D'amore e d'ombra

di Elpis
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Smistamento ***
Capitolo 3: *** Paura del buio ***
Capitolo 4: *** Lumaclub (Prima Parte) ***
Capitolo 5: *** Lumaclub (Seconda Parte) ***
Capitolo 6: *** Scacco Matto ***
Capitolo 7: *** Lezioni di seduzione ***
Capitolo 8: *** Pozioni Esplosive ***
Capitolo 9: *** Una goccia di veleno ***
Capitolo 10: *** Il Diario di Salazar ***
Capitolo 11: *** Genealogie ***
Capitolo 12: *** Provocazione ***
Capitolo 13: *** Biblioteca ***
Capitolo 14: *** Una sfida inaspettata ***
Capitolo 15: *** La Stanza delle Necessità ***
Capitolo 16: *** Hogsmeade ***
Capitolo 17: *** Vacanze di Natale (Prima Parte) ***
Capitolo 18: *** Vacanze di Natale (Seconda Parte) ***
Capitolo 19: *** Caccia al Babbano ***
Capitolo 20: *** Confessioni amare ***
Capitolo 21: *** Serata di Gala ***
Capitolo 22: *** Fa' del tuo peggio ***
Capitolo 23: *** Dividi et impera ***
Capitolo 24: *** Lettere minatorie ***
Capitolo 25: *** Rosso come il sangue ***
Capitolo 26: *** Lezioni in comune ***
Capitolo 27: *** Tempo di scegliere ***
Capitolo 28: *** Tachicardia ***
Capitolo 29: *** Tanti Auguri, Ro ***
Capitolo 30: *** Fame ***
Capitolo 31: *** Vuoto ***
Capitolo 32: *** Oscuri presagi ***
Capitolo 33: *** Radura ***
Capitolo 34: *** Horcrux ***
Capitolo 35: *** Immortalità ***
Capitolo 36: *** Per aspera ad astra ***
Capitolo 37: *** Il mostro nell'armadio ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


  




 

Prologo

 

 

 

Vedi, c’era questo mago che poi ha… ha preso la via del male. Tutto il male che riesci a immaginare. Il peggio. Il peggio del peggio. Il suo nome era…(1)

 

 

 

 

 

L’inizio coincideva con la fine.
Voldemort vide il lampo verde rimbalzare contro il suo petto e chiuse gli occhi con un sospiro, sentendosi inspiegabilmente leggero. Gli angoli delle labbra – linee sottili sul suo volto cadaverico – si dischiusero in un ghigno che aveva solo la parvenza di un sorriso. Che ironia. Che tremenda ironia essere uccisi dal proprio stesso incantesimo.
Del Signore Oscuro erano pochi a dire di poter sapere alcunché. Coloro che conoscevano qualche frammento del suo passato lo custodivano gelosamente, come un tesoro prezioso. Erano suoi fedeli seguaci, pazzi o più probabilmente morti, stroncati da una Maledizione Senza Perdono. Persino il suo nome era caduto nell’oblio e Voldemort aveva provato una gioia feroce, perché con il nome di quel vile Babbano non voleva avere niente a che fare. Nel suo volto da scheletro -  in quella pelle tirata e grigia, nelle sue orbite incavate e nel raspio della sua voce -  ormai nemmeno lui era più in grado di riconoscere i bei lineamenti di Tom Orvolson Riddle. Ed era meglio così.
Certo, c’erano state delle eccezioni. Silente aveva mostrato una morbosa curiosità per il suo passato, forse alla ricerca di un briciolo di compassione, forse smaniando ingenuamente di scoprire che c’era stato un momento – per quanto remoto – in cui Lord Voldemort era stato umano. In cui aveva provato qualcosa di diverso rispetto al freddo e all’ambizione che gli scavavano il petto. In cui aveva avvertito calore. Il calore delle sue ciocche dorate che gli scivolavano fra le dita.
Ma le sue ricerche non avevano dato frutti. Se c’era qualcosa che il Signore Oscuro difendeva con più feroce determinazione della sua vita, quello era il suo passato. Il suo passato con lei. I suoi occhi scuri e torbidi, riflessi di corteccia e di foglia nel suo sguardo. In tutta la sua vita Voldemort aveva perso il conto delle sue vittime. Quante persone aveva mutilato e ucciso e storpiato, quanti aveva ferito e fatto impazzire, non avrebbe saputo dirlo nemmeno se avesse compiuto un incantesimo per aiutare la sua memoria.
Ogni volta non era abbastanza. Ogni volta aveva bisogno che più sangue macchiasse le sue mani, che più urla risuonassero nelle sue orecchie per non ricordare il trillo argentino della sua risata. Solo quando quel liquido denso e ferroso, che sapeva di paura e di notte, gli scorreva fra le dita, solo quando smorfie deformate dal disgusto e terrore ricambiavano il suo volto serpentesco sentiva finalmente che l’umanità gli scivolava di dosso. Umanità. Odiava il suono di quella parola che si sposava così bene con quella di debolezza.
Fragilità. Gli esseri umani erano fragili e sciocchi, formiche che si affaticavano nella nera terra e morivano con un sorriso sulle labbra in nome di ideali che scoppiavano come bolle di sapone. No, lui non era umano. Era qualcosa di più. Qualcosa di libero, di avulso da quelle stupidaggine che i maghi come Silente chiamavano sentimenti. L’unica emozione che provava lui era la soddisfazione per la riuscita delle sue smisurate ambizioni e l’odio, feroce come un artiglio che lacera la carne, per il fallimento dei suoi piani. Nient’altro. E così doveva essere. Non voleva essere umano, non voleva sentire.
Perché l’unica volta che aveva sentito qualcosa era stato quando aveva stretto il suo corpo morbido fra le braccia.
Silente non era uno sciocco. Per quanto disprezzasse il suo modo di intendere la magia, le sue inutili tiritere sulla forza dell’amore e dell’amicizia, questo almeno Voldemort era disposto ad ammetterlo.
Ma persino lui e il suo portentoso intuito non erano riusciti a leggere a fondo nell’animo dell’Oscuro Signore, là dove persino la notte faticava ad entrare. Nemmeno il più esperto Legilimens della storia avrebbe potuto penetrare quello che egli nascondeva nei più oscuri recessi della sua coscienza, in quell’antro buio dove aveva ingabbiato l’urlo di così tanti anni fa e dove quell’urlo continuava a risuonare, alimentato dal suo stesso eco. Sarebbe impazzito chiunque avesse cercato di penetrare quella corazza e adesso che il vecchio era morto nessuno sarebbe stato disposto a rischiare tanto. Era una personale vittoria di Voldemort quella di essere riuscito cancellare tutto quello che la riguardava, una vittoria che lo rendeva incredibilmente fiero, anche se non lo avrebbe ammesso nemmeno con se stesso. L’avevano dimenticata tutti, ma lui non c’era riuscito. Eppure si era ridotto l’anima a pezzi per cercare di tollerare quel dolore.
Tutti credevano che la cosa che lo spaventasse più di tutte fosse la morte, che per evitare quella si fosse spinto fino a dove nessun mago al mondo aveva mai osato. E lui fino a quel valico, fino a quel limite estremo che sapeva di vuoto e putrefazione si era spinto davvero, sì, ma solo per il terrore di dover di nuovo vedere il suo viso e leggere il disgusto nella piega delle sue labbra. Se avesse avuto la certezza che la morte era solo oblio, non l’avrebbe temuta così tanto.
Il bruciore al petto era talmente forte che avrebbe voluto urlare, ma le labbra non rispondevano più ai suoi comandi. Cadde indietro, sbalzato dalla forza intrisa dalla sua stessa bacchetta. Un freddo mortale gli paralizzò gli arti, mentre l’impatto con il duro pavimento gli toglieva il respiro. Cadde e la sua anima cadde con lui. L’ultimo degli Horcrux infranto, nessun appiglio a trattenerlo a questo mondo. La paura era un veleno strisciante che contaminava il sangue e mutava in fiele ogni suo pensiero. Potter aveva vinto. E lui cadeva come una bambola di pezza, il lavoro di una vita gettato ai suoi piedi. Non aveva smembrato la sua anima solo per garantirsi l’immortalità. Oh, no. L’aveva fatto perché con l’anima a pezzi era più facile andare avanti, lasciarsi il suo ricordo alle spalle. Cancellare ogni traccia di umanità che le ricordava lei e la morbidezza della sua pelle diafana.
Fin da quando aveva memoria Voldemort si era immerso nelle tenebre. Le aveva accarezzate come amiche e amanti anche nei suoi anni più cupi in quel dannato orfanotrofio, quando la notte rigirandosi nel letto aveva sentito i suoi poteri crescergli nel petto, gonfiarsi sotto la sua pelle e esplodere in magia crepitanti che facevano rabbrividire i bambini nei loro letti e che si confondevano come vapori malsani ai loro incubi. Per questo quando le tenebre inghiottirono la luce della sala Voldemort le accolse con gioia. Tutto pur di non dover il sorriso trionfante di Potter, pur di non dover ammettere che aveva perso, che tutto quello che aveva fatto era stato inutile. Che l’aveva perduta per niente.
Il corpo – quel corpo grigio e freddo, nato da ossa e sangue carne, plasmato dalla magia e temprato dal suo odio - atterrò con un tonfo sinistro e Voldemort sentì distintamente l’anima premergli sulle labbra. Il freddo alle membra fu sostituito da un torpore che preannunciava quello della tomba.
Gli occhi chiusi, i denti digrignati, la mano ancora allungata come a voler afferrare qualcosa.
Per un istante, appena prima di morire, senza più Horcrux ad ancorargli e spezzargli l’anima, Voldemort lasciò il posto a Tom Riddle, uno sporco mezzobabbano di cui il padre non aveva voluto sapere niente e che la madre non aveva amato abbastanza da vivere per lui. Un ragazzo affascinante, ma freddo, a cui tutti si avvicinavano come falene attratte dalla luce ma che abbandonavano altrettanto velocemente. Solo. Vuoto.
Mentre l’anima di Tom Riddle si frantumava in mille, sgargianti, pezzi il suo ultimo pensiero fu per lei.

Roxanne.

 

 

 

(1) Si tratta di una citazione del primo libro della Rowling – “Harry Potter e la Pietra Filosofale” – e a pronunciare questa frase è Hagrid che cerca di spiegare ad Harry la vera storia della morte dei suoi genitori.

 

 

 

 

Ciao a tutti!

Come prima cosa un grazie anche solo per aver letto il primo capitolo di questa mia fan fiction. È un po’ corto, ma è solo il prologo, gli altri episodi saranno più ampi ed esaustivi. Cercherò inoltre di aggiornare presto, in modo che possiate farvi un’idea della trama. Che altro aggiungere? Spero di avervi incuriosito almeno un po’ e che mi farete sapere che ne pensate!

Un saluto e un bacio

Eli

 

                                    

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Capitolo 2
*** Smistamento ***








                                Smistamento
 

 




 
                                                                                                                                                      Alzò lo sguardo in aria  e vide un soffitto di velluto 
                                                                                                                                                      nero trapunto di stelle. Era addirittura difficile
                                                                                                                                                      credere che ci fosse un soffitto, e che la Sala Grande 
                                                                                                                                                      non si spalancasse semplicemente sul cielo aperto. (1)
 





 
 
 
 

1 Settembre 1939 Sala Comune Hogwarts
 
<< Roxanne Altgriff!! >> tuonò il Cappello Parlante.
Una ragazza esile come un fuscello, con un pallore alquanto preoccupante, si fece avanti e percorse a passo deciso i metri che la separavano dal buffo oggetto magico. Se lo poggiò sul capo, cercando disperatamente di non far scorgere al resto della sala il tremito convulso che le scuoteva le membra. Il tempo di un respiro e il Cappello dischiuse lo strappo sghembo che aveva per bocca e proclamò con un grido:
<< Grifondoro! >>
Il sospiro di sollievo della ragazza fu in buona parte coperto dal boato proveniente dalla tavolata alla sua destra, entusiasta di quel nuovo membro. Più che sedersi crollò su una sedia che un ragazzo più grande e con una buffa zazzera arruffata le aveva scostato, mentre le ginocchia le si liquefacevano come gelatina e il cuore cercava faticosamente di rallentare il suo rombo nel petto. Tirò la testa all’indietro, inspirando profondamente, ma la vista del cielo stellato sopra di lei le tolse il fiato e la concentrazione. La cintura di Orione brillava così fulgida che le pareva bastasse allungare un dito per poterla sfiorare. Se solo un giorno fosse divenuta in grado di compiere una magia anche lontanamente bella come quella, sarebbe stata ampiamente ricambiata di quel suo batticuore.
<< Ciao io sono Sybil Knight! >> si presentò una ragazza con lunghi e pallidi capelli biondi, una miriade di efelidi a cospargerle il viso ovale. Lo smistamento era proseguito senza quasi che se ne accorgesse.
<< Ed io invece Eloise! >> urlò una strega slanciata, intromettendosi e sostituendo la sua mano a quella dell’altra. << Siamo gemelle, ma io sono quella simpatica! >> aggiunse strizzandole l’occhio.
A giudicare dall’aspetto non avrebbe mai indovinato il legame di parentela fra le due. Sybil era bassa e bionda, talmente esile da sembrare sul punto di rompersi in due, mentre Eloise aveva i capelli di un rosso talmente acceso ed eccentrico da assomigliare a un’insolita luce al neon. In altezza superava di dieci centimetri buoni la media dei ragazzi della sua età.
<<< Molto piacere di conoscervi. >> rispose Roxanne con un sorriso divertito.
Eloise le rivolse un sorriso a trentadue denti prima di dare una gomitata alla sorella e di aggiungere in un tono che non ammetteva repliche:
<< Ehi Sybil, concentriamoci sullo smistamento! Dobbiamo incrociare le dita perché qualche bel ragazzo finisca nella nostra casa >>
Questa alzò gli occhi al cielo e con un sorriso di scusa, decise di dar retta alla gemella, appuntando lo sguardo sulla fila di ragazzetti, mezzi affogati per il freddo e la pioggia, che si andava progressivamente accorciando sotto i loro occhi.
<< Rubeus Hagrid! >> berciò il Cappello.
Un ragazzo incredibilmente alto e grosso avanzò caracollando verso di esso, mentre una marea di brusii aleggiavano per la sala.
<< Come è possibile che quel colosso abbia solo undici anni? >> sentì mormorare da una ragazza a pochi passi di distanza.
Il ragazzo – che in effetti dalla stazza sembrava più un piccolo troll che un essere umano – quasi inciampò nei suoi stessi piedi e si fece rosso dalla vergogna. Ai brusii si aggiunsero risatine, neanche troppo trattenute. Cercando di raccogliere la sua dignità Hagrid si sedette sulla sedia, che scricchiolò sinistramente sotto tutto quel peso, e si calò il Cappello sulla testa.
Ci furono alcuni interminabili minuti di silenzio, mentre tutta la Sala tratteneva il respiro. Non era difficile capire, dalle espressioni dei loro visi, che nessuno sarebbe stato particolarmente contento di aver quello strano gigante con i calzoni rattoppati come compagno di casa. Le facce degli studenti seduti al tavolo verde e argento poi, erano particolarmente disgustaste.
<< Grifondoro >> mormorò infine il Cappello Parlante, anche se con un briciolo di esitazione.
Il sospiro di sollievo dei membri delle altre casate fu chiaramente udibile, mentre fra i Grifondoro solo pochi battevano le mani con aria incerta e nessuno sembrava intenzionato ad alzarsi in piedi. Fu Roxanne la prima a farlo, cercando di rigettare indietro il rossore che le invase le guance nel sentirsi osservata dagli altri membri della sua casa. Poteva essere inspiegabilmente grande e grosso quell’Hagrid, ma c’era un che di impacciato e di timido nel suo sguardo che glielo aveva reso immediatamente simpatico e immeritevole di un simile trattamento. Batté le mani con entusiasmo, rivolgendogli un sorriso di incoraggiamento e il nuovo arrivato per un attimo parve così sorpreso da dimenticare perfino come si faceva a camminare. Se lo ricordò un attimo dopo e con poche falciate si diresse verso la tavola rosso e oro, con un lieve sorriso di imbarazzo sulle labbra.
Fischi e offese di non ben specificata natura provenivano dal tavolo dei Serpeverde, ma prima che Roxanne potesse prestar loro attenzione, qualcosa di assolutamente inspiegabile apparve sotto i suoi occhi. “Oddio, riesco a vedere attraverso il suo corpo”, fu il suo primo, irrazionale pensiero. Nick-Quasi-Senza-Testa aleggiò con una graziosa giravolta in aria prima di scorrere lentamente il tavolo dei Grifondoro, facendo una riverenza ai nuovi membri. Lo sguardo allibito e la bocca spalancata di Roxanne non sfuggirono ad Eloise che le rivolse un sorriso furbetto.
<< Non sei abituata a questo genere di cose, eh? >> le chiese ridendo apertamente del suo stupore.
<< Isy non è carino! >> la rimproverò Sybil. << Non devi preoccuparti, sai. Quello è il fantasma di Grifondoro e non ti farà alcun male. >> aggiunse dolcemente.
<< Fa-fantasma? >> sfiatò infine Roxanne.
<< Non-morto, ectoplasma, quella roba lì. >> chiarì Eloise con un’alzata di spalle. << Per caso sei una Nata-Babbana? >> si informò con un sorriso sardonico.
<< Isy! >> squittì Sybil diventando rossa e rigida per l’imbarazzo al posto della sorella che manteneva sempre la solita aria disinvolta.
<< Be’? Non c’è mica niente di male. >> rispose infatti, tornando a fissare Roxanne. << Ti ho per caso messo in imbarazzo? >>
<< Ehm… >> mormorò Roxanne che in effetti in imbarazzo era, anche se non lo avrebbe mai ammesso. << In realtà temo di non saper rispondere… cosa sono questi Bartani? >>
<< Babbani. >> la corresse Eloise. << Sono le persone che non hanno la magia. >>
Un barlume di comprensione illuminò lo sguardo di Roxanne.
<< Oh! >> mormorò << Allora sì, sono una… ehm Nata-Babbana. >>
O almeno credo di esserlo, rifletté Roxanne senza però formulare a voce alta quel pensiero.
<< Non che faccia differenza ovviamente! >> esclamò Eloise con un sorriso così aperto e sincero che Roxanne non poté dubitare delle sue parole. << Io e Sybil saremo a tua disposizione per ogni necessità, ti ambienterai in fretta grazie al nostro aiuto! >> concluse entusiasta.
Roxanne avrebbe voluto ringraziarle per quella  proposta ma il fantasma di Nick-Quasi-Senza-Testa le si avvicinò e le si presentò con un inchino d’altri tempi.
<< Posso sapere il suo nome incantevole fanciulla? >> chiese pomposo.
<< Ro-roxanne Altgriff. >> mormorò cercando di non soffermarsi sull’assurdità della situazione.
<< Molto bene, signorina Roxanne. Conto sul suo appoggio quest’anno per strappare la Coppa a quegli odiosi Serpeverdi. >> disse mentre il suo sguardo saettava al tavolo dal lato opposto della sala.
<< Perché odiosi? >> chiese Roxanne mettendo da parte l’imbarazzo.
Nick inarcò le sopracciglia e si allisciò i baffi prima di rispondere.
<< Non ha ascoltato la canzone del Cappello Parlante, signorina? I più grandi maghi Oscuri hanno fatto tutti parte di Serpeverde. Ambizione, opportunismo e slealtà sono le parole d’ordine di quella casa. E sono odiosi, senza dubbio >> concluse quella sua buffa tiritera inchiodando con lo sguardo un fantasma dalla veste insanguinata che svolazzava sopra la tovaglia argentea e verde.
Roxanne annuì cortesemente, ma prima che potesse rispondere qualcuno chiamò il fantasma.
<< Ehi, Nick! >> urlò un ragazzo più grande. << Uno del primo anno qui si chiede come fai ad essere quasi senza testa! Faglielo vedere, su! >> lo incitò.
Inizialmente il fantasma cercò di ignorare quella richiesta, girandosi sdegnosamente di lato. Ma visto che ormai una decina di ragazzi avevano preso ad urlare e conversare era diventato praticamente impossibile, Sir Nicholas decise di fare la sua dimostrazione pratica. A Roxanne venne quasi un conato di vomito, mentre un ragazzino di fronte a lei – con un buffo naso a patata e un caschetto di capelli rossi - impallidì. I loro occhi si incrociarono per un attimo e lui, ripresosi dallo spavento, le sorrise apertamente. Arrossendo per la timidezza, Roxanne abbozzò appena un sorrisino prima di voltarsi dall’altra parte e osservare le altre tavolate. Blu e argento per Corvonero, giallo e nero per Tassorosso. Tutto corrispondeva esattamente a quello che aveva letto sul libro “Storia di Hogwarts”, tomo che aveva divorato dopo aver ricevuto la famosa lettera che le aveva cambiato la vita. Un brivido di disgusto le fece accapponare la pelle al ricordo del buio e triste orfanotrofio che si era ormai lasciata alle spalle. Era a Hogwarts. Era una strega. Il sorriso che le si dipinse sulle labbra, il brillio degli occhi e l’eccitazione che le tinsero le gote di rosa non sfuggirono a Nathan Miller e Philip Mitchell – battitori ufficiali della squadra - che la indicarono dandosi di gomito. Lo sguardo di Roxanne vagò sul verde e argento degli stendardi appesi sopra il tavolo dell’altro lato della sala, un ansia mista a curiosità, nell’osservare la temibile casa dei Serpeverde. Non era il tipo da fare affidamento alla prima impressione, ma si scoprì a pensare che in effetti Nick-Quasi-Senza-Testa non sembrava avere tutti i torti: il biondino con i capelli unti che si avvicinava con un largo ghigno al suo nuovo tavolo sembrava avere la puzza sotto il naso e i due bestioni che gli diedero il cinque non parevano propriamente dei tipi intelligenti. Poi i suoi occhi incrociarono quelli di un ragazzo che la fissava intensamente e Roxanne sentì una strana paralisi insinuarsi negli arti. Il viso dai lineamenti regolari, la pelle pallida e luminosa, il cui biancore era ancora più esaltato dai capelli corvini. Persino da quella distanza poteva intuire che gli occhi che ricambiavano sprezzanti il suo sguardo erano dello stesso verde acceso del colore della sua casa. Roxanne sentì il sorriso morirle sulle labbra, mentre un gemito inarticolato le sfuggiva dalla bocca.
 
 
                                                                                                        ***
 
 
Una minaccia. Ecco cosa rappresentava quell’esile cosino dai capelli mogano. Una minaccia di cui si sarebbe dovuto occupare il prima possibile. Tom Riddle osservò con malcelato disprezzo gli occhi sgranati e la bocca dischiusa in un “O” di sorpresa di Roxanne Altgriff. Gli pareva quasi di sentirlo il lamento che si era lasciata sfuggire dalle labbra. Per un attimo i suoi occhi si incupirono, mostrando tutto il suo astio per quella sottospecie di scopa con quell’imbarazzante matassa di capelli, che poteva distruggere in un attimo la sua buona reputazione. Un secondo dopo tutto il suo disprezzo fu sepolto in profondità dentro di sé e le labbra gli si piegarono nel migliore e più rassicuranti dei suoi sorrisi.
Sapeva come ammaliare le persone, lui. Non era un caso che fosse circondato da una folla di idioti ma utili seguaci, che le ragazze più belle cadessero ai suoi piedi, che tutti i professori lo giudicassero uno studente modello. Be’, quasi tutti i professori, si corresse mentalmente mentre il suo sguardo si posava sulla figura di Albus Silente. L’attenzione con cui questo guardava Roxanne non sfuggì a Tom che digrignò i denti. Avrebbe dovuto agire il prima possibile.
<< Druella Rosier! (2) >> chiamò il Capello Parlante.
La ragazza non fece nemmeno in tempo ad appoggiarlo sulla testa, che quello urlò:
<< Serpeverde! >>
Con un pigro sorriso dipinto sulle labbra e un passo sinuoso la nuova arrivata avanzò con sicurezza verso il suo tavolo. Tom Riddle non poté evitare di pensare che i suoi occhi avevano un aspetto strano, vagamente allucinato. L’occhiata che gli lanciò era di così chiaro apprezzamento che non ebbe dubbi sul fatto che presto sarebbe diventata una nuova pedina da manovrare per i suoi piani. Distolse l’attenzione da Druella e dalla sua chioma talmente riccia e nera da fare invidia a quella della Gorgone e si rivolse nuovamente verso il tavolo dei Grifondoro.
Dopotutto non sarebbe stato difficile conquistare la fiducia di quella bambina dallo sguardo spaurito, che per tutto il tempo aveva continuato a fissarlo, come incantata. Ammiccò nella sua direzione, gli occhi verdi che contenevano un chiaro invito.
La reazione della marmocchia non fu quella sperata. La bocca le si piegò in una smorfia amara e vagamente disgustata mentre volgeva la testa da un’altra parte, il nasino all’aria e la manifesta intenzione di ignorarlo. Tom Riddle represse a stento un ringhio fra le labbra: a quanto pareva lo stecco non si era dimenticata di lui ed era ancora offesa per il suo comportamento. Aveva accolto con un sorriso quel bifolco dalla stazza imbarazzante, ma disdegnava la sua attenzione.
<< Qualcosa non va, Tom? >> chiese Nott guardandolo crucciato.
<< Ma certo che no. >> rispose quello, assumendo subito un’aria rilassata. << Pensavo solo a quanti nuovi piccoli sgorbi di Grifondoro dovremo sopportare quest’anno. Mi è passato l’appetito. >>
La risata di Druella nell’udire quelle parole fu talmente squillante e sguaiata che Tom dovette reprimere una smorfia di fastidio. Il suo sguardo si soffermò di nuovo su Miss Scopa, lo sgorbio che sicuramente gli avrebbe dato più grattacapi di tutti. Naturale che era una Grifondoro. Con qual carattere assurdo e le sue manie da paladina della giustizia dove altro poteva finire? Appoggiò la testa al braccio, lieto che finalmente la cerimonia dello smistamento si fosse conclusa.
Roxanne Altgriff era un ostacolo che doveva essere rimosso. Avrebbe provato prima con le buone maniere, ma, se queste si fossero rivelate inefficaci sarebbe passato a quelle cattive.
 
 
                                                                                                      ***
 
1 Settembre 1939 Corridoio del Primo Piano
 

Roxanne si maledisse mentalmente per la sua stupidità. Come le era venuto in mente di allontanarsi così dagli altri? Era appena arrivata ad Hogwarts e si era già persa! E tutto questo solo perché uno stupido quadro le aveva fatto l'occhiolino prima di sparire dalla cornice e lei era rimasta così sorpresa ed imbambolata da rimanere indietro, mentre la voce del prefetto si faceva fioca in lontananza. Ok, era stata una sciocca. Ma che diamine i soggetti dei ritratti si muovevano! E ridevano, scherzavano come se fossero persone vive. Roxanne avrebbe potuto giurare che l'armatura nell'angolo si fosse appena stiracchiata. Era talmente affascinata da tutte le meraviglie che la circondavano che quando si era riscossa dallo stupore aveva scoperto con sommo sconforto che oltre ai quadri e alle armature ad Hogwarts anche le scale non parevano intenzionate a rimanere al loro posto. E ormai il pianerottolo sul quale si trovavano il resto dei suoi compagni era irraggiungibile. Una smorfia di disappunto le arricciò le labbra. Certo avrebbe potuto urlare. In quel modo il prefetto l'avrebbe notata, come del resto tutti gli altri e avrebbe così iniziato il suo primo giorno di scuola con una spettacolare figuraccia. No, grazie.
Roxanne si guardò intorno, sperando in un miracoloso salvatore. Quando notò la figura slanciata che la osservava addossata a una parete, quasi fusa con le ombre, per un attimo si sentì rincuorata. Fece un passo in avanti, quando il suo sguardo freddo e verde la trafisse, passandole attraverso come se fosse fatta di carta. Il gemito di disappunto che le sfuggì dalla labbra rimbombò cupamente per il salone, prima di perdersi nell’oscurità dei corridoi mal illuminati. Nessuno come Tom Riddle era meno indicato per vestire i panni di salvatore.
<< Ciao, Roxanne. >> la salutò affabile, rivolgendole un ammaliante sorriso. << Non mi dirai che ti sei persa? >>
Un brivido le attraversò la spina dorsale. La sua voce trasudava ironia eppure al contempo era calda e invitante. Non c’era dubbio che Tom Riddle fosse il perfetto emblema della casata Serpeverde. Avanzava in modo lento eppure deciso, le sue movenze sinuose unite al suo sguardo ipnotizzante ricordavano quelle di un fiera a caccia. E la sua voce era così pericolosa e seducente che ti scivolava addosso come veleno. Tom Riddle era un serpente. Un serpente affascinante, certo, ma dal morso letale. Solo che lei sapeva cosa si celava dietro a quel sorriso smagliante, era consapevole che il calore del suo sguardo era solo una bieca finzione.
<< Tom. >> mormorò e il suono del suo nome la fece rabbrividire. C'era freddo intorno a lei, gelo e spruzzi di acqua che il vento impietoso le gettava addosso. L'oscurità era un manto talmente fitto da non consentirle di vedere al di là del suo naso. Ma le urla, le urla nemmeno il vento riusciva a coprirle, ed erano quelle ad indicarle la strada.
<< Hai bisogno di aiuto? >> le chiese premuroso, facendo un passo in avanti.
Le sembrava di vederlo il serpente srotolare le sue spire e strisciare lentamente verso la preda inchiodandola con lo sguardo, pronto a scattare per divorarla in un solo boccone. Lo leggeva nel suo sguardo che lei per lui non era niente di più di questo. Un topolino, qualcosa con cui divertirsi a giocare e dimenticare un attimo dopo averlo ingoiato. La luce della torcia illuminò il suo volto, creando un gioco di luci ed ombre sul suo incarnato pallido. Era bello Riddle. Fin da piccolo tutti si fermavano ad osservarlo colpiti per l'aristocratica raffinatezza dei suoi lineamenti. Ma la sua bellezza era fredda, gelida come gelido era il suo sguardo quando credeva che nessuno lo osservasse. Come quando giocava da solo in cortile e torturava gli animali che avevano la sfortuna di incappare in lui.
<< Sì, in effetti. >> il tono di Roxanne era fermo. Il mento alzato, il corpo rigido.
Stai ferma. Non ti muovere. Non indietreggiare. Non far vedere che hai paura. Se le ripeteva come un mantra quelle parole. Se Tom Riddle era un animale pericoloso, allora Roxanne si sarebbe comportata di conseguenza.
<< Potresti indicarmi la strada per raggiungere la mia Casa? >>
Il sorriso si allargò ancora di più sulla bocca di Tom.
<< Mi dispiace, Ro. L'ingresso di ogni Casa è un segreto custodito gelosamente. Solo un altro Grifondoro potrebbe farti da guida. >>
Ro. Come osava chiamarla così? E la gentilezza del suo tono, il pigro sorriso che ancora gli aleggiava sulla faccia. L'istinto le suggeriva che doveva diffidare ancora di più di un Riddle disponibile, che di uno che mostrava chiaramente il suo disprezzo.
<< Bene. In questo caso non mi sei di nessun aiuto. >> replicò girandosi dall'altra parte, con l'unica, flebile speranza che quella dannata scala si fosse decisa a ritornare al suo posto.
Speranza immediatamente delusa dal vuoto che fissavano i suoi occhi. Strinse i denti così forte per trattenere il grido di frustrazione che le proveniva dalle viscere, che lo scricchiolio fu chiaramente udibile. E Tom Riddle era ancora lì. Sentiva il suo sguardo su di sé, come se una mano invisibile le premesse sul petto, bloccandole il respiro. I palmi delle mani le sudavano, il cuore aveva iniziato a battere furiosamente contro la cassa toracica. Dare le spalle a Riddle era stata una pessima, pessima idea. La paura, quel terrore irrazionale di offrire il fianco al nemico, era praticamente triplicato. Mai in vita sua si era sentita così indifesa e vulnerabile.
Roxanne si girò di scatto, il piede che tamburellava sul pavimento.
<< Allora? Che cosa ci fai ancora qui? >> chiese con voce metallica.
Lo stupore di ritrovarselo a pochi passi di distanza le tolse per un attimo il respiro.
<< Non sei molto gentile, Ro. In fondo abbiamo un trascorso insieme anche se forse non te lo ricordi... >>
<< Ricordo tutto benissimo >> rispose mentre contraeva i pugni, il corpo irrigidito, le unghie che affondavano nella carne.
Ricordava l'odore della salsedine, il suo procedere a tastoni. Ricordava quella folle corsa contro il tempo e il terreno duro e freddo per il brusco impatto, il respiro che le si era mozzato in gola. Il suo rialzarsi, senza badare ai graffi della roccia sulle mani, ignorando il dolore e il sangue che colava dal ginocchio. Ricordava la voce di Amy che saliva di un'ottava.
L'orrore di quella notte non sarebbe mai riuscito a cancellarlo. L'orrore le vibrò nella voce e le si rifletté negli occhi. Un lampo di emozione attraversò il viso di Riddle. Era trionfo quello che aveva scorto? Roxanne ne ebbe la conferma quando vide la maschera di Riddle traballare, anche solo per un attimo. Forse era come una fiera, che fiutava l'odore della paura della vittima e si eccitava per questo.
<< E sei ancora arrabbiata con me per quello. >> affermò mentre un sorriso falso tornava ad arricciargli gli angoli della bocca.
<< Direi che arrabbiata è un termine riduttivo. >> disse Roxanne con una freddezza e un'acredine che stupì lei per prima. Ma che non toccò affatto Tom che continuava a guardarla come se fosse un buffo animale da esposizione. Qualcosa da studiare. Possibilmente dopo averlo fatto a pezzi.
<< In effetti mi ero sempre chiesto come avevi fatto a raggiungerci. Il fatto che tu sia una strega spiega tutto, ovviamente. >>
Roxanne non rispose. Quella era stata la sera più raccapricciante di tutta la sua via e lui ne discuteva in modo tranquillo, come se stesse parlando di quello che aveva mangiato a colazione. L'indignazione le scorreva nel sangue, dandole la forza di sostenere il suo sguardo. Tutto l'odio e il risentimento che non avrebbe mai potuto dirgli a parole, Roxanne glielo comunicò con gli occhi.
<< Sai, sono cambiato da allora. >> aggiunse Tom con uno sguardo contrito e una smorfia dispiaciuta sulle labbra. La sua voce era calda e avvolgente come velluto.
“Oh, sì. Sei diventato molto più bravo a recitare.” Forse non era il caso di esprimere quel pensiero ad alta voce – non con lei e Riddle da soli in un corridoio deserto – ma il disprezzo e l'incredulità le si dipinsero chiaramente in volto.
<< Non mi credi, vero? >> le chiese Tom avanzando ancora di un passo.
Vicino. Troppo vicino. Roxanne arretrò istintivamente e di nuovo ci fu quel guizzo negli occhi di Riddle. Ma la sua evidente ritrosia non sembrò scoraggiarlo più di tanto. Un tonfo soffocato la avvertì che era finita contro la parete. In trappola.
<< Non sono più il bambino dispettoso di allora. Puoi chiederlo a chi vuoi. Ti risponderanno che sono uno studente modello. >> mormorò con i suoi occhi che sembravano voler perforare la sua pelle << Non pensi che potremmo mettere una pietra sopra al passato? >> Le ultime parole gliele sussurrò all’orecchio, mentre con il corpo premeva contro il suo. << Non potresti darmi un’altra possibilità? >>
Roxanne aveva già ammesso che Riddle era un ragazzo affascinante ma si ritrovò a pensare che quella fosse una definizione riduttiva. Riddle non era affascinante, era ipnotico. Quando ti guardava in quel modo, con quegli occhi verdi così grandi e seducenti, non potevi evitare di sentirti in preda di un incantesimo Confundus. E la sua voce... dio, come riusciva a modularla, fino a donarle un tono profondo e caldo... caldo... caldo come il sangue di Amy sulle mani, le sue urla che avevano squarciato la notte.
<< L'unica cosa su cui vorrei mettere una pietra sopra è la tua testa, Riddle! >> rispose Roxanne, allontanandolo con una spinta.
Per un attimo lo stupore negli occhi di Riddle fu quasi comico. Poi la sorpresa cedette il posto all'ira e i suoi lineamenti furono deformati dal livore. Non era bello in quel momento, con quel ghigno ferino e l’odio puro che gli traspariva dallo sguardo.
La mano di Riddle scattò in avanti artigliando il braccio di Roxanne e stringendolo in una morsa.
<< Tu farai quello che ti dirò io, mocciosa! E non dirai a nessuno di avermi conosciuto – a nessuno – hai capito? >> sibilò con il viso a pochi centimetri dalla sua faccia.
<< Che sta succedendo qui? >>
Roxanne girò la testa di scatto, appuntando il viso sulla persona che aveva parlato.
Era il robusto ragazzo a cui aveva sorriso durante lo smistamento, mentre tutti lo prendevano in giro. “Hagrid” il suo nome le balenò alla mente in un attimo mentre quello avanzava verso di loro a passi decisi.
Riddle le lasciò andare il braccio di scatto come se si fosse ustionato.
<< Niente che sia di tuo interesse, novellino. >> lo apostrofò atono, incenerendolo con un’occhiata.
Hagrid non sembrò curarsene più di tanto mentre i suoi grandi occhi tondi fissavano Roxanne e il braccio che quella si massaggiava per riattivare la circolazione.
<< Io… io sono rimasta indietro e Riddle stava solo cercando di essermi d’aiuto >> mormorò Roxanne dopo un attimo, sperando con tutto il cuore che il tremito della sua voce non fosse percepibile.
Per un attimo Tom sembrò sorpreso della sua inaspettata copertura, ma sorrise sardonico e si avvicinò di nuovo, soffiandole a un centimetro dalla bocca.
<< A nessuno. >> dopodiché si girò, dandole le spalle e avanzò nel corridoio, sparendo dietro l’angolo.
<< Tutto bene? >> domandò Hagrid avvicinandosi premuroso.
Il viso di Roxanne si illuminò di un tremulo ma fiducioso sorriso. Era felice di non averlo coinvolto nello scontro, sapeva per esperienza quanto Riddle fosse poco incline a dimenticare gli affronti subiti.
<< Sì, certo. >>
<< Non mi piace per niente, quello. Certa gente ci dovrebbe tenere la mani a posto, ecco. (3) >> borbottò passandosi una mano fra la massa arruffata di capelli. Poi arrossì, forse pensando di aver detto più del dovuto.
Roxanne sospirò, avvicinandosi di un passo.
<< È solo una persona da evitare. >> liquidò la faccenda. << Non è che per caso sai come raggiungere la nostra Casa? >> aggiunse speranzosa.
Un grosso sorriso si dipinse sul volto paonazzo di Hagrid mentre quello annuiva, chiaramente entusiasta all’idea di potersi rendere utile. Fu con il cuore un po’ più leggero che Roxanne si lasciò guidare da lui nei meandri di Hogwarts.
 
 
 
 
Note:

 

  1. Altra citazione dal primo libro della Rowling: “Harry Potter e la Pietra Filosofale” .
  2. Druella Rosier si sposerà con Cygnus Black ed insieme avranno tre figlie: Bellatrix, Narcissa e Andromeda Black.
  3. Il linguaggio sgrammatico quando parla Hagrid è voluto. Ho cercato di riprodurre il suo modo a volte rozzo ed inesatto di esprimersi che la Rowling ci aveva presentato.

 


 

 
 
 
Ciao  a tutti!
Come prima cosa un enorme grazie a tutte le persone che mi hanno lasciato una recensione!
Cerchiamo poi di dare qualche delucidazione sulla trama: la ff parla di Tom Riddle e dei suoi anni ad Hogwarts. Questo e il prossimo capitolo sono una specie di introduzione, nel vivo della storia si entra a partire dal quarto.  Riddle e Roxanne – come avrete intuito - si conoscevano già, la natura dei loro precedenti rapporti verrà specificata nel prossimo episodio.
Ho messo nelle note OOC non perché il mio Riddle diventerà un bravo ragazzo (un risultato simile mi parrebbe assurdo), anzi si comporterà spesso in modo spietato e crudele. Nondimeno un Riddle che si innamora è OOC di per sé, stante la descrizione che la Rowling ci ha fatto di questo personaggio.
Concludo con un saluto e incrocio le dita nell’attesa di sentire i vostri pareri: fatemi sapere se vale la pena di continuare a scrivere questa ff e mi raccomando siate spietatamente sinceri/e!
Un saluto e un bacio
Eli
               

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Capitolo 3
*** Paura del buio ***


                       







                                                                                                    Paura del buio






 
 
 
 
 
 
                                                                                                                                                                                                                     So ferirli, se voglio. (1)




 
 
 
1 Settembre 1939 Sala Grifondoro
 

Sale. Sale sulla pelle, sale sulle labbra screpolate. Odore di salsedine nelle narici che bruciava come fuoco. La caverna era buia e il buio terrorizzava Roxanne. I brividi le si insinuarono sotto la pelle, insetti voraci che divoravano ogni proposito di proseguire.
Sotto le pareti grigie dell’orfanotrofio a volte le sue grida nella notte erano state così acute da svegliare tutto l’istituto e la signor Cole l’aveva rimproverata fino a sgolarsi. Ma quando mai un rimprovero era servito ad arginare la paura? Il buio tornava sempre e con esso tornavano gli incubi.
Una sera la bambina nel letto accanto la sentì tremare e allungò la mano a stringere la sua. Amy. Il suo sorriso brillava anche nella più profonda oscurità, scacciando le ombre. Con lei accanto era semplice bandire gli incubi.
Le mani di Roxanne artigliarono alla cieca le rocce che la circondavano e le escoriazioni sulla pelle furono una distrazione gradita. Tutto pur di non dover pensare alle tenebre in cui si stava immergendo. Un passo. Un altro passo.
Un urlo. Un altro urlo.
Sentiva l’oscurità agitarsi sulla sua faccia, come una mano premuta sulle labbra ed annaspava in cerca di ossigeno, strangolata dalla sua stessa paura. Ad ogni respiro quel buio viscido le penetrava  in gola e scendeva giù, fino ad annidarsi nei polmoni. Non poteva aprire la bocca senza ingoiare le tenebre, non poteva urlare, non poteva fermarsi.
Era sospinta in avanti dal vento, che infuriava gelido alle sue spalle, riversando la sua frustrazione su di lei in raffica potenti che le toglievano il fiato. La schiena era umida, costellata di minute goccioline. I capelli pendevano madidi ai lati del viso, come alghe.
Mai come in quel momento aveva desiderato di sentire il calore della mano di Amy stringere la sua. Ma lei non c’era, sepolta da qualche parte in quel nero che le si avviluppava intorno come un sudario e che le impediva di muoversi. Eppure doveva muoversi, prima che fosse troppo tardi. Prima che le urla tacessero per sempre.
Era la determinazione a spingerla in avanti? Non avrebbe saputo dirlo. I suoi occhi erano così allucinati, le sue dita così contratte. Il suo istinto le gridava di fuggire, di abbandonare quel buio che sapeva di stantio e di terra e di marciume. Serpenti di tenebra le si attorcigliavano ai piedi rendendo ogni passo più difficile del precedente. Le sembrava di sentirli premere sui polpacci e risalire fino alle cosce, lasciando scie rossastre sulla sua pelle bianca. Strinse i denti e allungò il passo. Si ritrovò a correre in quello stretto passaggio, lacerata in due. Combattendo con ogni fibra di sé la parte che la pregava di desistere, implorando con ogni fibra di sé i muscoli di continuare a contrarsi.
Cadde con un rimbombo cupo e sentì la terra mischiarsi con le sue lacrime, l’odore di muschio era così forte che le venne da vomitare. Non aveva la forza di rialzarsi. Il corpo era  scosso da singulti, come se avesse le convulsioni. Avvertiva le ombre danzare intorno a lei e il manto della notte aderiva alla sua schiena, schiacciandola al suolo.
Si arrese.
Poi la voce di Amy, chiara come se quelle tre parole gliele avesse urlate nell’orecchio.
Ti prego, basta.
Si rialzò con uno scatto e riprese la sua corsa forsennata, urtando le pareti, graffiandosi le mani, ingoiando le lacrime e il muco che le colava dal naso. Come poteva abbandonarla quando urlava così? Amy l’ aveva salvata quando non c’era nessuno a starle accanto, adesso era il suo turno di essere coraggiosa.
Le pareti si allargarono di colpo e un lieve chiarore rischiarò la grotta. Il sollievo fu così grande, che quella piccola torcia le sembrò più luminosa di mille soli. Poi vide il corpo di Dennis Bishop accasciato per terra e l’orrore ritornò prepotente nel suo petto, scavando in profondità, allargando lo squarcio con canini affilati.
La risata di Tom Riddle perforò la notte, rimbalzando di parete in parete, e il suo eco distorto si perse sotto terra. La sua voce, stridula e amara come il fiele, le penetrò fin dentro le ossa.
Brividi di raccapriccio le attraversarono la pelle e il respiro le si mozzò in gola alla vista dell’orrendo spettacolo che Riddle aveva orchestrato per divertirsi.
Il corpo di Amy galleggiava nell’aria, macabra imitazione di una marionetta senza fili. I suoi arti penzolavano nel vuoto, ma il suo essere si opponeva alla legge di gravità, restando immobile, come se una misteriosa forza lo sospingesse verso l’alto. L’orrore negli occhi vacui di Amy era così profondo da piegarle le ginocchia. La bocca era aperta in un muto grido, ma aveva la gola tanto secca da non riuscire a produrre un singolo suono.
<< Adesso hai capito che non è il caso di farmi arrabbiare, Amy? >> le sussurrò ironico Riddle, un dito puntato contro il suo petto.
Roxanne gli era arrivata alle spalle e Tom non si era ancora accorto della sua presenza. Sarebbe voluta intervenire, ma non riuscì a distogliere lo sguardo dallo spettacolo di fronte a i suoi occhi, pietrificata dallo sgomento.
Riddle spostò l’indice verso destra e il corpo di Amy venne sballottato come un sacco vuoto contro la parete rocciosa. Il rumore dell’impatto fu un suono soffocato e sinistro. Ruotò nuovamente il dito e Amy tornò alla posizione originaria, un rivolo di sangue che le scendeva dalla fronte e si mischiava alle sue lacrime.
<< Ne vuoi ancora? >> chiese e quel suo ghigno sardonico lo fece assomigliare a un demone sotto la luce grigiastra della torcia.
Anche se avesse voluto Amy non avrebbe potuto rispondere. Gli occhi ruotati all'indietro lasciavano intravedere il biancor.  Era svenuta.
<< NOOOOO! >>
Roxanne non si accorse neanche di aver gridato né di essere balzata in avanti e di averlo spinto con tutta la sua forza. Tom cadde in avanti, in malo modo, cercando di tamponare l’impatto con le mani dischiuse, mentre il corpo di Amy si afflosciava come uno straccio gettato via. Il tempo di un respiro e Roxanne la strinse convulsamente fra le braccia. Sangue sulle sue mani e urla nelle sue orecchie. Era lei stessa ad urlare, se ne rese conto dopo un po’ e accarezzò il volto di Amy come se fosse porcellana preziosa. Le sue labbra si posarono sulla fronte dell’amica, dove quel brutto taglio stillava ancora sangue, nero e fluido come la paura che le scorreva nelle vene. Alzò la testa di scatto, sentendo un rumore.
Riddle si era alzato e si avvicinava minaccioso, una smorfia orribile a deturpargli i lineamenti. E i suoi occhi. Il suo sguardo era quello che la spaventava più di tutto, tanto era l'odio e il livore che si riflettevano in esso. Tutta l'oscurità si concentrava lì, negli occhi di Riddle, che erano come pozze senza fondo.
Lo sguardo di Roxanne saettava tra il suo volto  e quello di Amy, riversa fra le sue braccia. Su quest’ultima si soffermò, lo stupore fu tale da riuscire per un momento a cancellare anche la paura. Il taglio era scomparso. La pelle era rimarginata, liscia e perfetta come prima dell’impatto.
<< Tu… come hai osato… Te la farò pagare. >>
Riddle fremeva per l’affronto subito, per la rabbia trattenuta. L’aria si caricò di elettricità, pareva quasi di sentirla sfrigolare. Roxanne strinse più forte il corpo di Amy fra le braccia. Non sarebbe successo di nuovo. Non l’avrebbe permesso.
<< Non ti avvicinare! >>
Le labbra di Riddle si incresparono in un sorriso sardonico e un lampo gli attraversò lo sguardo.
Avanzò di un passo, quasi a volerla sfidare.
<< Altrimenti? >>
<< Stai indietro, Tom! >> L’urlo di Roxanne fendette l’oscurità.
Un passo. Un passo ancora. E la luce di trionfo negli occhi di Riddle mentre sollevava la mano…
Veloce, ma non abbastanza. Perché prima che potesse rendersene conto una forza invisibile lo aveva sospinto indietro, facendogli sbattere bruscamente la schiena contro la roccia. Roxanne osservò la sua mano sollevata, il palmo aperto come a risucchiare l’aria della grotta. Ricordava la sensazione di avergliela indirizzata contro quell’aria, ma il suo cervello annaspava alla ricerca di una qualche spiegazione razionale.
E la sua incredulità si rifletté nello sguardo stupefatto, ma guardingo di Riddle, che si rialzò con movimenti lenti e la osservò con qualcosa di simile al terrore…(2)
<< Roxanne >>
<< Stammi lontano… >>
<< Roxanne! >>
Una voce decisa, mani che le afferrarono le spalle.
<< NON TOCCARMI! >>
Roxanne si svegliò di colpo e la prima cosa che vide di fronte a sé fu il rosso. Rosso come il sangue. Poi la ragione sembrò affacciarsi nuovamente nella sua mente e i suoi occhi misero a fuoco la stanza in cui si trovava. Il rosso che tanto l’aveva spaventata, provocandole quel nodo allo stomaco, altro non erano che i capelli di un’attonita Eloise che ricambiava il suo sguardo allucinato.
Roxanne era riversa su una poltrona vicino al camino della Sala Comune, appena rischiarata da un fuoco morente.
<< Non eri ancora venuta a letto e ho pensato di venirti a cercare... Quando ho visto che ti eri addormentata qui ho creduto fosse il caso di svegliarti. >>  spiegò Eloise, ancora scossa.
Le guance di Roxanne divennero di brace.
<< Oddio scusami! Io... ho avuto un incubo, non volevo urlarti contro... >> bisbigliò nell'imbarazzo più totale.
L'usuale sorriso a trentadue tornò sul volto di Eloise.
<< Figurati. Adesso che ne dici di andare nel dormitorio? >>
<< Vai pure avanti. Ti raggiungo subito. >> mormorò con un tremulo sorriso. << Prometto di non riaddormentarmi. >>
Quella annuì e si diresse verso la scala dove un'esile figura con una lunga treccia bionda la attendeva in silenzio. Roxanne si rese conto con un sussulto che si trattava di Sybil. Le aveva fatte preoccupare per niente.
Sospirò, appuntando il suo sguardo sulle lingue di fuoco che danzavano sempre più flebilmente sotto i suoi occhi. La conversazione – o forse avrebbe dovuto dire lo scontro – con Riddle l'aveva lasciata spossata e con i nervi testi, per niente in vena di andare a dormire. Era rimasta su quella poltrona, persa nei suoi pensieri, fino a quando la Sala non si era progressivamente svuotata.
E poi, tanto per concludere in bellezza la giornata, aveva sognato “l'incidente” di due anni prima.
La gita al mare, Amy e Dennis che mancavano all'appello. Billy che le diceva che li aveva visti allontanarsi con Riddle. Riddle. Lo pronunciò fra sé, a bassa voce, quel nome, infondendovi il suo più gelido disprezzo. Lo aveva inseguito in quella dannata caverna, era quasi morta di paura prima di riuscire a trovarli. Ma ce l'aveva fatta, aveva riportato Amy e Dennis - tremanti ma incolumi - nei loro letti.
Terrore negli occhi di Tom, terrore e sorpresa, quando lei lo aveva battuto nel suo stesso gioco. Le parti si erano invertiti ed era stato lui ad essere scagliato contro la parete come un fantoccio.
Era stata quella notte che Roxanne si era accorta di non essere uguale agli altri bambini dell'orfanotrofio. Era stato in quella caverna che aveva compiuto la sua prima magia. Il suo primo, inconscio incantesimo, era stato per rimediare al male che Riddle aveva inferto. Aveva baciato la fronte di Amy e il suo taglio era scomparso, ma Roxanne sapeva che esistevano altri tipi di ferite, più sottili e profonde e che quelle non sarebbero svanite senza lasciare segni.
Si alzò con un movimento fluido, lasciandosi la Sala alle spalle. Si infilò sotto le coperte con come ultimo pensiero cosciente il fatto che era stato grazie a Tom Riddle che aveva superato la sua paura del buio.

 
                                                                                                             ***

 
4  Settembre 1939 Sala comune
 

I primi giorni di lezioni trascorsero in un lampo. Roxanne si sentiva vagamente stordita per la quantità di nozioni che doveva assimilare, Hogwarts sembrava essere una continua risorsa di sorprese. Ma in Eloise e Sybil aveva trovato un valido appoggio e delle amiche sincere, che la aiutavano a imparare l'ABC del mondo magico e ridevano di cuore delle sue numerose gaffe.
Quanto a Riddle, Roxanne aveva pensato bene di evitarlo, fuggendo ogni luogo in cui sarebbe potuta incappare nella sua fastidiosa presenza. Non che fosse stato particolarmente difficile: Riddle le dedicava la stessa attenzione che avrebbe potuto dedicare a un vermicolo. Solo saltuariamente le rivolgeva occhiate minacciose, nascoste da un sorriso tirato. Non dire a nessuno che mi conosci. Mai richiesta era stata più benevolmente accolta da Roxanne: non ci teneva affatto a rivelare di avere rapporti con simili compagnie. Il disgusto che Tom provava nei suoi confronti era perfettamente ed entusiasticamente ricambiato e in effetti la ragazza aveva finito per considerare la sua presenza come l'unica pecca di quella scuola di cui iniziava faticosamente a carpire i misteri.
Poi venne il Giovedì e quella lezione di Trasfigurazione che faceva tanto discutere.
Roxanne si spalmò la marmellata sulla fetta biscottata, cercando di combattere con tutte le sue forze il coma mattutino e di soffocarlo nel caffè.
<< Si può sapere cosa avrebbe di tanto speciale questo professor Silente? >> mugugnò sentendo l'insano brusio che animava i ragazzi del primo anno.
<< Come sarebbe a dire “cosa avrebbe di tanto speciale”? >> la scimmiottò Eloise con aria scandalizzata. << È il più giovane insegnate di Trasfigurazione di tutta la storia, ha superato il M.A.G.O. lasciando letteralmente a bocca aperta la professoressa Marchbanks che lo esaminava, compiuto ricerche alchemiche con Flamel – no, dico Nicholas Flamel – sa evocare il fuoco “Gubraitiano” (3); si dice addirittura che gli fosse stata proposto un importante incarico al Ministero della Magia, ma che lo abbia rifiutato! >>
Roxanne sbuffò, per niente impressionata.
<< Primo: non conosco metà delle persone che hai nominato; secondo: è un pezzo grosso, e allora? Scommetto che in questa scuola ci sono un sacco di professori bravissimi, ma nessuno di loro fa parlare tanto di sé come questo Silente... >>
<< Questo perché lui è... ehm, un po' di originale rispetto al resto del corpo insegnanti. >> intervenne Sybil girandosi fra le mani la tazza di tè.
<< Originale? >> chiese Roxanne inarcando il sopracciglio.
<< Pazzo. >> spiegò Eloise con la solita schiettezza. << Hai presente quel discorso sul genio e follia, vero? Adesso però andiamo o faremo tardi già dal primo giorno. >>
Roxanne ingoiò in un sol boccone la fetta biscottata rimasta e si affrettò a seguire Eloise e Sybil per i corridoi. Nell'aula tutti gli studenti erano diligentemente ai loro posti, in trepidante attesa. Sempre più sorpresa si posizionò accanto alle sue amiche. Quell'anno Trasfigurazione era con i Corvonero, che avevano tutta l'aria di stare per assistere a un lezione incredibile, tanto animati e coloriti erano i loro visi incollati alla porta.
Albus Silente entrò con passo lento e rilassato all'esatto scoccare dell'ora.
Aveva un aspetto particolare, questo Roxanne dovette ammetterlo. Quella lunga e fluente chioma rossastra che finiva praticamente per fondersi con l’altrettanto lunga barba arruffata e quegli occhi di un azzurro stralunato contornati da giganteschi occhiali lo facevano assomigliare un po’ a un gufo. Pareva la quintessenza stessa della magia: con quella lunga veste color vinaccia e  con l’alto e floscio capello a punta incarnava alla perfezione lo stereotipo del mago. Si posizionò davanti alla cattedra e osservò gli studenti, senza fretta, soffermandosi su ognuno di loro. Roxanne provò la sgradevole sensazione di sentirsi nuda sotto il suo sguardo, come se il professore potesse leggerle dentro. Le parve che su di lei il suo sguardo si fosse trattenuto più a lungo che su gli altri, ma Silente non fece commenti e alla fine si convinse che la sua fosse solo un'impressione.
<< Un caloroso benvenuto a tutti. >> iniziò schiarendosi la voce. << Questa è la vostra prima lezione di Trasfigurazioni e so bene che dovrei iniziare con tutte quelle tediose spiegazioni su quale sia l’essenza e la finalità della materia… Ma prima di iniziare ad annoiarvi vorrei partire con una dimostrazione pratica. >> dichiarò mentre con un sorriso bonario alzava la mano sinistra all’altezza delle spalle.
 Il pugno era serrato e il professore lo dischiuse lentamente, aumentando la suspense. Un ragazzino Corvonero che si trovava in prima fila rischiò quasi di cadere dalla sedia, tanto si era sporto per vedere meglio. Alla fine il misterioso contenuto venne rivelato alla classe, che non riuscì a reprimere un gemito di disappunto.
Un sasso. Un comune, piccolo, sassolino da giardino.
Roxanne riuscì a malapena a reprimere una risata mentre lanciava ad Eloise uno sguardo condiscendente. Era evidente che tutte le sue aspettative erano state mal riposte. Eloise scrollò le spalle e tornò a fissare attentamente il sasso, forse nella speranza che celasse chissà quali meraviglie.
<< Septimus Weasley (4), potrebbe gentilmente dirci cosa vede nel mio pugno? >> chiese Silente, per niente scoraggiato dal brusio di delusione che serpeggiava nella classe.
Un ragazzino con una sgargiante zazzera rossa guardò stupito il professore, deglutendo vistosamente. Era evidente che lo sguardo pervinca di Silente lo metteva in soggezione.
Roxanne si accorse che era lo stesso ragazzo che le aveva sorriso la sera dello Smistamento, quando Nick-Quasi-Senza-Testa aveva dato quella macabra dimostrazione.
<< Una pietra, signore. >> rispose balbettando appena.
Silente annuì, mentre il suo sorriso si allargava.
<< Risposta corretta, Weasley. Adesso >> continuò mentre il suo sguardo abbracciava l’intera classe << Voglio che ognuno di voi pensi ad un oggetto, uno qualsiasi, e quando pronuncerò il vostro nome lo direte a voce alta. Vuole iniziare lei, Weasley? >>
Septimus, ancora incerto, annuì lentamente e infine proclamò con un filo di voce:
<< Un cappello >>
Il movimento del polso fu praticamente impercettibile. Roxanne non fece quasi in tempo ad accorgersi che Silente aveva tirato fuori la bacchetta che il piccolo sasso si trasformò in un’elegante tuba nera. Ci fu un coro di “Ohhh”, in modo particolare dalla parte dei Corvonero; poi il professore si rivolse ad un altro studente, a un altro e un altro ancora, aumentando sempre di più la velocità. Sotto gli occhi allibiti di Roxanne il sassolino divenne un fiore, un diamante, una bambola, un libro e molto altro ancora; i cambiamenti erano così repentini che i contorni degli oggetti parevano quasi sfumati. Il viso di Silente rimaneva calmo e tranquillo, come se per lui magie del genere fossero all’ordine del giorno e non richiedessero il minimo sforzo. Il suo polso compiva agili acrobazie, ma le labbra rimanevano sigillate ed era forse questa la cosa a sconvolgere di più gli studenti. Roxanne aveva letto qualcosa sugli Incantesimi Non-Verbali, ma da quello che aveva capito erano molto difficili e richiedevano una gran concentrazione, mentre Silente li stava compiendo a una velocità impressionante e senza tradire la minima esitazione…
<< Eloise Knight >> disse il professore e con un sussulto Roxanne si accorse che era arrivato alla sua fila.
<< Un profumo >> disse quella sicura e una piccola boccetta rosa apparve fra le mani di Silente.
<< Roxanne Altgriff >>
<< Un serpente >> rispose questa senza pensare.
Un secondo dopo, desiderò rimangiarsi quella parola. Arrossì sotto l’occhiata penetrante che quello le lanciò. Come diavolo le era venuto in mente un serpente? Il suo imbarazzo si acuì, quando si rese conto di essere stata l’unica in tutta la classe ad aver proposto un animale. Non era neanche sicura che si potesse fare una trasfigurazione simile, Silente aveva parlato di oggetti e lei, come una scema,  si era lasciata trasportare dalla fantasia…
Il movimento della bacchetta di Silente fu appena più sferzante e una biscia verdognola apparve fra le sue mani. La strinse fra le dita, senza apparente disgusto e si rivolse a un altro studente, come se non fosse accaduto niente.
Alcuni compagni la fissarono e negli sguardi di un paio di Corvonero Roxanne lesse compassione, quasi come se fosse una cerebrolesa. Conficcò le unghie nelle gambe, cercando di non far vedere il suo imbarazzo. Il ragazzo dai capelli rossi, Weasley se ricordava bene, intercettò il suo sguardo e Roxanne vide le sue labbra sillabare chiaramente: “Che ficata!” Gli sorrise, un po’ impacciata e quello ricambiò strizzandole l’occhio.
Una gomitata di Eloise la riportò alla realtà e Roxanne tornò a concentrarsi sulla lezione, che si stava spostando su binari più normali. Con un sospiro di sollievo vide che il professore riponeva quello che era tornato ad essere un sasso nella sua tasca e ricopiò diligentemente gli appunti apparsi dal nulla alla lavagna. Per tutto il resto dell’ora se ne stette buona e zitta, cercando di non attirare ulteriormente l’attenzione.
In classe non si sentiva volare una mosca, era chiaro che la dimostrazione di poco prima era stata sufficiente a conquistare l’attenzione e la stima degli studenti; tuttavia Roxanne si sentì inspiegabilmente soddisfatta quando la lezione giunse al termine e poté alzarsi dal banco. Raccattò velocemente le sue cose e si fiondò in corridoio.
<< Aspetti un attimo signorina Altgriff, se non le dispiace. >> disse Silente affacciandosi sulla porta dell'aula. << Avrei bisogno di parlarle. >>
Eloise e Sybil la fissarono perplesse e le diederono appuntamento a dopo, nel Dormitorio. La prima scosse il capo e nei suoi occhi Roxanne lesse chiaramente un guizzo divertito: probabilmente si chiedeva come avesse fatto a cacciarsi nei guai già dalla prima lezione. Sybil invece aveva sempre il solito sguardo dolce ed impassibile, accennò appena un saluto con la mano prima di allontanarsi per i corridoi, dando quasi l'impressione di non sfiorarlo nemmeno il pavimento da quanto era aggraziata ed eterea.
Entrò, socchiudendo appena la porta e si avvicinò a Silente, sentendosi leggermente in ansia. In fondo non aveva fatto niente di male, quindi cosa aveva di che preoccuparsi?
<< Mi dispiace trattenerla signorina Altgriff. Posso chiamarla Roxanne? >> chiese cortese, accomodandosi gli occhiali sul lungo naso aquilino.
Annuì, la gola improvvisamente secca. Albus Silente la metteva stranamente in soggezione.
<< Da quello che mi risulta lei viene da un orfanotrofio Babbano vicino Londra. Il Wool’s Institute non è vero? >>
Assentì di nuovo, stavolta incuriosita. Cosa c'entravano le sue origini con le lezioni di Trasfigurazione?
<< So che forse la mia domanda le potrà sembrare un po' strana, ma che io sappia anche un altro studente della nostra scuola viene da quell'orfanotrofio >> continuò Silente inchiodandola con lo sguardo. Roxanne si irrigidì, stringendo convulsamente i pugni delle mani. << Si tratta di Tom Riddle, immagino che lo conosca. >>
<< No. >> affermò Roxanne secca e decisa, fissando Silente negli occhi, senza più traccia di imbarazzo. Bastava il nome di Riddle ad infonderle una rabbia - ancora più vivida dopo il sogno della notte prima – tale da rendere fermo il tono della sua voce, determinato il suo sguardo. << Non direi proprio di conoscere Riddle, signore. Penso che non ci sia nessuno che possa dire di conoscerlo davvero. >> rispose con sincerità.
Ci fu un bagliore nello sguardo di ghiaccio di Silente, se fosse sorpresa, compiacimento o interesse, Roxanne non avrebbe saputo dirlo.
<< Non siete in buoni rapporti, mi pare di capire. >> disse quello, facendosi pensieroso.
<< Non siamo proprio in rapporti, signore. Se è tutto qui quello che mi doveva chiedere, vorrei il permesso di alzarmi. Le mie amiche mi stanno aspettando. >>
Silente annuì, scrutandola con un'occhiata che sembrava volerle leggere nella mente. Roxanne si alzò, ancora rigida e con i palmi delle mani sudate, dirigendosi a passi veloci verso la porta.
<< Signorina Altgriff? >> la chiamò all'ultimo Silente. << Si ricordi che a volte carnefice e vittima coincidono. >>
Roxanne si fermò per un attimo, spaesata da quella frase criptica. Aspettò una qualche delucidazione, ma l'attenzione del professor Silente sembrava essere completamente assorbita da una pila di fogli che era magicamente apparsa sotto i suoi occhi. Con un sospiro, Roxanne chiuse la porta alle sue spalle.
Decisamente genio e follia erano un connubio azzeccato quando si parlava di Albus Silente.
 
 
                                                                                                          ***
 
 
Tom Riddle si allontanò velocemente dalla porta, un pigro sorriso che gli increspava le labbra. Una manciata di secondi dopo Roxanne uscì dall'aula e si allontanò per i corridoio, il suo passo di solito leggero, molto più rigido per la tensione. Gli occhi di Riddle le si appuntarono sulla schiena fino a quando non svoltò l'angolo, sparendo dalla sua vista. Si trattenne dall'istinto di seguirla, ormai aveva sentito tutto quello che voleva sapere. Il sorriso gli svanì dalle labbra, ma fu comunque con umore lieto che si diresse verso la sua Casa, nei sotterranei. Tutto sommato Miss Scopa gli aveva dato meno problemi di quello che temeva. Sembrava stranamente restia a parlare di lui e il modo in cui lo ignorava gli faceva credere che avrebbe mantenuto il riserbo anche con gli altri disgustosi Grifondoro che frequentava. Come era prevedibile quell'impiccione di Silente aveva cercato di farle il terzo grado, ma lo scricciolo lo aveva liquidato con sorprendente rapidità.
Roxanne Altgriff era proprio una strana ragazza. Tom Riddle era abituato a lasciare un segno sulle persone che lo circondavano: ammirazione, paura, invidia; quei sentimenti li aveva visti così spesso dipinti nei visi dei suoi compagni che li avrebbe riconosciuti ad occhi chiusi. Ma la piccola Grifondoro era diversa dagli altri: certamente non lo ammirava, anzi sembrava non tollerare di passare neanche un secondo in sua presenza. E, cosa ancora più inusuale, non lo temeva neppure.
Se la ricordava ancora bene quella mocciosa con il volto rigato da lacrime e quello sguardo allucinato che lo aveva fronteggiato nella grotta e gli aveva scagliato contro il suo stesso incantesimo. E l'espressione fiera che aveva negli occhi quando le aveva parlato l'altro giorno nel corridoio, il modo in cui teneva il mento alzato, il gesto brusco con cui lo aveva respinto. Roxanne Altgriff lo disprezzava.
Riddle aumentò l'andatura, il mantello nero che frusciava per terra e che rendeva la sua figura quasi indistinguibile nelle ombre del sotterraneo. La luce delle torce illuminava appena il suo bel volto pallido e il verde dei suoi occhi brillava in modo inquietante, rendendo il suo sguardo simile a quello di un felino. Alcune signore nei quadri se lo mangiavano con gli occhi, sporgendosi il più possibile dalle cornici per contemplare la sua figura slanciata. Il sorriso tornò ad affiorare sulle labbra di Riddle, facendo sospirare una giovane dama ottocentesca. Roxanne Altgriff lo disprezzava e la cosa ancora più strana era che invece che trovare irritante il suo comportamento, Tom ne era quasi divertito. Il modo in cui si irrigidiva anche solo al sentire pronunciare il suo nome, come si inalberava quando cercava di ammaliarla con i suoi modi da seduttore, il rossore che le si diffondeva nelle guance quando le si avvicinava. Si accorse con stupore che tutto sommato non gli sarebbe dispiaciuto stuzzicarla ancora un po'.
<< Salazar >> disse pronunciando la parola d'ordine e scivolando dietro alla parete di pietra; allontanando immediatamente quel pensiero fastidioso. I colori freddi della sua Casa lo accolsero e Riddle notò i suoi amici seduti vicini al fuoco: Avery, Nott ed Evan confabulavano qualcosa, sghignazzando in modo perfido e dandosi delle pacche sulle spalle.
Roxanne non avrebbe raccontato a nessuno del suo passato, poteva stare tranquillo. Aveva un'immagine - quella del bello e prodigioso orfanello – che aveva tutta l'intenzione di preservare. Una condotta impeccabile dall'esterno e un nutrito gruppo di seguaci che pendevano dalle sue labbra e che avrebbero compiuto ogni tipo di malefatta se solo glielo avesse chiesto. Era decisamente meglio che i professori non venissero a conoscenza del modo in cui aveva fatto uso della magia quando aveva solo dieci anni.
<< Ehi, Tom! Che aspetti a raggiungerci? >> lo salutò Evan accogliendolo con un sorriso affilato.
Riddle avanzò sicuro verso i compagni, intenzionato a godersi quella piacevole serata e a dimenticarsi di Miss Scopa il prima possibile.
 Roxanne Altgriff era un capitolo chiuso.
 
 




 
Note:
 

  1. Citazione dal sesto libro – Harry Potter e Il Principe Mezzosangue – a pronunciare questa frase     è Tom Riddle da piccolo, quando Albus Silente gli fa visita all’orfanotrofio per comunicargli che è un mago.
  2. La storia della grotta è quasi interamente inventata. Quasi perché nel sesto libro la signora Cole – la direttrice dell’orfanotrofio – dice a Silente “ … alla gita estiva… li portiamo fuori, sa, una volta all’anno, in campagna o al mare.. Be’ Amy Benson e Dennis Bishop non sono più stati gli stessi, dopo, e siamo riusciti a cavargli solo che erano stai in una caverna con Tom Riddle. Lui ha giurati che erano solo andati ad esplorare, ma qualcosa è successo là dentro, ne sono certa.” Ho preso spunto da qui, il resto è una mia invenzione.
  3.   Il fuoco Gubraitiano è un fuoco che non si spegne mai ( la mia fonte è Wikipedia)
  4. Septimus Weasley, se le mie fonti sono corrette, era il nonno di Ron Weasley e quindi il padre di Arthur.

 






 
Un caloroso saluto a tutti!
Ecco chiarito il motivo dell’odio di Roxanne nei confronti di Riddle.
Volevo dare inoltre una piccola delucidazione: Rox e Tom all’inizio della storia si odiano anche se provano l’uno nei confronti dell’altra una strana attrazione che non ammettono nemmeno con se stessi; questo vuol dire che non dovete aspettarvi che si saltino subito addosso, i momenti di romanticismo ci saranno ma non nell’immediato.
Ecco inoltre presentati i personaggi principali della ff: ovviamente i loro caratteri emergeranno meglio in seguito.
Un’altra cosa: ho passato un intero pomeriggio su google per cercare di fare un po’ di ordine fra date, personaggi, genealogie… Non è stato facile anche perché le notizie sono spesso discordanti e io sono assolutamente negata quando si parla di rapporti di parentela. Il succo del discorso è che spero di non aver fatto errori ma se doveste riscontrarne vi prego di comunicarmelo: cercherò di provvedere immediatamente!
Un grazie enorme alle persone che mi fanno sapere le loro opinioni: i vostri incoraggiamenti sono fondamentali per me. Un grazie anche a chi ha aggiunto la mia storia fra le seguite/ricordate/ preferite.
Un saluto e un bacio.
Ely    

 

             

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Capitolo 4
*** Lumaclub (Prima Parte) ***







    





                                                                                   Lumaclub   (Prima parte)










 
                                                                                                                                                              L'uffico di Lumacorno era molto più grande di
                                                                                                                                                              quello degli altri insegnanti
.
                                                                                                                                                                                                                    La sala era affollata, calda e inondata dalla luce
                                                                                                                                                               rossa proveniente da un elaborato lampadario in
                                                                                                                                                               oro appeso al soffitto:
dentro svolazzavano delle
                                                                                                                                                               vere fate, ciascuna una lucente scheggia di luce. (1)








 

 
 
 

Quando quella sera Tom Riddle le rivolse la parola, Roxanne Altgriff pensò che fosse successe qualcosa di molto grave, forse addirittura di catastrofico. Erano tre anni che si ignoravano bellamente e adesso si trovavano in un corridoio deserto, con i volti a pochi centimetri di distanza. Déjà vù. Le sembrava di essere tornata alla sua prima sera ad Hogwarts, a quando l'aveva minacciata, inchiodandola al muro. I suoi occhi fissi su di lei la facevano sentire proprio così: paralizzata, senza vie di fuga. Il verde delle sue iridi era quasi fosforescente sotto la luce della torcia, un bagliore inquietante ed innaturale che si sposava bene con il suo sorriso sardonico. La  mano di Riddle scattò ad afferrarle polso in quella ferrea morsa che Roxanne  ricordava così bene e la pelle sotto le sue dita sembrò sul punto di incendiarsi, tanto bruciava. O forse era solo Riddle ad essere freddo, freddo e pericoloso come un serpente.
 
 
                                                                                                  ***
 
 
1 Novembre 1942 Corridoio del Secondo Piano Hogwarts
 

Nott attendeva appoggiato alla parete, con pigra indolenza. Sapeva bene che presto sarebbero dovute passare di lì e nonostante la pazienza non rientrasse propriamente fra le sue virtù, nei molti anni di amicizia con Tom aveva imparato la sottile arte di celare i propri sentimenti: era un qualcosa di necessario se si voleva resistere in sua compagnia senza essere crudelmente sbeffeggiati. Si trattenne dunque dal fissare il costoso orologio allacciato al suo polso e represse lo sbuffo di irritazione che gli premeva sulle labbra. Apparentemente prestava tutta la sua attenzione alle parole dei Serpeverde suoi compagni, radunati nel corridoio del secondo piano, in attesa dell’inizio dell’ennesima, snervante lezione della mattinata. Ma quando credeva che nessuno lo stesse fissando gli occhi di Nott saettavano verso l’angolo del corridoio, le orecchie tese per avvertire un eventuale rumore di passi.
Quando finalmente vide le loro gonne spuntare da dietro un arazzo, non riuscì a reprimere il sorriso lupesco che gli arricciò le labbra. Roxanne Altgriff e le due gemelle camminavano aggraziate, il passo sincrono, le loro risate argentine che risuonavano nell’aria.

Nott le osservò avvicinarsi noncuranti, senza degnare di uno sguardo né lui né i suoi amici e il suo sguardo famelico si appuntò sulle loro figure. I tre anni passati avevano apportato cambiamenti significativi nell’aspetto delle fanciulle. Quella in cui forse erano più evidenti era Eloise, il cui seno prosperoso minacciava di straripare dallo scollo da un momento all’altro; mentre Sybil aveva mantenuto più delle altre la sua aria da bambina e il suo sguardo smarrito. Ma gli occhi di Nott non si soffermarono né sulla scollatura della prima, né sul visino innocente della seconda, calamitati dalla porzione di gamba che la gonna di Roxanne lasciava intravedere.
Quell’anno, quando l’aveva vista sull’Espresso per Hogwarts, aveva stentato a riconoscerla. Si ricordava un esile cosino i cui occhi grigi erano quasi invisibili sotto la matassa arruffata dei capelli e si ritrovava davanti una bella e fiorente ragazza con due gambe ben tornite e un accenno di curve che, Nott avrebbe potuto giurarlo, solo qualche mese prima erano del tutto inesistenti. E come se non bastasse la Grifondoro doveva aver trovato anche un qualche incantesimo per domare i capelli che adesso ricadevano in morbide onde sulle spalle, creando un gradevole contrasto con la  pelle bianca e delicata.
Roxanne alzò il viso, sentendosi osservata, ma Nott avrebbe potuto essere trasparente per l’attenzione che quella gli dedicò, il suo sguardo subito attratto dalla figura di Riddle. Si irrigidì e i suoi occhi grigi assunsero una sfumatura fredda e sdegnosa, le labbra chiuse in una piega sottile. Aumentò inconsciamente l’andatura, mentre i suoi occhi non si staccavano dalla schiena di Tom. Questo non si girò neanche per un istante, ma Nott conosceva troppo bene l’amico per non notare la lieve tensione nel tono della voce o il modo in cui i suoi occhi si erano incupiti.
Roxanne e le gemelle li superarono e Nott rimase incantato dai modi alteri di questa. Camminava impettita la piccola Grifondoro, con il mento sollevato che lasciava intravedere la mandibola e il collo affusolato. La sua pelle era troppo bianca e Nott provò il feroce desiderio di morderla e graffiarla, farla diventare rossa e sanguinante sotto le sue dita. Un familiare calore gli si diffuse nei lombi mentre osservava la sua schiena allontanarsi, il profilo delle natiche che si intravedeva appena sotto la gonna a pieghe.  Se solo fosse potuto rimanere in un’aula solo con lei per qualche ora, avrebbe pensato lui a farle togliere quelle aria da primadonna, l’avrebbe piegata e umiliata fino a farle implorare il suo perdono…
<< Stai guardando qualcosa di interessante? >> gli chiese Tom, con voce falsamente dolce.
Nott sussultò, chinando il capo, un’espressione colpevole sul viso come quella di un cane che si accorge di essere stato colto in fallo dal padrone.
<< No. >> rispose rapido, poi, vedendo gli occhi di Riddle acquisire un bagliore inquietante, si affrettò ad aggiungere: << Cioè, fissavo solo alcuni stupidi Grifondoro… Non capisco perché non li  puniamo un po’ per aver imbrattato la nostra scuola con il loro Sanguesporco. >>
Tom non sopportava chi gli nascondeva la verità e Nott sperò di essere risultato convincente. In fondo gli sarebbe piaciuto davvero punire Roxanne Altgriff, anche se i metodi che aveva in mente non erano proprio quelli tradizionali.
Riddle si soffermò per un attimo sulla figura di quella, la cui voce si avvertiva come un debole eco in lontananza. Lo sguardo con cui la soppesò fu di malcelato disprezzo, il gemito di disgusto che gli uscì dalle labbra fece sghignazzare Avery e Evan.
“Non mi freghi, Riddle. Fingi pure di essere schifato quanto ti pare, tanto so bene che ogni volta che passa per i corridoi i tuoi occhi si incollano alla sua schiena, che quando sei in biblioteca e lei entra, distogli lo sguardo dai tuoi preziosi volumi pur di osservarla…” pensò Nott, senza incontrare il suo sguardo.
<< Non ne vale nemmeno la pena. >> replicò Riddle. << Abbiamo cose più importanti su cui concentrarci. >>
Nott annuì, come sempre dandogli ragione. Tom era il capo, questo era indiscusso. Come era indiscusso che avrebbe goduto un sacco a fottersi la Grifondoro proprio sotto il suo naso.
 
 
                                                                                                      ***
 
 
1 Novembre 1942 Dormitorio femminile  Grifondoro  
 

Roxanne gettò un'occhiata critica allo specchio. Una quattordicenne frustrata in un vestito troppo largo ricambiò il suo sguardo imbronciato. Sbuffò, osservando preoccupata l'orologio. Un quarto d'ora. Fra un quarto d'ora sarebbe dovuta andare a quella stupida festa del “Lumaclub” e non aveva ancora deciso cosa mettersi. Si sfilò velocemente il vestito nero ( gentile prestito di Eloise ) e ripiegò su comodo e morbido maglione blu notte e su dei jeans aderenti. Eloise l'avrebbe sicuramente sgridata, aveva idee molto precise sulla moda e non le piaceva essere contraddetta, ma se avesse avuto un po' di fortuna sarebbe riuscita a sgattaiolare in stanza e mettersi il pigiama prima ancora che se ne accorgesse. Quel misero pezzo di stoffa poteva forse fare effetto sulla formosa Isy, ma Roxanne non sapeva proprio come riempirlo ed era sicura che presentarsi conciata in quel modo sarebbe stato il tocco finale al già suo cocente imbarazzo. Si appuntò i capelli in alto con un fermaglio d'argento, chiedendosi , forse per la centesima volta, per quale dannato motivo avesse deciso di accettare di partecipare a quella stupida riunione. Detestava il Lumaclub e tutti quegli stupidi lecchini che si umiliavano a portare regali e spendere lodi nei confronti del professore solo per ottenere un aggancio. Era dal secondo anno che Lumacorno le aveva messo gli occhi addosso, da quando era riuscita a preparare una pozione di Amortentia al primo tentativo, e il modo disgustoso in cui la guardava – quasi fosse una marca particolarmente pregiata di FireWhisky – le faceva accapponare la pelle. Aveva rifiutato tutti i suoi inviti, ma quello aveva continuato imperterrito, senza lasciarsi mai scoraggiare.
<< Sei pronta, Rox? >> mormorò una voce timida alle sue spalle.
Sybil la attendeva sullo stipite della porta, un lieve cardigan bianco che  velava appena il suo fisico snello e longilineo. “Sembra una piccola fata” non poté impedirsi di pensare Roxanne fissando i suoi serici boccoli biondi e i chiari occhi grigio-azzurri. Il modo in cui strusciava i piedi per terra tradiva chiaramente il suo imbarazzo.
Roxanne sospirò guardandola con un sorriso bonario.
<< Non devi preoccuparti Syb. Andiamo, stiamo un'oretta e torniamo nel dormitorio. Non sarà così terribile. >> cercò di rincuorarla.
Quella annuì, un sorriso tirato dipinto sul volto pallido e coperto di efelidi.
<< Solo promettimi che per la prossima volta ti preparerai una scusa adeguata e non ti lascerai convincere di nuovo da Lumacorno! >> esclamò alzando gli occhi al cielo.
Le gote di Sybil divennero di brace mentre questa mormorava delle scuse impacciate.
In realtà Roxanne non aveva ancora capito l'improvviso interesse di Lumacorno per l'amica, che aveva tranquillamente ignorato per anni come se fosse invisibile. Fatto sta che il professore aveva deciso all'improvviso che Sybil Knight era degna di entrare a far parte della sua collezione e l'aveva invitata a una di quelle noiose serate del Lumaclub con tono talmente mellifluo e insistente che la poverina non aveva trovato le parole per rifiutare. Pessima, pessima idea, visto che Roxanne si era sentita in dovere di accompagnarla, contando che la maggior parte dei membri di quella riunione erano squallidi Serpeverde che se la sarebbero mangiata in un boccone senza l'esuberante compagnia della gemella. La quale, fra parentesi, era quanto mai indignata di essere rimasta esclusa da questo circolo. Eloise si era lamentata per delle ore dei criteri di selezione di Lumacorno, per concludere infine che le sue cene erano da sfigati e che non ci sarebbe andate nemmeno se l'avesse invitata.
Roxanne prese la bacchetta e il mantello, affrettandosi ad uscire dal dormitorio. Per la fretta quasi travolse un ragazzo nella Sala Comune, inciampando come un’imbranata nel suo mantello.
<< Sept! >> mormorò riconoscendo i capelli rossi e il sorriso luminoso dell’amico.
<< Ciao, Rox. Sybil. >> aggiunse con un cenno di saluto verso quest’ultima che arrossì e si fece piccola sotto il suo sguardo. Era praticamente dal primo giorno di scuola che Sybil aveva una cotta per lui. << Sempre di corsa, eh? >> chiese rivolgendosi a Roxanne.
<< Come al solito >> ammise con una scrollata di spalle. << Anche se stasera il ritardo è inversamente proporzionale alla voglia di andare… >>
<<  Serata del Lumaclub, vero? >> domandò Sept, ridendo apertamente del suo assenso scoraggiato. << Dai, non sarà così male: una folla di simpatici e calorosi Serpeverde, ore e ore  a parlare di personaggi famosi come se fossero trofei, cuscini spugnosi e tanto ananas candito…>>
Roxanne gemette.
<< Sei così crudele, Weasley, che a volte mi chiedo come abbia fatto il Cappello a mandarti a Grifondoro. >>
Septimus le sorrise con calore, scompigliandole i capelli.
<< Adesso vi lascio, non vorrei che vi perdeste questa preziosa serata per colpa mia. >> proseguì ironico.
Roxanne sbuffò, prendendo per mano un’imbambolata Sybil e trascinandola, mentre lo sguardo di Sept le seguiva per il corridoio.
L’appuntamento era nell’ufficio di Lumacorno, allargato ed ingrandito grazie alla magia. Non appena aprì la porta Roxanne sentì acuirsi la sensazione di disagio.
<< Ehm… Ciao a tutti! >> disse incerta entrando, seguita a ruota da una recalcitrante Sybil.
<< Signorina Altgriff! >> esclamò Lumacorno estasiato, fregandosi le mani. << Si è finalmente decisa a venire! E ha portato anche la signorina Knight con sé! >>
Sybil accennò un sorriso, che pareva più una smorfia, mentre Roxanne gettava un’occhiata intorno. La stanza era quasi interamente occupata da un lungo tavolo di mogano, adorno di cibarie della più disparata natura. Scorse alcuni Corvonero e un paio di Tassorosso che conosceva, sentendosi un po’ rincuorata. Per lo meno non sarebbe stata costretta a chiacchierare per tutta la sera con dei Serpeverde.
Una luce soffusa si propagava nella sala, emanata dal  grande camino dall’altro lato della stanza. Davanti a questo vi erano tante piccole poltroncine e puff, su quello più  grande e voluminoso di tutti era pigramente adagiato Lumacorno che sbocconcellava dei chicchi d’uva. Ovviamente una schiera di adoranti Serpeverdi – l’ipocrisia e la falsità gliela dovevano mischiare con il latte quando erano piccoli – lo circondava, bevendosi avidi i suoi sproloqui da megalomane.
I suoi occhi sfiorarono la figura di Tom Riddle – il Serpeverde più viscido ed infido di tutti – che sedeva alla destra del professore e Roxanne sentì il suo cuore saltare un battito. Le fiamme donavano bagliori rossastri ai suoi capelli corvini, accendevano riflessi minacciosi nei suoi occhi verdi. In quei tre anni Riddle si era fatto ancora più affascinante e, di conseguenza, ancora più pericoloso.
Tom alzò il viso per osservarla, un pigro sorriso di superiorità che gli aleggiava sulla labbra e Roxanne si affrettò a distogliere lo sguardo, raggiungendo rapida il tavolo dove Louise River la salutava sventolando la mano.
Il sorriso di Riddle era odioso, odiosi i suoi occhi, odioso tutto quello che lo riguardava. Lo aveva ignorato per anni, non si erano rivolti la parola nemmeno una volta, eppure  la sensazione del suo respiro sulla pelle, il nodo in gola dell’essere trafitta dal suo sguardo, Roxanne non aveva mai potuto dimenticarlo.
 
                                                                                                       ***
 
 
1 Novembre 1942 Ufficio di Lumacorno
 

<< Quell’imbecille grassone mi ha rifilato una D nell’ultima pozione e una valanga di compiti per casa. Nemmeno comprargli quella cassa di Whisky Incendiario è riuscito ad ammorbidirlo più di tanto… >> bisbigliò Malfoy, passandosi una mano sulla chioma platino.
Tom Riddle lo osservò di sottecchi, nascondendo il sorriso ironico che avrebbe voluto rivolgergli. “Se sei un’idiota capace solo di darsi delle arie, Malfoy, non puoi dare la colpa a Lumacorno.” Ovviamente tenne quel commento per sé, esibendosi in una credibile smorfia dispiaciuta e gettando uno sguardo di biasimo nei confronti del professore che si era allontanato dal camino per parlare con alcuni Corvonero e rifornirsi il piatto di cibo. Poteva essere un vanesio cretino, Abraxas Malfoy, ma era comunque un Purosangue e un alleato prezioso.
Lumacorno iniziò a parlare con Roxanne e Sybil e Riddle si allungò nel divano, cercando di carpire il senso della loro discussione. I suoi occhi si soffermarono sull’Altgriff e, visto che era impegnata a parlare, Tom poté osservarla con tutta calma, senza essere fulminato da una delle sue solite, gelide occhiate. Era cresciuta, lo scricciolo, e anche se a malincuore doveva ammettere che era un po’ migliorata. Niente di che, certo. D’altronde neanche se fosse stata una bellezza questo avrebbe potuto lavare l’onta del suo sangue sporco e del suo odioso carattere.
<< Quando potremo iniziare un’altra delle nostre “Spedizioni punitive” contro i Mezzosangue? >> chiese Avery con un brillio di eccitazione che gli animava lo sguardo.
Tom Riddle sussultò. Erano passati ad un altro argomento senza che lui neanche se ne accorgesse, intento a contemplare il gesto con cui la Grifondoro si portava i capelli dietro l’orecchio.
<< Fai silenzio, Avery. >> lo redarguì severamente. << Te l’ho detto mille volte di non parlare di questi argomenti se non quando siamo nella nostra sala. >>
Quello sbuffò, chiaramente insoddisfatto.
<< È solo che mi annoio. E ieri Anthony Park ha perfino sostenuto il mio sguardo senza fuggire a gambe levate. >>
Tom non si diede neanche la pena di rispondere. Udì la risata di Roxanne e si girò di scatto ad osservarla. La soppesò criticamente, come ormai si trovava a fare più volte al giorno. Aveva in mente grandi piani per il suo quinto anno, piani talmente ambiziosi che Avery non avrebbe avuto di sicuro di che lamentarsi. Poteva essere un problema quell’arrogante Grifondoro dalla risata squillante? Avrebbe pensato a lui se qualcosa di spiacevole fosse avvenuto ad Hogwarts? Probabilmente sì. Glielo leggeva in faccia l’odio che la animava.
<< Credo che dovremmo essere più cauti. Non possiamo correre il rischio di essere scoperti… >>
Le parole di Malfoy lo raggiunsero senza che potessero distoglierlo dai suoi pensieri. In realtà il problema non era tanto se Roxanne avrebbe sospettato o meno di lui e della sua combriccola. Il vero interrogativo era: avrebbe avuto il fegato di accusarlo di qualcosa?
<< L’ultima volta siamo quasi stati scoperti… >>
Roxanne Altgriff si discostò leggermente dal gruppo, probabilmente disgustata dalle eccessive attenzioni di Lumacorno. Non era molto abile a nascondere i suoi sentimenti e tutto quello che le attraversava la mente le si rifletteva negli occhi o nella piega imbronciata delle labbra. Sciolse l’elastico dei capelli e quelli le piovvero sulle spalle in una cascata di fuoco.
Di sicuro avrebbe avuto il fegato. Sarebbe stato sufficiente un solo passo falso e quella gli sarebbe saltata al collo come un’arpia. Non desiderava altro che un’occasione per smascherare la sua vera natura.
<< Goyle ha detto di aver visto Mirtilla Malcontenta spiarci da dietro un’armatura mentre ci divertivamo con quella Nata-Babbana della Collins… >>
A ridestare l’attenzione di Tom non furono tanto le parole di Malfoy, quanto la risata sguaiata di Nott.
<< Andiamo, Abraxas! Non ti preoccuperai di quella, vero? >>
Malfoy parve risentito per il chiaro tono di scherno di Nott.
<< Potrebbe andarlo a ridire a qualcuno. >>
Stavolta alla risata si aggiunse anche Rosier, acuendo l’imbarazzo di Malfoy. Se c’era una cosa che le famiglie di Purosangue non sopportavano era la derisione.
<< Chi vuoi che le dia retta! Rompipalle e frignona come è, tutti la evitano come la peste. >> disse Avery. << Per non parlare del suo aspetto.>> aggiunse simulando un conato di vomito.
<< Il fatto che sia un cesso, non significa che non possa metterci i bastoni fra le ruote. >> rimarcò Abraxas, caparbio.
<< Non lo farà. >> rispose sogghignando Nott. << Starà buona e zitta, perché ha una cotta macroscopica per Tom e non sopporterebbe mai che venisse messo in punizione o addirittura espulso per causa sua. >>
Di fronte a quel commento nemmeno Malfoy riuscì a resistere all’ilarità generale. Riddle fece un sorriso di circostanza e tornò ad occhieggiare di sottecchi la Grifondoro. Mirtilla Malcontenta era un mostriciattolo petulante che non meritava un briciolo della sua attenzione.
Roxanne stava bevendo qualcosa che dal colore del bicchiere ricordava vagamente la Burrobirra, il liquido che scendeva giù nella gola esposta. Forse avrebbe dovuto metterla a tacere per sempre e farla finita con quella storia.Sarebbe stata solo una Mezzosangue in meno a sbarrargli la strada.
<< Allora Tom, hai intenzione di sedurre Mirtilla per portarla dalla nostra parte? >> chiese Evan, ancora scosso dalle risate.
Bastò quella domanda a mutare significativamente l’atmosfera della serata. Riddle aveva uno spiccato e sadico senso dell’umorismo quando si trattava di umiliare gli altri, ma difficilmente tollerava che i suoi “amici” si prendessero simili libertà con lui. Schiuse le labbra in un sorriso minaccioso, prima di rispondere:
<< Mi occuperò di Mirtilla appena si verificherà l’occasione, Evan. Dopo ti lascerò giocare con i suoi resti. >>
Il tono di voce fu così freddo e cupo che nessuno osò ribattere e Rosier abbassò lo sguardo a fissarsi le punte delle scarpe. Poi quell’idiota di Goyle decise di dare il suo contributo alla serata con una barzelletta da due soldi, assolutamente insulsa ma perlomeno in grado di allentare la tensione.
Il collo bianco e lungo di Roxanne era ancora esposto, i capelli spostati di lato. Riddle si chiese che sensazione gli avrebbe dato serrarvi le dita intorno e stringere fino a vederla sbarrare gli occhi. Era così minuta e fragile che sarebbe stato un gioco da ragazzi, non avrebbe avuto bisogno nemmeno della bacchetta per ucciderla.
Quasi come se gli avesse letto nel pensiero quella si voltò nella sua direzione e lo fissò con sfrontato coraggio. Il caldo le aveva acceso le gote di un bel rosato e i suoi occhi gli parvero più brillanti del solito. O forse era solo per il fatto che non contenevano l’abituale disgusto: era rilassata, Roxanne, come poche volte si concedeva il lusso di stare in sua presenza. Rideva e scherzava con Sybil e con un altro ragazzo, un Tassorosso, che gli pareva si chiamasse Morgan. Un Mezzobabbano - per la precisione - non che lei si soffermasse su queste cose. Faceva comunella con la peggior feccia di Hogwarts, a partire da quello sciatto Weasley fino addirittura a quella specie di scherzo della natura di Rubeus, e nonostante questo camminava altera per i corridoi, dandosi arie da regina. Probabilmente Morgan disse qualcosa di divertente perché Roxanne rise di nuovo, ancora più forte, mentre persino quell’insulsa della sua amica accennava un sorriso. Il Tassorosso allungò una mano per cingerle la vita e Roxanne lo lasciò fare, anche se lievemente irrigidita. Tom provò un vago moto di disgusto per quella familiarità.
<< La prossima volta, Avery, il nostro obbiettivo sarà Morgan. >> decretò senza riflettere.
Avery parve per un attimo stupito, ma un sorriso feroce si dipinse subito sulle sue labbra mentre osservava con malcelata impazienza la futura preda.
Avrebbe lasciato che i suoi tirapiedi si divertissero con i pesci piccoli, mentre lui si sarebbe dedicato a qualcosa di più ambizioso. Bastò quel pensiero perché i suoi occhi saettassero di nuovo su Roxanne. Era lei l’incognita del suo piano, l’anello debole della catena delle sue macchinazioni. “Scoprirò il segreto della mia Casa e tu non mi fermerai Miss Scopa” pensò ferocemente.
Nott seguì la traiettoria del suo sguardo.
<< È diventata proprio un bel bocconcino l’Altgriff, vero? >> chiese allegro.
<< Nott, per favore! È una trovatella, non sa nemmeno quali sono le sue origini… >> replicò schifato Malfoy, prima di gelarsi e lanciare un’occhiata a Riddle. Dimenticava sempre che provenivano dallo stesso orfanotrofio e pregò con tutto se stesso che Tom non l’avesse presa sul personale.
Ma la mente di Riddle era lontana mille miglia quella sera, o forse non avrebbe colto comunque il riferimento perché aveva una concezione di sé troppo alta per paragonarsi a quella di una comune Grifondoro, quasi di sicuro Mezzosangue.
<< Non ti ci devi mica sposare, Abraxas. Per una botta e via scommetto che vale quanto una delle nostre Serpeverdi con la puzza sotto al naso. >>
Malfoy parve sinceramente scandalizzato.
<< Non basterebbe tutta l’acqua del lago per purificarmi da un simile contatto! >>
<< Però ha proprio un bel culo. >> Fu il contributo di Goyle, i piccoli occhi porcini calamitati sul fondoschiena di Roxanne, stretto nei jeans aderenti. Riddle era vagamente disgustato da quelle chiacchiere. Per quel che gli interessava non aveva la minima importanza che Miss Scopa si fosse decisa a tirar fuori un po’ di forme. Per quel che gli interessava, forse l'avrebbe uccisa.
<< Io preferisco Sybil. >> dichiarò Evan con un pigro sorriso sulle labbra.
Il collo bianco di Roxanne attirava lo sguardo di Tom come un pezzo di carne fresca attira una fiera.
<< La gemella scialba? >> domandò Avery scuotendo il capo.
Stringere le dita intorno a quella pelle, osservare le impronte lasciate dai suoi polpastrelli.
<< Non ci capisci proprio niente di donne, Ev. Tanto tanto Eloise che almeno ha un seno da paura…>>
Desiderava sentire le sue urla e il suo corpo dimenarsi nella disperata ricerca di ossigeno. Avrebbe sgranato gli occhi e lui li avrebbe fissati fino a vederli rabbuiarsi per sempre.
<< Siete disgustosi entrambi a prenderle anche solo in considerazione. >> affermò Malfoy in tono pomposo.
Le dirette interessate di questo attento esame salutarono cordialmente i Corvonero e Tassorosso e si soffermarono solo un attimo per ringraziare Lumacorno. Gli sguardi di Tom e Roxanne si incrociarono e lui vide chiaramente il viso di lei crucciarsi per il disgusto.
Chissà se lo avrebbe scrutato in quel modo anche mentre le toglieva il respiro dal petto. Ci sarebbe stato odio nel suo sguardo o la voluttà della morte avrebbe cancellato tutto il resto?
L’idea si dipanò come un pigro serpente nella mente di Riddle, inspirata proprio dall’irritazione che lesse nel viso di Roxanne.
Avrebbe potuto ucciderla con estrema facilità, ma avrebbe fatto di peggio.
L'avrebbe conquistata.




Nota:


1. Citazione dal sesto libro: "Harry Potter e il Principe Mezzosangue".







 
 
 
 
Ciao a tutti!
Allora allora… qualche piccolo chiarimento.
Siamo all’inizio del quinto anno per Tom (quinto anno.. vi dice niente? XD ) e del quarto per Roxanne. Ora Hagrid e Roxanne sono in classe insieme e quindi c’è una stortura con quanto scritto dalla Rowling ( nella sua storia Hagrid frequenta il terzo anno quando Tom frequenta il quinto). Me ne sono accorta dopo che avevo scritto non solo questo, ma anche i capitoli successivi: ovviamente potrei modificarlo perché non è una cosa fondamentale, però se non vi disturba lascerei questa piccola modifica.
 Per quanto riguarda il linguaggio di Nott, dico subito che non mi piace usare dei termini volgari o delle parolacce, però si tratta comunque di ragazzi di quindici anni e credo che sarebbe un po’ inverosimile immaginare sempre chissà quale proprietà di linguaggio. Ovviamente è la mia opinione: se  trovate le espressioni che uso eccessive o offensive, provvederò a modificare quella parte ( oppure a cambiare rating e mettere arancione). Come scrivo sempre nelle mie storie non dovete assolutamente farvi problemi a muovermi critiche (purché costruttive). Oltretutto questa è la prima ff che scrivo su Harry Potter, quindi tutto è utile per migliorare…
Un altro aspetto che ci tengo a chiarire è il carattere contorto di Riddle. Ho cercato di attenermi al personaggio della Rowling: il mio Tom è vendicativo, non dimentica facilmente le offese subite e non riesce a mandare giù l’umiliazione che Roxanne gli ha inflitto quando erano piccoli. Inoltre – anche se non lo ammetterebbe nemmeno sotto tortura – è incuriosito ed affascinato da lei, la vede un po’ come una antagonista degna però di rispetto. Anche quando parla di ucciderla non dice sul serio: Tom diventerà un mago Oscuro privo di scrupoli, ma per ora è solo un quindicenne molto ambizioso e non un assassino. L’idea di strozzarla è un pensiero pigro, per quanto allettante, che si affaccia alla mente, ma che scarta subito, pensando che ci sono altri modi per assicurarsi il suo silenzio.
Bene, vi chiedo scusa per queste note eccessivamente lunghe, ma c’erano alcuni aspetti che dovevo chiarire. Un grazie, grazie davvero, di cuore, a tutti coloro che mi fanno capire di apprezzare la mia storia ed anche ai lettori silenziosi!
Un saluto e un bacio
Ely
             
p.s.Come mi è stato gentilmente fatto  notare da Erodiade, LA Rowling ha rivelato che Riddle in realtà ha gli occhi neri e non verdi. Se non avete niente in contrario non modificherò i capitoli, perché mi sono affezionata a questa immagine di Tom ( e perché sono terribilmente pigra! XD) 
  

 

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Capitolo 5
*** Lumaclub (Seconda Parte) ***


       



                   Lumaclub (Seconda Parte) 




 
 
 
 
                                                                                                                             Riconobbe subito Riddle: era il più bello
                                                                                                                                                            e il più disinvolto di tutti. (1)


 

 
 
 
 
 
1 Novembre 1942  Terzo piano di Hogwarts
 

Roxanne non l'avrebbe ammesso nemmeno sotto tortura ma la serata non era andata così male come temeva. Innanzitutto Tom e la combriccola si erano tenuti a debita distanza e già questo era un grosso punto a favore. Aveva riso con Morgan e gli altri Tassorosso e ottenuto la conferma che Lumacorno aveva ottimi gusti in fatto di pietanze.
È stata una serata tranquilla.
Fece appena in tempo a pensarlo che una voce risuonò nel corridoio.
<< Altgriff! >>
Quel tono imperioso e prepotente poteva appartenere solo a una persona. Roxanne si girò lentamente, sperando con tutta se stessa di sbagliarsi.
Tom Riddle le veniva incontro a passo deciso, le mani nei pantaloni, un sorriso sghembo sulle labbra.
<< Ti devo parlare. >>
Roxanne si fermò, fissandolo con acredine e stupore insieme. Cosa diavolo voleva Riddle?
<< Da solo >> specificò indicando con un cenno della testa Sybil che arrossì furiosamente.
<< Qualsiasi cosa tu debba dirmi, puoi farlo qui. >> replicò Roxanne.
Come sempre Tom riusciva a mettere a disagio le persone anche con una sola frase.
<< Non importa, Rox. Posso aspettarti in Sala Comune... >> iniziò Sybil fermandosi esitante, come in attesa di una conferma. Conferma che Roxanne non era tanto propensa a dare, visto gli ultimi incontri con il Serpeverde.
“Vuoi davvero che venga coinvolta?” mimarono le sue labbra e, con un gemito di frustrazione, Roxanne si arrese.
<< Ok. Ti raggiungo subito. >>
<< Non preoccuparti. >> aggiunse Riddle rivolgendosi a Sybil con un sorriso di trionfo e una ritrovata educazione. << La scorterò fino alla vostra Casa. >>
Stupido doppiogiochista. E stupida lei che si faceva sempre incastrare.
Sybil la salutò, ancora un lampo di incertezza nello sguardo, un sorriso appena accennato anche per Tom. Roxanne la osservò allontanarsi fino a quando la sua chioma bionda non fu che un puntino lontano. Solo allora il suo sguardo tornò ad appuntarsi su Riddle che attendeva placidamente, le braccia conserte sul petto.
<< Cosa vuoi? >> chiese lapidaria.
<< Noto con piacere che con il tempo non ti sei ammorbidita. >> ribatté sarcastico.
<< Salta i convenevoli e arriva al punto, Riddle. Così poi potremo continuare ad ignorarci come sempre. >>
Tom non parve per niente intimorito dal suo tono spiccio.
<< Camminiamo intanto, ok? >> le disse posandole una mano sul braccio, per incitarla.
<< Ce la faccio da sola, grazie. >> replicò Roxanne, scostandosi come ustionata.
Avanzarono per un po', in silenzio, e gli occhi di Riddle non si staccarono neanche per un secondo dal suo profilo. Quell'esame la mise in ansia, facendole correre sottili brividi sulla pelle.
<< Ti sei divertita alla festa di Lumacorno? >> le domandò quando ormai Roxanne si era convinta che avrebbe fatto tutto il viaggio in silenzio.
Sbuffò sonoramente.
<< Ti avevo detto niente convenevoli. >>
Riddle sorrise e il suo sguardo si fece più intenso.
<< Sarebbe così strano se mi importasse davvero la tua risposta? >> le chiese con tono di voce caldo e ammaliante.
Roxanne girò la testa di scatto, per impedirgli di vedere le vampate di rossore che le salivano alle gote. Ci provava gusto a metterla in imbarazzo?
Si chiuse in cupo e teso silenzio, fino a quando non lo sentì capitolare.
<< Facciamo un compromesso. >> A quelle parole Roxanne tornò a fissarlo, guardinga. << Io ti dirò il motivo per cui volevo parlarti, ma prima tu rispondi a qualche semplice domanda. Ci stai? >>
Riddle sorrideva, un sorriso più aperto e bonario del solito.
Roxanne annuì, più incuriosita che convinta.
<< Bene. Ti sei divertita alla festa? >>
<< Non particolarmente. >> rispose sostenuta.
Tom rimase in silenzio, in chiara attesa di una spiegazione.
<< In realtà non volevo venire. >> iniziò Roxanne titubante. Non aveva avuto problemi ad urlargli contro o a offenderlo, ma parlare con lui – fare una conversazione civile – le pareva assurdo. << Sono venuta solo per accompagnare Sybil. >>
Tom annuì, come bevendosi le sue parole. Il rumore dei loro passi creava un rimbombo cupo nelle sale vuote e le armature che si piegavano in avanti al loro passaggio, come a voler spiare la conversazione.
<<  È  proprio di lei che volevo parlarti. >>
Roxanne sussultò e i suoi occhi si fecero immediatamente cupi. Riddle rise della sua faccia preoccupata e mise subito le mani avanti.
<< Non voglio farle del male. È davvero sconfortante l'opinione che hai di me, sai? >>
Roxanne sapeva bene che Tom era molto bravo a fingere, eppure avrebbe giurato che il brillio che vedeva nei suoi occhi fosse di autentico divertimento.
<< E allora cosa vuoi da lei? >> chiese fredda.
<< C'è qualcuno che le piace? >> domandò con disarmante candore, fissandola negli occhi.
La bocca di Roxanne si spalancò e la sua espressione – orrore e sorpresa insieme – furono alquanto comiche.
<< Stai lontano da lei. >> riuscì a dire in un soffio non appena i suoi neuroni ripresero a connettere.
Sybil e Riddle. L'idea le faceva venire i conati di vomito.
<< Puoi stare tranquilla. >> la derise Tom. << Non sono io ad essere interessato alla tua amica. >>
Roxanne tirò un sospiro di sollievo.
<< E allora chi? >>
Nessuno può essere peggio di Riddle.
<< Evan Rosier. >> rispose osservando attento la sua reazione.
Ma Evan ci va vicino.
<< No >> ripose Roxanne secca e categorica.
Faceva parte della cerchia di Riddle e questo sarebbe bastato ad escluderlo a priori. In più era parente di Druella e Druella era completamente ed irrimediabilmente pazza. Faceva venire i brividi solo a guardarla negli occhi.
<< Non credi che dovrebbe deciderlo lei questo? >> chiese Tom, ironico.
<< Non c'è niente da decidere. Sybil dirà no. Non frequenterebbe mai uno come lui. >>
E poi è cotta di Sept da anni.
<< Uno come lui, Altgriff? Ci consideri come dei mostri? Non ti facevo così classista. >>
L'ironia di Riddle era tagliente come un rasoio.
<< Non è perché è un Serpeverde. Il problema sono le compagnie. >>
A quali compagnie alludesse, Tom l'avrebbe indovinato anche se fosse stato uno stupido.
<< Prova a parlagliene, ok? >> propose cercando di cambiare approccio.
Roxanne sbuffò. Ormai erano quasi arrivati all'arazzo della Signora Grassa e lei era stanca di sostenere quella conversazione assurda.
<< Verrete alla prossima cena del Lumaclub? >> domandò Tom, senza demordere.
<< Cosa ti fa pensare che siano affari tuoi? >> ripose acida.
Riddle la guardò fra lo stupito e l'ammirato. Probabilmente erano in pochi fra la sua cricca ad osare rivolgersi a lui con quel tono.
<< Avevi promesso che avresti risposto, Altgriff. Credevo che la parola di un Grifondoro valesse di più. >>
Roxanne lo fissò, punta sul vivo.
<< No. >> ripose infine. << Non ci piace strisciare come fate voi Serpeverde. I bei voti a Pozioni preferiamo guadagnarceli. >>
<< Sai benissimo che avrei una media perfetta anche se non partecipassi al Lumaclub. >>
Serpe Boriosa. Roxanne ingoiò la poco femminile riposta che le era venuta in mente. C'era un posto in cui avrebbe potuto mettersela la sua media...
<< Bene. Qui le nostre strade si dividono. >> disse con palese sollievo, giunta alla fine del corridoio. << A mai più, Riddle. >>
Stava già per allontanarsi quando il braccio di Tom saettò ad afferrarle il polso. La presa era gentile ma salda, ogni cellula del corpo di Roxanne ricordava il contatto con quella pelle così fredda.Riddle era freddo come il marmo eppure quel ghiaccio bruciava come il fuoco.
<< Non vuoi sapere quale era il vero motivo per cui volevo parlarti? >> le sussurrò con un sorriso da mozzare il respiro.
Un sorriso finto. Simulato. Queste parole Roxanne dovette ripetersele più volte per non rimanere imbambolata a fissarlo.
<< Cre-credevo che fosse Sybil. >> balbettò.
<< Quello rientrava nella parte in cui io ti facevo delle domande. >> bisbigliò, la faccia a pochi centimetri di distanza dalla sua. << Ho colto al volo l'occasione per restare da solo con te perché c'è qualcosa che non ti ho ancora detto... >> Riddle fece una pausa ad effetto e Roxanne non riuscì a muovere un solo muscolo. << Grazie >> pronunciò infine.
Roxanne rimase per un attimo perplessa, incapace di dare un senso alla frase appena udita.
<< Grazie? >> ripeté smarrita.
Riddle annuì, il suo sguardo caldo che le accarezzava il volto.
<< In questi tre anni non hai mai parlato a nessuno di come ero un tempo. Non hai raccontato... >> esitò, quasi trovando difficoltà a pronunciare quelle parole. << …della gita al mare o degli altri scherzi orribili che ho fatto all'orfanotrofio. >>
Roxanne lo fissava con gli occhi sgranati e il respiro mozzo, Tom lo prese come un incoraggiamento e proseguì:
<< Venire ad Hogwarts mi ha aiutato a capire come dovevo usare i miei poteri e a pentirmi dei miei errori. Ma se ho potuto ricominciare e lasciarmi tutto alle spalle, lo devo anche a te. >> concluse.
Per un lungo, interminabile momento, Roxanne rimase in perfetto silenzio.
Poi proruppe in una risata così fragorosa che rischiò di svegliare tutto il dormitorio.
Giocava.
La faccia di Tom, rossa per lo stupore e la rabbia, era così comica da aumentare ancora di più la sua ilarità.
<< Oh, andiamo Riddle! >> esclamò con le lacrime agli occhi. << Non puoi pensare che sia così ingenua da bermi una cosa del genere! >>
Per un attimo la fissò con qualcosa di molto vicino all'odio, poi tornò ad indossare la sua maschera da vittima offesa per la sua reazione.
<< Puoi crederci o meno, Roxanne, ma sono cambiato. >> disse incenerendola con uno sguardo.
Fingeva.
<< Ma davvero? >> gli chiese sarcastica.
La mano di Riddle era ancora stretta intorno al suo braccio, Riddle la trasse più vicina a sé, prima di risponderle in un soffio:
<< Perché non mi dai l'occasione di dimostrartelo? >>
Il calore del suo corpo la raggiungeva nonostante i pesanti strati in cui si era infagottata, rendendole tremolanti le ginocchia.
Strisciava.
<< Vorresti... >> iniziò Roxanne sgranando gli occhi nello sguardo più innocente che le riuscì improvvisare. Si avvicinò ancora di più, gli orli dei loro mantelli si toccavano, gli spifferi di Hogwarts che non la sfioravano neppure. << Vorresti darmene la prova? >> gli domandò con un sussurro.
Riddle stinse gli occhi e Roxanne gli lesse nel viso la gioia feroce della fiera che crede di aver agguantato la preda.
<< In realtà >> proseguì senza dargli il tempo di replicare. << mi hai già dimostrato quanto tu sia diverso... >> si interruppe, esitante, e lo fissò come in cerca di un incoraggiamento. Tom tratteneva il respiro, divorando le sue labbra con lo sguardo.
<< Davvero? >> domandò.
Roxanne annuì.
<< A dieci anni... >> mormorò con la bocca a pochi centimetri dalla sua, in un sussurro lieve come l'atmosfera che si era creata fra loro. << Non avevi ancora imparato ad ammaliare le persone per fargli fare il lavoro sporco! >>
L'ultima frase la pronunciò di corsa, prima di allontanarsi con uno scatto repentino, mettendo una distanza di sicurezza fra loro. Le mani di Riddle artigliarono l'aria, il suo sguardo avrebbe potuto incenerirla.
Se voleva giocare, avrebbero giocato in due. Se voleva fingere, lei lo avrebbe ricambiato con la stessa moneta. Ma strisciare, quello no, Roxanne non lo avrebbe mai fatto.
<< Cosa intendi? >> le chiese con una voce che aveva perso il tono morbido e vellutato e assomigliava più a un ringhio.
<< Mi sono giunte certe voci, Riddle. La Collins è rientrata in lacrime nel suo dormitorio la settimana scorsa e non è stata certo l'unica. >> spiegò, riacquistando il solito ed usuale disprezzo.
<< Non hai prove per dire che sono stato io. >> disse Tom avanzando minacciosamente di un passo. Per un secondo Roxanne temette di essersi spinta troppo oltre. << Mi accusi senza darmi neanche l'occasione di spiegare. >>
Il tono della sua voce tornò amaro, ferito. Il lampo d'ira e di minaccia era sparito dai suoi occhi altrettanto velocemente di come era affiorato.
<< Non è a me che devi le tue giustificazioni. Adesso scusa, Riddle, ma ho di meglio da fare che perdere il mio tempo con te. Ti augurerei la buonanotte, ma non sono brava come te a mentire. >> affermò con un sorriso sostenuto.
Tom sospirò, teatralmente. Con un'ultima smorfia dispiaciuta la osservò allontanarsi per il corridoio.
<< Altgriff! >> la richiamò quando ormai sperava di essersi messa in salvo.
Roxanne si girò, il mantello le svolazzò intorno alla figura e lei desiderò poterci sparire dentro tanto era bello e accattivante il suo sguardo.
<< Farò in modo che le cene del Lumaclub diventino più interessanti. Dimmi che verrai la prossima volta. >>
Dimmi che verrai. Quanto era credibile il desiderio che gli brillava negli occhi.
<< Puoi scordartelo. >>
Il sorriso strafottente che odiava tanto affiorò di nuovo alle sue labbra.
<< Ti farò cambiare idea. Su questo e molto altro. >>
Le diede le spalle senza aggiungere altro e Roxanne rimase paralizzata per alcuni minuti, chiedendosi se si trattasse di una minaccia o di una promessa.
 
 
                                                                                              ***

 
Mirtilla Henderson era detta Mirtilla Malcontenta (2) ed in effetti tutto si poteva dire di lei meno che fosse un tipo allegro. In modo particolare quella sera, visto che lo spettacolo che aveva di fronte agli occhi le mandava il sangue alla testa.
Tom Riddle insieme a una ragazza, nel corridoio deserto.
Roxanne Altgriff. Masticò quel nome fra le labbra, un'espressione così acida dipinta sul volto da essere rara anche per i suoi standard.
Mirtilla Malcontenta nutriva per Riddle una passione insana, morbosa e – soprattutto – non corrisposta. Non che si facesse scoraggiare da un simile dettaglio. Aveva la singolare capacità di riuscire a trovare il pelo nell'uovo in tutto, di cavillare su ogni singola parola che gli altri le rivolgevano e al contempo di essere completamente cieca in riferimento alla realtà della sua macroscopica cotta.
Per Mirtilla era tutta una questione di tempo. Con il tempo Riddle sarebbe certamente riuscito a vedere oltre ai suoi capelli spiaccicati come alghe ai lati del viso e ai suoi occhiali troppo spessi. Si sarebbe sicuramente fatto una ragione dei suoi modi petulanti e delle sue continue crisi isteriche. Avrebbe trovato divertenti i suoi piagnistei e belli i suoi occhi gonfi per le lacrime, irresistibile il suo naso che in quei momenti assomigliava molto a un Bubotubero.
Con il tempo sicuramente Riddle sarebbe caduto ai suoi piedi.
Nel frattempo si affannava a conservare tutti gli oggetti che lui avesse usato: aveva una ricca collezione di penne, gomme, segnalibri e – il suo tesoro più prezioso che le era costato non poca fatica recuperare – un paio di suoi calzini. Li stringeva la notte, quando aveva difficoltà a dormire o sperava di sognare i tempi felici in cui sarebbero infine stati insieme.
Era un fede incrollabile e viscerale la sua, che tuttavia non le faceva vedere di buon occhio le numerose ragazze che mettevano gli occhi sul “suo Tommy”. Fortuna voleva che Riddle si stancasse velocemente di loro, il tempo di una notte e finivano nel dimenticatoio. Mirtilla Malcontenta non gradiva la cosa – molte di loro si erano trovate vittime di una fattura senza neanche capirne il motivo – ma trovava sempre una scusa, anche molto fantasiosa, in grado di giustificarlo. Katie Johnson doveva sicuramente avergli rifilato un filtro d'amore, fonti certe dicevano che Sarah Ford gli avesse fatto un incantesimo Confundus prima di gettarsi fra le sue braccia con più ventose del Tranello del Diavolo e Julia Kurt aveva negato della loro presunta relazione quando le avevano somministrato del Veritaserum... A fare un filtro d'amore in realtà aveva pensato anche lei, poi però aveva deciso che non si sarebbe abbassata a qui livelli e che Tom sarebbe stato suo comunque. Certo, il fatto che Riddle la ignorasse bellamente avrebbe forse dovuto minare il suo feroce ottimismo ma, si sa, l'amore è cieco e nel suo caso era anche sordo, zoppo e rincoglionito.
La mano di Riddle saettò ad afferrare il polso di Roxanne e Mirtilla riconobbe lo sguardo da predatore che gli aveva visto in viso tutte le volte che ci provava con una ragazza. Le viscere le fecero una capriola mentre si nascondeva meglio dietro l'armatura, per paura di essere scoperta. Aveva il sospetto che Tom non avrebbe gradito molto le “sue premurose attenzioni” - così definiva i suoi pedinamenti - e ricordava molto bene come potesse essere duro il suo sguardo quando era arrabbiato.
Era stata l'unica volta che le aveva parlato. Gli stava arrancando dietro per i corridoio da almeno venti minuti, con l'ottusa certezza che lui non se ne fosse accorto o con la ancora più ottusa speranza che l'avesse notata e questo gli facesse piacere. Per cui, quando l'aveva visto fermarsi e andarle incontro con quello sguardo determinato, si era ritrovata il cuore in gola.
Riddle era stato freddo e lapidario: “Smettila di scocciarmi o giuro che ti crucio” le aveva detto con un sussurro prima di volatizzarsi. Naturalmente Mirtilla aveva passato tutto il pomeriggio in bagno a piangere. I suoi occhi non erano mai stai così rossi, il suo naso così gonfio, come in quella giornata. Poi era arrivata alla conclusione che perlomeno le aveva rivolto la parola e che l'odio era sempre meglio dell'indifferenza. E fra l'odio e l'amore c’è un confine sottile. Dopo questo felice ragionamento Mirtilla aveva persino ritrovato il sorriso e concluso di aver fatto un grosso passo in avanti.
Ma adesso lui stava circuendo un'altra e assistere allo spettacolo in diretta – senza fantasiose teorie che potessero ammorbidire il colpo – era quanto mai duro per lei. Si torturò il brufolo che aveva sul mento mentre osservava quell'insulsa Grifondoro fare la gattamorta.
Ripassò tutta una serie di fatture che avrebbe potuto lanciarle, poi un sorriso le affiorò alle labbra. Poteva essere brutta Mirtilla Malcontenta, ma non era una stupida: non per niente il Cappello l'aveva smistata a Corvonero. E con tutta la sua intelligenza aveva appena trovato la giusta punizione per quella folle Grifondoro che aveva pensato di frapporsi fra lei e il suo Tommy.
Mirtilla indietreggiò cautamente, facendo attenzione a non farsi notare. Non che ci fossero rischi. I due sembravano così presi, che probabilmente avrebbe potuto passar loro accanto e neanche se ne sarebbero accorti.
Ma gliela avrebbe fatta pagare. Le sarebbe bastato dire a Druella Rosier della scena a cui aveva appena assistito e Roxanne Altgriff avrebbe passato il più brutto anno della sua vita.
 
 
 
 
Note:
 
1. Altra citazione da “Harry Potter e il Principe Mezzosangue”, a descrivere la scena è Harry mentre osserva i ricordi di Silente.
2. Su Mirtilla non sono riuscita a trovare praticamente niente su Internet, nemmeno il cognome che quindi ho inventato (anzi per la precisione è quello dell’attrice che recita la parte di Mirtilla nei film).
 
 
 




 
 
Ciaoooo!!
Allora scusate per questo capitolo un po’ più corto, ma quando li spezzo non mi riesce mai di fare un buon lavoro. Spero che la conversazione fra Tom e Rox vi sia piaciuta ( ed anche il pov di Mirtilla).
Fra pochi giorni ho un esame quindi è molto probabile che debba ridurre la mia dipendenza da efp. Per il prossimo aggiornamento penso che dovrete attendere fino al 7/8 Febbraio. Scusate l’attesa ma, si sa, prima il dovere…
Un enorme grazie a tutti quelli che mi fanno sapere le loro opinioni, a chi aggiunge la mia storia alle seguite/ricordate/ preferite e anche a chi legge soltanto!
Un saluto e un bacio
Ely 

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Capitolo 6
*** Scacco Matto ***









                             Scacco Matto 

 

 

 
 
 

La scacchiera di Ron era molto vecchia e malconcia.
Come tutto quello che gli apparteneva, anch’essa un
tempo era stata di qualche membro della sua famiglia,
in quel caso suo nonno. (1)
 

 

 



 
 
 
 
7 Novembre 1942  Sala  Grifondoro
 

Era una delle ultime giornate soleggiate dell'anno e Hagrid stava pigramente guardando fuori della finestra, attendendo che Sept facesse la sua mossa a scacchi.
Gettò un'occhiata distratta al viso assorto, agli occhi ridotti a fessure e alla fronte aggrottata per la concentrazione dell’amico.
Sospirò. Lui odiava giocare a scacchi. E soprattutto odiava giocarci con Weasley che impiegava mezz'ora prima di fare una mossa, manco ne andasse della sua vita. Un raggio di sole filtrò dalla finestra, illuminandone il viso e rendendo il rosso dei suoi capelli quasi dorato.
“Qui ci facciamo notte” non poté impedirsi di pensare, occhieggiando con sconforto la porzione di Foresta Proibita che si intravedeva dalla finestra. Con quel tempo mite unicorni e centauri sarebbero di sicuro stati a giro fra gli alberi nodosi e forse avrebbe anche potuto trovare qualche altra creatura un po' meno noiosa come un lupo mannaro o un troll.
<< Cavallo in D5 (2) >> disse Sept con voce sicura, riscuotendolo dai suoi pensieri.
Il pezzo della scacchiera si mosse obbediente. Adesso toccava a lui giocare.
<< Ehm >> bofonchiò incerto.
<< Si può sapere cosa stai aspettando razza di bifolco? Non vedi che devo mangiare quel pedone? >> gli urlò contro il suo Alfiere.
<< Non dargli retta, quello è tutto scemo! >> replicò subito la Torre, contorcendosi per l'indignazione. << Muovi me e non te ne pentirai! >>
I pezzi iniziarono a litigare a voce sempre più alta, gettando Hagrid nella confusione più totale. Alla fine decise di fare come diceva la Torre che era quella che urlava più forte di tutte.
<< Torre in C7 >>
I pezzi continuarono ad ignorarlo bellamente e con un sonoro sbuffo Hagrid calò una delle sue grosse manone e provvide a spostare direttamente il pezzo scelto, che protestò indignato.
Sept rise per la chiara difficoltà in cui si trovava il compagno, poi tornò a fissare la scacchiera con muta concentrazione.

Hagrid riprese a guardare fuori dalla finestra, sperando solo che quella partita si concludesse il prima possibile. Che senso aveva starci tanto a rimuginare sopra, tanto qualunque mossa avesse fatto, Sept avrebbe vinto comunque. Era davvero bravo in quel gioco e, cosa ancora più importante, era motivato. Non come lui che stava pensando al modo migliore per sgattaiolare nella Foresta Proibita senza che nessuno se ne accorgesse. Chissà se davvero i Thestral si riunivano in quella radura una volta al mese...
<< Alfiere in F4 >> disse Sept.
Aveva la faccia soddisfatta di chi sa di avere appena fatto una buona mossa. Prima che i suoi pezzi iniziassero di nuovo a strepitare Hagrid ne mosse uno a caso. Il sorriso sulla faccia dell'amico si allargò ancora di più e invece che dispiacersene Hagrid si ritrovò a sorridere con lui.
In fondo fare una partita a scacchi ogni tanto era un sacrificio fattibile per una delle poche persone ad Hogwarts che gli avevano offerto la sua amicizia senza cercare prima di misurare con il metro la sua statura.
Lui e Roxanne erano ciò che rendeva Hogwarts un posto accettabile.
Hagrid sussultò rendendosi conto che l'oggetto dei suoi pensieri stava attraversando proprio la porzione del giardino che riusciva a scorgere dalla sua posizione. Roxanne avanzava a passo sicuro, il vento che le spostava i lunghi capelli e li illuminava di tutti i colori del rosso. Si sedette all'ombra di un pioppo, aprendo un libro che portava sotto braccio.
Un grosso sorriso increspò le labbra di Hagrid. La osservò per un po', mentre Sept era ancora perso nel suo mondo di strategie. Arricciava una ciocca di capelli con le dita, come sempre quando era assorta, eppure ad Hagrid sembrò che avesse qualcosa di diverso dal solito. Era tesa. Più pallida, con le occhiaie più pronunciate.
Si accigliò. Roxanne era stata la prima persona ad accoglierlo ad Hogwarts e Hagrid provava nei suoi confronti un'ammirazione e un rispetto che sconfinavano in qualcosa di più dolce e pericoloso che non riusciva ad ammettere nemmeno con se stesso. Di una cosa però era certo: chiunque avesse causato dei guai a Roxanne avrebbe trovato i suoi pugni a difenderla.
Fece appena in tempo a partorire quest'idea che una figura avvolta in un mantello scuro si avvicinò a larghi passi al punto in cui Roxanne studiava.
Il ringhio che gli uscì dalle labbra riscosse Sept dal suo stato ipnotico.
<< Cosa ci fa lì, Riddle? >> domandò quello sorpreso.
Il fatto era che il Serpeverde girava un po' troppo intorno a Roxanne per i suoi gusti. Hagrid ricordava ancora bene la sera di tanti anni prima quando l'aveva visto stringere minacciosamente il braccio della ragazza. Nonostante le rassicurazioni di Roxanne, non aveva creduto neanche per un attimo che si fosse trattato di un incontro casuale.
<< Non ne ho idea. >> rispose guardandolo torvo.
<< Be’ provengono dallo stesso orfanotrofio, no? Probabilmente la vuole solo salutare. >> propose ingenuamente Sept.
“Sì, certo. E io sono un unicorno” pensò Hagrid guardando fuori dalla finestra, mentre Sept tornava a giocare, di nuovo tranquillo.
La faccia di disgusto e orrore di Roxanne quando vide Riddle lo fece sorridere. Era una ragazza proprio in gamba, mica come le altre svampite del suo corso che gli sbavavano dietro solo per la sua aria da tenebroso.
<< Ehi amico, tocca a te. >> lo rimproverò bonariamente il rosso.
Hagrid gettò un’occhiata distratta alla scacchiera, notando solo in quel momento che Sept aveva mangiato i suoi due Cavalli. Mosse di nuovo la Torre e tornò a fissare Roxanne. Anche da quella distanza poteva intuire che non si trattava proprio di una discussione pacifica. Il viso della Grifondoro era paonazzo ed agitava le mani in modo concitato quasi come se Riddle fosse una mosca fastidiosa che voleva allontanare. Qualsiasi cosa volesse la Serpe, Rox stava tirando fuori il suo spirito combattivo e questo gli alleggeriva di molto l’umore. Non avrebbe saputo spiegare il motivo ma sentiva istintivamente che non ci si doveva fidare di Riddle, che era pericoloso. La maggior parte delle persone l’avrebbero deriso o gli avrebbero dato del pazzo visionario perché Riddle era lo studente perfetto. Eppure ad Hagrid tutta quella compostezza e perfezione puzzava tanto di imbroglio e il suo naso sbagliava difficilmente quando si trattava di giudicare le persone.
<< Regina in A1 >>
Questa volta nemmeno si girò verso la scacchiera, semplicemente mosse un pezzo a caso.
Increspò la fronte. Cosa stava succedendo? Roxanne sbuffava e si vedeva che era ancora nervosa. Tuttavia sembrava aver abbandonato in buona misura la sua aggressività e osservava senza battere ciglio un Riddle che si faceva sempre più vicino.
<< Questa mossa non dovevi farla, amico! >> gioì Sept.
Fu con un moto di viva indignazione che Hagrid vide Riddle sedersi sul prato, accanto a Rox. Lei si discostò di un poco, ma il rossore che le tinse le guance sembrava più dovuto all’imbarazzo che all’ira. “Adesso prende le sue cose e se ne va. Figurati se c’ha tempo da perdere con uno come lui…” tentò di confortarsi Hagrid. Eppure i secondi passavano e Roxanne non accennava minimamente ad allontanarsi. Lo stesso pensiero attraversò forse la mente di Riddle, le cui labbra si piegarono in un sorriso affilato.
<< Scacco matto >>
Hagrid distolse lo sguardo dalla finestra, cercando di ignorare il brutto presentimento che avvertiva sottopelle.
 
 
                                                                                             ***
 
 
7 Novembre 1942 Giardino di Hogwarts
 
Dire che aveva passato una brutta settimana sarebbe stato un gentile eufemismo. Roxanne si ritrovò a Venerdì senza capire neanche come, con un principio di emicrania e l'umore a pezzi. Si alzò dal letto con fatica e, fissandosi allo specchio, stentò a riconoscersi. Aveva profonde occhiaie violacee, il viso smunto e bianco come il gesso. Si ravvivò i capelli mossi con una mano, cercando di organizzare mentalmente la giornata.
Per tutta la settimana aveva sentito lo sguardo di Riddle su di sé. Per i corridoi, in biblioteca, nella sala da pranzo. Lo aveva incontrato nella Gufiera e aveva quasi rischiato di rompersi l'osso del collo per la fretta con cui si era precipitata verso l’uscita. Non abbastanza veloce, comunque, da evitare di soffermarsi sul suo viso. Riddle non la fissava con il solito sguardo schivo e sfuggente, quel misto di disprezzo e velato sarcasmo a cui era abituata. Era uno sguardo prepotente, quasi feroce. Come se lei non potesse sfuggirgli. Come se fosse solo questione di tempo prima che finisse per capitolare e arrendersi ai suoi piani, per quanto oscuri e pericolosi potessero essere.E la cosa più fastidiosa era che le occasioni per incontrarlo sembravano non finire mai. Studiava nei suoi stessi orari, passeggiava di fronte alle aule in cui aveva lezione, trovava mille pretesti persino per comparire di fronte alla sua Casa. Come se... come se la stesse pedinando. Era un pensiero sciocco, ma Roxanne non riuscì a scacciarlo completamente. Se c'era una cosa che aveva intuito di Tom Riddle era che difficilmente rinunciava a qualcosa che desiderava. E per qualche astruso ed oscuro motivo lui voleva lei, voleva che si arrendesse e lo assecondasse.
Roxanne represse un gemito. Aveva finito per tirarsi una ciocca di capelli, sfogando su di sé l'irritazione repressa. Osservò il cielo sereno che si scorgeva dalla finestra e si chiese con rammarico quando fosse stata l'ultima volta che era uscita a godersi un po' di sole. Presto sarebbe arrivato l’inverno e con esso il freddo e umido gelo che trasudava dalle pareti di Hogwarts e che non riusciva a combattere neanche seppellendosi sotto strati e strati di maglioni. Quella poteva essere una delle ultime occasioni per uscire e svagarsi un po’, invece era confinata nella sua Casa, l’unico rifugio in cui era al sicuro dalle occhiate verdi e dai sorrisini freddi e maliziosi di Riddle.  Un rifugio ma anche una prigione. Bastò quel pensiero a mandarle il sangue al cervello. Le pareti del dormitorio le apparvero d’improvviso claustrofobiche, l’aria che respirava grave e pesante. Polverosa, un grumo che le si conficcava in gola e non voleva scendere.  Un tremulo raggio di sole cozzò contro il vetro della finestra, chiamandola timidamente. Un cipiglio deciso si dipinse sulla fronte di Roxanne. Voleva uscire e l’avrebbe fatto . Chi diavolo era Riddle, per condizionare così la sua vita? Era una Grifondoro, dannazione!Afferrò la borsa con uno scatto e ci ficcò un libro a caso. Fece le scale a passo veloce, senza degnare di uno sguardo gli altri compagni della casa. Aprì il portone con un misto di soddisfazione e ansia, respirando a pieni polmoni l'aria fresca e pulita. Il prato di Hogwarts era un distesa di verde, erba e trifogli solleticati dal vento e sorvolati da insetti le cui ali brillavano iridescenti sotto il flebile sole. Sentì l'irritazione allentarsi mentre si dirigeva a passo pigro verso un pioppo, crollando soddisfatta ai suoi piedi.
Pace. Era da un bel po' di giorni che non si sentiva così.
Aprì il libro che si era portata dietro e scoprì con un gemito di disappunto che si trattava di Pozioni. Non che le dispiacesse la materia in sé, ma non sopportava l'argomento che stavano studiando. Scorse svogliatamente le pagine, fino a soffermarsi sul titolo che avrebbe dovuto studiare: “Antidoti e Rimedi Generali”. Si immerse nella lettura, estraniandosi da tutto ciò che la circondava.
<< Posso farti compagnia? >>
Roxanne alzò la testa di scatto e per poco non si strozzò con la sua stessa saliva.
<< Riddle? >> domandò con una voce stridente e innaturale, il poco colore che le defluiva definitivamente dalle guance.
<< In persona. >> ripose quello strafottente, un sorriso deliziato sulle labbra.
Roxanne rimase interdetta per alcuni minuti, rifiutandosi di accettare la realtà. Altro che pedinamento… questo è stalking.  
Tom indossava un maglione nero a collo alto e pantaloni attillati, dello stesso colore. Il mantello drappeggiato sulle spalle però era verde, con impresso lo stemma della sua casata. Quei colori scuri faceva risaltare ancora di più il biancore innaturale della sua pelle liscia, il verde metallico dei suoi occhi sormontati da ciglia lunghe quanto quelle di una donna. Roxanne non avrebbe saputo dire se il risultato era quello di accentuare di più la sua bellezza o il suo aspetto inquietante.
<< Allora, Ro? Ti ho lasciato senza parole? >> le chiese dischiudendo le labbra rosse e lasciando intravedere i denti sottostanti.
“Ha i canini affilati come quelli di un vampiro”, pensò stupidamente Roxanne prima di riprendersi dalla sorpresa e assumere un cipiglio autoritario.
<< In effetti sì, Riddle. >> replicò gelida e degnandolo di uno sguardo truce. << Non credevo che avresti avuto la faccia tosta di importunarmi di nuovo. >>
Tom rise, per niente infastidito dalla sua reazione e Roxanne sentì che il sangue tornava a tingerle le gote, stavolta però per l’imbarazzo. Cosa ci trovava di tanto divertente quella stupida Serpe?
<< Tipica risposta da Roxanne Altgriff. Neanche questa bella giornata riesce ad addolcirti un po’, eh? >> chiese scostandosi una ciocca di capelli neri che gli era ricaduta sulla fronte. << Di questo passo finirai per diventare una zitella acida. >>
Per un attimo Roxanne spalancò la bocca, troppo stupita per ribattere. Sarcasmo? Da quando Riddle la prendeva in giro? Anzi da quando faceva battute in generale? Non appena superato lo shock, le guance le divennero di brace mentre rispondeva inviperita:
<< Non vedo perché la cosa dovrebbe riguardati! E per te sono Roxanne, non Ro! >>
<< Non mi hai ancora risposto, Ro. >> la ignorò bellamente, calcando sul suo soprannome. Le labbra di Roxanne si piegarono in una specie di ringhio, mentre cercava di incenerirlo con gli occhi. << Posso sedermi accanto a te? >>
La voce di Riddle aveva acquistato di nuovo quel tono ipnotico e melodico che usava quando voleva imbambolare le persone.
<< CERTO CHE NO! >> proruppe Roxanne gesticolando affannosamente.
Il sorriso sul volto di Tom si allargò ancora di più, mentre con gesti lenti e misurati si sedeva al suo fianco, accavallando le gambe. Roxanne registrò distrattamente il brillio di sfida che animò per un secondo il suo sguardo. Sgranò gli occhi e sbuffò sonoramente, sentendosi sempre più sciocca.
<< Sei sordo per caso? Quale parte di NO, non hai capito? >> urlò incrociando le braccia sul petto, sperando che quel gesto servisse ad esprimere la sua stizza e nascondesse il tremore delle mani.
Tom la fissò in un modo strano, come soppesandola, prima di rispondere con voce strascicata e ironica.
<<  Imparerai presto che è il mio modo di fare. Prima le cose le chiedo gentilmente, poi me le prendo comunque. >>
Il tono di quella risposta o forse il gelo che gli lesse nello sguardo, le fecero venire un brivido lungo la spina dorsale.
<< Forse ti sfugge il fatto che io non sono una cosa, Riddle. >> rispose alzando il mento orgogliosa.
<< Forse. >> concesse lui, appoggiando la schiena al tronco dell’albero. << Ma niente ti impedisce di andartene, se vuoi. >>
L’ovvietà di quelle parole la trafissero e mutarono in buona parte l’imbarazzo in irritazione.
<<Io dovrei andarmene? Questo è il mio posto, sono arrivata per prima! >> ringhiò, riducendo senza accorgersene la distanza. Non gli bastava tormentarla dentro il castello, adesso doveva anche rubarle i pochi attimi di pace nelle ore di buco. Che sia maledetto Riddle, non gliela darò vinta.
<< Da quanto mi risulta, il prato è pubblico. >> rispose saccente, poi però i suoi occhi si ammorbidirono. << Comunque non volevo scacciarti, Ro. Anzi… >> mormorò avvicinando il viso al suo. << … speravo proprio che avresti deciso di rimanere. >>
Roxanne distolse la testa di scatto, ristabilendo la distanza fra loro. Il viso le andava a fuoco e, senza sapere bene il motivo, il cuore le martellava furiosamente contro il petto. Gettò un’occhiata distratta alla torre Grifondoro – la sua ancora di salvezza -  che spiccava a soli pochi metri di distanza, valutando criticamente le alternative. Avrebbe potuto raccattare le sue cose e rinchiudersi nel dormitorio. Ma era stanca di nascondersi nella sua stanza,stanca di fuggire.
Fu con un sussulto che si rese conto di aver già deciso di restare.
Solo per non dargliela vinta, ovviamente.
Immerse la testa nel libro di Pozioni, con un sonoro sbuffo che sperava esprimesse tutto il suo fastidio e il desiderio di essere lasciata in pace.
<< Bezoar e altri antidoti polivalenti. >> lesse Riddle da sopra la sua spalla.
Roxanne chiuse il libro di scatto.
<< Adesso mi spii? >> domandò passandosi la mano fra i capelli.
Il sorriso di Riddle ne raddolcì per un attimo i lineamenti.
<< Non credevo che fosse una cosa intima. O forse ci sono annotazioni personali? >> chiese sardonico.
<< Certo che no! >> sbuffò Roxanne. << Non scarabocchio i libri con cavolate, io! >>
<< Qual è la tua materia preferita? >> domandò Riddle a bruciapelo.
<< Difesa contro le Arti Oscure. >> replicò Roxanne d'istinto, con un tono di voce quasi normale.
Gli occhi di Tom si animarono di un bagliore sinistro, trionfo misto a sorpresa riflessi nelle sue iridi.
<< Non l'avrei mai detto. Allora abbiamo qualcosa in comune. >> affermò sicuro di sé, sporgendosi in avanti. La cupidigia che lesse nel suo sguardo per un attimo la intimorì.
<< No-non credo proprio. >> disse Roxanne, schiacciando la schiena contro il tronco del pino.
Riddle assunse un'espressione interrogativa, il sorriso improvvisamente congelato sulla faccia.
<< A me piace difendermi dalle Arti Oscure, non coltivarle. >> chiarì Roxanne, certa di aver segnato un punto a suo favore.
La risata di Riddle squarciò l'aria. Era un suono strano, lievemente stridulo, come quello di uno strumento arrugginito per il poco uso. Probabilmente è proprio così. Tom ha sempre un sorrisetto di sufficienza dipinto sulle labbra, ma la sua risata è un evento raro quanto il canto della fenice.
<< Sei unica, Ro. >> disse ancora sghignazzando.
Roxanne distolse lo sguardo, le guance rosse, le orecchie piene della sua voce mielata.
Il silenzio calò di nuovo fra loro e lei tornò a seppellire il viso nel libro. Riddle invece rimase immobile, fissandola di sottecchi, come se avesse tutto il tempo del mondo.
Fu dopo aver letto la stessa frase per cinque volte senza aver capito nemmeno quale era il soggetto che Roxanne si rese conto che non sarebbe mai riuscita a concentrarsi. Sbuffò, torcendosi le dita per la disperazione.
<< Qualcosa non va? >> domandò Riddle. << Non credevo che la mia presenza ti avrebbe turbato tanto… >>
L’occhiata che Roxanne gli rivolse aveva tutta l’intenzione di incenerirlo.
<< Tu non mi turbi affatto, Riddle. È solo l’argomento ad essere ostico. >>
<< Davvero? Ti dispiace? >>  le chiese strappandole praticamente il libro di mano.
<< Ehi! Ridammelo immediatamente! >> protestò Roxanne posando istintivamente la mano sulla tasca dei jeans che nascondeva la bacchetta.
Tom fece la cosa che gli riusciva meglio in assoluto: la ignorò. Non ascoltò minimamente i suoi strilli indignati, mentre i suoi occhi percorrevano rapidi la pagina su cui si era soffermata. Dopo un po’ Roxanne lasciò che le braccia le ricadessero lungo il corpo, chiudendosi in un cupo e offeso silenzio. Al diavolo Riddle e quello stupido libro di Pozioni.
<< Che cos’è che non hai capito? >> le chiese dopo cinque minuti.
Roxanne sgranò gli occhi, guardandolo come se gli fosse improvvisamente spuntata la coda. In effetti sarebbe stato più probabile.
<< Vuoi fare il professore, adesso? >> gli domandò ironica.
<< Insegnare non mi dispiacerebbe, in effetti. >> replicò quello, scrollando le spalle. << Allora? >>
A che razza di gioco sta giocando? Questa volte Roxanne brancolava nel buio.
<< Il Bezoar è un potente antidoto che funziona per la maggior parte dei veleni noti. >> iniziò titubante << Tuttavia non mi è chiaro il suo funzionamento: come può andar bene, per esempio, per la Belladonna quanto per il veleno di Yuctan? Non hanno un solo elemento in comune: la loro composizione, i loro effetti, la loro consistenza… è tutto completamente diverso. Eppure il bezoar li neutralizza entrambi. >>
Gli occhi di Riddle erano attenti, la sua espressione assorta.
<< In realtà è semplice, Ro. I veleni, tutti i veleni, hanno una base in comune. A prescindere dal colore o dalla preparazione, è il loro intento a renderli simili. Quando un mago prepara un veleno lo scopo è  quello di nuocere. La malvagità lascia sempre una traccia nella magia. >> Era una risata quella trattenuta fra le sue labbra? O una smorfia di scherno?  << O almeno questa è la teoria di Paracelso (3). Io personalmente penso che il Bezoar si limiti a far retroagire il veleno, scindendolo dal corpo e assorbendolo al suo interno. >>
Era intelligente. Brillante, se avesse dovuto essere obbiettiva. Le aveva spiegato un argomento che era oscuro anche per maghi molto preparati, con una naturalezza e calma stupefacenti.
<< Ovviamente ci sono anche sostanze per le quali nemmeno il Bezoar può fare niente, per esempio… >> continuò placidamente.
<< Il veleno di Basilisco. >> lo interruppe Roxanne che ricordava bene quella parte della lezione.
Riddle annuì.
<< O quello di Acromantula e di alcune specie di draghi. >> aggiunse puntiglioso.
<< Te ne intendi di veleni. >> Il suo tono avrebbe voluto essere freddo e sarcastico, invece una parte della sua ammirazione riverberò nella sua voce, facendola arrossire.
 Anche Tom la guardò stupito, intuendo che si trattava del primo – e forse unico – complimento che avrebbe ricevuto dalla Grifondoro.
<<  È un argomento affascinante. >> confermò con uno sfolgorante sorriso. << Ma da quello che mi risulta non dovresti avere un gran bisogno di ripetizioni. Secondo Lumacorno sei una studentessa eccellente.  >>
<< Me la cavo. >> rispose, di nuovo fredda.
Poteva essere affascinata dalla sua preparazione, ma le sue lusinghe la lasciavano del tutto indifferente. Forse anche Riddle si rese conto di aver fatto una mossa sbagliata, perché cambiò rapidamente argomento.
<< Quali corsi facoltativi frequenti? >>
Come se tu non mi avessi atteso pazientemente fuori dalle aule per tutta la settimana.
<< Antiche Rune e Cura delle creature magiche . >> elencò rapidamente. << Tu? >>
Non voleva fargli una domanda. In realtà non gli interessava assolutamente che corsi frequentava. Ma ormai quella parola le era sfuggita dalla labbra e Roxanne non poté che restare in silenzio, mentre il sorriso di Riddle si allargava sempre di più.
<< Divinazione, Cura delle Creature Magiche, Artimanzia, Antiche Rune… >> snocciolò in un elenco che sembrava non finire mai.
<< Praticamente tutto a parte Babbanologia. >> concluse Roxanne.
Il sarcasmo e il disprezzo di Tom erano palpabili.
<< Perché c’’è qualcos’altro che tu vorresti sapere sui Babbani? Non ti basta dover passare tutte le estati nell’orfanotrofio? >>
<< Ne parli come se fosse una tortura. >> constatò fissandolo attentamente.
Riddle ricambiò il suo sguardo, sorpreso.
<< Tu trovi piacevole rinchiudersi fra quelle pareti grigie e dover fingere tutto il tempo di essere così schifosamente normali? >>
Pronunciò la parola “normali” come se fosse il peggiore degli insulti  e Roxanne si accorse di aver scoperto un tratto del carattere di Riddle che le era ignoto.
<< A volte è rilassante comportarsi come persone schifosamente normali. >> rispose scimmiottando il suo tono disgustato. << Fa bene staccare la spina con calderoni ribollenti dei più viscidi ingredienti, quadri parlanti e unicorni dal pelo dorato. Mi aiuta a mantenere la mia sanità mentale. >>
Il tono con cui pronunciò quelle parole fu volutamente leggero e sarcastico, per alleggerire quell’aria strana e pesante come una cappa che si era creata fra loro. Tom la fissò con uno sguardo indecifrabile prima di sollevarsi lentamente in piedi.
<< Si è fatto tardi. >> osservò scrollandosi le foglie e la terra di dosso.
Con un sussulto Roxanne si rese conto del sole basso all’orizzonte e di come il parco fosse divenuto deserto. Si alzò con un moto di fastidio per un intero pomeriggio sprecato a parlare con Riddle.
<< Vuoi che ti accompagni? >> le domandò riuscendo a risultare al contempo gentile e con una faccia da schiaffi.
<< No, grazie. Direi che sono stata più che intossicata dalla tua presenza. >> rispose a tono, attribuendo alla posizione rigida lo strano formicolio che le si annidò nello stomaco.
Riddle ammiccò con una di quelle sue smorfie a metà fra un sorriso di scherno e uno sincero.
<< Diventerò come una droga, vedrai. Non riuscirai più a fare a meno di me. >>
Roxanne sbuffò sonoramente, dandogli le spalle e avviandosi con rapide falcate verso l’ingresso.
Prima di raggiungerlo tuttavia, non riuscì  a resistere all’impulso di gettarsi un’occhiata alla spalle per vedere se la stava ancora guardando.
 
 
                                                                                            ***
 
 
7 Novembre 1942 Sala Serpeverde
 
Riddle sgusciò dentro la Sala Comune  con un principio di emicrania e l’umore decisamente cupo. Avrebbe voluto chiudersi in Biblioteca per continuare le sue ricerche ma l’unica cosa che desiderava in quel momento era di gettarsi sotto il getto d’acqua bollente della doccia e bandire dalla mente gli strascichi di quella insulsa conversazione con Miss Scopa.
Peccato che i suoi propositi fossero frustati da una massa di capelli corvini e due occhi allucinati che gli si pararono di fronte prima che potesse evitarlo. Fece appena in tempo a notare che nella Sala, in un divanetto vicino al fuoco, c’erano Nott, Avery e Cygnus, prima che il grido di pura estasi di Druella Rosier risuonasse nell’aria.
<< Tom! >> gli urlò saltandogli addosso e conficcando le unghie, affilate e nere, nel collo. << Sono così felice di rivederti, amore! >>
<< Ci siamo visti oggi a colazione, Druella. >> rispose Riddle calmo e composto, cercando di non far trapelare il fastidio che il suo corpo magro e nodoso gli procurava.
Druella annuì, senza accennare a spostarsi, fissandolo con quegli occhi – neri e sgranati – che la contraddistinguevano così bene.
<< Anche a me sembra trascorsa un’eternità! >> trillò con la sua voce acuta, facendo girare mezza Sala nella loro direzione.
Riddle incrociò lo sguardo di Cygnus Black, che era comodamente stravaccato sul divano e non cercava neanche di nascondere il divertimento che quella scena gli procurava. Druella e Cygnus erano fidanzati – promessi fin dalla culla per volere delle loro famiglie – eppure il ragazzo appariva perfettamente indifferente al fatto che la sua dolce metà stesse abbracciando un altro proprio sotto i suoi occhi.
Riddle sospirò, preso dall’improvviso desiderio di cruciare quell’arpia vestita di nero che gli stava aggrappata con una così feroce determinazione. Se almeno Black fosse stato geloso, si sarebbe potuto divertire a stuzzicarlo un po’, ma era così palese il suo disinteresse che non ci sarebbe stato alcun gusto.
<< Dove sei stato, Tom? >> domandò Druella con la sua voce simile a un miagolio. << Ti ho cercato in biblioteca ma non sono riuscita a trovarti. >>
Riddle si trattenne dal dire che probabilmente quella era l’unica nota positiva di tutta la giornata.
<< Ero andato a fare un giro fuori. >> rispose freddo, addolcendo però la frase con uno dei suoi sorrisi studiati.
Lentamente cercò di scrollarsi di dosso le mani della Rosier, ancora saldamente intrecciate intorno al suo collo. Odiava quel tipo di effusioni e Druella gli si stava strusciando addosso come una gatta, provocandogli dei leggeri brividi di fastidio. Aveva avuto molto ragazze, certo, ma per lui non si era mai trattato di qualcosa di più del puro soddisfacimento di un bisogno fisico e aveva sempre avuto cura di limitare baci e carezze allo stretto indispensabile. Durante il quarto anno aveva persino sfiorato l’idea di portarsi a letto Druella – solo per farla smettere di tormentarlo in quel modo – ma lei era già dannatamente invadente di suo e Tom era sicuro che non sarebbe più riuscito a scrollarsela di dosso se ci avesse passato anche solo una notte insieme.
<< Ma davvero? >> cinguettò lieve, conficcando però le unghie più a fondo nella sua pelle. << Allora devono essere state di sicuro false le voci che mi hanno detto che hai passato il pomeriggio insieme a Roxanne Altgriff, una Grifondoro! >>
L’ultima parola – intrisa del più profondo disprezzo – praticamente la urlò, richiamando l’attenzione di tutti i presenti. Druella sorrise soddisfatta mentre nella Sala calava il silenzio e i suoi amici si giravano a fissarlo, un po’ perplessi. Con un moto di frustrazione Riddle si rese conto che Druella aveva voluto sin dall’inizio attirare la loro attenzione per poi rivelare quella notizia scioccante: il loro capo che se la intendeva con una comune Sanguesporco.
Si separò dalla sua presa e la fissò intensamente con uno sguardo da cui trapelava una miscela di sarcasmo e disgusto.
<< Perché tutto questo interesse, Rosier? Forse ti dovrei ricordare che il tuo ragazzo è quello là. >> rispose seccamente indicando Cygnus con un cenno della testa.
Druella strinse i pugni, lanciandogli un’occhiata di fuoco. Odiava ricordare di essere già impegnata con Black, senza avere nessuna possibilità di opporsi al volere dei genitori. Per un attimo sembrò volergli saltare addosso e Riddle portò istintivamente una mano alla bacchetta, ma altrettanto velocemente Druella si paralizzò e sulle labbra le aleggiò un sorriso feroce e inquietante quanto i suoi repentini cambiamenti di umore.
<< Oh, Tom! >> esclamò spalancando i grandi occhi scuri e facendo ondeggiare la matassa intrigata di capelli. << Non è che sei geloso di lui, amore? >>
Riddle la fissò freddamente prima di scoppiare in una risata gelida e derisoria.
<< Io geloso di te, Druella? Geloso di una ragazza che nemmeno il suo fidanzato vuole? >> chiese intridendo ciascuna parola del tono più crudele e sarcastico del suo repertorio.
Druella strinse le labbra mentre le risate di Nott ed Avery risuonarono nella sala, amplificate dall’eco. Solo Cygnus aggrottò la fronte, forse preoccupato del fatto di essere stato messo nel mezzo. Riddle lasciò che un sorrisetto di sufficienza gli aleggiasse sulle labbra mentre osservava Druella tremare in quella veste nera che le cadeva lenta sui fianchi e lanciare sguardi di fuoco ai suoi compagni seduti sul divano. Aveva voluto umiliarlo, metterlo in ridicolo davanti a tutti perché usciva con una Sanguesporco e questa era solo un piccolo assaggio di quello che si meritava per la sua impudenza. Stupida di una Rosier. Davvero pensava di poterlo battere al suo stesso gioco?
<< Silencio! >> esclamò Druella con voce monocorde, estraendo la bacchetta con un  gesto fluido e puntandola contro Nott, Avery e Cygnus.
Tom si limitò ad inarcare un sopracciglio e a fissarla con simulata indifferenza, anche se doveva ammettere di non essersi aspettato una reazione del genere e soprattutto a quella velocità.
<< Ti credi furbo eh, Riddle? >> proseguì noncurante, mentre un Avery alquanto adirato si alzava di scatto, gesticolando nella sua direzione.
Druella lo ignorò e avanzò di un passo, appuntando il suo sguardo sul viso di Tom. Visti così da vicino i suoi occhi erano ancora più inquietanti. “Sono così neri che non si riesce a capire dove inizia la pupilla e finisce l’iriderifletté Tom mentre posava la mano sulla tasca dove teneva la bacchetta, in un gesto apparentemente casuale.
<< Ti conviene stare alla larga da quella puttanella. >> soffiò Druella con il volto a pochi centimetri dal suo naso. << Altrimenti mi toccherà farle molto male. >> cantilenò con una voce squillante, come se fosse una bambina che ripete una filastrocca. << Molto, molto male. >>
<< E questa cosa dovrebbe essere, Rosier, una minaccia? >> domandò con un tono di voce lieve, mentre posava un dito sulla sua guancia,  come per farle una carezza.
Druella parve stupita da quel gesto e un lampo di trionfo le brillò nello sguardo mentre si appoggiava contro il suo palmo, soddisfatta.
<<  È solo che sono gelosa di te, amore. >> gorgogliò fissandolo con sguardo adorante.
Riddle non rispose e la sua mano scivolò sulla sua mandibola, per poi scendere più in basso e serrarsi in una presa decisa sotto il mento.
<< E cosa ti fa credere che  me ne freghi qualcosa? >> domandò di nuovo freddo e scostante, intensificando la stretta.
Druella sussultò, trafitta dal suo sguardo truce, mentre la pelle – mortalmente pallida – si arrossava sotto le sue dita. Tentò di sollevare la mano con cui ancora stringeva la bacchetta, ma Riddle le afferrò il  polso, bloccandola. 
<< Non permetto a nessuno di minacciarmi, Druella. Credevo che tu lo sapessi… Ma se continui con questi stupidi giochetti mi toccherà rinfrescarti la memoria. >> le sussurrò con un tono leggero che era in stridente contrasto con la minaccia che si intravedeva nei suoi occhi verdi.
<< Io… >> mormorò cercando di svincolarsi dalla sua morsa. << Non stavo minacciando te. Non potrei mai farti del male, amore. >> lo pregò, guardandolo con un’espressione così estatica che Tom la trovò ancora più ripugnante. << Ma quella Grifondoro… >>
Riddle rise di nuovo, sprezzante, senza accennare minimamente ad allentare la presa, nonostante agli angoli degli occhi di Druella si fossero formate delle lacrime per  il dolore.
<< Pensi davvero che mi importi qualcosa di Roxanne? >> chiese mentre gli occhi di Druella si incupivano al solo sentir pronunciare quel nome. << Falle pure quello che vuoi, purché tu non intralci i miei piani. >> concluse liberandola con uno strattone.
Druella si massaggiò la mascella, guardandolo con odio. Cercando di raccogliere tutta la sua dignità si voltò e si avviò verso la sua stanza, in un fruscio di stoffa. Quasi in cima alle scale si fermò.
<< Quella lurida Sanguesporco me la pagherà! >> urlò contraendo i pugni, rivolta a tutti e a nessuno.
Riddle rimase impassibile fino a quando la sua sagoma non sparì. Poi, con un sospiro, decise di avviarsi verso il suo dormitorio. Un mugolio indistinto lo costrinse a voltarsi dalla parte del camino. Avery e Nott gesticolavano affannosamente, chiedendogli chiaramente di invertire l’incantesimo. Tom li fissò solo per un secondo prima di lasciarseli alle spalle e salire le scale.
Per quel giorno di chiacchiere ne aveva fin sopra i capelli.
 
 
 


 
Note:
 
1. Citazione dal libro “Harry Potter e la Pietra Filosofale”
2. Non so giocare a scacchi. Probabilmente chi fra i lettori è invece capace lo avrà già intuito… le mosse sono assolutamente a caso, non c’è uno schema e a meno che non vogliate suggerirmelo voi temo che vi dobbiate accontentare
3. Spiegazione intermente inventata, a parte il riferimento a Paracelso che pare fosse un esperto alchimista… per il resto quel delirio è di mia invenzione ( se non vi torna o è incomprensibile non ci sono problemi, non è affatto fondamentale per la trama della storia)
 
 
 



 
Ciao a tutti!!
Come prima cosa mi scuso per avervi fatto aspettare un po’ più del solito, la sessione di appelli invernali è finalmente finita e posso tirare un sospiro di sollievo! Mi scuso anche perché nel proseguo della storia ogni tanto si nota qualche imprecisione su date, personaggi etc ma siete sempre così gentili da chiudere un occhio!
Episodio un po’ più lungo del solito, dove per la prima volta la nostra Rox ha un primo, lieve, anzi lievissimo, momento di cedimento con Riddle e passa tutto il pomeriggio con lui. Entrata inoltre in scena di Druella, personaggio che faccio molta fatica a gestire.
Siamo giunti al quinto capitolo (secondo la mia numerazione) e questa volta vorrei fare dei ringraziamenti personalizzati alle persone che hanno recensito finora: grazie a Allice-rosalie-black, bimba3 e Bsky89 che sono state fra le prima a commentare; grazie a Morgan-D che condivide il mio insano amore per Riddle e a Cassandra Turner che mi fa sentire quasi capace, quando solitamente sono un’imbranata di prima categoria; grazie a Singer Wilde e kurioone perché sapere che trovate la storia interessante fa sempre piacere; a Phoebe-Riddle alla quale rinnovo il mio in bocca al lupo. Un grazie speciale poi a Latis Lensherr ed Erodiade che mi seguono fin dall’inizio e che mi scrivono recensioni sempre costruttive!
Ovviamente i miei ringraziamenti vanno anche a chi mette la storia fra le preferite/ ricordate/ seguite ed ai lettori silenziosi!  
Detto questo vi saluto e al prossimo episodio
Un bacio
Ely
  

 

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Capitolo 7
*** Lezioni di seduzione ***



      





                      Lezioni di Seduzione 


 



 

 

                                                                                    Fu come se qualcosa di grosso e squamoso
                                                                                                   avesse preso bruscamente vita nel suo stomaco,
                                                                                                   artigliandogli le viscere: il sangue caldo gli salì
                                                                                                                  al cervello e spense ogni pensiero (1)

 








 

 
8 Novembre 1942 Sala Comune
 
Roxanne spiluccava svogliatamente il cibo, cercando di ignorare la tavolata dei Serpeverde. Nonostante la cucina degli elfi fosse sempre ottima, quella mattina le sembrava che le fette biscottate fossero troppo molli e la marmellata di mora avesse un sapore insipido. Sbuffò, facendo forza su se stessa per non incrociare gli occhi di Riddle che – lo sapeva bene – la fissavano incessantemente da almeno un quarto d’ora. Ripose la fetta biscottata nel piatto, addentando svogliatamente una brioche alla crema che in un’altra occasione avrebbe assaporato con gusto.  
<< Ehi, Rox, mi stai ascoltando? >> chiese Eloise.
Trasalì, il corpo un fascio di nervi.
<< Ehm... >> cercò di prendere tempo, mentre i suoi occhi saettavano involontariamente dall'altra parte della Sala.
Eloise sbuffò e seguì il suo sguardo.
<< Riddle ti fissa come se volesse mangiarti. >> osservò come se fosse la cosa più naturale del mondo. << Non ci hai ancora detto cosa voleva l'altra sera... >> aggiunse appuntando i suoi occhi viola su Roxanne, che quasi si soffocò con la brioche.
<< Niente di importante. >> glissò << Voleva solo sapere se saremmo tornate ad altre cene del Lumaclub. >>
Gli occhi di Eloise brillarono di malizia.
<< E come mai questo improvviso interesse? >> domandò, mentre anche Sybil alzava la testa.
Roxanne si sentì presa in trappola. Con un sospiro appurò che era troppo stressata per sostenere l'interrogatorio feroce a cui l'amica l'avrebbe sottoposta se avesse anche solo sospettato che le stesse nascondendo qualcosa. Optò dunque per dire la verità.  Almeno una parte.
<< Perché a quanto pare Evan Rosier si è preso una cotta per Sybil >> disse tutto d'un fiato, curiosa di vedere le loro reazioni.
Eloise sputò il succo di zucca che stava bevendo e Sybil divenne di un grazioso color prugna.
<< COSAAA?? E quando aspettavi a dircelo, scusa? >> berciò la prima.
<< Shhh! Fai piano Isy, per favore! >> la supplicò Sybil, lanciando occhiate preoccupate a un Sept che parlava allegramente di Quiddicth con alcuni suoi amici e che probabilmente non si sarebbe accorto di lei neanche se gli fosse passata davanti nuda. 
Roxanne scrollò le spalle, nascondendo il sollievo per essere riuscita a spostare l’attenzione di Eloise da sé alla gemella.
<< Mi era passato di mente. D’altronde è così chiaro che Syb è cotto di Sept che… >>
<< Shhh!! >> implorò di nuovo questa, diventando sempre più rossa.
<< … gli ho subito risposto che il suo amico non aveva speranza. >> concluse, dando un buffetto sulla mano di Sybil e sorridendo per tranquillizzarla.
<< Evan Rosier, eh? >> mormorò Eloise, parlando fra sé.
Roxanne la vide fissare intensamente il tavolo dei Serpeverde. Spalancò la bocca, intuendo le sue intenzioni da quello sguardo da predatrice che conosceva bene.
<< Non lo starai seriamente prendendo in considerazione, spero! >> sbottò impermalita.
Eloise ammiccò, fissandola con un sorrisetto da schiaffi.
<< Perché no? È bello, con quei suoi occhi di ghiaccio e i capelli scuri… e poi ha un’aria di non so, forse sicurezza o forse menefreghismo, comunque molto affascinante! >> lo elogiò divorandolo con gli occhi. << È  decisamente ora che la mia cara sorellina esca dal guscio e si decida a trovarsi un vero ragazzo e non quella sottospecie di lumaca che pensa solo al cibo e agli scacchi! >> concluse fissando Sept con uno sguardo di disprezzo.
<< Isy, ti prego, dimmi che stai scherzando… >> disse Roxanne con un tono tra lo scandalizzato e il disperato.
Eloise la fissò, soppesandola con lo sguardo.
<< Si può sapere il motivo di tutta questa ostilità nei suoi confronti? >> chiese ironica, incrociando le mani sotto il mento.
<<  È un Serpeverde! >> rispose come se la cosa fosse di per sé sufficiente a chiarire la questione.
Eloise sbuffò, mentre Sybil beveva un bicchiere d’acqua nel tentativo di far passare quell’imbarazzante rossore.
<< Stai diventando monotona, Rox! Tutto questo odio per i Serpeverde è del tutto immotivato! >> affermò decisa Eloise, mentre il suo sguardo si faceva languido. << Prendi Zabini, per esempio. Sarà anche una Serpe, ma ti assicuro che sotto le lenzuola ci dà meglio di tanti Grifondoro… >>
<< Isy! >> la sgridò Roxanne, vagamente schifata. Inutile dire che le guance di Sybil ripresero immediatamente ad ardere con due luci al neon. << Non ci interessa il resoconto delle tue avventure, grazie. E comunque Evan non solo è un Serpeverde, ma è anche nella cricca di      Riddle! >>
<< Un gran bel pezzo di figliolo anche lui. >> concordò Eloise, guardandolo sfacciatamente.
<< Non è questo che intendevo! >> esclamò Roxanne, faticando però a trattenere una risata.
Quella sospirò, facendosi d’improvviso seria.
<< Senti Rox, lo sappiamo tutti che sei prevenuta nei confronti dei Serpeverde e anche se non ci hai mai voluto rivelare il motivo, abbiamo capito che è per via di Tom Riddle. No, non mi interrompere. >> la bloccò, sollevando un dito. << Tuttavia non puoi fare di tutta l’erba un fascio e non puoi negare che Sept sia un deficiente. >> proseguì decisa, indicando Weasley che non si sa per quale stupida scommessa stava cercando di trattenere il fiato da oltre un minuto e aveva acquisito un insano colore cianotico. << Ad aspettare che quello si accorga di lei, Sybil morirà vergine. >> affermò con la sua consueta schiettezza. << Quindi perché non approfittare di un bel ragazzo che dice di provare interesse? >>
Dopo quella breve filippica Sybil sembrava sull’orlo di scavarsi una fossa e nascondercisi dentro, mentre Roxanne non era ancora pronta a demordere.
<< Non dico che Syb non possa guardarsi intorno… ma proprio Rosier? >> domandò schifata.
<< Forse dovremmo sentire cosa ha da dire lei al riguardo. >> propose Eloise fissando la gemella con aspettativa.
<< Sì, Syb, dille che non hai la minima intenzione di uscire con quell’essere! >> esclamò Roxanne con fervore.
<< Sorellina, cerca di far capire alla nostra Rox che in un ragazzo c’è qualcosa di più da guardare che i colori che indossa! >>
Sybil si fece piccola piccola sotto i loro sguardi di fuoco.
<< Io… veramente… >> annaspò cercando di dare una risposta. << Ti ringrazio Isy, ma non credo che Evan faccia per me… >>
<< Visto? >> gongolò Roxanne, trionfante, mentre Eloise sbuffava come una ciminiera, per niente convinta.
<< Invece sono proprio dell’idea che ti servirebbe uno così, per darti una svegliata! >>
<< Syb ha detto di no, quindi non insistere. >> concluse Roxanne guadagnandosi uno sguardo grato dalla diretta interessata.
Tornò a mordicchiare la sua brioche mentre la conversazione si spostava su un terreno neutro, sentendosi anche solo un poco più sollevata per essere riuscita a tenere l’amica lontana dalle grinfie di Riddle.

 
                                                                                                   ***

 
8 Novembre 1942 Biblioteca
 
<< Ehm B-buongiorno. Mi servirebbe il libro Storia di Hogwarts… >> iniziò Sybil, esitante, rivolgendosi alla commessa.
La signorina Pince consultò rapidamente un foglio,  prima di rispondere, spicciola:
<< Mi dispiace ma l’ultima copia è stata presa da Rosier proprio mezz’ora fa. >> affermò indicando con un cenno del capo la testa mora di Evan, chino sui libri in un tavolo poco distante.
<< Oh. Grazie comunque. >> mormorò Sybil con sconforto.
 Senza quel libro sarebbe stato praticamente impossibile finire la ricerca per Ruf (2) entro l’indomani. Profondamente scoraggiata Sybil tornò a sedersi al suo posto, a fianco della  gemella.
<< Allora? >> chiese Eloise inarcando un sopracciglio.
<< Esaurito. >> rispose con un sorriso di scusa. << L’ultimo l’ha preso Rosier >>
Sybil osservò in silenzio il lampo di frustrazione che si dipinse sul suo viso mentre questa si sporgeva ad osservare la tavolata Serpeverde. Lasciò che anche i suoi occhi vagassero in quella direzione ma li abbassò di scatto non appena incrociarono il viso di Evan. Era ben consapevole che se si fosse soffermata su di lui per più di tre secondi le gote le sarebbe andate a fuoco e tanti saluti alla sua dignità.  Eloise, che chiaramente non aveva di questi problemi, sembrava tutta intenta ad osservare chissà cosa e l’espressione che aveva il suo sguardo non le piaceva per niente, le sembrava quasi di sentire gli ingranaggi di quel suo cervello pazzo entrare in moto. Tornò timidamente a seguire il suo sguardo, sbirciando di sottecchi la tavolata dei Serpeverde.
Il loro tavolo era decisamente incasinato, persino più di quello di alcuni Grifondoro che erano alle loro spalle. A capotavola c’era Riddle, ovviamente, e i due posti accanto a lui erano vuoti, occupati solo da una montagna di libri e pergamene. Tom odiava studiare in compagnia ed era chiaro che i suoi amici avevano cercato perlomeno di lasciargli il suo spazio e si stavano sforzando di non fare troppo confusione. Sybil osservò Abraxas sghignazzare dopo aver messo un petardo nel succo di zucca che Goyle era riuscito ad intrufolare in biblioteca, nonostante la stretta sorveglianza. Naturalmente non fare confusione per loro era un concetto molto relativo.
Gli occhi di Eloise stavano ancora saettando fra il tavolo dei Serpeverde e quello dei Grifondoro e il sorriso birichino che le si dipinse sulle labbra non piacque per niente a Sybil.
<< Allora? Che stai aspettando? >> domandò infatti dopo un secondo.
Syb la fissò perplessa, chiaramente ignara di quello che le voleva suggerire.
<< Vai a chiedergli di prestartelo, no? >> spiegò Eloise come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
Le guance di Sybil si incendiarono, acquisendo in un istante il colore di due fragole mature.
<< Isy abbiamo già fatto questo discorso! Non ho intenzione di incoraggiare Evan. >> ripose in un tono che sperava sembrare deciso.
La gemella la fissò con occhi sgranati ed innocenti.
<< Chi ha mai parlato di incoraggiamenti? Devi solo chiedergli il libro perché non ho intenzione di prendere una D a Storia! >> ribatté  con la voce intrisa di sincerità.
Sybil scosse il capo ma non poté trattenersi dal ridere, divertita.
<< Questi giochetti possono forse funzionare con quei creduloni dei tuoi amichetti, Isy, ma non certo con me che ti conosco da quattordici anni… >>
Eloise non le diede neanche il tempo di finire la frase che, gettando la maschera di innocenza, la afferrò saldamente per il braccio e la fissò con sguardo determinato. Si preparò a una delle sue argute ramanzine, rimpiangendo con disperazione che Roxanne avesse preferito rimanere nel Dormitorio dove, a suo dire, avrebbe trovato meno distrazioni. L’amica le avrebbe di sicuro dato man forte e Rox era molto più brava quando si trattava di tenere a bada Eloise. Con il suo carattere insicuro invece, Sybil finiva sempre per assecondare le idee della gemella, per quanto pazze ed insensate potessero essere.
<< Sì, so bene che non hai intenzione di uscire con Rosier. E non è quello che ti sto proponendo, infatti. >> disse con tono misterioso.
Le lanciò uno sguardo perplesso e suo malgrado incuriosito.
<< Non ti seguo. >> ammise fissandola dritta negli occhi.
Eloise sbuffò, indicandole il tavolo dietro quello dei Serpeverdi. Il ragazzo che era all’estrema destra fece un sonoro sbadiglio e il cuore di Sybil si contorse in una buffa capriola nel riconoscere quella zazzera rossa e spettinata.
<< Non ti eri ancora accorto che c’era anche Sept, vero? >> domandò Eloise, indovinando il perché della sua faccia da pesce lesso.
Questa volta riuscì più o meno a non andare a fuoco, forse perché era abituata alle punzecchiature della gemella quando il tema della conversazione era Septimus Weasley.
<< Non capisco cosa c’entri questo con il fatto che devo andare a chiedere il libro a Rosier. >> ribatté incerta.
Eloise sbuffò di nuovo e la guardò con compassione.
<< Senti Syb, se hai davvero intenzione di conquistare quel mollaccione di uno Weasley devi cercare di farti desiderare un po’, altrimenti quello non si smuoverà mai! >> rispose rinforzando la presa sul suo braccio.
<< De-desiderare? >> balbettò Sybil in piena crisi di panico. << Sai benissimo che non so neanche da che parte si inizia per farmi de-desiderare da un ragazzo! >>
Eloise la tirò più vicina a sé, per bisbigliarla qualcosa nell’orecchio.
<< Lo so. >> le rispose divertita. << E non ti sto chiedendo di fargli una sfilata in intimo davanti, anche se di sicuro quella sarebbe la via più veloce… >> si interruppe, probabilmente perché temeva di far andare la gemella in iperventilazione. << Devi solo farlo ingelosire un po’, in modo che si accorga che anche tu sei una donna e non  un pezzo di arredamento! >>
Il viso di Sybil era diventato di una delicata sfumatura color pulce.
<< Tu… vuoi che io faccia ingelosire Sept con Rosier? >> ricapitolò con un sussurro a malapena udibile.
<< Esatto. >> annuì Eloise battendo silenziosamente le mani. << Sagace come sempre sorellina. >> la derise bonariamente.
<< È impossibile. >> rispose meccanicamente Sybil.
Eloise la guardò con biasimo.
<< E perché? >>
<< Perché non ne sono capace. E poi non sono affatto convinta di piacere a Rosier, forse Rox ha capito male, oppure Riddle la stava prendendo in giro…>>
<< Cosa ne dici di andare a scoprirlo? >> la incoraggiò Eloise, indicandole con un cenno del capo il tavolo Serpeverde.
Sybil chinò la testa, fissando intensamente il pavimento in legno, troppo combattuta per rispondere. Non voleva assolutamente andare a parlare con Evan, anche solo per chiedergli uno stupido libro. Non era portata per queste cose, ogni volta che doveva conversare con un ragazzo che non conosceva finiva per balbettare e arrossire per l’imbarazzo, sembrando una bimbetta di cinque anni. D’altra parte Sept le piaceva davvero tanto e se Eloise credeva che questo avrebbe potuto attirare la sua attenzione… Isy era sempre così esperta e disinvolta quando si trattava di ragazzi, tant’è che aveva uno stuolo di ammiratori…
<< Senti, non lo dico per metterti in imbarazzo. Lo so quanto per te sia difficile fare quello che ti sto chiedendo ma ormai è più di due anni che hai un debole per Sept e non puoi andare avanti così! >> esclamò battendo il pugno sul tavolo e meritandosi un’occhiataccia da parte della signora Pince. << Per non parlare… >>
<< Per non parlare ? >> la incitò Sybil incuriosita, visto che l’altra si era fermata di colpo.
Eloise parve un po’ restia a finire la frase.
<< Niente. È solo che prima era andata in bagno e ho sentito dire a Rose Smith che Weasley sta diventando proprio un bel ragazzo… mi dispiacerebbe se dopo tutti questi anni di attesa, arrivasse la prima sciacquetta e te lo portasse via. >> concluse scrollando le spalle.
Sybil rimase così sorpresa che non si curò nemmeno di riprendere la sorella per il linguaggio che aveva usato. I suoi occhi saettarono sulla figura di Sept e una strana morsa le compresse per un attimo il torace. Il cuore iniziò a tamburellarle velocemente contro il petto e – nonostante non riuscisse a dare un nome a quell’improvviso malessere – Sybil seppe con precisione chirurgica che non avrebbe sopportato di vedere Sept fra le braccia di un’altra.
<< Vado. > > rispose decisa e Eloise sventolò un pugno in aria, prima di replicare sghignazzando:
<< Alla buon’ora! Iniziavo a pensare che il Cappello si fosse bevuto un po’ troppo Whisky Incendiario quando aveva deciso di mandarti a Grifondoro…>>
Sybil riuscì a lanciarle un sorrisetto tirato, mentre con passo esitante si avviava verso il tavolo dei Serpeverde.
Si trattava solo di pochi metri, ma le sembrarono lunghi come chilometri. Mentre sentiva le mani tremarle e una goccia di sudore attraversarle la spina dorsale, Sybil  maledisse – per la centesima volta – la sua timidezza imbarazzante. Per qualsiasi altra persona chiedere in prestito un libro ad un compagno di scuola sarebbe stata la cosa più normale del mondo. Per lei, invece, era quasi come scalare una montagna a mani nude. Scosse la testa, cercando di non indugiare in quei pensieri scoraggianti.
D’altronde era sempre stato così: fin da piccole Eloise era quella simpatica e spigliata, mentre lei la bambolina indifesa e frignona che non sapeva fare niente senza l’aiuto della gemella. Aveva sempre dato la colpa di tutto ciò al fatto di essere la secondogenita: Eloise era nata appena quindici minuti e trentasette secondi prima di lei, ma credeva che questo fatto fosse stato determinante. Erano bastati quei quindici minuti e trentasette secondi perché Eloise si prendesse tutto quello che di buono le poteva offrire la natura: la determinazione, la capacità di far spuntare il sorriso sulle labbra a chiunque le rivolgesse la parola per più di cinque minuti e, inutile nasconderlo, anche la sua porzione di seno. Per Sybil non era rimasto niente se non quel senso di inadeguatezza, -  come se fosse qualcosa di superfluo e di inutile nell’equilibrio della loro famiglia - e ovviamente, i suoi devastanti attacchi di panico quando si trovava in mezzo a una folla di persone ignote. Timida fino alla nausea, goffa e sociopatica. Davvero la Natura era stata abbastanza avara nei suoi confronti… per non parlare di quel suo strano “dono”,  al quale non aveva decisamente tempo di pensare se non voleva fare dietrofront e correre a nascondersi sotto la sua amata coperta con disegnati dei boccini di Quidditch.  
Persa nelle sue elucubrazioni, Sybil andò quasi a sbattere contro l’angolo del tavolo, meritandosi un’occhiata incuriosita da parte di Riddle.
<< Ehm >> farfugliò per attirare l’attenzione di un Evan che sembrava completamente assorto dal suo compito di Pozioni.
<< Scusa… >> tentò di nuovo, con un tono di voce così basso che quello continuò beatamente ad ignorarla.
Sybil stava già per desistere e scappare con la coda fra le gambe, quando, inaspettatamente, Riddle venne in suo soccorso.
<< Rosier, Knight ti sta parlando. >> gli comunicò con quel suo tono freddo.
Evan sussultò e si girò a fissarla, chiaramente stupito di trovarsela alle spalle.
Sybil cercò di racimolare un po’ di coraggio e dopo aver rivolto un sorriso di gratitudine a Tom proseguì quasi senza balbettare:
<< Mi chiedevo se potevi prestarmi “Storia di Hogwarts”, visto che non lo stai usando. Tutte le altre copie sono state prese e devo assolutamente finire il compito per domani. >> disse tutto d’un fiato.
Evan sembrava ancora un po’ spiazzato, ma si stava riprendendo velocemente.
<< Sì, certo. >> le rispose con un accenno di sorriso, rovistando fra i libri sparsi sul tavolo.
Sybil sospirò di sollievo. A quanto pare era stato più facile del previsto.
Riddle tossicchiò ed Evan si bloccò, fissandolo perplesso.
<< Che io sappia anche tu devi consegnare la ricerca per domani e non hai scritto nemmeno mezza pergamena. >> gli ricordò.
<< Ehm… è vero. >> ammise Evan, alquanto perplesso.
Per un attimo sembrò quasi in imbarazzo e Sybil si sentì sprofondare.
<< No-non fa niente. >> rispose prontamente. << Troverò un modo per arrangiarmi. Grazie lo stesso. >>
Troppo intenta a torturarsi le dita non si accorse dello scambio di sguardi fra i due ragazzi.
<<< Potremmo… potremmo farla insieme, se ti va. >> propose Evan scoprendo i denti bianchi e perfetti in un sorriso invitante.
Sybil sgranò gli occhi, troppo stupita per ribattere. Lei studiare in mezzo a un tavolo di Serpeverde?
Per fortuna proprio in quel momento il petardo si decise ad esplodere, macchiando di succo di zucca Goyle e un’alquanto incazzato Nott che iniziò ad inveirgli contro. La faccia attonita di Goyle, che non riusciva a spiegarsi cosa fosse successo, era davvero uno spettacolo, tanto che Abraxas nascose la testa sotto al tavolo per non scoppiare a ridergli in faccia. La signorina Pince avanzò con un’espressione arcigna verso il loro tavolo, che aveva attirato un bel po’ di attenzione.
Sybil sentì lo sguardo di Sept su di sé e notò la sua faccia perplessa nel vederla discorrere con Riddle e Rosier. Forse fu per lo strano calore e l’insana soddisfazione che le diede il fatto che la stesse finalmente fissando, ma la sua risposta non fu il secco diniego per cui aveva optato inizialmente.
<< Io veramente stavo studiando con Eloise… >> ammise con un sorriso di scusa, non appena la situazione ritornò più o meno tranquilla.
Le sembrò che Evan fosse dispiaciuto per la sua risposta, ma fu distratta da una mano calata sulla sua spalla.
<< Non c’è problema, Syb. Stavo giusto pensando di andarmene. >> le comunicò la gemella, mettendole frettolosamente fra le braccia i libri e il calamaio che aveva lasciato sull’altro tavolo. << Tanto poi mi fai copiare, vero? >> chiese facendole l’occhiolino.
Sybil non ebbe nemmeno il tempo di rispondere che quella si era già dileguata, camminando a passo deciso verso l’uscita e facendo voltare un paio di ragazzi, immancabilmente attratti dal suo fondoschiena.
<< Ehm…>> mormorò Sybil, cercando disperatamente di inventarsi un’altra scusa. Ma – fra i suoi molti difetti – c’era anche quello di essere una pessima attrice e una bugiarda terribile. Fu dunque con un sospiro di sconfitta che si sedette davanti alla porzione di tavolo che Riddle aveva appena liberato.

 
                                                                                                 ***

 
 
8 Novembre 1942 Corridoio Terzo Piano
 

Eloise camminava per i corridoi a passo sostenuto, tanto che rischiò quasi di andare a sbattere con una formosa bionda appolipata a quell’armadio a due ante che era il battitore dei Tassorosso. Nell’elaborata acconciatura dei capelli e nel profilo del viso sepolto sotto strati di trucco, Eloise riconobbe chiaramente Rose Smith.
Sorrise fra sé. Solo una credulona come Sybil avrebbe creduto così facilmente alla balla che le aveva propinato dicendole che Rose era interessata a Sept. Merlino, lo sapeva tutta Hogwarts che non faceva che pomiciare con MrMuscolo-Tassorosso!
Eloise scosse la testa e la frangia di un bel rosso fotonico le ricadde sugli occhi, oscurandole momentaneamente la vista. Sbuffò, facendo svolazzare le ciocche intorno al visto, in quello che per lei era un gesto abituale. Tutto sommato era orgogliosa di aver spinto Sybil a vincere la sua timidezza. Rivide la scena della gemella seduta al tavolo dei Serpeverde, la sua sciarpa rosso-oro che faceva a pugni con il verde e l’argento indossato dagli altri, e il suo sorriso traballò per un attimo. Si fermò di colpo, incerta.
A pensarci bene non era poi tanto sicura che aver abbandonato Sybil fra le grinfie delle Serpi fosse stata la scelta migliore. Non era tipo da prestare troppa attenzione alle chiacchiere di corridoio, però doveva ammettere che Riddle&Co non avevano proprio una buona fama e Syb era così ingenua… Aveva già mosso un piede per tornare indietro quando si diede mentalmente della sciocca. Cosa mia avrebbero potuto farle in una biblioteca, sotto la vigile sorveglianza della signorina Pince? Appoggiò le mani sui fianchi e si convinse che doveva essersi ammalata di Roxanite acuta. Non era da lei preoccuparsi tanto e per di più Sybil non era più una bambina e non aveva bisogno della balia.
Riprese a camminare, rallentando impercettibilmente l’andatura e specchiandosi in una delle grandi armature addossate alle pareti. Un’attraente ragazza dai penetranti occhi viola e una scollatura provocante, ricambiò il suo sguardo. Come sempre era bellissima e il pensiero la fece sorridere. Adesso non le restava che andare nel loro dormitorio e cercare di riscuotere Roxanne dall’apatia che l’aveva presa in quei giorni, trasformando la sua solitamente vivace compagna in una zitella inacidita: se avesse passato dell’altro tempo chiusa nella sua stanza, avrebbe iniziato a mettere radici. Eloise sospirò, preparandosi mentalmente l’interrogatorio a cui avrebbe sottoposta l’amica fino a quando non fosse riuscita a scoprire la fonte del suo malumore. Aveva appena svoltato l’angolo che una mano la afferrò per la vita, stringendola in una morsa e sbattendola rapidamente contro il muro.
I begli occhi scuri di Zack Zabini ricambiarono per un attimo il suo sguardo confuso, prima di scendere invariabilmente verso il basso, attratti dalla scollo. La sua espressione era così famelica mentre la stringeva a sé, schiacciandola contro la parete, che per alcuni secondi Eloise si dimenticò perfino di respirare.
<< Contenta di vedermi? >> le chiese con voce roca, dopo averle fatto un esame molto attento e minuzioso.
Eloise sbuffò, un po’ per il fastidio, un po’ per allontanare i capelli che le cadevano sul viso.
<< Più che  di vederti, dovresti dire di essere assalita. >> calcò con tono volutamente ironico.
Zabini le si fece più vicino e le narici di Eloise furono invase dal suo odore virile, un misto di cuoio e di muschio.
<< Fino ad ora non ti sei mai lamentata dei miei assalti, zuccherino. >> le bisbigliò all’orecchio con quella voce bassa e sensuale che la faceva impazzire.
<< Ti av-avevo detto di smetterla di chiamarmi con questi stupidi nomignoli  >> mormorò con voce flebile mentre si sforzava di mettere in riga gli ormoni.  
<< Non è colpa mia se sei così dolce. >> le rispose con voce morbida e lievemente ironica mentre disegnava una lenta scia di baci dalla mandibola alla clavicola.
<< Zack…fermo. >> mormorò Eloise contro il suo orecchio. << È finita fra noi, ricordi? >>
<< Mmm >> mormorò Zabini accarezzando con la punta del naso il  collo e mordicchiandole piano un orecchio.
Deliziosi brividi di piacere si propagarono lungo la sua spina dorsale mentre, quasi senza accorgersene, Eloise si abbandonava mansueta fra le sue braccia. Zabini aderì ancora di più con il  corpo al suo, senza nasconderle minimamente l’eccitazione che provava.
<< Zack… basta. >>
 Cercò di riprendere il controllo, ma il suo tono era così arrendevole che più che un ordine di farla finita, sembrava un incitamento a continuare.
<< Perché? >> le chiese mentre le sue mani iniziavano a vagare indisturbate sul suo corpo, solleticandole i fianchi e stringendole le natiche, senza che lei riuscisse a fare niente per impedirglielo. << Che male può fare farlo un’altra volta ancora? >>
<< Potrebbero vederci… >> sussurrò posando una mano sul suo petto.
L’intento iniziale doveva essere quello di respingerlo, invece si ritrovò ad accarezzarne il  petto e  a seguire con un dito le linee dei suoi muscoli scolpiti. La pelle brunastra e calda di Zabini l’aveva sempre mandata in visibilio.
<< Non succederà. >> le rispose con voce sicura, mentre una mano si infilava come per caso nella sua scollatura.
Le sfiorò un capezzolo e Eloise dovette trattenersi dal gemere di piacere, mentre si sforzava di trovare altre giustificazioni e ragionare con lucidità.
<< Ma…>>
Non riuscì a finire la frase perché Zabini calò con prepotenza la bocca sulla sua, zittendo le sue pietose proteste. Eloise oppose resistenza solo per un secondo, dopodiché si lasciò andare, vinta, intrecciando le braccia intorno al suo collo e spingendolo contro di sé.
Quando le loro bocche si staccarono Zabini non era l’unico ad aver un’espressione di languida impazienza. Dopotutto la razionalità non era mai stato il suo forte – perlomeno non quando un ragazzo bello come Zack la stringeva fra le braccia – e, come aveva detto lui, farlo un’ultima volta non avrebbe ucciso nessuno.
<< Andiamo >> le disse Zabini intrecciando la mano alla sua e spingendola per il corridoio, alla ricerca della prima aula deserta.
Mentre si affrettava per tenere il suo passo, Eloise provò solo una piccola fitta di rimorso per il dover rimandare la conversazione con Roxanne.
 




 
Note:
 

  1. A parlare è Harry, geloso perché Ginny si bacia con Dean per i corridoi. Ho scelto questa frase per descrivere la gelosia di Sybil quando pensa che Sept possa andare con un’altra.
  2. Ruf il professore di Storia della Magia è un fantasma ai tempi di Harry, quindi nella mia storia c'è, ma è in carne ed ossa.

 



 

 
 
* Getta uno sguardo furtivo, temendo una pioggia di pomodori *
Ehm, ciao a tutti!
Un intero capitolo in cui Riddle ha un ruolo molto marginale e lui e Roxanne non si vedono. Scusate, so che Tom è il vostro personaggio preferito però mi sembra credibile che Rox, dopo il momento di debolezza al parco, si mostri ancora più determinata ad evitarlo ( da notare che rimane chiusa nel suo Dormitorio e non va nemmeno in Biblioteca con le amiche per paura di incontrarlo u.u ). Ma non disperate: dal prossimo succederà qualcosa che li avvicinerà nuovamente!
Molte di voi  hanno trovato le gemelle Knight simpatiche e ho deciso di dedicare questo episodio interamente a loro, in modo che possiate conoscerle meglio. Mi farebbe davvero piacere se mi diceste quale vi piace di più (sempre che non odiate entrambe), se la timida Syb o la intraprendente Isy. Io, ovviamente, adoro entrambe! ; )
Detto questo passo ai ringraziamenti: un grazie a chi ha aggiunto la storia alle seguite/ricordate/preferite. Un ringraziamento speciale a: kurioone (stavolta ci ho azzeccato ^^ ), Bsky89, Latis Lensherr, Phoebe-Riddle, Morgana-D, Erodiade e Cassandra Turner che hanno commentato lo scorso capitolo! Scrivere una long è davvero impegnativo e a volte mi verrebbe voglia di mandare tutto all’aria, ma leggere le vostre recensioni mi fa sempre tornare la voglia di continuare. Bene, dopo questa mielosa sviolinata vi saluto, un grosso bacio
Ely 

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Capitolo 8
*** Pozioni Esplosive ***


  


                                    Pozioni Esplosive

 

 

 

Non mi aspetto che comprendiate a fondo la bellezza
del calderone che bolle a fuoco lento, con i suoi
vapori scintillanti, il delicato potere dei liquidi che
scorrono nelle vene umane, ammaliando la mente,
stregando i sensi… io posso insegnarvi a imbottigliare
la fama, la gloria addirittura la morte… (1)



 

 

 

8 Novembre 1942 Sala dei Serpeverde

 << Rispiegami il tuo piano, Tom, perché mi sfugge qualcosa >> disse Nott ironico, comodamente stravaccato sul divano.
Riddle alzò la testa dal libro che stava studiando, degnandolo di un’occhiata indispettita.

<< Di cosa diavolo parli, Amadeus? >>
Amadeus Nott si tirò su con uno scatto di reni che fece sussultare Abraxas e gemere Goyle, al quale inavvertitamente era arrivato un calcio.
<< Al fatto che ci siamo dovuti sopportare l’Ameba tutto il giorno, senza poter fare neanche una battutina sul suo carette merdoso o sul suo pessimo gusto nel vestiario… >>
Riddle inarcò un sopracciglio e rispose laconico:
<< Pensavo di essere stato chiaro. Evan deve conquistare Sybil. Farla scappare in lacrime per via delle tue pessime battute potrebbe essere un ostacolo, non credi? >>
Nott sbuffò.
<< Sì, ma quello che non capisco è il perché… per quale motivo Rosier deve provarci con quella perdente di una Grifondoro? >>
Evan fissava le fiamme nel camino in marmo, apparentemente incurante del fatto che la conversazione riguardasse lui.
<< Sto solo cercando di fare un favore a un amico. >> replicò Tom con la sua voce melliflua, arricciandosi una ciocca di capelli che gli ricadeva sulla fronte. << Evan, non avevi forse detto che la gemella Knight era di tuo gradimento? >>
Rosier rispose, continuando ad ammirare il fuoco. Aveva una passione malsana per esso, una volta aveva addirittura rischiato di incendiare il Dormitorio solo per poterlo osservare più da vicino.
<< Sì, l’ho detto. Ma non pensavo di doverla addirittura corteggiare. >> aggiunse con tono lievemente schifato.
<< Quello che Ev sta cercando di dire >> spiegò Nott andando dritto al punto. << È che magari trovava l’Ameba passabile per una scopata, ma che non aveva certo intenzione di ritrovarsela fra i coglioni dopo essersi tolto lo sfizio! >>
<< Nott, ti ricordi cosa ti ho detto su quest’anno? >> domandò Riddle inchiodandolo con lo sguardo.
<< Che sarà un anno speciale. >> rispose questo con il tono di chi ripete qualcosa che ha sentito dire centinaia di volte.
<< Esatto. >> confermò Riddle, distogliendo lo sguardo e lasciandolo vagare pigramente sull’ambiente cupo e freddo che li circondava.
In tutta la Sala il colore predominante era il nero, addolcito qua e là da qualche punto di verde e argento. L’ambiente era appena rischiarato da dei candelabri disposti nelle nicchie delle pareti e, nonostante il camino fosse perennemente acceso, niente riusciva a scacciare il gelo e l’umidità che permeava i muri. Non che a Tom desse fastidio: si trovava perfettamente a suo agio in ambienti cupi e oscuri, quanto al freddo, pareva non accorgersene nemmeno.
<< Vi ho già detto cosa ho scoperto sulle mie origini. >> mormorò con un tono di voce basso e ammaliante, come se li stesse rendendo partecipi di qualcosa di assolutamente speciale. << Quest’anno ho intenzione di raccogliere la mia eredità e non voglio che niente e nessuno mi si metta fra i piedi. >>
<< Lo sappiamo, Tom, e ovviamente siamo con te. >> lo interruppe Nott attirandosi un’occhiataccia. Riddle non sopportava chi faceva troppe domande e Nott stava chiaramente camminando sul filo del rasoio. << Ma Sybil Knight? Cosa c’entra con Salazar Serpeverde? >>
<< Taci, Amadeus, se non vuoi farmi arrabbiare. >>
Sotto la luce delle fiamme le iridi di Riddle parvero per un attimo rosse. La smorfia di fastidio che gli dipinse la faccia fece rabbrividire Goyle, che si strinse di più nel suo gigantesco maglione di lana.
<< Ti ho detto mille volte di non parlare a voce alta dei fatti miei. >> la voce di Tom era bassa e gelida come uno spiffero. << Sybil in sé non conta niente. È un’ameba – come la chiami tu – e quando avrò ottenuto quello che voglio potrai tormentarla come e più ti piace. Ma per ora mi serve per avvicinarmi a Roxanne. >>
<< Roxanne Altgriff? >> chiese incredulo Abraxas Malfoy, mentre Avery sgranava gli occhi. Evan continuava a fissare il fuoco, impassibile come sempre.
Nott fischiò, senza riuscire a trattenersi.
<< Allora quella svitata di Druella aveva ragione! Senza offesa, Ev. >> aggiunse rivolto verso Rosier, che si limitò a scrollare le spalle. << Tutto questo casino solo perché vuoi farti l’Altgriff! >> concluse con un tono tra l’ammirato e lo stupito.
Nella Sala calò il silenzio. Era l’una passata di notte e c’erano solo loro ad occupare i due divanetti attaccati al camino, in una di quelle riunioni informali che spesso allietavano il finesettimana.
Riddle continuò a sorridere, ma il suo volto si fece ancora più minaccioso.
<< Sei fortunato ad essere mio amico, Nott. >> osservò afferrando la bacchetta che giaceva sul tavolo. A quella vista Nott si irrigidì, chiaramente in tensione. << Ho sfidato a duello per molto meno. >> continuò rigirandosela fra le dita.
<< Io… non intendevo… >> balbettò Nott inghiottendo la saliva.
<< Sì, certo. >> lo interruppe Riddle. << Per questa volta infatti lascerò correre. >>
A quelle parole la tensione si allentò, ma gli occhi di Nott rimasero incollati alla bacchetta.
<< A differenza tua che riesci a vedere le ragazze solo come un mezzo per sfogare i tuoi appetiti sessuali, io ho ancora la mente abbastanza lucida e vorrei evitare che ci espellano tutti, in blocco. >>
A quelle parole Abraxas deglutì, più spaventato dall’idea di lasciare Hogwarts che da quella di assistere a un duello fra i due suoi amici. Probabilmente la punizione che lo avrebbe atteso a casa, doveva essere una minaccia più che sufficiente a farlo impallidire.
<< E-espellere? >> domandò titubante.
Riddle annuì, divertito dalla sua espressione di orrore.
<< Sai bene che se si venisse a sapere anche solo metà delle cose che abbiamo fatto, ci butterebbero fuori in meno di un secondo. E quelle che ho in progetto sono ancora più rischiose. Non voglio che quell’arpia dell’Altgriff mi stia con il fiato sul collo. >>
<< Ma se fosse innamorata di te… >> intervenne Avery che sembrava aver infine intuito il piano contorto di Riddle.
<< Se fosse innamorata potrei commettere una strage di Babbani sotto i suoi occhi e non se ne accorgerebbe nemmeno. Le persone diventano stupide quando si innamorano. >> concluse Tom con malcelato disprezzo.
<< Ma andiamo, capo! Non ti sembra di sopravvalutare un po’ lo stecco? >> chiese Avery. << Davvero credi che potrebbe essere un problema per noi? >>
Tom accavallò le gambe, guardandolo ironicamente.
<< Devo forse ricordarti chi è stato a farti sbattere nell’Ufficio del Preside quella volta che hai inseguito Adam MacEwan per i corridoi perché quel sudicio Mezzosangue aveva osato toccarti? Dopo averti pietrificato, aggiungo. >>
Avery arrossì e digrignò i denti.
<< Se non fossi intervenuto io, non te la saresti cavata così a buon mercato. E tu, Abraxas, >> infierì rivolgendosi a Malfoy. << sbaglio o ti sei preso uno schiaffo davanti a tutti, solo perché avevi osato insultare la sua compagna di stanza? Quanto a Nott… >>
<< Non importa, abbiamo capito l’antifona. >> lo interruppe prima che potesse rivangare qualche episodio imbarazzante dal suo passato.
<< Fin dal primo giorno Roxanne si è messa in testa di “tenermi d‘occhio” e sarebbe più che entusiasta di cogliere l’occasione per farmi punire o magari espellere… >>
<< Non oserebbe! >> esclamò Goyle, non riuscendo a concepire che qualcuno potesse mettersi così apertamente contro Riddle.
<< Non ci hai mia spiegato perché l’Altgriff ce l’ha così tanto con te. >> intervenne Evan, distogliendo per una manciata di secondi lo sguardo dal camino.
Tom scrollò le spalle.
<< Un piccolo diverbio quando eravamo piccoli. >> glissò.
Evan annuì e tornò ad estraniarsi dalla discussione.
<< Quello che mi chiedo è se sarai in grado di farla innamorare… non mi sembra che tu rientri proprio nelle sue grazie. >> affermò Malfoy, pensieroso. << Non ci converrebbe minacciarla? >>
Tom lo fissò, un po’ sorpreso da quella osservazione.
<< Perché fin ora qualche ragazza mi ha mai detto di no? >> In realtà Miss Scopa si stava rivelando un osso più duro del previsto, ma questo evitò accuratamente di rivelarlo ai compagni. << Non escludo di dover ricorrere ai metodi classici >> a quali metodi alludesse non fu necessario specificarlo, il ghigno feroce di Avery fu sufficiente come chiarimento. << Tuttavia qui non si tratta di un mollaccione dei Tassorosso o di un Serpeverde doppiogiochista. Roxanne è una Grifondoro con tutte quelle sciocchezze sul coraggio e la nobiltà d’animo che questo comporta: non si piegherà facilmente alle minacce e la faremmo solo insospettire ulteriormente. Certo, potremmo sempre metterla a tacere per sempre… ma, come dire… mi sembra un po’ drastico. >>
A quelle parole Goyle si dimenò a disagio sulla sedia e Abraxas trasalì. Persino Nott sbiancò ed Avery parve un po’ perplesso. Potevano divertirsi a minacciare e torturare i primini, permettersi smargiassate e spacconate che ad altri non erano concesse – stante le nobili e influenti famiglie che coprivano loro le spalle – ma non erano solo dei ragazzi di quindici anni e la maggior parte di loro con la morte non aveva mai avuto niente a che fare. Era palese che l’idea di diventare degli assassini li terrorizzasse.
<< Ho pensato che prima fosse meglio agire con il mio metodo. >> concluse Riddle, fissando soddisfatto le loro espressioni tese.
Nessuno osò ribattere e dopo poco il gruppo si sciolse. Gli ultimi a rimanere nella Sala furono Nott e Avery.
<< Sarà, ma secondo me se la vuole solo scopare. >> disse Nott alzandosi dalla poltrona.
Avery lanciò un’occhiata alle scale, per assicurarsi che Riddle non fosse ancora in ascolto, prima di annuire.

 
                                                                                          
***

 

 9 Novembre 1942 Sala Comune

 Druella Rosier quella mattina si preparò con insolita cura. Aveva apportato alcune modifiche all’abbigliamento previsto, niente di eclatante, ma sufficiente ad attirare l’attenzione. A far sapere al resto del mondo che lei era lì e no grazie, non ci teneva proprio ad essere ignorata. L’orlo della gonna era sfrangiato e un po' più corto della misura originaria. La maglia invece era aderente, troppo, Druella aveva comprato apposta una taglia in meno perché evidenziasse il suo fisico asciutto e longilineo. I guanti, come il resto della divisa, erano neri e con il bordo di pizzo, lunghi fino agli avambracci.
Si applicò l'ombretto sulle palpebre, sfumandolo di grigio, infine si allacciò al collo una collana pesante, rigorosamente nera, ma con una grossa pietra verde al centro. Da quando aveva saputo che il nero era il colore preferito di Riddle, non faceva che indossare colori scuri, nella speranza di risultare più bella ai suoi occhi. Lanciò un'ultima occhiata allo specchio e un sorriso aggressivo le increspò le labbra.
Si precipitò nella Sala Comune, il suo passo agile e deciso che non produceva che un lieve rumore nei corridoio di Hogwarts. Entrò nella stanza proprio mentre dalle finestre aperte planavano gufi chiassosi, creando una cacofonia di stridii e inondando la sala di piume. Non le ci volle molto per individuare il suo obbiettivo: parlava tranquillamente con quella biondina insulsa della sua amica, come se non avesse alcun pensiero al mondo. Che sciocca. Aveva toccato qualcosa che le apparteneva e Druella Rosier non era proprio il tipo da lasciare impunita un affronto del genere.
<< Tu >> le si rivolse, piantandosi saldamente davanti al suo tavolo. << Non devi avvicinarti mai più al mio Tom >> ordinò schietta.
Roxanne Altgriff sgranò la bocca, la tazza del caffè ancora in mano.
<< Il tuo... Tom? >> ripeté stranita.
Druella la fissò come se fosse di fronte a un gigantesco scarafaggio. Il fatto di dover considerare come rivale una creatura del genere la umiliava profondamente. Poteva essere riuscita a trovare il modo di domare i capelli e forse quegli occhi grandi e grigi potevano anche piacere ai ragazzi, ma era così evidentemente plebea da nausearla. Sembrava totalmente ignara delle più elementari regole di galateo – si capiva anche solo dal modo in cui reggeva la tazzina – e la sua puzza di mediocrità lasciava un alone nell'aria che chiunque avesse ricevuto un'educazione simile alla sua avrebbe immediatamente riconosciuto.
<< Non fare l'innocentina: con me non attacca. >> replicò incrociando le braccia sul petto scarno e lanciandole una delle sue peggiori occhiate. << Hai capito benissimo cosa intendo. >>
Roxanne sembrò riprendersi almeno un po' dallo stupore e le orecchie le divennero rosse non appena si rese conto che praticamente tutta la tavola Grifondoro – e per la verità anche buona parte delle altre Case – si erano girata per assistere alla scena.
<< Stai parlando di Riddle? >> domandò fredda, inarcando un sopracciglio.
Druella dovette ammettere di essere un po' sorpresa da quel tono composto. Si immaginava più che scoppiasse in lacrime o scappasse in preda all'imbarazzo. E invece quella piccola sudicia Sanguesporco la fissava con alterigia, come se si trattasse di un colloquio tra pari e pari.
<< Certo, che parlo di Riddle, feccia. >> sputò fuori velenosa. << E se ci tieni al tuo bel faccino ti conviene girare al largo. >>
Gli occhi di Roxanne si incupirono, acquisendo una sfumatura grigio acciaio. Poi, inaspettatamente, scoppiò a ridere. Il suono della sua risata, un trillo argentino, rimbalzò di tavolo in tavolo, fino a raggiungere i Serpeverde che si trovavano dall'altra parte della Sala. Druella avrebbe voluto girarsi per vedere se lui stava assistendo alla scena ma la reazione dell'Altgriff l'aveva momentaneamente spiazzata.
<< Mi stai minacciando, Druella? >> chiese Roxanne.
La fissò immaginando il suo volto contorto da smorfie di dolore per via del suo Cruciatus. Merlino, quanto si sarebbe divertita a rendere le sue guance esangui e a vederla contorcersi, strapparsi quegli orrendi capelli mogano e implorare il suo perdono.
<< Non ho neanche bisogno di minacciarti. >> rispose appoggiando le mani al tavolo e portando la faccia all'altezza della sua. << Tu farai quello che dico. >> soffiò sfiorando una ciocca dei suoi morbidi capelli. Il loro colore la distrasse per un attimo: con la luce del sole alle spalle erano di un rosso intenso, che le ricordava quello del sangue appena versato.
<< E perché mai dovrei farlo? >> le chiese con voce calma e bassa.
Quella risposta la irritò. Il tono con cui l'aveva pronunciata sapeva di sfida e nessuno poteva permettersi di sfidarla. Era una Rosier – una delle famiglie Purosangue più antiche e potenti – e quello spauracchio cespuglioso si sarebbe dovuta inchinare al suo passaggio, non osare addirittura ribattere alle sue parole.
Sorrise, un sorriso dolce quasi quanto falso.
<< Perché sei solo un'insignificante Sanguesporco, no? >> asserì con voce mielata.
<< Come diavolo ti permetti, brutta megera! >> ringhiò un ragazza dall'acconciatura ancora più imbarazzante dell'Altgriff e Druella, suo malgrado, fu costretta a concederle la sua attenzione.
Eloise si alzò in piedi ed estrasse la bacchetta, puntandola minacciosa contro di lei. Gli occhi di Druella si sgranarono perché in tutta la sua vita nessuno aveva mia osato fare qualcosa di simile. La sua mente impiegò alcuni istanti per registrare l'epiteto con cui quella l'aveva chiamata.
<< Me-megera? >> stridette, mentre le guance le si coloravano e gli occhi le brillavano di rabbia. << Come ti permetti? >> urlò come un'aquila.
Roxanne scattò e trattenne Eloise, prima che potessero saltarsi addosso. La Sala era percorsa da un animato brusio e probabilmente i professori non avrebbero impiegato molto ad accorgersi di quello che stava succedendo.
<< Lasciami! Voglio spaccarle quel brutto muso! >> berciò Eloise mentre Sybil cercava di calmarla e di farla ragionare.
Druella tremava, una rabbia atroce che le gonfiava il petto e le faceva venir voglia di scagliare schiantesimi su tutti quei perdenti che la circondavano. Feccia. Plebei che non erano degni neanche di baciare la terra su cui posava i piedi.
<< Isy, ho detto di calmarti! >> ordinò Roxanne perentoria, sbattendo il piede per terra. << Quanto a te, >> disse rivolgendosi a Druella e inchiodandola con uno sguardo da cui traspariva ira e disprezzo. << Non so chi tu creda di essere e sinceramente nemmeno mi importa: io non prendo ordini da nessuno, men che meno da una Serpe boriosa! >>
Druella sgranò gli occhi al punto da farli quasi uscire dalle orbite ma prima che potesse replicare – o magari saltarle alla gola – quella continuò, impassibile.
<< Non ho finito. Del tuo Riddle >> calcò facendole il verso << Me ne frega meno di zero, quindi non hai di che temere, anzi ti sarei grata se tu me lo tenessi fuori dalle scatole. Certo, probabilmente tu non sarei mai niente di più che un giocattolino per lui, ma non spetta a me disilluderti, no? >> domandò sarcastica.
Druella prese la bacchetta di ebano e con un gesto calmo e misurato la puntò all'altezza della gola di Roxanne. Le aveva dato della Serpe boriosa e non l'aveva ancora affatturata, ma nessuno poteva sminuire il sentimento che la legava a Tom, e di certo non quell'immondizia.
Roxanne parve sorpresa ma la sua mano saettò velocemente alla tasca - pronta ad armarsi a sua volta - quando una voce, fredda e controllata, paralizzò entrambe.
<< Che succede qui? >>
Druella si girò di scatto e il trovarsi accanto Riddle – bello come un dio greco e altrettanto impassibile – la sconvolse non poco. Immediatamente accantonò i suoi propositi di vendetta e sfoderò il suo sorriso più smagliante.
<< Tesoro! >> cinguettò stringendogli il braccio e fissando Roxanne con un'espressione compiaciuta, quasi sfidandola a fare altrettanto.
Si immaginava di leggere gelosia negli occhi della rivale, ma anche questa volta la reazione di Roxanne non fu quella aspettata. Guardava Riddle con malcelato disprezzo, come se fosse solo l'ennesima prova per i suoi nervi tesi.
<< Oh, Riddle tesoro! >> lo salutò con un tono così freddo ed ironico che per un attimo Druella pensò che lo odiasse. Poi si convinse che fosse solo l'ennesima strategia che quella sciacquetta usava per farsi desiderare dal suo Tom. << Perché non me lo dici tu che cosa diavolo succede? >> proseguì Roxanne. << Anzi, non dirmelo nemmeno, solo riprenditi questa pazza della tua amica e tornate da dove siete venuti! >>
Se fino a quel momento Roxanne aveva faticosamente mantenuto il controllo, sembrava che la vista di Riddle avesse dato il colpo di grazia alla sua pazienza. Tuttavia Druella non se ne preoccupò più di tanto: adesso che Tom era al suo fianco tutto sarebbe andato a posto e lui avrebbe certamente rimesso al suo posto quella pezzente. Ne contemplò i lineamenti, sempre saldamente ancorata al suo braccio: il viso che era un perfetto ovale incorniciato da serici riccioli, il naso dritto, la mascella squadrata e decisa, la pelle color avorio. Era così bello che avrebbe potuto fissarlo per ore, senza mai stancarsi.
Gli occhi di Tom si appuntarono sui suoi e Druella si sentì trafitta dal suo sguardo verde come da una marea di piccoli aghi. Una tortura dolce, che non fece che acuire il suo desiderio.
<< Vattene, Rosier. >> proferì con quel suo tono ipnotico.
Druella boccheggiò come se l'avesse schiaffeggiata.
<< Co-come? >> balbettò.
Doveva aver capito male. Era sicura che Tom l'avrebbe difesa: lui non avrebbe mai potuto preferire una schifosa Grifondoro a lei che era il fior fiore dell'élite stregonesca, lui non avrebbe mai...
<< Ti ho detto di tornare al nostro tavolo. >> ripeté scandendo bene le parole, come se si trovasse di fronte a un ritardato.
<< Ma... >> provò a ribattere, ancora troppo sconvolta per quello che stava avvenendo sotto i suoi stessi occhi.
<< Non lo dirò un'altra volta, Druella. >> e nel pronunciare queste parole la sua voce si velò di minaccia. << Sparisci >>
Fu quella parola, soffiata a un centimetro dalla sua faccia, a ridurle il cuore e l'orgoglio in tanti, minuscoli, pezzi. Gli occhi di Riddle erano due polle verdi, privi della benché minima gentilezza o del riguardo che era solito usare sempre con lei. No, per una volta poté vedere cosa celava davvero la sua anima, senza filtri e senza maschere: e quello che Druella vide fu solo un profondo e cocente disprezzo.
Fuggì dalla Sala perché non avrebbe mai permesso a nessuno di vederla scoppiare in lacrime. Era stata abituata fin da piccola a mantenere il controllo, sempre, in qualsiasi situazione, a celare i sentimenti così a fondo dentro di sé che a volte dimenticava persino di averli; eppure quella volta sapeva che tutta la sua disciplina non sarebbe bastata a nascondere la smorfia di dolore che le impazzava sul viso esangue.


                                                                                                ***

 

 

9 Novembre 1942 Corridoio del Primo Piano 

Stava praticamente correndo nel corridoio diretta verso l'aula di Storia, con Riddle che le correva dietro e lei che cercava disperatamente di ignorare il suono fastidioso della sua voce.
<< Quante volte devo ripeterti che non avevo idea che ti avrebbe fatto una scenata del genere prima che tu mi creda? >>
Roxanne si fermò di scatto e si girò verso Tom, le mani ancora strette a pugno e la voglia di affatturare quel cretino che le incendiava le vene.
<< Non mi importa un accidenti se te l'aspettavi o meno! Voglio solo che tu la smetta di tormentarmi! >> gli urlò a un tono di voce talmente alto che per un attimo temette che sarebbero venuti giù anche i muri.
Anche Riddle si era fermato e la fissava con il suo solito ghigno ironico.
<< Che linguaggio sboccato, Ro. Le brave bambine come te non dovrebbero usare certi termini. >>
Roxanne chiuse gli occhi, contando mentalmente fino a dieci e massaggiandosi la sella del naso. Un'altra settimana a fianco di Riddle e sarebbe stata ufficialmente pronta per il San Mungo.
Si convinse che quella di serrare le palpebre non era stata una buona idea quando, riaprendole, si trovò gli occhi di Tom a pochi centimetri di distanza.
<< Ro? >> la chiamò lieve e delicato. << Mi dispiace davvero, per prima. Sono intervenuto appena mi sono accorto di quanto la situazione fosse degenerata. >>
Aveva uno sguardo intenso e un'espressione di rammarico che era insolita vedere sul suo volto arrogante. Ma nonostante questo Roxanne non riusciva a non essere arrabbiata con lui e sapeva che il motivo non era solo la sfuriata di Druella.
<< Cosa ti aspetti, che ti dica grazie? >> gli domandò acida.
Tom parve un po' indispettito per la sua risposta fredda, ma nascose il disappunto dietro un sorriso ironico.
<< Be', dopotutto, se non ci fossi stato io la Rosier ti avrebbe affatturato... un po' di gratitudine potresti anche mostrarmela, Altgriff. >>
Il tono con cui aveva pronunciato quella frase era leggero come sempre ma l’aveva chiamata per cognome, non con quello stupido nomignolo che usava sempre e questo le fece intuire che si stava davvero innervosendo. Il fatto di riuscire a decifrare le sue espressioni così bene, la indispose ancora di più.
<< Mi sarei difesa. Non mi serve il tuo aiuto. >> disse secca.
<< Oh, ma davvero? Avreste duellato nella Sala Grande, davanti a tutti? Davvero astuto, i miei complimenti. >> la derise.
<< Invece è stato astuto far scappare Druella in lacrime? >> ribatté aggredendolo.
Ormai a separarli c'era appena la distanza di un passo, ma Riddle sembrava non essersene nemmeno accorto tanto la sua espressione era sorpresa.
<< Tu... sei arrabbiata con me per come ho trattato la Rosier? >> domandò con un tono da cui sprizzava incredulità.
<< Cosa? … No! >> esclamò Roxanne, arrossendo.
<< Sì, invece! >> la incalzò Tom mentre quella indietreggiava di un passo. << La Rosier ti punta una bacchetta alla gola e tu ti lamenti dei miei modi freddi! Sei... assurda >> terminò con un sussurro.
Roxanne chinò la testa, mortificata.
<< Non è così. >> replicò con voce vibrante. << Io disprezzo Druella e penso che sia stata un'idiota a comportarsi in un modo tanto infantile, ma mi disgusta ancora di più il modo con cui ti rapporti alle persone, Riddle. >> alzò il capo per fissarlo negli occhi, per assicurarsi che quelle parole si imprimessero ben bene nella sua mente. << Tratti tutti come se fossero degli schiavi: persino quelli che chiami “amici”, non sono niente di più che burattini di cui tu muovi i fili, si vede lontano un miglio che non ti importa niente di loro. Druella ha fatto una pazzia ma si è comportata così perché è innamorata: tu invece hai calpestato i suoi sentimenti senza provare un briciolo di rimorso, trattandola come se fosse un giocattolino che ha perso attrattive. Ma per te è normale: sfrutti le persone quando ti servono e poi li getti come stracci vecchi, senza pensare alle conseguenze. >>
Quando Roxanne ebbe concluso questa sua breve filippica notò che Riddle era impallidito.
<< Lasciami in pace, Tom. >> aggiunse dopo alcuni minuti di silenzio. << Non abbiamo più niente da dirci. >>
Riddle la fissò con uno sguardo indecifrabile.
<< Come vuoi, Altgriff. Non ti parlerò più fino a quando non sarai tu a cercarmi. >> disse prima di girarsi e dirigersi verso la direzione opposta.
Roxanne lo osservò allontanarsi e non poté non notare quanto rigida e tesa apparisse la sua postura. Con un sospiro cercò di scacciare le preoccupazioni dalla sua mente e si diresse a passo stanco a lezione.
La mattinata fu uno strazio. Al suo fianco Eloise non faceva che ringhiare improperi e perfino Sybil – che la conosceva meglio di chiunque altro – ebbe difficoltà a calmarla. Quanto ai professori sembrava che salmodiassero in una lingua arcana, tanto che per un attimo Roxanne temette di aver sbagliato aula e di essere finita ad Antiche Rune.
Il volto distrutto di Druella Rosier tornava ad affacciarsi alla sua mente, ad intervalli regolari di cinque minuti. Ed insieme ad esso sentiva l’incredula vocina di Riddle che le bisbigliava. “Ti dispiace per lei!” Roxanne cercò di scrollarsi di dosso quei pensieri, appuntando sul quaderno qualcosa a proposito di Ulrich il Grosso. Certo che non le dispiaceva per Druella. Non era così ingenua da ignorare che se avesse potuto quella megera l’avrebbe ripetutamente cruciata… eppure non riusciva a togliersi dalla testa la sua espressione quando Riddle le aveva intimato di andarsene. Era apparsa così… fragile, quasi stesse per esplodere in mille pezzi. Era stato solo per un attimo fugace, ma Roxanne era riuscita ad intravedere sotto i merletti e il trucco pesante il viso di una donna innamorata che veniva respinta in modo plateale, di fronte a tutti. Era tanto strano che in fondo in fondo provasse un po’ di pena per lei? Forse. Di sicuro non poteva sperare che quel sentimento fosse reciproco.
Per tutto il resto della giornata si trascinò come un autonoma, guardando con ansia l’orologio e le poche ore che la separavano dalla lezione nei sotterranei. Quell’anno Pozioni era con i Serpeverde e questo voleva dire che avrebbe di nuovo visto Druella, sempre che si sentisse abbastanza bene da venire a lezione.
Persa in quelle elucubrazioni, Roxanne fece quasi ritardo e fu una fra le ultime ad entrare in aula, tallonate da una scarmigliata Eloise e da una Sybil persino più nervosa del solito. I suoi occhi saettarono subito verso il posto di solito occupato da Druella – immaginando di trovarlo vuoto – e rimase invece stupita nel vedere la ragazza seduta al banco, con il calderone già acceso e gli ingredienti ordinatamente disposti. Solo la sua espressione più rigida del solito tradiva il suo stato d’animo.
Roxanne si affrettò a prendere posto, senza guardare più nella sua direzione. Il professor Lumacorno entrò due minuti dopo e, gettata un’occhiata distratta alla classe e soffermatosi sui suoi “preferiti”, annunciò gongolante:
<< Molto bene, ragazzi! Oggi come promesso, prepareremo una pozione molto complicata: ho bisogno della vostra massima attenzione! >>
Roxanne sbuffò, attenta a non farsi vedere. Su quella non poteva proprio contare.
<< Avete un’ora e mezzo di tempo per preparare un Distillato della Morte Vivente (2) decente, inutile che vi dica che serve una certa maestria… in modo particolare mi piacerebbe evitare che rendeste l’effetto… come dire… permanente. >> affermò ammiccando. << Bene, iniziate! >>
Alla lavagna apparvero le istruzioni e Roxanne cercò di concentrarsi. A poco a poco sentì che la tensione accumulata nelle spalle si scioglieva, mentre liberava la mente dalle preoccupazioni. Le lezioni di Lumacorno le piacevano veramente e quella pozione la affascinava in modo particolare per la cura meticolosa che richiedeva: dosare esattamente gli ingredienti, coordinare i movimenti, contare i secondi scandendo il tempo. Era una sfida che accoglieva con gioia perché le consentiva di relegare Druella e Riddle in un piccolo angolo della sua mente.
Leggendo la quarta riga Roxanne notò che le mancava il fegato di drago e si alzò dal banco per andarlo a prendere nell’armadio. Passando, bisbigliò un suggerimento a una Eloise che non faceva che massaggiarsi gli occhi, arrossati dal fumo nerastro che fuoriusciva dal suo calderone al posto della nebbiolina bluastra che avrebbe dovuto esalare se non avesse aggiunto i peli di Snaso al posto di quelli di unicorno.
Nel sedersi di nuovo al suo posto le parve di udire uno scalpiccio alle sue spalle ma scosse la testa, pensando di essere diventata eccessivamente paranoica e tornò a dedicarsi alla sua pozione. Non le ci volle molto per capire che qualcosa non andava. Era sicura di aver seguito tutti i passaggi nel modo corretto, eppure la sostanza nel calderone sarebbe dovuta essere liquida, quasi impalpabile, mentre nel suo caso si coagulava scoppiettando in bolla violacee di sospetta natura. Provò ad abbassare la temperatura della fiamma e per un po’ si convinse di aver risolto il problema, ma poco dopo la sua pozione si aggrumò, fino quasi a diventare una massa compatta.
<< Professore, mi scusi, credo che avrei bisogno di un consig… >> non riuscì a finire la frase perché un rombo assordante le colpì le orecchie.
Osservò come al rallentatore la sua pozione che esplodeva, il liquido violaceo che le aderiva ai vestiti e alla pelle. Si chiese come fosse possibile una cosa simile, visto che in quattro anni di lezioni non aveva mai fatto partire neanche la più piccola scintilla, visto quanto era stata attenta… poi arrivò il dolore e, semplicemente, smise di pensare.

 

 

 

 

Note:


1. Piton alla sua prima lezione, citazione di “Harry Potter e la Pietra Filosofale”
 2. Il "Distillato della Morte Vivente" provoca un sonno simile alla morte, le funzioni vitali rallentano al punto che sembra che cessino. 

 

 

 

 

Ciao a tutti!

L'università è rincominciata per cui se rispondo o aggiorno un po' dopo, non temete, è tutto nella norma!! ^^
In questo capitolo c'è uno dei rari pov di Druella: ad alcuni di voi piace come personaggio, altri già la odiano.. spero almeno di avervi fatto comprendere un po' meglio la sua mente contorta! Tom e Rox si sono rincontrati e hanno di nuovo litigato, non temete non è un litigio definitivo, anzi Tom svolgerà una parte importante nel prossimo episodio (nel quale spiegherò anche quello che è successo a Rox)

Un ringraziamento speciale va a Erodiade, HamletAngelus, kurioone, Morgana_D, Cassandra Turner, Phoebe_Riddle, Bsky89 e Latis Lensherr che hanno commentato lo scorso capitolo. Mi date la carica con i vostri commenti, davvero!

Molte di voi mi scrivono di essere innamorate di Riddle, per cui mi permetto di consigliarvi alcune ff su di lui che seguo con molto interesse. Per il pairing Riddle/Nuovo Personaggio suggerisco assolutamente “Dove ci sei tu, ecco, questa è casa mia” di Latis Lensherr (anche se penso che la maggior parte di voi lo conosca già ^^ ) e “Cuore di ossidiana” di Morgana_D.
Un grosso saluto e un bacio!
Ely

 

 

 

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Capitolo 9
*** Una goccia di veleno ***


   







                                    Una goccia di veleno

 

 

 

 

Rimase in silenzio a meditare sugli abissi
nei quali le ragazze possono sprofondare
per amor di vendetta. (1)

 
 

 

9 Novembre 1942 Aula di Pozioni, Sotterranei

 Nell’aula di Pozioni scoppiò il caos. Un rumore di sedie spostate e di mormorii indistinti le giunse alle orecchie, ma il tutto era coperto da urlo acuto e penetrante che le squassava i timpani. Sentì la voce di Lumacorno – ovattata come se provenisse da un’altra galassia – che invitava gli studenti a mantenere la calma. Ci mise un po’ per capire che quel grido acuto proveniva dalla sua gola.
Le pareva di galleggiare in un mare di lava ed il bruciore era insostenibile. Avvertiva distintamente ogni nervo andare a fuoco, senza riuscire a ribellarsi. Perse il controllo del suo corpo al punto di non saper più dire dove si trovasse, anche se il freddo alla schiena le suggerì che probabilmente era stesa sul pavimento. Desiderava aprire gli occhi per capire cosa stesse succedendo ma era come se una cortina di tenebre fosse calata sulle sue palpebre e quel buio si diradava solo quando le fitte tornavano a straziarle la carne e sprazzi di rosso e di bianco le invadevano la retina.
Uno scalpiccio attrasse momentaneamente la sua attenzione, prima che una nuova stilettata di dolore le facesse contrarre il volto in una smorfia. Una parte del suo cervello si sforzava di mantenersi lucida e di analizzare i pochi indizi che aveva a disposizione. Il rumore di passi si fece più forte e Roxanne intuì che si trattava di Lumacorno che esaminava il calderone, probabilmente cercando di capire cosa aveva potuto produrre quel risultato disastroso. Era una domanda alla quale Roxanne avrebbe disperatamente voluto poter dare una risposta. Nei pochi istanti di lucidità fra una fitta e l’altra, fra un urlo e l’altro, il suo cervello ripercorreva febbrile gli ingredienti che aveva versato nel calderone, senza riuscire a trovare cosa poteva aver innescato quella reazione esplosiva.
<< Che cos’è questo odore? >>
La voce era fioca e distorta, Roxanne pensò che appartenesse al professore ma non ne era affatto sicura. Non era sicura di niente se non delle fiamme che le divoravano la pelle.
Delle mani le strinsero i polsi in una morsa e lei cercò di divincolarsi, contorcendo il corpo in pose grottesche.
<< Aiutami a tenerla ferma! >>
La voce era vicina, quasi sopra il suo orecchio. Poi qualcosa le premette sulle spalle e la sua forza era tale che Roxanne non riuscì più a muovere un muscolo. Le liberarono le mani, ma fu solo per un secondo, poi i suoi polsi furono di nuovo imprigionati in una prese ferrea.
<< Smettila di farti del male, Rox! >> urlò una voce rauca e ruvida.
Farsi del male? Cosa stava dicendo? Non era stata lei a ferirsi, era quel fuoco che bruciava incessantemente… cercò di liberare le mani e solo allora intuì che prima che la immobilizzassero si era graffiata la pelle, nel vano tentativo di togliere quella sostanza appiccicosa come melassa che la ricopriva.
<< Ci siamo noi, Rox. Va tutto bene, va tutto bene… >> mormorò una voce delicata, ma nonostante le parole rassicuranti, Roxanne intuì che era intrisa di lacrime.
Poi la voce che aveva parlato per prima iniziò a cantilenare quello che pareva un incantesimo e dopo alcuni secondi Roxanne sentì che il dolore diminuiva impercettibilmente. Il bruciore era ancora lì e le sembrava che le stessero trafiggendo la carne con mille aghi acuminati, ma era una sofferenza più circoscritta e sopportabile. Cercò di rilassare gli arti contratti e con stupore scoprì che il corpo rispondeva almeno in parte ai suoi comandi. Chiuse le labbra e finalmente quel grido acuto e lamentoso si interruppe, lasciandolo spossata come se avesse corso per ore e ore.
<< Accompagnala in infermeria: non c’è altro che io passa fare per arginare gli effetti del veleno. >>
<< Ci penso io, professore. Sarò lì in un lampo. >>
<< Voi due restate qui, invece. Potrete andarla a trovare dopo…>>
La presa si allentò e poco dopo Roxanne si sentì sollevare senza nessuno sforzo apparente. Tentò di aprire gli occhi, ma aveva la testa rovesciata e non vide che ombre sfuocate che le fecero venire la nausea. Serrò le palpebre sentendosi sempre più debole e agognando di sprofondare nell’incoscienza.
Capì che si stavano muovendo quando udì il rumore della porta che si apriva. Chiunque fosse la persona che la stava trasportando, la chiuse con uno scatto secco ma non fu abbastanza veloce da evitare che una risata stridula e agghiacciante risuonasse nell’aria. Era piena di un gelido trionfo e per un attimo Roxanne si chiese chi mai avrebbe potuto gioire di una situazione simile. Un nome le si affacciò alla mente, ma svanì prima che potesse inquadrarlo, confusa com’era dalle convulsioni sporadiche che ancora le facevano tremare le membra.
<< Che cosa stai facendo?... Ro? >>
Udì quella voce e nonostante lo stato di semi-incoscienza un brivido le attraversò la nuca. Non c’erano dubbi su chi fosse stato a parlare.
<< Gira al largo, Riddle. Devo portarla in infermeria >>
<< Che le è successo, Rubeus? Parla prima che ti schianti! >>
Tom sembrava agitato e Roxanne registrò distrattamente il nome della persona che la stava trasportando: se mai si fosse ripresa avrebbe dovuto ringraziare Hagrid.
<< Fatti gli affari tuoi. E adesso spostati: sta già abbastanza male, senza che tu mi faccia perdere altro tempo. >>
Hagrid probabilmente l’aveva mossa per allontanarla da Riddle, perché Roxanne si sentiva sballottata come un sacco di patate. Per un attimo vide dei puntini davanti agli occhi e credette di stare per perdere i sensi.
Poi un dolore che faceva impallidire quello che aveva provato fino ad allora le piombò addosso.
Urlò, dimenandosi come non aveva mai fatto e le dita scattarono a serrarsi intorno alla gola. Un fuoco vi bruciava dentro, ustionando il palato e tormentando la lingua gonfia e incollata alle gengive. Non aveva mai provato niente di simile e non credeva di essere abbastanza forte da sopportarlo.
Pensò distrattamente che mentre urlava doveva aver ingerito per sbaglio una parte della pozione e che essa adesso la stesse corrodendo dall’interno.
<< …lasciala…>>
<< Non… tu… stalle lontano…>>
Udiva solo frammenti di conversazione, ma non aveva tempo di preoccuparsi. Tutti i suoi sforzi erano tesi a far entrare l’aria nei polmoni, un’operazione che richiedeva ogni briciola della sua volontà perché era come accogliere aria rovente e ogni respiro era un’agonia.
<< ….pezzo di deficiente…. mettila giù…>>
Un rumore strano, quasi di colluttazione.
<< Spostati, troll malriuscito… non vedi che sta soffocando? >>
Quel tono così astioso e colmo di rabbia non sembrava nemmeno quello freddo e pacato di Riddle. Roxanne cercò di concentrarsi sul suono delle loro voci, perché temeva di impazzire se si fosse soffermata troppo sul dolore che le scavava la gola.
Avvertì un tocco fresco a contatto con la pelle e per un meraviglioso istante riuscì persino a sentirsi sollevata. Delle dita le scivolarono sulla guancia in una lenta carezza, così delicate e attente da farla sentire al sicuro.
Poi un macigno tornò a comprimerle i polmoni, la lingua le divenne talmente gonfia da ostruirle la gola e seppe con agghiacciante certezza che Riddle aveva ragione e che sarebbe morta soffocata.
Fu quasi un sollievo perché almeno si sarebbe tutto concluso.
<< Anapneo! >>
Fu una parola mormorata con gelida determinazione, ma le sembrò che la morsa che le comprimeva il petto si allentasse un po’. Tossì, sputando un liquido che aveva il sapore ferroso del sangue e le mani si spostarono dal suo viso al petto, comprimendole la cassa toracica. Qualcosa di morbido le si posò sulle labbra, insufflando aria e spingendola giù lungo la gola scorticata. Poi ci fu uno schianto secco e le mani lasciarono la loro presa.
Infine sentì sopraggiungere la tanto agognata incoscienza e tutto divenne buio.
 

 
                                                                                                      
***
 

 
12 Novembre 1942 Infermeria, Terzo Piano

 La prima cosa che Roxanne vide quando riprese coscienza fu il dorato. Sgranò gli occhi, incerta, e due iridi incredibilmente celesti ricambiarono il suo sguardo spaurito.
Sybil.
Provò a pronunciare il suo nome ma non le uscì che un suono indistinto a metà strada fra un gemito e un miagolio.
<< Non sforzati, Rox ! >> la riprese subito quella, muovendo i boccoli biondi che le solleticarono il viso. << La signora Goodkniss ha detto che non potrai parlare ancora per qualche giorno… ma non preoccuparti, ti ristabilirai del tutto! >> si affrettò ad aggiungere, con un sorriso gentile.
Roxanne portò una mano alla gola, avvertendo uno spiacevole pizzicore. Per un attimo il dubbio che Sybil le stesse mentendo e le sue condizioni fossero molto peggiori le attraversò la mente, ma poi fissò i suoi occhi schietti e fiduciosi e pensò che l’amica non le avrebbe mai nascosto la verità su una cosa del genere.
Cercò di sollevarsi e Sybil l’aiutò, sprimacciandole i cuscini dietro la schiena e sostenendola. Si sentiva debole come un uccellino e anche il minimo movimento le costava una fatica immensa.
Tentò di riordinare i pensieri, ma i ricordi erano solo un ammasso confuso. Era andata a lezione… aveva iniziato a preparare il Distillato della Morte Vivente…
<< Immagino che tu voglia sapere cosa è successo. >> disse con delicatezza Sybil, leggendo nella sua espressione assorta.
Roxanne annuì, grata per la sensibilità dell’amica. La vide torturarsi le mani ed esitare per un attimo, probabilmente alla ricerca del modo meno doloroso per raccontarle la vicenda. Le sorrise, come per incitarla.
<< Qualcuno ha inserito un ingrediente in più nella tua pozione. >> disse tutto di un fiato. << Un ingrediente che non avrebbe dovuto… che non c’entrava niente con il compito di Lumacorno. >>
Roxanne deglutì, sforzandosi di mantenersi impassibile.
<< Del veleno. >> chiarì Sybil studiando attentamente la sua reazione. << Del veleno di Acromantula. Lumacorno ha spiegato che ha un alto potenziale esplosivo se entra in contatto con i crini di unicorno. >>
Roxanne spalancò la bocca e la fissò, certa di non aver capito bene. Sapeva cosa erano le Acromantule perché era incappata in una loro immagine nel libro di Cura delle Creature Magiche e il loro aspetto nauseante l’aveva talmente incuriosita che aveva letto il trafiletto della loro descrizione. Erano classificate come creature pericolose di Classe A e il loro veleno era pericolosissimo: era talmente corrosivo che si diceva che bastasse una goccia a fondere una pepita d’oro.
Le sue mani scattarono al viso e alle fasciature che le coprivano il petto. Quel liquido le era esploso addosso e Roxanne si ritrovò a combattere con l’orrore di temere per il proprio aspetto. E se fosse rimasta orrendamente sfigurata? Iniziò a disfare le bende, con gesti febbrili.
<< Rox, no! >> cercò di bloccarla Sybil. << Che stai facendo? >> le chiese stringendole le mani.
Non poteva parlare ma i suoi occhi le comunicarono tutta la sua angoscia.
<< Va tutto bene, va tutto bene. >> le ripeté, abbracciandola delicatamente, per non farle male. << Era un quantitativo minimo e il professor Lumacorno è intervenuto subito… Tornerai come prima, Rox. >>
Sospirò di sollievo e tornò ad adagiarsi sui cuscini. Il veleno di Acromantula era molto difficile da ottenere – quelle creature avevano la tendenza ad uccidere i maghi che provavano ad estrarlo – e di conseguenza molto costoso. Chi mai poteva avergliene messo nel calderone? Chi la odiava al tal punto da arrivare quasi a sfigurarla per sempre se non addirittura ucciderla?
Un nome le balenò subito alla mente.
<< Non sappiamo ancora bene come sia successo. >> proseguì Sybil dopo essersi assicurata che l’amica si fosse calmata. << Immagino… immagino che sia stato quando ti sei alzata, ma c’era così tanto fumo e tutti erano concentrati sulle loro pozioni… Nessuno ha visto niente… >>
Druella.
Non c’era bisogno di vedere alcunché: solo lei poteva essere così pazza da arrivare a un gesto del genere.
<< So cosa stai pensando, l’abbiamo pensato tutti. E l’abbiamo accusata, ma lei ha negato e non c’erano prove… >>
Sybil parlava sempre più velocemente e le sue affannose spiegazioni intenerirono un po’ Roxanne anche se sapere che Druella non sarebbe nemmeno stata punita dopo quello che le aveva fatto le lasciò l’amaro in bocca.
Posò una mano su quella di Sybil, scuotendo la testa. “Non importa. Non è colpa tua
Sperò che l’amica recepisse il messaggio, non poter parlare era dannatamente fastidioso. Solo allora fu colta da uno strano pensiero.
Provò a mimare una frangia corta e indicò Sybil, sperando che questa decifrasse i suoi goffi tentativi di comunicazione. Syb la fissò spaesata e le ci volle un po’ per capire che stava parlando di Eloise.
<< Oh… ecco… >> riprese a torturarsi le dita e Roxanne capì non c’era niente di buono in arrivo. << Lei sarebbe voluta venire qui con me, naturalmente, ma non ha potuto perché è… in punizione. >> concluse guardandola di sottecchi e arrossendo.
In punizione?
Questa volta bastò la sua faccia perplessa perché Sybil intuisse che voleva delle spiegazioni.
<< Be’ vedi… non c’erano prove per accusare Druella ma Eloise era convinta che fosse stata lei e non fosse giusto che la passasse liscia…l’ha praticamente aggredita in corridoio ed hanno iniziato a duellare. I professori sono intervenuti quasi subito e Isy non si è fatta niente, solo qualche graffio. Druella invece… si è beccata una fattura Orcovolante in piena faccia e penso sia stato un bel po’ doloroso. Poi è intervenuto anche Sept >> le bastò pronunciare quel nome perché i suoi occhi brillassero di una luce di entusiasmo. << e uno schiantesimo l’ha beccata in pieno petto. Penso che Eloise avrebbe voluto infierire con una Pastoia Total Body, ma sono intervenuti la Gaiamens e Lumacorno e non sai che sfuriata terribile… Per un attimo ho temuto che li volessero espellere. >> concluse con un sorrisino tirato.
Roxanne sapeva che avrebbe dovuto dispiacersi per la punizione e per il comportamento puerile dei suoi amici… tuttavia faticava a reprimere il sorrisetto di soddisfazione che le affiorava alle labbra.
Che cosa è successo dopo? Si sforzò di mimare con le dita.
<< Dopo che la pozione è esplosa? >> chiese Sybil.
Roxanne annuì.
<< Un putiferio. >> rispose semplicemente. << Sono tutti schizzati in piedi sui banchi e il professore ha fatto una faccia… poi tu hai iniziato ad urlare. >> il viso di Sybil si contrasse in una smorfia e Roxanne capì che doveva essersi veramente spaventata. Il ricordo del dolore, vivido e fresco nella sua mente le provocò una fitta di panico. << Ti sei accasciata a terra e il professore si è precipitato ad esaminare il calderone. Ha capito subito che qualcosa non andava perché nell’aria c’era un odore strano… come di zolfo e nessuno degli ingredienti che avevi sul banco puzzava così. Comunque ha cercato di tenerti ferma.>> Sybil si interruppe con un singhiozzo e chinò la testa, per nasconderle la sua espressione. << Ma tu ti dimenavi così tanto, Rox, che non ci riusciva… allora è intervenuto Hagrid: ti ha afferrato, noncurante di toccare il liquido che ti impregnava i vestiti e anche se cercava di nasconderlo si vedeva che soffriva. Lumacorno gli ha intimato di mettersi i guanti di pelle di drago ma lui ha risposto che non ce n’era bisogno e che aveva la pelle dura. Poi il professore ha mormorato un incantesimo – non so bene di cosa si trattasse – e tu ti sei calmata un po’. Hagrid si è offerto di portarti in infermeria… Saremmo volute venire anche noi, io e Isy, ma Lumacorno ha detto che non era il caso, che potevamo raggiungerti dopo e che non eri in pericolo di vita…. Isy era così pallida e io… io…>>
La voce di Sybil si spezzò e Roxanne notò che delle lacrime silenziose stavano bagnando i suoi pugni contratti. Si avvicinò – per quanto le bende strette glielo consentissero – e le sollevò il mento, confusa.
<< Oh, Rox! >> singhiozzò questa, saltandole quasi addosso. << Io non ho fatto niente! Non ti sono stata di nessun aiuto, sono rimasta lì a guardare, mentre tu soffrivi in quel modo… >>
Roxanne non sapeva più se le veniva da ridere o da piangere. Era commossa dal senso di colpa dell’amica, ma sapeva di doversi mostrare dura e decisa. Scosse la testa, fissandola con uno sguardo di ammonimento.
Non voglio più sentire questi discorsi. Non avresti potuto fare niente.
Le ci volle un sacco di tempo a far capire questo messaggio e alla fine si ritrovarono a ridere come due idiote, per le frasi senza senso che Sybil aveva decodificato, prima di capire davvero il significato di quello che le mimava Roxanne.
Quest’ultima sospirò e il sorriso le morì in faccia mentre pensava a un’altra questione che avrebbe voluto porre all’amica.
E Tom?
Anche dopo aver intuito la domanda Sybil la fissò confusa.
<< Non credo che sia venuto a trovarti, ma posso chiedere alla Signora Goodkniss…>>
Roxanne scosse il capo.
Ho sentito la sua voce… mentre Hagrid mi trasportava.
Questa volta Sybil capì quasi subito, forse perché si stavano abituando a quello strano modo di comunicare.
<< Non so che dirti, Rox. Hagrid non mi ha detto niente al riguardo, forse dovresti chiedere a lui. Adesso non c’è perché è andato in gita ad Hogsmede insieme agli altri, ma quando torna gli dirò di fare un salto a salutarti, ok? >>
La gita ad Hogsmede? Roxanne si accorse con un sussulto di essere rimasta incosciente per tre giorni. Poi capì che l’amica aveva rinunciato ad uscire dal castello per starle accanto e le sorrise, grata.
Possibile che se la fosse solo immaginata la voce di Riddle? Merlino, se era così il trauma doveva essere stato molto più profondo di quello che credeva…
Avrebbe voluto rivolgere altre domande a Sybil – ne aveva circa un milione che le ronzavano in testa – ma la signora Goodkniss apparve con un cipiglio minaccioso e le mani sui fianchi, abbaiando qualcosa a proposito di un orario delle visite ampiamente superato e della necessità di assoluto riposo per i suoi pazienti.
Sybil la salutò con un sorrisino di scusa e Roxanne tornò a distendersi nel letto, piombando poco dopo nell’incoscienza.

 

 
                                                                                                  ***

 

12 Novembre 1942 un sordido vicolo di Hogsmeade

 

C’era un negozio ad Hogsmeade di cui i più ignoravano l’esistenza. Era un bugigattolo incuneato fra una boutique di abbigliamento che nessuno frequentava perché c’erano vesti da mago vecchie di secoli e una bettola dall’aria così malconcia da scoraggiare eventuali visitatori ( per non parlare del lezzo che la diceva lunga sulle sue condizioni igieniche). L’insegna del negozio recitava “Magie Sinister” e sotto più in piccolo vi era la scritta “filiale”.
Tom Riddle controllò che il cappuccio gli coprisse bene la faccia e gettò un’occhiata alla strada stretta e fangosa. Non c’era nessuno. Spinse la porta che si aprì in un cigolio sinistro e aspettò che i suoi occhi si abituassero alla luce fioca del locale.
L’interno era persino più polveroso e malmesso di quanto ricordava. Riddle si aggirò fra le bacheche che esibiva oggetti rari o semplicemente assurdi, pericolosi o meri specchi per le allodole per clienti creduloni. Il suo sguardo fu attratto da una coppa che aveva la pretesa di essere niente meno che l’emblema della Casa Tassorosso, ma persino i suoi occhi inesperti intuirono subito che si trattava di un falso grossolano. Sbuffò, sollevando un nugolo di polvere e si diresse rapidamente verso una saletta interna, ancora più minuscola e troneggiata da un’enorme libreria che dava l’aria di essere sul punto di crollare da un momento all’altro.
Tom cercò di reprimere una smorfia di fastidio nel constatare di non essere il solo nella stanza: un energumeno di più di due metri – nascosto da un orrido pastrano sdrucito – consultava con meticolosa attenzione il quinto scaffale, borbottando fra sé. Lo sconosciuto era girato di schiena e non l’aveva ancora visto, tutto intento a sfogliare dei libri nel reparto delle Creature Magiche. Riddle esitò, chiedendosi se fosse il caso di fare dietrofront e ripassare più tardi, augurandosi di trovare il negozio deserto. Poi pensò che non fosse il caso di perdere tempo e che non poteva essere sicuro che l’occasione si ripresentasse. Calò ancora di più il cappuccio sugli occhi e si avvicinò al settimo scaffale della terza fila a sinistra. Non era la prima volta che veniva in quel posto e sapeva bene dove cercare ciò di cui aveva bisogno.
Il libro che gli interessava era vecchio e sembrava sul punto di cadere in mille pezzi. Riddle lo estrasse con attenzione dal ripiano e lesse le lettere sbiadite del titolo. “Frammenti del diario di Salazar Serpeverde” a cura di Ugolina Brechte. Lo nascose sotto il mantello e si diresse verso la cassa, gettando un’occhiata distratta al gigante con il pastrano. Stava ancora borbottando parole incomprensibili e sembrava non essersi accorto di niente. Con un sorrisetto di soddisfazione Tom si diresse verso il proprietario del locale.
Ludovic Sinister (2) era socio del signor Burke che gestiva l’attività principale a Notturn Alley. I punti in comune fra i due erano molti, a partire dall’incipiente calvizie e dalla voce rauca e gracchiante.
<< Quanto viene questo? >> domandò mostrandogli il diario.
Quello si sistemò gli occhiali sul naso prima di gettargli un’occhiata attenta. Scrutò il suo interlocutore e il viso gli si aprì in un ghigno, che forse nelle sue intenzioni doveva assomigliare a un sorriso.
<< Interessato alla storia dei Fondatori, ragazzo? >>
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Una zaffata del suo fiato rancido gli solleticò le narici, ma Riddle non lasciò trasparire minimamente il disgusto.
<< Proprio così, signore. >> rispose educato.
<< Be’ si tratta di un pezzo unico… Non so se potrai permetterlo. Ma ci sono molte biografie, alcune molto curate, che potrebbero fare al caso tuo… >>
<< No, grazie. È questo che voglio. >> replicò Riddle con voce decisa.
Il commesso annuì.
<< In questo caso fanno cinquanta galeoni. >>
Era una somma spropositata e Tom – con quella miseria che gli passava il fondo per studenti – non avrebbe potuto permetterselo nemmeno se avesse messo da parte i soldi per una trentina d’anni.
La frustrazione gli fece inarcare un sopracciglio, ma quello fu l’unico segno esteriore della rabbia che lo divorava dentro.
<< Non li ho, signore. >> rispose contrito, osservando con astio il viso di Sinister che si atteggiava in una smorfia fintamente dispiaciuta.
<< Be’ lo immaginavo, ragazzo. Ma che ci vuoi fare, è un pezzo unico: credo che siano state stampate una decina di copie in tutto il mondo. >> asserì fregandosi le mani, con aria compiaciuta.
Riddle sorrise. I suoi denti bianchi brillarono nell’ambiente asfittico e cupo del locale, le labbra rosse si arricciarono all’insù. Chinò appena la testa, lanciando un’occhiata diretta e disarmante al commesso, in quella che sapeva essere una delle sue pose più riuscite.
<< Ho davvero bisogno di questo libro. Non potrebbe abbassare il prezzo, per questa volta? >>
La voce era calda e suadente, modulata alla perfezione. Solo un osservatore molto attento avrebbe notato un bagliore sinistro nel suo sguardo.
Ludovic Sinister rimase per un attimo imbambolato e lo scrutò attentamente – come se avesse di fronte un oggetto che si è in dubbio sull’acquistare o meno – prima di rispondere:
<< Non posso modificare il prezzo della mia merce. >>
Tom rimase impassibile ma il suo sguardo abbracciò di nuovo il locale. Voleva quel diario e l’avrebbe preso. Avrebbe potuto schiantare Sinister e modificargli la memoria con un Oblivion: l’aveva già fatto in passato ed era molto abile in quel tipo di magia. L’unico problema era il tizio intento a leggere i libri: avrebbe dovuto mettere fuori gioco anche lui e doveva curarsi che non facesse troppo rumore o l’intera popolazione magica di Hogsmeade gli sarebbe corsa alle calcagna. La sua mano corse alla bacchetta, preparandosi a sfoderarla.
<< Ma forse potremo raggiungere un accordo. >>
Quelle parole interruppero il flusso dei suoi pensieri. Tornò ad appuntare il suo sguardo sul viso aguzzo di Sinister, incuriosito.
<< Qual è il tuo nome, ragazzo? >>
Tom si irrigidì.
<< Non credo che abbia importanza, signore. >> rispose sostenuto.
Sinister ridacchiò.
<< Credevo che tu volessi quel diario. >> Tom non rispose, fissandolo freddamente. << Il nome. E non mentirmi: mi accorgerò se lo farai. >>
Esitò ancora per un attimo, soppesando il commesso e decidendosi infine a rivelare la sua identità. Dopotutto niente gli vietava di cancellargli la memoria se quello che gli avesse proposto non gli fosse andato a genio.
<< Tom Riddle. >>
<< Tom Riddle. >> ripeté Sinister, schioccando le labbra. << Il nome deve essere l’unica cosa banale che c’è in te, dico bene Tom? >>
Questa volta il sorrisetto di condiscendenza di Riddle non riuscì a mascherare l’irritazione che provava. Avere il nome di uno sporco Babbano era qualcosa che faceva ancora fatica a digerire.
<< Sei uno strano ragazzo. Anche se sei tutto imbacuccato si intuisce che sei alto e ben fatto e hai un viso che rimane impresso, senza dubbio. Per non parlare della voce >> proseguì ammiccando, assolutamente ignaro che la mano di Riddle tremava dalla voglia di puntargli la bacchetta alla gola. << Se avessi io il tuo timbro, ragazzo, avrei il doppio dei clienti! Il che ci porta alla mia proposta: lavora per me, Tom, e avrai quel libro gratis. >>
Riddle ponderò bene le parole prima di rispondere:
<< Non posso. Devo finire di studiare ad Hogwarts. >>
Sinister ridacchiò di nuovo, per niente avvilito.
<< Posso aspettare, ragazzo. So essere paziente quando ho di fronte un buon affare. >>
Riddle immaginò se stesso fra un paio di anni, dietro quel bancone polveroso, a vendere cianfrusaglie a maghi di dubbia moralità. Come poteva lui – che era l’erede di Salazar Serpeverde – ridursi a una mansione così umile?
<< So cosa stai pensando. Non ti sembra molto allettante, eh? >> chiese Sinister fissandolo dritto negli occhi. << A Notturn Alley ho un altro negozio, molto più grande e rifornito di questo: potresti lavorare lì, il mio socio sarebbe d’accordo. Non sarà per sempre: ti chiedo due anni. Due anni di lavoro senza ricevere lo stipendio, salvo vitto e alloggio naturalmente, e poi potrai andartene se non ti va o chiedere di essere assunto regolarmente. Molti maghi oscuri sono nostri clienti: potresti conoscere persone importanti. Allora, che ne dici? >>
<< Accetto. >> acconsentì dopo aver riflettuto per un attimo.
Le labbra di Sinister si aprirono in un ghigno che mise in mostra i denti marci.
<< Qua la mano, ragazzo. >> gli disse allungando le falangi ossute. << Potrei chiederti di stipulare un Voto Infrangibile, ma preferisco fidarmi. Tuttavia non mi dimenticherò di te, Tom Riddle. >> concluse con un tono di lieve minaccia.
<< Sono al quinto anno, signore. Dopo aver conseguito il mio MAGO lavorerò per voi. >> confermò Riddle con tono rassicurante. “Se mi farà comodo” pensò fra sé, senza aggiungere altro.
<< Molto bene. Allora…>> iniziò Sinister, senza riuscire a finire la frase.
<< Che, si può avere un sconto? >> lo interruppe l’energumeno avanzando ad ampi passi traballanti e stringendo un tomo ingiallito fra le dita grassocce.
Incespicò nei suoi stessi piedi e Riddle dovette tirarsi indietro per evitare di essere schiacciato dalla sua notevole massa corporea. Il libro rovinò a terra con un rumore sordo, mentre il tizio riusciva ad evitare l’impatto con il terreno per un soffio, riacquistando all’ultimo l’equilibrio. Alzò la testa e –anche nel buio del locale – Tom ne scorse i lineamenti per un lungo, interminabile istante.
<< Rubeus? >>
<< Riddle? >>
Mormorarono all’unisono, con lo stesso, palese disgusto.
<< Che ci fai tu qui? >> chiese Hagrid.
<< Potrei farti la stessa domanda. >> rispose questo massaggiandosi la mascella, sulla quale spiccava ancora un livido violaceo.
Si chinò per raccogliere il libro che era caduto ai suoi piedi e nell’osservare la pagina che si era aperta il suo corpo istintivamente si irrigidì. Sul foglio spiccava l’immagine di un ragno gigantesco con un chiostro di chele e un nugolo di occhietti rossastri a ricoprire il muso peloso. Quello che Riddle aveva sotto il suo sguardo era indubbiamente il disegno di un’Acromantula.
Roxanne.
In un flash improvviso rivide il suo volto distorto dal dolore, le mani pallide che artigliavano la giacca di Hagrid quasi volessero strapparla. La testa reclinata all’indietro, le labbra tirate in una smorfia di agonia. Solitamente la sofferenza lo eccitava, ma quella volta…
Cercò di riscuotersi perché non aveva tempo per indugiare in queste sciocchezze: non importava se lo stomaco gli si era d’improvviso chiuso in una morsa o se gli pareva che qualcosa gli pungolasse le viscere dall’interno. Aveva il diario, doveva andarsene.
Anche se…Roxanne…
<< Da’ qua, Riddle. >> disse burbero Hagrid, allungando la mano.
Per un attimo si studiarono in silenzio e Tom notò che le orecchie di Rubeus erano sul punto di andare fuoco. Ad Hogwarts era di dominio pubblico la sua malsana passione per le creature più ributtanti ma probabilmente temeva di essersi messo nei guai a farsi vedere in un posto del genere.
<< Acromantule? >> domandò Riddle, divertendosi a metterlo in difficoltà.
Hagrid spostò il peso da una gamba all’altra.
<< Sì. Ho iniziato a darci un’occhiata da quando è successa quella cosa a Rox. >> rispose sulla difensiva. La morsa allo stomaco di Riddle si fece più serrata, ma lui non vi badò. << Comunque sono animali interessanti. Mica è colpa loro, se i maghi ci rubano il veleno e ci fanno le loro porcherie. >>
Riddle non si curò di contraddirlo, porgendogli il libro e salutando freddamente Sinister, che aveva assistito a quello scambio di battute senza battere ciglio.
Si chiuse la porta alle spalle, il vocione roco di Hagrid che gli risuonava ancora nelle orecchie, mentre chiedeva di nuovo una riduzione del prezzo.
Stupido bestione. Per lo meno fino a quel momento era stato capace di tenere la bocca chiusa. Non ci teneva affatto che i suoi amici sapessero la parte che aveva avuto nel salvataggio di Roxanne Altgriff.

 

 

 Note:

  1. Citazione del sesto libro, Harry Potter e il Principe Mezzosangue. A parlare è Harry in riferimento alle ripicche di Hermione per il comportamento di Ron ( che si mette con Lavanda).

  2. Questa parte è inventata. O meglio Burke e Sinister erano davvero soci (almeno secondo le mie fonti), ma non si dice da nessuna parte che Sinister gestisse una filiale ad Hogsmeade.

 

 

 

 

 

Ciao a tutti!
Armatevi di un po’ di pazienza perché stavolta le note saranno lunghine! XD
Allora per quanto riguarda questo capitolo: ovviamente il riferimento al veleno di Acromantula non è casuale, a partire da questo incidente Hagrid inizia ad interessarsi a questa simpatica bestiolina. Il discorso che invece il veleno scateni una reazione esplosiva se entra in contatto con i crini di unicorno è interamente inventato (l’idea è che siano due sostanza agli antipodi, che si respingono a vicenda). Altra cosa di pura invenzione è la filiale di Magie Sinister ad Hogsmeade. Spero che come idea non vi dispiaccia e che risulti credibile (altrimenti criticate pure senza pietà) ma soprattutto spero che vi abbia un po’ incuriosito l’idea del diario di Salazar perché giocherà un ruolo importante nella ff.
Passando invece al rapporto Rox/Rid: lo so che la prima parte del capitolo è poco chiara, la cosa è voluta perché Roxanne non è molto lucida. Cosa è successo di preciso quando Hagrid trasportava Roxanne e perché Riddle ha un livido sulla guancia lo scoprirete nel prossimo capitolo, non dubitate! Come le mie sherlockiane lettrici avevano indovinato ( questa era davvero facile però! XD) la responsabile è la cara Druella che lungi dal sentirsi almeno un po’ in colpa, sghignazza felice e contenta.
Un’altra cosa ancora: alcune di voi mi hanno chiesto che fine hanno fatto alcuni personaggi (tipo Mirtilla e Zabini). Come ho scritto nelle recensioni mi piacerebbe davvero dedicare loro maggiore spazio, ma non vorrei finire per divagare troppo ( e scrivere una storia infinita -.-). I pov saranno principalmente Rox e Rid; ogni tanto compariranno quelli delle gemelle, di Hagrid, di Druella. Gli altri saranno eccezioni.

 Detto questo passo ai ringraziamenti: vedere che le recensioni sono passate a un numero a due cifre mi ha fatto saltellare per casa come una scema ( non scherzo, l’ho fatto davvero u.u). Ma non è solo una questione di numeri, mi fa davvero piacere leggere le vostre teorie sugli sviluppi futuri e le vostre analisi dei personaggi. Grazie, grazie, grazie. A chi legge solamente, a chi ha messo la ff nelle seguite/ricordate/preferite, a chi ha messo me negli autori preferiti. Un grazie speciale va poi a: Gabrielle Pigwidgeon, Sara Luna 555, Bsky89, HamletAngelus, Latis Lensherr, kurioone, Cassandra Turner, Erodiade, Morgana_D, Phoebe_Riddle e _heart99_ che hanno commentato lo scorso capitolo.

 Infine l’angolo per le amanti di Riddle. Questa volta suggerisco due storie del pairing Riddle/Hermione: “I fiori del male” di Blityri e “Take my heart, take my soul. Take everything I am” di alessia21685. Vale veramente la pena dargli un’occhiata! :D

 Bene, ho finito! Scusate il papiro e alla prossima!
Un bacio
Ely

 

p.s. Sono un po' indietro nella scrittura dei capitoli, ci sta che il prossimo abbia un po' di ritardo! XD

 

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Capitolo 10
*** Il Diario di Salazar ***








                           Il diario di Salazar 

 
 


 

                                                                                                           Hai mai sentito dire che un mago per bene
                                                                                                                parli ai Serpenti? Lo stesso Serpeverde
                                                                                                            veniva chiamato “Lingua di Serpente” (1)
 





 

 
12 Novembre 1942 Sala dei Trofei, Terzo Piano
 

Eloise stava strofinando l’ennesima coppa che era ricoperta di una sostanza collosa – simile  alla bava di lumaca -  pensando con acredine che avrebbero dovuto consegnarglielo un trofeo per aver messo a tacere la Rosier e non farglielo pulire.
Alzò gli occhi e scorse l’interminabile fila di coppe dorate e bronzee che si allungava sotto il suo sguardo. Aveva le mani rosse dal troppo sfregare e le spalle tutte indolenzite. Maledisse Pix: l’odioso Poltergeist era apparso come dal nulla e aveva rovesciato una sostanza vischiosa e puzzolente sui trofei che aveva lucidato con cura per oltre mezz’ora, vanificando in un attimo tutti i suoi sforzi. Eloise si convinse di essere stata decisamente troppo buona nell’avergli scagliato contro solo cinque fatture.
<< Isy a che punto sei? >> le chiese Septimus dall’altra parte della stanza.
<< Potresti evitare di farmi la stessa domanda ogni cinque minuti? >> ringhiò indisposta, mentre avvertiva il click dell’ennesima unghia che si spezzava. << Non è colpa mia se non sono abituata a fare le pulizie come un qualunque Babbano! Se  solo potessi usare la magia, impiegherai meno della metà del tempo…>>
<< Ma Gazza (2) è stato categorico… Non ci pensare neanche o chissà quale altra punizione aggiungerà! Non sono tanto sicuro che scherzasse quando parlava di catene e frusta… >> la ammonì Sept, vedendo la smorfia ribelle che le aveva arricciato le labbra.
Eloise sbuffò, alzando le mani in segno di resa.
<< Va bene, mammina. >> gli rispose, ironica.
Riprese a strofinare, ma la coppa era così unta che finì per scivolarle dalle dita, trascinandosi dietro mezzo scaffale di trofei. Atterrarono per terra con un rumore che avrebbero svegliato anche i morti e una targa le rovinò sul piede, schiacciandole l’alluce.
Eloise guaì, tossendo per il nugolo di polvere che aveva sollevato. Sept si affrettò a raggiungerla e,  dopo aver visto il disastro che aveva combinato, scoppiò in una fragorosa risata.
<< Merlino, Isy, sei proprio negata per le pulizie… >> mormorò asciugandosi una lacrima.
Eloise gli lanciò uno sguardo omicida, prima di chinarsi a raccogliere le coppe più vicine. Sperò che non si fossero ammaccate: aveva il sospetto che in quel caso Gazza avrebbe davvero preteso il suo scalpo…
Septimus le rimase accanto per aiutarla ed lei non protestò: tutto pur di finire quel lavoro massacrante prima dell’alba.
<< Hai avuto notizie di Rox? >> le chiese Sept, tornando serio.
<< E come avrei fatto se sono chiusa in questo buco da più di due ore? >> rispose acida, prima di pentirsene. In fondo non era colpa sua se erano finiti in quel casino, anzi Sept si era solo inteso di darle manforte.
Per un attimo la faccia di Druella – rossa e incredibilmente gonfia per via della fattura orco volante -  le tornò in mente, insieme ai suoi strilli indignati. Eloise sorrise, pensando che dopotutto ne era valsa pena di lucidare premi per una serata pur di farla pagare a quella carogna.
<< Sai, ultimamente mi sono giunte delle voci… >> proseguì Septimus, per niente offeso.
Eloise drizzò le orecchie, curiosa. Che finalmente si fosse reso conto di piacere a Sybil…?
<< …è vero che Rox e Riddle escono insieme? >>
Eloise gettò lo strofinaccio sopra una coppa. Ma figurati. Manco se gliela sbatteva in faccia, quello si accorgeva di qualcosa.
<< No. In realtà Roxanne lo detesta. >> Ma perché, perché proprio Septimus Weasley, fra tutti i maghi che ci sono ad Hogwarts? Perché, Sybil, ti dovevi innamorare di questo broccolo che non sa nemmeno come è fatta una donna? << Perché me lo chiedi? >> chiese, distratta.
Forse Weasley era gay. Lo soppesò con sguardo critico, notando che le orecchie gli erano diventate dello stesso rosso intenso dei capelli. Impossibile: aveva un gusto estetico troppo scadente per essere omosessuale.
<< Non è che… ehm… sai se per caso c’è qualche ragazzo che piace a Rox? >> balbettò, del tutto ignaro che Eloise stesse mettendo in dubbio la sua virilità.
Recepì quella domanda e la mascella quasi le toccò terra. Un campanello di allarme risuonò nella sua testa, mentre ricollegava il dilagante rossore e il suo modo di fare impacciato.
<< Ti sei preso una cotta per Rox! >> urlò sventolandogli contro lo strofinaccio.
Sept la fissò un po’ perplesso.
<< Be’, anche fosse? Non è mica un delitto! >>
Sì, che lo è pezzo di deficiente!  Chissà come la prenderà, Sybil… sarebbe stato meglio che tu fossi veramente gay, scimunito di un Weasley!
<< Insomma? >> chiese speranzoso, fissandola negli occhi.
<< Non ho idea di quali siano i gusti di Rox, mi dispiace. >> ringhiò infine, per niente dispiaciuta.
Sept parve un po’ deluso.
<< Ma come? Voi donne non state sempre a parlare di ragazzi? >>
Eloise lo fulminò, incrociando le braccia sul petto.
<< Mi dispiace deluderti ma il nostro mondo non gira intorno a voi maschietti! >> esclamò livida di rabbia.
Scemo, scemo e ancora scemo! Si interruppe per cercare di recuperare un tono composto. << Ma insomma, Sept, si può sapere che ti salta in mente? L’hai sempre vista come un’amica… >> cercò di farlo ragionare.
<< È così, infatti. Non ho mai pensato a Roxanne come a una ragazza fino a quando non sono iniziate a spuntarle le tet…>>
<< Non una parola! >> scandì Eloise, puntandogli lo strofinaccio sotto il mento con aria minacciosa.
Septimus la fissò sempre più confuso.
<< Ehi, sei tu che me l’hai chiesto! >> si difese. << Allora, Isy, posso contare sul tuo aiuto? Non sono tanto esperto quando si tratta di donne…>>
<< L’avevo intuito. >> replicò quella, salace.
Si pentì un po’ di quella battuta, quando vide l’espressione mogia e un po’ risentita di Sept. In fondo erano amici da una vita e non era colpa sua se non era proprio una cima. Il rimorso per la frase che gli era sfuggita non era tale, comunque, da dargli corda… Non si sarebbe potuta perdonare se lo avesse aiutato a distruggere il cuore della sua sorellina.
<< Ti prego, Isy! >> la supplicò, facendole gli occhi da cucciolo.
<< Assolutamente no! >> affermò, decisa.
<< Ma che ti costa? >>
<< Sei sordo o scemo, Weasley? >>
Sarebbe stata irremovibile.
<< Nemmeno se faccio anche la tua parte di pulizie? >>
Be’ magari un aiutino…
 
 
                                                                                                ***

 
13 Novembre 1942 Infermeria, Terzo Piano
 

Hagrid entrò in punta di piedi, cercando di fare meno rumore possibile, il che – data la sua mole – non era un’impresa tanto facile.
<< Posso? >> domandò esitante, gettando un’occhiata al letto dove era adagiata Roxanne.
Fu con un sospiro di sollievo che scoprì che non stava dormendo: sfogliava una rivista, “MagicMagazine”, e pareva avere l’aria abbastanza annoiata. Appena si accorse della sua presenza, il suo volto si aprì in un sorriso, mentre si affannava a prendere qualcosa appoggiato sul comodino.
<< Ciao, Rox. Vedo che inizi a riprenderti, eh? >>
 Le parole gli morirono in gola quando, avvicinandosi, notò le numerose bende che le fasciavano il torace, per non parlare delle ombre violacee che le incupivano il viso. Sulla guancia destra era appuntato una specie di grosso cerotto e i contorni lasciavano intravedere la pelle rossa ed irritata.
Con un tuffo al cuore pensò che forse, se fosse intervenuto più velocemente, Roxanne si sarebbe risparmiata buona parte di quelle ferite. Maledetta Rosier… fa’ che mi capiti sotto tiro e l’abbandono nella Foresta Proibita, anche se, tremenda com’è, ci scommetto che persino i lupi mannari me la ributtano  indietro…
Roxanne si risistemò sul letto, mostrandogli una lavagnetta e un pennarello colorato.
Si sedette al suo fianco, mentre quella scriveva frettolosamente.
Ciao, Hagrid!
<< Non puoi ancora parlare, eh Rox? Mi immagino che scocciatura. >> borbottò mentre la fissava intensamente.
Non sembrava che quello brutta esperienza l’avesse segnata più di tanto: era sempre la Roxanne allegra e vivace che ricordava, la ragazzina che non si faceva problemi a dire quello che pensava e a mettere in riga un compagno quando  passava il limite.
La signora Goodkniss ha detto che è meglio se non sforzo la voce ancora per un paio di giorni. Poi potrò tornare ad essere l’insopportabile chiacchierona di sempre.
Hagrid la fissò sorridendo, rinfrancato dalla sua presenza di spirito.
<< Mi ha detto Sybil che volevi vedermi, così eccomi qui. >>
La penna di Roxanne tornò a scorrere freneticamente sulla lavagnetta.
Volevo ringraziarti per quello che hai fatto per me…
<< Figurati, Rox. >> si affrettò a spiegare, senza lasciarle neanche il tempo di finire di scrivere. << Lo avrebbe fatto chiunque al mio posto. >>
Gli sorrise, prima di tornare a scribacchiare con il pennarello.
Chiunque si sarebbe fatto scorticare la mani per portarmi in salvo? Non dire sciocchezze, Hag.
Lo sguardo di Roxanne si soffermò sulle sue dita, coperte da precarie fasciature che in alcuni punti si stavano già disfacendo.
Hagrid si dimenò a disagio sulla sedia che scricchiolò pericolosamente. Gli elogi lo avevano sempre messo in soggezione – forse perché non era abituato a riceverne – in modo particolare quando uscivano dalla bocca di Roxanne.
Hagrid… cosa è successo mentre mi portavi in infermeria?
Rubeus si trovò in una posizione imbarazzante. Non voleva mentire a Roxanne, ma non voleva nemmeno ricordare quello che era successo quel pomeriggio.
<< Niente… niente di cui preoccuparsi, Rox. >> rispose con un tono nient’affatto convincente.
Roxanne lo inchiodò con una di quelle sue occhiate che parlavano da sole.
C’era anche Riddle, vero?
<< Senti perché non lasciamo perdere? >> le chiese allentando il colletto di quella soffocante divisa.
Il problema era che non esistevano taglie che gli andassero bene e la veste se l’era dovuta far fare su misura. Nonostante ciò gli tirava sulle braccia e gli stava troppo stretta al ventre: il risultato era che quando si agitava si ritrovava in un bagno di sudore.
Roxanne annuì, abbassando però lo sguardo ed esibendosi nella sua migliore espressione imbronciata. Hagrid sapeva che si trattava solo di una finta – faceva sempre così quando voleva estorcergli informazioni – eppure non riusciva proprio a resistere a quel visino triste e a quelle labbra contratte.
Alzò la testa di scatto e per un attimo ad Hagrid sembrò che avesse gli occhi lucidi.
<< Va bene, va bene! Hai vinto! >> capitolò immediatamente.
Se c’era una cosa che lo mandava letteralmente in panne quella era le donne che piangevano: non sapeva mai come consolarle e finiva invariabilmente per dire la cosa sbagliata, facendole strillare come aquile e sentendosi dannatamente in colpa.
Le labbra di Roxanne si aprirono immediatamente in un sorriso mentre quella lo osservava, in muta aspettativa. Ogni accenno di lacrima era come evaporato dai suoi occhi.
Hagrid sospirò, pensando che a volte le donne sapevano  essere davvero terribili.
<< Be’  stavo praticamente correndo per il corridoio, quando ti incontro Riddle che cammina con il suo passo felpato. Merlino, mi ha quasi fatto venire un colpo, me lo sono trovato di fronte così, all’improvviso… >> iniziò a raccontare, accarezzandosi distrattamente l’accenno di barba che gli cresceva sulle guance. << Comunque: appena ci vede quello fa tipo un salto e inizia a riempirmi di domande… >>
Che genere di domande?
<< Roba tipo cosa era successo, chi ti aveva ridotto in quel modo o chessoio. Non che ci avessi tempo da perdere, avevi una faccia Rox che avresti fatto paura a un morto. Eri persino più bianca di lui, il che è tutto un dire. >>
Roxanne ridacchiò per la battuta, ma se ne pentì quando i punti le tirarono, provocandole una smorfia di dolore.
<< Tutto bene? >> si preoccupò Hagrid. << Vuoi che vada a chiamare l’infermiera? >>
Roxanne si affrettò a scuotere la testa con un’espressione di puro orrore e lo incitò a continuare.
<< Poi di punto in bianco hai cominciato a dimenarti e a urlare… ti tastavi la gola e facevi davvero paura, Rox… Riddle ha detto di appoggiarti per terra e lasciargli dare un’occhiata… Non è che io mi fidassi tanto però…>>
Roxanne annuì e Hagrid si sentì un po’ rincuorato. Adesso però arrivava la parte difficile.
<< Fosse stato per me, avrei solo accelerato il passo e ti avrei portato in infermeria il prima possibile, ma Riddle non si toglieva dai piedi e tu scalciavi in un modo… sei così minuta che avevo paura di romperti qualche ossicino se avessi rinforzato la presa. >>
Quel commento le piacque molto meno, almeno a giudicare dall’espressione risentita. Ecco, appunto. Con le ragazze se ne usciva sempre con la frase sbagliata. Si affrettò a proseguire, sperando che il racconto riuscisse a distrarla.
<< Ti ho steso per terra e Riddle si è chinato ad osservarti. Ha armeggiato con la bacchetta, borbottando qualcosa e lì per lì è sembrato che tu respirassi un po’ meglio. Poi… >>
Si interruppe tirando fuori dalla tasca un fazzoletto grande come una tovaglia e detergendosi il sudore che gli colava dalla fronte.
Poi?
<< Riddle ha detto che si trattava di normali regole di pronto soccorso per favorire la respirazione… Magari era pure vero,  io non me ne intendo di queste cose da Babbani, fatto sta che l’ho visto toccarti il petto e baciarti, così  non ci ho più visto dalla rabbia… Sai, pensavo che se ne stesse approfittando… >>
Roxanne era come pietrificata. La sua mano saettò sulla lavagnetta, come mossa di vita propria.
Riddle mi ha fatto la respirazione bocca a bocca?
<< Be’ così l’ha chiamata lui… Io a buon rendere gli ho dato un pugno che l’ha steso… >> borbottò burbero, diventando però rosso peperone.
Le dita di Roxanne salirono a sfiorarsi le labbra, mentre un gemito inarticolato la fuggiva di bocca.
Hagrid la fissò di sottecchi, studiandone l’espressione imbambolata.
Chi altri sa di questa cosa?
<< Nessuno. >> chiarì << Riddle mi ha chiesto di tenere la bocca chiusa e visto che un po’ mi dispiaceva per il pugno, ho fatto come diceva… Non che poi abbia fatto così male, voglio dire se non è per una cosa, è per l’altra: Riddle c’ha proprio la faccia di uno che un bel cazzotto se lo merita in pieno… >>
Hagrid interruppe i suoi sproloqui vedendo che Roxanne tirava un sospiro di sollievo.
Hai fatto bene. Non dirlo a nessuno, intesi?
Annuì, trovando il coraggio di dar voce a una sua preoccupazione.
<< Non sei arrabbiata, vero, Rox? >>
Roxanne inarcò un sopracciglio.
Perché hai picchiato Riddle? Hai tutta la mia approvazione.
Hard ridacchiò, sollevato. Lo sapeva che lei era troppo in gamba per farsi mettere sotto da un tipo così.
Sono solo un po’ agitata.
<< Perché? >> chiese, grattandosi la testa irsuta.
Roxanne distolse lo sguardo e lo appuntò sulla stretta finestra da cui si intravedeva il cupo e grigio cielo di Novembre.
Perché adesso sono in debito con lui.
Nel leggere quella risposta, il sorriso sul volto rubicondo di Hagrid vacillò pericolosamente.
 
 
                                                                                                 ***
 
 
 16 Novembre 1942 Sala Grifondoro
 

Roxanne era rimasta in infermeria per appena una settimana, eppure quando si ristabilì trovò molte novità ad attenderla e nessuna di esse poteva propriamente dirsi piacevole.
Innanzitutto davanti al dipinto della Signora Grassa si imbatté in Sybil e Evan che discorrevano affabilmente. Per un attimo rimase talmente scioccata da incespicare sui suoi stessi piedi e dovette aggrapparsi al muro, per non rovinare poco dignitosamente per terra. Sbatté accidentalmente la borsa contro un’armatura e il sinistro tintinnio che si produsse riscosse i due piccioncini dal loro confabulare concitato. Rosier non parve granché colpito dall’occhiata di fuoco che Roxanne gli lanciò e si allontanò a passo tranquillo, dopo aver salutato Sybil.
Il mantello di Evan non era ancora scomparso dalla fine del corridoio, che già le mani di Roxanne avevano artigliato il braccio dell’amica, in attesa di una spiegazione.
Sybil giustificò il comportamento di Rosier sostenendo che non c’era niente di romantico: la voleva solo ringraziare per l’aiuto che gli aveva dato nello scrivere un tema per Ruf. Il tono di Syb non la convinse più di tanto, tuttavia Roxanne decise saggiamente di lasciar perdere e di ritornare più tardi sulla questione.
Entrata nella Sala scoprì che i suoi compagni le avevano organizzato una festa a sorpresa per festeggiare la sua guarigione. Eloise la avvolse in un abbraccio stritolacostole e Philip Hunt fece partire alcuni petardi che esplosero in una pioggia di coriandoli, stelle filanti e squittenti topolini.
Lì per lì quella calorosa accoglienza le fece piacere, ma non ci volle molto perché iniziasse a guardare alla scala che portava al dormitorio con angosciosa impazienza.
A quanto pare tutti erano interessati a sentire la storia del suo “incidente” e la gola iniziò a bruciarle dopo la quinta volta che ripeteva le stessa, identica versione. Sept poi si comportava in modo strano: per tutta la sera non fece che starle appiccicato e se inizialmente le sue premure potevano anche esserle gradite, quando iniziò addirittura a spostarle la sedia per farla accomandare perse il controllo e poco ci mancò che gli urlasse contro che era infortunata, non paraplegica, e una sedia poteva benissimo spostarla da sé. La salvò Eloise che prese Septimus a braccetto e lo allontanò, bisbigliandogli qualcosa all’orecchio che suonava molto come un “Stai esagerando”.
Il colpo di grazia però lo diede Priscilla Palmer che – perfettamente a suo agio – le chiese se era vero che Druella aveva manomesso la sua pozione perché l’aveva scoperta a fare sesso con Riddle per i corridoi della scuola. In quel preciso istante Roxanne promise a se stessa che si sarebbe esercitata con gli incantesimi Non-Verbali: così anche se la voce l’avesse tradita, in futuro avrebbe sempre potuto contare sull’aiuto della sua fedele bacchetta.
Quando infine crollò a letto, la fastidiosa vocetta stridula della Palmer le risuonò nelle orecchie ricordandole l’unico nome che aveva cercato di bandire dalla mente:  Tom Riddle.
In quella settimana non si era mai fatto vivo, nemmeno per appurare le sue condizioni di salute. Non che le dispiacesse. Meno vedeva Riddle, meglio stava. Eppure…
Eppure le aveva salvato la vita.
Era una cosa talmente inaspettata ed imbarazzante da toglierle il sonno. Tom Riddle  - quel Tom Riddle che l’aveva sempre disprezzata e derisa per anni - aveva salvato la vita a lei, Roxanne Altgriff. Più se le ripeteva quelle parole e più le sembravano assurde.
Di nuovo, inconsciamente, le dita salirono a sfiorarle labbra. Se chiudeva gli occhi le sembrava ancora di avvertire il suo respiro sulle labbra e l’odore della sua pelle speziata. Si chiese come fosse possibile che rammentasse tutti quei dettagli, visto che era semisvenuta e agonizzante per il dolore.
“Come vuoi, Altgriff. Non ti parlerò più fino a quando non sarai tu a cercarmi”
Roxanne si girò dall’altra parte del letto, rannicchiandosi in posizione fetale. Fino a quel momento era stato di parola: salvo il giorno dell’incidente, sembrava fosse sparito dalla sua vita.
Era quello che voleva, no? Sarebbe dovuta essere soddisfatta.
Allora perché c’era quel fastidio al petto, quella specie di bruciante… senso di colpa? Non aveva chiesto lei a Riddle di salvarle la vita! Né tantomeno di farle la respirazione bocca a bocca…  E poi per quale insensato motivo le guance le dovevano andare a fuoco in quel modo ogni volta che si immaginava quella maledetta scena? Sì, ok, Riddle era stato il primo ragazzo a posare le labbra sulle sue. E con questo? Non si trattava mica di un bacio. Non aveva niente di romantico. Com’è che l’aveva definito lui? Ah, sì: elementari regole per favorire la respirazione. Una spiegazione nuda e cruda, scientifica. Una spiegazione che avrebbe dovuto ingabbiare quel maledetto imbarazzo e metterlo a tacere per sempre.
Peccato che una parte di sé non la pensasse in quel modo e anzi, si sentisse in debito con lui. Una vocina piccola piccola le suggeriva persino che forse lo aveva giudicato troppo severamente in quegli anni, visto come era prontamente intervenuto in suo soccorso… Ricordò il viso di Amy, pallido e sconvolto,  la scia di sangue che gocciolava dal mento. No, non si era sbagliata. Riddle era un mostro, solo che per una volta – per un qualche inspiegabile motivo – si era comportato bene.  
Lo scontro fra le sue diverse personalità la tediò per tutta la notte. Il mattino successivo, nell’applicare il correttore per nascondere almeno un po’ le occhiaie violacee, Roxanne decise di affrontare Riddle e di ringraziarlo per il modo in cui si era comportato. Avrebbe messo a tacere la sua schifosa coscienza e strangolato l’imbarazzo: poi si sarebbe nuovamente dimenticata di lui, come se non fosse mai entrato nella sua vita.
 
 
                                                                                                    ***

 
17 Novembre 1942 Torre di Astronomia
 

Riddle si strinse di più nel suo mantello, puntando in alto la bacchetta in modo che illuminasse la pagine del Diario di Salazar Slytherin. Il Mercoledì nessuna classe aveva lezione nella Torre di Astronomia e lui si intrufolava spesso lì dentro, terminato il giro di ronda, per stare in solitudine.
Sfogliò distrattamente la prima pagina, leggendo le righe iniziali:
Il mio nome è Salazar Slytherin e in questi fogli ingialliti ripongo i segreti di tutta una vita.
Be’ non si poteva dire che il suo antenato non sapesse usare un tono melodrammatico. Scorse rapidamente le pagine successive: le aveva già lette e non conteneva niente di interessante, nessun indizio sulla Camera dei Segreti e il suo misterioso contenuto. I suoi occhi si soffermarono sulla scritta “Scuola di Magia” e Tom lesse il trafiletto incuriosito.
 
Era un pomeriggio uggioso, il vento infuriava contro i vetri di quella sudicia taverna, facendoli sbattere.
Noi quattro eravamo seduti al solito tavolino traballante e  Lady Ravenclaw e  Lady Hufflepuff si dilettavano a giocare a scacchi. Un tremulo raggio di sole filtrò dalla finestra, incastrandosi sui capelli neri di Rowena e scendendo ad accarezzarle il volto. I suoi occhi acquisirono un bagliore argenteo, mentre spostava la Regina.
Gettai un’occhiata distratta alla scacchiera e fu facile intuire che avrebbe vinto, come sempre. Dopo tutti gli anni trascorsi insieme non avrei ancora saputo dire se la sua intelligenza riuscisse o meno a superare la sua bellezza (…)
L’idea fu di Godric. Sbatté i pugni sul tavolo e urlò il frutto delle sue elucubrazioni:
<< Fondiamo una Scuola di Magia! Un posto ove tutti i giovani possano trovare le basi del sapere, ove possano conoscersi e coltivare i loro talenti… >>
Il pezzo della scacchiera scivolò dalle mani di Rowena, atterrando con un tonfo sordo ai suoi piedi. Il sangue le affluì alle guance, colorendole di un bel rosato, mentre i suoi occhi si facevano sognanti. Le sue iridi rifulsero più degli astri e il loro lucore mi trafisse il petto. Ed io mi ritrovai a pensare che qualsiasi idea le accendesse lo sguardo in quel modo non potesse che essere degna di essere realizzata…

 

Riddle interruppe la lettura, perplesso. Rowena Ravenclaw, Godric Gryffindor e Helga Hufflepuff (3)  avevano fondato Hogwarts insieme a Salazar Slytherin e la leggenda diceva che i quattro maghi si erano conosciuti da giovani e avevano nutrito l’uno nei confronti dell’altro una profonda amicizia. Tuttavia, sapere che Hogwarts era stata fondata per i begli occhi di una donna, lo disgustò profondamente: si sarebbe aspettato qualcosa di più dal suo antenato.
Per un qualche inspiegabile collegamento mentale gli venne in mente lo sguardo venato di grigio di Roxanne. Ricordò come assottigliava gli occhi quando era infuriata e come essi sapevano diventare taglienti ed affilati quando cercava di sedurla. I suoi occhi gelidi, pensierosi, sorpresi… I suoi occhi resi torbidi dal dolore…
Il corpo di Roxanne che si contorceva, scosso da fremiti di agonia. Il suo viso esangue, le sue belle labbra deformata da una smorfia di sofferenza. Il suo sguardo, vuoto, perso, che non riusciva neanche a mettere a fuoco ciò che la circondava.Per tutta la settimana quell’immagine non aveva fatto che comparire nella sua mente, tormentandolo.
Riddle appoggiò la testa al muro, socchiudendo gli occhi.
Gli sarebbe piaciuto poter dire che soccorrerla faceva parte del suo arguto e complicato piano. Che era tutto programmato, perché certamente lei ora avrebbe provato gratitudine e questo gli avrebbe consentito di far breccia nel suo cuore. Ma la verità era un’altra e Riddle faticava ancora a farci i conti. La verità era che quando aveva visto il suo corpo riverso fra le braccia del bifolco semplicemente aveva smesso di pensare.
Era stato l’istinto a spingerlo quasi ad aggredire quell’idiota di Rubeus, l’istinto a fargli controllare rapidamente le sue pulsazioni, a spingere la sua bacchetta a pronunciare quell’incantesimo, a cercare in tutti i modi di rianimarla – con feroce e nera disperazione – fino addirittura a ricorrere ai metodi dei Babbani…   Era stato l’istinto a renderlo euforico e assolutamente incurante del dolore causato dal pugno di quel colosso di deficienza quando aveva visto che il suo petto inspirava ed espirava più o meno regolarmente.
Cosa diavolo gli era successo? Poteva liberarsi dell’Altgriff una volta per sempre e non avrebbe dovuto muovere nemmeno un dito. Solo la settimana prima aveva pensato di ucciderla con le sue mani ed adesso la salvava come se la sua vita avesse un qualche… un qualche valore. Era rimasto talmente sconvolto dal suo comportamento che aveva ingiunto a Rubeus di tenere la bocca chiusa. Ripensandoci in seguito non era tanto sicuro che fosse stata una buona idea: i professori lo avrebbero certamente elogiato se fossero venuti a sapere del suo gesto e questo avrebbe rafforzato la sua immagine di studente modello. Ma aveva seguito l’impulso del momento e aveva pensato che nessuno avrebbe dovuto sapere che aveva salvato una Grifondoro, quella Grifondoro.
Maledizione! Non era da lui agire senza riflettere. Cosa gli stava succedendo? Perché si comportava così?
Non è ovvio, Tom? Non volevi che si sapesse o che solo si sospettasse che hai salvato Roxanne non per un qualche fine utilitaristico, ma solo perché ti andava di farlo, perché non volevi vederla soffrire…Riddle zittì immediatamente quel pensiero, prima ancora che fosse del tutto compiuto. No, non era quello il motivo. Ce ne doveva essere un altro – qualcosa dirazionale – che però attualmente gli sfuggiva. 
Nel frattempo si era tenuto ben lontano dall’infermeria. Non aveva intenzione di rivedere Miss Scopa fino quando non avesse fatto un po’ di ordine nei suoi pensieri. Aveva mandato Rosier a chiedere informazioni sulla sua salute – Sybil Knight poteva essere inutile ma almeno questo avrebbe dovuto saperlo – ma apprendere che si stava rapidamente rimettendo non gli aveva fatto né caldo né freddo. Chissà che cosa stava facendo in quel momento…
<< Ehm ehm >>
Qualcuno si schiarì la gola e Riddle sussultò, aprendo gli occhi di scatto e portando la mano alla bacchetta. Se lo avessero scoperto alle undici di sera nell’aula di Astronomia avrebbe faticato a dare una spiegazione credibile… ma quando i suoi occhi si focalizzarono su Roxanne Altgriff – che lo fissava  rigida ed altera appoggiata alla porta – ogni altro pensiero svanì e Tom rimase poco dignitosamente a bocca aperta.
<< Altgriff? >> domandò imbambolato.
 
 



 
Note:
 
1. Citazione dal secondo libro, Harry Potter e “La Camera dei Segreti”. A parlare è Ernie Macmillan.
2. Ho deciso di lasciare nella storia Gazza, ovviamente è la versione giovanile dell’anziano custode che conosce Harry.
3. Ho deciso di lasciare i nomi originali dei quattro fondatori. I gusti sono gusti ma vogliamo mettere il nome Rowena con quello di Priscilla ( o ancora peggio con Cosetta?). Inoltre il nome Rowena ricorda un po’ quello di Roxanne e Riddle farà spesso inconsciamente questo collegamento.
 
 






Ciao a tutti!
Una prima precisazione sulla cotta di Sept per Rox.  In realtà non vorrei scrivere una di quelle ff in cui tutti personaggi maschili si innamorano senza motivo della protagonista: Roxanne è una ragazza carina, ma non una bellezza sfolgorante. Semplicemente il loro è il caso di un’amicizia che con l’adolescenza si trasforma in qualcosa di più (almeno da parte di Sept). In realtà c’è un motivo per cui ho fatto questa scelta, ve lo spiegherò nei capitoli futuri, ma vi anticipo che nella ff ci saranno un po’ di intrecci amorosi, per cui se non vi piace il genere, siete sempre in tempo a lasciar perdere!
Nel capitolo c’è poi un estratto del Diario di Salazar, lo stile è un po’ ampolloso ma ho dovuto tenere conto del periodo storico. Spero che mi farete sapere se vi è piaciuto o meno perché ci saranno altri estratti e avrei una mezza idea di scrivere una “storia nella storia” se l’idea può ispirarvi.
Un applauso a Latis che ne ha azzeccate tre su tre! :D e a Bsky89 che già nel sesto capitolo aveva predetto che qualcuno avrebbe visto i pugni di Hagrid.
 
Passando ai ringraziamenti: grazie a chi ha messo la ff tra le seguite/ricordate/preferite, ma in particolare a Erodiade, kuioone, Morgana_D, Queen Malfy Slytherin, Phoebe_Riddle, Latis Lensherr e Cassandra Turner che hanno commentato lo scorso capitolo! <3
Un grazie specialissimo a Malfy che si è presa la briga di commentare tutti i capitoli e con dei commenti che mi hanno fatto sciogliere!
 
Fra pochi giorni parto per Londra, per cui per il prossimo aggiornamento dovrete aspettare all’incirca due settimane. I’m sorry!
Quanto all’angolo per le Riddle-lovers questa settimana consiglio due storie Slash: Tourquinet di Erodiade che è una Tom/Harry e Doppelgaenger di DiRael che è una Tom/Albus Potter.
Detto questo non mi resta che salutarvi, un grosso bacio
Ely
 
 
 
 

 
 
  

 

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Capitolo 11
*** Genealogie ***


  





                                            Genealogie
 

 
 

 

Molte streghe e molti maghi, per quanto talento
possano avere nel campo delle esplosioni e degli
odori e delle sparizioni improvvise, non sono
tuttavia in grado di penetrare i misteri velati del futuro.
È un Dono concesso a pochi.” (1)

 

 

 

 

17 Novembre 1942 Torre di Astronomia Hogwarts

<< Altgriff? >> domandò imbambolato.
<< In persona. >> rispose quella, deglutendo a fatica.
Avanzò nella sua direzione e alla flebile luce del Lumos della sua bacchetta, Riddle notò che era dimagrita e qualche livido oscurava il chiarore della sua pelle, ematomi che non erano stati ancora del tutto assorbiti. Alla mente gli affiorò un incantesimo curativo ma lo ricacciò in profondità dentro di sé, recuperando il suo solito tono annoiato e supponente.
<< Si può sapere che ci fai in giro a quest’ora? >> le chiese rigido.
<< Cercavo te. >>
La voce bassa e roca di Roxanne gli diede i brividi. Nella stanza semibuia i capelli di lei parevano quasi neri, una coltre ondulata che le ricadeva mollemente sulle spalle e contornava il viso pallido.
Un malsano istinto gli faceva desiderare di passarvi le dita per saggiarne la consistenza e per combatterlo Riddle strinse le mani a pugno, affondando le unghie nel palmo.
<< Potrei toglierti punti, Ro. >> disse cercando di mascherare con l’ironia lo strano turbamento che la sua vista gli procurava. << Sono un Prefetto, sai. >> aggiunse indicando la spilla argentea che gli brillava sul petto.
<< Non lo farai. >> rispose Roxanne, sicura di sé.
Riddle inarcò un sopracciglio.
<< E che cosa te lo fa pensare? >>
<< Perché altrimenti sarò costretta a rivelare che quasi tutti i Mercoledì usi l’aula di Astronomia come tuo Pensatoio personale. >> replicò scrollando le spalle. Ormai era quasi davanti a lui, la schiena distrattamente appoggiata al muro.
<< Come fai a… >>
<< Me l’ha detto Rosier. >> aggiunse anticipando la sua domanda.
Riddle ingoiò l’insulto che gli era salito in gola e fece un rapido inventario di tutti modi che aveva a disposizione per farla pagare a Evan. Poi tornò a dedicare la sua attenzione a Roxanne, notando che sbirciava incuriosita il diario che era ancora aperto sul suo grembo. Lo chiuse di scatto.
<< Bene, mi hai trovato. Che cosa vuoi esattamente? >> chiese con tono ruvido.
Roxanne lo ignorò, mormorando a voce bassa:
<< Che stavi leggendo? >>
Un guizzo di fastidio brillò nello sguardo di Tom.
<< Da quando ti interessi a quello che faccio? >> rispose gelido.
Le labbra di Roxanne si arricciarono in un sorrisetto:
<< Sei a disagio, Riddle? >> gli chiese trionfante.
<< Affatto. >> rispose con la sua migliore faccia da schiaffi. << Parlare con te è sempre un piacere. Stavo leggendo un diario, se proprio ci tieni a saperlo. >>
Gli occhi di Roxanne si sgranarono, sorpresi.
<< Un diario? >> domandò come se la stesse prendendo in giro.
<< È così strano? >> ribatté lui abbassando la voce e rendendola più calda e carezzevole.
<< Un po’. >> rispose sostenuta e di nuovo fredda. Anche i suoi occhi tornarono ad essere gelidi. << Non ti facevo proprio tipo da leggere diari… >>
<< Sono strumenti molto utili. Un sacco di maghi li usano per annotare incantesimi o pozioni di loro creazione. >> A quella parole gli occhi di Roxanne si fecero assorti, pensierosi. Era quasi incredibile la velocità con cui cambiavano espressione. << Ma per quanto la tua curiosità mi lusinghi, non credo che tu sia venuta fin qui solo per informarti su come mi piace passare il tempo libero… >>
Riddle increspò le labbra in un sorriso sornione, allungando una gamba e stringendo l’altra al petto. Roxanne annuì, mordicchiandosi un labbro e abbassando lo sguardo. Era in imbarazzo la Grifondoro e Tom era dannatamente curioso di scoprirne il motivo.
<< Sì, infatti. Sono venuta a cercarti perché… >> esitò, facendo un bel respiro e chiudendo per un attimo gli occhi. << …perché volevo ringraziarti. >> concluse con le palpebre ancora socchiuse.
Tom si accorse del sospiro tremulo che le uscì dal petto, quasi avesse trattenuto il fiato per tutto il tempo di quella dolorosa confessione. Si alzò in piedi con un gesto fluido e le si avvicinò mentre qualcosa di caldo e confortante gli si gonfiava nel petto.
<< Ringraziarmi? >> bisbigliò colmando con poche falcate aggraziate la distanza che li separava.
<< S-sì. Per essere intervenuto quando stavo male. >> chiarì balbettando appena.
A dividerli c’era solo un passo e Riddle non poté non notare come Roxanne si fosse irrigidita per quella vicinanza improvvisa. Almeno non era indietreggiata come suo solito, pensò mentre un sorrisino ironico gli dipingeva le labbra. Le sollevò il mento e lasciò che il suo sguardo vagasse sui suoi occhi grigi. Era insolito vederli così aperti e spaesati. La luce del Lumos riscaldava appena le sue iridi accedendole di strani riflessi ambrati. Roxanne rabbrividì appena sotto il suo tocco, un tremore lieve, che forse un altro non avrebbe notato ma che per lui aveva la forza di un terremoto. Era una vibrazione sottile che gli fece formicolare i polpastrelli e si insinuò rapidamente sottopelle, un liquido caldo e inebriante. Roxanne stava tremando. Tremava per lui, perché sapeva di essere in suo potere, sapeva che non sarebbe più riuscita a sfuggirgli. Per un attimo la immaginò prostrata al suolo ad implorare un briciolo della sua attenzione e un sorriso sadico gli si impresse nei lineamenti.
<< Sei venuta fin qui per questo? Per dirmi grazie? >> le domandò con voce rauca.
Lei annuì, senza abbassare il viso, immobile sotto il suo tocco.
Tom allontanò la mano di scatto, quasi la pelle di Roxanne bruciasse.
<< Non so che farmene dei tuoi ringraziamenti. >>
L’espressione di lei fu quasi comica. Digrignò i denti e strinse i pugni, mentre lo stupore lasciava rapidamente il posto all’irritazione.
<< Prego? >> domandò gelandolo con lo sguardo.
<< Hai sentito bene. Forse a voi Grifondoro basta un po’ di gratitudine per far quadrare i conti; ma noi Serpeverde preferiamo qualcosa di un po’ più, come dire… concreto. >> la derise godendosi la sua faccia offesa.
<< Oh, ma certo! >> esclamò incrociando le braccia sul petto. << Dovevo immaginarlo che non avresti fatto niente per niente! E cosa vorresti, sentiamo? >> gli chiese lanciandogli un’occhiata sospettosa.
<< Mmm >> mormorò Riddle, fingendosi pensieroso. << Penso che potrei accontentarmi di un bacio. >>
Roxanne smise di respirare, guardandolo a bocca aperta.
Con calcolata lentezza Tom le cinse la vita con un braccio, avvicinando il suo corpo al suo. Era talmente esile che di nuovo provò quella sensazione di potenza, quella consapevolezza che sarebbe stato facile per lui sopraffarla lì, in quella stanza deserta, senza testimoni indesiderati. Lei non provò nemmeno ad opporsi mentre Riddle avvicinava il viso alle sue labbra dischiuse, si limitò a sgranare gli occhi al punto che sembrò che le uscissero dalle orbite.
Ignorare il brivido che gli attraversò la colonna vertebrale nel sentire il suo fiato caldo infrangersi sulla sua pelle, nell’incrociare quelle iridi tremule, fu più difficile di quanto avesse preventivato. Si tirò indietro con una certa reticenza chiedendosi suo malgrado se quelle labbra fossero davvero così morbide ed invitanti come sembrava. La sua risata, stridula, ma una volta tanto non costruita, risuonò nell’aria mentre allentava la presa e consentiva a una Roxanne che si era infine ripresa dallo shock di ristabilire una distanza di sicurezza.
<< Mamma mia che espressione truce… >> la sbeffeggiò mentre le gote di lei si tingevano di rosso.
<< Mi stavi prendendo in giro! >> esclamò, fremendo di rabbia.
Riddle ammiccò spudoratamente. Si rese conto con un sussulto che gli piaceva stuzzicarla e farla arrossire. La Grifondoro era sempre una fonte di sorpresa, non aveva mai la reazione che si sarebbe potuto aspettare… Per esempio in quel caso la maggior parte delle streghe sarebbe semplicemente andata in deliquio, mentre lei si comportava come se gli avesse chiesto di baciare un rospo.
<< Complimenti per l’intuizione! Comunque non pensavo ti saresti scandalizzata tanto. Sai, in un certo senso ci siamo già baciat…>>
Non riuscì a finire la frase, perché Roxanne gli agitò sotto gli occhi un dito, minacciosa.
<< Non-una-parola-Riddle >> lo apostrofò ringhiando. << O giuro che ti schianto. >>
Tom la fissò perplesso.
<< Non credevo che te ne saresti ricordata. >> mormorò corrucciando la fronte.
Lei rimase in silenzio, ma a Riddle non servì altro per indovinare come si erano svolti i fatti.
<< Lasciami indovinare. Il bifolco ha parlato, vero? >>
<< Non ti azzardare a chiamare Hagrid in quel modo! >> lo ammonì Roxanne, senza però negare.
<< Il tuo caro Hagrid mi ha dato un pugno come ringraziamento per averti salvato la vita. >> affermò caustico.
Roxanne non sembrò particolarmente sorpresa, né dispiaciuta.
<< Pensava tu te ne stessi approfittando. >>
<< Questo perché è un’idiota. >> rimarcò Riddle con astio.
<< Questo perché non è cresciuto come noi in mezzo ai Babbani! >> lo corresse Roxanne sbuffando. << Comunque puoi stare tranquillo: Hagrid non dirà a nessun altro quello che è successo e io stessa ho intenzione di dimenticarmene dopo stasera. Adesso perché non mi dici cosa vuoi veramente, così posso tornare nel mio dormitorio? >>
Riddle sogghignò, fissandola in un modo che la fece arrossire.
<< Voglio che tu venga alla prossima festa del Lumaclub. >> le comunicò.
Roxanne lo osservò, incerta se credere o meno alle sue parole. Le si leggeva in faccia che si sarebbe aspettata qualcosa di molto peggiore.
<< Oh, vedi di portare anche Sybil. Evan ne sarà felice. >> la provocò, studiando la posa rigida che immediatamente assunse e il modo in cui alzò il capo, con un accenno di sfida nello sguardo.
<< Non ho ancora detto che verrò. >>
<< Ma lo farai >> bisbigliò Riddle con un tono lieve come una carezza, abbracciando la sua intera figura con uno sguardo indecifrabile.
Distolse lo sguardo e – senza darle il tempo di replicare - raccolse velocemente le sue cose. Per uscire dall’aula le passò accanto e, per un attimo, le si fece vicino, sussurrandole all’orecchio:
<< Buonanotte, Ro >>
La lasciò alle sue spalle che ancora rabbrividiva per la sensazione del suo fiato caldo sul collo e della sua voce roca nelle orecchie.

  

                                                                                                     ***

 
 

18 Novembre 1942 Biblioteca Terzo Piano

Ciò che convinse Roxanne a partecipare alla festa del Lumaclub non furono le provocazioni di Riddle, né tanto meno i suoi modi da seduttore. E non lo fece nemmeno perché si sentiva in debito, dato che non era tanto sciocca da credere che il fatto di partecipare a una festa potesse ripagare qualcuno per averle salvato la vita. No, il vero motivo per cui Roxanne si presentò nell’ufficio di Lumacorno fu ciò che vide quel pomeriggio in Biblioteca.
Per via del suo “incidente” era rimasta indietro in molte materie ed era ben consapevole che i professori non sarebbero stati tolleranti a lungo. Così appena finito di mangiare salutò Sybil e Eloise che andavano ad assistere alle selezioni di Quidditch, con la poco attraente prospettiva di passare un intero pomeriggio sui libri. Per quanto sembrasse strano Syb era veramente patita di quel gioco e Isy… be’ Isy ovviamente ci andava solo per vedere tanti ragazzi atletici e sudati.
Con un sonoro sbuffo Roxanne issò i libri sulle braccia e barcollando un po’ sotto tutto quel peso si diresse verso il terzo piano. Spostò la gigantesca porta in mogano e si sedette nel primo tavolo libero. La Biblioteca le era piaciuta fin dal primo giorno che l’aveva vista: grande ed ariosa, con scaffali su scaffali traboccanti di libri magici. Adorava l’odore di inchiostro e carta ingiallita dei vetusti volumi, trovava rilassante percorre i corridoi della biblioteca, scorrendo con le dita le copertine dei libri alla ricerca di un titolo interessante da leggere, fantasticando su qualcosa che non aveva nulla a che fare con la realtà che la circondava.
Quel giorno Roxanne stava cercando un libro di Storia quando intravide il profilo inconfondibile di Tom Riddle, solo un paio di file di fronte a lei. Si immobilizzò, incerta se rivelare o meno la sua presenza.
Riddle stringeva fra le mani un grosso tomo dalla copertina rossa e i suoi occhi scorrevano veloci le pagine che aveva di fronte. Roxanne ne esaminò indisturbata la linea decisa della mascella, il profilo del naso, le labbra rosse e leggermente socchiuse. Non sembrava essersi accorto di lei e Roxanne si scoprì felice di poterlo osservare senza essere trafitta dai suoi occhi verdi. Per la prima volta in quelle turbolenti settimane si chiese chi fosse veramente Tom Riddle: il ragazzino pericoloso e cupo dell’orfanotrofio o lo studente popolare e brillante di Hogwarts? Il bambino che torturava i suoi compagni solo per sentirsi migliore di loro o il ragazzo che le aveva accarezzato il volto prima di guarirla con un incantesimo?
Chiuse il libro con una smorfia di irritazione e Roxanne pensò che qualunque cosa stesse cercando, non doveva essere riuscito a trovarla. Lo vide allontanarsi e si nascose rapidamente dietro uno scaffale, il cuore che le martellava stupidamente contro il petto. Che stava facendo? Perché si nascondeva? La biblioteca era un luogo pubblico e lei era venuta lì per studiare. Non stava affatto spiando Riddle, quindi perché celare la sua presenza?
Eppure non osò affacciare la testa fino a quando il rumore dei suoi passi non si fu attenuato. Solo allora si avvicinò alla fila di libri che stava esaminando, curiosa di leggerne il titolo. Le sue dita sfiorarono il libro rosso che Tom stava leggendo, mentre uno strano nodo le si formava nello stomaco. “Genealogie: le più grandi famiglie di maghi dall’anno 1000 ad oggi”
Il perché Riddle stesse sfogliando quelle pagine, Roxanne non se lo dovette neanche porre: era palese che cercasse informazioni sulle sue origini. Per un attimo pensò di rincorrerlo e di fermarlo, ma ci ripensò perché tutto sommato non avrebbe saputo che dirgli. Le mani le si chiusero a pugno sulla piccola croce argentea che portava sempre sotto i vestiti, mentre uno strano nodo le si formava al centro della gola.
Tom cercava notizie sulla famiglia e nessuno meglio di Roxanne poteva capire quello spasmodico bisogno di sapere qualcosa di più sulla propria nascita. D’altronde lei aveva fatto lo stesso appena pochi mesi dopo essere giunta ad Hogwarts: estenuanti ore di ricerche, settimane passate a frugare fra i polverosi archivi, mesi a scorrere le foto degli annuari. Il tutto senza riuscire ad estrapolare neanche la più piccola informazione.
Gli occhi di Roxanne si inumidirono ricordando la frustrazione che l’aveva colta in quel periodo. Chissà se anche lui a volte provava quel senso di solitudine e di abbandono, chissà se si chiedeva perché la sua famiglia non lo avesse voluto…
Il suo sguardo vagò per la sala, soffermandosi sul punto in cui Riddle aveva appena svoltato l’angolo. Fu quella la prima volta che provò un moto di empatia nei suoi confronti, la prima volta che vide Tom come un ragazzo solo e privo di amici.
Mentre un bagliore argenteo le incupiva lo sguardo Roxanne pensò che forse nemmeno lui avrebbe saputo rispondere alla domanda su chi fosse veramente.

 

 

                                                                                                          ***

 

 

18 Novembre 1942 Ufficio di Lumacorno

Sybil Knight stava cercando di truccarsi, ottenendo però dei ben scarsi risultati. Quella era la prima volta che applicava il fard sulle guance, tuttavia si era illusa che si trattasse di un’operazione abbastanza semplice: l’aveva visto fare centinaia di volte ad Eloise e la sorella non ci aveva mai messo più di mezzo minuto, al termine del quale esibiva delle belle gote dall’incarnato perfetto. Osservando il suo viso allo specchio invece Sybil pensò di assomigliare tremendamente a un clown. Sospirò e con un moto di sconforto, aprì il rubinetto, immergendo la faccia sotto il getto caldo dell’acqua e sfregando la pelle con il sapone per togliere quelle chiazze di rosso che si era maldestramente spiaccicata sulla faccia.
“Ma che sto facendo?” si domandò osservando il suo viso gocciolante allo specchio.
L’immagine di una ragazzina esile, con due occhi enormi e un sacco di efelidi ricambiò il suo sguardo. Sapeva di non essere bella, tuttavia non le era mai particolarmente importato. Quella sera invece, aveva invidiato il seno prosperoso di Eloise o i begli occhi grigi e profondi di Roxanne. Per quella sera, solo per quella sera, le sarebbe piaciuto che i ragazzi si girassero a guardarla o le sussurrassero all’orecchio che era stupenda. Si sfregò la faccia con l’asciugamano, dandosi mentalmente della sciocca.
Non era mia stata una ragazza vanitosa e per la verità non le piaceva molto ricevere complimenti perché ciò faceva emergere la sua timidezza cronica e si ritrovava in un secondo rossa e balbettante.
Allora per quale motivo le era venuta la malsana idea di truccarsi? Non sarebbe nemmeno voluta andare a quella festa, lo faceva solo per accompagnare Roxanne.
Il suo cuore sussultò pensando che molto probabilmente ci sarebbe stato anche Rosier ed improvvisamente si scoprì felice del pietoso naufragio del suo tentativo di rendersi più attraente. Il problema non era Evan in sé: fino a quel momento era sempre stato molto gentile nei suoi confronti, al punto che Sybil iniziava quasi a trovarlo simpatico. Ma le parole di Roxanne le risuonavano nell’orecchio, increspandole la fronte per la preoccupazione e spingendola a divorarsi le unghie. Possibile che quella di Rosier non fosse semplice gentilezza ma… interesse? Fissando la sua immagine allo specchio Sybil stentava a crederci. Era così banale con quel viso scialbo e il corpo privo di curve: come ci si poteva interessare a una come lei? Ma se davvero fosse piaciuta a Rosier, cosa avrebbe fatto?
Evan era un bel ragazzo e il pensiero di loro due insieme la fece immediatamente arrossire. Non si poteva negare che avesse due intriganti occhi di ghiaccio, che creavano un bel contrasto con i capelli scuri, né che metà ragazze di Serpeverde gli morissero dietro. Però… però non aveva quel modo buffo e schietto di parlare che le piaceva così tanto; però non aveva quella zazzera rossa e sempre arruffata fra la quale Sybil aveva sempre sognato di passare le dita; però non aveva una risata così briosa e squillante da contagiarla e costringerla a ridere a sua volta, anche se la battuta era pessima… però Evan non era Sept e Sybil non riusciva proprio a scordarsi di lui.
Septimus Weasley. Il cuore le scese sotto la punta delle scarpe nel ripensare a come i suoi modi fossero cambiati nel corso di quella settimana. Lungi dal sembrare geloso, si comportava come se lei fosse completamente trasparente, degnandola a malapena di qualche saluto distratto. La maggior parte del tempo lo passava a confabulare con un’annoiata ed irritabile Eloise che trovava delle scuse sempre più fantasiose per giustificare le loro chiacchierate.
Ma ciò che le dava maggior pensiero era il modo in cui Sept non faceva che girare intorno a Roxanne. Sembrava essersi mandato i suoi orari a memoria, la mattina la aspettava per fare colazione, a Pozioni aveva insistito per far coppia con lei – per proteggerla nel caso che Druella avesse tentato altri brutti tiri – e spesso le teneva il posto in Biblioteca. Roxanne scuoteva il capo sbuffando e credendo che si trattasse di una reazione – per quanto spropositata – al sabotaggio di Druella. Così sopportava stoicamente, senza dar loro troppo peso, le strambe premure che Weasley aveva iniziato a rivolgerle. Ma Sybil aveva il sospetto, o forse avrebbe dovuto dire il terrore, che il comportamento di Sept fosse influenzato da qualcosa di ben diverso rispetto al semplice istinto di protezione verso l’amica.
Poi – dulcis in fundo - era arrivata quella visione notturna e i suoi timori erano praticamente triplicati.
Rox e Sept di notte, in un corridoio deserto. Un’armatura al loro fianco si stira, producendo un sinistro scricchiolio, mentre in lontananza si avverte il miagolio soffocato di Mrs Cherry (2), l’odiosa gatta di Gazza. Sybil corruga la fronte, osservando stupita l’abito blu notte che cinge il corpo snello di Roxanne e le arriva fino alle caviglie. È semplice ma di buona fattura, con uno scollo a V che mette in bella mostra la croce argentea che le adorna il collo e scivola nell’incavo fra i seni. Anche Septimus è vestito meglio del solito, con una veste scura che dà l’idea di essere appartenuta a varie generazioni di Weasley. I due hanno il fiatone, come se avessero corso e Rox sembra particolarmente agitata. I suoi capelli – che un tempo dovevano essere annodati in un’acconciatura complicata – sono un groviglio vaporoso e ciocche ramate le frustano le guance. Adesso che ci fa più attenzione le sembra che anche l’abito sia stropicciata in più punti e quel pensiero le fa venire un groppo all’altezza dello sterno.
La mano di Sept scatta a stringere un pezzo di stoffa della manica di Roxanne, per trattenerla.
<< Aspetta! >> le bisbiglia concitato.
La stanza traballa e la visione si distorce per un attimo. Sybil non se ne cura ed attende paziente, sa che le sue visioni non sono sempre perfette.
<< Dobbiamo andare, rischiamo di farci scoprire! >>
La voce di Roxanne le giunge distante ed innaturalmente stridula. I contorni dei suoi due amici diventano sfuocati, come se avesse gli occhi immersi sott’acqua.
<< Lo so, ma c’è una cosa che devo dirti… >> Sept pare imbarazzato. Sybil lo riconosce facilmente l’imbarazzo, perché è tutta una vita che convive con esso. << Una cosa che voglio dirti da un sacco di tempo…>>
L’oscurità cala su di loro, avvolgendoli ed inghiottendo a poco a poco armature, arazzi e tappati. Il volto stupito e la bocca spalancata di Roxanne sono l’ultima cosa che Sybil scorge prima che tutto divenga nero.
La prima visione Sybil l’aveva avuta a dodici anni, lo stesso giorno in cui le era venuto il ciclo. Da allora esse giungevano inaspettatamente, senza che potesse far niente per impedirlo. La maggior parte della volte si palesavano mentre dormiva, ma nonostante ciò Sybil riusciva sempre a distinguerle dai normali sogni. In primis per lo strano pizzicore che avvertiva alla punta dello stomaco, poi per la loro nitidezza: in nessun altro sogno era riuscita a percepire gli odori, a ricordare la consistenza dei tessuti, ad avvertire il sapore speziato dei cibi. Poi perché appena si concludevano si svegliava di soprassalto, con il fiatone come se per tutto il tempo avesse trattenuto il respiro.
L’ultimo indizio ovviamente era il fatto che le visioni di Sybil si avveravano.
Non era mai riuscita a spiegarsi il perché di quel suo “dono” profetico, perché nella sua famiglia non c’era sangue di veggente. Si era rivolta all’insegnante di Divinazione, nella speranza che potesse darle qualche delucidazioni o magari potesse addirittura rivelarle il modo di farle smettere, ma la professoressa Vega (3) non le era stata di nessun aiuto. In realtà all’inizio non le aveva nemmeno creduto, questo fino a quando Sybil non le era svenuta fra le braccia, preda degli aromi speziati e degli incensi che ammorbavano l’aria e che l’avevano indotta in un malsano torpore.
Sebbene solitamente le visioni fossero notturne, a volte la colpivano anche quando non stava dormendo, soprattutto quando era stanca o febbricitante e giustificarle la gettava sempre nel più nero imbarazzo. Fino a quel momento era riuscita a mantenere il segreto, nemmeno Roxanne sapeva della sua capacità di prevedere il futuro, e Eloise, alla quale non avrebbe mai potuto nasconderlo, non ne parlava mai, se non per sostenerla nei momenti difficili.
Questa volta però la visione era giunta proprio a conferma del suo peggior timore.
<< Syb? >> la voce di Roxanne la riscosse dai suoi pensieri. L’amica bussò alla porta della bagno. << Sei pronta? >>
Aprì la porta, senza darle neanche il tempo di rispondere. Sybil era appoggiata al lavandino con i trucchi ancora in mano e un’espressione sofferente.
<< Che stavi facendo? >> le chiese perplessa, appuntando lo sguardo sulla trousse.
Roxanne aveva lasciato i capelli sciolti ed essi le ricadevano in morbide onde poco al di sotto delle spalle. Aveva un vestito nero, morbido, che però lasciava intuire il suo fisico snello e longilineo. Al suo confronto Sybil si sentì solo una bambina maldestra.
<< Niente. >> rispose spostandosi una ciocca dietro le orecchie.
Roxanne sorrise dolcemente e le si avvicinò, dandole un nocchino sul capo.
<< Ahi! >> si lamentò Sybil massaggiandosi la fronte.
<< Lascia che ti aiuti. >> propose quella, prendendole la trousse di mano. << Non sono brava come Isy, lei sì che ci sa fare… ma per stasera ti dovrai accontentare. Solo giurami che non ti stai facendo bella per piacere a quella serpe di Rosier! >> aggiunse con una smorfia inorridita.
Sybil rise e la rassicurò. In realtà non sapeva perché aveva deciso di truccarsi: Sept non era mai rientrato nelle grazie di Lumacorno e quindi non lo avrebbe visto quella sera. Probabilmente lo stava facendo solo per se stessa, per cercare di racimolare un briciolo di quell’autostima di cui sembrava così tragicamente sprovvista.
Roxanne le passò un velo ci cipria sul viso accaldato e le disegnò la palpebra con una matita blu che mise in risalto i suoi occhi. Infine le stese un velo di lucidalabbra prima di farla voltare verso lo specchio. A Sybil sarebbe piaciuto poter affermare che quella che vedeva era una strega completamente diversa, ma sarebbe stata una bugia. Era sempre la stessa: solo un po’ meno pallida e con gli occhi un po’ più allungati.
<< Stai molto bene, Syb! >> esclamò Roxanne, entusiasta del suo lavoro.
Sorrise, cercando di non demoralizzarla. In fondo era stata così gentile ad aiutarla che non aveva proprio senso rivelarle che a lei sfuggiva quasi il cambiamento.
Si lasciò trascinare per i corridoio, notando che a mano a mano che si avvicinavano all’ufficio di Lumacorno Roxanne appariva sempre più tesa e agitata.
Che cosa voleva dirle Sept? Che la ama? Che l’ha sempre amata? E Rox… cosa risponderebbe a una simile affermazione?
Sybil arrancò dietro all’amica, più cupa e taciturna del solito, smettendo di torturarsi le mani solo una volta che il piacevole calore della stanza le accarezzò il viso, facendole sciogliere le membra. Lumacorno aveva apportato dei cambiamenti alla Sala – che era grande quasi il doppio di quanto ricordava – e soprattutto molto più luminosa. Il chiarore diffuso da alcuni giganteschi lampadari, a forma di serpente ovviamente, le ferì gli occhi, costringendoli a socchiuderli. Quando li riaprì, ciò che vide la lasciò per un attimo senza fiato.
La gemella beveva tranquillamente della Burrobirra, rilassata e con un sorriso sornione in volto, mentre Sept si scompigliava i capelli guardando fisso la porta. Al suo fianco Roxanne osservò i due amici e nel suo viso Sybil lesse il suo identico stupore.
Poi Septimus sorrise e prima che lei riuscisse a produrre qualcosa di più decente rispetto al gemito inarticolato che le uscì dalla bocca, Eloise le saltellò incontro.
<< Questa non ve l’aspettavate, vero? >> chiese loro allegra.
<< Isy, Sept… che ci fate voi qui? >> domandò di rimando Roxanne, mentre Weasley le raggiungeva.
Con un tuffo al cuore Sybil si accorse che gli occhi di Sept non si staccavano un secondo dal viso di Roxanne.
<< Ci ha invitati Lumacorno, ovviamente! >> rispose fiera Eloise, gesticolando concitata. << Ha assistito al duello con la Rosier nei corridoi e ha pensato che avessimo avuto degli ottimi riflessi… La mia fattura Orcovolante, poi, era assolutamente perfetta! >> gongolò, tirandosi il ciuffo rosso all’indietro. << Certo, c’è anche il rovescio della medaglia… >> aggiunse, atteggiando la bocca a una smorfia irritata proprio mentre una risata stridula risuonava nell’aria.
Sybil si voltò nella direzione di quel suono, mentre avvertiva Roxanne irrigidirsi al suo fianco. Vicino al camino Druella Rosier – in tutta la sua magnificenza purosangue – rideva per una risposta data dal cugino Evan. Sybil si voltò preoccupata verso l’amica, notandone l’allarmante pallore.
<< Anche lei…? >> chiese, come per ottenere la conferma ai suoi timori.
Eloise annuì, fissando la strega con espressione arcigna e vagamente minacciosa.
<< Sì. Lumacorno ha detto che visto che era riuscita a tenere testa a due maghi contemporaneamente… >>
<< Rox, se non te la senti… Possiamo andarcene quando vuoi, non sei obbligata a rimanere. >> intervenne prontamente Sept, posandole una mano sulla spalla.
Sybil fissò quella mano, sentendo qualcosa di grosso e pesante che le si gonfiava nello stomaco.
Roxanne invece sussultò, riscuotendosi dal suo torpore.
<< Stai scherzando, voglio sperare! >> esclamò allontanandogliela bruscamente.
Qualcosa nel petto di Sybil ruggì per la soddisfazione e neanche lo sguardo imbronciato di Sept riuscì ad ammansirlo.
<< Non esiste che quella mi impedisca di divertirmi a una festa con i miei amici! >> proseguì stringendo i denti. << Farei esattamente il suo gioco! >>
Weasley annuì, riacquistando rapidamente il sorriso.
<< Non hai niente di che preoccuparti, Rox! Con noi intorno non oserà torcerti un capello! >> affermò gonfiando il petto.
Sybil voltò il capo, accorgendosi che la gemella studiava attentamente le sue espressione con un’aria strana: se si fosse stata di un’altra persona Sybil avrebbe detto che si trattava di rimorso ma Isy non era assolutamente capace di provare qualcosa di simile.
I suoi occhi si appuntarono su Druella ed Evan Rosier, in cerca di una distrazione per non dover osservare quell’espressione adorante nel volto di Weasley. Erano così diversi che si faceva fatica a percepire la parentela fra loro: tanto Druella era appariscente e desiderosa di richiamare l’attenzione, tanto Evan era ritroso e preferiva rimanere in disparte. Il ragazzo si girò, avvertendo lo sguardo di Sybil su di sé e le labbra gli si aprirono in un sorriso mentre accennava un cenno di saluto.
Sybil arrossì – notando distrattamente che alla luce del fuoco gli occhi di Rosier parevano blu notte – e alzò appena la mano, bloccandosi a metà gesto e girandosi rapidamente dall’altra parte. Il suo sguardo abbracciò l’intera sala, posandosi sugli ultimi studenti ritardatari che erano arrivati.
Contando i tre nuovi membri il numero dei componenti del Lumaclub era salito a quindici: lei, Eloise, Sept e Roxanne erano gli unici Grifondoro; poi c’era la nutrita cricca di Riddle – come sempre adagiata sui puff e intenta a vezzeggiare il professor Lumacorno – che comprendeva Abraxas Malfoy, Amadeus Nott, Evan e Druella Rosier, Avery ( Goyle era stato rapidamente estromesso dal circolo quando durante l’ultima lezione di Pozioni era riuscita a farsi evanescere le sopracciglia e contemporaneamente a farsi spuntare strani tentacoli al posto delle orecchie). Infine un paio di Tassorosso, Philip Morgan ed Elizabeth Campbell, e qualche Corvonero: Louise River – che le salutava sventolando la mano dalla parte opposta della stanza – Nathan Adams e Cassandra Singh.
Sybil iniziava ad intuire perché Lumacorno aveva dovuto ulteriormente allargare la sala. Notò che Roxanne andava incontro a Morgan, ignorando palesemente un accigliato Riddle che le aveva puntato gli occhi addosso da quando era entrata nella sala. Sept aveva smesso di fissarle il viso, peccato che adesso fosse sceso ad ammirarne le gambe che si intravedevano da sotto il vestito.
Sybil deglutì, sentendosi improvvisamente a disagio e pensò che forse una Burrobirra l’avrebbe aiutata a scacciare il gelo improvviso che le aveva attecchito nelle ossa. Inghiottì quel liquido caldo e denso, sentendo su di sé lo sguardo di Rosier e fingendo di non notarlo. Era così concentrata a non guardare nella sua direzione, che quasi non notò il parlottare concitato di Sept e della gemella, fino a quando non udì distintamente le labbra di questo pronunciare il nome di Roxanne.
<< È così bella, Isy. Dimmi come devo fare per conquistarla…>>
Sybil sentì che qualcosa dentro di lei si spezzava irreparabilmente. Le mani iniziarono a tremarle e dovette appoggiare il bicchiere sul tavolo, prima di correre il rischio di rovesciarsi il contenuto addosso. Gli occhi le si inumidirono, mentre cercava coraggiosamente di ricacciarle indietro.
Eloise sollevò il viso e solo in quel momento, osservando il suo viso distrutto, si rese conto che aveva assistito alla conversazione. Fece un passo in avanti come per venirle incontro, ma Sybil si ritrasse scuotendo appena la testa e si allontanò rapida dal tavolo.
Non voleva parlare con nessuno, non fino a quando quel nodo che aveva in gola non si fosse allentato e il cuore avesse smesso di martellare così furiosamente contro la cassa toracica. Il suo sguardo appannato si posò su Roxanne che beatamente ignara del suo dramma, rideva e scherzava con Morgan. Con un sorrisino mesto Sybil dovette convenire con Sept: Rox era bellissima e lei invece solo una ragazzina insignificante…
<< Ciao Sybil. >>
Una voce bassa e profonda la riscosse dai suoi pensieri, facendola trasalire. Si girò di scatto, mentre Evan Rosier le porgeva un bicchiere.
<< Ti ho visto turbata e ho pensato che bere qualcosa ti avrebbe fatto bene. >> le disse a mo’ di spiegazione, osservando il suo sguardo smarrito. << Non preoccuparti, è solo acqua. >>
<< Gr-grazie >> gracidò Sybil.
Gli occhi blu di Evan la scrutarono attentamente il volto, mentre lei prendeva il bicchiere dalle sue mani e deglutiva a piccoli sorsi.
<< Sediamoci un attimo, ok? >> le chiese con un sorriso premuroso mentre, prendendola per il gomito, la guidava verso due bassi puff, lontani dalla calca.
Per una volta Sybil non si curò di quello che stava facendo. Non le importava un accidenti se si trovava da sola a parlare con un ragazzo, se forse quel ragazzo era interessato a lei, se avesse finito per fare la figura della stupida… Le sembrava di essere stata trascinata in un'altra dimensione, dove tutte le sue paturnie erano solo un gioco per bambini perché… perché a Sept piaceva Roxanne…
<< Sybil, tutto ok? Sei molto pallida. >>
Sept e Rox, Sept e Rox, Sept e Rox…
Quelle parole le risuonavano in testa quasi come una litania e le domande di Evan non erano che un sottofondo indistinto.
<< Sto bene. >> rispose, cercando di calarsi di nuovo nella realtà.
Evan le afferrò una mano e il contatto caldo della sua pelle la aiutò a trovare la concentrazione.
<< Ti va di dirmi cosa è successo? >> le chiese inchiodandola con il suo sguardo limpido.
<< Io…io… >> mormorò Sybil impacciata. Non voleva confidarsi con lui ma non sapeva nemmeno come rifiutare il suo aiuto senza sembrare scortese. Il suo sguardo saettò verso Sept che si dirigeva a passo sostenuto in direzione di Roxanne e gli occhi di Evan seguirono i suoi.
<< Oh >> mormorò soltanto. << Capisco. >>
Sybil si accorse che le lacrime infine erano straripate dai suoi occhi e abbassò il viso, nella vana speranza di non farsi vedere piangere ma prima che potesse muovere un muscolo, Evan estrasse un fazzoletto ed iniziò a tamponarle il viso con gesti delicati.
Normalmente Sybil si sarebbe ritratta, considerando quel gesto troppo intimo per un ragazzo con cui aveva scambiato sì e no quattro parole. Ma il tocco di Evan era così rassicurante, la sua espressione così comprensiva che Sybil trovò naturale rivolgergli il primo, vero sorriso della serata.

 

 

                                                                                                        ***

 

 

Evan aveva iniziato a corteggiare Sybil perché glielo aveva ordinato Riddle e – come sempre – lui seguiva le indicazioni dell’amico senza discutere. Quello che non si aspettava era che la cosa iniziasse a piacergli. Era così innocente e fragile la piccola Grifondoro, con quei boccoli biondi e il visino pulito… così dannatamente pura che gli faceva venire una maledetta voglia di sporcarla. Era proprio come giocare con il fuoco; un gioco pericoloso, ma tremendamente eccitante.
E Rosier non aveva dubbi: presto Sybil sarebbe stata come cera fra le sue mani.

 

 

 

 

Note:

 

  1. Citazione dal terzo libro “Harry Potter e il prigioniero di Azkaban”. A parlare è la professoressa Cooman - alias la vecchia pipistrella, - alle prese con la sua prima lezione.

  2. Ho immaginato che Mrs Cherry fosse l'antenata della ben nota Mrs Purr.

  3. Non ho idea di quale fosse il nome della professoressa di Divinazione al tempo di Riddle, per cui l’ho inventato. Se invece qualcuno lo sapesse e volesse scrivermelo, sarei lieta di modificarlo.

 

 

 

 

Ciao a tutti!
Scusate questa lunga attesa, sono finalmente tornata da Londra e sono più carica che mai! :D
Spero che l’incontro e il quasi bacio di Riddle e Rox vi sia piaciuto. Per il resto il capitolo è quasi interamente dedicato a Sybil, all’analisi dei suoi sentimenti e al suo misterioso dono che lei definisce un po’ come una maledizione. Spero che anche queste novità vi siano gradite. Molte di voi nelle recensioni mi hanno chiesto qualche chiarimento sul triangolo Sybil/Sept/Evan ed eccovi esaudite! Questo inoltre è uno dei motivi per cui ho deciso che Sept si sarebbe preso una cotta per Rox: Sybil è troppo buona ed insicura per mettersi in mezzo e fare una scenata e Evan non aspettava altro per scendere in campo a consolarla…
Un altro piccolo chiarimento: secondo i miei progetti Zabini non comparirà più fino al capitolo ventesimo ( peraltro sempre marginalmente); siccome molte mi hanno chiesto di lui la mia domanda è: volete che gli dedichi un po’ più di spazio nella ff o va bene così? A voi la scelta! XD
Passando ai ringraziamenti: come sempre ringrazio tutte le persone che mettono la ff nelle seguite/ricordate/ preferite ed in particolare pepo, Queen Malfy Slytherin, Morgana_D, Cassandra Turner, Latis Lensherr, Bsky89, Erodiade, kurioone e HamletAngelus che hanno commentato lo scorso capitolo. Ringrazio anche Violet Acquarius e Marta_Fred2000 che hanno commentato i capitoli iniziali. Siamo finalmente arrivati al decimo capitolo, ma temo che questa diventerò una long-long-fiction perché non siamo nemmeno a metà! ^^

 
Ecco infine l’angolino per il Riddle Fan Club: questa settimana suggerisco una Bellatrix/Voldemort “Un matrimonio per la purezza, una vita per l’oscurità” scritta da secretdiary.
Sempre su questo pairing ho scritto anch’io una OS, intitolata “One Night Only”, inutile dire che mi farebbe un sacco piacere che la leggeste! :D

 Bene, direi che ho concluso, un saluto e un bacio
Ely

 

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Capitolo 12
*** Provocazione ***


  






                                         Provocazione

 

 

 

 

Non serve a niente rifugiarsi nei sogni 
e dimenticarsi di vivere. (1)

 

  

 

18 Novembre 1942 Ufficio di Lumacorno

 

Roxanne stava chiacchierando con Morgan, ma non si sentiva a suo agio.
Le sembrava che le pareti della stanza le si stringessero progressivamente intorno, una sensazione asfittica dalla quale non riusciva a liberarsi. Quel che era peggio, era che sapeva benissimo cosa era che la faceva sentire così: lo sguardo di Riddle era fisso su di lei da tutta la sera e sembrava che lui fosse ... indispettito. Ma insomma, cosa pretendeva? Le aveva chiesto di venire al Lumaclub e così aveva fatto, ma certo non poteva aspettarsi che lei si unisse alla sua cerchia di serpe sibilanti o che lo riempisse di attenzioni come se fossero… come se fossero amici.
<< Scusami un attimo, Phil, vado a prendere qualcosa da bere. >> lo interruppe mentre lui le raccontava per la trecentesima volta di come avesse parato un bolide a soli cinque anni.
Morgan annuì, lanciandole un sorriso.
Mentre si avvicinava al tavolo imbastito di sfarzose vivande, cercò con gli occhi i suoi amici. Eloise e Sept confabulavano come sempre, gesticolando concitati. L’amicizia che negli ultimi tempi era sorta fra i due era oltremodo sospetta e Roxanne si domandò per un attimo se avrebbe dovuto preoccuparsi. Sapeva che Eloise non avrebbe mai volontariamente ferito la gemella, però dubitava che tutta quella complicità facesse piacere a Sybil… Il suo sguardo vagò nella stanza, alla ricerca della ragazza e Roxanne ebbe difficoltà a trovarla, appartata come era in un angolo con Rosier.
Il bicchiere di carta si accartocciò fra le sue mani. Tutto sommato Sybil sembrava che anche troppo rilassata, visto il modo in cui rideva, fissando Evan negli occhi. Era stata proprio una sciocca a preoccuparsi. Sussultò, vedendo che Rosier le accarezzava distrattamente una guancia e che l’amica pur abbassando un po’ la testa non si ritraeva.
Avanzò a passi decisi per la sala, intenzionata a porre fine a quello spettacolo ridicolo. Sybil poteva anche essere una ragazza ingenua, ma lei conosceva bene i tipi come Rosier e non gli avrebbe consentito di prendersi gioco così di lei.
<< Sanguesporco! >> trillò una voce fastidiosamente acuta alle sue spalle.
Roxanne si voltò lentamente, sentendo il sangue che le andava al cervello.
<< Non sapevo che anche tu potessi entrare qui… Credevo che Lumacorno avesse un po’ più di buon gusto. >> aggiunse Druella, arricciando il naso come se Roxanne emanasse chissà quale sgradevole odore.
<< Rosier, ma che piacere! >> la ricambiò accennando un sorriso che assomigliava più a un ringhio. << Non avevo ancora avuto modo di ringraziarti per il tuo simpatico scherzetto… >>
<< Non so di cosa tu stia parlando. >> rispose Druella con un tono trionfo e compiaciuto che non avrebbe ingannato nessuno. << Sì, certo. Il veleno di Acromantula è finito da solo nel mio calderone, immagino. >>
Druella non la degnò nemmeno di una risposta, sbadigliando vistosamente, come a voler sottolineare quanto noiosa fosse la sua compagnia. Poi inclinò la testa di lato e la fissò in silenzio, leccandosi pigramente le labbra.
Roxanne faticò a reprimere una smorfia di disgusto.
<< Tutto sommato non ne valevi nemmeno la pena. >> la derise, sprezzante. << Voglio dire: guardati! >> ghignò sollevando una mano ad indicare la sua figura. << Sei così insignificante che Tom si è già dimenticato di te! >>
Come, come, aveva fatto a dispiacersi per lei, anche solo per un singolo instante? Strinse le mani a pugno, trafiggendola con un’occhiata del più gelido disprezzo.
<< Non ne sarei così sicura, se fossi in te. >> bluffò, incrociando le braccia sul petto e dipingendosi sul viso un sorrisino saputo.
Druella boccheggiò come se l’avesse schiaffeggiata. Roxanne mantenne la sua aria impassibile ma dentro di sé esultò. Se la Rosier era così possessiva con il suo Tom, si sarebbe vendicata facendola morire di gelosia.
<< Cosa vorresti dire, feccia? >> le sibilò contro, assottigliando gli occhi.
<< Non credo che siano affari che ti riguardano… >> affermò con tono malizioso, girandosi a fissare Riddle con una faccia che sperava sembrare interessata.
Suo malgrado si ritrovò a soppesarlo. Tom fissava il focolare, le labbra inclinate all’ingiù in una smorfia scocciata, gli occhi che pareva quasi neri tanto erano lividi. Si chiese se le parole che aveva pronunciato Druella contenessero un fondo di verità ed effettivamente lui si fosse già stancato di lei. Avvertì una fitta all’altezza dello sterno a quel pensiero e si affrettò a girarsi e a concentrarsi solo sullo sguardo imbestialito della Rosier.
Provocarla non era stato poi tanto difficile. Tremava per la rabbia e stringeva i pugni della mani in modo convulso, come se sognasse di mettergliele intorno al collo. Anche il suo sguardo si appuntò per un attimo su Tom e la ferocia nei suoi occhi mutò in qualcosa di completamente diverso. Il modo in cui lo fissava aumentò ancora di più l’irritazione di Roxanne. Merlino se lo mangiava con gli occhi, quell’arpia!
<< Non mi incanti, sai? >> affermò sprezzante Druella, degnandola di un’occhiata omicida. << Stai mentendo. Il mio Tom non si abbasserebbe mai al livello di una pezzente come te. >>
Roxanne si irrigidì e un sorriso innaturale le incurvò le labbra.
<< Invece che parlare preferisco mostratelo. >>
Non seppe nemmeno come avevano fatto quelle parole ad uscirle di bocca. Semplicemente la voglia di mettere a tacere quella strega era stata troppo forte. Si diresse a passi decisi verso Riddle, il cuore che le rimbombava nel petto. Gli si affiancò e con un sorriso assolutamente falso e stucchevole, insinuò la mano fra la sua.
Lo stava facendo solo per provocazione ma un brivido le attraversò la schiena al contatto con la sua pelle liscia e morbida e Roxanne seppe che stavolta quel palpito non aveva niente a che fare con la paura.

  

                                                                                                        ***

  

18 Novembre 1942 Ufficio di Lumacorno

 

Riddle fissava le fiamme, cercando di reprimere la sua rabbia che quella sera stava davvero raggiungendo livelli colossali. Avrebbe voluto sapere come faceva Evan a trovare nel fuoco un che di affascinante, a lui sembrava insignificante come tutto il resto della sala.
In quei giorni aveva creduto di aver fatto alcuni passi in avanti con la Grifondoro. Quando si erano visti alla Torre e l’aveva stretta tra le braccia per un secondo avrebbe giurato che… Merlino, quello sguardo così inteso e quelle labbra dischiuse in un chiaro invito non poteva essersele solo immaginate!
Aveva insistito perché venisse al Lumaclub nella speranza di riuscire ad avvicinarla, ma l’Altgriff era tornata la solita spocchiosa che non lo degnava di uno sguardo. Lo evitava come se non fosse mai successo niente e il modo in cui stava rigida faceva davvero onore al suo soprannome.
La sua irritazione era centuplicata nel notare che Morgan le stava appiccicato come una sanguisuga, discorrendo con un'affabilità assolutamente vomitevole. I denti gli erano scricchiolati paurosamente: il mezzosangue stava decisamente passando i limiti. La mano destra gli prudeva dalla voglia di scagliargli contro uno Schiantesimo che l’avrebbe fatto volare dall’altra parte della sala. Roxanne era il suo obbiettivo, la sua preda, il suo giocattolo. Roxanne era sua. E fino a quando non si fosse stancato di lei, non avrebbe concesso a nessuno di sfiorarla, fosse anche solo con lo sguardo.
Quando l’aveva vista allontanarsi aveva quasi tirato un sospiro di sollievo. Sospiro che gli si era nuovamente incastrato in gola nel notare la Rosier che la avvicinava. Aveva fatto un discorso a Druella dopo l’increscioso incidente con il veleno di Acromantula e credeva che per un bel po’ se lo sarebbe ricordato, ma con quella non si poteva mai sapere. Sbirciò di sottecchi nella loro direzione e il suo sguardo si incupì nel vedere l’espressione rigida e sprezzante di Roxanne. Qualsiasi altra ragazza sarebbe scappata a gambe levate, evitando Druella come la peste, ma figurati se Miss Scopa aveva un briciolo di istinto di auto conversazione. Dannato spirito Grifondoro!
Un ciocco di legno sfrigolò e quel suono lo riscosse. A che diavolo stava pensando? Non erano affari suoi se l’Altgriff si cacciava in altri guai. Di certo non l’avrebbe salvata di nuovo, era stufo di comportarsi come la balia di quella scialba ragazzina...
Era così assorto che trasalì nel sentire il contatto di una mano piccola e fresca che si intrecciava alla sua.
<< Riddle ho bisogno di parlarti, ora. >>
Tom osservò Roxanne trascinarlo verso la porta, con un misto di incredulità .A sconvolgerlo, ancora di più del fatto che lo tenesse per mano, era il sorriso smagliante e assolutamente falso che quella gli rivolgeva. Cercò di sondare i suoi occhi per capire cosa le passasse per la testa, ma lei distolse il viso, fissando intensamente un punto imprecisato alle sue spalle. Tom seguì la direzione del suo sguardo e non riuscì a reprimere un sorrisetto divertito. A quanto pare la Grifondoro aveva deciso di lasciar perdere la correttezza e giocare sporco, almeno per una volta. Molto… serpeverdesco, in effetti. Quel pensiero gli procurò una sensazione strana in gola e si accorse di faticare a trattenere una risata. Decise di assecondarla e ricambiò il suo sorriso, con palese complicità. Mentre quella usciva dalla stanza, la sua mano si posò sul suo fianco,in quello che per occhi esterni poteva sembrare un gesto abituale. Roxanne si irrigidì e gli lanciò un’occhiata attonita, ma strinse i denti e non commentò.
Almeno fino a quando la porta non si fu chiusa alle loro spalle e lo scansò infastidita, rivolgendogli uno sguardo truce.
<< Tieni le mani a posto, Riddle! >> lo apostrofò altezzosa.
Tom si appoggiò allo stipite della porta, guardandola con un sorrisetto ironico.
<< Veramente sei stata tu a cercarmi, Ro. >>
Roxanne arrossì e si affrettò a chiarire:
<< Non montarti la testa. L’ho fatto solo… >>
<< Per fare uno sgarbo a Druella. >> la interruppe prima che potesse finire, godendosi la sua faccia sorpresa. << L’aveva intuito. E ti stavo assecondando anche se… >> e nel dire quelle parole la afferrò per il braccio, tirandola delicatamente contro di sé. Roxanne non si aspettava una simile mossa e si sbilanciò, costretta ad appoggiare le mani sul suo petto per evitare di crollargli addosso. << … come gioco, devo dire che è molto interessante. Possiamo farlo quando vuoi. >>
Per un lungo, interminabile instante lei lo fissò, spiazzata, ancora appoggiata al suo corpo, i loro volti vicini. Poi si tirò indietro con un strattone, la sua faccia era talmente alterata che Riddle ne avrebbe riso se non fosse stato per il dolore al piede che la Grifondoro gli aveva volutamente calpestato. Trattenne l’imprecazione che gli era salita alle labbra, limitandosi a guardarla storto. Merlino se quella ragazza era insopportabile!
<< Tieni-le-mani-a-posto! >> scandì, puntandogli contro un dito. << Non farmelo ripetere un’altra volta! >>
Gli occhi di Riddle si assottigliarono.
<< A volte mi chiedo se ti dimentichi con chi stai parlando, Altgriff. >> le rispose con un tono freddo, formale e per questo ancora più inquietante. << Sono più grande, sono un Prefetto e per giunta sono molto meno paziente dei tuoi amichetti >>
Ad ogni frase la sua voce era salita impercettibilmente di volume e il suo sguardo si era fatto cupo, deciso. Miss Scopa si stava montando la testa se pensava di poter usare quel tono con lui, con il discendente di Salazar Slytherin! Ma imparerai a stare al tuo posto, oh se imparerai. E allora sarai tu a supplicarmi di dedicarti un decimo di quelle attenzioni che ora rifiuti così sdegnosamente.
<< Non mi interessa chi sei. >> gli rispose, divenendo più rigida e guardinga. << Non puoi afferrarmi come se fossi una bambola! >>
Tom inarcò un sopracciglio, guardandola con educato stupore.
<< Non è esattamente quello che hai fatto tu, trascinandomi fuori dalla sala? >>
Roxanne arrossì e per un attimo parve spiazzata. Distolse lo sguardo e iniziò ad arricciarsi una ciocca di capelli mormorando:
<< È diverso. Io avevo un buon motivo… >>
<< Certo. >> la derise, ironico. << Far arrabbiare ancora di più la Rosier. Una mossa molta astuta, complimenti. >>
<< Che c’è, adesso ti preoccupi per me? >> domandò sostenuta.
Riddle sentì la rabbia – lenta ma inesorabile – montargli dentro. Era strano, perché lui manteneva il controllo, sempre. Eppure in quel momento avrebbe veramente voluto stringere le dita intorno a quel collo diafano, godersi lo stupore e l’accusa nei suoi occhi.
<< Devo forse ricordarti chi è stato a soccorrerti l’ultima volta? >> le chiese, dominandosi a stento.
Roxanne impallidì e si mordicchiò le labbra, abbandonando però la postura diffidente. Riddle trattenne un sorriso soddisfatto: come immaginava marciare sul senso di colpa, era la soluzione migliore per metterla a tacere.
<< Ho parlato con Druella dopo quello che ti ha fatto. >> le comunicò.
Roxanne alzò lo sguardo, fissandolo dubbiosa.
<< Il che vuol dire che l’hai minacciata. >> chiarì fissandolo con un sorrisino.
Non sembrava arrabbiata e per una volta Riddle si concesse di lasciarsi andare, scoprendo i denti in ghigno sarcastico.
<< Forse. >> rispose. << Comunque non ti conviene provocarla troppo. >>
<< Qual è il problema, tanto ho te come difensore. >> disse scrollando le spalle.
Doveva essere una battuta, ma lo sguardo che lei gli lanciò fu strano, profondo, e se si fosse trattata di un’altra Riddle vi avrebbe letto un misto di gratitudine e di… calore? Affetto? Qualsiasi cosa fosse ebbe il potere di sciogliergli la lingua.
<< La prossima volta potrei non arrivare in tempo. >> la avvertì.
Di nuovo il ricordo del suo viso sofferente gli colmò la mente, come una stilettata al fianco. Lo ignorò, concentrandosi sul presente, su lei – lei che stava bene – e lo guardava come se fosse impazzito.
<< Stavo scherzando. >> chiarì con l’abituale alterigia. << Non mi serve affatto la tua protezione. >>
<< Sì, certo. >> affermò, scettico. << Dovevi davvero parlarmi di qualcosa o era tutta una scusa? >> aggiunse, cambiando argomento.
Roxanne lo fissò con uno sguardo indeciso, come soppesandolo.
<< L'altro giorno... ti ho visto in biblioteca. >> esordì, studiando la sua reazione.
Riddle si irrigidì ma non tradì altre emozioni.
<< E cosa avresti visto di preciso? >>
Il tono era pacato, carezzevole, ma la sua mente lavorava all'impazzata. Il giorno precedente si era recato in Biblioteca per fare delle ricerche su Salazar e sulla sua dinastia, nella speranza di trovare un qualche indizio per aprire la Camera dei Segreti. Ovviamente era impossibile che la Grifondoro fosse a conoscenza dei suoi piani, era stato attento, meticoloso; nondimeno un brivido gli corse lungo la spina dorsale.
Roxanne si mordicchiò le labbra.
<< Ho visto che facevi delle ricerche sulle principali casate magiche. >>
Il cuore di Tom martellava fortemente, fastidiosamente, contro il suo petto. Dannata piccola, ficcanaso! Possibile che sospettasse davvero qualcosa...?
<< E ? >> domandò sfrontato, con un tono glaciale.
Lo sapeva che l'Altgriff era pericolosa, se lo aspettava che lo avrebbe ostacolato...
<< E voglio aiutarti. >> affermò con un tono che non ammetteva repliche.
Riddle sgranò, poco elegantemente, la mascella.
Roxanne aveva alzato lo sguardo e lo fissava con fermezza. Era pallida, le labbra rosse leggermente gonfie per il troppo morderle, gli occhi di un grigio argenteo che brillava. Le sue iridi rifulsero più degli astri. Senza nessun motivo apparente le parole di Salazar gli si affacciarono alla mente.
<< Come? >> non poté trattenersi dal chiederle, fissandola come se fosse impazzita.
Roxanne Altgriff, trovatella allevata in un orfanotrofio di Londra, Babbanofila fino al midollo voleva aiutare lui – discendente di Salazar Slytherin - a sguinzagliare un temibile mostro contro i mezzosangue?
Le gote della Grifondoro si tinsero di un invitante rosato, ma lei non abbassò lo sguardo.
<< So che ti piace fare le cose da solo... >> Riddle sussultò, stupito dal fatto che lei avesse notato quell'aspetto della sua personalità: era quasi sempre accompagnato da una torma di seguaci, tanto che pochi intuivano quanto in realtà amasse la solitudine. << Ma nessuno meglio di me, può capire come ti senti e potrei esserti utile. >>
Tom corrugò la fronte, sforzandosi di attribuire un senso alle parole della ragazza.
<< E come potresti aiutarmi? >> le chiese, temporeggiando.
<< Frugherò negli archivi, ti assisterò con le ricerche in Biblioteca. >> aveva preso a giocherellare con la croce che portava al collo, distogliendo lo sguardo. << In fondo l'ho già fatto in passato, so cosa devo guardare. >>
Riddle era sempre più confuso. L'aveva già fatto prima di allora? Aveva già cercato informazioni sulla Camera?
<< In passato? >> mormorò, lasciando che una parte della sua perplessità trasparisse dalla sua voce.
Roxanne annuì e la mano che toccava la catenella le tremò appena.
<< Sì. Il primo anno che sono venuta ad Hogwarts ho cercato informazioni sui miei genitori. >>
Finalmente i pezzi di quella assurda conversazione andarono al loro posto. Il nodo che gli stringeva lo stomaco si allentò gradualmente, consentendogli di compiere un lungo, rilassato respiro.
<< E adesso vorresti darmi una mano a rintracciare i miei? >> le chiese facendo un passo in avanti.
Roxanne non lo guardava negli occhi, fissava un punto imprecisato del pavimento.
<< Non farti illusioni, Riddle. Non lo faccio perché all'improvviso mi sei diventato simpatico... >> chiarì.
<< … ma solo perché comprendi la mia voglia di sapere qualcosa sulla mia famiglia, dico bene? >> completò per lei Tom.
Roxanne si limitò ad annuire.
<< Consideralo un modo per sdebitarmi per il fatto che mi hai salvato la vita. >>
La fissò, suo malgrado sorpreso. Doveva averlo visto cercare fra i volumi che parlavano di linee di sangue del mondo magico e aveva frainteso le sue intenzioni: lui cercava informazioni su Salazar o sui suoi discendenti per trovare la chiave per aprire la Camera ma lei questo non poteva saperlo e doveva aver pensato che facesse delle ricerche sul perché era stato abbandonato al Wool’s Institute.
<< Quella croce... appartiene ai tuoi genitori? >> le chiese.
Roxanne sussultò e finalmente alzò lo sguardo. Aveva la bocca leggermente dischiusa e sembrava quasi che le iridi le tremolassero.
<< Come...? >> gli chiese con voce incerta.
Tom scrollò le spalle.
<< Ho tirato ad indovinare. >>
Le labbra di Roxanne si aprirono in un sorriso che però non raggiunse gli occhi, ancora velati da quella patina di tristezza. Riddle si sentiva strano. Per la prima volta in vita sua desiderò stringere un altro essere umano fra le braccia, cercare il calore consolante di pelle contro pelle. Era lei che voleva consolare.
Incrociò le braccia sul petto, reprimendo quell'impulso malsano.
<< È l'unica cosa che mi rimane di loro. Non un nome, un volto, niente. La signora Cole mi trovò alle porte dell'orfanotrofio avvolta in una coperta bianca con questa attorno al collo. >>
<< Posso vederla? >> le domandò, allungando una mano.
Istintivamente le dita di Roxanne si chiusero attorno alla croce.
<< Te la restituirò subito. Fidati, Ro. >>
Pronunciò quelle parole con voce bassa e gutturale e non con il solito tono melenso e lezioso che avrebbe usato per convincere un'altra. Stava faticosamente imparando che la Grifondoro era diversa da tutte le ragazze che aveva conosciuto fino a quel momento e che con lei l'adulazione e il suo fascino non trovavano presa.
Roxanne lo fissò, mentre il bianco dei denti faceva capo dalle labbra che mordeva indecisa. I suoi occhi si incatenarono ai suoi e Riddle sentì uno strano brivido. Il loro lucore mi trafisse il petto. Che assurdità. Come poteva il suo antenato aver scritto qualcosa di così inverosimile? E perché quelle parole gli venivano in mente proprio in quel momento?
Lentamente, con gesti misurati, Roxanne si staccò la catenina dal collo e gliela porse. In realtà Riddle non credeva che l'avrebbe fatto. Se avesse posseduto lui un ricordo dei suoi genitori non avrebbe tollerato che altri lo toccassero.
Nel lasciarla cadere sul suo palmo parve per un attimo titubare, poi schiuse il pugno e Tom strinse il piccolo ciondolo argenteo fra le sue mani. Lo sollevò, osservandolo alla luce tremula della torcia.
Era una croce molto semplice, liscia, con i vertici lievemente stondati. La controllò attentamente ma c'era assolutamente niente: né iniziali, né simboli che potessero costituire un qualche indizio. Fece per estrarre la bacchetta, ma la mano di Roxanne scattò a fermarlo.
<< Che cosa credi di fare? >>
Era rimasta rigida per tutto il tempo del suo esame ed adesso lo aggrediva con uno sguardo accusatore. Le scostò delicatamente la mano, accarezzandola appena, un tocco leggero che sperò essere confortante.
<< Fidati. >> le ripeté, perdendosi nei suoi occhi cupi.
Non avrebbe saputo dire cosa Roxanne lesse nel suo sguardo ma non lo fermò mentre pronunciava una serie di incantesimi.
<< Finitem incantatem, Aparecio. … >> sciorinò uno dopo l'altro.
La croce rimase liscia e piatta.
<< Ho già controllato personalmente. >> lo informò Roxanne, con un sorrisetto triste. << Si tratta solo di un normalissimo ciondolo. >>
Tom annuì e glielo restituì, provando di nuovo quella sensazione strana, quel desiderio nascosto di accarezzare la sua pelle e cancellare quelle ombre scure dal suo sguardo.
<< Penso.. penso che sia la conferma delle mie origini Babbane. >> si interruppe, forse aspettandosi che lui la deridesse per questo. Ma Tom non fece niente del genere e Roxanne continuò: << Ho cercato ovunque ma era praticamente impossibile trovare qualcosa: persino il mio nome me l’ha dato la signora Cole, credo perché i miei capelli avevano una sfumatura rossiccia se osservati alla luce della lampada. >>
Il suo tono era pacato, leggero, come se gli stesse spiegando i molteplici usi del sangue di Drago. Ma Riddle era troppo esperto nel leggere le persone per non notare il modo lieve in cui le tremavano le labbra.
<< Probabilmente mia madre era Babbana, chissà magari anche mio padre. Sai, la croce è un simbolo religioso molto diffuso fra loro, quindi immagino che fosse cristiana. Forse… forse si è spaventata quando ha capito che ero… diversa. In fondo religione e magia non vanno tanto d’accordo, potrebbe avere deciso per questo motivo di abbandonarmi... >> nel pronunciare quell’ultima parola la voce le si incrinò.
Tom si sentì strano. Forse per la prima volta nella sua vita gli parve di essere inadeguato perché in nessuno dei molti libri che aveva letto c’era scritto come fare per impedire a quelle labbra di tremare in quel modo…La sua mano salì lentamente ad accarezzare la guancia di Roxanne, nello stesso gesto delicato di quando l’aveva vista contorcersi per il dolore.
Lei sussultò ed esitò solo un attimo prima di ritrarsi. Tom lasciò che le dita gli ricadessero lungo il fianco, la consueta rabbia nel vedere quanto faceva la preziosa.
<< Allora? >> gli chiese, guardandolo con ritrovata sfrontatezza.
La fissò senza capire.
<< Accetti il mio aiuto? >>
A Riddle occorsero pochi secondi per decidere. Aveva scoperto l'identità dei suoi genitori il terzo anno che era ad Hogwarts: suo padre, Tom Riddle Senior era solo uno sporco ed insignificante Babbano, sua madre, invece, Merope Gaunt era una Purosangue, nientemeno che discendete di Salazar Slytherin. Questo era tutto quello che gli interessava sapere delle sue origini, ma Roxanne lo ignorava perché aveva condiviso quelle informazioni solo con pochi intimi.
<< Certamente. >> annuì con un sorriso affascinante.
<<  Va bene il prossimo Sabato in Biblioteca? Mi dirai lì tutto quello che hai scoperto fino ad ora. >>
Riddle la fissò serio, gioendo però intimamente. Ti stai gettando da sola nella tana del lupo, Altgriff e tutto per il tuo buon cuore.
<< Come preferisci. >> le rispose.
Certo, il fatto che avesse intenzione di indagare sul suo passato non era esattamente qualcosa di positivo ma se lui stesso aveva impiegato tre anni per scoprire la sua parentela con uno dei Fondatori, cosa mai avrebbe potuto combinare lei in pochi mesi? Per non parlare del fatto che l'avrebbe controllata e, eventualmente, sviato i suoi tentativi.
<< Bene. Adesso direi che è ora di tornare dentro. Non vorrei che a Druella prendesse un infarto. >> aggiunse con un sorrisino malizioso.
<< Dubito che sarai così fortunata. Puoi darmi la mano però, se vuoi farla ingelosire ancora. >> tentò lanciandole uno sguardo furbo.
Roxanne incrociò le braccia sul petto e lo squadrò con ironia.
<< Non penso proprio Riddle. >> proclamò prima di precederlo a larghi passi nell'Ufficio di Lumacorno.

 

 

                                                                                                ***

 

18 Novembre 1942 Ufficio di Lumacorno

 

Eloise Knight sbuffò e la frangia le svolazzò intorno al viso, in un ventaglio rosso fiamma. E pensare che solo poche ore prima si era preparata entusiasticamente per venire a quella festa, fremendo dall'impazienza di vedere le facce di Rox e Syb nello scoprire che era stata ammessa al Lumaclub! Adesso invece Roxanne era sparita con Riddle da più di un quarto d'ora e Sept non faceva che sbuffare e guardare impazientemente la porta. Aveva dovuto trattenerlo a forza per impedire che andasse a cercarla. Sybil invece era appartata in un angolo, in religioso silenzio, e non faceva che rivolgerle lunghe, roventi, occhiate accusatrici. Dulcis in fundo c'era una Druella che schiumava rabbia, ringhiando contro chiunque le rivolgesse la parola e accarezzando la bacchetta d'ebano in un gesto che non prometteva niente di buono.
<< Insomma ma quanto ci mettono? Si può sapere cosa stanno facendo? >> chiese per la centesima volta Septimus, fissandola con la pretesa che lei avesse la risposta alla sua domanda.
Con un sospiro Eloise si allontanò, lasciandolo a cuocere nel suo brodo. Aveva i nervi tesi come corde di violino e un disperato bisogno di alcol per contenere il malsano impulso di strozzarlo.
<< Perché non me l'hai detto? >>
Sussultò e una parte del liquido – Firewhisky Incendiario dell'80 che era riuscita a trafugare dall'attenta sorveglianza di Lumacorno – fuoriuscì dal bordo, macchiandole le scarpe. Fantastico! Pensò prima di girarsi a fronteggiare lo sguardo amareggiato di Sybil.
<< Perché speravo tu non lo venissi mai a sapere. >> le rispose con schiettezza. << Credevo che fosse una cotta passeggera e che Sept si sarebbe ben presto arreso di fronte al disinteresse di Roxanne. Ma quel Weasley è più cocciuto di un troll! >> concluse trovando infine il coraggio di sostenere lo sguardo della gemella.
Sybil incurvò le labbra in un sorrisetto triste.
<< Non puoi sapere se è corrisposto o meno. >>
Eloise allungò una mano a stringere fra le sue quella della sorella.
<< Sybil. Guardami Syb. >>
I loro sguardi si incrociarono, il viola delle prima si rispecchiò nell’azzurro pallido della seconda.
<< A Roxanne non interessa Sept. Altrimenti starebbe qui, con lui, e non chissà dove con Mr Serpeverde, no? >>
Sperava di farle spuntare un sorriso, ma le labbra di Sybil rimasero inarcate in una smorfia amara.
<< Non devi cercare di consolarmi. Farò come mi hai suggerito un sacco di volte e cercherò di dimenticarlo. >> rispose con voce dura e ferma.
<< Syb… >> mormorò Eloise, una volta tanto a corto di parole.
Ma Sybil scostò le mani dalla sua stretta e con un’espressione indecifrabile si diresse verso Evan.
Quello sorrise, un sorriso strano, ferino, che le fece venire la pelle d’oca.
Per una volta in vita sua maledisse la sua impulsività. Era stata lei a spingere la gemella fra le braccia del Serpeverde, eppure, vedendoli l’uno a fianco dell’altra non riuscì a reprimere un brivido.
Sperò con tutte le sue forze che fosse solo Roxanite acuta la cattiva impressione che le faceva adesso lo sguardo di Rosier.

 

 

 

Note:

 

  1. A parlare è Silente e si tratta di una citazione di “Harry Potter e la Pietra Filosofale”. Questa frase si riferisce a Sybil e al suo proposito di andare avanti, abbandonando l'illusione di poter piacere a Sept.

 

 

 

 

 

Ciao a tutti!
Allora questo capitolo è stata una tortura. L’ho scritto, modificato, riscritto eppure ancora non ne sono affatto soddisfatta. La cosa mi dispiace perché oltretutto era anche abbastanza importante… si parla delle origini di Rox, si assiste alla lenta discesa di Syb fra le braccia di Rosier…
Quanto alla faccenda Rox-Tom un breve “ricapitolando”: Rox vede Tom frugare fra gli archivi e crede cerchi informazioni sui suoi genitori, mentre in realtà lui spera di trovare informazioni sulla Camera. Lei si offre di aiutarlo a rintracciare la sua famiglia e lui la asseconda, sperando di cogliere l'occasione per conquistarla ( e ovviamente controllarla). Spero che quella parte fosse sufficientemente chiara, l'ho scritta un po' di corsa! XD
Ho visto che ci sono alcuni nuovi arrivi nei seguiti/preferiti per cui ripeto che per qualsiasi dubbio, chiarimento, consiglio o critica sono a disposizione! :D
Dalle vostre recensioni ho potuto vedere che il personaggio di Sybil ( e per la verità anche di Evan) sta riscuotendo molto successo: la piccola Syb ringrazia imbarazzata (mentre Isy la fissa sbuffando, ovviamente gelosa).
Prima di passare ai ringraziamenti una piccola domanda: nello scrivere i capitoli futuri mi sono accorta che il rating giallo mi andrebbe un po' strettino... qualcuno ha dei problemi se lo porto ad arancione?

Passando ai ringraziamenti: ringrazio chi ha aggiunto la storia alle seguite/ricordate/preferite, chi ha messo me fra gli autori preferite e chi legge soltanto. Un grazie speciale va a: Erodiade, HamletAngelus, Violet Acquarius, kurioone, Morgana_D, Queen Malfy Slytherin, Margherita_Lavigne394, Bsky89, Latis Lensherr e Cassandra Turner che hanno recensito lo scorso capitolo! <3

 Questa settimana suggerisco due storie che non parlano di Tom, ma di un altro mago quasi altrettanto oscuro: Gellart Grindewald. Fate un salto a leggere “Studenti di Durmstrung” di Enide e “We'll get lost togheter” di Cassandra Turner!

Bene, ho finito di annoiarvi,
un caloroso saluto e un bacio
Ely

 

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Capitolo 13
*** Biblioteca ***


                    





                      Biblioteca 
 
 
 

    

                                                                                   “Infine fu costretto ad accettare il fatto che il padre non aveva mai 
 
messo piede ad Hogwarts. Fu allora, credo, che abbandonò il
 
 suo nome per sempre, assunse l’identità di Lord Voldemort e
 cominciò le indagini sulla famiglia della madre che fino ad
 allora aveva disprezzato, la donna che, ricorderai, era convinto
 non potesse essere una strega, poiché aveva ceduto alla vergognosa
 debolezza umana della morte”

 




  

 
25 Novembre 1942 Ufficio di Lumacorno
 
La settimana seguente trascorse in un lampo. Fra compiti, pozioni e una strana tensione che aleggiava in classe, Roxanne si ritrovò a Venerdì senza aver avuto neanche il tempo di dire “ma”.
La situazione che si era creata era per lei incomprensibile. Sybil ed Eloise quasi non si parlavano, se non per scambiarsi delle frasi di circostanza, fredde e formali. 
Anche Sept sembrava irritato per qualcosa e, cosa ancora più inspiegabile, sembrava che ce l’avesse proprio con lei. Non le rivolse la parola per giorni, trincerandosi dietro un muro di silenzio, e alla fine si decise a parlarle solo per chiederle se sarebbe andata all’ennesimo ritrovo del Lumaclub. A quanto pare Septimus aveva parlato con il professore e lo aveva convinto ad organizzare una specie di Torneo di Scacchi Magici – Lumacorno condivideva la passione per quel gioco astruso – e Roxanne si era trovata a balbettare un “Sì” molto poco convinto, giusto per non farlo arrabbiare ancora di più.
Per cui quel Venerdì sera si trascinò a passi lenti e stanchi nell’Ufficio di Lumacorno, con scarsissimi dubbi sul fatto di passare una terribile serata.
La stanza era praticamente immutata, salvo il fatto che i pouf avevano lasciato il posto a sedie nere, poste di fronte ad altrettanti tavolini con sopra delle scacchiere magiche.
La serata si rivelò migliore delle sue più rosee aspettative: animati da una sana rivalità e riscaldati dalle Burrobirre gli studenti passavano da un tavolo all’altro, incitando i loro giocatori preferiti. Roxanne vide Sybil ed Eloise parlare quasi normalmente e Sept sembrava troppo preso dal suo mondo di regole e di strategie per ricordarsi di essere arrabbiato con lei.
Negli scacchi Roxanne era una frana: nessuno aveva avuto tempo di insegnarle quando era piccola e Eloise aveva deciso di colmare quella sua lacuna quando era arrivata ad Hogwarts. Inutile dire che si era rivelata un’insegnate impaziente e  molto poco tollerante, e dopo un paio di tentativi Roxanne aveva deciso che molto semplicemente non le importava imparare. Ragion per cui passò tutta la serata girando tra un tavolo e l’altro, incitando ora l’uno ora l’altro dei giocatori. Riddle la sfidò ma lei declinò l’invito: era bravo – come in tutte le cose che faceva – e lei non avrebbe sopportato di essere stracciata in poche mosse proprio da lui.
Sept invece portò onore al nome dei Grifondoro: sbaragliò senza esitazione un avversario dopo l’altro fino a trovarsi proprio di fronte a Riddle, che lo osservò con aria di blando scherno.
Quello fu l’unico momento della serata in cui Roxanne temette seriamente che si dovesse far ricorso alle bacchette. Sept fissava Tom con uno sguardo sfrontato e furioso, animato da una feroce determinazione. Sembrava che non concepisse l’idea di perdere e Roxanne trovò quel suo comportamento molto strano, perché solitamente era un tipo sportivo.
Ovviamente Riddle vinse e, altrettanto ovviamente, gioì della frustrazione di quello.
<< Spiacente, Weasley. Questa partita èmia. >> mormorò fissandolo con un sorriso strafottente.
Septimus strinse i pugni delle mani e le orecchie gli divennero rosse. Riuscì a contenersi tuttavia – grazie anche al provvidenziale intervento di una Eloise che lo distrasse con vigorose pacche sulle spalle – e Roxanne tirò un sospiro di sollievo.
Sybil si tenne in disparte. Tuttavia quando Evan le chiese di fare una partita non rifiutò e Roxanne si chiese con crescente disagio quanto forte fosse la sua simpatia per lui.
Il torneo si concluse alle undici di notte e Tom fu il vincitore. Non ne parve particolarmente entusiasta ma sorrise falsamente mentre Lumacorno si perdeva in lodi su lodi, riguardo il suo promettente futuro.
Roxanne lo applaudì svogliatamente insieme agli altri, la mente ancora concentrata sulla relazione Sybil-Rosier. Per questo motivo sussultò quando, nel passarle accanto, lui le sussurrò:
<< Ci vediamo domani alle tre, Ro. >>
Non rispose, ma lui non sembrò aspettarselo e poco dopo la riunione si sciolse.
Nella sua stanza, con la testa affondata nel cuscino, Roxanne si chiese perché il cuore le martellasse così forte nel petto.
 
                                                                                       ***


 
26 Novembre 1942 Biblioteca 
 
Quando il giorno successivo Roxanne entrò in Biblioteca, trovò Riddle ad attenderla, seduto in un tavolino isolato dagli altri, proprio vicino alla finestra. Guardava fuori, la testa appoggiata ad una mano e l’aria annoiata. Roxanne avanzò a passo deciso, cercando di darsi un contegno. Dalla sera prima il cuore le palpitava in modo incessante, tanto che iniziava a chiedersi se avesse un qualche disturbo, dato che una tachicardia come quella non era normale.
Tom udì il rumore dei suoi passi e si girò a fissarla. La sua espressione scocciata cedette subito il posto ad un sorriso artificiosamente allegro.
<< Riddle. >> lo salutò sedendosi rigidamente davanti a lui e posando i libri e le piume sul tavolo.
<< Ciao, Ro. Ti vedo tesa, stamani. >> ricambiò con una velata ironia.
Sbuffò in modo eclatante, ravviandosi i capelli e portandosi una ciocca dietro l’orecchio.
<< Poche ciance. >> ribatté, fredda. I palmi delle mani le sudavano e le tremavano leggermente, decise di nasconderle sotto il tavolo nella speranza che lui non lo notasse. << Perché non mi dici che cosa sai sui tuoi genitori? >>
Il sorrise si spense sul volto di Riddle.
Incrociò le mani sulla scrivania e appoggiò la schiena alla sedia. Il tono con cui iniziò a parlare fu disteso, ma i suoi occhi non abbandonarono quelli di Roxanne neanche per un secondo, come assetati di scoprire le sue reazioni.
<< Tutto quello che so me lo ha rivelato la signora Cole. Dopo molte insistenze da parte mia, per la verità. >> aggiunse mentre un lampo di compiacimento gli attraversava lo sguardo. << Mia madre giunse al Wool’s Institute la notte del 31 Dicembre del 1926. Era malata e denutrita, appena in grado di reggersi in piedi. La direttrice cercò di scoprire qualcosa di più sul suo passato, ma quella delirava e nei rari sprazzi di lucidità, si rifiutava di rivelare il suo nome. >>
Roxanne deglutì e un brivido di freddo le attraversò la spina dorsale. Non si era mai veramente posta la domanda su come poteva essere stata l’infanzia di Riddle e adesso non era tanto sicura di volerlo sapere.
<< Morì subito dopo il parto e la signora Cole non riuscì a scoprire la sua identità… >>
 Senza neanche rendersene conto Roxanne aveva rilassato le spalle e si era sporta in avanti, catturata dallo sguardo magnetico di Tom. Sembrava così freddo e compunto nel raccontare la morte della madre, come se per lui non avesse il minimo valore. Ma era davvero così? Sentì il bisogno di penetrare nella sua mente, di strappare quella patina di indifferenza che velava il suo sguardo e vederlo di nuovo nudo e sincero, come era stato così poche volte di fronte a lei.
<< … ma fece in tempo a scegliere il mio nome: Tom Riddle come mio padre, Orvolson come mio nonno. Poi spirò. >>
Si interruppe e per alcuni istanti il silenzio piombò fra di loro.
<< Non… non c’è altro? >> chiese Roxanne incespicando un po’ sulle prime parole.
Si stupì di come la sua voce suonasse diversa alle sue stesse orecchie. Da dove le era uscito quel tono remissivo e delicato? Da quando in qua aveva iniziato a pensare che servisse del tatto per dialogare con Riddle?
Lui la fissò sorpreso, probabilmente aveva notato il cambiamento sulla sua voce e nella sua postura. Roxanne arrossì e ristabilì le distanze mentre le labbra di quello si incurvavano in un sorriso sornione.
<< Nient’altro. A parte che mia madre sperava che assomigliassi a mio padre, ma non credo sia un indizio rilevante. >>
Roxanne annuì distrattamente, lo sguardo perso nel vuoto mentre brividi le attraversavano la pelle. Che tipo di donna era la madre di Riddle?  Cosa era successo perché si riducesse in quelle condizioni, senza un familiare o un compagno che si prendesse cura di lei? Quelle domande le martellavano il cervello senza che riuscisse a liberarsene. La sua mente la tradì inviandole l’immagine di Tom da bambino, con quei vestiti smessi e stinti dell’orfanotrofio che pendevano flosci dal suo corpo magro,  sdraiato sul letto a porsi le stesse domande.  Il cuore le si gonfiò, mentre gli occhi si posavano sulle mani che aveva incrociate sul tavolo, su quelle dita lunghe e bianche, perfettamente curate.
Si ritrovò ad affondare le unghie nelle cosce, per reprimere il folle impulso di toccarlo, di stringere quelle mani fra le sue e scacciare il gelo che mordeva sempre la sua pelle.
<< Forse c’è qualcos’altro che la signora Cole non ti ha detto, magari un dettaglio che… >> iniziò, cercando disperatamente di distrarsi.
Riddle scosse il capo, distogliendo lo sguardo.
<< Impossibile. Ho estrapolato i ricordi dalla sua mente e li ho analizzati più volte.  Non c’è altro. >>
Roxanne spalancò gli occhi.
<< Cosa hai fatto? >> gli chiese con voce stridente.
Riddle la fissò inarcando un sopracciglio.
<< Fin da piccolo me la sono sempre cavata bene con la Legimanzia, mi viene naturale. >>
<< Vorresti dire… che tu… le hai letto i pensieri? >>
Il suo sbigottimento lo stava evidentemente divertendo.
<< Leggere la mente è una dizione impropria, ma sì è quello che ho fatto. Sorpresa, Altgriff? >> le domandò suadente, avvicinando il viso al suo.
<< Ma è illegale! >> esclamò questa, troppo scioccata per ritrarsi.
Tom ridacchiò, poi le fece l’occhiolino.
<< Si chiama  magia incidentale, Ro. I bambini non sanno controllare i loro poteri e il Ministro reputa che non avrebbe senso punirli. >>
<< Ma non tu. >> affermò Roxanne allontanandosi di scatto e incrociando le braccia sul petto. << Tu sapevi già come dominare la magia. >>
Il tono della Grifondoro era accusatorio mentre ripensava per l’ennesima volta a quello che era successo nella grotta. Riddle  rimase impassibile, ma la luce di divertimento sfumò dai suoi occhi. Non parlò né cercò di discolparsi e dopo un attimo Roxanne sentì che il gelo che quel ricordo le aveva infuso le abbandonava le membra.
Riprese a parlare, cercando di darsi un tono pratico.
<< Be’ in fondo non è così male. Sappiamo che il nome di tuo padre è Tom Riddle. Se è un mago e ha frequentato Hogwarts dovrebbe essere possibile rintracciarlo. >>
<< Ci ho già provato, ma finora senza successo. >> la informò con blanda cortesia.
<< Ci proveremo di nuovo. Quattro occhi sono meglio di due. >> ribatté  Roxanne senza farsi scoraggiare. << Quanto a tua madre… >>
<< Immagino che fosse Babbana. >> la interruppe lui. << Se fosse stata una strega non sarebbe morta per un banale parto. >>
Roxanne lo guardò attonita. Tom Riddle che tormentava i Nati-Babbani di Hogwarts, ammetteva così chiaramente che il suo sangue non era così immacolato come voleva far credere? Per un secondo credette che la stesse prendendo in giro. Poi un dubbio, lento e strisciante, le si insinuò sotto la pelle, bloccandole le parole in gola: se fosse per quel motivo che Riddle odiava così tanto i Babbani? Perché credeva che la madre fosse uno di loro e che proprio l’assenza della magia avesse decretato la sua morte? Perché la incolpava di averlo abbandonato?
<< Che c’è Altgriff, il gatto ti ha mangiato la lingua? >> le chiese ironico, vedendo che era rimasta come congelata.
Roxanne deglutì e mise da parte quei dubbi, riprendendo un tono normale.
<< Bene. Vado a prendere gli annuari scolastici, inizieremo da lì. >> mormorò, scattando in piedi.
Si allontanò che ancora le tremavano le gambe, sperando che Riddle non avesse notato la sua fuga precipitosa. Sfrecciò veloce fra gli scaffali, cercando il reparto giusto e imponendosi di calmarsi. Da quando in fondo le importava così tanto di Riddle e dei suoi sentimenti? Anche se avesse avuto un passato difficile, questo non avrebbe giustificato il suo essere così dannatamente stronzo.
Quando tornò al tavolo aveva le braccia colme di volumi e ne depositò un paio davanti al naso del Serpeverde, che non fece una piega.
<< Tu leggi questi, io mi occupo di questi altri. >>
<< Agli ordini, Ro. >> scherzò, accennando appena un sorriso.
Non gli rispose ma il cuore le saltò un battito, vedendo come la luce che penetrava dalla finestra accendeva di verde il suo sguardo. Decisamente  aveva bisogno di un controllo medico.
Si sedette accanto a lui e l’ora successiva trascorse tranquillamente. Riddle svolgeva il suo compito con metodica diligenza e il silenzio che si era insinuato piano fra loro era diverso dal solito: era piacevole, rilassante… intimo. Roxanne sussultò quando quel pensiero le attraversò la mente e il libro quasi le sfuggì di mano. Riddle le lanciò un’occhiata perplessa, ma non commentò e lei gliene fu immensamente grata.
Negli annuari che avevano esaminato non trovarono niente, ma Roxanne non era tipo da darsi per vinta. Si stiracchiò i muscoli intirizziti delle spalle, gettando un’occhiata distratta all’orologio.
Sussultò e iniziò febbrilmente a raccattare le sue cose.
<< Che stai facendo? >> le chiese Riddle, inarcando un sopracciglio.
<< Devo andare. >> gli rispose sbrigativa, mentre una piuma sfuggiva dalla sua presa e rischiava di rovesciare l’inchiostro. << Syb mi aspetta per studiare insieme nella nostra Sala e… >>
Non riuscì a finire perché Tom le indicò qualcosa che si trovava alle sue spalle. Girandosi Roxanne vide che la porta della Biblioteca si era aperta e due persone stavano entrando. Uno era Rosier – impossibile non riconoscere la sua figura slanciata, ma l’altra…
L’altra era Sybil.
Roxanne si voltò ad osservare Tom con uno sguardo di brace.
<< Che significa? >> gli ringhiò contro.
<< Niente. >> gli rispose con aria angelica, ma senza riuscire a nascondere del tutto il suo divertimento. << Solo ho saputo da Evan che avreste studiato insieme oggi e ho pensato che non vi sarebbe dispiaciuto se ci fossimo aggiunti anche noi. A meno che tu non voglia andartene e lasciare la tua amichetta sola con Rosier, ovviamente. >>
Roxanne strinse i pugni, desiderando strozzarlo. L’aveva fregata.
Di nuovo.
 
                                                                                     ***
 
 
Sept osservava il tavolo dove i colori rosso-oro delle sue amiche si scontravano con quelli  freddi dei Serpeverde. Sentì Eloise sospirare al suo fianco e intuì subito che era scocciata di accompagnarlo in quello che lei, erroneamente, definiva un pedinamento. Non era affatto così, ovviamente. Lui stava solo controllando che a Roxanne non capitasse niente di male, quel Riddle… non aveva una buona fama, mettiamola così.
Il Serpeverde le era proprio davanti, mentre quella si mordicchiava le labbra alle prese con un testo di Antiche Rune, e la fissava con una luce strana negli occhi. Possesso. Come se Roxanne fosse un ambito trofeo da mettere su uno scaffale. La interruppe e quella alzò il capo, ascoltando attentamente le sue parole. Riddle le indicò un rigo delle traduzione e nel fare ciò le sfiorò una mano con un gesto che, Sept ci avrebbe scommesso la sua Scopalinda, era tutto meno che casuale. La Grifondoro annuì e cancellò quella parte, riprendo a scrivere.
<< Cosa stanno facendo? >> ringhiò Septimus senza quasi accorgersene.
Eloise gli lanciò uno sguardo di commiserazione.
<< Quella che dovremmo fare anche noi: studiare. >>
<< Scommetto che è solo per fare compagnia a Sybil che si è seduta a quel tavolo. >> proseguì torturando la sua piuma d’oca.
Quel giorno Eloise non doveva essere di buon umore, perché a sentire quelle parole, si indispettì subito.
<< Per tua informazione Rox e Riddle erano qui da prima, da soli. >> rincarò malignamente.
Sept sussultò e la piuma fra le sue mani si piegò pericolosamente.
<< Per non parlare dell’altra sera al Lumaclub. >> aggiunse beffarda.
Lo sguardo di Sept corse di nuovo al tavolo, mentre una spiacevole vampata di calore gli si concentrava in zona orecchie.
<< Chissà cosa avranno da bisbigliare… >> mormorò fra sé, amareggiato.
Eloise seguì il suo sguardo e anche i suoi occhi si incupirono.
<< Cos’è questo sguardo triste, Knight? >> le chiese perplesso.
Quella sussultò e tornò immediatamente a fissare davanti a sé.
<< Che c’è sei gelosa di Rox? >> chiese con una punta di malizia.
Eloise sgranò gli occhi e sbuffò, facendo svolazzare la frangia.
<< Ma figurati! Perché dovrei essere gelosa? Posso avere qualsiasi ragazzo voglia, Weasley. >>
 Questo sorrise divertito, prima di indicare il tavolo dove Riddle e Roxanne avevano ripreso a  sussurrare.
<< Be’ quello no. Non mi sembra che quel ragazzo  sia molto interessato a te. >> rimarcò mentre il sorriso si allargava sul suo volto.
Sapeva che Eloise faceva un vanto delle sue dote di seduttrice. Questa alzò un sopracciglio, rispondendogli sostenuta:
<< Perché dovrei volerlo? Cos’è, speri che mi metta in mezzo in modo da aver campo libero con Rox? >>
Septimus arrossì fino alla radice dei capelli e Eloise scoppiò silenziosamente a ridere.
<< Oddio Weasley! Sei troppo prevedibile! >>
<< E tu sei preoccupata. Anche se cerchi di negarlo. >> disse cercando di mantenere un po’ di dignità. << Saresti una pessima Occlumante, sai? >>
Eloise gli lanciò un’occhiataccia, fingendosi particolarmente attenta ai componenti anatomici dei Thestral. Ma Septimus non era affatto intenzionato a demordere.
<< Se il problema non è Rox allora… Syb? >> chiese con una punta di incertezza.
Le spalle di Eloise sussultarono, mentre quella chinava ancora di più il capo, per non far scorgere la sua espressione.
<< Bingo. >> affermò soddisfatto.
 Si girò di nuovo, stavolta fissando la schiena di Sybil e di Rosier. Lui le parlava rilassato, una mano appoggiata al bracciolo della sua sedia.
<< In effetti i gusti di Sybil in fatto di uomini sono pessimi. >> affermò con tono leggero.
<< Non sai quanto. >> assentì Eloise, fissandolo con un sorrisino divertito.
Sept avrebbe voluto chiederle perché rideva, ma Riddle sfiorò la guancia di Roxanne con il pretesto che si era macchiata di inchiostro, e Sept si ritrovò con qualcosa di pungente e ringhiante conficcato all’altezza del petto. Chiuse le mani a pugno e rivolse uno sguardo omicida alla Serpe che nemmeno si era accorto della sua presenza.
<< I tuoi consigli non stanno funzionando, Isy. >> mormorò a denti stretti. << Devo fare qualcosa prima che sia troppo tardi. >>
<< Sept, io non credo che… >>
<< No, ho deciso. >> la interruppe. << Chiederò a Roxanne di uscire con me il prossimo fine settimana ad Hogsmeade. >>
 
 
                                                                                      ***
 
 
 
 
26 Novembre 1942 Dormitorio Serpeverde
 
Tom era disteso sul letto e una flebile luce verdastra illuminava appena il tomo che stringeva fra le mani. Ne aveva trasmutato la copertina, per evitare che i suoi compagni di stanza potessero dedurne il contenuto. Non che vi fosse pericolo: Evan dormiva, sepolto da strati e strati di coperte di piuma d’oca mentre Avery russava sonoramente, rigirandosi fra le lenzuola di seta nera che avevano impresso lo stemma Serpeverde. Nott invece non si trovava in stanza, Tom immaginò che stesse circuendo qualche ingenua ragazza con il manifesto scopo di ottenerne i favori e dimenticarsi poi il suo nome dopo pochi secondi.
Sfogliò la pagina del diario, immergendosi nella lettura.
 
Il primo litigio scoppiò quando ormai la scuola era stata interamente edificata. Helga iniziò a dire che qualsiasi mago anche se di origine babbana avrebbe dovuto avere libero accesso alla nostra scuola. Le risposi che non avevo speso tutto questo tempo e queste energie solo perché dei miserabili Sanguesporco insudiciassero le mura e ammorbassero l’aria con il loro tanfo, ma Godric si schierò dalla sua parte. (…)
Fu Rowena a risolvere la questione.

Propose di fondare quattro Case – ciascuna diretta da uno di noi - e ognuno avrebbe adottato i criteri di scelta che preferiva. Anche se a malincuore, capitolai.
 
E così fin dall’inizio Salazar Slytherin era stato restio a contaminare Hogwarts con i Mezzosangue. Un sorriso crudele increspò le labbra di Riddle, mentre scorreva lentamente le pagine seguenti. Il sorriso si allargò nel constatare che man a mano che il tempo passava l’ostilità del suo antenato sembrava progredire, fino a sfociare in commenti amari e colmi di risentimento.
 
Oggi un sudicio Mezzosangue mi ha spintonato nel corridoio e si è dileguato prima che potessi punirlo. Feccia… esseri immondi che non meritano di vivere… Oh, se solo potessi metterei io al loro posto quei piccoli sudici ratti…
 
E ancora:
 
I mezzo-sangue continuano a moltiplicarsi e a proliferare proprio come piccoli sporchi topi di fogna… Le loro voci squittenti risuonano nei sotterranei fino a giungere alle mie orecchie, ma Godric insiste nel difenderli e mi impedisce di farne mattanza…
 
 
Be’ era decisamente meglio delle sviolinate sugli occhi della Ravenclaw. Ma non cercava una lettura piacevole, voleva trovare indizi sull’ubicazione della Camera o sul suo contenuto e di questi per ora non vi era traccia.  Saltò diverse pagine, trattenendosi dal gemere per la frustrazione.
Quasi a metà del diario la scrittura si faceva più fitta ed ingarbugliata, Riddle si ritrovò a strizzare gli occhi nel tentativo di decifrare quei segni confusi. Dopo un po’ decise di lasciar perdere perché non compariva mai il nome della Camera o di un suo possibile erede, ma solo noiosi resoconti sui rapporti controversi fra Salazar e gli altri Fondatori. Chiuse il libro, scagliandolo rabbiosamente sul comodino. Era tornato a parlare di Rowena, quel vecchio pazzo!
Chiuse gli occhi e si massaggiò la sella del naso, cercando di darsi una calmata, nonostante il pensiero di aver fatto l’ennesimo buco nell’acqua fosse come una spina nel fianco.
Il viso di Roxanne affiorò lentamente nella sua mente, come se fosse stato sempre lì, in attesa di essere chiamato.
Ripensò al pomeriggio passato in biblioteca e non poté reprimere un sorrisetto soddisfatto: almeno con la Grifondoro stava procedendo tutto secondo i piani.  L’aveva convinta a fare ricerche su Tom Riddle, che invece era solo uno sporco ed insignificante Babbano che non aveva mia nemmeno sentito parlare di Hogwarts. Un paio di settimane al massimo ed era pronto a scommettere che avrebbe abbandonato quel folle progetto, senza aver scoperto alcunché sulla famiglia Gaunt e sulle sue vere origini. Con gli occhi ancora chiusi poteva immaginare il suo viso – la fronte aggrottata, gli occhi profondi e i piccoli denti che mordicchiavano le labbra piene – quasi come se fosse appena ad un passo da lui. Il sorriso si allargò ancora di più sul suo viso. A quanto pareva Miss Scopa non era poi così indifferente al suo fascino da orfanello: l’aveva sorpresa almeno un paio di volte con il respiro mozzo e gli occhioni lucidi mentre le raccontava la triste storia della sua nascita.
Sì, stava decisamente compiendo dei passi in avanti. I suoi sguardi malevoli si erano fatti sempre più sporadici e sembrava che si stesse gradualmente abituando alla sua compagnia. A volte – quando era distratta o sovrappensiero – lasciava persino che la toccasse, senza sussultare e schizzare via come se avesse il fuoco di sant’Antonio.
La sensazione di sfiorare la sua pelle calda e liscia gli riverberò nel cervello, trasmettendogli un piacevole brivido in tutto il corpo. L’idea di poter stringere il suo corpo morbido fra le braccia e affondare la testa nei suoi capelli profumati gli provocò una fitta nel basso ventre. Sussultò, stupito dalla piega che stavano prendendo i suoi pensieri.
Da alcuni giorni il viso della Grifondoro appariva troppo spesso nella sua mente, anche prima, mentre leggeva di Rowena…Doveva essere l’assonanza dei nomi, non poteva esserci altra spiegazione per giustificare l’inopportuna frequenza con cui il viso di Miss Scopa tornava a torturarlo. Quel pensiero acuì il suo malumore e fu con un gesto di stizza che spense la luce e si infilò sotto le lenzuola. Compresse il cuscino, schiacciandolo sotto la testa. Era sciocco preoccuparsi. Presto Roxanne sarebbe stata così innamorata di lui da non capire più niente e da essere alla sua completa mercé. Avrebbe potuto divertirsi con lei, prima di metterla da parte come aveva fatto con tutte le altre.
Fu con quella riflessione consolante che Riddle decise che presto avrebbe dimostrato all’Altgriff chi era che comandava.



 
Note:

 

  1. Citazione da “Harry Potter e il Principe Mezzosangue”, a parlare è Silente  prima di mostrare un ricordo ad Harry.

 
 


 
Ciao a tutti!
Come prima cosa chiedo scusa per il ritardo, ma si è allegramente fuso il computer per cui, a parte il fatto che ho dovuto aspettare che il tecnico me lo riportasse, devo anche riscrivere un capitolo che è andato perso… Al di là dell’irritazione profonda, questo vuol dire che potrei impiegare un po’ di più a pubblicare!
Quanto a questo, capitolo un po’ di passaggio, dove Riddle continua a fare passi da gigante nel cuore di Rox e a spulciare il Diario del simpatico Salazar.
 
Volevo ringraziare di cuore le persone che si interessano a questa storia, alcuni di voi mi seguono addirittura dal primo capitolo e davvero non so dirvi quanto lo apprezzi. Anche ora che sono arrabbiata a morte perché dovrò riscrivere una parte, i vostri commenti sono davvero decisivi per risollevare il mio umore! :D Grazie a chi ha messo la ff nei seguiti/ricordati/preferiti, in modo particolare a Santa Vio da Petralcina, Morgana_D, Erodiade, Bsky89, Sara Luna 555, Queen Malfy Slytherin, Cassandra Turner, Hamlet Angelus e Latis Lensherr che hanno commentato lo scorso capitolo. <3
 
Quanto all’angolino consigli, questa settimana mi dedico al pairing Ginny/Voldemort: leggete “Hysteria” di Erodiade per qualcosa di Introspettivo e un po’ Dark, mentre per farvi due risate vi consiglio “Il Diario di Tom Riddle: come fu ridotto a depositario di Somma Scemenza” di Janet.
Per i più temerari ricordo che ho scritto una Bellamort (
One Night Only) e ho iniziato una miniserie (una Draco/Ginny) intitolata “Sotto contraria stella”.
 
Bene direi che è tutto, un saluto e un bacio
Ely
 

     

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Capitolo 14
*** Una sfida inaspettata ***





            Una sfida inaspettata
 
 

 

                                                                                            L’Amortentia non crea veramente l’amore, è ovvio.
                                                                                 È impossibile confezionare o imitare l’amore.
                                                                         No, si limita a provocare una potente infatuazione
                                                                                                                               od ossessione
.

 


 

 
10 Dicembre 1942 Sala Comune
 
Roxanne si stringeva il capo fra le mani, desiderando affogare nella scodella di porridge che si stagliava proprio sotto il suo naso. Come era possibile che nell’arco di una sera la sua vita fosse stata così fastidiosamente sconvolta? Le ci era voluto così tanto per raggiungere un equilibrio ed era bastata mezza frase di Riddle per rovinare tutto.
Fino al giorno prima andava tutto alla perfezione: i rapporti fra Eloise e Sybil erano di nuovo distesi, Sept era tornato l’amico affettuoso e premuroso di sempre (anche troppo per la verità) e Druella non le aveva più rivolto minacce di morte. Erano due settimane che si incontrava con Riddle in biblioteca e anche se fino a quel momento le ricerche non avevano dato frutti, Roxanne non si era ancora rassegnata e non l’avrebbe fatto fino ad aver esaminato ogni dannato annuario o premio di Hogwarts. Le cene al Lumaclub, poi, erano diventate di routine. All’inizio era stato Sept a chiederle di venire, poi – vedendola titubante –  Eloise, più apprensiva e indisponente del solito,  le aveva “ordinato” di non fare tante storie, dato che Sybil si sarebbe di sicuro appartata con Evan e lei non aveva la pazienza di sopportare i piagnucolii di Weasley per tutta la sera. Infine aveva semplicemente iniziato a divertirsi e non si era più posta il problema di trovare scuse plausibili.
Peccato che la sera prima Riddle avesse deciso di lanciarle quella strana sfida.
Alzò appena il capo nel notare le gemelle che scendevano dalla scalinata. Eloise aveva una faccia  torva e concentrata, Sybil invece era bianca come il gesso e nervosa, cosa affatto strana in quei giorni. Reclinando il capo e fissando i grumi grigiastri che galleggiavano nel suo latte, Roxanne ripensò all’ultima cena del Lumaclub.
 
Entrò nella stanza quasi in punta di piedi, convenendo fra sé che era un comportamento abbastanza sciocco, visto quante volte aveva partecipato a quelle riunioni. Istintivamente  il suo sguardo attraversò la sala alla ricerca di quel paio di sprezzanti occhi verdi che ultimamente popolavano i suoi sogni. Riddle parlava con Nott e Evan, il mantello nero che quasi ne occultava la figura. Avvertì il suo sguardo su di sé e si girò ad osservarla mentre un pigro sorriso gli increspava le labbra. Roxanne arrossì e voltò la testa di scatto, imbarazzata dall’essersi fatta scoprire a fissarlo come una scema. Dopo alcuni secondi però non riuscì più a resistere e sbirciò di sottecchi nella sua direzione. Tom era tornato a parlare con i suoi amici, senza dar segno di volerla salutare né di essere granché interessato alla sua presenza. Quel comportamento la infastidì: contando quanto aveva insistito perché partecipasse a quelle stupide riunioni, avrebbe anche potuto essere più educato! Scosse la testa e i capelli color mogano le solleticarono le spalle, mentre con un gesto stizzito andava a prendersi una Burrobirra e aspettava che la stanza si riempisse.
Ci vollero venti minuti perché anche gli ultimi ritardatari arrivassero. Roxanne passò il tempo in compagnia di Sybil – l’amica non smetteva di lanciare occhiatine dubbiose ad Evan  che sembrava essersi dimenticato della sua esistenza – e con Eloise, sempre più provata dalla compagnia appiccicosa di Weasley.
Roxanne posò il suo bicchiere sul tavolo, sospirando. Sebbene facesse fatica ad ammetterlo persino con se stessa il comportamento freddo di Riddle la feriva. Ormai non poteva negare che fra loro esistesse un qualche tipo di… rapporto.  Quando erano soli in Biblioteca Tom non faceva che provocarla con i suoi commenti sarcastici ed ogni scusa era buona per sfiorarla: le ravviva i capelli dietro le orecchie, le accarezzava il dorso della mano, le sussurrava parole dolci con quella sua voce intrigante. Ogni volta Roxanne si ritraeva e lo sgridava fingendosi profondamente offesa, ma era sempre più difficile resistere alle sue attenzioni. Invece quando la incontrava insieme ai suoi amici, la ignorava in modo plateale, quasi fossero a malapena conoscenti. Poteva esistere al mondo persona più lunatica? Si arrotolò una ciocca di capelli  pensando che il motivo fosse probabilmente che il Prefetto Tom Riddle teneva troppo alla sua reputazione per farsi vedere a giro con un’insulsa Grifondoro… Le dita le si impigliarono in un nodo e Roxanne lo strattonò con forza.  La piccola fitta di dolore che seguì a quel gesto la riscosse da quelle elucubrazioni. Se Riddle soffriva di disturbi multipli della personalità non era affar suo e non ci teneva affatto a fare amicizia con le altre persone che frequentava quindi tanto di guadagnato!
Quasi come se le avesse letto nel pensiero Evan Rosier si diresse verso di loro, rigirandosi fra le mani il bicchiere di Burrobirra. Sybil al suo fianco arrossì e abbassò il capo, probabilmente per nascondere il sorrisino tremulo che le increspava le labbra. Lo sguardo di Roxanne si incupì, mentre anche Eloise smetteva di botto di parlare con Sept e si girava in direzione della gemella.
<< Ciao Sybil. >> la salutò Evan, apparentemente indifferente alle espressioni ostili che lo circondavano.
Poi, come se fosse la cosa più naturale del mondo, si chinò e le baciò le labbra.
Fu  un bacio lieve, delicato, della durata di appena un secondo.  Poi Evan si diresse verso il tavolo, appoggiando la schiena ad esso e fissando i presenti con rilassato abbandono.
Un silenzio strano calò nella stanza e Roxanne, ancora con la bocca aperta per lo stupore, notò che ad Eloise fremevano le mani. Il primo a riprendersi fu Weasley che dopo un attimo di smarrimento scrollò le spalle e riprese a parlare come se niente fosse.
<< Altgriff. >> la salutò Rosier mentre prendeva da bere. 
Roxanne non gli rispose, ancora troppo sorpresa per connettere bene. Si allontanò prima che lei riuscisse ad articolare il “Come diavolo ti sei permesso…?” che le premeva in mezzo alla gola.
Prima di tornare fra i suoi amichetti però Evan posò una mano sul braccio di Sybil e i suoi occhi chiari si addolcirono  mentre le mormorava un: “Ci vediamo dopo” che a Roxanne fece  venire il voltastomaco. Sempre più preoccupata afferrò il bicchiere di Burrobirra, bevendo lunghe sorsate per placare la gola riarsa.
 
Riddle fissò l’espressione insofferente di Roxanne, trattenendosi dal ridere sotto i baffi. La sera precedente tutto era andato esattamente secondo i suoi piani e il fatto di averla messa così chiaramente in difficoltà lo riempiva di soddisfazione.
La  Grifondoro rigirava il cucchiaio nella sua tazza di latte con un’aria talmente assente che Riddle  sentiva di avere già la vittoria in pugno. Era così orgogliosa che non lo avrebbe mai ammesso ma era ovvio che non c’era possibilità che riuscisse a batterlo.
Nessuno in quella scuola di pezzenti poteva tenergli testa, nemmeno lei, men che meno lei.
Tom chiuse gli occhi addentando con soddisfazione la brioche e ripensando alla sera precedente.
 
<< Bella idea quella di baciare la Knight per distogliere l’attenzione. >> si complimentò con Evan, non appena quello che tornò al suo fianco.
Le labbra di Rosier si incurvarono appena, ma una luce strana e vagamente inquietante gli accese lo sguardo.
<< Era da tanto che desideravo farlo >>.
Riddle sorrise immaginando che ad eccitarlo non fosse tanto il gesto in sé, quanto  aver turbato la Knight e averle rubato un pizzico di innocenza.
<< Hai scambiato i bicchieri? >> gli chiese riacquistando la solita aria impassibile.
Evan annuì, esaminandosi pigramente un’unghia.
<<  È stato facile >>.
<< Bene >> disse Riddle fissando le guance accaldate di Roxanne e i suoi occhi lucidi. << Adesso non resta che aspettare >>.
 
Septimus Weasley scese le scale con passo baldanzoso, apparentemente ignaro dell’umore tetro delle sue compagne. Si posizionò a fianco di Roxanne, con il sorriso luminoso di un bambino.
<< Allora, Rox? Come va? >>
<< Uno schifo >> rispose quella, torturandosi una ciocca di capelli.
 
Roxanne si allontanò in silenzio, appoggiando la schiena alla parete per celare il tremore delle gambe. Si sentiva accaldata e senza nessun motivo apparente le sembrava che un nugolo di farfalle le svolazzasse nel mezzo dello stomaco. Non poteva essere effetto solo delle Burrobirra – aveva bevuto poco e la gradazione alcolica era minima – quindi dedusse che fosse la stanchezza unita allo shock di aver visto una delle sue migliori amiche palesemente attratta da uno dei peggiori soggetti di Hogwarts.
D’altronde anche Eloise non aveva una bella cera. Poteva scorgerne solo il profilo, ma i suoi lineamenti erano innaturalmente tirati e la sua schiena rigida. Appoggiava le mani sui fianchi, il peso sbilanciato gravava sul lato sinistro. Il motto di Eloise era “Prima fai e poi pensa”, ma nei rari momenti in cui si fermava a riflettere si metteva sempre in quella posizione e inclinava appena la testa di lato, come se vedere le cose da un'altra prospettiva la aiutasse a comprenderle meglio. Avrebbe voluto parlarle e chiederle cosa ne pensava della scena a cui avevano appena assistito, ma la testa le girava lievemente e non se la sentì di allontanarsi dal comodo appoggio del muro alle sue spalle. Un brivido le si diramò dalla nuca lungo la spina dorsale. Si girò di scatto, cercando la fonte di quella strana sensazione.
Riddle la stava fissando.
Era uno sguardo sfrontato che le percorreva lentamente il corpo, indugiando sul collo scoperto e sui fianchi stretti. A Roxanne sembrò che il calore aumentasse esponenzialmente fino a diventare intollerabile. Lo fissò di rimando, con aria oltraggiata, cercando di ignorare lo strano turbamento che si era impossessato dei suoi arti.
Tom non provava minimamente a nasconderle il suo interesse: lasciò che i loro occhi rimanessero agganciati in uno gioco di sguardi che si protrasse per un tempo che le parve infinito; fino a quando non fu Roxanne a distogliere il viso per prima, torturandosi nervosamente le labbra. Le iridi di Tom erano così  profonde che le sembrava potessero risucchiarla.
Provò a distrarsi e a comportarsi normalmente ma continuò ad avvertire i suoi occhi fissi su di lei per tutta la serata e se la sua parte razionale era parecchio innervosita da questo suo atteggiamento, c’era una parte più… nascosta, inconscia che si sentiva… Merlino, davvero stava pensando che le attenzioni di Riddle la lusingassero? No, certo che no. Però…
Roxanne corrucciò la fronte, pensosa. Il professor Lumacorno l’aveva intercettata e aveva iniziato a parlarle, senza riuscire veramente a distrarla. Mentre annuiva di fronte ai suoi sproloqui, tornò a sbirciare di sottecchi nella direzione di Riddle.
Era appoggiato al muro, le braccia incrociate sul petto, le gambe distese in avanti. Non perdeva d’occhio ogni suo singolo movimento e di nuovo Roxanne si sentì al contempo riscaldata ed innervosita da quell’attenzione. Era come se sottili brividi le percorressero le terminazioni nervose, rendendola smaniosa di un qualcosa che nemmeno lei avrebbe saputo definire, ma che la faceva sentire stranamente leggera ed incosciente.  I suoi occhi si soffermarono sulle sue mani, bianche ed affusolate, che risaltavano contro il colore scuro della divisa.  Ricordò quanto fosse freddo il suo tocco e per un attimo immaginò quelle dita che le sfioravano la pelle, così delicate come erano state le poche volte che l’aveva accarezzata, così decise come erano  sempre quando pretendeva qualcosa.
<< Devo dire che la sua pozione di Veritaserum era quasi perfetta, signorina Altgriff. Certo, ha aggiunto un po’ troppo Sciroppo di Elleboro e questo ha reso l’effetto permanente… Se qualcuno l’avesse bevuta non sarebbe più stato in grado di mentire in vita sua! >> il professore si  interruppe ridacchiando con quella sua voce profonda. Roxanne lo degnò di un sorrisino tirato, cercando di scacciare quegli strani pensieri dalla sua testa.
<< Ma era una pozione difficile, davvero difficile. Sono secoli che dico al Ministro che dovrebbe essere insegnato almeno al quinto anno e non a studenti giovani come voi… Sa che conosco personalmente il Ministro, signorina Altgriff? >> le chiese gonfiando il petto e assomigliando tremendamente a un tacchino.
Roxanne si limitò ad  annuire, consapevole che quando il professore parlava delle sue molte conoscenze non era richiesto un ruolo granché attivo al suo interlocutore. Strinse le braccia al petto, sforzandosi di seguire quella conversazione insulsa e di non girare assolutamente la testa per vedere se Tom la guardava ancora. Era assurdo il mondo in cui la sua mente la tradiva riempiendola di immagini di lui.
<< Pensi che gli  ho persino suggerito io di assumere Price come suo vice… >> stava continuando a borbottare e la sua  voce le ricordava il suono di una pentola a pressione. 
Tom steso sul prato con il suo libro di Pozioni fra le mani, mentre le spiegava il funzionamento del Bezoar. La luce che aveva giocato con i suoi occhi, accendendoli dello stesso colore delle acque scure del lago.
<< … Price mi manda ancora una scatola di ananas candito ogni anno, a titolo di ringraziamento. >> concluse con uno sguardo di devozione. << Ma cosa stavo dicendo? >>
Quella sera nella Torre di Astronomia quando l’aveva stretta fra le braccia e per un attimo Roxanne aveva creduto che facesse sul serio, che volesse realmente baciarla. Il suo viso, bello da mozzare il fiato, ad appena pochi centimetri di distanza. Il cuore che le era schizzato in gola e il calore che le aveva incendiato la pelle nel sentire il suo respiro fresco su di sé.
<< Ah, sì! La sua pozione… >> riprese a parlare dopo un attimo di riflessione.
Quando l’aveva strattonata  proprio davanti a quella porta e lei gli era piombata fra le braccia, subito stordita dal suo profumo. La pelle di Tom sapeva di muschio e inchiostro…
<< Davvero un buon tentativo. Sono pochi i maghi che al primo colpo riescono a produrre qualcosa di anche solo vagamente decente. Credo che Riddle sia stato l’unico a preparare un Veritaserum perfetto fin dalla prima volta, in effetti. >>
Quelle parole la fecero  sussultare. È così lui  l’aveva battuta un’altra volta, eh?
Non riuscì più a trattenersi e – senza neanche fingere di ascoltare Lumacorno – si voltò nella sua direzione.
Riddle era fermo nella stessa esatta posizione di prima, come se non si fosse mai mosso. E come prima la guardava. Roxanne notò solo in quel momento che intorno a lui si era creato il vuoto: i suoi amichetti si erano sparpagliati nella stanza, lasciandolo solo.
<< Ehi Rox, tutto ok? >> le chiese Sept dandole una pacca sulla schiena così forte da mozzarle il fiato. Trasalì, notando che Abraxas  aveva approfittato del suo disinteresse per intromettersi fra lei e Lumacorno e adesso gli stava leccando disperatamente il culo nel tentativo di farsi alzare un po’ il voto a Pozioni.
<< Sì, certo. >> rispose.
Strinse le braccia intorno al corpo, combattendo con tutta se stessa quella voglia matta di lasciar perdere Weasley e di raggiungere Riddle dall’altra parte della stanza.
 
<< Che facce da funerali, ragazze! Si può sapere cosa vi è successo di così terribile? >>
Tre paia di occhi si appuntarono sul volto di Weasley con il chiaro intento di incenerirlo.
<< E tu invece, cosa hai da essere così rilassato? >> gli chiese Eloise, con una smorfia sarcastica. << Sbaglio o non hai ancora avuto il coraggio di chiedere a quella persona tu sai cosa? >> aggiunse in tono criptico, attirandosi le occhiate perplesse di Roxanne e Sybil.
Septimus scrollò le spalle, infilandosi un’intera fetta biscottata in bocca e sgranocchiandola soddisfatto.
<< Sto solo aspettando il momento giusto. >> bofonchiò a bocca piena.
Eloise sbuffò sprezzante, sgranando appena gli occhi.
<< E poi da quand’è che sei diventata così acida, Isy? >> le chiese fissando bramosamente la ciotola di porridge di Roxanne. Aveva una passione malsana per tutto ciò che era zuccheroso e non si curava minimamente di nasconderlo.
Gli occhi viola di Eloise si assottigliarono.
<< Non so di cosa tu stia parlando, cavernicolo. >>
Un’inappetente Roxanne allungò la ciotola a Septimus che  la gratificò con un sorriso a trentadue denti, prima di gettarsi famelico sul porridge.
<< Mmm… Non sarà per la chiacchierata di ieri sera con Rosier, vero? >> le chiese sputacchiandole addosso gocce di latte e pezzi di cereali.
Forse per la prima volta in vita sua Eloise arrossì.
 
<< Rosier >>.
<< Knigh >> le rispose freddo, degnandola appena di un’occhiata.
<< Ho bisogno di parlarti >> aggiunse con uno sforzo, mentre Malfoy e Nott ridacchiavano e ammiccavano come idioti.
Evan rimase in silenzio, inarcando appena un sopracciglio.
<< Be’? Sto aspettando >>.
<< Da solo >> ringhiò Eloise, chiudendo le mani a pungo.
A volte l’ottusità dei ragazzi era davvero frustrante. Al coro di risate si aggiunse anche la voce roca di Avery. Evan scrollò le spalle e la seguì in un angolo più appartato della stanza.
<< Allora? Cerca di sbrigarti, Knight, non ho tempo da perdere >>.
Stupida Serpe trionfa! Che credeva che per lei fosse piacevole parlare con un’idiota come lui? Eloise respirò profondamente, cercando di trattenersi. Quello che voleva chiedergli era troppo importante per buttare tutto all’aria in uno sfogo d’ira.
 << Voglio sapere cosa c’è tra te e mia sorella. >> proferì tutto d’un fiato, scrutandolo attentamente in viso.
I lineamenti di Rosier rimasero distesi, come se la domanda non lo turbasse minimamente.
<< A te cosa sembra? >> le chiese, ironico.
Sbuffò, adagiando  una mano sul fianco.
<< Che cos’è il gioco delle domande? Perché non la pianti con questi giochetti e non mi rispondi? >>
<< Uahu, che ferocia! >> la derise, con una finta espressione terrorizzata. << Non c’è che dire, sei davvero aggressiva, Knight. Tutto il contrario della piccola Sybil… >>
Solo il sentire pronunciare il nome delle gemella da quelle labbra rosse e sprezzanti le  mandò il sangue al cervello. Come aveva potuto credere anche solo per un secondo che Rosier potesse essere adatto alla sua gemella? Era così sfuggente ed infido che non si riusciva nemmeno a capire che cosa pensasse veramente.
<< Diciamo che ci stiamo… >> Evan fece una pausa ad effetto, giusto per il gusto di tenerla sulle spine. <<… frequentando. Tua sorella è dolce come lo zucchero >> mormorò a bassa voce, come se le confessasse un gran segreto.
Eloise boccheggiò e la mano destra le si contrasse in uno spasmo involontario. Il modo in cui Rosier  riusciva a far sembrare il più tenero dei complimenti un insulto era disarmante.
<< Se questo è tutto… >> iniziò, facendo un passo per allontanarsi.
<< Ti importa davvero di lei? >> lo fermò, posandogli una mano sul petto.
Evan rimase per un attimo interdetto, ma si riprese subito e si avvicinò fino ad essere ad appena un soffio di distanza. Eloise sentiva il suo cuore battere sotto la mano che aveva appoggiato al suo petto e il soffio caldo del suo fiato che le solleticava il collo.
<< Come potrebbe non piacermi una ragazza come Sybil? >>
Represse una smorfia di disgusto. Di nuovo la frase era giusta, ma il tono che lui aveva usato era degno di tutto che meno di fiducia. Vi aleggiava un sottofondo sarcastico, talmente velato che non riusciva a capire se fosse solo la sua immaginazione.
<< Dimostramelo. >>
Evan la fissò, stavolta palesemente perplesso.
<< Se tieni davvero a lei, dammene la prova >> ribadì incatenando i suoi occhi azzurri con i propri. << La prossima settimana alle nove nell’aula in disuso del Terzo Piano. Vieni da solo. >>
Si girò senza dargli neanche il tempo di ribattere. La sua mano corse sotto la veste a sfiorare la piccola ampolla di vetro che custodiva il prezioso liquido ambrato.
 
<< Allora? Che c’è il gatto ti ha mangiato la lingua? >> la tartassò Sept.
Roxanne seguiva con interesse quello scambio di battute. Non si era neanche accorta che Isy aveva parlato da sola con Evan la sera prima e questo la diceva lunga sul suo grado di attenzione. Anche Sybil sembrava piuttosto curiosa, almeno a giudicare dal modo in cui muoveva la sua buffa testolina dall’uno all’altro, bevendosi le loro parole.
<< Weasley tappatati quella fogna, riesco a vederti le tonsille. >> lo rimbrottò Eloise, raccattando velocemente le sue cose. << Devo andare a lezione, non ho tempo di parlare di queste sciocchezze. >>
Sybil la seguì, le labbra ermeticamente sigillate e delle ombre scure sotto gli occhi.
Septimus non parve troppo offeso dalle loro reazioni e si girò verso Roxanne con un sorriso smagliante mentre abbandonava persino il suo amato cibo pur di subissarla di domande.
Roxanne annuì distrattamente, assolutamente ignara di quello che le stava dicendo.
 
Aveva caldo e sentiva la testa girarle. Le parole “Tom Riddle” le turbinavano in testa e ovunque guardasse le sembrava di vedere i suoi occhi verdi che la trafiggevano come lame. La voglia di parlare con lui, di udire il suo profondo della sua voce e avvertire l’odore speziato della sua pelle, stava diventando quasi un bisogno fisico.
La stava spossando.
Lo faceva apposta a guardarla in quel modo, come se volesse mangiarla con gli occhi, senza però fare un solo passo nella sua direzione. Voleva farla morire di desiderio e ci stava riuscendo benissimo.
Si allontanò dal camino e si impose di darsi una calmata prima di tornare in mezzo agli altri. Quello che  stava pensando era assurdo. Da quando Riddle la attirava così? Certo, era un bel ragazzo, quello era innegabile. Ma non era certo il primo ragazzo affascinante che vedeva, Hogwarts era piena di maghi attraenti, Morgana! “Ma nessuno ha occhi così cupi e misteriosi.” Le suggerì una vocina maliziosa che le ricordò quella di Eloise. “Nessuno ha il suo sorriso sghembo, tanto raro e fugace che ti viene da trattenere il respiro al solo vederlo. Nessuno ti ha mai preso un decimo di quanto ti sta prendendo adesso Riddle… >>
Roxanne gemette, massaggiandosi la sella del naso. Doveva assolutamente smetterla con quei pensieri.  Forse rimanere sola non era stata una buona idea. Non poteva fare affidamento sulla sua mente quella sera, visto che non faceva che tradirla con immagini di lei e Tom avvinghiati in baci mozzafiato per i corridoi deserti. Era meglio se tornava accanto a Isy e Syb prima che commettesse qualche sciocchezza…
Una mano le si adagiò sul fianco girandola lentamente verso di sé.
<< Ciao, Ro. Non avevo ancora avuto modo di salutarti, stasera >>.
Aveva riconosciuto la sua voce profonda e ammaliante, ancora prima di voltarsi. La mano sul suo fianco le bruciò le terminazioni nervose, procurandole una scarica di piacere che le attraversò tutta la spina dorsale.
I begli occhi verdi di Riddle la fissavano come se per tutta la sera avesse atteso solo quel momento. 
<< T-tom >> esalò con un tono così flebile da desiderare immediatamente di seppellirsi.
Lui le sorrise, la sua mano non pareva intenzionata ad allontanarsi da lì.
<< Stai bene? >> le sussurrò a bassa voce, osservandole attentamente il viso. << Ti vedo turbata. >>
“Sei tu a turbarmi!” Riuscì a mordersi le labbra prima che quell’ammissione compromettente le fuggisse dalla bocca. Rimase in silenzio, imbambolata ad osservare il liquido scuro delle sue iridi e il biancore della sua pelle perfetta.
<< Ti senti male? >> le chiese, avvicinandosi di un passo.
L’odore della sua pelle le solleticò le narici e Roxanne si ritrovò ad inalarne grosse boccate, come una sciocca. Era persino meglio di quanto ricordasse.
<< St-sto bene >> balbettò appena, accorgendosi che lui aspettava ancora una risposta.
<< Non si direbbe >> ribatté beffardo, sollevando una mano e posandola delicatamente sulla sua guancia.
Si appoggiò al palmo aperto della  mano di Tom,  con un flebile sospiro di sollievo. Era tutta la sera che desiderava sentire il contatto della sua pelle e scansarlo era impossibile tanto quanto smettere di respirare. Riddle iniziò ad accarezzarle pigramente la guancia, muovendo il pollice in un lento sfioramento.
<< Sono solo un po’ stanca, credo >> sfiatò dopo alcuni secondi, affondando le unghie nelle cosce per trattenersi dall’allacciargli le braccia intorno al collo e stringerlo a sé.
<< In questo caso… ti andrebbe di giocare un po’, Ro? >>
Le soffiò quella frase all’orecchio e lei rimase così stordita dalla vicinanza delle sue labbra rosse e carnose da non riuscire a ricordare nemmeno il suo nome.
<< Gio-giocare? >>
Possibile che quella sera non facesse che balbettare come una bambina di cinque anni? La consapevolezza dell’essere completamente in sua balia la rese lucida per una manciata di secondi.
<< Di che diavolo parli, Riddle? >>
I suoi occhi si sgranarono per un secondo quando avvertirono come il suo tono si fosse fatto più teso e il suo corpo più rigido. Ma si riprese subito e lanciandole un sorriso mozzafiato, la strinse ancora di più a sé.
<< Non eri tu a dire che le cene del Lumaclub erano noiose? Magari una sfida potrebbe ravvivare un po’ l’atmosfera >> mormorò con tono accattivante.
Il cuore di Roxanne accelerò i suoi battiti.
<< Che genere di sfida? >> chiese suo malgrado incuriosita.
Riddle scrollò le spalle, smettendo di accarezzarla. La sua mano destra scivolò lentamente lungo i suoi fianchi e si fermò a un passo dalla sua mano sinistra, come se si aspettasse che lei gliela stringesse.
<< Quello che vuoi. Lascio a te la scelta >> aggiunse con un sorriso ironico e maledettamente seducente. << Dimostrami che c’è qualcosa in cui sei più brava di me, Ro >>.
Le guance, già accaldate, le si tinsero di un intenso bordò. Qualcosa in cui era più brava di lui? Merlino, solo Riddle poteva uscirsene con una frase così arrogante…
<< Hai tempo una settimana per darmi una risposta >>.
Per un lungo, interminabile, secondo i loro sguardi rimasero incatenati: quello sicuro di sé di Riddle e quello confuso di Roxanne. Fu quest’ultima a distogliere lo sguardo, timorosa che lui potesse leggervi i sentimenti contrastanti che la animavano.
<< A presto, Ro. Sono sicuro che una grifona come te non si tirerà indietro >> la derise prima di abbandonare la presa sui suoi fianchi.
Si allontanò, senza più degnarla di un’occhiata e Roxanne dovette fare appello a tutto il suo autocontrollo per non rincorrerlo e promettergli che avrebbe accettato tutte le sfide che voleva purché la stringesse ancora fra le braccia.
 
Roxanne arrossì, ripensando al suo comportamento della sera prima. Quella mattina si era risvegliata con un lieve giramento di testa ma la ritrovata sanità mentale e non aveva che potuto gemere per la sua imperdonabile leggerezza.
La sua conversazione con Riddle era durata appena una manciata di secondi e nascosti come erano dalla tavola imbandita e dalla stazza ingombrante di Lumacorno e la cerchia delle serpi, dubitava persino che gli altri se ne fossero accorti. Ma si era lasciata abbindolare come una di quelle novelline che gli correvano dietro e di sicuro lui non poteva non aver notato il suo imbarazzo.
 E adesso ci mancava quella stupida sfida, maledizione! Non poteva tirarsi indietro.  Riddle sarebbe stato semplicemente troppo entusiasta di vederla capitolare su tutta la linea. Ma in cosa mai poteva batterlo? Riddle era praticamente perfetto, non c’era un’unica magia che non gli riuscisse al primo colpo! “Pensa, Roxanne, pensa” si incitò, stringendo la testa fra le mani. “Dovrà pur avere un punto debole!”
Avrebbe potuto sfidarlo in una faccenda Babbana e quasi sicuramente avrebbe avuto la meglio: dubitava che Tom fosse in grado di prepararsi persino un panino senza ricorrere alla bacchetta. Ma sapeva che lui l’avrebbe solo derisa e disprezzata se la competizione non avesse avuto niente a che fare con il mondo della magia. Accarezzò l’idea di sfidarlo a una gara di scope. Per un attimo l’immagine di Tom in equilibrio precario su una Comet 140 le suscitò un sorrisino. Era sempre chiuso in biblioteca o a tramare nei sotterranei e non sembrava un grande appassionato di Quidditich. Però… però avrebbe anche potuta sorprenderla; dopotutto aveva un fisico snello ma definito e si muoveva in modo aggraziato e deciso, a differenza sua che non faceva che inciampare e andare addosso agli spigoli. Per non parlare del fatto che lei era sempre stata una frana negli sport Babbani e non aveva mai avuto un grande interesse ad appurare se per quelli magici fosse diverso. Scartò anche quella possibilità, stropicciandosi gli occhi assonnati. Le serviva un’altra idea e in fretta anche.
Il suo sguardo attraversò la sala, soffermandosi sul tavolo dei Serpeverde.
<<… per cui, ecco, pensavo… Sì, insomma, ti andrebbe di venire con me, Rox? >>
La voce di Weasley, che parlava da mezz’ora senza che lei gli prestasse minimamente attenzione, penetrò infine nella sua mente, ma non vi badò più di tanto, intenta a scorrere la tavolata verde-argento.
<< Ehm… Roxanne? >>
<< Sì certo, Sept >> rispose sovrappensiero.
Tom era quasi in fondo, in disparte, e spiluccava il cibo, sfogliando distrattamente le pagine di un libro dalla copertina scura.
<< Davvero, Rox? >> il tono entusiasta di Septimus per un attimo la riscosse dalle sue elucubrazioni e lo fissò, chiedendosi perplessa a cosa avesse potuto acconsentire per renderlo così felice.
 << Non vedo l’ora che sia il prossimo venerdì! >> concluse prima di rivolgere un’ultima occhiata e affrettarsi a raccattare la sua roba, neanche temesse che lei potesse cambiare idea.
La salutò  nervosamente e gli occhi di Roxanne rimasero appuntati alle sua schiena che spariva nel corridoio per alcuni istanti, mentre il suo cervello cercava di ricostruire i frammenti di quella conversazione. Ci rinunciò, tornado a fissare Riddle: lui e quella stupida sfida erano il problema più urgente, avrebbe chiesto a Septimus di cosa stava parlando in  un altro momento.
Tom aveva un’espressione assorta, ma la piega della labbra era imbronciata e le sembrava più pallido del solito. Rispondeva alle domande che gli rivolgevano i suoi compagni a monosillabi, senza nemmeno alzare la testa dal libro e i suoi occhi ne scorrevano le righe a una velocità febbrile.
D’altronde cosa doveva aspettarsi, non aveva mai visto Riddle felice od entusiasta per qualcosa da quando lo conosceva… L’idea le attraversò la testa con la forza di un fulmine. Rimuginò in silenzio per alcuni secondi mettendone a punto i contorni. Una settimana era davvero poco tempo per prepararsi ma avrebbe potuto funzionare. Senza perdere altro tempo, mise la borsa a tracolla e si precipitò in Biblioteca, intenzionata a saltare le lezioni della mattina per esercitarsi.
 
 
                                                                              ***
 
 
10 Dicembre 1942 Sotterranei
 
Quando Riddle uscendo dall’aula di Pozioni scorse la figura esile di Roxanne Altgriff appoggiata a un arazzo non riuscì ad impedire che un sorriso compiaciuto gli arricciasse le labbra.
Per tre anni lo aveva evitato e colmato di disprezzo e adesso eccola lì, con i libri sotto il braccio, a giocherellare nervosamente con la cinghia della borsa e ad aspettare che la raggiungesse. Ad aspettare lui. Quella consapevolezza gli procurò un piacevole calore al centro dello stomaco, che  attribuì al compiacimento per il buon andamento del suo piano.
Le andò incontro a passo deciso, fremendo dalla voglia di sapere quale sarebbe stata la sua risposta. Appena Roxanne lo vide avvicinarsi sussultò e le guance le si tinsero immediatamente di rosso. Non aveva bisogno della Legimanzia per sapere che stava ripensando a quello che era successo la sera prima e che si sentiva in mortale imbarazzo.
L’idea di far mettere ad Evan tre gocce di un Filtro d’Amore – non abbastanza perché potesse veramente essere infatuata da lui, ma sufficienti perché per poche ore se ne sentisse inspiegabilmente attratta – era stata davvero geniale, anche per i suoi standard.
<< Ro >> la salutò con appena un cenno del capo, quando ormai solo pochi metri li separavano. << Sei venuta a darmi una risposta? >>
Roxanne spostò il peso da un piede all’altro, spostando una ciocca di capelli e riponendola dietro l’orecchio. Si limitò ad annuire, senza incontrare il suo sguardo.
<< Dunque? >> domandò stupendosi lui per prima per il tono ansioso che aveva assunto la sua voce. 
<< Io… Ah, ecco… >>
Si comportava in modo strano: non era da lei titubare così, né tanto meno mostrarsi indecisa in sua presenza. Dove era finita la ragazzina irruente e spocchiosa che gli lanciava occhiate di fuoco se solo osava rivolgerle la parola?  E poi, nonostante fossero l’uno di fronte all’altro, i suoi occhi si appuntavano ovunque meno che sul suo viso, quasi volesse evitarne lo sguardo.
Riddle avanzò meccanicamente di un passo, chiedendosi se per caso la pozione avesse avuto qualche inspiegabile effetto collaterale.  Roxanne trasalì ed indietreggiò, alzando però finalmente il viso e lasciando che lui le scorgesse i lineamenti tirati ed assorti.
La vista dei suoi occhi grigi, più spenti e contornati da pesanti occhiaie, gli procurò una spiacevole fitta al costato. Non le aveva mai visto un’espressione così… indifesa dipinta sul volto e ciò lo turbò più del dovuto. Si avvicinò lentamente, sperando che lei non si ritraesse di nuovo. Ma la Grifondoro frustrò le sue aspettative, rivolgendogli un’occhiata astiosa.
Decisamente il filtro d’amore aveva concluso i suoi effetti, rifletté infastidito.
<< Hai… bisogno di altro tempo per pensarci? >> disse, pentendosi un attimo dopo di quella frase troppo permissiva. Doveva dimostrarle che era lui a dettare le regole del gioco, ma vedere il suo smarrimento lo aveva distratto.
<< No >> scosse il capo e parve riacquistare un po’ di sicurezza, alzando appena il mento e inchiodandolo con lo sguardo << Ho deciso di accettare la sfida >>.
Avrebbe dovuto gioire di quelle risposta e dell’ umiliazione che le avrebbe inflitto a breve. Eppure in quel momento quel pensiero passava in secondo piano e la sua mente era interamente presa ad analizzare i lievi cambiamenti nella fisionomia dell’Altgriff. Le sue iridi argentee palpitavano appena e il rossore sulle gote era così invitante che per un attimo Riddle si chiese se non avesse ingerito anche lui per sbaglio una parte del filtro, perché non riusciva a giustificare diversamente quello strano calore che avvertiva all’altezza del petto.
<< Ti aspetto Venerdì sera alle nove, nell’aula all’inizio del Sesto Piano >> asserì Roxanne e quelle parole lo riscossero dalla malsana piega che avevano preso i suoi pensieri. << Non dovrai portare niente se non la bacchetta e scoprirai direttamente lì in che cosa consisterà la prova. Va bene? >>
Riddle annuì, riacquistando in un attimo la solita aria di educata indifferenza.
<< Perfetto >> mormorò prima di distogliere lo sguardo. << Buona giornata, Riddle >> .
<< Buona giornata a te, Roxanne >>.
 
 
                                                                     ***
 
10 Dicembre 1942 Dormitorio Serpeverde
 
Ci sono cose che non cambiano per quanto vengano messe duramente alla prova. L’amore di Druella per Riddle era una di queste.
La Rosier immaginava che Tom non avrebbe gradito molto il suo scherzetto con il veleno di Acromantula, ma non credeva che si sarebbe spinto fino a quel punto per punirla. La sera stessa in cui quella quell’insopportabile Grifondoro venne ricoverata in infermeria, lo trovò ad aspettarla, nella Sala comune. Non sapeva come aveva fatto ad apprendere la notizia così in fretta ma le bastò uno sguardo alla stanza deserta alle dieci di sera per sapere che quell’incontro non era affatto casuale.
Tom alzò lo sguardo dal libro che stringeva sulle ginocchia e con un movimento lento e rilassato lo chiuse. Druella sentì il suono soffocato delle pagine che si chiudevano e un brivido le attraversò la colonna vertebrale.
<< Druella. >> la salutò alzandosi in piedi e andandole incontro con un sorriso smagliante dipinto sul volto.
Le braci morenti del camino bruciavano alle sue spalle, creando un gioco di luci e ombre sui suoi lineamenti, tale da renderli più aguzzi ed affilati.
<< T-tom >> Avrebbe voluto che la voce le uscisse frizzante e acuta come sempre, invece il suo fu un gracidare confuso e tremendamente colpevole. << Mi stavi aspettando? >>
Continuò ad avanzare nella sua direzione, lentamente, come se avesse tutto il tempo del mondo. I suoi occhi parevano neri alla luce fievole e non si staccavano un secondo dai suoi. Sul viso gli aleggiava ancora un sorriso rilassato, ma esso stonava tremendamente con il bagliore sinistro che incupiva le sue iridi.
<< Che cosa ti fa pensare che aspettassi proprio te? >>
Era vicino, due passi appena a dividerli e la sua voce era dolce come il miele.
<< Non c’è nessuno nella Sala, solo tu, amore >>.
Questa volta andò meglio, la voce le uscì più decisa e sbarazzina.
Riddle sollevò un dito e lo puntò sulla sua guancia, accarezzandola lentamente dalla mascella fino alla mandibola. Il contatto con quella pelle bianca e fredda la mandò in subbuglio. Il cuore le martellò furiosamente contro il petto e sentì caldo, tanto caldo, tremendamente caldo, al punto da andare quasi a fuoco. Conosceva abbastanza bene Riddle da sapere che quello era solo l’antipasto, che si sarebbe divertito a giocare con lei come il gatto con il topo e che ben presto quella carezze sarebbero state sostituite da qualcosa di molto meno piacevole. Ma non riuscì comunque a reprimere il sospiro soddisfatto che le fuoriuscì dalla bocca.
<< Risposta sbagliata, Druella >> mormorò lui mentre le dita continuavano a danzare sulla sua pelle fremente. << La verità è che ti senti in colpa per qualcosa che hai fatto, qualcosa che non avresti dovuto fare… >>
<< Io… >>
<< Non interrompermi. >> le ordinò pacato e rilassato, ritraendo però la mano di scatto come il solo fatto di toccarla ancora lo disgustasse.
<< Ti avevo detto di non mettermi i bastoni fra i piedi o sbaglio? Rispondi! >> impose alzando il tono di voce e corrucciando la bella fronte spaziosa.
Druella sussultò, il corpo teso in un fascio di nervi. Non era pentita del suo gesto, affatto. Se potesse l’avrebbe ripetuto ancora e ancora. Era disposta persino a sostenere il suo sguardo freddo come l’inverno, pur di ottenere una piccola rivincita su quella pezzente che osava frapporsi fra lei e il ragazzo che amava.
<< Avevi detto che avrei potuto farle quello che volevo. Be’ mi sono limitata a rimetterla al suo posto >> replicò fissandolo sfrontatamente negli occhi.
Capì immediatamente che quella non era la mossa giusta da fare quando le labbra di Riddle si incurvarono in un sorriso orribile, ferino. Tom non sopportava chi cercava di tenergli testa.
<< Dunque sarebbe colpa mia se hai quasi ucciso Roxanne? >> le chiese in un soffio intriso di stucchevole dolcezza.
Druella deglutì e abbassò il capo, non riuscendo più a sostenere il suo sguardo.
<< No-non era quello che intendevo >>.
La voce le tremò appena. Quell’attesa, il lento procrastinare una punizione che sapeva inevitabile, era quanto di più snervante e al contempo eccitante potesse immaginare. Inspirò e le sembrò che l’aria stessa sapesse di paura, un vapore malefico che infettava ogni cosa e la faceva tremare nel profondo. La faceva sentire viva, con il cuore che palpitava veloce nel petto e l’adrenalina che le scorreva impetuosa nel sangue.
<< Be’ inutile piangere sulla pozione versata, non dice così il detto? >> le chiese Riddle, allontanandosi di un passo e abbracciando la sua intera figura con lo sguardo.
Druella annuì, guardinga. Le voltò le spalle, avvicinandosi al camino e allungando le mani per scaldarle al calore delle fiamme.
Aspettò in silenzio, per quello che le parve un tempo infinito. Dopo un po’ non riuscì più a trattenersi e sbottò:
<< Tutto qui? >>
Lui si girò appena a fissarla, un’espressione imperscrutabile dipinta sul volto.
<< Cos’altro ci dovrebbe essere? >> le chiese con educato stupore.
Druella non rispose, chiedendosi se potesse davvero sperare di essersela cavata con un semplice ammonimento. Forse dopotutto quella ragazza non era poi così importante per lui…
Senza un’altra parola si diresse verso le scale, ancora stupita per quell’insperato colpo di fortuna.
Il sangue le scorreva veloce nelle vene e il rimbombo del battito accelerato del suo cuore le risuonava nelle orecchie: si sentiva come una cerva braccata da un segugio che avesse inspiegabilmente deciso di lasciarla andare. Quando pochi passi la separavano dalla salvezza del Dormitorio femminile, la voce di Riddle risuonò alle sue spalle.
<< Quanta fretta! >> esclamò gioviale. Lei si irrigidì e si girò lentamente, notando che aveva preso a giocherellare con la bacchetta e che le si stava avvicinando a passi lenti ma decisi. << Non ti va di farmi ancora un po’ di compagnia? >>
Lo degnò di un sorrisino che non riuscì appieno a mascherare il suo turbamento.
<< È tardi, amore, sono stanca… >> rispose improvvisando la prima scusa che le veniva.
 << Ci vorrà solo un attimo. >> Quelle parole e lo sguardo perforante che le rivolse le fecero accapponare la pelle. << Vedi, Druella, c’è un incantesimo che mi resta particolarmente ostico. Pensavo che potresti darmi una mano ad esercitarmi >>.
<< Non possiamo rimandare a domani? >> tentò di nuovo, sbattendo le ciglia.
Lo sguardo di Riddle si affilò.
<< No. Direi proprio di no. >> disse mentre il suo polso compiva un unico, fluente movimento. << Silencio. >>
Druella si afferrò la gola con le mani ma il gemito di protesta le morì sulle labbra, soffocandola.
Riddle gettò via la sua maschera rilassata e lasciò che l’odio e il risentimento gli distorcessero i lineamenti in una smorfia di pura crudeltà.
<< Solo una piccola precauzione. Sai, non vorrei che i nostri compagni potessero sentirci >> le rivelò in tono confidenziale.
Istintivamente la mano le corse alla bacchetta.
<< Expelliarmus >> la anticipò Riddle e la sua bacchetta di ebano finì dritta fra le sue mani affusolate. << Questa non ti servirà al momento. >>
Si avvicinò ancora, fino a quando non ci furono che pochi metri a dividerli. Druella sentiva il terrore che le stringeva le viscere in una morsa opprimente. Non era più il piacevole brivido di poco prima, l’esilarante sensazione di sentirsi sul filo del rasoio. Oh, no. Adesso che Tom la guardava con quegli occhi verdi come il fiele e colmi dell’odio più duro e pungente, Druella si chiedeva come il suo viso riuscisse ad essere bello anche con quell’espressione turpe ad imprimerlo.
<< Allora, Druella, pronta ad iniziare? >> le chiese con voce lieve, sollevando la bacchetta.
Non attese risposta.
<< Crucio >>
Avrebbe voluto urlare, ma non ne ebbe la possibilità. Si accasciò al suolo, contorcendosi in pose grottesche, spalancando la bocca e rovesciando gli occhi all’indietro fino a quando non si vide che il loro biancore.
Druella era abituata al dolore. Le famiglie Purosangue aveva standard di educazione molto rigide e fin da piccola era avvezza a ricevere schiaffi, bacchettate sulle mani, eccezionalmente anche frustate. A volte infrangeva le regole apposta perché voleva essere punita: le piaceva sentire la carne incendiarsi ed arrossarsi sotto i colpi ricevuti, la affascinava il sangue che scendeva i piccoli rivoli dalle ferite dischiuse. Non si sentiva mai tanto presente e viva come in quei momenti di sofferenza. Ma il dolore che le stava infliggendo Riddle… oh, quello completamente diverso da tutto ciò che aveva provato fino a quel momento. Era come se ogni singolo nervo del suo corpo venisse allungato e compresso da una mano invisibile, come se ogni cellula venisse bruciata, fusa nell’acido, incisa da una lama affilata. Non era dolore. Era qualcosa che andava completamente al di là del concetto del stesso di dolore.
Mentre il corpo si contorceva per l’agonia, le urla che non riuscivano a fuggire dalle sue labbra si concentrarono nei suoi occhi spalancati. Lacrime amare come il fiele le scivolarono lungo il viso, offuscandole la vista. Nonostante quella patina che distorceva tutto ciò che la circondava, nonostante il senso di nausea che le rivoltava lo stomaco, Druella ebbe comunque modo di vedere Riddle che si accucciava al suo fianco, temendole la bacchetta puntata contro e fissandola con estatico abbandono.
Voleva vederla soffrire.
Voleva godersi ogni spasmo di agonia, imprimere nella sua mente ogni smorfia di quel tormento che le infliggeva. Ciò la disgustò ancora di più di quello che le stava facendo. Si ritrovò ad odiare quei sardonici occhi, quel sorriso animalesco che gli incurvava le labbra. A poco a poco tutto il resto della sala svanì e rimasero solo quelle iridi verdi e il piacere malato che riflettevano.
Altrettanto velocemente di come era incominciato tutto finì. Riddle si alzò in piedi, interrompendo quel contatto e Druella si ritrovò a singhiozzare sul tappeto della loro Sala, la voce che le era stata restituita ma che non credeva sarebbe più riuscita ad utilizzare.
<< Stai lontana da Roxanne, Rosier, o avremo altri di questi incontri >> le comunicò senza il minimo accenno di compassione.
Dopodiché se ne andò, lasciandola riversa sul pavimento, piegata nel corpo e nello spirito.
Quando la mattina dopo si svegliò nel suo letto, con ogni singolo muscolo ancora dolorante e il ricordo di quanto era successo che le turbava ancora la coscienza, fu assurdo per lei scoprire che quello che provava per Riddle era sempre lì, sepolto sotto uno strato di rancore e amarezza, ma perfettamente intatto. Fu assurdo scoprire che di tutto quello che era successo in realtà non incolpava lui, ma Roxanne Altgriff. Ancora più assurdo dover accettare, sebbene a malincuore, che per ora non poteva fare niente per contrastarla. Tremiti convulsi le squassarono il corpo al solo pensiero di ripetere un’esperienza come quella.
Si limitava ad aspettare, Druella, nascosta nell’ombra ma non ancora abbattuta, come una fiera che attende il momento migliore per colpire. Se la Grifondoro sperava di averla già messa fuori combattimento, avrebbe avuto presto una brutta sorpresa.
 



 
Note:


 

  1. A parlare è Lumacorno e si tratta di una citazione del sesto libro.

 


 
Ciao a tutti!
Mi scuso per l’attesa, spero di essermi fatta perdonare con questo capitolo che è un bel po’ lungo. Immagino che solo i più coraggiosi siano riusciti ad arrivare in fondo! Scherzi a parte, se i capitoli risultano troppo lunghi o pesanti, ditemelo che provvedo ad operare qualche taglio! XD
Quanto a questo episodio una piccola cosa che tendo a sottolineare: Riddle versa nel bicchiere che poi berrà Rox solo tre gocce di filtro, quindi lei non è veramente infatuata di lui, diciamo che ha solo molto meno autocontrollo. Un piccolo sprazzo anche dell’evoluzione del rapporto fra Sybil ed Evan, presto ci sarà un pov dedicato a loro e a qualcosa di più di un semplice bacino a stampo.
Quanto a Roxanne… dieci punti a chi indovina in che cosa vuole sfidare Tom! Si accettano scommesse!
 
Passando ai ringraziamenti: ringrazio Santa Vio da Petralcina, Morgana_D, Queen Malfy Slytherin ed Erodiade che hanno commentato lo scorso capitolo, oltre a tutti gli altri che leggono la storia! Ovviamente non so quando aggiornerò perché a maggio ho un simpaticissimo esame di più di mille pagine quindi insomma… sono un attimo in crisi!
Un grazie speciale però lo vorrei fare a Queen Malfy Slytherin e Morgana_D perché davvero mi fanno sciogliere. Passate sui loro profili, mi raccomando!
 
Un saluto e un bacio
Ely
 

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Capitolo 15
*** La Stanza delle Necessità ***





La Stanza delle Necessità
 

 
 

 

Dobby conosce un posto perfetto! Noi la chiamiamo
Stanza-Va-e-Vieni, signore, oppure Stanza delle Necessità!
(…) è un posto dove si può entrare solo se c’è veramente
 bisogno. A volte c’è, a volte no, ma quando appare ha
 sempre tutto quello che serve a chi la cerca. (1)
 

 



 
15 Dicembre 1942 Aula in disuso del Secondo Piano
 
Quel Venerdì sera sia Eloise che Roxanne sgattaiolarono furtive dal loro Dormitorio, ognuna con un sorriso finto dipinto sulle labbra e una scusa preconfezionata alla quale finsero reciprocamente di credere; Roxanne convinta che Eloise andasse a un appuntamento romantico con Zabini, Eloise certa che l’unica cosa che Roxanne avesse voglia di studiare fossero gli sguardi languidi di Riddle.
Si separarono al bivio di fronte al quadro che ritraeva un frate grasso e rubicondo, con una crescente ansia per quella serata dall'esito imprevedibile.
Eloise camminò a passo veloce, stringendosi le braccia intorno al corpo per ripararsi dagli spifferi gelidi. Conosceva il percorso a memoria, ma per l'agitazione si dimenticò di prendere le adeguate cautele e fu solo per un colpo di fortuna che non incontrò Prefetti - o ancora peggio il temibile Gazza - a intralciarle il percorso.
Entrò nell'aula in cui si era data appuntamento con Rosier con appena cinque minuti di ritardo ma non poté gioire della sua puntualità perché Evan la accolse con un’espressione di chiara insofferenza. Certo, non che sbuffasse o si lamentasse, come avrebbero fatto tutte le persone normali. Tamburellava le dita sul banco al quale era appoggiato, un ticchettio costante e ripetitivo che le diede presto i nervi.
Tum, tum.
Eloise varcò l’ingresso, gettando appena uno sguardo alla stanza semivuota, con dei banchi ammassati in un angolo. C’era così tanta polvere che il desiderio di tossire stava diventando impellente.
Tum, tum.
Sbuffò e gli si posizionò davanti, sperando di concludere quella conversazione il prima possibile.
<< Bene, Knight. Cosa devo fare per convincerti del mio imperituro amore per tua sorella? >> la sbeffeggiò ironico.
Eloise sogghignò, pregustando la bella sorpresa che lo attendeva.
<< Niente di che, Rosier. Dovrai solo dire la verità. >> disse estraendo dalla tasca la boccetta ambrata.
Il volto di Evan rimase impassibile ma non le sfuggì il modo i cui i suoi occhi chiari saettarono verso la porta, quasi in cerca di una via di fuga.
<<  È Veritaserum, quello? >> le chiese titubando appena.
Eloise annuì soddisfatta, agitando la boccetta sotto il suo naso.
Quando quella settimana Lumacorno aveva annunciato alla classe che si sarebbero allenati nella preparazione di quella pozione, l’idea era sbocciata come un fiore nella sua testa. Si era impegnata – non si era mai impegnata tanto in vita sua – per ottenere un risultato  decente al primo colpo ma quando questa si era aggrumata in una poltiglia giallastra sul fondo del calderone, si era limitata a scrollare le spalle e rubare un po’ di quella che Lumacorno aveva preparato per prova.
<< Semplice, no? >> chiese fissando il suo pomo d’Adamo che ballonzolava su e giù. << Lo bevi tutto di un sorso, io ti chiedo se hai intenzione di comportati bene con Syb e ognuno torna al suo Dormitorio. Certo, sempre che tu non abbia qualcosa da nascondere… >> insinuò ammiccante.
Tum, tum.
 Se possibile le sue dita tamburellavano più velocemente. Evan le lanciò uno sguardo truce prima di sibilare fra le labbra:
<< Sai che utilizzare in questo modo il Veritaserum è illegale, Knight? Potrei denunciarti. >> minacciò.
Eloise scrollò lo spalle, simulando una perfetta indifferenza.
<< Nessuno ti costringe, Rosier >> replicò a tono. << L’altra sera sembravi così convinto che credevo che una prova simile per te sarebbe stata un gioco da ragazzi, ma a quanto pare sei più codardo di quanto credessi… >>
Rosier assottigliò gli occhi.
<< Come faccio ad essere sicuro che non mi farai altre domande?  Che non ficcherai quel tuo naso a punta nelle mie faccende? >>
Eloise ignorò la frecciatina sul suo naso, che  considerava un piccolo e grazioso naso alla francese, e corrucciò la fronte. Rosier pensava che volesse scoprire i fatti scabrosi del suo passato? Il pensiero la fece quasi ridere. Agì d’istinto, senza rifletterci troppo. Svitò il tappo della Pozione  e ne bevve un sorso appena. Il liquido le scese in gola, fresco e pulito.
<< Ti farò domande solo su Sybil e su quello che c’è fra di voi. >> affermò tranquilla.
Rosier sgranò gli occhi, chiaramente spiazzato dal suo gesto. Le sembrava quasi di vedere gli ingranaggi del suo cervello che lavoravano alla ricerca di un'altra scusa plausibile. Non trovò niente e dopo alcuni secondi allungò con reticenza la mano per afferrare la fialetta.
Eloise controllò attentamente che ne ingurgitasse il contenuto, fino alla più piccola goccia. Lui la fissò sfrontato, passandosi una mano fra i capelli scuri.
Eloise incrociò le mani dietro la schiena, preparandosi ad affrontare l’interrogatorio.
<< Ti piace Sybil? >> esordì, dritta al punto.
Un sorrisetto saccente si allargò sul volto di Rosier.
<< Sì. >>
 Eloise rilasciò il respiro, accorgendosi solo in quel momento di averlo trattenuto. In tutta sincerità non avrebbe scommesso nemmeno uno zellino sul reale interesse di Evan per sua sorella.
<< Ti piace davvero? >> chiese di nuovo, tanto per andare sul sicuro.
<< Sì. >>
<< Uh >> mugugnò Eloise.
Tum, tum.
Be’ aveva saputo quello che voleva, no? Evan ci teneva davvero a Syb e lei poteva tornarsene tranquillamente nel suo Dormitorio.
Tum, tum, tum.
<< Che cosa ti piace di lei? >> chiese sovrappensiero.
Per la fata Morgana che cosa voleva sapere ancora? Possibile che non si fidasse nemmeno del Veritaserum? Eppure… eppure quelle dita lunghe e bianche le facevano una brutta impressione sotto la luce tremolante della torcia e il modo in cui battevano sulla cattedra, veloci, sempre più veloci le metteva una strana inquietudine addosso.
Questa volta la risposta tardò ad arrivare ed Eloise si fece d’improvviso attenta.
<< La sua ingenuità. Ci sono momenti in cui sembra  una bambina. >>
Sgranò gli occhi, colpita da quella risposta così inusuale. Evan era attratto dalla semplicità di Sybil? Rifletté fra sé che forse non era una risposta così strana. Certo, a lei mai nessuno ragazzo aveva fatto un complimento del genere, ma era anche vero che non si poteva paragonare alla gemella, erano troppo diverse. Lo scrutò attentamente, cercando di leggere i suoi veri pensieri in quelle iridi chiare. C'era un brillio  negli occhi di Evan che per qualche inspiegabile motivo la inquietava. E quel sorriso... era tutto meno che rassicurante il modo in cui arricciava le labbra in modo sghembo, quasi ci fosse qualcosa di cui solo lui era a conoscenza che lo divertiva enormemente.
<< Quindi non hai intenzione di farla soffrire.  >> continuò fissandolo dritto in faccia.
Le sue dita smisero di tamburellare di colpo.
Evan distolse lo sguardo, non prima di averle lanciato un'occhiata infastidita. Si avviò verso la porta con rapide falcate feline.
<< Ehi! Dove pensi di andare? >> lo fermò artigliandogli la veste.
Lui la gelò, fissando la mano che stringeva la stoffa come se fosse un insetto disgustoso.
<< Ho risposto alle tue stupide domande, Knight, e me ne vado a letto. >> rispose scocciato.
Eloise lo affiancò.
<< No. Non hai risposto all’ultima. >> gli ricordò.
Lo vide incerto, mentre guardava da un’altra parte.
<< Non era una domanda. >> temporeggiò.
<< Non hai intenzione di far soffrire mia sorella, vero Rosier? >> ripeté Eloise calcando sul tono interrogativo.
Continuava ad evitare di fissarla e il pomo d’Adamo saliva  e scendeva in modo vistoso.
<< Dipende. >> confessò infine, in un soffio.
Eloise socchiuse gli occhi, liberandolo dalla presa, ma parandosi fra lui e la porta.
<< Da cosa dipende? >> domandò a voce bassa.
Quelle risposte monosillabiche la stavano decisamente innervosendo.
<< Da Riddle. >> ammise quello ancora più controvoglia.
<< Cosa c’entra Riddle in questa storia? >> ringhiò iniziando a vedere rosso.
 Da quella sera avrebbe decisamente dovuto riprendere in considerazione le teorie di Roxanne su Tom e la sua cricca. Evan rise, una risata amara e insoddisfatta che acuì il suo brutto presentimento.
<< Riddle c’entra con tutto. >> affermò ancora scosso dai singhiozzi. Non evitava più il suo sguardo, come se ormai fosse consapevole che il suo gioco era stato scoperto e avesse rinunciato a trarla in inganno << È stato lui a suggerirmi di corteggiarla ed è stato lui a favorire i nostri incontri. Ed è sempre e solo lui il motivo per cui non ho già scaricato tua sorella ma mi sforzo di sopportare il suo carattere infantile. >>
La sua voce era fredda e piatta. Quelle parole le bruciarono come uno schiaffo.
<< Ma… hai detto che ti piaceva… >> replicò appigliandosi a quella flebile speranza.
Rosier inarcò un sopracciglio, fissandola con condiscendenza.
<< Non hai ancora capito, Knight? Strano, ti facevo più furba. >> si avvicinò e le ultime parole gliele soffiò in faccia. << Quello che mi piace davvero è giocare con Sybil. >>
Eloise si ritrasse con una smorfia di disgusto. I suoi occhi avevano un vago bagliore allucinato che rendeva la sua espressione derisoria ancora più orribile a vedersi. Possibile che avesse davvero incitato Sybil a mettersi con un ragazzo simile? Sentì lo schifo, un sapore amaro in bocca, che le riempiva il palato.
<< E perché mai Riddle… >>
Non riuscì a finire la frase. Evan le bloccò la bocca, coprendola con la mano e Eloise rabbrividì a contatto con la sua pelle calda e molle. I suoi occhi, visti da così vicino avevano la luce di un folle.
<< Shhh! >> le bisbigliò << Non impicciarti troppo nei piani di Riddle, Knight. È un consiglio. >>
La liberò dalla stretta e uscì senza aggiungere un’altra parola. Eloise rimase impietrita fino a quando anche l’orlo del suo mantello non fu più visibile.
 
 
***

 

 

Quella notte Riddle provò il calore
di una carezza sincera  e fu come essere
 sfiorato da un petalo bianco.
 A lungo la sua pelle frizzò per quel contatto.

 

 
 
15 Dicembre 1942 Aula in disuso del Sesto Piano
 
Roxanne guardava il quadrante del suo orologio ad intervalli regolari di cinque secondi, sempre più convinta che Riddle non si sarebbe presentato all'appuntamento.
Era in ritardo. Certo, solo di pochi minuti, ma era comunque in ritardo e Tom era schifosamente puntuale. Era in ritardo quindi non sarebbe venuto e il suo cuore poteva anche smettere di tamburellare come un pazzo.
 Lanciò uno sguardo all'aula, i banchi ordinatamente disposti ai lati della stanza, la cattedra polverosa, la lavagna coperta da un telo bianco. Aveva scelto quel posto perché si trovava in un'aerea relativamente tranquilla del castello e sperava che nessuno sarebbe venuto a disturbarli. Il pensiero della severa ramanzina a cui sarebbe andata incontro se li avessero scoperti, per non parlare di tutti i punti che avrebbe fatto perdere alla sua Casa, le procurò una spiacevole fitta di senso di colpa all'altezza dello sterno. I suoi occhi corsero di nuovo a fissare le lancette dell'orologio che si muovevano con una lentezza esasperante. Ogni secondo in più era un balsamo per i suoi nervi tesi, perché aumentava le probabilità che Tom non si presentasse all'appuntamento. Certo, erano solo cinque minuti. E per la verità il suo orologio era un po' in avanti quindi... Roxanne si passò nervosamente una mano fra i capelli. Riddle e la sua maledetta sfida!
Udì la porta aprirsi con un cigolio sinistro e si voltò di scatto, rischiando quasi di ruzzolare giù dal banco su cui era appoggiata. Il cuore le risalì lentamente lungo l'esofago, fino a collocarsi in pianta stabile in mezzo alla gola.
Riddle entrò nell'aula con la massima calma, disattendendo in un attimo tutte le sue flebili speranze. A differenza sua sembrava perfettamente a suo agio, come se intrufolarsi in un'aula deserta nel cuore della notte ed eludere la sorveglianza del castello, fosse per lui una cosa all'ordine del giorno. Con una smorfia di fastidio Roxanne pensò che forse era proprio così, se erano vere anche solo la metà delle chiacchiere sulle sue presunte “avventure” con alcune  Serpeverdi.
Senza comprendere neanche lei il motivo gli lanciò un'occhiataccia che neanche il suo aspetto attraente e rilassato riuscì a incrinare. Cominciamo bene, pensò fra sé, scendendo dal banco e avvicinandosi a lui. Deglutì, fissando il suo volto da vicino. Dall'ultima cena con il Lumaclub qualcosa era cambiato nel suo aspetto. Merlino, possibile che fosse diventato ancora più bello? Che i suoi occhi brillassero di più, il sorriso che gli arricciava le labbra fosse ancora più accattivante? Forse non era lui ad essere diverso, ma lei.
 Forse era solo lei che si sentiva come una roccia friabile che veniva progressivamente erosa dal suo fascino ombroso.
<< Ro. >> la salutò affabile e per un attimo il suo sguardo si soffermò sul suo viso, già accaldato per la sua presenza. << Sono davvero curioso di scoprire cosa hai preparato per stasera. >> aggiunse, incantandola con i suoi occhi verdi e penetranti.
Roxanne distolse lo sguardo, titubante. C'era una parte di lei che si opponeva alla sua idea fin dal primo momento che le era venuta in mente. Una parte che le suggeriva che non era... corretto, puntare così sulle debolezze dell'avversario, anche se l'avversario in questione era una infida Serpe come Riddle. Una parte che le suggeriva di mettere da parte quel dannato orgoglio, per una volta, ed ammettere che...
<< Qualcosa non va? >> le chiese Tom avvicinandosi e sollevandole il mento con un dito, costringendola a fissarlo negli occhi. Inconsciamente Roxanne tremò sotto quel tocco che le procurò una scarica di adrenalina in tutte le membra. Gli occhi di Riddle erano di un verde più denso e cupo che brillava di malizia ed aspettativa. L'idea della sfida lo eccitava e questo si riverberava nel suo sguardo, rendendo più allungate e affilate le sue pupille. << Non vorrai dirmi che ci hai ripensato? >>
Le sue parole erano intrise di un così sdegnoso sarcasmo che Roxanne ritrovò in un attimo tutta la sua sicurezza. Si ritrasse di scatto, con un gesto brusco e feroce. Tom Riddle era solo un pallone gonfiato che si credeva imbattibile e perfetto, una specie di dio sceso in terra. Be' ci avrebbe pensato lei a rimetterlo al suo posto e non avrebbe provato neanche un briciolo di rimorso!
<< No, certo. >> rispose con un tono di voce sicuro che stupì lei per prima. Incrociò le braccia sul petto, degnandolo di un'occhiata supponente << Non ho la minima intenzione di tirarmi indietro. >>
Lui la fissò inarcando un sopracciglio. Se la sua determinazione lo aveva sorpreso non lo diede a vedere.
<< Allora potrei sapere che cosa hai in mente? >> le chiese educato, mentre la sua mano frugava fra le pieghe della veste scura per afferrare la bacchetta.
 Il gesto con cui la estrasse non fu minaccioso ma Roxanne non riuscì reprimere il brivido che le attraversò la pelle.
<< È molto semplice, Riddle. >> affermò guardandolo dritto negli occhi, sforzandosi di non farsi incantare dalla loro fredda bellezza. << Una gara di Incantesimi. Chi esegue l’incanto nel modo più corretto vince. >> riassunse rapidamente.
L'espressione di Tom si fece incredula.
<< Credi di riuscire ad eseguire una magia meglio di me? >>
In un'altra occasione quel tono altezzoso l'avrebbe infastidita come poche cose. Ma in quel momento le procurò solo un sorrisino triste, mentre si avvicinava al centro della sala e stringeva il confortante legno di biancospino della sua bacchetta fra le dita.
Sentiva lo sguardo ancora incredulo e beffardo di Riddle che le bucava la schiena come tanti spilli appuntiti. Il cuore le rimbombava contro la cassa toracica e aveva i palmi della mani sudate. Cercò di concentrarsi, inspirando ed espirando profondamente.
Chiuse gli occhi, cancellando Riddle, quella stupida sfida, l'aula polverosa, cancellando tutto. Quando finalmente il suo respiro si fu regolarizzato, lasciò che la sua mente venisse riempita da alcuni ricordi accuratamente selezionati.
Il giorno in cui quel gufo mezzo spennato aveva planato proprio di fronte al davanzale della sua finestra, rischiando di schiantarsi pur di recapitarle la lettera con la ceralacca rossa e lo stemma di Hogwarts... Il giorno in cui aveva impugnato la sua bacchetta nel negozio di Olivander, il formicolio che dalla punta delle dita si era diffuso in tutto il corpo, scaldandola come un liquore inebriante... Il giorno del suo quattordicesimo compleanno e quella festa a sorpresa organizzata da Isy che le aveva fatto spuntare le lacrime agli occhi, i palloncini colorati e i petardi esplosivi che stonavano allegramente con i ricordi dei tristi compleanni all'orfanotrofio...
<<Expecto Patronum >> mormorò con voce decisa, mentre la mano le tremava appena.
Una voluta di fumo argenteo sgorgò dalla sua bacchetta, assumendo lentamente una forma sotto i suoi occhi spalancati. La grande lupa madreperlacea le balzò intorno giocosa, le zampe poderose che sfioravano appena il pavimento. Un enorme sorriso le arricciò le labbra, mentre fissava il suo Patronus che rovesciava la testa all'indietro e ululava debolmente, prima di dissolversi in uno sbuffo.
Roxanne, abbassò la bacchetta, sfinita dalla stanchezza ma piacevolmente soddisfatta. Fino all'ultimo aveva temuto di non essere in grado di compiere quella magia così complicata, oltretutto sotto lo sguardo perforante di Riddle... Sussultò, girandosi di scatto nella sua direzione. Era così presa dal Patronus  che si era completamente dimenticata della sua presenza.
Nel vederlo lì, con una mano appoggiata a un banco come per volersi sostenere, il viso ancora più bianco ed inespressivo del solito, Roxanne si sentì una persona terribile. Seppe in un attimo che la sua intuizione era  corretta e che quella era forse l'unica magia che Riddle non sarebbe stato in grado di padroneggiare. Perché per invocare il proprio Patronus bisognava concentrarsi sul momento più felice della propria esistenza e Tom non aveva la più pallida idea di quale fosse il sapore della felicità.Si morse il labbro inferiore, torturandolo fra gli incisivi, mentre un sentimento opprimente le dilagava nel petto. Si era già sentita così quella volta in Biblioteca quando lui nel raccontarle della sua famiglia aveva usato quel tono distaccato e formale come se stesse parlando della vita di un altro. Senza neanche accorgersene, avanzò a passi lenti, fino ad essere appena a un metro di distanza. Lo sguardo di Tom rimase impassibile, di ghiaccio, come se lui non si fosse neanche accorto della sua presenza.
Non era compassione. Sarebbe stato bello se fosse stato così. La compassione era un sentimento semplice, facile da capire e ancor più facile da gestire. Ma non era per compassione che Roxanne avrebbe desiderato sfiorare quel volto e cancellare le rughe di dolore che gli incurvavano lo sguardo, non era per compassione che avrebbe voluto stringere quelle mani fra le sue e donargli il suo calore, a lui, che era sempre così mortalmente freddo. Non era per compassione che quelle labbra rosse la attiravano come un frutto troppo dolce per essere colto.
<< Tom… >> mormorò in un soffio, alzando la mano con l'intento di posarla sulla sua guancia.
Appena il suo dito sfiorò la sua pelle, lui sembrò ridestarsi da quello stato di trance e la fissò come se la vedesse per la prima volta. I suoi occhi erano neri, quasi la sua disperazione avesse assorbito ogni colore, e il modo in cui la fissò la fece sentire nuda e inadatta a consolarlo. C'era così tanta rabbia, così tanta solitudine in quello sguardo di antrace che Roxanne se ne sentì risucchiata e si immobilizzò con la mano ancora sollevata a mezz'aria.
E capì cos’era quella sensazione impossibile che le bruciava proprio lì,  al centro del petto.
 Era la voglia di essere lei a fargli scoprire cosa fosse la felicità.
Sussultò, stupita dalla piega presa dai suoi pensieri, chiedendosi come avrebbe fatto a reprimerli e fingere che non fossero mai esistiti.
Riddle la scostò bruscamente, guardandola con un misto di odio e disprezzo. Si diresse a passi decisi verso il centro della stanza e le parole che avrebbe voluto usare per richiamarlo le morirono in gola. Fino a pochi minuti prima era così decisa ad umiliarlo, adesso invece avrebbe solo voluto impedirgli di sollevare quella bacchetta e  darle la dimostrazione di quanto vuota e triste fosse stata la sua infanzia. Rimase in silenzio, le unghie che affondavano nel palmo, mentre lo vedeva chiudere gli occhi e cercare la concentrazione. Sapeva che cercare di dissuaderlo era inutile, che non avrebbe mai ammesso di fronte agli altri la sua debolezza.
<< Expecto Patronum >>
La voce gli tremolò appena. Dalla bacchetta fuoriuscì una nebbiolina leggera ed informe, che si dissolse un attimo dopo essere entrata in contatto con l'aria umida del castello. Roxanne non fiatò, osservando il modo convulso in cui la sua mano destra si contraeva sulla bacchetta, fissando il suo sguardo che si faceva prima smarrito e poi incredulo. Doveva essere un duro colpo per l'ego di Tom Riddle scoprire che esisteva un incantesimo al mondo che non era proprio in grado di padroneggiare.
Per un istante il tempo sembrò congelarsi. C'erano solo loro due nell'aula deserta, Roxanne con il cuore che le palpitava nel petto, Riddle con la mano ancora protesa e un ghigno ferino che non mascherava abbastanza bene tutta la sua feroce delusione.
Fu il miagolio di Mrs Cherry a riscuoterli. Sussultarono entrambi, fissando la porta socchiusa e la fessura fra lo stipite da cui gli occhi gialli e accusatori della gatta li guardavano. Prima che potessero fare anche solo una mossa per trattenerla, quella sgusciò all'indietro e sparì fra i corridoi.
Roxanne fu la prima a riprendersi e con una smorfia di puro orrore si girò verso Riddle.
<< Sta andando a chiamare Gazza! >> esclamò  in preda al panico.
Tom digrignò i denti e lei pensò scioccamente che se solo la gatta fosse ancora a portata di mano l'avrebbe affatturata all'istante. Per un attimo la sua mano salì a celare l'espressione del viso, poi, con il solito tono calmo e composto, disse:
<< Dobbiamo andarcene da qui. >>
La afferrò per una manica, strattonandola bruscamente visto che lei era troppo imbambolata per muoversi. Lo seguì per i corridoi, facendo fatica a non inciampare nei suoi stessi piedi. Aveva completamente perso il senso dell'orientamento: Riddle la spingeva verso passaggi segreti, dietro arazzi e armature, senza darle mai un attimo il tempo di riprendere il fiato. Eppure, nonostante tutti i suoi abili trucchetti, sentivano la voce di Gazza farsi sempre più vicina.
<< Studenti fuori dalla camera eh, Mrs Cherry? Oh, sento odore di espulsione nell'aria... >> mormorò il custode e le sue parole, amplificate dall'eco, giunsero alle orecchie di Roxanne come se gliele avesse sussurrate nelle orecchie.
Strinse la mano di Tom più forte, la salivazione azzerata, il fiato mozzo nel petto. Era bastata quella parola a gelarla: espulsione. Tornare per sempre nell'orfanotrofio, essere esclusa da quel mondo che aveva imparato ad amare, da Hogwarts che ormai per lei era come una casa... Per un attimo si sentì svuotata e desiderò solo di accasciarsi contro la parete e attendere l'inevitabile punizione. Tom avvertì la sua reticenza e si voltò a fissarla con un'occhiata inceneritrice. Non seppe esattamente cosa in quello sguardo le diede la forza di continuare a correre: non c'era incoraggiamento o un minimo di empatia, Riddle non voleva confortarla, semmai accusarla, eppure l'idea che per lui potesse essere un peso la spronò a proseguire. Salirono un'ampia scalinata e si ritrovarono d'improvviso nel Settimo Piano. Riddle non accennava a rallentare e ormai Roxanne aveva la sensazione che anche lui stesse procedendo a caso, privo del benché minimo punto di riferimento.
Il corridoio si srotolava liscio e vuoto di fronte ai loro occhi, privo di quadri o armature cigolanti, fatta eccezione per quello che ritraeva un buffo mago circondato da Troll armati di mazze. Aveva il fiato corto e stava cercando di ignorare la spiacevole fitta al fianco quando un movimento fulmineo attrasse la sua attenzione. Strattonò Riddle, puntando immediatamente i piedi. Tom si voltò a fissarla come se fosse impazzita ma lei tacitò le sue proteste con una semplice parola:
<< Pix! >> mormorò sottovoce, indicandogli con il dito una massa colorata che saltellava sul pavimento stringendo fra le mani qualcosa che assomigliava molto a un pennello.
Tom imprecò arrestandosi di botto e volgendo la testa all'indietro. Il rumore dei passi di Gazza era sempre più forte e così la sua voce stridula che riempiva di complimenti quell'insulsa gatta che trotterellava al suo fianco.
Erano in trappola. Roxanne camminava avanti e indietro, sentendosi come un animale braccato. Non c'erano vie di fuga: alle loro spalle c'era Gazza e di fronte Pix, che non avrebbe esitato a svegliare tutto il castello con le sue urla se solo si fosse accorto della loro presenza. Nessun passaggio segreto, nessuna statua dietro la quale nascondersi: erano fregati. Roxanne lesse lo stesso identico pensiero negli occhi di Riddle, mentre questo osservava frustrato le pareti, quasi sperando in una qualche misteriosa via di fuga.
Quando alle spalle di Roxanne si disegnò il contorno di una porta, un uscio stretto e scuro che affiorò lentamente dalla calce del muro, lei rimase semplicemente troppo sorpresa per fare altro oltre che spalancare la bocca. Come sempre fu Riddle a prendere in mano la situazione: la afferrò per un braccio e la trascinò dentro, chiudendosi istantaneamente la porta alle spalle e sigillandola con la magia.
 

***
 
                                                                                                       
                                                                                                                                                    
15 Dicembre 1942 Stanza della Necessità
 
Riddle spinse Roxanne dentro lo sgabuzzino di malagrazia, schiacciando il suo corpo contro la parete umida e sollevando un nugolo di polvere che rischiò di farli morire asfissiati. Le tappò la bocca con la mano per soffocare sul nascere i suoi colpi di tosse, pensando che se per colpa di quell’impiastro la sua immacolata fedina fosse stata rovinata gliela avrebbe fatta pagare cara. Cercò di concentrarsi solo sul rumore dei passi di Gazza e sui miagolii della gatta, provando ad intuire se fossero o meno passati oltre il loro nascondiglio.
Ben presto tuttavia scoprì che concentrarsi era faticoso. Dannatamente faticoso con il corpo di Roxanne premuto contro il suo, il suo viso a soli pochi centimetri di distanza, il suo respiro caldo che si infrangeva contro il palmo della sua mano. Lo sgabuzzino era buio, eppure la flebile luce del corridoio filtrava dalla fessura della porta consentendogli di vedere i suoi grandi occhi grigi sgranati, le sue gote accaldate per la corsa e la paura di essere scoperti. La strinse ancora di più contro il suo petto, approfittando del suo smarrimento e della sua impossibilità di ribellarsi in uno spazio così angusto. Rafforzò la presa, godendo nel vedere il rossore della sua pelle nei punti in cui i suoi polpastrelli premevano, il lampo di irritazione nel suo sguardo orgoglioso distante solo pochi centimetri. Con suo enorme disappunto dovette convenire fra sé che Nott aveva ragione e che Miss Scopa si era decisa a tirar fuori un accenno di curve che persino in quella situazione assurda non gli risultò indifferente.
Un calore  crescente al centro dello stomaco lo avvertì inequivocabilmente che gli piaceva sentirla così vicino a sé, udire il battito frenetico del suo cuore, annusare l’odore della sua pelle. Gli piaceva percepire le sue labbra dischiuse sotto la  mano, al punto che  faticò a reprimere l’istinto di schiacciare il suo corpo morbido contro il muro e coprire quella bocca di baci e morsi, punendola e premiandola per le sensazioni che solo lei sapeva risvegliare.
Prima ancora che potesse provare disgusto per quei pensieri il gomito di Roxanne lo colpì con precisione chirurgica alla milza, facendolo quasi gemere per  la sorpresa. La liberò dalla sua morsa, non prima di averle lanciato un’occhiata che avrebbe fatto tremare chiunque altro.
<< Credo che Gazza se ne sia andato. >> gli comunicò sistemandosi le vesti e dirigendosi con decisione verso la porta.
Le afferrò il polso e la tirò bruscamente indietro. Roxanne perse l'equilibrio e se lui non l'avesse sostenuta sarebbe probabilmente ruzzolata per terra.  Lo sguardo di indignazione che lei gli rivolse mutò velocemente in qualcosa di diverso mentre fissava il suo viso cupo ed ostile. Paura. Gli sembrava di respirarla nell'aria ed era un odore inebriante, che gli scendeva lungo la gola come un liquore amaro. Roxanne era spaventata da lui.
Quel pensiero lo eccitò e mentre avanzava costringendola ad arretrare, un sorriso perfido gli arricciò le labbra dischiuse.
<< Tom, dobbiamo andare, Gazza potrebbe tornare indietro e... >> balbettò lei senza fissarlo negli occhi.
<< No, Altgriff. >> la interruppe secco. << Adesso parliamo. >>
Roxanne aveva la porta alle spalle e quando tentò di arretrare ancora, finì per aderire con la schiena ad essa. Riddle la guardò, beandosi dell'ansiosa incertezza che le velava il viso. Schiacciò il corpo al suo, fino a quando non udì il battito frenetico del suo cuore combaciare con il proprio. L'aveva umiliato e nessuno poteva permettersi un affronto simile e andarsene impunito.
Lei era come tutti gli altri e come tutti gli altri l'avrebbe pagata.
Roxanne provò a dimenarsi e a scrollarselo di dosso, ma questa volta era preparato. Le bloccò i polsi con la facilità che immaginava, osservando compiaciuto il lampo di ira che le attraversò lo sguardo. Sentirla in suo potere gli procurò una scossa di euforia che si diramò in ogni parte del corpo, accendendogli i sensi. La spinse all'indietro, facendole sbattere contro lo stipite della porta e il piccolo gemito di disappunto che le fuggì dalle labbra gli vibrò sotto la pelle, una scarica di pura adrenalina. Inspirò a pieni polmoni, in quello spazio asfittico che si era già colmato dell'odore della sua pelle. Era un profumo floreale e dolciastro che lo avrebbe dovuto nauseare e  lo stava lentamente intossicando.
<< C-che diavolo stai facendo, Riddle? >>
Di nuovo Tom si ritrovò a sorridere. Era inutile che usasse quel tono deciso quando  le labbra che tremavano tradivano il suo nervosismo.
<< Davvero non lo immagini, Ro? >> le domandò quasi dolce, trattenendole i polsi con una sola mano mentre l'altra giocherellava con una ciocca inanellata dei suoi capelli.
Quel profumo inebriante gli solleticò le narici con la forza di un pugno, procurandogli il malsano desiderio di affondare la testa in quella chioma arruffata e scendere ad accarezzare quel collo bianco che spiccava come un fiore in mezzo a un lago di sangue.
Lo sguardo di lei si fece duro ed affilato come la lama di un coltello.
<< No, che non lo so e nemmeno mi importa! Esigo che tu mi lasci andare, subito! >> quasi urlò dimenandosi con foga.
Le sue dita scese a disegnarle il contorno del mento e la sentì rabbrividire sotto il suo tocco.
<< Menti. >> le sussurrò con voce roca, mentre la mano abbandonava pigramente il suo volto. << Sai Altgriff, è da un po' che mi chiedo come funzioni la tua mente… >> si interruppe, soffiandole le ultime parole nelle orecchie << … credo che sia giunto il momento di appurarlo. >>
Non gli servì nemmeno pronunciare l'incantesimo a voce alta.
Irruppe nel groviglio intricato dei suoi pensieri con forza, abbattendo in un colpo tutte le sue difese.
Violare la sua anima gli procurò un brivido che fece fatica a contenere.
 
 
***
 
 
Il respiro di Riddle le bruciava la pelle.
I suoi occhi allucinati la fissavano come se volessero divorarla e una parte di sé, una parte che diventava sempre più difficile tacitare, le gridava che dopotutto non sarebbe stato così male. Perdersi in quelle iridi verde, affogare nella brama che leggeva nei suoi tratti.Lo sgabuzzino era buio e i lineamenti di Riddle sembravano quasi fondersi all'oscurità, creando un intreccio di linee affilate. La maniglia della porta le premeva dolorosamente contro la schiena e nei punti in cui Riddle la stringeva la pelle frizzava e bruciava come se stesse andando a  fuoco.  Provò a liberarsi e il modo in cui lui bloccò i suoi tentativi senza sforzo apparente, la innervosì.
Avrebbe potuto farle tutto quello che voleva e lei non avrebbe potuto impedirglielo. Avrebbe potuto farle tutto quello che voleva e forse non le sarebbe nemmeno dispiaciuto.
Bastò quel pensiero a farla arrossire, mentre rafforzava i tentativi di liberarsi dalla morsa delle sue mani. Alzò lo sguardo e i loro occhi si scontrarono in un gioco di sguardi in cui sapeva di uscire sconfitta. Aveva superato la sua paura del buio anni fa, eppure trovarsi in quel ripostiglio polveroso di due metri per due, con Tom che la schiacciava al muro e il suo sguardo crudele che la fissava come se si abbeverasse dei suoi timori, le procurò un lieve giramento di testa, un'occlusione al petto che non riuscì del tutto a nascondere. La sua voce, il suo profumo, le sue labbra. Si sentiva soffocare da Riddle, come se lui le stesse rubando l'ossigeno dal petto.
Quando la sua mano iniziò a giocherellare con i suoi capelli e finì con lo sfiorarle il collo, Roxanne si morse le labbra per trattenere il sospiro tremulo che le ustionò la gola. Riddle le mormorò qualcosa all'orecchio e lo sguardo che le rivolse era talmente pieno di un malizioso rancore che il suo corpo si tese come la corda di un violino.
Quando la mente di Tom iniziò a premere sulla sua, forzandola con potenza che le fece piegare le ginocchia, Roxanne pensò che aveva scelto davvero un modo raffinato per vendicarsi. Avvertiva la sua coscienza penetrare all'interno come una freccia acuminata che una mano invisibile spingeva con sadica lentezza dentro il suo cranio. Più cercava di opporsi e più quel dolore aumentava, un bruciore insostenibile che le fece digrignare i denti. Roxanne non aveva mai studiato l'Occlumazia e non sapeva come difendersi. Le sembrava che Riddle fosse ovunque e ovunque giungevano attacchi intensi e prolungati che la lasciarono presto senza fiato.
Fu con un gemito di indignazione che si accorse che lui stava già vagliando i suoi pensieri.
Era stesa sul letto ma non riusciva a dormire. Le sembrava che la stanza intorno a lei tremolasse e che ombre minacciose si acquattassero dietro l'armadio e al bordo del letto. Ad ogni battito di ciglia si avvicinavano furtive, per questo Roxanne rimaneva con gli occhi spalancati, cercando di non chiudere mai le palpebre. Tremava e avrebbe voluto chiedere aiuto, ma sapeva che la signora Cole l'avrebbe solo sgridate per quelle paure infantili...
Contrasse i pugni delle mani, sentendosi impotente come non mai. Il contatto con la mente di Riddle le trasmetteva una sensazione di gelo che la faceva rabbrividire. La cosa più strana era che non si trattava di un flusso unidirezionale:  riusciva a leggere in superficie nella  mente malata di Tom mentre lui incurante passava in rassegna i suoi ricordi dell'orfanotrofio. Sembrava... soddisfatto, come se leggere di qui suoi timori  fosse qualcosa di oltremodo divertente.
Era impallidita di colpo e il grido di terrore e ribrezzo le si era strozzato in gola. Il sangue le sgorgava copioso da in mezzo alle gambe e Roxanne aveva temuto di essere in punto di morte. Era corsa dalla direttrice e le ci era voluto un po' per digerire lo sguardo di commiserazione di quella mentre le rivelava che era semplicemente diventata “donna”.
Roxanne gemette e se le braccia di Riddle non l'avesse sorretta sarebbe probabilmente scivolata per terra. Possibile che fra tutti i ricordi proprio su quello si dovesse soffermare? Provò a ribellarsi, a ricacciarlo indietro prima che quel dannato imbarazzo la uccidesse. Riddle rafforzò la presa sulla sua mente e gli sembrò che la sua risata sardonica riverberasse nella testa, un'eco distorto che penetrò in ogni più piccola cellula.
I suoi primi giorni ad Hogwarts e la complicità che era subito nata con Isy e Syb; la prima cotta per Nathan Collins quando aveva appena dodici anni...
Provò per un secondo  soddisfazione nel notare che quell'ultimo pensiero lo aveva infastidito e per quanto cercasse di nasconderle il suo disappunto esso filtrava imperterrito dal filo sottile che li univa.
Quella attimo di gioia puerile si dissolse, scivolando rapido dai suoi pensieri e lasciandole l'amaro in bocca. Le lacrime le bruciavano gli angoli degli occhi e trattenerle diventava di momento in momento più difficile. Tutta la sua vita, dai momenti più teneri a quelli più imbarazzanti, scorreva sotto lo sguardo vendicativo di Riddle. Era un'intromissione talmente violenta e sprezzante nella sua intimità che la faceva sentire nuda e fragile fra le sue braccia, un libro aperto che lui si divertiva a sfogliare, spiegazzando bruscamente le pagine.
Conficcò le unghie nei palmi delle mani e quel dolore le restituì un barlume di lucidità. Non poteva arrendersi, non con Riddle che si nutriva della debolezza dell'avversario come un avvoltoio dagli artigli ricurvi.
C'erano le stelle e le sembrava strano che persino quel dettaglio affascinante non suscitasse minimamente il suo interesse. Doveva essere perché Riddle la stringeva fra le braccia, proprio in quel punto della Torre in cui per così tante sere aveva studiato il moto ellittico dei pianeti. Doveva essere perché lui le aveva chiesto un bacio e lei quasi non riusciva  a resistere alla tentazione di esaudire la sua richiesta...
<< No! >> urlò provando di nuovo a dibattersi.
Tutto ma non quello. La sua mente e quella di Riddle erano come legate da un elastico esile e mentre Roxanne provava a spingere, con una forza e una disperazione che fino a quel momento non aveva sperimentato, le parve che esso si tendesse fino alla spasimo.
Con un moto di sollievo si accorse che la presenza di Riddle si ritirava lentamente, ritraendo quegli artigli acuminati che le aveva conficcato nel cranio.
Non seppe quando con precisione quel gioco di forze le sfuggì di mano e finì per essere risucchiata dalla sua mente, catapultata nel suo fosco passato.
Era in un corridoio stretto, proprio di fronte a una porta socchiusa. Un bambino di sette anni al massimo era accostato all’uscio, seduto per terra.
Tom Riddle.
Roxanne riusciva a sentire le sue emozioni come se  le stesse provando sulla sua pelle.
Il tappeto era polveroso e la polvere lo faceva tossire. Detestava la sporcizia, gli faceva ribrezzo quel pavimento che veniva calpestato da decine di bambini puzzolenti che correvano nel giardino e depositavano il fango e la melma proprio lì, sul parquet consunto. Nonostante la tenera età era già ossessionato dalla pulizia e dall’ordine,  non sopportava tutto quello che sfuggiva al suo controllo e che si ribellava alla sua volontà.
Eppure era lì, stravaccato per terra, soffocando i singulti di tosse con le mani, aguzzando le orecchie per sentire quello che la signora Cole raccontava a Mrs Bells, la nuova assunta.
<< Tom Riddle è sicuramente il ragazzino più problematico. Dovrete fare attenzione con lui. >>
Mrs Bells era una ragazza giovane, dai modi affettuosi e un sorriso a trentadue denti disegnato sempre in faccia, come se vi fosse incollato. Roxanne quasi non se la ricordava perché non si era trattenuta a lungo al Wool’s ma il suo volto era inciso nella mente di Tom con agghiacciante precisione. Intuì che lui l’aveva odiata fin dalla prima volta che aveva incrociato il suo sguardo turchese.
<< Tom? >> chiese quella con il suo timbro acuto, da bambina. << È  un ragazzino così calmo e composto… >>
<< L’apparenza inganna, Mrs Bell. >>
 La voce della direttrice risuonò intrisa di amara consapevolezza << Sembra un angioletto, ma la realtà è che è un demonio. Sono sicura che nessuno vorrà mai adottare un bambino così. >>
Nell’udire quelle parole crudeli Roxanne si voltò di scatto ad osservare la reazione di Tom. Si udì il rumore di un risucchio, probabilmente il suono del brandy che scivolava giù lungo la gola della signora Cole. Lo sguardo di Tom era chino verso il basso, si soffermava su una tavola scheggiata del pavimento. Senza bisogno di parole, Roxanne seppe che ne stava contando i graffi e le protuberanze, che aveva imparato presto che contare era un buon modo per mantenere la calma e fare in modo che le parole gli scivolassero di dosso, senza scalfirlo veramente.
<< Avete detto che è nato proprio qui, in questo orfanotrofio, non è vero? >> chiese Mrs Bells.
Lo vide farsi improvvisamente attento e sgusciare più vicino all’uscio socchiuso, sforzandosi di  non produrre alcun rumore.
La direttrice assentì e il liquido nel suo bicchiere tremolò appena.
<< Non dimenticherò mai quella notte. Era l’ultimo giorno dell’anno e c’era un freddo… Un freddo innaturale, Mrs Bells. Ricordo che le rose in giardino furono completamente bruciate dal vento impietoso di quell’anno. La donna che bussò a quella porta era abbigliata in un modo strano, con una veste scura e un cappuccio, forse apparteneva a una setta o a qualche alta diavoleria del genere. Era molto pallida e denutrita, il pancione che si intravedeva dagli stracci che indossava sembrava un bozzo deforme. Le si erano già rotte le acque, ma non aveva nemmeno più la forza di urlare per il dolore. Cercai di fare il possibile per assisterla, ma non ci fu niente da fare: spirò poche ore dopo, appena il bambino uscì dal suo corpo, senza aver bisbigliato altro che parole deliranti. >>
Mrs Bells si era portata le mani alla bocca – lo vedeva dalla fessura della porta - e i suoi occhi sgranati e tondi la faceva assomigliare a un pesce palla. Tom aveva iniziato a tremare ma si sforzava di ignorarlo e contava quante volte quella batteva le ciglia, concentrandosi su quel dettaglio banale.
Roxanne avrebbe voluto accucciarsi per terra al fianco di quel bambino dalla divisa troppo larga, stringerlo fra le braccia e cullarlo mormorandogli qualche parola di conforto. Ma non si trattava che di un ricordo e non aveva la possibilità di fare alcunché a parte rimanere in silenzio e seguire lo svolgersi degli eventi.
<< Oddio! Deve essere orribile per quel bambino sapere di aver ucciso la propria madre… >> bisbigliò Mrs Bells.
La risata della signora Cole risuonò tetramente nell’aria.
<< Penso che sia stato meglio così. Non credo che sarebbe stata fiera del ragazzo che è diventato. >> commentò malignamente.
Sette. Otto. Mrs Bells sbatteva le ciglia continuamente e a Roxanne servì un po’ di tempo per intuire che la visione si era fatto d’improvviso appannata perché gli occhi di Tom erano colmi di lacrime trattenute.
<< Il suo ultimo desiderio fu che si chiamasse come il padre. Sperava che gli somigliasse. >> proseguì agitando il bicchiere << Sembrava che ci tenesse così tanto… Non so quanto le convenisse contando come l’aveva abbandonata. Sola come un cane in uno degli inverni più gelidi delle campagne londinesi. >>
Vide Tom  alzarsi stringendo i pugni e dirigersi a passi lenti verso la sua stanza, convinto di aver sentito abbastanza per quella sera. Non pianse. Solo una lacrima sfuggì al suo controllo e si depositò sul dorso della sua mano, un’unica, piccola lacrima, e lui giurò che non ce ne sarebbero state altre.
Né allora né mai.
Roxanne aprì gli occhi di scatto, annaspando come se le mancasse il fiato nel petto.
Sgranò gli occhi, fissando Riddle che ancora la stringeva fra le braccia. Le bastò scorgere il suo viso per un istante per intuire che lui era quello più sorpreso dei due. La fissava con attonita incredulità, immobile come una statua. Il suo sguardo si incupì mano a mano che si faceva strada in lui la consapevolezza di quello che era successo, le labbra si chiusero in una piega amara, la pelle sbiancò, il corpo fremette come se non riuscisse a trattenere dentro di sé quella vibrazione di sconforto.
Era successo, di nuovo, proprio come nella grotta. Di nuovo il suo stesso incantesimo gli si era ritorto contro, di nuovo lei lo aveva battuto al suo stesso gioco.
A Roxanne  sembrò di riuscire a leggere tutti quei pensieri direttamente dalla sua testa. Non si chiese come fosse riuscita a penetrare nella sua mente, né perché avesse visto quel ricordo in particolare, quell'unico scorcio di un'infanzia triste e solitaria. Si specchiò nel suo sguardo, in quelle iridi che parevano piatte e prive di vita, fino a quando non le sembrò che il colore dei loro occhi, verde e argento, si fondesse insieme. Per la seconda volta nell’arco di quella sera sollevò la mano a sfiorare timidamente la sua guancia, gelida come il marmo. E per la seconda volta lui non si mosse, guardandola in un modo così aperto e indifeso, così poco da Tom Riddle, che Roxanne sentì una puntura proprio dritta al cuore, quasi come se lui la stesse toccando direttamente lì, con i suoi occhi foschi e le labbra frementi. 
In seguito Roxanne ripensò spesso a quella serata, al punto di analizzarne ogni più particolare e da sviscerarlo con metodica puntigliosità. Ricordò il numero esatto delle scope consunte ammucchiate in una angolo e la forma della lampadina pendula proprio sopra le loro teste. Ricordò quelle pareti che sembrava le premessero addosso e la sensazione delle mani di Riddle sui fianchi, ricordò il suo sguardo profondo, color dell'inchiostro appena versato, con quel lampo di terrore che lo rendeva più umano, più vero ai suoi occhi. Ricordò la sensazione della sua pelle sotto le dita, quell’epidermide così liscia e bianca, così pallida e perfetta. Ricordò l’odore della polvere che si mischiava a quello della sua pelle, creando un profumo che le incendiava il sangue.
Eppure, per quanto si sforzasse, non riuscì mai a ricordare il momento esatto in cui decise di superare la lieve barriera che separava i loro respiri e di appoggiare le  labbra sulle sue.
Fu un salto nel vuoto, un’esperienza terrorizzante. Le labbra di Tom erano sigillate e fredde, le braccia ferme come blocchi di granito. Lui rimase perfettamente immobile, perso in quella sua gelida apatia, e Roxanne desiderò sotterrarsi perché non aveva mai baciato un ragazzo prima di quel momento e non sapeva come fare. Avrebbe dovuto stringergli le braccia intorno al collo? Abbandonarsi contro il suo petto?  Approfondire il contatto fra le loro labbra, in modo che diventasse qualcosa di più rispetto ad un innocente bacio a stampo?
Fu il flebile gemito che fuoriuscì dalla bocca di Riddle a interrompere il filo sconnesso dei suoi pensieri. Le sue braccia la cinsero in una morsa, schiacciandola contro il suo petto, mentre le unghie affondavano nei suoi fianchi teneri, imprimendo mezzelune rossastre sulla pelle bianca. Se anche quel contatto fu doloroso, Roxanne non lo percepì perché  Riddle schiuse le labbra, rispondendo con una foga mista a disperazione al suo bacio timido. Le inserì  con prepotenza la lingua fra le  labbra, saggiandone la consistenza,  baciandola come se volesse divorarla. Roxanne sentì la testa girarle e temette che le gambe non l’avrebbero retta. Si appoggiò a lui, rispondendo con crescente impazienza al suo tocco famelico, mentre imparava velocemente una danza di cui non conosceva i passi.
C'era lui. C'era solo lui, sopra, sotto, dentro. Sulla pelle, sulle labbra, fra i capelli.
C'era la sua bocca e  il suo sapore che non credeva potesse essere così buono. Le sue braccia che erano come lame di ferro rovente e ustionavano ogni parte del corpo che sfioravano. Le sue dita che percorrevano le sue forme come se già gli appartenessero. 
Ogni atomo del suo corpo risuonava per quel contatto che era come un marchio che bruciava, di un fuoco impossibile da dimenticare.
E le labbra di Tom… oh, le sue labbra avevano il sapore del mare.
L'unica volta che aveva scorto quella distesa salata che si perdeva all'orizzonte era stato il giorno di quella gita, quando aveva rincorso Riddle nella grotta e si era quasi sgolata dal troppo urlare. Aveva odiato il mare e da allora non era più riuscita a fissarlo, nemmeno in una cartolina, senza ripensare ai brividi provati quella notte. Eppure il suo odore di salsedine le era rimasto impresso nelle narici e quel sapore di salmastro le si era incollato al palato. Quell'acqua così fredda e infidamente tranquilla, quelle onde si infrangevano con un sospiro sul bagnasciuga.
Non si accorse neanche del gemito tremulo che le fuggì dalla bocca, mentre affondava le dita nei suoi riccioli neri e faceva aderire maggiormente il corpo al suo. C'erano solo le labbra di Riddle, quelle labbra rosse che proprio come il mare avevano un sapore salato che bruciava la bocca e irritava la pelle. Che proprio come il mare avevano quel sapore pungente che non sarebbe più riuscita a scordarsi.
 
***
 
 
A riscuoterlo fu un tocco caldo che gli sfiorò le labbra. Quel calore ci mise poco a entrare in circolo e a penetrare fra gli strati della sua pelle, insinuandosi sinuoso nelle  vene come una droga potente.
La strinse a sé convulsamente, esplorando il sapore della sua bocca.
A Riddle sembrò di morire e di rinascere lì, sulla punta delle labbra di Roxanne.
 
 
 
Note:

 

  1. Citazione dal quinto libro, “Harry Potter e l’Ordine della Fenice”. A parlare è Dobby che risponde alla domanda di Harry su dove si potrebbero tenere le riunioni dell’ES.

 


 
Ciao a tutti!
*getta un’occhiata dubbiosa al testo che ha appena pubblicato*
Ok, so che il bacio fra Tom e Rox era particolarmente atteso e spero che questo capitolo non si sia rivelato una delusione! Ma andiamo per ordine perché devo fare alcuni chiarimenti:
Prima cosa l’incontro fra Isy ed Evan. So che la maggior parte di voi è amante della coppia Syvan ( nome coniato da Morgana_D *-*) ma per ora questi sono i sentimenti di Rosier: Sybil non gli dispiace (altrimenti non avrebbe potuto mentire) ma di certo non la considera abbastanza importante da ribellarsi a un eventuale ordine di Riddle. Insomma – come dice a Eloise – quello che gli piace veramente è “giocarci”, provare a conquistarla e renderla un po’ meno ingenua. Se i suoi sentimenti cambieranno o meno, ovviamente non ve lo anticipo! Nel prossimo capitolo – che vi anticipo si intitolerà Hogsmeade – ci sarà il pov di Sybil che alcuni aspettano da un po’.
Per quel che riguarda la sfida spero invece di avervi sorpreso: dalle recensioni mi è parso di capire che non ve lo sareste aspettato u.u Il Patronus di Roxanne invece è una lupacchiotta, bada caso il mio animale preferito *-*
Infine… il bacio. L’unica cosa che ho da dire al riguardo ( fra parentesi vi aspettavate che fosse Roxanne a prendere l’iniziativa? O.o) è che ho scelto la Stanza delle Necessità per un motivo ben preciso: è con Rox che Tom ne scopre l’esistenza e mi piace immaginare che lui abbia deciso di nascondere gli Horcrux – i pezzi della sua anima – in un posto che per lui aveva un valore speciale.
Infine ovviamente la parte in cui si leggono la mente a vicenda è modellata sulla base delle lezioni di Occlumazia di Harry e Piton (dove succede un qualcosa di analogo).
 
Passando ai ringraziamenti, il mio grazie sincero va a tutti voi che siete arrivati a leggere al cap 15 di questa mia long. Quando mi sono inscritta ad efp non credevo che mettere nero su bianco questa storia mi avrebbe divertito così tanto e buona parte di questo divertimento lo devo alla lettura dei vostri splendidi commenti. In particolare ringrazio però le persone che hanno commentato lo scorso capitolo: Morgan­a­­_D, Queen Malfy Slytherin, Gabrielle Piwidgeon, Silvie LeFay, Maryparker, Bsky89,Santa Vio da Petralcina, Erodiade e anche a Latis Lensherr che ha recensito quello precedente ancora.
Un grazie specialissimo va a
Maryparker – la mia nuova eroina - che si è offerta addirittura di realizzare un video della ff su youtube *-* Come attori prestavolto (si dice così, no?) per Roxanne avremmo pensato ad Alexis Bledel e per Tom a Logan Lerman. Spero che possano piacervi, ma ovviamente sono ben accetti suggerimenti! XD
 
Un grosso saluto e un bacio
 
Ely
 
p.s. penso che fino al 24 Maggio la mia presenza su efp sarà molto ridotto causa esami, quindi fino a quella data di sicuro non ci saranno aggiornamenti.
 
 
 

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Capitolo 16
*** Hogsmeade ***


 

Hogsmeade  

 

 

 

Hogsmeade sembrava un biglietto natalizio:
i piccoli cottage col tetto spiovente e i negozi
coperti da uno strato di neve fresca; c'erano
ghirlande di agrifoglio sulle porte e candele
incantate appese agli alberi (1).

 

 

 

 

16 Dicembre 1942 Sala Comune

Quel mattino Eloise aveva ancora meno voglia di alzarsi del solito, il che era tutto un dire. Abbandonare il letto caldo per vestirsi frettolosamente, contorcersi per evitare che gli spifferi gelidi le aggredissero la pelle, era un supplizio che ogni volta rimandava il più possibile fino a quando le lancette della sveglia la avvertivano che se non si fosse decisa a scendere di sotto sarebbe rimasta a bocca asciutta. Quella notte poi non aveva praticamente dormito, rigirandosi fra le lenzuola per ore, riflettendo su quale fosse il modo più delicato per riferire alla gemella la conversazione disastrosa della sera prima. Per cui fu con una sofferenza ancora maggiore e con delle occhiaie da far invidia a uno zombie che si tirò infine in piedi, sbadigliando vistosamente.
Sybil ovviamente era già di sotto, a differenza sua era mattiniera come un'allodola, e – cosa più insolita - anche il letto di Roxanne era disfatto. Per una volta Eloise limitò la sua toeletta al minimo indispensabile e infilò distrattamente l’uniforme prima di scendere le scale a chiocciola.
La prima cosa che la attrasse una volta arrivata nella Sala Grande fu il viso vacuo e assente di Roxanne. Senza una parola di saluto si posizionò al suo fianco, mettendo in bocca una fetta gigantesca di toast.
« Sybil? » chiese masticando velocemente.
« Con Rosier » rispose quella altrettanto laconica.
Lo sguardo di Eloise si incupì per un attimo, prima di acquisire una luce carica di malizia.
« Ma parliamo un po' di te, Rox...» iniziò divertendosi a vederla sussultare come se qualcosa l'avesse punta. « Non c'è niente che mi devi raccontare? » chiese con voce melliflua.
Le guance di Roxanne passarono da un bianco pallido a un rosso ciliegia.
« Come... cosa... » balbettò spaesata. « Come fai a saperlo? »
Eloise sorrise sorniona.
« Ma che domande, è stato Sept a dirmelo ».
Il solito stormo di gufi che entrava a frotte dalle finestre non le impedì di notare che Rox appariva ancora più perplessa.
« Sept? » ripeté dubbiosa.
Eloise annuì, guardandola di sottecchi.
« E pensare che non avrei mai creduto che avresti accettato!» esclamò scuotendo la testa in un gesto teatrale.
Gli occhi di Roxanne si sgranarono.
« Accettato cosa? » chiese e ad Eloise sembrò che nella sua voce vibrasse un tono di allarme.
« L'appuntamento ad Hogsmeade, no? » rispose cercando di decifrare la sua espressione smarrita.
Se Roxanne avesse spalancato ancora di più gli occhi le sarebbero usciti dalle orbite.
« Quale appuntamento? »
Stava iniziando a spazientirsi. Doveva parlare con Syb e in fretta, non aveva tempo per i disordini multipli della personalità di Roxanne.
« Come sarebbe a dire quale appuntamento? Vuoi farmi credere di essertene dimenticata?» affermò brusca, ingoiando rapidamente un sorso di tè. « Hai detto a Septimus che saresti uscita con lui oggi...»
« Io non gli ho detto proprio niente!» esclamò quella, rigirandosi una ciocca di capelli fra le dita in un chiaro segnale di nervosismo.
Eloise inarcò un sopracciglio, scettica. Che Weasley si fosse inventato tutto? Credeva che fosse una cosa troppo patetica anche per i suoi standard
« Be' questo è un bel guaio » disse, sforzandosi di non ridere di fronte al modo tormentato in cui l’amica iniziò a guardarsi intorno. « Perché Sept si è preparato per un'uscita romantica ».
« Ro-romantica? » annaspò Roxanne, acquisendo un colorino verde.
Eloise annuì.
« Mmm. E ti conviene pensare a qualcosa in fretta, perché sta giusto giusto venendo verso di te » affermò alzandosi in piedi.
Le sarebbe piaciuto rimanere e vedere come faceva Rox a districarsi da quella situazione che si prospettava oltremodo divertente, ma aveva appena avvistato Sybil e - cosa ancora più stupefacente - senza quella sanguisuga di Rosier.
Le andò incontro in modo talmente precipitoso da non far caso al modo in cui quella teneva gli occhi bassi né alla sua postura innaturalmente rigida.
« Meno male che ti ho trovato, devo assolutamente parlarti... » bastò quella frase perché lo sguardo della gemella si velasse di lacrime. « Sybil, che ti succede? » le chiese improvvisamente allarmata.
Allungò una mano nel tentativo di consolarla ma quella la evitò con un gesto deciso.
« Oh, Isy! Si può sapere perché l'hai fatto? » le chiese tremando.
« Fatto cosa? » mormorò quella, confusa.
Sybil respirò profondamente come per cercare di ritrovare la calma.
« È vero che all'ultima cena del Lumaclub ti sei appartata con Evan? » domandò fissandola dritta negli occhi.
« Sì, ma...»
« E ieri sera gli hai dato appuntamento nell'aula del Secondo Piano? »
« Sì, è vero, ma cosa c'entr... »
« Non aggiungere altro, per favore » la pregò mentre una lacrima fuoriusciva dalle ciglia, rigandole il viso. « Dimmi solo perché. Con tutti i ragazzi che ci sono ad Hogwarts… »
« Ma di cosa diavolo stai parl... » si interruppe, preda di un’illuminazione improvvisa. « Oh! Aspetta, non penserai che ci stessi provando con Evan? » le chiese con un tono così acuto che alcuni Tassorosso di passaggio si girarono a guardarla.
Il modo in cui Syb strusciò i piedi per terra, incassando la testa fra le spalle le diede la conferma che la sua ipotesi era corretta. Scoppiò a ridere, ma si interruppe dopo poco, notando che quel lampo di accusa era rimasto negli occhi della gemella.
« Andiamo, Syb! Si può sapere chi ti ha messo in testa un’idea così assurda…» deglutì mentre anche quel pezzo del puzzle andava a posto, procurandole un brivido leggero che dalla nuca si diramò verso il basso. « È stato Rosier, vero? È stato lui a dirti questa sciocchezza… Quella Serpe schifosa! » esclamò stizzita.
Sybil non la rimproverò come avrebbe fatto di solito, ma si irrigidì e alzò il viso da terra, perforandola con un’occhiata. La mente di Eloise lavorava a velocità febbrile. Si sentiva su una china scivolosa, le sembrava che ogni parola che pronunciava peggiorasse solo la situazione e dover pesare le espressioni e i gesti, per lei che era sempre così impulsiva e spontanea, era una vera croce.
« Per quale motivo dovrei volere proprio lui? È assurdo! » replicò convinta.
« Dovresti essere tu a dirmelo » rispose Sybil tremando leggermente. « Ma forse non c’è un motivo. Forse il motivo è solo che tu dei ragazzi fai la collezione ».
Eloise sentì qualcosa di grosso e freddo, un blocco di gelido granito, che si formava all’altezza del petto. Boccheggiò, come se l’avesse schiaffeggiata. In cuor suo sapeva che sarebbe stato meglio.
« Non sei tu a dire questa frase…» mormorò fissandola negli occhi.
Sybil appariva titubante, probabilmente sorpresa anche lei per quello che aveva pronunciato.
« È Evan che ti manipola così…»
Lo sguardo di Sybil si fece più determinato, le sue iridi chiare si incupirono appena.
« Nessuno mi sta manipolando. Che cos’è esattamente che ti rode, Isy? » proseguì con un tono ruvido e secco che non era da lei. « Il senso di colpa o il fatto che lui ti abbia detto di no? »
Lo stupore stava a poco a poco cedendo il posto alla rabbia. Eloise inspirò profondamente, cercando di calmarsi.
« Io-non-ci-ho-mai-provato-con-Evan » scandì lentamente. « Lui ti sta usando, vuole metterci l’una contro l’altra! » esclamò allargando le braccia.
Era così evidente, Merlino! Quel dannato Serpeverde aveva pensato bene di anticiparla e si era inventato quell’assurda illazione per fare in modo che Sybil non le prestasse ascolto. Si sentiva come una mosca ingenua che era volata dritta dritta nella ragnatela del grosso e peloso ragno che adesso poteva sfregarsi soddisfatto le zampe.
« Se quello che dici è vero, perché gli avresti dato appuntamento in un’aula deserta, nel bel mezzo della notte? »
Di nuovo Eloise provò una crescente sensazione di fastidio, come se tutte quelle menzogne le si fossero incollate alla pelle, una sostanza fastidiosa e vischiosa che le impediva di muoversi.
« Volevo solo parlargli! » quasi urlò per la disperazione. « Per la barba di Merlino, Syb! Si può sapere a chi credi, a lui che conosci da un paio di settimane o a me che sono tua sorella…» si interruppe, paralizzata dall’orrore. « È così… tu ti fidi più di lui che di me…» bisbigliò fissando il volto di Sybil come se lo vedesse per la prima volta.
Quella raddrizzò un po’ la schiena e affermò, con tono leggermente adirato:
« È proprio perché ti conosco che credo che… »
Non la lasciò finire. Fuggì dalla Sala Grande perché non avrebbe sopportato di sentire il resto della frase. La consapevolezza che quell’affetto che le legava da una vita era talmente fragile da essere messo in discussione da poche e calibrate parole le strisciava sottopelle, causandole una ferita purulenta nell’anima.

 

***

 

16 Dicembre 1942 Sala Comune

Rox vide Septimus avvicinarsi al suo tavolo con una specie di paralisi facciale. Lei piaceva a Sept? Come, quando, dove e soprattutto, perché? Bevve un sorso di tè, nella speranza di bagnare le fauci improvvisamente secche e come risultato rischiò quasi di rovesciarselo addosso.
Weasley ci mise poco ad individuarla e si diresse nella sua direzione con un sorriso a trentadue denti.
Mentre il suo cervello lavorava febbrilmente Roxanne dovette convenire fra sé e sé che se lo sarebbe dovuto aspettare. L’atteggiamento di Sept nell’ultimo periodo era davvero troppo esplicito perché potesse essere ricondotto alla semplice amicizia, sebbene lei avesse cercato di illudersi fino alla fine del contrario. Ma per Salazar, si poteva sapere come aveva fatto ad acconsentire a uscire con lui senza nemmeno accorgersene? Doveva essere impazzita, non c’era altra spiegazione.
Il suo sguardo colpevole saettò per la Sala e fu con un sospiro di sollievo che si accorse che Riddle non era presente. Un istante dopo quel pensiero la innervosì. Per quale motivo a Tom sarebbe dovuto importare con chi usciva o meno? Non era il suo ragazzo, anzi probabilmente si era già dimenticato di quella faccenda imbarazzante del bacio…
« Eh, Rox! » la salutò allegramente Weasley.
Roxanne alzò la testa, cercando di ricambiarlo con un sorriso.
« Pronta per andare? »
“No!” urlò silenziosamente la sua mente. Non voleva uscire con Septimus. Non voleva affatto. E Riddle non c’entrava assolutamente con la sua decisione. Semplicemente lo considerava un amico e niente di più. Per non parlare di Sybil… Va bene che sembrava tutta presa da Rosier, ma Roxanne credeva che la parentesi Weasley non fosse mai stata veramente chiusa per l’amica.
« Ehm… » temporeggiò incerta.
Sarebbe stata una stronza a dirgli di no all’ultimo minuto? Sì, probabilmente sì. E non poteva nemmeno rivelargli che aveva accettato solo perché non aveva ascoltato mezza parola di quello che le aveva detto...
Vedendola indecisa, il sorriso sul volto di Weasley traballò pericolosamente.
« Qualcosa non va, Rox? »
« No, no, figurati… » rispose, scuotendo appena la testa.
Merlino! Possibile che non le venisse in mente una buona scusa, proprio ora che ne aveva più bisogno? Sept tirò fuori la sua migliore espressione da cucciolo e lei si ritrovò a corto di parole. Rimase lì, la bocca aperta da cui non voleva uscire fiato.
« Allora andiamo? » ripeté lui, fissandola dubbioso.
Per quale maledettissimo motivo doveva sgranare gli occhi in quel modo?
« C-certo » rispose con un sorriso che sarebbe stato bene sulla faccia di un malato terminale.
Septimus esultò, neanche troppo velatamente, e la fissò impaziente mentre si metteva il cappotto e la sciarpa.
Roxanne lo seguì pensando che quella giornata sarebbe stata davvero interminabile.

 

***

 

 

16 Dicembre 1942 Hogsmeade

 Il vento le frustava le guance, facendole svolazzare i boccoli biondi intorno al capo. Sybil si strinse nel suo mantello foderato di pelliccia, cercando di combattere quel freddo ostile che sentiva penetrare nelle ossa.
Stava passeggiando per le viuzze di Hogsmeade, senza godersi veramente l’aria aperta né le vetrine festose. Lo sguardo ferito ed incredulo di Isy le tornava alla mente, una puntura fastidiosa proprio al centro del petto. Rabbrividì di nuovo e si chiese se davvero i tremiti fossero provocati solo dalla bassa temperatura. Gettò un’occhiata fugace a Evan che camminava sicuro e disinvolto al suo fianco. La fredda aria di Dicembre gli donava: il vento sembrava giocare con i suoi riccioli castani, arruffandoli ai lati, mentre la luce del sole regalava una sfumatura nuova ai suoi occhi chiari. Sembravano due polle di acqua ghiacciata che attraversata da un raggio tremulo si scomponeva in un arcobaleno di colori. Così freschi, trasparenti. Scivolosi.
Quel pensiero le procurò un brivido involontario e Sybil tornò a fissarsi le punte delle scarpe, chiedendosi come fosse possibile che uno come lui volesse uscire con una come lei. Evan era un bel ragazzo con quel sorriso smagliante e quel modo intrigante di fissarti che a volte le faceva accelerare il cuore. Mentre lei… a lei il freddo non donava di certo; Sybil era sicura di avere il naso rosso come un pomodoro, gli occhi lucidi per le raffiche di vento, i capelli un ammasso scomposto.
Ma allora perché Evan le aveva chiesto di uscire? Perché continuava a perdere il suo tempo con una ragazza così insulsa? Le parole di Isy le tornarono in mente. “Ti sta solo prendendo in giro, Syb!
Si fermò in mezzo alla strada, dubbiosa. Evan si girò a fissarla, accorgendosi che non camminava più al suo fianco. Le afferrò la mano, stringendola fra le sue come per scaldarla.
« Qualcosa non va, Sybil? » le chiese come sempre premuroso. « Hai freddo? Stai tremando ».
Sybil si limitò ad annuire, strusciando appena i piedi per terra. Le labbra di Evan si aprirono in un sorriso luminoso che scacciò i dubbi che le si erano insinuati sottopelle.
« Non preoccuparti, conosco un posto carino dove andare » aggiunse trascinandola lievemente.
Sybil abbozzò un sorrisino prima di seguirlo, appena un po’ rasserenata. Eloise stava mentendo, senza dubbio. Evan era esattamente quello che dimostrava di essere, non poteva essere un attore tanto bravo da fingere quel sorriso così aperto e spensierato.
Non si stava prendendo gioco di lei. Non ci credeva ma soprattutto non voleva crederci
Per la prima volta in tutta la sua vita c’era qualcuno al suo fianco che la faceva sentire importante. Aveva sempre vissuto all’ombra della sorella, sentendosi qualcosa di banale ed insignificante, assolutamente insufficiente rispetto alla radiosa Eloise. Era una cosa che capiva e che aveva imparato ad accettare… Almeno fino a quando era arrivato Evan. Quando parlava lui la fissava dritto negli occhi, bevendosi le sue parole come se fossero un liquido prezioso e non il borbottio timido che erano in realtà. Le sistemava la sciarpa quando il nodo le si allentava, le ravviva i capelli dietro le orecchie, la sosteneva quando inciampava nei corridoio. La riempiva di attenzioni, piccolezze che la inebriavano, rendendo la sua presenza qualcosa di assolutamente gradito, un balsamo benefico per la sua martoriata autostima. Accanto a lui per la prima volta Sybil si era sentita bella. Desiderabile.
Con Evan al suo fianco era più semplice sopportare le frecciatine delle compagne di classe, più semplice scrollare le spalle quando si trovava in una di quelle situazioni che la mandavano in panico, era persino più semplice impedire al proprio cuore di sussultare e schizzarle in gola se solo un ragazzo dalla zazzera rossa e spettinata la salutava con quel suo modo buffo di sorridere, sollevando appena la mano. Septimus. Avrebbe mentito se avesse detto che lo aveva dimenticato. Le piaceva ancora, una parte di sé credeva che le sarebbe piaciuto per sempre con quella testardaggine perversa che la prendeva quando si impuntava su qualcosa.
Ma non poteva averlo e si sforzava di farsene una ragione. C’era Evan al suo fianco, con i suoi sorrisi dolci e le mani gentili e lei sapeva di non meritarsi nemmeno un ragazzo come lui.
Di nuovo la voce di Isy le risuonò nelle orecchie e Sybil scosse il capo, come per allontanare una mosca fastidiosa. Accelerò il passo, gettando un’occhiata distratta ai rimasugli di neve ammucchiata negli angoli delle strade. Eloise si era meritata tutta la sua indignazione e non si sarebbe sentita in colpa per come si era comportata. Di nuovo le apparve, chiaro come se lo avesse di fronte agli occhi, il suo viso dispiaciuto, le labbra inclinate all’ingiù, gli occhi viola che la fissavano smarriti, quasi non avesse davvero idea di cosa stesse parlando. Strinse i denti fino a farli scricchiolare, pensando che una volta tanto non avrebbe ceduto. Eloise ci aveva provato con il suo ragazzo e questa volta non sarebbe bastata un’occhiata supplichevole per farla demordere. Il suo ragazzo. Sybil alzò il viso a fissare Evan, accorgendosi solo in quel momento che le loro mani erano rimaste intrecciate. Era talmente sovrappensiero da non essersene accorta, ma appena lo notò un rossore immediato le colorò le guance e d’improvviso l’aria si fece calda, la sciarpa quasi soffocante. Davvero poteva considerare Evan come il suo ragazzo? Lui non aveva mai accennato a niente del genere, ma le aveva chiesto di uscire e immaginava che quello potesse essere considerato il loro primo appuntamento…
« Eccoci arrivati ».
La voce di Evan interruppe le sue riflessioni e Sybil alzò lo sguardo per leggere l’insegna del bar che avevano di fronte “ Sala da tè di Madama Piediburro”. Lo seguì un po’ titubante, varcando l’ingresso.
Il colore predominante all’interno della sala era uno stucchevole rosa pastello. Rosa era la carta da parati, rosa i cuscini spumosi che circondavano piccoli tavolini, chiaramente per due, rosa il lampadario a goccia che pendeva sopra le loro teste.
Sybil arrancò dietro ad Evan e si lasciò aiutare a togliere il cappotto. Si sedettero intorno a un microscopico tavolino, in un angolo un po’ appartato, proprio sotto un poster in cui un gigantesco putto alato gettava nell’aria petali di ciliegio. Se fino a quel momento Sybil aveva avuto dubbio su come definire la loro uscita, quell’ambiente le confermò il fatto che si trattasse di un appuntamento e si sentì talmente accaldata da temere di andare a fuoco. Iniziò a torturarsi le mani con gesti nervosi, seppellendo la testa nel menù per nascondere il viso scarlatto.
La cameriera venuta a prendere le ordinazioni la salvò dall’imbarazzo. Era giovane e con una gonna inguinale, il modo in cui fissò Evan come se se lo volesse mangiare con gli occhi la mise ulteriormente a disagio.
Che ci faccio io qui?” si ritrovò a chiedersi mentre Rosier sfoderava un sorriso deciso.
« Due cioccolate al latte » ordinò per lei, fissandola come in cerca di una conferma.
Per la verità Sybil avrebbe preferito un tè con biscotti, ma pensò che sarebbe stato scortese contraddirlo e annuì con un cenno della testa. La cameriera rivolse un ultimo sorrisetto ammiccante a Rosier e si allontanò in un fruscio di stoffa. Il modo in cui ondeggiava i fianchi le ricordò la gemella, anche se Isy lo faceva con una maggiore naturalezza. Sbuffò, cercando di trattenersi dal mangiarsi le unghie per il nervoso. Era il primo appuntamento della sua vita e avrebbe dovuto divertirsi, non preoccuparsi per litigi infruttuosi…
« Ti vedo sovrappensiero, Syb. Ho fatto qualcosa di sbagliato?» le chiese Evan, inchiodandola con i suoi occhi celesti.
Sybil sussultò come se l’avesse sgridata.
« No! » esclamò con un po’ troppa enfasi. « Ho solo parlato con Isy dopo quello che mi hai detto e abbiamo litigato » ansimò mangiandosi un po’ le parole.
Le labbra di Rosier si incurvarono in una smorfia dispiaciuta.
« Non volevo che le cose andassero così, Syb. Non avrei mai voluto mettervi in mezzo a voi due ».
« Non è colpa tua » rispose Sybil deglutendo vistosamente.
Nel parlare Evan le si era progressivamente avvicinato e adesso le loro gambe si sfioravano sotto il tavolo. Ignorare quel dettaglio, come le vampata di calore che le attraversavano il corpo, stava diventando sempre più difficile. L’arrivo delle cioccolata la salvò dal proseguire la conversazione. Portò la tazza alle labbra con foga, ustionandosi la lingua con il liquido bollente. Come ci si comportava a un primo appuntamento? Era decisamente inesperta in quel campo, tuttavia aveva la sensazione che ignorare il proprio ragazzo e rispondere solo a monosillabi non fosse esattamente la mossa vincente. Si sforzò di concentrarsi su quello che Evan stava dicendo, ignorando l’agitarsi affannoso del suo cuore.
« … e presto inizieranno gli allenamenti per cui avremo meno tempo per vederci ».
« Allenamenti? » ripeté Sybil confusa.
Evan la fissò in modo strano e Sybil immaginò che fosse perché stava parlando di quell’argomento da almeno dieci minuti e lei non gli aveva dimostrato la minima attenzione.
« Di Quidditch » chiarì lui, senza a dare vedere di essere scocciato.
Sybil sgranò gli occhi, autenticamente interessata. Adorava quello sport. Nel baule della sua stanza sepolta sotto strati di libri e cianfrusaglie, conservava la sua Comet 140 e quando nel Dormitorio non c’era nessuno la tirava fuori e la lucidava amorevolmente. Non aveva mai avuto  il coraggio di usarla nel campo della scuola perché temeva di essere presa in giro, ma la considerava come uno degli oggetti più preziosi che possedesse.
« Sei entrato nella squadra? » gli chiese entusiasta.
Evan arricciò le labbra, con una smorfia annoiata.
« È stato Nott a costringermi. Zabini è il capitano e ha stabilito degli orari di allenamento assurdi ».
Trascorsero i seguenti dieci minuti parlando di scope, bolidi e mazze e Sybil si interessò talmente all’argomento da non accorgersi che Evan era ad appena un passo di distanza e aveva posato la mano sul suo bracciolo. Si interruppe a metà frase, perdendo il filo del discorso, quando le sue dita allungate iniziarono a giocare distrattamente con i boccoli arruffati che le ricadevano sulle spalle.
« Ti sei macchiata di cioccolata, Sybil… » mormorò a voce bassa, annullando quei pochi centimetri di distanza che li separavano.
La prima volta che l’aveva baciata era stato talmente veloce e inaspettato che Sybil non se ne era nemmeno accorta. Questa volta invece, nel vedere le sue labbra che si facevano sempre più vicine, nell’avvertire la lieve pressione alla nuca, proprio lì dove le sue dita la spingevano verso di lui, Sybil ebbe tutto il tempo per pensare e per decidere che non voleva quel bacio. Non voleva che avvenisse sotto lo sguardo estatico di quel putto impiccione e paffuto, non voleva ricordare per sempre quel bar pieno di cuoricini, né tanto meno l’occhiata invidiosa che le stava rivolgendo la cameriera… Chiuse gli occhi, ma fu un errore: un lampo di rosso le invase la retina e Sybil immaginò per un secondo che fosse un’altra bocca che si avvicinava alla sua, altre mani quelle che le accarezzavano i capelli…
Con un sussulto si accorse che forse più semplicemente non voleva che a baciarla fosse Evan.
Con ancora il volto di Septimus impresso nella mente, si ritrovò ad arretrare, indecisa. Ma le dita di Rosier si infilarono fra i suoi boccoli, tirandoli appena, mentre anche l’altra mano le stringeva la vita, schiacciandola contro di lui. E lei proprio non se la sentì di deluderlo, di tirarsi indietro e rovinare anche quella possibilità di essere felice.
Finse che tutto andasse bene e stringendo le palpebre, mise a tacere quella parte di lei che le urlava che non era il momento giusto, che non era il ragazzo giusto. La bocca di Evan coprì la sua e la prima cosa che le frullò per la testa fu che quel bacio fosse umido. Evan giocò un po’ con le sue labbra, infiltrando appena la lingua e si allontanò prima che lei riuscisse a capire se le era piaciuto o meno.
Il cuore le tremò mentre cercava di convincersi che quello che vedeva riflesso nelle iridi di Evan non fosse un lampo di trionfo.

 

***

 

16 Dicembre 1942 Negozio di Zonko Hogsmeade

La giornata era andata meno peggio di quello che credeva.
Avevano camminato e scherzato, quasi come se le cose fra loro non fossero cambiate. Roxanne si era tenuta a debita distanza di sicurezza e aveva evitato categoricamente qualsiasi posto potesse suggerire anche vagamente un’idea romantica. Un paio di volte nella conversazione aveva fatto cenno alla loro splendida ed imperitura amicizia e il sorriso di Septimus si era offuscato per un istante, per tornare luminoso poco dopo.
Mentre camminava fra gli scaffali di Zonko, Roxanne poteva dirsi soddisfatta: era riuscita a far capire a Sept che fra loro non ci sarebbe mai stato niente di sentimentale e al contempo non gli aveva spezzato il cuore. Inoltre per tutta la giornata non aveva incrociato né Sybil, né tanto meno Riddle. Non che quest’ultimo fosse importante, ovviamente.
« Ehi, Rox! » la chiamò la voce di Septimus da vicino l’ingresso. « Vieni qua! »
Roxanne lasciò perdere la raccolta di Filtri d’amore che si stagliava sotto i suoi occhi e si avvicinò a Weasley, chiedendosi cosa avesse da strillare in quel modo.
Un sorriso sornione gli arricciava le labbra, mentre il suo indice indicava un gruppetto di invitanti dolcetti, riposti su una mensola in alto.
« Ti sfido a mangiarne uno » le disse, giocoso.
Ti sfido” quelle due parole – mormorate con un tono e una voce diversa – le attraversarono la mente con la forza di fulmine e Roxanne rabbrividì inconsapevolmente.
Vedendo la sua espressione attonita il sorrisetto sul volto di Weasley si allargò.
« Paura, eh? » le domandò beffardo.
Roxanne sbuffò sonoramente, allontanando il pensiero fastidioso di Riddle.
« Ma figurati! » esclamò decisa, alzandosi in punta di piedi per leggere il nome dell’etichetta.
Septimus fu più veloce e la coprì con la mano, impedendole di leggere il nome del prodotto. Afferrò un dolcetto ricoperto da una glassa rosata e l’aspetto invitante, sventolandolo proprio sotto il suo naso.
« Allora visto che sei così coraggiosa addentalo, avanti! »
Roxanne lo fissò un po’ dubbiosa.
« Non è niente di pericoloso, vero? »
Per un attimo Weasley acquistò un aspetto quasi serio.
« Pensi che ti farei mai fare qualcosa di rischioso? Su, fammi vedere la tua anima da Grifondoro! »
P
unta nell’orgoglio, Roxanne sospirò e allungò la mano per afferrare il pasticcino. Ma Sept la sorprese, porgendoglielo all’altezza della bocca, in modo che dovesse morderlo dalle sue mani. Non riuscì ad impedire che le gote le si tingessero di rosso, mentre affondava i denti nell’impasto cremoso. Era così presa a combattere quel cocente imbarazzo che non si accorse nemmeno del rumore della porta che si apriva, cigolando appena.
A farla voltare fu la sensazione insolita di avvertire due occhi fissi su di lei.
Rischiò quasi di soffocarsi con il pezzo del dolce quando il suo sguardo sorpreso incontrò quello di Tom Riddle.
Era immobile sul portone d’ingresso e la fissava come se quella vista lo disgustasse profondamente. I suoi occhi si assottigliarono, acquisendo una sfumatura rossastra e sinistra. Roxanne tremò nel profondo e per la prima volta sentì che non sarebbe riuscita a reggere quello sguardo a lungo.
Come leggendole nel pensiero, Riddle voltò appena il capo, posando gli occhi su Weasley che, beatamente ignaro della sua presenza, rideva fissandola con aspettativa. Roxanne vide la mano di Tom contrarsi convulsamente, come se desiderasse impugnare la bacchetta, i suoi lineamenti farsi tirati e pallidi. Un nodo le compresse lo stomaco e le risalì lungo la gola, solleticandole il palato. Senza riuscire a trattenersi aprì la bocca e… singhiozzò.
« Dolci Singhiozzini! » le rivelò Weasley, scostando la mano per farle vedere l’etichetta.
La sua risata felice e spensierata, risuonò per la stanza, ma Roxanne non vi badò, troppo concentrata ad osservare la reazione di Riddle.
Per un secondo nel vedere come Septimus le metteva confidenzialmente una mano sulla spalle, il volto di Riddle fu distorto da una smorfia animalesca. Roxanne temette che volesse affatturarlo, tanto truce e cupa era la sua espressione, ma un istante dopo il suo viso tornò pacato e inespressivo, mentre si avvicinava con noncuranza al bancone.
Il corpo di Roxanne era scosso da singhiozzi sempre più frequenti e si accorse distrattamente che Weasley la stava prendendo in giro. Non gli badò, non si curò nemmeno di quanto imbarazzante fosse la situazione, intenta ad osservare la schiena rigida di Riddle, il modo freddo e scostante con cui parlava con il commesso – lui che era sempre educato e ammaliante con tutti – le mani che erano saldamente strette a pungo, le nocche bianche per la tensione.
Tom. Oh, Tom…pensò sentendosi tremendamente in colpa.
Per un attimo pensò di fermarlo, di mettere da parte il suo stupido orgoglio e confessargli che fra lei e Sept non c’era niente e mai niente ci sarebbe stato. Poi Weasley se ne uscì con quella battuta infelice e tutto andò alla malora.
« Ehi Rox, dovremmo uscire insieme più spesso… »
Sept non fece neanche in tempo a finire la frase che un rumore secco, come uno schianto le risuonò nelle orecchie. Schegge di vetro iniziarono a volare impazzite, mentre una pioggia di inchiostro li zuppava da capo a piedi. Con un moto di sconcerto Roxanne si accorse che l’intero scaffale di boccette di inchiostro simpatico era esploso e fece appena in tempo a ripararsi la testa con le mani, mentre le urla del commesso risuonava nel locale. Lui e Sept iniziarono a guardarsi intorno, infuriati, ma nessun mago aveva estratto la bacchetta e nessuno riusciva a spiegarsi il perché di quella strana esplosione.
Riddle depose una somma di monete sul bancone e nel girarsi le rivolse un ultimo, gelido, sguardo.
Si allontanò senza aggiungere altro, mentre un Septimus infuriato fissava i suoi vestiti irrimediabilmente rovinati.
Roxanne continuò a fissare la sua schiena fino a quando non si perse nella fiumana di gente che camminava per Hogsmeade.

 

 

 

Note:

  1. Citazione presa dal terzo libro, "Harry Potter e il Prigioniero di Azkaban"

 

 

 

 

* Ely entra in scena furtiva, camminando in punta di piedi e pronta a tagliare la corda alla minima ostilità*
Ehm... Ciao a tutti!
Ok, al di là del fatto che mi è presa 'sta cosa dei baci (don't worry la breve parentesi cuoricinosa è finita u.u) immagino che la maggior parte di voi desidererà il mio scalpo per l'appuntamento di Sybil. Be' non so come giustificarmi diversamente se non con il fatto che Syb è stata innamorata di Septimus per due anni. E dato che non si tratta della cottarella di una bambina, mi sembrerebbe assurdo che adesso arriva Rosier e in un paio di settimane addio Weasley u.u
Quanto alla carognata di Evan non so se vi ho sorpreso o meno... Spero che i risvolti vi siano piaciuti.
Infine Roxanne e Tom. Ahahah non è che vi eravate illuse che dopo un bacetto fra loro le cose andavano a posto vero? XD Il loro rapporto sarà fino alla fine così: un passo avanti e due indietro. Rox considera il bacio un errore e decide di uscire con Sept solo per non farcelo rimanere male. Bene, ho finito con queste note noiose e passo ai ringraziamenti:

Ringrazio davvero tanto: Morgana_D, Silvie Le Fay, Margherita_Lavigne394, Maryparker, Cassandra Turner, Bsky89, Erodiade, Santa Vio da Petralcina, Queen Malfy Slytherin e Latis Lensherr che hanno commentato lo scorso capitolo. Ve l'ho mai detto che vi adoro? XD
Ringrazio ovviamente anche i lettori silenziosi e chi segue la ff.

 Passando all'angolino dei suggerimenti, questa settimana propongo: “Profumo di Tenebra” di Santa Vio da Petralcina e “Ghiaccio Bollente” di Draggo. In tutti e due casi il protagonista è Tom Riddle, la prima è una Tom/Nuovo Personaggio, la seconda prevede un interessante viaggio nel passato all'epoca dei Fondatori.

Un caloroso saluto e un bacio
Ely

 


 

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Capitolo 17
*** Vacanze di Natale (Prima Parte) ***





 

Vacanze di Natale (Prima Parte)

 

 

 

Soffia, soffia, serpentello,
striscia, striscia e va’,
fa’ il bravino con zio Orfin

o sulla porta ti inchioderà. (1)

 

 

 

27 Dicembre 1942 Wool’s Institute

Roxanne sfogliava distrattamente l’annuario, senza fissarlo veramente. Il rumore delle pagine fruscianti cullava i suoi pensieri mentre il suo sguardo crucciato vagava per la stanza claustrofobica che le era assegnata.
Era sul letto piccolo e scomodo del Wool’s Institute, la schiena appoggiata contro la testata in ferro battuto. Ogni volta che vi tornava per le vacanze l’orfanotrofio le sembrava sempre più triste e grigio, uno stridente contrasto con il calore accogliente di Hogwarts.
Avvertì un rumore di passi e poco dopo dalla porta socchiusa della stanza vide passare Amy Benson. La salutò con un cenno della mano e quella ricambiò con un sorriso appena accennato, prima di passare oltre. Roxanne raggomitolò le ginocchia al petto, cercando di scacciare quella sensazione di freddo.
Per quanto le dispiacesse ammetterlo con il tempo i rapporti fra lei e Amy erano cambiati. Forse era per il poco tempo in cui si vedevano, forse perché lei non poteva raccontarle quasi nulla di quella che in realtà era la sua vita, ma il calore della loro amicizia si era affievolito poco a poco come una candela che si consuma lentamente.
Nonostante questo provò una fitta fastidiosa nel vedere la sua chioma nera sparire dietro l’angolo e una bruciante rimorso le punzecchiò per un istante le viscere: l’immagine delle labbra di Riddle che sfiorava le sue, il sapore umido e caldo della sua bocca, le colmò la mente e non riuscì ad impedire che un vago senso di colpa prendesse il sopravvento. Si sentiva quasi una traditrice per aver baciato il ragazzo che aveva torturato crudelmente la sua migliore amica quando erano bambini.
Gettò uno sguardo distratto alla stanza spoglia polverosa, al mucchio di giocattoli mezzi rotti ammassati in un angolo, ai letti disfatti delle ragazze con cui condivideva lo spazio. In alcuni punti la carta da parati era rovinata e macchie di umidità e muffa venavano il soffitto. Nonostante questo Roxanne trovò d'improvviso la stanza accogliente: tutto pur di non trovarsi di nuovo di fronte a quei due occhi freddi e sprezzanti, a quella smorfia tirata e altera.
L’ultima settimana prima dell’inizio delle vacanze era stata un vero supplizio. Ogni volta che si trovava davanti a Riddle non riusciva ad impedirsi di arrossire e distogliere lo sguardo, preda di un riottoso imbarazzo. Baciarlo era stato un errore che avrebbe voluto poter cancellare, ma le immagini di quella maledetta sera sembrava che gliele avessero incise sotto la pelle e per quanto si sforzasse non riusciva a non pensare all’odore fresco e pungente della sua pelle, alla sensazione di completezza che le aveva dato il fatto di essere stretta fra le sue braccia, ai suoi capelli morbidi e setosi fra i quali avrebbe voluto passare le dita ancora e ancora. Ogni volta si sforzava di scacciare quei pensieri e ogni volta quelli riemergevano con prepotenza ancora maggiore.
Per questo aveva iniziato ad evitarlo accuratamente e doveva ammettere che era stato tutto meno che difficile: Riddle la degnava a malapena di qualche occhiata sdegnosa, fissandola come se fosse immondizia che gli intralciava il cammino. Non le aveva più rivolto la parola da quella disastrosa gita ad Hogsmeade e Roxanne non poteva che esserne sollevata perché non avrebbe proprio saputo come giustificare il suo comportamento senza andare a fuoco. Per cui, dopo essersi assicurata che come ogni anno Tom avesse dato il suo nominativo per quelli che trascorrevano le vacanze ad Hogwarts, aveva frettolosamente deciso di tornare nell’orfanotrofio, in modo da poter raccogliere con calma i suoi pensieri.
Si accorse di essere arrivata alla fine dell'annuario e con un sospiro scoraggiato ne afferrò un altro a caso nella pila ai suoi piedi.
Nonostante tutto quello che era successo fra loro, Roxanne non aveva smesso di cercare informazioni sulla famiglia di Riddle e aveva addirittura richiesto un permesso speciale per portare alcuni annuari in viaggio con sé e consultarli con calma. Non aveva ottenuto frutti eppure non se la sentiva di lasciare perdere; sul motivo della sua feroce ostinazione non voleva indagare per timore di portare alla luce sentimenti che preferiva rimanessero sepolti in profondità.
Le sue dita continuarono a scorrere le pagine, ma non leggeva più nemmeno i nomi, limitandosi a fissare quei volti che si succedevano l’uno dopo l’altro come macchie confuse. Non si era nemmeno accorta di stringere fra le mani un tomo assolutamente inutile, che si riferiva a una data troppo remota perché vi potesse essere il nome di Riddle Senior.
Più cercava di dimenticarlo e più il volto di Tom si infiltrava sinuoso nei suoi pensieri, facendole quasi rimpiangere l’imminente fine delle vacanze invernali e il temuto ritorno ad Hogwarts. L’unica nota positiva era che almeno avrebbe rivisto Syb ed Isy: non aveva avuto modo di parlar loro molto in quei giorni ma dalle lettere che si scambiavano aveva intuito che la situazione fra le gemelle non era delle più rosee…
Il ghigno sardonico di Riddle interruppe le sue riflessioni. Roxanne si paralizzò, la mano destra ancora posata sul bordo superiore della pagina, la bocca spalancata in una “O” di stupore. Non si trattava di Tom - appena se ne rese conto il suo cuore rallentò i battiti - ma la somiglianza era innegabile. Non tanto per quanto riguardava l’aspetto fisico, segretamente Roxanne pensò che Riddle fosse molto più bello ed affascinante, quanto per la postura altera e scostante di quello sconosciuto. Avvicinò l’annuario agli occhi, osservando incuriosita la piccola foto sbiadita dal tempo. “Orvoloson Gaunt” lesse, deglutendo rumorosamente. Chiuse gli occhi, mordicchiandosi le labbra.
Ripensò alla conversazione avuta con Riddle quando erano in Biblioteca. “Riddle come mio padre, Orvoloson come mio nonno”. Sì, era sicura che quelle fossero state le sue parole letterali. E se fino a quel momento Tom si fosse sbagliato? E se ad avere poteri magici non fosse stato il padre come credeva, ma la madre? Riaprì gli occhi di scatto, fissando con ancora maggiore attenzione l’immagine di Orvoloson. I capelli erano più chiari e stopposi di quelli di Tom, quanto agli occhi parevano due buchi neri. I lineamenti del viso erano sgraziati, come se qualcuno li avesse incisi a colpi di martello, ma la pelle era della stessa tonalità pallida e la forma delle labbra carnose era innegabilmente la stessa. A differenza degli altri studenti che salutavano amichevolmente con la mano, Orvoloson si limitava a lanciare occhiate cupe e minacciose, le braccia incrociate sul petto, una smorfia di disappunto come se colui che stesse sfogliando l’annuario non fosse degno di posare gli occhi sulla sua persona.
Con un mezzo sorrisino Roxanne pensò che quell’atteggiamento era indubbiamente riddlesco.
Scattò alla scrivania, piccola e stracolma di libri e pergamene, frugando per mezzo minuto prima di riuscire a scorgere il testo sulle linee genealogiche magiche che cercava. Impiegò quasi dieci minuti per rintracciare l'antica casata dei Gaunt e il respiro le si mozzò nel petto nello scoprire che Orvoloson aveva avuto due figli: Orfin e Merope Gaunt.
Accarezzò distrattamente quell'ultimo nome, chiedendosi se davvero fosse la madre di Tom. La donna che quindici anni fa aveva bussato alle porte di quello stesso orfanotrofio, che era morta senza avere neanche il tempo di stringere il figlioletto fra le braccia...
La mano corse ad afferrare una piuma d'oca senza quasi che Roxanne se ne accorgesse. Si impadronì di un foglio bianco ed intinse la penna nel calamaio, appoggiandola su foglio. La piccola macchia creata dalla punta si allargò progressivamente mentre Roxanne pensava a cosa avrebbe potuto scrivere a Riddle. “ Ciao Tom! Da quando ti sono saltata addosso nell'aula del Settimo Piano ti evito come se tu avessi il vaiolo magico ma ho continuato a immischiarmi nei tuoi affari e forse ho scoperto qualcosa sulle tue origini!” Al suo posto non avrebbe esitato ad imbustare una bella fattura purulenta come risposta.
Sbuffò, massaggiandosi la sella del naso con sconforto. E se si fosse sbagliata? Se in realtà Riddle non avesse avuto niente a che fare con i Gaunt?
Per un attimo gli apparve il suo volto, chiaro come se lo avesse di fronte agli occhi. Quell'espressione di amaro stupore quando dalla bacchetta era uscita solo una nebbiolina sottile, il baratro che si era aperto nei suoi occhi in quella visione del suo passato...
Inghiottì il nodo che le stringeva la gola. Non poteva fornirgli una falsa pista. Non poteva illuderlo di aver finalmente scoperto qualcosa sulla sua famiglia per poi scoprire che si trattava solo di un banale errore.
Afferrò di nuovo l'annuario, scorrendone rapidamente le pagine fino a fermarsi sulla foto di Orvoloson. Il suo sguardo fu attratto dal trafiletto sottostante all'immagine, che presa dall'euforia della scoperta aveva bellamente ignorato.

Orvoloson Gaunt,
Casa Serpeverde
anno 1885, Little Hangleton.

 Roxanne si rigirò l'ultima parola nella bocca, come saggiandone il sapore. Sapeva dove era Little Hangleton perché in una delle tristi e deprimenti gite dell'orfanotrofio erano passati a pochi chilometri di distanza. Era una piccola e tranquilla cittadina, persa nella campagna londinese.
Fissò con la coda dell'occhio il punto di inchiostro sul foglio bianco, una macchia che si era ampliata in cerchi concentrici. Aveva bisogno di maggiori informazioni prima di comunicare a Tom la sua scoperta. L'unico problema era come ottenerle.
Mentre l'adrenalina le scorreva veloce nelle vene Roxanne pensò che quell'idea era quanto di più stupido la sua mente potesse partorire. Se Tom l'avesse scoperta l'avrebbe ripetutamente cruciata. E per una volta tanto Rox non avrebbe potuto che dargli ragione.
Nonostante questa consapevolezza, afferrò la sciarpa e il cappotto, fiondandosi fuori dalla stanza.

 

 

***

 

 

27 Dicembre 1942 Little Hangleton

 Nelle due ore e mezzo di viaggio nel rumoroso e scalcinato pullman Roxanne ebbe tempo di pentirsi ventisette volte di quella sua trovata ed altrettante volte di convincersi che fosse la scelta giusta. Voleva scoprire la realtà sulle origini di Riddle e quale occasione migliore che quella di recarsi nel luogo dove abitava la sua presunta famiglia?
Quando l'autobus si fermò con una specie di schioppo e Roxanne posò il piede su uno stradino sterrato, per un attimo pensò che il cuore le sarebbe schizzato fuori dalla gola.
Si guardò affannosamente intorno, non notando niente che fosse degno di nota a parte qualche casa dai muri scrostati e arbusti secchi. Si incamminò in quella che credeva essere la strada principale, cullata dal rumore delle sue scarpe che scricchiolavano sul selciato. Un quarto d'ora dopo Roxanne iniziò a pensare che la sua idea fosse stata molto stupida. Era fuggita dall'orfanotrofio in fretta e furia, senza avvertire nessuno. Una volta di ritorno era più che sicura che la direttrice le avrebbe fatto una lavata di capo che non si sarebbe dimenticata facilmente. E tutto questo per cosa, poi? Non aveva la più pallida idea di dove abitasse Orvoloson Gaunt, non era nemmeno certa che vivesse sempre lì!
Little Hangleton era una di quelle cittadine che erano tutto un sali e scendi, un tortuoso dedalo di vicoli con ciottoli sdrucciolevoli e case in pietra. Non le ci vollero più di dieci minuti prima di iniziare a soffiare come un mantice e a perdere il senso dell'orientamento: le abitazioni si ripetevano ad intervalli regolari, i negozi erano così pochi e poco appariscenti da confondersi li uni con gli altri.
Quando il suo stomaco iniziò a gorgogliare, Roxanne pensò di aver davvero toccato il fondo.
Scorse un minuscolo bar, incuneato fra un barbiere e un negozio di dolci e si avvicinò con aria scoraggiata. Quando la aprì, la porta scricchiolò malinconicamente, mostrando un ambiente asfittico ma più pulito ed accogliente di quelle che erano le sue fosche aspettative.
Roxanne si sedette al bancone, ordinando un tè con biscotti. Lo sorbì in silenzio, osservando la cameriera, una donna di mezza età truccata pesantemente e con un modo di fare civettuolo.
Il locale era quasi deserto: solo un vecchio, molto probabilmente ubriaco, che fissava con sguardo smarrito un boccale pieno di un liquido verdastro e due uomini che giocavano a carte di un angolo.
Mordicchiando un angolo del biscotto stantio, Roxanne pensò che non avrebbe trovato occasione migliore per estorcere qualche informazione.
« Mi scusi, potrebbe dirmi dove si trova la casa dei Gaunt? » chiese speranzosa, rivolgendosi alla cameriera. Il cartellino sul petto rivelava che il suo nome era Margaret.
Questa smise di lucidare il bicchiere che si rigirava fra le mani, lanciandole un'occhiata stupita.
« La casa dei Gaunt? Quella dove vive Orfin Gaunt? » Roxanne annuì e la cameriera aggiunse con voce lievemente stridula « Perché mai uno dovrebbe andare in un posto simile? »
Roxanne rischiò di rovesciarsi tutto il tè addosso, arrossendo vistosamente.
« Io... ehm... avrei bisogno di parlare di una questione personale...» balbettò confusamente.
La cameriera la guardò con un misto di compassione e ribrezzo.
« Be' non è in casa » le comunicò spicciola. « Abita proprio in cima alla collina, trovare quella catapecchia è facile. Ma in questo momento non c'è nessuno ».
Roxanne sentì il cuore contrarsi per la delusione. Il pensiero di aver fatto tutta quella strada per niente la disorientò un po'.
« Oh » bisbigliò. « E non sa dirmi quando tornerà? »
La cameriera scrollò le spalle e tornò a pulire il bicchiere.
« Immagino che dipenda dalla durata del processo ».
« Processo? » domandò, sgranando gli occhi.
La donna le lanciò un'occhiata di sottecchi, indurendo lo sguardo.
« Sì. Il giovane Orfin si è messo nei guai, come al solito, e stavolta non c'è il padre a parargli le spalle » posò le mani sul bancone, avvicinando il viso per osservarla meglio. « Tu conosci i Gaunt, ragazzina? »
Roxanne si limitò a scuotere il capo, un'oppressione improvvisa all'altezza dello stomaco.
« Gentaglia » affermò decisa, aggrottando le labbra in una smorfia di disprezzo. « Non ti conviene avere a che fare con loro, davvero ».
Roxanne allontanò il tè e i biscotti. Aveva la bocca dello stomaco chiusa e la fame era come svanita.
« Di cosa è accusato? » chiese in un bisbiglio a malapena percepibile.
La cameriera prese a sciacquare alcune tazze, rispondendo sprezzante:
« I Gaunt hanno sempre vissuto in cima alla collina e non scendono quasi mai al villaggio. Sono gente strana, mettono i brividi. Delinquenti che dovrebbero marcire in carcere, a mio avviso. La maggior parte della gente li ha sempre evitati accuratamente, in modo particolare quel pazzo del figlio. Ma è da qualche anno che i ragazzini del villaggio hanno inventato un gioco stupido, una scommessa per vedere chi è il più coraggioso: chi si avvicina di più alla casa dei Gaunt, vince » si interruppe per riprendere fiato e Roxanne si accorse di stare tamburellando nervosamente con le dita sul bancone.
Interruppe quel suono fastidioso, tornando a concentrarsi sulle parole della donna.
« Ogni volta Orfin si adira come un matto, urlando imprecazioni senza senso, dei sibili e borbottii che mettono i brividi. Tuttavia Orvoloson riusciva sempre ad impedirgli di commettere qualche sciocchezza. Ma due anni fa il vecchio è morto... »
Si interruppe con una pausa ben calibrata per aumentare la suspense.
Roxanne si incantò a fissare il grembiule bianco, macchiato qua e là da alcune gocce di caffè di Margaret. Era un dettaglio banale e insignificante, ma che la aiutava a combattere quel senso profondo di disgusto che avvertiva sottopelle e che si stava facendo prepotentemente strada dentro di lei. Estraniarsi. Estraniarsi da quella conversazione come se Margaret stesse parlando di un mago qualunque e non di quello che poteva essere lo zio di Riddle. Estraniarsi e non pensare affatto che tutti gli anni di ricerca di Tom, tutta la sua spasmodica ansia di scoprire qualcosa si riducesse a qualcuno che forse presto sarebbe finito fra le mura di Azkaban.
« Nessuno sa bene come si siano svolti i fatti perché i ragazzi sono rimasti troppo sconvolti per raccontare l'accaduto con coerenza alle autorità. Hanno tutti un vuoto di memoria, il che mi pare alquanto sospetto: scommetto che quello svalvolato di Orvoloson li ha minacciati per costringerli a tacere » la voce della signorina Margaret si venò di disgusto.
Oblivion. Quella parola balenò nella mente di Roxanne e le provocò un brivido che percorse veloce lungo la schiena. La squadra magica doveva essere intervenuta e aver cancellato loro la memoria: un lavoro pulito, che non lasciava tracce.
« Ma le ferite di Timothy, quelle nemmeno le minacce del vecchio sono riuscite a farle svanire... Domani si terrà il processo e per ora Orfin è dietro le sbarre, ma sono sicura che troveranno il modo di farlo uscire » continuò posando rabbiosamente le tazze sullo scaffale.
Per la prima volta da quando aveva stretto le mani su quell'annuario, Roxanne desiderò essersi sbagliata. Si chiese se non fosse meglio, per lei e per Riddle, continuare a sognare i loro genitori e la loro famiglia, idealizzandoli a loro piacimento, piuttosto che scontrarsi con una realtà che non presupponeva niente di buono.
La voce roca della cameriera la distrasse dai suoi pensieri e fu con un certo rammarico che riprese a dedicarle la sua attenzione.
« Dammi retta, ti conviene tornare da dove sei venuta e non perdere il tuo tempo con tipi simili! » la ammonì, agitando minacciosamente lo straccio.
Roxanne deglutì vistosamente, agitandosi a disagio sulla sedia. Ricacciò faticosamente dentro di sé la parte che avrebbe accettato con sollievo quel consiglio e si sforzò di porre un'altra domanda.
« E della figlia di Orvoloson sa dirmi qualcosa? » chiese con un filo di incertezza.
« Chi, Merope? » domandò.
A Roxanne sembrò che vi fosse un pizzico di invidia nel modo in pronunciò quel nome, un astio che non aveva niente a che fare con quello mostrato fino a poco prima nei confronti degli altri membri della famiglia.
« È fuggita di casa anni fa e non si sono più avuto notizie di lei. Una ragazza strana: silenziosa e schiva come un animale selvatico. Ho sempre pensato che avesse qualche tara mentale e anche l'aspetto lasciava molto a desiderare, se devo essere sincera » Margaret ridacchiò e il volto le si aprì in un sorriso velenoso. « Non capirò mai come sia riuscita ad accalappiarsi Riddle, il partito migliore della città... » aggiunse pensosa.
Bastò il nome “Riddle” perché il cuore di Roxanne le risalisse l'esofago, incastrandosi fra le tonsille. Per l'agitazione rischiò quasi di cascare dalla sedia, mentre con il fiato mozzo ripeteva:
« Ri-riddle? »
Margaret annuì i piccoli occhi neri si assottigliarono mentre sbuffando per il fastidio che quel ricordo le procurava, si accingeva a raccontarle la storia:
« Tom Riddle era un giovane di buoni principi, figlio della famiglia più ricca di Little Hangleton. Aveva una fidanzata e non aveva mai degnato Merope di più di uno sguardo. Possedeva tutto quello che si potesse desiderare: un futuro promettente, una bella ragazza che lo amava, una casa lussuosa. Invece abbandonò tutto per quella poveraccia ».
L'incredulità di Margaret era evidente e Roxanne intuì che la sua impressione era corretta: palesemente provava un'antipatia profonda per Merope. Con una punta di malizia si chiese se il vero motivo di quel risentimento non fosse una semplice e scottante gelosia: forse non le andava giù che Merope fosse riuscita dove lei aveva fallito, ovvero trovare qualcuno che la salvasse da una vita degradante in quel paesino sperduto.
« Ma qualunque trucchetto avesse usato non durò a lungo: Riddle la scaricò dopo poco per fare ritorno al villaggio. Scommetto che si è vergognata così tanto da non osare più mettere piede da queste parti » proseguì con aria chiaramente soddisfatta.
Roxanne provò un potente moto di antipatia nei suoi confronti.
Come poteva esibire quel sorrisino strafottente? Molto probabilmente non era conoscenza della triste fine di Merope Gaunt, ma questo non le dava comunque il diritto di mostrarsi così compiaciuta delle disgrazie altrui. Avvertì il bisogno di allontanarsi da quel bancone, da quella bettola e soprattutto da Margaret: necessitava di aria pulita per schiarirsi le idee.
Forse era assurdo che provasse quell'empatia per Merope, una donna che non aveva nemmeno conosciuto, eppure il suo cervello si soffermava sulla scena di quel volto mai visto, pallido e tremante per la neve, che bussava al vecchio portone in mogano dell'istituto: immaginava il freddo e la solitudine che doveva aver provato, immaginava l'odore del sangue e le fitte lancinanti al ventre. Immaginava che avesse urlato e che l'unico volto che le fosse venuto in mente fosse stato quello dell'uomo che l'aveva abbandonata. Che avesse desiderato la morte e che avesse resistito solo per il bene del bambino. Tom.
Fu il suo volto, i lineamenti che avrebbe voluto disegnare con la punta delle dita, gli occhi che erano diventati una droga dolce che le affollava il pensiero, a spingerla a insistere ancora per sapere la verità.
Come una Serpe, celando i propri sentimenti dentro di sé, mostrando una faccia gentile ed ipocrita.
« Ha detto che dopo aver abbandonato Merope, Riddle è tornato in città? » domandò con un tono più freddo che la cameriera non notò affatto, persa nei suoi pensieri.
Come una Serpe sfruttando le persone fino a quando queste potevano risultare utili.
Margaret annuì, fissando il vuoto.
« Sa dove posso trovarlo? » domandò trattenendo il respiro.
Non sapeva nemmeno lei cosa sperare. Da una parte non avrebbe mai voluto trovarsi di fronte all'uomo che aveva abbandonato Tom quando non era ancora nato. Dall'altro c'era un'insaziabile curiosità che le solleticava le viscere, muovendola come se fosse un ingranaggio in un meccanismo più grande. Voleva vedere il padre di Tom. Anche solo per scorgere i suoi lineamenti in quella fisionomia estranea, per soffermarsi sui più minuti gesti od espressioni che potevano avere in comune. Voleva conoscerlo, per conoscere meglio Tom. Quasi Riddle Senior fosse un tronco da cui era stato staccato un virgulto e per quanto questo avesse attecchito e stesse crescendo non si potesse desumerne appieno la natura senza soffermarsi sull'albero madre. Passato e futuro si fondevano in un intrico di foglie e rami, impossibili da dividere.
« La sua villa è proprio in fondo a questa via: non puoi sbagliarti, si differenzia da quella degli abitanti » rispose quella automaticamente. « Perché ti interessa comunque? » aggiunse dubbiosa.
Roxanne le dedicò un sorrisino tirato, senza rispondere alla domanda.
Consegnò il denaro alla cassa e uscì dal bar, senza degnarla più di uno sguardo.
Con il disprezzo di una Serpe, nei confronti di chi non ha più alcuna importanza per i propri scopi.

 

 

***

 

 

Su una cosa almeno Margaret aveva ragione: la casa dei Riddle dava decisamente nell'occhio.
Era una villa imponente, a tre piani, di un giallo crema che stuccava alla vista. Il portone era lucido e scuro, le finestre talmente scintillanti che ci si sarebbe potuta specchiare. Era tanto perfetta da sembrare più una casa di bambole che un'abitazione reale.
Roxanne osservò le siepi potate ad arte e il cancello di ferro intarsiato in volute barocche, sforzandosi di analizzare in modo lucido la situazione. La villa si estendeva su una zona sopraelevata e da quel punto si riusciva ad abbracciare con lo sguardo tutta Little Hangleton. Con il sole alle spalle che sembrava accarezzare le casupole immerse nell'oro e nel verde e il vento che frustava i faggi disperdendone le foglie, la città sembrava davvero un paesino da fiaba, degno di una storia per bambini.
C'era una volta una giovane ragazza che viveva in una capanna immersa nel verde.
Nel raggiungere la villa dei Riddle, aveva fiancheggiato l'abitazione dei Gaunt: una casupola dai muri scrostati e coperti di licheni, l'ingresso seminascosto dall'erba alta e selvatica come se nessuno se ne occupasse da mesi. Pelli di serpenti appesi agli stipiti, le squame che anche da quella distanza rilucevano di riflessi iridescenti, catturando la luce del sole e scomponendola in un arcobaleno di colori. Nel fissare il giardino curato in modo quasi maniacale che si stagliava davanti ai suoi occhi, Roxanne non riuscì ad impedirsi di fare paragoni: da un lato la casa diroccata dei Gaunt, dall'altro quella splendente dei Riddle. Due mondi opposti che convivevano a pochi passi di distanza: era semplice immaginarsi una giovane Merope che fissava con un misto di desiderio e rimpianto la villa in cima alla collina, accarezzando distratta quelle pelli squamose appese ai muri.
La giovane ragazza era innamorata di un principe, il più bello e ricco del villaggio.
Roxanne sospirò e con un tremito leggero posò il dito sul campanello che produsse un fischio acuto e prolungato. Merope Gaunt non era la protagonista di una fiaba e Riddle Senior non era un principe dalla scintillante armatura. Doveva smettere di fantasticare e calarsi nella realtà.
Ad aprire il portone venne una domestica di mezza età che le chiese il motivo della sua visita. Fu con un confuso balbettio che Roxanne le disse che necessitava di parlare con il padrone di casa.
La condusse in un salotto ampio, ammobiliato con mobili dai colori scuri e schienali scomodi.
Si sedette su una poltrona dall'aria costosa, attendendo che il signor Riddle si liberasse dai suoi impegni. Rimase in silenzio, rigida e composta, sentendosi tremendamente fuori luogo. Il suo sguardo era fisso sui jeans vecchi e sdruciti che indossava, timorosa di sfiorare persino con lo sguardo i ninnoli dalla delicata struttura in vetro che ricoprivano le mensole e il camino, le peonie dai colori delicati nei vasi imponenti, gli arazzi di un rosso inteso contornato da una filigrana d'oro.
Tutto in quell'ambiente la faceva sentire in imbarazzo, o forse era solo la sua coscienza che la pungolava e le ricordava la pazzia che aveva compiuto, il modo avventato con cui si era intromessa nella vita dei Riddle.
Alzò gli occhi dai jeans cercando nella stanza qualcosa che potesse distrarla da quei pensieri. Alle pareti erano esposti quadri e premi prestigiosi, diplomi dai nomi importanti se non impronunciabili.
La foto sul tavolino di fronte a lei attrasse d'improvviso la sua attenzione. Era l'unico dettaglio stonato in quell'arredamento austero e freddo: la foto era piccola e probabilmente realizzata da un fotografo non molto esperto, forse di fretta e furia. Ritraeva una donna in mezzo ad un prato fiorito, la sua risata così fresca e genuina che sembrava di averla di fronte. Roxanne afferrò la foto fra le mani, osservando i lineamenti delicati, la pelle lattea, i capelli biondi che parevano imbevuti nell'oro, colpiti dal riflesso della luce. Poteva trattarsi di Merope Gaunt? La cameriera del bar aveva detto che Merope non era una gran bellezza, mentre la fanciulla della foto era sicuramente molto affascinante con la sua freschezza e vivacità, lo sguardo azzurro carezzevole, le punta di rosa sulle guance. Inoltre per quale motivo Riddle Senior avrebbe dovuto conservare la foto di una donna che aveva abbandonato?
La porta si aprì con un rumore sordo e Roxanne sussultò, affrettandosi a riporre il portafoto sul tavolo. Alzò lo sguardo con aria colpevole, temendo di essere stata colta in fragrante.
I suoi occhi grigi si appuntarono sulla figura alta e snella che avanzava verso di lei a passo deciso e improvvisamente quello della foto parve un dettaglio privo di significato. Il cuore le frullava nel petto come un uccellino in gabbia perché a Roxanne era bastato solo una sguardo per convincersi che quello che si avvicinava a lei era il padre di Tom.
Era una somiglianza nuda e cruda che le sbatté in faccia, con la prepotenza di uno schiaffo, quanto le fosse mancato in quella settimana il suo sguardo acuto e penetrante, la linea sensuale delle sue labbra rosse, la sua fronte alta e spaziosa. Tom Riddle Senior aveva qualche filo argenteo che riluceva nell'ancora folta chioma corvina, la pelle pallida con alcune rughe sottile intorno agli occhi e all'angolo della bocca, una leggera peluria scura che gli adombrava il mento volitivo. Per il resto, il suo viso sembrava la fotocopia di quello Riddle.
Il completo grigio dall'aria terribilmente seriosa non nascondeva il fisico asciutto e longilineo, evidenziando la naturale eleganza di quell'uomo che avanzava con la grazia di un felino e un sorriso bianco ed enigmatico ad arricciargli le labbra.
« Desiderava vedermi? » le chiese inarcando un sopracciglio.
La sua voce era un fruscio ipnotico e velatamente provocatorio, come provocatoria era la sua postura apparentemente rilassata. Roxanne si accorse di essere rimasta poco dignitosamente a bocca aperta: era così simile eppure così diverso da Tom da metterle i brividi.
« S-sì » balbettò confusa. « Dovrei parlarle di una questione abbastanza delicata per la verità ».
Il sopracciglio del signor Riddle si inarcò ancora di più.
« Se è un modo velato per dirmi che la cosa andrà per le lunghe, la informo fin da subito che non ho molto tempo. Non intendo comprare niente di quello che ha da offrirmi, non ho bisogno di aspirapolvere, macchine da caffè o altre sciocchezze simili » la freddò con un sorrisetto supponente.
Roxanne arrossì e abbassò lo sguardo a fissare le mani strette a pugno.
« Non voglio venderle niente » si affrettò ad interromperlo.
Le dita del signor Riddle iniziarono a tamburellare sullo schienale della poltrona.
« Se è qui perché spera che le trovi un posto di lavoro nella mia azienda, sarò costretto a disilluderla».
Il rossore si diffuse dalle guance alle orecchie, ma Roxanne trovò il coraggio di fissarlo negli occhi.
« Non è neanche questo il motivo ».
Gli occhi spazientiti che ricambiavano il suo sguardo erano di un nero scuro e lucido. Un colore strano, talmente piatto da apparire finto: a Roxanne ricordò le iridi di vetro dei peluche con cui giocava da piccola e si scoprì a pensare che lo avrebbe scambiato più che volentieri con quello profondo e penetrante di Tom.
« E allora posso sapere che cosa ha spinto una ragazzina come te da queste parti? »
Aveva abbassato la voce in un tono roco e destabilizzante. Era in piedi, le mani appoggiate allo schienale della poltrona, un sorrisino allusivo che gli aleggiava sul volto.
Roxanne pensò che si divertisse a prenderla in giro e questo la fece irrigidire per l'indignazione.
« Sono venuta per parlare di suo figlio ».
Quella frase le fuggì dalla labbra prima che riuscisse a trattenerla ma nel vedere come quel sorriso di superiorità si congelava e scivolava lentamente dalla faccia di Riddle Senior, non riuscì proprio a pentirsene. Sollevò il mento, osservandolo con aria di sfida.
La postura, il tono di voce, il modo freddo in cui la ricambiavano quegli occhi scuri. Tutto le ricordava Tom. E come con Tom le sarebbe convenuto mettere subito in chiaro che lei non era una che si faceva intimorire tanto facilmente.
Il signor Riddle non accennava un movimento, in compenso un biancore preoccupante si stava facendo strada sui suoi lineamenti fini. Le dita affondavano nell'imbottitura della poltrona, le nocche bianche per il troppo stringere mentre gli occhi si era fatti vacui e assenti.
« Che cosa ne dice di mettersi seduto e ascoltarmi per un attimo? » domandò cercando di parlare con un tono ragionevole e composto.
Si immaginava che l'avrebbe gelata con uno sguardo aggressivo e sprezzante, invece la sorprese adagiandosi nella poltrona con una sorta di rassegnato abbandono. Per un breve istante le sembrò stanco, come se qualcosa di ingombrante gli gravasse sulle spalle. Un secondo dopo assunse di nuovo un'aria impassibile e di lieve supponenza, quasi la sua presenza fosse qualcosa di terribilmente noioso da sopportare.
« Non so chi le abbia messo in testa queste strane idee, signorina... » si interruppe, freddandola con un'occhiata.
« Roxanne » rispose alla tacita domanda di lui.
« … signorina Roxanne, ma io non ho figli » concluse laconico.
Sbuffò, per niente convinta da quella risposta. Una cosa era certa: Tom era un bugiardo molto più abile del padre.
« Quindi il nome Merope Gaunt, non le dice niente? »
Il volto del signor Riddle si fece ancora più pallido. Strinse le labbra in una piega sottile prima di rispondere in una specie di ringhio:
« Come fai a sapere queste cose, ragazzina? »
« Io e suo figlio siamo cresciuti nello stesso orfanotrofio » notò con interesse che ogni volta che pronunciava la parola “figlio” Riddle increspava le labbra, in un tic involontario che ne tradiva l'agitazione. A quanto pare non era così insensibile all'argomento come voleva far credere. « Abbiamo fatto delle ricerche insieme ».
Qualcosa in quello che aveva detto sembrava averlo turbato profondamente, ma si comportava come se non volesse darlo a vedere.
« E tu saresti venuta fin qui in avanscoperta? » chiese con un tono forzatamente ironico, mentre estraeva dal taschino della giacca un pacchetto di sigarette e ne accendeva una.
L'odore acre di tabacco e fumo impregnò l'aria e fu con un colpo di tosse soffocato che Roxanne rispose:
« Qualcosa del genere ».
« Che cosa ti fa pensare che io voglia raccontare i fatti miei a una perfetta sconosciuta? »
Aveva accavallato le gambe e la fissava con sguardo assorto, espirando volute di fumo grigio. Il tono però era velato da una lieve minaccia che invece che intimorirla le diede la forza di rispondergli a tono:
« Forse preferirebbe parlare direttamente con Tom... » affermò, lasciando la frase in sospeso.
« Tom? » ripeté con una strana espressione dipinta in viso.
« Tom Orvoloson Riddle » chiarì Roxanne scandendo le parole. Il fatto che non conoscesse nemmeno il nome del figlio la rattristò. « È il nome che ha scelto Merope ».
« Poco prima di mollarlo in un orfanotrofio » ribatté freddamente, appuntando lo sguardo verso la finestra.
« Merope non lo ha mollato in un orfanotrofio. È morta. Di parto » specificò lentamente, ogni parola un macigno che le gravava sul cuore.
Come era possibile che in tutti quegli anni non si fosse chiesto cosa era successo alla compagna e al figlio? Che non avesse fatto una ricerca, anche la più piccola? Lo stupore autentico che si dipinse sul viso di Riddle la convinse che effettivamente non sapesse della triste fine di Merope.
Un grumo di cenere della sigaretta ancora accesa cadde sui pantaloni grigi, ma lui parve non farvi nemmeno caso. Di nuovo i suoi occhi si velarono, perdendosi in un ricordo che non potevano condividere.
« Be'? » chiese Roxanne, sentendo al rabbia che cresceva come una marea nel petto. « Non ha niente da dire? »
Come era possibile una reazione così... pacata, di fronte a una rivelazione come quella?
« Quanto vuoi? »
Fu una domanda pronunciata con freddezza, mentre lo sguardo di Riddle vagava altrove.
« Come? » chiese Roxanne spaesata.
« Cinquemila? Diecimila? » domandò estraendo il portafoglio e frugando al suo interno.
« Lei vuole darmi dei soldi... »
Il tono non era interrogativo, Roxanne fissava quelle mani affusolate che sfioravano la pelle del portafoglio come se fossero le mani di un assassino.
Il signor Riddle annuì, ignaro del disgusto che le scorreva sottopelle.
« Esattamente. Dimmi che cifra vuoi e sparisci: non voglio più sapere niente di tutta questa storia ».
« Non voglio il suo denaro » affermò cercando di controllare il tremito delle mani.
Riddle la fissò con un sorriso appena accennato.
« Posso arrivare fino a ventimila ».
« Non mi interessa » ripeté in un sussurro.
« Si può sapere quanto pensi di estorcermi, ragazzina? Guarda che potrei buttarti fuori a calci, senza darti nemmeno una sterlina... »
« Ho-detto-che-non-voglio-i-suoi-soldi! » scandì in un ringhio, fissandolo con sguardo astioso.
La persiana della finestra sbatté con un tonfo rumoroso, in risposta alla sua indignazione. Roxanne sentiva la magia premere sottopelle, pregandola di riversarsi fuori. Inspirò profondamente, cercando di recuperare un controllo che sembrava sul punto di sfuggirle.
Riddle fissava la finestra con sguardo preoccupato e Roxanne sperò che il fatto che fuori non soffiasse nemmeno un alito di vento non lo avesse insospettito.
« Allora che cosa vuoi? » le chiese incrociando di nuovo i loro sguardi.
« Sapere perché » ribatté decisa. « Perché ha abbandonato Merope? »
« Te ne andrai se risponderò a questa domanda? » domandò gettando il mozzicone della sigaretta nel posacenere.
Roxanne annuì, in silenzio.
« L'ho abbandonata perché non la amavo » rispose sintetico.
Roxanne si incantò a fissarne lo sguardo, paragonandolo a quello di Tom, chiedendosi come fosse possibile che due occhi così diversi riuscissero a trasmettere la stessa identica amarezza.
« Non l'ho mai amata » proseguì, reclinando il capo all'indietro e perdendosi nei ricordi. «Merope era infatuata di me fin da quando era una bambina, ma non me ne era mai importato più di tanto. Era una cosina insignificante, ossuta, con una matassa di capelli intricati e gli occhi strabici. Il più delle volte mi dimenticavo persino della sua esistenza. Era un'altra la ragazza ad aver attirato la mia attenzione... »
Si interruppe e il suo sguardo cadde con un riflesso involontario sul portafoto appoggiato sul tavolino.
« Quella è la sua foto? » domandò Roxanne, scrutandolo attentamente, rapita dalle sue espressioni.
Riddle annuì appena.
« Cecilia » sussurrò con amarezza fra le labbra. « Era la mia fidanzata allora. Inutile dire che dopo quella storia di Merope non volle più sapere niente di me... »
Fu in quel momento che Roxanne si accorse di essersi sbagliata. Gli occhi di Riddle non erano piatti, non in quel momento almeno, visto che sembrava avessero risucchiato tutta la luce che c'era nella stanza.
« Merope mi stregò » quella frase la fece sussultare, catalizzando immediatamente tutta la sua attenzione. « Fra pochi giorni mi sarei dovuto sposare e lei decise di giocare il tutto per tutto. Non ho mai capito bene come vi fosse riuscita, mi fece bere un intruglio di erbe che mi annebbiò i sensi e obnubilò la ragione. Non riuscivo a controllare il mio corpo né a pensare con lucidità. Sapevo solo che la volevo, anche se, dio mi fulmini, se fossi stato in grado di trovare un solo buon motivo. Lasciai tutto quello a cui tenevo di più e da pazzo drogato quale ero fuggii insieme a lei, giurandole un amore fittizio ».
Fra tutte le cose che Roxanne si sarebbe potuta immaginare, quella era l'ultima della lista. Magia. Un filtro d'amore, quasi sicuramente. La descrizione degli effetti combaciava alla perfezione. Si chiese con un groppo in gola quanto Merope dovesse essere stata disperata per giungere a un simile gesto.
« Quando finalmente tornai in me, era troppo tardi per riprendermi la mia vita » Riddle contrasse i pugni spasmodicamente. « Ma non sarei rimasto al suo fianco per un secondo in più del necessario: non mi importava niente di lei, né di quel bambino. Non è mio figlio e non lo sarà mai. Non ero in me quando è stato concepito e non l'ho voluto neanche per un singolo istante ».
Ogni parola fu una pugnalata che penetrò con chirurgica precisione in un punto scoperto della carne. Quel rifiuto le bruciava come se fosse rivolto a lei e gli occhi le pizzicavano per la voglia di piangere. Si sforzò di trattenersi perché non voleva dargli quella soddisfazione, ma il peso alla bocca dello stomaco era tale che sarebbe solo voluta fuggire e lasciarsi quell'uomo alle spalle.
« Adesso che sai come sono andati i fatti, ti chiedo solo di tenere la bocca chiusa. Non mi ha fatto piacere scoprire che Merope è morta e che quel bambino è finito in un orfanotrofio, ma questo non cambia niente. Non voglio vederlo. Non voglio avere niente a che fare con quella parte della mia vita ».
Di nuovo quel tono, quell'odiosa supponenza. Come se tutti dovessero scattare ad eseguire i suoi ordini, come se l'intero mondo girasse intorno a lui.
« Mi dispiace ma non posso prometterle di non rivelare a Tom quello che ho appreso. Credo che abbia tutto il diritto di sapere la verità » rispose e la sua voce vibrò di un lampo di ribellione.
Il volto di Riddle fu deturpato da una smorfia d'ira. Si chinò in avanti, avvicinandosi al volto di Roxanne.
« Tu non capisci, ragazzina! » soffiò a pochi centimetri dalla sua faccia smarrita. « Non hai idea di cosa voglia dire vedere la propria vita andare a rotoli, non essere in grado di controllare se stessi... Merope mi ha ingannato in un modo che non puoi neanche concepire... »
Roxanne deglutì, accorgendosi di avere i palmi delle mani sudate e le labbra rosse e gonfie per il troppo morderle.
« Capisco benissimo » esalò dopo un attimo di incertezza. I suoi occhi grandi e grigi si adagiarono su quelli dell'uomo che aveva di fronte, le labbra le tremolarono appena nel porre quella domanda: « È stato per quello che l'ha lasciata? Perché era una strega? »
Nell'udire quella parola Riddle sussultò come colpito.
I suoi occhi si sgranarono e una smorfia di attonito stupore gli si disegnò sul viso.
« Tu... cosa ne sai, tu, della magia... » si era alzato in piedi di scatto e la fissava con una maschera di orrore e raccapriccio.
« Signor Riddle... » cercò di tranquillizzarlo.
« No! » la interruppe fissandola con occhi febbricitanti. « Sei come lei non è vero? E sei venuta qui a tormentarmi... »
Il suo volto era pallido come il gesso e mentre continuava ad arretrare come se avesse di fronte un fantasma, Roxanne cercò di decifrare i suoi mormorii confusi.
« Non ho nessuna intenzione di usare alcun incantesimo contro di lei, stia tranquillo... »
Di nuovo non riuscì a parlare perché alla parola “incantesimo” Riddle aveva boccheggiato, lanciandole un'occhiata di puro terrore.
« Avrei dovuto capirlo prima... un'amica di mio figlio, eh? Scommetto che anche lui è altrettanto anormale...»
Anormale, anormale, anormale.
Fu un eco distorto nella sua testa, una parola che le mozzò il fiato e le aggrovigliò le viscere. Era quello che pensava di lei, quello che pensava di Tom? Che fossero una specie di fenomeni da baraccone?
« Vattene da casa mia ».
Fu un ordine ma parve più una preghiera.
« Io... »
« VATTENE! » urlò e fu come se tutta la rabbia trattenuta fino a quel momento lo colmasse in un istante. « VATTENE IMMEDIATAMENTE! »
Roxanne si alzò in piedi, rossa per l'umiliazione. Bastò quel semplice movimento perché Riddle si ritraesse ancora di più, quasi come se fosse una pericolosa criminale. Quel gesto la ferì, più di quanto lasciò scorgere.
Raccattò le sue cose alla rinfusa e si precipitò alla porta prima che i domestici potessero venire a vedere la fonte di tutto quel trambusto. Corse a perdifiato lungo la collina, per quello che le sembrò un tempo interminabile.
Si fermò con il fiato rotto nel petto, piegata in due per l'affanno. Crollò a sedere per terra, piangendo senza ritegno accanto a una piccola edicola.
Quella non era una favola, Riddle non era il principe azzurro.
Ma soprattutto non riusciva proprio a immaginare un lieto fine.

 

 

Note:
1. Citazione ripresa dal sesto libro: “Harry Potter e il Principe Mezzosangue”.

 

 

Ciao a tutti!
Questo capitolo e il prossimo sono un po' particolari: mentre questo era interamente pov Roxanne, il prossimo sarà interamente pov Riddle e vi anticipo che sarà piuttosto importante.
In questo Roxanne è molto emotiva, più fragile rispetto a come si mostra di solito. Una cosa che voglio sottolineare e che è utile per capire il suo stato d'animo è che anche lei è orfana: si impegna a cercare i genitori di Tom, va' fino a Little Hangleton per rintracciarli non solo ed esclusivamente perché tiene a Riddle (anche se certamente questa è un motivo fondamentale) ma anche per un bisogno personale di risposte.
Per quanto riguarda Riddle Senior lungi da me giustificare il suo comportamento spregevole. Tuttavia c'è sempre il rovescio della medaglia e non si può negare che anche il comportamento di Merope non sia stato dei migliori.
Può sembrare che questa vicenda sia fine a se stessa, ma vi assicuro che non è così. Mettete un asterisco sulla parte finale, Rox in lacrime accanto all'edicola, perché in futuro avrà un senso.

Passando ai ringraziamenti: ringrazio Erodiade, MaryParker, Silvie LeFay, Morgana_D, kurioone, Bsky89, Santa Vio da Petralcina che hanno commentato lo scorso capitolo, ringrazio ovviamente chi ha aggiunto la storia alle preferite, ricordate o seguite ed anche chi legge soltanto.

 Quanto ai suggerimenti, stavolta vi consiglio due OS: “Eri troppo felice per accorgertene” di MusicDanceRomance che descrive la vita di Cecilia e il suo amore con Tom Riddle Senior e “Tu sei una stella, Merope” di Latis Lensherr. Se avete tempo passate a leggerle, non solo perché sono splendide, ma perché si soffermano su personaggi che di solito non si prendono in considerazione.
Aggiungo che ho iniziato a scrivere una ff molto più leggera, del genere Commedia. Se vi va di dargli un'occhiata la trovate qui
 

Un grosso saluto e un bacio
Ely

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Capitolo 18
*** Vacanze di Natale (Seconda Parte) ***


 



Attenzione: come avevo avvertito da questo capitolo il rating diventa Arancione!









 

Vacanze di Natale (Seconda Parte)

 

 

 

 

Dei molti, spaventosi animali e mostri
che popolano la nostra terra, nessuno è
più insolito e micidiale del Basilisco (1).

 

 
 

 

 

 

Dormitorio Serpeverde Hogwarts 31 Dicembre 1942

 Era buio eppure quella oscurità densa come petrolio non lo consolava nemmeno un po'. C'era un odore strano nell'aria, avrebbe detto che si trattasse di gelsomino, e il suo profumo puro e delicato gli sfiorava le narici, facendolo fremere.
Avvertì il tocco delle sue labbra morbide e non riuscì a trattenere il gemito roco che gli si annidò nelle viscere. La strinse a sé, affondando le unghie in quella carne tenera, troppo morbida e perfetta per essere reale. Soffocò il viso nei suoi capelli annodati, intuendo che erano loro a spargere quell'odore dolce nell'aria.
Gli sembrava che tutto il resto si fosse dissolto e che loro due galleggiassero in una nebbia fitta. Rimaneva solo la sensazione calda di quella pelle sotto le dita e quel suono.
Il suono cupo, ritmico, del cuore di Roxanne che batteva contro il suo.
Un suono prepotente, fastidioso, che si era insinuato nelle sue orecchie la sera che l'aveva stretta fra le braccia e continuava a rimbombare, riempiendogli la mente e facendogli ribollire il sangue.
Un suono dolce come melassa e come la melassa vischioso.
La strinse ancora di più tra le braccia, riempiendosi le orecchie di quel rumore a cui non riusciva a smettere di pensare, che lo torturava come una di quelle cantilene che ti entrano dentro e non se ne vanno più. Si sentiva proprio così: come se il suono del suo cuore gli fosse penetrato dentro, sottopelle, mischiandosi al sangue e circolando come una droga letale in tutto il corpo.
La sentì gemere per il dolore delle sue mani strette sui fianchi. L'idea di averle fatto male lo eccitò: avrebbe voluto piegarla ancora e ancora, strattonarle i capelli all'indietro e baciare quelle labbra fino a renderle tumefatte. Marchiarla. Scrivere il suo nome su quella pelle di luna in modo che tutti sapessero che era sua, che avrebbe ucciso chiunque avesse anche solo osato sfiorarla...
Si svegliò nel suo letto, una mano protesa in avanti, le labbra dischiuse.
Per un attimo rimase immobile, un raggio di sole che entrava peregrino dalla finestra e si infrangeva sulla sua fronte. Poi la sua mano si chiuse a pugno e fu con un gesto stizzito che si tirò a sedere.
Era successo di nuovo. L'aveva sognata ancora e aveva ancora perso il controllo.
Allontanò le coperte con uno gesto rabbioso. Si passò una mano fra i capelli, cercando di schiarirsi i pensieri e fingere che non fosse successo niente. Lo tradì la sua eccitazione, quel calore pulsante al basso ventre che era impossibile negare.
Maledizione.
Il suo sguardo cadde sul diario trasfigurato appoggiato sul comodino e la sua irritazione, se possibile, si acuì. Non solo non riusciva ad avere ragione di una spregevole Sanguesporco, ma anche i segreti del suo antenato gli sfuggivano. Colpì libri e tavolo, rovesciando il contenuto per terra. Atterrarono con un tonfo sordo, un disastro di piume ed inchiostro che non gli diede la minima soddisfazione.
Lasciò tutto lì, raccogliendo solo la bacchetta, e si alzò in piedi.
Il dormitorio era deserto: Evan, Avery e Nott erano già usciti, ognuno preda di un capriccio diverso. Riddle digrignò i denti, rendendosi conto che in quei giorni non riusciva a fare niente di quello che voleva, nemmeno studiare. La notte si agitava irrequieto nelle lenzuola, tormentato da un desiderio che lo ripugnava e che non aveva mai provato prima. Ripensava alle sue labbra, al suo corpo soffice, all'odore della sua pelle. L'eccitazione non gli dava requie.
Desiderava una Sanguesporco. Una Grifondoro. Scoppiò a ridere, di una risata stridula e fredda. Una Grifondoro che oltretutto lo ignorava platealmente, uscendo con quel perdente di Weasley il giorno dopo averlo baciato.
Digrignò i denti, le mani che gli prudevano dalla voglia di cruciare ripetutamente quel pezzente. Se solo si fosse trovato in una stanza solo con lui, l'avrebbe ridotto in pezzi talmente piccoli che avrebbero faticato ad identificarli.
Sospirò, corrugando la fronte.
Era tutto dannatamente sbagliato. Non gli sarebbe dovuto importare niente di quello spaventapasseri rosso, né tanto meno di Miss Scopa. Non avrebbe dovuto fargli né caldo né freddo con chi passava il suo tempo Roxanne. Era lui che doveva conquistare lei, non il contrario.
Quel pensiero fu così assurdo da farlo sorridere. Tom Riddle, l'erede del grande Salazar, il mago che aveva fondato Hogwarts, preso da una ragazzina qualunque? Lui che sarebbe diventato il più grande stregone che aveva mai solcato il suolo magico, infatuato di una Sanguesporco? Lui attratto da Roxanne? Impossibile.
Categoricamente impossibile.
Gemette quando, quasi come una maledizione, il suo volto gli apparve davanti agli occhi. Quei riccioli mogano, ondulati come tante piccole molle, quel nasino all'insù. Quegli occhi grigio cenere... quelle labbra... Fu il suo corpo, di nuovo, a smentirlo. Riddle avvertì la tensione al basso ventre, la carne che si ergeva al solo ricordo del sapore di Roxanne.
Dalla bacchetta che stringeva fra le dite partirono alcune scintille rossastre, manifesto segnale di una rabbia che rischiava di rompere ogni argine e riversarsi fuori come un fiume in piena.
Inspirò profondamente. Doveva esserci un'altra spiegazione, doveva esserci sicuramente. Iniziò a vestirsi, sfilandosi il pigiama e indossando l'uniforme ordinatamente riposta sulla sedia accanto al letto. Probabilmente si trattava di una semplice reazione biologica. Era da un po' che non si... sfogava da quel punto di vista. Solitamente riusciva a controllarsi benissimo e a soffocare l'istinto della carne con una bella doccia fredda. Preferiva limitare i contatti con altre persone allo stretto indispensabile e aveva sempre trovato velatamente disgustoso l'atto sessuale. Certo, l'orgasmo in sé per sé considerato era piacevole, ma era il modo per arrivarci che lo indispettiva. Tutto quello stringere e graffiare, quel mescere umori con una ragazza di cui spesso non ricordava nemmeno il nome. Lo trovava ridicolo se non ripugnante.
Eppure doveva essere quello: un mero e insignificante bisogno sessuale che qualsiasi strega lì dentro avrebbe potuto soddisfare. Niente di più.
Si avvicinò allo specchio, osservando il suo riflesso mentre si annodava la cravatta con precisi gesti meccanici. Aveva il volto pallido e scavato. Due occhiaie profonde e grigie che esaltavano il verde degli occhi, lievemente arrossati. Era da quando quella maledetta Grifondoro se ne era andata – era tornata all'orfanotrofio apposta per evitarlo, ne era sicuro – che non riusciva a fare un sonno decente...
La parte sinistra del labbro gli tremolò in un tic involontario. Stava di nuovo pensando a lei.
Afferrò la bacchetta di tasso, rigirandosela pensoso fra le dita. Rilassò le spalle, cercando una concentrazione che gli sfuggiva.
« Expecto Patronum! » mormorò deciso.
Dalla punta della bacchetta non fuoriuscì niente. Strinse i denti, ricacciando il moto di impazienza e frustrazione dentro di sé e sforzandosi di ripescare dalla memoria un momento felice.
Quando si era vendicato di Billy e il collo di quel coniglio bianco si era piegato in un'angolatura innaturale...
Uno sbuffo tenue, una nebbiolina informe che tremolò appena alla luce opaca del Dormitorio. Non bastava, doveva sforzarsi di più.
La sera della prima “Caccia al Babbano”, la paura riflessa nelle iridi di quel ragazzino piangente che era come un nettare dolce da assaporare; il fiotto di adrenalina che gli aveva corroso le vene, mentre quello urlava implorante che la smettessero...
La nebbiolina baluginò per un attimo, poi iniziò a dissolversi. La mano di Riddle tremò, mentre lui cercava di rinsaldare la presa. Odiava quell’incantesimo e la sensazione svilente di starsi ad affannare per nulla: il Patronus gli sfuggiva ed era come cercare di trattenere dell’acqua con le dita.
Il suo primo incantesimo... la nebbiolina divenne più corposa... la prima volta che aveva minacciato un bambino dell'orfanotrofio...la nebbiolina continuava ad aleggiare, come indecisa su che forma assumere.
E fu in quel momento che la sua mente scivolò.
Roxanne.
Roxanne che rideva, che lo fissava indignata, che lo inceneriva con lo sguardo. La nebbiolina si agitò come percorsa da una scossa elettrica, compattandosi al suo interno. Roxanne che lo baciava, il calore delle sue labbra che pareva risvegliare qualcosa di sepolto dentro di sé...
La bacchetta cadde dalle mani di Riddle, mentre tremiti convulsi gli scuotevano le membra. Il suo Patronus si dissolse, non abbastanza velocemente perché Riddle non ne potesse cogliere i tratti.
Fino a quel momento non si era mai interessato a quel particolare incantesimo, tuttavia se qualcuno gli avesse chiesto quale forma immaginava che avrebbe assunto il suo Patronus avrebbe risposto senza ombra di dubbio un serpente. Il serpente che era il simbolo della sua Casa e del suo illustre antenato, il serpente che era l'unico animale con cui sentiva un briciolo di affinità...
Invece un lupo.
Un lupo dalle zanne perlacee e lo sguardo tagliente, il pelo folto, gli artigli sguainati.
Roxanne.
Riddle crollò a sedere sul letto, fissando con sguardo allucinato le mani che tremavano in modo convulso, il controllo che aveva mantenuto per tutta la vita che crollava come un castello di sabbia.
Chiuse gli occhi, inspirando piano fino a regolarizzare il respiro.
Un bisogno fisico.
Un mero, gretto, sfogo sessuale. Aveva bisogno solo e soltanto di quello.
Riddle raccattò la bacchetta da terra e si precipitò dal Dormitorio, chiudendosi la porta alle spalle. Fece le scale a due a due, con sguardo allucinato e febbricitante.
Nella Sala il fuoco scoppiettava allegramente, diffondendo bagliori sulle poltrone nere. La maggior parte dei suoi compagni di Casa erano fuori a tirarsi palle di neve e ridere sguaiatamente e la stanza era pressoché deserta.
Riddle intravide quella chioma bruna e riccia e si diresse in quella direzione a passo deciso.
« Vieni con me » ordinò afferrandola per la spalla.
Druella Rosier alzò lo sguardo e lo fissò con attonito stupore.

 

***

  

 

 Dormitorio Serpeverde Hogwarts 31 Dicembre 1942 

 

Vieni con me.
Era dalla prima volta che aveva posato lo sguardo su quelle iridi verdi che Druella non desiderava sentirsi dire altro. Non si chiese dove volesse portarla o quali fossero le sue intenzioni. Si limitò ad alzarsi in piedi e seguire il suo mantello svolazzante che spariva lungo la scalinata a chiocciola.
Le sembrava di vivere un sogno, al punto che avrebbe voluto pizzicarsi il braccio per convincersi che tutto quello stava avvenendo veramente e non la era la solita inconcludente fantasia di una sera.
Riddle era venuto a cercarla. Era venuto a cercare lei.
I
l cuore le frullava nel petto al punto da rischiare l'esplosione. Riddle camminava veloce e aveva un’espressione terribile che le ricordò la sera che l’aveva torturata. Un brivido le attraversò la colonna vertebrale e un istinto atavico le suggerì di fare marcia indietro e di rifugiarsi presso il calore confortante del focolare.
Lo ignorò, ammaliata da Riddle come un serpente dal suo ipnotizzatore. Zittì indecisione e raziocinio, mentre una vocina cantilenante le ripeteva nella mente che quella poteva essere la sua possibilità. Perché lui era venuto a cercarla e qualsiasi cosa le avesse chiesto, Druella gliela avrebbe donata con gioia.
Tom aprì la porta della sua stanza con un colpo secco, senza mai voltarsi indietro: non aveva bisogno di conferme, sapeva che lei lo avrebbe seguito. Druella scivolò nella stanza, guardandosi intorno, mentre sospetto e speranza insieme la avvolgevano in un abbraccio che le mozzò il respiro.
Erano nel Dormitorio di Riddle, soli.
Non riuscì a riflettere sulla questione a lungo perché Tom si voltò nella sua direzione, trafiggendola con uno sguardo verde fiele.
« Spogliati » le ordinò con voce imperiosa.
Druella sgranò gli occhi, fissandolo smarrita.
Non poteva star succedendo davvero. Doveva essere la sua immaginazione che le giocava un brutto scherzo. Sì, proprio così. Doveva essersi addormentata in sala comune, davanti al fuoco con le sue fiamme verdastre e …
Con uno ringhio di impazienza Riddle le afferrò il polso, stringendolo al punto di farla gemere. La spinse bruscamente nel letto, facendola cadere a peso morto. Druella sprofondò nel materasso, continuando a fissarlo con sguardo smarrito. Lui le si stese sopra e non appena i loro corpi si sfiorarono, le labbra di Druella si aprirono in un sorriso di pura gioia.
Non era possibile che fosse solo un sogno. La consistenza della pelle liscia di Riddle, il suo odore delicato, il peso del suo corpo che la schiacciava fra le lenzuola. Era reale. La felicità fu una marea che la colmò interamente mentre Druella allungava il collo per incontrare le sue labbra rosse. Aveva desiderato da sempre che la sua prima volta fosse con Tom. Si era preservata per lui, per fargli dono della sua verginità oltre che della sua anima.
Riddle evitò la sua bocca, armeggiando con la veste scura che le scendeva fino alle caviglie. Inarcò la schiena, per facilitarlo nel compito. Lo vide sganciare con pochi gesti decisi la cintura che le fermava la veste in vita, sollevandogliela all’altezza del seno. Druella arrossì, senza riuscire a trattenersi. Chiuse istintivamente gli occhi, perché si vergognava del suo corpo nudo e bianco esposto al suo sguardo. Si accorse che stava slacciando i suoi stivaletti e avvertì il rumore di essi che raggiungevano il pavimento. Tom la spostò, spingendola al centro del letto, strattonandola come se fosse una bambola di pezza.
Quando avvertì la sua mano che si faceva strada fra le sue cosce, schiudendole senza la minima delicatezza, non riuscì più a trattenersi e aprì gli occhi di scatto.
Cercò di convincersi che la frettolosità dei suoi gesti, il modo apparentemente rude con cui la trattava, riflettesse solo la sua brama di farla sua il prima possibile. Sbirciò in direzione del suo viso, curiosa di leggere la sua espressione. Lo sguardo di Riddle era fisso sul suo busto e per un secondo Druella si maledisse per avere indosso un semplicissimo completino nero, quasi monacale. Il reggiseno di cotone a fascia, senza ricami o trasparenza seducenti, appiattiva ancora di più il suo scarno contenuto. Se solo si fosse immaginata le sue intenzioni si sarebbe fatta bella per lui e invece… Nello scrutare meglio il suo viso Druella si accorse che dopotutto non aveva molta importanza quello che aveva indosso. Riddle la fissava allucinato, era come se il suo sguardo la passasse da parte a parte, attraversandola senza fissarla veramente. Druella provò la spiacevole sensazione che qualunque fosse la ragione per cui aveva deciso di accoglierla nel suo letto, non si trattasse di vera attrazione nei suoi confronti.
Ricacciò quel pensiero dentro di sé insieme a un singulto che le si era formato nel petto, dando la colpa alla sua poco esperienza. Era normale che Riddle non si mostrasse particolarmente interessato, se lei rimaneva inerte come un ciocco di legno. Lui era ancora interamente vestito ad eccezione del mantello che aveva slacciato e ammucchiato in un angolo. Fu con mano tremante che Druella iniziò a sbottonargli la veste, lottando con i bottoni del colletto. Per un po’ Tom rimase immobile, come se a malapena si fosse accorto del suo gesto.
Osservò il torace glabro e bianco che la veste aperta lasciava scoperta, incantata da quell’accenno di pelle e muscoli appena definiti. Sollevò un dito e lo sfiorò poco sotto l’incavo del collo, rabbrividendo per la piacevolezza di quel contatto.
Riddle sussultò e abbassò la testa a fissarla come se il suo tocco l’avesse bruciato. Scostò la sua mano con una smorfia di fastidio, ordinandole uno “Stai ferma” che la riempì di vergogna e costernazione.
Druella adagiò le mani lungo i fianchi, irrigidendosi e limitandosi a guardarlo. Riddle armeggiò appena con la parte inferiore della tunica, liberando la sua virilità. Druella la fissò con un misto di curiosità e timore, chiedendosi se sarebbe stato doloroso e se quel dolore le sarebbe piaciuto o meno.
Di nuovo Tom la incalzò, senza darle tempo di perdersi in simili riflessioni. Le aprì bruscamente le gambe, schiudendo a forza le cosce. All’inizio Druella provò ad opporgli resistenza, accorgendosi istintivamente che non era pronta per una simile intromissione. Sapeva che lui non era il tipo da smancerie e parole dolci, nondimeno una parte di sé si illuse che magari prima avrebbero potuto parlare un po’, che lui l’avrebbe accarezzata o almeno baciata… Lo sguardo di Riddle la trafisse con una scheggia di pietra conficcata proprio in mezzo al cuore. La fissò con rabbia ed impazienza come se lei fosse solo uno strumento che si ribellava, opponendosi al suo volere. Sotto quella velata minaccia, Druella deglutì, arrendendosi al suo potere e assecondandolo mentre le divaricava le cosce e si posizionava nel mezzo. Si accorse che le gambe le tremavano forte e per quanto si sforzasse non riuscì a frenarle.
Riddle la penetrò con una spinta decisa e inaspettata, senza concederle ulteriori dilazioni. Druella inarcò il busto e si trovò a mordersi le labbra per trattenere il grido di dolore che le si formò in gola. Il bruciore fu forte e improvviso, come se invece che il suo sesso Riddle le avesse infilato una lama in mezzo alle cosce. Si accorse che lacrime le pizzicavano ai bordi degli occhi e nell’aria le sembrò di avvertire l’odore del sangue della sua perduta verginità. Riddle non attese a lungo per iniziare a muoversi dentro di lei, incurante della sua smorfia sofferente. Druella fece forza su se stessa, pensando che lui non avrebbe gradito vederla piangere e che presto il dolore si sarebbe affievolito. Non fu così. Ad ogni movimento di Riddle, ad ogni sfregamento della loro pelle, il bruciore si intensificava, come se qualcuno le stesse passando della carta vetrata sulla pelle.
Per tutta la durata dell’atto sessuale, Tom non la degnò nemmeno di uno sguardo. Continuò a muoversi nel suo corpo, con spinte dolorose che la fecero sussultare, senza finire nemmeno di spogliarsi e mantenendo il più possibile la distanza, quasi il fatto di sfiorarla lo disgustasse.
Sul finire chiuse gli occhi e le sue labbra si mossero nel pronunciare un nome che gli occhi appannati di lacrime di Druella non riuscirono a decifrare.
Si interruppe con il respiro appena accelerato e si staccò da lei senza una parola. Si soffermò solo per istante sulle lenzuola con impressa una macchia di sangue, fissandola come se fosse qualcosa di ripugnante.
« Gratta e Netta » mormorò freddo, afferrando la bacchetta sul comodino.
Soddisfatto delle lenzuola di nuovo immacolate, raccolse la sua roba e si diresse in bagno.
Fu solo quando la porta si fu chiusa con uno scatto secco che Druella lasciò che le lacrime le rigassero liberamente il volto.

  

*** 

 

31 Dicembre 1942 Sala Comune 

Il suo piano si era rivelato un gigantesco buco nell’acqua.
Andare a letto con la Rosier non aveva minimamente migliorato il suo umore, né allentato quella strana pressione che avvertiva all’altezza del petto. Era come un nodo scorsoio che gli strangolava i polmoni, una morsa che invece che allentarsi si era acuita. Per un attimo ricordò quella macchia di sangue, impressa sulle lenzuola bianche come un marchio, e non riuscì a reprimere un brivido di disgusto. Se solo avesse saputo che la Druella era vergine si sarebbe tenuto ben lontano. Già era terribilmente insopportabile di suo, chissà quanto l’avrebbe tormentato ora che l’aveva deflorata.
Immaginò un altro tipo di gambe che circondavano i suoi fianchi, un altro tipo di labbra che si protendevano a sfiorare le sue labbra… Non si sarebbe tirato indietro se fosse stata Roxanne a chiedergli un bacio…
Con un gemito di frustrazione, sbatté un pugno contro il vetro della finestra, fissando con acredine i ragazzi che si rincorrevano allegri sul prato di Hogwarts, quasi interamente coperto da una neve fine e biancastra. Si era appena “sfogato” eppure continuava a pensarla, il suo viso appariva a tratti nella sua mente, come un tarlo fastidioso che gli rosicchiava la forza di volontà. Riddle rafforzò la presa sul diario che stringeva fra le mani, cercando di concentrarsi solo sulle parole di Salazar.

Ormai non mi importa più di Godric né tanto meno di Helga: Hogwarts è la mia scuola e i Mezzosangue non vi metteranno più piede. Senza di loro regnerà finalmente la pace e l’armonia, l’intera Comunità Magica mi sarà grata per aver selezionato i maghi miglioriNon resterò un giorno di più in un posto che offende il mio sangue: dovranno scegliere o loro o me.
 

Le labbra di Riddle si arricciarono in ghigno felino. E così il momento della rottura con gli altri Fondatori si stava avvicinando…

La storia si ripete in un circolo vizioso che non mi lascia scampo. Di nuovo il mio sangue è stato denigrato ed offeso, di nuovo il mio nobile retaggio viene deriso… Helga e Godric si sono coalizzati contro di me e Rowena… Rowena ha riso quando ho minacciato di andarmene. Lascerò Hogwarts stanotte e i sudici ratti per ora potranno cantar vittoria: ma tremate maghi le cui vene sono infette da sangue impuro perché un giorno sorgerà il mio degno Erede e Lui compirà la mia giusta vendetta, danzando sui vostri miseri resti

Il cuore di Riddle accelerò i suoi battiti, rintronandogli in modo fastidioso nelle orecchie. Sfogliò la pagina seguente con un’impazienza tale da rischiare quasi di strapparla. Gemette per la frustrazione nell'osservarne le scritte.
Erano un ammasso di parole confuse, senza capo né coda. Lettere messe a casaccio, con l'intento di riempire gli spazi vuoti. Aveva consultato i più antichi testi di Rune, ma non si trattava dell'alfabeto di nessuna lingua nota.
Si torturò le dita per il nervosismo, mentre la rabbia montava feroce nel petto. Forse la verità era che Salazar era semplicemente impazzito. Per un attimo gli sorse il dubbio che stesse perdendo il suo tempo, che non esistesse nemmeno una Camera dei Segreti e che si trattasse solo di una leggenda come Ruf non faceva che ripetere.
« Ah! »
Gli scappò un piccolo gemito mentre un taglio compariva sulla pelle del pollice. Si era graffiato da solo per il nervosismo. Osservò come al rallentatore la goccia di sangue che cadeva sulla pagina del Diario, imbrattandone la superficie. Sotto i suoi occhi allibiti le lettere tremolarono come preda di una scossa fortissima. Si disfecero in cerchi concentrici, per ricomparire dopo pochi secondi in un ordine completamente diverso.
Riddle osservò la pagina trasfigurata sotto i suoi occhi senza riuscire a trattenere una risata fredda e gelida come la neve che ricopriva il prato di Hogwarts.
A quanto pareva il suo antenato sapeva bene come fare a proteggere i suoi segreti. D'altronde, sarebbe dovuto arrivarci molto prima. Il sangue era sempre stato tutto per Salazar. Era evidente che aveva fatto in modo che solo il suo vero Erede potesse avere accesso alle sue memorie.
Riprese a leggere febbrilmente, il cuore che rombava fastidiosamente nel petto. 

Solo il Sangue del mio Sangue avrà la chiave per aprire la Camera dei Segreti. Lì, nei secoli dei secoli, troverà ad attenderlo lo strumento del mia vendetta: al suono della sua voce i Nati-Babbani tremeranno e fuggiranno come topi e come topi verranno schiacciati fino a quando il loro sangue sporco imbeverà le mura di Hogwarts, placando infine il mio spirito inquieto…

Dove, maledizione, dove? Dove era collocata la Camera? Quale oscura magia si celava all’interno di essa? Girò una pagina ancora, scoprendo che era interamente vuota, fatta eccezione per poche righe vergate esattamente al centro.

La voce è la chiave della mia rivincita. Rivolgiti a me, o mio Erede, a me che sono il più grande fra i quattro ed avrai la risposta.

Fine. Le sue unghie raschiarono contro la copertina del diario, producendo un suono gracchiante e stropicciandolo appena. Il diario si concludeva così, con quelle allusioni criptiche da cui non riusciva a ricavare niente di nuovo. Riddle respirò a fondo, cercando di placare l'ira e usare il suo acume. D’altronde era prevedibile che Salazar non avesse rivelato in modo esplicito l’ubicazione e il contenuto della Camera, ma forse nelle sue parole c’era di più di quello che sembrava apparentemente.
Se le ripeté fra sé, passandosele sulla lingua come un nettare dal sapore agrodolce. Dopo la terza lettura imparò le frasi a memoria e continuando mormorarle sollevò la testa, incantandosi a fissare il prato ammantato di bianco.
Persino con la finestra chiusa si avvertiva il rumore delle urla e lo scalpiccio degli studenti che giocavano a palle di neve. Che cosa ci fosse di tanto straordinario in qualche fiocco, Riddle non riusciva proprio a spiegarselo. Il freddo gli piaceva ma la neve… era troppo bianca, troppo pulita e appiccicosa perché non potesse procuragli che una smorfia di fastidio.
Il suo sguardo si appuntò sul pioppo da cui rami pendevano pendule stalattiti trasparenti.
Solo  il Sangue del mio Sangue avrà la chiave per aprire la Camera…
Sotto quell’albero aveva parlato con Roxanne, era stata la prima volta che lei non era fuggita a gambe levate nel vederlo avvicinare.
Al suono  della sua voce i Nati-Babbani tremeranno... 
Non riuscì a trattenere un sorriso mentre ripensava alle sue smorfie offese, al mondo in cui corrucciava la fronte quando si accorgeva che lui la stava prendendo in giro.

e fuggiranno come topi e come topi verranno schiacciati
Uno sprazzo di quella conversazione gli ritornò alla memoria e fu come essere trafitti da una lancia.
« Ovviamente ci sono anche sostanze per le quali nemmeno il Bezoar può fare niente, per esempio… » .
« Il veleno di Basilisco » l’aveva interrotto lei, ravvivandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
« O quello di Acromantula e di alcune specie di draghi » aveva aggiunto, giusto per il gusto di correggerla. (2)
Scattò in piedi, con una foga tale da rischiare di rovesciare tutto il banco. Si tastò la gola, proprio all’altezza del pomo di Adamo. Il “Basilisco” era detto il re dei serpenti e da sempre Salazar aveva una predilezione per quelle creature. Il fatto di essere Rettilofono era una cosa ereditaria e grazie ad essa, Riddle sarebbe riuscito a controllarlo… e a sguinzagliarlo contro i Babbani, che la creatura avrebbe divorato come innocui topolini...
Un ghigno di gioia selvaggia gli deturpò i lineamenti mentre gli occhi riverberavano di un lampo di trionfo. Appoggiò la schiena alla sedia, perdendosi nei suoi sogni di gloria: finalmente, dopo tutti quei mesi, era riuscito ad approdare a qualcosa.
Un rumore sordo lo riscosse dai suoi pensieri. Girò la testa di scatto e notò un gufo, grosso e panciuto che becchettava contro il vetro. Ruotò la maniglia per farlo entrare, chiedendosi chi mai poteva avergli inviato una lettera. Non riceveva mai posta da nessuno, lui.
Alla zampa del gufo era attaccato un piccolo biglietto. Lo srotolò lentamente, mentre con un gesto secco congedava il pennuto che aveva iniziato a tubare, come in cerca di qualche coccola o elogio che di sicuro non gli avrebbe elargito.
Il foglio era piccolo, rettangolare con appena una frase:

 

 

 

Tanti Auguri, Tom
 

                                                            Roxanne

 

 

 

Solo in quel momento realizzò che era il giorno del suo compleanno.

 

 

 

 

Note:

  1. La citazione è presa dal secondo libro: “Harry Potter e la Camera dei Segreti”

  2. La conversazione la trovate nel capitolo sesto, “Scacco Matto”.

 

 

 

Ciao a tutti!
Questa volta le note saranno lunghine, armatevi di un po' di pazienza!
Prima parte: Riddle inizia a rendersi conto di quello che prova per Roxanne. Fino a quel momento lo ha negato, ma quando il suo Patronus prende per un istante la forma di un lupo... be'...
Ora se mi fossi voluta mantenere del tutto fedele al personaggio credo che Roxanne avrebbe fatto una brutta fine. Penso che non appena Riddle si fosse accorto di provare qualcosa per un'altra persona, molto semplicemente l'avrebbe uccisa, per eliminare quella debolezza alla radice. Siccome non mi sembrava il massimo eliminare la protagonista a metà storia, ho immaginato invece che Tom cercasse di nuovo di rinnegare il sentimento che prova per lei, degradandolo a mero sfogo fisico. E qui entra in scena Druella: spero di aver espresso bene la sua disillusione e amarezza per un qualcosa che aspettava da tempo e non si è rivelato come sperava.
Nel caso ve lo stiate chiedendo, Riddle non va a letto con Druella per fare un dispetto a Rox. Sa ovviamente che lei ci rimarrebbe male, ma più che altro vuole dimostrare a se stesso che lei non conta niente.
Infine la parte del diario. Spero che sia credibile l'idea che il testo appaia se Tom vi lascia cadere un po' del suo sangue u.u Quanto al contenuto della Camera, non sono stata a inventarmi un granché, tanto si sapeva che era un Basilisco.
Scrivere questo capitolo mi è piaciuto particolarmente, spero che non sia stato una delusione! >.<

 Passando ai ringraziamenti: ringrazio _Febe ( ), Erodiade, ladyselena15, Queen Malfy Slytherin, Morgana_D, kurioone, Maryparker e Santa Vio da Petralcina che hanno commentato lo scorso capitolo. Ringrazio anche Narcissa_Merope11 che ha commentato il prologo e tutte le “new entry” che hanno aggiunto la storia alle seguite/ricordate/preferite. Ho visto che siete un po', per cui ricordo che per qualsiasi dubbio, critica etc sono a disposizione! :D

Un piccolo dubbio per il rating: vi sembra troppo esplicito? Io credo di essere rimasta nei limite ma se così non fosse, avvertitemi che modifico la storia (penso di non poter innalzare ulteriormente il rating perché alcune lettrici sono minorenni, giusto?)
Non mi resta che salutarvi! Un bacione
Ely

 

p.s. Per l'aggiornamento sarà sicuramente dopo il 25, perché ho un altro simpatico esame! 

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Capitolo 19
*** Caccia al Babbano ***







Ciao a tutti,
vi chiedo scusa per il ritardo, purtroppo ho avuto un po' da fare! Questo capitolo lo dedico a Queen Malfy Slytherin, perché mi è dispiaciuto moltissimo non poter pubblicare quando mi aveva chiesto e perché mi dà un gran sostegno per questa ff! Ci rivediamo nelle note a fine capitolo, buona lettura!








Caccia al Babbano 

 

 

 

 

Questo gruppo esercitava una sorta di fascino
oscuro all’interno del castello. Strettamente
controllati da Riddle, non furono mai
sorpresi a compiere aperte malefatte, anche
se i loro sette anni a Hogwarts furono
segnati da una serie di incidenti... (1).

 

 

 

 

 

7 Gennaio 1943 secondo piano Hogwarts

 Roxanne stava correndo per i corridoio, trascinandosi dietro la borsa semiaperta e rischiando di rovesciare al suolo tutto il suo contenuto.
Era il primo giorno di lezione dopo le vacanze invernali e lei era già maledettamente in ritardo. Non era più abituata al ritmo frenetico di Hogwarts, nell’Orfanotrofio le giornate trascorrevano con una lentezza esasperante, mentre lì sembrava che qualcuno avesse premuto il tasto sull’acceleratore.
La lezione di Difesa contro le Arti Oscure sarebbe iniziata fra due minuti esatti e lei doveva ancora percorrere una rampa di scale, due corridoi e circa trenta scalini. Aumentò l’andatura, maledicendosi per la sua disarmante disorganizzazione.
Svoltò l’angolo con il fiatone, scontrandosi con qualcosa di duro e solido e ruzzolando a gambe all’aria, in un fruscio di libri e pergamene che si riversavano sul pavimento freddo.
Roxanne boccheggiò, sentendosi un completo disastro.
« Scusami tanto, è colpa mia, ero di frett… » non riuscì a finire la frase perché quando alzò gli occhi trovò due gelide iridi verdi che ricambiavano il suo sguardo contrito.
L’ansia le serrò la gola in una morsa soffocante.
Tom Riddle.
C’erano cinquecento maghi e streghe ad Hogwarts e fra tutti lei doveva andare a sbattere proprio contro di lui. Rimase in silenzio, imbambolata, fissando il suo viso più pallido e sciupato di come ricordava. Accarezzando con gli occhi quei capelli corvini e lievemente ondulati, quelle mani bianche e sottili, l’arcata perfetta che sormontava i suoi occhi incupiti. Una vampata di rossore le invase le guance nel rendersi conto della situazione imbarazzante in cui si trovava: a gambe all’aria nel corridoio, circondata da un disastro di libri e inchiostro.
Riddle non parve particolarmente toccato dall’evento. Continuò a fissarla per alcuni secondi, immobile e austero come una statua di ghiaccio. Le lanciò un’ultima, sprezzante occhiata, prima di girarsi e fare per allontanarsi senza essersi proposto di aiutarla né averla nemmeno degnata di un saluto.
« Aspetta! » si ritrovò ad urlargli protendendo la mano.
Tom si fermò e si girò lentamente, chiedendole con voce atona:
« Desideri qualcosa, Altgriff? »
Roxanne rimase imbambolata, indecisa sul perché l’avesse richiamato. Non era pronta per affrontarlo. Non era voleva a raccontargli quello che aveva scoperto. Razionalmente sarebbe dovuta fuggire lontana mille miglia da quegli occhi ipnotici, da quelle movenze feline che non riusciva a guardare con indifferenza. Peccato che la ragione fosse sparita, completamente evaporata di fronte al suo sguardo interrogativo.
« De-devo parlarti » mormorò impacciata, rialzandosi in piedi e raccattando alla bell’e meglio il contenuto sparso della borsa.
Riddle inarcò il sopracciglio in un’espressione di educato stupore.
« Ma davvero? ». Era sempre per metà girato nella direzione opposta, come se avesse fretta di concludere quella conversazione. « Non pensi che al tuo fidanzato potrebbe dar fastidio? »
Roxanne lo fissò senza capire.
« Io non ho nessun fidanzato » rispose incerta.
Finalmente lui si girò, come decidendo di degnarla della sua attenzione.
« Non credo che a quel pezzente di Weasley farebbe piacere sentirti parlare così ».
Roxanne arrossì fino alla punta dei capelli, ripensando alla disastrosa gita ad Hogsmeade.
« Io e Sept non stiamo insieme » si giustificò senza sapere nemmeno lei bene il motivo. « È stata solo un'uscita da amici ».
Il sopracciglio di Riddle si inarcò in un chiaro segno di incredulità.
« È la verità » ripeté guardandolo dritto negli occhi.
Riddle la fissò per una manciata di secondi, come soppesandola. Roxanne ricambiò quello sguardo, senza battere nemmeno le palpebre. Non seppe cosa Tom vide nella sua espressione ma i suoi lineamenti si distesero e anche lo sguardo si fece meno minaccioso. Era come vedere un mare burrascoso che d'improvviso si quietava, le ultime nubi trasportate via dal vento.
Un silenzio lieve calò fra di loro, pieno di una impalpabile tensione. Riddle la osservava con il busto in parte girato dall'altra parte, come se non si fosse ancora del tutto deciso a dedicarle la sua attenzione.
« Avevi detto che mi dovevi parlare. Che cosa stai aspettando? » la interrogò rigido.
Il suo tono scontroso la ferì e Roxanne distolse il viso per non darlo a vedere. Dopotutto non aveva alcun diritto di indignarsi. Si meritava tutta quella ostilità da parte di Tom: non gli aveva rivolto la parola per settimana, salvo un pietoso bigliettino di auguri scritto per disperazione. Certo, anche lui non aveva avuto esattamente un comportamento esemplare; il solo ricordo della sua mente che penetrava nella sua portando a luce tutti i fatti più imbarazzanti della sua adolescenza le fece montare in un attimo la rabbia. Prima che l'ira potesse colmarla e spingerla a dire qualcosa di stupido il volto di Riddle Senior le balenò alla mente, spiacevole come solo un ricordo scomodo sapeva esserlo. L'irritazione sfumò, mentre gli occhi di Roxanne percorrevano veloci il corridoio. Sarebbe dovuta essere in aula in quel momento.
« Bene, se non hai niente da dire, posso smettere di perdere il mio tempo » mormorò Tom con un sorriso di sfida prima di girarsi.
Il mantello verde frusciò sul pavimento, un rumore che le diede inconsciamente i brividi.
« No! » si ritrovò ad urlare senza rendersene neanche conto.
Scattò in avanti e le sue dita strinsero l'orlo del mantello in un gesto spasmodico. Non voleva parlargli, non voleva confessargli quello che aveva fatto... Era una tale codarda che non sapeva come aveva fatto il Cappello a smistarla a Grifondoro... Ma non poteva lasciarlo andare via così, sarebbe stato come tradirlo.
« T-ti devo dire una cosa importante » balbettò fissando la piega di tessuto stretta fra le sue falangi. Era di un verde petrolio intenso che forse da lontano avrebbe potuto ricordare il colore dei suoi occhi, ma che era troppo spento rispetto alla tonalità cangiante delle iridi allungate di Riddle.
La mano di questo si strinse intorno al suo polso, stringendolo fino a quando con un gemito soffocato non allentò la presa sul mantello. Il tessuto morbido le scivolò dalle dita, mentre Tom la strattonava fino a costringerla a fissarlo negli occhi.
« Cosa ne dici di farla finita con questa pantomima e di dirmi quello che devi? » le ringhiò a pochi centimetri dalla faccia. « O devo estrapolare di nuovi i ricordi dalla tua mente? »
Roxanne sussultò ma il senso di colpa all'altezza del petto si acuì, una fitta bruciante che la occupava tutta, impedendole addirittura di adirarsi per i suoi modi bruschi.
La cosa che detestava di più al mondo era ammettere di avere torto.
Dopo quella conversazione Roxanne dovette rivedere le sue priorità e dire che la cosa che più detestava in realtà era dover ammettere di avere in torto con Riddle.
« Io... Durante le vacanze natalizie ho fatto qualcosa che non avrei dovuto fare » mormorò con esasperante lentezza.
Lo sguardo di Tom si indurì. Sapeva di star provando la sua già scarsa pazienza ma quelle parole proprio non volevano decidersi ad uscire dalla sua gola, come tanti sassolini che le pungevano e graffiava il palato.
« Maledizione, Altgriff! » ringhiò Riddle, strattonandola a sé. « Vuoi arrivare al punto? »
Roxanne inspirò profondamente.
« Sono stata a Little Hangleton » esalò tutta di un fiato.
Tom si paralizzò e i suoi occhi brillarono di una luce strana.
« Little... Hangleton? » ripeté lentamente.
Roxanne annuì.
« Ho... ho parlato con tuo padre ».
Per un attimo Riddle non fiatò, limitandosi a stringerle il polso con tanta forza da costringerla a mordersi le labbra per non urlare di dolore.
« Tu... COSA? » sbraitò fissandola con uno sguardo feroce, bestiale.
A Roxanne ricordò l'espressione di quel bambino pallido che teneva sospesa nel vuoto la sua migliore amica, mentre le onde si infrangeva contro la grotta immersa nelle tenebre.
La lasciò andare di scatto con un gesto così repentino che lei perse l'equilibrio e rischiò quasi di cadere.
« Tom... » provò a trattenerlo, allungando appena una mano.
Lui frenò il suo gesto, gelandola con una sola occhiata. Tremava dalla testa ai piedi e quell'espressione terribile non abbandonava il suo volto, deformandolo.
« Vattene » bisbigliò con un tono stridulo e innaturale.
« Ma... »
« VATTENE! » ripeté alzando la voce con un tono di puro disprezzo.
Roxanne fissò quelle iridi colme di un veleno astioso. Vi lesse dentro il desiderio di colpirla o forse di farle qualcosa di ancora peggiore.
Gli occhi le si inumidirono di lacrime. Fuggì, la mente colma di quello sguardo gelido. Lo stesso sguardo che a nove anni le aveva fatto tremare le ginocchia e adesso le faceva tremare il cuore. 

 

***

 

7 Gennaio 1943 Corridoio del Secondo Piano, Hogwarts

 Il sapore della caccia aveva un retrogusto acre, decisamente forte.
Riddle inspirò profondamente, abbeverandosi del terrore della sua vittima.
« È così tua madre ha sposato un Babbano, non è vero Adrian? » chiese con un tono fintamente dolce al primino che tremava con le spalle addossate al muro.
Il corridoio del Secondo Piano era apparentemente deserto, la luce tremolante delle torce creava delle ombre allungate che si riflettevano sui muri e le armature di ferro. Il biancore di quello sporco Corvonero era inquietante, la sua pelle pallida quasi si confondeva con l'intonaco alle sue spalle.
Un ingegno smisurato per il mago è dono grato”.
A Riddle sembrava quasi di vedere gli ingranaggi di Adrian Wood muoversi rapidamente nella sua mente, alla ricerca di un'improbabile via di fuga.
« Sto aspettando la tua risposta » continuò giocherellando con la bacchetta che stringeva fra le dita. « Non sono un tipo molto paziente, per la verità » continuò affabile.
T-ti devo dire una cosa importante”.
I suoi denti bianchi che mordono il labbro inferiore, gli occhi che sembrano contenere una muta preghiera.
Maledizione, Altgriff! Vuoi arrivare al punto?”
Tom scosse la testa, come per allontanare quei ricordi spiacevoli che non facevano che aumentare l'irritazione che provava.
Adrian deglutì rumorosamente, schiacciando la schiena contro il muro.
« S-sì » balbettò appena.
Il ghigno sul volto di Tom si allargò. Il Corvonero aveva detto al verità. Non che facesse molta differenza, ovviamente.
Siamo usciti solo da amici. È la verità “.
Le sue labbra che si piegavano a pronunciare quelle parole, la voce che riverberava di sincerità. E lui che come uno stupido le credeva, lui che metteva a tacere la vocina che gli diceva che non doveva fidarsi, che la fiducia era solo per i deboli che non sanno andare avanti con le proprie forze...
« Uhm » mormorò avvicinandosi alla sua preda. « E dimmi, Adrian, com'è crescere con un Babbano dalle vene sporche? Non ti senti contaminato da una simile parentela? »
Sorrise, di un sorriso che sembrava fondersi con le tenebre e nutrirsi di esso.
Si sentiva come una fiera in caccia e il sangue all'interno delle vene ribolliva di un fuoco che non si sarebbe spento tanto presto. Il volto di Roxanne, i suoi occhi pieni di lacrime a malapena trattenute, gli appariva a tratti nella mente, colmandola come solo lei sapeva fare.
Fin da piccolo Riddle aveva avuto problemi a contenere le sue emozioni. A volte la rabbia lo riempiva come un cancro, un morbo putrescente che lo corrodeva da dentro fin a quando non si sentiva talmente colmo da scoppiare. E allora perdeva il controllo: gli oggetti intorno a lui iniziavano a turbinare, le luci si spegnevano, i cani guaivano e i bambini più sensibili rabbrividivano nei loro letti inamidati. Eppure dopo il suo primo incontro con Silente, in cui il mago gli aveva fatto intendere chiaramente che determinati comportamenti non erano ben accolti ad Hogwarts, aveva imparato a contenersi, a sfogare la sua ira in poche e misurate manifestazioni che gli procuravano un piacere controllato.
« Rispondi, Adrian, se non vuoi farmi arrabbiare ».
Aveva abbassato il tono stavolta, abbandonando le sue pretese di finta gentilezza.
Non perdeva il controllo, mai, eppure con Roxanne la sua freddezza tanto faticosamente conquistata si infrangeva come cristallo.
Lei era l'eccezione.
Lei era l'eccezione in tante, troppe cose, e questo pensiero lo mandava in bestia.
Avanzò di un passo ancora, fino a quando un metro appena lo separò dal volto pallido di Wood. Una goccia di sudore gli disegnava la fronte, scendendo pigramente lungo la guancia.
La mano destra tremava, tremendamente vicina alla tasca da cui si intravedeva il contorno della bacchetta.
« Io non lo farei se fossi in te » gli rivelò confidenzialmente. « Non riusciresti neanche ad estrarla ».
L'adrenalina pompava veloce nel sangue e la sua eccitazione cresceva di pari passo con il terrore di quell'insignificante bambino con gli occhiali tondi sul naso adunco. In realtà non aveva niente contro Adrian Wood. Era stata solo la sfortuna a portarlo sulla sua strada proprio nel momento in cui Riddle aveva sentito scivolare tutta la sicurezza via di dosso.
Ho... ho parlato con tuo padre”.
Le orecchie avevano iniziato a rimbombare dell'eco distorto di quelle parole.
Padre, padre, padre...
Lui non aveva un padre. Non lo aveva mai avuto. Non era suo “padre” quel Babbano che lo aveva abbandonato come se fosse solo uno scarto.
E l'Altgriff era andata a Little Hangleton, aveva parlato con lui...
La vista gli sfumò, i contorni degli oggetti si confusero gli uni con gli altri mentre un calore divampante si avviluppava al centro del petto, avvolgendo i suoi arti in tentacoli pruriginosi. Rimasero solo gli occhi di Roxanne, così smarriti e confusi. Avrebbe voluto colpirla, torturarla fino a farle sputare il sangue.
"Vattene”.
Un'unica parola, prima che la bestia che ruggiva dentro il suo petto prendesse il sopravvento.
Roxanne gli lanciò un'ultima occhiata spaventa ed implorante, prima di fuggire rapida per i corridoi.
Riddle rimase immobile, contando i ritmi affannosi del suo respiro. Non avrebbe saputo dire per quanto tempo restò lì, in mezzo al corridoio deserto, né per quanto vi sarebbe rimasto se qualcosa non lo avesse riscosso. Qualcuno, per la precisione. Un primino dagli occhiali troppo grandi e disarmanti problemi di equilibrio, che gli era venuto addosso per la seconda volta in pochi minuti.
Che si era gettato nella tana del lupo, con le sue stesse mani.
L'aveva visto allontanarsi sulle sue gambette storte, mormorando scuse impacciate.
La bufera che si agitava nel suo corpo aveva turbinato più forte mentre rifletteva che dopotutto era ora di far divertire un po' Avery e i ragazzi.
« Sai, non c'è bisogno di ricorrere alle bacchette » lo informò inspirando la sua paura come se fosse un profumo difficile da dimenticare. « Basta che tu dica a voce alta quanto è disgustoso vivere con un Babbano, respirare la stessa aria di quella feccia immonda... »
Wood tremava come una foglia, fissandolo con gli occhi sgranati, gli occhiali pericolosamente in bilico sul naso. Esitava e Tom si godeva quell'esitazione quasi più dell'atto in sé. Erano i preliminari di un gioco di cui conduceva i passi, una sottile violenza psicologica che gli faceva arricciare le labbra all'insù.
Perché doveva piegarsi, non solo nel corpo, ma sopratutto nell'anima. Doveva prostrarsi ai suoi piedi e riconoscere la sua indiscussa superiorità.
« Allora, Adrian? »
I
l ragazzino lo fissò con paralizzato stupore. Mosse le labbra, ma non uscì fiato dalla sua bocca.
Riddle sorrise e con un movimento lento posizionò la bacchetta di tasso sotto la sua gola, punzecchiandogli il pomo di Adamo.
« È di-digustoso » bisbigliò debolmente.
Il sorriso sul volto di Tom si allargò, mentre un brillio di trionfo gli accendeva le iridi. Trattenne la risata che gli si formò in gola, mentre un senso di potenza gli gonfiava il petto. Sapeva che avrebbe ceduto e si sarebbe umiliato, era un Corvonero dopotutto. La razionalità gli suggeriva di mettere la pelle al primo posto.
« Che cosa è disgustoso, Adrian? » soffiò mellifluo.
« Mi-mio padre. Mio padre è un Babbano disgustoso » ripeté balbettando, con le gote rosse e gli occhi lucidi.
Riddle abbassò la bacchetta, fissandolo con un sorriso inquietante.
« Hai visto che non era così difficile? »
Si allontanò, dandogli parzialmente le spalle. Anche girato riuscì a percepire la sua sorpresa e la sua speranza nel vedere una via di fuga.
I mezzo-sangue continuano a moltiplicarsi e a proliferare proprio come piccoli sporchi ratti.
Il suo antenato aveva tremendamente ragione. I mezzosangue erano semplicemente disgustosi, indegni di percorrere il suo stesso suolo.
Ed erano stupidi.
A quanto pare nemmeno il fatto di essere Corvonero riusciva a rendere meno prevedibili le loro mosse. Udì Wood allontanarsi sulle sue gambe traballanti, probabilmente convinto che in un lampo di bontà avesse deciso di lasciarlo andare. Non gli servì nemmeno di voltarsi per avvertire le figure di Rosier e Nott che uscivano da dietro le armature, rivelando la loro presenza. Udì Avery pronunciare un Impedimenta e il grido soffocato del primino che inciampava nei suoi stessi piedi.
Si girò lentamente, fissando quella scena che alleggeriva un po' l'oppressione nel petto.
Wood era rovinato al suolo e impugnava la bacchetta fra le mani, tremando così vistosamente che probabilmente non sarebbe riuscito a lanciare nemmeno un Lumos.
Avery ed Evan si avvicinavano poco a poco, stringendoglisi intorno come una morsa. Nott invece era rimasto immobile, accanto all'armatura di ferro. Era pallido come un fantasma ma sulle labbra aveva quel sorriso, quella smorfia ferina che rifletteva solo in parte l'eccitazione che gli adombrava lo sguardo.
Il Corvonero provò a rialzarsi, gettando occhiate disperate ad ogni angolazione. Cercava vie di fuga ma Riddle sapeva che non le avrebbe trovate: Rosier ed Avery gli bloccavano il corridoio, lui era alle sue spalle e Nott era proprio davanti allo svincolo per il Terzo Piano.
Le sue labbra si tesero in una linea sottile che avrebbe potuto esprimere compiacimento come fastidio. Anche quell'agguato era riuscito alla perfezione: aveva anticipato tutti i movimenti della vittima, disponendo i suoi uomini come tante pedine in una scacchiera. Adesso era arrivato il momento di sfogarsi un po', prima di lasciare agli altri il divertimento.
Tom allungò il passo, mentre un rumore di occhiali infranti si dispiegava per i corridoi mal illuminati.
 

 

***

 

 

7 Gennaio 1943 Corridoio del Secondo Piano, Hogwarts

 Una settimana. Una lunga, interminabile settimana era passata.
Sette giorni in cui non era passato un solo istante senza che Druella Rosier trasalisse, voltandosi di scatto se solo avvertiva dei passi alle spalle.
Sette giorni in cui si era aggrappata alla speranza che lui la cercasse ancora, che la volesse di nuovo per sé. Che facesse qualcosa. Qualsiasi cosa, purché le dimostrasse che quello che era accaduto fra loro non era stato solo l'ennesimo atto di umiliazione.
Sette giorni che le erano sembrati lunghi come sette anni.
Druella sospirò, spostando le ciocche corvine che le ricadevano sugli occhi con un gesto stanco.
Lui non l'aveva cercata. Mai.
Le era passato accanto per i corridoi, ignorandola come se non fosse niente di più che tappezzeria.
Aveva mangiato al suo fianco nella tavolata verde-argento – si era sentita morire ogni volta che il suo gomito la sfiorava inavvertitamente – e l'aveva trattata come se fosse una qualunque.
Nessuno sguardo, né gesto, nemmeno un guizzo involontario del viso aveva tradito che fra loro ci fosse stato qualcosa di più della fredda cortesia. A volte aveva persino l'impressione di essersi immaginata tutto e che quella mattinata fra le sue lenzuola non fosse mai avvenuta.
O che fosse stato uno sbaglio. Un errore.
Deglutì, mentre l'eco di quella parola dolorosa le si propagava ancora nella mente. Druella si sentiva sbagliata, inadatta a vestire i suoi stessi panni. Era una sensazione così inusuale per lei che era nata con l'idea di sapere già quale sarebbe stato il suo posto nel mondo, che la destabilizzava, facendola rigirare nel letto fino a quando le lenzuola non le si appiccicavano addosso, stringendole i fianchi. In quei momenti la sua mente ripercorreva ogni gesto di quella fatidica mattina, ogni parola che lui aveva pronunciata, ogni espressione che gli aveva solcato il volto, alla ricerca di qualcosa che le fosse sfuggito e testimoniasse che non era solo una povera illusa.
Si addormentava con quella domanda che le ronzava nel cranio e quella sensazione vischiosa di sporcizia addosso. Si svegliava sperando che lui avrebbe dissipato i suoi dubbi, anche solo con quel suo sorriso sghembo che la faceva morire, e trascorreva le ore in attesa di qualcosa che probabilmente non si sarebbe mai verificato.
Druella Rosier accelerò l'andatura, percorrendo a passo deciso il corridoio, pestando i piedi quasi volesse rifarsi con il pavimento della rabbia e delusione che provava dentro.
« Aconito » mormorò con sconforto di fronte alla parete della sua Casa.
Scivolò dietro di essa, subita accolta dalla piacevole semioscurità della Sala Comune. Il fuoco verde brillava nel camino – era stato Evan ad incantarlo perché assumesse quel colore – ammantando la stanza di bagliori freddi ed irreali. Il cuore aumentò i suoi battiti nel petto e Druella si ritrovò a trattenere il respiro quando si rese conto di non essere l'unica nella stanza. C'era un ragazzo girato di schiena proprio davanti al camino incantato, l'ombra del suo mantello che si allungava sul pavimento fin quasi a raggiungerla. Chinò il capo, con un moto di delusione.
Non era lui.
Cygnus Black continuò a stracciare le pagine di quaderno dalla copertina nera che stringeva fra le mani, i fogli appallottolati venivano gettati nel camino e le fiamme voraci li lambivano fino a che non rimaneva che cenere. Erano solo loro due nella Sala, gli altri suoi compagni erano a seguire le lezioni, cosa che anche lei avrebbe fatto se non fosse stata troppo depressa per concentrarsi su alcunché. Nel silenzio della stanza il rumore della carta strappata risuonava amplificato.
Cygnus non si voltò nella sua direzione né diede segno di essersi accorto della sua presenza. Tuttavia il modo in cui irrigidì la schiena e in cui i suoi gesti si fecero ancora più rabbiosi e decisi, la convinse che sapesse che era alle sue spalle ma avesse semplicemente deciso di ignorarla.
Che novità.
Abbassò il capo, fissando le mattonelle del pavimento. A quanto pareva non era degna dell'attenzione di nessuno, né di quella di Riddle, né di quella di Black.
Si riscosse dai suoi pensieri, scuotendo il capo in un turbinio di ricci neri. Non le era mai importato un accidenti di Cygnus ed era abituata ad essere considerata meno di zero da lui, probabilmente non ci avrebbe nemmeno fatto caso se non fosse che in quel periodo era più sensibile del solito.
Avanzò a grandi passi, più che decisa a lasciarsi alle spalle lui e il suo stupido quaderno. Che cosa le importava se si divertiva a stralciare pagine e gettarli nel fuoco...
« Che cosa stai facendo? » quasi urlò, immobilizzandosi sul primo scalino che portava al suo Dormitorio.
Cygnus non le rispose continuando a lacerare i fogli con più acredine di prima. Fogli che appartenevano a un quaderno nero che conosceva bene, che ora che fissava attentamente non poteva essere che quello... Il suo diario.
« Smettila! Smettila subito! »
Avrebbe voluto che il tono uscisse imperioso, invece la sua voce la tradì, emettendo un verso stridulo e quasi implorante. Druella rimase paralizzata, osservando quelle lingue di fuoco che inghiottiva piccoli pezzi della sua vita, sentimenti che non aveva il coraggio di confessare a nessuno se non a se stessa. Le sembrava ci fosse qualcosa di profetico nella scena che aveva sotto gli occhi, che per quanto a lungo avesse cercato di ingannare se stessa alla fine avrebbe dovuto ammettere che del suo amore per Riddle non sarebbe rimasto che cenere.
« Perché...? » mormorò senza avere parole per proseguire.
Finalmente Black si fermò, girandosi a guardarla.
Per un attimo – mentre fissava il suo viso distorto dall'ira – a Druella sembrò che il tempo si fosse fermato. Non si era mai soffermata ad osservare attentamente il suo promesso, il solo fatto che i suoi genitori le avessero imposto di sposarlo era stato sufficiente perché lei provasse un istintivo moto di ribellione e lo sfogasse comportandosi nei suoi confronti nel modo più arrogante e supponente possibile. Ma Cygnus non reagiva mai: manteneva il suo sguardo impassibile e freddo, fissandola come se fosse una bambina che faceva i capricci. Così ben presto Druella si era stancata di provocarlo e aveva cercato qualcos'altro che attirasse la sua attenzione, come Riddle, per esempio.
In quel momento però il volto di Black era come trasfigurato: i suoi occhi nocciola – quegli occhi pacati che sembravano osservare tutto il mondo con annoiato distacco – mandavano lampi, la pelle sempre pallida e smorta era arrossata per la tensione, i capelli si inanellavano in ciocche scomposte al di sopra delle orecchie. Sembrava sul punto di esplodere da un momento all'altro e Druella non ricordava di averlo mai visto così... vivo come in quel momento.
« Perché? Hai anche il coraggio di chiedermi il perché, Rosier? Dovrei essere io a farti questa domanda. Dovrei essere io a chiederti come hai fatto a scrivere queste schifezze » le rispose sventolandole davanti il diario.
L'occhiata che le rivolse era colma del più nero disprezzo al punto da lasciarla lì, completamente disorientata, ad osservarlo mentre apriva in malo modo il libro, sfogliandone le pagine e soffermandosi su alcuni punti:
« Caro Diario, stasera ho conosciuto un ragazzo veramente affascinante. Si chiama Tom Riddle e ha due occhi che mozzano il respiro. Lì per lì sembrava che stesse sulle sue, ma quando nella conversazione è venuto fuori il nome della mia illustre famiglia si è girata a guardarmi e il cuore mi si è fermato nel petto. Sapevo che non poteva rimanere indifferente alla nobiltà del mio sangue...»
Si interruppe, alzando al testa per fissarla gli occhi. L'intero corpo sembrava un fascio di nervi e le labbra erano tese in una smorfia al contempo amara e sarcastica. Druella arrossì, stringendo i pugni per l'umiliazione. Fece un passo in avanti con l'intenzione di riprendersi il diario, ma bastò un'occhiata di quello per farla desistere dal suo proposito. Rimase ferma, paralizzata dall'accusa che gli lesse nello sguardo, mentre quello riprendeva a leggere.
«
 Caro Diario, è ufficiale: sono innamorata! Di Tom Riddle, ovviamente. So che i miei non approverebbero, loro desiderano che mi sposi con Black, ma io sono intenzionata a fare di testa mia. Ma anche se fossi costretta a sposare Cygnus... potrei comunque amare Tom, no? »
« E con questo? » lo interruppe lei, incrociando le braccia sul petto e recuperando il suo spirito battagliero.
Si rifiutava di sentirsi in imbarazzo. Era il suo diario, aveva tutto il diritto di scriverci quello che voleva.
« Che cosa vorresti dimostrare? Lo sai che mi piace Riddle, lo hai sempre saputo e non ti è mai importato! Come ti permetti di frugare fra la mia roba e di farmi questa scenata di gelosia? »
Cygnus rise, di una risata secca e pungente. Le mani stringevano la copertina del diario con così tanta forza che le nocche erano sbiancate e la carta ai lati leggermente deformata.
« Sì, lo sapevo. Non ne hai certo fatto un segreto » annuì guardandola apertamente. « E non ho mai aperto bocca al riguardo perché conosco Riddle, probabilmente molto meglio di quanto lo conosci tu, e so che si sarebbe solo divertito a stuzzicarmi » ridacchiò nuovamente, un suono basso e gutturale che le fece venire i brividi.
Si rese conto in quel momento di non conoscere Cygnus, di non conoscerlo affatto, di non sapere nemmeno quale era il suono della sua risata...
« E poi, per Salazar, era così evidente che la tua cotta non era corrisposta! Credevo che la tua sarebbe rimasta una semplice infatuazione, che Riddle non ti avrebbe mai degnato di uno sguardo, ma a quanto pare mi sono sbagliato » disse riaprendo il diario e rincominciando a leggere. « “Caro Diario, mentre ti scrivo la mano mi trema ancora per l'emozione. Io e Tom abbiamo fatto l'amore. Mentirei se scrivessi che è stato come mi aspettavo... lui era brusco, come se andasse di fretta, e confesso di aver provato dolore. Ma era solo la prima volta, no? Magari la prossima volta sarà più dolce, magari anche lui era teso come ero tesa io. Le cose non potranno più essere come prima fra noi e questa prospettiva mi elettrizza ancora!” E pensare che all'inizio non ci credevo! Non volevo crederci quando nella Sala si è sparsa questa voce, ma a quanto pare era la verità...»
L'ultima frase fu quasi un ringhio. Cygnus chiuse il diario di scatto, lanciandolo ai suoi piedi. Atterrò con un rumore cupo sul pavimento di marmo, in un marasma di fogli e inchiostro. Druella lo osservò senza il coraggio di raccattarlo, mentre Black riduceva con pochi passi la distanza che li separava.
« Ti sei forse scordata di chi sei la fidanzata, Rosier? » le chiese sovrastandola minaccioso « Credi davvero che io ti consentirò di avere altri uomini anche dopo che saremo sposati? »
Oh. Un piccolo moto di delusione le attraversò il petto.
« Si tratta di questo allora » mormorò con voce amara. « Ti preoccupi della tua reputazione ».
Che sciocca. Eppure per un momento aveva creduto davvero che lui fosse geloso, che tenesse a lei, anche solo un minimo...
Il corpo di Cygnus fu scosso da un tremito e il suo sguardo si fece più tagliente.
« Tu diventerai mia moglie. Non pretendo il tuo amore, ma almeno il tuo rispetto ». I suoi occhi si addolcirono per un attimo. « Come fai a non capire che a Riddle non importa niente di te? Ti usa, come ha usa tutti quelli che lo circondano». A quelle parole Druella trasalì violentemente. « Se solo ripenso a quello che ho letto, mi viene voglia di schiantarlo » mormorò rivolto a se stesso mentre contraeva i pugni delle mani.
Druella tremava e un groppo all'altezza della gola le rendeva difficile rispondergli.
« Promettimi che una cosa del genere non si ripeterà mai più » le disse con un tono che assomigliava a un ordine.
« Io... »
« Prometti ».
Druella si ritrovò ad annuire, mentre finalmente il volto di Cygnus pareva più disteso. Le lanciò un ultimo, intenso sguardo, prima di girarsi e lasciarla sola nella Sala deserta a chiedersi chi fosse quel ragazzo dal tono autoritario e che ne avesse fatto del suo promesso.

 

 

***

 

 

A Mirtilla Malcontenta non piaceva agire direttamente.
Preferiva muoversi dietro le quinte, lasciando gli altri a fare il lavoro sporco. Il problema era che Druella si era rivelata una delusione.
Certo, era partita bene con quell'incidente quasi mortale. Il giorno in cui Roxanne Altgriff era finita in infermeria, Mirtilla aveva fatto letteralmente i salti di gioia, al punto che le persone che la conoscevano si erano preoccupati per quello sprazzo di buonumore di cui era decisamente priva.
Ma poco dopo le cose erano andate nuovamente a rotoli e Mirtilla aveva pianto talmente tanto per quel destino disgraziato da avere i condotto lacrimali secchi. Roxanne aveva mostrato una cocciutaggine davvero fuori dall'ordinario, nemmeno le minacce di Druella erano riuscita a tenerla lontana dal suo Tom e la Rosier...
Mirtilla avanzò con un passo sgraziato per il corridoio, diretta verso l'ennesima lezione mattutina. La verità era che si sentiva tradita dalla Rosier: non solo non era riuscita ad allontanare quell'odiosa Grifondoro ma se era vero quello che si mormorava in giro era addirittura andata a letto con Riddle, facendogliela proprio da sotto il naso. Le tremava ancora un po' la voce e delle brutte chiazze rossastre le apparivano in faccia se solo ripensava a quella subdola serpe: Druella si era rivelata un'arma a doppio taglio.
Si immobilizzò di colpo, nascondendosi dietro un'armatura cigolante non appena il viso di Roxanne entrò nel suo campo visivo. Osservò le sue gote arrossate, i capelli arruffati intorno al visino corrucciato, la borsa allacciata solo da una parte e pergamene e libri che rischiavano di fuoriuscire dall'altra e uno strano sorriso le affiorò alle labbra.
Dopotutto il fatto che Druella fosse andata a letto con Tom poteva ancora avere una sua utilità.
Si avvicinò alla Grifondoro, sistemandosi gli occhiali sulla punta del naso a patata e schiarendosi rumorosamente la voce.
« Roxanne! » la salutò con un sorriso falso, come se fossero amiche da sempre.
Quella sollevò i suoi occhi grigi di scatto, cercando di controllare la respirazione accelerata.
« Oh, ehm... Mirtilla ».
Ci fu un attimo di incertezza nel tono della sua voce e Mirtilla immaginò che avesse dovuto sforzare la memoria per ricordare il suo nome. Quel pensiero la indispettì. Era così insignificante che il suo nome non era nemmeno degno di essere rammentato?
Ricacciò l'indignazione dentro di sé, cercando di mostrarsi affabile.
« Hai passato delle belle vacanze? Sai, mi dispiace così tanto per quello che ti ha fatto il tuo ragazzo... » aggiunse senza darle il tempo di rispondere.
Roxanne sgranò gli occhi, che divennero ridicolmente grandi. A Mirtilla ricordavano il cielo plumbeo londinese, un colore che sembrava preannunciare pioggia da un momento all'altro. Disgustoso come era disgustoso tutto di quella ragazzina venuta da chissà dove che si credeva meglio di lei solo per qualche bel voto e l'inspiegabile attrazione che provocava sul suo Tom.
« Ragazzo? » chiese quella scuotendo la testa. I capelli gonfi e crespi le vorticarono intorno alla testa. « Non so di che cosa tu stia parlando, io e Septimus non stiamo insieme e... »
« Veramente » la interruppe Mirtilla che non aveva la minima intenzione di ascoltare le tiritere sulla sua vita sentimentale « Io parlavo di Riddle ».
« Oh » disse quella arrossendo all'istante. « Be', la risposta non cambia... Io e Tom non stiamo insieme ».
« Ma davvero? » chiese con tono visibilmente sorpreso. “E non ci starai mai, carina” pensò rabbiosamente fra sé. « Allora è tutto chiaro » aggiunse annuendo come se i pezzi di un puzzle andassero finalmente al loro posto. « In effetti era impossibile che Tom facesse una cosa simile...»
Lasciò la frase in sospesa, aspettando che l'Altgriff abboccasse all'amo.
« Una cosa simile? » ripeté infatti quella, facendosi d'improvviso attenta « Di che parli? »
Mirtilla sgranò gli occhi a palla mormorando con la sua vocetta stridula:
« Uh, non lo sai? Ne parla tutta la scuola. Forse non dovrei essere io a dirtelo ma... durante le vacanze, quando tu eri all'orfanotrofio, Tom è andato a letto con Druella ».
Tacque, godendosi l'effetto delle sue parole.
Questo è persino peggio di quando ti è schizzato il veleno addosso, non è vero, Altgriff?
A volte le parole potevano essere più taglienti di qualsiasi Schiantesimo, lo sapeva bene lei che veniva crudelmente sbeffeggiata e passava metà del tempo a piangere nel bagno delle femmine.
« No... » mormorò Roxanne, ogni traccia di colore evaporata come per magia dal suo volto.
« Oh, sì » confermò malignamente Mirtilla. « Credo che sia stato proprio il giorno del suo compleanno » infierì fingendosi pensierosa.
Rimase in silenzio, studiando il volto distrutto della rivale. Gongolando per quegli occhi che vagavano sul suo viso confusi – forse alla ricerca di una qualche traccia di bugia che non riuscivano a trovare – delle sue labbra da cui non usciva fiato, del suo respiro rotto nel petto.
L'Altgriff era come un libro aperto e non ci voleva molto per capire che aveva il cuore spezzato.
« Ti sbagli » esalò come aggrappandosi a quell'ultima speranza.
Mirtilla si divertì a strappargliela da sotto i denti, distruggendo quell'appiglio illusorio.
« È la verità. Chiedilo a lui, se non ci credi » rimarcò con un sorriso vittorioso.
Incassò le spalle come se l'avesse colpita con la forza di un pugno. Per un attimo le sembrò di vedere i suoi occhi farsi lucidi, ma prima che potesse appurarlo Roxanne le diede la spalle e fuggì per il corridoio, troppo veloce perché potesse trattenerla ancora.

 

***

 

 

7 Gennaio 1943 Sotterranei Hogwarts

 Quella giornata era iniziata nei peggiori dei modi e Eloise aveva la sensazione che si sarebbe conclusa anche peggio. Certo, non aveva il talento divinatorio della gemella, ma non serviva un genio per dedurre che da una mattinata caratterizzata da ben due ore di Pozione con Serpeverde non si sarebbe potuto trarre niente di buono.
Sospirò, appoggiando la mano al mento e facendo degli stupidi disegnini sul banco. L'unica cosa positiva era che quel giorno Lumacorno aveva deciso di dedicarsi a una lezione di teoria, così non avrebbe corso il rischio di spezzarsi le unghie nel rivoltare ingredienti disgustosi e non si sarebbe dovuta fare una doccia lunga ore per togliersi di dosso l'odore appiccicoso di muco di Vermicoli.
Alzò la testa, sul punto di tirare una pallottolina di carta a Sybil, in un gesto inconscio dettato dalla noia. Abbassò la mano di scatto, mentre i suoi occhi si appuntavano sulla schiena dritta come un fuso della gemella. Si era posizionata praticamente nella parte opposta della stanza e non poteva essere un caso.
Sospirò di nuovo, più forte, incurante di quel tricheco di Luma.
Sapeva di non essere stata particolarmente brava a perorare la sua causa. Non lo era mai. Sua madre diceva che non aveva filtri e che le parole uscivano dalla sua bocca con la velocità di Bolidi impazziti. Eloise non poteva darle torto, ma quel dettaglio fino a quel momento non era mai stato un problema.
Non c'era mai stato bisogno di parole per comunicare con Syb.
Ma a quanto pare era stata una sciocca a credere che il loro legame fosse indistruttibile.
Strinse le mani a pugno, desiderando come non mai avere Rosier sotto tiro. Era colpa sua se per tutte le vacanze natalizie l'atmosfera a casa era stata irrespirabile e Sybil si era nascosta nella sua camera come se le pareti l'avessero inghiottita viva. Era tutta, stramaledettamente colpa di Rosier.
« Fra i dodici usi del sangue di drago... »
Finse di prendere appunti perché Luma guardava nella sua direzione e non avrebbe sopportato di pulire un'altra coppa in tutta la sua vita. Spostò la frangia rossa che le era ricaduta sugli occhi, con un gesto stanco.
Ma chi voleva prendere in giro. Era anche colpa sua se le cose erano arrivate fino a quel punto.
Avrebbe dovuto accorgersi prima del complesso di inferiorità che Sybil aveva nei suoi confronti. Quella Serpe infida doveva aver fatto leva su quello per metterle l'una contro l'altra. E adesso lei non sapeva nemmeno da che parte rifarsi per chiedere scusa...
La piuma d'oca fra le sue dita si piegò, mentre una goccia di inchiostro sporcava la pagina. In un rigurgito di orgoglio rosso-oro pensò che dopotutto non doveva essere lei la prima a ammettere le sue colpe. Forse aveva sbagliato, ma niente che giustificasse la mancanza di fiducia di Syb. Doveva essere lei la prima a scusarsi...
Il bigliettino la colpì alla nuca, facendola sussultare.
Si girò di scatto, già pronta a redarguire il responsabile di quello scherzo scemo. Goyle, una ragazza dal muso stolido come quello di un bovino, le passò una gomma da cancellare, sbirciando furtiva in direzione del professore.
Eloise si rigirò l'oggetto fra le dita, fissandolo perplessa.
« Be'? » bisbigliò perplessa « Che dovrei farci? »
Quella scrollò le spalle, come a dire che non ne aveva idea. Tipico della Goyle il non fare domande: in fondo era troppo stupida per capire le risposte.
Stava già per rispedirle la gomma – in un occhio possibilmente – quando notò una scritta che si formava sulla cima di essa. Sempre più confusa si chinò a leggere.

Ehi, zuccherino!
Dopo ho gli allenamenti, ti va se ci troviamo nella solita aula appena ho finito?
Scrivi pure la risposta sulla gomma, ne ho una comunicante!
Zack

Alzò la testa, mentre i suoi occhi percorrevano le divise verde-argento, fino a focalizzarsi su quella di Zabini. Il moro la fissava sfrontato, con uno sguardo che la diceva lunga su quale fosse il modo che aveva in mente per passare il tempo.
Zack ammiccò nella sua direzione, mimando il gesto di scrivere.
Digrignando i denti, Isy intinse la punta nel calamaio.

 

 Zabini non so più in che lingua dirtelo: io e te abbiamo chiuso!
Non verrò in nessuno stupidissimo posto con te, chiaro? 

 

 Osservò per un attimo le parole che brillavano sulla gomma bianca. Un istante dopo erano scomparse, come risucchiate.
Ingegnoso. Non poté trattenersi dal pensare mentre notava che Zabini leggeva la sua risposta. Adesso iniziava a capire come diamine faceva ad avere quella media alta nonostante non fosse praticamente mai sui libri...
Anche da quella distanza notò la smorfia di fastidio che gli arricciò le labbra. La risposta non tardò a comparire sotto i suoi occhi:

Dolcezza, non dovresti tirare così tanto la corda.
Posso sempre chiederlo ad altre ragazze, sai?

Quella volta, se possibile, il fastidio fu ancora maggiore.
Decisamente una pessima, pessima giornata.
Vergò la risposta di impulso, senza rifletterci nemmeno per un secondo. Zabini le stava suggerendo che era facilmente rimpiazzabile? Bene, non chiedeva di meglio!

Non mi interessa minimamente a quale oca rivolgerai le tue avances,
basta che non sia io
!

Giusto per ribadire il concetto, Eloise gli scagliò la gomma contro, cogliendo un momento di disattenzione di Lumacorno che aveva iniziato a scrivere formule alla lavagna.
Zabini la afferrò al volo – non per niente era un Portiere – prima che lo potesse colpire in faccia.
Il fatto che non fosse riuscita a colpirlo le dispiacque un po', ma il suo orgoglio ferito fu sollevato dal notare la faccia allibita del Serpeverde.
Così impara.
Forse non essere interessata a una storia seria – e probabilmente non lo sarebbe stata prima dei trent'anni – ma non per questa Zack poteva illudersi di trattarla come un oggetto. Provò a ricopiare diligentemente gli appunti dalla lavagna, ma quando si ritrovò a strangolare la sua piuma, Eloise dovette convenire fra sé e sé che per quel giorno il suo grado di attenzione rasentava drammaticamente lo zero assoluto.
Appoggiò di nuovo la testa alla mano, le viscere che le si contorcevano per la proposta sfrontata di quel cretino di Zabini. La cosa peggiore era che una parte di lei dopo tutto, credeva che fosse un peccato avergli detto di no. Zack era un bel ragazzo, era interessante e a letto se la cavava alla grande.
Però...
Però restava il fatto che lei – e di sicuro anche lui – non voleva una storia seria e se avesse continuato a frequentarlo avrebbe finito affezionarsi.
Per ritrovarmi il cuore spezzato, quando lui passerà alla prossima svampita? No, grazie.
La sua mente fece appena in tempo a partorire quel pensiero che Isy notò un certo trambusto nella fila accanto alla sua.
Si girò stizzita e le parve che il peso alle viscere triplicasse nel notare che Zabini fissava Violet-Ce-l'ho-solo-io Bullstrode, anzi che più fissare lei, fissava le sue gambe chilometriche che spuntavano dalla divisa. La Serpeverde in questione gli lanciò un sorrisetto malizioso, mentre con le labbra gli mimava un “A dopo” che non sfuggì alla sua attenzione.
Eloise si voltò di nuovo verso il professore, prima che Zabini la sorprendesse a spiarli e scambiasse la sua indignazione per gelosia. Avvertì un sapore spiacevole al palato e pensò che aveva probabilmente stabilito un record: dubitava che qualche altra ragazza in tutta Hogwarts fosse stata sostituita così velocemente.
Si perse nei suoi pensieri, al punto che si accorse quasi con sorpresa che la lezione era finita e che poteva finalmente lasciare quei gelidi Sotterranei. Raccattò velocemente le sue cose, pronta a fiondarsi via di lì il prima possibile.
« Signorina Knight! » la richiamò Lumacorno prima che potesse guadagnare l'agognata salvezza. « Avrei bisogno di parlare un secondo, se ha tempo ».
Di male in peggio.
Si ritrovò a pensare, mentre tratteneva a fatica un gemito di sconforto. Forse Sybil non era l'unica con doti divinatorie in famiglia: quella giornata si stava proprio rivelando un incubo.
Si avvicinò alla cattedra, strusciando i piedi per terra.
« Senta professore, se è perché oggi non era molto attenta io... » esordì spostando il peso da un piede all'altro.
Luma la fissò un po' stupito.
« Non è per questo, Knight » la interruppe.
« Oh » mormorò dandosi mentalmente della deficiente « Allora è per il tema sul Veritaserum? Lo so che non era proprio cinquanta centimetri ma...»
« Non è nemmeno questo il motivo » la fermò di nuovo, stavolta senza riuscire a trattenere un sorriso divertito.
« Ma allora cosa... ? » domandò spaesata.
Lumacorno incrociò le mani sul ventre rubicondo, fissandola come se volesse soppesarla.
Quello sguardo la mise stranamente in soggezione e Isy si ritrovò a chiedersi se avesse combinato qualche guaio – l'ennesimo – senza nemmeno accorgersene.
« Sa, signorina Knight, di solito ogni anno ho un'abitudine... Per la verità tendo a prediligere il periodo natalizio ma questa volta ho preso quel terribile raffreddore singhiozzante che... Oh, ma credo non le interessi » aggiunse furbescamente notando che la soglia di attenzione di Eloise si stava nuovamente abbassando. « Quello che volevo chiederle è: mi aiuterebbe ad organizzare una festa, signorina Knight? »
Non appena recepì appieno le parole di Lumacorno, gli occhi di Eloise brillarono.
« Una festa? » ripeté speranzosa.
Il professore si limitò ad annuire con aria soddisfatta.
« Ero certo che le sarebbe piaciuta come idea ».
Un sorriso luminoso le si dipinse in volto.
A quanto pareva Sybil era davvero l'unica Veggente in famiglia.
E andava benissimo così.



Note:
1. Citazione da Harry Potter e il Principe Mezzosangue.



Ciao di nuovo!
allora capitolo corposo, spero che qualcuno riesca ad arrivare fino in fondo! >.<
Non so se questa reazione di Cygnus vi ha stupito o meno... All'inizio non l'aveva preventivata, poi ho deciso che ogni tanto anche i maschi Purosangue dovevano tirare fuori gli attributi e non solo le femmine! u.u
Ritorno in scena di due personaggi di cui non si parlava da un po': Zabini e Mirtilla. Vi erano mancati? XD
Passando ai ringraziamenti: ringrazio ladyselena15, _Febe, Silvie LeFay, Morgana_D, MaryParker, kurioone, Queen Malfy Slytherin, Bsky89, psichedelicia666 e Cassandra Turner che hanno commentato lo scorso capitolo. Un grazie speciale va ad Erodiade che commenta fin dal primo episodio! <3 * Riddle appare alle sue spalle e le consegna una spilla con scritto "Mangiamorte dell'anno".
Vi linko le immagini di Tom e Rox: 

Tom 
Rox
Direi che ho finito, non so quando aggiornerò, credo fra lameno due settimane!
un bacio
Ely
 

 


 

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Capitolo 20
*** Confessioni amare ***


 
 
Ciao a tutti!
Prima di lasciarvi al capitolo volevo comunicarvi che Maryparker, la mia nuova eroina, è stata così gentile da creare un bellissimo video sulla ff.
Ve lo linko qua sotto, sperando che troviate il tempo per andarlo a vedere perché io personalmente me ne sono innamorata! :D
 

D'amore e d'ombra 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Confessioni Amare  

 
 
 

Il volto di Riddle si contorse in una smorfia.
Poi il ragazzo si costrinse a sorridere:
un sorriso orrendo. (1)
 
 
 
 

 

9 Gennaio 1943 Dormitorio Femminile Torre Grifondoro
 
Il tempo per Eloise trascorse a una velocità impressionante.
La festa del Lumaclub si sarebbe svolta da lì a una settimana e in quei giorni non era insolito vederla sfrecciare da un corridoio all’altro con le braccia cariche di pacchi e fogli svolazzanti. L’idea di organizzare il primo party della sua vita – fatta esclusione per la festa di compleanno di Roxanne, ma lì si era limitata a scendere in cucina e chiedere a un servizievole elfo dalle orecchie flosce di preparare una delizia panna e cioccolato in grado di sfamare un intero Dormitorio – continuava ad entusiasmarla anche se aveva scoperto che Lumacorno, dietro quel faccione di rubiconda gaiezza, era in realtà un sadico schiavista.
Eloise accelerò il passo, barcollando un po’ sotto il peso delle decorazioni e rischiando di finire a gambe all’aria. Si ripeté mentalmente la lista che si era fatta, nella speranza di riuscire a sbrigare in mattinata la maggior parte delle occupazioni.
1. Inviare un gufo di conferma alle “Gemelle Vampire” (gruppo rock non esattamente dei più famosi ma che aveva l’indiscutibile vantaggio di esibirsi gratis perché una delle cantanti aveva fatto parte del Lumaclub).
2. Parlare con il Barone Sanguinario per convincere Pix a tenersi alla larga dal Secondo Piano almeno per quella sera.
3. Compilare una serie di inviti che Lumacorno era troppo pigro da vergare personalmente.
4. Decorare l’Ufficio del professore che lui avrebbe provveduto ad allargare con la magia, trasmutandolo in qualcosa di simile a una sala da ballo (almeno quello il vecchio tricheco sembrava disposto a farlo senza bisogno di aiuto).
5. Scendere in cucina e consegnare agli elfi domestici il sofisticato menù ideato da Lumacorno.
6. Comprarsi un vestito decente e trovare anche il tempo per qualche salutare trattamento di bellezza.
Eloise sospirò, passandosi le dita nella frangia colorata nel vano tentativo di metterla in ordine.
« Lupus in fabula » mormorò distrattamente davanti al ritratto della Signora Grassa.
« Proprio così, cara! » rispose quella mentre le familiari fossette le si dipingevano sulle guance. «Mi raccomando non fate troppa baldoria Venerdì! O almeno non fatela senza di me! »
Le strizzò l’occhio, scivolando di lato e consentendole l’ingresso nella sua Casa. Eloise non si chiese come facesse a sapere della festa, la Signora Grassa aveva fama di essere un’adorabile pettegola e credeva che davvero poco di quello che succedeva nel castello sfuggisse ai suoi attenti occhi porcini. Salì le scale che portavano al suo Dormitorio, le braccia indolenzite per il troppo peso.
Il professor Lumacorno voleva realizzare una festa “elegante ma che non risultasse noiosa” e in preda ai suoi assurdi sbalzi di umore le aveva fatto ordinare migliaia delle più disparate decorazioni: tovaglie blu con filigrana argentata, cuscini di diverse dimensioni e colori, poster moderni e irriverenti che un momento sembrava adorare e l’altro guardava inorridito, perfino delle buffe palle di vetro con dentro delle fatine bellicose che agitavano le ali traslucide e brillavano al buio di una luce fluorescente. Per non parlare dei vestiti! Lumacorno aveva cambiato idea tante volte che Isy aveva finito per perdere il conto: abbigliamento informale, elegante, in costume, di gala… Il fatto che persino lei avesse difficoltà a stargli dietro, la diceva lungo sul suo grado di ossessione. E nell’attesa che il tricheco prendesse la decisione finale le scatole piene di cianfrusaglie si ammucchiavano nella stanza di Eloise, sotto lo sguardo perplesso e un po’ scettico di Roxanne e Sybil.
Fece per abbassare la maniglia, quanto mai desiderosa di posare quelle scatole ingombranti e gettarsi sul letto. Persino l’idea di studiare non le sembrava tanto male rispetto alla montagna di incarichi che le aveva assegnato Lumacorno…
« Non metterti a farmi la predica anche tu, Rox. Io e mia sorella abbiamo già affrontato questo discorso migliaia di volte ».
La voce di Sybil, fredda e insolitamente guardinga, filtrò dalla fessura della porta, immobilizzandola sull’uscio.
« Andiamo, questa storia non può continuare! È di Isy che stiamo parlando, non di una sconosciuta qualsiasi… »
Era la voce di Roxanne e lei si ritrovò a sussultare nell’udire il suo nome.
« È proprio perché è mia sorella che il suo tradimento fa così male ».
Sistemò meglio il pacco fra le mani, appoggiando la schiena al muro, più che decisa ad ascoltare la conversazione. Forse non avrebbe dovuto origliare così, d’altronde non era colpa sua se la gemella si era trincerata dietro un muro di silenzio alto come una casa. Si trattava di un caso di legittima difesa, a ben guardare.
« Isy dice di non essere stata con Evan » la interruppe Roxanne. « Sostiene che lui si sia inventato tutto per farvi litigare… »
Eloise si ritrovò ad annuire, facendo mentalmente un lungo ed entusiastico applauso all'amica.
« E per quale motivo avrebbe dovuto fare una cosa del genere? ». Anche se non l’aveva sotto gli occhi le sembrava quasi di vedere la sorella che la fissava con aria scettica, sgranando quei suoi occhioni azzurro pallido. « Evan mi vuole bene, perché dovrebbe volermi veder soffrire? » continuò con tono sempre più accusatorio.
“Forse perché è un grandissimo stronzo?” pensò ironicamente Eloise, spostando il peso del corpo da un piede all’altro. Per un attimo sperò che Roxanne le avrebbe dato la sua risposta – dopotutto era lei la prima a non fidarsi delle Serpi – e finì per sentirsi quasi tradita quando si accorse che l’amica aveva preferito adottare una linea più diplomatica.
« Anche ammettendo che fosse come dice Evan… » iniziò titubante.
“Cosa, cosa, COSA?” si indignò Eloise stringendo con rabbia il cartone contro il petto. “Io provarci con quella subdola, infida serpe? Ma si può sapere da che parte stai, Rox?”
« … sono sicura che è molto dispiaciuta e che non commetterebbe più un errore simile… »
« Molto dispiaciuta? » La voce di Sybil grondava sarcasmo. « Pensi che possa bastarmi il fatto che lei è dispiaciuta di averci provato con il mio ragazzo? »
« Non... »
« E dimmi, Rox » non la lasciò parlare, interrompendola con tono provocatorio. « Ti basterebbe un semplice “scusa” se Isy ci avesse provato con Riddle? »
Eloise spalancò la bocca, allibita che la piccola Sybil, la Sybil che stava sempre attenta a quello che diceva, quella che contava ogni singola parola ed espressione per paura di ferire inavvertitamente il suo interlocutore, avesse parlato con così disarmante schiettezza di una verità che Roxanne non riusciva a confessare nemmeno a se stessa.
Quella frase parve spiazzare quest'ultima ancora di più di quanto aveva fatto con lei. Per un po’ nella stanza calò il silenzio e quando Roxanne riprese a parlare il suo tono aveva acquisito una sfumatura fredda, metallica.
« Non vedo cosa c’entri questo paragone. Io e Riddle non stiamo insieme, lui può benissimo andare con tutte le ragazze che vuole ».
Quella frase fu pronunciata con un’acredine tale che Eloise si ritrovò a corrugare la fronte. Che fosse successo qualcosa di cui non era a conoscenza fra Tom e Rox?
« Giusto. Tu e Riddle vi vedete e basta, così nel frattempo puoi uscire anche con Septimus e prendere in giro anche lui! »
Poco le mancò che il pacco le scivolasse di mano, schiantandosi sulla rampa degli scalini. Il tono di Sybil era talmente velenoso che Eloise faticò a riconoscere la voce della sorella.
Che cosa ti sta succedendo, Syb?
« Come puoi dire una cosa simile? »
L’indignazione trapelò dalle parole di Roxanne, dando voce ai suoi stessi pensieri.
« Be’ tu ti sei permessa di mettere bocca nei miei affari, mi sembrava giusto fare altrettanto. Ma forse è meglio chiudere questa parentesi: d’altronde non ti è importato niente di me finora, ti sarei grata se tornassi ad ignorarmi… »
« Non è vero che non mi importa niente di te! » urlò Roxanne, sovrastando la sua voce. « Si può sapere chi ti ha messo in testa queste idee? »
« So pensare da sola, grazie » la voce di Sybil era ruvida come carta vetrata. « E quello che dico è la pura verità: è da più di un mese che esco con Evan e tu intervieni solo adesso con i tuoi preziosi consigli perché finora eri troppo presa dal tuo Tom per renderti anche solo lontanamente conto che io stavo male… »
« Sybil… »
Roxanne pronunciò quelle due sillabe con un misto di dolore e rimpianto che strinse il cuore di Eloise in una morsa, ma che non fu minimamente sufficiente ad arginare il flusso di accuse della sorella. Era come un fiume che avesse divelto gli argini, la rabbia straripava dalle labbra di Sybil senza che riuscisse a fermarla.
« Ma sai che c’è? Adesso è troppo tardi e i tuoi pietosi consigli non li voglio nemmeno ascoltare! »
Un rumore frettoloso di passi la avvertì che Sybil si stava dirigendo verso la porta, ma Eloise non ebbe la prontezza di muovere un sol muscolo. D’altronde non aveva molte alternative, se non quella di precipitarsi giù dalle strette scale a chiocciola. La gemella spalancò la porta con un gesto deciso e i suoi occhi si sgranarono appena mentre si rendeva conto della sua presenza oltre l’uscio. Per un attimo i loro sguardi si incrociarono: quello umido di Sybil e quello velato di imbarazzo di Eloise, poi la prima si precipitò giù dalle scale senza voltarsi indietro. Solo una lieve smorfia delle labbra indicò quanto poco avesse gradito quell’involontario spionaggio.
Eloise osservò i boccoli biondi della sorella saltellare su e giù come molle mentre essa spariva dalla sua vista. Ebbe difficoltà a capire se quello che le ruggiva nel petto fosse collera o semplice dispiacere.
 
 

 

***
 
 
 
 

 

9 Gennaio 1943 Corridoi del Settimo Piano
 
Roxanne correva per i corridoi con sguardo vuoto e perso. Il vento mugghiava contro i torrioni del castello, producendo un suono freddo e sibilante, mentre un temporale sempre più intenso si abbatteva sulla mura di Hogwarts. I lampi trafiggevano le pareti dell’edificio, illuminandole di un bianco innaturale ed asettico, mentre il rombo dei tuoni scandiva bene i battiti agitati del suo cuore.
A te non importa niente di me. Non ti è mai importato, eri troppo presa da Riddle!”
Le parole di Sybil balenavano nella sua mente insieme al suo viso angosciato. Aveva scosso la testa nell’urlare quella frase e i capelli biondi erano turbinati intorno al suo viso arrossato, gli occhi si erano fatti sottili e accusatori, così freddi e diversi dallo sguardo dolce di Syb, così simili alle occhiate gelide di Evan che Roxanne si era sentita percorrere da brividi dalla testa fino ai piedi.
E quelle parole adesso le bruciavano come un’eco sottile nelle orecchie, un peso consistente all’altezza dello sterno. Era fuggita dalla stanza, lasciando Eloise – che non aveva nemmeno il coraggio di sostenere il suo sguardo – a disfare scatoloni per quella stupida festa del Lumaclub.
Rallentò l’andatura, il fiato che le bruciava nel petto.
Inconsciamente era arrivata fino al Settimo Piano e in una sorta di déjà vu le sembrò di scorgere lei stessa e Riddle, le loro mani intrecciate, che correvano per seminare Gazza. Sfiorò la parete alla ricerca del punto in cui era apparsa quella porta malconcia, ma essa rimase liscia e piatta sotto i suoi polpastrelli.
Era vero quello di cui l’accusava Sybil? Si era disinteressata a lei, aveva messo da parte le sue migliori amiche per un ragazzo che alla prima occasione andava con un’altra? Per Tom Riddle? Il suo intero essere si ribellava a quella constatazione così semplice. Eppure…
I pomeriggi in Biblioteca, lei che avrebbe dovuto studiare le linee di sangue e invece finiva a studiare come l’angolazione del sole si rifletteva sul volto di Tom creando un gioco di ombre che mutava a secondo dell’ora.
Le sere al Lumaclub, chiusa nella sua stanza a truccarsi con una cura e un’attenzione insolita, il cuore che le batteva come un colibrì dentro al petto, il suo sguardo che appena varcava la soglia si soffermava proprio sul suo profilo, quasi tutto il resto fosse privo di importanza.
Le notti passate a rigirarsi nel letto, sognando quello sgabuzzino polveroso e le sue mani, quelle dita bianche e sottili, che le disegnavano il corpo.
Sbatté un pugno sul muro, mentre le parole di Mirtilla le tornavano alla mente. Era un’idiota di prima categoria. Sapeva a cosa andava incontro, conosceva la vera natura di Riddle, era perfettamente consapevole che era uno stronzo, viscido Serpeverde opportunista… Eppure aveva finito per innamorarsene ugualmente.
Appoggiò la schiena al muro, sfinita da quella ammissione come se si fosse trattato di uno sforzo fisico. Socchiuse gli occhi, reclinando il capo all’indietro. Il muro alle sue spalle, liscio e freddo come il marmo, le fece venire la pelle d’oca sulle braccia.
Era innamorata di Tom Riddle.
Lei, Roxanne Altgriff, proprio lei che lo aveva sempre odiato e disprezzato, che aveva atteso l’occasione per rivelare a tutti il vero carattere che nascondeva dietro quel sorriso costruito e quella patina di perfezione, lei era caduta nella sua rete come un pesciolino abbandonato a dibattersi sulla riva. Avrebbe voluto strapparsi il cuore dal petto, appallottolarlo e gettarlo in disparte.
Il volto di Druella – i capelli neri e gonfi che la facevano assomigliare a una delle Gorgoni, gli occhi neri che bucavano come spilli – le affiorò alla mente e lo stomaco le si contrasse dolorosamente.
La immaginò in quello stesso corridoio, immaginò che Riddle la tenesse per mano, immaginò le loro risa e gli occhi gioiosi della Rosier mentre entravano dentro lo sgabuzzino in cui anche loro si erano baciati. Solo che, a differenza che con lei, con Druella Riddle non si era fermato solo a un bacio…
Una morsa le si chiuse intorno al polso, strattonandola rudemente.
Roxanne trasalì, aprendo gli occhi di scatto e accorgendosi solo in quel momento delle lacrime che le solcavano le guance.
Il volto cupo e freddo di Riddle le si parò davanti agli occhi, mentre un lampo squarciava il buio del corridoio, illuminando la vetrata alle sue spalle. Con quel chiarore che gli contornava la pelle Tom non sembrava nemmeno del tutto un essere umano, più simile a una creatura strisciante della notte.
Il gemito di sorpresa le morì tra le labbra, mentre i suoi occhi cadevano sulle dita di lui strette intorno al suo polso sottile. Con un singulto Roxanne pensò che tutto fosse incominciato esattamente in quel modo: lui che la afferrava per un corridoio deserto, il suo corpo che di fronte a quel contatto reagiva con un misto di attrazione e repulsione che le faceva accapponare la pelle.
« Dobbiamo parlare, Altgriff ».
Gelido e sprezzante come la pioggia che picchiettava contro il vetro della finestra.
« Po-possiamo farlo in un altro momento » balbettò ancora confusa.
Un sorrisetto ironico aleggiò sul suo viso prima di dissolversi come neve al sole.
« No. Direi proprio di no ».
Avanzò di un passo, schiacciandola contro il muro e privandola di ogni via di fuga. Roxanne si ritrovò a fissare incantata le sue labbra rosse e sottili, immaginandole posarsi su quelle protese di Druella. Il senso di nausea che le diede quella semplice idea le fece girare la testa.
Riddle intensificò la stretta sul suo braccio, inchiodandola con il suo sguardo feroce.
« Adesso mi racconterai tutto » calcò volutamente su quella parola, mentre gli occhi le lanciavano una minaccia silenziosa « quello che hai fatto a Little Hangleton. E non pensare che bastino due lacrime ad intenerirmi, perché ti sbagli di grosso… »
Forse fu il tono sarcastico con cui pronunciò quelle parole o forse semplicemente il fatto che se lo fosse trovato davanti proprio mentre le immagini di lui e Druella le balenavano davanti agli occhi; ma Roxanne non riuscì più a trattenersi.
I suoi nervi tesi esplosero, rilasciando in un istante la tensione accumulata da mesi.
« Io non ti dirò un bel niente! » esclamò provando a divincolarsi dalle sue braccia. « Non hai nessun diritto di venire qui e pretendere… »
« Io, non ho nessun diritto? » la aggredì, sbattendola contro il muro e annullando senza sforzo apparente i suoi tentativi di allontanarlo. « Tu non avevi nessun diritto di intrometterti nella mia vita e adesso mi dirai tutto quello che sai, dovessi estrapolare ogni singolo ricordo dalla tua testa! »
Roxanne sussultò. Ricordava ancora bene la sensazione della sua mente che ghermiva i suoi pensieri, intrufolandosi nei dedali dei suoi ricordi, ricordava soprattutto quello che era seguito dopo, quel bacio soffocato che adesso le faceva ancora più male.
« Fallo, che cosa stai aspettando? » lo sfidò alzando il mento. « Tanto lo farai comunque, non è vero? Non ti fiderai mai di me al punto da credere alle mie parole… » concluse mentre una smorfia amara le incupiva le labbra.
Riddle digrignò i denti e sembrò fare appello a tutto il suo autocontrollo per non schiantarla seduta stante.
« Perché non provi a collaborare e lasci decidere me, se è il caso o meno di credere a quello che mi dirai? » mormorò avvicinando il viso al suo al punto che i loro nasi quasi si sfiorarono.
Roxanne sentì le gambe molli come gelatina e persino un’operazione semplice come quella di respirare iniziò a sembrarle estremamente complicata. Come poteva contrastarlo se anche solo la sua vicinanza la scombussolava in quel modo, facendole venire voglia di buttare all’aria il suo orgoglio e esaudire tutte le sue richieste con un sorriso sulle labbra?
« Dopotutto, non mi sembra che tu abbia il diritto di fare la scontrosa, non ti pare? » proseguì Tom appoggiando l’altra mano al muro.
In un attimo la sua arrendevolezza si dissolse, in una catena altalenante di emozioni. Roxanne provò il selvaggio istintivo di schiaffeggiarlo fino a cancellargli quel ghigno soddisfatto dalla faccia.
« Be’ può darsi che io abbia sbagliato a fare quello che fatto, ma almeno ho agito in buona fede! » esclamò, aumentando i tentativi di divincolarsi. « Tu invece che scusa hai per essere andato a letto con Druella? » lo accusò fissandolo dritto negli occhi.
Un secondo dopo aver pronunciato quelle parole desiderò rimangiarsele. Si morse il labbro inferiore, mentre osservava Riddle che sgranava gli occhi e la sorpresa che lasciava ben presto il posto a un gelido trionfo.
« È per questo che sei arrabbiata, Altgriff? Sei gelosa della Rosier? »
Roxanne socchiuse per un attimo gli occhi, sperando che il muro alle sue spalle la risucchiasse.
« No! » urlò precipitosamente, mentre il volto le andava a fuoco. « Assolutamente no! Che motivo avrei per essere gelosa di lei? » ribadì, distogliendo lo sguardo.
« Nessuno, infatti » assentì lui malignamente. « Eppure sei gelosa, gelosia marcia… »
Merlino se avrebbe voluto schiantarlo. Si torturò le labbra fra gli incisivi, quasi volesse punirle di quella frase che si erano lasciate scappare. Cosa le era saltato in mente quando aveva pronunciato quelle parole? Adesso si sentiva morire di imbarazzo e Riddle era ancora più trionfo ed arrogante del solito. E aveva ragione… non erano una coppia, quindi come poteva lamentarsi di chi lui faceva entrare nel suo letto? Razionalmente non aveva senso.
Riddle allentò la presa sui polsi e Roxanne ritrasse di scatto, cercando di mettere a tacere quella parte di sé che avrebbe voluto urlare per la frustrazione.
« Che cosa ne diresti adesso di smettere di fare la bambina e di guardarmi in faccia? »
Sussultò, colpita dalla brutalità delle sue parole come da uno schiaffo. Alzò il viso, appuntando gli occhi nei suoi.
Riddle era rilassato e le sue iridi brillavano di malizia, mentre un sorrisetto irrisorio gli incurvava all’insù un angolo della bocca.
« Una… bambina? » ripeté stranita.
Inspirò profondamente, cercando di soffocare il dolore, simile a una stilettata nel fianco, che le sue parole le provocavano. Aveva sempre pensato che l'espressione “cuore spezzato” fosse una frase da manualetti rosa. Qualcosa che non esisteva nella realtà, qualcosa che di sicuro lei non avrebbe mai sperimentato. Eppure in quel momento Roxanne pensò che nessuna espressione che “cuore spezzato” fosse migliore per descrivere quella fitta nel petto, quel senso di lacerazione come se qualcuno il cuore glielo stesse staccando a morsi.
Non solo Riddle non sembrava minimamente dispiaciuto per il fatto di averla ferita, ma si compiaceva quasi del suo smarrimento, deridendola senza la minima remora. E non negava. Una piccola, minuscola parte di sé, si era ancorata alla speranza che le dicerie che aveva sentito Mirtilla non corrispondessero alla verità, che lui non fosse andato proprio con la ragazza che aveva attentato alla sua vita…
« Sì, una bambina » le soffiò quella parola a pochi centimetri dalla faccia. « Adesso, accantonando i tuoi problemi sentimentali, gradirei parlassimo di cose più serie… »
« I miei problemi sentimentali? » gli urlò mentre le mani le tremavano per la voglia di strozzarlo. « Tu vai a letto con uno psicopatica che mi ha fatto esplodere un calderone in faccia intimandomi di starti lontana e si tratta dei miei problemi sentimentali? »
Come diavolo aveva fatto ad innamorarsi di un ragazzo così dannatamente insensibile? D’accordo che razionalmente la scelta di urlargli contro come un’ossessa in un corridoio dove chiunque avrebbe potuto vederli non era esattamente il massimo della maturità, ma come faceva lui a mantenersi così impassibile?
Quasi con l’apparente scopo di acuire la sua già elevata irritazione, Riddle scrollò le spalle.
« Altgriff, non mi interessano queste stronzate. Perché sei andata a Little Hangleton? Che cosa hai detto a mio padre? »
Be’ forse non era poi così calmo come voleva dimostrare. Gli occhi mandavano lampi e la mano sinistra tremava convulsamente, mentre tutto il suo corpo era in tensione, come se fosse sul punto di colpirla da un momento all’altro.
« Perché sei andato con Druella? State insieme adesso? » ribatté con il manifesto obbiettivo di farlo arrabbiare.
Il pugno di Tom si abbatté sul muro, a pochi centimetri dal suo viso.
Roxanne sussultò, osservando il suo viso deformato dalla rabbia. Non provava paura ma solo un senso di euforica soddisfazione. Razionalmente… La verità era che quando aveva davanti Riddle, razionalmente non esisteva. A volte le sembrava che lui risvegliasse i lati più egoistici ed istintivi del suo carattere, irrazionali, come irrazionale era lei e quella loro folle e malata relazione.
« Si tratta della mia famiglia, Altgriff! Come fai a scherzare su un tema simile, proprio tu, che sai che vuol dire farsi venire il mal di testa per delle domande che non troveranno mai una risposta! »
La rabbia svanì, veloce come era giunta, sgonfiandosi come un palloncino nel suo petto. Abbassò il capo, sentendosi improvvisamente in colpa. Era stata una sciocca. Una bambina, proprio come diceva lui. Le viscere le pesavano come se fossero piene di mattoni, mentre guardava ovunque pur di non doversi soffermare sul suo sguardo. Le armature lucide che brillavano argentee alla luce delle torce, i quadri e gli arazzi nelle loro cornici imponenti e pretenziose. Nel corridoio era calato un respiro innaturale, rotto solo dal rumore dei loro respiri e dal rombo in lontananza dei tuoni. Persino i soggetti dei ritratti avevano posto fine al loro solito cicaleccio e sbirciavano incuriositi nella loro direzione, fingendo di svolgere ognuno un compito che palesemente non gli interessava.
Tu che dovresti sapere cosa significa farsi venire il mal di testa per delle domande che non troveranno mai una risposta!” Quelle parole le rimbombavano nella testa come un eco, destabilizzandola. Tornò a fissare il suo viso, una maschera bianca nella quale gli occhi verdi brillavano come due smeraldi.
Roxanne deglutì, cercando di scacciare quel grumo all’altezza della gola, pregando con tutta se stessa che la voce non le uscisse tremula e indecisa. Come aveva potuto pensare di ricattare Tom con la storia della sua famiglia? Di fare la preziosa e negargli quelle risposte che cercava da quindici anni?
Passare tutto quel tempo con i Serpeverde doveva aver decisamente offuscato la sua capacità di giudizio.
« Tuo nonno è morto » esordì con tono pacato, cercando di scrutare i mutamenti della sua espressione. Era difficile perché appena lei aveva iniziato a parlare la solita patina di indifferenza e superiorità era calata a nascondere i suoi sentimenti. « Di vecchiaia, credo » specificò. « Hai uno zio che si chiama Orfin, ma… » esitò chiedendosi quanto raccontargli. « …lui non c’era quando sono andata al villaggio ».
« Così sei andata a trovare mio padre » disse Tom con un tono di voce quasi annoiato.
Roxanne annuì, mordicchiandosi il labbro.
« Sì. È stato lui a raccontarmi la storia di Merope ».
L’effetto che quel nome produsse su Tom fu strano. Ad un osservatore distratto forse la differenza sarebbe potuta sfuggire, ma Roxanne non poté fare a meno di notare come il suo sguardo si facesse cupo, torvo, e il corpo, già teso, divenisse una statua di marmo.
Avrebbe voluto abbracciarlo e dirgli che tutto sarebbe andato bene. Che anche se non poteva avere l’amore dei suoi genitori non per questo avrebbe dovuto rinunciare all’amore in generale, non per questo ne era meno degno. Le sarebbe piaciuto stringere quelle mani d'alabastro, seguire con le dita il contorno della sua guancia, donargli una carezza come lui aveva fatto tante volte.
Invece non fece niente del genere. Rimase immobile, le braccia rigide lungo i fianchi. Soffocò l’impulso di gettarsi contro il suo petto, perché dopotutto non era lei la ragazza che lui desiderava, non poteva essere lei se solo pochi giorni prima era stato con Druella.
Proseguì, accantonando quel pensiero e tutta la rabbia che portava con sé.
« Tua madre era innamorata di Tom Riddle, un giovane benestante che viveva nel suo stesso villaggio. Purtroppo non era ricambiata ».
I suoi occhi le ricordavano le acque infide di una palude. Apparentemente tranquilli e pacati, in realtà talmente profondi ed oscuri che sarebbe bastato commettere un solo errore per esserne risucchiati.
« Lui stava per sposarsi con un’altra donna e Merope questo non riusciva a sopportarlo. Così lo ingannò con la magia – immagino abbia usato un filtro d’amore – e lo convinse a fuggire insieme.
« Mia madre era stata furba » constatò come se la cosa non lo toccasse più di tanto. « Mi chiedo solo perché si sia fatta scoprire ».
« Forse non desiderava più prenderlo in giro. Magari sperava che lui ricambiasse il suo sentimento senza bisogno di artifici magici ».
« Forse » le concesse lui, tornando infine a guardarla. « E così è stato per amore che mia madre è morta… »
Trasudava così tanto disprezzo in quell’unica parola, amore, che Roxanne si sentì punta sul vivo.
« Non dovresti disprezzarlo così tanto quell’amore, visto che è proprio grazie ad esso se tu sei qui, davanti a me ».
L’occhiata che la lanciò Tom era sprezzante.
« Difendi mia madre, Ro? » le domandò fingendosi incredulo. « Che strano. Credevo che tu con la tua nobiltà d’animo e tutte quelle stronzate sulla sincerità e correttezza che piacciono tanto a voi Grifondoro, l’avresti criticata: in fondo ha stregato un povero Babbano, impedendogli di coronare il suo sogno d’amore e lo ha costretto ad abbandonare tutti i suoi cari... un comportamento esecrabile non credi? »
Si avvicinò, costringendola di nuovo contro il muro, mentre un brillio febbricitante gli attraversava lo sguardo. Era aggressivo e minaccioso, quel suo freddo sarcasmo era più inquietante di urla ed improperi.
La miglior difesa è l’attacco.
Forse era davvero così… Forse era più facile schiacciarla contro il muro e metterla alle strette, trafiggerla con quello sguardo indemoniato e stringerle il polso fino a farle venire un livido, piuttosto che ammettere che la verità gli faceva paura, che sapere che a suo padre non era mai importato niente di lui lo feriva.
« Per amore si fanno delle cose stupide a volte » gli rispose con dolcezza. Non lo toccò, non avrebbe sopportato farlo dopo ciò che Mirtilla le aveva detto, ma fu comunque come se il suo sguardo lo accarezzasse e la sua voce fosse modulata con il preciso scopo di portargli un po’ di calore. « Merope ha sbagliato, ma non si meritava il destino che ha avuto ».
Di nuovo quel sorriso sghembo e amaro. Finto. Il sorriso di chi ha il cuore a pezzi e non vuole che il resto del mondo lo scopra.
« Ognuno ha il destino che merita » la contraddisse con un tono che non ammetteva replica. « Avrebbe potuto vivere, se solo avesse voluto ».
Avrebbe potuto vivere per me. Non lo disse, ma Roxanne non faticò ad intuire il filo dei suoi pensieri.
« Forse è stato proprio per te che si è sforzata di vivere così a lungo. Di combattere con tutte le sue forze per farti nascere… » si interruppe vedendo come Riddle sgranava gli occhi e il verde delle sue iridi si liquefaceva, tremando alla luce della torcia.
Durò un attimo appena, ma per quell’attimo a Roxanne sembrò di leggere un moto di speranza nella sua espressione tormentata. Il desiderio nascosto che le sue parole fossero la verità e che davvero Merope lo avesse amato per quanto aveva potuto.
Eppure quando riprese a parlare il suo tono era ancora più duro ed asciutto, privo del benché minimo calore e Roxanne si chiese se non si fosse solo immaginata quello sguardo così intenso e bruciante. Se non avesse solo voluto vedere del sentimento dove c’era solo vuoto e rancore.
« Non farai più niente del genere ».
Non era una richiesta e Riddle non si aspettava una risposta. Era abituato ad impartire ordini che quella massa di idioti adoranti che lo circondavano eseguivano come tanti schiavetti.
« Non ti intrometterai più nei miei affari senza averne prima parlato con me. Smetterai di andare in Biblioteca a fare ricerche. Ti dimenticherai dei Gaunt, come se non fossero mai esistiti. Non te la caverai così facilmente la prossima volta, Altgriff » la minacciò fissandola con quelle iridi dai bagliori sinistri.
Sorrise, di un sorriso finto quanto strafottente.
« Giusto. Sono perfettamente d’accordo con te, Riddle. Adesso che sono riuscita a rintracciare la tua famiglia il mio debito è saldato. Penso che i nostri incontri si limiteranno a qualche cena del Lumaclub e scontri per i corridoi ».
Era la decisione migliore. Allontanarsi da lui che era pericoloso come un serpente… Allontanarsi prima che la sua stupida cotta le facesse fare qualcosa di ancora più stupido.
Sarò la tua droga, vedrai. Non riuscirai più a fare a meno di me.
Glielo aveva urlato con quel suo fare arrogante e Roxanne tremava al solo pensiero che potesse divenire la realtà.
Riddle si chinò di fronte a lei, talmente vicino che per un attimo credette che stesse per baciarla. Si ritrovò il cuore in gola, incastrato fra le tonsille, e mentre una parte di lei avrebbe voluto schiaffeggiare quel viso troppo perfetto e urlargli di tornare da Druella, un’altra parte avrebbe solo voluto stringerlo a sé e sentire di nuovo il sapore delle sue labbra.
« Non mi giunge nuova questa frase, Ro » le soffiò, facendola rabbrividire. « Peccato che poi sei sempre tu che vieni a cercarmi… Mi chiedo quanto resisterai questa volta ».
« Tu… brutto bastardo! »
Provò a divincolarsi e a pestargli un piede, ma lui la anticipò bloccandole la gambe e ridacchiando sommessamente.
« Ormai sei diventata prevedibile » la sbeffeggiò, accarezzandola con lo sguardo.
La rabbia era come evaporata, facendo riapparire il tono da seduttore che usava quando voleva incantarla. Quello che non le faceva il minimo effetto. Oh, ma chi voleva prendere in giro, solo il suono roco della sua voce le faceva accapponare la pelle dal desiderio…
« Ci vediamo alla festa del Lumaclub » mormorò sfiorandole i capelli in un gesto apparentemente distratto.
Si allontanò di un poco, consentendole di fare un passo in avanti. Per un attimo parve combattuto, ma prima di girarsi e incamminarsi per il corridoio con quel suo passo deciso si chinò un’ultima volta per bisbigliare una frase al suo orecchio.
« Druella non significa niente per me ».
 
 
 

 

***
 
 
 

 

9 Gennaio 1943 Sala Grande
 
Ad Hagrid sembrava che Hogwarts si fosse trasformata in una gabbia di matti.
Mirtilla Malcontenta che non faceva che urlare e piangere in un modo talmente acuto e fastidioso che tutti evitavano il Secondo Piano, per paura di incappare nella sua presenza e il bagno in disuso delle ragazze sembrava diventato la casa degli orrori. Le gemelle Knight – che non ricordava di aver visto separate per più di dieci minuti in quattro anni di scuola – non si rivolgevano la parola se non per insultarsi a vicenda. Sept si era completamente rimbambito, al punto che non sembrava più nemmeno interessato agli scacchi. Druella invece pareva insolitamente di buonumore, a volte la vedeva passeggiare per la scuola con qualcosa di simile a un sorriso – abbastanza inquietante per la verità se visto sul suo volto sempre arrabbiato – e aveva persino abbandonato il suo abbigliamento dark, sfoggiando ogni tanto qualche capo di vestiario colorato.
Per non parlare di Roxanne...
Hagrid sospirò pesantemente, sedendosi al tavolo dei Grifondoro. Anche Rox non sembrava più la stessa in quei giorni e Hagrid avrebbe volentieri dato un braccio per capirne il motivo. Sembrava avere meno tempo per i suoi amici ed era sempre con la testa fra le nuvole. Per non parlare del fatto che mentre il tempo che trascorreva con loro diminuiva, progressivamente aumentava quello che lei dedicava a quel Riddle. Puah. Anche solo il pensare il suo nome gli lasciava uno sgradevole retrogusto in bocca. Non si fidava di Tom , così viscido e scaltro, e non si sarebbe fidato nemmeno Rox se fosse stata quella di sempre...
« Ehi, Hag! » lo salutò con una pacca leggera sulla spalla Septimus. « Come te la passi? » gli chiese sedendosi di fronte a lui e occhieggiando il cibo che appariva per magia sulla tavola con qualcosa di simile all'adorazione.
Scrollò le spalle, afferrando un'intera ciotola di purè e rovesciandone il contenuto sul suo piatto.
« Non c'è male » mentì cercando di sorridere.
Il risultato fu piuttosto una smorfia sghemba, ma Septimus era troppo preso dal cibo per notare questi dettagli.
« Oggi hai saltato Pozioni, eh? »
Hagrid arrossì leggermente, rispondendo con la sua voce cavernosa:
« Sì, beh... è il periodo di riproduzione degli Asticelli e la lezione di Luma era una vera tortura... » bofonchiò « Tu, invece? Come ti vanno le cose? » aggiunse per cambiare discorso.
Istantaneamente l'aria spensierata di Weasley svanì e nemmeno la generosa porzione di pollo che finì nel suo piatto sembrò risollevarlo più di tanto.
« Per niente bene » affermò contrito.
« U-uh » mugugnò Hagrid in segno di assenso.
Aveva una vaga idea di quello che preoccupava Septimus, o meglio di chi. Peccato che per tutto quello che riguardava il settore sentimentale le sue conoscenze fossero ancora più scarse di quelle di Pozioni.
« Se solo quel maledetto Serpeverde non si mettesse sempre in mezzo... » mormorò più rivolto a se stesso che in attesa di una vera e propria risposta.
Hagrid si dimenò a disagio sulla sedia. Che a Weasley piacesse Roxanne, non era un gran segreto. Fra poco lo sapevano anche i muri, il suo amico era una di quelle persone trasparenti che non sarebbero riusciti a nascondere le loro emozioni neanche se avessero voluto. Tuttavia l'idea di Rox tra le braccia di Septimus gli procurava un fastidio che era sicuro non avrebbe provato se all'amico fosse piaciuta una qualsiasi altra ragazza del loro corso.
Prima che potesse aprire bocca – e probabilmente rendersi ridicolo con uno dei suoi discorsi senza capo né coda – Hagrid vide Weasley alzare la testa di scatto, come folgorato. Girò la testa, seguendo la direzione del suo sguardo e nello scorgere Roxanne che si dirigeva a passi veloci verso il tavolo da pranzo provò di nuovo quella puntura fastidiosa, come se un piccolo insetto gli mordesse la punta dei polpastrelli.
« Ehi, Rox! » si sbracciò Septimus, salutandola calorosamente.
Quella si voltò verso di loro, cambiando direzione e avvicinandosi con un sorriso lieve sul volto.
Hagrid si ritrovò ad arrossire senza sapere nemmeno il motivo, agitando il manone in quello che voleva essere un gesto di saluto. Sentì bisbigliare a Septimus un qualcosa che assomigliava molto a un “O la va o la spacca” e si girò preoccupato nella sua direzione.
« Hai già un accompagnatore per la festa di domani sera? » le chiese non appena quella li raggiunse.
« No » rispose quella presa in contropiede.
Il volto di Septimus si aprì in uno dei suoi tipici sorrisi a trentadue denti.
« Che ne dici se allora andiamo insieme? » le chiese.
« Ehm...» temporeggiò Roxanne.
Ad Hagrid parve che si fosse un po' pentita di quella sua risposta istintiva e un rossore leggero le tinse le guance mentre ponderava la risposta.
« Dai, Rox, sarà divertente! » la incitò lui.
Gli sembrò che gli occhi di Roxanne corressero vero la tavolata dei Serpeverde. Che se lo fosse immaginato o meno, quella si irrigidì e i suoi occhi si incupirono.
« Ok » annuì, portandosi una ciocca di capelli dietro le orecchie. « Ci vediamo lì, d'accordo? »
Weasley aveva la faccia di uno a cui sarebbe andata bene qualsiasi cosa.
“Meglio Sept che Riddle” pensò con sconforto Hagrid alzandosi in piedi e avviandosi verso la Biblioteca.
Aveva scoperto che c'era lo stesso libro sulle Creature Magiche che aveva visto a “Magie Sinister”, solo che avrebbe tranquillamente potuto consultarlo gratis invece di sborsare la cifra esorbitante che quello strozzino chiedeva. Sperò che quella lettura fosse sufficiente a fargli passare la strana amarezza che avvertiva in quel momento
.

 
 
 
***
 
 
 

 

9 Gennaio 1943 Sotterranei Hogwarts
 
I temporali la terrorizzavano.
Era corsa via dalla sua stanza, allontanandosi prima che le lacrime che le pizzicavano gli occhi fuoriuscissero o la voce tremolante tradisse il suo stato d'animo. Aveva percorso i corridoi con il cuore in gola, tappandosi le orecchie ogni volta che un tuono squarciava il silenzio, diretta verso le uniche braccia che sapeva l'avrebbero accolta con gioia.
Le braccia di Evan.
Era stretta a lui, davanti all'ingresso della sua casa e l'odore di bucato del suo maglione nero la confortava. Sapeva di qualcosa di fresco, di pulito. Affondò il viso nell'incavo della sua spalla, mentre un lampo attraversava il cielo. Si irrigidì, in attesa del rombo deflagrante del tuono che non tardò ad arrivare.
« Sei proprio una bambina » bisbigliò Evan contro il suo orecchio con un tono carezzevole che le fece venire i brividi « Come si fa ad avere ancora paura dei temporali alla tua età? » la prese dolcemente in giro.
« È più forte di me » rispose Sybil senza rialzare il capo.
Fu Evan a sollevarglielo, scrutandole gli occhi. La strinse maggiormente a sé, facendo in modo che i loro corpi aderissero. Sybil non riuscì ad impedirsi di arrossire. Si sentiva una sciocca perché non era certo la prima volta che lui la abbracciava o che stavano così vicini, eppure non riusciva a soffocare l'imbarazzo che gli provocava il suo viso, bello e provocante, a pochi centimetri dal suo. Evan la baciò, il suo mento ancora stretto tra le dita, l'altra mano che le accarezzava lentamente la schiena. Il bacio partì come un delicato sfioramento delle labbra, ma diventò presto qualcosa di più profondo. Sybil si irrigidì istintivamente, controllando che il corridoio fosse deserto. Evan si staccò dopo poco, fissandola con qualcosa di simile al fastidio che la fece sentire un'idiota. Si chiese se si fosse accorto della sua tensione e si dimenò a disagio tra le sue braccia, desiderando potersi nascondere nel letto, sepolta dalla sua amata coperta calda fino a quando quella giornata terribile non fosse finita.
Il lampo di disappunto abbandonò presto il volto di Rosier che si avvicinò di nuovo per sussurrarle all'orecchio:
« Ormai è un po' di tempo che stiamo insieme, Syb. Non credi che dovremmo fare un passo in avanti? »
Quelle parole furono come una doccia gelata. Se prima era lievemente fredda, adesso Sybil divenne una statua, fissandolo con uno sguardo smarrito. Passo in avanti? Cosa significava “passo in avanti”? Maledisse la sua inesperienza con i ragazzi per la millesima volta e accarezzò persino l'idea di scappare con una scusa qualsiasi prima che lui si accorgesse di quanto era imbranata. Ma prima che riuscisse a muovere anche solo un muscolo, Evan tornò a baciarla, schiacciandola stavolta contro il muro. Mugolò qualcosa che non sembrò turbarlo particolarmente e fu del tutto ignorato.
« Rilassati... » le soffiò contro l'orecchio, ottenendo come risultato solo quello di farla innervosire ancora di più.
La mano di Evan iniziò a scendere verso il basso accarezzandole le natiche da sopra la stoffa della gonna. Facendo forza su se stessa riuscì a rimanere immobile e a lasciare che lui esplorasse il suo corpo. I baci di Evan si fecero più feroci ed impazienti e ben presto sentì la testa girarle, le labbra che quasi le dolevano per le sue attenzioni. Quando la sua mano risalì lentamente lungo la schiena, Sybil faticò a trattenere un sospiro di sollievo, sospiro che si spense rapidamente non appena si rese conto che le sue dita adesso le sfioravano il contorno del reggiseno. Evan ne seguì la linea, in una carezza lenta che sarebbe forse potuta risultare piacevole se non fosse stata così preoccupata dallo scoprire quale sarebbe stata la sua prossima mossa.
Quando le iniziò a toccare il seno, Sybil credette che sarebbe morta per autocombustione. Aveva la gola secca e il cuore che martellava come un tamburo. Si era sempre vergognata delle sue forme, così piatte da farla sembrare una tavola e sotto le mani di Rosier si sentiva come sotto esame, un esame che non avrebbe passato sicuramente, perché chissà quante altre ragazze più belle e affascinanti lui aveva stretto fra le braccia...
La parete alle loro spalle si spostò con un rumore sordo. Evan si bloccò e lei ne approfittò per sgusciargli dalle braccia e ricomporsi i vestiti alla bella e meglio. In qualsiasi altra circostanza si sarebbe vergognata terribilmente di farsi trovare da sola con un ragazzo addossata al muro, con i capelli scompigliati e le gote in fiamme. In quel momento invece accolse l'arrivo di Nott quasi come un salvatore e con la prima scusa balbettante che le venne in mente si defilò, stringendosi le braccia intorno al corpo e camminando a passo spedito verso la sua Casa.
Non si voltò nemmeno per un secondo e si perse così il sorriso di compiacimento di Evan che la accompagnò fino a quando non girò l'angolo.
 
 
 
 
 
 
Note:

1. Citazione tratta dal secondo libro, “Harry Potter e la Camera dei Segreti”


 
 
 
Ciao a tutti,
mi scuso per il ritardo, ormai è palese che durante l'estate per me aggiornare con costanza è impossibile... Purtroppo tra esami e giornate al mare, il tempo per scrivere si riduce esponenzialmente.
In questo capitolo finalmente Roxanne ammette i suoi sentimenti, almeno con se stessa. Tom, viceversa, non è ancora arrivato ad accettarli e penso che non sentirete mai quel fatidico “Ti amo” uscire dalle sue labbra, semplicemente perché – come spero emerga dal dialogo sulla madre e la famiglia Gaunt – per lui l'amore è una colpa da estirpare senza esitazione.
Proseguono inoltre i preparativi per la festa del Luma! Ok, sono un po' bimbaminkia in ciò, ma purtroppo adoro i prom studenteschi e non sono riuscita a trattenermi dall'idea di ambientarne uno ad Hogwarts... Questo per dire che il tema del prossimo capitolo sarà proprio il ballo u.u
Detto questo non posso che ringraziare di cuore: psichedelica666, ladyselena15, Bakyura, Morgana_D, Erodiade, Bsky89, Cherolain e Maryparker per aver commentato lo scorso capitolo. Ringrazio inoltre Nihal_Fred2000 che ha recensito il terzo capitolo. Grazie anche ai nuovi preferiti/ricordati, seguiti e anche alle persone che mi hanno aggiunto agli autori preferiti.
 
Aggiungo i link di due attrici che assomigliano al modo in cui mi immagino le gemelle:

Syb


Isy 
 

 
Detto questo, un bacione a tutti e alla prossima!
Ely
 

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Capitolo 21
*** Serata di Gala ***


 



Ciao a tutti!
Scusate tanto il ritardo, in compenso questo capitolo è bello lungo, quindi penso di essermi fatta perdonare! XD
Vi linko di nuovo il video di Maryparker:
 
 D'amore e d'ombra 
 
 
 




 

Serata di Gala 

 


 

« Ah, la musica!» disse asciugandosi
gli occhi. « Una magia che supera
tutte quelle che facciamo qui!» (1)
 
 
 
 
 

 

10 Gennaio 1943 Ufficio di Lumacorno
 
La sala da ballo era quanto di più bello Sybil avesse mai visto.
L'ufficio di Lumacorno aveva una pianta rotonda ma era come se qualcuno lo avesse allungato ai lati, donandogli una forma ovale più che sufficiente ad accogliere i quaranta e passa invitati. Al centro della sala torreggiava un piccolo palco dal quale le Gemelle Vampire allietavano gli ospiti con musica soffusa, il violino era suonato con così tanta maestria che a Sybil sembrava che le note penetrassero sotto pelle, facendola fremere in risposta a quel rumore ipnotico.
La sala era per lo più vuota per dar modo agli invitati - molti dei quali vecchie conoscenze di Lumacorno - di muoversi liberamente, ma qua e là si intravedevano soffici divanetti bianchi e addossato a una parete c'era un tavolo con un buffet talmente ricco ed abbondante che Sybil si chiese quanti elfi domestici avessero dovuto fare gli straordinari per preparare quelle prelibatezze. Gli arazzi polverosi che solitamente erano appesi ai muri erano scomparsi e le pareti lisce parevano quasi luminose. Ma a colpire l'attenzione più di ogni altra cosa erano le decorazioni che pendevano dal soffitto, sospese da fili trasparenti: piccoli cristalli di neve che rilucevano di tutte le sfumature del blu e dell'azzurro. L'immagine era completata dal grosso lampadario al cui interno minuscole fatine simili a lucciole volavano frenetiche, puntini che ricordavano le stelle del firmamento. Nel complesso sembrava davvero di essere sotto il cielo e che stessero cadendo candidi fiocchi di neve, un mix di squisita leggerezza e semplicità che la costrinse a congratularsi mentalmente con Eloise per il lavoro realizzato.
Entrò dentro la sala quasi a passo timoroso, stringendo convulsamente il braccio di Evan. Vedendo che alcuni dei presenti si voltavano a fissarla, istintivamente abbassò lo sguardo a terra. Quella sera indossava un abito di un grigio cangiante che sotto le luci soffuse assumeva bagliori argentei e le scendeva poco al di sotto del ginocchio increspandosi in balze. Normalmente non avrebbe mai messo qualcosa di così appariscente: le sembrava di avere gli occhi di tutti puntati addosso e la sensazione era tutto meno che piacevole. Ma quando Evan si era presentato davanti al suo Dormitorio con quel piccolo involucro fra le braccia e quel sorriso affascinante dipinto sul volto, non era semplicemente riuscita a dirgli di no e con un sorriso tremulo era corsa a cambiarsi nella sua stanza.
« Ti va di prendere qualcosa da bere? »
Le parole di Evan la riscossero dai suoi pensieri, facendola sussultare. Alzò la testa, i boccoli biondi che lui aveva voluto che lasciasse sciolti sulle spalle che si alzavano e abbassavano al ritmo del suo respiro. Annuì, facendosi trascinare tra la folla come se fosse una bambola. Evitò lo sguardo della maggior parte delle persone che conosceva, troppo concentrata a non inciampare sui tacchi. Barcollò pietosamente, attaccato al braccio di Evan come se fosse un'ancora di salvezza. Ma per quanto cercasse di rendersi invisibile e di evitare gli sguardi degli invitati non riuscì proprio ad impedire che gli occhi le cadessero su una coppia vicina al buffet e che la bocca le si spalancasse per lo stupore.
Roxanne aveva in mano un calice e sorrideva rivolta al suo accompagnatore.
Sept.
Un rumore sordo al petto, come se il cuore si fosse dimenticato di battere.
Un vestito blu notte le fasciava il corpo, esaltando la vita sottile e le gambe lunghe e snelle. Due spalline sostenevano il corpetto increspato, fermato al di sotto della vita da una fascia più scura. L'abito scendeva lungo e dritto, ben al di sopra del ginocchio e la seta dava un'idea di morbidezza anche a quella distanza. I capelli di Roxanne erano racchiusi in un'acconciatura sulla nuca dalla quale fuggivano alcune ciocche che si inanellavano intorno al collo eburneo.
Sybil rimase a fissarla in silenzio e non riuscì a muovere un muscolo nemmeno quando quella si girò verso di lei e Septimus salutò calorosamente nella sua direzione. L'abito di Roxanne era bellissimo, ma non era quello a turbarla in quel momento. Il vestito blu, i capelli legati, il viso con appena un accenno di trucco... era tutto come nella sua visione. Era così, non poteva sbagliarsi.
Era quella la sera.
La sera Septimus avrebbe preso la mano di Roxanne fra le sue e le avrebbe confessato ciò che fino a quel momento non aveva avuto il coraggio di dirle.
La sera il cuore di Sybil sarebbe andato i pezzi come fragile cristallo.
Sentì la testa girarle e per un attimo temette di svenire lì, davanti a tutti.
« Ehi, Syb! » la salutò Weasley, chiaramente ignaro del suo turbamento. « Lì per lì non ti avevo riconosciuto » confessò candidamente mentre Roxanne accennava un saluto molto più freddo e titubante.
Anche Sept era più elegante del solito. Aveva una veste da mago nera, con rifiniture d'argento sul colletto e sui polsini. Gli dava un aspetto più serio, contrastando con il suo sorriso sempre allegro.
I suoi occhi si appuntarono su di lei, percorrendola lentamente dalla testa ai piedi.
« Uahu, sei davvero bellissima stasera! » aggiunse ammiccando.
Doveva essere un complimento come un altro, buttato lì per farle piacere. Ma sentire quella parola, “bellissima”, pronunciata dalle labbra di Septimus la riportò con i piedi per terra. Arrossì all'istante, troppo incredula per credere alle sue stesse orecchie. Il cuore le frullava come un colibrì impazzito nel petto e le ginocchia erano diventate gelatina mentre sentiva Evan al suo fianco irrigidirsi.
Le Gemelle Vampire iniziarono a suonare una delle loro canzoni più famose, salvandola dall'imbarazzo.
« Ehi, Rox! Questa non possiamo perdercela: andiamo a ballare! ».
Septimus distolse lo sguardo da lei, tornando a concentrarsi su Roxanne. Lo vide trascinare l'amica sulla pista e si sentì come se un pezzetto del suo cuore venisse trascinato via con lui.
 
 

 

***
 
 

 

I divanetti erano della tonalità di bianco sbagliato ed Eloise aveva qualche difficoltà a capire perché molti invitati mangiassero con le mani quando i piatti di porcellana erano proprio accanto alle vivande. Percorse la sala a fianco del suo accompagnatore, fissando preoccupata il pavimento dove quell'idiota di Nott aveva rovesciato da bere e sperando che nessuno notasse che una decorazione era scheggiata. Sospirò, sentendosi in fin dei conti un po' una scema. La festa stava andando bene, tutti sembravano divertirsi, non aveva motivo di farsi inutili paranoie. Forse sarebbe stato il caso che iniziasse a pensare al suo, di divertimento.
Si girò e il suo concetto di “divertimento” sfumò non appena si ricordò chi era il suo accompagnatore: Philip Morgan. Era stata così presa dai preparativi da dimenticarsi quasi che avrebbe dovuto scegliere un compagno e decidendo all'ultimo si era dovuta accontentare.
Non che Morgan fosse così male. Era alto, con i capelli color paglia e la pelle abbronzata. Il problema era che era insopportabilmente egocentrico e mortalmente soporifero.
« Il prossimo anno abbiamo i GUFO e sto già iniziando a informarmi sul programma e sulle prove che dovremo sostenere, ci sarà da impegnarsi ma il duro lavoro non mi spaventa... »
Eloise sospirò senza curarsi troppo di nascondere la scocciatura. Divertirsi a braccetto con uno che parlava di esami a una festa. Come no.
La verità era che il primo ragazzo che le era venuto in mente quando aveva pensato di dover invitare qualcuno, era stato Zabini. Ma poi aveva ripensato alla conversazione dell'ultima volta e a quando l'aveva sorpreso avvinghiato alla Bullstrode per i corridoi e la voglia le era decisamente passata. Non sarebbe andata a cercarlo nemmeno se fosse stato l'ultimo uomo a mondo.
Maledisse il suo orgoglio dopo la decima volta che Morgan le descrisse l'esito di un appassionante Torneo di Gobbiglie che aveva vinto e per combattere la noia iniziò a guardarsi intorno, occhieggiando le coppie che volteggiavano felici per la sala.
Sybil ed Evan, ai lati della pista, lui che probabilmente cercava di convincerla a ballare, lei che sembrava un ciocco di legno in bilico su tacchi troppo alti. Con una punta di amarezza pensò che solo un mese prima Sybil sarebbe corsa da lei a chiederle consiglio su come vestirsi, si sarebbe lasciata truccare pregandola con quei due occhioni blu di non calcare troppo la mano, le avrebbe chiesto come comportarsi con Evan. Adesso invece non riusciva nemmeno a guardarla negli occhi. Distolse lo sguardo per non peggiorare il suo già precario umore.
Intravide Lumacorno, in una sfarzosa veste da mago che gli fasciava il ventre rubicondo, passare da invitato a invitato simile a un calabrone indaffarato. Aveva così tante persone importanti di cui occuparsi che sembrava che persino i suoi cocchi, come Riddle e Roxanne, fossero passati in secondo piano. A differenza però delle altre cene, in cui il Serpeverde aveva sempre cercato di mettersi in bella mostra, quella volta Eloise non lo vide al fianco di Lumacorno. Scrollò le spalle, perché in fondo non le importava molto di cosa facesse o non facesse Riddle, cercando con gli occhi la figura dell'amica.
Roxanne era al centro della pista, insieme a Septimus. Weasley sembrava divertirsi e la fissava con un sorriso aperto e fiducioso. Lo stesso non poteva dirsi dell'amica, almeno a giudicare dalle espressioni di disappunto ogni volta che il suo accompagnatore le pestava i piedi in uno slancio di eccessivo entusiasmo. Eloise sogghignò fra sé, pensando che a fine serata Roxanne avrebbe avuto i piedi gonfi come meloni. Il sorriso le scivolò dalla faccia mentre valutava i sentimenti di Weasley: non aveva dubbi sul fatto che sarebbe presto rimasto deluso e per quanto lo trovasse esagerato e petulante, non riusciva ad impedirsi di pensare che Roxanne avrebbe dovuto disilluderlo prima che fosse troppo tardi per salvare almeno la loro amicizia.
« Vuoi andare a ballare? » le chiese Morgan e impiegò un secondo di troppo a rispondere, convinta che stesse ancora tessendo le lodi delle sue abilità da giocatore di Gobbiglie.
« Perché no? » rispose con un sorriso accondiscendente.
Almeno avrò una scusa per non ascoltarti” rifletté fra sé mentre lo seguiva al centro della pista.
La sala era illuminata da una soffusa luce bluastra che sembrava ricoprirli come melassa.
Eloise lasciò che i suoi occhi percorressero gli astanti: Spark che la fissava come se potesse strapparle il vestito rosso con la semplice forza dello sguardo, Nott che stringeva fra le mani una Serpeverde di cui non conosceva il nome, Avery che era l’unico senza una compagna, Cygnus che danzava con una bruna che gli sorrideva apertamente.
Eloise spalancò la bocca per lo stupore e si confuse al punto di inciampare nei piedi di un mugolante Morgan. La bruna che Black stringeva fra le braccia indossava un vestito bianco che le donava e accentuava la femminilità del corpo privo di curve. Aveva due punte rose dipinte sulle guance dall’imbarazzo o forse era solo l'affanno per il troppo danzare. Una mano dal polso sottile era appoggiata sulla spalla di Black che la sovrastava di una testa abbondante e lo fissava negli occhi con uno scintillio che Eloise non ebbe fatica ad identificare come infatuazione.
Continuò ad osservare Cygnus e Druella fino a quando altre coppie si frapposero fra loro, impedendole la vista.
Druella Rosier che ballava con il suo promesso, come se fosse la cosa più naturale di questo mondo.
Druella Rosier che sorrideva, che non cercava nemmeno con lo sguardo la figura di Riddle.
Druella Rosier che sembrava felice.
 
 

 

***
 
 

 

Riddle doveva ammettere che le cose non stavano andando secondo i suoi piani.
Lo pensava mentre ignorava palesemente il cicaleccio di Lavanda Parkinson, fissando Roxanne e Septimus che danzavano in modo scomposto. Quando aveva scoperto che la Grifondoro era gelosa di Druella aveva gioito intimamente, convinto di averla ormai in pugno. Era un sentimento che conosceva bene, la gelosia. Sapeva che spingeva le persone a dare il peggio di sé, a segregare l’orgoglio in un angolo e portare alla luce un’intraprendenza che non aveva niente a che fare con gli scrupoli morali.
Sapeva che lei sarebbe tornata da lui strisciando, implorandolo di venire al ballo con lei.
Invece Roxanne lo aveva stupito, come sempre, e come sempre aveva fatto l’ultima cosa che lui non si sarebbe aspettato. Aveva accettato di andare al ballo con quella sottospecie di lumaca cornuta e appena l’aveva appreso aveva rovesciato tutto il contenuto del suo comodino per terra, schiantato Avery che gli aveva riportato il messaggio, si era chiuso in un ostile silenzio per metà pomeriggio. Stringere Roxanne fra le braccia gli dava la stessa sensazione di afferrare una manciata di acqua: proprio quando credeva di averla ormai in pugno, quella gli sfuggiva dalle dita lasciandolo più confuso e nervoso di prima.
Si girò solo per un attimo verso la sua accompagnatrice. Lavanda Parkinson era bionda e formosa, bella tanto quanto stupida e pettegola. L’aveva scelta perché era una Purosangue e una Serpeverde: esattamente l’opposto di Roxanne, esattamente come Roxanne sarebbe dovuta essere.
« Tom, ti piace come sono vestita? » gli chiese sbattendo le ciglia con quello che probabilmente doveva risultare una voce accattivante.
Riddle osservò l’esiguo pezzo di stoffa che le copriva a malapena il seno e la gambe lunghe.
« Come potrebbe non piacermi? » le rispose con un sorriso studiato che mise in mostra i denti bianchi.
Lavanda quasi si sciolse, fissandolo con qualcosa di simile alla venerazione.
« Quel colore ti dona davvero » continuò, senza fissarla veramente.
Mentire per lui era una cosa talmente abituale da non accorgersene più quasi. Era normale dire una bugia a Lavanda, farle credere di essere bella e desiderabile quando non l’aveva degnata di più di uno sguardo. Illuderla con uno di quei complimenti che piacciono tanto alle donne, quando non avrebbe nemmeno saputo dire se il suo abito era nero o viola.
Meno normale era i suoi occhi si posassero in continuazione nel mezzo della sala, dove Weasley e Roxanne ballavano vicini.
Meno normale era che senza rendersene conto il suo cervello stesse immagazzinando informazioni su Miss Scopa, quasi come se fosse qualcosa di prezioso.
Meno normale era che di Lavanda non ricordasse nemmeno il colore degli occhi, mentre avrebbe potuto ritrarre il volto di Roxanne ad occhi chiusi. Le labbra, due punti di rosso nel biancore della pelle come una macchia di sangue in mezzo alla neve, gli occhi che esaltati dal trucco leggero sembrava ancora più grandi e vivi, due pozze che voleva vedere accesi di languido desiderio. Il collo lungo, affusolato. Lo avrebbe baciato per ore, comprimendo la pelle fra i denti fino a lasciarle il segno. Le ciocche che le ricadevano ai lati del viso, piccole molle perfette. Gli sarebbe piaciuto strapparle quell’acconciatura ordinata e lasciare che la chioma scura le ricadesse sulle spalle, tuffare la testa fra i suoi capelli odorosi di gelsomino.
Meno normale era che avesse studiato il vestito di Roxanne così a lungo – con occhiate brevi e fugaci che neanche lei si era accorta di essere oggetto di così tanta attenzione – da aver memorizzato ogni singola increspatura o piega, ogni punto in cui la stoffa si ritraeva, lasciando esposta la carne bianca delle braccia o lo scollo del seno.
Meno normale era che per quanto cercasse di non pensare a lei, la sentisse sempre alle sue spalle come se gli alitasse sul collo, che anche quando girava la testa da un’altra parte continuava ad avvertire la sua presenza.
« Sono davvero felice che tu mi abbia invitato, Tom… »
Una frase mormorata a mezza voce, Lavanda che si avvicinava fino a schiacciare il suo seno contro il suo braccio.
« Riddle » la corresse automaticamente lui, smorzando il tono freddo con un sorriso.
Non gli piaceva il suo nome. Non gli piaceva che fossero altre labbra a pronunciarlo.
« Riddle » ripeté Lavanda accondiscendente, come se non desiderasse che compiacerlo.
Era così diversa da Roxanne. Lei lo avrebbe chiamato “Tom” apposta, solo per fargli dispetto.
Le Gemelle Vampire avevano iniziato a suonare una musica lenta e melensa, di quella ideale per le coppiette romantiche. Weasley se ne approfittava e stringeva Roxanne contro di sé come se volesse strangolarla. Riddle fissò quella mano appoggiata sul fianco della Grifondoro, osservò i loro volti vicini – troppo vicini – e l’espressione chiaramente imbarazzata di lei non riuscì a togliergli quella voglia di rompere le falangi del pezzente una ad una fino a farlo urlare di dolore. Fino a fargli giurare implorando che non avrebbe più toccato qualcosa che gli apparteneva.
« Adoro questa canzone! » esclamò Lavanda, trillando eccitata. « Mi porti a ballare? »
Le sue labbra erano grandi, piene, le umettava spesso con la lingua come per renderle più lucide. Forse in un’altra occasione Riddle le avrebbe trovate meno disgustose, se non addirittura invitanti, ma in quel momento non riusciva ad impedirsi di paragonarle a quelle più sottili e delicate di Roxanne e a trovarle rozze e pacchiane come la loro proprietaria.
« No » rispose con una voce ruvida e disinteressata che solitamente non avrebbe mai usato con una ragazza, a maggior ragione se esponente di una nobile e ricca casata.
Lavanda sgranò i suoi occhi slavati e lo fissò confusa, come non capacitandosi di quel cambiamento. Non si curò di lei, né di aver offeso i suoi sentimenti perché sbirciando fra la chioma dei suoi capelli platino riusciva a vedere Roxanne ridere e a notare come anche la sua postura fosse più rilassata. Fu in quel momento, mentre Septimus le ravviva una ciocca dietro le orecchie in un gesto che anche lui aveva compiuto mille volte, in un gesto che solo lui aveva il diritto di compiere, che Riddle venne a patti con il mostro ringhiante che gli premeva il petto.
Desiderava Roxanne.
La desiderava di un desiderio intenso e bruciante, un fuoco che nessun’altra strega sembrava in grado di spegnere. Non la Rosier, non le labbra formose di Lavanda, né il resto delle Serpeverdi dai cognomi importanti.
Lasciò la sua accompagnatrice alle spalle – smarrita e confusa come se il fatto di essere appena stata scaricata non le entrasse nel cervello – e si diresse verso la pista da ballo.
La smorfia rancorosa dello spaventapasseri mentre posava una mano sul fianco di Roxanne, fu quanto mai piacevole.
« Posso rubarti la dama per un ballo, Weasley? » gli chiese senza attendere risposta
.

 
 
***
 
 

 

Roxanne si ritrovò fra le braccia di Riddle senza aver avuto neanche il tempo di emettere fiato.
Lo aveva fissato a lungo, più di quanto fosse lecito, più di quanto fosse salutare.
Aveva notato la veste scura, verde bottiglia, appena troppo corta e stretta sulle spalle. Aveva pensato che come lei si fosse dovuto accontentare di un abito di seconda mano o di qualcosa di modesto per la penuria di fondi. Un abito che su nessun altro avrebbe fatto quell’effetto mozzafiato, un abito che non avrebbe potuto esaltare maggiormente il verde cupo dei suoi occhi o il suo fisico snello e slanciato. Aveva constatato tutto questo mentre lo osservava bere accanto a quella vacca totale della Parkinson e notava come lei gli si strusciava addosso e lui la ammaliava con i suoi irresistibili sorrisi. Aveva pensato di odiarlo.
Eppure quando sentì la sua mano appoggiarsi sul suo fianco e girandosi trovò il suo viso a soli pochi centimetri di distanza, non riuscì comunque a non perdersi in quelle iridi ironiche e calde.
« Riddle » mormorò come non credendo ai suoi occhi mentre la trascinava dall’altro lato della sala.
« Ro » la sbeffeggiò lui degnandola di un sorriso da schiaffi. « Il mio nome è tutto quello che riesci a dire? Ti ho lasciato senza parole? »
Non immagini quanto” rifletté mentre lui la stringeva maggiormente, intrecciando la mano alla sua e guidandola nelle danze. Le sembrava quasi che Tom avesse mille mani e che ognuna di esse le accarezzasse il corpo, mentre i suoi occhi la fissavano come se volesse mangiarla.
Come probabilmente aveva fissato Lavanda per tutta la sera. E Druella. E chissà quante altre di cui non so nemmeno il nome…
« In effetti sì » rispose degnandolo di un sorriso fugace. « Credevo che avresti aspettato che fossi io a cercarti. Non era questo che avevi detto l’ultima volta che ci siamo visti? Che sarei tornata da te, come sempre? ».
Il tono con cui aveva parlato era acido, ma Roxanne non se ne curò. Non poteva degnarla della sua attenzione solo quando gli faceva comodo, trascorrere tutta la serata con Miss Perfezione e pretendere che lei lo accogliesse con un sorriso quando si ricordava della sua esistenza.
Riddle sorrise come se il suo commento e la sua acidità gli scivolassero di dosso.
Le si avvicinò, mormorandole la sua risposta all’orecchio.
« Non l’hai ancora capito, Ro? » le domandò con un’ironia calda e appiccicosa come il miele. « Io rispetto le regole solo quando mi fa comodo ».
Si ritrasse, un secondo prima che lei andasse a fuoco per la sua vicinanza improvvisa. I suoi occhi incrociarono i suoi e Roxanne si sentì incatenata dalla forza del suo sguardo. Era il solito Riddle, strafottente e ammaliatore, ironico e sfuggente, eppure c’era qualcosa di nuovo nelle sue parole e nei suoi gesti, nel modo in cui la sua mano le sfiorava la schiena come se fremesse dalla voglia di schiacciarla di più contro il suo petto, nel lampo di avvolgente calore che ammorbidiva i tratti freddi del suo volto. Avrebbe voluto rispondergli e si ritrovò invece a boccheggiare come se le mancasse l’ossigeno. Tom la fece girare rapidamente su se stessa, quasi a voler aumentare ancora di più la sua confusione. Si ritrovò con le sue labbra a pochi centimetri di distanza, le dita di Riddle che lasciavano una scia di fuoco in ogni punto della schiena scoperta che sfioravano.
Ritrasse la testa di scatto, dubitando non tanto dell’autocontrollo di Tom, quanto del proprio. Per quanto il suo cervello le urlasse che era uno stronzo e un bastardo, che voleva solo divertirsi con lei come aveva fatto con le altre, il suo corpo non sembrava reagire a quell’avvertimento e gioiva per ogni più piccolo contatto.
Lui notò il modo brusco in cui si era ritratta e la fissò con qualcosa di simile al disappunto.
« Ancora arrabbiata per la storia della Rosier? » le chiese.
Non rispose, girando la testa dall’altra parte. Fu il rossore che le colorò le guance a rivelare il suo stato d’animo.
« Te l’ho detto, Ro » proseguì sfrontato. « Non contava niente per me ».
Le Gemelle Vampire avevano iniziato un nuovo pezzo, lento e struggente, un intrecciarsi di piano e violino che scendeva dritto al cuore.
Gli occhi di Roxanne corsero verso Lavanda che beveva da un calice di vetro fissandoli astiosa.
« E non conta nemmeno la Parkinson » proseguì come leggendole nel pensiero.
E io conto qualcosa per te, Tom?”
Avrebbe voluto chiederglielo ma non ne trovò la forza e l'occasione sfumò mentre lui la guidava nell'ennesima piroetta. Si sentì un po’ meschina a paragonare le movenze aggraziate e fluide di Riddle a quelle genuine ma molto più scoordinate di Septimus. Eppure era così: Tom era perfetto in tutto quello che faceva, di una perfezione fredda e distante al punto da apparire finta. Ma quella sera… quella sera c’era un calore nuovo nel suo viso e nelle sue mani, un calore che la irretiva molto di più di tutte le sue frasi di convenienza.
Erano quasi all’estremo della pista quando lui le sorrise, un sorriso da brividi, e le afferrò le mani intrecciandosele intorno al collo. Roxanne non si oppose, nonostante l’imbarazzo per quel contatto così ravvicinato. Avevano quasi smesso di ballare, Tom si limitava a spostare appena il peso del corpo da una gamba all’altra, cingendole la vita come se non volesse più lasciarla andare. Le pareva quasi che il resto della sala si fosse dissolto, che tutti gli invitati e i suoi amici fossero spariti in un silenzioso “puff”. Erano rimaste solo quelle note altalenanti, gli acuti prolungati del violino e le note profonde del pianoforte; una nenia leggera che sembrava avvolgerli come una coltre di nebbia. E in mezzo a quella nebbia c’erano gli occhi di Tom per una volta aperti e sinceri che le mormoravano quelle parole come se si trattasse di un confessione d’amore.
« Fin dall’inizio le ho cercate solo per dimenticare te ».
Glielo disse a fior di labbra e il cuore di Roxanne sembrò esplodere.
Si staccò da lui bruscamente, squarciando la patina di illusione che sembrava averli avvolti con un secco cenno di diniego.
No, no, no. Per quanto potesse essere magnetico il suo sguardo, per quanto la sua voce trasudasse sincerità e il suo istinto le urlasse di gettarsi fra le sue braccia, lei non si sarebbe comportata come l’ennesima stupida. Non gli avrebbe offerto il suo cuore su un piatto di argento perché lui potesse dilaniarlo e sputarlo come un boccone amaro.
Stava per fuggire, quando le dita di Riddle si intrecciarono alle sue, trattenendola.
« Non hai già più voglia di ballare? » le prese in giro con una voce rauca che le diede i brividi « Ti andrebbe… di uscire un po’? Un posto più tranquillo, nel quale potremmo parlare meglio… »
No” pensò con la forza della disperazione.
« Sì » fu il monosillabo che invece le uscì dalle labbra.
 
 

 

***
 
 

 

La Grifondoro sembrava riluttante a seguirlo. Gli lanciava delle occhiate diffidenti di sottecchi, come se non si fidasse di lui e da un momento all’altro si aspettasse una brutta sorpresa. Si sarebbe innervosito, se non avesse trovato il tutto troppo divertente.
Se ripensava a tutto il tempo che aveva passato a prendersi in giro, Riddle si sentiva un po’ uno sciocco. Era evidente che l’attrazione che provava per Roxanne – per quanto umiliante e degradante potesse essere quel pensiero – non sarebbe svanita rapidamente come si era illuso all’inizio.
A meno che non avesse ottenuto quello che voleva.
“Il miglior modo per resistere a una tentazione, è cedervi”. Era stato un Babbano a pronunciare quell’aforisma e in un’altra occasione Tom si sarebbe vergognato anche solo di pensare una cosa del genere. Ma quella non era una sera come un’altra. Quella era la sera in cui si sarebbe liberato della sua ossessione per Miss Scopa, ponendo fine a quelle assurde paranoie e a quegli ancor più assurdi sogni che lo tormentavano la notte. L’avrebbe presa, come prendeva tutto quello che desiderava, con l’arroganza e la cocciutaggine tipica dei bambini. E come un bambino sarebbe passato presto a un altro giocattolo, abbandonando quello usato in uno scatolone vuoto. Non si sarebbe chiesto perché proprio lei fra tutte dovesse fargli quell’effetto, se dietro al gusto della sfida non si celasse qualcosa di più. Non aveva senso il chiederselo perché dopo che ci fosse andato a letto, Roxanne avrebbe perso ogni attrattiva.
« Riddle, si può sapere dove stiamo andando? » sbottò seccata la protagonista dei suoi pensieri.
« Tom ».
Si pentì un secondo dopo della parola che aveva pronunciato.
« Come scusa? » gli chiese Roxanne, parimenti sorpresa.
Riddle scrollò le spalle, fingendo indifferenza.
« Dovresti lasciarti certi formalismi alle spalle, Ro. Direi che ormai siamo ben al di là dello stadio “conoscenti”… »
Voleva essere una provocazione e riuscì a cogliere nel segno, facendola sbuffare e roteare gli occhi. La verità era che lui stesso era stupito da quella richiesta assurda di chiamarlo con il suo nome. Tom. Un nomignolo comune e banale che però pronunciato dalle sue labbra, con la sua voce argentina, acquistava un suono nuovo, più armonico e interessante. Unico, come se si liberasse dal miasma della banalità per accedere a qualcosa di superiore.
« Non mi hai risposto » insistette dopo un attimo.
« In un posto in cui possiamo parlare da soli. Hai qualche idea? » le chiese condiscendente.
In realtà il luogo non aveva importanza. Gli andava bene di prenderla in un’aula vuota, nel suo Dormitorio, persino nel corridoio se serviva a togliersela dalla testa.
« Qui andrà bene allora » mormorò incerta, indicando l’aula di Trasfigurazioni.
Riddle annuì, aprendo la porta con qualcosa di simile all’impazienza. La lasciò entrare per prima, nascondendo nel buio dell’aula deserta il sorriso felino che gli incurvava le labbra.
Roxanne avanzò lentamente fino alla cattedra, gettando un’occhiata dubbiosa alla lavagna pulita e ai banchi vuoti.
« Allora… di cosa volevi parlarmi? » gli chiese senza fissarlo negli occhi.
Era nervosa. Si mordicchiava le labbra in un gesto inconsciamente sensuale e aveva sulle gote due pesche di un invitante rossore.
« Sei bellissima stasera » mormorò a voce bassa, avvicinandosi fino a sfiorare l’orlo del suo vestito blu.
Si irrigidì e un sorriso poco convinto le si dipinse in viso.
« Non come Lavanda ».
« No, infatti » confermò ottenendo in risposta un’occhiata ferita. « Molto di più ».
Glielo mormorò all’orecchio, posando la mano sulla schiena e accarezzandole pigramente la pelle scoperta. La sentì rabbrividire e serrare le mani a pugno, ancora rigida fra le sue braccia. Le baciò la tempia nel punto in cui un ricciolo sfuggiva capriccioso dall’acconciatura. Roxanne alzò la testa di scatto e nonostante i suoi occhi fossero lucidi per l'emozione la voce le uscì ferma e derisoria dalle labbra:
« Non mi avrai portato fin qui solo per farmi un complimento, vero? »
Riddle sorrise senza cercare più di nascondere l'impazienza. Appoggiò la mano sinistra sul suo fianco, tirandola bruscamente contro il petto.
« No, infatti. Non ti ho portato qui per parlare affatto ».
Calò la bocca sulle di labbra Roxanne ma quella si spostò all’ultimo e riuscì a sfiorarle solo la guancia. Represse l’irritazione dentro di sé: non sarebbe stata Miss Scopa se non avesse fatto la preziosa prima di abbandonarsi a lui. Continuò a baciarle la guancia, scendendo poco a poco fino alla pelle tenera del collo. Era dalla prima volta che l’aveva vista che aveva desiderato posarvi sopra le labbra e quel pensiero lo riempiva adesso interamente al punto che ebbe difficoltà a comprendere le sue parole.
« No. Tom, fermo… »
La voce di Roxanne era bassa e gutturale. Si ritraeva appena, eludendo le sue carezze con troppa poca energia per essere realistica. La bocca di lei gli diceva di smettere, ma era evidente che il suo corpo gradiva le sue attenzioni.
« Tom…davvero, sarebbe un errore… »
Ignorò il cicaleccio confuso che gli risuonava nelle orecchie, continuando a lasciare una scia di baci sul collo e risalire ad un passo dalle sue labbra dischiuse. Si fermò ad appena un millimetro di distanza da esse, fissando le iridi argentee di Roxanne.
« Tom… »
Non la lasciò finire. Non gli importava quello che voleva dirgli. Aveva il suo corpo morbido fra le braccia, udiva il rumore martellante del suo cuore e l’unica cosa che riusciva a pensare era che non aveva mai desiderato qualcosa come desiderava in quel momento Roxanne. Tutti i suoi piani di gloria e le sue smisurate ambizioni si disperdevano come coriandoli sulla punta delle sue labbra.
Si chinò per baciarla, una mano posata sulla sua nuca per impedirle di sfuggirgli. In un primo momento sembrò che lei fosse troppo sorpresa o indecisa per resistergli. Poi scostò la testa all’indietro con un gesto brusco, un “No!” violento che risuonò tetro tra le mura dell’aula.
Riddle fissò i suoi occhi che mandavano lampi, di un grigio che pareva pungere tanto era affilato.
« Si può sapere quale è il problema, Altgriff? » le chiese pericolosamente freddo.
La bocca di Roxanne si aprì in una “O” di indignazione.
« Hai anche il coraggio di chiedermi quale è il problema? » rispose con voce stridula. « Non voglio, Riddle, non puoi manovrarmi come se fossi una bambola… »
« Sicuramente sei più petulante di qualsiasi bambola in commercio » la interruppe senza provare il minimo rimorso per il lampo di dolore che le attraversò lo sguardo. « Ma perché non la smetti con questa pantomima? Non mi avresti seguito fin qui se non lo avessi voluto anche tu… » abbassò la voce fino a renderla di nuovo seducente, chinandosi per baciarla.
Roxanne scostò il viso, dimenandosi per scrollarselo di dosso.
« Ti ho detto di no! » gli urlò contro, affondando le unghie nel palmo della sua mano fino a costringerlo a indietreggiare. « Non puoi costringermi! »
Lo fissò, libera dalla sua stretta, con oltraggiato ardore. Non l'aveva mai vista così furente ed aggressiva, una piccola belva che probabilmente avrebbe desiderato saltargli alla gola.
Riddle non seppe quale fu esattamente la goccia che fece traboccare il vaso. Forse fu proprio quel suo sguardo così fiero e altero, quel visino pulito che sembrava non sporcarsi mai, non abbassarsi mai a ciò non fosse moralmente corretto. O forse fu il fatto che faceva così la preziosa, lei, una povera orfanella senza natali, di fronte a lui, l’erede di uno dei grandi Fondatori. Forse fu solo il fatto che quel “no” gli bruciava come sale su una ferita aperta.
« Vogliamo scommettere, Ro? » mormorò con finta dolcezza prima di estrarre con un gesto fulmineo la bacchetta. « Imperio » aggiunse prima che lei potesse anche solo rendersi conto delle sue intenzioni.
Lo sguardo di Roxanne si fece vitreo e la parte peggiore di Riddle gioì nel vedere l’istantaneo abbandono di ogni tentativo di resistenza. Reclinò la testa all’indietro, fissandolo come in attesa di ordini da eseguire, finalmente rilassata e silenziosa fra le sue braccia.
« Sei proprio sicura di non volere che ti baci? » bisbigliò sadicamente, osservando il suo viso che scuoteva docilmente la testa. « Dillo. Dillo che lo vuoi ».
Roxanne aprì la bocca e per un momento non ne uscì suono.
« Vo-voglio che mi baci » rispose incespicando un po’.
Avvertiva che stava cercando di ribellarsi all’incantesimo, ma era troppo debole per riuscirvi.
« Ogni tuo desiderio è un ordine » la derise prima di calare la bocca sulla sua.
Intrecciò le loro lingue, forzandole le labbra che si mostrarono più docili del previsto. Schiacciò il suo busto contro il proprio, conficcando le unghie nella sua schiena. Roxanne rispondeva appena alle sue attenzioni, le mani abbandonate lungo i fianchi, gli occhi tanto spenti da sembrare finti.
La afferrò dietro la nuca, comprimendole con malagrazia il collo mentre approfondiva il bacio come se non fosse abbastanza. Si sentiva bruciare dentro e quelle carezze da bambini non era assolutamente sufficiente a diminuirne l’intensità. Le sue dita calarono lungo il collo e ancora più giù, infilandosi con un gesto deciso nel corpetto e chiudendosi a coppa intorno al suo seno. La sentì irrigidirsi fra le sue braccia e intuì che doveva aver raddoppiato gli sforzi per liberarsi dall’Imperius. Sorrise, nel rendersi conto che non ci sarebbe riuscita. Era brava, ma neanche lontanamente alla sua altezza e soprattutto non era preparata: probabilmente era la prima volta che si trovava a dover fronteggiare una Maledizione Senza Perdono.
La spinse indietro fino a schiacciarla contro la cattedra. La costrinse a sedersi lì sopra, inserendosi fra le sue gambe aperte. Continuava ad accarezzarle il seno e le sua labbra erano già rosse e gonfie per i suoi baci.
« Dimmi che mi vuoi » le ordinò alzando le gonna per toccarle le gambe.
« Ti voglio » ripeté immediatamente quella, con il tono di una scolaretta che ripete la lezione imparata a memoria.
Le infilò una mano tra i capelli, tirandole bruscamente la testa all'indietro in modo che i loro visi fossero a pochi millimetri di distanza. La osservò a lungo alla flebile luce che filtrava dalla porta socchiusa.
Roxanne era praticamente stesa sulla cattedra, con lui sopra. Lo scollo del vestito era spostato e metteva in mostra una parte del seno piccolo e bianco, la gonna le era salita fin sopra la vita e poteva scorgere il contorno delle mutandine di cotone che indossava sotto. Tom aveva il respiro accelerato e l'eccitazione era una pulsione continua e costante al basso ventre ma i suoi occhi non riuscivano ad allontanarsi dal viso di Roxanne, neanche per esplorare quel corpo che presto avrebbe fatto suo. I capelli arruffati e scomposti erano l'unica cosa a dare un tocco di vita nella faccia della Grifondoro. I lineamenti del viso erano smorti ed inespressivi, gli occhi talmente vuoti e piatti da sembrare davvero quelli di una bambola di porcellana. Persino le sue labbra – quelle labbra che avevano sempre esercitato un fascino magnetico su di lui – sembravano essersi spente, una linea sottile sul volto che non gli trasmetteva niente.
Si allontanò da lei con un prepotente moto di disgusto. Il desiderio gli si era ghiacciato nel petto, mutando in qualcosa di pungente e nauseante. La Grifondoro non si mosse, rimanendo semisdraiata sulla scrivania come in attesa di ordini.
Quella non era Roxanne.
Non era che un fantoccio privo di volontà, una bambola dal corpo morbido che non aveva nulla di diverso rispetto alle altre ragazze che si era portato a letto. Avrebbe potuto prenderla e sarebbe rimasto insoddisfatto come e più di prima, come quando era andato a letto con la Rosier o si era portato la Parkinson al ballo.
Agitò la bacchetta con un movimento elegante del polso, recidendo l’incantesimo. Rimase immobile, il cuore che aveva inspiegabilmente aumentato i suoi battiti, mentre osservava i suoi occhi riacquistare lucidità. Conosceva abbastanza bene Roxanne da sapere che quella non gliela avrebbe lasciata passare. Oh, no. Anche se si era fermato prima di arrivare al dunque era più che sicuro che la Grifondoro quella volta non si sarebbe trattenuta dal saltargli alla gola.
Con un crescente nervosismo Tom strinse il legno di tasso della sua bacchetta fra le dita, preparandosi a uno scontro che gli sembrava inevitabile. Roxanne gettò un’occhiata intorno, come disorientata, e istintivamente la mano le salì ad abbassare la gonna e rimettere a posto il corpetto.
Osservò l’espressione del suo viso mutare da confusa a sorpresa e poi amareggiata, chiedendosi per un attimo se lei non avesse già iniziato ad attaccarlo – magari con un incantesimo Non-Verbale – perché il petto gli pungevano fastidiosamente come se venisse punzecchiato da una lama.
Ma Roxanne non sembrava intenzionata a sguainare la bacchetta. Si limitò ad alzare il viso e quando i suoi occhi grigi incontrarono i suoi a Riddle sembrò di tornare indietro nel tempo.
Aveva già visto quello sguardo nel viso di una bambina di nove anni, una bambina con gli occhi gonfi di lacrime e i capelli crespi per l’umidità della grotta. Era lo sguardo incredulo e deluso di chi credeva che una cosa del genere non potesse veramente essere accaduta, di chi desiderava con tutte le sue forze di trovarsi in mezzo a un brutto sogno. A distanza di anni Roxanne conservava lo stesso, identico, sguardo, forse persino più intenso perché quella volta era stata direttamente lei la vittima di quel suo gioco spietato.
Riddle rimase imbambolato, per una volta in vita sua con la gola secca e le parole che non gli fiorivano alle labbra, osservandola mentre distoglieva lo sguardo e si passava una mano fra i capelli nel tentativo di rimetterli a posto. Roxanne si alzò, traballando un po’ sulle gambe e senza aggiungere una parola, senza degnarlo più di uno sguardo, uscì dall’aula.
Tom rimase solo, al buio, per quello che gli parve un tempo interminabile. Con il segreto e angoscioso desiderio di vederla varcare di nuovo quella porta, di vederla urlare, piangere, affatturarlo se necessario, purché gli rivolgesse la parola di nuovo.
Rimase solo, al buio, cercando di ricacciare in profondità dentro di sé la paura di averla persa per sempre e soprattutto la consapevolezza di quanto ciò fosse intollerabile.
 
 

 

***
 
 

 

« Roxanne! » esclamò Septimus con autentico sollievo.
La vide sussultare e girarsi nella sua direzione come paralizzata. Weasley aumentò il passo, avvicinandosi all’amica immobile nel bel mezzo del corridoio.
« Si può sapere che fine avevi fatto? » le chiese gioendo intimamente di vedere che non c’era Riddle al suo fianco. « La festa è finita da un pezzo e sono tutti tornati nei loro Dormitori. Gazza ci uccide se ci scopre qui… »
Il sorriso gli si congelò in faccia quando avvicinandosi si rese conto del suo sguardo allucinato, del vestito spiegazzato e della pelle arrossata in più punti.
« Rox… » mormorò mentre un fiotto di orrore gli riempiva le viscere. Digrignò i denti, fissandola con qualcosa di simile alla disperazione. « Stai bene? Dimmi che stai bene, ti prego ».
Roxanne lo fissò in un modo strano, ma quando rispose la voce era solo lievemente più stridula del normale.
« Certo che sto bene, Sept. Perché me lo chiedi? »
La fissò, per niente convinto.
« Be’ guardati » le rispose indicando con una mano a sua figura. « Sembra che tu abbia subito una Smaterializzazione particolarmente cruenta! »
Roxanne arrossì e un pensiero improvviso e violento gli attraversò il cervello. La inchiodò con lo sguardo, mentre un tremito leggero gli scuoteva le membra.
« Non sarà stato Riddle, vero? Non avrà provato a metterti le mani addosso, spero! » ringhiò in cerca di risposte.
Roxanne rise, di una risata vagamente isterica, appoggiando una mano sul suo braccio.
« Ma cosa vai a pensare, Sept? » lo rimbrottò scherzosamente. « Mi sono allontanata con Tom perché mi aveva chiesto di parlare. Come sempre abbiamo finito per litigare e io sono corsa via. Tutto qui. Non è successo altro ».
Gli occhi di Roxanne sembravano pregarlo di crederle e Septimus annuì, per niente convinto. Tutto sommato si trattava solo di un motivo in più per cui avrebbe dovuto spaccare la faccia a quel bastardo.
« Mi dispiace di averti lasciato solo, non volevo che la serata andasse così… »
C’era qualcosa di immensamente fragile nella sua voce che lo distolse dai suoi pensieri vendicativi.
Strinse la mano di Roxanne ferma sulla spalla, bisbigliandole piano:
« Non pensarci nemmeno, Rox. Adesso però sarebbe meglio che andassimo nella nostra Casa prima che… »
Non riuscì a finire perché la vocetta fastidiosa di Pix si intromise nella loro discussione.
« Ohhh! Cosa vedono i miei occhi! » berciò deliziato, aleggiando sopra le loro teste e osservandoli come se fossero dei dolcetti ripieni di crema. « Un rendez-vous amoroso a quest’ora di notte! »
Septimus gemette, chiedendosi da dove fosse spuntato fuori quel coso petulante.
« Pix ti prego, abbassa la voce » implorò Roxanne, ottenendo in risposta un sorriso birichino.
« Studenti fuori dalle camerateeeee! » urlò ancora più forte, facendo una giravolta a mezz’aria. « Mi chiedo quanto impiegheranno a sospendervi » proseguì noncurante dei tentativi di Roxanne di rabbonirlo.
« Oh, per la barba di Merlino! » esclamò Septimus stringendo la mano di Roxanne e trascinandola per il corridoio. « Andiamo prima che ci faccia scoprire! »
Iniziarono a correre, lasciandosi il Poltergeist alle spalle che urlava una filastrocca assurda e improvvisata che rimbombava per le pareti di Hogwarts:
 
Studenti birbantelli,
che fuggono come fringuelli!
Fanno una gran confusione,
se ne fregano dell'espulsione...
 
 
Corsero fino quando quell’assurda litania non si perse in lontananza, rallentando solo una volta giunti a pochi metri dal ritratto della Signora Grassa. A Septimus era parso di sentire il mormorio soffocato di Gazza e di quella sua stupida gatta grigia e una fitta al fianco lo avvertiva che i muscoli si lamentavano per quello sforzo improvviso.
La sua mano scattò a stringere il polso di Roxanne.
« Aspetta! » le bisbigliò concitato.
Lei si voltò a fissarlo con qualcosa di simile al fastidio. Aveva il fiatone ed era palese che non aveva voglia di perdersi in chiacchiere.
« Dobbiamo andare, rischiamo di farci scoprire! »
Di sicuro quello non era il momento più adatto per confessarle che la amava. Il problema era che il momento adatto non arrivava mai e lui non sopportava di lasciar correre neanche un altro giorno, vederla scivolare ancora di più tra le braccia di quel Riddle, senza essersi tolto quel peso dal petto.
« Lo so, ma c’è una cosa che devo dirti… »
L’imbarazzo gli strinse la gola in un nodo scorsoio. Deglutì e il pomo di Adamo gli ballonzolò su è giù.
« Una cosa che voglio dirti da un sacco di tempo… »
« Non farlo, Sept. Non rovinare tutto ».
Alzò gli occhi di scatto, fissando la smorfia dispiaciuta che animava la bocca di Roxanne. L’irritazione era sparita al suo sguardo, sostituita da un dispiacere sincero che non riuscì però ad arginare la delusione.
Rimase per un attimo in silenzio, cercando di regolarizzare il respiro. Sapeva che c’erano scarsissime probabilità che lei ricambiasse il suo sentimento ma gli sembrava che qualcuno gli avesse messo un blocco di marmo dentro il petto e anche solo inspirare si rivelava particolarmente gravoso.
« Sei innamorata di lui? » le chiese fissandola con uno sguardo mogio.
« Di lui chi...? » replicò quella, distogliendo lo sguardo.
« Non prendermi in giro, Rox, sai che parlo di Riddle » sputò quel nome dalle labbra come se fosse una bestemmia.
Per un secondo lei rimase in silenzio e Septimus desiderò non avergli fatto quella domanda.
« Non ha importanza quello che provo » .
Gli rispose fissandolo negli occhi ed ogni accenno di esitazione era fuggito dal suo sguardo. La sua voce era dura e determinata come non l’aveva mai sentita.
« Qualsiasi cosa ci fosse fra me e Tom è finita questa notte ».
Sept annuì, chiedendosi se avrebbe potuto credere alle sue parole.
« In questo caso, niente è perduto » aggiunse con un mezzo sorriso.
Roxanne lo fissò sorpresa, inarcando appena un sopracciglio.
« Sept non credo che… Tu per me sei un buon amico, ma dubito che potrà mai esserci altro… »
Le posò un dito sulle labbra, impedendole di continuare.
« Shhh » le mormorò dolcemente. « Non ti sto chiedendo niente, Rox. Ma io sono innamorato di te e posso aspettare. Magari un giorno riuscirai a dimenticarti di lui e deciderai di darmi una possibilità. Ed è inutile » aggiunse anticipando le sue proteste « che cerchi di farmi cambiare idea, perché sai bene che sono cocciuto come un Troll ».
Riuscire a farle spuntare un sorriso sulle labbra fu una grande soddisfazione. Roxanne lo fissò con quello sguardo così caldo annuendo appena e lui pensò che non sarebbe riuscita a togliersela dalla testa neanche se avesse voluto.
« Andiamo a letto, dai » gli disse prima di scivolare dietro la parete della loro Casa.
 
 
 
Note:
1. Citazione pronunciata da Silente in “Harry Potter e la Pietra Filosofale"
 
 
 
Ciao a tutti!
Un altro capitolo interminabile è andato. Spero che tutto risulti verosimile, dal comportamento imperdonabile di Riddle, alla reazione furiosa ma soprattutto delusa di Roxanne. Come ho scritto all’inizio in questa ff Tom non diventa un bravo ragazzo e per quanto il suo sentimento per Ro cresca, la sua parte peggiore a volte riaffiora in superficie. Mentre Rox si è resa conto di amarlo, lui rifugge da questo sentimento e arriva a catalogare quello che prova per lei come semplice attrazione fisica. Altrettanto ovvio che dopo quello che le ha fatto, privandola della sua libertà e quasi usandole violenza, Roxanne non ne voglia sapere più niente di lui. I Grifondoro non sono tanto inclini a passare sopra il tradimento u.u
Si è finalmente realizzata la profezia di Sybil! Non se ve la ricordavate, era nel capitolo 11.
Detto questo passo ai ringraziamenti: un grazie di cuore a Conin, Morgana_D, Cherolain, Erodiade, Alexia26, Cassandra Turner, Santa Vio da Petralcina, Mary Parker, ladyselena15 e _Febe che hanno commentato lo scorso capitolo. Grazie anche ai nuovi seguiti/ricordati/preferiti.
 
Aggiungo la foto di Septimus e di Evan Rosier: 

Sept
 
 Evan 

Detto questo un grosso bacio e a presto!
Ely


 

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Capitolo 22
*** Fa' del tuo peggio ***


 


 


 

Fa’ del tuo peggio

 
 
 
 

Riddle rincominciò a ridere: una risata
così forte che tutta la stanza buia ne risuonò,
come se a ridere fossero dieci Riddle. (1)

 
 
 
 
11 Gennaio 1943 Dormitorio Grifondoro
 
Roxanne si rigirava nel letto per quelle che dovevano essere ore.
Scalciava le coperte che le sembrava la soffocassero, per poi raccattarle in fondo al letto scossa da brividi di  freddo.
Quando era tornata nel Dormitorio Eloise e Sybil erano già nei loro letti e il ritmo regolari dei loro respiri le aveva suggerito che si fossero entrambe addormentate.
Se la loro amicizia non si fosse incrinata probabilmente Roxanne non avrebbe resistito all’impulso di svegliarle. Sarebbe corsa in lacrime fra le braccia di Syb, lasciandosi consolare dalla sua voce dolce come una carezza sul viso. Isy si sarebbe lamentata per essere stata svegliata a quell’ora, ma dopo aver intuito che si trattava di qualcosa di grave avrebbe iniziato a porle domande rabbiose per scoprire chi era che la stava facendo soffrire in quel modo. Persino non appena dalle sue labbra fosse uscito il nome di Tom Riddle, lo sguardo di Eloise non avrebbe fatto una piega e  lei l’avrebbe spinta a  ridere con elaborati piani di vendetta che – se anche non fosse mai riuscita a realizzare – perlomeno le avrebbero risollevato un po’ l’umore.
Ma le cose fra loro non erano più quelle di un tempo e Roxanne si ritrovò a reprimere i singhiozzi nel petto e a scivolare nelle lenzuola fredda, stringendo il cuscino fra le braccia come se volesse strangolarlo.
Desiderava dormire, scivolare in un oblio dove tutto quello che era successo quella sera non fosse che evento lontano. Invece si trovava a ricordare e piangere lacrime silenziose che le solcavano le gote incidendovi scie traslucide.
A farle più male non era il fatto che Riddle l’avesse baciata contro la sua volontà, soggiogandola con il suo potere. Non era nemmeno che lui avesse tradito la sua fiducia, proprio allora che aveva scoperto di amarlo, proprio quella sera che si era illusa che fra loro potesse sorgere qualcosa. Non era il fatto che lui avesse confermato i suoi peggiori timori, rivelandosi per l’essere gretto e meschino che era.
Certo, tutto quello le doleva,  un bruciore nel petto che diveniva di minuto in minuto più difficile da soffocare. Ma la cosa che veramente la straziava era un’altra.
Era il fatto che lei si era arresa.
Conosceva i tratti basilari  dell’Imperius ed era consapevole che la vittima di quel sortilegio poteva ribellarsi se dimostrava una adeguata forza di volontà. E invece lei si era lasciata trattare come una bambola, aveva lasciato che lui la deridesse, che le spostasse la veste e la afferrasse come se fosse un oggetto privo di volontà.
Di’ che vuoi che ti baci.
La sua voce, roca per il desiderio, come se quelle parole gliele stesse soffiando sulle orecchie. Sotto la Maledizione di Riddle si era sentita  sprofondare in un mare di ovatta: tutti i suoi problemi, le sue remore, i suoi scrupoli si erano dissolti come neve al sole. Ed era stato così facile abbandonarsi a quello che la  voce di Tom le sussurrava, a quello che il suo corpo le sussurrava…
Di’ che mi vuoi.
Affondò gli incisivi nelle labbra, fino a quando il sapore salato ed amaro del sangue le riempì il palato. Ingoiò quel liquido pungente, maledicendo mille volte la sua debolezza. Persino in quel momento, con quella lama di amarezza conficcata nel petto, il cuscino imbevuto di lacrime salate, le mani che tremavano di un tremito convulso, non riusciva a dimenticare la piacevole sensazione delle sue labbra sulla pelle, delle sue mani che le percorrevano il corpo, il suo sguardo che la fissava come se volesse divorarla. E non riusciva a perdonarselo, perché non importava se quello era stato il bacio più bello della sua vita, se mai come in quel momento si era sentita bene; non importava se il suo corpo andava a fuoco se solo ripensava alle mani lunghe e affusolate di Riddle. Loro due non sarebbero mai stati insieme.  Tom non era capace di amare qualcosa che fosse diverso da se stesso e lei non era abbastanza masochista da stare accanto a uno come lui.
Quella sarebbe stata l’ultima volta.  Non avrebbe ceduto più, non si sarebbe più fatta irretire dalle sue belle parole.
Era finita e non era nemmeno mai cominciata.
Lo realizzò pienamente solo in quel momento e un singulto le sfuggì dalle labbra, risuonando per la stanza silenziosa. Si ripeté quelle due parole “È finita” fra sé per cercare di farle penetrare a fondo nel suo cuore martoriato.
È finita. È finita. È finita.
Continuò a mormorarlo per tutta  la notte e per tutta la notte continuò a rigirarsi, ripercorrendo con la mente quella serata, ancora e ancora.
Fu solo quando un flebile raggio di sole filtrò dall’imposta della finestra che Roxanne si addormentò e persino nel sonno le sue labbra mantennero quella piega tormentata.
 
 
***
 
 
15 Gennaio 1943 Corridoio Terzo Piano
 
Tom Riddle sapeva che riconquistare la fiducia dell’Altgriff sarebbe stata un’impresa quasi disperata.
Non che non vi avesse provato, ovviamente. Aveva cercato di cogliere ogni occasione  per parlarle e scusarsi per il suo increscioso errore. Si era preparato un discorso bello e confezionato, una tiritera patetica in cui le chiedeva di perdonarlo per quello che era stato solo un attimo di debolezza, qualcosa che non si sarebbe ripetuto mai più.
Il fatto che lui non credesse nemmeno alla metà delle cose che le avrebbe detto era privo di rilevanza. Lui era Tom Riddle e per quindici anni era vissuto senza sapere che cosa fosse il senso di colpa, non aveva certo intenzione di cambiare per una Grifondoro dal viso di bambina.
Il problema nel suo piano perfetto era evidentemente che Roxanne non voleva parlargli.
Lo evitava per i corridoi, accelerava il passo se solo lui provava a rivolgerle la parola, aveva ripreso ad evitare la Biblioteca e a murarsi dentro il Dormitorio.
A Riddle sembrava di essere tornato indietro nel tempo e si chiedeva quanto a lungo i suoi nervi avrebbero retto prima di farlo impazzire. Poi era sorto un pensiero, che gli era rimasto lì, attaccato alla coscienza con la forza di una zecca.
Avrebbe potuto lasciar perdere.
Probabilmente avrebbe dovuto farlo molto tempo fa. Dimenticarsi di Roxanne Altgriff, chiudere quelle parentesi spiacevole e concentrarsi solo sulla sua missione di aprire la Camera.
Bastò quel pensiero per provocargli una sgradita fitta all’altezza dello sterno. Riddle appoggiò la testa al vetro freddo della finestra, digrignando i denti in una smorfia. Ammettere la sconfitta gli bruciava. Confessare che non era riuscita a conquistarla, che esisteva una persona immune al suo fascino e alla sua persuasione, qualcuno che anteponeva degli stupidi scrupoli morali a tutto quello che lui avrebbe potuto offrirle… Perché avrebbe potuto offrirle molto, se solo lei avesse voluto. L’avrebbe resa il suo braccio destro e l’intero mondo si sarebbe inginocchiato di fronte ai loro piedi, riconoscendone la superiorità. Le avrebbe donato il potere di una regina, le avrebbe fatto assaggiare l’ebbrezza di stringere fra le mani le vita di centinaia di persone, di fare la differenza. Per un attimo la mente di Riddle si smarrì in quei sogni di gloria e il resto del Corridoio sfumò perdendo di consistenza.
In quei giorni aveva cercato di darsi daffare e passava la maggior parte del suo tempo curiosando per i corridoi di Hogwarts, sfiorando i corridoi con le dita, esaminando ogni armature, parlando con ogni quadro, nel disperato tentativo di capire dove Salazar aveva nascosto l'entrata per il suo regno.
Una sera nel suo girovagare era persino tornato nel corridoio del Settimo Piano, proprio nel punto in cui quello sgabuzzino era apparso misteriosamente.
Gli ci era voluto un po' per carpire il meccanismo di quella Stanza.
Aveva trascorso un intero pomeriggio lanciando improperi silenziosi contro il muro, divorato dal desiderio di vedere quella porta malconcia apparire di fronte ai suoi occhi.
Detestava quel luogo. Se solo avesse potuto probabilmente gli avrebbe dato fuoco. Detestava quel quadro con quel mago grasso inseguito dai Troll, detestava quella parete liscia e bianca alla quale Roxanne si era appoggiata fissandolo come quello sguardo preoccupato, e soprattutto detestava quel dannato sgabuzzino che si rifiutava di mostrarsi. Che si ribellava. Proprio come faceva lei che prima lo provocava in tutti i modi possibili e immaginabili e gli si negava con quel suo sguardo altezzoso.
Aveva persino saltato la cena ma alla fine ce l'aveva fatta. Aveva appreso il segreto di quella stanza misteriosa e ne era compiaciuto come non mai. La stanza del Settimo Piano si apriva ad ogni tipo di desiderio e Riddle si era appuntato mentalmente quella scoperta, convinto che in un futuro gli sarebbe potuta tornare utile: era probabilmente l'unico della scuola a conoscere l'esistenza di un posto simile e avrebbe custodito quel segreto con cura.
Riddle gettò un'occhiata distratta all'orologio, riprendendo la lettura. La lezione della professoressa Gaiamens sarebbe iniziata presto e voleva almeno finire la pagina.
Dopo una settimana di ricerche infruttuose aveva dovuto convenire fra sé che cercare l'accesso alla Camera senza il benché minimo indizio era come cercare un ago in un pagliaio. Avrebbe potuto impiegarci secoli e lui non aveva tempo da buttare. Per cui aveva deciso di riprendere in mano il Diario di Salazar e di rileggerlo dall'inizio, questa volta senza saltare nemmeno una virgola. A forza di consumarsi gli occhi sarebbe riuscito a tradurre persino le parti in cui la grafia del suo antenato si faceva quasi illeggibile.
 
Sono sceso in paese ieri sera e ciò che ho visto mi ha nauseato.
Lady  Rowena camminava per le strade a fianco di un mago, un Sanguesporco della più infima categoria. Costui – il suo nome indegno rifugge dalla mia mente - ha addirittura tentato di baciarle la mano, ma sono intervenuto prima che quelle labbra profane potessero deturparle la  pelle d’avorio. Rabbrividisco alla semplice idea di una simile contaminazione.
Lady Rowena ha detto che non devo preoccuparmi così per lei, ma è talmente bella e pura che non posso sopportare sia anche solo sfiorata da un altro…
 

Riddle girò stizzito la pagina.
Niente di nuovo. Salazar innamorato di una delle Fondatrici e che curava di ribadire il suo odio per i Mezzosangue. Si chiese come fosse possibile che il suo più illustre antenato perdesse anche solo tempo con annotazioni simile. In un flash improvviso gli tornò in mente la gita ad Hogsmeade,  quando entrando nel negozio di Zonko aveva trovato Roxanne amorevolmente imboccata da Weasley.
D'un tratto il comportamento del suo antenato gli parve più comprensibile. Dopotutto volevano entrambi la stessa cosa: sottomettere e soggiogare la donna che aveva destato il loro interesse. Possederla. Annientarla fino a renderla loro schiava.
Fu con un briciolo di interesse in più che Riddle proseguì la lettura.
 
Ho chiesto a Lady Rowena di divenire mia moglie. Nessuno potrebbe mettere in dubbio le sue nobili origini, eppure non è per questo che ho chiesto la sua mano, o almeno non solo.
Non so definire bene cosa mi succede ma quando c’è lei nei paraggi non sono più padrone di me, catturato dalla sua voce melodiosa e dalla luminosità della sua pelle.  La notte sogno i suoi capelli neri come l’ebano e mi immagino il corpo di Rowena adorno solo di essi… A volte temo di essere sul punto di  perdere il senno.  Sono malato di desiderio e solo lei potrà essere la cura per il mio male (…)

Mi ha risposto che ci avrebbe pensato e io non posso che attendere con trepidazione. Avremo una splendida discendenza: la magia scorrerà potente nei sangue dei nostri figli e  so già che Rowena farà di me un uomo felice.
 
Tom corrucciò la fronte.
Era assolutamente ignaro di un matrimonio fra i due Fondatori e non credeva che una cosa simile sarebbe potuta passare sotto silenzio. Che la Ravenclaff fosse stata talmente sciocca da rifiutare una proposta così vantaggiosa?
Stava per riprendere la lettura quando una voce familiare gli solleticò le orecchie.
« Andiamo, Hag, o stavolta Lumacorno ci toglie talmente tanti punti che quelli della nostra Casa ci spellano vivi! »
La sua voce.
In un attimo il Diario di Salazar passò in secondo piano. Lo chiuse di scatto, infilandolo di malagrazia nella borsa e sbirciando l'inizio del corridoio dove Roxanne avanzava a passo deciso, seguita da un caracollante Hagrid.
« Come se tu avessi qualcosa di cui preoccuparti » ribatté il Mezzogigante sbuffando sonoramente. « Sei la sua cocca, Luma non ti toglierebbe punti nemmeno se tu facessi saltare in aria l'intera aula!»
Una risata, fresca come la rugiada del primo mattino. Merlino, quanto tempo era che non la sentiva ridere...
« Probabile » ammise quella afferrando la manica come per tirarlo. Contando che un passo di Rubeus corrispondeva a tre della ragazza, era una visione abbastanza comica. « Ma non credo che con te sarebbe altrettanto tollerante, quindi vedi di muoverti! »
Fu in quel momento che lo vide, appoggiato alla finestra del corridoio, in attesa dell'inizio delle lezioni. Riddle osservò il sorriso scivolare via dal suo volto, la luce del divertimento sfumare dagli occhi fino a lasciarli grigi e freddi come il marmo. Vide quel lampo di terrore e delusione che le attraversò i lineamenti, rabbuiandoli come se una mano capricciosa avesse spento la luce che li animava.
Lo sentì in quel momento, quel lampo di cocente insoddisfazione, la contrarietà per il modo in cui Roxanne reagiva alla sua vista che gli fece desiderare – probabilmente per la prima volta  dalla sera del ballo – di non essersi veramente comportato in quel modo. Di non essere lui l'artefice della sua postura rigida e del suo sguardo schivo, del pallore improvviso della sua pelle e del tremito delle sue mani.
Roxanne distolse lo sguardo, appuntandolo su un punto vuoto del corridoio. Se già prima camminava velocemente, adesso quasi correva, probabilmente nella speranza di allontanarsi da lui il prima possibile.
Peccato che Riddle non avesse la minima intenzione di concederglielo.
Il corridoio era stretto e la strada per raggiungere i Sotterranei era obbligata. Tom rimase immobile, le braccia incrociate sul petto, l'espressione rilassata, fino a quando lei non fu praticamente costretta a passargli davanti.
« Dieci punti in meno a Grifondoro ».
Quasi glielo soffiò nell'orecchio e gioì nel vederla sussultare, mentre quel buzzurro di Hagrid lo fissava come se desiderasse far di nuovo scontrare le  nocche contro la sua guancia.
« Che cosa? » chiese quella con voce stridula, fermandosi di botto. « No! Non puoi! »
Riddle sorrise. Era indignata e lo fissava con uno sguardo truce, ma almeno era costretta a parlargli e lui poteva già considerarla una piccola vittoria.
« Certo che posso, Altgriff, sono un Prefetto ».
« E cosa avrei fatto per meritarmi questo trattamento? O adesso voi Prefetti potete togliere punti solo perché qualcuno vi sta antipatico? »
Inarcò un sopracciglio, come se il fatto che lei potesse dubitare della sua imparzialità fosse assurdo.
« Ti ho tolto punti perché è vietato correre nei corridoi. E poi dovresti saperlo che mi stai tutto meno che antipatica, Ro... » aggiunse con voce bassa e suadente.
La vide fremere quando pronunciò quel soprannome, quel nomignolo che lei odiava e che lui avevausato innumerevoli volte, bisbigliandoglielo all'orecchio come se fosse una carezza.
« Tu, brutto figlio di una... »
Tom si voltò verso Rubeus spazientito, fissandolo come se fosse qualcosa di tremendamente fastidioso. Non gli diede tempo di finire la sua offesa:
« Altri dieci punti in meno. Di questo passo finirete per farvi superare dai Tassi » aggiunse malignamente.
Roxanne mise una mano sul petto di Hagrid che stava sbuffando come una ciminiera. Era evidente che aveva qualche problema di autocontrollo, o forse era solo il suo encefalo che non era abbastanza sviluppato da consentirgli delle reazioni che non implicassero l'uso della forza.
« Adesso se vuoi farmi il favore di dedicarmi un po' del tuo tempo, eviterò di declassare ulteriormente la tua Casa... » proseguì inchiodandola con gli occhi.
« Come caspita ti permetti di ricattarla, tu sch... »
Fu Roxanne a zittire Rubeus, lanciandogli un'occhiata implorante.
« Va' a lezione, Hag » aggiunse incassando le spalle. « Ti raggiungerò appena possibile ».
« Ma Luma... » provò a protestare quello debolmente.
Roxanne sorrise, un sorriso finto che non avrebbe ingannato nessuno.
« Mi inventerò una scusa. L'hai detto tu che sono la sua cocca, no? »
Il bestione mugugnò qualcosa che assomigliava vagamente un assenso. Tom lo vide lanciare un'ultima occhiata dubbiosa alla Grifondoro prima di allontanarsi con quel suo passo sbilenco. Si fermò dopo poco, girandosi per rivolgergli un'ultima occhiata assassina.
« Io non me ne vado. Non me ne frega niente di Pozioni. Sono qui che ti aspetto in fondo al corridoio, Rox, e se tu provi anche solo a infastidirla giuro che stavolta ti stendo » lo minacciò prima di lasciarli soli.
« Uhau. Complimenti Ro, vedo che ti sei scelta un valente cavaliere. Anche se forse assomiglia più a un gorilla, contando la stazza... » finse di riflettere con tono pensoso.
« Cosa diavolo vuoi, Riddle? »
Abbandonò il tono ilare, avvicinandosi di un passo. Lei non arretrò, ma gli lesse negli occhi il desiderio di stargli il più lontana possibile.
«Parlare. Spiegarmi ».
« Non c'è niente da spiegare » replicò quella stringendosi le braccia intorno al corpo.
Il suo sguardo ferito e di nuovo quella puntura al centro del petto. La voglia di tornare indietro nel tempo e di cancellare quella stupida serata.
« Non volevo fare quello che ho fatto» aggiunse ignorandola. « È stato un errore ».
« È tutto qui quello che hai da dire? Che hai sbagliato? »
Riddle cercò di tenere a freno l'irritazione che stava montando feroce. Del suo bel discorso preconfezionato non ricordava nemmeno una virgola e sapeva che  non era certo per via della  sua memoria che era sempre stata di ferro.
Era colpa degli occhi di Roxanne che lo fissavano con tutta l'accusa di questo mondo.
Era colpa delle sue labbra, un'unica linea sottile di disappunto.
Era colpa della sua voce che era pacata solo in superficie. E lui riusciva a sentirlo bene, Salazar se lo sentiva, l'urlo silenzioso che la animava  dentro.
« Mi sono fermato. Non è questo che conta? »
La sua  risata amara gli ferì le orecchie.
« Non è questo che conta? » gli fece il verso avanzando di un passo. Era adirata e non si curava più di nasconderlo. « No, Riddle, non conta neanche un po'. Dovrei forse ringraziarti perché sei stato così magnanimo da non violentarmi in un'aula deserta? Ti aspetti un applauso per non essere arrivato fino in fondo? O magari mi dovrei congratulare con te per come hai eseguito alla perfezione la Maledizione? »
Riddle arretrò, appoggiando la schiena alla finestra. Si chiese come fosse possibile che la situazione si fosse invertita e che adesso fosse lei a metterlo con le spalle al muro.
« Che cosa vuoi che ti dica, allora? »
La vide stringere le mani a pugno per la stizza.
« Niente! Non devi dirmi assolutamente niente! Non mi interessano le tue scuse, non che tu me le abbia offerte dato che sei troppo orgoglioso per farlo, né i tuoi rigiri di parole. Voglio-solo-che-tu-esca-dalla-mia-vita! » scandì lentamente prima di girarsi sul punto di andarsene.
« Aspetta! » mormorò afferrandola per il polso. 
L'obbiettivo iniziale di quella conversazione era di sfoderare tutto il suo fascino, di mentire spudoratamente se necessario, pur di farle dimenticare quella spiacevole parentesi. Perché il suo desiderio per  Roxanne era ancora lì, vivo e pulsante, e Riddle era consapevole che non si sarebbe accontentato di avere solo il suo corpo, ma che voleva che lei gli cedesse totalmente ed incondizionatamente. Era ancora lì quella voglia di soggiogarla e di annichilirla, fino a farle implorare una carezza.
« Sei sordo, Riddle? Non mi interessa » replicò quella fissando la mano che le stringeva il polso.
Una scarica elettrica dalla punta delle dita fino al midollo. Quanto poteva fare la difficile l'Altgriff, quanto a lungo poteva tirare il filo sottile della sua pazienza? Come poteva permettere a una Nata-Babbana qualunque di rispondergli in quel modo?
« Dovresti ascoltarmi, invece » rispose minaccioso, strattonandola verso di sé. « Non ti conviene avermi come nemico  » aggiunse con un brillio sadico nello sguardo.
Roxanne alzò il mento, perforandolo con i suoi occhi sfrontati.
« Altrimenti? » gli rispose con tono tagliente. « Che cosa farai esattamente, Riddle? Mi manderai contro la tua ghenga di scagnozzi? Oppure mi maledirai di nuovo? »
Si ritrovò a sussultare ed abbandonare di scatto la presa, mentre le parole di lei gli piombavano addosso come proiettili.
« Sai che ti dico, Tom? Fa' pure! Fa' del tuo peggio! Non riuscirai mai, mai, a farmi cambiare idea sul tuo conto! »
Questa volta, quando lei si girò per andarsene, Riddle non fece niente per trattenerla.
Rimase solo nel corridoio, con le sue parole che gli rimbombavano nelle orecchie. Improvvisamente scoppiò a ridere, di una risata fredda e crudele che risuonò di parete in parete.
 “Fa' del tuo peggio” gli aveva urlato solo pochi secondi prima.
Aveva commesso l'errore di sfidarlo in un campo che gli era familiare e quella volta non avrebbe perso, per niente al mondo.
 
 
***
 
 
15 Gennaio 1943 Sala Comune Serpeverde
 
Sybil si dimenava a disagio sul divanetto della Sala dei Serpeverde, chiedendosi perché in quella stanza ci fosse freddo sempre e comunque, nonostante fosse praticamente appiccicata al camino in marmo. Osservava le fiamme verdi divampare prepotentemente, piccole lingue sulfuree che si inerpicavano verso l'alto.
« Ti piace il nostro fuoco, Syb? Sono stato io a dargli quel colore » le mormorò Evan alzando momentaneamente la testa dal libro che stava studiando.
Per la verità lo trovava un po' inquietante. Le sembrava quasi che quel verde acido avesse risucchiato tutto il calore e la vivacità del fuoco, donandogli una sfumatura innaturalmente pungente. Scosse la testa, come per allontanare quei pensieri sciocchi e si ritrovò ad annuire debolmente.
« Deve essere stata una magia difficile » aggiunse con un mezzo sorriso.
« Uh » mormorò attorcigliandosi un boccolo intorno alle dita. Lo osservò alla luce delle fiamme,  per studiarne le sfumature argentee « Ho sempre trovato il fuoco... affascinante » bisbigliò quell'ultima parola come se stesse discorrendo di una vecchia amante « Mi riesce facile piegarlo al mio volere ».
Sybil deglutì, senza replicare, e dopo poco lui si immerse di nuovo nella lettura, continuando ad accarezzarle i capelli.  Rimase a fissarlo in silenzio, timorosa persino di respirare troppo forte.
Non voleva disturbarlo. C'era una strana pace in quel momento fra loro e Sybil non l'avrebbe infranta per niente al mondo.
Dopo la volta in cui Nott li aveva interrotti proprio di fronte alla loro Casa, Evan non aveva dato più segno di volere qualcosa di più rispetto a qualche timido bacio e Sybil aveva potuto tirare un respiro di sollievo. Una vampata di rossore le colorò le guance nel ripensare alle sue mani che le percorrevano la pelle alla scoperta del suo corpo.
Un piccola parte di lei – la parte più fragile ed insicura – si chiedeva se Evan avesse smesso di mostrare interesse per un approccio fisico perché quello che aveva toccato non gli era piaciuto.  Se dopo che si era accorto che aveva il seno di una dodicenne aveva preferito bloccarsi e trattarla per la bambina che era. Era un pensiero strisciante, un piccolo tarlo che  volte ricompariva e la rendeva in un secondo rigida e balbettante. Ma a parte questo era felice di come il suo rapporto con Evan si fosse stabilizzato.
Ormai era più il tempo che passava nei Sotterranei che quello che trascorreva nella torre Grifondoro. La sua intera giornata era scandita secondo il ritmo della lezione di Evan e ogni momento che aveva libero desiderava trascorrerlo con lui. Rosier era il suo ragazzo, il suo sostegno, il suo migliore amico.
Il rapporto con Roxanne e Eloise invece che migliorare pareva raffreddarsi ulteriormente con il tempo. Si erano ridotte a scambiarsi poche frasi di circostanza, per lo più fredde e distaccate e Syb aveva la sensazione che anche l'amicizia fra le  due ragazze fosse andata un po' deteriorandosi. Non le importava, ovviamente. Un tempo aveva creduto che l'affetto che la legava a Rox ed Isy sarebbe stato eterno, ma dopo il tradimento della gemella e dopo che Roxanne si era schierata dalla sua parte si era resa conto davvero delle persone con cui doveva condividere i suoi spazi.
E adesso non le importava più.
C'era Evan al suo fianco.
Lui la consolava stringendola fra le braccia quando si sentiva sola e le apriva gli occhi, dicendole che quelle due non erano alla sua altezza, che per tutti quegli anni l'avevano dato per scontata, considerandola come un cagnolino da portare al guinzaglio. Non meritavano la sua amicizia. Sybil poteva avere di meglio. Poteva avere lui.
Sussultò quando un ciocco di legno sfrigolò nel camino, riscuotendosi dal suo stato di torpore. Si era incantata a fissare i lineamenti di Rosier, come le succedeva sempre più spesso.
« Ehi, amico! Posso unirmi a voi? »
La voce bassa di Nott si insinuò nella stanza. Evan non gli rispose nemmeno, limitandosi a spostare i libri sul divano per fargli spazio.
 Amadeus Nott era divenuta un'altra delle presenze costanti nella vita di Sybil.
Non le piaceva più di tanto, se proprio doveva essere sincera. Nott era volgare, sboccato e superficiale. Si comportava come se fosse il padrone del mondo e non accettava mai un “no” come risposta, anche se si trattava della più piccola sciocchezza. Era il suo punto fermo nella vita quello di riuscire sempre ad ottenere quello che voleva, in un modo o nell'altro. Tutto il suo essere trasbordava quel velato senso di sfida e di ribellione, come se Amadeus fosse sempre alla ricerca di uno scontro, di qualcosa con cui mettere alla prova le sue capacità. Solo Riddle riusciva a metterlo al suo posto e a volte a Sybil sembrava che persino nei suoi confronti Nott provasse un non tanto velato senso di antagonismo.
Come facesse uno così ad essere amico di Evan, del suo Evan che era sempre pacato e rilassato, che non alzava mai la voce e non commetteva mai pazzie, era qualcosa che Sybil non riusciva proprio a comprendere.
« Uh, ci sei anche tu, Knight ».
Fu il caloroso saluto che ricevette, accompagnato da un'occhiata di sufficienza, quasi fosse un grumo di polvere particolarmente appiccicoso.
Sybil sospirò, rivolgendogli un cenno di saluto. Sapeva bene che la sua antipatia era ampiamente ricambiata. Amadeus la considerava una insulsa bambolina a malapena degna della sua attenzione. Non le rivolgeva quasi mai la parola e le poche volte che lo faceva era talmente rude e indisponente che Sybil finiva per andare in confusione, balbettando risposte poco intelligenti.
Nott rimase in silenzio per appena una manciata di secondi, prima di iniziare dare di gomito ad Evan e indicargli alcune ragazze della loro Casa, chiedendogli consigli su quale fosse la preda più appetibile.
Sybil ascoltò quei discorsi maschilisti in silenzio, senza dar voce al proprio pensiero. Personalmente non capiva come una ragazza potesse interessarsi a uno come Nott: gli si leggeva in faccia che  voleva solo una cosa. Tuttavia sembrava che la lista delle terzine ingenue alle quali bastava una frase stucchevole per capitolare non si fosse ancora esaurita e più volte Sybil si era trovata coinvolta in una specie di appuntamento a quattro. Peccato che con il suo carattere chiuso non fosse riuscita  a fare  amicizia nemmeno con una di quelle ragazze prima che Nott la scaricasse per passare a quella successiva.
« Ehi Ev, che ne dici di Walburga? » chiese Amadeus appuntando lo sguardo sulla Serpeverde che discuteva tranquillamente con Violet Bulstrode.
« Dico che rischi l'evirazione » rispose in tono pacato il suo ragazzo, continuando a sfogliare il tomo di Erbologia.
Nott sbuffò, come a non voler dare peso alle sue osservazioni.
« Che sciocchezza! Scommetto che non saprebbe resistermi... »
Sybil faticò molto a trattenere un sospiro di scherno.
« Dubito che tu sia il suo tipo. Ma anche fosse, penso che Druella ti salterebbe al collo prima che tu possa anche solo avvicinarti. E ad Orion non farebbe tanto piacere, naturalmente ».
Amadeus si porto un dito al mento, fingendosi pensieroso.
« Druella è talmente presa dal suo Cygnus che non si accorgerebbe nemmeno se lo facessimo sotto i suoi occhi. E quanto ad Orion l'altro giorno l'ho beccato in corridoio che si baciava una Tassorosso... » si ributtò a sedere sul divano con una piccola smorfia di fastidio « Ripensandoci è troppo facile » aggiunse con sconforto.
Sybil si alzò in piedi, decisamente provata dalla mente contorta di Nott.
« Devo tornare nel mio Dormitorio » mormorò con un sorriso di scusa « Fra poco Gazza passa a fare la ronda e non posso farmi trovare qui... »
« Ti accompagno » le rispose Evan tirandosi su con un gesto fluido.
« Sybil, c'è qualcosa che non va? Ti vedo un po' insofferente » le chiese mentre passeggiavano per i corridoi.
Si esibì nel suo miglior sorriso di scuse.
 « No, affatto ».
Per quanto rozzo e meschino Nott era amico di Evan e lei non avrebbe mai parlato male di lui. Non avrebbe sopportato che si allontanasse dalle persone a cui teneva per lei. E poi Rosier sembrava tenerci particolarmente a che loro due andassero d'accordo e lei non voleva deluderlo.
« Meglio così » replicò Rosier con una scrollata di spalle.
Si fermò a pochi passi dal dipinto della Signora Grassa. La salutò con il solito, innocente, bacio a stampo e se la sua femminilità ne uscì un po' frustrata, per il resto Sybil non poté che tirare un sospiro di sollievo.

 
 
Note:
1. Citazione tratta da “Harry Potter e la Camera dei Segreti”.
 
 


Ciao a tutti!
Scusate il mostruoso ritardo ma ho avuto notevoli problemi con l’editor. Passo subito ai ringraziamenti:
grazie mille a Mary Parker, Bsky89, Conin, Erodiade, Silvie LeFay, tantoloveforyou, Morgana_D, Cherolain e Pamphi.
Un grosso bacio e spero a presto
Ely
 

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Capitolo 23
*** Dividi et impera ***


 
 


 

Dividi et impera 
 

 
 

“Se posso dirlo, Harry, sono sempre stato
 bravo ad incantare le persone di cui
avevo bisogno” (1)

 

              
 
 
 
20 Gennaio 1943 Dormitorio Serpeverde
 

 I libri rovinarono al suolo con un rumore tetro.
Colpì con il dorso della mano il calamaio e l'inchiostro si sparse sulla scrivania come una polla di petrolio. Il legno assordì quel liquido nero, ogni più piccolo anfratto impregno di esso.
L'intero Dormitorio Serpeverde era sottosopra. Il comodino era rovesciato per terra, il letto sfatto, il vetro della finestra scheggiato. I cuscini erano riversi al suolo, così come libri e pergamene che si ammucchiavano in un ammasso disfatto.
In mezzo a questo disastro, Riddle stringeva il diario di Salazar tra le mani, cercando di controllare il respiro affannoso. Era seduto sul letto, noncurante delle piume sparse sul lenzuolo e del profondo squarcio del cuscino alle sue spalle.
Come osava.
Come si permetteva quella piccola, sudicia, Nata-Babbana di respingerlo in quel modo? Aveva provato a parlarle. Per Salazar aveva addirittura finto di scusarsi, come se veramente potesse importargli qualcosa di lei! E invece era trascorsa un’altra settimana senza che quella spocchiosa lo degnasse di un sorriso di scusa.
La copertina del diario si increspò sotto le sue dita. Riddle osservò con freddezza il disastro che aveva combinato nella stanza, chiedendosi da quanto tempo non gli capitasse di perdere il controllo.
Era per  lei, era sempreper lei, che tutto quello che si sforzava di ottenere gli sfuggiva dalle dita.
Rinforzò la presa sul diario, decidendo di accantonare il pensiero dell'Altgriff. Aveva cose più importanti a cui pensare e Roxanne non era nemmeno degna della sua attenzione.
 

L’amore! Che turpe ed odioso sentimento! Che cos’è l’amore? Un incostante afflato dell’animo che muta più velocemente del volgere delle stagioni! Come può l’amore essere più forte del sangue? Come può contare più del mio nome e delle mie nobili origini?
Eppure è così: io Salazar Slytherin sono stato rifiutato. Lady Rowena non mi sposerà perché non mi ama. È inconcepibile che lei –  così intelligente ed accorta – non riesca a capire che il matrimonio non ha niente a che vedere con l’amore! Che quello che ho da offrirle io, nessun altro potrà mai donarglielo! Ma si pentirà: tornerà da me strisciando e stavolta sarà lei ad implorare il mio di amore.

 

Un sorriso crudelesi formò sulle labbra di Riddle.
Proprio come immaginava la Ravenclaff era stata talmente sciocca da rifiutare il suo antenato. Un brivido sottile gli percorse la schiena mentre rileggeva le ultime parole.
Abbandonò la testa all'indietro, sprofondando nel cuscino di piume. Capiva i sentimenti di Salazar più di quanto credeva fosse possibile.
Era sempre stato bravo a plagiare le persone e  piegarle alla sua volontà, aveva imparato presto che nella maggior parte dei casi il trucco consisteva semplicemente nel sussurrare loro ciò che più desideravano sentirsi dire. Eppure quella tecnica con Roxanne non aveva dato  i suoi frutti.
Dopo l'incontro nel corridoio e la sfida che inconsciamente gli aveva lanciato, le sue parole continuavano a turbinargli nella mente. Lei, lei che non lo degnava di uno sguardo, lei che lo ignorava e preferiva passare il suo tempo in compagnia di quella feccia di Rubeus e di quell'idiota di Weasley. E lui non sarebbe andato a cercarla, non si sarebbe più umiliato per lei.
Oh, no. Non sono io quello che deve strisciare.
L'avrebbe costretta a perdonarlo, a riprendere il loro rapporto dal punto in cui lo avevano interrotto. Per quanto abilmente potesse fingere che non le importasse più niente, Riddle sapeva che non era così. Le aveva letto la mente e aveva potuto scorgere chiaramente che l'interesse che provava nei suoi confronti non era una cotta che sarebbe sfumata nell'arco di una settimana.
Si rigirò pigramente la bacchetta fra le dita, mettendo a punto le linee del suo piano. La verità era che colpire le persone come Roxanne era dannatamente facile. Lei, che si credeva così buona e perfetta, così piena di quei bei sentimenti di cui si riempiva la bocca, si sarebbe accorta molto presto che l'amore e l'amicizia erano parole vuote, per sciocchi creduloni. Glielo avrebbe insegnato lui quanto potevano risultare pericolosi quei tipi di legami.
Armi a doppio taglio.
Sprimacciò meglio il cuscino alle sue spalle, pensando che era già a un buon punto. Sybil Knight pendeva dalle labbra di Evan, pronta a buttarsi da un ponte se solo lui glielo avesse chiesto. Avrebbe solo dovuto forzare un po' la mano, niente di difficile. Anzi. Probabilmente Evan gli sarebbe solo stato grato di questa insperata occasione di divertimento.
 Sorrise soddisfatto: il Bene e il Male non esistevano e gli scrupoli morali erano solo per gli ingenui.
Presto avrebbe provveduto personalmente a dimostrarlo all'Altgriff.
 
Rowena mi ha mentito.  Avrei dovuto saperlo che c’era di mezzo lui.
Non posso chiudere gli occhi di fronte a una simile aberrazione... Il mio sangue grida vendetta.

 
Quelle parole gli fecero aggrottare la fronte per la sorpresa.
Lui? A chi si riferiva Salazar?
Si lasciò prendere dalla lettura, aggrottando la fronte spaziosa.
Le frasi seguenti erano un intreccio di linee e punti, un puzzle arzigogolato tanto quanto  privo di senso. Senza accennare al minimo gesto di fastidio, Riddle si procurò un piccolo taglio sul dito con la bacchetta e sporcò la pagina con il sangue.
Istantaneamente le parole si disfecero, organizzandosi in frasi dal senso compiuto.
 
È fatta. La mia vendetta è infine compiuta. Ma è tardi, troppo tardi. Non potrà averla.  La mia Rowena è perduta per sempre. Il suo corpo è gravido del seme che quell’immondo essere vi ha infuso… Non potrà più essere mia moglie dopo un simile contagio. Ma se non potrò averla io, mi consola il pensiero che nemmeno lui la abbraccerà di nuovo: il lurido Mezzosangue giace ormai in una pozza di sangue.
La mia bacchetta ha bevuto la sua vita eppure non è ancora sazia.

 
Rovesciò il capo all'indietro e rise, di una risata innaturalmente fredda e priva di allegria.E così la nobile Rowena non aveva trovato niente di meglio che farsi ingravidare da un sudicio Mezzosangue. Piccoli singulti di risate continuavano a scuotere il suo corpo mentre si chiedeva fino a quali abissi potesse giungere la stupidità umana. L'amore aveva spinto Lady Ravenclaw a rifiutare un ottimo partito per preferirgli un mago qualunque. Feccia che il suo antenato aveva provveduto a togliere opportunamente di mezzo.
 
Le urla di Rowena che  risuonano nell’aria sono una soffusa melodia per il mio cuore sofferente.
 

Riddle sfogliò velocemente il diario, mentre un dubbio si insinuava nella sua mente. Era per questo che Salazar aveva finito con il tempo per odiare ancora di più i Sanguesporco? Era stato il cocente sapore dell'umiliazione, la consapevolezza che la donna che amava gli aveva preferito un essere di infima qualità a spingerlo a creare la Camera dei Segreti ed affidare ai suoi Eredi il compito di purificare Hogwarts del loro sangue impuro?
Chiuse il libro con un tonfo sordo, la mente che lavorava a velocità febbrile. Aveva ottenuto delle informazioni fondamentali e si sentiva sempre più vicino a scoprire la verità. Era come se fosse lì, ad appena un passo dalla sua comprensione. Si alzò in piedi, afferrando il mantello e agganciando gli alamari d'argento. Fare due passi lo avrebbe aiutato a schiarirsi le idee.
Prima di uscire dalla porta, mosse impercettibilmente la bacchetta di tasso.
In un attimo la stanza tornò perfettamente in ordine.
 
 
***
 
 
20 Gennaio 1943 di fronte al ritratto della Signora Grassa
 
Roxanne scivolò fuori dalla parte, avvertendo il rumore del passaggio che si chiudeva alle sue spalle.Appoggiò la schiena al muro mentre un lungo sospiro le fuggiva dalla labbra dischiuse. Fingere di essere la solita persona di sempre si stava rivelando  più difficile del previsto.
Avrebbe voluto poter cancellare con un colpo di spugna i mesi che erano trascorsi. Avrebbe dato qualsiasi cosa per poter rincominciare da capo quel quarto anno,  proteggere Sybil da Rosier come non era stata in grado di fare, ignorare Riddle e le sue stupide frecciatine.
Riddle.
Si strinse una mano al petto, come per cercare di placare quel malessere improvviso.
Era così, era sempre così.
Bastava che qualcuno pronunciasse il suo nome, che i loro sguardi si incrociassero per sbaglio nei corridoi, che udisse la sua voce imperiosa propagarsi per la stanza, perché una morsa feroce le serrasse il petto. Era come una mano ghiacciata che le afferrava brutalmente i polmoni, bloccandole il respiro, mentre le orecchie erano assordate dal battito inconsulto del suo cuore.
Più cercava di evitarlo e più si rendeva conto di come questo fosse assolutamente insufficiente a toglierselo dalla testa. Ogni Serpeverde che incrociava  le ricordava lui, la Biblioteca le sembrava ancora satura dell'odore della sua pelle, i libri le facevano venire alla mente le sue dita – bianche ed agili – che li sfioravano come se li stessero accarezzando. Le bastava chiudere gli occhi perché le apparisse il volto di Tom mentre la schiacciava sotto di sé su quella scrivania, per sentire il sapore della sua bocca e la sua voce che le sussurrava nelle orecchie.
Quelle immagini le mandavano il sangue al cervello e un fiotto di odio puro le colmava le viscere per il modo degradante in cui lui l'aveva trattata. Però... però tutto quell'odio non riusciva ad arginare del tutto il focolare del sentimento che era rimasto.
Lo odiava per come il suo cuore accelerava nell'intravederlo nei corridoi.
Si odiava perché non riusciva ad apporre veramente la parola “fine” alla loro storia.
Più andava avanti e più le sembrava che niente avesse  un senso. Passava i pomeriggi con un Septimus determinato a conquistarla e che non aveva il cuore di disilludere di nuovo. Sybil era come sparita dalla sua vita, risucchiata dal vortice Evan e Eloise... Oh, Eloise sembrava sempre più chiusa in se stessa e quella guerra fredda con Syb pareva prosciugarle ogni energia. Con stupore Roxanne si era scoperta più a volte a pensare che al di là dell'apparente esuberanza, fosse proprio Isy quella più fragile delle due.
E tutto questo per via di Riddle.
Fa' del tuo peggio.
Glielo aveva urlato contro con ira e acredine. Era stato come stuzzicare una bestia feroce e Roxanne era consapevole della stupidità del suo gesto. Ma non era riuscita a trattenersi – non riusciva mai a trattenersi quando lui la faceva arrabbiare in quel modo – e gli aveva riversato addosso tutta la sua ira.
E in quelle settimane Riddle sembrava averla presa in parola. Il numero degli studenti che finivano ricoverati in Infermeria per strani ed inspiegabili incidenti era vertiginosamente aumentato, così come le chiacchiere che circolavano nei corridoi.
Si vociferava di una  setta che si riuniva nei Sotterranei di Hogwarts, un circolo privato a cui solo pochi e selezionati soggetti potevano accedere. Nessuno sapeva in che cosa consistessero questi incontri, né chi fosse il capo o come si facesse ad accedervi. Un nome aveva però iniziato ad infiltrarsi fra le mura di Hogwarts e si espandeva guidata da una brezza di mormorii e frasi smozzicate nei corridoi: Mangiamorte.
Alcuni studenti erano incuriositi da questo circolo e si chiedevano perché fosse sorto proprio in quel momento. Altri giuravano che ci fosse sempre stato e che solo adesso si affacciasse allo scoperto. I più saggi però rabbrividivano inconsciamente quando lo sentivano pronunciare e cercavano di tenersene  bene alla larga.
Roxanne si lasciò scivolare a terra, la testa appoggiata alle ginocchia. Il modo in cui Tom si stava abbandonando alle tenebre la angosciava. Si chiedeva spesso se il barlume di umanità che aveva scorto a tratti nei suoi lineamenti non fosse solo un miraggio,  qualcosa che lei aveva voluto vedere ma che non era mai esistito.
Strinse le palpebre mentre il ricordo dell'ultima conversazione con Tom  si infilava nei suoi pensieri, come se quelle parole gliele stesse mormorando all'orecchio:
 
« Ciao, Ro. Hai intenzione di tenermi il muso ancora a lungo? »
Si girò di scatto e quando si accorse che lui era alle sue spalle, le parve che le pareti della Biblioteca si chiudessero d'improvviso su di lei, una sensazione claustrofobica.
« Ri-Riddle » balbettò mentre la piuma d'oca le sfuggiva dalle mani e atterrava con un “plic” sulla pergamena, macchiando il suo tema sulla cura degli Snasi.
« Mmm »  annuì lui lanciando un'occhiata alla ricerca. « Il quinto rigo contiene un errore. Gli Snasi sono attratti dalle cose luccicanti, non da quelle preziose » la informò con il suo tono da primo della classe.
Strinse le mani nascondendole sotto il tavolo perché lui non doveva accorgersi che tremavano. In un flash, improvviso quanto doloroso, le  tornò alla mente tutti i pomeriggi passati in Biblioteca a studiare a fianco o a spulciare negli annuari.
« Grazie per il consiglio »  gracchiò ironica.  « Ma credevo di essere stata chiara sul fatto che... »
« La mia presenza non è gradita e qualsiasi cosa io faccia, tu non riuscirai mai a perdonarmi? » la  anticipò lui, sorridendole.
« S-sì »  balbettò lei di nuovo.
Si sentiva una completa idiota. Lui le era apparso così, d'improvviso, e lei non era preparata per quell'incontro. E poi quel sorriso. Merlino se era magnetico, con i suoi denti bianchi che facevano capolino dalle labbra rosse.
« Ma io non sono qui per scusarmi »  aggiunse senza accennare ad allontanarsi dalla sua sedia.
« Ah no? »  replicò lei inarcando un sopracciglio.
« Sono passato perché ti ho visto turbata, Ro »  proseguì mellifluo mentre i suoi occhi verdi le percorrevano il corpo. « Mi chiedevo se avevi bisogno di parlare con qualcuno... »
Si  irrigidì, fissandolo con stizza.
« Anche se fosse tu saresti l'ultima persona con cui ne vorrei farlo, non credi?»  sbottò distogliendo lo sguardo.
« Davvero? » si  chinò e quelle parole gliele  mormorò direttamente nell'orecchio.  «Perché non mi sembra che ti siano rimaste tante persone con cui confidarti... »
Deglutì, mentre l'odore della sua pelle si faceva strada nelle sue narici. Sapeva di menta e inchiostro e quel profumo le aveva sempre dato alla testa.
« Che cosa intendi dire? »
Anche senza fissarlo negli occhi,  intuì che stava sogghignando.
« Be' Sybil è sempre più presa da Evan, mentre Eloise... è un po' troppo presa dai suoi problemi per farsi carico anche dei tuoi, non credi? » esclamò beffardo.
« Lasciale fuori da questa storia » ringhiò decisa.
Un lampo di trionfo aveva attraversato le iridi di Tom.
« Paura, Altgriff? »
« No »  era sbottata istintivamente. « È solo che tu sciupi tutto quello che tocchi ».
Era stata una frase avventata, un pallido riflesso del dolore che sentiva dentro. Lo sguardo di Tom si  era incupito e per un istante una strana smorfia  gli aveva deformato le labbra.
« In questo caso ti conviene tenere d'occhio le tue amiche, Altgriff »  aveva mormorato. « Perché non mi importa quante persone dovrò mettere nel mezzo, niente e nessuno è riuscito a resistermi finora...  »
« Nessuno tranne me »  precisò alzando un po' il capo.
« Oh, ma anche tu hai ceduto » la punzecchiò lui, accarezzandola con lo sguardo. I suoi occhi si soffermarono sulle sue labbra e Roxanne non riuscì ad impedire che un acceso rossore le colorasse il viso. « E cederesti ancora se non avessi paura di ammettere quanto ti è piaciuto ».
Lo  aveva fissato incredula, incapace di credere che quelle parole fossero davvero uscite dalla sua bocca. Riddle non le aveva dato il tempo di rispondere e dopo averle rivolto un ultimo sorriso sghembo si  era dileguato, guadagnando l'uscita con il suo passo felpato.
 
Quella conversazione le aveva lasciato per giorni un ricordo spiacevole. Non aveva compreso del tutto le allusioni di Tom, ma il modo in cui aveva sorriso nominando Sybil le aveva lasciato una brutta sensazione addosso.
« Che stai facendo? »
Una voce severa la riscosse dai suoi pensieri turbolenti.
Roxanne alzò la testa di scatto e nel trovarsi di fronte il viso del Prefetto di Grifondoro, si affrettò velocemente a ricomporsi. Minerva McGranitt era famosa per la sua severità e per la sua capacità di rimproverare gli studenti fino a sgolarsi.
« Niente » rispose sperando di risultare convincente. « Ho avuto solo un lieve giramento di testa ».
Minerva le lanciò un'occhiata penetrante da sotto gli occhiali spessi, prima di annuire lentamente.
« Non dovresti avere lezione? Vuoi che ti accompagni in Infermeria? »
Roxanne si affrettò a scuotere la testa, trattenendo a fatica un sorrisino. Tutti nella sua Casa sapevano che l'apparente rigidità del Prefetto era solo una maschera che nascondeva un carattere gentile e tendenzialmente altruista.
« Non ce ne è bisogno, Minerva, davvero. La lezione della professoressa Gaiamens inizierà tra poco e sarà meglio che mi incammini ».
La McGranitt annuì ancora, accarezzandosi distrattamente la lunga treccia che raccoglieva i capelli corvini.
« In questo caso buona lezione, Roxanne » asserì, girandosi per riprendere la sua marcia con una catasta di libri sotto il braccio.
« Aspetta! » non riuscì a trattenersi dall'urlare.
Minerva si voltò, un'espressione perplessa sul volto sempre troppo pallido.
« Sai... sai qualcosa di Adrian Wood (2)? » chiese in un sussurro.
Il volto della ragazza si incupì immediatamente.
« È stato da poco dimesso dall'Infermeria e adesso le sue ossa sono tutte a posto ».
« Non è  ancora noto  il responsabile? »
Minerva sospirò, scuotendo appena il capo.
« Adrian continua a dire che è semplicemente caduto dalle scale ».
Roxanne deglutì e una parte di lei si aggrappò alla speranza che si fosse trattato davvero di un incidente.
« Capisco » rispose ancora sovrappensiero.
La McGranitt la salutò con un cenno del capo, prima di allontanarsi quasi sicuramente diretta in Biblioteca.
Roxanne si incamminò verso lezione senza riuscire a scacciare quella brutta sensazione di dosso.
 
 
***
 
20 Gennaio 1943 Gufiera Hogwarts
 
Eloise stava accarezzando la sua civetta Dafne e il suo allegro tubare le risuonava nelle orecchie. Le allungò un biscottino e il becco adunco lo afferrò in un istante.
La Gufiera era un posto caotico e sporco, pieno di piume e gufi che ti fissavano come se fossero sul punto di beccarti da un momento all'altro. Non le piaceva, eppure quella sera si stava trattenendo più del previsto e il motivo era che voleva rimandare il momento in cui si sarebbe dovuta rinchiudere nel suo Dormitorio. L'aria all'interno della stanza che condivideva con Roxanne e Sybil era persino più irrespirabile e pesante che quella della Gufiera.
Se in un moto di ingenuo ottimismo Eloise si era ritrovata a pensare che il tempo avrebbe messo a posto le cose fra sé e la gemella, aveva dovuto fronteggiare l'amara disillusione che il semplice fatto di evitare il problema, non significava che esso fosse magicamente dissolto.
Sybil continuava ad evitarla e a rivolgerle la parola solo se strettamente necessario. Persino Roxanne le pareva fredda e distante e anche se comprendeva il perché del suo comportamento.
Il motivo era lui, ovviamente. Tom Riddle.
Si ripeté quelle sillabe fra le labbra, masticandole con odio. Era stato lui a spingere Evan fra le braccia di Sybil ed era stato lui a spezzare il cuore di Roxanne. Anche se l'amica non si confidava era sicura che fosse successo qualcosa, qualcosa di brutto, che aveva irrimediabilmente incrinato il loro rapporto.
Roxanne con Tom e Sybil con Evan. Godric, quanto aveva ragione Rox a diffidare dalle  Serpi...
Il biscottino che stringeva fra le dita si sbriciolò per l'eccessiva pressione, procurando un tubare indignato di Dafne. Le accarezzò  la testa con un sorriso di scusa – sapeva essere tremendamente permalosa la sua civetta – affrettandosi a estrarne un altro dalle tasche.
La verità era che senza Sybil si sentiva... monca.
Lei era l'unica che riusciva a farla desistere dai suoi propositi impulsivi, a convincerla a contare fino a dieci prima di cacciarsi in un altro guaio. Era la sola da cui accettava consigli ed anche se apparentemente fingeva che le sue parole le scivolassero di dosso in realtà finiva sempre per rimuginarci più di quanto l'altra credeva. Una volta scherzando aveva detto che Sybil era la sua coscienza.
E adesso che lei non c'era si sentiva sbilanciata.
La sensazione era molto simile a quella di chi sente formicolare un arto fantasma: a volte  le veniva da pensare a che cosa avrebbe detto Sybil, sorrideva immaginando di raccontarle i più strani pettegolezzi di Hogwarts e immaginare la sua faccia indignata per il linguaggio colorito che usava. Poi ricordava che non avrebbe più potuto confidarsi con la gemella e il sorriso moriva di colpo.
Fu un colpetto di tosse alle sue spalle a riscuoterla dalle sue elucubrazioni.
Si voltò e trasalì violentemente nel trovarsi di fronte l'ultimo Serpeverde con cui avrebbe voluto condividere i suoi spazi: Evan Rosier.
Il moro non parve altrettanto colpito.
« Mi chiedevo quando ti saresti accorta della mia presenza » mormorò appoggiato allo stipite della porta.
« Mi stavi spiando? » chiese Eloise incrociando le braccia sul petto.
Era stata  acida, ma non era in vena di svenevolezze.
« Non volevo disturbarti » la contraddisse Rosier avanzando di un passo. « Parevi così assorta...»
Quella era la prima volta che lei ed Evan si ritrovavano faccia a faccia dalla sera del Veritaserum.
Certo, l'aveva incrociato altre volte in corridoio o mentre andavano a lezione ma... ma quella era il loro primo tête a tête dopo quella ignobile carognata che lui aveva messo in scena.
« Stavo pensando proprio a te per la verità. E a quanto sai essere esageratamente stronzo » calcò aggressiva, le braccia conserte sul petto.
La maggior parte dei ragazzi che conosceva si sarebbe adirata per quell'epiteto. Rosier invece ne parve quasi divertito e la fissò con uno sguardo così condiscendente che se solo avesse potuto  lo avrebbe affatturato all'istante. Fremeva dalla voglia di estrarre la sua bacchetta e puntargliela alla giugulare. Forse non sarebbe stata la cosa più giusta da fare ma...Quando mai le cose più giuste sono quelle che danno più soddisfazione?
« Immagino che tutto questo astio derivi dalla “questione Sybil”» sibilò con aria rilassata.
Eloise non rispose ma era convinta che il suo sguardo parlasse da solo.
« Niente di personale, Knight » rispose scrollando le spalle. « Mi serviva solo un modo per guadagnare la fiducia di Syb e tu mi sei stata di grandissimo aiuto ».
Eloise si sentiva bruciare. Non era mai stata una persona razionale e di certo non si poteva definire riflessiva. Ma era raro per lei perdere il controllo fino al punto di smettere di pensare. Eppure sentiva di essere vicinissima a varcare quella linea sottile.
Evan fece alcuni passi in avanti, osservando i gufi e i barbagianni della scuola, come se stesse ponderando quale sarebbe stato più celere nel consegnare la missiva. Solo in quel momento notò che in effetti stringeva una busta fra le dita.
« Perché? » gli chiese mentre le unghie affondavano nella pelle tenera del palmo.
Il Serpeverde si girò sorpreso, quasi come si fosse già dimenticato della sua presenza. Probabilmente reputava la loro conversazione conclusa.
« Perché, Rosier? » ripeté cercando di contenere l'istinto omicida. « Non sei veramente innamorato di Sybil. Si vede da un miglio che non ti importa più di tanto di lei. Ma allora perché? » aveva iniziato a parlare esitando, ma adesso le parole fluivano dalle sue labbra come un fiume in piena. « Perché hai voluto mettermela contro, perché continui a stare con lei? Non ha senso! »
Il moro non replicò, scegliendo infine un barbagianni particolarmente grosso e legandogli la missiva ad una zampa.
« Vuoi sapere il motivo, Knight? » disse infine quando la pazienza di Eloise era giunta agli sgoccioli. « Non è evidente? »
La luce della luna entrava dalla stretta feritoia della Gufiera, rimbalzando sui capelli di Evan e sui suoi occhi di ghiaccio. Brillava una luce fredda in essi ed Eloise non riuscì a reprimere un brivido.
« Lo faccio perché mi diverte » scandì lentamente perché quelle parole penetrassero nel suo cervello. Si stava avvicinando ma quasi non se ne era accorta, interamente concentrata sul movimento delle sue labbra sprezzanti. « Certo, anche perché me lo ha chiesto Riddle ma più che altro... perché mi diverto » ripeté divertendosi a notare lo shock che si dipingeva sul viso della Grifondoro. Si leccò le labbra prima di aggiungere con un sogghigno: « Tua sorella è una cosina così tenera... »
E quello fu il punto di rottura.
Una coltre bianca calò sulla mente di Eloise. Quasi senza rendersene conto estrasse la bacchetta di legno di rosa, puntandola contro Rosier. Stava già per pronunciare un incantesimo – il più doloroso e fastidioso possibile – quando una voce le frenò le parole sulla punta della lingua.
« Che sta succedendo qui? »
Si voltò e nel trovarsi di fronte lo sguardo tagliente di Riddle, un barlume di razionalità parve riaccendersi nella sua mente. La spilla dorata che aveva sul petto baluginò nell'ambiente tetro, ricordandole che era un Prefetto.
Abbassò lentamente la bacchetta, una profonda irritazione ad imprimerle il viso.
« Allora, Knight? » ripeté dal ciglio della porta.
« Niente che ti riguardi, Riddle » rispose – o meglio ringhiò – quella. « Che ne dici di farti gli affaracci tuoi? »
Un ghigno di educata sorpresa affiorò nei suoi lineamenti marmorei.
« Sono affari miei se un mio compagno di Casa rischia di essere schiantato oltre il coprifuoco » spiegò come se fosse in presenza di un bambino piccolo. « Rosier? »
Evan non si fece pregare e con la solita calma annoiata rispose:
« La Knight si è arrabbiata per qualcosa che ho detto su sua sorella » rispose conciso.
Un sorrisetto di scherno brillò sul volto di Tom.
« Ma che ammirevole dimostrazione di amore fraterno! » la sbeffeggiò mentre un lampo di malizia gli attraversava lo sguardo. « E io che pensavo che il rapporto fra te e  Sybil si fosse incrinato... »
La rabbia era ancora lì, un vulcano sul punto di esplodere. E Riddle la stuzzicava, con lo stesso accorgimento di chi andava a tirare la coda ad un drago.
Digrignò i denti e questo sembrò aumentare ancora di più la sua ilarità.
« A quanto pare ho toccato un nervo scoperto » infierì.
« Stai zitto! Che cosa puoi saperne tu » gli rispose inferocita « di cosa vuol dire avere una famiglia?»
Si rese conto di quanto fosse pesante quello che aveva detto quando ormai era troppo tardi.
Nella Gufiera l'aria cambiò sensibilmente. Fu come se una brezza gelida avesse attraversato la stanza, riempiendo di brividi i presenti. Dafne alle sue spalle chiurlò, spaventata. Era da quando Tom aveva messo piede lì dentro che aveva gonfiato le piume e aveva assunto le dimensioni di una Pluffa, probabilmente nell'intento di sembrare minacciosa. Le sfiorò le piume, nel tentativo di calmarla, avvertendola tremare sotto il suo tocco.
« Dovresti ponderare meglio le parole, Knight. Ti hanno mai detto che sei troppo impulsiva? » le chiese quasi dolce mentre un sorriso orribile gli increspava il volto.
Se c’era una cosa di cui Eloise era sempre stata fiera, era il suo carattere spericolato. Da che aveva memoria, aveva sempre amato gettarsi a capofitto in nuove sfide anche quando la parte razionale del suo cervello le suggeriva che non era il caso. Si reputava una perfetta Grifondoro e rideva quando Sybil la correggeva sostenendo che più che altro era una pazza incosciente. Lei non aveva paura, semplicemente perché non perdeva tempo a pensare a cosa sarebbe successo dopo.
Eppure in quel momento lo sguardo di Tom la spaventò. Non aveva niente a che vedere con l'aria da umile studente modello che presentava di solito, era come se il ragazzo che aveva di fronte fosse qualcuno di completamente diverso. Di pericoloso.
Realizzò solo in quel momento che si trovava in una delle parti più remote del castello, sola alla  mercé dei Serpeverde. Deglutì e la risposta pungente che avrebbe voluto rivolgergli le morì in gola.
Con che razza di persona si è andata a confondere Roxanne?
Il silenzio, denso e pesante, si protrasse per secondi che le parvero secoli.
Poi finalmente Riddle distolse lo sguardo, liberandola dalla trappola dei suoi occhi petrolio.
« Venti punti in meno a Grifondoro ». Di nuovo quel tono fintamente dolce che le dava i brividi.  « Un vero peccato, Knight, non ti pare? Adesso siete finiti in fondo alla classifica ».
Le parve quasi di udire il fruscio degli smeraldi che risalivano la clessidra.
« Rosier, torniamo in Sala Comune. Quanto a te, » la apostrofò duramente « ti conviene tornare nel tuo Dormitorio prima di avere altri guai ».
Si allontanò senza voltarsi indietro, tallonato da Evan.
Eloise rimase a lungo nella Gufiera nel tentativo di calmare Dafne e il battito altalenante del suo cuore.
 
 
***
 
 
20 Gennaio  1943 Sotterranei
 
Il rumore delle suole delle scarpe che percorrevano gli scalini sdrucciolevoli faceva da contralto ai suoi pensieri.
« D'ora in poi ti terrai alla larga da quella scocciatrice di Eloise, Evan » esordì con voce fredda.
Pareva quasi che ad ogni passo l'aria si facesse più fredda. Riddle aveva sempre trovato refrigerante la temperatura gelida dei Sotterranei.
« Non voglio più dover assistere a teatrini come questa sera » proseguì asciutto.
« Sì, Riddle » rispose Rosier remissivo.
Storse la bocca, facendo un gesto di fastidio con la mano.
« Sai che non sopporto che tu  mi chiami in questo modo quando siamo soli ».
« Sì, Voldemort » si corresse quello senza fare una piega.
Tom annuì, assaporando il suono di quel nome che pareva trasudare potere da ogni sillaba.
« E per quel che riguarda Sybil, invece? » si informò con tono apparentemente distratto Evan.
« Direi che anche con lei è giunto il momento di calcare un po' la mano » concordò come se gli stesse facendo una concessione.
Evan sorrise di quel suo sorriso sghembo, prima di pronunciare la parola d'ordine di fronte al muro di pietra.
 
 
 
Note:
1. La citazione è dal secondo libro, “Harry Potter e la Camera dei Segreti”
2. Adrian Wood era il Corvonero aggredito da Riddle e combriccola.
 
 

Ciao a tutti!
Come prima cosa: scusate tantissimo il ritardo! Non so bene come giustificarmi, il fatto è che questo capitolo e i seguenti non venivano come volevo, mi sono innervosita e ho lasciato perdere la storia per un po’ u.u Adesso sto provando a riprenderla perché sebbene sia un progetto impegnativo mi dispiace lasciarla incompleta e mi mancava scrivere in questo fandom. Insomma spero di riuscire a procedere e  faccio appello alla vostra pietà.
Quanto a questo capitolo, è un po’ di transizione
, si ha qualche delucidazione in più sul rapporto Salazar/Rowena, mentre Rox e  Riddle continuano a non parlarsi o quasi… Ancora un po’ di attesa e ci sarà un loro confronto!
Un grazie enorme va a: dark_nemesis, Morgana_D, Gageta98, Erodiade e psichedelica666 che hanno commentato lo scorso capitolo. Finirò di rispondere alle recensioni il prima possibile >.<
Grazie anche alle nuove persone che hanno messo la ff fra le preferite/ricordate/seguite.
Detto questo, un grosso bacio e a presto

Ely
 
 
  

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Capitolo 24
*** Lettere minatorie ***


 





Lettere minatorie 
Per il video della ff:
http://www.youtube.com/watch?v=wBfGcxzvtZc 

 
 
 

Le conseguenze delle nostre azioni sono sempre
così complicate, così mutevoli, che predire il futuro è
davvero molto difficile (1).

 

 
 
 
01 Febbraio 1943 Sala Grifondoro
 

« Ehi, Rox! Sei proprio sicura che non ti fa voglia di accompagnarmi? »
La voce di Septimus risuonò nella Sala Comune.
Roxanne gli lanciò un'occhiata distratta. Era in piedi di fronte al ritratto della Signora Grassa, il solito sorriso luminoso ad arricciargli le labbra, i capelli rossi spettinati come se fosse appena uscito da una bufera. Fra le mani stringeva la sua scopa, una Scopalinda 3, ed aveva passato l'ultima mezz'ora a lucidarla amorevolmente e a tagliare i rametti storti che spuntavano dalla coda.
« Sicurissima, Sept. Io e il Quidditch non andiamo proprio d'accordo » gli ripeté con un sorriso.
Weasley le lanciò un'occhiata perplessa come se non riuscisse a capacitarsi che a qualcuno non piacesse quel gioco. Alla fine scrollò le spalle.
« Allora ci vediamo dopo! » la salutò con un cenno della mano.
Roxanne lo osservò sparire dietro il ritratto. Negli ultimi tempi Septimus si era fissato con il fatto di voler entrare nella squadra dei Grifondoro. Aveva deciso di allenarsi duramente, nella speranza di ricoprire il ruolo di Cacciatore nelle selezioni  che si sarebbero tenute l'anno successivo. Su quante fossero le sue possibilità di riuscita, Roxanne non avrebbe potuto esporsi: non era mai riuscita a capire l'assurdo entusiasmo per quello sport violento - che non faceva altro che istigare l'antagonismo fra le Case -  e si era sempre rifiutata di osservare i suoi allenamenti.
Istintivamente la sua mente andò subito ai loro principali rivali, i Serpeverde. Il volto di Riddle le apparve nitido come se lo avesse di fronte agli occhi. Chissà cosa stava facendo... Scacciò il pensiero con una punta di fastidio, tornando ad immergersi nella lettura della preparazione di una corretta pozione Antilupo.
Un rumore di passi che si avvicinavano alle sue spalle la costrinse dopo pochi minuti a sollevare di nuovo gli occhi dal massiccio volume che aveva adagiato sulle gambe.
Eloise procedeva con il suo passo ancheggiante, apparentemente ignara della sua presenza.
La osservò attentamente, nascosta dallo schienale della poltrona. I suoi occhi di solito così vivaci parevano spenti e persino il passo era meno baldanzoso del solito. La notte precedente l'aveva sentita tornare in camera ad un'ora tarda e dal modo rabbioso con cui aveva schiaffato i vestiti per terra aveva dedotto che qualcosa l’avesse fatta arrabbiare. Non aveva avuto modo però di chiederle delucidazioni perché sapeva che non avrebbe aperto bocca davanti alla gemella.
La vide scivolare fra gli studenti, chiedendosi dove fosse diretta per avere così tanta fretta. Quel pomeriggio non avevano lezione e dubitava seriamente che l'amica stesse andando in Biblioteca.
« Isy! » la chiamò senza quasi accorgersene.
Eloise si voltò di scatto, fissandola con espressione sorpresa.
Roxanne si sentì arrossire e per la prima volta in quattro anni di amicizia provò la sensazione spiacevole di essere a disagio di fronte ad Eloise. Quasi come se non stesse parlando con la solita ragazza con cui aveva condiviso il suo spazio e il suo tempo da quando era ad Hogwarts.
« Ciao Rox! » la salutò dopo essersi ripresa. « Scusami, non ti avevo proprio visto ».
Si limitò ad annuire, mentre un silenzio innaturale seguiva a quel rapido scambio di battute. Se il fatto di non riuscire a trovare che cosa dire per lei era inusuale, per Eloise aveva dell'incredibile.
Eppure la rossa sembrava a corto di parole e spostava il peso del corpo da un piede all'altro, occhieggiando il ritratto come se non vedesse l'ora di andarsene.
« Volevi qualcosa in particolare? » le chiese infine con il solito tono spiccio.
Scosse il capo, le guance che erano scese di una tonalità.
« So-solo salutarti » rispose con un sorriso tirato.
Eloise le lanciò una lunga occhiata penetrante. Poi scrollò le spalle, come per voler prendere per buono quanto le aveva detto.
« In questo caso... Scusami ma sono di fretta! Ci vediamo a cena! »
Stava già per sgusciare dietro al ritratto quando Roxanne la richiamò:
« Isy! »
« Sì? » chiese quella, inarcando un sopracciglio.
« Lo sai che per qualsiasi cosa tu avessi bisogno io ci sono, vero? » esalò infine a fatica.
Isy sussultò, come trattenendo il respiro. Per un istante i loro occhi rimasero incrociati e nel suo sguardo malva, a Roxanne parve di leggere una miriade di emozioni: incredulità, imbarazzo, senso di colpa.
« Me ne ricorderò » rispose arricciando le labbra in un vero sorriso.
Per un attimo le sembrò di nuovo la solita Isy impulsiva e dalla risata facile, poi quella breve parentesi si chiuse e con un cenno di saluto la rossa sparì dietro al ritratto.
Mezz'ora dopo – dato che non era riuscita ad andare oltre il primo rigo – Roxanne chiuse il tomo e con uno sbuffo si mise ad ammirare le fiamme del caminetto.
 
 
***
 
 
01 Febbraio 1943 Aula di Divinazione
 

Sybil stava raccattando i cuscini nell'Aula di Divinazione. Quel compito ingrato toccava sempre a lei, ma non se ne lamentava.
L'insegnante di Divinazione – Cassandra Vane – era un donna molto particolare. Girava per Hogwarts con strani abiti colorati e turbanti pieni di paillette che sosteneva essere di foggia orientale ma che riuscivano solo a minare la scarsa stima che avevano di lei studenti e professori. Quando parlava i suoi occhi cerulei – sempre trasognati e lucidi – non si appuntavano mai sull'interlocutore ma su un punto non ben precisato alle sue spalle, persi dietro chissà quale visione onirica. Durante le spiegazioni percorreva l'aula circolare a piccoli passi e spesso si interrompeva di botto, nel bel mezzo di un discorso. Rimaneva in silenzio per alcuni minuti, incantata,  finché le risatine a malapena trattenute di alcuni compagni la facevano nuovamente calare alla realtà. Le sue lezioni erano famose in tutta Hogwarts perché completamente prive di un filo logico: si iniziava studiando le foglie di tè e si finiva ad osservare il moto ellittico dei pianeti.
Quella mattina  aveva interrotto una spiegazione particolarmente difficile sull'interpretazione dei sogni, decretando che nell'aula non c'erano le giuste vibrazioni karmiche e che avrebbero dovuto rimediare disponendosi tutti in cerchio, tenendosi per mano e concentrandosi sul “condividere la propria energia spirituale”. Inutile dire che il tutto si era risolto in risatine neanche troppo trattenute, tentativi di approccio abbastanza squallidi e prove di forza fra i maschi più idioti del corso che si stritolavano le dita a vicenda solo per dimostrare di essere i più virili.
Non appena la lezione si era conclusa, i Corvonero erano stati i primi a defilarsi ma anche i suoi compagni non erano stati da meno: lei invece era stata trattenuta perché Vane le aveva chiesto di rimettere in ordine la stanza. Da quando aveva scoperto i suoi poteri, l'insegnante sembrava molto più ben disposta nei suoi confronti. Sybil aveva appreso con un certo imbarazzo di essere la interlocutrice preferita dei suoi strambi monologhi e – cosa che doveva ammettere le faceva piacere – i suoi voti in quella materia erano vertiginosamente aumentati. Il prezzo da pagare c'era stato e purtroppo non consisteva solamente nell'aiutare la professoressa a preparare le lezioni o a rimettere a posto al termine di esse: poco prima di uscire in uno svolazzo della lunga veste indiana che le adornava il corpo Vane si era fatta scappare un commento che le era rimasto particolarmente ostico.
A quanto pare l'insegnante, in uno slancio di ammirazione per la sua studentessa più dotata, si era messa a sproloquiare sulle sue straordinarie capacità  nientemeno che con Lumacorno in persona.
Conoscendolo Sybil credeva che la discussione si fosse svolta diversamente: quasi sicuramente era stato il caro Luma a imbambolare la Vane di belle parole, fino a quando lei non gli aveva rivelato esattamente quello che voleva sapere, ovvero se gli fosse sfuggito  qualche pezzo pregiato da   aggiungere alla sua collezione.
Sybil sospirò scostando dal viso un boccolo che le ricadeva sulla fronte. Adesso aveva finalmente acquistato un senso l'improvviso interesse che Lumacorno provava nei suoi confronti e il motivo per cui era stata ammessa alle sue cene esclusive. E la cosa – invece che entusiasmarla – non poteva che farla sospirare di sconforto: se solo la professoressa Vane avesse intuito quanto detestava il suo dono, quanto volentieri avrebbe fatto a meno di quelle visioni improvvise, forse avrebbe evitato di urlarlo in giro come se niente fosse...
Una mano la afferrò poco al di sotto del seno, tirandola all'indietro. Senza quasi che avesse il tempo di accorgersene Sybil si ritrovò schiacciata contro una schiena granitica, il respiro mozzo nel petto e il cuscino che le cadeva di mano.
Si voltò di scatto, la mente che già correva pronta verso qualche incantesimo difensivo. Un paio di occhi di ghiaccio ricambiarono la sua occhiata oltraggiata.
« Evan! » esclamò a bocca aperta. 
Le labbra di Rosier si aprirono in un ghigno compiaciuto.
« Ti ho spaventata, Sybil? Volevo farti una sorpresa ».
“Mi hai spaventata a morte” avrebbe voluto correggerlo lei, ma si trattenne, le gambe che tremavano come gelatina.
« Che cosa ci fai qui? » gli domandò imbambolata.
« Ho pensato di venirti a prendere » aggiunse gettando un'occhiata alla stanza adorna delle più strane chincaglierie. « Quella matta della Vane continua a sfruttarti, non è vero? »
Si irrigidì impercettibilmente, allontanandosi dalle sue braccia. D'accordo che l'insegnante di Divinazione era  un tipo particolare, ma non aveva gradito il tono di disprezzo che aveva usato Evan.
« Lo faccio con piacere » replicò raccattando gli ultimi cuscini di un rosso-arancio acceso.
« Mmm »mugugnò Rosier appoggiandosi a un banco e stuzzicando con il dito un modellino del sistema solare che si muoveva in modo molto realistico. « Sinceramente non capisco perché perdi il tuo tempo con quella donna. La sua materia è così inutile ».
Preferì non rispondere, passando a riordinare le tazzine di tè. Capiva il disprezzo di Evan per Divinazione, ma non poteva fare a meno di pensare che le sarebbe piaciuto riscattarla ai suoi occhi. Nonostante le profezie della professoressa Vane si rivelassero il più delle volte degli abbagli colossali, lei sapeva per esperienza che prevedere il futuro era tutto meno che impossibile.
Avvertiva lo sguardo di Evan su di sé, sapeva che sebbene non la stesse aiutando, seguiva i suoi movimenti con spasmodica attenzione.
« Nott? » chiese per rompere quel silenzio che si stava facendo teso.
Rosier sorrise, avvicinandosi di un passo e lasciandole un bacio casto sul collo.
« Ho pensato che ti avrebbe fatto piacere passare un po' di tempo noi due da soli » le soffiò all'orecchio, iniziando a giocare pigramente con una sua ciocca.
Sybil sentì il familiare rossore che le colorava le guance.
« S-sì, certo » annaspò a corto di ossigeno. « Ora però dovrei finire di mettere a posto... »
Con un gesto di impazienza Rosier la fece ruotare su se stessa.
« Puoi farlo anche dopo, Syb. Le tazzine non scappano, sai? »
Il sorriso tirato che le si dipinse in volto svanì quando le labbra di Evan entrarono in contatto con le sue. Non era il solito bacio lento e delicato: le labbra di Rosier erano aggressive ed esigenti, la incalzano in attesa di una risposta che si faceva attendere.
Sybil si scoprì a rimpiangere l'assenza di Nott: se ci fosse stato lui Evan non avrebbe potuto dedicarle tutte quelle attenzione.
Il rossore si fece più intenso mentre si rendeva pienamente conto dei suoi pensieri: Rosier aveva ragione – come sempre – e lei era la solita ridicola. Avrebbe dovuto fare i salti di gioia di fronte alla prospettiva di stare un po' di tempo da sola con il suo ragazzo e ricambiare con entusiasmo il suo bacio. Eppure le sue labbra sembravano quasi addormentate e le braccia rimanevano pendule ai lati del corpo.
« Sei sempre così rigida... » bisbigliò Evan mentre iniziava a lasciarle una scia umida sul  collo. « Devi lasciarti andare, Sybil ».
Deglutì, provando ad assecondarlo. Rilassò i muscoli e accarezzò con le dita i ricci di Evan.
Lo sentì sospirare soddisfatto e riprendere a baciarla con maggiore delicatezza. Mentre aderiva al suo torace, Sybil si scoprì a pensare che dopotutto lasciarsi andare non era poi così difficile. Certo, c'era ancora una sottile inquietudine che la percorreva, ma se questo era tutto quello che Evan pretendeva da lei, si sarebbe anche potuta abituare.
Non fece quasi in tempo a partorire quel pensiero che la mani di Rosier calarono più in basso, insinuandosi con un gesto deciso sotto la gonna. Sybil si ritrovò a boccheggiare: non si era mai spinto così oltre e l'aveva colta completamente impreparata. Ma ovviamente era da Evan non chiedere mai e prendersi semplicemente quello che voleva.
« A-aspetta » si dimenò a disagio fra le sue braccia mentre le dita di Rosier le sfioravano l'orlo delle mutandine. « Po-potrebbe entrare qualcuno...»
Evan rise, schiacciandola maggiormente contro il suo petto. Con un braccio le circondava la vita sottile, mentre l'altro disegnava il bordo dei suoi slip.
« Chi vuoi che venga qui? La Vane è impegnata a fare gli occhi dolci a Lumacorno e gli studenti si tengono bene alla larga da questo posto ».
Il fatto che Evan avesse ragione e che molto difficilmente qualcuno sarebbe venuto ad interromperli, le procurò un brivido lungo la spina dorsale. La lingua le si incollò al palato, mentre il sorriso sul volto di Rosier si ampliava di fronte al suo sguardo impaurito.
« Non ho intenzione di mangiarti, sai Sybil? Rilassati e vedrai che andrà tutto bene... » nel pronunciare quelle parole, le sue dita si infiltrarono al di sotto del sottile strato di cotone, sfiorandola tra le cosce. Di fronte a quel tocco inaspettato, non riuscì a reprimere un squittio:
« Evan
Cercò nuovamente di scrollarselo di dosso, imbarazzata a morte per quel contatto così intimo. Fu il suo sguardo – ancora prima delle dita che si impressero con poca delicatezza nella schiena – a farla desistere.
« Devi smettere di comportarti come una bambina. Non te lo ripeterò più. E adesso stai ferma ».
Il tono era imperioso e le iridi fredde come non mai. Sybil si ritrovò a rabbrividire fra le sue braccia, senza il coraggio di reagire. Aveva ragione lui e lei stava sbagliando di nuovo? Era troppo infantile, troppo sciocca, per apprezzare un ragazzo come Evan?
Distolse il viso, appuntandolo su un unico cuscino che era rimasto adagiato sul pavimento. Era il solo dettaglio stonato nella stanza e una parte di lei avrebbe voluto interrompere Rosier e dirgli che non aveva proprio tempo per qualsiasi cosa lui desiderasse fare. Doveva mettere a posto. Quel cuscino rosso era rimasto lì, sul pavimento...
Socchiuse gli occhi quando Evan iniziò a stuzzicarla fra le gambe. Era un contatto doloroso, bruciante, che le faceva venire la voglia di dimenarsi e fuggire il più velocemente possibile.
Avvertiva un peso inconsueto al basso ventre e si chiese per un attimo se fosse quello che la gente intendeva con l'espressione “farfalle nello stomaco”. Se era così, le sembrava decisamente un’espressione inappropriata, più che farfalle a lei sembrava che le viscere gliele avessero riempite di pietre, piccoli sassolini acuminati che si univano alla fitte più in basso.
Quando Evan si staccò, affermando con quel suo tono freddo che “per quel giorno era abbastanza”, Sybil si accorse di avere gli occhi pieni di lacrime.
 
 
***
 
 
01 Febbraio 1943 Sala Comune Grifondoro
 
A risvegliarla dal torpore fu un tubare prolungato, all'altezza delle orecchie.
Roxanne aprì gli occhi di scatto, fissando il barbagianni che arruffava le piume sul bracciolo della poltrona, evidentemente indignato per la scarsa considerazione con cui era stata accolta la sua missiva.
« La prendo, la prendo! » esclamò scocciata mentre quello iniziava a becchettarle le dita.
Afferrò la busta, mentre riacquistava lentamente coscienza della situazione.
Il tomo di Pozioni giaceva ancora sul suo grembo, aperto sulla pagina che stava cercando di studiare. Si doveva essere addormentata, scaldata dal tepore del focolare.
Il barbagianni schioccò il becco un'ultima volta, evidentemente soddisfatto di aver portato a termine il suo incarico. Poi spiccò il volo, dileguandosi in un fruscio di piume.
Con i riflessi ancora rallentati a causa del brusco risveglio, Roxanne strappò il bordo superiore. Era insolito che i gufi portassero lettere al di fuori del rito mattutino e lei poi non aveva praticamente nessuno che si prendesse il disturbo di scriverle.
 
Fatti trovare nell'aula di Astronomia alle dieci in punto.
Vieni da sola.
Non pensare di non presentarti, Ro, lo sai che non sono il tipo che accetta un “no”.

 
Il biglietto non era firmato, non che ce ne fosse bisogno.Una sola persona in tutta Hogwarts usava
quel soprannome e anche se così non fosse sarebbe bastata la velata minaccia a confermare i suoi dubbi.
Reclinò la testa all'indietro, massaggiandosi le tempie con un gesto stanco. Che cosa voleva dire Riddle con quel biglietto? Si illudeva davvero che lei sarebbe scattata come un cagnolino solo perché lui le mandava una lettera? Si alzò in piedi, sgranchendo i muscoli intorbiditi delle gambe. Aveva bisogno di uscire da quella stanza, di fare qualcosa, qualsiasi cosa, la aiutasse a distrarsi e a ragionare con lucidità. Che bloccasse l'occlusione che già avvertiva nel petto, il tremore che le assaliva le gambe al solo pensiero di Riddle e lei, da soli.
Sgusciò fuori dal ritratto, imbucando una direzione a caso. E se avesse avuto intenzione di aggredirla, di nuovo? Dopo il modo in cui si era comportato alla festa di Lumacorno, trovarsi da sola con lui in una delle aule più isolate del castello sarebbe stato estremamente stupido. Si diceva pentito del suo gesto, ma perché mai avrebbe dovuto credergli? Aveva sempre saputo che era abile a mentire e adulare, manipolando la realtà a suo piacimento.
Un mago con un fiaschetto di Whisky Incendiario in mano fischiò al suo passaggio dal bordo della sua cornice dorata. Roxanne quasi non se ne accorse, troppo presa dai suoi pensieri.
Non ci sarebbe andata. Non gli avrebbe concesso di nuovo l'occasione di straziarle il cuore. Non le importava delle ritorsioni che avrebbe escogitato, niente poteva essere peggio del dolore che ancora le dava ripensare a loro due insieme. Era la scelta più intelligente, una scelta seria e responsabile.
Ma allora perché una parte di lei sbraitava come un animale in gabbia e pareva urlare tutta la sua frustrazione? Perché la semplice idea di rivederlo e sentire di nuovo il suono della sua voce le sembrava la più allettante delle proposte?
« Signorina Altgriff! »
La voce bonaria di Silente si intromise nei suoi pensieri. Roxanne si voltò confusa e si accorse con un sussulto di essere giunta al Quarto Piano, praticamente davanti al suo ufficio. Il professore indugiava sulla porta, gli occhiali dalle lenti spesse pericolosamente in bilico sul naso.
I suoi occhi pervinca la fissavano con insistenza.
« Stava cercando me? » aggiunse accarezzandosi la barba rossiccia.
« N-no signore » rispose un po' incerta. « Passavo di qui per caso ».
Un sorriso comparve sulle labbra sottili di Silente.
« In questo caso che ne dice di fare un po' di compagnia a un povero insegnante annoiato? Ho dell'ottimo tè con biscotti » ammiccò prima di farle il gesto di accomodarsi nel suo ufficio.
Ad essere sincera quella proposta le risultava tutto meno che allettante.
Ma come faccio a dirgli di no senza risultare scortese?
Annuendo varcò la porta e si sedette sulla poltrona di fronte al professore. Lo osservò in silenzio armeggiare con la teiera.
Silente non le dispiaceva: era un ottimo insegnante, una persona disponibile ed attenta ai problemi degli studenti. Il fatto poi che per molti anni fosse stato l'unico a non cadere ai piedi di Tom, glielo aveva fatto risultare anche simpatico. Nonostante questo non era mai riuscita a sentirsi perfettamente a suo agio in sua presenza. Ogni volta che la fissava le sembrava che cercasse di leggerle dentro, ogni domanda che le rivolgeva, anche la più innocente, le pareva sempre essere carica di sottintesi che le sfuggivano. Se invece era lei a porre qualche quesito che esulasse dall'ambito meramente accademico, cozzava sempre contro un muro di ostinato riserbo.
Sfuggente.
Il professor Silente le dava quell'impressione e quel tratto della sua personalità le ricordava Riddle: solo che il primo cambiava argomento con una battuta o una delle sue frasi strampalate, mentre Tom non si faceva problemi ad incenerire l'interlocutore con un'occhiata di freddo disprezzo.
« Allora signorina Roxanne » esordì appuntandole addosso gli occhi cerulei. « Gradisce un po' di latte o di zucchero? »
« No, grazie, va bene così ».
Aveva lo stomaco annodato per via di quella maledetta lettera e dubitava di riuscire a ingerire qualcosa senza rimetterlo. Afferrò la tazzina che il professore le porgeva e nel farlo si accorse che le dita le tremavano un poco. Quel dettaglio non sfuggì nemmeno a Silente, che socchiuse per un attimo le palpebre.
« Mi chiedevo se tutto procedesse bene. L'ho vista... distratta in questi giorni » mormorò incrociando le mani sulla scrivania.
Roxanne si dimenò a disagio sulla sedia.
« Se si riferisce al fatto che  il gatto che ho trasfigurato l'altro giorno  continuava a squittire,  io... »
Silente alzò un dito ad interromperla.
« Non mi riferivo alle lezioni  ».
« Oh ».
Si portò la tazzina alle labbra, buttando giù un sorso di tè per prendere tempo. Inaspettatamente il liquido caldo la rifocillò.
« C'è qualcosa di cui le andrebbe di parlarmi? » le chiese gentile, incrociando le mani sulla scrivania.
Roxanne rigirò il cucchiaino nella tazza, chiedendosi quanto Silente sapesse dei suoi problemi e quanto avesse invece tirato ad indovinare. A volte aveva la sensazione che la sua rete di informazioni fosse più ampia persino di quella di Lumacorno.
« Niente che non si possa risolvere » rispose cercando di parere disinvolta.
« Oh, di questo sono sicuro. Sono davvero poche le cose che non si possono riaggiustare a questo mondo » ribatté sorridente.
« Lo crede davvero, professore? »
Quella domanda le fuggì dalle labbra e Roxanne odiò il suono tremulo della sua voce.
« Ma certamente » rispose ammiccando.
Quasi senza accorgersene si ritrovò a sorridere, confortata dalle quelle parole. Addentò un biscotto con soddisfazione, innaffiandolo con un'altra sorsata di tè.
« Sbaglio a credere che sia il signor Riddle la fonte delle sue preoccupazioni? » insinuò Silente, mettendosi a posto gli occhiali sul naso adunco.
Un po' di tè le andò di traverso. Le labbra di Roxanne si arricciarono in una smorfia: tipico da parte sua metterla a suo agio per poi chiederle quello che veramente le premeva sapere.
« Non so di che cosa stia parlando » rispose freddamente.
Fin dall’inizio Silente aveva provato un morboso interesse per il rapporto che si era delineato fra lei e Riddle. Non aveva dimenticato le domande che le aveva fatto il primo giorno di lezione e, proprio come allora, non aveva intenzione di confidare quello che era successo con Tom.
Non basta qualche biscotto per comprare la mia confidenza, professore.
« Capisco » capitolò inaspettatamente quello. «Immagino che noi adulti non dovremmo immischiarci nelle faccende di voi ragazzi ».
Roxanne si irrigidì, tentando di contenere il rossore.
Chissà se sono vere quelle voci che dicono che sia un esperto Legimante.
Sperava con tutte le sue forze che non fosse così.
« Se allude alle dicerie che fra me e Riddle ci sia del tenero, sappia che sono infondate ».
Silente sospirò, girando il cucchiaio nella tazzina in senso antiorario.
« Direi che è un vero peccato ».
A quelle parole Roxanne sollevò lo sguardo di scatto. Un pezzo del biscotto le cadde di mano, atterrando con un tonfo sordo sulla moquette.
Credeva che lo scopo di quella conversazione fosse quello di ammonirla da Riddle e di invitarla a tenersi a debita distanza. Era sicura che Silente non lo avesse mai avuto in simpatia.
E invece è dispiaciuto del fatto che non stiamo insieme?
« Mi sono sempre chiesto se quel ragazzo fosse in grado di affezionarsi a qualcuno oltre se stesso » aggiunse con tono neutro.
Senza un valido motivo quella frase la fece rabbrividire. Era così che la vedeva, come una specie di esperimento per testare le capacità emotive di Tom?
Una smorfia triste le incurvò le labbra:
« Piacerebbe saperlo anche a me, professore » non riuscì a trattenersi dal replicare.
Negli occhi di Silente ci fu il guizzo di un'emozione che non riuscì ad identificare. Soddisfazione, curiosità, sorpresa? Poteva essere tutto o niente.
Sfuggente. Mai termine fu più calzante.
« In questo caso le consiglio di fare tutto quello che può per scoprirlo, signorina Altgriff » buttò lì prima di sorseggiare il suo tè con aria rilassata.
Roxanne si irrigidì istintivamente. Ma per quanto provasse a lasciarsele scivolare di dosso quelle parole toccarono un nervo scoperto dentro di lei.
« Ma passando ad argomenti più seri…» disse di nuovo Silente, interrompendo il corso dei suoi pensieri. « Le va un'Ape Frizzola? »
 
 
 
***
 
01 Febbraio 1943 Campo di Quidditch
 
« Isy! Ma allora ce l'hai fatta a venire! »
Eloise sbuffò sonoramente, fissando Weasley che puntava la scopa nella sua direzione e si avvicinava a grande velocità.
« Non te lo  avevo forse promesso, campione? » lo prese in giro mentre le orecchie di quello diventavano di un bel rosso sgargiante.
« Allora? » gli chiese mentre quello scendeva dalla scopa e si posizionava nella tribuna al suo fianco. « Si può sapere da dove deriva questa improvvisa passione per il Quidditch? »
Sept si passò una mano fra i capelli, già abbastanza scompigliati dal vento.
« Lo sai che mi è sempre piaciuto... » si giustificò con un sorriso.
« Sì, ma non ti è mai interessato  entrare nella squadra » obbiettò inarcando un sopracciglio.
« Oh be'... » era arrossito e sembrava combattuto. « Prometti che non ridi se te lo dico? »
Isy incrociò le dita.
« Giurin giurello ».
Septimus sorrise ma nel rivelarle il motivo, abbassò la testa per evitare il suo sguardo.
« È solo che speravo che magari, se fosse entrato in squadra, Roxanne avrebbe iniziato a guardarmi con occhi diversi » mormorò goffo.
« Oh, Sept!» esclamò Isy a bocca aperta. « Questa è la cosa più idiota che ti sento dire da sempre!»
« Avevi promesso di non prendermi in giro! » le ricordò mentre le guance divenivano dello stesso colore della Pluffa che stringeva sotto braccio.
Per la verità una volta tanto Eloise era rimasta toccata dal suo gesto. Il fatto che Sept mettesse così tanto impegno per conquistare l'amica le fece inaspettatamente tenerezza. Era una cosa dolce. Certo, incredibilmente stupida ed inutile, ma comunque dolce.
« Lo sai che Rox non è il tipo che si mette con un ragazzo solo perché fa parte della squadra » gli disse in modo quasi comprensivo.
Weasley sospirò, appuntando gli occhi nocciola sul campo.
« Già, immagino sia così. È solo che non so davvero che altro tentare. Voglio dire, adesso io e Rox passiamo un sacco di tempo insieme e siamo entrati in confidenza, ma dubito che lei mi veda anche solo lontanamente come qualcosa di più di un...»
« ...amico?» terminò per lui.
Sept annuì, lo sguardo perso nel vuoto. Rimasero per un po' così, in silenzio, sulla tribuna.
« E tu invece, Isy? Che cosa mi dici? » le domandò infine appuntandole gli occhi addosso.
Si arrotolò una ciocca intorno alle dita, cercando di usare il solito sbarazzino di sempre.
« Le solite cose di sempre, no? »
« Mmm » mugugnò Sept « Il che tradotto significa che non hai ancora fatto pace con Sybil ».
Le diede una cameratesca pacca sulla schiena.
Eloise boccheggiò ma si trattenne dal replicare pensando che quello fosse il modo con cui quell'incivile le dimostrava il suo supporto.
« Le passerà, vedrai » aggiunse in uno sforzo di empatia.
« Ma certo che le passerà » cercando di mostrarsi sicura di sé « Syb è troppo intelligente per farsi mettere sotto da quella Serpe ».
Un sorriso radioso si dipinse sulle labbra di Septimus.
« Giusto! Così ti voglio! Adesso riprendo gli allenamenti: fai il tifo per me Isy » esclamò alzandosi in piedi, di nuovo di umore ilare.
 
***
 
 
01 Febbraio 1943 Sala Comune Grifondoro
 

Septimus aveva la brutta sensazione che un troll gli avesse maciullato le ossa una per una.
Tutti i muscoli delle braccia, dal primo all’ultimo, gli pulsavano dolorosamente e sentiva un cerchio in testa da almeno mezz’ora.
E domani chi la sente la Gaiamens
Cercò di scrollarsi il suo malumore di dosso, pensando al modo soddisfacente con cui aveva parato gli ultimi due tiri. Avrebbe dovuto esercitarsi ancora molto ma almeno il fatto di entrare in squadra non era più un sogno impossibile.
« Tranello del Diavolo » bisbigliò ad un’assonnata Signora Grassa prima di scivolare nella Sala Comune.
Prevedibilmente era deserta. Le braci morenti del fuoco illuminavano i divanetti di una luce giallastra che non riusciva del tutto a scacciare l’umidità del castello. Rabbrividendo, Septimus si avvicinò alla scala del Dormitorio.
Fu con la coda dell’occhio che notò il dettaglio stonato nella stanza. Un ciuffo di capelli biondi emergeva dal divanetto più vicino alle fiamme. Il resto della figura era invisibile, nascosta dallo schienale, e pareva non respirasse nemmeno da quanto era silenziosa.
Per un attimo Septimus pensò di andarsene nella sua camera e farsi gli affari propri.
Fu con un lieve sospiro che alla fine tornò sui suoi passi e si avvicinò al camino. In fondo doveva esserci un motivo se un suo compagno di Casa era ancora sveglio a quell’ora della notte.
E solo una ragazza che conosco che ha i capelli così.
« Ehi, Syb! Tutto bene? » esclamò amichevole.
Se c’era una cosa che decisamente gli mancava quella era il tatto. E ne ebbe la riprova quando affacciandosi dallo schienale vide il volto smunto della ragazza solcato da scie di lacrime e due occhi talmente arrossati da far invidia a una banshee.
Questo è esattamente il motivo per cui avrei fatto meglio a farmi gli affari miei.
« Ehm » balbettò a disagio mentre quella abbassava il capo in un infruttuoso tentativo di nascondere i segni del pianto.
Il fatto era che aveva la spiacevole sensazione di essere la persona sbagliata al momento sbagliato. Aveva sempre creduto di rimanere antipatico a Sybil e le rassicurazioni di Eloise e Roxanne non erano mai riuscite a fugare del tutto quel dubbio.
Ok, essere timide… Ma non è normale che si ammutolisca ogni volta che entro in una stanza.
« C’è… c’è qualcosa che posso fare per te? » annaspò strusciando i piedi per terra.
Per tutta risposta, Sybil si lasciò scappare un singhiozzo, fissandolo con due grandi occhi impauriti.
Merlino, che situazione.
« Ti va di parlarmene? » tentò cauto, come se si trovasse di fronte a uno degli improbabili animali che gli presentava Hagrid.
Quella scosse il capo con veemenza e due punte rosse le si disegnarono sulle guance.
« Vuoi che me ne vada? » chiese ancora desiderando sprofondare.
Inaspettatamente Sybil scosse la testa di nuovo e le macchie vermiglie si allargarono fino ai lati del collo.
« Ok » acconsentì perplesso, sedendosi sul bracciolo della poltrona. « Allora forse posso tirare ad indovinare? Sono bravo, sai » aggiunse con un sorriso.
Sybil non rispose ma gli parve che gli occhi fossero un po’ meno lucidi.
Be’, chi tace acconsente, no?
« Vediamo… hai preso un brutto voto a Pozioni? » tentò ma cambiò rapidamente idea di fronte alla sua espressione stupita. « No, direi di no, oltretutto sei brava in quella materia ».
Un sorrisino appena accennato increspò le labbra di Sybil. Fu solo per un attimo ma Septimus si sentì inaspettatamente vittorioso.
« Allora… hai litigato con le tue amiche? »
Sybil si irrigidì ma scosse di nuovo impercettibilmente la testa. Il rosso si grattò la testa, perplesso.
Il problema si palesava più difficile di quello che credeva.
È una ragazza. Ovvio che non riesco a capirla.
« Giusto! » quasi esultò preda di un’intuizione improvvisa. « Che sciocco che sono, si tratta di un problema di cuore! » concluse fissandola speranzoso.
Sul viso di Sybil si alternarono varie emozioni in rapida successione. Imbarazzo, biasimo, paura.
« È così, vero? » insistette sicuro di aver centrato il punto. « Hai litigato con il tuo ragazzo? »
La vide tormentarsi le mani agitate ed evitare il suo sguardo.
« Potresti anche parlarmi, Sybil. Sai, di solito non mangio le persone » provò ad incitarla con un sorriso.
« No-non abbiamo proprio litigato » gli rispose con voce sottile.
Si interruppe e Septimus rimase in silenzio, aspettando che riprendesse il discorso.
« Il problema è più che a volte non… vogliamo le stesse cose. Sono io che non sono all’altezza, in realtà » confessò controvoglia mentre le gote quasi le andavano a fuoco.
Il modo in cui pronunciò quelle parole, con gli occhi bassi e l’espressione affranta, gli smosse qualcosa dentro.
« È stato lui a dirti queste cose? » le domandò infastidito.
Sybil alzò la testa e lo fissò perplessa.
« No, ma…»
« Sono sciocchezze » la fermò con uno sbuffo. « Se volete cose diverse, non per questo ti devi colpevolizzare. Dovreste essere tutti e due a venirvi incontro, altrimenti…»
« Altrimenti? » lo incitò lei.
Septimus si passò una mano fra i capelli mentre le ultime lingue di fuoco si spegnevano nel camino.
« Non si vive per accontentare gli altri, Syb. A volte bisogna imparare a dire “no” ».
La vide sgranare gli occhi mentre ripeteva quel no sottovoce, come se fosse qualcosa di affascinante.
Si batté le mani sulle ginocchia, spezzando la tensione che si era creata.
« Adesso però direi proprio che è ora di andare a letto. Domattina ogni cosa ti sembrerà migliore, vedrai » concluse facendole l’occhiolino.
Questa volta il sorriso sulle labbra di Sybil fu più convinto.
 
 
 
 
Note:
 
1.La frase è pronunciata da Silente nel terzo libro, “Harry Potter e il prigioniero di Azkaban”
 
 
 
Ciao a tutti!
Ecco un altro capitolo, anche abbastanza corposo. Dunque, da dove partire? Credete che Rox terrà fede ai suoi propositi o accetterà l’invito di Riddle? Quanto a Silente…ah, è un personaggio che mi affascina molto ma credo di non riuscire mai a descriverlo al meglio. Ci ho provato comunque e ho cercato di offrire una visione meno infiocchettata, dipingendolo per il calcolatore che è in realtà. Non si fa scrupoli a spingere Roxanne fra le braccia di Riddle nella speranza che lo aiuti a tornare sulla buona strada.
Poi Evan e Sybil e – per la prima volta – Sybil e Sept. Quanto ai primi, mi pare come sempre di essere stata soft nelle descrizioni, se così non fosse fatemelo presente. Quanto a Septimus… attendo i vostri pareri ;)
Bene, detto questo passo ai ringraziamenti: un grazie di cuore a Erodiade, Morgana_D, Gageta98 e BloodyEmily che hanno commentato il precedente episodio. Ringrazio anche tutti i preferiti, seguiti, ricordati e le persone che hanno la pazienza di sopportare i miei ritardi cronici.
Vi faccio inoltre tantissimissimi auguri di buone feste, perché sicuramente non aggiornerò prima di Natale. Divertitevi, abbuffatevi e passate delle buone vacanze! XD
Un grosso bacio
Ely



p.s. per il video ringrazio come sempre MaryParker <3
 

 
 

 

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Capitolo 25
*** Rosso come il sangue ***


 


Rosso come il sangue
per il video della ff: http://www.youtube.com/watch?v=wBfGcxzvtZc

 


 
 
 

Dopotutto Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato
ha fatto grandi cose...terribili, è vero, ma grandi. (1)

 

 


 
01 Febbraio 1943 Torre di Astronomia
 
Mentre saliva le scale della Torre di Astronomia, l'unica cosa che riusciva a pensare Roxanne era che non avrebbe dovuto accettare le Api Frizzole del professor Silente.
Adesso si sentiva come se un intero sciame di vespe le turbinasse nello stomaco e ad ogni passo quella sensazione diveniva sempre più sgradevole. Una parte di lei era sempre pienamente convinta che presentarsi all'appuntamento con Riddle fosse un errore. Ma l'altra parte – quella nettamente preponderante – era troppo curiosa per mancare.
O almeno quella era la scusa che le piaceva ripetersi.
Salì l'ultimo gradino con passo felpato e si fermò in cima al pianerottolo, fissando la schiena di Tom illuminata dalla luce della luna. Mentre le viscere le si contraevano dolorosamente, Roxanne pensò che era stato proprio sotto quell'identico cielo stellato che aveva iniziato a confrontarsi con l'attrazione che provava per lui. Un sorriso stanco le increspò le labbra.
Ma chi voglio prendere in giro? Già ai tempi dell’orfanotrofio passavo pomeriggi a spiarlo giocare in giardino con serpenti ed altre creature del bosco.
« Sapevo che saresti venuta ».
Le dava le spalle, ma il tono di trionfo della sua voce riuscì comunque a farla innervosire. Incrociò le braccia sul petto, cercando di darsi un contegno.
« Che cosa vuoi? » lo apostrofò.
Tom si voltò e i suoi occhi abbracciarono la sua figura.
« Quello che voglio da due settimane a questa parte, Ro. Mettere una pietra sopra quello che è accaduto ».
Non c'erano che pochi metri a dividerli ma le sembrava una distanza incolmabile.
« Perché? » esalò con voce flebile.
Direi che è un vero peccato. Mi sono sempre chiesto se quel ragazzo fosse in grado di affezionarsi a qualcuno oltre che a se stesso.”
Riddle non rispose, avanzando di un passo.
Piacerebbe anche a me scoprirlo, professore.”
« Perché tieni così tanto al mio perdono? » ripeté assetata di risposte.
Un guizzo di fastidio attraversò le iridi di Tom, mentre quello assottigliava le labbra.
« Non so che farmene del tuo perdono, Altgriff » rispose sprezzante.
Roxanne intensificò la stretta delle braccia intorno al petto, affondando le unghie negli avambracci.
« Giusto. Figurarsi se al grande e potente Tom Riddle importa del parere di qualcuno che non sia se stesso! » lo sfotté con un ghigno amaro. « Ma allora posso sapere perché mi hai chiamato? »
L'espressione del viso di Tom divenne anodina.
« Ti ho chiamato per darti una lezione » rispose con serafica calma. Quell'ultima parola – lezione – le fece correre un brivido leggero lungo le braccia. « Per aiutarti a capire ».
« Capire? » ripeté quella confusa.
Riddle annuì, fissandola con sguardo delirante.
« Tutte le cose a cui tu dai tanto valore. L'amicizia. La lealtà. La sincerità » calcò la voce su quelle parole, quasi fossero bestemmie. « Non ti rendi conto di quanto siano concetti vuoti? Di quanto assomiglino alle favole che si raccontano ai bambini? Prendiamo le gemelle Knight, per esempio ».
Roxanne rabbrividì, iniziando ad intuire l'esito del suo discorso.
« Siete sempre state inseparabili, giusto? » proseguì con voce carezzevole. « Scommetto... scommetto che le consideravi la tua famiglia ».
Avvertì un pizzicore agli angoli degli occhi. La voce di Tom era bassa e calda e sfiorava un nervo scoperto.
« E quanto ci è voluto perché ti voltassero le spalle? » adesso il suo tono era mutato in sprezzante.
Si era fatto vicino e il modo in cui la fissava le ricordava quello di una fiera che fiutava l'odore di sangue.
Forse è proprio così. Forse vedere l'espressione di dolore sul mio volto, gli fa proprio quell'effetto.
« Sono state sufficienti poche ed oculate parole di Evan e Sybil vi si era rivolta contro. Ed Eloise... dimmi quant'è che voi due non parlate? Parlate veramente, intendo » specificò frustrando la sua replica spontanea.
« Stai zitto » mormorò con gli occhi lucidi.
Tom sorrise serafico.
« Non è forse così? Le consideravi come sorelle ed adesso siete quasi delle estranee... »
« Zitto, zitto » ripeté.
Avrebbe voluto tapparsi le orecchie, fuggire da quella Torre prima che Tom potesse aggiungere altro. Ma le sue parole la tenevano inchiodata al pavimento.
« Deve essere difficile ammettere di essersi fidati delle persone sbagliate » proseguì Tom comprensivo, accarezzandole la guancia con il pollice. Era talmente vicino che riusciva a sentire il suo fiato caldo sulla pelle. « Ma dopo che l'avrai fatto, sarà tutto più semplice ». I suoi occhi verdi contenevano una chiara promessa. « Vieniconme, Ro. Se ti schieri dalla mia parte non dovrai preoccuparti di loro. Né di Eloise, né tanto meno di Sybil. Potrei anche ordinare ad Evan di lasciarla, se è quello che vuoi. Faremo grandi cose, insieme » la sua voce era suadente come il miele, mentre il suo volto bruciava per il fuoco dell'ambizione.
Fu quando le sue dita le sfiorarono le labbra che Roxanne si riprese dallo shock. Si tirò indietro con un gesto brusco, ristabilendo le distanze.
« Mai ».
Aveva il respiro affannoso e il vento le frustava il viso in un tocco gelido. Non si era sentita così angosciata in tutta la sua vita.
« Come puoi credere che io voglia tornare ad essere tua... » esitò in cerca di una parola per definire quel loro strano rapporto «... tua amica, solo perché le cose con Isy e Sybil non vanno bene? » si morse il labbro inferiore, torturandolo fra gli incisivi. « È vero che ci siamo allontanate, ma questo non cambia niente. Io tengo a loro esattamente come prima, come puoi pensare di strumentalizzare tutto questo per farmi tornare da te? »
Non si era neanche resa conto di aver iniziato ad urlargli contro. Il volto di Riddle era una maschera di cera. Gelido, con uno sguardo di disprezzo che pungeva come una lama.
« Come puoi preferire a me quell'infima compagnia di cui ti circondi? Quel Weasley, » il tono con cui pronunciò quel nome era talmente intriso di disprezzo da lasciare la stessa sensazione della carta vetrata. « Le Knighte, dulcis in fundo, quello scherzo della natura di Rubeus... »
La mano di Roxanne si strinse intorno al legno di biancospino prima che potesse rendersene conto.
« Non-ti-permetto-di-offendere-i-miei-amici! » scandì mentre gliela puntava contro il petto.
Minacciarlo con la bacchetta le diede una sensazione strana, un formicolio che dai polpastrelli si trasmise al polso e ancora più giù, fino ad annodarle le viscere.
Il vento soffiava furioso, agitando i capelli neri di Tom e arruffandoli intorno al viso smunto. Le pareva che le aggredisse la pelle come tanti aghi di ghiaccio, ma forse era Riddle a procurale quell'effetto.
Forse era il suo sguardo.
Non importava se lui o lei erano arrabbiati, se non si parlavano, se non si sarebbero mai trovati d'accordo su niente.
Lei lo sentiva, con un'intensità con cui non aveva mai sentito altro in tutta la sua vita.
Il movimento del polso di Tom fu quasi impercettibile, le sue labbra rimasero sigillate.
Roxanne osservò la bacchetta fuggirle dalle dita, per depositarsi in quelle di Riddle. Un sorriso strafottente gli deformò i tratti del volto; il lampo di compiacimento per il modo repentino con cui l'aveva disarmata che rifulgeva nelle sue iridi verde petrolio.
Si era fatta fregare come la prima delle novelline.
Si era distratta, confusa da sentimenti che ogni volta si prometteva di reprimere e che ogni volta prendevano invece il sopravvento.
« Non sarei voluto arrivare a questo, Ro, ma non mi dai altra scelta » mormorò mellifluo senza staccare neanche per un istante gli occhi dai suoi.
Si chiese se l'avesse pietrificata senza che se ne accorgesse perché non riusciva a muovere un solo muscolo.
« Dimmi, non hai notato niente di strano in Sybil oggi? » mormorò mellifluo. « Non si è comportata in modo diverso dal solito? »
Roxanne sussultò bruscamente. In effetti dopo che era tornata dalla lezione di Divinazione, l'amica si era mostrata ancora più cupa e taciturna del solito. Aveva un pessimo colorito e le sue mani sanguinavano da quanto le aveva torturate con gesti spasmodici. Lì per lì non vi aveva dato più di tanto peso, credendo che si trattasse solo di un po' di stress pre-esami. In fondo se fosse successo qualcosa di veramente grave sarebbe venuta a dirglielo, no?
Un lampo di pura incertezza le venò lo sguardo.
« Bastardo! » lo assalì, stringendo le mani a pugno « Che cosa le hai fatto? »
« Io niente. Non ancora, perlomeno » specificò godendosi la sua espressione ansiosa. « Ma non credi che sarebbe più saggio per la... incolumità delle tue amiche deporre l'ascia di guerra? »
Si rigirava la sua bacchetta fra le dita, giocandoci come se fosse un trofeo. Quasi trovasse di suo gusto lo sbatterle in faccia il fatto che lei era disarmata ed inerme.
Roxanne lo fissò per una manciata di secondi, mentre il significato pieno delle sue parole le penetrava nel cranio come un veleno insidioso.
La sua risata scoppiò fredda e lievemente isterica.
Riddle smise di giocherellare con la bacchetta di colpo e il modo in cui le sue nocche sbiancarono intorno al legno di biancospino le indicò quanto la sua reazione lo avesse infastidito.
« Stai cercando di minacciarmi ».
Non era una domanda. Il tenore di quella conversazione non dava adito a dubbi.
« E usi le mie amiche come arma di ricatto. Tutto questo è... patetico ».
Intrise tutto il disprezzo di cui fu capace in quell'unica parola. Riddle sbiancò, fissandola come se non credesse alle sue orecchie.
« Che cosa ti fa credere che io abbia intenzione di prestarmi ai tuoi trucchetti? Potrei denunciarti al preside Dippet per quello che hai provato a farmi. Lo sai che usare la Maledizione Imperius comporta la detenzione ad Azkaban, Riddle? Sei sicuro di poterti permettere di giocare con me? »
Per un attimo un lampo di fastidio attraversò le iridi di Tom. Lo vide irrigidirsi e rivolgerle uno sguardo che conosceva bene, perché glielo aveva visto spesso mentre parlava con persone che voleva arruffianarsi o che credeva avrebbero potuto fargli comodo.
Era lo sguardo del serpente che cercava il modo migliore per incantare il topolino prima di divorarlo tutto in un boccone.
Un istante dopo la sua espressione tornò distesa e quel lampo calcolatore sfumò come se non fosse mai esistito.
« Non sei brava a bluffare, Ro » la schernì avvicinando i loro visi. « Se avessi voluto denunciarmi, lo avresti già fatto ».
Incassò appena le spalle. Sapevano entrambi che c'era del vero in quella frase. Per quanto potesse odiarlo, per quanto lui potesse trovare mille altre scuse per farsi disprezzare ancora di più, non sarebbe mai finito dietro le sbarre per causa sua.
« P-potrei sempre cambiare idea » bisbigliò odiando la vena di incertezza che trasparì dalla sua voce. Per lui che era un Legimante così bravo, doveva essere un gioco da ragazzi intuire che non credeva nemmeno lei in quello che diceva.
« Non lo farai » le soffiò contro il viso con tono quasi dolce. « Ma se anche fosse, non hai le prove. È la mia parola – la parola di uno studente modello, impeccabile e Prefetto – contro la tua. Perché dovrebbero crederti? »
Rabbrividì, chiedendosi quanti altri ragazzi doveva aver incastrato allo stesso modo.
« Questo non cambia il fatto che non mi piegherò ai tuoi sporchi ricatti » ribatté gelida.
Le mani di Riddle si chiusero a pugni mentre il vento mugghiava la sua furia.
« Forse non sono stato abbastanza chiaro. Sybil è completamente sottomessa ad Evan, farebbe qualsiasi cosa lui le ordinasse. Hai una vaga idea di cosa significhi, Altgriff? Riesci ad immaginare in quanti modi potrei ferirla se solo lo desiderassi? E non sono solo le ferite psicologiche quelle a cui alludo... ».
Le parole di Riddle le turbinavano in testa con la forza di un uragano.
« Sei tu che non capisci! »
Aveva gli occhi lucidi e le guance rosse per la tensione. Le pareva che il freddo di quella notte le fosse penetrato fin dentro l'anima.
« Non posso perdonarti a comando, Riddle! Puoi minacciarmi e ricattarmi quanto vuoi, non recupererai mai la mia fiducia facendo così! M-mi dispiace per Syb » da quando aveva iniziato a singhiozzare? Le lacrime le lasciavano una scia rovente lungo le guance. Per una volta non si vergognò nemmeno di piangere di fronte a Riddle. « ma è adulta e non mi metterò più in mezzo alle sue decisioni. Non avrebbe nessun senso se fossi io a scegliere per lei. Perché non ti trovi qualcun altro da tormentare, Riddle? Non mancano le ragazze a Serpeverde, no? ».
Lui rise, di quel suo riso innaturalmente stridulo.
« Vuoi farmi credere che non ti importerebbe se mi vedessi con un'altra? »
« Non mi interessa con chi passi il tuo tempo » replicò anche se il suo corpo si tese come la corda di un violino.
La sua mano le afferrò la vita con un gesto feroce, tirandola di scatto contro il suo petto. Le immobilizzò il mento con le dita, in modo che non potesse sfuggire dal suo sguardo.
« Non ti interessa, Altgriff? » le alitò contro, con gli occhi scuri come pozzi senza fondo. « Ma chi vuoi prendere in giro? Non lo sai che non mi piacciono le bugie? »
Era talmente vicino che Roxanne sentì le gambe piegarsi. Se lui non l'avesse sostenta sarebbe scivolata ai suoi piedi, sovraccarica per la scossa di adrenalina che le dava il fatto di essere di nuovo fra le sue braccia.
« Ogni volta che mi avvicino a un'altra i tuoi occhi si incollano alla mia schiena senza lasciarla neanche un istante » proseguì fissandola come se potesse soggiogarla solo con lo sguardo. « Credi che non me ne accorga? Credi che non lo veda come ti torturi le labbra, come arrotoli i capelli intorno alle dita? Credi che non noti il modo in cui cerchi di avvicinarti senza dare nell'occhio per ascoltare le nostre conversazioni? »
La presa sui fianchi era sempre più forte. Un gemito di dolore le fuggì dalla labbra e Tom parve ridestarsi da un sogno ad occhi aperti. Allentò appena la presa, mormorando le ultime parole con tono dolce.
« Neanche tu puoi liberarti di me ».
« Ti sbagli, Riddle ». Si liberò dalle sue braccia con un gesto secco. « Forse non sarà indolore, né immediato. Ma posso dimenticarti se voglio ». Dire quelle parole a voce alta la confortò, come se potesse succedere davvero. « E di certo non passerò il mio tempo con un ragazzo che preferisce minacciare le mie amiche, piuttosto che chiedermi semplicemente scusa per il modo ignobile in cui si è comportato ».
Un sorriso stanco gli arricciò le labbra.
« Basterebbe così poco per farti capitolare, Altgriff? Basterebbe uno “scusa”? »
Finse di ponderare per un attimo la risposta.
« No. Dovrebbe anche essere sincero. E adesso rendimi la bacchetta, mi hai fatto perdere anche troppo tempo » concluse allungando la mano.
Non credeva che lui gliela avrebbe consegnata così semplicemente, ma fu nuovamente smentita. Non che fosse una sorpresa: Riddle era un giocatore troppo abile perché riuscisse a prevederne le mosse.
Gli diede le spalle, cercando di camminare con un passo sicuro e deciso e non si gettarsi nella fuga precipitosa che le sue gambe le imploravano. Un attimo prima di uscire dalla porta si voltò.
« Riddle? »
Lui non rispose, ma sapeva di avere la sua completa attenzione.
« Se a Sybil verrà tolto anche solo un capello, ti denuncerò al preside. Avvertirò anche Silente, se necessario ». Lo vide irrigidirsi a quel nome e pensò di avere fatto centro. « Non illuderti che qualsiasi cosa ci sia fra noi mi tolga il coraggio di farlo ».
 
 
***
 
 
01 Febbraio 1943 Piano Terra Hogwarts
 

Rosso.
Ovunque guardasse, ovunque volgesse lo sguardo, quello era l'unico colore che gli invadeva la retina. Stava camminando e non ne era quasi consapevole. Più che camminando si stava precipitando, giù per le scale, in mezzo ai corridoi e fra i passaggi di cui era il solo a sapere dell'esistenza. Gli sembrava di stare vagando sospeso nel vuoto, le orecchie piene di un ronzio fastidioso.
Il suono della sua voce.
Della sua risata sprezzante, mentre gli urlava contro che preferiva quella feccia insignificante a lui, mentre addirittura gli puntava la bacchetta al petto pur di difendere i suoi amici.
Il pugno chiuso di Riddle si abbatté sul muro con un tonfo sordo. Ripeté quel gesto più volte, mentre il silenzio del castello era rotto solo dal suo respiro affannoso.
Si fermò solo quando il sangue caldo iniziò a gocciolare dalle dita, macchiandogli l'uniforme immacolata. Lo osservò con cupidigia, cercando di concentrarsi solo sulle sue sfumature e sul suo odore rugginoso. Per un istante fantasticò che quel sangue fosse di Roxanne.
Se la immaginò prona per terra, sulla Torre di Astronomia, con una mano premuta sul fianco e un lago rosso che si faceva spazio fra i colori tenui della divisa. Avrebbe implorato se fosse stata a rischio la sua vita? Lo avrebbe pregato di smettere se avesse finalmente deciso di passare alle maniere forti?
« Perché? » mormorò a se stesso. « Perché devi essere l'unica a resistermi? Perché non riesco a schiacciarti come meriti? »
L'umiliazione era un veleno cocente che obnubilava la ragione.
Le aveva offerto la possibilità di schierarsi dalla sua parte e lei aveva rifiutato con la solita, implacabile, aria altera. Le labbra di Riddle si tesero in una smorfia di puro raccapriccio. Anzi, aveva fatto di peggio: gli aveva chiesto di scusarsi. Voleva delle scuse sincere.
Scoppiò a ridere, appoggiando la schiena al muro bianco, mentre la mano ancora gocciolava sangue. Lui era Tom Riddle, erede di Salazar Serpeverde, futuro Voldemort, e l'avrebbe uccisa prima di abbassarsi a tanto. Roxanne sarebbe tornata strisciando ai suoi piedi, a costo di sterminare tutti i Mezzosangue di quella scuola pur di riuscirvi.
Le parole del suo antenato che aveva letto quel pomeriggio gli tornarono alla mente, senza un motivo preciso o un ordine logico.
 
Rowena odia piangere di fronte agli altri. Ma la debolezza è un veleno che corrode le arterie, lo so bene io, e ci sono momenti che non riesce a fingere di essere la solita maga altezzosa… Allora fugge in una stanza del secondo piano e dà libero sfogo al suo dolore. È qui, nel punto bagnato dalle sue lacrime che inizia il secondo atto della mia vendetta.
 
Si lasciò scivolare lungo il muro, socchiudendo le palpebre.
Gli sembrava di avere ancora davanti gli occhi di Roxanne pieni di lacrime e di indignazione.
Perché non riusciva a cancellarla dalla mente?
 
La bambina è nata.
Si chiama Helena. Ha i capelli scuri, come la madre, ma gli occhi sono chiari come quelli del Mezzosangue. Il modo in cui i loro tratti si sono mescolati è un abominio che vorrei soffocare nel sangue… ma Rowena non mi consente nemmeno di avvicinarmi a lei. È tornata a sorridere ed è felice quando la stringe fra le braccia.
A volte penso che anche se potessi non riuscirei ad uccidere il frutto del suo ventre
.
 
Salazar era diventato un debole. Uno sciocco che si muoveva a caso, spinto dal desiderio morboso per un altro essere umano.
L'amore, l'amicizia, l'affetto... Non ne ho bisogno. Non ne ho mai avuto bisogno e non mi farò corrodere dalla debolezza per un paio di iridi argentee.
In fondo, era ancora in tempo a dimenticare Roxanne e appropriarsi dei Segreti della Camera.
 
Sono passati anni, ma non l’ho mai veramente dimenticata.
So che sospetta di me e ogni volta che il suo sguardo si posa sulla mia persona l’aria intorno a noi inizia a crepitare per il suo odio. Eppure i suoi occhi sono così belli che rischierai le più temibili fatture pur di poterli osservare ancora.

 
Sarebbe stato più forte. Migliore di Salazar, più deciso, più determinato.
Si alzò in piedi con un movimento fluido.
« Ferula » mormorò distrattamente.
Il sangue si fermò di botto.
Si allontanò di un passo, fissando per un istante la parete bianca di fronte ai suoi occhi. La soppesò, giungendo alla conclusione che era perfetta. Gli studenti di tutti le Case sarebbero dovuti passare di lì per andare a colazione la mattina dopo.
Puntò la bacchetta di fronte a sé, muovendola come un direttore di orchestra.
La scritta apparve di un rosso, intenso, brillante, come sangue appena versato.
 
 

La Camera dei Segreti presto sarà aperta.
Temete, nemici dell'Erede.


 

 Si voltò, senza vacillare nemmeno per un istante.
Il tempo delle esitazioni era finito.
     
 
***
 
 
02 Febbraio 1943 Foresta Proibita Hogwarts
 
Un vento gelido soffiava sul prato di Hogwarts, piegando i fili d'erba e risuonando fra i tronchi nodosi.
Tipico della Travers decidere di fare lezione proprio oggi che c'è questo tempaccio.
Inciampò in un sasso, rischiando quasi di finire lunga distesa per terra.
Una figura del genere di fronte a Zabini la eviterei volentieri, grazie.
Eloise si strinse meglio nel mantello, affrettandosi per non rimanere indietro. Hagrid era in prima fila, ovviamente, tallonato da un Septimus che aveva la cera di un Infero. Probabilmente aveva fatto di nuovo tardi per gli allenamenti di Quidditch e adesso doveva sforzarsi per tenere gli occhi aperti.
Ci pensava Rubeus ad aiutarlo: come sempre quando era alle prese con una lezione di Cura Delle Creature Magiche aveva una stolido sorriso dipinto sul viso e le mani grosse come pale si abbattevano spesso sulla schiena di Weasley, in un tentativo poco riuscito di incitarlo a mantenere il passo.
Per quanto ha intenzione di farci camminare ancora questa pazza?
Si voltò verso un gruppetto di Serpeverde, udendo distintamente i loro mormorii. Non che avesse bisogno di aguzzare le orecchie per intuire quale fosse l'argomento dei loro discorsi: la mitica, incredibile, fantasmagorica Camera.
Stronzate. Lo scherzo idiota dell'ennesimo esibizionista in cerca di attenzione.
« Io sono sicura che esista davvero » proclamò facendo roteare la chioma platino Lavinia, mentre le sue amiche oche come lei, fingevano strilletti di paura. « È riportato in ogni libro di testo, no? È scritto persino su storia di Hogwarts... »
Eloise era più che sicura che Lavanda non avrebbe nemmeno saputo dirle il colore della copertina di quel mattone, ma tenne quel pensiero per sé.
Fa troppo freddo per litigare.
Sbuffò e il suo fiato si rapprese in una nuvoletta. Da quando non aveva più neanche voglia di prendere in giro le Serpi? Probabilmente si stava rammollendo.
Roxanne al suo fianco, camminava in silenzio. Decise di inframezzare quella noiosa scarpinata con almeno due chiacchiere.
« E tu, Rox, cosa ne pensi della “Camera dei Segreti”? » disse mimando con le dita le virgolette.
« Mmm? » mormorò questa con la faccia di una che stava pensando a tutt'altro.
« Ma sì, dai » specificò con una scrollata di spalle. « La scritta rossa sul muro, la minaccia di aprire il temibile antro del mostro... Ne parla tutta la scuola! »
Roxanne parve trovare un briciolo di interesse per le sue parole. Appuntò gli occhi grigi sul suo viso, mordendosi piano le labbra screpolate.
« Avevo sentito qualcosa, in effetti » annuì.
Sentito qualcosa? Fra poco la Parkinson fa gli striscioni di benvenuto per l'Erede... Ma dove hai la testa, Rox?
« Ma esattamente... » proseguì quella ignara dell'occhiata perplessa di Eloise. « Cosa sarebbe questa Camera? »
La fissò, incerta se scoppiarle a ridere in faccia o meno.
« Che cosa sarebbe la Camera? » sghignazzò senza riuscire a trattenersi. « Oh, Rox! Solo tu potevi uscirtene con una frase del genere dopo che la scuola non fa che parlare altro da tutta la mattina...»
Quella arrossì, incrociando le braccia sul petto.
« E smetti di ridere! » la redarguì con un'occhiata inceneritrice. « Ho sentito anch'io questi pettegolezzi ma...»
« Non si tratta di meri pettegolezzi » la interruppe Isy. « La Camera è una vera e propria leggenda, che risale all'epoca dei Fondatori ».
L'amica sbuffò.
« Sì, be', non è esattamente il genere di storia che ci raccontavano all'orfanotrofio per farci prendere sonno » ironizzò. « Ti va di raccontarmi quello che sai o preferisci continuare a ridere? »
Eloise si passò una mano fra la frangia, pensando che era a volte era dannatamente semplice dimenticarsi che Roxanne era una Nata-Babbana e che per lei molte delle cose che dava per scontate erano insolite e misteriose.
« La conosci la storia dei Fondatori, no? Rowena, Godric, Salazar ed Helga ».
L'altra annuì ed Eloise si sentì confortata perché non aveva voglia di tenere una lezione di Storia della Magia.
« Allora dovresti sapere che a un certo punto scoppiò un brutto litigio perché Salazar non voleva che anche i Mezzosangue o, ancor peggio, i Nati-Babbani frequentassero Hogwarts. Se ne andò ma non prima di aver nascosto un mostro terribile all'interno del castello, celato nella Camera dei Segreti, in attesa che un giorno il suo erede la aprisse e lo sguinzagliasse contro i maghi le cui vene non erano pure » concluse scrollando le spalle.
Aveva parlato con un tono leggero e disteso, come se le stesse confidando i segreti per un make-up perfetto. Roxanne invece si era immobilizzata e fissava Eloise a bocca aperta.
« Un mostro? » quasi gridò. « Che genere di mostro? »
Aveva una faccia tra l'allibito e lo spaventato, che la fece sorridere.
« Nessuno lo sa » replicò. « Non sarebbe un segreto altrimenti, no? »
« Ma... ma... Come è possibile che ci sia un mostro all'interno della scuola e nessuno se ne sia accorto? »
Eloise la prese a braccetto, incitandola a riprendere la marcia. Erano quasi finite in fondo e Sybil, poco più avanti, gettava spesso delle occhiate perplesse nei loro confronti quando credeva di non essere vista.
« Infatti non esiste nessuna stupida creatura. È solo una leggenda, Hogwarts è stata battuta da cima a fondo e non c'è mai stato niente del genere. Oltretutto dopo tutti questi secoli al massimo del mostro potremmo trovare un mucchietto di cenere ».
« Oh » bisbigliò Roxanne mordendosi le labbra pensosa. « In effetti ha un senso... Ma allora chi pensi che abbia fatto quella scritta e soprattutto perché? »
Scrollò le spalle, proprio mentre la classe si fermava sul ciglio di una radura. Si sentiva il rumore di acqua scrosciante di sottofondo e se si alzava in punta di piedi riusciva chiaramente a distinguere un sinuoso ruscello che disegnava il prato.
« Uno scherzo stupido? Un modo per attirare l'attenzione? Sinceramente non ne ho idea e spero che questa storia venga dimenticata in fretta... È una tale noia sentire i deliri della Parkinson sul mostro-fantasma! » esclamò piegando le labbra in una smorfia.
Roxanne avrebbe voluto risponderle, ma la voce della professoressa Travers coprì la sua.
« Molto bene. Come vi avevo promesso, oggi ci sarà una bella sorpresa. Dividetevi in due gruppi, ragazzi e ragazze, e mettevi zitti e buoni vicino a quella quercia laggiù. Presto vedrete le creature che saranno oggetto di questa lezione ».
Eloise osservò Rubeus saltellare sui suoi tozzi piedi, quasi faticando a trattenere l'eccitazione. Per la verità trovava abbastanza comico che un bestione come lui, uno che aveva l'aria di essere in grado di uccidere un Troll a mani nude, non riuscisse a spiccicare parola e divenisse rosso come una pluffa se solo lei provava a rivolgergli la parola. Gli unici che parevano in grado di rompere il suo muro di riserbo erano Roxanne e Septimus, quest'ultimo che fissava l'ombra ai piedi della quercia come se la sua principale ambizione fosse di distendersi sotto di essa e schiacciare un pisolino.
Eloise si affrettò a seguire le altre ragazze, sperando che le creature di quel giorno non fossero troppo disgustose. Dopo l'ultima lezione sui Theastral aveva avuto incubi per una settimana.
Proprio mentre rifletteva su ciò, avvertì un fruscio proveniente da un cespuglio poco distante.
Quando il muso dell'unicorno si mostrò di fronte ai loro occhi, la classe piombò immediatamente in un religioso silenzio. La creatura uscì allo scoperto, scrollando appena la criniera argentea. Mentre i suoi occhi malva abbracciavano le forme armoniose della creatura, Eloise si accorse che altri unicorni seguivano il primo, alcuni di stazza pari o addirittura maggiore, altri più piccoli e con un vello che variava dall'argento-grigio a un pallido dorato.
Quando tutto il branco si fu riunito, l'unicorno che era arrivato per primo gettò loro un'occhiata penetrante, poi chinò il lungo collo di un bianco madreperla per abbeverarsi nel ruscello. Eloise si rese conto di essere rimasta a bocca aperta e si affrettò a richiuderla.
« Unicorni » dichiarò la professoressa Travers chiaramente soddisfatta delle loro facce ebeti. « Creature magiche particolarmente rare che abbiamo la fortuna di ospitare nella Foresta Proibita. Quelli dal pelo dorato sono i cuccioli, crescendo mutano il vello in argento ed infine, quando divengono adulti, in bianco. Adesso vorrei che le ragazze facessero lentamente un passo in avanti e provassero ad avvicinarsi: gli unicorni sono creature schive e timide, tendono a preferire la compagnia femminile a quella maschile. Coraggio » le esortò la professoressa con un sorriso.
Eloise e Roxanne si fecero come era stato loro detto sotto gli occhi chiaramente invidiosi di Rubeus che sbuffava come un mantice.
L'effetto, però, non fu quello sperato. Gli unicorni iniziarono a fissarle dubbiosi, molti di essi diedero segno di irrequietezza, un paio iniziarono a nitrire e a scrollare la criniera con gesti nervosi. Il sorriso svanì velocemente dal viso della professoressa Travers.
« Vedo che oggi sono di umore un po' instabile » sospirò consapevole di deludere la scolaresca. « Magari potete provare a dar loro solo da mangiare, vi avvicinerete la prossima volt... »
Si interruppe, gelata da uno spettacolo che non si aspettava.
Un unicorno di media stazza avanzava titubante verso di loro. Per un istante Eloise credette che fosse diretto verso la Parkinson e pensò che al di là dell'aspetto quelle creature fossero incredibilmente stupide, poi si accorse che puntava in una direzione diversa. Verso Sybil, per la precisione. Quando l'animale sfiorò timidamente con il muso il palmo della mano della gemella, le sembrò quasi di avvertirla trattenere il respiro. Syb alzò la testa di scatto, fissando con sguardo smarrito la Travers, probabilmente in cerca di consigli su come comportarsi. La professoressa si limitò ad annuire e farle un cenno di incoraggiamento.
Mentre le labbra della bionda si dischiudevano in un sorrisino deliziato e le sue dita timide sfioravano la criniera di fili d'argento dell'unicorno, per un attimo ad Eloise parve di aver di fronte la stessa Sybil di sempre. La ragazza dolce e sensibile che si chiudeva a riccio se solo uno provava a farle domande personali, che si sottovalutava sempre e aveva un'autostima da fare schifo. Che amava il Quidditch e Cura delle Creature Magiche eppure non condivideva quelle sue passioni quasi con nessuno, che prevedeva il futuro e non andava a vantarsene ma anzi si dannava per questo. Che era speciale e assolutamente ignara di esserlo.
Poi anche gli altri unicorni iniziarono ad avvicinarsi e finì per concentrarsi solo su quello, distogliendo lo sguardo dalla gemella.
Quando la lezioni finì e si incamminarono di nuovo verso il castello, Isy era piacevolmente soddisfatta e persino Roxanne aveva il viso più disteso del solito. Alla fine era riuscita a toccare un piccolo unicorno dorato che le aveva leccato le punte dei polpastrelli. Era stato un contatto così piacevole, le aveva infuso un tale senso di pace, che lì per lì non si indispettì troppo quando Zabini la raggiunse, posizionandosi al suo fianco.
« Piaciuta la lezione, zuccherino? » le chiese fissandola di sottecchi.
« Molto » confermò Eloise con un pizzico di curiosità.
Che cosa può volere da me dopo tutto questo tempo? E dopo aver divorato la faccia della Parkinson, specifichiamo.
« Sai dolcezza, è un po' che non ci dedichiamo ai nostri incontri » le bisbigliò nelle orecchie, appoggiandole un braccio sulle spalle con fare confidenziale. « Confesso che mi manca un po' il fatto di sentirti ansimare sotto di me... »
Se si fosse trattata di un'altra ragazza, probabilmente a quel punto sarebbe diventata bordò. Per fortuna lei era troppo abituata alle uscite di Zabini per dargli quella soddisfazione.
Gli scansò il braccio con fastidio, accelerando l'andatura. Il suo buonumore si era magicamente dissolto.
Scema io che ancora mi illudo. Quelli come Zack vogliono solo una cosa da una donna.
« Che cosa ti fa pensare che la mia risposta sia cambiata rispetto a quello che ti ho dato l'ultima volta? » gli domandò acida e scostante.
Il volto di Zabini si aprì in un sorriso sardonico.
« Il fatto che tu sia improvvisamente rinsavita e ti sia resa conto dell'assurdità delle tue pretese da santarellina? » chiese speranzoso.
Eloise non gli rispose nemmeno, limitandosi a superarlo. Zack le arrancò dietro, afferrandola per un polso.
« Andiamo biscottino, scherzavo! » le disse minando la sua scarsa pazienza. « In verità volevo dirti che ho riflettuto sulla questione ».
« E sentiamo: che cosa avresti brillantemente dedotto? » gli chiese quasi ringhiando.
« Che magari potremmo iniziare a frequentarci. Come una vera coppia, intendo ».
« Una coppia? Unacoppia-coppia? » ripeté sempre più allibita ogni volta che pronunciava quella parola.
Si era fermata di colpo e scrutava il viso di Zabini, alla ricerca dell'indizio che le avrebbe confermato che si trattava dell'ennesima presa di giro. Perché doveva essere così. Quando mai si era sentito di Zabini che voleva fare coppia fissa con qualcuno?
« Coppia-coppia » le rispose lui con un sorriso brillante.
Non era ancora scoppiato a ridere e questa lo rendeva un attore molto brava. Era quasi ammirata.
« Ok, Zack, confessa » sbottò sempre senza distogliere lo sguardo. « Ti sei di nuovo fumato quelle strane erbe Babbane, non è vero? »
Finalmente era scoppiato a ridere ma sembrava che il motivo fosse più la sua battuta.
« Proprio non ti fidi, eh? » sghignazzò. « Ma mettiamo solo per un attimo che io sia serio... Non me la daresti una possibilità? »
Eloise rimase a fissare i suoi occhi nocciola per un tempo che le parve interminabile.
« Io credo... credo di sì » balbettò incerta.
E tanti saluti al proposito “Niente storie serie fino ai trent'anni”.
Zack le strinse la mano, attirandola contro il suo petto.
« In questo caso sappi che non stavo scherzando. Pensaci pasticcino, uh? » le ricordò prima di depositarle un casto bacio sulle labbra.
Si allontanò prima che lei potesse redarguirlo sulla libertà che si era preso, lasciandola sola come una scema a chiedersi perché d'improvviso il cuore avesse preso a battere così forte.
 
 
 
Note:

1. citazione tratta dal primo libro, “Harry Potter e la Pietra Filosofale”
 
 
 
 
Ciao a tutti!
Ehm, lo so... è un sacco che non aggiorno, non posso né voglio trovare giustificazioni. Tengo molto a questa ff, purtroppo mi sono un po' demoralizzata e il fatto che siamo in periodi esami (dico solo una cosa, chi fa Giurisprudenza potrà capirmi: procedura) mi fa venire ancora meno voglia di stare al computer.
Finalmente c'è un incontro/scontro fra Tom e Rox (strano, eh?). Lei ancora non ha ceduto, lui non trova niente di meglio che tentare di imporre la sua volontà. Poi Isy e la lezione sugli unicorni, uh, sono creature che adoro non potevo non dare loro una particina ;)
Volevo ringraziare le persone che mi seguono ancora, nonostante tutto: vi meritereste una medaglia, davvero. Un grazie a: Tamar10, Erodiade, Morgana_D, Santa Vio da Petralcina, sabeylovelife, BloodyEmily, James_Potter_98 e Riddle_Moon.
Questo capitolo mi è piaciuto, spero che risulti anche di vostro gradimento.
Una pioggia di baci,
Ely

 
 

 

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Capitolo 26
*** Lezioni in comune ***


 



Lezioni in comune 

 

 
 
 

“Esistono molti tipi di coraggio.
Affrontare i nemici richiede notevole ardimento.
 Ma altrettanto ne occorre per affrontare gli amici” (1).
 
 
 
 

 

10 Febbraio 1943 Sala Grifondoro
 
Il tempo passava pigro e incostante come una donna capricciosa.
Era trascorsa più di una settimana da quando quella scritta rossa era stata disegnata sulla parete del piano terra e l'attenzione per la Camera dei Segreti stava a poco a poco scemando. A volte si udivano ancora le imprecazioni di Gazza, che armato di spugna e spray magico anti-macchie, provava tutte le mattine a toglierla, senza ottenere mai risultati. Pix si era divertito per un po' ad  apparire alle spalle di qualche studente, urlando che era il famigerato mostro della Camera o a nascondersi dietro alle armature e imitare ululati ed altri rumori agghiaccianti che avevano fatto venire i capelli ritti a più primini ignari del suo animo burlone. Ma, visto che fino a quel momento Pix era stata la creature più spaventosa avvistata nel castello, l'euforia per l'erede Serpeverde stava passando in secondo piano.
Roxanne si era lasciata persuadere di buon grado dalle teorie di Eloise e aveva deciso di prendere quella scritta come uno scherzo di cattivo gusto. Quando la mattina scendeva a fare colazione e vi passava davanti, cercava di non pensarci, come se il muro fosse bianco ed immacolato come al solito.
Per la verità erano un bel po' le cose a cui cercava di non pensare in quel periodo. A Sybil, per esempio, che era sempre più chiusa ed introversa e passava nel Dormitorio il tempo strettamente indispensabile, assentandosi sempre più spesso. O a Septimus e al lampo di frustrazione che di frequente gli vedeva nello sguardo quando rifiutava i suoi tentativi di approccio con un sorriso di scusa. Come sempre, però, la persona a cui le riusciva più difficile non  pensare era Riddle.
Le sue parole le tornavano alla mente come tanti piccoli pugnali affilati, nei momenti più assurdi ed impensabili della giornata. Mentre era a lezione, nelle serre ad allevare Tranelli del Diavolo, sugli spalti ad ammirare i giocatori rosso-oro, in Biblioteca a sfogliare vetusti volumi.
Vieni come me.
Erano un pungolo continuo e spiacevole all'altezza dello sterno. Un dolore acutizzato dal fatto che Tom sembrava sparito dalla sua vita. Era quello che voleva, eppure una parte di sé le gridava che era anche incredibilmente sbagliato. Per quanto si sforzasse di simulare indifferenza, non riusciva a non guardare dalla sua parte la mattina a colazione e notare quanto magro e sciupato fosse il suo volto. Non riusciva ad impedirsi di seguire la sua figura sinuosa con lo sguardo e registrare che sembrava  più solo e chiuso in se stesso che mai.
Certo, all'apparenza era sempre il Riddle perfetto ed impeccabile di sempre. La sua media era fissa su Eccezionale, il modo in cui organizzava le ronde inappuntabile, la sua presenza al Lumaclub costante. Eppure... Eppure c'era qualcosa di diverso nel suo sguardo. Come se un fuoco lo bruciasse dentro e tutto il resto fosse diventato privo di importanza.
Potremo fare grandi cose insieme.
La sua era solo una sensazione e Roxanne si sforzava di mettere da parte quei dubbi angosciosi per la maggior parte del tempo. Il castello era tranquillo, l'infermeria insolitamente vuota, i suoi compagni tutti presi dall'imminente partita Grifondoro contro Corvonero. Non c'era niente che suffragasse la sua attrazione morbosa per Tom e i suoi sbalzi di umore.
E lui, finalmente, sembrava aver definitivamente rinunciato a riallacciare il loro rapporto. Avrebbe dovuto esserne felice e in parte lo era, certo... Ma c'era quella sensazione, quel tarlo che si faceva spazio nei suoi pensieri, rosicchiando la sua razionalità e la miriade di spiegazioni logiche che trovava per l'aspetto deperito e le occhiaie pronunciate di Riddle. Poteva essere stanco per i suoi compiti di Prefetto, preoccupato per i GUFO imminenti. Poteva avere cento motivi personali di cui lei non era conoscenza e che non avrebbero dovuto interessarle.
Eppure.
Eppure non riusciva a scacciare la sensazione che Tom si trovasse su una china scivolosa.
E poi c’era quel sogno, ripetitivo ed angosciante che tornava a perseguitarla quasi ogni sera.
 
Erano di nuovo su quella scogliera e il rumore dei flutti che si infrangevano sul bagnasciuga le riempiva le orecchie. L'odore di salsedine le solleticava le narici, le pareva che i suoi polmoni lo assorbissero come spugne. Era buio, ma non si trovavano dentro la grotta. Il cielo era un manto nero, privo di stelle. Sapeva che la figura che le dava le spalle era Riddle, senza bisogno che lui si girasse o le rivolgesse la parola.
Lui invece non sembrava essere consapevole della sua presenza.
Roxanne era ad appena pochi passi di distanza ma aveva  i piedi inchiodati al suolo e non riusciva a muovere un singolo muscolo. Fissava smarrita la schiena di Tom e da come il suo collo era inclinato verso il basso, deduceva che  stesse fissando le onde che si agitavano minacciose sotto di lui, morendo sugli scogli aguzzi e le pareti calcaree.
Lo udì ridere, di quella sua risata agghiacciante, e seppe che cosa aveva intenzione di fare ancor prima che agisse. Provò a scattare in avanti, ad agitare le mani per fargli notare la sua presenza. Spalancò le labbra per gridargli che no, non doveva farlo, ma dalla sua bocca che non uscì che un urlo muto.
Lo vide gettarsi giù dalla scogliera, abbracciando le acque fredde sottostanti.
Si maledisse per non essere riuscita a fermarlo.
 
La  scomoda e bruciante verità era che avrebbe dato una manciata di galeoni per sapere che cosa passava per la mente di Riddle in quel periodo. E al contempo quei galeoni li avrebbe ingoiati uno ad uno prima di mettere da parte l’orgoglio e andare a cercarlo.
Neanche tu riesci a liberarti di me.
Poi c’erano i momenti in cui era il cervello a dominare il cuore e quella punta di razionalità le suggeriva che l'essersi allontanata da Riddle fosse stata la cosa più intelligente che aveva fatto in quel Quarto Anno. Poteva finalmente chiudere quella spiacevole parentesi, poteva ricominciare.
Così intanto i giorni passavano e quando quella mattina Roxanne si affiancò a Sept per la lezione di Difesa Contro le Arti Oscure, non poteva immaginare che le carte sarebbero di nuovo state irrimediabilmente sconvolte.
Le bastò entrare nell'aula per accorgersi che c'era qualcosa di diverso dal solito. Era come se qualcuno avesse allungato la stanza, ampliandola con un incantesimo estensivo. Il motivo di quella che era tutto meno che una sensazione, le venne spiegato poco dopo dalla professoressa Gaiamens.
« Buon giorno  » li salutò mentre prendevano posizione ai banchi. Roxanne notò che non era l'unica a guardarsi intorno un po' confusa per la disposizione dell'aula. « Come penso che tutti sappiate la professoressa Travers ha preso il morbillo del drago e temo che per un po' non potrà fare lezione » proseguì con quel suo tono marziale.
Roxanne si girò la piuma d'oca fra le dita, chiedendosi che cosa avesse a che fare con la lezione odierna.
« La classe dei Serpeverde del Quinto anno avrebbe avuto due ore di buco, ma ho parlato con il preside Dippet e mi sono offerta di fare loro supplenza » proseguì con un ghigno soddisfatto. « Per questo motivo oggi la lezione di Difesa Contro le Arti Oscure sarà in comune ».
Terminò quella breve presentazione agitando la bacchetta con un movimento secco del polso e la porta dell'aula si aprì di nuovo. Roxanne non impiegò più di cinque secondi ad individuare il volto composto di Riddle fra quello delle altri Serpi.
« Prego, accomodatevi » continuò torcendo nuovamente la mano in modo che nuovi banchi apparissero all'istante.
Nonostante il suo cuore avesse iniziato a martellarle fastidiosamente nel petto, Roxanne non poté impedirsi di provare ammirazione per la scioltezza con cui la Gaiamens pronunciava quegli Incantesimi Non-Verbali. Lumacorno le aveva confessato che quando era  un Auror, si erano rivelati la sua specialità.
I Serpeverde si disposero ai loro posti con passi strascicati ed espressioni insofferenti. Vide Avery fare un gestaccio a un Tassorosso in prima fila, mentre Nott sogghignava divertito. Bastò un'occhiata di Tom, per riportarli immediatamente al silenzio.
Come sempre, d'altronde. Li comanda a bacchetta, così da non doversi mai sporcare le mani. Fra tutti, è di sicuro il peggiore. Eppure... eppure non riesco ad odiarlo.
Gli occhi di Riddle incrociarono i suoi e Roxanne si affrettò a distogliere lo sguardo, avvertendo distintamente il viso che le andava a fuoco.
 La voce della professoressa era una fune alla quale aggrapparsi per non pensare  a lui.
« Bene, visto che con una classe così numerosa spiegare sarebbe praticamente impossibile, direi che  possiamo provare a mettere in atto qualche semplice incantesimo difensivo. Dividetevi a gruppetti di due e formate un semicerchio ».
La reazione di fronte a queste parole fu abbastanza prevedibile. Gli studenti di Tassorosso si unirono in un gruppo compatto, lanciando occhiate timorose ai Serpeverde. Anche i Grifondoro parvero poco propensi a  dei gruppi misti, preferendo fare squadra  sé. Roxanne non si voltò verso Tom per vedere con chi aveva deciso di collaborare. Si posizionò di fronte e Septimus, i muscoli rigidi per la tensione.
La professoressa Gaiamens si aggiustò gli occhiali sul naso, lanciando loro uno sguardo di disapprovazione.
« Si può sapere perché ognuno ha scelto un proprio compagno di Casa? Non era questo che avevo in mente quando sono andata a parlare con il preside » mugugnò insoddisfatta.
Alcuni studenti iniziarono a parlottare fra loro, ma nessuno raccolse l'invito. La Gaiamens assottigliò le labbra – segno che era universalmente noto come indice di una pazienza che stava arrivando agli sgoccioli – prima di proclamare sbuffando:
« Molto bene  ci penserò io, allora » disse prima di iniziare  a girare fra gli studenti per redistribuire le coppie.
Roxanne osservò con orrore crescente l'insegnante che si avvicinava al gruppo di Tassorosso, separando gli studenti e indirizzandoli verso i Serpeverde o i suoi compagni di casa. Che cosa avrebbe fatto se la Gaiamens l'avesse messa insieme a Riddle? Il solo pensiero fu sufficiente a farle divenire le gambe  molli come burro.
Respira, Roxanne. Fra tutti siamo quasi una quarantina. È impossibile che ti mandi propriocon lui...
« Hagrid con Bones » ordinò la professoressa indicando una Tassorosso che fissò con preoccupazione la stazza di Rubeus.
Pensava di poterla capire: l'amico aveva una pelle veramente dura e dubitava che qualsiasi incantesimo la Gaiamens avesse in mente la Bones sarebbe riuscita a fargli anche solo un graffio. D'altronde Hag era un gentiluomo sotto quello strato di apparente selvatichezza e sapeva che la Tassorosso non avrebbe corso nessun rischio. Non era di lei che si doveva preoccupare.
« Sybil Knight con Rosier ».
La voce della professoressa le giunse inaspettata. Osservò perplessa Syb che si avvicinava al tavolo dei Serpeverde e si posizionava accanto ad Evan. La Gaiamens proseguì nel suo smistamento, con la sua voce secca e frusciante. Ormai il numero dei Serpeverde che non avevano un compagno di colore diverso era sempre più esiguo.
« Avery con Figgins, Eloise con Pulse. Altgriff con Nott ».
Il suo sospiro di sollievo fu a malapena trattenuto. Trovava Amadeus ributtante, ma tutto era più accettabile  che trovarsi a lavorare gomito a gomito con Tom.
« Riddle con Weasley ».
Si paralizzò, la schiena scossa da brividi come se qualcuno le stesse facendo scorrere cubetti di ghiaccio lungo la spina dorsale. Septimus si avvicinò al tavolo dei Serpeverde con un sorriso di sfida, ma gli occhi che per primi Roxanne cercò  furono quelli di Tom. Gelidi, schivi, minacciosi.
Non era un segreto che quei due si fossero sempre detestati e adesso l'insegnante aveva dato loro una buona occasione per venire alle bacchette. Improvvisamente non si sentiva più tanto fortunata.
« Professoressa... » provò a richiamarla, sollevando la mano.
« Se ha intenzione di lamentarsi per le coppie, signorina Altgriff, sappia che non accetto contestazioni » replicò spiccia la Gaiamens.
Abbassò la mano, un groppo che le chiudeva la gola. L'insegnante sapeva essere irremovibile quando si metteva in testa una cosa.
Non oseranno fare niente davanti a lei, no? E poi sono solo incantesimi difensivi...
Per quanto provasse a convincersene quel senso di inquietudine rimase ben attaccato alla sua pelle. « Ti sei già dimenticata di me, Altgriff? »
La voce roca di Nott le diede i brividi. Presa com'era ad osservare le reazioni di Sept e Riddle, non si era nemmeno accorta che quello nel frattempo l'aveva raggiunta. Si limitò a lanciargli un'occhiataccia ed aspettare rigida al suo fianco. Sentiva su di sé gli occhi del Serpeverde e trovava quell'esame estremamente spiacevole.
« Verrete a due a due al centro dell'aula » spiegò la Gaiamens mentre sempre senza nominare l'incantesimo faceva sparire i banchi. « Partiremo con qualcosa di semplice, l'incantesimo Protego. A turno pronuncerete l'Expelliarmus e il vostro compagno cercherà di difendersi ». Roxanne si accorse che alcuni  Serpeverde sbuffavano, come annoiati.
 Anche la professoressa parve notarlo perché aggiunse: « Esigo la massima attenzione, anche da voi studenti del Quinto. Sono sicura che un po' di ripasso non vi farà male, non è vero Parkinson? »
La Parkinson, che notoriamente era una schiappa negli incantesimi difensivi, ebbe il buon gusto di arrossire e fingersi un po' più attenta.
« Inutile dire che non voglio vedere scorrettezze fra le Case. Comportamenti del genere saranno severamente puniti. Potete iniziare » concluse arretrando.
Roxanne osservò la prima coppia di studenti provare titubanti l'incantesimo.
Le parole della Gaiamens avrebbero dovuto rassicurarla. Riddle teneva troppo alla sua immagine di studente modello per sciupare tutto per una stupida ripicca. Persino Sept non poteva essere così impulsivo.
I secondi furono Hagrid e la Bones. Come si aspettava, Hag si limitò a lanciarle contro un incantesimo fiacco e la Bones replicò con disinvoltura, facendogli schizzare la bacchetta di mano dopo pochi minuti. Udì la Gaiamens litigare Rubeus per il suo scarso impegno, ma non vi prestò attenzione. Il suo sguardo era ancora appiccicato alla schiena di Septimus.
Dopo Rubeus fu il turno di alcuni suoi compagni di corso, poi di Eloise che maneggiò l'incantesimo senza troppo sforzo. La professoressa dovette chiamarla due volte prima che si rendesse conto che era il suo turno. Sussultò, seguendo Nott che la fissava con quel suo sguardo arrogante. Lo vide posizionarsi di fronte a lei ed estrarre la bacchetta lentamente, come pregustando il momento dello scontro. La prima volta che le rivolse contro l'Expelliarmus era ancora distratta e riuscì a trattenere la bacchetta per un soffio.
« Un po' di impegno, signorina Altgriff! Possibile che nessuno prenda questa lezione sul serio? » strepitò la Gaiamens.
Le rivolse un sorrisino di scusa e decise di racimolare un po' di concentrazione. La seconda volta andò meglio. Bloccò l'incantesimo di Nott senza sforzo, facendolo rimbalzare indietro. Fu la volta del Serpeverde di digrignare i denti e arrabattarsi per evitare che la bacchetta gli volasse di mano.
« Bene » disse l'insegnante.
La sua soddisfazione era direttamente proporzionale all'irritazione di Amadeus. La fissava con uno sguardo rovente di indignazione e  le nocche che stringevano la stecca erano sbiancate.
Il pensiero di farlo adirare la divertì. Lo aveva sempre trovato una persona spregevole, un bulletto della peggior specie, che si divertiva a rifarsela con i più deboli e si sentiva onnipotente per via del suo lignaggio magico e la valanga di galeoni della sua famiglia.
« Ancora » mormorò quello freddamente prima di alzare la bacchetta.
Questa volta tenne gli occhi ben incollati su Nott. Lo vide pronunciare l'incantesimo e non gli lasciò quasi il tempo di finirlo. Il suo Protego si eresse forte e deciso di fronte ai suoi occhi e Amadeus fu costretto a fare una buffa giravolta per schivare l'incantesimo. Udì delle risatine a malapena trattenute e non riuscì ad impedirsi di sorridere a sua volta. Il fatto che una donna, una Sanguesporco oltretutto, riuscisse a tenergli testa doveva essere per lui una vera croce.
Ben ti sta, Nott. Questo è per tutti gli studenti che hai tormentato in  questi anni.
Le orecchie del Serpeverde virarono su un rosso scarlatto. Dal modo in cui la guardava, sembrava che fosse sul punto di saltarle alla gola. Quella volta non chiese il parere dell'insegnante prima di scagliarle addosso quello che chiaramente non era un semplice incantesimo di disarmo. Lo Schiantesimo fischiò ad appena un centimetro di distanza dal suo orecchio sinistro.
Roxanne ebbe appena il tempo per pentirsi per la sua provocazione, mentre si abbassava di scatto, mormorando un Protego che si infranse sotto la raffica di incantesimi che Nott scagliava come impazzito. Poi vide un lampo scuro andarle incontro. “Magia nera”, fu l'unica cosa che riuscì a pensare prima di lasciarsi andare all'istinto.
« Protego Horribilis » mormorò distintamente.
Il lampo nero si infranse contro il suo scudo, ma esso tremolò come se fosse sul punto di dissolversi. Era una magia molto più complessa rispetto ad un semplice “Protego” e lei non era altrettanto abile nel maneggiarlo. Un'altra fattura ancora e probabilmente si sarebbe spezzato, lasciandole inerme...
« Basta così! » si inserì la voce dell'insegnante.
Aveva visto molte volte la professoressa Gaiamens arrabbiata, ma in quel momento era letteralmente furiosa. Persino Nott sembrò titubare e si interruppe con la bacchetta a mezz'aria, sul punto di pronunciare chissà quale incantesimo.
Fu l'esitazione di un attimo, ma fu sufficiente a farle recuperare un po' di lucidità. E con essa arrivò la rabbia. Come osava quello stupido, viscido, Serpeverde attaccarla in quel modo?
Agì d'istinto, senza curarsi minimamente di stare approfittando della distrazione dell'avversario.
La cavalleria del caro Godric è sprecata con bestie del genere.
Il suo Pietrificus Totalus  colpì Nott in pieno petto, facendolo crollare al suolo come uno stoccafisso.
Roxanne si raddrizzò, accorgendosi solo in quel momento di avere il respiro affannoso. Nell'aula era calato il silenzio. Nott giaceva per terra, la bacchetta ancora stretta in pugno, un'espressione di autentico shock dipinta in viso.
Fu un Tassorosso in prima fila, credeva che si chiamasse Brown, il primo a scoppiare a ridere.  Un risolino lieve, quasi inconsistente ma che presto divenne contagioso, fino a quando tutti i suoi compagni di corso e buona parte dei Tassorosso sghignazzarono con gusto.
« Vai così, Rox! » udì Weasley urlare con il pugno alzato, mentre Hagrid gli dava manforte con un: « Fagli vedere i sorci verdi a 'ste serpi! »
La professoressa Gaiamens impiegò un po' di tempo per ristabilire la normalità in classe. Solo i Serpeverde rimanevano in silenzio, rigidi ed alteri come se quello a cui avevano assistito fosse uno spettacolo di infima qualità. Fra tutti i loro volti, fu quello di Riddle che cercò.
Aveva i suoi occhi incollati addosso, Roxanne si chiese da quanto tempo la stesse fissando in quel modo. Istintivamente – come sempre quando si sentiva vulnerabile – le sue dita si chiusero intorno alla croce d'argento che portava al collo. Abbassò lo sguardo a terra, chiedendosi se lui avrebbe preferito che al posto di Amadeus, stesa per terra con un'espressione di orrore, ci fosse lei. In fondo era chiaro con chi si sarebbe schierato se gli avesse chiesto di scegliere: da una parte una inutile orfanella Babbanofila, dall'altra un nobile rampollo Purosangue... Non avrebbe esitato un attimo a prendere le  difese di Nott.
La professoressa Gaiamens liberò Amadeus dalla Pastoia, piazzandosi davanti a lui per impedire di riprendere lo scontro. Iniziò la ramanzina, alternando le occhiate di fuoco nei confronti di entrambi.
« Un comportamento vergognoso... » esordì ansimando come un mantice. Roxanne sperò che non le venisse un infarto: non era più una ragazzina, la professoressa. « Lei, signor Nott... Avevo detto incantesimi di Disarmo! Da dove esce quella fattura, eh? Meno venti punti a Serpeverde e un mese di punizione! E domani mi aspetto di vederla nel mio ufficio alle dieci in punto: ha molte spiegazioni da darmi! » strillò simile a un'aquila.
Vide le labbra di Amadeus assottigliarsi per l'umiliazione, ma pareva avere ritrovato il controllo necessario a non opporsi.
« Quanto a lei » proseguì, rivolgendosi nei suoi confronti. « Colpire un avversario che aveva abbassato la guardia! Mi ha deluso, signorina Altgriff. Cinque punti in meno alla sua Casa. E adesso tornate a posto prima che non mi trattenga più dal cruciarvi! »
Roxanne fece come le era stato ordinato. Odiava essere sgridata da un'insegnante ma quella volta non riusciva proprio ad pentirsi di quello che aveva fatto.
Non sono mai stata tanto felice di aver fatto perdere punti alla mia Casa.
Anche i suoi compagni parevano pensare lo stesso perché non vide nemmeno un'occhiata di biasimo, ma solo sorrisi e pacche di incoraggiamento.
Si posizionò accanto ad Hagrid, attendendo che la scarica di adrenalina passasse. Il cuore  le martellava furioso nella cassa toracica. E lui la stava ancora fissando, senza distogliere lo sguardo. Si chiese se fosse quello a mantenere il suo cuore su quei ritmi folli.
« Weasley e Riddle, avanti. E giuro che se vedo un'altra scorrettezza luciderete armatura per tutta la vita » li minacciò la Gaiamens, incenerendoli con lo sguardo.
Finalmente Tom distolse lo sguardo da lei, posizionandosi davanti alla professoressa.
« Prego Weasley, prima tu » scandì educato, mentre estraeva la bacchetta dalla tasca.
Era solo la sua immaginazione che le faceva avvertire quel tono velatamente canzonatorio? No, probabilmente no. Almeno a giudicare da come Sept si passava le dita nervoso fra la capigliatura, arruffandola appena ai lati.
Il suo incantesimo di Disarmo si infranse contro la barriera di Riddle in una pioggia di scintille. Tom non aveva nemmeno pronunciato l'incantesimo ad alta voce, eppure il suo schermo non tremolò neanche un po'. Vide Septimus irrigidirsi per la tensione, mentre rivolgeva un'occhiata in tralice alla professoressa, in attesa di altre istruzioni.
« Riprova » si limitò a dire quella, le braccia incrociate sul petto.
La stessa scena si ripeté per tre volte consecutive. Per quanto Sept si impegnasse e il suo incantesimo fosse perfetto, non riusciva nemmeno lontanamente a scalfire quello di Riddle che – calmo e rilassato – lo fissava con un odioso sorrisetto di superiorità dipinto sulle labbra. 
Hag spostò il peso da un piede all'altro, mugugnando fra sé frasi incomprensibili. Roxanne si accorse del modo nervoso in cui si torturava il labbro inferiore con gli incisivi solo quando quello si spaccò e il sapore ferroso del sangue le riempì il palato.
Voleva umiliarlo.
Si vedeva dal suo sguardo sfrontato, dalla postura rilassata del corpo, come se quello che stava facendo fosse qualcosa di noioso, ben al di sotto delle sue possibilità. Tutto il corpo di Riddle urlava chiaro e preciso un messaggio ed era impossibile che Septimus non lo recepisse: che lui era inequivocabilmente meno dotato di lui.
« Bene, adesso invertite i ruoli ».
Per un secondo un attimo di smarrimento si riflesse nelle iridi del rosso. L'attimo dopo Sept osservava la sua mano vuota e Tom che si rigirava la sua stecca fra le mani con un sorriso ancora più ampio e compiaciuto.
« Troppo lento, Weasley » lo derise sprezzante.
Roxanne temette che Sept si dimenticasse della bacchetta e semplicemente gli saltasse addosso. Una scazzottata Babbana sarebbe stata davvero il massimo per concludere la giornata. Avvertii uno strano pizzicore alla nuca e si girò per un attimo, distogliendo gli occhi dalla scena.
Nott la fissava, con un'intensità da far venire i brividi. “Me la pagherai” sillabò in silenzio dall'altra parte della stanza.
Roxanne corrugò un sopracciglio. Aveva gestito Riddle per mesi, credeva davvero di riuscire ad intimorirla per così poco? “Ma che paura” scandì in risposta, prima di girarsi dall'altra parte. Aveva cose più importanti a cui pensare in quel momento. Come il fatto che Tom non riducesse in brandelli il suo migliore amico proprio sotto i suoi occhi.
Il momento di massima tensione pareva però essere trascorso. Septimus aveva un controllo maggiore di quanto credesse o forse le occhiate roventi della Gaiamens riuscivano ad essere un palliativo alla sua aggressività. Fatto sta che dopo un altro paio di tentativi infruttuosi, la professoressa decise di non infierire oltre. Era chiaro che Riddle non gli avrebbe lasciato segnare un punto nemmeno se ne fosse andata della sua vita.
Mentre tornavano ai loro posti, Tom lo affiancò per un istante, mormorandogli qualcosa di intellegibile nelle orecchie che gli fece chiudere le mani a pugno. Roxanne si chiese che cosa gli avesse detto ma quando Weasley si riposizionò al suo fianco, un sorriso scornato sulle labbra ma incredibilmente illeso,  si sentì come se un grosso peso le fosse stato tolto dallo stomaco e quello scambio di frasi passò in secondo piano.
« Non ci pensare, Sept! È un osso duro, quello ».
Fu il commento di Hagrid che però inspiegabilmente riuscì a rasserenare un po' l'amico.
Il resto della lezione trascorse tranquillamente. Finalmente rilassata, Roxanne osservò con placido interesse le coppie di compagni che si confrontavano davanti alla cattedra. Non riuscì a trattenersi dal ridacchiare quando Avery venne disarmato da una Tassorosso apparentemente innocua e tenera come un giglio. Quando fu il turno di Sybil di scendere in pista, una piccola stretta la punse al centro del petto.
Non si poteva dire che Sybil fosse una frana in Difesa Contro le Arti Oscure, anzi, quando si esercitava da sola, riusciva spesso a strappare ottimi voti. Ma in coppia... l'idea di puntare la bacchetta contro le amiche la innervosiva sempre. Non importava che fosse solo  un'esercitazione, che nessuno si sarebbe fatto male, che anche se ciò fosse accaduto non ne avrebbe avuto colpa. Le mani le tremavano e la voce le usciva venata di incertezza quando si doveva confrontare con una persona a cui voleva bene. Disarmarla per Rosier sarebbe stato un gioco da ragazzi.
Una ruga di preoccupazione le si disegnò sulla fronte mentre osservava il Serpeverde raccogliere la concentrazione. A differenza di Sybil, i cui occhi vagavano alternativamente fra lui e la Gaiamens, sembrava tranquillo e sicuro di sé. Come immaginava l'Expelliarmus che Syb pronunciò fu fiacco e facile da parare. Rosier non dovette sforzarsi molto e la professoressa la rimproverò con tono stanco. In fondo nemmeno lei si aspettava un risultato diverso.
Quando fu il turno di Evan di attaccare, fu subito chiaro che non le avrebbe riservato la stessa premura. Il primo Expelliarmus venne a malapena respinto dal Protego di Sybil, il secondo seguì in rapida successione. Sybil lo schivò, ma Evan non le diede respiro, pronunciandone subito un altro.
Roxanne osservò lo stupore che si faceva a poco a poco strada sul volto dell'amica. Evan era freddo, impassibile. Che cosa stava provando in quel momento Sybil a vedere che il proprio ragazzo non si faceva il minimo scrupolo a scagliarle contro incantesimi?
Che cosa proverei io se Tom mi incalzasse in quel modo?
Una valanga di sentimenti contrastanti la invasero.  Rabbia, indignazione, risentimento. Forse esteriormente non lo avrebbe dato a vedere, ma dentro di sé si sarebbe sentita tradita per il modo in cui non sembrava interessarsi minimamente di umiliarla di fronte a tutti. E quel che peggio era che Sybil non reagiva. Si limitava a parare, sempre più fiaccamente, con gli occhi sgranati e una smorfia ad incresparle le labbra.
Fu il quinto Expelliarmus di Rosier ad andare a segno. Penetrò il Protego con talmente tanta forza da strapparle la bacchetta dalle  mani. Il rinculo la sbalzò indietro, facendole sbattere la schiena contro la cattedra. Nel più assoluto silenzio Roxanne osservò la stecca disegnare un arco prima di atterrare ai piedi di Evan, mentre un gemito fioco fuggiva dalle labbra dischiuse di Sybil.
« Basta così! »esclamò la Gaiamens osservando preoccupata la bionda. « Knight, tutto a posto? »
« C-credo di sì » balbettò quella titubante, portandosi una mano al naso.
Quando la ritrasse tutti poterono vedere chiaramente delle gocce di sangue.
Quasi senza che se ne accorgesse, Roxanne impugnò la bacchetta, fissando Rosier con istinto omicida. Prima che potesse fare alcunché però, Eloise scattò a fianco della gemella.
« Sei un deficiente! » urlò indemoniata, mentre osservava preoccupata la piccola scia di sangue che le colava da una narice. « Si può sapere che motivo c'era di accanirsi in quel modo? »
Con una mano sul fianco e gli occhi che mandavano lampi, Eloise era davvero spaventosa. Sybil la fissava come se fosse un alieno e persino la maschera fredda di Rosier si infranse un po' sotto quei toni accusatori.
« Volevo solo motivarla » rispose scrollando le spalle. « Quante storie per un po' di sangue...  ».
Eloise boccheggiò come se non riuscisse a credere a quello che aveva appena sentito.
« Un po' di sangue? » ripeté tremando vistosamente. «Hai scagliato Sybil contro una cattedra, l'hai ferita e non hai nemmeno il coraggio di chiederle scusa? »
Evan non rispose e quel silenzio parve innervosire Eloise ancora di più. La mano destra si contrasse, come fremendo dal desiderio di afferrare la bacchetta. Se l'avesse fatto, Roxanne si sarebbe schierata al suo fianco.
Evan Rosier. Non dovrebbe nemmeno sfiorarla con quelle  dita.
Non è il ragazzo giusto per Sybil.
Una specie di ruggito attrasse la sua attenzione, insieme a quella di tutta la classe. La Gaiamens sembrava idrofoba.
« Quale parte di “basta” non avete capito? » ripeté sguainando la bacchetta e mettendosi in mezzo.
« Ma... » provò a protestare Isy prima di essere brutalmente interrotta.
« Niente “ma”! E moderi il linguaggio, signorina Knight, o sarò costretta a togliere altri punti alla sua casa! »
« Ha ferito mia sorella! Cosa dovrei fare secondo lei, fargli un applauso? » replicò quella sfacciata.
Per un attimo il volto della professoressa si addolcì, per poi riprendere la solita aria arcigna.
« Rosier, per questa volta voglio pensare che si sia trattato di un incidente ».
« Non può passarla liscia! » la interruppe di nuovo Eloise, sempre più indignata.
Roxanne sentì ruggire dentro di sé tutta la sua approvazione.
« Non una parola in più, signorina Knight, o le faccio mettere in ordine schedari da qui alla fine dell'anno! Rosier, come stavo dicendo per stavolta passa, ma mi aspetto una maggiore attenzione in futuro ». Per tutta risposta, Evan annuì svogliatamente come se quella discussione non lo riguardasse da vicino. « Adesso Knight, accompagni sua sorella in infermeria. Credo che non sia niente, ma Madama Goodkiss saprà sicuramente come arrestare il sangue ».
Eloise sembrava avere ancora qualcosa da aggiungere e se nemmeno l'idea di compilare noiosi schedari era riuscita a dissuaderla voleva dire che era davvero molto, molto arrabbiata; ma la mano di Sybil si appoggiò sulla spalla, mentre quella scuoteva appena la testa.
Per un attimo sembrò che i mesi di litigi fra loro non fossero mai esistiti.
Forse anche Eloise ebbe la stessa sensazione, perché richiuse la bocca e con un gesto stizzito si allontanò dall'aula insieme alla gemella. Non appena la porta si fu richiusa alle loro spalle, la Gaiamens rivolse un'ultima occhiata di fuoco alla classe.
« Potete andare tutti. Ne ho abbastanza per oggi » aggiunse ruvida, congedandoli con un cenno della testa.
Mentre raccattava velocemente le sue cose, a Roxanne parve di sentirla borbottare qualcosa che assomigliava molto a un:
« Lezioni in comune... Ma che cosa mi era saltato in mente? Non ho più l'età per queste cose... »
Non se ne curò molto, ansiosa di mettere fra sé e Riddle quanta più distanza possibile. Imboccò il primo corridoio che si trovò davanti, allungando il passo per distanziare Hagrid e Septimus che la seguivano a pochi passi di distanza.
Le sarebbe piaciuto raggiungere Sybil ed Eloise in Infermeria, ma pensò che quelle due avessero davvero bisogno di stare un po' di tempo da sole. Magari la preoccupazione di cui aveva dato prova Isy e il fatto che l'aveva difesa davanti a tutti, avrebbero finalmente aperto gli occhi a Sybil.
Di fronte alla biforcazione, svoltò quindi a sinistra, diretta verso Biblioteca. Era sempre il primo posto che le veniva in mente quando qualcosa la turbava e aveva voglia di riflettere un po' in silenzio.
Qualcuno la strattonò bruscamente indietro e Roxanne si ritrovò il cuore in gola. Il suo primo pensiero andò a Riddle e si chiese quale motivo avesse avuto di seguirla. Qualunque esso fosse, uno strano calore le fiorì nel petto al pensiero che avesse finalmente smesso di ignorarla.
Voltò la testa di scatto, pronta ad affrontare i suoi occhi verdi.
Peccato che le iridi che  ricambiarono il suo sguardo fossero nere come il carbone.
Roxanne sgranò gli occhi nel realizzare che Amadeus Nott l'aveva appena immobilizzata in un corridoio deserto.
 
 
***
 
 
Tom Riddle percorreva il corridoio a passi impazienti. Nelle ultime settimane gli sembrava che tutto il tempo che passava lontano dalla Biblioteca, fosse tempo sprecato. Aveva trovato vecchi tomi polverosi che descrivevano la planimetria originaria del castello, altri storici che forse avrebbero potuto fornirgli un indizio sull'ubicazione della Camera, visto che dal diario del suo avo non riusciva a ricavare altre informazioni utili.
Quella mattinata in particolare era trascorsa lenta come una tortura. Aveva dovuto sopportare  due ore di lezioni in comune e lo sguardo perforante dell'Altgriff su di sé per tutto il tempo, a ricordargli un subbuglio di sentimenti che sperava aver soffocato per sempre. Come se non bastasse, la Gaiamens lo aveva accoppiato con quel perfetto cretino di Weasley.
Riddle svoltò l'angolo, accorgendosi di avere ancora la pelle d'oca sulle braccia. La voglia di disintegrare quel microbo era stata forte, un artiglio che gli aveva solleticato le viscere rischiando di farlo cedere. Umiliarlo di fronte a tutti era stato divertente, certo, ma niente rispetto al piacere che gli avrebbe procurato vedere il suo sangue e non quello della Knight macchiare il pavimento.
Quando aveva stretto la bacchetta fra le mani e l'aveva puntata contro il petto di Weasley, per un istante l'aveva sentita vibrare, carica di energia. In quell'esatto momento aveva temuto di non riuscire a controllarsi, di buttare al vento i faticosi anni trascorsi a dipingere una maschera di vuota ma inattaccabile perfezione. Era riuscito a contenersi tuttavia. Perché allora era così nervoso?
Un pensiero subdolo e strisciante, sibilava a tratti nella sua mente, prima di ripiegarsi su se stesso. Era stato davvero per la sua reputazione  che si era trattenuto dal colpire Weasley? O il fatto che gli occhi grigi e timorosi di Roxanne fossero fissi su di lui aveva in qualche modo influito sulla sua decisione?
Impossibile.
Inaccettabile.
Socchiuse gli occhi al bagliore flebile delle torce, mentre le dita affusolate aggiustavano gli alamari del mantello in un gesto di stizza. Se Weasley avesse avuto un briciolo di cervello avrebbe capito che non gli conveniva mettere gli occhi su qualcosa che era di sua proprietà. Glielo aveva persino sussurrato nelle orecchie, come coronamento della sua umiliazione.
Sta' attento, Weasley.
Merlino era stata così buffa la sua espressione sorpresa, il modo in cui aveva stretto i pugni e digrignato i denti. Gliela aveva letta negli occhi, la voglia di colpirlo. Peccato che di fronte a lui fosse inerme come un bambino che spera di sconfiggere un drago con una spada di legno.
Inferiore.
Quella mattina glielo aveva ricordato, ma sapeva che non era abbastanza. Non era mai abbastanza con persone testarde come lui.
Quando aprirò la Camera, forse farò una piccola eccezione alla regola dell'intoccabilità dei Purosangue...
Si fermò sul pianerottolo, attendendo che la scala che lo avrebbe portato a destinazione comparisse sotto i suoi occhi. Il pensiero di quello che un Basilisco avrebbe potuto fare a quella feccia di Septimus, si rivelò un passatempo più gradevole di quanto  avrebbe creduto.
Immagini di violenza e morte e sangue gli attraversavano la retina ad ogni piè sospinto, accompagnati da ogni momento in cui aveva visto Weasley parlare o scherzare con Roxanne.
Non dovrebbe essere così. Il suo pensiero non mi dovrebbe condizionare a tal punto. A quest'ora il suo ricordo doveva già essere caduto nell'oblio...
Le parole di Salazar si formarono nella sua mente come un curioso puzzle i cui pezzi si incastravano lentamente.
 
Sono passati anni, ma non l’ho mai veramente dimenticata.
 
Aveva sfogliato così tante voltequelle pagine da aver memorizzato interi paragrafi. A volte provava la curiosa sensazione di riuscire  a capire meglio il suo antenato che se stesso.
Si è fatto risucchiare da quello spregevole sentimento che è l'amore.
L'ha inghiottito, fino a privarlo quasi del senno, fino a condizionare tutta la sua vita.
Peramore Salazar si era dichiarato a Rowena, per amore era stato respinto, per amore aveva ucciso...Per amore, aveva ideato la sua vendetta.
 
Un Mezzosangue ha irretito il suo cuore, distogliendolo da me. Ma io li sterminerò tutti… schifosi ladri di bacchette. Con quale artificio il loro sangue sporco riesce a compiere le magie? Cosa dico (…), non sono magie le scintille prodotte dalle loro mani nere. Li sterminerò… Non si ripeterà mai più l’affronto che un Sanguepuro sia messo da parte per una simile feccia.
 
Un solo corridoio lo separava dalla Biblioteca. Accelerò il passo, come se quello fosse di per sé sufficiente a lasciarsi quei pensieri scomodi alle spalle. Le linea tesa delle labbra tradiva appena lo sconvolgimento che lo agitava all'interno.
È come una malattia. Poeti Maghi e Babbani lo hanno glorificato in tutte le sue forme ma è un morbo putrescente che si attanaglia alla carne e fa compiere solo sciocchezze.
In un flash rivide su stesso, steso sul letto con un flebile Lumos ad illuminare la sua lettura. La pagina a cui era giunto era la più scarabocchiata e incomprensibile di tutte. Di nuovo aveva provato a versare una goccia di sangue, ma il risultato non era variato di molto. Tutto il foglio, dalla prima riga fino all'ultima, era occupato da un'unica parola, ripetuta più volte con maniaca ossessione.
 
Rowena Rowena Rowena Rowena Rowena Rowena Rowena Rowena Rowena Rowena
Rowena Rowena Rowena Rowena Rowena Rowena Rowena Rowena Rowena Rowena Rowena Rowena… Sto impazzendo… Rowena, amore mio torna da me…

 
Riddle strinse la stoffa del mantello in un gesto spasmodico mentre superava un arazzo sgargiante dalla filigrana dorata.
Patetico.
Salazar Slytherin, uno dei più grandi maghi di tutti i tempi, ridotto ad un povero demente per colpa di una donna. Tutto il suo potere, la sua ambizione, la sua magia, cancellati con un colpo di spugna da un paio di occhi accattivanti.
Non lascerò mai che una cosa simile succeda a me. La ucciderò, prima di arrivare a tanto.
Svoltò l'angolo, provando a liberare la mente da quei pensieri. Nella settimana precedente aveva controllato la planimetria dell'ala ovest del castello, doveva ancora controllare l'ala est e le torri principali, anche se dubitava che...
Lo spettacolo che gli si parò di fronte agli occhi, interruppe le sue riflessioni con la potenza di una scarica. Il primo, banale, dettaglio che i suoi occhi registrarono fu la bacchetta di Roxanne. L'aveva osservata a lungo, nel corso degli anni. Era nodosa, dodici pollici all'incirca, di un colore chiaro che tendeva quasi al grigio.
Biancospino.
Aveva sempre trovato ridicolo il fatto che la sua stecca simboleggiasse la speranza.
Ricordava quando gliela aveva puntata al petto, lì, sulla Torre di Astronomia e per la prima volta aveva capito appieno quanto quella ragazzina pallida ed esile come un giungo avrebbe potuto costituire un ostacolo ai suoi piani. O quando solo pochi minuti prima l'aveva usata per colpire Nott e una parte di lui aveva gioito, trattenendosi a stento dallo scoppiare a ridere insieme agli altri; ricordava come si era affrettato a seppellire e a nascondere a se stesso quell'irrazionale moto di orgoglio che non avrebbe dovuto provare. Ricordava la punta di quella stecca che spuntava dalla veste  mentre la trasportava in Infermeria quando si era ferita e aveva provato il terrore di perderla.
Quella stessa bacchetta giaceva per terra, ai piedi di Roxanne. Lontana, inutilizzabile.
La sua padrona era schiacciata contro il muro, in una posizione in cui lui stesso l'aveva costretta più volte. Si divincolava, ma Nott le teneva  le mani unite impedendole i movimenti. L'altra mano era chiusa sotto il suo mento e premeva con forza sulla sua pelle già arrossata.
La tachicardia lo colpì a tradimento mentre il cervello si rifiutava di elaborare l'immagine che aveva davanti agli occhi: Roxanne immobilizzata tra le braccia di Nott.
 
 
 
Note:

 

  1. Frase di Albus Silente, primo libro della saga.

 
 

 
 

 

Ciao a tutti!
Finalmente riesco ad aggiornare!! Alleluja!
Vabbè capitolo lungo, che si ferma in un modo un po’ brusco (non potevo tediarvi oltre >.<). A questo giro non ho molto da dire, quindi passerei subito ai ringraziamenti:
 
Grazie mille ai nuovi seguiti/preferiti/ricordati e a chi segue da tempo la ff. un grazie speciale va a: Erodiade, Morgana_d, Cassandra Turner, Kurapika95, Santa Vio da Petralcina, Tamar10, James_Potter98 e Riddle_Moon. Grazie davvero <3
 
Mi faccio un po’ di auto-pubblicità e vi linko una ff che ho iniziato sulla Vecchia Generazione: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1614884&i=1
 
Detto questo un grosso bacio e alla prossima,
Ely

 

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Capitolo 27
*** Tempo di scegliere ***


 


Tempo di scegliere
per il video della ff: http://www.youtube.com/watch?v=wBfGcxzvtZc&feature=youtu.be 

 

 

 

 

 

Sono le scelte che facciamo che dimostrano
chi siamo, molto più delle nostre capacità."(1)

 

 

 

 

 

 

La tachicardia lo colpì a tradimento mentre il cervello si rifiutava di elaborare l'immagine che aveva davanti agli occhi: Roxanne immobilizzata tra le braccia di Amadeus.

 

 

12 Febbraio 1943 Corridoio, Hogwarts

 

« Quanta fretta ».
La voce di Nott era ruvida, graffiante. Pungeva quasi più della stretta dolorosa sul suo polso.
« Credevo di averti avvertito che non sarebbe stato così facile ».
La mano che aveva ancora libera scattò verso la tasca interna della tunica.
« Eh no. Stavolta non mi freghi ».
Amadeus anticipò i suoi gesti, frugando rude sotto la sua veste scura. Un attimo dopo la bacchetta di biancospino di Roxanne ruotava fra le sue dita.
« Dimmi, Sanguesporco, ti sei divertita prima? Ti è piaciuto umiliarmi di fronte a tutta la classe? »
Gli occhi di Nott erano neri, minacciosi. Roxanne provò a divincolarsi, lo sguardo incatenato alla stecca.
Se solo riuscissi a sottrargliela…
Il Serpeverde parve leggere il corso dei suoi pensieri perché le sue labbra si tirarono in una smorfia soddisfatta.
« Vorresti prenderla, vero? » la sfotté agitandogliela sotto il mento. « Non ti servirebbe. Non riusciresti a ripetere il teatrino di poco prima ».
Alzò il capo, sforzandosi di dominare il tremito che iniziava a scuoterle le membra.
Non devo farmi prendere dal panico. Presto passerà qualcuno.
È Nott, è solo uno stupido, egocentrico, pallone gonfiato.
« Se ne sei così sicuro perché non me la restituisci e mi affronti lealmente? »
La voce non le aveva tremato. Non troppo, almeno.
Mai mostrare la propria paura all’avversario. Mai farsi vedere deboli o, ancor peggio, vulnerabili.” Era stato Tom a darle quel suggerimento un pomeriggio in cui discutevano al limitare della Foresta Proibita. Era assurdo che in quel frangente le venissero alla mente le sue parole.
Amadeus inclinò la testa di lato, rafforzando la presa sui polsi. Le bloccava la circolazione e le servì tutto il suo autocontrollo per non gemere per il dolore.
« Mi fai così idiota, Altgriff? Queste stronzate cavalleresche valle a dire ai Grifondoro tuoi amici » la apostrofò sprezzante.
Le labbra di Roxanne si incurvarono in un sorriso di derisione.
« Dimentico sempre che voi Serpi siete capaci solo di colpire alle spalle ».
Forse offendere Nott mentre l’aveva bloccata in un corridoio deserto non era proprio la scelta più saggia.
Ma cosa posso fare oltre a distrarlo e cercare di prendere tempo?
Inaspettatamente quello rise, rovesciando la testa all’indietro.
« Lo sai che hai proprio un bel caratterino? Adesso capisco perché Riddle ha perso tutto questo tempo con te. Quello che mi chiedo è quale sia il modo migliore per farti abbassare la cresta…»
Il modo in cui si leccò le labbra nel pronunciare quella frase non le piacque per niente. Il cuore le martellava forte nella cassa toracica, un suono che quasi le toglieva il respiro.
Concentrati, Roxanne. Non farti prendere dal panico”.
La voce che le sussurrava in testa aveva il tono volitivo di Tom. L’avrebbe trovato preoccupante se non fosse che in quel momento aveva altro a cui pensare.
Tom.
Il pensiero le folgorò la mente. Forse poteva essere lui inaspettatamente la sua ancora di salvezza.
« E Riddle lo sa che mi stai minacciando, Nott? » sussurrò beandosi del lampo di incertezza che attraversò il suo volto. « Credevo che non gli piacessero molto le, ehm, iniziative private ».
Il sorriso del Serpeverde si congelò.
Ti prego, ti prego, fa’ che non sia stato Tom ad ordinargli questo.
Per un istante le parve di scorgere un lampo di terrore nelle iridi scure del ragazzo e osò tirare un respiro di sollievo. Nott aveva troppa paura di una punizione per andare oltre qualche minaccia. Lo sguardo smarrito con cui indugiò sul suo volto le fece pensare che avesse già assaggiato la collera di Riddle.
E deve esserci andato giù pesante. Quello che ha fatto a me immagino siano briciole in confronto. Eppure… eppure è di nuovo lui a salvarmi, non è assurdo?
Non fece neanche in tempo a pensare quella frase che la presa sul suo polso si rafforzò e Nott la scaraventò con poca delicatezza contro il muro. Un gemito, più di sorpresa che di dolore, le fuggì dalla labbra. Fissò smarrita il viso di Amadeus e il lampo di fredda determinazione che vi vide la fece di nuovo fremere di terrore.
« Ti credi furba, Sanguesporco? » le soffiò a pochi centimetri dalla faccia. « Ti è andata male stavolta. Ammetto che fino a pochi giorni fa questo pensiero mi avrebbe fatto desistere… Ma vuoi sapere cosa ha detto Riddle di te? »
Deglutì a vuoto, la bocca improvvisamente secca. Lo sguardo di Nott si affilò, le labbra si tirarono in un sorriso. Rimase in silenzio per una manciata di secondi, godendo della sua malsana curiosità.
Non dovrebbe importarmi più niente di lui.
E invece pendo dalle labbra di Amadeus al solo sentir pronunciare il suo nome.
Il Serpeverde si avvicinò ancora di più, fino a quando i loro corpi non finirono per toccarsi.
« Ha detto che non gli importa più niente ».
Glielo sussurrò all’orecchio, quasi dolcemente, prima di allontanarsi quanto serviva a fissarla dritto negli occhi.
Lo sguardo di Nott brillava di compiacimento. Doveva essere schifosamente piacevole per lui riportarle quella frase ed osservare la sua reazione. E lei… lei non avrebbe voluto dargli la minima soddisfazione. Avrebbe voluto che il suo volto rimanesse di marmo, ancor meglio che quelle parole le scivolassero di dosso senza produrre il minimo effetto.
Non gli importa più niente.
Avrebbe voluto essere un’esperta in Occlumazia e non il libro aperto che sapeva di essere in realtà.
Non gli importa niente.
Aveva la bocca secca e un nodo alla trachea che minacciava di strozzarla.
In fondo era quello che voleva, no?
Non. Gli. Importa. Niente.
Perché se era così faceva così fottutamente male? Perché doveva essere Nott a riportarle quella frase, a godere della sua espressione tormentata?
Irrigidì la mascella, il corpo teso come una corda di violino. Si sentiva spezzata e lo sforzo di non lasciarsi scivolare al suolo assorbiva tutte le sue energie.
Il sorriso di scherno di Nott acuì il suo disagio.
« Ma guardati. Dovresti vedere la tua faccia. Davvero ti eri illusa di essere qualcosa di più di un passatempo per lui? » la schernì bucandola con quello sguardo così sfrontato. « A Riddle non interessi. Non gli interessa nessuno per la verità » aggiunse con una scrollata di spalle. « E questo significa che posso fare di te tutto quello che voglio…»
Forse fu il tono lascivo con cui pronunciò quelle parole o forse il fatto che la rabbia era l’unica emozione in grado di incanalare la disperazione che sentiva dentro. Fatto sta che il suo corpo si tese in uno scossone violento che per un attimo disorientò Nott. Riuscì a liberare un polso e la sua mano scattò in avanti, nel tentativo di artigliare la bacchetta stretta fra le sue dita.
Per un attimo si illuse che ci sarebbe riuscita, complice lo smarrimento di lui. I polpastrelli sfiorarono il legno caldo della stecca e Roxanne avvertì il formicolare della magia dentro di sé. Se fosse riuscita a impadronirsene era certa che di Nott non sarebbero rimasti che pezzi molto piccoli.
Ma i riflessi del Serpeverde furono migliori di quello che si era aspettata. Non riuscì a mantenere la presa sulla bacchetta, ma torse le dita in modo da gettarla lontana, fuori dalla sua portata.
Roxanne la osservò come al rallentatore cadere per terra e scivolare lungo il pavimento di marmo.
Sono un’ingenua.
Gli occhi di Nott seguirono il volo della bacchetta per poi appuntarsi su di lei con un lampo sinistro. Il rumore dello schiaffo che si abbatté sulla sua guancia fu la prima cosa che sentì. Poi arrivò il bruciore, forte, intenso, e infine il sapore ferroso del sangue.
E una sciocca.
« Ti avevo avvertito di stare buona » le sussurrò all'orecchio con una voce simile al sibilo di un serpente.
Deglutì un misto di saliva e ansia, mentre il cuore le batteva nel petto come un colibrì impazzito.
« Che.. che cosa hai intenzione di fare? » balbettò con voce che stentò a riconoscere.
Mi ha picchiata.
È da quando ho lasciato l'Istituto che non mi capita più una cosa del genere.
« Non ho ancora deciso per la verità ». Gli occhi di Nott brillavano di cattiveria ed eccitazione. La schiacciò di nuovo con il suo corpo, bisbigliando l'ultima frase contro il suo orecchio. « Ma so essere molto creativo ».
Un istante dopo la morse, poco al di sotto del lobo, nella pelle tenera del collo. Fu un contatto intimo, che la fece rabbrividire di disgusto e urlare per il dolore. I denti di Nott strinsero ancora più forte, comprimendo l'epidermide quasi volesse marchiarla.
Quando un lampo di luce rossa lo colpì, sbalzandolo all'indietro, lo shock le impedì di provare altro se non l'assurda sensazione che tutto quello non stesse succedendo proprio a lei.
 

 

***

 

12 Febbraio 1943 Corridoio, Hogwarts

 

Era una scena che aveva visto già spesso, troppo spesso. Quante volte lui e la sua cricca avevano tormentato qualche studente perché troppo arrogante, per intimargli di tenere la bocca chiusa o per semplice noia? Quante volte aveva chiuso un occhio sui comportamenti discutibili di Nott?
Innumerevoli. Ma stavolta... non Roxanne.
Gli pareva di sentire ogni singolo polpastrello del Serpeverde premere sulla sua stessa carne. I suoi piedi scattarono in avanti, mentre la mente ancora arrancava dietro a quella scena priva di senso. Nott che bisbigliava qualcosa all'orecchio di Grifondoro, lei che provava a scrollarselo di dosso. Il corpo di Roxanne che sussultava ritmicamente, squassato da singulti. Nott che abbassava la testa come al rallentatore e posava le labbra sul suo collo.
Lo Schiantesimo divampò rapido dalla sua bacchetta e lo colpì alle spalle, prima ancora che potesse rendersi conto di qualcosa. Amadeus si afflosciò al pavimento, una marionetta alla quale erano stati recisi i fili. Ebbe a malapena il tempo di voltare la testa nella sua direzione e il lampo di terrore che gli lesse negli occhi servì solo ad aizzare la belva che ruggiva dentro di lui.
Fai bene ad avere paura, Nott. Non sai cosa ti aspetta.
Mentre annullava la distanza la sua mente registrava altri dettagli di quella scena surreale. Roxanne che lo fissava con quei suoi grandi occhi spalancati, respirando rumorosamente quasi fosse a corto di fiato. La gota sinistra arrossata. Amadeus l'aveva picchiata? Un fuoco sottile gli corse nelle vene. Oh, quanto se ne sarebbe pentito se era così. Per ogni colpo che Roxanne aveva subito, gliene avrebbe inflitti dieci.
Non impari mai la lezione, Nott? Non te la ricordi la fattura proprio al centro del petto quando hai preso il mio libro al posto del tuo al Terzo Anno? Non hai capito allora che non si tocca ciò che è mio?
« T-tom... » balbettò Roxanne con voce rauca.
Staccò gli occhi dal viso pallido della Grifondoro con un certo sforzo. Il suo sguardo ne abbracciò l'intera figura, registrando con ira crescente l'uniforme scomposta, le mani tremante, il segno rosso sul collo.
Un ringhio gutturale, mentre la presa sulla bacchetta si rafforzava. La rabbia montava veloce, sempre più veloce, minacciando di travolgerlo. Non voleva più pensare, tutto il suo essere gli urlava di colpire, di colpire forte, a fondo, fino a ridurre Nott ad un ammasso di carne sanguinante.
Lo osservò attentamente, schiantato ed inerme ai suoi piedi, simile a uno di quegli animaletti che abbatteva da piccolo.
Che cosa volevi farle, Nott? Intimorirla, picchiarla?
Possibile che tu sia stato così idiota da metterle le mani addosso?
La bacchetta fra le sue mani fremeva. Sentiva la magia premere sulla punta dei polpastrelli, in attesa che lui la lasciasse fuoriuscire. Perché trattenersi in fondo? Aveva già tutti gli indizi che gli servivano. Il labbro spaccato di Roxanne, la sua uniforme scomposta, il modo terrorizzato con cui fissava Amadeus. E la scena che aveva visto, le labbra di Nott che si posavano sul suo collo un secondo prima che il suo incantesimo riuscisse a colpirlo.
Il tremito si fece più convulso. Non gli sarebbero bastati qualche Cruciatus. Oh, no. La voglia che gli animava il petto non era solo quella di ferire.
Amadeus giaceva scomposto per terra, un braccio piegato innaturalmente dietro la schiena, i capelli neri che gli coprivano gli occhi.
Voleva ucciderlo.
Era il giusto prezzo per aver tentato di appropriarsi di qualcosa che gli apparteneva.
Non aveva mai preso la vita di un essere umano fino a quel momento, ma qualcosa dentro di sé gli suggeriva che non sarebbe stato difficile. L'ira era talmente accesa e bruciava, oh, bruciava così forte... Sarebbe bastato mormorare due parole, due singole parole e il petto di Amadeus avrebbe smesso di alzarsi ed abbassarsi e le labbra che avevano sfiorato la pelle di Roxanne non si sarebbero aperte, mai più...
« Tom ».
Fu un gemito e al contempo una supplica.
Si riscosse dal suo sogno ad occhi aperti e la bacchetta smise di spruzzare scintille. Roxanne era ancora addossata al muro, bianca come la neve. Le gambe le tremavano e se non avesse avuto un sostegno alle spalle probabilmente sarebbe scivolata a terra.
Non posso ucciderlo davanti a lei.
Gettò un'ultima occhiata di rimpianto a Nott. Poi si rivolse verso Roxanne, avanzando lentamente fino a raggiungerla.
La resa dei conti è solo rimandata. È una promessa.
Visto da vicino, il volto della Grifondoro era ancora più scioccante. Pallido, come se ogni accenno di colore fosse fuggito intimorito dai suoi tratti. Con le labbra che fremevano e gli occhi che lo fissavano angosciati.
« Va tutto bene, Ro » mormorò mentre con una mano le accarezzava il viso.
Credeva che si sarebbe ritratta, invece socchiuse gli occhi, appoggiandosi ad esso. Lo shock doveva essere stato più forte del previsto per renderla così docile. Per un istante il silenzio si protrasse e rimasero immobili. Poi un piccolo singhiozzo uscì dalle sue labbra e Roxanne gli si gettò fra le braccia, stringendogli l'uniforme fra le dita come se volesse strapparla.
In un'altra occasione avrebbe provato fastidio e si sarebbe sforzato di nasconderlo con qualche frase di circostanza. Avrebbe osservato con disgusto le lacrime dell'Altgriff che gli macchiavano la camicia e pensato che fare l'eroe aveva i suoi inconvenienti. Invece in quel momento le sue braccia si mossero quasi da sole, circondandole la vita e stringendola più forte al petto, mentre uno strano calore gli affiorava appena sotto lo sterno.
Sollievo. Immagino che si possa definire così questo sentimento.
« Che cosa ti ha fatto? »
Mormorò quella frase fra i suoi capelli, mentre respirava il loro profumo di gelsomino. Il cuore di Roxanne batteva veloce, come impazzito.
Tum, tum.
Possibile che un suono così banale lo affascinasse in quel modo?
I singhiozzi si interruppero di botto e la sentì irrigidirsi. Si sforzò di raccogliere le lacrime con le dita, in un tentativo vano di nascondergli il viso.
« N-niente. Non devi preoccuparti ».
Ed eccola di nuovo la rabbia, un onda prepotente che gli lambiva il petto. Il marasma del suo odio si era acquietato per un attimo mentre la stringeva a sé, ma adesso tornava più forte di prima. Affondò le unghie nella sua schiena, traendola ancora di più a sé.
« Non devi proteggerlo. Dimmi la verità ».
Non era una domanda, ma un ordine. Le strinse il mento fra le mani, per impedirle di fuggire di nuovo il suo sguardo. Inspiegabilmente quel gesto gli si ritorse contro e Riddle si trovò a sua volta catturato da quelle iridi umide.
Quante volte ho fantasticato di ridurla in questo modo?
Lei, che è riuscita a battermi non una ma ben due volte.
Lei che è l'unica che non riesco a togliere dalla testa.
E adesso è qui, in lacrime, fragile come cristallo. È quello che ho sempre voluto. Perché mi sembra così incredibilmente sbagliato?
« V-voleva solo spaventarmi. Sai, non gli è andato giù lo scherzetto della Pastoia » bisbigliò con un accenno di sorriso.
Mentiva. Per lui.
I suoi occhi saettarono sulla figura di Nott, ancora prono per terra. Tutto sommato era un bene che non lo avesse ucciso subito.
Sarebbe stato troppo pietoso.
Un pensiero velenoso gli trafisse il cervello. L'aula di Trasfigurazione, le sue labbra che pronunciavano la formula dell'Imperius, lo sguardo perso nel vuoto di Roxanne.
È diverso. Lei è mia. Posso farne quello che voglio.
Forse per te, Tom. Ma Roxanne potrebbe non pensarla allo stesso modo. Per lei, potrebbe non esserci differenza fra il tuo comportamento e quello di Nott”.
La voce nella sua testa aveva lo stesso tono odiosamente cordiale di Silente.
Posò le labbra sulla tempia di Ro, in un bacio leggero come una piuma.
« Dimmi cosa posso fare per farti stare meglio » le soffiò contro le orecchie. « Tutto quello che vuoi».
Tutto quello che vuoi.
Doveva essere impazzito. Non c'era altra spiegazione. Perché era così importante che Roxanne smettesse di piangere, che quell'ombra scura abbandonasse i suoi occhi? Al punto di farle quella promessa, una promessa che non avrebbe mai voluto mantenere?
Potrebbe essere senso di colpa, Tom”.
Di nuovo l'odiosa voce di Silente. Non era così, naturalmente. Non era da lui pentirsi per aver ferito i sentimenti di qualcuno.
Non di qualcuno, non di un essere umano qualsiasi. Roxanne. Quando ammetterai a te stesso che con lei le regole che usi di solito non hanno il minimo valore?
« Qualsiasi cosa? »
Adesso lo fissava con muta aspettativa, come se si aspettasse che da un momento all'altro si rimangiasse la parola. Si limitò ad annuire, mentre qualcosa dentro di sé urlava per l'indignazione. Non aveva dubbi che se il professore di Trasfigurazioni avesse potuto assistere a quella conversazione si sarebbe sfregato le mani per la gioia.
Sapeva quello che lei gli avrebbe chiesto Le labbra gli si tirarono in un sorrisetto mentre pensava che in realtà era quello che gli chiedeva fin dal loro primo incontro.
Lasciami in pace. Vattene. Esci dalla mia vita.
Quante volte glielo aveva urlato per i corridoi? Troppe. Non riusciva nemmeno a tenerne il conto. Ed adesso lui gli offriva lo strumento per estrometterlo definitivamente.
Deve essere lei a scegliere, Tom”.
Inclinò la testa di lato, come per scacciare una mosca fastidiosa. Sentire la voce di Silente per tre volte nell'arco di una manciata di minuti era un segno quanto mai preoccupante.
« C'è una cosa che potresti fare » ammise infine mordendosi il labbro inferiore.
Il viso di Roxanne era vicino, troppo. Poteva contare le lacrime che rigavano le guance, valutare l'esatta sfumatura dei suoi occhi. Il desiderio di baciarla, di cancellare ogni traccia di Nott dalla sua pelle, era forte, pressante. Trattenersi una lenta tortura.
« Che cosa? » bisbigliò a fatica.
Adesso lei gli avrebbe intimato di starle alla larga. Sarebbe stata la soluzione migliore. Roxanne era una distrazione troppo dolce per tollerarla ancora.
I loro occhi si intrecciarono, una sottile linea di emozioni.
« Giurami che non ti vendicherai di Nott ».
Per un attimo rimase in silenzio, certo di aver sentito male. Quando il suo cervello si arrese all'evidenza di quella parole, di quell'assurda e indegna richiesta, ogni nervo fu attraversato da un scarica di elettricità.
« TU osi preoccuparti per LUI? » ringhiò stupito ed irritato. Quanto potevano essere sciocchi i Grifondoro? « Dopo quello che ti ha fatto? Dopo quello che avrebbe potuto farti se io non fossi intervenuto? »
La voce era bassa, gutturale. Si accorse di quanto la sua presa si fosse fatta ferrea solo quando vide una smorfia di dolore attraversare il volto di Roxanne.
« Non lo faccio per Nott » rispose fredda, gettando un'occhiata colma di disprezzo al corpo riverso del Serpeverde. « Se ci trovassimo in un'aula deserta, senza testimoni... »
Una luce tagliente le riempì le iridi. Non finì la frase, ma non ce ne fu bisogno.
Le labbra di Tom si aprirono in un sorriso orgoglioso.
Vuoi vendicarti, Ro, non è vero?
« Posso pensarci io. È giusto che paghi » mormorò mellifluo.
« No ». Era tornata a fissarlo, diretta, sfrontata. « Non voglio che tu ti sporchi le mani con lui. Giuramelo ».
Digrignò i denti, come se gli venisse chiesto di inghiottire un boccone particolarmente amaro.
« Non lo scoprirebbe nessuno » provò di nuovo a convincerla.
Gli sembrò che per un attimo ponderasse la questione. Quando gli rispose, però, nella sua voce non c'era traccia di incertezza.
« Giuramelo ».
Un moto di fastidio gli attraversò lo sguardo.
« Come vuoi » capitolò alla fine.
Le promesse sono fatte per essere infrante, non si dice forse così?
Il volto di Roxanne si aprì in un sorriso sincero mentre gli occhi si addolcivano.
« Grazie » mormorò lieve, come se le avesse appena fato un regalo.
Eppure questa di promessa non la infrangerai, non è vero Tom? Non sopporteresti di deluderla di nuovo”.
Doveva andarsene e in fretta. Non aveva più senso rimanere lì, serviva solo a minare il suo scarso autocontrollo. Gli sovvenne alla mente in quel momento delle ricerche sulla Camera che avrebbe dovuto compiere in Biblioteca.
Questa donna sarà la mia rovina.
« Tom? » lo chiamò lei, forse accorgendosi che la sua mente stava divagando. « C'è ancora una cosa che vorrei... »
Lo guardava con muta aspettativa, il battito del cuore accelerato, gli occhi talmente grandi da sembrare che avessero assorbito la luce di tutta la stanza.
Ricambiò il suo sguardo con diffidenza mentre il corpo si tendeva come la corda di un violino. Aveva fatto anche troppe concessioni per i suoi gusti.
Peccato che Roxanne non attese una risposta prima di alzarsi in punta di piedi e sfiorare le sue labbra.
 

***

 

 

12 Febbraio Sala Comune Serpeverde, Sotterranei, Hogwarts

 

Nell'aria c'era qualcosa di strano.
Sybil lo avvertiva distintamente e cercava di farsi piccola nel divano scomodo della Sala Serpeverde.
Tensione.
Non poteva che definirla così.
Deve essere successo qualcosa. Qualcosa di grosso.
Lanciò un'occhiata di sottecchi ad Evan, sperando di decifrarne l'espressione.
Si trovavano in punto isolato della Sala e nessuno pareva intenzionato ad avvicinarsi. Aveva notato spesso come i membri della gang di Riddle tendessero a fare gruppo a sé e come i loro compagni di Casa fossero restii a socializzare; ma si era sempre sforzata di ignorare quel dettaglio e il vago senso di inquietudine che comportava.
Non è che si tengono semplicemente alla larga. Sono spaventati.
Scacciò quei pensieri, arrotolando le dita intorno a un boccolo biondo. Per una volta erano lontani dal camino, quasi all'estremo della stanza, e il freddo le aggrediva la pelle come non mai. Evan, al suo fianco, pareva rilassato come al solito. Occupava buona parte dello spazio e fra le dita rigirava la bacchetta con fare pensieroso.
Sybil si sforzò di ignorare i rumori di risucchio che provenivano dalla poltroncina di fronte.
Avvertì una piccola fitta alle mani e abbassò lo sguardo, accorgendosi in quel momento di aver torturato le unghie fino a far uscire il sangue. Rimase per un po' incantata a fissare quel dettaglio. Le pareva che tutto il suo essere si concentrasse lì, sulla punta dei polpastrelli.
Non poteva negare che quello che era successo quella mattina a lezione l'avesse scossa. Una parte di lei si aggrappava alla motivazione che aveva dato Evan, al fatto che lui volesse solo motivarla e la situazione gli fosse sfuggita di mano, però...
Però rimane il fatto che mi ha colpito. È un dettaglio difficile da dimenticare.
Mentre Eloise la accompagnava in Infermeria si era sentita sotto shock. Si aspettava che quella iniziasse una delle sue prediche agguerrite su che tipo di soggetto era Rosier e sul fatto che aveva avuto ragione fin dall'inizio a dirle di stargli alla larga.
Ma la gemella non aveva fatto niente del genere. Era rimasta rigida e in silenzio per tutto il tempo che Madama Goodkiss aveva impiegato a controllare le sue condizioni. Persino nel tragitto di ritorno non aveva aperto bocca se non per chiederle come stava; anche se si vedeva dal modo in cui torturava la gonna che avrebbe voluto scaricare la rabbia in qualche modo.
È cambiata in questi mesi che in cui ci siamo allontanate.
A non essere cambiato, invece, era il senso di benessere e completezza che le dava l'averla di nuovo al suo fianco. Evan si stirò, simile a un gatto, e Sybil non riuscì ad impedirsi di sussultare e ritrarsi. Lo guardò, per una volta sfrontata.
Non le aveva chiesto scusa. Non che se lo aspettasse, per la verità.
Non mi ha neppure chiesto come sto.
Il rumore di risucchio si fece più forte, impossibile da ignorare oltre.
Nott pareva intenzionato a divorare la faccia della sua nuova fiamma, una del Quarto che le pareva si chiamasse Megan. Quella sera si comportava in modo ancora più strano del solito. A giudicare dai segni rossi sulle labbra della ragazza si stava divertendo più a morderla che a baciarla.
Non che la cosa mi stupisca troppo. Però...
Però doveva essere successo qualcosa che ignorava.
Amadeus era nervoso: sussultava per ogni più piccolo rumore, si girava a guardarsi le spalle di continuo e pareva non sapere come impiegare le mani. In più aveva un ematoma poco sopra lo zigomo sinistro.
Che abbia fatto a pugni con qualcuno?
Se fossero stati soli avrebbe chiesto spiegazioni ad Evan, sempre che lui avesse voluto dargliele. Sospettava che fossero molte le cose che il suo ragazzo non le diceva.
« Mi sto annoiando » ruppe il silenzio Nott, trafiggendola con un'occhiata.
Sybil si affrettò a distogliere lo sguardo, provando a contenere il rossore. Rosier rispose con un gesto della mano distratto.
« Strano. Credevo che le... emozioni di oggi ti fossero bastate » disse serafico.
Nott si irrigidì e i suoi occhi si incupirono.
« Sai che non ne ho mai abbastanza » rispose lievemente forzato. « Quanto a te » proseguì fissando Megan, ancora adagiata sulle sue ginocchia « non sei un granché, sai? Speravo saresti stata un passatempo migliore ».
La Serpeverde arrossì per l'indignazione e boccheggiò come un pesce preso all'amo.
Sybil provò un moto di empatia nei suoi confronti e l'insana voglia di difenderla. Tuttavia, quando lo sguardo di Amadeus abbracciò di nuovo la sua figura, con un luccichio maligno che non prometteva niente di buono, si limitò a stringersi di più nel mantello, in silenzio.
« Magari possiamo fare qualcosa per movimentare la serata » aggiunse mellifluo continuando a scrutarla come se fosse un buffo oggetto in esposizione.
Scostò Megan con malagrazia dalle ginocchia e si sedette nel divano al suo fianco.
Istintivamente Sybil si ritrasse, scontrandosi con il torace duro di Evan. La consapevolezza di trovarsi in mezzo a loro due le mise addosso un vago senso di inquietudine.
« Che hai in mente, Nott? » domandò Evan con quel suo tono svagato e tranquillo.
Il sorriso sul volto di Amadeus si fece ferino.
« Hai mai sentito parlare di scambio di coppie, Sybil? » le sussurrò stuzzicando uno dei suoi boccoli.
La sua prima reazione fu un risolino sarcastico. La risata le si spezzò in gola nel notare che Nott pareva mortalmente serio.
« Stai scherzando, vero? » mormorò frastornata.
La ignorò, rivolgendosi a Rosier.
« Avevi ragione, sai? » commentò compiaciuto. « È ingenua in un modo quasi imbarazzante ».
Sybil deglutì, a corto di fiato.
« Non puoi dire davvero. Io non ti piaccio. Non ti sono mai piaciuta... » balbettò mangiandosi le parole.
Sentiva un crescente rossore che le risaliva lungo il collo. Nott la fissò con sufficienza.
« Non montarti la testa, bambina » la schernì tirandole la ciocca di capelli con uno strattone. « Decisamente non sei il mio tipo. Ma stasera ho bisogno di distrarmi e Megan, lì, non è niente di nuovo ».
Non sta scherzando. Vorrebbe davvero...
Tirò indietro la testa di scatto, sottraendo la ciocca dalle mani di Nott. Lui parve più divertito che adirato per quel suo gesto brusco, ma Sybil non vi fece caso. Si girò verso Rosier, gli occhi talmente sgranati da parere enormi nel suo viso a cuore.
« E a te starebbe bene? » chiese con un groppo in gola.
Per un istante che le parve interminabile, Evan soppesò la risposta. Poi scrollò le spalle, mormorando delle parole che la penetrarono con la forza di un pugno nello stomaco:
« Perché no? Potrebbe essere la volta buona che ti sciogli un po' ».
Sybil rimase immobile mentre dentro di lei qualcosa andava dolorosamente al suo posto.
Era come una serie di ingranaggi riottosi ad incastrarsi, come se quella frase – quell'ultima frase appena sentita – fosse stato il pezzo mancante senza il quale l'intera struttura non poteva funzionare.
Trattenne il respiro, un ronzio fastidioso nelle orecchie. Ci mise un po' per capire che quel ronzio erano le parole che Septimus le aveva mormorato pochi giorni prima.
A volte bisogna imparare a dire no”.
Non si accorse quasi che quel monosillabo le era fuggito dalle labbra.
« Come, scusa? » domandò Rosier inarcando un sopracciglio.
« Ho detto “no” » ripeté, questa volta fissandolo dritto negli occhi.
Si alzò in piedi, rigida e sicura di sé come era stata poche volte nella sua vita.
« Fra noi è finita ».
Non si voltò indietro per controllare l'espressione attonita di Rosier e Nott. Si precipitò verso l'uscita, desiderosa come non mai di lasciarsi il gelo dei Sotterranei alle spalle.

 

 

 

 

Note:

1. Frase pronunciata da Albus Silente nel secondo libro.

 

 

 

Ciao a tutti!
Come sempre mi sono fatta attendere >.<
Allora, capitolo che per molti versi definirei di svolta. Ho un po' di cose da dire, armatevi di pazienza.
Punto primo: il bacio fra Roxanne e Tom. È la quiete prima della tempesta, ci sarà un ultimo ravvicinamento prima dello “scontro finale”. Qui però ho qualcosa da dire perché non vorrei che dalla ff filtrasse un messaggio sbagliato: un tentativo di stupro, anche se volontariamente interrotto, non è un gesto che può essere perdonato. Roxanne cede perché anche se con un carattere forte è pur sempre un'adolescente innamorata; perché è ingenua e spera di poterlo cambiare. Sappiamo tutti benissimo che non sarà così; spero che l'atteggiamento di Roxanne sia comprensibile se non encomiabile, purtroppo non è perfetta né tanto meno un'eroina.
Punto secondo: Sybil ha rotto con Evan. Lasciatemelo dire: alleluja!!!! So che ha riscosso un certo successo come personaggio ma io personalmente non l'ho mai tollerato e non li vedevo affatto insieme u.u Spero di non aver deluso nessuno, so che i belli e dannati esercitano sempre un certo fascino – nemmeno io ne sono immune – ma la verità, nuda e cruda, è che nel 99% dei casi uno stronzo rimane uno stronzo.
 
Bene, passo adesso ai ringraziamenti: un grazie sentito a Queen Mlafy Slytherin (è bello rivederti), Erodiade, tantoloveforyou, BloodyEmily, Morgana_D e le due new entry, titania94 e _pollina_.
 
Infine, il link della mia nuova long sulla Vecchia Generazione per chi fosse interessato a dare un'occhiata:
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1614884 


Ok, adesso ho veramente finito.
Un saluto e un bacio a tutti! 

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Capitolo 28
*** Tachicardia ***





Tachicardia

 

 
 
  

 

 

 

 

Ron si stropicciò gli occhi e, alla luce della luna, Harry
 
lo vide aggrottare la fronte. Poi capì.
« Pensi forse… non sarà mica Mirtilla Malcontenta? »(1)





 

 
15 Febbraio 1943 Sala Comune Grifondoro, Hogwarts
 
Septimus varcò il ritratto della Signora Grassa, scrollandosi pioggia e fango di dosso.
Il suo umore era pessimo, persino peggiore del tempo che infuriava fuori dai torrioni e dei cupi rimbombi di tuoni che si udivano ogni tanto.
Dietro di lui Hagrid si sforzò di rimpicciolirsi per passare dall’angusto passaggio, sul volto ancora dipinto uno stolido sorriso. Gli lanciò un’occhiata mentre si dirigeva verso il Dormitorio, ansioso di togliersi i vestiti fradici ed indossare qualcosa di asciutto. Aveva accompagnato Rubeus in una delle tante “passeggiate” nella Foresta Proibita, ovviamente eludendo le ferree regole che vietavano agli studenti di introdursi senza accompagnatori. Avevano vagato fra la vegetazione per un’ora buona prima che Hagrid si fermasse soddisfatto nel mezzo di una radura assolutamente deserta. Septimus lo aveva osservato allibito tirare fuori dalla sacca delle bistecche crude ed esibirle a mezz’aria, speranzoso. Stava già per sgridarlo, spaventato che l’odore del sangue potesse attirare chissà che cosa, quando il primo morso della bistecca era letteralmente sparito, mentre il rumore di un masticare soddisfatto giungeva alle sue orecchie.
D’istinto aveva sfoderato la bacchetta, ma il sorriso da chioccia di Rubeus lo aveva rassicurato, anche se solo parzialmente.
D’altronde Hag sarebbe capace di fare gli occhi dolci a un cucciolo di drago.
Posò la sacca sul letto, togliendosi il mantello e le scarpe, attento a sporcare il meno possibile. Mentre si buttava a peso morto sul letto a baldacchino, dovette convenire fra sé che la ragione del suo malumore non era tanto quella di aver passato un pomeriggio a nutrire animali invisibili, né tantomeno aver scoperto solo dopo che si trattava di Thestral. Certo, se lo avesse saputo si sarebbe tenuto debitamente alla larga, perché aveva un bel dire Hag sul fatto che in realtà fossero dolcissimi e la storia che portassero sfortuna solo dicerie infondate; ricordava anche troppo bene le favole della buonanotte che sua madre Dora gli leggeva  su cavalli scheletrici neri come la notte che facevano da destriero al Cupo Mietitore. Ma tutto sommato no, non era il fatto di aver sfamato creature inquietanti che probabilmente gli avrebbero portato sfiga per il resto dei suoi giorni.
A quello ormai, uscendo con Hag, sono abituato.
Non era nemmeno l’acquazzone che li aveva sorpresi all’improvviso e lui che aveva quasi dovuto trascinare di peso l’amico – impresa in realtà particolarmente difficoltosa –  che pareva più preoccupato per i Thestral che per loro.
No, il motivo era un altro. Era un pensiero fisso, che gli turbinava nella mente da tutta la mattina e che non aveva ancora trovato il coraggio di esprimere ad alta voce.
«Hag? »lo chiamò girandosi dal suo lato.
«Uhm? »rispose questo mentre si passava un pettine delle dimensioni di una spada fra la chioma irsuta, provando a sciogliere i nodi.
«Hai… hai visto Roxanne, per caso? »disse appuntando gli occhi sulla sua schiena.
Quello si irrigidì, iniziando a cincischiare con il pettine.
«Uh, ah… Be’ forse… »mormorò mangiandosi le parole.
Septimus inarcò un sopracciglio, fissando il riflesso dell’amico nello specchio. Stava diventando rosso e si fissava le dita tozze, segno universale che avrebbe rinunciato a una allegra scampagnata fra i Mannari pur di evitare quella conversazione.
«Forse… ? »lo incitò cercando di non far trasparire l’impazienza.
«Po-potrebbe essere in Biblioteca »ammise infine.
Da sola?
Non ebbe il coraggio di formulare a voce alta quella domanda e si girò dall’altra parte del letto, indeciso. Alle sue spalle gli parve quasi di vedere Hagrid rilasciare il respiro e allentare al tensione, certamente lieto che avesse preferito non chiedere altro.
Septimus rimase a lungo con gli occhi rivolti verso un punto bianco della parete, mentre una vocina dentro di lui gli consigliava di alzarsi e andare a cercare Roxanne, per vedere con i suoi occhi se le dicerie che aveva udito erano vere.
Eppure, la paura di ottenere la conferma che era proprio così, lo tenne ben ancorato alle lenzuola.
 
 

***
 
 
15 Febbraio 1943, Biblioteca Hogwarts
 
Roxanne si portò un ricciolo dietro l’orecchio, sfogliando con delicatezza la pagina del libro. Al suo fianco Riddle pareva interamente concentrato nella lettura di un tomo di Incantesimi Avanzati, quasi nient’altro avesse importanza.
Trovarsi in Biblioteca con lui a fianco era un’esperienza al contempo familiare e straniante. I pomeriggi passati a cercare informazioni sulla sua famiglia erano un ricordo vivido, eppure il tempo che avevano trascorso distanti rendeva talvolta impacciati i loro gesti e un sottile muro di imbarazzo pareva non essere ancora stato abbattuto.
 Se avesse dovuto descrivere  a parole il lento trascorrere di quei giorni, Roxanne avrebbe detto di sentirsi come sotto un incantesimo di Testabolla. Vedeva, ma era tutto sfuocato ed opaco, quasi le sue pupille si rifiutassero di mettere a fuoco quello che la circondava. Sentiva, ma i rumori le  giungevano soffocati e distorti.
Tranne quando si trattava di lui.
Riddle riusciva a penetrare le sue difese, sempre, e a farla sentire nuda e fragile sotto uno sguardo che non la si staccava di dosso, nemmeno per sbaglio. Dopo quel bacio impulsivo che gli aveva dato in mezzo al corridoio non c’erano più stati contatti fra di loro ma era palese che qualcosa fosse nuovamente cambiato nel loro rapporto. Avevano smesso di ignorarsi, tanto per dirne una, e ripreso a studiare insieme fra una lezione e l’altra.
C’era una voce dentro di lei che le suggeriva che stesse sbagliando tutto. Che quello che Tom aveva fatto non era perdonabile, che era una sciocca a pensare di poterlo cambiare, che ciò che di buono vedeva in lui era solo il frutto della sua immaginazione.
« Qualcosa non va, Ro? ».
Sussultò, fissandolo dubbiosa. Un sorriso affascinante incurvò le sue labbra mentre un brillio di divertimento gli attraversava le iridi.
«  È un quarto d’ora che sei ferma sulla stessa pagina » spiegò di fronte al suo smarrimento.
« Oh » esalò arrossendo. « N-no » negò accennando un sorriso.
Lui continuò a fissarla per un secondo come ponderando quella che era palesemente una pietosa bugia. Inarcò un sopracciglio ma non replicò, tornando a immergersi nella lettura.
Immagino che dovrei già sentirmi onorata perché ha sottratto questa manciata di secondi dallo studio per me.
Chinò anche lei il capo sul libro, sforzandosi di racimolare un briciolo di concentrazione.
È tutto così… strano. Riusciremo mai ad avere una normale amicizia, io e Tom?
Quella parola, amicizia, rimbombò cupamente nei suoi pensieri. Non era sicura che fosse quello ciò che voleva, ma provò a scacciare quel pensiero scomodo dalla mente.
A distrarla, comunque, ci pensò la ghenga di Tom. Nott e Malfoy varcarono le porte della Biblioteca come se fossero i padroni del castello, tallonati da Goyle e Rosier.  La tracotanza di Amadeus si stemperò un po’ quando scorse Riddle e Roxanne lo vide come rimpicciolirsi sotto l’occhiata di disprezzo che gli lanciò quest’ultimo.
« Tom » lo salutò con confidenza Abraxas mentre si sedeva di fronte a loro. « Altgriff » si degnò di aggiungere fissandola come se fosse sterco di drago.
Riddle lo ripagò con un cenno distratto del capo, mentre spostava i libri, creando quasi inconsciamente una barriera fra sé e gli altri Serpeverde. Roxanne osservò la rumorosa tavolata, provando a soffocare l’istinto di darsi alla fuga che era rapidamente montato in lei.
Che ci faccio qui?
Le pareva quasi che il colore rosso del suo mantello facesse a pugni con il verde degli altri.  Il suo sguardo incrociò per un istante le iridi nere di Nott e un brivido di paura le attraversò la spina dorsale.
Mezzosangue.
Le pareva quasi di sentirlo ripetere quell’insulto nella sua testa, mentre la scrutava da capo a piedi con sommo disgusto. Strinse le mani fra di loro, nel tentativo di nascondere il tremore.
Troppo tardi.
Si sentiva lo sguardo di Riddle addosso, come una mano premuta sulla bocca.
Respira, Rox.
Sollevò il mento, ricambiando l’occhiata di Nott, mentre le dita si chiudeva inconsciamente intorno alla croce che portava sotto la tunica. Fu quest’ultimo a distogliere lo sguardo, intavolando una conversione con Evan e comportandosi come se lei non fosse nemmeno lì. Roxanne riabbassò la testa sul tomo di Erbologia, chiudendo per un attimo le palpebre.
Chi voglio prendere in giro? Non sarà più come prima.
Eppure, non riusciva a sollevarsi da quella sedia e raccattare le sue cose.
Anche così… è meglio di niente.
« Luma mi ha chiesto di consegnarti questo, Tom » si inserì la voce di Malfoy. « È il foglio delle ronde per il prossimo mese ».
La mano pallida di Tom strinse fra le dita la pergamena che Abraxas gli porgeva, mentre i suoi occhi la fissavano solo per un attimo. Le sue labbra si aprirono in un sorriso artificioso.
« Posso fare i turni da solo. Sai che non è un peso per me ».
Malfoy aggrottò le sopracciglia.
« I Prefetti dovrebbero farle insieme. Cosa dirà Brown…»
« Non dirà niente » lo rimbeccò Tom. « E nessun altro lo scoprirà. Stai pure a dormire nel tuo letto, Abraxas ».
Malfoy pareva ancora vagamente perplesso ma la risata roca di Goyle si intromise nella discussione.
« Non è una fortuna sfacciata? Voldemort è molto gentile a coprire anche il tuo turno ».
In un attimo l’atmosfera cambiò sensibilmente.
« Voldemort? » ripeté Roxanne, facendo scorrere lo sguardo fra i Serpeverde.
Fissavano tutti Riddle che si era irrigidito e occhieggiava Goyle come se fosse uno scarafaggio. Questo parve accorgersi di aver detto qualcosa di sbagliato perché diventò tutto rosso e iniziò a balbettare.
« Io… cioè… Volevo dire…».
Tom si alzò in piedi e la sedia stridette, strusciando sul pavimento.
« Mi serve un altro libro » mormorò freddo, prima di sparire fra gli scaffali.
Prima ancora di aver avuto il tempo di pensare,  Roxanne si trovò a rincorrerlo. Aspettò tuttavia che ci fosse una pila di libri polverosi e diversi metri a dividerli dagli altri Serpeverde prima di aprire bocca.
« Che significa, Voldemort? »
Senza nessun motivo si trovò a rabbrividire. Non le piaceva il suono di quella parola.
Tom continuò a scorrere gli scaffali, senza fissarla.
« È solo un soprannome » sminuì la questione con un’alzata di spalle.
Aveva intuito che era un argomento di cui non voleva parlare ma non si diede per vinta.
Sono troppe le cose che non so di te. Che cosa mi nascondi, Tom?
« Di solito i soprannomi sono più corti » replicò ironica.
Finalmente smise di fingere di cercare chissà cosa e si voltò a fissarla. Si avvicinò lentamente, tenendola incatenata con lo sguardo.
« Che cosa vuoi sapere, Ro? È solo un nomignolo che ho inventato anagrammando il mio nome ». Era vicino adesso e i suoi occhi le sembravano particolarmente vividi. « Ma se studiare con i miei compagni ti turba, farò in modo che la prossima volta rimaniamo da soli. Io e te » aggiunse mellifluo mentre chiudeva le dita su una ciocca dei suoi capelli.
Non farti incantare, Rox.
« Mi dirai mai metà dei tuoi segreti, Riddle? » gli chiese ironica, facendo un passo indietro.
Tom sorrise, di quel suo sorriso calcolatore.
« Chissà. Magari un giorno sarai pronta per conoscerli » replicò sogghignando.
« Tsè » mormorò fingendo indifferenza.
Non guardarlo negli occhi.
Non riuscì a trattenersi tuttavia e nel mentre in cui alzava lo sguardo si rese conto di aver commesso un errore. Tom la fissava con quel suo modo possessivo che riusciva al contempo a indignarla e a scaldarla.
Un controsenso.
Come tutto il nostro rapporto, d’altronde.
« E comunque Voldemort ha un suono orribile. Non mi farei mai chiamare in quel modo » aggiunse per spezzare la strana tensione che si era creata.
« Non importa. Tu puoi chiamarmi Tom » bisbigliò mentre con l’indice le sfiorava una guancia, indugiando solo per un istante sulla sua pelle.
Sorrise, prima di darle le spalle e riprendere la ricerca e Roxanne si ritrovò nell’imbarazzante situazione di non ricordarsi come si fa a respirare. Osservò la sua nuca, sbuffando mentalmente. Parlare con Tom era come cercare di percorre un pavimento cosparso di vetri a piedi nudi: per quanto uno potesse procedere con attenzione, non ferirsi era impossibile.
 

 
***
 
 
 15 Febbraio 1943 Corridoio  del Terzo Piano Hogwarts
 
Eloise percorreva il corridoio quasi di corsa, del tutto incurante del frastuono che stava combinando.
Avrebbe potuto attirare l’attenzione di Pix, di Gazza, persino del Preside. In quel momento non le sarebbe importato niente.
Stupida, stupida e ancora stupida.
Continuava a ripeterselo nella mente, simile a un mantra.
Come si può essere così ingenue?
Le bastava socchiudere gli occhi per quell’immagine le invadesse di nuovo la retina.
Aveva dimenticato il libro nell’aula di Pozioni e quando se ne era accorta si era diretta verso i Sotterranei con passo stanco, inveendo contro la sua sbadataggine.
Il freddo umido e appiccicoso della stanza era stata la prima cosa che aveva notato. La seconda era stata un rumore strano, come di risucchio. Poi i suoi occhi si erano abituati al fievole chiarore della torcia e aveva distinto la sagoma di Zabini, con le unghie della Parkinson conficcate ai lati del collo, mentre si baciavano con trasporto e le  loro lingue  si rincorrevano frenetiche come salamandre impazzite.
Per un istante le era sembrato che le si rovesciassero le budella. Poi era fuggita con come unica, piccola, consolazione il fatto che i due fossero troppo presi per accorgersi della sua presenza. Perlomeno non aveva dato la soddisfazione a quella viscida serpe di fargli capire quanto ci fosse rimasta male.
E io che ci avevo quasi creduto.
Aveva le guance bagnate e il sapore salato delle lacrime sulle labbra. Si torturò la veste, sforzandosi di pensare ad altro. L’immagine di una dama del Settecento che scherzava con un barone le fece andare nuovamente il sangue al cervello. La strega rideva in modo stridulo e chiaramente artefatto, ricordandole i modi da civetta di Lavinia.
Eppure lo sapevo che tipo di ragazzo era. Sapevo che quelli come lui non cambiano, che non ci si può fidare.
Stupida.
Si asciugò rabbiosamente le lacrime con le maniche della veste, svoltando l’angolo. Aveva lasciato il libro nei Sotterranei ma non aveva la minima fretta di recuperarlo. Le era passata la voglia di studiare. Per la verità le era passata ogni tipo di voglia, se non quella di rintanarsi al sicuro dentro il Dormitorio dove avrebbe potuto dare libero sfogo alle lacrime senza essere vista da nessuno.
Quando intravide la chioma rossa e scompigliata di Septimus, sussultò bruscamente mentre l’istinto le suggeriva di fare dietrofront e fuggire.
Non deve vedermi così.
« Isy! » esclamò quello sollevando lo sguardo.
Troppo tardi.
Lo degnò di un sorriso di circostanza, rigida come un ciocco di legno.
« Weasley ».
Provò a passare oltre, il viso ostinatamente fisso per terra, ma quello le si affiancò, festoso come un cucciolo di Kneazle.
Idiota. La parola “sensibilità” gli deve essere del tutto estranea.
« Ehi, eri in Biblioteca per caso? » le chiese confermando la sua teoria.
« No » replicò secca sperando che la voce non la tradisse.
« Oh » esclamò mogio.
Per un attimo si chiese quale fosse il motivo di quella domanda ma allontanò quel pensiero altrettanto rapidamente di come era sorto. Aveva cose più importanti a cui pensare.
Come il modo per maledire la Parkinson senza essere espulsa, per esempio.
« Ehi, Isy, va tutto bene? » aggiunse appuntandole lo sguardo addosso.
Doveva aver digrignato i denti senza nemmeno accorgersene.
Ops.
« A meraviglia » rispose ironica.
« Mmm » mugugnò quello facendosi più vicino, mentre Eloise fissava ostinatamente davanti a sé, ignorandolo. « Non si direbbe ».
Però. Una cima.
 Il Cappello ti doveva mandare a Corvonero, Weasley.
Tenne quel commento acido per sé  perché aveva paura che se avesse iniziato a parlare non si sarebbe più fermata.
E l’idea di finire a piangere sulla spalla di Sept come una ragazzina non è molto entusiasmante.
« Aspetta! » disse quello posandole una  mano sul braccio. « Non sarà per colpa di Riddle, vero? »
« Riddle? » ripeté talmente stupita da dimenticarsi che voleva stare sulle sue.
Il rosso annuì, aggrottando la fronte.
« Non avrà di nuovo infastidito Roxanne.. Perché se è così giuro che stavolta… »
Eloise ci mise un attimo a recepire quella frase.
Poi scoppiò a ridere.
Roxanne.
Io mi sento come se una mandria di Troll stesse giocando a Quidditch con i miei intestini e tu mi chiedi di Roxanne.
La risata si fece isterica e si ritrovò piegata in due, le mani strette intorno alla pancia. Le uscivano lacrime dagli occhi ma almeno poteva dare la colpa all’ilarità. Septimus la fissava, immobile come uno stoccafisso, la bocca lievemente spalancata.
« Merlino Sept! Sei così… ottuso! »
Vide il rossore formarsi in zona orecchie ma ciò non la fermò.
« Possibile che tu non abbia ancora accettato la verità? » proseguì beffarda. « Tu non interessi a Roxanne, non le interesserai mai! Puoi anche diventare il portiere nazionale dei Cannoni di Chudley, lei continuerà a correre fra le braccia di Riddle non appena quello schioccherà le dita! »
Il rossore era scomparso dal viso di Weasley, sostituito da un pallore cadaverico.
« Loro… avevano litigato. Non si parlavano più » biascicò stringendo i pugni.
« Tsè » lo sbeffeggiò implacabile. « Evidentemente hanno fatto la pace visto che non fanno che studiare insieme, non credi? »
C’era una vocina dentro di lei che le suggeriva che infierire così era sbagliato. Che in fondo non era colpa sua se Septimus era profondo come una pozzanghera.
Peccato che quella vocina, Eloise, la ignorasse da tutta una vita.
Mai irritare una donna ferita, Septimus. Mai.
Si concesse di dedicargli un’occhiata fugace, da sotto in su.
« L’amore fa schifo, Weasley. Fattene una ragione ».
Si voltò, più che decisa a lasciarsi il rosso e i suoi sensi di colpa alle spalle. La mano di Sept le si strinse intorno al polso mentre quello la strattonava all’indietro.
« Aspetta. Tu sei sua amica. Dovresti farle capire che…»
« Dovrei farle capire cosa? » lo interruppe avvicinandosi di un passo. « Che Riddle è uno stronzo? Che le spezzerà il cuore? Lo sa già, credimi. Lo sa ma tanto si farà fregare ugualmente… »
Si interruppe mentre un singhiozzo le si incastrava in mezzo alla gola. Non sapeva più se stava parlando di Roxanne o di se stessa.
« Isy… » mormorò Sept fissandola perplesso.
Non seppe dire che cosa le prese in quel momento. Forse era solo la voglia di zittire Septimus e impedirgli di sommergerla di domande sulla sua disastrosa vita sentimentale. Forse era che aveva ancora l’immagine delle lingue della Parkinson e di Zabini attorcigliate insieme e una parte del suo essere, in un punto imprecisato fra lo sterno e l’addome, gridava vendetta.
La faccia che fece Sept mentre le loro bocche si scontravano però, quella sì che non sarebbe riuscita a dimenticarla facilmente.

 
***
 
 16 Febbraio 1943 Hogwarts Secondo Piano
 
Il rumore dei suoi passi rimbombava cupamente per i corridoi. Si sentiva lo sguardo delle armature addosso e la spiacevole sensazione di non essere lasciato solo ai suoi pensieri.
 
A volte il vuoto mi scava il petto come una voragine.
La solitudine è un cappio che si stringe progressivamente intorno al mio collo.

 
Gli pareva assurdo pensare che quelle frasi fossero state vergate dal pugno del suo antenato.
Riddle svoltò l’angolo, il mantello che strusciava sul pavimento gelido.
L’ora della ronda era passata da un pezzo. Sarebbe dovuto essere nel Dormitorio, nascosto sotto strati di cuscini e piume o con la testa sul libro di Artimazia a ripassare le ultime cose per il compito dell’indomani. Invece continuava a vagare per il castello, imboccando corridoi a caso, senza una meta.
La parola “Camera” si affacciava a tratti nella sua mente, provocandogli un subitaneo moto di fastidio. L’idea di non essersi avvicinato alla verità neanche di un passo nonostante mesi e mesi di ricerche era come una spina nel fianco. Aveva convinto Malfoy a rimanere nella Sala Comune e lasciarlo da solo a fare le ronde ma sapeva che le possibilità di imbattersi nella Camera erano praticamente nulle.
Lui non era uno che si arrendeva.
Quello mai. Eppure…
Eppure quell’ansia spasmodica di trovare l’ingresso dell’antro del mostro pareva essersi affievolita.
Era ancora lì e ringhiava in un punto imprecisato del suo essere, ma non era più il pensiero fisso che non gli dava requie la notte. E la cosa peggiore era che a rendere quell’attesa più sopportabile era qualcosa di inaspettato. Qualcuno, di inaspettato.
Roxanne.
Affondò le unghie nel palmo, scuotendo la testa come per scacciare un pensiero scomodo. Aveva riallacciato i rapporti con lei solo per tenerla d’occhio. Perché era una persona scomoda che sapeva troppo della sua vita e del suo passato.
Non c’era altro.
Non ci sarebbe stato mai altro.
Si fermò in mezzo al corridoio, le orecchie tese. Aspettò  un istante, poi riprese a camminare come se nulla fosse, accelerando il passo. Svoltò a sinistra e si infilò fra due armature, in attesa.
Il rumore di uno scalpiccio frenetico giunse distintamente alle sue orecchie. Poco dopo una figura goffa gli passò davanti, sussultando bruscamente mentre la sua mano si stringeva intorno al polso grassoccio.
« Non urlare » mormorò con calma glaciale sentendola tremare. « Credevo di essere stato chiaro sul fatto che non avresti più dovuto seguirmi ».
Mirtilla Malcontenta arrossì, facendosi piccola sotto il suo sguardo.
« Io… ecco, non ti stavo… » balbettò mentre i suoi occhi fissavano il polso ancora stretto fra le sue dita. Riddle si affrettò a mollare la presa, trattenendo l’istinto di pulirsi sul mantello. « È solo che faccio fatica a starti lont.. a dormire. Faccio fatica a dormire e avevo bisogno di fare una passeggiata ».
Tom preferì ignorare quelle scuse patetiche.
« Sei fuori dal Dormitorio ed è mezzanotte passata. Potrei metterti in punizione ».
Mirtilla si sistemò l’asticella degli occhiali, fissandolo con sguardo furbo.
« Nemmeno tu dovresti essere a giro. Avresti dovuto terminare la ronda mezz’ora fa. Magari possiamo chiudere entrambi un occhio ».
Sospirò mentalmente, sforzandosi di racimolare un po’ di pazienza.
Dimentico sempre che è una Corvonero. L’unica cosa peggiore di una donna assillante, è una donna assillante con un briciolo di cervello.
« Mirtilla, non sei un’idiota quindi dovresti aver capito che indispormi non è esattamente… »
Si interruppe, aguzzando le orecchie. Era quasi certo di aver udito un miagolio in lontananza.
« Tom, indisporti è l’ultima cosa che mi sogno di fare! » rispose quella indignata.
« Zitta » disse alzando una mano per fermarla e girandosi ad osservare il corridoio deserto.
Non se l’era immaginato. Se ascoltava attentamente poteva quasi udire il borbottio di Gazza, amplificato dall’eco. Si girò nuovamente verso Mirtilla che aveva gonfiato la faccia per l’indignazione di essere ignorata. Prima che potesse iniziare una delle sue lagne, la anticipò:
« Gazza e Mrs Purr stanno arrivando. Dobbiamo spostarci da qui ».
La superò con due rapide falcate, incurante del fatto che lei lo seguisse o meno. Quando si sentì strattonare il mantello all’indietro, il primo istinto fu quello di portare la mano alla bacchetta.
« Aspettami! » esclamò quella ansiosa. « Se Gazza mi trova gli dico che c’eri anche tu e in che direzione sei andato! » minacciò ansimando.
Tom socchiuse gli occhi per un istante. Era difficile mantenere il controllo. La magia ribolliva in lui, come quando era un bambino e un compagno dell’Orfanotrofio toccava una delle sue cose.
« Muoviti » ringhiò soltanto, trascinandosela dietro.
Il Corridoio del Secondo Piano si dipanava di fronte ai loro occhi liscio e senza sbocchi. Sarebbero potuti entrare in un’aula, ma Gazza entrava spesso a controllare al loro interno. Dietro di lui, Mirtilla era una zavorra che lo rallentava.
Potrei schiantarla. Oppure lavorarmi il custode anche se sa essere incredibilmente petulante.
Fu folgorato da un’idea migliore proprio mentre passavano davanti ai bagni delle ragazze.
« Entra qui » la apostrofò sospingendola di malagrazia.
Si chiuse la porta alle spalle, proprio mentre il rumore di passi diventava più forte. Al suo fianco Mirtilla respirava rumorosamente, guardandosi intorno con uno strano sorrisetto soddisfatto.
«  Questo è uno dei miei posti preferiti. Tu non dovresti essere qui, però » aggiunse piegando la testa. «  È il Bagno delle ragazze. Vengo sempre qui quando Jessica mi fa i dispetti e voglio piangere in santa pac…»
« Fai silenzio se non vuoi che ti affatturi » ringhiò Riddle tendendo l’orecchio.
Un rumore di passi che si affievoliva in lontananza. Come sospettava Gazza non perquisiva i bagni femminili. Quando fu ragionevolmente certo che il pericolo fosse passato, si girò verso Mirtilla che continuava a mantenere quel sorrisetto stupido sulla faccia.
« Sai, sono contenta che siamo qui insieme. Di notte e dopo che mi hai salvato da Gazza.. lo trovo romantico, non credi anche tu? »
Non rispose, limitandosi ad avvicinarsi di un passo. Il suo sguardo però dovette essere esplicativo perché Mirtilla abbandonò la sua aria trasognata, indietreggiando istintivamente.
« Lo trovi romantico. Sei sola con me in un punto isolato del castello, dopo che ti avevo avvertito che non avrei tollerato oltre questi tuoi atteggiamenti. E tu lo trovi romantico ».
Riddle sorrise, di un sorriso aguzzo, quel sorriso che lo rendeva simile a un predatore. Avanzò ancora mentre un lampo di paura increspava i lineamenti di Mirtilla.
« Sai, di solito sono uno che mantiene le promesse. Che cosa ti avevo detto, Mirtilla? »
« Io… non volevo… » balbettò quella incerta.
Riddle distolse lo sguardo, simulando indifferenza. Un rubinetto gocciolava e il rumore risuonava ritmico nelle sue orecchie, un fastidio lieve. Alzò una mano per interrompere quel mugolio indistinto.
« Certo che no » rispose mentre estraeva la bacchetta. « Non faresti mai niente per contrariarmi, vero? »
La vide osservare preoccupata la stecca, indietreggiando fino a quando  non toccò il lavandino con la schiena.
« N-no. Perché hai tirato fuori la bacchetta? Sei un Prefetto, non puoi fare queste cose ».
Il sorriso sul suo volto si allargò.
Posso fare molte cose. Non immagini neanche quante.
« È così che mi vedi, Mirtilla? Come una specie di principe azzurro? »
Riddle ridacchiò, godendosi lo smarrimento sul volto della ragazza.
« Be’ ma è così. Tu sei praticamente perfetto… » mormorò Mirtilla con sguardo adorante.
Riddle arricciò le labbra, infastidito. Era stanco di quelle chiacchiere.
Direi che è il momento di passare all’azione.
Sollevò la bacchetta, incerto su quale fattura utilizzare. Si bloccò con la mano a mezz’aria mentre tutto il suo essere era scosso da un brivido, un lampo di pura eccitazione.
Alle spalle di Mirtilla, sotto al rubinetto che perdeva un dettaglio banale aveva catturato interamente la sua attenzione.
Un piccolo serpente si arrotolava sulle tubature e i suoi occhi parevano fissarlo. Era un disegno appena accennato ma a Tom parve che il cuore esplodesse nel petto, pompando il sangue nelle vene come impazzito. Era fermo con il fiato sospeso e la mano ancora alzata, incapace di partorire un pensiero coerente.
« Tom? Stai bene? »
La voce stridula di Mirtilla impiegò un attimo a penetrare la sua coscienza. La fissò con sguardo febbricitante, mentre le dita gli tremavano. C’era una voce dentro di lui che gli suggeriva – gli urlava – di schiantare quella seccatura ed avvicinarsi meglio alla tubatura.
Trattenersi era difficile quasi quanto smettere di respirare.
Ma devo essere paziente.
Non sono mai stato così vicino alla soluzione, non posso rovinare tutto ora.
Devo. Essere. Paziente.
« Tom? » pigolò di nuovo Mirtilla.
Riddle abbassò la mano, producendosi in un sorriso finto.
« A quest’ora Gazza dovrebbe essersene andato. Che ne dici se torniamo entrambi nei nostri Dormitori? »
Lei lo fissò perplessa, mentre si spostava per lasciarla passare. C’era un lampo di diffidenza nel suo sguardo ma non si oppose e, forse ancora spaventata, rimase in silenzio.
Mentre si chiudeva la porta alle spalle, Tom sentì una parte di sé ringhiare come una fiera in gabbia.
 
 

***
 
15 Febbraio 1943 Dormitorio  femminile Grifondoro
 
Eloise saliva la scala a chiocciola sforzandosi disperatamente di non pensare.
Perché non c’era niente a cui pensare.
Assolutamente niente.
Lei non aveva appena fatto la più grande cazzata da be’… praticamente sempre.
Sbuffò rumorosamente facendo svolazzare la zazzera. Entrò nel Dormitorio di corsa, sbattendo la porta alle spalle e quasi non si accorse della figura sottile adagiata sul letto.
« Sybil? » mormorò a disagio.
La bionda si sollevò a sedere di scatto, come una molla.
« Oh… ciao » mormorò timida. « T-ti stavo aspettando »
Normalmente una frase del genere l’avrebbe stupita. Ma visto che quella giornata era stata  completamente assurda, Eloise non trovò la forza di replicare e si limitò a lasciar cadere la borsa per terra e avvicinarsi al letto.
« Be’ sono qui » rispose  cercando di sembrare disinvolta.
A giudicare dall’espressione di Sybil non doveva esserle riuscito molto bene. Aveva le gote rosse e sembrava sul punto di scoppiare a piangere da un momento all’altro.
« Avevi ragione » esalò alla fine.
« Come? »
Syb abbassò lo sguardo, torturandosi le mani come sempre quando doveva ammettere qualcosa di scomodo.
« Avevi ragione su Evan. È uno stronzo ».
Quelle parole aleggiarono fra loro mentre Eloise sgranava poco elegantemente la mascella. Aveva voglia di darsi un pizzicotto per assicurarsi di essere realmente sveglia.
« Dici sul serio? »mormorò poco intelligentemente.
Per tutta risposta Sybil iniziò a piangere.
« Sono stata una stupida, io… »
« Shh » la zittì facendosi istintivamente avanti.
« No, io… »
« Non importa » la fermò nuovamente perché era vero, non aveva bisogno di stupide scuse solo di annullare quella distanza, fisica ed emotiva, che le separava.
Si ritrovarono l’una nelle braccia dell’altra e per una volta Eloise pensò che non si sarebbe vergognata di piangere di fronte a un’altra persona.

 
 
 
Note:
1.Citazione dal secondo libro, Harry Potter e la Camera dei Segreti.
 

  

Ciao a tutti!!
Oddio, che dire.. sono imperdonabile ma vi chiedo di perdonarmi lo stesso XD
Il capitolo è un po’ lungo ma dopo tutta questa attesa mi sembrava il minimo. Succedono anche un po’ di cose, a partire dalla scoperta dell’ingresso della Camera (non ci speravate più, vero?) fino alla riappacificazione fra Sybil ed Eloise.
Vorrei ringraziare tutte le persone che mi hanno seguito fino a qui e in particolar modo quello che si sono interessate al punto di scrivermi e incitarmi a riprendere. Grazie, davvero, senza di voi magari questa ff sarebbe rimasta un progetto incompiuto o ci avrei messo mezzo secolo per riprendere a zampettare sul computer.
Un grazie ulteriore a: Santa Vio da Petralcina, Erodiade, Queen Malfy Slytherin, ondina94, _pollina_, Morgana_D, Deborosky 
, BloodyEmily, James Potter 98. Ringrazio anche Giuls93, Kurapika 95, Moonblack e di nuovo Morgana_D per l’infinita pazienza.

Un saluto e una pioggia di baci
Ely

 

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Capitolo 29
*** Tanti Auguri, Ro ***






Tanti Auguri, Rox
per il video della ff:
http://www.youtube.com/watch?v=wBfGcxzvtZc
 

 
 
 

 
Dei molti, spaventosi animali e mostri che popolano
la nostra terra, nessuno è più insolito e micidiale del Basilisco,
  noto anche come il Re dei Serpenti (1).
 
 
 
 
 
01 Marzo 1943 Sala comune Grifondoro, Hogwarts
 
Eloise stava ormai diventando una campionessa in quello che era diventato il suo nuovo sport preferito: evitare Septimus Weasley.
E non è mica roba da poco.
Il rosso pareva seguirla con la stessa tenacia con cui un Bolide cerca di disarcionare un giocatore e gli espedienti che Isy aveva trovato in quei giorni  per non restare da sola con lui erano sempre più fantasiosi.
Ok, che Sept non è proprio quello che si dice un’aquila. Ma dopo che gli ho detto che dovevo andare a dare la lattuga ai Vermicoli, credo che anche lui abbia capito che lo sto evitando.
Sospirò affranta, sistemandosi meglio nella poltrona vicino al camino. L’immagine di lei e Weasley che si baciavano le affiorò di nuovo alla mente, fastidiosa come la puntura di una zecca.
Scosse il capo, come per allontanare una mosca particolarmente molesta.
Perché, Morgana, perché? Possibile che mi metta sempre in questi casini?
In quei giorni finalmente il rapporto con Sybil pareva aver ripreso la giusta piega. Si stavano ravvicinando – anche se lentamente – ed Eloise iniziava a sperare che presto la loro amicizia si sarebbe perfettamente ricucita, senza strappi.
Certo, sempre che Syb non scopra che mi sono baciata l’ameba per cui spasima da anni.
Avrebbe volentieri sbattuto la testa al muro.
Doveva confessare la verità e rischiare di compromettere di nuovo il loro rapporto o tacere su quello che era stato solo un piccolo errore?
Domanda retorica. Ogni volta che si entra nel tema “Septimus” ho la lingua incollata al palato peggio di una Pastoia.
Intravide un lampo rosso alle sue spalle e si girò istintivamente. Cercò di farsi piccola piccola dietro la poltrona mentre Weasley scendeva le scale del Dormitorio con la scopa sotto braccio. Trattenne persino il respiro mentre il rosso si allontanava con quel suo passo sbilenco, perso nel suo mondo di strategie e coppe di Quidditch.
Anche stavolta è andata.
« Guarda che ti ho vista, Isy ».
Sussultò bruscamente, girandosi a fissarlo con espressione ebete. Aveva solo fatto finta di allontanarsi per coglierla di sorpresa con passo felino quando si era rilassata.
Figlio di una donnola!
« Sept! » biasciò scattando in piedi come una molla. « Come va? Tutto bene? Ma non stavi andando agli allenamenti? »
 Parlava a macchinetta e agitava le mani come pale di mulino.
« Non voglio farti perdere tempo, tanto anche io devo proprio andare… » concluse iniziando frettolosamente a raccattare la sua roba.
« Isy » la fermò afferrandole il polso. « Non credi che sarebbe il caso di parlare e tagliare la testa al toro? »
Alzò lo sguardo e incrociò gli occhi nocciola di Septimus. Con sconforto si rese conto di essere arrossita.
Però. A volte li tira fuori anche lui i coglioni.
Si sedette di nuovo sulla poltrona, rigida come un ciocco di legno. Anche Weasley sembrava aver perso la sua baldanza e cincischiava con il mantello.
« Ehm… Be’, ecco… » balbettò lui.
Eloise chiuse gli occhi, traendo un respiro.
Via il dente, via il dolore.
« È stato un errore » esclamò interrompendolo.
Dopo aver pronunciato quella frase si sentì subito più leggera. Dall’altra parte non ci fu risposta e Eloise decise di continuare prima di perdere il coraggio.
« Io ero arrabbiata, tu eri arrabbiato… Ma siamo amici da anni e quindi… Facciamo finta che non sia successo niente, ok? »
Per tutta risposta dall’altra parte le giunse il silenzio. Si azzardò a lanciargli un’occhiata incerta.
« Weasley? Hai sentito quello che ho detto? » domandò spazientita.
« Ho sentito » rispose lui fissandola in modo strano.
« E…? »
Le orecchie di Sept virarono sul rosso acceso.
« Be’, pensavo… Forse hai ragione e dovrei togliermi Rox dalla testa. È evidente persino per me che mi considera solo un amico » affermò con un sorriso amaro.
Eureka. Magari c’è ancora un po’ di speranza per questa zucca vuota.
« E neanche tu stai frequentando qualcuno, giusto? »
« No » rispose di getto.
Un colpo al cuore, in un punto imprecisato fra le scapole.
 I Sotterranei, l’odore nauseabondo di Pozioni e il rumore di risucchio delle bocche di Zabini e della Parkinson. Sperò che niente di tutto quello che la agitava dentro fosse trapelato all’esterno.
« Ecco… Allora mi chiedevo… Magari potremo provare a vedere come va ».
 « Come va  cosa? » chiese con un orribile presentimento.
« Come va fra noi » rispose Septimus scuotendo le spalle. « Siamo sempre stati buoni amici e se mi hai baciato un motivo ci sarà, no? Magari potrebbe funzionare ».
Eloise chiuse gli occhi, inspirando rumorosamente.
Mi rimangio tutto e dichiaro la morte cerebrale. Ora del decesso: le cinque e mezzo di pomeriggio.
« Weasley » disse con voce mortalmente calma. « Dirò queste parole una volta sola quindi apri bene le orecchie ».
Prese fiato, l’imbarazzo che si era magicamente dissolto.
« Io e Syb abbiamo appena fatto pace ». Lesse lo smarrimento sul volto di Sept ma non si fermò. « E non permetterò mai più a un ragazzo di mettersi in mezzo a noi ».
« Non capisco… che c’entra Sybil? » domandò aggrottando la fronte.
Roteò gli occhi, incredula.
« Andiamo, Sept! Possibile che tu non abbia capito che ha una cotta per te da più o meno mezzo secolo? »
« Sybil? Per me? » ripeté perplesso.
Be’ a giudicare dalla sua espressione direi che no, non lo aveva capito.
Si limitò ad annuire, godendosi la scena.
« Credevo di starle antipatico » aggiunse come parlando fra sé.
Di nuovo complimenti per l’acume.
Gli diede una pacca affettuosa sulla spalla.
« Tutto a posto, quindi? Amici? »
L’altro annuì ma sembrava ancora piuttosto confuso. Isy decise di rintanarsi nella Gufiera e lasciarlo solo a riflettere. Lo salutò ma non fece in tempo a fare due passi che si girò di nuovo, con aria minacciosa.
« E mi raccomando Weasley: io non ti ho detto niente. Altrimenti risolvo i tuoi problemi con il genere femminile alla radice » lo minacciò lanciando un’occhiata eloquente ai gioielli di famiglia. L’ultima cosa che sentì prima di girarsi e lasciare la Sala Comune fu il deglutire preoccupato di Septimus.
Le servì tutto il suo autocontrollo per non scoppiare a ridere.
 
 
***
 
 
01 Marzo 1943 Biblioteca, Hogwarts
 
L’ansia gli scorreva nelle vene come un liquore tossico.
Ogni singolo nervo del suo corpo urlava la sua frustrazione per quell’attesa che era come un lento stillicidio.
Stanotte.
Gli sembrava un lasso di tempo lunghissimo. Si era trascinato a lezione, aveva ascoltato i noiosi borbottii del professor Rufus, eseguito meccanicamente gli esercizi di Trasfigurazione, ripetuto diligentemente la formula del Veritaserum. Ma la sua mente non era lì, era rimasta ancorata al piccolo serpente nel Bagno delle ragazze.
 
Rowena odia piangere di fronte agli altri.
 Ma la debolezza è un veleno che corrode le arterie, lo so bene io, e ci sono momenti che non riesce a fingere di essere la solita maga altezzosa… allora fugge in una stanza del secondo piano e dà libero sfogo al suo dolore.
  È qui, nel punto bagnato dalle sue lacrime che inizia il secondo atto della mia vendetta.

 
Proprio come sospettava l’indizio era sempre stato lì, solo che era stato talmente cieco da non accorgersene. Una stanza del Secondo Piano. Un’aula in disuso che con il tempo sarebbe stata trasformata in un Bagno.
Sono stato un idiota a non pensarci prima.
Allontanò quel pensiero perché ormai non aveva più importanza.
Stanotte.
Quella notte avrebbe aperto la Camera. Gettò uno sguardo distratto al libro che aveva di fronte a sé. Ritraeva un Basilisco nell’atto di uccidere la preda. Invece che terrorizzarlo quell’immagine gli infondeva solo euforia. Socchiuse gli occhi, combattendo l’istinto che gli suggeriva di saltare la lezione di Cura delle Creature Magiche e dirigersi verso il Secondo Piano.
Non adesso. C’è troppa gente. Potrebbero vedermi.
Le dita graffiarono il legno del tavolo di mogano.
Qualcuno potrebbe chiedersi perché ho saltato la lezione.
Era talmente assorto che udì il rumore di passi con un istante di ritardo. Sussultò bruscamente, cambiando la pagina del libro perché celasse l’illustrazione.
« Roxanne » disse infastidito.
« Ti cercavo » esordì lei senza lasciarsi turbare.
Tom si concesse di osservarla meglio. Aveva i capelli crespi e in disordine, una pila di libri e pergamene sotto il braccio e una macchia di inchiostro sul naso. Gli venne spontaneo spostare le sue cose per farle spazio accanto a sé.
« A quanto pare mi hai trovato » mormorò caustico.
Invece che adombrarsi Roxanne gli sorrise e prese posto al suo fianco.
Deve essere di buon umore.
« Che facevi? » gli chiese sbirciando i libri di testo.
« Studiavo. Che cosa vuoi? » ritorse impaziente di arrivare al punto.
Roxanne si spostò una ciocca dietro l’orecchio senza incenerirlo per i modi bruschi.
Decisamente di buon umore.
« Oggi è il mio compleanno ».
Silenzio.
«Ah » mormorò a corto di parole.
Roxanne lo fissò con un sorriso sornione.
« Non essere troppo entusiasta, Riddle. Sembra che ti abbia annunciato che sono in punto di morte ».
Tom distolse lo sguardo sentendosi… strano.
Compleanni. Non ne ho mai festeggiato uno in vita mia.
Che cosa dovrei festeggiare d’altronde? La morte di mia madre? O il fatto che sono stato abbandonato al Wool’s Institute?
Si accorse che stava stritolando il tomo e allentò la presa. Roxanne al suo fianco non aveva smesso per un attimo di fissarlo.
« Be’ tanti auguri » le rispose con voce atona.
Le labbra della Grifondoro si contrassero in una smorfia.
« Questo sarebbe il meglio che sai fare? Sono degli auguri penosi, Tom ».
Glielo sussurrò con voce lieve, mentre gli sfiorava l’orlo della manica. Si girò a fissarla e per un attimo restò avvinto da quegli occhi grigi.
« Non sono un tipo da festa » aggiunse con un sorriso storto.
« Lo immaginavo » lo tranquillizzò lei. Non sembrava offesa per il suo scarso entusiasmo. « Tuttavia… »
Si interruppe, incerta se continuare.
« Tuttavia? » la spronò inarcando un sopracciglio.
« Credo che Isy mi abbia organizzato qualcosa. Niente di che » aggiunse vedendo il suo viso adombrarsi. « Avrà chiesto a qualche Elfo volenteroso di preparare una torta e a un paio di compagni di cantarmi “tanti auguri”… »
« E? » la interruppe Riddle.
Ogni volta che Roxanne iniziava a parlare a macchinetta non era mai un buon segno.
« E mi chiedevo se tu vorresti essere fra questi pochi ».
Aveva balbettato un po’ nel pronunciare quella frase e le sue dita avevano iniziato a giocare con la catenina.
« C-come? » mugugnò sorpreso.
Per un attimo l’idea di lui circondata da una folla di chiassosi Grifondoro gli procurò uno spiacevole brivido di raccapriccio.
« E quando sarebbe questa cosa? » chiese più brusco di quello che avrebbe voluto.
Roxanne arrossì, mordendosi il labbro.
« Questa cosa sarebbe stasera. Ma non devi sentirti obbligato a… »
« Non posso » la fermò lapidario. « Sono di ronda ».
Già l’idea di un compleanno era spiacevole di suo. Di un compleanno tra Grifondoro poi, era quasi ributtante. Ma quella sera, niente e nessuno lo avrebbe distratto dalla sua missione.
Ho atteso anni per avere la chiave per la Camera.
Non basteranno un paio di occhi grigi a mettermi i bastoni tra le ruote.
« Ma certo ».
La voce della Altgriff aveva un suono stridulo, come quello di uno strumento stonato.
« Non avrei nemmeno dovuto chiedertelo » continuò alzandosi in piedi.
La sedia strusciò rumorosamente contro il pavimento mentre Roxanne gli dava le spalle raccattando le sue cose come se d’improvviso avesse una gran fretta.
Riddle la vide lasciare la Biblioteca così, senza nemmeno un cenno di saluto. Con quello sguardo amareggiato e il passo più pesante.
Dovette fare forza su se stesso per evitare di correrle dietro.
 
 
***
 
 
01 Marzo 1943 Sala Comune Grifondoro, Hogwarts
 
A dirla tutta, Roxanne si sentiva un po’ frastornata.
Per tutta la sera si era sentita al centro dell’attenzione e, nonostante fosse una cosa che solitamente la metteva a disagio, per una volta non era stato così male. I suoi amici che le saltavano intorno festosi, ridendo, abbuffandosi di torta e cantando a squarciagola, erano stati decisamente un palliativo per il suo umore compromesso. Certo, forse il fatto che Eloise fosse riuscita a procurarsi una bottiglia di Firewhisky Incendiario non era stata proprio una grande idea. Ma sicuramente aveva reso tutti più socievoli e ben disposti a festeggiarla.
Crollò a sedere su un divanetto di disparte, prendendo fiato e contando mentalmente i regali che aveva ricevuto. Sybil le aveva comprato un libro – la Letteratura Magica le era quasi del tutto estranea e l’aveva sempre trovato un tema affascinante – Eloise un pezzo di stoffa che si ostinava a chiamare “gonna” e che Roxanne pensava sarebbe rimasto a ammuffire nel suo armadio, Hagrid un pacchetto di Cioccorane, Septimus il modellino di una scopa, perché si ostinava a dire che se solo gli avesse dato una possibilità, il Quidditch l’avrebbe conquistata. Al riguardo era oltremodo scettica, ma lo aveva ringraziato lo stesso.
Roxanne si passò una mano fra i capelli, accorgendosi di avere un sorriso ebete. Amava i compleanni, era più forte di lei.
O almeno li amo da quando sono ad Hogwarts.
Al Wool’s Istitute non aveva mai avuto modo di festeggiare. L’unica che si ricordava la sua data di nascita era Amy che era sempre tanto gentile da farle un pensiero: un fazzoletto con le sue iniziali ricamate con una scrittura sbilenca, un acquerello colorato, una collana di perline. A volte, quando era particolarmente fortunata, la cuoca dell’istituto le dava una doppia razione di porridge. Fine della storia.
I compleanni ad Hogwarts invece…
Roxanne si gettò un’occhiata intorno. Eloise rideva mangiando un pezzo di torta e cospargendo zucchero a velo ovunque mentre Sybil sedeva vicino a lei, composta. Hagrid pareva leggermente annoiato dai discorsi di Septimus, mentre Morgan doveva aver bevuto decisamente troppo Firewhisky perché barcollava in modo penoso. In effetti sospettava che fosse quello il motivo dell’ilarità di Isy. Anche altri compagni di corso si erano uniti ai festeggiamenti e persino qualcuno dei ragazzi più grandi. Il fatto che uno dei Prefetti avesse un debole per Eloise era tornato molto utile: dalle occhiate truci che lanciava loro Deborah, Roxanne aveva il dubbio che li avrebbe messi in punizione seduta stante se Paul non avesse interceduto per loro.
Septimus piantò inavvertitamente un calcio a un palloncino colorato che rotolò fino ai suoi piedi. Roxanne lo raccolse, girandoselo fra le mani con fare pensoso.
Era tutto perfetto. I suoi amici, la torta, i regali.
Allora perché mi sento come se mancasse qualcosa?
Si rigirò la catenina fra le dita, sbuffando per l’impazienza.
Stava festeggiando i suoi quindici anni, sarebbe dovuta essere felice e senza un pensiero al mondo e invece…
Invece è lì, come una spina nel fianco.
E ogni volta che mi fermo a pensare, sento il fastidio della sua assenza.
A riscuoterla dai suoi pensieri fu un ragazzino paffuto, uno del primo anno, a giudicare dal fatto che la fissava come se temesse potesse mangiarlo.
« Volevi qualcosa? » chiese inarcando un sopracciglio.
Quello annuì, strusciando i piedi per terra.
« Po-potresti uscire? »
« Come? » mormorò Roxanne spiazzata.
Il primino annuì.
« C’è un ragazzo fuori dal ritratto che chiede di te. È un Serpeverde ».
Non fece quasi in tempo a finire la frase che si era già alzata in piedi. Varcò l’ingresso di tutta fretta, facendo un cenno distratto a Sybil che si chiedeva dove stesse andando e non ringraziò nemmeno il piccoletto per l’informazione.
Di fronte al quadro della Signora Grassa, una figura la aspettava dandole le spalle. Il mantello verde bottiglia pareva quasi nero alla luce delle torce ma Roxanne non impiegò più di mezzo secondo per capire di chi si trattava.
Tom.
« Sei venuto » mormorò senza riuscire a trattenersi.
Lui si voltò a fissarla con quel suo sorriso da schiaffi.
« Solo per un saluto. Non mi trattengo » specificò.
Ma sei venuto.
Quel pensiero, tuttavia, riuscì a tenerlo per sé. Rimasero a fissarsi per un po’, in silenzio, e Roxanne si sentì improvvisamente in imbarazzo.
Che diamine mi prende? È Tom, ho passato pomeriggi interi da sola con lui!
Eppure si trovava la lingua impastata e il cuore sul punto di sfondare la cassa toracica. Fu Riddle a parlare per primo:
« Come va questo compleanno? » domandò facendo un passo in avanti.
Roxanne sorrise, rilassandosi impercettibilmente.
« Bene. Gli Elfi Domestici avranno un bel da fare domattina ».
« Mi fa piacere sapere che ti stai divertendo ».
La voce di Tom era calda e roca e le sue dita affusolate avevano iniziato a giocare con una ciocca dei suoi capelli. Roxanne avvertì un’improvvisa ondata di calore quando i suoi polpastrelli le sfiorarono inavvertitamente una guancia.
« Perché sei qui? »
Riddle smise di giocare  ma non si allontanò.
« Te l’ho detto, sono di ronda. Mi sono fermato giusto per salutarti ».
« Mmm » bisbigliò incrociando il suo sguardo.
Gli occhi di Tom parevano quasi neri, due pozzi che la calamitavano al loro interno. Tutto sommato era stata un buona idea fissarli.
Pessima mossa. Pessima, pessima, mossa.
« Puoi aspettare un attimo? » pronunciò quelle parole di getto, perché se si fosse fermata a pensare non avrebbe trovato il coraggio.
Lui inarcò il sopracciglio, fissandola scontento.
« Come? »
« Devo prendere una cosa in Dormitorio. Ci metto un secondo, davvero ».
La piega delle sue labbra esprimeva tutto meno che entusiasmo.
« Solo se è una cosa veloce, Ro. Devo ancora controllare metà castello ».
Annuì, sfrecciando verso la Sala Comune. Evitò una Isy che sembrava alquanto imbufalita della sua assenza e che mormorava qualcosa tipo “sabotare la tua festa”, promettendo che si sarebbe fatta perdonare dopo. Anche Septimus e Hag parevano piuttosto perplessi, ma loro almeno non fecero domande. Una volta  nella sua stanza, non le ci volle molto per trovare quello che stava cercando. Il piccolo pacchetto era nascosto sotto il letto, come mesi da quella parte. Roxanne lo afferrò e si precipitò nuovamente di sotto. Attraversò con affanno il ritratto mentre la Signora Grassa allungava il collo, incuriosita da quell’andirivieni. Tom era sempre lì e una piccola parte lei tirò un sospiro sollievo.
« Questo è per te » esordì allungando il pacco.
Tom la fissò dubbioso mentre allungava le dita e tastava delicatamente l’involucro.
« Per me? » ripeté divertito. « Questa tradizione mi è nuova. Di solito non è la festeggiata che riceve regali? »
Si sentì arrossire fino alla punta dei capelli. Tutto sommato non era tanto sicura che fosse stata una buona idea.
« Sì, be’… in realtà è da un po’ che te l’ho preso, poi abbiamo litigato e non ce ne è stata più l’occasione » rispose a disagio.
Il sorriso sornione di Tom era uno schiaffo al suo orgoglio.
Stupido pallone gonfiato. E stupida io che ti faccio gongolare così.
« Be’, in questo caso… » mormorò strappando la carta.
Rimase in silenzio, girandosi fra le mani il dono, un’espressione impenetrabile.
« Un… diario? » mormorò infine trapassandola con lo sguardo.
“Imbarazzo” era decisamente un eufemismo.
Roxanne sperò che alla luce delle torce il suo rossore non fosse poi così evidente.
« Mmm sì. Mi avevi detto che ti piaceva leggerli e ho pensato che magari avresti voluto averne uno tutto tuo… »
Si interruppe, socchiudendo gli occhi. Stava balbettando come una bambina di due anni e ogni parola che pronunciava la faceva solo sentire più cretina.
Riddle non aveva ancora aperto bocca, le sue dita percorrevano la copertina nera e ruvida in un lento moto circolare che le dava i brividi.
« Se non ti piace io… cioè, non devi tenerlo per forza… »
Perché aveva deciso di darglielo proprio in quel momento? Aveva aspettato mesi, non poteva aspettare una sera in più? Che cosa diamine poteva farsene Riddle di un diario da dodicenne alle prese con le prime cotte?
Doveva essere impazzita per dargli una cosa del genere.
« Tom, davvero… »
Allungò la mano, come per riprendersi il regalo. Lui fissò le sue dita solo per un attimo, prima di aprire la borsa e far scivolare il diario al suo interno.
Roxanne si trovò nella spiacevole situazione di non sapere che pesci prendere.
Significa che gli è piaciuto? O è solo un gesto di cortesia?
Dio, quanto odio il suo essere così impenetrabile!
Lui fece un passo avanti e Ro istintivamente indietreggiò. Aveva il muro alle spalle e la sgradevole sensazione che i quadri bisbigliassero dietro di lei.
Quando Riddle parlò i suoi occhi erano freddi e scuri come una notte di inverno.
« Credo che in sedici anni, questo sia il primo regalo che ricevo » mormorò con voce roca.
Deglutì a fatica, cercando disperatamente qualcosa di intelligente da dire.
Niente.
Nella sua mente regnava il caos più totale.
Roxanne rimase in silenzio, mentre lo sguardo di Tom la incatenava a sé e i bordi dei loro mantelli si sfioravano.
« Io non ti ho preso niente » aggiunse in un bisbiglio.
« N-non importa » balbettò a fatica, sforzandosi di controllare i battiti frenetici del cuore.
Era troppo vicino e la sua presenza la destabilizzava. Il suo odore, il suono della voce, il verde bottiglia degli occhi. Erano un mix esplosivo che le faceva dimenticare persino come si chiamava e la riducevano a un’ameba tremolante.
« Mmm. Lascia almeno che ti faccia gli auguri in modo decente » mugugnò lui, tornando a sfiorare i suoi capelli.
Questa volta però la mano non si arrestò ai lati del viso, ma la afferrò dietro la nuca, tirandola a sé.
Quando le loro bocche si incontrarono, Roxanne non poté dire di essere rimasta sorpresa del gesto: aveva letto negli occhi di Tom la voglia di baciarla da prima che lui riducesse la scarsa distanza che c’era fra loro.
Eppure si trovò totalmente, brutalmente, impreparata a quel gesto.
Forse perché fino a quel momento era sempre stata lei a prendere l’iniziativa.
Forse perché fino a un attimo prima era rimasta paralizzata dal terrore che il suo regalo gli facesse schifo.
Tuttavia le sembrò che una voragine le si aprisse nello stomaco, una strana smania di averlo vicino, di far coincidere ogni lembo di pelle con quella di Tom. Ricambiò il bacio stringendosi addosso a lui, affondando le dita nei capelli morbidi che si arricciavano appena sulla nuca. Riddle la spinse indietro ma quasi non si accorse che la sua schiena cozzava contro il muro.
Le pareva di essere in un bolla colorata, nella quale tutto lo spazio era riempito da Tom: dalle sue mani che le accarezzavano i fianchi, dalla sua lingua che le percorreva il palato, dai suoi denti che le mordicchiavano delicatamente le labbra.
Quando lui si staccò avevano entrambi il respiro accelerato e  nei suoi occhi brillava una strana luce.
« Buon compleanno, Ro » le disse prima di allontanarsi repentinamente da lei e lasciarla sola e confusa in un corridoio deserto.
 
 
***
 
 
01 Marzo 1943 Bagno delle Ragazze, Secondo Piano Hogwarts
 
Riddle era accovacciato per terra e fissava il piccolo serpente annodato sulla tubatura con la stessa intensità con cui si può fissare un’amante.
Avrebbe dovuto essere lì già da molto tempo. Era quello il piano originario: far finta di buttare giù qualche boccone in Sala Comune, farsi vedere chino sui libri nella sua Casa e infine sfrecciare via con la scusa della ronda. Andare diretto verso il Bagno delle ragazze, dove la sua eredità lo attendeva da centinaia di anni.
Invece
Invece i suoi piedi si erano mossi da soli, quasi in automatico.
Invece si era trovato di fronte al ritratto di quella vecchia dama grassa con i bigodini e aveva fermato quel primino imbranato chiedendo di lei.
Roxanne.
La sua spina nel fianco, il suo pungolo alle viscere. Per lei aveva rimandato ciò che più desiderava da quando aveva messo piede ad Hogwarts.
Per lei e per uno stupido diario di cui non sapeva che farsene.
Chi pensi di prendere in giro, Tom?
Di nuovo la sgradevole voce di Silente, un sussurro beffardo nelle orecchie.
Riddle scosse la testa, accarezzando lentamente il serpente. Non aveva importanza.
Niente aveva più importanza se non la Camera dei Segreti.
Socchiuse gli occhi, pregustando quel momento come se stesse assaporando un liquore delicato.
« Apriti » sibilò in Serpentese. « Apriti per me ».
Per un attimo non successe niente. Poi il piccolo serpente iniziò a vibrare e così tutta la tubatura, mentre un foro si allargava fino ad essere grande abbastanza da lasciar passare un uomo.
È il momento.
Fu l’unica cosa che pensò prima di calarsi al suo interno.
 




 
Note:
1.Citazione tratta dal secondo libro.
 



Ciao a tutti!
Scusate, il capitolo è leggermente più corto del solito ma mi piaceva lasciare un po’ di suspense e interromperlo qui.
Quanto al diario che Ro ha regalato a Tom, avete già capito di cosa si tratta vero? XD Ebbene sì, mi piace immaginare che sia stata lei a regalare a Tom quello che diventerà il primo rifugio di un pezzetto della sua anima.
Bene, passo ai ringraziamenti:
un grazie enorme a Giuls93, ClarinetteM,_pollina_, Franchan, smgrossello, FelixTentia, Erodiade, Morgana_D, Esmeralda 91, ondina94 e un iper-mega-gigantesco grazie a beba_riddle_odair(scusa se non ho ancora finito di rispondere alle recensioni, lo farò quanto prima XD). Grazie anche Maliktious che ha commentato i primi episodi e a tutte le new entries!
La vostra pazienza non ha limiti <3
Un grosso bacio
Ely

 

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Capitolo 30
*** Fame ***




Fame
Capitolo 29


 
 
 
«…tanta fame… da tanto tempo…» (1)
 
 
 
 
 
01 Marzo 1943, Camera dei Segreti Hogwarts


« Tu ».
Un sibilo, simile allo scoppiettare delle pozioni, che si perse fra le pareti scivolose della Camera, colando di parete in parete.
« Sei tornato ».
Sentiva la creatura muoversi nell’oscurità. Dispiegava le sue spire lentamente, quasi come se avesse dimenticato come si faceva a muoversi. 
Istintivamente Riddle indietreggiò. La Sala era buia, appena rischiarata dal suo flebile Lumos, eppure riusciva a scorgere il profilo del Basilisco che strisciava, si allungava, verso di lui.
Con i serpenti aveva familiarità da tutta una vita. Quando era all’Orfanotrofio venivano a cercarlo, sfidando i gatti randagi e passando sotto le recinzioni, attratti come falene dal calore del suo sangue e dal suono ipnotico della sua voce. Mai, neppure la prima volta che una vipera si era attorcigliata intorno alla sua caviglia, Riddle aveva avuto paura. Era stata la medesima sensazione di quando le sue dite si erano strette intorno alla bacchetta: un confortante senso di appartenenza, come se avesse ritrovato un pezzo di sé perduto da qualche parte.
Eppure.
Eppure il Basilisco che si snodava davanti ai suoi occhi, come vomitato dalla bocca di pietra del suo antenato, era diverso dai serpenti con cui aveva avuto a che fare come un gattino potrebbe esserlo da una pantera. E c’era qualcosa nella voce della creatura, un mix di impazienza, stupore e…astio. Trasudava veleno: Tom riusciva quasi a immaginarne le zanne spalancate e frementi dalla voglia di affondare nella carne.
« Tu » ripeté di nuovo, sempre più vicina.
Sembrava aver preso ormai familiarità con l’ambiente che la circondava e i suo movimenti si erano fatti più scattanti. Riddle distolse lo sguardo, appuntandolo su una  fessura fra la pavimentazione.
Non devo fissarlo negli occhi. Qualsiasi cosa succeda, non devo fissarlo negli occhi.
Lo strisciare si era fermato. Doveva essergli proprio di fronte: anche se non poteva vederlo, sentiva lo sguardo e il roco ansimare della creatura. Si impose di rimanere fermo e continuare a fissare per terra con indifferenza, celando il miscuglio di emozioni che gli stava attorcigliando le viscere.
A pochi passi di distanza, il Basilisco lo osservava.
« Non sei lui » sibilò con un misto di fastidio e curiosità. « Chi sei? »
Aveva ripreso a muoversi, girandogli intorno come se volesse misurarlo. Quando Riddle rispose, la sua voce suonò fredda e decisa.
« Il mio nome è Tom. Tom Riddle. Sono il discendente di Salazar Slytherin ».
« Salazar » bisbigliò la creatura con un tono scivoloso come melassa. « Lui… è stato lui a mettermi qui. È stato la prima cosa che ho visto quando sono uscito dall’uovo…»
Tom non riuscì a trattenersi dal rabbrividire: un unico brivido sottile che gli percorse la spina dorsale. C’era un che di nostalgico nella voce della creatura e intuì che a prima vista doveva averlo scambiato per il suo antenato.
« Mi ha cresciuto. Mi ha nutrito. Ha detto che aveva grandi cose in mente per me… Promesse di morte e sangue che cullavano il mio sonno e mi facevano desiderare di diventare sempre più grande e possente ».
« È giunto il tempo di realizzare quelle promesse » intervenne Tom mentre un sorriso aguzzo gli si affacciava sulle labbra.
« Poi un giorno se ne andò » continuò il Basilisco come se non lo avesse nemmeno sentito. « Mi disse che doveva fuggire ma che qui sarei stato al sicuro… che niente mi avrebbe fatto del male. E che un giorno sarebbe venuto qualcuno per me e insieme avremmo realizzato il suo sogno ».
Iniziava a spazientirsi. Non aveva atteso anni per diventare il confidente di un serpente troppo cresciuto.
« E così è stato. Sono qui adesso e sono l’erede di Salazar e della Camera » affermò sforzandosi di ignorare il fatto che la creatura sembrava averlo avvolto in cerchi concentrici, sempre più stretti. « Smetti di muoverti » terminò con un ringhio di insoddisfazione.
La creatura lo ignorò, sibilando più forte per coprire il suono della sua voce.
« Sono passati secoli. Tu sai cos’è la fame, ragazzino? » enfatizzò quella parola, fame, come se fosse un grido direttamente proveniente dalle sue viscere. « Sai cosa vuol dire vedere che i giorni diventano mesi e i mesi diventano anni e tu sei rinchiuso in un buco fetido ad aspettare che lui ritorni? Sai cosa si prova quando il tuo corpo ingrossa e quella che era la tua tana si trasforma a poco a poco in una prigione in cui  non riesci neanche a muoverti? »
Riddle deglutì, corrucciando la fronte. Era pronto a scommettere che quello il suo antenato non lo aveva previsto.
« Ma la fame, ragazzino. La fame. Quella è peggiore di tutto. Peggiore del tempo che non passa mai, peggiore della frustrazione che ti attorciglia il ventre. Per i primi secoli mi sono nutrito di topi ma alla fine persino quelle stupide bestie hanno imparato ad evitare queste gallerie… Dimmi ragazzino, riesci a immaginare quanto grande possa essere la fame covata in centinaia di anni? »
L’ultima frase gli gelò il sangue nelle vene. Era un ringhio gutturale, talmente intriso di rancore che istintivamente la mano di Tom scivolò sulla bacchetta mentre il suo cervello lavorava a velocità febbrile. Avrebbe potuto affrontare il Basilisco, ovviamente. Per quanto micidiale potesse essere, lui era Tom Riddle, colui che un giorno avrebbe avuto l’intera Comunità Magica ai suoi piedi. Non si sarebbe fatto intimorire così.
D’altronde ucciderlo sarebbe stato un enorme spreco. Il Basilisco era l’eredità che gli aveva lasciato Salazar e l’arma con cui avrebbe potuto compiere la sua volontà. Quindi…
« Hai paura, ragazzino? » proseguì quello intromettendosi nei suoi pensieri. « Non rispondere. Lo so che è così. Riesco a fiutarla la paura, sai? È un profumo buonissimo… »
Era talmente vicino che Tom si chiese se avrebbe fatto in tempo a lanciare un incantesimo prima che le zanne affondassero nella sua carne. Sarebbe bastato un graffio perché il veleno mortale si propagasse nel sangue, lasciandogli pochi minuti di vita.
« Mi stai minacciando, Basilisco? È stato il mio antenato a crearti. Forse i suoi piani non sono andati come previsto, ma sono qui adesso e se mi obbedirai…»
Un suono stridulo lo interruppe. A Riddle servì un attimo per intuire che era la cosa più simile a una risata che la creatura potesse produrre.
« Obbedirti? » rispose con disprezzo. « Mago, tu sai perché i serpenti fanno quello che gli chiedi? »
Inclinò la testa di lato, incerto. Avrebbe voluto poter sollevare lo sguardo e affrontare direttamente la creatura. Invece riusciva solo a intravedere la parte inferiore del mostro, la coda coperta di squame che a volte strusciava contro la sua schiena, in un contatto apparentemente casuale ma che gli toglieva la concentrazione.
« Perché sono un Rettilofono » rispose come se fosse una cosa ovvia.
« Quello spiega perché riesci a comunicare con i serpenti. Non il motivo per cui ti obbediscono  ».
Rimase in silenzio mentre una parte della sua mente ripercorreva i più efficaci incantesimi difensivi e vagliava i possibili punti deboli del suo avversario.
« Non te lo sei mai chiesto, non è vero? » lo derise con ironia. «  Hai sempre trovato normale che accontentassero ogni tuo minimo capriccio. Vorresti saperlo, erede di Salazar? »
« Te ne sarei grato » rispose guardingo.
Non poteva negare che le parole della creatura contenessero ben più di un fondo di verità. Aveva sempre dato per scontato quella sua abilità, senza porsi domande su come o perché funzionasse in quel modo. Faceva parte di lui, come respirare o camminare su due gambe.
« La risposta è: la tua voce ».
« La mia… voce? » ripeté Tom.
« La voce di un Rettilofono è quanto di più seducente ed ammaliante possa esistere per un serpente. È come se grondasse del sapore ferroso di sangue, come essere scaldati per ore dai raggi del sole. È un canto ipnotico, talmente irresistibile che qualsiasi rettile farebbe tutto ciò che gli chiedi pur di ascoltarla ancora, pur di compiacerti ».
« Stai dicendo che mi aiuterai? » domandò sulla difensiva.
La coda del Basilisco frustò l’aria alle sue spalle e atterrò sul pavimento con un suono minaccioso.
« Io non sono una biscia qualsiasi » rispose con disprezzo. « E sono combattuto… Una parte di me vorrebbe credere alle tue parole; dopotutto nelle tue vene scorre il sangue di colui che mi ha dato la vita. Ma l’altra…»
La creatura fece una pausa tattica. Quando riprese a parlare Tom sentì il suo fiato rancido sulla pelle, un odore disgustoso di putrefazione e uova marce.
«… l’altra ha così tanta FAME. E mi chiedo come sarebbe affondare le zanne nella tua pelle bianca, avere le fauci inondate dal tuo sangue mentre la tua spina dorsale si spezza con un rumore sordo…».
Gli aveva mormorato quelle parole in un bisbiglio roco, come si potrebbe parlare a un’amante.
« E per quale motivo dovrei trattenermi, ragazzino? Per la tua voce melodiosa? Per Salazar che mi ha lasciato qui a marcire per secoli, che mi ha degnato dello stesso riguardo che io ho per la pelle morta della mia muta? »
Adesso le spire non si limitavano più a sfiorarlo, gli si erano saldamente ancorate alle gambe. Riddle strinse le dite intorno alla bacchetta prima che il Basilisco potesse immobilizzargli anche gli arti superiori ma quando parlò non fu per pronunciare un incantesimo.
« Tu non mi ucciderai ».
La voce del Basilisco si assottigliò.
« Che cosa te lo fa credere? Te l’ho detto, Salazar non ha più alcun potere su di me…»
« Non è per Salazar che mi risparmierai la vita. Hai detto che vivere rinchiuso quaggiù al buio e senza cibo è stata una tortura, per cui ti chiedo: per quanto tempo ancora sarai disposto a sopportarla?»
La creatura sibilò mentre la presa sulle gambe si faceva più ferrea.
« Che cosa vorresti dire? »
« È molto semplice. Se ci sono voluti secoli prima che qualcuno si accorgesse della tua esistenza e se adesso mi uccidi… quanto pensi che passerà prima che la Camera venga aperta di nuovo? E quanto ci vorrà prima che la fame ritorni, più forte e bruciante di prima? »
Il Basilisco continuava a sibilare minaccioso ma Tom non poté non notare che la presa si era allentata.
« Nessuno sa della tua esistenza, solo io. E la maggior parte delle persone del castello non accoglierebbero bene la notizia che un Basilisco vive nelle viscere di Hogwarts » continuò mellifluo. « Perciò possiamo combattere, qui e adesso, ma anche se tu avessi la meglio… »
« Io avrei la meglio, cucciolo d’uomo. Potrei divorarti in un boccone » lo interruppe la creatura.
Ma c’era una traccia di incertezza nella sua voce che non sfuggì a Riddle.
« Se anche succedesse tu rimarresti sepolto in questo fetido buco ad aspettare che qualche ratto incroci il tuo cammino. Per l’eternità » concluse calcando sull’ultima parola.
« Gli assomigli sai, cucciolo d’uomo? Assomigli a Salazar… » soffiò mentre le spire si ritraevano lentamente, lasciandolo di nuovo libero. « Dimmi dunque: quale sarebbe la tua proposta? »
Riddle lasciò scivolare il braccio con cui impugnava la bacchetta lungo il fianco, rilassandosi impercettibilmente. Non si era accorto fino a quel momento di avere le mani sudate e il cuore che batteva a mille.
Ce l’ho fatta.
Merlino, se il mio antenato era un idiota.
« Ti farò uscire di qui. E insieme, rimetteremo qualche Nato-Babbano al suo posto » ghignò.
Il corpo del Basilisco si scosse, come attraversato da un brivido di piacere.
« Guidami, ragazzino. Non sai quanto sia forte il desiderio di squartare, di sentire l’odore del sangue… Fame, così tanta fame, da così tanto tempo…»
Tom degnò la Camera di un’ultima occhiata.
« Non è ancora giunto il momento. Tornerò presto » rassicurò la creatura con un sorriso.
Fece in tempo a fare solo qualche passo verso l’uscita prima che la coda del Basilisco calasse su di lui, sbarrandogli il cammino.
Alle sue spalle il corpo del mostro vibrava di tensione.
« Che significa tutto questo? » chiese spazientito. « Credevo che avessimo raggiunto un accordo ».
« Anche lui mi disse così. Anche lui mi disse che sarebbe tornato » sibilò paurosamente vicino alle sue orecchie. Tom non impiegò più di mezzo secondo per intuire che si riferiva al suo antenato. « E sono passati secoli! »
« Io non sono Salazar » replicò. « Tornerò. E ti porterò un regalo » aggiunse.
Il Basilisco rimase in silenzio per un po’, come ponderando le sue parole. La tentazione di girarsi per fissarlo era quasi invincibile.
« Ti aspetterò, mago. Ma se non tornerai… troverò da solo il modo di emergere in superficie. Scaverò queste pareti con le mie zanne se sarà necessario. Verrò a cercarti… e dopo che avrò finito di te non resterà molto ».
Dopo aver mormorato quelle parole minacciose, la creatura srotolò il suo lungo corpo, lasciandogli la via libera.
« Presto » ripeté Riddle mentre si lasciava la Camera e il mostro che la abitava alle spalle.


 
***


 
02 Marzo 1943 Prato di Hogwarts
 
Riddle accarezzava pigramente la pelle squamosa del serpente mentre un raggio di sole si faceva strada tra le nuvole sparse per infrangersi proprio sulla sua mano. Era una biscia, una comune ed innocua biscia di media lunghezza, e il suo sibilo estatico gli risuonava nelle orecchie come una nenia. Se si fosse trattato di un gatto in quel momento avrebbe fatto le fusa.
Si trovava nel prato di Hogwarts, la sua figura era malamente celata da un platano rinseccolito, e il vento gli arruffava i capelli, scompigliandoli sulla fronte. Faceva ancora fresco ma era una bella giornata, o forse era solo il fatto di essere riemerso dal buio della Camera che gli faceva sembrare il tutto più luminoso. Se solo ripensava a quello che era successo solo poche ore prima la sua mente andava in subbuglio.
Ce l’aveva fatta. Aveva scoperto il segreto del suo antenato, era penetrato nelle viscere del castello, aveva aperto la Camera.
Ce l’ho fatta.
E adesso una creatura micidiale e bellissima era in suo potere, in attesa dei suoi comandi. Certo, era stato meno semplice del previsto e per una manciata di minuti aveva creduto che la situazione gli sarebbe scivolata di mano ma era il risultato a contare. E in quel momento Tom si sentiva come se una piccola parte dei suoi immensi progetti di gloria si fosse realizzata.
Sai perché ti obbediscono, ragazzino?
La voce sinuosa del Basilisco risuonò nelle orecchie. La biscia puntava i suoi occhi – neri ed adoranti – su di lui, quasi non esistesse altro al mondo.
La tua voce. La voce di un Rettilofono è quanto di più seducente ed ammaliante possa esistere per un serpente…
La biscia aveva iniziato ad attorcigliarsi intorno al suo polso, risalendo pigramente l’avanbraccio.
…è come un canto ipnotico… farebbero qualsiasi cosa pur di ascoltarla ancora…
« Tom? »
Sussultò talmente bruscamente da spaventare il serpente che si voltò in direzione della fonte del rumore, sibilando minaccioso. Roxanne lo fissava a pochi passi di distanza, i denti bianchi che mordevano il labbro inferiore, il corpo che sembrava affogare nel mantello troppo largo.
Maledizione.
Fu tutto quello che riuscì a pensare mentre i suoi occhi saettavano dal volto di Roxanne alla biscia ancora saldamente avvinghiata al suo avambraccio.
 Non avrebbe dovuto assistere a quella scena. Nessuno avrebbe dovuto, ma l’eccitazione per la scoperta della Camera lo aveva reso imprudente. E adesso l’Altgriff si godeva lo spettacolo di lui che si scambiavano effusioni con un serpente. Probabilmente era solo per lo shock che non aveva ancora iniziato ad urlare come una pazza.
« Oh, non devi sentirti a disagio » mormorò quella con un sorriso incerto. « Per il serpente, intendo».
« Prego? » disse accorgendosi che la sua salivazione era azzerata.
« Posso… avvicinarmi? Non mi sembra molto felice della mia presenza » aggiunse osservando curiosa il rettile.
Aveva smesso di sibilare ma non distoglieva lo sguardo da Roxanne, le narici dilatate per sentirne l’odore.
« Non è velenoso » chiarì Riddle mentre quella si avvicinava con movimenti lenti, come se temesse di indispettirlo ulteriormente.
«  Preferirei comunque non essere morsa » rispose arricciando le labbra in una smorfia.
Le labbra di Tom si aprirono in un sorriso condiscendente mentre la Grifondoro si sedeva a gambe incrociate in un rettangolo d’erba poco distante.
« E così anche a te piacciono i serpenti, Altgriff? Non l’avrei mai detto ».
Fece il gesto di posare la biscia per terra mentre gli occhi di Roxanne non si staccavano un attimo da lui.
« Da quando sono tornata Altgriff? » chiese ma il tono era giocoso, non arrabbiato. « Se devo essere sincera non sono fra i miei animali preferiti… Ma sono affascinanti a modo loro ».
« Questo vuol dire che non trovi ributtante la mia abitudine di giocare con animali disgustosi? » domandò alzando un sopracciglio.
Non poteva negare che quella ragazza fosse una continua sorpresa. Gli occhi di Roxanne si fecero attenti e il tono con cui gli rispose fu insolitamente più dolce del solito:
« Non ci vedo niente di disgustoso nel farsi qualche amico in più. Anche se si tratta di un amico… strisciante ».
La frase voleva essere ironica ma Tom si trovò a distogliere lo sguardo. L’Altgriff non poteva sapere quanto era andata vicina alla verità.
Per tutti i lunghi anni passati nell’Orfanotrofio le vipere sono state la cosa più vicina a degli amici che abbia mai avuto.
La biscia continuava a fissarli, seminascosta fra l’erba, ma per niente intenzionata ad andarsene. Avrebbe voluto intimargli di sparire e tornarsene nella sua tana ma Roxanne era troppo vicina e l’avrebbe sentito parlare il Rettilofono. Stava per scacciarla con le mani, quando quella, inaspettatamente, lo fermò.
« Oh no, non farlo! » esclamò afferrando la manica della sua veste. « Non mi dà fastidio, davvero… Non mandarla via per me ».
Tom le lanciò un’occhiata scettica.
« Credevo che avessi paura che ti mordesse » la prese in giro.
Un sorriso birichino le si dipinse sulle labbra.
« Non se ci sei tu a controllarla ».
« Controllarla? » ripeté con una smorfia di incredulità. « Mi hai preso per una specie di incantatore di serpenti, Ro? »
Il sorriso non accennò a cancellarsi dalla sua faccia mentre una luce strana le brillava negli occhi.
« Qualcosa del genere, sì » gli rispose facendosi più vicina.
Istintivamente Tom si irrigidì.
« Non capisco che cosa vorresti dire » mormorò cercando di leggere la risposta sul suo volto.
Roxanne parve titubare un attimo, come indecisa se parlare o meno.
« Tu… riesci a comunicare con loro, non è vero? » chiese infine con il tono di una bambina curiosa.
« C-cosa? » annaspò strabuzzando gli occhi.
« Be’ non so se si possa proprio considerare una conversazione… Comunque sia loro capiscono cosa gli vuoi dire, giusto? »
« Non so di cosa tu stia parlando». Il suo tono era gelido come il vento boreale. « Non è possibile ,neppure per un mago, dialogare con gli animali e… »
« Con gli animali, no. Con i serpenti sì... Almeno se sei un Rettilofono ».
Per  un attimo Riddle socchiuse gli occhi, traendo un profondo respiro. Quel poco colore che aveva era definitivamente defluito dalle sue guance, lasciando pallido come un morto.
« Che cosa ne sai tu dei Rettilofoni? E che cosa ti fa pensare che io lo sia? »
La sua voce era ruvida e sprezzante ma non poteva curarsi del tono in quel momento. Non quando si stava già sforzando per trattenersi dall’impulso di Schiantare l’Altgriff e farle obliare tutta quella conversazione.
« Non molto in realtà » rispose scrollando le spalle. « Potrei aver letto qualche libro al riguardo ma un conto è la teoria… la pratica è tutta un’altra storia ».
« E per quale motivo, di grazia, tu avresti dovuto leggere dei libri sull’argomento? »
Questa volta lo sguardo di Roxanne fu diretto e sfrontato, senza un velo di indecisione.
« Il motivo sei tu, in realtà ».
« Io? »
Il suo stupore doveva essere evidente visto che le guance della Grifondoro si colorarono di un lieve rosato.
« Siamo vissuti nello stesso Orfanotrofio Riddle, ricordi? »
« È una cosa che riesco difficilmente a rimuovere. Ma non vedo cosa c’entri questo con l’incredibile capacità che mi attribuisci ».
« Be’ i bambini parlano » rispose attorcigliandosi una ciocca intorno alle dita. « E allora non eri così attento a nascondere questa tua abilità come adesso ».
« Quindi sarebbero stati dei mocciosi a raccontarti questa storia su di me? » chiese scettico.
Roxanne gli lanciò una breve occhiata da sotto le ciglia prima di distogliere lo sguardo.
« Dicevano che parlavi in una lingua sconosciuta. Che ti eri inventato un linguaggio tutto tuo, fatto di soffi e sibili… e che lo bisbigliavi contro le serpi per aizzarle…».
Roxanne si interruppe, come turbata da quel racconto.
« Non è un racconto molto lusinghiero ».
Il sorriso che si dipinse sul suo volto era amaro.
« Ve ne erano di peggiori. Molti bambini erano terrorizzati da te » ammise scrollando le spalle. «Non vi avrei dato più di tanto peso se non fosse…»
« Se non fosse? » la esortò a continuare.
« Se non fosse che ti ho vista io stessa, più volte » rispose giocando con la catenina. « Ti guardavo dalla finestra giocare in giardino, passare pomeriggi interi ad ammaestrare le serpi. La signora Cooper non ne era molto contenta, vero? » chiese con un mezzo sorriso. « Per questo dopo un po’ hai iniziato a nascondere questa tua capacità… »
Riddle inarcò un sopracciglio.
« Mi spiavi, Ro? È questo che stai cercando di dirmi? »
L’Altgriff si girò ad osservarlo, sorpresa e un po’ imbarazzata da questa deduzione.
« Non è così… Non proprio. Gli altri bambini pensavano che tu ti fossi inventato quei suoni per spaventarli ma io sapevo che non eri uguale a tutti gli altri, che non poteva essere liquidato come un semplice bisogno di attenzioni. Sapevo che tu ed io potevamo fare cose incredibili e… ero curiosa. Forse anche un po’ gelosa » confessò inclinando la testa. « Io non ero mai riuscita a dialogare con nessun animale. Credo di aver persino provato un paio di volte ad imitarti: con il risultato che manca poco la vipera mi azzanna il polpaccio ».
Se sperava di riuscire a strappargli un sorriso, rimase delusa. Non si era mai sentito così lontano dalla voglia di ridere.
« Ehi senti, se non ne vuoi parlare, non importa. Fai conto che non abbia mai detto niente. Trovo solo assurdo che per via della Cooper o di qualche sciocco pregiudizio tu debba nascondere questa tua capacità, tutto qui »  continuò raggomitolando le gambe al petto.
« Sei curiosa, Ro? » le chiese con un tono di voce strano, gutturale.
La Grifondoro annuì, un velo di diffidenza nello sguardo.
« E dimmi… saresti in grado di tenere questo segreto per me? »
Ogni traccia di diffidenza scomparve dai suoi occhi.
« Sì » rispose senza esitazione.
I secondi che trascorsero parvero non finire mai. Riddle dischiuse le labbra lentamente ma quando parlò la sua voce era ferma.
« Vieni da me ».
I suoi occhi fissavano la serpe e questa non esitò ad obbedire, strisciando di nuovo intorno alla sua mano protesa.
« Incredibile » bisbigliò Roxanne, sgranando gli occhi.
Le scrutò attentamente il viso, in cerca di un segnale rivelatore del suo disgusto. Non ne trovò, la Grifondoro pareva solo sinceramente impressionata dalla sua abilità.
Credevo di essere un Legimante migliore di così.
« Stai ferma » sussurrò in Serpentese. « Puoi toccarla, se vuoi » aggiunse bevendosi la reazione di Roxanne. « Non ti farà niente ».
La vide deglutire e allungare la mano con una lieve incertezza. La serpe fra le sue dita sibilava esprimendo tutto il suo disappunto: era chiaro che l’idea di essere accarezzata dalla Grifondoro come se fosse un tenero micetto la indisponeva alquanto. Riddle ignorò il disappunto della creatura, concentrandosi solo su Roxanne e sulla punta dei suoi polpastrelli. Quando essi sfiorarono la pelle fredda del rettile gli parve che ad essere toccato non fosse stata la biscia ma una parte oscura del suo essere.
« Però » esordì l’Altgriff con un sorriso. « Non è così male. Pare che gli piaccia ».
Aveva preso sicurezza e adesso faceva scorrere l’indice dalla testa alla coda.
« In realtà ti detesta » le rivelò facendola ridere.
« Pensi che sia una cosa che si può insegnare? » gli chiese sollevando il capo e fissandolo dritto negli occhi.
Aveva un ciuffo birichino che le ricadeva continuamente sulla fronte, per quanto lei cercasse di metterlo a posto.
« Che cosa? »
Si era fatta più vicina, adesso le loro spalle si sfioravano e le loro ombre si erano fuse insieme.
« Il Serpentese. Magari se imparassi a parlarlo, gli risulterei più simpatica ».
Se credeva che niente in quella giornata avrebbe più potuto sconvolgerlo, evidentemente si sbagliava.
« Tu… vorresti parlare con i serpenti? »
 
 
***
 
02 Marzo 1943 Hogwarts, Sala Comune Grifondoro

Erano secoli che la Sala Comune non era così deserta.
Non che vi avesse passato molto tempo ultimamente.
Sybil allungò le gambe, mettendosi comoda nel divanetto. Quasi tutti erano usciti, smaniosi di approfittare dei primi, timidi, raggi di sole. Lei invece era la solita asociale che preferiva rimanere ben al calduccio di fronte al camino, con sulle ginocchia il tomo di “Creature Magiche: come trovarle”.
Bentornata cara e vecchia normalità.
Aprì il libro, immergendosi completamente nella lettura al punto di non accorgersi quasi del rumore di passi strascicati lungo il corridoio.
« Sybil!»
La voce di Septimus la fece trasalire bruscamente.  Si tirò a sedere di scatto mentre il libro rovinava con un rumore sordo ai suoi piedi.
Perfetto.
Pensò mentre il familiare rossore le tingeva le gote.
« S-sept » balbettò in difficoltà.
« Non dirmi che ti ho spaventato » disse con quel mezzo sorriso che la faceva sciogliere.
«Uh, beh… forse un pochino…» rispose con la sua solita, immancabile, loquacità.
Quella volta però anche Weasley sembrava diverso dal solito, nervoso. Forse era il modo in cui lo fissava o il fatto che dondolava la scopa avanti indietro…
Scopa?
« Quella è una Comet 180? » chiese senza riuscire a trattenersi.
Lo sguardo con cui Septimus la degnò era pieno di scetticismo.
« Te ne intendi di Quidditch? »
« Un po’ » disse scrollando le spalle.
« E tifi per…»
« I Chudley Cannons, naturalmente » rispose senza dargli neanche tempo di finire.
Un sorriso a trentadue denti si dipinse sul volto del rosso. Se non ci fosse stato l’argomento Quidditch a distrarla, probabilmente  sarebbe già andata in iperventilazione.
« Non sapevo tu fossi un’appassionata! Io mi sto allenando, il prossimo anno vorrei fare i provini come Cacciatore…»
« Dovresti dare una spuntata a quei rametti. Quelli lì, sulla sinistra… avresti maggiore stabilità ed eviteresti di sbandare quando curvi »
Inarcò il sopracciglio, appoggiandosi al bracciolo.
« Come fai a sapere che sbando? »
Ops.
« Uh, be’… Te l’ho detto, mi piace il Quidditch… A volte guardo gli allenamenti oltre che le partite…»
Non proprio tutti gli allenamenti. I tuoi sì, però.
« Strano, non mi pare di averti mai visto sulle tribune ».
Ok, adesso era sicura che stava andando a fuoco.
« Li guardo dalla Gufiera, di solito » affermò appuntando lo sguardo sul bracciolo della poltrona. « Non mi piace stare in mezzo alla gente » aggiunse per giustificarsi.
« Oh, ma non c’è quasi mai nessuno a vedere gli allenamenti! » esclamò sorridente.
Ci sei tu.
E vorrei evitare di sembrare una stalker.
« Magari qualche volta potresti farmi compagnia. Così mi dai anche qualche dritta » aggiunse passandosi la mano fra i capelli.
Il rumore sordo che fece il suo cuore nel petto aveva un che di innaturale.
« C-certo » fece appena in tempo a biascicare.
« Anzi, ti va di venire adesso? Volerò un’oretta nemmeno, giusto per tenermi in esercizio! Se vuoi te la faccio provare » aggiunse indicando la scopa.
Se le gambe si decidessero a collaborare invece di restare paralizzate, magari...
Annuì, la salivazione azzerata e il cervello paurosamente vuoto.
Ma sulla scopa non ci salgo. Agitata come sono, non riuscirei neanche a spiccare il volo.
 

 
***



Non andava.
Non andava per niente.
Era rimasto quasi due ore sul prato ad insegnare il Serpentese a Roxanne e a trattenere la biscia dall’azzannarla per i soffi striduli che le uscivano dalla labbra.
Come se una cosa del genere si potesse apprendere.
Ma il vero problema non era l’enorme perdita di tempo.
È che adesso Roxanne sa che sono un Rettilofono.
Un’informazione del genere, proprio ora che aveva aperto la Camera era semplicemente troppo pericolosa. Non appena avesse sguinzagliato il Basilisco per Hogwarts, i vecchi e cari pregiudizi sarebbero riemersi.
Persino lei che essendo cresciuta nell’orfanotrofio non sembra farci troppo caso… Parlare il Serpentese è il segno distintivo dei maghi oscuri e naturalmente dell’erede di Salazar.
Non le ci vorrà molto per fare due più due.
Doveva pensare a una soluzione e in tutta fretta.
Tom appoggiò la fronte al vetro, la bacchetta fra le sue dita che sprizzava scintille di frustrazione. La sera stava calando sul prato di Hogwarts, dalla sua stanza poteva vedere uno scorcio della Foresta Proibita che veniva lentamente ma inesorabilmente inghiottita dalle tenebre.
Devo trovare un capro espiatorio.
Forse avrebbe potuto addossare la colpa ad uno dei suoi leccapiedi. Nott o Rosier, l’Altgriff odiava abbastanza entrambi da crederli capace di una cosa del genere.
Hanno famiglie troppo influenti. Potrebbe essere più difficile del previsto.
Una scintilla più accesa delle altre colpì la mattonella ai suoi piedi, lasciando una fievole scia di fumo.
Maledizione.
La soluzione si materializzò lì, di fronte ai suoi occhi, sotto forma di una caracollante ombra scura che si avvicinava alla Foresta Proibita con fare furtivo. Il mantello scuro con cui era avvolta non riusciva neanche in minima parte a celarne l’enorme stazza.
Un sorriso affilato si dipinse sul volto diafano di Riddle mentre un piano prendeva forma nella sua mente. Afferrò il mantello gettato sulla sedia e allacciò gli alamari continuando a sorridere.
Uscì dalla stanza la mente già proiettata verso la Gufiera.
È ora di mettersi in contatto con Sinister.
 
 
 
Note:
1. Citazione di “Harry Potter e la Camera dei Segreti”.
 
 
 
 
Ehm… ciao a tutti!
Non so bene che dire, sono più o meno secoli che non aggiorno e faccio sinceramente schifo. Immagino che i più abbiano già messo (giustamente) questa storia nel dimenticatoio, ma nel caso ci fosse ancora qualche coraggioso, con un’infinita pazienza… non ho mai avuto intenzione di lasciarla incompiuta. In realtà mi sono laureata la settimana scorsa e scrivere la tesi è stato un parto che mi ha tolto la voglia di dedicarmi alle ff o in generale di frequentare questo sito.
In compenso adesso sono laureata e con un bel po’ di tempo libero quindi spero di non comportarmi mai più in modo così vergognoso.
Quanto al capitolo… ma chi sarà mai questo grosso caracollante capro espiatorio? XD
Passo ai ringraziamenti: grazie di cuore a frostfawkes, Esthei-Thanatos, Giulsl93, _Sandra_, Erodiade, Flux, Morgana_D, DocHL, ondina94, alesmiley, migmat, SylviaGreen, Maliktious. Ovviamente non sono solo indietro nell’aggiornare ma anche nel rispondere, cercherò di mettermi in pari :’(
Un grazie particolare a chi mi ha scritto in provato per incoraggiarmi a continuare (in particolare a Malfy <3). 
Un saluto e un bacio (sperando di non ricevere maledizioni)
Elpis
 

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Capitolo 31
*** Vuoto ***


Riassunto dei capitoli precedenti:

Tom è finalmente riuscito ad aprire la Camera ma il Basilisco si è rivelato meno docile di quello che si sarebbe aspettato. Nel frattempo Roxanne continua a mostrare una curiosità per la sua vita e il suo passato che al contempo lo intrigano e spaventano, per questo decide di crearsi un capro espiatorio qualora il segreto della Camera venisse rivelato. E chi meglio del credulone Hagrid e della sua passione per le Acromantule?  Quanto alle gemelle, finalmente il loro rapporto sembra essere tornato alla normalità e, dopo che Eloise ha rivelato a Septimus la cotta di Sybil, questo pare essersi accorto della sua esistenza.





Vuoto
Capitolo 30
 
 

 
 
Un corpo immenso, basso e peloso, e un groviglio di zampe nere;
 il bagliore di una miriade di occhi
e un paio di chele taglienti come lame di rasoio (1).
 
 
 
 
 
12 Marzo 1943 Campo di Quidditch, Hogwarts
 
« Andiamo Sybil! Lo so che muori dalla voglia di fare un giro ».
Septimus si fermò a mezz’aria, urlando per farsi sentire al di sopra dell’ululato del vento.
L’espressione bramosa con cui la Knight osservava la scopa era inequivocabile.
Sembra Hag di fronte a un cucciolo di centauro. 
La vide aprire bocca e per un attimo pensò che avrebbe capitolato. Invece il suo volto si rabbuiò mentre le mani tormentavano il mantello.
« M-magari la prossima volta » fu la frase che le uscì dalle labbra.
Sept planò a terra, sollevando un nugolo di polvere.
« Dici sempre così » le rispose fingendosi imbronciato. « Quando sarà quella buona? »
Lei deglutì, distogliendo lo sguardo.
Ormai erano diversi giorni che lo accompagnava agli allenamenti e mai una volta che fosse riuscito a convincerla a salire sulla scopa. Se non fosse per il modo attento e quasi smanioso in cui la fissava, avrebbe pensato che avesse paura.
Come a conferma dei suoi pensieri, un soffuso rossore le incendiò le guance.
Perché arrossisce? Non ha motivo di vergognarsi.
Be’ ovviamente salvo che Isy avesse ragione e Sybil avesse un cotta per lui… Ma contando che a malapena lo fissava negli occhi, iniziava a pensare che le parole della rossa fossero state solo uno scherzo di cattivo gusto.
« Io… è da tanto che non tiro fuori la mia scopa, avrebbe bisogno di un po’ di manutenzione prima di potermi mettere in volo » biascicò mentre gli occhi di Sept si sgranavano.
« Non mi avevi mai detto di avere una scopa! »
« Non la uso quasi mai » disse a mo’ di giustificazione. « Mi vergogno a volare di fronte ad altri ».
« Ma adesso non c’è nessuno » rispose lui scostandosi con uno sbuffo una ciocca troppo lunga. « Posso prestarti la mia ».
Un lampo di terrore attraversò gli occhi di Sybil.
« No! » rispose precipitosamente. « Voglio dire… » cercò di rimediare « e se dovessi cadere o sbattere contro qualcosa? »
C’era una tale ansia nel suo tono di voce che Septimus si corrucciò la fronte.
« Avevo capito che sapevi volare… È questo il problema? Sei una principiante? » domandò con tono gentile.
La vide scuotere la testa, i boccoli biondi che saltavano su e giù come tante piccole molle.
«  È un po’ più complicato di così » rispose riluttante.
Il rosso rimase in silenzio, aspettando che lei finisse la frase.
Sembra un animaletto spaventato.
Se c’è una cosa che gli appostamenti con Hag mi hanno insegnato è che di fronte a una creatura timida, non si devono mai manifestare segni di impazienza.
« Io… volo tranquillamente quando non c’è nessuno a guardarmi. Ma quando non sono sola… Non so, mi blocco » esalò alla fine lanciandogli uno sguardo timoroso. Forse temeva che lui la deridesse o sminuisse la sua preoccupazione. « Allora ho paura che non riuscirei nemmeno a salirci sulla scopa, figuriamoci prendere il volo! »
« Ma come ti ho detto adesso non c’è nessuno a guardarci. Siamo soli io e te » mormorò cercando di risultare incoraggiante.
A giudicare da come Sybil indietreggiò quelle parole non parvero convincerla molto.
Porca Morgana se le ragazze sono complicate.
« Forse dovresti provare un approccio graduale per vincere le tue paure » aggiunse dopo un attimo di silenzio.
D’altronde la testardaggine era nei suoi geni Weasley.
A quelle parole Sybil alzò lo sguardo da terra, fissandolo incuriosita. Sept si librò in volo, annullando la distanza che li separava e parandosi proprio di fronte a lei.
« Salta su » la invitò con un sorriso.
L’espressione di Sybil fu quasi comica. Prima che potesse accampare altre scuse, la precedette:
« Monta dietro, avanti. Sarò io a guidare, tu devi solo reggerti forte. Così non c’è pericolo di fare una figuraccia » aggiunse strizzandole l’occhio.
« Io… n-non saprei…» balbettò quella mentre il rossore le rendeva le gote di un rosso ciliegia.
Era carina così, con i capelli scompigliati dal vento e gli occhi accesi dallo stupore. Senza pensarci troppo, Septimus allungò la mano verso di lei.
« Ti fidi di me? »
Per un lungo istante lei non rispose e pensò di aver fatto di nuovo la mossa sbagliata.
Quando Syb posò la mano sulla sua con un sorriso timido sulle labbra, Septimus si stupì della strana morsa che provò all’altezza del petto.
 

 
***
 
 
12 Marzo 1943, Sotterranei di Hogwarts
 
Crack.
La prima, sottile, crepa increspò la superficie del guscio.
Hagrid la fissò estasiato, cercando di trattenere l’eccitazione. Gli sarebbe piaciuto aiutare la creatura ad uscire dall’uovo ma sapeva che così facendo l’avrebbe solo indebolita.
Devi cavartela da sola, piccolino. Ma appena sarai fuori, ci penserà papà Hagrid a te.
Ancora non riusciva a credere all’enorme fortuna che aveva avuto.
Trovare quell’avventuriero dentro il negozio di Sinister era stata una manna dal cielo. Già conoscere qualcuno che nutriva la sua stessa passione per le creature fantastiche era un qualcosa di raro. Certo, i maghi erano continuamente costretti a relazionarsi con esse, ma lo facevano con un’aria di sufficienza e superiorità che aveva sempre trovato ridicola.
Magari è perché in parte sono anch’io una di quelle creature. Essere per metà mostro, immagino che mi faccia vedere le cose in modo diverso dagli altri.
Il mago che aveva incontrato da Sinister, però, era di una pasta diversa. A lui le creature magiche piaceva davvero, al punto di desiderare di crescerne una nonostante i divieti e le leggi della Comunità magica.
Crack.
Un’altra crepa, stavolta più grande. Le grosse manone di Hagrid tremavano per l’eccitazione.
Acromantula.
Quella parola rimbombava fra le pareti della sua mente come un suono celestiale.
Philip, così gli sembrava si chiamasse il tipo incappucciato, doveva aver fatto i salti mortali per importare a Londra una specie così rara ed esotica. Poteva solo immaginare il suo disappunto quando si era reso conto di non poter offrire alla creatura l’habitat per crescere al meglio.
Per mia fortuna.
Sono bastate un paio di Burrobirre per convincerlo che io ero il mago adatto a crescere questo cucciolino.
Il crack successivo fu più potente degli altri e rimbombò fra le pareti dei Sotterranei. Una sottile zampa, coperta di ispidi peli neri, fece capolino fra i gusci spezzati.
Hagrid restò a fissarla in adorazione mentre l’Acromantula lottava per liberarsi definitivamente dei residui dell’uovo.
È bellissima.
Fu tutto ciò che riuscì a pensare una volta che la creatura si fu rizzata in piedi di fronte a lui. 
Hagrid contò otto lunghe, arcuate, zampe, otto occhi famelici e rossi come il fuoco e una doppia fila di mandibole. La creatura era ancora umida, pregna del liquido in cui era immersa nell’uovo. Sembrava disorientata e si guardava freneticamente intorno. Quando i suoi molti occhi incontrarono quelli di Hagrid, fece schioccare le mandibole con un rumore ritmico.
Mi riconosce. Sa che sono quello che si è preso cura di lei.
« Non aver paura. Mi occupo io di te » mormorò con tono estatico.
L’Acromantula continuava a fissarlo ma il suono della sua voce pareva averla calmata.
È l’unica cosa che sente da una settimana, in fondo. L’ho cullata spesso mentre era ancora nell’uovo.
Rubeus provò una sensazione spiacevole, un sottile brivido lungo la schiena, come se…
Come se qualcuno mi stesse fissando.
Si girò, scrutando attentamente le ombre. Il corridoio era deserto ma il suo istinto continuava a dirgli di stare allerta. Scrutò l’Acromantula che fletteva le zampe, producendo un flebile rumore. Se qualcuno all’interno del castello si fosse accorto della sua presenza, non osava immaginare che cosa le avrebbero fatto.
« Avanti, piccolino, vieni qui » mormorò indicando uno scatolone che si era portato dietro per l’occasione. Una sottile inquietudine aveva iniziato ad attorcigliargli le viscere.
L’Acromantula lo fissò senza reagire. Alla fine, lentamente, sporse le sue zampette verso il bordo della scatola.
« Bravo, così. Lo so che ti piacciono gli spazi stretti e bui » disse in tono rassicurante mentre la creatura si raggomitolava dentro la scatola.
All’interno adesso si scorgeva solo un groviglio di zampe e mandibole ma gli occhi dai bagliori rossastri brillavano anche nelle tenebre dei Sotterranei.
Hagrid fece rapidamente sparire i gusci di uovo e issò la scatola sotto il braccio.
« Ti chiamerò Aragog » aggiunse mentre si incamminava verso un rifugio sicuro. « Che ne dici, piccoletto? »
Chiuse dentro il loro nuovo rifugio, le mandibole dell’Acromantula chiocciarono per la soddisfazione.
 

 
***
 
 
L’orlo del mantello di Tom frusciò sul pavimento mentre il suo proprietario si ritirava nell’ombra.
C’è mancato poco che quello stupido bestione mi vedesse.
Tendeva a sottovalutare le capacità di Rubeus.
Fortunatamente non la sua idiozia quando si parla di creature magiche.
Un sorriso aguzzo gli si dipinse sulle labbra mentre i suoi piedi percorrevano i Sotterranei senza far rumore.
Finalmente le cose stavano andando come dovevano. Con Hagrid come capro espiatorio, presto avrebbe potuto sguinzagliare il Basilisco per Hogwarts.
Un brivido di eccitazione gli percorse la spina dorsale. Era sceso nella Camera la sera precedente, portando grossi pezzi di carne trafugati dalle cucine. Il Basilisco si era avventato su di essi con voracità, quasi strappandoglieli di mano. La creatura pareva essersi abituata alla sua presenza ma ciò non lo rendeva meno impaziente.
Sono secoli che è chiuso in quel buco fetido. Non riuscirò a trattenerlo ancora per molto.
Non che avesse importanza naturalmente. Le Acromantule crescevano in fretta: presto avrebbe potuto sguinzagliare la sua creatura per Hogwarts.
E se mai qualcuno dovesse insospettirsi…Be’ finalmente l’esistenza di Rubeus acquisterebbe un senso.
Riddle salì la lunga scalinata a chiocciola, saltando uno scalino fallace ed ignorando i commenti chioccianti delle dame dei quadri.
Vecchie ciabatte. Sembra che non vedano un mago da secoli.
Pensò scocciato. Aveva ancora un’ora prima della lezione di Incantesimi ma sapeva che non avrebbe fatto in tempo a scendere nella Camera. Era troppo rischioso e anche se adesso aveva una copertura, non poteva mostrarsi imprudente…
I suoi pensieri si interruppero, come una matassa di filo recisa, mentre un suono argentino risuonava tra le pareti.
Una risata. Una risata familiare.
Roxanne.
Lo intuì ancor prima di scorgerla, appoggiata in modo distratto alla finestra con accanto le gemelle Knight.
Vederle insieme dopo tutto quello che era successo, gli fece uno strano effetto. Per un attimo, fu come essere tornato indietro nel tempo, a quando chiamava l’Altgriff manico di scopa e si scambiavano occhiate di altezzosa indifferenza ogni volta che si incrociavano per i corridoi.
Le parole del suo antenato, le ultime frasi vergate in chiusura del suo diario, gli si disegnarono curiosamente nella mente.
 
Morirò. Di me non resterà che odio e polvere. La vita in me si spegnerà senza che io sia riuscito a stringerla fra le braccia per una sola volta in tutti questi anni… senza che sia mai riuscito a dirle quanto l’ho amato, quanto la amo, quanto la amerò anche nella tomba. Tutto cadrà nell’oblio e presto il mondo si dimenticherà di me, numero fra i numeri.
Morirò e sarò solo nella morte come lo sono stato nella vita.
Al punto che forse non saprò distinguere fra il vuoto a cui vado incontro e quello che mi lascio alle spalle.
 
Forse sentendo il suo sguardo su di sé, Roxanne voltò il capo nella sua direzione. Quando lo scorse, il suo viso si aprì in un sorriso.
« Tom! » esclamò venendogli incontro.
Si fermò a pochi passi di distanza da lui. Non lo baciò, non si baciavano mai in pubblico. Era una sorta di convenzione tacita fra di loro.
« Dove stavi andando? » gli chiese inclinando leggermente il capo.
« Da punte parti » le rispose alzando le spalle. « Ho un po’ di tempo libero prima della prossima lezione. Mi fai compagnia? »
Un ricciolo era fuggito dall’acconciatura, ricadendole sulla fronte. Istintivamente Tom glielo mise dietro l’orecchio, sfiorandola appena.
Un sorriso di scusa si dipinse sulle labbra dell’Altgriff.
« Mi piacerebbe ma sono con Syb ed Eloise…»
« Sybil! »
Il grido preoccupato di Eloise interruppe le sue parole. Tom si voltò appena in tempo per scorgere la Knight che scivolava per terra, come senza peso. Roxanne restò paralizzata per un attimo, prima di precipitarsi al suo fianco.
La bionda era riversa per terra, il corpo rigido e scosso ogni tanto da quelli che parevano spasmi, le palpebre rovesciate all’indietro.
Che scocciatura.
Rimase ad osservare quella scena, cercando di nascondere il palese disgusto. Quell’ameba della Knight era in grado di infastidirlo quasi più della rossa.
« Che le sta succedendo? »
La voce di Roxanne era venata di preoccupazione.
« Io… io credo sia solo svenuta » rispose Eloise mentre sosteneva la testa della gemella, accucciata al suo fianco.
« Dici? Allora perché fa così? » domandò alludendo al corpo in tensione e agli scatti.
« Non saprei… » disse proprio mentre Syb pareva acquietarsi e il suo respiro tornava regolare. « Syb? » la chiamò provando a scuoterla delicatamente.
Con un flebile sospiro quella aprì gli occhi, guardandosi intorno disorientata. Il tutto era durato una manciata di minuti ma l’Altgriff sembrava essere spaventata a morte. Tom continuò ad osservare la scena anche se lei pareva essersi dimenticata della sua presenza.
Che perdita di tempo.
L’istinto gli suggeriva di dileguarsi per i corridoi ed andare in Biblioteca a fare qualcosa di costruttivo. Si trattenne, perché sapeva che allontanarsi in un momento simile gli sarebbe valsa l’occhiata di disprezzo di Eloise e la delusione dell’Altgriff.
A poco a poco sembrava che Sybil si stesse riprendendo. Si era tirata a sedere e, anche se continuava a guardarsi intorno spaesata, un po’ di colore era tornato ad affluirle alle guance.
« Come ti senti? » le chiese Roxanne con un tono di voce dolce che Tom non le aveva mai sentito usare quando si rivolgeva a lui.
« B-bene » balbettò quella. « Scusate, si deve essere trattato di un calo di pressione » aggiunse  toccandosi la fronte.
Eloise lanciò alla gemella una lunga, penetrante, occhiata. Per un attimo gli parve che Syb avesse annuito impercettibilmente, ma subito dopo si convinse di esserselo immaginato.
« Posso fare qualcosa? » domandò sincerandosi di assumere un tono di voce preoccupato.
L’occhiata smarrita di Sybil e quella intrisa di disprezzo di Eloise furono più che sufficienti come risposta.
Perlomeno Ro sembra aver apprezzato la mia finta premura.
« Ti accompagno al Dormitorio » disse Isy decisa, aiutando la gemella a rialzarsi.
« Non dovrebbe farsi vedere in Infermeria? » domandò Roxanne, l’espressione ancora preoccupata.
Le gemelle si scambiarono un rapido sguardo.
« No » rispose Eloise decisa. « È stato solo uno svenimento, scommetto che ha voglia di riposare un po’. Vero, Syb? »
L’interpellata annuì, con un sorriso tirato.
« Devo aver mangiato poco a pranzo » aggiunse a mo’ di spiegazione.
« Vi accompagno » cedette Roxanne.
« Non importa. Vai pure con Riddle ».
Il tono con cui Eloise pronunciò il suo nome era di malcelato disgusto. Tom le rivolse un largo sorriso in risposta, cosa che la fece ulteriormente indispettire.
« Ma no, che dite…» provò ad opporsi questa ma venne bruscamente interrotta.
« Ci vediamo dopo in Sala Comune, ok? » disse Eloise sospingendo delicatamente la gemella verso le scale.
Tom le osservò allontanarsi, Roxanne con la mano ancora protesa come indecisa se richiamarle o meno.
« Mi fai compagnia, Ro? » le chiese con voce rauca mentre l’ultimo lembo del mantello di Eloise spariva dietro l’angolo.
 

 
***
 
 
« È successo di nuovo, vero? »
Sybil era appoggiata al muro, la parete fredda la sosteneva e donava refrigerio alla sua pelle ancora accaldata.
Si limitò ad annuire, la spiacevole sensazione di claustrofobia ancora annidata alle viscere.
« Hai avuto… una visione? » sussurrò Eloise a bassa voce, scrutandola con quel modo di fare preoccupato che la metteva in soggezione.
Non rispose, stropicciandosi gli occhi e inspirando profondamente. La mano calda della gemella si posò sulla sua spalla.
« Va tutto bene, Syb. Non se n’è accorto nessuno » provò a rassicurarla.
Si sforzò di annuire, anche se in quel momento il fatto che Rox o Riddle scoprissero il suo segreto era l’ultima delle sue preoccupazioni.
Rimasero in silenzio per un po’, la mano di Eloise ancora a contatto della sua pelle, il ritmo regolare del suo respiro che la tranquillizzava.
« Che cosa hai visto? »
Si sforzò di non irrigidirsi mentre un brivido le attraversava la spina dorsale.
« È stato quando Rox è corsa incontro a Riddle. È stato come… come se il resto si dissolvesse » mormorò inghiottendo un grumo di ansia e saliva. « Sono rimasti loro due, lo sfondo è diventato bianco».
La smorfia di disgusto di Eloise sarebbe stata comica se non fosse che in quel momento non aveva punta voglia di ridere.
« Nella tua visione hai visto Tom e Rox insieme per sempre? » quasi urlò strabuzzando gli occhi. « Che schifo ».
Sybil scosse la testa, i boccoli che le solleticavano le guance e le ricadevano sulla fronte.
« No. Cioè forse all’inizio era così, sembrava che stessero bene ma poi… » la voce le si spezzò, incapace di continuare.
« Poi? » la incalzò Eloise, ogni traccia di ironia scomparsa dal suo tono.
« Succedeva qualcosa a Rox. Non so dirti cosa, è stata una sensazione stranissima ».
Il viso di Eloise si rabbuiò.
« Dall’espressione che avevi, non sembrava una cosa bella ».
« Vuoto » mormorò cercando di trovare le parole adatte a descrivere quella sensazione così opprimente. « Era come se tutto si fosse spento, come se non ci fosse più niente a cui aggrapparsi… Lo so che sembra una pazzia. Ma qualsiasi cosa fosse, non era bella. A Rox succederà qualcosa di terribile se continuerà a frequentare Riddle ».
Lo sguardo di Isy era truce.
« Be’ non ci vuole il dono della chiaroveggenza per capirlo, no? » domandò con un sorriso che non le arrivò agli occhi. « La domanda adesso è: che facciamo? »
Quando rispose, il tono di Sybil era insolitamente duro.
« Cerchiamo di aprirle gli occhi ».

 
 
 
 
Note:
 
 
1.Citazione di “Harry Potter e la Camera dei segreti”.



 
Ciao a tutti!
Questa volta sono stata più celere, dai  >.<
Dunque, Hagrid è diventato finalmente papà, Tom continua a tramare e Sybil ha la testa sempre più incasinata. La scena di Sept che le tende la mano e le dici “Ti fidi di me?” è una bassa imitazione di Aladin che scarrozza Jasmine sul tappetto magico :P  Oramai  non manca tantissimo alla conclusione, anche se non so ancora predire il numero esatto di capitoli.
 
Passo ai ringraziamenti: un grazie di cuore a Fenio394Sparrow, prussia, Deborosky, Queen Malfy Slytherin, alesmiley, Doe_, Eveline Free Loud, psichedelica666, Morgana_D, Lu_reader, migmat, tantoloveforyou e Darmione123 che hanno commentato lo scorso capitolo.
 
Un grossissimo bacio a chi continua a leggere nonostante le attese, alle new entries e alle fedelissime che mi scrivono per incitarmi a continuare.
 
Ely

 

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Capitolo 32
*** Oscuri presagi ***





 
Capitolo 31
Oscuri presagi

 
Per il video della ff: https://www.youtube.com/watch?v=wBfGcxzvtZc
 
 

 
La professoressa McGranitt si interruppe, e tutti
notarono  che aveva le narici bianche e dilatate.
Poi riprese,  più tranquilla: "La divinazione è uno
 dei settori più imprecisi della magia. Non vi
nasconderò  che  faccio fatica a tollerarla.
 I veri Veggenti  sono molto rari”(1).
 
 

 
15 Marzo 1943 Biblioteca, Hogwarts
 
Adrian salì i gradini della Biblioteca deciso a non farsi impressionare dal buio che aveva ammantato il castello.
Fisicamente si era ormai completamente ripreso dall’aggressione che aveva subito dalla gang di Riddle. Erano bastati pochi giorni di riposo e gli intrugli di Madama Goodkiss per tornare come nuovo.
A livello psichico invece la cosa era un po’ più complicata: dal giorno in cui era stato preso di mira da Riddle e la sua cricca – i Mangiamorte - aveva sviluppato delle manie di persecuzione.
Erano cose che riusciva a controllare, comunque. Lo imbarazzavano ma non erano gravi al punto di doverne parlare con qualcuno: non ci teneva ad essere internato al San Mungo.
Per cui preferiva alzarsi ogni notte per controllare che la porta del Dormitorio fosse effettivamente chiusa e fingere che fosse perfettamente normale. O minimizzare quando un suo amico lo salutava alle spalle e la sua mano correva in un lampo alla bacchetta mentre il cuore schizzava a mille all’ora. O ancora trovare delle scuse pur di non ammettere che aveva paura  a muoversi la sera da solo.
Come quella sera, per l’appunto.
Adrian sospirò, aggiustandosi gli occhiali sulla punta del naso aquilino. Solitamente evitava di trattenersi in Biblioteca fino a così tardi, ma la compilazione del saggio sulla Pozione Antilupo lo aveva assorbito al punto da non rendersi conto del tempo che passava e della sala che andava progressivamente svuotandosi.
Salì i gradini a due a due, stringendosi nel mantello e cercando di controllare il respiro.
Dato che in quel periodo non era insolito per lui confondere delle innocue ombre con minacciosi assalitori, quando sentì una voce Adrian lì per lì pensò che si trattasse dell’ennesimo scherzo della sua fantasia.
La seconda volta che la udì, però, ne fu un po’ meno sicuro. Si immobilizzò, la punta del piede appena appoggiata all’ultimo gradino, il respiro rotto nel petto. Il rumore si ripeté di nuovo.
Definirla “voce” non era propriamente esatto. Sembrava un sibilo, unito a strani raspii e schiocchi di lingua. Nell’ascoltare quel suono più attentamente Adrian provò la stessa sensazione di quando la Brown faceva stridere il gesso sulla lavagna: un lungo, raggelante, brivido lungo la spina dorsale.
Una parte di lui avrebbe voluto fare immediatamente dietrofront, precipitarsi dentro la Biblioteca e chiudersi il pesante portone alle spalle. Peccato che le sue gambe paressero due blocchi di cemento, del tutto prive della voglia di collaborare.
Adrian si ritrovò con un orecchio incollato al muro mentre un sudore gelido gli solcava la fronte.
La voce-sibilo si stava avvicinando. E non era sola.
Qualcuno, qualcosa, pareva affiancarla. Adrian udiva uno strascicare, come se un grosso sacco venisse trascinato per il corridoio.
Se fosse stato un Grifondoro, probabilmente si sarebbe affacciato per vedere quale era la fonte di quel rumore. Ma dato che non era un Grifondoro e che si sentiva le gambe molli come burro, si limitò ad appiattirsi ancora di più al muro, serrare gli occhi e pregare intensamente dentro di sé.
Fa’ che non sia diretto in Biblioteca. Chiunque sia, fa’ che non sia diretto in Biblioteca.
Quella strana presenza continuava ad avanzare. Per un istante gli sembrò che si fosse arrestata proprio di fronte allo sbocco del corridoio, quasi potesse fiutare la sua presenza.
Poi ci fu di nuovo quel sibilo, secco, scattante e il fruscio di un mantello che si allontanava insieme al goffo rumore del sacco che trascinava con sé.
Solo quando i rumori si furono affievoliti, Adrian trovò il coraggio di sporgere la testa per vedere di che accidenti si trattasse.
Fu un fugace istante – le ombre erano ormai quasi allo svincolo che portava al piano sottostante – ma Adrian si pentì comunque della sua curiosità.
Davanti ai suoi occhi scorgeva una figura incappucciata di nero che avrebbe potuto celare qualunque studente o mago del castello. Ma a bloccargli l’aria nel petto e farlo quasi svenire per il terrore, fu la vista di quello che aveva scambiato per un sacco.
Persino da quella distanza e nel flebile chiarore della torce, era evidente per chiunque che quello non era – non poteva essere - un sacco.
Era un corpo.
Un corpo grosso, che si muoveva strisciando sulle mattonelle gelide di Hogwarts.
Adrian riusciva a scorgere solo la parte finale della creatura ma stimò ad occhio e croce che dovesse essere lunga almeno sei metri.
Il tutto, durò appena una manciata di secondi. Poi Riddle e il Basilisco svoltarono l’angolo e il corridoio tornò di nuovo vuoto e silenzioso, privo di quelle ombre così inquietanti.
Ad Adrian intanto avevano ceduto le gambe ed era accasciato per terra, pallido come un morto e con i denti che battevano così forte che era terrorizzato che quelle figure potessero sentirlo e decidere di tornare sui loro passi.


 
***


 16 Marzo 1943, Biblioteca Hogwarts

« Lasciami! » Si divincolò dalla presa, rischiando quasi di inciampare sui suoi stessi piedi. « Si può sapere che ti prende, viscido di un Serpeverde… »
Le sue proteste vennero zittite dalla bocca di Riddle, premuta sulla sua.
Fu un bacio fugace, lieve come una carezza. Roxanne non fece quasi in tempo a sentire il calore delle labbra di Tom che quello si era già allontanato, fissandola con una luce ferina negli occhi.
Così non vale.
Era decisamente sleale. Quel mezzo bacio la faceva solo arrossire e combattere la voglia impellente di chiedere di più.
Baciami ancora, stupida serpe.
« Se Madame Pience ci scopre puoi dire addio alla tua spilla da Prefetto » fu invece quello che le uscì dalla labbra.
Quella prospettiva non parve scoraggiarlo più di tanto.
« Non ci scoprirà » replicò sornione, schiacciandola ancora di più fra i libri.
Erano le cinque di sera e la luce del sole morente  filtrava dalla finestra donando delle sfumature rossastre ai capelli di Riddle. Nella Biblioteca non c’erano molto studenti – la maggior parte era già rientrata nei Dormitori per rilassarsi prima della cena – e la sezione in cui si trovavano era una fra quelle meno frequentate. Uno perché era nascosta proprio all’estremità della Sala. Due perché racchiudeva antichi e pressoché illeggibili libri di Aritmanzia, vergati a mano e con una calligrafia talmente minuta che c’era da impazzire a provare a decifrarli. Tre, Roxanne aveva il feroce dubbio che Tom avesse posto qualcuno dei suoi leccapiedi di guardia per allontanare eventuali scocciatori o avvertirli di qualche ispezione non gradita di Mrs Pience.
« Non dirmi che ti sei già stancata di me, Ro » mormorò afferrandole una ciocca di capelli e rigirandosela fra le dita come se volesse studiarla.
Accidenti a te, Riddle.
Quella situazione era inusuale quanto eccitante.
 Le volte in cui Tom ricercava il contatto fisico si contavano sulla punta delle dita. La maggior parte del tempo si limitavano a chiacchierare nella Sala Comune o studiare insieme, chini sui libri. A volte lui la teneva il posto accanto a tavola, ma nulla di più. Quel giorno era decisamente uno strappo alla regola. Roxanne sapeva che le probabilità che venissero scoperti erano esigue, nondimeno si sentiva stranamente agitata.Doveva essere la paura di un rimprovero. Non poteva essere Riddle a farle quell’effetto.
« Allora? Ti sono venuto a noia? » ripeté guardandola fisso.
« Mmm » mugugnò Roxanne  tirando la testa indietro in modo da liberare il ricciolo dalla sua presa. Poi si avvicinò fino a quando le labbra di Tom furono solo a un soffio di distanza. « Tutto sommato non sei questo gran Legimante che ti vanti di essere » lo prese in giro.
Per un attimo Riddle rimase perplesso, poi i suoi occhi divennero torbidi. Le afferrò il mento, costringendola ad alzare il viso.
Avrebbe voluto dire che il bacio che seguì fu tutto meno che inaspettato ma si sarebbe trattata di una menzogna. Tutto era inaspettato quando si parlava di Riddle.
Il suo carattere era volubile, talmente incline ad eccessi e sbalzi di umore,  che prevederne le reazioni era più difficile che divinare il futuro nella sfera di cristallo della Vane.
Per cui quando Roxanne lo vide nuovamente annullare la distanza che li separava, il respiro le si strozzò nel petto e lei si ritrovò in un curioso nugolo di incertezza. Poi Tom appoggiò le labbra alle sue, insistendo delicatamente perché ricambiasse il bacio.
Era in punta di piedi e si aggrappava al mantello di lui per non sbilanciarsi all’indietro; il velluto morbido sotto le dita e le narici colme dell’odore della carta invecchiata per anni su uno scaffale. Affondò involontariamente le unghie nella stoffa, mentre Riddle continuava a baciarla e pressarla contro lo scaffale. Per una manciata di secondi, si sentì paralizzata dall’imbarazzo. Il suo cuore pompava come impazzito nel petto, un rumore assordante che Riddle non avrebbe potuto non notare. Le guance andavano a fuoco e avvertiva uno strano rimescolio nello stomaco, come se qualcuno le stesse annodando le viscere.
Tom si staccò solo per un attimo, mormorandole all’orecchio:
« Non dovresti provocarmi, Ro ».
Poi riprese a baciarla, insinuando la mano sotto il suo mantello e stringendola alla vita.
Quella volta il bacio fu più profondo ed inteso e Roxanne dimenticò tutte le sue paure. Infilò la mano fra i riccioli scuri di Riddle, facendo aderire il corpo al suo.
In questo momento pure se venisse il Preside in persona non me ne potrebbe fregare di meno.
Quando si staccarono, Roxanne non era l’unica ad avere il respiro affannoso. Riddle, la fissava con uno sguardo inteso, come se volesse mangiarla.
La sua mano indugiava sul bordo del maglione leggero dell’uniforme. Era chiaro che aspettava un cenno da parte sua per varcare quel confine sottile che separava i polpastrelli dalla pelle nuda.
Roxanne arrossì, umettandosi le labbra gonfie per i baci. Poi si ritrasse leggermente, ristabilendo una distanza di sicurezza fra i loro corpi.
Riddle parve intuire immediatamente il suo rifiuto e si discostò a sua volta, un’ombra di irritazione a venargli lo sguardo.  L’Altgriff alzò il mento con aria di sfida.
Prova a dirmi qualcosa.
Come leggendo nel suo pensiero, il lampo di irritazione sparì dal suo sguardo, così veloce che Roxanne si chiese se non se lo fosse immaginato.
« Andiamo… ti accompagno al Dormitorio » disse sospingendola verso l’uscita.
Quel giorno Tom era di buon umore.
Roxanne lo notava anche solo dal passo disteso con cui percorreva i corridoi del castello, dal sorriso lieve che pareva indugiare sull’angolo delle sue labbra.
Le sarebbe piaciuto pensare di essere lei la causa di quell’improvvisa vitalità che gli vedeva nello sguardo.
Ma conoscendo Tom… sarei un’illusa a pensarlo.
Quel pensiero le mise una sottile inquietudine addosso. Ma finché lui era lì, accanto a lei, era semplice accantonare le preoccupazioni. Roxanne lo spiò da sotto le ciglia mentre imboccavano il corridoio e la luce delle fiaccole creava un gioco di ombre sul suo viso.
Era bello Riddle. Di una bellezza feroce, che faceva male.
« Siamo arrivati » mormorò quello, indugiando di fronte al ritratto della Signora Grassa. « A dopo, Ro ».
Si chinò in avanti e per un attimo Roxanne credette che l’avrebbe baciata lì, proprio davanti l’ingresso della sua Casa, dove tutti avrebbero potuto vederli.
Ma Riddle si limitò a darle un casto bacio sulla fronte e tirarsi indietro, un sorriso odioso e soddisfatto ad arricciargli le labbra.
Scommetto che questo è perché in Biblioteca ti ho fermato.
Trattenne l’istinto di fargli la linguaccia e simulò un sorriso falsissimo.
« Non c’è bisogno di essere un bravo Legimante quando si è insieme a te, sai? » la derise con quella voce roca che le dava i brividi.
« Tsè » sbuffò fingendosi offesa. « Nontiscordardime » aggiunse rivolta alla Signora Grassa che li fissava come se fossero due pasticcini alla crema particolarmente gustosi.
Prima che questa potesse spostarsi per aprire il passaggio, però, Roxanne si sentì tirare indietro per un braccio.
« Ma che… » provò a protestare.
Poi Tom le diede un bacio a fior di labbra, lieve, così veloce che quasi non fece in tempo a rendersene conto che era già finito. Si girò, le gote in fiamme, trovandosi di fronte una Signora Grassa che pareva letteralmente in deliquio.
« Ahhh l’amour! » chiocciò aprendo il varco.
L’amour un corno. È la seconda volta che mi faccio zittire così.
Attraversò lo stretto passaggio che si chiuse alle sue spalle proprio mentre udiva la voce di Riddle lusingare il dipinto:
« Naturalmente posso contare sulla sua discrezione… »
Roxanne scivolò a terra, abbracciando le ginocchia con le braccia. Udiva il rumore dei passi di Tom che si allontanava e le pareva di vedere la Signora Grassa che lo seguiva con lo sguardo.
Quando era insieme a Riddle era più semplice.
Più semplice dimenticare tutto quello che aveva vissuto, tutto quello che aveva visto. Le cose di cui Tom era capace.
Chiuse gli occhi, il rumore delle onde che si infrangevano sulla scogliera che le risuonava nelle orecchie unito al grido di terrore di Amy. La risata perfida di Druella, il dolore corrosivo della pozione. Ed ancora i mille litigi in corridoio, lo sgabuzzino in cui le aveva forzato la memoria, la Sera del Ballo… Le mani di Nott, le lacrime di Sybil, le incomprensioni con Septimus.
Era successo tutto per colpa di Riddle.
Eppure.
Roxanne affondò gli incisivi nel labbro inferiore, rigirando la collanina fra le mani.
Eppure Tom aveva un potere su di lei che mai nessuno aveva avuto. Le bastava vederlo, udire la sua voce vellutata che pronunciava il suo nome, le sue mani bianche che le sfioravano la veste, e tutto passava in secondo piano, come se quei ricordi appartenessero ad un’altra.
Lo aveva odiato per tutta la vita eppure…
Lo odio ancora.
È solo che lo amo più di quanto riesca ad odiarlo.
Sospirò, tirandosi in piedi. Era inutile rimuginare sulle implicazioni del rapporto con Riddle. Avrebbe potuto passare ore ed ore ad esaminarlo e non sarebbe venuta a capo di nulla. Si rialzò a fatica, spolverandosi l’uniforme.
Appena varcata la porta della sua Casa, notò subito le gemelle Knight accoccolate vicino al fuoco.
« Syb, Isy! » le chiamò avvicinandosi.
Il modo in cui sussultarono e interruppero bruscamente il discorso la insospettì.
Che stessero parlando di me?
Allontanò quel pensiero come se fosse una mosca molesta. Passare il tempo con Riddle la rendeva paranoica.
« Rox! Dove eri? » domandò Eloise trapassandola con lo sguardo.
Roxanne si lasciò cadere su una poltrona, godendosi il tepore del caminetto acceso.
« Ero con Tom » rispose arrossendo.
Quelle risposta non parve piacere loro particolarmente.
« Quindi le cose fra voi vanno… uhm, bene? » continuò Isy soffiando la frangia lontano dagli occhi.
Roxanne scrollò le spalle, simulando una tranquillità maggiore di quella che provava al momento.
« Per come possono andare bene le cose con Riddle. Perché me lo chiedi? »
« Così…» rispose in un tono niente affatto convincente.
« È che siamo preoccupate per te » decise di intervenire Sybil, i grandi occhi celesti liquidi. « Riddle… hai sempre detto tu per prima che è uno di cui non ci si può fidare. E per esperienza so quanto può ferire investire sentimenti con la persona sbagliata…»
Si  interruppe mentre il suo sguardo si perdeva tra le fiamme che danzavano nel focolare.
Roxanne deglutì a disagio, mentre il viso di Evan Rosier le  sovveniva alla mente come se lo avesse proprio lì, davanti agli occhi.
« So che parlate per il mio bene ma non riesco a spiegare il tipo di rapporto che ho con Tom. Ho provato ad allontanarmi… è  solo che non ci riesco » mormorò mentre le dita stringevano il freddo argento della croce. « C’è sempre qualcosa che mi riporta la punto di partenza » concluse senza fissarle negli occhi.
Quelle parole furono seguite da alcuni secondi di silenzio.
« Forse non ti sei impegnata abbastanza » proruppe infine Eloise, guadagnando un’occhiata sgomenta di Sybil.
« Può dirsi » rispose Roxanne, piccata. « Ma non sono comunque affari tuoi ».
Fece per alzarsi ma Sybil le prese la mano, cercando di fare da paciere.
« Certo che sono affari nostri. Siamo le tue migliori amiche ».
Quelle parole la frenarono. Una parte di lei voleva ancora salire le scale del Dormitorio e lasciarsi alle spalle quella spiacevole conversazione. Un’altra guardava la sua mano stretta fra le dita bianche di Sybil e provava una strana occlusione alla gola.
« Credo di essermi innamorata di lui ».
Lo disse fissando Sybil negli occhi, in quegli occhi blu che si facevano sempre più sgranati.
È la prima volta che lo ammetto ad alta voce.
« Che cosa? » quasi urlò Eloise facendo voltare un gruppo di primini che giocavano a Gobbiglie.
L’Altgriff avvertì uno spiacevole calore salire dal collo alle orecchie e ritirò la mano di scatto.
« Un po’ più forte no? » domandò sarcastica, voltandosi verso Isy.
Con gli occhi che mandavano lampi e i capelli svolazzanti intorno alla fronte pareva un folletto. L’avrebbe trovata buffa in un’altra occasione. Eloise ignorò il commento, fissando la gemella.
« È persino peggio di quanto pensassimo! »
Roxanne si irrigidì, gettando una lunga occhiata valutativa sul volto corrucciato di Eloise.
« Di quanto pensaste? Da quando la mia vita sentimentale è oggetto delle vostre discussioni? »
Si allontanò, una rabbia sottile che le ribolliva nelle vene. Quella volta Sybil non fu abbastanza rapida da trattenerla.
Era già a metà scala quando le loro voci la raggiunsero.
« Rox! Andiamo, non puoi fare così! »
Si fermò con un piede sul penultimo scalino.
« Scommettiamo? » replicò provocatoria.
Eloise strinse i pugni. « Non fare la bambina! Ti stai comportando come Syb quando stava con quella serpe schifosa di Evan! »
Quelle parole la punsero sul vivo.
« Tom non è come Rosier! » urlò cercando di sovrastare la voce di Eloise e quella ancora più pressante dentro di lei che si chiedeva se fosse davvero così. « Non sapete niente di lui ».
« Ma ti ascolti quando parli? Fino a qualche mese fa ti saresti strappata la lingua con le tue mani! » sbraitò in risposta Eloise.
« Ho avuto una visione ».
Sybil pronunciò quelle parole con voce pacata ma sembrarono avere l’effetto di una doccia fredda sulla gemella.
« Che cosa…? » balbettò Roxanne, disorientata da quel brusco cambio di discorso.
« Syb…» provò ad ammonirla Eloise ma quella la zittì con un gesto della mano.
« No, è giusto che sappia tutto ».
Tacque per qualche secondo, come riordinando i pensieri.
Che storia è questa?
Erano bloccate sulle scale e il tutto le pareva irreale.
« È da quando sono piccola che a volte mi capita di vedere delle cose. Cose che poi succedono, che si verificano esattamente come mi era apparso… » disse alla fine torturandosi le dita.
Roxanne inarcò un sopracciglio, fissandola scettica.
« Mi stai dicendo che sei una Veggente? »
È uno scherzo, vero?
Sybil arrossì furiosamente, guardando Eloise in cerca di aiuto.
« No! » rispose quella al suo posto. « Forse » aggiunse dopo un attimo di esitazione. « Oh ma che importa! Non è questo il punto! »
« E allora quale è il punto? » disse Roxanne fissandole con aria di sfida. « Hai avuto una visione su di me? »
Sybil sembrava come rimpicciolita. Si stringeva fra le spalle quasi parlare le costasse uno sforzo enorme. In un’altra occasione ciò l’avrebbe impietosita. In quel momento invece le faceva solo venire voglia di colpire più a fondo.
Sono stanca delle persone che cercano di giudicare la mia vita e le mie scelte.
Silente, Septimus e adesso voi.
« Avanti, Sybil. Non fare la timida. Quali cose terribili mi capiteranno per colpa di Riddle? » la incitò, le braccia incrociate sul petto, la schiena appoggiata al muro freddo.
La bionda arrossì ferocemente, guardando il pavimento come se si potesse aprire una voragine per inghiottirla.
« Non ti permetto di parlarle così! »
Eloise la spinse, facendola incespicare. Roxanne si voltò a guardarla, stupita da una reazione così veemente. Isy la fissava di rimando, le mani strette a pugno, gli occhi viola che mandavano lampi.
« Hai una vaga idea di quanto sia difficile per Syb parlarti di queste cose? Non l’hai mai detto a nessuno. MAI! Come puoi prenderla in giro quando cerca solo di aiutarti? »
Quelle parole bruciarono più di una fattura.
« E tu hai idea di quanto sia brutto sentirsi giudicata proprio da quelle che dovrebbero essere le mie migliori amiche? » sbottò di rimando.
Perché non potete semplicemente starmi vicine anche se sto sbagliando? Anche se mi farò del male?
Le lacrime umide bagnavano gli scalini. Roxanne non si era neanche accorta di aver iniziato a piangere.
« Basta così per favore! Non voglio che litighiate per me ».
La voce di Sybil, flebile come quella di un uccellino.
« Rox, mi credi quando ti dico che ho avuto delle visioni che si sono avverate? Non come quelle della Vance. Sono tipo… tipo dei sogni ad occhi aperti. La volta che sono svenuta…»
Roxanne la fissò con più attenzione.
« Quella in cui avevi le convulsioni per il corridoio? »
Sybil si limitò ad annuire.
« Ho visto te e Riddle, insieme. Sembrava che fra voi le cose andassero bene. Ma poi…»
« Poi? » la incitò Roxanne.
Avvertiva una strana oppressione al petto. Possibile che credesse a quello che Sybil raccontava? Non era mia stata una grande fan di Divinazione.
« Poi spariva tutto » mormorò scuotendo il capo. « È  stata una sensazione stranissima, che non avevo mai provato prima. Era come se non ci fosse più il tempo o lo spazio, come se fosse stato tutto inghiottito da un buco nero… » si interruppe, il respiro strozzato.
Roxanne si appoggiò ancora di più al muro, nascondendo sotto il mantello le mani che tremavano.
« Tu… hai predetto la mia morte, Sybil? È questo che stai cercando di dirmi? »
 
***
 
I riccioli biondi, bagnati dalla pioggia scrosciante, le si erano incollati al viso simili ad alghe.
Sybil planò in picchiata, la Pluffa saldamente stretta sotto il braccio. Il tiro risultò talmente fiacco che Septimus non si dovette nemmeno spostare per pararlo.
« Tutto ok, bionda? » le chiese volandole incontro.
La preoccupazione nel tono di Weasley la lusingò e imbarazzò al tempo.
Fino a qualche mese non avrebbe mai immaginato di potersi trovare in quella situazione. A volare nel campo di Quidditch, sorvolando le tribune e puntando gli anelli come un falco. Insieme a Septimus per di più.
Be’ qualche mese fa stavo sempre dietro a Rosier.
Da allora posso dire di aver fatto dei passi avanti.
In effetti, anche se non l’avrebbe mai ammesso a voce alta, Sybil si sentiva orgogliosa di se stessa. Aver ripreso in mano le redini della sua vita la faceva sentire un po’ più degna di sedersi al tavolo dei Grifondoro.
E il merito è anche suo.
Weasley la fissava con quel suo modo buffo, come se fosse un’equazione particolarmente complicata.
Era stato lui a convincerla ad allenarsi. Certo, sceglievano ancora gli orari e le giornate più improbabili, quelle in cui ogni altro studente sano di mente sarebbe rimasto al chiuso al calduccio dietro le pesanti mura del castello. Ma non importava. Sybil non aveva mai creduto che avrebbe trovato il coraggio di volare ad Hogwarts, per di più di fronte al ragazzo che era stato capace per anni di annichilirla con la sua sola presenza. E non  faceva nemmeno così schifo come Cacciatrice.
Di solito, perlomeno. Quel giorno aveva la testa altrove.
« È successo qualcosa? Si tratta di nuovo di quel cretino di Rosier? » chiese con tono improvvisamente agguerrito.
Sybil si affrettò a scuotere il capo.
« No… ho discusso con Roxanne. Ma non mi va di parlarne » sorrise per addolcire quella che poteva sembrare una risposta scostante.
Alla fine non sapeva nemmeno se “discutere” fosse il termine adatto. Dopo che le aveva raccontato della visione, Roxanne sembrava semplicemente troppo incredula per prenderla sul serio.
E forse non lo farà mai.
Septimus planò verso di lei, un’espressione preoccupata che stonava terribilmente sulla sua faccia sempre allegra.
« Con Rox? Sicura che non vuoi parlarmene…? »
Quell’improvvisa preoccupazione per Roxanne la irritò.
« Mi dispiace vederti così » aggiunse però Weasley guardandola come se potesse penetrarle nella mente con la forza del pensiero. Sybil non era mai stata così felice che non fosse Legimante. « Voglio dire, non hai mai giocato così da schifo, nemmeno la prima volta che ti ho fatto salire di forza  sulla scopa » concluse ridacchiando.
Sybil arrossì, sentendosi però più leggera.
Allora è per me che ti preoccupi… non per Roxanne.
Si sentì una persona incredibilmente meschina.
E felice, anche.
« Grazie mille, Weasley. I tuoi complimenti sì, che sono d’aiuto » ironizzò con un mezzo sorriso. « Comunque no, ti ringrazio ma non mi va di interrompere  la partita ».
Prima che Septimus potesse anche solo replicare, inclinò la scopa verso sinistra e lo superò, puntando con decisione agli anelli.
Fece gol e, come per rimarcare il concetto, una piroetta su se stessa.
« Ehi così non vale! » esclamò il rosso.
Per tutta risposta Sybil gli fece una linguaccia.
Continuarono a giocare per un altro quarto d’ora. All’ultimo tiro, Sybil fece nuovamente gol approfittando della disattenzione di Septimus.
« Ancora! Devi aver frequentato troppo le Serpi per giocare così! »
Si pentì della frase un attimo dopo averla detta. Sybil glielo vide nello sguardo, nell’espressione di chi vorrebbe con tutto se stesso rimangiarsi quello che ha detto.
Per questo, anche se il pensiero del viso inespressivo di Rosier le si era affacciato alla mente, scivoloso come una mano bagnata, finse di non notare quella gaffe.
« Non provare a giustificare la tua sbadataggine ».
Smisero di giocare dopo un’altra manciata di minuti.
« Scusa per la battuta di prima » le disse Septimus smontando dalla scopa. « Se ci fosse Isy, direbbe che ho perso l’occasione per stare zitto ».
Il pensiero della gemella la fece sorridere.
« Sì, credo che direbbe proprio così » assentì affiancandoglisi.
Camminarono per un po’ in silenzio, ognuno perso nei suoi pensieri.
« Septimus? »
« Sì? » chiese il rosso, fissandola curioso.
« Grazie per avermi aiutato a superare la mia paura di volare. Senza di te non ce l’avrei fatta ».
Con suo stupore, Sybil vide Sept divenire rosso in zona orecchie e distogliere lo sguardo con quello che pareva proprio un cocente imbarazzo.
E con altrettanto stupore, si accorse che metterlo in imbarazzo le piaceva.
Parecchio.
« La prossima volta… » iniziò.
« La prossima volta…? »
« La prossima volta sarò io a mostrarti un posto a cui tengo particolarmente ».
Septimus si passò una mano fra i capelli che adesso avevano la stessa sfumatura delle guance.
« Quando vuoi ».
 
 
 
1.Citazione tratta dal terzo libro, Harry Potter e il prigioniero di Azkaban.
 


 
Ehm… ciao a tutti!
Immagino che i più ormai si fossero arresi e invece… never give up!
Con i miei soliti ritmi assurdi ma ho finalmente aggiornato la ff. Come forse avrete notato ci stiamo avvicinando alla fine anche se non so ancora quanti altri capitoli dovrò scrivere.
Finire questo è stato difficile anche se non saprei dire il motivo esatto. Mi scuso con le persone alle cui recensioni non ho ancora risposto: sappiate comunque che le leggo sempre con molta attenzione e piacere e sono uno dei motivi principali per il quale stringo i denti e mi prometto che questa ff non resterà incompiuta.
 
Il mio grazie speciale va a: Saint_Jimmy, Darmione123, _Fire, _eleutheria, Deborosky, ondina94, ovviamente Queen Malfy Slytherin e alesmiley.
 
Un saluto e un bacio
La vostra eterna ritardataria Ely

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Capitolo 33
*** Radura ***


 
Capitolo 33

Radura
 
 
 
E senza riflettere, senza averlo premeditato,
senza preoccuparsi del fatto che cinquanta persone li stavano guardando,
Harry la baciò...”(1)
 
 

 
 
 
20 Marzo 1943, Sala Comune Grifondoro
 
Hagrid si sistemò meglio nella poltrona, allungando le gambe lunghe e tozze.
Era rivolto verso il fuoco acceso e si godeva il tepore proveniente dalle fiamme scoppiettanti. Forse per la sua stazza o forse perché metà dei suoi geni erano quelli di un Gigante di montagna,   si era accorto di sopportare il freddo molto meglio dei suoi compagni:  avrebbe  potuto tranquillamente passare la notte all'aperto o fra la neve e il giorno dopo svegliarsi solo lievemente infastidito dall'umidità.
Nondimeno, trascorrere la serata davanti al camino mentre fuori dal castello soffiava un forte vento ed incessante era come un bel bicchiere di Burrobirra: un piacere a cui difficilmente avrebbe detto di no.
Il suo sguardo era calamitato verso la finestra. Oltre gli angusti confini del Castello, perso tra il fogliame della Foresta Proibita.
Stasera no. C'è un ventaccio che ce lo farebbe volare via, ad Aragog.
Aveva preso l'abitudine di portarlo nella Foresta Proibita una sera ogni tanto. Così, giusto per non lasciarlo sempre al chiuso. Nell'arco di poche settimane, l'Acromantula aveva triplicato la sue dimensioni. Le sue tenaglie erano ormai in grado di trinciare i metalli più duri e la scatola in cui la teneva quando era appena uscito dall'uovo  risultava del tutto inservibile. Hagrid aveva trovato un armadio inutilizzato in cui la creatura riusciva a nascondersi. Nonostante la sua crescita fosse stata esplosiva,  Aragog era in grado di raggomitolarsi e restringersi fino a occupare spazi angusti. Gli piaceva pure, a suo dire.
Già, perché quella era la cosa che gonfiava il petto di Hagrid di orgoglio e gli faceva spuntare un sorriso spontaneo che nascondeva sotto i baffi incolti.
Aragog parlava.
E, che lui sapesse, era l'unica Acromantula esistente in grado di farlo.
Probabilmente è anche l'unica ad essere stata allevata con amore.
Rubeus si passò una mano fra la barba ispida. Con i maghi, era sempre il solito discorso.
Se solo  si soffermassero  un attimo a pensare, prima di sfoderare la bacchetta.
Ma non era così, figurarsi.
Le creatura magiche per loro erano, appunto, creature. Qualcosa di strano, magari anche interessante da studiare, ma sempre da tenere a distanza. E quando quelle creature erano anche potenzialmente pericolose, la situazione si complicava.
Le tenaglie con cui Aragog sminuzzava le sue prede erano le stesse con cui parlava con lui per ore. Ma per quanto si potesse sforzare, i maghi le avrebbero sempre viste come arme micidiali e non uno strumento di comunicazione.
Solo un mostro può capire un altro mostro, probabilmente.  
Rifletté con amara ironia. Gettò uno sguardo sulle altre poltrone, disposte a semicerchio intorno al camino.
I suoi migliori amici erano lì, tutti riuniti insieme.
Roxanne, Septimus, Sybil ed Eloise.
Ognuno era immerso in un'attività diversa. Roxanne e Sybil correggevano a bassa voce un tema di Pozioni che dava l'idea di essere molto complicato e terribilmente noioso. Lui non l'aveva nemmeno iniziato, naturalmente.
Septimus invece sfogliava una rivista sul Quidditch ed Eloise si spalmava sulle unghie uno smalto magico che cambiava colore a secondo dell'umore di chi lo indossava.
Un tempo, serate come quella, dove stavano tutti e cinque insieme nella Sala Comune, erano all'ordine del giorno. Adesso, dopo tutti i litigi e le incomprensioni che c'erano state – e che lui, aveva compreso solo marginalmente – una serata come quella pareva quasi un miracolo.
Eppure, ad un'occhiata superficiale, parevano quelli di sempre.
Serviva un esame più approfondito per notare la distanza leggermente superiore al solito che separava le gemelle, come se la riconciliazione fra loro avesse lasciato ancora qualche strascico che si sforzavano di ignorare.
E Septimus, seduto tra Sybil ed Eloise pareva leggermente in imbarazzo. Persino Roxanne, protesa verso Sybil, era più tesa del solito.
Era proprio quest'ultima quella in cui i cambiamenti erano più evidenti. Hagrid aveva visto l'amica scivolare giorno dopo giorno verso l'ombra di Riddle e non era riuscito a trattenerla. Una parte di lui avrebbe voluto scuoterla fino ad aprirle gli occhi, l'altra aveva paura di allontanarla definitivamente.
E poi, chi sono io per giudicare?
Uno che tiene un'Acromantula sotto il cuscino. Mi espellerebbero così velocemente se solo si venisse a sapere da non darmi il tempo nemmeno di dire “A”...
Hagrid sospirò, sotto il pungolo della sua coscienza. Anche così, con tutti i problemi che c'erano stati, rimanevano i loro migliori amici. Ed erano certamente persone superiori all'ordinario.
Come avrebbero reagito se avesse parlato loro di Aragog?
Ponderò quella possibilità per qualche secondo ma finì per scartarla, come sempre quando la sua mente scivolava in quei pensieri.
Non credeva che i suoi amici lo avrebbero denunciato, ma nemmeno che sarebbero stati entusiasti di Aragog come lo era lui. E poi era stata la stessa Acromantula a chiedergli di non rivelare a nessuno della sua presenza.
Sembrava sempre più spaventata, ogni giorno che passava. E nervosa, al punto che sicuramente non sarebbe stato un bene presentargli qualcuno.
Septimus chiuse il libro sul Quidditch, stiracchiandosi con un gemito di soddisfazione. Non era mai stato un grande amante della lettura, nemmeno quando riguardava il suo sport preferito.
« Ragazzi, sbaglio o stasera siamo un po' fiacchi? »
« Parla per te, Weasley. Lo sappiamo tutti che hai la voglia di vivere di un Vermicolo » ribatté Eloise scrutando il risultato della sua attenta manicure.
Le unghie erano di un viola intenso. Hagrid si chiese a che tipo di umore corrispondessero.
Septimus scrollò le spalle, per niente offeso dal paragone.
« Non ho mai capito tutto questo accanimento contro i Vermicoli. Voglio dire, fanno una vita mica male: passano tutto il tempo a mangiare o in letargo ».
«Il fatto che tu invidi dei vermi, la dice lunga sulle tue aspirazioni di vita » proseguì Eloise, sempre rimirandosi le unghie.
Septimus bofonchiò qualcosa di molto simile a un “Almeno non passo ventiquattro ore su ventiquattro allo specchio”.
Isy girò la testa verso di lui di scatto, lo smalto che viravano su un nero acceso.
« Ehm... » tossicchiò Sept avvertendo il pericolo. « Che... che ne pensate di quello che va a dire in giro Adrian? »
« E sarebbe? » chiese Roxanne alzando il naso dal tema.
« Chi è Adrian? » chiese al contempo Hagrid.
« Quella lagna di Corvonero che finì in Infermeria qualche tempo fa » riassunse brevemente Septimus. « Sembra che ora abbia trovato un altro modo per attirare l'attenzione ».
« Che tipo di voci ha messo in giro? » chiese Hagrid.
« La solita solfa sulla Camera e il tremendo mostro che ci mangerà tutti » rispose Eloise con tono annoiato. « Non è ancora passata di moda questa storia ».
« Quindi, Isy, pensi che Adrian si sia inventato tutto? » insistette Septimus.
« Che cosa ha detto di preciso? » intervenne Roxanne, improvvisamente interessata.
Weasley fece un gesto vago con la mano.
« Di aver visto qualcosa strisciare nei pressi del secondo piano. Non lo sa nemmeno lui cosa ha visto, secondo me ».
« E questo qualcosa sarebbe il mostro della Camera? » domandò l’Altgriff alzando le sopracciglia.
« A suo dire » confermò Septimus.
«  Un mostro misericordioso visto che è ancora vivo per raccontarlo » infierì Isy.
Le sue unghie tendevano adesso a un grigio smorto. Hagrid si dimenò a disagio sulla poltrona. Non gli piaceva molto la piega che aveva preso la conversazione.
« E come sarebbe fatto questo mostro? »
Sept scrollò il capo.
« Non si sa. Non è che sia molto loquace, Adrian. E quando ha provato a raccontare questa storia sono partiti i peggiori sbeffeggiamenti» si interruppe, voltandosi in direzione di Sybil. « Tu che cosa ne pensi?»
Syb parve per un attimo stupita del fatto di essere stata interpellata.
«Non saprei. L’idea di un mostro che gira per Hogwarts… » si interruppe, come se lo trovasse semplicemente assurdo. « Tuttavia non credo che Adrian sia un bugiardo ».
« Mmm » mugugnò Weasley, come meditando. « E tu che mi dici, Hag? Se c’è qualcuno che se ne intende di mostri qui, sei sicuramente tu! »
Rubeus sentì una goccia di sudore freddo scivolargli sulla fronte. Estrasse dalla tasca un fazzoletto grande come una tovaglia e se la asciugò frettolosamente.
« Io… ah, non saprei… »
Possibile che Adrian abbia visto Aragog?
Septimus ridacchiò.
« Oh, andiamo Hag! Se tu avessi sentito odore di mostro nell’aria, scommetto che mi avresti costretto a cercarlo per tutto il castello! »
Si sforzò di sorridere, ma gli uscì una smorfia poco credibile.
« G-già … »
Era impossibile che lo avessero scoperto. Aragog stava sempre chiuso nell’armadio quando lui non c’era.
Me l’avrebbe detto se fosse uscito. Figurarsi se avesse incontrato uno studente.
Improvvisamente si sentiva molto meno sicuro. La voglia di piantare i suoi amici e precipitarsi a controllare che l’Acromantula stesse bene stava diventando un bisogno fisico.
Sembrerebbe sospetto se me ne andassi?
«Insomma? » lo interpellò Septimus, fingendosi deluso. « Il nostro esperto non ha niente da dichiarare? »
Eloise lo salvò dall’imbarazzo di rispondere ed impappinarsi di nuovo.
« La smetti con questa storia? Non sarai come quegli stupidi Serpeverdi che non fanno che parlare d’altro! »
Weasley scrollò le spalle, apparentemente non toccato dalla risposta acida della Knight.
« Be’ è sicuramente la cosa più emozionante successa ad Hogwarts da… be’ da sempre almeno che io abbia memoria. Ovvio che alla gente piaccia ricamarci su ».
Il senso di malessere non faceva che acuirsi.
Hagrid allentò il colletto dell’uniforme, poi si rizzò in piedi, sovrastando gli altri con la sua mole.
« Ragazzi, sono proprio stanco. Mi sa che me ne vado a letto, eh? » annunciò simulando uno sbadiglio.
Non aspettò una risposta prima di precipitarsi verso le scale.
« Ehi, Hag! Guarda che il Dormitorio è dalla parte opposta » gli urlò dietro Septimus.
Rubeus si inchiodò, divenendo rosso per l’imbarazzo.
« Ah… io, uh, credo che farò prima una passeggiata. Per conciliare il sonno, ecco » borbottò dandosi mentalmente dell’idiota.
Poi si diresse a lunghi passi verso il ritratto della Signora Grassa, stroncando le osservazioni dei suoi amici sul nascere.
Quelli come me non dovrebbero avere dei segreti.
Ho sempre fatto schifo nel dire bugie.

 
***
 
 
21 Marzo 1943, Foresta Proibita
 
« Sto iniziando a pensare male, Knight » mormorò Weasley districando il piede dall’ennesimo arbusto spinoso. « Stai tramando per uccidermi per caso? »
« Può darsi » mormorò la bionda, girandosi per gettargli un'occhiata in tralice. « Qua nessuno troverà il tuo cadavere ».
Le piccole molle che erano i suoi capelli ne nascondevano in parte la  schiena flessuosa.
« In questo caso ho diritto ad un ultimo desiderio ».
E questa come mi è uscita?
Sept deglutì a disagio, spiando la reazione della Knight. Il modo in fissava ostinatamente per terra gli faceva supporre che fosse in imbarazzo ma non arrabbiata. Non che fosse un gran esperto nel leggere la mente delle ragazze.
Be’ non mi ha scagliato contro una fattura...  È un buon segno, no?
Quando quella mattina gli si era avvicinata bisbigliando che le sarebbe piaciuto portarlo in un posto speciale, a tutto Sept avrebbe pensato meno che alla Foresta Proibita.
Un conto era che un colosso come Hagrid girasse al suo interno con disinvoltura... ma Sybil? Pareva così piccola e fragile che persino un soffio di vento avrebbe potuto portarla via.
Invece adesso Septimus la vedeva muoversi con scioltezza fra le fronde, seguendo un percorso che sembrava aver compiuto più volte, come richiamata da una musica invisibile.
Avrei dovuto capire che in Sybil c’è molto di più di quello che dà a vedere dal primo giorno in cui l’ho convinta a volare.
Ore e ore per convincerla a salire sul manico di scopa e poi mi piazza un lancio che manco una professionista.
« Sto andando troppo veloce? »
Assorto nei suoi pensieri, non si era accorto di essere rimasto indietro. Arrossì, accelerando bruscamente l'andatura.
« Ma no, figurati ».
Era pur sempre l'uomo della situazione. E Grifondoro per di più.
Si posizionò al suo fianco, cercando di ignorare il frinire dei moltissimi e colorati insetti che animavano la Foresta.
« In fondo, questo tipo di passeggiate non deve essere nuovo per te. Chissà quante volte avrei accompagnato Rubeus nei suoi vagabondaggi » gli disse con un sorriso.
Aveva lasciato il mantello al castello ed era coperta solo dalla leggera tunica da mago.
« Non credo di essere mai stato così impaziente in nessuna delle avventure con Hag » gli rispose avvertendo il familiare rossore in zona guance ed orecchie.
Sybil distolse lo sguardo, ma avrebbe giurato che il suo sorriso si fosse allargato.
« Manca ancora molto? » aggiunse per cambiare argomento.
Lei scosse il capo, indicando un punto in cui la vegetazione si infittiva.
« Ci siamo quasi. Dobbiamo solo attraversare quella strettoia tra le rocce ».
Ormai era quasi un'ora che camminavano e Weasley credeva di non aver mai percorso quel tratto del bosco.
Non che ci sia da stupirsi. Questa  Foresta è peggio di un dannato labirinto.
Il punto indicato da Sybil era un sentiero quasi invisibile schiacciato tra due pareti rocciose e una vegetazione fitta e rigogliosa. Non pensava che lo avrebbe notato se lei non glielo avesse indicato.
« Pronto? Ormai ci siamo davvero  » gli disse lei facendogli segno di passare per primo.
« Sono nato pronto » le rispose in uno slancio di spavalderia. « Ma questo rumore è... acqua? » aggiunse aguzzando le orecchie.
Sybil annuì, giocosa.
« Cinque punti a Grifondoro ».
Septimus si insinuò fra l'apertura tra le rocce, chiedendosi a che cosa fosse dovuto il cambiamento di Sybil. Sembrava più viva e di buonumore ad ogni passo che la allontanava dal Castello.
O forse sono solo io che sto iniziando a vedere oltre quella sua maschera di timidezza.
Il passaggio era abbastanza grande perché loro due potessero procedere a fianco. Tuttavia, non appena se lo furono lasciati alle spalle, fu lui l’unico a cui si fermò bruscamente il respiro.
Al di là della strettoia si apriva una radura dall’aspetto circolare. Sembrava disegnata con il pennello, tanto era perfetta. Un ruscello la attraversava, il gorgoglio dell’acqua che risuonava anche a distanza. L’erba era verde, compatta, intervallata qua e là da margherite e orchidee selvatiche dai colori accesi. Una serie di betulle la racchiudeva, i rami che si protraevano verso il cielo come a voler nascondere quel piccolo angolo di paradiso dal resto del mondo.
Sarebbe stato un posto idilliaco anche se fosse stato deserto. Ma vi era un dettaglio che ne accresceva fortemente l’incanto.
« Unicorni ».
Non si era quasi accorto di aver parlato ad alta voce.
Dispersi a gruppi di due o tre, i più addossati in prossimità del ruscello, una quindicina di unicorni di tutte le età popolavano la radura. I loro manti, dorati, argentei o bianchi rilucevano sotto i raggi del sole che filtravano tra la cupola delle fronde.
I loro occhi umidi erano tutti puntati verso di loro.
Verso di lui.
Septimus deglutì a disagio, sentendosi come un estraneo ad una riunione di famiglia.
« Come hai scoperto questo posto? » mormorò con un filo di voce.
Il sorriso sul volto di Sybil divenne serafico.
« Direi piuttosto che è stato questo posto a scoprire me ».
Un unicorno argentato ma con il muso bianco si staccò dagli altri, facendo qualche timido passo in avanti.
« Vieni, Aaron. È un amico, non c'è niente di cui aver paura » gli sussurrò Sybil allungando il braccio nella sua direzione.
« Aaron? »
Sybil arrossì, come se si fosse dimenticata della sua presenza.
« L'ho inventato io. Ma sembra che gli piaccia » aggiunse scrollando le spalle.
L'unicorno si era fermato a qualche passo di distanza, titubante sull'avanzare o meno. Septimus si passò una mano fra i capelli.
« Credo di non stargli molto simpatico ».
« Sono creature timide » lo giustificò. «  Ci sono voluti mesi prima che mi portasse fin qui ».
« È stato lui  a farti scoprire la radura? ».
Sybil annuì, avvicinandosi all'unicorno ed accarezzandogli placidamente il muso.
Aaron sembrava gradire il contatto, almeno dal modo in cui socchiudeva gli occhi, abbandonandosi ad esso.
« Vengono spesso qui ad abbeverarsi » spiegò indicando il ruscello.
«Questo posto è fantastico » non riuscì a trattenersi dal dire. « Tu sei fantastica ».
Sybil si voltò a fissarlo, sorpresa, la mano ancora ferma a mezz'aria.
« Ah... g-grazie » balbettò arrossendo furiosamente.
Septimus fece anche lui un passo avanti ma un nitrito rabbioso lo bloccò istantaneamente sul posto.
A un centinaio di metri di distanza un unicorno adulto li fissava, scrollando la criniera per il nervosismo. Sybil lo rimirò a sua volta, rivolgendogli poi un sorriso di scuse.
« Pegasus è sempre stato il più diffidente di tutti. Ci vorrà un po' prima che si abitui alla tua presenza » gli disse a mo' di spiegazione.
Non riuscì a trattenere un sorriso.
« Hai dato un nome a tutti loro? »
Abbassò gli occhi, un'ultima carezza sul muso speranzoso di Aaron.
« Ti deve sembrare una cosa stupida, vero? »
« Nient'affatto! » si affrettò a negare Sept.
Sybil gli indicò il ruscello.
« Andiamo a sederci lì » propose. « Lasciamogli il tempo di abituarsi e magari a fine giornata si lasceranno anche accarezzare ».
Weasley gettò uno sguardo in direzione di Pegasus. Dubitava che si sarebbe lasciato toccare da lui anche se gli avesse portato una quantità industriale di zuccherini. Non protestò, tuttavia, accovacciandosi sulla sponda del fiumiciattolo accanto a Sybil.
Pigre ninfee galleggiavano sull'acqua e avrebbe giurato di aver scorto almeno un paio di Asticelli che si fingevano innocui legnetti e si confondevano tra i sassi.
Sybil, seduta composta al suo fianco, sembrava una piccola fata e i suoi occhi parevano avessero assorbito il colore della Foresta, pieni di sfumature verdastre.
Un gruppo di piccoli unicorni dorati prese a rincorrersi, girando intorno e nitrendo gioiosi.
« Chi altri sa di questo posto? » le chiese cercando di avvicinarsi senza farglielo notare.
« Nessuno » rispose Sybil rovesciando la testa all'indietro e beandosi degli ultimi raggi di sole, ormai quasi del tutto nascosto dalla vegetazione.
« Nessuno? » ripeté Septimus avvertendo un rimescolio strano nello stomaco. « L'hai mostrato solo a me? »
Le guance di Syb si incendiarono mentre gli rivolgeva lo sguardo per un fugace attimo. Lo distolse subito, chinando il capo e limitandosi ad annuire, in silenzio.
Era abbastanza vicino da contarle la spruzzata di efelidi sul naso e le guance. Le posò l'indice sotto il mento per sollevarlo e costringerla a fissarlo negli occhi. Il bacio che seguì fu spontaneo come se non avessero aspettato altro per tutto il giorno. In un attimo sparì tutto: la radura, il rumore dell'acqua, le occhiate  degli unicorni o i loro nitriti impazienti.
Baciare Isy era stato... intenso.
C'era stata passione, rabbia, insoddisfazione.
Baciare Sybil, bagnati dal sole morente su quella distesa di verde, con il nitrito degli unicorni di sottofondo e i suoi occhi chiari come punto fermo, non fu solo intenso.
Fu magico.
Come se anche lui si fosse perso nel bosco, in quell'intrico di rami e radici che era la Foresta Proibita, e finalmente – dopo ora di peregrinare – avesse trovato il sentiero giusto, quello che lo avrebbe riportato a casa.
 
***
 
 
21 Marzo 1943 Sotterranei
 
Tenere a freno il Basilisco non era un'impresa semplice.
Riddle non riusciva ad impedirsi di pensare che il suo antenato avesse commesso qualche errore nell'educazione di quella biscia troppo cresciuta.
Fino a quel momento era riuscito a contenerlo saccheggiando la dispensa del Castello ed offrendogli chili di carne sanguinolenta. Ma a quanto pare non era sufficiente.
Il Basilisco voleva affondare le zanne in qualcosa di vivo e pulsante, bramava la sensazione di stringere una vita fra le sue fauci e troncarla bruscamente.
Lui, invece, non aveva ancora scelto una preda da offrirgli.
Il Lumos della  bacchetta illuminava il corridoio di una luce fioca. Tom digrignò i denti, il cappuccio saldamente calato sulla testa.
Si sentiva come un babysitter e la sensazione diveniva più irritante con il passare del tempo. Dietro di lui, il Basilisco strisciava irrequieto, sibilando la solita litania di morte e sangue.
Potrei semplicemente lasciargli uccidere il primo che passa.
Un brillio sinistro gli attraversò lo sguardo.
Potrei persino liberarlo all'interno di un Dormitorio. Ho sempre pensato che i Tassi fossero privi di una qualsivoglia utilità...
Il cambiamento alle sue spalle fu tanto brusco da distoglierlo in un attimo da quei pensieri. Il Basilisco si era immobilizzato, la coda sollevata in aria, le narici dilatate.
Tom si voltò a fissarlo.
« Be'....? Che ti prende? »
Gli aveva ordinato di tenere gli occhi chiusi, per evitare di dover continuamente dominare l'istinto di fissarlo. Ma in quel momento il Basilisco pareva interamente assorbito da qualcosa che solo lui poteva avvertire, del tutto dimentico dei suoi comandi.
« Sangue... sento odore di... sangue caldo... »
Riddle sgranò gli occhi, fissando il corridoio deserto di fronte a sé.
« Una preda.... una preda viva, finalmente! ».
« Che cosa.... » iniziò ma il Basilisco non lo stava già più ascoltando.
Era scattato in avanti, superandolo con un unico, possente slancio. Tom restò paralizzato per una manciata di secondi mentre le spire del Basilisco si dispiegavano lungo il corridoio del Secondo Piano.
Un attimo dopo gli corse dietro, la mano destra che stritolava la bacchetta, l'istinto che gli urlava di annientare quella stupida bestia che aveva osato scappare in quel modo.
Se solo si fa scoprire...
Accelerò l'andatura, forzando i muscoli al massimo. Il Basilisco era veloce ma la sua stazza ingombrante ne rallentava i movimenti. Lo raggiunse subito dopo lo svincolo del corridoio e indugiò un attimo, il fiato mozzo nel petto.
La creatura era ferma, immobile,  la coda avvolta più volte intorno al corpo.
In fondo al corridoio si stagliava la piccola sagoma di un mago ancora ignaro di quello che stava succedendo. Era quello che il Basilisco aveva annusato anche a metri di distanza, quello che destava adesso tutta la sua attenzione.
È pronto a colpire.
« Fermati » ordinò intridendo la sua voce di autorità. « Non è ancora arrivato il momento ».
Il Basilisco parve non udirlo nemmeno. Strisciò in avanti, interamente assorbito dalla sua preda.
« Maledizione! » sibilò Riddle seguendolo.
Lanciò uno Schiantesimo pochi metri davanti al Basilisco, cercando di rallentarlo. Scintille rosse baluginarono nell’aria, stordendo per un istante la creatura che sibilò furiosa.
In quel trambusto, il mago in fondo al corridoio si era girato e lo fissava dritto negli occhi.
Separati da poche centinaia di metri, Septimus e Tom si scrutarono per un lungo, interminabile istante.
Poi, come riavendosi dal torpore, lo sguardo di Sept lo oltrepassò, diretto al Basilisco che si stava ancora dimenando accecato dall’incantesimo.
« Non fissarlo negli occhi » gli urlò istintivamente, ma il rosso non parve avermelo nemmeno sentito.
Cerebroleso di un Weasley.
Lo offese mentalmente puntando di nuovo la bacchetta. Stavolta, però, il bersaglio non era il Basilisco.
L’incantesimo colpì Septimus in pieno petto, scagliandolo all’indietro di parecchi metri. Atterrò addosso alle armature, facendole rovinare al suolo a loro volta con un gigantesco baccano.
Riddle calcolò rapidamente quanto tempo avesse a disposizione prima che accorresse qualcuno.
Poco. Troppo poco. 
Si parò davanti alla creatura, in modo che non potesse ignorarlo.
«Dobbiamo andarcene. Ci scopriranno » sibilò in Serpentese, intridendo la voce di autorità.
« Fame… da tanto tempo… »
« Obbedisci » ringhiò in risposta.
Il Basilisco fissò il corpo scomposto di Weasley, le zanne sguainate, tutto il corpo teso in un sussulto di desiderio.
« Ora » ribadì Riddle, stringendo più forte la bacchetta.
Il suo intero corpo ebbe uno spasmo.
Poi il Basilisco chinò il capo e seguì Riddle verso il Bagno del Secondo Piano.
 
***
 
Tutto era successo talmente velocemente che Septimus non aveva nemmeno avuto il tempo di dire “ma”.
Un momento era lì che fantasticava di radure, unicorni e streghe dai riccioli biondi.
Il momento dopo c’era Riddle in mezzo al corridoio che gli urlava come un pazzo. E qualcos’altro, qualcosa dalla stazza mostruosa, qualcosa che aveva anche solo paura di guardare, che non aveva potuto guardare visto che quel pazzo di Riddle gli aveva lanciato contro una fattura.
E adesso ogni singolo osso del suo corpo urlava di dolore.
L’impatto con le armature di acciaio era stato forte e tremendo.
Septimus sentiva il freddo del pavimento sotto lo stomaco, il sapore metallico del sangue in bocca. Tentò di muovere un braccio e quello rispose al suo comando.
Meglio di quanto credessi.
Si issò sul gomito, sbattendo più volte le palpebre.
Un elmo lucente ricambiò il suo sguardo, in pericolante bilico sulla corazza.
Nel suo riflesso Septimus scorse per un breve attimo la creatura da cui Riddle lo aveva messo in guardia.
Se avesse avuto il tempo per pensare, sarebbe annichilito dal terrore.
Ma prima che il suo cervello riuscisse ad elaborare l’immagine dell’enorme essere serpentino che invadeva il corridoio alle sue spalle, Septimus fu catturato dai suoi occhi.
Grandi, tondi, ipnotici.
Septimus si sentì incredibilmente leggero.
Poi il vuoto.
 
 
  1. Citazione da “Harry Potter e il Principe Mezzosangue”.
 
 
Ehm… *Elpis si fa piccola piccola* Ciao a tutti!
Non so se ancora qualcuno ha la pazienza di aspettare i miei ritardi paurosi… nel caso non posso che ringraziarvi di cuore.
Perlomeno mi sono fatta perdonare con un capitolo un po’ più lunghetto. Spero che vi sia piaciuto leggerlo, torna in scena Hagrid e devo essere sincera, mi sono divertita ad analizzare la storia dal suo punto di vista così particolare e goffo. Poi Sybil e Sept… so che molti sono indifferenti verso di loro, forse perché è una storia d’amore un po’ troppo “lineare” e tranquilla, fatta di silenzi imbarazzanti e galoppante insicurezza… niente occhiate truci, maghi prepotenti o fiumi di lacrime. Proprio per questo a me piacciono tanto insieme, sarei felice di sapere che cosa ne avete pensato del loro primo bacio!
Poi ovviamente il finale a tinte un po’ più cupe… credo che i più abbiano indovinato cosa succede a Weasley quindi non spaventatevi troppo.
 
Passo ai ringraziamenti.
Un grazie di cuore a: Phoenix_aureus, Deborosky, Fenio394, Queen Malfy, _eleutheria, alex200, Halenariddle91, Serenity452, Morgana_D, pierres, applestark, Jenny1990.
 
Un grazie ancora più speciale va a Morgana e Malfy che sono sempre un incoraggiamento ed anche a pierres per la splendida recensione! Grazie di cuore.
 
Un saluto e un bacio
Ely

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Capitolo 34
*** Horcrux ***




 
Capitolo 34

Horcrux
 



 
Dell’Horcrux, la più malvagia della magiche invenzioni,
non discorreremo né daremo istruzioni” (1).
 



 
29 Marzo 1943 Infermeria, Hogwarts
 
La prima cosa che Septimus vide quando aprì gli occhi fu una cascata di riccioli biondi.
Ma cosa…?
Si sentiva gli arti pesanti come se qualcuno lo avesse mummificato nel sonno. Anche solo sbattere gli occhi per mettere a fuoco la stanza si stava rivelando un’operazione più difficile del previsto.
Che ci faccio qui?
Le pareti bianche dell’Infermeria lo accolsero con il loro candore asettico. Septimus sollevò una mano per stropicciarsi gli occhi e quel movimento gli ricordò che c’era qualcosa – qualcuno – appoggiato all’altezza del suo sterno.
Sybil.
Il suo stomaco fece una buffa capriola mentre il suo sguardo si concentrava sulla strega che dormiva placidamente, i capelli una coltra arruffata, un quaderno fitto di appunti ancora stretto fra le dita.
È qui. Per me.
E deve esserci anche da parecchio contando che si è portata da studiare.
Il che lo riportava alla domanda principale.
Che ci faccio in Infermeria?
Socchiuse gli occhi per ripararli dalla luce giallognola della stanza mentre i ricordi riaffioravano lentamente.
L’uscita con Sybil,  la radura, gli unicorni, il bacio – il pensiero bastò a fargli seccare il palato -, lo avevano lasciato così scombussolato da non fargli riuscire a prendere sonno la notte.
Aveva deciso di girovagare per il Castello alla ricerca di Hagrid e poi all’improvviso…
Riddle.
Sussultò, trattenendosi a fatica dal saltare giù dal letto mentre i ricordi gli piombavano addosso come un fiume in piena.
Riddle che urlava in mezzo al Corridoio deserto, Riddle che gli puntava contro la bacchetta, Riddle che lo Schiantava… Riddle con alle spalle quella cosa.
« Sept…? »
La voce assonnata di Sybil si intrufolò nei suoi pensieri, riportandolo alla realtà.
« Sept! » ripeté di nuovo, con voce più convinta. « Ti sei svegliato finalmente! »
Dal tono entusiasta sembrava che si stesse trattenendo dal saltargli al collo. Quel pensiero lo fece arrossire e lo distrasse per un attimo.
« Quanti giorni ho passato in Infermeria? » chiese cercando di schiarirsi la voce con scarsi risultati.
« Quasi una settimana » replicò Sybil. « Eravamo tutti così preoccupati… Eri immobile come pietrificato quando Riddle ti ha trovato per il corridoio ed ha dato l’allarme ».
Riddle.
Bastò quel nome per farlo rabbrividire fino al midollo.
« Una settimana?  Sul serio? » ripeté incredulo. «Ed è stato Riddle a trovarmi, eh? » aggiunse con una punta di ironia.
Sybil annuì, ancora visibilmente su di giri per il suo risveglio.
« Già! Lì per lì Madama Goodkiss non si era allarmata granché… Pensava tu avessi litigato con un altro studente e ti avessero colpito con una semplice Pastoia. Ma poi… dopo aver provato più volte il Finitem Incantatem e vedere che non ti riprendevi… » si interruppe come se quel ricordo fosse ancora doloroso.
Istintivamente Septimus le afferrò la mano per tranquillizzarla.
« E poi? »
« Si sono dati tutti da fare. Hai mobilitato l’intero Castello » lo prese in giro con un sorriso. « Il Preside voleva farti ricoverare al San Mungo ma Silente ha insistito molto per farti rimanere qua. E Lumacorno ha attinto alla sua scorta personale di antidoti per realizzare il decotto di Mandragola che serviva… lo ha preparato personalmente insieme a Tom, l’altra sera ».
« Insieme a Tom? » chiese sussultando visibilmente  per l’incredulità.
Sybil annuì, stringendogli un po’ più forte la mano.
« Già, ci ha sorpreso tutti. È stato veramente carino, Sept… è venuto un sacco di volte a trovarti e ha voluto aiutare personalmente Lumacorno. Ha detto che essendo stato lui a trovarti si sentiva responsabile per la tua salute ».
Septimus si produsse in una risata stridula ed innaturale.
Il bel viso a cuore di Sybil si accigliò.
« So che ti sembra difficile da credere ma sembrava veramente preoccupato ».
Anche io lo sarei se avessi aizzato quell’orrenda… cosa… contro un altro studente.
Di nuovo il corpo spiriforme ed immenso della creatura che aveva appena avuto modo di intravedere gli si affacciò alla mente.
« E tu? » mormorò per scacciare quella immagine che sospettava gli avrebbe fatto venire gli incubi per giorni. « Mi hai accudito fino ad ora? »
Sybil aprì la bocca per ribattere ma si bloccò, sgranando gli occhi e gettando uno sguardo smarrito al quaderno di appunti e alla sua veste tutta stropicciata.
In un istante si fece bordò.
« Io… ah… Passavo da queste parti per caso e così ho pensato di… ah…. » balbettò passandosi nervosamente una mano fra i riccioli nel vano tentativo di riordinarli. « Sì, ecco di fare un salto  e di… ehm, avvantaggiarmi con i compiti » aggiunse raccogliendo frettolosamente il quaderno.
« È stato un pensiero carino » la rassicurò lui.
« Mmm già… » disse incassando la testa fra le spalle.
Per un attimo il silenzio calò fra di loro.
« Non mi hai ancora raccontato cosa ti è successo… » mormorò alzando nuovamente il viso per incontrare il suo sguardo. « Chi o cosa ti ha ridotto così? »
Septimus deglutì a disagio.
« Mi… mi passeresti un bicchier d’acqua? » chiese per prendere tempo.
« Sì, certo » rispose alzandosi per prendere la caraffa.
Quando si sedette al suo fianco porgendogli il bicchiere, Septimus le sorrise, passandosi una mano fra i capelli.
« Syb, dovrei chiederti un favore ».
Lei lo fissò con i suoi grandi occhi grigio-azzurri, come pendendo dalle sue labbra.
« Potresti andare a chiamarmi Roxanne? » disse tutto d’un fiato mentre inghiottiva l’acqua. Una piacevole sensazione di freschezza gli invase la gola.
Il viso di Sybil si adombrò.
« Roxanne? Ma certo » rispose con voce metallica, scattando in piedi come se avesse le molle.
Septimus la fissò perplesso.
« Tutto ok? Ho detto qualcosa di…»
«No, è tutto a posto » lo interruppe lei. « Capisco che tu preferisca confidarti con lei ».
Nella testa di Septimus lampeggiò un piccolo campanello di allarme.
« Sybil, non è come pensi…»
« Non mi devi nessuna spiegazione » lo fermò di nuovo con un sorriso stiracchiato. « Davvero. Vado… vado subito a chiamartela ».
Septimus sospirò.
« Ti prometto che dopo ti darò tutti i chiarimenti che vuoi… ma è giusto che parli con Roxanne prima » affermò con voce decisa. « C’è una cosa che devo dirle che la riguarda in prima persona ».
Tipo che il suo ragazzo mi ha quasi ucciso scagliandomi contro un terrificante mostro serpentiforme.
Una cosuccia da niente, insomma.
La schiena di Sybil era ancora rigida ma pareva un po’ meno diffidente. Annuì in silenzio prima di voltarsi e dirigersi verso la porta.
« Syb? » la richiamò lui mentre aveva già la mano sulla maniglia.
La bionda si voltò a fissarlo, una muta domanda negli occhi.
« È stato bello svegliarsi e trovarti al mio fianco » disse avvertendo l’ormai abituale calore in zona orecchie.
Sybil arrossì, fissandolo impacciata per una manciata di secondi prima di rivolgergli un timido sorriso e chiudersi la porta alle spalle.
Septimus rimase solo nella stanza, chiedendosi quando ci sarebbe voluto prima che Madama Goodkiss si accorgesse del suo risveglio e venisse a sorvegliarlo come una chioccia troppo apprensiva.
Oh be’… almeno avrò tempo di preparare il discorso per Roxanne. Ho l’impressione che non sarà una conversazione molto piacevole.
« Che scena toccante ».
Septimus sollevò la testa di scatto.
La porta era socchiusa e, appoggiato allo stipite, silenzioso come un gatto, si stagliava la figura di Riddle.
« Tu » mormorò con un filo di voce, la salivazione azzerata.
« Io » rispose con nonchalance Tom, estraendo la bacchettadal mantello con un movimento fluido. « Sono venuto a farti a visita, Weasley. Non sei contento? » chiese ironico chiudendo la porta dell’infermeria con un rumore secco alle sue spalle.
 
***
 
« Sept! » strillò Roxanne guadagnandosi un’occhiataccia di Madama Goodkiss.
Si avvicinò al letto, praticamente catapultandosi su di lui. « Godric sia lodato, stai bene! »
Weasley la fissò di rimando, cercando fiaccamente di districarsi da quell’abbraccio stritola-costole.
« Non ancora per molto » bofonchiò. « Non respiro, Rox! »
Lo lasciò andare di scatto, sentendo su di sé lo sguardo di Sybil. L’aveva accompagnata fino all’Infermeria e adesso sembrava non sapere bene come comportarsi ed indugiava sullo stipite della porta.
« Ehm » si schiarì infatti la gola, torcendosi nervosamente le mani. « Bene, io direi che vi posso lasciare soli…» mormorò a mo’ di saluto.
« Oh » disse Septimus apparentemente dispiaciuto. « Te ne vai già? »
Sybil gli lanciò un’occhiata perplessa.
« Sì, be’… dovete parlare di cose private… ».
Il volto di Septimus pareva confuso.
« Dobbiamo? » domandò girandosi verso l’Altgriff, come in cerca di conferma.
Sybil si corrucciò.
« Mi hai chiesto tu di andare a chiamarla » insistette stropicciandosi il mantello. « Hai detto che era una questione personale…»
Septimus era lo stupore fatto a persona.
« Ti ho detto così? Sicura di non aver capito male? »
Che sta succedendo qui?
Se non fosse che si trovavano in Infermeria e Septimus aveva quasi rischiato la vita, la situazione sarebbe risultata comica. Sybil arrossì violentemente.
« C-certo che sono sicura! Hai detto che dovevi parlare con Roxanne e solo dopo mi avresti raccontato quello che ti era successo! »
Sept si passò una mano fra i capelli, arruffandoli ai lati.
« Mi spiace, Rox » le disse rivolgendole uno dei suoi sorrisi a trentadue denti. « Non ho proprio idea del motivo per cui ti ho fatto chiamare ».
« Non preoccuparti » rispose quella sedendosi sul letto al suo fianco. « Ma dato che ormai sono qui… in che pasticcio ti sei infilato per ridurti in questo stato? »
Il sorriso sul volto di Weasley vacillò un po’.
« In realtà io… non me lo ricordo » ammise scuotendo appena la testa.
Roxanne inarcò un sopracciglio.
« Come sarebbe a dire non te lo ricordi? »
« Sept… » mormorò al contempo Sybil. « Sei sicuro di star bene? Vuoi che vada a chiamare Madama Goodkiss? »
Al suono di quel nome Sept rabbrividì.
« No!» si affrettò a negare. « Quella donna è un’arpia… Mi ha riempito di pozioni disgustose » disse con un malcelato brivido di disgusto.
« Sto bene, davvero » aggiunse di fronte allo scambio perplesso di occhiate di Sybil e Roxanne. « Ho solo la testa un po’ confusa. Ricordo… ricordo di essere uscito a fare un giro per il Castello quella notte ».
« E poi? Cosa è successo? » lo sollecitò Roxanne sulle spine.
« Passeggiavo per i corridoi e… » lo sguardo di Weasley si fece assente. «… e poi niente, il vuoto » concluse con una scrollata di spalle.
Un silenzio teso seguì quelle parole.
« Tu, ah… davvero non ti viene in mente altro? » cercò di insistere Sybil, continuando a giocare con l’orlo del mantello.
Septimus scosse la testa, un’espressione apparentemente rilassata, come se non sapere che cosa lo avesse ridotto ad un vegetale per una settimana intera, non fosse poi così importante.
Che strano modo di comportarsi… Sarà ancora sotto shock?
« Quando abbiamo parlato prima tu… ecco, sembravi avere un’idea molto più chiara di cosa fosse successo e…» tentò di nuovo Sybil ma si fermò perché Sept sbadigliò vistosamente.
« Che cosa assurda eh? » ridacchiò sotto il loro sguardo. « Ho dormito per una settimana intera eppure mi sento così stanco… »
Dalla stanza confinante si levò un eloquente colpo di tosse. Roxanne alzò gli occhi al cielo mentre Madama Goodkiss entrava caracollando nella stanza con un cipiglio decisamente minaccioso.
« Direi che per oggi ha ricevuto abbastanza visite, Weasley. Che dite di lasciarlo riposare? »
Roxanne aprì bocca per protestare ma Septimus sbadigliò di nuovo, stroncando le sue obiezioni sul nascere.
« Su, su » le sospinse poco delicatamente verso la porta l’infermiera.
« Torna presto a trovarmi, Sybil! » borbottò Sept prima che quella si sbattesse la porta alle spalle. « Uh, anche tu Rox… » ma non riuscì ad udire il resto perché la porta era ormai chiusa e Madama Goodkiss si stagliava davanti come se volesse fare da scudo con il suo corpo.
Si allontanò di malavoglia con Sybil che pareva se possibile ancora più riottosa.
« Be’? » le interrogò l’infermiera alzando un sopracciglio. « Che ci fate ancora qui? Ho del lavoro da sbrigare, io » concluse sedendosi davanti alla piccola scrivania ingombra di fogli.
Sybil esitò, come sempre un po’ timorosa.
Non che Madama Goodkiss ti metta esattamente a tuo agio, comunque.
« Madama Goodkiss lei… lei ha capito che cosa è successo? » balbettò sotto l’occhiata gelida dell’infermiera. « Noi abbiamo provato a chiederglielo ma dice di non ricordarselo… »
« In caso di eventi particolarmente traumatici la perdita della memoria non è una cosa così strana. Capita abbastanza spesso, in verità ».
Sybil scosse il capo, poco convinta.
« Ma quando si è risvegliato era molto più presente ed in sé… adesso invece… Non ricordava nemmeno cose che mi aveva detto pochi minuti prima! » replicò accorata.
Roxanne si voltò a fissare l’amica, i bei occhi grigi sgranati per l’apprensione, le mani strette a pugno. C’era una tale urgenza nella sua voce che persino Madama Goodkiss parve addolcirsi lievemente.
« La preoccupazione per il vostro amico vi fa onore ma la mente umana è spesso un sentiero insondabile… C’è ancora molto che dobbiamo capire di essa, anche con l’aiuto della magia. Forse il signor Weasley riacquisterà la memoria fra qualche giorno » concluse cercando di suonare incoraggiante.
« E lei non si è fatta alcuna idea al riguardo? »
Roxanne si trattenne dal lanciare uno sguardo stupito all’amica.
Da quando Sybil si è fatta così insistente e sicura di sé?
« Ho già espresso il mio parere medico al Preside Dippet » rispose, calandosi nuovamente nel ruolo dell’algida infermiera. « Non sono cose che devono interessare voi studenti… Posso solo dire che si è trattata di una magia oscura, oscura assai » concluse adombrandosi. « E adesso, fuori di qui ».
Roxanne seguì l’amica, ancora chiaramente scontenta della risposte ricevute, fuori dall’Infermeria.
Non la vedo così turbata dai tempi in cui ancora frequentava quella serpe di Rosier.
Le sarebbe piaciuto confrontarsi con Sybil ma qualcosa – qualcuno – catturò completamente la sua attenzione.
Appoggiato ad una colonna con la calma serafica di un gatto, la spilla da Prefetto che brillava anche da quella distanza, si stagliava la figura di Riddle.
Tom.
Un rumore sordo nel petto come se qualcuno avesse fatto scattare un ingranaggio segreto.
Roxanne sorrise involontariamente per quel paragone azzeccato.
Era proprio così: con la sua sola presenza Tom risvegliava in lei un coacervo di emozioni che non aveva mai sperimentato prima. Non fece in tempo a riprendersi dalla sorpresa, tuttavia, che Sybil si avvicinò al Serpeverde, camminando con passo spedito.
« Knight » la salutò lui inarcando un sopracciglio con fare interrogativo.
« Riddle… Septimus si è ripreso » esordì in risposta. « So che hai aiutato Luma a preparare la pozione ».
Il silenzio con cui Tom accolse quelle parole la fece leggermente vacillare.
« Io… non so per quale motivo tu l’abbia fatto ma t-ti volevo comunque ringraziare » ammise mentre le guance le si tingevano di rosso.
Le labbra di lui si tesero in una parvenza di sorriso ma gli occhi rimasero freddi.
« Ho semplicemente adempiuto al mio dovere di Prefetto. Nulla di più ».
Sybil annuì, scrutandolo per un breve attimo in viso, poi si rivolse a Roxanne.
« Torno nel Dormitorio… Vieni con me? »
Gli occhi di Roxanne vennero attratti da quelli di Riddle come da due piccole calamite. Non aveva bisogno di parole per sapere che lui era venuto lì per lei.
Scosse il capo lentamente.
« Ti… ti raggiungo dopo ».
Sybil annuì come se la cosa non la sorprendesse. Tuttavia, prima di dirigersi verso la stretta scalinata a chiocciola, le si affiancò, stringendole per un attimo il braccio e sussurrando a voce bassa, in modo che solo lei potesse sentire.
« Il fatto che abbia aiutato Septimus non cambia quello che ho visto. Sta’ attenta, Rox » le sussurrò provocandole un brivido involontario.
Osservò la sua schiena allontanarsi, il rumore dei suoi passi che si faceva sempre più attenuato.
« Finalmente soli ».
La voce di Tom catalizzò immediatamente la sua attenzione.
« È così assurdo pensare che prima o poi smetterai di odiare i miei amici? » ironizzò nel tentativo di allentare la tensione.
« Familiarizzare con dei Grifondoro? » le rispose lui di rimando, avvicinandosi con una smorfia schifata dipinta in viso. « Ho già fatto uno strappo alla regola per te ».
Era ad un passo di distanza adesso, tanto che poteva sentire l’odore di pergamena ed inchiostro della sua pelle.
Tum, tum, tum.
« Eppure hai soccorso Sept e hai addirittura aiutato Luma nella preparazione dell’antidoto… » sussurrò fissandolo dritto negli occhi. « Perché? »
Gli occhi di Tom si fecero più caldi mentre con una mano sfiorava una ciocca che le era sfuggita dall’acconciatura, giocandoci distrattamente.
« Credevo che il risveglio di Weasley ti avrebbe fatto piacere » le rispose in un soffio.
Tum, tum, tum.
« Ed io credevo che non approvassi le mie amicizie » ribatté Roxanne alzando il mento.
« Mi sembrava tu non fossi disposta a cedere sul punto… o sbaglio? » la rimbeccò dando un lieve strattone alla ciocca.
« Ahi » protestò fiocamente Roxanne ma Riddle stroncò ogni lamentala sul nascere cingendole la vita con un braccio ed attirandola a sé.
Per un attimo dimenticò come si faceva persino a respirare. Il viso di Tom era ad un soffio, i suoi occhi neri come ghiaino sembravano volerle scavare dentro.
« Ti ho mai detto che sei importante per me, Ro? » le chiese con voce gutturale.
Boccheggiò in cerca di ossigeno.
Non va bene così… Non va bene per niente.
« Che… come…? »
« Sei carina quando sei in imbarazzo » infierì perfido, gustandosi lo spettacolo di lei che arrossiva fino alla punta dei capelli. « Buffa ma carina » specificò allontanando anche se di poco il viso e consentendole di tornare a respirare normalmente.
Odiosa Serpe.
Si alzò sulla punta dei piedi, sfiorandogli la fronte e soffermandosi un attimo su di essa.
« Che stai facendo? » le chiese lui perplesso.
« Sento se hai la febbre » chiarì lei fingendosi seria. « Non è da te dirmi cose dolci ».
Una luce di sfida gli attraversò le iridi.
« Ah si? » disse invertendo bruscamente le loro posizioni e schiacciandola contro il muro. « Forse allora preferisci che passi ai fatti… » le soffiò a fior di labbra.
Le risate di un’allegra combriccola di Tassorosso risuonarono per il corridoio. Riddle sciolse immediatamente l’abbraccio ed indietreggiò facendole provare una dolorosa sensazione di vuoto là dove fino a pochi secondi prima c’erano le sue braccia a cingerla.
« Stasera vieni alla riunione del Lumaclub? » le chiese fissando i Tassi come se potesse incenerirli.
Roxanne mascherò dietro una smorfia la delusione per quel cambio repentino di umore.
Accadrà mai che ci comporteremo come una normale coppia in pubblico?
Il pensiero di lei e Riddle come “coppia” le fece immediatamente andare a fuoco il viso.
Come mi vengono pensieri simili?
« Pensavo… Pensavo di passare. Non sono sicura di riuscire a sopportare Luma che si vanta del suo decotto di Mandragola per tutta la sera » rispose distogliendo lo sguardo.
« Devi venire » la contraddisse Tom con tono autoritario. «Abbiamo qualcosa in sospeso » mormorò ammiccando prima di lasciarla lì, sola e frastornata, con quel dannato cuore che non si decideva a rallentare i battiti.

***
 
29 Marzo 1943 Reparto Proibito, Hogwarts
 
C’era una cosa che Tom Riddle non era abituato a provare e quella era la paura.
Eppure adesso la sentiva serpeggiare infida sotto la pelle, scorrere fluida insieme al sangue nelle vene.
Ripose il libro con malagrazia sullo scaffale, trattenendosi dallo scagliarlo contro il muro.
Ci sono andato vicino… Maledettamente vicino.
E ancora doveva ringraziare il ridicolo candore Grifondoro se era riuscito a rimettere le cose a posto.
Quel cretino di Weasley era già pronto a raccontare tutto all’Altgriff. Sarebbe stato meglio avessi lasciato che il Basilisco lo divorasse.
Ma non lo aveva fatto. Si era messo in mezzo… lo aveva fermato. La mano si strinse a pugno, le nocche che sporgevano sulla pelle bianca.
Inspirò profondamente, cercando di calmare i fiotti di odio che gli attorcigliavano le viscere.
Si trovava nel Reparto Proibito, Rosier e Tiger che montavano la guardia poco distanti. I raggi del sole morente si infrangevano sulla finestra, donando una luce rossastra al corridoio ingombro di tomi di magia oscura.
Normalmente non si sarebbe azzardato a sfidare Madama Pience e avrebbe atteso la notte per intrufolarsi in quel reparto.
Ma l’aver sfiorato la tragedia gli aveva messo una smania addosso difficile da contenere.
 Vicino… troppo vicino.
Ad appena un passo da farsi scoprire. Dall’espulsione o, ancora peggio, da Azkaban.
Scorse con l’indice la copertina rilegata dei volumi, leggendone velocemente i titoli. “Trattato sull’Immortalità: come vivere più a lungo di Merlino”. Ne scorse velocemente le pagine, riponendolo rabbiosamente al suo posto poco dopo.
Una lista di lunghi e complessi incantesimi per prolungare la propria vecchiaia e campare fino a duecento anni. Non era quello che gli interessava.
Non voleva allontanare la morte… voleva sconfiggerla.
Piegarla, ridurla in ginocchio come avrebbe fatto con l’intero Mondo Magico.
La sensazione di ciocche ramate che si ribellavano capricciose fra le sue dita.
Gli occhi grigi, caldi, di Roxanne.
Eppure hai soccorso Sept e hai addirittura aiutato Luma nella preparazione dell’antidoto… Perché?”
La sua voce carica della speranza che per lui ci fosse ancora una possibilità di redenzione.
Che assurdità.
L’unico motivo per cui aveva fatto visita a Weasley e aveva preparato personalmente la pozione era che voleva essere presente nel momento del suo risveglio. Aveva creduto che quell’ameba della Knight, sempre appiccicata al suo letto, avrebbe potuto costituire un problema e si era preparato a rimuovere la memoria anche a lei ma alla fine non ce ne era stato bisogno.
Ti ho mai detto che sei importante per me, Ro?
Glielo aveva sussurrato con convinzione e il modo in cui la sua pelle si era arrossata e si era fatta calda sotto le sue dita gli aveva fatto capire che aveva creduto a quella sciocchezza melensa.
Ora  come non mai aveva bisogno della fiducia di Roxanne, aveva bisogno che lei credesse di essere speciale per lui, di poterlo salvare.
Sa troppo… Di me, del mio passato.
È pericolosa. Dannatamente pericolosa.
Si sarebbe dovuto assicurare la sua fedeltà oppure eliminarla dal suo cammino.
È solo un ostacolo come un altro.
“Ne sei così sicuro, Tom?” Sussurrò una voce cattiva nella sua testa.
Scacciò quel pensiero con fastidio, afferrando “Delle Magie Fetide e Putridissime”.
Quella voce odiosa continuava a tormentarlo.
“Non è forse per lei, in fondo, che hai risparmiato la vita a quel pezzente di Weasley? Perché sapevi che lei non te lo avrebbe mai perdonato se lo avesse scoperto?”
Una riga del libro catturò la sua attenzione, zittendo per una manciata di secondi quella voce molesta.
 
Dell’Horcrux, la più malvagia delle magiche invenzioni, non discorreremo né daremo istruzioni.
 
Horcrux. Quella parola brillò come un faro nella sua testa.
Vi era già incappato nei suoi studi sull’immortalità ma nessun libro vi aveva mai fatto niente di più che un accenno fugace.
La ricerca della Camera dei Segreti e della storia del suo antenato lo aveva assorbito al punto da fargli mettere momentaneamente da parte quelle ricerche ma adesso…
Adesso è giunto il momento di fare un passo ulteriore verso la grandezza.
Ma era un cammino impervio e lui non avrebbe sprecato altri anni sepolto fra i libri in attesa di risposte. Conosceva qualcuno che avrebbe potuto indirizzarlo sulla giusta strada, qualcuno che pendeva dalle sue labbra e lo considerava un astro nascente.
Farò tutto quello serve per realizzare i miei progetti, Roxanne, e tu… tu dovrai scegliere una volta per tutte da che parte stare.
 
 
 
 
  1. Introduzione al libro “Delle Magie Fetide e Putridissime”
 
 

Ciao a tutti!
Oggi è la Befana e invece di calze e dolcetti, vi porto un nuovo capitolo di questa ff  >.<
Ormai manca veramente poco.. ad occhio stimerei sui cinque capitoletti.
Per quel che riguarda questa parte sull’Horcrux mi concedete un po’ di licenza poetica perché credo che in realtà non si sia svolta nel Quinto anno di Riddle ma più avanti… ho voluto però anticiparla perché mi piaceva troppo e visto che il primo Horcrux sarà proprio il diario che gli ha regalato Roxanne mi è sembrato opportuno introdurre anche questo argomento.
Passo adesso ai ringraziamenti:
 
Un grazie di cuore a alex200qwe, Phoenix_aureus,ovviamente a Queen Malfy Slytherin con cui non sarò mai in pari per la sua santa pazienza ed incoraggiamenti costanti, Deborosky, Niaile e _Anya_.
 
Grazie ovviamente anche a chi legge senza commentare e a chi ha aggiunto la ff tra le seguite/ricordate/preferite.
 
Come sempre un abbraccio immenso e un bacio grande
Ely
 
 

 

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Capitolo 35
*** Immortalità ***




 
Capitolo 35

Immortalità
 
 
 



 
In verità l’incapacità di capire che esistono cose peggiori della morte
 è sempre stata la tua più grande debolezza”[1].
 
 
 


30 Marzo 1943, Lumaclub Hogwarts
 
Riddle era seduto su un puff in pelle vicino al fuoco, insofferente. La serata al Lumaclub pareva andare per le lunghe e Roxanne non era ancora arrivata.
« Esattamente così, Nott… quasi otto ore chino sul calderone per preparare il Decotto. Aiutato da Riddle, naturalmente » aggiunse Lumacorno, girandosi a fissarlo. « A proposito, ragazzo, non hai una bella cera » mormorò con una vena di preoccupazione.
« È solo un po’ di stanchezza, signore » rispose umile.
« Ah, caro Tom, ti strapazzi troppo » disse con tono affettuoso. « Fra i tuoi compiti da Prefetto e i risultati sempre eccellenti in tutte le materie… dovresti studiare di meno e divertirti di più, ragazzo ».
Il viso di Riddle si distese in un sorriso artificioso.
« Per me studiare è un piacere, signore. Soprattutto quando gli insegnanti sono stimolanti come lei ».
Il petto di Lumacorno si gonfiò come quello di un tacchino.
« Sei troppo buono, Tom. Anche se… »
Roxanne aveva appena varcato l’ingresso e le parole del professore divennero un vociare di sottofondo mentre lo sguardo di Riddle veniva catturato dalla sua figura.
Invece della divisa indossava un maglione largo che ne nascondeva le forme. Sembrava a disagio, come se quello non fosse il suo posto. Gli sorrise quando i loro sguardi si incrociarono, ma fu un sorriso timido che morì non appena i suoi occhi si posarono sul resto della compagnia ed in particolare su Nott.
Avrei dovuto ucciderlo per quello che ha fatto.
Rifletté pigramente senza distogliere gli occhi da Roxanne.
« Ma oh, vedo che altri studenti si sono uniti a noi. Signorina Altgriff! Che piacere averla fra noi! » trillò il tricheco fissando la Grifondoro come se fosse un dolce particolarmente prelibato.
« Se mi vuole scusare, professore » mormorò Riddle alzandosi in piedi.
Non attese una risposta, avvicinandosi a passo deciso verso Roxanne. Era venuta sola, senza l’ameba bionda o quello sfigato di Weasley a farle da scorta.
« Iniziavo a pensare che non saresti venuta » le disse a mo’ di saluto.
Un lieve rossore le colorò le guance.
« Avevo voglia di vederti » gli disse più spavalda del solito mentre sfiorava la sua mano sotto il mantello.
Riddle indugiò in quel contatto per una manciata di secondi appena, poi si ritrasse.
Roxanne era la sua debolezza. Nessuno doveva vederli insieme.
Vide i suoi occhi incupirsi per quella sua ritrosia e per un attimo si pentì di aver allontanato la mano.
Ricacciò nel profondo quel sentimento destabilizzante.
Questa è una serata troppo importante. Non dovrebbe nemmeno essere qui… la sua presenza è una distrazione.
« Allora… mi sono persa qualcosa di importante? » chiese Roxanne tentando di allentare la sottile tensione che si era creata fra loro.
« Oh sì » replicò mentre le labbra si piegavano in un accenno di sorriso. « Adesso non saprai mai quanti riconoscimenti ha ottenuto Doris Patrick, ovviamente grazie ai preziosi agganci che gli ha fornito Luma ».
« Accidenti » disse Roxanne, fingendosi dispiaciuta. « E io che ero venuta apposta! »
Gli occhi di Tom brillarono di malizia.
« Credevo che fossi venuta per me ».
L’Altgriff distolse lo sguardo, giocherellando nervosamente con la collana a forma di croce.
« Potremmo… potremmo andare a fare un giro. Non mi sembra che qua sia il massimo del divertimento » propose titubante.
Riddle sorrise.
« Mi piacerebbe… » mormorò godendo nel vederla arrossire. « Ma devo parlare con il vecchio Luma ».
Roxanne sbuffò roteando gli occhi.
« Oh andiamo! Davvero vuoi passare la sera a leccare il cu… Ahi! » non riuscì a finire perché Tom le diede un pizzico sul braccio.
« Chi ti ha insegnato questo linguaggio? » finse di rimproverarla. «  La signora Cole ti manderebbe a letto senza cena ».
« Meno male che non ci troviamo più in quello squallore di Orfanotrofio, allora » borbottò massaggiandosi il punto dolente.
« Prendiamo qualcosa da bere, ti va? » propose indicando un tavolo con sopra qualche bevanda e pasticcini.
Luma era famoso per non lasciare mai a bocca vuota i suoi studenti durante le riunioni del LumaClub.
Roxanne lo seguì, prendendo con scarso entusiasmo un bicchiere di Burrobirra. Sapeva che non andava particolarmente matta per quella roba.
« Avresti preferito una cioccolata? » le chiese vedendola annusare il bicchiere diffidente.
« Mi dispiace dirlo ma… nei dolci e bevande i Babbani sono decisamente superiori » affermò altezzosa.
« Che bugiarda. Ti ho visto divorare Cioccorane come se ne andasse della tua vita » la prese in giro con un sorriso.
« È diverso! Scappano quelle maledette… è una specie di sfida » affermò cercando di darsi un tono.
Riddle rise piano.
« Anche se mi piacerebbe continuare questa discussione sulle Cioccorane, c’è qualcosa di cui devo parlarti in realtà »
« Mm? » mugugnò buttando giù una sorsata di Burrobirra.
« Tu sai che prendo molto sul serio il mio ruolo di Prefetto. Con questa storia dell’apertura della Camera molti studenti sono preoccupati e… »
« Tu credi alle voci sulla Camera? » chiese Roxanne con tono scettico.
Riddle la fissò freddamente.
« La scritta sul muro, l’aggressione di Adam e ora Weasley…»
« Sept non ricorda che cosa sia stato ad aggredirlo » ribatté. L’idea che l’amico si fosse scontrato con il mostro della Camera era semplicemente assurda. « Potrebbe essere stato un altro studente… uno della tua cricca, magari » insinuò con aria di sfida.
« Era una magia molto potente. Non credo che Tyger… o Goyle siano in grado di fare cose del genere » rispose lanciando un’occhiata eloquente ai due Serpeverde che si erano mezzi assopiti davanti al fuoco, incuranti dell’incessante parlottio di Luma.
« Rosier… o magari Nott » rispose Roxanne faticando a trattenere un brivido. « A quanto pare hanno un debole nell’aggredire le persone ».
« Lo saprei se avessero alzato la bacchetta contro Weasley » affermò sicuro di sé.
Roxanne non ribatté. Non che ce ne fosse bisogno, glielo leggeva in faccia il disgusto.
« Sei preoccupato per l’apertura della Camera. E quindi? »disse lei per cambiare discorso.
« Quando sono di ronda, devo perlustrare il Castello di notte ».
« E? » lo spronò a continuare.
« Diciamo che non tutti i tuoi amici rispettano il coprifuoco » aggiunse criptico.
Roxanne gli lanciò un’occhiata spaesata.
« È difficile non notarlo, se non altro per la stazza » proseguì con sorriso lievemente sarcastico.
« Hag? » chiese Roxanne sbuffando. « Sai che novità! Sgattaiola fuori dal Castello dal primo anno ».
« Come non è una novità che sia appassionato di creature oscure ».
Gli occhi di Roxanne si incupirono.
« Stai accusando Hagrid di cosa, esattamente? Non farebbe mai del male a nessuno. Di sicuro non a Septimus! ».
Riddle tirò indietro la schiena, appoggiandola allo schienale. Sapeva che quello era il momento più delicato della conversazione.
Poteva vedere la vena pulsare sul collo di Roxanne.
Basta così poco per far scattare un Grifone…
« Sono d’accordo » esordì lasciandola impreparata. Si chinò in avanti, fino ad essere pochi centimetri distante dal suo viso. « Hagrid non colpirebbe mai i suoi amici… Dico solo che a volte le cose possono scappare di mano. Soprattutto quando giochi con creature magiche scambiandole per innocui micetti…»
La vide sgranare gli occhi, turbata da quelle parole.
«  È assurdo. Quello che dici è assurdo » ripeté senza fissarlo negli occhi.
Tom sospirò, fingendosi affranto. Le prese una mano, stringendola fra le sue.
« Probabilmente hai ragione e le mie sono paure infondate… » bisbigliò disegnando cerchi concentrici sul suo palmo. « Ma io devo fare il mio lavoro di Prefetto. Ed ho intenzione di tenere d’occhio Rubeus. Lo capisci questo? Hogwarts è troppo importante per me, per noi… »
« È la nostra casa » terminò Roxanne per lui.
Riddle annuì.
« Esattamente » disse alzandosi in piedi. « Voglio solo che tu sappia che non c’è  niente di personale ».
« Non voglio turbarti ulteriormente… » concluse fissandola con una smorfia dispiaciuta. « Ti accompagnerei al Dormitorio ma come ti ho detto c’è ancora qualcosa di cui devo discutere con Luma ». Le rivolse un sorriso affascinante. « Avremo presto occasioni per stare da soli ».
Le sfiorò la mano in una fugace carezza.
Si immaginava che la Grifondoro puntasse i piedi, invece la trovò stranamente pronta ad assecondarlo.
Forse le mie insinuazioni su Hagrid hanno attecchito più di quanto pensassi.
« Ci vediamo domani, Tom » lo salutò lanciando un’ultima occhiata disgustata alle poltroncine vicine al fuoco.
La osservò allontanarsi con una scintilla di soddisfazione.
Poi si voltò e con noncuranza riprese il suo posto al tavolo, come se non se ne fosse mai allontanato.
« Signore, è vero che la professoressa Gaiamens va in pensione?[2] »  chiese rivolgendo un ampio sorriso a Luma.
« Tom, Tom, anche se lo sapessi non potrei dirtelo » rispose quello agitando il dito a mo’ di rimprovero ma facendogli al contempo l’occhiolino. « Ammetto che mi piacerebbe sapere da dove prendi le tue informazioni, ragazzo; ne sai più di metà del corpo insegnanti, davvero ».
Riddle sorrise, avvertendo su di sé gli sguardi ammirati della manciata degli studenti ancora presenti.
« Con la tua inquietante capacità di scoprire le cose che non dovresti sapere, e la tua abile adulazione verso coloro che contano… grazie per l’ananas, fra parentesi, hai ragione, è il mio preferito… »
Di nuovo un risolino di sottofondo da parte dei Serpeverde.
« … mi aspetto che tu diventi Ministero della Magia entro vent’anni. Quindici, se continui a mandarmi ananas, io ho ottimi contatti al Ministero ».
« Non so se sono adatto alla politica, signore. Non vengo dall’ambiente giusto, innanzitutto » rispose con finta modestia.
Nott e Rosier si scambiarono un sorriso furbo d’intesa.
« Sciocchezze » liquidò la questione Lumacorno con un gesto della mano « con capacità come le tue, è lampante che discendi da una rispettabile stirpe magica. No, andrai lontano, Tom, non mi sono mai sbagliato su uno studente ».
L’orologio sulla scrivania batté le undici e Luma rimase imbambolato a fissarlo per un istante, prima di invitare gli studenti a rientrare nelle loro stanze.
Riddle li osservò uscire uno dopo l’altro. Avery si voltò a fissarlo, incerto se doverlo attendere o meno.
Gli fece cenno di andare e, sebbene, perplesso lo vide accostare la porta alle sue spalle.
Ed ora a noi, Luma.
« Attento, Tom » lo sgridò Luma notando che non si era ancora allontanato. « Non vorrai farti sorprendere fuori dal letto nelle ore proibite, sei anche un Prefetto … »
« Signore, volevo chiederle una cosa …»
 
***
 
30 Marzo 1943 Hogwarts, Sala Comune Grifondoro
 
« Sei davvero una frana » affermò strafottente Septimus mangiandosi anche il suo ultimo cavallo.
I pezzi sulla scacchiera iniziarono a sbraitare i loro suggerimenti, mandandola ancora più in confusione.
Sybil sbuffò, spostando un boccolo biondo particolarmente ribelle.
« Non dovresti gongolare così, sai? Non è carino »
« Nemmeno il goal che mi hai fatto ieri quando mi sono distratto è stato carino ».
Sybil alzò lo sguardo e i suoi occhi chiari incrociarono i suoi, pensierosi.
« Dovresti davvero imparare a perdere »
Septimus sorrise, malandrino.
« Potresti darmi ripetizioni. Tu sei davvero brava a perdere » la schernì.
Gli occhi di Sybil si assottigliarono in una linea minacciosa. Mosse la torre con rabbia, quasi stritolandola con le dita.
« Ehi, signorina! Vacci piano! » protestò infatti quella.
Il sorriso di Septimus si ampliò. Ogni volta che Sybil si irritava, perdeva la pazienza e iniziava a muovere pezzi a caso.
« Scacco matto! » disse infatti muovendo la regina.
La Knight corrucciò le labbra in un’espressione impermalita.
« Non ho più voglia di giocare ».
« Vuol dire che ti arrendi? » ribatté impietoso.
« Mi arrendo! » capitolò decisamente scocciata.
Septimus ridacchiò soddisfatto, riponendo i pezzi che protestavano per una rivincita dentro la scacchiera.
Sybil rimase per un istante in silenzio, le braccia incrociate sul petto.
« Dovresti comunque sforzarti di ricordare »
Septimus roteò gli occhi.
« Avevamo scommesso che se perdevi non avresti più tirato fuori questo argomento ».
Sybil non replicò ma gli lanciò un’occhiata molto eloquente.
« Magari i ricordi affioreranno da sé, proprio quando smetto di sforzarmi » disse sporgendosi in avanti ed addolcendo il tono. « E comunque… »
« Comunque? »
« Non ho dimenticato proprio tutto… » proseguì giocherellando con l’orlo del mantello.
Sybil lo fissò perplessa.
« Non ricordo chi o cosa è stato ad aggredirmi quella sera… Ma del pomeriggio nella Foresta Proibita ricordo benissimo ».
Non avevano più parlato del bacio dal suo risveglio in Infermeria.
« Oh » sillabò Syb divenendo all’istante di brace.
« Hai visto della gita ad Hogsmeade di Venerdì? »
Lei annuì, ancora troppo imbarazzata per parlare.
« Ecco… mi chiedevo se… » balbettò sentendosi un imbecille.
« Se? » lo incitò lei, tornando finalmente a fissarlo negli occhi.
« V-verresti con me? » buttò fuori tutto d’un fiato.
Per una manciata di secondi Sybil rimase in silenzio.
Dove ho sbagliato a questo giro?
« Sì » rispose infine.
Con gli occhi che brillavano per la sorpresa, le guance ancora arrossate e quel boccolo dispettoso che continuava a sfuggirle, Septimus pensò che non fosse mai stata così bella.
 
***
 
Roxanne aveva uno strano presentimento che le serpeggiava sotto la pelle.
Le insinuazione di Tom su Hagrid erano assurde ma continuavano a risuonarle nelle orecchie.
Manipolatore.
Lo era sempre stato, fin quando da bambino riusciva a convincere la Signora Cole di essere innocente anche di fronte alla più schiacciante evidenza.
Ma lei … lei aveva sempre creduto di essere diversa dalla Signora Cole.  Da Luma, Nott, Rosier e tutti gli altri che gli andavano dietro come una massa di idioti adoranti.
Illusa.
Era caduta alla sua mercé proprio come tutti gli altri, peggio di tutti gli altri perché se ne era addirittura innamorata.
Quella sera, però, qualcosa non andava. E lei si era accorta a metà strada che non aveva voglia di assecondare le richieste di Tom come se fosse uno dei suoi scagnozzi ritardati.
Era tornata davanti all’ufficio di Luma proprio mentre tutti stavano uscendo. Si era nascosta all’ombra di una armatura perché no, grazie, non aveva proprio voglia d incrociare Nott, Rosier e mezza casata Serpeverde, anche se si trovava a pochi metri da un professore.
Tom, però, non si decideva ad uscire.
Si avvicinò di alcuni passi, guardandosi intorno guardinga.
Il corridoio era deserto, la porta socchiusa.
« Signore, mi chiedevo che cosa sa degli… Horcrux » [3].
Roxanne aggrottò le sopracciglia.
Horcrux?
Non ne aveva mai sentito parlare prima.
« È una ricerca per Difesa contro le Arti Oscure? » chiese Lumacorno.
Le sembrava che si fosse irrigidito ed ogni traccia di sorriso aveva abbandonato il suo volto.
« Non proprio, signore » rispose Tom umile, quasi vergognoso. « Mi sono imbattuto in questa parola leggendo e non l’ho capita bene ».
« No … insomma … è molto difficile trovare ad Hogwarts un libro che parli degli Horcrux, Tom. È roba molto Oscura, molto Oscura davvero ».
« Ma ovviamente lei sa tutto di loro, signore. Voglio dire, un mago come lei… Mi scusi, insomma, se non me lo può dire, è chiaro… ma vede, se c’è qualcuno che può, questo è lei… così ho pensato di chiederle… »
Che cosa dicevo a proposito delle sue doti da ammaliatore?
Riddle e la Magia Oscura.
Non avrebbe certo dovuto stupirla che le avesse tenuto quella ricerca nascosta. Era sempre così, no? Non aveva davvero creduto che le cose fra loro potessero cambiare.
« Be’ » riprese Lumacorno un po’ titubante. « be’, non può esserci niente di male a darti un’idea. Solo perché tu capisca il termine. Si definisce Horcrux un oggetto nel quale una persona ha nascosto parte della sua anima ».
Roxanne si appiattì contro la porta, cercando di farsi il più vicino possibile. Una morsa le attorcigliava le viscere dello stomaco.
« Però, signore, non riesco a comprendere come funzioni » insistette Tom.
« Be’, si spacca l’anima, capisci » rispose Lumacorno « e se ne nasconde una parte in  un oggetto al di fuori del corpo. Quindi, anche se il corpo viene colpito o distrutto, non si può morire, perché parte dell’anima resta legata alla terra, intatta. Ma naturalmente l’esistenza in una simile forma…» Il volto di Lumacorno si accartocciò. « Pochi la vorrebbero, Tom, davvero pochi. La morte sarebbe preferibile ».
Spaccare l’anima…
La morsa intorno alle viscere si strinse.
Tom, all’opposto, non sembrava minimamente turbato, anzi. Roxanne non poteva scorgerne il volto ma dalla tensione delle spalle sembrava che fosse pronto a balzare addosso a Luma, pur di carpirgli gli ultimi segreti.
« Come si fa a spaccare l’anima? » chiese con una voce cupa, priva del morbido tono adulatorio di soli pochi minuti prima.
« Ecco » bofonchiò Luma visibilmente a disagio « tieni a mente che l’anima deve restare integra ed indivisa. Spaccarla è un atto di violenza, contro natura ».
« Ma come si fa? »
« Con un’azione malvagia… L’azione malvagia suprema. Commettendo un omicidio. Uccidere lacera l’anima. Il mago che intende creare un Horcrux usa il danno a suo vantaggio: rinchiude la parte strappata… »
« Rinchiude? Ma come? »
« Esiste una formula, non chiedermela, non la so! » sbottò Lumacorno, visibilmente infastidito. « Ti sembra che l’abbia provata… Ti sembro un assassino? »
« No, signore, certo che no… » corresse subito il tiro Riddle. « Mi dispiace… non volevo offenderla…»
« Ma no, ma no, non mi sono offeso » borbottò Lumacorno, rabbonito. « È naturale provare un po’ di curiosità per queste cose… I maghi di un certo calibro sono sempre attratti da questo aspetto della magia… »
« Sì, signore » assentì prontamente Tom. « Quello che non capisco, però… è solo una curiosità… voglio dire, un solo Horcrux sarebbe utile? Si può strappare l’anima una sola volta? Non sarebbe meglio, per rendersi più forti, dividere l’anima in più parti? Per esempio, sette non è il numero magico più potente, e sette non…? »
« Per la barba di Merlino, Tom! » guaì Lumacorno come un cucciolo ferito. « Sette! Non è già abbastanza orribile pensare di uccidere una persona? E in ogni caso… dividere l’anima è orribile… ma strapparla in sette pezzi…»
Roxanne si ritrasse dalla porta. Per quella sera aveva sentito abbastanza e la voglia di passare del tempo con Tom era completamente passata.
 
 

Ciao a tutti!
*Elpis riemerge dalle tenebre* Ok, evito la solita tiritera di scuse (ormai sono a corto di giustificazioni XD) e passo direttamente a commentare il capitolo.
Punto primo: alleluja per Septimus che per una volta è riuscito a non farsi tirare il bidone!
Punto secondo: i dialoghi tra Luma e Tom sono rowlinghiani. Mi spiace aver dovuto copiare passi del libro ma non mi sembrava giusto né ometterli né riscriverli a modo mio >.<
Punto terzo: i ringraziamenti.
 
Grazie mille a Jessie_Yon, Halenariddle91, Niaile, Babyramone, Phoenix_aureus, alex200, Morgana_D, Anya e naturalmente Queen Malfy Slytherin.
 
Un bacio grande a tutte e alla prossima!
Ely
 

[1] Cit. di Silente in Harry Potter e l’Ordine della Fenice.
[2]La parte successiva è in buona parte ripresa, soprattutto i dialoghi, da Harry Potter e il Principe Mezzosangue, pp. 450 e ss.
[3]  Stesso discorso. I dialoghi tra Luma e Riddle sono della Rowling.Capitolo 35
 
 

 

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Capitolo 36
*** Per aspera ad astra ***






Capitolo 36

Per aspera ad astra


per il video della ff: https://www.youtube.com/watch?v=wBfGcxzvtZc
 
 
 


 
Ho visto il tuo cuore… ed è mio!”(1)






 
31 Marzo 1943, Hogwarts, Dormitorio Grifondoro
 
Le lancette dell’orologio segnavano le cinque di mattina.
Roxanne scalciò le coperte, il Lumus della sua bacchetta – una piccola luce tremolante e quasi impercettibile – che  illuminava il groviglio di lenzuola.
Faceva freddo ma non le importava.
Anzi.
Il freddo la faceva sentire viva e dava una giustificazione plausibile ai brividi che le attraversavano la colonna vertebrale.
Con un’azione malvagia… L’azione malvagia suprema.
Gli strascichi della conversazione che aveva origliato continuavano ad risuonarle nelle orecchie, un eco fastidioso che l’aveva fatta rigirare nel letto per tutta la notte, fino a quando non si era arresa e messa a sedere, le braccia strette intorno alle ginocchia, il viso rivolto verso la finestra.
Mancavano ancora un paio di ore al sorgere del sole e la notte era buia come non mai.
Commettendo un omicidio.
Un sorriso amaro le increspò le labbra.
 In fondo, non aveva motivo di essere stupita. I continui sbalzi di umore di Riddle, il numero di ore che passava in Biblioteca – eccessivo persino per lui -, le ricerche di cui non le voleva parlare, i segreti di cui la teneva all’oscuro. I Mangiamorte che pendevano sempre di più dalle sue labbra e ormai non lo lasciavano praticamente più solo.
I pezzi erano tutti lì, solo che lei non li aveva visti, non aveva voluto vederli.
Uccidere lacera l’anima.
L’immortalità. Era questo che Riddle cercava così spasmodicamente?
 Be’ era plausibile. Come aveva detto il vecchio Luma, tutti i grandi maghi prima o poi si interessavano dell’argomento. Che senso aveva accumulare potere e ricchezza se poi di fronte alla morte si era inermi ed uguali a tutti gli altri? E Tom… Merlino, Tom odiava anche solo il pensiero di essere “uguale agli altri”.
Avvertì un sapore ferroso in bocca. Si era torturata il labbro fino a farlo sanguinare senza nemmeno accorgersene.
Nessuno desiderava morire. Ma fino a che punto ci si può spingere, fino a che punto si sarebbe spinta lei, per evitarlo?
Parte dell’anima resta legata alla terra, intatta. Ma naturalmente l’esistenza in una simile forma…
Contrasse il viso in una smorfia.
Il tono di profondo disgusto che Luma aveva usato nel pronunciare quelle parole le aveva fatto intuire che non doveva essere una cosa piacevole. Si sarebbe potuto accontentare di quello? Di una mera esistenza, di una non-vita?
No, certo che no. Ma Tom? C’era un tale desiderio intriso nella sua voce…
Si può strappare l’anima una sola volta?
Si leccò il labbro tumefatto, pensando con ironia che avrebbe potuto rispondere lei a quella domanda invece del vecchio Luma.
Certo che no, Riddle. Tu l’anima me l’hai strappata tante di quelle volte che mi chiedo come io riesca ancora a respirare…
Un rumore sordo la fece sobbalzare bruscamente. Due iridi gialle la fissavano dal fondo del letto.
« Lyra » disse in un sussurro.
Il gatto nero di Eloise si fece avanti, ronfando e sfregandosi contro le sue mani.
« Mi hai fatto paura, stupida palla di pelo ». Per tutta risposta le fusa divennero più rumorose. « Ti sei accorta che non riuscivo a dormire, eh? » aggiunse tirandosela verso il petto.
« È che non so cosa fare. Se chiedessi a uno qualsiasi dei miei amici mi direbbe che quello che ho sentito è solo la conferma che Riddle è un pazzo psicopatico e di lasciarlo perdere. Pensa, » mormorò grattandole dietro un orecchio. « Sybil addirittura si è convinta che morirò se continuo a frequentarlo. Ha avuto una visione o qualcosa del genere. Non è assurdo? »
Il gatto la fissò solo per un istante, prima di passare a leccarle le dita.
« Che schifo, Lyra. Sta’ ferma! È un discorso serio il mio ».
Sospirò, lanciando di nuovo un’occhiata alla finestra.
«Ma forse… Sai, forse quella di Tom era davvero solo curiosità. O magari sta cercando un modo per divenire immortale ma non a quel prezzo. Uccidere sette persone… Non può volerlo fare veramente »
Continuò ad accarezzarla per un’altra manciata di minuti, persa nei suoi pensieri. Poi afferrò un pezzo di pergamena dal comodino e una piuma d’oca. Scribacchiò qualcosa velocemente, il gatto ancora sulle ginocchia.
« Faresti una cosa per me? » chiese rivolgendosi a Lyra. « Puoi portarlo a Tom? So che di solito si usano i gufi ma per stavolta faresti un’eccezione? »
Il gatto rimase immobile per qualche secondo. Poi schiuse la bocca ed afferrò delicatamente il biglietto.
« Non guardarmi così » disse dandogli un buffetto. « Non sono ancora pronta a rinunciare a lui ».
 
 
***
 
31 Marzo 1943, Hogwarts, Torre di Astronomia
 
Riddle si stava dirigendo verso la Torre di Astronomia con passo strascicato.
Quel pomeriggio aveva fatto una mossa imprudente e saltato Erbologia per scendere nella Camera.
Doveva assicurarsi che l’episodio che era accaduto con Weasley non si ripetesse mai più, quello stupido Basilisco doveva imparare una volta per tutte che era lui a comandare.
Era riemerso dalla viscere del Castello un’ora dopo, più insoddisfatto che mai.
Aveva volutamente trascurato di portare il cibo alla creatura per una decina di giorni come punizione e,
quando aveva aperto il portale di Salazar, il Basilisco gli era praticamente saltato addosso.
Aveva sottovalutato la paura di abbandono di quella biscia troppo cresciuta. Per tutto il tempo lo aveva fissato in silenzio, senza replicare ai suoi aspri rimproveri ma senza mostrare nemmeno un briciolo di rimorso.
Non aveva fatto nemmeno in tempo ad allontanarsi dal bagno del Secondo Piano – incerto se chiudere la Camera per sempre o lasciare il Basilisco a piede libero – che una palla di pelo nero aveva iniziato a sfrecciargli fra le gambe come impazzita. Aveva già estratto la bacchetta per Schiantarla ma si era trattenuto, notando il biglietto che stringeva in bocca.
Roxanne, naturalmente.
Nessuno dei suoi Mangiamorte avrebbe mai usato un metodo così petulante per dargli un appuntamento.
Stasera alla Torre di Astronomia.
Un luogo strano per un incontro, Riddle non sapeva nemmeno perché stava assecondando la richiesta di quella stupida Grifondoro mentre in Biblioteca avrebbe impiegato più proficuamente il suo tempo.
La figura sottile dell’Altgriff svettava  addossata al cornicione della Torre. Da in cima alla rampa di scale poteva osservarla dargli la schiena, lo sguardo perso a fissare il cielo.
Gli sarebbe piaciuto coglierla di sorpresa ma Roxanne si girò come avvertendo la sua presenza.
« Allora Lyra ti ha recapitato il messaggio » gli disse a mo’ di saluto.
« Preferisco i gufi, per tua informazione » le rispose annullando la poca distanza che li separava.
Si posizionò al suo fianco, i gomiti che si sfioravano. Il cornicione era freddo ed umido per la brezza serale ma il vento che aveva impazzato per tutto il giorno pareva essersi placato.
« Me lo ricorderò per la prossima volta » gli rispose con un sorriso lieve.
Per una manciata di secondi Riddle si godette l’aria fresca e odorosa di pino a fare da contraltare a quella ristagnante e viziata dei Sotterranei.
« Per quale motivo mi hai dato appuntamento quassù, Ro? » interruppe il silenzio. « Ti servono ripetizioni di Astronomia? » aggiunse per punzecchiarla.
« Mmm in quello me la cavo abbastanza bene in realtà ».
« A cosa devo quindi l’onore di questa convocazione? »
« Avevo voglia di vederti. Sembri molto assorbito da altro in questi giorni » confessò con una scrollata di spalle.
Si era girata a fissarlo e sulle labbra aveva dipinto un sorriso strano, melanconico.
« Tutto qui? » chiese inarcando un sopracciglio.
Il sorriso sul volto dell’Altgriff si ampliò un poco, ma non raggiunse gli occhi che rimasero pensierosi.
« Tutto qui » confermò solamente.
Il silenzio calò di nuovo fra loro.
Probabilmente il fatto di aver perso un’intera serata dietro ai capricci di una Grifondoro avrebbe dovuto infastidirlo, ma non era così.
Era una notte di novilunio, il cielo era scuro ma le stelle brillavano luminose. Tom provava una strana sensazione di sollievo ad essere lì, solo sulla Torre, lontano da ogni sua ambizione e progetto, con Roxanne vicino, tanto che sarebbe bastato allungare una mano per sfiorarla.
« La Professoressa Nocturnia dice che è possibile vedere il proprio destino nelle stelle, se si è lettori particolarmente attenti » esordì dopo un po’ e il fiato le si condensò in una nuvoletta di vapore.
Riddle inarcò il sopracciglio.
« Suona molto come l’ennesima sciocchezza con cui alla Nocturnia piace riempirsi la bocca » rispose spocchioso.
Roxanne ridacchiò.
« Probabile » assentì fissandolo in un modo strano, intenso.
« Ma forse tu sei più brava di me a leggere le stelle » la schernì Riddle, facendosi ancora più vicino fino a quando le sue labbra furono ad un soffio dalle sue. « Quale sarà il mio destino, Roxanne? »
La vide arrossire e mordersi le labbra, la mano che in un gesto inconscio correva alla piccola croce che portava al collo. Le impedì il movimento, stringendole forte il polso con la mano.
« Non ne abbiamo mai parlato, no? » gli chiese fissandolo dritto negli occhi. « Del nostro futuro, intendo. Di che cosa faremo una volta usciti da Hogwarts ».
« Non è del tutto esatto » la corresse, schiacciandola fra sé e il corrimano. « Io già so che carriera vorresti intraprendere. Medimagia. Ho indovinato? ».
Roxanne sgranò gli occhi, boccheggiando come un pesce preso all’amo.
« Come… come hai fatto a…? »
« Deve avermelo detto Orione o forse Sirio » continuò a sbeffeggiarlo scrutando le stelle. « Sul serio, Ro, non sei così difficile da capire ».
Un gradevole rossore le adombrò le guance. Era bella quando era imbarazzata e Riddle avvertì le ultime tracce di malumore dissolversi.
« Adesso invece è il tuo turno di predire il futuro. Non deludermi con qualcosa di banale » la sfidò.
Roxanne lo fissò, ancora turbata.
« Temo di non essere altrettanto brava a capirti. Per me rimarrai sempre un grande punto interrogativo ».
« Non vuoi nemmeno provare? »
Roxanne lo soppesò per un istante con lo sguardo.
« Sei ambizioso. Lo sei sempre stato, credo che tu sia la persona più ambiziosa che conosca… Quello che vuoi è il potere. Mi chiedo… fino a che punto saresti disposto ad arrivare per ottenerlo? »
Riddle provò un brivido lungo la spina dorsale. Rise, di una risata artificiosamente costruita.
« Non è una descrizione molto lusinghiera, sai? »
Il volto dell’Altgriff rimase serio.
« Non vuoi rispondere? Che strada hai intenzione di percorre una volta uscito da qui? Ti darai alla politica come sostiene Luma? O affinerai le tue doti e diventerai uno Spezzaincantesimi, un Auror, cos’altro? »
Il suo tono di voce si era fatto via via più concitato.
Gli occhi di Riddle si fecero freddi e scuri come onice. Quel gioco gli stava scappando di mano.
« Non ho ancora preso una decisione. Ci sono così tante strade aperte davanti a me che sono insicuro su quale intraprendere ».
« Stronzate » ribatté Roxanne scrollando il polso dalla sua presa. « Non provare a rifilarmi le bugie che racconti a Luma e agli altri professori ».
Era arrabbiata adesso, la voce era salita di un’ottava,  i capelli si stavano elettrizzando.
« Ma visto che non vuoi parlarmi dei tuoi progetti di vita, parliamo di altro, ti va? »  gli chiese con un lampo di sfida nello sguardo. « Dimmi un po’, Tom, che ne pensi della morte? »
« C-come? » domandò arretrando di un passo.
« Della morte, Riddle. È una prospettiva che ti spaventa? »
Il volto del Serpeverde si tese in una smorfia.
« Direi che spaventa tutti ».
« Giusto » assentì Roxanne. « Ma non tutti fanno ricerche sull’immortalità e non tutti sono disposti a prendere in considerazione l’idea di uccidere una persona per prolungare la propria vita ».
Un lampo di comprensione illuminò lo sguardo di Riddle.
« Mi hai spiato » sibilò velenoso.
Roxanne rimase ferma, sostenendo il suo sguardo, nonostante la chiara minaccia insita in quelle tre parole.
« Non volutamente, ma sì, ho sentito la conversazione fra te e Lumacorno. Sugli Horcrux ».
Il tempo parve arrestarsi per un attimo. 
Roxanne si stagliava di fronte a lui, il vento che agitava appena il suo mantello e faceva aleggiare i suoi capelli come una coltre mogano intorno al viso.
Non pareva spaventata e a Riddle ciò pareva incredibilmente assurdo perché non era mai stato così vicino ad aggredirla come in quel momento.
Roxanne. Aveva. Spiato. Lui.
Ecco cosa succede ad abbassare la guardia, anche solo per un momento, anche solo con una persona.
« Non so che cosa tu abbia capito di quella conversazione, Ro, ma il mio era un interesse puramente accademico. Mi sono imbattuto su quell’argomento e ho voluto approfondire ma ora che Lumacorno mi ha dato quelle risposte… Per Merlino, è ovvio che non potrei mai… »
« Non prendermi in giro! » lo interruppe urlando Roxanne. « “Sette non è forse il numero perfetto”? » lo imitò, le mani strette a pugno, gli occhi che non abbandonavano il suo viso nemmeno per un istante. « Non dirmi che non hai pensato di spezzare la tua anima e non una, ma ben sette volte! »
Avrebbe dovuto colpirla, ma non ci riusciva.
Ecco cosa si prova ad essere deboli.
« Rispondimi, maledizione! » urlò ancora e fu lei a colpirlo, con un pugno nel petto.
Gli mozzò il respiro, più per la sorpresa che per il dolore.
Al primo colpo ne seguì un altro, poi un altro ancora.
Lacrime copiose avevano iniziato a rigare le guance di Roxanne mentre ripeteva “Rispondimi” e continuava a tempestargli il petto di pugni.
« Non te lo permetterò, hai capito? » mormorò con il viso ad appena un soffio di distanza. I suoi occhi erano grandi e lucidi e Tom provò la spiacevole sensazione di sprofondarci dentro. « La tua anima è mia, Riddle. Non ti consentirò di cederla ad altri. Mai! Non finché sarò in vita! Hai capito, Riddle? »
Le afferrò entrambi i polsi con una mano, immobilizzandola.
Strinse, imprimendo le dita sulla carne tenera, mentre quelle parole impossibili gli risuonavano nella mente.
 
***
 
Roxanne era sicura che Riddle l’avrebbe colpita per cui, quando lo vide avvicinarsi, chiuse istintivamente gli occhi.
Inaspettatamente, invece, Riddle la baciò.
Non fu il bacio frettoloso che le dava di solito, né tantomeno tenero o affettuoso.
Fu più una lotta.
Riddle sembrava voler imprimere la sua presenza su ogni poro della sua pelle. Stranamente quella sensazione non le dispiacque. Avvertiva il sapore ferroso del sangue nel punto in cui Tom le aveva morso il labbro ma non le importava.
L’aveva schiacciata contro il cornicione e il muro era freddo contro la sua schiena. Le teneva ancora i polsi stretti ma l’altra mano percorreva le linee del suo corpo come se fossero di sua proprietà.
Roxanne si strinse ancora di più a lui, adesso arrendevole sotto le sue dita.
Quale sarà il mio destino, Roxanne?
Io.
Sono io il tuo destino, Riddle.
Era quello che avrebbe voluto rispondergli prima ma non c’era riuscita. Era quello che gli stava comunicando adesso e sperava che lui riuscisse a leggerle nella mente.
Con Tom non c’era mai stato bisogno di parole.
Si staccò da lui solo un attimo, il tempo di mormoragli una parola contro le labbra.
« Giuramelo ».
Riddle la fissò, lo sguardo offuscato, la mente altrove.
« Mmm? » le chiese cercando di baciarla di nuovo.
« Giurami che non lo farai » gli disse odiando il tono supplichevole della sua voce. Stringeva la veste della sua uniforme tra le dita come se volesse strappargliela. « Giurami che non creerai mai un Horcrux ».
Tom sgranò gli occhi e per un attimo a Roxanne parve di vederli accendere di una luce diversa, più calda. Ma invece che risponderle Riddle tornò a cercare le sue labbra, più famelico di prima.
Staccò gli alamari del mantello e lo gettò sul pavimento. Poi si accucciò per terra, tirandola delicatamente verso di lui.
« Vieni ».
Roxanne avvertì il viso andarle a fuoco.
« È freddo » si schermì.
« Vieni ».
La tirò di nuovo verso sé e Roxanne quasi crollò sulle sue gambe, le ginocchia che le cedevano come burro.
« Giuramelo. Giuramelo, Tom » gli sussurrò di nuovo come una nenia, la faccia nascosta nell’incavo del suo collo.
Riddle sospirò, baciandole la carne tenera della scapola.
« Te lo giuro ».
Roxanne abbozzò un sorriso sconfitto, il cuore che saltava un battito.
« Stai mentendo. Menti sempre, tu » disse scostandosi per fissarlo in faccia.
«  Agli altri. Non a te. Ho bisogno di te ».
Ho bisogno di te.
Quelle parole le rimbombarono in testa.
L’ha detto davvero?
A Roxanne sembrò che qualcosa dentro di lei si spezzasse. Non si era mai sentita così spaventata ed euforica al contempo. Si strinse di più a Tom, incurante del vento e del pavimento scomodo.
In un momento imprecisato in mezzo a quei baci, Riddle la tirò a terra, schiacciandola sotto di sé.
Le sembrò che lo stomaco le facesse una capriola e il respiro le si bloccò repentinamente nel petto.
« Sono io, Ro » le bisbigliò vedendola irrigidirsi,  il viso a pochi millimetri dal suo. « Lasciati andare ».
C’erano le stelle sopra di lei e l’odore di Tom che le colmava le narici.
 Inchiostro, pergamena, cuoio.
Ho bisogno di te.
Erano parole così semplici in fondo. Roxanne riusciva quasi a dimenticare il freddo di quella notte di Marzo, incalzata sotto la scia morbida di baci che Riddle le depositava ora sulla bocca, ora sul collo, ora sull’orecchio, rendendole sempre più difficile pensare.
Anch’io ho bisogno di te, Tom.
Si limitò a pensarlo ma Riddle alzò la testa di scatto, come se avesse pronunciato quella frase a voce alta. Gli occhi che la fissavano erano per una volta chiari, limpidi, privi di quelle ombre così minacciose che li adombravano di solito.
Per una sera, erano semplicemente gli occhi di un sedicenne che stringe fra le braccia l’oggetto della sua infatuazione, desideroso di leggere nella sua testa per sapere  fin dove spingersi, fin dove il suo sentimento fosse ricambiato.
E Roxanne gli aprì la mente, lasciando che vi penetrasse all’interno, che si fondesse alla sua come era avvenuto quella volta nella Stanza della Necessità, solo più dolcemente, perché stavolta non era Riddle a forzarla ma lei ad offrirsi spontaneamente. Stavolta Roxanne desiderava che lui leggesse tutte quelle parole che non sarebbe mai riuscita a pronunciare ad alta voce, quei sentimenti che era stanca di reprimere, quelle emozioni che sperava potessero fare la differenza e legarlo indissolubilmente a sé, scacciando le tenebre che parevano risucchiare Tom ogni giorno di più.
« Ro » esalò semplicemente mentre tornava a baciarla, arpionandole le vesti, le anime fuse in un tutt’uno.
Roxanne avvertì la curiosa sensazione di non riuscire più a distinguere i confini del suo corpo o di separare nettamente le emozioni di Tom rispetto alle proprie. Le pareva che il tempo si fosse dilatato e che non ci fosse più niente a trattenerla al suolo se non le mani di Riddle che ora la accarezzavano, ora la graffiavano, mentre un calore crescente si faceva strada nei loro corpi intrecciati.
« Ro » le bisbigliò di nuovo Riddle con la voce roca. « Io… »
« Shh » lo interruppe. « Non fermarti ».
Roxanne chiuse gli occhi e pensò che non ci fosse niente di più bello che fare l’amore con Tom che le sussurrava il suo nome all’orecchio e il suo intero essere che si scioglieva lì, fra le sue braccia, mentre le stelle parevano quasi ammiccare in quella notte senza luna.
 

 
Note:
  1. Citazione di Voldemort tratta dal film Harry Potter e i Doni della Morte Prima Parte.
 
 


 
Ciao a tutti!
Questa volta sono stata veloce ad aggiornare e con un capitolo tutto Tom/Rox.
Ho pensato fosse giusto dedicare un capitolo così importante esclusivamente a loro e ho dato finalmente ascolto a coloro che mi domandavano speranzose un momento di maggiore intimità della coppia.
Che dire… so che nel sito vanno di moda ff molto più esplicite e dettagliate quanto alle scene di sesso ma in questo caso ho pensato che avrebbe stonato troppo. Anzi… stante il fatto che Roxanne ha appena quindici anni ero tentata di omettere del tutto una scena del genere e limitarmi a qualche bacio e parola romantica ma… come sapete ci stiamo avvicinando alla fine della ff e – senza spoilerare ulteriormente sul finale – Roxanne non accompagnerà Riddle nella sua vita di adulto, per cui questa è stata tipo l’ultima occasione >.<
Insomma, spero che troverete qualche minuto per commentare questo capitolo e dirmi che ne pensate. Credo che molte si aspettassero l’ennesimo litigio dopo le rivelazioni sull’Horcrux e non una scena del genere, invece Roxanne decide di giocarsi il tutto per tutto  e di mettere a nudo i suoi sentimenti per “redimere” Riddle… un’amara illusione, purtroppo.
Be’ penso di essermi dilungata anche troppo, passo ai ringraziamenti.
 
Grazie mille a: Rossella_rose; Phoenix_aureus, alex200qwe, giuliagiulia, Queen Malfy Slytherin, Babyramone, Jessie_Yon, ilsorrisodiluke, Morgana_D.
 
Un bacio grande e alla prossima
Ely
 
 
 
 

 
 
 

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Capitolo 37
*** Il mostro nell'armadio ***




Capitolo 37

Il mostro nell’armadio

per il video della ff: https://www.youtube.com/watch?v=wBfGcxzvtZc

 

 

 

Occorre notevole ardimento per affrontare i nemici

ma molto di più per affrontare gli amici!” (1)

 

 

 

 

Hogwarts, 1 Aprile 1943, Sala Comune Grifondoro

 

Era Venerdì pomeriggio, le Lezioni erano finite da un po’ e Roxanne era accoccolata sul divano della Sala Comune, lo sguardo perso a fissare le fiamme del camino. 
Aveva trascorso tutta la giornata in uno stato catatonico, come se non  appartenesse a questo mondo. La mattina si era trascinata alla lezione di Erbologia, rischiando quasi di farsi staccare un dito da una pianta carnivora, a Trasfigurazione aveva agitato fiaccamente la bacchetta contro il suo gattino che non aveva voluto saperne di trasformarsi in un cane e aveva continuato a miagolare scontento. 
A pranzo Sybil aveva annunciato loro che quel pomeriggio sarebbe uscita ad Hogsmeade con Septimus in quello che era il loro primo appuntamento ufficiale. Fuori la giornata era uggiosa, con nuvoloni neri che minacciavano pioggia e un vento da far accapponare la pelle, ma Sybil aveva un viso così raggiante che pareva in procinto di rilassarsi su una spiaggia delle Hawaii. In effetti quell’annuncio, unito ai gridolini entusiastici di Eloise, era riuscito a riscuoterla per un breve momento. Aveva sorriso a Sybil, per una volta dimentica della tensione che ancora c’era fra loro dopo la discussione sullo scottante tema Riddle, e si era divertita a vederla arrossire sempre più sotto il fuoco incrociato delle domande di Eloise. 
Ma alla fine la rossa, senza quasi dar tempo alla gemella di rispondere, era scattata in piedi e se l’era trascinata dietro nel Dormitorio, bofonchiando qualcosa a proposito del fatto che doveva per forza aiutarla a trovare qualcosa di decente da mettersi e Roxanne era rimasta di nuovo sola con i suoi pensieri.
In quel momento probabilmente Sybil era stretta sotto l’ombrello di Septimus o si stava scaldando le mani con un bel bicchiere di Burrobirra mentre Eloise, sbuffando come un mantice, aveva obtorto collo raccattato una manciata di libri e pergamene e si era diretta in biblioteca, rassegnata a passare il pomeriggio nel vano di tentativo di mettersi in pari con lo studio. 
Allo studio, invece, Roxanne non pensava affatto. Anche solo aprire un libro, si sarebbe certamente rivelata un’impresa inutile: non avrebbe fatto che leggere e rileggere lo stesso rigo all’infinito, senza assimilare nemmeno mezza parola. Per quello aveva deciso di non provarci nemmeno e si era accoccolata vicino al fuoco, sperando che i suoi amici e compagni di Casa la lasciassero rimuginare in pace davanti a quelle fiamme che davano una giustificazione plausibile al rossore che a tratti le adombrava il volto.
I ricordi le pungolavano la coscienza di continuo. Non aveva più visto Tom dalla sera prima, non ancora, e più le ore trascorrevano e più la prospettiva di incrociare di nuovo il suo sguardo la terrorizzava. 
Che cosa penserà ora di me?
Quello che era successo la sera prima era stato strano, a tratti doloroso ma soprattutto… intimo. L’idea di essersi mostrata così indifesa e spontanea a Riddle le faceva tremare le ginocchia. 
Un tonfo sordo alle sue spalle la fece trasalire. Si girò di scatto, i nervi a fior di pelle. 
« Ops » bisbigliò un impacciato Hagrid.
Ai suoi piedi una scatola di cartone di dimensioni notevoli, rovesciata a testa in giù. 
« Mi è scivolata » chiarì come se ce ne fosse bisogno. 
Roxanne abbozzò un sorriso poco convinto. Non si era nemmeno accorta della presenza di Rubeus nella Sala comune.
« Oh, questa? » aggiunse vedendo che il suo sguardo si era appuntato sulla scatola. « N-non è niente, sai. Per Erbologia » proseguì mangiandosi appena le parole. « Visto che dobbiamo dissotterrare le Mandragole… il terriccio…. » terminò schiarendosi la gola.
Roxanne annuì, senza prestare veramente attenzione. 

« Be’, io vado. Ci vediamo, Ros » bofonchiò Rubeus raccattando la scatola con una mano sola.
« Hag? » lo richiamò, trafitta da un pensiero improvviso. « La Professoressa ha già spostato le Mandragole. Lo ha detto stamani a lezione ».
« Ahh » rispose Hagrid, spostando il peso da un piede all’altro. « Ha detto così? Uhm, immagino che allora di questa non ci sia più bisogno » rispose facendosi rosso e fissando la scatola come se non sapesse che farsene. « Io… ah, la vado a buttare, allora. Buono studio, Ros » aggiunse frettolosamente.   Si allontanò, con quelle sue ampie falcate, senza darle il tempo di ribattere. 
Che strano. 
Roxanne rimase indecisa per una manciata di secondi, di nuova sola di fronte al camino che si stava ormai per spegnere. Poi si alzò in piedi di scatto e, silenziosamente, lo seguì. 

 

***

Nei suoi quattro anni ad Hogwarts, Roxanne aveva avuto modo in più occasioni di aggirarsi furtivamente per il castello. Nemmeno con un incantesimo aiuta-memoria avrebbe saputo dire quante volte aveva percorso scorciatoie, si era nascosta fra le armature o aveva supplicato i quadri di fare silenzio al suo passaggio pur di non farsi scoprire da Gazza e dalla sua gatta grassa. In diverse occasioni aveva pedinato Riddle e la sua cricca di seguaci, pronta a svelare le loro malefatte e smaniosa di far perdere punti alla loro Casa. Un paio di volte si era persino dovuta nascondere da una agguerrita Eloise, decisa a trascinarla a qualche non meglio precisato festino con dei ragazzi più grandi. 
Mai, tuttavia, Roxanne avrebbe pensato che si sarebbe ritrovata a pedinare Hagrid. 
Non era un’impresa particolarmente difficile, per la verità. 
Rubeus era obiettivamente un bersaglio semplice da seguire, oltre alla grossa stazza, le sue movenze impacciate facevano sì che finisse spesso per sbattere contro qualche armatura o far rovinare al suolo qualcosa dei molti oggetti che celava nel suo mantello, facendo risuonare tutto il corridoio di un sinistro tintinnio. 
Che diamine sto facendo?
Riddle mi deve aver mandato in pappa il cervello. 
Pedinare Rubeus per il castello era effettivamente qualcosa di ben contrario ai suoi principi sull’amicizia. 
D’altronde…
D’altronde il comportamento di Hag era insolito nell’ultimo periodo - be’ ancora più del solito - e nonostante Roxanne fosse stata assorbita da… altro, non aveva potuto non notarlo. 
Hagrid si immobilizzò di botto, quasi come se avesse percepito i suoi pensieri. 
Roxanne fece appena in tempo ad incunearsi fra due pesanti armature vittoriane prima che lui si girasse per guardarsi indietro. Erano davanti allo sbocco dei Sotterranei e Roxanne non aveva veramente idea della scusa che avrebbe potuto trovare per giustificare la sua presenza lì se Hag l’avesse scoperta. 
Fortunatamente, Rubeus parve rasserenato e proseguì scendendo le scale, senza più voltarsi indietro. 
Roxanne tirò un sospiro di sollievo, uscendo dal suo nascondiglio improvvisato. Stava per imboccare le scale a sua volta quando d’improvviso si sentì tirare indietro, una mano fredda, che le copriva la bocca, soffocando l’urlo spontaneo che le era affiorato alle labbra. 

« Tom! » bisbigliò sentendo le gambe tremare. 
« Fai piano, Ro » le rispose lui con un sorriso mortalmente calmo. « Non vorrai far saltare la tua copertura ».
Un rossore, immediato e violento, le salì al viso. 

« T-tu… che ci fai qui? Voglio dire…. ah…»
Morgana fulminami, ti prego. 
« Ti sei dimenticata che la mia Casa si trova nei Sotterranei? » le chiese con quell’odioso sorriso beffardo ancora dipinto sul volto. 
« Ah… già » proseguì con voce esile sentendosi sempre più idiota. 
Riddle, evidentemente, non provava un briciolo dell’imbarazzo che le legava la lingua. La fissava con quello sguardo verde e calcolatore di sempre, la pelle che sembrava ancora più pallida sotto la luce della torcia. 

« Ci conviene seguirlo, Ro… o lo perderemo di vista » le disse sfiorandole il labbro inferiore con il polpastrello. 
« Seguire… chi? » mormorò confusa da quel gesto inaspettato. 
Riddle scostò la mano, fissandola beffardo. 
« Ho visto benissimo che stavi pedinando Rubeus. Non pensavo che ti saresti fatta condizionare così dalle mie parole… » aggiunse per provocarla. 
Roxanne sussultò, punta sul vivo. 
« Non mi sono fatta condizionare per niente! Non dubito di Hag, è solo che… è solo che… »
Esitò, non sapendo bene come giustificare il suo comportamento. 
Riddle la fissò mentre il sorriso sul suo volto si allargava. 

« Avremo tempo per litigare dopo. E fare altro, anche » aggiunse malizioso, facendola quasi boccheggiare. « Adesso seguiamo la nostra preda, su » aggiunse sospingendola delicatamente in avanti. 
« Ma… tu non c’entri niente in questa storia e… » provò a ribattere. 

« Non ho intenzione di lasciarti mettere nei pasticci da sola. Avanti… non costringermi a trascinarti ». 
Roxanne provò un brivido mentre seguiva Riddle giù per le scale. Un tempo, la sua presenza l’avrebbe solo inquietata. Adesso, nonostante quel cocente imbarazzo che le si era incollato addosso, sotto sotto si sentiva confortata. 
In fondo alle scale il corridoio era deserto. 
Lo abbiamo perso. 
Ridde, tuttavia, esitò un istante appena prima di volgersi a sinistra. Roxanne lo seguì in silenzio, chiedendosi se sarebbe mai più riuscita a comportarsi in modo naturale in sua presenza. 
« Sento dei rumori » bisbigliò Tom rallentando in prossimità di una stanza. 
« Sei sicuro? Che cosa c’è qua dentro? » mormorò Roxanne di rimando a bassa voce, quasi finendogli addosso. 
Si tirò indietro come se avesse toccato acqua bollente, ristabilendo una distanza di sicurezza. Riddle, se anche si accorse di quella pietosa scena, non la commentò, concentrato davanti alla porta.
« Credo che un tempo fosse un’aula di lezione, adesso è in disuso. Non vedo mai nessuno entrarci » rispose in un bisbiglio.
« Sei sicuro che sia ques… » iniziò Roxanne ma non terminò la frase. 
Da dentro l’aula si avvertì  un trambusto, seguito dal sordo imprecare della voce cavernosa di Hagrid.
« Direi di sì » rispose Tom con l’ombra di un sorriso.
Protese la mano verso la maniglia della porta. 
« Aspetta! » lo bloccò istintivamente Roxanne.
Riddle inarcò un sopracciglio. 

« Non vorrai tirarti indietro adesso ».
« N-no… è solo che… » balbettò confusa. 
« Il tuo amico Hag potrebbe trovarsi in guai seri. Non dirmi che hai paura, Ro » la riprese lui. 
« Non ho paura! » scandì lentamente. « Non ci sarà niente oltre quella porta, Tom. Hag non è la persona che pensi » continuò inalberandosi. 
Riddle sorrise, beffardo. 
« C’è solo un modo per scoprirlo » disse prima di spalancare la porta.
Per una frazione di secondo, Roxanne pensò che nella stanza non vi fosse nulla di strano. 
I banchi e le sedie erano quasi tutti addossati vicino alla cattedra, la polvere e le loro pessime condizioni suggerivano chiaramente che la stanza non venisse usata da un po’. Hagrid era proprio davanti a loro, davanti all’unico armadio, dalle dimensioni imponenti. La scatola che aveva trascinato così rumorosamente per tutto il corridoio era adesso ai suoi piedi, aperta. 
A Roxanne bastò tuttavia un secondo di più per capire che dentro l’armadio c’era qualcosa che non ci sarebbe dovuto essere. 
Qualcosa di grosso. 
Peloso, nero come la notte, con occhi rossi e chele schioccanti. 
A quella vista, Roxanne non riuscì a reprimere un grido. 
Hagrid si voltò di scatto, come un bambino sorpreso con le mani nella marmellata. 
« Hag, allontanati subito da lì! » urlò istintivamente sfoderando la bacchetta. 
La cosa nell’armadio iniziò a schioccare le chele minacciosa, mentre gli occhi si assottigliavano in due fessure sinistre. 

« Rox… che ci fai tu qui… » mormorò Rubeus confuso. « Tu! » proseguì irato mentre il suo sguardo si appuntava su Riddle. « Dovevo immaginarlo che c’entravi tu! »
« Hag, diamine, vieni subito verso di noi! » ripeté con una nota isterica nella voce, puntando la bacchetta contro la creatura. 
L’Acromantula iniziò a sibilare e lentamente sporse una chela fuori dall’armadio. 
Era enorme. 
Accucciata là dentro riusciva a celare la sua vera stazza, ma Roxanne non dubitava che se fosse uscita sarebbe stata di poco più piccola di Rubeus. 
Un semplice Stupeficium sarà sufficiente su una creatura del genere?
Ricordava di aver letto che molte tra le creature magiche più potenti, avevano una pelle resistente agli incantesimi.
Be’, non ci resta che scoprirlo. Rimuginò cercando di farsi forza. 
« No! » tuonò Hagrid mettendosi davanti al mostro con le braccia aperte. 
« Hag, cosa… » bisbigliò Roxanne senza abbassare la bacchetta.
« Aragog torna dentro l’armadio. Torna dentro, avanti! » ordinò mortalmente serio. 
Roxanne impiegò una manciata di secondi appena per capire che si stava rivolgendo alla creatura disgustosa alle sue spalle. 
« Hagrid… » chiocciò quella con una voce stridente. 
Poi però parve come rimpicciolirsi, rannicchiando quel suo grosso corpo peloso dentro l’armadio. 
Sa parlare. 
Non era un pensiero troppo confortevole, per la verità.
Hagrid chiuse veloce le ante, celando la creatura alla loro vista. Poi, si girò lentamente verso di loro. 

« Non ci dovete far del male. Non è cattivo, Aragog ».
« Oh, Hag… » disse Roxanne facendo un passo avanti. 
Il braccio di Riddle si frappose fra di loro, arrestandola. 
« Si tratta di questo, dunque » disse con placida calma. « è da un po’ che ti tengo d’occhio, Rubeus. Non pensavo che saresti stato così folle da aprire la Camera…»
Hagrid lo fissò con espressione vacua. 
« Non so di che parli, Riddle » rispose, volgendosi verso Roxanne. « Non è cattivo, davvero… L’ho cresciuto io » aggiunse con una punta di orgoglio. 
Roxanne provò un misto di compassione ed amarezza, accorgendosi che Hagrid credeva davvero a quello che diceva. La mano di Riddle era tuttavia ancora frammista fra di loro e lui proseguì, con il tono autoritario di chi non ammette repliche. 
« Hai aperto la Camera dei Segreti. Hai sguinzagliato il mostro di Salazar per Hogwarts. E adesso lo tieni nascosto, quaggiù, pronto ad aggredire chissà quale altro innocente… »
Hagrid lo fissò, sconvolto. 
« Che diamine vai blaterando? »
Dall’armadio provenne un rumore cupo, di chele che sbattevano fra di loro. Rubeus si voltò preoccupato, poi si avvicinò loro, sospingendoli verso la porta. 
« Proseguiamo questa conversazione fuori dall’aula. Lo stiamo facendo agitare ».
Roxanne pensò che la preoccupazione per quella cosa fosse un tantino eccessiva ma l’idea che potesse nuovamente uscire dall’armadio e mostrarsi in tutto il suo orrore non era molto allettante. 
Hagrid li sospinse fuori dall’aula, mentre rosso e visibilmente agitato lanciava delle occhiate preoccupate all’armadio, da quale provenivano ancora rumori sordi. 
Si chiuse la porta alle spalle, pronunciando un poco convinto “Colloportus”. 

« Sentite, so che c’avete intenzione di denunciarmi… e uh, non posso impedirvelo… Ma vi prego… consentitemi solo di trovargli una sistemazione migliore. Nemmeno Aragog vuole stare ad Hogwarts, lo porterò in un luogo più adatto alle sue esigenze… Vi prego, lo uccideranno se lo scoprono… » li supplicò fissandoli con quei suoi occhioni grandi lucidi. 
« Che è esattamente la fine adatta ad un mostro del genere » commentò Riddle, impietoso. 
Le mani di Hagrid si strinsero a pugno. 
« Tu, dannata serpe…»
Fra le dita di Tom comparve la bacchetta di tasso, come per magia.

« Dicevi, Rubeus? » chiese con voce melliflua. 
« Fermatevi! Fermatevi, entrambi! » urlò Roxanne mettendosi in mezzo. 
« Ros, tu non capisci, lui… » iniziò Hagrid prima di essere interrotto. 
« Sei tu a non capire, Hag » mormorò con tono accorato. « Quella creatura è pericolosa. So che sei in buona fede e credi di poterla controllare ma…»
« Aragog è mio amico! » tuonò Hagrid mentre lacrime grosse come biglie gli scivolavano dagli occhi. « Non penso di controllarlo, mi fido di lui, che è diverso! E non lascerò che uno come lui gli faccia del male! » esclamò sfoderando la bacchetta. 
« Expelliarmus!»
La bacchetta di Hagrid disegnò un arco perfetto prima di planare al suolo. Roxanne osservò la mano che aveva lanciato l’incantesimo come se non le appartenesse. 
Lo sguardo con cui Hagrid la fissava era palesemente ferito. 
« Pensavo… pensavo tu fossi diversa, Ros » mormorò. 
Poi si girò e raccattò la bacchetta, allontanandosi con quel suo passo pesante. 

« Hag! Aspetta Hag! » provò a richiamarlo ma lui non si voltò nemmeno a guardarla. 
« Dobbiamo informare i professori » disse Riddle non appena la sua sagoma fu sparita dal corridoio. 
Roxanne si morse il labbro, esitante. 
« Non fare niente per ora. Lascia… lascia solo che provi a parlargli. Da soli » chiarì con voce supplichevole. 
Riddle inarcò un sopracciglio. 
« Stai davvero cercando di proteggerlo? Dopo quello che hai visto? »
L’idea non sembrava piacergli molto. Roxanne deglutì.
« Hai… hai perfettamente ragione Tom, ma ti prego… »
« Sai che un Colloportus non sarebbe sufficiente a tenere a bada quella cosa se solo volesse uscire da qui. Lo sai, vero? »
Roxanne lo fissò dritto negli occhi. 
« Fallo per me, ti prego. Dammi solo la possibilità di parlare ad Hag ».
Riddle rimase a fissarla per una manciata di secondi. Poi, di malavoglia, annuì.
« Spero solo che tu non debba pentirtene, Ro ».

 

 

 

Note:

  1. Citazione di Silente, tratta da Harry Potter e la Pietra Filosofale. 



 

Ciao a tutti e soprattutto buone feste!

ecco un piccolo regalo natalizio tutto per voi. Ormai non mi scuso più per il ritardo che è divenuto cronico, ma vi ringrazio enormemente per continuare a leggere. Spero che il capitolo vi sia piaciuto… pazientante ancora un poco siamo quasi al (poco) happy ending!

 

Grazie tantissimo a: giuliagiulia, svevamalfoy, alex200qwe, Fenio394Sparrow, Phoenix_aureus, Queen Malfy Slytherin, Jessie_Yon, Cippolippa, mollyhooper, severuslupin. 

nonché a tutti colore che hanno aggiunto la ff o che mi hanno scritto in privato!

 

un bacio enorme, mangiate tanti dolci e passate delle belle vacanze!

Ely

 

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