Can your heart still love?

di Shine_On
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo Uno ***
Capitolo 3: *** Capitolo Due ***
Capitolo 4: *** Capitolo Tre ***
Capitolo 5: *** Capitolo Quattro ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo




Era un'assolata giornata di maggio. La felpa nera e il cappellino che indossavo avrebbero dovuto farmi passare inosservato in mezzo alla folla, ma non avevo pensato che, nonostante la temperatura non troppo alta, la gente aveva cominciato a indossare t-shirt. Cavolo.
Non senza nervosismo, imboccai la strada che portava ad uno dei quartieri "bene" di Toronto. Di certo non era il luogo più adatto a me, con i miei jeans strappati e le mie scarpe da tennis stravecchie. Era più un posto per tizi in giacca e cravatta e donne in tailleur. Ma era lì che dovevo andare. 
Mi diressi verso una delle tante villette a schiera, ma mi fermai davanti la porta. Anche dopo tutta la strada che avevo fatto non ero sicuro che quella fosse davvero la soluzione giusta. Insomma, ero ancora in tempo per girare i tacchi e andarmene, evitando di mostrarmi vulnerabile e bisognoso.
Al diavolo, pensai dopo neanche un secondo: avevo bisogno del suo aiuto. E avevo bisogno di vederle lei.
Suonai il campanello e aspettai. Dopo pochi secondi sentii dei passi avvicinarsi. « Si? » chiese ancora prima di aprire la porta.
E poi mi vide. 
Passarono minuti interminabili, in cui restammo fermi senza spiccicare parola. Lei divenne pallida, ancora più pallida di quanto lo era normalmente. Nei suoi occhi riuscivo a leggere tutti i pensieri che le passavano per la testa: sgomento, sollievo, timore, di nuovo sollievo, tristezza. Era sull'orlo delle lacrime quando ruppe il silenzio, sussurrando il mio nome.
« Duncan... »
« Gwen, » dissi in tono quasi supplice, assolutamente inaspettato da parte mia « per favore, aiutami. »








 

 

 



Angolo dell'autrice

Ehilà :D Rieccomi (ma perché, frega a qualcuno?), e stavolta voglio riprovarci con una long :3
Questo capitolo è solo un prologo, ma sono già a buon punto con il prossimo capitolo :D Spero quindi di aggiornare presto, dato anche che siamo in vacanza e dovrei avere più tempo per scrivere.
Sperando che il prologo vi intrighi e che recensiate in tanti, vi lascio :3
Shine_On

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Capitolo 2
*** Capitolo Uno ***


 

« A-aiutarti? » farfugliò Gwen, totalmente spiazzata dalla mia richiesta. Io annuii, nervoso.

« O-ok, entra... » sussurrò incredula, mentre io biascicavo un grazie.

« Ecco... » iniziai appena Gwen mi fece accomodare su un divano nel salotto « So che probabilmente sono l'ultima persona a cui faresti un favore, ma ho bisogno di un posto dove nascondermi. »

« Nasconderti? Non capisco... »

« Beh, si... Nel condominio dove vivo c'è stato un furto, e il vecchio che l'ha subito mi accusa solamente perché ho una faccia... Poco raccomandabile. Soltanto che io quel furto non l'ho compiuto, e Chantelle - la ragazza con cui... Ero quella sera - non tornerà prima di due settimane... Insomma, mi chiedevo se conosci qualcuno disposto ad ospitarmi per due settimane. » dissi tutto d'un fiato.

« Frena frena frena. » mi fermò lei « Prima di tutto... Non so se voglio davvero saperlo ma... Dove sei stato per tutto questo tempo? » chiese, mordendosi il labbro inferiore.

La guardai attentamente. Erano passati anni, ma lei sembrava ancora una ragazzina. E cavoli se era bella. Ma non era quello il momento di farsi prendere dalla nostalgia e dal romanticismo.

« È... Una storia lunga. » risposi abbassando lo sguardo, con un groppo in gola. Lei annuì, sovrappensiero.

In quel momento mi accorsi di quanto ridicolo era stato il mio gesto « Senti, mi dispiace Gwen. » esclamai, alzandomi dal divano con l'intento di andarmene « Venire qui, a disturbarti... È stato un errore. E non sono nella posizione migliore per chiederti favori. Quindi me ne vado, tu... Tu fai finta che non sia mai ritornato, ok? »

« NO! » quasi urlò lei, prendendomi il braccio. Subito dopo, accortasi del suo gesto, arrossì e sussurrò « Ti prego, non andartene. »

Mi riaccomodai. La tensione era palpabile nell'aria, come anche l'imbarazzo. Dopo qualche minuto di silenzio Gwen parlò « Hai bisogno di un posto dove stare, giusto? »

« Si, ma solo finché Chantelle non tornerà e potrà testimoniare a mio favore. »

« ...Rimani qui. »

« Cosa?! » esclamai incredulo. « No, non credo di poter accetta- »

« Nessuno ti verrà a cercare qui. E poi, credo che abbiamo tante cose da dirci... »

« Gwen... » mormorai « Sei sicura? ». Lei annuì, senza però guardarmi in faccia.

« Cosa dirà Trent? » azzardai.

« Trent è in tour con la sua band, non tornerà prima di un mese. » rispose lei, sicura.

Sospirai, un po' deluso. Ma insomma, che volevo sentirle dire? Vivo a casa di Trent, ma non stiamo mica insieme, eh. ? « Ok... » non potei far altro che dire.

« Vieni, ti mostro dove potrai stare... » disse alzandosi dal divano « Senti, lo so che sembra una decisione affrettata, ma ho bisogno che tu stia qui. Voglio... Devo sapere tutto. » aggiunse sospirando, notando la mia espressione diffidente.

La seguii su per le scale « Questa è la stanza degli ospiti, e là c'è il bagno. Se hai fame la cucina è al piano di sotto. Dov'è il tuo bagaglio? »

« Ehm... Non mi aspettavo una risposta così presto, quindi... È ancora a casa mia. »

Gwen ridacchiò « Sei sempre il solito. Vuol dire che ci andrò io. » mi disse sorridendo.

Perché faceva tutto questo per me? Non lo meritavo.

« Gwen... Grazie. »

« Non ti preoccupare. » disse continuando a sorridere « Un tempo eravamo amici, migliori amici. E gli amici vanno aiutati, quando hanno bisogno. Aspetta di sotto, » aggiunse poi « torno tra un secondo. »

Tornai giù e mi accomodai sul divano, per poi guardarmi un po' in giro. Certo che la casa era grande: due piani, camera degli ospiti, giardino. Bisognava ammetterlo, quel pappamolle di Trent aveva fatto le cose in grande.

Dopo nemmeno due minuti Gwen scese, vestita in modo diverso da prima. Il vestito estivo a fiori che indossava era stato sostituito da un paio di jeans attillati e una t-shirt con un teschio... Una maglietta che le avevo regalato io.

« Sei uno schianto. » dissi per scherzare, ridacchiando. Ma in realtà la nostalgia mi stava attorcigliando lo stomaco. Andiamo Duncan, non sarai mica diventato un mollaccione? mi dissi, trattenendomi dal darmi un pugno in testa per risvegliarmi.

« Beh, per andare in un posto losco ci vuole un travestimento adatto. » disse con aria saccente.

« Chi ti dice che abito in un posto losco, eh? » esclamai piccato, assumendo una posa che Gwen riuscì immediatamente ad riconoscere come “sto per ammazzarti di solletico”.

« Ok, ok, scusa. Dimmi l'indirizzo del tuo castello, allora. » continuò a prendermi in giro.

Arrossii – diamine, stavo veramente diventando un mollaccione! – e mormorai la via, che effettivamente era parte di un quartiere di periferia abbastanza losco. Lei si limitò a ridacchiare, soddisfatta.

« Allora io vado. Però prima... » la guardai interrogativo « Tesoro, scendi un attimo, mamma ti deve dire una cosa! » esclamò in direzione delle scale.

Tesoro? Mamma??? Ma che diavolo..?!

Quasi subito si sentirono dei passi – più che altro passetti leggeri – di qualcuno che scendeva le scale. Qualche secondo dopo si presentò davanti a noi una bambina.

Gwen mi guardò negli occhi, poi l'abbracciò. « Lei è Amber. »







Angolo dell'autrice

Ed ecco a voi il primo capitolo! Non so voi, ma io sono felice :D
Sarà perché ho scritto questo capitolo solo in tre giorni, sarà che ho imparato che posso usare word per scrivere e non ho mai perso il capitolo perché non avevo salvato (cosa che mi è successa UN MILIONE di volte ._.), sarà che oggi è Capodanno (*--*) e ci sono ancora otto giorni di vacanza, ma io sono felice :D
Ringrazio di cuore Ellen__ e Faby_Chan che hanno recensito quella cosa inutile di prologo *abbraccia*  e spero che questo capitolo piaccia.
Buon anno a tutti! 
 
Shine_On

 

 

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Capitolo 3
*** Capitolo Due ***


Capitolo Due

 

« Lei è Amber. »

 

Guardai Gwen assolutamente incredulo. Non ci capivo molto, e quella parola, mamma, non voleva entrarmi in testa. Probailmente la mia espressione era uguale a quella che vedevo sul viso della bambina la quale, più reattiva di me, chiese: « Chi è questo signore? » indicandomi con una manina.

« È un amico di mamma, tesoro mio. » disse sorridendo « Si chiama... Dave, e starà con noi per un po'. Ora tu fai la brava insieme a lui, io devo andare in un negozio, ma ti prometto che prenderò la pizza stasera. »

« Yeee! Pizza! » esclamò lei, buttando le braccia al collo di sua ma- ...Gwen.

« Fai il bravo pure tu. Ti spiegherò tutto stasera. » mi sussurrò quest'ultima, chiudendo la porta, in risposta alla mia espressione stupita – e sicuramente parecchio stupida.

E così ci trovammo da soli. Non avevo la minima idea su cosa fare, visto che non avevo molta confidenza con i bambini. Osservai Amber, per cercare, magari, di capire cosa poteva piacerle dal suo modo di vestire... Beh, si: le bambine a cui piacciono le fate si vestono da fate, no?

Purtroppo per me, era vestita in modo assolutamente anonimo: un paio di pantaloni e una t-shirt verde scuro. I capelli erano lunghi, ma diversamente da quelli di Gwen, ondulati e perfettamente in ordine, sembravano una zazzera difficile da pettinare. Quando poi si girò, probabilmente con i testa le mie stesse domande, notai il colore degli occhi, a metà tra l'azzurro e il verde, che poteva sembare strano se non si sapeva che tutto il ramo materno della famiglia di Gwen aveva gli occhi azzurri. A parte questi due particolari, presi sicuramente da Trent, Amber era la fotocopia di Gwen.

« Allora... Cosa ti piacerebbe fare? » chiesi titubante. Lei ci pensò su. « Beh, mi piacerebbe andare sul mio cavalluccio, » disse, per poi aggiungere con una piccola smorfia di dispiacere « ma è rotto, e Papà non ha mai il tempo di aggiustarlo. »

« Te lo aggiusto io se vuoi. » le dissi sorridendo « Sono bravo a sistemare le cose, sai, faccio il meccanico. »

« Che cos'è un mecchianico? » chiese curiosa.

« Un meccanico, piccolina. » continai a sorridere « Beh, un meccanico sistema le auto quando ci sono problemi, per esempio quando non partono. »

« Wooow. » sussurrò con gli occhi sognanti.

In poco tempo riuscii a sitemare il cavalluccio, al quale si era “semplicemente” staccata la testa, rendendolo pericoloso a causa delle scheggie.

« Grazieeee! » esclamò abbracciandomi e successivamente abbracciando il giocattolo. La guardai salirci sopra, per poi chiederle ridendo: « Quanti anni hai Amber? Mi sembri un tantino grande per usare questi giochi! »

Le mi guardò, quasi offesa. « Ma questo è diverso! Questo me l'ha regalato la nonna, era della mamma. E lo uso, anche se sono grande. Ho cinque anni » ragionò un attimo « e tre mesi! » concluse alzando tre dita paffute.

Non c'era un motivo apparente, ma rimasi scioccato. Non dalle capacità matematiche della bambina, ma da un conteggio che il mio cervello aveva fatto nel giro di un nanosecondo.

Cinque anni e tre mesi... Più nove mesi di gravidanza... Facevano sei anni.

Sei anni. Gli anni esatti passati dall'ultima volta che avevo visto Gwen.

...Sei anni dall'ultima volta che ero andato a letto con lei.

No, non poteva essere vero.

Eppure, in un battito di ciglia tutto sembrava essere cambiato. Amber era cambiata. I suoi capelli non erano simili a queli di Trent, no, erano uguali ai miei. A quella zazzera odiosa che a undici anni mi aveva portato a tenerli sempre corti, quasi a zero. E gli occhi... Gli occhi erano esattamente il mio stesso colore, acquamarina, così rari da trovare.

Questo ragionamento avvenne nel giro di pochi secondi, e alla fine, con difficoltà, stampai sulle mie labbra un sorriso di facciata, sedendomi.

Aspetta, mi dissi, potrebbe essere qualunque cosa. La bambina può aver sbagliato, o la gravidanza essere durata solo otto mesi, invece che nove. O il fantomatico “cambiamento” un'idizia vera e propria. Non tirare conclusioni affrettate.

Un improvviso trillo del telefono mi riportò alla realtà. E raggelai, sentendo una voce che non mi aspettavo.

« Beh, immagino siate fuori, eh? » gracchiò la voce di Trent, (e mi diedi dello stupido per aver pensato che fosse realmente lì) « Richiamatemi al più presto, mi mancate tant- » non fece tempo a finire che Amber si illuminò e corse alla cornetta.

« PAPÀ!!! » urlò nell'aggegio, e riuscii a sentire delle risate dall'altra parte « Quando torni, eh? Quando torni? » e senza nemmeno dargli tempo di rispondere aggiunse raggiante « Lo sai che il mio cavalluccio ora è di nuovo intero? ». Ci fuorono parecchi secondi di silenzio, poi lei rispose « È stato un amico di mamma, è venuto oggi e mamma dice che starà con noi per un po'. » di nuovo silenzio, Trent probabilmente chiedeva qualcosa « Si chiama Dave, è simpatico. ».

Ero terrorizzato. Se Trent avesse voluto parlarmi sarei stato spacciato: la mia voce non era cambiata da quando avevamo fatto quello stupido reality, e avrei rovinato quel poco di segretezza che Gwen era riuscita a creare. Ma, come al solito, riuscii a salvarmi per un pelo.

In quel preciso momento Gwen (che non riuscirò mai a ringraziare abbastanza in tutta la mia vita) varcò la soglia, le braccia cariche di cartoni di pizza. Le andai in aiuto, e sussurrai «Trent al telefono. ». In qualche modo capì la “gravità” della situazione e andò a prendere la cornetta dalle mani della figlia

« Trent, tesoro, che sopresa! » trillò, e io, nonostante la preoccupazione che avevo, dovetti trattenermi dal non ridere per quella frase assurdamente mielosa. Fortunatamente Trent non sembrò comprenderne l'assurdità. « Si, si chiama Dave ed è un mio vecchio amico del liceo. » continuava intanto Gwen « È arrivato oggi in città e mi ha chiesto di ospitarlo perché ha alcune... Faccende da sbrigare qui. » ascoltò nervosa una domanda « Non molto... Beh, si due settimane, però... » alla fine sorrise. « Sapevo che avresti capito. Allora ci sentiamo, ok? Mi manchi. » e chiuse.

Feci un respiro profondo. Cavoli, l'avevo scampata bella! Avevo una voglia assurda di abbracciare Gwen, ma mi trattenni, anche perché in quel momento Amber cercava di avere l'attenzione della madre per raccortarle la giornata e contemporaneamente prendersi un pezzo di pizza senza farsi notare. Assurdo.

La cena fu veloce e presto Gwen mandò a letto la bambina, che si lamentava ma era visibilmente stanca. Noi due ci posizionammo in salotto e ci guardammo per qualche secondo.

« ...Seriamente: Dave? È il nome più orribile che abbia mai sentito! » dissi a un certo punto, per rompere il ghiaccio.

Lei sbuffò « Provaci tu a trovare un nome migliore sotto pressione. »

La guardai di nuovo, serio « Immagino che anche tu abbia parecchie domande in mente. » Lei annuì, nervosa.

Eravamo al punto di non ritorno. Per tutti i sei anni passati avevo sperato che lei mi pensasse ogni tanto, come io avevo pensato a lei, anche se io pensavo a lei ogni giorno. L'illusione che mi ero creato probabilmente sarebbe andata in frantumi visto che lei aveva avuto sicuramente una felice vita matrimoniale insieme a Trent (a proposito, non le avevo nemmeno chiesto se erano effettivamente sposati) e non c'era motivo di pensare a un idiota bastardo come me.

Sospirai « Ok, inizio io. ». 

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Capitolo 4
*** Capitolo Tre ***


Capitolo Tre

 

Nonostante il mio cervello fosse totalmente contrario alla decisione che avevo preso (avevo una domanda in testa che mi perseguitava da ore ormai), sentii che fosse mio dovere iniziare a raccontare. Insomma, era colpa mia se ci eravamo divisi.

« Allora... » iniziai, in imbarazzo « Beh, tutto inizia sei anni fa quasi esatti, l'ultima volta che... Ehm... Ci siamo visti. Quella notte avevamo bevuto tanto, troppo, ricordi? » Gwen annuì, stringendo nervosamente la tazza di té che teneva in mano « Tu mi avevi chiesto di rimanere, avevi capito che ero troppo ubriaco per guidare... Avrei dovuto ascoltarti. Per fortuna le strade erano libere, non c'era il rischio di fare nessun incidente, ma fui fermato da dei poliziotti per un controllo. Naturalmente il mio tasso alcolico era alle stelle, e in poco tempo erano riusciti a sapere dei miei precedenti: mi portarono in caserma e mi toccò una settimana e mezzo di isolamento. Al decimo giorno, l'ultimo che avrei dovuto passare lì dentro, mi permisero di usare il telefono... Ti chiamai a casa, al cellulare, ma non rispondeva nessuno. Ero tremendamente nervoso, e questo mi portò a picchiare un paio di altri detenuti che volevano attaccare briga con me. E così mi toccarono due settimane di isolamento e altre due di detenzione. » Lanciai uno sguardo verso Gwen: aveva gli occhi lucidi, ma cercava di trattenersi dal piangere. Notando che la stavo guardando, mi fece segno di andare avanti « Uscito da quel dannato posto andai a casa tua, ma era... Vuota. I vicini non sapevano niente di dov'eri o quando te ne eri andata. Andai persino a casa di tua madre e da Bridgette, ma sembrava che allontanassi io le persone, visto che si erano trasferite pure loro due. E poi... Beh, niente. Per qualche mese continuai a fare ricerche, ma eri come sparita. E piano piano cominciai ad abituarmi di nuovo alla vita da “scapolo”. Sai, ragazze, uscite, un lavoro di schifo e un appartamentino minuscolo. Qualcosa che poteva anche sembrare positivo visto da fuori, ma che penso sia tremendamente deprimente.»

« Come mi hai trovata? » chiese, la voce leggermente tremante.

« Un paio di mesi fa sono andato a fare una visita medica e mi sono messo a leggere le solite riviste di gossip, vecchie di chissà quanto, che si trovano lì. Ne ho trovata una di circa quattro anni fa, dove si parlava del “giovane e promettente architetto Trent McCord”. Diceva che, nonostante partecipasse alla progettazione dell'avveniristico grattacielo del centro, preferisse le villette a schiera della periferia, in una delle quali viveva già con la sua compagna. Beh, sapevo che Trent fosse un po' fissato, e la sua fissazione più grande eri tu. Quindi ho pensato che se viveva con qualcuno, quel qualcuno potevvi essere soltanto tu. Io... Avevo in progetto di venire a trovarti, qualche volta, ma non ho mai trovato il momento giusto... Fino a ora. »

Gwen mi guardò per qualche secondo, poi annuì a se stessa. « Immagino che ora tocchi a me, no? »

« Gwen, » la fermai prima che iniziasse « insomma, sei sicura? Io la mia storia te la dovevo, ma tu non sei costretta. E non sei costretta neanche a ospitarmi qui. »

Lei tentò di sorridere « Non ti preoccupare, io lo faccio perché lo voglio, non perché sono costretta. E mi riferisco a entrambe le cose. Allora, » sospirò « quella sera... La ricordo perfettamente. Eravamo stati così stupidi, a bere tutte quelle birre. Quella notte dormii malissimo, avevo un bruttissimo presentimento e ora sappiamo tutt'e due quello che è successo... Il pomeriggio dell'indomani ti chiamai al cellulare, volevo sentirti, ma non rispondevi. Non mi allarmai troppo, poteva essersi scaricato. Ma dopo un po' chiamai a casa tua... Cominciai a preccuparmi. Passai un'altra notte orribile e la mattina dopo chiamai l'officina, andai nei soliti bar, ma non ti aveva visto nessuno. » mi lanciò un'occhiata, tentando di mostrarsi serena, ma ugualmente sentii il mio stomaco che si attorcigliava per i sensi di colpa.

«Ero... Non so precisamente cosa ero, ma andai velocemente nel panico. Il terzo giorno ero praticamente fuori di me, e chiamai Bridgette per aiutarmi. Lei mi disse che era fuori città, ma che avrebbe mandato qualcuno, non voleva lasciarmi da sola. E la sera stessa mi ritrovai in casa l'ultima persona che potevo aspettarmi... Trent. Mi disse che Bridgette l'aveva chiamato, che non aveva cattive intenzioni, voleva solo aiutare un'amica. E io feci la cosa più brutta che potessi mai fare. » si fermò un attimo. Lacrime silenziose le rigavano il viso. « Gwen... » sussurrai, ma lei fece segno di no, e continuò, guardando fisso davanti a lei.

« Non sapendo cucinare, la sera successiva aveva deciso di prendere la pizza. » disse come un automa « La solita pizza, dal solito panificio. Dovevo essere davvero scioccata, bisognosa o che altro. Ma ebbi come un'allucinazione. Vidi te, sorridente, alla porta, con le pizze in mano. E gli saltai praticamente addosso. Lui non si aspettava niente del genere, ma non era stato con nessuna dopo che ci eravamo lasciati. Lui voleva me, e decise di non perdere quell'occasione. Senza nemmeno accorgercene eravamo in camera da letto, mezzi nudi. Puoi... Puoi facilmente immaginare il seguito. » si asciugò, inutilmente, le lacrime, che continuavano a bagnarle le guance «Quello che è successo dopo... Ho un vuoto di un mese. Trent mi ha detto che caddi in una specie di stato di shock. Mangiavo, bevevo, dormivo normalmente, ma ero inerte. Non parlavo. Già la mattina dopo gli sembrai strana, e mi portò in ospedale, seriamente preoccupato. Data la mia situazione di salute decise in un trasferimento lampo, a casa sua, che era più grande e nella quale avrebbe potuto prendersi cura di me in modo migliore. E in meno di una settimana quello che era stato il nostro nido, il nostro ritrovo, non c'era più. »

Mi guardò, in modo quasi supplice, come se fosse colpa sua. Sentii fortissimo l'impulso di abbracciarla, e così feci.
« Basta. » dissi con voce dura, stringendola forte a me « Se tutto questo ti fa soffrire così tanto non voglio assolutamente che continui. »

« No. »

« C-cosa? »

« No. » ripetè con voce stranamente ferma « Tu sei la prima persona a cui posso raccontare tutto. Per quanto mi faccia male parlarne, fa più male tenermelo detro. Quindi ascoltami. » Gwen si accoccolò meglio tra le mie braccia, asciugandosi le lacrime, che finalmente avevano smesso di scorrere.

«Beh, dopo un mese mi “risvegliai”, » continuò « anche se non so spiegarmi come. Trent era a lavoro, mi sentivo debole e avevo una sensazione strana... Sapevo che qualcosa in me era strano, ma non lo capii finchè non mi alzai da letto e provai un fortissimo senso di nausea. Andai in farmacia e comprai un test... E scoprii di essere incinta. Logicamente il bambino poteva essere sia tuo che di Trent. Ero terrorizzata, pensavo di essere troppo giovane... Ma decisi di tenerlo. Se fosse stato di Trent, l'avrei inteso come un segnale ad andare avanti, smettere di pensarti e cominciare una vita con lui. Se fosse stato tuo... Beh, semplicemente non potevo eliminare l'ultima cosa che mi era rimasta di te. » disse arrossendo.

Avrei voluto gridare. Io l'avevo lasciata -anche se contro la mia volontà-, l'avevo fatta soffrire e lei che faceva? Decideva di crescere un bambino a soli ventun'anni perché c'era la possibilità che fosse mio. Non era logico. E non lo meritavo.

« Comunque Trent fu felicissimo della notizia. » continuò « Era talmente felice e innamorato che non pensava affatto che poco più di un mese prima io stavo con te, e che poteva benissimo essere figlio tuo... E questo fu un bene. E poi... Col passare dei mesi si scoprì che era una femmina. » sorrise « La mia piccola Amber. Quando nacque era così bella... »

« ...E? » dissi leggermente impaziente. Dopotutto era la domanda che più mi assillava. Lei capì al volo quello che volevo sapere.

« Quegli occhi non mi lasciavono possibilità di errore. Amber è tua figlia. »

Gwen mi lasciò qualche attimo per assimilare la notiza.

Cavoli, avevo una figlia.
Una piccola adorabile peste di cinque anni.
Una marmocchietta che aveva i miei stessi occhi, i miei stessi capelli.

Ma più importante... Avevo una figlia con Gwen.

Tutto ciò era assolutamente assurdo. Anche se quello stesso pomeriggio io stesso ci avevo pensato, ma era soltanto una supposizione.

Ma ciò che era più assurdo era che l'idea non mi dispiaceva affatto.

Aprii la bocca cercando di dire qualcosa, ma non ne uscii niente. Gwen, continuando a sorridere, capì la mia difficoltà -non riuscivo a capacitarmi di quanto noi due fossimo ancora in sintonia- e riprese a parlare.

« In questi ultimi anni non è successo un granchè. Fortunatamente nessuno è sembrato accorgersi della sua somiglianza con te. Trent pensa che abbia preso gli occhi da- »

« Tua madre. » balbettai, pur di dire qualcosa, riprendendomi dallo shock.

« Esatto. Ed Amber è cresciuta forte e sana. L'anno prossimo farà la prima elementare e... A questo punto penso di aver finito anch'io. »

Rimanemmo un po' in silenzio, ancora abbracciati. A un certo punto lei mi guardò negli occhi.

« Non sparire mai più. » mormorò.

« Mai più. »

« Promettilo. » insistette.

« Te lo giuro. » Ora che l'avevo ritrovata, ora che avevo saputo di Amber, probabilmente avrei frequentato spesso quella casa.

Si accoccolò di nuovo sulla mia spalla, soddisfatta.

« Film? » chiese ad un tratto.

« Horror? »

« Logico. »

 

 

 



 

 

Angolo dell'autriceBrutta-stupida-che-aggiorna-ogni-due-mesi

 

Ok. L'ultimo aggiornamento l'ho fatto il 31 Dicembre. Oddio.

Direi “scusatemi ragazzi” ma questa fic (ç.ç) ha un pubblico abbastanza limitato quindi...

Mi scuso con Dgsol_92, DrakeWinchester, DxG_LoveTD, mia95, _Roxanne5 che seguono la storia, ma soprattuto mi scuso umilmente con Edelvais per avervi fatto aspettare tanto.
Questo capitolo mi è risultato estremamente difficile, in quanto dovevo creare dei fatti cronologicamente possibili e che potessero dare senso a quello che voglio scrivere dopo, ed è stato
tremendo. Poi il fatto che non avevo mai tempo non aiutava.

Sperando che questo capitolo chilometrico vi sia piaciuto, aspetto le vostre (soprattutto la tua, Edelvais!) recensioni :D

Vi abbraccio

Shine_On

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Capitolo 5
*** Capitolo Quattro ***


Capitolo Quattro


Passammo il resto della serata davanti alla tv, guardandoci tre film horror di seguito fino alle due e mezza. O almeno fu quello che feci io, visto che verso l'una Gwen era crollata e aveva passato la successiva ora e mezza a dormicchiare sulla mia spalla. La portai in braccio nella sua camera la sistemai sotto le coperte – vestita, eh, cosa andate a pensare -, dopo di che andai a letto anch'io.

La mattina dopo venni svegliato dal rumore di piccoli passi attraverso il corridoio. Guardai la sveglia: otto e mezza?! Quale bambino si alza di sua volontà così presto la domenica? Uscii dalla stanza degli ospiti ancora in pigiama, appena in tempo per vedere Amber che si infilava furtiva nella stanza di sua madre e...

« MAMIIIII! Sveglia, è domenicaaaa!! » comiciò a sbraitare saltellando sul letto di Gwen, mentre lei si lamentava nascondendo la testa sotto il cuscino.

Non potei non ridere a quella scena, ma comunque decisi di andare in aiuto a Gwen «Ehi marmocchietta, » esclamai ridacchiando « che ne dici di lasciar riposare un altro po' tua mamma? Te la preparo io la colazione. » La bambina sembrò ritenerlo uno scambio equo e corse giù per le scale mentre Gwen mi mugugnava un grazie da sotto le coperte.

« Allora, cosa mangi di solito la mattina? » chiesi entrando in cucina. Amber ci pensò un attimo, e potrei giurare di aver visto un lampo di astuzia nei suoi occhi.

« Gelato. » rispose senza esitazioni « Gelato al cioccolato ricoperto di cereali. Al cioccolato. »

Caspita. Quella bambina era proprio un piccolo genio del male, identica a me alla sua età!

« Falle una tazza di latte con i cereali. » s'intromise Gwen dal piano di sopra.

« Ma mammaaa! » sospirò la bambina mettendo il broncio.
« Ci metto un po' di cacao, ok? » le sussurrai facendole l'occhiolino e facendole ritornare il sorriso.

Qualche minuto dopo Gwen scese le scale e, arrivata in cucina, mi squadrò « È meglio che tu ti faccia una doccia prima di uscire, sai? E dimmi quando hai finito, ti prendo un paio di vestiti di Trent. »

La guardai stupito « Non avevi preso la mia borsa ieri? »

« Si, ma i tuoi vestiti sono troppo scuri e riconoscibili. Saresti un po' strano accanto a me e Amber. »

In effetti... La guardai, era già vestita e indossava un paio di jeans chiari, una t-shirt azzurra e una felpa blu. Dove erano finiti tutti i suoi vestiti neri?

« Insomma, vuoi uscire o no? » mi chiese addentando una fetta di pane « Ah, e prima di asciugarti a capelli chiamami, dobbiamo fare qualcosa per quella chioma fluente. »

« Ma- »

« Niente ma. Su, marsch! »

Salii rassegnato in bagno. Mi feci una doccia veloce, e velocemente finimmo il “trattamento”, alla fine del quale non sembravo nemmeno più io. Gwen mi aveva spuntato i capelli e aveva fatto in modo che non riuscissi più a farmi la cresta. Sosprai: anche se non avevo più colorato i capelli di verde, alla mia cresta ci ero affezionato.

E poi, indossando una t-shirt e una felpa di Trent, troppo chiare per i miei gusti, ero davvero irriconoscibile.

Amber ci guardava impaziente mentre ci mettevamo le scarpe « Ehi, piccolina, perché tutta questa fretta? »

« Devo incontrare il mio amico Charlie. » sbuffò, gonfiando le guance.

« Ah, » ridacchiai, già a questa età con un amichetto « e quanti anni ha? »

« Due. »

« Due?! » esclamai incredulo, mentre sentivo Gwen ridacchiare alle mie spalle.

« Si, ma è molto veloce ed è quasi più alto di me. »

Dovevo avere una faccia davvero stupida, perché sentivo Gwen ridere sempre più rumorosamente. Fortunatamente, poco dopo decise di venire in mio aiuto.

« Charlie è un cane. » disse con un ghigno.

Beh, ora diventava tutto più chiaro.

Cercai di dire qualcosa - non so cosa di preciso – per togliermi dall'imbarazzo, ma Amber si intromise « Maaami, andiamo? » si lamentò.

Lasciammo la casa e ci incamminammo verso il parco, che era a due isolati di distanza.

« Insomma, » chiesi per strada « come mai tutta questa eccitazione solo per un cane? »

« Amber vorrebbe tanto un cane, ma non possiamo prenderlo. » rispose, e io la guardai stranito. Con quella casa enorme...

« Non che ci manchi lo spazio o che altro, ma ultimamente a casa non c'è mai nessuno: Trent lavora tutto il giorno, io la mattina sono impegnata e presto anche lei dovrà stare parecchio tempo fuori casa. Nessuno potrebbe prendersi cura di quella povera bestiola... - Eh, no! »

Io avevo sentito solo metà di quella frase, e la mia mente già divagava. Se volevo che Amber si affezionasse a me dovevo trovare qualche modo per ingraziarmela. In mezzo alle mie elucubrazioni fui risvegliato dall'esclamazione di Gwen.

« N-no cosa? » chiesi, quasi spaventato – quasi, lo ripeto, eh – per l'urlo improvviso.

« Conosco quella faccia. So già che stai pensando “quasi quasi un cane glielo compro io”. Non mi hai sentito? Non possiamo tenerlo. »

Sbuffai, sedendomi su una panchina del parco che nel frattempo avevamo raggiunto. « Sei diventata cattiva. » mormorai facendo il broncio. Lei scoppiò a ridere, mentre Amber lanciava gridolini di gioia correndo incontro ad un signore con un labrador.

Appoggiai i gomiti allo schienale della panchina mettendomi comodo, senza smettere di guardare la bambina.

« Allora, » dissi « hai detto che la mattina sei impegnata, negli ultimi tempi. Cosa fai? » Lei sorrise.

« Ricordi che, quando stavamo insieme, stavo per laurearmi in storia dell'arte? Beh, due anni fa sono riuscita a finire i corsi, e ora insegno arte in una scuola media. »

« Bene. » mormorai. Ero contento del fatto che, nonostante tutto, Gwen era riuscita a raggiungere il suo sogno.

« E tu? » mi chiese « Cosa fai? »

Amber s'intromise fra di noi, cercando qualcosa nella borsa della madre « Lui fa il merchianico! » esclamò, per scappare subito dopo con una pallina in mano.

Gwen mi guardò « Il meccanico? Non era proprio quello che sognavi di fare... ». Io alzai le spalle.

« Quando hai bisogno di soldi, ti importa poco di che lavoro fai. Basta che ti dia da mangiare. A proposito... Mi spieghi che diavolo di lavoro fa Trent? » alzai un sopracciglio « Insomma, quella casa gigante, tour, grattacieli... Ho le idee alquanto confuse! »

Lei sospirò « In teoria, sarebbe un architetto. Ma non ha mai rinunciato alla sua passione per la musica, quindi qualche anno fa ha creato un gruppo, che ora ha un discreto successo. Inoltre anche sul “primo” lavoro va molto bene, quindi dall'anno scorso gli permettono di prendersi un mese e mezzo di ferie per poter fare il suo “tour” negli Stati Uniti... Insomma, » mi guardò imbarazzata « in quanto a soldi non possiamo lamentarci. »

« E... Non ti manca? » chiesi senza sapere davvero il perché, dato che l'ovvia risposta mi avrebbe dato parecchio fastidio.

« Si, ma che ci posso fare? Non posso semplicemente... Trattenerlo. Sai, in questo vi somigliate. Se vi mettete qualcosa in testa, non vi ferma nessuno. »

Strinsi pugni e girai la testa per non guardare Gwen negli occhi. Odiavo dover sentire che somigliavo a quello lì. E odiavo lui, per tutto quello che era riuscito ad avere, diversamente da me.

« Non devi odiarlo. » mormorò lei sospirando « Fa tutto questo perché vuole il meglio per me... Per noi. »

Alzai gli occhi al cielo. Qualunque giustificazione non mi avrebbe fatto cambiare opinione su Trent.

« Comunque, non ti sembra strano? » cercai di cambiare argomento.

« Passare del tempo insieme dopo tanti anni? Beh, si... »

« Non intendevo quello... » sorrisi « Te ne sei resa conto? Non ci vediamo da sei anni ma... Ieri abbiamo parlato e scherzato come se fossi mancato solo qualche giorno. »

Lei annuì « Te l'ho detto ieri, no? Prima di stare insieme, e anche durante... Eravamo grandi amici. Questi legami non si spezzano facilmente. Per fortuna. » concluse sorridendo.

Non potei resistere e l'abbracciai. « Non sai quanto mi sei mancata, goticuccia. »

« Anche tu, brutto criminale. » disse rispondendo all'abbraccio.

« A me manca un gelato. » esclamò convinta Amber, spuntando dal nulla e facendoci letteralmente saltare in aria.

« Te lo offro io, piccoletta. » dissi allontanandomi da Gwen, per poi dire a quest'ultima « Questa bambina è un genio! »

« Di certo non lo ha preso dal padre. » rispose facendomi una linguaccia.

« Stai attenta a quello che dici, Gwendol- Ahia! »

« Chiamami di nuovo con quel nome e giuro che il prossimo pugno te lo do in faccia, altro che braccio! » disse guardandomi storto.

« Ok, » gighnai « Gwendolyn!»

 

 

 

Author's corner :D

Salve a tutti! Questa volta penso di aver aggiornato in un tempo possibilmente ragionevole (?)

E sono contenta! Lo scorso capitolo ha ricevuto ben sette recensioni *----* *abbraccia*

Sono contenta anche del fatto che vi piaccia e che la storia risulti logica e lineare :D
Ri-dedico questo capitolo (anche lui abbastanza chilometrico xD) a tutti coloro che hanno recensito (Edelvais, “Choose what your heart suggests” è assolutamente stupenda, scusa se non recensisco *3*), a coloro che l'hanno messa tra le preferite, seguite e da ricordare.

Un abbraccio grande grande a tutti quanti *---*

Shine_On

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