Amore Inaspettato

di ViolaNera
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Geloso di quello? ***
Capitolo 2: *** Quello è pericoloso! ***
Capitolo 3: *** Resa dei conti (con quello) ***
Capitolo 4: *** Pace? ***
Capitolo 5: *** Amore Inaspettato ***



Capitolo 1
*** Geloso di quello? ***


Berwald osserva Tino, corrucciandosi mentre lo vede fingere palesemente di non essere in grado di mettere a segno un misero canestro e demoralizzarsi.

Per piacere.

È un giocatore consumato e sa benissimo quanto sia bravo in quasi tutti gli sport. Non è alto come lui e Matt, ma gli basta saltare per infilare quella stupida palla anche ad occhi chiusi, perché, diamine, Tino salta come pochi.

La cosa che lo sta innervosendo (da morire) è sapere che tutta quella farsa è finalizzata ad attirare l'attenzione di Matt, il quale o finge di non capire o lo asseconda.

Tra l'altro Tino non ha alcun problema personale che lo distragga al punto tale da compromettere la sua abilità sportiva, perciò tutta quella benevolenza è irritante il doppio.

Matt, non cascarci, è una re-ci-ta.

È un danese sorridente quello che si avvicina alle spalle dell'amico più minuto e si china in avanti per spiegargli che sta sbagliando a tenere le gambe così diritte e bla bla bla.

Berwald mugugna, senza staccare gli occhi dai due.

Vede Tino arrossire e ridacchiare, mentre Matt mette le mani sulle sue che tengono la palla e lo guida in una serie di movimenti di prova, spiegando con calma come deve fare per avere successo. E, dopo alcuni tentativi chiaramente truccati per finire male, Tino -oh, ma che sorpresa!- fa canestro.

Anche se Berwald non sa leggere le labbra e il danese gli volta le spalle, capisce benissimo che il biondino lo sta ringraziando e che Matt gli sta sorridendo come sempre, in quel modo che può illuminare una catacomba.

È con una fitta di gelosia micidiale che Berwald lancia la palla al proprio compagno, spaventandolo per la potenza del tiro e mancando per pochi centimetri la rottura di un innocente setto nasale.

«Va bene, la lezione è finita! Tutti alle docce!», li richiama il professore, fischiando e battendo le mani due volte.

Accompagnato dallo sguardo terrorizzato del ragazzo il cui naso è salvo per un fortuito caso, Berwald segue i compagni verso lo spogliatoio.

Non riesce ad evitare di lanciare brevi e discrete occhiate alla schiena nuda di Matt, ai suoi capelli biondi che bagnati sembrano molto più scuri. Cerca di non esagerare e di fare il casuale, ma è più forte di lui e lo sguardo viaggia da solo scivolando lungo il suo corpo ed accarezzandolo quasi ingenuamente in ogni dettaglio visibile.

Quando l'amico si volta verso di lui, Berwald trattiene un verso soffocato e si concentra intensamente sull'etichetta dello shampoo, in un improvviso interesse per gli ingredienti che spera sia credibile.

«Hey, Ber!», lo chiama. «Ah, proprio quello che cercavo! L'ho scordato di nuovo! Grazie, eh!», dichiara, facendogli sparire il flacone di plastica dalla mano.

«Mh», mugugna il ragazzo, impietrito, stringendo le dita attorno ad uno spazio vuoto e guardandolo mentre si insapona i capelli canticchiando. «Niente.»

«Uaaaah!», grida Matt mettendo il viso sotto l'acqua. «Negli occhi! Aiuto! Bruciaaaa!»

Tutti i ragazzi vicini scoppiano a ridere e lo prendono in giro, ma Berwald riesce solo a fare un piccolo sorriso storto che si spegne quasi all'istante, quando il suo sguardo entra in contatto con quello lampeggiante di Tino.

Solleva appena il mento in segno di sfida, ricambiando i lampi. Tino lo fulmina ulteriormente e gli mostra le spalle, prendendo a sfregarsi i capelli con furia.

Tolto Matt (e gli animali), sembra l'unico a non turbarsi mai quando lo guarda in un certo modo. Gli altri compagni dicono che sia spaventoso il modo in li cui li osserva attraverso le lenti degli occhiali (e molti bambini scoppiati in lacrime potrebbero confermare), ma lui, Matt e Tino sono amici d'infanzia e sono cresciuti insieme.

Qualche amico di vecchia data si diverte ancora a definirli “Il Trio Nordico”, come se fossero una sorta di band musicale.

Il Trio.

Un trio che esiste ancora, senza più la sincerità di un tempo, soltanto grazie a Matt che fa da collante (inconsapevole) tra lui e Tino.

Non che si odino, ma crescere e ritrovarsi con una cotta per lo stesso ragazzo non li ha aiutati. Perlopiù fingono di sopportarsi diplomaticamente, specie in presenza di Matt; se lui scoprisse la verità sarebbe troppo doloroso ed entrambi sanno che rischiano di rovinare quell'amicizia, perciò continuano a mantenere un rapporto di facciata che c'è ancora, ma non è più profondo come può sembrare ad un osservatore esterno. Come Matt stesso crede.

Di sicuro, Tino ha iniziato a volergli male già da qualche mese, almeno da quando ha capito di averlo come rivale.

Rivale? È così che lo considera? Uno scomodo sassolino lungo il suo percorso di conquista? Non dovrebbe prendersela, in fondo vede il finlandese allo stesso modo, eppure...

«Ber, dico!»

Matt gli schiocca le dita davanti agli occhi, ma non producono un gran suono a causa dell'acqua. Sobbalza comunque e le fissa, guardandolo poi negli occhi.

«Ah, eccoti qui», sghignazza l'altro tornando alla propria doccia.

Berwald si guarda la mano e si accorge che gli ha rimesso lo shampoo sul palmo teso. A che stava pensando? A Tino? In un momento simile? Un'occasione per perdersi in meravigliose fantasie accanto al ragazzo che gli piace, mentre sono nudi nelle docce?

Imperdonabile. Stupida mente che vaga senza controllo.

Si insulta pesantemente e brontola qualcosa, riconcentrandosi per lavare via ogni traccia di sudore.

«Pss, Berwy», sussurra l'amico lì accanto allungando leggermente il collo nella sua direzione. «Non è che prima stavi guardando le lodevoli chiappe di Tino e ti sei incantato ad immaginare sconcezze?»

Berwald avvampa fino alle orecchie e gli tira lo shampoo in testa senza rispondere.









-Angolo Autrice-


Benché abbia parecchie storie pronte sui Nordici, sono sempre stata restia a pubblicare... ma! Sì, ce un ma o non sarei qui.

C'è gente che insiste, mettiamola così. Gente che pensa che farei felice (?) qualcuno condividendo queste storie.

Perciò cominciamo con qualcosa di leggero, carino e poco impegnativo, ovvero questa, talmente vecchia che non so come mi sia venuta in mente.

Non è molto lunga nel totale, ma si presta bene ad essere divisa a “blocchi”, diciamo, tanto che non sono nemmeno veri capitoli e per trovare i titoli morirò.

*segamentalizza*

Prendete questo primo come una specie di introduzione, giusto per capire chi abbiamo davanti e che cacchio vogliono.

Matt.

Sì, lo vogliamo in molti. *sguardo perv*

Tra parentesi, è il nome che la mia misteriosa compagna di playeraggio ha scelto per il suo Danimarca e tale è ormai zuo nome anche in mie ztovie.


Finito l'angolino inutile? Sì? Bene, addio. Chi ha voglia di spararsi flebo di zucchero può accodarsi... ce ne sarà, più avanti. (E non solo quello.)

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Capitolo 2
*** Quello è pericoloso! ***


Come ogni giorno, dopo la scuola, si incamminano insieme tutti e quattro.

Sì, quattro. Lukas si unisce a loro soltanto quando non ha lezione di violino.

È più amico di Matt che suo, è un tipo di poche parole e piuttosto riservato (motivo per il quale lo trova un ottimo compagno di banco), ma sembra trovi piacevole la loro compagnia.

È un ragazzo bello e popolare, di famiglia benestante, educato, serio ed intelligente. A volte si chiede se non debba temere più lui come rivale in amore, anche perché Matt sembra letteralmente pendere dalle sue labbra quando spiega qualcosa che loro tre non sanno.

Osserva Matt e Lukas fermarsi ad un chiosco a prendere dei caffè ed annuisce quando gli chiedono se gli sta bene fermarsi un po' al parco prima di dividersi per tornare a casa.

Mentre si perde nei propri pensieri, qualcosa gli preme sull'avambraccio e lo strattona indietro. Si volta, trovandosi contro il bicipite uno sguardo viola di cattiveria inaudita.

«Tu. Con me», sibila Tino.

«Mh?»

«Muoviti. Dobbiamo parlare», bisbiglia, trascinandolo fino a sparire dietro alcuni cespugli del parco giochi.

Tino si accuccia ed emette un buffo verso di impazienza nel non vedersi imitato, quindi lo tira verso il basso per farlo finire in ginocchio davanti a lui. Lo fissa per qualche istante e si mette più comodo, incrociando le gambe.

«Berwald», comincia, estremamente serio. «Non credere che non sappia a cosa stai pensando», prosegue in tono cospiratorio.

«Ovvero», ribatte neutro.

«Parlo delle docce. So esattamente che razza di pensieri fai mentre lo guardi e lui non si accorge di niente», afferma, puntandogli l'indice al centro della fronte e guardandolo storto.

Berwald sogghigna. Non può trattenersi.

«Già, Mister “non sono capace a fare canestro come sei bravo Matt meno male che ho un amico come te”», lo punzecchia.

Vede Tino arrossire e cercare di balbettare qualcosa, ma lo zittisce con un gesto della mano e lo afferra per il polso ancora sospeso a mezz'aria tra loro, levandosi il dito dalla faccia. «Immagino che anche tu abbia delle fantasie, no?»

«N-n-non significa niente! Non voglio che tu faccia dei pensieri su Matt!», gli ribatte avvicinandosi.

Sono occhi negli occhi e dopo uno staring contest di qualche secondo, entrambi si rilassano e sospirano pesantemente, come svuotati dalla tensione.

«Ci diamo tanto da fare per farci notare, Tino, ma hai mai pensato che potrebbe voler stare con Lukas?»

Il finlandese soppesa quella considerazione osservando con interesse una farfalla sulla sua testa. «Non lo so. Credo che a Lukas piacciano le ragazze, ne ha sempre tantissime intorno.»

Avvicina la mano ai capelli biondi dell'altro, riesce a far posare la farfalla sul proprio indice e se la porta vicino al naso per guardarla da vicino.

Non significa molto, anche tu hai diverse ragazze che ti corrono dietro. E non distrarti con le farfalle.

«Non conosco i sentimenti di Lukas, ma i tuoi», esala infine, dopo averci riflettuto, liberando l'insetto con un gesto e guardandolo brevemente andare via, per poi riconcentrarsi sullo sguardo fisso dell'altro. «E ti ripeto che i tuoi pensieri porno mi infastidiscono.»

«Come se mi leggessi nella mente», puntualizza greve, sbottonandosi un po' la camicia.

«Ah-ah! Una confessione!»

«Tino, per piacere», borbotta, arrossendo ed abbassando la testa. Non ha alcuna intenzione di parlare di certi argomenti, è terribilmente a disagio.

Tino si spinge in avanti e lo scrolla per le spalle, avvicinandosi così tanto che per un terribile momento Berwald teme lo voglia baciare.

Ha tutto il tempo di notare ogni sfaccettatura cromatica delle iridi del ragazzo, pensa che sembrino cristalli che hanno intrappolato viole al loro interno e si scopre imbarazzato a morte, chiedendosi se sia normale formulare certe metafore sugli occhi di Tino in un momento in cui forse vuole sotterrarlo sotto la siepe di quel parco.

«Siamo amici, Ber?», gli chiede in tono d'un tratto dolce, quasi malinconico.

«Mh», mugugna, preso in contropiede.

Lo siamo, Tino? Lo siamo davvero? Non hai smesso di pensarlo?

«Allora lasciami fare. Non posso correre il rischio che da un momento all'altro tu possa saltare addosso a Matt vanificando i miei sforzi», annuisce tirandosi indietro e ripermettendogli di respirare. «Perché non è facile, per me, farmi notare. Specialmente se il mio avversario sei tu.»

Potrebbe anche essere un complimento nei suoi confronti, ma quello che accade dopo, molto velocemente, cancella le riflessioni di Berwald.

«Che...», comincia perplesso, fermandosi ad abbassare la testa per seguire con meraviglia le mani di Tino, le quali armeggiano con la chiusura dei propri pantaloni.

Oh.

No, “oh” cosa?!

«Tino!», esala senza fiato, prendendogli i polsi e sparando le loro braccia in alto. Sarebbe una scena comica (e lo sarebbe anche la posa statica), se non fosse mortalmente turbato da quello che stava succedendo.

«Che intenzioni hai?», lo rimprovera, duro, lasciandolo andare e ritirandosi su la cerniera con movimenti impacciati.

Le mani di Tino lo fermano prima che possa terminare, prendono le sue e le premono sull'erba morbida attorno a loro con decisione.

«Ho intenzione di allontanare quelle idee da te. È un buon modo, ne sono sicuro.»

«Posso farlo anche da solo, sai?»

«Non lo dubito, chissà quante volte lo fai pensando a lui! Così non succederà per un po' e dopo sarai più rilassato!»

«Chi ti dice che non possa pensare ugualmente a Matt se lo fai tu?»

Berwald è sconvolto, così tanto che riesce a dibattere sull'argomento, nonostante il solo pensare a certe cose lo renda un pomodoro.

«Ti conosco, hai troppa paura che possa beccarci qualcuno per riuscire a vagare con la mente altrove!»

«Tino, per l'amor del cielo! Sei fuori di testa, ti rendi conto?»

«Siamo amici», ripete il ragazzo più piccolo stringendogli i polsi, arrossito anche lui, ma determinato nello sguardo. «E non riesco a togliermi dalla testa il modo in cui lo guardavi nelle docce.»

Cerca di protestare con maggior enfasi, ma Tino si dimostra inaspettatamente forte. Lo blocca e fa saltare l'unico bottone dei pantaloni della divisa scolastica, abbassa la cerniera che era già scesa a metà, infila la mano dentro e comincia a sfregarla sopra la biancheria, prima di prendere la confidenza necessaria per superare quel limite.

Per tutti quei minuti, i loro occhi non si incontrano mai.


Berwald non ha una spiegazione logica (e da qualsiasi prospettiva guardi quello che hanno fatto nella siepe c'è solo un grossissimo ERRORE, in brillante rosso, che gli lampeggia in testa), ma quando ha cominciato a toccarlo non è riuscito a fermarlo.









-Angolo Autrice-


Coff. Ho alzato il rating.

No, non fuggirò. Mi limiterò a restare qui e guardare le facce di pietra che provano ad immaginare Tino che combina una cosa del genere. A Berwald. In una siepe.

Perché penso a Leopardi? Ho capito, taccio. No, non posso, devo spiegare! Magari offrire un tè zuccherato a chi è arrivato fin qui senza collassare, impreparato ai fatti.

C'è poco da dire, in fondo.

B. e T. hanno una cotta mostruosa per M. Si è capito.

T. è un pochino troppo determinato? Battagliero? Alla faccia del calcolatore.

Soprattutto, quello che ci chiediamo tutti è: che casso di idee ha?!

E funzionerà?


Alla prossima puntata! *w~

(Comincio ad amare questo angolino di follia.)

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Capitolo 3
*** Resa dei conti (con quello) ***


Berwald era convinto che ci sarebbe stato un enorme disagio dopo quell'episodio.

Episodio. Già definirlo così, come qualcosa di generico, è ridicolo. È stato sconvolgente, quell'episodio.

Ma per Tino è stato come se non fosse accaduto nulla; gli ha parlato normalmente, ha finto di stare bene in sua compagnia (per lui continua ad essere una finzione), ridendo e scherzando con Matt come al solito. Tutto regolare.

Inoltre non ci sono stati particolari sensi di colpa da parte propria. È successo. Tino ha voluto toccarlo e lui gliel'ha lasciato fare.

Quale che siano state le sue più o meno profonde motivazioni, il risultato è stato quello previsto dall'amico: uscendo dalla siepe e fingendo di non notare Tino che andava a lavarsi le mani alla prima fontanella, è rimasto accanto a Matt e Lukas, bevendo caffè, senza pensieri all'infuori di quello che era appena successo.

Ignorare Tino, al suo ritorno, è stato fastidioso e necessario. Troppo imbarazzo. Così tanto che non riusciva nemmeno a guardare Matt con naturalezza, come gli avesse fatto un torto tremendo e lui potesse scoprirlo solo respirando la stessa aria.

Così tanto che, col senno di poi, è stupefacente come sia stato disposto, il corpo, a reagire a quelle dita tremanti. Ad... apprezzarle?

E la notte? Non ha sognato strani eventi ambientati nelle docce, modificati ad arte dalla propria psiche, come avrebbe voluto e dovuto essere.

Dannato Tino, uccidere così le sue belle ed appaganti fantasie, erano tutto quello aveva!


È durante una mattina come tante, la settimana successiva “La Siepe”, che Berwald si ritrova a fissare il profilo sognante di Tino. Il ragazzo tiene una matita tra le labbra e la solleva e abbassa muovendole lentamente, gli occhi puntati su Matt che, alla cattedra, si sta esibendo in un'interrogazione disastrosa.

Matt, che cavolo.

Eppure Berwald si era offerto di aiutarlo a studiare insieme, ma lui ha risposto che aveva da fare. Che sia uscito con...?

Non riesce a trattenersi dal mandare lampi di ghiaccio in direzione di Tino, il quale, ovviamente, non si accorge dell'aura negativa diretta a lui. Continua a far ballare quella matita intrappolata tra gli incisivi, fino al punto in cui Berwald si fissa a guardarla e quasi gli lacrimano gli occhi. Li sente sgranarsi leggermente quando nota la punta della lingua dell'amico scivolare al di sotto e spingere la matita, di nuovo, verso l'alto.

È indecente o e un'impressione tutta sua?!

Si volta come un soldatino, arrossendo e sbattendosi rumorosamente una mano sulla guancia.

«Berwald», sussurra il compassato Lukas accanto a lui. «Stai bene?»

«S-sì. Benissimo, grazie», risponde in un soffio da oltretomba.

Bene un glorioso ed immane corno vichingo ripieno di birra.

Se non temesse la disapprovazione del sempre impeccabile e perfetto violinista al suo fianco, si infilerebbe gli auricolari e via con gli ABBA. Qualsiasi cosa pur di non guardare Matt interrogato, Tino che guarda Matt, lui stesso che guarda la matita e ripensa a...

«Siepe, ma non con la mano», mugugna senza rendersene conto.

Non ha la minima idea di cosa si provi, ma...

«Siepe?», ripete Lukas perplesso, smettendo di scribacchiare e tornando ad adocchiarlo.

In quel momento Berwald, colto da ispirazione improvvisa, si alza di scatto con il braccio teso verso l'alto, le orecchie vermiglie.

«Professoressa, Tino non sta bene. Lo accompagno in infermeria», annuncia con voce robotica. Si sposta verso il diretto interessato, incurante della risposta dell'insegnante, lo prende per l'avambraccio, lo fa alzare e lo tira via quasi di peso.

«Hey!», protesta il ragazzo ignaro, più volte, mentre viene trascinato per il corridoio e Berwald cerca freneticamente un'aula qualsiasi, purché vuota.

Lo infila dentro con una certa fretta, chiude la porta a chiave e si volta a fronteggiarlo con indosso un'espressione terribile.

Trova Tino con le braccia lungo i fianchi ed un principio di sfida stizzita su tutto il viso. «Vuoi darmele?»

«Mh?»

«Hai deciso di punto in bianco che vuoi picchiarmi?»

Berwald è interdetto. Non voleva dare quell'impressione violenta...

«Ma come ti viene in mente? Sai che odio la violenza.» Scuote la testa e controlla di nuovo che la porta sia ben chiusa.

«Allora perché mi hai portato via in quel modo durante la lezione? Volevo ascoltare Matt, stava recuperando! In più... non capisco perché hai chiuso a chiave», brontola nervoso, indicando la porta con un cenno.

«Bisogno di privacy.»

Si avvicina e lo sovrasta dall'alto.

«Mi sono accorto molto bene di quanta voglia avevi di ascoltare la sua interrogazione. Ha studiato con te? Perché in quel caso mi sa che non sei nella posizione di insegnare a nessuno, Tino.»

«Ma...!» Il ragazzo arrossisce di rabbia e volta la testa di lato. «Credevo si fosse preparato con te e stavo per dire la stessa cosa!», prorompe.

Quindi non hanno passato il pomeriggio insieme a studiare? Bene, meglio così.

«Ad ogni modo», riprende Berwald chinandosi un po'. «Non mi piace che gli lanci sguardi sognanti immaginando chissà cosa.»

«C-cosa vuoi che immagini!», si stizzisce tornando a guardarlo.

«Non credo di volerlo sapere, non disturbarti a dirmelo. Anzi, sta' zitto.»

Lo prende per l'incavo del gomito, lo pilota alla cattedra sgombra e gli si mette alle spalle, bloccandogli le mani sulla superficie liscia. Si avvicina tanto da sentire riempirsi le narici del profumo dei suoi capelli, riconoscendo il penetrante e delicato aroma del mughetto e respirandolo per forza di cose, mentre scivola con le labbra al suo orecchio e socchiude gli occhi, abbassando la voce già profonda.

«L'altro giorno non ho avuto il tempo di dire niente e non ho più avuto occasione per farlo. Mi sento in dovere di ricambiare, Tino.»

«E-eh?», balbetta il ragazzo.

Un braccio di Berwald si avvolge attorno alla sua vita, gentile, quasi premuroso, mentre la mano libera si fa strada per infilarsi nei pantaloni allo stesso modo in cui ha fatto con lui, anche se lo svedese non possiede tutta quella sicurezza.

Si insinua piano nella patta, comincia ad arrossire quando trova quello che sta cercando ed inizia a sfiorarlo quasi timidamente. Le mani di Tino cercano di fermarlo, ma lui preme forte da dietro sbilanciandolo, forse spaventandolo.

Gli dispiace, se è così, non vuole fargli alcun male o mettergli paura. Vuole solo... ricambiare. Perché Tino dev'essere l'unico a fare come gli pare?

Lo sente protestare, finché la sua voce si fa sempre più debole e spezzata al ritmo della mano che aumenta presa e movimento, facendosi intrepida e sicura.

Tino si appoggia pesantemente coi palmi al rigido ripiano della cattedra e china la testa in avanti, ansimando in maniera incostante. Berwald lo trova un bel suono.

Così non penserai a Matt per un po'. Non è la stessa cosa? Sei tu che hai iniziato. Pensavi di essere l'unico a volerlo impedire all'altro?

«Siamo amici», dice a bassissima voce, affondando in quel profumo che non sente così nitido dall'ultima volta che sono stati molto vicini.

È buono.

Si concentra su quello e sui respiri spezzati del ragazzo davanti a lui, continuando a ripetersi che si sta vendicando con la stessa medicina.

Niente di male, niente di diverso da Tino.









-Angolo Autrice-


Salve.

Non ho molto da dire, a parte: mai fare i propri comodi con uno svedese. :D

Ok, seria.

Il capitolo non ha bisogno di particolari spiegazioni e mi lavo cordialmente le mani dai meccanismi mentali dei due. Posso dire a loro discolpa che sono adolescenti?

Immaturi, bla bla bla, ormoni strani, bla bla bla, cervello microscopico.

No? Oh, peccato.

A chi voleva essere nelle docce dico che io voglio un banco in quell'aula. *fugge*


Un grazie a tutti quelli che hanno letto! *w*

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Capitolo 4
*** Pace? ***


«Che silenzio, che noia!», si lamenta cantilenando.

Prende per le spalle prima uno e poi l'altro dei suoi amici e li fa dondolare con sé per la strada. Ridacchia contento nel sentire i loro lamenti soffocati e se li stringe contro ulteriormente.

Sospira, alzando il mento per guardare le tonalità cangianti del tramonto.

«Vi voglio bene, ragazzi. Davvero», mormora, tra l'affettuoso e il soddisfatto.

Tino e Berwald si scambiano uno sguardo rapido e quasi ferito, poi voltano la testa a tempo, entrambi consapevoli di tradire quel sentimento, entrambi in colpa per quanto accaduto tra loro; come se quei fatti potessero sporcare la sincerità di Matt, oltre che loro due.

«Non vi sprecate a dirmi che me ne volete anche voi, mi raccomando!», scherza il terzo stritolandoli selvaggiamente e ridendo forte per le ennesime proteste.

«T-ti vogliamo bene, Matt!», strepita Tino dimenandosi.

«Sì, ora molla o ci rompi il collo», borbotta Berwald, ormai quasi porpora.

«Mmh, non so se lo farò», cinguetta, adocchiando una panchina e guidandoli fin là, una buffa massa a tre teste che non smette di vacillare.

Si siedono in blocco, gemendo (almeno ai lati).

Tino cessa di contorcersi e gli mette timidamente le braccia attorno al torace, posa la guancia sulla sua giacca e chiude gli occhi. Prende un piccolo respiro e si struscia piano per una manciata di secondi, cercando poi di rimanere perfettamente immobile.

«Oh», mormora Matt fissandolo dall'alto, leggermente chino in avanti, una mano posata dolcemente sulla sua testa. «Il nostro piccolo si è addormentato?»

«Va' al diavolo», risponde Tino, pronto, con un sorrisetto dolce.

Berwald, vedendolo, non può fare a meno di sorridere di riflesso a labbra chiuse, senza accorgersene, senza nemmeno considerare che la solita fitta di gelosia è affiancata da un altro sentimento, strano ed impalpabile.

Pace.

Dev'essere merito di Matt, come sempre.

«Era da un po' che non riuscivamo a passare una giornata insieme, noi tre», borbotta il ragazzo al centro. «Anche se Tino spara come un demonio e non mi fa vincere nemmeno per cortesia, stare con voi cancella tutti i miei pensieri.»

Il suo tono sembra insolitamente malinconico alla fine di quella considerazione e spinge entrambi a sollevare lo sguardo su di lui, riportati alla realtà.

«C'è qualcosa che ti preoccupa?», chiede Tino inclinando la testa.

«Puoi parlarcene, Matt.»

«Gr-grazie, lo so!», balbetta, stravaccandosi sulla panchina con un sorriso gigantesco. Tino gli rimane abbracciato, anche se a poco a poco si separa da lui e comincia a studiarlo attentamente.

Matt sembra riflettere sulla possibilità di aprirsi con loro (o almeno così sembra dal modo in cui lo sguardo gli viaggia tra le nuvole rossastre), ma poi scuote la testa e si sfrega il naso con l'indice, somigliando terribilmente ad un bambino pronto a far dispetti.

«Tornando all'argomento precedente!», si rianima, tendendosi indietro ed infilando due dita nella tasca anteriore dei jeans. Estrae un paio di biglietti rettangolari fatti di cartoncino. «Ta-dan~. Ho preso questi per noi! Che ne dite di sabato pomeriggio? Ci state?»

«Per cosa sono?», chiede Tino prendendone uno e leggendovi sopra. Il suo viso si illumina e stringe la mano libera a pugno, sollevando un ginocchio verso l'alto in segno di esultanza. «Ah, il luna park!»

Alza la mano al cielo e finge di sparare con un'arma immaginaria. «Conta su di me! Farò incetta di premi! Nessuna pietà, pivelli!»

«Mh... io... ho paura delle giostre che vanno in alto», farfuglia invece Berwald, fissando miseramente il proprio biglietto. Sentirsi il guastafeste non è quello a cui aspira, ma...

Matt scoppia a ridere e Tino lo imita a bassa voce, contagiato. Berwald si incupisce il doppio.

«Ci siamo noi», promette solenne dandogli un'amichevole testata. «Non può succedere niente di brutto quando siamo insieme. Ti proteggeremo dall'altezza cattiva!»

Quella frase lo fa vergognare ancora di più. Davvero ha pensato che gli avrebbero detto di tutto, prendendolo in giro?

Amici.

Da troppo tempo non assapora quella sensazione di leggerezza, il non aver paura di essere sincero, anche se per una cosa così stupida, in fondo ridicola.

Si ripete che c'entrano anche il sorriso di Matt ed i suoi occhi, azzurri come il cielo in primavera, a creare quell'atmosfera rilassata.

Non è certo per il modo dolce e comprensivo col quale lo sta guardando Tino.



«Ho la febbre, non posso venire.»

«Che sfiga! Hey, è molto alta? Stai male male?», quasi grida Matt, gettandosi sul letto con il ricevitore attaccato all'orecchio e le chiavi già strette in mano.

«Abbastanza. Mia madre mi appende se metto piede fuori in questo stato.»

«Ma certo, lo capisco. Allora rimandiamo!»

«N-no, lascia stare. Ho aspettato fino all'ultimo per vedere se si abbassava, ma così facendo non ti ho dato modo di organizzarti. Vai con Tino, siete già d'accordo. Non voglio rovinare il pomeriggio a nessuno, veramente.»

«Ma io volevo andare insieme a voi due.»

«Lo so.»

«Non è una scusa, vero?»

C'è un attimo di silenzio, all'altro capo del telefono. Matt si incupisce nell'attesa.

«... Ma che dici?»

«Dico che se hai così paura delle giostre non ci devi salire per forza, guarda che-»

«Ho la febbre, te lo ripeto», sospira con voce lugubre, interrompendolo.

Per un attimo aveva temuto che l'avesse smascherato, dimenticandosi che Matt non ne sarebbe mai capace.

«Matt.»

«Che c'è.»

«Stai facendo la bocca imbronciata? Hai le labbra spinte all'infuori e le guance gonfie?»

«No.»

«Invece sì», sospira Berwald tirandosi addosso la coperta. «Sei in Modalità Capriccio.»

«E va bene, sì. Uffa.»

«Non è il caso che rinunciate per me. Verrò la prossima volta, promesso.»

«Va bene. Uffa. Riguardati.» Una pausa e poi «Sei sicuro?»

«Sì. Smetti di dire uffa», sospira fissando il soffitto. «Mi dispiace.»

«Non fa niente, non è colpa tua. Stasera passo a portarti le arance.»

«Non sono in carcere», protesta con un sorrisino appena accennato, lieto della resa.



Quando suona il campanello, Berwald si chiede perché sia andato a trovarlo così presto. Aveva detto stasera e sono appena le sedici. Possibile che alla fine quella testa dura non sia uscito?

Apre la porta e rimane svariati secondi a fissarlo, cercando di capire perché la sua vista gli stia inviando un'immagine così diversa da quella che si era aspettato.

La mano dell'ospite sale immediatamente alla sua fronte per saggiarne la temperatura. «Non sei caldo come credevo», dichiara in tono sollevato.

«T-Tino.»

«Moi», lo saluta stringendo meglio un piccolo cesto. «Posso entrare? Hana, vieni. Non dovresti stare in piedi, ti immaginavo a letto. Dove sono i tuoi? Non va bene aprire la porta se sei ammalato e... che fai, non la richiudi?»

È entrato parlando a raffica e mi ha tranquillamente scavalcato come se niente fosse.

«Arance», gli annuncia sollevando il cestino.

«Non sono in carcere», ripete anche a lui chiudendo la porta, decisamente stordito.

«È per farti una spremuta. Ho letto che la vitamina C dovrebbe aiutarti a guarire prima. Credo. Insomma, le vitamine sono vitamine e le raccomandano tutti. Avrei dovuto chiedere a Lukas.» Si incanta a pensare a qualcosa e poi scrolla le spalle dirigendosi in cucina. «Allora, i tuoi?»

«Sono fuori fino a stasera. Senti, Tino...»

Lo segue in cucina, fermandosi sulla porta per prendere in braccio la cagnolina bianca e coccolarla, mentre osserva il ragazzo aprire ogni anta per trovare lo spremiagrumi. Lo scova al quarto tentativo, ma lo avrebbe trovato al primo se non avessero smesso di andare uno dall'altro come un tempo.

Quel pensiero lo addolora senza preavviso, scavandogli dentro con crudeltà.

«Che ci fai qui?»

Tino si ferma con la prima arancia in mano ed un coltello nell'altra.

«Sono venuto a vedere come stavi, mi sembra ovvio. Girano brutti malanni strani in questa stagione e se non ti curi bene non guarirai come si deve e so che non badi a te stesso a sufficienza. Hai idea di quanto possa peggiorare una malattia da niente se viene trascurata?»

Berwald entra in cucina e si accomoda su uno sgabello, appoggiandosi al ripiano dell'isola con un gomito e tenendo Hana in grembo.

«Grazie per la preoccupazione, ma non è in quel senso che ti ponevo la domanda. Credevo che fossi al luna park a passare una bella giornata con il ragazzo che ti piace, a tentare il tutto per tutto per conquistarlo approfittando della mia comoda assenza.»

Franco, diretto, implacabile. Si sorprende da solo del proprio tono acido, venato di stizza. In mezzo a tutto c'è anche un calore particolare al centro del petto: Tino è andato a trovarlo perché non sta bene. È veramente lì a prendersi cura di lui, in un modo infantile ma concreto.

Perché?

Prova emozioni ingarbugliate e contrastanti, che si complicano ulteriormente quando l'amico gli offre una risposta che lo sconcerta.

«Ho detto a Matt di andarci con Lukas e gli ho ceduto il mio biglietto. Non sarebbe stato carino andarmi a divertire sapendo che avevi la febbre ed eri rimasto a casa.»

Comincia a spremere le arance, dandogli le spalle e non aggiungendo altro.

Berwald è ammutolito, mentre Hana gli lava la mano con gioia.


Gli porge l'enorme bicchiere colmo solo dopo averlo messo a letto e coperto fin sotto il mento. Non può fare a meno di trovarlo terribilmente casalingo.

«Sembri una mogliettina premurosa, sai?»

«Dillo di nuovo e la spremuta troverà nuove vie per entrare nel tuo corpo», sorride a denti stretti senza scomporsi, sempre col bicchiere teso.

Berwald lo prende e beve un sorso, non prima di aver borbottato «Sei terrificante, però.»

Con la schiena appoggiata ai cuscini sollevati e circondato da coperte, Berwald beve diligentemente la sua spremuta con Tino seduto accanto. Non sa come ringraziarlo senza suonare stupido e alla fine il senso di colpa a lungo represso comincia a farsi sentire di nuovo. Moltiplicato dall'inspiegabile gentilezza nei suoi confronti.

Non l'ha costretto lui, certo, ma Tino ha rinunciato a Matt per un giorno, ha fatto qualcosa che non si sarebbe mai aspettato. Specialmente dopo quel fatto al quale pensa sempre.

«Siamo amici», mormora, mordicchiando il bicchiere di vetro.

Quella semplice constatazione, forzata, considerati gli ultimi avvenimenti, è un pugno allo stomaco.

«... Sì.»

«Nonostante quello che è successo?»

Solleva lo sguardo e lo posa su di lui, su quella piccola figura raccolta su una sedia trascinata al suo capezzale. Sembra minuscolo con quella felpa bianca, non riesce a non provare una strana tenerezza, a guardarlo.

Tino devia il centro del suo interesse dal viso di Berwald ad un tappeto. Altro pugno. Dovrebbe chiedergli scusa, dovrebbe assicurarsi che non abbia mai esitazione a guardarlo, come un tempo.

Il ragazzo piega una gamba ad angolo retto e la appoggia all'altra, giocherellando con un laccio della scarpa da ginnastica. Sembra profondamente turbato.

«È stata colpa mia. Possiamo far finta che... non sia successo?»

Gli sta chiedendo perdono? Come se fosse facile. Non è stato proprio uno sgambetto. E quel che è peggio, lui l'ha replicato, a sangue freddo. O caldo. Non ricorda bene cosa l'abbia spinto a reagire a quel modo, sa solo che è stata una cazzata e che se ne è pentito quasi subito.

Cos'ha risolto, a parte rendergli l'aggressione e sentirsi un idiota? A parte rendersi conto di tenere ancora a lui e di perderlo giorno dopo giorno?

Anche Tino si sente così?

«Vorrei farlo, ma... mi dispiace. Mi dispiace per quello che ho...»

La voce di Berwald si perde e termina la frase con un cenno delle dita, molto blando. Tino lo nota e continua a tirarsi un laccio celeste.

«Sono stato io a cominciare, non so neanche come scusarmi. Sono stato un deficiente, non so come ho potuto comportarmi in un modo del genere. Con te, poi.»

Vede le spalle di Tino abbassarsi di qualche millimetro e si accorge che il suo essere venuto lì, essersi comportato sin da subito con naturalezza e spensieratezza, forse faceva parte di un piano organizzato per provare a farsi perdonare.

Addolcisce l'espressione torva e apre bocca con l'intenzione di accettare le sue scuse, a patto che lo perdoni allo stesso modo.

Sì, dannazione. Devono smetterla. Ne ha bisogno, ne ha davvero bisogno.

«... Quando ti ho toccato, pensavi alla mano di Matt?»

La domanda esce dalle sue labbra prima che possa fermarla ed il sorpreso silenzio successivo è abbastanza denso e pesante da farlo pentire almeno cinquanta volte. O cento.

Che razza di strade prende il suo cervello?! Doveva dire un'altra cosa!

«Non... non direi», risponde il ragazzo, a voce bassissima, continuando a non guardarlo.

Allora non dimenticarlo è il suo pensiero insensato ed immediato.

Grazie al cielo la bocca, questa volta, rimane chiusa, ma per sicurezza la riempie con l'ultimo sorso della bevanda tiepida. Deglutisce e gli porge il bicchiere vuoto, cercando di mostrarsi sereno come se tutto fosse risolto.

«Grazie, mammina.»

«Fai lo sbruffone perché l'hai finita, eh?», ridacchia Tino, prendendo il bicchiere e dandogli la base sulla testa. Si sente un rumore sordo che li fa sorridere entrambi, prima di distogliere gli occhi velocemente, in direzioni opposte.

Cosa mi sta succedendo? Perché vorrei allungare le braccia e avvicinarlo al mio petto, vederlo stringersi a me con la stessa espressione rilassata e dolce che ha mostrato con Matt sulla panchina?

Solleva una mano, quasi tremando, ma la abbandona e stringe invece la coperta.

È solo la voglia di essergli di nuovo amico.

Tino gli manca, lo sente con precisione come la punta di una lama piantata alle reni e quel modo di porsi, del quale non beneficiava più da molti mesi, gliel'ha ricordato con dolorosa e soffocante nostalgia.

«Tu hai pensato a Matt quando io...», sussurra Tino rigirandosi il bicchiere tra le mani.

Berwald scuote la testa, serio. «Ero troppo sorpreso, non ho pensato a niente. Avevo paura di sentirli che ci cercavano.»

La tua mano era la tua. La tua, solo la tua.

Non posso dirlo. Sembra strano.

È strano.

«Già, ho scelto un luogo ed un momento che...!», ridacchia ancora, allungando il braccio e posando il bicchiere sul comodino ordinato. «Forse un giorno ci rideremo su?»

Tino sembra riflettere su qualcosa, con lo sguardo concentrato, poi si alza e gli rimbocca le coperte, di nuovo, lisciandole ed intrappolandole per bene sotto il materasso.

Mi sta chiudendo dentro un bozzolo?

Tino nota il suo sorrisetto sconcertato e scrolla le spalle con fare pratico. «Così non prendi freddo. Mi raccomando, resta a letto e curati, così per lunedì potrai tornare a scuola. Io adesso devo andare, ma se hai bisogno e i tuoi non sono ancora tornati...»

«Carino.»

Gli è scappato a voce alta? Dallo sguardo stranito di Tino sembra proprio di sì. Si sente le orecchie andare a fuoco, ma resiste stoicamente al suo sguardo ravvicinato.

«Hai detto carino?»

Ah, merda. Devo farmi visitare al cervello, sono sicuro che ha qualche disfunzione.

«È carino questo tuo lato dolce, non stavo certo...», bofonchia. «Mi... piace», confessa, tirandosi le coperte fin sotto il naso.

«Credevo di essere terrificante, non dolce», risponde Tino con tono ironico, chinandosi impercettibilmente ed abbassando la coperta per impedirgli ogni via di fuga dal discorso.

«N-no, lo sei sempre stato. Con me non tanto, ultimamente, ma so che lo sei. È un tuo modo di essere. Quando lo dimostri, io ti trovo...»

«Carino?»

«Attraente.»

Recupera la coperta e se la tira sopra il naso, fumando anche dalle narici.

L'espressione sbigottita di Tino non aiuta la propria timidezza. Diamine, lo ha quasi (quasi?) sbattuto contro una cattedra e gli ha infilato una mano dentro i pantaloni, ascoltandolo gemere sotto il suo tocco, ma quei discorsi...

Perché ha cominciato?!

«Stavi andando?», tenta, cianotico.

«Sì.»

Una mano gli si posa sulla fronte e gli tira i capelli indietro, indugiando forse troppo in quel gesto.

«Ci vediamo lunedì, Berwald.»

«'nedì», grugnisce, sentendosi terribilmente idiota.









-Angolo Autrice-


Wiii, sono contenta! Perché? Boh, forse non vedevo l'ora di arrivare a questo punto e dimostrare di non essere solo una pervertita! Motivo per il quale ho messo un po' più roba rispetto ai precedenti. Ci tenevo tanto che si chiarissero, povero BerBer.

E poi: ma che succede tra 'sti due?

Uh uh uh! *coccola Hana e ignora pubblico*

Alla prossima settimana con la conclusione! E sì, l'avevo detto che era breve!

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Capitolo 5
*** Amore Inaspettato ***


Innamorato di Tino.

Non ci sono altre spiegazioni logiche.

Berwald è tutto curvo in avanti, la testa abbandonata sopra le braccia incrociate contro la ringhiera esterna della biblioteca della scuola. È lì da almeno mezz'ora ed intende sprecare tutta la pausa in quel modo. Pensando.

Perché, perché, perché?

Solo perché l'ha toccato e non l'aveva mai fatto nessuno? Solo perché gli ha mostrato un po' di gentilezza e non ha mai avuto paura dei suoi sguardi truci? Perché è bello e nemmeno si accorge quanto?

La verità è che da quel giorno, al parco, non ha fatto altro che pensare alla sua mano.

Nelle fantasie si sono fatte strada le labbra, gli abbracci, i sorrisi e la voce del finlandese. Il profumo del mughetto che intrideva i capelli più morbidi sui quali ha mai posato lo sguardo.

Si stava quasi per prendere a sberle quando si è reso conto che, al centro commerciale, aveva preso ad annusare lo shampoo con quella fragranza.

Patetico. Soprattutto averlo comprato.

E non importa se tutti quei pensieri sono troppo romantici o inopportuni, perché la mente è invasa da Tino e non sa più come tornare indietro.

Tino.

C'è una marea di cose che gli piacciono di lui, ma, di nuovo, è finito in un amore a senso unico ed è stanco di innamorarsi della persona sbagliata, di nutrirsi di pure illusioni.

Non avevo la febbre, Tino. Ho detto quella bugia perché volevo che tu e Matt vi metteste insieme.

Ho visto quanto ci tenevi ed ho pensato che per lui sono un fratello e non mi avrebbe mai considerato in altra maniera, mentre tu avevi più possibilità. Sei dolce e sei carino, potevi farcela.

Stupido che non sei altro, perché sei venuto da me? Hai reso tutto più difficile.

Ed ora, per una serie di circostanze che non vuole stare ad analizzare (ormai, dall'alto dei suoi diciassette anni, ha capito che l'amore non ha un fottuto senso), sa di essersi innamorato di lui.

«Questa scuola è troppo grande, ma non abbastanza da impedire alla gente di notare un losco individuo che sembra sul punto di suicidarsi!»

La voce gioviale di Matt per poco non lo fa realmente buttare di sotto.

Il ragazzo danese si posiziona accanto a lui e lo squadra, attento.

«Stai bene? Ancora febbre?», chiede, posandogli una mano sulla fronte e toccando poi le guance col dorso, una dopo l'altra.

Quel gesto, che una volta lo avrebbe inceppato come un motore e reso al tempo stesso felicissimo, gli scalda il cuore ma non glielo fa impazzire. Riesce a sorridere, nei limiti della rigidezza del viso, andando incontro a quella mano che ora gli provoca solo tenerezza, affetto, innocente bene.

«No, volevo solo pensare.»

«Ti capisco, amico mio...»

Anche Matt si curva in avanti ed assume un'espressione smarrita, sprofondando il viso tra le mani a coppa. «Posso confidarti una cosa? Non mi prendi in giro, vero?»

«Sai bene che non lo farei.»

«Croce sul cuore?»

«Matt, non siamo più all'asilo.»

«È vero», gli sorride, illuminandosi. Si avvicina strisciando lungo il corrimano e si appoggia al suo braccio prendendolo a piccole testate.

«Sembri una tartaruga che vuole accoppiarsi...»

«Fanno così?» Scoppia a ridere e Berwald lo lascia fare, restando in attesa. «Credevo che gemessero tipo creature dall'oltretomba!»

Lo svedese ha la tentazione di spalmarsi la mano sulla faccia, ma si trattiene. «Allora? Cosa vuoi dirmi?»

«Se ti dico questa cosa che mi impensierisce, tu... fai lo stesso?»

No. Non posso dirti...

«D'accordo.»

Ma che...?

«Bene! Mh, dunque, ecco, sì, mi sono impegnato! Sentimentalmente», confida abbassando il tono di voce, sprofondando nuovamente contro il suo braccio e strusciandosi un po' imbronciato. «Sono innamorato.»

Innamorato?

Una fitta tremenda, improvvisa, lacerante.

«Sono così euforico che non faccio che pensare a lui. Cosa potrei fare per renderlo felice? Sarò davvero abbastanza? Staremo insieme per sempre? Ah, quanti pensieri! L'amore è un casino, anche quello ricambiato!»

Di chi. Oh, cazzo. Di chi, Matt. Non di lui, vero? Parli al maschile. Non di lui...

«È Tino.»

Ecco, ora può scavarsi una fossa, infilarcisi dentro e tirarsi la terra sopra a manciate. Ma era quello che voleva, no? Che Tino fosse felice, che potesse stare con il ragazzo che gli piaceva.

Il pensiero di averlo perso senza nemmeno essere riuscito a dirgli cosa è cambiato in lui lo deprime. Contento per loro due? Non può esserlo sinceramente.

«Siete una bella coppia. Congratulazioni», mormora con labbra insensibili.

Non credeva che avrebbe fatto tanto male.

Perché? Quando è cominciata? Sta pensando al mughetto, a quel profumo che non potrà più sentire se non per caso e che invece Matt respirerà legittimamente, abbracciandolo forte sotto le coperte.

Il mughetto dello shampoo è diverso da quello emanato dai suoi capelli, non basterà a colmare quel vuoto, quel bisogno di stringere Tino al petto.

No, non vuole pensare a quelle cose, non quei flash. Non loro due che camminano vicini, che si scambiano promesse bisbigliate.

La disperazione che prova è troppo forte per essere un amore così recente.

Sono un vero egoista. Dovrei essere davvero felice. Sono amici miei, devo essere felice, dannazione. Mi faccio schifo.

«Tino! Hey!»

Berwald si riscuote e solleva gli occhi in tempo per vedere Tino correre via, veloce come solo lui sa essere, attraversando il giardino della scuola e dirigendosi al cancello dell'ingresso. Una scheggia.

«Che strano, forse non mi ha sentito. Eppure credevo che avesse guardato verso di noi», bofonchia Matt massaggiandosi la nuca. «Mah, come ti dicevo, Ber... Ber?» Lo vede schizzare via e rientrare in biblioteca, sparendo in un attimo. Guarda il balconcino deserto e sospira, rivolgendosi ad un corvo che lo fissa.

«È bello essere considerati, che ne pensi?»

Il corvo si gira mostrandogli il posteriore.

«Molto simpatico», sibila col broncio.


Tino. Tino. Tino!

Berwald corre, ripetendo quel nome, il suo nome, nella mente. Un nome breve, un nome che ad un certo punto della sua esistenza, in un momento imprecisato tra i respiri che lo tengono in vita, è diventato incredibilmente importante. Quattro lettere che bastano a fargli balzare il cuore in gola.

Forse è un miracolo, forse un inganno o una malia che gli ha fatto mescolando qualcosa alle arance; qualsiasi cosa sia non può più negare che stia gridando forte per avere l'attenzione che merita.

Corre più veloce che può, confidando di raggiungerlo grazie alle proprie gambe lunghe. Salta, praticamente vola evitando ogni ostacolo vivente e non.

Un maglioncino bianco, dei pantaloni scozzesi blu, capelli biondi.

È dietro quell'angolo?

Sorpassa il vicolo e frena con i talloni, voltandosi di scatto e trovandolo appoggiato al muro, ansante. Si guardano reciprocamente, ma in meno di due secondi il ragazzo in fuga riprende la corsa.

Berwald si infila nel vicolo e lo insegue, superandolo in velocità grazie ad alcune falcate micidiali che gli fanno esplodere dolore ai muscoli delle cosce e gemere i polpacci. Non importa. Nulla conta se non trattenerlo.

«Tino! Aspetta!»

Lo afferra malamente, annaspando, lo salva da una caduta in avanti tirandoselo addosso e premendolo a sé, lo intrappola tra le braccia.

«Lasciami! Lasciami!»

«A-aspetta... ti prego... aria... momento...»

Lo tiene bloccato, cercando di non svenire per la mancanza di ossigeno ed il bruciore ai polmoni.

Se riesce a tenerlo lì è anche grazie al fatto che Tino ha lo stesso problema con l'aria.

Respirano rumorosamente e Berwald vede talmente tante macchie nere sfrecciargli attorno al campo visivo che teme di finire col sedere per terra da un momento all'altro. Si sforza di non farlo accadere, addossandosi al muro e stringendo forte il finlandese, poi scivola con la schiena contro i mattoni rossi e squadrati.

Seduto per terra gli si appolpa, letteralmente, ritrovando pian piano se stesso.

«Perché... sei scappato a quel modo...», rantola, deglutendo a vuoto.

«Non ci tenevo... a vedervi amoreggiare... posso evitare? O devi costringermi? Vuoi sbandierarmi davanti agli occhi la tua vittoria a tutti i costi?»

Tino è mortalmente arrabbiato, ogni cosa del suo tono duro lo ferisce.

«Vittoria? Credi che ci stessimo giocando Matt? Non è mai stata una gara, stupido! Se sei competitivo fino al punto da considerare una persona una specie di trofeo...!», sbotta infuriato senza poter concludere.

Smette di stringerlo, però, permettendogli di allontanarsi. Tino lo fa immediatamente, voltandosi per guardarlo negli occhi, in ginocchio, livido.

«Non lo penserai davvero! Non l'ho mai considerato un premio!», gesticola.

«Buono a sapersi!»

«Non gridarmi in faccia, svedese!»

«Nemmeno tu, mogliettina!»

Tino scatta per colpirlo, ma Berwald lo prende per i polsi e gli impedisce di picchiarlo.

Lottano per qualche minuto, guardandosi male, finché Tino non si calma e abbandona la presa. «Ok, tregua», sibila, mollandolo di scatto e ritraendosi un po'.

Il suo sguardo fiero fa male, ma è bellissimo. Ecco un'altra cosa che gli piace di lui. L'ennesima.

«Non stavamo facendo niente, Matt voleva solo parlarmi di una cosa», comincia tentennante, decidendo di mettere da parte i propri sentimenti e fare la persona matura. Sospira e gli posa una mano sulla spalla, brevemente. «Sono contento per voi, Tino.»

Le lance mortali si ritraggono dalle iridi finlandesi e lasciano il posto al dubbio più completo. «Contento?»

«Matt mi stava dicendo che voi...», sposta lo sguardo a destra e a sinistra, a disagio.

«Noi? Non mangiarti le parole!», lo sgrida, avvicinandosi di nuovo senza intenzioni minacciose.

«È innamorato di te. Ce l'hai fatta», butta fuori a fatica. «Non essere geloso di cose che non esistono.»

Tira le ginocchia verso di sé e cerca di rialzarsi, ma Tino lo afferra per la cravatta e lo rimette seduto.

«Di cosa stai parlando, Ber.»

Il completo smarrimento nell'espressione di Tino lo risveglia da una sorta di stato catatonico.

Matt ha detto che sta insieme a Tino, vero? Non l'ho immaginato. Cosa stava dicendo? L'ho fatto finire o me ne sono andato prima?

«N-niente, forse ho frainteso?»

Oppure tratto conclusioni affrettate. Le peggiori, le più temute. Mi sto vergognando da morire, smettila di guardarmi. Sono un idiota.

«Se fossi così gentile da dirmi cosa hai frainteso, forse ti seguirei meglio.»

Berwald si infila una mano tra i capelli, mentre Tino gli lascia andare la cravatta. È lì tra le sue gambe, inginocchiato, spettinato, affannato, carino come non mai. Quanto vorrebbe stringerlo così forte da farlo sparire, senza continuare a passare per un deficiente.

«Matt ha detto che si è fidanzato. Credevo... lo sai.»

«Ed io credevo che vi steste per baciare, là sopra», replica l'altro, tristemente. «Eravate uno addosso all'altro, così vicini.»

Berwald sobbalza, poi sorride con amarezza e lascia andare la propria testa per posare la mano sulla sua, pettinandolo in maniera più ordinata con un paio di mosse. Sono talmente morbidi e sottili, quei capelli, che è un'impresa semplicissima.

Segue il disegno del sopracciglio e scende a sfiorargli la guancia, maledicendo la propria mano incapace di trattenersi.

«Non è così. Per seguirti non l'ho fatto finire di parlare. Ci sarà rimasto male, povero Matt.»

Ha detto “È Tino” perché lo aveva visto di sotto, non stava parlando di lui.

Che imbecille. Ero così sicuro, così spaventato, che non mi sono accorto del tono, lì per lì.

«Povero Matt», ripete Tino volgendo gli occhi verso il basso, alla mano che ha sul viso.

«Ti infastidisce?», gli chiede dopo qualche secondo, temendo la risposta.

Continua ad accarezzarlo pianissimo, non avendo ricevuto reclami, sentendo il cuore morire e risorgere continuamente quando vede il pollice decidere di andarsene a zonzo sulle sue labbra, dischiudendole.

Voglio baciarti.

Gli basta pensarlo per sussultare, ritirare la mano, infilarla a forza nella propria tasca e sollevare il viso alla striscia di cielo che vede da laggiù. Se riesce a calmare il rapido sollevarsi e abbassarsi del petto, forse Tino non si accorgerà che è in iperventilazione.

«Berwald, tu sai chi è la persona che piace a Matt?», gli chiede dopo essersi schiarito la voce.

Che strano. Sembra emozionato anche lui da quel breve contatto.

La smette di illudersi o no? Non imparerà mai.

«Credevo fossi tu. Di certo non io», risponde subito.

«Non sono io.»

«E allora...», comincia tornando a guardarlo, distratto da quel pensiero.

«Lukas.»

«Lukas.»

Le voci si sovrappongono, il tono è identico.

«Credo sia successo qualcosa al luna park. Forse a Matt piaceva già da molto tempo, come dicevi tu.»

«È per questo che hai dato il tuo biglietto proprio a Lukas?»

Non risponde, ma annuisce piano fissando la cravatta blu di Berwald.

«Tino, quel giorno... perché hai preferito venire a casa mia?»

«Ancora con questa storia? Stavi male, non mi sembrava carino divertirmi se tu-»

«Smettila di mentirmi», lo blocca. «Volevi passare un pomeriggio con Matt tanto quanto me, ma ci hai rinunciato facilmente. Per cosa? Per prepararmi una spremuta, rimboccarmi le coperte e fare due chiacchiere? Ammiro la tua amicizia, sono contento che ci siamo chiesti scusa, ma avresti potuto parlarmi un giorno qualsiasi. Sei combattivo quando tieni a qualcosa e mi hai messo una mano nei... mh. Per bloccare le mie fantasie.»

Avvampa, dicendolo a voce alta, ma non demorde. «Quel giorno hai scelto di stare con me. Perché sprecare un'occasione perfetta? Non ti ci vedo a cederlo a Lukas senza fare niente.»

Cosa gli sta chiedendo? Cosa? Cosa vorrebbe sentire?

Non risponde, non dice più niente. Zittire Tino è terribile, lui che ha sempre tante parole...

«Tino. Poco fa, non lo avrei baciato.»

Quello sguardo abbassato, quel viso che più lo guarda e più si chiede come abbia fatto a non trovarlo adorabile dal primo momento in cui lo ha guardato, quelle mani che continua a stringere a pugno e che vorrebbe disperatamente nelle proprie, intrecciate, tornando a casa insieme.

Tino lo imbarazza, lo emoziona, ma allo stesso tempo lo schiude. Scuote a poco a poco la conchiglia che lo ha sempre avvolto, creando crepe lucenti nel suo spesso guscio dal colore insignificante.

Teme di confessarsi da un momento all'altro.

«Sì, figurati», borbotta il ragazzo torturandosi i pantaloni sulle ginocchia.

Voglio baciare te. Te, porca miseria. Guardami. Forse te ne accorgi. Non riesco a dirlo.

Anche se non ci riesce, se per certe dichiarazioni resta bloccato, di nuovo la sua mano si solleva ed esce dalla tasca, cercandolo. Non può farne a meno, non quando sono così vicini.

Forse sono gli ormoni. Non mi hanno mai toccato ed è un bel ragazzo. Forse sono gli ormoni. È stato piacevole, tutto qui, non sono innamorato.

Continuo ad immaginare di tendermi per baciarlo, ripenso ai suoi gemiti e vorrei provocarne altri. Sono gli ormoni. Ho la profondità di una pozzanghera.

Allora perché vuole tenerlo per mano? Se fossero loro, a governare tutto ciò che prova, dal battito del cuore al corpo che si muove da solo per toccarlo, perché penserebbe anche a quei dettagli?

Vorrebbe accudirlo quando sta male, ascoltarlo ripetere una lezione che ha studiato, farlo contento e salire su quelle spaventose motoslitte che ama tanto, perfino perdere con un sorriso ai videogiochi. Osservarlo preparare diecimila spremute solo per lui, farlo contento, sentirsi esclusivo artefice e padrone di un suo sorriso.

Ma se questo è amore, cos'era quello che provava prima?

Ha un piccolo sussulto dicendosi che ha sempre pensato a Matt come ad una cotta. Ha mai associato la parola amore a lui? Provava tutto questo sconvolgimento, per lui?

Non significa niente, sono gli ormoni. Sono solo loro che...

«Berwald, non fare quella faccia scura come se volessi uccidere qualcuno», lo sente mormorare avvicinandosi e passandogli le dita sul viso come per addolcirlo. «Scusami, ti credo. Non lo avresti baciato. Sto facendo proprio schifo come amico, a farti sentire così.»

Il lato dolce di Tino gli si presenta di nuovo, mentre si tende e lo abbraccia, gli mette la testa sulla spalla e gli passa la mano sopra la schiena.

Adora questo suo aspetto. Da morire.

«N-non sono scappato per quello. Avrei dovuto essere geloso di Matt, ma ero... ero geloso di te», gli sussurra contro il collo, uccidendolo.

«Geloso di me?», ripete, cercando di assaporare quelle parole meravigliose. «Di me.»

Tino annuisce e fa un verso affermativo con la gola, sfiorandogli appena la guancia con le labbra.

«Non potevo guardare. Ho avuto una specie di attacco fulminante di gelosia e stavo scappando prima ancora di averlo realizzato. Me ne sono accorto proprio per la mia reazione.»

«Geloso» Di nuovo, come in sogno.

Sta ancora dormendo. O si è appisolato contro la ringhiera oppure tra poco suonerà la sveglia.

«Ber», lo chiama piano, bisbigliando al lato della sua bocca.

«Mh» Flebile.

Lo sente lì, labbra contro labbra. Sente quel respiro delicato e caldo che sa di liquirizia. Sempre con quelle caramelle in bocca, Tino.

Cosa fare? Si deve spostare? È pericoloso stare tanto...

«Sono troppo vicino?»

Sì, troppo. Troppo per non avere ami che tirano il bassoventre e ali nella pancia.

Vorrebbe, davvero, voltare piano la testa e sfregarsi contro di lui, mordicchiarlo gentilmente e poi affondare nella liquirizia.

Vorrebbe essere tenero, romantico, fare le cose a modo, però non appena lo sente scostarsi non riesce ad essere un principe delle fiabe. Berwald preme le labbra sulle sue mentre lo intrappola tra le braccia, senza più pensare.

Affonda le dita tra i suoi capelli, chiude gli occhi e si isola dal resto del mondo, credendo di essere già morto, prima, eppure accorgendosi che è adesso che sta morendo. Sta morendo o sta venendo al mondo, respirando per la prima volta e soffocando subito.

Mughetto. È tutto suo?

Si aggrappa al maglioncino bianco della divisa scolastica di Tino con l'altra mano, avvicinandolo tanto come se volesse farlo diventare parte del proprio corpo.

Tino lo sta baciando in una maniera dolcissima e sensuale, strappandogli l'anima e gettandola da qualche parte.

Ovunque siano finiti i pezzi, gli basta che tornino indietro tra le sue mani, perché lui, di sicuro, è in grado di ricomporre l'immagine che formavano e completarla. Darle un senso logico, corretto. Oppure folle, squilibrato, che importa? Scelga lui.

Tino. Tino. Tino.

La mente è annebbiata e lucida al tempo stesso, piena di quelle quattro lettere.

È suo? Lo sta ricambiando, lo sta veramente cercando, sembra tutto troppo bello per essere vero, ma si sente voluto allo stesso modo.

Le labbra bruciano, come il petto, costrette in un bacio che nessuno dei due intende interrompere e che, pur essendo a tratti timido, diventa ogni minuto che passa sempre più naturale come se non avessero mai fatto altro.



Quando escono dal vicolo, un po' storditi e leggermente instabili su gambe di burro, non riescono a guardarsi per molto tempo.


Però, si tengono per mano.


È suo.









-Angolo Autrice-


Ultimo capitolo come promesso, gente. È finita qui? Nì.

Spero di riuscire la prossima settimana a pubblicare lo spin-off che a qualcuno ho già annunciato nelle risposte ai commenti; non sarà diviso in capitoli, dato che il tutto si svolge nell'arco di qualche ora, ergo parliamo di una OS. ;)

Riguardo invece quello che avete appena letto (e che io devo aver scritto in un'ondata travolgente di amore per la SuFin) spero tanto che vi sia piaciuto! Che l'abbiate trovato dolce, toccante *inserire aggettivi positivi*, ma non stucchevole, ecco. XD


A presto~

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