Heroes and Sacrifices

di suni
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue ***
Capitolo 2: *** One: Evening around the table ***
Capitolo 3: *** Two: Farewell ***
Capitolo 4: *** Epilogue ***



Capitolo 1
*** Prologue ***


Credo di avere alcune precisazioni su questa nuova storia. L’immagine mi è venuta in mente per caso mentre mi stavo addormentando, mi è piaciuta in sé e per sé, pur sembrandomi assurda. Ma poi, lavorandoci stamattina, ho pensato che non lo era poi così tanto. Tutto si chiarificherà nel primo capitolo –che poi ce ne saranno solo due, oltre questo prologo.

E’ semplicemente questo: e se… le morti di Sirius e Albus fossero entrambe volute?

E se qualcun altro collaborasse con loro per attuarle?

… ciao ciao

suni

E perfavore, commentate...

 

 

 

 

HEROES AND SACRIFICES

 

 

PROLOGUE

 

 

La porta del sotterraneo si chiuse pesantemente alle sue spalle mentre Severus avanzava nella penombra nella stanza di pietra. Il viso arcigno e pallido era concentrato, assente. La bocca sottile era arcuata da un piega amara. Con un pesante sospiro, si avviluppò un po’ più strettamente nel mantello, e con un pigro movimento della bacchetta fece più luce nella stanza, e si lascio andare, seduto alla sedia della sua scrivania scura. Stancamente, poggiò il gomito sulla superficie del legno e lasciò che la fronte aggrottata si reggesse sulla sua mano bianca.

Certo, ora Dolores Umbridge non sarebbe stata più un problema.

Per qualche tempo almeno, neanche… neanche Lucius.

E ora, finalmente, tutto il paese avrebbe dovuto accettare la realtà, il ritorno dell’Oscuro Signore; e comportarsi di conseguenza.

Potter era un passo più vicino alla vittoria, o alla caduta, in ogni caso alla soluzione di quella guerra infinita.

E la Profezia era al sicuro, per sempre.

Sì, era andata come avevano sperato che andasse. Il punto questa volta l’avevano segnato loro. E se anche Voldemort adesso si stava consolando al pensiero che almeno aveva provocato a Potter e all’Ordine un grande dolore, fiaccato le speranze del ragazzino... Beh, lui non sapeva. Non sapeva che Harry Potter doveva rimanere solo.

Il pensiero lo fece sospirare silenziosamente. Sì, solo. E presto sarebbe toccato a lui fare la sua parte. Forse tre mesi dopo, forse dieci, ma presto, troppo presto. Avrebbe ucciso, per l’ultima volta. Ma quell’omicidio gli era odioso, insopportabile. Qualcosa dentro di lui si dibatteva, divincolandosi, per ribellarsi a quel dovere mostruoso e aberrante che gli veniva imposto.

Per l’Ordine, Severus. Per la vittoria contro Voldemort. Non abbiamo scelta, Severus, anche io devo morire e ritengo non ci sia uomo più adatto di te per questo compito ingrato.

No. No, non lui, lui non lo poteva fare.

Severus… Ciò che c’è in ballo è molto più delle nostre singole, misere vite. Questo gesto cambierà le sorti della lotta. Un ultimo sforzo, non te lo chiederei se non fosse così importante.

Parlava sempre sorridendo. Merlino, quel sorriso. E sarebbe stato lui… lui, a cancellare quel sorriso.

Odiava essere l’uomo di fiducia di Silente molto più che essere quello di Voldemort.

Odiava il suo ruolo. Sempre subdolo, sempre in piedi, sempre un vile agli occhi di tutti. E adesso doveva costruire e nel secondo caso dare la morte a quei due. Ma come tirarsi indietro, sapendo quale fosse la posta in gioco…

Si riscosse, sollevando la testa. Nei suoi occhi e sul suo volto aleggiò una ferma decisione, qualcosa che gli assottigliò le labbra fece corrugare la fronte. Non era ancora tempo di pensare a questo. Se già ora si lasciava tormentare dalla propria debolezza, che sarebbe successo due giorni prima del compimento della missione?

Lui, quarantott’ore prima della propria missione, ovvero due giorni avanti la propria morte, era seduto a tavola a mangiare. Lentamente.

Ormai era quasi tutto organizzato.  Mancavano pochi dettagli. Come Potter avrebbe raggiunto Londra, era la domanda più impegnativa a cui dovessero ancora rispondere. E certo da lì a due giorni sarebbe stato chiarito.

Silente gli aveva affidato un altro compito ingrato, passare da Grimmauld Place per mettere a punto gli ultimi dettagli. Per verificare che il testacalda fosse non troppo fuori di sé, non troppo agitato, per non rischiare di compromettere la missione.

Aveva avuto una singolare sorpresa, entrando in casa.

Che strana serata…

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** One: Evening around the table ***


Che dire… ho sempre avuto in mente che potesse avvenire questo confronto. E ho sempre trovato enormi difficoltà nell’immaginarlo, pensandolo sempre mai sufficiente, mai compiuto. Anche questa volta non l’ho immaginato. Ho lasciato che si formasse da sé,. Non a caso lo inizia Sirius, perché è partendo da lui –il “mio” personaggio più definito- che si sviluppa.

Probabilmente lo riscriverò altre cento volte prima di cominciare  trovarlo passabile.

Per ora, è questo.

Spero possa risultare interessante.

Al prossimo –e credo ultimo- capitolo.

suni

 

 

 

ONE: Evening around the table

 

 

Severus Piton entrò in casa chiudendosi silenziosamente la porta alle spalle. L’atrio era buio, intravedeva appena il disgustoso ritratto coperto dalla pesante tenda.

Non si udiva nessuna voce, né movimenti. Soltanto tintinnio leggero di piatti e stoviglie, proveniente dalla cucina. Gettò uno sguardo alla pendola: a giudicare dall’ora, probabilmente Black stava cenando.

Corrugò impercettibilmente la fronte: ma non c’era Lupin? O quell’idiota di Fletcher?

Scrollando con rigidezza la testa, raggiunse la porta della stanza attigua, socchiusa, e si affacciò.

No, non c’era nessuno. Solo lui, seduto a tavola con un piatto ricolmo di qualcosa di estremamente poco invitante davanti, intendo a mangiare lentamente strappando grossi mozzichi di pane con un certo accanimento.

Piton lo osservò attraverso la porta semichiusa e assottigliò gli occhi, con fastidio.

Aveva uno ragione in più di odiarlo, adesso, per provare fastidio nel posare gli occhi su quella figura che nonostante gli anni passati, gli era rimasta familiare per la vivezza dell’odio che aveva nutrito nei suoi confronti.

Proprio quella vivezza era la ragione. Mentalmente rivedeva ancora con estremo nitore il Malandrino, luminoso, ridente, bellissimo, perennemente immerso in una vivace, spesso maligna risata. L’immagine che contemporaneamente gli rimandavano i suoi occhi, però, non corrispondeva nemmeno in minima parte. Seduto a tavola c’era un uomo consunto, di una magrezza scheletrica e malsana, arruffato e spento, quasi opaco. Un volto troppo prematuramente invecchiato, vuoto di ogni energia e su cui si potevano percepire solo amarezza e una spossatezza che implorava pace.

Per questo Severus Piton lo odiava ancora di più di un tempo, perché in quello sfacelo leggeva anche il proprio. Arrivava a provare pena di se stesso, e questo gli era inaccettabile. Immaginò che anche Black non riuscisse a far collimare l’immagine di Snivellus con quella del deprimente professor Piton.

“Non hai perso quella sgradevole abitudine di spiare, vedo”

Black non aveva nemmeno alzato lo sguardo dal piatto, ed aveva parlato con una provocazione di facciata che mal nascondeva la sua apatia di fondo.

Piton spalancò la porta con stizza a arricciò le labbra guardandolo con ira. Per qualche istante frugò alla ricerca di una risposta adeguata da fornire all’irritante interlocutore, ma mantenne il volto impassibile e rimase immobile.

“Mi manda Silente, Black” annunciò indifferente.

Finalmente, gli occhi grigi di Sirius si sollevarono su di lui per qualche istante, maledettamente sarcastici.

“Si ostina a costringerci a frequentarci. Disdicevole” osservò ingollando un altro boccone.

“Molto divertente, Black. Sei ancora spassoso come ti ricordavo” ribattè Piton senza muovere un solo muscolo del viso, assolutamente atono.

Sirius sbuffò annoiato.

“Ti manda a dirmi quando andiamo al Ministero?” chiese con calma.

Severus lo guardò corrugando le sopracciglia. Non sembrava aver molto bisogno di essere quietato né controllato, pareva perfettamente a suo agio.

“Non lo sappiamo ancora. Nei prossimi giorni” ribattè a voce bassa.

Sirius strappò un altro pezzo di pane, fissando assente un punto del tavolo. Annuì lentamente, mordicchiandosi l’interno della guancia.

“Nei prossimi giorni…” ripetè tra sé, con mitezza.

Severus stiracchiò un sorriso mellifluo.

“Cambiato idea?” domandò ironico, appoggiandosi allo stipite.

Gli occhi grigi di Sirius tornarono a lui, sfolgorando indignazione e anche una certa condiscendente superiorità.

“Tu credi?” domandò sottovoce.

Severus dondolò la testa.

“Beh, Black, sei sempre stato bravo tu, quando avevi le spalle coperte dagli amici. Ma stavolta-…” iniziò con noncuranza.

Lo stridio violento della sedia di Sirius che scattava indietro lo interruppe.

L’ex Grifondoro era in piedi, aveva i pugni serrati lungo i fianchi, le braccia irrigidite dalla tensione e la mascella indurita tremante di rabbia.

“Mi stai dando del vigliacco, Mangiamorte?” sibilò sporgendosi in avanti.

 Severus sbuffò.

“Quanta fantasia, Black. Sei sempre più originale” ribattè avanzando silenzioso nella stanza, fino ad arrivare vicino al tavolo.

Non aveva nessuna voglia di litigare, in realtà. Non adesso, non senza una buona ragione. E sentirsi dare del Mangiamorte, per quanto brutto, ingiusto e vergognoso, non lo era.

Era stato un Mangiamorte, in passato. Lo era stato con l’incoscienza e la dedizione di un  povero ragazzino ignorante ed ottuso, lui che invece possedeva un acume fuori dal comune.

Black continuava a fissarlo con astio.

“Buono, buono, a cuccia. –osservò Piton stancamente, con un sogghigno- Prima ti riferisco ciò che ho da dire, prima entrambi ci libereremo di una compagnia spiacevole”

Sirius stiracchiò in qualche modo un condiscendente sorriso.

“Accomodati, allora. Sono –replicò, con un cenno verso la sedia di fronte a sé- … Ansioso di sentire cosa mi devi dire” lo invitò con ironia, riprendendo posto.

Severus si sedette con studiata lentezza, avvolgendosi alle spalle il mantello nero. Gli occhi ostili e cupi di Sirius seguirono ogni suo movimento, anche minimo, con attenta vigilanza.

“Vorrei dell’acqua, Black, se non ti spiace” annunciò come se niente fosse.

Sirius incrociò teatralmente le braccia davanti al petto, appoggiandosi allo schienale.

“Prenditela, Piton” rispose torvo.

Severus sospirò condiscendente.

“Sai, sono le precise parole che mi aspettavo dicessi, Black. –ribattè annoiato, prima di puntare la bacchetta verso il piano della cucina- Lettera per lettera”

“Beh, Piton –aggiunse Sirius ironico- Non era così complicato, sono solo due parole”

Il bicchiere che Severus aveva appellato si depositò davanti a lui.

“Bene, Black. E’ tutto sistemato?” domandò Severus cambiando bruscamente discorso. Improvvisamente sentì di non poter più guardare l’altro in faccia, e abbassò gli occhi sulle proprie mani, fissandole intensamente.

Sirius si stiracchiò sulla sedia, schiudendo le labbra in un sorriso che lui stesso non avrebbe saputo spiegare né classificare.

“Ho fatto testamento, se è quello che intendi. –rispose con mitezza- E qui in casa è tutto a posto. Le mie cose sono in ordine e anche tutte quelle per Harry.” elencò pensoso. Incrociò le braccia sul tavolo e si piegò per appoggiarvi il meno, accovacciandosi quasi.

Severus sollevò appena lo sguardo.

Black fissava distrattamente il vuoto. Non aveva in volto espressioni riconoscibili, e giocherellava appena con una ciocca dei nodosi capelli.

“E quel tuo.. – Piton si schiarì la gola a sottolineare la propria convinzione che solo un pazzo avrebbe tenuto in casa qualcosa di simile- …Ippogrifo, è già sistemato?”

“Beh, sì, pensavo di affidarlo a te” ribattè Sirius sostenuto, guardandolo storto.

“Allora… Sappiamo che cosa avverrà precisamente” iniziò Severus riluttante. Ecco arrivato il momento fatidico, il momento di raccontare ad un uomo come doveva morire.

Sirius Black si era rizzato in posizione eretta sentendo quella frase, gli occhi si erano aperti di più, fatto attenti. Un labbro risucchiato dai denti che lo mordicchiavano.

“Dove devo morire?” chiese irriverente.

“L’Oscuro Signore ha piena fiducia in me, mi ha spiegato tutto. Potter avrà un altro incubo strano, Black. Come ti è stato detto, sognerà te… Torturato a morte nell’Ufficio Misteri. Ed è là che si dirigerà a tutta velocità.” Iniziò confusamente, assumendo un’espressione acida e compita per darsi un tono. Fino ad un istante prima ogni dettaglio si dipanava perfettamente nella sua memoria, ma ora, al momento di ripetere a Black, gli parve che poche, sconnesse parole fossero rimaste impresse nella sua mente.

“Sì. Ma ci ho pensato, Harry cercherà di contattar…mi –obiettò Sirius con serietà, ma subito sorrise amaramente- … Kreacher…” sussurrò tra sé.

“Esattamente. Lascerai che sia l’Elfo a parlare con Potter. Basterà che tu ti chiuda in qualche stanza.” concordò Piton, scrutandolo quasi scientificamente. Black aveva serrato gli occhi, coprendosi la bocca con una mano, ma pareva di vedere ancora il sorriso, attraverso.

Il tradimento era nel destino di quell’uomo, c’era sempre stato. Nel destino di tutti e due, in effetti. Il perenne tradito ed il perenne traditore. Strano che stavolta sarebbero stati una finta, quei tradimenti, costruiti a tavolino per un medesimo scopo.

Piton si schiarì la voce e gli occhi di Sirius tornarono su di lui mentre riprendeva a parlare.

“Comunque, Kreacher avrà ordini precisi. Dirà a Potter che sei uscito, gli farà credere che sa che non tornerai. Per lui sarà la conferma che il suo sogno è vero –raccontò, mentre in mente gli tornava chiarezza- e terrorizzato per la tua sorte, cercherà di-…”

“No!” la voce bassa e straziata era come sfuggita dalle labbra di Sirius.

Severus lo guardò rassegnato, come con il più ottuso dei suoi studenti.

Il viso stanco si era come raggrinzito di dolore.

“No cosa, Black?” domandò seccato.

Il pensiero di Sirius correva al figlioccio, appena quindicenne, spaventato, solo. Gli sembrò di provare la sensazione opprimente di panico alle parole di Kreacher, il terrore di perdere la persona cara, e dopo…

“Perché devo fargli questo?” mormorò con accento disperato.

“Perché sì, Black” tagliò corto il professore di Pozioni.

Ma non proseguì.

Eccolo, il Malandrino, Felpato, il persecutore. Ne rimaneva una carcassa con gli occhi gonfi di lacrime di dolore ed impotenza. Severus distolse lo sguardo, avvertendo un freddo che non conosceva percorrergli il midollo osseo su fino al collo.

Udì un lieve singhiozzo.

“Stai toccando il fondo, Black… Dovresti ricomporti, sei ridicolo” sibilò irritato con l’altro e ancor più con se stesso per quell’impressionabilità.

Sirius spostò gli occhi gonfi su di lui.

“Parliamo un po’ di… Albus, vuoi?” ribattè con astio, passandosi la mano sul viso per asciugarlo. Di certo gli bruciava essersi lasciato andare davanti a lui, proprio lui, Snivellus. Ma non era più granchè importante, adesso. Davanti alla morte, un buon numero di cose sbiadivano in importanza e significato. Non gli sembrava certo fondamentale quell’ultimo scherno meschino in tanti anni di miserie reciproche scambiate ad ogni occasione.

Severus aveva sussultato nell’udire il nome di Silente. Era un colpo basso, e se anche l’aveva meritato lo urtò profondamente. Torvo, osservò Black.

“Faccio solo quello che mi dice” ribattè nervosamente.

Sirius sorrise ampiamente, più calmo.

“Ma certo, Piton. Solo quello che ti dice, come me” concordò con finta allegria.

Severus scrollò la testa, preferendo soprassedere. Il pensiero di Silente lo faceva sentire inspiegabilmente vuoto e debole.

“Comunque –riprese, freddo- Potter arriverà all’Ufficio e ci troverà Malfoy e gli altri. E’ importante che a quel punto voi siate molto rapidi, se per caso ne siete in grado –sottolineò sprezzante- Non è bene che vi troviate già nei dintorni, potrebbero anche controllare. E’ chiaro?” domandò con serietà, squadrandolo.

Sirius annuì concentrato.

“Bene. Ci sarà una colluttazione, come persino tu puoi capire. E’ bene che durante quella colluttazione la Profezia vada in pezzi, ma non credo stia a te occupartene. E ora… –prese un lungo respiro, e Sirius poté vedere un brillio rapido d’ansia nei suoi occhi neri d’inchiostro- … Sai cos’è il Velo della Morte, Black?” domandò dopo una lieve esitazione.

Sirius si massaggiò il mento pensieroso, aggrottando gli occhi.

Mmm… Non ricordo precisamente. Ma dal nome –aggiunse ironico- direi che tra qualche giorno lo saprò meglio di chiunque altro, giusto?”

Severus annuì teso.

“E’ una specie di soglia per l’aldilà. Un oggetto magico che ti annullerà” concluse, stranamente a fatica, e a quel punto fu molto grato a se stesso per aver preso l’acqua, che bevve avidamente a rinfrescare la gola secca.

“Come la riconosco?” domandò Sirius quasi sottovoce. Il viso pareva di marmo, cinereo e assorto, la bocca rigida leggermente piegata all’ingiù.

“E’ una tenda consumata nella grande sala che si chiama Sala della Morte.”  spiegò ancora Severus atono, come se il tutto non lo riguardasse.

“Un nome appropriato” osservò Sirius quasi burlesco.

Severus lo osservò: sorrideva di nuovo, gli occhi ancora brillanti di commozione.

“Devi fare in modo di… caderci dentro” concluse ignorando il commento.

Sirius lo guardò stupito.

“Caderci dentro?” ripetè perplesso.

“Abbiamo pensato che sarebbe alquanto… Ad effetto” spiegò ancora Piton rigido.

Come si era aspettato, il volto di Sirius si rabbuiò di nuovo. Quell’uomo a volte era incomprensibile, altre volte assolutamente prevedibile.

“E’ indispensabile che lui… Veda?” domandò Sirius cupo, serrando di nuovo gli occhi.

Piton annuì stancamente e gli scoccò un’occhiata innervosita.

“Deve vedervi morire tutti e due, sì” rispose controvoglia.

“Quando saprò che è il momento?” continuò l’altro con un filo di voce.

“Non ti devi preoccupare di questo. Te lo verrò a dire io” ribattè lui seccamente.

Sirius aggrottò le sopracciglia, sospettoso.

“Un po’ troppe cose dipendono da te, Piton, l’hai notato? Io sì” osservò con cautela.

Severus spostò uno sguardo fiammeggiante su di lui.

“Che intendi dire, Black?” chiese quasi in un ringhio.

“Beh, che tutto ti giostra intorno, no? –ribattè Sirius lentamente, con voce vibrante d’accusa- Tu mi verrai a chiamare… Tu sei quello a cui Voldemort ha raccontato questo presunto piano, tu sei quello che ha fatto in modo che Harry non potesse imparare a riconoscere le intrusioni di Voldemort nella sua men-…”

“E’ stato un caso, Black!” lo interruppe furioso.

Black rise, una risata vuota che Severus odiava. La risata di un uomo finito, come lui stesso.

“Soltanto perché ti ha visto a gambe all’aria in uno stupido ricordo d’infanzia? E’ tutta qui la tua dedizione alla nostra causa?” domandò sarcastico.

“Infatti avrei ripreso le lezioni, se Silente non avesse ritenuto che al momento era meglio per il nostro progetto interrompere l’Occlumanzia” replicò piccato Piton, sbattendo una mano sul tavolo.

Lo sguardo penetrante e ostile di Sirius non si staccò da lui.

“Non ti permettere, Black! –l’aggredì arrossendo di rabbia- Non ti permettere di accusarmi! Proprio tu…” s’interruppe, voltando il capo.

Sirius sgranò gli occhi.

“Proprio io che cosa? -ripetè allibito, con una smorfia- Cosa vuoi dire?”

“Beh, Black, anche tu hai la tua buona lista di errori, no?” mormorò Piton con ira.

Sirius scattò in piedi sbattendo i palmi delle mani sul tavolo.

“Io ho sempre agito con le migliori intenzioni contro i Mangiamorte!” sibilò indignato e sprezzante.

“Ti pregustavi il giorno in cui tutti ti avrebbero festeggiato come un eroe, vero Black? –continuò Severus quietamente, quasi trasognato- Il salvatore dell’intera Inghilterra, l’ideatore del grande piano che aveva salvato il Prescelto. Minus era solo un mezzo per dimostrare il tuo presunto genio, una volta che tutto fosse finito. Potter stesso ti avrebbe osannato, Silente avrebbe declamato il tuo nome e così pure tutto il resto dell’Ordine, avresti umiliato i Purosangue, la tua famiglia, ergendoti al di sopra di tut-…”

“TACI!” urlò Sirius violaceo, afferrandolo per il bavero.

“…Ti e di tutto, ricevendo adorazione e stima, era l’unica cosa che ti importava, l’unica che ti sia mai importata, persino Regulus lo sapev-…” continuò Severus malignamente.

“STA’ ZITTO, BASTARDO! –lo aggredì ancora Sirius, e in una manciata di frenetici secondi Severus si trovò spalle al muro- Proprio tu, verme schifoso…”

Sirius lo guardava ora con un disprezzo che andava al di là dell’immaginabile, e Piton non ebbe bisogno di ascoltare per sapere, incredulo, quali sarebbero state le frasi seguenti. Si senti spezzare il fiato nel petto e le labbra, inerti, si socchiusero.

“… Cosa hai provato, Severus, quando hai saputo di averci condannati tutti e due? -domandò Sirius con la mano sempre più stretta intorno al suo collo- E’ stato bello renderti conto che grazie alla tua rivelazione sulla Profezia Voldemort ti avrebbe liberato dei tuoi nemici d’infanzia?” continuò tremante.

Piton lo guardò con sfida.

Ma non trovò nulla da ribattere. Non una parola gli salì alle labbra, ma solo un malloppo di colpa e amarezza.

Si fissarono in silenzio per qualche istante, poi la mano di Black lasciò la presa, e Severus si riassestò sulle gambe malferme, mentre l’altro tornava a sedersi voltandogli la testa.

Per qualche lungo istante la stanza rimase immersa nel silenzio, un silenzio gravoso come un intero monte sui rispettivi petti.

“Ero orgoglioso di quell’idea. Perché non avrei dovuto? –la voce assente, bassa e insolitamente profonda di Sirius, ancora voltato, giungeva come da una grande distanza- Mi avrebbe permesso di salvare il mio migliore amico e di dimostrare che non ero l’idiota che voi tutti avevate sempre pensato, dall’altro lato della barricata. Sì, ero contento che la salvezza di James sarebbe stata anche la mia rivalsa. Gioivo nell’immaginare il momento in cui fianco a fianco con lui avrei sfilato per la mia vittoria davanti ai Black e a tutti gli altri. Volevo la stima, me la meritavo. Avevo lottato e sofferto, e rischiato. Certo, non ero l’unico, ma il rischio che stavo per correre era anche ben più grosso, perché Voldemort, pensavo, mi avrebbe cercato ovunque per trovare Harry… Oh, è vero! –sbottò stancamente- Sono sempre stato superbo e pieno di me. Volevo la stima in ogni caso. Indipendentemente da quanto la meritassero gli altri. Ma non ho certo ideato quel piano per questo. Io volevo solo aiutare James…” concluse in un soffio, la voce ormai troppo tremante e spezzata per continuare.

Severus aveva ascoltato l’intero racconto senza quasi muoversi, ancora appoggiato al muro della cucina, tenendo lo sguardo fisso sulla cena ormai fredda nel piatto di Black. Non riusciva nemmeno a spiegarsi ciò che stava provando. L’amarezza, l’ingiustizia, la colpa e il dolore, la vergogna e l’indignazione, ma sapeva –sapeva, semplicemente, che era quella maledetta guerra. Era stata lei a tirare fuori solo il peggio di ognuno di loro, trasformandoli in marionette dell’orrore pronte a distruggersi reciprocamente. Era stato Voldemort. Erano i pregiudizi –giusti o sbagliati che fossero- che animavano la disputa da secoli e che via via si erano fatti più accesi fino ad esplodere nei deliri di quel folle Serpeverde.

“Molto commovente, Black” osservò con simulata indifferenza, sistemandosi il mantello.

Lui, in quei deliri, ci aveva anche creduto.

Scacciò il pensiero con una smorfia infastidita.

“Volevo solo aiutarlo… Solo aiutarlo… James…” mormorò Black con voce rotta.

“Che cosa credi, che mi metta anch’io a recitare il mio dispiacere? –lo interruppe Severus con disprezzo- Che cosa ti aspetti?” ripetè.

Ci fu qualche istante di silenzio.

“Niente –rispose Sirius più calmo- Assolutamente niente. Buona notte, Severus”

Si alzò, continuando a rimanere voltato. Con passo incerto, quasi malfermo, fece qualche metro verso la porta opposta, senza curarsi del piatto abbandonato sul tavolo in cui qualcosa di più o meno commestibile aveva ormai assunto l’aspetto di un unico, compatto blocco di gomma.

Severus, con stizza, si voltò a sua volta e mise la mano sulla maniglia, facendo per aprirla.

“Non sei l’unico, Black, a rimproverarsi” esclamò seccamente senza girarsi.

“Non te ne frega un cazzo, Piton” replicò Sirius stancamente.

“Non presumere quello che io posso provare, Black –ringhiò Piton mollando la maniglia per puntargli la mano contro- Non ne hai idea!”

“Tra qualche giorno potrai dare una bella festa, Severus. Hai aspettato tanto che morissi anche io… Chissà che esasperazione, tutto questo tempo…” continuò Sirius implacabile.

“Mi sono maledetto e odiato ogni giorno per tutti gli errori che ho commesso tra le fila dei Mangiamorte. Tu non sai, Black, che cos’è il rimorso” mormorò stupendosi delle proprie parole.

“Oh, un’idea me la sono fatta” ribattè Sirius tristemente.

“Tu non puoi sapere –continuò Piton guardandolo dall’alto in basso- Che cosa si sente quando ci si rende conto di aver sbagliato tutto, e di aver ucciso e fatto uccidere nel frattempo, volontariamente e con convinzione. Apri gli occhi, capisci, e subito dopo vorresti che qualcuno te li strappasse”

S’interruppe di botto.

Mai nella sua vita si era lasciato andare a confessioni e confidenze, per nessuna ragione salvo farsi accettare da silente. Mai aveva mostrato i pesi che si portava dentro. E mai, neppure nei più fervidi e fantasiosi sogni, avrebbe immaginato di farlo proprio con Sirius Black.

“Non sei mai stato un santo. Mi hai quasi ammazzato, ti ricordi?”

Non seppe spiegarsi perché gli fosse uscita quell’osservazione proprio in quel momento; non centrava nulla. Ma forse perché quella era stata la prima volta in cui aveva veramente odiato qualcuno di esterno alla sua stessa famiglia.

Sirius sorrise stancamente.

“Non ho mai detto di esserlo. Ma anche quella volta, non ti volevo mica fare fuori, Piton. Volevo che ti spaventassi, sì, e forse anche che ti facessi male. Ma ero solo un ragazzino stupido” spiegò sbuffando.

“Balle” ringhiò Severus.

Sirius fissò il muro, assorto, quindi assottigliò gli occhi, come immerso nel tentativo di ricordare.

“E’ vero, l’idea che qualcosa di grave potesse succederti mi era balenata in mente. –ammise lentamente, pesando le parole- Dopotutto, si trattava pur sempre di un Licantropo, non di un barboncino. E non mi era dispiaciuta. Ma era solo un’idea remota e irrealistica, Piton, mi dispiace: se stai cercando uno che ti voleva morto, non ero io. Era James” concluse, raccogliendo il piatto dal tavolo e vuotandolo nella spazzatura.

“Potter… Tutti dicevano che era accorso a salvarmi…” commentò Piton sarcastico.

“Oh, ma è vero –replicò Sirius- E’ andata così. Vedi, Piton, tra il sognare una persona morta e il farla morire davvero ne corre di strada. James era un persona buona, checché tu ne pensi”

Sbadigliò, tornando a sedersi.

Severus si guardò intorno con la coda dell’occhio.

Sembrava improvvisamente più calda, quella stanza. Più comoda, quasi.

Osservò Black riempirsi il bicchiere di whiskey, in silenzio.

“Credo di averlo sempre saputo –mormorò a fatica- La Evans non era così stupida, per una Mezzosangue. “ commentò tristemente.

Sirius sorrise tra sé, riempiendo un secondo bicchiere.

Non rispose.

“Eravate davvero idioti. E perfidi, sì. Ma è come hai detto, Black, tra il sognare una persona morta e il farla morire ne corre di strada. Quando ho capito a cosa avrebbe portato il mio resoconto sulla Profezia, quella è stata la goccia cha ha fatto traboccare il vaso. Sono andato da Silente e ho offerto la mia collaborazione”

Aveva parlato a rilento, pensieroso. Durante il brevissimo monologo, la sua mano si era stretta intorno al bicchiere che Black gli porgeva, per poi farlo dondolare.

Non aveva espressioni riconoscibili.

Sirius lo guardò, chiedendosi se doveva aspettare che proseguisse da solo, ma la sua naturale curiosità ebbe il sopravvento.

“Perché sei diventato un Mangiamorte, Piton?” chiese a bruciapelo.

La domanda urtò il suo suscettibile interlocutore. Ma quando lo guardò, Severus non gli scorse in viso che un forte interesse.

Scrollò lentamente la testa.

“Non lo so più nemmeno io, Black” ammise, incerto se volesse o meno, lui stesso, approfondire la questione.

Sirius scrollò le spalle bevendo un sorso.

“Me lo sono sempre chiesto sai… E poi tu sei un Mezzosangue.” osservò atono.

Piton sbuffò, le labbra serrate.

“Non ha molta importanza, Black. A volte si ha davanti una strada già tracciata” ribattè con ovvietà, come se lui fosse stato un alunno scarso che non capiva una lezione molto semplice.

Ma Sirius diniegò con convinzione.

“Io a questo non ci credo. E se così fosse, allora perché poi hai tradito?” insistette serio.

Piton incrociò le braccia, irrigidito.

“Forse non ho tradito affatto, Black, e tradisco voi” ribattè malignamente.

Sirius si limitò a ridacchiare, spiazzandolo.

“Lo direi anche io, come sempre, sennonché a poche ore dalla mia morte non ho più voglia di essere l’archetipo di me stesso” osservò calmo.

Severus Piton sollevò un sopracciglio, scettico.

“Complimenti Black, vedo che ti stai facendo una cultura nella biblioteca di famiglia… Parli quasi come una persona civile” commentò caustico.

Ma sul viso gli aleggiava qualcosa –fatto assolutamente straordinario per Severus Piton- di vagamente simile ad un sorriso divertito. Oh, certo, ci voleva una grande capacità di immaginazione per individuarlo, perché appunto si trattava di Severus Piton, ma l’angolo delle sue labbra era vagamente arcuato e qualcosa di infinitesimale gli danzava negli occhi neri. Un nonnulla, ma Sirius Black era un uomo fantasioso, e riconobbe la cosa per quello che era.

E ridacchiò di nuovo.

“Non ci tradisci perché non tradiresti Albus. Per questo lo ucciderai” affermò tranquillamente, esponendo quel che pareva per lui essere un dato di fatto.

Piton sussultò, a chinò lo sguardo.

“Non so più se lo farò” ammise scostante.

“Ma certo che lo farai, Snivellus. Per lo stesso motivo per cui io mi suiciderò”

Piton sollevò lo sguardo, irritato sentendogli pronunciare l’odiato soprannome, e scorse l’antico, irriverente brillio in quello sguardo spento. La cosa in qualche modo, invece di urtarlo lo sollevò.

Non erano ancora carcasse. Erano ancora capaci di reagire e combattere.

“E quale sarebbe questo motivo, Black?” domandò incuriosito.

“E’ sempre il solito, dal 1789, Piton… Liberté, egualité, fraternité” canticchiò assorto.

“E ne sai persino di storia… Quante sorprese. Chi l’avrebbe detto che ci stessero tante cose in un cervello di dimensioni tanto esigue…” continuò Severus con un leggero sbadiglio.

“…Perché Mangiamorte, Severus? Un uomo, mi scoccia dirlo, della tua intelligenza…” continuò Sirius con amarezza, perso a seguire il filo dei propri pensieri.

“Ero giovane. Ingenuo. Sfortunato e arrabbiato per le mie disgrazie, avevo fame di rivalsa” rispose Piton con leggerezza, come se tutte quelle informazioni non lo riguardassero affatto.

Sirius scoppiò a ridere.

“Povero, piccolo Snivellus!” esclamò piccato.

Ma Piton, strano a dirsi, non se la prese.

C’era qualcosa di strano nell’aria, intorno a quel tavolo. Di inidentificabile, ma gradevole. Forse era il fatto di essere seduti lì, due uomini morti in marcia, con angoscianti pesi da sopportare. Forse, il fatto che non avevano più niente da perdere, nemmeno la faccia. Ma qualunque cosa fosse, per la prima volta da moltissimo tempo Severus Piton si sentiva quasi rilassato, ed era un vero controsenso vista la situazione fosca e dolorosa.

Probabilmente era inutile cercare di spiegarselo. Niente, nella loro situazione, era normale, niente andava più secondo natura, perciò non v’era ragione per cui le loro reazioni dovessero invece farlo.

E a giudicare dalla totale mancanza di malizia nella sua risata, Sirius Black doveva pensarla grossomodo come lui.

Gli prese il bicchiere e li riempì di nuovo entrambi.

“Anche io ero parte di quelle cose, Piton, ma sono sempre stato da questo lato…” osservò pensoso.

Severus scrollò la testa.

“Tu eri un Grifondoro. Era diversoribattè compito.

Sirius aggrottò la fronte.

“Io sono io, non dipendo dalla mia Casa” ribattè sostenuto, scoccandogli un’occhiataccia.

“Forse no, Black –rispose Piton seccato- Ma a meno che tu non sia davvero la creatura superiore che ritieni, e ne dubito, dipendi da chi hai avuto vicino. –prese fiato- A te Potter, con tutti i suoi chiari limiti, a me Malfoy.” esemplificò, piegando la testa. 

“E i Black, allora? Perché loro non mi hanno segnato?” ribattè Sirius scettico.

Severus sospirò rassegnato.

“Al contrario. Sono stati talmente stupidi da esasperarti al punto da spingerti a detestare tutto ciò che ti poteva accomunare a loro. Esattamente come mio padre, Black. Il mio padre… Babbano” sibilò irritato l’ultima parola.

Sirius gli affisse in faccia lo sguardo, ma questa volta Severus non si sarebbe spinto oltre.

Tobias Piton era un ricordo suo, e suo soltanto. Non ne avrebbe parlato nemmeno sul letto di morte, perché quella ferita bruciava troppo, come se ogni giorno venisse rinnovata.

Sirius parve comprenderlo, perché bevve di nuovo fissando l’ora.

“E’ tutta colpa tua, comunque. Tu sei andato a spiattellare a Voldemort della Profezia- -esclamò risentito- Come si fa ad essere così idioti da dare retta a uno che vuole distruggere il mondo?” aggiunse con vaga petulanza.

Severus sospirò.

“Sei il solito, Black, tagli tutto con l’accetta. Voi Grifondoro non sapete cogliere le sfu-…”

“Oh, Godric, queste sfumature! Che palle!” lo interruppe Sirius levando gli occhi al cielo.

“Beh, è così” ribattè Severus irritato.

“E le tue stupide sfumature a cosa servivano? Oh, sì, è un pazzo sanguinario ma mi farà vendicare di papà?” domandò Sirius canzonatorio.

Piton lo guardò storto, arricciando le labbra con sdegno.

“Perché le masse seguono un dittatore, Black, te lo sei mai chiesto? In linea generale, intendo - Sirius lo guardò vacuo, e annuì- E sei mai stato in grado di rispondere? Voglio dire –lo anticipò- tralasciando tutte le spiegazioni sociologiche e psicologiche, tutta la teoria… Hai mai capito quel’è la scintilla che spinge migliaia di uomini a seguire un leader indipendentemente dall’illogicità delle sue idee?”

Sirius sgranò gli occhi con una smorfia colpita, scuotendo il capo, e diniegò.

“E allora perché dovrei farlo io?” concluse Severus apparentemente tediato.

La pendola suonò le undici.

Tacquero per qualche istante.

“E’ strano. Mi sembra incredibile che da qui a poco non avrò più tutto questo” mormorò Sirius soprappensiero.

Piton gettò intorno uno sguardo perplesso ed esagerato, percorrendo la stanza antiquata e severa, le pareti scrostate e il corridoio angusto che si intravedeva dalla porta.

“Non mi sembra una grave perdita, Black” commentò piatto, per mitigare la cupezza.

Sirius rise, una risata sforzata e divertita.

“Sentir suonare un pendolo… Un urlo per la strada… La sensazione di una superficie ruvida sulla pelle, o dell’acqua… Una luce forte che fa male agli occhi… Sono tutte cose scontate, no?” aggiunse, assorto.

Piton scrollò la testa.

“Ci ha ripetuto talmente tante volte che è per una giusta causa che forse abbiamo smesso di pensare a tutto il resto” commentò meditabondo.

Sirius guardò quel viso, per la prima volta mobile e autentico, stupendosi di quanto non fosse inumano e sgradevole come aveva sempre professato.

Gli lanciò contro un mozzico di pane.

“Ma sei stupido, Black?” sussultò piton.

“Uccidilo, Severus. –bisbigliò, chiamandolo per la primissima volta con il nome proprio- Uccidilo perché non c’è scelta. Siamo tutti morti perché tu adesso possa uccidere Albus Silente e portare Harry Potter alla vittoria”

Severus Piton lo guardò negli occhi. Incerto, contrariato. Ma in quelli grigi di Black scorse quel che probabilmente giaceva anche in fondo ai suoi. La fermezza di chi è pronto a tutto per una causa nobile.

“Capirai… Non sognavo altro che trasformare Potter in un eroe mondiale” ribattè sarcastico.

Ma tutti e due sapevano che quella risposta era un sì.

La porta del 12 di Grimmauld Place si aprì di nuovo, facendoli tacere.

Un passo strascicato avanzò verso la cucina.

Sirius, Piton se ne avvide, lo riconobbe dopo un pugno di secondi, senza bisogno di vedere chi fosse, solo dal modo di camminare.

“Ciao, Remus” esclamò allegramente.

La recita incominciava, non c’erano più nessun suicida e nessun assassino in quella stanza.

“Ciao Sir-… Oh… Piton, che sorpresa”

Il tono mansueto del Licantropo si era vagamente tinto di sorpresa. Lo guardava tranquillamente, aspettando evidentemente una risposta.

“Buonasera a te, Lupin” rispose tagliente.

Remus si voltò verso l’amico.

“Ho portato della torta alle fragole avanzata di Molly. Ne vuoi una fetta, Severus?” domandò spostando per un istante gli occhi da Black.

“Sono un po’ di fretta, Lupin, mi aspettano ad Hogwarts –rispose lui alzandosi- Grazie lo stesso” concluse acido.

“Certo. Oh, aspetta –Remus scomparve rapido nella stanza a fianco- Ti devo dare… Dove l’ho messo?” borbottò tra sé.

In sua assenza, Sirius aveva afferrato velocemente un coltello e scoperchiato la teglia. Si accinse velocemente a tagliare una fetta dal rimanente della torta e la avvolse un grosso tovagliolo.

Gli fece segno di infilarla nel mantello, e Severus, perplesso, la afferrò e ve la fece sparire senza quasi rendersene conto.

Lupin rientrava in quel momento con un plico di fogli.

“Di Kingsley, dal Dipartimento. Sono informazioni che Albus aveva chiesto” spiegò porgendoglielo.

“Va bene. Buonanotte, signori” concluse lui secco, avviandosi verso la porta.

“Ah, aspetta, Piton, Arthur ha dato qualcosa anche a me!” esclamò Black d’un tratto, seguendolo fuori dalla cucina.

Balzando sulle gambe ossute, salì le scale due a due.

Piton attese nell’atrio, scrutando innervosito la tenda chiusa sul ritratto.

Quando Sirius riscese, Piton osservò con stupore l’oggetto che delicatamente impugnava: lo si sarebbe detto… uno specchio, il che era assurdo.

Harry ha il gemello. Suo padre e io li usavamo per comunicare a distanza. Se... quando verrà il momento cercasse di usarlo per parlarmi, non so se riuscirei a resistere dal rispondere. Tienilo tu. Un giorno glielo restituirai” raccontò d’un fiato, gli occhi di nuovo disperati che saettavano da un lato all’altro della stanza.

Severus tacque per qualche istante.

“Va bene, Black. Buonanotte” rispose senza inflessione.

“Sirius! Nei tre secondi in cui ho lasciato la cucina ne hai già mangiato un pezzo!” li raggiunse la protesta rassegnata di Remus.

Sirius gli fece un cenno divertito in quella direzione. Un cenno d’intesa, si trovò a stupirsi Piton. Perfettamente recepito, peraltro.

“Allora noi ci vediamo ancora una volta, giusto?” chiese con uno sbuffo.

Severus annuì.

“L’ultima.” mormorò.

“Buona fortuna, Severus. E fallo. Fallo e basta” concluse Black, chiudendo la porta davanti a lui.

Grimmauld Place taceva, fiocamente illuminata dai lampioni.

 

 

 

 

 

 

 

Ah… Ho usato Snivellus anziché Mocciosus perché mi piace di più.

Un’altima cosa… Sono molto insicura su questa parte, mi piacerebbe davvero che mi diceste cosa ne pensate.

Grazie

 

 

X Mixky: Geniale addirittura mi sembra un po’ troppo. ^__^ Anche se io sono un genio, e sono anche molto bella ed interessante. Scherzi a parte, ti ringrazio. E in cambio aggiorno prima che posso, sperando di incontrare ancora il tuo favore.

X Morgan Snape: dal nick direi ceh sei una fan di Severus, il che mi onora doppiamente visto che dubito i suoi fan mi amino particolarmente –scrivo solo sui marauders- e mi fa molto piacere che ti piaccia il mio stile.

X maddy91: anche io ho avuto molte perplessità su Piton. Per quanto mi riguarda attualmente non ho dubbi che Severus abbia ucciso Silente su commissione di Silente medesimo, ma è solo una mia idea, eh. Grazie per i complimenti e a presto

X Kerian: spero di aver soddisfatto la tua curiosità e di aver continuato ad interessarti. Felice di sapere che la trovi scritta bene, è una cosa molto importante.

 

Bye

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Capitolo 3
*** Two: Farewell ***


Avevo progetto solo tre capitoli, ma questo l’ho diviso in due, perché erano due momenti troppo distanti per accostarli. Perciò ci sarà anche un quarto –breve- capitolo.

Le frasi in BLU sono citate direttamente da “L’Ordine della Fenice” e pertanto non mi appartengono ma sono copyright di J.K. Rowling eccetera.

Un momento molto duro per me. E’ stato una tale fatica scriverlo… Poco ci mancava che mi mettessi a piangere da sola –e i miei scritti proprio mi fanno tutto fuorché commuovermi.

Ringrazio anticipatamente tutti coloro che saranno così gentili da commentare.

Suni

Fermatemi… Sto cominciando a credere in questa versione della storia… Aiuto.

 

 

 

 

TWO: FAREWELL

 

 

“Che cosa significa, Piton?”

Piton si voltò. La sua espressione era imperscrutabile. Con l’allenamento che l’esperienza da Mangiamorte e quella di spia per Silente gli avevano fornito, mantenne un’espressione di totale indifferenza.

Potter lo stava fissando con evidente disperazione.

“Non ne ho la minima idea –rispose gelido Piton- Potter, se mi venisse voglia di sentirmi urlare delle assurdità, ti somministrerò una Pozione Tartagliante. Tiger, per favore, allenta quella presa. Se Paciock soffoca, ci toccherà riempire una montagna di noiose scartoffie e temo che dovrei farne cenno nelle tue referenze, se mai tu cercassi un lavoro”.

Uscì, chiudendosi la porta alle spalle, dopo aver pronunciato quella fiumana di parole per nascondere di aver perfettamente capito di chi Potter stesse parlando e il nervosismo che lo aveva colto al sentire le sue urla, sapendo bene ciò che significavano.

Il sogno era avvenuto. Era l’ora.

Sapeva di avere probabilmente ancora un discreto quantitativo di tempo: Potter doveva liberarsi degli altri Serpeverde e soprattutto della Umbridge, e dopo arrivare fino a Londra, al Ministero della Magia… Tutto quel che lui doveva fare, invece, era lasciare Hogwarts, materializzarsi a Grimmauld Place e dare il via all’operazione, avvisando Black e chiamando gli altri, che con ogni probabilità erano perlopiù dislocati tra la cosiddetta Tana dei Weasley e il Ministero stesso.

Aveva tutto il tempo per prendersela comoda.

Invece, Severus Piton si affrettò verso l’esterno del Castello, con una violenta sensazione di ansia a stringergli lo stomaco e rivoltargli le interiora.

Il tragitto intorno al Lago, fino a superare i confini del terreno di Hogwarts, gli parve infinitamente lungo e tedioso. Arrivò anche a chiedersi se non ci fosse qualcosa di strano, perché gli sembrava di non averci mai messo neanche remotamente così tanto.

Poi, in un istante, fu in Grimmauld Place, davanti al muro fra i numeri undici e tredici.

Non potè evitare di precipitarsi quasi in casa.

Né di notare, per prima cosa, la gioia feroce e disgustosa con cui quel miserabile Elfo Domestico fuori di testa stava riordinando alcuni bicchieri abbandonati nella Sala, canterellando tra sé.

Lo fissò con repulsione, squadrandolo freddamente.

“Dov’è il tuo padrone?” domandò gelido.

“Il Padrone non c’è. –rispose Kreacher maligno- Il Padrone sta per avere la brutta sorpresa che un traditore come lui merita, sì, feccia, feccia non che è altro…” bofonchiò tra se con lietezza.

Piton lo allontanò con un debole calcio.

“Ti ho chiesto dove-…” iniziò minaccioso, fissandolo immobile dall’alto.

“Chi c’è?” lo interruppero un voce ed una porta che si apriva al piano superiore.

Sollevò lo sguardo verso l’alto, esitando brevemente.

“Piton” rispose inespressivo.

Un lungo silenzio seguì il suo nome, nell’immobilità della casa vuota.

Poi, dei passi avanzarono al piano superiore e presto udì il rumore di piedi sui gradini.

Black comparve in cima alla rampa un attimo dopo.

Il viso era irrigidito, immobile, d’un biancore cadaverico. Negli occhi tremolava una luce indefinibile, qualcosa tra l’enfatico, il terrorizzato e il deciso. Dritto, immobile, lo osservava senza parlare, l’ombra di un sorriso amaro e consapevole appena aleggiante sulle labbra.

Severus Piton pensò che probabilmente quello sguardo e quello che, in una situazione analoga, Albus Silente gli avrebbe rivolto di lì a non molto tempo, sarebbero rimasti nei suoi sonni per il resto della sua vita.

“Oh… Sei arrivato” mormorò Black forzatamente calmo.

Severus annuì, deglutendo.

“Potter mi ha appena detto che eri stato portato all’Ufficio” spiegò neutro.

Sirius annuì ripetutamente, passandosi una mano sul volto magro.

“Sì. Puoi avvisare gli altri col camino… Da Moody e-…” iniziò trasognato, guardandosi inspiegabilmente le mani.

“No –Piton scrollò la testa guardandolo storto- Sei sempre lento di comprendonio, Black. Dopo la chiamata saranno operativi in venti minuti al massimo. Potter era ancora ad Hogwarts. Bisogna aspettare” spiegò spazientito.

Sentiva risalire l’ira verso Black. Certo, ora lui sarebbe morto, eroicamente morto, lasciandolo lì a sentirsi in colpa, e a sentirsi ancora una volta da meno.

Sirius annuì di nuovo, ma lo guardò perplesso.

“Sei venuto prima perché potessi prepararmi? Molto gentile da parte tua, Piton” esclamò, cercando di infondere alla propria voce debole un’inflessione canzonatoria.

Piton sospirò.

“Ti volevo fare una domanda, Black” ammise a malincuore.

Sirius lo guardò, sorpreso.

“Oh… -sussurrò- Beh… Ti… Ti dispiace se mi vesto nel frattempo?” domandò assorto, indicando il piano superiore, dove c’era la sua camera.

Piton, scocciato, fece vagamente spallucce. Lo seguì in silenzio su per le scale, ed entrò nella stanza del padrone di casa per la prima volta in assoluto.

Esattamente come se l’era aspettata.

Le foto degli insopportabili Malandrini lo occhieggiavano da ogni angolo della stanza, e per un istante gli sembrò che da un momento all’altro gli sarebbe arrivata addosso qualche fattura.

“Non badare a loro –commentò Sirius ironico- Sono solo ragazzi”

Piton gli diede sdegnosamente le spalle, mentre l’altro apriva un armadio.

“Te l’ha detto Silente?” domandò rigido, osservando alcuni libri su uno scaffale.

Sirius tacque per qualche istante, probabilmente domandandosi quale fosse il soggetto della conversazione, e Piton udì solo il fruscio di vestiti.

“Che sei stato tu a parlare a Voldemort della Profezia, intendi? –domandò pensoso- Sì, qualche tempo fa” aggiunse senza attendere risposta.

Piton storse il naso infastidito.

“Mi aveva assicurato che a nessun-…” osservò severamente.

“L’ho pregato di rivelarmelo. Era il mio regalo di morte” intervenne Sirius seriamente.

Subito dopo scoppiò a ridere nervosamente.

Severus si voltò a guardarlo.

Aveva infilato dei pantaloni che con ogni probabilità rientravano nei cimeli di famiglia e aveva il petto, magrissimo e bianco, scoperto. In un pugno di secondi avrebbe potuto comodamente contargli le costole. Tornò a guardare il muro.

“Mi fai sentire in dovere di chiederti che cosa ti stia tanto entusiasmando, Black, nonostante sia ragionevolmente certo che si tratti di qualcosa di totalmente idiota” osservò disattento.

Sirius si interruppe, così come aveva cominciato a ridere.

“E’ ridicolo –mormorò con foga- Sto per morire e sono qui a discutere con Severus Piton di cosa doveva e non doveva dirmi Albus” spiegò.

“Desolato di arrecare disturbo, Black” ribattè lui velenosamente.

Sirius tacque di nuovo.

“Ma no… -mormorò tetro- Non so chi di noi due sia messo peggio, Severus. Forse io, in questo specifico istante, ma…” osservò pensoso.

Piton lo sentì raccogliere qualcosa da terra, forse scarpe.

Black sarebbe morto e lui avrebbe ucciso Silente. L’unico ad aver mai visto qualcosa di buono e stimabile in lui. Qualcosa di costruttivo e degno.

E il momento si avvicinava al galoppo, inesorabilmente.

“Non ci è mai toccata una gran bella parte nella storia, Black. -confermò malvolentieri- Quello che mi domando, invece, è perché tu ci tenga tanto a dividere queste preziose considerazioni con me” osservò acidamente.

“Cioè?” domandò Sirius con voce presente per la prima volta.

“Questa nostra amabile conversazione, per non parlare dell’altra sera…” rispose lugubre Piton, seccato dalla sua finta incapacità di capire.

Il prolungato silenzio lo spinse a voltarsi di nuovo.

Black era seduto sul suo letto, e con sguardo fisso davanti a sé cercava di rivoltare un maglione. Poi accennò un sorriso smorto.

“Forse ero solo un uomo che non aveva voglia di starsene da solo in una casa buia a pochi momenti dalla morte, al punto da preferire la tua presenza. Già, forse ti ho usato un’altra volta per non annoiarmi, Piton. –aggiunse amaramente e trionfalmente- O forse, sono un moribondo che vuole chiudere i conti con la sua vita sbagliata. Non mi fraintendere, Piton, non mi sto scusando con te. Non lo farei mai. Ma davanti alla fine, sai, mi rendo conto che ben poche cose hanno un valore, e il rancore non è tra queste. E forse, di fronte a questi compiti ingrati e inumani che ti aspettano, te ne sei accorto anche tu.”

“Che centro io, Black?” domandò acidamente lui, avvertendo una strana sensazione di liberazione e spossatezza percorrerlo membro a membro.

“Non ho mica parlato da solo per tutta la sera. E sei tu oggi, che sei venuto qui in anticipo..” ribattè Black osservando come in tralice una foto che lo ritraeva, diploma in pugno, accanto a James Potter il giorno dei MAGO.

Severus Piton tacque per qualche lungo istante, osservando quello che a tutti gli effetti era uno sconosciuto guardarsi intorno, per l’ultima volta, tra i suoi pochi ricordi.

Foto di ragazzi ridenti e buffi.

E tutto sommato, si disse, tutto acquisiva un senso un po’ più compiuto guardando le cose da un’altra ottica.

Tutta quella vecchia storia non era poi così importante, a paragone di organizzare un suicidio o fare secco il più grande mago del mondo perché lui era convinto fosse la soluzione migliore –anzi l’unica.

“Quando mi hai dato quello specchio, Black, e non mi è venuta voglia di romperlo per farti incazzare, ho capito che davvero non me ne importava nulla di allora, infatti. Ci sono cose assai più importanti a cui pensare, ora… E più spiacevoli ancora”

Sirius si riscosse, annuì debolmente.

“Lo so. –ridacchiò- Remus non riusciva a capacitarsi che fossimo nella stessa stanza senza urlare quando è arrivato. Era allibito”

Severus sorrise freddamente.

“Aveva ragione. Resti sempre un pallone gonfiato, Black” ribattè sostenuto, appallottolandosi nel mantello.

Sirius sbuffò.

“So che odi quel ragazzo, ma non…” iniziò incerto.

“Io sarò mio malgrado odioso con Potter per due ottime ragioni, Black: perché non lo sopporto e perché così vuole il nostro piano. E non si discute” lo interruppe lui rigido, fissandolo scocciato.

Sirius annuì, quindi sbuffò guardandosi di nuovo intorno.

Severus si stropicciò le mani pallide per qualche istante, si umettò le labbra improvvisamente secche e spostò gli occhi sul proprio piede.

“E’ ora, Black –annunciò con disinteresse- Bisogna avvisare l’Ordine”

Sirius sussultò ed annuì.

“Fai pure –concordò- Io mi sto preparando e sto farneticando, voglio uscire ad ogni costo” annunciò con una calma assente e lontana.

Severus esitò.

“Credo che preferirei esserci io al tuo posto, Black” confessò amaramente.

“Lo dici perché non ci sei. Ma di sicuro io non vorrei essere al tuo” ribattè Sirius con un sorriso vago e comprensivo, senza neanche più guardarlo.

Sembrò a Severus che si stesse già distaccando dal suo stesso corpo.

Senza aggiungere altro, andò al camino, lasciandolo solo nella stanza ordinata.

La faccia perplessa e affaticata di Moody si avvicinò alla sua mentre lo ascoltava parlare.

“…All’Ufficio Misteri, hai detto? –domandò stupito e sospettoso il vecchio- Ma sei sicuro?” aggiunse scettico.

“Me l’ha detto lui stesso. Io sono venuto qui a controllare, ma Black purtroppo sta benissimo, o piuttosto, non ho notato differenze rispetto al solito. Credo che il vostro Potter –aggiunse sprezzante- stia perdendo il barlume di lucidità rimastogli”

“Maledizione! –borbottò Moody- E perché sei ancora lì? Torna ad Hogwarts, vallo a fermare!” ringhiò con uno scatto d’ira.

“Lo farei, Moodyribattè Piton con sufficienza- Ma il nostro Black, qui, sta già dando in escandescenze, l’unica cosa che sa fare. Vuole uscire”

Moody si strinse il viso tra la mani, riflettendo.

“Ti mando Lupin, poi tu torni là. Dieci minuti e tutta la squadra sarà a Grimmauld Place

Piton riemerse dal camino con un sospiro stanco.

Black lo guardava in silenzio.

“A posto?” chiese incerto.

“Arrivano” rispose lui.

Black prese un lunghissimo respiro e chiuse gli occhi, espirando con forza.

Li riaprì, deciso.

“D’accordo, Piton. Salutiamoci qui” esclamò tranquillo.

“Bene, Black. In bocca al lupo per la missione, e che tutto vada per il meglio” replicò atono, senza muovere un dito.

“Albus ti… dirà dove sono le nostre… Lettere, sai, per quando tutto sarà finito, per spiegare la verità” aggiunse Sirius con un vago tremito.

Piton si limitò ad annuire.

“In bocca al lupo anche a te, Snivellus. Va’ fino in fondo” aggiunse Sirius con un sorrisetto di superiorità.

Severus strinse le labbra.

“Addio, Black. Sai, dopotutto, sei un uomo…” iniziò con riluttanza, interrompendosi vago a metà frase, senza poter continuare.

Sirius annuì con un sorriso amaro.

“Sì. Anche tu” ribattè franco.

“Pronto per la recita?” continuò Severus con i polmoni ormai vuoti e compressi.

Black annuì deciso.

Fu allora che la porta di sotto si aprì.

“…E non voglio ripeterlo Black, sta’ fermo qui!” esclamò a voce alta con estremo sprezzo.

“HARRY E’ IN PERICOLO! IO DEVO ANDARE A-…” sbraitò Black, il volto distorto dall’ira e dall’ansia.

 Piton immaginò che gli riuscisse facile quella parte, per allentare la tensione.

“Sirius! –Lupin si precipitò nella stanza in quel momento- Sta’ calmo, stanno arrivando tutti!” l’invitò, cercando di afferrargli i polsi.

“IO- DEVO-ANDARE- ADESSO!” ululò lui divincolandosi.

“Andremo tutti insieme, Sirius, anche se tu dovresti rimanere qui e-…”

“NON CI PENSO NEANCHE!” ruggì ancora Black cercando di scansarlo.

“Buona fortuna, Lupin” salutò Piton annoiato prima di avviarsi verso le scale.

Si voltò indietro, mentre se ne andava, ancora per un istante.

Nella colluttazione appena imbastita Black, in preda alla furia –apparente- stringeva l’avambraccio dell’amico con un fare spasmodico che tutto era fuorché aggressivo, ma Lupin, impegnato nel trattenerlo, non se ne rendeva conto.

Severus si girò ed uscì.

Il primo era sistemato.

Mancava il secondo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

X Morgan Snape: Unica?... Wow. Sto avendo un lieve mancamento. Sì, capisco la tua ostilità al solito Severus mazzolato dai superpotenti Malandrini in versione divinità olimpiche. E’ per questo che non lo cito quasi mai nelle mie storie, per non correre quel rischio. Sono contenta che la reputi così ben scritta, è davvero un onore. E sono d’accordo che una bella storia sia piacevole indipendentemente dai personaggi e fiera che tu mi inserisca questa storia nella categoria

X Mixky: Grazie mille… Fai con calma, tanto non scappo ^__^

X Juliet: grazie mille. Davvero davvero. E’ bello sapere di riuscire a trascinare anche chi non ama il determinato tipo di storia in questione ed è ancora più bello sentirsi dire di aver dato tanta efficacia a una scena da sembrare di esserci dentro. Sono lusingatissima anche se forse esageri… E sono contenta anche che sia sintatticamente e grammaticalmente gradevole. Thanx

X Elly: … Chiamalo un piccolo anticipo sull’anno venturo, se vuoi ^__^. La verità è che dopo la rilettura dell’ordine fatico a darmi pace. MAI più, mai più quel dannatissimo libro. Che dire, il tuo entusiasmo mi riempie di gioia e sono molto felice di aver dato vita alla tua fantasia in un modo che ti è gradito. Quanto a Severus, devo dire che sono molto sorpresa dall’effetto che questa storia sta avendo su me medesima: l’ho sempre cordialmente odiato dal profondo del cuore, e ora invece mi sento molto meno ostile, comprensiva quasi. E…Ehm… Non ricordavo nemmeno di aver scritto che lo chiama per nome per la prima volta… forse intendevo durante la conversazione, comunque dovrei controllare. Grazie per avermelo fatto notare.

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Capitolo 4
*** Epilogue ***


Bene.

Questa è una specie di epilogo, ma per me acquista una certa importanza. E’ al mia personale riconciliazione con un personaggio che mi ha sempre urtata ma che, in luce della mia personale teoria, è stimabile nella sua spiacevolezza.

Spero che se la storia vi è piaciuta vorrete lasciarmi una piccola nota, dal momento che non vi costa nulla.

Spero lo vorrete fare anche se non vi è piaciuta.

Fatelo, insomma.

Grazie

suni

 

 

EPILOGUE

 

 

Il sotterraneo pareva freddo più che mai.

Severus Piton osservava i minuti scorrere lentamente sul quadrante senza riuscire a spostare lo sguardo, senza volerlo spostare. Si imponeva di non fare altro che contare mentalmente i secondi, sforzandosi di non pensare a nulla.

Esteriormente immobile, il volto marmoreo, sentiva una sorta di ribollimento interiore, un tremito che lo percorreva bloccandogli il fiato nei polmoni.

Il Castello sembrava ancora immerso nel silenzio, ma presto, lo sapeva, qualcosa di mai visto sarebbe accaduto nel dedalo della Scuola di Magia e Stregoneria.

Un’invasione.

Mangiamorte nei corridoi di Hogwarts.

Prese lentamente fiato, rendendosi conto di aver smesso di respirare.

Si passò le mani sul viso tirato, e per qualche secondo le tenne lì, immobili.

Per tutta la giornata si era chiesto come evitare l’inevitabile. Aveva pregato silenziosamente che qualcosa avvenisse tale da non rendere più necessario quell’atto aberrante, ben sapendo quanto fosse categoricamente impossibile.

Il suo spirito si ribellava, tentando di sottrarsi all’imposizione che gli era così odiosa.

Per tutte le ultime settimane aveva detto e ripetuto fino alla nausea a Silente che non voleva più concludere la missione, ma il Preside non aveva neanche preso in considerazione la sua riluttanza. A nulla era valsa la sua insistenza, né i suoi razionali tentativi di esporre logicamente le proprie ragioni, né gli sporadici scoppi d’ira con cui violentemente si era opposto alla volontà di Silente.

Il mago aveva da tempo deciso, e nulla sarebbe valso a farlo desistere.

Conosceva bene quella fermezza assoluta e inattaccabile che Albus riversava nelle proprie idee quando arrivava a convincersi con ragionevole certezza che fossero esatte. Era la stessa fermezza che, quattordici anni prima, aveva espresso nel difendere lui, Severus Piton, dai suoi accusatori. Quando tutti, da ogni lato, lo avevano aggredito, deprecato, avevano in ogni modo cercato di mettere in guardia Silente dalla sua presunta falsità, forti della convinzione che un Mangiamorte sarà sempre e comunque una creatura infida, ripetendo sino alla nausea che per Merlino, Albus, non starai realmente dicendo che ti fidi di uno come lui, insomma, è sempre stato bacato, già da ragazzino… Ebbene, davanti a quel muro d’ostilità e incredulità, Albus Silente aveva sempre e solo sorriso con condiscendenza, o risposto duramente quando le accuse si facevano esplicite e pesanti.

Ed aveva fatto molto di più. Era giunto ad aprirgli in pompa magna le porte della sua roccaforte, accogliendolo ad Hogwarts come Professore, e come se non bastasse, era arrivato a fare di lui il confidente di segreti e ipotesi di cui nessun altro era a conoscenza.

In quattordici anni, non una sola volta Albus Silente aveva dato mostra di dubitare di lui o di non ritenerlo all’altezza di qualunque compito.

Dopo una vita trascorsa circondato dall’indifferenza, dallo scherno, dall’ostilità e dallo spregio, Severus Piton aveva conosciuto il tepore della fiducia cieca e totale.

E con le proprie stesse mani stava per privarsene.

Non era riuscito a convincerlo a desistere in nessun modo.

“Sono ragionevolmente certo, Severus, che mentre sarò fuori con Potter, stasera, avverrà ciò che aspettavamo. E’ esatto?”

“Quasi sicuramente sì, Preside. Ma se vuole la mia opinione, siamo ancora perfettamente in tempo per interrompere tutto. – aveva parlato con controllata enfasi- Basta andare ad acciuffare il giovane Draco, impedire che attui il suo piano ed ogni cosa sarà sistemata.”

Silente aveva sorriso, pacato e misterioso.

“Sai che non avverrà nulla del genere, Severus. Ormai è tutto pronto”

Lui aveva sospirato seccamente.

“Le ho già detto come la penso, Preside. Non ho intenzione di-…”

“Non capisco questa tua riluttanza, Severus –aveva osservato allora il Preside, meditabondo- Non stai per fare nulla che non incontri il mio più completo favore. Anzi, ti sto pregando io stesso di farmi questo piacere” l’aveva interrotto, con una punta di accomodante soddisfazione.

“Non penso che la morte sia la sua scelta favorita, Preside, in tutta onestà” aveva ribattuto lui piccato.

Silente aveva sorriso di nuovo, largamente, quietamente.

“Severus –aveva ribattuto quasi divertito- non starai pensando che il grande Preside Silente abbia paura di morire, vero?Alla mia età, sarebbe alquanto ridicolo.”

Lui aveva scrollato la testa.

“Si può evitare…”

Silente aveva sospirato.

“Severus… -aveva ripetuto, con una dolcezza straziante- Sappiamo entrambi che non è così. Ho sempre avuto piena fiducia nella tua forza d’animo, ti prego di non deludermi proprio ora. Non mi abbandonare adesso, nel momento del massimo bisogno. Mi sei sempre stato prezioso, ma mai tanto indispensabile.”

Quelle parole gli avevano quasi mozzato il respiro.

“Io non voglio farlo” aveva ripetuto caparbio, rigido e impettito.

“Lo so, mio povero amico. Ma lo farai lo stesso”aveva concluso il Preside amabilmente.

Lui aveva stretto i pugni con una smorfia d’impotenza.

“Perché io?” aveva mormorato.

“Perché, Severus, come a te solo affiderei la mia vita, a te solo affido la mia morte”

Sussultò aprendo la mano di scatto con nervosismo.

Se n’era andato con ira, ribadendo la propria contrarietà.

Per l’intera giornata si era dibattuto tra il desiderio di andare in fondo e compiere ancora il proprio dovere e l’orrore per ciò che questo significava. La volontà di non deludere Silente e l’inaccettabilità dell’ucciderlo.

Serrò la mascella con ira.

Come poteva chiedere una cosa simile proprio a lui? Severus Piton non aveva nessun altro, al mondo, che quel vecchio strampalato e spesso stordito; e proprio lui avrebbe dovuto assassinarlo a sangue freddo? Ma se più di una volta aveva rischiato la vita per la sua! Tornando da Voldemort per accontentare Silente, non si era forse esposto ad un rischio mortale? Quando si era opposto a Raptor e quindi a Voldemort stesso, anni prima, non aveva forse messo in gioco la vita? E ora gli si chiedeva di ribaltare tutto e distruggere la persona per cui aveva compiuto ogni azione negli ultimi quattordici anni.

Poi, il suo corpo s’irrigidì violentemente e le palpebre gli calarono sugli occhi con disperazione.

Come la piena di un fiume che lentamente si avvicina muggendo, sentì improvviso il divampare di voci, dapprima vaghissime –tanto che pregò di ingannarsi- e via via più nitide, da qualche parte nel Castello.

Poi urla.

Fracasso, tonfi.

Erano arrivati.

Si alzò lentamente in piedi, pallidissimo e senza espressione.

No. Non l’avrebbe fatto, non poteva.

… Perché tu adesso possa uccidere Albus Silente e portare Harry Potter alla vittoria.

Soffocò un’esclamazione nella labbra assottigliate dall’ansia nel ricordare le parole dell’antico rivale.

Sirius si era buttato nel Velo della Morte, come gli aveva detto di fare. Non aveva esitato, non si era tirato indietro; lo stesso stava per essere per Silente. Lo avevano incastrato, quei due, con la scusa di essere importanti per Potter.

Black aveva creduto ciecamente in Silente, per quanto grande fosse il sacrificio che questo comportava. Ora toccava a lui fare altrettanto. Gli parve di vederlo sorridere ironicamente, come quella sera a Grimmauld Place l’anno precedente. Non ce la fai, Snivellus, non sei alla mia altezza, avrebbe probabilmente commentato per stuzzicarlo.

La cosa lo divertì.

Sapeva che in ogni caso ormai era troppo tardi per tirarsi indietro. Non gli importava del Voto. Avrebbe preferito morire lui che uccidere Silente, non era quello il punto.

Ma Draco non era in grado di assassinare un uomo a sangue freddo, e per questo Voldemort l’avrebbe ucciso. E se malauguratamente, invece, per qualche ragione i Mangiamorte lo avessero convinto, quello sciocco, manipolato ragazzino sarebbe diventato un assassino.

No. Non poteva accadere.

Non mi abbandonare adesso, nel momento del massimo bisogno.

Senza sapere come, Severus Piton trovò dentro di sé una parvenza di decisione, sufficiente a muoverlo come un automa verso la porta.

Si sentiva come se la lucidità lo avesse abbandonato, e camminò quasi immerso in uno strano sogno avvolgente ed ovattato. Il suoni sembrarono accavallarsi e le immagini rallentare ai suoi occhi mentre, con una fatica che gli parve sovrumana, usciva nel corridoio dirigendosi verso l’epicentro di quel caos.

Qualunque cosa gli riservasse l’indomani, non poteva in nessun caso essere peggiore.

Ma era pronto.

Il grande sogno di Albus Silente si sarebbe avverato: ci sarebbe stata un po’ di pace, presto, per quel loro martoriato mondo. La solidarietà avrebbe trionfato sull’odio. Gli uomini sarebbero finalmente stati davvero uniti.

Giustizia finalmente avrebbe avvolto l’Inghilterra nel suo comodo manto.

Presto tutto sarebbe stato diverso, sarebbe stata la mente stessa della gente a cambiare; e nessuno sarebbe più cresciuto come lui, avvolto dalla cortina della superbia e del preconcetto di chi si ritiene migliore del prossimo. Un giorno non lontano, un ipotetico giovane Sirius Black e un ipotetico giovane Severus Piton non sarebbero stati più divisi dal cieco muro dell’odio e del pregiudizio, e come loro tanti altri.

Era questo, che sognava Silente.

E sarebbe avvenuto anche grazie a loro, a lui.

A Snivellus.

 

 

 

The end

 

 

 

 

X Fredyck: Molto onorata… Sì, non è uno scritto particolarmente allegro, ma< del resto nemmeno la situazione descritta lo è. Sono contenta che renda così intensamente, grazie.

X MoMo: …Grazie! Dunque, per quanto riguarda la mia ipotesi, ecco, sono sempre stata convinta, da quando ho letto il Principe, che Piton abbia davvero ucciso Silente perché gliel’ha chiesto lui, e a quanto ho scoperto spulciando in rete sono in parecchi a pensarla come me. L’idea che lo stesso valga per Sirius, invece, mi è venuta la sera prima che iniziassi a scrivere questa cosa e solo ed esclusivamente per questo, anche se devo dire che mi sta suggestionando e non la trovo più così assurda. Comunque non sono cose attendibili, anzi. Temo che per sapere la verità l’unica sia apettare che la cara J.K. ce la sveli di suo pugno.

X paprika: ti rinhgrazio molto. Anche io sono abbastanz ossessionata dal cercare di spiegarmi come stanno davvero le cose e se la mia teoria ti aggrada sono lusingata… non pretende di essere realistica ma mi sembrava interessante. Ciao1

X Morgan Snape: Non sono sicura che anche questa parte ti sia piaciuta visto che è interamente incentrata su Piton ed io ho molta poca dimestichezza col personaggio. Immagino che il mio lato rossodorato abbia invaso un po’ troppo il campo. Comunque certo che Sirius è cazzuto, non capisco come si possa pensare il contrario. Io lo vedo proprio così, e così è in tutte le mie storie… Poi, arrogante passi, ma vigliacco proprio ve lo siete immaginato voi dell’altra fazione… Tsk… Gentaglia! ^__^

X Mixky: Hai perfettamente centrato il tutto, ultima riga della recensione a parte. Il che significa che ho reso precisamente quel che volevo rendere e non sai quanto questo mi renda FELICE! Grazie mille!

 

Bye

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