Amore Inaspettato di ViolaNera (/viewuser.php?uid=163681)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Geloso di quello? ***
Capitolo 2: *** Quello è pericoloso! ***
Capitolo 3: *** Resa dei conti (con quello) ***
Capitolo 4: *** Pace? ***
Capitolo 5: *** Amore Inaspettato ***
Capitolo 1 *** Geloso di quello? ***
Berwald
osserva Tino, corrucciandosi mentre lo vede fingere palesemente di
non essere in grado di mettere a segno un misero canestro e
demoralizzarsi.
Per
piacere.
È
un giocatore consumato e sa benissimo quanto sia bravo in quasi tutti
gli sport. Non è alto come lui e Matt, ma gli basta saltare
per infilare quella stupida palla anche ad occhi chiusi, perché,
diamine, Tino salta come pochi.
La
cosa che lo sta innervosendo (da morire) è sapere che tutta
quella farsa è finalizzata ad attirare l'attenzione di Matt,
il quale o finge di non capire o lo asseconda.
Tra
l'altro Tino non ha alcun problema personale che lo distragga al
punto tale da compromettere la sua abilità sportiva, perciò
tutta quella benevolenza è irritante il doppio.
Matt,
non cascarci, è una re-ci-ta.
È
un danese sorridente quello che si avvicina alle spalle dell'amico
più minuto e si china in avanti per spiegargli che sta
sbagliando a tenere le gambe così diritte e bla bla bla.
Berwald
mugugna, senza staccare gli occhi dai due.
Vede
Tino arrossire e ridacchiare, mentre Matt mette le mani sulle sue che
tengono la palla e lo guida in una serie di movimenti di prova,
spiegando con calma come deve fare per avere successo. E, dopo alcuni
tentativi chiaramente truccati per finire male, Tino -oh, ma che
sorpresa!- fa canestro.
Anche
se Berwald non sa leggere le labbra e il danese gli volta le spalle,
capisce benissimo che il biondino lo sta ringraziando e che Matt gli
sta sorridendo come sempre, in quel modo che può illuminare
una catacomba.
È
con una fitta di gelosia micidiale che Berwald lancia la palla al
proprio compagno, spaventandolo per la potenza del tiro e mancando
per pochi centimetri la rottura di un innocente setto nasale.
«Va
bene, la lezione è finita! Tutti alle docce!», li
richiama il professore, fischiando e battendo le mani due volte.
Accompagnato
dallo sguardo terrorizzato del ragazzo il cui naso è salvo per
un fortuito caso, Berwald segue i compagni verso lo spogliatoio.
Non
riesce ad evitare di lanciare brevi e discrete occhiate alla schiena
nuda di Matt, ai suoi capelli biondi che bagnati sembrano molto più
scuri. Cerca di non esagerare e di fare il casuale, ma è più
forte di lui e lo sguardo viaggia da solo scivolando lungo il suo
corpo ed accarezzandolo quasi ingenuamente in ogni dettaglio
visibile.
Quando
l'amico si volta verso di lui, Berwald trattiene un verso soffocato e
si concentra intensamente sull'etichetta dello shampoo, in un
improvviso interesse per gli ingredienti che spera sia credibile.
«Hey,
Ber!», lo chiama. «Ah, proprio quello che cercavo! L'ho
scordato di nuovo! Grazie, eh!», dichiara, facendogli sparire
il flacone di plastica dalla mano.
«Mh»,
mugugna il ragazzo, impietrito, stringendo le dita attorno ad uno
spazio vuoto e guardandolo mentre si insapona i capelli
canticchiando. «Niente.»
«Uaaaah!»,
grida Matt mettendo il viso sotto l'acqua. «Negli occhi!
Aiuto! Bruciaaaa!»
Tutti
i ragazzi vicini scoppiano a ridere e lo prendono in giro, ma Berwald
riesce solo a fare un piccolo sorriso storto che si spegne quasi
all'istante, quando il suo sguardo entra in contatto con quello
lampeggiante di Tino.
Solleva
appena il mento in segno di sfida, ricambiando i lampi. Tino lo
fulmina ulteriormente e gli mostra le spalle, prendendo a sfregarsi i
capelli con furia.
Tolto
Matt (e gli animali), sembra l'unico a non turbarsi mai quando lo
guarda in un certo modo. Gli altri compagni dicono che sia spaventoso
il modo in li cui li osserva attraverso le lenti degli occhiali (e
molti bambini scoppiati in lacrime potrebbero confermare), ma lui,
Matt e Tino sono amici d'infanzia e sono cresciuti insieme.
Qualche
amico di vecchia data si diverte ancora a definirli “Il Trio
Nordico”, come se fossero una sorta di band musicale.
Il
Trio.
Un
trio che esiste ancora, senza più la sincerità di un
tempo, soltanto grazie a Matt che fa da collante (inconsapevole) tra
lui e Tino.
Non
che si odino, ma crescere e ritrovarsi con una cotta per lo stesso
ragazzo non li ha aiutati. Perlopiù fingono di sopportarsi
diplomaticamente, specie in presenza di Matt; se lui scoprisse la
verità sarebbe troppo doloroso ed entrambi sanno che rischiano
di rovinare quell'amicizia, perciò continuano a mantenere un
rapporto di facciata che c'è ancora, ma non è più
profondo come può sembrare ad un osservatore esterno. Come
Matt stesso crede.
Di
sicuro, Tino ha iniziato a volergli male già da qualche mese,
almeno da quando ha capito di averlo come rivale.
Rivale?
È così che lo considera? Uno scomodo sassolino lungo il
suo percorso di conquista? Non dovrebbe prendersela, in fondo vede il
finlandese allo stesso modo, eppure...
«Ber,
dico!»
Matt
gli schiocca le dita davanti agli occhi, ma non producono un gran
suono a causa dell'acqua. Sobbalza comunque e le fissa, guardandolo
poi negli occhi.
«Ah,
eccoti qui», sghignazza l'altro tornando alla propria doccia.
Berwald
si guarda la mano e si accorge che gli ha rimesso lo shampoo sul
palmo teso. A che stava pensando? A Tino? In un momento simile?
Un'occasione per perdersi in meravigliose fantasie accanto al ragazzo
che gli piace, mentre sono nudi nelle docce?
Imperdonabile.
Stupida mente che vaga senza controllo.
Si
insulta pesantemente e brontola qualcosa, riconcentrandosi per lavare
via ogni traccia di sudore.
«Pss,
Berwy», sussurra l'amico lì accanto allungando
leggermente il collo nella sua direzione. «Non è che
prima stavi guardando le lodevoli chiappe di Tino e ti sei incantato
ad immaginare sconcezze?»
Berwald
avvampa fino alle orecchie e gli tira lo shampoo in testa senza
rispondere.
-Angolo
Autrice-
Benché
abbia parecchie storie pronte sui Nordici, sono sempre stata restia a
pubblicare... ma! Sì, ce un ma o non sarei qui.
C'è
gente che insiste, mettiamola così. Gente che pensa che farei
felice (?) qualcuno condividendo queste storie.
Perciò
cominciamo con qualcosa di leggero, carino e poco impegnativo, ovvero
questa, talmente vecchia che non so come mi sia venuta in mente.
Non
è molto lunga nel totale, ma si presta bene ad essere divisa a
“blocchi”, diciamo, tanto che non sono nemmeno veri
capitoli e per trovare i titoli morirò.
*segamentalizza*
Prendete
questo primo come una specie di introduzione, giusto per capire chi
abbiamo davanti e che cacchio vogliono.
Matt.
Sì,
lo vogliamo in molti. *sguardo perv*
Tra
parentesi, è il nome che la mia misteriosa compagna di
playeraggio ha scelto per il suo Danimarca e tale è ormai zuo
nome anche in mie ztovie.
Finito
l'angolino inutile? Sì? Bene, addio. Chi ha voglia di spararsi
flebo di zucchero può accodarsi... ce ne sarà, più
avanti. (E non solo quello.)
|
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Capitolo 2 *** Quello è pericoloso! ***
Come
ogni giorno, dopo la scuola, si incamminano insieme tutti e quattro.
Sì,
quattro. Lukas si unisce a loro soltanto quando non ha lezione di
violino.
È
più amico di Matt che suo, è un tipo di poche parole e
piuttosto riservato (motivo per il quale lo trova un ottimo compagno
di banco), ma sembra trovi piacevole la loro compagnia.
È
un ragazzo bello e popolare, di famiglia benestante, educato, serio
ed intelligente. A volte si chiede se non debba temere più lui
come rivale in amore, anche perché Matt sembra letteralmente
pendere dalle sue labbra quando spiega qualcosa che loro tre non
sanno.
Osserva
Matt e Lukas fermarsi ad un chiosco a prendere dei caffè ed
annuisce quando gli chiedono se gli sta bene fermarsi un po' al parco
prima di dividersi per tornare a casa.
Mentre
si perde nei propri pensieri, qualcosa gli preme sull'avambraccio e
lo strattona indietro. Si volta, trovandosi contro il bicipite uno
sguardo viola di cattiveria inaudita.
«Tu.
Con me», sibila Tino.
«Mh?»
«Muoviti.
Dobbiamo parlare», bisbiglia,
trascinandolo fino a sparire dietro alcuni cespugli del parco giochi.
Tino
si accuccia ed emette un buffo verso di impazienza nel non vedersi
imitato, quindi lo tira verso il basso per farlo finire in ginocchio
davanti a lui. Lo fissa per qualche istante e si mette più
comodo, incrociando le gambe.
«Berwald»,
comincia, estremamente serio. «Non
credere che non sappia a cosa stai pensando»,
prosegue in tono cospiratorio.
«Ovvero»,
ribatte neutro.
«Parlo
delle docce. So esattamente che razza di pensieri fai mentre
lo guardi e lui non si accorge di niente»,
afferma, puntandogli l'indice al centro della fronte e guardandolo
storto.
Berwald
sogghigna. Non può trattenersi.
«Già,
Mister “non sono capace a fare canestro come sei bravo Matt
meno male che ho un amico come te”»,
lo punzecchia.
Vede
Tino arrossire e cercare di balbettare qualcosa, ma lo zittisce con
un gesto della mano e lo afferra per il polso ancora sospeso a
mezz'aria tra loro, levandosi il dito dalla faccia. «Immagino
che anche tu abbia delle fantasie, no?»
«N-n-non
significa niente! Non voglio che tu faccia dei pensieri su Matt!»,
gli ribatte avvicinandosi.
Sono
occhi negli occhi e dopo uno staring contest di qualche secondo,
entrambi si rilassano e sospirano pesantemente, come svuotati dalla
tensione.
«Ci
diamo tanto da fare per farci notare, Tino, ma hai mai pensato che
potrebbe voler stare con Lukas?»
Il
finlandese soppesa quella considerazione osservando con interesse una
farfalla sulla sua testa. «Non lo so.
Credo che a Lukas piacciano le ragazze, ne ha sempre tantissime
intorno.»
Avvicina
la mano ai capelli biondi dell'altro, riesce a far posare la farfalla
sul proprio indice e se la porta vicino al naso per guardarla da
vicino.
Non
significa molto, anche tu hai diverse ragazze che ti corrono dietro.
E non distrarti con le farfalle.
«Non
conosco i sentimenti di Lukas, ma i tuoi»,
esala infine, dopo averci riflettuto, liberando l'insetto con un
gesto e guardandolo brevemente andare via, per poi riconcentrarsi
sullo sguardo fisso dell'altro. «E ti
ripeto che i tuoi pensieri porno mi infastidiscono.»
«Come
se mi leggessi nella mente»,
puntualizza greve, sbottonandosi un po' la camicia.
«Ah-ah!
Una confessione!»
«Tino,
per piacere», borbotta, arrossendo ed
abbassando la testa. Non ha alcuna intenzione di parlare di certi
argomenti, è terribilmente a disagio.
Tino
si spinge in avanti e lo scrolla per le spalle, avvicinandosi così
tanto che per un terribile momento Berwald teme lo voglia baciare.
Ha
tutto il tempo di notare ogni sfaccettatura cromatica delle iridi del
ragazzo, pensa che sembrino cristalli che hanno intrappolato viole al
loro interno e si scopre imbarazzato a morte, chiedendosi se sia
normale formulare certe metafore sugli occhi di Tino in un momento in
cui forse vuole sotterrarlo sotto la siepe di quel parco.
«Siamo
amici, Ber?», gli chiede in tono d'un
tratto dolce, quasi malinconico.
«Mh»,
mugugna, preso in contropiede.
Lo
siamo, Tino? Lo siamo davvero? Non hai smesso di pensarlo?
«Allora
lasciami fare. Non posso correre il rischio che da un momento
all'altro tu possa saltare addosso a Matt vanificando i miei sforzi»,
annuisce tirandosi indietro e ripermettendogli di respirare. «Perché
non è facile, per me, farmi notare. Specialmente se il mio
avversario sei tu.»
Potrebbe anche
essere un complimento nei suoi confronti, ma quello che accade dopo,
molto velocemente, cancella le riflessioni di Berwald.
«Che...»,
comincia perplesso, fermandosi ad abbassare la testa per seguire con
meraviglia le mani di Tino, le quali armeggiano con la chiusura dei
propri pantaloni.
Oh.
No,
“oh” cosa?!
«Tino!»,
esala senza fiato, prendendogli i polsi e sparando le loro braccia in
alto. Sarebbe una scena comica (e lo sarebbe anche la posa statica),
se non fosse mortalmente turbato da quello che stava succedendo.
«Che
intenzioni hai?», lo rimprovera, duro,
lasciandolo andare e ritirandosi su la cerniera con movimenti
impacciati.
Le
mani di Tino lo fermano prima che possa terminare, prendono le sue e
le premono sull'erba morbida attorno a loro con decisione.
«Ho
intenzione di allontanare quelle idee da te. È un buon modo,
ne sono sicuro.»
«Posso
farlo anche da solo, sai?»
«Non
lo dubito, chissà quante volte lo fai pensando a lui! Così
non succederà per un po' e dopo sarai più rilassato!»
«Chi
ti dice che non possa pensare ugualmente a Matt se lo fai tu?»
Berwald è
sconvolto, così tanto che riesce a dibattere sull'argomento,
nonostante il solo pensare a certe cose lo renda un pomodoro.
«Ti
conosco, hai troppa paura che possa beccarci qualcuno per riuscire a
vagare con la mente altrove!»
«Tino,
per l'amor del cielo! Sei fuori di testa, ti rendi conto?»
«Siamo
amici», ripete il ragazzo più
piccolo stringendogli i polsi, arrossito anche lui, ma determinato
nello sguardo. «E non riesco a
togliermi dalla testa il modo in cui lo guardavi nelle docce.»
Cerca
di protestare con maggior enfasi, ma Tino si dimostra
inaspettatamente forte. Lo blocca e fa saltare l'unico bottone dei
pantaloni della divisa scolastica, abbassa la cerniera che era già
scesa a metà, infila la mano dentro e comincia a sfregarla
sopra la biancheria, prima di prendere la confidenza necessaria per
superare quel limite.
Per
tutti quei minuti, i loro occhi non si incontrano mai.
Berwald
non ha una spiegazione logica (e da qualsiasi prospettiva guardi
quello che hanno fatto nella siepe c'è solo un grossissimo
ERRORE, in brillante rosso, che gli lampeggia in testa), ma quando ha
cominciato a toccarlo non è riuscito a fermarlo.
-Angolo
Autrice-
Coff.
Ho alzato il rating.
No,
non fuggirò. Mi limiterò a restare qui e guardare le
facce di pietra che provano ad immaginare Tino che combina una cosa
del genere. A Berwald. In una siepe.
Perché
penso a Leopardi? Ho capito, taccio. No, non posso, devo spiegare!
Magari offrire un tè zuccherato a chi è arrivato fin
qui senza collassare, impreparato ai fatti.
C'è
poco da dire, in fondo.
B.
e T. hanno una cotta mostruosa per M. Si è capito.
T.
è un pochino troppo determinato? Battagliero? Alla faccia del
calcolatore.
Soprattutto,
quello che ci chiediamo tutti è: che casso di idee ha?!
… E
funzionerà?
Alla
prossima puntata! *w~
(Comincio
ad amare questo angolino di follia.)
|
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Capitolo 3 *** Resa dei conti (con quello) ***
Berwald
era convinto che ci sarebbe stato un enorme disagio dopo
quell'episodio.
Episodio.
Già definirlo così, come qualcosa di generico, è
ridicolo. È stato sconvolgente, quell'episodio.
Ma
per Tino è stato come se non fosse accaduto nulla; gli ha
parlato normalmente, ha finto di stare bene in sua compagnia (per lui
continua ad essere una finzione), ridendo e scherzando con Matt come
al solito. Tutto regolare.
Inoltre
non ci sono stati particolari sensi di colpa da parte propria. È
successo. Tino ha voluto toccarlo e lui gliel'ha lasciato fare.
Quale
che siano state le sue più o meno profonde motivazioni, il
risultato è stato quello previsto dall'amico: uscendo dalla
siepe e fingendo di non notare Tino che andava a lavarsi le mani alla
prima fontanella, è rimasto accanto a Matt e Lukas, bevendo
caffè, senza pensieri all'infuori di quello che era appena
successo.
Ignorare
Tino, al suo ritorno, è stato fastidioso e necessario. Troppo
imbarazzo. Così tanto che non riusciva nemmeno a guardare Matt
con naturalezza, come gli avesse fatto un torto tremendo e lui
potesse scoprirlo solo respirando la stessa aria.
Così
tanto che, col senno di poi, è stupefacente come sia stato
disposto, il corpo, a reagire a quelle dita tremanti. Ad...
apprezzarle?
E
la notte? Non ha sognato strani eventi ambientati nelle docce,
modificati ad arte dalla propria psiche, come avrebbe voluto e dovuto
essere.
Dannato
Tino, uccidere così le sue belle ed appaganti fantasie, erano
tutto quello aveva!
È
durante una mattina come tante, la settimana successiva “La
Siepe”, che Berwald si ritrova a fissare il profilo
sognante di Tino. Il ragazzo tiene una matita tra le labbra e la
solleva e abbassa muovendole lentamente, gli occhi puntati su Matt
che, alla cattedra, si sta esibendo in un'interrogazione disastrosa.
Matt,
che cavolo.
Eppure
Berwald si era offerto di aiutarlo a studiare insieme, ma lui ha
risposto che aveva da fare. Che sia uscito con...?
Non
riesce a trattenersi dal mandare lampi di ghiaccio in direzione di
Tino, il quale, ovviamente, non si accorge dell'aura negativa diretta
a lui. Continua a far ballare quella matita intrappolata tra gli
incisivi, fino al punto in cui Berwald si fissa a guardarla e quasi
gli lacrimano gli occhi. Li sente sgranarsi leggermente quando nota
la punta della lingua dell'amico scivolare al di sotto e spingere la
matita, di nuovo, verso l'alto.
È
indecente o e un'impressione tutta sua?!
Si
volta come un soldatino, arrossendo e sbattendosi rumorosamente una
mano sulla guancia.
«Berwald»,
sussurra il compassato Lukas accanto a lui. «Stai
bene?»
«S-sì.
Benissimo, grazie», risponde in un
soffio da oltretomba.
Bene
un glorioso ed immane corno vichingo ripieno di birra.
Se
non temesse la disapprovazione del sempre impeccabile e perfetto
violinista al suo fianco, si infilerebbe gli auricolari e via con gli
ABBA. Qualsiasi cosa pur di non guardare Matt interrogato, Tino che
guarda Matt, lui stesso che guarda la matita e ripensa a...
«Siepe,
ma non con la mano», mugugna senza
rendersene conto.
Non
ha la minima idea di cosa si provi, ma...
«Siepe?»,
ripete Lukas perplesso, smettendo di scribacchiare e tornando ad
adocchiarlo.
In
quel momento Berwald, colto da ispirazione improvvisa, si alza di
scatto con il braccio teso verso l'alto, le orecchie vermiglie.
«Professoressa,
Tino non sta bene. Lo accompagno in infermeria»,
annuncia con voce robotica. Si sposta verso il diretto interessato,
incurante della risposta dell'insegnante, lo prende per
l'avambraccio, lo fa alzare e lo tira via quasi di peso.
«Hey!»,
protesta il ragazzo ignaro, più volte, mentre viene trascinato
per il corridoio e Berwald cerca freneticamente un'aula qualsiasi,
purché vuota.
Lo
infila dentro con una certa fretta, chiude la porta a chiave e si
volta a fronteggiarlo con indosso un'espressione terribile.
Trova
Tino con le braccia lungo i fianchi ed un principio di sfida stizzita
su tutto il viso. «Vuoi darmele?»
«Mh?»
«Hai
deciso di punto in bianco che vuoi picchiarmi?»
Berwald
è interdetto. Non voleva dare quell'impressione violenta...
«Ma
come ti viene in mente? Sai che odio la violenza.»
Scuote la testa e controlla di nuovo che la porta sia ben
chiusa.
«Allora
perché mi hai portato via in quel modo durante la lezione?
Volevo ascoltare Matt, stava recuperando! In più... non
capisco perché hai chiuso a chiave»,
brontola nervoso, indicando la porta con un cenno.
«Bisogno
di privacy.»
Si
avvicina e lo sovrasta dall'alto.
«Mi
sono accorto molto bene di quanta voglia avevi di ascoltare la
sua interrogazione. Ha studiato con te? Perché in quel caso mi
sa che non sei nella posizione di insegnare a nessuno, Tino.»
«Ma...!»
Il ragazzo arrossisce di rabbia e volta la testa di lato.
«Credevo si fosse preparato con te e
stavo per dire la stessa cosa!»,
prorompe.
Quindi
non hanno passato il pomeriggio insieme a studiare? Bene, meglio
così.
«Ad
ogni modo», riprende Berwald
chinandosi un po'. «Non mi piace che
gli lanci sguardi sognanti immaginando chissà cosa.»
«C-cosa
vuoi che immagini!», si stizzisce
tornando a guardarlo.
«Non
credo di volerlo sapere, non disturbarti a dirmelo. Anzi, sta'
zitto.»
Lo
prende per l'incavo del gomito, lo pilota alla cattedra sgombra e gli
si mette alle spalle, bloccandogli le mani sulla superficie liscia.
Si avvicina tanto da sentire riempirsi le narici del profumo dei suoi
capelli, riconoscendo il penetrante e delicato aroma del mughetto e
respirandolo per forza di cose, mentre scivola con le labbra al suo
orecchio e socchiude gli occhi, abbassando la voce già
profonda.
«L'altro
giorno non ho avuto il tempo di dire niente e non ho più avuto
occasione per farlo. Mi sento in dovere di ricambiare, Tino.»
«E-eh?»,
balbetta il ragazzo.
Un
braccio di Berwald si avvolge attorno alla sua vita, gentile, quasi
premuroso, mentre la mano libera si fa strada per infilarsi nei
pantaloni allo stesso modo in cui ha fatto con lui, anche se lo
svedese non possiede tutta quella sicurezza.
Si
insinua piano nella patta, comincia ad arrossire quando trova quello
che sta cercando ed inizia a sfiorarlo quasi timidamente. Le mani di
Tino cercano di fermarlo, ma lui preme forte da dietro
sbilanciandolo, forse spaventandolo.
Gli
dispiace, se è così, non vuole fargli alcun male o
mettergli paura. Vuole solo... ricambiare. Perché Tino
dev'essere l'unico a fare come gli pare?
Lo
sente protestare, finché la sua voce si fa sempre più
debole e spezzata al ritmo della mano che aumenta presa e movimento,
facendosi intrepida e sicura.
Tino
si appoggia pesantemente coi palmi al rigido ripiano della cattedra e
china la testa in avanti, ansimando in maniera incostante. Berwald lo
trova un bel suono.
Così
non penserai a Matt per un po'. Non è la stessa cosa? Sei tu
che hai iniziato. Pensavi di essere l'unico a volerlo impedire
all'altro?
«Siamo
amici», dice a bassissima voce,
affondando in quel profumo che non sente così nitido
dall'ultima volta che sono stati molto vicini.
È
buono.
Si
concentra su quello e sui respiri spezzati del ragazzo davanti a lui,
continuando a ripetersi che si sta vendicando con la stessa medicina.
Niente
di male, niente di diverso da Tino.
-Angolo
Autrice-
… Salve.
Non
ho molto da dire, a parte: mai fare i propri comodi con uno svedese.
:D
Ok,
seria.
Il
capitolo non ha bisogno di particolari spiegazioni e mi lavo
cordialmente le mani dai meccanismi mentali dei due. Posso dire a
loro discolpa che sono adolescenti?
Immaturi,
bla bla bla, ormoni strani, bla bla bla, cervello microscopico.
No?
Oh, peccato.
A
chi voleva essere nelle docce dico che io voglio un banco in
quell'aula. *fugge*
Un
grazie a tutti quelli che hanno letto! *w*
|
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Capitolo 4 *** Pace? ***
«Che
silenzio, che noia!», si lamenta
cantilenando.
Prende
per le spalle prima uno e poi l'altro dei suoi amici e li fa
dondolare con sé per la strada. Ridacchia contento nel sentire
i loro lamenti soffocati e se li stringe contro ulteriormente.
Sospira,
alzando il mento per guardare le tonalità cangianti del
tramonto.
«Vi
voglio bene, ragazzi. Davvero»,
mormora, tra l'affettuoso e il soddisfatto.
Tino
e Berwald si scambiano uno sguardo rapido e quasi ferito, poi voltano
la testa a tempo, entrambi consapevoli di tradire quel sentimento,
entrambi in colpa per quanto accaduto tra loro; come se quei fatti
potessero sporcare la sincerità di Matt, oltre che loro due.
«Non
vi sprecate a dirmi che me ne volete anche voi, mi raccomando!»,
scherza il terzo stritolandoli selvaggiamente e ridendo forte per le
ennesime proteste.
«T-ti
vogliamo bene, Matt!», strepita Tino
dimenandosi.
«Sì,
ora molla o ci rompi il collo»,
borbotta Berwald, ormai quasi porpora.
«Mmh,
non so se lo farò»,
cinguetta, adocchiando una panchina e guidandoli fin là, una
buffa massa a tre teste che non smette di vacillare.
Si
siedono in blocco, gemendo (almeno ai lati).
Tino
cessa di contorcersi e gli mette timidamente le braccia attorno al
torace, posa la guancia sulla sua giacca e chiude gli occhi. Prende
un piccolo respiro e si struscia piano per una manciata di secondi,
cercando poi di rimanere perfettamente immobile.
«Oh»,
mormora Matt fissandolo dall'alto, leggermente chino in avanti, una
mano posata dolcemente sulla sua testa. «Il
nostro piccolo si è addormentato?»
«Va'
al diavolo», risponde Tino, pronto,
con un sorrisetto dolce.
Berwald,
vedendolo, non può fare a meno di sorridere di riflesso a
labbra chiuse, senza accorgersene, senza nemmeno considerare che la
solita fitta di gelosia è affiancata da un altro sentimento,
strano ed impalpabile.
Pace.
Dev'essere
merito di Matt, come sempre.
«Era
da un po' che non riuscivamo a passare una giornata insieme, noi
tre», borbotta il ragazzo al centro.
«Anche se Tino spara come un demonio e
non mi fa vincere nemmeno per cortesia, stare con voi cancella tutti
i miei pensieri.»
Il
suo tono sembra insolitamente malinconico alla fine di quella
considerazione e spinge entrambi a sollevare lo sguardo su di lui,
riportati alla realtà.
«C'è
qualcosa che ti preoccupa?», chiede
Tino inclinando la testa.
«Puoi
parlarcene, Matt.»
«Gr-grazie,
lo so!», balbetta, stravaccandosi
sulla panchina con un sorriso gigantesco. Tino gli rimane
abbracciato, anche se a poco a poco si separa da lui e comincia a
studiarlo attentamente.
Matt
sembra riflettere sulla possibilità di aprirsi con loro (o
almeno così sembra dal modo in cui lo sguardo gli viaggia tra
le nuvole rossastre), ma poi scuote la testa e si sfrega il naso con
l'indice, somigliando terribilmente ad un bambino pronto a far
dispetti.
«Tornando
all'argomento precedente!», si
rianima, tendendosi indietro ed infilando due dita nella tasca
anteriore dei jeans. Estrae un paio di biglietti rettangolari fatti
di cartoncino. «Ta-dan~. Ho preso
questi per noi! Che ne dite di sabato pomeriggio? Ci state?»
«Per
cosa sono?», chiede Tino
prendendone uno e leggendovi sopra. Il suo viso si illumina e stringe
la mano libera a pugno, sollevando un ginocchio verso l'alto in segno
di esultanza. «Ah, il luna park!»
Alza
la mano al cielo e finge di sparare con un'arma immaginaria. «Conta
su di me! Farò incetta di premi! Nessuna pietà,
pivelli!»
«Mh...
io... ho paura delle giostre che vanno in alto»,
farfuglia invece Berwald, fissando miseramente il proprio biglietto.
Sentirsi il guastafeste non è quello a cui aspira, ma...
Matt
scoppia a ridere e Tino lo imita a bassa voce, contagiato. Berwald si
incupisce il doppio.
«Ci
siamo noi», promette solenne dandogli
un'amichevole testata. «Non può
succedere niente di brutto quando siamo insieme. Ti proteggeremo
dall'altezza cattiva!»
Quella
frase lo fa vergognare ancora di più. Davvero ha pensato che
gli avrebbero detto di tutto, prendendolo in giro?
Amici.
Da
troppo tempo non assapora quella sensazione di leggerezza, il non
aver paura di essere sincero, anche se per una cosa così
stupida, in fondo ridicola.
Si
ripete che c'entrano anche il sorriso di Matt ed i suoi occhi,
azzurri come il cielo in primavera, a creare quell'atmosfera
rilassata.
Non
è certo per il modo dolce e comprensivo col quale lo sta
guardando Tino.
«Ho
la febbre, non posso venire.»
«Che
sfiga! Hey, è molto alta? Stai male male?»,
quasi grida Matt, gettandosi sul letto con il ricevitore attaccato
all'orecchio e le chiavi già strette in mano.
«Abbastanza.
Mia madre mi appende se metto piede fuori in questo stato.»
«Ma
certo, lo capisco. Allora rimandiamo!»
«N-no,
lascia stare. Ho aspettato fino all'ultimo per vedere se si
abbassava, ma così facendo non ti ho dato modo di
organizzarti. Vai con Tino, siete già d'accordo. Non voglio
rovinare il pomeriggio a nessuno, veramente.»
«Ma
io volevo andare insieme a voi due.»
«Lo
so.»
«Non
è una scusa, vero?»
C'è
un attimo di silenzio, all'altro capo del telefono. Matt si incupisce
nell'attesa.
«...
Ma che dici?»
«Dico
che se hai così paura delle giostre non ci devi salire per
forza, guarda che-»
«Ho
la febbre, te lo ripeto», sospira con
voce lugubre, interrompendolo.
Per
un attimo aveva temuto che l'avesse smascherato, dimenticandosi che
Matt non ne sarebbe mai capace.
«Matt.»
«Che
c'è.»
«Stai
facendo la bocca imbronciata? Hai le labbra spinte all'infuori e le
guance gonfie?»
«No.»
«Invece
sì», sospira Berwald tirandosi
addosso la coperta. «Sei in Modalità
Capriccio.»
«E
va bene, sì. Uffa.»
«Non
è il caso che rinunciate per me. Verrò la prossima
volta, promesso.»
«Va
bene. Uffa. Riguardati.» Una pausa e
poi «Sei sicuro?»
«Sì.
Smetti di dire uffa», sospira
fissando il soffitto. «Mi dispiace.»
«Non
fa niente, non è colpa tua. Stasera passo a portarti le
arance.»
«Non
sono in carcere», protesta con un
sorrisino appena accennato, lieto della resa.
Quando
suona il campanello, Berwald si chiede perché sia andato a
trovarlo così presto. Aveva detto stasera e sono appena
le sedici. Possibile che alla fine quella testa dura non sia uscito?
Apre
la porta e rimane svariati secondi a fissarlo, cercando di capire
perché la sua vista gli stia inviando un'immagine così
diversa da quella che si era aspettato.
La
mano dell'ospite sale immediatamente alla sua fronte per saggiarne la
temperatura. «Non sei caldo come
credevo», dichiara in tono sollevato.
«T-Tino.»
«Moi»,
lo saluta stringendo meglio un piccolo cesto. «Posso
entrare? Hana, vieni. Non dovresti stare in piedi, ti immaginavo a
letto. Dove sono i tuoi? Non va bene aprire la porta se sei ammalato
e... che fai, non la richiudi?»
È
entrato parlando a raffica e mi ha tranquillamente scavalcato come se
niente fosse.
«Arance»,
gli annuncia sollevando il cestino.
«Non
sono in carcere», ripete anche a lui
chiudendo la porta, decisamente stordito.
«È
per farti una spremuta. Ho letto che la vitamina C dovrebbe aiutarti
a guarire prima. Credo. Insomma, le vitamine sono vitamine e le
raccomandano tutti. Avrei dovuto chiedere a Lukas.»
Si incanta a pensare a qualcosa e poi scrolla le spalle dirigendosi
in cucina. «Allora, i tuoi?»
«Sono
fuori fino a stasera. Senti, Tino...»
Lo
segue in cucina, fermandosi sulla porta per prendere in braccio la
cagnolina bianca e coccolarla, mentre osserva il ragazzo aprire ogni
anta per trovare lo spremiagrumi. Lo scova al quarto tentativo, ma lo
avrebbe trovato al primo se non avessero smesso di andare uno
dall'altro come un tempo.
Quel
pensiero lo addolora senza preavviso, scavandogli dentro con
crudeltà.
«Che
ci fai qui?»
Tino
si ferma con la prima arancia in mano ed un coltello nell'altra.
«Sono
venuto a vedere come stavi, mi sembra ovvio. Girano brutti malanni
strani in questa stagione e se non ti curi bene non guarirai come si
deve e so che non badi a te stesso a sufficienza. Hai idea di
quanto possa peggiorare una malattia da niente se viene trascurata?»
Berwald
entra in cucina e si accomoda su uno sgabello, appoggiandosi al
ripiano dell'isola con un gomito e tenendo Hana in grembo.
«Grazie
per la preoccupazione, ma non è in quel senso che ti ponevo la
domanda. Credevo che fossi al luna park a passare una bella giornata
con il ragazzo che ti piace, a tentare il tutto per tutto per
conquistarlo approfittando della mia comoda assenza.»
Franco,
diretto, implacabile. Si sorprende da solo del proprio tono acido,
venato di stizza. In mezzo a tutto c'è anche un calore
particolare al centro del petto: Tino è andato a trovarlo
perché non sta bene. È veramente lì a prendersi
cura di lui, in un modo infantile ma concreto.
Perché?
Prova
emozioni ingarbugliate e contrastanti, che si complicano
ulteriormente quando l'amico gli offre una risposta che lo sconcerta.
«Ho
detto a Matt di andarci con Lukas e gli ho ceduto il mio biglietto.
Non sarebbe stato carino andarmi a divertire sapendo che avevi la
febbre ed eri rimasto a casa.»
Comincia
a spremere le arance, dandogli le spalle e non aggiungendo altro.
Berwald
è ammutolito, mentre Hana gli lava la mano con gioia.
Gli
porge l'enorme bicchiere colmo solo dopo averlo messo a letto e
coperto fin sotto il mento. Non può fare a meno di trovarlo
terribilmente casalingo.
«Sembri
una mogliettina premurosa, sai?»
«Dillo
di nuovo e la spremuta troverà nuove vie per entrare nel tuo
corpo», sorride a denti stretti senza
scomporsi, sempre col bicchiere teso.
Berwald
lo prende e beve un sorso, non prima di aver borbottato «Sei
terrificante, però.»
Con
la schiena appoggiata ai cuscini sollevati e circondato da coperte,
Berwald beve diligentemente la sua spremuta con Tino seduto accanto.
Non sa come ringraziarlo senza suonare stupido e alla fine il senso
di colpa a lungo represso comincia a farsi sentire di nuovo.
Moltiplicato dall'inspiegabile gentilezza nei suoi confronti.
Non
l'ha costretto lui, certo, ma Tino ha rinunciato a Matt per un
giorno, ha fatto qualcosa che non si sarebbe mai aspettato.
Specialmente dopo quel fatto al quale pensa sempre.
«Siamo
amici», mormora, mordicchiando il
bicchiere di vetro.
Quella
semplice constatazione, forzata, considerati gli ultimi avvenimenti,
è un pugno allo stomaco.
«...
Sì.»
«Nonostante
quello che è successo?»
Solleva
lo sguardo e lo posa su di lui, su quella piccola figura raccolta su
una sedia trascinata al suo capezzale. Sembra minuscolo con quella
felpa bianca, non riesce a non provare una strana tenerezza, a
guardarlo.
Tino
devia il centro del suo interesse dal viso di Berwald ad un tappeto.
Altro pugno. Dovrebbe chiedergli scusa, dovrebbe assicurarsi che non
abbia mai esitazione a guardarlo, come un tempo.
Il
ragazzo piega una gamba ad angolo retto e la appoggia all'altra,
giocherellando con un laccio della scarpa da ginnastica. Sembra
profondamente turbato.
«È
stata colpa mia. Possiamo far finta che... non sia successo?»
Gli
sta chiedendo perdono? Come se fosse facile. Non è stato
proprio uno sgambetto. E quel che è peggio, lui l'ha
replicato, a sangue freddo. O caldo. Non ricorda bene cosa l'abbia
spinto a reagire a quel modo, sa solo che è stata una cazzata
e che se ne è pentito quasi subito.
Cos'ha
risolto, a parte rendergli l'aggressione e sentirsi un idiota? A
parte rendersi conto di tenere ancora a lui e di perderlo giorno dopo
giorno?
Anche
Tino si sente così?
«Vorrei
farlo, ma... mi dispiace. Mi dispiace per quello che ho...»
La
voce di Berwald si perde e termina la frase con un cenno delle dita,
molto blando. Tino lo nota e continua a tirarsi un laccio celeste.
«Sono
stato io a cominciare, non so neanche come scusarmi. Sono stato un
deficiente, non so come ho potuto comportarmi in un modo del genere.
Con te, poi.»
Vede
le spalle di Tino abbassarsi di qualche millimetro e si accorge che
il suo essere venuto lì, essersi comportato sin da subito con
naturalezza e spensieratezza, forse faceva parte di un piano
organizzato per provare a farsi perdonare.
Addolcisce
l'espressione torva e apre bocca con l'intenzione di accettare le sue
scuse, a patto che lo perdoni allo stesso modo.
Sì,
dannazione. Devono smetterla. Ne ha bisogno, ne ha davvero bisogno.
«...
Quando ti ho toccato, pensavi alla mano di Matt?»
La
domanda esce dalle sue labbra prima che possa fermarla ed il sorpreso
silenzio successivo è abbastanza denso e pesante da farlo
pentire almeno cinquanta volte. O cento.
Che
razza di strade prende il suo cervello?! Doveva dire un'altra cosa!
«Non...
non direi», risponde il ragazzo, a
voce bassissima, continuando a non guardarlo.
Allora
non dimenticarlo è il suo
pensiero insensato ed immediato.
Grazie
al cielo la bocca, questa volta, rimane chiusa, ma per sicurezza la
riempie con l'ultimo sorso della bevanda tiepida. Deglutisce e gli
porge il bicchiere vuoto, cercando di mostrarsi sereno come se tutto
fosse risolto.
«Grazie,
mammina.»
«Fai
lo sbruffone perché l'hai finita, eh?»,
ridacchia Tino, prendendo il bicchiere e dandogli la base sulla
testa. Si sente un rumore sordo che li fa sorridere entrambi, prima
di distogliere gli occhi velocemente, in direzioni opposte.
Cosa
mi sta succedendo? Perché vorrei allungare le braccia e
avvicinarlo al mio petto, vederlo stringersi a me con la stessa
espressione rilassata e dolce che ha mostrato con Matt sulla
panchina?
Solleva
una mano, quasi tremando, ma la abbandona e stringe invece la
coperta.
È
solo la voglia di essergli di nuovo amico.
Tino
gli manca, lo sente con precisione come la punta di una lama piantata
alle reni e quel modo di porsi, del quale non beneficiava più
da molti mesi, gliel'ha ricordato con dolorosa e soffocante
nostalgia.
«Tu
hai pensato a Matt quando io...»,
sussurra Tino rigirandosi il bicchiere tra le mani.
Berwald
scuote la testa, serio. «Ero troppo
sorpreso, non ho pensato a niente. Avevo paura di sentirli che ci
cercavano.»
La
tua mano era la tua. La tua, solo la tua.
Non
posso dirlo. Sembra strano.
È
strano.
«Già,
ho scelto un luogo ed un momento che...!»,
ridacchia ancora, allungando il braccio e posando il bicchiere sul
comodino ordinato. «Forse un giorno ci
rideremo su?»
Tino
sembra riflettere su qualcosa, con lo sguardo concentrato, poi si
alza e gli rimbocca le coperte, di nuovo, lisciandole ed
intrappolandole per bene sotto il materasso.
Mi
sta chiudendo dentro un bozzolo?
Tino
nota il suo sorrisetto sconcertato e scrolla le spalle con fare
pratico. «Così non prendi
freddo. Mi raccomando, resta a letto e curati, così per lunedì
potrai tornare a scuola. Io adesso devo andare, ma se hai bisogno e i
tuoi non sono ancora tornati...»
«Carino.»
Gli
è scappato a voce alta? Dallo sguardo stranito di Tino sembra
proprio di sì. Si sente le orecchie andare a fuoco, ma resiste
stoicamente al suo sguardo ravvicinato.
«Hai
detto carino?»
Ah,
merda. Devo farmi visitare al cervello, sono sicuro che ha qualche
disfunzione.
«È
carino questo tuo lato
dolce, non stavo certo...»,
bofonchia. «Mi...
piace»,
confessa, tirandosi le coperte fin sotto il naso.
«Credevo
di essere terrificante, non dolce»,
risponde Tino con tono ironico, chinandosi impercettibilmente ed
abbassando la coperta per impedirgli ogni via di fuga dal discorso.
«N-no,
lo sei sempre stato. Con me non tanto, ultimamente, ma so che lo sei.
È un tuo modo di essere. Quando lo dimostri, io ti trovo...»
«Carino?»
«Attraente.»
Recupera
la coperta e se la tira sopra il naso, fumando anche dalle narici.
L'espressione
sbigottita di Tino non aiuta la propria timidezza. Diamine, lo ha
quasi (quasi?) sbattuto contro una cattedra e gli ha infilato una
mano dentro i pantaloni, ascoltandolo gemere sotto il suo tocco, ma
quei discorsi...
Perché
ha cominciato?!
«Stavi
andando?», tenta, cianotico.
«Sì.»
Una
mano gli si posa sulla fronte e gli tira i capelli indietro,
indugiando forse troppo in quel gesto.
«Ci
vediamo lunedì, Berwald.»
«'nedì»,
grugnisce, sentendosi terribilmente idiota.
-Angolo
Autrice-
Wiii,
sono contenta! Perché? Boh, forse non vedevo l'ora di arrivare
a questo punto e dimostrare di non essere solo una pervertita! Motivo
per il quale ho messo un po' più roba rispetto ai precedenti.
Ci tenevo tanto che si chiarissero, povero BerBer.
E
poi: ma che succede tra 'sti due?
Uh
uh uh! *coccola Hana e ignora pubblico*
Alla
prossima settimana con la conclusione! E sì, l'avevo detto che
era breve!
|
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Capitolo 5 *** Amore Inaspettato ***
Innamorato
di Tino.
Non
ci sono altre spiegazioni logiche.
Berwald
è tutto curvo in avanti, la testa abbandonata sopra le braccia
incrociate contro la ringhiera esterna della biblioteca della scuola.
È lì da almeno mezz'ora ed intende sprecare tutta la
pausa in quel modo. Pensando.
Perché,
perché, perché?
Solo
perché l'ha toccato e non l'aveva mai fatto nessuno? Solo
perché gli ha mostrato un po' di gentilezza e non ha mai avuto
paura dei suoi sguardi truci? Perché è bello e nemmeno
si accorge quanto?
La
verità è che da quel giorno, al parco, non ha fatto
altro che pensare alla sua mano.
Nelle
fantasie si sono fatte strada le labbra, gli abbracci, i sorrisi e la
voce del finlandese. Il profumo del mughetto che intrideva i capelli
più morbidi sui quali ha mai posato lo sguardo.
Si
stava quasi per prendere a sberle quando si è reso conto che,
al centro commerciale, aveva preso ad annusare lo shampoo con quella
fragranza.
Patetico.
Soprattutto averlo comprato.
E
non importa se tutti quei pensieri sono troppo romantici o
inopportuni, perché la mente è invasa da Tino e non sa
più come tornare indietro.
Tino.
C'è
una marea di cose che gli piacciono di lui, ma, di nuovo, è
finito in un amore a senso unico ed è stanco di innamorarsi
della persona sbagliata, di nutrirsi di pure illusioni.
Non
avevo la febbre, Tino. Ho detto quella bugia perché volevo che
tu e Matt vi metteste insieme.
Ho
visto quanto ci tenevi ed ho pensato che per lui sono un fratello e
non mi avrebbe mai considerato in altra maniera, mentre tu avevi più
possibilità. Sei dolce e sei carino, potevi farcela.
Stupido
che non sei altro, perché sei venuto da me? Hai reso tutto più
difficile.
Ed
ora, per una serie di circostanze che non vuole stare ad analizzare
(ormai, dall'alto dei suoi diciassette anni, ha capito che l'amore
non ha un fottuto senso), sa di essersi innamorato di lui.
«Questa
scuola è troppo grande, ma non abbastanza da impedire alla
gente di notare un losco individuo che sembra sul punto di
suicidarsi!»
La
voce gioviale di Matt per poco non lo fa realmente buttare di sotto.
Il
ragazzo danese si posiziona accanto a lui e lo squadra, attento.
«Stai
bene? Ancora febbre?», chiede,
posandogli una mano sulla fronte e toccando poi le guance col dorso,
una dopo l'altra.
Quel
gesto, che una volta lo avrebbe inceppato come un motore e reso al
tempo stesso felicissimo, gli scalda il cuore ma non glielo fa
impazzire. Riesce a sorridere, nei limiti della rigidezza del viso,
andando incontro a quella mano che ora gli provoca solo tenerezza,
affetto, innocente bene.
«No,
volevo solo pensare.»
«Ti
capisco, amico mio...»
Anche
Matt si curva in avanti ed assume un'espressione smarrita,
sprofondando il viso tra le mani a coppa. «Posso
confidarti una cosa? Non mi prendi in giro, vero?»
«Sai
bene che non lo farei.»
«Croce
sul cuore?»
«Matt,
non siamo più all'asilo.»
«È
vero», gli sorride, illuminandosi. Si
avvicina strisciando lungo il corrimano e si appoggia al suo braccio
prendendolo a piccole testate.
«Sembri
una tartaruga che vuole accoppiarsi...»
«Fanno
così?» Scoppia a ridere e Berwald lo
lascia fare, restando in attesa. «Credevo
che gemessero tipo creature dall'oltretomba!»
Lo
svedese ha la tentazione di spalmarsi la mano sulla faccia, ma si
trattiene. «Allora? Cosa vuoi dirmi?»
«Se
ti dico questa cosa che mi impensierisce, tu... fai lo stesso?»
No.
Non posso dirti...
«D'accordo.»
Ma
che...?
«Bene!
Mh, dunque, ecco, sì, mi sono impegnato! Sentimentalmente»,
confida abbassando il tono di voce, sprofondando nuovamente contro il
suo braccio e strusciandosi un po' imbronciato. «Sono
innamorato.»
Innamorato?
Una
fitta tremenda, improvvisa, lacerante.
«Sono
così euforico che non faccio che pensare a lui. Cosa potrei
fare per renderlo felice? Sarò davvero abbastanza? Staremo
insieme per sempre? Ah, quanti pensieri! L'amore è un casino,
anche quello ricambiato!»
Di
chi. Oh, cazzo. Di chi, Matt. Non di lui, vero? Parli al maschile.
Non di lui...
«È
Tino.»
Ecco,
ora può scavarsi una fossa, infilarcisi dentro e tirarsi la
terra sopra a manciate. Ma era quello che voleva, no? Che Tino fosse
felice, che potesse stare con il ragazzo che gli piaceva.
Il
pensiero di averlo perso senza nemmeno essere riuscito a dirgli cosa
è cambiato in lui lo deprime. Contento per loro due? Non può
esserlo sinceramente.
«Siete
una bella coppia. Congratulazioni»,
mormora con labbra insensibili.
Non
credeva che avrebbe fatto tanto male.
Perché?
Quando è cominciata? Sta pensando al mughetto, a quel profumo
che non potrà più sentire se non per caso e che invece
Matt respirerà legittimamente, abbracciandolo forte sotto le
coperte.
Il
mughetto dello shampoo è diverso da quello emanato dai
suoi capelli, non basterà a colmare quel vuoto, quel bisogno
di stringere Tino al petto.
No,
non vuole pensare a quelle cose, non quei flash. Non loro due che
camminano vicini, che si scambiano promesse bisbigliate.
La
disperazione che prova è troppo forte per essere un amore così
recente.
Sono
un vero egoista. Dovrei essere davvero felice. Sono amici miei, devo
essere felice, dannazione. Mi faccio schifo.
«Tino!
Hey!»
Berwald
si riscuote e solleva gli occhi in tempo per vedere Tino correre via,
veloce come solo lui sa essere, attraversando il giardino della
scuola e dirigendosi al cancello dell'ingresso. Una scheggia.
«Che
strano, forse non mi ha sentito. Eppure credevo che avesse guardato
verso di noi», bofonchia Matt
massaggiandosi la nuca. «Mah, come ti
dicevo, Ber... Ber?» Lo vede schizzare
via e rientrare in biblioteca, sparendo in un attimo. Guarda il
balconcino deserto e sospira, rivolgendosi ad un corvo che lo fissa.
«È
bello essere considerati, che ne pensi?»
Il
corvo si gira mostrandogli il posteriore.
«Molto
simpatico», sibila col broncio.
Tino.
Tino. Tino!
Berwald
corre, ripetendo quel nome, il suo nome, nella mente. Un nome
breve, un nome che ad un certo punto della sua esistenza, in un
momento imprecisato tra i respiri che lo tengono in vita, è
diventato incredibilmente importante. Quattro lettere che bastano a
fargli balzare il cuore in gola.
Forse
è un miracolo, forse un inganno o una malia che gli ha fatto
mescolando qualcosa alle arance; qualsiasi cosa sia non può
più negare che stia gridando forte per avere l'attenzione che
merita.
Corre
più veloce che può, confidando di raggiungerlo grazie
alle proprie gambe lunghe. Salta, praticamente vola evitando ogni
ostacolo vivente e non.
Un
maglioncino bianco, dei pantaloni scozzesi blu, capelli biondi.
È
dietro quell'angolo?
Sorpassa
il vicolo e frena con i talloni, voltandosi di scatto e trovandolo
appoggiato al muro, ansante. Si guardano reciprocamente, ma in meno
di due secondi il ragazzo in fuga riprende la corsa.
Berwald
si infila nel vicolo e lo insegue, superandolo in velocità
grazie ad alcune falcate micidiali che gli fanno esplodere dolore ai
muscoli delle cosce e gemere i polpacci. Non importa. Nulla conta se
non trattenerlo.
«Tino!
Aspetta!»
Lo
afferra malamente, annaspando, lo salva da una caduta in avanti
tirandoselo addosso e premendolo a sé, lo intrappola tra le
braccia.
«Lasciami!
Lasciami!»
«A-aspetta...
ti prego... aria... momento...»
Lo
tiene bloccato, cercando di non svenire per la mancanza di ossigeno
ed il bruciore ai polmoni.
Se
riesce a tenerlo lì è anche grazie al fatto che Tino ha
lo stesso problema con l'aria.
Respirano
rumorosamente e Berwald vede talmente tante macchie nere sfrecciargli
attorno al campo visivo che teme di finire col sedere per terra da un
momento all'altro. Si sforza di non farlo accadere, addossandosi al
muro e stringendo forte il finlandese, poi scivola con la schiena
contro i mattoni rossi e squadrati.
Seduto
per terra gli si appolpa, letteralmente, ritrovando pian piano se
stesso.
«Perché...
sei scappato a quel modo...», rantola,
deglutendo a vuoto.
«Non
ci tenevo... a vedervi amoreggiare... posso evitare? O devi
costringermi? Vuoi sbandierarmi davanti agli occhi la tua vittoria a
tutti i costi?»
Tino
è mortalmente arrabbiato, ogni cosa del suo tono duro lo
ferisce.
«Vittoria?
Credi che ci stessimo giocando Matt? Non è mai stata una gara,
stupido! Se sei competitivo fino al punto da considerare una persona
una specie di trofeo...!», sbotta
infuriato senza poter concludere.
Smette
di stringerlo, però, permettendogli di allontanarsi. Tino lo
fa immediatamente, voltandosi per guardarlo negli occhi, in
ginocchio, livido.
«Non
lo penserai davvero! Non l'ho mai considerato un premio!»,
gesticola.
«Buono
a sapersi!»
«Non
gridarmi in faccia, svedese!»
«Nemmeno
tu, mogliettina!»
Tino
scatta per colpirlo, ma Berwald lo prende per i polsi e gli impedisce
di picchiarlo.
Lottano
per qualche minuto, guardandosi male, finché Tino non si calma
e abbandona la presa. «Ok, tregua»,
sibila, mollandolo di scatto e ritraendosi un po'.
Il
suo sguardo fiero fa male, ma è bellissimo. Ecco un'altra cosa
che gli piace di lui. L'ennesima.
«Non
stavamo facendo niente, Matt voleva solo parlarmi di una cosa»,
comincia tentennante, decidendo di mettere da parte i propri
sentimenti e fare la persona matura. Sospira e gli posa una mano
sulla spalla, brevemente. «Sono
contento per voi, Tino.»
Le
lance mortali si ritraggono dalle iridi finlandesi e lasciano il
posto al dubbio più completo. «Contento?»
«Matt
mi stava dicendo che voi...», sposta
lo sguardo a destra e a sinistra, a disagio.
«Noi?
Non mangiarti le parole!», lo sgrida,
avvicinandosi di nuovo senza intenzioni minacciose.
«È
innamorato di te. Ce l'hai fatta»,
butta fuori a fatica. «Non essere
geloso di cose che non esistono.»
Tira
le ginocchia verso di sé e cerca di rialzarsi, ma Tino lo
afferra per la cravatta e lo rimette seduto.
«Di
cosa stai parlando, Ber.»
Il
completo smarrimento nell'espressione di Tino lo risveglia da una
sorta di stato catatonico.
Matt
ha detto che sta insieme a Tino, vero? Non l'ho immaginato. Cosa
stava dicendo? L'ho fatto finire o me ne sono andato prima?
«N-niente,
forse ho frainteso?»
Oppure
tratto conclusioni affrettate. Le peggiori, le più temute. Mi
sto vergognando da morire, smettila di guardarmi. Sono un idiota.
«Se
fossi così gentile da dirmi cosa hai frainteso, forse
ti seguirei meglio.»
Berwald
si infila una mano tra i capelli, mentre Tino gli lascia andare la
cravatta. È lì tra le sue gambe, inginocchiato,
spettinato, affannato, carino come non mai. Quanto vorrebbe
stringerlo così forte da farlo sparire, senza continuare a
passare per un deficiente.
«Matt
ha detto che si è fidanzato. Credevo... lo sai.»
«Ed
io credevo che vi steste per baciare, là sopra»,
replica l'altro, tristemente. «Eravate
uno addosso all'altro, così vicini.»
Berwald
sobbalza, poi sorride con amarezza e lascia andare la propria testa
per posare la mano sulla sua, pettinandolo in maniera più
ordinata con un paio di mosse. Sono talmente morbidi e sottili, quei
capelli, che è un'impresa semplicissima.
Segue
il disegno del sopracciglio e scende a sfiorargli la guancia,
maledicendo la propria mano incapace di trattenersi.
«Non
è così. Per seguirti non l'ho fatto finire di parlare.
Ci sarà rimasto male, povero Matt.»
Ha
detto “È Tino” perché lo aveva visto di
sotto, non stava parlando di lui.
Che
imbecille. Ero così sicuro, così spaventato, che non
mi sono accorto del tono, lì per lì.
«Povero
Matt», ripete Tino volgendo gli occhi
verso il basso, alla mano che ha sul viso.
«Ti
infastidisce?», gli chiede dopo
qualche secondo, temendo la risposta.
Continua
ad accarezzarlo pianissimo, non avendo ricevuto reclami, sentendo il
cuore morire e risorgere continuamente quando vede il pollice
decidere di andarsene a zonzo sulle sue labbra, dischiudendole.
Voglio
baciarti.
Gli
basta pensarlo per sussultare, ritirare la mano, infilarla a forza
nella propria tasca e sollevare il viso alla striscia di cielo che
vede da laggiù. Se riesce a calmare il rapido sollevarsi e
abbassarsi del petto, forse Tino non si accorgerà che è
in iperventilazione.
«Berwald,
tu sai chi è la persona che piace a Matt?»,
gli chiede dopo essersi schiarito la voce.
Che
strano. Sembra emozionato anche lui da quel breve contatto.
La
smette di illudersi o no? Non imparerà mai.
«Credevo
fossi tu. Di certo non io», risponde
subito.
«Non
sono io.»
«E
allora...», comincia tornando a
guardarlo, distratto da quel pensiero.
«Lukas.»
«Lukas.»
Le
voci si sovrappongono, il tono è identico.
«Credo
sia successo qualcosa al luna park. Forse a Matt piaceva già
da molto tempo, come dicevi tu.»
«È
per questo che hai dato il tuo biglietto proprio a Lukas?»
Non
risponde, ma annuisce piano fissando la cravatta blu di Berwald.
«Tino,
quel giorno... perché hai preferito venire a casa mia?»
«Ancora
con questa storia? Stavi male, non mi sembrava carino divertirmi se
tu-»
«Smettila
di mentirmi», lo blocca.
«Volevi passare un pomeriggio con Matt
tanto quanto me, ma ci hai rinunciato facilmente. Per cosa? Per
prepararmi una spremuta, rimboccarmi le coperte e fare due
chiacchiere? Ammiro la tua amicizia, sono contento che ci siamo
chiesti scusa, ma avresti potuto parlarmi un giorno qualsiasi. Sei
combattivo quando tieni a qualcosa e mi hai messo una mano nei... mh.
Per bloccare le mie fantasie.»
Avvampa,
dicendolo a voce alta, ma non demorde. «Quel
giorno hai scelto di stare con me. Perché sprecare
un'occasione perfetta? Non ti ci vedo a cederlo a Lukas senza fare
niente.»
Cosa
gli sta chiedendo? Cosa? Cosa vorrebbe sentire?
Non
risponde, non dice più niente. Zittire Tino è
terribile, lui che ha sempre tante parole...
«Tino.
Poco fa, non lo avrei baciato.»
Quello
sguardo abbassato, quel viso che più lo guarda e più si
chiede come abbia fatto a non trovarlo adorabile dal primo momento in
cui lo ha guardato, quelle mani che continua a stringere a pugno e
che vorrebbe disperatamente nelle proprie, intrecciate, tornando a
casa insieme.
Tino
lo imbarazza, lo emoziona, ma allo stesso tempo lo schiude.
Scuote a poco a poco la conchiglia che lo ha sempre avvolto, creando
crepe lucenti nel suo spesso guscio dal colore insignificante.
Teme
di confessarsi da un momento all'altro.
«Sì,
figurati», borbotta il ragazzo
torturandosi i pantaloni sulle ginocchia.
Voglio
baciare te. Te, porca miseria. Guardami. Forse te ne accorgi. Non
riesco a dirlo.
Anche
se non ci riesce, se per certe dichiarazioni resta bloccato, di nuovo
la sua mano si solleva ed esce dalla tasca, cercandolo. Non può
farne a meno, non quando sono così vicini.
Forse
sono gli ormoni. Non mi hanno mai toccato ed è un bel ragazzo.
Forse sono gli ormoni. È stato piacevole, tutto qui, non sono
innamorato.
Continuo
ad immaginare di tendermi per baciarlo, ripenso ai suoi gemiti e
vorrei provocarne altri. Sono gli ormoni. Ho la profondità di
una pozzanghera.
Allora
perché vuole tenerlo per mano? Se fossero loro, a governare
tutto ciò che prova, dal battito del cuore al corpo che si
muove da solo per toccarlo, perché penserebbe anche a quei
dettagli?
Vorrebbe
accudirlo quando sta male, ascoltarlo ripetere una lezione che ha
studiato, farlo contento e salire su quelle spaventose motoslitte che
ama tanto, perfino perdere con un sorriso ai videogiochi. Osservarlo
preparare diecimila spremute solo per lui, farlo contento, sentirsi
esclusivo artefice e padrone di un suo sorriso.
Ma
se questo è amore, cos'era quello che provava prima?
Ha
un piccolo sussulto dicendosi che ha sempre pensato a Matt come ad
una cotta. Ha mai associato la parola amore a lui? Provava
tutto questo sconvolgimento, per lui?
Non
significa niente, sono gli ormoni. Sono solo loro che...
«Berwald,
non fare quella faccia scura come se volessi uccidere qualcuno»,
lo sente mormorare avvicinandosi e passandogli le dita sul viso come
per addolcirlo. «Scusami, ti credo.
Non lo avresti baciato. Sto facendo proprio schifo come amico, a
farti sentire così.»
Il
lato dolce di Tino gli si presenta di nuovo, mentre si tende e lo
abbraccia, gli mette la testa sulla spalla e gli passa la mano sopra
la schiena.
Adora
questo suo aspetto. Da morire.
«N-non
sono scappato per quello. Avrei dovuto essere geloso di Matt, ma
ero... ero geloso di te», gli sussurra
contro il collo, uccidendolo.
«Geloso
di me?», ripete, cercando di
assaporare quelle parole meravigliose. «Di
me.»
Tino
annuisce e fa un verso affermativo con la gola, sfiorandogli appena
la guancia con le labbra.
«Non
potevo guardare. Ho avuto una specie di attacco fulminante di gelosia
e stavo scappando prima ancora di averlo realizzato. Me ne sono
accorto proprio per la mia reazione.»
«Geloso»
Di nuovo, come in sogno.
Sta
ancora dormendo. O si è appisolato contro la ringhiera oppure
tra poco suonerà la sveglia.
«Ber»,
lo chiama piano, bisbigliando al lato della sua bocca.
«Mh»
Flebile.
Lo
sente lì, labbra contro labbra. Sente quel respiro delicato e caldo che sa di liquirizia. Sempre con quelle
caramelle in bocca, Tino.
Cosa
fare? Si deve spostare? È pericoloso stare tanto...
«Sono
troppo vicino?»
Sì,
troppo. Troppo per non avere ami che tirano il bassoventre e ali
nella pancia.
Vorrebbe,
davvero, voltare piano la testa e sfregarsi contro di lui,
mordicchiarlo gentilmente e poi affondare nella liquirizia.
Vorrebbe
essere tenero, romantico, fare le cose a modo, però non
appena lo sente scostarsi non riesce ad essere un principe delle
fiabe. Berwald preme le labbra sulle sue mentre lo intrappola tra le
braccia, senza più pensare.
Affonda
le dita tra i suoi capelli, chiude gli occhi e si isola dal resto del
mondo, credendo di essere già morto, prima, eppure
accorgendosi che è adesso che sta morendo. Sta morendo
o sta venendo al mondo, respirando per la prima volta e soffocando
subito.
Mughetto.
È tutto suo?
Si
aggrappa al maglioncino bianco della divisa scolastica di Tino con
l'altra mano, avvicinandolo tanto come se volesse farlo diventare
parte del proprio corpo.
Tino
lo sta baciando in una maniera dolcissima e sensuale, strappandogli
l'anima e gettandola da qualche parte.
Ovunque
siano finiti i pezzi, gli basta che tornino indietro tra le sue mani,
perché lui, di sicuro, è in grado di ricomporre
l'immagine che formavano e completarla. Darle un senso logico,
corretto. Oppure folle, squilibrato, che importa? Scelga lui.
Tino.
Tino. Tino.
La
mente è annebbiata e lucida al tempo stesso, piena di quelle
quattro lettere.
È
suo? Lo sta ricambiando, lo sta veramente cercando,
sembra tutto troppo bello per essere vero, ma si sente voluto allo
stesso modo.
Le
labbra bruciano, come il petto, costrette in un bacio che nessuno dei
due intende interrompere e che, pur essendo a tratti timido, diventa
ogni minuto che passa sempre più naturale come se non avessero
mai fatto altro.
Quando
escono dal vicolo, un po' storditi e leggermente instabili su gambe
di burro, non riescono a guardarsi per molto tempo.
Però,
si tengono per mano.
È
suo.
-Angolo
Autrice-
Ultimo
capitolo come promesso, gente. È finita qui? Nì.
Spero
di riuscire la prossima settimana a pubblicare lo spin-off che a
qualcuno ho già annunciato nelle risposte ai commenti; non
sarà diviso in capitoli, dato che il tutto si svolge nell'arco
di qualche ora, ergo parliamo di una OS. ;)
Riguardo
invece quello che avete appena letto (e che io devo aver scritto in
un'ondata travolgente di amore per la SuFin) spero tanto che vi sia
piaciuto! Che l'abbiate trovato dolce, toccante *inserire aggettivi
positivi*, ma non stucchevole, ecco. XD
A
presto~
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