Iocum Fati

di DaughterOfDawn
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parte I ***
Capitolo 2: *** Parte II ***
Capitolo 3: *** Parte III ***



Capitolo 1
*** Parte I ***


Salve a tutti!

La trama di questa storia mi è venuta abbastanza per caso, stavo cercando un’idea per una one-shot o comunque per una fanfiction abbastanza breve e mi è venuta in mente questa. Alla fine si è dimostrata più lunga del previsto per essere un capitolo unico e quindi ho deciso di spezzarla in più parti…Non sono proprio capace di scrivere qualcosa di corto! >.<

Il titolo è un po’ un gioco di parole (lo so, sono pessima in queste cose…) perché “iocum” in latino significa sia “gioco” che “scherzo”. Volevo sottolineare con ciò il fatto che la natura dei gemelli è appunto una sorta di “gioco” del destino che li costringe a “giocare” la loro partita contro Satana, ma è anche uno “scherzo” parecchio di cattivo gusto proprio perché i due si ritrovano a dover combattere con il fatto di essere a metà tra i due mondi, e quindi resta sottinteso che forse anche se vinceranno la loro battaglia contro i demoni non riusciranno mai ad avere la vita normale che sognano, cosa che risulta un po’ essere tema di fondo della storia.

Sono piuttosto nuova del fandom quindi spero mi perdonerete eventuali OOC, anche se mi sono impegnata per evitare steccate colossali perché non le sopporto neanche io. Ci tenevo però a dedicare qualcosa ai due gemelli Okumura perché li adoro come personaggi (Yukio in primis è il mio preferito tra tutti) e in più sono anche la mia coppia preferita (sì, non mi importa se sono gemelli e storie varie). L’ho postata proprio oggi perché il 27 dicembre è il loro compleanno e mi pareva carina come idea, anche perché il tema è presente anche nella storia.

Spero che possiate apprezzare il mio lavoro! Ogni genere di commento, negativo o positivo, sarà più che gradito, quindi se pensate che ne valga la pena lasciatemi anche un paio di righe, ci tengo veramente molto a sapere come sono andata. Voglio migliorare e quindi il confronto con le opinioni altrui è fondamentale per questo scopo.

Grazie per la vostra pazienza! Vi auguro una buona lettura!

 

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Aveva nevicato abbondantemente per tutta la notte e ora sotto il cielo pallido il paesaggio si estendeva candido, baciato dai deboli raggi del sole invernale che facevano scintillare i cristalli di ghiaccio che lo ricoprivano. La spessa coltre di neve attutiva i suoni creando un manto di silenzio che pareva avvolgere il mondo ancora addormentato in un abbraccio protettivo, mentre l’aria mattutina era resa ancora più frizzante dal gelo pungente.

Appoggiato al davanzale della finestra della stanza che divideva con suo fratello, Yukio ammirava rapito quella vista, la mente persa nei ricordi della sua infanzia, quando in inverno lui e Rin si svegliavano all’alba apposta per potersi gettare in quel mare bianco e poi trascorrevano ore intere a rotolarvisi, incuranti del gelo, mentre Shiro rimaneva ad osservarli sorridendo, seduto sui gradini della chiesa. Le loro risate cristalline rimbombavano allegre nel silenzio del cortile salutando la luce che sorgeva da dietro il cielo plumbeo mentre loro si ricoprivano a vicenda di palle di neve o si cimentavano nella costruzione di qualche strano pupazzo. Erano bei tempi, così allegri e spensierati, così innocenti. Certo, lui era venuto a conoscenza fin troppo presto del segreto che avvolgeva la nascita sua e del suo gemello, ma, almeno finché il loro tutore era rimasto in vita, aveva avvertito quella grave consapevolezza come lontana, come staccata dalla realtà in cui viveva, e, pur addestrandosi per diventare esorcista, era riuscito a conviverci senza avvertirne veramente il peso. Poi, tutto d’un tratto, quell’illusorio equilibrio si era spezzato e gli eventi erano degenerati senza preavviso, costringendolo a scontrarsi violentemente con la verità dei fatti. Vedendo i tratti tipici dei demoni sul corpo di Rin e stando in ginocchio di fronte alla tomba di Shiro tutto quello che prima era stata solo un’idea indefinita e vaga si era trasformata davanti ai suoi occhi sconvolti in cruda realtà e lui non aveva potuto fare altro che prenderne stancamente atto. Era ormai passato del tempo da quel giorno, ma, nonostante lo shock iniziale fosse stato superato, non era ancora riuscito ad adattarsi completamente alla sua nuova situazione.

Con un sospiro spostò lo sguardo dal paesaggio innevato al letto in cui suo fratello giaceva ancora addormentato, lasciando che quei cupi pensieri sfumassero. Non voleva perdersi di nuovo in quelle riflessioni, non quel giorno. L’unica cosa che desiderava era passare una bella giornata con il suo gemello. Un sorriso triste gli increspò le labbra mentre si alzava per andare a sedersi sul letto dell’altro. Nonostante tutto, quella storia aveva avuto un lato positivo: dopo l’iniziale conflitto, lui e Rin erano tornati vicini come quando erano bambini, e forse anche di più visto che ormai non c’era più alcun segreto a dividerli. A volte, nei momenti di rabbia, suo fratello lo accusava di non essere in grado di capirlo perché l’unico ad aver ereditato i poteri di Satana era lui e che quindi non aveva diritto di biasimarlo per le sue decisioni o di avere pretese nei suoi confronti, ma alla fine il contrasto veniva superato e dimenticato velocemente con un abbraccio o un sorriso. Yukio preferiva non controbattere a quelle accuse, anche se troppo spesso avrebbe voluto urlare che anche lui restava pur sempre figlio del principe dei demoni, che poco importava se aveva un aspetto umano perché il presentimento che un giorno anche lui si sarebbe risvegliato lo assillava costantemente, che anche lui viveva con sofferenza quel loro essere a metà anche se non lo dimostrava per non dare ulteriori angosce a suo fratello. Era sicuro che Rin conoscesse il suo stato d’animo e proprio per questo alla fine riuscivano sempre a riappacificarsi. E poi, per quanto odiasse discutere con il suo gemello, quelle liti rappresentavano per loro un momento per sfogare la loro frustrazione e condividere il loro reciproco malessere. Quella guerra continua non faceva che legarli sempre più strettamente l’uno all’altro.

Il giovane esorcista allungò una mano e accarezzò con delicatezza i capelli arruffati di Rin, godendosi la sensazione di morbidezza sotto le dita. L’altro mezzo demone emise un mugolio infastidito affondando la faccia nel cuscino per un attimo prima di alzare lo sguardo assonnato verso il suo gemello.

“Buongiorno, Nii-san”lo salutò il minore con un sorriso ritirando la mano. “Dormito bene?”.

“Abbastanza” borbottò lui sbadigliando e cercando con lo sguardo l’orologio. “Ma, Yukio, che ore sono?”.

“Quasi le sei e mezza, Nii-san. Non volevo svegliarti, perdonami”fu la risposta dispiaciuta. “Se vuoi puoi tornare a dormire”.

“Le sei?! Ma è prestissimo!”gemette Rin tornando ad affondare il viso nel cuscino con uno sbuffo. “Cosa ci fai già sveglio a quest’ora?! Tu sei pazzo! Non abbiamo neanche scuola visto che ci sono le vacanze e tu ti svegli all’alba!”.

“Avevo un paio di rapporti da completare entro oggi pomeriggio per Mephisto e così mi sono dovuto alzare. Più tardi andrò a portarglieli. Sai bene che con il mio lavoro di esorcista non ho solo la scuola di cui preoccuparmi”spiegò Yukio indicando i fogli impilati ordinatamente sulla scrivania. “E poi stanotte ha nevicato, Nii-san! Il paesaggio è davvero splendido e io non volevo perdermi l’alba. Mi è sempre piaciuta la neve”.

“Anche a me!”esclamò il mezzo demone, rianimandosi un poco e mettendosi a sedere per riuscire a vedere uno scorcio del paesaggio candido al di fuori del vetro. “Ci divertivamo un sacco da piccoli, ti ricordi? Giocavamo finché il freddo non aveva la meglio e nostro padre ci costringeva a rientrare perché tremavamo come delle foglie…”. Sul suo volto si aprì un sorriso quasi nostalgico. “Erano bei tempi…Sai cosa potremmo fare? Visto che ormai sono sveglio e col cavolo che riesco a riaddormentarmi, potremmo uscire a goderci la nevicata!”.

“Con piacere, Nii-san. È passato un po’ dall’ultima volta che ci siamo presi una giornata da passare in famiglia. E poi Natale e il nostro compleanno sono vicini, potrebbe anche essere l’occasione per comprarci un regalo”accettò l’altro allegro, alzandosi. “Va’ pure a farti la doccia, io intanto apparecchio e preparo la colazione”.

Rin annuì vigorosamente scostando le coperte e appoggiando i piedi nudi sul pavimento freddo. “Yukio?”lo richiamò. “Se mangiassimo fuori? Dai, c’è quel bar in centro al paese che fa delle brioches che sono la fine del mondo!”propose con gli occhi che scintillavano al solo pensiero dei croissants caldi. “Per favore!”.

“Come preferisci, Nii-san. Allora ti aspetto e intanto ne approfitto per ricontrollare uno di quei documenti. Prenditela con calma, abbiamo tutto il tempo”sorrise Yukio scuotendo il capo divertito. Certe volte suo fratello si comportava proprio come un bambino, ma lui non riusciva a biasimarlo. Il fatto che riuscisse ad essere così spensierato nonostante la loro situazione lo rendeva a sua volta più sereno e aumentava la sua determinazione a volerlo proteggerlo da tutto e da tutti. Erano quei momenti che gli davano la forza di andare avanti e di affrontare la realtà, di combattere per poter vedere il sorriso aprirsi ancora sulle labbra di Rin e per ridare una vita ad entrambi. Scompigliò leggermente i capelli di suo fratello guadagnandosi un’occhiataccia un po’ infastidita e poi andò a sedersi alla scrivania, afferrando uno dei fogli ed immergendosi nella lettura.

Rin rimase a fissarlo per un attimo, poi scosse il capo e si affrettò ad infilarsi in bagno. Suo fratello lavorava troppo, su questo non aveva dubbi. Era sempre dietro a svolgere questo o quell’altro compito o via per qualche missione o impegnato a compilare un rapporto su qualcosa. E, quando non era il suo lavoro di esorcista a tenerlo occupato, era chino sui libri a studiare. Lui al posto suo sarebbe morto dopo neanche una settimana, ma Yukio sembrava quasi divertirsi a farsi caricare di impegni, come se la sua vita dipendesse dal fatto di mantenersi costantemente occupato. Non rifiutava mai un incarico, a meno che non fosse già impegnato con qualcosa di più importante. Il mezzo demone si era più volte chiesto dove trovasse l’energia per star dietro alla fila infinita dei suoi impegni senza affogarci in mezzo. Bisognava essere dei veri masochisti per poter desiderare una cosa del genere, non c’era altra spiegazione. In più, non contento di tutto ciò, pretendeva anche di occuparsi di lui quasi ventiquattro ore su ventiquattro, trattandolo come se non fosse in grado di restare solo per più di qualche ora senza combinare guai o finirci in mezzo. Quella era la cosa che meno capiva e meno sopportava in tutta la frenesia del suo gemello.

Si infilò sotto l’acqua calda, sbuffando infastidito. Era vero, spesso lui si era dimostrato impulsivo e inaffidabile, ma aveva sempre agito per il bene delle persone a cui teneva, Yukio prima di tutti. Quell’atteggiamento protettivo e quasi diffidente lo disturbava non poco, soprattutto considerando il fatto che quando erano bambini era lui quello che consolava il suo gemello e lo difendeva dal mondo. Non avrebbe saputo contare le volte in cui era tornato a casa pieno di graffi e lividi dopo una rissa per aver preso le sue difese. Ma lui non si era mai lamentato e aveva sempre subito quel dolore quasi con orgoglio perché sapeva che lo stava facendo per la persona a cui teneva di più al mondo. Ora invece le cose erano decisamente diverse e lui non sopportava quello scambio di ruoli che gli dava un senso sofferto di frustrazione. Era Yukio quello che si preoccupava e che pretendeva sempre di occuparsi di entrambi, cercando di caricarsi di tutti i problemi che si presentavano per tenerli lontani da lui, anche se spesso rischiava di soffocare sotto il loro peso. Rin capiva che suo fratello si comportava in quel modo perché gli voleva bene, ma lui non poteva tollerare che qualcuno stesse male per colpa sua. In fondo era sempre lui il problema alla fine, lui e la sua natura di demone. Strinse in pugni sollevando il viso in modo che il getto caldo potesse scorrevi sopra. Le persone che gli stavano intorno finivano per pagare un prezzo troppo alto e che non meritavano solo perché si intestardivano a rimanergli accanto nonostante tutti i rischi che ciò comportava. Sua madre era morta per darlo alla luce, Shiro aveva sacrificato la sua vita per proteggerlo da Satana e Yukio aveva rinunciato prima ai suoi sogni poi alla sua felicità per continuare la missione del loro tutore. Vedere le bruciature sulla pelle di suo fratello, quelle stesse che lui e le sue maledette fiamme gli avevano procurato, lo faceva stare male più di qualunque altra cosa, forse persino di più che trovarsi davanti alla tomba del suo padre adottivo. Si lasciò scappare un sospiro, passando distrattamente una mano sulle mattonelle della doccia. Quante volte aveva cercato di spiegare a quel testone che lui non necessitava di tutta quella protezione, che sapeva badare a sé stesso. Ma l’altro si era sempre rifiutato di ascoltarlo e aveva continuato a prendersi tutte le responsabilità, anche quando non doveva. E Rin lo odiava per questo, tanto quanto Yukio doveva odiarlo per la sua natura, eppure non poteva fare a meno di provare un piacere confortante nel vedere che al mondo esisteva qualcuno che si curava così tanto di lui. Non poteva evitare di cercare quasi disperatamente l’appoggio di suo fratello e non avrebbe saputo descrivere il suo sollievo nel saperlo sempre e comunque al suo fianco. Perché senza di lui, anche se non l’avrebbe mai ammesso neanche con sé stesso, sarebbe stato perduto.

Un leggero bussare interruppe i suoi pensieri, riportandolo alla realtà. Rin si riscosse, preso alla sprovvista, e si affacciò in fretta da dietro la porta scorrevole della doccia. “Sì?”chiese.

La testa di Yukio apparve dall’ingresso del bagno. “Volevo solo sapere se andava tutto bene, Nii-san”disse con un sorrisetto. “È mezz’ora che l’acqua scorre…Pensavo ti fossi addormentato sotto la doccia!”.

“Spiritoso…”borbottò infastidito il mezzo demone scoccando un’occhiataccia al gemello per nascondere il suo imbarazzo. Mezz’ora? Era talmente immerso nelle sue riflessioni che aveva perso la cognizione del tempo. “Mi hai detto di prendermela con calma e io l’ho fatto! E poi mi hai svegliato all’alba dopo che ieri siamo andati a letto tardi, quindi non puoi pretendere che io sia sveglissimo! Non sono mica un computer come te a cui basta andare in stand-by un paio d’ore per essere completamente carico! E comunque non avevi del lavoro da fare tu?”.

“Ho terminato. Se eri stanco potevi restare a letto ancora, Nii-san. Ti ho detto che non era mia intenzione svegliarti”si scusò l’esorcista alzando le mani. “Non sei obbligato a venire fuori con me se non hai voglia. In effetti magari avevi altri piani per oggi…”.

“No, no, non è quello! Ci tengo a passare la giornata con te”si affrettò a dire il maggiore dei gemelli a disagio. “Non volevo risponderti male. È solo che…stavo riflettendo, non mi sono accorto che era passato così tanto tempo. Dammi dieci minuti e sono fuori”.

Yukio sorrise. “Tranquillo, Nii-san. Volevo solo accertarmi che tu non lo facessi contro voglia”spiegò imbarazzato. “Intendo, adesso che sei finalmente riuscito a farti degli amici e tutto il resto…Non mi stupirebbe se volessi uscire con loro piuttosto che con me. Magari ti andava di vedere Shiemi”.

Rin distolse lo sguardo avvertendo un po’ di calore invadergli le guance. “Loro li posso vedere un altro giorno, anche Shiemi. E poi non avevamo organizzato nulla per oggi!”lo rassicurò tornando ad infilarsi sotto l’acqua. Quell’idiota era sempre il solito, lui e le sue fisime del cavolo. Possibile che, genio qual era, non si rendesse conto che anche a lui faceva piacere passare del tempo con suo fratello?! “Smettila di farti questi complessi! Ho detto che passo la giornata con te e così voglio fare. Esci, così finisco di lavarmi e andiamo. Sta iniziando a venirmi fame tra l’altro”.

“Grazie, Nii-san”mormorò il minore dei gemelli tra sé e sé. Poi a voce più alta: “Allora facciamo così: visto che ho finito con i rapporti, vado adesso da Mephisto mentre tu finisci di prepararti, poi quando torno andiamo a fare colazione”.

Suo fratello borbottò qualcosa che somigliava a un “Ok, ma sbrigati” e lui uscì dopo aver lanciato un’ultima occhiata al vetro opaco e appannato della doccia. Era contento di sentire quelle parole dalla bocca di suo fratello perché era con quel tipo di atteggiamento che Rin gli dimostrava il suo affetto. Non gli faceva quasi mai dichiarazioni esplicite, le trovava imbarazzanti, però a modo suo riusciva sempre a fargli capire quanto teneva a lui.

Sospirò passandosi una mano nei capelli e avviandosi fuori dall’appartamento, i rapporti stretti al petto. Prima andava, prima avrebbero potuto uscire e quindi godersi la loro giornata insieme.

 

Circa un’ora e mezza dopo i gemelli erano seduti ad un tavolino in un angolo del bar di cui aveva parlato Rin, ciascuno con davanti una tazza fumante di cioccolata e una brioche. Yukio ci aveva messo più del previsto perché Mephisto, avendo capito che andava di fretta per qualche motivo, aveva fatto di tutto per trattenerlo, trascinandolo in una serie di considerazioni su come andavano i suoi studenti e la sua vita privata, tutte cose che al preside interessavano chiaramente poco ma che erano un ottimo modo per impedirgli di lasciare l’ufficio. Inoltre, proprio quando aveva creduto di essere finalmente riuscito a liberarsi dalle chiacchiere senza senso del demone e a farsi quasi congedare, Amaimon, il fratello del suo superiore, aveva fatto il suo ingresso nella stanza con un’aria vagamente irritata. Il ragazzo era stato così costretto ad assistere a una discussione piuttosto accesa tra i due su non aveva capito bene che cosa, cercando di fare del suo meglio per non ascoltare e aspettando che Mephisto si ricordasse di lui e gli desse il permesso di andarsene, cosa che era accaduta soltanto dopo un quarto d’ora buono quando il demone coi capelli verdi aveva borbottato qualcosa sul fatto che la sua presenza disturbava il discorso.

“Accidenti, non ci credo! Per una volta Amaimon si è dimostrato utile”aveva commentato Rin mentre scendevano in strada. “Di solito non fa altro che darci grane”.

“Vero. Ma se avesse aspettato altri cinque minuti prima di entrare me ne sarei potuto andare anche prima!”aveva ribattuto lui, scuotendo il capo esasperato.

Nonostante tutto era ancora abbastanza presto e, a causa del clima, la gente aveva preferito attendere prima di iniziare le ultime spese per negozi in previsione del Natale ormai prossimo, quindi i due avevano camminato nelle strade quasi deserte godendosi l’aria frizzante e lo spettacolo della neve ancora fresca ed intatta che ricopriva ogni cosa. Il locale era ancora quasi praticamente vuoto e il barista li aveva accolti con un sorriso allegro lasciando che scegliessero il posto che preferivano e prendendo immediatamente le ordinazioni, con la promessa che avrebbe portato loro i dolci migliori.

“Dovremmo venire qui più spesso”fece Rin azzannando la sua brioche. “È un posto davvero fantastico! Non ho mai bevuto una cioccolata così buona!”.

“Sei davvero goloso Nii-san”ridacchiò Yukio girando il cucchiaino nella bevanda bollente. “Se fosse per te dovremmo uscire a mangiare dolci a tutte le ore”.

“Uff, non sai apprezzare la vera bontà!”scherzò il mezzo demone. “E poi non è vero che passerei tutto il giorno a mangiare! Eviterei di andare a scuola, questo sì, e uscirei con i miei amici a divertirmi. E ti prego, non partirmi con la storia che l’istruzione è importante. Lo so bene, ma è una tale noia! Anche alla True Cross, secondo me facciamo troppa teoria e poca pratica. Come potete pretendere che impariamo ad affrontate i demoni se non fate altro che imbottirci di nozioni?!”.

“Senza teoria combattereste a caso contro degli esseri che non conoscete, esattamente come fai tu fin troppo spesso, Nii-san. E si è visto con quali risultati. Conoscere il proprio nemico è essenziale per evitare errori che potrebbero esserti fatali”rispose l’esorcista, paziente. Quando suo fratello partiva con quei discorsi gli veniva voglia di strapparsi i capelli dall’esasperazione. “Quando inizierai a far pratica sul serio con un gruppo di esorcisti esperti capirai a cosa ti serve tutta questa teoria che tu odi tanto. Quindi vedi di impegnarti e di studiare. Fidati, ci sono già passato”.

“Se lo dici tu…Non mi fido troppo del tuo giudizio, in fondo studiare ti piace da morire, quindi sei troppo di parte”bofonchiò l’altro testardo, raccogliendo le briciole che erano rimaste nel suo piatto e portandosele alla bocca. “Sei sempre stato un secchione e lo sarai sempre. Dopo tutto ti considerano addirittura un genio, no? Be’, sinceramente secondo me tu hai il problema opposto al mio: studi e lavori troppo e vivi poco”.

“Non è che se uno non si dà alla pazza gioia non appena ne ha l’occasione non vive. Esistono persone che amano stare in tranquillità quando possono”ribatté il minore dei gemelli finendo la sua cioccolata. “Di azione me ne dà fin troppa il mio lavoro, quindi cerco di evitare i guai almeno quando non sono in giro a scaricare i miei caricatori addosso a qualche demone”.

“Posso anche capirlo questo, ma andiamo, Yukio! Hai sedici anni, non sei un adulto! Dovresti smetterla di comportarti come tale almeno nella tua vita privata!”esclamò Rin con forza. “Avrai tutto il tempo di fare l’asociale serioso più avanti!”.

“So come la pensi, ma ti assicuro che sto benissimo così”fece Yukio alzandosi. “Dai, andiamo a pagare. Scommetto che con la neve il parco è uno spettacolo”.

L’altro annuì e attese che lui pagasse, poi, dopo aver scambiato due chiacchiere con il barista, si avviarono verso il luogo stabilito, camminando fianco a fianco in silenzio. Il mezzo demone teneva lo sguardo davanti a sé, pensoso, come se stesse considerando qualcosa, mentre l’esorcista gli lanciava continue occhiate, chiedendosi se per caso suo fratello se la fosse presa per qualcosa che aveva detto o magari perché aveva troncato così bruscamente il discorso che stavano facendo. Le vie si erano riempite e le persone camminavano chiacchierando allegramente in coppia o in gruppi e fermandosi ad ammirare le vetrine riccamente decorate e ben illuminate. Il parco era pieno di bambini che giocavano e si rincorrevano, ingaggiando vere e proprie guerre di palle di neve e rotolandosi nei cumuli più profondi. Yukio li guardava con nostalgia e anche con un po’ di invidia, seguendo i loro movimenti spensierati e sovrapponendoli ai suoi ricordi. Alla fine i gemelli, dopo aver passeggiato per i vialetti innevati, decisero di andare a sedersi su una panchina posta sotto un albero spoglio, dai cui rami pendevano nastri colorati che qualcuno aveva deciso di attaccare come decorazione in onore della festa in arrivo.

Quando si furono accomodati spalla contro spalla, Rin si decise finalmente a parlare. “Yukio? Ascolta…Dopodomani, la sera di Natale, Shima ha proposto di organizzare un party per festeggiare tutti insieme noi del gruppo e altra gente amica nostra. Perché non vieni? Ci sarà tutta la tua classe e sono sicuro che a loro farebbe piacere se tu venissi, soprattutto a Shiemi”propose guardando suo fratello speranzoso. “Era un po’ che volevo chiedertelo, ma non ho avuto l’occasione giusta per farlo”.

“Non so se è il caso, Nii-san. È una cosa tra voi, io sarei di troppo temo”si oppose Yukio con il tono più gentile che riuscì a trovare. “E poi magari gli altri non mi vogliono neanche. In fondo sono uno dei loro insegnati e di solito gli studenti quando si trovano tendono anche a prendere in giro i docenti. Non credo di voler sapere cosa loro pensano veramente di me!”.

“Oh, ma quante scuse! Ti ho detto che sarebbero contenti di averti con loro! E poi se vieni si renderanno conto che non sei solo quel pezzo di ghiaccio insensibile che dimostri di essere in classe! Non ci siamo solo noi studenti, abbiamo invitato anche Shura e un altro po’ di persone adulte, quindi non usare la scusa dell’insegnate perché non sta in piedi”ribatté il mezzo demone. “Yukio, ti prego! Sono certo che ti divertirai. Mi sentirei in colpa a lasciarti da solo a Natale e io ci tengo davvero ad andare a quella festa. Andiamo, non vorrai costringermi a scegliere tra le due cose! Non voglio far rimanere male né te né i ragazzi. E poi pensala così: se vieni potrai controllare che io non faccia cavolate”.

“Nii-san…Veramente, non me la prenderei se tu ci andassi. Capisco quanto sia importante per te avere dei nuovi amici. È proprio per questo che non…”tentò ancora l’esorcista, ma fu interrotto.

“Yukio, ti prego. Fallo per me”insistette il maggiore dei gemelli, distogliendo lo sguardo. Odiava parlare in quei termini, era estremamente imbarazzante, soprattutto se si trattava di Yukio. Ma quello era l’unico modo per convincere quel testone a lasciarsi andare almeno per una volta. E poi lui voleva davvero averlo con sé e divertirsi un po’ con lui. Tanto per dimenticare almeno per una volta cos’erano e qual era il loro destino. “Ci terrei molto ad averti lì con me. Sarebbe tutto più bello…Mi sentirei più felice se potessi condividere la serata anche con te”.

L’altro lo guardò preso alla sprovvista. Era raro che suo fratello si esprimesse così direttamente nei suoi riguardi e la cosa non poteva che fargli piacere. Non poté evitare di sorridere. In fondo non desiderava a sua volta altro che passare del tempo con lui senza preoccupazioni o problemi da affrontare. “Se proprio insisti, va bene, Nii-san. Verrò a quella festa. Devi tenerci davvero tanto visto che arrivi ad umiliarti così tanto per chiedermelo”scherzò senza cattiveria appoggiando una mano sulla spalla del suo gemello. “E ti prometto che cercherò di sciogliermi un po’ e di non fare il guastafeste”.

“Prendimi pure per il culo, intanto hai ceduto! E vedi di non fare il noioso per davvero perché io a quella festa voglio mio fratello Yukio e non il professor Okumura, chiaro?” borbottò Rin infastidito dal suo tono canzonatorio, spingendo via la sua mano dalla propria spalla. “Guai a te se mi rovini la serata!”.

“Tranquillo, Nii-san, saprò comportarmi!”rise lui, afferrandogli le dita e stringendole. “Sicuro di non aver freddo? Hai le mani gelate”.

Il mezzo demone lo fissò imbarazzato. “Yukio! Che cazzo fai?! Sto bene!”esclamò cercando di liberarsi dalla sua presa. Ogni tanto Yukio lo prendeva alla sprovvista con quel genere di comportamenti che lui non sapeva mai come interpretare e che lo mettevano a disagio come non mai. “Andiamo, non sono più un bambino!”.

Per tutta risposta suo fratello gli prese anche l’altra mano stringendole entrambe tra le sue. “Modera il linguaggio, Nii-san, quante volte devo dirtelo? Dovevi prendere un paio di guanti, la temperatura è sotto zero stamattina. O quanto meno tenere le mani in tasca come ho fatto io”lo rimproverò cercando di mantenere un tono di voce neutro e ignorando le sue proteste, ma evitando per precauzione il suo sguardo. E poi non aveva bisogno di vedere la faccia di Rin per sapere come lo stesse guardando. Un misto di confusione e di imbarazzo, e forse anche un po’ di fastidio. Ma lui non sapeva trattenersi, ogni volta che si presentava una scusa doveva approfittarne. In fondo erano poche le situazioni in cui quel genere di comportamenti potesse risultare poco sospetto, quindi non lo si poteva biasimare se cercava di sfruttarle al meglio. Quello che gli si doveva condannare era la ragione che lo spingeva a tali atti, erano le emozioni che gli crescevano dentro e che si nutrivano di quei contatti. Era qualcosa che era sempre stato dentro di lui, fin da quando poteva ricordare, un attaccamento eccessivo nei confronti di suo fratello, spesso condito di gelosie immotivate e desiderio di monopolizzare l’attenzione dell’altro. Quando era piccolo non sapeva di che cosa si trattasse ma, nonostante i suoi stati d’animo lo sconcertassero e lo confondessero spesso fino a diventare un tormento, si era sempre trattenuto dal parlarne con qualcuno, persino con Shiro. C’era qualcosa dentro di lui che gli diceva che se avesse confessato quello che provava ne avrebbe subito le conseguenze perché quegli stati d’animo erano in qualche modo sbagliati. Poi, crescendo, era arrivato a capire la natura dei suoi sentimenti, ma si era inizialmente rifiutato di accettarla, esattamente come aveva fatto con la scoperta di essere figlio di Satana, perché andava contro tutto quello che gli era stato insegnato. Aveva cercato di non pensarci più, finendo però per esasperare il suo attaccamento nei confronti di Rin e per mettere anima e corpo nella sua decisione di proteggerlo dai piani del loro padre biologico. Era stato solamente dopo la morte del loro tutore, quando aveva preso veramente coscienza della sua natura demoniaca e di tutte le sue conseguenze, che aveva deciso di iniziare a convivere con i suoi sentimenti, senza fuggirli o reprimerli. Il suo affetto per Rin andava ben oltre il legame fraterno, lui lo amava più di quanto avrebbe dovuto. Era uno dei peccati peggiori secondo la Chiesa ed era anche un reato. Ma aveva deciso che non aveva importanza. In fondo era già dannato in quanto figlio di Satana, nulla avrebbe potuto redimerlo dal suo stesso sangue e inoltre non riusciva a sentirsi in colpa davvero per quello che provava. Era un sentimento sincero, puro, niente di cui ci si potesse vergognare. La sua ansia di nasconderlo era dovuta alla paura che Rin potesse non accettarlo e che per questo decidesse di tagliare definitivamente i ponti con lui. E Yukio non avrebbe potuto sopportarlo perché il suo gemello era ormai la sua unica, vera ragione per vivere insieme alla lotta contro colui che li aveva condannati a quella vita a metà e lui non avrebbe saputo immaginare la sua esistenza priva di quel ragazzo testardo e ribelle. Così si accontentava di sostenerlo e proteggerlo con tutti i mezzi che aveva a disposizione e di godersi quei piccoli momenti in cui i suoi veri sentimenti potevano salire un poco in superficie. Un contatto fugace e casuale, un sorriso, un abbraccio e il calore che essi portavano con sé, come in quel momento. Avvertì le proprie guance andare in fiamme mentre si concentrava sulle mani di Rin, fredde contro la sua pelle. Non aveva bisogno di altro se poteva averlo vicino, nemmeno che lui lo ricambiasse.

“Ehm…Yukio?”.

La voce del mezzo demone lo strappò ai suoi pensieri, costringendolo a tornare al presente. L’esorcista si costrinse ad alzare lo sguardo e si ritrovò ad affondare i propri occhi in quelli così simili dell’altro. Bellissimi. Il rossore sul suo volto aumentò e lui ringraziò il fatto che poteva essere attribuito al freddo pungente del clima. “Sì, Nii-san?”.

“Sarebbe il caso che mi lasciassi andare, non trovi?”fece Rin lanciando uno sguardo significativo alle loro dita intrecciate e arrossendo leggermente a sua volta. “Qualcuno potrebbe fraintendere, se capisci cosa intendo…”.

“E io dovrei lasciare che le tue mani congelino solo perché hai paura che qualcuno pensi male di noi?”ribatté il minore dei gemelli cercando di nascondere il disagio. “Andiamo, Nii-san, la gente ha cose più interessanti da fare che guardare cosa stiamo facendo e poi, anche se qualcuno lo notasse, è assai improbabile che si ricordi di noi anche solo tra un’ora”.

“Uhm, hai ragione, però…”balbettò l’altro non sapendo più dove posare gli occhi. Lo odiava con tutto il cuore quando usava quella sua dannata logica per distruggere i suoi tentativi di argomentazione perché in quel modo finiva sempre per fargli fare quello che voleva lui. La cosa peggiore però era che in quel momento non riusciva a capire dove Yukio volesse arrivare e cosa volesse da lui. In più si sentiva confuso come spesso gli accadeva quando erano in posizioni simili e non riusciva ad identificare le sensazioni che gli si agitavano dentro. E poi, dannazione, arrossire in quel modo non era da lui. Per colpa di suo fratello per di più. “Io non so se…”.

“Rin…”lo chiamò piano l’esorcista, interrompendolo e sollevandogli appena il mento per costringerlo a guardarlo di nuovo negli occhi. Quello che stava facendo era maledettamente pericoloso e lui lo sapeva bene, era conscio che stava rischiando di mandare in fumo tutti i suoi sforzi di tenere nascosti i suoi sentimenti. Ma non riusciva a fermarsi. I loro volti non erano mai stati così vicini e lui avvertiva il suo autocontrollo sgretolarsi velocemente.

Rin prese coraggio ed alzò gli occhi, trovandosi a pochi centimetri da suo fratello. C’era qualcosa che non andava in quella situazione, qualcosa che la sua mente si rifiutava di afferrare. Lui e Yukio si stavano fissando intensamente a una distanza minima, entrambi a disagio e con le guance leggermente arrossate. Sembrava una di quelle scene dei manga che il minore ogni tanto leggeva, quella in cui i due personaggi stavano per baciarsi. L’idea lo colpì con forza, mandandolo in panico. No, non era possibile. Loro erano fratelli, dannazione! Ma allora perché non desiderava altro che chiudere quel poco spazio che era rimasto tra loro? “Yukio…”. Il nome dell’altro gli sfuggì dalle labbra in un soffio senza che lui potesse impedirlo e fu in quel momento che capì che non si sarebbe tirato indietro. Magari più tardi se ne sarebbe pentito, ma in quel momento avrebbe accolto la cosa più che volentieri.

Gli occhi di entrambi si chiusero ma, prima che le loro labbra si potessero incontrare, il cellulare di Yukio prese a squillare, facendoli sobbalzare e strappandoli al loro idillio. Si allontanarono bruscamente e il possessore del telefono si affrettò a rispondere, il viso ancora in fiamme.

“Okumura Yukio. Mephisto?! N-No, nulla…Sì, davvero! Cosa vuoi?”balbettò a disagio. Rimase in ascolto per un attimo, poi i suoi occhi si spalancarono, preoccupati. “Cosa? Dove?! Certo…Capisco. Maledizione!”. Il suo sguardo si posò per un attimo su Rin. “Sì…Ovviamente!…Dammi dieci minuti e sarò lì. Certo che sono sicuro!…Sì, sì…Mephisto, per favore, non…Ecco…Bene. Arrivo”. Riagganciò e si voltò a fronteggiare suo fratello che lo guardava impaziente. “Una missione di massima urgenza. Devo andare, Nii-san. Mi spiace per la nostra giornata”spiegò con fin troppa calma, ma nei suoi occhi bruciava l’ansia. “Ci rifaremo presto, te lo prometto”.

Il mezzo demone lo afferrò per un braccio impedendogli di alzarsi. “Yukio, che succede? Che razza di missione è?”domandò preoccupato. Non aveva mai visto suo fratello così teso prima di un incarico e non gli era piaciuta l’occhiata che gli aveva lanciato durante la telefonata. E poi aveva imprecato, seppure in maniera minima, e quella era una cosa che non faceva quasi mai. “Adesso mi spieghi che cazzo…”.

“Ne parliamo quando torno”lo interruppe l’altro liberandosi dalla sua presa. “Non ho tempo adesso. Torno presto, Nii-san. Ma tu promettimi che non mi seguirai. Ti scongiuro, Rin”.

Il suo tono dolce ma fermo non fece altro che aumentare l’angoscia del maggiore dei gemelli. “Yukio! Che cazzo succede? Dimmelo! Io ho il diritto…”iniziò quasi con rabbia.

Ma Yukio lo interruppe di nuovo, questa volta afferrandolo per la felpa e premendo con forza le proprie labbra sulle sue in un bacio casto ma appassionato. Rin sgranò gli occhi, incredulo, senza però respingerlo, anzi ritrovandosi a rispondere istintivamente al bacio. Il contatto durò pochi attimi ma fu tanto intenso che, quando l’esorcista si ritrasse, ad entrambi rimase la sensazione di un vuoto che chiedeva disperatamente di essere riempito di nuovo.

“Aspettami, Nii-san, tornerò presto”mormorò il minore, lasciando la prese e allontanandosi quasi di corsa un po’ per la fretta, un po’ per paura delle conseguenze della sua azione.

Il mezzo demone rimase paralizzato sulla panchina, a metà tra la confusione e lo sconcerto per quello che era appena successo e la preoccupazione per la missione che avevano affidato a suo fratello. Che cosa diamine era accaduto?! Lui e Yukio si erano…baciati. No. Doveva esserlo immaginato. Eppure sentiva ancora il calore delle labbra dell’altro sulle sue, sentiva ancora la morbidezza di quel contatto fugace e i brividi che gli aveva dato. Si prese la testa tra le mani. Cosa avevano fatto? Aveva bisogno di spiegazioni, di qualcosa che calmasse il caos che gli era scoppiato dentro. Ma Yukio lo aveva abbandonato lì con i suoi dubbi e lui aveva un orrendo presentimento rispetto a quello che sarebbe avvenuto di lì a qualche ora.

 

La sera era calata velocemente e il cielo si era tinto di scuro già nel tardo pomeriggio, dando l’impressione di voler rubare il tempo, affogandolo nella lunga notte che si avvicinava. Nel centro del paese le persone passeggiavano ancora sotto i lampioni e davanti alle vetrine illuminate dei negozi, ma in periferia le strade si erano svuotate al tramonto. Anche i dintorni del dormitorio dei gemelli erano, come sempre d’altra parte, deserti, perché per gli studenti della True Cross, gli unici a cui capitasse talvolta di passare nelle vicinanza dell’edificio, era periodo di vacanza. Rin se ne stava sdraiato a pancia in giù sul letto, sfogliando svogliatamente uno dei suoi manga senza riuscire a concentrarsi né sulle vignette né sulle immagini, la mente persa altrove, imbrigliata nell’ansia dell’attesa.

Ripresosi dallo sconcerto, si era finalmente deciso a lasciare il parco e aveva trascorso tutto il resto della giornata in giro, cercando di non pensare al modo in cui lui e Yukio si erano lasciati e alla sensazione di pericolo che aveva gravato su di lui sin da quando suo fratello era corso via per la sua missione, abbandonandolo su quella panchina ghiacciata. Fortunatamente, mentre considerava l’idea di tornarsene a casa, aveva incrociato Shiemi e la ragazza, intuendo il suo pessimo stato d’animo, lo aveva invitato a passare la giornata con lei nella speranza che la sua compagnia potesse in qualche modo aiutare l’amico a tirarsi un po’ su di morale. Il mezzo demone aveva accettato volentieri la proposta, grato che lei non gli avesse domandato spiegazioni e speranzoso di riuscire a distrarsi almeno per un poco. I due erano stati nel giardino della bionda, spalando la neve e cercando di costruire dei pupazzi che somigliassero vagamente a degli animali anche se con scarsi risultati, per poi rientrare a bere una delle tisane speciali che la ragazza preparava con le erbe che coltivava personalmente per scacciare il freddo dai loro corpi. Rin si era divertito un sacco e aveva sentito un dolce calore invaderlo ogni volta che Shiemi rideva ai suoi vani tentativi di dare ai cumuli di neve la forma che desiderava o per le facce confuse che faceva quando lei tentava di spiegargli le varie proprietà delle erbe medicinali. Era sempre così serena, cristallina, pura, anche se forse spesso e volentieri troppo ingenua e paurosa. Ma a lui piaceva proprio così perché l’anima della ragazza possedeva quel candore innocente che a lui era stato negato fin dalla nascita. Forse era quella la ragione per cui lei lo aveva attratto fin dal loro primo incontro, per via della calda luce rassicurante che le sue belle guance rosse e il suo sorriso timido emanavano. Aveva creduto di essersi innamorato di lei, e forse per un periodo lo era stato davvero, ma, con il passare del tempo, si era reso conto che quello che provava non era altro che l’affetto forte e speciale che legava due migliori amici. Lei, da parte sua, non aveva mai preteso nulla. Era felice di stargli accanto, di essergli in qualche modo utile o anche solo di conforto come quel giorno e, anche se quando la verità sulla doppia natura del ragazzo era venuta allo scoperto la loro amicizia era entrata temporaneamente in crisi, aveva cercato di recuperarla e di farsi perdonare per non essersi fidata di lui, ascoltando le sue paure, e respingendolo invece di dargli il suo supporto nel momento del bisogno. Rin comunque non l’aveva biasimata per la sua reazione perché lui stesso trovava estremamente difficile accettare di essere il figlio di Satana e l’aveva perdonata volentieri, desideroso di poter godere nuovamente dell’affetto di lei.

Il ragazzo si era congedato solo quando aveva iniziato a farsi buio. Prima di lasciarlo andare Shiemi lo aveva avvolto in un abbraccio stretto, sussurrandogli che tutto si sarebbe aggiustato di certo e che le cose avrebbero preso di nuovo una piega favorevole. Lui era rimasto sorpreso da quelle parole e l’aveva guardata confuso. Lei, per tutta risposta, gli aveva sorriso e gli aveva raccomandato di portare i suoi saluti a Yukio prima di chiudere la porta. Lo sguardo con cui aveva accompagnato quelle sue ultime parole avevano spinto Rin a domandarsi se per caso la ragazza avesse intuito che il suo malumore era legato in qualche modo al suo gemello, ma aveva scartato l’idea quasi subito. Doveva aver interpretato male un’espressione del tutto priva di sottintesi. In fondo era impossibile che Shiemi sapesse della missione di suo fratello e che tanto meno fosse a conoscenza di quello che era accaduto tra loro al parco. Erano solo sue paranoie, o forse illusioni del suo desiderio che qualcuno potesse indicargli cosa fare senza che lui fosse obbligato a spiegare tutta la faccenda.

Il mezzo demone sospirò stancamente, chiudendo il fumetto e lanciando uno sguardo a Kuro che dormiva beato rannicchiato ai piedi del letto. Non aveva detto nulla del bacio neanche a lui, gli aveva solo confessato di essere in pensiero per suo fratello per via del modo strano in cui aveva reagito quando aveva ricevuto la telefonata di Mephisto. Il famiglio aveva cercato di rassicurarlo rammentandogli che Yukio era un esorcista di un certo livello e che non era uno che correva rischi inutili. Inoltre di certo, se la missione era così pericolosa come era sembrata essere, di sicuro non sarebbe stato solo. Quindi non aveva alcun motivo di preoccuparsi tanto. Rin aveva annuito ma, nonostante avesse dovuto ammettere che Kuro aveva ragione, non era riuscito a calmare del tutto la sua preoccupazione. Sentiva che qualcosa sarebbe andato storto anche se non avrebbe saputo spiegare il perché.

Si rigirò nel letto per un po’, cercando di prendere una decisione, e alla fine si alzò sbuffando, attento a non svegliare il suo famiglio. Restare lì a rodersi avrebbe solo peggiorato il suo stato d’animo. Non aveva altra scelta, doveva sapere di che razza di missione si trattava e c’era solo una persona che poteva dargli quell’informazione. Afferrò il giubbotto e lasciò l’edificio diretto verso la sua scuola.

Percorse a passo svelto la distanza che separava il dormitorio dalla True Cross, troppo impaziente per prestare attenzione realmente a ciò che lo circondava, la mente impegnata nella ricerca di un modo per costringere Mephisto a parlare subito e in modo chiaro. La neve bagnata dalla luce gialla dei lampioni brillava come cristalli di oro bianco mentre finissimi fiocchi avevano ripreso lentamente a cadere. Normalmente lui si sarebbe fermato ad ammirare il paesaggio, assaporando la sensazione di tranquilla bellezza che quello comunicava, ma in quel momento i pensieri che occupavano la sua testa gli permettevano a malapena di registrare il percorso che stava facendo.

Una volta giunto a destinazione sollevò lo sguardo verso le finestre dell’ultimo piano, dove era collocato l’ufficio del preside. Da dietro le pesanti tende che coprivano il vetro filtrava una sottile lama di luce, molto fievole ma comunque visibile anche a quella distanza. A quanto pareva per sua fortuna il demone era ancora nell’edificio. In fondo anche Mephisto aveva degli incarichi da svolgere, o almeno doveva fingere di averli per poter conservare l’immagine che si era costruito. Poi, sul fatto che lavorasse sul serio il ragazzo aveva i suoi dubbi, ma in fondo non gli interessava più di tanto. L’importante era che quel pazzo fosse raggiungibile per soddisfare i suoi dubbi e rispondere a tutte le sue domande.

Entrò nell’edificio e si affrettò a salire le scale, diretto all’ufficio, e, quando fu davanti alla porta, la spalancò senza curarsi di bussare, esclamando con tono di accusa: “Tu mi devi spiegare che diamine sta succedendo e dove cazzo hai mandato mio fratello!”.

Mephisto alzò gli occhi dal giornaletto che stava leggendo e li fissò sul nuovo arrivato, per nulla sorpreso dalla sua entrata, quasi come se lo stesse aspettando. “Cosa ti avevo detto? È arrivato alla fine! Non sbaglio mai”commentò divertito poggiando un gomito sul piano levigato della sua imponente scrivania, rivolto ad Amaimon che se ne stava appollaiato sul bracciolo del suo scranno, lo sguardo a sua volta fisso sul loro fratellastro. “Anche se in effetti ci ha messo un po’ di più di quanto avevo previsto”.

“Adesso ti toccherà spiegargli tutta la faccenda, Aniue”fece il demone con i capelli verdi, mettendosi in bocca l’immancabile lecca lecca. “Che noia”.

“Questo è ancora tutto da vedere, Otouto…”rispose piano il preside mentre un sorriso poco rassicurante gli si allargava sul volto. “Da quand’è che io do spiegazioni?”.

Suo fratello lo guardò vagamente incuriosito e fece per ribattere, ma Rin lo anticipò.

“Ehi, voi due! Non ignoratemi!”esplose infastidito. “Mephisto! Ti ho fatto una domanda!”.

“A dire la verità hai fatto irruzione in maniera decisamente poco gentile nel mio ufficio strillando altrettanto poco elegantemente di dirti dov’è Yukio ~”lo corresse canzonatorio Mephisto, fingendosi quasi offeso. “Pensavo che ti avessero insegnato le buone maniere!”.

Il ragazzo gli rivolse un’occhiata assassina, più irritato che mai. Quell’idiota non solo aveva ignorato la sua richiesta, ma si stava anche prendendo gioco di lui adesso. Doveva ringraziare che ci teneva troppo a sapere cosa stava accadendo o non si sarebbe trattenuto dallo spaccargli la faccia a calci. “Che razza di missione hai dato a mio fratello!”ripeté con un po’ meno foga scandendo bene le sillabe.

“Aniue, guarda che se non gli rispondi il fratellino va a fuoco un’altra volta”constatò Amaimon atono. “Poi non prendertela con me se ti rovina l’ufficio”.

“Giusta osservazione, Amaimon. Bene! Penso sia giunto il momento di farsi un giro in terrazza! ~”esclamò allegro il preside decidendosi finalmente ad alzarsi. “Aspettami qui, Otouto, e vedi di non finire i dolci come tuo solito. E soprattutto non toccare le mie cose!”. Si avviò verso la porta prendendo Rin sotto braccio e trascinandolo fuori contro la sua volontà. “A dopo!”.

Il demone spinse il ragazzo su per le scale fino alla terrazza che copriva parte del tetto della scuola, tenendolo stretto a sé per impedirgli di ribellarsi, e, una volta lì, lasciò senza preavviso la presa facendolo quasi cadere per terra sul sottile strato di nevischio che ricopriva il pavimento. Il mezzo demone imprecò pesantemente tra i denti, ma lui lo ignorò andando ad appoggiarsi alla balaustra.

“Certo che la neve fa proprio un bello spettacolo in questo mondo, non trovi? Non finirò mai di stupirmi. A Gehenna non si vedono mai paesaggi di questo genere”commentò aprendo teatralmente le braccia e lasciando che i lievi fiocchi che ancora cadevano si posassero sui suoi guanti bianchi. “Anche se fa un pochettino troppo freddo al momento”.

“Se hai finito con le cagate possiamo parlare della missione di Yukio”lo rimbeccò Rin, acido. Col cavolo che lo avrebbe lasciato cianciare fino a stordirlo con le sue stupidate. Questa volta avrebbe ottenuto le informazioni che voleva. O, almeno, questo era quello che sperava. “E niente giochetti, chiaro? Non lo sopporterò”.

“Ma come siamo scontrosi! Sei di cattivo umore per caso?”lo prese in giro il demone con un ghigno. “Comunque, mi spiace per te, ma non ti dirò nulla di quello che sta accadendo. In primo luogo perché è una missione importante e non posso certo rischiare che tu mandi tutto a monte in uno dei tuoi attacchi di isterismo e mania di salvare il mondo. Secondo, è stato proprio tuo fratello a farmi giurare che non ti avrei detto nulla e, visto che sono un demone d’onore, farò come mi è stato chiesto. Sai, ci tiene a spiegarti la questione di persona se e quando torna…”.

“Come sarebbe a dire “se e quando torna”?! Non mi starai dicendo che è andato a farsi ammazzare spero!”lo aggredì nuovamente Rin, al limite della pazienza. In fondo forse poteva rompergli lo stesso quel muso antipatico e poi costringerlo a parlare. Di certo la cosa lo avrebbe aiutato a scaricare un po’ lo stress e l’ansia che lo stavano lentamente facendo affogare. “E perché mai mio fratello dovrebbe desiderare di impedirmi di sapere quello che sta succedendo facendomi così angosciare ancora di più? È così…stupido!”.

“Pardon, quel “se” mi è sfuggito, non intendevo implicare nulla! Sono talmente abituato a mettere tutto in tragedia per dare fastidio che ormai lo faccio senza quasi accorgermene! ~”commentò il suo interlocutore, ironico. “Non so perché tuo fratello mi abbia chiesto una cosa del genere, anche se ammetto che sarei curioso di capirlo, ma sta di fatto che mi ha espresso questo suo desiderio. Probabilmente secondo lui questo è un modo per proteggerti. Di solito non ascolto mai il nostro Yukio, e gli altri in generale, ma questa volta penso che lo farò considerando le tue reazioni. Molto interessanti...Mi sembri un po’ stressato, o sbaglio?”. Si voltò finalmente a guardare il mezzo demone con un sorrisetto allegro, ignorando bellamente la sua evidente frustrazione. “Dovresti rilassarti un po’. Stare in quello stato di tensione non fa bene alle tue fiamme. E Yukio non sarebbe contento se perdessi il controllo un’altra volta!”.

“Delle mie fiamme mi preoccupo io, tu pensa agli affari tuoi, razza di clown! E per il mio stress, se fossi in te non riderei tanto perché potrei decidere di sfogarlo sulla tua faccia”ringhiò il ragazzo minaccioso, lasciandosi poi sfuggire un sospiro e andando ad appoggiarsi a sua volta alla balaustra, deciso a non raccogliere del tutto la provocazione che gli era stata lanciata anche se l’impulso di colpire per davvero l’altro si faceva sempre più forte. “Ci mancava solo questa. Da quando abbiamo fatto pace dopo la morte di Shiro, Yukio ha iniziato a comportarsi in maniera piuttosto strana in certi momenti e io non so proprio come interpretare le sue azioni. Oggi poi ha superato ogni limite. Prima al parco e adesso questa sua voglia improvvisa di tenermi all’oscuro di tutto, dannazione a lui”borbottò rivolto più a sé stesso, il tono che tornava a velarsi di rabbia ma anche di un certo imbarazzo ai ricordi di quella mattina. “Avrò il diritto di sapere dov’è mio fratello e soprattutto cosa sta rischiando, maledizione! Sono stufo di questa cosa che lui mi vuole proteggere, me la cavo anche senza! Non ho bisogno della balia”.

“Sarà anche vero, ma spesso e volentieri dimostri il contrario”constatò Mephisto a cui non erano sfuggite le emozioni che avevano attraversato il volto del ragazzo. “Converrai con me che certi episodi hanno dimostrato una certa tua tendenza…all’irresponsabilità, correggimi se sbaglio. Quindi tuo fratello non ha tutti i torti anche se spesso esagera con la sua iperprotettività…ma d’altra parte siete gemelli, è normale che pecchiate entrambi di certi eccessi”. Il sorriso sul suo volto si tramutò in un ghigno. “Quanto al comportamento di Yukio, io ora non so cosa abbiate combinato voi due, ma scommetto che c’è una ragione precisa dietro le sue stranezze”.

“E cosa cazzo potrebbe spingerlo a fare cose che un fratello non dovrebbe assolutamente mai fare, per nessunissimo motivo?!”sbottò Rin senza pensarci. Si pentì immediatamente di quello che aveva detto perché negli occhi del preside passò un lampo di comprensione che non gli piacque affatto. Sperò di esserselo solo immaginato, in fondo quel giorno anche la sua paranoia sembrava essersi improvvisamente messa a fare gli straordinari, ma qualcosa gli diceva che l’altro aveva capito fin troppo bene a che cosa si riferiva la sua frase.

“Non puoi usare termini di paragone umani per voi due. Che tu lo voglia o no, siete demoni, e non dei demoni qualunque, siete i figli di Satana! Questo complica parecchio le cose. O meglio, in un certo senso le semplifica. Per quanto voi cerchiate di adeguarvi, i costumi umani non si addicono alla vostra natura e mai lo faranno. Fidati, parlo per esperienza. Dopo secoli passati in questo mondo ancora faccio fatica a comprendere certi costumi in uso tra i suoi abitanti. Sono assurdi”fu la risposta vagamente divertita. “E poi, andiamo, mi pare ovvio! Chi non ha un rapporto speciale ed esclusivo con il proprio fratello?”.

A quell’uscita Rin sgranò gli occhi e lo fissò basito, non sapendo come interpretare quell’uscita che, da qualunque lato la guardasse, gli suonava sempre e comunque veramente male. Mephisto lo stava prendendo in giro o pensava davvero quello che aveva appena detto?! Per un attimo ebbe l’impulso di domandarglielo, ma si trattenne decidendo che in certi casi era molto meglio rimanere con il dubbio.

Il demone osservò le sue reazioni con aria soddisfatta, quasi godendo dello sconcerto che aveva provocato, poi si staccò dal parapetto mostrando l’intenzione di voler tornare nel suo ufficio. “Ora è meglio che vada, ho delle faccende in sospeso. E poi non voglio lasciare Amaimon da solo per troppo tempo! Il mio Otouto purtroppo è molto…suscettibile alla noia e io non vorrei che decidesse di buttarmi giù la scuola con un terremoto perché non ha nient’altro con cui divertirsi. Sarebbe piuttosto irritante. Quindi è meglio che torni in fretta da lui”disse avviandosi verso le scale. “Avrai capito che da me non otterrai nessuna informazione! E dal momento che io sono l’unico che sa quello che ti interessa riguardo questa faccenda, ti consiglierei di startene buono e di aspettare che tuo fratello torni. È la cosa migliore. Non affannarti a tornare nel mio ufficio, adesso ce ne andiamo a casa e faresti bene a farlo anche tu”. Aprì la porta e vi si infilò, voltandosi un’ultima volta verso il ragazzo. “E mi raccomando, Rin, cerca di non valutare con parametri umani quello che non ha nulla a che vedere con essi. Potresti pentirtene amaramente ~”. E senza dargli tempo di ribattere sparì all’interno dell’edificio.

Il mezzo demone rimase per qualche attimo a fissare il punto in cui era sparito, a metà tra l’irritazione e la confusione. Non aveva ben afferrato l’esatto significato dell’ultima frase di Mephisto. Possibile che quel pazzo avesse indovinato senza bisogno di sapere nulla quello che stava capitando tra lui e Yukio? Che l’avesse capito meglio e soprattutto prima di lui? Perché in effetti lui ancora non riusciva a spiegarsi le azioni del suo gemello. O meglio, aveva un’ipotesi che lo tormentava, ma preferiva non pensarci. Era assurdamente semplice, ma non poteva, non doveva essere vera. Sospirò. In fondo aveva desiderato che qualcuno gli dicesse cosa fare e, anche se a modo suo, il demone lo aveva appena fatto. Quindi lui si sarebbe sforzato di non considerare la cosa secondo “parametri umani”. Peccato che quelli fossero gli unici a cui lo avessero educato. Strinse i pugni. Le chiacchiere di quel clown alla fine erano riuscite a confonderlo nonostante tutti i suoi sforzi di non lasciarsi abbindolare. Non c’era nessun dubbio, Mephisto era proprio un diavolo, in tutti i sensi. Non era riuscito a cavargli nemmeno un indizio sulla missione di Yukio. Considerò di tornare nell’ufficio e insistere, ma alla fine desistette in parte perché il preside aveva detto che se ne sarebbe andato, in parte perché temeva di rischiare di scoprire cosa Mephisto intendesse per avere un “rapporto speciale ed esclusivo con il proprio fratello”. Di novità ne aveva già avute abbastanza per quel giorno.

Rimase ancora qualche minuto ad osservare la neve che cadeva sempre più rada sul paesaggio dipinto di bianco e poi si decise ad avviarsi verso il dormitorio. Ora non poteva fare altro che aspettare. Sarebbe andato a dormire e il giorno dopo avrebbe cercato qualcosa per ingannare il tempo. Avrebbe potuto passare ancora un po’ di tempo con Shiemi e magari andare a fare compere con Shima o girovagare con Bon. Magari avrebbe potuto proporre ai suoi compagni di trovarsi direttamente la mattina per organizzare in dettaglio la festa che si sarebbe tenuta la sera di Natale. In fondo mancava poco. Quel pensiero lo rattristò un poco. Non sapeva se Yukio sarebbe riuscito a tornare in tempo e lui aveva sperato tanto che anche suo fratello fosse presente all’evento. Si sarebbe rassegnato a fare a meno di lui, si disse non senza amarezza. L’importante era che il suo gemello tornasse a casa come aveva promesso.

Proprio mentre usciva dalla True Cross il campanile della chiesa batté la mezzanotte, salutando con il suo suono grave quella che sarebbe stata la vigilia di Natale. Rin alzò gli occhi verso di esso, avvertendo il suo cattivo presentimento farsi in qualche modo più acuto. C’era qualcosa che non andava, se lo sentiva. Scosse il capo con decisione, accelerando il passo, desideroso di trovarsi tra le mura rassicuranti del suo dormitorio insieme a Kuro. Doveva essere solo la suggestione. Era anche stanco, si era svegliato presto quella mattina. Tutto lì. Era una stupida paranoia. Eppure quell’ombra che si estendeva su di lui, per quanto tentasse di segregarla nel fondo della sua mente, non accennò a svanire.

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Capitolo 2
*** Parte II ***


Dopo averci messo quelle che gli erano parse ore per addormentarsi, la stanchezza e soprattutto il bisogno di staccare da tutte le emozioni che gli si agitavano dentro avevano preso il sopravvento su Rin, facendolo cadere in un sonno agitato ma profondo. Immagini sfocate e sparse avevano attraversato la sua mente per tutta la notte senza che lui riuscisse a metterle bene a fuoco. La luce di un focolare, un cielo stellato senza luna, paesaggi che non aveva mai visto, voci sconosciute di cui non riusciva ad afferrare le parole. Quando si era svegliato non ricordava quasi più nulla dei suoi sogni ma per qualche motivo era certo che quelle visioni non gli appartenessero, anche se non avrebbe saputo spiegare come fosse possibile. A riportarlo nel mondo reale era stato Kuro che, dopo vari tentativi di farlo emergere dal sonno chiamandolo e dandogli piccoli colpetti al braccio, aveva affondato i suoi canini affilati nella mano del ragazzo. Questo era rimasto immobile per un attimo, analizzando la sensazione di dolore che la sua carne gli mandava e cercando di capire dove fosse. Si sentiva stranamente intontito. Poi i ricordi del giorno prima lo avevano colpito senza preavviso insieme al solito cattivo presentimento, ma almeno anche la sua mente era tornata lucida e libera dalle strane visioni della notte. Si mise a sedere di scatto, fissando il suo sguardo ancora annebbiato dal sonno sul suo famiglio.
“Kuro, dannazione! Che diamine ti è saltato in mente di svegliarmi così?!”esclamò massaggiandosi la mano ferita. “Ci sono altri modi per svegliare la gente!”.
‘Mi spiace Rin, ma ti ho chiamato un sacco di volte e non mi hai risposto. Ero preoccupato’spiegò Kuro agitando piano le code. ‘Temevo che Satana ti avesse intrappolato di nuovo. È un po’ che non capita e non vorrei che lui stesse solamente aspettando che abbassiamo la guardia. Per di più visto che Yukio non è qui siamo ancora più vulnerabili…’.
Rin si lasciò scappare un sospiro, spostando le coperte. Già, era passato parecchio tempo dall’ultima volta che suo padre biologico era venuto a disturbarlo nei sogni. Lui sperava che magari avesse iniziato a trovare la cosa noiosa e si fosse stufato di farlo, ma con uno come quello non si poteva mai sapere. E poi, conoscendo quella mente malata, era del tutto improbabile che si annoiasse a tormentarlo. “Capito, Kuro. In effetti ho fatto dei sogni strani stanotte, ma nulla che riguardasse quel bastardo per fortuna”borbottò infastidito. Poi il suo sguardo si velò di preoccupazione. “Yukio non è ancora tornato quindi? Non si sa nulla?”.
‘Nulla, mi spiace’. La creatura scosse il capo. ‘Hai ancora quel presentimento?’.
“Sì. A quanto pare continuerà a tormentarmi fino a quando non riavrò mio fratello indietro. Ieri sera mentre tu dormivi sono andato a parlare con Mephisto per vedere di strappargli qualcosa, ma ovviamente non c’è stato verso…È riuscito a confondermi le idee ancora di più! Quanto lo odio quel clown quando fa i suoi giochetti!”ringhiò Rin al ricordo di come si fosse lasciato abbindolare dalle parole ambigue del preside. Quel demone era impossibile.
‘Su, non te la prendere, sai com’è fatto. Anche Yukio fatica a sopportarlo e questo dice tutto’tentò di consolarlo il famiglio. ‘Ora è meglio che ti sbrighi a prepararti. Non devi incontrare i tuoi compagni oggi pomeriggio?’.
“Sì, ma posso anche farlo più tardi. Al momento non ho la minima voglia di uscire”fu la risposta. “Shima non sarà in giro prima dell’una e di andare da Izumo proprio non mi va, non sono dell’umore per sopportare il suo caratteraccio. Bon sinceramente non saprei dove trovarlo e Konekomaru neanche. Però volevo fare un salto da Shiemi…”.
‘Comunque sia è meglio che ti sbrighi. È già mezzogiorno e mezzo’disse Kuro constatando divertito che il suo amico non si fosse ancora reso conto di che ora fosse e indicando l’ororologio con le code. ‘È anche per questo che ci tenevo a svegliarti’.
“CHE?!”esplose infatti l’altro scattando il piedi. Si accorse solo in quel momento che fuori dalla finestra il sole era già alto e indirizzava i raggi dritti sul suo volto, quasi a prenderlo in giro a sua volta. Aveva dormito decisamente più del previsto. “Potevi dirmelo subito no?! Che aspettavi?! Devo fare tutto di corsa, dannazione! Non ho neanche fatto la spesa!”. E senza aspettare una risposta si precipitò in bagno.
Il famiglio scese dal letto con un balzo ridacchiando. Povero Rin, mai una volta che riuscisse a fare le cose con calma. Ma in un certo senso tutta quella fretta quel giorno gli avrebbe fatto bene, lo avrebbe distratto dal pensiero di suo fratello. Era preoccupato anche lui, anche se non voleva ammetterlo per non mettere ancora più ansia al suo amico. Era strano che il ragazzo fosse tormentato da quel presentimento oscuro, la cosa non prometteva nulla di buono. Sperava solo che Yukio tornasse a casa sano e salvo. Sapeva fin troppo bene che Rin non poteva stare senza di lui e che non avrebbe mai potuto superare anche la sua perdita. Ma era anche certo che l’esorcista fosse consapevole di ciò e che quindi avrebbe fatto di tutto per restare al fianco del suo gemello. Il problema era che non era detto che il suo possibile fosse abbastanza.

Il resto della giornata passò piuttosto in fretta. Alla fine Rin aveva dovuto rinunciare a fare visita a Shiemi per mancanza di tempo e aveva occupato tutto quello libero che gli era rimasto per fare i lavori domestici che gli toccavano quel giorno per poi andare incontrare i suoi compagni di classe nel primo pomeriggio in uno dei loro bar preferiti. Shima era tutto esaltato perché aveva trovato quello che, a detta sua, era il locale più strepitoso del mondo dove tenere la loro festa di Natale e aveva annunciato allegramente che potevano andare a visitarlo già subito al termine della loro “riunione di lavoro”. A sentire il ragazzo con i capelli rosa il posto era abbastanza grande da ospitare una settantina di persone e, dal momento che la lista dei loro invitati non raggiungeva quel numero, avrebbero potuto sbizzarrirsi con le decorazioni più ingombranti e appariscenti. Bon aveva cercato in ogni modo di freddare l’entusiasmo del suo amico d’infanzia con considerazioni scettiche di vario tipo, ma l’altro sembrava fin troppo sicuro di sé persino per ascoltare davvero quello che gli stava dicendo. Avevano iniziato a discutere sul tipo di decorazioni da usare e Konekomaru aveva avanzato l’idea di portarci un albero vero da addobbare, abbastanza grosso da risultare memorabile. A Shiemi la proposta era piaciuta immediatamente, anche se come al solito era stata troppo imbarazzata per esprimere apertamente la sua approvazione, ma si era comunque timidamente offerta di procurarlo. Era scoppiato un dibattito per decidere se la trovata fosse troppo stupida da essere presa in cosiderazione o se invece fosse degna di essere realizzata, e alla fine avevano deciso che ci poteva stare. In fondo una festa di Natale senza albero non poteva considerarsi tale. Izumo si era presa l’incarico di aiutare l’altra ragazza con il trasporto della pianta e la conversazione era proseguita.
Rin aveva seguito tutte le discussioni cercando di mostrarsi interessato, senza però riuscire a parteciparvi davvero. Tutto quanto pareva ricordargli che suo fratello era via chissà dove e che probabilmente non ci sarebbe stato neanche all’evento, e quella costatazione gli guastava quello che altrimenti lo avrebbe divertito e coinvolto. Aveva accennato solo brevemente ai suoi compagni del fatto che Yukio fosse partito per una missione a tempo indeterminato, ma loro parevano aver capito che la cosa lo aveva turbato molto di più di quanto intendeva dare a vedere, decidendo di non fare domande o commenti al riguardo e nemmeno sulla sua scarsa partecipazione. Il ragazzo era loro molto grato per questo e cercava di intervenire quando gli veniva chiesto un parere o un consiglio, ma era troppo deconcentrato per riuscire a tirare fuori delle idee che potessero tornare loro utili. Trattenendo un sospiro, spostò lo sguardo dai suoi amici alla strada affollata fuori dalla finestra del bar. Un po’ gli dispiaceva essere così asociale proprio nel momento in cui stavano facendo di nuovo qualcosa insieme dopo la rottura che c’era stata tra loro quando si era venuto a sapere della sua natura demoniaca. Ma quell’idiota di suo fratello gli aveva dato troppo da pensare e lui non poteva farci nulla, per quanto si sforzasse di dirigere le sue riflessioni in altre direzioni. Ritrovarsi così, senza il mimino indizio su cosa stesse accadendo, di fronte ai comportamenti assurdi del suo gemello e di Mephisto, in balia dei suoi dannati presentimenti lo lasciava spiazzato. Era proprio vero che senza quel quattr’occhi vicino si sentiva sperso, si trovò a costretto ad ammettere con sé stesso, non senza riluttanza. ‘Farai bene a tornare a casa intero dopo tutto quello che mi stai facendo passare, Yukio, perché devo essere io a mandarti all’ospedale!’pensò irritato tra sé e sé. ‘E guai a te se mi ripeti un maledetto scherzetto come questo! Ti faccio pentire di essere diventato un esorcista!’. 
“E tu, Rin, che ne pensi?”. La voce di Shima lo riportò improvvisamente alla realtà, cogliendolo del tutto alla sprovvista. “Non ti pare che sarebbe assolutamente un’idea fantastica?”.
“Uhm, sì, certamente!”rispose lui cercando di sembrare convinto quando invece non aveva la più pallida idea di quale fosse il soggetto della frase. “Perché no?”.
“Oh, grazie, Rin, almeno tu mi capisci!”esclamò il suo amico mettendogli una mano sulla spalla. “Vedrai che faremo un figurone!”.
“Vuoi due siete scemi, ma questo si era già capito da un pezzo”sentenziò Izumo incrociando le braccia sul petto. “Come si fa anche solo a pensarla una cosa del genere? E non è solo perché non abbiamo i soldi per metterla materialmente in pratica, ma soprattutto perché qualche idiota finirebbe per farsi male di sicuro”.
Il mezzo demone la guardò e poi fece passare velocemente gli occhi suoi volti degli altri, tentando di capire a cosa aveva appena detto di sì, mentre il ragazzo coi capelli rosa cercava di convincere la ragazza che la sua idea, qualunque essa fosse, non era così pazza e pericolosa come poteva sembrare a prima vista.
“Izumo ha ragione, non voglio che vi facciate male”intervenne timidamente Shiemi. “Non credo che sia il caso, ragazzi…Rin, capisco che l’idea possa essere carina e soprattutto esaltante però é un po’ troppo rischiosa”.
“Ehm…andiamo, non state esagerando?”fece Rin senza la sicurezza che si era sforzato di mettere nella risposta precedente.
“Esagerando?”esclamò Konekomaru. “Rin, si parla di esplosivi, e anche abbastanza potenti! Se non li gestite come si deve potrebbero essere guai seri! E poi mi spiegate cosa c’entrano i fuochi d’artificio a Natale?! Si sparano a Capodanno quelli!”.
“Fuochi d’artificio?!”si lasciò scappare il mezzo demone preso di sorpresa. Era pronto a tutto ma non si aspettava certo che la discussione fosse sfociata in una proposta del genere. Cavolo, stavano parlando di tovaglie fino a qualche minuto prima! Si pentì però immediatamente di quell’uscita perché tutti i suoi compagni si voltarono a guardarlo. ‘Sputtanato in pieno! Ma bravo Rin…’si rimproverò mentalmente schiarendosi la gola imbarazzato. “Ehm…cioè…”.
“Rin, sai almeno di cosa stiamo parlando?”gli domandò Bon sollevando un sopracciglio, anche se ovviamente tutti quanti sapevano la risposta.
“Uhm…Mi ero distratto un attimo”ammise lui a disagio, volgendo lo sguardo da un’altra parte. “Mi sono fermato alle decorazioni”.
“Quel discorso lo abbiamo abbandonato dieci minuti fa”gli fece notate l’altro, non senza una nota di irritazione. Poi senza preavviso aggiunse: “Se non ti senti di stare qui con noi puoi anche andartene, nessuno se la prenderà con te”.
Rin lo guardò, di nuovo preso alla sprovvista. Bon aveva ragione, non aveva senso che lui restasse lì con loro se poi neanche li ascoltava e se non era d’aiuto in nessun modo. Però, pur capendo le sue motivazioni, non poteva fare come gli aveva detto perché stare in compagnia lo aiutava a non tormentarsi e quindi lui voleva, un po’ egoisticamente, rimanere a tutti i costi. La loro presenza gli regalava un po’ di allegria e gli dava un pretesto prezioso per cercare di pensare ad altro che non fosse il suo gemello. Il problema era che mai e poi mai avrebbe ammesso una cosa da genere ad alta voce, anche se ciò significava doversene andare. Rimase in silenzio un attimo, riflettendo su cosa fare, ma, prima che potesse decidersi a ribattere, Shiemi si intromise.
“Secondo me invece Rin è qui con noi proprio perché sta cercando di distrarsi dalla sua preoccupazione per Yukio”lo difese la ragazza. “È normale che sia un po’ assente, lo saremmo tutti al posto suo, ma se noi siamo davvero suoi amici non possiamo astenerci dal dargli una mano!”. Poi, vedendo che con quell’uscita si era guadagnata lo sguardo supito di tutti, arrossì e aggiunse con meno foga: “Io la vedo così…”.
“Ben detto, Shiemi. Se dobbiamo essere amici vediamo almeno di farlo in maniera decente, altrimenti è inutile sforzarsi di esserlo”concordò Izumo decisa, appoggiando una mano sul braccio dell’altra ragazza, che avvampò ancora di più, e sorprendendo a sua volta tutti. Di solito lei non si esprimeva mai su quel genere di questioni e soprattutto non correva mai in soccorso di nessuno a meno che non si vedesse obbligata a farlo o la situazione fosse molto grave. “E sono certa che Rin farebbe lo stesso per noi. Quindi torna pure con la testa tra le nuvole, anche segradirei che ci ascoltassi almeno in parte”.
Gli altri non poterono fare altro che annuire di fronte al suo tono autoritario e il mezzo demone scoccò alle due sguardo grato e un mezzo sorriso. Sapeva che poteva contare su di loro, in particolare sulla ragazza coi capelli viola. Anche se in apparenza si mostrava sempre scontrosa e diffidente verso tutti, era stata proprio lei la prima a scegliere di tornare a fidarsi di lui nonostante fosse il figlio di Satana e poi sembrava che avesse preso Shiemi sotto la sua protezione, soprattutto ultimamente, segno evidente che il loro rapporto si era evoluto moltissimo da quando si erano conosciute e che Izumo si era un poco ammorbidita. Anche se ovviamente lei cercava in tutti i modi di non darlo a vedere.
“Bene! Ora che ci siamo chiariti, perché non andiamo a vedere il locale?”propose Shima spezzando l’atmosfera strana che si era creata. “Concedetemi almeno questo visto che mi avete bocciato in massa i fuochi d’artificio!”.
“È meglio se lo accontentiamo subito, altrimenti ci stresserà finché non ci avrà trascinato in quel dannato posto”fece Bon alzandosi e afferrando il suo amico d’infanzia per un braccio, costringendolo così a fare altrettanto. “Almeno ci faremo un’idea dello spazio da occupare e di come possiamo disporre i tavoli e il resto. Spero che sia davvero bello come sostieni con tanto entusiasmo, Shima…”.
“Cosa ti sto dicendo da quando ci siamo seduti? A quanto pare Rin non è l’unico con la testa per aria! Oppure è che, dopo che ci conosciamo da una vita, ti fidi ancora così poco dei miei giudizi?”lo prese in giro il ragazzo coi capelli rosa ridendo e guadagnandosi così un’occhiataccia. “Vedrai, Bon, te ne innamorerai!”.
I due si incamminarono discutendo animatamente e gli altri si affrettarono a seguirli, avendo l’accortezza di ricordarsi di pagare il conto. Mentre camminavano, Rin rimase un po’ in disparte ad osservare i suoi compagni. Konekomaru era corso ad affiancarsi ai suoi due amici di infanzia, mentre Shiemi, attaccata al braccio di Izumo, la ascoltava sorridendo lamentarsi di tutto quell’entusiasmo a suo parere eccessivo. Era contento di essere con loro, nonostante tutte le pessime figure che aveva collezionato in meno di due ore. Si sentiva a suo agio, accettato, capito. Poteva illudersi di essere un ragazzo come gli altri, con interessi normali e forse una vita un po’ complicata. I suoi compagni gli davano quella intima serenità familiare in cui si era sentito avvolto quando lui e Yukio vivevano ancora con Shiro, quando lui non sapeva ancora chi era. Certo, l’atmosfera era molto diversa da quella della sua infanzia, più movimentata, instabile, schietta, ma altrettanto calda e rassicurante. E proprio per quell’atmosfera così normale, che era quasi scontata per la maggior parte della gente ma di certo non per lui, Rin avrebbe combattuto anche a costo della vita. In fondo lo doveva a loro come lo doveva a suo fratello. Avrebbe dato tutto per poterli avere al suo fianco finché fosse stato possibile e così avrebbe fatto. E al diavolo le conseguenze.

Alla fine il locale si dimostrò essere decisamente al di sopra delle loro migliori aspettative. Era collocato all’ultimo piano di un edificio nella periferia della cittadina ed era una stanza enorme e completamente sgombro, quasi fosse stato costruito apposta per accogliere tutte le decorazioni e gli accomodamenti che loro avevano pensato di preparare, albero gigante compreso. Konekomaru, Shiemi e Rin si mostrarono immediatamente entusiasti del posto e riempirono Shima di complimenti e persino Bon e Izumo diedero segni di sincero apprezzamento. Tutto quello spazio sembrava aver portato alle stelle il loro entusiasmo creativo e i ragazzi non vedevano l’ora di mettersi al lavoro. Persino il mezzo demone parve farsi più collaborativo e allegro. Quella sarebbe stata la festa più epica della loro vita, non c’erano dubbi.
La ragazza coi capelli viola estrasse dal suo zaino un grande foglio bianco e iniziò a tracciare una piantina del locale. Gli altri le si fecero subito e iniziarono a discutere piuttosto animatamente su come sarebbe stato più opportuno dividere i vari spazi e posizionare i tavoli e il resto della mobilia. Shima voleva a tutti i costi una pista da ballo per la discoteca, mentre Konekomaru reclamava che la cosa più importante erano le tavolate su cui disporre le vivande. Shiemi invece cercava timidamente di far notare che per prima cosa bisognava decidere dove mettere l’albero in modo che fosse in un luogo abbastanza riparato dalla folla per evitare spiacevoli incidenti e Bon continuava a insistere che non potevano perdere tutto il pomeriggio sulla decorazione della sala ma che dovevano anche pensare a un programma della serata. Rin li guardava litigare senza riuscire ad inserirsi nel discorso perché, anche quando lo chiamavano in causa, non gli veniva mai dato il tempo di rispondere che già si erano dimenticati di lui, lasciandolo interdetto e anche un po’ divertito da quella situazione assurda. Forse si stavano davvero lasciando prendere un po’ troppo dall’entusiasmo, tutti quanti.
“Ma insomma, la volete piantare, casinisti che non siete altro?!”esplose alla fine Izumo, dopo aver assistito a quelle caotiche ed inutili discussioni per dieci minuti buoni. Nella sala si fece silenzio immediato e tutti si voltarono a guardarla, presi alla sprovvista. Lei parve soddisfatta della reazione otttenuta e ripresa con più calma: “Parlarvi uno sopra l’altro ci servirà a ben poco. Quindi, visto che, come Suguro ha giustamente sottolineato, non abbiamo molto tempo, è meglio che ci dividiamo i compiti e lavoriamo ciascuno su un aspetto della festa, anche perché se ci mettiamo tutti sulla stessa cosa non riusciremo mai a trovarci d’accordo”. Sventolò sotto i loro occhi dei foglietti di carta. “Qui ci sono le liste del materiale che ci serve. Sentitevi liberi di aggiungere altro se pensate che sia veramente necessario, ma ricordate che non siamo pieni di soldi”. Il suo tono si fece serio e imperioso mentre lei iniziava a distribuire i bigliettini ai suoi compagni. “Allora, io, Shiemi e Rin ci occuperemo della decorazione della sala e dell’albero, Konekomaru penserà a fare la spesa per il cibo, visto che sembra tenerci tanto, e voi altri due idioti penserete all’organizzazione della serata con la discoteca e tutto quello che volete”.
“Perché devi decidere tu quello che ciascuno di noi deve fare?”si oppose Bon irritato dal fare autoritario della sua compagna di classe. “Non siamo mica i tuoi servi!”.
“Andiamo, Ryuji, Izumo sta solo cercando di mettere un po’ d’ordine!”intervenne Shima allegro. “Insomma, si sa che lei ha proprio l’attitudine al comando! Affidiamoci alle sue capacità di coordinazione, sarà tutto più semplice!”.
“Tu sta’ zitto che sei di parte”gli ringhiò il suo amico lanciandogli un’occhiataccia.
“Se non ti va di fare come ti ho detto io non è un problema, Ryuji”fece Izumo gelida. “Ma in tal caso arrangiati”.
“Non ho detto che non mi va, ma c’è modo e modo per proporre qualcosa”borbottò lui. “Ciò detto facciamo come dici, in fondo è la cosa più sensata”.
“Bene. Allora, se non ci sono altre obiezioni, direi che ciascuno può andare ad occuparsi della sua parte”sentenziò lei soddisfatta. “Per oggi possiamo iniziare a comprare le cose, domani mattina ci troviamo qui e disponiamo tutto. Poi aiuteremo Rin a cucinare”.
I suoi amici annuirono e, dopo essersi messo d’accordo sull’orario di ritrovo per giorno seguente, Shima, Bon e Konekomaru lasciarono il locale diretti in centro dove si trovavano la maggior parte dei negozi.
“Noi cosa facciamo, Izumo?”domandò Rin, voltandosi verso la loro “capitana”.
“Finiamo di tracciare la mappa della sala scegliendo il punto giusto dove mettere le cose e poi andiamo a fare compere”fu la risposta sicura.
I tre si sedettero sul pavimento e iniziarono una discussione, molto più ordinata e produttiva della precedente, che nel giro di venti minuti portò a una scansione precisa degli spazi e una lista esatta di tutto quello che sarebbe stato loro necessario. Finito quel lavoro lasciarono a loro volta il locale per andare alla ricerca del materiale.
Le strade erano decisamente affollate come sempre il giorno della vigilia, ma l’atmosfera era tutt’altro che stressata. Certo, la frenesia delle ultime compere era quasi palpabile nell’aria fredda che si condensava nei respiri dei passanti frettolosi, ma era un’agitazione allegra, quasi serena, perché tutti i pensieri erano fissi sull’idea della bella giornata che presto sarebbe stata spesa con le persone più care. I tre ragazzi camminavano fianco a fianco sul marciapiede, persi a loro volta nell’indaffarato clima generale, ma non per questo senza godersi le viste luminose delle vetrine decorate e il profumo dei dolci che si diffondeva lungo tutta la via. Shiemi era estasiata davanti ai mille colori delle luci degli alberi e delle ghirlande appese ai balconi e avanzava canticchiando quasi senza accorgersene un motivetto popolare, la mano stretta in quella di Izumo, che li guidava spedita tra la calca, e l’altro braccio aggrappato a quello di Rin, che seguiva le due ragazze cercando invano di orientarsi.
La ragazza coi capelli viola li trascinò da un negozio all’altro per più di due ore, scegliendo con la precisione di un navigatore satellitare i posti dove avrebbero potuto trovare quello che cercavano, senza mai sbagliare un colpo. Nonostante avessero chiesto che gli oggetti più ingombranti fossero recapitati a domicilio la mattina dopo, i tre finirono per ritrovarsi letteralmente sommersi da buste di plastica, scatole e pacchetti di ogni forma e dimensione che rendevano loro quasi difficile camminare per strada. Ma, nonostante qualche piccolo incoveniente e qualche battibecco sulle compere, fu comunque un bel pomeriggio. Era passato un sacco di tempo da quando Rin aveva riso tanto quanto in quell’occasione ed era talmente preso da quello che stava facendo che la preoccupazione per Yukio era andata sfumando, fino a divenire solo un’ombra lontana nei meandri della sua mente. Shiemi, da parte sua, sembrava aver perso un po’ della sua esagerata timidezza e parlava a voce più alta e persino Izumo si concesse qualche battuta e qualche sorriso sincero alle chiacchiere dell’amica.
Alla fine di quello che, più che shopping, era diventato un vero e proprio assalto ai negozi alla ricerca delle cose più belle e particolari ai prezzi più economici, i tre decisero di ritornare al locale e lasciare là tutti i loro acquisti, riponendoli nel piccolo sgabuzzino che era stato loro fornito dal proprietario del posto, in modo che fossero stati pronti ad essere usati la mattina dopo. Erano tutti e tre un po’ scompigliati e stanchi, ma decisamente soddisfatti del loro lavoro. La ragazza coi capelli viola si lasciò sfuggire un commento compiaciuto sulla faccia che avrebbe fatto Bon alla vista del capolavoro che avrebbero fatto con la sala il giorno seguente, sicura che mai più il ragazzo avrebbe messo in discussione i suoi metodi, guadagnandosi così un ghigno d’assenso da parte di Rin e facendo ridacchiare Shiemi.
Dopo essere rimasti a chiacchierare per un po’, i tre si erano separati anche perché le ragazze dovevano ancora occuparsi dell’albero. Il mezzo demone si era ovviamente offerto di aiutarle, ma le due avevano rifiutato con decisione, dicendogli che era meglio se andava a riposarsi e che non doveva preoccuparsi perché se la sarebbero cavata alla grande anche da sole. Lui aveva cercato di insistere, ma alla fine aveva dovuto lasciar perdere e le aveva guardate allontanarsi a braccetto, mentre parlavano fitto fitto di chissà cosa, fino a quando non avevano svoltato sparendo alla sua vista. Lui era rimasto ancora per qualche minuto seduto sui gradini che conducevano all’entrata dell’edificio, godendosi le sensazioni piacevoli che il pomeriggio gli aveva lasciato, prima che la sua mente tornasse a rivolgersi a pensieri più oscuri.
Alla fine si decise ad alzarsi e ad avviarsi verso il dormitorio. Di sicuro Kuro lo stava aspettando e poi doveva anche cucinarsi la cena. Sbuffò dando un calcio frustrata a un mucchio di neve posto su un lato del marciapiede. Non si era mai sentito così stupido in vita sua. Possibile che quella semplice situazione potesse farlo impazzire in quel modo contro ogni ragionevole rassicurazione? Insomma, non era la prima volta che Yukio andava in missione e lui restava a casa! Qual era la differenza dalle altre volte? Be’, in primo luogo sapeva sempre dove sarebbe andato il suo gemello e soprattutto sapeva cosa ci andava a fare, per quanto in modo vago. Era quella dannata mancanza di informazioni che lo tormentava, era abbastanza ovvio. In secondo luogo mai aveva avvertito qualche genere di presentimento oscuro mentre suo fratello era via, sensazione che tra l’altro gli ricordava i brividi che avvertiva ogni volta che il loro padre biologico era vicino. Possibile che la missione di Yukio riguardasse Satana? Non ci voleva neanche pensare, e poi glielo avrebbe detto, per forza. O forse no proprio per evitare che lui lo seguisse. Borbottò tra i denti qualche insulto contro quel cretino che si ritrovava come fratello e anche contro sé stesso. Come aveva fatto a non pensarci prima?! La reticenza di Mephisto avrebbe dovuto mettergli un campanello d’allarme. E invece no, perché lui si era perso nell’ultimo, non poi così insignificante particolare che differenziava quell’occasione da tutte le altre: il suo gemello non lo aveva mai baciato prima di sparire nel nulla. Rin avvertì un leggero calore colorargli le guance. Doppia maledizione a quell’idiota. Lui e le sue trovate. Sospirò. Non aveva diritto a prendersela così con Yukio. Di sicuro se il telefono non fosse squillato le cose sarebbero andate diversamente. Il bacio ci sarebbe stato comunque, ma almeno lui avrebbe saputo il perché di tale gesto assurdo. ‘Dannato Mephisto, sempre nei momenti sbagliati! Potevi aspettare cinque minuti, no?!’ si ritrovò a pensare, consapevole che le sue erano imprecazioni a vuoto e prive di senso. Ma doveva pure prendersela con qualcuno o gli sarebbe venuta una crisi di nervi.
Giunse davanti al dormitorio quasi senza accorgersene. Ormai aveva interiorizzato a tal punto la strada per arrivarci che la percorreva quasi automaticamente. Rimase a fissare l’edificio perdendo d’improvviso il filo dei suoi pensieri. Per un momento la vista gli si sfuocò e lui avvertì una strana sensazione di paura invaderlo insieme con l’impulso di scappare. Corse dentro e salì le scale più in fretta che potè, fermandosi solo quando ebbe chiuso la porta dietro le sue spalle. Restò un attimo immobile, le spalle appoggiate contro il legno, ansimando e ascoltando quella terrore improvviso scivolare via rapido come lo aveva assalito. ‘Che diavolo…?! Cazzo, pure gli attacchi di panico adesso?!’pensò tra sé e sé chiudendo gli occhi e normalizzando al repsirazione. Era avvenuto in modo così improvviso, senza motivo, lo aveva travolto con una forza spropositata, eppure gli era sembrato così…estraneo. Esattamente come i sogni che aveva fatto quella notte. ‘Che diamine mi sta succedendo?’. Forse era davvero quel bastardo di suo padre a giocargli quegli scherzetti approfittando del fatto che Yukio non era lì. In fondo suo fratello era l’unico in grado di capire quando qualcosa non andava in lui e riusciva sempre a strapparglielo fuori quando lui avrebbe preferito tenerselo per sé perché non voleva mostrarsi debole. Quanti casini si erano risparmiati con quel sistema! Ma ora il suo gemello non c’era e la cosa, considerata alla luce di quella nuova possibilità, gli faceva quasi paura.
‘Rin, stai bene?’. La voce di Kuro lo fece sobbalzare.
Il ragazzo spalancò gli occhi, preso alla sprovvista, e il suo sguardo incontrò quello preoccupato del suo famiglio. “Oh, Kuro…Ma sei scemo?! Mi hai fatto prendere un colpo! È già la seconda volta oggi che usi dei metodi del tutto inappropriati con me!”si lamentò, rilassandosi. “Ce l’hai con me per caso?! Non dirmi che sei geloso perché penso più a Yukio che a te!”.
‘Non dire cretinate, Rin’fu la risposta quasi offesa. ‘Sono solo in ansia per te. Ti comporti in modo strano da quando Yukio se n’è andato. E qualcosa mi dice che non è solo per quel presentimento che ti perseguita. Comunque questa volta non ho fatto nulla di male!’.
“Uff, va bene, hai ragione. Scusa, non avevo alcun diritto di aggredirti così”borbottò Rin sconfitto staccandosi dalla porta e incamminandosi verso la cucina. “Ho i nervi a fior di pelle ultimamente”.
‘Non si era notato’commentò sarcastica la creatura agitando lentamente le code. ‘Non vuoi proprio dirmi che cosa ti dà tanti pensieri?’.
“Non è nulla di che, davvero. Anzi, è una gran cavolata se proprio vogliamo essere precisi”.
‘Però non riesci a togliertela dalla testa’.
“Esatto”. Il mezzo demone si sfilò la giacca appoggiandola sullo schienale di una delle sedie e afferrò il grembiule da cucina. “Solo che, anche se ti dicessi di cosa si tratta, non sapresti aiutarmi di sicuro, quindi preferisco non umiliarmi per nulla”.
‘Fa’ come vuoi, ma se vuoi un consiglio, per quanto stupida sia la questione, faresti meglio a trovare qualcuno che possa aiutarti con l’argomento e parlargliene’disse il famiglio accoccolandosi sul tavolo. ‘Altrimenti rischi di diventare matto per davvero’.
“Era quello che pensavo di fare”fece il ragazzo fermandosi i capelli con la sua solita molletta. “E forse so già a chi rivolgermi. Gli parlo domani sera alla festa. E, Kuro, scendi dal tavolo, io ci devo cucinare lì!”.
Kuro, non senza uno sbuffo infastidito, fece come gli era stato detto e andò a sedersi su una delle sedie. ‘Spero davvero che questa persona possa aiutarti, Rin. Non è un bene per te rimanere così teso. Fa male al tuo autocontrollo’constatò serio. ‘Ma immagino che questo discorso ti dia solo più fastidio, giusto? Bene, allora cambiamo argomento. Come sono andati i preparativi per questa famosa festa? Siete a buon punto?’.
Rin sorrise mentre si lanciava nella descrizione del suo pomeriggio mentre inziava a preparare la cena per entrambi. Questo era quello che adorava della creatura, azzeccava i suoi stati d’animo senza bisogno che lui li esprimesse e aveva sempre le parole giuste per ogni situazione. E, soprattutto, sapeva fin dove poteva tirare la corda senza spezzarla. Il famiglio ricambiò il suo sorriso con un’espressione allegra e agitò le code. In fondo tra loro potevano esserci anche tutti i segreti di questo mondo, ma la cosa non avrebbe per nulla influito sulla complicità che condividevano. Perché il loro rapporto non era fatto di parole, ma di sensazioni condivise. Non c’era bisogno del pensiero compiuto, bastava l’emozione.

 

Sangue, sangue ovunque. Le pietre erano scivolose sotto i suoi piedi e lui continava ad incespicare. Ma era suo quel liquido cremisi che lordava il terreno? Impossibile, ce n’era troppo, non sarebbe riuscito neanche a reggersi in piedi se ne avesse perso così tanto, lo sapeva bene. E invece stava correndo, la paura e l’ansia che gli attanagliavano il petto, ma la determinazione le teneva a bada, incatenandole in una stretta maglia. Stava correndo dritto verso la fonte di quel rosso, dritto verso l’orrore. L’avrebbe guardato in faccia di nuovo, doveva farlo, non aveva scelta. Combattere, attaccare, difendersi. Resistere. Tornare vivo. Ad ogni costo. Le pozze di sangue si facevano sempre più frequenti. Una morsa allo stomaco. Sapeva bene di chi era quel sangue. I suoi compagni, pochi, tanti, alcuni, forse tutti. Aveva avuto i loro volti attorno solo la mattina prima.Visi tesi, alcuni un po’ pallidi, ma comunque seri, decisi, vivi. Esattamente come era lui adesso, constatò con amara ironia. Ma doveva farlo, aveva un compito, non poteva certo sottrarsi. Sapeva a cosa stava andando incontro quando aveva accettato. E comuque, anche se si fosse rifiutato, non vi sarebbe sfuggito a lungo. Era il suo destino a legarlo. Il sangue sembrava farsi più scivoloso man mano che si avvicinava, quasi cercasse di persuaderlo a desistere. Ma lui non poteva, anche se in quel momento avrevve voluto essere da tutt’altra parte. Scosse il capo. In fondo era proprio per proteggere il luogo in cui voleva essere che era venuto laggiù, a gettarsi tra le braccia di quella che avrebbe potuto essere la sua tomba. Un sasso un po’ più sporgente e si ritrovò faccia a terra. In effetti parte di quel sangue era suo, ma non era nulla che lui non potesse gestire. Si rialzò in fretta seppure non senza fatica. Non doveva pensare alla morte. Sarebbe tornato indietro. Aveva promesso. La fine del sentiero. E poi eccole là, ne avrebbe riconosciuto i riflessi anche nell’ultimo alito di vita. Quelle dannate fiamme blu, ovunque. Dietro, a destra, a sinistra, sopra, sotto. Era avvolto in una palla di fuoco. Le sue mani si strinsero sul metallo freddo. Era ora di vedere di chi sarebbe stato il sangue che le avrebbe spente…
Rin si svegliò di soprassalto, il rumore di uno sparo che gli esplodeva nelle orecchie. Aveva il respiro affannato e sentiva il panico e l’adrenalina scorrergli nelle vene insieme al sangue, mentre i resti dell’incubo fuggivano lontani dalla sua memoria in una serie di visioni confuse e sfocate. Che diamine era successo?! Si guardò intorno alla ricerca di una possibile fonte del rumore che aveva sentito, ma nella stanza tutto era silenzioso. Il sole filtrava dalla finestra, la luce indebolita dal manto di nuvole candide che lo coprivano, e il cielo preannunciava un’altra bella nevicata, fatta apposta per il giorno di Natale. Niente di anormale. Eppure lui avrebbe giurato che quello che aveva sentito era davvero uno sparo. Che fosse anche quello parte del sogno che stava facendo?
Spinse via le coperte, più turbato che mai, e si prese la testa tra le mani. Tutte quelle stranezze non gli piacevano neanche un po’. Non bastavano i presentimenti, ci volevano pure gli incubi senza senso che tra l’altro lui non riusciva a ricordare se non a sprazzi. Qualcosa gli diceva che se avesse avuto una vaga idea di quello che aveva sognato avrebbe potuto capire che cosa gli stava succedendo. Ma a quanto pareva la sorte ce l’aveva con lui e si divertiva a tormentarlo. Sbuffò guardandosi intorno alla ricerca di Kuro e lo vide accoccolato sulla sua scrivania, ancora addormentato. Meglio, pensò, almeno questa volta non l’avrebbe fatto preoccupare. I suoi occhi caddero oltre il vetro della finestra. Era davvero presto. ‘Be’, di tornare a letto non se ne parla, primo perché non riuscirei a dormire, secondo perché non vorrei beccarmi un altro maledetto sogno’pensò alzandosi per andare a farsi una doccia. ‘Bah, vedrò di occupare il tempo che ho guadagnato in modo costruttivo. Potrei iniziare a scegliere il menu per la festa…’. E aggiunse con un certo sarcasmo: ‘Sempre che non mi capita qualche altro incidente di percorso ovviamente!’.
E fortunatamente per lui al pessimo risveglio non seguì nessun’altra novità imprevista per tutto il resto della giornata. Anzi, dopo che ebbe raggiunto i suoi compagni al locale, il tempo passò veloce tra i preparativi e le mille discussioni che scoppiarono, un po’ dettate dalla fretta, un po’ dall’agitazione generale. Non mancarono gli incidenti, ma non furono nulla di irreparabile: decorazioni che cascavano, oggetti andati smarriti nella confusione, qualche piatto rotto, una padella dimenticata sul fuoco. Izumo, da bravo comandante, si infuriava ogni volta, sgridando lo sventurato di turno per la sua sbadataggine o idiozia che fosse, mentre Shiemi non faceva altro che chiedere scusa a tutti a volte anche senza motivo. Bon ebbe il suo bel da fare a litigare con Shima ogni due minuti per un motivo o per un altro e a zittire Konekomaru che ogni due per tre si metteva a cantare a squarciagola senza nessun preavviso. Rin si era lasciato trascinare dalla frenesia generale, troppo storidito per fare qualunque altra cosa che non fossero i vari compiti che gli venivano affidati, subendo anche lui la sua dose di rimproveri, ma senza lamentarsi. In fondo tutto quel caos gli impediva persino di pensare, cosa che in quei giorni non poteva che fargli piacere. L’unico momento in cui dovette costringersi a uscire da quel suo stato di automatismo fu quando uno dei suoi compagni, non ricordava neanche chi, rovesciò per terra le verdure che lui aveva appena finito di affettare con tanta cura, ma lo fece soltanto per ringhiargli dietro qualche insulto e l’ordine di sistemare all’istante il casino che aveva combinato. 
Eppure, nonostante tutto, quando finalmente ebbero terminato i preparativi nel tardo pomeriggio, tutti furono ammettere che ne era valsa la pena: la sala riluceva dei mille colori delle lampadine e delle candele profumate che si concentravano sul grande albero tra fiocchi rossi, stelle dorate e nastri d’argento. Le tavolate imbandite mostravano con orgoglio la loro varietà di vivande dolci e salate disposte ordinatamente e decorate in modo originale e vivace, mentre dalle pareti e dal soffitto pendevano girlande di vischio e biancospino intrecciati a nastri colorati. Nello spazio non occupato dalla pista da ballo erano stati sistemati dei tavoli più piccoli per permettere ai loro ospiti di cenare e chiacchierare da seduti. Sarebbe davvero stata una festa indimenticabile, lo si leggeva nei sorrisi compiaciuti che i ragazzi si scambiarono tra loro ammirando i frutti della loro fatica.
E la sera fu un successo. Nessuno degli invitati si risparmiò con i complimenti e i commenti di approvazione sia per il cibo che per l’organizzazione del tutto. Shima e Konekomaru accolsero tutte quelle belle parole trionfanti e anche Bon, pur rispondendo educatamente, in alcuni casi finì per mostrarsi decisamente compiaciuto. Izumo invece rimase impassibile dichiarando che era il minimo mentre al suo fianco Shiemi arrossiva affermando che in fondo non era nulla di speciale. Rin, da parte sua, cercò di schivare in ogni modo le congratulazioni senza però riuscirci del tutto, subendosi tutta una serie di frecciatine da parte di Shura prima che la donna decidesse che lo aveva tormentato abbastanza. Poi la festa inziò a procedere da sé e i discorsi passarono ad altri argomenti, liberando così il gruppo dall’imbarazzo di rispondere.
Ad un certo punto il mezzo demone scorse Mephisto che gironzolava tra la folla scambiando quattro chiacchiere quasi con tutti quelli che avevano la sfortuna di incrociarlo. Il ragazzo alzò un sopracciglio, ma non si sorprese più di tanto: quel pazzo era sempre tra i piedi, anche quando nessuno aveva richiesto la sua presenza. Possibile che non avesse mai niente da fare quello là?! Era stufo di trovarselo intorno. L’altro si voltò, sentendosi osservato, incrociando il suo sguardo, ma lui decise di ignorarlo e gli diede le spalle. L’ultima cosa che voleva era parlargli dopo che lo aveva stordito con le sue ciance due sere prima, impedendogli tra l’altro di scoprire dove si era cacciato suo fratello. Non gli avrebbe permesso di rovinargli anche la festa, non ora che stava iniziando a godersela un po’, approfittando della distrazione per scacciare i suoi oscuri pensieri.
Per sua fortuna il demone non si trattenne a lungo e dopo meno di un’ora non lo si vide più in giro. Il ragazzo ringraziò il cielo di essere riuscito ad evitarlo per tutto il tempo e decise di prendersi un drink da bere per festeggiare la cosa. Si appoggiò al bordo di uno dei tavoli sorseggiando lentamente il suo cocktail e facendo scorrere lo sguardo tra la folla, alla ricerca dei suoi compagni. Individuò abbastanza in fretta le due ragazze, sedute ad un tavolino vicino all’albero, intente a chiacchierare con Shura, mentre ci mise diversi minuti a trovare i ragazzi. Alla fine scorse Konekomaru insieme ad altri studenti della loro scuola, che però lui conosceva solo di vista, impengato in una competizione di qualche tipo. Bon e Shima erano in un angolo in disparte, appoggiati fianco a fianco a una delle pareti. Il ragazzo coi capelli rosa parlava allegramente con un braccio sulla spalla del suo amico, il quale lo guardava abbastanza contrariato, anche se Rin non riuscì a capire se era per la loro posizione o per quello che Shima stava dicendo. A quanto pareva, dopo aver fatto peste e corna per avere la sua pista da ballo, Shima non si era neanche curato di usarla visto che sembrava non avere nessuna intenzione di scollarsi dal suo compagno di classe, constatò il mezzo demone con un ghigno, anche se provava un po’ di pena per Bon. Proprio in quel momento invece il ragazzo coi capelli rosa si staccò da quest’ultimo, chinandosi per mormorargli qualcosa nell’orecchio con un sorrisetto malizioso, e poi si affrettò ad indicare i tavoli del buffet con un cenno del capo incamminandosi in quella direzione senza aspettare una risposta. Ryuji fece un gesto un po’ stizzito con la mano e alzò gli occhi al cielo.
“Ehi, Rin!”esclamò Shima allegro quando si fu avvicinato, notando il ragazzo. “Come va?”.
“Alla grande. È davvero uno spettacolo, siamo stati grandi”rispose lui sorridendo. “È la festa migliore a cui sia mai stato”.
“Vero, è venuta bene. E mi pare anche che la gente si stia divertendo. Izumo con il suo atteggiamento dispostico ci ha proprio costretti a fare del nostro meglio! A proposito, il cibo è fantastico. Complimenti al nostro chef!”concordò il suo amico. “Mi rintego soddisfatto. Ma come mai qui da solo? Perché non vieni là con me e Ryuji? Gli stavo giusto per portare da bere, chissà, magari si addolcisce un po’. Non si smolla neanche in un’occasione come questa!”.
“Andiamo, non esagerare. Ho solo cercato di dare il massimo. Conosci Bon molto meglio di me, sai com’è fatto. Ci tiene a dare una certa immagine di sé!”rise il mezzo demone. “Grazie, comunque, ma stavo pensando di andare da Shiemi e Izumo, a dire la verità. Non ho ancora avuto l’occasione di ringraziarle per l’aiuto che mi hanno dato in cucina”.
“Vai dalle ragazze, eh, Rin? Fai bene, fai bene!”commentò il ragazzo coi capelli rosa, battendogli una mano su una spalla in segno di approvazione. “È quello che dovrei fare anche io e invece sono là impantanato con Bon! Certo che come latin lover faccio un po’ pena alle volte! Ma insomma, bisogna anche fare dei sacrifici…In fondo anche quel testone non è male come compagnia, anche se mi farebbe più piacere se accettasse di venire a ballare con me…Mi raccomando, fa’ buona caccia anche per il sottoscritto!”.
“Shima, che diamine spari?! Non è mica per quello che pensi!”protestò lui arrossendo leggermente. “Cretino”.
“Andiamo a chi vuoi darla a bere? Con due belle signorine come quelle, anzi, diciamo tre, contando anche Shura. In fondo chi non la includerebbe nelle sue prospettive una così? Certo, forse è un po’ troppo grande per te, ma fidati, le donne mature sono spesso le migliori. Quindi non dirmi che ci vuoi solo parlare innocentemente! Non ci credo. Soprattutto con Shiemi…”. Shima gli rivolse un ghigno poco rassicurante, inziando a riempire un bicchiere. “So bene come funzionano queste cose, io! E poi è una festa, Rin! Bisogna scatenarsi un po’!”.
“Sì, sì, bravo, pensala come ti pare…A proposito, ho una cosa da chiederti visto che ti dici tanto esperto”fece Rin, affrettandosi a cambiare discorso. “Secondo te, se una persona ti bacia cosa può voler dire?”.
“Dipende. Ti bacia come?”chiese l’altro calcando molto il tono sull’ultima parola.
Lui avvampò più imbarazzato che mai. “Ehm, sì, sai…sulla bocca”balbettò. “Ma non pensare a chissà che, solo a stampo!”.
“Ma che domande fai?! Mi pare ovvio! È perché le piaci, Rin, e anche tanto. Quanto esattamente dipende dalla passione che ci ha messo, ma come minimo ha una bella cotta per te. In fondo se uno vuole fare sul serio non si butta mai sul primo bacio, cerca di renderlo più sentimento che atto. Andiamo, neanche tu sei così ingenuo da non capirlo!”lo prese in giro il ragazzo coi capelli rosa. Poi si sporse verso di lui. “Allora…chi è l’audace donzella?”.
“Nessuno!”esclamò lui con fin troppa foga. Scostò il suo amico, distogliendo lo sguardo. “Non può essere per quello, ci deve essere un altro motivo. È una cosa seria, Shima”borbottò poi, a disagio. “Questa…questa persona non avrebbe mai e poi mai dovuto fare una cosa del genere. Eppure lo ha fatto. Ma non può essere perché prova quelle cose per me, semplicemente perché non può provarle, capisci? Ma appunto per questo non riesco a capacitarmi come una cosa del genere sia potuta accadere!”.
Shima lo guardò intensamente per un attimo, mentre il sorriso spariva dal suo volto. “Non puoi dire che questa persona non intendesse quello che ti ho detto, Rin, non si sa mai cosa può passare per la testa della gente”disse serio dopo un momento di silenzio. “Io sinceramente non so cos’altro associare ad un gesto come quello se non un sentimento d’amore. Se fosse stato un bacio sulla guancia sarebbe stato un altro conto, ma dubito che tu ti saresti posto il problema in quel caso. Quindi io resto della mia idea e, se vuoi che ti dica cosa penso fino in fondo, secondo me tu ti stai tormentando così tanto per questa cosa proprio perché sai che ho ragione ma non lo vuoi ammettere. Inoltre, se davvero a baciarti è stata una persona che non avrebbe mai dovuto farlo, quello che prova per te non è un sentimento qualsiasi. Se ha avuto il coraggio di farlo nonostante rischiasse così che tu la rigettassi ti deve amare davvero”.
“Ma…Ma…No, non è possibile!”esclamò il mezzo demone, scuotendo il capo, testardo. “Andiamo, ci deve essere un’altra ragione! Se no è…è troppo…sbagliato!”.
“Rin, mi vuoi dire chi è che ti ha baciato per averti sconvolto tanto? Calmati, non può essere stato così terribile!”insistette l’altro cercando di farlo ragionare. “Cos’è, è stato un ragazzo? Andiamo, non è quello che uno si aspetta, ma non è comunque una tragedia. E poi…”.
“No, no, Shima, non puoi capire. Lascia perdere, anzi dimentica”.
“Ma…”.
“Ho detto lascia stare!”. Rin si rese conto di avere quasi urlato e si affrettò ad abbassare gli occhi, turbato. In fondo Shima stava solo cercando di aiutarlo, lo sapeva benissimo, ma non poteva certo dirgli che era stato suo fratello a baciarlo. E non era solo egoismo, non voleva nemmeno mettere Yukio nei guai. “Shima, ascolta…”riprese con più calma cercando una scusa per chiudere il discorso in modo pacifico, ma fu interrotto dallo squillo del suo telefono. Lui si affrettò ad afferarlo, ringraziando mentalmente chiunque ci fosse al di là della linea per averlo salvato da quella dannata conversazione. “Okumura Rin, chi parla?”.
“Rin?”. La voce di Mephisto lo raggiunse dall’altra parte, con una nota seria e quasi grave che non le si addiceva per nulla. “Scusa se ti disturbo, ma dovresti venire immediatamente. È una questione di massima priorità”.
Il ragazzo avvertì brividi di ansia corrergli lungo la schiena. “È successo qualcosa?”riuscì a chiedere con un filo di voce, sperando di non udire la risposta che si aspettava.
“Tuo fratello è tornato dalla missione. Sembra che ci sia stata qualche complicazione. Ma ti spiego meglio di persona. Raggiungimi in ospedale”spiegò il demone cercando di suonare rassicurante, ma si sentiva che aveva una certa fretta.
Rin si sentì gelare. Ospedale?! Complicazioni?! No, no, no! “Mephisto, niente giochetti. Che cazz…”inziò, pronto a riversare sul suo interlocutore la disperazione che aveva inziato a spezzargli il respiro.
“Non al telefono, Rin. Fidati, lo faccio per te. E non sono mai stato più serio di così. Ho bisogno di parlarti di persona. Vieni qui. Subito”. E la comunicazione si interruppe bruscamente.
Lui rimase qualche attimo con l’orecchio premuto sulla cornetta, cercando di elaborare i nuovi dati, ma tutti sembravano portare ad un solo pensiero: correre in ospedale da Yukio.
“Rin, ti senti bene?”gli domandò Shima a cui non era sfuggita la sua agitazione. “Chi era?”.
“Scusa, ma non ho tempo ora. Ti spiego un’altra volta”esclamò lui ficcandosi in fretta il cellulare in tasca. “Devo andare, dillo tu agli altri”. E senza aspettare una risposta si voltò e scappò via, lasciando il suo amico interdetto con la bocca aperta nel tentativo di obiettare, il cuore a mille e il sangue che gli ovattava le orecchie. Sarebbe stato infinitamente meglio continuare quella scomoda conversazione con Shima piuttosto che venire salvato da quella maledetta telefonata.

Il corridoio bianco dell’ospedale era affollato dal via vai dei medici e degli infermieri che uscivano ed entravano dalla porta della sala operatoria. Ogni tanto qualcuno si accostava a loro e mormorava due parole che avrebbero dovuto suonare come degli incoraggiamenti, ma l’unica cosa che Rin riusciva ad udire era la sua stessa voce che urlava mentalmente tutte le imprecazioni più pesanti e colorite che conosceva. Seduto di fianco a lui Mephisto cianciava come al solito, anche se questa volta seriamente, ma alle sue orecchie quei discorsi restavano sempre chiacchiere inutili e non degne di attezione. Aveva tagliato i ponti con il mondo esterno mezz’ora prima quando, dopo essersi fatto tutta la strada che lo separava dall’ospedale di corsa, senza mai fermarsi, era arrivato a destinazione sudato e senza fiato, con una sensazione spiacevole di nausea che gli artigliava lo stomaco. Il demone lo stava aspettando nell’atrio e lo aveva subito condotto davanti alla sala, dove lo aveva fatto sedere e gli aveva spiegato nel modo più delicato possibile che Yukio era sotto i ferri con il corpo martoriato da brutte ustioni.
Yukio, sala operatoria, ustioni. Dopo quelle parole non aveva sentito più nulla. Il suo corpo si era afflosciato sulla sedia e lui non si era neanche curato di guardare il suo interlocutore, quasi dimentico della sua presenza. Allora era vero, non si era sbagliato quando aveva ipotizzato che la missione suo fratello riguardava Satana. Quello era l’unico motivo che potesse spiegare il tipo di ferite che quell’idiota aveva riporatato. Era andato a scontrarsi con loro padre senza dirgli nulla. Le emozioni si erano succedute come lampi danzanti dentro di lui, in un caotico ripetersi e sovrapporsi. Rabbia, disperazione, dolore, poi di nuovo collera, paura, frustrazione, odio, ansia. Non riusciva a controllarle e quelle si erano alternate sempre più velocemente fino a quando non erano state risucchiate dal vuoto che loro stesse avevano scavato dentro di lui. L’apatia totale si era estesa sul suo corpo e lui si era sentito come se le sue membra e la sua anima si fossero addormentate, diventando insensibili a tutto. Faceva quasi fatica a pensare. Le sue riflessioni andavano avanti con una lentezza esasperante, collegando pian piano i vari pezzi. Il presentimento che aveva avvertito era davvero la vicinanza di suo padre, solo che questa volta minacciava Yukio e non lui, i suoi atticchi di panico dovevano essere le emozioni di suo fratello, le visioni e gli incubi quello che l’altro aveva visto e vissuto. Era tutto così semplice. Eppure lui, come un idiota, non c’era arrivato. Quella constatazione non causò nessun moto in lui, ma il ragazzo non se ne stupì. In fondo in quel momento non provava nulla. L’unica cosa che riusciva a fare era tenere lo sguardo fisso sulla porta, aspettando che qualcuno venisse a dargli la notizia che avrebbe segnato il suo risveglio. E allora ci sarebbe stato di nuovo il caos dentro di lui, forse una battaglia tale che lo avrebbe consumato. Riusciva a sentirle quasi, le sue fiamme, appostate sotto la superficie, pronte a scatenarsi insieme ai suoi sentimenti infranti.
Spostò appena gli occhi su Mephisto che aveva finalmente smesso di parlare e lo guardava vagamente preoccupato, quasi avesse intuito il suo ultimo pensiero. Rin gli rivolse uno sguardo inespressivo e poi tornò a puntarlo davanti a sé. Pensasse pure tutto quello che voleva, non gliene poteva importare di meno in quel momento. Anzi, avrebbe preferito che se ne andasse. Aveva bisogno di stare solo, di analizzare più a fondo quella situazione paradossale. Era seduto su una sedia ad aspettare la Morte. Solo che questa volta non era la sua fine quella che minacciava di arrivare, ma era quella di qualcun altro. Non gli era mai capitato. Le persone che erano morte intorno a lui lo aveva fatto senza che lui se lo aspettasse, dandogli la possibilità di negare l’inevitabile fino alla fine. Ma in quel momento, in quel corridoio che puzzava di medicine e malattie, gli sembrava quasi di avere seduta accanto in tutta la sua tremenda maestosità ed imponenza quella figura ammantata, tanto presente nelle loro vite eppure così misteriosa e sfuggente. Come se anche Lei, paradossalmente, stesse aspettando la sua stessa notizia. Con la differenza che Lei sapeva di certo come sarebbe andata a finire, mentre lui era perso nel mare annebbiato dell’incertezza, senza un faro o una stella che gli indicasse il cammino, e si lasciava trascinare inerte dalle sue correnti opposte.
La porta della sala operatoria si spalancò di nuovo, ma questa volta ne uscì una figura ben diversa dai soliti medici, i capelli verdi un po’ scompigliati e i vestiti schizzati di sangue. Il ragazzo avvertì Mephisto alzarsi immediatamente per andare incontro al nuovo venuto mentre lui cercava ancora di mettere a fuoco l’identità di chi era uscito dalla stanza. Amaimon. Che diamine ci faceva dentro quell’idiota combinaguai?!
“Hanno finito, Aniue”annunciò il demone coi capelli verdi indicando la soglia che avevano appena varcato. “È stata una bella lotta anche se non ho capito molto di quello che stavano facendo. Però non è che abbiamo risolto molto…”.
“Amaimon, spiegati meglio”gli disse il preside, una nota un po’ irritata nella voce, lanciando un’occhiata preoccupata a Rin. Certo che suo fratello a volte non sapeva proprio parlare. Dalle sue parole sembrava quasi che Yukio fosse morto sotto quei dannati ferri. Ma non era così, perché altrimenti la sua faccia sarebbe stata diversa. O almeno, ci sperava. “Che hanno detto?”.
“Hanno imprecato un po’ tra di loro e poi si sono girati verso di me dicendomi di dirvi che hanno fatto tutto il possibile, ma che le condizioni di Yukio erano gravi e che quindi non sanno come andrà a finire”spiegò Amaimon, mordicchiandosi lentamente l’unghia e voltandosi a sua volta a guardare il mezzo demone. “È in coma e non sanno se e quando si sveglierà. Certo che nostro padre ci è andato giù pesant…”.
Suo fratello maggiore si affrettò a tappargli la bocca con una mano, esasperato . “Tieniti questi commenti inappropriati per te, Amaimon, a noi non interessano. Fila a vedere dove lo portano e sta’ lì, ti raggiungo dopo. E vedi di non fare casini”gli ordinò con tono di rimprovero. “Rin è già abbastanza sconvolto e io preferirei non vedere più fiamme per un po’, se è possibile”.
L’altro annuì bisbigliandogli qualcosa in modo da non farsi sentire, per poi voltarsi e tornare nella sala. Mephisto si lasciò sfuggire un sospiro e si avvicinò a Rin, che non si era mosso dalla sua posizione, aiutandolo ad alzarsi e prendendolo sotto braccio. “Su, viene, hai bisogno di un po’ d’aria. E soprattutto di qualche spiegazione”.
Il ragazzo annuì e si lasciò trascinare lungo i corridoi, come un sonnambulo, fino alla terrazza. Aveva sentito quello che Amaimon aveva detto eppure le sue parole gli erano arrivate alle orecchie sotto forma di suoni incomprensibile, quasi come se la sua mente li avesse respinti per poter restare ignorante della realtà dei fatti ancora per un po’. L’aria fredda che lo colpì non appena furono furi dall’edificio sembrò riscuoterlo e lui si liberò dalla presa del demone, andando lentamente ad appoggiarsi alla ringhiera metallica. Il calore delle sue dita si disperse all’istante a contatto con il gelo del materiale e quella sensazione di freddo parve espandersi dentro di lui ridando un colore, per quanto pallido e malato, al nulla che si sentiva dentro. Si voltò verso il suo interlocutore e, dopo aver preso fiato, si costrinse a chiedere con un filo di voce: “Cosa ci faceva Amaimon in sala operatoria? Quello che aveva addosso era il sangue…di Yukio, vero?”.
Il preside annuì incrociando le braccia sul petto. “Ero un po’ perplesso perché il gruppo di esorcisti che avevo mandato in missione avrebbe dovuto contattarmi questa mattina presto, ma non si sono fatti sentire. Visto che, come avrai capito da te, mio padre era coinvolto in questa storia, e con lui non si può mai sapere, ho pensato di prepararmi al peggio e di iniziare ad organizzare una spedizione di recupero. Per precauzione ho deciso di inviare prima Amaimon sul posto nella tarda mattinata a cercarli per capire bene di che dimensioni fosse il disastro. Ha trovato il gruppo, o almeno quello che ne rimaneva, sparso nel bosco dove si era accampato la scorsa notte. C’erano pozze di sangue ovunque”. Tacque per un attimo, avvicinandosi al ragazzo che non gli staccava gli occhi di dosso, pendendo letteralmente dalla sue labbra. “Deve essere stata davvero una battaglia spettacolare. Mi spiace solo di aver perso qualche individuo valido. Nella radura dove si è consumato il gran finale poi era tutto carbinizzato. Amaimon ha trovato tuo fratello esattamente al centro di tutto quel nero, svenuto, coperto di sangue e cenere, i vestiti a brandelli. E vicino a lui il corpo che Satana aveva posseduto, due proiettile piazzati in corpo con precisione millimetrica. Ogni volta mi stupisco di quanta tenacia dimostri Yukio. Ed è solo un ragazzino. Il mio Otouto ha detto che per un attimo, quando lo ha tirato su, ha aperto gli occhi. Ti ha chiamato, voleva sapere se stavi bene. Amaimon gli ha detto di sì e lui è svenuto di nuovo. Non si è più svegliato”.
“Yukio ha…ha chiesto di me?”balbettò Rin sentendo l’emozione sopraffarlo, ma lui la ricacciò indietro con insofferenza insieme alle lacrime che erano arrivate a pungergli gli occhi. “Quel dannato idiota! Stava crepando e viene a preoccuparsi di me! Cretino che non è altro!”.
“Di sicuro pensava a te quando ha premuto il grilletto, Rin. Io gli avevo detto che non era il caso che lui andasse, che non era ancora pronto per trovarsi direttamente faccia a faccia con il nostro nemico. Ma lui si è intestardito, sai meglio di com’è fatto. La vive come una guerra personale e non ha tutti i torti. In fondo è figlio di Satana tanto quanto lo siamo tu e io. Ho pensato fosse giusto lasciarlo andare, anche se tu mi odierai per questo, immagino”sospirò il demone puntando gli occhi sul labirinto di palazzi che si apriva davanti a loro. “Ma non mi sentirò in colpa. Lo avevo avvertito, ha scelto conoscendo bene i rischi”.
Il mezzo demone combattè l’istinto di saltargli addosso e sgozzarlo. Come poteva dire quelle cose restando così calmo?! Suo fratello si era quasi fatto ammazzare in una missione del cazzo che lui gli aveva affidato nonostante tutto e quel pazzo se ne lavava le mani con due frasettine preparate?! Voleva ucciderlo. Prese un respiro, cercando di recuperare l’autocontrollo. Non poteva lasciarsi prendere dalla collera, era troppo vulnerabile in quel momento per poterselo permettere. Mandò giù tutti gli insulti che gli erano saliti alle labbra. “Come sta adesso? Cosa dicono i medici?”chiese invece, la voce che tremava. Doveva concentrarsi su Yukio adesso, quando lui sarebbe stato bene avrebbe potuto fare il culo a tutti quelli che lo meritavano.
“È in coma purtroppo. Sinceramente è un miracolo che non sia conciato poi così male, visto che è stato praticamente avvolto dalle fiamme. L’unica cosa è che il suo organismo è stato costretto a sopportare uno sforzo estremo. Per questo non si è più svegliato”rispose Mephisto. “Ovviamente gli umani ragionano da umani e in queste situazioni dicono sempre che non sanno se il paziente si sveglierà eccetera, ma, come ti ho detto, i parametri umani non si addicono a quelli come noi”.
“Ma Yukio è umano, dannazione! Fisicamente parlando almeno!”esplose Rin, esasperato dal tono tranquillo dell’altro. Non ne poteva più di quelle ciance. Voleva vedere il suo gemello. “È anche perché non era fisicamente abbastanza forte che non ha ereditato le fiamme di Satana, cazzo, me lo ha spiegato lui in persona! Come puoi dire che non lo si può trattare come un umano?!”.
“Ecco, stai ragionando come tutti gli altri. Avere quell’aspetto non ti ha insegnato come funziona con i demoni, a quanto pare. Ma la cosa non mi stupisce”. Sul volto del preside comparve un sorrisetto. “Non è questione solo di fisico. E poi, tra parentesi, tuo fratello non è più lo stesso di quando eravate bambini, gli anni di allenamento lo hanno temprato eccome. Non puoi non essertene accorto. Vuoi che ti dica quanto è cambiato? Bene. Diciamo che se si dovesse stabilire adesso chi si deve prendere l’eredità di nostro padre, be’, non saresti tu ~”.
Rin trattenne a stento un’esclamazione di sorpresa, ma si riprese immediatamente con un moto di irritazione. Quelle chiacchiere erano senza senso. E gli suonavano anche di presa in giro. “Ma non è così, quindi vedi di arrivare in fretta al punto”ringhiò minaccioso. “Voglio vedere Yukio”.
“Quello che sto cercando di spiegarti è che tuo fratello non è in pericolo di vita. Se Satana avesse voluto farlo fuori lo avrebbe fatto subito, ma a quanto pare ha voluto lasciare che sopravvivesse per qualche oscura ragione. Forse voleva testare quanto fosse resistente, che ne so. Comunque, quelle fiamme fanno parte anche di tuo fratello, e poco importa se lui non va a fuoco come fai tu, questo cerca di non dimenticartelo ~”. Mephisto si voltò e si avviò verso la porta-finestra che conduceva all’interno. “A proposito, non puoi vederlo adesso, dovrai aspettare domattina o forse anche più tardi. Se vuoi un consiglio, è meglio che non lo vedi proprio finché non si sveglia. Non ti farebbe che male. Quindi tanto vale aspettare. Potrebbe volerci qualche giorno, una settimana, ma non di più. Fidati e non ascoltare i medici”. Aprì il vetro voltandosi a guardarlo. “Va’ a  casa, Rin, e sfogati come ti pare, possibilmente senza fare casino. Mi ha già dato troppo da fare tuo fratello, sarebbe snervante dover correre dietro anche a te ~. A Yukio ci pensiamo io e Amaimon, anche se la cosa potrà suonarti tutt’altro che rassicurante. Ti chiamo non appena ci sono novità. Farai come ti ho detto?”.
Il ragazzo lo guardò incredulo. Davvero si aspettava che lui se ne andasse via docile come un animaletto ammaestrato dopo tutto quello che era successo? Che se ne tornasse a casa con calma come se nulla fosse e se ne stesse buono? L’unica cosa che voleva in quel momento era distruggere il mondo per sfogare quello che aveva dentro. Voleva andarsene all’Inferno e farla pagare a quel bastardo che aveva ridotto suo fratello in quello stato. Voleva sterminare lui e tutti i suoi demoni, quelle creature schifose che avevano rovinato tante vite, e infierire sui loro cadaveri fino a quanto la terra non fosse stata impregnata del loro lurido sangue. Eppure quando cercò dentro di sé la rabbia per urlargli quelle cose in faccia trovò solo una stanca rassegnazione. “Lo farò”. Le parole gli uscirono quasi contro la sua volontà, le uniche che la sua bocca sembrava voler pronunciare. In fondo Mephisto aveva ragione. Anche se si fosse messo a spaccare tutto quello che gli capitava per le mani non sarebbe cambiato nulla, anzi avrebbe solo peggiorato le cose.
Il demone sembrò soddisfatto della sua risposta e sparì all’interno, lasciandolo finalmente solo con i suoi pensieri confusi e le sue emozioni. Rin rimase immobile per un attimo, avvertendo le gambe cedergli, indeciso se lasciarsi andare o no. Alla fine scosse il capo e si costrinse a mantenere il controllo. Voleva almeno tornare al dormitorio, solo lì avrebbe davvero potuto sfogarsi senza il rischio di avere qualche seccatura intorno. Così, vincendo le ultime esitazioni ed aver lanciato un ultimo sguardo al paesaggio, si apprestò a lasciare l’ospedale.
La strada gli parve interminabile. Ad ogni passo sentiva la fretta e l’impazienza crescergli dentro, mentre il suo corpo si faceva sempre più pesante, schiacciato sotto il peso della stanchezza e dell’impotenza, cosa che non lo aiutava affatto. I suoi pensieri volarono per un attimo alla festa dove aveva lasciato i suoi compagni di classe, domandandosi se avessero intuito il motivo di quella sua fuga improvvisa. Non che gliene importasse. Aveva solo bisogno di tenere la mente occupata. Constatò con ironia che quasi gli mancava l’inquietundine del presentimento che lo aveva perseguitato per due giorni. Certo, gli metteva ansia, lo faceva star male, ma sarebbe stata sempre meglio di quello stato di dolorosa spossatezza che gli aveva succhiato via anche la voglia di combattere.
Varcare l’ingresso del suo dormitorio fu un vero sollievo. Il ragazzo lasciò cadare la giacca a terra ed andò ad infilarsi in camera sua, senza neanche curarsi di accendere la luce. Cercò a tentoni la strada fino al letto, quasi con frenesia, finché le sue dita non incontrarono la stoffa morbida delle lenzuola. A quel punto il poco controllo che gli era rimasto cedette, sommergendolo con le sue schegge. Senza quasi rendersene conto si ritrovò in ginocchio, il viso affondato nelle coperte, mentre le lacrime amare che aveva trattenuto fino a quel momento lasciavano i suoi occhi con furia crescente, nel vano tentativo di purificare le emozioni impastate che lo avvolgevano. Perché, perché cose del genere dovevano accadere solo e sempre a lui? Perché doveva essere circondato da un branco di idioti che sembravano quasi divertirsi a mettere le loro vite a repentaglio ogni volta che capitava per salvare la sua? Possibile che non capissero quanto lui si sentiva in colpa per quello che loro decidevano di rischiare? Non si chiedevano mai cosa ne pensasse lui di quei loro atti? La sua misera esistenza non valeva i sacrifici, non valeva le loro rinunce. Lo aveva ripetuto milioni di volte, lo aveva urlato con rabbia e mormorato con le lacrime agli occhi, ma a nulla era servito. Gli altri avevano continuato a fare di testa loro. E lui per questo li aveva odiati sentendosi in colpa per il fatto di farlo. Non aveva diritto di ricevere nulla da loro e neanche pretendere o chiedere e di attaccarli. Ma così non faceva altro che ricadere in un circolo vizioso.
Rin strinse i pungi e li abbattè con forza sulle coperte, sollevando il viso inondato di lacrime. Yukio era il peggiore di tutti, perfino peggio di Shiro da quel punto di vista. Aveva visto chiaramente cosa era successo al loro padre adottivo, gli aveva anche dato la colpa, forse non poi così ingiustamente come lui aveva cercato di ribattere, gli aveva detto che lo odiava per quello che era accaduto, eppure nonostante quel testone si era rifiutato di abbandonarlo al suo destino. E questo perché evidentemente, anche se suo fratello fosse stato sincero quando gli aveva comunicato il suo disprezzo per lui, l’affetto che provava per lui superava ogni sorta di rancore e lo portava a desiderare solo il suo bene a qualunque costo. E questo non era giusto. Yukio non poteva pagare per tutta quella situazione assurda, quella maledizione era sua, sua e soltanto sua, il gemello non c’entrava nulla. E la cosa peggiore era che suo fratello sembrava essere convinto del contrario, che quella cosa li riguardasse entrambi alla stessa maniera. Ma il mostro era lui, non il giovane esorcista, questo lo avrebbe capito chiunque. O forse no, forse non era così evidente visto che anche Shiro e Mephisto sembravano pensarla come suo fratello, e non erano due persone qualunque. Tornò ad affondare la faccia nelle lenzuola ormai umide. Avrebbe voluto esserci lui in quel letto d’ospedale, non Yukio. Anzi, avrebbe voluto morire in quella missione, portandosi dietro anche suo padre. In fondo quello era l’unico modo per ridare una vita e la serenità alle persone che gli stavano attorno. Troppo sangue era stato versato, sprecato per qualcosa che non lo valeva e mai lo sarebbe valso. L’unico modo che aveva per riscattarsi era chiudere quella guerra una volta per tutte e sparire. Allora sì che sarebbe andato tutto per il meglio. L’idea lo fulminò come una scarica. Forse era proprio questo che doveva fare, prendere ed andarsene via, lontano da tutto e da tutti, fino a quando non sarebbe stato pronto ad affrontare la battaglia finale. Fuggire via da quel muro protettivo che gli avevano eretto intorno, prendersi una volta per tutte il peso delle sue responsabilità sulle spalle, senza intermediari. Eppure non poteva farlo, non ne avrebbe avuto il coraggio, la forza. Non poteva vivere senza quelle persone. E la sua debolezza lo disgustava perché in fondo era quella la causa del loro dolore.
All’improvviso avvertì qualcosa strusciarglisi contro le gambe. Il ragazzo abbassò lo sguaro e i suoi occhi azzurri incontrarono quelli gialli di Kuro. Lo sguardo di quest’ultimo era traboccante di tristezza e comprensione. ‘Rin…Mi dispiace’mormorò. Aveva intuito fin da quando Rin era entrato in casa cosa doveva essere successo, ma aveva preferito dargli il tempo di riprendersi un po’ prima di andare da lui. Però, vendendo che la situazione non migliorava, alla fine si era deciso ad avvicinarsi per dargli il suo supporto.
Il mezzo demone si chinò e lo strinse forte, cercando istintivamente un conforto nel suo calore. “Kuro! Perché, dannazione, perché? Io non posso…anche Yukio, non…”singhizzò disperato. “Pure lui no, non me lo perdonerei mai! Io non posso stare senza quel cretino!”.
La creatura si lasciò abbracciare e strusciò piano la testa contro il petto del suo amico, cercando di consolarlo. ‘È messo così male?’chiese con un tono gentile. ‘Cosa ti hanno detto?’.
“È…in ospedale. In coma. È stato Satana, Kuro, è stato quel bastardo! Io lo sapevo, lo sentivo che…che c’era qualcosa, che…”ansimò Rin, scuotendo il capo. “Mephisto è là con lui, mi ha impedito di vederlo, dice…dice che si sveglierà presto, ma cosa cazzo ne sa lui! Ha blaterato cose senza senso…Dice che Yukio è un demone, ma cazzo, non è vero! Io…Io non ci capisco più nulla! So solo che mio fratello è chiuso in quel posto di merda, con la testa chissà dove…E se…e se Satana lo avesse preso come tenta di fare come?!”. Il panico lo invase, mozzandogli ancora di più il respiro già corto. “Io devo fare qualcosa! Io…devo…”.
‘Rin, calmati. Se davvero fosse come dici te ne saresti accorto e lo sai anche tu’lo interruppe il famiglio con dolcezza ma fermo. ‘Quindi non agitarti per nulla, non ti aiuterà’. Attese che l’altro gli facesse un cenno di assenso e poi riprese: ‘E poi non vedo perché non dovresti fidarti di quello che dice Mephisto. Sarà anche un pazzo alle volte, ma di sicuro è uno che sa bene quello che gli succede intorno. Se dice che Yukio si sveglierà allora vuol dire che lo farà. Sull’altra questione, bisogna vedere cosa intendeva esattamente dicendo che tuo fratello è un demone. Ma in questo momento non ci interessa, non trovi?’.
“Hai…Hai ragione, Kuro. Mi sto facendo predere troppo. Ma sono sconvolto. Non mi sono mai sentito peggio in vita mia!”gemette Rin stringendo i pugni frustrato. “Questo cose succedono sempre a causa mia! Anche se evito di cacciarmi nei guai alla fine qualcuno si fa sempre male! Non è…possibile!”.
‘Se la smetti di darti colpe che non hai magari inizierai a sentirti meglio. Yukio sapeva a cosa andava incontro, e non l’ha fatto solo per te. Anche lui ce l’ha con Satana almeno quanto te. Ha rovinato la vita ad entrambi, non scordarlo’lo rimproverò Kuro severo. Poi il suo tono tornò ad addolcirsi: ‘Yukio non vorrebbe che ti sentissi così in colpa, e neanche Shiro lo avrebbe voluto. Le persone che tengono a te vogliono solo che tu sia sereno e che riesca a coronare il tuo obiettivo. Ma non puoi fare tutto da solo, Rin. Lasciati aiutare da chi ci tiene a te. So come la pensi, ma loro fanno i sacrifici che fanno volentieri e poi combattono anche per le loro vite, in fondo Satana è una piaga per molta gente qui ad Assiah’.
“Ma io non voglio che lo facciano!”ribattè il mezzo demone.
La creatura sospirò, esasperata dalla testardaggine del suo amico. ‘È inutile discuterne ora. Sei stanco e soprattutto sei meno obiettivo del solito’. Si divincolò dall’abbraccio andando a sedersi sul letto. ‘Forza, cambiati e cerca di dormire un po’. Domattina ne riparliamo. Se vuoi vado io da Mephisto e vedo se riesco a cacciargli fuori qualcosa di meglio delle sue chiacchiere inutili. Ma adesso dobbiamo pensare a te, devi riposare’.
“Non so se riuscirò a dormire”fece stancamente Rin aiutandosi con le mani ad alzarsi e iniziando a spogliarsi. “Ma penso che un tentativo lo posso fare. Sono stanco morto, hai ragione”. Si asciugò il viso nella manica. “Dio, come mi sono ridotto. Sono patetico, vero?”.
‘No, sei solo in ansia per una persona a cui tieni molto’rispose Kuro scuotendo il capo dandogli un colpetto con la testa. ‘E questo prova che sei tutto tranne un mostro!’.
Lui forzò un sorriso, sentendosi però veramente grato. Anche senza il suo famiglio non sarebbe andato da nessuna parte. Finì di infilarsi il pigiama e si lasciò cadere sul letto, accoccolandosi su un fianco. “Rimarrai qui con me finché non mi sveglio? Ho paura degli incubi che potrei fare. E poi non voglio stare solo”mormorò allungando una mano verso la creatura.
“Certo, Rin. Ma tu non pensare, chiudi gli occhi. Veglierò io su di te”fu la risposta rassicurante. “Vedrai, tutto si aggiusterà presto”.
“Spero che tu abbia ragione”fece il ragazzo poco convinto chiudendo gli occhi e stringendosi alle coperte. Cercò di concentrarsi sul pelo caldo di Kuro e sul suo respiro regolare per scacciare tutte le emozioni che ancora lo tormentavano. Voleva l’oblio del sonno, per quanto temporaneo esso fosse, ne aveva un bisogno immenso. E in fondo si stava accorgendo di essere più stanco di quanto si aspettava. Lo stress di quei due giorni e il turbamento delle ultime ore gli erano caduti addosso con tutto il loro peso, sfiancandolo. Le tenebre lo avvolsero in fretta, trascinandolo via nella loro inquitante uniformità, ma regalandogli una notte senza sogni.

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Ciao a tutti!
Ecco qui la seconda parte! Come avrete notato il capitolo è un po’ più lungo del precendente…Ci tenevo a dividere la storia in sequenze temporali abbastanza precise. Nella prima c’era l’introduzione della situazione iniziale e l’inizio dello svolgimento, qui c’è la parte centrale che si fonda un po’ tutta sull’attesa di Rin (con tutti i suoi tormenti interni e le sue paure) e poi sul ritorno di Yukio (il fulcro un po’ di tutta la tragedia direbbe un’amica mia) e nella prossima parte avremo il picco di tutta la tensione e il finale…Sì, sono solo tre capitoli! Spero che non vi dispiaccia troppo xD
Comunque, parlando di questo capitolo in particolare…Ho inserito un bel po’ di personaggi e mi sa che con alcuni sono uscita un po’ dalle linee guida! Spero che sappiate perdonarmelo, non sono ancora espertissima di questo fandom. In particolare mi piace molto il rapporto che hanno Kuro e Rin e infatti ho inserito un po’ di scene con loro due anche se nel progetto originale non erano previste. Vedo Kuro come una sorta di migliore amico per Rin, uno dei pochi che lo capisce al volo e rispetta le sue idee e lo appoggia sempre e comunque pur preoccupandosi per lui e cercando di evitare che si cacci nei guai. L’altro personaggio che, oltre ai gemelli e a Mephisto, spicca in questa parte credo sia Izumo. Ce la vedo bene a comandare un po’ tutti a bacchetta imponendo la sua serietà sull’entusiasmo esagerato dei suoi compagni. Ha quel carisma da leader secondo me anche se sotto sotto (almeno come la vedo io) non è poi così fredda come vuole sembrare. Non più almeno, dopo tutto quello che lei e gli altri hanno passato insieme.
Il capitolo è parecchio ricco di angst me ne rendo conto, ma ho cercato di alleviare un po’ l’atmosfera con qualche scena un po’ più buffa (spero di essere riuscita a strapparvi almeno un sorriso con le scenate di Izumo o con Rin che si tormenta sul bacio di Yukio ^^”) anche se ovviamente il tutto resta pesante. Spero che la cosa non vi abbia scoraggiato troppo! Non mi piacciono molto le tragedie a tristo finale quindi potete rassicurarvi su come andrà a finire…forse! u.u
Scusate, mi sono persa in chiacchiere!! >.< Perdonatemi, è un mio viziaccio!! Grazie mille a
 doc11 e a Rebychan per le loro recensioni! Ringrazio anche chi ha letto la storia! Spero che mi facciate avere almeno due righe su cosa ne pensate prima o poi. Sarebbe davvero importante per me!
A presto! Un abbraccio,
Mystic
Ps: perdonatemi eventuali errori di battitura, il mio Word non ha il dizionario italiano e non me li segnala! Se vorrete segnalarmeli non mi offenderò e ve ne sarò anzi grata!

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Capitolo 3
*** Parte III ***


La giornata seguente passò come in un sogno e Rin arrivò a dubitare di non essersi mai svegliato davvero. Non aveva voglia di vedere nessuno né di fare nulla. Nonostante le insistenze di Kuro si rifiutò di toccare cibo sostenendo di avere la nausea e, dopo aver tentato di trovare qualcosa da fare che potesse distrarlo, si arrese e si rintanò in un angolo del letto dove restò quasi immobile per tutto il tempo, le ginocchia portate al petto e il mento appoggiato su di esse. I suoi occhi azzurri erano persi nel vuoto di fronte a lui e, come era successo in ospedale la sera prima, era avvolto dalla più totale apatia. Il suo famiglio cercò in ogni modo di smuoverlo, ma alla fine fu costretto a desistere e, dopo aver temporeggiato nella stanza per un po’ lanciando al suo amico continue occhiate preoccupate, si decise a lasciare il dormitorio, decidendo che Rin non rappresentava un pericolo per sé stesso e che la sua presenza era solo un disturbo per il dolore del ragazzo.

Il mezzo demone quasi non si accorse di essere rimasto solo, ma in fondo non gli importava. Considerando lo stato in cui si trovava si sarebbe sentito isolato come in mezzo al nulla anche se fosse stato in mezzo alla folla più fitta. Comunque quel poco di lui che registrò la sparizione della creatura quasi se ne rallegrò, perché in quel momento non aveva nessuna voglia di interagire, soprattutto per finire il discorso della sera prima. Si lasciò sfuggire un sospiro. Era proprio patetico, anzi di più, faceva pena, su questo non c’erano dubbi. Non poteva andare avanti così fino a quando Yukio non si fosse svegliato, supponendo di dare fiducia alle parole di Mephisto e di credere che l’avrebbe fatto. Eppure, nonostante considerasse più che ridicolo lo stato in cui si trovava non aveva né la forza né la volontà di cambiarlo, non quel giorno almeno. Aveva ancora bisogno di smaltire gli eventi che gli erano crollati addosso senza preavviso. E poi c’era quella maledetta incertezza che lo teneva sospeso tra speranza e sconforto, consumandolo sempre di più con la lentezza infinita dei secondi che passavano. Avrebbe dovuto reagire, sapeva che se fosse rimasto lì, rintanato dentro sé stesso, non avrebbe ottenuto altro che stare ancora più male. C’era una voce nella sua testa che lo ripeteva di continuo come una cantilena, la voce della ragione forse. Ma in fondo lui non l’aveva mai ascoltata se non in circostanze molto particolari.

Il cielo coperto di nuvole mandava dentro la stanza una luce grigiastra, che, notò Rin, non avrebbe potuto essere più deprimente. Di solito lui odiava quel tipo di clima, trovava sempre qualche epiteto non troppo gentile con cui apostrofarlo, ma in quel momento quel cielo era l’unica cosa che mostrasse di capire come si sentiva lui, privato della bellezza del suo azzurro intenso ed etereo, derubato della luce del suo astro. Gli venne quasi da ridere. Ora stava anche diventando melodrammatico. Ogni scusa era buona per pensare ad altro, ogni sforzo mentale, anche il più stupido ed inutile, era il benvenuto se poteva rimandare ancora per un po’ lo scontro con la realtà urgente ed inevitabile. Ecco, forse era proprio quello ciò che gli dava più fastidio, l’ineluttabilità di alcuni avvenimenti che si sottraevano quasi con scherno a tutti i suoi tentativi di modificarne il corso. E il più antipatico di tutti era la morte stessa. Quella bastarda se ne era sempre fregata alla grande dei suoi sofferti sforzi, passandogli davanti senza fatica e costringendolo ad assistere al suo trionfo. Perché mai non avrebbe dovuto comportarsi così anche quella volta? Avrebbe lasciato andare la sua preda solo perché c’era un pazzo che era convinto che l’avrebbe fatto? Rin aveva i suoi dubbi. Se doveva accadere sarebbe accaduto. Discorso chiuso. O almeno in teoria avrebbe dovuto esserlo. Perché lui non l’avrebbe accettato, non un’altra volta.

Fiumi di ricordi lo invasero insieme al dolore che si erano sempre portati dietro e che sempre si sarebbero portati. Potevano anche averlo perdonato, poteva anche essersi perdonato, ma mai avrebbe potuto liberarsi di quella catena di sofferenza. Voci, fiamme, una pozza di sangue. La notte in cui aveva perso la persona che aveva permesso che lui rimanesse in vita. Il gesto d’amore più grande e al tempo stesso forse l’errore più imperdonabile di una vita che avrebbe tanto voluto vedere ancora intrecciata alla sua e a quella di Yukio, ma che era loro stata strappata ingiustamente. O forse era quella la punizione per quello che era, il contrappasso per il peccato che scorreva nelle sue vene sotto forma di sangue. Vedersi togliere una ad una le persone più care, vederle morire inesorabilmente ed inutilmente per lui. Quel pensiero fece ancora una volta traballare il suo torpore interiore con un brivido doloroso. Circondò le ginocchia con le braccia e le strinse ancora di più al petto. Possibile che la sua mente finisse sempre e solo in quella direzione? Ci doveva essere una ragione. O forse aveva ragione Kuro e lui non faceva altro che autocommiserarsi, convinto che servisse a fare il bene degli altri mentre in realtà non era altro che un misero atto di egoismo.

Scosse il capo, esasperato. Non doveva pensarci. Si sforzò di dirigere le sue riflessioni altrove, cercando a tentoni qualunque altro argomento che non gli parlasse di morte e della sua sofferenza presente. Ma i suoi pensieri tornavano sempre allo stesso punto, per quanto lui annaspasse in mezzo a loro cercando di distoglierli. Suo fratello. Forse iniziava a capire perché Mephisto gli aveva impedito di vederlo. Già solo immaginarselo pieno di sangue, i vestiti neri, bruciati e la carne martoriata dalle ustioni, immobile con gli occhi serrati gli faceva venire la nausea. Vederlo in quello stato, saperlo per davvero con quelle piaghe e incosciente lo avrebbe fatto impazzire di rabbia e di dolore. Avrebbe compiuto ciecamente qualche atto scosiderato, di sicuro. Non poteva dare così torto al preside. Però, dall’altro lato, trovarselo davanti vivo, anche se non cosciente, avrebbe forse alimentato la sua fievole ma combattiva speranza. Ripensò quasi istintivamente all’ultima volta che lo aveva visto. Erano così dannatamente vicini, troppo vicini. Si era perso negli occhi di suoi fratello, quei dannati occhi blu oceano che spesso lo avevano lasciato interdetto con la loro impassibilità e che altrettanto di frequente lo avevano sorpreso con i loro lampi appassionati, fugaci quanto intensi. Si sentì avvampare e istintivamente affondò il volto nelle maniche del pigiama. Ma che pensieri andava a fare?! Yukio era suo fratello gemello, dannazione, non avrebbe dovuto avere certe reazioni pensando a lui. Era anche il fratello che lo aveva baciato, però. E, come aveva giustamente detto Shima la sera prima, c’era solo un motivo che potesse spiegare un gesto del genere, e poco importava quando in teoria fosse sbagliato nel loro caso. Borbottò qualche imprecazione tra i denti. Perché gli venivano in mente quelle cose? Erano quasi peggio dei suoi pensieri patetici di prima. Eppure sapeva che non poteva scartare neanche quella questione, per quanto scomoda fosse. Avrebbero dovuto affrontarla prima o poi. A meno che Yukio non avesse perso la memoria a causa di qualche complicazione dovuta al coma, rimuovendo il giorno della sua partenza. Ma era troppo semplice per divenire realtà, sarebbe stato troppo facile per lui far finta di nulla. Sempre che fosse possibile fingere di essersi dimenticato di una cosa del genere. Un altro sospiro gli sfuggì dalla labbra. Forse non era una cattiva idea sfruttare quella sua apatica calma innaturale per riflettere in modo vagamente obiettivo sulla faccenda. E poi non aveva nulla da fare. I suoi ricordi volarono di nuovo a quell’ultima scena, ai loro respiri che si mischiavano, all’espressione strana negli occhi di Yukio, alle labbra fredde ma appassionate premute contro le sue in un bacio che era durato una vita e un istante. Non aveva avuto il sapore di marcio che accompagnava la colpa, forse solo il brivido del proibito, la vertiggine di infrangere una regola fondamentale ma pur sempre convenzionale. Ma non era solo quello. C’era molto di più, una leggerezza e una dolcezza, una pura sincerità che male si addiceva a un peccato tanto rigettato dalla legge, sia religiosa che civile, e che aveva lasciato dietro di sé incertezza e confusione ma non il senso del fallo. Poteva davvero essere così sbagliato?

Tornò a sollevare la testa, puntando lo sguardo nuovamente fuori dalla finestra. La luce gli ferì gli occhi, cosa che gli fece supporre di essere rimasto con le palpebre serrate più a lungo di quello che aveva creduto. La luminosità aveva cominciato lentamente a diminuire, segno che il sole doveva aver già superato il mezzogiorno. In fondo il tempo non era scorso così lentamente come pensava. Era rimasto seduto senza cambiare posizione per delle ore e il torpore indolenzito delle sue membra sembrava confermarglielo. Poi era lui quello che prendeva in giro il suo gemello se passava le giornate seduto alla scrivania a studiare o a compilare rapporti. Almeno Yukio si dedicava qualcosa, non perdeva tempo come stava facendo lui in quel momento. Se i ruoli fossero stati invertiti, se ci fosse stato lui in coma, di certo suo fratello non sarebbe rimasto seduto a disperarsi sul letto. Si sarebbe gettato nel lavoro o nello studio, anche se era sicuro che neanche quel genio sarebbe riuscito a staccare i suoi pensieri dal fratello sdraiato nel letto d’ospedale. E in fondo quella cosa lo confortava. Forse Yukio avrebbe insistito per vederlo anche se Mephisto gli avrebbe consigliato di non farlo, se ne sarebbe fregato dello stato in cui avrebbe potuto trovarsi. Ma in fondo era sempre lui che lo curava quando tornava a casa pieno di graffi e lividi e poi era una specie di medico pure lui. Avrebbe addirittura obbligato gli infermieri a dargli il permesso di occuparsi della sua terapia e di cambiargli le fasciature. Se lo immaginava, seduto nella sua camera di fianco al letto, con i libri e quei dannati rapporti, intento a preparare una lezione o a correggere i compiti in classe, che alzava ogni tanto la testa per rivolgergli qualche commento sarcastico. Non sarebbe stata la prima volta dopotutto. Si lasciò sfuggire una risata amara. Lui non ne sarebbe mai stato capace. Tutta quella calma, anche se forse era solo apparente, di fronte all’ombra della morte. Ma Yukio aveva un modo tutto suo di temere e disprezzare le cose. E avere la Morte seduta di fianco in un corridoio d’ospedale non gli avrebbe impedito di continuare a farlo. Anche in quel momento, in un certo senso, lo stava curando, con quei ricordi forse tanto insignificanti ad occhi esterni ma che per loro erano tutto. In fondo non c’erano mai state grandi parole o dimostrazioni estrose tra loro, ma piccoli gesti e sguardi intrisi di significato. E mai come ora Rin ne era stato conscio.

Non poteva lasciarsi andare in quel modo. Insomma, era lui il maggiore, doveva essere lui a dare il buon esempio a suo fratello non il contrario. Peccato che alla fine era sempre lui quello che aveva bisogno di essere spronato. Ma questa volta non c’era Yukio a venire a tirarlo giù dal letto, avrebbe dovuto farlo da solo. Poteva dimostrare che era forte e che sapeva controllare le sue emozioni e la sua interiorità. Non era altro che un ulteriore allenamento, un passo in più verso l’acquisizione di quel controllo di cui aveva bisogno per riuscire a sconfiggere il loro nemico. Tolse le braccia dalle ginocchia e cercò di alzarsi, ma il suo corpo protestò notevolmente, tutto intorpidito. Lui sbuffò decidendo però di aspettare un attimo e si sporse per prendere la sua molletta. Aveva un certo languorino in effetti. Alla festa non aveva mangiato molto e quindi era praticamente un giorno che non toccava cibo. E di certo anche Kuro doveva essere piuttosto affamato. Gli avrebbe fatto trovare il suo piatto preferito per quando sarebbe tornato. In fondo se lo meritava, la sua presenza gli era stata come sempre preziosissima.

Fece un altro tentativo, questa volta riuscito, di sollevarsi e fissò indietro la frangia con la forcina, dirigendosi poi verso la cucina. Era giunto il momento di rendersi utile, aveva poltrito fin troppo. Più tardi avrebbe chiamato Mephisto per farsi dare notizie. E il giorno dopo magari avrebbe potuto fare uno squillo ai suoi compagni e spiegare loro la situazione. Ma era meglio fare una cosa alla volta. Prima avrebbe cucinato, poi avrebbe pensato a tutto il resto.

 

Durante la notte le nuvole avevano finalmente lasciato libero il cielo, permettendo così al sole invernale di mostrarsi nella sua pallida lucentezza nel cielo chiaro del mattino. L’aria fredda entrava dalla finestra socchiusa della stanza da letto dei gemelli, portando con sé l’odore umido della neve a qualche raggio di luce. Rin aveva preso sul serio la sua decisione di uscire dalla passività in cui gli eventi della notte precedente lo aveva gettato e si era dato da fare per restare occupato, pulendo l’appartamento da cima a fondo e dandosi ad esperimenti culinari di vario tipo in compagnia di Kuro. In quel momento i due erano seduti di fronte al forno chiacchierando e guardando la torta che il mezzo demone aveva appena infornato lievitare lentamente sotto l’azione del calore. Il famiglio cercava di mostrarsi allegro e di contagiare anche il ragazzo per distrarlo da eventuali pensieri tristi. Comunque l’umore di Rin era visibilmente migliorato, anche se lui restava avvolto da un’insistente malinconia, alimentata dal fatto che quel giorno era il compleanno suo e di suo fratello. Si era però sforzato di non lasciarsi andare e, nonostante avesse declinato con delle scuse gli inviti dei suoi amici di uscire per festeggiare la ricorrenza, aveva deciso che avrebbe passato una bella giornata con Kuro, celebrando quell’occasione in famiglia come avrebbe voluto fare con Yukio. Gli sarebbe piaciuto avere il suo gemello con sé, ma si era consolato dicendosi che avrebbero recuperato quando l’altro si sarebbe svegliato e aveva considerato l’idea di andarlo a trovare. In fondo il giorno prima Mephisto gli aveva telefonato dicendogli che aveva fatto trasferire il giovane esorcista dall’ospedale a casa sua visto che le sue condizioni sembravano essersi stabilizzate e anche perché così avrebbe potuto tenerlo d’occhio meglio o, usando le sue esatte parole, “controllare eventuali sviluppi imprevisti”. Il ragazzo non aveva afferrato il significato preciso di quell’ultima frase, ma non ci aveva fatto molto caso. Ormai era più che abituato alle stranezze e ai misteri del preside. Conoscendolo, quella frase avrebbe potuto non contenere alcun significato particolare e quel pazzo poteva averla usata solo perché era d’effetto. Oppure avrebbe potuto voler dire tutto.

‘Quanto ci vorrà perché la torta sia pronta?’domandò Kuro agitando lentamente le code. ‘Guardarla mi mette una certa fame…’.

“Una mezz’ora circa, non di più”rispose il mezzo demone con un sorriso. “Poi sono io quello goloso, eh, Kuro? Spero solo che mi sia uscita bene!”.

‘Sarà di sicuro una meraviglia. L’hai fatta tu quindi è garantito!’fece il famiglio con l’aria di chi la sa lunga. ‘Però cerchiamo di non mangiarcela tutta in una volta o ci verrà un’indigestione!’.

“Ovvio. L’ho fatta da tre porzioni decisamente abbondanti quindi mangiarla tutta in due non è il massimo”sospirò Rin passandosi una mano nei capelli. “So che è stupido, ma quasi quasi spero che Yukio si svegli direttamente oggi. Sarebbe il regalo di compleanno più bello che io possa desiderare. Ma è altamente improbabile…”.

‘Mai dire mai, Rin. Magari nel suo subconscio sa che oggi è il vostro compleanno e, se il suo corpo glielo permette, si sveglia proprio per farti quel regalo che vuoi tanto. È capitato in alcuni casi che le persone emergessero dal coma in giorni che per loro rappresentavano qualcosa di speciale’.

Il ragazzo gli lanciò uno sguardo poco convinto. “Mi sembra un po’ strano. Secondo me è solo una coincidenza. E, anche se fosse, non è detto che succeda proprio in questa occasione. In fondo è solo un compleanno…”borbottò.

‘Solo un compleanno, dici? Per Yukio tu sei la persona più importante al mondo e quindi tutto ciò che ti riguarda è importante. E non negarlo, lo sai benissimo anche tu’lo riprese Kuro scuotendo il capo davanti a quell’ostentata quanto falsa testardaggine. ‘E, anche se non lo ammetterai mai neanche sotto tortura, per te è lo stesso. Ce ne siamo accorti tutti che tu e tuo fratello avete un legame speciale, anche se sembra quasi che non facciate altro che discutere tutto il giorno!’.

A quelle parole il volto di Rin andò in fiamme. Era ovvio che il suo famiglio non intendeva quello che era andato a pensare lui, ma le sue parole gli avevano ricordato troppo quelle che Mephisto gli aveva rivolto non senza malizia quella sera sulla terrazza della True Cross. Imprecò mentalmente contro il preside per l’ennisima volta e si schiarì la gola cercando di darsi un contegno. “Pensala come ti pare…”riuscì a dire, volgendo lo sguardo altrove imbarazzato.

‘Ti senti bene, Rin?’domandò la creatura, guardandolo attentamente. ‘Sei tutto rosso. E riesco a sentire il tuo imbarazzo. Ho detto qualcosa che non dovevo?’.

“Ma va, figurati! No, no, stavo solo pensando…”si affrettò ad rassicurarlo il mezzo demone agitando le mani davanti a sé. “E non c’entra Yukio, non pensarci neanche!”.

‘Ehm, Rin, non mi era passato neanche per la testa che potesse essere tuo fratello a metterti in imbarazzo…Ma a quanto pare c’entra lui. Che è successo? Per caso è questa l’altra cosa che ti tormentava, quella che non mi hai voluto dire?’.

Il ragazzo avvampò ancora di più. Proprio antisgamo, non c’era nulla da dire. E adesso? Cosa avrebbe dovuto dire? ‘Oh, no, no, Kuro, non è nulla. Vedi, io e Yukio ci siamo baciati come di solito dovrebbero fare gli amanti e non ifratelli e ho il sospetto che lui si sia innamorato di me! E io? Be’, non lo so, sai, la cosa è un attimino illegale e moralmente sbagliata, però non posso fare altro che pensare a quel bacio e a quanto siano belli gli occhi di Yukio!’pensò sarcastico, immaginando lo shock che il suo famiglio avrebbe potuto prendersi se gli avesse confessato qual era il vero motivo del suo turbamento. “Ehm, senti, Kuro, non credo sia…Non mi sento ancora di parlartene”biascicò alla fine, cercando di suonare convincente. “Insomma, riguarda anche Yukio e quindi…Dobbiamo discuterne. Un giorno te lo diremo, promesso!”. Si pentì immediatamente di quello che aveva detto. Non tanto per quello che Kuro avrebbe potuto pensare, era quasi impossibile che il suo amico capisse davvero cos’era che lui e Yukio gli stavano nascondendo, ma piuttosto perché alle sue stesse orecchie suonava come se quel qualcosa fosse molto di più di un singolo bacio.

‘Come vuoi, Rin, aspetterò’annuì la creatura, lanciandogli uno sguardo strano. ‘Cerca di non fare casini però. Non so perché ma ho l’impressione che nemmeno tu sappia esattamente che cosa mi stai nascondendo’.

Lui rimase immobile per un attimo, colpito da quelle parole. In effetti Kuro non aveva tutti i torti. In fondo aveva ammesso con sé stesso di non sapere cosa pensare al riguardo. E avrebbe preferito non saperlo mai da un certo punto di vista. Aprì la bocca per ribattere, ma qualcuno bussò alla porta, impedendogli di esprimersi.

Il ragazzo si alzò e si diresse verso l’ingresso, pensando che si trattasse di qualche suo compagno di classe che non era stato convinto dalle sue scuse telefoniche. Non aveva ancora detto loro cosa era capitato a Yukio, non se l’era sentita. Aprì la porta preparandosi a tirar fuori qualche pretesto per cacciare via in fretta il nuovo venuto ma le parole gli morirono in gola non appena realizzò che la persona che gli stava davanti era Mephisto. Quest’ultimo gli rivolse un sorriso serafico ma al tempo stesso decisamente inquietante e sventolò una mano in segno di saluto.

“Buongiorno, Rin!~ Come va?”esclamò allegro, scivolando oltre la soglia senza attendere di venire invitato. “Ma che buon profumino che c’è! Stai cucinando? Immagino di sì, oggi è il tuo compleanno! A proposito, tanti auguri!”.

“Sì, sì, grazie…Cosa vuoi?”lo aggredì Rin lanciandogli uno sguardo tutt’altro che felice. Quel demone faceva sempre come se fosse a casa sua anche quando sapeva di non essere ospite gradito, dannazione a lui. E po quando si presentava al loro dormitorio non era mai un buon segno. Anche se in quel momento il suo ghigno pareva non avere quella solita sfumatura malefica di quando gli portava cattive notizie. Un pensiero lo colpì, facendo svanire d’un tratto tutta la sua irritazione. “Sei qui per Yukio? Ci sono novità? È successo qualcosa? Si è…svegliato?”si affrettò a domandare senza neanche tentare di nascondere la nota d’ansia che pervadeva il suo tono. Dannazione, in fondo aveva tutto il diritto di sperare, no?

“Accidenti, che cambio di umore improvviso! Tutto lo stress di questi giorni ti ha fatto diventare lunatico!”lo prese in giro il preside dirigendosi verso la cucina per dare un’occhiata alla fonte del profumo che si disperdeva per l’appartamento, senza curarsi di rispondere alle sue domande. “Sul serio, dovresti rilassarti un attimo. Guarda che lo dico per il tuo bene!”.

“Stavo benissimo prima che arrivassi tu”lo rimbeccò lui irritato, seguendolo. “Allora? Tu non ti presenti mai senza una ragione. Mi vuoi rispondere, razza di clown?!”.

“Eh, maleducati come sempre, eh? Mi fai passare la voglia di risponderti! Calma, calma, non avere fretta! E Rilassati, non porto brutte notizie, anzi!”. Il sorrisetto sul suo volto prese una curva sinceramente divertita. Rimase zitto un attimo godendosi la vista del mezzo demone che, per quanto irritato, non poteva fare a meno di pendere dalla sue labbra e poi riprese: “Sembra proprio che qualcuno abbia deciso che doveva farti a tutti costi il regalo di compleanno in tempo! Deve essere davvero pazzo di te!”.

Rin sgranò gli occhi e dovette appoggiarsi ad una sedia, troppo sorpreso perfino per badare al tono da presa in giro e alle insinuazioni dell’altro. Se quello non era l’ennesimo giochino di quel pazzo allora le sue parole significavano esattamente ciò che gli aveva detto Kuro appena poco prima. L’incubo era davvero già finito. Quasi non aveva la forza per crederci. “Portami da lui, subito”ordinò perentorio, afferrando la giacca e strattonando Mephisto per un braccio. “Kuro, ti spiace curare la torta mentre sono via? Yukio avrà la sua porzione a quanto pare!”.

‘Qui penso a tutto io, non preoccuparti, Rin’lo rassicurò il famiglio con un sorriso raggiante. ‘Visto? Che ti avevo detto? Dai, corri da Yukio!’.

Il mezzo demone ricambiò grato il sorriso e trascinò il demone fuori dalla stanza a forza. Quello borbottò qualcosa del tipo “Ma che modi” venendo tuttavia prontamente ignorato e alla fine si rassegnò a seguire il ragazzo che quasi tremava di impazienza.

“Datti una calmata, Rin. Capisco che tu sia ansioso di vedere tuo fratello però ti pregherei di controllarti un attimo prima che tu mi distrugga qualcosa per via dell’agitazione”borbottò estraendo dalla tasca una delle sue chiavi speciali. “È casa mia dopotutto. Se fosse un altro ambiente non me ne fregherebbe più di tanto…”.

Rin fece un frettoloso gesto d’assenso. “Ok, ok, ma vedi di muoverti”fece incrociando le braccia sul petto. “O finisco per distruggere qualcosa per davvero!”.

Il preside scosse il capo sospirando teatralmente, ma si affrettò a fare quello che gli era stato detto. Non voleva altri guai, già era stato costretto a scrivere dei rapporti noiosissimi su quello che era capitato alla squadra di esorcisti di cui faceva parte Yukio, non voleva dover compilare altri moduli per chiedere un risarcimento danni.

La porta si aprì nuovamente dando questa volta sullo spazioso appartamento di Mephisto. Normalmente il ragazzo si sarebbe soffermato a fissare con la bocca aperta lo spazio enorme e riccamente decorato, ovviamente allegando qualche commento decisamente fuori luogo, ma in quel momento la sua mente era troppo occupata per curarsi di quello che lo circondava. Il padrone di casa lo condusse al pieno di sopra spiegando che aveva sistemato Yukio nella camera degli ospiti e che in quel momento c’era Amaimon a prendersi cura di lui. Sempre che il demone coi capelli verdi sapesse prendersi cura di qualcosa o qualcuno che non fosse sé stesso.

“Amaimon…Grazie, ma davvero, non mi va”. Una voce più che familiare risuonò nel corridoio, il tono forzatamente gentile, arrivando alle orecchie di Rin insieme con la tanta agognata conferma che non si trattava di uno scherzo di cattivo gusto.

Il mezzo demone non poté evitare di bloccarsi per un attimo sul posto sentendo mille emozioni invaderlo. Dannazione, gli avevano davvero restituito il suo gemello. Ma si riscosse subito ed accelerò il passo fino ad arrivare alla porta. Yukio era seduto su un letto le lenzuola avvolte intorno alle gambe e il torso nudo coperto da spesse fasciature bianche così come la parte superiore delle braccia. Il viso però pareva non essere stato toccato dalle fiamme e a parte i capelli un po’ in disordine e l’assenza degli occhiali, che giacevano dimenticati sul comodino, era lo stesso di sempre. Il giovane esorcista stava discutendo con Amaimon che se ne stava rannicchiato di fronte a lui e cercava in tutti i modi di rifilargli un lecca lecca.

“Andiamo, il mio Aniue ha detto che hai bisogno di energie! E lo zucchero ne dà parecchie!”stava dicendo il demone con il suo solito tono piatto, allungando il dolce verso il ragazzo che si scostò. “Forza, fratellino, non fare i capricci”.

“Ti ho detto che non mi va, Amaimon!”protestò l’altro spingendo via la sua mano. “Ti ringrazio davvero per tutte queste attenzioni, ma non ne ho bisogno!”.

“Cos’è, hai paura che sia avvelenato per caso?”fu la domanda sospettosa.

“No, ma figurati, perché mai dovrei pensare una cosa del genere?! È solo che…”iniziò Yukio esasperato, ma fu interrotto.

“Ti dimostro che non lo è allora!”. Amaimon gli rivolse uno sguardo quasi di sfida, poi ritrasse il lecca lecca e se lo infilò in bocca, avendo la cura di succhiarlo per bene. “Contento? Se fosse stato avvelenato pensi che sarei stato così stupido da assaggiarlo a mia volta? Ecco! E adesso basta storie!”esclamò deciso. “Mangia!”. E forzò senza troppi complimenti la caramella oltre le labbra del ragazzo senza dargli il tempo di reagire.

Il viso dell’esorcista andò immediatamente in fiamme, ma lui non il coraggio di estrarre il dolce dalla bocca e si limitò a stringere le dita sul bastoncino di plastica, imbarazzato. “Solo tu potevi fare una cosa del genere, Amaimon…”sospirò scuotendo il capo.

Il demone lo guardò interrogativo. “Eh? Perché, che c’è di male?”domandò.

“A volte mi chiedo come tu faccia ad essere un demone, Otouto”si intromise Mephisto incredulo, alzando gli occhi al cielo di fronte l’ingenuità di suo fratello, facendoli voltare tutti e due. “Sei troppo…candido in certe occasioni”.

“Ma, Aniue, ho fatto quello che mi hai detto tu!”protestò quello un po’ irritato. “Che diamine! Hai sempre da ridire! Cos’ho sbagliato ‘sta volta?!”.

“Nulla, nulla, Amaimon. Ma andiamo a discuterne da un’altra parte. Il nostro ospite ha visite. E ha diritto alla sua privacy!”. Il preside si avvicinò al letto e sollevò Amaimon di peso, trascinandolo fuori dalla stanza senza aggiungere altro e chiudendosi la porta alle spalle.

Non appena i due demoni se ne furono andati Yukio fissò lo sguardo sul suo gemello, un lampo che gli accendeva gli occhi blu oceano. Rin ricambiò il suo sguardo ancora stralunato per la scena a cui aveva appena assistito, ma parve dimenticarsene immediatamente non appena le sue iridi affondarono in quelle del fratello. L’ombra della morte imminente che lo aveva tormentato mentre Yukio era in coma era svanita e lui aveva ripreso la sua normale spavalderia. Ora gliel’avrebbe fatta pagare a quel quattr’occhi.

“Rin…”mormorò l’esorcista. Poi abbassò lo sguardo e sospirò. “Penso di doverti qualche spiegazione. Ascolta, Nii-san, so che sei arrabbiato e…”.

Ma non poté finire la frase perché l’altro gli fu addosso, afferrandolo per le spalle e scuotendolo con tanta forza che le sue ferite non ancora rimarginate urlarono di dolore. “Tu non sai proprio nulla, cazzo!”ringhiò Rin furioso. “Tu non sai che diamine ho passato in questi fottuti giorni mentre sei stato lontano, solo con uno stramaledetto presentimento che mi tormentava e la preoccupazione che mi uccideva! Sei uno stronzo egoista! Altro che proteggermi! Mi vuoi far impazzire!”.

“Nii-san, calmati! L’ho fatto per te!”protestò lui, cercando di mantenere un tono calmo e afferrandogli i polsi per staccarlo da sé, ma invano. La presa di suo fratello era ferrea, come se temesse che se lo avesse lasciato lui sarebbe sparito. Di nuovo. Quella considerazione gli provocò una fitta dolorosa. L’aveva fatto soffrire molto per via della sua decisione, ne era conscio, ma preferiva vederlo preoccupatissimo per lui piuttosto che in pericolo tra le grinfie del loro padre biologico. “Se ti avessi detto che andavo a combattere contro Satana cosa avresti fatto?”.
“Ti sarei venuto dietro, perdio! Non ti avrei di certo lasciato andare da solo incontro a quel bastardo!”.

“Esatto. È proprio per questo motivo che non ti ho detto nulla! Non volevo che tu rischiassi di farti ammazzare. Ti saresti lanciato nella battaglia senza pensare e sarebbe stata la fine. Sai bene quanto Satana sia forte, non hai ancora neanche una chance contro di lui!”.

“Perché tu sì invece? Ti credi tanto più forte di me perché ha quelle maledette abilitazioni da esorcista, non è così? Avresti dovuto rifiutare quella missione! Era un suicidio, un fottuto suicidio, dannazione!”esplose il mezzo demone, sentendo la sua rabbia crescere a dismisura. Non li sopportava quei ragionamenti. Lui non poteva mai fare nulla, mentre gli altri erano liberi di scegliere di fare qualunque cosa gli passasse per la testa, per quanto stupido e pericoloso fosse. Non era giusto. “Cazzo, Yukio, sei tu quello che è quasi finito ammazzato! Che cazzo credevi di fare, eh? Quello aveva ucciso quasi tutti i tuoi compagni e tu che hai fatto? Gli sei andato incontro da solo!”. Mollò la prese sul gemello e scosse il capo ridendo amaramente. “E poi chi è lo sconsiderato, eh, fratellino? Chi è quello che fa le cazzate? È vero, io avrei rischiato di farmi ammazzare, ma non è esattamente quello che è successo a te, caro il mio genio? Come la mettiamo?”.

“Fa parte del mio lavoro rischiare la vita, Nii-san. Non potevo certo abbandonare la missione. E non è una questione di orgoglio o manie di grandezza. È vero, io volevo scontrarmi con lui, volevo dare una lezione a quell’essere che ci ha rovinato la vita, volevo farlo per me e per te. Ma, al contrario di quanto tu pensi, sono conscio di non avere chance contro di lui e che forse non ne avrò mai”ribattè Yukio serio, fissando il suo sguardo gelido in quello irato dell’altro ragazzo, una nota di frustrazione nel tono. “Non ho mai detto di essere più forte di te, ma di sicuro so essere più obiettivo e soprattuto più prudente. Questa è la differenza tra noi due. Io ho imparato a calcolare i rischi e a decidere consciamente di prenderli, tu non li consideri nemmeno. E questo ti porta a rimetterci molto di più”. Sospirò. “È vero, sono quasi finito ammazzato. Ma non mi sono pentito di avere accettato l’incarico. Non mi voglio tirare indietro, voglio combattere al tuo fianco. Ma visto che tu cerchi sempre di impedirmelo ho deciso di fare come te: prendere e sparire senza dire nulla. Adesso capisci come mi sento quanto sei tu a scappare e a metterti nei guai, fuori dalla mia portata? Lo capisci, Nii-san?”.

Rin rimase immobile per un attimo, accusando il colpo. Era vero, anche lui si era comportato come aveva fatto suo fratello in quell’occasione, e più di una volta. Ma dannazione, lui era un demone e aveva tutte le abilità che  ciò comportava, il suo corpo non era fragile come quello degli umani. Vero, forse anche quello di Yukio non aveva tutta la vulnerabilità umana, ma di sicuro non possedeva i poteri demoniaci che permettavano a lui di sopportare quello che sopportava negli scontri. Però il suo gemello pareva non afferrare quel piccolo particolare. Poteva avere tutta l’esperienza e l’addestramento che voleva, ma restava sempre un gradino sotto il livello dei demoni per via della sua natura umana. “Sì, l’ho capito, fin troppo bene. Però non è la stessa cosa, Yukio. Possibile che tu non lo veda? Ti è andata di culo! Cazzo, avresti potuto bruciare vivo tra quelle fiamme! Possibile che tu non te ne renda conto?! È vero, sei riuscito a piantare due proiettili in corpo a quel bastardo, ma a quale costo? Guarda sotto quelle maledette fasciature! Quei segni ti rimarranno per sempre, testimoni del tuo fottuto orgoglio!”ringhiò puntando un dito sulle bende che coprivano il corpo dell’altro. “Lo capisci questo, fratellino?”.

Lo sguardo dell’esorcista si indurì e lui scostò le coperte, alzandosi per poter fronteggiare meglio il mezzo demone. “Sì, lo capisco, Nii-san. E potrei dire che ne sono fiero, posso dire che ogni volta che mi guarderò allo specchio e le vedrò mi ricorderò che qualcosa posso fare anche io per la nostra causa. Ho combattuto e, anche se non ho conseguito una vittoria gratuita, ho vinto io. E sono pronto a rifarlo infinite altre volte se dovesse essere necessario. Per me, per te, per la nostra vita”fece gelido. “Non mi interessa quello che puoi pensare. Come puoi farlo tu posso farlo io. E non tirare fuori la storia dell’essere demone o no, Rin. So quello che stai pensando”. Si portò una mano al petto e strinse i pugni. “Le ho sentite eccome quelle fiamme, ma non mi hanno bruciato perché in un certo modo sono anche una parte di me, non le sento estreanee. Ostili sì, ma non estranee. Possono consumarmi quanto possono consumare te, ma non possono uccidermi. Perché dovrebbero estinguere sé stesse per farlo”.
“Quello che dici non ha senso, Yukio! Ma cazzo, ti ascolti?! Guardati allo specchio! Non hai la coda, le orecchie e non vai a fuoco, dannazione!”protestò con forza suo fratello, scuotendo testardamente il capo. Qualche scintilla blu corse sui suoi capelli mentre lui tremava di rabbia e di incredulità. Che cazzo, il coma gli aveva fuso i neuroni? O forse era stato direttamente il fuoco demoniaco? Visto che ci era finito dritto in mezzo non era poi così impossibile. Perché diamine stava dicendo quelle cose? Lui non sapeva cosa voleva dire avere addosso quei segni maledetti, non potevasaperlo, non poteva capire il dolore e la solitudine che significavano. “Non sei come me! Smettila di dire cazzate! Tu non capisci! Non puoi, quindi smettila di…”.

Non fece in tempo a finire la frase che si ritrovò schiacciato contro il muro. Yukio lo aveva spinto indietro e ora gli era addosso tenendolo premuto contro il freddo della parete, gli occhi che brillavano pericolosamente come mai li aveva visti fare prima d’ora. Le sue iridi sembravano fatte di fuoco liquido. Un brivido di inquietudine gli corse lungo la schiena. Non l’aveva neanche visto muoversi. Che diamine?!

“Non capisco, Nii-san?”mormorò l’esorcista con fin troppa calma, ma il suo tono vibrava minaccioso. “Non sono come te? Forse ti sfugge un piccolo particolare…”. Si chinò su di lui e gli bisbigliò nell’orecchio, facendolo rabbrividire nuovamente: “Sono tuo fratello gemello, Rin. Sono figlio di Satana anche io”. Poi tornò ad allontanarsi. “E questo non cambierà mai, poco importa quello che sembro fisicamente. Io sono un demone, Nii-san”. Alzò la voce. “Poco importa se la gente a volte preferisce fingere che non sia vero, fingere che io sia come loro per poi rifiutarsi però di avere davvero a che fare con me. Poco importa se non ho i poteri che hai tu, poco importa quello che pensi tu, poco importa se non ho le fiamme sulla testa!”. Strinse la presa sulla maglia dell’altro. “Quelle fiamme sono dentro di me! Io le sento, sono lì, in ogni istante, di giorno, di notte, pronte a ricordarmi che prima o poi verranno fuori e si prenderanno anche me. E a quel punto non potrai più dire che non siamo la stessa cosa!”. Aveva praticamente urlato, gettando in faccia a suo fratello tutto quello che si era tenuto dentro per tutto il tempo. Sentiva la frustrazione bruciargli dentro, sfociando nel dolore sordo e pulsante delle sue ferite. Era ora che Rin lo capisse, o meglio che lo ammettesse. Perché era più che sicuro che suo fratello sapeva benissimo quello che gli stava dicendo. Erano dannati allo stesso modo. “Tienitelo in testa! Perché, anche se tu preferisci pensarmi come il fratello debole, umano, incapace di capire cosa provi, questo non mi renderà tale. Io sono un prodotto infernale tanto quanto lo sei tu e quanto lo è il nostro vero padre! Sei tu quello che non vuole capire, Nii-san!”.

Rin lo fissò completamente spiazzato, mentre la sua mente cercava invano degli argomenti con cui ribattere a quella verità che lui aveva con così tanto impegno cercato di ignorare. Era più facile pensare di essere l’unico, per dare la colpa agli altri perché incapaci di comprenderlo, era più comodo pensare di essere il solo destinato a scontrarsi con quella doppia natura, gli dava una scusa valida per estromettere Yukio e cercare di tenerlo lontano dai pericoli. Eppure, dall’altro lato, non poteva dimenticare che il sangue che scorreva nelle loro vene era lo stesso, non poteva non capire che quel suo atteggiamento era ingiusto perché privava suo fratello del diritto di combattere per la propria identità pretendendo però di poterlo fare lui stesso. Ma lui era il maggiore, doveva proteggerlo a qualunque costo, anche se ciò significava rovinare il loro legame. Lo aveva deciso quel giorno dopo che si erano affrontati in classe, aveva deciso che avrebbe impiegato ogni mezzo per salvaguardare la vita del suo gemello. “No, no, no!”urlò disperato scuotendo il capo e cercando senza successo di liberarsi dalla presa ferrea dell’altro. “Non è vero! Io…dannazione, non posso lasciartelo fare, e chissene se è la verità! Io non posso perdere anche te, Yukio! Non puoi chiedermi una cosa del genere! Questa è una lotta tra demone e tu non lo sei, e chissene se sostenete tutti il contrario! Io credo a quello che vedo, non me ne importa delle vostre teorie assurde!”.

L’esorcista strinse la presa sulla sua maglia, schiacciandolo ancora di più contro la parete, quasi fino a fargli male. “Allora non mi lascia altra scelta, Nii-san. D’ora in poi mi comporterò esattamente come ho fatto oggi, perché neanche io posso perderti, anche se tu nel tuo egoismo non riesci a capirlo”disse duro. Gli costava trattarlo in quel modo, doversi imporre con la forza su Rin, magari farsi addirittura odiare, ma neanche lui poteva permettersi di tirarsi indietro dal compito che si era affidato. “Così come non capisci che l’essere un demone non dipende solo dall’aspetto o dalle capacità fisiche”.

Quell’ultima frase colpì il mezzo demone, lasciandolo interdetto ancora una volta. Era la stessa cosa che gli aveva detto Mephisto sulla terrazza dell’ospedale. Com’è che tutti parevano capire le cose prima di lui, dannazione?! E poi che diamine voleva dire quella maledetta frase?! Quella discussione sarebbe andata avanti degenerando sempre di più. Non aveva via di chiuderla, perché sapeva di essere nel torto con le sue argomentazioni, ma non poteva cedere, sarebbe significato dare via libera a Yukio e permettergli di cacciarsi in altre brutte situazioni. Eppure non poteva ribattere, era bloccato, con le spalle al muro in ogni senso. Doveva spostare l’asse della discussione su un altro argomento prima che cominciassero a dirsi cose dolorose di cui si sarebbero sicuramente pentiti ma che non sarebbero state facili da cancellare. E lui non voleva sentirle dalla bocca di Yukio. Non l’aveva mai visto così fuori di sé, neanche quando lo aveva accusato della morte di Shiro. Avrebbe potuto giurare che l’aria intorno al suo gemello vibrasse come accadeva quando il clima era particolarmente caldo. C’era qualcosa che non andava in tutta quella situazione e lui non ci teneva a sapere cosa fosse. Doveva cambiare discorso. “Mi hai baciato. Perché?”. Le parole gli sfuggirono dalla labbra prima ancora che lui le avesse pensate, involonrariamente, cogliendo entrambi alla sprovvista.

Gran parte della rabbia del minore parve sfumare a quella domanda, sostituita da un profondo disagio. “Non vedo cosa c’entri questo ora”si costrinse a dire cercando di rimanere neutro, mentre dentro di lui aveva iniziato ad agitarsi una tempesta di emozioni confuse. Cosa avrebbe dovuto dire? Era conscio che prima o poi avrebbe dovuto affrontare le conseguenze della sua azione, ma non voleva farlo in quel momento, non era pronto.

“Nulla, ma non è questo il punto. Ti ho fatto una domanda e credo che tu mi debba delle spiegazioni anche a questo proposito, non trovi?”insistette Rin deciso, la voce velata da una nota scura. Neanche a lui andava di affrontare quel discorso, ma se proprio doveva scegliere preferiva questo al precedente. E poi avrebbe potuto finalmente togliersi il dubbio che lo assillava.

Lo sguardo di Yukio si rabbuiò nell’udire il tono scostante del fratello e lui ritrasse le mani, voltando il viso altrove, incapace di sostenere oltre il suo sguardo. La risposta alla domanda era ovvia, non aveva dubbi che anche l’altro la conoscesse fin troppo bene. Ma poteva sempre concedergli il beneficio del dubbio finché la cosa non fosse uscita dalle sue labbra. Ma poteva davvero fare quel passo? E se Rin non fosse stato in grado di accettare quello che sentiva e lo avesse rigettato? Doveva mentire, inventarsi una scusa allora? Sinceramente non gli veniva in mente nulla di plausibile e poi negare l’evidenza non avrebbe aiutato la situazione. Però non aveva la forza per confessare quelle emozioni, non in quel momento, non in quel modo. “La risposta mi pare abbastanza ovvia, Nii-san”disse dopo un attimo di silenzio, sempre tenendo gli occhi rivolti a terra. “Non credo che necessiti di essere esplicitata”.

“E invece sì che lo neccessita, cazzo!”ribattè il mezzo demoene con foga. “Perché non può essere quella che penso, non deve esserlo! Yukio, ti prego…”. Questa volta fu lui ad afferrare il gemello per le spalle, stringendo la presa in un atto di muta supplica. “Dimmi che non lo è. Non può! È troppo…sbagliato”. La sua voce tremò di incertezza sull’ultima parola, ma lui tentò lo stesso di sottolinearla con una forza che non aveva. “Yukio…”.

“Potrei anche dirtelo, Nii-san, ma mentirei. Le mie parole non cambierebbero lo stato delle cose, quindi è inutile che io lo faccia”rispose l’esorcista con voce quasi tremante, ma decisa. “Io non pretendo che tu mi ricambi. Vorrei solo che tu potessi accettare i miei sentimenti perché non potrei sopportare di venire rigettato da te. Questo è il motivo per cui ho tenuto tutto per me fino a questo momento, ma adesso non posso più tacere”. Si sforzò di vincere la sua paura e tornò ad affondare i suoi occhi in quelli di suo fratello, ignorando quello sguardo che sembrava gridargli di non dire quello che stave per dire. Con quel bacio al parco aveva superato il punto di non ritorno, quindi tanto valeva andare fino in fondo. Aspettare oltre non aveva senso. Avrebbe affrontato quello che sarebbe seguito. “Io…Io ti amo, Rin, l’ho sempre fatto, anche se quando eravamo bambini ero ancora troppo inesperto per capire cosa fossero quelle emozioni, anche se poi, quando ho finalmente iniziato a comprenderle, le ho rigettate per lo stesso motivo per cui lo stai facendo tu ora. Però poi sono arrivato ad iniziare a conviverci esattamente come convivo con il fatto di essere figlio di Satana, anche se questo non vuol dire che io mi sia adeguato completamente ad esse”.

Il maggiore dei gemelli ritrasse le mani, portandosele al volto. “No, Yukio, non dire queste cose, dannazione! Smettila!”gemette incredulo. Non sapeva cosa dire, non sapeva come reagire. La ragione gli diceva di rigettare quella dichiarazione, di prendere e andarsene, ma un’altra parte di lui tentennava, impedendogli di trovare la forza per opporsi come avrebbe voluto. “Ma ti rendi conto?! Cazzo, va contro tutto quello che ci hanno insegnato! Non puoi essere serio, non puoi! È…è…un abominio! Dio! È assurdo…”.

Quell’ultima frase colpì Yukio quasi come una pugnalata. Lo sapeva che sarebbe finita così, Rin non sarebbe mai riuscito ad accettare una cosa del genere. Era troppo, era la di là del limite. Però non poteva certo rinunciare a lui così facilmente. “No, Nii-san, non lo è!”ribatté quasi con angoscia, l’urgenza di spiegarsi, di aiutare l’altro a capire che guidava le sue parole. “Lo so che è contro tutti i valori a cui ci hanno educati, ma io non ci posso fare nulla, dannazione!”strinse i pugni, frustrato. “Non negherò quello che provo per te, mai! Al diavolo quello che pensa la gente. Io non riesco a pentirmi di questo sentimento perché non è assolutamente nulla di peccaminoso o altro, anche se agli occhi degli altri può apparire tale!”. Allungò esitante le dita verso il viso di Rin che aveva abbassato lo sguardo e tremava a sua volta. “Nii-san, ti prego…”.

“Ti prego cosa?!”lo interruppe quello, incapace di trattenersi, allontanandogli la mano con uno schiaffo. “Ti rendi conto di cosa stai dicendo?! Come fa a non essere peccato?! Sei un ragazzo e sei mio fratello. È assurdo, è doppiamentesbagliato! Come può non farti senso una cosa del genere? È contro natura!”. Non appena ebbe pronunciato quelle parole, si pentì immediatamente vedendo il lampo di dolore e amarezza che si accese negli occhi di suo fratello. Però non poteva tornare indietro, lui era nel giusto. O forse no?

“Ti ripugno, Rin?”gli domandò l’esorcista dopo un attimo di silenzio, mentre un sorriso strano gli affiorava alle labbra. “Ti faccio schifo, come lo farei a chiunque altro mi sentisse dire queste cose. E allora sai cosa ti dico? Che non mi importa. No, non mi importa perché io non provo sensi di colpa o disprezzo per me stesso a causa dei miei sentimenti. Sarà l’ennesima prova del fatto che sono anche io figlio di Satana. Come tu sei un demone esteriormente, io lo sono dentro. I demone non si fanno questi problemi, sai? Famiglia o meno non è importante. Non si fanno pongono la questione e se devo essere sincero nemmeno io voglio e soprattutto riesco a pormela!”.

“Yukio, non…Dannazione, non ti sei ancora ripreso del tutto, probabilmente lo scontro…”tentò l’altro ragazzo disperato. Non voleva sentire quelle cose, lo confondevano più di quanto lo fosse già, facevano vacillare tutte le convinzioni che aveva creduto di avere. “Non è il caso di parlarne adesso, sei ancora sconvolto per…”.

“Per cosa, Nii-san? Smettila di parlare, non credi neanche tu a quello che stai dicendo!”lo interruppe suo fratello, duro. Poi lo fissò intensamente: “Perché?”.
“Perché cosa adesso?!”.

“Perché dici che quello che provo per te è sbagliato nonostante la purezza dei miei sentimenti?”.

Il mezzo demone fu preso alla sprovvista da quella domanda. La discussione stava decisamente prendendo di nuovo una piega che non gli piaceva. Aprì la bocca un paio di volte cercando parole che non venivano, mentre la domanda gli rimbombava nella testa. Perché era sbagliato? In fondo il bacio che si erano scambiati sapeva di tutto tranne che di senso di colpa, ci aveva già riflettuto. E allora perché? Si rese conto tutto d’un tratto che non lo sapeva, che le sue resistenze erano fondate solo su dei valori che gli erano stati imposti ma che lui in fondo non sentiva tutti suoi per davvero. “È reato, è peccato…Io…”balbettò. “Cazzo, io non lo so perché, contento? Ma è sbagliato e basta! Non voglio averci nulla a che fare!”.

“Peccato? Peccato, Nii-san? Siamo i figli di Satana e mi vieni a parlare di peccato?! Siamo dannati senza rimedio e lo sai meglio di me, quindi cosa vuoi che ci interessi peccare o meno?”. A Yukio qausi venne da ridere. Come erano arrivati a quel punto? Era tutta una facciata, una parte che si sforzavano in vano di recitare per poter restare in quel mondo a cui forse non appartenevano poi per davvero. Ma la realtà era chiara a tutti. “Abbiamo un obiettivo, sconfiggere quell’essere che ci ha dato la vita e impedirgli di continuare a tormentare noi e le persone a cui siamo legati, ma dubito che questo basterà a redimerci! Dimmelo in faccia che ti fa schifo e chiudiamola qui, dimmi che non mi vuoi più intorno, ripudiami, ma smettila di nasconderti dietro queste scuse!”.

“No, Yukio, cazzo! Non mettermi in bocca cose che non ho detto né pensato! Sei mio fratello, non posso ripudiarti dannazione!”esclamò Rin a sua volta esasperato, alzando la voce quasi fino ad urlare. “Ma cerca di capire come mi sento, visto che ti credi tanto bravo! Vuoi davvero che ti dica che la cosa mi fai schifo? Bene, mi fai schifo, contento? Va’ ad autocommiserarti adesso, coraggio!”.

“Secondo te voglio sentirmi dire che ti faccio schifo?! Adesso sei tu quello che inventa! Voglio solo la verità su quello che pensi!”.

“Cazzo, te l’ho detto! È sbagliato!”.

“Ma perché?!”.

“Ho già risposto anche a questo. Smettila, dannazione, stai solo facendo del male a tutti e due! Non sei in te, Yukio!”.

“Io sto benissimo invece! Sei tu che non riesci a pensare con la tua testa! Rin, si vede benissimo che non sai perché dici quello che dici! Lo fai solo perché ce lo hanno insegnato, ripeti a memoria dei principi a cui forse neanche credi! Ma perché deve essere come dicono loro anche per noi? Noi siamo diversi!”.

“E allora? Siamo sempre vissuti in questo mondo, dobbiamo adeguarci! Dio, che diamine penserebbe Shiro se ti sentisse parlare così?!”.

“Io credo che lui capirebbe! Certo, magari gli servirebbe del tempo, ma comprenderebbe di certo che non possiamo adattarci ad un mondo che ci odia! Come puoi farlo, Nii-san? Rinunceresti al nostro legame solo per adeguarti a questo mondo? Rinunceresti ad essere felice?”. Yukio fece un passo indietro scuotendo il capo. Non ne poteva più, stava per esplodere. Sentiva le lacrime pungergli gli occhi, ma si sfroza in ogni modo di ricacciarle indietro. Perché non voleva capire? Lui desiderava solo potergli stare vicino e continuare ad amarlo in silenzio, senza pretendere nulla. Ma suo fratello sembrava volergli negare anche questo. Non avrebbe rinnegato quello che era. Non poteva. “Fa’ pure se vuoi, io non posso e non voglio farlo. Per Dio, non ho nessuna intenzione di rinunciare a te solo perché gli umani pensano che sia sbagliato, non ho nessuna intenzione di rinunciare per loro a una delle poche ragioni che ho per sopportare questa vita di merda!”.

Il silenzio calò improvviso sulla stanza mentre la tensione che aveva invaso l’aria rendendola quasi tempestosa si congelava di colpo. Il giovane esorcista ansimava, lo sguardo angosciato puntato a forza sul mezzo demone che invece lo fissava incredulo con gli occhi sgranati. Aveva sentito bene o se l’era sognato?

“Yukio!”esclamò esterrefatto dimenticando tutto d’un tratto la sua rabbia e la serietà del discorso che stavano affrontando. “Hai imprecato! E…hai detto una parolaccia!”.

Yukio arrossì imbarazzato e volse lo sguardo altrove, sentendo anche la sua collera sfumare davanti a quel commento fuori luogo. “Ho anche io il mio punto di rottura, cosa credi?”borbottò a disagio, voltandosi e andandosi a sedere sul letto. “E di sicuro stare a stretto contatto con te che usi questo linguaggio aulico tutti i giorni non aiuta”.

“Non prendere scuse! Modera il linguaggio, Yukio!”fece Rin godendosi lo sguardo allibito che l’altro gli lanciò a quell’uscita. Poi aggiunse con un mezzo ghigno divertito: “Ho sempre desiderato dirlo, non ho saputo resistere!”.

“Spero che tu sia soddisfatto, Nii-san. Mi hai fatto perdere completamente il controllo sulle mie parole, complimenti”commentò sarcastico il minore dei gemelli con un sospiro. “Sei il primo che ci riesce, ti meriteresti un premio”.

Il mezzo demone sospirò a sua volta e si accostò al letto lasciandosi cadere accanto al fratello. “Sono un idiota, vero? Ho esagerato…di nuovo”ammise sinceramente pentito. “Non mi fai schifo, Yukio, non potrai mai farmelo! Diamine, sei mio fratello! E…”. Il suo volto si tinse di leggermente di rosso mentre il suo tono si faceva imbarazzato. “E non penso che quello provi per me sia così sbagliato. Insomma, io non so…Dovrebbe esserlo però, quando ci siamo baciati al parco…be’, non mi sono sentito in colpa. Non sapeva di peccato, se capisci cosa intendo. Ci avevo già riflettuto mentre eri in coma. Non so perché mi sono impuntato in quel modo. È solo che…non è una cosa facile da affrontare”.

Sul volto dell’esorcista comparve un sorriso. “Certo che capisco, Nii-san, è stato difficile anche per me e lo è tuttora. Sono felice di sentirtelo dire. E poi non ti devi scusare. Anche io ti ho aggredito, non avrei dovuto, sia per questo discorso che per quello precedente. Sono stato troppo duro”disse allungando una mano per scompigliare leggermente i capelli del gemello. “Me ne sono andato senza considerare quanto potessi farti male. Sono stato un egoista, mi spiace, Nii-san. Ma ti assicuro che voglio solo che tu stia bene”.

“Ma non dire cavolate! Sono io quello che ti ha aggredito, anche fisicamente. Devo pure averti fatto male date le tue condizioni”ribattè l’altro, scostandogli appena la mano un po’ infastidito ma senza cattiveria. “Diciamo che siamo pari. In fondo tu avevi le tue ragioni, vuoi solo proteggermi come io voglio proteggere te. Io invece sono un testone perché anche se so come stanno le cose non lo voglio ammettere. Non sei solo tu l’egoista, siamo in due!”.

“D’altra parte siamo gemelli, no? È normale che ci comportiamo allo stesso modo in fondo in fondo nonostante tutte le nostre differenze”concordò lui. Poi ridacchiò. “Accidenti, sto ammettendo di assomigliarti! Devo aver subito davvero un bel trauma!”.

“Ehi, e con questo cosa vorresti dire?!”protestò il maggiore ridendo a sua volta.

Yukio non potè fare a meno di pensare a quanto fosse bello suo fratello quando sorrideva in modo così spensierato. Quasi istintivamente allungò di nuovo una mano verso di lui questa volta per andare a sfiorare la sua guancia. Le sue dita incontrarono quella pelle morbida e la accarezzarono, lasciando che il suo calore gli risalisse lungo il braccio. Si perse ad assaporare quella sensazione piacevole anche se non potè impedirsi di arrossire sentendosi addosso lo sguardo dell’altro. Non avrebbe dovuto fare certe cose senza permesso, soprattutto ora che il vero significato di quei gesti era stata esplicitato, ma la tentazione era comunque troppo forte. Rin restò a guardarlo per un attimo e poi posò incerto la propria mano su quella del gemello per impedirgli di allontanarla, distogliendo lo sguardo mentre un lieve rossore si spargeva anche sul suo viso. Il giovane esorcista esitò, non sapendo bene come interpretare quell’atto, però alla fine decise di approfittarne e afferrò il mezzo demone per entrambe le braccia, tirandoselo addosso. Il maggiore fu preso alla sprovvista e, prima che potesse protestare in qualsiasi modo, si ritrovò seduto in grembo all’altro, le gambe intorno alla sia vita e le braccia intorno al suo collo, mentre Yukio lo aveva stretto a sé e gli aveva posato il mento nell’incavo della spalla. Il calore rassicurante di quell’abbraccio abbatté immediatamente ogni suo desiderio di opporre resistenza, compensando il freddo in cui avevano regnato l’inquietudini e l’ansia dei giorni precedenti.

“Mi sei mancato da morire mentre ero via. E in effetti sono quasi morto”scherzò l’esorcista parlando con un tono di voce appena udibile. “Comunque… Buon compleanno, Nii-san! Mi spiace solo di non averti potuto organizzare una festa o anche solo comprarti un regalo…”.

“Scemo”lo apostrofò Rin ridacchiando e appoggiando la testa sulla sua spalla. “Buon compleanno anche a te, Yukio. Per la festa ci abbiamo pensato io e Kuro: abbiamo cucinato un nuovo tipo di torta. A vederla sembra buona, poi mi dirai. E guarda che svegliandoti proprio oggi mi hai fatto il regalo più bello che potessi farmi, sai, quattro’occhi?”. Si scostò qual tanto che bastava per permettere ai loro sguardi di incontrarsi. “Uff, però devo trovare il modo di ricambiare…”.

“Be’, se proprio ci tieni una cosa potresti farla per me, ovviamente solo se te la senti”azzardò piano Yukio lasciando che i suoi occhi si spostassero timidamente sulle labbra di suo fratello. “Insomma, non voglio forzarti in nessun modo…”.

L’altro avvampò nuovamente intuendo quello che lui aveva in mente, ma poi sorrise. “Visto che è il nostro compleanno posso anche concederti il bis”rispose con una strana nota maliziosa nella voce appoggiando la propria fronte contro quella del gemello. Poi tornò serio: “Yukio…Io non so come sono messo con questa cosa che tu hai dei sentimenti per me. Intendo, non ci trovo nulla di male, te l’ho detto prima. Però sono confuso su quello che provo per te. Prima che mi baciassi non ci avevo mai pensato, ma poi l’idea mi ha assillato e ho fatto dei pensieri poco opportuni, niente di che ovviamente! Voglio provare a considerare la cosa secondo parametri non umani, e al diavolo il peccato e tutta quella robaccia. Voglio ascoltare solo quello che sento e capire”.

“Nii-san, tranquillo. Te l’ho detto, non voglio forzarti e neanche metterti fretta. Posso anche aspettare. Fai quello che ti senti”lo rassicurò l’esorcista con un sorriso. Poi aggiunse quasi divertito: “Vuoi considerare la cosa “secondo parametri non umani”? Non sembrano parole tue o sbaglio?”.

Rin assunse un cipiglio vagamente irritato. “Infatti non lo sono. Me lo ha detto Mephisto. La sera del giorno in cui sei sparito sono andato da lui per farmi dire che cosa stava succedendo, ma ovviamente lui è riuscito a stordirmi con le sue ciance insopportabili”spiegò sbuffando. “Mi è scappato un accenno al fatto che tu a volte ti comporti in maniera strana e che quella mattina avevi fatto qualcosa che non avresti assolutamente dovuto fare in quanto mio fratello e lui ha iniziato a blaterare sul fatto che io penso secondo criteri da umano anche riguardo a cose che di umano non hanno nulla e sul fatto che tutti hanno un “rapporto speciale ed esclusivo con il proprio fratello”, per usare le sue parole. Dio, quanto suonava male quella frase! Lo odio quando fa così. Tra l’altro non ho capito se mi stava prendendo in giro o se era serio. Con quella sua dannata faccia perennemente strafottente non si capisce mai che pensa! Mi dà sui nervi!”.

“Non te la prendere, Nii-san, lo conosciamo in fondo. È così e lo dobbiamo sopportare. In fondo ha fatto parecchio per noi, anche se a vederlo non si direbbe”cercò di consolarlo suo fratello trattenendo però un risata. “Sinceramente non so se stesse scherzando e sinceramente non ci tengo a saperlo, saranno affari suoi e di suo fratello non trovi? Esattamente come adesso sono affari solo miei e tuoi. Quindi basta pensare a lui”. Tornò a farsi serio facendo correre piano un dito lungo il contorno degli zigomi del mezzo demone. “Sei sicuro di volerlo rifare?”.

Lui annuì deciso. “Sì, assolutamente”mormorò tornando ad alzare gli occhi.

I loro sguardi si incontrarono, come calamitati, pozzi zaffiro che si specchiavano gli uni negli altri, mescolando tra loro le lievi differenze di sfumature. Lo spazio che separava i loro volti si ridusse progressivamente fino a quando le loro labbra tornarono a sfiorarsi come qualche giorno prima al parco, ma questa volta il contatto durò molto più a lungo perché le loro bocche continuarono a cercarsi, separandosi per poi incontrarsi nuovamente quasi subito, perdendo man mano l’esitazione iniziale e sostituendola ad un desiderio affamato di passione. Per quanto approfondissero quel contatto, i due ragazzi sembrano non esserne mai sazi, abbandonati uno tra le braccia dell’altro, i brividi di piacere che scendevano loro lentamente lungo la spina dorsale e un dolce calore che riempiva loro il petto. Una della mani di Yukio affondò nei capelli di Rin mentre le dita dell’altra finirono per intrecciarsi con quelle di quest’ultimo, mentre i loro corpi aderivano il più possibile uno all’altro. Il mezzo demone era perso in quella sensazione di bollente intimità che lo aveva travolto trascinandolo sempre di più nei suoi abissi. Dopo l’iniziale incertezza un turbine di emozioni gli si era sollevato dentro, agitandosi in un caos danzante e facendolo sentire al tempo stesso al sicuro nell’abbraccio saldo dei sentimenti di Yukio e in bilico sul buio abisso del proibito. L’esorcista, da parte sua, non poteva credere che quello stesse succedendo sul serio. Non aveva mai nemmeno sperato che Rin potesse ricambiarlo, ma si era limitato ad augurarsi che lui potesse accettare i suoi sentimenti senza allontanarlo da sé. E invece in quel momento poteva sentirlo rispondere ai suoi baci e ai suoi tocchi, con un sentimento uguale al suo. La passione dentro di lui si mischiava all’esaltazione e all’adrenalina che quella scoperta aveva risvegliato in lui, affogandolo nell’ebrezza del piacere. Si staccarono diversi minuti dopo, ansimanti e con il viso in fiamme, ma entrambi con il sorriso sulle labbra.

“Uh…Wow”commentò Rin imbarazzato, sistemandosi un po’ meglio sulle gambe del fratello. “Credo che dire che non ti sono del tutto indifferente renda pochissimo il concetto. Sarà dura spiegarlo a Kuro, temo”.

“Posso considerarla come una dichiarazione, Nii-san?”lo provocò Yukio giocherellando con una ciocca dei suoi capelli, ma sul suo volto continuava a splendere un sorriso luminoso. “Già, credo che non ci metterà molto ad accorgersi che è cambiato qualcosa tra di noi…E specialmente sarebbe molto imbarazzante farsi cogliere in flagrante in atteggiamenti poco convenzionali”.

“Vedremo di stare attenti!”.

“Oppure troviamo il modo più delicato per spiegargli la faccenda. Anche se preferirei tenerla solo per noi almeno per qualche tempo, non sei d’accordo?”.

“Assolutamente! Voglio godermi bene la tua vicinanza prima di dividere la notizia con qualcuno”. Il mezzo demone stampò un bacio provocatorio sulle labbra del fratello. “E poi è più divertente fare le cose di nascosto…”.

Yukio ricambiò il gesto con dolcezza ed intrecciò le dita con quelle dell’altro.“A proposito, non avevi detto che avete preparato una torta per il nostro compleanno?”domandò. “Sono impaziente di assaggiare questa tua nuova meraviglia culinaria! Tanto posso benissimo tornare a casa già da subito, me l’ha detto Amaimon prima. Aspettavano solo che mi svegliassi per rispedirmi al dormitorio”.

“Sì, certo. È là tutta per noi. Ma lo sarà anche tra altri cinque minuti…”rispose il maggiore con un ghigno sporgendosi in avanti per invitare il gemello a chiudere di nuovo lo spazio che li separava. E ovviamente quello non si fece attendere.

Fuori dalla porta della stanza Amaimon si staccò dal muro a cui era stato appoggiato per tutto il tempo, volgendo lo sguardo verso suo fratello. “Bella lunga come litigata” commentò atono estraendo l’ennesimo lecca lecca da una delle tasche e scartandolo. “Però è finita bene come avevi detto tu, Aniue”.

“Sono poche le volte in cui mi sbaglio, Amaimon, dovresti saperlo. Su, andiamo, non vorrei che ci beccassero mentre origliamo. Rin potrebbe avere qualche reazione sproporzionata come suo solito e poi quei due si meritano sul serio un po’ di privacy adesso. Tanto quello che volevo sapere l’ho saputo, quindi non ha più senso restare”rispose Mephisto, incamminandosi lungo il corridoio facendo cenno all’altro demone di seguirlo. “Comunque, a quanto pare sono riuscito a insegnare qualcosa a quella testa calda. Per una volta si è deciso a darmi retta. Un gran bel passo avanti per lui”.

“Di che parli?”chiese Amaimon, inclinando la testa di lato e affiancandolo.

Il preside gli rivolse un sorrisetto strano passandogli un braccio intorno alle spalle. “Il nostro fratellino si è finalmente deciso a provare a guardare il mondo attraverso parametri non umani”rispose con l’aria di chi la sa molto più lunga mentre il ghigno sul suo volto si allargava. “Chissà che non gli serva di nuovo in un futuro non troppo lontano…A lui e soprattutto a Yukio”.

 

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Salve a tutti!!

E qui termina quella che era stata pensata come una one shot (con un piccolo errore nella considerazione della lunghezza…^^”). Devo dire che sono quasi soddisfatta. Mi sono appassionata a scriverla, mi ha dato un sacco di opportunità per studiare i sentimenti dei due gemelli, soprattutto di Rin in questo caso, occasioni che io ovviamente mi sono premurata di sfruttare al limite del possibile! Spero di non avervi annoiati troppo con tutte queste mie introspezioni, ma come ho già detto ne vado pazza e quando inizio non riesco più a fermarmi…

Forse ho sforato un po’ con i personaggi durante la litigata tra i due gemelli. Però mi sono sforzata di immaginare come potessero sentirsi considerando il contesto, Rin appena uscito dal tormento di giornate passate con un presentimento di morte incollato addosso, Yukio appena uscito dal coma con tutte le sue certezze-incertezze sull’aver fatto o meno la cosa giusta e su quello che prova per fratello. Ditemi che mi pensate…La cosa della parolaccia può sembrare idiota (e in effetti lo è -.-“) però mi piaceva come idea per abbassare di colpo la tensione che si era creata durante tutta la discussione (e poi non ho saputo resistere! xD Yukio che dice le parolacce, lo ammetto, desiderio della mia mente malata…) e permettere così ai due di fare pace. Quel pizzico di banalità che hanno le cose “normali” ma che loro sperimentano così raramente…Poi a voi il giudizio, queste sono le mie ragioni!

Amaimon e il lecca lecca xD Ok, scusate!!! È stato un attimo di pazzia…^^ >.<

È finita bene, sinceramente non vado pazza per i finali tristi. Però ho lasciato delle cose in sospeso (non per forza però si potrebbero vedere, soprattutto nelle ultime parole di Mephisto…). Visto che era una storia relativamente corta mi sono concessa il lusso di lasciarmi degli spunti per un eventuale seguito, ma dovrò vedere cosa mi dirà l’ispirazione in futuro!

Spero che vi sia piaciuto almeno un po’ questo mio esperimento! Volevo dire grazie mille a Rebychan (grazie anche per le chiacchiere post recensione!) e a doc11 per le loro recensioni che mi hanno accompagnata in questo micro percorso!! Grazie anche a Flame Drago del Fuoco che ha tenuto la storia tra le seguite! E ringrazio chiunque in futuro mi darà un segno di apprezzamento per il mio lavoro!

Alla prossima!
MysticAsters

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