Frammenti

di DontMindMe
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Hyde Park - King's Cross - Baker Street ***
Capitolo 2: *** Buco ***
Capitolo 3: *** Il cuore di chi ti ama ***
Capitolo 4: *** Brutto risveglio (prompt: L'aria è gelida e pungente) ***
Capitolo 5: *** Indelebile (prompt: indelebile) ***
Capitolo 6: *** Per colpa sua (prompt: Il mio amico rideva / Al lume di una candela) ***
Capitolo 7: *** Cinque pollici (prompt: C'è un taglio sulla fronte di Watson) ***
Capitolo 8: *** Mai amato (prompt: Inspirando il suo odore) ***
Capitolo 9: *** Venticinque minuti di ritardo (prompt: Un banale contrattempo) ***



Capitolo 1
*** Hyde Park - King's Cross - Baker Street ***


Hyde Park (prompt: sorriso)


Quando mi sorride in quel modo sincero, non posso che credere che riesca a guardarmi attraverso, fin negli oscuri anfratti del mio cuore che io stesso ignoro. E arrivo a chiedermi se non sia pietà quella nei suoi occhi quando li fissa nei miei, che lo scrutano in venerazione per poi distogliersi in vergogna. Ma quella sfumatura leggera in quello sguardo è dolce, mi ricorda l’amore più che la commiserazione ed alimenta la mia speranza: quella di valere per lui quanto lui vale per me. 
Sorride e quel sorriso è insolito e per questo splendido sul suo viso. Mi porge una mano e io lo lascio aggrapparsi al mio braccio mentre passeggiamo in Hyde Park e la sua voce mi accompagna in mondi fantastici sussurrati piano all’orecchio.

King's Cross (prompt: mani)


Gli prendo le mani e le stringo fra le mie. “E sappia che io l’amo e l’amerò sempre!” Quelle parole scivolano dalla mia bocca seguendo il flusso del discorso con una facilità che lascia allibito persino me stesso. Perché ora, perché in questo luogo affollato e rumoroso, non ne ho idea.
“Oh, Watson! Sta parlando a sproposito!” Esclama cautamente, con incollato in faccia quello sguardo indagatore che tanto spesso ho scorto su di lui. Ma i suoi occhi tremano appena di speranza, le sue guance si colorano e le sue mani non si ritraggono. Anzi, le sue lunghe dita affusolate si intrecciano alle mie in una stretta che parla di troppe cose che non sono sicuro di riuscire a cogliere. 
“So quel che dico Holmes.” È la mia risposta secca, forse un po’ stizzita a questo punto, che si perde in parte nel rumore di un treno di passaggio. Lui abbassa lo sguardo sulle nostre mani, muovendo appena le dita in una specie di carezza, come se cercasse le parole giuste per rifiutarmi. E invece sorride. 
“Se sapessi davvero cos’è l’amore, e a cosa serve, lei sarebbe di sicuro l’unico e il solo destinatario della mia totale devozione, Watson.”
Non mi sarei mai aspettato così tanto da lui. La sua mente razionale e il suo invadente orgoglio, ero sicuro l’avrebbero spinto il più lontano possibile da me. Invece gli hanno solo fatto formulare una goffa e pure splendida dichiarazione d’amore che io ricorderò per il resto dei miei giorni.

Baker Street (prompt: solitudine)


Posso quasi sentire lo scorrere del tempo sulla pelle seduto sulla sua poltrona, le ginocchia al petto come lui stesso era solito sedere. I rintocchi della pendola rimbombano nella mia testa e amplificano il peso del silenzio e della solitudine di queste stanze. Le sue carte e i suoi alambicchi ancora gettati alla rinfusa sulla scrivania e sul pavimento, l’odore del trinciato forte che fumava lui ancorato saldo alla tappezzeria.
Se non stringessi al petto la sua lettera d’addio, potrei quasi illudermi che sia ancora vivo e che oltrepassi quella porta un’altra volta, riversandomi addosso l’entusiasmo di una nuova vittoria.

Chiudo gli occhi e cerco di richiamare alla mente la sua immagine mentre, dandomi le spalle, suonava le mie arie preferite al suo violino, la sua sagoma scura contro la luce che filtrava dalle tende alle finestre su Baker Street. E le lacrime vengono giù da sole.

Non metterò più piede in questa casa, il dolore è troppo e la solitudine mi soffoca. Perchè lui non tornerà e con lui è morto per sempre anche il vecchio John Watson.

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Capitolo 2
*** Buco ***


Sherlock Holmes aprì gli occhi sul soffitto buio: un raggio di sole vi disegnava su un triangolo, netto, in contrasto, pulito. Uno spiraglio in una tenda, probabilmente.
Ogni volta che riapriva gli occhi sul mondo era un piccolo trauma, come nascere di nuovo. Si sentiva troppo spesso smarrito, insicuro, inadatto. Molte volte non capiva dove fosse. 
Lasciò che la sua mente ricostruisse velocemente le ore che avevano preceduto il sonno: John Watson... l’aveva visto, spiato in modo vergognoso, per la precisione, dalla finestra della sua nuova casa. Lui e Mary, la perfetta coppia di sposini. 
In due mesi Watson non era mai andato a trovarlo.
Holmes si era poi ubriacato, drogato, probabilmente aveva generato una rissa perché gli doleva una spalla. Mosse le dita della mano che era addormentata e girò la testa alla sua destra. Un giovane uomo biondo, nudo, giaceva al suo fianco sul letto. Non era Watson. Non era neanche il suo letto. 
Aveva la nausea.
Si alzò con cautela, non voleva affrontare lo sconosciuto, e raccolse le sue cose dal pavimento. Sulla porta, si voltò ad osservare quel corpo nudo ancora un attimo: gli somigliava molto ma nessuno è come lui. Nessuno.
Non si scomodò neanche a guardarsi intorno per capire chi fosse quell'uomo. Voleva solo dimenticare. Si chiuse la porta alle spalle. 
Nel petto un buco.

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Capitolo 3
*** Il cuore di chi ti ama ***


“La vera felicità non è in fondo ad un bicchiere,
non è dentro ad una siringa:
la trovi solo nel cuore di chi ti ama.”

(Jim Morrison)

Ho toccato il fondo, credo.
Di diverse bottiglie di vino scadente e di questa boccetta di cocaina in soluzione al sette per cento, di certo. (Ho sentito la siringa forzarsi nella vena del braccio e poi il gelo diramarsi nel fitto intreccio di canali nel mio corpo, entrare negli organi interni, infine dare un cazzotto al mio cervello. Quello che volevo. Poi più niente.)
Apro gli occhi ed è tutto illuminato sebbene sia notte, sebbene la nebbia mi avvolga stretta fino a soffocarmi. Sono sdraiato in un vicolo sudicio, come un misero barbone, e dal livello della strada riesco ad avere una chiara visione di quanto in basso io sia caduto, metaforicamente e non, da quando lui non si prende più cura di me. Perché era questo che faceva, e probabilmente non l'ho mai apprezzato a sufficienza.
La sua assenza è pesante, mi schiaccia. Era portatore di luce nella mia mente dove ora c'è solo il buio e il mio pensiero è assurdamente irrazionale e si avvinghia stretto attorno ad un solo, unico argomento, ossessionandomi, destabilizzandomi: John Watson mi ha dimenticato. Probabilmente il suo interesse per la mia persona è sempre stato una forzatura, dunque, dettata dalla noia. Niente che riuscisse a distoglierlo dalla sua ordinaria vita con la sua ordinaria moglie, neppure per una visita di mezz'ora.
Mi rimetto in piedi ma non sono stabile, barcollando torno in strada, mi aggrappo ad un lampione e cerco di riallineare la visione, fallendo. In ogni caso la nebbia è densa e rende irriconoscibile la via anche al mio occhio allenato. 
Una voce giunge da lontano, urla frasi sconnesse: un uomo, dal rumore dei passi direi che è zoppo, parla da solo, la voce impastata, probabilmente ubriaco. Come me. Quando è abbastanza vicino da guardarmi in volto, punta un dito verso di me:
“Signore, la vera felicità non è in fondo ad un bicchiere, non è dentro ad una siringa: la trova solo nel cuore di chi l'ama! Se lo ricordi! Se lo ricordi!” e tira avanti, proseguendo lungo la strada.
“Che diavolo...” farfuglio, sentendomi violato, come se quello sconosciuto mi avesse scavato nel petto, avesse frugato nei miei pensieri. Poi gli occhi cadono sul mio braccio: la camicia arrotolata e la cinta dei calzoni ancora avvolta strettamente ad esso. Fisso quel buco e provo sdegno.
Mi torna in mente, vivido, quello stesso sguardo ma sul volto di Watson. L'ho indignato, l'ho respinto, allontanato. Non gli ho mai permesso di aiutarmi, di avere il giusto peso nella mia vita. E' colpa mia se è fuggito, abbandonandomi, se si è rifugiato nella vita facile del matrimonio. E' solo colpa mia, di nessun altro. Di certo non sua.

La vera felicità la trovi solo nel cuore di chi ti ama.
Chi ama Sherlock Holmes?
Sherlock Holmes non ama nessuno, come può pretendere che qualcuno lo ami?
Come può pretenderlo?

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Capitolo 4
*** Brutto risveglio (prompt: L'aria è gelida e pungente) ***


L'aria era gelida e pungente.
Cercai di stringermi nel cappotto, alzando il bavero e tenendomi la sciarpa sul naso e la bocca, ma sembrava non bastare. Il mio compagno era stato previdente: sapeva che questo appostamento fra i cespugli in piena notte sarebbe potuto durare delle ore e si era avvolto in un plaid mentre fumava la sua pipa. 
Io invece battevo i denti.
“Di questo passo la sentiranno anche i malviventi fin dentro la casa, Watson.” sospirò Holmes, a voce bassa.
Con gli occhi ancora fissi verso quella porta, allargò un braccio facendomi spazio sotto la sua coperta. 
Non me lo feci ripetere due volte. Mi accostai a lui, cercando di mantenere una cortese distanza fra di noi, ma lui l'annullò stringendomi a sé. 
Quel calore improvviso mi sciolse il sangue nelle vene: quello della coperta, ma soprattutto quello del suo corpo premuto contro il mio. Arrossii e mi persi nel suo odore e nelle mie fantasticherie.
Quando quegli uomini finalmente uscirono, fu un brutto risveglio.

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Capitolo 5
*** Indelebile (prompt: indelebile) ***


Credevo non l’avrei dimenticato mai più. 
Il primo sorriso che riuscii a strappare al mio caro amico Sherlock Holmes era rimasto indelebile nella mia mente, come una piccola vittoria che rinfrancava il mio orgoglio ogni qual volta la richiamassi alla mente. 
Non era poi così raro scorgere un sorriso su quelle labbra, più raro era quel particolare tipo di sorriso: riconoscente, timido, commosso. 
Un sorriso commosso; sembra una contraddizione in termini, e tale era. 
Quella volta credo fosse stato provocato da un mio complimento particolarmente sentito che doveva averlo toccato nel profondo, da qualche parte in quel cuore che tentava sempre di tenermi nascosto. Altri seguirono, nei mesi e negli anni, ovviamente, ma io conservai il primo perché vederlo, per qualche motivo, mi tolse il fiato, come fossi di fronte ad un raro spettacolo della natura. Un'aurora, un'eclisse, una cometa... ma questo, questo sorriso che mi ha rivolto ora e che è ancora lì a segnargli il volto, credo possa di diritto cancellare dalla mia memoria tutti i precedenti. Così bello che mi ferma il cuore, così dolce che sembra fuori posto sul suo volto, così sentito e vero da farmi sentire un mostro. 
“E’ un piacere rivederla, Watson.” 
In quel momento esatto ho capito perché l’avevo evitato per così tanto tempo, dopo il mio matrimonio, e ora non avrei più potuto fare a meno di lui, ancora una volta e per sempre.

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Capitolo 6
*** Per colpa sua (prompt: Il mio amico rideva / Al lume di una candela) ***


Holmes aveva tirato le tende e spento ogni luce, mentre ancora discutevamo con trasporto: la cocaina la causa scatenante, ancora una volta, ma si era trasceso.
Mi aveva spinto sul suo letto e mi era salito addosso, tirandomi su la camicia da notte fino a infilarmela fra i denti, come un bavaglio. Solo una candela tremolante sul comodino rischiarava i suoi lineamenti mostrandomi quel singolare sguardo vitreo e freddo che mi spaventava sempre. Potevo sentire il suo peso sopra di me, la sua mano fra le mie gambe accarezzare la mia inopportuna erezione e poi accostarla alla sua, il suo bacino spingersi contro il mio per aumentare la vergognosa ma sublime frizione che mandava brividi lungo i nostri corpi. Lo abbracciai, affondando le dita nella sua schiena; lui con la lingua e i denti mi tormentava il collo mentre con la mano libera mi afferrava una gamba e se l’avvolgeva attorno, abbattendo ancora un po’ i confini dei nostri corpi. L’orgasmo ci colse di sorpresa, senza fiato, e nel totale silenzio. Mi guardò, sguardo affranto e vuoto, mi liberò la bocca per coprirmi gli occhi. Le sue labbra si appoggiarono lievemente alle mie e si risollevarono subito, prese da altro.
Il mio amico rideva, di una risata che non era di gioia: era senso di colpa, sdegno, paura. Si alzò dal letto e si infilò nel buio.
Mi scoprii gli occhi e mi tirai su a sedere nel letto. “Che le prende Holmes, sant’Iddio.” biascicai. Ogni mia fibra ancora tremava.
“L’irrazionale desiderio per quel suo corpo, vecchio mio, mi annebbia la mente, più di quello per la cocaina. Ne è cosciente? La mia mente… è corrotta dal crimine… per colpa sua.”
Non riuscii a rispondere in alcun modo, forse perché sono troppo ingenuo ma… quel desiderio io lo chiamavo Amore.

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Capitolo 7
*** Cinque pollici (prompt: C'è un taglio sulla fronte di Watson) ***


C’è un taglio sulla fronte di Watson, non profondo, lungo almeno cinque pollici, inferto dall’alto, con una… mazza da cricket, forse: attraversa il sopracciglio biondo ma si ferma appena prima di far danni irreparabili alla sua vista. Perde sangue, molto sangue, da lì e in parte dalle nocche delle mani. S’è battuto con coraggio, come sempre. Ha la sua giacca preferita strappata, gli occhi chiusi, respira ancora. La fortuna l’ha assistito, non io.
Se non avessi scelto di frustrare il cuore a favore dell’intelletto, probabilmente ora mi sentirei libero di singhiozzare come un bambino. Mi farebbe bene, credo, invece ho qualcosa che mi serra la gola, non mi fa respirare ma devo comunque ignorarla, così anche la vista annebbiata. John va portato fuori da questa stalla umida alla svelta, dritto all’ospedale.
“Lestrade, deve aiutarmi. Con questo braccio non posso farcela da solo.” l’ispettore stava impartendo gli ultimi ordini e i malviventi stavano per essere scortati al loro posto: in cella.
“Holmes, ma lei sanguina!” esclama lui, con la sua classica abilità nell’affermare l’ovvio.
“Non importa, dobbiamo pensare a Watson. L’hanno colpito alla testa, ha perso i sensi. In fretta… per favore…” le ultime parole che ricordo di aver pronunciato. Poi tutto è diventato buio.

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Capitolo 8
*** Mai amato (prompt: Inspirando il suo odore) ***


Mi dà le spalle mentre si siede su di me, ritmicamente. 
Si prende questo piacere del quale non riesce a fare a meno ma finge che non sia io a darglielo, o che io non sia neppure qui. 
Forse gli verrebbe a mancare il coraggio di lasciarsi andare se i suoi occhi incontrassero i miei, come se in quel momento con uno sguardo potessi vedergli dentro tutte le cose che tenta di nascondere. 
E sì che nelle sue menzogne giace la verità, me lo sento. 
O forse lo spero.
“Non ho mai amato nessuno, Watson.” mi disse, ma le sue azioni spesso sembrano smentirlo e, al suo fianco, alcune volte, mi sento amato. E' un attimo, fuggevole, una sensazione che poi, dentro di me però, permane.
Provo ad accarezzare la sua erezione mentre accelera il ritmo dei suoi movimenti, portandomi più vicino a quella piccola morte che bramo, ma alla mia mano preferisce la sua. 
E' proprio nei momenti di vulnerabilità che lui costruisce un rifugio in sé stesso allontanandosi da me, ma non può riuscire... non può riuscire a rendere meno profondo o meno intimo questo nostro unirci, adesso. In alcun modo, non può.
Quando l'orgasmo ci vince, il suo corpo scosso si accascia accanto al mio ed io l'abbraccio, alle spalle, inspirando il suo odore. Lui mi prende una mano, accarezzandola lievemente col pollice. 
Nel silenzio solo i battiti dei nostri cuori. Eppure ci sono tante cose che vorrei dire, adesso.

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Capitolo 9
*** Venticinque minuti di ritardo (prompt: Un banale contrattempo) ***


Sherlock Holmes bagnò il suo fazzoletto e cercò di cancellare le macchie di terra e sangue dal volto. Spolverò la giacca e il pantalone, ravviò la cravatta di seta. Aveva perso un bottone del panciotto e lo constatò sbuffando con disappunto, poi passò le mani sotto l’acqua e fra i capelli, nel vano tentativo di domarli. Non riuscì a cancellare del tutto i segni della lotta ma poteva comunque riuscire a passare inosservato tra la folla. 
Uscì dalla sala da bagno del teatro e guardò l’ora sul suo orologio da taschino: venticinque minuti di ritardo.
Cercò di forzarsi a non correre alla ricerca del palco che aveva riservato per “La Traviata” ma il suo passo era comunque nervoso, veloce, e le mani gli tremavano mentre cercava di accendere la sua pipa di trinciato forte.
Numero 221, infine.
Aprì le tende e lui era già lì seduto, da solo: il dottor John Watson.
“Buonasera dottore.” sussurrò, contenendo un sorriso.
“Holmes, finalmente.” lo salutò l’altro, alzandosi e porgendogli la mano. Lui la strinse fra le proprie, per qualche lungo momento. “Credevo non sarebbe più arrivato. Cos’è successo?”
La prova decisiva, la corsa degli Irregolari, il telegramma, l’uomo dai folti favoriti e gli occhi di ghiaccio, il diadema rubato, l’inseguimento, Lestrade, il colpo di pistola. Troppo da raccontare, troppo poco tempo da passare insieme.
“Un banale contrattempo, Watson. Ma mi dica, dov’è la sua signora?” 
“Mary… aveva promesso alla nostra vicina di casa di accompagnarla ad una riunione in Chiesa. Si scusa e le porge i suoi più sinceri saluti.” bisbigliò velocemente. Holmes si accomodò nel posto al suo fianco, diede un tiro alla sua pipa e si sporse appena per parlargli all’orecchio.
“... e questa è una balla inventata da lei o da Mary?” domandò.
“Da me, ovviamente.” rispose l’altro con un sorriso.

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