New life.

di ellejsoul
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Goodbye ***
Capitolo 2: *** London eye. ***
Capitolo 3: *** Maybe. ***
Capitolo 4: *** No happy ending. ***
Capitolo 5: *** Faith. ***



Capitolo 1
*** Goodbye ***


Okay, benvenuti nella mia prima FanFiction realizzata su EFP. Avviso che non sono per niente pratica del sito e mi scuso in partenza per eventuali errori di ogni genere.
La storia è inventata, i personaggi sono tutti attori presi da film e telefilm che io seguo: avranno i loro nomi e alcuni di loro manterranno anche i loro conomi.
Ad ogni modo ogni capitolo che uscirà e che vedrà l'inserimento di nuovi personaggi avrà un'anticipazione come questa dove indicherò tramite immagine gli attori presenti nella storia.
Beh, inutile dire che spero vi piaccia, spero vivamente di potervi intrattenere con una almeno buona lettura e magari qualcosa di simpatico con cui passare il tempo.
Un bacio a tutti e grazie per essere passati di qui. <3 Jen


Kristen -  | Dianna - | Thomas -  | Nina -  | Edward -  | Selena -  | Robert - 



Era una delle tante giornate piovose ed estremamente fredde e grigie che Milano regalava ai suoi abitanti, eppure non tutto era così solito come potrebbe apparire agli occhi di altre persone.
Avevo freddo, ero letteralmente ghiacciata. Ero uscita d’impulso senza prendere la giacca, vestita così com’ero: jeans e magliettina a mezze maniche. Un abbigliamento decisamente poco adatto alla situazione. Arrivai al luogo d’incontro, sotto il portico di C.so Vittorio Emanuele, in pochissimo tempo perché oltre all’abbigliamento inappropriato uscii di casa senza ombrello. Che cogliona, pensai.
Eccolo arrivare, fradicio anche lui ma con almeno un giaccone sulle spalle, mi raggiunse sotto il portico.
“Ciao” dissi prima che lui potesse alzare lo sguardo, rispose con un cenno.
Passarono dei secondi infinitamente lunghi prima che uno dei due decidesse di iniziare a parlare, fu lui alla fine a perdere la pazienza e aprire bocca.
“Allora, dimmi quello che hai da dire e chiudiamola qui!”
Abbassai lo sguardo pietrificata dal suo tono, certa sapesse già cosa stavo per dire.
“Io…scusami, credo tu lo sappia già e…” non riuscivo a trovare le parole per dire quel che avevo dentro. Le parole non mi sono mai mancate, nonostante non fossi una gran chiacchierona, ma quando era il momento di parlare non mi ero mai trovata così in difficoltà. E’ difficile quando ci sono in ballo i sentimenti, sentimenti  come i nostri, sentimenti così forti.
Cominciò a spazientirsi così mi ritrovai la sua mano sul mio mento, stringeva con forza. Fece in modo che i miei occhi guardassero i suoi, “Hai deciso di andare, giusto?” mi meravigliai perché nonostante la presa il tono non era incazzato, non era nemmeno scazzato, era ferito. Mi fece arrivare dritta al cuore una fitta dolorosissima. Iniziai ad ansimare e cercai di raccogliere le forze per dire le mie ultime e definitive parole. “E’ finita. Parto domani mattina, Ad…addio!”
Senza guardarlo, senza alzare lo sguardo, senza voltarmi indietro corsi via da lui, via da quel posto, via dalla pioggia e tornai a casa; tornai a casa per piangere, sfogare il mio dolore, il dolore per averlo perso, per averlo lasciato, per essermene andata e per aver deciso che fosse tutto finito.
Era giusto così.
Cos’avrei dato per capire se era il cuore o il cervello a parlare.
 
Londra Heathrow, erano le 9.00 am, le dieci in Italia, ed una fiumana di gente incredibilmente veloce mi spintonava da una parte all’altra per farsi spazio e andare verso il simpatico rullo riporta valige. L’ho sempre chiamato così ironicamente, perché dai racconti dei miei amici quel simpaticone non sempre ti restituiva la valigia. Stronzo.
“Hey Kristen andiamo prima che qualcuno per sbaglio prenda le nostre valigie!” guardai Dianna perplessa domandandomi come potevano scambiare le nostre valigie per loro se avevano una targhetta con il nome e cognome quasi più grossa delle valigie stesse.
Accelerai per raggiungerla e appena toccai con le miei mani la mia valigia sentii come una sensazione di sollievo. Alleggerita, decisamente!
“Tanto lo so che eri in ansia per la valigia, inutile che fai finta di niente!” mi disse guardandomi con il classico sguardo da chi ti ha appena beccato. Le sorrisi e le diedi un colpo con la spalla, facendomi anche un po’ male…vedi a non andare in palestra?
 
Arrivammo all’ostello prenotato. Stavo pregando in ogni lingua possibile, ovviamente è un modo di dire, affinché non sia terribile e che renda giustizia alle immagini viste sul pc. Entrammo nell’ostello e la signora che ci portò in camera, Caroline, fu molto gentile parlando inglese lentamente in modo da non metterci in imbarazzo già al primo incontro.
Guardai Dianna sperando rispondesse lei ma la stronza mi fregò e andò a posare le valigie lasciando a me l’onore di parlare inglese con Caroline.
“Ehm, thanks Caroline. I’m really glad you speak English slowly so that we can understand you. See you later.” Lei mi sorrise compiaciuta di se stessa e del lavoro svolto con noi ed io le risposi sorridendo imbarazzata e sperando di non aver detto il tutto in modo scorretto.
“Sei proprio una grandissima troia!” esordii nella stanza dell’ostello e non ebbi il tempo di vedere la reazione di Dianna che subito sentii il mio viso diventare rosso fuoco e accaldarsi.
Stanze condivise Kristen, stanze condivise dannazione!
Scoppiarono tutti a ridere, Dianna compresa, ed io imbarazzatissima mi scusai dirigendomi verso la mia valigia.
“Hai visto? Siamo tutti e 5 italiani!”
“Sì Dianna, mi era chiaro dalla reazione alla mia frase” le risposi senza alzare lo sguardo.
“Dai non preoccuparti. Comunque io sono Thomas, tu donna dalla parolaccia facile?” pure simpatico questo Thomas.
“Kristen” risposi senza girarmi. L’imbarazzo insieme all’irritazione mi rendevano insopportabile.
“Io sono Dianna, voi?”
Rispose prima l’altro ragazzo, Edward, in seguito la ragazza, Nina. Sembravano tutte e tre delle persone apposto, Edward e Nina più simpatici di Thomas però.
Andai verso l’ultimo letto rimasto libero, Dianna gentilmente non mi ha dato modo di sceglierne uno, ma glielo dovevo dopo tutte le volte che era stata lei a lasciarmi libera scelta.
Ero nel letto inferiore dei due letti a castello vicini alla finestra, finestra che dava su un parchetto.
“Che carina la vista da qui!” dissi senza rendermi conto di aver parlato ad alta voce.
Si girarono tutti a guardarmi e mi sorrisero. Avranno pensato a me come una classica bambina che esce di casa a vedere il mondo per la prima volta, non che la mia realtà fosse poi così differente da questa visione.
“Voi per quanto intendete restare qui?” chiese Nina a me e Dianna.
“Beh, a dire il vero ci siamo trasferite pensando di rimanere qui per un po’. Vogliamo fare soldi per poi andare a vivere in America!”
“Wow, Dianna puntate in alto quindi. Gli Stati Uniti!”
Guardai Nina con curiosità, non riuscivo a comprendere se fosse realmente ammaliata o semplicemente ci stesse prendendo per pazze. Ad ogni modo non avrebbe avuto poi tutti i torti.
“Hey Dì, io vado a vedere un po’ com’è qui nei dintorni. Ci vediamo più tardi!”
“Kristen vai da sola? Aspettami dai, faccio solo una doccia.”
Le feci cenno di non preoccuparsi, presi la giacca e uscii dall’ostello.
 
L’inverno rigido londinese ha da sempre suscitato timore in me, ragazza dall’ipersensibilità per le basse temperature, infatti nonostante il giaccone ero completamente invasa dalla pelle d’oca.
Guardai con interesse i palazzi, i negozi e le strade di questa nuova città che presto sarebbe diventata la mia casa. Era tutto così diverso dalla Milano che mi ha cresciuta. Pensai con nostalgia alla mia città e quando il pensiero finì dritto a lui mi sentii il cuore a pezzi. Appoggiai la mano sinistra sul muro e piegai leggermente il busto in avanti, cominciavo a respirare male.
Soffrivo di attacchi d’ansia da ormai più di tre anni, ma non è mai facile riuscire a placarli, specialmente in momenti di grande tensione.
“Hey, tutto bene?”
Girandomi vidi il volto di Thomas, preoccupato e in attesa di una mia risposta che non arrivò: la mia vista si annebbiò e cominciai a perdere l’equilibrio.
Lui mi prese al volo poco prima che piombassi a terra e mi portò in braccio fino alla prima panchina del parco che avevo visto precedentemente dalla finestra dell’ostello.
“Sc…scusami per prima” furono le prime parole che uscirono dalla mia bocca. Lui mi guardò sorridendo e fece spallucce.
“Ti senti meglio? Ti ho vista malissimo prima. Voglio dire, mi sembri di carnagione parecchio bianca, ma così bianca credo fosse eccessivo!”
Aveva ragione, la mia carnagione è bianca, tranne qualche macchiolina sparsa qua e là tra il viso e il mio corpo: le mie lentiggini ereditate.
“Sì, va meglio. Grazie.”
Rimasi sdraiata sulla panchina e con la testa poggiata sulle sue gambe, non me la sentivo di alzarmi. Avevo ancora quella sensazione di malessere dentro e quei terribili pensieri che mi tormentavano al punto da rischiare di svenire nel mio primo giorno a Londra.
“Sai, questa città mi ha sempre affascinato. Non saprei dirti se sono i mix di colori e luci, le strade, o forse la regina!” scoppiai a ridere e lui con me.
“Sì, penso proprio sia la regina. Hai in programma di provarci con lei?”
Mi guardò negli occhi e rimase in silenzio per qualche secondo mettendomi in imbarazzo, alla fine scosse il capo “No, non è il mio tipo.”
Mi alzai di scatto ricordando il perché della mia uscita e urlai “Oh cazzo la macchina fotografica!!!”
Avevo promesso a Selena, mia sorella, che le avrei fatto le foto di ogni posto così che lei alla prima visita potesse scegliere dove portarla e fare le foto con la sua Nikon, il suo gioiello frutto della sua più grande passione: la fotografia.
“Ragazza cominci a spaventarmi! Un attimo prima di trovo morente per la strada e poco dopo balzi in un lampo per via di una macchina fotografica?”
“Sì, hai ragione è che avevo promesso a mia sorella delle foto e…” mi prese la mano e con l’altra sua mano rimasta libera mi fece cenno di stare zitta “Ti porto io dove fare delle belle fotografie. E non ti preoccupare, ho una macchina fotografica sempre con me.”
 
Camminando notai che non aveva smesso di tenermi la mano, comprensibile visto come mi aveva trovata prima, ma andare mano nella mano con un ragazzo appena conosciuto mi faceva sorridere e stranire.
Lo osservai un po’: capelli corti, posizionati in una semi cresta, di un castano chiaro pieno di riflessi; alto poco più di 10cm più di me e con degli occhi di un colore indefinibile ma meraviglioso, era un verde misto al grigio…proprio belli, pensai.
“Eccoci, questo è il posto dove vengo ogni volta che ho mille pensieri per la testa e voglio liberarmene e tornare quieto!”
Era…era veramente qualcosa di splendido, non avevo mai visto un posto così bello in tutta la mia vita. Non che avessi visto grandi cose in effetti.
“Thomas è…” mi strinse la mano e non riuscii a finire la frase, mi voltai per guardarlo e lui mi stava fissando. Mi imbarazzò il suo sguardo così girai il volto e tornai ad ammirare quella meraviglia della natura: una cascata d’acqua limpidissima che cadeva su un’immensità di foglie e fiori colorati di ogni genere. C’era un gazebo vicino a noi con sotto dei tavolini e delle sedie molto English Tea Time. Sorrisi nel vederle perché ho da sempre amato l’eleganza inglese nel bere il Tè.
 
Cominciò a suonare il mio cellulare, senza staccare la mia mano da quella di Thomas presi il telefono con l’altra e…i miei occhi cominciarono a riempirsi di lacrime e in breve tempo il mio viso si rigò delle stesse lacrime che avevano inondato i miei occhi. Staccai la mia mano dalla sua e senza dire niente lasciai cadere il telefono a terra e corsi via, non sapevo dove, non sapevo come avrei fatto a tornare indietro ma corsi via pensando di poter scappare dal mio dolore.
“Kristen aspetta!” urlò Thomas da dietro ma lo ignorai.
Poco più avanti le mie forze si arresero e inciampai su una radice di un albero uscita dal terreno. Arrivò Thomas e mi alzò da terra prendendomi i polsi. Li posò sul suo petto stringendoli come fossero qualcosa di prezioso e che avrebbe custodito con tanto amore. Mi guardò nei miei occhi pieni di lacrime per un po’ finché… “Chiunque sia questo Robert, per quel che ne so io è un gran coglione!” mi tirò verso di sé e mi strinse, mi abbracciò e cominciò ad accarezzare la mia schiena, i miei capelli…cominciai a singhiozzare.
“Non scappare, non scappare quando stai male Kristen. Vieni da me, sono qui” e continuò a stringermi forte a lui.

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Capitolo 2
*** London eye. ***


Rieccomi pronta con il secondo capitolo.
I lettori della storia non sono molti, ma lo avevo messo in conto quando ho iniziato a scrivere il primo capitolo. Ad ogni modo voglio rignraziare chi ha avuto la voglia di leggerlo e di lasciarmi una sua recensione - tra l'altro tutte parole bellissime e probabilmente nemmeno meritate, quindi GRAZIE! (: Ho anche trovato delle sorprese meravigliose tra le recensioni. *-*
Adesso vi lascio con il secondo capitolo e spero vi possa chiarire qualche dubbio e coinvolgere sempre più nella storia.
Un bacio a tutti, Jen.



Tornammo in ostello senza dirci nulla, silenziosi, come fossimo due anime sconosciute vaganti per una città altrettanto sconosciuta. In fin dei conti non era poi così strano, cosa sapevo io di lui? E lui di me? Apparte di Robert...

Alzai lo sguardo rivolgendolo a lui, volevo controllare che non si fosse accorto delle lacrime tornate sul mio viso e vidi i suoi occhi rivolti verso il basso con aria perplessa e forse un po' dispiaciuta. Cosa spingeva questo ragazzo a dispiacersi per me? In fin dei conti ci eravamo appena conosciuti.

Prima di entrare nell'ostello si fermò per restituirmi il telefono, ma anche lì non incrociammo i nostri sguardi e non ci rivolgemmo parola. Cercavo di trovare un perché a questo improvviso cambiamento, un attimo prima eravamo abbracciati al parco e ora sembra quasi che niente di tutto ciò sia mai accaduto. Era tutto così strano e insolito.

"Oddio Kristen vieni qui!" Dianna mi corse incontro appena vide i miei occhi gonfi e rossi, mi abbraciò come solo lei sapeva fare trascinandomi sul letto prima di chiedere cosa fosse successo.

"E' Robert, vero?"

Le anuii senza proferire parola, il magone tornò più velocemente del previsto.

Alzai lo sguardo nella speranza di far tornare indietro le lacrime che insistentemente continuavano a colmare i miei occhi e scendere lungo tutto il mio viso. Notai che gli altri ragazzi, molto educatamente, uscirono dalla stanza per lasciare me e Dianna un po' di privacy. Un gesto veramente ammirevole.

Cercai di concentrarmi il più possibile così da sfogare tutto il mio dolore con Dì, volevo tirare fuori tutto e lasciare il meno possibile dentro di me. Uno degli scopi di questo viaggio/trasferimento a Londra era proprio ricominciare, tornare a vivere resettando la mia vita; non avrei mai potuto permettere che questo brandello del mio passato rovinasse tutto.

Dianna, pur conoscendo bene tutta la storia tra me e Robert non ebbe il tempo di farsi raccontre quel che successe il giorno prima della partenza: quando lo incontrai e gli diedi la notizia che era tutto definitivamente finito. Lei conosceva Robert da prima di me, fu proprio lei a presentarmelo ad una sua festa, non avrebbe mai potuto pensare che saremmo arrivati a questo tragico finale.

Le bastò guardarmi per capire quanto male causasse dover raccontare nuovamente tutto ma non appena le dissi della chiamata a cui non risposi poco fa storse il naso.

"Key non so davvero cosa dirti. Domani provo a chiamarlo io e vedrò di fargli capire che deve lasciarti, deve liberarti e permetterti di ricominciare una vita da capo. Non è possibile andare avanti così!"

"NO!" le urlai prendendole un braccio, "Non lo chiamare ti prego. Lascia perdere, si stancherà."

Sorrise perplessa e mi diede un bacio sui capelli per poi tornare dai ragazzi che nel frattempo si erano seduti al bar dell'ostello.

Presi un bel respiro profondo ad occhi chiusi e mi autoconvinsi di togliermelo dalla mente, almeno per il momento.

Terminata la doccia misi subito il pigiama, non vedevo l'ora di tuffarmi nel letto e continuare a leggere Shadowhunters - Città di cenere.

Poggiata sul cuscino aprii il libro a pagina 36, dove ero rimasta prima di partire, e cominciai a leggere.

"Cosa leggi?" sobbalzai per lo spavento in seguito girai il libro in modo tale che potesse leggere la copertina.

"Uhm, e com'è?"

"Thomas, dubito possa essere il tuo genere..." si sedette sul letto.

"Chiamami Tom, per favore!" sorrise, io ricambiai e tornai a leggere il mio libro ma dopo una millesima frazione di tempo mi ritrovai con le mani vuote e con gli occhi seguire la direzione del mio libro, libro finito poco delicatamente a terra grazie al lancio fatto da Thomas...o Tom.

"Per caso sei deficiente?" dissi allucinata.

Scosse il capo e rispose "Ma tu davvero pensi di passare la prima serata londinese chiusa nell'ostello a leggere di cacciatori? Sarei un coglione se te lo permettessi, quindi mi scusi tanto principessa ma ora deve andare a mettersi qualcosa di appropriato perché non la lascerò qui per più di altri 15 minuti!" si alzò e uscì dalla stanza lasciandomi a bocca aperta.

Rovistai velocemente nella valigia e presi la prima cosa che trovai: un vestito in maglina blu; presi i leggings ritenendo il vestito troppo corto per dei collant, e ovviamente abbinai le mie converse al vestito. Giusto per non dimenticare la vera essenza del mio look.

Guardai l'orologio e a sapendo che a breve sarebbe tornato decisi di mettere il mascara e basta, al diavolo il trucco!

"Eccomi!" urlai nel suo orecchio arrivando da dietro. Fece un saltò e scoppiai a ridere.

"Stronzetta, me la pagherai!" fece l'occhiolino e sorrisi imbarazzata.

Notai subito che all'ingresso eravamo solo io e lui, la domanda sorse spontanea "Dove sono gli altri?", "Hanno preso le strade londinesi da un bel po' simpatica lettrice, che ne dici se lo facciamo anche noi prima di domani?"

Gli diedi uno spintone sulla spalla, ma era ovvio non gli facesse niente.

Fuori era abbastanza fredda la temperatura, ma l'atmosfera regalata dalle luci, nonostante fossimo qualche giorno dopo le varie feste natalizie, era suggestiva; riuscivo a stento a seguire Tom per ammirare ogni angolo e lasciarmi trasportare dalla magia di Londra.

"Mi...mi dispiace per oggi"

Le sue parole mi fecero tornare nel mondo reale, dimenticai subito la sensazione di leggerezza avuta qualche secondo prima che lui decidesse di parlare.

"Cosa intendi?"

"Reagisco male, spesso, ho un carattere orribile. Scusami ma...spero che questo coglione ti lasci stare da ora in poi."

Abbassai lo sguardo, non mi andava di parlare ancora di lui dannazione.

"Possiamo passare la serata pensando a noi? Due giovani ragazzi che si sono conosciuti in un ostello e che si stanno conoscendo camminando per le strade di Londra..." Annuì e proseguimmo la nostra camminata.

Passarono pochi minuti ed arrivammo proprio dove speravo di andare al più presto: London eye!

"Oh... mio... Dio! Ti prego, andiamo? Sogno di salire su questa ruota da una vita!"

Devo aver avuto gli occhi che brillavano più di un diamante perché fece una smorfia come volesse dire - Posso fare altrimenti? -, meglio così.

Presi due biglietti salimmo sulla nostra cabina, ero eccitata e veramente felice.

"Cazzo quasi non ci credo di essere qui sopra! Guarda le luci che belle!!! E chissà se poi si ferma sopra?! Oddio che bello!"

"Sì, sì ferma" rispose a denti stretti. Girai lo sguardo verso di lui e lo fissai attonita.

"Non...non mi dirai che hai paura dell'altezza?" non riuscii a trattenere le risa, povero.

Chiuse gli occhi e fece un respiro profondo. Che stronza che sono.

La ruota salì piano, molto lentamente bloccandosi periodicamente. Quando finalmente arrivammo in cima guardai Londra come solo chi la ama davvero saprebbe fare: sguardo innamorato, pieno di sogni e ambizioni, voglia di godersi una città così bella al 100%...

Senza farlo apposta mi sporsi un po' troppo sul lato e feci dondolare la nostra cabina.

"Cazzo, scusa!", lo guardai subito ed era terrorizzato.

Mi sentii terribilmente in colpa, se non fosse stato per me non sarebbe salito per nessun motivo qui sopra ed io ora gli stavo aumentando l'angoscia.

Avvicinai delicatamente il mio corpo al suo e presi la sua mano, la portai sulle mie gambe e la strinsi con entrambe le mie mani, sperando di potergli trasmettere un minimo di sicurezza. Lui aprì gli occhi e si voltò verso di me guardandomi seriamente. Speravo non fosse arrabbiato per il piccolo inconveniente della cabina, se avessi saputo di questa sua fobia non mi sarei mai comportata come una bambina di 5 anni che vuole andare alle giostre.

Spinse il suo corpo verso il mio stupendomi, non avrei immaginato riuscisse a muoversi prima di aver toccato nuovamente terra.

Continuava a fissare i miei occhi.

Il mio cuore iniziò ad accelerare il battito, le mie guance si colorarono improvvisamente ed io cominciai a sentirmi terribilmente imbarazzata.

Sentii le mie mani allontanarsi l'una dall'altra, era lui che cercava di liberare la sua dalle mie per poterla appoggiare sul mio fianco. Avevamo i volti praticamente a pochi centimetri di distanza, nessuno dei due sembrava intenzionato ad abbassare lo sguardo. Lui strinse il mio fianco con estrema delicatezza e fece sì che il mio corpo si adagiasse al suo. Chiusi involontariamente gli occhi, avevo il suo respiro sul collo.

Ebbi dei brividi.

Fu lì che senza rendermene conto sentii le sue morbide e calde labbra sulle mie. Cominciò a baciarmi delicatamente, nel mentre fece scivolare la sua mano attraverso la mia schiena per afferrare il fianco più vicino a lui e con l'altra prese il fianco appena liberato. Mi prese in braccio e mi portò sulle sue gambe. Lì il bacio si fece più intenso, non riuscii a non rispondere. Mi lasciai andare e lo baciai con meno delicatezza di quanto lui avesse riservato fino ad ora. Le mie mani si pilotarono da sole andando sui suoi meravigliosi capelli, scesero sul suo collo e finirono sul suo petto...

"NO!" urlai aprendo gli occhi e spingendo il suo petto. La spinta mi fece indietreggiare e cadere, fortunamente, sulla pedana che permetteva alle persone di salire o scendere dalle cabine.

Eravamo così presi da noi stessi, dal nostro inspiegabile bacio che non ci eravamo resi conto che la ruota era a fine giro.

Imbarazzatissima, con gli occhi di Tom fissi sui miei, mi alzai velocemente e corsi via, lasciando la borsa sulla cabina.

Tornai in ostello il più velocemente possibile e senza nemmeno mettere il pigiama mi infilai a letto.

Kristen non puoi essere così stupida, no!

 

Il mattino seguente, quando mi svegliai, prima di alzarmi controllai che non ci fosse nessuno in camera.

Ricordai subito quel che successe la sera e non ero pronta ad affrontarlo.

"Ben svegliata dormigliona!"

"Dì, dannazione...lo sai quanto è snervante la tua voce squillante di prima mattina?"

"Sarebbero le 12.30, ma se vuoi andare a fare colazione..."

"Oh...cazzo!"

Avevamo due appuntamenti questa mattina, erano per due appartamenti in affito che avremmo dovuto vedere.

"Tranquilla, sono andata io e sono due terribili topaie!" mi rispose con aria schifata.

Mi alzai dal letto e mi preparai, a questo punto, per il pranzo.

"Andiamo a mangiare in un posto che mi ha consigliato Nina ieri sera, sbrigati!"

In breve tempo uscimmo dall'ostello e ci incamminammo verso la mia prima fonte di cibo della giornata, ero veramente affamata.

"Oh, guarda sono lì!"

Chiusi leggermente gli occhi per cercare di vedere meglio e...

"Cazzo, Dianna corri!"

Cominciai a correre più voleocemente possibile sperando di arrivare in tempo. Mentre attraversai la strada senza guardare, presa dall'ansia di ciò che avevo appena visto, una macchina frenando mi prese in pieno facendomi volare a terra.

L'autista scese preoccupatissimo ma non avevo tempo per questo genere di cose, stavo bene, più o meno.

"I'm sorry...but...don't worry, I'm ok." e andai via da lui velocemente.

Arrivata davanti al ristorante vidi che era troppo tardi: Robert aveva appena tirato un pugno in faccia a Tom facendolo cadere a terra con il labbro sanguinante.

Mi scaraventai verso Tom e cercai di rialzarlo, mi strinsi al suo braccio e lo guardai preoccupata e dispiaciuta.

Subito dopo mi rivolsi a Robert "Cosa cazzo ci fai qui e cosa cazzo vuoi? Ti ho lasciato, è finita. Come cazzo devo dirtelo?"

"Diglielo al tuo nuovo amico, non sono io che ho mandato il messaggio."

"Quale messaggio?"

Mi mostrò il suo telefono: Hey coglione ormai l'hai persa, me la sono già scopata quindi puoi lasciarla andare: è mia ormai! Thomas

Non era possibile.

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Capitolo 3
*** Maybe. ***


Ciao! Oggi non ho molte parole sinceramente, quindi l'unica cosa che dirò è: grazie a chi ha lasciato la recensione nei due capitoli precedenti, soprattutto per le parole dette.
Vi lascio con questo terzo capitolo con la speranza che possa piacervi e far crescere la voglia di conoscere più dettagli riguardanti la storia.
Un abbraccio a tutti, ancora grazie.
Jen



Aprii gli occhi, non riuscivo a mettere a fuoco, li strizzai. Ma dov'ero?

Mi guardai intorno spaesata e mi resi conto di essere sdraiata su un lettino. Avevo il busto fasciato e una flebo attacata al braccio destro.

Oh cazzo, ero in ospedale!

Provai ad alzarmi ma una fitta mi percorse tutta la schiena e il petto. Cosa diavolo era successo?

"Hey!"

Provai a chiamare un'infermiera ma nessuno mi ascoltò, o perlomeno nessuno sentii la mia bassisima voce.

"Ciao Kristen, come ti senti?" dalla porta della stanza entrò Nina.

"Hey Nina. Ma...cosa è successo?" la guardai spaesata, non ricordavo nulla se non di aver urlato contro Robert e aver letto un orribile sms mandato da Thomas.

"I medici hanno detto che dopo il colpo preso con la macchina saresti dovuta correre in ospedale: hai due costole rotte e una lieve lesione alla colonna vertebrale; dopo aver discusso fuori dal ristorante con Robert, credo si chiami così, hai perso i sensi ed hai sbattuto la testa a terra. Ti abbiamo portata di corsa in ospedale ma i medici non ci hanno permesso di restare e...beh, ci siamo parecchio preoccupati!"

"E...e gli altri dove sono? Dianna?"

"Dianna è andata con Robert a trovare un posto dove farlo alloggiare, ha detto che tu avresti compreso la sua assenza e che era meglio se lo avesse tenuto lontano da te per un po'. Ed, voglio dire Edward, è andato con Thomas invece. Beh, a lui ho detto io di portarlo via!" mi sorrise e si sedette nella sedia accanto al mio letto.

"Nina grazie" volevo farle sentire il mio totale riconoscimento in ciò che aveva fatto, in fin dei conti per lei ero solo una sconosciuta, o meglio una ragazza conosciuta in ostello un giorno fa.

Fece spallucce e mi sorrise nuovamente. Era una ragazza davvero molto dolce oltre che bella.

"Ascolta Kristen, io so bene di non essere nessuno per te, ci siamo conosciute da poco e nemmeno bene però credo tu debba sfogarti. Sono molto brava ad ascoltare, quindi se hai voglia di parlare io sono qui! Anche perché avremo un bel po' di tempo da spendere insieme."

La guardai, aveva i suoi meravigliosi capelli molto lunghi e castani raccolti in una coda fatta al momento, ciò nonostante risultava bellissima; i suoi occhi marroni erano luminosi e devo ammettere di aver provato una certa invidia, pur avendoli verdi ed essendo l'unica cosa che mi piace realmente di me.

Anuii alle sue parole, avevo voglia di parlare, di liberarmi, probabilmente anche grazie alla morfina che aveva annullato i miei dolori. Nina non era un'amica ma lo sarebbe potuta diventare...almeno è quello che speravo.

"Io...io e Robert ci siamo conosciuti poco più di tre anni fa. Ero in terza liceo e mi ritrovai in classe Dianna che lo conosceva dalle elementari, si può dire siano cresciuti insieme, infatti fu proprio lei a farmelo conoscere. Siamo usciti in compagnia per qualche mese e verso Dicembre è iniziata la nostra storia."

"Uhm, okay."

"Io...il mio sogno è quello di diventare una sceneggiatrice. Spero di riuscire ad andare a Los Angeles e farmi notare da qualche regista così da cominciare la mia carriera. E' l'unica cosa che mi appassiona davvero e che sento di poter fare con il cuore e non solo con la mente. Così, per questo mio sogno, terminati gli esami di maturità comunicai a tutti di non aver intenzione di frequentare l'università ma di voler partire per inseguire il mio sogno. Robert non l'ha presa bene, lui si è iscritto a Medicina, desidera da sempre diventare un cardiochirurgo...insomma è da lì che le cose tra noi sono andate sempre peggio."

Mi bloccai, la morfina non aveva più effetto avendo troppe cose da calmare?

Alzai lo sguardo e vidi Nina avvicinarsi con la sedia e prendermi la mano sinistra, la strinse alla sua "Vai avanti, liberati Kristen. Ti farà bene, lo prometto!"

Presi un respiro profondo e mi feci male, cercai di non farle notare niente. "Durante l'estate lavorai tutto il tempo per mettere via i soldi per Los Angeles. Lavoravo il giorno e anche la sera per mettere via il maggior numero di soldi possibile. Lui sembrava aver accettato la cosa e addirittura mi parlava di una probabile specializzazione in America, credevo avesse compreso e volesse starmi vicino anche in questo ma..." scossi il capo, mi scese una lacrima "stava progettando la mia rovina!" dissi singhiozzando, mi arrivo una fitta alle costole.

Nina mi accarezzo i capelli cercando di calmarmi, ma non avevo finito...avevo iniziato ed ora volevo concludere.

"Con la scusa di voler prenotare lui i biglietti aerei e aver trovato una casa da affitare per qualche mese si è preso quasi tutti i miei soldi e li ha spesi in..."

"In?"

"in puttane!"

Scoppiai a piangere senza riuscire a raccontare la parte più brutta della storia, non ce la facevo. Era troppo doloroso, troppo.

"Nina fa male!" le urlai piangendo. Lei si alzò e posò dolcemente il suo corpo sul mio per abbracciarmi, continuò ad accarezzarmi e sussurava al mio orecchio di stare tranquilla che tutto si sarebbe risolto.


Passarono tre giorni prima che i medici si decidessero a dimettermi, mi avevano fatto ogni genere di analisi e non sapevo più come dire loro che stavo bene. Avevo solo bisogno di andare via da lì.

Fu Nina a venire nel momento delle dimissioni, in quei giorni avevamo legato tantissimo avendo passato praticamente tutto il tempo insieme. Si è rivelata proprio una bella persona: schietta e sincera, dolce, premurosa e molto matura.

"Uhm, no tesoro non devi andare di là!" mi disse guardandomi con aria soddisfatta.

"Nina di là andiamo verso l'ostello, no?"

Fece cenno con dito di proseguire verso il lato opposto ed io in silenzio la seguii cercando di immaginare cosa avessero combinato in questi giorni; poco più tardi arrivammo in quella che sarebbe stata la nostra casa, era proprio ciò che sospettavo.

"Oddio Nina ma è fantastico!"

Cercai di trattenere l'entusiasmo corporeo, nonostante le dimissioni le costole non erano ancora sane e alcuni movimenti mi provocavano delle fitte terribili, per non parlare della schiena.

La casa era veramente bella: ingresso in una cucina abitale molto grande che svolgeva anche la funzione di salotto, a destra c'erano delle scale che portavano al piano superiore mentre più avanti, leggermente spostato sulla destra, praticamente sotto le scale, c'era un bagno; salendo le scale c'era un lungo corridoio che portava sulla sinistra ad una stanza con tre letti, al suo interno un bagno in camera, sulla destra una stanza con due letti on anch'essa un bagno in camera e più avanti una specie di anticamera che permetteva l'accesso al balcone.

Ero contenta della casa, ero contenta ci fosse spazio per tutti anche se una parte di me ha inevitabilmente pensato a Thomas.

"Stai tranquilla, verrà in casa solo quando ti sentirai pronta." le sorrisi, nessuno oltre Dianna aveva mai intuito così facilmente i miei pensieri.

L'affitto era diviso per cinque e non avrei mai permesso ai miei sentimenti di privare ad una persona del suo alloggio, non era da me "Vai tranquilla Nina, avvisa pure tutti che possono venire a casa, è... ok...sto bene!"

Entrai in quella che sarebbe stata la nostra camera, mia di Dianna e Nina, e trovai già tutte le mie cose sistemate. "Nina sei stata troppo gentile, come potrò mai sdebitarmi?" Mi guardò pensierosa e poi rispose "Con una bella cioccolata calda!".

Scoppiai a ridere e anuii per farle intedere che il messaggio era arrivato, peccato che la cioccolata se la sarebbe presa solo lei. Maledetta intolleranza al lattosio.


Era arrivata ora di cena, mi alzai dal letto e dissi a Nina di non preoccuparsi che avrei cucinato io. Mi fece sapere che sarebbero tornati per cena anche Edward e Thomas e nello stesso momento ricevetti l'sms di Dianna con scritto che lei sarebbe rimasta con Robert ancora qualche giorno, di farle sapere come stavo e che le mancavo.

Lanciai il telefono sul letto, avrei risposto più tardi.

Scesi in cucina e guardai un po' nella dispensa, notai subito il tonno in scatola e così preparai la mia specialità: pasta al tonno nel modo in cui la cucinava sempre mia nonna.

Appena misi i piatti in tavola si aprì la porta di casa: erano Edward e Tom...che non si voltò a guardarmi nemmeno mezzo secondo.

"Oh Kristen, come stai?" Edward si avvicinò a me e mi diede un bacio sulla guancia stando attento a non toccarmi.

"Meglio Edward, grazie!"

"Chiamami Ed, Edward fa troppo antico dai!" fece l'occhiolino e andò su seguendo il suo amico.

Rimasi sola per poco perché Nina scese a mangiare subito, seguita a distanza di 5 minuti da Ed e Tom.

"Buona questa pasta Kris, complimenti!" "Grazie Ed, ho rubato la ricetta a mia nonna!"

Mangiammo in silenzio e la cosa mi rendeva nervosa e al tempo stesso mi dava quel senso di colpa scontato per una che aveva interrotto la routine di un gruppo.

Terminata la cena Ed mi vietò di lavare tutto e mi obbligò a riposare, così tornai al piano di sopra.

Decisi di andare sul balcone, lì c'era un divanetto molto comodo e nonostante il freddo la vista di Londra dal nostro quinto piano era mozzafiato.

Chiusi gli occhi e lasciai al vento il compito di accarezzare il mio viso. Nonostante la scomodità del busto, imposto dai medici a causa della lesione lieve alla colonna vertebrale, i miei movimenti non erano naturali e per stare seduta come volevo dovetti litigare con ogni mia parte del corpo.

Finalmente riuscii a mettere i piedi sul divanetto e abbracciare le mie ginocchia.

"Quanto sei bella Londra" sussurrai guardando le luci che illuminavano le panchine poste sul marciapiede davanti al Tamigi.

"Sì, è bellissima!"

Riconobbi la sua voce evitai così di girarmi. Rimasi immobile e in silenzio, non credevo avrebbe avuto il coraggio di avvicinarsi a me...non dopo quello che avevo scoperto.

Si sedette al mio fianco sul divanetto del balcone.

"Kristen, mi dispiace per quello che ti è successo..."

"Tranquillo. I medici hanno detto che sto bene." Ero fredda, fredda come il ghiaccio ma avrei voluto mostrare quello che in realtà ardeva dentro di me: rabbia, rancore, dolore.

"Sì" rispose alzandosi e riaprì la porta per rientrare in casa, "Perché? Perché cazzo hai scritto quel fottuto messaggio infantile? Perché Tom?" gli urlai contro prima che richiudesse la porta e mi lasciasse lì fuori sola.

"Kristen io...non importa. Lascia perdere...scusa" sbattè la porta e rientrò in casa senza darmi una spiegazione.


Ricordai di non aver risposto a Dianna, mi alzai dal divanetto e mi recai in stanza per prendere il telefono: 2 messaggi.

- Ho bisogno di vederti, ti aspetterò davanti alla fermata della metropolitana "Westminster" fino alle 11.00 pm

- Ho...ho lasciato medicina

Il mio cuore fece un balzo e dominò la mia mente. D'impulso presi il giaccone, misi le scarpe e uscii di casa dicendo a Nina che sarei tornata subito; non le diedi modo di rispondere per evitare domande di approfondimento.

Arrivai alla fermata in meno di dieci minuti, lui era lì.

Solito sguardo rivolto verso il basso, occhi spenti, tristi e viso stanco.

"Sono qui" dissi con voce tremante, lui annuì guardandomi incredulo.

I suoi occhi erano ancora spenti, sembrava sofferente, sembrava dispiaciuto...stavo permettendo al mio cuore di lasciarmi ammaliare da lui e dovevo impedirglielo.

Lui si avvicinò a me prendendomi la mano sinistra delicatamente, la portò verso il suo viso e mi diede un bacio su di essa.

"Ro...Robert per favore" cercavo di fargli notare che era sbagliato, che non poteva permettersi tutto ciò, non dopo quello che aveva fatto. Le mie forze però non erano sufficienti e non riuscii a ritrarre la mano, la lasciai tra la sua e le sue labbra.

Fu lui a lasciare la mia mano poco dopo, la lasciò per prendere il mio viso tra entrambe le sue mani. Mi guardò negli occhi ed io inevitabilmente iniziai a piangere.

Lo amavo, l'ho amato dal primo momento e non era mai sparito il sentimento ma quel dolore che senza indugio provocò al mio cuore quel maledetto giorno non riuscivo a dimenticarlo.

"Perdonami Kristen. Sono un coglione, lo so...ma ti amo cazzo. Ti amo come non ho mai amato nessun'altra al mondo e...mai nessuna potrà avere da me lo stesso amore che ho per te. Perdonami, ti prego!"

Avevo ancora il viso tra le sue mani. Abbassai lo sguardo e lui alzò il mio viso per lasciarsi guardare, si avvicinò a me facendo in modo che i nostri occhi non potessero fare altro che guardarsi reciprocamente.

Cazzo non ce la facevo più.

Avvicinai il mio corpo al suo maggiormente e lo baciai. Lui rispose al bacio molto più che volentieri, dimenticandosi del mio incidente e dei miei vari dolori, ma in quel momento nulla aveva importanza se non lui.

Fu inevitabile, lo spinsi verso il muro e cominciai a toccargli il petto, ero troppo bassa per riuscire ad arrivare ai suoi capelli senza mettermi sulle punte, ma al momento mi era impossibile grazie al busto che mi bloccava determinati movimenti.

Le sue mani scesero lungo tutta la mia schiena e prima di arrivare al fondo schiena deviarono sui fianchi, poco dopo lievemente più giù.

Mi afferrò con forza continuando a baciarmi. Staccai il mio viso dal suo per riprendere fiato, lo guardai negli occhi: desiderio.

Mi prese il braccio destro e mi portò con se giù per le scale della metropolitana. Entrammo nei bagni pubblici, non c'era nessuno, chiuse la porta bloccandola con una scopa presente all'interno.

Spinse il mio corpo fino a farmi sbattere contro il muro, tirò giù i miei pantaloni della tuta contemporaneamente agli slip, lasciandomi la parte inferiore completamente nuda. Mise le mani sotto le mie coscce e mi prese in braccio. Slacciai i suoi pantaloni mentre lui continuava a baciarmi e toccarmi il seno, una delle poche parti fuori dal busto, e in breve tempo mi ritrovai il suo corpo dentro il mio.

Era strano farlo in un bagno pubblico, non ci era mai capitato. La mancanza del contatto tra i nostri corpi si faceva sentire sempre più, lui spingeva ed io mi avvinghiavo sempre più al suo corpo. L'eccitazione era alle stelle.

Venne nel mio stesso momento, quando presi in suoi capelli e li tirai portando il suo viso fra il mio seno.

Sentivo il cuore battere velocemente, quasi volesse uscire dal petto.

Il suo respiro era affannato. Rimase fermo, con me in braccio e il suo viso sul mio petto per qualche minuto, dopo mi fece scendere e ci rivestimmo velocemente.

Sblocco la porta e uscimmo dalla stazione.

"Come stai?" chiese fermandomi pochi passi dopo il punto del nostro incontro.

"Sto bene, grazie"

Forse avrei potuto ricominciare la mia vita anche con lui?

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Capitolo 4
*** No happy ending. ***


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Chiedo subito scusa per non aver postato prima questo quarto capitolo, ma ho avuto un po' di problemi. Stasera probabilmente sarà stato lo stato d'animo ad avermi spinta a scrivere e concludere ciò che avevo iniziato già da un po' di giorni.
Ringrazio tutti per le recensioni!
Questo capitolo è un po' strano e alla fine pone parecchi punti interrogativi che in seguito verranno spiegati.
Spero vi piaccia.
Jen
 
P.S. Questa volta lascio una canzone e non una foto. E' una delle mie canzoni preferita, una canzone che per me significa moltissimo e che mi ha "supportata" nello scrivere il capitolo a tal punto da averne inserito due frasi del testo.

Era imbarazzante la situazione, i guardavo lui, lui guardava me ma nessuno dei due riusciva ad andare oltre un discorso scontato composto da un: Come stai? Bene, tu?
La nostra storia durava da anni ma probabilmente l'interruzione dovuta a...no, non ce la facevo a pensarci; cercai di distrarmi guardando le strade di Londra.
"Come ti sembra Londra?" chiese improvvisamente.
"Ehm...beh, è indubbiamente una bellissima città ma....non ho ancora visto molto. Sai, sono qui da pochi giorni e la metà li ho passati in ospedale!"
Annuii e abbassò lo sguardo, forse si sentiva in colpa per l'incidente ma non riusciva a trovare le parole per dirmelo.
"Robert è il caso che io vada a casa. Si è fatto tardi e non vorrei far preoccupare Nina" , "C'è anche Thomas, vero?" il suo sguardo si fece molto più rude.
"Sì, ma ha ben chiaro il concetto..."
Mi salutò con un bacio sulla fronte e si allontanò andando verso chissà quale posto di questa immensa città, posto in cui probabilmente avrei trovato Dianna.
"Dì ma perché mi hai abbandonata così..." sussurrai tra me e me.

"Dio mio Kristen dove diavolo sei stata tutto questo tempo? Ti avrò chiamata un'infinità di volte!"
Nina aveva un'espressione terrorizzata sul viso, non potevo darle torto: erano passate almeno due ore da quando uscii di casa senza avvisare nessuno.
"Scusami, ero..." mentre cercavo di spiegarle senza vergognarmi troppo e scendere nei dettagli presi il cellulare per controllare le chiamate e trovai un messaggio di Dianna, "Oh, cazzo è vero avrei dovuto riponderle". Nina mi guardò confusa.
Alzai gli occhi terrorizzati e scioccati per guardare Nina.
"Kristen, Kristen che cosa succede? Cosa ti hanno scritto?" mi strappò di mano il cellulare ed io restai inerme mentre lesse ad alta voce il contenuto: "Kristen ho bisogno d'aiuto. Ti prego!"
Nina spalancò gli occhi incredula prima di cominciare ad urlare "EDWARD, TOM VENITE!"
I ragazzi scesero in pochissimo tempo, avevo ancora i vestiti addosso il che era un sollievo, non avevamo tempo da perdere.
"Cosa succede?" chiese Ed, "Abbiamo un problema, un grande problema. Temo che i messaggi ricevuti in questi giorni da Dianna non siano stati inviati realmente da lei!" Passò il telefono nelle sue mani ed entrambi lessero quel che Dianna mi aveva scritto. Rimasero impietriti, andarono a prendere i loro giubbotti ed uscimmo di casa senza troppi indugi.
"Okay, aspettate!" esordì Tom "Non possiamo andare in giro per Londra senza avere idee ben precise! Kristen hai in mente qualcosa? Quali altri messaggi hai ricevuto da lei?"
"L..lei me ne ha scritto solo uno. Disse che sarebbe rimasta con...con Robert ancora per qualche giorno, di farle sapere come stavo e che le manc..." mi interruppe subito Nina "Sono io che ho ricevuto più messaggi. Cioè, per essere una migliore amica non ne ho ricevuti poi così molti. Intendo dire per Kristen. Oddio, sto creando confusione! Kristen, Kristen era in ospedale per Dio e lei??? Il massimo che ha fatto è scrivermi due o tre sms per dirmi che avrebbe pensato lei a Robert per tenerlo lontano da lei e che Kristen avrebbe capito. Francamente non vedo cosa si possa capire: la tua migliore amica è in ospedale e tu cosa fai? Pensi a portare Robert lontano? Avrebbe potuto delegare qualcun altro! Ma a questo punto mi domando se le cose siano andate realmente così..."
"Cazzo, avrei potuto chiedere a Robert prima!" tutti e tre si girarono a guardarmi con occhi allibiti ma Thomas no. Lui era inferocito, ferito. "Tu, tu hai visto Robert?" chiese con tono schifato.
"Ne parlerete dopo cazzo. Adesso pensiamo a Dianna." disse Nina irritata "Kris, chiama Robert e vediamo cosa ci sa dire!"
Lo chiamai...uno squillo, due squilli, tre squilli...
"Non mi risponde..." la mia mente cominciò a fare mille film. Okay Kristen, ora calmati! Dobbiamo trovare Dianna.
Nessuno di noi riusciva a pensare lucidamente cosa fare; dove potesse essere, con chi, cosa le staranno facendo...
All'improvviso sentii un vuoto dentro di me, io l'avevo odiata in questi ultimi giorni per non essermi stata vicino ed ora? Ora scopro che non è stata una sua scelta, una sua decisione. Crollai a terra, le gambe non riuscirono più a reggermi. Le lacrime ricoprirono ogni parte del mio viso e cominciai a singhiozzare.
Tom si avvicinò a me e fece per abbracciarmi ma Nina lo sposto per venire lei, "Non è il caso Tom!" gli disse in tono fermo.
Avrei dovuto riprendere il controllo delle mie emozioni, dovevo essere forte, dovevo reagire per Dianna ma le lacrime incessanti continuavano a scorrere e cominciò anche la tachicardia e il respiro affannoso. Attacco d'ansia, cazzo.
"Ragazzi, Kristen non sta per niente bene. Prendete il suo telefono, chiamate Robert...Ed fallo tu per cortesia! E tu Tom prendi il numero di Dianna e chiamala, chiamala finché non risponde qualcuno. Riporto Kristen a casa e vediamo come farle passare questa crisi."

Ero a casa, distesa sul letto con le lacrime che imperterrite continuavano ad inumidire il mio volto. Cazzo perché ora? Kristen riprenditi!
"Ti ho fatto una camomilla ed ho preso dal tuo beauty le gocce che prendi solitament per gli attacchi d'ansia. Kristen, non preoccuparti risolviamo tutto!" Posò la camomilla e la scatola delle gocce sul comodino vicino al letto e mi sollevai per bere e prendere la medicina.
Ancora non avevo terminato la camomilla e Nina ricevette una chiamata.
"Tom, dimmi!" pausa...
"O...Okay." lunga pausa...
"Cazzo Nina cosa succede?" urlai spaventata.
"Arriviamo!" e chiuse la chiamata.
"Kristen, andiamo. L'hanno trovata."
La mia fantasia era pessima in questi casi: cominciai a pensare un'infinità di orribili situazioni e invece di calmarmi mi agitai maggiormente.
Feci un profondo respiro e mi convinsi che si sarebbe sistemato tutto. Presi la giacca e insieme a Nina uscimmo per raggiungerli.

Eravamo quasi arrivate quando girando l'angolo, in lontananza vidi Tom seduto sulle scale che portavano ad un appartamento.
Arrivammo velocissime da lui.
"Dov'è? Dov'è Dianna? Cosa cazzo ci fai tu qui da solo?"
"Kristen calmati." disse Nina prendendomi la mano. Mi guardò un attimo prima di rivolgersi a Tom, "Allora, dimmi tutto!"
Lui si mise le mani tra i capelli, era sconvolto.
"Tom!" lo inventivò Nina.
"Era...era per terra sanguinante. Aveva contusioni ovunque, gli occhi gonfi e non per le lacrime, non aveva la forza di parlare...abbiamo chiamato subito l'ambulanza e Edward è andato con lei. Gli ho detto di chiamarmi appena poteva, così da sapere dove andare."
Sentii la testa svuotarsi, come se la mia anima uscisse dal mio corpo e mi lasciasse sola, vuota, priva di una verà entità. Mi gettai sulle ginocchia facendo male e posai i palmi delle mani sul marciapiede. Cosa cazzo era successo? Come era possibile tutto questo?
Nina mi tirò su e insieme ci sedemmo affianco a Tom. Tutti e tre in silenzio ad aspettare, aspettare quella chiamata...
Il freddo di Londra non aveva modo di farsi strada nel mio corpo ormai inerme, sovrastato dagli eventi e terrorizzato da quel che ancora sarebbe potuto accadere.
Avrei tanto voluto Robert lì con me, lui magari sarebbe stato in grado di farmi pensare in positivo, di non permettere che la mia mente si lasci trasportare dal solito odioso pessimismo. Lui però non c'era, non era lì e non aveva risposto alla chiamata.
Il mio cellulare era ancora con Ed, quindi anche se avesse richiamato non potevo saperlo.
Finalmente il telefono di Tom squillò "Ed, dimmi!", ascoltò qualche secondo e poi rispose "quel bastardo! Te le mando subito lì."
Si alzò di scatto, si voltò verso di noi e senza guardarci a denti stretti disse "E' al St. Thomas Hospital, non tanto distante da qui. Io vi raggiungo dopo."
"Ma.." Nina prese il mio braccio prima che io possa concludere la frase e mi trascino in direzione opposta a quella presa da Tom, "Kristen andiamo da Dianna!", disse in tono fermo.
Mi lasciai trascinare da lei e con la testa girata indietro provai a sguire con lo sguardo dove si stava dirigendo Tom - stupidamente perché quanto conoscevo davvero Londra? Proprio per niente.
"Nina ma cosa succede? Perché nessuno mi dice niente, sembra tutto un fottuto incubo!" e le lacrime tornarono, speravo che prima o poi finisse la riserva ma per il momento non sembrava proprio un'ipotesi realizzabile.
"Tesoro, sistemeremo tutto. Ora andiamo da Dianna e vediamo che è successo. Al resto penseremo dopo, okay?" le anuii sperando nelle sue parole.

"Scusi, è ricoverata qui una nostra amica Dianna...Dianna..."
"Agron!" intervenni subito.
"Mi dispiace ragazze, ma per la privacy non posso dirvi niente. Solo i famigliari possono avere informazioni."
"Senta, so che la colpa non è sua ma non me ne frega niente. Ora come ora me la prenderei anche con un muro. Dianna non ha nessuno qui, okay? Io sono la sua migliore amica, cazzo! Siamo come due fottute sorelle, quindi ora lei mi dice dove cazzo è o prendo e spacco tutto qui dentro. Le è chiaro?"
Sentivo lo sguardo di Nina addosso, devo averla spaventata...nessuno poteva impedirmi di vedere la mia Dì. Nessuno.
Appena avute le informazioni corsi come una pazza al terzo piano, niente ascensore le gambe erano più veloci in quel momento. Il primo che vidi fu Edward, ma era scontato, mi fermai davanti a lui in silenzio cercando di riprendere fiato.
"Dov'è? Come sta?" Ed scosse la testa.
"Ed..Edward dicci come sta, ti prego!" disse Nina al mio posto.
"E'... in coma."
Le pareti dell'ospedale cominciarono a muoversi, sembravano voler cadere addosso al mio corpo, come volermi sotterrare. Fore sarebbe stato meglio, meno doloroso.
"COSA CAZZO LE HANNO FATTO? CHI? BASTARDI! DIANNAAAAA" urlai a squarciagola facendo arrivare gli infermieri. Edward e Nina mi presero per le braccia mentre cercavo di liberarmi per correre da lei, non volevo crederci. No, cazzo non poteva essere così. No.
Mi portarono nella sala d'attesa del piano, mi sedetti senza fare storie altrimenti mi avrebbero cacciata.
Nina si sedette accanto a me, mi abbracciò forte nel momento giusto: quando scoppiai in un lunghissimo pianto disperato.
In quel momento arrivo Tom, aveva il labbro rotto e sanguinante e un occhio nero. Si stava dirigendo verso di me ma Edward lo bloccò mettendogli una mano sul petto.
"No, cazzo deve sapere. Deve sapere la verità!" urlò Tom spostando con stizza il braccio di Edward, "Sai chi è stata la merda? Lo vuoi sapere? Quello stronzo che ti continua a far del male. Quel lurido pezzo di merda che non so come cazzo fai ad amare. L'ha stuprata, l'ha stuprata mentre tu eri in ospedale e appena tu hai accettato di vederlo l'ha picchiata fino a ridurla com'è ora. TU NON LO DEVI VEDERE PIU' CAZZO KRISTEN!"
Spalancai gli occhi, mi si blocco il respiro.
This is the way you left me, I'm not pretending. No hope, no love, no glory...No happy ending.

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Capitolo 5
*** Faith. ***


Bene, finalmente dopo tantissimo tempo sono riuscita a scrivere il quinto capitolo della storia.
Chiedo scusa per la lunga attesa e ringrazio chi mi segue sempre e comunque, quelle dolci anime che nonostante tutto trovano la voglia e il tempo di star dietro alla storiella qui proposta.
Spero vi piaccia il capitolo! :)
Grazie ancora a tutti di vero cuore, Jen!

Nuovi personaggi:

Rachel Bilson -  - Leighton Meester - 


 

Il tempo passa e spesso non te ne rendi nemmeno conto.
Erano passati ormai due mesi da quel terribile giorno in cui Dianna entrò in coma, ma nemmeno il tempo aveva avuto modo di sistemare le cose.
Passavo dall'ospedale tutte le sere appena terminato il mio turno di lavoro, era diventata la mia tappa fissa prima di tornare a casa - una casa che non sentivo mia perché senza la mia Dì tutto non aveva più molto senso.

Lavoravo da Hollister, mi presero senza troppe esitazione appena letto il mio curriculum e la lettera di presentazione. Ammetto che la cosa mi stupii tantissimo, non avrei mai pensato di poter ambire ad un negozio da me tanto amato.
Nina fu presa da Abercrombie come modella, non avevo dubbi che ci sarebbe riuscita è di una bellezza indescrivibile e di una solarità tipica dello stile del negozio.
Edward e Thomas invece furono presi entrambi da Starbucks, quando passavo da loro per un saluto pensavo tantissimo a Dianna - amava Starbucks e sarebbe stata lì una giornata intera ad assaggiare ogni peculiarità culinaria.

"Ciao Kris, ci vediamo domani allora!" disse Leighton, l'unica modella simpatica che mi aveva accolta a braccia aperte senza menarsela.
"Ciao Leighton, a domani..." le diedi un bacio sulla guancia e scappai dal negozio.
Rimasi con i vestiti che indossavo a lavoro, ma non aveva poi così importanza: un paio di jeans aderenti, una canotta e una camicia larga - ecco la nostra "divisa" e considerando i miei gusti non potevo che sentirmi a mio agio con essi.
Mi diressi frettolosamente verso l'ospedale e appena arrivata all'interno del cortile della struttura mi accorsi di una piccola chiesa semi illuminata sulla destra dell'entrata principale. Senza nemmeno rendermene conto mi avvicinai ad essa e la guardai per qualche minuto in silenzio.
Erano anni che non entravo in una chiesa, anni che non partecipavo ad una messa, anni che non mi sentivo più legata davvero agli insegnamenti ecclesiastici che la mia famiglia mi aveva sempre permesso di avere.
Sospirai, un briciolo di nostalgia del passato mi assalì, pensando ai tempi in cui io e Dianna frequentavamo l'oratorio. Erano gli anni della spensierateza, dei futili ed insensati litigi, gli anni più belli, prima odiati e che avresti rimpianto solo col senno di poi.
Decisi di entrare in chiesa per dare un'occhiata e immergermi maggiormente nei ricordi così che più tardi l'avrei potuto raccontato a Dianna - nella vana speranza che lei riuscisse a sentirmi.
Come avevo notato dall'esterno la chiesa non era poi così grande, al contrario, era tutto concentrato: sui lati erano poste le stazioni per la Via Crucis e due statue per lato, non riuscii a riconscerne i Santi. Le panchine erano poste in due blocchi e in fondo alla chiesa c'era l'altare rialzato di due gradini, con alle spalle un organo e un semicerchio con delle sedie in legno l'una attaccata all'altra - presumevo fosse per il coro.
Presi posto su una panchina e frugando nei miei ricordi cominciai a pregare, chiudendo gli occhi ed isolandomi dal mondo.
Poco dopo sentii qualcuno piangere, aprii di scatto gli occhi e mi guardai attorno disorientata. Vidi una ragazza molto giovane, di qualche anno più grande di me, vestita da medico, seduta su una panchina poco più avanti della mia ma nell'altro blocco. Aveva l'aria davvero afflitta e non smetteva di versare lacrime.
Mi avvicinai a lei sperando di non essere troppo invadente.
"Mi scusi, posso fare qualcosa per aiutarla?" le dissi gentilmente poggiando la mia mano sulla sua spalla.
"Oh, scusami. Non mi ero accorta ci fosse qualcuno dentro. Scusami davvero, spero di non aver disturbato troppo con il mio pianto!"
"Non si preoccupi, nessun disturbo... Posso?" le feci segno sulla panchina per chiederle se avrebbe gradito la mia presenza qui al suo fianco, lei annuì.
Ci furono parecchi minuti di silenzio durante i quali più volte dentro di me voleva uscire la domanda, la classica domanda che però non sai mai quanto bene possa fare all'altra persona: Vuoi sfogarti? Io sono qui, raccontami tutto se può aiutarti.
Ma non ebbi il coraggio di farla e così fu lei ad interrompere quei lunghi minuti di totale silenzio.
"Io...sono Rachel." disse porgendomi la sua mano, ricambia subito stringendo la sua e dicendole il mio nome.
"Sai Kristen, non capita spesso che io venga qui a piangere e sfogare ogni mio dolore...ma tutte le volte che è successo non ho mai avuto la fortuna di incontrare una ragazza interessa al dolore di una persona sconosciuta. Devi essere una ragazza di gran cuore, complimenti."
Arrossii subito alle sue parole e mi sentii bollire.
"Gr...grazie..."
"Cosa ti porta da queste parti?"
"La mia migliore amica...Dianna...è due mesi che è in coma ed è in questo ospedale. Io...beh, vengo ogni sera e passo un po' di tempo con lei prima di tornare a casa. Spero sempre che..." non riuscii a terminare la frase prima che le lacrime riempissero i miei occhi.
"Mi dispiace" disse Rachel, la guardai subito cercando di tirare fuori una bozza di sorriso, lei ricambiò con lo stesso sorriso forzato. Poco dopo continuò "Sai, io ho deciso di diventare un medico quando a 10 anni mi ritrovai senza genitori. Morirono entrambi a distanza di mesi per lo stesso male, un tumore. Da quel giorno decisi di vivere la mia vita per salvare vite. Mi sono specializzata in Oncologia e successivamente ho rifatto la specializzazione per potermi occupare anche dell'Oncologia pediatrica." Rimase in silenzio per qualche secondo e ricominciò il suo racconto "Oggi è morta una bimba di 8 anni, Clary. La seguivo da ormai tre anni e sapevamo non le sarebbe rimasto molto tempo...ma sai com'è, un conto è saperlo perché sei medico, un altro è vedere una piccola, dolce bambina di soli 8 anni morire sul letto di un ospedale per colpa di un male che ancora non siamo riusciti a gestire al 100%. Sono corsa qui perché ho una figlia della sua stessa età e ringrazio Dio ogni Santo giorno che lei sia in salute..." le si riempirono nuovamente gli occhi di lacrime ed io non riuscii a bloccare le mie né aprire bocca per dire qualcosa di sensato e opportuno.
Senza pensarci abbracciai quella dottoressa che in meno di un'ora era riuscita a farmi provare un'immensa stima per lei.

Posai la felpa blu scuro che avevo comprato oggi sulla scrivania posta vicino alla finestra della stanza.
Ogni Giovedì, decisi senza rendermene conto, portavo a Dì qualcosa dal negozio così che al suo risveglio trovasse tanti bellissimi vestiti che lei amava tanto.
Giovedì era il giorno del suo ricovero, il giorno in cui entrò in coma ed io non volevo che la vita segnasse quel giorno come un giorno in cui soffrire, così decisi di portarle dei regali ogni Giovedì...nella speranza che lei si svegliasse e possa, con la sua innata allegria, commentare ogni mio acquisto.
Presi la sedia della scrivania e la portai vicino al letto, mi sedetti e cominciai a raccontare a Dì la mia giornata.
"Signorina Kristen è tardi, le lasciamo ancora qualche minuto ma poi dobbiamo chiederle di andare!" disse dispiaciuta Leah, l'infermiera di turno ogni Giovedì sera.
"Tranquilla Leah, lasciala pure quanto vuole...è con me stasera!"
"Oh, d'accordo Dottoressa Bilson." disse obbediente Leah.
Sorrisi a Rachel per ringraziarla e lei mi salutò ricambiando il sorriso.
"Hai sentito Dì? Quella voce era di una ragazza poco più grande di noi, è un medico. Ha studiato per diventare un'oncologo...anche pediatrico. Ci vuole tanto coraggio per fare questo lavoro, tanta forza interiore perché non puoi permetterti di crollare davanti ad un paziente. Lei...io l'ho conosciuta nella piccola chiesa che c'è qui in cortile, era in lacrime perché hanno perso una bimba di 8 anni. Dì tu non farmi questo, okay? Dobbiamo costruirci il nostro mertato futuro INSIEME!" la guardai attccata alle flebo, con quei tubi che le partivano dal naso, i mille fili attaccati al suo corpo per monitorarle di tutto...niente i suoi occhi non volevano proprio aprisi.
"Dì, io non ti lascerò mai. Se sei qui è anche colpa mia e...io avrei dovuto pensare di più a te che al mio stupido passato. Quindi tu devi svegliarti, se non vuoi farlo ora lo farai prima o poi ed io sarò qui. Devi farmela pagare..." iniziai a piangere "okay? Devi...devi svegliarti e fare la stronza con me. Farmi i dispetti come fossimo piccole. Fammela pagare come vuoi, tagliami i capelli, fammi una tinta sbagliata, butta nel tamigi tutto ciò a cui tengo...ma non morire. Ti prego non lo fare."
Ormai le lacrime avevano inondato il mio viso non trovando più spazio all'interno degli occhi.
Mi rivestii e presi la borsa, diedi un bacio sulla fronte della mia dolce Dì e mi diressi verso la porta.
Avevo la mano sopra la maniglia della porta quando girandomi verso di lei ancora in lacrime le dissi "Dì, ti voglio bene...torna presto da me!". Chiusi gli occhi sospirando ed aprii la porta.
"K...Kris...."
Mi girai di scatto spalancando gli occhi ancora colmi di lacrime, gettai a terra la borsa e corsi verso il letto.
"Dì, Dianna sono qui. Sì, sono io Kristen. Svegliati Dianna. Sono qui, sono io!"
Nel frattempo arrivarono medici ed infermieri, alcuni dei quali addetti a prendermi di peso e portarmi fuori dalla stanza.
"Cazzo NO! Non ancora, lasciatemi dentro ha parlato. Mi ha chiamata!" urlai agli infermieri che mi portarono nella fottuta sala d'attesa.
Lì c'era Rachel, seduta come se stesse aspettando qualcuno, come se sapesse che sarei finita lì.
"Signorina si calmi, appena sappiamo qualcosa sarà avvisata. Ora ci sono i medici e devono pensarci loro."
"Andate pure, ci penso io" disse Rachel allontanado gli infermieri da me. Prese la mia spalla con la sua mano e mi spinse delicatamente verso la sedia, in modo da lasciarmi sedere.
"Stai tranquilla Kristen, quando i pazienti si risvegliano dal coma, soprattutto se lungo più di qualche settimana, devono essere sottoposti a controlli specifici per la loro incolumità. Un coma lungo due mesi non è da prendere alla leggera, stanno solo facendo ciò che è necessario per la salute di Dianna."
"Ma io..." mi prese la mano e la strinse nella sua.
"Lo so, lo so. Ora tu devi solo smettere di piangere e pensare che tutto si potrà sistemare, hai pregato per lei non lo dimenticare."
Presi dalla tasca dei jeans un fazzoletto e mi asciugai il viso.
"Vado...a chiamare i miei amici così vengono qui." sorrise ed annuì.

"Pronto?"
"Nina...vieni. Sono all'ospedale, da Dianna. Si è...si è...oddio Nina non lo so mi ha chiamata e poi i medici mi hanno fatta trascinare fuori dalla stanza. Ti prego venite!" ed ecco nuovamente le lacrime ricoprire il mio volto.
"Arriviamo!" rispose Nina e riattaccò subito.
Passarono circa 30 minuti prima che Nina, Ed e Thomas arrivassero in ospedale. Appena vidi Nina attraverso la porta le corsi incontro e l'abbracciai con tutta la forza rimasta nel mio corpo.
Sentii una calda mano sulla mia schiena, staccai la presa da Nina e mi voltai. Era Thomas, con gli occhi lucidi, probabilmente pieni di lacrime che non voleva far uscire, e lo sguardo di chi spera tutto possa risolversi presto. Mi fiondai nelle sue braccia che mi strinsero il più possibile senza farmi male.
Mi baciò i capelli e subito dopo posò la sua guancia su di essi.
Rimasi a lungo stretta a lui, senza un vero perché ma provavo un leggero senso di protezione.
"Andrà tutto bene Kristen, te lo prometto." sussurrò e trasportata dal suono delle sue parole spinsi un braccio fuori dalla sua presa per prendergli un fianco e stringerlo con forza - volevo sentisse la mia silenziosa risposta.

"KRISTEN!" urlò Rachel che nel frattempo era andata in fondo al corridoio proprio davanti la stanza di Dianna.
Di scatto mi girai staccandomi da Thomas e guardai in fondo al corridoio già inondata dalle lacrime incessanti. 

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