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La trama di questa storia
mi è venuta abbastanza per caso, stavo cercando un’idea per
una one-shot o comunque per una fanfiction abbastanza breve e mi è
venuta in mente questa. Alla fine si è dimostrata più lunga del previsto per
essere un capitolo unico e quindi ho deciso di spezzarla in più parti…Non sono
proprio capace di scrivere qualcosa di corto! >.<
Il titolo è un po’ un gioco
di parole (lo so, sono pessima in queste cose…) perché “iocum” in latino
significa sia “gioco” che “scherzo”. Volevo sottolineare con ciò il fatto che la
natura dei gemelli è appunto una sorta di “gioco” del destino che li costringe
a “giocare” la loro partita contro Satana, ma è anche uno “scherzo” parecchio
di cattivo gusto proprio perché i due si ritrovano a dover combattere con il
fatto di essere a metà tra i due mondi, e quindi resta sottinteso che forse
anche se vinceranno la loro battaglia contro i demoni non riusciranno mai ad
avere la vita normale che sognano, cosa che risulta un po’ essere tema di fondo
della storia.
Sono piuttosto nuova del
fandom quindi spero mi perdonerete eventuali OOC, anche se mi sono impegnata
per evitare steccate colossali perché non le sopporto neanche io. Ci tenevo
però a dedicare qualcosa ai due gemelli Okumura perché li adoro come
personaggi (Yukio in primis è il mio preferito tra tutti) e in più sono anche
la mia coppia preferita (sì, non mi importa se sono gemelli e storie varie).
L’ho postata proprio oggi perché il 27 dicembre è il loro compleanno e mi
pareva carina come idea, anche perché il tema è presente anche nella storia.
Spero che possiate
apprezzare il mio lavoro! Ogni genere di commento, negativo o positivo, sarà
più che gradito, quindi se pensate che ne valga la pena lasciatemi anche un
paio di righe, ci tengo veramente molto a sapere come sono andata. Voglio
migliorare e quindi il confronto con le opinioni altrui è fondamentale per
questo scopo.
Grazie per la vostra
pazienza! Vi auguro una buona lettura!
Aveva
nevicato abbondantemente per tutta la notte e ora sotto il cielo pallido il
paesaggio si estendeva candido, baciato dai deboli raggi del sole invernale che
facevano scintillare i cristalli di ghiaccio che lo ricoprivano. La spessa
coltre di neve attutiva i suoni creando un manto di silenzio che pareva
avvolgere il mondo ancora addormentato in un abbraccio protettivo, mentre
l’aria mattutina era resa ancora più frizzante dal gelo pungente.
Appoggiato
al davanzale della finestra della stanza che divideva con suo fratello, Yukio
ammirava rapito quella vista, la mente persa nei ricordi della sua infanzia,
quando in inverno lui e Rin si svegliavano all’alba apposta per potersi gettare
in quel mare bianco e poi trascorrevano ore intere a rotolarvisi, incuranti del
gelo, mentre Shiro rimaneva ad osservarli sorridendo, seduto sui gradini della
chiesa. Le loro risate cristalline rimbombavano allegre nel silenzio del
cortile salutando la luce che sorgeva da dietro il cielo plumbeo mentre loro si
ricoprivano a vicenda di palle di neve o si cimentavano nella costruzione di
qualche strano pupazzo. Erano bei tempi, così allegri e spensierati, così
innocenti. Certo, lui era venuto a conoscenza fin troppo presto del segreto che
avvolgeva la nascita sua e del suo gemello, ma, almeno finché il loro tutore
era rimasto in vita, aveva avvertito quella grave consapevolezza come lontana,
come staccata dalla realtà in cui viveva, e, pur addestrandosi per diventare
esorcista, era riuscito a conviverci senza avvertirne veramente il peso. Poi,
tutto d’un tratto, quell’illusorio equilibrio si era spezzato e gli eventi
erano degenerati senza preavviso, costringendolo a scontrarsi violentemente con
la verità dei fatti. Vedendo i tratti tipici dei demoni sul corpo di Rin e stando
in ginocchio di fronte alla tomba di Shiro tutto quello che prima era stata
solo un’idea indefinita e vaga si era trasformata davanti ai suoi occhi
sconvolti in cruda realtà e lui non aveva potuto fare altro che prenderne
stancamente atto. Era ormai passato del tempo da quel giorno, ma, nonostante lo
shock iniziale fosse stato superato, non era ancora riuscito ad adattarsi
completamente alla sua nuova situazione.
Con un
sospiro spostò lo sguardo dal paesaggio innevato al letto in cui suo fratello
giaceva ancora addormentato, lasciando che quei cupi pensieri sfumassero. Non
voleva perdersi di nuovo in quelle riflessioni, non quel giorno. L’unica cosa
che desiderava era passare una bella giornata con il suo gemello. Un sorriso
triste gli increspò le labbra mentre si alzava per andare a sedersi sul letto
dell’altro. Nonostante tutto, quella storia aveva avuto un lato positivo: dopo
l’iniziale conflitto, lui e Rin erano tornati vicini come quando erano bambini,
e forse anche di più visto che ormai non c’era più alcun segreto a dividerli. A
volte, nei momenti di rabbia, suo fratello lo accusava di non essere in grado
di capirlo perché l’unico ad aver ereditato i poteri di Satana era lui e che
quindi non aveva diritto di biasimarlo per le sue decisioni o di avere pretese
nei suoi confronti, ma alla fine il contrasto veniva superato e dimenticato
velocemente con un abbraccio o un sorriso. Yukio preferiva non controbattere a
quelle accuse, anche se troppo spesso avrebbe voluto urlare che anche lui
restava pur sempre figlio del principe dei demoni, che poco importava se aveva
un aspetto umano perché il presentimento che un giorno anche lui si sarebbe
risvegliato lo assillava costantemente, che anche lui viveva con sofferenza
quel loro essere a metà anche se non lo dimostrava per non dare ulteriori
angosce a suo fratello. Era sicuro che Rin conoscesse il suo stato d’animo e
proprio per questo alla fine riuscivano sempre a riappacificarsi. E poi, per
quanto odiasse discutere con il suo gemello, quelle liti rappresentavano per
loro un momento per sfogare la loro frustrazione e condividere il loro
reciproco malessere. Quella guerra continua non faceva che legarli sempre più
strettamente l’uno all’altro.
Il
giovane esorcista allungò una mano e accarezzò con delicatezza i capelli
arruffati di Rin, godendosi la sensazione di morbidezza sotto le dita. L’altro
mezzo demone emise un mugolio infastidito affondando la faccia nel cuscino per
un attimo prima di alzare lo sguardo assonnato verso il suo gemello.
“Buongiorno,
Nii-san”lo salutò il minore con un sorriso ritirando la mano. “Dormito bene?”.
“Abbastanza”
borbottò lui sbadigliando e cercando con lo sguardo l’orologio. “Ma, Yukio, che
ore sono?”.
“Quasi le
sei e mezza, Nii-san. Non volevo svegliarti, perdonami”fu la risposta dispiaciuta.
“Se vuoi puoi tornare a dormire”.
“Le sei?!
Ma è prestissimo!”gemette Rin tornando ad affondare il viso nel cuscino con uno
sbuffo. “Cosa ci fai già sveglio a quest’ora?! Tu sei pazzo! Non abbiamo
neanche scuola visto che ci sono le vacanze e tu ti svegli all’alba!”.
“Avevo un
paio di rapporti da completare entro oggi pomeriggio per Mephisto e così mi
sono dovuto alzare. Più tardi andrò a portarglieli. Sai bene che con il mio
lavoro di esorcista non ho solo la scuola di cui preoccuparmi”spiegò Yukio
indicando i fogli impilati ordinatamente sulla scrivania. “E poi stanotte ha
nevicato, Nii-san! Il paesaggio è davvero splendido e io non volevo perdermi
l’alba. Mi è sempre piaciuta la neve”.
“Anche a
me!”esclamò il mezzo demone, rianimandosi un poco e mettendosi a sedere per
riuscire a vedere uno scorcio del paesaggio candido al di fuori del vetro. “Ci
divertivamo un sacco da piccoli, ti ricordi? Giocavamo finché il freddo non
aveva la meglio e nostro padre ci costringeva a rientrare perché tremavamo come
delle foglie…”. Sul suo volto si aprì un sorriso quasi nostalgico. “Erano bei
tempi…Sai cosa potremmo fare? Visto che ormai sono sveglio e col cavolo che
riesco a riaddormentarmi, potremmo uscire a goderci la nevicata!”.
“Con
piacere, Nii-san. È passato un po’ dall’ultima volta che ci siamo presi una
giornata da passare in famiglia. E poi Natale e il nostro compleanno sono
vicini, potrebbe anche essere l’occasione per comprarci un regalo”accettò
l’altro allegro, alzandosi. “Va’ pure a farti la doccia, io intanto apparecchio
e preparo la colazione”.
Rin annuì
vigorosamente scostando le coperte e appoggiando i piedi nudi sul pavimento
freddo. “Yukio?”lo richiamò. “Se mangiassimo fuori? Dai, c’è quel bar in centro
al paese che fa delle brioches che sono la fine del mondo!”propose
con gli occhi che scintillavano al solo pensiero
dei croissants caldi. “Per favore!”.
“Come
preferisci, Nii-san. Allora ti aspetto e intanto ne approfitto per
ricontrollare uno di quei documenti. Prenditela con calma, abbiamo tutto il
tempo”sorrise Yukio scuotendo il capo divertito. Certe volte suo fratello si
comportava proprio come un bambino, ma lui non riusciva a biasimarlo. Il fatto
che riuscisse ad essere così spensierato nonostante la loro situazione lo
rendeva a sua volta più sereno e aumentava la sua determinazione a volerlo
proteggerlo da tutto e da tutti. Erano quei momenti che gli davano la forza di
andare avanti e di affrontare la realtà, di combattere per poter vedere il
sorriso aprirsi ancora sulle labbra di Rin e per ridare una vita ad entrambi.
Scompigliò leggermente i capelli di suo fratello guadagnandosi un’occhiataccia
un po’ infastidita e poi andò a sedersi alla scrivania, afferrando uno dei
fogli ed immergendosi nella lettura.
Rin
rimase a fissarlo per un attimo, poi scosse il capo e si affrettò ad infilarsi
in bagno. Suo fratello lavorava troppo, su questo non aveva dubbi. Era sempre
dietro a svolgere questo o quell’altro compito o via per qualche missione o
impegnato a compilare un rapporto su qualcosa. E, quando non era il suo lavoro
di esorcista a tenerlo occupato, era chino sui libri a studiare. Lui al posto
suo sarebbe morto dopo neanche una settimana, ma Yukio sembrava quasi
divertirsi a farsi caricare di impegni, come se la sua vita dipendesse dal
fatto di mantenersi costantemente occupato. Non rifiutava mai un incarico, a
meno che non fosse già impegnato con qualcosa di più importante. Il mezzo
demone si era più volte chiesto dove trovasse l’energia per star dietro alla
fila infinita dei suoi impegni senza affogarci in mezzo. Bisognava essere dei
veri masochisti per poter desiderare una cosa del genere, non c’era altra
spiegazione. In più, non contento di tutto ciò, pretendeva anche di occuparsi
di lui quasi ventiquattro ore su ventiquattro, trattandolo come se non fosse in
grado di restare solo per più di qualche ora senza combinare guai o finirci in
mezzo. Quella era la cosa che meno capiva e meno sopportava in tutta la
frenesia del suo gemello.
Si infilò
sotto l’acqua calda, sbuffando infastidito. Era vero, spesso lui si era
dimostrato impulsivo e inaffidabile, ma aveva sempre agito per il bene delle
persone a cui teneva, Yukio prima di tutti. Quell’atteggiamento protettivo e
quasi diffidente lo disturbava non poco, soprattutto considerando il fatto che
quando erano bambini era lui quello che consolava il suo gemello e lo difendeva
dal mondo. Non avrebbe saputo contare le volte in cui era tornato a casa pieno
di graffi e lividi dopo una rissa per aver preso le sue difese. Ma lui non si
era mai lamentato e aveva sempre subito quel dolore quasi con orgoglio perché
sapeva che lo stava facendo per la persona a cui teneva di più al mondo. Ora
invece le cose erano decisamente diverse e lui non sopportava quello scambio di
ruoli che gli dava un senso sofferto di frustrazione. Era Yukio quello che si
preoccupava e che pretendeva sempre di occuparsi di entrambi, cercando di
caricarsi di tutti i problemi che si presentavano per tenerli lontani da lui,
anche se spesso rischiava di soffocare sotto il loro peso. Rin capiva che suo
fratello si comportava in quel modo perché gli voleva bene, ma lui non poteva
tollerare che qualcuno stesse male per colpa sua. In fondo era sempre lui il
problema alla fine, lui e la sua natura di demone. Strinse in pugni sollevando
il viso in modo che il getto caldo potesse scorrevi sopra. Le persone che gli
stavano intorno finivano per pagare un prezzo troppo alto e che non meritavano
solo perché si intestardivano a rimanergli accanto nonostante tutti i rischi
che ciò comportava. Sua madre era morta per darlo alla luce, Shiro aveva
sacrificato la sua vita per proteggerlo da Satana e Yukio aveva rinunciato
prima ai suoi sogni poi alla sua felicità per continuare la missione del loro
tutore. Vedere le bruciature sulla pelle di suo fratello, quelle stesse che lui
e le sue maledette fiamme gli avevano procurato, lo faceva stare male più di
qualunque altra cosa, forse persino di più che trovarsi davanti alla tomba del
suo padre adottivo. Si lasciò scappare un sospiro, passando distrattamente una
mano sulle mattonelle della doccia. Quante volte aveva cercato di spiegare a
quel testone che lui non necessitava di tutta quella protezione, che sapeva
badare a sé stesso. Ma l’altro si era sempre rifiutato di ascoltarlo e aveva
continuato a prendersi tutte le responsabilità, anche quando non doveva. E Rin
lo odiava per questo, tanto quanto Yukio doveva odiarlo per la sua natura,
eppure non poteva fare a meno di provare un piacere confortante nel vedere che
al mondo esisteva qualcuno che si curava così tanto di lui. Non poteva evitare
di cercare quasi disperatamente l’appoggio di suo fratello e non avrebbe saputo
descrivere il suo sollievo nel saperlo sempre e comunque al suo fianco. Perché
senza di lui, anche se non l’avrebbe mai ammesso neanche con sé stesso, sarebbe
stato perduto.
Un
leggero bussare interruppe i suoi pensieri, riportandolo alla realtà. Rin si
riscosse, preso alla sprovvista, e si affacciò in fretta da dietro la porta
scorrevole della doccia. “Sì?”chiese.
La testa
di Yukio apparve dall’ingresso del bagno. “Volevo solo sapere se andava tutto
bene, Nii-san”disse con un sorrisetto. “È mezz’ora che l’acqua scorre…Pensavo
ti fossi addormentato sotto la doccia!”.
“Spiritoso…”borbottò
infastidito il mezzo demone scoccando un’occhiataccia al gemello per nascondere
il suo imbarazzo. Mezz’ora? Era talmente immerso nelle sue riflessioni che
aveva perso la cognizione del tempo. “Mi hai detto di prendermela con calma e
io l’ho fatto! E poi mi hai svegliato all’alba dopo che ieri siamo andati a
letto tardi, quindi non puoi pretendere che io sia sveglissimo! Non sono mica
un computer come te a cui basta andare in stand-by un paio d’ore per essere
completamente carico! E comunque non avevi del lavoro da fare tu?”.
“Ho
terminato. Se eri stanco potevi restare a letto ancora, Nii-san. Ti ho detto
che non era mia intenzione svegliarti”si scusò l’esorcista alzando le mani.
“Non sei obbligato a venire fuori con me se non hai voglia. In effetti magari
avevi altri piani per oggi…”.
“No, no,
non è quello! Ci tengo a passare la giornata con te”si affrettò a dire il
maggiore dei gemelli a disagio. “Non volevo risponderti male. È solo che…stavo
riflettendo, non mi sono accorto che era passato così tanto tempo. Dammi dieci
minuti e sono fuori”.
Yukio
sorrise. “Tranquillo, Nii-san. Volevo solo accertarmi che tu non lo facessi
contro voglia”spiegò imbarazzato. “Intendo, adesso che sei finalmente riuscito
a farti degli amici e tutto il resto…Non mi stupirebbe se volessi uscire con
loro piuttosto che con me. Magari ti andava di vedere Shiemi”.
Rin
distolse lo sguardo avvertendo un po’ di calore invadergli le guance. “Loro li
posso vedere un altro giorno, anche Shiemi. E poi non avevamo organizzato nulla
per oggi!”lo rassicurò tornando ad infilarsi sotto l’acqua. Quell’idiota era
sempre il solito, lui e le sue fisime del cavolo. Possibile che, genio qual
era, non si rendesse conto che anche a lui faceva piacere passare del tempo con
suo fratello?! “Smettila di farti questi complessi! Ho detto che passo la
giornata con te e così voglio fare. Esci, così finisco di lavarmi e andiamo.
Sta iniziando a venirmi fame tra l’altro”.
“Grazie,
Nii-san”mormorò il minore dei gemelli tra sé e sé. Poi a voce più alta: “Allora
facciamo così: visto che ho finito con i rapporti, vado adesso da Mephisto mentre
tu finisci di prepararti, poi quando torno andiamo a fare colazione”.
Suo
fratello borbottò qualcosa che somigliava a un “Ok, ma sbrigati” e lui uscì
dopo aver lanciato un’ultima occhiata al vetro opaco e appannato della doccia.
Era contento di sentire quelle parole dalla bocca di suo fratello perché era
con quel tipo di atteggiamento che Rin gli dimostrava il suo affetto. Non gli
faceva quasi mai dichiarazioni esplicite, le trovava imbarazzanti, però a modo
suo riusciva sempre a fargli capire quanto teneva a lui.
Sospirò
passandosi una mano nei capelli e avviandosi fuori dall’appartamento, i
rapporti stretti al petto. Prima andava, prima avrebbero potuto uscire e quindi
godersi la loro giornata insieme.
Circa
un’ora e mezza dopo i gemelli erano seduti ad un tavolino in un angolo del bar
di cui aveva parlato Rin, ciascuno con davanti una tazza fumante di cioccolata
e una brioche. Yukio ci aveva messo più del previsto perché Mephisto, avendo
capito che andava di fretta per qualche motivo, aveva fatto di tutto per
trattenerlo, trascinandolo in una serie di considerazioni su come andavano i
suoi studenti e la sua vita privata, tutte cose che al preside interessavano
chiaramente poco ma che erano un ottimo modo per impedirgli di lasciare
l’ufficio. Inoltre, proprio quando aveva creduto di essere finalmente riuscito
a liberarsi dalle chiacchiere senza senso del demone e a farsi quasi congedare,
Amaimon, il fratello del suo superiore, aveva fatto il suo ingresso nella
stanza con un’aria vagamente irritata. Il ragazzo era stato così costretto ad
assistere a una discussione piuttosto accesa tra i due su non aveva capito bene
che cosa, cercando di fare del suo meglio per non ascoltare e aspettando che
Mephisto si ricordasse di lui e gli desse il permesso di andarsene, cosa che
era accaduta soltanto dopo un quarto d’ora buono quando il demone coi capelli
verdi aveva borbottato qualcosa sul fatto che la sua presenza disturbava il
discorso.
“Accidenti,
non ci credo! Per una volta Amaimon si è dimostrato utile”aveva commentato Rin
mentre scendevano in strada. “Di solito non fa altro che darci grane”.
“Vero. Ma
se avesse aspettato altri cinque minuti prima di entrare me ne sarei potuto
andare anche prima!”aveva ribattuto lui, scuotendo il capo esasperato.
Nonostante
tutto era ancora abbastanza presto e, a causa del clima, la gente aveva
preferito attendere prima di iniziare le ultime spese per negozi in previsione
del Natale ormai prossimo, quindi i due avevano camminato nelle strade quasi
deserte godendosi l’aria frizzante e lo spettacolo della neve ancora fresca ed
intatta che ricopriva ogni cosa. Il locale era ancora quasi praticamente vuoto
e il barista li aveva accolti con un sorriso allegro lasciando che scegliessero
il posto che preferivano e prendendo immediatamente le ordinazioni, con la
promessa che avrebbe portato loro i dolci migliori.
“Dovremmo
venire qui più spesso”fece Rin azzannando la sua brioche. “È un posto davvero
fantastico! Non ho mai bevuto una cioccolata così buona!”.
“Sei
davvero goloso Nii-san”ridacchiò Yukio girando il cucchiaino nella bevanda
bollente. “Se fosse per te dovremmo uscire a mangiare dolci a tutte le ore”.
“Uff, non
sai apprezzare la vera bontà!”scherzò il mezzo demone. “E poi non è vero che
passerei tutto il giorno a mangiare! Eviterei di andare a scuola, questo sì, e
uscirei con i miei amici a divertirmi. E ti prego, non partirmi con la storia
che l’istruzione è importante. Lo so bene, ma è una tale noia! Anche
alla True Cross, secondo me facciamo troppa teoria e poca pratica. Come
potete pretendere che impariamo ad affrontate i demoni se non fate altro che
imbottirci di nozioni?!”.
“Senza
teoria combattereste a caso contro degli esseri che non conoscete, esattamente
come fai tu fin troppo spesso, Nii-san. E si è visto con quali risultati.
Conoscere il proprio nemico è essenziale per evitare errori che potrebbero
esserti fatali”rispose l’esorcista, paziente. Quando suo fratello partiva con
quei discorsi gli veniva voglia di strapparsi i capelli dall’esasperazione.
“Quando inizierai a far pratica sul serio con un gruppo di esorcisti esperti
capirai a cosa ti serve tutta questa teoria che tu odi tanto. Quindi vedi di
impegnarti e di studiare. Fidati, ci sono già passato”.
“Se lo
dici tu…Non mi fido troppo del tuo giudizio, in fondo studiare ti piace da
morire, quindi sei troppo di parte”bofonchiò l’altro testardo, raccogliendo le
briciole che erano rimaste nel suo piatto e portandosele alla bocca. “Sei
sempre stato un secchione e lo sarai sempre. Dopo tutto ti considerano
addirittura un genio, no? Be’, sinceramente secondo me tu hai il problema
opposto al mio: studi e lavori troppo e vivi poco”.
“Non è
che se uno non si dà alla pazza gioia non appena ne ha l’occasione non vive.
Esistono persone che amano stare in tranquillità quando possono”ribatté il
minore dei gemelli finendo la sua cioccolata. “Di azione me ne dà fin troppa il
mio lavoro, quindi cerco di evitare i guai almeno quando non sono in giro a
scaricare i miei caricatori addosso a qualche demone”.
“Posso
anche capirlo questo, ma andiamo, Yukio! Hai sedici anni, non sei un adulto!
Dovresti smetterla di comportarti come tale almeno nella tua vita
privata!”esclamò Rin con forza. “Avrai tutto il tempo di fare l’asociale
serioso più avanti!”.
“So come
la pensi, ma ti assicuro che sto benissimo così”fece Yukio alzandosi. “Dai,
andiamo a pagare. Scommetto che con la neve il parco è uno spettacolo”.
L’altro
annuì e attese che lui pagasse, poi, dopo aver scambiato due chiacchiere con il
barista, si avviarono verso il luogo stabilito, camminando fianco a fianco in
silenzio. Il mezzo demone teneva lo sguardo davanti a sé, pensoso, come se
stesse considerando qualcosa, mentre l’esorcista gli lanciava continue
occhiate, chiedendosi se per caso suo fratello se la fosse presa per qualcosa
che aveva detto o magari perché aveva troncato così bruscamente il discorso che
stavano facendo. Le vie si erano riempite e le persone camminavano
chiacchierando allegramente in coppia o in gruppi e fermandosi ad ammirare le
vetrine riccamente decorate e ben illuminate. Il parco era pieno di bambini che
giocavano e si rincorrevano, ingaggiando vere e proprie guerre di palle di neve
e rotolandosi nei cumuli più profondi. Yukio li guardava con nostalgia e anche
con un po’ di invidia, seguendo i loro movimenti spensierati e sovrapponendoli
ai suoi ricordi. Alla fine i gemelli, dopo aver passeggiato per i vialetti
innevati, decisero di andare a sedersi su una panchina posta sotto un albero
spoglio, dai cui rami pendevano nastri colorati che qualcuno aveva deciso di attaccare
come decorazione in onore della festa in arrivo.
Quando si
furono accomodati spalla contro spalla, Rin si decise finalmente a parlare.
“Yukio? Ascolta…Dopodomani, la sera di Natale, Shima ha proposto di organizzare
un party per festeggiare tutti insieme noi del gruppo e altra gente amica
nostra. Perché non vieni? Ci sarà tutta la tua classe e sono sicuro che a loro
farebbe piacere se tu venissi, soprattutto a Shiemi”propose guardando suo
fratello speranzoso. “Era un po’ che volevo chiedertelo, ma non ho avuto
l’occasione giusta per farlo”.
“Non so
se è il caso, Nii-san. È una cosa tra voi, io sarei di troppo temo”si oppose
Yukio con il tono più gentile che riuscì a trovare. “E poi magari gli altri non
mi vogliono neanche. In fondo sono uno dei loro insegnati e di solito gli
studenti quando si trovano tendono anche a prendere in giro i docenti. Non
credo di voler sapere cosa loro pensano veramente di me!”.
“Oh, ma
quante scuse! Ti ho detto che sarebbero contenti di averti con loro! E poi se
vieni si renderanno conto che non sei solo quel pezzo di ghiaccio insensibile
che dimostri di essere in classe! Non ci siamo solo noi studenti, abbiamo
invitato anche Shura e un altro po’ di persone adulte, quindi non usare la
scusa dell’insegnate perché non sta in piedi”ribatté il mezzo demone. “Yukio,
ti prego! Sono certo che ti divertirai. Mi sentirei in colpa a lasciarti da
solo a Natale e io ci tengo davvero ad andare a quella festa. Andiamo, non
vorrai costringermi a scegliere tra le due cose! Non voglio far rimanere male
né te né i ragazzi. E poi pensala così: se vieni potrai controllare che io non
faccia cavolate”.
“Nii-san…Veramente,
non me la prenderei se tu ci andassi. Capisco quanto sia importante per te
avere dei nuovi amici. È proprio per questo che non…”tentò ancora l’esorcista,
ma fu interrotto.
“Yukio,
ti prego. Fallo per me”insistette il maggiore dei gemelli, distogliendo lo
sguardo. Odiava parlare in quei termini, era estremamente imbarazzante,
soprattutto se si trattava di Yukio. Ma quello era l’unico modo per convincere
quel testone a lasciarsi andare almeno per una volta. E poi lui voleva davvero
averlo con sé e divertirsi un po’ con lui. Tanto per dimenticare almeno per una
volta cos’erano e qual era il loro destino. “Ci terrei molto ad averti lì con
me. Sarebbe tutto più bello…Mi sentirei più felice se potessi condividere la
serata anche con te”.
L’altro
lo guardò preso alla sprovvista. Era raro che suo fratello si esprimesse così
direttamente nei suoi riguardi e la cosa non poteva che fargli piacere. Non
poté evitare di sorridere. In fondo non desiderava a sua volta altro che
passare del tempo con lui senza preoccupazioni o problemi da affrontare. “Se
proprio insisti, va bene, Nii-san. Verrò a quella festa. Devi tenerci davvero
tanto visto che arrivi ad umiliarti così tanto per chiedermelo”scherzò senza
cattiveria appoggiando una mano sulla spalla del suo gemello. “E ti prometto
che cercherò di sciogliermi un po’ e di non fare il guastafeste”.
“Prendimi
pure per il culo, intanto hai ceduto! E vedi di non fare il noioso per davvero
perché io a quella festa voglio mio fratello Yukio e non il
professor Okumura, chiaro?” borbottò Rin infastidito dal suo tono
canzonatorio, spingendo via la sua mano dalla propria spalla. “Guai a te se mi
rovini la serata!”.
“Tranquillo,
Nii-san, saprò comportarmi!”rise lui, afferrandogli le dita e stringendole.
“Sicuro di non aver freddo? Hai le mani gelate”.
Il mezzo
demone lo fissò imbarazzato. “Yukio! Che cazzo fai?! Sto bene!”esclamò cercando
di liberarsi dalla sua presa. Ogni tanto Yukio lo prendeva alla sprovvista con
quel genere di comportamenti che lui non sapeva mai come interpretare e che lo
mettevano a disagio come non mai. “Andiamo, non sono più un bambino!”.
Per tutta
risposta suo fratello gli prese anche l’altra mano stringendole entrambe tra le
sue. “Modera il linguaggio, Nii-san, quante volte devo dirtelo? Dovevi prendere
un paio di guanti, la temperatura è sotto zero stamattina. O quanto meno tenere
le mani in tasca come ho fatto io”lo rimproverò cercando di mantenere un tono
di voce neutro e ignorando le sue proteste, ma evitando per precauzione il suo
sguardo. E poi non aveva bisogno di vedere la faccia di Rin per sapere come lo
stesse guardando. Un misto di confusione e di imbarazzo, e forse anche un po’ di
fastidio. Ma lui non sapeva trattenersi, ogni volta che si presentava una scusa
doveva approfittarne. In fondo erano poche le situazioni in cui quel genere di
comportamenti potesse risultare poco sospetto, quindi non lo si poteva
biasimare se cercava di sfruttarle al meglio. Quello che gli si doveva
condannare era la ragione che lo spingeva a tali atti, erano le emozioni che
gli crescevano dentro e che si nutrivano di quei contatti. Era qualcosa che era
sempre stato dentro di lui, fin da quando poteva ricordare, un attaccamento
eccessivo nei confronti di suo fratello, spesso condito di gelosie immotivate e
desiderio di monopolizzare l’attenzione dell’altro. Quando era piccolo non
sapeva di che cosa si trattasse ma, nonostante i suoi stati d’animo lo sconcertassero
e lo confondessero spesso fino a diventare un tormento, si era sempre
trattenuto dal parlarne con qualcuno, persino con Shiro. C’era qualcosa dentro
di lui che gli diceva che se avesse confessato quello che provava ne avrebbe
subito le conseguenze perché quegli stati d’animo erano in qualche modo
sbagliati. Poi, crescendo, era arrivato a capire la natura dei suoi sentimenti,
ma si era inizialmente rifiutato di accettarla, esattamente come aveva fatto
con la scoperta di essere figlio di Satana, perché andava contro tutto quello
che gli era stato insegnato. Aveva cercato di non pensarci più, finendo però
per esasperare il suo attaccamento nei confronti di Rin e per mettere anima e
corpo nella sua decisione di proteggerlo dai piani del loro padre biologico.
Era stato solamente dopo la morte del loro tutore, quando aveva preso veramente
coscienza della sua natura demoniaca e di tutte le sue conseguenze, che aveva
deciso di iniziare a convivere con i suoi sentimenti, senza fuggirli o
reprimerli. Il suo affetto per Rin andava ben oltre il legame fraterno, lui lo
amava più di quanto avrebbe dovuto. Era uno dei peccati peggiori secondo la
Chiesa ed era anche un reato. Ma aveva deciso che non aveva importanza. In
fondo era già dannato in quanto figlio di Satana, nulla avrebbe potuto
redimerlo dal suo stesso sangue e inoltre non riusciva a sentirsi in colpa
davvero per quello che provava. Era un sentimento sincero, puro, niente di cui
ci si potesse vergognare. La sua ansia di nasconderlo era dovuta alla paura che
Rin potesse non accettarlo e che per questo decidesse di tagliare
definitivamente i ponti con lui. E Yukio non avrebbe potuto sopportarlo perché
il suo gemello era ormai la sua unica, vera ragione per vivere insieme alla
lotta contro colui che li aveva condannati a quella vita a metà e lui non
avrebbe saputo immaginare la sua esistenza priva di quel ragazzo testardo e
ribelle. Così si accontentava di sostenerlo e proteggerlo con tutti i mezzi che
aveva a disposizione e di godersi quei piccoli momenti in cui i suoi veri
sentimenti potevano salire un poco in superficie. Un contatto fugace e casuale,
un sorriso, un abbraccio e il calore che essi portavano con sé, come in quel
momento. Avvertì le proprie guance andare in fiamme mentre si concentrava sulle
mani di Rin, fredde contro la sua pelle. Non aveva bisogno di altro se poteva
averlo vicino, nemmeno che lui lo ricambiasse.
“Ehm…Yukio?”.
La voce
del mezzo demone lo strappò ai suoi pensieri, costringendolo a tornare al
presente. L’esorcista si costrinse ad alzare lo sguardo e si ritrovò ad
affondare i propri occhi in quelli così simili dell’altro. Bellissimi. Il
rossore sul suo volto aumentò e lui ringraziò il fatto che poteva essere
attribuito al freddo pungente del clima. “Sì, Nii-san?”.
“Sarebbe
il caso che mi lasciassi andare, non trovi?”fece Rin lanciando uno sguardo
significativo alle loro dita intrecciate e arrossendo leggermente a sua volta.
“Qualcuno potrebbe fraintendere, se capisci cosa intendo…”.
“E io
dovrei lasciare che le tue mani congelino solo perché hai paura che qualcuno
pensi male di noi?”ribatté il minore dei gemelli cercando di nascondere il
disagio. “Andiamo, Nii-san, la gente ha cose più interessanti da fare che
guardare cosa stiamo facendo e poi, anche se qualcuno lo notasse, è assai improbabile
che si ricordi di noi anche solo tra un’ora”.
“Uhm, hai
ragione, però…”balbettò l’altro non sapendo più dove posare gli occhi. Lo
odiava con tutto il cuore quando usava quella sua dannata logica per
distruggere i suoi tentativi di argomentazione perché in quel modo finiva
sempre per fargli fare quello che voleva lui. La cosa peggiore però era che in
quel momento non riusciva a capire dove Yukio volesse arrivare e cosa volesse
da lui. In più si sentiva confuso come spesso gli accadeva quando erano in
posizioni simili e non riusciva ad identificare le sensazioni che gli si
agitavano dentro. E poi, dannazione, arrossire in quel modo non era da lui. Per
colpa di suo fratello per di più. “Io non so se…”.
“Rin…”lo
chiamò piano l’esorcista, interrompendolo e sollevandogli appena il mento per
costringerlo a guardarlo di nuovo negli occhi. Quello che stava facendo era
maledettamente pericoloso e lui lo sapeva bene, era conscio che stava
rischiando di mandare in fumo tutti i suoi sforzi di tenere nascosti i suoi
sentimenti. Ma non riusciva a fermarsi. I loro volti non erano mai stati così
vicini e lui avvertiva il suo autocontrollo sgretolarsi velocemente.
Rin prese
coraggio ed alzò gli occhi, trovandosi a pochi centimetri da suo fratello.
C’era qualcosa che non andava in quella situazione, qualcosa che la sua mente
si rifiutava di afferrare. Lui e Yukio si stavano fissando intensamente a una
distanza minima, entrambi a disagio e con le guance leggermente arrossate.
Sembrava una di quelle scene dei manga che il minore ogni tanto leggeva, quella
in cui i due personaggi stavano per baciarsi. L’idea lo colpì con forza,
mandandolo in panico. No, non era possibile. Loro erano fratelli, dannazione!
Ma allora perché non desiderava altro che chiudere quel poco spazio che era
rimasto tra loro? “Yukio…”. Il nome dell’altro gli sfuggì dalle labbra in un
soffio senza che lui potesse impedirlo e fu in quel momento che capì che non si
sarebbe tirato indietro. Magari più tardi se ne sarebbe pentito, ma in quel
momento avrebbe accolto la cosa più che volentieri.
Gli occhi
di entrambi si chiusero ma, prima che le loro labbra si potessero incontrare,
il cellulare di Yukio prese a squillare, facendoli sobbalzare e strappandoli al
loro idillio. Si allontanarono bruscamente e il possessore del telefono si
affrettò a rispondere, il viso ancora in fiamme.
“Okumura Yukio.
Mephisto?! N-No, nulla…Sì, davvero! Cosa vuoi?”balbettò a disagio. Rimase in
ascolto per un attimo, poi i suoi occhi si spalancarono, preoccupati. “Cosa?
Dove?! Certo…Capisco. Maledizione!”. Il suo sguardo si posò per un attimo su
Rin. “Sì…Ovviamente!…Dammi dieci minuti e sarò lì. Certo che sono sicuro!…Sì,
sì…Mephisto, per favore, non…Ecco…Bene. Arrivo”. Riagganciò e si voltò a
fronteggiare suo fratello che lo guardava impaziente. “Una missione di massima
urgenza. Devo andare, Nii-san. Mi spiace per la nostra giornata”spiegò con fin
troppa calma, ma nei suoi occhi bruciava l’ansia. “Ci rifaremo presto, te lo
prometto”.
Il mezzo
demone lo afferrò per un braccio impedendogli di alzarsi. “Yukio, che succede?
Che razza di missione è?”domandò preoccupato. Non aveva mai visto suo fratello
così teso prima di un incarico e non gli era piaciuta l’occhiata che gli aveva
lanciato durante la telefonata. E poi aveva imprecato, seppure in maniera
minima, e quella era una cosa che non faceva quasi mai. “Adesso mi spieghi che
cazzo…”.
“Ne
parliamo quando torno”lo interruppe l’altro liberandosi dalla sua presa. “Non
ho tempo adesso. Torno presto, Nii-san. Ma tu promettimi che non mi seguirai.
Ti scongiuro, Rin”.
Il suo
tono dolce ma fermo non fece altro che aumentare l’angoscia del maggiore dei
gemelli. “Yukio! Che cazzo succede? Dimmelo! Io ho il diritto…”iniziò quasi con
rabbia.
Ma Yukio
lo interruppe di nuovo, questa volta afferrandolo per la felpa e premendo con
forza le proprie labbra sulle sue in un bacio casto ma appassionato. Rin sgranò
gli occhi, incredulo, senza però respingerlo, anzi ritrovandosi a rispondere
istintivamente al bacio. Il contatto durò pochi attimi ma fu tanto intenso che,
quando l’esorcista si ritrasse, ad entrambi rimase la sensazione di un vuoto
che chiedeva disperatamente di essere riempito di nuovo.
“Aspettami,
Nii-san, tornerò presto”mormorò il minore, lasciando la prese e allontanandosi
quasi di corsa un po’ per la fretta, un po’ per paura delle conseguenze della
sua azione.
Il mezzo
demone rimase paralizzato sulla panchina, a metà tra la confusione e lo
sconcerto per quello che era appena successo e la preoccupazione per la
missione che avevano affidato a suo fratello. Che cosa diamine era accaduto?!
Lui e Yukio si erano…baciati. No. Doveva esserlo immaginato. Eppure sentiva
ancora il calore delle labbra dell’altro sulle sue, sentiva ancora la
morbidezza di quel contatto fugace e i brividi che gli aveva dato. Si prese la
testa tra le mani. Cosa avevano fatto? Aveva bisogno di spiegazioni, di
qualcosa che calmasse il caos che gli era scoppiato dentro. Ma Yukio lo aveva
abbandonato lì con i suoi dubbi e lui aveva un orrendo presentimento rispetto a
quello che sarebbe avvenuto di lì a qualche ora.
La sera
era calata velocemente e il cielo si era tinto di scuro già nel tardo
pomeriggio, dando l’impressione di voler rubare il tempo, affogandolo nella
lunga notte che si avvicinava. Nel centro del paese le persone passeggiavano
ancora sotto i lampioni e davanti alle vetrine illuminate dei negozi, ma in
periferia le strade si erano svuotate al tramonto. Anche i dintorni del
dormitorio dei gemelli erano, come sempre d’altra parte, deserti, perché per
gli studenti della True Cross, gli unici a cui capitasse talvolta di
passare nelle vicinanza dell’edificio, era periodo di vacanza. Rin se ne stava
sdraiato a pancia in giù sul letto, sfogliando svogliatamente uno dei suoi
manga senza riuscire a concentrarsi né sulle vignette né sulle immagini, la
mente persa altrove, imbrigliata nell’ansia dell’attesa.
Ripresosi
dallo sconcerto, si era finalmente deciso a lasciare il parco e aveva trascorso
tutto il resto della giornata in giro, cercando di non pensare al modo in cui
lui e Yukio si erano lasciati e alla sensazione di pericolo che aveva gravato
su di lui sin da quando suo fratello era corso via per la sua missione,
abbandonandolo su quella panchina ghiacciata. Fortunatamente, mentre
considerava l’idea di tornarsene a casa, aveva incrociato Shiemi e la ragazza,
intuendo il suo pessimo stato d’animo, lo aveva invitato a passare la giornata
con lei nella speranza che la sua compagnia potesse in qualche modo aiutare
l’amico a tirarsi un po’ su di morale. Il mezzo demone aveva accettato
volentieri la proposta, grato che lei non gli avesse domandato spiegazioni e
speranzoso di riuscire a distrarsi almeno per un poco. I due erano stati nel
giardino della bionda, spalando la neve e cercando di costruire dei pupazzi che
somigliassero vagamente a degli animali anche se con scarsi risultati, per poi
rientrare a bere una delle tisane speciali che la ragazza preparava con le erbe
che coltivava personalmente per scacciare il freddo dai loro corpi. Rin si era
divertito un sacco e aveva sentito un dolce calore invaderlo ogni volta che
Shiemi rideva ai suoi vani tentativi di dare ai cumuli di neve la forma che
desiderava o per le facce confuse che faceva quando lei tentava di spiegargli
le varie proprietà delle erbe medicinali. Era sempre così serena, cristallina,
pura, anche se forse spesso e volentieri troppo ingenua e paurosa. Ma a lui
piaceva proprio così perché l’anima della ragazza possedeva quel candore
innocente che a lui era stato negato fin dalla nascita. Forse era quella la
ragione per cui lei lo aveva attratto fin dal loro primo incontro, per via
della calda luce rassicurante che le sue belle guance rosse e il suo sorriso
timido emanavano. Aveva creduto di essersi innamorato di lei, e forse per un
periodo lo era stato davvero, ma, con il passare del tempo, si era reso conto
che quello che provava non era altro che l’affetto forte e speciale che legava
due migliori amici. Lei, da parte sua, non aveva mai preteso nulla. Era felice
di stargli accanto, di essergli in qualche modo utile o anche solo di conforto
come quel giorno e, anche se quando la verità sulla doppia natura del ragazzo
era venuta allo scoperto la loro amicizia era entrata temporaneamente in crisi,
aveva cercato di recuperarla e di farsi perdonare per non essersi fidata di lui,
ascoltando le sue paure, e respingendolo invece di dargli il suo supporto nel
momento del bisogno. Rin comunque non l’aveva biasimata per la sua reazione
perché lui stesso trovava estremamente difficile accettare di essere il figlio
di Satana e l’aveva perdonata volentieri, desideroso di poter godere nuovamente
dell’affetto di lei.
Il
ragazzo si era congedato solo quando aveva iniziato a farsi buio. Prima di
lasciarlo andare Shiemi lo aveva avvolto in un abbraccio stretto,
sussurrandogli che tutto si sarebbe aggiustato di certo e che le cose avrebbero
preso di nuovo una piega favorevole. Lui era rimasto sorpreso da quelle parole
e l’aveva guardata confuso. Lei, per tutta risposta, gli aveva sorriso e gli
aveva raccomandato di portare i suoi saluti a Yukio prima di chiudere la porta.
Lo sguardo con cui aveva accompagnato quelle sue ultime parole avevano spinto
Rin a domandarsi se per caso la ragazza avesse intuito che il suo malumore era
legato in qualche modo al suo gemello, ma aveva scartato l’idea quasi subito.
Doveva aver interpretato male un’espressione del tutto priva di sottintesi. In
fondo era impossibile che Shiemi sapesse della missione di suo fratello e che
tanto meno fosse a conoscenza di quello che era accaduto tra loro al parco.
Erano solo sue paranoie, o forse illusioni del suo desiderio che qualcuno
potesse indicargli cosa fare senza che lui fosse obbligato a spiegare tutta la
faccenda.
Il mezzo
demone sospirò stancamente, chiudendo il fumetto e lanciando uno sguardo
a Kuro che dormiva beato rannicchiato ai piedi del letto. Non aveva
detto nulla del bacio neanche a lui, gli aveva solo confessato di essere in
pensiero per suo fratello per via del modo strano in cui aveva reagito quando
aveva ricevuto la telefonata di Mephisto. Il famiglio aveva cercato di
rassicurarlo rammentandogli che Yukio era un esorcista di un certo livello e
che non era uno che correva rischi inutili. Inoltre di certo, se la missione
era così pericolosa come era sembrata essere, di sicuro non sarebbe stato solo.
Quindi non aveva alcun motivo di preoccuparsi tanto. Rin aveva annuito ma,
nonostante avesse dovuto ammettere che Kuro aveva ragione, non era
riuscito a calmare del tutto la sua preoccupazione. Sentiva che qualcosa
sarebbe andato storto anche se non avrebbe saputo spiegare il perché.
Si rigirò
nel letto per un po’, cercando di prendere una decisione, e alla fine si alzò
sbuffando, attento a non svegliare il suo famiglio. Restare lì a rodersi
avrebbe solo peggiorato il suo stato d’animo. Non aveva altra scelta, doveva
sapere di che razza di missione si trattava e c’era solo una persona che poteva
dargli quell’informazione. Afferrò il giubbotto e lasciò l’edificio diretto
verso la sua scuola.
Percorse
a passo svelto la distanza che separava il dormitorio
dalla True Cross, troppo impaziente per prestare attenzione realmente
a ciò che lo circondava, la mente impegnata nella ricerca di un modo per
costringere Mephisto a parlare subito e in modo chiaro. La neve bagnata dalla
luce gialla dei lampioni brillava come cristalli di oro bianco mentre finissimi
fiocchi avevano ripreso lentamente a cadere. Normalmente lui si sarebbe fermato
ad ammirare il paesaggio, assaporando la sensazione di tranquilla bellezza che
quello comunicava, ma in quel momento i pensieri che occupavano la sua testa
gli permettevano a malapena di registrare il percorso che stava facendo.
Una volta
giunto a destinazione sollevò lo sguardo verso le finestre dell’ultimo piano,
dove era collocato l’ufficio del preside. Da dietro le pesanti tende che
coprivano il vetro filtrava una sottile lama di luce, molto fievole ma comunque
visibile anche a quella distanza. A quanto pareva per sua fortuna il demone era
ancora nell’edificio. In fondo anche Mephisto aveva degli incarichi da
svolgere, o almeno doveva fingere di averli per poter conservare l’immagine che
si era costruito. Poi, sul fatto che lavorasse sul serio il ragazzo aveva i
suoi dubbi, ma in fondo non gli interessava più di tanto. L’importante era che
quel pazzo fosse raggiungibile per soddisfare i suoi dubbi e rispondere a tutte
le sue domande.
Entrò
nell’edificio e si affrettò a salire le scale, diretto all’ufficio, e, quando
fu davanti alla porta, la spalancò senza curarsi di bussare, esclamando con
tono di accusa: “Tu mi devi spiegare che diamine sta succedendo e dove cazzo
hai mandato mio fratello!”.
Mephisto
alzò gli occhi dal giornaletto che stava leggendo e li fissò sul nuovo
arrivato, per nulla sorpreso dalla sua entrata, quasi come se lo stesse
aspettando. “Cosa ti avevo detto? È arrivato alla fine! Non sbaglio
mai”commentò divertito poggiando un gomito sul piano levigato della sua
imponente scrivania, rivolto ad Amaimon che se ne stava appollaiato sul
bracciolo del suo scranno, lo sguardo a sua volta fisso sul loro fratellastro.
“Anche se in effetti ci ha messo un po’ di più di quanto avevo previsto”.
“Adesso
ti toccherà spiegargli tutta la faccenda, Aniue”fece il demone con i
capelli verdi, mettendosi in bocca l’immancabile lecca lecca. “Che noia”.
“Questo è
ancora tutto da vedere, Otouto…”rispose piano il preside mentre un sorriso
poco rassicurante gli si allargava sul volto. “Da quand’è che io do
spiegazioni?”.
Suo
fratello lo guardò vagamente incuriosito e fece per ribattere, ma Rin lo
anticipò.
“Ehi, voi
due! Non ignoratemi!”esplose infastidito. “Mephisto! Ti ho fatto una domanda!”.
“A dire
la verità hai fatto irruzione in maniera decisamente poco gentile nel mio
ufficio strillando altrettanto poco elegantemente di dirti dov’è Yukio ~”lo
corresse canzonatorio Mephisto, fingendosi quasi offeso. “Pensavo che ti
avessero insegnato le buone maniere!”.
Il
ragazzo gli rivolse un’occhiata assassina, più irritato che mai. Quell’idiota
non solo aveva ignorato la sua richiesta, ma si stava anche prendendo gioco di
lui adesso. Doveva ringraziare che ci teneva troppo a sapere cosa stava
accadendo o non si sarebbe trattenuto dallo spaccargli la faccia a calci. “Che
razza di missione hai dato a mio fratello!”ripeté con un po’ meno foga
scandendo bene le sillabe.
“Aniue,
guarda che se non gli rispondi il fratellino va a fuoco un’altra volta”constatò
Amaimon atono. “Poi non prendertela con me se ti rovina l’ufficio”.
“Giusta
osservazione, Amaimon. Bene! Penso sia giunto il momento di farsi un giro in
terrazza! ~”esclamò allegro il preside decidendosi finalmente ad alzarsi.
“Aspettami qui, Otouto, e vedi di non finire i dolci come tuo solito. E
soprattutto non toccare le mie cose!”. Si avviò verso la porta prendendo Rin
sotto braccio e trascinandolo fuori contro la sua volontà. “A dopo!”.
Il demone
spinse il ragazzo su per le scale fino alla terrazza che copriva parte del
tetto della scuola, tenendolo stretto a sé per impedirgli di ribellarsi, e, una
volta lì, lasciò senza preavviso la presa facendolo quasi cadere per terra sul
sottile strato di nevischio che ricopriva il pavimento. Il mezzo demone imprecò
pesantemente tra i denti, ma lui lo ignorò andando ad appoggiarsi alla
balaustra.
“Certo
che la neve fa proprio un bello spettacolo in questo mondo, non trovi? Non
finirò mai di stupirmi. A Gehenna non si vedono mai paesaggi di questo
genere”commentò aprendo teatralmente le braccia e lasciando che i lievi fiocchi
che ancora cadevano si posassero sui suoi guanti bianchi. “Anche se fa un
pochettino troppo freddo al momento”.
“Se hai
finito con le cagate possiamo parlare della missione di Yukio”lo rimbeccò Rin,
acido. Col cavolo che lo avrebbe lasciato cianciare fino a stordirlo con le sue
stupidate. Questa volta avrebbe ottenuto le informazioni che voleva. O, almeno,
questo era quello che sperava. “E niente giochetti, chiaro? Non lo sopporterò”.
“Ma come
siamo scontrosi! Sei di cattivo umore per caso?”lo prese in giro il demone con
un ghigno. “Comunque, mi spiace per te, ma non ti dirò nulla di quello che sta
accadendo. In primo luogo perché è una missione importante e non posso certo
rischiare che tu mandi tutto a monte in uno dei tuoi attacchi di isterismo e
mania di salvare il mondo. Secondo, è stato proprio tuo fratello a farmi
giurare che non ti avrei detto nulla e, visto che sono un demone d’onore, farò
come mi è stato chiesto. Sai, ci tiene a spiegarti la questione di persona se e
quando torna…”.
“Come
sarebbe a dire “se e quando torna”?! Non mi starai dicendo che è andato a farsi
ammazzare spero!”lo aggredì nuovamente Rin, al limite della pazienza. In fondo
forse poteva rompergli lo stesso quel muso antipatico e poi costringerlo a
parlare. Di certo la cosa lo avrebbe aiutato a scaricare un po’ lo stress e
l’ansia che lo stavano lentamente facendo affogare. “E perché mai mio fratello
dovrebbe desiderare di impedirmi di sapere quello che sta succedendo facendomi
così angosciare ancora di più? È così…stupido!”.
“Pardon,
quel “se” mi è sfuggito, non intendevo implicare nulla! Sono talmente abituato
a mettere tutto in tragedia per dare fastidio che ormai lo faccio senza quasi
accorgermene! ~”commentò il suo interlocutore, ironico. “Non so perché tuo
fratello mi abbia chiesto una cosa del genere, anche se ammetto che sarei
curioso di capirlo, ma sta di fatto che mi ha espresso questo suo desiderio.
Probabilmente secondo lui questo è un modo per proteggerti. Di solito non
ascolto mai il nostro Yukio, e gli altri in generale, ma questa volta penso che
lo farò considerando le tue reazioni. Molto interessanti...Mi sembri un po’
stressato, o sbaglio?”. Si voltò finalmente a guardare il mezzo demone con un
sorrisetto allegro, ignorando bellamente la sua evidente frustrazione.
“Dovresti rilassarti un po’. Stare in quello stato di tensione non fa bene alle
tue fiamme. E Yukio non sarebbe contento se perdessi il controllo un’altra
volta!”.
“Delle
mie fiamme mi preoccupo io, tu pensa agli affari tuoi, razza di clown! E per il
mio stress, se fossi in te non riderei tanto perché potrei decidere di sfogarlo
sulla tua faccia”ringhiò il ragazzo minaccioso, lasciandosi poi sfuggire un
sospiro e andando ad appoggiarsi a sua volta alla balaustra, deciso a non
raccogliere del tutto la provocazione che gli era stata lanciata anche se
l’impulso di colpire per davvero l’altro si faceva sempre più forte. “Ci
mancava solo questa. Da quando abbiamo fatto pace dopo la morte di Shiro, Yukio
ha iniziato a comportarsi in maniera piuttosto strana in certi momenti e io non
so proprio come interpretare le sue azioni. Oggi poi ha superato ogni limite.
Prima al parco e adesso questa sua voglia improvvisa di tenermi all’oscuro di
tutto, dannazione a lui”borbottò rivolto più a sé stesso, il tono che tornava a
velarsi di rabbia ma anche di un certo imbarazzo ai ricordi di quella mattina.
“Avrò il diritto di sapere dov’è mio fratello e soprattutto cosa sta
rischiando, maledizione! Sono stufo di questa cosa che lui mi vuole proteggere,
me la cavo anche senza! Non ho bisogno della balia”.
“Sarà
anche vero, ma spesso e volentieri dimostri il contrario”constatò Mephisto a
cui non erano sfuggite le emozioni che avevano attraversato il volto del
ragazzo. “Converrai con me che certi episodi hanno dimostrato una certa tua
tendenza…all’irresponsabilità, correggimi se sbaglio. Quindi tuo fratello non
ha tutti i torti anche se spesso esagera con la sua iperprotettività…ma
d’altra parte siete gemelli, è normale che pecchiate entrambi di certi
eccessi”. Il sorriso sul suo volto si tramutò in un ghigno. “Quanto al
comportamento di Yukio, io ora non so cosa abbiate combinato voi due, ma
scommetto che c’è una ragione precisa dietro le sue stranezze”.
“E cosa
cazzo potrebbe spingerlo a fare cose che un fratello non dovrebbe assolutamente
mai fare, per nessunissimo motivo?!”sbottò Rin senza pensarci. Si pentì
immediatamente di quello che aveva detto perché negli occhi del preside passò
un lampo di comprensione che non gli piacque affatto. Sperò di esserselo solo
immaginato, in fondo quel giorno anche la sua paranoia sembrava essersi
improvvisamente messa a fare gli straordinari, ma qualcosa gli diceva che
l’altro aveva capito fin troppo bene a che cosa si riferiva la sua frase.
“Non puoi
usare termini di paragone umani per voi due. Che tu lo voglia o no, siete
demoni, e non dei demoni qualunque, siete i figli di Satana! Questo complica
parecchio le cose. O meglio, in un certo senso le semplifica. Per quanto voi
cerchiate di adeguarvi, i costumi umani non si addicono alla vostra natura e
mai lo faranno. Fidati, parlo per esperienza. Dopo secoli passati in questo
mondo ancora faccio fatica a comprendere certi costumi in uso tra i suoi
abitanti. Sono assurdi”fu la risposta vagamente divertita. “E poi, andiamo, mi
pare ovvio! Chi non ha un rapporto speciale ed esclusivo con il proprio
fratello?”.
A
quell’uscita Rin sgranò gli occhi e lo fissò basito, non sapendo come
interpretare quell’uscita che, da qualunque lato la guardasse, gli suonava
sempre e comunque veramente male. Mephisto lo stava prendendo in giro o pensava
davvero quello che aveva appena detto?! Per un attimo ebbe l’impulso di
domandarglielo, ma si trattenne decidendo che in certi casi era molto meglio
rimanere con il dubbio.
Il demone
osservò le sue reazioni con aria soddisfatta, quasi godendo dello sconcerto che
aveva provocato, poi si staccò dal parapetto mostrando l’intenzione di voler
tornare nel suo ufficio. “Ora è meglio che vada, ho delle faccende in sospeso.
E poi non voglio lasciare Amaimon da solo per troppo tempo! Il
mio Otouto purtroppo è molto…suscettibile alla noia e io non vorrei
che decidesse di buttarmi giù la scuola con un terremoto perché non ha
nient’altro con cui divertirsi. Sarebbe piuttosto irritante. Quindi è meglio
che torni in fretta da lui”disse avviandosi verso le scale. “Avrai capito che
da me non otterrai nessuna informazione! E dal momento che io sono l’unico che
sa quello che ti interessa riguardo questa faccenda, ti consiglierei di
startene buono e di aspettare che tuo fratello torni. È la cosa migliore. Non
affannarti a tornare nel mio ufficio, adesso ce ne andiamo a casa e faresti
bene a farlo anche tu”. Aprì la porta e vi si infilò, voltandosi un’ultima
volta verso il ragazzo. “E mi raccomando, Rin, cerca di non valutare con
parametri umani quello che non ha nulla a che vedere con essi. Potresti
pentirtene amaramente ~”. E senza dargli tempo di ribattere sparì all’interno
dell’edificio.
Il mezzo
demone rimase per qualche attimo a fissare il punto in cui era sparito, a metà
tra l’irritazione e la confusione. Non aveva ben afferrato l’esatto significato
dell’ultima frase di Mephisto. Possibile che quel pazzo avesse indovinato senza
bisogno di sapere nulla quello che stava capitando tra lui e Yukio? Che
l’avesse capito meglio e soprattutto prima di lui? Perché in effetti lui ancora
non riusciva a spiegarsi le azioni del suo gemello. O meglio, aveva un’ipotesi
che lo tormentava, ma preferiva non pensarci. Era assurdamente semplice, ma non
poteva, non doveva essere vera. Sospirò. In fondo aveva desiderato che qualcuno
gli dicesse cosa fare e, anche se a modo suo, il demone lo aveva appena fatto.
Quindi lui si sarebbe sforzato di non considerare la cosa secondo “parametri
umani”. Peccato che quelli fossero gli unici a cui lo avessero educato. Strinse
i pugni. Le chiacchiere di quel clown alla fine erano riuscite a confonderlo
nonostante tutti i suoi sforzi di non lasciarsi abbindolare. Non c’era nessun
dubbio, Mephisto era proprio un diavolo, in tutti i sensi. Non era riuscito a
cavargli nemmeno un indizio sulla missione di Yukio. Considerò di tornare
nell’ufficio e insistere, ma alla fine desistette in parte perché il preside
aveva detto che se ne sarebbe andato, in parte perché temeva di rischiare di
scoprire cosa Mephisto intendesse per avere un “rapporto speciale ed esclusivo
con il proprio fratello”. Di novità ne aveva già avute abbastanza per quel
giorno.
Rimase
ancora qualche minuto ad osservare la neve che cadeva sempre più rada sul
paesaggio dipinto di bianco e poi si decise ad avviarsi verso il dormitorio.
Ora non poteva fare altro che aspettare. Sarebbe andato a dormire e il giorno
dopo avrebbe cercato qualcosa per ingannare il tempo. Avrebbe potuto passare
ancora un po’ di tempo con Shiemi e magari andare a fare compere con Shima o
girovagare con Bon. Magari avrebbe potuto proporre ai suoi compagni di trovarsi
direttamente la mattina per organizzare in dettaglio la festa che si sarebbe
tenuta la sera di Natale. In fondo mancava poco. Quel pensiero lo rattristò un
poco. Non sapeva se Yukio sarebbe riuscito a tornare in tempo e lui aveva
sperato tanto che anche suo fratello fosse presente all’evento. Si sarebbe
rassegnato a fare a meno di lui, si disse non senza amarezza. L’importante era
che il suo gemello tornasse a casa come aveva promesso.
Proprio mentre usciva dalla True Cross il campanile
della chiesa batté la mezzanotte, salutando con il suo suono grave quella che
sarebbe stata la vigilia di Natale. Rin alzò gli occhi verso di esso,
avvertendo il suo cattivo presentimento farsi in qualche modo più acuto. C’era
qualcosa che non andava, se lo sentiva. Scosse il capo con decisione,
accelerando il passo, desideroso di trovarsi tra le mura rassicuranti del suo
dormitorio insieme a Kuro. Doveva essere solo la suggestione. Era anche
stanco, si era svegliato presto quella mattina. Tutto lì. Era una stupida
paranoia. Eppure quell’ombra che si estendeva su di lui, per quanto tentasse di
segregarla nel fondo della sua mente, non accennò a svanire.
Dopo averci messo quelle che gli erano parse ore per
addormentarsi, la stanchezza e soprattutto il bisogno di staccare da tutte le
emozioni che gli si agitavano dentro avevano preso il sopravvento su Rin,
facendolo cadere in un sonno agitato ma profondo. Immagini sfocate e sparse
avevano attraversato la sua mente per tutta la notte senza che lui riuscisse a
metterle bene a fuoco. La luce di un focolare, un cielo stellato senza luna,
paesaggi che non aveva mai visto, voci sconosciute di cui non riusciva ad afferrare
le parole. Quando si era svegliato non ricordava quasi più nulla dei suoi sogni
ma per qualche motivo era certo che quelle visioni non gli appartenessero,
anche se non avrebbe saputo spiegare come fosse possibile. A riportarlo nel
mondo reale era stato Kuro che, dopo vari tentativi di farlo emergere dal sonno
chiamandolo e dandogli piccoli colpetti al braccio, aveva affondato i suoi
canini affilati nella mano del ragazzo. Questo era rimasto immobile per un
attimo, analizzando la sensazione di dolore che la sua carne gli mandava e
cercando di capire dove fosse. Si sentiva stranamente intontito. Poi i ricordi
del giorno prima lo avevano colpito senza preavviso insieme al solito cattivo
presentimento, ma almeno anche la sua mente era tornata lucida e libera dalle
strane visioni della notte. Si mise a sedere di scatto, fissando il suo sguardo
ancora annebbiato dal sonno sul suo famiglio.
“Kuro, dannazione! Che diamine ti è saltato in mente di svegliarmi
così?!”esclamò massaggiandosi la mano ferita. “Ci sono altri modi per svegliare
la gente!”.
‘Mi spiace Rin, ma ti ho chiamato un sacco di volte e non mi hai risposto. Ero
preoccupato’spiegò Kuro agitando piano le code. ‘Temevo che Satana ti avesse
intrappolato di nuovo. È un po’ che non capita e non vorrei che lui stesse
solamente aspettando che abbassiamo la guardia. Per di più visto che Yukio non
è qui siamo ancora più vulnerabili…’.
Rin si lasciò scappare un sospiro, spostando le coperte. Già, era passato
parecchio tempo dall’ultima volta che suo padre biologico era venuto a
disturbarlo nei sogni. Lui sperava che magari avesse iniziato a trovare la cosa
noiosa e si fosse stufato di farlo, ma con uno come quello non si poteva mai
sapere. E poi, conoscendo quella mente malata, era del tutto improbabile che si
annoiasse a tormentarlo. “Capito, Kuro. In effetti ho fatto dei sogni strani
stanotte, ma nulla che riguardasse quel bastardo per fortuna”borbottò
infastidito. Poi il suo sguardo si velò di preoccupazione. “Yukio non è ancora
tornato quindi? Non si sa nulla?”.
‘Nulla, mi spiace’. La creatura scosse il capo. ‘Hai ancora quel
presentimento?’.
“Sì. A quanto pare continuerà a tormentarmi fino a quando non riavrò mio
fratello indietro. Ieri sera mentre tu dormivi sono andato a parlare con
Mephisto per vedere di strappargli qualcosa, ma ovviamente non c’è stato
verso…È riuscito a confondermi le idee ancora di più! Quanto lo odio quel clown
quando fa i suoi giochetti!”ringhiò Rin al ricordo di come si fosse lasciato
abbindolare dalle parole ambigue del preside. Quel demone era impossibile.
‘Su, non te la prendere, sai com’è fatto. Anche Yukio fatica a sopportarlo e
questo dice tutto’tentò di consolarlo il famiglio. ‘Ora è meglio che ti sbrighi
a prepararti. Non devi incontrare i tuoi compagni oggi pomeriggio?’.
“Sì, ma posso anche farlo più tardi. Al momento non ho la minima voglia di
uscire”fu la risposta. “Shima non sarà in giro prima dell’una e di andare da
Izumo proprio non mi va, non sono dell’umore per sopportare il suo
caratteraccio. Bon sinceramente non saprei dove trovarlo e Konekomaru neanche.
Però volevo fare un salto da Shiemi…”.
‘Comunque sia è meglio che ti sbrighi. È già mezzogiorno e mezzo’disse Kuro
constatando divertito che il suo amico non si fosse ancora reso conto di che
ora fosse e indicando l’ororologio con le code. ‘È anche per questo che ci
tenevo a svegliarti’.
“CHE?!”esplose infatti l’altro scattando il piedi. Si accorse solo in quel
momento che fuori dalla finestra il sole era già alto e indirizzava i raggi
dritti sul suo volto, quasi a prenderlo in giro a sua volta. Aveva dormito
decisamente più del previsto. “Potevi dirmelo subito no?! Che aspettavi?! Devo
fare tutto di corsa, dannazione! Non ho neanche fatto la spesa!”. E senza
aspettare una risposta si precipitò in bagno.
Il famiglio scese dal letto con un balzo ridacchiando. Povero Rin, mai una
volta che riuscisse a fare le cose con calma. Ma in un certo senso tutta quella
fretta quel giorno gli avrebbe fatto bene, lo avrebbe distratto dal pensiero di
suo fratello. Era preoccupato anche lui, anche se non voleva ammetterlo per non
mettere ancora più ansia al suo amico. Era strano che il ragazzo fosse
tormentato da quel presentimento oscuro, la cosa non prometteva nulla di buono.
Sperava solo che Yukio tornasse a casa sano e salvo. Sapeva fin troppo bene che
Rin non poteva stare senza di lui e che non avrebbe mai potuto superare anche
la sua perdita. Ma era anche certo che l’esorcista fosse consapevole di ciò e
che quindi avrebbe fatto di tutto per restare al fianco del suo gemello. Il problema
era che non era detto che il suo possibile fosse abbastanza.
Il resto della giornata passò piuttosto in fretta. Alla fine Rin
aveva dovuto rinunciare a fare visita a Shiemi per mancanza di tempo e aveva
occupato tutto quello libero che gli era rimasto per fare i lavori domestici
che gli toccavano quel giorno per poi andare incontrare i suoi compagni di
classe nel primo pomeriggio in uno dei loro bar preferiti. Shima era tutto
esaltato perché aveva trovato quello che, a detta sua, era il locale più
strepitoso del mondo dove tenere la loro festa di Natale e aveva annunciato
allegramente che potevano andare a visitarlo già subito al termine della loro
“riunione di lavoro”. A sentire il ragazzo con i capelli rosa il posto era abbastanza
grande da ospitare una settantina di persone e, dal momento che la lista dei
loro invitati non raggiungeva quel numero, avrebbero potuto sbizzarrirsi con le
decorazioni più ingombranti e appariscenti. Bon aveva cercato in ogni modo di
freddare l’entusiasmo del suo amico d’infanzia con considerazioni scettiche di
vario tipo, ma l’altro sembrava fin troppo sicuro di sé persino per ascoltare
davvero quello che gli stava dicendo. Avevano iniziato a discutere sul tipo di
decorazioni da usare e Konekomaru aveva avanzato l’idea di portarci un albero
vero da addobbare, abbastanza grosso da risultare memorabile. A Shiemi la
proposta era piaciuta immediatamente, anche se come al solito era stata troppo
imbarazzata per esprimere apertamente la sua approvazione, ma si era comunque
timidamente offerta di procurarlo. Era scoppiato un dibattito per decidere se
la trovata fosse troppo stupida da essere presa in cosiderazione o se invece
fosse degna di essere realizzata, e alla fine avevano deciso che ci poteva
stare. In fondo una festa di Natale senza albero non poteva considerarsi tale.
Izumo si era presa l’incarico di aiutare l’altra ragazza con il trasporto della
pianta e la conversazione era proseguita.
Rin aveva seguito tutte le discussioni cercando di mostrarsi interessato, senza
però riuscire a parteciparvi davvero. Tutto quanto pareva ricordargli che suo
fratello era via chissà dove e che probabilmente non ci sarebbe stato neanche
all’evento, e quella costatazione gli guastava quello che altrimenti lo avrebbe
divertito e coinvolto. Aveva accennato solo brevemente ai suoi compagni del
fatto che Yukio fosse partito per una missione a tempo indeterminato, ma loro
parevano aver capito che la cosa lo aveva turbato molto di più di quanto
intendeva dare a vedere, decidendo di non fare domande o commenti al riguardo e
nemmeno sulla sua scarsa partecipazione. Il ragazzo era loro molto grato per
questo e cercava di intervenire quando gli veniva chiesto un parere o un
consiglio, ma era troppo deconcentrato per riuscire a tirare fuori delle idee
che potessero tornare loro utili. Trattenendo un sospiro, spostò lo sguardo dai
suoi amici alla strada affollata fuori dalla finestra del bar. Un po’ gli
dispiaceva essere così asociale proprio nel momento in cui stavano facendo di
nuovo qualcosa insieme dopo la rottura che c’era stata tra loro quando si era
venuto a sapere della sua natura demoniaca. Ma quell’idiota di suo fratello gli
aveva dato troppo da pensare e lui non poteva farci nulla, per quanto si
sforzasse di dirigere le sue riflessioni in altre direzioni. Ritrovarsi così,
senza il mimino indizio su cosa stesse accadendo, di fronte ai comportamenti
assurdi del suo gemello e di Mephisto, in balia dei suoi dannati presentimenti
lo lasciava spiazzato. Era proprio vero che senza quel quattr’occhi vicino si
sentiva sperso, si trovò a costretto ad ammettere con sé stesso, non senza
riluttanza. ‘Farai bene a tornare a casa intero dopo tutto quello che mi stai
facendo passare, Yukio, perché devo essere io a mandarti all’ospedale!’pensò
irritato tra sé e sé. ‘E guai a te se mi ripeti un maledetto scherzetto come
questo! Ti faccio pentire di essere diventato un esorcista!’.
“E tu, Rin, che ne pensi?”. La voce di Shima lo riportò improvvisamente alla
realtà, cogliendolo del tutto alla sprovvista. “Non ti pare che sarebbe
assolutamente un’idea fantastica?”.
“Uhm, sì, certamente!”rispose lui cercando di sembrare convinto quando invece
non aveva la più pallida idea di quale fosse il soggetto della frase. “Perché
no?”.
“Oh, grazie, Rin, almeno tu mi capisci!”esclamò il suo amico mettendogli una
mano sulla spalla. “Vedrai che faremo un figurone!”.
“Vuoi due siete scemi, ma questo si era già capito da un pezzo”sentenziò Izumo
incrociando le braccia sul petto. “Come si fa anche solo a pensarla una cosa
del genere? E non è solo perché non abbiamo i soldi per metterla materialmente
in pratica, ma soprattutto perché qualche idiota finirebbe per farsi male di
sicuro”.
Il mezzo demone la guardò e poi fece passare velocemente gli occhi suoi volti
degli altri, tentando di capire a cosa aveva appena detto di sì, mentre il
ragazzo coi capelli rosa cercava di convincere la ragazza che la sua idea,
qualunque essa fosse, non era così pazza e pericolosa come poteva sembrare a
prima vista.
“Izumo ha ragione, non voglio che vi facciate male”intervenne timidamente
Shiemi. “Non credo che sia il caso, ragazzi…Rin, capisco che l’idea possa
essere carina e soprattutto esaltante però é un po’ troppo rischiosa”.
“Ehm…andiamo, non state esagerando?”fece Rin senza la sicurezza che si era
sforzato di mettere nella risposta precedente.
“Esagerando?”esclamò Konekomaru. “Rin, si parla di esplosivi, e
anche abbastanza potenti! Se non li gestite come si deve potrebbero essere guai
seri! E poi mi spiegate cosa c’entrano i fuochi d’artificio a Natale?!
Si sparano a Capodanno quelli!”.
“Fuochi d’artificio?!”si lasciò scappare il mezzo demone preso di sorpresa. Era
pronto a tutto ma non si aspettava certo che la discussione fosse sfociata in
una proposta del genere. Cavolo, stavano parlando di tovaglie fino a qualche
minuto prima! Si pentì però immediatamente di quell’uscita perché tutti i suoi
compagni si voltarono a guardarlo. ‘Sputtanato in pieno! Ma bravo Rin…’si
rimproverò mentalmente schiarendosi la gola imbarazzato. “Ehm…cioè…”.
“Rin, sai almeno di cosa stiamo parlando?”gli domandò Bon sollevando un
sopracciglio, anche se ovviamente tutti quanti sapevano la risposta.
“Uhm…Mi ero distratto un attimo”ammise lui a disagio, volgendo lo sguardo da
un’altra parte. “Mi sono fermato alle decorazioni”.
“Quel discorso lo abbiamo abbandonato dieci minuti fa”gli fece notate l’altro,
non senza una nota di irritazione. Poi senza preavviso aggiunse: “Se non ti
senti di stare qui con noi puoi anche andartene, nessuno se la prenderà con
te”.
Rin lo guardò, di nuovo preso alla sprovvista. Bon aveva ragione, non aveva
senso che lui restasse lì con loro se poi neanche li ascoltava e se non era
d’aiuto in nessun modo. Però, pur capendo le sue motivazioni, non poteva fare
come gli aveva detto perché stare in compagnia lo aiutava a non tormentarsi e
quindi lui voleva, un po’ egoisticamente, rimanere a tutti i costi. La loro
presenza gli regalava un po’ di allegria e gli dava un pretesto prezioso per
cercare di pensare ad altro che non fosse il suo gemello. Il problema era che
mai e poi mai avrebbe ammesso una cosa da genere ad alta voce, anche se ciò
significava doversene andare. Rimase in silenzio un attimo, riflettendo su cosa
fare, ma, prima che potesse decidersi a ribattere, Shiemi si intromise.
“Secondo me invece Rin è qui con noi proprio perché sta cercando di distrarsi
dalla sua preoccupazione per Yukio”lo difese la ragazza. “È normale che sia un
po’ assente, lo saremmo tutti al posto suo, ma se noi siamo davvero suoi amici
non possiamo astenerci dal dargli una mano!”. Poi, vedendo che con quell’uscita
si era guadagnata lo sguardo supito di tutti, arrossì e aggiunse con meno foga:
“Io la vedo così…”.
“Ben detto, Shiemi. Se dobbiamo essere amici vediamo almeno di farlo in maniera
decente, altrimenti è inutile sforzarsi di esserlo”concordò Izumo decisa,
appoggiando una mano sul braccio dell’altra ragazza, che avvampò ancora di più,
e sorprendendo a sua volta tutti. Di solito lei non si esprimeva mai su quel
genere di questioni e soprattutto non correva mai in soccorso di nessuno a meno
che non si vedesse obbligata a farlo o la situazione fosse molto grave. “E sono
certa che Rin farebbe lo stesso per noi. Quindi torna pure con la testa tra le
nuvole, anche segradirei che ci ascoltassi almeno in parte”.
Gli altri non poterono fare altro che annuire di fronte al suo tono autoritario
e il mezzo demone scoccò alle due sguardo grato e un mezzo sorriso. Sapeva che
poteva contare su di loro, in particolare sulla ragazza coi capelli viola.
Anche se in apparenza si mostrava sempre scontrosa e diffidente verso tutti,
era stata proprio lei la prima a scegliere di tornare a fidarsi di lui
nonostante fosse il figlio di Satana e poi sembrava che avesse preso Shiemi
sotto la sua protezione, soprattutto ultimamente, segno evidente che il loro
rapporto si era evoluto moltissimo da quando si erano conosciute e che Izumo si
era un poco ammorbidita. Anche se ovviamente lei cercava in tutti i modi di non
darlo a vedere.
“Bene! Ora che ci siamo chiariti, perché non andiamo a vedere il
locale?”propose Shima spezzando l’atmosfera strana che si era creata.
“Concedetemi almeno questo visto che mi avete bocciato in massa i fuochi
d’artificio!”.
“È meglio se lo accontentiamo subito, altrimenti ci stresserà finché non ci
avrà trascinato in quel dannato posto”fece Bon alzandosi e afferrando il suo
amico d’infanzia per un braccio, costringendolo così a fare altrettanto.
“Almeno ci faremo un’idea dello spazio da occupare e di come possiamo disporre
i tavoli e il resto. Spero che sia davvero bello come sostieni con tanto
entusiasmo, Shima…”.
“Cosa ti sto dicendo da quando ci siamo seduti? A quanto pare Rin non è l’unico
con la testa per aria! Oppure è che, dopo che ci conosciamo da una vita, ti
fidi ancora così poco dei miei giudizi?”lo prese in giro il ragazzo coi capelli
rosa ridendo e guadagnandosi così un’occhiataccia. “Vedrai, Bon, te ne
innamorerai!”.
I due si incamminarono discutendo animatamente e gli altri si affrettarono a
seguirli, avendo l’accortezza di ricordarsi di pagare il conto. Mentre
camminavano, Rin rimase un po’ in disparte ad osservare i suoi compagni.
Konekomaru era corso ad affiancarsi ai suoi due amici di infanzia, mentre
Shiemi, attaccata al braccio di Izumo, la ascoltava sorridendo lamentarsi di
tutto quell’entusiasmo a suo parere eccessivo. Era contento di essere con loro,
nonostante tutte le pessime figure che aveva collezionato in meno di due ore.
Si sentiva a suo agio, accettato, capito. Poteva illudersi di essere un ragazzo
come gli altri, con interessi normali e forse una vita un po’ complicata. I
suoi compagni gli davano quella intima serenità familiare in cui si era sentito
avvolto quando lui e Yukio vivevano ancora con Shiro, quando lui non sapeva
ancora chi era. Certo, l’atmosfera era molto diversa da quella della sua
infanzia, più movimentata, instabile, schietta, ma altrettanto calda e
rassicurante. E proprio per quell’atmosfera così normale, che era quasi
scontata per la maggior parte della gente ma di certo non per lui, Rin avrebbe
combattuto anche a costo della vita. In fondo lo doveva a loro come lo doveva a
suo fratello. Avrebbe dato tutto per poterli avere al suo fianco finché fosse
stato possibile e così avrebbe fatto. E al diavolo le conseguenze.
Alla fine il locale si dimostrò essere decisamente al di sopra
delle loro migliori aspettative. Era collocato all’ultimo piano di un edificio
nella periferia della cittadina ed era una stanza enorme e completamente
sgombro, quasi fosse stato costruito apposta per accogliere tutte le decorazioni
e gli accomodamenti che loro avevano pensato di preparare, albero gigante
compreso. Konekomaru, Shiemi e Rin si mostrarono immediatamente entusiasti del
posto e riempirono Shima di complimenti e persino Bon e Izumo diedero segni di
sincero apprezzamento. Tutto quello spazio sembrava aver portato alle stelle il
loro entusiasmo creativo e i ragazzi non vedevano l’ora di mettersi al lavoro.
Persino il mezzo demone parve farsi più collaborativo e allegro. Quella sarebbe
stata la festa più epica della loro vita, non c’erano dubbi.
La ragazza coi capelli viola estrasse dal suo zaino un grande foglio bianco e
iniziò a tracciare una piantina del locale. Gli altri le si fecero subito e
iniziarono a discutere piuttosto animatamente su come sarebbe stato più
opportuno dividere i vari spazi e posizionare i tavoli e il resto della
mobilia. Shima voleva a tutti i costi una pista da ballo per la discoteca,
mentre Konekomaru reclamava che la cosa più importante erano le tavolate su cui
disporre le vivande. Shiemi invece cercava timidamente di far notare che per
prima cosa bisognava decidere dove mettere l’albero in modo che fosse in un
luogo abbastanza riparato dalla folla per evitare spiacevoli incidenti e Bon
continuava a insistere che non potevano perdere tutto il pomeriggio sulla
decorazione della sala ma che dovevano anche pensare a un programma della
serata. Rin li guardava litigare senza riuscire ad inserirsi nel discorso
perché, anche quando lo chiamavano in causa, non gli veniva mai dato il tempo
di rispondere che già si erano dimenticati di lui, lasciandolo interdetto e
anche un po’ divertito da quella situazione assurda. Forse si stavano davvero
lasciando prendere un po’ troppo dall’entusiasmo, tutti quanti.
“Ma insomma, la volete piantare, casinisti che non siete altro?!”esplose alla
fine Izumo, dopo aver assistito a quelle caotiche ed inutili discussioni per
dieci minuti buoni. Nella sala si fece silenzio immediato e tutti si voltarono
a guardarla, presi alla sprovvista. Lei parve soddisfatta della reazione otttenuta
e ripresa con più calma: “Parlarvi uno sopra l’altro ci servirà a ben poco.
Quindi, visto che, come Suguro ha giustamente sottolineato, non abbiamo molto
tempo, è meglio che ci dividiamo i compiti e lavoriamo ciascuno su un aspetto
della festa, anche perché se ci mettiamo tutti sulla stessa cosa non riusciremo
mai a trovarci d’accordo”. Sventolò sotto i loro occhi dei foglietti di carta.
“Qui ci sono le liste del materiale che ci serve. Sentitevi liberi di
aggiungere altro se pensate che sia veramente necessario, ma ricordate che non
siamo pieni di soldi”. Il suo tono si fece serio e imperioso mentre lei
iniziava a distribuire i bigliettini ai suoi compagni. “Allora, io, Shiemi e
Rin ci occuperemo della decorazione della sala e dell’albero, Konekomaru penserà
a fare la spesa per il cibo, visto che sembra tenerci tanto, e voi altri due
idioti penserete all’organizzazione della serata con la discoteca e tutto
quello che volete”.
“Perché devi decidere tu quello che ciascuno di noi deve
fare?”si oppose Bon irritato dal fare autoritario della sua compagna di classe.
“Non siamo mica i tuoi servi!”.
“Andiamo, Ryuji, Izumo sta solo cercando di mettere un po’ d’ordine!”intervenne
Shima allegro. “Insomma, si sa che lei ha proprio l’attitudine al comando!
Affidiamoci alle sue capacità di coordinazione, sarà tutto più semplice!”.
“Tu sta’ zitto che sei di parte”gli ringhiò il suo amico lanciandogli
un’occhiataccia.
“Se non ti va di fare come ti ho detto io non è un problema, Ryuji”fece Izumo
gelida. “Ma in tal caso arrangiati”.
“Non ho detto che non mi va, ma c’è modo e modo per proporre qualcosa”borbottò
lui. “Ciò detto facciamo come dici, in fondo è la cosa più sensata”.
“Bene. Allora, se non ci sono altre obiezioni, direi che ciascuno
può andare ad occuparsi della sua parte”sentenziò lei soddisfatta. “Per oggi
possiamo iniziare a comprare le cose, domani mattina ci troviamo qui e
disponiamo tutto. Poi aiuteremo Rin a cucinare”.
I suoi amici annuirono e, dopo essersi messo d’accordo sull’orario di ritrovo
per giorno seguente, Shima, Bon e Konekomaru lasciarono il locale diretti in
centro dove si trovavano la maggior parte dei negozi.
“Noi cosa facciamo, Izumo?”domandò Rin, voltandosi verso la loro “capitana”.
“Finiamo di tracciare la mappa della sala scegliendo il punto giusto dove
mettere le cose e poi andiamo a fare compere”fu la risposta sicura.
I tre si sedettero sul pavimento e iniziarono una discussione, molto più
ordinata e produttiva della precedente, che nel giro di venti minuti portò a
una scansione precisa degli spazi e una lista esatta di tutto quello che
sarebbe stato loro necessario. Finito quel lavoro lasciarono a loro volta il
locale per andare alla ricerca del materiale.
Le strade erano decisamente affollate come sempre il giorno della vigilia, ma
l’atmosfera era tutt’altro che stressata. Certo, la frenesia delle ultime
compere era quasi palpabile nell’aria fredda che si condensava nei respiri dei
passanti frettolosi, ma era un’agitazione allegra, quasi serena, perché tutti i
pensieri erano fissi sull’idea della bella giornata che presto sarebbe stata
spesa con le persone più care. I tre ragazzi camminavano fianco a fianco sul
marciapiede, persi a loro volta nell’indaffarato clima generale, ma non per
questo senza godersi le viste luminose delle vetrine decorate e il profumo dei
dolci che si diffondeva lungo tutta la via. Shiemi era estasiata davanti ai
mille colori delle luci degli alberi e delle ghirlande appese ai balconi e
avanzava canticchiando quasi senza accorgersene un motivetto popolare, la mano
stretta in quella di Izumo, che li guidava spedita tra la calca, e l’altro
braccio aggrappato a quello di Rin, che seguiva le due ragazze cercando invano
di orientarsi.
La ragazza coi capelli viola li trascinò da un negozio all’altro per più di due
ore, scegliendo con la precisione di un navigatore satellitare i posti dove
avrebbero potuto trovare quello che cercavano, senza mai sbagliare un colpo.
Nonostante avessero chiesto che gli oggetti più ingombranti fossero recapitati
a domicilio la mattina dopo, i tre finirono per ritrovarsi letteralmente
sommersi da buste di plastica, scatole e pacchetti di ogni forma e dimensione
che rendevano loro quasi difficile camminare per strada. Ma, nonostante qualche
piccolo incoveniente e qualche battibecco sulle compere, fu comunque un bel
pomeriggio. Era passato un sacco di tempo da quando Rin aveva riso tanto quanto
in quell’occasione ed era talmente preso da quello che stava facendo che la
preoccupazione per Yukio era andata sfumando, fino a divenire solo un’ombra
lontana nei meandri della sua mente. Shiemi, da parte sua, sembrava aver perso
un po’ della sua esagerata timidezza e parlava a voce più alta e persino Izumo
si concesse qualche battuta e qualche sorriso sincero alle chiacchiere
dell’amica.
Alla fine di quello che, più che shopping, era diventato un vero e proprio
assalto ai negozi alla ricerca delle cose più belle e particolari ai prezzi più
economici, i tre decisero di ritornare al locale e lasciare là tutti i loro
acquisti, riponendoli nel piccolo sgabuzzino che era stato loro fornito dal
proprietario del posto, in modo che fossero stati pronti ad essere usati la
mattina dopo. Erano tutti e tre un po’ scompigliati e stanchi, ma decisamente
soddisfatti del loro lavoro. La ragazza coi capelli viola si lasciò sfuggire un
commento compiaciuto sulla faccia che avrebbe fatto Bon alla vista del
capolavoro che avrebbero fatto con la sala il giorno seguente, sicura che mai
più il ragazzo avrebbe messo in discussione i suoi metodi, guadagnandosi così
un ghigno d’assenso da parte di Rin e facendo ridacchiare Shiemi.
Dopo essere rimasti a chiacchierare per un po’, i tre si erano separati anche
perché le ragazze dovevano ancora occuparsi dell’albero. Il mezzo demone si era
ovviamente offerto di aiutarle, ma le due avevano rifiutato con decisione,
dicendogli che era meglio se andava a riposarsi e che non doveva preoccuparsi
perché se la sarebbero cavata alla grande anche da sole. Lui aveva cercato di
insistere, ma alla fine aveva dovuto lasciar perdere e le aveva guardate
allontanarsi a braccetto, mentre parlavano fitto fitto di chissà cosa, fino a
quando non avevano svoltato sparendo alla sua vista. Lui era rimasto ancora per
qualche minuto seduto sui gradini che conducevano all’entrata dell’edificio,
godendosi le sensazioni piacevoli che il pomeriggio gli aveva lasciato, prima
che la sua mente tornasse a rivolgersi a pensieri più oscuri.
Alla fine si decise ad alzarsi e ad avviarsi verso il dormitorio. Di sicuro
Kuro lo stava aspettando e poi doveva anche cucinarsi la cena. Sbuffò dando un
calcio frustrata a un mucchio di neve posto su un lato del marciapiede. Non si
era mai sentito così stupido in vita sua. Possibile che quella semplice
situazione potesse farlo impazzire in quel modo contro ogni ragionevole
rassicurazione? Insomma, non era la prima volta che Yukio andava in missione e
lui restava a casa! Qual era la differenza dalle altre volte? Be’, in primo
luogo sapeva sempre dove sarebbe andato il suo gemello e soprattutto
sapeva cosa ci andava a fare, per quanto in modo vago. Era
quella dannata mancanza di informazioni che lo tormentava, era abbastanza
ovvio. In secondo luogo mai aveva avvertito qualche genere di presentimento
oscuro mentre suo fratello era via, sensazione che tra l’altro gli ricordava i
brividi che avvertiva ogni volta che il loro padre biologico era vicino.
Possibile che la missione di Yukio riguardasse Satana? Non ci voleva neanche
pensare, e poi glielo avrebbe detto, per forza. O forse no proprio per evitare
che lui lo seguisse. Borbottò tra i denti qualche insulto contro quel cretino
che si ritrovava come fratello e anche contro sé stesso. Come aveva fatto a non
pensarci prima?! La reticenza di Mephisto avrebbe dovuto mettergli un
campanello d’allarme. E invece no, perché lui si era perso nell’ultimo, non poi
così insignificante particolare che differenziava quell’occasione da tutte le
altre: il suo gemello non lo aveva mai baciato prima di
sparire nel nulla. Rin avvertì un leggero calore colorargli le guance. Doppia
maledizione a quell’idiota. Lui e le sue trovate. Sospirò. Non aveva diritto a
prendersela così con Yukio. Di sicuro se il telefono non fosse squillato le
cose sarebbero andate diversamente. Il bacio ci sarebbe stato comunque, ma
almeno lui avrebbe saputo il perché di tale gesto assurdo. ‘Dannato Mephisto,
sempre nei momenti sbagliati! Potevi aspettare cinque minuti, no?!’ si ritrovò
a pensare, consapevole che le sue erano imprecazioni a vuoto e prive di senso.
Ma doveva pure prendersela con qualcuno o gli sarebbe venuta una crisi di
nervi.
Giunse davanti al dormitorio quasi senza accorgersene. Ormai aveva
interiorizzato a tal punto la strada per arrivarci che la percorreva quasi
automaticamente. Rimase a fissare l’edificio perdendo d’improvviso il filo dei
suoi pensieri. Per un momento la vista gli si sfuocò e lui avvertì una strana
sensazione di paura invaderlo insieme con l’impulso di scappare. Corse dentro e
salì le scale più in fretta che potè, fermandosi solo quando ebbe chiuso la
porta dietro le sue spalle. Restò un attimo immobile, le spalle appoggiate
contro il legno, ansimando e ascoltando quella terrore improvviso scivolare via
rapido come lo aveva assalito. ‘Che diavolo…?! Cazzo, pure gli attacchi di
panico adesso?!’pensò tra sé e sé chiudendo gli occhi e normalizzando al
repsirazione. Era avvenuto in modo così improvviso, senza motivo, lo aveva
travolto con una forza spropositata, eppure gli era sembrato così…estraneo.
Esattamente come i sogni che aveva fatto quella notte. ‘Che diamine mi sta
succedendo?’. Forse era davvero quel bastardo di suo padre a giocargli quegli
scherzetti approfittando del fatto che Yukio non era lì. In fondo suo fratello
era l’unico in grado di capire quando qualcosa non andava in lui e riusciva
sempre a strapparglielo fuori quando lui avrebbe preferito tenerselo per sé
perché non voleva mostrarsi debole. Quanti casini si erano risparmiati con quel
sistema! Ma ora il suo gemello non c’era e la cosa, considerata alla luce di
quella nuova possibilità, gli faceva quasi paura.
‘Rin, stai bene?’. La voce di Kuro lo fece sobbalzare.
Il ragazzo spalancò gli occhi, preso alla sprovvista, e il suo sguardo incontrò
quello preoccupato del suo famiglio. “Oh, Kuro…Ma sei scemo?! Mi
hai fatto prendere un colpo! È già la seconda volta oggi che usi dei metodi del
tutto inappropriati con me!”si lamentò, rilassandosi. “Ce l’hai con me per
caso?! Non dirmi che sei geloso perché penso più a Yukio che a te!”.
‘Non dire cretinate, Rin’fu la risposta quasi offesa. ‘Sono solo in ansia per
te. Ti comporti in modo strano da quando Yukio se n’è andato. E qualcosa mi
dice che non è solo per quel presentimento che ti perseguita. Comunque questa
volta non ho fatto nulla di male!’.
“Uff, va bene, hai ragione. Scusa, non avevo alcun diritto di aggredirti
così”borbottò Rin sconfitto staccandosi dalla porta e incamminandosi verso la
cucina. “Ho i nervi a fior di pelle ultimamente”.
‘Non si era notato’commentò sarcastica la creatura agitando lentamente le code.
‘Non vuoi proprio dirmi che cosa ti dà tanti pensieri?’.
“Non è nulla di che, davvero. Anzi, è una gran cavolata se proprio vogliamo
essere precisi”.
‘Però non riesci a togliertela dalla testa’.
“Esatto”. Il mezzo demone si sfilò la giacca appoggiandola sullo schienale di
una delle sedie e afferrò il grembiule da cucina. “Solo che, anche se ti dicessi
di cosa si tratta, non sapresti aiutarmi di sicuro, quindi preferisco non
umiliarmi per nulla”.
‘Fa’ come vuoi, ma se vuoi un consiglio, per quanto stupida sia la questione,
faresti meglio a trovare qualcuno che possa aiutarti con l’argomento e parlargliene’disse
il famiglio accoccolandosi sul tavolo. ‘Altrimenti rischi di diventare matto
per davvero’.
“Era quello che pensavo di fare”fece il ragazzo fermandosi i capelli con la sua
solita molletta. “E forse so già a chi rivolgermi. Gli parlo domani sera alla
festa. E, Kuro, scendi dal tavolo, io ci devo cucinare lì!”.
Kuro, non senza uno sbuffo infastidito, fece come gli era stato detto e andò a
sedersi su una delle sedie. ‘Spero davvero che questa persona possa aiutarti,
Rin. Non è un bene per te rimanere così teso. Fa male al tuo
autocontrollo’constatò serio. ‘Ma immagino che questo discorso ti dia solo più
fastidio, giusto? Bene, allora cambiamo argomento. Come sono andati i
preparativi per questa famosa festa? Siete a buon punto?’.
Rin sorrise mentre si lanciava nella descrizione del suo pomeriggio mentre
inziava a preparare la cena per entrambi. Questo era quello che adorava della
creatura, azzeccava i suoi stati d’animo senza bisogno che lui li esprimesse e
aveva sempre le parole giuste per ogni situazione. E, soprattutto, sapeva fin
dove poteva tirare la corda senza spezzarla. Il famiglio ricambiò il suo
sorriso con un’espressione allegra e agitò le code. In fondo tra loro potevano
esserci anche tutti i segreti di questo mondo, ma la cosa non avrebbe per nulla
influito sulla complicità che condividevano. Perché il loro rapporto non era
fatto di parole, ma di sensazioni condivise. Non c’era bisogno del pensiero
compiuto, bastava l’emozione.
Sangue, sangue ovunque. Le pietre erano scivolose sotto i suoi piedi
e lui continava ad incespicare. Ma era suo quel liquido cremisi che lordava il
terreno? Impossibile, ce n’era troppo, non sarebbe riuscito neanche a reggersi
in piedi se ne avesse perso così tanto, lo sapeva bene. E invece stava
correndo, la paura e l’ansia che gli attanagliavano il petto, ma la
determinazione le teneva a bada, incatenandole in una stretta maglia. Stava
correndo dritto verso la fonte di quel rosso, dritto verso l’orrore. L’avrebbe
guardato in faccia di nuovo, doveva farlo, non
aveva scelta. Combattere, attaccare, difendersi. Resistere. Tornare vivo. Ad
ogni costo. Le pozze di sangue si facevano sempre più frequenti. Una morsa allo
stomaco. Sapeva bene di chi era quel sangue. I suoi compagni, pochi, tanti,
alcuni, forse tutti. Aveva avuto i loro volti attorno solo la mattina
prima.Visi tesi, alcuni un po’ pallidi, ma comunque seri, decisi, vivi.
Esattamente come era lui adesso, constatò con amara ironia. Ma doveva farlo,
aveva un compito, non poteva certo sottrarsi. Sapeva a cosa stava andando
incontro quando aveva accettato. E comuque, anche se si fosse rifiutato, non vi
sarebbe sfuggito a lungo. Era il suo destino a legarlo. Il sangue sembrava
farsi più scivoloso man mano che si avvicinava, quasi cercasse di persuaderlo a
desistere. Ma lui non poteva, anche se in quel momento avrevve voluto essere da
tutt’altra parte. Scosse il capo. In fondo era proprio per proteggere il luogo
in cui voleva essere che era venuto laggiù, a gettarsi tra le braccia di quella
che avrebbe potuto essere la sua tomba. Un sasso un po’ più sporgente e si
ritrovò faccia a terra. In effetti parte di quel sangue era suo, ma non era
nulla che lui non potesse gestire. Si rialzò in fretta seppure non senza
fatica. Non doveva pensare alla morte. Sarebbe tornato indietro. Aveva
promesso. La fine del sentiero. E poi eccole là, ne avrebbe riconosciuto i
riflessi anche nell’ultimo alito di vita. Quelle dannate fiamme blu, ovunque.
Dietro, a destra, a sinistra, sopra, sotto. Era avvolto in una palla di fuoco.
Le sue mani si strinsero sul metallo freddo. Era ora di vedere di chi sarebbe
stato il sangue che le avrebbe spente… Rin si svegliò di soprassalto, il rumore di uno sparo che gli esplodeva
nelle orecchie. Aveva il respiro affannato e sentiva il panico e l’adrenalina
scorrergli nelle vene insieme al sangue, mentre i resti dell’incubo fuggivano
lontani dalla sua memoria in una serie di visioni confuse e sfocate. Che
diamine era successo?! Si guardò intorno alla ricerca di una possibile fonte
del rumore che aveva sentito, ma nella stanza tutto era silenzioso. Il sole
filtrava dalla finestra, la luce indebolita dal manto di nuvole candide che lo
coprivano, e il cielo preannunciava un’altra bella nevicata, fatta apposta per
il giorno di Natale. Niente di anormale. Eppure lui avrebbe giurato che quello
che aveva sentito era davvero uno sparo. Che fosse anche quello parte del sogno
che stava facendo?
Spinse via le coperte, più turbato che mai, e si prese la testa tra le mani.
Tutte quelle stranezze non gli piacevano neanche un po’. Non bastavano i
presentimenti, ci volevano pure gli incubi senza senso che tra l’altro lui non
riusciva a ricordare se non a sprazzi. Qualcosa gli diceva che se avesse avuto
una vaga idea di quello che aveva sognato avrebbe potuto capire che cosa gli
stava succedendo. Ma a quanto pareva la sorte ce l’aveva con lui e si divertiva
a tormentarlo. Sbuffò guardandosi intorno alla ricerca di Kuro e lo vide
accoccolato sulla sua scrivania, ancora addormentato. Meglio, pensò, almeno
questa volta non l’avrebbe fatto preoccupare. I suoi occhi caddero oltre il
vetro della finestra. Era davvero presto. ‘Be’, di tornare a letto non se ne
parla, primo perché non riuscirei a dormire, secondo perché non vorrei beccarmi
un altro maledetto sogno’pensò alzandosi per andare a farsi una doccia. ‘Bah,
vedrò di occupare il tempo che ho guadagnato in modo costruttivo. Potrei
iniziare a scegliere il menu per la festa…’. E aggiunse con un certo sarcasmo:
‘Sempre che non mi capita qualche altro incidente di percorso ovviamente!’.
E fortunatamente per lui al pessimo risveglio non seguì nessun’altra novità
imprevista per tutto il resto della giornata. Anzi, dopo che ebbe raggiunto i
suoi compagni al locale, il tempo passò veloce tra i preparativi e le mille
discussioni che scoppiarono, un po’ dettate dalla fretta, un po’
dall’agitazione generale. Non mancarono gli incidenti, ma non furono nulla di
irreparabile: decorazioni che cascavano, oggetti andati smarriti nella
confusione, qualche piatto rotto, una padella dimenticata sul fuoco. Izumo, da
bravo comandante, si infuriava ogni volta, sgridando lo sventurato di turno per
la sua sbadataggine o idiozia che fosse, mentre Shiemi non faceva altro che
chiedere scusa a tutti a volte anche senza motivo. Bon ebbe il suo bel da fare
a litigare con Shima ogni due minuti per un motivo o per un altro e a zittire
Konekomaru che ogni due per tre si metteva a cantare a squarciagola senza
nessun preavviso. Rin si era lasciato trascinare dalla frenesia generale,
troppo storidito per fare qualunque altra cosa che non fossero i vari compiti
che gli venivano affidati, subendo anche lui la sua dose di rimproveri, ma
senza lamentarsi. In fondo tutto quel caos gli impediva persino di pensare,
cosa che in quei giorni non poteva che fargli piacere. L’unico momento in cui
dovette costringersi a uscire da quel suo stato di automatismo fu quando uno
dei suoi compagni, non ricordava neanche chi, rovesciò per terra le verdure che
lui aveva appena finito di affettare con tanta cura, ma lo fece soltanto per
ringhiargli dietro qualche insulto e l’ordine di sistemare all’istante il
casino che aveva combinato.
Eppure, nonostante tutto, quando finalmente ebbero terminato i preparativi nel
tardo pomeriggio, tutti furono ammettere che ne era valsa la pena: la sala
riluceva dei mille colori delle lampadine e delle candele profumate che si
concentravano sul grande albero tra fiocchi rossi, stelle dorate e nastri
d’argento. Le tavolate imbandite mostravano con orgoglio la loro varietà di
vivande dolci e salate disposte ordinatamente e decorate in modo originale e
vivace, mentre dalle pareti e dal soffitto pendevano girlande di vischio e
biancospino intrecciati a nastri colorati. Nello spazio non occupato dalla
pista da ballo erano stati sistemati dei tavoli più piccoli per permettere ai
loro ospiti di cenare e chiacchierare da seduti. Sarebbe davvero stata una
festa indimenticabile, lo si leggeva nei sorrisi compiaciuti che i ragazzi si
scambiarono tra loro ammirando i frutti della loro fatica.
E la sera fu un successo. Nessuno degli invitati si risparmiò con i complimenti
e i commenti di approvazione sia per il cibo che per l’organizzazione del
tutto. Shima e Konekomaru accolsero tutte quelle belle parole trionfanti e
anche Bon, pur rispondendo educatamente, in alcuni casi finì per mostrarsi
decisamente compiaciuto. Izumo invece rimase impassibile dichiarando che era il
minimo mentre al suo fianco Shiemi arrossiva affermando che in fondo non era
nulla di speciale. Rin, da parte sua, cercò di schivare in ogni modo le
congratulazioni senza però riuscirci del tutto, subendosi tutta una serie di
frecciatine da parte di Shura prima che la donna decidesse che lo aveva
tormentato abbastanza. Poi la festa inziò a procedere da sé e i discorsi
passarono ad altri argomenti, liberando così il gruppo dall’imbarazzo di
rispondere.
Ad un certo punto il mezzo demone scorse Mephisto che gironzolava tra la folla
scambiando quattro chiacchiere quasi con tutti quelli che avevano la sfortuna
di incrociarlo. Il ragazzo alzò un sopracciglio, ma non si sorprese più di
tanto: quel pazzo era sempre tra i piedi, anche quando nessuno aveva richiesto
la sua presenza. Possibile che non avesse mai niente da fare
quello là?! Era stufo di trovarselo intorno. L’altro si voltò, sentendosi
osservato, incrociando il suo sguardo, ma lui decise di ignorarlo e gli diede
le spalle. L’ultima cosa che voleva era parlargli dopo che lo aveva stordito
con le sue ciance due sere prima, impedendogli tra l’altro di scoprire dove si
era cacciato suo fratello. Non gli avrebbe permesso di rovinargli anche la
festa, non ora che stava iniziando a godersela un po’, approfittando della
distrazione per scacciare i suoi oscuri pensieri.
Per sua fortuna il demone non si trattenne a lungo e dopo meno di un’ora non lo
si vide più in giro. Il ragazzo ringraziò il cielo di essere riuscito ad
evitarlo per tutto il tempo e decise di prendersi un drink da bere per
festeggiare la cosa. Si appoggiò al bordo di uno dei tavoli sorseggiando
lentamente il suo cocktail e facendo scorrere lo sguardo tra la folla, alla
ricerca dei suoi compagni. Individuò abbastanza in fretta le due ragazze,
sedute ad un tavolino vicino all’albero, intente a chiacchierare con Shura,
mentre ci mise diversi minuti a trovare i ragazzi. Alla fine scorse Konekomaru
insieme ad altri studenti della loro scuola, che però lui conosceva solo di
vista, impengato in una competizione di qualche tipo. Bon e Shima erano in un
angolo in disparte, appoggiati fianco a fianco a una delle pareti. Il ragazzo
coi capelli rosa parlava allegramente con un braccio sulla spalla del suo
amico, il quale lo guardava abbastanza contrariato, anche se Rin non riuscì a
capire se era per la loro posizione o per quello che Shima stava dicendo. A
quanto pareva, dopo aver fatto peste e corna per avere la sua pista da ballo,
Shima non si era neanche curato di usarla visto che sembrava non avere nessuna
intenzione di scollarsi dal suo compagno di classe, constatò il mezzo demone
con un ghigno, anche se provava un po’ di pena per Bon. Proprio in quel momento
invece il ragazzo coi capelli rosa si staccò da quest’ultimo, chinandosi per
mormorargli qualcosa nell’orecchio con un sorrisetto malizioso, e poi si
affrettò ad indicare i tavoli del buffet con un cenno del capo incamminandosi
in quella direzione senza aspettare una risposta. Ryuji fece un gesto un po’
stizzito con la mano e alzò gli occhi al cielo.
“Ehi, Rin!”esclamò Shima allegro quando si fu avvicinato, notando il ragazzo.
“Come va?”.
“Alla grande. È davvero uno spettacolo, siamo stati grandi”rispose lui
sorridendo. “È la festa migliore a cui sia mai stato”.
“Vero, è venuta bene. E mi pare anche che la gente si stia divertendo. Izumo
con il suo atteggiamento dispostico ci ha proprio costretti a fare del nostro
meglio! A proposito, il cibo è fantastico. Complimenti al nostro chef!”concordò
il suo amico. “Mi rintego soddisfatto. Ma come mai qui da solo? Perché non
vieni là con me e Ryuji? Gli stavo giusto per portare da bere, chissà, magari
si addolcisce un po’. Non si smolla neanche in un’occasione come questa!”.
“Andiamo, non esagerare. Ho solo cercato di dare il massimo. Conosci Bon molto
meglio di me, sai com’è fatto. Ci tiene a dare una certa immagine di sé!”rise
il mezzo demone. “Grazie, comunque, ma stavo pensando di andare da Shiemi e
Izumo, a dire la verità. Non ho ancora avuto l’occasione di ringraziarle per
l’aiuto che mi hanno dato in cucina”.
“Vai dalle ragazze, eh, Rin? Fai bene, fai bene!”commentò il ragazzo coi
capelli rosa, battendogli una mano su una spalla in segno di approvazione. “È
quello che dovrei fare anche io e invece sono là impantanato con Bon! Certo che
come latin lover faccio un po’ pena alle volte! Ma insomma, bisogna anche fare
dei sacrifici…In fondo anche quel testone non è male come compagnia, anche se
mi farebbe più piacere se accettasse di venire a ballare con me…Mi raccomando,
fa’ buona caccia anche per il sottoscritto!”.
“Shima, che diamine spari?! Non è mica per quello che pensi!”protestò lui
arrossendo leggermente. “Cretino”.
“Andiamo a chi vuoi darla a bere? Con due belle signorine come quelle, anzi,
diciamo tre, contando anche Shura. In fondo chi non la includerebbe nelle sue
prospettive una così? Certo, forse è un po’ troppo grande per te, ma fidati, le
donne mature sono spesso le migliori. Quindi non dirmi che ci vuoi solo parlare
innocentemente! Non ci credo. Soprattutto con Shiemi…”. Shima gli rivolse un
ghigno poco rassicurante, inziando a riempire un bicchiere. “So bene come
funzionano queste cose, io! E poi è una festa, Rin! Bisogna scatenarsi un
po’!”.
“Sì, sì, bravo, pensala come ti pare…A proposito, ho una cosa da chiederti
visto che ti dici tanto esperto”fece Rin, affrettandosi a cambiare discorso.
“Secondo te, se una persona ti bacia cosa può voler dire?”.
“Dipende. Ti bacia come?”chiese l’altro calcando molto il tono
sull’ultima parola.
Lui avvampò più imbarazzato che mai. “Ehm, sì, sai…sulla bocca”balbettò. “Ma
non pensare a chissà che, solo a stampo!”.
“Ma che domande fai?! Mi pare ovvio! È perché le piaci, Rin, e anche tanto.
Quanto esattamente dipende dalla passione che ci ha messo, ma come minimo ha
una bella cotta per te. In fondo se uno vuole fare sul serio non si butta mai
sul primo bacio, cerca di renderlo più sentimento che atto. Andiamo, neanche tu
sei così ingenuo da non capirlo!”lo prese in giro il ragazzo coi capelli rosa.
Poi si sporse verso di lui. “Allora…chi è l’audace donzella?”.
“Nessuno!”esclamò lui con fin troppa foga. Scostò il suo amico, distogliendo lo
sguardo. “Non può essere per quello, ci deve essere un altro motivo. È una cosa
seria, Shima”borbottò poi, a disagio. “Questa…questa persona non avrebbe mai e
poi mai dovuto fare una cosa del genere. Eppure lo ha fatto. Ma non può essere
perché prova quelle cose per me, semplicemente perché non può provarle,
capisci? Ma appunto per questo non riesco a capacitarmi come una cosa del
genere sia potuta accadere!”.
Shima lo guardò intensamente per un attimo, mentre il sorriso spariva dal suo
volto. “Non puoi dire che questa persona non intendesse quello che ti ho detto,
Rin, non si sa mai cosa può passare per la testa della gente”disse serio dopo
un momento di silenzio. “Io sinceramente non so cos’altro associare ad un gesto
come quello se non un sentimento d’amore. Se fosse stato un bacio sulla guancia
sarebbe stato un altro conto, ma dubito che tu ti saresti posto il problema in
quel caso. Quindi io resto della mia idea e, se vuoi che ti dica cosa penso
fino in fondo, secondo me tu ti stai tormentando così tanto per questa cosa
proprio perché sai che ho ragione ma non lo vuoi ammettere. Inoltre, se davvero
a baciarti è stata una persona che non avrebbe mai dovuto farlo, quello che
prova per te non è un sentimento qualsiasi. Se ha avuto il coraggio di farlo
nonostante rischiasse così che tu la rigettassi ti deve amare davvero”.
“Ma…Ma…No, non è possibile!”esclamò il mezzo demone, scuotendo il capo,
testardo. “Andiamo, ci deve essere un’altra ragione! Se no è…è troppo…sbagliato!”.
“Rin, mi vuoi dire chi è che ti ha baciato per averti sconvolto tanto? Calmati,
non può essere stato così terribile!”insistette l’altro cercando di farlo
ragionare. “Cos’è, è stato un ragazzo? Andiamo, non è quello che uno si
aspetta, ma non è comunque una tragedia. E poi…”.
“No, no, Shima, non puoi capire. Lascia perdere, anzi dimentica”.
“Ma…”.
“Ho detto lascia stare!”. Rin si rese conto di avere quasi urlato e si affrettò
ad abbassare gli occhi, turbato. In fondo Shima stava solo cercando di
aiutarlo, lo sapeva benissimo, ma non poteva certo dirgli che era stato
suo fratello a baciarlo. E non era solo egoismo, non voleva
nemmeno mettere Yukio nei guai. “Shima, ascolta…”riprese con più calma cercando
una scusa per chiudere il discorso in modo pacifico, ma fu interrotto dallo
squillo del suo telefono. Lui si affrettò ad afferarlo, ringraziando
mentalmente chiunque ci fosse al di là della linea per averlo salvato da quella
dannata conversazione. “Okumura Rin, chi parla?”.
“Rin?”. La voce di Mephisto lo raggiunse dall’altra parte, con una nota seria e
quasi grave che non le si addiceva per nulla. “Scusa se ti disturbo, ma
dovresti venire immediatamente. È una questione di massima priorità”.
Il ragazzo avvertì brividi di ansia corrergli lungo la schiena. “È successo
qualcosa?”riuscì a chiedere con un filo di voce, sperando di non udire la
risposta che si aspettava.
“Tuo fratello è tornato dalla missione. Sembra che ci sia stata qualche
complicazione. Ma ti spiego meglio di persona. Raggiungimi in ospedale”spiegò
il demone cercando di suonare rassicurante, ma si sentiva che aveva una certa
fretta.
Rin si sentì gelare. Ospedale?! Complicazioni?! No, no, no!
“Mephisto, niente giochetti. Che cazz…”inziò, pronto a riversare sul suo
interlocutore la disperazione che aveva inziato a spezzargli il respiro.
“Non al telefono, Rin. Fidati, lo faccio per te. E non sono mai stato più serio
di così. Ho bisogno di parlarti di persona. Vieni qui. Subito”. E
la comunicazione si interruppe bruscamente.
Lui rimase qualche attimo con l’orecchio premuto sulla cornetta, cercando di
elaborare i nuovi dati, ma tutti sembravano portare ad un solo pensiero:
correre in ospedale da Yukio.
“Rin, ti senti bene?”gli domandò Shima a cui non era sfuggita la sua
agitazione. “Chi era?”.
“Scusa, ma non ho tempo ora. Ti spiego un’altra volta”esclamò lui ficcandosi in
fretta il cellulare in tasca. “Devo andare, dillo tu agli altri”. E senza
aspettare una risposta si voltò e scappò via, lasciando il suo amico interdetto
con la bocca aperta nel tentativo di obiettare, il cuore a mille e il sangue
che gli ovattava le orecchie. Sarebbe stato infinitamente meglio continuare
quella scomoda conversazione con Shima piuttosto che venire salvato da quella
maledetta telefonata.
Il corridoio bianco dell’ospedale era affollato dal via vai dei
medici e degli infermieri che uscivano ed entravano dalla porta della sala
operatoria. Ogni tanto qualcuno si accostava a loro e mormorava due parole che
avrebbero dovuto suonare come degli incoraggiamenti, ma l’unica cosa che Rin
riusciva ad udire era la sua stessa voce che urlava mentalmente tutte le
imprecazioni più pesanti e colorite che conosceva. Seduto di fianco a lui
Mephisto cianciava come al solito, anche se questa volta seriamente, ma alle
sue orecchie quei discorsi restavano sempre chiacchiere inutili e non degne di
attezione. Aveva tagliato i ponti con il mondo esterno mezz’ora prima quando,
dopo essersi fatto tutta la strada che lo separava dall’ospedale di corsa,
senza mai fermarsi, era arrivato a destinazione sudato e senza fiato, con una
sensazione spiacevole di nausea che gli artigliava lo stomaco. Il demone lo
stava aspettando nell’atrio e lo aveva subito condotto davanti alla sala, dove
lo aveva fatto sedere e gli aveva spiegato nel modo più delicato possibile che
Yukio era sotto i ferri con il corpo martoriato da brutte ustioni.
Yukio, sala operatoria, ustioni. Dopo quelle parole non aveva sentito più
nulla. Il suo corpo si era afflosciato sulla sedia e lui non si era neanche
curato di guardare il suo interlocutore, quasi dimentico della sua presenza.
Allora era vero, non si era sbagliato quando aveva ipotizzato che la missione
suo fratello riguardava Satana. Quello era l’unico motivo che potesse spiegare
il tipo di ferite che quell’idiota aveva riporatato. Era andato a scontrarsi
con loro padre senza dirgli nulla. Le emozioni si erano succedute come lampi
danzanti dentro di lui, in un caotico ripetersi e sovrapporsi. Rabbia,
disperazione, dolore, poi di nuovo collera, paura, frustrazione, odio, ansia.
Non riusciva a controllarle e quelle si erano alternate sempre più velocemente
fino a quando non erano state risucchiate dal vuoto che loro stesse avevano
scavato dentro di lui. L’apatia totale si era estesa sul suo corpo e lui si era
sentito come se le sue membra e la sua anima si fossero addormentate,
diventando insensibili a tutto. Faceva quasi fatica a pensare. Le sue
riflessioni andavano avanti con una lentezza esasperante, collegando pian piano
i vari pezzi. Il presentimento che aveva avvertito era davvero la vicinanza di
suo padre, solo che questa volta minacciava Yukio e non lui, i suoi atticchi di
panico dovevano essere le emozioni di suo fratello, le visioni e gli incubi
quello che l’altro aveva visto e vissuto. Era tutto così semplice. Eppure lui,
come un idiota, non c’era arrivato. Quella constatazione non causò nessun moto
in lui, ma il ragazzo non se ne stupì. In fondo in quel momento non provava
nulla. L’unica cosa che riusciva a fare era tenere lo sguardo fisso sulla
porta, aspettando che qualcuno venisse a dargli la notizia che avrebbe segnato
il suo risveglio. E allora ci sarebbe stato di nuovo il caos dentro di lui,
forse una battaglia tale che lo avrebbe consumato. Riusciva a sentirle quasi,
le sue fiamme, appostate sotto la superficie, pronte a scatenarsi insieme ai
suoi sentimenti infranti.
Spostò appena gli occhi su Mephisto che aveva finalmente smesso di parlare e lo
guardava vagamente preoccupato, quasi avesse intuito il suo ultimo pensiero.
Rin gli rivolse uno sguardo inespressivo e poi tornò a puntarlo davanti a sé.
Pensasse pure tutto quello che voleva, non gliene poteva importare di meno in
quel momento. Anzi, avrebbe preferito che se ne andasse. Aveva bisogno di stare
solo, di analizzare più a fondo quella situazione paradossale. Era seduto su
una sedia ad aspettare la Morte. Solo che questa volta non era la
sua fine quella che minacciava di arrivare, ma era quella di qualcun altro. Non
gli era mai capitato. Le persone che erano morte intorno a lui lo aveva fatto
senza che lui se lo aspettasse, dandogli la possibilità di negare l’inevitabile
fino alla fine. Ma in quel momento, in quel corridoio che puzzava di medicine e
malattie, gli sembrava quasi di avere seduta accanto in tutta la sua tremenda
maestosità ed imponenza quella figura ammantata, tanto presente nelle loro vite
eppure così misteriosa e sfuggente. Come se anche Lei, paradossalmente, stesse
aspettando la sua stessa notizia. Con la differenza che Lei sapeva di certo
come sarebbe andata a finire, mentre lui era perso nel mare annebbiato
dell’incertezza, senza un faro o una stella che gli indicasse il cammino, e si
lasciava trascinare inerte dalle sue correnti opposte.
La porta della sala operatoria si spalancò di nuovo, ma questa volta ne uscì
una figura ben diversa dai soliti medici, i capelli verdi un po’ scompigliati e
i vestiti schizzati di sangue. Il ragazzo avvertì Mephisto alzarsi
immediatamente per andare incontro al nuovo venuto mentre lui cercava ancora di
mettere a fuoco l’identità di chi era uscito dalla stanza. Amaimon. Che diamine
ci faceva dentro quell’idiota combinaguai?!
“Hanno finito, Aniue”annunciò il demone coi capelli verdi indicando la soglia
che avevano appena varcato. “È stata una bella lotta anche se non ho capito
molto di quello che stavano facendo. Però non è che abbiamo risolto molto…”.
“Amaimon, spiegati meglio”gli disse il preside, una nota un po’ irritata nella
voce, lanciando un’occhiata preoccupata a Rin. Certo che suo fratello a volte
non sapeva proprio parlare. Dalle sue parole sembrava quasi che Yukio fosse
morto sotto quei dannati ferri. Ma non era così, perché altrimenti la sua
faccia sarebbe stata diversa. O almeno, ci sperava. “Che hanno detto?”.
“Hanno imprecato un po’ tra di loro e poi si sono girati verso di me dicendomi
di dirvi che hanno fatto tutto il possibile, ma che le condizioni di Yukio
erano gravi e che quindi non sanno come andrà a finire”spiegò Amaimon,
mordicchiandosi lentamente l’unghia e voltandosi a sua volta a guardare il
mezzo demone. “È in coma e non sanno se e quando si sveglierà. Certo che nostro
padre ci è andato giù pesant…”.
Suo fratello maggiore si affrettò a tappargli la bocca con una mano, esasperato
. “Tieniti questi commenti inappropriati per te, Amaimon, a noi non
interessano. Fila a vedere dove lo portano e sta’ lì, ti raggiungo dopo. E vedi
di non fare casini”gli ordinò con tono di rimprovero. “Rin è già abbastanza
sconvolto e io preferirei non vedere più fiamme per un po’, se è possibile”.
L’altro annuì bisbigliandogli qualcosa in modo da non farsi sentire, per poi
voltarsi e tornare nella sala. Mephisto si lasciò sfuggire un sospiro e si
avvicinò a Rin, che non si era mosso dalla sua posizione, aiutandolo ad alzarsi
e prendendolo sotto braccio. “Su, viene, hai bisogno di un po’ d’aria. E
soprattutto di qualche spiegazione”.
Il ragazzo annuì e si lasciò trascinare lungo i corridoi, come un sonnambulo,
fino alla terrazza. Aveva sentito quello che Amaimon aveva detto eppure le sue
parole gli erano arrivate alle orecchie sotto forma di suoni incomprensibile,
quasi come se la sua mente li avesse respinti per poter restare ignorante della
realtà dei fatti ancora per un po’. L’aria fredda che lo colpì non appena furono
furi dall’edificio sembrò riscuoterlo e lui si liberò dalla presa del demone,
andando lentamente ad appoggiarsi alla ringhiera metallica. Il calore delle sue
dita si disperse all’istante a contatto con il gelo del materiale e quella
sensazione di freddo parve espandersi dentro di lui ridando un colore, per
quanto pallido e malato, al nulla che si sentiva dentro. Si voltò verso il suo
interlocutore e, dopo aver preso fiato, si costrinse a chiedere con un filo di
voce: “Cosa ci faceva Amaimon in sala operatoria? Quello che aveva addosso era
il sangue…di Yukio, vero?”.
Il preside annuì incrociando le braccia sul petto. “Ero un po’ perplesso perché
il gruppo di esorcisti che avevo mandato in missione avrebbe dovuto contattarmi
questa mattina presto, ma non si sono fatti sentire. Visto che, come avrai
capito da te, mio padre era coinvolto in questa storia, e con lui non si può
mai sapere, ho pensato di prepararmi al peggio e di iniziare ad organizzare una
spedizione di recupero. Per precauzione ho deciso di inviare prima Amaimon sul
posto nella tarda mattinata a cercarli per capire bene di che dimensioni fosse
il disastro. Ha trovato il gruppo, o almeno quello che ne rimaneva, sparso nel
bosco dove si era accampato la scorsa notte. C’erano pozze di sangue ovunque”.
Tacque per un attimo, avvicinandosi al ragazzo che non gli staccava gli occhi
di dosso, pendendo letteralmente dalla sue labbra. “Deve essere stata davvero
una battaglia spettacolare. Mi spiace solo di aver perso qualche individuo
valido. Nella radura dove si è consumato il gran finale poi era tutto
carbinizzato. Amaimon ha trovato tuo fratello esattamente al centro di tutto
quel nero, svenuto, coperto di sangue e cenere, i vestiti a brandelli. E vicino
a lui il corpo che Satana aveva posseduto, due proiettile piazzati in corpo con
precisione millimetrica. Ogni volta mi stupisco di quanta tenacia dimostri
Yukio. Ed è solo un ragazzino. Il mio Otouto ha detto che per un attimo, quando
lo ha tirato su, ha aperto gli occhi. Ti ha chiamato, voleva sapere se stavi
bene. Amaimon gli ha detto di sì e lui è svenuto di nuovo. Non si è più
svegliato”.
“Yukio ha…ha chiesto di me?”balbettò Rin sentendo l’emozione sopraffarlo, ma
lui la ricacciò indietro con insofferenza insieme alle lacrime che erano
arrivate a pungergli gli occhi. “Quel dannato idiota! Stava crepando e
viene a preoccuparsi di me! Cretino che non è altro!”.
“Di sicuro pensava a te quando ha premuto il grilletto, Rin. Io gli avevo detto
che non era il caso che lui andasse, che non era ancora pronto per trovarsi
direttamente faccia a faccia con il nostro nemico. Ma lui si è intestardito,
sai meglio di com’è fatto. La vive come una guerra personale e non ha tutti i
torti. In fondo è figlio di Satana tanto quanto lo siamo tu e io. Ho pensato
fosse giusto lasciarlo andare, anche se tu mi odierai per questo,
immagino”sospirò il demone puntando gli occhi sul labirinto di palazzi che si
apriva davanti a loro. “Ma non mi sentirò in colpa. Lo avevo avvertito, ha
scelto conoscendo bene i rischi”.
Il mezzo demone combattè l’istinto di saltargli addosso e sgozzarlo. Come
poteva dire quelle cose restando così calmo?! Suo fratello si era quasi fatto
ammazzare in una missione del cazzo che lui gli aveva affidato nonostante tutto
e quel pazzo se ne lavava le mani con due frasettine preparate?! Voleva
ucciderlo. Prese un respiro, cercando di recuperare l’autocontrollo. Non poteva
lasciarsi prendere dalla collera, era troppo vulnerabile in quel momento per
poterselo permettere. Mandò giù tutti gli insulti che gli erano saliti alle
labbra. “Come sta adesso? Cosa dicono i medici?”chiese invece, la voce che
tremava. Doveva concentrarsi su Yukio adesso, quando lui sarebbe stato bene
avrebbe potuto fare il culo a tutti quelli che lo meritavano.
“È in coma purtroppo. Sinceramente è un miracolo che non sia conciato poi così
male, visto che è stato praticamente avvolto dalle fiamme. L’unica cosa è che
il suo organismo è stato costretto a sopportare uno sforzo estremo. Per questo
non si è più svegliato”rispose Mephisto. “Ovviamente gli umani ragionano
da umani e in queste situazioni dicono sempre che non sanno se
il paziente si sveglierà eccetera, ma, come ti ho detto, i parametri umani non
si addicono a quelli come noi”.
“Ma Yukio è umano, dannazione! Fisicamente parlando almeno!”esplose
Rin, esasperato dal tono tranquillo dell’altro. Non ne poteva più di quelle
ciance. Voleva vedere il suo gemello. “È anche perché non era fisicamente
abbastanza forte che non ha ereditato le fiamme di Satana, cazzo, me lo ha
spiegato lui in persona! Come puoi dire che non lo si può trattare come un
umano?!”.
“Ecco, stai ragionando come tutti gli altri. Avere quell’aspetto non ti ha
insegnato come funziona con i demoni, a quanto pare. Ma la cosa non mi
stupisce”. Sul volto del preside comparve un sorrisetto. “Non è questione solo
di fisico. E poi, tra parentesi, tuo fratello non è più lo stesso di quando
eravate bambini, gli anni di allenamento lo hanno temprato eccome. Non puoi non
essertene accorto. Vuoi che ti dica quanto è cambiato? Bene.
Diciamo che se si dovesse stabilire adesso chi si deve prendere l’eredità di
nostro padre, be’, non saresti tu ~”.
Rin trattenne a stento un’esclamazione di sorpresa, ma si riprese
immediatamente con un moto di irritazione. Quelle chiacchiere erano senza
senso. E gli suonavano anche di presa in giro. “Ma non è così, quindi vedi di
arrivare in fretta al punto”ringhiò minaccioso. “Voglio vedere Yukio”.
“Quello che sto cercando di spiegarti è che tuo fratello non è in pericolo di
vita. Se Satana avesse voluto farlo fuori lo avrebbe fatto subito, ma a quanto
pare ha voluto lasciare che sopravvivesse per qualche oscura ragione. Forse
voleva testare quanto fosse resistente, che ne so. Comunque, quelle fiamme
fanno parte anche di tuo fratello, e poco importa se lui non va a fuoco come
fai tu, questo cerca di non dimenticartelo ~”. Mephisto si voltò e si avviò
verso la porta-finestra che conduceva all’interno. “A proposito, non puoi
vederlo adesso, dovrai aspettare domattina o forse anche più tardi. Se vuoi un
consiglio, è meglio che non lo vedi proprio finché non si sveglia. Non ti
farebbe che male. Quindi tanto vale aspettare. Potrebbe volerci qualche giorno,
una settimana, ma non di più. Fidati e non ascoltare i
medici”. Aprì il vetro voltandosi a guardarlo. “Va’ a casa, Rin, e
sfogati come ti pare, possibilmente senza fare casino. Mi ha già dato troppo da
fare tuo fratello, sarebbe snervante dover correre dietro anche a te ~. A Yukio
ci pensiamo io e Amaimon, anche se la cosa potrà suonarti tutt’altro che
rassicurante. Ti chiamo non appena ci sono novità. Farai come ti ho detto?”.
Il ragazzo lo guardò incredulo. Davvero si aspettava che lui se ne andasse via
docile come un animaletto ammaestrato dopo tutto quello che era successo? Che
se ne tornasse a casa con calma come se nulla fosse e se ne stesse buono?
L’unica cosa che voleva in quel momento era distruggere il mondo per sfogare
quello che aveva dentro. Voleva andarsene all’Inferno e farla pagare a quel
bastardo che aveva ridotto suo fratello in quello stato. Voleva sterminare lui
e tutti i suoi demoni, quelle creature schifose che avevano rovinato tante
vite, e infierire sui loro cadaveri fino a quanto la terra non fosse stata
impregnata del loro lurido sangue. Eppure quando cercò dentro di sé la rabbia
per urlargli quelle cose in faccia trovò solo una stanca rassegnazione. “Lo
farò”. Le parole gli uscirono quasi contro la sua volontà, le uniche che la sua
bocca sembrava voler pronunciare. In fondo Mephisto aveva ragione. Anche se si
fosse messo a spaccare tutto quello che gli capitava per le mani non sarebbe
cambiato nulla, anzi avrebbe solo peggiorato le cose.
Il demone sembrò soddisfatto della sua risposta e sparì all’interno,
lasciandolo finalmente solo con i suoi pensieri confusi e le sue emozioni. Rin
rimase immobile per un attimo, avvertendo le gambe cedergli, indeciso se
lasciarsi andare o no. Alla fine scosse il capo e si costrinse a mantenere il
controllo. Voleva almeno tornare al dormitorio, solo lì avrebbe davvero potuto
sfogarsi senza il rischio di avere qualche seccatura intorno. Così, vincendo le
ultime esitazioni ed aver lanciato un ultimo sguardo al paesaggio, si apprestò
a lasciare l’ospedale.
La strada gli parve interminabile. Ad ogni passo sentiva la fretta e
l’impazienza crescergli dentro, mentre il suo corpo si faceva sempre più
pesante, schiacciato sotto il peso della stanchezza e dell’impotenza, cosa che
non lo aiutava affatto. I suoi pensieri volarono per un attimo alla festa dove
aveva lasciato i suoi compagni di classe, domandandosi se avessero intuito il
motivo di quella sua fuga improvvisa. Non che gliene importasse. Aveva solo
bisogno di tenere la mente occupata. Constatò con ironia che quasi gli mancava
l’inquietundine del presentimento che lo aveva perseguitato per due giorni.
Certo, gli metteva ansia, lo faceva star male, ma sarebbe stata sempre meglio
di quello stato di dolorosa spossatezza che gli aveva succhiato via anche la
voglia di combattere.
Varcare l’ingresso del suo dormitorio fu un vero sollievo. Il ragazzo lasciò
cadare la giacca a terra ed andò ad infilarsi in camera sua, senza neanche
curarsi di accendere la luce. Cercò a tentoni la strada fino al letto, quasi
con frenesia, finché le sue dita non incontrarono la stoffa morbida delle
lenzuola. A quel punto il poco controllo che gli era rimasto cedette,
sommergendolo con le sue schegge. Senza quasi rendersene conto si ritrovò in
ginocchio, il viso affondato nelle coperte, mentre le lacrime amare che aveva
trattenuto fino a quel momento lasciavano i suoi occhi con furia crescente, nel
vano tentativo di purificare le emozioni impastate che lo avvolgevano. Perché,
perché cose del genere dovevano accadere solo e sempre a lui? Perché doveva
essere circondato da un branco di idioti che sembravano quasi divertirsi a
mettere le loro vite a repentaglio ogni volta che capitava per salvare la sua?
Possibile che non capissero quanto lui si sentiva in colpa per
quello che loro decidevano di rischiare? Non si chiedevano mai
cosa ne pensasse lui di quei loro atti? La sua misera esistenza non valeva i
sacrifici, non valeva le loro rinunce. Lo aveva ripetuto milioni di volte, lo
aveva urlato con rabbia e mormorato con le lacrime agli occhi, ma a nulla era
servito. Gli altri avevano continuato a fare di testa loro. E lui per questo li
aveva odiati sentendosi in colpa per il fatto di farlo. Non aveva diritto di
ricevere nulla da loro e neanche pretendere o chiedere e di attaccarli. Ma così
non faceva altro che ricadere in un circolo vizioso.
Rin strinse i pungi e li abbattè con forza sulle coperte, sollevando il viso
inondato di lacrime. Yukio era il peggiore di tutti, perfino peggio di Shiro da
quel punto di vista. Aveva visto chiaramente cosa era successo al loro padre
adottivo, gli aveva anche dato la colpa, forse non poi così ingiustamente come
lui aveva cercato di ribattere, gli aveva detto che lo odiava per quello che
era accaduto, eppure nonostante quel testone si era rifiutato di abbandonarlo
al suo destino. E questo perché evidentemente, anche se suo fratello fosse
stato sincero quando gli aveva comunicato il suo disprezzo per lui, l’affetto
che provava per lui superava ogni sorta di rancore e lo portava a desiderare
solo il suo bene a qualunque costo. E questo non era giusto. Yukio non poteva
pagare per tutta quella situazione assurda, quella maledizione era sua, sua e
soltanto sua, il gemello non c’entrava nulla. E la cosa peggiore era che suo
fratello sembrava essere convinto del contrario, che quella cosa li riguardasse
entrambi alla stessa maniera. Ma il mostro era lui, non il giovane esorcista,
questo lo avrebbe capito chiunque. O forse no, forse non era così evidente
visto che anche Shiro e Mephisto sembravano pensarla come suo fratello, e non
erano due persone qualunque. Tornò ad affondare la faccia nelle lenzuola ormai
umide. Avrebbe voluto esserci lui in quel letto d’ospedale, non Yukio. Anzi,
avrebbe voluto morire in quella missione, portandosi dietro anche suo padre. In
fondo quello era l’unico modo per ridare una vita e la serenità alle persone
che gli stavano attorno. Troppo sangue era stato versato, sprecato per qualcosa
che non lo valeva e mai lo sarebbe valso. L’unico modo che aveva per
riscattarsi era chiudere quella guerra una volta per tutte e sparire. Allora sì
che sarebbe andato tutto per il meglio. L’idea lo fulminò come una scarica. Forse
era proprio questo che doveva fare, prendere ed andarsene via, lontano da tutto
e da tutti, fino a quando non sarebbe stato pronto ad affrontare la battaglia
finale. Fuggire via da quel muro protettivo che gli avevano eretto intorno,
prendersi una volta per tutte il peso delle sue responsabilità sulle spalle,
senza intermediari. Eppure non poteva farlo, non ne avrebbe avuto il coraggio,
la forza. Non poteva vivere senza quelle persone. E la sua debolezza lo
disgustava perché in fondo era quella la causa del loro dolore.
All’improvviso avvertì qualcosa strusciarglisi contro le gambe. Il ragazzo
abbassò lo sguaro e i suoi occhi azzurri incontrarono quelli gialli di Kuro. Lo
sguardo di quest’ultimo era traboccante di tristezza e comprensione. ‘Rin…Mi
dispiace’mormorò. Aveva intuito fin da quando Rin era entrato in casa cosa
doveva essere successo, ma aveva preferito dargli il tempo di riprendersi un
po’ prima di andare da lui. Però, vendendo che la situazione non migliorava,
alla fine si era deciso ad avvicinarsi per dargli il suo supporto.
Il mezzo demone si chinò e lo strinse forte, cercando istintivamente un
conforto nel suo calore. “Kuro! Perché, dannazione, perché? Io non
posso…anche Yukio, non…”singhizzò disperato. “Pure lui no, non me lo perdonerei
mai! Io non posso stare senza quel cretino!”.
La creatura si lasciò abbracciare e strusciò piano la testa contro il petto del
suo amico, cercando di consolarlo. ‘È messo così male?’chiese con un tono
gentile. ‘Cosa ti hanno detto?’.
“È…in ospedale. In coma. È stato Satana, Kuro, è stato quel bastardo! Io lo
sapevo, lo sentivo che…che c’era qualcosa, che…”ansimò Rin, scuotendo il capo.
“Mephisto è là con lui, mi ha impedito di vederlo, dice…dice che si sveglierà
presto, ma cosa cazzo ne sa lui! Ha blaterato cose senza senso…Dice
che Yukio è un demone, ma cazzo, non è vero! Io…Io non ci capisco
più nulla! So solo che mio fratello è chiuso in quel posto di merda, con la
testa chissà dove…E se…e se Satana lo avesse preso come tenta di fare come?!”.
Il panico lo invase, mozzandogli ancora di più il respiro già corto. “Io devo
fare qualcosa! Io…devo…”.
‘Rin, calmati. Se davvero fosse come dici te ne saresti accorto e lo sai anche
tu’lo interruppe il famiglio con dolcezza ma fermo. ‘Quindi non agitarti per
nulla, non ti aiuterà’. Attese che l’altro gli facesse un cenno di assenso e
poi riprese: ‘E poi non vedo perché non dovresti fidarti di quello che dice
Mephisto. Sarà anche un pazzo alle volte, ma di sicuro è uno che sa bene quello
che gli succede intorno. Se dice che Yukio si sveglierà allora vuol dire che lo
farà. Sull’altra questione, bisogna vedere cosa intendeva esattamente dicendo
che tuo fratello è un demone. Ma in questo momento non ci interessa, non
trovi?’.
“Hai…Hai ragione, Kuro. Mi sto facendo predere troppo. Ma sono sconvolto. Non
mi sono mai sentito peggio in vita mia!”gemette Rin stringendo i pugni
frustrato. “Questo cose succedono sempre a causa mia! Anche se
evito di cacciarmi nei guai alla fine qualcuno si fa sempre male! Non
è…possibile!”.
‘Se la smetti di darti colpe che non hai magari inizierai a sentirti meglio.
Yukio sapeva a cosa andava incontro, e non l’ha fatto solo per te. Anche lui ce
l’ha con Satana almeno quanto te. Ha rovinato la vita ad entrambi, non
scordarlo’lo rimproverò Kuro severo. Poi il suo tono tornò ad addolcirsi:
‘Yukio non vorrebbe che ti sentissi così in colpa, e neanche Shiro lo avrebbe
voluto. Le persone che tengono a te vogliono solo che tu sia sereno e che
riesca a coronare il tuo obiettivo. Ma non puoi fare tutto da solo, Rin.
Lasciati aiutare da chi ci tiene a te. So come la pensi, ma loro fanno i
sacrifici che fanno volentieri e poi combattono anche per le loro vite, in
fondo Satana è una piaga per molta gente qui ad Assiah’.
“Ma io non voglio che lo facciano!”ribattè il mezzo demone.
La creatura sospirò, esasperata dalla testardaggine del suo amico. ‘È inutile
discuterne ora. Sei stanco e soprattutto sei meno obiettivo del solito’. Si
divincolò dall’abbraccio andando a sedersi sul letto. ‘Forza, cambiati e cerca
di dormire un po’. Domattina ne riparliamo. Se vuoi vado io da Mephisto e vedo
se riesco a cacciargli fuori qualcosa di meglio delle sue chiacchiere inutili.
Ma adesso dobbiamo pensare a te, devi riposare’.
“Non so se riuscirò a dormire”fece stancamente Rin aiutandosi con le mani ad
alzarsi e iniziando a spogliarsi. “Ma penso che un tentativo lo posso fare.
Sono stanco morto, hai ragione”. Si asciugò il viso nella manica. “Dio, come mi
sono ridotto. Sono patetico, vero?”.
‘No, sei solo in ansia per una persona a cui tieni molto’rispose Kuro scuotendo
il capo dandogli un colpetto con la testa. ‘E questo prova che sei tutto tranne
un mostro!’.
Lui forzò un sorriso, sentendosi però veramente grato. Anche senza il suo
famiglio non sarebbe andato da nessuna parte. Finì di infilarsi il pigiama e si
lasciò cadere sul letto, accoccolandosi su un fianco. “Rimarrai qui con me
finché non mi sveglio? Ho paura degli incubi che potrei fare. E poi non voglio
stare solo”mormorò allungando una mano verso la creatura.
“Certo, Rin. Ma tu non pensare, chiudi gli occhi. Veglierò io su di te”fu la
risposta rassicurante. “Vedrai, tutto si aggiusterà presto”.
“Spero che tu abbia ragione”fece il ragazzo poco convinto chiudendo gli occhi e
stringendosi alle coperte. Cercò di concentrarsi sul pelo caldo di Kuro e sul
suo respiro regolare per scacciare tutte le emozioni che ancora lo
tormentavano. Voleva l’oblio del sonno, per quanto temporaneo esso fosse, ne
aveva un bisogno immenso. E in fondo si stava accorgendo di essere più stanco
di quanto si aspettava. Lo stress di quei due giorni e il turbamento delle
ultime ore gli erano caduti addosso con tutto il loro peso, sfiancandolo. Le
tenebre lo avvolsero in fretta, trascinandolo via nella loro inquitante
uniformità, ma regalandogli una notte senza sogni.
Ciao a
tutti!
Ecco qui la seconda parte! Come avrete notato il capitolo è un po’ più lungo
del precendente…Ci tenevo a dividere la storia in sequenze temporali abbastanza
precise. Nella prima c’era l’introduzione della situazione iniziale e l’inizio
dello svolgimento, qui c’è la parte centrale che si fonda un po’ tutta
sull’attesa di Rin (con tutti i suoi tormenti interni e le sue paure) e poi sul
ritorno di Yukio (il fulcro un po’ di tutta la tragedia direbbe un’amica mia) e
nella prossima parte avremo il picco di tutta la tensione e il finale…Sì, sono
solo tre capitoli! Spero che non vi dispiaccia troppo xD
Comunque, parlando di questo capitolo in particolare…Ho inserito un bel po’ di
personaggi e mi sa che con alcuni sono uscita un po’ dalle linee guida! Spero
che sappiate perdonarmelo, non sono ancora espertissima di questo fandom. In
particolare mi piace molto il rapporto che hanno Kuro e Rin e infatti ho
inserito un po’ di scene con loro due anche se nel progetto originale non erano
previste. Vedo Kuro come una sorta di migliore amico per Rin, uno dei pochi che
lo capisce al volo e rispetta le sue idee e lo appoggia sempre e comunque pur
preoccupandosi per lui e cercando di evitare che si cacci nei guai. L’altro
personaggio che, oltre ai gemelli e a Mephisto, spicca in questa parte credo
sia Izumo. Ce la vedo bene a comandare un po’ tutti a bacchetta imponendo la
sua serietà sull’entusiasmo esagerato dei suoi compagni. Ha quel carisma da
leader secondo me anche se sotto sotto (almeno come la vedo io) non è poi così
fredda come vuole sembrare. Non più almeno, dopo tutto quello che lei e gli
altri hanno passato insieme.
Il capitolo è parecchio ricco di angst me ne rendo conto, ma ho cercato di
alleviare un po’ l’atmosfera con qualche scena un po’ più buffa (spero di
essere riuscita a strapparvi almeno un sorriso con le scenate di Izumo o con
Rin che si tormenta sul bacio di Yukio ^^”) anche se ovviamente il tutto resta
pesante. Spero che la cosa non vi abbia scoraggiato troppo! Non mi piacciono
molto le tragedie a tristo finale quindi potete rassicurarvi su come andrà a
finire…forse! u.u
Scusate, mi sono persa in chiacchiere!! >.< Perdonatemi, è un mio
viziaccio!! Grazie mille adoc11e aRebychanper le loro recensioni! Ringrazio anche chi ha letto la storia! Spero
che mi facciate avere almeno due righe su cosa ne pensate prima o poi. Sarebbe
davvero importante per me!
A presto! Un abbraccio,
Mystic
Ps: perdonatemi eventuali errori di battitura, il mio Word non ha il dizionario
italiano e non me li segnala! Se vorrete segnalarmeli non mi offenderò e ve ne
sarò anzi grata!
La
giornata seguente passò come in un sogno e Rin arrivò a dubitare di non essersi
mai svegliato davvero. Non aveva voglia di vedere nessuno né di fare nulla.
Nonostante le insistenze di Kuro si rifiutò di toccare cibo sostenendo di avere
la nausea e, dopo aver tentato di trovare qualcosa da fare che potesse
distrarlo, si arrese e si rintanò in un angolo del letto dove restò quasi
immobile per tutto il tempo, le ginocchia portate al petto e il mento
appoggiato su di esse. I suoi occhi azzurri erano persi nel vuoto di fronte a
lui e, come era successo in ospedale la sera prima, era avvolto dalla più
totale apatia. Il suo famiglio cercò in ogni modo di smuoverlo, ma alla fine fu
costretto a desistere e, dopo aver temporeggiato nella stanza per un po’
lanciando al suo amico continue occhiate preoccupate, si decise a lasciare il
dormitorio, decidendo che Rin non rappresentava un pericolo per sé stesso e che
la sua presenza era solo un disturbo per il dolore del ragazzo.
Il mezzo
demone quasi non si accorse di essere rimasto solo, ma in fondo non gli
importava. Considerando lo stato in cui si trovava si sarebbe sentito isolato
come in mezzo al nulla anche se fosse stato in mezzo alla folla più fitta.
Comunque quel poco di lui che registrò la sparizione della creatura quasi se ne
rallegrò, perché in quel momento non aveva nessuna voglia di interagire,
soprattutto per finire il discorso della sera prima. Si lasciò sfuggire un
sospiro. Era proprio patetico, anzi di più, faceva pena, su questo
non c’erano dubbi. Non poteva andare avanti così fino a quando Yukio non si
fosse svegliato, supponendo di dare fiducia alle parole di Mephisto e di
credere che l’avrebbe fatto. Eppure, nonostante considerasse più che ridicolo
lo stato in cui si trovava non aveva né la forza né la volontà di cambiarlo,
non quel giorno almeno. Aveva ancora bisogno di smaltire gli eventi che gli
erano crollati addosso senza preavviso. E poi c’era quella maledetta incertezza
che lo teneva sospeso tra speranza e sconforto, consumandolo sempre di più con
la lentezza infinita dei secondi che passavano. Avrebbe dovuto reagire, sapeva
che se fosse rimasto lì, rintanato dentro sé stesso, non avrebbe ottenuto altro
che stare ancora più male. C’era una voce nella sua testa che lo ripeteva di
continuo come una cantilena, la voce della ragione forse. Ma in fondo lui non
l’aveva mai ascoltata se non in circostanze molto particolari.
Il cielo
coperto di nuvole mandava dentro la stanza una luce grigiastra, che, notò Rin,
non avrebbe potuto essere più deprimente. Di solito lui odiava quel tipo di
clima, trovava sempre qualche epiteto non troppo gentile con cui apostrofarlo,
ma in quel momento quel cielo era l’unica cosa che mostrasse di capire come si
sentiva lui, privato della bellezza del suo azzurro intenso ed etereo, derubato
della luce del suo astro. Gli venne quasi da ridere. Ora stava anche diventando
melodrammatico. Ogni scusa era buona per pensare ad altro, ogni sforzo mentale,
anche il più stupido ed inutile, era il benvenuto se poteva rimandare ancora
per un po’ lo scontro con la realtà urgente ed inevitabile. Ecco, forse era
proprio quello ciò che gli dava più fastidio, l’ineluttabilità di alcuni
avvenimenti che si sottraevano quasi con scherno a tutti i suoi tentativi di
modificarne il corso. E il più antipatico di tutti era la morte stessa. Quella
bastarda se ne era sempre fregata alla grande dei suoi sofferti sforzi,
passandogli davanti senza fatica e costringendolo ad assistere al suo trionfo.
Perché mai non avrebbe dovuto comportarsi così anche quella volta? Avrebbe
lasciato andare la sua preda solo perché c’era un pazzo che era convinto che
l’avrebbe fatto? Rin aveva i suoi dubbi. Se doveva accadere sarebbe accaduto.
Discorso chiuso. O almeno in teoria avrebbe dovuto esserlo. Perché lui non
l’avrebbe accettato, non un’altra volta.
Fiumi di
ricordi lo invasero insieme al dolore che si erano sempre portati dietro e che
sempre si sarebbero portati. Potevano anche averlo perdonato, poteva
anche essersi perdonato, ma mai avrebbe potuto liberarsi di
quella catena di sofferenza. Voci, fiamme, una pozza di sangue. La notte in cui
aveva perso la persona che aveva permesso che lui rimanesse in vita. Il gesto
d’amore più grande e al tempo stesso forse l’errore più imperdonabile di una
vita che avrebbe tanto voluto vedere ancora intrecciata alla sua e a quella di
Yukio, ma che era loro stata strappata ingiustamente. O forse era quella la
punizione per quello che era, il contrappasso per il peccato che scorreva nelle
sue vene sotto forma di sangue. Vedersi togliere una ad una le persone più
care, vederle morire inesorabilmente ed inutilmente per lui. Quel pensiero fece
ancora una volta traballare il suo torpore interiore con un brivido doloroso.
Circondò le ginocchia con le braccia e le strinse ancora di più al petto.
Possibile che la sua mente finisse sempre e solo in quella direzione? Ci doveva
essere una ragione. O forse aveva ragione Kuro e lui non faceva altro che
autocommiserarsi, convinto che servisse a fare il bene degli altri mentre in
realtà non era altro che un misero atto di egoismo.
Scosse il
capo, esasperato. Non doveva pensarci. Si sforzò di dirigere le sue riflessioni
altrove, cercando a tentoni qualunque altro argomento che non gli parlasse di
morte e della sua sofferenza presente. Ma i suoi pensieri tornavano sempre allo
stesso punto, per quanto lui annaspasse in mezzo a loro cercando di
distoglierli. Suo fratello. Forse iniziava a capire perché Mephisto gli aveva
impedito di vederlo. Già solo immaginarselo pieno di sangue, i vestiti neri,
bruciati e la carne martoriata dalle ustioni, immobile con gli occhi serrati
gli faceva venire la nausea. Vederlo in quello stato, saperlo per davvero con
quelle piaghe e incosciente lo avrebbe fatto impazzire di rabbia e di dolore. Avrebbe
compiuto ciecamente qualche atto scosiderato, di sicuro. Non poteva dare così
torto al preside. Però, dall’altro lato, trovarselo davanti vivo,
anche se non cosciente, avrebbe forse alimentato la sua fievole ma combattiva
speranza. Ripensò quasi istintivamente all’ultima volta che lo aveva visto.
Erano così dannatamente vicini, troppo vicini. Si era perso negli occhi di suoi
fratello, quei dannati occhi blu oceano che spesso lo avevano lasciato
interdetto con la loro impassibilità e che altrettanto di frequente lo avevano
sorpreso con i loro lampi appassionati, fugaci quanto intensi. Si sentì
avvampare e istintivamente affondò il volto nelle maniche del pigiama. Ma che
pensieri andava a fare?! Yukio era suo fratello gemello, dannazione, non
avrebbe dovuto avere certe reazioni pensando a lui. Era anche il fratello che
lo aveva baciato, però. E, come aveva giustamente detto Shima la
sera prima, c’era solo un motivo che potesse spiegare un gesto del genere, e
poco importava quando in teoria fosse sbagliato nel loro caso. Borbottò qualche
imprecazione tra i denti. Perché gli venivano in mente quelle cose? Erano quasi
peggio dei suoi pensieri patetici di prima. Eppure sapeva che non poteva
scartare neanche quella questione, per quanto scomoda fosse. Avrebbero dovuto
affrontarla prima o poi. A meno che Yukio non avesse perso la memoria a causa
di qualche complicazione dovuta al coma, rimuovendo il giorno della sua
partenza. Ma era troppo semplice per divenire realtà, sarebbe stato troppo
facile per lui far finta di nulla. Sempre che fosse possibile fingere di
essersi dimenticato di una cosa del genere. Un altro sospiro gli sfuggì dalla
labbra. Forse non era una cattiva idea sfruttare quella sua apatica calma
innaturale per riflettere in modo vagamente obiettivo sulla faccenda. E poi non
aveva nulla da fare. I suoi ricordi volarono di nuovo a quell’ultima scena, ai
loro respiri che si mischiavano, all’espressione strana negli occhi di Yukio,
alle labbra fredde ma appassionate premute contro le sue in un bacio che era
durato una vita e un istante. Non aveva avuto il sapore di marcio che
accompagnava la colpa, forse solo il brivido del proibito, la vertiggine di
infrangere una regola fondamentale ma pur sempre convenzionale. Ma non era solo
quello. C’era molto di più, una leggerezza e una dolcezza, una pura sincerità
che male si addiceva a un peccato tanto rigettato dalla legge, sia religiosa
che civile, e che aveva lasciato dietro di sé incertezza e confusione ma non il
senso del fallo. Poteva davvero essere così sbagliato?
Tornò a
sollevare la testa, puntando lo sguardo nuovamente fuori dalla finestra. La
luce gli ferì gli occhi, cosa che gli fece supporre di essere rimasto con le
palpebre serrate più a lungo di quello che aveva creduto. La luminosità aveva
cominciato lentamente a diminuire, segno che il sole doveva aver già superato
il mezzogiorno. In fondo il tempo non era scorso così lentamente come pensava.
Era rimasto seduto senza cambiare posizione per delle ore e il torpore
indolenzito delle sue membra sembrava confermarglielo. Poi era lui quello che
prendeva in giro il suo gemello se passava le giornate seduto alla scrivania a
studiare o a compilare rapporti. Almeno Yukio si dedicava qualcosa, non perdeva
tempo come stava facendo lui in quel momento. Se i ruoli fossero stati
invertiti, se ci fosse stato lui in coma, di certo suo fratello non sarebbe
rimasto seduto a disperarsi sul letto. Si sarebbe gettato nel lavoro o nello
studio, anche se era sicuro che neanche quel genio sarebbe riuscito a staccare
i suoi pensieri dal fratello sdraiato nel letto d’ospedale. E in fondo quella
cosa lo confortava. Forse Yukio avrebbe insistito per vederlo anche se Mephisto
gli avrebbe consigliato di non farlo, se ne sarebbe fregato dello stato in cui
avrebbe potuto trovarsi. Ma in fondo era sempre lui che lo curava quando
tornava a casa pieno di graffi e lividi e poi era una specie di medico pure
lui. Avrebbe addirittura obbligato gli infermieri a dargli il permesso di
occuparsi della sua terapia e di cambiargli le fasciature. Se lo immaginava,
seduto nella sua camera di fianco al letto, con i libri e quei dannati
rapporti, intento a preparare una lezione o a correggere i compiti in classe,
che alzava ogni tanto la testa per rivolgergli qualche commento sarcastico. Non
sarebbe stata la prima volta dopotutto. Si lasciò sfuggire una risata amara.
Lui non ne sarebbe mai stato capace. Tutta quella calma, anche se forse era
solo apparente, di fronte all’ombra della morte. Ma Yukio aveva un modo tutto
suo di temere e disprezzare le cose. E avere la Morte seduta di fianco in un
corridoio d’ospedale non gli avrebbe impedito di continuare a farlo. Anche in
quel momento, in un certo senso, lo stava curando, con quei ricordi forse tanto
insignificanti ad occhi esterni ma che per loro erano tutto. In fondo non
c’erano mai state grandi parole o dimostrazioni estrose tra loro, ma piccoli
gesti e sguardi intrisi di significato. E mai come ora Rin ne era stato
conscio.
Non
poteva lasciarsi andare in quel modo. Insomma, era lui il maggiore, doveva essere
lui a dare il buon esempio a suo fratello non il contrario. Peccato che alla
fine era sempre lui quello che aveva bisogno di essere spronato. Ma questa
volta non c’era Yukio a venire a tirarlo giù dal letto, avrebbe dovuto farlo da
solo. Poteva dimostrare che era forte e che sapeva controllare le sue emozioni
e la sua interiorità. Non era altro che un ulteriore allenamento, un passo in
più verso l’acquisizione di quel controllo di cui aveva bisogno per riuscire a
sconfiggere il loro nemico. Tolse le braccia dalle ginocchia e cercò di
alzarsi, ma il suo corpo protestò notevolmente, tutto intorpidito. Lui sbuffò
decidendo però di aspettare un attimo e si sporse per prendere la sua molletta.
Aveva un certo languorino in effetti. Alla festa non aveva mangiato molto e
quindi era praticamente un giorno che non toccava cibo. E di certo anche Kuro
doveva essere piuttosto affamato. Gli avrebbe fatto trovare il suo piatto
preferito per quando sarebbe tornato. In fondo se lo meritava, la sua presenza
gli era stata come sempre preziosissima.
Fece un
altro tentativo, questa volta riuscito, di sollevarsi e fissò indietro la
frangia con la forcina, dirigendosi poi verso la cucina. Era giunto il momento
di rendersi utile, aveva poltrito fin troppo. Più tardi avrebbe chiamato
Mephisto per farsi dare notizie. E il giorno dopo magari avrebbe potuto fare
uno squillo ai suoi compagni e spiegare loro la situazione. Ma era meglio fare
una cosa alla volta. Prima avrebbe cucinato, poi avrebbe pensato a tutto il
resto.
Durante
la notte le nuvole avevano finalmente lasciato libero il cielo, permettendo
così al sole invernale di mostrarsi nella sua pallida lucentezza nel cielo
chiaro del mattino. L’aria fredda entrava dalla finestra socchiusa della stanza
da letto dei gemelli, portando con sé l’odore umido della neve a qualche raggio
di luce. Rin aveva preso sul serio la sua decisione di uscire dalla passività
in cui gli eventi della notte precedente lo aveva gettato e si era dato da fare
per restare occupato, pulendo l’appartamento da cima a fondo e dandosi ad
esperimenti culinari di vario tipo in compagnia di Kuro. In quel momento i due
erano seduti di fronte al forno chiacchierando e guardando la torta che il
mezzo demone aveva appena infornato lievitare lentamente sotto l’azione del
calore. Il famiglio cercava di mostrarsi allegro e di contagiare anche il
ragazzo per distrarlo da eventuali pensieri tristi. Comunque l’umore di Rin era
visibilmente migliorato, anche se lui restava avvolto da un’insistente
malinconia, alimentata dal fatto che quel giorno era il compleanno suo e di suo
fratello. Si era però sforzato di non lasciarsi andare e, nonostante avesse
declinato con delle scuse gli inviti dei suoi amici di uscire per festeggiare
la ricorrenza, aveva deciso che avrebbe passato una bella giornata con Kuro,
celebrando quell’occasione in famiglia come avrebbe voluto fare con Yukio. Gli
sarebbe piaciuto avere il suo gemello con sé, ma si era consolato dicendosi che
avrebbero recuperato quando l’altro si sarebbe svegliato e aveva considerato
l’idea di andarlo a trovare. In fondo il giorno prima Mephisto gli aveva
telefonato dicendogli che aveva fatto trasferire il giovane esorcista
dall’ospedale a casa sua visto che le sue condizioni sembravano essersi
stabilizzate e anche perché così avrebbe potuto tenerlo d’occhio meglio o,
usando le sue esatte parole, “controllare eventuali sviluppi imprevisti”. Il
ragazzo non aveva afferrato il significato preciso di quell’ultima frase, ma
non ci aveva fatto molto caso. Ormai era più che abituato alle stranezze e ai
misteri del preside. Conoscendolo, quella frase avrebbe potuto non contenere
alcun significato particolare e quel pazzo poteva averla usata solo perché era
d’effetto. Oppure avrebbe potuto voler dire tutto.
‘Quanto
ci vorrà perché la torta sia pronta?’domandò Kuro agitando lentamente le code.
‘Guardarla mi mette una certa fame…’.
“Una
mezz’ora circa, non di più”rispose il mezzo demone con un sorriso. “Poi sono io
quello goloso, eh, Kuro? Spero solo che mi sia uscita bene!”.
‘Sarà di
sicuro una meraviglia. L’hai fatta tu quindi è garantito!’fece il famiglio con
l’aria di chi la sa lunga. ‘Però cerchiamo di non mangiarcela tutta in una
volta o ci verrà un’indigestione!’.
“Ovvio.
L’ho fatta da tre porzioni decisamente abbondanti quindi mangiarla tutta in due
non è il massimo”sospirò Rin passandosi una mano nei capelli. “So che è
stupido, ma quasi quasi spero che Yukio si svegli direttamente oggi. Sarebbe il
regalo di compleanno più bello che io possa desiderare. Ma è altamente
improbabile…”.
‘Mai dire
mai, Rin. Magari nel suo subconscio sa che oggi è il vostro compleanno e, se il
suo corpo glielo permette, si sveglia proprio per farti quel regalo che vuoi
tanto. È capitato in alcuni casi che le persone emergessero dal coma in giorni
che per loro rappresentavano qualcosa di speciale’.
Il
ragazzo gli lanciò uno sguardo poco convinto. “Mi sembra un po’ strano. Secondo
me è solo una coincidenza. E, anche se fosse, non è detto che succeda proprio
in questa occasione. In fondo è solo un compleanno…”borbottò.
‘Solo un
compleanno, dici? Per Yukio tu sei la persona più importante al mondo e quindi
tutto ciò che ti riguarda è importante. E non negarlo, lo sai benissimo anche
tu’lo riprese Kuro scuotendo il capo davanti a quell’ostentata quanto falsa
testardaggine. ‘E, anche se non lo ammetterai mai neanche sotto tortura, per te
è lo stesso. Ce ne siamo accorti tutti che tu e tuo fratello avete un legame
speciale, anche se sembra quasi che non facciate altro che discutere tutto il
giorno!’.
A quelle
parole il volto di Rin andò in fiamme. Era ovvio che il suo famiglio non
intendeva quello che era andato a pensare lui, ma le sue parole gli avevano
ricordato troppo quelle che Mephisto gli aveva rivolto non senza malizia quella
sera sulla terrazza della True Cross. Imprecò mentalmente contro il preside per
l’ennisima volta e si schiarì la gola cercando di darsi un contegno. “Pensala
come ti pare…”riuscì a dire, volgendo lo sguardo altrove imbarazzato.
‘Ti senti
bene, Rin?’domandò la creatura, guardandolo attentamente. ‘Sei tutto rosso. E
riesco a sentire il tuo imbarazzo. Ho detto qualcosa che non dovevo?’.
“Ma va,
figurati! No, no, stavo solo pensando…”si affrettò ad rassicurarlo il mezzo
demone agitando le mani davanti a sé. “E non c’entra Yukio, non pensarci neanche!”.
‘Ehm,
Rin, non mi era passato neanche per la testa che potesse essere tuo fratello a
metterti in imbarazzo…Ma a quanto pare c’entra lui. Che è successo? Per caso è
questa l’altra cosa che ti tormentava, quella che non mi hai voluto dire?’.
Il
ragazzo avvampò ancora di più. Proprio antisgamo, non c’era nulla da dire. E
adesso? Cosa avrebbe dovuto dire? ‘Oh, no, no, Kuro, non è nulla. Vedi, io e
Yukio ci siamo baciati come di solito dovrebbero fare gli amanti e non ifratelli e
ho il sospetto che lui si sia innamorato di me! E io? Be’, non lo so, sai, la
cosa è un attimino illegale e moralmente sbagliata, però non posso fare altro
che pensare a quel bacio e a quanto siano belli gli occhi di Yukio!’pensò
sarcastico, immaginando lo shock che il suo famiglio avrebbe potuto prendersi
se gli avesse confessato qual era il vero motivo del suo turbamento. “Ehm,
senti, Kuro, non credo sia…Non mi sento ancora di parlartene”biascicò alla
fine, cercando di suonare convincente. “Insomma, riguarda anche Yukio e quindi…Dobbiamo
discuterne. Un giorno te lo diremo, promesso!”. Si pentì immediatamente di
quello che aveva detto. Non tanto per quello che Kuro avrebbe potuto pensare,
era quasi impossibile che il suo amico capisse davvero cos’era che lui e Yukio
gli stavano nascondendo, ma piuttosto perché alle sue stesse orecchie suonava
come se quel qualcosa fosse molto di più di un singolo bacio.
‘Come
vuoi, Rin, aspetterò’annuì la creatura, lanciandogli uno sguardo strano. ‘Cerca
di non fare casini però. Non so perché ma ho l’impressione che nemmeno tu
sappia esattamente che cosa mi stai nascondendo’.
Lui
rimase immobile per un attimo, colpito da quelle parole. In effetti Kuro non
aveva tutti i torti. In fondo aveva ammesso con sé stesso di non sapere cosa
pensare al riguardo. E avrebbe preferito non saperlo mai da un certo punto di
vista. Aprì la bocca per ribattere, ma qualcuno bussò alla porta, impedendogli
di esprimersi.
Il
ragazzo si alzò e si diresse verso l’ingresso, pensando che si trattasse di
qualche suo compagno di classe che non era stato convinto dalle sue scuse
telefoniche. Non aveva ancora detto loro cosa era capitato a Yukio, non se
l’era sentita. Aprì la porta preparandosi a tirar fuori qualche pretesto per
cacciare via in fretta il nuovo venuto ma le parole gli morirono in gola non
appena realizzò che la persona che gli stava davanti era Mephisto. Quest’ultimo
gli rivolse un sorriso serafico ma al tempo stesso decisamente inquietante e
sventolò una mano in segno di saluto.
“Buongiorno,
Rin!~ Come va?”esclamò allegro, scivolando oltre la soglia senza attendere di
venire invitato. “Ma che buon profumino che c’è! Stai cucinando? Immagino di
sì, oggi è il tuo compleanno! A proposito, tanti auguri!”.
“Sì, sì,
grazie…Cosa vuoi?”lo aggredì Rin lanciandogli uno sguardo tutt’altro che
felice. Quel demone faceva sempre come se fosse a casa sua anche quando sapeva
di non essere ospite gradito, dannazione a lui. E po quando si presentava al
loro dormitorio non era mai un buon segno. Anche se in quel momento il suo
ghigno pareva non avere quella solita sfumatura malefica di quando gli portava
cattive notizie. Un pensiero lo colpì, facendo svanire d’un tratto tutta la sua
irritazione. “Sei qui per Yukio? Ci sono novità? È successo qualcosa? Si
è…svegliato?”si affrettò a domandare senza neanche tentare di nascondere la
nota d’ansia che pervadeva il suo tono. Dannazione, in fondo aveva tutto il
diritto di sperare, no?
“Accidenti,
che cambio di umore improvviso! Tutto lo stress di questi giorni ti ha fatto
diventare lunatico!”lo prese in giro il preside dirigendosi verso la cucina per
dare un’occhiata alla fonte del profumo che si disperdeva per l’appartamento,
senza curarsi di rispondere alle sue domande. “Sul serio, dovresti rilassarti
un attimo. Guarda che lo dico per il tuo bene!”.
“Stavo
benissimo prima che arrivassi tu”lo rimbeccò lui irritato, seguendolo. “Allora?
Tu non ti presenti mai senza una ragione. Mi vuoi rispondere, razza di
clown?!”.
“Eh,
maleducati come sempre, eh? Mi fai passare la voglia di risponderti! Calma,
calma, non avere fretta! E Rilassati, non porto brutte notizie, anzi!”. Il
sorrisetto sul suo volto prese una curva sinceramente divertita. Rimase zitto
un attimo godendosi la vista del mezzo demone che, per quanto irritato, non
poteva fare a meno di pendere dalla sue labbra e poi riprese: “Sembra proprio
che qualcuno abbia deciso che doveva farti a tutti costi il regalo di
compleanno in tempo! Deve essere davvero pazzo di te!”.
Rin
sgranò gli occhi e dovette appoggiarsi ad una sedia, troppo sorpreso perfino
per badare al tono da presa in giro e alle insinuazioni dell’altro. Se quello
non era l’ennesimo giochino di quel pazzo allora le sue parole significavano
esattamente ciò che gli aveva detto Kuro appena poco prima. L’incubo era
davvero già finito. Quasi non aveva la forza per crederci. “Portami da lui,
subito”ordinò perentorio, afferrando la giacca e strattonando Mephisto per un
braccio. “Kuro, ti spiace curare la torta mentre sono via? Yukio avrà la sua
porzione a quanto pare!”.
‘Qui
penso a tutto io, non preoccuparti, Rin’lo rassicurò il famiglio con un sorriso
raggiante. ‘Visto? Che ti avevo detto? Dai, corri da Yukio!’.
Il mezzo
demone ricambiò grato il sorriso e trascinò il demone fuori dalla stanza a
forza. Quello borbottò qualcosa del tipo “Ma che modi” venendo tuttavia
prontamente ignorato e alla fine si rassegnò a seguire il ragazzo che quasi
tremava di impazienza.
“Datti
una calmata, Rin. Capisco che tu sia ansioso di vedere tuo fratello però ti
pregherei di controllarti un attimo prima che tu mi distrugga qualcosa per via
dell’agitazione”borbottò estraendo dalla tasca una delle sue chiavi speciali.
“È casa mia dopotutto. Se fosse un altro ambiente non me ne fregherebbe più di
tanto…”.
Rin fece
un frettoloso gesto d’assenso. “Ok, ok, ma vedi di muoverti”fece incrociando le
braccia sul petto. “O finisco per distruggere qualcosa per davvero!”.
Il
preside scosse il capo sospirando teatralmente, ma si affrettò a fare quello
che gli era stato detto. Non voleva altri guai, già era stato costretto a
scrivere dei rapporti noiosissimi su quello che era capitato alla squadra di
esorcisti di cui faceva parte Yukio, non voleva dover compilare altri moduli
per chiedere un risarcimento danni.
La porta
si aprì nuovamente dando questa volta sullo spazioso appartamento di Mephisto.
Normalmente il ragazzo si sarebbe soffermato a fissare con la bocca aperta lo
spazio enorme e riccamente decorato, ovviamente allegando qualche commento
decisamente fuori luogo, ma in quel momento la sua mente era troppo occupata
per curarsi di quello che lo circondava. Il padrone di casa lo condusse al
pieno di sopra spiegando che aveva sistemato Yukio nella camera degli ospiti e
che in quel momento c’era Amaimon a prendersi cura di lui. Sempre che il demone
coi capelli verdi sapesse prendersi cura di qualcosa o qualcuno che non fosse
sé stesso.
“Amaimon…Grazie,
ma davvero, non mi va”. Una voce più che familiare risuonò nel corridoio, il
tono forzatamente gentile, arrivando alle orecchie di Rin insieme con la tanta
agognata conferma che non si trattava di uno scherzo di cattivo gusto.
Il mezzo
demone non poté evitare di bloccarsi per un attimo sul posto sentendo mille
emozioni invaderlo. Dannazione, gli avevano davvero restituito il suo gemello.
Ma si riscosse subito ed accelerò il passo fino ad arrivare alla porta. Yukio
era seduto su un letto le lenzuola avvolte intorno alle gambe e il torso nudo
coperto da spesse fasciature bianche così come la parte superiore delle
braccia. Il viso però pareva non essere stato toccato dalle fiamme e a parte i
capelli un po’ in disordine e l’assenza degli occhiali, che giacevano
dimenticati sul comodino, era lo stesso di sempre. Il giovane esorcista stava
discutendo con Amaimon che se ne stava rannicchiato di fronte a lui e cercava
in tutti i modi di rifilargli un lecca lecca.
“Andiamo,
il mio Aniue ha detto che hai bisogno di energie! E lo zucchero ne dà
parecchie!”stava dicendo il demone con il suo solito tono piatto, allungando il
dolce verso il ragazzo che si scostò. “Forza, fratellino, non fare i capricci”.
“Ti ho
detto che non mi va, Amaimon!”protestò l’altro spingendo via la sua mano. “Ti
ringrazio davvero per tutte queste attenzioni, ma non ne ho bisogno!”.
“Cos’è,
hai paura che sia avvelenato per caso?”fu la domanda sospettosa.
“No, ma
figurati, perché mai dovrei pensare una cosa del genere?! È solo che…”iniziò
Yukio esasperato, ma fu interrotto.
“Ti
dimostro che non lo è allora!”. Amaimon gli rivolse uno sguardo quasi di sfida,
poi ritrasse il lecca lecca e se lo infilò in bocca, avendo la cura di
succhiarlo per bene. “Contento? Se fosse stato avvelenato pensi che sarei stato
così stupido da assaggiarlo a mia volta? Ecco! E adesso basta storie!”esclamò
deciso. “Mangia!”. E forzò senza troppi complimenti la caramella oltre le
labbra del ragazzo senza dargli il tempo di reagire.
Il viso
dell’esorcista andò immediatamente in fiamme, ma lui non il coraggio di
estrarre il dolce dalla bocca e si limitò a stringere le dita sul bastoncino di
plastica, imbarazzato. “Solo tu potevi fare una cosa del genere,
Amaimon…”sospirò scuotendo il capo.
Il demone
lo guardò interrogativo. “Eh? Perché, che c’è di male?”domandò.
“A volte
mi chiedo come tu faccia ad essere un demone, Otouto”si intromise Mephisto
incredulo, alzando gli occhi al cielo di fronte l’ingenuità di suo fratello,
facendoli voltare tutti e due. “Sei troppo…candido in certe
occasioni”.
“Ma,
Aniue, ho fatto quello che mi hai detto tu!”protestò quello un po’ irritato.
“Che diamine! Hai sempre da ridire! Cos’ho sbagliato ‘sta volta?!”.
“Nulla,
nulla, Amaimon. Ma andiamo a discuterne da un’altra parte. Il nostro ospite ha
visite. E ha diritto alla sua privacy!”. Il preside si avvicinò al letto e
sollevò Amaimon di peso, trascinandolo fuori dalla stanza senza aggiungere
altro e chiudendosi la porta alle spalle.
Non
appena i due demoni se ne furono andati Yukio fissò lo sguardo sul suo gemello,
un lampo che gli accendeva gli occhi blu oceano. Rin ricambiò il suo sguardo
ancora stralunato per la scena a cui aveva appena assistito, ma parve
dimenticarsene immediatamente non appena le sue iridi affondarono in quelle del
fratello. L’ombra della morte imminente che lo aveva tormentato mentre Yukio
era in coma era svanita e lui aveva ripreso la sua normale spavalderia. Ora
gliel’avrebbe fatta pagare a quel quattr’occhi.
“Rin…”mormorò
l’esorcista. Poi abbassò lo sguardo e sospirò. “Penso di doverti qualche
spiegazione. Ascolta, Nii-san, so che sei arrabbiato e…”.
Ma non
poté finire la frase perché l’altro gli fu addosso, afferrandolo per le spalle
e scuotendolo con tanta forza che le sue ferite non ancora rimarginate urlarono
di dolore. “Tu non sai proprio nulla, cazzo!”ringhiò Rin furioso. “Tu non sai
che diamine ho passato in questi fottuti giorni mentre sei stato lontano, solo
con uno stramaledetto presentimento che mi tormentava e la preoccupazione che
mi uccideva! Sei uno stronzo egoista! Altro che proteggermi! Mi vuoi far
impazzire!”.
“Nii-san,
calmati! L’ho fatto per te!”protestò lui, cercando di mantenere un tono
calmo e afferrandogli i polsi per staccarlo da sé, ma invano. La presa di suo
fratello era ferrea, come se temesse che se lo avesse lasciato lui sarebbe
sparito. Di nuovo. Quella considerazione gli provocò una fitta dolorosa.
L’aveva fatto soffrire molto per via della sua decisione, ne era conscio, ma
preferiva vederlo preoccupatissimo per lui piuttosto che in pericolo tra le
grinfie del loro padre biologico. “Se ti avessi detto che andavo a combattere
contro Satana cosa avresti fatto?”.
“Ti sarei venuto dietro, perdio! Non ti avrei di certo lasciato andare da solo
incontro a quel bastardo!”.
“Esatto.
È proprio per questo motivo che non ti ho detto nulla! Non volevo che tu
rischiassi di farti ammazzare. Ti saresti lanciato nella battaglia senza
pensare e sarebbe stata la fine. Sai bene quanto Satana sia forte, non hai
ancora neanche una chance contro di lui!”.
“Perché tu sì
invece? Ti credi tanto più forte di me perché ha quelle maledette abilitazioni
da esorcista, non è così? Avresti dovuto rifiutare quella missione! Era un
suicidio, un fottuto suicidio, dannazione!”esplose il mezzo demone,
sentendo la sua rabbia crescere a dismisura. Non li sopportava quei
ragionamenti. Lui non poteva mai fare nulla, mentre gli altri erano liberi di
scegliere di fare qualunque cosa gli passasse per la testa, per quanto stupido
e pericoloso fosse. Non era giusto. “Cazzo, Yukio, sei tu quello che è quasi
finito ammazzato! Che cazzo credevi di fare, eh? Quello aveva
ucciso quasi tutti i tuoi compagni e tu che hai fatto? Gli sei andato incontro
da solo!”. Mollò la prese sul gemello e scosse il capo ridendo
amaramente. “E poi chi è lo sconsiderato, eh, fratellino? Chi è quello che fa
le cazzate? È vero, io avrei rischiato di farmi ammazzare, ma non è esattamente
quello che è successo a te, caro il mio genio? Come la mettiamo?”.
“Fa parte
del mio lavoro rischiare la vita, Nii-san. Non potevo certo
abbandonare la missione. E non è una questione di orgoglio o manie di
grandezza. È vero, io volevo scontrarmi con lui, volevo dare
una lezione a quell’essere che ci ha rovinato la vita, volevo farlo per me e
per te. Ma, al contrario di quanto tu pensi, sono conscio di non avere chance
contro di lui e che forse non ne avrò mai”ribattè Yukio serio, fissando il suo
sguardo gelido in quello irato dell’altro ragazzo, una nota di frustrazione nel
tono. “Non ho mai detto di essere più forte di te, ma di sicuro so essere più
obiettivo e soprattuto più prudente. Questa è la differenza tra noi
due. Io ho imparato a calcolare i rischi e a decidere consciamente di
prenderli, tu non li consideri nemmeno. E questo ti porta a rimetterci molto di
più”. Sospirò. “È vero, sono quasi finito ammazzato. Ma non mi sono pentito di
avere accettato l’incarico. Non mi voglio tirare indietro, voglio combattere al
tuo fianco. Ma visto che tu cerchi sempre di impedirmelo ho deciso di fare come
te: prendere e sparire senza dire nulla. Adesso capisci come mi sento quanto
sei tu a scappare e a metterti nei guai, fuori dalla mia
portata? Lo capisci, Nii-san?”.
Rin
rimase immobile per un attimo, accusando il colpo. Era vero, anche lui si era
comportato come aveva fatto suo fratello in quell’occasione, e più di una
volta. Ma dannazione, lui era un demone e aveva tutte le abilità
che ciò comportava, il suo corpo non era fragile come quello degli
umani. Vero, forse anche quello di Yukio non aveva tutta la vulnerabilità
umana, ma di sicuro non possedeva i poteri demoniaci che permettavano a lui di
sopportare quello che sopportava negli scontri. Però il suo gemello pareva non
afferrare quel piccolo particolare. Poteva avere tutta l’esperienza e
l’addestramento che voleva, ma restava sempre un gradino sotto il livello dei
demoni per via della sua natura umana. “Sì, l’ho capito, fin troppo bene. Però
non è la stessa cosa, Yukio. Possibile che tu non lo veda? Ti è andata di culo!
Cazzo, avresti potuto bruciare vivo tra quelle fiamme! Possibile che tu non te
ne renda conto?! È vero, sei riuscito a piantare due proiettili in corpo a quel
bastardo, ma a quale costo? Guarda sotto quelle maledette fasciature! Quei
segni ti rimarranno per sempre, testimoni del tuo fottuto orgoglio!”ringhiò
puntando un dito sulle bende che coprivano il corpo dell’altro. “Lo capisci
questo, fratellino?”.
Lo
sguardo dell’esorcista si indurì e lui scostò le coperte, alzandosi per poter
fronteggiare meglio il mezzo demone. “Sì, lo capisco, Nii-san. E potrei dire
che ne sono fiero, posso dire che ogni volta che mi guarderò
allo specchio e le vedrò mi ricorderò che qualcosa posso fare anche io per
la nostra causa. Ho combattuto e, anche se non ho conseguito
una vittoria gratuita, ho vinto io. E sono pronto a rifarlo
infinite altre volte se dovesse essere necessario. Per me, per te, per la nostra vita”fece
gelido. “Non mi interessa quello che puoi pensare. Come puoi farlo tu posso
farlo io. E non tirare fuori la storia dell’essere demone o no, Rin. So quello
che stai pensando”. Si portò una mano al petto e strinse i pugni. “Le ho
sentite eccome quelle fiamme, ma non mi hanno bruciato perché in un
certo modo sono anche una parte di me, non le sento estreanee. Ostili sì, ma
non estranee. Possono consumarmi quanto possono consumare te, ma non
possono uccidermi. Perché dovrebbero estinguere sé stesse per
farlo”.
“Quello che dici non ha senso, Yukio! Ma cazzo, ti ascolti?! Guardati allo
specchio! Non hai la coda, le orecchie e non vai a fuoco, dannazione!”protestò
con forza suo fratello, scuotendo testardamente il capo. Qualche scintilla blu
corse sui suoi capelli mentre lui tremava di rabbia e di incredulità. Che
cazzo, il coma gli aveva fuso i neuroni? O forse era stato direttamente il
fuoco demoniaco? Visto che ci era finito dritto in mezzo non era poi così
impossibile. Perché diamine stava dicendo quelle cose? Lui non sapeva cosa
voleva dire avere addosso quei segni maledetti, non potevasaperlo,
non poteva capire il dolore e la solitudine che significavano. “Non sei
come me! Smettila di dire cazzate! Tu non capisci! Non puoi,
quindi smettila di…”.
Non fece
in tempo a finire la frase che si ritrovò schiacciato contro il muro. Yukio lo
aveva spinto indietro e ora gli era addosso tenendolo premuto contro il freddo
della parete, gli occhi che brillavano pericolosamente come mai li aveva visti
fare prima d’ora. Le sue iridi sembravano fatte di fuoco liquido.
Un brivido di inquietudine gli corse lungo la schiena. Non l’aveva neanche
visto muoversi. Che diamine?!
“Non
capisco, Nii-san?”mormorò l’esorcista con fin troppa calma, ma il suo tono
vibrava minaccioso. “Non sono come te? Forse ti sfugge un piccolo particolare…”.
Si chinò su di lui e gli bisbigliò nell’orecchio, facendolo rabbrividire
nuovamente: “Sono tuo fratello gemello, Rin. Sono figlio di Satana anche io”.
Poi tornò ad allontanarsi. “E questo non cambierà mai, poco importa quello che
sembro fisicamente. Io sono un demone, Nii-san”. Alzò la voce.
“Poco importa se la gente a volte preferisce fingere che non sia vero, fingere
che io sia come loro per poi rifiutarsi però di avere davvero a che fare con
me. Poco importa se non ho i poteri che hai tu, poco importa quello che pensi tu,
poco importa se non ho le fiamme sulla testa!”. Strinse la presa sulla maglia
dell’altro. “Quelle fiamme sono dentro di me! Io le sento, sono lì,
in ogni istante, di giorno, di notte, pronte a ricordarmi che prima o poi verranno
fuori e si prenderanno anche me. E a quel punto non potrai più dire che non
siamo la stessa cosa!”. Aveva praticamente urlato, gettando in
faccia a suo fratello tutto quello che si era tenuto dentro per tutto il tempo.
Sentiva la frustrazione bruciargli dentro, sfociando nel dolore sordo e
pulsante delle sue ferite. Era ora che Rin lo capisse, o meglio che lo
ammettesse. Perché era più che sicuro che suo fratello sapeva benissimo quello
che gli stava dicendo. Erano dannati allo stesso modo. “Tienitelo in testa!
Perché, anche se tu preferisci pensarmi come il fratello debole, umano,
incapace di capire cosa provi, questo non mi renderà tale. Io sono un prodotto
infernale tanto quanto lo sei tu e quanto lo è il nostro vero padre! Sei tu
quello che non vuole capire, Nii-san!”.
Rin lo
fissò completamente spiazzato, mentre la sua mente cercava invano degli
argomenti con cui ribattere a quella verità che lui aveva con così tanto
impegno cercato di ignorare. Era più facile pensare di essere l’unico, per dare
la colpa agli altri perché incapaci di comprenderlo, era più comodo pensare di
essere il solo destinato a scontrarsi con quella doppia natura, gli dava una
scusa valida per estromettere Yukio e cercare di tenerlo lontano dai pericoli.
Eppure, dall’altro lato, non poteva dimenticare che il sangue che scorreva
nelle loro vene era lo stesso, non poteva non capire che quel suo atteggiamento
era ingiusto perché privava suo fratello del diritto di combattere per la
propria identità pretendendo però di poterlo fare lui stesso. Ma lui era il
maggiore, doveva proteggerlo a qualunque costo, anche se ciò significava
rovinare il loro legame. Lo aveva deciso quel giorno dopo che si erano
affrontati in classe, aveva deciso che avrebbe impiegato ogni mezzo per
salvaguardare la vita del suo gemello. “No, no, no!”urlò disperato scuotendo il
capo e cercando senza successo di liberarsi dalla presa ferrea dell’altro. “Non
è vero! Io…dannazione, non posso lasciartelo fare, e chissene se è la verità!
Io non posso perdere anche te, Yukio! Non puoi chiedermi una cosa del genere!
Questa è una lotta tra demone e tu non lo sei, e chissene se sostenete tutti il
contrario! Io credo a quello che vedo, non me ne importa delle vostre teorie
assurde!”.
L’esorcista
strinse la presa sulla sua maglia, schiacciandolo ancora di più contro la
parete, quasi fino a fargli male. “Allora non mi lascia altra scelta, Nii-san.
D’ora in poi mi comporterò esattamente come ho fatto oggi, perché neanche io
posso perderti, anche se tu nel tuo egoismo non riesci a capirlo”disse duro.
Gli costava trattarlo in quel modo, doversi imporre con la forza su Rin, magari
farsi addirittura odiare, ma neanche lui poteva permettersi di tirarsi indietro
dal compito che si era affidato. “Così come non capisci che l’essere un demone
non dipende solo dall’aspetto o dalle capacità fisiche”.
Quell’ultima
frase colpì il mezzo demone, lasciandolo interdetto ancora una volta. Era la
stessa cosa che gli aveva detto Mephisto sulla terrazza dell’ospedale. Com’è
che tutti parevano capire le cose prima di lui, dannazione?! E poi che diamine
voleva dire quella maledetta frase?! Quella discussione sarebbe andata avanti
degenerando sempre di più. Non aveva via di chiuderla, perché sapeva di essere
nel torto con le sue argomentazioni, ma non poteva cedere, sarebbe significato
dare via libera a Yukio e permettergli di cacciarsi in altre brutte situazioni.
Eppure non poteva ribattere, era bloccato, con le spalle al muro in ogni senso.
Doveva spostare l’asse della discussione su un altro argomento prima che
cominciassero a dirsi cose dolorose di cui si sarebbero sicuramente pentiti ma
che non sarebbero state facili da cancellare. E lui non voleva sentirle dalla
bocca di Yukio. Non l’aveva mai visto così fuori di sé, neanche quando lo aveva
accusato della morte di Shiro. Avrebbe potuto giurare che l’aria intorno al suo
gemello vibrasse come accadeva quando il clima era particolarmente caldo.
C’era qualcosa che non andava in tutta quella situazione e lui non ci teneva a
sapere cosa fosse. Doveva cambiare discorso. “Mi hai
baciato. Perché?”. Le parole gli sfuggirono dalla labbra prima
ancora che lui le avesse pensate, involonrariamente, cogliendo entrambi alla
sprovvista.
Gran
parte della rabbia del minore parve sfumare a quella domanda, sostituita da un
profondo disagio. “Non vedo cosa c’entri questo ora”si costrinse a dire
cercando di rimanere neutro, mentre dentro di lui aveva iniziato ad agitarsi
una tempesta di emozioni confuse. Cosa avrebbe dovuto dire? Era conscio che
prima o poi avrebbe dovuto affrontare le conseguenze della sua azione, ma non
voleva farlo in quel momento, non era pronto.
“Nulla,
ma non è questo il punto. Ti ho fatto una domanda e credo che tu mi debba delle
spiegazioni anche a questo proposito, non trovi?”insistette Rin deciso, la voce
velata da una nota scura. Neanche a lui andava di affrontare quel discorso, ma
se proprio doveva scegliere preferiva questo al precedente. E poi avrebbe
potuto finalmente togliersi il dubbio che lo assillava.
Lo
sguardo di Yukio si rabbuiò nell’udire il tono scostante del fratello e lui
ritrasse le mani, voltando il viso altrove, incapace di sostenere oltre il suo
sguardo. La risposta alla domanda era ovvia, non aveva dubbi che anche l’altro
la conoscesse fin troppo bene. Ma poteva sempre concedergli il beneficio del
dubbio finché la cosa non fosse uscita dalle sue labbra. Ma poteva davvero fare
quel passo? E se Rin non fosse stato in grado di accettare quello che sentiva e
lo avesse rigettato? Doveva mentire, inventarsi una scusa allora? Sinceramente
non gli veniva in mente nulla di plausibile e poi negare l’evidenza non avrebbe
aiutato la situazione. Però non aveva la forza per confessare quelle emozioni,
non in quel momento, non in quel modo. “La risposta mi pare abbastanza ovvia,
Nii-san”disse dopo un attimo di silenzio, sempre tenendo gli occhi rivolti a
terra. “Non credo che necessiti di essere esplicitata”.
“E invece
sì che lo neccessita, cazzo!”ribattè il mezzo demoene con foga. “Perché non può
essere quella che penso, non deve esserlo! Yukio, ti prego…”.
Questa volta fu lui ad afferrare il gemello per le spalle, stringendo la presa
in un atto di muta supplica. “Dimmi che non lo è. Non può! È troppo…sbagliato”.
La sua voce tremò di incertezza sull’ultima parola, ma lui tentò lo stesso di
sottolinearla con una forza che non aveva. “Yukio…”.
“Potrei
anche dirtelo, Nii-san, ma mentirei. Le mie parole non cambierebbero lo stato
delle cose, quindi è inutile che io lo faccia”rispose l’esorcista con voce
quasi tremante, ma decisa. “Io non pretendo che tu mi ricambi. Vorrei solo che
tu potessi accettare i miei sentimenti perché non potrei sopportare di venire
rigettato da te. Questo è il motivo per cui ho tenuto tutto per me fino a
questo momento, ma adesso non posso più tacere”. Si sforzò di vincere la sua paura
e tornò ad affondare i suoi occhi in quelli di suo fratello, ignorando quello
sguardo che sembrava gridargli di non dire quello che stave per dire. Con quel
bacio al parco aveva superato il punto di non ritorno, quindi tanto valeva
andare fino in fondo. Aspettare oltre non aveva senso. Avrebbe affrontato
quello che sarebbe seguito. “Io…Io ti amo, Rin, l’ho sempre fatto, anche se
quando eravamo bambini ero ancora troppo inesperto per capire cosa fossero
quelle emozioni, anche se poi, quando ho finalmente iniziato a comprenderle, le
ho rigettate per lo stesso motivo per cui lo stai facendo tu ora. Però poi sono
arrivato ad iniziare a conviverci esattamente come convivo con il fatto di
essere figlio di Satana, anche se questo non vuol dire che io mi sia adeguato
completamente ad esse”.
Il
maggiore dei gemelli ritrasse le mani, portandosele al volto. “No, Yukio, non
dire queste cose, dannazione! Smettila!”gemette incredulo. Non sapeva cosa
dire, non sapeva come reagire. La ragione gli diceva di rigettare quella
dichiarazione, di prendere e andarsene, ma un’altra parte di lui tentennava,
impedendogli di trovare la forza per opporsi come avrebbe voluto. “Ma ti rendi
conto?! Cazzo, va contro tutto quello che ci hanno insegnato! Non puoi essere
serio, non puoi! È…è…un abominio! Dio! È assurdo…”.
Quell’ultima
frase colpì Yukio quasi come una pugnalata. Lo sapeva che sarebbe finita così,
Rin non sarebbe mai riuscito ad accettare una cosa del genere. Era troppo, era
la di là del limite. Però non poteva certo rinunciare a lui così facilmente.
“No, Nii-san, non lo è!”ribatté quasi con angoscia, l’urgenza di spiegarsi, di
aiutare l’altro a capire che guidava le sue parole. “Lo so che è contro tutti i
valori a cui ci hanno educati, ma io non ci posso fare nulla, dannazione!”strinse
i pugni, frustrato. “Non negherò quello che provo per te, mai! Al diavolo
quello che pensa la gente. Io non riesco a pentirmi di questo sentimento perché
non è assolutamente nulla di peccaminoso o altro, anche se agli occhi degli
altri può apparire tale!”. Allungò esitante le dita verso il viso di Rin che
aveva abbassato lo sguardo e tremava a sua volta. “Nii-san, ti prego…”.
“Ti
prego cosa?!”lo interruppe quello, incapace di trattenersi,
allontanandogli la mano con uno schiaffo. “Ti rendi conto di cosa stai
dicendo?! Come fa a non essere peccato?! Sei un ragazzo e sei
mio fratello. È assurdo, è doppiamentesbagliato! Come
può non farti senso una cosa del genere? È contro natura!”. Non appena ebbe
pronunciato quelle parole, si pentì immediatamente vedendo il lampo di dolore e
amarezza che si accese negli occhi di suo fratello. Però non poteva tornare
indietro, lui era nel giusto. O forse no?
“Ti
ripugno, Rin?”gli domandò l’esorcista dopo un attimo di silenzio, mentre un sorriso
strano gli affiorava alle labbra. “Ti faccio schifo, come lo farei a chiunque
altro mi sentisse dire queste cose. E allora sai cosa ti dico? Che non mi
importa. No, non mi importa perché io non provo sensi di colpa o disprezzo per
me stesso a causa dei miei sentimenti. Sarà l’ennesima prova del fatto che sono
anche io figlio di Satana. Come tu sei un demone esteriormente, io lo sono
dentro. I demone non si fanno questi problemi, sai? Famiglia o meno non è
importante. Non si fanno pongono la questione e se devo essere sincero nemmeno
io voglio e soprattutto riesco a pormela!”.
“Yukio,
non…Dannazione, non ti sei ancora ripreso del tutto, probabilmente lo
scontro…”tentò l’altro ragazzo disperato. Non voleva sentire quelle cose, lo
confondevano più di quanto lo fosse già, facevano vacillare tutte le
convinzioni che aveva creduto di avere. “Non è il caso di parlarne adesso, sei
ancora sconvolto per…”.
“Per
cosa, Nii-san? Smettila di parlare, non credi neanche tu a quello che stai
dicendo!”lo interruppe suo fratello, duro. Poi lo fissò intensamente:
“Perché?”.
“Perché cosa adesso?!”.
“Perché
dici che quello che provo per te è sbagliato nonostante la purezza dei miei
sentimenti?”.
Il mezzo
demone fu preso alla sprovvista da quella domanda. La discussione stava decisamente
prendendo di nuovo una piega che non gli piaceva. Aprì la bocca un paio di
volte cercando parole che non venivano, mentre la domanda gli rimbombava nella
testa. Perché era sbagliato? In fondo il bacio che si erano scambiati sapeva di
tutto tranne che di senso di colpa, ci aveva già riflettuto. E allora perché?
Si rese conto tutto d’un tratto che non lo sapeva, che le sue resistenze erano
fondate solo su dei valori che gli erano stati imposti ma che lui in fondo non
sentiva tutti suoi per davvero. “È reato, è peccato…Io…”balbettò. “Cazzo, io
non lo so perché, contento? Ma è sbagliato e basta! Non voglio
averci nulla a che fare!”.
“Peccato? Peccato,
Nii-san? Siamo i figli di Satana e mi vieni a parlare di peccato?! Siamo
dannati senza rimedio e lo sai meglio di me, quindi cosa vuoi che ci interessi
peccare o meno?”. A Yukio qausi venne da ridere. Come erano arrivati a quel
punto? Era tutta una facciata, una parte che si sforzavano in vano di recitare
per poter restare in quel mondo a cui forse non appartenevano poi per davvero.
Ma la realtà era chiara a tutti. “Abbiamo un obiettivo, sconfiggere
quell’essere che ci ha dato la vita e impedirgli di continuare a tormentare noi
e le persone a cui siamo legati, ma dubito che questo basterà a redimerci! Dimmelo
in faccia che ti fa schifo e chiudiamola qui, dimmi che non mi vuoi più
intorno, ripudiami, ma smettila di nasconderti dietro queste scuse!”.
“No,
Yukio, cazzo! Non mettermi in bocca cose che non ho detto né pensato! Sei mio
fratello, non posso ripudiarti dannazione!”esclamò Rin a sua volta esasperato,
alzando la voce quasi fino ad urlare. “Ma cerca di capire come mi sento, visto
che ti credi tanto bravo! Vuoi davvero che ti dica che la cosa mi fai schifo?
Bene, mi fai schifo, contento? Va’ ad autocommiserarti adesso,
coraggio!”.
“Secondo
te voglio sentirmi dire che ti faccio schifo?! Adesso sei tu quello che
inventa! Voglio solo la verità su quello che pensi!”.
“Cazzo,
te l’ho detto! È sbagliato!”.
“Ma
perché?!”.
“Ho già
risposto anche a questo. Smettila, dannazione, stai solo facendo del male a
tutti e due! Non sei in te, Yukio!”.
“Io sto
benissimo invece! Sei tu che non riesci a pensare con la tua testa!
Rin, si vede benissimo che non sai perché dici quello che dici! Lo fai solo
perché ce lo hanno insegnato, ripeti a memoria dei principi a cui forse neanche
credi! Ma perché deve essere come dicono loro anche per noi? Noi siamo
diversi!”.
“E
allora? Siamo sempre vissuti in questo mondo, dobbiamo adeguarci! Dio, che
diamine penserebbe Shiro se ti sentisse parlare così?!”.
“Io credo
che lui capirebbe! Certo, magari gli servirebbe del tempo, ma comprenderebbe di
certo che non possiamo adattarci ad un mondo che ci odia! Come puoi
farlo, Nii-san? Rinunceresti al nostro legame solo per adeguarti a questo
mondo? Rinunceresti ad essere felice?”. Yukio fece un passo
indietro scuotendo il capo. Non ne poteva più, stava per esplodere. Sentiva le
lacrime pungergli gli occhi, ma si sfroza in ogni modo di ricacciarle indietro.
Perché non voleva capire? Lui desiderava solo potergli stare vicino e
continuare ad amarlo in silenzio, senza pretendere nulla. Ma suo fratello
sembrava volergli negare anche questo. Non avrebbe rinnegato quello che era.
Non poteva. “Fa’ pure se vuoi, io non posso e non voglio farlo.
Per Dio, non ho nessuna intenzione di rinunciare a te solo
perché gli umani pensano che sia sbagliato, non ho nessuna intenzione di
rinunciare per loro a una delle poche ragioni che ho per sopportare questa vita
di merda!”.
Il
silenzio calò improvviso sulla stanza mentre la tensione che aveva invaso
l’aria rendendola quasi tempestosa si congelava di colpo. Il giovane esorcista
ansimava, lo sguardo angosciato puntato a forza sul mezzo demone che invece lo
fissava incredulo con gli occhi sgranati. Aveva sentito bene o se l’era
sognato?
“Yukio!”esclamò
esterrefatto dimenticando tutto d’un tratto la sua rabbia e la serietà del
discorso che stavano affrontando. “Hai imprecato! E…hai detto una parolaccia!”.
Yukio
arrossì imbarazzato e volse lo sguardo altrove, sentendo anche la sua collera
sfumare davanti a quel commento fuori luogo. “Ho anche io il mio punto di
rottura, cosa credi?”borbottò a disagio, voltandosi e andandosi a sedere sul
letto. “E di sicuro stare a stretto contatto con te che usi questo linguaggio
aulico tutti i giorni non aiuta”.
“Non
prendere scuse! Modera il linguaggio, Yukio!”fece Rin godendosi lo sguardo
allibito che l’altro gli lanciò a quell’uscita. Poi aggiunse con un mezzo
ghigno divertito: “Ho sempre desiderato dirlo, non ho saputo resistere!”.
“Spero
che tu sia soddisfatto, Nii-san. Mi hai fatto perdere completamente il
controllo sulle mie parole, complimenti”commentò sarcastico il
minore dei gemelli con un sospiro. “Sei il primo che ci riesce, ti meriteresti
un premio”.
Il mezzo
demone sospirò a sua volta e si accostò al letto lasciandosi cadere accanto al
fratello. “Sono un idiota, vero? Ho esagerato…di nuovo”ammise sinceramente
pentito. “Non mi fai schifo, Yukio, non potrai mai farmelo! Diamine, sei mio
fratello! E…”. Il suo volto si tinse di leggermente di rosso mentre il suo tono
si faceva imbarazzato. “E non penso che quello provi per me sia così sbagliato.
Insomma, io non so…Dovrebbe esserlo però, quando ci siamo baciati al parco…be’,
non mi sono sentito in colpa. Non sapeva di peccato, se capisci
cosa intendo. Ci avevo già riflettuto mentre eri in coma. Non so perché mi sono
impuntato in quel modo. È solo che…non è una cosa facile da affrontare”.
Sul volto
dell’esorcista comparve un sorriso. “Certo che capisco, Nii-san, è stato
difficile anche per me e lo è tuttora. Sono felice di sentirtelo dire. E poi
non ti devi scusare. Anche io ti ho aggredito, non avrei dovuto, sia per questo
discorso che per quello precedente. Sono stato troppo duro”disse allungando una
mano per scompigliare leggermente i capelli del gemello. “Me ne sono andato
senza considerare quanto potessi farti male. Sono stato un egoista, mi spiace,
Nii-san. Ma ti assicuro che voglio solo che tu stia bene”.
“Ma non
dire cavolate! Sono io quello che ti ha aggredito, anche fisicamente. Devo pure
averti fatto male date le tue condizioni”ribattè l’altro, scostandogli appena
la mano un po’ infastidito ma senza cattiveria. “Diciamo che siamo pari. In
fondo tu avevi le tue ragioni, vuoi solo proteggermi come io voglio proteggere
te. Io invece sono un testone perché anche se so come stanno le cose non lo
voglio ammettere. Non sei solo tu l’egoista, siamo in due!”.
“D’altra
parte siamo gemelli, no? È normale che ci comportiamo allo stesso modo in fondo
in fondo nonostante tutte le nostre differenze”concordò lui. Poi ridacchiò.
“Accidenti, sto ammettendo di assomigliarti! Devo aver subito davvero un bel
trauma!”.
“Ehi, e
con questo cosa vorresti dire?!”protestò il maggiore ridendo a sua volta.
Yukio non
potè fare a meno di pensare a quanto fosse bello suo fratello quando sorrideva
in modo così spensierato. Quasi istintivamente allungò di nuovo una mano verso
di lui questa volta per andare a sfiorare la sua guancia. Le sue dita
incontrarono quella pelle morbida e la accarezzarono, lasciando che il suo
calore gli risalisse lungo il braccio. Si perse ad assaporare quella sensazione
piacevole anche se non potè impedirsi di arrossire sentendosi addosso lo
sguardo dell’altro. Non avrebbe dovuto fare certe cose senza permesso,
soprattutto ora che il vero significato di quei gesti era stata esplicitato, ma
la tentazione era comunque troppo forte. Rin restò a guardarlo per un attimo e
poi posò incerto la propria mano su quella del gemello per impedirgli di
allontanarla, distogliendo lo sguardo mentre un lieve rossore si spargeva anche
sul suo viso. Il giovane esorcista esitò, non sapendo bene come interpretare
quell’atto, però alla fine decise di approfittarne e afferrò il mezzo demone
per entrambe le braccia, tirandoselo addosso. Il maggiore fu preso alla
sprovvista e, prima che potesse protestare in qualsiasi modo, si ritrovò seduto
in grembo all’altro, le gambe intorno alla sia vita e le braccia intorno al suo
collo, mentre Yukio lo aveva stretto a sé e gli aveva posato il mento
nell’incavo della spalla. Il calore rassicurante di quell’abbraccio abbatté
immediatamente ogni suo desiderio di opporre resistenza, compensando il freddo
in cui avevano regnato l’inquietudini e l’ansia dei giorni precedenti.
“Mi sei
mancato da morire mentre ero via. E in effetti sono quasi morto”scherzò
l’esorcista parlando con un tono di voce appena udibile. “Comunque… Buon
compleanno, Nii-san! Mi spiace solo di non averti potuto organizzare una festa
o anche solo comprarti un regalo…”.
“Scemo”lo
apostrofò Rin ridacchiando e appoggiando la testa sulla sua spalla. “Buon
compleanno anche a te, Yukio. Per la festa ci abbiamo pensato io e Kuro:
abbiamo cucinato un nuovo tipo di torta. A vederla sembra buona, poi mi dirai.
E guarda che svegliandoti proprio oggi mi hai fatto il regalo più bello che
potessi farmi, sai, quattro’occhi?”. Si scostò qual tanto che bastava per
permettere ai loro sguardi di incontrarsi. “Uff, però devo trovare il modo di
ricambiare…”.
“Be’, se
proprio ci tieni una cosa potresti farla per me, ovviamente solo se te la
senti”azzardò piano Yukio lasciando che i suoi occhi si spostassero timidamente
sulle labbra di suo fratello. “Insomma, non voglio forzarti in nessun modo…”.
L’altro
avvampò nuovamente intuendo quello che lui aveva in mente, ma poi sorrise.
“Visto che è il nostro compleanno posso anche concederti il bis”rispose con una
strana nota maliziosa nella voce appoggiando la propria fronte contro quella
del gemello. Poi tornò serio: “Yukio…Io non so come sono messo con questa cosa
che tu hai dei sentimenti per me. Intendo, non ci trovo nulla di male, te l’ho
detto prima. Però sono confuso su quello che provo per te. Prima che mi
baciassi non ci avevo mai pensato, ma poi l’idea mi ha assillato e ho fatto dei
pensieri poco opportuni, niente di che ovviamente! Voglio provare a considerare
la cosa secondo parametri non umani, e al diavolo il peccato e tutta quella
robaccia. Voglio ascoltare solo quello che sento e capire”.
“Nii-san,
tranquillo. Te l’ho detto, non voglio forzarti e neanche metterti fretta. Posso
anche aspettare. Fai quello che ti senti”lo rassicurò l’esorcista con un
sorriso. Poi aggiunse quasi divertito: “Vuoi considerare la cosa “secondo
parametri non umani”? Non sembrano parole tue o sbaglio?”.
Rin
assunse un cipiglio vagamente irritato. “Infatti non lo sono. Me lo ha detto
Mephisto. La sera del giorno in cui sei sparito sono andato da lui per farmi
dire che cosa stava succedendo, ma ovviamente lui è riuscito a stordirmi con le
sue ciance insopportabili”spiegò sbuffando. “Mi è scappato un accenno al fatto
che tu a volte ti comporti in maniera strana e che quella mattina avevi fatto
qualcosa che non avresti assolutamente dovuto fare in quanto mio fratello e lui
ha iniziato a blaterare sul fatto che io penso secondo criteri da umano anche
riguardo a cose che di umano non hanno nulla e sul fatto che tutti hanno un
“rapporto speciale ed esclusivo con il proprio fratello”, per usare le sue
parole. Dio, quanto suonava male quella frase! Lo odio quando fa così. Tra
l’altro non ho capito se mi stava prendendo in giro o se era serio. Con quella
sua dannata faccia perennemente strafottente non si capisce mai che pensa! Mi
dà sui nervi!”.
“Non te
la prendere, Nii-san, lo conosciamo in fondo. È così e lo dobbiamo sopportare.
In fondo ha fatto parecchio per noi, anche se a vederlo non si direbbe”cercò di
consolarlo suo fratello trattenendo però un risata. “Sinceramente non so se
stesse scherzando e sinceramente non ci tengo a saperlo, saranno affari suoi e
di suo fratello non trovi? Esattamente come adesso sono affari solo miei e
tuoi. Quindi basta pensare a lui”. Tornò a farsi serio facendo correre piano un
dito lungo il contorno degli zigomi del mezzo demone. “Sei sicuro di volerlo
rifare?”.
Lui annuì
deciso. “Sì, assolutamente”mormorò tornando ad alzare gli occhi.
I loro
sguardi si incontrarono, come calamitati, pozzi zaffiro che si specchiavano gli
uni negli altri, mescolando tra loro le lievi differenze di sfumature. Lo
spazio che separava i loro volti si ridusse progressivamente fino a quando le
loro labbra tornarono a sfiorarsi come qualche giorno prima al parco, ma questa
volta il contatto durò molto più a lungo perché le loro bocche continuarono a
cercarsi, separandosi per poi incontrarsi nuovamente quasi subito, perdendo man
mano l’esitazione iniziale e sostituendola ad un desiderio affamato di
passione. Per quanto approfondissero quel contatto, i due ragazzi sembrano non
esserne mai sazi, abbandonati uno tra le braccia dell’altro, i brividi di
piacere che scendevano loro lentamente lungo la spina dorsale e un dolce calore
che riempiva loro il petto. Una della mani di Yukio affondò nei capelli di Rin
mentre le dita dell’altra finirono per intrecciarsi con quelle di quest’ultimo,
mentre i loro corpi aderivano il più possibile uno all’altro. Il mezzo demone era
perso in quella sensazione di bollente intimità che lo aveva travolto
trascinandolo sempre di più nei suoi abissi. Dopo l’iniziale incertezza un
turbine di emozioni gli si era sollevato dentro, agitandosi in un caos danzante
e facendolo sentire al tempo stesso al sicuro nell’abbraccio saldo dei
sentimenti di Yukio e in bilico sul buio abisso del proibito. L’esorcista, da
parte sua, non poteva credere che quello stesse succedendo sul serio. Non aveva
mai nemmeno sperato che Rin potesse ricambiarlo, ma si era limitato ad
augurarsi che lui potesse accettare i suoi sentimenti senza allontanarlo da sé.
E invece in quel momento poteva sentirlo rispondere ai suoi baci e ai suoi
tocchi, con un sentimento uguale al suo. La passione dentro di lui si mischiava
all’esaltazione e all’adrenalina che quella scoperta aveva risvegliato in lui,
affogandolo nell’ebrezza del piacere. Si staccarono diversi minuti dopo,
ansimanti e con il viso in fiamme, ma entrambi con il sorriso sulle labbra.
“Uh…Wow”commentò
Rin imbarazzato, sistemandosi un po’ meglio sulle gambe del fratello. “Credo
che dire che non ti sono del tutto indifferente renda pochissimo il concetto.
Sarà dura spiegarlo a Kuro, temo”.
“Posso
considerarla come una dichiarazione, Nii-san?”lo provocò Yukio giocherellando
con una ciocca dei suoi capelli, ma sul suo volto continuava a splendere un
sorriso luminoso. “Già, credo che non ci metterà molto ad accorgersi che è
cambiato qualcosa tra di noi…E specialmente sarebbe molto imbarazzante farsi
cogliere in flagrante in atteggiamenti poco convenzionali”.
“Vedremo
di stare attenti!”.
“Oppure
troviamo il modo più delicato per spiegargli la faccenda. Anche se preferirei
tenerla solo per noi almeno per qualche tempo, non sei d’accordo?”.
“Assolutamente!
Voglio godermi bene la tua vicinanza prima di dividere la notizia con
qualcuno”. Il mezzo demone stampò un bacio provocatorio sulle labbra del
fratello. “E poi è più divertente fare le cose di nascosto…”.
Yukio
ricambiò il gesto con dolcezza ed intrecciò le dita con quelle dell’altro.“A
proposito, non avevi detto che avete preparato una torta per il nostro
compleanno?”domandò. “Sono impaziente di assaggiare questa tua nuova meraviglia
culinaria! Tanto posso benissimo tornare a casa già da subito, me l’ha detto Amaimon
prima. Aspettavano solo che mi svegliassi per rispedirmi al dormitorio”.
“Sì,
certo. È là tutta per noi. Ma lo sarà anche tra altri cinque minuti…”rispose il
maggiore con un ghigno sporgendosi in avanti per invitare il gemello a chiudere
di nuovo lo spazio che li separava. E ovviamente quello non si fece attendere.
Fuori
dalla porta della stanza Amaimon si staccò dal muro a cui era stato appoggiato
per tutto il tempo, volgendo lo sguardo verso suo fratello. “Bella lunga come
litigata” commentò atono estraendo l’ennesimo lecca lecca da una delle tasche e
scartandolo. “Però è finita bene come avevi detto tu, Aniue”.
“Sono
poche le volte in cui mi sbaglio, Amaimon, dovresti saperlo. Su, andiamo, non
vorrei che ci beccassero mentre origliamo. Rin potrebbe avere qualche reazione
sproporzionata come suo solito e poi quei due si meritano sul serio un po’ di
privacy adesso. Tanto quello che volevo sapere l’ho saputo, quindi non ha più
senso restare”rispose Mephisto, incamminandosi lungo il corridoio facendo cenno
all’altro demone di seguirlo. “Comunque, a quanto pare sono riuscito a
insegnare qualcosa a quella testa calda. Per una volta si è deciso a darmi
retta. Un gran bel passo avanti per lui”.
“Di che
parli?”chiese Amaimon, inclinando la testa di lato e affiancandolo.
Il
preside gli rivolse un sorrisetto strano passandogli un braccio intorno alle
spalle. “Il nostro fratellino si è finalmente deciso a provare a guardare il
mondo attraverso parametri non umani”rispose con l’aria di chi la sa molto più
lunga mentre il ghigno sul suo volto si allargava. “Chissà che non gli serva di
nuovo in un futuro non troppo lontano…A lui e soprattutto a Yukio”.
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Salve a tutti!!
E qui termina quella che
era stata pensata come una one shot (con un piccolo errore nella considerazione
della lunghezza…^^”). Devo dire che sono quasi soddisfatta. Mi sono
appassionata a scriverla, mi ha dato un sacco di opportunità per studiare i
sentimenti dei due gemelli, soprattutto di Rin in questo caso, occasioni che io
ovviamente mi sono premurata di sfruttare al limite del possibile! Spero di non
avervi annoiati troppo con tutte queste mie introspezioni, ma come ho già detto
ne vado pazza e quando inizio non riesco più a fermarmi…
Forse ho sforato un po’ con
i personaggi durante la litigata tra i due gemelli. Però mi sono sforzata di
immaginare come potessero sentirsi considerando il contesto, Rin appena uscito
dal tormento di giornate passate con un presentimento di morte incollato
addosso, Yukio appena uscito dal coma con tutte le sue certezze-incertezze
sull’aver fatto o meno la cosa giusta e su quello che prova per fratello.
Ditemi che mi pensate…La cosa della parolaccia può sembrare idiota (e in
effetti lo è -.-“) però mi piaceva come idea per abbassare di colpo la tensione
che si era creata durante tutta la discussione (e poi non ho saputo resistere!
xD Yukio che dice le parolacce, lo ammetto, desiderio della mia mente malata…)
e permettere così ai due di fare pace. Quel pizzico di banalità che hanno le cose
“normali” ma che loro sperimentano così raramente…Poi a voi il giudizio, queste
sono le mie ragioni!
Amaimon e il lecca lecca xD
Ok, scusate!!! È stato un attimo di pazzia…^^ >.<
È finita bene, sinceramente
non vado pazza per i finali tristi. Però ho lasciato delle cose in sospeso (non
per forza però si potrebbero vedere, soprattutto nelle ultime parole di
Mephisto…). Visto che era una storia relativamente corta mi sono concessa il
lusso di lasciarmi degli spunti per un eventuale seguito, ma
dovrò vedere cosa mi dirà l’ispirazione in futuro!
Spero che vi sia piaciuto
almeno un po’ questo mio esperimento! Volevo dire grazie mille a Rebychan (grazie
anche per le chiacchiere post recensione!) e a doc11 per le
loro recensioni che mi hanno accompagnata in questo micro percorso!! Grazie
anche a Flame Drago del Fuoco che ha tenuto la storia tra le
seguite! E ringrazio chiunque in futuro mi darà un segno di apprezzamento per
il mio lavoro!