Cinque Modi Per Impedire Al Tuo Amico Di Arruolarsi di kait (/viewuser.php?uid=31660)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: La Decisione ***
Capitolo 2: *** Numero Uno - Sequestro Guardaroba ***
Capitolo 3: *** Numero Due: Prelevamento Fondi ***
Capitolo 4: *** Numero Tre: Aggressione Fittizia ***
Capitolo 5: *** Numero Quattro: Scambio di Identità ***
Capitolo 6: *** Numero Cinque: Chiedere ***
Capitolo 7: *** Epilogo: Controfferta ***
Capitolo 1 *** Prologo: La Decisione ***
Reenlisting Fic
Cinque
modi per impedire al tuo amico di arruolarsi
Nota
dell'autore: Benvenuti alla mia prima fanfiction a più capitoli.
Il primo non è molto rivelatore, ma vi prometto che si arriverà
presto al cuore della vicenda. La storia è ambientata dopo “L'ultimo
saluto”, per cui ci troviamo di fronte ad uno Sherlock Holmes in
pensione che ha appena risolto il caso Von Bork. Le indicazioni a cui
mi sono attenuto sono: Watson non si è mai risposato e lavora a
Londra, mentre Holmes vive nel Sussex. Qualunque errore nel canon è
interamente colpa mia. Ringrazio medcat, regina delle beta,
per avermi aiutato con questo primo capitolo, e Barbossa's
Monkey per avermi dato una mano con le idee della storia. E
sì, ne ho rubata una delle tue.
Disclaimer:
Non possiedo nulla, eccetera eccetera.
Nota
del traduttore: Ho trovato questa fanfiction incredibilmente
comica e malinconica allo stesso tempo, e con uno stile molto
raffinato. Tradurla è stato molto divertente! Ringrazio
stupidpenname per avermi dato il permesso, e per avermi
pietosamente aiutato per tutte quelle espressioni con cui non
riuscivo a venire a capo. Spero che vi piacerà! Potete trovare
l'originale in inglese a questo link:
http://www.fanfiction.net/s/6155586/1/Five_Ways_to_Stop_a_Friend_from_Reenlisting
Prologo
– La Decisione
Non
avevo detto a Holmes che avevo intenzione di ri-arruolarmi. Questo
può sembrare alquanto ridicolo, col senno di poi, ma il fatto è che
stavo aspettando il momento giusto. Holmes possedeva il carattere più
testardo che io abbia mai incontrato, ed ero certo che non avrebbe
capito la mia decisione. Probabilmente non avrebbe voluto nemmeno
sentirne parlare. Avrebbe sicuramente cercato di dissuadermi con
un'infinità di ragioni: la mia età, la mia gamba, il fatto che
avevo già adempito ai miei doveri verso il re e la patria almeno un
migliaio di volte. Queste ragioni erano piuttosto ovvie, per me e per
chiunque altro. Tuttavia, mentre la tensione aumentava sempre di più
in tutto l'impero e sempre più giovani con le uniformi nuove di
zecca marciavano per le strade davanti ai miei occhi, non potevo fare
a meno di ripensare a quando anch'io ero stato uno di loro.
E
a quanto poco sapevo, all'epoca, di quello che era in serbo per me.
Ciononostante,
per un breve periodo di tempo ero riuscito a rimanere distaccato
dalla realtà: ovvero dal fatto che dietro al prorompente panorama
politico vi erano dei volti umani. Ma a quel punto il destino, così
parve, decise di mandarmi un messaggio chiaro e tondo.
Stavo
ritornando al mio studio dopo aver imbucato una lettera quando vidi
un uomo che camminava verso di me. Era una delle molte nuove reclute
che ho descritto poco fa. Una sacca al fianco sinistro, fucile sulla
spalla destra e stivali lucidati fino all'impossibile. Avevo
intenzione di superarlo, ma quando l'uomo mi arrivò vicino mi scrutò
con aria interrogativa, per poi fermarmisi proprio davanti.
“Ehilà!
Che mi venga un colpo se non è il dottor Watson!”
Trasalii
e indietreggiai leggermente per avere una visuale migliore dell'uomo
che mi stava di fronte. Sicuramente aveva un'aria familiare, ma mi ci
volle qualche secondo per identificare quegli occhi astuti e quel
ghigno un po' sbilenco.
“Wiggins!”
esclamai quando finalmente ebbi l'illuminazione. Ero sorpreso di non
averlo riconosciuto immediatamente. Ad essere onesti non vedevo la
faccia di quel ragazzino – no, di quell'uomo – da anni, e anche
allora era sempre stata nascosta sotto un bello strato di sporcizia e
un berretto sudicio. Per le persone costrette a girarci intorno,
mentre ci stringevamo le mani con entusiasmo e ci davamo cameratesche
pacche sulle spalle, sarebbe stato impossibile immaginare che
l'individuo in piedi di fronte a me una volta era un ladruncolo di
strada. La sua pronuncia molto particolare era scomparsa con gli
anni, trasformandosi in qualcosa di comprensibile, cosa che mi
rattristò un poco. Aveva anche messo su un viso aperto e sbarbato di
fresco e spalle squadrate, che lo facevano assomigliare ad un
manifesto di reclutamento che avesse preso vita. Di certo non
sembrava il tipo di persona capace di rubarti portafoglio, orologio e
fazzoletto senza che tu neanche te ne accorgessi. Mi chiesi se aveva
conservato quell'abilità.
Restammo
lì a chiacchierare per Dio solo sa quanto tempo, con grande
irritazione della gente che ci camminava intorno. Era magnifico
vedere come il ragazzino che avevo incontrato per la prima volta a
Baker Street, tanti anni prima, era cresciuto ed era diventato un
adulto fatto e finito, con una vita che si era sviluppata al di là
dello svolgere commissioni di natura legalmente dubbia per il mio
amico. A quanto pareva la sua vita aveva subito
una svolta drammatica quando era stato ingaggiato come marinaio sulla
nave di un certo Capitano Vernert, che era venuto a far visita al
fratello medico mentre era ormeggiato a Londra. Dopo aver lavorato
duro per molti anni nel commercio delle spezie Wiggins aveva deciso
di continuare sulla terraferma piuttosto che in mare, ed aveva avuto
una discreta fortuna o, perlomeno, un impiego rispettabile. Mi
raccontò di come aveva corteggiato la sua adorabile moglie Louise
raccontandole che era proprio LUI il Wiggins di 'Uno studio in
rosso'. Di come la piccola Sophie adorava le mie storie a tal punto
che aveva divorato tutte le copie dello Strand in loro possesso. Di
come Isaac si era rotto un braccio, qualche anno prima, quando suo
fratello maggiore David l'aveva convinto ad unirsi a lui in una
drammatica riproduzione di Reichenbach Falls sul tetto di casa, e di
quando Ivy aveva perso il suo primo dentino e l'aveva lasciato cadere
in mezzo alla strada, per poi uscire dai gangheri vedendo che suo
padre non convocava Holmes per il caso seduta stante. Mentre il mio
cervello tentava di assorbire tutte le informazioni che mi venivano
scaraventate contro – Per amor del cielo! Wiggins? Sposato? Quattro
figli? Certo che no! – riuscii a fare la domanda che mi ronzava in
testa da un po' di tempo.
“Bene,
vedo che è entrato al servizio di Sua Maestà.” dissi, esitante.
Wiggins si raddrizzò istintivamente, pieno di orgoglio patriottico.
“Proprio
così, Dottore. Ho intenzione di dare ai tedeschi una bella batosta
quando verrà il momento. Louise non era affatto entusiasta all'idea,
ma sa che questo è il dovere di ogni vero cittadino inglese.”
Mi
sforzai di rivolgergli un sorriso d'incoraggiamento, ma dentro di me
non potevo fare a meno di condividere le preoccupazioni della signora
Wiggins.
“Devo
ammettere che sono curioso. Che cosa l'ha indotta ad arruolarsi? Ha
detto che sua moglie era preoccupata per la sua decisione, quindi è
stato qualcun altro a convincerla?”
Wiggins
sollevò appena il mento, mentre un'espressione raggiante si
diffondeva attraverso i suoi lineamenti.
“Indirettamente
sì, Dottore. Indirettamente.”
“Chi?”
“Lei,
Dottore.”
Ebbi
la sensazione che la mia lingua si fosse gonfiata a dismisura,
occupando tutto lo spazio disponibile nella bocca. “Io?”
“Proprio
così, Dottore.” Sistemò la pistola in un'altra posizione e si
appoggiò al muro con aria noncurante. “Vede, mi ricordo che quando
ero solo un fattorino che aiutava lei e il signor Holmes nei casi,
non riuscivo proprio a comprenderla.”
“Davvero?”
“Sì.
Lei ha sempre coperto le spalle del signor Holmes, fin dall'inizio.
Non importava se erano le tre del mattino o la gamba le faceva male o
c'erano buone probabilità di farsi spaccare la testa da qualche
malvivente, eccetera. Lei era sempre pronto con quella sua pistola, e
lo seguiva nel bel mezzo della notte esattamente dove lui aveva
bisogno che fosse. Io pensavo che lei fosse pazzo, a dir la verità.
Ma poi, quando sono cresciuto un po', mi sono reso conto che lei
aveva imparato ad agire in quel modo nell'esercito. Deve essere stato
così. Se laggiù non avesse imparato a stare in guardia anche per i
suoi compagni sareste stati uccisi tutti quanti, no? Proprio come me
e tutti gli altri ragazzini di Baker Street. Lei era come noi.
Finalmente lo capii. Fu allora che decisi che, se mai ci fosse stato
bisogno, mi sarei arruolato anch'io nell'esercito.
Ero
senza parole, incerto se essere lusingato o orripilato. Avevo sempre
creduto che fosse Holmes quello che Wiggins idolatrava. Di certo
l'aveva osservato molto attentamente da ragazzino, sempre traboccante
d'ammirazione se ricordavo bene. Aveva osservato anche me con la
stessa intensità? La stessa venerazione infantile? Come potevo aver
avuto un simile effetto sulla vita di un giovane uomo senza
rendermene minimamente conto? Simili pensieri vennero interrotti
dalla risatina di Wiggins.
“Vedo
che l'ho messa in imbarazzo! Non si preoccupi di questo, Dottore.
Spero solo di rendere fieri lei e il signor Holmes.” E con
quest'ultima frase come commiato mi salutò riprendendo il suo
cammino, e scomparve dalla mia vista prima che avessi il tempo di
replicare. Se n'era andato, ed era molto probabile che non ci saremmo
mai più rivisti. Sentii un'ondata di nausea che mi invadeva, e mi
appoggiai al muro per sostenermi. Ero io la ragione per cui Wiggins
si era arruolato? Ero sempre stato orgoglioso del servizio che avevo
svolto a Maiwand, e non avevo mai smentito la mia identità di
soldato. Era possibile che me ne fossi vantato senza accorgermene,
proiettando una falsa immagine di valore e avventura su un ragazzo
impressionabile? Ero io la ragione per cui un uomo avrebbe potuto
essere ucciso, una moglie diventare vedova e dei bambini orfani?
Quella
notte non riuscii a dormire. La mia mente era invasa da immagini di
Wiggins, passate, presenti e future. Il ragazzino che scorrazzava al
221B di Baker Street nel 1887, l'uomo dall'uniforme immacolata che
avevo incontrato quel giorno, e lo stesso uomo su un campo di
battaglia lontano che moriva, emettendo un verso strozzato, grondante
di fango e di sangue.
Quando
la luce del giorno oltrepassò i vetri della finestra, illuminando le
tende, avevo preso la mia decisione. Non potevo restarmene lì seduto
a godermi una vita agiata sapendo che al di là della Manica degli
uomini – no, dei ragazzi – venivano trucidati a migliaia. Non
quando non avevo nessuno a cui provvedere. Non quando avevo le
capacità per salvarli.
Ero
deciso. Ero in pace.
Solo
non sapevo come l'avrei detto a Holmes.
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Capitolo 2 *** Numero Uno - Sequestro Guardaroba ***
SherlK2
Cinque
modi per impedire al tuo amico di arruolarsi
NdT:
Grazie per le recensioni!
Eventuali critiche o suggerimenti sulla traduzione sono sempre i benvenuti!
Ed ora ecco a voi il primo capitolo, dove le cose iniziano a
succedere...
Numero
Uno – Sequestro Guardaroba
Dopo
un lungo conflitto interiore presi una decisione. Prima mi sarei
arruolato e poi l'avrei detto a Holmes.
Mi
rendo conto, cari lettori, che potreste considerare questo mio
proposito un atto di codardia, e probabilmente avreste ragione. Ma,
di nuovo, voi non avete trascorso la maggior parte della vostra vita
a stretto contatto con il signor Sherlock Holmes. Se l'aveste fatto,
sapreste che le normali regole di comportamento previste dalla
società non si applicano necessariamente per quanto riguarda la
nostra amicizia – anche quando io vorrei tanto che fosse così.
C'era il rischio estremamente concreto che, se avessi comunicato a
Holmes le mie intenzioni la sera prima di recarmi all'ufficio di
reclutamento, mi sarei svegliato la mattina dopo ammanettato al
letto. Se invece l'avessi informato del mio arruolamento a cose fatte
non avrebbe potuto fare più niente per fermarmi, se non inventare un
qualche marchingegno Wellsiano
per tornare indietro nel tempo.
Negli
ultimi tempi Holmes era stato piuttosto impegnato. So molto poco a
questo proposito, ma apparentemente la cattura di un agente segreto
tedesco richiede la compilazione di una discreta quantità di
scartoffie. Holmes aveva accettato con piacere il mio invito ad
alloggiare nel mio appartamento a Londra fintantoché la faccenda non
fosse sistemata, così non avrebbe avuto bisogno di andare avanti e
indietro dal Sussex a Pall Mall. Tuttavia, tra i miei pazienti e i
suoi doveri nei confronti di suo fratello e del governo (questa
potrebbe essere una tautologia), era raro che riuscissimo ad
incrociarci per più di mezz'ora. Ammetto che la situazione era
seccante, non avendo visto il mio più caro amico per più di due
anni. Ma quando usciva di casa, ogni mattina, Holmes mi rivolgeva
sempre un sorrisetto dei suoi e prometteva che, non appena Mycroft
avesse trovato ogni cosa 'fatta a suo gusto', avremmo avuto un bel
po' di tempo per recuperare.
Quelle
parole avevano su di me l'effetto della lama di un rasoio. Sapevo che
ci sarebbe stato poco tempo per abbandonarsi ai ricordi prima che io
fossi inviato al fronte.
Comunque,
essendo la sua mente ancora focalizzata sugli ultimi dettagli del
caso Von Bork, Holmes era fortunatamente cieco a tutto ciò che lo
circondava. In condizioni normali avrebbe scoperto il mio imbarazzo
in un istante, individuando gli indizi rivelatori sul mio viso e nel
mio atteggiamento. Ma quella mente brillante era coinvolta in
quest'ultimo caso fino all'ossessione. Probabilmente nemmeno essere
colpito da un fulmine avrebbe attirato la sua attenzione. Era bello
sapere che la sua permanenza al di là dell'Atlantico non l'aveva
cambiato più di tanto.
Eppure,
nonostante l'apparente cecità di Holmes, continuavo ad esitare.
Accadeva che, non appena avevo un momento libero in cui avrei potuto
andare all'ufficio di reclutamento, mi mettevo invece a fare
qualcos'altro; qualche commissione, riordino di scartoffie e così
via. Riflettendoci a posteriori immagino che fosse un vano tentativo
di posticipare l'inevitabile pena che sarebbe certamente scaturita
dal mio arruolamento. Nei due anni precedenti gli unici contatti che
avevo avuto con Holmes erano avvenuti sotto forma di quattro lettere
– tutte malconce, schizzate d'acqua e censurate all'estremo –, e
non c'era stato giorno in cui io non avessi temuto per la sua vita.
Avere il mio amico di nuovo in Inghilterra e poter vedere il suo viso
ogni giorno anche solo per un momento era per me una gioia immensa.
Era quasi come essere di nuovo a Baker Street. Spero che non verrò
biasimato per aver voluto prolungare questo periodo il più
possibile.
Circa
una settimana dopo il mio incontro con Wiggins mi trascinai fino a
casa dopo una visita serale a casa di un paziente, e lì trovai
Holmes, seduto a gambe incrociate vicino al camino e circondato da
caotiche pile di fogli. Sorrisi togliendomi cappello e cappotto.
“Buonasera,
Holmes” dissi, “Sono sorpreso di vederla sveglio. E tuttavia,
dopo anni di convivenza, non so proprio perché dovrei.”
Holmes
emise una risatina cupa. “Che lei ci creda o no, Watson, negli anni
del mio declino ho finalmente cominciato a percepire le attrattive di
una buona notte di sonno. L'essere in piedi a quest'ora non è tanto
una scelta mia quanto di mio fratello. Proprio quando credevo che non
potessero esserci altri banali e inutili documenti da firmare, ecco
che uno degli amiconi di Mycroft appare misteriosamente con un'altra
pila. È
l'equivalente burocratico di una lunga e dolorosa tortura
medioevale.”
Gli
espressi le mie condoglianze. Lui le scacciò con un gesto della
mano. “Molte grazie, Watson, ma anche questo passerà. Entro domani
sera, per giunta.” Alzò la testa, lo sguardo fiammeggiante.
“Perché entro domani spero finalmente di sistemare tutta la
faccenda.”
Cercai
di trattenermi dal sussultare, temendo che Holmes se ne sarebbe
accorto. “Intende dire...” Feci una pausa. “Intende dire che
avrà finalmente terminato l'indagine?”
“Finita,
spolverata, firmata in triplice copia e rinchiusa in qualche archivio
umido senza vedere mai più la luce del giorno. Devo dire, Watson,
che per una faccenda che desiderano far passare il più possibile
sotto silenzio pretendono un'incredibile quantità di testimonianze
scritte. Ah, ma tanto non è compito nostro chiederci il perché!”
Annuii,
facendo del mio meglio per avere un'aria allegra. “Bene, allora
sarà meglio che la lasci alla sua conclusione.” Appoggiai una mano
sulla ringhiera e cominciai a salire le scale. “Buonanotte,
Holmes.”
“Buonanotte,
Watson.” mi rispose, ma la sua voce era già distante mentre si
concentrava di nuovo sui suoi documenti.
Chiusi
la porta della mia camera da letto e ci appoggiai la testa contro.
Sembrava proprio che il destino mi avesse forzato la mano ancora una
volta. Sapevo che, non appena avesse terminato il caso, Holmes
avrebbe sgomberato la sua mente da ogni cosa – Altermont, Von Bork,
Mycroft, lo spionaggio, il suo periodo in America – e tutta
l'energia che fino a quel momento aveva impiegato per raggiungere il
suo obiettivo si sarebbe focalizzata su di me. Dalla sera successiva
non ci sarebbe più stato nessun posto dove nascondermi.
Non
c'era niente da fare. Mi sarei arruolato per prima cosa la mattina
dopo. Non avevo alternative.
Mentirei
se dicessi che dormii bene quella notte. Mentirei se dicessi che
riuscii a dormire. Una descrizione più adeguata sarebbe che restai
sdraiato sul letto con gli occhi chiusi fino all'alba.
Decisi
di non muovermi dal letto finché non avessi sentito Holmes chiudere
la porta d'ingresso uscendo. Non sopportavo l'idea di affrontarlo.
Non
ricordo di essermi mai sentito tanto afflitto come quella mattina.
Alla fine, fu la pura e semplice forza di volontà che mi spinse a
scendere dal letto e a dirigermi verso l'armadio.
Forse
non sarà così brutto come immagini,
pensai tra me e me. Dopotutto
è di Holmes
che stiamo parlando. Quello che ha inciso V.R. sul muro del salotto a
colpi di pistola, per amor del cielo. Se c'è un uomo che può
comprendere il bisogno di fare il proprio dovere per la patria quello
è sicuramente Holmes. Insomma, quando questa sera glielo dirai
potrebbe persino non offendersi per questo tuo piccolo raggiro.
Scossi
la testa. Non riuscivo nemmeno a imbrogliare me stesso. Se proprio
dovevo immaginare che cosa ci riservava il futuro sarebbe stato
questo: Holmes con ogni probabilità sarebbe stato furioso con me per
il fatto che 'rischiavo la mia vita inutilmente', io avrei detto
qualcosa di cui in seguito mi sarei pentito, lui sarebbe ripartito
per il Sussex in collera e avremmo finito per non rivolgerci più la
parola fino a che io non fossi partito per il fronte. A quel punto ci
saremmo sentiti entrambi molto stupidi, e avremmo rimpianto di aver
passato queste ultime settimane infuriati l'uno con l'altro invece
che godendoci la reciproca compagnia. Potevo vedere questo scenario
che prendeva forma sotto i miei occhi come tanti pezzi del domino, e
non c'era nulla che potessi fare per impedirlo.
Con
un pesante sospiro aprii l'armadio.
E
lo trovai completamente vuoto.
Niente
camice, calzini, pantaloni, scarpe, colletti, neppure una cravatta.
Tutti i miei capi di abbigliamento erano scomparsi durante la notte.
Emisi
un gemito. Holmes lo sapeva.
La
prima sensazione che provai fu ovviamente sconvolgimento, subito
rimpiazzato da rabbia. Come osava? Come osava cercare di controllare
la mia vita, le mie decisioni, in maniera così infantile! E
tuttavia, nascosta in profondità dietro la rabbia vi era anche un
accenno di curiosità. Come aveva fatto a scoprirmi? Da quanto tempo
era a conoscenza del mio piano? E come, in nome del cielo, era
riuscito ad infilarsi in camera mia durante la notte e a svignarsela
con il mio intero guardaroba senza che io me ne accorgessi?
Misi
momentaneamente da parte questi interrogativi e cercai di valutare la
situazione. Fortunatamente, la sera prima ero talmente in ansia per
la mia sorte che non mi ero preoccupato di mettermi il pigiama.
Tuttavia questo non mi avvantaggiava granché. Tutto quello che
indossavo erano un paio di pantaloni sgualciti e la canottiera che il
giorno prima portavo sotto la camicia. Non proprio il tipo di abiti
che un uomo indosserebbe per cercare di entrare in un'istituzione
tanto pignola sull'abbigliamento quanto l'esercito Britannico. Holmes
si era fregato anche le mie scarpe, quindi avrei dovuto andarci
scalzo.
Eppure
ero determinato, forse persino più di prima. Sherlock Holmes poteva
anche essere un'autorità per quanto riguardava i duelli d'astuzia
con criminali e truffatori, ma io avevo vissuto con lui più a lungo
di chiunque altro. L'avevo studiato approfonditamente e avevo narrato
le sue gesta. Ufficiosamente ne ero il maggior esperto a livello
mondiale. Se esisteva una persona con una sola possibilità di
raggirare l'intelletto del più raffinato detective londinese (in
pensione), beh, quello ero io.
Scesi
in fretta al piano di sotto e mi diressi con decisione verso la
libreria. Sicuramente Holmes mi aveva nascosto il portafoglio da
qualche parte, ma forse non aveva trovato... Ha! Esatto. La sterlina
che tenevo nascosta tra le pagine del mio diario medico era ancora
lì. Mentre lo richiudevo e lo rimettevo al suo posto notai qualcosa
sulla mia scrivania
Una
lettera.
Mi
avvicinai lentamente al tavolo, come se potesse contenere una qualche
trappola esplosiva. Anche se lo ritenevo un po' eccessivo per i gusti
di Holmes, non si poteva mai sapere che cosa avrebbe attirato il suo
bizzarro senso dell'umorismo. Sollevai la busta con cautela. Era
proprio da parte di Holmes, e diceva quanto segue:
Mio
caro Watson,
sarò
di ritorno questa sera alle sei. Sono certo che avremo molte cose di
cui discutere. Mi sono preso la libertà di annullare tutti i suoi
appuntamenti all'ambulatorio, spero che non le dispiaccia. Il
pubblico ama che i suoi medici mantengano un certo livello di
professionalità, e dubito che lei sarebbe in grado di darne
un'immagine appropriata se insistesse a visitarli in pantaloni e
canottiera. Se fossi in lei, passerei la giornata in casa in
compagnia di una tazza di tè e di un buon libro.
Cordialmente,
Holmes
Scagliai
via il biglietto come se fosse stato un ragno che avevo appena
scoperto su una manica. Una tazza di tè e un libro, proprio! Stava
deliberatamente cercando di sfidarmi, o aveva dimenticato la mia
natura durante tutto questo tempo all'estero? Non m'importava. Se
Holmes credeva che qualcosa di tanto triviale come un codice
d'abbigliamento potesse impedirmi di fare ciò che ritenevo giusto,
si sbagliava di grosso.
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Capitolo 3 *** Numero Due: Prelevamento Fondi ***
ReenlistingFic 3
Cinque
Modi Per Impedire Al Tuo Amico Di Arruolarsi
NdT:
A voi il terzo capitolo! In cui Watson, che non si è arreso per
niente, si arma di coraggio e tenta la fortuna fuori di casa!
Numero
2 – Prelevamento Fondi
L'aria
mattutina era asciutta e pungente quando misi piede fuori dalla
porta. Lo so per certo, perché avrei desiderato che ci fossero più
indumenti tra me e quell'aria. Le strade erano già brulicanti di
persone che si affrettavano da un impegno all'altro, come le api di
uno dei preziosi alveari di Holmes. E tuttavia, nonostante avessero
una gran fretta, questi londinesi indaffarati sembravano trovare
abbastanza tempo per lanciarmi sguardi stupiti, curiosi e,
occasionalmente, sdegnati. Io me li lasciavo scivolare addosso.
Sapevo che dovevo avere un aspetto ridicolo. Non rasato, scalzo e
mezzo svestito. E tuttavia ero molto più preoccupato per lo stato
dei miei piedi che non per la mia dignità. Nonostante fosse una
luminosa giornata estiva, infatti, il marciapiede era gelido, e
trasformava quella che normalmente sarebbe stata una piacevole
passeggiata per la città in un'ardua spedizione. Una o due volte
cercai di chiamare una carrozza, ma nessuna si fermava per farmi
salire – avevo un vago sospetto del perché. Promisi a me stesso
che avrei trovato un modo adeguato per farla pagare a Holmes.
Qualcosa di doloroso. Qualcosa di imbarazzante. Qualcosa che durasse
a lungo...
I
miei pensieri furono interrotti da qualcosa di piccolo che mi urtò
contro un fianco, facendomi quasi perdere l'equilibrio. Guardai in
basso e incontrai un paio di grandi occhi scuri
Il
ragazzino che mi aveva urtato mi sorrise – un sorriso con più
buchi che denti.
“Scusi,
signore.” disse, per poi girarmi intorno e proseguire per la sua
strada. Se io fossi stato un uomo qualunque non avrei dato il minimo
peso alla cosa. Tuttavia, anni di lavoro con Holmes e la sua banda di
Irregolari mi avevano reso molto più diffidente verso i bambini
rispetto ad un uomo qualunque. La mia mano si mosse all'istante verso
la tasca. Proprio come pensavo. La mia moneta d'emergenza era
scomparsa. Ruotai rapidamente su me stesso, scrutando la folla. Il
mio assalitore passeggiava con noncuranza lungo la strada, fissandomi
con un ghigno malandrino.
“Ehi,
tu!” gridai, ma avrei dovuto essere più furbo. Il ragazzino
scomparve alla velocità del fulmine. Io scattai dietro di lui,
scostando a gomitate i passanti che si trovavano sulla mia
traiettoria.
Rabbrividisco
all'idea di cosa avrebbe potuto pensare un qualunque mio conoscente
se mi avesse visto quella mattina. Fortunatamente, con ogni
probabilità non mi avrebbe riconosciuto. Avrebbe visto solo un
individuo folle e dall'aspetto a malapena decente che inseguiva un
moccioso per le strade di Londra.
L'inseguimento
stesso doveva essere uno spettacolo niente male. Sembrava che
l'intero universo fosse contro di me, e facesse di tutto per mettere
il maggior numero di ostacoli tra me e il mio assalitore. Passeggini,
venditori di giornali, carrozze, carretti – il ragazzino evitava e
superava tutti questi ostacoli con facilità, lasciandomi sulla sua
scia. Sfrecciava per le strade e attraverso il traffico ad un ritmo
frenetico, correndo il rischio di essere calpestato da un cavallo in
almeno tre occasioni. Un paio di volte credetti di averlo perso, ma
poi riuscivo ad individuare la sua zazzera spettinata o un lembo
della sua camicia in mezzo alla folla. Dopo circa un miglio di questo
giocare al gatto e al topo (e non ero sicuro di quale dei due fosse
il mio ruolo), vidi il briccone svoltare in un vicolo piuttosto
stretto. Un'idea mi balzò alla mente. Era un po' azzardata, ma non
c'era tempo di escogitare una soluzione migliore. Invece di seguirlo
sgattaiolai dall'altro lato dell'edificio e mi nascosi dietro ad un
angolo. Proprio come speravo il ragazzino riemerse dal vicolo e si
guardò intorno. La strada sembrava deserta. Dal mio nascondiglio
vidi il suo petto rilassarsi emettendo un sospiro di sollievo.
Pensava di essere riuscito a seminarmi. Il ladruncolo si tirò su i
pantaloni, si asciugò il naso su una manica e proseguì per la sua
strada con aria indifferente. Non si era reso conto che si stava
dirigendo proprio verso l'angolo dietro al quale io lo aspettavo.
Non
appena zampettò oltre la mia mano afferrò il suo colletto. Il
ragazzino strillò.
“Salve,
monello.” gli dissi. “Credo che tu abbia qualcosa che mi
appartiene.”
Lui
si girò verso di me e mi rivolse uno sguardo timoroso. Curiosamente,
mi ricordava Holmes e l'espressione contrita che era solito rivolgere
a Mrs.Hudson quando rompeva una delle sue porcellane migliori o
riempiva le nostre stanze con vapori disgustosi e puzzolenti.
Il
ragazzino alzò le mani sopra la testa come un soldato che si arrende
al generale nemico.
“Okay,
signore. Mi ha beccato, parole sante. Diamine, non corre niente male
per un vecchio!”
Tutta
la rabbia e l'irritazione che avevo provato durante l'inseguimento si
sgonfiarono all'istante. Scossi la testa e lasciai andare il suo
colletto.
“Senti,
ragazzino” dissi, abbassandogli le mani, “se mi restituisci la
sterlina che mi hai rubato la finiamo qui. Non ci sarà bisogno che
io chiami un poliziotto. Cosa ne dici?”
Il
ragazzino alzò il mento. “È
proprio onesto da parte sua, signore. Ma mi sa che io posso proporre
qualcosa di meglio.”
Aggrottai
le sopracciglia. “E cosa?”. Sembrava divertirsi un po' troppo.
“Può
riavere indietro la sua sterlina, e” frugò nel suo cappotto
facendo una pausa drammatica, “può avere anche questa lettera.”
Eccola
lì. Nella mano sudicia di quel monello vi era lo stesso tipo di
busta che avevo trovato sulla scrivania quella mattina, con la stessa
calligrafia e lo stesso nome scritto sopra. Il mio. L'afferrai e
l'aprii, terrorizzato all'idea di dover leggere il tono soddisfatto e
auto-compiaciuto del mio amico. Se non credete possibile che la
parola scritta possa avere un particolare tono, cari lettori,
permettetemi di darvi una dimostrazione del contrario:
Mio
caro Watson,
Quanto
l'ha portata fuori strada Morris? Cinque isolati? Sei? È
il più veloce del mio attuale gruppo di Irregolari, e devo dire che
la sua abilità nel borseggio sta migliorando notevolmente. Sono
impressionato dal fatto che lei sia riuscito a catturarlo,
soprattutto alla sua età. E senza neanche le scarpe! Un discreto
successo. Credo che sarebbe più saggio rinunciare a tutta questa
storia. Non è d'accordo?
Cordialmente,
Holmes
Morris
– era quello dunque il nome del mio borseggiatore – mi aveva
portato ad almeno nove isolati di distanza dall'ufficio di
reclutamento più vicino. Almeno credevo. Mi resi conto
improvvisamente che durante l'inseguimento mi ero fatto condurre in
una parte di Londra che non riconoscevo in nessun modo. Non sapevo
nemmeno come tornare a casa, figuriamoci andare all'ufficio di
reclutamento. Mi appoggiai al muro del vicolo per riprendere fiato e
maledire Holmes silenziosamente.
“Sei
uno degli Irregolari, quindi?” chiesi al ragazzino, mentre mi
massaggiavo la gamba dolorante. La mia vecchia ferita di guerra non
mi infastidiva più come quando ero venuto a Londra per la prima
volta, ma quella caccia l'aveva affaticata parecchio. Il monello si
asciugò di nuovo il naso su una manica.
“Più
o meno, signore. Qualche settimana fa arriva questo tizio irlandese
che mi chiede a me e ad altri miei amici di svolgere qualche
commissione per lui, ecco. Seguire questo tizio tedesco per la città,
scoprire che amici ha e cose del genere. Noi abbiamo pensato che non
aveva tanto senso, ma uno scellino è uno scellino. Avevamo anche
fatto una piccola scommessa su cosa c'era in ballo. Io dicevo che
probabilmente questo tedesco gli doveva dei soldi, ma Davey pensava
che il tizio irlandese sospettasse il suo compare tedesco di farsela
con la sua signora, se capisce cosa intendo.”
Questo
ragazzino avrà sì e no nove anni,
pensai tra me e me, non
dovrebbe essere in grado di capirsi da solo.
Morris
proseguì: “E poi un giorno questo irlandese arriva vestito come un
elegantone e ci dice che è Sherlock Holmes. Voglio dire, il vero
Sherlock Holmes. Riesce a crederci?”
“Sì.”
risposi. “Purtroppo sì.”
“È
saltato fuori che il tizio che stavamo seguendo era un gran brutto
soggetto, che è un vero peccato perché vuol dire che nessuno ha
vinto la scommessa. Comunque dopo essere scomparso dalla faccia della
terra per settimane, ieri Mr.Holmes rispunta fuori. Questa volta
viene da me e mi dice che devo aiutarlo in una missione speciale. Era
un gran segreto, non dovevo dirlo a nessuno. Mi ha detto di aspettare
all'angolo di Queen Anne Street finché non vedevo un uomo senza
scarpe, e poi gli avrei dovuto rubare la sterlina che aveva nella
tasca dietro.” I suoi occhi castani divennero improvvisamente molto
seri. “Non è che lei è uno dei cattivi, signore? Uno degli amici
di quel tizio tedesco? Forse dovrei chiamare un poliziotto.”
“No,
non sono un 'cattivo'.” Passai a Morris la lettera. Non c'era
pericolo nel fargliela leggere. Gli ci volle qualche momento per
decifrare le parole, la sua bocca che le scandiva silenziosamente.
Poi vidi i suoi occhi illuminarsi di comprensione.
“Lei
è Watson!” esclamò deliziato. “Oh, Davey non ci crederà a
questa quando gliela racconto.”
“Holmes
ti ha chiesto di fare qualcos'altro?” gli domandai, sperando di
scoprire cos'altro aveva in serbo per me il mio amico/tormentatore.
Morris si raddrizzò e iniziò ad elencare una lista di istruzioni
che aveva chiaramente imparato a memoria.
“Solo
che dovevo correre verso est e mantenermi in vista più che potevo
senza farmi acchiappare. Ma se lei mi prendeva dovevo darle questa
lettera e sarebbe andato bene.” Morris mi restituì la lettera e la
sterlina. “Vorrei esserle stato più d'aiuto.”
“Mi
hai aiutato abbastanza, Morris.” Confesso che il mio tono era un
po' asciutto. “Grazie.”
“Dottor
Watson? Mi stavo chiedendo. Che cos'è tutta questa storia? Perché
Mr.Holmes voleva che le rubassi la sterlina?”
Mi
scostai dal muro e rimasi dritto in piedi, anche se scalzi. Che cosa
avrei dovuto dirgli? Che Holmes era un pazzo delirante che non aveva
idea dei limiti dell'umana decenza? Alla fine scelsi di essere
diplomatico. “Non è nulla, Morris. Io e Holmes stiamo facendo una
specie di gioco, ecco tutto.”
Morris
sembrava dubbioso. “Che strano tipo di gioco, signore, se proprio
vuol sapere.” Non potei fare a meno di ridere.
“Sono
completamente d'accordo con te, monello.” Mi interruppi un momento
per osservare il ragazzino sveglio che stava in piedi di fronte a me.
“Morris,” gli chiesi, “potresti farmi un favore?”
“Qualsiasi
cosa, dottor Watson. Che cosa vuole che faccia?”
Gli
appoggiai una mano sulla spalla. “Mai, in nessun caso, arruolarti
nell'esercito.”
|
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Capitolo 4 *** Numero Tre: Aggressione Fittizia ***
ReenlistingFic4
Cinque
modi per impedire al tuo amico di arruolarsi
NdT:
Chiedo perdono per il ritardo
con cui pubblico il nuovo capitolo. Banalmente ho avuto problemi con
il dannato internet! Come anticipazione vi dico solo che è adesso
che Holmes comincerà a fare sul serio...
Numero
Tre: Aggressione Fittizia
Era
circa mezzogiorno quando finalmente ritrovai la direzione giusta. Era
strano. Avevo vissuto in questa città per la maggior parte della mia
vita, e tuttavia c'erano alcune parti di Londra che mi erano
completamente estranee, o che erano cambiate tanto drasticamente
negli ultimi anni che non riuscivo più a riconoscerle. Holmes si era
spesso lamentato, da quando era in pensione, che questa Londra non
era più la sua
Londra, e io cominciavo a chiedermi se era ancora la mia. Avrei
potuto essere anche a Costantinopoli, per quanto ne sapevo. Era anche
difficile chiedere indicazioni a qualcuno, poiché la maggior parte
delle persone tendeva a considerare il mio abbigliamento inconsueto e
i miei modi un po' concitati come segni di una mente instabile. Avevo
pensato di chiedere a Morris, ma naturalmente ero piuttosto
diffidente nei confronti del ragazzino e delle sue alleanze. Dubitavo
che mi avrebbe portato di nuovo fuori strada, ma decisi comunque di
non correre il rischio. Non si poteva sapere quanto Holmes lo avesse
influenzato.
Finalmente
mi imbattei in una via che mi era familiare, e da lì riuscii a
rimettermi sulla strada giusta. A questo punto, però, ero diventato
estremamente paranoico verso le persone che mi circondavano. Ovunque
guardassi mi sembrava di vedere un potenziale complice di Holmes.
Ogni conducente di carrozza, ogni venditore ambulante, ogni donna e
ogni bambino avrebbero potuto essere al suo comando. Evitai tutti gli
sguardi e presi la via più breve per la mia destinazione, camminando
il più veloce possibile senza attirare l'attenzione. Sapevo, ora,
che non vi era livello al quale Holmes non si sarebbe abbassato pur
di impedirmi di arruolarmi. Era così che dovevano sentirsi i
criminali a cui aveva dato la caccia durante tutta la sua carriera.
Non c'era da meravigliarsi che fosse celebre nei quartieri malfamati
di Londra: per quanto mi riguardava, avrei preferito essere inseguito
dai mastini dell'inferno. Mi armai di coraggio e proseguii per la mia
strada.
Ero
a due sole strade di distanza dall'ufficio di reclutamento quando
udii un grido. Voltai lo sguardo in quella direzione. Una folla si
stava radunando all'angolo della parte opposta della strada. Poi vidi
un uomo staccarsi dal gruppo e correre nella mia direzione.
Ogni
fibra del mio essere mi stava implorando di non lasciarmi
coinvolgere, che quello era sicuramente un altro diversivo ad opera
di Holmes, e tuttavia non potei trattenermi dal fermare l'uomo nella
sua corsa.
“Che
cosa diavolo sta succedendo laggiù?” gli chiesi, senza perdere
tempo in convenevoli. L'uomo mi rispose sullo stesso tono.
“C'è
un tizio grosso come un orso che sta ammazzando di botte una donna.”
ansimò, “Sua moglie, credo. Dice che gli è stata infedele e che
gliela farà pagare. Vado a cercare un poliziotto, la ucciderà se
nessuno interviene.”
L'uomo
mi spinse da un lato e corse via. Io non opposi resistenza. Dal fondo
della strada le grida divennero più alte e disperate. Nessuno aveva
intenzione di aiutare questa donna? Metà del mio cervello era
assolutamente convinta che ci fosse lo zampino di Holmes, in qualche
modo, ma l'altra metà insisteva che non avrei trovato pace finché
non mi fossi accertato della situazione. Mi diressi dunque verso la
parte opposta della strada, e mi feci strada tra la ressa di
spettatori che fissava con aria sciocca quella che era certamente una
scena degna di nota.
L'uomo
che era andato in cerca di aiuto non aveva torto quando aveva
definito l'aggressore un orso. Capelli e barba tutti aggrovigliati,
spalle massicce e almeno un metro e novanta di altezza: non vedevo
altri paragoni possibili. E tuttavia ciò che davvero mi impressionò
furono il ringhio che contorceva la sua bocca e la furia nei suoi
occhi. Erano questi che lo rendevano veramente simile a una bestia.
Il bruto aveva afferrato una donna per i capelli e l'attirava a sé,
cosicché il viso di lei fosse all'altezza del suo. Questo viso
sarebbe stato attraente, se non che era deformato dalla paura e dal
dolore mentre la donna tentava freneticamente di liberarsi dalle
braccia che la imprigionavano. Potevo vedere una macchia di sangue
che si allargava tra i suoi capelli chiari, subito sopra alla tempia.
Non
riflettei e non esitai un attimo. Il mio pugno colpì l'aggressore al
lato della testa.
Il
colpo ebbe all'incirca l'effetto di una puntura di zanzara; l'uomo
fece un giro su sé stesso, gettò a terra la donna e rivolse la sua
attenzione a me.
“Ehi!
Che cosa credi di fare?” ruggì, come una tigre stuzzicata da un
bastone appuntito.
“Lascia
in pace quella donna.” Cercai di mantenere la voce il più ferma
possibile. Ora che lo vedevo da vicino mi sembrava almeno due metri
di altezza.
“Questo
non ha niente a che fare con te. Ora sparisci e lascia che me la veda
io con mia moglie!”
Improvvisamente
mi resi conto di tutti gli occhi puntati su di me. La folla
assomigliava al pubblico di un circo. Davvero non c'era nessun altro
che volesse aiutare questa povera donna?
“Non
farò niente del genere.” dissi. L'uomo si avvicinò
minacciosamente. Mi ero sbagliato pochi minuti prima: era senza
dubbio due metri e dieci.
“Questa
è la tua ultima occasione. Tornatene alla tua bella casetta e smetti
di ficcare il naso in faccende che non ti riguardano.”
“La
prego” quest'ultima frase venne dalla donna, che giaceva ancora
bocconi sul marciapiede. Alzò lo sguardo verso di me, gli occhi
iniettati di sangue. “Faccia come dice. Sarà peggio se lui...”
“Tu
sta zitta!”
sbraitò l'uomo a sua moglie, e le rifilò un calcio nel fianco.
Non
riuscii più a contenermi e gli sferrai un pugno nello stomaco.
L'uomo ringhiò e cercò di restituirmi il colpo con la furia di un
indemoniato. Io schivai tutti i suoi cazzotti e lo colpii di nuovo ad
un fianco. Questa volta lui mi rese la pariglia, stendendomi con un
colpo di quelle sue mani gigantesche. Riuscii a malapena a rotolare
via prima che con un piede mi schiacciasse la testa sul pavimento.
Sentii la donna trattenere il fiato per lo spavento. Allungai una
gamba e con un calcio gli feci perdere l'equilibrio, e lui cadde a
terra con un potente THUD. Aspettai, ansimando. Non si rialzò più.
Lentamente
mi alzai in piedi e mi diressi verso la donna ferita. Sedeva
esattamente lì dov'era caduta, fissando il punto in cui giaceva suo
marito.
“Lui...
lui starà bene?”
Scossi
la testa. Avevo già incontrato questo tipo di donna fin troppe
volte. Entro la sera successiva sarebbero probabilmente tornato l'uno
nelle braccia dell'altra, come se tutto questo incidente fosse stato
solamente un bisticcio tra innamorati. “Sopravviverà.”
borbottai. “Lasciate che dia un'occhiata a voi.”
Il
più gentilmente possibile le piegai la testa verso destra. La
macchia di sangue non si era allargata, quindi probabilmente aveva
già smesso di sanguinare. Quello era un buon segno. E tuttavia
avrebbe dovuto essercene molto di più, e, cosa ancora più strana,
non riuscivo a trovare la ferita... Realizzai all'improvviso. Mi
avvicinai le dita insanguinate e le annusai. Era proprio come
sospettavo. Inchiostro. Inchiostro rosso.
“Holmes?”
chiesi. La donna sorrise.
“Ah,
ma come ci ha scoperti?”
“Forse
avrei dovuto andarci un po' più pesante, dottore?” domandò una
voce alle nostre spalle. L'uomo-montagna si era appoggiato su un
gomito e ci guardava con una scintilla di malizia, come uno scolare
che è appena riuscito a fare uno scherzo al maestro. Mi alzai in
piedi.
“Avrei
dovuto capirlo che un uomo della sua stazza non va al tappeto così
facilmente.” Cercai di suonare il più indifferente possibile, ma
dentro di me ero furioso. Nascondere i miei vestiti e ordinare a un
ragazzino di rubarmi il portafogli era una cosa, ma farmi credere che
la vita di una donna era in pericolo era veramente troppo.
Mi
diedi una spolverata e tentai di radunare tutta la dignità che mi
restava.
“Immagino
che abbia lasciato a uno di voi due una lettera.”
“Immagina
bene, dottor Watson.” rispose la donna. Recuperò la lettera da
sotto le sue numerose gonne e me la passò. La folla di spettatori
intorno a noi non si era dissipata, e più di una persona cercò di
leggere il messaggio da sopra la mia spalla.
Mio
caro Watson,
tutto
questo non le fa venire in mente il caso Adler? Che teneri ricordi.
Sapevo che non avrebbe mai resistito dal soccorrere una signora
bisognosa di aiuto. Spero che non abbia colpito Bert troppo forte.
Siamo stati spesso avversari sul ring, ma credo che ammetteremo
entrambi di aver conosciuto tempi migliori. L'adorabile Cassandra
l'ho conosciuta a teatro, e sono sicuro che avrà recitato
perfettamente la parte della donzella in pericolo. Deve sapere che
sono stato proprio io a presentarli l'uno all'altra, tanto tempo fa.
Ci crederebbe se le dicessi che sono felicemente sposati da quasi
venticinque anni? E lei che mi accusa di non avere un lato romantico!
Ah, ma avremo un bel po' di tempo per riflettere sugli anni trascorsi
quando farò ritorno stasera.
Lei
ha opposto una resistenza notevole, amico mio. Non mi aspettavo nulla
di meno.
Cordialmente,
Holmes
Finii
la lettera e rivolsi di nuovo la mia attenzione alla coppia, che
aveva trascorso il tempo della mia lettura complimentandosi l'un
l'altro sulla rispettiva abilità di recitazione e rassicurandosi che
non si erano fatti male. Questa scena affettuosa era talmente in
disaccordo con quella di cui ero stato testimone cinque minuti prima
che non potei fare a meno di restarne sconcertato.
“Holmes
ha per caso informato uno di voi due degli altri suoi piani?”
chiesi. Cassandra mi guardò perplessa.
“Altri
piani? Noi credevamo che questo fosse una sorta di scherzo molto
elaborato. Non mi ero resa conto che ci fossero altri piani.”
“A
dire la verità, dottore” disse Bert, il benevolo uomo-montagna,
“non abbiamo idea del perché Holmes ci abbia chiesto di metter su
questa scenetta per lei. Tutto quello che ci ha detto è stato che ce
ne sarebbe stato molto grato, se l'avessimo fatto.” Guardò sua
moglie. “Abbiamo pensato che glielo dovevamo.”
Sospirai.
Perché tutti i cospiratori di Holmes dovevano essere così
infernalmente amabili?
“Capisco.
Beh, avete entrambi recitato la vostra parte a puntino. Ci sono
proprio cascato in pieno. Ora se volete scusarmi...”. Stavo per
andarmene quando Cassandra mi afferrò per una spalla.
“Dottor
Watson, le chiedo scusa.” disse. “È
chiaro che ci siamo lasciati prendere un po' troppo la mano. Ci
permette di scusarci invitandola a pranzo a casa nostra? Ho della
carne fredda che mi è avanzata dall'arrosto di ieri sera, e lei ha
l'aria di non aver mangiato nulla da stamattina.”
Avrei
voluto che non lo dicesse. Non mi ero reso conto di quanto fossi
affamato finché lei non aveva introdotto l'argomento. Il mio stomaco
brontolò traditore, e fui estremamente tentato dall'accettare
l'offerta. Ma sarei stato un vero idiota se non avessi imparato nulla
dalle mie precedenti esperienze della giornata.
“È
stato Holmes a chiedervi di invitarmi a pranzo, non è vero?”
“Oh,
beh” disse Cassandra, prendendo Bert per mano, “Non posso dire
che non ci ho provato...”
|
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Capitolo 5 *** Numero Quattro: Scambio di Identità ***
ReenlistingFic5
Cinque
modi per impedire al tuo amico di arruolarsi
NdT:
Questo capitolo è molto breve, ma mi ha fatto morire dal ridere.
Spero che la storia vi stia piacendo, e grazie mille per tutte le
recensioni!
Numero
Quattro: Scambio di Identità
Fu
sul finire del pomeriggio che finalmente raggiunsi l'ufficio di
reclutamento. Per un uomo stanco, affamato, esasperato e paranoico
come io ero, la vista di quell'ufficio equivaleva a quella di un'oasi
nel deserto. Come la Mecca per il pellegrino. Di certo sentivo la
stessa esultanza che aveva avvertito Odisseo nel raggiungere le
spiagge di Itaca, o Giasone nel posare lo sguardo sul vello d'oro, o
anche Galahad quando per la prima volta aveva custodito tra le sue
mani il Santo Graal...
Sì,
mi rendo conto di essere un tantino iperbolico, ma sono sicuro che mi
perdonerete. Era stata una lunga giornata.
Quando
entrai mi lasciai sfuggire un sospiro di sollievo. Ce l'avevo fatta.
Ora non c'era più nulla che Holmes potesse fare per fermarmi.
Avrebbe dovuto affrontare il fatto che ero io a decidere come vivere
la mia vita.
E
tuttavia ecco che l'esitazione che mi aveva impedito di arruolarmi
fino a quel momento tornava alla carica. Per tutta la giornata ero
stato talmente concentrato sul raggiungere
l'ufficio di reclutamento che avevo ignorato, forse volutamente, le
mie ansie. Ora che finalmente ero arrivato, queste si erano
decuplicate. Vedete, non si smette mai veramente di essere un
soldato, non importa quanti anni passino. Le mie ferite di guerra si
erano rimarginate e trasformate in cicatrici molto tempo prima, ma
non erano mai svanite né avevano smesso di farmi male. I ricordi di
Maiwand erano sbiaditi, ma non avrei mai dimenticato
quell'inconfondibile senso di orrore che mi aveva procurato incubi
notturni per tutti gli anni a venire. Potevo davvero affrontare quel
dolore e quella paura, di nuovo? Sarei stato fisicamente in grado di
resistere alle violente raffiche della guerra una seconda volta?
Qualcuno avrebbe potuto chiamarmi codardo perché tentennavo. Altri
mi avrebbero considerato un pazzo se non l'avessi fatto. Questa
esitazione però durò solo un istante. Come ho detto, non si smette
mai veramente di essere un soldato. E i soldati fanno il loro dovere,
a qualunque costo. I soldati vanno in guerra.
L'atrio
era semivuoto. C'erano alcune persone che stavano completando la loro
iscrizione qui e là, ma immaginavo che la maggior parte dei giovani
che intendevano arruolarsi l'avessero già fatto la mattina, come del
resto avevo pianificato anch'io in origine. Mi diressi verso la
scrivania più vicina, imponendomi di ignorare l'occhiata sbalordita
dell'ufficiale di reclutamento. Doveva avere circa la metà dei miei
anni; un giovanotto pallido e dagli occhi sbiaditi che sembrava
ritenere di poter avere un'aria adulta e intimidatoria. Si sbagliava.
Il poveretto non avrebbe mai potuto intimidire nessuno, e tuttavia io
mi trovavo nella posizione alquanto scomoda di dovergli provare il
mio valore. Drizzai la schiena e lo guardai dritto negli occhi.
“Vorrei
arruolarmi.”
“Ah,
sì?” il suo tono suonava scettico. “Nome?”
“John
Watson, medico generico, del Dipartimento Medico dell'Esercito. Ho
servito nella battaglia di Maiwand.”
“Il
dottor John Watson?” chiese il giovanotto, le sopracciglia
aggrottate.
“Sì.
C'è qualcosa che non va?”
“No.
Nulla, ma... ehm...” aveva un'aria incerta. “Mi rendo conto di
quanto possa sembrare strano, ma mi era stato detto che se un uomo
con il suo nome e il suo... aspetto si fosse presentato qui, avrei
dovuto dargli questa lettera.”
Restai
impietrito. Non poteva essere. Era impossibile.
E
tuttavia l'ufficiale mi stava allungando un'altra di quelle buste
maledette, ed io non potei fare altro che strappargliela di mano. Con
cautela la aprii e cominciai a leggere.
Mio
caro Watson,
Dunque
ce l'ha fatta sul serio. Ad essere veramente onesti non mi sarei mai
aspettato che riuscisse ad arrivare a destinazione. Non riesco a
decidere se questo sia una dimostrazione della sua perseveranza o
della sua testardaggine.
Sfortunatamente
non mi lascia altra scelta. Spero che mi perdonerà per le misure
drastiche che mi vedo costretto ad adottare. Ma di nuovo, mi ha
perdonato per cose peggiori.
A
stasera,
Holmes
Rabbrividii.
Questo messaggio era sicuramente il più inquietante tra tutti quelli
che Holmes mi aveva inviato quel giorno. Che cosa poteva significare?
Cos'altro, in nome del cielo, poteva avere in mente per...
I
miei pensieri si interruppero bruscamente quando avvertii l'acciaio
gelido della canna di una pistola puntata contro la mia nuca.
No.
“Non
si muova” disse una voce alle mie spalle.
Non
l'avrebbe mai fatto.
“Lei
è in arresto.”
L'aveva
fatto.
L'ufficiale
di reclutamento saltò su da dietro la scrivania.
“Che
cosa significa questo? Cosa sta succedendo?”
“Mi
dispiace disturbarla, signore,” disse un uomo con uno spiccato
accento irlandese – l'uomo che teneva la pistola puntata sulla mia
testa - “ma ci è stato riferito da fonti sicure che c'era una
canaglia che vagava per la città da questa mattina, sostenendo di
essere il famoso dottor John Watson.”
“Che
cosa?” dissi io. Ma mi fu negata la possibilità di protestare
oltre, poiché il poliziotto mi afferrò per una spalla e mi spinse
giù, costringendomi a piegarmi sulla scrivania. Poi continuò come
se non fosse successo nulla. In effetti aveva un tono piuttosto
allegro, come un uomo che ha trovato un oggetto che ha cercato per
tutto il giorno o che ha appena scoperto che sua moglie ha cucinato
il suo piatto preferito per cena.
“Abbiamo
ricevuto lamentele su di lui per tutto il giorno. Abbigliamento
indecente, coinvolgimento in risse, insegue bambini per le strade di
Londra, la lista continua. Sherlock Holmes in persona ci ha chiesto
di dare la caccia a questo pazzo. Ha detto che se non lo arrestavamo
avrebbe finito per fare del male a sé stesso o ad altri.”
Considerando
l'idea distorta che Holmes aveva del reclutamento, riconobbi che
quello che aveva riferito l'agente era tecnicamente corretto.
“Ma
io sono
il dottor John Watson!” protestai. Il poliziotto fece una smorfia
sarcastica.
“Davvero?
E per caso ha con sé qualche prova della sua identità, signore?”.
Io non risposi. “Come pensavo.”
Le
mie obiezioni e i miei tentativi di divincolarmi non ebbero alcun
successo, e l'uomo mi incrociò le braccia dietro la schiena. La
stanza era piombata nel silenzio più completo e tutti i presenti si
erano fermati per assistere alla scena – per la terza volta nella
giornata. Mi ero quasi abituato ad essere al centro dell'attenzione.
“Giuro
che la prossima volta che vedo Holmes, lo strozzo.” sibilai a denti
stretti. Poi udii il tintinnio delle manette.
“Forse
è il caso di aggiungere 'minacce di morte' all'elenco dei suoi
misfatti.” disse l'irlandese. Sentii il freddo metallo che mi
circondava i polsi. “Non si preoccupi, signore” disse poi
rivolgendosi all'impiegato, “farò in modo che quest'uomo non la
disturbi più.”
E
con quella frase come conclusione fui tirato su per il colletto e
trascinato fuori dall'ufficio di reclutamento.
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Capitolo 6 *** Numero Cinque: Chiedere ***
ReenlistingFic 6
Cinque
modi per impedire al tuo amico di arruolarsi
Ndt:
Chiedo scusa in ginocchio per l'enorme ritardo. Per farmi perdonare,
ecco gli ultimi due capitoli della storia. Questo che state per
leggere è, secondo me, il migliore e in un certo senso anche il più
tragico, ma a voi ogni giudizio! Sarò molto contenta se mi darete
una vostra opinione sulla storia in generale, e ovviamente anche
sulla traduzione :) Buona lettura!
Numero Cinque: Chiedere
Dopo essere stato
scaraventato in manette all'interno di una carrozza, davanti a decine
e decine di spettatori, iniziai a meditare. Chissà se a Scotland
Yard lavorava ancora qualcuno dei vecchi tempi, che avrebbe potuto
identificarmi come il vero Watson? Come avrei fatto a procurarmi la
libertà, visto che non avevo un soldo? Qual era il posto migliore in
cui gettare il cadavere di Holmes dopo aver soppresso ogni sua
funzione vitale? Ero talmente perso nei miei pensieri che non feci
caso a dove stavamo andando fino a che la carrozza non si fermò
definitivamente. Guardai fuori, estremamente confuso. Nonostante la
luce esterna fosse diminuita considerevolmente durante il nostro
viaggio, sapevo esattamente dove mi trovavo.
“Questo non può essere il
posto giusto.” dissi, più a me stesso che all'agente di polizia.
“Siamo a casa mia.”
Lui non replicò. Si limitò
ad afferrarmi nuovamente per una spalla e mi trascinò, quasi
sollevandomi, oltre la porta d'ingresso. Mentre richiudeva a chiave
la porta mi voltai a guardarlo. Lui mi restituì un'occhiata sagace,
quasi tagliente.
“Dunque” dissi, con tono
gelido, “Immagino che anche lei sia uno dei complici di Holmes.”
L'uomo fece un sorrisetto.
“In un certo senso,
dottore...”
Il poliziotto mi era
sembrato basso, all'Ufficio di Reclutamento. Il modo in cui si
muoveva e si dondolava di qua e di là mi aveva dato l'impressione di
un piccoletto con qualcosa da dimostrare. Ma quando fummo
nell'ingresso notai che era molto più alto di quello che avevo
creduto inizialmente. E più magro. E la sua voce era passata da un
armonico timbro irlandese ad uno molto più familiare.
“Holmes.” dissi. “Avrei
dovuto immaginarlo.”
“Sì, avrebbe dovuto.”
rispose lui, estraendo una chiave ed aprendo le mie manette. “Non è
stata una delle mie migliori interpretazioni, sono il primo ad
ammetterlo. Avevo deciso di riutilizzare l'accento di Altamont. Una
decisione piuttosto rischiosa, da parte mia, ma suppongo di essermici
abituato da un paio d'anni a questa parte...” Non finì la frase.
Probabilmente perché il mio pugno cozzò contro la sua mandibola non
appena ebbi le mani libere. Lui si sfregò il mento, riuscendo
nonostante tutto ad apparire estremamente divertito dall'intera
faccenda.
“E da parte mia, avrei
dovuto immaginarmi questa sua reazione.” disse. Lo oltrepassai e mi
diressi verso la porta.
“Me ne vado.”
“Ora, Watson? È
un po' tardi per una passeggiata.”
“Non sono dell'umore
giusto, Holmes.” sibilai. “Oggi lei mi ha fatto passare per un
idiota e mi ha dimostrato chiaramente che non ha alcun rispetto né
per me né per la nostra amicizia. Al momento non sopporto nemmeno di
stare nella sua stessa stanza.”
Lo sguardo di Holmes si
incupì.
“Davvero, Watson?”.
Mentre parlava cominciò a togliersi dalla faccia pezzi del suo
travestimento, ri-trasformandosi lentamente nell'uomo che conoscevo
così bene. “Mi dica quanto, secondo lei, ri-arruolarsi
nell'Esercito Britannico senza nemmeno avvisarmi è una segno del suo
rispetto per la nostra amicizia. Avrebbe potuto almeno lasciarmi un
biglietto sul tavolino del salotto. Immagino che avrebbe detto
qualcosa del tipo: 'Andato in guerra. Probabile che mi faccia saltare
le cervella. Torno tardi. Watson.' ”.
Sospirai e mi voltai
dall'altra parte, sfregandomi una mano sulla fronte. Aveva ragione.
Dopo aver inveito contro di lui un'enorme quantità di volte per non
avermi incluso nei suoi piani, dovevo ammettere che le mie azioni
erano state piuttosto ipocrite. Sentii ad un tratto la sua mano sulla
mia spalla.
“Watson, se dobbiamo
litigare, allora facciamolo e poi chiudiamo l'argomento. Così se
rimane abbastanza tempo potremmo andare a cena da Simpson's come ai
vecchi tempi.”
Sospirai
di nuovo. Ero ancora furioso, ma non c'era altro modo di risolvere la
faccenda. Tra l'altro Holmes aveva chiuso la porta a chiave, ed ero
quasi sicuro che avesse nascosto la mia copia delle chiavi nello
stesso posto dei miei vestiti.
Lo
seguii in salotto, che ora era libero da fogli di ogni genere. Holmes
doveva aver sistemato tutto prima del nostro arrivo. Il fuoco
scoppiettava e c'erano due bicchieri di scotch che ci aspettavano sul
tavolino. Il vedere che era stato così certo della riuscita del suo
piano al punto da organizzare in anticipo questa scenetta non fece
che aumentare la mia irritazione. Holmes si sedette nella sua
poltrona e tirò fuori la pipa, proprio come se fosse appena
rientrato da un'appagante serata a teatro.
“Non
vuole sapere come ho fatto a scoprire il suo piccolo progetto di
suicidio?” mi chiese, mentre si piegava per recuperare un po' di
tabacco dalla sua pantofola.
“No”
scattai, sedendomi il più lontano possibile da lui. Sebbene fossi
estremamente curioso di sapere che cosa mi aveva tradito, sapevo che
ciò che più infastidiva Holmes in assoluto era quando gli veniva
negata la possibilità di spiegare i suoi brillanti metodi deduttivi.
Fin dall'altro lato della stanza potei vedere un muscolo del suo viso
contrarsi.
“Oh,
avanti, Watson. Non sia permaloso.”
“Lei
mi ha arrestato!”
“L'ho
presa in custodia cautelare. È
diverso.”
“Non
per quelli che mi hanno visto ammanettato e trascinato fin dentro ad
una carrozza.”
“Dal
momento che ero solo io che facevo finta di essere un poliziotto,
credo che non abbia importanza in ogni caso. Se avessi voluto essere
davvero crudele avrei
semplicemente detto ad un vero poliziotto che lei era un impostore,
così l'avrebbe trascinata in una prigione dove lei sarebbe rimasto
fino a che io non fossi venuto a riprenderla. A dire la verità, un
piano del genere avrebbe comportato molto meno disturbo da parte
mia.”
“Oh,
le sono grato di aver fatto un miglio in più di cammino solo per
me.” Il mio tono trasudava sarcasmo.
“È
stato un piacere.” rispose Holmes, e sbuffò allegramente un po' di
fumo dalla sua pipa.
Ci fu
una pausa imbarazzante. Holmes sembrava riluttante ad interromperla,
ma alla fine lo fece.
“Perché
non mi ha detto che voleva ri-arruolarsi?” chiese.
“Ho
pensato che avrebbe cercato di fermarmi” borbottai. “Mi chiedo
come abbia potuto venirmi in mente una cosa simile. Immagino che lei
si renda conto di quanto tempo mi ci vorrà, adesso, per convincerli
che sono veramente chi dico di essere. Probabilmente mi toccherà
andare ad un ufficio di reclutamento fuori città.”
“Dunque
ha ancora intenzione di entrare nell'esercito.” disse. Il suo tono
era affilato come un rasoio. Io annuii.
“Mi
rendo conto che avrei dovuto parlargliene prima, Holmes. Non farlo è
stato egoista da parte mia, e mi dispiace. Mi dispiace davvero.
Tuttavia, l'idea iniziale di arruolarmi...”
“È
senza dubbio l'idea più ridicola che le sia mai saltata in mente,
Watson.” Con questa dichiarazione incrociò le braccia e disse
qualcosa che non mi sarei mai aspettato.
“Glielo
proibisco.”
Per
qualche istante rimasi seduto dov'ero, troppo sconcertato per
replicare.
“Lei...
cosa?”
“Spero
ardentemente che la perdita dell'udito sia uno dei sintomi della
malattia cerebrale che l'ha chiaramente colpita nei giorni scorsi. Ho
detto che le proibisco di andare al fronte.”
Non so
se quella fu la goccia che fa traboccare il vaso dopo tutta la farsa
di quel giorno, oppure se semplicemente ero talmente esausto da non
riuscire più a controllare le mie azioni o le mie emozioni.
Risi.
E risi,
e risi, e risi e risi. Non riuscivo proprio a fermarmi. E il fatto
che Holmes rimanesse seduto lì, con le braccia incrociate e
un'espressione indignata, rendeva ancor più difficile smettere.
“Non
capisco che cosa ci trovi di così divertente.” disse, cercando
inutilmente riprendere il controllo della situazione. Io intanto mi
ero circondato la pancia con un braccio nel tentativo di reprimere le
risate.
“Lei
lo è!” Ero sull'orlo delle lacrime. Lacrime! “Lei. Seduto lì a
dirmi che mi proibisce di entrare nell'esercito. Sono sicuro che gli
impiegati dell'ufficio di reclutamento saranno molto seccati quando
vedranno che non mi ha firmato il permesso.”
Mentre
scrivo tutto questo potreste pensare che quest'ultima frase fosse
stata pronunciata in modo perfettamente chiaro e intelligibile, ma in
realtà non fu così. Ma, di nuovo, Holmes era il genio della
deduzione. Per cui riuscì a decifrare le mie parole inframezzate da
scoppi di risa.
“Sono
assolutamente serio.”
“Lo
so. Per questo la cosa è così ridicola.”
“Watson!
Lei si comporta come un bambino.”
“E
tutta quella serie di burle che mi ha rifilato oggi erano un segno
della sua maturità?”
“Non
erano burle, Watson. Erano tattiche diversive. Se non è in grado di
riconoscere una semplice strategia militare quando le si presenta
davanti credo che non dovrebbero permetterle di tornare in servizio.”
In
qualche modo disciplinai i miei muscoli facciali e cercai di
guardarlo fisso negli occhi. Tuttavia l'effetto fu rovinato, ne sono
certo, dal divertimento ancora ben visibile sul mio viso.
“Holmes,
che ci creda o no, lei non è mio padre, non è il mio fratello
maggiore e, anzi, io sono più vecchio di lei di due anni. Lei non è
nella posizione per proibirmi alcunché. Ho preso la mia decisione e
nulla di quello che lei può fare o dire la cambierà. Credo che i
fatti di oggi l'abbiano dimostrato una volta per tutte.”
“Ha
dimostrato una volta per tutte che lei è testardo com'è sempre
stato, e che anche in vecchiaia riesco ancora a batterla in
furbizia.”
“Holmes,
lei è ancora in grado di battere in furbizia chiunque su questa
terra.” replicai. “Ma deve accettare il fatto che non può
impedirmi per sempre di arruolarmi. Sono quasi sicuro che oggi ha
consumato il suo intero arsenale di 'tattiche diversive', e anche se
non è così, è davvero questo il modo migliore per impedirmi di
rientrare nell'esercito? Impormi la sua volontà con l'inganno?”
“Avrei
preferito discutere della faccenda con lei, ma a quanto vedo non
ritiene opportuno che io abbia voce in capitolo in queste cose.”
“Bene.
Discutiamone ora.” Raddrizzai la schiena e mi schiarii la voce.
“Sa, vecchio mio, stavo pensando di ri-arruolarmi nell'esercito di
Sua Maestà. Che cosa ne dice?”
“Dico
che lei è completamente folle.”
“Grazie,
Holmes. La sua opinione è stata registrata.”
“Watson!”
Lasciai
perdere quell'atteggiamento frivolo e lo guardai con tutta la
sincerità che riuscii a mettere insieme.
“Holmes,
lei sa meglio di chiunque altro che cosa significa la guerra che si
sta avvicinando. La minaccia che dobbiamo affrontare. Quel vento
funesto a cui dobbiamo resistere, come l'ha chiamato non molto tempo
fa. Dobbiamo tutti fare la nostra parte se vogliamo uscirne
vittoriosi. Lei ha dedicato a questa causa due anni della sua vita.
Di certo non può negarmi l'opportunità di fare lo stesso.”
“Watson,
lei ha già fatto la sua parte...”
“A
Maiwand? Lo so. Ma io mi sento sempre un soldato, non importa quanti
anni siano passati.” dissi quietamente. “E i soldati vanno in
guerra.”
Ci fu un
momento di totale silenzio. Holmes mi apparve più vecchio e grigio
di quanto l'avessi mai visto negli ultimi anni. Ruppi il silenzio
appoggiando rumorosamente il mio bicchiere sul tavolino.
“Allora,
posso andare a dormire senza il timore di essere drogato nel sonno e
spedito in un paese straniero contro la mia volontà?”
Holmes
inclinò la testa per un momento, fingendo di considerare la cosa. O,
perlomeno, scelsi di credere che stava fingendo.
“Se
deve.” rispose con un sospiro. Io mi alzai ed ero già quasi fuori
dalla porta quando parlò di nuovo.
“Io
proprio non capisco, Watson. Una condizione a cui non sono abituato e
per la quale non provo nessuna attrazione. Qual è stata la causa di
questo suo momento di follia?”
Alzai le
spalle. Non c'era più motivo di nascondere la cosa, ormai.
“Ho
incontrato Wiggins vicino all'ufficio postale, la settimana scorsa.
Si era arruolato giusto il giorno prima.”
Holmes
si drizzò sulla sedia.
“Wiggins?
Di sicuro non ha ancora l'età per entrare nell'esercito.”
Mi
appoggiai allo stipite della porta.
“Ha
trentasette anni, Holmes.” Non lo guardai quando cominciò a
tossire per il tabacco andato di traverso. La scena di Wiggins che
camminava lungo la strada con indosso quell'uniforme maledetta
continuava a ronzarmi in testa. Holmes appoggiò la pipa sul
tavolino.
“Ma
non è possibile! Senta, se Wiggins aveva, diciamo... dieci anni
quando noi ci siamo trasferiti a Baker Street...” Holmes fece
qualche calcolo mentale prima di concludere con un sommesso: “Oh.”
“È
sposato, Holmes. Sposato e con una nidiata di bambini che hanno –
ad essere veramente onesti – un'insana passione per lei e le sue
avventure.”
“Me
ne lavo le mani, di questo.” disse lui semplicemente. “Non sono
stato io a decidere di scrivere le cronache di quegli avvenimenti. Io
sarei stato perfettamente soddisfatto di registrarli da un punto di
vista legale e finita lì. È
stato lei che ha voluto farci diventare degli eroi nazionali.”
“Già...”
dissi io. Mi sorprese il taglio amaro della mia stessa voce. “Eroi.”
“Watson?”
Holmes si allungò in avanti cercando di incrociare il mio sguardo.
Io lo evitai, ma non cambiò nulla. La mente brillante di Holmes
comprese tutto in pochi secondi.
“Oh,
mio caro Watson...”
“Holmes,
non...”
“Lei crede che
l'arruolamento di Wiggins sia dovuto all'adorazione che aveva per
lei, non è vero?”
Io non dissi nulla. La mente
di Holmes proseguì spedita come una locomotiva a vapore.
“Il ragazzo l'ha sempre
ammirata fin dai nostri primi giorni a Baker Street, ed è entrato
nell'esercito per emularla. Scommetto che è questo che le ha detto
quando vi siete incontrati la settimana scorsa. E allora lei,
pensando di aver indotto non solo Wiggins ma magari un'intera
generazione di giovani ad arruolarsi con le sue storie romantiche di
avventura e rischio, ha deciso che l'unica cosa giusta da fare era
dare il suo contributo allo sforzo bellico. Per proteggere i ragazzi
come Wiggins. Ho dimenticato qualche dettaglio importante nella mia
analisi?”
Scossi la testa. Holmes
aveva scovato le mie motivazioni proprio come nei suoi casi acciuffava i criminali minori. Come avevo potuto anche solo
sperare di nascondergli la verità?
“Beh, grazie al cielo che
è questo.” Holmes appariva stranamente sollevato, come se si fosse
tolto un enorme peso dalle spalle. “Quasi pensavo che il suo fosse
un qualche sconsiderato tentativo di riportare alla luce i suoi
giorni di gloria.”
Devo ammettere che fui
piuttosto offeso da quelle parole.
“Holmes! Davvero mi crede
così superficiale?”
“Certo che no, amico mio, e
tuttavia non sono stato in sua compagnia per più di due anni. Ero
preoccupato che il mio affidabile compagno di avventure si fosse
trasformato, in mia assenza, in uno scavezzacollo a caccia di
emozioni. Dopotutto, l'ultima volta che sono andato all'estero per
alcuni anni lei era un uomo completamente diverso quando sono
tornato.”
“Se ricorda bene, Holmes,
in quegli anni persi mia moglie e il mio più caro amico. Credo che
si possano considerare circostanze eccezionali.”
“Ammetto che avrei dovuto
saperlo, amico mio. Avrei dovuto sapere che il mio Watson non sarebbe
tornato nell'esercito per sé stesso, ma per aiutare gli altri.”
Sorrise, la pipa ad un angolo della bocca. “Watson, lei è davvero
un punto fermo in un'epoca di cambiamento.”
“Dunque si rende conto del
perché devo andare.”
“Mi rendo conto che il suo
ragionamento è logico, ma non razionale. Era basato sull'emotività
e su un campione ristretto di popolazione. Non può essere così
egocentrico da pensare che ogni ragazzo che decide di arruolarsi lo
fa per imitare lei.”
“Almeno uno sì,”
borbottai, “e mi creda, è sufficiente.”
“Watson, non può
colpevolizzarsi per le scelte di Wiggins. Sia che la sua decisione si
riveli una follia sia che non sia così, non è stato lei a spingerlo
in un ufficio di reclutamento con le mani legate dietro la schiena e
a costringerlo ad arruolarsi. Lui è l'uomo che ha scelto di essere.
Lei non può controllare il modo in cui decide di vivere la sua
vita.” Io sollevai un sopracciglio.
“Non le sembra di vedere
un accenno di ironia in questa affermazione, Holmes?”
Lui non rispose. L'orologio
nell'ingresso suonò le dieci e io realizzai che era davvero ora di
andarmene a dormire. Dopotutto era stata una giornata faticosa.
Mentre mi dirigevo per l'ennesima volta verso la porta Holmes mi
richiamò.
“Non si arruoli.”
Mi voltai e guardai il mio
vecchio amico. Stava fissandosi le mani mentre con il pollice
disegnava cerchi sul bordo della sua pipa.
Era una preghiera.
“Io
la conosco, Watson. Se crede che qualcosa debba essere fatto, farà
tutto ciò che è in suo potere per far sì che avvenga. È
una delle qualità che più ammiro in lei. E tuttavia, non credo che
lei sia consapevole di quello a cui sta andando incontro. No, non mi
interrompa. Mi lasci finire. So che potrebbe sembrare presuntuoso da
parte mia farle una lezione sulla guerra, visto che è lei l'unico
che ha mai visto un combattimento. Però aveva ragione quando ha
detto che durante i miei anni all'estero ho potuto farmi un'idea di
quello che ci riserva il futuro. Watson, questa guerra sarà come non
ne abbiamo mai viste prima. Da ogni angolo di ogni impero gli uomini
stanno marciando per difendere la loro madrepatria. Questa guerra ne
ingoierà milioni. Non migliaia. Milioni. E pensare che lei possa
essere là fuori, catturato dagli ingranaggi di questa macchina
bellica in qualche angolo desolato del pianeta, uno dei tanti corpi
calpestati in mezzo al fango,” fece una pausa come per cercare le
parole giuste, ma avrei potuto giurare di averlo sentito reprimere un
groppo in gola, “Watson, non mi creda un egoista ma sono certo che
mi distruggerebbe. Ho discusso con lei, gliel'ho proibito, l'ho
manipolata e l'ho fisicamente trascinata fuori da un ufficio di
reclutamento, e tuttavia non mi rimane altro da fare che supplicarla.
La prego, Watson. Non si arruoli.”
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Capitolo 7 *** Epilogo: Controfferta ***
ReenlistingFic 7
Cinque
modi per impedire al tuo amico di arruolarsi
Epilogo:
Controfferta
Non
riuscii a guardarlo in quel momento. Per Holmes, essere così onesto
e schietto con me – con chiunque – era un fatto raro e
scioccante. Avrei tanto voluto dirgli che non mi sarei arruolato,
così da cancellare le sue paure e risolvere la faccenda una volta
per tutte. Ma sapevo che non potevo. Se davvero avessi scelto la via
più facile abbandonando tutti quei ragazzi al loro destino, agli
ingranaggi di quella macchina bellica di cui aveva parlato Holmes,
non credo che avrei più potuto vivere con me stesso. Chinai la
testa.
“Holmes,
non posso restarmene qui fermo mentre questa guerra infuria. È
necessario fare qualcosa. Io devo fare qualcosa. Io... devo avere
qualcosa da dire, in tutto questo.”
Holmes
sorrise. Un sorriso arcigno, ma comunque un sorriso.
“Mio
caro Watson. Sempre un uomo d'azione, eh?”
“Sì,
Holmes” risposi quieto, “sempre.” Holmes drizzò la testa e si
alzò in piedi.
“Proprio
quello che pensavo. Se è davvero così, Watson, potrebbe almeno
farmi l'onore di considerare la mia controfferta?”
Alzai
le sopracciglia.
“Che
cosa intende dire?”
Holmes
fece un ghigno e andò verso la scrivania, per poi tirar fuori
qualcosa da uno dei cassetti.
“Pare”
disse, “che i superiori di Mycroft siano rimasti così
impressionati dalla mia performance come Altamont da volere che
continui.” Lasciò cadere sul tavolino una pila di fogli
dall'aspetto ufficiale e minaccioso. “Hanno richiesto – in quel
modo particolare che rende un uomo molto esitante a rifiutare – che
io continui il mio lavoro nell'ambito dello spionaggio.”
Per
un attimo fui troppo sbalordito per dire qualsiasi cosa. Poi il
miscuglio di emozioni dentro di me trovò esattamente la cosa giusta
da dire.
“Come
osa.”
“Prego?”
“Come
osa, Holmes!” La mia voce si alzò di tono man mano che la
rabbia
mi riempiva i polmoni. “Lei si spinge fino a livelli straordinari
–
livelli insani, e credo che molte persone sarebbero d'accordo con me
– per impedirmi di rientrare nell'esercito di Sua Maestà,
poi
quasi mi implora di rimanere in Inghilterra, e in tutto questo tempo
aveva quei fogli e sapeva che presto se ne sarebbe andato al
diavolo per altri due anni! Pensa che io non abbia passato tutto il
tempo in cui lei era via preoccupandomi che fosse morto, che
l'avessero catturata o Dio solo sa cosa...”
“Watson,
per favore! Lei ha frainteso.”
“Davvero?
Quindi lei non ha intenzione di continuare le sue operazioni di
spionaggio all'estero?”
Lui
esitò. “Beh, sì...”
“Buonanotte,
Holmes.”
Con
la rapidità di un uomo con la metà dei suoi anni Holmes si
precipitò verso la porta, sbarrandomi il passo.
“Aspetti,
Watson, non ho finito. Lavorerò di nuovo sotto copertura, ma solo ad
una condizione: che lei venga con me.”
Dire
che quel giorno era stato pieno di sorprese avrebbe significato,
probabilmente, minimizzare la cosa in modo alquanto grossolano.
Ciononostante, devo ammettere che quella fu la dichiarazione più
sconvolgente di tutte, quel giorno e in qualunque altro momento.
“Io?”
Holmes annuì.
“Chi
altri?”
Mi
sorpresi a grattarmi la testa. I capelli mi si erano ingrigiti
parecchio, negli ultimi due anni.
“Qualcuno
con esperienza, ad esempio. Qualcuno che comprenda lo spionaggio, che
sia abile a recitare e abbia tutta una serie di capacità...”
“Che
ne dice di un ex-medico militare che ha dimostrato lealtà al suo
paese più e più volte? Un uomo intelligente, meticoloso, che ha
passato una buona parte della sua vita aiutando le autorità a
catturare alcuni dei criminali più pericolosi di Londra? Un uomo
affidabile, onesto, che sa come mantenere la calma nei momenti di
crisi? Pensa che qualcuna di queste capacità potrebbero essere
utili?”
“Lei
mi lusinga, amico mio, ma sappiamo entrambi che le mie qualifiche per
un compito importante come quello che mi sta proponendo sono
disgraziatamente inesistenti. Questo non è uno dei nostri casi di
Baker Street, dove la vita di un cliente è in pericolo. La posta in
gioco era già abbastanza alta allora. Ma qui parliamo dell'intera
nazione, di tutto l'impero. Non credo che il Governo mi permetterà
di aggregarmi a lei.”
“Tanto
per cominciare, Watson, lei non è e non è mai stato semplicemente
uno che si 'aggrega'. Lei verrebbe come agente autonomo, e sarebbe
una risorsa importante per la causa britannica. Secondo, io so per
certo che i Servizi Segreti sarebbero entusiasti di averla dalla loro
parte.”
“Davvero?”
incrociai le braccia. “E come lo sa?”
“Perché
hanno già accettato.”
“Che
cosa?”
Holmes
si mise le mani in tasca.
“Quando
ho realizzato che lei aveva intenzione di riunirsi alla sua vecchia
unità, ho avuto una conversazione con Mycroft a proposito di quello
che avrei dovuto fare. Oh, non si preoccupi. I fatti di oggi sono
stati interamente una mia macchinazione. Ma è stato Mycroft a
suggerire che lei mi accompagnasse durante le mie piccole escursioni.
Ha detto che il mio lavoro nel caso Von Bork era fatto un po' a
casaccio per i suoi gusti, cosa che lui attribuisce alla sua assenza,
Watson, al fatto che lei è la mia stella cometa e così via. Sono
completamente d'accordo sul fatto che lei è un assistente
ineguagliabile, ma definire i miei sforzi 'fatti a casaccio' è stato
un vero affronto...”
Cercai
di riportare Holmes all'argomento originario.
“Quindi
lui ha semplicemente deciso che dovrei venire con lei? E ha convinto
il resto dell'Intelligence britannica?”
“Oggi,
a quanto sembra. Pare che Mycroft abbia un'influenza considerevole,
Watson. Sarei prudente, se fossi in lei, prima di rifiutare la sua
offerta. Mio fratello ha probabilmente un quantità di agenti sparsi
per tutto il paese che aspettano solo di saltarle addosso, nel caso
dovesse rinunciare. Che cosa ne dice?”
Mi
trascinai di nuovo verso il divano e mi sedetti su uno dei braccioli.
“Questo...
questo è ridicolo, Holmes. Non posso lavorare come spia.”
“Ma
si incastra tutto alla perfezione, Watson, non capisce? Lei può
continuare a servire il suo paese, io posso impedirle di farsi
ammazzare, lei può fare lo stesso con me, e insieme potremo
combattere la battaglia dei giusti e allo stesso tempo evitare che
mio fratello continui a tormentarmi. Vincono tutti.”
“Che
cosa dirà la gente? Non si accorgeranno che siamo scomparsi?”
“Sono
certo che saprà inventarsi una scusa adeguata, vecchio mio. Scriva
che è venuto a vivere con me nel Sussex per aiutarmi ad allevare le
api, o qualcosa del genere.”
“Holmes,
dovrebbe essere qualcosa di credibile.”
“Beh,
è lei il romanziere. Lascio a lei i dettagli. Domattina abbiamo
appuntamento alle otto per conoscere la nostra prossima missione,
perciò se fossi in lei adesso me ne andrei a dormire. Queste spie
sono incredibilmente pignole per quanto riguarda la puntualità.”
Holmes
uscì dal salotto e si avviò verso la stanza degli ospiti. Io mi
alzai e lo seguii.
“Aspetti
un momento, Holmes, aspetti un momento! Io non ho detto che sono
d'accordo con tutto questo.”
“So
che farà la scelta giusta, Watson. Dopotutto, il suo paese ha
bisogno di lei.” rispose lui senza voltarsi. Dopodiché chiuse la
porta della sua camera, mettendo fine alla conversazione una volta
per tutte.
Io
rimasi nell'ingresso, sconvolto. Come poteva essere così sicuro che
avrei accettato di seguirlo nella sua prossima missione? Era un
tantino presuntuoso, da parte sua, credere che avrei abbandonato ogni
cosa senza pensarci per seguirlo verso l'ignoto, specialmente dopo
tutto quello che mi aveva fatto passare quel giorno. E tuttavia
quella mattina stavo per decidere di fare la stessa cosa, ma senza la
sua compagnia come supporto. In passato l'avevo accompagnato in così
tanti casi senza avere la minima idea di quello che stava succedendo,
perché ora avrebbe dovuto essere diverso? Forse non era necessario
andare al fronte per rendere un servizio al mio paese. Forse non
avrei dovuto affrontare il nemico da solo, questa volta...
“Watson,
per amor del cielo, smetta di recitare quel suo monologo mentale
fuori dalla mia stanza e vada a letto.” suonò da dentro la voce di
Holmes. “Domani ci aspetta una giornata impegnativa. Le guerre non
si vincono da sole, sa.”
Io
sorrisi e scossi la testa.
“Ha
ragione, Holmes. Ci vediamo domattina.”
FINE
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