltai stordita ed infastidita per essere stata interrotta e mi ritrovai lo stesso ragazzo di poco prima.
“Dicevo, volevo farmi perdonare. Ti va qualcosa da bere?” Chiese sorridendo.

Lo guardai confusa. Anche se avevo capito benissimo le sue parole, rimasi qualche secondo di troppo in silenzio, non sapendo cosa dire.
“Beh vediBalbettai distogliendo lo sguardo e cercando ancora Ale, ma non era più dove lo avevo visto.

“Ti prometto che farò il bravo.Sorrise dolce e lo trovai davvero carino, ma in quel momento la mia mente era totalmente scombussolata da altro.
“La ragazza è impegnata.Disse una voce al mio fianco e mi voltai sorpresa.
“Oh scusami non lo sapevo. Beh complimenti e buona serata.Disse il ragazzo andandosene.
Guardai Stefano seguirlo con volto duro, per poi tornare da me.
“Cosa bisogna fare con te?” Chiese sorridendomi.
“Che vuoi dire?”
“Stasera hai deciso di fare impazzire qualcuno, non è vero?” Chiese avvicinandosi di più al mio volto e percepii uno strano doppio senso nelle parole.
Scossi la testa ed abbassai lo sguardo imbarazzata.
“Non so a cosa ti riferisci. Veramente sono state le ragazze a farmi vestire così e mi sento anche un po’ ridicola.Commentai, gesticolando nervosa e guardandomi intorno alla ricerca di Ale.
Sentii Stefano avvicinarsi di più. Stringermi la vita con un braccio e sussurrarmi all’orecchio: “ti assicuro che sei tutto, tranne che ridicola”.
Mi irrigidii alzando lo sguardo verso il viso di Stefano e lo trovai concentrato sul mio volto.
“Sei bellissima stasera e lo farai impazzire.Commentò sfiorandomi una guancia con le labbra calde, per poi guardarmi e farmi l’occhiolino.
Arrossii di botto, per poi scoppiare a ridere.

Stefano lo sapeva o, quanto meno, lo aveva capito.

“Ragazze siete una bomba!” Urlò Davide abbracciandoci una ad una.
“Stasera volete farci fare a botte con qualcuno, non è vero?” Chiese Riccardo controllando la gonna di Gaia.
“Ma smettetela, siamo qui per divertirci, perciò divertiamoci!” Urlò Daniela al mio fianco passandoci bicchieri, pieni di qualcosa di indefinito.
“Aspettate ma Alessandro?” Chiese Stefano e lo ringraziai mentalmente per aver fatto la stessa domanda che mi frullava per la testa.
“Eccolo lì!” Ci voltammo e lo vidi poggiato al muro di fronte a noi.

Gli occhi verdi, come la tempesta pronta ad esplodere, fissi su di me.
Mi guardava, mi toccava, mi divorava con lo sguardo, in quella che non capii mai che emozione fosse. Se rabbia o desiderio. Specialmente quando vidi la ragazza al suo fianco, baciargli il collo, sensuale.

Lì, in quel momento, il mio cuore si buttò definitivamente nel vuoto. Ero distrutta e disillusa ma invece di arrendermi al destino, alle mie mille paure, alle sue parole che non riuscivo mai a comprendere totalmente, buttai tutto all’aria. Me stessa, noi, il nostro futuro.

Voleva giocare? Avrei giocato anch’io!

 

********************************************* 

 

Potrei dirvi tante cose. Potrei stare qui, a raccontarvi come l'ansia per questo capitolo, mi abbia fatta impazzire, ma vi dirò solo GRAZIE.

Grazie a tutte coloro che si sono fermate a recensire lo scorso capitolo, a chi continua a mettermi tra seguite/preferite/ricordate...spero che Fuga vi stia dando le stesse emozioni che da a me!

Vorrei fare un ringraziamento speciale a Fallsofarc, Clara-sterne, e la mia amica Marina (da cui la nostra Gaia prende vita) per avermi consigliato- supportato e sopportato...Questo è un momento importante per la storia e spero ogni volta di non deludere le aspettative (non che stia scrivendo la Divina Commedia, intendiamoci :D ) ma è la mia piccola storia e da gioco, quale è iniziato, è diventato qualcosa di più.

In Michy, Ale, Gaia, Riccardo, Stefano, Daniela, Ilaria, Davide.... ci sono io. C'è Emanuela, i suoi pensieri, le sue paure e anche le personalità più particolari, dei suoi amici :D

Spero inoltre abbiate apprezzato l'idea del Banner speciale, opera della formidabile Khristh....IO ADORO LO!!!!! 

Non mi resta che abbracciarvi sperando che vi sia piaciuto anche questo capitolo e augurandovi uno splendido Natale.

Lela 

 

 

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Capitolo 17
*** Amarsi ***


FUGA CAP 17 CORRETTO

FUGA

 CAPITOLO 17
 

Amarsi

Betato da Nes_sie 

ESTATE 2007

 

La musica risuonava incessantemente nelle orecchie. Corpi sudati, resi ancora più sexy e disinibiti dall’alcol, si muovevano in sincrono con solo la voglia irrefrenabile di divertirsi. La gioia e l’ebbrezza di poter fare tutto, di sentirsi forti ed invincibili. Sensuali e potenti. Leggere la lussuria ed il desiderio negli occhi degli altri e ridere come non mai, perché lo vuoi. Perché lo senti. Perché ne hai bisogno.

Io ne avevo bisogno.

Non bisogna mai sottovalutare un cuore ferito ed arrabbiato, unito a una dose alquanto alta di alcol. Specialmente con una ragazza come me non abituata a lasciarsi andare, sempre per paura di essere inadeguata.

Quella sera non lo ero. Quella sera decisi di prendermi le mie piccole rivincite. Decisi di ottenere quello che volevo, di prendermi ciò che mi spettava. Perché ero giovane e bella, anche se non mi sentivo così, ma cercavo di ripetermelo ininterrottamente, mentre ballavo. Incurante dell’effetto che le mie movenze avevano… sugli altri.

 

“Sei bella da far male!” Disse un ragazzo muovendosi dietro di me.

Scoppiai a ridere, senza nemmeno guardarlo e continuando a ballare.

“Non sono tutti di questo parere.” Gridai continuando a muovermi sinuosa.

“Chi non lo pensa è un coglione.” Continuò cercando di avvicinarsi ma senza che io glielo permettessi.

Sorrisi amaramente e chiusi gli occhi, lasciandomi andare alla musica. Non volevo vedere nient’altro. Specialmente Alessandro schiacciato tra due donne che gli ballavano strusciandosi addosso. Che schifo!

 

“Ti va di fare un giro?” Continuò il ragazzo imperterrito.

“Voglio solo ballare.” Dissi scuotendo la testa e continuando a dargli le spalle.

“Dai, ci divertiamo.” Rafforzò la presa sul mio fianco e mi strinse a lui, facendomi sentire tutto il suo desiderio. Mi scansai infastidita.

“Ho detto di no!”

Ma diavolo una ragazza non poteva nemmeno ballare in santa pace?

“Perché non ti vai a fare un giro da solo?”

La mano di Stefano scansò il ragazzo da me con forza. Quest’ultimo si voltò furioso ma, davanti alla stazza di Stefano, si arrese prima di iniziare.

“Bravo, bimbo!” Commentai, ricevendo l’occhiata furiosa del ragazzo e quella infastidita di Stefano.

Mi voltai, fregandomene e tornando a ballare, ma mi fu impossibile.

“Si può sapere che diavolo ti prende?” Mi urlò Stefano nelle orecchie.

“Perché? Non posso ballare? Ho sete, scusa!”

Mi diressi verso il nostro tavolo e trovai tutti indaffarati a fare altro.

Gaia ballava abbracciata a Riccardo, persi ognuno negli occhi dell’altro. Davide, con mia grandissima sorpresa, aveva chiesto ad Ilaria di ballare ed ora ridevano insieme all’altro lato del tavolo. Daniela sorseggiava il suo cocktail e si muoveva sensuale insieme ad un ragazzo che non conoscevo. L’unico che sembrava sparito era Alessandro, ma potei facilmente immaginare dove fosse andato.

Strinsi gli occhi per non piangere e mandai giù tutto il contenuto del bicchiere. Non sapevo di cosa si trattasse, ma lo sentii bruciare in gola e mi ritrovai a tossire.

“Ehi, vacci piano, non sei abituata.” Disse Daniela avvicinandosi.

“Ti prego non ti ci mettere anche tu!” Borbottai guardandola e notai i suoi occhi studiarmi curiosi.

“Si può sapere che ti prende? Volevi fare colpo su Stefano e mi sembra non ti stia togliendo gli occhi di dosso, ma tu non lo calcoli minimamente.” Insistette, inchiodandomi al muro.

Distolsi lo sguardo infastidita, cercando di sembrare indifferente alle sue parole.

“A meno che…” Continuò e mi voltai di scatto.

“Siamo proprio sicuri si trattasse di Stefano? Non è che ti sei messa in tiro per Ale?” Chiese con un ghigno sulle labbra.

Abbassai lo sguardo e mandai giù il grosso nodo, che si era formato. Non sapevo perché, ma non volevo parlarne.

“Ti sbagli di grosso. Alessandro? Figurati! Mi sto solo divertendo. Tutto qua.” Dissi con il sorriso più convincente possibile, allontanandomi da tavolo.

Sentii i suoi occhi sulla schiena, ma non mi voltai.

“Ho caldissimo. Ti va di prendere una boccata d’aria?” Chiese Stefano al mio fianco.

Annuii e lo seguii senza smettere di guardarmi intorno in cerca di un paio di occhi verdi che sembravano spariti.

 

 

 

“Ne vuoi una?” Disse Stefano offrendomi una sigaretta.

Scossi la testa e tornai a giocare con la sabbia.

Eravamo seduti sulla spiaggia, appena fuori dal locale. Il volume della musica era notevolmente ridotto e sembrò quasi di riuscire a tornare a pensare lucidamente.

“Allora, si può sapere cos’hai?” Chiese Stefano guardandomi, mentre io ero concentrata sul nulla.

Feci spallucce, senza rispondere.

“Guarda che l’ho capito.” Continuò sorridendomi dolce.

Alzai gli occhi intimorita e risposi appena, sorridendo a mia volta.

“Allora capirai perché non voglio parlarne.”

Annuì  e prese una boccata di fumo. Subito dopo scosse la testa.

“Siete due testoni! Non vi rendete conto della fortuna che avete.” Disse guardando il mare.

Lo fissai confusa. Era bello, Stefano, ed anche dolce, ma in quel momento vidi una strana luce nei suoi occhi.

“A cosa ti riferisci?”

“Al fatto che, in un modo o nell’altro, vi appartenete. Ed è una cosa bellissima. Per quanto uno cerchi l’amore, lo insegua con tutto se stesso, è raro riuscire a raggiungere un livello di… appartenenza, sì, non trovo aggettivo migliore, come la vostra!” Disse tornando a guardarmi.

Sospirai sentendo le lacrime agli occhi.

“E’ vero, ma ti assicuro che è un arma a doppio taglio.” Commentai.

Si voltò di scatto e mi fissò.

“Perché? Perché lo ami?” Disse forte, e sentirlo in quel modo mi fece tremare.

Alzai gli occhi nei suoi e le lacrime presero a scendere mentre annuivo come una bambina.

“Non capisci che invece è una cosa bellissima? Io pagherei per sentirmi vivo in quel modo. Voi avete la fortuna di provare un affetto l’uno per l’altra così forte che niente potrà portarvelo via. Alessandro ci sarà sempre per te e tu per lui! Dovresti lottare invece di arrenderti!”

Scossi la testa continuando a piangere e cercando di asciugarmi gli occhi.

“Tu non capisci. Non sai cosa voglia dire guardarlo e volerlo abbracciare, stringerlo. Urlare al mondo che è tuo e che nessuno può portartelo via. Io invece me lo vedo strappare via ogni singolo istante, e ti assicuro che fa male! Fa dannatamente male!”

Dissi non riuscendo più a tenermi. E quando sentii le braccia di Stefano avvolgermi, mi ci aggrappai come fosse la mia ancora di salvezza.

Shh. Calmati. Lo so. So come ci si sente. È la stessa cosa che provo io.” Sussurrò tra i miei capelli, con voce talmente sottile che faticai a capire il senso delle sue parole.

Sollevai appena la testa dal suo mento e mi costrinsi a guardarlo, seppure con aria interrogativa.

Stefano capì la mia muta domanda e sorrise, imbarazzato.

“Vuoi sapere chi è? Però non devi farne parola con nessuno!”

Annuii curiosa. Non avevo minimamente idea chi fosse questa ragazza e lui era stato davvero bravo a tenerlo nascosto.

“Beh… uff, come te lo dico? È imbarazzante!” Sorrise.

Mi alzai appena per poterlo guardare meglio.

“Ho una parrucca rosa in testa, il trucco sarà tutto colato e ti sto piangendo addosso come una bambina. Ti assicuro che nulla è più imbarazzante di questo”.

Stefano scoppiò a ridere.

“Va bene, hai vinto. Te lo dico…” Sospirò e abbassò lo sguardo.

“È da circa un anno che sono innamorato di… Daniela.” Disse lasciandomi di sasso.

Silenzio.

Ancora silenzio.

“Insomma, dì qualcosa!” Mi urlò ridendo.

La mia mente corse veloce alle parole che avevo detto a lei, riguardo Stefano.

Che diavolo avevo fatto? Se lei continuasse a credere che sono innamorata di Stefano, non si lascerebbe mai andare con lui. Ed il mio piano in quel momento era riuscire a trovare una soluzione, perché per quanto assurdo potesse sembrare in quell’istante… quei due erano fatti apposta per stare insieme.

“Perché non ci ho pensato prima!” Borbottai tra me.

“Beh, perché io sono un buon attore. Sicuramente molto meglio di te.” Mi canzonò dandomi una leggera spinta con il braccio.

Sbuffai, alzando gli occhi al cielo.

“Si vede tanto?”

“Non preoccuparti, solo l’interessato è talmente tonto da non averlo capito.” Disse ridendo.

Sospirai sollevata.

“Allora sono a posto. Ma tu, piuttosto, perché non ti sei fatto avanti?”

Tornò ad imbarazzarsi come un ragazzino. Era troppo tenero.

“Perché non le interesso.”

“Questo non puoi saperlo.”

“Sì, invece. E’ sempre impegnata con qualche ragazzo. Le piace vivere all’avventura e una rivelazione come questa complicherebbe solo le cose. Preferisco aspettare che sia pronta.”

Lo guardai negli occhi per poi abbracciarlo forte.

“Sei troppo buono e qualsiasi ragazza sarebbe più che fortunata ad averti. E poi sei  bellissimo!” Dissi sincera.

Stefano scoppiò a ridere e mi strinse di nuovo a sé.

“Ti ringrazio. Lo stesso vale per te, ma mi prometti che non ti arrenderai con quel testone?” Continuò stringendomi.

“Non so a cosa serva. Hai visto anche tu, stasera. Non mi ha degnato di uno sguardo ed era occupato con quelle galline!” Borbottai nervosa.

Stefano continuò a ridere e scosse la testa.

“Oh, ti assicuro che ti ha notato. Sarebbe stato impossibile non farlo. Stasera sei da togliere il fiato. E poi chi credi mi abbia mandato a toglierti di dosso quel provolone?” Esordì lasciandomi senza parole.

“È stato lui?” Chiesi sorpresa.

Stefano annuì sorridendo, ma io scossi la testa.

“Questo non vuol dire nulla per Ale. Sai quanto è protettivo verso di me. Se davvero gli interessassi in quel senso, non perderebbe tempo con quelle due.”

Lo vidi guardarmi, sorridendo appena, per poi stringermi di nuovo e darmi un bacio sulla fronte.

“Devi avere pazienza con lui, ma non ti arrendere.” Sussurrò tra i miei capelli.

Feci spallucce e rimanemmo in silenzio per alcuni istanti.

 

“Toglile le mani di dosso!”

Un uragano si avventò su di noi, spingendomi lontano da Stefano.

Mi voltai impaurita e vidi Alessandro con la furia negli occhi.

“Ehi, amico, ma che ti prende?” Chiese Stefano alzandosi.

Vidi Ale vacillare per un attimo, confuso.

“Ah, ma sei tu. Io pensavo che…”Borbottò stranito.

Lo guardai allibita e la rabbia raggiunse le stelle in un attimo.

“Ma sei impazzito? Ma come osi?”

Si voltò verso di me e vidi i suoi occhi rimpicciolirsi appena.

“Credevo che stessi con quel carciofo. Eri sparita da un pezzo.” Rispose arrabbiato, come fosse nella ragione.

Scossi la testa incredula, rimanendo con  la bocca spalancata.

Poi mi abbassai a prendere le scarpe da terra che mi ero tolta poco prima, e iniziai a camminare furiosa.

“Ehi, adesso dove vai?” Mi urlò Ale da dietro.

“Me ne vado a casa. Sono stufa di questa serata e tu hai superato ogni limite!” Risposi, continuando a camminare, ma in un attimo fu al mio fianco.

“Tu da sola non vai da nessuna parte!” Disse furioso.

Mi voltai rossa in volto ed arrabbiata come non mai.

“Tu,” lo indicai con il dito. “Non mi dici quello che posso o non posso fare. Tornatene da quelle galline!” Continuai a camminare imperterrita.

Aveva superato ogni limite possibile.

“Michy, aspetta, non andare da sola. Non è prudente.” Disse Stefano venendomi dietro.

Mi voltai appena, giusto il tempo di vedere lo sguardo di Alessandro ma non mi fermai su di lui più di un secondo.

“Stefano, mi accompagneresti, per favore?” Chiesi con calma glaciale, e percepii Alessandro irrigidirsi ancora di più.

Notai come Stefano si voltò a guardarlo, quasi a cercare il suo permesso e questo m’infastidì ancora di più.

Stava per parlare quando Ale gli mise una mano davanti, per zittirlo, e senza smettere di guardarmi, disse gelido “Vuoi andare a casa? Bene, andiamo!”

Sbattei le palpebre, allibita.

“Io non ci vengo con te.” Squittii furiosa.

“Invece sì. Ho io le chiavi della macchina e sono molto stanco, perciò andiamo!” Iniziò a camminare.

Mi voltai furiosa e lo superai senza degnarlo di uno sguardo.

Non l’avrebbe avuta vinta!

 

 

 

La casa di Stefano era a circa dieci minuti da lì e fu decisamente meglio per entrambi visto che in macchina nessuno dei due parlò.

Rimasi per tutto il tempo a guardare fuori dal finestrino e lui con lo sguardo fisso sulla strada senza degnarmi di uno sguardo.

Appena arrivammo, scesi dalla macchina ed entrai senza voltarmi. Andai dritta in cucina a prendere un bicchiere d’acqua e ne approfittai per rinfrescarmi. Mi sentivo stranamente calma. Come se il silenzio mi avesse aiutato a mantenere la rabbia sotto controllo. Ma era una strana sensazione. Come la calma prima della tempesta e non mi mollò per tutto il tragitto.

Quel comportamento era decisamente lontano dal nostro solito. Insomma avevamo discusso diverse volte, per il suo essere protettivo nei miei riguardi, ma quella sera fu tutto diverso.

Presi un respiro e decisi di andarmene in camera e passando per il salone notai le luci spente e la porta chiusa. Forse era tornato al locale. Sbuffai infastidita e salii al piano superiore.

La porta era socchiusa ed aprendola trovai Ale affacciato alla finestra mentre fumava una sigaretta.

Il fastidio tornò. Era così arrogante da non lasciarmi nemmeno andare a dormire in santa pace! Mi diressi verso lo specchio e cominciai a togliermi i bracciali con gli orecchini, continuando nella mia opera di mutismo.

Lo vidi voltarsi appena, con la sigaretta leggermente inclinata sulle labbra e gli occhi ancora carichi come la tempesta. Ci guardammo in silenzio dal riflesso dello specchio e sentii una strana agitazione iniziare a salire sempre di più.

“Ti sei divertita, stasera.” Disse spavaldo. Non era una domanda ma un’affermazione che mi infastidì ancora di più.

Lo sfidai con gli occhi, continuando a togliermi gli orecchini.

“Mai quanto te.” Risposi fredda.

Lo vidi girarsi completamente ed iniziare a srotolarsi le maniche della camicia.

“Su questo non ci giurerei.” Commentò con la sigaretta tra se labbra, per poi camminare verso di me.

Abbassai lo sguardo, dopo aver pensato quanto lo trovassi bello e sexy in quell’istante. Mi maledii, costringendomi, invece, a rimanere arrabbiata.

Chinai la testa da un lato, cercando di togliermi la collana, ma lui fu più veloce.

Dita lisce e calde corsero lente sul mio collo, liberandomi subito dopo.

Trattenni il fiato a quel minuscolo contatto e distolsi gli occhi da lui per non fargli capire il mio turbamento.

Mi allontanai, sentendomi in trappola, e l’agitazione si unì alla rabbia.

“Senti, perché sei qui? Non potevi startene con quelle galline?” Esordii senza guardarlo ed iniziando a togliermi i sandali.

Posò la sigaretta nel posacenere e mi guardò furioso.

“Che c’è, volevi ti accompagnasse Stefano?” Disse freddo.

Mi immobilizzai del tutto ed alzai lo sguardo nel suo.

“Se anche fosse?”

Tsè. È così, allora? Sei incazzata perché volevi ci fosse lui, ora?” Continuò avvicinandosi.

“Perché rispondere, tanto sai già tutto, no?” Lo sfidai ancora.

“Vi siete baciati?” Chiese agitato, facendo un altro passo.

“Te lo ripeto… se anche fosse?” Insistetti furiosa.

“Non mi provocare!” Disse scuotendo la testa e avrei voluto credergli sulla parola, dal modo in cui mi guardava, ma non gliel’avrei mai data vinta!

“Non vedo come ti possa interessare. Sono una donna anch’io, e mi piace se qualcuno se ne accorge.”

Non sapevo perché o cosa stessi dicendo, seguii solo l’istinto.

Lo vidi vacillare per un attimo, per poi spingermi contro il muro.

“Dannazione, rispondi. Lo stai facendo apposta? Mi stai facendo impazzire! Vuoi giocare con me? Vuoi prenderti gioco di me?”

Mi urlò furioso ed io non resistetti più. Esplosi.

“Sei tu! Tu mi prendi in giro. Io non sto giocando, ma tu, dannazione… tu sì! Cosa vuoi da me? Dimmelo! Non lasciarmi con frasi a metà, non dirmi che non vuoi guardarmi come una donna. Fallo! Guardami! Guardami e poi dimmelo. Dimmi cosa vuoi!” Urlai come non mai. Con la voce, con il cuore.

Lo guardai e mi sentii esplodere.

Strinse i miei polsi al muro, sulla mia testa e mi fissò affamato, infuriato. Pazzo.

“Lo sai che non posso. Lo sai!” Urlò di rimando, affannato con gli occhi lucidi ed il mio cuore perse un battito.

“Perché?” Sussurrai.

“Cosa accadrebbe dopo? Domani? Che fine faremmo?” Chiese tremando.

Sentii le sua mani allentare la presa e gli occhi chiudersi, mentre sospirava distrutto.

Mi accorsi solo allora del mio respiro accelerato, come se avessi fatto una corsa. Degli occhi lucidi e delle lacrime che volevano uscire.

Lo guardai ancora. Il volto arrossato, quasi stesse trattenendosi oltre misura, le labbra gonfie e gli occhi come due pozze verde liquido, che mi guardavano in una muta richiesta d’aiuto.

Trattenni il fiato davanti alla sua bellezza e non esistette più nient’altro. Né il domani. Né il futuro. C’eravamo solo noi, in quel momento.

“Domani non esiste. Ci siamo noi ora. Ci saremo anche domani, ma per stasera…solo per questa notte… se lo vuoi, se mi vuoi… Amami!”

Tornò a stringermi i polsi e far scorrere gli occhi dai miei alle mie labbra, aumentando il respiro ogni secondo di più.

“Non si rovinerà niente. Promettimelo. Promettimi che domani tornerà tutto come prima. Promettimi che non ti perderò.”

Lo scrutai in viso sentendo il cuore scoppiarmi, ed inebriata dal suo respiro sulle mie labbra, non mi resi conto di che promessa stessi per fare.

“Te lo prometto.” Sussurrai. E, inconsapevolmente, mentii.

I suoi occhi salirono e si inchiodarono ai miei. Ci guardammo ancora, con le labbra che si sfioravano, il respiro dell’uno che si confondeva con quello dell’altra e il calore che aumentava fino a darmi alla testa. Lo supplicai.

“Ale…” Balbettai, bagnandomi le labbra e fu il culmine.

Si avventò su di me, facendo scontrare labbra, denti, lingua. Entrambi impazziti e persi ognuno nel sapore dell’altro.

 

 

 

 

ESTATE 2010

 

Mancavano circa tre giorni alla fine della vacanza e quella sera saremmo dovuti uscire dopo cena. Alessandro e io non ci eravamo rivolti la parola da quella mattina. Sia io che lui non volevamo rivangare ulteriormente i ricordi di quell’estate. Faceva già male essere lì.

Mentre preparavo la cena, Riccardo non aveva smesso un attimo di punzecchiare Gaia, di guardarla quando lei non lo vedeva. Così decisi di intervenire.

“Si può sapere cosa stai aspettando?” Chiesi a Riccardo che tagliava il pane vicino a me.

Si voltò incuriosito.

“A cosa ti riferisci?”

“Al fatto che sei ancora innamorato di lei e che è da stupidi ferirsi in questo modo.” Risposi sorridendo.

Lui abbassò lo sguardo di scatto.

“Non capisci. Noi… abbiamo rovinato tutto. È finita.” Disse cercando di sembrare convinto.

Scossi la testa e lo guardai.

“No, io ed Ale abbiamo rovinato tutto. Voi vi siete sempre amati, avete solo avuto un momento difficile. Ma ora dimmi che quando la guardi non ti senti scoppiare il cuore, al pensiero che non puoi più averla e io me ne starò zitta.”

Riccardo scoppiò a ridere, ma non potei evitare di notare gli occhi lucidi.

“Ma dove sei stata in questi due anni?” Commentò sorridendo.

Annuii soddisfatta perché aveva capito ciò che volevo dirgli.

“Lontana… ma sono tornata.” Risposi.

“Ma te ne andrai ancora.” Continuò.

“Già.” Dissi tornando a prendere i piatti.

 

“Michy potresti andare in cantina a prendere un paio di bottiglie di vino?” Chiese Stefano dal salone.

Accettai e mi diressi nel sottoscala, aprendo la porta e cercando l’interruttore.

“Ma dove si accende la luce?” Borbottai.

“Chi c’è?” Chiese un'altra voce.

Mi voltai verso l’interno ma qualcuno mi spinse, mentre sentii la porta chiudersi dietro di me.

Caddi a terra ed urlai.

“Ma che diavolo…”

“Michy, sei tu?”

“Ale, ma che succede?” Camminai tastoni fino a sentire una gamba.

Due braccia mi aiutarono ad alzarmi.

“Non lo so ma ho un presentimento!” Disse arrabbiato.

 

“Ragazzi ,in estremi casi, estremi rimedi. Non volete parlarvi? Beh, ora dovrete farlo per forza!” Disse la voce di Stefano dietro la porta.

Ci allontanammo di scatto, appena ci accorgemmo di essere abbracciati e mi voltai verso la porta bussando arrabbiata.

“Questo non è divertente. Apri questa porta! Gaia, Gaia!” Urlai, ma non ottenni la risposta che volevo.

“Tesoro, è vero, dovete risolvere questa situazione.” Disse lei ridendo.

Rideva?

“Alessandro fai qualcosa!” Urlai verso di lui.

“È tutto inutile.”

Urlai frustrata, prendendo a pugni la porta.

“Non me ne starò chiusa qui dentro, al buio, con lui. Aprite!”

“Per la luce non preoccupatevi, vi accendo quella di emergenza.” Disse Stefano ed in un attimo una tenue luce bianca ci illuminò. E potei vedere Ale seduto a terra con una sigaretta inclinata sulle labbra ed un ghigno che non prometteva nulla di buono.

“Mi sembra una sorta di déjà-vu, vero, Pulce?” Chiese strafottente.

“Già, e sappiamo come sia finita.” Risposi arrabbiata.

Lo vidi scurirsi in volto, tirare una boccata di fumo e poi sputarla fuori elegantemente, mantenendo un sorriso sexy e dannatamente letale.

“Beh, non mi sembra tu ti sia lamentata, in quel frangente.” Disse cercando di provocarmi.

Arrossii di botto e mi sedetti il più lontano possibile da lui, cercando in tutti i modi umanamente possibili di scappare al suo sguardo, ma soprattutto al ricordo delle sue mani su di me.

 

 

Quando una donna ama, lo fa con tutta se stessa. Quando si dona a qualcuno, lo fa totalmente, perché gli appartiene e perché senza di lui non sarebbe intera.

E così fu per me.

Il contatto delle labbra di Ale con le mie fu qualcosa a cui non ero assolutamente preparata. Quando il sogno si scontra con la realtà è difficile che si mescoli fino a nasconderne i confini, ma per me fu così.

Ale prese a baciarmi dapprima con foga, possessione, pazzia, per poi lasciare posto alla passione, alla devozione completa.

“Dio, quanto ho desiderato questo momento.” Sussurrò, mordendomi appena il labbro inferiore facendomi tremare fra le sue braccia.

La foga era sempre lì, e per quanto ci stringessimo non ne avevamo mai abbastanza. Mi spaventai per un attimo della mia stessa irruenza, di come tutta la mia timidezza sparisse, al contatto dei nostri corpi. Lo spinsi, affamata ed impazzita quanto lui, verso il bordo del letto e, sdraiandoci l’uno sull’altra, riprendemmo a baciarci ancora più intensamente.

Era assurdo anche solo pensarlo. Non potevo credere a ciò che stava accadendo.

Alessandro era mio. Mio e di nessun’altra in quel momento e non ricordai mai di essermi sentita più viva di come lo fui, invece, in quell’attimo.

“Aspetta.” Disse e mi fermai guardandolo. Lui sorrise, mi tolse la parrucca lentamente e tornò a guardarmi. Occhi negli occhi.

“Adesso sì.” Sussurrò, riempiendomi il volto di baci leggeri e bollenti, per poi sorridere l’uno sulla bocca dell’altra. Ero felice, ero completamente persa dalle mille sensazioni che stavo provando. Ero completa. Con lui.

Voleva me. Ale mi voleva. Nient’altro aveva importanza.

 

“Mi hai fatto impazzire per tutta la sera.” Disse roco, mordendomi l’orecchio e scendendo lungo il collo, in una piccola ma lenta agonia. Sentivo i suoi denti sulla pelle lacerarmi l’anima ad ogni tocco, mentre la lingua, bagnata, sembrava fuoco liquido che mi colava sul corpo.

Inarcai istintivamente la schiena e lui scese verso il mio seno.

“Non mi sembrava ti stessi annoiando.” Sussurrai in risposta al commento di prima.

Sogghignò sulla mia pelle ed alzò gli occhi nei miei, senza però staccare le labbra da me. Ero completamente incantata dal suo viso stravolto dall’eccitazione, di come il suo tocco fosse assolutamente diverso da ciò che avevo mai provato con lui, ma che risultava pur sempre familiare, rassicurante e maledettamente eccitante.

Era sempre lui, ero sempre io. La nostra complicità ad unirci ancora di più nell’atto d’unione completa.

“Tutta scena. Era un modo per tenermi occupato e resisterti il più possibile.” Disse roco, sorridendo con quella bocca rossa ed umida.

Quando iniziò ad abbassarmi il corpetto, dopo una muta richiesta con lo sguardo, sorrisi complice e annuii, stringendolo ancora di  più a me.

Sentii le sue mani su di me, la bocca carnosa ed infuocata sul mio seno ed iniziai a perdere il conto dei battiti del mio cuore.

Capii quanto cercasse di trattenersi, forse per non spaventarmi, forse per memorizzare ogni piccolo dettaglio. Forse per non perdersi nemmeno un respiro.

Era lento, controllato, ma al tempo stesso totalmente perso. Lo potevo vedere dalla luce che gli brillava negli occhi, riflesso della mia.

All’ennesimo scontro di labbra. Di lingue intrecciate, morbide e bagnate, mentre scorrevano voraci su corpi conosciuti  ma mai esplorati. All’ennesimo sospiro, ad una carezza lenta e profonda,  però, impazzii.

Lo spogliai in fretta della sua camicia e lui rispose con ancora più veemenza, incapaci di saziarsi, di averne abbastanza. Ed una volta pelle contro pelle mi sentii finalmente completa.

“Sei bellissima.” Disse in un sospiro.

“Sei mia.” Mi morse le labbra, prima di entrare in me e farmi perdere ogni contatto con la realtà.

 

 

 *************************

Eccoci...c'è poco da dire in verità, se non che sono AGITATISSIMA per come possa essere recepito il capitolo. Voglio dire è senza dubbio un momento importantissimo per la storia e soffro di ansia da prestazione, anche perchè ho cercato di descrivere la loro prima volta, senza averlo mai fatto prima...Insomma è troppo? è troppo poco? siete rimaste deluse?

Il rating è arancione e non volevo deludere le aspettative...perciò siate clementi con me :P e fatemi sapere...ci tengo davvero davvero tanto!!!

Ringrazio tutte coloro che hanno recensito, chi mi segue e mi incoraggia su FB, chi mi aggiunge tra le preferite...grazie di cuore :D Spero che questo capitolo vi sia piaciuto come i precedenti.

Volevo lasciarvelo prima del nuovo anno, anche perchè nei prossimi giorni, saremo tutte impegnate...perciò colgo l'occasione per augurarvi BUON ANNO!!!!

Un abbraccio

Lela

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Capitolo 18
*** Perdersi o Trovarsi (prima parte) ***


FUGA

CAPITOLO 18

 

Perdersi o Trovarsi

(prima parte)

 

 

 

Le lancette del mio orologio correvano e battevano il tempo silenziose ma non troppo, visto che riuscivo a percepirne il rumore.

Non parlavamo. Ognuno era perso nei propri pensieri ed evitavamo accuratamente gli sguardi.

No, non era vero. Solo io li evitavo.

Sbuffai nervosa percependo l’ennesima occhiata correre sul mio corpo e la sensazione che mi suscitava, mi lasciava disorientata.

Come potevano i suoi occhi farmi rabbrividire così, anche dopo due anni?

Era come se la pelle stessa, ne reclamasse il tocco.

Basta.

“Puoi smetterla per favore?” Squittii mal celando la mia agitazione.

Lo vidi sogghignare e socchiudere appena le palpebre mentre si appoggiava con la testa al muro. La bocca distesa in una smorfia strafottente era un dolore per gli occhi. O forse è meglio dire, un piacere troppo grande.

“Siamo nervose, forse?” Chiese arrogante.

Volsi la testa di scatto, celandogli la mia espressione.

“Si, certo” Commentai.

Lo sentii trattenere una risata e ricomporsi subito dopo.

Era assurdo come ricordassi ogni suo piccolo dettaglio. La lingua che bagna appena le labbra, quando si sente sicuro di sé e sta per dirti qualcosa che sa ti metterà a disagio. Ma lo fa ugualmente, perché è proprio quello che vuole ottenere.

“Sei nervosa perché ti hanno chiusa qui… o per me?” 

Ecco appunto.

“Vedo che sei sempre il solito arrogante” Risposi di getto voltandomi a fronteggiarlo.

Non volevo sentirmi soggiogata da lui e dalla sua presenza, anche se era dannatamente difficile.

“Beh, che vuoi farci, fa parte del mio fascino” Concluse per poi sbuffare verso la porta.

“Ah, non sono l’unica quindi ad essere nervosa. E’ per me?” Risposi facendogli il verso.

Si alzò lentamente, sorridendo appena, per poi tornare serio.

“No, è che ho fame!”

Si avvicinò alla porta ed iniziò a bussare.

“Ragazzi basta, lo scherzo è bello quando dura poco!”

Dall’altra parte non si udì risposta e anche se mi avesse un po’ infastidito il fatto che lui non volesse essere rinchiuso li con me, decisi di ignorarlo, alzarmi ed iniziare a bussare anch’io.

“Ragazzi, basta ora!”.

Silenzio.

Ale mi guardò di sottecchi con le braccia incrociate ed una spalla che poggiava alla porta. Alzò un sopracciglio in una muta domanda.

“Cosa?” Chiesi indispettita di fronte alla sua espressione.

“No, davvero complimenti. E’ stato un discorso esaustivo sono sicuro che li hai convinti”.

“Non è che tu abbia fatto di meglio”.

“Si, ma almeno ho preso l’iniziativa. Tu mi hai solo seguito con scarsi risultati”.

“Perché stiamo parlando?”

“Non c’è di meglio da fare”.

“Si invece, stare zitti!”

“Bene” Rispose infastidito.

“Bene!” Ripetei e riuscii a notare l’espressione del suo viso cambiare di fronte alla mia.

Non andava bene per niente.

Si allontanò lentamente, dopo avermi scrutato a lungo con quegli occhi che riuscivano a leggermi sempre l’anima ma che in quel momento, li vedevo immersi in un verde scuro che mi celava ai suoi pensieri.

Si risedette a terra, vicino la finestra che dava sul giardino ma che era chiusa. La luce del viale di fuori filtrava appena e lasciava sul corpo di Ale un colore rossastro che mi lasciò per un attimo senza fiato. Era bellissimo.

La sensazione terrificante di corrergli tra le braccia, come una volta, mi raggiunse, lasciandomi senza parole e solo con un terribile magone allo stomaco, uno schiaffo in pieno volto.

Non c’era più. Non c’eravamo più.

Voltai la testa e guardai la porta trattenendo una piccola lacrima che spingeva per uscire e con rabbia ripresi a bussare.

“Aprite ho detto! Basta, voglio uscire. Tutta questa storia non ha senso, aprite questa dannata porta o la butto giù” Urlai con tutto il fiato che avevo in corpo.

Sentii dei passi avvicinarsi e mi zittii immediatamente.

Mi avevano dato retta. Notai Ale guardarmi, e non seppi mai se dietro il suo volto ci fosse rabbia o rassegnazione.

“Cosa c’è?” Chiese la voce di Stefano.

Spalancai gli occhi allibita.

“Cosa c’è? Sono chiusa in una fottuta cantina, ecco cosa c’è! Senza contare che sto morendo di fame. Voglio uscire” Risposi a tono.

Ci fu silenzio e poi un borbottio di voci che mi fece infuriare ancora di più.

Si stavo divertendo!

“Avete parlato?” Chiese Stefano improvvisamente.

Vidi Alessandro alzarsi e raggiungermi.

“Non c’è niente di cui parlare” Disse freddo.

Forse le mie parole di prima, lo avevano offeso.

“Non credo proprio. No, ragazzi, non ci siamo così. Chiaritevi e poi potrete uscire!”

Continuò Stefano.

Vidi Ale irrigidirsi ed in uno scatto, che non riuscii a vedere, diede un forte colpo alla porta, facendola vibrare.

“Non è un cazzo di gioco, va bene? Non vogliamo stare qui, non vogliamo parlare, non c’è un cazzo di niente da chiarire è andato tutto a puttane. Ok? Ora fammi uscire da questa cazzo di cantina o giuro che spacco tutto!” Urlò con una rabbia che mi spaventò ed indietreggiai istintivamente. Le sue parole mi avevano sorpreso. Cera dolore, rabbia ed ancora dolore in ogni singola sillaba. Disperazione. La consapevolezza di non poter cambiare il passato. E per quanto male facesse, lo capivo, perché era la stessa che avevo io.

“Hai finito?” Chiese Stefano, calmo.

Vidi Ale sospirare pesantemente e trattenersi dal prendere ancora a pugni la porta.

“Bene. Se hai finito, vi informo che sulla cassapanca in fondo alla parete c’è un cesto con la vostra cena. A pancia piena si ragiona meglio.”

Ci voltammo insieme verso la direzione indicata ma Ale tornò subito a rivolgersi alla porta.

“Perché mi stai facendo questo?” Chiese furioso.

Mi irrigidii sentendomi inerme, di fronte a tanta rabbia e dolore.

“Perché vi voglio bene e non avete mandato tutto a puttane. Guardatevi negli occhi, e siate onesti con voi stessi. Se non vi interessa più niente, se state bene così, io vi farò uscire…”

“Non spetta a te deciderlo” Lo interruppe Ale chiudendo gli occhi e poggiando la fronte sulla porta.

“….ma se invece, guardandovi capirete che non state bene, che vi manca qualcosa, che vi mancate…sedetevi, mangiate e parlate. Lo avete fatto per una vita!” Continuò Stefano.

D’improvviso entrambi alzammo lo sguardo. Timorosi, spaventati l’uno dell’altro e di fronte a così tante emozioni non capii come fossimo arrivati a quel punto.

Ci eravamo fatti così male? Era davvero tutto ormai irrimediabile?

Il cuore batteva furioso, mentre le lacrime spingevano sempre più prepotentemente.

Ale mi guardò. Il verde brillava forte in quei grandi occhi spaventati.

Io lo guardai. E non riuscendo a trovare la voce per dar vita ai miei pensieri, preferii agire.

Mi mossi verso il fondo della stanza, prendendo la cesta e sedendomi a terra.

Alla mia muta richiesta, Ale rimase fermo sulla porta per qualche secondo, per poi con passo lento e controllato, venirmi incontro e sedersi al mio fianco.

Era quanto meno, un compromesso.

 

 

 

 

 

ESTATE 2007

 

Avete mai provato quella sensazione di gioia e frenesia? La stessa che da bambina non ti faceva dormire, ma ti lasciava impaziente a contare le ore?

Quella notte, in un certo senso, per me fu così.

Anche se avevamo passato le ultime due ore ad amarci, non ne avevo abbastanza.

L’alba non era ancora sorta ma sentivo che non mancava molto e per la prima volta, quella gioia e frenesia si trasformò in terrore. Non volevo arrivasse mattina. Non volevo che la luce di quel nuovo giorno, mi strapasse dalle sue braccia.

Alzai lo sguardo sul suo viso. Gli occhi chiusi, le labbra morbide e rosse che mi avevano regalato sensazioni indescrivibili. I capelli ribelli che avevo tirato nel culmine del piacere, la mandibola rigida e perfetta che avevo morso con possesso.

Era bellissimo. Era perfetto. Non era mio.

Questa consapevolezza, mi gelò. Bloccò il battito del mio cuore ed inconsapevolmente il mio corpo reagì stringendosi di più a lui.

Eravamo entrambi nudi e per tutta la notte eravamo rimasti incastrati l’un l’altra, come se ogni centimetro della pelle, necessitasse dell’altro.

Ma ora… in quel momento, la paura iniziò a nascere in me. Come avevo potuto anche solo pensare, di poter dimenticare tutto? Di fare finta di nulla?

Come lo avrei guardato sapendo ciò che ci eravamo detti, come ci eravamo donati e pretendere di ignorarlo?

Ma è quello che devi fare! Mi ammonii. Lo avevo promesso.

Intrecciai la gamba alla sua, che dormiva a pancia in sotto, con il volto verso di me. La schiena scoperta, sinuosa e muscolosa, mi ricordava come mi fossi aggrappata alle sue spalle ed arrossii.

Con una mano, iniziai ad accarezzarlo appena. Leggera come una piuma.

Se avevo ancora poche ore per stare stretta in quel modo a lui, non le avrei di certo perse dormendo. Avrei approfittato del suo sonno, per guardarlo in quel modo illecito che non mi sarebbe più stato permesso.

L’indice corse a disegnare il contorno delle sue spalle e potei percepire il calore sotto di esso. Piano, sempre più lentamente, sfiorai le sopracciglia, divenute leggermente più chiare grazie al sole di quei giorni. Il naso dritto, gli zigomi appena accennati ed un filo di barba morbida che mi solleticò le dita. I miei occhi seguivano il percorso delle mie dita e mi scoprii come incantata. La passione non ci aveva lasciato molto spazio alla contemplazione. Ora, ne avevo la possibilità e volevo catturarne ogni particolare. Quando, respirando appena più veloce e cercando di fare ancora più piano, arrivai al bordo delle sue labbra, le sentii bollenti e soffici, tanto da stordirmi. Le volevo, volevo sentirle sulle mie. Su di me. Ma non ebbi il tempo di fare nulla, perché le sentii aprirsi di scatto ed intrappolare velocemente il mio dito tra i denti.

Mi irrigidii ed alzai lo sguardo incontrando quello di Ale. Era sveglio e lo scoprii intento ad osservarmi…affamato ed eccitato. La lingua, accompagnò la stretta dei denti, facendomi rabbrividire e togliendomi ogni capacità di parlare.

Lo succhiò, continuando a fissarmi per poi liberarmi lentamente e mettersi su di un fianco. Allungò il braccio, verso il mio fianco stringendomi a lui e deglutii appena, non sapendo cosa dire.

Si avvicinò al mio volto, lentamente, cauto ma predatore.

“E’ ancora notte. Sei ancora mia!” Disse roco intrappolandomi sotto di lui.   

 

 

 

****************

 

 

Seduti uno affianco, all’altra mangiavamo in silenzio. Ad ogni morso, mandare giù diventava più facile ma nessuno sembrava voler proferire parola.

Lo vidi prendere una bottiglia di vino, guardarla e sorridere appena.

“Hanno pensato a tutto eh?” Disse scherzando e riempiendomi il bicchiere.

“Già” Sorrisi imbarazzata ed osservai il pavimento nelle sue mille sfaccettature. Interessante eh? Scema, di qualcosa!

“E’strano” Commentai senza accorgermene.

Lo vidi osservarmi annuire appena e dare un altro morso al suo panino.

“Voglio dire, io e te che non…”

“…non parliamo” Continuò.

Tornammo ad annuire e mangiare. Altro silenzio.

Feci un respiro profondo per darmi coraggio e lui percepì il mio nervosismo.

Probabilmente decise di agire in quel momento. Gettò la carta del panino, sorseggiò il vino e si mosse appena per mettersi di fronte a me.

Io dal mio canto smisi di mangiare e rimasi immobile.

“Allora com’è Londra?” Chiese sorridendo forzatamente.

Allargai gli occhi allibita. Cioè voleva fare conversazione così?

“Lo vuoi sapere davvero?”

Fece spallucce ed annuì.

Posai il panino che rimaneva nel cestino e mi pulii le mani.

“Beh…è bella! E’ stimolante, all’avanguardia, è giovane ma allo stesso tempo elegante. Le persone sono molto educate ed anche se noi italiani cataloghiamo questo atteggiamento come “essere freddi” in realtà per loro è educazione. Certo i ragazzi della nostra età sono molto meno rigidi… Dovresti vederli nei pub, è sempre una festa. Andrew dice che il loro è un modo di interagire gli uni con gli altri senza costrizioni e…”

“Andrew?” Chiese interessato.

“Si, è il mio capo ma in realtà è una specie di famiglia. Me lo ha presentato Terry la mia coinquilina. E’ suo zio e sono persone meravigliose. Con me lavorano anche Carol e Brian, abbiamo la stessa età e usciamo spesso insieme. Poi ci sono i ragazzi della scuola. Li adoro davvero...”

“La scuola dove insegni, giusto?” Chiese sorridendo e mi sorprese che lo sapesse.

“Si, come lo sai?” Chiesi di getto.

S’irrigidì ed abbassò lo sguardo.

“Tua madre mi ha tenuto…informato” Disse piano, nascondendomi la sua espressione.

In quel momento mi sembrò un bambino indifeso e provai una morsa allo stomaco.

“Ale…mi dispiace” Dissi in un sussurro talmente basso che credevo non  mi avesse sentito.

“Perché…perché non ne hai parlato prima con me?”

“Non ci riuscivo, non potevo…io…”

“Ti ho cercato ovunque. Ero impazzito…sapevo...io sapevo di aver mandato tutto a puttane, dopotutto cosa avrei dovuto aspettarmi. Lui aveva ragione. Ha sempre avuto ragione!” Disse scuotendo la testa e sorridendo amaramente.

Si strofinò le mani sul viso. Era un gesto che faceva sempre quando si sentiva perso ed indifeso.

“Ale non è così. Tuo padre non c’entra niente. Tu sei diverso e se si è rovinato tutto è stato anche per colpa mia. Non ho saputo affrontare...io non ho potuto accettare che tu...”

“Lo so. Perdonami!”

Rimasi in silenzio per alcuni secondi che sembrarono interminabili ed anche se non avevo la forza di parlare di quella notte, capii che quello era il momento della verità. In un modo o nell’altro.

“Non hai detto tutta la storia a Stefano”Affermai e lo vidi guardarmi colpevole.

“No. E’ vero non sono stato completamente onesto. Lui non sa tutto quello che è accaduto” Disse sospirando e poggiandosi con la schiena alla parete.

Lo seguii poggiandomi ad essa anch’io ma guardando fuori dalla finestra.

Ed un tuono risuonò.

 

 

 

 

 

ESTATE 2007

 

Erano circa le dieci del mattino quando mi svegliai. La luce era inevitabilmente arrivata. La nostra notte era finita. Mi voltai e lo vidi dormire profondamente ma prima di permettere alla paura di schiacciarmi, mi alzai lentamente ed andai in bagno.

Mi feci una doccia veloce ed asciugandomi, notai come il mio volto sembrasse diverso. Se ne sarebbero accorti gli altri? Dovevamo dirlo? Ma dopotutto cosa c’era da dire?

No, non volevo sbandierare ai quattro venti quello che c’era stato. Riguardava solo me ed Ale....Ale.

Al suono del suo nome nella mia testa sorrisi arrossendo. Era stata la notte più bella di tutta la mia vita e non volevo rovinarmi l’emozione che stavo provando, con dubbi e paure.

Ne avremmo parlato, insieme. Dopotutto non potevo credere che per lui fosse stata una notte come un'altra. Era impossibile.

Ecco che ricominci!

Scossi la testa e mi vestii, continuando però a pensare a come sarebbe stato il risveglio. Cosa ci saremmo detti? Non ero proprio brava in simili situazioni.

Michy hai fatto una promessa e non puoi costringerlo a fare niente. Appena sveglio ne parlerete.

Uscii dal bagno in pantaloncini ed una maglia a maniche lunghe, sembrava volesse piovere da un momento all’altro.

Ale dormiva ancora e decisi di non svegliarlo.

Scesi in cucina per farmi un po’ di caffè e trovai la casa avvolta dal silenzio a quanto sembrava tutti dormivano ancora.

Feci colazione avvolta solo dalle mille sensazioni che provavo e dalla voglia di raccontarle a Gaia.

Cavolo, le sarei corsa in camera se fossi stata certa di non trovare Riccardo nudo!

Sentii dei passi provenire dal piano di sopra e guardando l’orologio mi accorsi che ero stata più di mezz’ora, seduta lì, così riempii una tazza di caffèlatte, la preferita di Ale, e decisi di portargliela in camera.

Non starai esagerando? Non siete fidanzati, cosa penserà?

Oh ma insomma, al diavolo!

 

Presi la tazza e scalza m’incamminai verso le scale, ma a metà di esse sentii delle voci discutere appena.

“...ti ho detto che non sono affari tuoi!” Sentii una voce dura esclamare.

Una voce che conoscevo bene. Ale?

Istintivamente continuai a salire, per capire cosa stesse accadendo.

“Chi cazzo è ?”

“Non devo dirti proprio niente!”

“ Dimmelo!”

Alla fine della rampa mi fermai davanti a quella scena. Confusa ed agitata.

“Falla finita!”

“Ti ho aspettato tutta la notte, dimmi chi ti sei scopato!”

Tutto accadde molto lentamente. La tazza mi scivolò dalle mani, rompendosi in mille pezzi. Il respiro mi si fermò in gola, ed il cuore smise di battere. Il rumore fece sobbalzare entrambi mentre io rimasi immobile, incapace di capire. Rifiutandomi di vedere.

Alessandro spalancò gli occhi e s’irrigidì di fronte a me. Mosse appena un passo e solo allora trovai la forza di muovermi ed indietreggiare istintivamente.

“Michy...” Balbettò, Ale.

Scossi la testa mantenendo gli occhi su entrambi e quando anche lei capì, mi guardò colpevole.

Ed io mi arresi. Le lacrime mi inondarono il viso, senza che potessi fermarle. E qualcosa, giù nel petto, sprofondò. Ma non diedi loro il tempo di scoprire quanto, quella mattina, avessero spezzato una parte di me.

Scappai giù per le scale, sentendo la voce di Daniela urlarmi “Mi dispiace!”

Mentre un tuono risuonò.

 

 

 

 

 

 

**************************

Eccoci qui. Sono un po’ restia pubblicare questo capitolo perché doveva essere più lungo ma ho dovuto dividerlo a metà. Quando si racconta una storia a due tempi è giusto equilibrare gli eventi o sembra tutto un gran casino. Spero quindi di essere riuscita a gestire questo parallelismo che continuerà nel prossimo capitolo.

Allora FINALMENTE sapete cosa è successo, non è finita qui ovviamente, ma Daniela ha dato una grossa mano L

Cosa ne pensate? VE LO ASPETTAVATE???

Ringrazio infinitamente TUTTE coloro che mi hanno recensito, siete state stupende e non prendete il fatto che non vi risponda come una mancanza di rispetto, anzi, ma tra lo studio, colloqui vari, casa....appena ho un attimo mi metto a scrivere e so già che la prossima settimana sarà un delirio per questo volevo pubblicare al più presto.

GRAZIE anche a chi continua a mettermi tra le seguite/preferite, grazie per la fiducia e l’affetto che mi date.

Spero di non avervi deluso con questo capitolo, avrei voluto dire di più...ma niente...tutto a suo tempo a quanto pare. Quando mi forzo a fare una cosa non riesce L ho dovuto tagliarlo per forza!

Va beh mi vado a nascondere che è meglio :D

A presto,

Lela

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 19
*** Perdersi o Trovarsi (seconda parte) ***


FUGA CAP 19

FUGA

CAPITOLO 19

 

Perdersi o Trovarsi (seconda parte)

 

 

 

Estate 2007

 

La pioggia iniziò a cadere lenta.

Un passo, veloce, confuso e via verso il nulla.

Ricordo poco di quegl’attimi. Forse la mia mente mi difende ancora oggi, dal dolore che provai.

Una volta lessi che quando il cuore si spezza, non è una semplice linea retta, ma una linea spazzata per davvero, un taglio reale. Il fuoco che sentivo in quel momento, nel petto, era molto vicino ad una ferita che sanguinava. La potevo quasi toccare con mano.

E Piansi, ancora.

Tanto e di più, fino a ché le lacrime non divennero tutt’uno con le gocce di pioggia che cadevano incessanti.

Un lampo mi illuminò appena e subito un forte tuono mi scosse. Correvo, Scappavo. Volevo solo fuggire, fuggire da tutto quel dolore. Ma più correvo e più lo sentivo esplodere dentro di me.

Non c’era via di fuga.

Arrivai alla spiaggia senza nemmeno sapere come. La vista appannata e le lacrime non mi permettevano di capire dove stessi andando. Un ragazzo correva con il suo cane e passandomi affiancò rallentò chiedendomi se stessi bene. Scossi la testa e corsi via, ancora. Ancora. Più veloce.

E quando trovai un rifugio che mi permettesse di sparire agli occhi del mondo, mi rannicchiai in me stessa, piangendo e pregando fosse tutto un incubo.

Mentre la pioggia continuò a cadere.

 

 

 

ALE POV

 

Era stato tutto troppo veloce, tanto da lasciarmi stordito. Un attimo prima la stavo abbracciando a me, un attimo dopo la guardavo scappare via piangendo. Sentendomi un verme.

Daniela era entrata di soppiatto in camera mentre ancora dormivo, con quella sua stupida scenata. Quando avevo realizzato che Michy non era in camera, avevo tirato un sospiro di sollievo e cercato in tutti i modi di mandare via Daniela prima che lei tornasse. Ancora più verme.

D’improvviso tutto tornò a scorrere veloce. Dovevo raggiungerla e spiegarle cosa fosse accaduto. Tornai in camera, presi una maglietta e allacciai le scarpe di corsa senza curarmi dello sguardo di Daniela su di me.

“Dove stai andando ?” Chiese arrabbiata.

Non alzai nemmeno lo sguardo per evitare di risponderle, ero furioso con lei...con me!

“Lasciala in pace” Continuò ed io non resistetti.

“Che diavolo vuoi? Lasciami stare, ti ho detto che non solo affari tuoi”.

“Ma lo erano quando ti infilavi nel mio letto” Sussurrò sprezzante.

Mi voltai infilandomi la maglietta per poi prendere una felpa per Michy.

“Non fare la santerellina con me. Non ti riesce. Sei stata tu a cercarmi e sappiamo entrambi che non volevo una storia, tantomeno con te!” Dissi arrabbiato.

La vidi indietreggiare come l’avessi colpita e per un attimo mi dispiacque ma il pensiero della mia pulce che piangeva chissà dove, mi stava facendo impazzire.

“Quanto sei stronzo!” Mi urlò.

La scansai con la spalla per uscire dalla mia stanza.

“Non è una novità” Commentai senza guardarla ma d’un tratto un lampo mi balenò alla mente e tornai indietro verso di lei.

“Perché le hai detto –mi dispiace- ?” Chiesi serio.

La vidi abbassare lo sguardo come si sentisse colpevole. Ma di cosa?

“Non so di cosa tu stia parlando”

“Non dire cazzate. Quando se ne è andata le hai detto -mi dispiace- . Perché? Cosa voleva dire?” Continuai percependo che dietro quella risposta ci fosse un significato importante.

La vidi indietreggiare ancora e dirigersi verso la stanza.

“Non spetta a me dirtelo. Ma sappi che questa non ce la perdonerà!”

 

 

*******************

 

Sdraiato sul pavimento di quella cantina non riuscivo a non pensare all’estate di due anni prima. A quella notte, alla mattina e a quando ritrovai Michy solo nel pomeriggio. Tremante ed addormentata sulla spiaggia mentre la pioggia non aveva smesso di cadere. L’avevo cercata ovunque e solo quando notai delle piccole impronte sulla riva della spiaggia vicino casa, tentai l’ultima possibilità e la trovai.

C’è un momento, nella vita di un uomo, che ti spinge in basso, ti toglie ogni lucidità o pensiero razionale. Ti senti perduto, indifeso e sapere che non puoi fare nulla per quella persona o che peggio sei tu, il motivo del suo dolore, ti disintegra.

L’immagine che vidi quel giorno, Michy, piccola, e letteralmente distrutta, mi ha perseguitato per tutte le notti seguenti. Avrei fatto di tutto per proteggerla da quel dolore. Avrei ucciso con le mie mani, chiunque l’avesse fatta soffrire. Ma ero stato...io. L’unica persona che doveva esserle sempre affianco. Il suo migliore amico.

Io.

 

Voltai appena lo sguardo e la vidi concentrata sulle gocce di pioggia che battevano sulla finestra. Averla al mio fianco e non poterla abbracciare era quanto di più doloroso avessi provato. No, in realtà, il dolore più grande fu quando seppi che se ne era andata per sempre. Che mi aveva lasciato. Che non aveva mantenuto la promessa.

Potevo capirla? In realtà no. Per due anni non avevo fatto altro che aggrapparmi alla rabbia e all’odio, che provavo verso di lei. Ma cos’è l’odio se non un'altra faccia dell’amore?

Eppure, nonostante le parole che avevo rubato qualche giorno prima, mentre parlava con Stefano, non riuscivo ancora a crederle. Paura? Sicuramente.

 

“So che non ho il diritto di chiederti nulla ma...” Esordii e solo dopo aver sentito la mia voce mi accorsi di aver parlato davvero.

La vidi voltarsi e scaldarmi con quei grandi occhi di cioccolato. Deglutii appena, disorientato dalla luce fioca che le illuminava il viso solo da un lato, lasciando l’altro nell’ombra. Pur non volendo mi persi a scorrere sulle sue forme, solo con lo sguardo, come per acquietare quel bisogno incessante, che il mio corpo aveva di lei. Era bella la mia Michy, ancora più bella di come l’avessi lasciata. Più donna, più sicura di sé. Quella sua dolcezza, che avevo sempre amato, era ora mista ad una sensualità innata. Era bella, ma non lo sapeva. Non glielo avevo mai detto, se non quell’unica notte.

 

“Ale?” Chiese confusa e mi accorsi di essere rimasto in silenzio per tutto quel tempo.

“Si beh” Tossicchiai tirandomi appena su a sedere.

Nessuna donna mi aveva mai fatto quell’effetto.

“Dicevo. Quello...quello che hai detto a Stefano, l’altra mattina, era..cioè, era vero ?” Balbettai come un ragazzino distogliendo lo sguardo.

La sentii trattenere il respiro e non rispondermi subito.

Avevo sbagliato.

“Hai ragione, scusa non dovevo chiedertelo. Non ne ho diritto.”

“Ha importanza?” Chiese d’un tratto.

“Cosa?”

“La mia risposta. Ha importanza?”

Mi voltai a guardarla ed incrociando ancora i suoi occhi che sembravano brillare nei miei, non riuscii a dire nient’altro che ; “No, non ne ha.”

Ma ne aveva. Ne aveva eccome dannazione!

Mi alzai in piedi nervoso e cominciai a guardarmi intorno.

Ero un leone in gabbia. Non sapevo cosa fare o dire. Ogni dannata parola era sbagliata e non sapevo da che parte iniziare non sapevo che diamine fare!

E odiavo. Odiavo sentirmi inerme.

Presi una bottiglia di vino rosso e sorrisi tra me.

“Cosa fai?” Chiese Michy curiosa.

Mi voltai in un sorriso nervoso.

“Se dobbiamo stare qui dentro a girarci i pollici tanto vale, alzare la temperatura.”

La vidi arrossire di botto per quella mia battuta e scoppiai in una fragorosa risata.

“Che c’è ragazzina, ancora ti scandalizzi a parlare di sesso o di fronte a frasi di dubbio significato?”Dissi per stuzzicarla un po’, ma non seppi mai il perché, il nervosismo stava tornando.

“E tu, invece, sempre pronto a farle certe battute. D’altra parte sei o non sei un maestro del sesso? Ci concludi pure i contratti con il tuo amichetto!” Rispose gelida.

Mi ghiacciai in piedi, con il vino ancora tra le labbra. La guardai furioso e faticai non poco a trattenermi. Mandando una grossa sorsata di quel liquido rosso, tornai ad osservarla e sorridere arrabbiato.

“Sei brava. Sei migliorata pulce, ma non potrai mai essere stronza quanto me. Anche se la tua ultima uscita di scena, ti ha decisamente mandato in pole position!”

La vidi alzarsi e strapparmi la bottiglia dalle mani, per poi bere anche lei.

“Stai tranquillo, dopo la performance con Daniela il primato non te lo toglie nessuno!”

“Touché”

 

 

 

************

 

ESTATE 2007

 

Sentivo freddo. Solo tanto freddo e dolore. Un dolore lancinante al petto che non voleva passare. E per quanto mi sforzassi non riuscivo a smettere di pensare e torturarmi. Da quanto andava avanti questa storia?

Tornai con la mente alle settimane passate ed ogni volta un piccolo particolare veniva alla luce.

 

“Sto parlando con te, idiota, orgoglioso che non sei altro.” Lo presi per una spalla costringendolo a voltarsi.

“Che c’è sei sorpresa? Come se non conoscessi le abitudini della tua cara amica. Come minimo ti ritroverai ad aspettarla da qualche parte, mentre si sbatte uno dei due.”  Lo guardai sempre più scioccata, non mi parlava mai in quel modo e poi perché tutta quella scontrosità verso Daniela?

 

Era stato questo il motivo del suo atteggiamento? Era geloso di Daniela ?

 

"Posso chiederti una cosa?" Esordì Daniela guardando la strada. Era stranamente seria.
"Certo."
"Sei innamorata di Alessandro?"

 

 
"Avevo bisogno di sfogarmi con qualcuno" continuò ad occhi chiusi.

 "Sei proprio una pulce ingenua...era un altro il tipo di sfogo di cui avevo bisogno”

"Tu cosa hai fatto?”

“Ero fuori per una serata tra donne, con Gaia ed Ilaria.”

“E perché Daniela non è venuta?”

“Aveva un incontro piccante.”

 

“Siamo proprio sicuri si trattasse di Stefano? Non è che ti sei messa in tiro per Ale?” Chiese Daniela con un ghigno sulle labbra.

 

Daniela lo aveva sempre saputo. C’era sempre stata lei dietro. Lei sapeva cosa provassi per Alessandro, era palese ormai a tutti. Ecco perché mi aveva urlato -mi dispiace-. Lo sapeva ma lo aveva fatto ugualmente.

Tornai a guardare il mare, che agitato come il mio cuore, si scontrava con gli scogli.

Mentre la pioggia non aveva mai smesso di cadere.

 

“Michy! Oddio finalmente ti ho trovata”

Mi voltai di scatto trovandomi davanti l’ultima persona che volevo vedere.

“Vattene!” Risposi in un sussurro, mentre la voce sembrava persa chissà dove.

Lo vidi avvicinarsi e poi tornare indietro distogliendo lo sguardo.

“Ascolta io...”

Mi alzai senza sapere nemmeno dove avessi trovato la forza.

“No, ascolta tu. Non mi devi nessuna spiegazione. Eravamo d’accordo sul fatto che da oggi tutto sarebbe tornato come prima, perciò.” Lo interruppi senza finire la frase e mi incamminai verso la spiaggia.

“Aspetta. Sei arrabbiata ed hai pianto. E’ ovvio che ti devo una spiegazione e voglio dartela.”

Mi prese per un braccio voltandomi verso di lui. Ed io cercai con tutta me stessa di non guardarlo negli occhi per evitare di fargli vedere tutto il mio tormento.

“Sono circa due mesi che io e Daniela...andiamo a letto insieme.” Disse serio ed il cuore si fermò.

“Cosa? Due...due mesi?”

Rimase in silenzio ad osservare la mia reazione per poi annuire piano.

Lo scansai di colpo, rabbrividendo di freddo e dolore.

“Ma come.. perché non mi hai detto niente?” Chiesi sconvolta.

Ale si mise le mani nei capelli nervoso e sbuffò.

“Ascolta è solo una storia di sesso. Mi ha cercato lei, la sera che siamo andati in quel locale ed eravamo tutti brilli, è successo allora. Voleva solo divertirsi ed anch’io ed il giorno dopo mi ha pregato di non dirlo a nessuno, tantomeno a te perché non voleva la giudicaste male. Era una cosa senza impegno. Una cazzata, lo so, ma eravamo d’accordo entrambi...”

Iniziai a non sentire più nulla e a ridere amaramente. Sembravo impazzita.

“Perché stai ridendo adesso?”

“Lei aveva paura che Io la giudicassi, è questo che ti ha detto?” Chiesi ridendo.

“Si perché?”

“E tu le hai creduto?”

Rimase in silenzio a guardarmi, cercando di interpretare le mie parole.

Quando la risposta non arrivò, il silenzio divenne pesante. Le lacrime tornarono a farsi sentire e mi coprii il volto con le mani. Non volevo piangere, ma non riuscivo a fare altrimenti.

“No, ti prego non piangere. Dimmi, parlami, prendimi a schiaffi ma non piangere. E’ una cosa senza importanza davvero. Era così per divertirci e...”

“Anche stanotte è stato solo per divertirti ?”Chiesi improvvisamente e mi maledii per averlo fatto.

Indietreggiò, sorpreso ed imbarazzato dalla mia domanda e quando lo vidi iniziare a muoversi agitato, desiderai solo di sparire. Ma qualcosa, prese a spingere nel petto. Qualcosa di mai detto che voleva venir fuori a tutti i costi.

Lo vidi fermarsi, guardarmi ed avvicinarsi prendendomi il viso tra le mani, sorridendomi dolcemente. Il cuore iniziò a battere furioso.

“ Questa notte è stata la notte più bella di tutta la mia vita. Non mi sono mai sentito così con nessun’altra donna e mentirei se ti dicessi che è tutto dimenticato perché ho ancora il tuo profumo addosso che mi sta facendo impazzire. Perciò no, assolutamente no, tu non sei lontanamente paragonabile a lei. Quello che è accaduto tra noi è stato...meraviglioso.”

Sentii quel qualcosa spingere ancora, per poi uscir fuori ed io mi arresi. Sorrisi e lo guardai negli occhi, stringendo le sue mani che mi accarezzavano il volto, tra le mie.

“Ale...io... Io ti amo”

Silenzio.

Lo vidi vacillare. Staccare le sue mani dal mio viso come scottato ed io mi sentii persa.

I suoi occhi corsero impazziti sul mio volto ed indietreggiò inciampando. Sconvolto.

Impaurito. Terrorizzato.

“Cosa?” Urlò con voce smorzata.

Sbattei le palpebre confusa, mentre le lacrime ripresero a scendere sul volto.

“Io...ho detto che...” Tentai ma mi bloccò.

Alzò un braccio come per difendersi e con l’altra mano inizio a spettinarsi i capelli agitato.

“Non dirlo. Non. Dire. Una. Parola.” Sillabò lento e furioso.

Mi agitai non capendo cosa avessi fatto ed il perché della sua reazione. Piansi ancora, sconvolta quanto lui.

“Perché?” Disse disperato e non seppi cosa rispondere.

“Ieri sera perché non mi hai fermato? Tu mi avevi giurato che non sarebbe cambiato nulla. Tu mi avevi dato la tua parola. Io...non posso, non capisci?”

Scossi la testa ancora più disperata. Cosa avevo fatto?

“Dannazione” Urlò furioso, calciando l’aria e stringendosi i capelli, come impazzito.

“Ale... ti prego” Dissi senza sapere cosa volessi ma vederlo così sconvolto mi stava facendo morire.

Si voltò ancora, guardandomi per poi tornare sui suoi passi, prendermi per il viso e stringermi forte a lui.

“Ti prego. Ti scongiuro, non mandiamo tutto a puttate. Io ho bisogno di te. Noi siamo perfetti così come siamo. Non roviniamo tutto. Ho solo te...lo capisci?...Ho solo te. Ti prego!” Mi implorò poggiando la fronte sulla mia e quando sentii le sue lacrime bagnarmi le labbra, capii quanto grande fosse la sua paura. Quanto piccoli fossimo noi, in realtà.

Chiusi gli occhi, sentendo il suo respiro agitato sul viso ed annuii.

“Ti prego, ti prego...non lasciarmi. Ti prego” Continuò in un silenziosa preghiera.

“Non ti lascio” Sussurrai piangendo.

 

 

Dopo quattro mesi, il dolore e la sopravvivenza ebbero la meglio. E lo lasciai.

 

 



ALE POV

 

 

Rimanemmo avvolti dal silenzio della cantina a guardarci e non mi sembrò mai più bella di allora.

“Lo so che è tardi ormai...”Sussurrai avvicinandomi lentamente. “Ma non l’ho più guardata o toccata da quella notte.”

Indietreggiò, in risposta ad ogni mio passo e distolse lo sguardo.

“Non importa ormai. Sono passati due anni, abbiamo due vite diverse...E’ normale che ci siano state altre persone e non...”

“Stai con qualcuno?”Chiesi di getto, le pupille allargate mentre stringevo i pugni per trattenere la gelosia che mi sorprese.

“Io...io...ho cercato di...” Tentennò e la rabbia mi accecò.

“Dimmelo.” Quasi urlai prendendola per le spalle. “Dimmi se qualcuno ti ha toccato, come ti ho toccato io. Dimmi se qualcun altro ti ha avuta, come ti ho avuta io. Dimmi se hai goduto di quel corpo, come hai goduto del mio...”

Indietreggiò singhiozzando ma ormai la gelosia mi aveva accecato.

“Ale smettila...” Mi implorò.

“Come faccio a smetterla? Dimmelo, perché io sto impazzendo. Sono due anni che ho perso la ragione, che non so cosa fare. Se tu sei riuscita a dimenticare tutto, ti prego dimmelo. Dimmi come faccio a smetterla?”

 

La sentii tremare tra le mie braccia e scuotere la testa insistentemente. Per poi spintonarmi con forza, allontanandosi da me.

“Smettila!” Urlò e il dolore che sentii mi ammutolì.

“Quello che dici non ha senso. Non è possibile! Sei stato tu dannazione, tu. Tu non mi hai voluta. Tu mi hai detto, che eravamo perfetti come amici. Tu mi hai fatto giurare...di... Perché ?” Urlò piangendo, ma non mi diede il tempo di fare nulla, si avventò contro la porta ed iniziò a piangere ed urlare.

“Fatemi uscire da qui. Ora. Fatemi uscire!”.

 

Rimasi immobile non sapendo cosa fare. Ero pietrificato, non l’avevo mai vista così sconvolta. Sentii la porta aprirsi e lei non diede nemmeno il tempo a Stefano di dire o fare nulla. Scappò ancora da me.

 

 

 

*****************

 

 

 

 

Eccoci qui. Capitolo sofferto. Davvero davvero sofferto. Sia il passato che il presente non sono stati facili da scrivere, spero che sia arrivato il dolore che entrambi hanno vissuto. Come ho detto sul mio profilo di fb, non c’è un colpevole o una vittima in questa storia. “La vittima” sono entrambi.

 

Spero di non avervi deluso, con questa seconda parte capiamo praticamente tutto del passato. A molte di voi potrà sembrare banale o scontato, ma “fuga” non ha mai avuto la pretesa di esser un giallo, è sempre stata una storia di sentimenti e da loro, i nostri protagonisti, sono stati travolti.

Ringrazio tutte coloro che hanno recensito lo scorso capitolo, chi mi segue in silenzio ma ha sempre una parola gentile per me su fb. GRAZIE MILLE DAVVERO.

 

Ps: Il capitolo non è betato quindi scusate gli errori.

 

Pps: Credo che la storia sia quasi giunta al termine forse rimarranno 2 capitoli, non lo so devo ancora decidere. Sapete tutti che la scrivo volta per volta, nulla è pianificato, se non a grandi linee.

GRAZIE ANCORA attendo un vostro parere con ansia :D

 

Un abbraccio Lela

 

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Capitolo 20
*** Fine di un'Amicizia ***


FUGA CAP 20

CAPITOLO 20

 

La fine di un’amicizia

 

 

 N.b capitolo non betato

 

Il tempo a volte è tuo amico, altre il tuo incubo peggiore.
A volte è un lampo, un sorriso, un colore, uno sguardo e tutto finisce ancora, lasciandoti solo l’essenza di un ricordo.
Il tempo è crudele, è geloso, possessivo. A lui, e lui soltanto spetta il compito di far scorrere il tutto.
Lui e lui soltanto può decidere se farti vivere in una ruota continua o portarti via tutto.
Con me decise di togliermi tutto.
I momenti trascorsi con Ale, i sorrisi, gli abbracci, le notti passate a parlare, tutto scemò e perse la sua consistenza di fronte all’inevitabile. Di fronte al dolore.  Perché?
Perché l’uomo è crudele. Non è mai sazio, mai soddisfatto.
Avevo avuto molti anni della mia vita con Ale, li avevo visti passare e scorrermi tra le dita come granelli di sabbia. Avrei voluto catturarne uno solo, un singolo attimo da poter rivivere in eterno, ma non mi fu possibile.
Il tempo è crudele, geloso, possessivo. Scorre senza il tuo consenso. Porta e toglie in continuazione, senza mai chiedere, ma d’altro canto, cosa avrei potuto volere di diverso? Tutto oppure niente.
Qualcosa accadde quell’estate. Qualcosa di profondo mutò per sempre e non parlo solo di me ed Ale, ma di tutti noi. Di me stessa. Michela.
Era un cambiamento impercettibile, qualcosa di cui mi accorsi veramente solo alcune settimane dopo. Ma fu quello l’attimo in cui avvenne. In cui qualcosa finì.

 

ESTATE  2007

 

Davanti la porta della casa del Circeo, Ale mi strinse la mano, prima di entrare e tornare dagli altri.
“Ce la fai?” Chiese preoccupato mentre io guardavo davanti a me, con gli occhi talmente gonfi da confondermi la vista.
Annuii senza guardarlo. Come avrei potuto? Era troppo presto.
Quella giornata era stata tremendamente lunga e volevo solo farmi una doccia bollente e chiudermi a piangere da qualche parte. Ma non potevo. Lui non me lo avrebbe permesso.
“Senti c’è una cosa che dovresti sapere” Gli dissi con voce roca.
Lui mi affiancò prendendomi le spalle.
“Dimmi. Tutto quello che vuoi” Sorrise incerto ma appena compreso il significato delle sue parole s’irrigidì.
Non andava bene. Con quei presupposti non saremmo arrivati lontano.
Sospirai scuotendo la testa, gli lasciai la mano e tornai a guardarlo negli occhi.
“Per quanto riguarda... Daniela” Sospirai ma lui m’interruppe.
“E’ finita. Non accadrà più niente, te lo giuro” Si affrettò a rispondere.
Tentennai di fronte la sua agitazione, era un atteggiamento che dopo quello che gli avevo confessato e che lui aveva deciso, non aveva senso. Ma ero troppo stanca e demoralizzata in quel momento per capirlo.
“Non è a quello che mi sto riferendo e poi non mi riguarda... cioè non in quel senso..ma”
Balbettai.
“Va bene ma è finita ugualmente.”Affermò deciso.
Annuii cercando tra la confusione della mia mente cosa volevo dirgli in realtà.
“Comunque, stavo dicendo...Dovresti parlare con Stefano”
“Stefano? E perché mai?” Chiese stupito.
Abbassai la testa indecisa se dirglielo ma alla fine quanto stavo male io per essere stata all’oscuro di tutto?
Mi strinsi nelle spalle e feci un passo verso la porta.
“E’ innamorato di Daniela” Dissi decisa per poi aprire la porta e lasciare Ale impietrito dietro di me.

 

 

Uno dei miei desideri si avverò quel giorno. La doccia bollente.
Chiuso il getto d’acqua calda e mi avvolsi nell’accappatoio, tamponandomi i capelli. La testa mi doleva, la sentivo pesante ma allo stesso tempo vuota. Sicuramente aver passato la giornata piangendo non aveva aiutato.
Per tutto il resto invece, non sentivo nulla. Una completa apatia si era impossessata di me e alzando lo sguardo verso me stessa come avevo fatto quella mattina, notai quanto in quel momento la mia immagine fosse diversa.

Ero un guscio vuoto.

Silenziosa, muovendomi lentamente uscii dalla camera. Sapevo che Ale era giù con i ragazzi che quando ci videro arrivare mi guardarono ma non chiesero nulla. Nessuno sapeva, in realtà solo Daniela, ma ero fortemente convinta non avesse detto nulla. Non la vidi, probabilmente si era allontanata prima che o arrivassi e fu meglio così.
Non avevo idea di come comportarmi con lei e non avevo nemmeno la forza di pensarci in quel momento.
Qualcuno bussò alla porta della camera e prima che potessi rispondere Gaia irruppe dentro.
“Scusa ma non ce la facevo più!” Disse veloce correndomi incontro.
Mi voltai appena per andare a prendere il cambio senza risponderle e la vidi osservarmi attentamente.
“Ne vuoi parlare ?” Chiese con cautela.
Mi fermai vicino il comodino e vidi la parrucca rosa poggiata sopra.
“Il tuo piano ha funzionato sai?” Dissi sorridendo amaramente.
Gaia mi guardò in silenzio aspettando che continuassi.
“Mi ha vista” Sussurrai “ma non come volevo io” e piansi.
Gaia mi strinse a se ed esaurii tutte le lacrime di quella giornata.

 
Mi portò una camomilla, più tardi, senza che gli altri chiesero niente. A detta di Gaia, di sotto c’era un clima normale. Il mondo era crollato solo per me.
Parlarne con lei mi aiutò, quel vuoto che sentivo in realtà sembrava stracolmo di emozioni ed ogni volta che mi stropicciavo tra quelle lenzuola potevo sentire ancora il suo profumo ed il ricordo di quella notte.
“Non lo capisco” Disse Gaia incrociando le braccia. “Insomma sono sua cugina e in un certo senso dovrei essere più vicina al suo modo di ragionare ma niente, non lo capisco”.
Annuii soffiandomi il naso.
“C’è dell’altro” Sospirai. Volevo dirglielo ma mi sentivo in colpa. Assurdo, ma vero.
“Ho scoperto che da due mesi... beh che aveva una storia... di sesso con un’altra” Dissi lentamente.
“Cosa ?” La vidi scattare in piedi furiosa.
“Ma è impazzito ?  E poi perché non te l’ha detto? Insomma non mi sembra che si sia mai tenuto per se qualche avventura! E poi dannazione poteva dirtelo prima di venire a letto con te.”
Sospirai abbassando gli occhi tra le mie mani e giocando con un tovagliolo.
“Beh ti assicuro che non mi sono fatta pregare, anzi. E’ colpa mia, l’ho spinto a farlo promettendogli che non sarebbe cambiato niente.”
“Stronzata clamorosa!” Disse arrabbiata.
“Lo so, lo so, ormai il danno è fatto. Comunque il vero motivo per cui non me l’ha detto prima è che..”
Non sapevo cosa fare. Era giusto dirglielo? Si sarebbe arrabbiata e magari anche la loro amicizia sarebbe stata compromessa ma avevo bisogno di parlarne con lei. Non potevo tenermi tutto dentro o sarei impazzita.
“Perché...perché lei gli ha chiesto di non farlo” Dissi decidendo di dire tutto una volta per tutte.
“Aspetta, che vuol dire ?”
Presi un respiro profondo e tornai a guardarla.
“Sono due mesi che va a letto con Daniela e lei gli aveva chiesto di non dirlo a nessuno perché era solo sesso. Tantomeno a me, perché aveva paura la giudicassi.” Dissi tutto d’un fiato.
Gaia s’immobilizzò con la bocca spalancata e gli occhi fuori dalle orbite. Avrei riso della sua espressione se non fossi stata distrutta per la mia situazione.
“Che grandissima figlia di...”
“Gaia, no, lascia stare.”
Si allontanò di scatto come per trattenere la rabbia repressa.
“Lasciare stare? Sei forze impazzita anche tu? Adesso tu esci da qui e la vai a prendere per i capelli o giuro che..”
“A che servirebbe ?” Chiesi con le lacrime che tornarono a scendere.
Mi alzai e presi a vestirmi distrattamente ma continuai a sentire gli occhi di Gaia su di me. Vedevo la sua espressione rigida ed arrabbiata, probabilmente si stava trattenendo dal dire o fare qualcosa, ma le risultava alquanto difficile.
Qualcuno bussò alla porta e m’immobilizzai. Non volevo vedere nessuno.
“Chi è ?” Chiese Gaia per me.
“Sono io” Rispose Daniela.
Rimasi in silenzio, non sapevo cosa dire ma non volevo vederla. Non avevo la forza, per vederla, ma Gaia si lasciò prendere dalla rabbia.
Spalancò la porta ed urlò.
“Con che faccia vieni qui ? Cosa credi di...”
“Gaia smettila e falla entrare” Dissi decisa con un forza che non credevo di avere.
Di una cosa però ero sicura, non mi andava di fare sceneggiate lì. Non volevo che anche Stefano lo venisse a sapere in quel modo. Non avrei mai permesso che l’amicizia tra lui ed Alessandro potesse compromettersi in qualche modo.
Gaia mi guardò sconvolta.
“Insomma ma come fai a rimanere così calma? Ti rendi conto di cosa ha fatto?” Chiese guardandomi mentre Daniela entrò chiudendosi la porta alle spalle.
“Lo so meglio di te !” Risposi indispettita. “Ma questa è una cosa tra me e Daniela e la vostra amicizia non c’entra niente.” Dissi convinta ed era ciò che credevo.
Daniela alzò il viso verso di me, sconvolta per quelle mie parole mentre Gaia rimase in silenzio ed annuì lentamente.
“Va bene, allora è meglio se vi lascio parlare” Disse arrabbiata ma cercando di nasconderlo.
So che mi voleva bene. So che avrebbe voluto difendermi ma non ne avevo bisogno. In quel momento avevo altro da fare. A Gaia sarebbe passata.
Rimanemmo da sole ed in silenzio per qualche secondo, quando lei si fece avanti.
“Michy senti, non so nemmeno da dove iniziare”
“Dimmi perché” Sussurrai senza guardarla.
Sospirò agitandosi.
“E’ iniziata per una cavolata, eravamo ubriachi e volevo divertirmi e lui..”
“Oh no, non voglio sapere questo. Ti giuro che capisco il perché hai scelto Alessandro, ma non perché non me l’hai detto.” Dissi seria incrociando il suo sguardo e ci lessi paura. Paura di me. Di quello che avrei potuto dire.
La vidi spostarsi e stringersi tra le braccia, indecisa se rispondermi o meno, ma alla fine probabilmente decise che era arrivato il momento di essere oneste.
“Perché sapevo che eri innamorata di lui.” Sussurrò.
Annuii, era la risposta che già conoscevo ma volevo fosse lei a dirmela.
“La prima volta che accadde ero troppo ubriaca anche per ricordare come ci siamo arrivati, ma poi quando ho realizzato quello che avevo fatto mi sono spaventata e gli ho chiesto di non dire niente.”
Tornai a guardarla con un sorriso amaro ed una freddezza che continuò a sorprendermi.
“Ma non ti sei tirata indietro, è andata avanti per due mesi. Due mesi senza che io sapessi niente e a farmi commenti ridicoli per sapere se fossi o meno innamorata di lui e raccontarmi balle sul tuo amico dell’università. E non contenta ti soffermavi pure sui dettagli... Ma che razza di persona sei?” Chiesi alzando la voce ad ogni parola.
La vidi indietreggiare con le spalle al muro. Probabilmente non si aspettava che Ale mi avesse confessato tutto.
“Io...io mi sono...mi sono fatta prendere dalla cosa e non sapevo come...”
Mi alzai di scatto, in piedi di fronte a lei ed anche se era più alta di me, in quell’istante mi sentii un gigante. Ero arrabbiata, ferita, ma non le avrei mai permesso di schiacciarmi.
“Tu ti sei divertita alle spalle di una tua amica, fregandotene delle conseguenze e questo è il modo migliore per far finire un’amicizia.” Sillabai furiosa.
Spalancò gli occhi, impaurita.
“No ascoltami, non è così, non me ne sono fregata...”
Cercò di avvicinarsi ma mi allontanai, come ustionata.
“Ah no?” Sorrisi crudele.
“No! Io..mi sono...innamorata di lui” balbettò ed il mio cuore si fermò.
Le lacrime scesero ancora e mi infuriai con me stessa. Ero una ragazzina. Una stupida ragazzina, ingenua. Era questa la verità.
“Cioè... è iniziata per gioco...ma dopo...” S’interruppe senza aggiungere altro. Era inutile.
Mi sedetti sul letto esausta, continuando a piangere silenziosa, mentre la ferita nel mio cuore continuava ad allargarsi sempre di più.
Avevo paura. Tanto. E mi sentii vuota ed inutile. Sola contro qualcosa di troppo grande, doloroso, ingestibile.
“Ascolta...io... io lo so che voi avete questo rapporto speciale, ma non è sano, capisci? Lui non potrà mai amarti come vuoi tu. Sarai l’eterna amica è questo che vuoi?” Disse dolcemente prendendomi il mento con le mani.
La guardai sconvolta, e ferita per le sue parola. Era come sale che bruciava e corrodeva l’anima.
“Lascialo libero di frequentare altre persone. Insomma il vostro rapporto non è normale!” Urlò esasperata.
Mi alzai di scatto, scacciando le sue mani dal mio volto.
“Non ti permettere di dire una sola parola, sul mio rapporto con Ale. Non ne hai il diritto.”
Le mie parole accesero la spia e la sua maschera venne giù, una volta per tutte.
“Il fatto che te lo sei scopato stanotte, non vuol dire che sia innamorato di te!” Disse crudele.

Ed io... scoppiai a ridere.

Risi di cuore, con lacrime di euforia ed adrenalina che mi pervasero.
“Oh grazie” Balbettai ridendo.
“Per cosa ? E perché ridi?”
Mi asciugai le lacrime con la maglia e la guardai sorridendo.
“Mi sento meno in colpa di fare questo!” Dissi colpendola velocemente con un pugno in pieno viso.
Il colpo la fece vacillare e cadere all’indietro.
“Ma sei impazzita?” balbettò toccandosi il volto arrossato.
“Può darsi, ma non sai che soddisfazione” Dissi fredda aprendo la porta.
“Ed ora puoi anche andartene”.
Si alzò furiosa e mi sputò le sue ultime parole, addosso.
“Ti stai rendendo ridicola, non te ne rendi conto?”
Riflettei un secondo sulle sue parole prima di parlare.
“Sai qual è la cosa più buffa? Se tu fossi venuta da me e mi avessi detto che provavi un affetto sincero...beh ci sarei stata di merda ma non avrei mai interferito tra voi. Se oggi, tu fossi venuta da me chiedendomi scusa, ci sarei stata di merda ma ti avrei perdonato. Invece non l’hai fatto. Hai solo cercato di allontanarmi da lui e sai perché? Perché sei meschina, sei una persona cattiva! E dopo questo io e te abbiamo chiuso.”
Dissi sbattendogli poi la porta della camera in faccia e scoppiando a piangere ancora.

 
Dopo cena, andammo tutti in spiaggia per l’ultimo falò. La mattina seguente saremmo tornati a casa e cercai con tutta me stessa di non crollare in quelle ore che rimanevano.
Gli altri sembravano non essersi accorti di nulla ma sapevo fosse solo una maschera. Io avevo gli occhi ancora gonfi. Alessandro non parlava e Daniela era nervosa. Ma per il resto ci sforzammo tutti di sembrare normali, almeno per quell’ultima sera.
Il silenzio ci circondò, ognuno perso nei propri pensieri e nei ricordi indelebili che quella vacanza avrebbe portato con sé.

“All’Amicizia” disse Stefano innalzando una bottiglia di birra.
Tutti sorrisero, chi felice, chi deluso, mentre il fuoco caldo illuminava i loro volti ed innalzarono le bottiglie a loro volta.
Fu un movimento impercettibile. Uno spostamento di sguardi che corsero veloci.
Daniela abbassò il viso, in silenzio e colpevole.
Ale fermò lo sguardo sul volto di Stefano.
Io fissai il fuoco. In silenzio. Lasciando che il suo calore mi avvolgesse. Lasciando che potesse riscaldare quel cuore affannato e freddo. Lasciando che prendesse il posto di braccia che mi avevano stretta diversamente e che mi avevano fatta sentire viva.
Io non sorrisi e mi sentii tremendamente colpevole per questo, ma mai come quella sera, la parola Amicizia mi lasciò in bocca un sapore amaro.
Io piansi, in silenzio e nascosta dal buio.
Una lacrima scese impercettibilmente solcandomi il volto e lui lo seppe. Anche se non mi stava osservando, Ale lo sapeva, sapeva come mi sentivo.
Si voltò avvicinandosi.

Le sue labbra calde si poggiarono sulle mie palpebre e catturarono le lacrime stringendomi forte a lui.
"Non preoccuparti, ce la faremo. Siamo solo io e te Michy. Saremo sempre io e te!"

E per la prima volta nella mia vita, non gli credetti.

 

 *********************

 

ALE POV

 

Dopo che scappò dalla cantina, salii in salone e la guardai dalla finestra. Era fuori, seduta sul dondolo e rannicchiata di spalle. Era piccola, la mia Michy, ma sapeva amare come pochi. Era una cosa che avevo sempre saputo ma sperimentarla sulla mia pelle, su di noi, mi sconvolse. Era qualcosa a cui non ero preparato.
La vita non era stata gentile con me, non per gli affetti, almeno.
Quando l’unica donna della tua vita, quella che ti ha messo al mondo e che dovrebbe amarti contro ogni remora o logica, ti abbandona...
Quando l’unico genitore che ha avuto la sfortuna o la pazienza di doverti crescere, ti rammenta ogni santo giorno della tua vita, quanto tu sia un inetto, un incapace, buono solo ad attirare clienti infilandosi nel letto delle mogli...
Quando hai una cosa... Una sola cosa, nella vita, che ti fa sentire vero, utile e te stesso più di nessun’altro... 
Quando ce l’hai tra le tue braccia e ti senti di aver trovato un posto nel mondo...
Quando la sua gioia è la tua ed il suo dolore, un tormento per te...
Quando c’è lei e gli altri sembrano sparire...niente a più importanza. Niente, se non tenerla al tuo fianco per sempre.

Ma cosa faresti se il pericolo più grande per voi due, sei proprio tu?
Cosa faresti se credessi fortemente che quell’angelo che ti è stato messo affianco, tu...non lo meriti?
Cosa faresti, se davanti all’opportunità di cogliere la felicità solo allungando una mano, la tua paura più grande ti paralizzasse ?
Perché vivi nel terrore che quell’angelo possa accorgersi di cosa sei in realtà, o peggio di cosa non sei!

Ed allora l’unica cosa che ti rimane da fare... è stringerla.
Tenerla forte a te, per non fartela portare via da nessuno. Tenerla al tuo fianco, sempre e comunque, perché non puoi farne a meno. Perché sei egoista. Perché sai che senza di lei... nulla avrebbe più senso.

 

 




********************

 

Non dico nulla, sto piangendo. Ecco! Questi due mi faranno impazzire, prima o poi...si!

Il capitolo è triste, lo so, e pure pesantuccio forse, infatti non l’ho fatto troppo lungo.

Ho ragionato molto su cosa fosse accaduto dopo la dichiarazione di Michy e la reazione di Ale, ma in realtà, non c’era niente di importante o rilevante da dire, se non lo scontro con Daniela. Era una cosa che dovevo proprio fare XD ed anche se il pugno mi sa che glielo ha dato Emanuela e non Michy, spero vi sia piaciuto lo stesso XD

Per quanto riguarda la parte di Ale...non so cosa dire ma è difficile spiegare tutto ciò che sente. Le sue ragioni. Ed ho voluto farvi una specie di panoramica prima del capitolo successivo che sarà, molto probabilmente, solo dal suo punto di vista.

Spero che iniziate a capirlo un po’ di più J

 

La storia sta per finire, non so quantificare i capitoli ma non sono molti, continuo sul 2-3 non lo so. Forse però farò dei missing moment giusto per mettere il punto su qualcosa.

 

Spero di non avervi deluse e che vi sia piaciuto anche questa volta!!

 

Un GRAZIE enorme, per tutte voi che recensite, scusate se no rispondo non è perché non sia felice o mi senta che so superiore, no assolutamente!!! E’ un periodo un po’ incasinato, tra il lavoro, lo studio e l’idea mal sana di cominciare un’altra storia, che mi tolgono tempo! Grazie a chi commenta i miei post su fb, asseconda le mie cavolate sul gruppo e via dicendo! Grazie per le seguite le ricordate, le preferite...crescete ogni giorno di più ed io non potrei che esserne più felice!!!

Un Grazie anche ad Elle Sinclaire per il bellissimo nuovo Banner di Fuga ;)

 

Un super mega GRAZIE a Maruschetta che ha segnalato Fuga per le scelte.....*__* ma scherziamo??? Non mi sento assolutamente all’altezza ma ti mando un abbraccio grandissimo e grazie grazie davvero *___*

 

PS: come accennavo prima, ho iniziato una nuova storia e vi posso assicurare che è particolare e che ci lascerò un pezzo di cuore! Se volete dare un’occhiata al Prologo ne sarei felice ma devo informarvi di non spaventarvi... Il prologo è....diverso....perciò...beh leggete e poi capirete ;) se vi va!

 

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Capitolo 21
*** "Da quel giorno... Ale" ***


FUCA - CAP 21

Fuga

Capitolo 21

 

“Da quel giorno...Ale”

 

 

 

Era circa mezzanotte ed il temporale si era fermato. Da quando un’ora prima era scappata da quella cantina, non aveva fatto altro che stare seduta sul dondolo di fuori, al bordo piscina e non aveva voluto parlare con nessuno. Nemmeno con Gaia. Figurarsi con me. E mi sentivo in trappola, chiuso in un labirinto senza uscita.

La guardavo dalla finestra del salone, sentendo gli occhi di tutti su di me.

“Cosa dovrei fare ?” Sussurrai guardandoli.

"L'ho detto io, che eri un coglione!" commentò Stefano incrociando le braccia al petto e sorridendo appena.

“Grazie sei d’aiuto.” Risposi strofinandomi il volto stanco.
"No, ma ha ragione, se lei non ne vuole parlare...fa bene a... " intervenne Riccardo ma fu subito interrotto da un piccolo tornado.
"Certo, sentite il genio che parla! Mandare al diavolo l'Amore di una vita...eh però se non ne vuole parlare..." Esplose Gaia con un nodo alla gola e Stefano diede uno scappellotto a Riccardo, che era rimasto senza parole, scuotendo la testa, mentre  Davide scoppiò a ridere.

“Certo ridi tu, che idioti che siete.” Esordì Ilaria andando in cucina e tornando subito dopo con un barattolo di gelato tra le mani ed un cucchiaio in bocca.

Prese Gaia, che continuava a guardare verso Michy fuori la finestra e l’abbracciò.

“Adesso che c’entro io? E perché piangi ?” Chiese Davide talmente preoccupato da sembrare buffo.

“Sono incinta e piango quanto mi pare!” Gli rispose Ilaria sbuffando infastidita.

Mi fermai a guardarli e pensai che in un modo o in un altro eravamo tutti cambiati, cresciuti. C’erano state lacrime, liti, ma eravamo di nuovo tutti lì...insieme e non potevo permettere che quello cambiasse. Mi voltai verso Stefano e lo guardai.

“Avevi ragione, devo mettere in chiaro troppe cose o passerò il resto della vita a pentirmene. Voi..” Indicai Riccardo e Gaia,  “ Andatevene di sopra, parlate, strappatevi i vestiti, litigate ma poi fatela finita e tornate insieme. Sono sei mesi che vi sento depressi e avviliti perché vi mancate a vicenda e vi amate ancora!” Dissi forte e deciso tanto che entrambi rimasero senza parole e si guardarono in silenzio.

“Tu, fai un po’ di coccole alla tua ragazza. Ha tuo figlio in grembo e non deve assolutamente piangere!” Continuai verso Davide che annuì borbottando un –Sì Signore!-

Alla fine mi voltai ancora verso Stefano e tornai serio.

“Devo dirti una cosa. Non sono stato onesto con te e ti prego di perdonarmi ma...vedi quell’estate...quando siamo venuti qui per la prima volta...”

Stefano si avvicinò serio e mi strinse le spalle in una morsa, tanto da farmi male.

“Che cos’è che vuoi?” chiese arrabbiato.

Lo guardai confuso per un attimo non capendo il senso della sua domanda, specialmente davanti a quello che gli stavo dicendo.

“Cosa?”

Sospirò pesantemente e poi tornò a guardarmi.

“So tutto di te e Daniela. L’avevo intuito e poi ne ho avuto la conferma da lei. Quando siamo tornati dalla vacanza era sparita, non usciva mai con noi e a mano a mano si è allontanata sempre di più, per questo l’ho cercata. Le ho parlato e mi ha detto tutto quello che era accaduto, almeno tra te e lei e del fatto che Michela lo avesse scoperto e sai cosa? Mi sono incazzato a morte...”

Annuii abbassando lo sguardo.

“Lo so, hai ragione ma ti giuro che io non sapevo nulla di te e...”

Scosse la testa e rise rumorosamente.

“No, non mi sono incazzato per me, per lei e nemmeno per Michy anche se mi è dispiaciuto per come lo abbia scoperto. Io...mi sono incazzato a morte con te! Perché sei un coglione!”

“Beh si..grazie?” Chiesi confuso ma iniziando a sorridere davanti la sua espressione.

“Voglio dire è una vita intera che ti privi di quell’unica cosa che davvero desideri, che alla fine ci sei riuscito! Hai mandato tutto a puttane. Fine della storia, eccola lì. E’ tornata dopo due anni, e non riuscite a stare in una stanza per più di dieci minuti. Sei soddisfatto?” Urlò arrabbiato.

Mi allontanai sentendo la rabbia salire.

“Ma che diavolo...credi mi faccia piacere? Credi sia felice di tutto questo? No che non lo sono! Fanculo tutto, tutto!” Urlai di rimando spingendolo lontano da me. Poi mi voltai come una furia verso Ilaria e la guardai inferocito.

“Posso?” Chiesi prendendo il barattolo di gelato e lei annuì spaventata.

Tornai sui miei passi ma sentii una voce trattenermi.

“Ale credi sia il caso? Non è meglio aspettare chi vi calmiate un po’ ?” Chiese Gaia intimorita. Mi girai a guardarli uno per uno e scoppiare a ridere.

“No, cazzo, ho aspettato abbastanza!” Dissi sorridendo mentre Stefano mi guardava annuendo.

 

 


"Certo ridi tu, che idioti che siete!" Esordì Ilaria prendendo un barattolo di gelato tra le mani e girandosi con Gaia per seguire Michy.
"E adesso che centro io? e perchè piangi?"
"Sono incinta e piango quanto mi pare!"

Uscii di fuori a passo svelto, superando il tavolo ancora apparecchiato della cena e la sorpresi.

“Dobbiamo parlare” Dissi cercando di rimanere calmo.

Vidi i suoi occhi di cioccolata scrutarmi e scuotere forte la testa.

“Non mi và. Basta per questa sera, ti prego” Sussurrò e sentii la voce rotta dal pianto ed impazzii.

“E invece a me và perciò parliamo.” Continuai avvicinandomi e vidi il suo sguardo cambiare, arrabbiarsi. Bene!

“Che c’è dobbiamo fare sempre quello che vuoi tu? Sei sempre tu a decidere tra noi?” Mi rispose con foga e sorrisi appena, non per le sue parole ma perché ero riuscito a farla reagire in qualche modo.

“Ecco, vedi? Anche tu vuoi parlare con me ed è inutile continuare a nascondersi a questo punto. Guarda ho portato anche il gelato, come ai vecchi tempi, ti ricordi?” Dissi calmo cercando di avvicinarmi e mantenere l’emozione che sentivo nascere nel petto.

Scattò in piedi, infuriata e con gli occhi lucidi.

“Ma cosa credi che tu possa fare tutto quello che vuoi? Credi di venire qui con un barattolo di gelato e cancellare questi ultimi anni ? Con che pretesa, poi? Quale pretesa? Io ricordo tutto, dannazione, tutto! Forse sei tu ad aver dimenticato di avermi lasciato in lacrime, mentre ti chiedevo di amarmi!” Urlò piangendo e la rabbia mi assalì.

“Tu credi di essere l’unica ad aver sofferto, vero? Credi che io me ne sia sempre fregato di te, ma allora non è servito a niente che io... che io...” Ringhiai furioso e la vidi avvicinarsi scossa ed arrabbiata quanto me.

“Cosa? Cosa? Parlami, vuoi parlare? Allora parlami!” Mi urlò sul viso e sentii il calore del suo corpo avvicinarsi e farmi impazzire.

“Tu non sai cosa voglia dire, tu...” Sillabai furioso ogni parola ma lei mi si avventò contro.

“Io non lo so? Non so cosa voglia dire, cosa? Ho mandato tutto al diavolo per te...tutta la mia vita...io...”

“Ma non ci hai pensato due volte ad andartene!” Urlai impazzito.

Fu un attimo. Un intero secondo dove tutta la tua vita si trova ad un bivio. Quell’attimo che rivivrai nella tua mente per ogni giorno a venire perché è in quel momento che tutto cambia, e non puoi fare altro che seguire il tuo cuore, sempre ed ovunque, anche se sai già dove ti porterà.

La furia e la disperazione ci accecarono entrambi, impazziti e disperati.

“Perché ti amavo!” Urlò con tutta se stessa.

Ed esplosi... il tavolo, la tovaglia, piatti e bicchieri distrutti a terra, lasciarono solo l’eco della mia risposta.

“Ti amavo anch’io dannazione! Ti ho amata Ogni. Singolo. Attimo, di questa fottuta vita!” Urlai stremato, mentre un tuono risuonò.


Dicono che prima della morte, la tua vita ti passa davanti come un film...beh io non stavo per morire, ma rividi ugualmente tutti quegli anni nella mia mente e anche se tutto cambiava, una costante era presente... Michela.

 

 

 

 

******************

 

 

Seduto sul marciapiede della scuola di Mirko, aspettavamo insieme che mia madre ci venisse a prendere; era in ritardo e non sapevo il perché. Quando una macchina si accostò a noi e Gaia con le sue immancabili trecce si sporse dal finestrino, capii che mamma non sarebbe venuta.

Al citofono nessuno rispose e mentre Mirko continuava a farmi domande, misi la cartella a terra e scavalcai in cancello facendo poi entrare mio fratello.

“Aspetta qui,” gli dissi e mi avvicinai alla porta socchiusa.

L’ingresso era sottosopra ed il silenzio che percepivo mi agitò.

Decisi di entrare controllando prima che Mirko non mi avesse seguito per poi attraversare il salone. Uno strano lamento colpì la mia attenzione e senza capire più nulla, mi precipitai in camera dei miei genitori.

Mio padre era seduto di spalle alla porta, con il volto tra le mani e le lacrime a soffocargli il respiro.

“Papà,” sussurrai avvicinandomi.

Lo vidi sussultare appena e voltarsi verso di me come scottato.

“Che ci fai qui ?” chiese con voce tremante.

Il volto ferito di mio padre, mi lasciò senza parole ma mi avvicinai tremando appena, fino al suo fianco. Sentivo gli occhi iniziare a bruciare ed una paura cocente s’impossessò di me.

“Dov’è mamma?” chiesi tremando.

Tutto accadde molto velocemente. Il mondo che avevo conosciuto sino ad allora cambiò per sempre, in un istante, il tempo di uno schiaffo pesante che mi atterrò, bruciando il corpo e l’anima.

“Non pronunciare più quella parola in mia presenza. Quella donna non esiste più. Voi ed i vostri continui piagnistei l’avete fatta scappare. Da oggi saremo solo noi tre e farai bene ad abituarti a tutto questo.”

 

Da quel giorno di fine Maggio, non fui più un bambino. Smisi di essere me stesso, lasciando entrare la paura dentro di me.

 

*******************

 

Avevo passato quell’estate con mia nonna e Mirko, lontano da mio padre e dalle sue continue crisi, ma a settembre tornammo a casa.

La sveglia suonò e facendo attenzione a non svegliare Mirko che insisteva per dormire con me, andai a preparare la colazione.

Feci il caffè per mio padre e mi riempii la tazza di cereali iniziando a mangiare.

Lui entrò in cucina, vestito nel suo completo elegante, guardandomi appena.

“E’ il tuo primo giorno di scuola, vero?”

Annuii con il boccone in bocca.

“Oggi Mirko starà con zia, ha avuto un po’ di febbre stanotte.” Commentai alzandomi e bevendo l’ultimo goccio di latte.

Presi la cartella e mi diressi verso la porta. Srotolai le cuffiette del walkman ma sentii ugualmente le sue parole.

“Vedi di non farti riconoscere dal primo giorno.”

“Certo, buona giornata anche a te papà” borbottai tra me isolandomi poi dal resto del mondo.

Di fronte la scuola, tutti correvano frenetici ed elettrizzati per il primo giorno delle medie, per me invece, era un giorno come un altro.

Qualcuno cadde atterra davanti ai miei occhi. Era una ragazza così minuta che sembrava avesse l’età di Mirko e fu istintivo per me, andarla ad aiutare.

“Ciao io sono Alessandro.”

“Ciao, io sono Michela.”

 

Da quel giorno lei entrò a far parte della mia vita e a farla sua, ma ancora non lo sapeva...

 

 

**********************

 

 

Guardai l’orologio e chiusi i libri, Michy doveva essere già tornata dal suo corso di nuoto.

“Dove stai andando?” Chiese mio padre prendendomi per un polso.

“Vado da Michela” risposi facendo spallucce.

Lo vidi guardarmi di sottecchi e deridermi appena.

“Bene. Hai capito già come funziona il mondo.” Disse crudele e seppi anche se non ne avevo capito il significato, che mi aveva appena insultato.

Rimasi incerto sulla porta per pochi secondi ed alla fine cedetti.

“Cosa vuoi dire?” chiesi senza guardarlo.

Notai la sua schiena voltarsi, tornando verso il salone.

“Vuol dire che se una persona è mediocre ma si circonda di gente che vale, può avere un minimo di speranza. Tu ritieniti pure fortunato che quella ragazzina ti permetta di starle accanto. E’ sufficientemente carina e di discreta famiglia, di certo non puoi pretendere di più. Quando si stuferà, potrai sempre contare sul tuo cognome, e non è cosa da poco, sempre però, se non avrai finito di rovinarti con le tue mani”.

 

La voce di mio padre era una goccia che martellava quotidianamente la mia mente ma la cosa che odiavo più di tutte era quando parlava di lei. Dell’unica cosa bella della mia vita, oltre mio fratello. E lo odiai perché da quel giorno iniziai a credere alle sue parole.

 

 

 

 

*****************

 

 “Se vuoi provare a baciare un ragazzo io ci sto, e ti assicuro che sono molto meglio della tua mano.” Dissi un pomeriggio.

“Ma non credi che sarebbe strano...voglio dire...tra noi?” chiese arrossendo e scossi la testa sicuro. Ero certo di noi e volevo solo farla felice.

“Non vedo perché, sei la mia migliore amica e poi sarò onesto e ti dirò come sei andata.”

“Io non so come fare” sussurrò appena e qualcosa d’impercettibile si mosse nel mio petto.

“Lasciati andare, al resto ci penso io” riuscii a dire e la voce fu molto più ferma di quanto credessi.

Quello che era iniziato come un gioco si tramutò, quel pomeriggio, in qualcosa di terribilmente pericoloso, perché non lo sapevo. Non sapevo a cosa stavo andando incontro, non sapevo che premendo le mie labbra sulle sue, il mio intero universo avrebbe cambiato significato. Non sapevo quanto in realtà quel sapore, il suo, avrebbe dato un senso diverso alla mia vita.

 

Non sapevo che da quel giorno, avrei vissuto ogni attimo nel desiderio incessante di poterlo assaggiare di nuovo ma con la paura assordante che fosse semplicemente, troppo...talmente buono da essere...peccaminoso.

 

 

*****************

 

 

“Ragazzi filate negli spogliatogli e lavatevi bene...” Disse Stefano facendo il verso al nostro allenatore dopo la partita. “Ma che crede che non ci laviamo?” .

Scoppiammo a ridere tutti mentre io mi asciugavo il sudore sedendomi sulla panchina.

“Beh forse ha avuto qualche dubbio su di te” reagì Davide spintonandolo ed iniziando così a fare gli scemi come sempre.

“Ehi ehi venite quà, le ragazze stanno ancora giocando.”

Mirko, un compagno di classe, salì in piedi sulla panchina e si sporse dalla finestrella alta dello spogliatoio.

“Dio ma non sanno che quei pantaloncini elasticizzati non lasciano niente all’immaginazione?” Commentò ridendo mentre altri si arrampicavano curiosi.

“Meglio per noi che non se ne rendono conto.”

“Guarda che quelle lo fanno apposta per farsi guardare e noi le accontentiamo...”

Mi alzai ridendo con gli altri.

“Sembrate dei lupi arrapati davanti ad un film porno. Stanno solo giocando a pallavolo!” Commentai divertito, andando ad aprire la borsa per lavarmi.

“Si si certo. Guarda che culo! Certo che la piccolina sa il fatto suo” Continuò Diego.

Non gli diedi ascolto e continuai a sogghignare divertito pensando che avrebbero dovuto mettere una videocamera lì dentro e farsi due risate.

“Che poi a me quelle piccoline mi fanno impazzire..” ed il commento iniziò ad attirare la mia attenzione.

“Certo perché a letto, te le puoi rigirare senza difficoltà” Conclusero spalleggiandosi a vicenda e mi avvicinai cercando di capire di chi stessero parlando.

“Si, piccola abbassati a prendere la palla... Dio, Michela, hai un culo che parla!”

A quel nome scattai, non capendo più nulla. Presi Mirko per la maglietta e lo spinsi indietro facendolo cadere a terra.

“Che cazzo hai detto?” Urlai furioso.

“Oh ma che problema hai?” Rispose allontanandosi impaurito.

Scattai ancora e lo alzai da terra con tutta la forza che avevo.

“Il mio problema sei tu. Non ti permettere mai più di parlare di Michela in quel modo e nemmeno di guardarla! Hai capito?” Sentii la mano di Stefano trattenermi ma non riuscii a calmarmi ugualmente, sembravo impazzito ma non potevo permetterlo!

Nessuno poteva guardarla. Nessuno!

Lo spinsi ancora lasciandolo cadere ancora a terra mentre tutti mi guardavano impauriti. Non ero mai stato un tipo violento ma quel giorno la rabbia mi accecò.

“Stavamo solo scherzando e poi...che diavolo...mica è la tua ragazza!” Continuò Diego aiutando Mirko ad alzarsi.

Indietreggiai appena, davanti a quelle parole e mi voltai di scatto tornando verso la borsa per prendere il cambio.

“Si beh...voi tenetelo a mente. Nessuno si deve avvicinare a lei senza che io lo sappia. Il resto non vi riguarda!” Sputai furioso, infilandomi dentro la doccia e lasciando il silenzio dietro di me.

 

Da quel giorno conobbi il significato di qualcosa che ancora non avevo mai provato.

Gelosia. Cieca gelosia per Michy e non seppi in quel momento, quanto avrei dovuto imparare a conviverci.

 

 

 

 

******************

 

 

 

“Quella ti sta guardando” disse Riccardo in piedi nell’autobus. Tornavamo da scuola mentre le ragazze erano rimaste per un corso facoltativo di matematica che io avevo tranquillamente saltato. Mi voltai curioso e la vidi, era biondina alta e slanciata, bel fisico tanto forse troppo trucco ed era decisamente troppo sicura di sé visto che mi sorrise sfacciata.

Le diedi le spalle e tornai a parlare con Riccardo.

“Si l’ho vista diverse volte, prende quest’autobus tutte le mattine” Commentai guardando dal finestrino che fermata fosse.

“Non mi sembri interessato” Disse curioso.

“Non lo sono infatti, è carina ma se la tira decisamente troppo.” Risposi convinto.

Davide si tolse le cuffiette e mi guardò come venissi da Marte.

“Cioè, fammi capire bene, quella figa ti punta ogni giorno e te non te la sei ancora fatta perché se la tira? Ma che ti frega! Tira in porta e arrivederci!” Disse con la sua solita sfacciataggine che mi fece scoppiare a ridere.

“Ecco diciamo che lo credo anch’io, detto in altre parole ma il senso è quello!” Commentò Riccardo ridendo con me.

Scossi la testa e sentii qualcuno passarmi affianco e toccarmi impercettibilmente la schiena mi voltai e me la trovai davanti. L’amica al suo fianco era decisamente più timida e disse un flebile “permesso” per passare, mentre lei mi guardò sfacciata, prima di scendere.

“Capito la ragazza? E te che ancora ci pensi? Ma si può sapere chi stai aspettando? Lo vogliamo inaugurare o no?” Continuò Davide e se non fosse stato per il significato delle sue parole, avrei riso anch’io.

Chi stavo aspettando?

Avevo perso l’autobus quella mattina, la sveglia non aveva suonato e per fortuna ero riuscito ad accompagnare Mirko a scuola mentre io sarei dovuto entrare alla seconda ora.

Seduto alla fermata, stavo fumando una sigaretta con la testa appoggiata alla parete e gli occhi chiusi. Non stavo pensando a nulla di particolare, solo all’appuntamento di Michy con quel cetriolo della 3F. Fortunatamente sapevo già che non sarebbe accaduto nulla, altrimenti gli avrei spezzato le gambe, ma anche solo l’idea che lui l’avrebbe baciata...beh mi faceva impazzire!

“Guarda che coincidenza!” sentii una voce al mio fianco ed aprendo gli occhi vidi la biondina al mio fianco, sorridermi maliziosa.

Forse il destino, aveva altri progetti per me.

 

“Cos’hai?” chiese la biondina spogliandosi davanti a me.

Chiusi le persiane per togliere un po’ di luce e solo con i jeans addosso tornai a guardarla. Era bella, certo! Mezza nuda, alta e sinuosa che mi sorrideva sexy.

Era bella, sì, ma non era lei. E questo bastava a frenarmi.

Si avvicinò, toccandomi il petto e scendendo a baciarmi con le labbra bollenti e per quanto mi sentivo strano e confuso, il mio corpo reagì.

Sospirai prendendole la testa tra le mani e affondando la lingua in quella bocca di fragola. Gemette e mi sentii forte, eccitato e decisi di spengere la mente ed il cuore.

Lei non era per me.

 

 

Da quel giorno il sesso divenne il mio miglior sfogo, anche se in ogni volto, in ogni sorriso, in ogni sospiro... io immaginavo solo lei...

 

 

**********************

 

 

 

“Mi spieghi cos’hai?” chiese Stefano arrabbiato, urlandomi nelle orecchie per la musica assordante.

Feci spallucce e tornai a buttare giù un altro sorso di qualcosa di indefinito, sapevo solo che bruciava da matti.

“Si presume essere una festa perciò perché quella faccia?”

Scossi la testa e sorrisi amaramente ricordando le parole che Michy mi aveva detto

poco prima; - staserà farò l’amore con Fabio- e dannazione mi ero sentito morire!

Ero rimasto così sconvolto che stavo per fare la più grande cazzata della mia vita, stavo per dirle tutto...tutto... già e poi? Dopo sarebbe andato tutto a puttane, perché la verità era semplice; non valevo un cazzo ed il giorno in cui lei se ne sarebbe accorta, sarebbe finito tutto. E non potevo! Avevo solo lei...era tutto per me, tutto!

Strinsi gli occhi, ricacciando il magone che sentivo salirmi nel petto. Affogai nell’ultimo bicchiere, l’immagine di lei con un altro uomo, di lei che si donava completamente ad un altro che semplicemente...non ero io. E lo maledii, lo maledii con tutto me stesso perché aveva l’unica mia ragione di vita...tra le mani ed io non potevo farci nulla perché non valevo niente!

“Sai che c’è? Hai ragione! E’ una festa, allora divertiamoci!” dissi scolandomi la bottiglia e sparendo tra folla.

 

 

Da quel giorno capii che l’alcol non aiuta a cancellare i demoni e le paure che si hanno nel cuore, ma solo ad ingigantirle.

 

 

 

*******************

 

 

 

“Cosa vorresti fare tu?” Urlò mio padre chiudendo Mirko in un angolo.

Scattai verso di lui ma Mirko rispose prima di me.

“Voglio suonare papà. Suonare il piano come la mamma, mi hanno detto che sono bravo, vuoi sentire ?” Chiese Mirko innocente e fiducioso.

Vidi le spalle di mio padre irrigidirsi e temetti potesse picchiarlo, anche se non aveva mai alzato un dito su di lui, ero sempre stato io il suo sfogo preferito, perciò mi avvicinai prendendo Mirko per un braccio e tirandolo vicino a me.

“E’ vero papà, è bravo. Ho già parlato con la segreteria del conservatorio per avere qualche informazione e...” non riuscii a finire che sentii la guancia bruciarmi.

“Da quando in qua prendi decisioni che non ti spettano? Ti metti sempre in mezzo, non vuoi proprio imparare eh? Devi startene al posto tuo! Siete i miei figli e decido io per voi, non tu!” sputò crudele.

La voglia di ribellarmi era tanta ma non lo feci solo per Mirko, per non lasciarlo indifeso con mio padre. Io ormai ero abituato alle sue parole anche se non smettevano mai di fare male e di umiliarmi. Sentivo che mi stava annientando lentamente ma non potevo evitarlo. Guardai Mirko che con gli occhi lucidi rispondeva al mio e gli sorrisi; presi un respiro e tornai all’attacco.

“Non sai quanti soldi si possono fare intraprendendo una carriera come la sua. L’insegnante ha detto che ha davvero molto talento, e ciò non farebbe altro che portare in alto il tuo nome, portare prestigio a tutti noi...a te! E poi io farò legge, lo sai che sono d’accordo..”dissi scegliendo le parole più adatte per convincerlo.

“Certo che lo sei, è l’unica carta che hai per avere un futuro, chi altri assumerebbe uno scansafatiche come te ? Tocca sempre a me rimediare ai tuoi sbagli!” Sputò bevendo un sorso di vino.

Mandai giù il boccone amaro e cercai di annuire.

“Appunto. Lasciamolo provare allora no?” Insistetti mentre lui camminava per il salone.

“Ci penserò.” Disse solo e Mirko mi strinse forte a se. Era felice, solo questo importava!

 

Con gli anni capii che quel giorno decretai la felicità di Mirko ma condannai me stesso.

 

 

****************

 

 

 

Il Circeo era stata la vacanza che avevo aspettato impazientemente. Avevo bisogno di staccare dalla mia quotidianità, da mio padre che in assenza di Mirko poteva concentrarsi solo su di me, come la sera prima della partenza. Inoltre, assurdo pensarlo, ma ero anche stanco delle ragazze dell’università, avventure di uno notte, l’unico aspetto di me per cui mio padre si vantava, tra l’altro, non sapeva quanto invece la mia era una stupida lotta verso me stesso e verso ciò che volevo davvero ma che non potevo permettermi.

Anche la presenza di Daniela, iniziava ad infastidirmi e mi pentii di aver iniziato quella stupida storia di sesso che non avrebbe portato a niente, almeno per me, e lo sapevamo entrambi anche se lei sembrava non capirlo.

Al terzo giorno di vacanza a notte fonda entrò piano in camera mia, Michy dormiva già da un po’ mentre io ero ancora sveglio perso con gli occhi sul soffitto.

“Che diavolo fai?” sussurrai vedendola entrare.

“Non ho sonno” commentò avvicinandosi.

Mi voltai verso Michy per assicurarmi non si fosse svegliata e poi mi alzai furioso prendendo Daniela per un braccio.

“Senti fatti una camomilla o quello che ti pare, ma non infilarti in camera mia così mai più!” Dissi arrabbiato.

La vidi guardarmi offesa ma non demorse.

“Dai ci divertiamo un po’, visto che non dormi nemmeno tu” Disse civettuola ma m’innervosì solamente.

“Direi proprio di no. Ho di meglio da fare” risposi duro, voltandomi e chiudendo la porta alle spalle.

Mi sdraiai accanto alla mia pulce e la vidi sorridere appena nel sonno, mi voltai quindi, verso di lei e presi ad accarezzarle i capelli morbidi, incantato dal suo respiro e dal battito del suo cuore.

Dicono che capisci di amare una persona, quando puoi passare la notte intera a guardarla dormire...beh i miei sentimenti per lei erano quanto di più profondo e vero conoscessi ma...

 

Solo quella notte capii di amarla davvero...

 

 

 

********************

 

 

 

“Dimmi dov’è. Dimmi dove cazzo è andata o giuro su Dio che te ne pentirai!” Urlai impazzito verso Gaia.

“Ehi calmati, lei non c’entra niente con le scelte di Michela.” Disse Riccardo abbracciando Gaia che aveva iniziato a piangere.

Ma io non riuscivo a capire più nulla.

“Scelte? Scelte? Ma di che cazzo state parlando? E’ sparita, non mi risponde al telefono. Tu prima mi dici che è da sua zia ed io mi faccio un giorno ed una notte di viaggio per andare lì e trovare il nulla. Poi come se non bastasse sua madre e suo padre non mi rispondono, il suo cellulare è spento e tu continui a dirmi che non sai nulla? Ed ora mi parlate di scelte?” Urali stremato. Ero pazzo.

Accecato dalla rabbia e dalla paura di averla persa.

Vidi Gaia prendere un respiro profondo e staccarsi da Riccardo.

“Va bene senti, è durata fin troppo ed il tempo necessario ormai è passato quindi posso dirtelo, tra l’altro ho anche un biglietto per te.” Disse cercando dentro la borsa e la paura iniziò a comprimermi il petto.

“Di che parli? Spiegati perché ho perso la pazienza” Dissi tremando.

Gaia alzò gli occhi nei miei con le lacrime che iniziarono a scorrerle sul viso.

“E’ partita. Se n’è andata.”

Tutti tacemmo ed il mio cuore si fermò.

“Co..come partita e dove?” Chiese Riccardo dando voce ai miei pensieri, mentre io e Gaia continuavamo a guardarci.

“Se n’è andata a Londra. E’ partita una settimana fa e beh... non è stato facile per lei...comunque questo biglietto è per te” Disse consegnandomi un piccolo foglio di carta piegato a metà.

Non seppi dove trovai la voglia né la forza di leggerlo ma lo feci:

 

 

-Perdonami per non aver mantenuto la promessa. Perdonami perché sapevo che non avrei mai potuto farlo. Non sono forte. Non lo sono mai stata, anche se ci ho provato davvero....per Noi.... perché un Noi esiste ed è sempre esistito e voglio credere che, in un modo o nell’altro, continuerà ad esserci.-

 

 

Strinsi il foglietto nel palmo della mano fino a farmi male, mentre un sapore salato mi bagnò le labbra. Cosa puoi fare se per anni ti sei aggrappato a quell’unica certezza che ti ha fatto andare avanti...quell’unico Noi, che racchiude il significato più profondo di te? Puoi correre, scappare ed infuriarti o puoi piangere. 

Ed io piansi, perché tutto era finito. Perché lei se ne era andata, perché la mia paura più grande si era avverata.

Piansi, da solo, come un ragazzino.

 

 

******************

 

 

 

“Sai cosa è significato per me, vederti ogni istante della mia vita e non poterti...avere...MAI?... Vivere ogni tua parola, ogni tuo sorriso, ogni sguardo e desiderare...costantemente...che fosse solo per me? Impazzire ogni volta che qualcun altro poteva averti come avrei voluto averti io ed odiare me stesso, odiarmi con tutto il cuore perché io non potevo?” Sussurrai con un nodo in gola mentre Michy mi fissata sconvolta e senza parole.

“Ci pensi mai a quella notte?” Chiesi  serio guardandola i quegli occhi che brillavano davanti a me.

Mi morsi un labbro e sentii la piaggia bagnarmi il viso ma non distolsi lo sguardo.

“Io...” Tremò non riuscendo a parlare.

Mi avvicinai, lento, verso di lei. I capelli bagnati incollati a quel viso meraviglioso che avevo contemplato ogni giorno alla luce del sole ed ogni notte sotto i raggi della luna. Era bellissima la mia Michy!

“Io vorrei non farlo. Davvero.” Sussurrai tremando sentendo il suo calore bruciarmi la pelle.

“Ma non posso... Vorrei non averci pensato ogni notte in questi due anni. Vorrei poterti dire che sono andato avanti, che sono felice ed orgoglioso di te, delle nuove esperienze che stai vivendo. Ma non posso.

Io...io non riesco a guardare più una donna come ho guardato te. Non sento più niente. Tutto quello che è accaduto dopo, è stato solo dolore ed io...io ti ho odiato, ti ho odiato con tutto me stesso perché eri l’unica. Eri l’unica cosa bella nella mia vita e lo sapevo...sapevo che non sarei sopravvissuto senza di te. Sono io lo sai? Tra me e te sono io quello debole. Sono io che non potevo vivere senza di te, senza il tuo sorriso, il tuo profumo. Sapevo che se ti avessi avuto, sarebbe stato troppo e ti avrei persa, perché avrei rovinato tutto. Non ti meritavo. Io... non ti merito, lo so, ma...Dio... lo voglio così tanto!” le sussurrai piangendo e poggiando la mia fronte sulla sua.

 

Mentre un lampo improvviso c'illuminò e brillò su quel volto perfetto e sulla lacrima che scivolava lenta.

Non pensai più a nulla la strinsi solo, forte a me. Sconvolti entrambi, da quell’amore così grande che ci aveva lasciati inermi di fronte l’inevitabile.

 

 

 

 

 

 

 

 

******************

 

Ebbene sì, è l’ultimo capitolo e mi viene da piangere. Il prossimo sarà l’Epilogo e non vi nascondo che mi mancheranno da morire questi due testoni, per questo probabilmente, troverete qualche missing moment, giusto per tenerli d’occhio :D

 

Non so cosa dirvi, se non Grazie, per avermi accompagnato in questi primi mesi con la mia prima storia. E’ stato emozionante scrivere di loro e lo è stato vedere ancora do più come vi siate affezionata a Michy ed Ale... ne sono commossa.

 

Cavolo ho un nodo alla gola, ma si può??? Basta non dico più altro, ho una certa età e non reggo forti emozioni perciò rimando ulteriori saluti all’epilogo!

Spero che questo capitolo, più lungo e particolare, tutto su Alessandro vi sia piaciuto!

Tutti dicono che l’Amore è semplice, naturale, ma in realtà è un impegno costante che facciamo ogni giorno.

Il vero Amore per me non è semplicemente, amarsi nella gioia ma è soprattutto condividere il dolore. Capisci di non poter fare più a meno di una persona e che questa ti ama davvero, quando affronta con te le giornate di sole e quelle di pioggia. Ti vede con la febbre, i capelli arruffati e senza trucco ma continua a dirti che sei Bellissima. Ti fa sorridere e piangere con uguale intensità e velocità ma soprattutto... se alla sera, abbracciati nello stesso letto, senti di aver trovato il tuo posto nel mondo, allora beh...non fatevela scappare!

 

Un abbraccio

 

Lela

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Capitolo 22
*** Missing moment (rosè) ***


FUGA missing rosso

FUGA

 

Missing moment (rosè)

 

 NB: capitolo non betato, scusate!

Il rating è tra l'arancione ed il rosso, scusate quindi se può turbare qualcuno, in quel caso evitate di leggere. Non cambia molto ai fini della storia.

“Io vorrei non farlo. Davvero.” Sussurrai tremando sentendo il suo calore bruciarmi la pelle.

“Ma non posso... Vorrei non averci pensato ogni notte in questi due anni. Vorrei poterti dire che sono andato avanti, che sono felice ed orgoglioso di te, delle nuove esperienze che stai vivendo. Ma non posso.

Io...io non riesco a guardare più una donna come ho guardato te. Non sento più niente. Tutto quello che è accaduto dopo, è stato solo dolore ed io...io ti ho odiato, ti ho odiato con tutto me stesso perché eri l’unica. Eri l’unica cosa bella nella mia vita e lo sapevo...sapevo che non sarei sopravvissuto senza di te. Sono io lo sai? Tra me e te sono io quello debole. Sono io che non potevo vivere senza di te, senza il tuo sorriso, il tuo profumo. Sapevo che se ti avessi avuto, sarebbe stato troppo e ti avrei persa, perché avrei rovinato tutto. Non ti meritavo. Io... non ti merito, lo so, ma...Dio... lo voglio così tanto!” le sussurrai piangendo e poggiando la mia fronte sulla.

 

Mentre un lampo improvviso illuminò i nostri volti e brillò su quel volto perfetto e sulla lacrima che scivolava lenta.

Non pensai più a nulla la strinsi solo, forte a me. Sconvolti entrambi, da quell’amore così grande che ci aveva lasciati inermi di fronte l’inevitabile.

 

 

“Stai tremando” susurrò Ale mentre ancora mi abbracciava sotto la pioggia.

Ero sconvolta per quello che mi aveva appena detto e non riuscivo a trovare le parole adatte per fargli capire come mi sentivo.

“Vieni andiamo dentro, siamo tutti bagnati” sorrise dolce e seguii rimanendo abbracciati.

Nel salone le luci arano tutte spente e guardando l’orologio mi accorsi che erano le tre di notte. Gli altri stavano sicuramente dormendo.

“Hai sonno” chiese e notai una strana luce negli occhi.

Feci di no con la testa, come potevo avere sonno?

“Ti va se andiamo in camera a parlare un po’?” chiese e notai una speranza ed un desiderio di avermi con lui che mi fece annuire con vigore.

Una volta in camera però, mi guardai intorno confusa, non sapevo cosa fare e come comportarmi di fronte a quella rivelazione.

“Tieni” disse passandomi un asciugamano ed iniziai a tamponarmi in silenzio.

“Parlerai mai ancora con me?” chiese timido ma sorridente.

“Si beh, sono un po’ sconvolta, perdonami.” Dissi allontanandomi e poggiandomi vicino il mobile, in piedi.

Lo vidi poggiarsi all’altra parete e fissarmi.

“Lo so che avrei dovuto dirtelo prima e non so se riuscirai mai a perdonarmi ma...Ti amo...è questa la verità. Ti ho sempre amato ma ero troppo spaventato per ammetterlo” disse serio, talmente tanto da colpirmi.

“Ed ora non lo sei più? Spaventato intendo.”

Mi fissò e scosse piano la testa.

“Ho guardato in faccia la mia paura più grande.”

“Quale?” chiesi staccandomi appena dal mobile.

“Ti ho persa” sussurrò.

Annuii capendo cosa intendeva e volevo trovare la forza per urlargli che ero lì davanti a lui e niente sarebbe cambiato.

“Volevo solo essere felice” risposi abbassando gli occhi.

“E ci sei riuscita?”

Tornai a guardarlo.

“No...ma..” chiese impaurita.

“Cosa?” chiese avvicinandosi.

“Abbiamo vite diverse ora. Io...io ho un’altra vita e non so cosa...non so cosa far...e” singhiozzai appena guardandolo con la paura e la speranza negli occhi.

"Il punto non è se sarai felice o no, perché so che lo sarai...Il punto è se vuoi essere felice con me o con un altro..." chiese serio ed i miei dubbi crollarono all’istante.

Trattenni il respiro e mi avvicinai tremando.

“Io...Io non potrei mai essere felice senza di te” dissi in un sussurrò.

Vidi i suoi occhi brillare mentre lo raggiungevo.

“Meglio così allora, perché io non potrei vivere senza di te” sorrise dolce ed il mio cuore si fermò.

Si avvicinò lento guardandomi negli occhi e tremando appena. La bocca socchiusa respirava leggera ma veloce e lo sentivo sulla pelle. Uno di fronte all’altra, il tremore aumentò sentendolo scorrere nelle ossa, il mio corpo rispondeva al suo muovendosi lento e attirato da un’energia che ci racchiudeva dentro una bolla.

La sua mano destra salì lenta nell’aria muovendosi nello spazio tra di noi, ma lui continuava a fissarmi negli occhi come aspettando una risposta od un rifiuto che non sarebbe mai arrivato.

All’altezza della spalle un indice si posò al lato del collo e mi toccò... leggero come un petalo, fece scorrere il polpastrello accarezzandomi delicato mentre il mio respiro aumentò facendosi più intenso e sentito. Lo fissavo, incantata da quel viso perfetto e da quel tocco proibito che mi regalava un calore  talmente profondo da ustionarmi la pelle mentre il suo dito s’insinuò sotto la bretella della canottiera che con una leggera spinta scese veloce scoprendomi un lato e facendomi tremare. Si fermò, lento ma determinato giocando con tutte le dita sulla spalla...quattro scie lente ed infuocate a marchiarmi la pelle e la voglia di sentirne di più ed ancora ed ovunque, crebbe dentro di me. Sospirai guardandolo e pregandolo con gli occhi di fare qualcosa, qualsiasi cosa potesse farmi perdere totalmente nella sua pelle. E parve avere lo stesso bisogno, la necessità di sentirmi pienamente. Avvicinò il viso al mio, continuando a guardarmi ma muovendosi lento e cauto, spostò la bocca sulla mia guancia destra ed il contatto con quelle labbra bollenti sulla mia pelle mi scossero fin dentro l’anima. Ispirò forte sul mio collo e mi baciò appena lungo la mandibola fino al lobo e lo sentii trattenersi ...fermarsi appena e respirare...

“Se vuoi fermarmi, fallo ora. Perché sto impazzendo dalla voglia che ho di te, di respirarti...” disse inspirando sulla pelle ...” di toccarti” continuò accarezzandomi l’altra spalla.. “e che Dio mi salvi, di assaggiarti...” a quelle parole gemetti senza vergogna sentendo la sua lingua bollente accarezzarmi il lobo.

“Dimmi una parola ed io mi fermerò ma sappi che...” si fermò ancora cercando di controllare il respiro sempre più pesante, “spero tanto che tu non lo faccia...”

E tremai forte, completamente persa in lui e nelle mille sensazioni che stavo provando solo ad averlo vicino e senza riuscire a dire una parola mi aggrappai alle sue spalle, ispirando anch’io il suo profumo e sfiorandogli la mandibola con la guancia.

Ale s’irrigidì appena in attesa di una mia mossa, sapevo che voleva fossi sicura. Sicura di lui, sicura di noi.

Mi alzai in punta di piedi prendendogli il viso tra le mani e lo guardai negli occhi; il verde fuso delle sue iridi sembrava sciogliersi sotto di me e cercando di concentrarmi sulla mia voce ed acquietare il battito del cuore che mi stava scoppiando riuscii solo a respirargli calda sul viso tre semplici parole :”Non voglio fermarmi.”

Vidi i suoi occhi brillare e le labbra socchiudersi nel sorriso più dolce e sexy che avessi mai visto.

“Allora è la fine...”sorrise scuotendo la testa come in una rassegnazione totale ma felice.

“Perché sono già perso... di te e non mi fermerò. Non mi fermerò mai!” sussurrò tremando avvicinando le sue labbra alle mie.

E tornammo ad essere una sola persona.

Mi strinse forte a se come per non lasciarmi scappare ma io non sarei fuggita mai più, non sarei sopravvissuta ancora senza di lui, senza il suo sapore, il suo calore.

Le mani scivolarono sul mio corpo, lente ma decise, dalle spalle ai finchi ed ancora sul collo, mentre le labbra mi mordevano lente e la lingua riempiva bollente la bocca. Il sapore di Ale era qualcosa di sublime e paradisiaco di cui non avrei mai fatto a meno. Gli strinsi forte il volto tra le mani, spingendo sulle punte e cercando di averne di più sempre di più. Ero frenetica, insaziabile ed impazzita, incapace di capire come avessi fatto a respirare senza quel profumo sulla pelle.

Le mani tornarono alla bretella della canottiera e fece cadere anche la seconda lasciando il petto solo con l’intimo. Le mie scorsero tra i suoi capelli morbidi e li tirai appena mordendogli le labbra, morbide e succose perdendo anche l’ultimo appiglio di lucidità. Gemetti quando il palmo caldo scese sul mio fianco destro e poi sulla schiena per sbottonare quell’inutile indumento ed io impazzii nell’indecisione se lasciare quei soffici capelli o scendere ad aprirgli la camicia. La carne vinse, la voglia della sua pelle sua mia e gemetti frustrata perché lo volevo tutto e non era ancora abbastanza anche se mi stringeva forte togliendomi il respiro. Il primo bottone, poi il secondo e via scivolando lenta ma affamata sul quel corpo perfetto mentre sentii la pressione del gancetto allentarsi ed il reggiseno cadere giù. Ultimo bottone ed il suo petto fu nudo per me, sospirai estasiata ed entrambi gememmo quando mi strinse a se ed i miei capezzoli entrarono in contatto con la sua pelle calda.

Respiravo a fatica, sconvolta dal piacere e dal desiderio e lui lasciò piano le mie labbra scendendo lento e calcolatore sul seno, su quella carne rosa e sensibile. Ne prese la punta irrigidita leccandola piano, con tutta la superficie della lingua mozzandomi l’aria e facendomi inarcare sotto di lui. Succhiò primo lento e contemporaneamente stringendomi tra la nuca e l’inizio della schiena come per schiacciarmi ancora di più a lui ed arrivò la fame; pura e lussuriosa che lo fece succhiare con foga e passione, ed io sentendo la mia carne riempirgli la bocca gridai dal piacere. Si staccò all’improvviso allontanandosi appena e mi guardò sconvolto, con le labbra rosse e gonfie come le mie, entrambi con il petto che si alzava ed abbassava dalla foga.

“Non arriverò vivo alla fine...” sussurrò roco guardandomi e sorrisi sconvolta annuendo, incapace di parlare.

“Ma non ci arriverai nemmeno tu!” continuò, prima di avventarsi ancora su di me e non sorrisi più.

Mi alzò con possesso la gonnellina di cotone che si andò ad arrotolare insieme alla canottiera in vita e s’inginocchiò guardandomi con la furia negli occhi.

Prese a baciarmi lento la pancia, con una mano massaggiarmi il seno sinistro e con l’altra la coscia destra. Mi voleva tutta, così come io volevo lui ma due mani non bastavano a saziarci. Lo strinsi di più a me tirandogli ancora i capelli e alle labbra si sovrappose la lingua, bagnata calda a riempirmi l’ombelico mandandomi scosse di piacere. Leccò un fianco e strinse il capezzolo tra le dita facendomi inarcare e gemere e non seppi mai come, ma tutta la mia timidezza la mia paura vennero spazzate via dal piacere e dalla consapevolezza di Alessandro su di me. Non era sesso, era Amore ed era centomila volte più appagante e totalizzante.

Unii la mia mano alla sua che stringeva il seno e mi chinai a baciargli quelle dita, quella pelle, leccando ed assaggiando con un senso di primitività che mi fece perdere la testa.

Ringhiò basso, al tocco della mia lingua e mosse la sua mano destra dalla coscia alla vita, abbassandomi con possesso la canottiera e la gonna che caddero a terra senza resistenza alcuna. Rimasi nuda, coperta solo dall’intimo striminzito che amavo indossare e quando lo vide si fermò ancora, con la testa scattò verso l’alto per guardarmi malizioso e soddisfatto sotto al mio sguardo eccitato.

Prese ad accarezzarmi le gambe dalle caviglie fine al seno che strinse a coppa con entrambe le mani per poi scendere sulla pancia lento; arrivò al bordo delle mutandine ed iniziò ad accarezzarne i bordi senza invadere troppo quella parte di me che invece impazziva per essere toccata. Iniziai a respirare ancora più veloce con le gambe che iniziarono a tremarmi e il desiderio di lui diventare più insopportabile.

“Ale...” sussurrai come una preghiera e lo vidi sorridere guardandosi e leccandosi le labbra. Con il dito s’intrufolò appena sotto il tessuto ma senza penetrarmi e gemetti di frustrazione ed aspettativa.

“Non ce la faccio più...” boccheggiai in preda al calore bruciante.

“Se pensi che ho aspettato due anni per poterti assaggiare di nuovo...” sussurrò roco e si avvicinò alla mia intimità.

Con la lingua prese a leccare il bordo delle mutandine per poi trovare il mio centro e mordermi sopra di esse. Gemetti frustrata e mi abbassai sulle sue spalle.

“Basta giocare” dichiarai in preda alla pura e semplice follia. Lo spinsi a terra e mi misi a cavalcioni su di lui riempiendogli la bocca con la mia lingua e presi a muovermi e strusciarmi annaspando in cerca di sollievo su di lui.

Lo sentii sorridere sotto di me e rispondere ai miei movimenti con altrettanta foga.

“Stronzo” borbottai mordendogli un labbro e succhiandolo dopo.

“Sei stupenda” mi rispose e ridemmo continuando a baciarci.

Con le mani scesi a togliergli i pantaloncini che vennero via con l’intimo stesso e, visto che non era premeditato, al contatto delle nostre intimità gememmo entrambi sorpresi, smettendo immediatamente di ridere e guardandoci seri negli occhi.

Nel silenzio che scese improvviso, ci immobilizzammo entrambi per un attimo, mi chinai piano a baciarlo e lui rispose leccandomi il labbro e stringendomi i fianchi.

Allungai una mano verso di lui e lo strinsi fra le dita, caldo e duro, mentre Ale socchiuse gli occhi perso dal piacere; lo fissai con il desiderio di imprimere quel momento e quella sua espressione nel mia mente per sempre e sapevo sarebbe stato così. Sollevandomi appena con il bacino e mi tolsi le mutandine per poi avvicinarlo alla mia entrata.

“Cosa credi di fare?” chiese divertito e lo guardai confusa.

Mi prese per i fianchi facendomi scivolare sul suo petto rimanendo sdraiato.

“Devo ancora assaggiarti come si deve” mormorò roco, spalancandomi le gambe davanti al suo viso.

Trattenni il fiato sentendo il suo respiro caldo sulle mie labbra .

“Dio se sapessi quante volte ho sognato il tuo sapore”.

Roteai gli occhi sentendo il petto alzarsi veloce, stavo impazzando.

“Ale..” gridai senza più fiato e lui affondò in me, pienamente, totalmente facendo mi gridare.

Leccò profondo entrando ed uscendo lento tanto da farmi morire e quando prese a succhiare caddi sdraiata senza forza allungando una mano tra i suoi capelli e stringendolo a me.

Affondava, leccare, succhiava così tanto da portarmi sul baratro in pochi attimi, respirai veloce, con voce spezzata, lo sentii prendermi le cosce ed allargarmi ed affondare ancora impazzito quanto me. Strinsi i capelli e lo spinsi dentro di me tanto da sentire male alle nocche. Ringhiò mordendomi l’apice ed esplosi senza più aria nei polmoni.

Tornò a leccarmi lento e dolce per darmi il tempo di respirare di nuovo ma io paradossalmente volevo sentirlo ancora e di più.

Mi alzai fissando la bocca bagnata ed il volto in preda alla lussuria e lo baciai in un misto di sapori che non fecero che eccitarci di più.

Mi sedetti di nuovo a cavalcioni e lo avvicinai alla mia carne calda trattenendo entrambi il respiro; lo vidi tornare a fissarmi proprio quando persa in lui, mi abbassai lenta prendendolo dentro di me ed il piacere ci fece spalancare gli occhi uno nell’altra. Iniziammo a muoverci insieme seguendo un ritmo naturale e lento, spingendo sempre di più e volendone ancora ed ancora. Il respiro accelerò ed Ale si sollevò di scatto mettendosi seduto mentre io continuavo ad accoglierlo mai sazia.

Spinse forte facendomi sdraiare indietro sulle sue gambe ed il suo calore sembrava toccarmi l’anima. Si abbassò poi su di me succhiandomi il seno ed aumentando il piacere che saliva pian piano. Ero sconvolta, persa e volevo solo gridare, incapace di trattenere tutte quelle sensazioni quelle emozioni ed sentendo un calore salire dal basso mi rialzai di scatto tornando seduta su di lui. Gambe e braccia ad avvolgerci e la sua bocca che cercava la mia e trovandola affondava la lingua seguendo il ritmo delle sue spinte. Ero piena di lui.

Tremai, vicina al culmine e spinse più forte più affondo.

“Ti amo” sussurrò sulle mie labbra lo strinsi a me ancora più forte tremando.

“Ti..a..mo” risposi e all’ennesima spinta gridai, avvolta da un mare di luci e sentendolo gridare con me capii di essermi persa in lui...per sempre.

 

 

 

 

***************

Avevo promesso un missing rosso e beh questo è il meglio che sono riuscita a fare perdonatemi se vi aspettavate di più ma non sono capace a scrivere certe scene e con questo capitolo ho decisamente sofferto XD

Il prossimo è l’Epilogo, lo dico per chi non mi segue su fb e si è visto arrivare questo missing così senza senso. Non ve la prendete con me, mi hanno costretto ^_^

 GRAZIE a tutte voi che mi avete seguito ed incoraggiato sino alla fine!!! GRAZIE DAVVERO!

Se volete leggere qualcos’altro di mio, ho iniziato una nuova e molto diversa originale “L’Amore non è Peccato” se vi va di darci un’occhiata e dirmi che ne pensate  ne sarei felice :D

 

Un abbraccio a tutte

Lela

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Capitolo 23
*** Epilogo ***


EPILOGO- FUGA


Epilogo  

Fuga

 

Solo per Noi

 

 

4 anni dopo 

 

 

Il tempo tornò ad essere dalla mia parte ed in un certo senso, avanti a me. Era accaduto in quell'estate, la stessa che aveva portato con se le risposte alle mille domande che mi ero posta per anni. Potrei dire che tutto cambiò da allora, che la mia vita si mosse verso la stessa direzione in cui sarebbe andata prima che fuggissi ma...beh ho capito con gli anni che il destino segue il corso che ritiene più giusto anche se a noi non sembra così.


"See you in two weeks honey. Have fun!" mi salutò Brenda mentre uscivo dall'ufficio. Era mattina ed ero passata a portare degli articoli su cui avevo finito di lavorare la sera prima, certo avrei potuto mandarli via mail ma volevo farlo do persona ed anche salutare i miei colleghi.
"Thanks darling, take care" risposi abbracciandola e scendendo subito dopo, le scale di corsa. Ero in ritardo e nervosa per quello che sarebbe accaduto di lì a poco, anche se l'idea di non dover lavorare per due settimane era decisamente entusiasmante.
L'aria fresca mi colpì in viso e sentendo leggerissime gocce d'acqua bagnarmi la pelle, sorrisi; quella mattina il sole era spuntato e scomparso già diverse volte ma dopotutto era normale, ero a Londra.

 

Sulla metro mi ritrovai a pensare ancora a quell’estate, senza un reale motivo in realtà ma a distanza di quattro anni, le scene, i pianti, i sorrisi di quei giorni tornarono ad affollarmi la mente. Ed era strano come per tutti noi, la vita avesse preso strade diverse da quelle che ci aspettavamo.

Al risveglio, per esempio, ricordai con quanto silenzio facemmo tutti colazione, guardandoci l’un l’altro ma senza parlare. Due telefonate importanti, infatti, spezzarono la magia creatasi in quella vacanza.

 

Il sole mi riscaldava la pelle e qualcosa o meglio qualcuno stretto al mio corpo, mi teneva con un bisogno talmente forte che faticai a dimenticare con gli anni. Era possesso ed amore, nel senso più puro e semplice del termine ed anche se erano due concezioni opposte, a me risultavano illogicamente perfette... come lo era tutto tra me ed Ale ma era giusto così,  il senso eravamo Noi. 

Era giusto quel possesso, era giusta la disperazione e la liberazione con cui i nostri corpi e le nostre anime si erano finalmente amati. Era giusto stare lì, in quel letto con il sole caldo sulla pelle e gli occhi aperti... ancora a sognare una vita diversa, solo per noi.

“Sei sveglio?” sussurrai appena e lo sentii annuire piano respirando tra i miei capelli. Mi voltai lentamente verso di lui e lo trovai con gli occhi che brillavano su di me, le labbra rosse e morbide piegate in un sorriso dolcissimo mentre con la mano si teneva la testa e con l’altra giocava con i miei capelli.

“Hai dormito?” chiesi piano e lo vidi muovere appena la testa in segno di diniego mentre il sorriso si allargava ad illuminargli tutto il viso e non potei non sorridere con lui. Era felice il mio Ale. Io ero felice. Eravamo vergognosamente felici, insieme, per la prima volta nella nostra vita.

E quando la sua mano lasciò i miei capelli e piano andò a disegnare il contorno delle mie labbra, fu istintivo perdermi ancora nei suoi occhi, fu istintivo, socchiudere le labbra sulle sue dite per saggiarne il calore, fu naturale spingermi verso le sue per reclamarle e farle mie ma Ale mi fermò.

Le sue dite si posarono sulle mie labbra per trattenere quel bacio ancora un attimo.

“E’ così che deve essere” disse serio, quasi sconvolto mentre continuava a fissarmi negli occhi. Mi allontanai impercettibilmente per parlare ma lui mi strinse ancora.

“E’ così che voglio svegliarmi ogni mattina” sussurrò sulle mie labbra per poi baciarmi con tutto il bisogno che sembrava non saziarsi mai.

E fummo ancora una sola persona, persi l’uno nell’altra finché il mio telefono non squillò ed Ale si alzò per prenderlo; era Brian.

 

 

Il comandante di Stefano lo chiamò quella mattina, al rientro a Roma sarebbe dovuto partire e così fece.

Non ci fu un attimo in cui diede l’impressione di aver cambiato idea, anzi, era davvero motivato a fare il suo dovere e nessuno di noi riuscì a dirgli nulla. Lo accompagnammo alla base, ci abbracciammo tutti in silenzio in una muta preghiera di rivederlo presto e lo lasciammo alla sua vita, a quello che aveva scelto.

Così doveva andare e così andò.

Ancora oggi se ripenso a quel momento sento una stretta al cuore, ricordo di aver pensato quanto in realtà le vite di ognuno siano legate l’un l’altra, nessuno vive senza che le sue azioni o la sua semplice esistenza, possa influire su quella di un altro.

Le nostre, almeno, vennero decisamente scosse da Stefano e dalle sue scelte e così come noi, anche il Parà che salvò dopo dieci giorni di marcia nel deserto.

Lo stesso Parà che sposò due anni dopo; una bellissima ragazza, Serena, che venne accolta nelle nostre vite con immensa gioia.

Sorrisi ricordando il giorno del loro matrimonio e la festa hawaiana organizzata per lui da Davide e scossi la testa incredula, quando il mio telefono vibrò; - Vestito e scarpe pronti da me, vedi di muovere il tuo sederino e non fare tardi, Gaia- .

Tardi, già!

Scattai in piedi riconoscendo la fermata e continuai la mia corsa verso casa.

Erano circa le nove e trenta del mattino e davanti al cancello di casa trovai una donna in pigiama con una valigia al suo fianco ed un taxi fermo.

“Scusa scusa scusa” urlai dal marciapiede opposto.

Vidi Terry sorridere e scuotere la testa.

“Sbrigati tra un ora parte l’aereo, il check- in è stato già fatto.” Disse abbracciandomi.

“Grazie davvero!”

“Non ringraziare me, ho solo portato giù la valigia ma dì a Brian che se si azzarda a svegliarmi presto dopo il mio turno di notte all’ospedale sarà peggio per lui!” scoppiai a ridere e mi avvicinai al taxi.

“Dai povero non è colpa sua ho dimenticato le chiavi e solo tu potevi aprirmi. Ci vediamo fra due settimane ok?”.

La vidi sbadigliare sorridendo.

“Divertitevi e riporta intero il tuo uomo eh?”.

Salii sul taxi e tirai un sospiro di sollievo. Forse avrei fatto in tempo, forse!

 

 

Dlin Dlon

 

-I signori passeggeri sono pregati di allacciare le cinture, la fase di decollo è iniziata-

 

“Mi scusi è libero quel posto?” chiese un uomo in giacca e cravatta.

“Si, si prego” risposi guardandolo ed arrossii appena per come sembrasse mangiarmi con gli occhi.

Mi voltai quindi, leggermente infastidita, mettendomi comoda sul sedile ed ascoltando una canzone dei Dire Straits che aveva sempre la capacità di rilassarmi.

Soltanto pochi minuti dopo però sentii qualcuno scuotermi appena il braccio.

“Scusi ancora ma...le è caduto il portafoglio dalla borsa” disse l’uomo porgendomelo.

Mi alzai appena e sorrisi.

“Grazie non me ne ero accorta”.

“E’ suo figlio?” chiese di getto guardando la foto del piccolo Andrea che fuoriusciva da una tasca.

Alzai gli occhi a scrutarlo e lui sorrise imbarazzato.

“Scusi ancora, sono troppo curioso per natura”.

Annuii a richiusi il portafoglio.

“E’ il mio figlioccio.” Risposi educata, lo vidi guardarmi ancora come avesse l’intenzione di chiedermi altro ma evidentemente esitò.

“Bel bambino” aggiunse poco dopo e si voltò iniziando a leggere il giornale.

Annuii appena in risposta e tornai a guardare la foto.

 

Il piccolo Andrea arrivò nelle nostre vite come un mini tornado, il quindici settembre di quattro anni prima. Davide era letteralmente impazzito e non riusciva a calmarsi in nessun modo durante il travaglio, tanto che i dottori dovettero aggiungere una poltrona per farlo stare vicino ad Ilaria. Dopo esattamente ventitré ore, la peste venne fuori tra urla e pianti e Davide finalmente svenne.

Dire che Andrea fosse l’esatta copia di Davide era dire poco, era infatti, la sua miniatura perfetta in tutto e per tutto e noi scoppiavamo a ridere ogni volta che Ilaria sbuffava alzando gli occhi al cielo dicendo “non me ne bastava uno!”

Ovviamente essendo il più piccolo del gruppo era anche il più coccolato da tutti gli zii e questo non faceva che aumentare la sua furbizia; sapeva come ottenere quello che voleva e ci riusciva sempre.

Sorrisi e chiusi gli occhi cercando di dormire un po’.

Avevo lavorato molto in quelle ultime settimane ma ero davvero soddisfatta di aver concluso i miei articoli ed esserli riuscita a consegnare in tempo; anche se questo aveva voluto dire, tornare a Roma all’ultimo momento, passare a casa, cambiarmi ed essere pronta per le diciotto di quella sera. Senza dimenticare il “dover parlare” con una certa persona!

Sospirai cercando di calmarmi e concentrarmi sulle note della canzone che fortunatamente aiutò...

 

“Dimmi che vuoi fare!” Mi urlò Ale mentre cercavo di coprirmi con il lenzuolo.

“Io...io, non lo so è che è successo tutto di fretta...”

“Allora dimmi se ci sei andata a letto!” Continuò vestendosi in fretta.

Mi alzai di scatto incurante che fossi mezza nuda.

“Senti smettila e fammi parlare perché questa tua reazione non ha senso...”

Mi avvicinai cercando di calmarlo ma lui s’infuriò di fronte alle mie parole.

“Non ha senso? Voglio sapere se ti sei scopata questo Brian oppure no!”

Rimasi scioccata dalla sua reazione e sentii la rabbia salire.

“Ma ti senti come parli? Stai dimenticando un piccolo dettaglio, io ho una vita lì, ho un lavoro, ci ho vissuto per gli ultimi due anni ed ora non posso fregarmene e dimenticare tutto...Noi dobbiamo parlarne perché io non voglio buttare all’aria la vita che ho costruito lì e tu, se vuoi, potresti...”

“Ci. Hai. Scopato o no ? Dillo! E’ una semplice parola!” urlò impazzito venendomi incontro.

“Si! Ci ho scopato, sei contento ?” urlai in risposta ma non ebbi il tempo di fare o dire nulla perché si lanciò su di me...

 

 

 

“Cosa? Chiesi confusa di fronte la domanda dell’uomo al mio fianco

“Dicevo...vuole qualcosa da bere? Stanno passando le bevande”.

Annuii ridestandomi svelta.

“Si, una bottiglietta d’acqua per favore”.

Controllai l’orario e mi accorsi di essere quasi arrivati.

“Stiamo volando su Roma a breve ci faranno allacciare le cinture” disse offrendomi da bere.

Annuii e mi voltai a guardare dal finestrino la mia città. Il sole splendeva e l’acqua del mare in lontananza sembrava una lastra d’oro.

“Contenta di tornare ?” chiese l’uomo curioso

Sorrisi annuendo per poi sorseggiare l’acqua.

“Sono sempre felice di tornare a casa”.

 

 

Tacchi.

Odiosi Tacchi che avevo dovuto indossare quella mattina per l’ufficio ora mi stavano facendo un male cane. Presi il mio trolley e mi diressi verso l’uscita quando il telefono squillò.

“Dimmi che sei arrivata” Urlò Gaia agitata.

“Sono arrivata” risposi affannata mentre stavo praticamente correndo verso le porte automatiche.

“Perché sei agitata?” mi chiese all’improvviso e rallentai di riflesso confusa.

“Non sono agitata sto correndo per uscire dall’aeroporto, anzi dimmi dove sei che facciamo prima” chiesi fermandomi e cercandola con lo sguardo.

“No sei agitata e sappiamo entrambe il perché; devi parlare con qualcuno o sbaglio?” chiese Gaia improvvisamente calma.

Sbuffai e mi fermai di colpo.

“Ti rendi conto che stiamo facendo questa conversazione mentre ti cerco nell’aeroporto?” e accorgendomi di stare urlando abbassai subito la voce sull’ultima parola.

“Pronto?” chiesi ma guardando il cellulare vidi che era spento. Perfetto mi si era scaricata la batteria.

Sbattei i piedi a terra frustata avrei fatto proprio tardi. Bene.

Perciò arresa al mio destino, mi diressi verso l’uscita sperando di trovare Gaia o al massimo provare a chiamarla da un telefono pubblico.

Tacchi, odiosi tacchi bellissimi ma scomodi, mi fecero inciampare sui miei piedi improvvisamente ed andare a sbattere contro qualcuno.

“Mi scusi, sono inciam...e Lei?”

“Già io, tutto bene ? Posso aiutarla?” chiese l’uomo che era stato al mio fianco sull’aereo e pensai di approfittarne e chiedere un cellulare ma..

“E’ scesa dall’aereo così di corsa che beh mi piacerebbe offrirle qualcosa” mi interruppe e quando mi fui ricomposta e capito il senso delle sue parole la mia testa scattò in alto. L’uomo mi guardava malizioso ed indietreggiai istintivamente.

 

 

“Forse non ti è chiara una cosa” disse Ale furioso ma serio.

“Nessuno potrà più toccarti, guardarti o respirarti” Mi prese il volto fra le mani, forte come fossi un tesoro.

“Sei mia. Sei sempre stata mia. E non esisterà può nessun altro uomo per te” soffiò forte sulla mia labbra e tremai sentendo il cuore esplodermi nel petto. Afferrò piano il labbro inferiore e lo morse appena per poi strofinare con la lingua le sue labbra sulle mie.

“Non ne sarai nemmeno attratta” colpì con la lingua il labbro superiore tenendomi sempre stretta a se, questa volta mozzandomi l’aria come una piccola punizione.

 

 

Il ricordo si affievolì ed il volto dell’uomo tornò di fronte a me. Era oggettivamente un bell’uomo ma io non me ne ero minimamente accorta ed al ricordo delle parole di Ale, scoppiai a ridere e scossi la testa.

“Mi perdoni ma non posso grazie”.

Presi la valigia e mi sentii osservata, voltai lo sguardo sulla destra ed appoggiato al muro vicino l’uscita, Ale mi guardava con le mani in tasca ed un sorriso furbo sulle labbra ed io corsi. Da lui.

 

“Non lo vorrai perché ci sarò io” si fece spazio nella mia bocca ed io reagii come creta tra le sue mani “Solo io. Ci saremo solo Noi” .

Approfondì il bacio e mi aggrappai alle sue spalle mentre lui mi spinse contro il muro come per reclamare quel corpo, oltre al cuore, che non sarebbe dovuto essere di nessun altro.

 

 

 

***************

 

“... e mi ha fatto anche i complimenti per come ho gestito tutto, credo sia rimasto davvero soddisfatto dal mio lavoro. Ah! sono passata nel tuo ufficio ieri e Mike ti saluta dice che deve ancora rifarsi dell’ultima partita e che se riuscite ad organizzare appena torneremo a casa, lui...” mi fermai di botto notando come Ale fosse fermo a guardarmi senza parlare.

“Perché mi guardi così ?” chiesi divertita e di riflesso mi guardai intorno. Eravamo fermi davanti casa di Gaia. “Aspetta ma siamo arrivati?” continuai veloce ed lo sentii ridere sereno.

“Non volevo interromperti e poi mi piace molto” disse allungando una mano nella mia e giocando con le dita.

“Cosa?”

“La tua voce” rispose semplice e si avvicinò a baciarmi.

Se c’era una cosa a cui non mi ero abituata erano le carezze ed i baci di Ale; ogni volta mi perdevo nel suo profumo o nel semplice stare abbracciati e sia il calore della sua pelle sia le sue azioni mi facevano sentire completa ed a casa.

“Mi sei mancata”

“Anche tu. E’ stata una lunga settimana” commentai sorridendo sulla sua bocca.

“Si, non facciamolo mai più” borbottò ma fummo interrotti da un frastuono tremendo chiamato Gaia.

“Smettetela di sbaciucchiarvi ed andate a prepararvi.” Ci urlò fuori dal finestrino.

In casa regnava il caos, Gaia era completamente euforica e correva da una stanza all’altra spostando oggetti, vestiti, scarpe.

“Eccola qui l’inglesina, per fortuna sei arrivata altrimenti sarei impazzito” mi salutò Riccardo uscendo dalla camera con una pila di vestiti e cianfrusaglie varie.

Guardai Alessandro mentre si toglieva la giacca e sorrisi.

“Ma che le prende? Sembra che si debba sposare!” commentai togliendomi le scarpe. Odiosi tacchi.

“Già fatto cara o non ricordi nemmeno di avermi fatto da testimone?” urlò dalla camera. E scoppiai a ridere.

Gaia e Riccardo dopo quell’estate andarono a vivere insieme praticamente subito, lei che aveva accettato quel lavoro come supplente si era dovuta trasferire per alcuni mesi ma quando tornò Riccardo non aspettò altro tempo e dopo un anno si sposarono.

Ovviamente la loro fu una cerimonia molto romantica e tutti noi non riuscimmo a non piangere, persino Ale aveva gli occhi lucidi anche se continuava a dire fosse l’allergia al polline! Inoltre non avevamo smesso un attimo di guardarci per tutta la cerimonia e anche se per noi era decisamente presto, cedetti alla voglia di sognare un po’ ed immaginarmi anch’io con un vestito bianco.

 

“Michy puoi cambiarti in camera mia e farti una doccia se ti va, però devi fare in fretta ci aspettano tutti lì” Disse Gaia portandomi un asciugamano.

“Anche Stefano e Serena?”

“Si, sono riusciti a venire”

Annuii e mi voltai verso Ale.

“Io vado a casa a controllare le ultime cose, mi cambio e passo a prenderti” disse baciandomi dolcemente ed a lungo tanto che sentimmo un colpo di tosse fastidioso.

“Ok vengo, ma qualcuno sa dirmi perché non sono potuta passare a casa mia?”

“E’ rotta la caldaia”

“E’ rotto il bagno”

“La cucina” dissero in coro e li guardai confusa.

“Si beh, si è rotto qualcosa non ho capito bene ma ho promesso a tua madre che domani sarei andato a controllare” concluse Ale e anche se mi sembrò strano annuii dirigendomi in bagno.

“Va bene, faccio presto allora e dà un bacio a Mirko da parte mia. A proposito, grazie per aver chiamato Brian mi ero dimenticata le chiavi e Terry non mi rispondeva” sorrisi e lui annuì.

“L’importante è che sei qui!”

“Non potevo non esserci Amore mio” risposi baciandolo ancora.

 

 

 

 

Quando le luci del teatro si abbassarono, il silenzio regnò, lasciando crescere quell’emozione e quell’orgoglio totale che lessi sia negli occhi di Ale, che in quelli di Gaia e di tutti noi. Io stessa, mi resi conto di trattenere il respiro e dalla prima nota che vibrò forte sino all’ultima, strinsi forte la mano di Ale che al mio fianco sorrideva felice. Cercai più volte di mettere a fuoco l’immagine davanti ai miei occhi scacciando quelle lacrime di gioia e commozione; quel giovane ragazzo che aveva ricevuto uno dei doni più belli, ora stava incantando tutti nel suo primo concerto. Mentre il padre, seduto ai primi posti vicino a noi cercava di mantenere la posa austera che lo aveva da sempre caratterizzato ma il suo sforzo fu vano. All’apice di quella musica celestiale scoppiò a piangere come un bambino ed io percepii come una piccola bolla rompersi, come se quello che lo avvolgeva avesse finalmente ceduto il posto a quell’amore totale che sarebbe sempre dovuto essere lì. Il sogno di Mirko si era avverato grazie alla sua tenacia, agli sforzi del fratello, al suo appoggio continuo e al suo amore incondizionato.

E di riflesso, in quegli occhi verdi, che da sempre accompagnavano i miei passi, vidi realizzarsi anche il sogno di Alessandro.

 

 

 

 

 

“Va bene allora dobbiamo decidere. Pareti gialline o celesti?” chiesi raccogliendomi i capelli.

“Guarda che dobbiamo ridipingere il salone non un bagno!” Rise Ale al mio fianco mentre sistemava i giornali a terra.

“Farò finta di non aver sentito. Braian vieni qui!” Urlai fuori la porta verso le scale del condominio, quando una testa bionda e spettinata si mosse verso l’ingresso di casa mia.

“Che ho fatto adesso?” chiese sbadigliando.

Gli andai incontro brandendo un pennello.

“Ti ricordi il nostro primo appartamento che dividevamo con Terry? Le pareti erano gialline o celesti chiare? Non me lo ricordo.”

Lo vidi scoppiare a ridere e scuotere la testa.

“Non lo so ma se vuoi posso dirti com’era il divano e quante notti di sesso selvaggio ha visto!”

Sentii Ale borbottare e venirmi incontro in un lampo.

“Senti Braian, eviterei di unire la parola “sesso e selvaggio” davanti alla mia ragazza, sai com’è! E’ già tanto che ti sopporto come vicino di casa senza contare di evitare di pensare a....capito no....voi che...”.

Trattenni un sorriso davanti all’espressione confusa di Braian ed indietreggiai appena, voltando le spalle ai due.

“Are you crazy man?” borbottò Braian “di cosa stai parlando?”

Vidi Alessandro voltarsi a guardarmi e poi sbuffare pesantemente.

“Su dai, tanto lo so ma sappi che devi eliminare ogni immagine della mia donna dal tuo cervello.”

Braian scoppiò in un fragorosa risata, mentre alzava le mani in segno di resa.

“Ti giuro che se lo avessi fatto me lo ricorderei. Ma la signorina qui, si è fatta desiderare da tutti senza mai cedere a nessuno!”

Disse ridendo mentre Ale si girò di scatto verso di me e non resistetti, scoppiai a ridere iniziando a correre per tutta la casa.

“Piccola bugiarda!” mi urlò rincorrendomi.

“Una donna deve giocarsi le sue carte” urlai scappando per le stanze, riempiendo di risate, magia ed amore quel piccolo nido solo per noi.

 

 

 

Il concerto era stato bellissimo ed anche la cena che ne era seguita. Guardai tutti seduti allo stesso tavolo, tra risate, amore e gioia e ripensai a quella cena di quattro anni prima, quando guardando i miei amici sorridere fui felice di sentirmi nuovamente parte di loro.

Quella sera, avevamo finalmente raggiunto le nostre vite nel momento in cui dovevano essere; perché era lì, era seduta affianco ad Ale con Gaia che rideva, mentre Riccardo le accarezzava le spalle, Stefano che raccontava l’ultima avventura, Davide che costruiva mostri con le molliche del pane e poi ci giocava con Andrea sotto lo sguardo tenero di Ilaria. Era lì che dovevo essere, con Matteo che arrossiva ad ogni complimento e non faceva che prendersi in giro con Ale che invece non la smetteva di dire : “il mio fratellino!”

Con i miei genitori, lì al tavolo seduti insieme ai genitori di Gaia; era lì che dovevamo essere tutti noi.

Mio padre si era deciso finalmente ad andare in pensione e da allora tutti i fine settimana partivano per qualche città d’Italia.Vennero anche a Londra ovviamente e fui così orgogliosa di mostrargli l’appartamento che dividevo con Ale ed il suo ufficio nella City; grazie ad un collega di Roma lo aveva potuto aprire occupandosi delle pratiche europee tra l’Italia e l’Inghilterra.

E poi c’ero io, come sempre silenziosa, a guardare gli altri sorridere davanti a me sentendo la stessa gioia anche sulla mia pelle. Ero riuscita a trovare un piccolo lavoro come giornalista, in una rivista di Londra, ovviamente la strada era ancora molta da fare ma dedicavo comunque il mio tempo libero ad alcuni studenti, facendo ripetizioni o passando le mie domeniche con Ale, Terry, Braian ed altri amici.

Ero felice.

Era una vita semplice, fatta di giornate comuni ma tutto intorno a me aveva cambiato colore.

Alessandro era con me e non passava giorno che ricordassi a me stessa, quanto la paura del cambiamento, di una realtà diversa, paura di non essere accettati, di non sentirsi all’altezza oppure semplicemente la paura di essere amati...quanto tutto questo, ci avesse ostacolato dall’essere....felici.

Semplicemente felici, solo per Noi.

 

 

La macchina si fermò e riaprii appena gli occhi capendo di essermi addormentata.

“Ben svegliata dormigliona” sussurrò Ale al mio orecchio baciandomi piano la guancia.

“Scusami sono crollata, siamo arrivati? ” chiesi sbadigliando.

Lo vidi annuire con gli occhi che brillavano.

“Perché mi guardi così?” sussurrai sorridendo.

“Non so, sei più bella del solito” rispose semplice baciandomi le labbra ed io sospirai felice di poterlo sentire vicino a me e potergli parlare.

“Mi fai un favore?” chiese piano.

Annuii e lo vidi prendere una benda scura.

“Chiudi gli occhi”

“Che vuoi fare?”

“Chiudi gli occhi e basta, c’è una piccola sorpresa”

Sbuffai sorridendo e li chiusi, provai a sbirciare ovviamente ma non funzionò. Non vedevo niente.

Sentii il suo sportello aprirsi e richiudersi e subito dopo anche il mio venne aperto.

“Scendi piano, ti tengo io” disse calmo e lo seguii.

La notte era silenziosa e sentii solo il rumore dei nostri passi e l’eco di respiri appena accelerati. Non sapevo sinceramente cosa aspettarmi ma riuscii a trattenere la curiosità mossa anche dall’ansia di ciò che dovevo dirgli che mi aveva accompagnato per tutto il giorno.

Una porta si aprì ed entrammo ma appena varcai la soglia un profumo dolce e famigliare mi colpì.

“Dove siamo?” chiesi sussurrando leggermente intimorita dal silenzio che continuava ad avvolgerci.

Mi tolse la giacca senza parlare e si abbassò ad accarezzarmi le gambe procurandomi brividi in tutto il corpo per poi togliermi le scarpe lentamente.

“Così stai più comoda” disse con un sorriso nella voce.

“Grazie” risi anch’io dolcemente.

Sentii altri fruscii ed intuii che anche lui si stesse mettendo comodo.

“Allora mi dici dove siamo?” chiesi emozionata per l’energia che sentivo crescere ma in risposta mi baciò appena le labbra prendendomi poi per mano e spingendomi a seguirlo.

Si aprì una porta e l’odore cambiò ma rimase lo stesso famigliare.

Si fermò accarezzandomi le braccia e stringendomi la vita da dietro.

“Sai...è un po’ che ci pensavo” sussurrò baciandomi il collo di lato.

“A cosa?” gracchiai emozionata.

Mi spinse leggermente e mi mossi fino a toccare con le gambe una superficie morbida. Mi fece sedere lentamente e riconobbi la consistenza di un letto sotto di me.

“Ho pensato a tante cose in realtà, a questi ultimi anni insieme, alla nostra storia e a dove siamo arrivati...” sussurrò accarezzandomi le braccia.

“E volevo fare qualcosa di speciale per farti capire quanto io ti ami.”

Sorrisi sentendo il battito del mio cuore accelerare sempre di più.

“Ti amo anch’io” dissi veloce incapace di trattenermi e lo sentii sogghignare appena per poi chinarsi a baciarmi i palmi delle mani.

“Ho pensato a qualcosa di grande, come portarti sul London Eye di notte o sul Tamigi e restare svegli ad aspettare l’alba insieme...”

“Ma non siamo sul London Eye” commentai piano.

“No, non siamo sul London Eye” rispose serio.

E fu silenzio.

Il cuore accelerò inconsapevole di cosa stesse accadendo e percependo le mani di Alessandro tremare sulle mie.

“Ho pensato...che non sarebbe stato da Noi. Ho pensato...che l’unico posto al mondo dove mi sia mai sentito al sicuro e completo fosse con te. Ovunque ma con te...ma... ce n’è uno...un luogo, che è sempre stato solo nostro e che sarebbe stato perfetto per Noi.”

Sussurrò con la voce incrinata per poi allungare le mani verso il mio viso e togliere la benda che mi copriva gli occhi.

Non li aprii subito e continuai a respirare sempre più veloce.

“Apri gli occhi amore mio” disse Ale baciandomi una guancia.

Una luce tenue e calda mi avvolse, mi voltai a guardare dove fossi ed iniziai a piangere.

Centinai di piccole candele bianche illuminavano la mia stanza ed il volto di Ale inginocchiato di fronte a me.

“Quattro anni fa ti ho detto che avrei voluto svegliarmi con te ogni mattina. Oggi voglio svegliarmi con te per il resto della mia vita, perché se sei con me, non smetterò mai di sognare.”

 

Con il senno di poi è facile individuare i momenti in cui la tua vita ha preso svolte diverse e sembra quasi buffo pensare a quanto noi tutti sembriamo remare contro una corrente od una direzione che non vogliamo ma che poi inevitabilmente accade qualcosa che ti costringe a seguirla. Sempre o quasi.

 

Le lacrime scesero ininterrotte, bagnando le labbra piegate in un sorriso.

“Sposami Pulce.” Disse tremando come se io avessi potuto avere anche un minimo dubbio sulla mia risposta, di certo però non fu quella che si aspettava.

Il cuore esplose nel petto e la gioia più forte che avessi mai provato mi colmò.

“Sono incinta!”

 

 

 

 

 

 

Fine

 

 

 

**********************

 

 

(Scusate gli errori ma non è stata betata e visto che vi avevo già fatto aspettare molto ho voluto pubblicare subito)

 Ed eccoci qua. Alessandro e Michy hanno avuto il loro lieto fine ma c’è da dire che se lo sono sudato!

Questa è stata la mia prima storia su efp e mi ha accompagnato per circa nove mesi, sarà quindi davvero difficile lasciarli andare del tutto e forse non lo farò mai davvero.

Vi ringrazio con tutto il cuore per le bellissime parole che mi avete regalato in questi mesi e per tutte le persone che mi hanno sempre incoraggiato a scrivere!

GRAZIE DAVVERO.

 

 

Se volete ancora leggere qualcosa di mio, ho iniziato una nuova storia molto diversa da Fuga ma spero possa piacervi ugualmente sì intitola “L’Amore non è Peccato”

 

Un abbraccio

 

Lela

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