Welcome to the family....

di _DreamerL490_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 4: *** 4 ***
Capitolo 5: *** Happy Birthday Lilian e Shannon (part.1) ***
Capitolo 6: *** Happy Birthday (Part.2) ***
Capitolo 7: *** 7 ***
Capitolo 8: *** 8 ***
Capitolo 9: *** 9 ***
Capitolo 10: *** 10 ***
Capitolo 11: *** 11 ***
Capitolo 12: *** 12 ***
Capitolo 13: *** 13 ***
Capitolo 14: *** 14 ***
Capitolo 15: *** Wedding ***
Capitolo 16: *** 16 ***
Capitolo 17: *** 17 ***
Capitolo 18: *** 18 ***



Capitolo 1
*** 1 ***


*Renata*

In ogni istante della nostra vita siamo ciò che saremo non meno di ciò che siamo stati.
                                                                                                                                          (Oscar Wilde)


“Vieni!” gridò Jared dal salotto. L’avevo lasciato un attimo da solo con Lilian e aveva già bisogno d’aiuto. Lei riusciva a fargli fare quello che voleva, lui cedeva sempre e poi arrivavo io che dovevo mettere tutto apposto . Ormai Lily aveva due anni, era bella come il sole, proprio come il padre. Per certi aspetti era molto simile a lui, era creativa, adorava la musica e cantava sempre; quando tornava dall’asilo, aveva sempre da raccontare qualche nuova avventura o una canzone da cantare.                                                                                          
“Eccomi, cos’è successo?” domandai con le mani sui fianchi. Mi trovai davanti agli occhi una scena esilarante, Lilian aveva in testa il Kostoweh, un copricapo pieno di piume come quello degli indiani d’America; poi vidi Jared, era seduto per terra, aveva le mani legate: oggi faceva il prigioniero di un'altra tribù. Padre e figlia avevano il viso colorato, forse in questa casa ero io l’unica persona normale.
“Ehm…non mi vuole slegare “ mugugnò Jared.                                                                                                                                                 
“Papà ha pelso, ora è mio prigionielo…e non vuole dalmi i celeali pel planzo” disse la piccola Lily. Mi tirava i pantaloni con la manina e faceva gli occhi da cucciolo per persuadermi a dargliela vinta.                                                                                                   
“ Oh ho capito, ma la tribù vincitrice deve slegare il prigioniero perché se il capo non sa dire la R non posso capire quello che dice…Dai ora dobbiamo andare da zio Shannon. Slega papà”  dissi divertita.  Lily fece il broncio, si avvicinò a Jared, lui le disse qualcosa che riuscì a farla sorridere e finalmente lo lasciò andare.  Aiutai Jared ad alzarsi da terra, lui mi cinse i fianchi e mi baciò delicatamente.        
 “Papi, mami adiamo da zio!!” esclamò Lily.  Era davanti a noi, si era messa la giacca al contrario e stringeva tra le  braccia il suo orsacchiotto preferito.                                                                                                                                                                    
“Mettiti bene la giacca” disse Jared prendendo il giubbotto di pelle, gli occhiali da sole e il Balckberry.                                  
 “Andiamo” dissi dall’ascensore. Arrivò subito Jay, era pronto e aveva in braccio Lily. Anche lei aveva gli occhiali da sole, era evidente che era una Leto. Arrivammo subito al piano terra; come al solito c’era il portiere e i nostri ricchi vicini.   Ci incamminammo verso la casa di Shannon, era vicino alla nostra e siccome a New York è difficile trovare un parcheggio prendemmo la bici. Iniziammo a pedalare, Jared e Lily erano davanti a me; lei cantava Kings and Queens e mi faceva segno di raggiungerli. Detestavo uscire con la bici in autunno, ma se si trattava di una gara, non mi tiravo indietro. Pedalai più velocemente finché non li superai: la sfida era iniziata.                                    
 “Papi veloce!” esclamò Lily.                                                                                                                                                                                    
“Mah siamo arrivati, oggi ha vinto la mamma” disse Jared. Parcheggiammo le bici e presi Lilian dal suo sedile, la misi in piedi e corse subito verso la porta. Suonò il campanello e in punta di piedi si sporse verso la finestra per vedere se arrivavano ad aprire.                    
 “Lilian Leto, quante volte ti ho detto di non fare così!” la rimproverò Jay con tono severo. Lui era un padre normale, non la viziava, a questo serviva lo zio; la sgridava quando ce n’era bisogno e cercava di insegnarle tutto ciò che sapeva, le faceva apprezzare ogni forma d’arte e se voleva qualcosa, gliela dava a patto che non sia un interesse passeggero. Forse era troppo fermo per una bambina di due anni, ma a lei andava bene così.                                                                        
 “Scusa papà” mugugnò la mia piccolina.                                                                                                                                                   
“Ciao!” esclamò Shan. Prese subito Lily in braccio, la fece girare su se stessa e l’abbracciò forte.                                                   
 “Hey Bro, non sgridare così la mia nipotina, certe volte sei troppo severo” continuò lo zio.                                                                                   
 “ Aah quando sarai padre mi capirai” sbottò Jared.                                                                                                                                 
 “Lasciate per dopo le vostre opinioni sull’educazione, ora vorrei entrare” dissi avvicinandomi a Shannon. Entrammo in casa, i tre Leto andarono in salotto, io mi diressi in cucina da Francesca.                                                                                           
 “Booo!” gridai alle sue spalle. Frà sobbalzò e iniziò a ridere.                                                                                                                         
“Non cambi mai te, superi Lily, Jared e Shannon messi insieme!” esclamò divertita.                                                                   
“Che fai?” domandai appoggiandomi sul filo del lavandino.                                                                                                                    
“Sto cercando di cucinare, oggi è il mio turno” disse sfogliando il libro di cucina vegetariana.                                                       
“Oooh! Ti posso aiutare?” chiesi sbirciando la ricetta.                                                                                                                       
 “Mah si, quando eri incinta era più facile cucinare, potevi mangiare la carne vegetariana o quella vera, ora che siamo tutti vegani è difficile!” mugugnò continuando a leggere.                                                                                                                            
“Fai del Tempeh e le verdure che piacciono tanto a Lily, così andiamo sul sicuro” dissi aprendo il frigo.                                 
“Va bene, ma che ne dici del Tofu?” domandò Frà.                                                                                                                                   
“No, non lo mangiano tutti se non è fatto con la ricetta di Constance” dissi.                                                                               
“Allora, mamma mettiti all’opera!” disse.
 
 
*Jared*
Finalmente a casa. La giornata con zio Shanimal è passata velocemente, ha portato Lily al parco, poi sul lago e ora è sfinita. Dorme indisturbata nel suo lettino; come ogni sera Renata le racconta una storia e poi io le canto la sua ninna nanna, poi lei cede al potere di Morfeo ed entra nel mondo dei sogni. Ritornai in salotto con il piccolo teddy tra le mani. Sentì Renata parlare la telefono, ma non capì niente, stava parlando in un'altra lingua con il suo produttore, forse era tedesco. Terminò la telefonata e notai un’espressione cupa nel suo volto.                                                                                                              
“Che ha detto?” domandai sedendomi al suo fianco. Le cinsi le spalle e lei appoggiò la testa nell’incavo del mio collo.
“Domani decideremo quando lanciare l’album e quando iniziamo il Tour mondiale, ma…” sussurrò. Nel suo tono c’era della malinconia, non voleva lasciare Lily. In questi ultimi due anni, è stata con lei da quando è nata, ha lavorato e ha svolto il suo ruolo da mamma, ma come succede nel nostro lavoro, arriva il momento in cui bisogna viaggiare e non sai quanto potrai stare via.                                          
 “ Lo so, anch’io inizio il tour tra pochi mesi, non so come faremo” dissi.                                                                                                   
“Anche lei partirà, ma con chi?” domandò con un filo di voce.                                                                                                         
“Ora non preoccuparti” dissi. Presi il suo viso tra le mani, le spostai i capelli e la baciai. Iniziai ad andare oltre, buttai teddy dietro al divano e la condussi in camera senza staccarla da me. Lei si lasciava domare da me ed io comincia a baciarla con più avidità. La stesi sul letto, le mie mani tenevano le sue, le nostre dita si intrecciavano. Lei sciolse la presa e mi stilò la maglietta. Io feci lo stesso con lei e i nostri corpi si fusero. Iniziai a spingere, lei gemeva ed io la domavo con i miei baci. Il suo profumo mi avvolgeva, il suo calore mi sfiorava, in quel momento non desideravo altro che lei. 
 

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Capitolo 2
*** 2 ***


La luce fioca del sole penetrava da una piccola fessura della finestra, quel raggio così debole illuminava il letto, ma non volevo alzarmi. Il mio viso era affondato nel petto di Jared, da quando era nata Lily, forse anche da prima, era diventato il mio cuscino personale; a lui non dispiaceva ed io adoravo la sensazione che provavo sentendo il suo respiro regolare, il suo cuore battere e il mio seguire il suo.      
 “La senti?” domandò quasi sussurrando. Non risposi.                                                                                                                                           
 “Lo so che sei sveglia…senti la pioggia che cade, sbatte contro le finestre e si posa sulle foglie?Non è male il suo ritmo”continuò accarezzandomi i capelli. Non avevo notato la pioggia, mi concentrai come quando dovevo trascrivere la partitura ascoltando il brano e finalmente riuscì a sentire le piccole gocce cadere.                                                                                                                               
 “Ora si, una corre dietro all’altra e non le lascia il tempo di posarsi per terra o sugli alberi” dissi.                                                                  “Posso fare una cosa?Mi serve solo un minuto” disse scostando il mio viso. Mi avvolsi con le coperte fino al naso e cercai di sedermi senza scoprirmi. Jared si era alzato, stava cercando qualcosa nel suo cassetto, frugava tra i fogli finché non trovo una busta bianca, sembrava una lettera. Ritornò a letto, si sistemò sotto le coperte e disse: ”Tra poco è il tuo compleanno...Beh mancano ancora tre settimane e questo è un anticipo della sorpresa. So già cosa mi dirai, ma ho risolto tutto. Ora puoi guardare”. Mi porse la busta tra le mani e m’incitò ad aprirla. I suoi occhi luccicavano, non vedeva l’ora di scoprire la mia reazione. La aprì lentamente, da lui potevo aspettarmi qualsiasi cosa, sicuramente era bella, ma c’era qualcosa che mi frenava. Dentro trovai due biglietti aerei per Bonaire. Rimasi sorpresa, saremo andati in un’isola caraibica solo io e lui, non sapevo che dire; aveva superato se stesso, sapeva che non ero un’amante del mare, ma sapeva anche che sarei voluta andare lì. Ogni volta che tornavo dall’Europa, facevo scalo lì con l’aereo e non mi ero mai fermata: questa era la buona occasione per farlo.                                                                                                                                        
 “Allora?"chiese curioso.
 “Wow, sei pazzo!Ma Lily…” dissi. Lo abbracciai e gli diedi un lieve bacio.                                                                                                             
“Me lo dicono in tanti, comunque passando a Lily, ho sistemato tutto…Lei rimarrà con Shannon, è solo una settimana e con Frà e mio fratello starà benissimo” rispose con il suo solito sorriso.                                                                                                    
 “Ti odio, riesci sempre ad averla vinta” dissi facendo il broncio. Lui scoppiò a ridere e mi baciò.                                                                  
 “Sei buffa!E tu mi ami, non riusciresti mai a odiarmi” disse tra una risata e l’altra.

***

Eravamo all’aeroporto con Frà, Shannon e Lily. La mia disperazione mista a tristezza iniziava a farsi sentire. Io e Jared eravamo pronti, tra poco avremmo dovuto fare il check-in e salutare Lilian. Lei era tra le braccia dello zio; a fianco a loro c’era Francesca a lei avevo affidato le cose di Lily e le avevo detto tutto quello che doveva sapere. Non c’era bisogno di tutto quello che avevo fatto, ma l’idea di lasciare la mia piccolina per una settimana mi tormentava. Forse stavo esagerando, ma anche Jared era nelle mie stesse condizioni solo che lui non lo dava a vedere.                          
 “Lily è ora di salutare mamma e papà” disse Shan posandola per terra. Lei corse subito da noi, ci abbraccio, ci diede un bacio e disse:”Ciao, ti voglio bene”.                                                                                                                                                                          
“Aww mi mancherai; prometti che farai la brava con gli zii, non li farai arrabbiare e che mangerai tutto?” chiese Jared. La stringeva ancora tra le braccia, lei cercava di staccarsi, ma lui non lasciava la presa.                                                                      
“Si, falò la blava” rispose. Lilian era ritornata tra le braccia di Shanimal. Lo stava abbracciando e aveva posato il suo viso sulla spalla.
 “Tesoro, mi mancherai. Ciao”  le sussurrai all’orecchio. Le diedi un bacio sulla guancia e passai a salutare Frà e Shan. Il tempo dei saluti era finito, dovevamo partire. Jared mi prese per mano e insieme alle valige mi trascinò al check-in. La gente che stava facendo la fila ci aveva riconosciuto, ci sorridevano e qualcuno si era avvicinato per una foto. Tutti erano felici, solo noi cercavamo di non pensare che la nostra piccola peste sarebbe rimasta a casa.                                                              
 “Dai, è poco tempo…immagina come sarà in tour” sussurrò Jay. Lo fulminai con lo sguardo, non volevo neanche pensare a quei giorni; per i primi mesi sarebbe dovuta rimanere con la nonna perché c’era la scuola e Jared non voleva che perdesse un giorno, anche se era solo l’asilo.                                                                                                                           
“Se continui a ricordarmi questa cosa, prendo e torno a casa” dissi.                                                                                                               
“Troppo tardi il check-in è fatto!” esclamò divertito. Senza rendermene conto lui aveva già fatto tutto,l’hostess ci aveva già augurato buon viaggio e io non me ne ero accorta. Gli feci la linguaccia, presi la valigia a mano e m’incamminai verso il gate. Sembravamo degli adolescenti che partono per la prima volta da soli, lui mi faceva i dispetti ed io gli rispondevo. Non ero l’unica ad aver notato questo, c’era una coppia che dietro di noi se la rideva delle nostre gag.                                                                                                                     
“Voglio io la finestra!” gridò alle mie spalle. Jared stava correndo dietro di me, e poi lui doveva essere quello maturo!
“No!Raggiungimi se puoi” risposi affrettando il passo. Neanche io ero la persona più normale al mondo, ma lui mi superava. Ero arrivata al posto 10A e come previsto avevo io la finestra. Poco dopo arrivò lui, fece il broncio e si sedette accanto a me. Gli Stewart illustrarono le solite norme di sicurezza che ormai sapevamo a memoria per tutte le volte che avevamo preso l’aereo. Iniziammo a spostarci: tutto era pronto. Il pilota iniziò ad accelerare finché non ci alzammo da terra e provai la stessa sensazione di quando si è sulle montagne russe.

 

***

 

Finalmente dopo nove ore di volo eravamo arrivati. Fuori faceva caldo, non eravamo ancora vestiti adeguatamente per il clima. La gente del posto ci aveva riconosciuto; Jared era notato dalle donne, ogni volta che passava lo seguivano con lo sguardo, per me valeva lo stesso con gli uomini.                                                                                                                                 
“Mi sto pentendo” disse entrando in albergo.                                                                                                                                                    
“Di cosa?” chiesi, sapevo a che si riferiva, ma era esilarante sentirglielo dire.                                                                                          
“Tutti ti guardano, e quando saremo in spiaggia…Ah non farmi pensare!” esclamò.  Io scoppiai a ridere, i suoi attacchi di gelosia mi divertivano.                                                                                                                                                      
“Guardano anche te!” dissi ridendo. Jared mi fulminò con lo sguardo, ma poi mi sorrise e si diresse verso la reception. Io lo aspettai sul divano, gli altri turisti continuavano a guardarmi e a sorridermi ogni tanto. C’era chi faceva la foto credendo di non essere stato visto, ma a me non importava, ormai ero abituata.                                                                                                  
 “Siamo nella camera 627!” disse.                                                                                                                                                     
“Andiamo!Non vedo l’ora di tuffarmi in mare” dissi prendendo le mie valigie. Lui mi seguì ed entrammo nell’ascensore. Nel giro di pochi minuti arrivammo in camera. Jared aprì la porta e mi spinse dentro mentre lui portava le valigie. La stanza era luminosa, c’era un letto grande, varie piante, una specie di salotto e un bagno magnifico. Andai subito a controllare che vista c’era dal balcone; vidi la spiaggia, l’acqua era celeste e il cielo si confondeva con essa.
“Bello eh?”sussurrò Jay prendendomi dai fianchi.                                                                                                                                  
“Stupendo, ma ora lasciami cambiare per il mare” dissi sciogliendo la presa. Aprì la valigia, presi il costume a fascia bianco e celeste, gli shorts e una canotta.                                                                                                                                                    
“Non farti troppo bella eh!” gridò.                                                                                                                                                                        
“Sono pronta!” esclamai. Lui stava ancora nel balcone, controllava se aveva qualche chiamata  persa.                                    
“Ooh mi vuoi fare sfigurare?” chiese divertito. Non feci in tempo a rispondere che si stava già cambiando. Nel giro di pochi minuti era pronto; era bellissimo, indossava già il costume con una canotta in stile Leto e gli occhiali da sole.
“Scendiamo?” chiese. Annuì, era l‘unica cosa che ero in grado di fare dopo averlo visto.

 
La spiaggia era affollata, tutti ci avevano notato e noi con tanta nonchalance ci comportavamo normalmente. Ci dirigemmo verso le nostre sdraie sotto lo sguardo di tutti. Chissà cosa si aspettavano di vedere! Il primo a dare spettacolo, forse quello che il nostro pubblico stava aspettando, fu Jared; si tolse la canotta e come previsto tutti lo osservarono in ogni sua mossa. Poi arrivò il mio turno, rimasi in costume e anche per me ci fu il pubblico curioso.
“Sembra che non ci hanno mai visto” disse Jared a bassa voce.                                                                                                            
 “Beh pensa cosa farebbero se ci buttiamo in acqua!” esclamai divertita.                                                                                           
“Chi arriva per ultimo in acqua paga la cena!” disse correndo verso il mare. Non avrei mai dovuto dargli questo input. Iniziai a correre anch’io; entrai a contatto con l’acqua fresca e prima che me ne accorgessi Jay mi aveva buttato da un’altra parte. Eravamo come degli adolescenti. Poi lo vidi uscire dall’acqua e anche questa volta il nostro pubblico non ci deluse, rimasero presi da lui e dalle goccioline che gli scivolavano dal corpo. Poi ritornò da me, mi prese per mano e tornammo alle sdraie.                                                                         
“Sai una cosa?” chiese mentre si sistemava al suo posto. Continuava a guardare il BB, ma non avevano ancora chiamato. La mancanza di Lilian si faceva sentire.                                                                                                                        
 “Cosa?” domandai. Sapevo che era una sua solita domanda.                                                                                                     
“Ti amo” disse sorridendo. 

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Capitolo 3
*** 3 ***


*Jared*

La nostra ultima sera a Bonaire stava per finire. Saremo andati a cena fuori e poi avremmo preso l’aereo per NYC. Renata, era già sotto nella hall dell’hotel, io ero risalito in camera per prendere il foglio della registrazione e i cellulari. Appena trovai il suo Blackberry vidi tre chiamate perse e due sms; il mio era spento, forse erano Shannon e Lilian che ci avevano chiamato. Ritornai subito da lei e quando uscì dall’ascensore, la vidi parlare con un ragazzo vicino alla reception. Non ero geloso, mi divertiva la scena; il ragazzo ci provava e lei non lo degnava di uno sguardo, ogni tanto annuiva o sorrideva. Lui cercava di colpirla, ma niente, lei non si lasciava ammaliare da lui.  Sarei rimasto a osservarli per un po’, ma Renata si girò per cercarmi e fui costretto a raggiungerla. Più mi avvicinavo a loro, più riuscivo a capire di cosa stavano parlando. Lui le aveva proposto un appuntamento e lei continuava a rifiutare.                                                     
 “Scusa, se te la rubo per un po’, ma sono il suo ragazzo e stiamo andando a cena” dissi interrompendo la loro conversazione. In quel momento il ragazzo mi guardò male, ma dopo qualche istante arrossì: mi aveva riconosciuto.
“Andiamo…ehm Zack sarà per la prossima volta” disse Renata sorridendo. Il ragazzo, il cui nome mi era stato svelato, ci salutò con imbarazzo e si volatilizzò immediatamente. Non avrei mai voluto trovarmi al suo posto.                                                               
 “Ragazzo eh?!” disse lei fulminandomi con lo sguardo.                                                                                                                      
“Quanto sei bella quando ti arrabbi” le sussurrai. Avvicinai il mio viso al suo e le diedi un bacio a stampo.                                         
“Tu eri lì da chissà quanto tempo per goderti lo spettacolo…Aah un giorno mi vendicherò!” esclamò prendendo il suo Blackberry.        
“Non ti lascerei mai tra le braccia di un altro…comunque hai delle chiamate perse e due sms, forse è Lily” dissi cingendole le spalle. Lei vide le chiamate e lesse i messaggi, e come al solito si trattava di lavoro. Era John, l’aveva chiamata per avvisarla di qualcosa e la pregava di richiamarlo.                                                                                                               
“Non chiami?” domandai. Il loro produttore aveva precisato che si trattava di qualcosa d’importante e ora ero curioso anch’io.  Era ovvio che non si trattasse di qualcosa di tanto piacevole, ma se dovevamo vivere per la musica, il nostro sogno, c’era qualche sacrificio come in ogni vita normale.                                                                                                                   
“Posso?” chiese. Io annuì. Lei digitò subito il numero di John. Iniziò a parlare in tedesco, ogni tanto capivo una parola, cercavo di comprendere la loro conversazione attraverso le facce che faceva lei e l’intonazione che usava, ma era troppo difficile. Lei continuava a parlare ed io tenendole la mano la guidavo verso il ristorante. Ogni tanto si girava verso di me, vedeva le mie espressioni e sorrideva. Camminammo lungo il mare; la sabbia fresca ci accarezzava i piedi, la brezza marina ci sfiorava la pelle e ci scompigliava i capelli.  Il sole stava calando e i suoi raggi rosei si riflettevano sulla pelle di Renata, i suoi capelli lunghi le danzavano intorno al viso e sfioravano il mio. In quel momento avrei voluto avere la macchinetta fotografica per immortalare per sempre quei momenti. Dopo qualche minuto che stavamo camminando, finì la telefonata e con aria turbata mi disse: ” Domani sera faccio un concerto, forse ci siete anche voi e il mio tour è stato anticipato di due mesi”. Rimasi senza parole, la nostra vita era stata sconvolta in dieci minuti. Domani avremmo lavorato, poi corso alla recita di Lily e infine i nostri piani per i tour erano stati distrutti. Forse questo era uno dei pochi lati negativi del nostro lavoro.         
 “Che facciamo?” domandò appoggiando la testa sulla mia spalla.                                                                                                          
 “Domani ci esibiremo, poi tu parti tre mesi prima di me, girerò il mondo con te e Lily…Poi quando toccherà a me, ci inventeremo qualcosa” risposi guardando il sole.
 
*Renata*

Eravamo tornati a NYC da qualche ora. Non avevamo ancora rivisto Lily, lei ci aspettava all’arena del concerto con Shannon e Tomo. Noi intanto avevamo ripreso la macchina, buttato le valigie dentro e con ancora addosso dei vestiti estivi ci stavamo precipitando da nostra figlia. Il clima di New York era gelido, il vento ghiacciato scuoteva gli alberi spogli e la gente per le strade rabbrividiva con i caffè in mano. Non c’era tanto traffico e in pochi minuti raggiungemmo Madison Square Garden. Il parcheggio era pieno di truck, macchine della polizia e dei vari canali di musica. Erano passati due anni dal mio ultimo live e ora avrei dovuto suonare senza aver fatto prove e accordato personalmente il basso.  Scendemmo dalla macchina e una folata di vento ci colpì. Io presi subito la borsa e mi precipitai all’entrata. Appena fui dentro, andai a vedere le altre band che si sarebbero esibite, oltre ai Black Sheep e i 30 Seconds To Mars c’erano gli H.I.M, CB7 e altri cantanti pop. Dopo aver finito di leggere, capì che la serata sarebbe stata bella: avrei rincontrato Ville Valo.                
 “Guarda chi ho trovato?” domandò Jared alle mie spalle.  Mi girai all’istante e vidi la mia piccola Lilian. Sembrava che non la vedessi da una vita, era più bella, più grande e forse anche pazza. Lily si buttò tra le mie braccia, mi strinse forte e mi diede un bacio sulla guancia. 
“Mi sei mancata, come stai?” le chiesi senza lasciarla andare.                                                                                                                   
“Bene, non mi lascerai più vero?” domandò stringendomi più forte.                                                                                                          
“Oh no, sarai sempre con noi, lo zio non ti fa bene” disse Jared. Si era avvicinato a noi per prenderla in braccio e portarla nel backstage. Lily non ci aveva mai visto sul palco, sapeva che lavoro facevamo, conosceva lo studio e tutto ciò che comportava un cd, ma la gente che salta, canta e piange non l’aveva ancora vista. Arrivammo nei camerini e fummo accolti dai nostri amici. Shannon mi stritolò con un abbraccio e Tomo fece lo stesso. Cole, Helen e Matt mi saltarono addosso come se non ci vedessimo da anni. Poi vidi Ville Valo, sta volta fui io quella che salta addosso a qualcuno, lo sorpresi alle spalle e lo feci sobbalzare. Lui iniziò a ridere e come un koala mi portò da Jared.                         
“Non è cresciuta eh?!” disse Valo ridendo. Jared e Lily non riuscirono a trattenere le risate.                                                   
“No, non succederà mai!” esclamò Jay divertito. Era vero che non ero una mamma come tutte le altre, non facevo un lavoro normale, non potevo assicurarle di stare con lei per tutto l’anno e se un suo amico veniva a casa, non potevo non passare inosservata. Tutti i bambini del suo asilo ci conoscevano, il giorno dedicato al mestiere dei genitori eravamo andati a scuola e spiegato il nostro lavoro e mostrato un’arena da concerto. I suoi compagni erano affascinati da noi, ogni volta che andavamo a prenderla noi ci facevano tante domande, ci consideravano delle specie di rock-star ma Jared ed io eravamo proprio l’opposto; solo sul palco ci trasformavamo, a casa eravamo l’altra parte di noi stessi. 
“Chi sei tu?” domandò Lily indicando Ville. Lei non lo conosceva, ma lui si, l’aveva vista appena nata e varie volte fino all’età di un anno, dopo questo periodo lui era tornato in Finlandia per prendersi una pausa con la famiglia.                                  
“Mi aspettavo questa tua domanda, sono un amico di mamma e forse anche di papà, io ti conosco, so quando è il tuo compleanno e ti ho visto quando eri piccola, sei venuta anche a un mio concerto, ma tu non ti ricordi di me” rispose Ville. Lilian continuava a guardarlo con aria turbata, cercava di ricordarsi, ma era troppo piccola quando l’ha visto. Io ero ancora in groppa a Valo e Shannon mi guardava divertito, tra poco sarebbe scoppiato a ridere.                                                                                                                        
 “Non fa niente se non ti ricordi di me, ora mi ripresento. Sono Ville Valo”  disse stringendo la mano di Lily.  Lei gli sorrise e lui ricambiò.
“Quando vi esibite voi?” chiesi rafforzando la presa sulla sua schiena.                                                                                                    
“Noi alle 22, i Mars alle 22:30, voi alle 21…la tua band suona per un’ora, il resto non me lo ricordo” disse Ville.                                 
“ Ti porterai via la mamma?” chiese Lily.                                                                                                                                                                   
“Oh no!Lei non pesa, ecco perché non la lascio andare, ma ora la porto in camerino che le devo dire una cosa, posso?” le rispose il mio amico.  Lily prima di rispondere guardò Jared, lui annuì e poi lei fece lo stesso.  Valo iniziò a camminare e mi portò al suo camerino, doveva dirmi qualcosa d’importante altrimenti non avrebbe mai fatto questo. Mi posò sul divano e si sedette accanto a me. Il suo viso da solare era passato a cupo e triste.                                                     
“Raccontami tutto” dissi seria. Avevo capito che si trattava di qualcosa che lo faceva soffrire e non c’era nessun altro che poteva capirlo quanto me.                                                                                                                                                         
“Ho divorziato” disse secco.                                                                                                                                                                      
 “Cosa?!Tu e Reneé eravate perfetti!” esclamai. Non mi sarei mai immaginata che sarebbe capitata una cosa del genere a loro due, tanto meno dopo dieci anni che stavano insieme.                                                                                                                                               
“Purtroppo le cose cambiano, stavamo impazzendo insieme ed era meglio…non volevamo farci del male, e questo è ciò che dovevamo fare…solo tu mi capisci, forse dovevo cogliere l’attimo quando avevo una possibilità con te” disse triste.                                     
 “Ehm, è ora di salire sul palco” disse Jared da fuori dalla porta.
 
 
 
*Jared*

I Black Sheep erano pronti. Helen era davanti alle scalette che conducevano al palco, cantava qualcosa a bassa voce e continuava a controllare l’earmonitor. Matt, come ogni batterista, saltellava e faceva finta di suonare. Cole e Renata erano gli ultimi della fila; entrambi avevano un plettro in mano, il jack appoggiato sul collo e il basso o chitarra in spalla. Renata scaldava le dita e provava pezzi di canzoni. Cole sembrava più tranquillo, a differenza degli altri, lui mandava sms a non so chi, forse si era trovato una ragazza. La folla gridava, e chiamava le band per nome. Mancavano solo dieci minuti prima dell’inizio del concerto. Il backstage era pieno, c’era Tomo, Vicki, il piccolo Andreas, Shannon, Lily, Frà,  John, Tim ed io; i tecnici del suono comunicavano con i walkie talkie, Emma rispondeva alle telefonate ecc. Tutt’intorno a noi era preso dal caos.                                                                                                  
 “La mamma dove va?” chiese Lily afferrandomi la mano.                                                                                                                                  
 “Va al lavoro, tra poco assisterai a una cosa stupenda, ma prima devi metterti queste cuffie per le orecchie, altrimenti ti farà male il volume alto” dissi senza staccare gli occhi da Renata. Lei si stava avviando verso le scale, ma prima di salire si avvicinò a me, mi diede un bacio e un buffetto sulla guancia a Lily.  Si diresse verso il palco, si girò un ultima volta e poi insieme a Cole calcò la scena che le era tanto mancata. Sistemai le cuffie gialle a Lilian e la portai con me sul lato destro del palco; da lì potevamo vedere la gente, le telecamere e la band.  Ora, il caos era finito, tutti erano in silenzio, tra non meno di qualche secondo i Black Sheep avrebbero dato inizio alla serata. Mi girai verso Lily per rassicurarla, ma non ce n’era bisogno. I suoi occhi erano concentrati sulla mamma, brillavano e seguivano ogni movimento di Renata nonostante fosse buio. Dopo qualche minuto di attesa iniziò la musica. Matt diede l’attacco, poi si unì a lui Renata, Cole e infine arrivò a voce di Helen. Le luci illuminarono le quattro figure che poi iniziarono a muoversi a ritmo di musica. Ogni membro della band era perso, stavano provando una sensazione magnifica. L’adrenalina e la paura ti scorrono nelle vene, il tuo cuore batte a mille, ma non sai come fai a suonare davanti a tutte quelle persone o come riesci a rimanere in piedi, le gambe tremano, ma dopo i primi secondi questa sensazione sparisce e ci si perde nell’oblio. I musicisti si trasformano nella musica stessa e si assiste allo spettacolo più bello del mondo.  Renata saltava, suonava senza il plettro perché lo masticava e come sempre i sui capelli si muovevano attorno a lei incorniciando la sua figura. Lo stesso facevano gli altri; ogni tanto Helen faceva cantare il pubblico o lasciava il ritornello a Cole o Renata, Matt batteva forte sulla batteria, stava diventando un animale a forza di stare con Shannon. Il pubblico saltava, gridava, piangeva o cercava di farsi notare da qualcuno.                                                                             
“Bello eh?!” disse qualcuno alle mie spalle. Mi girai di scatto e vidi Ville. Era appoggiato alla colonna e con le braccia incrociate osservava Renata.                                                                                                                                                                   
 “Già, non la vedevo suonare da tanto” dissi girandomi di nuovo.                                                                                              
“Sai che t’invidio, non credo di essere l’unico uomo al mondo, ma sembri perfetto” disse Valo.                                             
 “Se vorresti essere me, stai commettendo un grosso sbaglio, non dovresti desiderarlo. Non sono perfetto, sono proprio l’opposto, quello che faccio è dettato dall’istinto” risposi.                                                                                                 
 “Non mi riferivo a quello, se mi vuoi ascoltare ti dico tutto” disse lui avvicinandosi a me.                                                    
 “Parla” dissi serio, sapevo a cosa si riferiva, non era piacevole sentire questa storia, ma era diventato amico mio e dovevo ascoltarlo, era un mio obbligo.                                                                                                                                                                
“Sai che ho divorziato da Reneé e ora ripensandoci mi pento di non aver colto l’occasione quando avevo un’opportunità con Renata, ora è tua, non sono come Cole, non mi metterei mai tra te e lei, volevo solo dirtelo e avvisarti sul fatto che non devi mai farla soffrire…state insieme da tre anni, ma noi maschi commettiamo sempre degli stupidi errori” disse Valo.  Sentirlo parlare di questo, mi riportò alla mente varie scene, non avrei mai voluto riviverle, ora che Renata era mia, mi sembrava assurdo immaginarmi che se non avessi deciso di farle da mentore ora starebbe con qualcun altro.
"Guarda papi!!" esclamò Lily. Mi stava tirando i pantaloni, non avevo la minima idea di cosa aveva visto, ero ancora troppo preso dai miei pensieri.

To be continued...



Non so come mi sia uscito questo capitolo, forse non ha senso, ma  spero vi piaccia...
 
 
  

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Capitolo 4
*** 4 ***


*Renata*

“C’è tutto?” domandai per l’ennesima volta a Cole. Lui se ne stava seduto sul suo letto e mi sorrideva come per dirmi che stavo esagerando con l’ansia. Tra meno di mezz’ora saremmo partiti per il tour mondiale  e con noi sarebbero venuti anche Jared e Lily. Non sapevo come sarebbe diventata la convivenza tra Cole e Jared, non erano mai stati nello stesso luogo insieme per più di due ore. Non so se avrebbero resistito a trascorrere 24h su 24 insieme, forse questi tre mesi si sarebbero trasformai nei momenti più stressanti della mia vita. Poi il rapporto più stabile che aveva era quello con Matt, lui era simile a Shannon e chiunque ci si sarebbe trovato bene; con Helen non c’era ancora qualcosa che si potesse chiamare amicizia, stava iniziando a socializzare un po’ di più, ma non si potevano definire buoni amici.                                                                                                                                                                            
 “Si, tu tranquillizzati” disse avvicinandosi a me.                                                                                                                                    
“Non posso affidarti questo compito…saresti capace di mandare i miei bassi in Canada e non…dov’è la prima data?” domandai. Cole sorrise di nuovo e mi cinse le spalle.                                                                               
“Atlantic City e dì a Jared di muoversi” disse serio. Ogni volta che pronunciava il nome “Jared” si induriva, non aveva ancora superato il problema con lui e lo stesso valeva per Jay. Forse in questi mesi avrebbero nascosto l’ascia di guerra, ma quei due sono imprevedibili, per cui è meglio non sperare.                                        
“Sono già qui” disse Jared. Era arrivato da poco, si era seduto sul divano e smanettava con il suo Blackberry. Accanto a lui c’era Lilian, lei stava curiosando, cercava di scoprire cosa stava facendo papà, non si era resa conto della presenza di Cole, ma appena lo vide sorrise e corse da lui. Jared appena si accorse del movimento seguì sua figlia con lo sguardo, ma ritornò subito al suo tweet. Lily lo considerava Cole come suo zio, lui le insegnava tutto ed era l’unico, al di fuori di me e Jared, che riusciva a dirle di no. Lei con tutti, quando voleva qualcosa, le bastava uno sguardo e otteneva quello che voleva, ma questo con zio Cole non funzionava.                                             
“Ma quanto sei cresciuta!” disse prendendola in braccio. La fece volare e l’abbracciò. Lei quando tornò tra le braccia di Cole posò il viso sulla spalla e si strinse forte a lui. Io le accarezzai la guancia. Dopo qualche secondo mi accorsi che Jared ci stava osservando, era perso tra i suoi pensieri. In quell’istante Cole sembrava il padre di Lily, in effetti, erano simili, entrambi avevano gli occhi celesti e i capelli castani-ramati, ma prima che potessi immaginarmi qualcos’altro, Lily era già tornata da papà.                                                                               
“Dove andiamo?” domandò a Jared.                                                                                                                                     
“Andiamo in giro per il mondo, assisteremo la mamma al lavoro” rispose scompigliandole i capelli. 
“Partiamo!” esclamò Matt entrando nel bus. Lui era entusiasta,forse più di tutti, sprigionava gioia da tutti i pori, questo era dovuto all’amore per la sua nuova ragazza e alla voglia di viaggiare.                                                                                           
“Come farai con Cole?” domandai sedendomi accanto a Jared. Appoggiai la testa sulla sua spalla, lui mi accarezzò i capelli e Lily fece lo stesso, si stese sopra di lui e gli diede un bacio sulla guancia.                                  
“Mah non è un problema, ma se lo diventerà, ho i rinforzi” disse a bassa voce. I suoi occhi erano concentrati su Helen e Cole che stavano litigando, entrambi volevano lo stesso letto e Matt faceva da giudice, ma non ci riusciva. Sembravano dei bambini, forse anch’io ero così tre anni fa, ma dopo la nascita di Lilian tutto era cambiato, il mio modo di pensare e di agire erano diversi. Ora non pensavo prima a me, la precedenza era di Lily e Jared, dopo se andava bene anche a loro, potevo fare quello che pensavo.                                                                         
“Tranquillo, noi tre stiamo in un altro bus” sussurrai.                                                                                                                    
 “Menomale!...e Francesca?” domandò con un filo di voce.                                                                                            
 “Qui, ma solo per una settimana, quando siamo a Los Angeles resta là con tuo fratello” risposi. Lui sorrise e tornò con la mente al litigio tra Helen e Cole.
 
*Jared*
“Secondo te ho sbagliato qualcosa?” domandai a Frà. Stavamo su di un palchetto, i fans non ci potevano vedere e noi così ci godevamo il concerto. Lei era accanto a me, teneva Lily per mano e ogni tanto le indicava Renata.                                                                                  
“A cosa ti riferisci?” domandò senza staccare gli occhi dal palco.                                                                                                  
“Di solito tu sai più cose su di me che io stesso” dissi mentre guardavo Renata saltare.                                               
“Che cosa vuoi sapere?” domandò.                                                  
 “Quello che vuoi” dissi prendendo in braccio Lily.                                                                                                                     
“Ti dico che ti adoro, sei una delle poche persone che sono rimaste costantemente nella mia vita, anche quando non c’eri, mi hai sostenuto, con i tuoi sorrisi mi hai regalato momenti di gioia, con le tue idiozie mi hai fatto ridere e con la tua voce mi hai fatto piangere…ma erano lacrime di felicità, e se questo comporta stare con voi, ne sono felice….e mi sembra ancora un sogno, non riesco a capacitami che sei qui e che mi ascolti perché lo vuoi, poi per quanto riguarda Renata, te non sbaglierai mai niente perché so come si sente, non ti lascerebbe andare per nulla al mondo, lo so che anche lei è un artista come te, ma è sempre un Echelon e come tale sei parte della sua vita e sempre lo sarai” disse con le lacrime agli occhi. Appena la vidi commuoversi, le cinsi le spalle, non mi piaceva vedere la gente piangere, non m’importava se si trattava di una cosa bella, ciò mi lusingava, ma preferivo farla ridere o arrabbiare. Le asciugai le lacrime e Frà sorrise; mi sembrava un pulcino smarrito.                                                                                                                            
“Shhh ci sono io” dissi lasciando la presa. Lei sorrise e ritornò a guardare il concerto. Io presi la Reflex ed inizia  a scattare foto alla band. Il primo che fotografai fu Cole, non avrei mai pensato che gli avrei fatto un servizio fotografico, ma la creatività mi vinse e inizia a scattare.  Cole era nella parte destra del palco, saltava, suonava, era un tutt’uno con la musica. Le sue dita si muovevano veloci, non guardava neanche il manico della chitarra, i suoi occhi erano chiusi. Gli feci vari primi piani in bianco e nero e a colori, era un bel soggetto da fotografare. Dopo puntai il mio obiettivo su Helen, con lei era più difficile fare le foto, si muoveva qua e là, un momento prima era sul pubblico e quello dopo era sul palco. Ma dopo vari tentativi riuscì a immortalarla, il suo viso era rivolto verso l’alto come se fosse illuminata, il microfono posato sulle labbra e i capelli scompigliati. Poi passai a Matt, lui era il soggetto più facile da fotografare, rimaneva in un punto preciso e l’unico movimento era quello delle braccia e testa. Dopo aver fatto il primo scatto, riguardai la foto e notai una somiglianza con Shannon; entrambi sprigionavano energia con una sola immagine e sembravano degli animali. L’ultima persona che fotografai fu Renata, lei era nella parte sinistra del palco, ogni tanto saltava, prendeva un plettro per lanciarlo ai fan, cantava e interagiva con il pubblico facendoli cantare o tenere il ritmo. Neanche lei guardava che note stava suonando, forse non ci faceva proprio caso. Con lei riuscì a fare più foto da diversi punti di vista, presi il suo viso quando si avvicinava per cantare etc. Dopo passai al pubblico e scattai foto ai soggetti più interessanti.                                                     
 “Bello” sussurrai. Stavo riguardando le foto, nel giro di qualche minuto ne avevo fatte più di cento e ognuna era diversa.  Mi girai verso Frà e scattai varie foto anche lei, non se ne era reso conto perché era troppo presa dalla musica. Gli occhi di Francesca brillavano, era rapita dalla musica; questo accadeva ogni volta che assisteva a un concerto o alla creazione di una canzone.                                  
“Non vengo bene in foto” mugugnò.                                                                                                                                       
“Ah voi donne! venite sempre bene in foto” dissi facendole vedere il mio scatto preferito. Appena lo vide sorrise e tornò al concerto.        
 “Le pubblicherai nel tuo sito?” domandò.                                                                                                                                                
 “Si!Prima le tue poi quelle degli altri” dissi indicando a Lily la mamma.
 

01.00pm

Il concerto era finito da più di un’ora, tutti erano crollati dalla stanchezza. Lily era voluta rimanere con Helen e Cole l’aveva riportata da noi addormentata; ora stava dormendo nel suo letto e il continuo oscillare del bus la cullava. La luce della luna penetrava dalla finestra della “cucina”, illuminava il salotto e la tavola, si potevano distinguere le figure degli alberi che superavamo e la sagoma della luna. Gli unici svegli, oltre agli autisti, eravamo Renata ed io. Lei era stesa sul letto che smanettava il suo Blackberry, ogni tanto sorrideva per i tweet che le mandavano e ad alcuni rispondeva.                                                                                     
“Ti salutano” disse a bassa voce.                                                                                                                                  
 “Ricambia il saluto” risposi piano.  Mi stesi accanto a lei e lessi il tweet “Concerto grandioso, ho visto Jared e Lilian, salutameli!”.  Dopo aver risposto, butto il Blackberry dietro a se e si girò verso di me. I nostri visi si sfioravano, sentivo il suo profumo e i nostri respiri si accarezzavano. Non riuscì a resisterle e la baciai con voga, volevo andare oltre, ma lei mi fermò.                                                          
 “Che c’è?” domandai senza lasciare la presa.                                                                                                                                
 “Niente, ma non voglio rischiare, ho appena iniziato il tour e non mi va di fare come tre anni fa…poi c’è Lily, gli autisti e salvo che tu non abbia un preservativo o io la pillola, ma ne dubito…no” disse. Non mi lasciò il tempo di risponderle che si era già alzata per cambiarsi, ma non trovò il suo “pigiama” e rimase in intimo. Io dovevo resistere, ma lei non collaborava; forse a forza di trascorrere il tempo con Shannon, i miei istinti animali stavano uscendo. Renata ritornò vicino a me ed io la ripresi tra le mie braccia.                                                
 “Fai qualcosa” disse affondando il viso nell’incavo del mio collo.                                                                                              
“Perché?” domandai.                                                                                                                                                                     
 “Sei come un libro per me, distraiti” rispose.                                                                                                                    
 “Enemy of mine, Fuck you like the devil Violent inside Beautiful and evil…I’m a ghost, you’re an angel…One and the same Just remains of an age…Lost in daydream What do you see?If you’re looking for JesusGet on your knees…” intonai.  
Lei mi sorrise, mi diede un lieve bacio e si spostò sotto le coperte. Dopo qualche minuto la raggiunsi; lei era già nel mondo dei sogni e il suo respiro regolare alzava leggermente le coperte, sembrava un angelo caduto accidentalmente sulla terra ed io quello che l’aveva trovato, ma non l’avrei mai lasciato volare via…

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Capitolo 5
*** Happy Birthday Lilian e Shannon (part.1) ***


 
*Francesca*

9 Marzo, L. A

Sta sera non ero nel solito palchetto con Jared e Lily, ero nella sala relax del backstage con Vicki,Andreas e Lilian; non avevamo né contatti con il palco né sentivamo la musica. Mi sembrava di essere rinchiusa in una bolla d’aria, ma questo era necessario per portate a termine la sorpresa per Lily. Oggi era il suo compleanno ed entrambe le band avevano organizzato una sorpresa. Nel pomeriggio avevamo festeggiato in modo normale i tre anni di Lily, ma sta sera Jared e Renata volevano coinvolgere il pubblico come nei loro compleanni, volevano abituare la piccola alla sua vita in tour. Era evidente che sarebbe cresciuta in luoghi diversi e che il suo compleanno sarebbe diventato qualcosa di pubblico, per cui loro avevano pensato di farla entrate in questo mondo.                                                    
“Lily non correre” dissi alzandomi dal divano. Lilian stava giocando con Andreas a non so cosa ed io avevo paura che si facesse male, non volevo vedere Jared arrabbiato.                                                                                                                                  
 “Lasciala stare” disse Vicki senza staccare gli occhi dal computer. Stava scrivendo qualcosa per lavoro, ultimamente la Warner la stava sommergendo di cose da fare.                                                                                                                         
“Ma…” non riuscì a finire la frase che lei iniziò :”Se cadono imparano che non devono fare così, preferisco che capisca perché una cosa non si fa piùttosto che non la faccia perché gliel’ho detto, se sbagliano capiranno da soli”.  Non controbattei, lei aveva più esperienza di me e poi era difficile trovare qualcosa che potesse confutare la sua idea.                                                          
“Hai idea di cosa sia la sorpresa?” continuò lei.                                                                                                                                                
 “No tu?” risposi tornando al mio posto accanto a lei.                                                                                                                                                
 “Si, sarà bellissimo…credo che sarà come tornare ai vecchi tempi…” disse chiudendo il PC.                                                           
 “A cosa ti riferisci?” domandai guardando l’ora. Erano le 22.30 e non ci avevano ancora chiamati.                                      
 “Suoneranno tutti, vedrai due batteristi etc…immagina come sarà moltiplicato per due, ogni cosa sarà doppia, le emozioni, la gente, ma la cosa che preferisco sono le canzoni che faranno...sai che Lily ama Vox Populi e Fallen…Beh per lei questo ed altro; ci sono cinquanta torte se non sbaglio e alcune di esse saranno per il pubblico, non so come, forse le lanciano” disse con un filo di voce. Lily non doveva sapere niente.                                                                                                  
 “Poi” insistetti, volevo saperne di più.                                                                                                                                                                  
“Non ti dico altro” disse sorridendo.                                                                                                                                                                               
"Per Shannon invece c’è una festa in un locale giusto?” chiese prendendo l’i-phone.                                                                        
“Si, l’abbiamo organizzata Antoine ed io” dissi.                                                                                                                                   
“Andiamo bambini, ci chiamano!” esclamò Vicki alzandosi di scatto. Era arrivato il momento tanto atteso.                                      
 “Siiii!” gridarono Andreas e Lily.  Vicki ed io camminavano lungo il corridoio dietro alle due piccole pesti che correvano verso le scale. Prima di salire li fermammo e afferrandoli per mano li conducemmo verso il lato destro del palco. Stava finendo la canzone e la folla gridava e saltava, nessuno si era reso conto di ciò che stava per accadere.  Andreas e Lily si guardavano perplessi, non capivano cosa stava succedendo e dove fossero gli altri. Non trovavano Tomo, Jared, Tim e Shannon, i bambini continuavano a cercarli, ma non c’era neanche l’ombra dei loro genitori.                                                                               
 “Stop stop” disse Jared. Era sul palco, non l’avevo visto arrivare, si era materializzato come per magia. Poi vidi gli altri, c’era Shannon seduto alla batteria, Tim con il basso e Tomo con la chitarra. Accanto a loro c’erano Matt, Renata e Cole. Helen era in mezzo al palco con Jared, stavano facendo azzittire il pubblico, il che era una missione impossibile in un concerto, ma dopo vari tentativi riuscirono a creare il silenzio e Jared iniziò il suo discorso:  “Grazie!Ma arriviamo subito al punto, oggi è il compleanno di mio fratello e della mia principessa, e come tutti sanno quando si è il tour si festeggia con tutti…è ciò che faremo ora, ma suoneremo anche qualcosa per Lily, poi vi spiego cosa faremo…Conoscete Vox Populi?”. Il pubblico gridò, evidentemente c’erano anche degli Echelon lì in mezzo.                                 
 “Bene, preparatevi a impazzire!” gridò iniziando a girare su se stesso.  Matt e Shannon iniziarono con il ritmo, era incredibile, riuscivano a suonare in sincronia. Vicki aveva ragione; mi sembrava di essere tornata al mio primo concerto, il cuore batteva fortissimo, era come se tutte le sensazioni di questo mondo si fondessero e mi colpissero contemporaneamente. Poi iniziarono gli altri, con il loro arrivo mi fu dato il colpo di grazia. Ora ero persa, e mi piaceva, tutto era più amplificato e tutti suonavano le stesse note come se fossero una persona sola.                                      
“This is a call to arms, gather soldiers  Time to go to war  This is a battle song, brothers and sisters Time to go to war…” cantava la folla. Li vedevo saltare, gridare e persi quanto me.                                                                                                                  
“Did you ever believe? Were you ever a dreamer? Ever imagine heart open and free? Did you ever deny? Were you ever a traitor? Ever in love with your bloodless business? “  cantò Jared. La sua voce perfetta, capace di far provare ogni cosa, era arrivata per colpire tutta la gente nell’arena. Mi girai per vedere Lily, e la trovai presa dalla musica, non fece caso a me, stava contemplando mamma, papà e i vari zii. Le sue labbra sottili seguivano quelle del padre, anche lei come lui aveva la luce negli occhi; entrambi amavano la musica e ogni volta che calcavano il palco o che dovevano suonare si trasformavano. Anche se Lily era piccola si capiva che era una musicista nata, forse era così perché non conosceva altro; per lei era normale tornare a casa dall’asilo e trovare i genitori suonare e prendersela con se stessi per un'armonizzazione riuscita male.       
“Lily vieni?Voi la volete qui con noi?” domandò Jay. La risposta fu ovvia: tutti la volevano vedere. Jared si diresse verso di noi con un sorriso stampato in faccia, prese Lilian in braccio e insieme a Vicki, Andreas e me ritornò sulla scena. Ero nervosa per Lily, avevo paura che s’impaurisca davanti a tutta quella gente, ma quando cercai il suo sguardo capì che dovevo stare tranquilla. Lei sorrideva e salutava tutti: era proprio una Leto.  Dopo pochi minuti arrivarono Tim, Tomo, Cole, Matt e Shannon vicino a noi con due torte grandi al cioccolato e panna in mano. Finalmente eravamo tutti e insieme al pubblico iniziammo a intonare
“Happy birthday to you…Happy birthday to you…happy birthday to Lilian Happy birthday to you!!!!”.  Tutti batterono le mani e rincominciarono a cantare la canzone in tutte le lingue che conoscevano; Tomo fece fare la ola ai fan, Shannon e gli altri lanciarono delle torte al par terra, Jared fece delle foto al pubblico con Lily: il concerto si era trasformato in una riunione di famiglia.  Dopo aver sporcato tutto il pubblico, arrivò il momento dei regali, noi non lo avevamo previsto,ma nel giro di cinque minuti fummo investiti da ogni genere di peluche, capello o gadget ricercato, tutto questo era per la piccola di casa. Era già amata da mezzo mondo, ma non se ne rendeva conto. Infatti, ringraziò come ogni bambina educata e strinse la mano ai fan più vicini al palco. La mia nipotina mi sembrava una rock-star, inconsapevole di esserlo.
 
*Jared*

Il concerto era finito, i bambini erano a letto e tutti erano pronti per l’altra festa, quella di mio fratello. Lilian e Andreas sarebbero rimasti nel tour bus con Matt, lui non poteva venire, subito dopo aver finito di suonare, si era storto la caviglia, non era grave, ma non voleva compromettere il tour. Tomo, Shannon ed io stavamo aspettando che le donne di casa fossero pronte. Matt era seduto di fronte a noi, continuava a fare zapping in tv e stava diventando fastidioso.  
“Dove andate di bello?” domandò il batterista dei Black Sheep.                                                                                                                  
“Non lo so” rispose Shan.                                                                                                                                                                                               
“Jared, che faccio se si svegliano?” chiese.                                                                                                                                                     
 “Con Lily basta che non fai rumore, pensa che tutti stiano dormendo e torna a letto anche lei” risposi guardando l’ora.
“Con Andreas vale la stessa cosa, ma se non funziona mettiti al suo fianco, così non pensa di essere da solo” disse Tomo.             
 “Ok, è la prima volta che faccio da babysitter, ma sarò bravo” disse Matt spengendo la tv.                                                                 
 “Farai bene a essere bravo, altrimenti te la dovrai vedere con noi” dissi scherzando. Tomo annuì, forse non stavamo del tutto scherzando.
 Finalmente dopo dieci minuti d’attesa uscirono Vicki, Frà e Renata. Erano bellissime. Vicki era rimasta come prima, aveva aggiunto solo un particolare, ma non riuscivo a trovarlo. Anche Francesca era molto bella, Renata era riuscita a convincerla a mettere i tacchi, era slanciata e i suoi capelli scuri e lunghi le cadevano sulle spalle accarezzandole il viso. Per ultima uscì Renata, mi lasciò senza parole, aveva dei pantaloni aderenti, dei tacchi non molto alti, una maglia bianca leggermente larga e una giacca di pelle. I suoi capelli ramati facevano da contrasto e le illuminavano il viso: non l’avevo mai vista così.                                                                               
 “Andiamo?” chiese Vicki.  

To be continued...

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Capitolo 6
*** Happy Birthday (Part.2) ***



*Jared*

Eravamo arrivati al Lava Louge, un locale dall’atmosfera tropicale situato nella Sunset Boulevard. Ci ero già entrato varie volte, il suo interno è sempre stato  ricercato e curato nei minimi dettagli, ma per Shannon avevano stravolto tutto. Le lampade tiki, il bambù e i colori accesi, erano stati  accostati a cose moderne, le luci quasi psichedeliche  creavano giochi si luce che cambiavano tutto il locale. Dentro c’era tanta gente, forse la maggior parte neanche la conoscevo. C’era la musica di Antoine, la gente che ballava con dei drink in mano e tanti camerieri con dei vassoi pieni di cocktail che giravano lungo i tavoli.                                                                                                 
“Bello eh?” disse mio fratello facendosi spazio tra la folla. Io gli annuì, tanto non mi avrebbe mai sentito. Anche Francesca si allontanò da me. Poi cercai Tomo, ma era andato al nostro tavolo insieme a Vicki.  Renata mi fece segno di muovermi, afferrò la mia mano e con agilità raggiunse Antoine. Non erano mai stati grandi amici, ma da qualche mese, non so cosa era successo, stavano lavorando insieme.  Lui, la salutò come non aveva mai fatto e lei ricambiò; poi mi salutò e mi chiese se poteva rubarmi Renata per un po’. Non so come riuscì a capire la sua domanda, ma annuì e andai da Tomo. Al tavolo non c’era tanto casino, potevamo parlare senza problemi.                     
“Da quando in qua sono amici?” domandò Tomo indicando Antoine e Renata.                                                                                        
 “Mah non lo so” risposi prendendo un margherita.                                                                                                                                 
“Sono bravi però!” disse Vicki indicandoli.                                                                                                                                                    
“Ha contagiato anche lei” disse Tomo ridendo.                                                                                                                                       
“Che ci fai qui?Vai da Renata!” disse Frà sedendosi accanto a me.                                                                                                                     
“Ok” mugugnai. Ritornai da lei riattraversando tutta quella gente che ballava e beveva. Appena mi vide, posò le cuffie, sussurrò qualcosa ad Antoine e venne da me.                                                                                                                              
“Balliamo?” sussurrò al mio orecchio.                                                                                                                                               
“Non sono un bravo ballerino” risposi sorridendo. Questo non era il mio ambiente, neanche quello di Renata, ma lei riusciva ad ambientarsi più velocemente di me, infatti, ora sembrava una che va sempre a queste feste, io dovevo solo assecondarla. Prima di ballare mi diede il suo Blackberry, non aveva tasche nei pantaloni. Lei iniziò a seguire il ritmo ed io cercavo di andarle dietro, dopo tutto non ero così male, nessuno mi guardava in modo strano, o forse erano già ubriachi. Il suo BB squillava, cercai di non prestare attenzione, ma continuava a suonare. Forse era Matt, ma avrebbe potuto chiamare anche me; presi il Blackberry, lo feci vedere a Renata, ma lei mi fece segno di rispondere. Non feci in tempo ad accettare la chiamata, ma riuscì a leggere il messaggio e il nome di chi aveva chiamato così tante volte. Era Ville Valo. “Scusami per l’altra volta, ma chiamami, ti devo dire una cosa importante…Ciao” questo era il messaggio, ma a cosa si riferiva?Che cos’era successo?E cosa c’era di così importante?E perché io non ne sapevo niente?.                                        
“Chi era?” domandò mentre stavamo tornando da Tomo.                                                                                                                  
“Ville Valo” risposi secco.                                                                                                                                                                                
“che voleva?” chiese.                                                                                                                                                                                                 
“Ah non lo so, dimmi tu…non capisco cosa succede” dissi irritato.                                                                                                            
“E ora perché sei arrabbiato?!” disse irritata anche lei.                                                                                                                                                
 “Si scusa per qualcosa, ha bisogno di parlarti…cosa dovrei pensare?!” dissi serio.                                                                                    
“A niente!” esclamò arrabbiata.                                                                                                                                                                      
“Oh si, ma certo!Preferisco sapere le cose attraverso i tabloid che da te!” gridai. Ora mi stavo arrabbiando anch’io, e vederci infuriati entrambi, non era una bella cosa.                                                                                                                             
 “Presupponi che tutti sappiano tutto e che ti debbano avvisaredi ogni minumo dettaglio della propria vita, ma non so a cosa si riferisce…e se continuerai così per le ultime settimane che sarai in tour con me, è meglio che ti fermi qui…se sei venuto per goderti il viaggio, va bene, lo farò con te, ma se non è così, è meglio finire tutto qua” disse cercando di mantenere la calma.                                        
“Bene!Io mi fermo!” esclamai, stavo andando in collera.                                                                                                           
“Bene!Io esco, ci vediamo quando ci vediamo, spero che col tempo migliori” rispose uscendo dal locale.
Ero infuriato:  la serata si era rovinata.
Ritornai al tavolo e notai che Tomo mi guardava male, sicuramente aveva assistito alla scena.
“Che ho fatto?” gli chiesi prendendo un altro drink.                                                                                                                              
“Niente” disse con aria severa.                                                                                                                                                                
“No, ora dimmelo” insistetti.                                                                                                                                                                
 “Pensa per una volta!” rispose togliendomi dalle mani il mohito.


* *  *


Dopo la  conversazione con Tomo, decisi di andare da lei; il messaggio non era un buon motivo per litigare e nessuno dei due sapeva di cosa si trattasse.  Uscì dal locale, ma non la trovai fuori. Iniziai a camminare lungo Sunset Boulevard, vidi solo macchine, gente ubriaca che barcollava e altri locali, ma non lei. Continuai il mio cammino, arrivai fino a un parco a Beverly Hills e finalmente la trovai. Era seduta sull’altalena, dondolava e guardava le stelle. Non vedevo il suo viso, non potevo farmi un’idea su cosa pensasse o su cosa le avesse detto Valo. Sembrava tranquilla in mezzo al buio, non aveva paura di stare lì da sola.                                                                                           
“Hey!” dissi avvicinandomi a lei.                                                                                                                                                                  
“Che ci fai qui?” domandò con un filo di voce.                                                                                                                                            
 “Sono con te” dissi sedendomi sull’erba. Non mi rispose, forse era successo qualcosa, forse era triste, non riuscivo a capire.       
 “Come sei arrivata qua?” chiesi. Il locale era lontano da Beverly Hills, forse una mezz’ora a piedi se non di più.                                 
“Shannon, sono venuta con lui…è andato via da poco” rispose senza guardarmi.                                                                                    
 “Sa tutto vero?” chiesi. Lei annuì, era ovvio che mio fratello sapesse tutto, e sicuramente ora lui era arrabbiato con me.                  
“Domani parto per New York, tu starai con Lily, Vero?Ho già sistemato tutto per il tour, mi sostituirà Tom, non so quanto starò via” disse continuando a guardare le stelle.  La luce della luna le illuminava il viso, c’era della tristezza mista a disperazione nel suo volto, c’erano anche delle lacrime: era accaduto qualcosa di brutto.                                                   
“Va bene, ma dimmi perché” dissi avvicinandomi a lei.                                                                                                                                    
 “Devo andare in ospedale da Alex, ha avuto un incidente, non so se è in coma…ora Ville è con lui, ma non essendo un suo amico stretto non può firmare dei documenti” rispose.                                                                                                       
 “Oh mi dispiace” sussurrai, non avevo scuse, ero stato semplicemente uno stupido.                                                                                        
“Tra quattro ore ho l’aereo, non porto valigie, tanto starò a casa, avvisa te Lily…non voglio che veniate in ospedale” disse guardandomi in viso per la prima volta da quando avevamo iniziato a parlare.                                                                             
 “Non ti lasceremo là da sola, io non ti lascerò” dissi. Lei mi sorrise, forse mi aveva perdonato. Guardò l’ora, prese subito il telefono chiamò mio fratello e si girò per andarsene. Prima che si potesse muovere, le afferrai la mano, la tirai verso di me e l’abbracciai. La strinsi a me, lei affondò il viso nel mio petto e iniziò a piangere. Le sue lacrime mi bagnarono la maglietta ed io più la sentivo triste più la stringevo, non volevo vederla così.                                                                
“Devo andare” sussurrò staccandosi da me.                                                                                                                                       
 “Ciao” dissi. Lasciai la presa, le diedi l’ultimo bacio e se ne andò. La vidi salire sulla macchina di Shannon con direzione l’aeroporto di Los Angeles.  

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Capitolo 7
*** 7 ***


*Renata*

“Finalmente sei qui!” esclamò Ville alzandosi dalla poltrona. Era seduto accanto al letto di Alex, che se ne stava indisturbato con gli occhi chiusi: sembrava stesse dormendo. Attorno a noi c’era solo il silenzio spezzato dal continuo suono della macchina per l’ossigeno e di quella per sentire la regolarità del suo battito cardiaco. L’atmosfera era tetra, anche la città lo era, fuori pioveva e le gocce d’acqua si posavano sulla finestra della stanza, gli alberi si muovevano così forte da sembrare che volessero liberarsi dalle foglie, niente sembrava felice a New York.                                                                                                                                                                                       
 “Hey!” dissi avvicinandomi al letto. Appena fui vicino a Ville, lui mi abbracciò, mi stava quasi soffocando nonostante fosse uno stecchino, ma non avrebbe mai retto il confronto con Shanimal.                                                                                             
 “Come stai?” domandò lasciando un po’ la presa.                                                                                                                                        
“Bene, mi stai soffocando” mugugnai. Valo mi sorrise lasciandomi andare.                                                                                                   
“Ma Jared e Lilian?” domandò prendendo una sedia.                                                                                                                                
 “Sono in tour, Jared deve spiegare a Tom qualcosa, poi viene qua, forse tra un paio di giorni” dissi sedendomi di fronte a lui.        
 “Tom?Chi è?” chiese guadando fuori dalla finestra. Nei suoi occhi verdi si rifletteva la pioggia che cadeva, erano così intensi, quasi come quelli di Jared, ma nel suo sguardo oltre alla felicità di avermi al suo fianco, c’era la paura mista a tristezza; si trovava in quella stanza di terapia intensiva per caso, non era molto legato ad Alex, ma il giorno dell’incidente c’era anche lui, aveva visto tutto e non aveva potuto fare niente.                                                                                          
 “Quello che mi sostituirà per qualche settimana, dipende tutto da Alex” risposi.                                                                                           
“Devi trovarti un’assistente personale, sei mamma, rockstar e tante altre cose, è difficile gestire tutto” disse scuotendo la testa come per scacciare via i ricordi.                                                                                                                                            
 “No, non voglio stressarla come Jared fa con Emma, lei è una santa” dissi sorridendo.                                                                   
 “Niente storie, abbiamo tanto tempo da passare qui, ora scrivo un volantino, poi lo spargeremo per New York!” esclamò.                
 “Non voglio un’assistente” precisai. Lui non mi diede retta come al solito, prese un foglio dalla sua tracolla e iniziò a scrivere. Non staccava gli occhi dal pezzo di carta che aveva appoggiato sulle ginocchia, scriveva così velocemente che sembrava preso dall’ispirazione. 
“Fatto!” esultò mostrandomi il foglio.                                                                                                                                                             
“Tu sei pazzo!” dissi iniziando a leggere.                                                                                                                                                       
 “Tu leggi, poi dimmi se va bene” insistette Valo.

   -Cercasi assistente personale per “rock star”. Lo so che stai leggendo il volantino e se vuoi questo lavoro, devi essere disposto/a a viaggiare, sopportare le crisi del tuo capo, parlare varie lingue, ma soprattutto amare la musica.
Questo volantino non è una truffa.
Chiama il numero: 555-785-1234 –

“Questo volantino non è una truffa?!” esclamai divertita.                                                                                                                       
 “Scusa, ma che ne sai a che cosa pensa chi sta leggendo il volantino?Per me va bene così” disse.                                                      
“Va bene, quando li spargiamo per la città?” chiesi.                                                                                                                                
 Lui sorrise, guardò fuori dalla finestra e disse :”Ora!”                                                                                                                                          
 “E Alex?” domandai.                                                                                                                                                                                  
 “Dovrebbe svegliarsi tra qualche ora, se i medici hanno ragione” rispose. Ville si era già alzato, si stava vestendo per uscire: stava facendo sul serio. La lunga sciarpa bianca gli avvolgeva il collo, coprendogli la bocca, il cappotto nero slanciava la sua figura, lo rendeva più alto di quanto lo era già e il suo immancabile cappello grigio, lo faceva sembrare uno gnomo troppo cresciuto. Io ero ancora seduta sulla poltrona, osservavo il mio amico che con tanta pazienza mi aspettava davanti alla porta.                                                
“Muoviti!”gridò dal corridoio. Solo lui in ospedale gridava.                                                                                                      
 “Arrivo!Arrivo!” risposi prendendo la giacca al volo. Mentre correvo verso l’ascensore, gli occhi delle infermiere e dottori erano puntati verso di me che cercavo di precipitarmi da Ville e nel frattempo indossavo la sciarpa, il cappello e la borsa. Stavo rischiando di cadere per terra.                          
 “Andiamo?” chiese Valo fermando la porta dell’ascensore.                                                                                                                     
 “Si” dissi con il fiatone. 
 

Era mezz’ora che girovagammo per New York con la metro, Ville voleva arrivare al centro preciso della città e da lì iniziare ad appendere tutti i volantini. La gente seduta accanto a noi, ci osservava e si chiedeva “perché non c’è Jared?chi è lui?Forse lei ha chiuso con Leto”, le loro ipotesi erano buffe, io ridevo e Ville faceva o stesso: sembravamo più pazzi di quanto lo eravamo veramente.                    
“Scendiamo” dissi dandogli una pacca sulla spalla. Uscimmo dalla stazione della metro ridendo per le altre storie che si erano inventati i passeggeri. Eravamo a Manhattan. C’erano palazzi, gallerie d’arte e bar che si fiancheggiavano armoniosamente, gli alberi verdi pieni d’acqua facevano da cornice alla parte moderna e il cielo grigio faceva risaltare i colori più vivi. C’era tanta gente in giro, tutti erano imbacuccati e con il caffè tra le mani camminavano. Ville ed io entrammo in un bar, dove potevamo anche fotocopiare. Lui andò verso la fotocopiatrice ed io presi un tavolo e ordinai due caffè. Anche la gente del bar ci guardava, sembrava che non mi avessero mai visto con nessun altro al di fuori di Jared.                                                                                                                                                           
 “Eccole!” esultò Ville sedendosi con me.                                                                                                                                                           
 “Bene, non ti senti osservato?” chiesi quasi sussurrando.                                                                                                                                    
“Si, ma non mi da fastidio, siamo abituati no?!Non mi stupirei se domani trovassi le nostre foto sulle copertine dei tabloid, tanto Jared sa tutto, non m’importa cosa pensa la gente…sarei tentato di divertirmi, illudere i nostri osservatori” rispose con un filo di voce.      
 “Andiamo a spargere i volantini” dissi alzandomi.  Valo mi seguì e cingendomi le spalle uscimmo.                                             
“Prima tappa negozi di musica e caffetterie per musicisti, poi il resto nei negozi” disse aprendo l’ombrello. Ora pioveva più forte di prima, e per non bagnarmi fui costretta a abbracciare Ville. Lui appena sentì il mio braccio avvolgergli la vita sorrise, non so cosa si stava immaginando e non volevo neanche saperlo: da lui potevo asspettarmi di tutto.                 
 “Sono più morbido di Jared?” chiese ridendo.                                                                                                                                         
 “Molto divertente, lui ha più muscoli di te, ma non illuderti” risposi.                                                                                                  
“Aspetta qui, entro in questo bar e lascio un paio di volantini” sussurrò dandomi l’ombrello. Ville entrò di corsa e iniziò a gesticolare con la commessa, mi indicò per spiegare qualcosa e riuscì a trovare dei possibili pretendenti per il lavoro. Andammo avanti così per un paio d’ore, finché non arrivò la sera e fummo costretti a ritornare da Alex. Non mi ero mai divertita così, sotto la pioggia era riuscito a farmi distrarre dall’incidente. Mi ero totalmente dimenticata della presenza dei paparazzi, che di sicuro avevano scattato una miriade di foto travisando tutto ciò che c’è tra me e Valo.
 

*Jared*

Era da un paio di giorni che non vedevo Renata, Lilian  voleva raggiungerla al più presto, non voleva perdere neanche un secondo. In questi giorni avevo cercato di fare tutto il più velocemente possibile per accontentare Lily e finalmente  ora stavamo andando dalla mamma. Mentre giravamo per New York in taxi, non potevo far a meno di pensare all’incidente, Renata mi aveva raccontato tutto e ora non riuscivo a togliermelo dalla testa. Sicuramente Ville era messo peggio di me, lui era con Alex e aveva vissuto tutto, ogni minima sensazione, paura, non so come faceva a stare così tranquillo.                                                                                                                       
“Papi quando arriviamo?” chiese la mia piccolina. Lily era seduta accanto a me, l’avevo vestita come suo zio, non ero capace ad abbinare gli abiti dei bambini. Ma a lei non importava, ormai mi conosceva meglio di tutti, sapeva quando qualcosa non andava e quando avevo bisogno d’aiuto. Lei riusciva a farmi sembrare più umano e indifeso; e quando stavo male o lei era ammalata, passavamo tutta la giornata insieme, lei si stendeva accanto a me o sopra di me, posava il suo viso nell’incavo del collo e rimaneva lì per ore, fino a quando non stavo bene.                                                                                                                                              
 “Tra poco” risposi sorridendo.  

To be continued...


Non so come mi sia uscito questo capitolo, ma mi piacerebbe sapere cosa ne pensate della storia, così da poter capire cosa va bene e cosa no.

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Capitolo 8
*** 8 ***


*Jared*

“Mi scusi a che piano si trova Alex Wright?” chiesi all’infermiera.                                                                                     
 “Terzo piano stanza 15” rispose senza degnarmi di uno sguardo.                                                                                                 
 Presi Lily per mano e ci incamminammo verso l’ascensore. Erano le otto del mattino, Lily ed io avevamo viaggiato per tutta la notte e non eravamo stanchi. Non sapevo se avrei trovato Renata, forse era a casa che dormiva, forse era qui stesa sulla poltrona. In ogni caso volevo vedere le condizioni di Alex, sapevo che non era più in terapia intensiva e che ormai si era svegliato, ma volevo controllare con i miei occhi; non che non mi fidassi, ma dovevo rassicurarmi da solo.                                                                                                                                 
 “Lily, tu sei nata qui” dissi mentre camminavamo lungo il corridoio.                                                                                  
 “Come?” chiese corrugando la fronte, lei non sapeva che i bambini nascevano in ospedale, la sua ipotesi non era quella della cicogna, credeva che i bambini nascessero da delle pasticche.                                                                                       
“La mamma ed io siamo dovuti venire qui a prenderti, mi ricordo ancora tutto…io ero nervoso e la mamma arrabbiata perché io la agitavo, poi sei arrivata tu, c’erano tutti” dissi.                                                                                                           
 “Anche Shanimal?” domandò.                                                                                                                                                    
  “Certo, lo zio ti ha cullata per primo…eri piccolissima” risposi. Lei continuava a pensare, cercava di ricordare, ma non si rendeva conto che era troppo piccola per rammentare quei momenti.                                                                                                    
“Mi fai vedere i bambini appena arrivati?” chiese tirandomi per mano. Io annuì, e invece di andare diritto svoltammo a destra, verso maternità. Quel corridoio era pieno di ricordi, mi ritornò alla mente tutta l’agitazione di tre anni fa e la paura per Renata a causa del dolore, ma c’era anche molta gioia di avere la mia piccola principessa in braccio. Dopo aver superato varie stanze, raggiungemmo la sala dei neonati. Presi Lily in braccio e le feci vedere i bebè, accanto a noi c’erano dei padri che ammiravano i propri figli. Lilian osservava quei piccoli esserini con tanta attenzione, ogni tanto sorrideva e cercava di andare oltre al vetro che ci separava tra loro.                          
 “Ora andiamo da Alex?” chiesi posandola a terra. Lei annuì, mi prese per mano e ci dirigemmo verso la stanza numero 15.

 
La porta della stanza era aperta. Non bussai, forse stavano dormendo ancora, così Lily ed io entrammo lentamente. La finestra era aperta, la luce fioca del cielo illuminava il pavimento, dove erano stati lasciati due pc, vari spartiti e due tazze di caffè. Il letto di Alex si trovava proprio al centro, lui dormiva girato sul lato destro, non aveva più attaccato né il flebo né l’ossigeno: evidentemente stava bene. Alla sua destra c’era un tavolino cui era stata appoggiata una chitarra. C’era anche una sedia, ma nessuno era seduto lì. Mi avvicinai di più al letto e finalmente vidi Renata. Era stesa sulla poltrona, aveva un libro tra le mani e la coperta che le arrivava fino alla vita. Dormiva indisturbata in quella  posizione così scomoda.                                                                                                                                                                          
“Ciao!Vuoi un caffè?” domandò Ville alle mie spalle. Riconobbi subito la sua voce, non era facile da confondere, era così profonda e grave.  Era tutto sorridente appoggiato alla porta, tutto vestito per il freddo di New York e tra le mani aveva cinque caffè e delle ciambelle.  
“Ciao…ehm si grazie” dissi facendolo passare. Prese un caffè e me lo diede. Poi scompigliò i capelli a Lily e le diede un’altra tazza. Lilian guardò perplessa quella specie di tazza e dopo un po’ d’indugi si decise a bere.                                                                                         
“è cioccolata”bofonchiò togliendosi la giacca.                                                                                                                                        
 “Grazie” disse Lily sedendosi sulla moquette blu.                                                                                                                                   
 “Ciao!” disse Renata sbadigliando. Si era appena svegliata, aveva gettato a terra il libro e tolto la coperta.                           
 “Ben alzata!” esclamammo Ville ed io.                                                                                                                                                      
 “Oh Lily, come stai?” domandò alzandosi dalla poltrona. Lilian appena vide in piedi Renata, lasciò la cioccolata per terra e corse tra le braccia della mamma che la presero al volo e la strinsero forte a se.                                                                        
 “Mi sei mancata” mugugnò Lily.  Renata affondò il viso tra i capelli di nostra figlia e si diresse verso di me. Ora la vedevo più serena, non come l’ultima volta a LA. Le porsi il suo caffè e le cinsi le spalle.                                                                        
  “E tu come stai?”domandò lasciando che Lily tornasse alla sua cioccolata.                                                                                         
“Bene…non sei più arrabbiata con me?” chiesi sorridendo come solo io potevo. Lei rise leggermente e mi baciò.
“Secondo te?” chiese staccandosi da me.                                                                                                                                                   
“Non so fammi riprovare” dissi. Non le lasciai il tempo di rispondermi, che la baciai di nuovo, ma non delicatamente come prima.        
“Ora ne sono certo…Alex come sta?” continuai.                                                                                                                                                
 “Io sto bene, oggi mi dimettono” disse Alex. Non me ne ero reso conto, ma Alex era veglio e aveva tra le mani il suo caffè, accanto a lui c’era Lily che gli faceva varie domande e Vile che li guardava divertito.                                                                     
 “Beh sappi che ti trascinerò in tour con me e oggi, se vuoi, dovrai aiutarmi a scegliere il mio assistente personale” disse Renata avvicinandosi all’amico.                                                                                                                                                               
“Teoricamente dovresti essere fuori dall’ospedale entro due ore” precisò Valo.                                                                           
 “Allora mi vado a preparare, non vedevo l’ora di togliermi questo pigiama!” esultò Alex.                                                         
 “Mami! ”gridò  Lily.                                                                                                                                                                                                 
“Si tesoro?” rispose Renata.                                                                                                                                                                
 “Prima con papà ho visto i bambini appena nati, mi regalate  un fratellino?” chiese.                                                                            
 “Ehm, cosa hai fatto con papà?” chiese imbarazzata.                                                              
 “Voglio un fratellino!” insistette Lily.                                                                                                                                                         
“Lilian Leto, non fare i capricci” la rimproverai.                                                                                                                                                                
“Sai Lily?Secondo me arriverà un fratellino o sorellina, ma devi aspettare, ora la mamma sta lavorando tanto e tra poco anche papà, sii paziente” disse Ville mentre sistemava le cose nella sua tracolla.                                                                
 “Va bene, ma io lo voglio” brontolò la piccola.                                                                                                                           
“Andiamo a veder queste aspiranti assistenti?” chiese Alex. Era appena uscito dal bagno, si era cambiato: era pronto per andarsene da quell’ospedale e lasciare tutti i ricordi lì.   
  
 
*Renata*

“Avanti il prossimo!” dissi. Fin ora avevo visto dieci ragazzi, ma nessuno m’ispirava. Questa era l’ultima e se non fosse stata quella giusta, avrei smesso.                                                                                                                                                                         
 “Ciao!Sono Roxi” disse. Davanti a me, vidi una ragazza molto bella, piena di tatuaggi, i capelli colorati, insomma, magnifica, diversa dagli altri.                                                                                                                                                                                    
 “Ciao, non so se posso definirmi capo…comunque abbiamo poco tempo perché, se tutto va bene entro questa sera inizi a lavorare” dissi contenta.                                                                                                                                                                 
 “Ok, dimmi tutto” rispose Roxi.                                                                                                                                                                         
“Iniziamo con le domande…Sei creativa?Buona ascoltatrice?Paziente?Amante della musica?Quante lingue parli?Brava con i bambini e con le crisi di una specie di rock star?E se arrivasse Jared, saresti capace di reggere tre pazzi?Hai una cotta per Cole o Matt?” chiesi a raffica.                                                                                                                                                                
 “Ok, sono creativa, paziente nel minimo indispensabile, ma se hai bisogno di me, io ci sono, non mi tiro indietro…amo la musica, altrimenti non sarei qui, parlo solo inglese e con i bambini me la cavo benissimo, poi considerando che neanche io sono normale, con te e Jared mi troverei bene…e Cole mi sembra carino, ma ho un fidanzato” rispose.                    
  “Ok il lavoro è tuo, il tuo stipendio di 7000 $ sarà direttamente messo nella tua carta di credito che ti darò e se vorrai portare degli amici a dei concerti o festival, fammelo sapere…e ti avverto che da ora inizi a lavorare, per cui vai a casa fai una valigia e preparati a sparire per un anno, ti aspetto al Madison Square Garden” dissi alzandomi dalla sedia. Roxi rimase sconcertata davanti a me, forse ero stata troppo veloce, ma lei mi piaceva e volevo qualcuno così che lavorasse con me. Mi girai un ultima volta per salutarla con la mano, lei fece lo stesso, non riusciva a emettere parola.


 
Le braccia di Jared mi avvolgevano la vita e il suo viso appoggiato alla mia spalla mi sfiorava la guancia con la barba. Eravamo arrivati al Madison Square Garden da qualche minuto; Lily era in macchina, seduta nel suo seggiolino che ci aspettava insieme a Alex. Roxi sarebbe dovuto arrivare tra pochi minuti, non vedevo l’ora di scoprire la reazione di Jared.                                                            
  “Com’è?” chiese.                                                                                                                                                                                                    
“Non te lo dico” sussurrai.                                                                                                                                                                  
 “Uffa!Io mi vendico” disse ridendo.                                                                                                                                                              
 “Come?” domandai dandogli un bacio sulla guancia.                                                                                                                                 
“Così” disse divertito. Jared mi baciò il collo e lentamente iniziò a farmi il solletico, stava cercando di indurmi svelare qualche particolare. Ma io non avrei ceduto mai. Io cercavo di fermarlo, tra poco sarei caduta a terra dalle risate e non volevo fare brutta figura davanti a Roxi. Alex e Lily ci guardavano divertiti dalla macchina, forse ci stavano prendendo in giro.                                                                                    
“Hey!” disse qualcuno.                                                                                                                                                                                          
Jared si bloccò all’istante e imbarazzato disse : “Tu sei?”.                                                                                                                  
 “Roxi, l’assistente di Renata” rispose.                                                                                                                                                                  
 “Io sono Jared e scusa, ma il tuo capo è strano…poi capirai” disse lui.                                                                                                          
 “Ok, tutti ci siamo presentati, ora andiamo…Jared metti la sua valigia nel bagagliaio e andiamo all’aeroporto!” esclamai contenta. Jay eseguì i miei ordini e Roxi salì in macchina. Lily la accolse bene, anche lei le fece domande del tipo: qual è il tuo cartone preferito?qual è il tuo colore preferito? Etc.   

 
Stavamo volando per Seattle, tra poco sarei tornata al lavoro. Avevo dormito per gran parte del viaggio, ero troppo stanca, tutte le notti passate insonni all’ospedale si facevano sentire. La mia testa era piena di ricordi, ricordi che non volevano andarsene via e gridavano dalla voglia di uscire fuori. Le giornate passate con Ville, le canzoni composte e le lunghe attese per gli esami di Alex: tutto era finito, ora si tornava alla vita normale. I live, i fan, gli autografi, i servizi fotografici, tutto il caos sarebbe ritornato. Ma ora c’era Roxi, lei avrebbe amministrato tutto, forse l’avrei stressata, ma sicuramente avrebbe imparato il lavoro. Lily e Jared dormivano al mio fianco, erano stesi nella stessa posizione, stesso modo di tenere la coperta, in tutto erano uguali. Lilian si teneva al braccio destro del papà, e lui le cingeva le spalle come per non farla cadere. Andreas scriveva qualcosa con il suo portatile, non si rendeva ancora conto in cosa si era andato a cacciare, il mio tour non era qualcosa di facile da sopportare sia fisicamente sia psicologicamente. E infine, la mia nuova assistente, se ne stava indisturbata al suo posto, guardava le nuvole e forse immaginava cosa le sarebbe successo domani sera. Le nostre vite erano cambiate. 

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Capitolo 9
*** 9 ***


*Renata*

Jared se ne stava seduto per terra vicino alla finestra, i suoi occhi erano rivolti verso la strada e lo sguardo era tagliente e freddo come il ghiaccio. Il suo viso era serio, non arrabbiato, stava cercando di non litigare per cose stupide, come le definiva lui, ma questo suo comportamento mi innervosiva ancora di più. Lo detestavo quando voleva avere solo lui ragione, poi finivamo per non parlarci per un paio di ore, dopo uno dei due cedeva e tutto ritornava quello che era. Ma oggi era il nostro ultimo giorno insieme e non volevo trascorrerlo così; domani lui sarebbe tornato a L A e dopo un paio di giorni avrebbe iniziato il tour mondiale con i 30 Seconds To Mars. Lily non era con noi, era uscita con Cole a fare un giro per Helsinki, era la prima volta che girava così tante città e non era ancora abituata a questa vita.                                                                                       
 "Ok, questo silenzio è insopportabile, e non voglio trascorrere le ultime ore con te così, so a cosa stai pensando...per me sei come un libro, più ti vedo più ti capisco, non ho bisogno che tu mi parli, ma ora basta" dissi sedendomi accanto a lui. Jared si girò, mi guardò e sorrise. Era come se il ghiaccio dei suoi occhi, si fosse sciolto con il primo raggio di luce dopo l'inverno, anche il suo sorriso era tornato quello di prima.                                                                                                                                                                                                                                 "Hai ragione sai?" disse prendendomi la mano.                                                                                                                                                                                                                                                   "Io ho sempre ragione" dissi intrecciando le mie dita con le sue.                                                                                                                                                              
 "Si, si, come no!" esclamò divertito. Jay si avvicinò a me, con le mani prese il mio viso e mi baciò delicatamente.
"Che facciamo?" chiesi alzandomi da terra, la moquette dell'albergo non era così comoda.
"Ehm...siamo a Helsinki, rischierei d'incontrare Ville e non voglio, possiamo girare per la città come dei turisti...non so decidi te!" rispose alzandosi anche lui da terra.
"Allora gireremo per Helsinki e se incontriamo Ville, lo saluti" dissi prendendo la borsa. Jared fece una smorfia, non gli andava di incontrare Valo, soprattutto dopo la loro litigata, ma da bravo prese gli occhiali da sole e il blackberry.Io ero pronta e anche lui, così lo spinsi fuori dalla camera e ci precipitammo in reception per lasciare le chiavi. Una volta usciti fummo assaliti da una folata di caldo, anche se eravamo in Finlandia, a luglio il clima era insopportabile; i capelli erano pesanti, la pelle appiccicosa e la bocca così impastata che urla per un po' d'acqua: non sembrava di stare a Helsinki.
"Sembra di essere a LA" disse Jared prendendo una starda a caso.
"Già" mugugnai.
Nel giro di pochi minuti raggiungemmo la piazza principale; c'era molta gente, tutta indaffarata a non farsi prendere dal caldo, nessuno ci notava o forse si e noi non ce ne rendevamo conto. Ma dopo un po', iniziarono ad avvicinarsi dei ragazzi; ci avevano ricosciuto e volevano delle foto o autografi. Iniziò anche un brusio, tutta la gente che ci circondava iniziò a dire la stessa scosa, non capivo niente, era tutto in finlandese. Dopo un po' iniziarono a indicare un punto in mezzo alla piazza: era arrivato qualcuno. Tutta questa confusione stava attirando anche me. Decisi di girarmi, e finalmente vidi l'uomo misterioso. Era Ville valo. Stava camminando verso di noi; indossava una camicia bianca, i capelli raccolti e gli occhiali da sole che nascondevano i suoi occhi verdi. Anche Jared lo vide, il suo viso s'indurì all'istante.
"Ciao!" disse Valo.
"Hey!" risposi sorridendo. Jared si limitò a un sorriso.
"Come mai qui?" chiese abbracciandomi.
"Lei ha una data qui" disse Jay.
"Oh ci vediamo sta sera!Ora vado a trovare Denise e Alice" disse sorridendo.
"Ci vediamo" rispose Jared facendo un cenno con la mano. Ville si allontanò, e noi tornammo al nostro lavoro di musicisti.


 

*Jared*

Il concerto sarebbe iniziato tra poco, tutta l'arena era piena, c'erano 30 000 persone che aspettavano i Black Sheep. Nel backstage, come al solito, regnava il caos. Roxi parlava al cellulare con una fotografa, scriveva un' e-mail a una casa discografica e seguiva Lily che continuava a correre lungo il corridoio. Alex girovagava per i camerini e ogni tanto andava a vedere come stava il pubblico. I tecnici regolavano i volumi e gli ultimi aggiustamenti alle luci. Helen era seduta sul divano, ripassava una nuova canzone e sistemava da sola il suo earmonitor. Cole e Matt erano seduti sulle scale che portavano al palco, chiacchieravano su come poter modificare le canzoni sta sera. Renata era appoggiata a una colonna, aveva il basso in spalla, il jack in mano e un plettro in bocca. Mormorava qualcosa, ma non capivo cosa.
"Che fai?" chiesi appoggiandomi accanto a lei.
"Mi ripeto la tabulatura di una canzone e aspetto Ville" rispose.
"Viene anche lui?" domandai serio.
"Si, e non arrabbiarti" disse sorridendo.
"Tanto sai che non ti ascolto" risposi secco.
"Jared Joseph Leto, sai benissimo che l'unico uomo che voglio e desidero sei te. Nessuno è come te, secondo me, non c'è uomo al mondo capace di farmi arrabbiare, piangere, ridere e impazzire allo stesso tempo, nessuno mi sveglia ogni mattina come sai fare te...senza di te sarei...non sarei qui, probabilmente sarei una ragazza che va ai tuoi concerti e che sogna di poter incrociare il tuo sguardo e magari che tu possa darle qualche minuto di attenzione" disse accarezzandomi la guancia. "E io avrei fatto di tutto per incontrarti" precisai avvicinandomi per baciarla.

 

Il concerto era iniziato da più di un'ora, tutto andava alla perfezione, ma io non riuscivo a seguire la musica, continuavo a pensare al mio primo incontro con Renata. Tutto era iniziato sei anni fa, quando il mio agente mi aveva pregato di sentire una nuova band. Inizialmente non ci volevo andare, un nuovo gruppo, che avrebbe debuttato tra meno di un mese non attirava la mia attenzione. Ma l'agente continuava a insistere e fui corstretto a seguirlo. E non mi sono mai pentito di questo incontro; dopo aver varcato la soglia di quello studio di registarzione, mi ritrovai davanti agli occhi Helen, Matt, Cole e Renata. Tutti e quattro mi sembravano fuori dal normale, ma non avevo ancora capito che erano degli animali da palco scenico. Loro iniziarono a suonare, il mio orecchio venne conquistato da quella melodia e i miei occhi attratti da una persona in particolare, era Renata. Lei si distingueva dagli altri tre, si capiva che stava respirando musica e che nelle sue vene scorreva pura magia. Durante quei tre minuti non riuscivo a staccarle gli occhi di dosso. L'attrazzione non era fisica, sentivo un'affinità, ma non capivo di cosa si trattasse, l'unica cosa chiava e che dovevo averla. Da quel momento iniziò la mia avventura, mi lasciai trascinare, giorno dopo giorno la conoscevo di più, fino al fatidico giorno in cui confessai tutto. E ora sono qui, nel backstage del suo concerto con nostra figlia che dorme appoggiata alla mia spalla.

01.00

Il concerto era finito. Tutti erano nelle proprie stanze d'albergo, la stanchezza aveva assalito tutti. Lily dormina nel suo lettino abbracciata al suo teddy. Io ero sveglio, non volevo sentirmi il tempo scorrere dalle mani e non trascorrere la mia ultima sera con lei. Renata era seduta per terra, ascoltava la musica e guradav le foto che avevo fatto in questi ultimi mesi.
"Sei bravissimo...Ah quante volte te l'avrò detto!" esclamò senza staccare gli occhi dalla Reflex.
"Non è merito mio, io catturo dei semplici momenti...fermo le immagini, tutto è già pronto.Io solo scatto" sussurrai.
"Non è vero" disse con un filo di voce.
"Te sei perfetta" dissi tirandola verso di me. Il suo corpo andò contro il mio, il suo viso sfiorò il mio e senza lasciarla indietreggiare la stinsi a me. Presi le sue mani, le nostre dita si intrecciatono e con decisione la stesi a terra. Lei si lasciò sovrastare da me. Le mie labbra volevano le sue, con avidità e passione le pretendevano. I nostri corpi si sfiorarono ed iniziò tutto
.  

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Capitolo 10
*** 10 ***


"Ripeti con me -Yo me llamo Lilian-" dissi. Le mi lezioni di spagnolo per Lily erano iniziate ormai da due settimane. I suoi progressi erano evidenti; ora pralava inglese, italiano e un po' di spagnolo. In questo differiva dal padre, Jared era incapace con le latre lingue, in particolare con lo spagnolo. Quando cercava di parlare, non si capiva niente e se dovevamo andare dai miei genitori in Spagna, dovevo fargli da interprete.
"E' ancora piccola!E' già stupendo che sia bilingue...per la terza può aspettare" mugugnò Shan. Lui stava guidando, era raro vederlo al volante, soprattutto se non eravamo a LA o NYC, ma oggi mi avrebbe accompagnata da un tatuatore di Parigi al Paris A&B Ink. Tra poche ore, mi sarei tatuata sul fianco destro una carpa koi circodata da onde e petali di fiori orientali.
"Shhh...non voglio fare l'interprete per due persone, quando avrai tuo figlio lo scoprirai" risposi seria. Ci tenevo a che Lily imparasse più lingue possibili. "Ok, Ok...sei isterica come quando eri incinta! E se avessi un figlio mio, non sarei bravo come te" disse curvando a destra.
"Ti ricordo che la via è 22 rue charles rossignol" dissi. Avevo paura che sbagliasse. Lui annuì e continuò a seguire il TomTom.
"Mamma dove andiamo?" chiese la piccola.
"A fare un tatuaggio molto bello" risposi.
"Ma io ho paura!" esclamò Lily.
"Oh tesoro!Non lo farai te, lo farò io, però tu e zio mi terrete la mano quando inizierà a farmi male...va bene?" dissi accarezzandole i capelli per rassicurarla.
"Si....e papà?" domandò.
"Sta facendo un'intervista, ma verrà, me lo ha detto" rispose Shannon.
"Va bene" disse Lily.
"Siamo arrivati!!" esclamò Shan con un sorriso stampato in faccia. Scesi subito dalla macchina, tolsi Lily dal seggiolino e insieme a Shannon entrai nello studio. L'atmosfera interna era serena, c'erano vari quadri appesi, ma i colori predominanti erano il rosa e il ficsia : era troppo.
"Neanche la stanza di Lily è così" sussurrò Shan. Io gli diedi una botta sul fianco, ma non la sentì e continuò con le sue critiche.
"Ciao, ecco lo stencil...ti piace?" domandò un ragazzo, probabilmente quello che mi avrebbe tatuato. Era molto giovano, alto, biondo, occhi verdi, ma era diverso da tutti i parigini che conoscevo, le braccia erano piene di tatuaggi, ai lati del labbro inferiore c'erano dei piercing e un cappello viola gli copriva i capelli lasciando intravedere solo qualche ciocca. Dopo aver esaminato il mio tatuatore, passai al disegno. La carpa koi, era magnifica, sembrava che stesse nuotando sul serio e i petali dei fiori erano mossi dal vento. Le dimensioni erano perfette, sarebbe arrivata fino alla piuma che avevo sulla spalla e che avrei unito all'acqua in qualche modo.
"Stupendo" dissi ancora presa dal disegno.
"Ci piace" riconfermarono Shan e Lily.
"Procediamo?" chiese il tatuatore.
"Aspettate!" esclamò qualcuno alle mie spalle. Era Jared. Lui era appena entrato, aveva il fiatone da quanto aveva corso. Non lo vedevo da un mese e non era cambiato.
"Hey bro!" esclamò Shan sorpreso.
"Papà!" gridò Lily contenta.
"Hey!" lo salutai per ultima.
"Posso vedere il disegno?" domandò Jay. Lily era passata tra le braccia del papà che la stingeva forte a se. Il tatuatore gli mostrò lo stencil e come avevo previsto, gli piacque molto.
"Andiamo!" esclamai. Ormai tutti erano arrivati e potevamo iniziare.
"Oh non mi sono presentato, sono Axel e oggi ti tatuerò io" disse facendomi accomodare sul lettino.
"Piecere, io sono Renata, lui Shannon, Jared e Lilian...ma credo che sai già chi siamo" risposi togliendomi la maglietta. Appena Jared si accorse del mio movimento, mi fulminò con lo sguardo. Ero in reggiseno davanti a Shan, Jay e Axel : non era una situazione normale. Lo stencil era già sulla mia pelle e a mano libera il tatuatore aveva creato un collegamento tra la piuma e l'acqua.
"Pronta?" chiese Axel. Io annuì. Iniziò il rumore della macchinetta e nel giro di qualche secondo l'ago iniziò a delineare i bordi del disegno. Jared era seduto accanto a me ed io gli presi la mano. Il dolore era sopportabile, ma superiore a quello provato quando avevo fatto gli altri tatuaggi. Ogni volta che l'ago passava sopra le costole stringevo con più forza la mano di Jared. Lui sorrideva e guardava come stava procedendo il lavoro.
"Ehm...potresti slacciarle il reggiseno?" chiese il ragazzo. Jay con un po' di esitazione annuì e avvicinandosi a me eseguì ciò gli aveva chiesto. L'ago si spostò sulla schiena, stava integrando la piuma al tatuaggio.

 

Le ore passavano. Shan e Lily erano andati a mangiare per poi andare al parco. Jared era con me, girovagava per le stanze dello studio, osservava i quadri e cercava di comunicare in francese. Axel, aveva finito i contorni, ora stava sfumando con il nero e tra poco avrebbe aggiunto i colori. Mi ero abituata al dolore, cercavo di distrarmi dal rumore continuo della macchinetta raccontando a Axel le mie avventure. Lui ogni tanto commentava e mi raccontava a sua volta la sua vita: era simpatico.
"Ho finito" disse togliendosi i guanti.
Finamente dopo sei ore di lavoro era finito. La mia schiena fu assalita da una fitta di dolore, mi alzai piano e andai ad ammirare l'opera allo specchio. Davanti ai miei occhi vidi qualcosa di magnifico, aveva superato le mie aspettative. Il disegno che avevo visto prima, non dava giustizia a quello che era ora. L'acqua aveva mille sfumature, si potevano intravedere le foglie e i petali che si trovavano sul fondo. Il pesce sembrava vivo, smuoveva l'acqua e creava piccole onde che s'infrangevano contro esso. I colori erano vivi, ben sfumati e ogni particolare era ben visibile. Axel mi aveva lasciata senza parole. Dopo qualche minuto arrivò Jared, anche lui rimase impietrito davanti alla carpa koi.
"Holy shit!" esclamò, dopo vari minuti di ammirazione era l'unica cosa che era riuscito a dire. 
"Beh, trattalo bene e ci vediamo" disse Axel riportandoci all'entrata.
"Grazie, ciao!" salutai aprendo la porta.
"Stupendo, comunque ora andiamo all'arena, Tomo mi aspetta per le prove" disse Jared cindendomi le spalle.

 

"Mamma, mamma....hai finito?" chiese Lily correndo verso di me.
"Si, ma non abbracciarmi" risposi.
"Perchè?" domandò frenando.
"Il disegno è grande...andiamo a vedere papà, tra poco suona" dissi accarezzandole la guancia.
"Siiiiii!" esclamò. Lily iniziò a correre verso il backstage tirandomi per la mano. Più ci avvicinavamo al palco, più sentivamo il pubblico gridare e aumentare la gente che faceva parte della mars crew. Dopo aver oltrepassato un lungo corridoio, arrivammo nel caos più totale. Emma ci salutò di sfuggita, stava parlando al telefono, scrivendo un e-mail e portando il pc e Blackberry di Jared nel camerino. Tim era pronto davanti alle scale. Tomo era con Andreas, gli stava cercando di insegnare qualche nota di Kings and Queens. Vicki era appoggiata al muro e con le braccia incrociate, guardava dolcemente i suoi uomini. Shannon stava parlando al telefono con Frà. Francesca era a LA per lavoro e ci mancava la sua presenza.
"Hey, ti sono mancato?" sussurrò Jared alle mie spalle. Mi stava abbracciando delicatamente, il dolore c'era ancora, non potevo ridere o piegarmi. "Certo"risposi dandogli un bacio sulla guancia. Lui mi stinse con più forza; io gemetti, mi aveva toccato la zona più dolorosa, le costole, ma lasciò subito la presa.
"Scusami....ora vado a far saltare la gente pazza" disse
"A dopo" dissi.
"Ciao papi!" gridò Lily dalla sala relax. Jared, Shannon, Tomo e Tim salirono le scale di corsa. La gente gridò appena sentì il primo battito di batteria e così iniziò il sogno di tante persone.

 

"Che sta facendo papà?" chiese. Era arrivato il momento di -Closer To The Edge-. E come al solito, questo era il momento in cui la band e i fan impazzivano, lasciavano stare i problemi, la vita, la giornata, era il momento in cui saltavano fino a toccare il cielo e forse anche le stelle. Tomo saltava, i suoi capelli lunghi gli si attaccavano in viso e Andreas guardando in padre rideva tra le braccia di Vicki. Shannon era il solito animale e ogni tanto regalava dei sorrisi smaglianti alla nipote. Jared girava su se stesso, saltava e inictava la folla a gridare -NO! NO! NO! NO!- . Tutti i suoi movimenti erano accompagnati dalle immancabili goccioline di sudore che gli danzavano in torno.
"Fa sognare la gente" risposi indicando la folla che saltava.

02.00

"Domani riparti, vero?" chiesi coprendo Lily con la coperta.
"Si, e anche tu" rispose.
"Domani suono in Spagna dai miei e tu in Germania...certe volte è difficile fare questo lavoro, certe volte vorrei..." non mi lasciò finire la frase che con un dito mi azzittì.
"Lo so a cosa stai pensando, ma non sprecare il tempo" sussurrò stringendomi a se. Con le mani mi girò verso di se per baciarmi. Mi stava facendo dimenticare tutto....

 

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Capitolo 11
*** 11 ***


*Cole*

 "Sveglia! Insomma, ti vuoi alzare?!" esclamai muovendo leggermente Renata. Lei stava ancora dormendo e al suo fianco c'era Lily, ma era ora di alzarsi per andare a fare la conferenza stampa. Il viso di Lilian coperto dai suoi capelli castano-ramati era appoggiato sul fianco destro della mamma e con le braccia stringeva il suo adorato teddy. Da quando Jared se ne era andata, era arrivata un'altra persona: la fidanzata di Matt. Lei si chiamava Catherine e come prima cosa dal suo arrivo mi aveva cacciato dal mio letto e ora ero il nuovo "coinquilino" di Alex, Roxi, Lilian e Renata. In questo tour bus, c'era più calma e organizzazione. Nel letto matrimoniale dormivano Lilian e Renata e nei due letti a castello Alex ,Roxi ed io. Gli autisti avevano la propria camera, ma non ero ancora riuscito ad individuarla, l'unica cosa che avevo capito era che le scale della loro cabina conducevano al piano di sopra, ma se io salivo con le altre scale non trovavo niente.                                                                                                                                                                                                                "Altri dieci minuti" si lamentò.
"No!" esclamai iniziando a farle il solletico. Questa era l'arma vincente se non eri Jared Leto, solo lui con delle semplici parole riusciva a convincerla a fare di tutto.
"No, Jared !No!" mugugnò rigirandosi nelle coperte.
"Non sono lui" dissi continuando con la mia tecnica.
"Va bene, mi alzo" disse sbadigliando. Nel giro di pochi minuti si alzò dal letto, spostò delicatamente la testa di Lily e andò a cambiarsi.
"Si vede che non sei Jared" disse Alex. Lui era appoggiato alla porta e con le braccia sui fianchi mi guardava con occhi accusatori.
"Oh non iniziare!" brontolai. Detestavo quando mi comparava al ragazzo, o quasi sottospecie di marito , di Renata.
"Era solo un'osservazione, non dirmi che non l'hai notato!" precisò.
"L'ho notato! E' evidente da come brillano i suoi occhi quando è con lui, da come si comporta...anche la sua performance nei concerti è diversa!" esclamai.
"Cosa avresti notato?" chiese Renata. Era uscita da poco dal bagno. Indossava una canotta in stile Leto con una fascia colorata sotto, dei pantaloncini e le converse : non era una mamma ordinaria.
"Che non è Jared" rispose Alex. Io lo fulminai con lo sguardo e così non riuscì a finire la frase.
"Vabbè ora vai da Roxi, dille quello che dobbiamo fare oggi e di chiamare i miei genitori" disse spingendo il suo amico fuori dalla stanza. Dopo che Alex se ne fu andato, si avvicinò a me, poggiò la testa sulla mia spalla e disse: "Te non sarai mai come lui e Jared non sarà mai come te...entrambi siete speciali per me ed è una fortuna che non siete uguali, tre Leto non li reggerei!".
"Te sei l'unica che sa farmi stare bene" dissi accarezzandole i capelli.
"Lo faccio perché ti voglio bene, ma ora andiamo dai miei" disse alzandosi. Si avvicinò a Lily, la svegliò delicatamente e iniziò a vestirla.
"Ma non mi ami" mugugnai.
"Che hai detto?" chiese girandosi verso di me.
"Niente" risposi. Quanto avrei voluto essere Jared, potrei baciarla senza creare scalpore, andare a prendere Lily all'asilo, poterla sentire mia e fuggire con lei. Ma anche lui , per quanto ne sapevo, voleva essere me. Quando siamo in tour, Jared la vede ogni tre o due mesi e questa situazione è dura. Forse questo era l'unico periodo dell'anno in cui ero il privilegiato.

 

 

"Hola!" disse sua madre. Era una donna magnifica secondo me, ma il mio parere a Renata non importava quando si trattava della sua famiglia.
"Hola mami!" esclamò con un falso sorriso.
"Buon pomeriggio signora Javier" dissi stringendole la mano.
"Oh, ma tu puoi chiamarmi Paulina" rispose abbracciandomi. Queste dimostrazioni d'affetto non era concesse a Jared, non so perché, non era ancora ben accetto dai genitori di Renata; lui rendeva felice la loro figlia e gli aveva regalato una nipote stupenda, ma niente.
"Vedo che hai lasciato perdere Jared" disse suo padre. Era entrato da poco nella stanza, aveva sempre quella sua espressione seria, non riuscivo a capacitarmi come potesse essere il padre di Renata. Lei era l'opposto, creativa, pazza; insomma, un'artista.
"No papà, lui è al lavoro e comunque non lo lascerei mai" disse fredda.
"Lily! Come estas?" disse sua madre con il suo solito accendo spagnolo. Lilian era tra le braccia della nonna che la dondolava dolcemente. Il nonno le aveva raggiunte e con adorazione guardava sua nipote; prima o poi avrebbe ammesso che quel capolavoro vivente era anche merito di Jared.
"Oh dobbiamo andare" interruppe Renata. Avevo notato che si sentiva a disagio con i suoi genitori. Non faceva altro che guardare fuori dalla finestra come se aspettasse un segno dall'alto che la inducesse a scappare da quella stanza.
"La mamma è arrabbiata con noi" mugugnò il padre.
"No! Il fatto è che non sopporto quando fate così davanti a Lily, e non fate finta di non capire...ne abbiamo parlato tante volte e anche con Jared. Ma è meglio non discuterne ancora e ancora, io sono contenta con la mia vita e se a voi va bene, meglio così, altrimenti, dovete abituarvi all'idea che vostra figlia si sposerà con Jared Leto! La data non è definita, ma l'invito vi arriverà! Lily andiamo via, Cole vieni" gridò. Renata prese Lilian in braccio, mi tirò per la camicia e uscimmo di corsa da quella casa. Camminavamo lungo le strade di Madrid in silenzio. Il suo sguardo era fisso in avanti, non mi parlava né mi guardava. Io cercavo di seguire il suo passo e di far distrarre Lily dall'umore della mamma. Non l'avevo mai vista litigare con i suoi. Jared me lo aveva raccontato, ma non mi sarei mai immaginato che si trattasse di qualcosa di così conflittuale. Ora capivo perché era così diversa, voleva distinguersi dagli altri per non finire come i suoi genitori, dava il meglio giorno dopo giorno ed era sempre felice. Questo adoravo di lei, la sua forza di volontà e coraggio, di cui finalmente ne avevo capito l'origine.

 

 

*Jared*

 Ero seduto nel divano del tour bus che dava sulla finestra, mentre il bus si muoveva, vedevo scorrere sotto i miei occhi gli alberi, le case e strade che componevano il paesaggio del nuovo paese in cui stavamo arrivando. Stavo pensando del più e del meno, di come stava Lily, Renata e se lei era riuscita ad incontrare i suoi genitori senza litigare, ma di quest'ultima cosa ne dubitavo. Non era mai riuscita a reggere per più di un'ora da sola in quella casa ed io non essendo con lei mi sentivo in colpa.
"A cosa pensi?" chiese mio fratello.

"A niente in particolare" risposi senza staccare gli occhi dalla finestra.
"Lo so che non è mai niente quando si tratta di te" rispose sedendosi di fronte a me.
"Piuttosto dimmi cos'è sta storia del bebè" dissi per cambiare discorso.
"Oh Renata te l'ha detto...beh questo argomento è uscito per caso in un discorso con la tua quasi-moglie. Io le ho detto che non sarei mai bravo con i bambini quanto voi e lei mi ha detto che ci sono tante probabilità che Frà rimanga in cinta, e forse ha ragione...io mi aspettavo che fosse in arrivo un fratellino per Lily, ma niente" rispose Shan.
"E voi che ne pensate di questa possibilità?" chiesi guardandolo negli occhi.
"A noi piacerebbe...ormai il backstage dei nostri concerti sono diventati affari di famiglia, c'è Andreas, Lily e poi le mogli o quasi; tutto è diventato più bello, ci sono i sorrisi di tutti e il profumo ci casa...non mi dispiacerebbe avere un figlio tutto mio e anche un cane, una specie di tipica famiglia americana, ma parlami della storia del matrimonio" disse.
"Non avrei mai pensato che ci saremmo sposati di nuovo, intendo in chiesa....come sai, non siamo dei grandi credenti e non siamo capaci di stare per più di 24h insieme costantemente, infatti, non so come faremo da sposati, ma ne sentivo il bisogno...ho pensato a questo quando ho visto Lily giocare con le bambole, le stava facendo sposare e ho capito che era il sogno di quasi tutte le donne, ma anche una cosa importante non solo per me...infine io ho fatto la proposta, lei ha accettato e ora siamo nei preparativi. Tutto è così veloce che ho paura di perdermi qualcosa" risposi.
"A quando il grande evento?" domandò.
"Novembre, credo" dissi guardando il calendario del Blackberry.
"Dove?" chiese.
"Miami, Alaska...il posto più stano al mondo, ma non aspettarti un abito bianco e tutti i vari fronzoli. Forse l'abito ci sarà, ma non come in un normale matrimonio" risposi.

 

*Cole*

"Perché ti brillano gli occhi mamma?" chiese Lily. Renata era seduta sul palco, stava guardando uno live dei 30 Seconds To Mars. La canzone era - A Modern Myth- ; io la conoscevo bene sia le parole che la melodia, e sapevo che emozioni provocava. Lilian guardava sua madre con occhi preoccupati, credeva che stesse piangendo, ma non aveva ancora capito che si trattava di qualcosa di superiore a delle semplici note messe una dopo l'altra. Per Renata rappresentava tutto; questa era la canzone con cui si salutavano, quella capace di farle tremare il cuore fino farlo scoppiare, per lei nulla era come la voce di Jared.
"Sai chi canta questa canzone...tuo padre è conosciuto da tante persone, ma lui non le ha mai incontrate tutte e molte di queste si addormenta ogni notte con la voce di papà, ma lui non lo sa. Una volta anch'io facevo parte di questa gente, ma ora sono qui con te, la figlia di Jared e mia...quando sarai più grande ti spiegherò meglio" rispose. Lei si girò verso la piccola ,a si era già addormentata.
"Lascia, la porto io a letto" dissi prendendo tra le braccia Lilian. Lily si adattò subito alle mie braccia e per non cadere si strinse a me. Ritornai verso i camerini, lì c'era un letto per Lilian. La sistemai sotto le coperte come faceva Jared, le lasciai il suo teddy e uscì. Riattraversai il lungo corridoi e salì le scale che conducevano al palco. Renata era ancora lì, seduta per terra che ammirava il par terra vuoto. Intorno a noi c'era calma, silenzio e pensare che pochi minuti fa c'era un concerto e tanti fan saltare e cantare. Gli strumenti, il microfono, gli amplificatori e i jack erano ancora lì, sembrava che il live dovesse ancora iniziare. "Non vai a dormire?" chiese.
"Se tu non ci vai no e volevo tenerti compagnia" risposi sedendomi accanto a lei.
"Tu sei pazzo" disse sorridendo.
"Perché?" chiesi. Mi stesi a terra nel punto in cui Helen aveva saltato poco fa.
"Primo, invece di andare a riposare perché domani abbiamo un festival stai qui con me, proprio oggi che sono malinconica. Secondo, hai rischiato più volte di essere picchiato da Jared e non voglio sapere come ti sei salvato. Terzo, continui a sopportarmi e a volermi bene dopo tutto quello che ti ho fatto " rispose. "Non mi hai fatto niente, sono io il testardo che vuole vincere contro quello più grande, e comunque ti vorrò bene per sempre...sto vivendo in mio sogno con te, non ti lascerò mai" dissi.
 

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Capitolo 12
*** 12 ***


*Renata*

Ottobre

Ero a Londra da Jared, sta sera avrebbero suonato ed io ero uscita con lui a comprare dei plettri per Tomo. Lily era voluta rimanere con Shan e Frà all'arena del concerto.
Noi camminavamo lungo le vie di Londra come delle persone normali, mano nella mano sotto la tipica pioggia londinese. Il vento ci accarezzava il viso e ci scompigliava i capelli. L'ombrello si era rotto pochi isolati fa ed ora eravamo costretti ad usare i cappucci delle felpe. I nostri occhi erano nascosti dagli occhiali da sole, la gola avvolta da una sciarpa e le piccole gocce d'acqua che cadevano dai capelli ci rigavano il viso. Per una volta sembravamo normali.
"Quanti ricordi questa via" sospirò.
 "Già, mi hai rinsegnato a camminare, poi c'è stata l'ipotesi di un figlio che poi è arrivato" risposi prendendo il suo braccio.
"Ma secondo te questi plettri vanno bene?" chiese tirandoli fuori dalla giacca. La sua mano si bagnò all'istante e con essa i dieci plettri che avevamo comprato. Erano di vari colori, durezza e spessore; sembravano delle piccole gocce colorate firmate Ibanez. Io ne presi tre diversi e li esaminai, uno era flessibile, per cui era per una chitarra acustica, poi presi gli altri due, mi sembravano uguali, adatti per suonare sia il basso che la chitarra. Ma di sicuro c'era una differenza che io non avevo notato.
"Si, per quanto ne so io va bene" risposi. Jared rimise la mano in tasca e con il braccio mi strinse a se.
"Mi fido , comunque abbiamo ancora del tempo prima del live...ti porto in un posto" disse fermando un taxi. Il tassista si fermò all'istante, Jared mi spinse dentro l'auto e dopo avergli detto qualcosa di incomprensibile partimmo per non so dove.
"Dove si va?" chiesi.
"Non lo so, dove ci vuole portare lui" rispose sorridendo.
"Va bene, mi fido ,ma se ci perdiamo è colpa tua" dissi guardandolo male. Il taxi continuò a girare per la città per altri venti minuti; sorpassavamo ponti, case, strade, gran parte di Londra l'avevamo superata. Ma dopo varie curve si fermò davanti a Regent's park. Jared pagò il taxi e prendendomi per mano uscimmo dall'auto. Fuori continuava piovere, nessuno era lì: il parco era vuoto. Eravamo davanti all'entrata, il cancello nero e imponente si innalzava davanti a noi, esso era decorato con una specie di cornice di filigrana e foglie dorate. Il cancello centrale e quelli piccoli a destra e sinistra erano chiusi.
"E' chiuso" mugugnai.
"No, altrimenti non saremmo qui" rispose avvicinandosi al cancello centrale. Spinse leggermente una porta e si aprì. Lui mi sorrise come per dire
-Te l'avevo detto!- e trascinandomi sotto la pioggia entrammo. Camminammo lungo un cortile fiancheggiato da pini e cespugli. Poi arrivammo ad un bivio, uno era pieno di fiori, l'altro solo alberi. Jared seguì quello con i fiori; ci ritrovammo immersi da petali di vari colori che spinti dalle gocce d'acqua cadevano per terra. Nonostante il clima, l'atmosfera era bella, tranquilla, se si stava in silenzio si poteva sentire il cinguettio degli uccelli e le piccole gocce che andavano a sbattere contro le foglie.
"E' un posto magnifico" sussurrai come per non disturbare.
"Già...volevo prendere il traghetto da Westminster a Greenwich, ma il tassista ha detto che era chiuso" disse comminando davanti a me.
"Ma anche qui si sta bene, ma che volevi fare?" chiesi raggiungendolo.
"Trascorrere del tempo con te e parlare del matrimonio, della vita, di quello che vuoi" disse facendomi fare una giravolta. Oggi era particolarmente strano e romantico.
"Decidi te!" dissi. Stavo per cadere su di una pozza d'acqua.
"Ehmmmmm...matrimonio!" esclamò.
"Immaginavo...che facciamo? Siamo ancora a punto zero e manca solo un mese" risposi.
"Improvvisiamo! Io sceglierò il mio surrogato di abito, tu sceglierai il tuo e il resto lo affidiamo a Emma e Roxi....ma il luogo lo decidiamo adesso" disse fermandosi di scatto. Fin ora avevo camminato senza guardare a strada, ero presa dal viso di Jared e non mi ero resa conto che eravamo arrivati al bordo di un lago.
"Freddo o caldo?" chiesi.
"Caldo" rispose.
"Europa, America, Asia o Oceania?" domandai.
"Boh!" esclamò.
"Non è una risposta" precisai.
"America" rispose.
"Dove? Sud, centro o nord?" continuai con le domande.
"Isola vicino a Cuba" disse.
"Bene, io direi cento o centocinquanta invitati" dissi.
"Si, non voglio tanta gente e la notizia non deve arrivare ai paparazzi" precisò.
"E' ufficiale, ci sposiamo!" esclamai scompigliandogli i capelli. Jared mi fulminò con lo sguardo, detestava quando gli si toccavano i capelli.
"Solo io posso spettinarti, sappilo" precisai tra una risata e l'altra.
"Non se io ti fermo" disse. Appena finì la frase mi buttò per terra e per non farmi muovere si sedette sopra di me. La mia schiena si bagnò all'istante, l'acqua sporca di fango era penetrata dentro e in un attimo mi ritrovai zuppa fino ai piedi. Lui iniziò a ridere, mi guardava dolcemente e poi mi baciò. Le nostre labbra bagnate si sfiorarono ed iniziarono a ballare lentamente. Le sue mani si spostarono sotto la mia maglietta, mi accarezzò la schiena e con più forza mi strinse a se.
"Siamo in un parco eh!" sussurrai tra un bacio e l'altro.
"E' aperto solo per noi" rispose.
"Si ,ma...." non mi lasciò finire la frase che soffocò la mia voce con un bacio.
"Shhhh" mi sussurrò all'orecchio. Non mi sarei mai immaginata di trovarmi in questa situazione con lui. Eravamo stesi sotto la pioggia in un parco di Londra in pieno pomeriggio. Questo dimostrava la mia teoria: quando siamo in tour e non ci vediamo per mesi e mesi, tendiamo ad essere più fisici e possessivi, insomma, cadiamo facilmente nel desiderio. Lui continuava a sopraffarmi con il suo profumo, i baci, le carezze ed io non facevo altro che assecondarlo per quanto ero presa.

 

*Shannon*

Il concerto era finito da più di un'ora e tutti erano tornati nelle rispettive camere. Francesca era con me, era tornata per le prossime dieci date, non solo per stare con noi, ma anche perché sarebbe dovuta andare ai festival dove ci saremmo esibiti noi per intervistare vari artisti. Lei era seduta sul letto, stava sistemando i vestiti e ogni tanto sorrideva come se si stesse ricordando di qualcosa. In questi sei mesi di lontananza mi era mancata la sua presenza, il suo modo di baciarmi, abbracciarmi, di sorprendermi sempre e di tirarmi su di morale ogni volta che ce n'era bisogno. Anche a mio fratello era mancata, ma non voleva ammettere che la sua mascotte era importante nella sua giornata.
"Che c'è?" chiese avvicinandosi a me. Non mi ero reso conto, ma la stavo osservando da un bel po'.
"Mi sei mancata" risposi prendendola per i fianchi. Lei sorrise ed io non potei fare a meno di tirarla verso di me e baciarla. Le mie labbra, appena sfiorarono le sue si lasciarono andare e trasportare dal desiderio. Non volevo altro che lei.
"Attento, la sedia sta...." non le lasciai finire la frase. La presi in braccio e la portai verso il letto. Le mie dita si intrecciarono con le sue e senza indugi la posai sul letto. Ero sopra di lei. Posai le mie mani sotto la sua maglietta per sfilargliela, lei fece lo stesso con me. Il mio corpo sfiorò il suo, mi adattai subito alle sue curve e lei fece lo stesso con me. Le aprì delicatamente le gambe ed iniziai ad entrare in lei. Ero dentro. Aumentai il ritmo. Lei gemeva ed io soffocavo i suoi gemiti con i baci. Mi era mancata la sensazione di sentirla e farla mia.

 

05.00 am

Lei dormiva. Il suo viso era appoggiato sopra il mio petto, il suo respiro mi sfiorava e con le mani mi stingeva a se. A Londra stava sorgendo il sole, dalla finestra penetrava una la luce flebile, il cielo era grigio scuro, e le strade ancora bagnate dalla pioggia. Era una prefazione del solito clima londinese.
"Già sveglio?" domandò sbadigliando.
"Si, ma tu dormi...ti sveglio io quando dobbiamo andare" risposi accarezzandole i capelli.
"No, ti faccio compagnia" disse spostando al testa.
"Ho pensato alla storia del bambino....o meglio mio fratello mi ha costretto a parlarne e sono arrivato alla conclusione che quel che succederà succederà, non voglio programmare e se ha ragione Renata vuol dire che il mio allenamento con Lily non sarà stato invano" continuai. Lei mi sorrise. Quanto adoravo quel sorriso, riusciva sempre a rendermi felice. Francesca ed io no eravamo una coppia che litiga, non eravamo come Jared e Renata, loro non potevano trascorrere 24 h senza un piccolo litigio. Noi litigavamo si, ma raramente.
"Prenderemo la vita così come viene...e sai qualcosa in più sul loro matrimonio? Non voglio non essere preparata per l'evento...quei due sono strani, due Diveh!" rispose.
"No, quando sono tornati dal loro giro sembrava che fossero stati attaccati da dei bambini che tiravano il fango, non ho la minima idea di cosa hanno fatto....ma credo che sarà a Cuba" dissi cingendole le spalle.
"Ah si li ho visti, ridevano come dei pazzi...ma dobbiamo capirli" rispose.
"Io ti amo" sussurrai. Queste due parole, che apparentemente sembrano normali, per me non lo erano; l'unica donna a cui avevo detto queste due parole era Francesca. Mi era risultato facile dirglielo, e ora non potevo far a meno di non ricordarglielo.
 

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Capitolo 13
*** 13 ***


      *Jared*


Era la settimana di pausa tra un continente e l’altro; io sarei andato in America Latina e i Black Sheep avrebbero terminato il tour nell’Europa dell’est e parte dell’Asia. Tutta la crew si era rintanata nella stessa casa situata nella periferia di Berlino. Il clima autunnale iniziava a farsi sentire, dalla finestra del salotto si poteva ammirare il cambiamento della natura, il vento soffiare contro gli alberi, le foglie cadere e le piogge occasionali battere contro il vetro e bagnare il cortile di casa.                                                                                     
 “Dai…svegliati, ti devo parlare” brontolò Frà. Stava cercando di svegliare Renata, ma lei era troppo stanca perché dia retta alla sua amica.                                                                                                                                                         
 “Altri dieci minuti” mugugnò stringendo il cuscino.                                                                                                                                
“Se ti serve un consiglio, ci sono io; lasciala dormire, è stanca” dissi. Io ero seduto in una poltrona con le gambe sopra di un puff, e continuavo a fare zapping in Tv sperando di trovare qualcosa incomprensibile, ma era impossibile: tutto era in tedesco.                 
 “Sono cose da donne, comunque dorme tanto, proprio come quando era incinta” rispose.                                
  “E tu ti lamenti come una donna incinta” commentai. Ora che Francesca me lo aveva detto, avevo iniziato a notare questa stanchezza eccessiva di Renata, ma ripensandoci meglio c’era solo quella; la nausea, le voglie e i cambiamenti d’umore non c’erano o non ancora.
“Jared Joseph Leto!” esclamò come per sgridarmi.                                                                                                                                
 “Eh no!Solo lei può chiamarmi così” risposi indicando la bella addormentata accanto a me. Francesca mi fulminò con lo sguardo.       
“E ripeto, tu ti comporti come una donna incinta, fossi in te, farei il test” continuai. Non rispose, ma in compenso mi mandò un’altra occhiataccia.                                                                                                                         
 “ Ascoltalo, lo so che certe volte non è normale, ma quando ha ragione è meglio cogliere la sua perla di saggezza” disse Tomo. Lui era appoggiato alla porta che stava mangiando una carota, ma appena Frà si girò per guardarlo, si volatilizzò.                                      
 “I dieci minuti sono finiti, sveglia!” insistette ancora.                                                                                                      
 “Ora mi alzo, ma senti quanto profuma il mio cuscino…è troppo buono quest’odore” mugugnò.                               
“Visto?!” esclamò Frà guardandomi come se avesse ragione.                                                                                                         
 “E’ lei che è strana e devo ammettere che ha un buon profumo” risposi sorridendo. Frà mi lanciò il cuscino.    
“Che c’è?” domandò Renata.                                                                                                                                                              
“La tua carissima amica deve dirti una cosa importante che io, essendo uomo, non posso sapere e crede che tu sia incinta” risposi prima che Francesca potesse farlo.                                                                                                   
 “Oh beh se è così, Jared va via che devo fare una conversazione molto importante e chiedi a Roxi di comprare quattro test di gravidanza” disse legandosi i capelli. Io le sorrisi e prima di uscire le salutai, ora la mia missione era di uscire con Roxi per comprare quattro test.
 

*Renata*


“Raccontami tutto” dissi sistemandomi sulla poltrona in cui c’era prima Jared.                                                       
 “Beh ti sembro diversa?” domandò con un po’ di esitazione.                                                                                        
“Fisicamente sei uguale, hai solo i capelli un po’ più lunghi, ma caratterialmente sei come dice Jared” risposi. Fuori pioveva, le gocce d’acqua battevano contro i vetri, sembrava che il tempo non passasse mai. Poi la silenziosità di Frà moltiplicava la mia sensazione. Forse la mia risposta l’aveva bloccata o innervosita.               
“Oddio!” esclamò dopo un lungo silenzio.                                                                                                                             
 “Cos’ho detto?” chiesi.                                                                                                                                                                    
  “Sei d’accordo con Jared ecco cos’hai fatto” rispose. Mi sembrava agitata, forse c’era qualcosa che non sapevo e di cui tra poco ne sarei venuta alla conoscenza.                                                                                                  
 “Per caso sei incinta di Shannon?Beh se è così me lo sarei aspettato!” risposi come se fosse una cosa ovvia. Infondo lo era, tutti se lo aspettavano alla fine, e se fosse accaduto, non ci saremmo sorpresi tanto, insomma, lei stava con Shannon Leto.                        
 “Non lo so, ma ho paura di fare il test” disse con un filo di voce.                                                                                     
“Secondo te perché ne ho chiesti quattro?!” risposi sorridendo. La sua espressione continuava a essere preoccupata, forse aveva paura della reazione di Shan o di cosa sarebbe accaduto. Ciò nonostante, da come la vedevo io, tutto sarebbe andato al meglio, Shannon sarebbe stato sorpreso per un bel po’ di tempo fino ad abituarsi all’idea di diventare padre e il resto era tutto in discesa.             
 “Ehm per te, credo” rispose.                                                                                                                                                  
 “Suvvia, non provare a negare… due sono per te e due per me” dissi avvicinandomi a lei.                                              
“E poi cosa succederà?Non posso dire -Hey mamma sai che il mio ragazzo ed io stiamo aspettando un bambino? ma non preoccuparti tutto andrà bene, me lo hanno detto Jared e Renata-  hai qualche idea migliore?” domandò. Frà si era alzata dal divano, ora dall’agitazione stava iniziando a camminare avanti e indietro dall’agitazione. Mi ricordava Jared il giorno in cui scoprì che ero incinta.  
 “Oh si, l’idea del discorso non è male, ma è meglio farlo di persona non al telefono come ho fatto io” risposi.                
 “Non riesco a prenderla con così tanta facilità come te…Oh quanto t’invidio!” esclamò.                                                     
 “Non farlo, io fin dall’inizio ho preso tutto alla leggera, ma dopo è arrivata la botta finale e ho dovuto ridimensionare tutto…se ora sei così a te non accadrà” dissi tornando seria.                                                                          
 “A me non è sembrato così tragico” commentò.                                                                                                                   
“Chiedi a JJ, lui confermerà tutto, non è facile come sembra” risposi.                                                                                 
“Ecco i test!” esclamò Jared. Stava sventolando la busta in aria.  Era bagnato fradicio, dai capelli gli cadevano in viso piccole gocce d’acqua e i suoi occhi risaltavano in quella giornata grigia.                                                         
 “Ora anch’io voglio stare con voi, c’è anche mio fratello…dopo tutta la mia fatica per comunicare in tedesco, voglio assistere” continuò Jay. Non appena finì la frase Shannon entrò nel salotto con Lily tra le braccia.                                                                                        
 “Tra poco sapremo se avrai un fratellino o sorellina” disse Shan tutto contento.                                                        
“Ah dimenticavo…forse sarò papà” continuò sedendosi accanto a Frà.                                                                  
 “Siiiii!” esultò Lilian.                                                                                                                                                              

 La prima a entrare in bagno fu Francesca.  Shannon era rimasto seduto e giocava con Lily. Io ero stesa accanto a Jared mentre lui cambiava canale come al solito.                                                                                               
“Non mi dispiacerebbe avere un altro figlio” sussurrò accarezzandomi i capelli.                                                        
 “Ormai lo shock del primo l’hai superato” risposi togliendogli la mano dalla mia testa.                                                     
“Che c’è?” domandò sorpreso nonostante sapesse a cosa mi riferivo.                                                                                          
 “Ho i capelli lisci per una volta…mi da fastidio che me li scompigli” brontolai.                                                                    
  “I primi cambiamenti d’umore arrivano!” esclamò Shan. Lily era aggrappata alla sua schiena come un koala e lui cercava di farla cadere sopra il divano.                                                                                                                                      
 “E tu preparati ai pannolini!” esclamai irritata.                                                                                                             
 “Fatto!”disse Frà. Era uscita da un po’, ma non ce ne eravamo reso conto da quanto stavamo chiacchierando. Lei era appoggiata alla porta con i due test in mano, sembrava tranquilla, forse era negativo.                                                                                            
 “Allora?” chiedemmo in coro.                                                                                                                                                
  “Non sono incinta” rispose buttando i test.  Non eravamo sorpresi neanche di questo risultato.                                     
 “Ora vai te, voglio sapere se mi darai un nipote” insistette Shan. Si alzò dal divano e come aveva fatto per la prima volta tre anni fa, mi spinse in bagno ed entrò con me.  Dopo aver chiuso la porta dietro di noi, lui si spostò verso il lavandino e impaziente mi aprì i due test, lesse le istruzioni e me li diede.                             
  “Ci speravo nel test, ma se è andata così vuol dire che non è ancora ora per me” disse  passandomi il primo test.                        
 “Arriverà molto presto, ma ora girati” risposi.                                                                                                                            
“Giusto, devi fare la pipì” disse girandosi all’istante. La schiena di Shannon era imponente e aveva qualcosa che non ti lasciava staccare gli occhi da essa. Alla mente mi ritornarono tanti ricordi di quando eravamo ancora dei normali amici che escono la sera e vanno a fare le spese insieme, forse non tanto ordinari, ma non avrei mai pensato di ritrovarmi in questa situazione quando lui e Jared mi buttavano in piscina o mi prendevano in braccio. La situazione era cambiata radicalmente.                                                                                
 “Secondo per favore” dissi. Shan si girò coprendosi gli occhi con una mano e con l’altra dandomi il test.                       
“Grazie” risposi.  Lui ritornò a tastoni verso il lavandino.                                                                                                      
“Vorresti un altro nipote?” chiesi.                                                                                                                                        
“Si, vorrei godermi un’altra volta la tua irritabilità prima del parto, vedere mio fratello agitato e stringere tra le mie braccia quel piccolo essere” rispose.                                                                                                                    
 “Ho fatto” dissi abbracciandolo da dietro.                                                                                                                     
 “Quanto dobbiamo aspettare?” domandò aprendo gli occhi.                                                                                           
  “Dieci minuti circa” risposi. Lui abbassò a tavoletta del water e ci si sedette, prese il suo i-phone e iniziò  a twittare qualcosa. Si stava ripetendo quello che era accaduto con Lily, ma sta volta né Jared né Francesca erano nervosi.  Io ero seduta per terra contro la porta della doccia che guardavo la pioggia cadere fuori dalla finestra. Rimasi incantata da quelle piccole gocce d'aqua  che si posavano sul vetro  e poi si rincorrevano una dopo l'altra, per poi cadere a terra: sembravano così in armonia.                                        
“Fatto” disse.                                                                                                                                                                                    
 “Qual è il risultato?” chiesi alzandomi da terra.                                                                                                                  
 “Uno è positivo, ma l’altro è negativo, non puoi essere mezza incinta” rispose con aria dubbiosa. Io non risposi, non sapevo che dire, ero impreparata per questa cosa. Shannon non esitò a uscire e come aveva fatto prima, mi spinse verso il salotto. Jay e Frà si girarono all’istante facendoci segno di non fare rumore perché Lily si era addormentata. Io mi avvicinai alla poltrona e aspettai che Shannon dichiarasse l’esito del test. Il silenzio regnava e nessuno si azzardava a parlare.                                                                                               
 “Lei è mezza incinta” disse Shan a bassa voce.                                                                                                                             
“Cioè?” domandò suo fratello.                                                                                                                                                            
 Tutti avevano un’aria turbata.                                                                                                                                                
“Un test è positivo e l’altro è negativo” spiegò Shan.                                                                                            
 “Bene, mi sembra normale” disse Frà ironicamente.                                                      
                                                                        

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Capitolo 14
*** 14 ***


Il vento soffiava forte, sembrava che mi stesse tagliando le guance, era come se sentissi tanti piccoli aghi penetrare nella pelle. Le mani erano congelate, i guanti erano bagnati dalla neve e non facevano altro che portare le mie dite allo stato d’ibernazione. La sciarpa mi avvolgeva il collo coprendomi le labbra, solo il naso e gli occhi non erano al caldo. Imbacuccata com'ero, girovagavo per le strade di Stoccolma. Stavo cercando di togliermi dalla testa l'articolo che avevano scritto su Jared e me, ma non ci riuscivo. Più ci pensavo più mi arrabbiavo, ci avevano definito come dei ricchi con la puzza sotto il naso  perché avevamo dichiarato che Lily non avrebbe frequentato una scuola normale per i prossimi anni dato che avremmo vissuto tra LA e NYC. Il giornalista aveva solo trascritto le sue impressioni sul mondo dello spettacolo, credeva che tutto fosse facile e luccicante, ma noi conducevamo una vita normale; c’erano le cene con la famiglia, le domeniche con i nonni, la spesa e i tipici castighi che i genitori danno ai figli. Era vero che viaggiavamo tanto, soprattutto per lavoro, ma se qualcuno ci avesse seguito 24 h su 24 avrebbe capito che siamo dei normali americani; noterebbe le litigate per cose stupide, il marito svogliato che non vuole falciare il prato o aggiustare qualcosa, lo zio fantastico che quando arriva illumina l’atmosfera, il bambino che non vuole mangiare, i genitori che si arrabbiano e tante altre piccole cose che fanno tutti, ma quando si trattava di noi, l’immaginazione si dava alla pazza gioia e tutti credevano di conoscerci al meglio. Continuavo a camminare freneticamente. La neve cadeva e il vento soffiava più forte.                                                                                                                     
 “Hey!Aspettami!” gridò Roxi alle mie spalle. Mi girai per guardarla. Era avvolta dal suo cappotto rosso e con gli stivali da neve mi correva dietro. In mezzo a tutto quel bianco risaltava, i suoi capelli fucsia e lilla la mettevano in mostra e anche il suo abbigliamento non era da meno.                                                                                           
 “Fermati!” gridò di nuovo. Mi fermai davanti ad un negozio.                                                                                       
 “Finalmente ti ho trovata” disse con il fiatone.                                                                                                                 
 “Potevi anche rimanere in Hotel, sarei tornata sta sera” risposi sorridendo.                                                              
“Potevi dirmelo prima!Ma come mai sei in giro?” chiese. Si stava riprendendo dalla corsa.                                    
“Niente, quell’articolo” risposi mostrandogli la rivista.                                                                                                         
 “Aah si, Jared l’ha letto?” chiese.                                                                                                                                             
 “Certo, mi ha letto l’articolo via telefono” dissi iniziando a camminare. Roxi mi raggiunse.                                     
“E cos’ha detto?” continuò con le sue domande.                                                                                                             
 “Che non ha senso quello che ha scritto, che Lily non sarà un’ereditiera e poi ha fatto i suoi soliti discorsi” risposi. Lei sorrise, di sicuro si stava immaginando la scena.                                                                                                       
“E tu giri senza meta per farti passare l’arrabbiatura” disse.                                                                                                        
 “Giusto, faccio la mia solita camminata prima di un live o dopo una litigata con Jared, sono prevedibile” risposi.                   
“Ormai ti conosco, ma ora andiamo via che Lily è con Cole e domani mattina c’è l’aereo per Praga” disse.         
“Hai suoi ordini!” esclamai. Cambiai direzione e ritornai indietro. Non eravamo lontane dall’albergo e camminare un altro po’ mi avrebbe tranquillizzato. Il freddo continuava a farci rabbrividire. Il vento ogni tanto ci soffiava contro con più forza, sembrava che ci spingesse indietro. La neve ci bagnava e non smetteva di cadere.

 
“Mamma!” gridò Lily correndo verso di me. Era sorridente come sempre. I capelli erano legati in due codine, i suoi occhi brillavano di curiosità e come suo solito indossava abiti colorati. Era la mia piccola stella, che ogni volta riusciva a farmi dimenticare tutto. Quando Jared ed io discutevamo lei, ci faceva fare la pace, ci dava due disegni e ci obbligava a parlare: era l’anima della casa.          
 “Piccola” dissi abbracciandola.                                                                                                                                                
 “Dove sei stata?” chiese stringendomi a se.                                                                                                                                  
“A fare un giro per la città” risposi.                                                                                                                                         
 “Sei andata a cercare il mio fratellino?” domandò. Mi guardava dritto negli occhi, il suo sguardo era pieno di speranza, si notava benissimo che voleva un neonato in casa.                                                                                              
“Oh non devo cercarlo, forse c’è già” dissi sorridendo. Appena sentì la mia risposta, mi strinse con più forza.   In effetti, non si sapeva se ero incinta o no. Era passato un mese da quando avevo fatto il test e non ne avevo fatto un altro. Per ora non c’erano tutti i sintomi, un po’ di nausea l’avevo notata, ma un ritardo evidente non c’era ancora. E se fosse arrivato un altro bambino, sta volta non avrebbe causato tanti problemi; il tour sarebbe finito tra quattro mesi e la pancia non si sarebbe notata. Inoltre, avremmo fatto in tempo a celebrare il “matrimonio” poiché la data era stata rimandata a Gennaio. Forse anche Jared ed io speravamo in una gravidanza normale che poteva essere vissuta senza palchi, viaggi o corse da un posto all’altro, ma il lavoro mi stata togliendo molto tempo, tra interviste, live, meet e servizi fotografici non avevo tempo per una visita dal ginecologo.

 
Tre settimane dopo…

Dicembre.
Ero a Minsk, in Bielorussia. Qui non faceva tanto freddo quanto a Stoccolma. Non c’era tanta neve, il vento non era così pungente, ma faceva rabbrividire. Tra meno di mezz’ora Francesca avrebbe intervistato Jared e me, ma dopo il servizio fotografico. Lui le aveva concesso un’intervista in esclusiva perché voleva far splendere agli occhi del capo di Frà le sue capacità ed io ero costretta ad assecondarlo, non avrei mai lasciato la mia amica da sola con quel pazzo. Non era facile intervistarlo, lui riusciva sempre a confondere i giornalisti che finivano per cedere e dagli corda, ma alla fine non si concludeva gran che. Io ero nella hall dell’hotel aspettando che arrivasse Jared. Intono a me c’erano assistenti, tecnici che sistemavano le luci, telecamere e truccatrici che ogni tanto venivano da me e aggiustavano il colorito della pelle.                                                                                             
 “Mi volete far sfigurare eh?!” esclamò Jared. Era davanti alla porta d’ingresso. Indossava un cappotto elegante grigio, una sciarpa a quadri rosso e beige e a completare i soliti occhiali da sole che nascondevano i suoi splendidi occhi. Appena lo vidi mi diressi subito da lui, non lo vedevo da un mese e mezzo e non vedevo l’ora di stringerlo, baciarlo.                                                                         
“Non sfigurerai” risposi. Ero di fronte a lui.                                                                                                                                         
“Se devo stare al tuo fianco, sfigurerò sempre” disse cingendomi i fianchi.                                                                                
 “Sei il solito adulatore” sussurrai dandogli un bacio a stampo.                                                                                           
 “Dov’è la nostra giornalista?” chiese ad alta voce in modo che tutti lo sentano, ma nessuno rispose.                                                          “Nessuno lo sa…bene” si rispose da solo.                                                                                                                                
 “Tra cinque minuti s’inizia, andiamo alle nostre postazioni” dissi spingendolo da dietro come faceva Lily con lui.       
“Dov’è Lilian?” chiese.                                                                                                                                                                
 “Con Cole e Matt, stanno girando per Minsk come turisti…tra poco ritorna” risposi.                                                           
  “Come sta Matt?” domandò. Matt aveva chiuso con la sua ragazza, io non avevo ben capito il perché, ma l’unica cosa che sapevo era che c’era stata una grande litigata tra Cole e Catherine.                                                              
“Sta bene” risposi secca. Avevamo raggiunto le poltrone per noi. Jared si sedette a destra ed io a sinistra. Ora non ci restava che aspettare.                                                                                                                                                            
“Scusate per il ritardo, iniziamo subito!” esclamò Frà. Era appena arrivata. Stava correndo verso la sua poltrona e contemporaneamente si toglieva la giacca, sciarpa e tutti gli accessori. Le truccatrici la rincorrevano per darle qualche tocco di colore, ma era impossibile.                                                                                                                  
 “Finalmente sei arrivata!” esultò Jay.                                                                                                                                      
 “Jared! Renata! Sistematevi vicino alla finestra!” esclamò una ragazza.  Jared si girò di scatto per vedere di chi si trattasse, ma non la riconobbe. Neanche io sapevo chi fosse, ma pensandoci meglio non poteva essere che la fotografa.                                          
“Scusa ma tu chi sei?” domandai.                                                                                                                                            
 “Sono Rebecca, la vostra fotografa” rispose. Prese subito la sua macchinetta e si sistemò dietro l’obiettivo. Non sapevo chi fosse, per chi lavorasse, niente. Jared  mi prese per mano e mi trascinò con lui verso la finestra. Lì c’era più luce, adatta per le foto, e si potevano intravedere le vette di alcune chiese e di palazzi particolari. Rebecca non parlava, non c i dava consigli su cosa fare, l’unica cosa che faceva erano dei segni con le mani per indicarci se andare a destra o sinistra. Jared guardava fuori, si comportava come fa una persona quando deve aspettare che la cassa del supermercato scorra; invece, io non sapevo che fare, ero nel  panico più totale.  Questo Jared l’aveva notato e per cercare di creare una posa stava iniziando a parlare con me, faceva le sue solite battute che mi facevano ridere, quelle che mi istigavano a picchiarlo o quelle deprimenti che mi facevano pensare –perché fa così?-.  La fotografa andava avanti con il suo stile, si fermava, ci osservava, sorrideva e scattava. Noi continuavamo a muoverci senza senso.                                                                                                                    
“Perfetto, abbiamo finito” disse Rebecca.                                                                                                                                             
 “Di già?” chiese Frà stupita.                                                                                                                                                                   
“Si, ora ve le mostro” disse facendoci cenno di avvicinarci al pc. Jared ed io ci dirigemmo verso di lei facendoci spazio tra tutti gli assistenti e tecnici. Le foto erano stupende, erano naturali, sembrava che avesse fermato il tempo in una nostra tipica giornata a casa. Tutti gli scatti erano divertenti, c’erano quelli in cui guardavo male Jared, quelli in cui ridevamo come ebeti, in cui lo picchiavo con dolcezza mentre lui rideva e poi quelli in cui c’era Lily. Quelle foto esprimevano la nostra essenza, non potevamo chiedere di meglio. Mi girai un attimo e notai che tutti quelli che erano intorno a noi stavano ammirando le foto.                                                      
 “Sembrate così normali” commentò Rebecca.                                                                                                                            
“Perché?” chiese Jared.                                                                                                                                                                  
 “Mi immaginavo qualcosa di diverso” rispose lei.                                                                                                                        
 “Se vieni a casa con noi, noterai che lei si arrabbia quando metto in disordine il mio cassetto dei calzini, quando non ho voglia di asciugare i piatti e tante altre cose, siamo divertenti!” disse Jay.

 
*Jared*

“Hai fatto un altro test?” chiesi.                                                                                                                                                  
 “No” rispose. Era sera e Renata stava guardando fuori dal balcone. Da quella stanza si poteva ammirare tutta la città e le sue luci: un paesaggio pazzesco.                                                                                                                          
“Sintomi?” domandai abbracciandola da dietro. Feci scorrere le mie mani sulla pancia, la accarezzai delicatamente e lasciai che la mia immaginazione divaghi. Tutto si sarebbe ripetuto, questa volta sarei stato più preparato, Lily avrebbe notato la pancia crescere, Renata sarebbe diventata più strana e alla fine saremmo diventati tre come il numero perfetto.                                                       
 “Papi! Il fratellino c’è già!” esclamò la mia piccolina. Era in pigiama sulla soglia della porta e abbracciava il suo teddy.                    
 “Tu dovevi essere già a letto” la rimproverai sorridendo.                                                                                                       
“Ascolta papà, torna a letto che domani dobbiamo prendere l’aereo” disse Renata. Lily fece il broncio e tornò dentro verso camera sua.
 “Si vede che è figlia tua” commentò ridendo.                                                                                                                               
 “Oh si, ed è strana quanto te” risposi.                                                                                                                                                   
“E quando sarà un adolescente, i ragazzi le andranno dietro perché sarà bellissima proprio come il suo papà” disse. Lei si avvicinò a me, i nostri respiri si sfioravano e non potei non baciarla.                                                            
“Se la dovranno vedere con me, nessuno di sesso maschile si può avvicinare alla mia Lily” risposi secco.                                 
“Quanto sei bello quando fai il geloso” disse avvicinandosi per baciarmi di nuovo.                                                           
“Puoi dirmi se hai i sintomi o no??” chiesi tra un bacio e l’altro.                                                                                     
“Nausea e ritardo…secondo tutti sono incinta” rispose.                                                                                           
 “Sicuramente lo sei” precisai.                                                                                                                                   
“Perché?” domandò rientrando in camera.                                                                                                                             
 “Considera come siamo quando c’è il tour, fai i conti e trovi la soluzione” risposi.                                                               
“Hai ragione, sono ufficialmente incinta, ma prima che tu esulti, vado dal medico, poi ti faccio sapere” disse.                         
“Ma ora vieni qua” dissi tirandola verso di me.  Il suo corpo andò contro il mio e i nostri visi si sfioravano. Le sue mani si posarono immediatamente fra i miei capelli: solo lei li poteva scompigliare. Io la strinsi con più forza a me e la portai verso il letto. Lei non indugiava, mi assecondava ed io non facevo altro che rubarle baci. Ero sicuro che nella sua pancia ci fosse un piccolo essere e per una volta non avevo paura di toccarla. 

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Capitolo 15
*** Wedding ***


Gennaio,

*Francesca*

Eravamo in un’isola di fronte a Playa Maguana; da lì potevamo vedere Cuba e l’oceano che ci circondava. Il sole era alto in cielo e le nubi non c’erano: era una giornata perfetta per celebrare un matrimonio. Il vento soffiava leggiadro, mi accarezzava la pelle rinfrescandola dal caldo afoso. I colori di quel posto sperduto erano magnifici, il verde delle palme e dell’erba era così intenso che sembrava dipinto, la sabbia era soffice e dorata. E l’acqua dell’oceano calma, forse troppo e se non fosse per il fatto che stessi camminando in essa non percepirei il movimento. Tutto era magnifico, non c’erano fotografi, telecamere o altro; solo noi e i nostri amici o parenti.                                 
“Vieni” senti bisbigliare da dietro una palma. Intorno a me non c’era nessuno. Shannon e Tomo stavano preparando l’altare. Vicki, Andreas e i genitori di Renata stavano creando un bouquet. Constance e Lilian stavano aiutando Renata con l’abito. Tutti erano occupati.                                    
 “Chi è?” chiesi muovendo qualche foglia. Una mano mi prese e mi tirò verso la palma. Era Jared.              
“Sono io, ho bisogno del tuo aiuto” disse bisbigliando.                                                                                 
 “Va bene, dimmi” risposi. Lui mi fece cenno di abbassare la voce.                                                            
“Andiamo” sussurrò. Mi afferrò la mano e iniziò a camminare. Non sapevo, dove stavamo andando o che cosa voleva, ma sembrava qualcosa di un’estrema importanza. Dopo qualche minuto di tragitto tra le foglie, cespugli e rametti che si spezzavano sotto i nostri passi, ci fermammo. Lì c’erano due bungalow, erano quelli in cui si dovevano preparare gli “sposi”.  Da una finestra riuscì a intravedere Renata, ma non feci in tempo a vedere più particolari che Jared mi tirò dietro a lui.               
“In cosa ti devo aiutare?” chiesi. Eravamo dentro il suo bungalow, c’erano il suo abito e altre ipotetiche scelte. Forse quella era il suo problema.                                                                               
“Aspetta qui, siediti e poi ti dirò” rispose. Prese un completo e andò dietro il separé.                                 
 “Ti piace?” chiese.                                                                                                                                              
 “Intendi il posto?” domandai. Intravedevo la sua figura mentre si cambiava.                                                      
“Si” rispose.                                                                                                                                                
 “E’ stupendo, siamo solo noi e Terry…l’atmosfera è stupenda, vi rispecchia questo posto” dissi.           
 “Lui sarà l’unico fotografo, siamo soli, in mezzo al nulla come quando siamo sul palco” disse uscendo dal separé. Alzai lo sguardo e mi ritrovai ad assistere a uno spettacolo. Jared era stupendo. Indossava uno smoking semplice, niente cravatta o papillon, i suoi capelli scompigliati come solo lui sapeva e i suoi occhi celesti come il cielo. Lui mi guardava, aspettava un giudizio, ma ero senza parole.                                                                                                                                       
 “Faccio così schifo eh?!” esclamò guardandomi perplesso.                                                                
 “No, sei bellissimo” risposi dopo una lunga pausa.                                                                                      
“Adulatrice” brontolò.  Lui si era girato verso lo specchio, si osservava, ma non aveva aria contenta. Era pensieroso.                                                                                                                             
“Che hai?” chiesi avvicinandomi a lui.                                                                                                        
“Tra mezz’ora mi sposo e sono nervoso, ma non pensare male. Ma sono alla sua altezza?Certe volte penso se…forse, se esiste cupido, ha sbagliato a darmi lei o l’amore si è confuso, o io ho cercato qualcosa che non doveva essere mio…e troppo perfetta, io sono un caos” rispose continuando a guardare nel vuoto.                                                                                                       
“Anche lei tante volte mi ha fatto lo stesso discorso, ma è nella vostra natura, siete due caos in collisione che creeranno un altro caos e in ogni caso ora sareste qui, se lei non avesse seguito il suo sogno e tu non l’avessi sentita sareste qui, in qualche modo l’amore esce sempre…e nessuno è più perfetto di voi due, due artisti che vivono d’immagini, parole e melodie” dissi accarezzandogli la spalla. Lui sorrise.                                                                                                                                    
 “Ed io non capisco come fai a stare con mio fratello” commentò ridendo.                                                            
 “E’complicato, ma se pensi quello che unisce te e Renata capirai” risposi.                                              
“Andiamo!” esclamò. Mi portò fuori con lui.                                                                                             
“Non sono presentabile” brontolai.                                                                                                                 
“Quel vestito va bene, sei bellissima” disse sorridendo. Ripercorremmo il percorso verso la spiaggia. Lui correva ed io cercavo di tenergli il passo, ma più andavamo avanti più mi sembrava che il tragitto non finisse mai. Gli alberi ci facevano da ostacolo e le foglie ci cadevano sui capelli, ma arrivammo all’altare. Tutti, tranne Renata e suo padre, erano lì. Nessuno era vestito tanto elegante, ma gli abiti leggeri e colorati che erano mossi dal vento, li faceva sembrare perfetti. Lilian e Andreas giocavano con i fiori vicino a Shannon. Vicki era accanto a Tomo che era seduto su di uno sgabello con la chitarra. La madre di Renata e Constance stavano parlando, erano commosse. Alex, Roxi, Cole, Matt, Helen e Veronica stavano sistemando le ultime decorazioni.  E poi c’era Terry che continuava a scattare foto agli invitati.                                                                            
 “Vieni” sussurrò Jay. Mi afferrò per mano e mi condusse vicino a suo fratello.                                                
 “Guarda” sussurrò Shan indicandomi un punto di fronte a noi.
La musica iniziò.                                                       
Renata era arrivata e al suo fianco c’era suo padre. Era bellissima, indossava un abito bianco champagne leggero, senza tanti fronzoli. Era semplice, le scendeva giù accarezzandole il corpo e aveva una scollatura a V sia avanti che dietro. I capelli erano raccolti in modo che sembrassero un po’ disordinati e dei piccoli fiori bianchi coprivano le mollette. In viso c’era il suo solito ciuffo ribelle che le sfiorava il viso. Non era tanto truccata, c’era una linea di eye-liner, un po’ di mascara e le labbra colorate di un rosa quasi corallo. Mi girai verso Jared e notai che era rimasto incantato dalla sua futura moglie.                                                                               
 “Mamma!” esultò Lily.  Renata le sorrise e iniziò a camminare verso l’altare. Stavo iniziando a commuovermi. Io li avevo visti innamorarsi, litigare, ridere, piangere, diventare genitori e ora erano arrivati al matrimonio. Anche Constance, Vicki e Paulina erano in lacrime.                                              
“Sei bellissima” sussurrò Jared a Renata.                                                                               
  “Adulatore, tu sei bellissimo” rispose lei.
 
 
 La cerimonia era finita al tramonto e il bacio era stato accompagnato dai colori rosacei del cielo.  Tutto era andato al meglio e ora gli sposi stavano ballando sotto la luce arancione. Jared sorrideva come non mai e Renata faceva lo stesso, erano completamente andati. Shannon stava suonando insieme a Tomo “Kings and Queens”, non c’era voce, o forse c’era e solo Renata poteva sentirla. Roxi ballava con Cole, Helen con Matt, Constance con Andreas e i genitori della sposa con Lilian.                                                         
 “Mi concede questo ballo?” chiese Alex. Io gli sorrisi.                                                                        
“Io sono bravo, non come il tuo ragazzo” sussurrò afferrandomi per mano. Iniziammo a ballare. Oggi era stata una giornata perfetta, l’atmosfera era magnifica e l’amore si coglieva da ogni parte.

L’amore era nell’aria....  

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Capitolo 16
*** 16 ***


3 marzo Los Angeles
 
*Jared*

Il clima californiano si stava facendo sentire. In questi anni passati a New York City, mi era mancato il sole sempre alto nel cielo, il vento fresco che ti sfiorava la pelle e mare vicino a casa. Le scatole del trasloco erano nel giardino. L’erba alta circondava i cartoni, li stava coprendo completamente e Lilian continuava a correrci intorno.  Lei non aveva mai visto la California, e per questo continuava a riempirci di domande assurde.  La casa era rimasta la stessa, niente era cambiato, e nonostante ci fossimo trasferiti da poco, la nostra cassetta della posta era già piena. C’erano lettere di ben venuto e altra posta normale. L’interno della casa era ancora in disordine, le uniche cose che erano a posto erano il piano e i letti. La cucina, il salotto e tutti gli altri strumenti musicali non erano stati ancora tolti dalle scatole. Le pareti erano spoglie, e ciò faceva  sembrare la casa abbandonata. Mio fratello stava montando le tende e Francesca era andata a fare la spesa con Renata. Tomo sarebbe arrivato tra poco, e mi avrebbe aiutato a montare gli armadi. Non mi sarei mai immaginato di dover fare queste cose.  E nessuno si sarebbe mai immaginato di vedermi così, con la tuta sporca di vernice e la polvere tra i capelli, con una maglia a caso mentre spostavo i mobili.                                                                                    
 “Quelle vanno su!” gridò Shan. Era in equilibrio nella scala, con una mano teneva la tenda e con l’altra la appendeva.                        
 “Va bene” risposi salendo le scale con due scatole tra le mani. Anche il piano di sopra era rimasto uguale. Il tempo non aveva rovinato niente. Dalle finestre entrava tanta luce che illuminava il corridoio facendo intravedere le ombre degli scatoloni dentro ogni camera. Entrai nella camera di Lily e posai le scatole a terra.  La sua stanza era ampia, c’erano due finestre e tra di loro era posto il letto. A sinistra c’erano la porta per il suo bagno e accanto ad essa quella della cabina armadio. Le pareti erano colorate come Lilian aveva voluto; il lilla sui muri e la cornice era viola.                                                                                                                                     
“Siamo arrivate!” gridò Frà dal piano di sotto. Io scesi di corsa.                                                                     
“Lascia porto io le buste” disse Shan a Renata. Lei fece una smorfia, detestava non essere d’aiuto.                            
 “Lo so che sono incinta, ma posso ancora fare tante cose” rispose lei entrando in cucina.                                                 
“Va bene” mugugnò mio fratello e ritornò al suo lavoro di tendaggio.                                                                                     
“E tu, vieni qua!” esclamò Frà indicandomi. Io mi avvicinai.                                                                                                           
 “Che ore sono?” chiese come se sapesse già la risposta.                                                                                                 
“Sono le 16.30” risposi. Lei sorrise e mi diede un post-it. Guardai il foglietto per un attimo e capì subito a cosa si riferiva; tra meno di mezz’ora saremmo dovuti andare a fare la prima ecografia ed io ero ancora in tuta sporco di vernice e robe varie.                                                                                                                             
 “Non si saluta?!” esclamò Renata. Lei era appoggiata al piano cottura. Non sembrava in cinta, non si vedeva la pancia; con Lilian era stato diverso, già al terzo mese si era iniziato a notare un po’ il grembo e anche il resto era più accentuato, ma questo aiutava a tenere la gravidanza segreta. Non volevano che la notizia fosse sulla bocca di tutti già da adesso, solo la famiglia e gli amici avrebbero dovuto saperlo.                                   
 “Non vorrei sporcarti” risposi avvicinandomi a lei per baciarla.                                                                          
 “Non importa” disse avvicinando le sue labbra alle mie.                                                                                              
 “Tolgo l’ananas?” chiese Frà mentre tirava fuori la spesa.                                                                                                                
 “Isolala, mettila in una camera sotto terra, fai quello che vuoi, ma toglila!” esclamai prima che l’odore si potesse diffondere.             
 “Oh spostatevi!” esclamò Renata. Spinse Frà e corse verso il bagno; come avevo previsto l’ananas, le aveva fatto venire la nausea.  Io lasciai Francesca in cucina e andai a cambiarmi.

 
Il sole stava attenuando i suoi raggi e il vento continuava ad accarezzarci la pelle.                                          
“Andiamo!” dissi prendendo Lily in braccio.                                                                                                                              
 “Papi, dove andiamo?” chiese Lilian mentre mi toglieva gli occhiali da sole. Lei detestava che coprissi i miei –meravigliosi- occhi come li definiva lei.                                                                                                                                      
 “A vedere la tua sorellina o fratellino” risposi riprendendo gli occhiali.                                                                             
 “Lo riporteremo a casa con noi?” chiese. Io sorrisi.                                                                                                                        
 “è nella pancia della mamma” risposi mentre la sistemavo nel suo seggiolino.                                                
“Come ci è finito lì?” domandò.                                                                                                                                        
  “Glielo messo io” risposi, non sapevo che altro dire.                                                                                                     
 “Come?” continuò con le domande.                                                                                                                                       
“Allora, esistono delle pasticche, quasi caramelle che solo i papà sanno dove si trovano e quando decidono di avere un figlio le vanno a prendere e poi le regalano alle mamme, che le mangiano e in bimbo cresce nella loro pancia” risposi dandole un buffetto.             
 “E di che gusto era la caramella che hai dato alla mamma?” chiese ancora.                                                      
“Vaniglia” dissi e chiusi lo sportello della macchina.                                                                                                              
 “Di cosa parlate?” chiese Renata.                                                                                                                                                     
 “Di come nascono i bambini” risposi sedendomi al volante. Lei mi guardò perplessa e salì in macchina.  Iniziai a guidare. Per tanto tempo non avevo toccato il volante, c’era sempre stato l’autista e mentre lui guidava, io osservavo le città che visitavamo.                
“Devi girare a destra per arrivare in 10920 Wilshire Boulevard” disse.                                                                                          
 “Lo so, ma per UCLA Medical Center si può passare anche per questa strada” risposi fissando il semaforo rosso.                    
“Aah voi uomini!” si lamentò. Lei stava guardando fuori dal finestrino, l’aria le scompigliava i capelli e come se non avesse mai visto Los Angeles, fotografava quello che le capitava sotto gli occhi. Aveva scattato qualche foto a dei ragazzi che avevamo incontrato in un semaforo. Lily se ne stava al suo posto in silenzio, giocava con dei pony e ogni tanto ci domandava qualcosa.                          
 “Siamo arrivati” dissi spengendo la macchina. Scendemmo dall’auto e ci dirigemmo verso l’ospedale. Lily volle ritornare tra le mie braccia per togliermi gli occhiali da sole, ma non la accontentai.  Dentro c’era il caos più totale; le infermiere correvano qua e là, i dottori prendevano cartelle e il telefono continuava a squillare.  Noi prendemmo l’ascensore e ci dirigemmo verso l’ecografo.  Attraversammo maternità ed entrammo nell’ala dedicata a ogni tipo di ecografia dai raggi X alla risonanza magnetica.                    
 “Leto, c’è Leto?” chiese un’infermiera.                                                                                                              
  “Eccoci” rispose Renata entrando nella stanza.                                                                                                                              
 “Si sistemi” disse il dottore. Lei posò la borsa nella sedia e si stese sul lettino.                                                     
“Si accomodi pure lei…come si chiama questa bambina?” disse indicandomi una sedia.                                               
 “Lilian” rispose la mia piccolina.                                                                                                                                                         
 “Oh non mi dia del lei” risposi sedendomi.                                                                                                                    
 “Okay, a che mese è?” chiese.                                                                                                                                          
 “Terzo” risposi.                                                                                                                                                                                 
“So che lavoro fate e anche che non volete che sia diffusa la notizia, ma rimarrete fissi in California?” chiese.                                 
“Si, rimarremo a Los Angeles per qualche anno, probabilmente ci stabiliremo qui” risposi. Lui annuì e annotò qualcosa.              
 “Papà, ora esco” disse qualcuno aprendo la porta. Io mi girai e vidi una ragazza di sedici anni; era alta, mora e con una triad appesa al collo. Appena si accorse che ero lì, si bloccò come se avesse visto un fantasma : mi aveva riconosciuto.                             
 “Quante volte ti ho detto di bussare, sto lavorando” la rimproverò il padre.                                                                  
“Ma tu sei...Ja..Ja..Jared…sei Jared Leto!” esclamò. Io le sorrisi.                                                                                              
 “Si, è il mio papà” rispose Lily.                                                                                                                                                    
 “Oh mio Dio!devo dirlo subito alle mie amiche!” disse aprendo la porta, ma appena la sua mano sfiorò il pomello, riuscì ad afferrarla per un braccio. Lei fu sorpresa, non aveva ancora capito.                                                                     
“ Ehm…scusa, non puoi uscire e se vuoi farlo, devi comportarti come se non mi avessi mai visto” dissi serio.                   
“Suvvia, lasciala, ormai ci ha visto…è dentro” disse Renata avvicinandosi a me.  La ragazza ci guardò perplessi, ma dopo qualche minutò capì tutto e iniziò a ridere.                                                                                                 
 “Ho capito tutto, ma perché lo nascondete?” domandò.                                                                                           
 “Non vogliamo che diventi un caso mondiale” risposi.                                                                                     
“Capisco” disse pensierosa.                                                                                                                                                      
 “Vuoi venire a casa con noi?” domandò Lilian.                                                                                                         
 “Piccola, io non ti conosco…poi non so se i nostri genitori vogliono” rispose la ragazza di cui non sapevamo ancora il nome.    
 “Ormai sei entrata nel FIGHT CLUB, non ne puoi più uscire!” esclamò Renata tra una risata e l’altra.   

To be continued....                                                                    

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Capitolo 17
*** 17 ***


*Jared*

Stavo guidando ormai da più di un'ora, la strada o meglio l'autostrada tentacolare e incasinata di Highway che circondava L A mi stava facendo  impazzire. Il traffico era insopportabile, il sole era alto in cielo e non c'era neanche una nuvola che facesse ombra. Eravamo fermi da mezz'ora; Lily era stesa nei tre posti di dietro e dormiva, Renata era al mio fianco, ma anche lei aveva ceduto al sonno. Lei era stesa in una posizione scomoda, ma non poteva fare altrimenti perché ai suoi piedi c'era la NIKON D3000 e aveva paura di darle un calcio, per cui le gambe erano sul cruscotto e gli occhiali da sole le proteggevano il viso. Non riuscivo a capire come potevano  riposare in tutto quel caldo e confusione; c'erano i clacson che suonavano, ogni tanto si sentivano le grida da parte delle altre persone e i raggi del sole arrivavano diretti a noi. Nonostante fosse maggio, il caldo era troppo, avevamo superato i 30 °C ed io al volante cercavo un po' d'aria da fuori, ma neanche un filo di vento c'era.                                                                                                        
"Sveglia, sveglia...il tuo Blackberry squilla!" dissi non troppo forte per non svegliare Lilian. Nessuna risposta. Il cellulare continuava a suonare, così decisi di farle il solletico e come avevo previsto, non appena mi avvicinai con la mano al suo fianco si svegliò.                                               
"Il tuo Blackberry suona" ripetei porgendole il BB. Lei lo prese e dopo uno sbadiglio rispose. Io ritornai al volante, sperando che la fila si muovesse.                                                      
 "Hey Ville!" esclamò sorridendo. Non appena sentì quel nome, mi girai.                                
"Va tutto bene, e per il discorso dell'altra volta è tutto sistemato" rispose. Io cercai di immaginarmi la domanda, forse di trattava della collaborazione per il nuovo cd degli H.I.M.                                                                                                                                         
 "Oggi?...Aspetta che lo chiedo a Jared" continuò.                                                            
"Sta sera saremo a casa?" mi chiese comprendo il Blackberry. Io annuì.                                    
 "Va bene, e ricordati di portare i fogli e la prima parte del lavoro così poi ci sistemiamo nello studio" rispose. 
Continuavo a non capire.                                                                            
  "A sta sera!" disse e chiuse la chiamata.                                                                                      
"Che cosa voleva?" chiesi serio.                                                                                                     
"Non hai ancora digerito la litigata eh?" precisò sorridendo.                                              
"Certo che no" risposi secco. Non mi sarei mai scordato di quella sfuriata, e soprattutto non avrei mai e poi mai abbassato la guardia con lui: era diventato il mio nuovo avversario, il sostituto di Cole.                                                                                                                          "Riguarda la canzoneAnd if i've stolen you, è quella che faremo insieme nel cd e dato che ha avuto nuove idee vogliamo registrare il più presto possibile" rispose.                                                          
 "Capito" dissi sistemandomi gli occhiali.                                                                      
 "Non fare quel broncio" sussurrò accarezzandomi la guancia. Io sorrisi.                                            
"Sono solo geloso di mia moglie" commentai.                                                                    
 "Si, come no!Sto diventando una balena insopportabile" si lamentò.                                                            
"No, sei bellissima e tra quattro mesi mi regalerai un altro figlio" risposi avvicinandomi per baciarla. Lei sorrise. Le scostai un po' i capelli e sfiorai le sue labbra con le mie.                                           
"Oh cavolo!" esclamò staccandosi da me.                                                                                  
"Cos'è successo?" domandai.                                                                                                                               
 "Sta sera a cena ci sono tuo fratello, Frà e la figlia del dottore...come si chiama quella ragazza?" chiese.                              
 "Rosemary" risposi soddisfatto. Mi ricordavo sempre i nomi della mia famiglia.                        
"Dobbiamo muoverci a tornare a casa…ho voglia di un dolce" disse guardando l'ora.                                    
 "Le macchine stanno scorrendo, entro mezz'ora dovremmo essere da Suck It!Sweets & Treats" risposi. Le macchine stavano iniziando a muoversi più velocemente ed io riuscì a imboccare l'uscita per il sud di Los Angeles. Lilian continuava a dormire indisturbata; il sole le illuminava i capelli che le coprivano il viso, il braccio destro penzolava giù e come al solito si era stesa in modo la poter occupare tutto lo spazio possibile. Renata aveva tolto la NIKON dalla borsa e stava scattando foto; momentaneamente ero io il suo soggetto, ogni tanto mi arrivava il flash o una sua richiesta.                                             
"Mi compri il gelato al cocco e cioccolato, e anche un muffin ai mirtilli?" chiese mentre mi stavo avvicinando a Suck It! Sweets & Treats.                                                                                            
"Certo!" risposi. Lei sorrise soddisfatta. Parcheggiai la macchina di fronte al negozio, presi il portafoglio e uscì.                                     
"Fatti dare un cucchiaio!" esclamò prima che fossi troppo lontano. Io sorrisi tra me e me, evidentemente voleva mangiarlo subito.

                                                                                                       ***
 

“Francesca, per favore distraiti, prepara l’insalata, taglia quello che vuoi, ma stai ferma” disse Renata seria come non mai. Solo quando stava iniziando ad arrabbiarsi pronunciava i nomi per intero; questo non era un buon segno, poiché se s’infuriava, bisognava prepararsi a un uragano in azione. Io non volevo lasciare da sola Frà, per cui presi le prime verdure che trovai e iniziai a tagliarle come se sapessi cosa stessi facendo. In questo momento tutti avevano un compito; Shannon e Lily stavano apparecchiando, Renata e Rosemary mettevano a posto i giocattoli che erano sparsi nel salotto e infine io e Frà eravamo i cuochi.                                     
 “Puoi tagliare le carote a dadini?” chiese Frà non appena Renata uscì dalla cucina.                               
 “va bene” risposi.                                                                                               
“Come mai oggi è così irritabile?” domandò. Prima di risponderle controllai che nessuno ci potesse sentire, volevo evitare una sfuriata perché in un modo o nell’altro avrei avuto sempre torto.               
“E’ incinta di cinque mesi e da sta mattina si sta lamentando del suo peso che sta aumentando, poi è sotto stress per il lavoro e la collaborazione con Ville. Le ho detto di fermarsi, ma è testarda e non vuole deludere nessuno…poi c’entri anche tu, la tua eccitazione per Valo la fa andare fuori di testa ed è meglio non far arrabbiare una donna in stato interssante” dissi.                                 
“Comunque la pancia non è grande come quando c’era Lily, secondo me è un maschio” affermò soddisfatta.                               
 “Ce lo dicono in tanti, tutti hanno la stessa teoria; la pancia è piccola, i sintomi sono lievi, non ha fastidi quindi è un maschio” risposi senza staccare gli occhi dalle carote.                                        
“E Ville?” domandò.                                                                                             
“Cosa c’entra lui” dissi secco.                                                                                   
“Cosa pensi del fatto che viene a casa tua, che lavori con tua moglie e che forse debbano andare in Finlandia insieme?” continuò con le domande.                                                                 
“Come mai tutta questa curiosità?” controbattei.                                                                       
 “Rispondi e basta” disse divertita.                                                               
  “Che lui venga qua non mi fa né caldo né freddo, però il fatto che lavori con lei mi da un po’ fastidio perché so cosa li lega e quanto sia forte la loro specie di amicizia, ma non posso interferire nel suo lavoro, lei non farebbe mai questo e dato che è un artista conosciuta nel mondo intero ha il diritto di fare le collaborazioni che vuole” risposi.
 

*Renata*

Finalmente la casa era perfetta; i giocattoli di Lily erano in camera sua, dalla cucina veniva un profumino squisito che invadeva tutto il salotto e non restava altro che aspettare Ville. Shan e Lilian stavano guardando la Tv e ogni tanto facevano una piccola lotta per avere il controllo del telecomando. Rosemary stava sistemando le tende; quella ragazza era entrata nelle nostre vite in modo assurdo e ora si comportava con noi come se ci conoscesse da sempre, per lei adattarsi era stato più facile, nel giro di una settimana c’eravamo abituati a averla sempre in casa e ad affidarle Lily quando volevamo uscire. 
“Come siete arrivati a questo punto?” domandò.                                                               
  “Che cosa intendi” risposi.                                                                                           
“Mi riferisco al fatto che siete sposati, felici, genitori di due bambini di cui uno è in arrivo, viaggiate e nonostante vi vedete ogni giorno vi amate sempre di più…siete strambi, pazzi, qualche volta incomprensibili, accogliete tutti a braccia aperte e fate in modo di far sentire tutti a suo agio” disse sedendosi accanto a me.                                                                                                
 “Neanche io so come siamo arrivati a essere così; tutto è stato veloce, bello e confusionale…l’unica cosa per cui ho una spiegazione sono le gravidanze, ma non te la sto a raccontare” risposi. Lei sorrise, aveva capito a cosa mi riferivo.
 
 
*Jared*

La cena era andata a perfezione; Frà aveva conosciuto Ville e ogni tanto rimaneva ipnotizzata dai suoi occhi verdi e dalla voce cupa. Mio fratello aveva cercato di attirare un po’ l’attenzione su di se, ma l’ospite era al centro di tutto. Ville non staccava gli occhi da Renata e Rosemary non faceva altro che farmelo notare; la gelosia mi stava corrodendo, detestavo il modo in cui la guardava o in cui le rivolgeva la parola, sembrava che mi volesse far capire che se non fosse stato per il fato, ora lui sarebbe al mio posto. Ma la serata non era ancora finita, ora ci trovavamo in studio e tra poco avrei assistito a uno degli spettacoli più belli e dolorosi della mia vita. Io ero seduto nella poltrona dietro al vetro, davanti a me vedevo Ville e Renata che palavano, ridevano e scrivevano. Non volevo sentire i loro discorsi, avrei acceso il microfono quando avremmo iniziato a registrare. Sembrava che stessi vedendo un film muto a colori, lei scriveva, lui correggeva, lei si arrabbiava, lui le faceva il solletico e la avvolgeva tra le sue braccia. Se non fosse per la piccola cosa chiamata amore che mi collega a lei, direi che sono una bella coppia: lui il ragazzo maledetto e lei quella piena di vita come un raggio di sole. Un po’ di gelosia c’era, forse anche invidia; lui era riuscito ad ottenere una canzone di Renata senza dover fare imprese impressionanti, mentre io, suo marito, non avevo ancora inciso niente con lei. Ritornai a guardare i due artisti davanti a me, e notai che erano pronti a cantare e suonare.                          
“Accendi e metti la base di Beyon Redemption,grazie” disse Valo. Renata prese le cuffie e Ville fece lo stesso porgendole il testo della canzone.                                                                                       
 “Inizia il riscaldamento!” esclamò contenta. Io le sorrisi.                                              
“Non sfottermi per le mie capacità canore!” continuò lei. Io le regalai un altro sorriso.                        
La base inizio. Le note così armoniose invasero la sala. Il ritmo di Gas guidava la voce di Ville e inconsapevolmente anche la mia. La melodia creata da Mige, Emerson e Lily rendeva tutto così strambo e capace di portarti via con sé. La chitarra cantava e cercava di prevalere sugli altri con i suoi assoli improvvisi: tutto in quella canzone era strano e allo stesso tempo affascinante. Forse questo era il fascino misterioso di Ville.

    Feel it turning your heart into stone
Feel it piercing your courageous soul

You're beyond redemption
And no one's going to catch you when you fall

 

    Ora c’era solo la voce di Renata che riecheggiava nella sala, le note seguivano il suo canto come se fosse lei la parte fondamentale. Ogni tanto Ville si avvicinava al suo microfono per aggiungere qualche vocalizzo, erano così vicini che sembrava che le loro labbra si toccassero. Le due voci così diverse si mescolavano e si rincorrevano.

Oh I see you crawl you can barely walk
And arms wide open you keep on begging for more
I've been there before knocking on the same door
It's when hate turns to love and love to hate
Faith to doubt and doubt to faith

 



C’era solo Valo, aveva gli occhi chiusi e stava dando il suo massimo nonostante fosse solo il riscaldamento. Alla sua destra c’era Renata che lo guardava, i suoi occhi erano presi da lui. Non si perdeva neanche un movimento, era stregata da quella voce così strana che quando parla è tenebrosa e quando canta, è capace di qualsiasi cosa. Io conoscevo quello sguardo, era lo stesso con cui mi aveva guardato dopo il nostro primo bacio al molo, con cui mi osservava ogni volta che suonavo, cantavo o al mattino appena sveglia. Erano quei momenti in cui si perdeva.                                                
 “Ora passiamo a And if i've stolen you,grazie” disse Ville. Cambiai la base, e feci partire solo la batteria e basso, poiché la chitarra e tastiera sarebbero state registrare. Iniziarono a suonare come se la conoscessero da una vita; le dita di Renata si muovevano veloci lungo le corde, gli accordi si inseguivano e le armonizzazioni smorzavano la durezza degli assoli. Valo suonava senza degnare di uno sguardo la tastiera, i suoi occhi si erano posati su mia moglie. La osservava, vedeva come si muoveva, come i capelli le danzavano attorno e come si era persa nella musica. Dopo tutto si trattava di uno degli spettacoli più belli, vedere un musicista che si trasforma nella musica stessa era qualcosa di sensazionale.


 

Time hasceased to exist
and if I
look for you and you're not here
my being will call you with cries
and if you're not there I'm not able to be

Andif I've stolen you from the world
there
are things you should know
I fell in love with you

So I'm holdin' on
 

La voce di Ville sembrava si riferisse a Renata o forse io stavo leggendo tra le righe qualcosa di infondato.
 

is just us
We'll hum until the moon becomes the sun
andthe sun becomes moon
Paradise is waiting for us
close your eyes

I just wanna love you
on an ordinary day

 

La prima parte della canzone era finita, e non potevo far a meno di sentirla risuonare nella testa. Ville lasciò le cuffie e abbracciò Renata, la quale lo ricambiò all’istante. Lui alto e magro la stringeva a se come se non volesse farla andare via, era una di quelle scene che si vedono solo nei film, ma solo nei momenti in cui ci si dice addio. Stavo iniziando a sentirmi nel posto sbagliato nel momento sbagliato.              
 
 
 
01.30

Le registrazioni erano finite e tutti gli invitati se ne erano andati a casa. Lily era a letto, e come ogni sera per farla addormentare avevo dovuto cantare una canzone. Noi eravamo al piano di sotto con le luci soffuse. Renata era stesa sul divano, stava mangiando un dolce e ogni tanto si accarezzava la pancia e ci parlava. Io la guardavo assorto dai suoi discorsi senza senso, ogni tanto ridevo, ma cercavo di non farglielo notare.                                                                                           
“Cosa gli stai raccontando?” chiesi sedendomi accanto a lei.                                               
  “Sto descrivendo la famiglia, iniziando da te, ma mi hai interrotto” rispose.                                         
“Posso presentarmi da solo” precisai. Lei annuì e continuò a mangiare la torta.                                                  
“E’ la seconda volta che lo faccio, e non so cosa dirti…sono il tuo papà e ti voglio bene, quando mi vedrai, ti meraviglierai, sicuramente non sono come ti aspetti. T’insegnerò tutto ciò che so, musica, disegno, fotografia, cercherò di spiegarti molte cose, proverò a essere un papà paziente e presente…beh sei figlio di due musicisti ed io sono Jared Leto il cantante dei 30 Seconds to mars e tuo zio è il batterista della band di papà…si, sei in mezzo ai pazzi” dissi.                                                
 “Si è mosso” sussurrò lei.                                                                                              
 “Mi vuole già bene” affermai soddisfatto.

 

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Capitolo 18
*** 18 ***


*Jared*
 



Ero ancora a letto. Dalla finestra di fronte a me penetrava un raggio di sole che illuminava i capelli di Lilian. Lei aveva dormito con noi perché aveva avuto la febbre, e come ogni volta che si ammalava, non voleva separarsi da papà. Io la stingevo a me, le accarezzavo la schiena e ogni tanto le misuravo la febbre con la guancia.  Lily aveva posato il viso nell’incavo del mio collo e il suo respiro regolare mi accarezzava la pelle. Renata si era già alzata da un bel pezzo; aveva delle cose da fare, ma nonostante mi avesse ripetuto più volte cosa avrebbe fatto oggi, non avevo ancora capito cosa c’era di così ungente. La mattina non ero molto vispo, solo dopo le nove potevo definirmi sveglio.                                
“Papi” mi chiamò Lily con un filo di voce.                                                                                                                                                       
 “Si?” risposi lasciando un po’ la presa.                                                                                                                                         
“Andiamo al mare?” chiese sedendosi sul letto.                                                                                                                                         
“Va bene” risposi dandole un buffetto. Lei mi abbracciò così forte, che mi tolse il respiro.                                                                                 
“La mamma?” domandai.                                                                                                                                                                      
 “Si sta facendo bella con la zia” disse.                                                                                                                                                       
 “Perché?” chiesi.                                                                                                                                                                                              
“Tra poco arriva zio Terry!” esclamò contenta. Lily aveva sempre adorato Terry, amava che lui la fotografasse sempre e che la assecondasse nelle sue idee. Quando stavano insieme, era come vedere due pittori surrealisti che creano un’opera innovativa.     
 “Me ne ero dimenticato” mugugnai. Lei sorrise.                                                                                                                                       
 Mi alzai dal letto e mi diressi verso il bagno, lì avrei trovato di sicuro Renata e Francesca.  La porta era chiusa e da fuori si sentivaNightmare a tutto volume. Bussai, ma non risposero. Bussai ancora, ma niente. Entrai. Loro non si resero conto della mia presenza; Frà era troppo indaffarata a ondulare i capelli a mia moglie e ogni tanto si lamentavano perché erano troppo lunghi. Renata si stava truccando, cercava di rimanere ferma, ma quando doveva prendere i pennelli o altro si muoveva e le lamentele ricominciavano.                                                                                                                        
“Salve!” esclamai.                                                                                                                                                                              
 “Buongiorno” risposero in coro.                                                                                                                                                                
“Bianco e nero o colori?” chiesi.                                                                                                                                                   
“Colori” disse Frà soddisfatta.                                                                                                                                                                        
 “Sarà lui che svelerà a sei miliardi di persone che sto per diventare papà per la seconda volta?”domandai divertito. Mi stavo immaginando la scena in cui Terry vedeva la pancia, poi me e poi ancora  Renata. Nessuno lo aveva avvisato e tra poco sarebbe rimasto sorpreso poiché ormai lei si trova al sesto mese di gravidanza e il mondo intero non ne era a conoscenza.                                                                                                                                                                                                                 
 “No, ma se vuole fare qualche foto in cui si nota il nuovo arrivato, va bene, basta che siamo noi a dirlo agli Echelon” rispose Renata.                                                                                                                                                                                                
 “Sto già facendo lavorare Emma, lei ha trovato la soluzione ed entro sei ore tutta la famiglia lo saprà” dissi.              
“Bene, andiamo al mare?” chiese. Frà si lamentò.                                                                                                                  
  “Certo!l’ho già promesso a Lily” affermai.  Lei sorrise.                                                                                                              
“Non credete che se andate in spiaggia mezzo mondo lo scoprirà prima che Emma diffonda la notizia?” chiese Francesca.                                                                                                                                                                                                                     
 “Gli Echelon diffondono velocemente le notizie, possiamo permetterci una scampagnata in famiglia” risposi.                            
“Come lo chiamerete?” domandò mentre smanettava con la piastra.                                                                                                
“Matt, Matthew, Sebastian…ma preferirei un nome più strano come Isaack” disse Renata.                                            
 “Non dimenticare Alexander o Joseph” precisai.
Lei sorrise.                                                                                      
 “Beh io vi lascio ai vostri nomi e me ne vado a occuparmi di Lily” disse Frà uscendo dalla porta.                                                                     
  Renata si alzò dalla sedia, scosse un po’ la testa per rendere i capelli più naturali e si diresse verso l’uscita.  Indossava una canotta dei Guns n’ Roses strappata qua e la e unita da delle spille da balia, dei shorts e le vans. Nessuno avrebbe mai detto che era incinta. Il trucco era lieve; c’era solo un po’ di eye-liner, mascara e fondotinta.                                                   
 “E’ meglio che vada, Terry è arrivato” disse mentre cercava di scostarmi dalla porta. Io non la lasciai passare, la presi per i fianchi e la avvicinai a me. I nostri visi si sfiorarono e miei occhi si persero nei suoi così scuri.                                            
“Che vuoi fare?” sussurrò. Io la baciai. Le mie mani presero le sue, le nostre dita s’intrecciarono e la portai verso il muro.          
 “Vado” disse staccandosi da me.


 
Davanti ai miei occhi trovai un foglio con scritto questo: CHIUNQUE SI TROVI IN QUESTA STANZA E NOTI QUALCOSA DI STRANO, DEVE MANTENERE SEGRETA QUALSIASI INFORMAZIONE! ALTRIMENTI, SARA’ LICENZIATO. Era la scrittura incasinata di Terry, sicuramente aveva capito a cosa andava incontro e non voleva spargere pettegolezzi senza la nostra approvazione.  Al piano di sotto c’erano assistenti di ogni genere; c’era quello addetto alle luci, agli obiettivi o quello addetto alla selezione delle foto migliori. Poi c’era il mio amico che dirigeva tutti e scattava foto a Renata, la quale cercava di eseguire ogni richiesta del fotografo e di proporre nuove pose.                                                                             
 “Posso scattare qualche foto al futuro nascituro?” chiese Terry.                                                                                                          
“Certo” rispose. Lei fece subito aderire la maglia alla pancia e iniziarono i flash. In quell’istante tutto il caos si fermò; tutti erano presi dal grembo e con facce stupite osservavano Terry che fotografava. Io mi avvicinai al computer per vedere le foto e rimasi sorpreso. Nel giro di mezz’ora avevano fatto più di cento scatti uno meglio dell’altro , ma la foto che catturò il mio sguardo fu la prima in cui si notava la pancia; c’era Renata che dolcemente accarezzava il nuovo arrivo.                                                                                                    
“Futuro papà vieni a fare delle foto!” esclamò il mio amico. Risposi di no con la testa, ma un’assistente mi spinse nel set e iniziò in divertimento per Terry.  Improvvisai e lo stesso fece Renata; in qualche foto avevamo trascinato pure Lily, ma ora ero diventato io il fotografo, Terry aveva occupato il mio posto e come al solito usava la stessa posa.                           
 “Finito!” esclamai.

 
 
Il mare era calmo, la brezza marina ci scompigliava i capelli e la sabbia calda ci avvolgeva i piedi. Lily stava costruendo i castelli di sabbia insieme alla mamma che aveva messo in bella vista la pancia. Era divertente vederle impegnarsi a mantenere dritte delle torri o muri; Renata cercava le conchiglie per decorare il castello e Lily costruiva. Io le osservavo, ogni tanto giudicavo il loro lavoro e andavo a prendere l’acqua per la fossa che circondava la fortezza. Intorno a noi c’era tanta gente che ci guardava e ogni tanto commentava, ma ormai c’eravamo abituati alle attenzioni continue e facevamo finta di non sentire. La maggior parte dei commenti riguardava la pancia di Renata e i vari dubbi che si formavano; sembrava che non l’avessero mai visto una donna incinta, tutti la osservavano e sorridevano inteneriti. Dopotutto eravamo una bella famiglia, forse troppo vicina a quelle dei film, ma per noi andava bene.                     
“Mami!” esclamò Lily.                                                                                                                                                                                        
 “Si tesoro” rispose avvicinandosi a lei.                                                                                                                                                                    
 “Il mio fratellino si sta muovendo?” chiese.                                                                                                                                                        
 “Si, ora è sveglio” disse. Lilian avvicinò la manina alla pancia e aspettò un movimento. Dopo qualche minuto alzò lo sguardo e sorrise.                                                                                                                                                                                               
“Non dare i calci così forti, fai male alla mamma” disse Lily al suo fratellino.                                                                             
 “Non le fa male, anche tu facevi così” risposi tra una risata e  l’altra.                                                                                                                                             

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