Ghost Seeker- La Cercatrice Di Fantasmi

di Scarcy90
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una Stramba Ragazza ***
Capitolo 2: *** L'Importanza Di Essere Un Guard ***
Capitolo 3: *** Il Potere Del Gene S ***
Capitolo 4: *** La Nascita Dell'S1 Cassandra ***



Capitolo 1
*** Una Stramba Ragazza ***






Ghost Seeker- Capitolo 1
Ghost Seeker- La Cercatrice di Fantasmi

 

 I fantasmi non esistono!
 Non ci sono prove concrete della loro esistenza, a parte qualche testimonianza assurda o le parole di qualche fanatico che ha solo voglia di apparire in televisione. E’ vero, in alcune vecchie case si possono sentire strani scricchiolii e sibili inquietanti ma proprio perché è una vecchia casa, l’evento sovrannaturale sarebbe che non si sentisse alcun tipo di rumore.
 Molti evitano i cimiteri di notte perché dicono che ci sono i fantasmi… Se studiassero un po’ di più, scoprirebbero che quelle fiammelle che erano stupidamente scambiate per fantasmi sono solo i gas emessi dai cadaveri in putrefazione che una volta a contatto con l’aria bruciano. Non c’è nulla di sovrannaturale in questo, è pura scienza.
 Ovviamente c’è anche chi pensa di essere posseduto da un fantasma e a quel punto vengono convocati santoni vari e strane donne con indosso tuniche multicolori e amuleti che pesano quanto la loro testa. Be’ in questi casi la spiegazione più semplice e azzeccata è la pazzia. Solo un pazzo potrebbe pensare di essere posseduto da un fantasma.
 Ma quello che ritengo davvero assurdo è sentire parlare di faccende in sospeso. Avete visto tutti Casper, no? I fantasmi in quel film non possono raggiungere l’aldilà perché hanno delle questioni irrisolte che impediscono alla loro essenza di assurgere all’altro mondo. Sì, come no. Allora la prossima sarà che il Bianconiglio ha preso casa a Manattham e che ha dato una festa invitando fate, gnomi, folletti e orchi.
 Quando un essere umano muore, muore e basta il suo corpo cessa le sue vitali funzioni e la vita si ferma. Non c’è nulla dopo, nessun Aldilà, né Campi Elisi, Oltretomba, Nirvana… Non c’è nulla! Semplicemente chiudiamo gli occhi per non riaprirgli mai più.
 Fantasmi, spiriti, presenze… Non esistono!
 O almeno questa era la mia opinione prima d’incontrare Cassandra Artemis Hyde e la sua sgangherata famiglia.
 Jason Blake
 
 
 I fantasmi esistono!
 Vi assicuro che non sono una pazza visionaria. I fantasmi esistono davvero e io ho a che fare con loro fin da quando sono venuta al mondo. E’ vero, a volte ci sono sul serio pazzi visionari che pensano di aver visto un fantasma quando invece sono loro a non starci con il cervello. Ed è anche vero che al mondo esistono persone che si fingono maghe o santoni in grado di scacciare presenze o spiriti. Questi sono casi in cui non c’è l’intervento di un vero fantasma, perché esistono delle tecniche precise per potersi liberare di uno spirito e la mia famiglia fa parte di un’organizzazione segreta (finanziata dai governi di tutto il mondo) che è incaricata di fare in modo che i fantasmi risolvano le loro faccende in sospeso e raggiungano l’Aldilà. Per far parte dell’organizzazione segreta si devono possedere dei poteri dati da un particolare gene che ci siamo tramandati fin dalla notte dei tempi.
 Ho avuto a che fare con i fantasmi ogni attimo della mia vita e a volte, dimenticandomi del fatto che le altre persone non li possono né vedere né sentire, iniziavo a conversare con loro in pubblico, e soprattutto a scuola, dando l’impressione di parlare da sola. Per questo mio comportamento sono stata etichettata come una tipa stramba e forse è anche il motivo per cui al di fuori della mia famiglia e dell’organizzazione non ho mai avuto amici, fino a quando la mia strada non ha incrociato quella di Jason Blake e del suo caratteraccio.
Cassandra “Cassie” Hyde




Capitolo 1: Una Stramba Ragazza (Blake)






 
 Dal giorno in cui mi trasferii a S. Francisco cominciai a chiedermi seriamente se i miei genitori mi odiassero sul serio oppure se fossi io ad avere una qualche forma di sfighite cronica.
 No, perché trasferirmi da New York a S. Francisco proprio quando la mia vita aveva cominciato a prendere una piega decente, doveva essere proprio una punizione divina, non ci poteva essere altra spiegazione. Per tutta la vita ero sempre stato considerato un perdente, un topo di biblioteca che pensava solo a studiare e a fare il saccente, e, in effetti, era così. Fino ai sedici anni ero stato un occhialuto e brufoloso adolescente canzonato dai ragazzi e accuratamente evitato dalle ragazze. Poi, durante l’estate dei miei diciassette anni, entrai per sbaglio in una palestra di karate scambiandola per una libreria- lo so che è strano come errore, ma dall’esterno sembrava davvero una libreria. Stavo per andarmene quando Soichiro-san, il proprietario di origini giapponesi del dojo, m’invitò a restare per assistere alla lezione. Aveva solo sei allievi (tra cui un’unica ragazza) ma erano tutti bravissimi nelle arti marziali. Rimasi talmente affascinato da quella lezione che quando Soichiro-san mi chiese “Tonerai domani?”, io non potei fare altro che annuire sorridendo.
 Così iniziai a frequentare il dojo e scoprii di essere tremendamente portato per il karate. In più avevo trovato degli amici sinceri nei sei ragazzi che erano diventati miei compagni. Fino a quel momento non avevo mai avuto degli amici, mi era sempre bastato avere me e i miei libri, ma adesso che facevo parte di qualcosa mi sentivo veramente completo.
 Soichiro-san mi consigliò di non indossare gli occhiali durante gli allenamenti e siccome senza ero più cieco di una talpa mi trovai costretto a portare le lenti a contatto.
 Passai l’intera estate al dojo lavorando molto per apprendere il più possibile: ero sempre stato dell’idea che quando si fa qualcosa o lo si fa bene oppure è meglio non cominciarlo affatto. I miei allenamenti procedevano alla grande e si vedeva anche dal mio fisico che cominciava a scolpirsi e ad abbandonare le fattezze dello sfigato scheletrico che ero sempre stato.
 In poco tempo divenni l’allievo migliore del dojo e Soichiro-san era davvero fiero di me.
 In quel dojo avevo trovato degli amici, quasi una seconda famiglia e inoltre Evelyn, la ragazza che frequentava il dojo con noi, stava cominciando ad interessarsi a me. Ero ancora incredulo ma era impossibile fraintendere gli sguardi che mi lanciava. A me era sempre piaciuta: con quella sua carnagione scura tendente al dorato, i sinuosi capelli castani e i luminosi occhi verdi.
 Avevo deciso! Le avrei chiesto al più presto di uscire con me, e la mia sorpresa fu enorme quando lei accettò con piacere il mio invito. Passammo una serata stupenda ed io mi sentivo l’essere più felice esistente sulla faccia della terra. Non accadde nulla di fisico ma, quando la riaccompagnai a casa, mi disse che le sarebbe piaciuto molto uscire ancora con me e che mi considerava un ragazzo gentile e simpatico.
 Avevo raggiunto l’apoteosi. Tornai a casa praticamente fluttuando a trenta centimetri da terra per come mi sentivo felice.
 Ovviamente ero troppo felice, e qualcuno lassù decise che tanta felicità avrebbe fatto male alla mia povera salute e così quella stessa sera i miei genitori mi comunicarono che la banca in cui lavorava mio padre aveva aperto una sede più grande a S. Francisco e che ci saremmo trasferiti tutti entro la fine della settimana.
 In quel momento capii che cosa voleva dire sentire il mondo che crolla sotto i piedi.
 Stavo per perdere tutto: i miei amici, il dojo, Evelyn…
 Evelyn… Avrei voluto chiederle di aspettarmi, di avere una relazione a distanza fino a quando non avessi trovato il modo di tornare da lei ma sapevo che non sarebbe stato giusto fare una cosa del genere. Così seguii i miei genitori salutando per sempre le uniche persone al mondo che mi avessero mostrato il vero significato dell’amicizia e dell’amore.
 Perciò da sfigato cronico, ero passato ad essere un allievo di un dojo ed ora sarei diventato il nuovo arrivato che si è trasferito da New York, e avevo come la sensazione che alla Abraham Lincoln High School di S. Francisco non avrei avuto per niente vita facile. Sentivo con una certezza allarmante che si sarebbe abbattuta su di me una qualche specie di catastrofe.
 La mattina del mio primo giorno nella nuova scuola varcai la soglia di quell’edificio a me sconosciuto avendo in mente il pensiero fisso di scappare via. Per la prima volta in tutta la mia vita avrei voluto saltare un giorno di scuola per andare da Evelyn. Il mio carattere troppo corretto me lo impedì. A volte avrei tanto voluto essere un bastardo menefreghista!
 -Bene, signor Blake-, cominciò il preside Jordan sorridendomi. –Il tuo curriculum scolastico è davvero impressionante. Il massimo dei voti in tutte le materie, iscritto al club di matematica, di astrofisica e di teatro. In più ha anche frequentato per un anno una palestra di karate.-
 Quanto sarei voluto tornare subito in quella palestra invece di stare a sentire quell’idiota di Jordan decantare le mie lodi.
 -Sono veramente senza parole-, continuò lui. –La Lincoln High School è veramente felice di accoglierti tra le sue schiere, anche se ormai è rimasto solo un anno scolastico da passare insieme.-
 Fosse stato per me, non ci sarebbe stato neanche un anno scolastico alla Lincoln, fosse stato per me, avrei continuato a frequentare la mia vecchia scuola insieme ai miei amici.
 -Sono davvero contento di poterti dare il benvenuto, signor Blake-, il preside si alzò e mi porse la mano perché gliela stringessi.
 Mi alzai anch’io e rispondendo al suo gesto dissi: -La ringrazio, preside Jordan. Cercherò di fare del mio meglio anche qui alla Lincoln.-
 -Così ti voglio ragazzo! Deciso e determinato!- esclamò con gli occhi che brillavano. 
 Proprio in quel momento bussarono alla porta.
 -Avanti-, disse Jordan.
 La porta si aprì e un ragazzo biondo, alto qualche centimetro più di me, entrò nella stanza. I suoi occhi erano scuri, quasi neri, e mi penetrarono scrutandomi mentre il suo viso sorrideva in segno di saluto. Era alquanto inquietante…
 -Voleva vedermi, signore?-
 -Sì, signor Tyler.-
 Il ragazzo mi squadrò velocemente senza perdere la sua espressione gioviale.
 -Ti presento il signor Jason Blake, si è appena trasferito da New York.-
 Lui allungò la mano ed io la strinsi.
 -Piacere di conoscerti e benvenuto alla Lincoln High School. Io sono Nicolas Tyler, ma puoi chiamarmi Nick.-
 -Io sono Blake-, risposi con un sorriso veloce. Odiavo quando mi chiamavano per nome, preferivo di gran lunga il mio cognome.
 -Il signor Tyler è uno studente molto preparato e affidabile, nonché il capitano della nostra imbattibile squadra di basket scolastica.-
 -Già, se vuoi c’è un posto libero in squadra-, cominciò Nick tornando a sorridere. –Hai un fisico perfetto per il basket.-
 Era per questo che prima mi aveva quasi fatto una radiografia.
 -Grazie per l’offerta ma passo-, non avevo alcuna voglia di giocare a basket, era uno sport che non mi piaceva.
 -Come vuoi-, disse Nick sempre sorridendo. Poteva una persona sorridere in continuazione?
 -Signor Tyler, vorrei che mostrassi la scuola al signor Blake. Oggi sarai la sua guida, ho dato un’occhiata ai vostri orari e sono identici quindi non avrete problemi.-
 -Lo farò con grande piacere, preside Jordan.-
 -Bene, allora buona permanenza, signor Blake-, mi disse il preside lanciandomi un’occhiata speranzosa.
 Aggrottai la fronte scocciato ma la mia buona educazione non si smentiva mai.
 Cercai di stamparmi l’ennesimo falso sorriso sulle labbra e risposi con un “Grazie”.
 Nick ed io uscimmo dall’ufficio del preside e ci dirigemmo verso la zona degli armadietti.
 -Quel Jordan è davvero insopportabile-, cominciò Nick stiracchiandosi.
 Lo fissai con aria incuriosita.
 -E’ gentile solo con gli studenti popolari o intelligenti che possano dare prestigio alla scuola. Per lui tutti gli altri nemmeno esistono, odio le persone come lui.-
 Non avrei mai pensato che un tipo come Nick fosse così dedito alla correttezza.
 -Qual è il numero del tuo armadietto?- mi chiese curioso.
 Guardai il foglietto che mi aveva dato Jordan pochi minuti prima.
 -171-, risposi tornando a fissare Nick.
 -Ci avrei giurato, è l’armadietto accanto al mio-, sospirò Nick scocciato. –Jordan vuole a tutti i costi che io ti convinca ad entrare nella squadra, ne sono sicuro.-
 Stavo per ribattere ma lui fu più veloce.
 -Tranquillo, ho capito che non lo farai quindi non starò al gioco di quel preside deficiente.-
 -Grazie-, risposi facendo il mio primo vero sorriso da quando avevo messo piede a S.Francisco.
 New York mi mancava ancora, insieme a tutte le persone che avevo lasciato, ma forse la Lincoln High School non sarebbe stata così terribile come me l’ero immaginata.
 -Figurati, amico-, esclamò dandomi una pacca sulla spalla. –Sembri un tipo simpatico perciò sono contento di farti visitare la scuola.-
 Arrivammo davanti agli armadietti e Nick aprì il suo indicandomi quello alla sua sinistra.
 Mi avvicinai all’armadietto e inserendo la combinazione lo aprii.
 Mi tolsi la borsa a tracolla nera che avevo sempre usato fin da quando avevo cominciato il liceo. Me l’aveva regalata mio nonno un anno prima di morire. In effetti era vecchia, logora e di pelle nera ma era un suo regalo e non me ne separavo mai.
 La aprii e ne tirai fuori le cose da mettere nell’armadietto: ipode, libri, penne di riserva, i miei fumetti preferiti e… il mio vecchio cellulare. Lo avevo spento la sera in cui i miei mi avevano detto del trasferimento. Sapevo che era stato un comportamento da vero codardo, ma non avevo avuto il fegato di sentire Evelyn. L’avevo semplicemente cancellata dalla mia vita senza dirle una sola parola.
 Riposi il cellulare in un angolo sperduto dell’armadietto, dove non potevo vederlo.
 Da giorni mi chiedevo se Evelyn mi avesse chiamato o avesse lasciato qualche messaggio, ma a cosa mi sarebbe servito saperlo? Sarebbe solo stata una sofferenza inutile.
 -Alla prima ora abbiamo matematica.-
 Nick interruppe i miei pensieri facendomi sobbalzare.
 -Stai bene?- chiese, notando che non accennavo a rispondere.
 -Sì-, dissi subito chiudendo all’istante l’armadietto. Dovevo smetterla di vivere nel passato, ormai il mio presente e il mio futuro erano a S. Francisco.
 Nick alzò un sopracciglio confuso, probabilmente stava cercando di credere alla mia risposta nonostante la mia faccia fosse piuttosto eloquente.
 Mentre ci dirigevamo verso la classe di matematica, la mia attenzione fu attirata da una tizia un po’ stramba.
 Era di spalle e stava aprendo il suo armadietto.
 Non era molto alta, di certo non superava il metro e sessanta, aveva lunghi capelli neri e di nero non aveva solo quello. Scarpe, gonna, giacca e collant erano tutte nere. Ad un tratto la ragazza si voltò ma senza incontrare il mio sguardo, ed era stato meglio così altrimenti sarei saltato per la sorpresa. Aveva una carnagione chiarissima, mi faceva senso pensarlo, ma sembrava quella di un cadavere, mentre i suoi occhi erano azzurri, ma non un azzurro caldo come quello dei miei occhi, era un colore strano, glaciale tendente al bianco.
 Quella ragazza dava i brividi.
 -Quella è Cassandra-, disse ad un tratto Nick.
 -Cassandra?- chiesi voltandomi a guardarlo mentre ormai eravamo dentro la classe di matematica.
 -Sì, Cassandra Hyde… “Cassie” per gli amici, anche se non credo di averla mai vista in compagnia di qualcuno.-
 -Come mai?-
 Ci sedemmo in fondo alla classe per continuare a parlare.
 -L’hai vista?- chiese lui ironico. –Fa paura soltanto a passarle accanto. Da quando è morta sua madre, si è rifugiata in quel look da finta Dark. Non che prima fosse troppo diversa ma almeno era più carina. Comunque non ricordo di averla mai vista parlare con qualcuno qui a scuola, e ormai la conosco dalle elementari. L’hanno sempre considerata una tizia stramba.-
 -La considerano stramba solo per i suoi occhi e per come si veste?- chiesi allibito. Non potevo credere che la evitassero solo per questo.
 -Be’ questi sono due elementi ma quello fondamentale è che parla da sola. Lo fa in continuazione a volte anche litigando con se stessa. E’ uno spettacolo piuttosto inquietate. Per questo tutti la evitano. E le cose sono peggiorate da sette anni a questa parte, l’assenza di sua madre l’ha resa ancora più fuori di testa.-
 Esattamente in quel momento Cassandra entrò nell’aula. Si diresse lentamente verso il suo banco, in prima fila, e prima di sedersi incrociò le braccia fissando intensamente la sua sedia. Poi con il pollice fece il gesto d’intimare a qualcuno di andarsene.
 Ma non c’era nessuno seduto lì!
 -Adesso capisci cosa voglio dire?- mi chiese Nick con tono serio.
 Annuii continuando a guardare verso Cassandra.
 In quel momento lei si voltò verso di me e fu una cosa talmente strana che per poco non mi misi ad urlare. I suoi occhi erano puntati nei miei, mi scrutavano quasi come se volessero entrare direttamente nel mio corpo. Ma la cosa ancora più sconvolgente fu il brivido di calore che mi attraversò la schiena. Non avevo paura di lei, più che altro avevo come la sensazione di conoscerla, di averla sempre conosciuta.
 Lei smise di fissarmi e si sedette facendo danzare i suoi lunghi capelli neri come la notte.
 Da quell’occhiata non avevo solo capito di conoscerla, ma avevo anche notato quanto fosse bella. Non una bellezza tradizionale ma quasi sovrannaturale. Come se avessi appena visto uno splendido fantasma… Ma che sciocchezza! I fantasmi non esistevano! Di certo ero ancora fuori fase a causa del viaggio e del trasloco.
 -Buongiorno a tutti-, disse il professore entrando in aula.
 Un coro scoraggiato di “Buongiorno” fu la sola risposta che riuscì ad ottenere.
 Mi alzai e mi diressi verso il professore consegnandogli il foglio che mi aveva dato il preside Jordan.
 -Ah, sei il nuovo studente… Jason Blake, giusto?- chiese leggendo il mio nome sul foglio.
 -Sì-, risposi. Avevo la strana sensazione che qualcuno mi stesse fissando e sentivo anche di sapere chi fosse la persona in questione.
 -Bene, signor Blake, spero sarà contento di sapere che, per darle il benvenuto, prima ancora di essere a conoscenza del suo arrivo, avevo preparato un bel test a sorpresa sul programma dello scorso anno.-
 -Cosa?!-
 -E’ impazzito!-
 -Ma stiamo scherzando!?-
 I miei compagni di classe accolsero in quel modo la notizia del test a sorpresa.
 -Non ci sono problemi-, risposi in direzione del professore.
 Lui mi guardò un po’ deluso. Forse si aspettava che mi mettessi a piangere disperato, questo perché non aveva ancora letto la mia scheda. Un test di matematica, per me, era solo un passatempo come un altro.
 Mentre tornavo a posto, quasi involontariamente, guardai in direzione di Cassandra. Come avevo immaginato mi stava fissando intensamente, sembrava che volesse scoprire ogni mio segreto con la sola forza del pensiero.
 Distolsi lo sguardo, tentando d’ignorarla, e tornai a sedermi.
 -Devi averla colpita, è la prima volta che la vedo così interessata a un ragazzo-, bisbigliò Nick facendomi l’occhiolino. –Spero che il suo non sia un interesse da Serial Killer, molti dicono che sia un’assassina mercenaria.-
 Mi voltai di scatto a guardarlo e vidi che si stava trattenendo a stento dallo scoppiare a ridere.
 No, Cassandra non era un serial killer, ma di certo non era una ragazza come tutte le altre. Di questo ne ero assolutamente sicuro.
 Prima che me ne rendessi conto erano passate quattro ore ed era arrivata la pausa pranzo.
 Dopo quella prima ora a matematica non vidi più Cassandra Hyde. Più pensavo al suo sguardo e meno mi sentivo tranquillo.
 In mensa presi le uniche cose che mi sembravano commestibili: maccheroni al formaggio, e polpettone con patate.
 Seguì Nick verso un tavolo piuttosto affollato. Che fosse quello della…
 -Salve squadra!- esclamò Nick sedendosi tra due ragazze stupende, erano delle Cheerleader, lo si capiva subito.
 -Ehi, Nick!- lo salutò un ragazzo di colore dandogli il cinque.
 -Come va, amico?!- disse un altro ragazzo alto forse un paio di metri, dandogli una pacca sulla spalla e sedendosi accanto a lui.
 -Ragazzi, lui è Jason Blake-, cominciò Nick presentandomi. –Sì è trasferito qui da New York. Quella vecchia ciabatta di Jordan mi ha chiesto di tenerlo d’occhio.-
 -Salve-, dissi con un cenno della testa.
 -Blake, lui è Kevin Martin, il vice della squadra e mio braccio destro-, disse indicando il ragazzo nero. –E lo spilungone è Tom Komarovskii.-
 -Mio padre è russo-, mi spiegò Tom, probabilmente per giustificare il suo cognome insolito.
 -Gli altri componenti della squadra saranno sparsi qui in giro, appena li acchiappo te li presento.-
 -E noi?- chiese una delle ragazze. –Non ci presenti, Nick?-
 -Giusto, scusate-, disse Nick sorridendo. –Loro sono Julia Bone e Kelly Reynols, capitano e vicecapitano delle Cheerleader.-
 Ci avrei scommesso.
 -Ciao, Jason-, cominciò Julia alzandosi e dandomi un bacio sulla guancia.
 -Blake-, risposi senza fare una piega e con tono piuttosto glaciale. La categoria delle Cheerleader non mi era mai piaciuta, soprattutto visto come mi avevano trattato quelle di New York quando ero ancora un topo di biblioteca brufoloso. -Preferisco essere chiamato Blake.-
 -Va bene, Blake-, rispose lei sorridendomi. Sembrava una gattina spelacchiata che faceva le fusa perché era entrata in calore.
 Non avevo voglia di avere quella ragazza appiccicata addosso ma Nick m’invitò a sedermi e Julia si mise subito al mio fianco cominciando a parlare e a ridere.
 Era bella, su questo non potevo discutere. Capelli lunghi biondi, occhi azzurri e fisico spettacolare: la classica ragazza pon-pon. Ma in quel momento ero ancora troppo soggetto al ricordo di Evelyn perché la mia mente potesse pensare ad altro. Comunque, anche senza Evelyn, dubitavo che la mia mente si sarebbe mai concentrata su una Cheerleader.
 All’improvviso una strana sensazione m’invase. Il collo mi stava formicolando e un brivido mi percorse la spina dorsale. Sapevo chi era.
 Mi voltai lentamente e vidi quegli occhi azzurri come il ghiaccio puntati su me. I nostri sguardi s’incontrarono per un attimo poi Cassandra tornò ad addentare il suo sandwich fingendo di guardare fuori dalla finestra.
 La fissai per qualche secondo prima che Nick mi richiamasse all’ordine chiedendomi come fosse andato il test di matematica.
 Parlavo con loro, ascoltavo i problemi esistenziali di Julia e Kelly riguardo il loro colore preferito di smalto che sarebbe andato fuori produzione entro un paio di settimane, sentivo che i ragazzi stavano parlando dell’ultima partita di basket, ma la mia attenzione era tutta concentrata alle mie spalle, verso l’unico tavolo dove era seduta una sola persona. Sì, perché tutti evitavano Cassandra quasi come una malattia contagiosa. Non c’era nessuno seduto al tavolo con lei, e chi stava seduto ai tavoli vicini non l’aveva neanche guardata.
 A un certo punto avvertii di nuovo i suoi occhi puntati sulla mia schiena e poi più nulla. Che avesse smesso di guardarmi? No, anche prima quando aveva distolto lo sguardo ed io mi ero girato, sapevo che lei era lì, lo sentivo, adesso non provavo più quella strana sensazione.
 Mi voltai curioso verso il suo tavolo e lei… non c’era.
 Era uscita dalla mensa ed io lo avevo saputo senza vederla andare via.
 No, non era possibile. Di certo si trattava solo di un caso. Ma quale sensazione?! Probabilmente era stato solo intuito, avevo visto di sfuggita che aveva quasi terminato il suo sandwich quindi era naturale che dopo pochi minuti si sarebbe alzata per andare via…
 Non c’era proprio nulla di strano o di paranormale. Anche se io continuavo a credere che quella Cassandra fosse una specie di fantasma. Non che io credessi in certe sciocchezze, ma il suo atteggiamento era quello di un fantasma. Viveva senza che nessuno la vedesse o notasse la sua presenza. Nessuno tranne… me.
 -Blake-, mi richiamò Kevin.
 -Sì, dimmi.-
 Dovevo togliermi Cassandra dalla testa. Non aveva nulla di strano, ero io che stavo enfatizzando tutta la situazione.
 -A New York, come stavi messo a ragazze?- il suo sorrisino quasi mi fece venire voglia di prenderlo a schiaffi.
 Certo non pensiamo più a Cassandra però tiriamo in ballo Evelyn, perché no?
 -Mi vedevo con una ragazza ma niente di serio-, risposi sperando che non mi chiedessero i particolari perché altrimenti mi sarei alzato e me ne sarei andato via.
 -Una sola ragazza?- chiese Julia incredula. –Uno schianto come te non aveva la fila fuori dalla porta di casa? Io farei di tutto per una notte di fuoco con te.-
 Bene, avevo trovato qualcuno che voleva violentarmi, ed era solo il mio primo giorno di scuola.
 -Be’ ti ringrazio, ma fino a poco tempo fa non ero tutto questo granché.-
 Finalmente suonò la campanella prima che la situazione si facesse ancora più spiacevole, almeno per il sottoscritto.
 -Dobbiamo andare. Adesso abbiamo Storia, Blake-, mi annunciò Nick alzandosi. –Meglio sbrigarsi,  la Rodriguez non ammette ritardi.-
 -Okay-, risposi alzandomi a mia volta.
 Anche gli altri si preparano a tornare in classe raccogliendo le loro cose sparse per tutto il tavolo.
 -Sai-, mi sussurrò Julia in un orecchio con voce sensuale, -se hai voglia che qualcuno ti faccia compagnia anche fuori dall’ambito scolastico, io sono sempre disponibile. Mi piacerebbe approfondire la nostra conoscenza.-
 Forse non aveva ancora capito con chi aveva a che fare. Non ero uno a cui piaceva andare con la prima che passava, avevo ancora una dignità, probabilmente trasmessami dal quel vecchio gentiluomo inglese di mio nonno.
 -Grazie per l’offerta, ne terrò conto- “…quando i pesci voleranno e i maiali vivranno sott’acqua.”
 Lei mi sorrise e voltandosi cominciò a sculettare verso l’uscita. Non aveva proprio alcun genere di pudore.
 Nick ed io raggiungemmo l’aula di Storia e per fortuna la tanto temuta professoressa Rodriguez non era ancora arrivata.
 Ci sedemmo in ultima fila.
 -Sembra che tu abbia fatto colpo anche su Julia-, cominciò lui guardandomi ammirato.
 -Non per offendere, ma non credo che per far colpo su una come lei ci si debba sforzare tanto-, ero stanco di fingermi felice e contento, avevo solo voglia di prendere a pugni qualcuno ma dovevo trattenermi e aspettare di trovare una palestra dove poterlo fare.
 -In effetti Julia è una ragazza sprovvista di freni. Se vede qualcuno che le piace, ci si fionda addosso senza pensare alle conseguenze, parlo per esperienza personale-, mi fece l’occhiolino e proprio in quel momento decisi di voltarmi verso la porta.
 Come al solito non capivo cosa mi avesse spinto a guardare in quella direzione esattamente quando era entrata Cassandra Hyde. La cosa stava cominciando a preoccuparmi. Sentivo che sarebbe arrivata, non riuscivo a spiegarmelo ma sapevo che sarebbe entrata esattamente in quell’istante.
 Lei mi lanciò una delle sue occhiate degne di un Ice-berg e si sedette in prima fila.
 Non riuscivo proprio a capire cosa diavolo stesse accadendo.
 -Buongiorno a tutti-, disse una voce femminile facendomi scendere dalle nuvole.
 Guardai verso la cattedra e dovetti quasi alzarmi in piedi per vedere chi fosse entrato. Era una donna, con i lineamenti tipici sudamericani, e alta un metro e cinquanta o giù di lì. Era piuttosto tarchiata e i suoi lunghi capelli neri erano costretti in una crocchia alta che le conferiva un’aria seria e soprattutto pericolosa.
 -Ho sentito che c’è un nuovo studente…-, si guardò in giro curiosa mentre inforcava gli occhiali ornati da una pacchiana montatura multi color.
 -Sono io-, risposi alzandomi in piedi.
 Cassandra si voltò e i nostri occhi s’incontrarono di nuovo prosciugando tutto il mio fiato. Non riuscivo a smettere di guardarli, erano magnetici. Avvertivo il mio cuore battere più forte sotto l’influenza di quello sguardo mentre la stanza intorno a me cominciava a svanire lasciando chiaro e vivido ai miei occhi solo quell’azzurro ghiaccio.
 -Pensi che mi dirai il tuo nome entro oggi, ragazzo?-
 Quella domanda mi fece tornare in me.
 -Ah, sì certo…-, mormorai rivolgendomi nuovamente alla professoressa. –Mi chiamo Jason Blake, vengo da New York.-
 -Bene, signor Blake, puoi sederti-, cominciò lei con tono tranquillo.
 Obbedii all’istante
 -Sei fortunato ad essere arrivato proprio oggi. Come vi avevo detto la scorsa settimana in questi giorni ci dedicheremo agli strani e insoliti costumi in uso nel Medioevo. Vi darò tre giorni per portare a termine una ricerca approfondita dell’argomento che vi assegnerò. Lavorerete in coppie, decise da me ovviamente.-
 Nessuno si lamentò o provò a ribattere, evidentemente non conveniva avere reazioni del genere con una professoressa come quella.
 La Rodriguez si sedette dietro la cattedra e prese l’elenco degli alunni.
 -Cominciamo. Tyler e Jonhson: “Cerimonia della creazione di un cavaliere”.-
 Nick mi guardò e sorrise. Poi lanciò un’occhiata soddisfatta al ragazzo moro che stava davanti a noi.
 -Turner e Harrison: “Usanze nel matrimonio”.-
 Due ragazze in seconda fila si guardarono contente.
 -Sullivan e Burton: “I Tornei”.-
 Mi guardai un attimo intorno. Sembrava che tutti stessero evitando di guardare in una determinata zona, e non ci misi molto a capire che si trattava di quella in cui stava Cassandra.
 Certo, era chiaro, avevano tutti il terrore di finire in coppia con lei, per questo attendevano la decisione della Rodriguez respirando appena.
 -Uhm… Blake e Hyde: “La caccia alle Streghe”.-
 D’un tratto tutti si voltarono a fissarmi e solo in quel momento compresi in modo chiaro le parole della Rodriguez.
 Provai a parlare ma quella subito mi bloccò.
 -C’è qualche problema, signor Blake?-
 Certo che c’era! Mi aveva appioppato la stramba solo perché ero quello nuovo!
 -No, nessun problema-, risposi con un mezzo sorriso.
 Maledetta la mia buona educazione!
 -Invece il problema c’è!-
 Mi voltai di scatto verso Cassandra.
 -Perché devo stare in coppia con lui? Anzi, perché devo stare in coppia?! Lo sa che lavoro molto meglio da sola, senza scocciature tra i piedi!-
 Aggrottai la fronte accigliato… Ero io la scocciatura?
 -Cassie, non puoi continuare a lavorare da sola a questi progetti-, esordì la Rodriguez guardandola seria. –Se non accetterai di lavorare con il signor Blake sarò costretta a escluderti da questo compito, e lo sai che una cosa del genere comporterà l’abbassamento della tua media nella mia materia.-
 Cassandra rimase un attimo in piedi continuando a fissare la professoressa poi sedendosi mormorò qualcosa di molto simile a “Okay, lavorerò con quel tizio”.
 Ma che credeva?! Che a me la cosa piacesse?! Neanche ero arrivato e già mi avevano messo in coppia con una specie di psicopatica asociale!
 -Bene-, disse la Rodriguez sorridendo. –Sono proprio contenta che la questione sia stata risolta. Ho sentito dire che tu, Blake, sei un ottimo studente, e Cassie è la migliore del mio corso. Sono davvero curiosa di sapere cosa combinerete insieme.-
 Cassandra si voltò un attimo a guardarmi: i suoi occhi sembravano emanare fuoco. A quanto pareva non le stavo simpatico, e la cosa era reciproca.
 Appena la campanella suonò tutti si alzarono per recarsi alla lezione successiva e stavo per farlo anch’io quando Cassandra Hyde si parò davanti al mio banco.
 La guardai confuso e sorpreso mentre mi chiedevo come avesse fatto a raggiungere il mio banco così velocemente in mezzo a tutto quel marasma di ragazzi, zaini e libri.
 -Aspettami alla fine delle lezioni, dobbiamo parlare della ricerca-, il suo tono era serio quasi come se dovessimo parlare di un segreto di Stato.
 -Sì… Certo…-
 -Perfetto. A dopo-, mi lanciò un altro sguardo glaciale e si diresse verso la porta con un’agilità sorprendente.
 Non riuscivo a capire perché quella tipa ce l’avesse tanto con me.
 -Fossi in te mi porterei dietro un po’ di aglio e un paletto di frassino-, cominciò Nick ridendo.
 Mi voltai a guardarlo.
 -Andiamo è solo una ragazza problematica, mica una vampira-, risposi sorridendo. –Sono sempre stato un tipo con i piedi per terra, quindi non ho paura di lei. Più che altro mi sto chiedendo perché mi odia così tanto, neanche mi conosce.-
 -Ti assicuro che non l’ho mai vista interessata a un’altra persona, né per odio né per amore… Devi avere qualcosa che l’attira.-
 -Forse è la mia indiscutibile bellezza-, dissi ridendo.
 -Sì, sogna pure-, ribatté Nick ridendo e dandomi un pugno sulla spalla.
 Risi anch’io ma non mi sentivo per niente tranquillo. C’era qualcosa di strano in quella ragazza, non sapevo di cosa si trattasse ma sentivo che non era niente di buono. Non era di certo una vampira, un licantropo, un fantasma o qualsiasi altro essere sovrannaturale, ma non era neanche una semplice liceale. I suoi occhi di ghiaccio nascondevano un qualche segreto ed io volevo sapere cosa fosse.
 Magari si trattava semplicemente di cocaina, crack o eroina. A quel punto mi sarei rivolto alle autorità competenti e tanti saluti. Se era davvero una tossicodipendente era mio dovere aiutarla ad uscire da quel giro malsano e deleterio, per poi tornare tranquillamente alla mia vita.
 Alla fine dell’ultima ora mi diressi al mio armadietto per prendere i libri che mi sarebbero serviti a casa per studiare.
 Lo chiusi e per poco non mi venne un colpo: alla mia destra, poggiata all’armadietto, c’era Cassandra Hyde che mi fissava con quei suoi occhi inquietanti e di ghiaccio. Se ne stava con le braccia incrociate come se stesse aspettando qualcosa.
 -Possiamo studiare a casa tua?- mi chiese con tono duro.
 -Ehm…- a casa mia? La mia non era ancora una casa, c’erano scatoloni sparsi ovunque e molti mobili non erano ancora arrivati. In più mia madre girava per casa in preda ad una crisi per mancanza di ordine. Non avremmo potuto studiare in un posto del genere. –Veramente è ancora incasinata a causa del trasloco.-
 -Accidenti-, mormorò Cassandra pestando il piede a terra. –Vorrà dire che andremo da me, in biblioteca non troveremo i libri che ci servono per la ricerca.-
 -Perché da te ci sono?- chiesi chiudendo il lucchetto dell’armadietto.
 -Mio padre gestisce una libreria di libri antichi, non hai idea di quello che sono riuscita a trovare tra gli acari e la polvere.-
 La guardai sorpreso. Fantastico, era una che si dava alle letture sull’occulto. Ci mancava solo questa!
 -Bene, allora vada per casa tua-, dissi sorridendo. Poi la mia buona educazione si fece di nuovo avanti prima che io potessi fermarla. –Comunque io sono Jason Blake, ma puoi chiamarmi solo Blake.-
 Le porsi una mano in segno di pace, sperando che riuscisse a farla svelenare un po’ nei miei confronti. Lei la guardò per un attimo e poi sospirando sconfitta la strinse.
 -Chiamami Cassie, se ti sento solo una volta pronunciare il nome Cassandra ti faccio fuori-, alzò lo sguardo e lo puntò su me. –Non sto scherzando.-
 -Sì, ti credo-, risposi subito cercando di restare calmo. Le minacce sulle labbra di Cassand…  Cassie, risultavano tremendamente reali.
 Stavo per lasciarle la mano quando a un tratto avvertii qualcosa di strano. Come se avessi preso una leggera scossa che poi era scomparsa all’improvviso.
 -Stai bene?- mi chiese lei alzando un sopracciglio.
 -Sì, benissimo-, risposi con una voce piuttosto acuta.
 -Allora potresti restituirmi la mia mano, potrebbe servirmi in un futuro piuttosto prossimo-, mi gelò ancora una volta con i suoi occhi.
 -Scusa-, mormorai mollando subito la presa.
 -Andiamo-, decretò lei voltandosi e camminando velocemente verso l’uscita.
 -Aspettami-, esclamai mettendomi la borsa a tracolla e seguendola. Appena le fui accanto dissi: -Come ci arriviamo a casa tua?-
 Lei mi fissò un po’ accigliata.
 -Ma fai solo finta di essere stupido o lo sei per davvero? Ci andremo in macchina-, detto questo indicò un’auto nera parcheggiata non molto lontano dall’uscita.
 Appena la vidi fu come se un fulmine mi avesse colpito in pieno. Era una…
 -Dodge gtx del ’70-, dissi senza riuscire a togliere gli occhi da quell’auto.
 -Fantastico-, mormorò Cassie con tono esasperato, -mi è capitato anche un patito di automobili, non credo che possa andare peggio di così.-
 Lasciai perdere i commenti di Cassie e mi diressi spedito verso quel gioiello di macchina. Lei mi raggiunse poco dopo mentre io ero troppo occupato ad ammirare la bellezza di quella carrozzeria per prestare attenzione a chi o cosa mi stava attorno.
 -Come l’hai avuta?- chiesi con aria sognante.
 -Me l’ha regalata mio padre per i miei diciassette anni-, rispose lei aprendo lo sportello.
 -Ho sempre desiderato un’auto come questa, ma i miei mi hanno sempre detto che fino a quando frequenterò il liceo posso anche prendere l’autobus.-
 Lei mi fissò per qualche secondo senza dire una parola. Poi prima che potessi intervenire mi lanciò le chiavi della macchina e venne verso di me.
 -Guida tu.-
 -Cosa?- chiesi osservando il piccolo mazzo di chiavi nella mia mano.
 -Se ci tieni tanto puoi guidare tu-, continuò sedendosi al posto del passeggero. –Non ho mai dato importanza alle auto quindi… divertiti pure…-
 Le sue parole ci misero qualche secondo a trovare la giusta collocazione all’interno del mio cervello.
 -Posso davvero?- ero ancora piuttosto incredulo.
 -Se mi farai ancora una domanda del genere, cambierò idea-, rispose lei senza guardarmi.
 -Grazie-, esclamai al colmo della felicità.
 Mi tolsi la tracolla, girai dalla parte del guidatore e salendo lanciai la borsa sul sedile posteriore. Chiusi lo sportello e infilai la chiave. Subito il motore si accese facendo quelle che, per me, erano indiscutibilmente fusa. Sorrisi come un ebete nel sentire quel suono meraviglioso.
 -Uomini-, mormorò Cassie guardando fuori dal finestrino. –Siete come dei bambini. Per farvi felici basta un giocattolo nuovo.-
 Non risposi a quella sua frecciatina. Le ero troppo grato per quell’opportunità, non ce la facevo proprio a ribattere.
 Eravamo in viaggio da più o meno dieci minuti, e in base alle stentate indicazioni di Cassie dovevamo essere quasi arrivati. Aveva parlato poco e niente durante tutto il tragitto. Apriva bocca solo per dire “Svolta a destra”, “Continua dritto” o “Alla prossima gira a sinistra”. A quel punto non potevo più trattenermi.
 -Posso farti una domanda?- chiesi timoroso.
 -Se non puoi proprio farne a meno-, rispose continuando a fissare imperterrita fuori dal finestrino.
 -Perché mi odi?-
 Lei si voltò a guardarmi e i suoi occhi divennero all’improvviso più dolci ma senza perdere la loro decisione.
 -Non ti odio, però… è complicato-, il suo tono era strano e confuso, diverso da quello che aveva usato fino a quel momento.
 -Prova a spiegarmi, sono un ragazzo intelligente e di larghe vedute. Non mi sorprendo facilmente-, risposi con un sorriso, cercando di scavare un buco in quel muro di cemento che Cassie aveva eretto tra noi due.
 -Credimi, questo ti sorprenderebbe-, mormorò con un tono quasi inudibile. –Comunque ti tratto in modo così freddo perché appena ti ho visto mi hai dato una strana sensazione…-
 -Che sensazione?- chiesi curioso.
 -Siamo arrivati-, disse indicando un palazzo piuttosto antico alla nostra destra. –Parcheggia davanti alla libreria.-
 Era evidente che il nostro discorso era caduto e chissà se e quando avrei potuto tirarlo fuori di nuovo.        
 Presi la borsa dal sedile posteriore, restituii le chiavi della macchina a Cassie e una volta sceso dall’auto diedi un’occhiata alla libreria davanti alla quale c’eravamo fermati.
 La vecchia insegna in legno recitava “Antique Books”, nel caso qualcuno, guardando la vetrina del negozio, non avesse chiaro che si trattasse di un negozio di libri antichi. In effetti, guardandomi attorno, tutto il quartiere era composto da case in vecchio stile Ottocento o giù di lì, e avevo come la sensazione che di notte non fosse esattamente un luogo allegro dove poter fare una passeggiata. Nella vetrina del negozio c’erano diversi libri rilegati con pesanti copertine di cuoio e di pelle. Quei volumi dovevano valere un capitale, di certo avevano centinaia di anni.
 Riuscii a leggere qualche titolo. C’era un’antica edizione del Vecchio Testamento, un’edizione de “L’Asino D’Oro” di Apuleio con le scritte in oro, “Il Manuale della Arti Mediche- 1535” e altri volumi i cui titoli non erano molto leggibili.
 -E’ la libreria di tuo padre?- chiesi quando anche Cassie scese dall’auto.
 -Sì, appartiene alla mia famiglia da generazioni. L’aveva aperta un mio antenato che amava collezionare i libri antichi e alla fine tutti gli Hyde amano questo genere di cose. Credo sia nel nostro DNA, abbiamo il “gene del libro antico”.-
 A quelle parole mi era sembrato di scorgere un sorriso sul suo volto impassibile.
 -Piacciono anche a me-, dissi sorridendole. –I libri, qualsiasi tipo di libri, sia antichi che moderni… Sono sempre stato un topo di biblioteca.-
 Lei mi squadrò sorpresa. 
 -A guardarti non si direbbe proprio-, disse ironica.
 -Sì, be’… Un paio d’anni fa non ero esattamente come adesso.-
 Lei mi fissò per un attimo lanciandomi uno dei suoi soliti sguardi di ghiaccio, anche se un po’ più benevolo rispetto a quelli che mi aveva riservato durante le ore scolastiche, e mi fece strada.
 Non entrammo nel negozio ma nell’edificio accanto, passando per un portone di legno piuttosto antico e malridotto. Camminammo fino all’ascensore, vecchio anche quello, ed entrammo, mentre io pregavo che quell’aggeggio non si bloccasse.
 Cassie premette il pulsante per il settimo piano e chiuse la porta di legno con una finestrella di vetro tutto macchiata d’umidità. L’ascensore cominciò a muoversi cigolando ed emettendo rumori poco confortanti.
 Ci mise diversi secondi prima di fermarsi al nostro piano, e la sua lentezza non aveva contribuito a tranquillizzarmi. Uscimmo finalmente da quel trabiccolo- mi ripromisi di prendere le scale per scendere- e ci fermammo davanti ad un’imponente porta in legno antico. Una targhetta recitava “Professor H. Hyde, esperto di Storia”.
 -Tuo padre è un professore?-
 -Insegna Storia alla San Francisco State University-, rispose Cassie aprendo la porta.
 -E la libreria?-
 -Per quella abbiamo una dipendente.-
 Entrai con calma in casa guardandomi lentamente attorno. Dire che ero sbalordito era poco: non era una casa, ero finito nell’attico di un miliardario senza accorgermene. L’appartamento era grande e luminoso, arredato in stile moderno e con tutti i confort che uno potesse immaginare.
 -Seguimi-, disse Cassie facendomi strada.
 Passammo da quello che doveva essere il soggiorno e vidi un enorme televisore al plasma e un grande divano di pelle nero.
 La stanza successiva era la cucina: arredata in modo impeccabile con tutto quello che si sarebbe potuto desiderare.
 -Cassie…-
 -Cosa?- lei mi guardò sorpresa, poi capì. –Ah, avevo dimenticato di dirti che la famiglia Hyde è sempre stata ricca sfondata, mio nonno era nell’industria del petrolio. La libreria e la cattedra universitaria sono solo del passatempi a cui papà non vuole rinunciare.-
 -Stavi parlando di me?- chiese una voce profonda e divertita alle mie spalle.
 Mi voltai di scatto e mi trovai davanti ad un uomo giovane, aveva di sicuro meno di quarant’anni, con capelli castani e gli stessi identici occhi di Cassie. Erano proprio uguali! Però il padre non era inquietante e freddo quanto la figlia.
 -Papà, lui è Blake, un mio compagno di classe-, mi presentò Cassie mentre si toglieva la giacca e la buttava su una sedia.
 -Piacere di conoscerti, sono Hermes Hyde, il papà di Cassie-, mi porse la mano.
 La strinsi titubante. –Piacere mio, signore.-
 -E’ bello conoscere finalmente un amico di mia figlia-, disse lui sorridendo.
 -Non siamo amici-, precisò Cassie trascinandomi via. –Dobbiamo solo fare una stupida ricerca per storia. Andiamo a studiare in biblioteca.-
 Mi scaraventò- letteralmente, non pensavo che una ragazza potesse essere così forte!- in un’altra stanza, prima che potessi rispondere al signor Hyde, e chiuse la porta.
 -Cerco qualche libro che ci può servire. Tu non ti muovere da qui, faresti solo danni.-
 Annuii senza smettere di guardarla poi iniziai a osservare la stanza dove eravamo appena entrati. La parola “biblioteca” era quasi riduttiva. L’intera stanza era piena zeppa di scaffali stracolmi di libri antichi e di vario genere. Era davvero enorme e una grande vetrata proprio davanti a me permetteva a una notevole quantità di luce di illuminare l’intera stanza.
 Cassie sparì dietro a una serie di scaffali mentre io me ne stavo immobile vicino al tavolo da studio che stava al centro della sala.
 Quella casa era strana, quell’atmosfera era strana e quella ragazza era ancora più strana!
 Dove diavolo ero capitato!?
 -Ciao.-
 Sussultai spaventato al suono di quella voce.
 Mi voltai di scatto verso la porta. Una donna bellissima stava in piedi a un paio di metri da me. Aveva lunghi capelli neri, come quelli di Cassie, e occhi azzurro ghiaccio, esattamente come quelli di Cassie! Ma che li facevano con lo stampino in quella famiglia!
 -Salve-, risposi quando ebbi ripreso il fiato che era scappato via per lo spavento.
 Se non avessi saputo che la madre di Cassie era morta avrei subito detto che doveva essere lei. Forse era una zia…
 -Sei un amico di Cassie?- mi chiese lei sorridendole.
 -Forse la parola amico è un tantino esagerata-, dissi cercando di precisare. Non volevo morire, e Cassie poteva essere a portata d’orecchio. –Sono un suo compagno di scuola, mi chiamo Blake.-
 -Piacere di conoscerti-, cominciò lei porgendomi la mano.
 -Con chi ce l’hai? Adesso ti metti anche a parlare al vento?-
 Mi voltai e vidi Cassie venirmi incontro con una pila altissima di volumi.
 -Che sono tutti quei libri?- chiesi spaventato.
 Lei lì poggiò sul tavolo e mi guardò con occhi seri.
 -Questi ci serviranno per l’introduzione. Dì là ce n’è un’altra ventina che useremo per la ricerca vera e propria. Se una cosa deve essere fatta meglio farla come si deve.-
 Era la mia stessa filosofia ma lei esagerava.
 -Capisco… Comunque non stavo parlando da solo-, mi ricordai della sua accusa.
 -Ah, sì? E con chi stavi parlando?- incrociò le braccia con fare ironico.
 -Con tua zia… O almeno credo che sia tua zia.-
 -Mia zia?- il suo sguardo era davvero confuso.
 Sbattei le palpebre un paio di volte.
 -La donna con i capelli neri che sta un paio di passi dietro di me. Non so se sia tua parente ma avete gli stessi occhi e vi somigliate parecchio-, dissi cercando di spiegarmi.
 Cassie impallidì di colpo, e la sua carnagione era pallida già di suo.
 -Tu… Tu… Riesci a vederla?- mi chiese con un filo di voce.
 Aggrottai la fronte confuso. Mi voltai di nuovo verso la donna con cui avevo parlato poco prima: era esattamente dove stava pochi secondi prima e mi sorrideva con calore.
 -Cos’hai bevuto, Cassie? Non ti fa bene sniffare la polvere della biblioteca… Certo che la vedo, è qui con noi in questa stanza-, risposi semplicemente indicandola.
 Lei spalancò gli occhi.
 -Papà!- esclamò. –PAPA’!- questa volta urlò.
 Ma che stava succedendo? Perché urlava in quel modo.
 -Papà! Vieni subito qui!- le sue urla avevano un volume davvero notevole.
 -Che succede?!- chiese il signor Hyde aprendo la porta quasi immediatamente. Mi guardò curioso mentre io alzavo le spalle. –Allora?-
 -Lo vorrei sapere anch’io?- intervenni con calma.
 -Papà…-, cominciò Cassie prendendo un respiro. –Blake riesce a vederla…-
 Ancora con la storia del riuscire al vederla? Era un essere umano, cavolo! Era del tutto normale che io riuscissi a vederla.
 -Lui riesce a vedere tua madre?- anche gli occhi del signor Hyde si spalancarono.
 -Madre?- la mia confusione aumentava. –Ma tua madre non era morta diversi anni fa?-
 Sia il signor Hyde che Cassie si voltarono a guardarmi.
 -Infatti…-, esordì lei con un filo di voce.
 -E allora come spieghi che è qui accanto a me?- chiesi ironico.
 -Perché quella non è davvero mia madre. Quello è il suo… fantasma.-
 Mi voltai di scatto verso la donna che stava un paio di passi alla mia destra. Era reale e sembrava assolutamente tangibile. Non poteva essere un fantasma, i fantasmi neanche esistevano!
 Perciò quei due stavano scherzando, vero?







***L'Autrice***
 Ed eccomi qui con questa nuova storia, che poi non tanto nuova non è visto che giace nel mio computer da più di un anno. Sinceramente ero molto indecise se pubblicarla o meno, prima di tutto perchè non sono sicura che valga davvero e secondo perchè sono ferma alla stesura del terzo capitolo da una vita... ^^' Però ho pensato che forse cominciandola a pubblicare avrei avuto qualche incentivo per continuare a scriverla.^^
 Chi mi conosce sa che accetto qualsiasi tipo di parere, quindi se la storia fa schifo ditelo pure senza problemi, non ci metterò niente a cancellarla a a far finta che non sia mai esistita...^^
 Ringrazio in anticipo tutti quelli che hanno letto questo primo capitolo, con la speranza che siate arrivati fino alla fine senza aver voglia di uccidermi...^^

Un bacio a tutti!   

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Capitolo 2
*** L'Importanza Di Essere Un Guard ***








Ghost Seeker- Capitolo 2 Capitolo 2: L’Importanza Di Essere Un Guard (Cassie)
 
 




 Lo avevo capito subito che quel Jason Blake non era una persona come le altre. Il colore dei suoi occhi aveva instillato in me il dubbio e l’energia che avvertivo intorno a lui, non era quella che sentivo osservando un normale essere umano.

 E adesso era in casa mia, nella mia biblioteca e riusciva tranquillamente a vedere il fantasma di mia madre. C’era una sola spiegazione per quell’avvenimento così insolito, perché i fantasmi esistono ma alle persone normali, le persone che non posseggono il gene S, non è consentito vederli ed entrare in contatto con loro.
 Blake era in grado di vedere il fantasma di mia madre senza problemi, il che lo inseriva indiscutibilmente nelle persone “non normali”, come me.
 -Blake-, cominciò mio padre con voce tranquilla facendo qualche passo verso di lui. Sapeva che il ragazzo stava morendo dalla paura e non voleva rischiare di peggiorare la situazione. –Capisco che questa storia possa sembrarti un tantino bizzarra...-
 -Bizzarra?!- esclamò Blake spalancando gli occhi incredulo. –Riesco a vedere chiaramente una donna morta anni fa. Questa non è una storia bizzarra… E’ un incubo. E voi siete tutti pazzi, come riuscite a restare così calmi davanti a tutto questo?!-
 Mi voltai di scatto a fissarlo. Cercai di assumere l’aria più rassicurante possibile ma non ero mai stata brava in quel genere di faccende perciò il mio volto assunse la mia abituale espressione scocciata.
 -Agli incubi ci si abitua, Blake-, incrociai le braccia indispettita. –Soprattutto quando un incubo come questo ti accompagna per tutta la vita.-
 -Ma che diavolo vai blaterando?- continuò lui con una terrorizzata nota d’urgenza nella voce. –L’avevo capito subito che eri stramba ma non pensavo che fossi anche fuori di testa fino a questo punto.-
 -Io non sono fuori di testa!- esclamai puntando i miei occhi nei suoi.
 -Sì, invece-, ribatté lui quasi urlando.
 Potevo capire che fosse sconvolto ma adesso stava proprio esagerando e io non ero famosa per la mia pazienza.
 -Se io sono fuori di testa ti comunico, mio caro, che lo sei anche tu dato che riesci a vedere un fantasma.-
 Lui spalancò gli occhi e mi fissò spaventato. Doveva aver dimenticato che nella stanza insieme a noi c’era il fantasma di mia madre.
 Mio padre fece un respiro e con calma si avvicinò a Blake posandogli una mano sulla spalla.
 -Blake ci sono delle cose che devi sapere. Con molta probabilità tu sei un…-
 -Io devo andarmene da qui!- esclamò Blake liberandosi dalla presa di mio padre e fiondandosi fuori dalla porta della biblioteca.
 Se n’era andato? Be’ meglio così, non mi era mai stato simpatico e poi era così cocciuto, negava anche l’evidenza.
 Papà si voltò a guardarmi con il suo solito sguardo calmo, quello che usava per farmi fare quello che non avrei mai voluto.
 -Che c’è?- chiesi scocciata.
 -Lo sai che devi seguirlo e convincerlo a tornare qui.-
 -No, non devo. Non ho nessun obbligo e dubito che lui voglia rimettere piede qui dentro-, risposi con tono secco. Non avevo alcuna intenzione di parlare ancora con quell’idiota e neanche mio padre sarebbe riuscito a convincermi. Non se ne parlava neanche!
 -Cassie, non essere testarda-, mi rimproverò lui con la sua solita aria gentile che mi faceva venire i nervi. –Lo stavi aspettando, e lui ti stava cercando. Lo sai che non puoi sottrarti a tutto questo. Il fatto che abbia cominciato a vedere le anime proprio adesso che vi siete incontrati significa che è lui.-   
 Sapevo che mio padre aveva ragione ma non volevo ancora ammetterlo, non volevo che proprio quel ragazzo imbecille fosse ciò che stavo aspettando da così tanto tempo.
 -Vi siete toccati?- mi chiese papà all’improvviso.
 -Come scusa?- dissi imbarazzata.
 -Tu e Blake. I vostri corpi sono entrati in contatto diretto?- riformulò.
 All’improvviso la stretta di mano con cui si era presentato in corridoio mi ritornò in mente. Sì, i nostri corpi erano entrati in contatto e in quel momento io l’avevo capito che era avvenuto qualcosa ma non volevo ammetterlo testarda com’ero.
 Il mio gene aveva attivato quello assopito di Blake perché si erano riconosciuti, e adesso si era innescato un meccanismo che niente e nessuno avrebbe mai potuto bloccare. Era il nostro destino, e mi toccava ficcarlo in testa a Blake.
 -Ho capito-, risposi a papà mentre lui continuava a fissarmi per decifrare la mia decisione. –Sì, i nostri corpi sono entrati in contatto, quindi vado a recuperare quel novellino e te lo porterò qui.-
 Mio padre sorrise e mentre uscivo dalla biblioteca all’inseguimento di Blake mormorò qualcosa che suonò simile a “Tanto lo so che quel ragazzo piace anche te.”
 Tzè. Dubitavo altamente che per me Blake sarebbe mai stato anche solo meno irritante di quanto fosse ora. Non lo sopportavo e non volevo che fosse lui, non volevo che la mia vita dovesse dipendere da uno come lui. Ma ormai tutto era stato deciso e non sarebbero stati i miei capricci infantili a cambiare le cose.
 Corsi fuori dall’appartamento e imboccai le scale il più in fretta possibile. Ero veloce, molto veloce ma Blake aveva un vantaggio notevole e chissà dove poteva essere. Dovevo trovarlo prima che si cacciasse in qualche guaio.
 Ero quasi arrivata all’ultimo piano di scale e all’improvviso una strana sensazione mi invase. Sentivo Blake, sentivo che non era lontano, avvertivo la sua presenza in modo così chiaro e nitido che per poco non pensai di averlo accanto.
 Rallentai il passo e mi diressi camminando verso il vecchio portone di legno aprendolo con calma. Quello che vidi una volta fuori mi lasciò senza fiato. Blake era fermo immobile esattamente al centro del marciapiede e si guardava intorno confuso. Ero riuscita a sentirlo così distintamente, non pensavo che avremmo mai potuto avere un legame così forte.
 -Perché li vedo solo ora?- chiese Blake senza voltarsi.
 Anche lui doveva aver avvertito la mia presenza.
 -Perché fino ad ora non mi ero mai accorto che il mondo è popolato anche da… loro?- la sua voce era calma ma aveva sempre quella nota di incredulità che non l’aveva ancora abbandonata.
 Sapevo a cosa si stava riferendo. Per la strada passeggiavano tranquillamente alcune persone, passavano davanti a noi senza guardarci ma c’erano anche degli altri individui che non erano come gli altri. Passavano attraverso i muri o attraverso le altre persone. Avevano vestiti di epoche diverse e i loro sguardi erano vuoti, senza alcuna gioia. Erano fantasmi. Entità con cui avevo avuto a che fare per tutta la vita e che adesso a causa mia si stavano insinuando subdoli anche nella vita di Blake senza che lui potesse fare nulla per impedirlo.
 -Non li hai mai visti perché ancora non mi avevi incontrata-, risposi alle sue domande con tono neutro senza far trasparire quel senso di colpa che in realtà mi stava divorando.
 Lui si voltò lentamente a guardarmi.
 -Voglio sapere che sta succedendo. Voglio capire quello che mi sta accadendo prima che la testa decida di esplodermi sul serio-, i suoi occhi erano seri e più azzurri del solito. Non capivo come avevo fatto a non notarlo subito, solo il colore dei suoi occhi avrebbe dovuto farmi capire immediatamente di fronte a chi mi trovavo fin dal nostro primo incontro.
 -Se vuoi sapere tutta la verità-, cominciai con sguardo comprensivo, -devi semplicemente venire con me.-
 Mi voltai e tornai all’interno del portone. Non ci fu bisogno di voltarmi per sapere che Blake era qualche metro dietro di me, lo sentivo che mi stava seguendo avvertivo il suo calore dentro il mio corpo.
 Entrammo di nuovo nel mio appartamento e tornammo in biblioteca dove mio padre ci stava aspettando seduto al tavolo mentre sistemava quattro tazze con del tè caldo dentro.
 -Sapevo che ci saremmo rivisti, Blake-, disse con uno dei suoi soliti sorrisi gioviali. –Siediti e prendi un po’ di tè, vedrai che ti farà bene. Tra poco arriveranno anche dei pasticcini e dei biscotti.-
 Blake guardò mio padre in modo circospetto e si sedette proprio di fronte e lui.
 -Siediti anche tu Cassie, sai che tutto questo riguarda Blake almeno quanto riguarda te.-
 Mi avvicinai al tavolo diretta alla sedia accanto a mio padre ma lui mi indicò deciso con lo sguardo quella alla destra di Blake.
 Con un sospiro di sconfitta mi sedetti accanto a lui e misi un paio di zollette di zucchero nella mia tazza colma di tè caldo e profumato.
 Blake stava seduto, rigido come un palo e fissava la tazza che stava proprio di fronte a me.
 -An-anche sua moglie prenderà il tè?- chiese Blake imbarazzato o impaurito, non riuscivo a capire bene che genere di tono avesse assunto la sua voce.
 Papà ed io ci fissammo un attimo e poi scoppiammo a ridere mentre il volto del povero Blake assunse all’improvviso diverse tonalità di rosso.
 -No, Blake-, cominciò mio padre con un sorriso. –I fantasmi non hanno un corpo quindi non possono bere o mangiare. Questo tè è per una persona in carne ed ossa, per il momento diciamo che è per la mia assistente.-
 -Sono stata retrocessa al ruolo di “assistente”?- chiese una dolce voce femminile dalla porta.
 Ci voltammo tutti nella direzione da cui proveniva. Sulla soglia della porta, con in mano un vassoio enorme pieno di qualsiasi ben di Dio proveniente dalla pasticceria sotto casa, c’era una ragazza con lunghi capelli scuri e profondi occhi azzurri, vestita in modo piuttosto sportivo.
 -Scusa Dafne, ma Blake è ancora piuttosto confuso quindi ho preferito adottare una linea più soft per cominciare a spiegargli come stanno le cose.-
 Dafne fece un sorriso e camminando velocemente verso il tavolo posò il vassoio e si accomodò accanto a mio padre.
 -Non sono mai stata favorevole ai metodi gentili. E’ un uomo e saprà affrontare tutto quello che gli diremo- si voltò a guardare Blake e lo fissò dritto negli occhi. Lui sussultò. –Sì, mio caro Blake, i miei occhi sono identici ai tuoi esattamente come quelli di Cassie sono uguali a quelli di suo padre.-
 -Siamo parenti?- chiese Blake confuso.
 -No, noi siamo qualcosa di più che parenti-, continuò Dafne con un sorriso. –Tu ed io siamo dei Guard. Il nostro compito è quello di aiutare i Seeker nelle loro missioni e di fare in modo che le anime bianche riescano ad arrivare nell’Aldilà.-
 Blake spalancò gli occhi confuso, probabilmente al suo posto avrei reagito esattamente nello stesso modo.
 -Sei la solita impulsiva Dafne-, disse papà con tono serio. –Non penso proprio che Blake sia riuscito a capire una sola parola di quello che hai detto.-
 -Provo a spiegargli io come stanno le cose, papà-, ero stata io a parlare? Non me ne ero neanche accorta ma la mia bocca si era aperta prima che me ne rendessi conto. Sapevo solo che ero io a dover parlare con Blake, ero io che dovevo fargli capire quello che stava succedendo. Solo così lui avrebbe davvero capito.
 -Prima di tutto c’è una cosa che ti deve entrare in testa-, cominciai mentre lui mi guardava sempre più incredulo. –Se tu riesci a vedere i fantasmi significa che una parte di te è come me.-
 Sbatté le palpebre ma non me la presi, ancora non poteva capire.
 -Io sono una Seeker, tutta la mia famiglia lo è… Da sempre. I Seeker sono degli umani che hanno un particolare gene, chiamato “gene S” che permette loro di vedere i fantasmi. Questo gene consente ad un Seeker non solo di vedere i fantasmi, ma di essere più veloce, più forte e più intelligente di un qualsiasi umano. Quello che un Seeker deve fare è facilitare il passaggio delle anime nell’Aldilà e perché ciò avvenga deve aiutare i fantasmi a risolvere le loro faccende in sospeso. Lo so che ti sembrerà assurdo ma è vero che i fantasmi rimangono sulla terra perché hanno qualcosa di incompiuto che li lega ancora al nostro mondo.-
 Blake non fiatava, forse neanche respirava, pendeva letteralmente dalle mie labbra.
 Presi un respiro profondo e continuai.
 -Nella maggior parte dei casi per poter aiutare le anime i Seeker devono permettere ai fantasmi di possedere i loro corpi. In questo modo però il Seeker non ha più il controllo del proprio corpo e questo potrebbe causare diversi problemi. Ed è qui che entrano in scena i Guard.-
 Blake guardò per un attimo Dafne e tornò subito a fissarmi.
 -Il Guard è il protettore del Seeker. In qualunque caso e in qualsiasi situazione la vita del Seeker è sotto la diretta responsabilità del suo Guard.-
 -Quindi io sarei un Guard?- mi chiese Blake esitante.
 -No, tu non sei un Guard. Tu sei il mio Guard ed io sono la tua Seeker. I nostri geni S sono entrati in contatto quando prima mi hai stretto la mano e il mio gene ha fatto risvegliare il tuo che era assopito. E’ per questo che solo adesso hai potuto vedere i fantasmi.-
 -Ma… Ma come è possibile? Come mai ho questo gene S?-
 Era disorientato, lo capivo. Sentivo i suoi sentimenti, la sua paura.
 -Un Guard ha dentro di sé il sangue di un Seeker, ma il suo è sangue impuro perché probabilmente il Seeker da cui l’ha ereditato ha mischiato il suo sangue con quello di umano comune.-
 -Stai cercando di dire che uno dei miei parenti è un Seeker?- mi chiese lui incredulo.
 -Sì-, risposi con tono serio. –Per poter preservare il gene S in modo puro i Seeker possono avere dei figli solo con altri Seeker, per questo avvengono i matrimoni combinati. Ormai non sono rimasti più molti Seeker puri e quelli che ci sono devono essere preservati.-
 -Aspetta. Vuoi dire che anche i tuoi genitori si sono sposati per un matrimonio combinato?- chiese incredulo.
 -Sì, ma il nostro è un caso a parte-, intervenne mio padre con un sorriso. –Calliope ed io eravamo cresciuti insieme e ci siamo innamorati prima che i nostri genitori decidessero di farci sposare.-
 -Capisco. E’ per questo che voi Seeker avete tutti gli occhi di quel colore?-
 -Il colore dei nostri occhi-, continuai cercando di essere il più chiara possibile, –ha una funzione puramente pratica. Quando un fantasma possiede il corpo di un Seeker gli occhi di quel Seeker assumono immediatamente il colore degli occhi del fantasma proprio perché in realtà i nostri occhi non hanno un vero e proprio colore. In questo modo se un Seeker è posseduto il suo Guard o altri Seeker se ne accorgono subito.-
 -E gli occhi dei Guard invece?- continuò lui. –Come mai anche noi Guard abbiamo gli stessi occhi?-
 -E’ per permettere a noi Seeker di riconoscervi. Esiste un solo Guard per ogni Seeker, i loro geni si riconoscono in base ai loro caratteri e alle attitudini comuni.-
 Blake mi fissò per un attimo.
 -Quindi il tuo gene S ha scelto me…-, osservò lui incredulo.
 -Sì, neanch’io ci potevo credere ma non possiamo farci nulla è andata così. Sinceramente ho sempre sperato che il mio Guard fosse una donna, voi uomini siete stupidi e ingestibili ma non sempre si può avere tutto dalla vita.-
 -Scusa tanto se non sono quello che volevi-, rispose lui risentito. –Io neanche ci volevo entrare in tutta questa storia. Se solo quel mio parente non fosse stato un Seeker…-
 -Chi ha deciso di chiamarti Jason?- chiese all’improvviso mio padre.
 Blake ed io ci voltammo a guardarlo.
 -Perché me lo chiede?-
 -Ai Seeker e ai Guard non vengono dati nomi a caso-, cominciò a spiegare mio padre. –Io mi chiamo Hermes, poi c’è Cassandra, Dafne, Calliope… Non ti suonano particolari come nomi?-
 Blake ci pensò un attimo e poi gli parve di capire.
 -Sono tutti legati alla mitologia…-
 -Esatto, lo facciamo per una questione di identificazione. Anche Jason è un nome mitologico quindi, se è stato uno dei tuoi parenti a sceglierglielo probabilmente è lui il Seeker.-
 -Mia madre mi ha sempre detto che quando era piccola suo padre le ripeteva in continuazione che se avesse avuto un figlio con gli occhi azzurri avrebbe dovuto chiamarlo Jason.-
 -Quindi è tuo nonno il Seeker… Come si chiama?-
 -Warren. Icarus Warren… Non avrei mai pensato che il suo nome fosse legato ai Seeker, ho sempre creduto che fosse strano ma mai fino a questo punto.-
 -Icarus Warren?!- l’incredulità che avevo messo in quel nome appena sussurrato era evidente anche nelle voci di mio padre e Dafne che lo avevano pronunciato esattamente nello stesso modo.
 -Tu… Tu sei il nipote di Icarus Warren?- chiese papà con lo stupore di un bambino che aveva appena visto l’albero della Cuccagna.
 Blake guardò mio padre confuso, poi mi rivolse uno sguardo ancora più confuso e si limitò ad annuire.
 -Sì, mio nonno si chiama così. Perché? Lo conoscete?-
 Dire di conoscere Icarus Warren è quasi un insulto al mondo dei Seeker.
 -Icarus Warren non è stato solo un semplice Seeker-, cominciai io cercando di far capire a Blake tutta l’importanza nascosta dietro a quel semplice nome. –Icarus Warren è una leggenda.-
 Blake mi fissò sorpreso mentre mio padre decise di intervenire.
 -Non è ancora il momento di parlare di tuo nonno, Blake. Per poter capire fino in fondo quello che lui è stato per noi Seeker devi prima capire chi siamo veramente ma soprattutto contro cosa combattiamo perché devi…-
-Sta parlando come se io avessi accettato di diventare un Guard-, cominciò Blake fissando mio padre dritto negli occhi. –Non voglio tutto questo e non ho intenzione di entrare nel vostro mondo.-
 -Tu non capisci-, intervenni senza riuscire a fermarmi. –Non c’è nulla da accettare le cose stanno così e basta. Non puoi scegliere di non essere un Guard, fa parte di te.-
 Era vero. Ormai il gene S di Blake si era risvegliato e aveva riconosciuto il mio. Non c’era niente che lui potesse fare per rinnegare il suo destino. Era legato a me per sempre.
 -Che significa che non posso scegliere?-
 Sentivo il suo stato d’animo. Come sua Seeker avrei avvertito i suoi sentimenti in ogni situazione. Paura. Incertezza. Voglia di scappare. Era questo che avvolgeva l’aura di Blake in quel momento. Ma non poteva farlo, il gene S non glielo avrebbe permesso.
 -Non puoi scegliere, Blake-, disse mio padre con tono comprensivo. –Il gene S non dà questa possibilità. Una volta che si attiva nel momento in cui Cassie si troverà in pericolo o sotto il controllo di un’anima, tu correrai da lei, sentirai il bisogno di aiutarla e di proteggerla. Questo è il potere del gene S, un potere a cui non potrai sottrarti.-
 -Sono un tipo forte. Gene S o meno, riuscirò a non farmi coinvolgere in questa pagliacciata.-
 Mio padre lo fissò con occhi comprensivi ma io sapevo che quel suo sguardo non era così innocuo come poteva sembrare. Hermes Hyde aveva qualcosa in mente, me lo sentivo.
 -Va bene, Blake-, cominciò con voce calma. –Se sei convinto di riuscire a resistere al richiamo del gene S, io non ti costringerò in alcun modo a diventare il Guard di Cassie.-
 -Cosa?!-
 Quell’esclamazione sorprese anche me, soprattutto perché era uscita proprio dalla mia bocca prima che la ragione potesse bloccarla.
 -Papà! Esiste un solo Guard per ogni Seeker. Se Blake non…-
 -Cassie-, il tono categorico di papà riuscì quasi a spaventami, il che era tutto dire visto che mio padre era la persona più pacata del mondo. In genere ero io a rimproverare lui. –Non possiamo costringere qualcuno a fare quello che gli chiediamo contro la sua volontà.-
 E da quando la volontà contava qualcosa se c’era il gene S di mezzo?
 A me non era mai stata data alcuna possibilità di scelta.
 -Quindi, Blake, se questa è la tua decisione definitiva, puoi anche andare.-
 Blake si alzò in piedi e guardò mio padre con un misto di sollievo e gratitudine. Lui non lo conosceva, non poteva sapere che stava escogitando uno dei suoi piani. Finalmente il mio Guard si era manifestato e dubitavo fortemente che mio padre se lo sarebbe lasciato scappare.
 -Nessuno di noi verrà più a cercarti, questa è una promessa.-
 -La ringrazio, signor Hyde-, la gratitudine di Blake era quasi palpabile.
 -Nel caso dovessi cambiare idea potrai rivolgerti a me o a Cassie quando vorrai.-
 -Ne terrò conto, ma non credo che ci sarà più occasione di rivederci, signor Hyde. Tendo ad essere molto risoluto nelle mie decisioni.-
 Adesso ne avevo davvero abbastanza! Quei due stavano farneticando!
 -Io non posso essere una Seeker se no ho un Guard, non passerò mai di livello in questo modo. Anzi, non ce lo avrò neanche un livello! E come la mettiamo con l’Organizzazione?!-
 -Ora basta, Cassie. Ormai Blake ha deciso. Troveremo una soluzione, forse posso fare in modo che Dafne sia anche la tua Guard.-
 Ma di che diavolo stava parlando?! Lo sapeva benissimo che non si poteva fare. Non avrebbe mai funzionato.
 -Per favore, Dafne. Riporta Blake a casa sua.-
 Mi voltai a guardare Dafne che se n’era stata in silenzio tutto il tempo.
 -Signora Hyde, non occorre che mi riaccompagniate. Posso prendere tranquillamente un autobus, non vorrei crearvi disturbo.-
 Quel ragazzo era davvero troppo educato per i miei gusti. Senza contare che a causa del suo rifiuto adesso mi ritrovavo in una situazione davvero spiacevole. Non avrei mai potuto fare il mio ingresso nell’Organizzazione e i progetti di tutta una vita sarebbero stati cancellati di colpo. In più c’era il piccolo dettaglio della morte: senza un Guard non ci sarebbe stato nessuno a proteggermi durante il contatto corporeo con le anime. Sarei stata completamente in balia di qualche defunto megalomane.
 -Non ci sono autobus che passano in questa zona, e comunque non mi costa niente accompagnarti a casa, sarei dovuta uscire in ogni caso.-
 Dafne era proprio quella che mi stava sorprendendo di più. Aveva atteso il momento di conoscere il mio Guard almeno quanto me e adesso si rassegnava senza combattere. Stentavo quasi a riconoscerla.
 -Va bene, allora accetto il passaggio.-
 Guardavo tutta la scena e mi sentivo come una spettatrice davanti alla TV.
 Blake salutava mio padre con una stretta di mano, si rimetteva lo zaino in spalla e seguiva Dafne fin fuori la porta lanciandomi solo una veloce occhiata.
 Possibile che fosse finito tutto così? Avevo finalmente trovato il mio Guard e dovevo lasciarlo andare solo perché era un bambino cocciuto che non voleva affrontare la realtà?
 E no! Non poteva finire così! Non lo avrei permesso!
 Stavo per uscire di corsa dalla stanza e correre dietro a Blake quando mio padre mi afferrò per un polso costringendomi ad arrestare la mia corsa.
 -Se vuoi che il tuo Guard torni da te, seguirlo è l’ultima cosa che devi fare. Fidati del tuo papà bello ed intelligente, per una volta.-
 Mi divincolai dalla presa di mio padre con un gesto di stizza.
 -Ma quale intelligente?! Hai permesso che tua figlia restasse senza un Guard. Questa è tutto tranne che intelligenza!-
 -Fidati di me, piccola. Sarà proprio il tuo Blake a tornare da te, senza che tu muova neanche un dito. O quasi…-
 Mio padre sorrideva ma io ero più irritata che mai.
 -Prima di tutto non è il “mio” Blake. Secondo, il tuo comportamento mi sta insospettendo. Lo so che hai in mente qualcosa, papà. E’ inutile che ti dica quanto questo non contribuisca a tranquillizzarmi.-
 -Oh, tesoro-, sorrise ancora. –Devi solo lasciar fare tutto a me, e ogni cosa andrà al suo posto.-
 Stavo per ribattere quando il fantasma di mia madre oltrepassò la porta e si diresse fluttuando verso di noi.
 -Cal, ricordi quella tua amica di cui mi parlavi questa mattina?-
 Cal sorrise e annuì con un viso sereno e contento.
 -Puoi invitarla a venire qui? Penso di aver trovato un modo per risolvere il suo problema.-
 -La chiamo subito-, rispose Cal sorridendo gioiosa.
 Sparì e dopo un attimo riapparve nello stesso punto ma al suo fianco adesso c’era il fantasma di una giovane donna. L’aura intorno a lei era grigio fumo, quindi era una suicida. Una ragazza così bella, con meravigliosi occhi scuri e lucenti capelli biondi lunghi fino alla schiena, aveva deciso, per un qualche oscuro motivo, di suicidarsi.
 Chissà perché?
 Il suicidio era proprio uno degli aspetti dell’animo umano che ancora stentavo a capire, nonostante nella mia vita avessi sempre avuto a che fare con la morte.
 -Lei è Jane-, cominciò Cal non rinunciando alla sua espressione gioviale. – Si è suicidata dopo che il marito l’ha abbandonata ed è andata a vivere con la sorellastra di lei.-
 Okay, non dico che era un buon motivo per suicidarsi… Però, poverina. Non era stato facile da affrontare, e in effetti aveva rinunciato, aveva deciso di non affrontarla quella situazione così dolorosa.
 -Come mai sei rimasta sulla Terra, Jane?- chiesi con tono gentile. Era importante scoprire quale fosse la sua faccenda in sospeso.
 -Voglio che Rick muoia-, lo disse con un tono talmente piatto che un brivido mi percorse la schiena. –E voglio essere io ad ucciderlo.-
 Spalancai gli occhi sorpresa.
 -Avevo intenzione di seguire questo caso complicato proprio oggi pomeriggio ma visti i recenti sviluppi direi che te ne puoi occupare tu, Cassie.-
 Quelle parole ci misero qualche secondo per essere assimilate in modo corretto dal mio cervello. E anche così non ero riuscita a capirle del tutto.
 -Che hai detto?-
 Mio padre mi guardò con un sorriso.
 -Voglio che sia tu ad effettuare il contatto con Jane.-
 -Papà, ma sei uscito fuori di testa?! Vuoi che io abbia il mio primo contatto anima-Seeker con una che vuole uccidere il marito e per di più senza avere un Guard ad aiutarmi?!-
 Il sorriso di papà si allargò mentre io cominciavo a sentirmi davvero terrorizzata, come se non riconoscessi più l’uomo che avevo di fronte.
 -Tesoro mio, vedrai che alla fine di questa giornata tutto sarà andato al suo posto.-
 Lo fissai con gli occhi spalancati.
 -Jane, cara-, cominciò rivolto verso il fantasma. –Se diventerai un tutt’uno con il corpo di questa ragazza potrai finalmente avere la tua vendetta e trovare la pace eterna.-
 Un sorriso si dipinse sulle labbra di Jane mentre fissava i suoi occhi scuri nei miei.
 Accadde tutto velocemente.
 Un attimo prima fissavo quegli occhi magnetici e impregnati di tristezza intrappolati in un volto delicato e privo di vita, e l’attimo dopo li rividi intrappolati in un viso pallido ma vivo. Un viso che conoscevo bene perché era il mio viso.
 Jane si era impadronita del mio corpo separandolo totalmente dalla mia anima.
 Era da una vita che mi preparavo ad affrontare il mio primo contatto anima-Seeker ma non avrei mai immaginato che sarebbe stato così… naturale.
 Adesso il mio corpo apparteneva a Jane ed io ero diventata il fantasma. Era una sensazione così strana. Vedevo le mie mani e i miei piedi e sapevo che ero assolutamente incorporea, eppure sentivo uno strano formicolio in tutto il corpo che mi ricordava una cosa fondamentale: io esistevo. Anche se non più nel mio corpo continuavo ad essere viva.
 -E’ una cosa fantastica…-, quella frase sussurrata con tanto stupore dalla mia voce mi riportò bruscamente alla realtà. Perché la voce era la mia ma non ero stata io a parlare.
 Jane osservava il mio corpo, cominciò a toccarsi la guance e le braccia. Era incredula e allo stesso tempo entusiasta.
 -Ora che ho un corpo potrò finalmente avere quello che desidero da cinque lunghi anni. Rick è un uomo morto ormai.-
 Jane mi lanciò un’ultima occhiata e sfrecciò fuori dalla porta prima che io avessi il tempo di pronunciare una solo sillaba.
 -Che aspetti?- mi chiese papà con un sorriso. –Seguila e fermala.-
 -Ma come faccio senza Guard? Da sola non ho alcun potere…-
 -Anche se senza Guard sei comunque una Seeker ed è tuo dovere fare qualcosa.-
 Fissai mio padre incredula.
 La faceva davvero facile lui, stava scaricando tutte le responsabilità su di me.
 Sapevo che i fantasmi non si spostavano come gli umani. A loro bastava usare l’apparizione come mezzo di trasporto. Quindi mi concentrai intensamente sul mio corpo, quello che adesso possedeva Jane, e un istante dopo mi ritrovai seduta sul sedile posteriore di quella che sembrava indiscutibilmente la mia macchina.
 Jane era al volante e aveva un ghigno inquietante che sfigurava quello che fino a pochi minuti prima era stato il mio corpo.
 -Adesso, mio caro Rick, ti farò una bella sorpresa.-
 Sussurrò quella frase con così tanto odio e soddisfazione che mi crebbe dentro una rabbia così intensa da farmi quasi bruciare.
 Non potevo credere di dover affrontare da sola una pazza suicida, e tutto perché mio padre era uscito fuori di testa e il mio Guard aveva deciso di abbandonarmi senza neanche provare ad accettare una realtà che, volente o nolente, era anche sua.
 Maledetto Jason Blake!







 ***L'Autrice***
 Ed eccomi arrivata con il secondo capitolo di questa storia...^^ Spero che vi sia piaciuto. Purtroppo del terzo ho scritto solo un paio di pagine e non so quando riuscirò a pubblicarlo, comunque cercherò di non farvi aspettare troppo...^^
 Come avete visto il nostro Jason fa a tutti gli effetti parte del mondo dei Seeker, anche se per il momento sembra parecchio reticente nell'accettarlo. Direi che comunque il padre di Cassie sembra piuttosto deciso nella sua decisione, anche se a quanto pare ha messo parecchio in pericolo la vita della figlia... Chissà se Blake deciderà di aiutarla... xD
 
 Mancano alcune risposte alle recensioni, continuerò a rispondere immediamente... ^^ 

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Capitolo 3
*** Il Potere Del Gene S ***








Ghost Seeker- Capitolo 3 Capitolo 3: Il Potere Del Gene S (Blake)
 



 
 Per tornare alla normalità dovevo solo fingere che quel pomeriggio non fosse successo nulla, come se non fosse mai esistito. Per farlo dovevo aspettare di essere a casa visto che per il momento ero ancora intrappolato in un’automobile alla cui guida c’era la Guard del signor Hyde, Dafne.
 Eravamo a metà strada ormai e per tutto quel tempo nessuno di noi due aveva spiccicato una sola parola. Fondamentalmente ero davvero grato a quella donna dato che ero certo del fatto che il signor Hyde le avesse detto di accompagnarmi a casa per convincermi a diventare il Guard di Cassie.
 Non avevo alcuna intenzione di accettare un evento del genere.
 La mia vita andava bene così, non volevo che si complicasse aggiungendoci cose superflue come il dover difendere una Seeker dai fantasmi che l’avrebbero posseduta. Mi sentivo un matto soltanto nel pensarle certe cose talmente assurde da essere invece così vere.  
 Forse avevo davvero messo Cassie in difficoltà. Aveva parlato di un’organizzazione, ma, fino a prova contraria, la mia sanità mentale era molto più importante di una ragazza che conoscevo da poche ore. Per quanto mi sentissi legato a lei in modo quasi morboso, come se avessi potuto avvertire continuamente la sua presenza, anche se eravamo lontani, rimaneva che dovevo in ogni modo contrastare quell’istinto perché non era reale.
 -Stai pensando a Cassie?-
 Sussultai nel sentire quelle parole come se Dafne me le avesse urlate direttamente nel timpano.
 -Scusa se mi sono intromessa, ma so che faccia ha un Guard quando sente l’aura del suo Seeker.-
 Guardai il profilo di quella donna così bella. Sembrava talmente giovane ma mostrava una maturità quasi sovrannaturale.
 -E’ una cosa nuova per me ma sto cercando di non pensare a Cassie. Come sai, non voglio farmi coinvolgere in questa storia di… fantasmi. In fin dei conti basterà che mi abitui al fatto di vedere gente morta camminare per strada, non credo che sia questo grande problema.-
 -Se lo dici tu.-
 -Più che altro stavo ripensando a quello che ha detto Cassie riguardo all’organizzazione e ai livelli. Che cosa voleva dire?-
 Dafne rimase in silenzio per qualche secondo continuando a fissare la strada.
 -In teoria non potrei rivelarti certe cose visto che hai rifiutato di accettare la tua natura di Guard. Non credo, però, che ci sia nulla di male a parlartene, dopotutto dubito che lo riferirai mai a qualcuno.-
 -Be’ diciamo che ancora non ho voglia di indossare una camicia di forza.-
 Dafne sorrise voltandosi a guardarmi per un attimo e tornò a fissare la strada. 
 -I Seeker non agiscono in modo arbitrario. C’è un’organizzazione a monte che protegge le identità dei Seeker e ne regola le azioni.-
 Osservai Dafne a bocca aperta mentre lei continuava il suo discorso.
 -Questa Organizzazione si chiama Tripla S, cioè Supernatural Sociaty of Seeker. E’ stata fondata intorno all’anno 1000 da un ristretto gruppo di Seeker che avevano deciso di far fronte comune per risolvere almeno in parte il problema del trapasso delle anime.-
 -E già allora erano a conoscenza del gene S?-
 Vista la tecnologia praticamente inesistente dell’epoca, mi sembrava abbastanza improbabile che potessero conoscerlo.
 -No, il gene S è stato scoperto da un giovane Seeker, quasi quarantacinque anni fa. Era uno scienziato brillante, e analizzando attentamente dei campioni del suo stesso DNA scoprì che nei Seeker i cromosomi sessuali sono legati da un sottile filamento di DNA. A prima vista sembrava proprio a forma di S, per questo decise di chiamarlo Gene S-
 Sbattei le palpebre più volte mentre cominciavo a sentirmi ancora più confuso.
 -Quindi anch’io ho questo pezzo di DNA in più?-
 -Sì, ma quello di noi Guard non è grande e visibile come quello dei Seeker, e molti pensano che sia per questo che noi non possiamo avere un contatto completo con le anime. A parte questo e il colore degli occhi abbiamo le stesse doti dei Seeker.-
 Anche se non avrei dovuto stavo cominciando davvero a incuriosirmi.
 -Quali sarebbero queste doti?-
 -Velocità, forza, intelligenza. In confronto a quelle di un comune essere umano, queste caratteristiche in un Seeker o in un Guard sono nettamente superiori.-
 -Eppure io non mi sento diverso rispetto a stamattina. Non credo di essere più forte, più veloce o più intelligente.-
 Dafne sorrise divertita.
 -Questo perché il tuo Gene S si è appena risvegliato. Dagli qualche giorno e ti sentirai una persona completamente diversa.-
 La cosa m’incuriosiva davvero ma di certo non avevo intenzione di diventare un Guard. Ero solo curioso, tutto qui.
 -E invece la storia dei livelli cos’è?-
 -Be’… Ogni Seeker forma una squadra con il suo Guard e in base alla loro esperienza ottengono un livello. Il livello 1 è quello base, sono Seeker giovani e alle prime armi a cui vengono affidati incarichi piuttosto semplici.-
 -Tu a che livello sei?-
 -Hermes ed io siamo una squadra di livello 3, chiama S3 Hermes. Siamo i Seeker ancora sul campo più esperti, dato che dal livello 4 in su le cose cambiano un po’.-
 -In che senso?-. Ero cosciente del fatto che la mia curiosità mi stava mettendo in una situazione piuttosto scomoda ma non potevo fare a meno di voler sapere.
 -I Seeker di livello 4 sono i responsabili delle basi che la Tripla S ha sparse in tutto il mondo. Quindi, in pratica, sono quelli che danno gli ordini a noi Seeker di livello inferiore.-
 Non avrei mai immaginato che dietro a tutta questa storia di Seeker ci fosse un’organizzazione così ben strutturata.
 -Il capo di tutto è il Seeker di livello 5. Solo pochi Seeker di livello 4 sanno chi è ma fanno un giuramento per proteggere l’identità del Seeker di livello 5. Lui non interviene mai, dirige tutto dall’alto senza mai mostrarsi.-
 -Come mai è così? Non dovrebbe combattere anche lui in prima linea o almeno aiutare i suoi subordinati?-
 Dafne sorrise ancora.
 -Lui è il Seeker più potente, non ha bisogno di farsi vedere per incoraggiarci. Sappiamo che se dovesse succedere qualcosa di davvero grave lui sarebbe lì per noi. Per il momento possiamo cavarcela benissimo da soli sotto le sue direttive.-
 Il tono di voce di Dafne rasentava davvero la venerazione, sembrava quasi che stesse parlando di una specie di divinità.
 -Lo rispettate parecchio-, commentai sorpreso.
 -Lo so che può sembrare strano ma affrontare tutta questa circostanza sapendo che c’è qualcuno che comunque vadano le cose ti proteggerà, aiuta davvero a non diventare completamente pazzi.-
 Scese uno strano silenzio. Tutte quelle informazioni mi avevano… sorpreso. Ero curioso di conoscere la storia dei Seeker e dei Guard ma non volevo far parte di quel mondo. Il mio desiderio era di finire il liceo in santa pace e poi cominciare a lambiccarmi il cervello per riuscire a capire cosa avrei voluto fare della mia vita, esattamente come un qualsiasi altro ragazzo americano della mia età. Magari frequentare un college, entrare in qualche strana confraternita, ma di certo le mie ambizioni non comprendevano il dare la caccia alle anime per consentire loro il trapasso.
 -Posso farti una domanda?- mi chiese Dafne gentilmente.
 -Certo.-
 -Cos’è che ti spaventa di più del fatto di essere un Guard? I fantasmi, i poteri, le missioni?-
 Il suo tono era normale, come se mi avesse chiesto quale fosse il mio cibo preferito e la cosa m’inquietò. La calma di Dafne mi rendeva nervoso.
 -Non sono spaventato da niente di tutto ciò, per quanto l’idea di avere a che fare con qualcosa di assolutamente irrazionale possa stranirmi.-
 -E allora cos’è?-
 -Non voglio perdere il controllo della mia vita-, risposi fissando il profilo della donna, che non distoglieva gli occhi dalla strada. –Se accettassi il mio ruolo sarei costretto a prendere ordini da gente che neanche conosco e dovrei avere a che fare con cose più grandi di me. Ci ho messo una vita a non sentirmi più il tizio più strano e sfigato dell’Universo, non ce la farei ad affrontare tutto questo. Ho imparato a riconoscere ciò che voglio e a ottenerlo. Quello che adesso desidero è essere normale.-
 Dafne sorrise con una smorfia molto attraente.
 -Perché ridi?-
 -Le tue parole… Mi ricordi Cassie.-
 Cassie. Cassie. Cassie!
 Sempre lei!
 Anche mentre parlavo con Dafne, anche mentre la mia mente doveva essere occupata continuavo a sentire una specie di doppio filo che mi legava a lei. Come se una parte del mio cervello avesse innalzato un monumento a quella stramba ragazza e stesse sempre lì in adorazione ricordandomi ogni secondo che lei esisteva e che io ero… suo. Non in senso romantico, era più come se fossi una sua proprietà e la cosa m’infastidiva.
 Forse avevo già perso ogni controllo sulla mia vita senza neanche accorgermene.
 -Lei è come te-, continuò Dafne senza aspettare una mia risposta. –Non credere che lei abbia sempre accettato il suo destino. Dopo la morte di sua madre voleva abbandonare questo mondo, odiava i Seeker e l’organizzazione. Come te, aveva intenzione di riprendere il controllo della sua vita ma poi si è resa conto di non poterlo fare. L’ha accettato solo sperando di non dover essere più sola, di poter avere qualcuno al suo fianco che la supportasse e l’aiutasse a sentirsi meno strana. Vedere me accanto a suo padre, vedere che un Guard poteva essere così importante per un Seeker le aveva ridato fiducia ma ora…-
 Ora io le avevo rovinato la vita. In sostanza era questo che Dafne stava cercando di dirmi.
 -Tu non hai colpa, Blake-, mi rivolse un sorriso quasi materno. –Non possiamo pretendere che tu accetti passivamente che la tua vita venga stravolta, e Cassie è abbastanza forte da riuscire a superare le missioni e le dure prove che l’aspettano anche senza di te, senza il suo Guard.-
 -Uhm-, annuì spostando il mio sguardo fuori dal finestrino, notando un piccolo gruppo di gente che aveva indosso degli strani abiti anni ’30. Probabilmente erano fantasmi.
 Sì, Cassie era una tipa tosta. Non si sarebbe lasciata scoraggiare dalla mia assenza, ne ero certo. Eppure… Eppure non riuscivo a non sentirmi in ansia. Ero in pensiero per lei e per il suo futuro, non volevo che Cassie dovesse affrontare tutto da sola.
 Dafne mi stava incastrando! Lo avevo capito, non ero stupido.
 Forse non c’era neanche bisogno che provasse a convincermi perché a un tratto di mi resi conto che lentamente stavo cominciando a mettere Cassie al di sopra di tutto, anche della mia vita.
 -Tu lo sapevi, vero?-
 -Cosa?- mi chiese lei sorpresa.
 -Che la mia mente mi avrebbe fatto questo scherzetto da manuale.-
 Non ero arrabbiato, stava accadendo tutto senza che io potessi fare nulla per impedirlo. Non potevo contrastare qualcosa che partiva da me.
 -Sono una Guard, Blake. So quello che stai provando e so che non lo si può annullare o dimenticare come stai cercando di fare tu.-
 -Non ci ho neanche provato ad annullarlo-, ammisi abbassando lo sguardo e cominciando a fissarmi le mani abbandonate sulle mie gambe. –Mi chiedo solo se sarà sempre così?-
 -Dipende da cosa intendi.-
 -Se per me Cassie sarà sempre il primo pensiero, se la mia vita girerà sempre intorno alla sua, se la sua incolumità sarà sempre più importante della mia, se avrò sempre voglia di vederla come in questo momento.-
 Cassandra Hyde stava diventando una specie di ossessione. Quella parte del mio cervello che la venerava diventava sempre più grande e potente.
 Dafne mi lanciò uno sguardo strano.
 -Sì, sarà sempre così. Anche se…-
 “Blake, aiutami!”
 Un brivido di terrore mi percorse la schiena.
 -Fermati!- esclamai con urgenza.
 -Cosa c’è?-
 -Fermati, ti ho detto!-
 Il mio tono quasi disperato doveva averla convinta perché accostò immediatamente fermando l’auto.
 -Che succede, Blake?-
 “Ti prego, Blake. Non posso farcela da sola.”
 -Cassie!-
 -Blake, che diavolo sta succedendo?- il tono di Dafne era preoccupato.
 -Cassie, è in pericolo…-, mormorai con sguardo vitreo fissando dritto davanti a me.
 -Okay, Blake. Adesso devi concentrarti. - Mi poggiò una mano sul braccio per cercare di darmi forza. –Devi comunicare con lei, devi riuscire a scoprire dove si trova.-
 Annuì e chiusi gli occhi per precludere il mondo esterno.
 “Cassie” pensai con intensità. “Cassie, sono Blake.”
 “Blake?! Allora mi senti…” il suo tono si tranquillizzò improvvisamente.
 “Sì. Ti sento…” Avrei voluto dire che la sentivo sempre, che la sua presenza nella mia mente era praticamente costante, ma non mi sembrava il caso. “Che succede? Dove sei?”
 “Il fantasma di una pazza assassina ha preso possesso del mio corpo. Vuole vendicarsi e uccidere il suo ex marito. Non so che fare!”
 “Cassie adesso calmati, sto arrivando.”
 Non potevo credere di averlo detto. Stavo davvero per andare a salvare Cassie. Mi stavo catapultando in quel mondo che avevo rifiutato senza neanche provare un minimo di paura o d’incertezza. All’inizio non capii perché ma poi tutto mi fu chiaro: Cassie.
 Lei era in pericolo.
 Lei era sola.
 Lei aveva bisogno di me e io volevo aiutarla.
 “Blake, sono…”
 “So dove sei Cassie, ti sento perfettamente. Resisti, tra poco sarò lì.”
 Riaprii gli occhi di scatto e mi voltai verso Dafne che mi guardava con aria di apprensione.
 -Metti in moto, dobbiamo andare da Cassie.-
 Probabilmente avevo uno sguardo così determinato che Dafne non si soffermò a fare altre domande ripartendo velocemente e dirigendosi esattamente dove le avevo detto.
 -Che succede, Blake?-
 -Un fantasma. Ha preso il corpo di Cassie.-
 Non riuscivo a stare fermo, l’ansia mi stava divorando.
 -Accidenti! Cassie è ancora una Seeker alle prime armi, dobbiamo fare presto, prima che sia troppo tardi…-
 -Troppo tardi?!- quasi urlai.
 -Cassie non ha ancora il pieno controllo del suo spirito quando è fuori dal suo corpo e se dovesse perdere completamente il contatto potrebbe restare… Potrebbe restare un fantasma per sempre. Non ci rimane molto tempo.-
 Quelle parole. Una doccia gelata avrebbe avuto un impatto minore sul mio corpo. NO! Non potevo permettere che accadesse, non potevo permettere che Cassie corresse un pericolo simile.
 -Che devo fare?- chiesi con sicurezza. –Dimmi come posso aiutarla.-
 Dafne mi lanciò uno sguardo preoccupato e poi tornò a fissare la strada.
 -Non so se ne sarai in grado, Blake. Ci vogliono mesi di addestramento per riuscire a diventare un vero Guard. Potrebbe essere troppo pericoloso per te…-
 -Dimmi cosa devo fare! Non m’interessa se mi accadrà qualcosa, io la devo salvare!-
 Dafne prese un respiro profondo.
 -Ogni Guard agisce in modo diverso-, cominciò cercando di essere il più chiara possibile. –Io riesco a far ritornare Hermes nel suo corpo tramite i miei occhi, fissando il corpo posseduto di Hermes in un modo particolare con un’energia che rilasciano i miei occhi, posso far uscire l’anima intrusa. Ma non lo so come tu ci potrai riuscire… E’ soggettivo.-
 Accidenti!
 -Dovrai capirlo da solo. Posso provare ad usare la stessa tecnica con Cassie, ma non credo che potrò fare qualcosa, perché sei tu il suo Guard.-
 -D’accordo-, risposi con calma. –Riuscirò a capire come fare.-
 -Lo spero davvero-, mormorò lei preoccupata.
 
 Pochi minuti dopo arrivammo nella zona residenziale di S. Francisco. La via era composta da una serie di villette con prati curati e perfetti.
 -Dov’è?- mi chiese Dafne con urgenza.
 Mi guardai intorno e finalmente la vidi.
 -Eccola!- esclamai sollevato.
 L’auto di Cassie era parcheggiata davanti ad una delle villette e lei stava scendendo. Chiuse lo sportello e rimase a fissare la casa con uno strano ghigno sul volto.
 Fu allora che lo vidi. Un fantasma apparve accanto a Cassie, stava parlando ma lei non lo degnava di uno sguardo. Ci misi qualche secondo a capire che quello non era un fantasma qualsiasi, era… Cassie!
 Prima che Dafne potesse fermarmi, mi catapultai fuori dalla macchina.
 -Blake! Aspetta!-
 Sentii la sua voce in lontananza, la mia attenzione era tutta focalizzata sul corpo di Cassie che si muoveva verso la casa. No, non verso la casa ma verso un uomo che era chinato su delle aiuole del giardino.
 “Cassie!” pensai cercando di stabilire un contatto.
 Il fantasma si voltò e i suoi occhi opachi incontrarono i miei. Una strana ondata di sensazioni mi travolse: il sollievo perché vedevo di nuovo i suoi occhi, la paura di non riuscire a salvarla, la felicità nel vedere l’intensità con cui mi guardava.
 “Blake, dobbiamo fermarla.”
 Ormai ero a pochi metri dall’anima di Cassie ma ugualmente non cominciammo a parlare, era inutile. Bastava comunicare in quel modo.
  “Lo vuole uccidere. Vuole uccidere quell’uomo perché è stato per causa sua se Jane si è suicidata.”
 Finalmente la raggiunsi e potei osservarla da vicino. Era strana, non somigliava per niente agli altri fantasmi che avevo visto. Loro erano quasi reali, non trovavo differenze tra il loro aspetto e quello di un essere umano. Ma lei… Lei sembrava sul punto di scomparire: trasparente e pallida, completamente incorporea.
 “Stai bene?” era impossibile non accorgersi della mia ansia.
 “Non mi rimane molto tempo” mi fece un flebile sorriso. Se era così disperata da sorridermi le cose si stavano mettendo davvero male.
 -Adesso ci penso io-, mormorai usando di nuovo le parole.
 “Blake, è pericoloso. Non sei pronto. Questa è un’anima difficile da gestire, è vendicativa e ha sete di sangue. Lo vuole uccidere perché l’ha tradita e abbandonata.”
 La fissai mentre diventava sempre più incorporea.
 “Mi dispiace, Blake. Non avrei mai dovuto coinvolgerti in tutta questa storia. Vai via, è troppo pericoloso.”
 Mi fissò negli occhi preoccupata e dispiaciuta.
 Lei era quella che stava per scomparire e diceva a me di andarmene perché era troppo pericoloso restare lì? Era incredibile.
 Sorrisi, cercando di sembrare il più sicuro possibile.
 -Andrà tutto bene, Cassie.-
 Lei spalancò gli occhi ma non le diedi il tempo di rispondere. Jane si era avvicinata all’uomo che la guardava sorpreso.
 Riuscii ad avvicinarmi abbastanza per poter sentire quello che stava dicendo.
 -Ciao, Rick. E’ da tanto che non ci vediamo-, il suo tono era neutro ma il ghigno malvagio che le sfigurava il volto la rendeva terrificante. Quel volto era di Cassie ma gli occhi non erano i suoi.
 -Ci conosciamo?-
 Era sorpreso e confuso. Si alzò e continuò a guardare quella strana ragazzina che gli era piombata davanti.
 “Blake, fermati.”
 Cassie era preoccupata, lo sentivo distintamente. L’avvertivo al mio fianco mentre mi dirigevo verso Jane.
 “Lasciami fare, Cassie. Non permetterò che ti succeda qualcosa.”
 -Uhm… Non dovrei sorprendermi che tu ti sia dimenticato di me, anche quando ero in vita m’ignoravi, ormai ci sono abituata. Però non sono più disposta ad accettarlo.-
 In quel momento la vidi, stava per estrarre qualcosa dalla tasca della giacca.
 “E’ armata?”
 “Ha una pistola” rispose Cassie.
 “Dove diavolo l’ha presa?”
 “L’ha rubata al poliziotto che l’aveva fermata per eccesso di velocità. Lo ha messo al tappeto. Adesso lei ha il mio corpo e i miei poteri, non è come un essere umano qualsiasi.”
 Avevo a che fare con qualcosa che era davvero più grande di me ma il desiderio di salvare Cassie vinceva su qualsiasi mia paura.
 Prima che Jane potesse tirare fuori la pistola corsi verso di lei e le immobilizzai le braccia dietro la schiena.
 -Chi accidenti sei?!- urlò cercando di divincolarsi.
 -Non ti permetterò di farle del male-, le sibilai in un orecchio mentre il pover’uomo ci guardava spaventato.
 Farle?!
 La mia paura era che non facesse del male a Cassie e non a quell’uomo.
 Jane riuscì a liberarsi dalla mia presa, era molto più forte di quanto avessi immaginato. Si voltò a guardarmi e i suoi occhi scuri mi scrutarono con odio. Era così strano vedere quegli occhi sul volto di Cassie: sapevo che non era lei e alla fine era comunque lei. O almeno era il suo corpo, non potevo attaccarla.
 Non feci in tempo a finire di formulare quel pensiero che Jane mi si avventò addosso colpendomi con un pugno nello stomaco. Il fiato si mozzò in gola e un dolore lancinante mi avvolse l’addome.
 L’avevo sottovalutata.
 Ma come poteva avere un così perfetto controllo del corpo e dei poteri di Cassie se fino a poco prima era solo un fantasma?
 Alzai lo sguardo giusto in tempo per vedere il suo piede raggiungere il mio viso con un calcio. Un strano sapore metallico si diffuse in bocca fino a scivolarmi giù fino in gola. 
 Mi ritrovai in ginocchio mentre i colpi di tosse non mi permettevano di respirare.
 -Blake! No! Vattene via!-
 Era stata Cassie ad urlare. La guardai anche se la vista si era appannata per il dolore e la vidi, lì a pochi passi da me, mentre mi guardava con apprensione. Ma quello che mi colpii fu il suo aspetto: era appena visibile. Il tempo era quasi scaduto.
 “Perché non reagisci?” mi chiese preoccupata mentre osservai inerte Jane che si avvicinava di nuovo a Rick che era rimasto immobile a guardarci.
 “E’… E’ il tuo… corpo Cassie. Non posso ferirti…”
 “Stupido! Devi ferirmi, devi colpire Jane ed impedire che uccida Rick o, peggio, che uccida te. Non ti preoccupare per me, fai solo in modo che Jane non porti a termine i suoi piani.”
 Non avevo idea di cosa fare, sarebbe stato troppo rischioso colpire Cassie.
 “Fallo per me, ti prego Blake. Dammi ascolto.”
 -Papà, papà!-
 Alzai di scatto lo sguardo in direzione della porta della casa. Una bambina con lunghi boccoli castani stava correndo verso di noi. Poteva avere al massimo tre anni e sorrideva contenta mentre guardava il suo papà.
 Vidi gli occhi di Jane riempirsi d’odio mentre la sua mano si insinuava di nuovo all’interno della sua tasca alla ricerca della pistola. Non poteva! Non poteva fare del male anche a quella povera bambina innocente!
 La rabbia s’impossessò del mio corpo. Mi rimisi in piedi di scatto e mi avventai su Jane proprio un attimo prima che puntasse la pistola su Rick e sua figlia.
 Mi rialzai e, quando vidi che anche lei stava per farlo, le assestai un calcio in pieno stomaco.
 -Jane! Vieni da papà!- esclamò Rick accogliendo la piccola tra le sue braccia e stringendola a sé per proteggerla.
 La Jane nel corpo di Cassie si riprese dal colpo e fissò Rick e la bimba.
 -Chi sei tu? Che vuoi da me?!- esclamò lui spaventato.
 La bimba se ne stava tra le sue braccia guardando Jane con i suoi occhioni impauriti.
 -Sono… Sono il passato-, rispose Jane abbassando lo sguardo.
 Mi voltai a guardare l’anima di Cassie, ormai era quasi scomparsa del tutto. Dovevo fare qualcosa… Ma cosa?!
 All’improvviso avvertì la mano destra formicolarmi come se si fosse addormentata. La guardai e vidi qualcosa di strano: un alone blu l’aveva avvolta, come una specie di nebbiolina densa. La mano si mosse da sola senza che io le dessi un comando. Sì posò sul petto di Jane dandole una spinta leggera e d’un tratto accadde: l’anima di Jane uscì dal corpo di Cassie che si accasciò.
 Riuscii ad afferrarla appena prima che toccasse terra mentre proprio di fronte a me appariva un fantasma. Una donna dai lunghi capelli biondi e gli occhi scuri. Mi guardò e un sorriso triste le si dipinse sul volto.
 -Mi dispiace-, mormorò.
 -Jane..-, sussurrò Rick fissando il fantasma davanti a me. Poteva vederla? Ma come? Non ci stavo capendo più niente. –Sei proprio tu?-
 Jane camminò lentamente verso Rick con un sorriso amaro sulle labbra.
 -Sì, Rick. Sono io, o meglio, sono il fantasma di Jane.-
 Tenevo il corpo di Cassie stretto a me e nel frattempo avevo il cervello che mi pulsava dolorosamente. Non avrei mai creduto di assistere a una scena del genere.
 -Le hai dato il mio nome?- chiese con una nota dolce nella voce.
 -Io ti ho sempre amata Jane e non potevo dimenticarti. Quando ti ho lasciata l’ho fatto per te, perché a te il mio amore non bastava e lo sapevo. Non riuscivo a darti quello che volevi perché nonostante ci amassimo eravamo lontani, ormai non eravamo più quelli di prima. Io… Io non pensavo che tu… Che ti saresti tolta la vita.-
 Sentii il corpo di Cassie muoversi tra le mie braccia.
 -Cassie…-, bisbigliai guardando il suo viso dalla pelle pallida.
 Lei aprì lentamente gli occhi e sbatté le palpebre un paio di volte. Il mio cuore fece una capriola: erano i suoi occhi, quel colore così strano eppure così bello. Era tornata!
 Mi guardò e poi si voltò a fissare Jane.
 -Tocca a me adesso-, mormorò. Si staccò con calma da me e riuscì a camminare a fatica verso Jane.
 Intorno a Jane si creò una strana luce chiara, più Cassie si avvicinava e più quella luce diventava vivida e forte.
 -Mi dispiace, Rick-, continuò Jane sorridendo. –Quello che è accaduto non è stata colpa tua; lo sapevo che mi amavi, l’ho sempre saputo ma la gelosia e l’odio mi hanno accecata. Vivi per me e cresci la tua bambina…-
 -Non andartene, Jane.-
 -Non posso restare, questo non è più il mio posto.-
 Cassie congiunse le mani e chiuse gli occhi, poi le divise e le posizionò sulla schiena di Jane. Sembrava quasi che potesse toccarla davvero, anche se era un fantasma. Le sue mani furono avvolte dalla stessa luce che aveva avvolto Jane fino ad assorbirla tutta. L’alone di luce intorno alle mani di Cassie era di un’intensità assurda, mi facevano male gli occhi a guardarlo.
 La luce si concentrò nelle mani di Cassie e all’improvviso ritornò di colpo nell’anima di Jane illuminandola completamente.
 -Addio, Rick-, sorrise a quelle parole, come se fosse davvero in pace con se stessa e con il mondo. –Ti amerò per sempre.-
 Appena pronunciò quelle parole la luce si fece ancora più forte e poi scomparve. Così, semplicemente, come se non fosse mai esistita.
 -Jane…-, mormorò ancora Rick stringendo ancora di più a sé la piccola.
 -Jane è andata via-, cominciò Cassie sorridendo comprensiva. Un sorriso delicato, che rendeva il suo volto quasi angelico. –Adesso non ha più nulla che la leghi ancora al nostro mondo, ha trovato la via per essere felice.-
 Rick la guardò con le lacrime agli occhi.
 -Adesso anche lei può essere felice, Rick. Non c’è più nulla in sospeso e la sua vita può andare avanti. Non viva più nel ricordo di Jane, lei non lo vorrebbe.-
 -L’ho fatta soffrire-, mormorò lui con voce spezzata.
 -Ma adesso lei non soffre più e l’ha perdonata. Si perdoni anche lei e vada avanti, non guardi più al passato. Lo faccia per…-
 Cassie non finì la frase, si portò la mano alla testa e si aprì in una smorfia di dolore.
 Mi affrettai a raggiungerla prima che si accasciasse a terra e la sorressi.
 -Cassie-, il mio tono era preoccupato come mai lo era stato in tutta la mia vita.
 -Lo faccia per Jane-, terminò tenendo gli occhi chiusi prima di perdere i sensi.
 Guardai il suo volto tranquillo. Probabilmente era stravolta, il processo che aveva portato Jane alla pace eterna doveva averle risucchiato tutte le energie.
 -Ma voi… Chi siete?-
 Guardai Rick con ansia. Non sapevo cosa rispondere.
 -Siamo amici-, disse una voce dietro di me.
 Hermes!
 -Non si sforzi di capire quello che è appena accaduto-, continuò Hermes con il suo solito sorriso comprensivo. –Pensi solo a vivere.-
  Dafne apparve al suo fianco e mi sorrise felice.
 -Hai trovato il tuo potere da Guard, Blake-, disse con tono orgoglioso. –E per essere la prima volta sei stato davvero bravissimo.-
 -Io…-
 -Cosa farai Blake?-
 Guardai Hermes confuso.
 Cosa? Cosa avrei dovuto fare? Mi ero catapultato in quel mondo senza che nessuno di loro mi costringesse, ma volevo davvero farne parte? Volevo davvero passare la vita a dare la caccia ai fantasmi? Volevo davvero rinunciare a tutto quello che avevo per proseguire in quella pazzia che non aveva neanche un minimo di logica?
 Abbassai lo sguardo e mi ritrovai a fissare il viso di Cassie. Era serena, un po’ pallida e provata, ma stava bene. Ero riuscito a salvarla e una meravigliosa sensazione di vittoria e appagamento prese il sopravvento all’interno della mia mente.
 Volevo davvero diventare un Guard?
 Le palpebre di Cassie si mossero quasi impercettibilmente e la risposta mi fu chiara nella mente. Ora sapevo quello che volevo ma il mio corpo decise di abbandonarmi e all’improvviso tutto venne avvolto dalle tenebre e dall’oscurità.
 Avevo appena accettato il mio destino da Guard.
 Sarei diventato il Guard di Cassie.








***L'Autrice***
 Alla fine un po' d'ispirazione per questa storia mi è tornata e nonostante tutti i problemi che il mio pc mi sta dando in questo ultimo periodo mi sono messa subito a scrivere, finendo questo capitolo in poco tempo e cominciando subito a scrivere il quarto. Devo dire che la trama di questa storia, almeno nella mia testa, diventa sempre più complicata. Il mondo dei Seeker si comincia a scoprire piano piano ma ci sono ancora molte cose da dire, e che la mia mente partorisce quando meno me lo aspetto. ^^ Quando avevo letto le recensioni ricordo che mi era stato chiesto se in ogni capitolo Blake e Cassie affronteranno nuove missioni, come se fosse una specie di telefilm. Devo dire che più o meno sarà così, ma alla fine ogni missione li porterà ad un obiettivo molto più importante e pericoloso. Durante questo percorso il loro rapporto dovrebbe diventare sempre più forte, portandoli a diventare sempre più uniti, sia come Seeker e Guard, e sia come qualcos'altro... ^^ Lo sapete che sono comunque un'inguaribile romantica. ^^
 Nel prossimo capitolo ci saranno ulteriori spiegazioni riguardo quello che è accaduto in questo, e conosceremo anche la madre di Blake, colei che gli ha trasmesso il Gene S, in lei non manifesto... ^^ Hermes darà diverse spiegazioni a Blake, e assisteremo alla nascita della squadra "S1 Cassandra", il team Seeker-Guard formato dai nostri protagonisti.
 Spero che questa storia sia di vostro gradimento, sinceramente è molto affascinate scriverla, anche se devo ammettere di non avere delle vere e proprie basi riguardo l'argomento dei fantasmi e dell'aldilà. Quindi se ci sono degli errori o trovate delle incongruenze rispetto a quello che sapete voi, fatemelo sapere, sono sempre contenta di imparare nuove cose, e magari mi aiuteranno anche a migliorare la storia.
 Un grazie enorme a tutte le persone che stanno seguendo questa storia, e soprattutto per la pazienza che dimostrate per gli aggiornamenti un po' sporadici, anche se spero di poter postare presto il nuovo capitolo... La mia ispirazione è un po' altalenante, non posso farci nulla... ^^

Un bacio!!!
 

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Capitolo 4
*** La Nascita Dell'S1 Cassandra ***








Ghost Seeker- Capitolo 4
Capitolo 4: La Nascita Dell’S1 Cassandra (Cassie)
 
 





 Mi sentivo strana. Era come se fossi sospesa all’interno di una bolla d’aria. Sentivo di essere cosciente ma allo stesso tempo non lo ero come se ci fosse stato qualcosa che non mi permetteva di aprire gli occhi anche se in realtà lo volevo.
 Cercai di sforzarmi e di riuscire a capire dove mi trovassi, o cosa fosse accaduto.
 Ricordai di aver avuto il mio primo contatto anima-Seeker con Jane, e ricordavo una bambina e una pistola. Cos’altro era accaduto?
 “Non permetterò che ti succeda qualcosa.”
 Spalancai gli occhi nel ricordare quelle parole e la persona che le aveva pronunciate. Blake!
 Lui… Lui era venuto da me, era venuto ad aiutarmi e mi aveva salvata proprio poco prima che la mia anima abbandonasse completamente il mio corpo. Era stato tutto esattamente come aveva previsto mio padre, Blake non era riuscito a ribellarsi alla sua natura ed era venuto da me. No, era corso da me! Infischiandosene di tutto, persino di se stesso e della sua vita. 
 Ci misi qualche secondo a ricordare tutto e a capire dove fossi.
 Mi guardai attorno un po’ spaesata prima di intuire che ero nuda e completamente immersa in una vasca piena di un liquido azzurro.
 Era la Healthy Room, così l’aveva soprannominata mio padre quando l’aveva fatta costruire. La stanza dove i Seeker e i Guard potevano riprendersi dopo le missioni che in genere prosciugavano tutte le energie, soprattutto in una Seeker alle prime armi come me. Mio padre la usava di rado ormai, era abbastanza esperto da non averne più bisogno troppo spesso.
 Il liquido in cui ero immersa era S.G.E, S Gene Extract, un composto preparato dai biochimici della Tripla S. A quanto mi aveva detto mio padre era un concentrato di cellule contenenti il Gene S, modificate in modo da far accelerare il processo di guarigione.
 Quel composto aveva rappresentato una vera svolta nel mondo dei Seeker, prima di quella scoperta potevano sopportare solo poche missioni nell’arco di una settimana, ma con quel siero un Seeker riusciva a portarne a termine anche due o tre in un giorno solo.
 Mi misi a sedere all’interno della vasca di vetro e cominciai a guardarmi intorno. La stanza era esattamente come l’ultima volta che l’avevo vista: completamente bianca. Pavimento, soffitto e pareti erano di un bianco quasi accecante.
 Notai un accappatoio piegato con cura e posato su una sedia. Mi alzai e subito un getto d’acqua calda proveniente dal soffitto lavò via i residui dell’ S.G.M che avevo addosso. Strizzai con cura i miei lunghi capelli neri e uscii con calma dalla vasca indossando il morbido accappatoio blu e le infradito che stavano vicino alla sedia.
 Mi passai la mano sul viso per togliere le ultime goccioline d’acqua e notai con piacere che non mi sentivo per niente stanca, anzi. Era come se tutte le energie fossero tornate in me completamente rinnovate e amplificate.
 Mi voltai verso la porta per uscire ma in quel momento notai qualcosa.
 Nella seconda vasca, a pochi passi da me c’era qualcuno e non mi serviva di certo chissà quale intuito per capire chi fosse.
 Raggiunsi la vasca e fissai il viso di Jason Blake ancora profondamente addormentato. Anche lui era immerso fino al collo in quel liquido blu che gli consentiva di riprendere le forze più velocemente.
 Per un Seeker non era semplice gestire un’anima intrusa ma anche il lavoro di un Guard non era facile: permettere l’uscita dell’anima intrusa dal corpo del Seeker era un processo che comportava una grande fatica sia fisica che mentale. Non mi stupiva che il corpo di Blake si fosse affaticato almeno quanto il mio.
 Guardai il suo volto tranquillo e sereno, le sue palpebre chiuse e i suoi lineamenti dolci. Sembrava quasi un bambino che dormiva beato.
 Non seppi il perché ma la mia mano si mosse da sola prima che potessi soffermarmi a pensare su quello che stavo facendo. La posai con delicatezza sulla sua guancia e lo accarezzai fino al mento.
 “Non permetterò che ti succeda qualcosa.”
 Le sue parole mi ritornarono in mente all’improvviso.
 Aveva rischiato così tanto per me, senza che io neanche glielo chiedessi. Anzi, lo volevo convincere ad andare via, non volevo che corresse dei rischi per salvare me.
 Da una parte sapevo che quella volontà di salvarmi era dovuta alla sua ritrovata natura di Guard ma dall’altra cominciavo a preoccuparmi perché ero io a non essere normale. Un Seeker non ha slanci di protezione verso il suo Guard, a meno che non subentri un forte rapporto di fiducia o di amicizia. E di certo io non avevo avuto il tempo di instaurare qualcosa del genere con Blake.
 Però in quei momenti di pericolo avevo pregato perché lui si mettesse in salvo, avevo il terrore che gli potesse accadere qualcosa.
 Probabilmente era solo il senso di colpa verso qualcuno che avevo messo in pericolo, o almeno lo speravo. Non potevo provare qualcosa per lui, era un Guard e ai Seeker era proibito innamorarsi di un Guard, almeno quanto lo era innamorarsi di un essere umano normale.
 No, non era un sentimento romantico. Era solo il senso di colpa. Punto.
 Tolsi la mano dal suo volto e avvicinandomi un po’ sussurrai:
 -Grazie, di tutto Blake. Ti devo la vita.-
 Glielo dissi in quel momento perché una volta sveglio non avrei mai avuto il coraggio di ammettere che gli ero davvero grata, il mio carattere non me lo avrebbe permesso.
 Lo guardai ancora qualche istante e mi voltai per raggiungere la porta.
 -Cassie!-
 Il mio nome urlato mi costrinse a guardarlo di nuovo.
 Si era messo a sedere e si guardava intorno spaesato con il respiro affannato e tremante.
 -Blake- dissi avvicinandomi preoccupata. –Blake, va tutto bene. Sei a casa mia.-
 Lui mi guardò dritto negli occhi e l’azzurro intenso con cui mi travolse mi destabilizzò. Mano a mano che il suo sguardo si tranquillizzava e il suo respiro diventava più regolare anche la mia ansia nel vederlo così impaurito cominciò a scemare.
 -Stai bene?- mi chiese subito posando una mano sulla mia che era appoggiata sul bordo della vasca. –Cosa è successo? Dov’è Jane? E Rick?-
 Quella mano, abbassai lentamente lo sguardo su quella mano posata sulla mia. La fissai mentre una strana fiammata partiva da quella mano e cominciava a diffondersi in tutto il mio corpo. Raggiunse il cuore e lo fece accelerare, e se non avessi avuto un autocontrollo così sviluppato probabilmente non sarei riuscita ad impedire anche alle mie guancie di diventare scandalosamente arrossate.
 Tornai a guardare Blake: il suo viso era ancora teso e i suoi occhi azzurri e caldi cercavano delle risposte all’interno dei miei, ancora spaesati per tutte le emozioni che mi avevano travolta.
 -E’ andato tutto bene, Blake-, cercai di sorridere, ma non era nella mia natura riuscire a rassicurare le persone con dolci espressioni facciali, perciò il mio viso rimase totalmente impassibile. –Siamo riusciti a completare il trapasso di Jane e a salvare Rick e la piccola. Non ricordi nulla di quello che è successo?-
 Stavo cercando di non badare al fatto che la mano di Blake era ancora sulla mia ma proprio non ce la facevo, ancora un minuto e sarei davvero arrossita.
 -Ricordo che tu eri in pericolo e che stavi per sparire, e che quando ti ho visto in quello stato ho attaccato Jane e poi sono riuscito a far uscire la sua anima dal tuo corpo con… con una strana luce che mi usciva dalla mano.-
 A quel punto posò gli occhi sulla stessa mano di cui aveva parlato e che era ancora posata sulla mia. La fissò per un attimo e poi la tirò subito via come se si fosse scottato.
 -Ehm… Scusa. Io… Devo...-, si guardava intorno spaesato e imbarazzato mentre cercava un modo per tirarsi fuori da quella situazione. Se non fossi stata in imbarazzo anch’io probabilmente mi avrebbe fatto sorridere vedere Blake così in crisi.
 -Io… O cavolo!-
 -Cosa?- chiesi aggrottando la fronte.
 -Che ore sono?!-
 Mi voltai verso la porta e guardai l’enorme orologio bianco con i numeri rossi che segnavano le…
 -Ti prego, dimmi che sono le due del pomeriggio e non della notte?- chiese lui con tono supplicante.
 -Sono le due di notte.- Delicata come un macete ovviamente.
 -Accidenti! Mia madre mi ammazzerà! Sono morto! Non mi ha ucciso Jane ma ci penserà mia madre a finire il lavoro…-
 Non feci in tempo a provare a calmarlo che lui si alzò in piedi. Spalancai gli occhi incredula mentre usciva dalla vasca senza neanche aspettare che l’acqua della doccia lo ripulisse completamente dal siero. Eppure non era stato questo a sconvolgermi ma il suo corpo completamente nudo che si trovava proprio davanti ai miei occhi.
 -Blake!- esclamai afferrando l’accappatoio blu posato sulla sedia accanto alla sua vasca.
 -Cosa? Devo tornare subito a casa-, disse con urgenza.
 -Hai intenzione di andare in giro per la città completamente nudo?!- risposi cercando di tenere gli occhi bassi ma ormai avevo visto tutto quello che c’era da vedere.
 -Cazzo!-
 Gli lanciai l’accappatoio e lo indossò subito completamente rosso in viso.
 -Tranquillo, non ho visto niente-, cercai di imbastire quella bugia ma dubitavo che lui ci credesse, visto che il mio tono era tutt’altro che incoraggiante: la mia voce tremava, era troppo evidente.
 -Pensi che ci siano i miei vestiti qui da qualche parte?- mi chiese senza guardarmi mentre io mi stringevo ancora di più la cinta dell’accappatoio, ricordando solo in quel momento che anch’io sotto ero completamente nuda.
 -Andiamo a cercare mio padre, lui e Dafne dovrebbero saperne qualcosa.-
 Blake annuì sempre senza accennare a guardarmi.
 Gli feci strada fuori dalla Healty Room. Eravamo sotto la libreria di famiglia, al di sotto di tutto l’edificio. Mio padre aveva fatto costruire un ambiente enorme dove poteva allenarsi insieme a Dafne e ovviamente la Healty Room rappresentava solo una piccola percentuale di quel posto.
 Mi diressi lungo il corridoio ben illuminato che ci avrebbe portati all’ascensore.
 -Dove siamo?- mi chiese Blake con voce confusa.
 -E’ il posto in cui Dafne e mio padre si allenano, una specie di quartier generale della famiglia Hyde. Si trova sotto l’edificio dove vivo. Quella da cui siamo usciti prima è la Healty Room, la stanza dove Seeker e Guard riacquistano le forze dopo le missioni.-
 -E il liquido blu dove eravamo immersi… Cos’era?-
 -Un siero. Un estratto del Gene S che aiuta i nostri corpi a guarire più in fretta.-
 -E’ per questo che mi sento così… bene. Mi sembra di essere rinato e di aver dormito per giorni.-
 -Sì, è merito del siero. E probabilmente anche del fatto che la tua natura di Guard si sta risvegliando, quindi ti senti molto più forte di prima.-
 Non lo guardai. Non avevo ancora capito se avesse accettato o meno la sua natura di Guard, se avesse finalmente deciso di diventare il mio Guard.
 Arrivammo davanti all’ascensore. Spinsi il bottone e quello subito si aprì.
 -Per fortuna non è come quello che abbiamo usato per salire prima a casa tua…-
 -Quello è l’ascensore per gli ospiti. Non sarebbe normale avere un ascensore ultramodermo in un edificio come quello-, risposi con ovvietà.
 Entrammo e rimanemmo in silenzio, mentre io spinsi il terzo bottone, su uno schermo Touch Screen, per raggiungere il secondo piano.
 Mi appoggiai alla parete dell’ascensore e fissai  le spalle di Blake che se ne stava in piedi un passo davanti a me. Le sue spalle erano larghe e mi trasmettevano una strana sensazione di sicurezza, sentivo di poter affidare la mia vita nelle sue mani, avrei potuto farlo fino alla fine dei miei giorni senza pentirmene neanche per un istante.
 Ma lui poteva accettarlo? Avrebbe davvero voluto che la sua vita venisse sconvolta in quel modo?
 -Ho deciso-, disse all’improvviso girando solo il viso all’indietro per puntare i suoi occhi nei miei.
 -Cosa?- chiesi confusa.
 -Da adesso in poi… Io sarò il tuo Guard.-
 Spalancai gli occhi mentre la porta dell’ascensore si apriva.
 -Sono l’unico che può proteggerti e non lascerò che tu corra di nuovo il rischio di perdere la vita.-
 I suoi occhi rimasero fissi nei miei, erano seri e decisi, finché non voltò la testa e cominciò ad uscire dall’ascensore mentre io me ne stavo immobile, assolutamente allibita e senza parole. Il giorno che avevo aspettato per così tanto tempo era finalmente giunto: avrei avuto un mio team, e un mio Guard. Finalmente sarei diventata una vera Seeker, e il fatto che Blake fosse al mio fianco contribuiva a rendermi felice, sapevo di potermi fidare ciecamente di lui, lo potevo sentire chiaramente analizzando le sue emozioni. Era determinato e deciso, voleva davvero proteggermi, e questo lo rendeva l’unico al mondo capace di essere il mio Guard.
 Lui era davvero l’unico.
 Uscii dall’ascensore, dopo quel mio momento di stallo, e insieme a Blake mi ritrovai all’interno della mia cucina, la stessa cucina che solo poche ore prima aveva accolto me e Blake di ritorno da scuola. Erano successe così tante cose da quel momento che sembrava lontano secoli.
 -Papà! Ci sei?- dissi a voce alta.
 -Cassie, siamo in biblioteca…-, la voce di mio padre arrivò un po’ ovattata a causa della porta della biblioteca, che notai, era chiusa.
 Guardai un attimo Blake e con calma ci dirigemmo verso la stanza. Posai la mano sulla maniglia e abbassandola aprii la porta con un leggera spinta.
 -Vi siete svegliati prima del previsto-, sorrise mio padre alzandosi dalla sedia e venendomi incontro.
 C’era qualcosa di strano. Sul tavolo della biblioteca c’erano quattro tazze di caffè e una montagna di pasticcini. Dafne era in piedi vicino al caminetto, ma sul divano di fronte vidi seduti un uomo e una donna. Lui in giacca e cravatta, aveva dei perfetti capelli castani, un po’ brizzolati ai lati, un viso quasi squadrato e senza imperfezioni nei lineamenti, e degli occhi neri e profondi. La donna attirò di più la mia attenzione: i suoi lineamenti dolci, i lunghi capelli castano scuro, la forma dei suoi eleganti occhi verdi, mi ricordavano tremendamente qualcuno.
 -Mamma! Papà!- esclamò una voce al mio fianco.
 -Ciao Jason-, sorrise la donna mantenendo un’espressione distesa.
 Quella situazione cominciava ad apparire davvero molto strana. Una madre che rivedeva il figlio dopo che lui aveva quasi rischiato di morire non si comportava in quel modo. Lei era calma e se anche avesse avuto una qualche forma di preoccupazione non la dimostrava per niente.
 -Cassie-, cominciò mio padre con un sorriso. –Lascia che ti presenti Sandra e Michael Blake, i genitori di Jason.
 -Salve-, risposi io in tono educato cercando di non badare al fatto che indossavo solo un accappatoio.
 -Ma che ci fate qui?- chiese Blake stupito, e passandomi accanto si diresse verso i propri genitori.
 -Li ho contattati io-, riprese mio padre. –Non potevo certo permettere che ti dessero per disperso, Blake. Pensavo di dover dar loro qualche spiegazione, e invece, a quanto pare, i tuoi genitori sapevano già tutto, e anche di più.-
 -Che significa?- il tono di Blake era più confuso che mai, lo sentivo chiaramente.
 -Tuo padre ed io sapevamo che prima o poi questo giorno sarebbe arrivato-, Sandra continuava ad avere un viso disteso e rilassato. –Tuo nonno mi ha preparato bene all’eventualità di avere un figlio Guard, e io ho preparato tuo padre. La Tripla S ci ha fatto trasferire qui perché sapevano che c’era un Seeker che aveva bisogno di un Guard e le possibilità che fossi tu erano molto alte, almeno secondo la loro opinione. E’ stata la Tripla S a fare in modo che tuo padre avesse la promozione e a dirci che scuola avresti dovuto frequentare. Mio padre me lo diceva sempre: “i capi della Tripla S sono sempre un passo avanti a te, quando tu cominci a pensare qualcosa loro l’hanno già attuato”. Aveva ragione.-
 Spalancai gli occhi e mi voltai verso Blake. All’improvviso avevo sentito una strana sensazione di tristezza provenire dal suo corpo, e quella tristezza mi entrò dentro, potevo quasi toccarla.
 -Perché il nonno non mi ha mai parlato di tutta questa storia?-
 Era per suo nonno, sicuramente era molto affezionato a quell’uomo, e l’idea che non l’avesse istruito per affrontare il mio mondo lo aveva tremendamente deluso.
 -Tuo nonno aveva abbandonato il mondo dei Seeker perché si era innamorato di una donna normale. Quando sono nata io era felicissimo perché non sarei stata coinvolta in questo mondo neanche come Guard. Ormai mio padre non voleva avere più nulla a che fare con la Tripla S, e mi parlava dei suoi giorni da Seeker come qualcosa di lontano e ormai finito.-
 Non potevo crederci, stavo davvero ascoltando la storia del famoso Icarus Warren. Avrei provato molta più felicità se lo stato d’animo di Blake non avesse continuato ad opprimermi in quel modo.
 -Se un Seeker decide di lasciare la Tripla S perché s’innamora di un umano, viene considerato un traditore e disconosciuto dall’intera comunità dei Seeker. Purtroppo la popolazione dei Seeker va sempre diminuendo a causa del gran numero di Seeker che decide di sposare umani, e nonostante questo anche il numero di Guard non è alto. Il Gene S è molto fragile, non è semplice che da un Seeker e un umano posso nascere un Guard. Infatti quando sei nato tu, mio padre non poteva crederci. Lui era anche un biologo molecolare quindi sapeva che era praticamente impossibile che dentro di me ci fossero dei geni che potessero dar vita al Gene S, e invece era successo. Tu eri una specie di piccolo miracolo, Jason. Tuo nonno decise il tuo nome e mi fece promettere che se la Tripla S avesse scoperto di te io avrei lasciato che tu seguissi il tuo destino, ovviamente solo se fosse stato un tuo desiderio. Tuo nonno ti voleva molto bene Jason, e non voleva coinvolgerti prima del tempo in qualcosa di così enorme, e non voleva influenzarti sapendo quanto affetto provassi per lui. Io ho sempre sentito parlare dell’affascinante mondo dei Seeker, e non sai quante volte da bambina ho desiderato di poter avere i poteri dei Guard, sapendo ciò tuo nonno non voleva che io deponessi dei miei desideri in te, come per viverli di luce riflessa, perciò abbiamo deciso di non dirti niente. Eppure sapevamo che questo giorno sarebbe arrivato, perché per ogni Guard che nasce c’è un Seeker che lo aspetta, era solo questione di tempo.-
 Sandra spostò i suoi profondi occhi verdi su di me, scrutandomi gentilmente. Sbattei le palpebre sentendomi parecchio in soggezione mentre lei continuava ad osservarmi.
 -Adesso che mio figlio è diventato il tuo Guard, Cassie, anche tu potrai portare avanti il lavoro di mio padre. Se lui vi potesse vedere sarebbe davvero fiero di questa squadra.-
 Annuii con un sorriso e mi voltai a guardare Blake. Aveva ancora il volto contratto dalla delusione ma il suo animo era più sereno come se avesse davvero capito che Icarus aveva taciuto solo per il suo bene.
 -A proposito di squadra-, intervenne mio padre. –E’ ora di ufficializzare la nascita del vostro team. Ora che Jason ha accettato di diventare un Guard la Tripla S deve essere informata di tutto questo.-
 -Ehm, papà…-, cominciai leggermente imbarazzata.
 -Dimmi, tesoro-, mi disse lui un po’ confuso.
 -Prima di ufficializzare tutto quanto, potremmo andare ad indossare qualcosa?-
 Blake mi lanciò uno sguardo imbarazzato e per poco non arrossii. Nessuno di noi due aveva dimenticato quello che era accaduto poco prima nella Healthy Room, anche se di certo avrei preferito rimuovere. Era decisamente troppo imbarazzante.
 Una volta nella mia stanza indossai un top nero e dei jeans scuri. Asciugai i capelli velocemente e li lasciai ricadere lungo le spalle.
 Mi sedetti un attimo sul letto e chiusi gli occhi, respirando profondamente. Avrei voluto chiedere scusa a Blake per averlo costretto a far parte di questo mondo, anche se era predisposto geneticamente, la Tripla S lo aveva portato da me di proposito, costringendolo ad abbandonare la sua vita precedente senza neanche avere la certezza che sarebbe stato lui la persona idonea per essere il mio Guard.
 Avevo cominciato a rovinargli la vita ancora prima di conoscerlo. Era assurdo.
 “Cassie, i tuoi sensi di colpa mi stanno facendo venire il mal di testa. Datti una regolata!”
 Blake?! Ma non era possibile, come poteva usare il pensiero per comunicare anche quando la mia anima era dentro al mio corpo? Solo i Guard e i Seeker più allenati ci riuscivano, dopo anni di collaborazione. Dafne e mio padre avevano bisogno di una grande concentrazione per riuscirci.
 “Blake, come hai fatto?”
 Ci riuscivo anch’io, e senza sforzarmi neanche troppo. Era una cosa così strana.
 “Di che parli?”
 “Ad attivare la comunicazione tramite il pensiero. In teoria dovremmo riuscirci solo quando la mia anima è fuori dal mio corpo.”
 “Non ne ho idea. Avevo voglia di dare un taglio al tuo senso di colpa, visto che mi sta opprimendo, e ho provato con questo metodo. Ero certo di riuscirci visto che lo avevo già fatto.”
 “E’ così strano…”
 “Cassie, smettila di sentirti in colpa.”
 Spalancai gli occhi incredula. Blake stava cercando di tranquillizzarmi, aveva capito che mi sentivo in colpa per quello che gli avevo fatto.
 “Ero destinato a questa vita e se non fossi diventato il tuo Guard lo sarei diventato per qualcun altro. E’ una cosa che parte da me, che è dentro di me. Non posso sradicarla e non è colpa tua se adesso la mia vita non sarà più come prima. Da un lato devo ammettere che comunque sono contento di quello che sta accadendo perché almeno ho trovato un vero obiettivo da portare avanti. Te lo dico in questo modo perché guardandoti in faccia non penso che ce la farei ma non so se è la mia natura di Guard a farmelo dire però farò qualsiasi cosa perché tu sia al sicuro durante le missioni, non ho intenzione di permettere che qualcuno o qualcosa ti faccia del male, non lo potrei sopportare. Adesso proteggere te è l’unica cosa che conta davvero nella mia vita.”
 Okay, quelle parole erano dettate dal Gene S di Blake, eppure mi rendeva felice il fatto che lui la pensasse così. Mi rendeva molto più felice del dovuto e mi trovai costretta a  reprimere tutta la mia gioia altrimenti Blake l’avrebbe avvertita.
 “Blake… Grazie, davvero. Grazie per avermi salvato la vita e per aver deciso di non abbandonarmi. Ti devo molto e penso che ti dovrò anche di più in futuro. Ricordati queste parole perché non credo che le sentirai mai più pronunciate da me.”
 L’atmosfera cominciava a diventare un po’ troppo strana per i miei gusti, e per fortuna qualcuno decise di togliermi da quell’impiccio bussando alla porta. Forse era mio padre che veniva a chiamarmi per andare.
 Mi diressi verso la porta e quando l’aprii il mio corpo si immobilizzò davanti alla persona che aveva bussato alla mia porta.
 -Posso entrare?- mi chiese Sandra Blake con voce gentile e con un sorriso che probabilmente era l’arma più usata dalla donna per non ottenere un rifiuto.
 -Certo-, risposi cercando di mantenere una voce ferma.
 Mi feci da parte e lasciai che la madre di Blake entrasse nella mia stanza. Si muoveva in modo stranamente sciolto. Sapevo perfettamente che non aveva alcun tipo di Gene S eppure tutta la sua persona e il suo essere delineavano quanto fosse stata vicina alla possibilità di essere una Guard. Era leggera nei movimenti, lo notai mentre prendeva una foto di mia madre posata su uno scaffale e la osservava. Aveva occhio critico ed intelligente, si vedeva dal suo sguardo arguto e curioso.
 Sì, quella donna sarebbe stata una grande Guard se sono la genetica gliene avesse data la possibilità. Era impossibile che un essere totalmente umano potesse sprigionare quell’aura così sovrannaturale eppure lei aveva questo dono.
 -Sai, Cassie-, cominciò guardandomi dolcemente negli occhi. –Come ho detto prima io non ho il Gene S però ho sempre avuto un sesto senso molto sviluppato e a volte mi è capitato di avvertire la presenza di un fantasma.-
 Spalancai gli occhi quasi incredula.
 -Mio padre una volta mi spiegò come sia possibile che figli di un Guard e di un umana possano diventare dei “sensitivi”, passami il termine. Ovviamente non mi riferisco a Santoni imbellettati che gestiscono programmi Tv a pagamento ma di persone come me. Noi non siamo Seeker, non siamo Guard eppure abbiamo una specie di capacità che ci permette di avvertire a volte la presenza di anime o di… Be’ di altro. Sai a cosa mi riferisco.-
 Annuii rapita da quel discorso. Non avevo mai creduto a coloro che si definivano sensitivi, ma dovevo ammettere che forse c’era del vero in quello che stava cercando di dirmi Sandra Blake.
 -A volte ho sentito la presenza delle anime e non mi riferisco solo ad anime innocue ma anche quelle malvagie. Ho avvertito di cosa possono essere capaci e devo ammettere che nonostante io abbia sempre conosciuto il destino di mio figlio da un lato sono anche tremendamente spaventata per ciò che potrebbe accadergli.-
 Fece un sospiro e si sedette sul mio letto facendomi segno di sedermi accanto a lei.
 -Quando sono diventata madre ho promesso di proteggere mio figlio da tutto quello che avrebbe potuto ferirlo o danneggiarlo ma il mondo delle anime e dei Seeker è al di sopra delle mie forze e so di non poter nulla contro i pericoli che Jason incontrerà sul suo cammino d’ora in avanti. Lui ha deciso di accettare la sua natura e spero che abbia capito a cosa andrà incontro, anche se ora è il Gene S a scegliere per lui. Jason in questo momento non vede altri che te e l’importanza della tua vita ma io vedo la sua di vita e soprattutto vedo l’importanza che ha per te.-
 Spalancai gli occhi incredula a quelle parole.
 -Tranquilla, Cassie. So che per un Seeker provare preoccupazione per il suo Guard, soprattutto dopo una conoscenza così breve, è alquanto insolito ma non ho intenzione di comunicarlo alla Tripla S o cose del genere.-
 Non era stata l’idea che la Tripla S venisse a conoscenza della mia preoccupazione che mi aveva sconvolta ma il fatto che quella donna avesse capito così tanto in un lasso di tempo decisamente breve. Possedeva un intuito davvero invidiabile.
 -In realtà sono venuta qui a parlarti perché vorrei che tu mi promettessi una cosa.-
 Sfoderò di nuovo quel sorriso che avrebbe fatto sciogliere un ice-berg.
 -Cosa?- chiesi ancora sorpresa.
 -Tu provi un certo affetto per mio figlio, vero? Ti senti legata a lui da qualcosa che non riesci a spiegarti.-
 Ma come diamine faceva a saperlo? Come lo aveva capito? Come poteva aver interpretato i miei comportamenti così velocemente e in modo altrettanto corretto?
 -Io… Credo di sì-, risposi abbastanza titubante.
 -Non ti chiedo di spiegarmi questo legame, dubito che riuscirei a capire di cosa si tratta, è un qualcosa di sovrannaturale che io non ho le capacità per analizzare.-
 A dire la verità sembrava il contrario visto che aveva capito praticamente tutto fino a quel momento.
 -Conosco mio figlio, Cassie. Se lui dice che darà la vita per te stai pur certa che lo farà. Pur di salvarti metterà se stesso in pericolo e io ho paura che lui non sia del tutto cosciente del significato della morte. Non pretendo che lui non faccia quello per cui è nato e a cui è destinato però… Ti prego, Cassie, promettimi che veglierai su di lui. Promettimi che cercherai di impedirgli di fare sciocchezze. Vorrei solo questo, che tu ti prendessi cura del mio bambino perché io ormai non posso più farlo.-
 Abbassai lo sguardo rattristata. Non era solo per la mancanza del Gene S che Sandra non avrebbe più potuto prendersi cura di Blake ma anche perché per le regole stabilite dalla Tripla S i Guard erano costretti a non avere più contatti con la loro famiglia di origine se composta da soli umani. Probabilmente la Tripla S avrebbe fatto trasferire di nuovo i genitori di Blake trovando il modo di far restare lui a S. Francisco. Lo avrebbero fatto in modo subdolo e graduale in modo che lui se ne accorgesse quando era ormai troppo tardi e io, per legge, non potevo fare alcuna parola su questo avvenimento. Blake avrebbe dovuto sopportarlo e affrontarlo a tempo debito.
 Non avevo mai condiviso più di tanto le stupide regole della Tripla S e dovevo ammetterlo quella regola era tra le più idiote e crudeli.
 Finché Blake fosse stato il mio Guard non avrebbe mai più potuto rivedere i suoi genitori e questo mi uccideva. Il mio senso di colpa rischiava di raggiungere livelli storici inauditi.
 Dovevo fare qualcosa per alleviare almeno in parte quella sensazione sgradevole che mi stava attanagliando lo stomaco e dovevo farlo prima che Blake si accorgesse del mio stato d’animo. Non era assolutamente pronto per conoscere la verità.
 -Le prometto che veglierò su Blake- risposi fissando Sandra dritto negli occhi. –So quanto possa essere istintivo, ne ho avuto oggi la prova, e cercherò in ogni modo di fargli comprendere che la sua vita è fondamentale quanto la mia. Lei sa meglio di me che al mondo esiste un solo Guard per ogni Seeker, se Blake dovesse fare delle sciocchezze e perdere la vita anche la mia essenza di Seeker non avrà più senso di esistere.-
 Sandra ricambiava il mio sguardo con un misto di gratitudine e curiosità.
 -Se posso chiedertelo, chi è che parla in questo momento? Cassandre Hyde, la nuova neo Seeker, o Cassie una diciassettenne in pena per la vita di un amico?-
 Quella era un’ottima domanda, e probabilmente da quella donna avrei dovuto aspettarmi un’osservazione di quel genere.
 -E’ Cassandra a parlare. Semplicemente Cassandra, una ragazza legata ad un mondo che molti non accetterebbero e che sa quanto sia importante la vita, soprattutto se è la vita di una persona buona e piena di coraggio come lo è Blake. Non potrei mai permettere che gli accadesse qualcosa, la sola idea mi fa stare male.-
 La madre di Blake continuò a guardarmi ma questa volta scorgevo solo gratitudine nei suoi occhi.
 -Sarai davvero una grande Seeker, Cassie.-
 Prese una delle mie mani e la strinse tra le sue senza lasciare i miei occhi neanche per un istante.
 -Lo sarò solo perché al mio fianco ci sarà un grande Guard. Però, la prego di non riferire a Blake le mie parole, non vorrei che si montasse già la testa.-
 Stranamente mi aprii in un sorriso complice, di certo non solito alla mia indole, che Sandra ricambiò divertita.
 -Non mi sembra il caso che mio figlio conosca così presto la vera idea che tu hai di lui. Gli aspettano giorni difficili e sono sicura che il tuo carattere autoritario e severo lo aiuteranno a maturare ancora e a diventare l’uomo e il Guard che ho sempre sognato che fosse.-
 Quella donna. Era una rivelazione, non avevo mai conosciuto un’umana così sensibile e perspicace. Era come se anche lei, a suo modo, avesse dei poteri che nemmeno io riuscivo a comprendere totalmente.
 Probabilmente dalla madre di uno come Blake non avrei potuto aspettarmi niente di meno.
 -Dopo la cerimonia di ufficializzazione, io e mio marito non rivedremo più Jason. Lui si trasferirà qui da voi e noi tra pochi giorni lasceremo San Francisco, e ovviamente non posso dire né a lui né a te dove andremo.-
 -Conosco le leggi della Tripla S, anche se molte non le condivido.-
 -Non parteciperemo alla cerimonia, sai che non ci è dato vedere il quartier generale della Tripla S, quindi saluterò mio figlio adesso. Ti prego di non fargli capire in alcun modo quello che sta per accadere, e di spiegargli quando sarà il momento che questo è un passaggio fondamentale perché la sua vita di Guard abbia inizio.-
 La guardai negli occhi per un lungo istante, avevo come la sensazione che avrebbe voluto scoppiare a piangere ma era quanto il suo carattere deciso e la sua discendenza così prestigiosa glielo impedissero.
 -Le prometto che Blake conoscerà tutte le motivazioni e che troverò un modo per fargli accettare questa parte del percorso.-
 -Grazie, Cassie- rispose sorridendo. –Non avrei davvero potuto sperare in una compagna d’avventura migliore per Jason.-
 -Siamo pronti- urlò mio padre dalla cucina.
 Sandra si voltò a guardarmi ancora una volta.
 -E’ il momento- rispose con un sospiro.
 -Vada a salutare Blake- le suggerì con voce calma. –Si prenda tutto il tempo che le occorre. Ci penserò io a tenere buono mio padre e anche tutto il mondo dei Seeker se sarà necessario.-
 Sandra mi guardò con commozione.
 -Sei davvero una ragazza straordinaria, Cassie.-
 Mi aprii in un sorriso amaro.
 -Sono solo una ragazza che vorrebbe tanto vivere in un mondo normale, ma faccio buon viso a cattivo gioco e vado avanti. Blake merita di salutare i suoi genitori, se l’è meritato per quello che ha fatto oggi e per tutto quello che farà in futuro.-
 Sandra annuì.
 -Grazie ancora, Cassie.-
 Con queste parole e un ultimo, dolce, sguardo lasciò la mia stanza e si diresse verso il suo destino e il suo futuro. Un futuro in cui il figlio che aveva amato e cresciuto non ci sarebbe più stato.




***L'Autrice***
 Salve a tutti ^^
 Lo so, tra un po' vi dimenticherete anche di chi sono, scusatemi. Ormai aggiorno così di rado che mi vergogno di me stessa. Comunque piano piano e con pazienza qualcosina dal mio cervello bacato riesco a tirarla fuori.
 Ecco qui un nuovo capitolo di questa storia, e spero vivamente che vi sia piaciuto. Ci ho messo davvero tanto a partorirlo e spero che per il prossimo non dobbiate aspettare così tanto, anche se purtroppo riesco a scrivere sempre più di rado.
 Però posso garantirvi che comunque questa storia è sempre meglio delineata nella mia mente e che davvero intenzione di far accadere di tutto. ^^
 Nel prossimo capitolo vedremo l'ufficializzazione della S1 Cassandra, e quindi mi toccherà descrivere il quartie generale della Tripla S, il che mi rende un po' indecisa, non so esattamente come sarà, spero non una schifezza comunque xD
 Come sempre ringrazio tutti coloro che leggono queste e tutte le mie storie, e vi prometto che risponderò alle recensioni di questo capitolo e anche a tutte le recensioni a cui non ho ancora risposto.
 Vi ringrazio infinitamente per tutto l'affetto che ogni volta mi dimostrate... ^^

Un bacio
  

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