About. 2 Mistakes - I have never wanted to hurt you, my friend.
Vol.2 Mistakes.
I have never wanted to hurt
you, my friend.
« Screaming at the window
Watch me die another
day
Hopeless situation
Endless price I have
to pay
Sanity now it’s beyond
me
There’s
no choice
»
(Diary of a madman, Ozzy Osbourne)
Situazioni di stallo come quella in cui si erano cacciati
tutti quanti, erano di quelle che Rob più mal sopportava in assoluto.
Era un po’ come se fossero tutti e quattro intrappolati in
un cazzo di loop spazio-temporale, in un errore dell’universo che nemmeno le forze
cosmiche riuscivano a risolvere.
Dopo aver chiarito la situazione con Ronnie, era giunto alla
conclusione che, semplicemente, non gli fotteva un cazzo. Voleva troppo bene a
quella testa di cazzo per troncare la loro amicizia come invece avrebbe voluto
fare. La loro, insomma, era una situazione che non si poteva risolvere. E non
gli fotteva nemmeno di risolverla: le cose, tutte,
gli stavano bene così come stavano. Sviluppò una sorta di indolenza che era
come una maschera che si modellava sopra ogni cosa, a seconda del caso, capace
di coprire ogni singolo pezzo di materia in maniera diversa.
Dello stesso avviso era James, e sì, Rob si stupiva ancora
dell’empatia che i due erano capaci di provare. Era una simbiosi a distanza la
loro.
Una simbiosi necessaria e insolubile, inevitabile, che
presto rivelò loro nuovi interessanti aspetti della loro amicizia.
Per farla breve, le conseguenze delle loro azioni sembravano
distribuite a casaccio da una scimmia bendata che le estraeva da un sacco,
lanciandole alla cazzo contro chi capitava, come i coriandoli a carnevale.
Data questa premessa, la cosa ebbe inizio in maniera
stupida. Un bacio innocente, buttato là. Una malsana idea di James. Una cosa
tira l’altra, come si dice, e non ci volle molto prima che Rob si ritrovasse
con l’affare di James a fare su e giù per il culo.
Lì, una bottarella tra amici. Potevano vantarsi di aver
elevato la propria amicizia ad un livello superiore, eppure preferirono tenere la novità per loro, tanto non sarebbe più
successo, tanto più che non erano nemmeno ubriachi o cosa, quindi non sapevano
come spiegarlo.
La cosa andò avanti così per un po’ di tempo, facendo finta
di niente con gli altri e non parlandone più neanche tra di loro. Un giorno poi
Rob aveva accumulato sufficiente frustrazione, tra scuola, casa e Meggie, e,
diciamolo, gli giravano parecchio le palle. Ma aveva bisogno di sfogarsi, di
staccare un attimo la spina dalle stronzate quotidiane. Con la scuola che
andava sempre peggio e i suoi genitori che si facevano sempre più insopportabili,
stare in casa era escluso. Vedere Meggie lo avrebbe solo snervato
ulteriormente. No, lui sapeva di cosa aveva bisogno. In quei casi, c’era solo
un luogo dove poter andare, e infatti si diresse subito lì dopo la scuola,
senza passare nemmeno da casa per avvertire.
“Vengo lì”
“Ti aspetto”
Fu la breve telefonata.
James gli aprì subito la porta.
“Non ne posso più… non ne posso veramente più”
“Rob… dimmi, parla”
“No, non mi va veramente di parlarne… non saprei nemmeno da
che parte cominciare” sbuffò Rob.
“Dai, sfogati!”
“Non mi va”
“Ho capito…” James sorrise rassegnato e si diresse in cucina
“vuoi una birra?”
“Sì, ti prego” rise Rob buttandosi di peso sul divano in
salotto.
Poco dopo James tornò con la birra.
Poco dopo avevano perso il conto di quante ne avevano
bevute.
Rob non ci stava capendo più una beneamata cippa. Lo
scombussolamento mentale che aveva era annacquato di birra, si susseguivano
pensieri ed immagini di vario tipo, poi gli balenò in testa il ricordo di
quella sera. James era veramente sexy senza vestiti, si disse, e così
provvedette a privarlo di questi.
Rotolarono a terra ridendo come due imbecilli, e non seppero
come, ma in qualche modo riuscirono a raggiungere il letto.
Insomma la storia è quella, “non accadrà più” e invece
riaccadde, e non una sola volta.
Il tutto sempre in gran segreto, naturalmente, sia mai che
gli altri venissero a saperlo, non seppero perché ma entrambi sapevano che
sarebbe stato tutto un gran casino altrimenti.
E come dargli torto.
Meggie non era la tipa da comprendere il senso
dell’esistenza dei cosiddetti “scopamici”, e Ronnie…beh, Ronnie era pur sempre
l’ex di James. Basta e avanza, no?
Da lì, le cose sembrarono andar bene per un bel po’ di
tempo, tempo espresso in settimane,
ma poi, come avrete intuito, la faccenda iniziò a
complicarsi.
E’ scontato dire che Rob non volesse mandare a puttane
l’amicizia di James, ma di recente quel ragazzo era diventato pressoché
intrattabile.
Si lamentava sempre se Rob non poteva uscire con lui, o
venire a casa sua, insomma, se non potevano passare insieme
ottantaseimilaquattrocento secondi al giorno.
Fin qui nulla di strano, di diceva Rob, anzi, non negherò
che la cosa gli faceva anche piacere, dato che di solito era lui quello scassa-coglioni
che se non stava con James (o con chicchessia) moriva.
Il punto fu il progressivo diminuire delle scopate. Eh sì,
nessun problema era mai parso tanto grande. Non che Rob fosse un ninfomane, un
perenne arrapato o cosa, anzi. Tuttavia, come tutte le cose, quando l’abitudine
prende il sopravvento sulle necessità, si finisce per impazzire un pochino.
Era da capire perché James si fosse tirato indietro.
Rob si era fatto tutte le sue congetture sulla questione, e
vi dirò che non fu sorpreso quando, poi, scoprì la verità.
Ma facciamo un passo indietro. Rob si sentiva l’esofago
annodato ogni volta che ci pensava, ovvero circa il 98% della giornata. Stava
male ogni volta che un suo amico stava male. No, un momento, non un amico
qualsiasi. Non è che fosse così psicolabile di norma, ma mi pare di aver già
nominato una certa empatia, giusto?
Di casi come quelli parlo.
Giunse il momento in cui Rob decise che era il caso di
chiarire, mannaggia a lui e a questa sua fissazione ridicola.
Troncò lì, disse “lasciamo perdere ‘sta storia, facciamo
tornare tutto come prima”, ma a quelle parole James scattò come una molla - sì,
è il paragone esatto, tipo le scatole a carica con dentro i clown, avete
presente? Solo che lui aprì le gambe.
Alla fine di ciò, Rob era ancora più confuso.
Non ci capiva un cazzo. Prima James non voleva scopare, poi
decidevano di lasciar stare e gli saltava di nuovo fuori la voglia. La cosa
peggiore, per come la situazione era venuta a crearsi, era che Rob non aveva
nessuno con cui poterne parlare. A chi chiedere aiuto? A chi chiedere consiglio?
Con chi sfogarsi?
In queste condizioni di solito andava da James, e rimediava
anche una birra e una botta in omaggio, ma ora quella era la tana del lupo.
Però non stava mica scappando dal lupo lui. No, anzi, forse non c’è metodo
migliore di studiare il comportamento di una bestia, se non quello di viverci a
più stretto contatto possibile.
Allora ci fu il cambio di strategia decisivo. Andò dritto da
James e gli chiese: “Che hai? Spiegami, parlami, dimmi che ti succede”.
Punto.
Tanto facile era, anche fin troppo facile, non poteva
bastare. E invece bastò, toh! James sputò il rospo.
Furono parole difficili da dire, perché nemmeno lui stesso
ne era convinto, anzi, aveva lottato contro se stesso come un imbecille per
tutto il tempo per convincersi del contrario.
“Credo di provare qualcosa di più di una semplice amicizia
per te, Rob”.
Era fatta, oh. Aveva ottenuto la cazzo di risposta che
voleva, e che risposta coi contro cazzi aveva ottenuto!
Rimase interdetto, ma non per più di un millesimo di
secondo, come avevamo detto. Del resto in realtà lo sapeva benissimo pure lui.
Ora, quello stronzo era come un verme che si insinua in un
bel frutto maturo, e lo divora tutto piano piano, dall’interno, così che fuori
esso resta intatto, e solo alla fine. Solo dopo. Allora anche l’esterno inizia
a marcire e saltano fuori gli altarini.
Quel vermiciattolo biancastro e viscido era penetrato nel
loro rapporto, iniziando a divorarli dal profondo, e non c’era via di
debellarlo. Non c’era via d’uscita.
Dirlo agli altri? E Come spiegare un cambiamento tanto
improvviso? No, avrebbero dovuto spiattellare tutto da cima a fondo, e non
c’era verso.
Tenerlo per loro due, ecco la solita soluzione, ormai
dovevano avere una sorta di tessera dell’abbonato, o una cosa del genere,
magari se insistevano a lungo avrebbero regalato loro un set per cucito o una
batteria di pentole, o che so io.
Ora sì che era tornato tutto come prima. Uscivano tutti
insieme come di norma, appena potevano uscivano da soli, avevano i loro piccoli
segreti, e la complicità non faceva che aumentare.
L’unica differenza sostanziale, era che ora qualche sana
scopata ogni tanto era più che lecita.
E via così per un mese o anche più.
Ciò che i due non potevano sapere, era che nel frattempo
anche gli altri due avevano i loro piccoli segreti.
E se Rob non avesse scoperto questi suddetti, la sua vita
sarebbe continuata felice ancora per un bel po’. Certo, con James non poteva
durare per sempre, ma loro vivevano troppo al minuto per pensarci. Ronnie fu
una testa di cazzo, di nuovo. Sempre in buona fede, come al solito, mai che
quello avesse cattive intenzioni nei confronti di Rob, ma finiva sempre per
ferirlo.
Questa volta diede un consiglio, un semplice consiglio ad
una certa ragazza dai capelli rossi.
Oh, che cazzo di sfiga, proprio ora che le cose andavano
così bene.
Che consiglio? Facciamo ancora un passo indietro.
Meggie aveva recentemente iniziato a provare qualcosa per
Rob.
Rob era un ragazzo semplice, multisfaccettato, ma a modo suo
semplice. Aveva lunghi capelli castani liscissimi, teneva il viso pulito, fatta
eccezione per delle basette non molto lunghe. Vestiva sempre come uno
straccione, chiunque non lo conoscesse gli avrebbe regalato volentieri i propri
spiccioli per fare pranzo. Mica per altro, gli piacevano i suoi quattro
stracci, e non se ne separava mai.
Meggie si stava innamorando di questo tipo, e si confidò con
Ronnie, il quale, da bravo coglione quale era, consigliò lei spensieratamente
di rivelare i propri sentimenti senza pensarci troppo.
Che poi in realtà anche Meggie era dello stesso avviso, o
non l’avrebbe fatto. Non era la tipa da seguire i consigli.
Due confessioni nel giro di così poco tempo, tutte in una
botta. Rob poteva dire di aver fatto tombola. Ma ora, cosa fare?
Rob era un ragazzo buono, ma tremendamente egoista. Sempre
pronto ad aiutare i propri amici, e il proprio tornaconto. Non avrebbe mai
fatto qualcosa per ferire un amico.
Ma da quanto cazzo di tempo era che andava dietro a Meggie,
porca troia?
Era l’occasione che aspettava tipo da sempre, e non poteva,
non poteva lasciarsela scappare.
Là, tenere un segreto con qualcuno è la migliore saldatura
per un rapporto, ma nascondere un segreto a qualcun altro è il sistema migliore
per distruggerlo.
Tenere il piede in due staffe, Rob. Non si sarebbe mai aspettato
di finire in una situazione del genere, lui. Ma che altro fare?
Sporgersi troppo da una parte piuttosto che da un’altra avrebbe significato
ferire l’uno o l’altro, e in ogni caso sofferenza anche per lui stesso, che ora
li amava entrambi.
Egoista, doppiogiochista, instabile, direte voi. Ma vi siete
mai trovati in questa situazione? Provare a mettervi nei quattro stracci di Rob
e vedete cosa riuscite a combinare. Tacete, e cercate di capire piuttosto.
Il suo cuore era diviso a metà, le sue giornate, la sua
vita, egli stesso era diviso a metà.
Ogni volta che James affondava in lui pensava al profumo del
capelli di Meggie, e ogni volta che toccava lei gli venivano in mente le mani
callose e poco curate di lui.
Stava impazzendo. Ogni volta tornava a casa e piangeva. Da
solo. Come un idiota.
Anche quando le lacrime finirono, continuò a piangerci su.
Notti insonni e decine di pacchetti di sigarette, e ogni volta si presentava da
uno o dall’altro con occhiaie peggiori della volta precedente.
Naturalmente aveva fatto sì che i due non potessero
incontrarsi per un po’, ma prima o poi si sarebbero sentiti. Avrebbero
scoperto, avrebbero saputo, ma non avrebbero capito.
Viveva nel terrore, ormai non era più un uomo, era l’ombra
di un’angoscia che si spingeva avanti a forza di nicotina.
Ma poi arrivò la luce, uno spiraglio.
Improvvisamente nulla gli parve più ovvio, e non poté
fermarsi dal seguire quell’idea folle.
Tanto ormai era folle anche lui, non avrebbe distinto
un’idea sana da una malata in ogni caso.
Tanto vale – si disse.
Note:
LOL.
Non so che altro dire, e sapete perché? … No, vabbè, questo
dopo, partiamo da altri punti.
First: innanzi
tutto, ho deciso di staccarmi totalmente dalla realtà, perché scrivere cose
troppo autobiografiche, sebbene sia quasi ciò che mi riesce meglio, non mi
piace. Mi mette a disagio.
Quindi qui e da qui in poi vige il buon vecchio “ogni
riferimento a persone e fatti realmente avvenuti è puramente casuale” :D
Second: Metà
l’avevo già pronta da un po’, dato che l’idea per questo e per il seguente (che
prima o poi scriverò) c’erano già quasi dall’inizio. Solo ho avuto un po’ di
difficoltà di adattamento allo stile. Come noterete, è leggermente diverso dal
primo capitolo, ho cercato di mediare.
And Last, but not least(?): Ozzy. Cioè. Un uomo un
perchè. Ma adesso che c’entra? Beh, c’entra e non c’entra, perché innanzitutto.
L’idea per questa fanfiction m’è venuta dopo aver letto la sua geniale
autobiografia. (Io amo follemente quell’uomo, sappia telo). Poi per la canzone
lassù all’inizio, là! *indica* Vi dirò, in un primo momenti quasi ce l’avevo
messa solo per seguire la prassi già iniziata nel primo capitolo, ma poi si è
rivelata una scelta più che azzeccata visto lo sviluppo che ha avuto la storia.
Buh. Non so se voi avrete la stessa impressione però. Ecco, questo era il
motivo del “lol” iniziale.
P.s: nota nella
nota (lol) quando dico “Ora, quello
stronzo era come un verme che si insinua in un bel frutto maturo…” etc,
specifico perché non so se sono stata chiara, ma non sapevo come altro
esprimermi, lo spiego comunque per evitare malintesi. E’ riferito all’amore che
i due iniziano a provare l’uno per l’altro. Cinismo puro, lo so, e mi sento
potente >:D
♥Daruku
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