Infanzia nella Terra di Mezzo

di Eowyn 1
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Com'è un Mago da piccolo? ***
Capitolo 2: *** Un Sognatore a Villa Brandy ***
Capitolo 3: *** Perchè i guerrieri non piangono ***



Capitolo 1
*** Com'è un Mago da piccolo? ***


Mae govannen mellyn

Mae govannen mellyn! Ben incontrati amici!

Finalmente riesco a postare qualcosa che riguarda Il Signore degli Anelli! É dal 2001 che lo seguo, ed era ora che mi decidessi a scrivere qualcosa di serio! Ci avevo già provato ma… non avevo ottenuto grandi risultati… Beh, non che ciò che ho scritto ora sia granché, dovete dirmi voi se vi piace, ma credo sia comunque meglio di ciò che avevo provato a scrivere in passato (e che tra l’altro non ho mai finito…).

 

Passo ora a ciò che ho postato… dunque, già da tempo pensavo di scrivere brevi racconti per narrare piccoli fatti avvenuti nell’infanzia dei membri della Compagnia dell’Anello, mi sarebbe sempre piaciuto saperne di più su cosa facevano da piccoli!!

Il primo racconto, sinceramente, non avrei mai creduto di riuscire a scriverlo… insomma, proprio non riuscivo ad immaginare Gandalf da piccolo! Ma poi due sere fa mi è venuta l’ispirazione… Effettivamente non si parla proprio di quando Gandalf era piccolo ma… beh, ora vi lascio alla lettura, mica posso svelarvi tutto! A questo ci penserà il nostro caro Pipino!!! Vi dico solo che la storia è ambientata prima della Guerra dell’Anello. Spero di non essere andata OOC… Buona lettura!!!

 

 

Com’è un Mago da piccolo?

 

 

È una sera di mezza estate nella Contea. L'aria è tiepida, il sole sta salutando i verdi campi con un'ultima carezza dei suoi raggi dorati e le rondini volano leggere nell'aria, ancora lungi dal pensare al momento in cui dovranno migrare.

Mentre lo spettacolo della natura fa il suo corso, anche questa sera i giocondi Hobbit si dedicano alle normali attività di una sera di mezza estate. C'è chi passeggia per le vie, annusando i profumi provenienti dalle case altrui e cerca di indovinare cosa è stato cucinato per cena. Altri siedono fuori dall'uscio del proprio Smial (le caverne Hobbit), intenti a fumare erba pipa, oppure impegnati a bere o mangiare qualche dolcetto post-cena, offrendolo agli amici che passano per la strada. Perché si sa, l'ospitalità e la gentilezza per gli Hobbit sono tutto.

C'è chi invece, decide di andare a farsi una bella bevuta in compagnia alla famosa locanda del Drago Verde...

 

- Cosa sarebbe la Contea senza questa locanda? - domandò Pipino dopo l'ennesimo sorso di birra.

- Senza dubbio non sarebbe più la stessa! - gli rispose Merry, beatamente seduto accanto a lui, con le gambe allungate sotto al tavolo e la pipa in bocca.

- Già, non sarebbe più la stessa! - disse Sam, con lo sguardo sognante, perso oltre le spalle di Frodo, che sedeva di fronte a lui.

- Sam, guarda che loro due si riferivano alla Locanda... - commentò quest'ultimo con un sorrisino.

- Anch'io! - si difese il giardiniere, tornando alla realtà.

- Sicuro? Non è che stavi pensando a una certa Rosie Cotton, che ora sta servendo al bancone? - lo punzecchiò Merry senza pensarci due volte.

- Ma cosa dite! Sapevo perfettamente di cosa stavate parlando! - ci tenne a precisare Sam.

- E dai Sam, lo sappiamo che le fai il filo fin da quando eravamo bambini! - disse ancora Merry, facendo arrossire l'amico.

- Ma cosa dici! Smettila di inventarti queste cose! - tagliò corto lo hobbit mettendo il broncio.

- A proposito di bambini... - esclamò all'improvviso Pipino, riscuotendosi dal torpore provocatogli dalla birra e dall'afa estiva - Oggi stavo pensando... –

- Davvero? - esclamò Merry interrompendolo.

- Dai Merry, lascialo parlare! - intervenne Frodo.

- Dicevo che stavo pensando... - Pipino marcò quest'ultima parola, e fece una pausa durante la quale si concesse di guardare male l'amico, poi riprese - Sì, insomma, dopo aver rivisto Gandalf dopo tutto questo tempo, chissà com'era da bambino! Voi riuscite ad immaginarlo? –

Istintivamente, gli altri tre hobbit si voltarono verso il tavolo a cui sedevano Bilbo Baggins e lo Stregone. Erano anni, se non decenni, che Gandalf non si faceva rivedere da quelle parti, ed era tornato proprio qualche giorno prima, per far visita al suo vecchio amico, nonché compagno di avventura... Bilbo Baggins.

- Mi sembrava strano che tu ti fossi messo a pensare seriamente... - commentò Merry.

- Però... Effettivamente... Chissà com'era Gandalf da piccolo! - esclamò Sam pensieroso.

- Sempre se lo è mai stato! - intervenne Frodo.

- Vuoi dire che non è mai stato bambino? - chiese poi Merry.

Era inutile. Quell'argomento in fondo li incuriosiva tutti e quattro!

- Dai, non può essere nato adulto! - esclamò Pipino.

- Perché, tu riesci ad immaginartelo da piccolo? Io no! - intervenne nuovamente Sam.

- Deve essere stato bambino per forza! - continuò Pipino sempre più convinto della sua tesi.

- Io dai discorsi che gli ho sentito fare in passato, ho capito solo che lui appartiene all'ordine degli Istari, i quali sono stati inviati dai Valar nella Terra di Mezzo, con il compito di aiutare i Popoli Liberi nella lotta contro il Male. - spiegò Frodo, dimostrando anche questa volta le sue qualità di studioso.

- Tutto questo mi ha confuso ancora di più le idee... - esclamò Pipino.

- Secondo voi, la barba l'ha sempre avuta? - domandò all'improvviso Merry.

- Dipende... - rispose Sam - Se è stato bambino non credo proprio, ma se non lo è stato... Può darsi! –

- Magari ce l'aveva anche da bambino! - esclamò Pipino come se avesse ricevuto un'illuminazione.

- Ma dai, non dire stupidaggini ancora più stupide del discorso che stiamo facendo! - esclamò Frodo.

- Non ti seguo... - fece di rimando Merry.

- Lascia stare... - gli rispose Frodo ormai senza speranze.

- Dai, non può aver avuto la barba fin da piccolo! - esclamò Sam, sconvolto.

- E allora come fa ad avere una barba così lunga? - domandò Pipino.

- Basta che non se la sia mai tagliata fin da quando ha iniziato a crescergli! - ipotizzò Merry.

- Non credi che se fosse così ce l'avrebbe ancora più lunga? - chiese nuovamente Pipino.

- Senti, io sono uno hobbit come te e, come tale, non ho nemmeno io la barba! Quindi non posso sapere con quale modalità e velocità può crescere! - esclamò esasperato Merry.

- E poi un'altra cosa! - continuò Pipino - Ve lo immaginate Gandalf da bambino che combina disastri? –

- Perché avrebbe dovuto combinare disastri? - domandò Sam esterrefatto – Mica sono tutti come te! -

Pipino lo guardò malissimo, poi riprese:

- Insomma, provate a pensarci! Tutti i bambini combinano disastri! -

- No! Non Gandalf! - esclamò ridendo Frodo.

- Ma, Pipino, rifletti un attimo! Non tutti i bambini lo fanno! Ci sono quelli più vivaci che ne combinano una al giorno, se non di più, e altri che invece sono più tranquilli! - spiegò Sam.

- E Gandalf di sicuro apparteneva a quest'ultima categoria! - disse Merry.

- Volete dire che non ha mai incenerito nessuno per sbaglio mentre provava una nuova magia? - domandò Pipino con gli occhi fuori dalle orbite.

- Credo proprio di no! Ma se hai ancora qualche dubbio, perché non vai a chiederglielo? - suggerì Frodo, indicando il tavolo alle sue spalle dove erano ancora seduti Gandalf e Bilbo.

- Io... Io... Non so se è una buona idea. - balbettò Pipino.

- Cosa c'è? Hai paura di essere incenerito? - lo prese in giro Merry.

- Merry, non lo stuzzicare! O finisce che ci va davvero e ne combina una delle sue! - esclamò Sam.

- Sai che ti dico Merry? Io non ho paura di un Mago! E ora guarda l'impresa del grande Peregrino Tuc! - lo hobbit si batté un pugno sul cuore e, dicendo questo, si alzò e si diresse verso il tavolo dove si trovava Gandalf.

Più si avvicinava allo Stregone, e più si sentiva le gambe molli e rallentava il passo.

" Forza Pipino! Che vuoi che sia? È amico di Bilbo e Frodo! Di sicuro non ti incenerisce! " pensava intanto il giovane Hobbit.

Si voltò verso i suoi amici, che lo guardavano divertiti e che gli fecero un cenno di incoraggiamento.

" Ormai il disastro l'hai fatto... Vai... " deglutì, si fece forza, e arrivò di fronte al Mago.

 

Gandalf stava sorseggiando la sua birra, quando si accorse che un giovane hobbit era fermo di fronte a lui.

Posò il bicchiere sul tavolo, aspirò profondamente dalla sua pipa, poi sbuffò il fumo creando enormi anelli concentrici che andarono ad incastrarsi uno dentro l'altro, tutto questo osservando Pipino con un'aria divertita e gli occhi socchiusi sotto le sue folte sopracciglia grigie. Lo hobbit sembrava quasi terrorizzato.

- Tu dovresti essere... - finalmente si decise a parlare - Uhm... Peregrino Tuc, dico bene? -

Sentendo il suo nome pronunciato da quella voce antica e profonda, il ragazzo sussultò.

- Sì, vossignoria... - fu l'unica cosa che riuscì a dire Pipino, mentre desiderava diventare ancora più piccolo di quanto già non fosse e scomparire dalla vista dello Stregone.

- Perdonami, ma sono passati molti anni da quando sono stato l'ultima volta qui nella Contea, e voi giovani hobbit siete cambiati molto! - in fondo la sua voce era amichevole. Forse Pipino stava tremando senza un motivo.

- Sei un Tuc, dunque? - continuò il Mago con aria divertita - Ho avuto modo di conoscere molti Tuc! Tutta gente straordinaria e fuori dal comune! O forse sarebbe più corretto dire straordinariamente fuori dal comune! - Gandalf si interruppe e scoppiò a ridere. Bilbo con lui.

Pipino intanto li guardava con aria confusa. Aveva già visto Gandalf girare per la Contea, anni addietro, quando lui era ancora un piccolo hobbit e si divertiva ad ascoltare le strane storie che raccontava lo Stregone. Nonostante questo però, non gli aveva mai parlato assieme.

- Io invece, devo ringraziare la mia ostinata parte Tuc! Se non fosse stato per lei, non credo che sarei mai uscito dai confini della Contea! - disse Bilbo.

- Già, lo credo anch'io! - commentò Gandalf, poi si rivolse al giovane hobbit che gli stava di fronte - Dunque tu sei Peregrino Tuc... - aspirò dalla sua pipa - Sì, mi ricordo di te... - gli occhi dello stregone erano ridotti a fessure, come se questo lo aiutasse a ricordare meglio.

- L'ultima volta che sono stato qui eri ancora un bambino. Mi ricordo di un giorno in cui ti vidi correre per i campi, cercando di sfuggire alla povera maestra che voleva riportarti a scuola. Ah, voi giovani hobbit! Più avvezzi ad andare a caccia di nidi di uccelli ed esplorare boschi, piuttosto che stare a scuola a studiare! Quel giorno, vedendoti scappare da scuola a quel modo, sono stato certo che tu fossi un Tuc fatto e finito! - Gandalf scoppiò nuovamente a ridere.

Poi, parve ricordarsi di non aver ancora chiesto a Pipino come mai si fosse recato da lui.

- Ma dimmi, Peregrino... –

- Pipino... Potete chiamarmi Pipino, vossignoria, se lo desiderate... - azzardò lo hobbit. Preferiva essere chiamato col suo nomignolo, piuttosto che col suo nome per intero.

- Certo! Allora dicevamo, Pipino, come mai sei qui? Hai bisogno di qualcosa? -

Il giovane si fece forza, tirando fuori tutto ciò che di Tuc vi era in lui, e cominciò:

- In effetti, vossignoria, ero fino a poco fa con i miei amici, e stavamo discutendo di una cosa. - a mano a mano che parlava, si sentiva sempre più sicuro di stesso, sempre più... Tuc?

- Si tratta di una questione che non riusciamo a risolvere e che solo voi potete spiegarci... –

- Certo, e dimmi, di cosa si tratta? - domandò curioso Gandalf, sedendosi meglio sullo sgabello.

- Vedete, ci siamo domandati... Ma voi, siete mai stato bambino? Insomma, nel vedervi come siete ora, non riusciamo proprio ad immaginare come avreste potuto essere da piccolo; per questo alcuni di noi sostengono che voi non siete mai stato bambino, e che non avete mai combinato i pasticci che sono soliti combinare i bambini. C'è chi inoltre ritiene che abbiate sempre avuto la barba, proprio perché non siete mai stato piccolo. –

- Dunque vorreste sapere, se io sono stato bambino? - domandò Gandalf pensieroso, come se lui stesso faticasse a trovare una risposta a quella domanda.

- Esatto! - esclamò esultante Pipino.

Al che, Gandalf rimase pensieroso per alcuni secondi, in silenzio, accarezzandosi la lunga barba grigia. Infine, scoppiò in una fragorosa e alquanto inaspettata risata.

- Ho sempre saputo che a voi Tuc piacesse bere! Ma non pensavo che le nuove generazioni si fossero affezionate così tanto all'alcool! –

- C... Come? - domandò Pipino con gli occhi spalancati.

- Hai bevuto, non è vero? E ora non sei più consapevole di ciò che dici! Ma non preoccuparti! Domattina, dopo una bella dormita, ti sarà passato tutto! - disse lo Stregone ridendo bonariamente.

- Ma... Ma io non ho bevuto, almeno, non tanto da essere ubriaco! Stavo parlando seriamente! –

- Mio caro Pipino! Sei proprio un tipo simpatico, sai? Magari quando sarai sobrio ci faremo una bella chiacchierata! Ma ora ti conviene tornare dai tuoi amici, non so se sei in grado di sostenere una conversazione! –

Il Mago continuò a ridere insieme a Bilbo, mentre Pipino rimase di fronte a loro in silenzio, non capendo perché, anche quella volta in cui parlava sul serio, stessero comunque ridendo di lui.

Infastidito, si voltò e tornò dai suoi amici scuro in volto.

 

- Che faccia... Allora, cosa ti ha detto? - chiese curioso Merry.

- Vorrei vedere te, se andassi lì a fare una domanda seria e venissi accusato di essere ubriaco! - reclamò Pipino.

- Come? - domandò Sam, non capendo cosa intendesse l'amico.

- Dopo che gli ho chiesto di dirmi se è mai stato bambino, è scoppiato a ridere e ha detto che noi Tuc siamo sempre stati amici dell'alcool, ma che questa volta io dovevo proprio aver esagerato! –

Silenzio... Frodo, Sam e Merry rimasero per qualche secondo a fissarlo senza dire nulla, ma un attimo dopo scoppiarono a ridere come dei matti.

- È tipico di Gandalf! - spiegò Frodo fra le risa - Si vede che per lui non è un'informazione da rivelare! –

- Ma allora non sarebbe stato più semplice dirmi che non sono affari che mi riguardano, invece di prendermi in giro così? –

- Non prendertela Pip! Gandalf è fatto così! Ma non era sua intenzione offenderti! - cercò di tranquillizzarlo Frodo.

Il suo tentativo però non funzionò. Pipino rimase imbronciato, con le braccia incrociate sul petto.

- Uno di voi ha qualche idea per tirarlo su di morale? - domandò poi Sam, vedendo in che stato era il suo amico.

- Io ho un'idea... E in questo modo tiriamo su di morale sia lui che te! - esclamò Merry con un sorrisino che non diceva nulla di buono.

- Cosa vuoi dire? - chiese ingenuamente Sam.

- Rosie! Ci porteresti, per favore, un'altra pinta di birra a testa? - urlò lo hobbit, poi aggiunse, rivolto a Sam - Così Pipino si consola con la birra, e tu ti consoli vedendo Rosie... –

- Tu sei tutto scemo! Io adesso cambio tavolo! Non... Non ce la faccio se viene qui, capito? Ma che cosa ti è saltato in testa?! - sbraitò Sam, arrossendo come un pomodoro.

Tutti scoppiarono a ridere, Pipino compreso. L'idea della birra gli aveva fatto tornare il buon umore.

- Suvvia Sam! Questa volta puoi provare a ringraziarla! Almeno potrai dire di averle finalmente parlato! - gli disse Frodo, cercando di fargli coraggio.

 

Intanto, a un tavolo poco distante da loro, Gandalf e Bilbo avevano appena finito di ridere...

- Povero Pipino! Questa volta sembrava proprio che parlasse seriamente! - commentò Bilbo, poi aggiunse - Non volevi proprio dirgli la verità, eh? –

- Sono discorsi troppo lunghi e complicati, che un giovane hobbit, senza molta esperienza, faticherebbe a comprendere! - spiegò Gandalf, in tono serio.

- Però effettivamente è una cosa che mi sono sempre domandato anch'io! - disse Bilbo aspirando dalla sua pipa - Voi Stregoni siete mai stati bambini? –

- Uhm... Forse sì, forse no! Dipende dai punti di vista! - fu la risposta di Gandalf, che tornò a ridere come prima.

- Bah, i Maghi... Valli a capire! Vado a prendere un'altra birra! Mi stai facendo venire mal di testa con tutti questi tuoi enigmi! - dicendo questo, Bilbo si alzò e si diresse al bancone della locanda.

 

Intanto, Gandalf prese a scrutare i quattro giovani hobbit che, poco distanti da lui, parlavano e ridevano, prendendosi in giro e tirandosi pacche sulle spalle.

“ Quei quattro! Che tipi! Sarebbero adatti per una delle mie avventure... “ pensò Gandalf, ma poi si corresse “ Ah, ma cosa dico! In tempi come questi sarebbe troppo pericoloso intraprendere un'avventura come fece Bilbo anni addietro. Però quei quattro hanno lo spirito giusto! Sì, credo proprio che sarebbero capaci di grandi cose... “

 

 

 

 

Ok, ok… siete svenuti per lo schifo, vero? Mi fate sapere cosa ne pensate?

Ora vi lascio, spero di tornare presto per raccontarvi qualcos’altro sull’infanzia dei nostri cari amici! A presto!! Namárië!

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Capitolo 2
*** Un Sognatore a Villa Brandy ***


Mae govannen Mellyn

Mae govannen Mellyn! Ben incontrati Amici!

Sono tornata, per vostra sfortuna, con una nuova fiction sull’infanzia dei membri della nostra Compagnia preferita! (che discorso…)

Beh, tralasciamo! Speravo di metterci di meno ma, un po’ è mancata l’ispirazione, un po’ non ho avuto molto tempo per scrivere in questi giorni, ma ora eccomi qui!

Questa volta vedremo cosa combina Frodo nel periodo in cui è vissuto a Villa Brandy! (Tranquilli, prima o poi arriveranno fiction anche sugli altri membri della Compagnia… ma gli Hobbit sono i miei preferiti e mi ispirano particolarmente!) Molto probabilmente, il Frodo della mia fiction sembrerà diverso da come è apparso nei film. Io mi sono rifatta al libro e, nel libro, a mio parere, Frodo ha un carattere leggermente diverso da come invece viene presentato nel film, insomma, io la vedo così… ma è solo la mia impressione, magari mi sbaglio!

Ho anche aggiunto tre Hobbit di mia invenzione, che in questa storia saranno gli amici di Frodo, dato che ancora non conosce Sam, Merry e Pipino. I nomi di questi tre Hobbit li ho presi a caso guardando le genealogie scritte da Tolkien. Non me la sentivo di inventarmi nomi a caso che di certo non avrebbero avuto nulla di “Hobbit”…

Beh, ora vi lascio alla fan fiction! Spero che vi piaccia!!

 

 

 

Un Sognatore a Villa Brandy

 

 

Villa Brandy, un continuo via vai di Hobbit. Qualcuno corre di qua, qualcuno di là, tutti intenti ed affaccendati in qualcosa.

Tra gli Hobbit, quelli di Villa Brandy sono senza dubbio i più operosi e lavoratori, ma anche i più severi. Forse questi sono alcuni dei motivi per cui appaiono strani agli occhi dei loro simili. A tutto ciò, si aggiunge il fatto che vivono sulla sponda del Brandivino più vicina alla Vecchia Foresta, s'intende... La Vecchia Foresta non è di certo il posto più sicuro per uno Hobbit! Inoltre, a renderli ancora più strani, era il fatto che trafficassero con le barche lungo il Brandivino mentre, generalmente, gli Hobbit sono un popolo che poco apprezza le barche e la navigazione...

Ed è proprio per colpa di uno di questi infernali aggeggi, come probabilmente qualcuno di loro li definirebbe, che un piccolo Hobbit è da poco rimasto orfano sia di padre che di madre: Frodo Baggins si chiama. Baggins, anche se è per più di metà Brandibuck. Ha appena 6 anni, e i suoi genitori, Drogo Baggins e Primula Brandibuck, sono caduti in acqua durante una gita in barca e sono annegati. Da quel giorno, il piccolo Frodo è rimasto a vivere a Villa Brandy, luogo che molti abitanti della Contea definiscono una caserma, e dove vivono all'incirca altri duecento Hobbit. Di conseguenza, dovrebbe essere un posto dove è ben difficile per un giovane e curioso Hobbit combinare quelle bricconate tipiche dell'infanzia. Ma c'è qualcuno, proprio il Frodo Baggins di cui sopra si parlava, che sapeva sfruttare la sua intelligenza e la sua furbizia per farla in barba ai parenti che gli stavano sempre col fiato sul collo. Fu così che quel giorno...

 

- Signorino Frodo! Scendi immediatamente da quell'albero! –

- Perché? Da qui si vede quasi tutta la Terra di Buck! E se qualche strana creatura dovesse attaccarci, la vedrei io per primo, e vi avvertirei tutti! - rispose il piccolo Hobbit, portandosi la mano a schermare gli occhi azzurri, per ripararsi dal sole e vedere meglio l'orizzonte.

- Non dire sciocchezze! Perché mai dovrebbero attaccare noi Hobbit! Vieni giù ora! –

- Ma... –

- Niente ma! Dobbiamo tornare dentro, gli altri ci stanno aspettando in classe per la lezione! Non vorrai mica che vada a raccontare a tuo nonno che anche oggi sei scappato dalla classe! - lo ammonì la maestra rossa in viso.

- Uff... Va bene, scendo! - si arrese Frodo. Sapeva che sarebbe stato meglio non far giungere alle orecchie di suo nonno che ne aveva combinata un'altra, meglio non provocare il vecchio Gorbadoc, era un brav’Hobbit, ma ci teneva molto alla disciplina…

- Ora torniamo in classe! Non dirò nulla a tuo nonno giusto perché sei sceso dall'albero, ma per punizione oggi salterai la merenda! –

- No, la merenda no! - reclamò il piccolo, d'altronde si sa, per quanto uno Hobbit sia in carne, ogni pasto è fondamentale, anche il più piccolo spuntino.

- Oh sì invece! Sei un bambino intelligente, Frodo! Ma quando imparerai che sognare non ti porta da nessuna parte? Non puoi continuare a vivere di queste tue fantasie e scappare da scuola! –

Il piccolo sbuffò, ma non rispose.

 

Passarono così i giorni, e venne il momento per Frodo di combinarne un'altra delle sue...

- Dai! Non avete voglia di divertirvi un po'? –

- Sì, ma dicono che il vecchio Maggot, se ti pesca a rubare nella sua proprietà, non te la fa passare liscia! – disse tremante Milo.

- E noi non ci faremo scoprire! - spiegò Frodo tranquillamente, mentre se ne stava seduto a cavalcioni del ramo di un albero sul quale si era arrampicato. Non capiva perché i suoi amici si preoccupassero tanto! Era così elementare! Bastava non farsi beccare!

- E poi, non sentite il bisogno di farvi una bella scorpacciata di funghi? - disse ancora per persuadere gli altri piccoli Hobbit.

- Beh, in effetti... L'ora di pranzo si sta avvicinando... – Griffo sembrava interessato all’idea.

- Anch'io inizio ad avere un po' di fame! - esclamò un altro Hobbit.

- E allora cosa stiamo aspettando? Forza, seguitemi! - urlò Frodo, saltando letteralmente giù dal ramo sul quale era seduto per mettersi poi a correre, seguito dai suoi amici Griffo, Bob e il piccolo Milo, in direzione della fattoria del vecchio Maggot, che si trovava sul confine della terra di Buck.

 

Dopo una bella camminata, finalmente i piccoli Hobbit arrivarono a destinazione.

- Chi controlla se c'è via libera? –

- Io no, ho troppa paura di trovarmi faccia a faccia col vecchio Maggot o con uno dei suoi cani! –

- Ci penso io! - esclamò Frodo, e si diresse con passo sicuro verso la recinzione che circondava la proprietà dei Maggot, dei Piedimelma di Scorta e degli altri abitanti delle Paludi. Sbirciò attraverso le assi della recinzione e, quando fu sicuro che non vi fosse nessuno, tornò indietro dai suoi amici.

- Via libera! - gli disse, così si incamminarono di soppiatto, come ogni Hobbit che si rispetti sa fare, verso la staccionata.

 

- Dobbiamo raggiungere quel boschetto! - spiegò Frodo indicando degli alberi oltre la recinzione - Là dentro è pieno di funghi! –

- Come fai ad esserne così sicuro? - gli domandò Bob.

- Perché ci sono già stato! –

- Ci sei già stato? - esclamò esterrefatto l'altro.

- Certo, altrimenti come potrei sapere tutte queste cose? Forza andiamo! –

 

Dopo altri dieci minuti buoni di camminata su per una collinetta, finalmente i bambini giunsero al bosco.

- Guardate là! - urlò Frodo correndo verso il ceppo di un albero morto - Guardate che bei funghi! –

- Ma sono grandissimi! Non ne ho mai visti di così grandi! – esclamò Milo, il più piccolo della compagnia.

- Forza, raccogliamoli, così li portiamo a casa! - suggerì Frodo.

- Sì, certo... E cosa diciamo ai nostri genitori? Che siamo venuti casualmente a fare un giro nella proprietà del vecchio Maggot e abbiamo rubato questi? –

- Basta dire che li abbiamo trovati da un'altra parte! I funghi crescono anche nei boschi vicini a casa nostra! - disse Frodo mentre si accingeva a raccoglierli.

- Allora perché siamo venuti fin qui se ci sono anche a Villa Brandy? – esclamò Griffo.

- Perché questi sono più belli, e poi vuoi mettere il brivido che stiamo provando nel fare una cosa proibita? - spiegò Frodo, raccogliendo un fungo e avvicinandolo al naso per sentire il suo umido profumo, quando...

- AAAAH! - un grido improvviso squarciò la calma del boschetto.

- Sì, ora lo sento, il brivido ! - esclamò Bob mentre una scossa gli attraversava la schiena facendogli rizzare i capelli sulla nuca.

- Presto! Nascondiamoci in quel cespuglio! - disse Frodo e, in men che non si dica, lui e i suoi amici si gettarono tra i rami che aveva indicato.

- Dici che ci hanno visti? - chiese Milo.

Si sentì la voce gridare di nuovo: - Venite qui! Se vi prendo stavolta non la passerete liscia! –

- Non credo - rispose Frodo all'amico - La voce è troppo lontana, non possono avercela con noi! Ma per precauzione è meglio rimanere nascosti ancora un po'. -

Passò circa un minuto, durante il quale si sentirono cani abbaiare e, in lontananza, varie voci concitate dire cose che non giungevano alle orecchie dei piccoli Hobbit.

 

- Non si sente più niente! – bisbigliò Milo – Usciamo da qui e andiamocene! -

Gli altri tre annuirono  e, piano piano, iniziarono a cercare di districarsi dai rami del cespuglio in cui si erano letteralmente buttati.

- Bella l’idea di tuffarsi qua in mezzo! – commentò Griffo guardando male Frodo.

- Dovresti ringraziarmi invece… - rispose l’altro arrabbiato mentre sgarbugliava un rametto dai capelli – Se non vi avessi indicato io il cespuglio sareste rimasti lì in mezzo ad aspettare che il vecchio Maggot arrivasse e vi facesse inseguire dai suoi cani! –

Frodo era finalmente riuscito a sbucare fuori con la testa dal cespuglio, quando improvvisamente si trovò davanti qualcuno.

- AAAAAAAAAAAAAAH! – urlò il “Qualcuno”, spaventando Frodo, il quale si ritrovò nuovamente a gambe all’aria tra i rami.

- Ma che fai? Vuoi farmi prendere un infarto? – domandò il “Qualcuno”.

- Io? Qui l’infarto me lo fai prendere tu! – urlò Frodo, ansimante dal mezzo del cespuglio.

- Sei tu che sei sbucato senza preavviso dal cespuglio! – lo incolpò nuovamente il famoso “Qualcuno”.

- E tu invece sei comparso dal nulla proprio davanti al cespuglio! – gridò Frodo.

- Pipino, cosa aspetti?! Muoviti, prima che il vecchio Maggot ci raggiunga! – una terza voce si aggiunse a quelle concitate di Frodo e del “Qualcuno”, il quale venne identificato col nome di Pipino.

Griffo, Bob e Milo guardavano sconcertati la scena, attraverso i rami.

- Ah, giusto Merry! Scusa, continuiamo la discussione un’altra volta! – disse Pipino, mentre correva via insieme all’altro Hobbit.

- Li conoscevi? – domandò Milo.

- No, quel Merry però mi pare sia un Brandibuck! Mi sembra di averlo già visto girare per Villa Brandy! – spiegò Frodo.

- State giù! – bisbigliò Bob, trascinando nuovamente gli altri piccoli Hobbit nel cespuglio – Sta arrivando qualcuno! –

- Se vi prendo questa volta vi faccio sbranare dai miei cani! Maledetti ladri di funghi! Raffa! Zanna! Lupo! Inseguiteli! – urlava a squarciagola uno Hobbit che correva a perdifiato verso il boschetto.

- È il vecchio Maggot! Sta arrivando coi cani! – esclamò Milo – Sbrighiamoci ad andarcene! Se arriva qui e ci becca siamo morti! –

 

I quattro piccoli Hobbit si divincolarono riuscendo a liberarsi dal cespuglio, ritrovandosi però coperti di graffi da capo a piedi. Appena si furono sciolti dal groviglio, iniziarono a correre a perdifiato fuori dal boschetto, e poi di nuovo giù per la collina fino ad arrivare alla recinzione che prima avevano scavalcato, ritrovandosi finalmente fuori dalla proprietà del vecchio Maggot.

- Complimenti! – disse arrabbiato Griffo – Grazie alla tua meravigliosa idea sono tutto graffiato! Cosa dirò questa sera ai miei quando mi vedranno così? –

- Vi ho per caso costretti a seguirmi? Se volevate rimanere a Villa Brandy avreste potuto farlo benissimo! Nessuno ve lo avrebbe impedito! – esclamò Frodo - E comunque, questo ora non è il problema più grande! Adesso dobbiamo sbrigarci a tornare a casa in tempo per l’ora di pranzo, altrimenti saranno davvero guai seri! –

- Frodo ha ragione! – approvò Bob – Dobbiamo sbrigarci siamo già in ritardo! –

 

Così, i quattro Hobbit si misero a correre a perdifiato attraverso i campi. Quella corsa sembrava non avere fine, i bambini non si sentivano più i piedi, il fiato gli mancava, ma sapevano che non dovevano smettere di correre. Arrivare in ritardo, a Villa Brandy poteva significare settimane di punizione, perché, come ho già detto, a Villa Brandy si teneva molto alla disciplina e alla buona condotta fin da quando gli Hobbit erano ancora molto piccoli.

Certo, non era il posto più adatto per un tipo come Frodo…

 

- Eccola là! – esclamò Bob col poco fiato che gli era rimasto, indicando Villa Brandy - Siamo arrivati! –

- Siamo comunque in ritardo! – ci tenne a precisare Griffo.

 

In lontananza si iniziò a scorgere Villa Brandy. Paragonata al paesaggio della Contea, verde e brillante, che appariva ridente anche nelle più grigie e piovose giornate autunnali, la villa risultava quasi opprimente. Per non parlare poi se si teneva conto della disciplina che veniva imposta là dentro…

 

Appena giunsero a casa, ognuno corse dalla sua famiglia e venne puntualmente sgridato per il ritardo e per i graffi riportati ai quali, ogni piccolo Hobbit, tentò di dare una spiegazione il più vaga possibile, cercando di non farsi sfuggire nulla riguardo la loro avventura di quella mattina.

Sicuramente, quello che ci rimise più di tutti fu Frodo, che ottenne una settimana di punizione, ovvero: niente merenda, a letto subito dopo cena e compiti raddoppiati, così che avrebbe dovuto passare l’intera giornata a studiare, e non avrebbe perso tempo in sciocchezze, avventure varie e stupidi viaggi con la fantasia.

- Cosa ci sia di male nel viaggiare con la fantasia poi me lo devono ancora spiegare! – si domandava Frodo mentre cercava di addormentarsi quella sera – Ne parlano come se fosse un disonore! Ma io non rinuncio di sicuro a immaginarmi di attraversare la Contea in lungo e in largo, e magari di andare anche oltre! Chissà perché nessuno ci racconta mai di cosa si trova oltre i suoi confini… -

Così il piccolo si addormentò, e dolci sogni lo cullarono durante tutta la notte. Sognò di essere un Cavaliere, che sul suo destriero compiva grandi gesta, salvava la vita di interi villaggi minacciati da draghi enormi e malvagi. Sognò di conoscere gli Elfi, dei quali gli era capitato di leggere qualche volta nei libri di fiabe che era riuscito a prendere di nascosto dalla biblioteca di Villa Brandy. Infine sognò anche un enorme Vulcano, non comprese cosa centrasse col resto dei sogni che aveva fatto. Sapeva soltanto che ogni tanto gli era apparsa davanti agli occhi questa enorme montagna che sputava fuoco, i lapilli a volte sembravano quasi bruciargli la pelle mentre il fumo e i vapori gli annebbiavano la vista e gli arrossavano gli occhi. Fu l’unica cosa che il giorno seguente gli rimase impressa a lungo nella mente e che lo impressionò, ma quando pensava alle altre grandi gesta che aveva sognato di compiere, questa visione maligna spariva, lasciando il posto alla tranquillità.

 

Così passò la settimana della punizione. Tra compiti aggiuntivi, merende saltate e ritirate in camera appena iniziava ad imbrunire. Nonostante tutto, Frodo aveva trovato comunque il modo per sognare e dare libero sfogo alla sua fantasia.

- Ehi, Frodo! – bisbigliò Milo mentre la maestra spiegava – Oggi pomeriggio vieni a giocare con noi? –

- Perché lo inviti? L’ultima volta che siamo usciti con lui ci ha messo nei pasticci, e abbiamo rischiato una punizione coi fiocchi! – reclamò Griffo.

- Voi l’avete solo rischiata! Io invece l’ ho presa davvero! – bisbigliò Frodo.

- E dai Griffo! – lo interruppe Bob – Frodo è l’unico che sa inventare giochi divertenti! -

- E va bene! Ma se finisco ancora nei pasticci per colpa tua non ci gioco più con te! – esclamò Griffo col broncio.

 

Così, quel pomeriggio, i piccoli Hobbit si ritrovarono come al solito ai piedi del Vecchio Albero, quello dietro Villa Brandy.

- Allora? Che gioco facciamo oggi? – chiese Griffo, impaziente di iniziare.

- Potremmo giocare ai Cavalieri Ammazza Draghi, come l’ultima volta! – propose Milo.

- Bella idea! Tu cosa ne pensi Frodo? – domandò Bob all’amico.

- Che è meglio se ci sbrighiamo! – disse Frodo arrampicandosi sui rami nodosi del Vecchio Albero - Dobbiamo fare in fretta se non vogliamo che i Draghi distruggano il villaggio e divorino tutti! -

- Giusto! Forza ragazzi! La Gente ha bisogno di noi! – urlò Griffo eccitato.

Era già quasi un’ora che giocavano, quando videro avvicinarsi la maestra che, come di consueto, faceva la sua passeggiata pomeridiana.

Dall’alto del Vecchio Albero, da dove i piccoli Hobbit avevano un’ ampia visuale della zona, la scorsero che era ancora abbastanza lontana ed ebbero quindi modo di organizzare con calma uno scherzo coi fiocchi…

- Ragazzi, sta arrivando la maestra! Facciamole un bello scherzo! – propose Griffo tutto agitato.

- Uno scherzo alla maestra? – domandarono in coro Bob e Milo.

- Ma sì, dai, uno scherzetto innocuo! – aveva risposto Griffo.

- A me sta bene, ma ricordati che questa volta se finiamo nei pasticci non è colpa mia! – aveva aggiunto Frodo.

Così, nel giro di pochi minuti, organizzarono uno scherzo che la povera maestra non si sarebbe dimenticata facilmente e, anche se l’idea era partita da Griffo, fu Frodo che dovette metterci tutto il succo dello scherzo, perché in fondo le idee migliori le aveva sempre lui!

Quindi, i piccoli Hobbit si arrampicarono in coma al Vecchio Albero, e appena furono lassù iniziarono ad urlare…

- Sta arrivando un drago! – fece Frodo.

- È enorme! – aggiunse Bob.

- Sta sputando fuoco! – strillò Griffo.

- E ci divorerà tutti! – rincarò la dose Milo.

Così tutti e quattro si misero a gridare come matti, affrettandosi a scendere dall’ albero e mettersi a correre per cercare un riparo.

- Ragazzi, ma cosa succede? – domandò la maestra quando li vide arrivare tutti trafelati.

- Ma come, maestra, non ha sentito cosa sta succedendo? – domandò Griffo.

- Sta arrivando un enorme drago nero, che sputa fuoco e brucia tutto quello che gli capita a tiro! – spiegò Milo.

- Dai bambini, cosa dite? – domandò la maestra con un’ espressione strana.

- Se non ci crede può arrampicarsi sull’albero! – spiegò velocemente Bob – Da lì riuscirebbe a vedere il drago che si sta avvicinando e ci crederebbe! -

- Ma non so se le conviene! I draghi volano molto velocemente, e nel tempo che lei ci impiegherà per arrivare lassù, il drago sarà già arrivato, e lei rischierebbe di essere sbranata perché i draghi mangiano per prime le femmine e poi tutti gli altri! – spiegò velocemente Frodo, col viso preoccupato di chi ha fretta di andarsene per mettersi in salvo – E se ancora non ci crede provi a chiedersi perché non c’è in giro nessuno e sono tutti nascosti! Perché sta arrivando il drago! – aggiunse infine Frodo.

L’assurdità della situazione non permise alla maestra di ragionare lucidamente. In un’ altra circostanza, si sarebbe resa conto che non c’era nessuno in giro semplicemente perché il cielo minacciava pioggia da un momento all’altro.

- AAAAAAAAAAH! Sta arrivando un drago enorme che ci divorerà tutti! Scappate presto! Si salvi chi può! – si mise a urlare la maestra terrorizzata.

Le sue grida risvegliarono tutti gli abitanti di Villa Brandy che in quel momento erano tranquillamente seduti nelle loro cucine, molto probabilmente davanti a una tazza di tè caldo e a una buona crostata di frutti di bosco.

- Ma cosa succede? – si iniziò a sentire domandare dagli Hobbit che mettevano la testa fuori dalle finestre per capire cosa stesse accadendo.

C’era anche chi usciva direttamente in strada e si ritrovava davanti la povera maestra che correva come una matta, con le mani nei capelli e gli occhi fuori dalle orbite in preda a un attacco di pazzia.

Quando finalmente compresero cosa stava dicendo la povera Hobbit, ogni abitante di Villa Brandy entrò nel panico. Una cosa del genere detta da una persona rispettabile come la maestra dei loro figli trovò subito consenso, e tutti si misero a correre impazziti, cercando di prendere tutto ciò che avevano a portata di mano per portarlo con sé.

Le madri chiamavano i figli, facendoli rientrare in casa e dicendogli di nascondersi sotto al letto, o nell’armadio, o nella dispensa, insomma, ovunque ci fosse un posto per nascondersi.

Tutti gridavano, si agitavano e scappavano.

- E meno male che questo era uno scherzetto innocuo! – esclamò Frodo lanciando un’occhiataccia a Griffo, il quale si guardava attorno con gli occhi persi e fuori dalle orbite, senza capire come la situazione avesse potuto sfuggirgli così tanto dalle mani.

- E adesso cosa facciamo? – domandò poi quest’ultimo sempre più spaventato.

- Frodo! Sta arrivando tuo nonno! – esclamò Milo.

- Adesso sono guai… - commentò Bob spaventato.

- Frodo, presto, corri dentro! Un enorme drago sta per attaccarci! – urlò il vecchio Gorbadoc al nipote – Cosa stai aspettando? Muoviti! – aggiunse poi prendendolo per un braccio quando gli fu vicino.

- Nonno, aspetta! – reclamò il piccolo Hobbit.

Ma suo nonno era troppo spaventato e occupato a portarlo in salvo per ascoltarlo.

- Aspetta! – urlò nuovamente Frodo divincolandosi e riuscendo a sfuggire alla presa di Gorbadoc.

- Che cosa fai non ti rendi conto che è pericoloso? –

- No, non è pericoloso, è solo… uno scherzo… - disse infine il piccolo Hobbit con un filo di voce immaginandosi già la punizione che gli sarebbe toccata.

- Non è il momento di scherzare, Frodo! – lo rimproverò il nonno.

- Ma non sto scherzando! Non è vero che c’è un drago è tutto uno scherzo che abbiamo organizzato noi… -

A queste parole, Gorbadoc rimase come pietrificato. Com’era possibile che suo nipote avesse combinato quell’enorme pasticcio insieme ai suoi amici, mettendo in allarme tutta Villa Brandy?

- Fermi tutti! – urlò infine il vecchio Hobbit – Fermi tutti! – dovette ripetere nuovamente. Erano tutti troppo presi a urlare e scappare per dar retta a lui che gli diceva di fermarsi! E perché poi avrebbero dovuto fermarsi, quando un enorme drago nero sputa fuoco e divoratore di Hobbit stava per arrivare a Villa Brandy?

- Fermatevi! Non c’è nessun drago! È tutto uno scherzo! – gridò ancora una volta con quanto fiato aveva in gola.

Molti Hobbit si fermarono, mentre altri continuavano a correre, non avendo sentito ciò che Gorbadoc aveva detto.

Piano piano si calmarono tutti, rimanendo fermi come statue di pietra, con gli occhi spalancati e la bocca aperta, per non parlare poi dell’espressione che aveva la povera maestra…

“Che facce!” pensò divertito Frodo, ma venne subito riportato alla realtà da suo nonno che gli domandò:

- Potresti ripetere quello che mi hai appena detto, Frodo? -

- Beh, ecco io… ho detto che… - il bambino non riusciva a parlare, si sentiva puntati addosso gli sguardi di tutti e questa sensazione proprio non gli piaceva… - Non c’è nessun drago, è tutto uno scherzo che abbiamo organizzato noi… -

- Chiedi immediatamente scusa a tutti, Frodo, e poi andiamo a casa. – disse il vecchio Gorbadoc.

Frodo iniziò a preoccuparsi. Sapeva perfettamente che quella voce significava guai e punizioni in vista.

- Non è solo colpa sua! – si sentì gridare, tutti si voltarono verso la persona a cui apparteneva la voce, era Bob.

- Anche noi abbiamo fatto lo scherzo! – aggiunse Milo.

- E l’idea è stata mia! – disse Griffo, con grande sorpresa di Frodo.

Tutti li guardarono male, malissimo, mentre un silenzio di tomba era calato su Villa Brandy.

I quattro piccoli Hobbit si guardavano intorno spaesati, e consci del fatto che avrebbero dovuto prepararsi a un lungo periodo di punizione…

Gorbadoc iniziò a scusarsi con tutti quelli che gli erano vicini, mentre i genitori di Griffo, Bob e Milo presero per mano i figli e cominciarono anche loro a scusarsi per lo scherzo dei piccoli Hobbit.

Infine, questi ultimi vennero portati nelle loro case e messi in castigo per un periodo di tempo che, ai loro occhi, andava ben oltre l’eternità…

 

- La devi smettere Frodo! Quando la capirai che la vita non è tutto un gioco e uno scherzo? E devi smetterla anche con questa storia delle fantasie e delle favole! Non ti porterà da nessuna parte! –

Questa era una delle tante cose che gli aveva detto suo nonno quella sera.

Ma come potevano andare a dire proprio a lui che la vita non è un gioco né uno scherzo, quando aveva perso entrambi i genitori poco tempo prima? Si era già accorto che la vita non aveva alcuna intenzione di scherzare con lui! E come potevano chiedergli di smetterla di fantasticare, quando quella era l’unica cosa che gli rendeva l’animo un po’ più leggero permettendogli di riuscire a mantenere vivo il contatto con la realtà nonostante la sua crudezza?

 

- La mamma, quando non riuscivo ad addormentarmi, mi raccontava sempre di un nostro cugino, che era partito per una lunga avventura e aveva viaggiato con dei nani… - pensava Frodo quella sera prima di addormentarsi - Com’è che si chiamava? Bimbo? Birbo? Uff… non me lo ricordo… ma appena sarò grande abbastanza me ne andrò da qui, e andrò a cercarlo! Sono certo che lui mi capirà… -

 

 

 

 

Allora? Siete ancora vivi? J

 

Ringrazio tutti quelli che hanno letto la fiction, sperando che gli sia piaciuta!

Grazie anche a 0207pantera per avermi aggiunta tra i preferiti e a Elanor92 per avermi aggiunta tra le seguite!

 

à  0207pantera: Ciao! Sono contenta che tu mi abbia lasciato una recensione! Mi ha fatto molto piacere! Grazie per aver definito la mia storia un ottimo lavoro… *me arrossisce…* non mi aspettavo un simile complimento! Meno male che non sei svenuta, altrimenti avrei avuto un’altra persona sulla coscienza!! Hihi, scherzo! Spero che ti sia piaciuto anche questo capitolo! Ci sentiamo presto (spero… se ci sentiamo presto significa che sono riuscita a battere tutti i record per la scrittura di un nuovo capitolo… ma finché ci sono qui Merry e Pipino che mi distruggono la casa… ho i miei dubbi che riuscirò… Merry, Pipino, lasciate stare il gatto! Scusa… devo andare a fermarli!!) a prestooooooo!!

 

Namárië!

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Capitolo 3
*** Perchè i guerrieri non piangono ***


Ebbene sì… a più di due anni di distanza dall’ultima volta che ho aggiunto una storia a questa raccolta torno ad aggiornare

Ebbene sì… a più di due anni di distanza dall’ultima volta che ho aggiunto una storia a questa raccolta torno ad aggiornare! Sapevo che non l’avrei lasciata qui a marcire all’infinito ma… ci è voluto più del previsto!

Però ieri ho ricevuto l’illuminazione… sapete quando vi viene l’ispirazione e dite: ok, questa volta ci sono… ecco, ieri è successo questo! Ecco quindi che abbandono per un attimo Stregoni e Hobbit per una one shot sui miei cari Boromir e Faramir! (chi segue l’altra mia fan fiction Stella Cieca, sa quanto li adoro… ah, per chi seguisse quella fan fiction, non l’ho abbandonata… sono solo molto occupata in questo periodo, ma non appena riesco aggiornerò!!)

Comunque, spero che questa fan fiction vi piaccia, spero che i personaggi non siano OOC e… beh… TANTI AUGURI AL GRANDE PROFESSORE che oggi compirebbe 120 anni! Auguri J.R.R. Tolkien!!

E auguri a tutti voi per un sereno 2012!! (anche se con due giorni di ritardo!! J )

 

 

 

 

 

Perché i guerrieri non piangono

 

 

 

« Faramir, sei qui? » era da circa mezz’ora che Boromir girava per il palazzo alla ricerca del fratello minore. La balia gli aveva chiesto di aiutarla a cercarlo perché non riusciva a capire dove si fosse cacciato e, se non si fosse presentato alla lezione che si sarebbe tenuta da lì a poco con il suo precettore, di certo il Sovrintendente Denethor non sarebbe stato molto contento e avrebbe pensato che la donna non sapeva svolgere adeguatamente il suo lavoro.

« Faramir! » urlò nuovamente Boromir « Ti avviso sto entrando, e non mi importa se questa è camera tua, io entro lo stesso! »

Il ragazzino di dieci anni spalancò la porta, che si aprì senza il minimo rumore o cigolio: il padre aveva dato ordine ai servi di oliare a dovere i cardini, in modo tale che le porte non facessero rumore e lui potesse, nei suoi rari momenti di riposo, evitare di essere disturbato dal cigolio prodotto dai cardini che sfregavano gli uni contro gli altri quando Boromir e Faramir si divertivano a correre da una stanza all’altra per gioco.

Non che gli fosse concesso tanto spesso di divertirsi in quel modo, né in altri modi possibili… Boromir, in quanto primogenito, era sempre sotto pressione perché il padre voleva che venisse istruito a dovere per il suo futuro da Sovrintendente, mentre Faramir… quando non aveva lezione col precettore, era lasciato da solo nella sua stanza. In conclusione, erano davvero pochi i momenti in cui i due potevano giocare liberamente, come si addice a dei bambini della loro età.

 

Boromir entrò nella stanza del fratello e si chiuse la porta alle spalle. La prima cosa che fece fu guardare verso il letto, ma non vi era nessuno, né sopra, né nascosto sotto le coperte. Guardò allora sotto al letto, ma anche lì suo fratello non c’era.

« Faramir… lo so che sei qui! Ti conviene venire fuori! La balia ti sta cercando e sai benissimo che se non vai a lezione nostro padre si arrabbierà e ti punirà! »

Il ragazzino girò per la stanza, spostò le tende e ispezionò ogni angolo, ma niente, di suo fratello neanche l’ombra. Sospirò, convinto ormai che Faramir non si trovasse lì, e fece per riaprire la porta e andarsene quando un rumore, come un singhiozzo soffocato, attirò la sua attenzione: proveniva dall’armadio.

Ecco dove si trovava Faramir! Come aveva fatto e non arrivarci prima?

Si avvicinò di soppiatto all’armadio, cercando di non produrre il minimo rumore, afferrò la maniglia e aprì di scatto l’anta: ed ecco, si trovò di fronte suo fratello Faramir, raggomitolato in un angolo, con la testa fra le ginocchia. I capelli scuri ricadevano a coprirgli il viso.

« Faramir! » esclamò Boromir sorpreso di trovarlo in quello stato.

Il bambino sollevò leggermente il viso, e Boromir si trovò ad osservare due occhi rossi e gonfi di lacrime.

« Faramir, ma cosa succede? »

Il bambino non gli rispose, ma abbassò di nuovo il viso, e cominciò a singhiozzare.

Non sapendo cosa fare, Boromir si sedette accanto a lui nell’armadio e gli fece passare un braccio attorno alle spalle:

« Non vuoi dirmi cosa succede? » gli domandò ancora.

Faramir non disse nulla, ma scosse vigorosamente il capo.

« Dovresti dirmelo invece, potrei aiutarti! »

« No non mi puoi aiutare! » sbottò con rabbia Faramir, lasciando il fratello maggiore stupito e senza parole.

« Ma… perché dici così? » gli disse quindi Boromir, riprendendosi dall’iniziale sorpresa per il comportamento del fratellino « Lo sai che quando sei triste puoi sempre raccontarmi cosa c’è che non va, così ti posso… »

« Ti ho già detto che non mi puoi aiutare! » esclamò Faramir alzando finalmente la testa « Tu sei d’accordo con papà! A te ascolta sempre, a me no! Non gli importa niente di me, invece tu sei il suo preferito! »

Per Boromir fu come ricevere un pugno nello stomaco. Quelle affermazioni lo lasciarono interdetto e senza parole: Faramir non gli aveva mai parlato in quel modo, non si era mai arrabbiato con lui. Erano sempre stati complici, amici, oltre che fratelli. Come poteva ora dirgli delle cose del genere, dopo che lui aveva sempre cercato di difenderlo quando il padre sembrava prenderlo di mira?

Sì, perché Boromir se ne rendeva perfettamente conto: a volte loro padre pareva avercela, per qualche sconosciuto motivo, con Faramir, ma lui cercava sempre di proteggerlo. Certo, non riusciva a far cambiare gli atteggiamenti di Denethor nei confronti del suo fratellino, ma era sempre pronto a stargli accanto e consolarlo quando il padre lo rimproverava.

Ed ora Faramir lo accusava di essere il preferito di Denethor e di essere d’accordo col padre? D’accordo per cosa poi?

« Ma cosa dici Faramir? » cercò di dire Boromir con calma, nonostante sentisse un certo fastidio crescere dentro di lui « Lo sai che io non la penso come papà, lo sai che… »

« Non è vero! » gridò Faramir « Non è vero niente! Sei un bugiardo, mi racconti anche tu un sacco di bugie, non ti interessa niente di me e… »

SCIAFF!!

Faramir rimase per qualche secondo con gli occhi spalancati: non poteva credere che suo fratello gli avesse appena dato uno schiaffo. Boromir lo aveva picchiato? Il suo fratellone… la persona che lui aveva sempre preso come modello, quello che era sempre al suo fianco, nel bene e nel male, la persona a cui più di ogni altra Faramir voleva assomigliare… lo aveva davvero schiaffeggiato?

 

L’espressione che si dipinse sul viso di Boromir fu, per qualche verso, identica a quella di Faramir: gli aveva davvero appena dato uno schiaffo? Aveva davvero picchiato il suo fratellino? Lui, che amava quella pulce più di qualunque altra persona in quell’enorme palazzo? Lui, che nei momenti in cui qualcosa non andava sapeva di poter contare sulle facce buffe che Faramir avrebbe fatto per tirargli su il morale? Lui… lo aveva davvero schiaffeggiato?

 

« Faramir io… » Boromir tentò di giustificarsi ma, prima che potesse aggiungere altro, Faramir gli si avventò addosso, e prese a tirare pugni e calci alla cieca, nel tentativo di fare al fratello maggiore almeno il doppio del male che lui gli aveva inflitto con quello schiaffo.

Certo, Boromir aveva cinque anni in più di lui, e non fu difficile per il ragazzino più grande bloccare la maggior parte dei colpi che stava ricevendo, anche se un pugno lo colpì sul labbro, e un calcio al ginocchio lo lasciò particolarmente dolorante, tanto che dovette dare uno spintone al fratellino per evitare di ritrovarsi coperto di lividi.

Faramir gridò, ritrovandosi a gambe all’aria nell’armadio dove fino a poco prima era rannicchiato a piangere.

« Si può sapere cosa diavolo sta succedendo qui? » la balia, che doveva aver sentito il baccano prodotto dai due, spalancò la porta della camera, rimanendo a bocca aperta nel trovare Faramir a gambe all’aria e Boromir che si tastava un ginocchio con aria arrabbiata.

Senza badare alla donna, Faramir si rialzò, lanciandosi nuovamente contro il fratello.

« BOROMIR, FARAMIR! » tuonò la balia dirigendosi a grandi passi verso di loro. Afferrò Boromir per un braccio e fece lo stesso con Faramir:

« Dico io! Ma cosa vi prende? » esclamò scioccata « Si può sapere cos’è successo? Non vi siete mai comportati così! »

« Io non c’entro niente! » urlò Boromir.

« Ah certo, scommetto che Faramir si è schiaffeggiato da solo e che tu non hai niente a che fare con le cinque dita che ha stampate in faccia! » ribattè lei.

« E non dici niente del mio labbro e del mio ginocchio? » urlò ancora Boromir.

« Ah io di certo non posso dire niente! Siete voi che mi dovete delle spiegazioni! » la balia lasciò andare i due, cha ancora teneva bloccati per evitare che riprendessero a picchiarsi.

« Quindi? » domandò, incrociando le braccia sul petto.

Boromir la osservava arrabbiato, mentre Faramir stava col capo chino e tirava su col naso. Nessuno parlò per alcuni secondi, ma era inutile: entrambi sapevano che la donna non li avrebbe lasciati andare senza ricevere una spiegazione, non era una che si arrendeva facilmente.

« Gli ho tirato uno schiaffo. » esclamò infine Boromir.

« Questo lo avevo intuito, ma si può sapere perché lo hai fatto? »

« Chiedilo a lui! » disse indicando Faramir « Sembrerà strano, ma è stato lui a iniziare, io volevo consolarlo e lui ha iniziato a dire bugie! Ho dovuto farlo! »

« Non c’è mai un motivo per cui si deve picchiare. Credevo di avertelo insegnato, Boromir. E anche tu Faramir, si può sapere cosa ti è preso? »

Faramir rimase in silenzio, continuando a tirare su col naso, finché Boromir, spazientito, parlò al posto del fratello minore:

« Si è inventato un sacco di bugie! Ha detto delle cose che non sono vere! Non è vero che sono il preferito di papà, e sai cosa ti dico? Che non ti voglio più parlare! Che non sei più mio fratello! »

Dopo aver urlato la sua rabbia in faccia a Faramir, Boromir corse fuori dalla stanza mentre gli si formava un nodo in gola.

Non voleva farsi vedere piangere. Lui era sempre stato quello forte, quello che sosteneva Faramir, lui era il guerriero e non piangeva, perché i guerrieri non piangono, nemmeno quando la persona che più amano al mondo li picchia in quel modo, nemmeno quando hanno appena deciso che non rivolgeranno mai più la parola a loro fratello anzi, a quello che ormai non è più loro fratello. Perché i guerrieri non piangono. Mai!

 

La balia rimase scioccata dalle parole di Boromir, ma cercò di non darlo a vedere. Aveva un compito più urgente ora: pensare al piccolo Faramir che piangeva a dirotto, tastandosi la guancia ancora arrossata.

Si inginocchiò, e abbracciò il piccolo nel tentativo di consolarlo.

Che Denethor avesse una particolare predilezione per il suo primogenito era evidente a tutti, ma non si sarebbe mai aspettata che Faramir se ne fosse già reso conto. Insomma aveva appena cinque anni… la donna sospirò: evidentemente aveva ancora molto da imparare sui bambini. Non perché uno è piccolo significa che non si renda conto di certi comportamenti del padre, senza contare che Faramir si era sempre dimostrato un bambino molto intelligente e sensibile. Doveva aspettarselo che prima o poi il problema sarebbe emerso.

Certo, c’era da dire che Boromir non meritava quelle accuse: nonostante le preferenze che Denethor mostrava nei suoi confronti, il ragazzino non aveva mai fatto sentire Faramir inferiore anzi, gli era sempre stato accanto, facendo di tutto per far capire al fratellino che non voleva in alcun modo porsi a un livello superiore solo perché il padre aveva questa preferenza nei suoi confronti.

 

Aspettò che il bambino si calmasse un po’, e quando parve che avesse finalmente smesso di piangere la balia sciolse l’abbraccio e, guardando Faramir negli occhi, gli domandò con dolcezza:

« Allora, mi spieghi cos’è successo con tuo fratello? »

Il bambino scoppiò nuovamente a piangere, quasi più forte di prima, lasciando la donna sbigottita e senza parole.

« Facciamo così, » sospirò infine « Ora ti lavi la faccia e bagniamo un po’ quella guancia prima che diventi viola… poi ne riparliamo. »

Dovette passare un quarto d’ora abbondante prima che Faramir si calmasse del tutto e fosse in grado di parlare.

« Allora, hai detto a tuo fratello che è il preferito di vostro padre? » domandò infine la donna.

Faramir annuì, tirando su col naso.

« Ma Faramir, il vostro papà vuole bene a entrambi! » disse la balia, anche se era consapevole del fatto che quelle parole non convincevano nemmeno lei « E Boromir ti vuole un bene immenso! »

Il bambino tirò nuovamente su col naso:

« Ma… ma Boromir ha detto che… » balbettò, sul punto di rimettersi a piangere « Ha detto che non mi parla più, che non è più mio fratello! »

La balia sorrise:

« Faramir, non è che lui non è più tuo fratello solo perché ha deciso così! »

Il bambino la guardò con aria interrogativa.

« Ti spiego, » continuò la donna, che aveva capito che Faramir non aveva afferrato il senso del suo discorso « Voi sarete sempre fratelli, perché siete nati dalla stessa mamma e dallo stesso papà! Lo sarete sempre e niente potrà mai impedirvi di esserlo. »

« Ma Boromir ha detto… »

« Boromir ha detto così perché era molto arrabbiato, ma sono sicura che presto gli passerà. Lui ti vuole molto bene e sai una cosa? Quando cinque anni fa tu sei nato, e abbiamo dato la notizia a Boromir, ha saltato per il palazzo per l’intera mattinata urlando che era nato il suo fratellino! Pensa che ha svegliato l’intero palazzo gridando di gioia! » la donna osservò il bambino, che pareva ancora irrequieto, quindi aggiunse « Sono sicura che presto farete la pace! »

« Quindi, » chiese ancora Faramir per essere sicuro che Boromir fosse veramente ancora suo fratello « io e lui saremo sempre fratelli? »

« Ma certo! » lo rassicurò la donna ridendo.

« Anche quando saremo morti? »

« Certo ma… bambino mio, non pensare a queste cose! Sei ancora troppo piccolo per pensare alla morte! E ora corri, vai dal precettore che ti starà aspettando per la tua lezione! »

« Ma… veramente dovrei andare a uccidere un drago che… »

« Faramir! » lo riprese severamente la donna « Tuo padre si trasformerà in un drago, se salti ancora una volta la lezione! »

Sbuffando, Faramir si diresse verso la porta che dava sul corridoio.

« E ricordati, » aggiunse la donna prima che lui uscisse « se incontri Boromir di chiedergli scusa! Vedrai che così gli passerà tutto! »

 

Il pomeriggio passò lentamente. La lezione di Faramir pareva non dovesse finire mai e il suo maestro di certo non faceva niente per rendergli il lavoro più leggero: era noioso, quando parlava sembrava che la voce provenisse dall’oltretomba e tutte le volte il bambino rischiava di addormentarsi. Quando gli capitava, si metteva a pensare a quando lui e Boromir, durante i loro giochi, prendevano in giro il maestro. Lo chiamavano il morto vivente, e Boromir era bravissimo ad imitarne la voce tanto che, tutte le volte che Faramir ci pensava durante la lezione, doveva stare attento a non scoppiare a ridere in faccia al maestro! Ma quel pomeriggio, ogni volta che pensava a suo fratello che imitava il precettore, gli veniva un nodo in gola e rischiava di scoppiare a piangere, al ricordo di quello che era successo solo poche ore prima.

Quando finalmente la lezione finì, l’ora di cena era vicina. Faramir non sapeva se essere contento o triste, perché quello significava mangiare insieme a suo padre e soprattutto significava che ci sarebbe stato anche Boromir, ma lui non lo aveva ancora incontrato e non aveva avuto l’occasione per chiedergli scusa. E se suo fratello non gli avesse rivolto la parola per tutta la cena?

Quando entrò in sala da pranzo, accompagnato dalla balia, notò subito che la sedia di suo fratello era vuota.

« Boromir non cena questa sera. » aveva detto asciutto suo padre « Non si sente molto bene, ha detto di non avere fame. »

Di conseguenza, la fame passò anche a Faramir. Si sentì nuovamente in colpa, era certo che Boromir non fosse lì perché non lo voleva vedere, perché era ancora arrabbiato con lui.

Durante la cena suo padre non aveva detto una parola. Quando c’era Boromir trovava sempre qualcosa da dire, ma quando era da solo con Faramir non diceva mai nulla e, se il bambino provava a raccontare del nuovo gioco che aveva imparato quel pomeriggio, o della storia che la balia gli aveva raccontato, Denethor lo trattava come se non gli interessasse nulla di ciò che il bambino aveva da dirgli.

 

« Ok, adesso busso… » ripeteva tra sé e sé Faramir, andando avanti e indietro davanti alla porta della camera di suo fratello, e alzava la mano, faceva per bussare, ma poi gli mancava il coraggio.

« Oh insomma Faramir! Sei o no un uomo di Gondor? » si disse infine « Coraggio! »

Bussò.

Bussò, ma non rispose nessuno.

« Boromir posso entrare? » domandò Faramir cercando di non parlare a voce troppo alta. Se qualcuno si fosse accorto che era ancora in giro per i corridoi e non in camera sua, si sarebbe di sicuro meritato una bella punizione!

Da dentro non giunse ancora nessuna risposta.

Faramir aprì la porta lentamente, e socchiuse gli occhi per mettere a fuoco l’interno della camera, illuminato debolmente dalla luce di una candela.

Boromir era steso sul letto, e dava le spalle alla porta.

« Boromir… » lo chiamò Faramir con voce incerta. Il ragazzo non si mosse. « Sono venuto a chiederti scusa. »

Boromir continuava a dargli le spalle e a rimanere in silenzio.

« Mi dispiace per quello che ti ho detto oggi, ma ero arrabbiato. » il bambino aveva la voce che tremava.

« Non mi interessa. » finalmente Boromir rispose « Va in camera tua. »

« Ma io… »

« Lasciami stare ho detto. Torna in camera tua. » disse nuovamente Boromir in tono piatto senza voltarsi verso Faramir.

Il bambino uscì senza aggiungere altro. Sapeva che quando Boromir era arrabbiato era meglio non disturbarlo, ma questo non servì a tranquillizzarlo anzi, gli si formò nuovamente un nodo in gola e non appena si mise a letto, si tirò le coperte fin sopra la testa e si addormentò piangendo.

Quella notte continuò a fare brutti sogni: sognava che Boromir se ne andava, che gli diceva che non sarebbero mai più stati fratelli. Sognava che un drago gigantesco stava per divorarlo e che Boromir stava lì a guardare senza andare ad aiutarlo.

 

Quando la mattina dopo si svegliò, era completamente sudato e il nodo in gola ancora non accennava ad andarsene.

Non vide Boromir a colazione, e nemmeno in giro per il palazzo. Avrebbe voluto parlare con la balia per raccontarle cos’era successo, ma non incontrò nemmeno lei quella mattina.

Triste e sconsolato, andò a fare un giro per i giardini del palazzo, mentre aspettava che arrivasse il momento di recarsi a lezione dal precettore, quando notò che si stavano avvicinando due ragazzi, uno di quindici, l’altro di diciassette anni. Erano i figli di alcuni dignitari di corte, consiglieri di suo padre o qualcosa del genere, non ricordava i nomi e le funzioni di tutti, soprattutto di quelli che non gli stavano particolarmente simpatici e quei due ragazzi non gli andavano per niente a genio. Ogni volta che li incontrava e che suo padre Denethor non era presente, quei due non perdevano occasione di prendersi gioco di lui e Boromir, in più erano più alti di loro e questo giocava a vantaggio di quei due antipatici.

Faramir si nascose dietro una colonna del portico per aspettare che i due se ne fossero andati. Non voleva incontrarli, ma a quanto pareva i ragazzi si erano già accorti di lui, e si stavano dirigendo proprio verso la colonna dietro la quale si era nascosto.

« Bene, bene, guarda un po’ chi abbiamo qui! » esclamò quello più alto quando fu a pochi passi dal figlio del Sovrintendente.

« Ma non mi dire… » continuò l’altro « Il nanerottolo che gira da solo per il giardino! »

« Io non sono un nanerottolo! » ribattè Faramir, deciso a non lasciarsi mettere i piedi in testa anche se… aveva solo cinque anni e quei due erano di gran lunga più forti di lui sotto molti aspetti.

« No, no certo! Non sei un nanerottolo! » riprese il primo « Ma com’è che per difenderti hai sempre bisogno che ci sia tuo fratello? Da solo proprio non ce la fai eh? Hai forse paura di noi? »

Faramir gonfiò il petto con orgoglio e strinse i pugni: « Io paura di voi? Voi non sapete quanti draghi ho sconfitto! E tutto da solo, senza l’aiuto di Boromir! Non ho mica bisogno di mio fratello, io, per cavarmela! So benissimo badare a me stesso! »

I due ragazzi scoppiarono a ridere senza ritegno, lasciando Faramir attonito. Le sue guance si tinsero di rosso per la rabbia.

« Areth, Doblung! » una voce li fece voltare « Cosa state facendo? »

Boromir, che era appena entrato nei giardini, affiancò subito Faramir.

« Oh, allora alla fine è arrivato tuo fratello! » ghignò Doblung rivolgendosi a Faramir.

« E allora? Tanto avrei potuto cavarmela benissimo da solo! » lo rimbeccò il bambino.

« Si può sapere cosa volete? » domandò ancora Boromir.

« Ehi moscerino non ti scaldare, stavamo solo scherzando un po’ col tuo fratellino! » gli rispose Areth.

« Beh ascoltate il mio consiglio: vi conviene smetterla di scherzare! Oggi non sono proprio in vena di prese in giro, chiaro? »

« Ma chi sei tu per venirci a dire cosa dobbiamo fare? » ringhiò Areth avvicinandosi pericolosamente a Boromir. Certo… un ragazzo di quindici anni contro uno di dieci è un po’ una lotta impari… senza contare che Boromir era affiancato da un bambino di cinque anni, mentre l’amico di Areth ne aveva diciassette.

« Si da il caso, se tu l’avessi dimenticato, che noi siamo i figli del Sovrintendente! E che quello con cui stavi “scherzando” è mio fratello, e io non ti permetto di prenderti gioco di lui è chiaro? » rispose Boromir avvicinandosi a sua volta ad Areth.

Nell’udire quelle parole, Faramir si illuminò: Boromir aveva appena detto che lui era suo fratello… allora non lo aveva abbandonato!

« E che cosa vorresti fare moscerino, picchiarmi? Sei di due metri più basso di me! E io ho Doblung dalla mia parte! » fece Areth.

« Ma Boromir è dieci volte più forte di te, e io combatto con lui! » esclamò il piccolo Faramir con orgoglio affiancando il fratello maggiore.

Boromir lo guardò, e un sorriso di gratitudine gli si dipinse sul volto.

« Non sarà necessario picchiarsi. » disse infine il figlio maggiore del Sovrintendente « Non vedo per quale motivo dovremmo farlo. »

Faramir, che era già in posizione di attacco con i pugni alzati, abbassò le braccia:

« Hai ragione! Non c’è un motivo. » ripeté, memore di ciò che gli aveva detto il giorno precedente la balia.

« Non c’è motivo dici? » esclamò Areth « Bene, allora creiamolo questo motivo! » e prima che Boromir potesse rendersene conto, il ragazzo gli fece lo sgambetto e lo gettò a terra.

« Si può sapere qual è il tuo problema? » ringhiò Boromir rialzandosi, cercando di trattenersi dal tirargli un pugno.

« Oh nessuno, ma mi sa che ora il problema ce l’avrai tu! » esclamò Areth, indicando i pantaloni di Boromir che si erano bucati a livello delle ginocchia.

« E tu dovresti essere il nostro futuro Sovrintendente! » rise Doblung « Il sovrintendente dai calzoni bucati! E meno male che si sono bucati sulle ginocchia e non in altri punti! »

Boromir cercò di trattenersi. Ce la mise tutta, ma quando è troppo è troppo, e poi Areth lo aveva fatto cadere e se c’era una cosa che non sopportava, era che venisse messo in discussione il suo futuro da Sovrintendente, senza contare che quando era arrivato quei due si stavano prendendo gioco di suo fratello, e quella era di gran lunga la cosa peggiore!

Senza pensarci un secondo di più, si gettò addosso ad Areth, e gli tirò un pugno sul naso. Quello barcollò e imprecò, mentre Doblung cercava di fermare Boromir, ma grazie all’intervento tempestivo di Faramir, che gli tirò un sonoro calcio nel sedere, Doblung non riuscì nel suo intento. Non che il calcio di un bambino gli avesse fatto particolarmente male, ma Faramir aveva giocato d’astuzia, prendendo il suo avversario alla sprovvista e distraendolo.

Mentre Doblung si voltava alla ricerca di Faramir, Boromir e Areth continuavano a darsele senza risparmiare i colpi, quando all’improvviso una voce li interruppe:

« Boromir, Faramir! » Denethor, Sovrintendente di Gondor, si trovava a pochi metri da loro, e aveva assistito agli ultimi atti di quella battaglia impari. Si avvicinò ai quattro e con voce tagliente domandò:

« Si può sapere cosa state facendo? »

« Ci difendiamo! » rispose pronto Faramir.

« Non voglio sentire scuse! Alzatevi e ripulitevi. »

Quando i ragazzi ebbero fatto ciò che Denethor gli aveva detto, il Sovrintendente squadrò Areth e Doblung « Voi due, tornate a casa. » ordinò. Quelli non se lo fecero ripetere due volte e se ne andarono: Areth tastandosi il naso gonfio e Doblung massaggiandosi il sedere.

Denethor spostò infine l’attenzione sui suoi figli:

« Vorrei proprio capire per quale motivo i figli del Sovrintendente debbano farsi sorprendere nei giardini del palazzo, mentre fanno una rissa con i figli di alcuni tra i più importanti dignitari di corte. »

« Quelli ci istigano sempre! Abbiamo cercato di evitare di arrivare alle mani… » disse Boromir.

« Ma Areth gli ha fatto lo sgambetto e lo ha fatto cadere! » esclamò Faramir arrabbiato.

« Io spero solo che nessuno vi abbia visto e che non si diffonda in Città la diceria che i miei figli si dedicano a risse nel loro tempo libero. Per punizione, parlerò con i vostri precettori e gli dirò di aumentare il lavoro individuale, così che nel tempo libero siate costretti a rimanere sui libri, piuttosto che girare per il palazzo per fare a botte con chi vi capita a tiro. »

Si voltò e fece per andarsene, poi aggiunse:

« Mi auguro almeno che tu sia riuscito a non farti sopraffare, Boromir. »

Il ragazzo non rispose, ma rimase in silenzio, con la testa bassa, meditando sulle ultime parole del padre e ciò che invece le balia gli aveva sempre insegnato: Non c’è mai un motivo per cui si deve picchiare.

 

Quel pomeriggio, i due fratelli erano nella stanza del palazzo dove si recavano solitamente per studiare.

Sul tavolo vi erano pile e pile di libri, e Boromir e Faramir erano nascosti dietro di esse. Non si erano ancora rivolti la parola dopo ciò che era successo quella mattina. Improvvisamente, Boromir appoggiò la piuma d’oca con cui stava scrivendo il riassunto di un noiosissimo capitolo di storia in cui si narravano le vicende di Isildur.

« Sei stato forte, oggi. » disse.

Faramir alzò a sua volta la penna dal foglio su cui stava svolgendo degli esercizi di bella grafia e lo guardò, da dietro la pila di libri.

« Senza di te non me la sarei mai cavata contro quei due. » disse ancora Boromir.

« Dici davvero? »

« Se tu non avessi distratto Doblung, me li sarei ritrovati addosso entrambi, e già ho fatto fatica a difendermi da Areth, figuriamoci se fosse intervenuto anche l’altro. Grazie, fratellino! »

« Io… pensavo che tu non mi volessi più come fratello! » disse insicuro Faramir.

« Lo so, ieri ti ho detto delle cose bruttissime, e non avrei dovuto. » gli spiegò Boromir « Non le pensavo davvero, ma ero molto arrabbiato con te e non ho pensato a quello che stavo dicendo. »

« Anche io non volevo dirti che sei un bugiardo e che sei come il papà. »

« Faramir… papà ti vuole bene! È solo che… lui è fatto così. » Boromir si rese conto che non sapeva come affrontare quell’argomento, quindi andò a sedersi di fianco al fratello e lo guardò fisso negli occhi.

« L’importante è che rimaniamo uniti io e te! Cosa ne dici? » domandò.

« Allora siamo ancora fratelli? » chiese il bambino.

« Non abbiamo mai smesso di esserlo e lo saremo per sempre, qualunque cosa succeda! »

Faramir si alzò di scatto e abbracciò Boromir che, un po’ impacciato, rispose all’abbraccio.

« Piano però… così mi stritoli! » disse ridendo il fratello maggiore.

Quando Faramir sciolse l’abbraccio, Boromir si rese conto che aveva i lacrimoni agli occhi:

« Questa notte… ho sognato che tu te ne andavi! Che mi dicevi che non saremmo più stati fratelli. E poi c’era un drago bruttissimo che mi stava per mangiare, ma tu rimanevi lì a guardare e non mi aiutavi! »

« Allora era proprio solo un brutto sogno! » commentò Boromir « Se fosse stata la realtà, sarei venuto a uccidere il drago per salvarti! Anche se mi sa che tu sei molto più bravo di me in queste cose, dopo che ho visto come hai sistemato Doblung questa mattina! »

Faramir tirò su col naso e sorrise, sollevato.

« Ora asciugati quelle lacrime. » disse dolcemente il fratello maggiore passandogli il dorso della mano sulle guance « Sei un guerriero, e i guerrieri non piangono! »

Finalmente il bambino si calmò e dopo essersi fregato vigorosamente gli occhi chiese:

« Credi che la balia abbia saputo quello che è successo? »

« Se anche non l’avesse ancora saputo, credo che lo verrà a sapere presto. »

« Allora siamo nei guai! » disse Faramir mordendosi le labbra.

« Già… »

Ci fu qualche secondo di silenzio.

« Mi insegni a picchiare come hai picchiato tu Areth questa mattina? » esclamò agitato Faramir.

« Lo sai che non bisogna picchiare gli altri, ce lo dice sempre anche la balia! Io non avevo la minima intenzione di fare a botte con quell’antipatico, ma sono stato costretto da lui a farlo, per difendermi. »

Ma quando Boromir osservò il volto del fratello, si rese conto della sua delusione.

« Però… credo di avere un altro tipo di combattimento da insegnarti! » disse.

« Davvero? » esclamò Faramir entusiasta « Cos’è? Un duello di spade?! O come si uccide un drago o… »

« No, no, niente di tutto ciò! »

Faramir aggrottò la fronte:

« E che razza di combattimento è allora? »

Boromir si alzò e si diresse verso un divanetto su cui erano sistemati ordinatamente alcuni cuscini, ne afferrò uno e lo lanciò al fratello:

« Una battaglia di cuscini! » esclamò.

 

Fu così, che diedero il via a un combattimento all’ultimo respiro, un combattimento così emozionante che mai nessun Cavaliere di Gondor aveva avuto l’onore di vivere, durante le sue avventure, nella Terra di Mezzo.

 

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