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Buondì!
Come anticipato sulla pagina di Facebook dedicata alle mie storie, ecco
qua la tanto famigerata Big Damn Table sulle Cronache di Diana.
Sulla MIA Regina, sulla MIA donna.
Vuole essere un tributo, questa raccolta: un tributo alla
più grande e magnifica delle mie creature, colei che mi ha
DAVVERO dato la possibilità di Scrivere, Esprimermi,
Sognare... Vivere.
Sono piccoli pezzetti di lei, questi; frammenti, stralci della sua
vita, di ciò che pensava, sognava, vedeva, soffriva, amava.
E' Diana a tutto tondo, più di quanto abbiate mai visto.
Insomma... bentornati a chi già la conosceva. Benvenuti, ai
nuovi arrivati. Benvenuti nel mondo di
Diana.
The Big Damn Table The
Chronicles of Diana
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001.
Inizio
Tutto
inizia e finisce per un motivo; la
nascita, la vita, la morte… sono tutti concetti relativi,
tutte parole gettate
al vento.
Quando
nasci per morire, tutto ciò che hai
intorno diventa, improvvisamente, inutile.
Io, Diana
Black, sono l’ultima della mia
razza, l’ultima della mia famiglia, l’ultima che
porta questo nome dannato.
Perché
il mio è sangue di pazzi, sangue di
assassini, sangue di coloro che non desidereresti mai ad un cenone di
Natale.
Il mio
è un sangue folle, un sangue che mi ha
condannata ad una vita che ha, come fine, soltanto la morte.
Il mio, è il
sangue della Regina.
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002.
Intermezzo
-Qualcuno
sa spiegarmi perché esistono le
pause pubblicitarie!?- sbraito, irritata, fissando con astio il vecchio
televisore polveroso che, al momento, sta trasmettendo l’ennesima pubblicità senza
alcuna logica.
Dan
ridacchia, acchiappandomi con un braccio
e tirandomi di nuovo sul consunto, familiare divano che tante volte ha
accolto
i nostri abbracci.
-Solo per
darti fastidio.-
-Ci
riescono molto bene.-
Sorride.
Quel sorriso – maledetto!
– capace di farmi dimenticare persino il mio nome.
Si
avvicina, il respiro caldo e profumato che
mi stordisce, quei pozzi neri ed ardenti che mi attirano
irresistibilmente in
un buco nero da cui non vorrei mai più emergere.
-Si
possono fare tante cose, durante gli
intermezzi.- mormora, il corpo muscoloso che aderisce, piano, al mio.
Sogghigno,
maliziosa.
Oh,
sì.
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003.
Fine
Cerco di
calmare le lacrime, di asciugarle
dalle mie guance bianche.
Ma il
cielo piange con me, stanotte; piange
con gli occhi della sua Regina, lavando via il sangue dalle ferite e
dalle
strade, le ginocchia che urlano per il contatto prolungato con il
crudele
asfalto.
È
finita.
Vorrei
urlare, ma la mia voce non esiste più.
Vorrei
soffrire, ma non ho più un cuore in
grado di farlo.
È
finita.
Ora, di
me, rimane soltanto un involucro
vuoto, in muta preghiera davanti a due corpi senza più vita.
Un
involucro… un guscio vuoto.
Ma
ancora in grado di uccidere.
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004.
Interiorità
Ciò
che si vede di lei non è nemmeno la metà
di ciò che Diana nasconde in quel corpo soffice e tonico,
celato da una crudele
divisa di Hogwarts dal caratteristico marchio oroscarlatto.
Dentro di
lei, arde una stella che brilla
soltanto nelle notti più cupe.
Dentro di
lei, vibra l’energia dei vulcani e
degli oceani, dei venti e dei terremoti, del Sole e della Luna.
Dentro di
lei batte un cuore, il mio cuore,
che si riflette nelle luci
che accendono le sue iridi quando incrociano le mie.
Diana mi
guarda, enigmatica e misteriosa come
sempre, rivolgendomi uno sguardo che nessuno, salvo me, può
comprendere; è
sempre così, lei, meteora che crea e distrugge, lasciando
nel suo magico
strascico il desiderio di sfiorarla ancora.
È
un rompicapo, la mia Diana.
Ed è per
questo che la amo.
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005.
Esteriorità
All’esterno,
sembro soltanto una ragazzina
piacente, con un corpo che non è da buttar via, due begli
occhi grigi, i
capelli bruni e le labbra rosse.
All’esterno,
non si potrebbe mai immaginare
quale mostro si cela dietro quel bel visino.
All’esterno,
nessuno può vedere il sangue che
macchia le mie mani.
Eppure
c’è: pesante, incrostato, denso di
tutte le vite che ho tolto.
Ma non si
vede.
Per
tutti, io rimango una ragazzina di
tredici anni dal viso buono e dal carattere spigliato.
Come al solito sono in ritardo mostruoso.
E pensare che queste drabble sono già scritte in buona
parte!!!! -.-
Questa trance è incentrata sul tempo, sulle ore, sui giorni.
A volte ce lo facciamo scappare via, il tempo: non ci accorgiamo
nemmeno di ciò che stiamo perdendo, finché non ci
voltiamo indietro e guardiamo ciò che potevamo avere e che
non abbiamo più.
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The Big Damn Table The
Chronicles of Diana
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006.
Ore.
Le ore passano
incessanti, lente, scandite soltanto dal
gocciolio denso e continuo del sangue.
Ho perso il
senso del tempo, dello spazio, non sono nemmeno
più così sicura di avere un corpo: il dolore
è talmente forte da stordirmi, da
cancellare qualunque cosa che non siano i nuovi colpi inferti dalle
pesanti
mani di Galver.
Ma resisto.
Continuerò
a resistere.
Non so quando,
non so come, non so se... ma Dan arriverà.
L'odio
e l'amore si mischiano, ed io non so più cosa è
giusto e cosa è sbagliato.
Dan
arriverà, ed io, Galver, ti guarderò morire.
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007.
Giorni.
-Non parla da
giorni.-
Dovrei?
Non
ho più nulla da dire.
-Non possiamo
costringerla. Non sappiamo che cosa le ha
fatto.-
E
non penso lo saprete mai.
Mi rannicchio
su me stessa, le ferite appena rimarginate
che si tendono e pizzicano terribilmente. Devo stare coricata sul
fianco; la
schiena è lenta, a guarire, a causa dei segni profondi delle
frustate.
Sono qui da
giorni: non so quanti, non m'interessa.
Voglio
andare via.
Voglio
allontanarmi da questa casa, voglio rimanere sola,
voglio distruggere tutti gli specchi che troverò sul mio
cammino.
Non voglio
vedere il mostro che sono diventata, giorni fa,
quando ho lasciato che la bestia prendesse il sopravvento su di me.
Non
voglio vedere quella cicatrice.
Mai
più.
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008.
Settimane.
Settimane.
Sono settimane
che non sento la risata di Scott.
Settimane.
Sono settimane
che non mi lascio cullare dalle braccia di
Dan.
Settimane.
Sono passate
settimane, da quando mi sono stati portati
via.
Serro i denti,
tanto forte da far sanguinare le gengive,
tanto forte da sentire lo smalto bianco incrinarsi, una fitta terribile
che mi
trapassa la mente.
Non
ci sono più.
La mia vita.
La mia anima.
Il mio cuore.
Se
ne sono andati.
Dan...
Scott...
Pugnalo
il cuscino con un pugno, le piume che volano
dappertutto.
Silenziose,
le lacrime bagnano il cadavere innocente di
quel povero oggetto.
....ed
io, sono morta con loro.
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009.
Mesi.
Mesi di
solitudine, di privazione, di continua meditazione
e studio su me stessa, hanno prodotto questo.
Mi osservo,
strabiliata, davanti ad uno specchio per la
prima volta da parecchio tempo a questa parte.
I capelli
arrivano sino alla vita, corposi e scuri come la
Notte.
La pelle
è bianca e perfetta come la porcellana.
Gli occhi...
gli occhi non sono più i miei, ma due
baratri cangianti di cui non riesco a definire
il colore.
In qualche
mese, ho subito un cambiamento che, in anni,
nessuno spererebbe mai di raggiungere.
Sono diventata
la Dea che sono nata per essere e qui, in
Canada, sono libera di affinare la mia magia e la mia indefinita,
immensa
potenza.
Guardo lo
specchio, e la Regina ricambia il mio sguardo,
fiera ed altera come solo un dio può essere.
Ciò
che io sono diventata.
Ma
a che prezzo, per la mia anima?
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010.
Anni.
E' frustrante.
Non sono
più io, non sono più me stessa; ma parte di me
sopravvive in questo corpo dalla folta pelliccia argentata, in questi
occhi
grigi, in queste zampe forti e poderose.
Sono passati
anni, anni di silenzio e di ululati alla dea
Luna.
Anni di
vicinanza e distanza allo stesso tempo con un
falco, una donna e un ragazzo dai capelli biondi.
Shade.
Mugolo,
sistemandomi meglio accanto al corpo addormentato
del ragazzo.
Come al solito sono in ritardo mostruoso.
Colori, odori, suoni; si parte con le tranche relative ai sensi :) A QUESTO link potrete trovare un set di Polyvore relativo alla drabble "Verde".
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The Big Damn Table The
Chronicles of Diana
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011.
Rosso.
Il rosso è il colore del
sangue, della violenza, della
passione.
E' ciò che le persone
associano ad uno spirito indomabile,
ad una forza potente e impetuosa, ad un'emozione irresistibile e
venefica.
Il rosso è bene e male,
è piacere e dolore in egual modo.
Per tutti, meno che per me.
I fiori rossi significano amore,
desiderio, carnalità.
Mi piacciono, quei fiori; ma uno
soltanto, in questo
momento, attira la mia attenzione.
Con il cuore che batte terribilmente
forte, sfioro il
lenzuolo dove stanotte è sbocciata una rosa dai petali
scarlatti.
E dov'è nata una donna.
Io.
012. Arancione.
-Ci pensi mai al futuro?-
La domanda di Kelly mi sorprende. Ho
tredici anni, cosa ne
so io del futuro?
Mi volto a guardare la miaboss,
sdraiata accanto a me fra l'erba alta ed incolta
della Spring Valley, le margherite che spargono la loro fragranza nel
venticello leggero. Il cielo è aranciato, meraviglioso, i
raggi del Sole
accarezzano la mia carnagione bianca e quella di Kay, creando dei
giochi di
luce belli da togliere il fiato.
Diablo e Fuego brucano, sereni, a
pochi passi da noi.
-Dovrei?- le chiedo, incuriosita dalla
sua richiesta.
Annuisce, pensierosa.
-Secondo me, ci aspettano delle
avventure che ora nemmeno
immaginiamo.- commenta, in un tono terribilmente serio che mi fa
pensare, per
qualche istante.
Poi, ridacchio.
-Finché io e te
continueremo a fare danni insieme, penso
che sia assolutamente inevitabile.-
013.
Giallo.
-Ahi.-
-Sei un disastro! Quando imparerai a
comportarti come una
donna e non come un maschiaccio?-
-Mai! Io voglio diventare un
guerriero!-
Scott ghigna, saccente ed
insopportabile come sempre.
-Sei una ragazzina secca e
allampanata. Non resisteresti
dieci minuti in uno scontro!- mi canzona, cambiando garza e finendo di
pulire
il ginocchio sbucciato che mi sono procurata andando a cavallo, questo
pomeriggio.
-Scommettiamo!- gli propongo,
arrogante.
Sorride. Accetta sempre le scommesse,
mio cugino.
-Se perdi, quando avremo trent'anni mi
pagherai da bere.-
Balzo in piedi, infervorata, alzando i
pugni in cielo e
figurandomi la combattente fiera ed invincibile che
diventerò.
-Se invece vincerò io...-
Ma poi m'interrompo, scoppiando a
ridere quando vedo Scott
completamente ricoperto del disinfettante, giallo, e mi rendo conto di
averglielo rovesciato addosso nell'impeto del salto.
Bah!
014.
Verde
Sotto
le dita, la stoffa verde militare della mia divisa scivola ruvida come
i
ciottoli di un fiume in secca.
Sorrido
appena, lisciando le pieghe nella casacca dal collo alto, passando dopo
un
istante ai pantaloni aderenti, al cappello.
Sfioro
il distintivo triangolare da colonnello degli Auror, ancora incredula,
ancora
incerta del mio futuro e di ciò che mi aspetta.
Sono
un colonnello, adesso.
Sono
ciò che ho lottato per diventare.
Sono
ciò che voglio essere.
Per
la prima volta, nella mia vita, so che le responsabilità che
ho adesso sono ciò
che ho sempre desiderato.
Ciò
che soltanto io ho scelto.
015.
Blu.
Nel
blu del cielo, in groppa a Diablo, le sue ali possenti spalancate nel
vento,
penso di avere in mano l'intero Universo.
La
sensazione di onnipotenza che si prova quassù non ha pari:
non c'è niente,
quassù, in grado di ferirmi - a parte la caduta che faremmo
se Diablo non
riuscisse più a volare, ovviamente.
Non
c'è nessuno, quassù, che possa farci del male.
Non
c'è dolore, non c'è sofferenza, non
c'è paura.
C'è
solo il cielo, tanto blu e profondo da sembrare di plastica.
....ma
un pensiero, adesso, mi colpisce e mi fa vergognare della mia arroganza.
Quassù...
quassù c'è il senso di essere, finalmente,
all'altezza giusta per me stessa.
Sono
viva e vegeta per fortuna; ho deciso di aggiornare lentamente, e devo
dire di esserne più che contenta, visto che alcune delle mie
vecchie e affezionate lettrici sono tornate! Quindi, grazie mille per
il seguito, sono più che felice di sapere che non avete
dimenticato né me né Diana :)
Con
questa tranche, la quarta, si conclude il ciclo dei colori; per Porpora
vi rimando QUI,
ad un set di Polyvore creato per la situazione. Senza Colori
è uno sprazzo della vita di bambina di Diana alle prese con
un cugino dispettoso, invece :)
Per
chi mi voglia seguire anche su Facebook, QUI trovate
il mio profilo e QUI
la mia pagina delle storie.
Alla
prossima!!
The Big Damn Table The
Chronicles of Diana
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016. Porpora.
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-Devo
proprio?- mormoro, affatto convinta.
-Sei
bellissima.- il commento di Blaise mi fa inarcare un sopracciglio, lo
scetticismo che prende il posto dell'inquietudine, le braccia che
s'incrociano
sul ventre reso piatto dal corpetto porpora del vestito che indosso.
-Tu
sei di parte.- è la mia allusione, ciuffi ribelli che
ricadono sulla mia fronte
quando inclino il volto, la coda alta che sventola sulla mia schiena
scoperta.
Blaise
annuisce vigorosamente, convinto, porgendomi il braccio avvolto dalla
seta
corvina che compone il suo abito da gran galà.
-Ed
è l'unica parte che vorrò ascoltare.-
Sospiro,
rassegnata, avviandomi verso le porte a vetro che ci dividono dal resto
degli
ospiti del Maniero.
Il
vestito, a questo gesto, si tende e fruscia fra le mie gambe,
impalpabile come
un refolo d'aria.
Guarda
te cosa mi tocca fare, per amore.
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017.
Marrone.
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Il
sapore del terriccio è amaro, in bocca, sulle labbra.
Cerco
di far leva sulle braccia, sulla forza che traballa, sul mio
orgoglio... e mi
rialzo, per l'ennesima volta, le gambe che tremano sotto il mio peso,
il sangue
che mi acceca gli occhi, i capelli che si attaccano alla pelle madida
di
sudore.
Lo
stomaco è dolente, gli organi interni bruciano ed urlano di
dolore.
Non
m'importa.
Mi
guardo intorno e vedo soltanto desolazione e morte, in quello che - una
volta -
era un pacifico villaggio di indiani kaskaia.
Il
sangue mi ribolle nelle vene, quando scorgo Ho-Take-Nah vegliare un
corpo che
riconosco a stento essere quello di mio zio, Chato.
Questa,
Walker, la pagherai.
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018.
Nero.
..
Sorrido,
la soffice peluria nera che scorre delicata come
seta sotto le mie dita.
La
spazzola di crine duro si adatta bene alle mie dita,
mentre mi occupo di rendere il già splendido manto del mio
Diablo il più bello
possibile.
Mi
è rimasto soltanto lui, adesso.
Mi
sfrego il viso con la manica della felpa, cercando di
smettere di piangere, cercando di cancellare le tracce del dolore
ancora troppo
vivo dalla mia espressione.
Ma
non ci riesco.
Sento
le gambe cedere, la testa vorticare vertiginosamente;
le ginocchia crollano un attimo dopo, sotto il peso terribile della
sofferenza
che da mesi, ormai, mi porto dentro.
Ma
un tocco lieve, gentile, mi sostiene e mi culla
nell'abbraccio di un angelo nero.
Sorrido,
debolmente, quando le ali di Diablo si chiudono su
di me e mi avvolgono in una calda stretta in cui, finalmente, riesco a
non
pensare più a niente.
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019. Bianco.
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No!
Sento
le forze venir meno, gli occhi annebbiati dalla
fatica.
Blaise!
Strattono
le catene, disperata, le lacrime che mi rigano il
viso.
KELLY!
In
ginocchio, imploro disperata che all'uomo che amo venga
risparmiata la vita.
Non
m'interessa dell'orgoglio, non m'interessa della mia
vita, non m'interessa di niente!
Blaise
deve vivere!
La
pelle, arsa dal bianco innaturale dell'Arn-rhua, lancia
urla disperate quando mi scaglio contro la parete opalescente, tentando
di
convincere Kelly a non portarmi via Blaise.
Cosa
può rimanere, di me, senza di lui?
Cosa
posso essere, io, senza Blaise?
La
risposta è facile.
Niente.
No,
no, no, NO!
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020.
Senza colori.
..
Frustrata,
stringo i pugni e mi guardo intorno, la rabbia che cresce e diventa
tanta, tantissima.
Mi
alzo in piedi, dando un calcio alla seggiolina e rovesciandola per
terra: non
mi interessa se poi la mamma mi sgriderà, tanto mi sgrida
sempre, una volta in
più non mi cambierà la vita.
Scuoto
la testa, facendo ondeggiare i riccioli quasi biondi, arrabbiatissima.
-SCOTT!
DOVE HAI NASCOSTO I MIEI COLORI!?!?!?!?- strillo, guardando la scatola
dei
pastelli vuota.
COME
DIAVOLO FACCIO A DISEGNARE SE RIMANGO SENZA COLORI!?
Strano
ma vero, son già qua ad aggiornare; in questi due giorni son
stata bloccata in casa, cosa che mi ha resa estremamente libera di
scrivere e portarmi avanti con un po' di cose... quindi, eccomi qui, io
e Diana! Ed il merito è anche delle persone che seguono
questa raccolta, che la leggono e che la commentano, che mi danno
sempre la gioia di andare avanti a scrivere e pubblicare :)
In
questa quinta tranche inizia il ciclo dei rapporti interpersonali; Amici
è stata pubblicata in anteprima su Facebook, Amanti invece
si ricollega a QUESTA
immagine. LEI,
invece, potete vederla come Cassandra O'Malley,
la madre di Diana.
Per
chi mi voglia seguire anche su Facebook, QUI trovate
il mio profilo e QUI
la mia pagina delle storie.
Alla
prossima!!
The Big Damn Table The
Chronicles of Diana
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021.
Amici.
-Vedo.-
-Oh,
vai al diavolo!-
Blaise
perde per un istante la sua imperturbabile calma, per lasciar spazio
all'espressione più frustrata che gli abbia mai visto in
volto. Lascia
stancamente cadere le carte sul tavolo verde, mentre un rosso
dall'espressione
soddisfatta si accaparra tutti i biscotti scommessi durante l'eccitante partita
a cookie poker.
Io
e Lea ci scambiamo un'occhiata, divertite, mentre Ron e Blaise
cominciano a
discutere di chi ha perso il maggior numero di biscotti, di chi ha
barato -
perché qualcuno, secondo quei due, bara sempre...
-Dici
che riusciranno a fare una partita senza imbrogliarsi a vicenda?- mi
chiede la
mia migliore amica, mentre Lyl sfreccia davanti a noi e riesce, non so
come, a
rubare tutta la vincita al malcapitato zio acquisito.
Scappa
via ridendo, lasciando tanto mio marito quanto il suo caro amico
con un palmo di naso.
-Soltanto
quando insegneranno a Lylith a giocare a poker.- commento, solenne, ben
sapendo
quanto questa sia una profonda verità.
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022.
Nemici.
Si
guardano, si fissano, si scrutano con tutto il rancore che gli anni non
sono
riusciti a placare.
Il
ghigno di uno scopre lunghi, affilati canini candidi, mentre il pugno
dell’altro si serra sul legno bollente della bacchetta.
Alzo
gli occhi al cielo, esasperata; persino in mezzo ad una battaglia, mi
tocca
subire gli scontri fra Scemo e PiùScemo.
Il
problema, è che uno dei due è il mio marito
vampiro e assetato di sangue; mi sa
che è meglio levargli Harry dalle grinfie, prima che faccia
di lui un gustoso
aperitivo… ah, la vita dei
Supereroi-che-devono-salvare-gli-altri-Eroi non è
per nulla semplice!
Sowonderful!
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023.
Amanti (DianaYang&YinUniverse).
E'
soltanto durante l'apice dell'amplesso che sento svanire l'agonia, il
vuoto,
soppiantati da un breve ed effimero piacere che riesce,
però, a darmi quel
barlume di pace di cui tanto avrei bisogno.
Il
corpo di Scott, tonico, muscoloso, scolpito, rimane sopra il mio per un
istante
più del necessario; riesco ad avvertire l'esitazione, in lui
ed in me, quando
un sentimento che non voglio anima
per qualche attimo i suoi
occhi azzurri.
Ma
poi si volta, abbandona il mio ventre vuoto, abbandona queste lenzuola
aliene e
si alza, dirigendosi alla finestra e lasciando che la luce lunare
delinei alla
perfezione la sua maschia nudità.
Reprimo
un brivido, assumendo la forma della pantera e accucciandomi su quel
letto,
soltanto in apparenza indifferente alla sua distanza.
Potrò
mai essere in grado di sopportare il suo cuore, quando io non ho
più il mio?
.
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024.
Famiglia.
-Un
fiocco, due fiocchi, tre fiocchi…-
Mani
calde mi cingono, mi abbracciano, si stringono intorno alla mia vita e
disegnano spirali immaginarie sul tessuto impalpabile della mia camicia
da
notte.
-Hai
intenzione di contarli tutti?- mi chiede la voce divertita di mio
marito, il
suo volto che trova l’incavo perfetto nella mia spalla, le
labbra carnose che
mi sfiorano la gola.
Ridacchio,
sistemando la copertina sulla testolina soffice di Lylith,
profondamente
addormentata fra le mie braccia; fuori, nevica.
Nevica,
ed un silenzio ovattato e rassicurante inghiotte tutto, cancellando i
pensieri
ed i ricordi che fatico, stanotte, a rinchiudere là dove
nessuno può sfiorarli.
-Li
contavo per addormentarmi, da piccola.- mormoro, semplicemente,
incassando un
poco le spalle per potermi nascondere nell’abbraccio di
Blaise; il profumo
della sua pelle, dei suoi capelli, mi stordisce.
Lo
avverto sorridere, sento i muscoli del suo viso tirarsi; conosce il
motivo per
cui sono andata a prendere Lyl dalla sua culla, il perché
sono davanti alla
finestra enorme della nostra camera a guardare la neve che cade.
-Incubi?-
sussurra.
Scuoto
la testa.
-Ricordi.-
Mi
accarezza una guancia, sfiorando poi amorevolmente la manina
grassottella e
meravigliosa di nostra figlia. Questa creaturina è uno dei
doni più belli
dell’Universo; con lei, con Blaise, sento che potrei
affrontare qualunque cosa
- e, allo stesso tempo, che potrei abbandonare tutto per vivere solo
con loro, per
loro, di loro.
-Non
pensarci più, Diana. Pensa solo a me, a Lylith.-
-Alla
nostra famiglia.-
-Esatto.-
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025.
Estranei.
-Sssh.
Buona, su.-
Ringhio,
senza nemmeno capire il perché, quando scoloriti capelli
rossi ed un odiato
profumo di vaniglia entrano nella mia consapevolezza astratta del mondo.
-Perché
sei qui?-
Mi
sorprende, la somiglianza della voce di Lylith a quella che una volta
era
quella di Diana; le stesse parole, la stessa forza, la stessa rabbia a
malapena
trattenuta.
Stringe
il mio collare, pregandomi silenziosamente di non aggredire Cassandra.
-Rimani
comunque mia nipote, sebbene io sia un'estranea per te. Non trattarmi
in questo
modo, Lylith.-
La
donna anziana s'inginocchia davanti ad una lapide di marmo bianco,
posando un
solo, singolo giglio color porpora sotto il nome della defunta.
-E'
passato un anno. Perché sei venuta solo ora?-
Perché,
come lei stessa ha detto, per Diana è sempre stata soltanto
un'estranea.
Chiedo venia
-.-'''' Non so cos'altro dire se
non che mi dispiace: EFP è passato un po' in secondo piano,
ultimamente, ma... sto tornando, se non altro con questa raccolta e con
7Gods ^^''''' Le drabbles questa volta
si spiegano da sole, quindi io mi eclisso alla svelta ^^' Peter: per fortuna -.-'
Per
chi mi voglia seguire anche su Facebook, QUI trovate
il mio profilo e QUI
la mia pagina delle storie.
Alla
prossima!!
The Big Damn Table The
Chronicles of Diana
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026.
Compagni di squadra.
Perché?
Perché,
cazzo, PERCHÉ?!?!
Perché
hai fatto questo, Kay? Perché hai rovinato tutto?
Noi
due eravamo una squadra! Avevamo il mondo in mano, Kay! Se tu non mi
avessi
odiata, se tu non mi avessi colpevolizzata di essere ciò che
sono stata costretta ad essere, ora
non
saremmo qui!
Saresti
viva, maledizione!
Saresti
la Kay a cui volevo bene, la Kay che mi ha cresciuta.
Saresti
ancora mia sorella, e non un cumulo di cenere sparsa al
vento… oh, ti odio,
maledetta, ti odio!
…ti odio, perché
mi hai portato via te.
E la colpa è solo mia.
.
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027.
Genitori.
Sorrido,
sorseggiando qualcosa dal sapore lievemente alcolico - un cocktail
preparato da
Tonks, per la precisione. Non vorrei essere scortese, ma... per fortuna
che il
mio corpo è refrattario ai veleni, ecco.
-Ci
avresti mai creduto se qualcuno te l'avesse detto, Remus?- chiedo,
alzando lo
sguardo da sotto la tesa del mio immancabile Stetson e guardando il
prato
inondato dal Sole, osservando serena i due bambini che giocano a
rincorrersi e
acchiapparsi.
-Se
mi avessero detto "ehi, avrai un figlio della stessa età di
tua nipote
adottiva"? Oh, e anche: "ehi, sai di avere una nipote adottiva"?
Non penso proprio.- ridacchia Remus, seduto accanto a me mentre
sorseggia un
più sicuro caffé nero, gli occhi dorati che
osservano amorevoli il figlio di
tre anni.
Scoppio
a ridere, annuendo all'assurdo della situazione, guardando Lylith
tirare un
piccolo pugno a Luke; il bambino la schiva, tirandole la treccia e
guadagnandosi un calcio sugli stinchi un attimo dopo.
Io
e Remus ci guardiamo, entrambi genitori, entrambi con l'espressione di
chi la
sa più lunga degli altri.
Quei
due si daranno del filo da torcere, da grandi.
Ma…
si rompe, vero? Un esserino così minuscolo e piccolo si
rompe al minimo tocco,
è sicuro!
Alzo
gli occhi, strabiliato come non mai, guardando l’espressione
stravolta ma
raggiante di mia sorella; è talmente strano…
questo cosetto rosa, qui, avvolto
in coperte azzurre come il cielo, fino a qualche ora fa era nel
pancione enorme
di Lylly.
Sinceramente,
pensavo che si fosse mangiata suo figlio; ha avuto una fame da lupi,
ultimamente…
Mi
avvicino incespicando al lettino dove riposa la mia sorellona, quando
zio Luke
prende delicatamente in braccio il cosetto e glielo posa in grembo.
-Shade,
vieni qua.- mi chiama Lylly, ed io salto subito sul letto bianco,
ignorando le
proteste di zia Mione; mi ha chiamato mia sorella, insomma! Non posso
disubbidire, altrimenti poi mi sgrida!
-Cos’è?-
le chiedo, indicando il robo rosa tutto grinzoso; ha un ciuffo di
capelli viola
in testa e gli occhi scuri scuri, color terra. Dopo un attimo,
però, si fanno
verdi; tanto verdi che sembrano i prati delle montagne a primavera.
Lylly
sorride, stringendo una mano di zio Luke; oh, se ricominciano a fare cipicipi io scappo di casa! Fanno venire
il voltastomaco!
-E’
il tuo nipotino, Aidan. Non molto tempo fa, eri così anche
tu.- mi spiega.
Aidan afferra il pollice di Lylly, ancora addormentato. È
così carino che
sembra il mio lupo di peluche… quando verrà a
casa, chiederò a Luke se posso
portarlo con me all’asilo, per farlo vedere ai miei amichetti.
Non
so perché, ma sento una lacrimona spuntarmi dagli occhi.…
Vorrei
che la mia mamma fosse
qui, per vedere come sono felici i suoi figli.
.
.
029.
Nascita.
-IO
TI UCCIDERÒ, MALEDETTO PEZZO DI MERDA!-
Addio
anche ai miei timpani, oltre alle dita della mano destra, ormai
frantumate
dalla presa erculea di mia moglie.
-HAI
CAPITO?!? TI FARÒ A PEZZI, BLA_AAAAAAAAAAAAAAAAH!-
…anche
il polso è andato.
Prendo
fiato, cercando di sorridere nonostante sia nella situazione meno
indicata che
esista; Diana sta urlando come un’indemoniata, mentre
Hermione borbotta
imprecazioni e armeggia là dove di solito ho
l’esclusiva, mentre le urla
belluine di mia moglie si fanno sentire in tutto il san Mungo.
-Ti
amo anch’io, tesoro.- mormoro, approfittando di un attimo di
distrazione di Di
per gemere tutto il mio rammarico per le ossa appena polverizzate.
-VAFFANC_AAAAH!-
Schivo
una mano che tenta di artigliarmi i capelli, voltandomi implorante
verso
Hermione; sono sei ore che va avanti il travaglio, ormai
non… un momento…
…Quello
è
sangue!?!?!?!
…Seriamente,
QUELLO è sangue!?!??!?!?!?
Faccio
appena in tempo per
sentire Diana urlarmi contro un: -OSA SVENIRE E NON LA VEDRAI
PIÙ NEMMENO COL
BINOCOLO!-, prima che tutto diventi nero e la mia testa urti contro il
pavimento lastricato della sala parto.
.
.
030.
Morte.
Il
vento gonfia le divise nere di Hogwarts, scompigliando capelli e
rubando
berretti e sciarpine leggere alle ragazze, stranamente silenziose in
questo
intimo momento di addio.
-Una
delle professoresse più amate di questa scuola è
oggi qui celebrata da tutti
coloro che l’hanno apprezzata sia come donna che come
insegnante…- comincia
Dedalus Lux, mentre la tomba in bronzite lucida viene accarezzata dalle
foglie
secche che le brezze autunnali trascinano con sé.
Stringo
la mano di Lylith, bambina di otto anni che non conoscerà
mai il burbero
affetto di quella magnifica donna, ed il braccio di Blaise, che sa
benissimo
quanto io sia riconoscente a lei e a tutto quello che ha fatto per me.
Non
riesco ad evitare una lacrima, che silenziosa scende e deposita il suo
dono
perlaceo nella terra che ha accolto una persona meravigliosa, come ne
nascono
poche oggigiorno.
Accanto
al suo adorato
Silente, Minerva McGrannitt ora riposa in pace.
Stavolta non sono in ritardo
pazzesco; mi dispiace non aver ricevuto recensioni nel capitolo
precedente, ma capita, d'altronde Diana è una mitica creatura
del passato, non pretendo poi troppo e sono comunque felicissima delle
letture molto alte :)
In questa tranche troveremo
un pezzo sulla luna di miele di Blaise e Diana; un momento di
riflessione di una Diana appena adolescente, nel suo amato Texas; un
estratto delle sue memorie di L&B; uno scorcio di vita di Hogwarts,
e un pezzo su Diana alle prese con i suoi poteri.
Per
chi mi voglia seguire anche su Facebook, QUI trovate
il mio profilo e QUI
la mia pagina delle storie.
Alla
prossima!!
The Big Damn Table The
Chronicles of Diana
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031. Alba.
Svegliarsi all’alba
non è mai stato un problema, per me; ma è una sorpresa quanto mai sgradita non
trovare la figura familiare di Blaise al mio fianco, in questo grande lettone
bianco che ci ospita durante la luna di miele.
Mi alzo, i piedi nudi
che incontrano la consistenza morbida e curvilinea del pavimento in bambù;
m’infilo un paio di vestiti pescati a casaccio dall’armadio, tirandomi indietro
i buffi capelli bicromatici tutti arruffati ‒ tant’è che, invece di ricordare un lupo, assomigliano alla criniera
spettinata di un leone.
Fuori dalla casetta,
le tende bianche alle finestre senza vetri si gonfiano di una lieve brezza
fresca e il mare s’infrange pigramente sulla sabbia bianca della spiaggia,
mentre strie rosate si mescolano al candore d’innocue nubi, su, nel cielo ancora
saturo del sapore della notte.
Là, senza maglietta e
con i piedi immersi nell’acqua bassa e cristallina dell’Oceano, c’è Blaise.
Con un sorriso lieve,
scendo dalla scaletta che porta al lungomare e mi avvicino lentamente a lui,
fermandomi a giusto un paio di metri di distanza, osservandolo.
Sta guardando il
cielo, le braccia e le spalle completamente rilassate, i capelli lunghi sciolti
sulla schiena poderosa. È bello, mi dico, osservandolo con un qualcosa che
sfocia nell’adorazione.
-Diana.- mormora e so,
per certo, che sta sorridendo.
Si volta nel medesimo
istante in cui io mi slancio verso di lui, incapace di resistere un secondo di
più dal toccarlo, dal baciarlo, dal sentirmi stringere dalle sue braccia forti
e sicure.
E, nell’attimo in cui
le mie labbra sfiorano le sue, il Sole fa capolino da dietro le nuvole,
avvolgendo entrambi in un caldo abbraccio che sa, finalmente, di serenità.
.
.
032. Tramonto.
Guardo il cielo,
velato da nubi scarlatte e striato di rosa, porpora e celeste; i colori si
mischiano come sulla tela di un pittore distratto, ma sono i colori del ferro
in lontananza e l’odore elettrico dell’aria che mi permettono d’intuire ciò che
sta arrivando.
È una tempesta, quella che annuncia il tramonto bellissimo ed immenso che ho davanti.
Seduta sui picchi dell’Eagle Pass, lascio che il vento mi scompigli i
capelli e sorrido, pregna dell’energia che sento vibrare in tutto ciò che mi
circonda, nel deserto pulsante di vita, nel cielo meraviglioso che mi sovrasta
e mi fa credere, per un istante, di essere sola in questo infinito universo.
.
.
033. Troppo.
È troppo.
È troppo il dolore,
tanto da darmi la nausea e farmi vomitare qui, nascosta dai sopravvissuti, per
non distruggere l’immagine dell’ultima persona in grado di salvarli che sia
rimasta.
È troppo l’odio, che
brucia dentro e mi consuma come acido.
Ginny. Hermione. Alex.
Stringo le mani sullo
stomaco in subbuglio, mentre le lacrime si mischiano al sudore sulle mie guance
ed io rimetto anche l’anima.
Melissa. Sergen. Moore.
Devo trovare Blaise e
Draco, mi dico. Devo farmi forza. Devo essere forte, devo salvare i sopravvissuti.
Ma è troppo difficile, ora, sconfiggere il dolore che
mi sta uccidendo.
.
.
034. Troppo poco.
Mi chiedo cosa sia
saltato in testa alla McGrannitt, di affidarci un compito tanto singolare:
solitamente, i temi o le relazioni che dobbiamo scrivere non riguardano la
filosofia della Trasfigurazione Avanzata, bensì materie ben più concrete e
tangibili ‒ ad esempio,
come evitare che il tuo cactus si trasformi in un porcellino d’India perché hai
formulato le parole sbagliate.
Ed invece, eccoci qui
in quattro, alla ricerca di un qualcosa di quantomeno intelligente da scrivere
in questo diavolo di tema.
Alzo gli occhi su
Blaise, che fissa in modo assente la pergamena che ha davanti, succhiando
distrattamente la punta di una penna di zucchero.
M’incanto, a fissare
quelle labbra estremamente carnose ed estremamente sexy che giocherellano con
il dolcetto: com’è che era il titolo del tema? “I troppi pochi utilizzi della Trasfigurazione nell’Età Contemporanea”?
Beh… vorrei potermi
Trasfigurare in quella penna, in questo momento.
.
.
035. Sesto Senso.
Chiudo gli occhi; la
vista non è indispensabile.
Ignoro i suoni che mi
circondano; l’udito è superfluo.
Trattengo il respiro;
olfatto e gusto sono inutili.
Le mani sono immobili
nell’aria ferma; non c’è nulla da toccare.
Immersa in questo
Oceano che di Pacifico ha ben poco, le onde che lambiscono il mio corpo
seminudo illuminato dalla Luna piena, dimentico me stessa e mi lascio
trascinare dall’energia che scorre potente dentro di me.
Ed è allora, che sento.
Un fiume in piena,
una marea, un’onda anomala sale dai miei piedi e mi travolge, arrivando a
colpire la mia mente e ad inondarla di tutto ciò che ho appena escluso; tocchi,
sapori, profumi, armonie… l’Oceano s’immerge in me ed io mi perdo in lui,
mentre il sesto senso, il senso della
Regina, sperimenta tutta la sua inarrestabile verità.
Oh, io aggiorno ^^’’’ Va bene lo stesso, scrivo queste drabbles ma non
mi aspetto delle recensioni, non troppe almeno
Oh, io aggiorno ^^’’’ Va
bene lo stesso, scrivo queste drabbles ma non mi
aspetto delle recensioni, non troppe almeno. Le scrivo perché voglio che parte
di Diana rimanga qui, su EFP, assieme alle storie che l’hanno resa grande e che
hanno fatto diventare grande anche me.
Questa tranche si basa
tutta sui cinque sensi e, contemporaneamente, sul matrimonio di Diana e Blaise. Sono fluffosi, e fanno
tanta tenerezza!!!!
Per chi mi voglia
seguire anche su Facebook, QUI
trovate il mio profilo e QUI la mia
pagina delle storie.
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Alla prossima!!
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The Big Damn Table
The Chronicles of Diana
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036.
Olfatto
Quasi soffoco, quando Ginny
violenta per l’ennesima volta la sua malefica boccetta di profumo, inondandomi
dell’aroma intenso e fragrante degli agrumi. Mi piace, questa essenza, ma così
si esagera!
-Gin, così mi uccidi!- strillo, facendo per
scacciare la rossa malefica che mi ronza attorno come un enorme calabrone.
-Oh, suvvia! Quante storie, sei sopravvissuta ad una guerra, cosa vuoi che sia un po’ di profumo?- mi
rimprovera, dandomi uno scappellotto delicato, evitando di rovinare l’elaborata
acconciatura a cui Pansy Parkinson – sì¸Pansy
Parkinson, QUELLA Parkinson – ha lavorato con tanto impegno.
-Io mi lamento per quello che mi pare!- replico,
una nota isterica nella voce.
È più facile dare di matto
su cose come questa, piuttosto che sul pensiero che mi sto per sposare.
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037.
Udito
Mi concentro solo sul rumore del mio respiro, per
non farmi prendere dal panico.
Sirius mi stringe il braccio in un tocco protettivo,
rassicurante, ma ha poco effetto: sento il mio cuore battere all’impazzata,
mentre rischio d’inciampare per l’ennesima volta in queste maledette scarpe.
Ma là in fondo, oltre il suono di questo stupido
muscolo che sta rischiando l’infarto e che mi riempie le orecchie del suo
scalpitare forsennato, oltre il respiro corto che mi risuona in gola…
Là, ad aspettarmi, c’è Blaise.
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038.
Tatto
Il tocco della sua mano è la prima cosa che riesco
a recepire con chiarezza, in questa bruma che rende
sfocati i contorni di questa realtà mista al sogno.
Blaise.
Blaise è qui, Blaise intreccia
le dita con le mie, Blaise mi trae a sé ed improvvisamente sono sicura sulle mie gambe, pronta ad
affrontare anche questa avventura: il matrimonio.
Blaise.
Io e Blaise
siamo qui, davanti ad un officiante dell’Antica Religione Irlandese: è suo il
braccio che mi sfiora, è suo il corpo di cui avverto il calore accanto al mio…
e questa sensazione è quello che voglio per tutto il resto della mia vita:
sentirlo qui, al mio fianco, senza perderlo e senza lasciarlo mai più.
Blaise.
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040. Vista.
Lo guardo, e non mi è mai parso più bello: nel suo
completo grigio argento, icapelli
raccolti in una coda bassa, l’irrinunciabile barba corta e ruvida sulle guance
affilate. È bello il mio Blaise, non c’è nessuno di
più bello di lui per me: mi perdo metà del discorso d’introduzione del
sacerdote, beandomi dei suoi tratti e della sua presenza.
Gli occhi, quegli occhi grigioverdi che io tanto adoro, ricambiano la mia occhiata adorante. Sorride, una
luce che non ho mai scorto che lo illumina da dentro, e mi fa l’occhiolino: s’è
accorto di quanto io mi sia distratta, evidentemente.
Sono un caso disperato, e lui questo lo sa bene.
E gli vado bene così.
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039.
Gusto
Il ruggito della folla mi esplode nelle orecchie
nello stesso istante in cui le labbra di Blaise
toccano le mie.
Oh,
accidenti.
È buono, Blaise: sa di
passione, sa di pioggia e di neve, un misto di sapori che mi
da alla testa ogni sacrosantissima volta.
È il sapore della felicità, questo: qualcosa che ho
sempre guardato da lontano, ma che ora posso toccare con mano, posso sentire sulle labbra, sulla lingua.
Una risata fragorosa scoppia intorno a noi, quando
allaccio le braccia al suo collo e lo tiro verso di me: ma a lui non importa,
perché le sue mani si posano sui miei fianchi e mi solleva, strappandomi una
risata.
E ride anche lui, con me: felice, come me... insieme
a me, ora e sempre.
Oh, io aggiorno ^^’’’ Va
bene lo stesso, scrivo queste drabbles ma non
mi aspetto delle recensioni, non troppe almeno
Questa tranche
è la versione alternativa delle cinque precedenti, quelle
sui cinque sensi: le ho scritte per sbaglio, però ho deciso
di pubblicarle lo stesso xD
Inoltre, QUI
potete trovare la nuova versione di Luce e Buio, riveduta, riscritta e
con molte aggiunte all'originale; se vi va, fateci un salto :)
Per
chi mi voglia
seguire anche su Facebook, QUI
trovate il mio profilo e QUI
la mia
pagina delle storie.
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Alla prossima!!
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The Big Damn Table
The Chronicles of Diana
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036.
Olfatto
L'odore
della polvere da sparo mi brucia gli occhi, facendoli lacrimare: la
pistola che stringo convulsamente fra le dita trema, sento le lacrime
rigarmi le guance, vedo gli occhi di Dan sgranare quando l'uomo che lo
aveva aggredito cade a terra, morto.
L'ho ucciso io.
Io,
io, io ho ucciso quell'uomo per salvare la vita di Dan.
Sono stata io.
Che
mostro è quello in grado di uccidere?
...Perché non provo
rimorso?
Lascio
cadere l'arma sulla sabbia, mentre l'odore acre dello sparo brucia
quella ragazzina di dodici anni che cessa, in questo momento, di
esistere.
.
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037.
Udito
-Goodnite, sweetie.- sussurro,
accarezzando i
capelli neri e soffici di mia figlia, sorridendo nel vederla stringere
teneramente la manina attorno al suo cagnolino di peluche, grande
quanto lei.
Sta mettendo su i denti da latte, la
mia Lyl. Fa
fatica ad addormentarsi, in questi giorni, tanto che arrivo a perdere
la voce
per cantarle la ninnananna che a lei tanto piace pur di calmarla.
Sospiro, tirando indietro i capelli e
legandoli in
una coda disordinata: fa caldo, questa sera, sebbene sia soltanto
marzo. Mi
alzo cautamente dalla poltroncina in camera di Lylith, uscendone per
poi dirigermi
nel mio adorato, piccolo salottino privato, accanto al Salone.
Seduto al pianoforte, le dita immobili
sulla
tastiera silenziosa, c'è mio marito.
-Dorme.- gli comunico, lasciandomi
cadere sul
divanetto poco distante dal suo strumento, esausta. Fare la madre
è più
difficile di quanto possa sembrare, anche per me – forse, soprattutto
per me.
Ma, lo avverto anche da qui, Blaise
sorride,
divertito.
-Sei una brava mamma, Di.-
.
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038.
Tatto
Vorrei lasciarmi cadere qui, nel fango
melmoso che
una volta era il giardino di Hogwarts: vorrei non alzarmi
più, lasciarmi
soffocare dal tocco viscido di una terra bagnata dalle lacrime del
cielo.
Voldemort, questa notte, ha vinto.
Per la seconda, dannatissima volta, mi
ha portato
via tutto ciò che ero riuscita a costruire: si è
portato via il mio Blaise.
Vorrei crollare, piangere, sentire la
pioggia che
ticchetta sulle mie guance scavate: ma non lo faccio, costringendomi
invece a
seguire Draco all'interno del castello.
Ma Blaise, Blaise è
ancora là, perso nel buio.
.
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040.
Vista.
L'agonia
peggiore di tutte è vederlo tutti i giorni.
In
Sala Grande, durante le lezioni di Antiche Rune, Pozioni, Difesa, Cura
delle
Creature Magiche: sembra che il destino abbia voluto fare in modo che
io fossi
costantemente in sua presenza, senza mai poterlo toccare.
Io
l'ho sempre detto che il destino è uno stronzo.
Blaise... Blaise sta
giocherellando distrattamente con la piuma d'oca, negli occhi lo
sguardo
assente di chi non riesce a concentrarsi: vorrei dirgli di non perdersi
fra i
pensieri, di riportare gli occhi sul compito in classe, ma non posso.
Non
posso fare nulla se non guardarlo di nascosto, ignorando le malelingue
che
osservano i miei movimenti con un sorriso cattivo sulle labbra.
.
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039.
Gusto
Il sapore della tequila è
l'unico ricordo veramente
nitido che ho di Scott: è stato lui, anni fa, a farmi
assaggiare questo liquore
dall'aroma tanto intenso da sapere quasi interamente di alcool puro.
Bevevamo insieme, ci ubriacavamo come
due allegri
ragazzi che non sapevano di essere già morti da allora.
Ora però Scott non
c'è più.
C'è Alex, al mio fianco,
che mi osserva mentre
ingollo un bicchiere dopo l'altro, una bottiglia dopo l'altra: una
delle tante,
troppe scocciature dell'essere “me” è
quella di non riuscire facilmente ad
ubriacarsi.
Ma, alla fine, ci riesco: ed
è quando il mondo
diventa nero e confuso, solo in quel momento, che io riesco a trovare
un attimo
di pace.
Oh, io aggiorno ^^’’’ Va
bene lo stesso, scrivo queste drabbles ma non
mi aspetto delle recensioni, non troppe almeno
Sono
ancora viva!
Incredibile
ma vero, non
ho dimenticato le drabbles su Diana e non le ho abbandonate; ho solo
avuto tantissimi altri pensieri e cose da scrivere, un poco
più urgenti, e non sono mai riuscita a tornare a questa
parte delle mie storie che tanto amo e che tanto, tutt'oggi, mi dona.
Niente,
eccoci qua: la
maggior parte delle drabbles sono incentrate su Dan, il mio adorato,
odiato Dan. La prima drabble credo sia l'unica che abbia bisogno di una
spiegazione: si tratta di una scena che avviene durante i diciassette
anni del matrimonio di Diana e Blaise, durante una non precisata
missione di Dan che, come al solito, cerca di farsi ammazzare xD la
seconda è uno Slice of Life della Regina, mentre la terza,
la quarta e la quinta sono pezzi del passato di Diana. :)
Inoltre,
QUI
potete trovare la nuova versione di Luce e Buio, riveduta, riscritta e
con molte aggiunte all'originale; se vi va, fateci un salto :)
Seven Gods è
stata rimossa da EFP per via di alcune controversie relative al
copyright, ma sto continuando a scriverla appassionatamente e potrete
averne notizia nel gruppo FB "Uno
sguardo su... Seven Gods";
potrete trovare tante
curiosità e spoiler sulla pagina dedicata alla saga di
Rebirth, Narnia's
~R~ e
curiosità e pensieri sulla mia pagina
personale, Ray;
voglio ringraziare immensamente la mia beta DreamWanderer, che trovate
sia su EFP
che su Facebook,
che mi sta aiutando con la correzione di tutte le mie storie e non
è facile ^^' specialmente perché, nel frattempo,
sopporta me U_U
.
Alla
prossima!!
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The
Big Damn Table
The Chronicles of
Diana
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041.
Forme.
-Dan!
DAN!-
Attorno
a lui, attraverso la vista annebbiata dal dolore opprimente che gli
riempie lo
stomaco, vede soltanto forme sfocate ed evanescenti che si muovono ai
limiti
della sua sfuggente realtà.
-Non
osare! Maledetto idiota, non osare morire un’altra volta!-
È
tutto lontano, senza significato, in quel mondo a già cui
non sente di
appartenere più; ma sono quegli occhi d’argento,
vividi, illuminati da una
magia che nulla ha a che fare con il suo essere Regina, a farsi nitidi
nella
sua mente confusa.
Sono
passati tanti anni, ormai: lei è sposata, ha una figlia,
è felice… ma, ancora
una volta, vede quelle iridi riempirsi di paura e di lacrime mentre
sente il
Fuoco lambire gli squarci sul suo petto e le sue mani –
sempre fredde – premute
sul viso.
-Non
andartene di nuovo…-
Forse
dovrebbe, Dan. Forse dovrebbe lasciarla andare, forse dovrebbe dirle
addio,
forse non sarebbe mai dovuto tornare… ma vale la
pena vivere, si dice, pur
di poter godere di qualche istante ancora con lei.
.
.
042.
Triangolo.
Stringe
i denti, Diana, le mani che fremono per il desiderio di distruggere
qualcosa.
Lei
– l’altra sé, quella rossa maledetta
– l’ha costretta a
fare del male a Dan. L’ha costretta a desiderarlo, a volerlo,
l’ha spinta fra
le sue braccia come diciassette anni di continua vicinanza non sono
riusciti a
fare.
Ha
preso il controllo della sua mente, e lei__ ma chi vuoi
prendere in giro,
Diana?
Serra
le palpebre pur di non permettersi di piangere –
perché quelle lacrime sarebbero
la conferma di quanto ciò che è successo fra lei
e Dan l’abbia toccata,
risvegliando corde rimaste sopite troppo a lungo, sentimenti racchiusi
con
diligenza in un angolino della propria anima.
…l’ha
davvero costretta?
È
questo che Diana si chiede, è questo che le fa male,
è questo che la tormenta.
Tutto
ciò che ha sempre cercato di evitare con tutte le sue forze
ora sta succedendo
– e lei non vuole, vorrebbe scappare, codarda e vile
com’è sempre stata davanti
ai sentimenti.
In
quasi vent’anni ha pregato perché quel doloroso
triangolo non riuscisse mai a
nascere fra lei e gli uomini che ha amato e che ama tuttora; adesso
però, per
la prima volta in vita sua, non è più sicura di
niente.
.
.
043.
Diamante.
Dan
dice sempre che, quando la magia prende il sopravvento, i miei occhi
assumono
un colore opalescente, cangiante, simile ai riflessi che si creano
quando la
luce attraversa i cristalli di diamante.
Forse
è vero. Non ho mai avuto occasione di guardarmi allo
specchio quando Ael prende
il sopravvento su di me.
Sospiro,
alzando gli occhi sul cielo irrealmente bello e azzurro del mio amato
Texas:
non c’è una nuvola e Diablo scalpita al mio
fianco, già impaziente di librarsi
nell’aria torrida che spira attorno a noi.
Il
deserto, attorno a me, sussurra in un modo che adesso riesco a
comprendere; il
vento, invece, mi accarezza e m’invita a perdermi fra le
mille correnti che
possono portarmi via, lontano, immersa negli Elementi che sono
diventati la mia
stessa essenza.
Sorrido,
rendendomi conto di quanto io sia stata cieca e sorda per tutta una
vita e
balzando in groppa a Diablo per poi lasciarmi annegare
nell’immensità
dell’universo che, ora, appartiene a me.
.
.
044.
Cerchio.
Gli
indiani cantano, ballano attorno al fuoco, il martellio profondo e
travolgente
dei tamburi mi rimbomba nella cassa toracica mentre aspiro lentamente
il fumo
della sigaretta.
Guardo
mio cugino assieme a Kelly, entrambi forse fin troppo ebbri dei fumi
evanescenti delle erbe dei calumet; sorridono l’uno
all’altra e non posso che
non sorridere a mia volta, intenerita dallo sguardo pieno
d’amore che riempie
gli occhi di Scott.
Accanto
a me, invece, c’è Dan.
Da
qualche tempo, ormai, ho cominciato a guardarlo in un modo diverso: non
riesco
più a sostenere il suo sguardo quando mi stuzzica, quando mi
fa arrabbiare –
non riesco più a non arrossire sotto quelle iridi nere e
calde come i tizzoni
ardenti in un caminetto.
Vorrei
sapere da dove cominciare, con lui: Dan è
un’incognita, per me, e non so
davvero come affrontare questa cosa che sta
sbocciando lentamente dentro
di me.
Gli
lancio un’occhiata di sottecchi, approfittando della vaporosa
nuvoletta
argentea che vela il mio sguardo; lui però non sta guardando
me, ma il cerchio
che stanno componendo i ragazzi indiani attorno al falò.
È
immobile, a gambe incrociate, e ha in volto quell’espressione
dura e
determinata che ho imparato ad associare alla sensazione di calma che
mi
pervade ogni volta che incrocio quello sguardo.
-Andiamo.-
Sobbalzo,
colta di sorpresa, quando lui si alza di scatto e mi prende per mano,
trascinandomi con sé.
-Dan!
Cosa fai!?- strillo, avvampando e tentando di divincolarmi; lui
però mi lancia
un’occhiata e sorride – quel sorriso spigliato, da
furfante, che mi manda in
pappa il cervello e non mi fa capire più niente.
-Seguimi.-
mi dice soltanto – e, davvero, mi manda in bestia quando fa
l’enigmatico!
Lo
seguo, anche perché è più grosso di me
e mi sta praticamente trascinando, fino
a che non raggiungiamo la piccola altura che protegge il luogo in cui i
ragazzi
indiani festeggiano il solstizio d’estate.
-Si
può sapere che cosa stai facendo!?- brontolo, imbronciata,
ma Dan si limita a
scuotere la testa – io lo odio!
Mi
arrendo alla sua stretta e mi lascio condurre fino al punto
più alto, la
sporgenza che sovrasta la festa indiana, fino a che non ci ritroviamo
ad almeno
cinque, sei metri d’altezza sopra gli altri ed un
po’ più lontano rispetto a
prima.
Alimentando
in maniera esponenziale il mio imbarazzo, improvvisamente Dan mi tira
contro di
sé e mi stringe la mano, accennando verso il basso con un
gesto elegante della
testa arruffata.
-Ecco,
da qui è meglio.- mi fa notare, spingendomi a spostare
l’attenzione da lui
verso il basso.
E,
davvero, non posso dargli torto.
Il
falò è immenso, visto da qua: sembra quasi un
fiore scarlatto e lucente in
procinto di sbocciare nel pieno del deserto, e le figurette scure che
vi
danzano attorno paiono tante minuscole lucciole che sfogano la propria
gioia
attorno alla loro più antica fonte di vita.
-In
effetti hai ragione.- commento, sorridendo appena quando una sensazione
intensa
ma indefinita mi riempie e mi stringe dolcemente la gola in una morsa
amorevole
e dolcissima.
C’è
qualcosa, in quest’aria che si sta riempiendo di musiche
antiche e di ancor più
antichi canti di gioia, che risuona nella mia anima e sfiora corde che
non
pensavo nemmeno esistere dentro di me: in un lampo di consapevolezza
comprendo
di aver già vissuto tutto questo, di aver già
assaporato l’energia pura e
vitale che sale dal falò verso il cielo.
Tutto
questo è meraviglioso.
La
magia del cerchio, però, è nulla in confronto a
ciò che provo sentendo la mano
di Dan stringere la mia.
.
.
045.
Luna.
Ho
ucciso un uomo, stanotte.
Cerco
di non ascoltare la voce di Scott e quella del colonnello Auror, cerco
di sfuggire
allo sguardo indagatore e tagliente dell’uomo che mio cugino
ha chiamato Moore:
non può essere vero, avanti. Ho soltanto dodici anni, che
diritto ho avuto, io,
di uccidere un uomo? Che diritto ho, io, di essere viva?
Eppure
è stato così facile, così dannatamente
semplice… ho imbracciato quel
fucile senza nemmeno sapere dove ho imparato, ho mirato, ho fatto fuoco
– e
l’ho ucciso, senza nemmeno sbagliare di un millimetro.
Ho
tolto la vita ad un uomo.
Stringo
i palmi sulle tempie, cercando di impedire che la mia testa esploda nel
nulla
vuoto e totale che ha preso il posto dei miei pensieri: le voci degli
uomini
intorno a me mi stanno facendo diventare pazza.
Mi
alzo, ignorando l’occhiata d’ammonimento che mi
lancia Scott – il mio adorato
Scott, che sta cercando in tutti i modi di trovare una soluzione al
casino che
ho combinato: l’uomo che ho ucciso era una persona importante
per alcuni
delinquenti e adesso, secondo lui, potrei trovarmi in pericolo.
È
assurdo.
Mi
infilo fra le tende bianche che velano la portafinestra, sospirando di
sollievo
quando la notte buia e limpida mi accoglie nel suo confortevole, oscuro
abbraccio.
Appoggio
le mani sulla ringhiera di metallo, prendendo fiato e lasciando che
l’aria
fresca penetri nei miei polmoni atrofizzati dal rimorso e dalla
vuotezza che
sento accompagnarmi sin da quando mi sono resa conto di ciò
che ho fatto.
La
Luna, immensa e tonda sopra di me, brilla di una luce meravigliosa,
bianca, che
dona a tutto ciò che mi circonda – me compresa
– una luminescenza candida che
riesce, più d’ogni altra cosa, a rischiarare i
miei pensieri.
Respiro,
adesso, per la prima volta da troppe ore.
-È
bella, vero?-
Sobbalzo
quando una voce dall’accento spiccatamente ispanico risuona
sorprendentemente
vicina a me; abbasso lo sguardo giusto in tempo per vedere Dan Galindez
arrampicarsi agilmente sulla ringhiera di metallo scuro, i capelli neri
bagnati
d’argento nella luce della Luna.
Arrossisco,
distogliendo gli occhi, quando mi rendo conto di essere davanti alla
persona
per cui ho ucciso senza esitare.
-Sì.-
rispondo soltanto, riportando le iridi sul bianco satellite sopra di
noi,
cercando in tutti i modi di non guardarlo.
Mi
fa male guardare Dan: ogni volta che capita faccio fatica a distogliere
gli
occhi da quanta bellezza emani quel ragazzo – fuori, certo,
è uno schianto, ma…
sono quelle iridi, scure e calde, che riescono a farmi dimenticare
persino come
mi chiamo.
Rimane
in silenzio, appoggiandosi alla ringhiera accanto a me – troppo
vicino a me:
riesco quasi ad avvertire il calore del suo corpo trasmettersi al mio,
sempre
gelido.
-Non
avresti dovuto farlo.- mormora ad un certo punto, senza spostare gli
occhi dai
crateri che si distinguono su quella Luna piena e tonda che osserva
questi due
ragazzi diventati, per sbaglio, due assassini.
-Avrei
dovuto lasciarti morire?- inarco un sopracciglio, scettica.
Lui
sbuffa, invece, lanciandomi una breve occhiata in grado
d’inchiodarmi lì dove
sono, improvvisamente conscia di quanto il ragazzo che ho davanti abbia
vissuto
più di me.
C’è
l’universo negli occhi di Dan – un universo che non
riesco a togliermi dalla
testa, un universo che mi ricorda tanto quel baratro che mi porto
dentro io.
-Uccidere
non è bello, Diana.- mi dice, le labbra carnose che si
piegano in un breve,
malinconico sorriso. -Mi dispiace.- aggiunge, e sento la sua voce piena
d’amarezza, di rimorso.
Scuoto
la testa mentre il battito del mio cuore accelera e pulsa nelle mie
orecchie.
-Non me l’hai chiesto tu.- mormoro, prendendo il coraggio a
due mani e posando
una mano sul suo braccio muscoloso e abbronzato.
Ha
la pelle calda, Dan, che si riempie di pelle d’oca al
contatto con le mie dita
gelide.
Mi
fissa con uno sguardo enigmatico che non riesco a decifrare prima che
la sua
mano – grande, callosa, appartenente non più di un
ragazzo ma già di un uomo –
si chiuda sulla mia, trattenendola lì, sul suo braccio.
-Andiamo
via.- sussurra, scrutandomi con quei carboni ardenti che
improvvisamente mi
trasmettono la bruciante sensazione di voler scoprire di
più, di volermi
appropriare di quel calore che io non ho mai provato, prima.
Sorrido
lanciando un’occhiata al cavallo alato che riposa,
tranquillo, pochi metri
sotto di me.
Lancio
un fischio, e Diablo mi sente immediatamente; alza la testa, nitrisce,
e si
leva subito in volo per raggiungerci.
Dan
mi guarda; io sfilo a malincuore la mano dalla sua presa per salire in
piedi
sulla ringhiera, rimanendo per un istante in equilibrio sul vuoto prima
di
saltare in groppa al cavallo, e Dan sorride a sua volta –
quel sorriso da
furfante che tanto mi dava sui nervi fino a poco tempo fa –
seguendomi con
molta più destrezza di me e sistemandosi alle mie spalle.
Potrei
morire, adesso, quando mi passa un braccio attorno alla vita e mi tira
contro
di sé, il torace caldo e muscoloso che aderisce alla mia
schiena in tensione.
-Andiamo.-
E
Diablo si alza nel cielo ad un colpo di talloni, mentre sento la calma
e la
dolcezza della Luna avvolgermi in un abbraccio che posso paragonare
soltanto
alla stretta di Dan.