Wolf heart

di Alaire94
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** capitolo 3 ***



Capitolo 1
*** capitolo 1 ***


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1

Claire scriveva il suo diario. La penna scorreva sul foglio, veloce, e imprimeva sulle pagine bianche gli innocenti aneddoti della sua vita che le pareva tanto monotona in quella grande villa, in quella sera estiva.

Sollevò la testa e inspirò l’aria leggera del tramonto di un’altra giornata che stava per finire al saluto del sole dietro le montagne.

Osservò le chiome degli alberi del bosco, illuminate dalla tenue luce arancione e un brivido le scese lungo la schiena: ne aveva sempre avuto timore.

Troppi misteri sembravano nascondersi dietro quegli alberi fitti, quella rete di foglie e rami, troppo impenetrabile perché potesse essere innocua. Eppure ancora non era venuta la sera, quando i tronchi diventavano figure nere e sembravano sul punto di trasformarsi in orrendi mostri. Mai si era soffermata così a lungo sotto il portico da osservare i movimenti della notte, come mai aveva voluto addentrarsi in quell’intrico. A dire il vero non aveva visto nessuno così impavido da seguire la strada davanti al suo cancello che sembrava portare dritto, dritto tra le braccia della morte.

- Claire! E’ pronto! – gridò mamma dalla finestra della cucina. Diede un ultimo sguardo agli alti alberi di fianco al giardino ed entrò in casa.

La tavola era già apparecchiata e ricoperta di ogni sorta di cibo, un brontolio provenne dallo stomaco di Claire, ma nonostante la fame era decisa a rimettere prima il diario al sicuro. Cominciò a salire le scale quando sua mamma la fermò: – beh, dove vai? –

- Arrivo subito – rispose solamente lei. Raggiunse la sua camera; l’arietta fresca proveniente dalla finestra aperta faceva tintinnare lo scacciapensieri appeso al lampadario e sventolare qualche foglio appoggiato sulla scrivania sulla destra. Si trattava soprattutto di suoi disegni, i quali non riempivano solamente il ripiano bensì occupavano tutte le pareti insieme a qualche fotografia dei migliori luoghi che aveva visitato.

Aprì l’armadio sulla sinistra, mise il diario in una scatola e la chiave dentro una macchinina smontabile che aveva conservato dai giochi della sua infanzia. Per quanto potesse sembrare bizzarro, quello le sembrava il nascondiglio più sicuro.

Ritornò in cucina e finalmente si sedette a tavola. – Ma dov’è andata la nonna? – chiese Claire vedendo la tavola apparecchiata solo per due.

A cena con delle amiche, ogni tanto si concede un po’ di svago anche lei – rispose sua mamma, spostando i capelli corti e bruni dal viso e sedendosi a tavola con la figlia.

- certo – commentò la ragazza. Era contenta per lei, in fondo sua nonna stava sempre in quella grande casa a svolgere mille faccende.

- Io domani torno in città, parto di mattina presto, quindi non mi vedrai, tu fai la brava qui con la nonna – affermò d’improvviso la donna, dopo qualche secondo di silenzio in cui tutte e due avevano masticato qualche boccone della cena.

- certo, non sono più una bambina, mi prenderò cura della nonna – scherzò Claire con un sorriso.

Sua mamma ricambiò e le scompigliò i capelli biondi. – Hai ragione, adesso non sei più una bambina, puoi aiutarla con i lavori di casa – osservò con un sorrisino furbo.

Claire ridacchiò e mise in bocca un pezzo di carne.

Continuarono a mangiare in silenzio, con il lieto sottofondo del bosco, poi sparecchiarono la tavola.

Non scappare subito via, aiutami a lavare i piatti per favore – disse la mamma di Claire, con tono di rimprovero.

Claire, che stava proprio pensando di salire in camera per accendere il suo computer portatile, abbassò la testa: – e va bene …

Mentre la donna lavava i piatti, Claire li asciugava con lentezza. Qualche uccello fuori dalla finestra produsse un verso stridulo. – Non credi che vivere sempre qui sia un po’ inquietante? – chiese Claire, soffermandosi qualche secondo ad osservare la sagoma scura di un uccello notturno che si alzava in volo.

Sì, me lo sono sempre chiesto anch’io. Non so come la nonna ci riesca. Insomma … il bosco sarebbe il posto perfetto per lo spaccio o compiere qualche altra attività illegale –

Sua mamma assunse per qualche secondo un’aria pensosa, poi disse: - sai cosa penso? –

- Cosa? – domandò Claire sinceramente interessata alla conversazione.

- Che lei stia qui per un motivo particolare. Una donna così anziana in un posto così inquietante … e oltretutto da sola. Ci nasconde un segreto – concluse.

Non le avete mai parlato? – chiese Claire riponendo un tegame asciutto.

Sai, preferiamo far finta di credere che viva qui perché è la villa che appartiene ai Forrest da anni– rispose la donna porgendo alla figlia un piatto da asciugare.

- Ma voi ci credete? –

- Io personalmente, come ho già detto, penso non sia l’unico motivo. Papà invece ci crede, non ha mai avuto dubbi –

Claire guardò fuori dalla finestra gli alberi che stavano ormai diventando sagome scure. – Eppure questo posto è così … così irreale … - commentò.

Sì, sembra tutto un grande segreto, vero? –

- esattamente.

 

Alle dieci e mezza Claire era già sotto le coperte. La luce fioca dell’abat-jour sul comodino dipingeva artistici chiaroscuro in tutta la camera, rendendola quasi affascinante agli occhi della ragazza.

Eppure la sua mente era occupata da ben altri pensieri: non aveva certo dimenticato la conversazione con sua madre e continuava a chiedersi come un’anziana donna potesse vivere in un posto simile. Eppure Elizabeth Helen Forrest non sembrava una vecchia tanto temeraria …

Un lungo ululato sembrò inaugurare l’inizio di qualcosa. Qualcosa che l’avrebbe cambiata nel profondo. 

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***

 

Angolo autrice: questo è il romanzo che ho appena finito di scrivere :) mi piacerebbe tanto aver un parere, quindi chiunque legga mi scriva qualcosa! Che sia bella o brutta 

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Capitolo 2
*** capitolo 2 ***


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2

Prese la graziella della nonna, ormai divenuta un pezzo d'antiquariato, e uscì dal cancello di ferro battuto, imboccando il vialetto accompagnata da un cigolio sinistro. Lasciò che il vento caldo dell'estate le scompigliasse i capelli biondi e inspirò profondamente. Le mancava quell’aria di campagna, quell’odore di erba e di frutti maturi che proveniva dai frutteti a margine della strada. Niente poteva eguagliare quella sensazione.

Finalmente la strada sassosa che conduceva al bosco cominciò a essere asfaltata e Claire riuscì a vedere il paese. Sperò che la catena della bici non cedesse proprio in quel momento, come al solito, ma per fortuna sembrò resistere.

Svoltò qualche metro prima dell'inizio del centro abitato, imboccando un altro sentiero ghiaioso.

Esso conduceva a una vecchia casa di campagna dagli scuri marroni leggermente rovinati , i muri di pietra un po' anneriti dalla muffa e un salice piangente a destra dell'entrata il cui tronco pendeva da una parte.

Claire scese dalla bicicletta e si avviò verso la porta, intenzionata a suonare il campanello, ma essa si aprì prima che potesse farlo.

Una ragazza dai lunghi capelli mori fece capolino con un bel sorriso stampato sul viso.

Claire s'illuminò vedendola e la strinse in un forte abbraccio. – Non vedevo l’ora che arrivassi, sono successe tante cose in un anno … -

- sapessi a me! - esclamò Claire sentendosi molto felice. Insieme corsero sotto il salice piangente che era da sempre il simbolo della loro amicizia; perfino quando erano molto piccole si appostavano sotto quell’albero a giocare con le Barbie o a costruire collane di fiori.

- Dai, comincia tu – la esortò Claire appena si sedettero sul prato, lasciandosi cullare dai raggi solari che filtravano dai rami dell'albero.

Quanti ragazzi hai avuto durante la mia assenza? – le chiese con un briciolo d’ironia. Grace, infatti, era davvero una ragazza molto graziosa: era dotata di un corpo longilineo, forse carente di forme, ma ben proporzionato. I lunghi capelli neri e lisci le ricadevano come una cascata sulle spalle e sulla schiena, gli occhi piccoli e azzurri avevano la lucentezza di due perle. Poi vi era quella fossetta sul mento, che piaceva tanto ai ragazzi e che Claire le invidiava molto. Grace quindi, proprio per la sua bellezza aveva molti ammiratori che lei però rifiutava con garbo.

Non ci crederai, ma questa volta ho davvero un ragazzo – rispose lei con un sorriso raggiante.

Ma davvero?! Sono contentissima per te! E’ fantastico! – esclamò abbracciandola ancora. Effettivamente vedeva una luce diversa nei suoi occhi, vedeva un barlume di vera felicità.

Su, raccontami allora –

- beh, che dire … è un angelo, così dolce e carino, sembra uscito dal mondo dei sogni e siamo insieme già da cinque mesi – spiegò Grace con lo sguardo perso in pensieri lontani.

Come si chiama? Come vi siete incontrati? – chiese Claire curiosa.

Ehi, ehi piano con le domande … - la rimproverò Grace, soffocando una risatina. - Si chiama Max e l’ho conosciuto qui a casa mia: porta le arance a mio padre –

- capisco, e quanti anni ha? – domandò ingenuamente Claire, che però vide l’amica impallidire e divenire improvvisamente seria; Claire doveva aver toccato un punto dolente.

Beh, che c’è? – le chiese l’amica seriamente preoccupata.

Ecco … vedi … lo so che dirai … ha … ha … -

Claire cercò di tagliare corto: - quanti anni ha? –

Venti – rispose infine Grace a voce bassa.

E’ già un uomo fatto e finito! – esclamò.

Grace scosse vigorosamente la testa, evidentemente contrariata. – Sono solo cinque anni di differenza …

- sì, ma comunque tu sei ancora minorenne! – obiettò Claire. Era davvero stupita da questo nuovo amore dell’amica, non sapeva esattamente il motivo.

Cosa dicono i tuoi? – le chiese all’improvviso.

Non lo sanno – rispose Grace abbassando lo sguardo.

Claire appoggiò la schiena contro il tronco del salice e storse un angolo della bocca. – Quando lo verranno a sapere, ho l’impressione che andrai nei guai … - commentò.

- Dai! Non fare l’uccellino del malaugurio per favore! – esclamò Grace, con tono un po’ alterato.

Claire sollevò le spalle. In un’occasione diversa avrebbe certamente ironizzato, ma questa volta aveva tutta l’intenzione di esprimere la gravità della situazione rimanendo seria.

Io non faccio l’uccellino del malaugurio dico solo le cose come stanno, perché ti voglio bene … - concluse Claire con voce più dolce, ma Grace non sembrò accorgersene.

Va beh, è meglio che cambiamo discorso … cosa mi racconti tu? – disse stendendosi sull’erba.

Niente in confronto a quello che ti è capitato –

- con James come va? – chiese la sua amica con aria maliziosa.

Lei alzò le spalle. – Male … si è trasferito a metà quadrimestre – rispose con disinvoltura, ma in realtà a quel ricordo le si strinse ancora il cuore.

James era il suo migliore amico, di cui era innamorata da qualche anno. Passavano dei pomeriggi interi a giocare ai videogiochi, a raccontarsi la propria vita e a cantare. Lui era bravissimo, la sua voce era forte e delicata, Claire era sicura che sarebbe diventato un ottimo cantante, se non fosse stato così timido. Lei voleva aiutarlo a sciogliersi, a fargli capire che non doveva nascondersi, anche perché lui era così bello: i riccioli castani sempre scompigliati, il sorriso così luminoso … poi un giorno di metà marzo James aveva suonato a casa sua, Claire gli aveva aperto la porta e aveva visto il suo volto triste, le era sembrato perfino di aver scorto una lacrima scendere sulla guancia. Aveva espulso parole che mai avrebbe voluto sentirsi dire da lui. “domani parto” aveva detto e Claire si era sentita gelare il sangue nelle vene, gli aveva dato l’ultimo abbraccio e quel bacio che, nonostante lo avesse tanto sognato, in quel momento aveva il sapore amaro di un addio.

- Mi dispiace – disse Grace abbracciando l’ amica.

Tanto non m’interessava più – mentì lei.

E adesso che farai? –

- In attesa di nuove conquiste – rispose Claire con un sorriso, cercando di sciogliere quel nodo che le stringeva la gola.

Vuoi che ti trovi qualcuno io? – domandò Grace, la preoccupazione si percepiva chiaramente nel suo tono di voce.

- No, voglio che sia il destino a decidere il momento –

- Non vuoi neanche dargli una spintarella? – scherzò Grace assestandogli una gomitatina maliziosa.

In questo periodo proprio no: voglio godermi questa pace campagnola in tutta tranquillità –

- come vuoi, io sarei stata disposta ad aiutarti e poi è divertentissimo combinare delle storie d’amore – replicò Grace, con gli occhi che le luccicavano pensando alle avventure passate come “agente matrimoniale”.

- Questa volta non ti divertirai con me – replicò Claire con un sorriso, ma in un tono che non ammetteva repliche.

 

Era ormai sera quando Claire tornò a casa. Per tutto il pomeriggio lei e Grace avevano corso fra i frutteti, recuperando tutti quei mesi di lontananza.

Non c’era nessuno come Grace in città. Nella sua scuola tutte le ragazze erano delle pettegole e non facevano altro che pensare a come vestirsi la sera per andare fuori con un ragazzo o per fumare con gli amici. Una volta aveva provato a diventare loro amica, ma i loro principali divertimenti erano andare in discoteca o in locali a bere drink fino ad ubriacarsi, cose che a Claire non era permesso fare. Per questo alla fine avevano cominciato a prenderla in giro, a escluderla e a considerarla inferiore.

Poi per fortuna aveva conosciuto James, il suo migliore amico, ma da quando era partito Claire avrebbe voluto vivere lì, in campagna con Grace.

Come tutte le sere Claire era seduta sul dondolo sotto il portico. Le luci del tramonto illuminavano le inquietanti figure degli alberi, le chiome leggermente sfiorate dal vento estivo. Quel giorno il bosco sembrava prendere vita propria rendendosi ancora più pauroso agli occhi della ragazza.

Scriveva sul suo diario le sue impressioni sulla giornata, quando una leggera brezza le portò una ciocca di capelli davanti al viso, impedendole di vedere ciò che stava scrivendo. La spostò con la mano e mentre alzava gli occhi dalla pagina, vide un ragazzo davanti al cancello.

I capelli bruni e setosi parevano accarezzargli la testa, mentre un ciuffo ribelle gli ricadeva sulla fronte e sugli occhi scuri come un pozzo profondo. Aveva un’espressione indecifrabile mentre la fissava al di là delle sbarre del cancello e la brezza faceva sventolare i lembi della camicia aperta, a mostrare un torace scolpito dalla pelle ambrata.

Claire si alzò e si diresse verso di lui. – Chi sei? – chiese piuttosto perplessa, ma non ne ricevette riposta, solo uno sguardo in cui le sembrò di scorgere un lampo rosso. Il cuore le andò in gola.

Chi sei? – ripeté con voce tremante. – Che ci fai qui? –

Ancora nessuna risposta, lui si voltò e passò oltre.

Claire allora si avviò velocemente verso il cancello, si affacciò fra le sbarre. Il cuore le batteva ancora nel petto come un tamburo impazzito. Osservò il ragazzo allontanarsi lentamente, poi rivolse lo sguardo agli alberi lì vicini; le sembrò di udire strani rumori. Un frusciare di rami, lo scricchiolio delle foglie pestate. Una paura folle l’assediò. – C’è qualcuno lì in mezzo? – gridò, ma nessuno rispose.

Il silenzio regnava sovrano. Rivolse allora lo sguardo verso il ragazzo, ma non c’era più: svanito nel nulla così come era apparso.

Claire ritornò al dondolo, rimettendosi a scrivere il diario, ma la mano le tremava e le faceva scrivere lettere storte. Il bosco la intimoriva ancora di più dopo ciò che era appena successo, così decise di ritornare in casa. Prese in mano il suo diario e si voltò verso la porta, quando un ululato rimbombò per la foresta. Senza guardarsi indietro entrò velocemente, ancora col cuore che tamburellava.

La nonna era seduta sulla poltrona in pelle del salotto a guardare la televisione. La testa candida appoggiata comodamente sullo schienale, gli occhiali da vista fissi sul naso e le gambe accavallate.

- Nonna, ma ci sono i lupi nel bosco? – chiese Claire ancora impaurita.

La nonna ci mise qualche secondo a rispondere, concentrata a guardare il suo programma preferito. – Certo, ma solitamente non si sentono i loro ululati in questo periodo.

Claire si sedette sul divano. Passò qualche secondo di silenzio prima che la ragazza si decidesse a porre la domanda fatidica, quella che maturava da un po’ di tempo a quella parte. – Toglimi una curiosità, nonna… - esordì, un po’ titubante.

Elizabeth staccò riluttante gli occhi dallo schermo, ma si sforzò di rivolgere un sorriso alla sua amata nipotina. – Dimmi, cara…

- Non hai paura a vivere qui? Insomma … ci sono i lupi, potrebbero entrare in casa … -

Elizabeth si incupì quasi subito. D’altronde Claire sapeva di toccare un punto dolente. - I lupi restano sempre nel bosco: non amano gli umani – rispose l’anziana sicura di sé.

Ma sono pur sempre animali, potrebbero perdersi e arrivare fin qui … io avrei paura – sostenne la ragazza.

La nonna sospirò, esasperata, poi rispose: - questa casa appartiene ai Forrest da più di cento anni. Una volta era totalmente circondata dagli alberi, poi c’è stato il disboscamento … nessuno dei nostri antenati è mai stato morso da un lupo –

- io avrei paura lo stesso. Tutta da sola in un posto del genere … a parte i lupi ci sono molti altri pericoli: i ladri per esempio – continuò Claire nonostante Elizabeth sembrasse quasi cominciare ad alterarsi.

Va bene, lo ammetto, ogni tanto ho paura – confessò con un lungo sospiro.

E allora perché stai ancora qui? Potresti venire da noi! – esclamò Claire convinta, anche se consapevole di aver detto qualcosa di scomodo.

Ti ha mandato la mamma a fare questi discorsi? Pensa che sono troppo vecchia per vivere da sola?! E’ ancora presto per rinchiudermi in un ospizio … sono ancora perfettamente in grado di mantenere la mia casa! – ribatté la nonna, facendo seguire alle parole un colpo di tosse.

E’ qui la mia vita, ho il mio orto, la casa, le mie conoscenze e i miei amici … non posso andare via – concluse, mettendosi più comoda sulla poltrona, decisa a continuare a seguire il programma. Claire non credette troppo nelle sue parole: potevano anche essere vere, nonostante sua mamma le avesse confessato che la nonna non credeva molto nei rapporti, ma era convinta che vi fosse dell’altro.

Nonna, è la verità? Per favore … ti assicuro che la mamma non mi ha detto nulla, volevo solo sapere il vero motivo per cui vivi qui … - insistette con tono più dolce.

- Non c’è niente altro! – esclamò Elizabeth contrariata.

- Su avanti, non sei una brava attrice! – obiettò Claire con un sorriso affettuoso.

Nonna Elizabeth sospirò ancora. Questa volta però era un sospiro che portava con sé il segreto degli anni. – Non posso dirtelo, Claire cara, sei ancora troppo giovane –

- Io sono perfettamente in grado di capire qualsiasi cosa! Ho quindici anni ormai! – esclamò Claire: non le piaceva per niente quando la consideravano ancora una bambina, quando dicevano che non poteva capire.

Certo, sono convinta del fatto che tu ormai sia matura, ma davvero non posso rivelartelo. Neanche tua mamma lo sa, ma forse tu un giorno lo saprai, quando sarà ora – disse Elizabeth con un sorriso.

Ti prego, nonna! Dammi un solo, innocente indizio! – la pregò la ragazza.

Sei proprio una tentatrice! – esclamò la nonna che sembrava aver recuperato il buon umore.

Per favore! –

Elizabeth sorrise, ormai sul punto di cedere. - E va bene … è una promessa che ha fatto Lisa Forrest anni fa, molti anni fa. 

 

 

***
 
Angolo autrice: ciao a tutti, mi piacerebbe tanto che chi passa a leggere mi metta una recensione, anche negativa... ho davvero bisogno di pareri per questa mia creazione :) 
vi vorrei inoltre dire, per chi fosse interessato, che ho creato un piccolo "booktrailer" per questa storia, questo è il link: 
 

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Capitolo 3
*** capitolo 3 ***


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3

Non fu nonna Elizabeth a svegliare Claire quella mattina, ma il canto di un uccellino che si era posato sul davanzale della finestra.

Claire si stiracchiò un po’, sentendo nel sangue che quella sarebbe stata una giornata strana.

Innanzitutto aveva intenzione di cercare informazioni su Lisa Forrest alla Rocca del Pensiero e, anche se il posto era un po’ inquietante, doveva recarvisi da sola. Neanche Grace poteva venire: era un segreto di famiglia e tale doveva restare.

Quando Elizabeth entrò nella sua stanza per svegliarla la trovò già vestita di tutto punto, con gli scarponi da trekking ai piedi. – Ah, bene, dove hai intenzione di andare stamattina? – chiese, stupita da tanta vitalità.

Preferirei non dirtelo, è un problema? – domandò Claire, intenta a cercare nell’armadio lo zainetto che portava sempre nelle sue escursioni.

Gliel’aveva regalato proprio la nonna perché quando andava con lei, ciò che serviva a Claire lo infilava sempre nel suo enorme zaino. Quando aveva raggiunto gli undici anni Elizabeth gliene aveva donato uno tutto suo, dicendole: “ormai sei diventata grande, puoi portare da sola le tue cose”. Claire se lo ricordava bene quel momento, perché fu una delle prime volte in cui capì che stava davvero crescendo.

- Come vuoi, basta che non ti fai del male o ti cacci in qualche guaio: lo sai che i sentieri di montagna sono pericolosi … - raccomandò la nonna.

Claire annuì. - Certo, ma ormai è da tanti anni che vengo qui, sono un’esperta … sono più agile di uno stambecco! –

- Staremo a vedere … - commentò, scettica. Stava per varcare la soglia, diretta in cucina, quando si fermò per aggiungere: - vieni prima a fare colazione.

- Certo! – concluse Claire.

Dopo colazione Claire infilò il cellulare nello zaino insieme ad altri oggetti e partì con la graziella della nonna. Pedalando passò a fianco ai soliti frutteti; fra i loro rami risaltavano i frutti maturi con cui alcuni uccellini stavano banchettando, cinguettando allegramente.

Claire, però, non prese la strada per il paese, ma svoltò nell’altra, più stretta e ripida, indicata da alcuni cartelli sbiaditi e illeggibili che segnalavano posti troppo remoti per essere ricordati.

La via era veramente impervia, ma ormai Claire ne era abituata: già altre volte aveva percorso quella strada con la nonna quando era più giovane ed era stata proprio lei a insegnarle il percorso per giungere alla meta di quel giorno.

Nonostante fosse ancora mattina, il sole le picchiava forte sul cappellino. Soltanto un venticello rendeva l’aria sopportabile.

La ragazza guardò intorno a sé: vi erano soprattutto campi e alberi, ma poteva intravedere qualche casetta dal tetto spiovente arrampicata sul pendio. I viottoli per giungervi erano ancora più ripidi della strada che stava percorrendo, tanto che si chiese come potessero i proprietari arrivare ogni giorno fin là.

Guardò in alto la sua meta, quasi in cima alla montagna. Non sembrava mancare molto alla casa dell’Eremita Pastore.

L’Eremita Pastore era un signore vedovo, che abitava isolato dal resto del mondo. Anche se scorbutico e maleducato conosceva molto bene Elizabeth e solitamente era contento di fare favori a lei e a Claire. In fondo non era un uomo cattivo.

Claire era affannata, ma le parve normale: era in sella a quella vecchia bicicletta che procedeva per miracolo con quella lunga salita.

Per distrarsi dalla fatica guardò alla sua destra: c’erano degli alberi. Non fitti come quelli del bosco vicino alla casa della nonna, ma giusto un paio di file. A un certo punto vide muoversi qualcosa. I rami frusciarono, sentì il rumore delle foglie pestate.

Probabilmente si trattava di un cacciatore: ce n’erano molti da quelle parti. Uomini che non aspettavano altro che un po’ di tempo libero per recarsi sulle montagne per la caccia al cinghiale, vestiti di un verde marcio per mimetizzarsi con le piante.

Udì altri rumori. Claire pregò perché il cacciatore non l’avesse scambiata per una preda. Eppure, ripensandoci, i cacciatori solitamente non si avvicinavano mai alle strade.

Tale considerazione la impaurì, spingendola a concentrarsi soltanto sull’aria che le sferzava il viso. I rumori, però, continuavano e non riuscì ad ignorarli.

Si fermò, i fruscii cessarono insieme alla sua corsa. Un pensiero la colpì con la forza di un colpo alla nuca: qualcuno la seguiva.

Rimase immobile come una statua, il silenzio rotto solo dal battito veloce del suo cuore. I pensieri si susseguivano nella sua mente con rapidità disarmante: doveva procedere o andare a controllare?

Crick. Una foglia pestata. Claire si guardò attorno circospetta e rimase in ascolto.

Il suo orecchio captò un rumore molto strano, sembrava un respiro affannato, quasi morente.

Non poteva più restare bloccata lì: doveva andare a controllare, ma al solo pensiero le aumentò a massimi livelli il battito cardiaco.

Con un enorme sforzo ce la fece: prese il coraggio a due mani, scese dalla bici e si avvicinò agli alberi. Qualcuno fra le piante si spostò freneticamente, lei scostò un ramo e per un attimo vide due occhi felini, rossi e infuocati come tizzoni ardenti.

Un urlo le uscì dalla bocca e rimbombò per tutta la valle. Cadde a terra inciampando in una radice sporgente, si graffiò le caviglie coi cespugli, ma si rialzò subito, per poi correre alla bici e iniziare a pedalare più veloce che poteva. Tutto intorno a lei scomparve. Rimase solo la sua paura e la casa dell’Eremita Pastore da raggiungere.

A quella velocità, dopo qualche minuto arrivò nel cortile. Col cuore che le martellava nel petto e sentendo qualche fruscio in lontananza, lasciò cadere la bici e cominciò a bussare insistentemente alla porta.

Jeremiah, il pastore, aprì un po’ stralunato. Claire, con impeto si rifugiò subito dentro, mentre l’anziano, rimasto di sasso, chiuse la porta dietro di sé.

Lei, ancora scossa non riusciva a dire nulla.

Che vuoi da me, ragazza? Non è casa tua questa! – esclamò l’uomo.

Claire rispose solo dopo qualche secondo. - Sì, ha ragione, mi scusi. Io sono Claire, si ricorda di me?

Jeremiah annuì, la fronte aggrottata con fare ostile. – Che cosa è successo? –

Ho visto due occhi rossi, sembravano quasi inumani. Qui nel boschetto sulla strada. Lo so che non mi crede … ma è così.

A quelle parole il vecchio si fece serio. – Oh, sì, che ci credo ragazza, li ho visti anche io. Sono creature del demonio, te lo dico! Mandate direttamente dal diavolo! – esclamò infervorato. – E tu che ci fai da queste parti? – le chiese soltanto dopo qualche secondo.

Sto andando alla Rocca del Pensiero –

- è pericoloso per una ragazza come te venire qui, di questi tempi … ci sono strane cose in giro, ben peggiori degli occhi rossi che hai visto oggi. Io ti consiglierei di tornare indietro subito, senza fermarti, prima che possa succederti qualcos’altro – la avvertì Jeremiah con uno strano tono apocalittico che intimorì ancor di più la ragazza.

Claire deglutì difficilmente un nodo che le si era formato in gola, per poi cercare di assumere un’espressione risoluta. – No, ho estremo bisogno di avere alcune informazioni –

allora è meglio che ti accompagni – si offrì Jeremiah con un tono gentile che era raro sentir fuoriuscire proprio dalla sua bocca dalle labbra perennemente secche.

- Va bene. Posso lasciare qui la bici? –

- certo.

Il vecchio Jeremiah e Claire si incamminarono per un sentiero in salita, pieno di radici e massi ad ostacolare il cammino. Ciò non li spaventò: erano esperti e sapevano esattamente dove mettere i piedi.

Claire guardò in alto: la Rocca era lassù, in cima alla montagna, ma non più troppo lontana. Jeremiah, davanti a lei, col naso adunco rivolto alla Rocca, saltava qua e là come un camoscio, facendosi beffa del tempo che non era riuscito a scalfire il suo fisico.

Vada più piano, faccio fatica a tenerle dietro – fu costretta a dire Claire.

Il vecchio rallentò, poi si fermò ad aspettarla con un piede appoggiato su un masso sporgente. – Su, ragazza, che ti rassodi i muscoli! Io alla tua età saltavo i fossi per il lungo! – esclamò Jeremiah, lasciandosi scappare una risata che fece risaltare le rughe sulla fronte e ai lati della bocca. Aveva la pelle rovinata, probabilmente a causa del sole che prendeva continuamente nei pascoli.

Sì, ma mi aspetti! E’ da un po’ di tempo che non percorro queste strade di campagna!

- Ah! non ci sono più i giovani di una volta! – disse il pastore con un sospiro riprendendo a camminare. Claire ridacchiò fra sé: certe volte erano proprio buffi gli anziani.

Per un po’ procedettero uno dietro l’altro in silenzio. Il sole picchiava potente sulla testa di Claire e, nonostante avesse il cappellino, già qualche goccia di sudore le imperlava la fronte a causa del gran caldo.

Per non pensare alla fatica che stava patendo, cercò di focalizzare i suoi pensieri su altre cose. Innanzitutto pensò a ciò che aveva visto nel boschetto poco tempo prima; ricordò quegli occhi rossi fra gli alberi e un brivido le scese lungo la schiena. Non aveva mai visto nulla di così pauroso in vita sua. L’esorcista, il film che tanto l’aveva spaventata quando lei e Grace l’avevano guardato di nascosto, non era nulla in confronto a ciò che le era successo. Ma che cosa poteva essere? Stava forse cominciando ad avere le allucinazioni?

Per le sue conoscenze, infatti, il fatto non aveva spiegazioni scientifiche, le sembrava proprio di essere immersa fino al collo in un film horror di cui lei non voleva fare parte.

- Siamo quasi arrivati – annunciò l’anziano all’improvviso, fermando i suoi pensieri.

Claire guardò verso l’alto cercando la fine della salita. La vide: non molto più avanti iniziava un sentiero alberato che terminava in un cancello di ferro.

Ci si fermarono davanti. – Io ti aspetto qui: non mi piacciono i vecchi libri – disse Jeremiah sedendosi sul tronco di un albero caduto.

Ok, io torno quando ho finito – concluse la ragazza incamminandosi.

Aprì il cancello di ferro battuto ed entrò nel giardino, richiudendolo dietro di sé con un cigolio sinistro.

Davanti a lei si stendeva un grande prato dall’erba alta. Doveva essere ben curato un tempo, forse vi crescevano spontaneamente delle belle margherite e immaginò che qualche dama vi camminasse, ammirando le aiuole piene di bellissimi fiori ai lati del sentiero acciottolato che si snodava fino all’ingresso della Rocca.

Soltanto quest’ultimo sembrava rimasto intatto; le erbacce avevano preso il posto dei fiori multicolore, le assi di legno delle panchine avevano ceduto e la fontana a cui si rivolgevano era vuota e incrostata di alghe e muschio.

Claire avanzò lentamente, passando alla destra di un laghetto dall’acqua malsana il cui perimetro era segnato da pietre ovali e levigate.

A suo tempo doveva avere un fascino magnifico quell’immenso giardino, come testimoniavano le statue e gli ornamenti nei pressi della fontana, ma il tempo aveva continuato il suo corso, trasformando la magnificenza in degrado.

La Rocca del Pensiero si trovava proprio al centro.

Non era altro che una torre in cui abitava un illustre barone, famoso per i suoi manoscritti. Egli conduceva una vita in solitudine, circondato dai libri e dalle serve, perciò, in mancanza di eredi, alla sua morte la Rocca era rimasta disabitata. Chiunque quindi poteva accedere all’immenso patrimonio cartaceo al suo interno, anche se pochi osavano farlo. Infatti si diceva che fra le stanze della torre si aggirasse ancora il fantasma del barone, il quale non voleva lasciare sulla Terra il suo patrimonio.

Claire comunque non si faceva intimorire: durante le visite con la nonna non aveva visto proprio nessun fantasma.

Salì le scale dell’ingresso e aprì l’enorme portone cigolante. Proprio come si aspettava, la accolse una scala a chiocciola. Non sapeva esattamente dove trovare le informazioni su questa Lisa Forrest, forse al primo piano, nel reparto “misteri e segreti”, ma era comunque molto vasto per qualcuno che non sapeva precisamente cosa cercare.

Con non poca fatica, vista l’altezza dei gradini della scala, giunse al primo pianerottolo dove si trovavano tre porte di legno. La seconda da destra recava la scritta misteri e segreti, incisa su una targhetta di metallo.

La aprì. Si trovò in una grande stanza dal soffitto decorato a motivi geometrici, in cui file e file di scaffali sembravano estendersi fino all’infinito attendendo che Claire vi si infilasse soffocando nella polvere di anni d’abbandono.

Ogni fila rappresentava una lettera dell’alfabeto, in modo da facilitare le ricerche. Si infilò nella fila f.

Mentre camminava fra gli scaffali, udendo i suoi passi ticchettare sul pavimento, si sentì in trappola: dietro a tutti quei volumi non poteva vedere se qualcuno vi si nascondeva. Cercò di reprimere tale sensazione: d’altronde se voleva sapere …

Cercò fo all’inizio di ogni scaffale e lo trovò dopo poco tempo. Lesse il titolo di ogni libro, uno per uno. Ogni tanto era costretta a tossire, per colpa di tutta quella polvere.

Non trovò nulla che potesse interessarle finché, quando stava per andarsene, non le capitò fra le mani Foreste del territorio.

Sollevò la copertina in pelle rovinata, decisa a consultare l’indice. Una nuvola di polvere e puzza di vecchio si sollevò dalla pagina e Claire voltò la testa dall’altra parte per non venirne investita. Quando riuscì a rivolgere di nuovo lo sguardo al libro scorse le parole con il dito. Foresta di Larens. Pagina 526.

Sfogliò le pagine fino ad arrivare a quella giusta. A destra vi era una bella foto del paese in cui si vedeva anche la casa della nonna, circondata completamente dagli alberi.

Lesse ciò che era scritto sotto l’immagine in un carattere svolazzante.

La foresta di Larens esiste da tempi antichi ed è avvolta da un alone di mistero. Nessuno sembra essere al corrente di quali siano i suoi segreti e i pochi a saperlo si chiudono nel loro silenzio. Per questo non sono molti coloro a conoscenza delle leggende alquanto straordinarie che hanno per oggetto questo bosco nei pressi dei monti, leggende di cui però non si sa che piccole parti.

Una di queste tratta di Lisa Forrest. Quest’ultima visse per molto tempo in una casa nel cuore del bosco, in stretto contatto coi lupi. Sembrava essere di animo sensibile. Durante una notte di luna piena accadde qualcosa di talmente sconvolgente da farla diventare pazza. Nei suoi deliri raccontò solo a qualche familiare ciò che le era accaduto quella notte e ancora oggi la sua famiglia custodisce gelosamente il segreto di Lisa…

Claire chiuse il libro quando si accorse che nel proseguimento non si parlava più di Lisa Forrest, ma si prendevano in esame altre leggende poco attendibili. Si lasciò cadere a terra, sul vecchio pavimento sporco, un po’ avvilita: il testo non parlava proprio di nessuna promessa.

Lesse altri volumi, ma nessuno diceva nulla di più rispetto a ciò che era scritto nel primo, così si abbandonò nuovamente a terra. Non pensava che la sua famiglia potesse essere avvolta da così tanto mistero. Eppure, dopo essere venuta a conoscenza di una parte della storia voleva sapere tutta la verità: Cosa era successo di così sconvolgente a Lisa Forrest? Perché l’aveva rivelato solo a un familiare?

Claire ebbe un po’ di paura capendo di essersi infilata in una questione più grande di lei, di cui non avrebbe dovuto interessarsi. Per la prima volta non si sentiva all’altezza. Nonostante sentisse che qualcosa di pericoloso era dietro l’angolo ad aspettarla, non poteva rinunciare: il desiderio di conoscere i segreti della sua famiglia era più forte.

A quel punto Claire decise di tornare indietro: alla Rocca del Pensiero non avrebbe potuto scoprire altro.

Uscì in giardino e raggiunse Jeremiah fuori dal cancello, che era intento a scacciare un uccellino che voleva a tutti i costi posarsi sulla sua spalla. – Vai via brutta bestiaccia! – gridava, sventolando la mano disgustato. Quando finalmente si accorse della ragazza, lasciò perdere il povero volatile. – Hai trovato quello che cercavi? –

- Più o meno.

 

Claire e Jeremiah si misero in cammino verso casa e quando fu ora di separarsi la ragazza ebbe un po’ di paura, paura di incontrare ancora quegli occhi rossi, di sentire quel respiro pesante. Le batteva il cuore. – Vai dritto fino a casa, senza fermarti, qualunque cosa succeda … - raccomandò il vecchio.

Senza dubbio – rispose la ragazza.

Si salutarono e Claire ripartì sulla sua bicicletta.

Mentre scendeva per la strada a tutta velocità teneva d’occhio il boschetto al margine. Le sembrava quasi di sentire il respiro, ma sapeva benissimo che si trattava solo della sua immaginazione.

Tutta quella paura per fortuna risultò infondata: non aveva visto né sentito nulla di sospetto.

Poco dopo stava già entrando nel giardino della nonna al sicuro, per quanto quel posto potesse esserlo.

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