Momenti.

di Luz_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Dove ho visto te. ***
Capitolo 2: *** Al cadere delle foglie tutto iniziò. ***
Capitolo 3: *** Andremo nello spazio. ***
Capitolo 4: *** Mistake. ***
Capitolo 5: *** La felicità ha un profumo. ***
Capitolo 6: *** I ragazzi che si amano. ***
Capitolo 7: *** Yes, i love you. ***
Capitolo 8: *** Buon compleanno. ***
Capitolo 9: *** When the war is over. ***
Capitolo 10: *** Summer has come and passed. ***
Capitolo 11: *** I will always love you. ***
Capitolo 12: *** 12. ***
Capitolo 13: *** Più conto i tuoi difetti più ti amo. ***



Capitolo 1
*** Dove ho visto te. ***


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Momenti.
 
Nessuna continuità.
Nessuna storia.
Solo un solo filo rosso che inizia per A e termina per Z.
Alex e Zoe, gli antipodi della loro storia.




Dove ho visto te.
 

E le mie mani hanno applaudito il mondo
Perchè il mondo è il posto dove ho visto te
Dove ho visto te, dove ho visto te.

 
 
Il freddo ero pungente, si infiltrava nei vestiti come una lama dalla punta affilata.
Ma lui, Alex,  non percepiva nulla, se non calore. Un calore disumano, mai provato sino ad allora.
Era seduto nel parco di Kensington Garden, come spesso accadeva la domenica, e fumava una sigaretta lentamente, assaporando la nicotina che accarezzava il suo palato, la gola e scendeva lungo la trachea, rilassando i suoi muscoli ormai sempre tesi.
Il cielo era plumbeo, nessuna novità lì a Londra, ma quel giorno Alex sentiva che c’era qualcosa di sbagliato nel clima. Avrebbe dovuto esserci il sole.
Inspirò l’ultima boccata di fumo e fece per spegnere la cicca sotto la punta della sua Nike, quando si fermò.
Il suo sguardo era incatenato, bloccato, incastrato in l e i .
Il leggero venticello che soffiava su Londra le scompigliò leggermente i capelli lunghi e dorati e per un attimo ebbe il desiderio di sfiorarli con le dita e sentire la loro consistenza simile alla seta. Poteva sentire il tintinnare dei bracciali che portava al polso.
Rideva di gusto, come se il mondo circostante non esistesse, come se quella fosse la cosa più bella da compiere. Ridere.
Alex avrebbe desiderato che un giorno fosse per merito suo e in un attimo decise: l’avrebbe fatta ridere, fino a sentire dolore alla pancia, fino al momento in cui lei lo avrebbe pregato di smettere, di farle prendere fiato.
La osservò passeggiare, mentre scherzava con le amiche; analizzò ogni gesto, ogni sguardo, ogni azione.. erano tutte indispensabili per lui.
Non ne comprendeva il motivo, ma Alex sentiva che le apparteneva, che lei fosse l’essenza che lo avrebbe reso completo.
Lei era il tassello mancante della sua esistenza.




Oh bè, cos'è questa cosa qui?
Non lo so, davvero non lo so.
Ho iniziato a scrivere e non so se sia uscita bene, male, da censurare. Per questo ci siete voi.
Questa non è una storia o per lo meno non si basa su una storia unitaria.
Sono tanti piccoli momenti, spezzoni di vita, di quotidianità ed i protagonisti sono loro, Alex e Zoe.
Se siete arrivati a questa frase, bè..vuol dire che non vi ha provocato l'istinto di chiudere il pc e nascondervi sotto le coperte per dimenticare questa roba e spero davvero che siate qui al prossimo 'capitolo' per vivere un altro istante di vita di "Momenti".

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Capitolo 2
*** Al cadere delle foglie tutto iniziò. ***



 


2. Al cadere delle foglie, tutto iniziò.

Veder cadere le foglie mi lacera dentro soprattutto le foglie dei viali.
Soprattutto se sono ippocastani, soprattutto se passano dei bimbi,
soprattutto se il cielo è sereno, soprattutto se ho avuto, quel giorno,una buona notizia,

soprattutto se il cuore, quel giorno, non mi fa male,
soprattutto se credo, quel giorno, che quella che amo mi ami.



“Questo si chiama stalking. Pensi che non ti abbia riconosciuto?”
Lei lo guardava con astio.
Lui la guardava con un sorriso. Lo aveva riconosciuto. Come un maniaco, certo, ma quello era un dettaglio banale per Alex.
“Non sono uno stalker, se può farti stare tranquilla.”le rispose pacato e osservò la fossetta tra le sopracciglia di lei, segno che stava riflettendo; lunghe ciglia nere incorniciavano due smeraldi profondi come l’oceano,tanto da immergervi completamente al loro interno e non riuscire più a raggiungere la superficie;e quelle labbra a forma di cuore, rosee e leggermente lucide, che apparivano morbide anche solo ad un contatto visivo.
La pelle era abbronzata e quasi luccicava per via dei raggi del sole che penetravano attraverso le fronde degli alberi, le cui foglie, dai colori ormai autunnali, danzavano fino al suolo accompagnate dal vento.
Il viso era incorniciato da quei capelli color oro, ma un oro unico, solo e soltanto suo, che Alex non aveva visto mai in nessun’altra persona. Lunghi, morbidi, setosi.
Era un incanto.
“Io credo proprio di si. Tu mi segui! La scorsa mattina eri fuori scuola, ieri sera fuori dal locale, ed ora qui. Cosa vuoi da me?”
Alex rise fra sé e sé. Se avesse risposto, lei sarebbe scappata, ne era certo. Ma dopotutto, come poteva dirle che non desiderava altro che parlarle, guardarla, stare con lei, anche in silenzio? Sarebbe sembrato un fuori di testa, oltre che stalker.
“Sapere il tuo nome.”le rispose semplicemente.
La ragazza per un attimo parve confusa, ma lo nascose abilmente dietro l’espressione dura che aveva mostrato fino a quel momento.
“Non intendo dirtelo. Non so neppure il motivo per cui sto qui ferma a parlare con te, sono io pazza.”
La ragazza fece per andarsene e allora fu più forte di lui: le prese la mano per fermarla.
Una scossa elettrica invase i corpi dei due, che non furono capaci di mettere fine al contatto per la sorpresa che provavano in quell’istante.
L’avevano percepita entrambi, inutile negarlo, ma nessuno osava dir qualcosa; si guardavano, cercando nello sguardo dell’altro una risposta alle mille domande che invadevano le loro menti.
Poi Alex lentamente lasciò scivolare la piccola e morbida mano della ragazza, che cadde a peso morto lungo il suo fianco e al termine del contatto delle loro dita, lei parve riscuotersi e scosse il capo come per scacciar via quella sensazione appena provata.
Il vento soffiò più forte e le foglie turbinarono attorno ai due giovani fermi in Kensington Garden; lei lo scrutò attraverso i lunghi capelli che le svolazzavano davanti il viso, osservò le spalle larghe e forti, la linea perfetta delle labbra, attorniate da una peluria appena accennata. Ciò che la colpì fu la piccola cicatrice che divideva in due parti il suo sopracciglio sinistro e donava alla sua figura un qualcosa che non seppe definire a parole.
E i suoi occhi..no, non voleva farle del male. I suoi occhi grigi come le nuvole che sovrastavano i loro capi, trasmettevano tutto fuorché intenzioni malevole e forse fu quella sensazione di sicurezza, che sentì pervaderle il corpo, a spingerla a fare un passo avanti.
Dopo un attimo di esitazione gli tese la mano sottile e Alex con grande sforzo celò la sorpresa e la gioia che esplosero in lui, mentre stringeva la mano nella sua.
“Mi chiamo Zoe.”
“Alex, piacere di conoscerti.”

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Capitolo 3
*** Andremo nello spazio. ***



3. Andremo nello spazio.

Dove sarai, anima bella,
stella gemella dove sarai...
Magari dietro la luna sarai
come il sogno più nascosto che c'è
non lo vedi che io vivo di te
dove sarai



“Come si chiama quella stella?”
“Uhm.. credo sia la costellazione di Ercole.”
Zoe girò il capo leggermente, in modo da poterlo guardare. “Come fai ad esserne certo?”
“Guarda.”le indicò col dito. “Al centro vi è un quadrato e pare abbia le gambe e le braccia piegate. Hai mai visto la rappresentazione di Mercatore?”
Zoe scosse il capo. Non aveva idea di cosa stesse parlando e Alex lo sapeva bene, per questo sorrise divertito.
“E’ la rappresentazione in forma umana della costellazione. E’ rappresentato Ercole con gambe e braccia divaricate nella stessa posizione di quelle stelle, come se stesse cadendo nel vuoto dell’universo.”
Lei sorrise e si tirò su per imprimere un bacio sulla sua mandibola. “Dovrai farmela vedere Galilei.”
Ma lui non la sentì. “Oh, guarda lì! L’Orsa Maggiore!”
“Dove? Non la vedo!”
Alex indicò con il suo braccio il punto giusto dove guardare e Zoe si aprì in un sorriso entusiasta.
Lui osservò di nascosto l’espressione del suo viso e non potè non riflettere che tra le braccia aveva la cosa più bella che gli fosse mai capitata.
Era un pensiero banale forse, ma non avrebbe saputo esprimerlo in altro modo.
“Posso farti una domanda?” Alex annuì in attesa. “Perché diamine la chiamano Grande Carro? Non ha le ruote.”
La guardò, cercando di comprendere se fosse seria o meno, ma quando Zoe gli sorrise mostrando tutti i denti, scoppiarono a ridere insieme, riempiendo l’aria silenziosa che li circondava.
“Devi usare la fantasia, Zoe. Ad esempio, lì vedo un ornitorinco nano.”
Lei rise ancora e ancora. “E questa come ti è venuta? Tra l’altro non ho idea di cosa sia un ornitorinco nano.”
“Signorina, lei è molto ignorante in materia!”
“Se tu sei appassionato di specie estinte non è colpa mia!”
Alex la guardò con un sopracciglio alzato. “L’ornitorinco è un mammifero semi-acquatico. Direi che sembra una papera schiacciata.”
“Ma dal nome credevo fosse un animale enorme e brutto! Sono sconvolta.”
“Bè, allora continua a pensare che sia così, no?”mormorò, stringendola contro il suo petto un po’ di più.
Lei parve rifletterci su, poi mugugnò pensierosa: “Sarebbe da stupidi.”
“Non potresti essere stupida neanche se lo volessi, Zoe.”
“Sei stupido tu per ciò che hai detto.”
Alex scosse il capo con un sorriso sulle labbra: era inutile ribattere; per quanto fosse testarda non si sarebbe arresa facilmente.
Rimasero a guardare il mare stellato che li sovrastava senza proferire parola, avvolti da un silenzio così tranquillo e pacifico, che non necessitava di essere interrotto.
Poi lei parlò, sistemandosi meglio contro il petto di Alex. “Penso che un giorno andrò nello spazio. Voglio vedere cosa c’è lì su.”
“Ricordati di mandarmi una cartolina dal pianeta Marte.”scherzò e lei gli diede un piccolo schiaffo sulla mano, alzando gli occhi al cielo.
“Come potrei? Tu verrai con me.”
“Uhm.. soffro di vertigini.”
“Ci sarò io.”
Il modo in cui lo disse fece battere il cuore di Alex a ritmo frenetico e per un attimo temette che potesse uscire dal suo petto da un momento all’altro.
“Sa tanto di promessa..”
Zoe inclinò il capo indietro e lo guardò. “O una minaccia.”
Risero, mentre lui si sfilava da sotto il suo corpo, ponendosi dinnanzi a lei.
Le sfiorò la punta del naso con l’indice e lei sorrise sotto il suo tocco. “Allora sappi che potrai minacciarmi a tuo piacimento.”
Zoe annuì. “E’ una promessa.”e sfiorò le sue labbra in un tenero bacio.




Ecco la costellazione rappresentata da Mercatore: http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/c/c5/Hercules_et_Corona_Borealis_-_Mercator.jpeg

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Capitolo 4
*** Mistake. ***



 


4. Mistake.

I loved you with a fire red-
Now it's turning blue, and you say...
"Sorry" like the angel heaven let me think was you
But I'm afraid...
It's too late to apologize, it's too late


 

Quella sera di dicembre il freddo era quasi insopportabile. Si infiltrava tra i vestiti subdolo, provocando brividi e tremolii.
Tutti preferivano rimanere all’interno della villa, ben riscaldata ed accogliente. Tutti, tranne loro.
Lei era seduta su uno dei tanti gradini della scalinata d’ingresso, maestosa ed imponente; si stringeva convulsamente nel suo leggero cappotto per tentare di ripararsi dal gelo. Non sarebbe tornata dentro assolutamente.
Il respiro si condensava non appena abbandonava la sua bocca, formando dinnanzi a sé una leggera nebbiolina che si dissolveva nell’aria.
Poi sentì un peso sulle spalle, qualcuno che le poggiava un cappotto per coprirla. Non servì voltarsi, non ce ne era motivo.
Lui rimase in piedi alle sue spalle con le mani nelle tasche dei pantaloni e lo sguardo fisso su un punto lontano. Non sapeva cosa dirle. Il suo cervello era improvvisamente scomparso, lasciandolo privo di alcun ragionamento. Ma infine si decise a parlare, doveva dirle qualcosa.
“Zoe..mi dispiace.”
Silenzio. Né un sospiro, che però sfuggì ad Alex.
“Forse non sarei dovuto venire.”
“Lo credo anche io.”
La sua voce era instabile ed il freddo non la aiutava di certo.
Era la prima volta che assumeva quell’atteggiamento nei suoi confronti; fino a quel momento nulla aveva mai portato i due ragazzi in quella situazione, che non sapevano ora come gestire.
Zoe lo vide scendere di qualche gradino, fino a che non si abbassò sulle ginocchia per guardarla dritto negli occhi. Vedeva solo ghiaccio e tanta tristezza in essi, ma non poteva cedere: aveva sbagliato e doveva risponderne di conseguenza.
“Inutile dire che sono stato un cretino. Anzi, un grandissimo coglione. Ma.. è stato semplicemente il mio istinto a spingermi a venire qui e a fare ciò che ho fatto.”
“Tu non dovevi venire, tu non dovevi permetterti di prendere Josh per la camicia e scaraventarlo lontano da me! Stavamo parlando. Voce del verbo p a r l a r e ! Non stavamo facendo nulla di male, Alex!”
“Lo so e non so come dirti quanto mi dispiaccia.”
“Non hai avuto fiducia in me.”
La sua voce lo colpì, perforando il suo corpo fino a giungere alla sua anima. Sapeva che non era rabbia ciò che il suo viso e i suoi occhi trasmettevano, bensì tristezza, delusione. Alex non sapeva cosa fosse peggio; avrebbe preferito che si alzasse, gli inveisse contro, lo picchiasse, ma non che lo guardasse così, con quello sguardo che era come un tuono a ciel sereno per lui.
“No. No, Zoe. Non potrei mai dubitare di te. Come diavolo fai a pensarlo? Ho sbagliato, ok? Ma sentivo di dover venire qui, sentivo di dover indossare questa stupida camicia e raggiungerti. Gelosia? Forse. Paura? Può darsi. Ma non una mancanza di fiducia verso di te, no.”
Lei lo osservò a lungo, senza proferire parola, semplicemente analizzando i suoi tratti, il suo sguardo; era dispiaciuto realmente, tutto di lui faceva trasparire ciò.
Avrebbe voluto stringerlo, sprofondare nel suo petto e non riemergere più. Ma non poteva. L’aveva messa in ridicolo davanti i suoi amici, aveva maltrattato uno di loro e per cosa? Per gelosia? Zoe non poteva accettarlo, non riusciva a sopportare la sua reazione, in particolare da lui, l’ultimo che avrebbe immaginato potesse farlo.
Si alzò e guardò Alex dall’alto, i boccoli che le scendevano morbidi davanti al viso. Sollevò una mano e carezzò delicatamente la guancia del ragazzo, che chiuse gli occhi, beandosi di quel tocco.
“Vado a casa. Da sola.”
Alex aprì gli occhi e la guardò smarrito. “Zoe..”
“Voglio stare un po’ da sola. Ti chiamo io.”
La lasciò andare, seduto sui freddi gradini di pietra, mentre la guardava allontanarsi sul suo motorino nero, fino a scomparire nel buio della notte.
Ora aveva paura. Paura che quella chiamata non giungesse mai.

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Capitolo 5
*** La felicità ha un profumo. ***



 


5. La felicità ha un profumo.



I giorni passavano lenti e vuoti. In realtà ne erano trascorsi solo tre da quella serata, ma per Alex era come se fosse passata l’estate, lasciando dietro di sé un vago ricordo di felicità.
Ora c’era freddo, vuoto e tristezza.
Il cellulare era l’unica presenza a fargli compagnia; gli era sempre accanto, pronto ad essere afferrato non appena fosse giunta una chiamata, di cui però non vi era ancora traccia.
Alex dondolò le gambe poggiate sul bracciolo della sedia e sospirò affranto.
Cosa avrebbe dato per poter tornare indietro nel tempo, poter cambiare il finale di quella serata, poter modificare la sua stupida, avventata indole.
Sapeva che prima o poi avrebbe pagato lo scotto di quel suo difetto, ma perché proprio con lei?
Il solo ricordare la sua espressione incredula lo portava a voler sbattere la testa contro il muro, fino a non capire più nulla; la sua assenza lo annullava già definitivamente.
Alex guardò ancora una volta il display spento del cellulare.
Lo soppesò un attimo, prima di cliccare sul tasto di ultima chiamata.
Il nome di lei comparve sullo schermo, ma non ebbe il coraggio di cliccare il tasto verde: avrebbe significato non rispettare la sua decisione.
Ma come poter sopportare un altro minuto, un’altra ora, un altro giorno di quella logorante agonia?
Per un attimo, il solo immaginare il suo modo di parlare, vispo e coinciso, la luce che attraversava i suoi occhi, lo fece sentire bene e lo tranquillizzò. Ma fu solo per un istante, poi cadde nuovamente nello sconforto più assoluto.
Si sfregò le mani contro il viso, come per cancellare i pensieri inesorabili che non cessavano di tormentarlo, poi in una frazione di secondo decise: prese la giacca, le chiavi e si chiuse la porta alle spalle.
Lo avrebbe mandato via? Gli avrebbe urlato contro per non aver rispettato la sua scelta? Alex avrebbe rischiato, ma non poteva stare immobile in compagnia dei suoi pensieri un attimo di più. Il soffiare del vento lo colpì in pieno viso e gli diede un attimo di lucidità: si, stava facendo la cosa giusta.
Camminò col capo chino e a passo rapido verso lei; l’avrebbe cercata per tutta la città se non l’avesse trovata in casa. L’importante era incontrare il verde prato dei suoi occhi, rotolarvi e ridere come un bambino con la consapevolezza che guardarli fosse la cosa più bella del mondo.
In poco tempo fu lì, davanti la villetta bianca e senza esitazione si recò sul retro, entrando dalla porta di servizio come tante altre volte aveva fatto; non era mai riuscito a comprendere come potessero avere fiducia a mantenere aperta quella porta, ma di lui non dovevano preoccuparsi.
Alex la cercò al piano inferiore, ma non vi era la presenza di nessuno, così salì le scale di legno chiaro e subito individuò la sua stanza, punto d’incontro di numerose giornate trascorse assieme.
La porta cigolò leggermente ed Alex fece un passo avanti, quando la vide.
Era sul suo letto, le ginocchia flesse ed un libro dalla copertina rossastra posato su di esse. Fu come tornare a respirare, raggiungere l’uscita di un’angusta galleria, guardare il mondo dall’alto: fu come tornare a vivere.
I suoi capelli erano raccolti in una crocchia scomposta; qualche ciuffo sfuggiva via, ricadendo sul suo viso delicato.
E gli occhi percorrevano le righe di quel libro, senza accorgersi di nient’altro, sprofondando in un mondo che solo lei, Zoe, poteva comprendere.
Non aveva udito il cigolare della porta né i leggeri passi di Alex che si avvicinava piano a lei: c’era solo quel mondo di inchiostro e carta, a cui si aggrappava per vivere diversamente, almeno per qualche istante.
Infine Alex si sedette sul letto e la foresta inesplorata che giaceva nei suoi occhi, lo guardò finalmente, con stupore, tristezza e di nuovo stupore.
“Ciao..”azzardò il ragazzo, tormentando le pieghe della coperta.
“Come sei entrato?”
“La porta di servizio. Pensavo aveste deciso finalmente di chiuderla, ma a quanto pare..”
Lo interruppe. “Perché sei qui?”
Lui abbassò lo sguardo un istante e la sua mano percorse la morbida coltre finchè non sfiorò la pelle candida della mano di Zoe, stringendola nella sua.
“Credo non ci sia altro posto in cui dovrei essere.”
Zoe lo guardò in silenzio, immergendosi in lui, scandagliando la sua anima e l’unica cosa che potè fare fu sospirare.
Si era arresa, a lui, a loro, a ciò che erano stati, a ciò che sarebbero stati. “Lo credo anche io.”
Fu un attimo e lui la trasse a sé, incastrandola nel suo petto, senza permetterle di fuggire via.
Affondò il capo nei suoi capelli ed inspirò profondamente.
“Sai, la felicità ha un profumo.”
Lei alzò lo sguardo. “Ah si?”
“Sa di te.”



Spero che questo 'momento' vi sia piaciuto <3


Camera Zoe: http://sphotos.ak.fbcdn.net/hphotos-ak-snc6/hs052.snc6/168259_491343613767_267112223767_6162673_1971731_n.jpg

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Capitolo 6
*** I ragazzi che si amano. ***




6. I ragazzi che si amano

I ragazzi che si amano si baciano in piedi
Contro le porte della notte
E i passanti che passano li segnano a dito
Ma i ragazzi che si amano
Non ci sono per nessuno
Ed è la loro ombra soltanto
Che trema nella notte
Stimolando la rabbia dei passanti
La loro rabbia il loro disprezzo le risa la loro invidia
I ragazzi che si amano non ci sono per nessuno
Essi sono altrove molto più lontano della notte
Molto più in alto del giorno
Nell'abbagliante splendore del loro primo amore.


Zoe tentava di distogliere l’attenzione dalla pagina di quel libro, su cui erano vergate le parole di Jacques Prevert, il suo poeta preferito.
I suoi occhi percorrevano febbrili le lettere di quella poesia, come per poter strappare via da esse un significato che finora le era sfuggito.
“Intenderai mai sfogliare qualche altra pagina di quel libro?”
Zoe alzò finalmente lo sguardo, posandolo sul viso rotondo della sua amica, che la osservava divertita.
Si portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio e le sorrise mestamente. Quando le si poneva tra le mani un libro, era ormai abituale per Zoe lasciare con la mente il mondo terreste per viaggiare in luoghi lontani, che solo lei poteva visitare. Era qualcosa di incomprensibile anche per se stessa ed aveva tentato di non cadere nel vortice di parole, versi, frasi che la trasportavano altrove, ma era stato tutto inutile.
“Scusa Sam, l’ho rifatto. Ripeti tutto ciò che mi hai detto nel frattempo, ora sono tutta orecchi.”
L’amica fece spallucce e sorrise. “Ho detto che è da un bel po’ che quel ragazzo ti osserva di sottecchi.”
Zoe aggrottò le sopracciglia.“Quale ragazzo?”
Seguì lo sguardo della sua amica e si volse, guardando in direzione di un tavolo alle sue spalle.
No. Non poteva crederci.
Era instancabile!
Perché mai continuava a seguirla in quel modo inquietante?
Finse indifferenza e si rivolse nuovamente verso Sam. “Non lo conosco. Sarà qualche idiota che non ha molto da fare.”
“Sarà, ma ti guarda con un’insistenza tale che pare sappia bene chi tu sia.”
Avrebbe rischiato la morte.
“Smettila di guardarlo, Sam!”
L’amica si affrettò a distogliere lo sguardo dall’obiettivo del suo interesse ed iniziò a riporre i propri libri nella tracolla di pelle.
“Vai via?”
“Ho bisogno di aria, siamo rinchiuse qui da due ore. Vieni con me?”
Che domanda inutile.
Zoe si aprì in un sorriso ironico e alzò il libro timidamente, facendo sbuffare l’amica affettuosamente.
“Come non detto. Ci sentiamo dopo, topo di biblioteca.”esclamò Sam e le scompigliò i capelli per poi uscire dal Caffè Letterario.
Zoe aveva ancora il sorriso dipinto sulle labbra, quando sentì la sedia di fronte spostarsi, venendo occupata da una figura, che ormai aveva imparato a conoscere bene, ma finse di non aver udito nulla e continuò a prestare attenzione al suo libro, nonostante stesse leggendo ormai la stessa frase senza accorgersene.
“Uhm.. Prevert. Scontato direi.”
Fu allora che Zoe puntò i suoi smeraldi in quelli di ghiaccio di Alex, che la guardò soddisfatto: aveva finalmente ottenuto la sua attenzione.
“Quale parola di “Non seguirmi e lasciami in pace” non ti è chiara?”
“Bè, sulla seconda potremmo discuterne, ma ti assicuro che non ti ho seguita.”
Zoe alzò un sopracciglio scetticamente. “Ah si?”
“Assolutamente.”annuì sicuro il giovane, che tuttavia non riuscì a reprimere la risata che tentava di controllare.
“Oh ti diverti vero? Vorrò vederti ridere quando ti denuncerò per stalking!”
“Sei esageratamente melodrammatica.”
“Sei uno sbruffone.”
Alex aprì la bocca per ribattere, ma infine la richiuse, annuendo. “Probabile.”
Zoe si lasciò andare ad un sospiro stanco e rimase in silenzio ad osservare quel rompicapo, che non intendeva darle pace.
Avrebbe dovuto denunciarlo, avrebbe dovuto minacciarlo, avrebbe dovuto far qualcosa pur di impedirgli di starle attorno, ma non riusciva a fare nulla di tutto ciò.
In lui vi era un’armonia, una tranquillità per cui le sue azioni apparivano prive di qualsiasi eccesso punibile.
Zoe avrebbe desiderato fargli male, molto male, ma nonostante tutto era consapevole che non avrebbe potuto far di più. Non poteva o forse non voleva.
“Cosa c’è?”le domandò dopo un lasso di tempo interminabile, in cui lo sguardo di Zoe non gli aveva lasciato scampo.
“Sto cercando di capirti. Hai per caso avuto qualche malattia cerebrale durante la tua infanzia?”
Il ragazzo parve decisamente confuso. “Non direi.”
“Incidenti gravi che hanno messo a rischio la tua vita?”
“Certo che no. Ma cosa...?”
“Ci sono! C’è stato un qualche evento traumatico che ha segnato irreparabilmente la tua stabilità mentale.”
“Non appena hai finito, fa’ un fischio, d’accordo?”
Zoe sbuffò nuovamente e sbatté le mani sul tavolo rumorosamente con fragore; nonostante ciò, non prese in considerazione le occhiate dei presenti, continuando a fissare con insistenza gli occhi plumbei dei ragazzo. “Dimmi cosa hai che non va. Dimmelo. Prometto di non ridere né di scappare, urlando. Per favore, dimmi quale pazzia ti porta a comportarti così.”
“Sei tu la mia pazzia. Possibile che tu non l’abbia ancora compreso?”
La ragazza si sentì all’improvviso disarmata. Quelle parole avevano annientato ogni cosa e ricadde sulla sedia, impassibile.
“Per essere tanto intelligente, credevo che fingessi di non aver capito. Ma mi sbagliavo a quanto pare.”
Zoe ignorò quel tentativo di sdrammatizzare e rimase ancora attonita e priva di pensieri e parole. Avrebbe dovuto dir qualcosa, scacciarlo, ma l’unica cosa di cui era capace in quel momento era ripensare alla sua frase.
Sei tu la mia pazzia.
“Esiste un qualche rimedio a questa malattia sconosciuta? Può essere guarita?”chiese infine.
“Credo sia troppo tardi. Prima o poi lo capirai anche tu.”e dopo averle sorriso mestamente, si alzò, sparendo dalla sua vista.


Grazie a chi ha recensito, a chi legge in silenzio..Grazie. <3

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Capitolo 7
*** Yes, i love you. ***




Da leggere, se si vuole, con il sottofondo di questa musica, che mi ha aiutata nello scrivere questo capitolo :) http://www.youtube.com/watch?v=r0SoF0orkpI&feature=feedlik

7. Yes, i love you.


L’estate era alle porte. Era già possibile percepire il calore sulla propria pelle, il profumo degli alberi in fiore e quel sentimento di libertà di cui l’estate è portatrice.
Ma per Alex e Zoe quell’estate sarebbe stata diversa.
Non vi sarebbe stata alcuna passeggiata a Kensington Garden lungo i viali alberati, al riparo dai raggi violenti del sole; nessuna fuga al mare; nessun bacio notturno al cospetto delle stelle.
Sarebbero dovuti rimaner divisi e si sa, l’estate senza il proprio amore, non ha la medesima consistenza.
Tutto ciò tormentava la mente di Zoe, quel primo giugno, mentre stringeva la mano di Alex nella sua. Il volo era già stato annunciato, ma i due giovani non sapevano come scindere le loro dita l’una dalle altre. Erano come l’oro e l’argento, fusi indissolubilmente sino a creare qualcosa di estremamente prezioso.
Ma Alex doveva andare via.
“Sta’ attenta, capito? Non fare una delle tue tante sciocchezze.”
Zoe sollevò gli occhi al cielo. Erano raccomandazioni inutili e Alex ne era ben consapevole.
“Piuttosto tu devi stare attento. Si dice che le italiane siano le più affascinanti del mondo. Sai com’è..bellezza mediterranea, more, carnagione scura e bla bla bla.”
“Grazie per avermi informato. Penso di avere abbastanza tempo per cercare la migliore e..”
Non fece in tempo a terminare la frase che Zoe gli diede uno schiaffo scherzoso sulla guancia. “Azzardati e ti faccio diventare africano.”
Alex rise di gusto e strinse a sé quello scricciolo dall’eterna energia. “Terrò sempre a mente quest’ultima tua minaccia, tranquilla.”
In quel momento suo padre lo chiamò nuovamente e il ragazzo sospirò lentamente. Il peso che provava nel petto si ingrandiva sempre più e istintivamente aumentò la stretta attorno al corpo di Zoe, mentre chiudeva con forza gli occhi e le baciava il capo.
Zoe si tirò indietro e con un misero, vano tentativo tentò di asciugare le piccole gocce di sale che erano uscite dai suoi occhi senza farsi notare. “Vai, rischi di perdere l’aereo. Non voglio sentirti lamentare di non aver visto il Colosseo per il resto della mia vita.”
Alex le afferrò il viso fra le sue grande mani e la osservò intensamente. “Per il resto della vita, Zoe.”e la baciò, dolcemente, lentamente, delicatamente, impegnandosi ad imprimere il sapore delle sue labbra bene nella sua mente. Infine afferrò il suo borsone e indietreggiò verso la porta d’imbarco e le sue dita lentamente scivolarono via da quelle di Zoe, che mantenne la mano ferma a mezz’aria. Ma prima che la figura di Alex scomparisse lungo il corridoio, la ragazza gridò: “Ami me?”, ma Alex era già sparito e parte del suo cuore spiccò il volo assieme a lui.

Attendeva lì, seduto sulla panchina lungo il marciapiede. Era una persona qualsiasi che attendeva qualcosa. Ma non era il suono della macchinetta del caffè né l’autobus alla fermata, non era la fila per pagare la spesa né una chiamata importante.
Attendeva lei.
Lei che era tutto, lei che era il caffè, l’autobus, la spesa, la telefonata. Lei che era il sole e la luna insieme, lei che era il mare e la terra nello stesso istante, lei che era tutto se stesso.
Non vedeva le auto che passavano lungo la strada né i passanti che percorrevano il marciapiede.
Osservava immobile il portone dalla vernice verde, che racchiudeva il tesoro più bello per lui.
Infine, come il più forte dei raggi del sole, che filtra attraverso le coltri di nubi, lei uscì dal portone di colore verde, come i suoi occhi.
E si avvicinò al ciglio del marciapiede, vagando con lo sguardo in cerca di qualcosa, di lui.
Stretta nel suo vestito fiorato, le onde dei capelli dorati che accarezzavano morbide la sua schiena, lo cercava, in una macchina, su un motorino, nel bar.
Ma lui era semplicemente lì, seduto davanti a lei con lo sguardo rivolto esclusivamente verso la sua figura.
E Zoe sorrise. Attese il momento giusto per attraversare e poi di corsa lo raggiunse, fino a immergersi nel suo petto, stringendo la sua camicia fra le dita.
Era come sempre. Erano sempre loro. In quei due mesi di distanza nulla era cambiato, bensì tutto era maturato.
Avevano temuto che durante quell’arco di tempo qualcosa avesse potuto mutare, avrebbero potuto comprendere che il bisogno che fino a quel momento avevano provato l’uno dell’altra non fosse più esistente e forte come allora.
Ma erano stati così stupidi a pensarlo.
Se il destino prende una decisione, niente può fare in modo che esso cambi i suoi piani.
Il destino aveva stretto attorno ai loro polsi i lacci del loro futuro. Perchè avrebbero dovuto tagliarli?
Alex affondò il capo nei suoi capelli e inspirò quella fragranza di vaniglia che tanto gli era mancata.
Si guardarono, in silenzio, mentre lei percorreva il viso di Alex con i polpastrelli della sua mano, come per riprendere confidenza con la sua pelle, il suo essere.
“Penso che la prossima volta farò di tutto pur di impedirti di andare in un posto così assolato come l’Italia.”
Alex corrugò la fronte, ma sorrise tuttavia divertito.“E per quale motivo?”
“Guarda! Ora sembro un’albina standoti accanto!”
“Uhm..allora potresti allontanarti.”
Ma lei lo strinse ancor più forte, fino a voler sentire la carne penetrare nella sua, sentirsi parte di lui, essere un’unica essenza.
“Mai.”
“Ricordi i timori che avevamo prima che partissi?”le chiese e Zoe annuì contro il suo petto, senza alcuna intenzione di porre distanza tra loro. Ora stava bene, si sentiva tutta intera, finalmente respirava in modo completo, percepiva l’aria attraversare la laringe, l’esofago, giungere fino ai polmoni, pieni finalmente dell’odore di Alex.
“Ho riflettuto così tanto in questi due mesi, Zoe. Davvero tanto.”continuò e le sue parole si conclusero con un leggero, inudibile sospiro.
Zoe si irrigidì impercettibilmente. “E su cosa?”
“Su me stesso. Su di te. Su di noi a dir la verità. Credo di non aver mai utilizzato tanto il mio cervello come in questi due mesi.”e si lasciò sfuggire una risata a cui la ragazza non seppe non unirsi.
“Sono arrivato ad una conclusione, probabilmente banale, ma è una conclusione.
In sintesi: sì, amo te. Amo te, Zoe. Amo le cose più banali che ti caratterizzano, amo i tuoi occhi, le tue labbra, il tuo sorriso. Ma anche il neo che hai sulla nuca, non vorrei si offendesse. Amo il dentifricio che dimentichi di sciacquare via dal labbro la mattina e che levo con un bacio appena ci incontriamo; amo quando ti arrabbi e mi offendi, perché le offese che crei sono le più belle che io abbia mai ascoltato. Amo il pensiero che forse, io e te, un giorno andremo a fare la spesa insieme per riempire il nostro frigorifero. Amo gli infiniti motivi per cui ti sto dicendo queste cose. E come dimenticarlo, amo il pensiero che tu ami me. Perciò in sintesi, Zoe: io sì, amo te.”



Bè..si. Mi è uscita questa mezza cosa indefinibile, che nonostante tutto, spero abbiate apprezzato.
Grazie <3
P.s. Ho aggiunto il logo della ff, nel primo capitolo. Spero vi piaccia, fatemi sapere =)

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Capitolo 8
*** Buon compleanno. ***



8. Buon compleanno, ippopotamo.


“Ehi, uomo, cosa combini?”
“Ehi, donna, mi sto preparando.”
“Esci?”
“A quanto pare.”
“E quale sarebbe la destinazione?”
“Non ne sono ancora sicuro.”
“Credo che tu lo sappia bene, invece. E forse anche Kate Richards.”
“Un momento..da dove viene fuori Kate ora?”
“E’ chiaro che tu stia andando da lei. Vi ho visto oggi, sai? A momenti bagnavi tutto il pavimento per quanto le sbavassi dietro.”
“Non pensavo fossi un tipo che spiasse. Buono a sapersi.”
“Mi definirei più una che ama osservare l’ambiente che la circonda...ehi, ci sei ancora?”
“Si, sto cercando di capire quale possibile trauma hai subito alla nascita.”
“Molto simpatico. Allora, cosa pensi di indossare per fare colpo su riccioli d’oro?”
“Ma se è mora!”
“Dettagli. Allora?”
“Uhm..hai delle proposte?”
“Per il mio modesto parere potresti optare sul jeans scuro, le converse, che presto ti ruberò, e la maglia che la sottoscritta ti ha regalato lo scorso Natale. Très chic!”
“Grazie per avermi avvisato sul tuo prossimo furto. Provvederò a metterle sottochiave.”
“Stronzo.”
“Demente.”
“Fava!”
“Ippopotamo.”
“Ora devi spiegarmi per quale motivo proprio un ippopotamo.”
“Non so, forse perché amo la sua pronuncia. Prova. I p p o p o t a m o .”
“Poi sono io quella malata eh?”
“Naturalmente.”
“Va bene, ippopotamo. Ti lascio ai tuoi preparativi. Non mangiare troppo la faccia di riccioli d’oro, eh?”
Alex non potè rispondere poichè Zoe aveva già chiuso la telefonata.


“Cosa vuoi?”
“Disturbo?”
“Direi di si. Per caso sei con Kate, che sta facendo il polipo sul tuo collo?”
“Cosa? No!”
“Se lo dici tu, sentivo un rumore strano.”
“Concentrati sulla mia voce allora.”
“Ma è così..fastidiosa!”
“Hai per caso il ciclo?”
“Si, cioè..no. Ma cosa ti frega?”
“Il tuo tasso di acidità supera anche i livelli massimi, tutto qui.”
“Allora è meglio che tu stia attento; potrei non rispondere delle mie azioni.”
“E cosa potresti farmi di così terribile?”
“Potrei non parlarti più.”
“Uhm..si. Devo dire che sarebbe una terribile perdita, che non supererei con facilità.”
“Davvero?”
“Certo che no!”
“Ti odio Alex, sappilo!”
“Ti odio anche io, Zoe, e per questo motivo ti chiedo di affacciarti alla finestra.”
“Non ne ho alcuna intenzione.”
“Andiamo, davvero non vuoi sapere cosa ci sia nel tuo giardino? Forse Patrick Toms!”
“Potrebbe esserci anche Robert Pattinson, non mi interesserebbe.”
“E se ti dicessi Jared Leto?”
“Dov’è?!?”
Ma Zoe non vide alcun Robert Pattinson né alcuna traccia di Jared Leto nel suo giardino. Bensì un ragazzo con i jeans scuri e le converse, che guardava verso di lei con una piccola torta posata su una mano.
“Ma cosa..?”
“Buon compleanno ippopotamo.”
“Ma non è ancora scoccata la mezzanotte!”
“Hai parlato così tanto da non esserti accorta che invece è proprio mezzanotte, Zoe.”
“Dio, sei una bruttabellissima fava!”
“Se volessi scendere, non sarebbe male, sai?”
Zoe non se lo fece ripetere due volte e corse lungo le scale, uscendo velocemente in giardino, il cellulare ancora vicino all’orecchio.
“Sei pazzo, Alex.”
“Hai ragione.”
“E Kate?”
“Sei tu la mia Kate, scema.”
“Sono così brutta?”
Alex scosse il capo ridendo. “Guardati. Tu non hai bisogno di nulla per essere la cosa più bella del mondo. Lo so, non guardarmi così; so che possono apparire parole banali e senza alcun senso, ma non saprei esprimermi diversamente. A volte vorrei essere un poeta, uno scrittore sai? Loro sarebbero capaci di esprimere ciò che sento per te con un termine soltanto, lasciando il mondo senza fiato; loro saprebbero dirti quanto tu sia la cosa più semplice che possa esistere, ma al tempo stesso capace di accecare più del sole stesso. Capisci? Io non so dirti ciò che sento meglio di così. Devi rassegnarti. Mi hai accecato.”
Zoe rimase inerte ad ascoltare quel fiume di lettere, che raggiungevano la sua mente senza alcuna logica, vorticavano confusamente nella sua testa e lei non era capace di comprendere cosa stesse succedendo e perché, tuttavia, percepisse che eranoquelle le parole che da sempre avrebbe voluto sentirsi dire.
Alex respirò profondamente e fece un passo verso di lei. “Esprimi un desideri e spegni le candele.”
Zoe lo guardò e finalmente capì. Così chiuse gli occhi ed espresse l’unico desiderio che in quel momento sentiva di voler ottenere. Lui. E sul giardino cadde il buio.



Questo momento è davvero terribile, lo so, e mi scuso.
Oltre ad essere in ritardo, non ho saputo scrivere un degno 'capitolo' per voi -.-'
Colpa dell'aria di mare, chissà! In ogni caso spero di leggere le vostre opinioni (:
Un grande, grandissimo bacio a voi, faveh!
Lu <3

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Capitolo 9
*** When the war is over. ***


Questo momento è nato dopo aver visto ancora una volta il film Brothers, davvero bello secondo me e che consiglio a tutti. Diciamo che mi ha 'ispirato' la tematica, tremendamente attuale purtroppo e che molti la vivono indirettamente, altri in prima persona..spero apprezzerete. :)
Per il prossimo momento proverò a creare qualcosa di più simpatico e divertente :D




9. When the war is over, we'll be too tired to enjoy life.

Non so chi ha detto che solo i morti
hanno visto la fine della guerra.
Io ho visto la fine della guerra.
Ma la domanda è: potrò tornare alla vita?



Erano ormai passate diverse ore da quando il sole si era nascosto oltre l’orizzonte, lasciando il posto alla luna e al cielo infinito.
Ma lui era ancora lì, seduto sotto la veranda, fermo, immobile, ad osservare l’orizzonte, ma senza soffermarsi su un qualche preciso particolare.
Guardava. Guardava ciò che non avrebbe più potuto ammirare, guardava ciò che per mesi aveva rappresentato un miraggio irraggiungibile ed ora che vi era giunto, era svanito con soffio di vento. Volato via senza poter essere più afferrato. Ciò era la libertà.
La libertà di sorridere. La libertà di camminare per le strade della sua città. La libertà di parlare. La libertà di amare. La libertà di vivere.
Aveva perso tutto ed ora, quella distesa immensa di cielo, tutta quella libertà, gli apparivano un quadro bellissimo in cui avrebbe voluto immergersi per quanto fosse reale e tangibile ciò che vedeva.
Ma non avrebbe potuto farlo, ormai ne era ben consapevole. La sua vita non era più lì, a Londra; la sua vita era tra i suoi compagni, tra tutti coloro che lo chiamavano capitano, tra tutti coloro i cui visi esprimevano fiducia e fedeltà verso ciò che condividevano; la sua vita era in tutti quei giovani che capitanava e che aveva visto morire, sgretolarsi come polvere al vento sabbioso che soffia sull’Afghanistan; la sua vita era in quel vento.
Chiuse gli occhi e li rivide, uno per uno, ogni volto, ogni sorriso, li rivide tutti schieratigli di fronte, prima di quella missione suicida.
Avrebbe dovuto lasciarli restare in tenda, stesi nelle loro misere brandine, a comportarsi da ragazzi quali erano nell’inferno in cui si trovavano; tuttavia li aveva chiamati in riga, aveva mostrato loro la missione e fu in quel momento che diventarono degli eroi. Non si erano tirati indietro: era quella la loro missione e non avrebbero mai lasciato il loro capitano.
Ma ora si domandava a cosa fosse servita tutta quella fiducia.
A condannarli a morte, si rispose, come ormai accadeva in ogni istante della giornata.
Perché non avevano dubitato anche solo per un istante di lui? Perché nessuno tra loro gli aveva posto la domanda: “Perché farlo? Moriremo.”
Se ci fosse stato quel qualcuno, forse non li avrebbe destinati a quella fine e non si sarebbe chiesto ogni mattina al sorgere del sole perché fosse ancora vivo, perché lui, Alex, che aveva il compito di proteggere quei ragazzi, fosse vivo.
In quell’istante percepì un toccò sulla spalla e prontamente portò la mano sulla pistola, ormai sua fedele compagna.
“Alex.”
Era soltanto lei, Zoe, la donna della sua vita, come avrebbe pensato prima che tutto accadesse; ora non sapeva chi fosse davvero, non aveva il coraggio di riscoprire cosa rappresentasse realmente per lui, poiché avrebbe ucciso anche lei, avrebbe ucciso tutto ciò che amava.
La guardò, ma senza osservarla veramente; il suo sguardo andava oltre il suo viso, tornava ad ammirare il cielo imponente alle sue spalle.
Zoe si inginocchiò e pregò chiunque ci fosse in quel cielo di riportarle suo marito, di far tornare da lei l’uomo che amava, ma che era morto in Afghanistan. Lì, davanti i suoi occhi, vi era qualcuno di sconosciuto, vi era un uomo privo di quello sguardo profondo come l’oceano, che l’aveva fatta tanta innamorare.
“Alex, guardami, parlami. Dimmi qualcosa.”
Ci provò: spostò gli occhi plumbei sul volto di sua moglie e scrutò quel volto giovane, ma tracciato da linee di tensione e apprensione che le donavano un aria più matura di quanto fosse davvero. Ancora una volta per colpa sua.
“Non devi preoccuparti per me.”le disse ed accennò un sorriso, ma non seppe dire se ci fosse realmente riuscito.
Gli occhi di Zoe si velarono di lacrime nascoste, che lottavano con forza per essere scacciate via. “Non escludermi da ciò che ti sta succedendo, ti prego. Non respingermi.”
“Devo farlo, Zoe.”
“No, non devi. Io sono qui per aiutarti, sono qui per te capisci? Nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita. Ricordi? E’ ciò che mi hai sempre ripetuto.”
Ma Alex scosse il capo senza fermarsi, lo scosse con vigore, mandando via il desiderio di stringerla a sé e di baciarla come se fosse il giorno del loro matrimonio.
“Perché no? Perché non mi vuoi?”mormorò tra le ormai lacrime che scorrevano lungo le sue guance e bagnavano l’erba fresca su cui era inginocchiata.
E fu allora che Alex non fu capace di reprimere ciò che premeva con forza nel suo petto. “Io ti voglio più della mia stessa vita, Zoe!”gridò con tutto il fiato che i suoi polmoni erano in grado di fornirgli. “Io ti ho voluta in ogni istante della mia vita da quando ti ho conosciuta! Ti ho voluta, mentre ammazzavo quei bastardi in quel paese di merda! Ti ho voluta, mentre tutti morivano ed io vivevo! Ti desidero ora, come desidero essere morto al posto di quei ragazzi, Zoe! Ma non posso, non posso più amare, non deve esserci più nessuno che abbia fiducia in me! Se ognuno nella vita ha ciò che si merita... io perché ho avuto te?”
Zoe era priva di parole. Osservava Alex camminare infuriato, tentando di comprendere cosa potesse fare per strappare via da lui quel dolore. La cicatrice sarebbe rimasta per il resto della sua vita, ne era consapevole, ma non poteva perderlo, ora che era tornato da lei.
Si alzò lentamente e si avvicinò ad Alex, che ansimava per la foga con cui aveva gridato il suo dolore; non si mosse, mentre la guardava avanzare verso di lui né quando sentì il suo tocco sul viso, bensì chiuse gli occhi e se ne beò completamente. Dopo molti mesi finalmente percepiva un piccolo senso di benessere attraversare tutto il suo corpo.
“Cosa stai facendo?”
“Cerco l’uomo che amo e che so che è ancora qui da qualche parte.”
“Cerchi invano, Zoe.”replicò Alex amaramente.
“Sta’ zitto.”
Le sue mani continuarono il loro viaggio: percorsero i capelli corti che stavano pian piano ricrescendo; la fronte alta, dove tentarono di spianare le rughe di apprensione ormai costantemente presenti; le palpebre chiuse; le guance, divenute spigolose e scarne; i contorni delle labbra rosee, che si schiusero a quel tocco delicato così familiare; il collo; le spalle possenti e rigide; ed infine il cuore, dove sentì il suo Alex, vivo e forte, come era prima di imbarcarsi su quel volo di sola andata.
“Eccoti.”sussurrò, mentre appoggiava l’orecchio su quella porzione di petto in cui il battito scandiva i secondi di quella notte. “Sei qui, non sei mai andato via.”
“Forse ti sbagli..”
Ma lei scosse il capo e continuò ad ascoltare quel suono in cui c’era tutto il suo Alex, tutta la sua più intima essenza, che non riusciva a trovare una via d’uscita per tornare a rendere vivo quel corpo.
Infine sollevò il capo e lo trovò ad occhi chiusi con dipinta in viso un’espressione tranquilla che non scorgeva da tempo; senza altri indugi si avvicinò al suo volto e sollevandosi sulle punte, raggiunse la bocca a forma di cuore di Alex, che sobbalzò per quel contatto inaspettato.
“E qui, ci siamo noi.”gli sussurrò a fior labbra, finchè non combaciarono alla perfezione, e si plasmarono in un unico corpo.


Grazie per essere arrivati fin qui. <3

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Capitolo 10
*** Summer has come and passed. ***




10. Summer has come and passed.


« Here comes the rain again
Falling from the stars
Drenched in my pain again
Becoming who we are
y
»



Il sole aveva appena iniziato la sua discesa nel cielo, quando Zoe ed Alex si erano messi in viaggio per allontanarsi dalla caotica atmosfera della città.
Ogni tanto, mentre guidava, Alex si voltava a guardare il viso di Zoe rivolto verso il finestrino aperto, i suoi capelli che le danzavano attorno al capo, mossi dal vento e il sole tiepido che le baciava il viso dolcemente.
Ogni tanto toglieva una mano dal volante per accarezzarle una mano, un braccio, una gamba, finchè lei non si voltava verso di lui e gli sorrideva con quel sorriso che solo da lei sapeva di poter ricevere.
Tra di loro aleggiava un’atmosfera così carica di tranquillità e serenità, che nulla avrebbe potuto scalfirli; erano in una bolla di sapone indistruttibile, che li separava dal resto del mondo.
“Summer has come and passed, the innocent can never last. Wake me up, when semptember ends...”canticchiò Zoe, seguendo la melodia che passava in quel momento alla radio. Si girò ad osservare il profilo concentrato di Alex e pensò che invece, lei, non avrebbe desiderato svegliarsi mai da quel sogno, da quell’estate che stava per terminare.
Non ne avevano mai parlato apertamente né forse l’avrebbero mai fatto, ma cosa sarebbe successo non appena l’estate fosse finita?
Alex si sentì osservato e si girò verso di lei, sorprendendola a guardarlo pensierosa. Allungò una mano verso la sua guancia, tornando poi ad osservare la strada.
“A cosa pensi?”
Zoe spostò i capelli svolazzanti dietro le orecchie e abbandonò il capo contro il sedile. “All’estate.”
Alex le rivolse un sorriso divertito. “Uhm, sei poetica oggi.”
Zoe ignorò l’ironia e tornò ad osservare il mare che aveva fatto capolino nel panorama, segno che si stavano finalmente avvicinando alla costa. “Tra poco finirà tutto, Alex. Non ci pensi mai?”
“Penso che i Green Day non ti facciano per nulla bene.”la prese in giro, ma si sforzò di tornare serio, quando Zoe lo rimproverò con lo sguardo. Ormai ben sapeva che non bisognava stuzzicarla su certe questioni, a meno che non si voleva rischiare la pelle. “Si, che ci penso. E’ ovvio. Tra poco finirà il caldo e dovremo ritirar fuori sciarpe e maglioni. Dovremo dire addio al mare per un po’ e alle cene sotto le stelle. Ma le continueremo vicino ad un camino, o no?”
Ecco un altro motivo per cui si era innamorata perdutamente di lui: lui aveva la capacità di prenderla in braccio e aiutarla a superare lo scoglio che per lei era stato invalicabile sino a quel momento, come se niente fosse.
Pochi istanti dopo le annunciò che erano finalmente arrivati ed infatti davanti ai loro occhi si stendeva l’infinità del mare, tinto di un arancione rosato per via del sole che lentamente stava tramontando all’orizzonte.
Alex si incamminò per primo lungo il sentiero che portava alla spiaggia e Zoe lo raggiunse correndo, fino a saltargli sulle spalle come un koala.
“Lo sai che pesi, scimmietta?”rise Alex e ciò che ottenne fu un leggero schiaffo sulla nuca, che avrebbe dovuto fargli male.
“Allora prendimi!”e scese giù dalle sue spalle, iniziando a correre velocemente verso la battigia, i capelli e l’abito rosso che danzavano in sincronia nell’aria.
Alex pensò che avrebbe desiderato così tanto stendersi lì, sulla sabbia, a guardare il cielo e a non fare nulla ed invece eccolo che si trovava a rincorrere la ragazza che amava più della sua stessa vita, comportandosi come due bambini che provavano l’ebbrezza dell’inseguimento per la prima volta.
Le onde si infrangevano sulla battigia e circondavano le loro caviglie in movimento, che schizzavano gocce di mare ovunque.
“Basta, hai vinto tu, mi arrendo!”mormorò Alex fingendosi stanco, ma approfittando del momento di resa di Zoe, l’afferrò alla vita, facendola volteggiare sul pelo dell’acqua. “Presa!”rise, mentre lei scalciava divertita per liberarsi.
“Okay, okay, mi arrendo! Lasciami libera!”
“Siamo sicuri che non proverai a sabotarmi non appena ti metterò giù?”
Zoe sollevò gli occhi al cielo e volse il capo per osservarlo: “Sono una donna di parola, cosa credi?”
Ma non appena i suoi piedi toccarono terra, utilizzò quell’istante di vantaggio per spingere in acqua Alex, che cadde rumorosamente tra le onde, seguito poco dopo da lei, che si gettò fra le sue braccia.
“Sapevo di non dovermi fidare di te.”sbuffò, stringendo tuttavia la presa sui suoi fianchi.
“Sapevo che il tuo equilibrio è assai precario.”
Alex le scostò le ciocche bagnate dal viso, prendendole il viso fra le mani.“Ma sai che ti amo?”
Zoe sorrise sulle sue labbra. “Sapevo anche questo.”



Forse un pò banale come 'momento', ma il caldo finalmente giunto e l'estate ormai alle porte mi ha fatto venire voglia di scrivere di loro in queste circostanze. Spero vi sia piaciuto e di poter sapere il vostro parere. :D
Buone giornate di mare


Vostra Lu

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Capitolo 11
*** I will always love you. ***


Salve! Con estrema calma ho creato questo ennesimo momento che spero vi piacerà. Il clima descritto credo vi possa rinfrescare mentalmente dal caldo che sta facendo in questi giorni (finalmente!) xD
Un'ultima cosa: questa canzone direi che è perfetta per questo momento, in quanto il testo e l'ambientazione rispecchiano l'immaginario che ho visto nella mia mente, scrivendo. (Non seguo per nulla Taylor Swift, ma devo ringraziarla per questa canzone che mi ha 'ispirato' un po') http://www.youtube.com/watch?v=QUwxKWT6m7U&feature=share
Buona lettura! Spero possiate apprezzare :)


                      



11. I will always love you.

 
 
Era il Natale del 2000 e per la prima volta dopo molti anni, soffici batuffoli bianchi di neve cadevano su Londra, rendendola ancor più magica di quanto apparisse già agli occhi del mondo.
Ondeggiavano e roteavano nell’aria come tante farfalle colorate e si posavano delicatamente su ogni superficie.
Alex era tanto che non ammirava un tale spettacolo ed ora era lì,
incantato e senza parole, davanti la finestra della sua camera,  dove era rientrato dopo quattro anni di lontananza.
Due anni di cambiamenti, due anni di stravolgimenti, due anni di nostalgie, due anni di nuove esperienze, due anni in cui era maturato e cambiato completamente.
Ormai aveva venticinque anni e l'asociale della Saint Meredith School era quasi del tutto scomparso; vi era un nuovo Alex, un ragazzo consapevole delle proprie scelte e del proprio futuro.
Percorse con lo sguardo il giardino posteriore della sua dimora e si soffermò su quella grande quercia all’angolo del recinto; anche da lì si poteva distinguere la grande incisione fatta sul tronco qualche anno prima con lei.
 
“Tua madre ci ucciderà appena se ne accorgerà.”disse Zoe, guardandosi attorno guardinga, mentre Alex lavorava il legno con un taglierino.
“Non lamentarti, non è nulla di che.”
“Tagliuzzare il tronco della Grande Quercia non è nulla secondo te? Come ti sentiresti se io ti tagliuzzassi la schiena? Non sarebbe nulla di che vero?”
Alex sbuffò e alzò gli occhi al cielo. Lei e i suoi discorsi pacifisti, che tuttavia lo facevano sorridere. Era unica, anche da quel punto di vista.
La guardò, mentre se ne stava seduta sul prato, con le ginocchia al petto e il mento posato su di esse. Osservò il suo profilo, i capelli che danzavano dolcemente per via della brezza estiva che soffiava su Londra, il sole che baciava il suo volto, illuminandolo di luce propria. Non sarebbe mai riuscito ad annoiarsi nel guardarla, oramai era parte fondamentale della sua vita.
“Ecco qui, finito.”esclamò Alex dopo un po’ e si spostò, permettendole di vedere il suo lavoro.
 Zoe gattonò sull’erba fino al tronco e quando vide il lavoro di Alex il suo viso si illuminò come un girasole e si gettò su di lui, rotolando sull’erba del giardino, mentre le loro labbra si univano in un tenero bacio.
 

Ovunque io vada, ovunque tu sia.
Le nostre mani rimarranno intrecciate.
Indissolubilmente.

 

 
Ricordava ancora quella frase, quel giorno, quel periodo della sua vita ormai passato.
Zoe Beggins, il desiderio nascosto dei numerosi ragazzi della Saint Meredith School, la persona di cui si era innamorato per la prima volta, la ragazza che fu capace di cambiarlo, rendendolo un uomo. Le doveva molto.
Aveva profonda nostalgia di lei, del suo sorriso, dei suoi occhi verdi come un prato in primavera; avrebbe desiderato rivederla ancora una volta, un’ultima volta, ma ciò non sarebbe stato possibile.
Il loro addio era avvenuto cinque anni prima e Alex non avrebbe mai dimenticato i diamanti che rigavano il volto di Zoe, mentre lui pronunciava quelle maledette parole, di cui, ne era già consapevole, si sarebbe pentito per tutta la vita. Ma doveva andare via, temeva di non riuscire a mantener vivo quel loro splendido rapporto una volta in America. Non poter vivere a stretto contatto per diversi mesi, accontentarsi di misere e sofferenti chiamate: non avrebbero saputo resistere e Alex ne era ben consapevole.
Perciò aveva fatto la scelta di porre la parola fine a quella che era stata la più bella favola che potesse esistere, ma non c’era alcun ‘e vissero felici e contenti’, no, quella frase non esisteva.
Il campanello della porta suonò ancora una volta; gli invitati continuavano a giungere per festeggiare il Natale, proprio ciò che Alex non amava.
Sospirò silenziosamente, appannando leggermente il vetro della finestra, e dopo un ultimo sguardo al loro tronco, attraversò la sua stanza e discese le scale verso il salotto, da cui proveniva il vociare degli invitati.
Appena varcò la soglia, calò un silenzio improvviso. Venti paia di occhi lo scrutavano da tutte le angolazioni, ma lui si soffermò esclusivamente su quello sguardo: unico, indimenticabile, profondo più dell’oceano.
Stentava a crederci, non riusciva a realizzare che Zoe fosse lì davanti i suoi occhi, in piedi accanto al piano.
Ma non era la Zoe di allora. Davanti aveva una donna ora.
I suoi lunghi capelli, il suo viso rotondo e dai lineamenti dolci, la sua figura minuta ed esile...tutto ciò era scomparso, ad eccezione di quegli occhi e di quelle labbra, che Alex non avrebbe mai potuto dimenticare.
Non percepì le persone che lo abbracciavano, che lo baciavano, che gli ponevano domande. Per lui c’era solo lei.
I loro sguardi si scontrarono e né Alex né Zoe furono capaci di sviare quel contatto: sebbene fosse passato del tempo, ciò che c’era stato tra di loro non poteva essere cancellato ed in quel momento entrambi, a poca distanza l'uno dall'altro, compresero che sarebbe rimasto impresso nel loro essere per sempre. Era troppo grande ciò che avevano provato l’uno per l’altra e ciò che tuttavia Alex non riusciva ancora a superare.
Vedendola, fu come se ogni cosa si fosse risvegliata da un lungo letargo e solo in quel momento avesse ripreso a vivere, ma d’altronde lei aveva sempre ricoperto un ruolo fondamentale nella sua vita.
“Ciao.”
Fu un flebile sussurro quello che fuoriuscì dalla bocca di Alex, ma era incantato, sorpreso, sconvolto dalla sua presenza.
“Ciao Alex.”
La sua voce. Quante volte, nel corso di quegli anni lontano da lei, aveva sognato quella voce, aveva sognato lei?
Tante, troppe, infinite volte.
Zoe abbassò lo sguardo sul suo calice di spumante, mentre Alex invece non riusciva a distogliere gli occhi dalla sua figura: era troppo tempo che non la guardava ed in i suoi occhi non riuscivano a far altro che percorrere febbrili il corpo e il viso di lei, ubriacandosi della sua presenza.
Se non avesse pronunciato quelle orribili bestemmie, se non le avesse detto addio per paura e sfiducia verso il loro rapporto, ora avrebbe potuto consumare quella piccola distanza fra i loro corpi e stringerla forte a sè, quasi a divenire un unico essere.
“Come..come stai?”si trovò a domandarle e sul viso di Alex comparve un sorriso appena accennato, che lo riportò a molti anni prima, ai tempi della scuola.
“Sto bene. E tu?”
Come stava? Poteva rivelarle che non capiva più alcuna cosa, che non ricordava neppure il suo nome in quel momento?
“Ora bene.”rispose sorridendo appena e lei risollevò lo sguardo, guardandolo intensamente.
Dopo anni di conoscenza, Alex non era ancora in grado di non sprofondare in quel pozzo smeraldo, in quegli  occhi così magneti, enigmatici, unici, come lo era lei.
Zoe si voltò verso la finestra, sospirando silenziosamente e Alex osservò ciò che si intravedeva della sua schiena dalla scollatura dell’abito.
 
Le mani intrecciate tra loro.
Sospiri leggeri e lontani.
Occhi negli occhi.
“Se..se provi dolore dimmelo ti prego.”
“Tu non potrai mai farmi male.”
E quei dolci gemiti di una nuova scoperta fatta insieme volarono nell’aria assieme ai loro baci.
 
“C’è ancora.”la udì mormorare e Alex aprì di scatto gli occhi, seguendo lo sguardo di Zoe oltre la finestra. I ricordi inondarono anche la sua mente ed un sospiro leggero, ma sofferente uscì dalla sue labbra carnose.
“Vuoi fare una passeggiata, ornitorinco?”gli domandò, utilizzando quel ridicolo soprannome, affibbiatogli anni prima ed un brivido d’emozione percorse la schiena del ragazzo, che annuì.
 
La neve cadeva silenziosa e lenta su di loro e il loro passaggio era segnato dalle varie orme lasciate sulla coltre di ovatta del retro del giardino.
Zoe stava sfiorando la superficie del tronco, mentre Alex la guardava da una certa distanza.
Apparentemente era così diversa, stentava a credere che quella fosse la sua Zoe, ma se la guardava negli occhi con attenzione, il basco, il cappotto, lo stivale col tacco, non celavano la sua tipica determinazione e ciò che Zoe era realmente.
“Mi sto per sposare.”mormorò improvvisamente lei, volta ancora verso il tronco dell’albero.
Un pugno nello stomaco. Il respiro pesante. Rabbia, tristezza.
Rabbia, perché era colpa sua. Rabbia per averla allontanata. Rabbia verso chi era stato capace di renderla felice, al contrario di lui, che non ne era stato capace.
E tristezza perché non l’avrebbe mai potuta riavere con sé e perché ciò che gli apparteneva ancora era solo l’amore che provava per lei.
“Quando?”domandò con voce monocorde.
“Tra due mesi.”soffiò, mentre si faceva spazio nella neve, dirigendosi verso di lui con le mani nelle tasche del cappotto.
Si fermò ad un passo dalla figura di Alex e sorrise dolcemente, quel sorriso che lui amava più di ogni altra cosa, poiché era capace di infondergli tranquillità e soprattutto serenità, ma in quell’istante fu solamente un’ulteriore fitta al cuore.
Zoe alzò una mano diafana verso il suo viso e gli accarezzò una guancia con i polpastrelli.
La sua pelle era morbida come un petalo di rosa e a quel tocco Alex chiuse gli occhi, beandosene completamente.
“Non farlo, ti prego.”le sussurrò e dalla sua voce trasparì tutta la sofferenza che stava provando, ma era inutile nasconderla: il suo volto era stato sempre un libro aperto per lei.
“Tempo fa hai scelto la tua vita, Alex. Ora tocca a me.”
“Lo ami?”le domandò e aprì gli occhi fissandola: doveva capire se diceva la verità, qualunque risposta gli avesse dato.
Zoe annuì e nessuna incertezza né ombra di menzogna apparve nei suoi occhi. Era vero, tremendamente vero.
“Ma ciò che ho provato per te, l’amore che abbiamo condiviso non scomparirà, non sono capace di cancellarlo, anche dopo questi anni trascorsi lontano da te. Una piccola parte del mio cuore ti amerà per sempre, ornitorinco nano.”
Non riuscì a reprimere un sorriso e la compostezza mantenuta sino a quell'istante crollò come un castello di sabbia al soffio del vento: non ce la fece più e la strinse a sé, affondando il viso tra i suoi capelli corti.
Inspirò quel profumo così familiare, il profumo della sua pelle e strinse tra le sue braccia quella Zoe ormai donna, ma che sarebbe rimasta sempre lo scricciolo di cui Alex si era innamorato.
Zoe affondò il viso nel suo petto e in quel momento rivisse ad occhi chiusi gli attimi più belli della loro storia indimenticabile, una storia che sarebbe rimasta incisa nei loro cuori, ma che non era destinata ad un lieto fine.
“Ti amo Zoe.”sospirò Alex all’orecchio di lei un momento prima di separarsi.
Rimasero con le mani strette fra loro a guardarsi negli occhi.
Parlare non era indispensabile, i loro occhi gridavano già tutte le parole del mondo.
“Buon Natale Richards.”mormorò Zoe, allontanandosi piano da lui.
“Buon Natale Beggins.” e la sua mano scivolò via dalla sua.
Non era importante che ci fosse un vissero felici e contenti come avveniva nelle favole; la cosa realmente importante era che il loro amore rimanesse scalfito nei cuori di entrambi, senza la possibilità di essere cancellato, come sul tronco della Grande Quercia.


I will always love you.
You will always love me.

 
 

 

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Capitolo 12
*** 12. ***



 
Una volta qualcuno disse che le nostre impronte non sbiadiscono dalle vite che tocchiamo. Ciò vale per tutti o è soltanto una stronzata poetica?

 
Voglio chiederti di portarmi al mare e di correre sulla battigia, bagnando i jeans ripiegati sino alle caviglie. E voglio chiederti anche di portarmi a ballare. Ma non in discoteca, no. Portami a ballare su una collina, dove non c’è nessuno, solo noi e la musica dei nostri respiri. E sai, dato che ci sono, voglio farti una foto, una soltanto. Uno scatto rubato, mentre dormi o ridi o ti arrabbi.
Potrei volerti chiedere tante cose, tante davvero, ma il mio discorso è breve, sai? Non è bello nè di quelli che fanno tremare dall’emozione o spingono a pensare ‘cazzo, mi ama realmente’.  Il mio discorso è un brutto filmino del futuro che ancora viviamo, un filmino che attraversa i miei occhi come una meteora l’universo.
Potrei volerti chiedere di abbracciarmi, quando ti siedi accanto a me, perchè sai che ne ho bisogno. Potrei chiederti perchè anche tu sei stronzo come tutti gli altri, dopotutto. O potrei volerti chiederti di avvolgere il mio viso e di baciarmi e dirmi che va tutto bene.
Potrei dirti tante stronzate simili a queste. Ma con te voglio essere sincera e perciò il mio discorso è breve. Brutto. Un filmino anni quaranta.
Già ti vedo lontano, all’università. Un’altra amica con cui studiare. Un altro gruppo con cui sbronzarti. Un’altra donna da baciare. Avrai nuovi progetti, nuovi desideri, nuove aspettative, nuove paure.
Già ti vedo a trent’anni. Un professionista affermato precocemente. Perchè, io lo so, sei sempre stato speciale. Anche quando avevo la varicella e sei corso da me nonostante ne fossi anche tu contagiato. Ti sei infilato nel mio letto e così, stretti l’uno all’altro, abbiamo dormito per ore, mescolando i nostri respiri malaticci.
Già ti vedo a quarant’anni. Una moglie, diciamo bionda. Poi due bambine, simili ad angioletti. Un cane, solo perchè loro lo amano, mentre tu ne sei allergico.
E già ti vedo lontano da me e tutto ciò che ora sono in grado di fare è parlarti di questo filmino brutto e breve, mentre vorrei poterti colpire con parole solenni e poetiche. L’ultimo tentativo per stringerti a me e legarti con cavi di ferro. E mi appoggerei a te, di nuovo. E tu mi lasceresti fare, in silenzio, calmo, mite, attendendo che la bufera che sta sconvolgendo il mio animo si acquieti.
Ti vedo ridere con lei, quella bionda che incontrasti quel venerdì piovoso, in cui credevi che niente avrebbe potuto rendere migliore quella giornata, e ti vedo baciarle il capo o soffiarle calore nelle mani gelate in un pomeriggio di metà dicembre. Non ricorderai com’era la tua vita prima di incontrarla. Non ricorderai cosa significava essere felice, triste, deluso o arrabbiato. Non ricorderai la ragazza della varicella. Nè quella della libreria, dove eri solito rintanarti dopo aver trascorso una brutta giornata. Quel venerdì invece non sei venuto.
E non ricorderai di quando arrossivi se giudicavo il tuo nuovo taglio di capelli e affondavi il capo nel maglione per sparire quanto più possibile. Non ricorderai la presenza della mia assenza, come dicevi.
Mentre io ricorderò ogni risata, ogni lacrima, ogni grida spesa per te. Ricorderò la tua presenza. E la tua assenza. Ti ricorderò, ma sarà solo per un attimo. Un solo attimo in cui ti ringrazierò. Ecco, si. Un semplice grazie, per avermi fornito ricordi sufficienti per una vita da vivere lontano da te.

 

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Capitolo 13
*** Più conto i tuoi difetti più ti amo. ***


Buon Natale e buon anno in ritardo!
Avrei voluto postare prima come regalo per queste feste, ma non ci sono riuscita.
Perciò ecco qui questo ennesimo piccolo
momento, che spero possa sempre piacervi.
Grazie a chi mi segue e a chi ha aggiunto questa storia fra le varie categorie.

Buone feste!

 




 


13. Più conto i tuoi difetti più ti amo.

 
E’ una bella festa, si disse, scrutando la sala affolata, le cui decorazioni apparivano sfavillanti grazie alle numerose luce che ruotavano sul soffitto. Tutti parevano divertirsi, tutti si congratulavano con lei per l’ottima riuscita di quell’ultimo ballo di fine anno, tutti tranne lei, che per un qualche strambo motivo non riusciva ad apprezzare a pieno la buona riuscita del party.
All’improvvisso percepì due grandi mani circondarle il ventre e solo per una singola frazione di secondo un moto di speranza si destò in lei, represso tuttavia immediatamente dalla consapevolezza che quelle non era le mani che avrebbe voluto percepire sul suo corpo. Quelle erano mani fredde, sconosciute ormai.
Si volse fino ad incrociare la mascella pronunciata di Jack, i cui occhi cristallini non trasmettevano altro che desiderio di possesso. Mai vi aveva scorto una scintilla di comprensione o affetto, ma nonostante ciò lei si era innamorata come si innamorano sempre le donne intelligenti: come un’idiota.
“Jack.” Il suo fu un sospiro stanco, annoiato, ma il quaterback non parve notarlo minimamente.
Il ragazzo si chinò su di lei e Zoe venne invasa dal profumo di acqua colonia alquanto fastidioso e non si spiegò come avesse potuto sopportarlo per tutto quel tempo  –  o semplicemente era troppo invaghita per rendersene conto.
“Amore sei incantevole questa sera.”le sussurrò nell’orecchio con fare suadente e Zoe dovette usare tutta la forza di cui disponeva per allontanarlo da lei, spingendo contro il suo petto.
“Non chiamarmi amore, Jack. Ho smesso di essere la tua burattina.”
“Andiamo, amore. Ancora non ti è passata?”
“Cosa non ti è chiaro di ‘è finita’, Jack? Vuoi che ti faccia un disegno?”
La prese sui fianchi divenne sempre più forte e la possibilità di sfuggirvi sempre più scarsa. “Tu sei mia. Cosa non è chiaro a te di questo concetto invece?”
“Credo sia il caso di sedare un po’ questa situazione. C’è gente qui intorno, sai amico?”
Il suono di quella voce si incuneò nelle sue orecchie bruciando ogni singola particella del suo corpo, fino a giungere al muscolo più forte del suo corpo, che ricominciò a battere, a pulsare sangue puro, riprese vita. E in un attimo Zoe percepì calore attorno al suo corpo, calore di mani gentili, delicate, delle sue mani e finalmente potè respirare a pieni polmoni.
Il volto di Jack parve indurirsi, le mani strette ormai a pugno.  Ma non avrebbe mai alzato le mani in presenza dell’intero istituto, non avrebbe mai potuto compromettere il suo nome in pubblico. Mai. Men che meno per lei.
“Io e la ragazza stavamo parlando, ti consiglio di sparire.”
“La ragazza ha un nome. E no, mi spiace deluderti, ma non sparirò finchè non sia lei a chiedermelo.” Per puro istinto strinsi con forza la sua mano posata sul mio ventre e Jack parve notare quel gesto, aprendosi in un sorriso sprezzante.
“Sapevo che eri una facile, ma non credevo fino a questo punto.”sputò e dopo avermi lanciato un’ultima occhiata di sdegno sparì nella folla che sembrava non avesse notato nulla di quello scambio di battute.
“Stai bene?”soffiò tra i miei capelli e Zoe dovette chiudere gli occhi per non voltarsi repentinamente e stringerlo forte a sè fino a divenire un’unico corpo – se solo fosse stato possibile.
Rispose annuendo e ad occhi chiusi si volse verso di lei, ancora stretta in quella leggera morsa che sapeva di desiderio,rispetto, dolcezza, amore.
“Ne sei sicura?”insistette e il suo tono di voce era carico di preoccupazione, tutti elementi così nuovi per lei da destabilizzarla.
Si permise ancora un solo istante di attesa, poi lentamente aprì gli occhi e fra le luci colorate che si diffondevano per la sala vide finalmente il suo volto a pochi centimetri dal suo, ma soprattutto potè finalmente ammirare il mare in tempesta dei suoi occhi, che la scrutavano apprensivi.
“Mai stata più sicura in vita mia.”e si aprì in un sorriso così spontaneo da far galoppare freneticamnte il cuore di Alex.
Probabilmente Zoe non riusciva a pensare ad altro se non a quanto si sentisse improvvisamente speciale lì, accanto alui e ciò era un paradosso. Aveva sempre pensato di essere l’imperfezione nella perfezione della vita in cui era cresciuta.
Ed ora, invece, non c’era giorno da quando aveva fatto la sua conoscenza che Alex non la facesse sentire unica, desiderata ed amata. Bastava un semplice sorriso, uno sguardo carico di infinite parole, che se fossero state pronunciate non avrebbero saputo render giustizia al loro reale significato.
Le nuvole racchiuse negli occhi di Alex però, nascondevano più di quanto lasciasse trasparire e Zoe ne era consapevole. Lui era un come un viaggio verso l’ignoto, durante il quale si potevano incontrare sorprese meravigliose senza alcun preavviso. Non c’era monotonia nella vita trascorsa con lui, quel termine avrebbe dovuto ormai venire cancellato dal vocabolario di Zoe.
E, affogando nelle iridi dei suoi occhi, si trovò a riflettere a voce alta: “Ma se ognuno nella vita ha ciò che si merita, tu perché hai avuto me?”
“Zoe, più conto i tuoi difetti più ti amo. E sai qual è il peggiore? La cecità.”
“Mi spiace, ma io vedo benissimo.”
Nonostante ciò che vedeva le stesse facendo male alla vista per quanto fosse accecante.
Un sorriso andò a dipingersi sulle labbra leggermente carnose di Alex. “E per quale motivo non riesci a vedere quanto tu sia la cosa più bella che esista?”
“E se fossi tu ad aver bisogno di un oculista?”
“Probabile. Ma poi rischierei di vedere ancora meglio ciò di cui sono già certo.”
Zoe si trovò a sbuffare sconfitta: l’aveva nuovamente fregata.
Abbandonò il capo sul suo petto e Alex non attese un attimo per baciarlo con tenerezza, mentre inizavano a dondolare seguendo il ritmo della musica.
Quasi avevano dimenticato di essere in una sala affollata di giovani. Era così facile perdere la cognizione del tempo e dello spazio quando era assieme a lui.
“Grazie, Alex.”
“E di cosa?”chiese in un sussurro fra i suoi capelli all’odor di vaniglia.
“Di essere qui, ovviamente.”
“E dove potrei essere altrimenti, amore?”

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