Life in Vengeance University.

di unbound
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cap. 1 ***
Capitolo 2: *** Cap. 2 ***
Capitolo 3: *** Cap. 3 ***
Capitolo 4: *** Cap. 4 ***
Capitolo 5: *** Cap. 6 ***
Capitolo 6: *** Cap. 5 ***
Capitolo 7: *** Cap 7 ***
Capitolo 8: *** Cap. 8 ***
Capitolo 9: *** Cap. 9 ***
Capitolo 10: *** Cap. 10 ***
Capitolo 11: *** Cap. 11 ***
Capitolo 12: *** Cap. 12 ***
Capitolo 13: *** Cap. 13 ***
Capitolo 14: *** Cap 14 ***
Capitolo 15: *** Cap 15. ***
Capitolo 16: *** Cap. 16 ***
Capitolo 17: *** Cap.17 ***
Capitolo 18: *** Cap 18 ***
Capitolo 19: *** Cap. 19 ***
Capitolo 20: *** Cap. 20 ***



Capitolo 1
*** Cap. 1 ***


Il rumore dei passi pesanti sul pavimento mi faceva intuire che Lisa era già sveglia, aveva indossato le sue vans e stava cercando di fare più rumore possibile per svegliarmi. Aprendo gli occhi, notai con piacere che non ero l’unica a ronfare beatamente; la mia vicina di letto , ovvero la mia migliore amica, stava ancora dormendo abbracciata al cuscino. Non dava praticamente segni di vita, avrei dubitato della sua salute se non la avessi sentita russare.
Mi presento. Sono Kay, e vivo ad Hungington Beach, in California. Sono una diciassettenne davvero strana, e molto fortunata; infatti frequento la scuola più figa di tutti gli stati uniti, una scuola poco prestigiosa ma davvero, DAVVERO perfetta: la “Vengeance university”. E’ un college che ci insegna la musica in tutte le sue forme con dei professori davvero..... Adeguati. La frequento da circa due mesi insieme a due amiche, cioè le mie compagne di stanza, Lisa e Giuls; Lisa è una ragazza davvero simpatica, la conosco almeno da un paio d’anni e mi sono sempre trovata bene con lei! Nella nostra ex scuola, una comunissima noiosa scuola, era una delle poche a differenziarsi dalla massa come me. Giuls.. Giuls è la mia migliore amica. La conosco da una vita, è come una sorella per me; non frequentava la mia ex scuola con me e Lisa, viveva ad Orlando prima, parecchio distante da me, e lì andava in una scuola noiosa e stupida quanto la mia; per fortuna, è riuscita a convincere i suoi genitori.. Ed adesso è qui con me.
Ti prego Kay, fai smettere quel trombone e andiamo. Fra una decina di minuti dobbiamo essere in classe!” Lisa ruppe il silenzio, ed io cercai di mettermi in piedi e ,appena ci riuscii, mi avviai verso il letto vicino a me affinché potessi scuotere Giuls lentamente, con il fine di farla svegliare. Dopo circa cinque minuti, avevo già indossato le mie converse e la mia divisa (la divisa era formata da una maglietta con un grande teschio stampato e il nome della scuola, una felpa per l’inverno che non mettevo quasi mai e un paio di Jeans scuri strappati. ) e avevo leggermente truccato gli occhi come era mio solito fare con una matita nera. Guardai Lisa, era impaziente. Studiai il suo comportamento nervoso e dopo aver alzato il sopracciglio, le dissi “hei ragazza, sei nervosa perché a prima ora abbiamo il tuo professore preferito?” lei mi guardò male, ed io sorrisi. Aspettammo che Giuls finisse di prepararsi, e poi, afferrando i libri, ci avviammo verso l’aula n.1.
L’aula numero uno era situata in fondo al corridoio principale, prima delle scale e di fronte ai nostri armadietti, che erano ricoperti da una vernice nera e viola opaca, che davano un nonsochè di lugubremente figo. Il nome dell’aula era “Class of evil- Tecniche musicali. Prof. Baker “Vengeance””. Il professor Baker era la cotta di Lisa, e lui sembrava anche ricambiare le attenzioni della mia cara amica.
“Ragazzi, buongiorno”.
Il professore entrò in aula con il suo solito passo trasandato, la sua solita camicia bianca che gli metteva in risalto quei pochi muscoli che possedeva e il suo solito papillon rosso, soggetto di molte fantasie poco caste delle alunne.  Si trascinò verso la cattedra e , dopo aver passato una mano sui capelli per sistemarli –il sospiro di Lisa fu inevitabile- aprì il registro, fissando la lista di nomi degli alunni presenti in classe. Diedi un’occhiata furtiva ad altre due mie compagne, ovvero le ragazze sedute al banco dietro il mio: Alisee e Beatrix, che ricambiarono amichevolmente salutandomi. Lisa, nel frattempo, si girò verso me e Giuls e farfugliò qualcosa su quanto fosse sexy il professor baker in quella giornata. Faceva la stessa azione da un mese a quella parte.  Dopo aver spulciato attentamente ogni cosa, il prof. Ci invitò ad aprire il libro a pagina 30. L’argomento del giorno si chiamava “Heavy Metal- Strumenti e co.” e sembrava essere molto interessante.
“Oggi studieremo un bell’argomento, miei giovani amici. L’heavy metal è il mio genere, il genere del mio gruppo e il miglior genere della musica in sé. Ma non voglio influenzarvi, ognuno ha il proprio genere preferito, e questo è il mio perciò non fate commenti sgradevoli perché potrei davvero prendermela”
Il professor Vee faceva sempre discorsi senza senso. Io ridacchiavo tra me e me guardandolo confondersi, era un ragazzo grandioso e senza dubbio un grande personaggio.
“Questa” afferrò una chitarra da sotto la cattedra “è la mia Schecter.” Ci fu un “ooooh” generale in classe; tutti gli alunni fissavano stupiti quella meraviglia in corde.
“Bella vero? Piace anche a me. “ la guardò come un padre che fissa il figlio dopo un buon risultato.
“La mia è migliore,  mi permetta professore” Quella voce era familiare: infatti, era il professor Haner, che si pavoneggiava da dietro la porta. Ebbi un sussulto. Quella voce mi faceva rabbrividire.
Il professor Baker ridacchiò e sussurrò qualcosa come “Che stupido” per poi proseguire il suo discorso, continuando ad aggiustarsi nervosamente i capelli e a fissare lo strumento con occhi illuminati. “Questa bambina è la mia vita. Chi vuole suonarla?” alzò lo sguardo e lo puntò verso la classe. Studiò tutti i volti e notò il nervosismo abnorme di Lisa,e  quindi, per infierire prepotentemente nel suo stato cardiaco, decise di chiamarla. Sapevo che quella scelta mi avrebbe condizionato la giornata. “Miss Steel, perché non lei?”
Lisa saltellò verso la cattedra e iniziò a flirtare senza alcun ritegno con il professore. La lezione procedette così per due ore, mentre io mi perdevo nel fissare fuori dalla finestra e a studiare l’ambiente assolutamente fantastico del cortile.
Il professor Vee, per finire l’ora in bellezza, diede una pacca sulla spalla alla ragazza ed io mi rassegnai alla vicina catastrofe scatenata da Lisa dopo quel gesto. Dopo aver recuperato il registro e la borsa, si trascinò allo stesso modo nel quale era entrato verso la porta, abbandonando l’aula; anche noi dovevamo cambiare classe, perciò ci alzammo lentamente, ed io notai con mio grande dispiacere che Lisa aveva già iniziato a parlare e discutere con me e Giuls di quanto fosse bello essergli vicino e di quanto profumo emanasse.
L’aula numero due era situata dall’altra parte del cortile, vicino al cancello di ingresso; io lo amavo: era di ferro e ricordava la forma di un teschio a bocca aperta che dava l’impressione di essere sempre più malefico. Era posto tra due muri enormi e grigi, ornati con dei graffiti raffiguranti due ali di pipistrello. Era un fottutissimo deathbat.
L’aula due era decisamente la migliore; era grande e spaziosa e i banchi ospitavano 5 persone, perciò io mi sedetti con Giuls, Lisa, Alisee , Beatrix e il migliore amico di Alisee, un ragazzo dall’aspetto simpatico e rassicurante che sopportava ogni nostro sclero sui professori pazientemente.
Giuls, non appena entrò, si dipinse sul viso una faccia da ebete: quell’aula era chiamata “Bat Lessons- Storia della musica Rock-Metal. Professor. Seward “Christ”. Il professor Christ era il più amichevole, rideva continuamente ed era la cotta segretissima della mia migliore amica, che al contrario di Lisa si limitava ad arrossire e a guardarlo sognante. 
Ad annunciare il suo arrivo, si sentì un rumore sinistro proveniente dalla porta seguito da una risata fragorosa: il professore era caduto, di nuovo, e invece di imprecare se la rideva. Lo adoravo, era un mito.
“Ragazzi non riesco neanche a stare in piedi, sono un casino.” Lanciò la borsa sulla cattedra e cercò di pulirsi la T-Shirt e i jeans sporchi d’erba, con scarsi risultati.
“Comunque, buongiorno a tutti!!” aprì le braccia e sfoderò un sorriso a 200 denti, sospirando. Mi girai verso Giuls e la sua espressione praticamente ottusa mi fece sorridere.
“Oggi studiamo gli Avenged Sevenfold. Qualcuno di voi li conosce?” chiese ironicamente il professore, ridendo ancora una volta. Era ovvio che li conoscevamo, eravamo lì per questo.
Ahahahah, scherzavo. Ma l’avete visto quant’è bono il bassista?” Imitò una ragazza “fan girl” con tanto di movimenti poco virili e urla stridule. L’ho già detto che lo adoravo?
Iniziò a parlare della loro storia, e ogni alunno, me compresa, lo guardava con occhi incantati: eravamo tutti accomunati da quella fottutissima passione per i Sevenfold e ci ritrovavamo lì, in quell’università, con loro come professori a studiare l’argomento migliore di tutti. Siamo fortunati. Davvero tanto.
Il professor Christ era davvero instancabile e aveva la capacità di non fare annoiare mai; ogni cinque minuti faceva una battuta , il più delle volte pessima, e ci trascinava a ridere con il suo sorriso contagioso.
Parlò per più di mezz’ora e nessuno di noi riusciva a distrarsi talmente era interessante l’argomento.
Dopo aver terminato il discorso, tra risate e battutacce, sfoderò anche lui il suo strumento. “Questo è il basso che ho usato dall’anno 2008 all’anno 2010 per i live. Sono particolarmente affezionato a lui” affermò, passando il dito lungo le corde e le rifiniture. Per mostrarlo meglio, passò tra i banchi e lo fece sfiorare quasi a tutti gli alunni, e non appena passò dal mio, sentii Giuls tremare e non feci a meno di darle un piccolo pizzicotto, per farla riprendere. Il professor Seward le regalò uno sguardo abbastanza penetrante, e lei si morse le labbra. Quell’intesa mi faceva quasi sentire di troppo.
Uscimmo dall’aula silenziosamente; mentre il professore dava dei chiarimenti ad alcune ragazze sulla lezione appena svolta, ci salutò calorosamente con un “a presto ragazze, è stato un piacere”. Era davvero molto cordiale.
La prossima classe era vicina, per fortuna. Era accanto alla palestra e alla sala strumenti, a circa 10 metri dal cancello d’entrata, e la raggiungemmo quasi in anticipo. Prima di entrare però mi allontanai con Giuls dal gruppo per prendere una mela al distributore automatico di alimenti; il mio stomaco protestava insistentemente e dovevo zittirlo. Al distributore, incontrammo il professor Seward e il professor Baker che stavano prendendo un caffè. Il primo guardò Giuls sorridendo, e lei arrossì di brutto, mentre il secondo mi chiese cosa volevo e me l’offrì gentilmente. Io gli sorrisi e lui mi diede una pacca amichevole sulla spalla. Dopo un po’, non appena finii la mia mela e una divertente discussione con i professori, tirai Giuls per il braccio e la trascinai in classe, mentre le sue attenzioni insistenti erano ancora rivolte al docente alle nostre spalle.
Entrammo nell’aula numero tre, chiamata “A little piece of heaven- Canto. Prof. Sanders”.
Il professor Sanders era un uomo di ottimo aspetto, dannatamente sexy e vittima di particolari attenzioni da tutta la scuola. Non appena entrammo, ci guardò attraverso i suoi luminosi occhi verdi e sorrise, mostrandoci quasi prepotentemente le fossette sulle guance; era un uomo davvero meraviglioso, e molto gentile. Era il solito professore “bello e dannato” ma contemporaneamente cordiale e sempre disponibile.
Ci fece accomodare e ci diede due microfoni e un testo: il testo era quello di “Beast and the harlot”, una canzone tratta dal loro terzo album City of evil, che probabilmente oggi avremmo dovuto cantare insieme a lui. Le lezioni di canto erano favolose: avevi la possibilità di poter sentire Matt Shadows cantare senza spendere neanche un centesimo.
Non appena entrò Alisee, si avvicinò furtivamente al professore e gli diede un bacio in guancia: lui era il suo fidanzato, e lei era la ragazza più invidiata di tutta la scuola; a parte da me, e dalle ragazze che sbavavano dietro agli altri professori o addirittura dietro ad alunni stessi dell’università.
 
Dopo una manciata di minuti, la classe si riempì e il professore poté finalmente iniziare la lezione; afferrò il microfono principale e disse “Buongiorno a tutti, grazie di essere venuti. Bene. Oggi ci alleneremo su questo pezzo, cioè Beast and the harlot, che spero conosciate tutti”. Dopo essersi schiarito la voce,con passo lento si avvicinò allo sgabello al centro della stanza ed iniziò a cantare.
Avevo la pelle d’oca. Ogni sua lezione era così, ogni volta che intonava una nota tutti i ragazzi presenti in classe si emozionavano; non eravamo ancora abituati a sentirlo. Non appena raggiunse il ritornello, con un gesto della mano ci invitò a seguirlo, per poi farci continuare da soli. Quando tutti iniziarono a cantare all’unisono e lui fermò la sua voce incantevole, passò per i banchi e studiò ogni alunno annuendo, oppure correggendo le posizioni sbagliate del diaframma; arrivò da me e sorrise, rivolgendomi uno sguardo rassicurante. Sentii un brivido lungo la schiena. Con la coda dell’occhio notai che Alisee stava guardandomi male, ma appena le rivolsi uno sguardo impaurito si mise a ridere, smettendo di cantare.
“Signorina Jordan, vuole farmi arrabbiare?” affermò il professore, ridendo e aggrottando le sopracciglia. Alisee sospirò con una faccia poco intelligente e la maggior parte delle ragazze la fulminarono con lo sguardo. Non appena finimmo, il professore si grattò la testa e sistemò i ricci capelli chiari, e annunciò
Ottimo lavoro ragazzi. La voce è lo strumento principale per un artista, basta saper cantare in maniera decente e si ha la strada spianata verso il successo. Ovviamente ci sono le dovute eccezioni... Per esempio il professor Seward stona che è una meraviglia, per non parlare del professor Haner... Ma come si dice, bisogna accontentarsi” Rise. “Allora... Non ho più niente da fare adesso. Quanto ci rimangono? 40 minuti?” guardò l’orologio e giocò con il suo labret “Bene, facciamo cantare un brano l’uno”.
Prese la borsa che giaceva sulla cattedra e la aprì lentamente, iniziando ad uscire una ventina di testi e a spulciarli con attenzione. Ci invitò a raggiungerlo e a prendere il testo che preferivamo; io ovviamente scelsi quello della mia canzone preferita, la migliore, la più energica e adrenalinica,  in altre parole “Bat Country”.
Ognuno cantò il proprio pezzo e anch’io lo feci, e Sanders ci riempì di nuovo complimenti incoraggianti e di sorrisi amichevoli; era sexy, troppo sexy per essere un professore. Non appena finì la lezione, ci invitò a studiare i testi nella pausa pranzo e salutandoci con un gesto della mano indossò la giacca che giaceva sulla spalliera di una sedia vicina alla cattedra e abbandonò la classe.
 
L’aula numero quattro era la più lontana da raggiungere; era collocata nella parte più esterna dell’edificio, accanto all’ufficio del preside, ovvero il signor Baker, e di fronte ai dormitori.
Era la mia aula preferita. Si chiamava “It’s your fucking night mare-  Studio degli strumenti ed estetica. Professor Haner.”
Il professor Haner era un tipo strano. Ogni tanto non si presentava a lezione, e spesso, quando era presente, decideva di non fare nulla e poltriva sulla sedia per un’ora intera.
“Kay, pianeta terra chiama Kay” Giuls mi distolse dai pensieri passandomi una mano sugli occhi.
Mi girai a guardarla
Il tuo amore si degnerà di insegnarci qualcosa oppure sarà troppo occupato ad amare se stesso per tutta la lezione?”
La guardai male. Lisa aggiunse “Macchè, già ad amarlo ci pensa la signorina York.. Vero Kay?”
Scoppiarono a ridere, ed io continuai a guardarle male. Io. Non avevo. Una cotta. Per il professor Haner. Ma loro erano fermamente convinte che l’avessi e mi assillavano.
Appena entrai in classe, notai con piacere che era ancora vuota e ne approfittai per uscire dalla tasta un pacco di Marlboro e fumarne una. Mi avvicinai alla finestra e guardai l’orario, potevo finirla comodamente tutta, eravamo in anticipo di dieci minuti e il professore avrebbe sicuramente ritardato. Le ragazze si sedettero sui banchi vicini alla finestra per farmi compagnia, e iniziarono a parlare del più e del meno. Mi appoggiai al muro lasciando uscire fuori il fumo e mi persi a fissare la classe alle spalle delle mie compagne, che chiacchieravano animatamente di fronte a me.  Il professor Haner entrò pavoneggiandosi come sempre; lanciò la giacca sulla cattedra insieme alla borsa e si fermò a osservarsi allo specchio che aveva intelligentemente posto dietro la porta dell’aula.
Alla sua vista, nascosi velocemente la sigaretta in modo da renderla meno visibile; ma tanto era troppo occupato a darsi attenzioni per notare la presenza di un qualcosa di proibito. Le ragazze mi guardarono sorridendo. “Che volete con queste facce voi?” chiesi acidamente, e loro continuarono a guardarmi tacendo.
Il professore mi fu vicino in un attimo, quasi non me ne accorsi, e mi porse la mano.
Gli guardai la mano e poi spostai lo sguardo sulla sua faccia, come a chiedergli cosa volesse. Non mi diede risposta, quindi dedussi che ciò che voleva era l’oggetto fumante nella mia mano. Avevo festeggiato troppo presto. Sperai vivamente che non mi facesse nessuna nota sul registro, e gliela porsi lentamente.
Lui la afferrò e fece un tiro, accomodandosi vicino a me sul banco e cercando di intromettersi nella discussione delle mie compagne. Lo fissai.
Dopo aver fatto un paio di tiri alla mia fottuta sigaretta, me la porse indietro.
Lo guardai meravigliato e la ripresi, continuando a fare quello che avevo interrotto.
 
Appena la classe si riempì, il professore mi lasciò per prendere la sua postazione; mise i piedi incrociati sulla cattedra e afferrò la sua schecter nera e bianca dall’angolo della classe senza neanche alzarsi. Improvvisò un assolo per zittire tutti, e dopo un paio di minuti si schiarì la voce. “Ragazzi, smettetela di fare sta cazzo di confusione che io oggi dovrei fottutamente andare avanti con il programma.”
Il suo linguaggio perfetto, come sempre
Oggi v’insegno ad amare voi stessi e a farvi fighi, in modo da poter trombare un sacco di gente in un mese e a diventare popolari... No scherzo, non potrete mai trombare quanto me. Perciò vi insegno ad essere fighi almeno la metà di quanto lo sia io, così da poter essere la brutta copia di “Synyster Gates” in una vostra futura Band”
Passò per i banchi e ci distribuì uno specchio, un pettine e una lacca.
“Ora fatemi vedere che sapete fare”.
Tornò alla cattedra e si distese su di essa, poggiandosi la chitarra sul ventre e suonando un paio di assoli,come quello di Critical Acclaim e quello di Scream.
Come se i suoi assoli potessero farci concentrare meglio. Mi guardai intorno.
Giuls stava cercando di trasformare la sua lunga chioma rossa in una cresta, Lisa stava impasticciando una cosa orripilante sui suoi capelli ma non indagai sulle sue intenzioni; Alisee passava la lacca intorno ai suoi ricci di colori poco indefiniti e Beatrix.. Beatrix aveva i capelli corti, quindi non aveva niente di speciale da poter fare.
Mi girai verso lo specchio di fronte a me e cercai di fare qualcosa di bello senza risultati.  Dopo un po’ sussurrai“c’ho provato.”  e poggiai il pettine e la lacca sul banco, sconfitta.
Il professor Haner lasciò la chitarra sulla cattedra e si avvicinò a me; afferrò il pettine e la lacca e iniziò a lavorare sui miei capelli. Stupita, guardavo le ciocche arancioni muoversi freneticamente e prendere forme meravigliose; ora mi spiegavo come riusciva ad essere... avere, riusciva ad avere sempre dei capelli perfetti.
Dopo una decina di minuti finì il suo lavoro e lo mostrò a tutti . Mi sentivo a disagio, tutti avevano gli occhi incollati su di me. Tanto per fare un po’ lo stronzo, mi accarezzò la guancia per girarla verso di lui e cercò di formulare un complimento per farmi sentire meno disagiata. Se ne uscì con un “Sei figa Miss York. Ovviamente lo sei grazie al mio tocco, non festeggiare”
Era uno stronzo cazzo.
La mattina si chiuse con la sua lezione. Dopo il suono della campana, che ci invitava a tornare nei dormitori, mi avviai velocemente verso l’uscita, cercando di non incrociare lo sguardo del docente, che però pensò bene di fermarmi e di scusarsi per la battuta.
“Te la sei presa, piccola?” mi chiese, alzando il sopracciglio. Non provare a fare il sexy con me, Haner.
“Non si preoccupi.” Risposi, fredda.
“Non darmi del lei, per te sono Brian.”
“Non preoccuparti,Brian”
Mi sorrise e mi aprì la porta, cercando di essere un gentiluomo e facendomi lasciare l’aula prima di lui. Non appena uscii, lo persi quasi subito di vista, e cercai di esserne indifferente. Giuls e Lisa mi aspettavano fuori, emozionate.
“Che ti ha detto? Eh? Come hai fatto a non svenire?!” chiese frenetica Giuls.
“Niente di interessante. Vi ripeto, non sono cotta di lui”
“Si, come no. Dovevi vedere la tua faccia mentre ti toccava i capelli. Immagino che ad ogni tocco ...”
“Zitta Lisa.”
Ci avviammo verso il dormitorio per schiacciare un pisolino pomeridiano.
Nel pomeriggio avremmo avuto due ore di Sanders, un’ora di Baker, una del professor. Sullivan, che insegnava Ritmo e tonalità, e una del professor Haner.. Brian. Una di Brian.

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Capitolo 2
*** Cap. 2 ***


Il ticchettio dell’orologio da parete della mensa m’innervosiva, scandiva ogni fottuto secondo rumorosamente come se volesse sottrarmeli con prepotenza.
Giuls mi stava parlando da almeno mezz’ora ma non capivo ciò che diceva. Tacevo, mi concentravo sul rumore che trasmetteva quell’affare snervante, e battevo le dita sul tavolo a tempo.
Lisa tornò in fretta insieme ad Alisee, con i vassoi traboccanti di cibo; il mio era pieno zeppo di cose ipercaloriche, io ero super affamata perciò mi ci fiondai dentro senza alcun ritegno.
Non vedo l’ora di tornare in classe” Alisee interruppe finalmente il discorso senza senso che Giuls stava blaterando con un’affermazione ovvia.
Eh certo.. Come mai non sei con Matt?” chiesi dando un morso al mio hamburger.
“Stava discutendo con Baker e Haner su.. Non so cosa, glielo chiederò.” Mi rispose la ragazza dai capelli di mille colori, fregandomi una patatina dal vassoio.
Haner. Non lo sopporto” sussurrai, dando un altro morso.
Lisa e Giuls scoppiarono a ridere, ed io scossi la testa rassegnata. Perché pensavano che quell’uomo mi piacesse? E’ insopportabile! Un pallone gonfiato!
Come mai?” chiese Beatrix, che era appena arrivata e si era accomodata tra Lisa e Giuls, di fronte a me.
“Non lo so, mi da sui nervi” cercavo di non incontrare nessuno dei loro sguardi, che mi fissavano insistentemente.
Baker  è figo” sussurrò Lisa, cambiando discorso. Per la primissima volta nella mia vita, le ero grata.
Seward li batte tutti baby” affermò Giuls, alzando una mano.
La discussione andò avanti per mezz’ora; mentre le due si contendevano il premio di “destinatario di cotte migliore”  io fissavo il vuoto, persa tra pensieri senza alcun filo di senso.
La prossima aula da raggiungere era la numero tre, quella accanto alla palestra. Alisee, al suono della campana, si alzò velocemente dal tavolo come una gazzella alla vista di un cacciatore, per poter incontrare il suo ragazzo prima che cominciasse la lezione. Lisa lasciò il posto altrettanto in fretta, con il fine di incontrare accidentalmente –si fa per dire- il professor Baker per i corridoi, e Giuls andò a recuperare il libro di tecniche musicali che aveva lasciato nell’aula uno, da brava scorda tutto che era.
Io ne approfittai per fumare un’altra sigaretta prima di entrare in classe.
Ero sola, avevo le spalle poggiate al muro esterno dell’aula dentro il quale dovevamo svolgere la prossima lezione e fissavo il fumo compiere giri ipnotizzanti.
Proprio mentre stavo per spegnerla, sentii puzza di arroganza; il professor Haner stava camminando verso di me a passo veloce ed io sospirai.
“Mi insegue per caso?” glichiesi appena mi fu vicino.
“Non ti montare la testa, non sei tu la causa per cui sono qui. Offrimi una sigaretta” rispose porgendomi la mano.
Milioni di risposte scorbutiche mi affollarono la mente, una migliore dell’altra; solo che poi mi ricordai che avevo di fronte un docente e mi limitai ad uscire una Marlboro dal pacco che tenevo in tasca e a porgergliela.
Senza neanche ringraziarmi, mi sfilò dalle mani anche l’accendino e la accese, per poi rivolgermi un sorriso per ammaliarmi –ma con scarsi risultati- e allontanarsi velocemente.
Rimasi immobile, con il pacco di sigarette aperto in mano. Mi aveva preso anche l’accendino. Bene, voleva proibirmi di fumare?
Iniziai ad avere i nervi a mille. Incazzata, infilai ciò che avevo in mano dentro la tasca ed entrai in classe. Il professor Sanders mi salutò con il solito sorriso benevolo, e mi rincuorò un po’; quell’uomo era fantastico, Alisee mi raccontava sempre ciò che faceva per lei ed io ero sempre più convinta che fosse il ragazzo perfetto.
Presi posto accanto a Giuls, che mi fissò, forse cercando nei miei occhi un perché a quell’evidente nervosismo.
Mi avvicinai al suo orecchio
Quello stronzo mi ha fottuto l’accendino”
“Wow. Carino ” rispose.
“Kay e Giuls , scusate se vi interrompo ma io devo fare lezione...” sussurrò Sanders, battendo una mano sul tavolo.
Mi scusai, abbassando lo sguardo.
Lui sorrise e si morse le labbra. Appena entrarono tutti, si alzò in piedi e calmò la confusione alzando una mano.
“Adesso vi do le basi per cantare in scream. Iniziamo con un brano che mi sta parecchio a cuore del secondo album , Unholy Confessions. ”  
Unholy confessions era una delle mie canzoni preferite, e appena il professore iniziò a cantare automaticamente mi misi a tremare come una foglia per l’emozione. Era impressionante come con tanta tranquillità ti faceva percepire così tante sensazioni positive; mentre cantava, fissava le nostre facce illuminate sorridendo di tanto in tanto e giocherellando con le penne sulla cattedra, come se quello che faceva era un gioco da ragazzi, facile come bere un bicchier d’acqua.
Non appena smise di cantare in modo pulito, si fermò, spiegandoci in che posizioni metteva il diaframma e in che modi faceva fuoriuscire la voce.
Cercammo tutti di imitarlo, e la maggior parte delle persone ci riuscì a primo botto; io riprovai, e riprovai ancora, ma c’era qualcosa che me lo impediva. Non ero abbastanza concentrata, forse avevo altri pensieri per la testa. Okay, nessun forse, ero ancora rabbiosa.
Le due ore del professor Sanders sembrarono volare, era fin troppo piacevole la sua lezione; appena suonò la campanella, uscii dalla classe per raggiungere l’aula numero cinque, ovvero “You belong here- “Ritmica e tonalità- Professor Sullivan”.
Il professor Sullivan era una persona davvero simpatica e gentile, era il professore con cui mi confidavo più spesso; non era soggetto della perversione delle alunne, ma era visto come il fratello maggiore di tutti; se tu avevi un problema, lui ti dava una mano a risolverlo e ci riusciva quasi sempre, e poi le sue lezioni erano grandiose, si svolgevano sempre in modo diverso.
L’aula numero cinque era all’entrata ufficiale della scuola, era un’aula minuscola ma ospitava una batteria enorme di almeno una ventina di casse , con il quale il professore ci faceva esercitare.
“Ragazzi, oggi non mi va di fare niente, sono stanco... Magari mi metto a suonare qualcosa e voi mi ascoltate” Il professore entrò in classe lentamente, barcollando, e lanciò la sua borsa sulla cattedra  per poi raggiungere la batteria e abbandonarsi allo sgabello dietro la grancassa. Probabilmente aveva bevuto, e avevo già in mente di parlargli appena conclusa la lezione. Si mise a suonare Blinded in Chains, e poi Scream, e a Little Piece of Heaven. Cambiava così velocemente canzone che non permetteva a nessuno degli alunni di porgli domande.
Appena la campanella annunciò la fine dell’ora e gli alunni lasciarono l’aula, mi avvicinai a lui, che stava ancora immobile sullo sgabello, fissando il vuoto.
“Jimmy, è tutto ok?” gli poggiai una mano sulla spalla.
Kay tranquilla, ho solo avuto una mattinata stressante e non avevo voglia di parlare... Avevo solo voglia di suonare, ed è quello che ho fatto” lo guardai preoccupata.
“Tranquilla, adesso sto molto meglio. Grazie per essertene preoccupata” gli sorrisi, e lo abbracciai.
Per me non era un docente, era il mio migliore amico. Lo strinsi forte a me, e lui mi scompigliò i capelli. Dopo averlo guardato male ed aver riso, mi avvicinai alla porta dell’aula che inaspettatamente si spalancò. E chi mi trovo davanti? L’ultima persona che volevo vedere: il signor Gates. Lo superai senza neanche degnarlo di attenzioni e me ne andai verso l’aula del professor Baker. Sentii gli occhi truccati del docente che odiavo fissi su di me per almeno una decina di metri, ed ero molto tentata di alzargli il dito medio.
Entrando in classe , fui sorpresa da quello che mi trovai davanti; la classe era piena di alunni, ma la cattedra era vuota. Dov’era finito Zacky?
Mi sedetti tra Giuls e Alisee, e mi accorsi che anche Lisa non c’era. Che cazzo avevano combinato quei due?
“Kay?” Alisee mi chiamò.
Dimmi.”
“Matt mi ha detto che sembravi nervosa nella sua ora.. C’entra il tuo amoruccio?” affermò la giovane, ridacchiando. La guardai inespressiva, e lei smise di ridere.
“No. Non sono nervosa. Tutto okay. Dì a Matt che è stato carino a preoccuparsi”.
Sorrisi, cercando di sembrare tranquilla.
Le lancette giravano, e di Lisa e Baker non c’era nessuna traccia.
Guardai l’orologio.
Ogni minuto che passava, Giuls mi guardava perplessa e a volte si stringeva tra le spalle per sottolineare che non aveva idea di dove si trovassero i grandi assenti.  
“che ora abbiamo dopo il Baker?” chiesi, sperando di non sentire la risposta che mi aspettavo.
“Abbiamo il prof Haner.” Rispose Giuls, con tranquillità.
 Stavo già preparandomi un discorso da potergli rivolgere per ottenere l’accendino indietro.
L’ora del Baker proseguì tra battutine e risate tra me, Giuls ed Alisee ; mi stavano tranquillizzando, ma per sfortuna quella tranquillità aveva i minuti contati dato che stavo per sopportare un altro spiacevole incontro.
Mentre mi avviavo verso l’aula numero quattro, quella del professor Haner, afferrai il cellulare e chiamai Lisa.
“Dove cazzo sei?” urlai appena sentii una risposta dall’altra parte della cornetta.
“scusa Kay, sono in camera... Sto male, dillo ad Haner okay?” Lisa aveva la voce debole, abbastanza credibile.
“Ah okay.. Riprenditi!” le sussurrai per poi chiudere la chiamata.
Giuls, che era con me, mi chiese cosa mi era stato detto sfoderando una delle sue facce più preoccupate, ed io glielo riferii; la cosa però mi puzzava parecchio di bruciato, ma preferii non indagare più di tanto, dovevo concentrarmi sul mio autocontrollo senza prendermi altri pensieri.
Entrando in classe, come sempre in anticipo, ignorai la presenza del professore, intento a specchiarsi e a farsi i complimenti.
Giuls si fiondò all’ultimo banco ed io la amai, perché aveva evidentemente capito che era meglio tenermi lontana da quel pallone gonfiato tutto lacca ed eyeliner.
Afferrai il blocchetto degli appunti e una penna, ed iniziai a mascherare la copertina per evitare di intrattenermi in una discussione indesiderata; Giuls giocherellava con i suoi capelli, fissando fuori dalla finestra il professor Seward intento ad accordare il suo basso disteso sul prato del cortile, ed io le rivolgevo un’occhiata di tanto in tanto ridacchiando. Il professor Haner, all’improvviso, finì di pavoneggiarsi e posò lontano da se lo specchietto che teneva in mano, per poi avvicinarsi a noi, le uniche due alunne presenti in classe. Giuls mi pestò il piede, ed io sentii la solita puzza di arroganza.
Ragazzuole, per caso sono arrivato in anticipo?” chiese con tono cordiale –e finto-.
No! Professor Haner, è stato puntualissimo, sono gli altri in ritardo” rispose Giuls con tranquillità.
“Wow, impressionante.” Mugugnai io. Per una decina di minuti, nessuno parlò; posai il quadernetto su cui stavo scrivendo dentro la cartella, accorgendomi della presenza di un altro accendino al suo interno. Sfoderai un sorriso vincente e poggiai la testa sulle braccia, che a loro volta erano poggiate sul banco.
Ha visto il professor Baker?” chiese la ragazza rossa vicino a me, per rompere il silenzio.
“Si! Fino a poco fa, si stava imboscando con un’alunna nei dormitori. Quell’uomo ha una vita sessuale fottutamente movimentata” annunciò l’uomo tutto piastra e niente cervello.
Non dovevo  assolutamente riferire questa informazione a Lisa, sarebbe caduta in depressione e avrebbe parlato di quell’evento giorno e notte.
Il professore mi guardò, rivolgendomi il sorriso sghembo che era solito a regalarmi. Per una volta, gli sorrisi anche io, e lui sembrò quasi sorpreso; probabilmente non sapeva che dietro il mio sorriso c’era una vittoria.
La lezione del professor Haner fu una delle migliori; anche lui, come Jimmy, suonò tutta l’ora, soffermandosi su alcuni passaggi per spiegarceli.
Le sue mani dalle dita lunghe e affusolate scivolavano sulle corde quasi ipnotizzando gli spettatori, le sue espressioni erano strafottenti, la sua faccia diceva “Hei, sono Syn Gates, suono da Dio e tu non saprai mai fare niente di quello che sto facendo in questo momento”.
Cercavo di farmelo andare bene, quell’uomo, ma la sua superbia era troppo evidente per essere ignorata.
Giuls mi scosse il braccio.
“Che c’è?” le chiesi
Hai presente che  stai mangiando Brian con gli occhi?”
La guardai stupita.
Sospirai abbassando lo sguardo e scollandolo dal professore. 
Camminavo per i corridoi velocemente, volevo raggiungere il dormitorio nel minor tempo possibile e non volevo scambiare neanche una parola con nessuno; fissavo il pavimento e seguivo i miei piedi con lo sguardo. Non avevo neanche il coraggio di alzare gli occhi.
Appena arrivai al dormitorio, tirai un sospiro di sollievo, uscii le chiavi dalla tasca dei jeans e li infilai nella serratura. Aprire la porta non fu una buona idea.
Avevo davanti ciò che temevo: i tre letti erano stati uniti, ed erano disfatti. Lisa stava tutt’altro che male, e il professor Baker le aveva fatto compagnia. Rimasi immobile finché non si accorsero di me; il professore cercò di nascondersi il viso sotto le lenzuola, Lisa mi guardò mordendosi le labbra e, mentre le stava per uscire dalla bocca la tipica frase “non è come pensi”, chiusi la porta.
Okay, il dormitorio era inagibile, avrei dovuto cercarmi un posto dove dormire.
Fissai fuori dalla vetrata del corridoio; il cielo era nero come il carbone, il sole era già tramontato e le stelle erano sbucate fuori come fiori di pesco in primavera, i lampioni illuminavano debolmente il cortile, non c’era un filo di vento e l’ambiente sembrava abbastanza tranquillo.
 
Mi distesi sulla panchina di marmo; nonostante fosse ottobre, il caldo era insopportabile, anche la sera e a contatto con quel materiale gelido mi fece rabbrividire ma fu senz’altro un tocca sana. Guardai le stelle e le studiai, ero sempre stata affascinata dai cieli notturni e dall’astronomia. Nella mia ex scuola, era l’unica materia in cui andavo bene.
Poggiai una mano sul ventre mentre l’altra era occupata a reggere la sigaretta che stavo fumando; il fumo si disperdeva lentamente nell’aria e anche quello spettacolo era senza dubbio incantevole.
Sentivo i polmoni bruciare e l’aria fresca attraversarmi il corpo, era una sensazione magnifica.
Chiusi gli occhi, lentamente.
Cercai di concentrarmi nel silenzio che mi avvolgeva e che mi rilassava. Forse c’era un lato positivo nel fatto che sul mio letto il mio preside e la mia compagna di stanza stavano trombando.
Ad un tratto sentii dei passi; mi alzai per sedermi e mettere a fuoco l’immagine che stava per avvicinarsi a me. Poggiai i piedi sull’erba fresca. Altro sollievo.
“Non dovresti stare fuori a quest’ora”
Giuls mi poggiò una mano sulla spalla.
“Lisa e Baker hanno occupato il dormitorio...” risposi acida, accarezzandole la mano.
“Si ho visto. Io sto dormendo da Alisee e Beatrix. Vieni anche tu,no?” Poggiò le mani sullo schienale della panchina. Mi girai per non darle le spalle e abbassai lo sguardo.
“Mi piace qui, credo che ci passerò la notte” Risposi. Con le dita, iniziai a seguire i cerchi più scuri intagliati sul marmo.
C’è qualcosa che devi dirmi?” mi chiese. Mi conosceva troppo bene quella ragazza. Troppo.
No, credimi...” non sarei riuscita a spiegarle ciò che avevo dentro. Avevo bisogno di fare un po’ di chiarezza per poterle rispondere sinceramente.
Okay.. Io vado allora. Dai, ti aspetto. Se rimani qui, fuori prenderai un raffreddore” detto questo, si sfilò il cappotto e me lo poggiò sulle spalle. L’abbracciai., stringendola forte, e lei fece lo stesso. Dopo ciò, mi salutò con un gesto della mano e scomparì nel buio.
Neanche il tempo di potermi risdraiare, che un’altra figura stava avvicinandosi. Forse era ancora lei, forse doveva dirmi qualcosa.
Purtroppo non era lei, era alto almeno venti centimetri in più e puzzava di stronzo.
“Signorina York, dovrebbe filare a letto, lo sa?”
Il professor Haner, che avrei potuto soprannominare “l’avvoltoio stalker”, si avvicinò a me e fece un tiro dalla mia sigaretta.
Signor Haner, dovrebbe vedere con i suoi occhi chi sta occupando il mio letto abusivamente,  lo sa?”
Risposi io, lasciandogli la Marlboro, che non mi andava più.
Rise.
Okay, segreto risolto. Ora so con chi scopa Vee” si accomodò al mio fianco, poggiando le braccia lungo lo schienale della panchina. Mi guardò. Non riuscii a reggere lo sguardo per più di trenta secondi.
“Come mai è qui?”
“Ti ho già detto di non darmi del lei, Kay. Comunque mi sentivo fottutamente solo. Tutti i figli di puttana sono in giro per le camere delle alunne e io non ho nessuno con cui passare la notte.” Affermò, continuando a rivolgermi quello sguardo ammaliatore che mi mostrava sempre. Mi morsi le labbra e poggiai la schiena sul suo braccio, continuando a fissare il cielo.
“Ti piace il cielo?”
Ma che cazzo te ne fotte?
Si, mi piace molto, Brian” con la coda dell’occhio, vidi che anche lui aveva alzato lo sguardo.
Parlammo di cose del genere per circa un’ora, a volte faceva una battuta di tanto in tanto e, anche se controvoglia, riusciva a farmi sorridere.
“Ora devo andare porca puttana.. Si è fatto davvero tardi. E dovresti andare anche tu, sei ghiacciata” mi toccò la guancia con il dorso della mano. La sua mano era bollente.
“Vuoi venire? Non ti mangio.” Ecco il sorriso da maniaco pervertito che mi piacev.. Che cazzo dico?! Il sonno. Già.
Ti ringrazio Haner, preferisco stare qui”
“Ma ti porto al caldo..” sguardo pervertito.
“Ma qui c’è il cielo.”
“Giusto.. Bhè, allora ti faccio compagnia ancora per un po’. Voglio vederti dormire”
Ridacchiai.
Fu una notte davvero interessante.

 

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Capitolo 3
*** Cap. 3 ***


Mi sfiorò la mano, ed io alzai lo sguardo, puntandolo sui suoi occhi color cioccolato; avrei potuto fissare quelle meraviglie per un’intera giornata. Percepii il suo respiro fresco sul viso, ed  pensai bene di avvicinarmi a lui e pressare le mie labbra sulle sue. Centinaia di brividi mi percorsero la schiena; non appena portai la mia mano gelata sulla sua guancia calda, non feci a meno di accarezzare la sua pelle morbida e liscia.
 Ma che cazzo stavo facendo?!
Ah, ecco spiegato l’arcano, stavo solo fottutamente e fortunatamente sognando.
A svegliarmi era stato uno degli aggeggi che odiavo più al mondo, soprattutto la mattina. Che strano... Come facevo a sentire una sveglia se ero nel bel mezzo del cortile?
Erano tre le possibilità:
O stavo sognando ancora; le sveglie erano persino protagoniste nei miei incubi.
O lo stavo immaginando. Possibile, sicuramente il freddo della notte all’aperto mi aveva dato alla testa.
O non ero all’aperto.
Aprendo gli occhi, mi trovai effettivamente in una stanza, a dirla tutta abbastanza disordinata; non era il mio dormitorio, era decisamente più grande ed io non ero distesa su un minuscolo lettino da mezza piazza, ma su un enorme letto matrimoniale da due piazze e mezzo dalle lenzuola di seta color pastello.
Iniziai a tremare e cercai in tutti i modi di rendere lucida la mia mente e capire dove effettivamente mi trovavo. Mi sedetti, poggiando la schiena al muro. Era una stanza davvero enorme: sul pavimento c’erano due paia di anfibi di colori differenti davvero belli e sulle pareti c’erano una decina di schecter, attaccate a diversi chiodi; mi sentivo nel paradiso terrestre, a parte per la puzza di fumo che impadroniva l’aria.
Stanza di Gates, senza ombra di dubbio.
Appena mi resi conto che quella era l’ipotesi migliore, alzai le lenzuola e fortunatamente avevo in dosso i vestiti. Tirai un sospiro di sollievo. Accanto a me, sul cuscino, c’era poggiato un bigliettino con su scritto “Potevo mai lasciarti al freddo? Non voglio un’alunna malata cazzo, se no m’ammalo anche io. Buona fottuta giornata, puoi usare il bagno se vuoi e non fare tardi da Sullivan che poi rompe le palle quel figlio di puttana”
Guardandomi intorno, notai che lui era già andato via e costatai che ero ancora in tempo per andare a seguire le lezioni; perciò mi alzai dal letto e filai in bagno per darmi una rinfrescata. Bagno enorme, vasca da bagno altrettanto grande e  profumo di lacca. Si, era decisamente la stanza di Gates.
Dopo aver Lasciato il dormitorio di Syn, mi avviai verso l’aula numero cinque del professor Sullivan, ovvero l’insegnante che doveva aver lezione a prima ora; aumentai la velocità del passo per paura di farmi vedere da qualcuno e cercai di nascondermi il viso. Le occhiate indiscrete potevano trasformare delle ipotesi in false certezze, e non ero in cerca di scandali scolastici.
Non appena entrai in classe, il professor Sullivan mi venne incontro salutandomi con un bacio in guancia. La classe era ancora mezza vuota ma erano presenti Giuls e Alisee, che chiacchieravano animatamente su un argomento che avrei fatto anche a meno di sentire. Il ballo di Halloween era vicino, e sicuramente mi avrebbero trascinato ad addobbare la palestra insieme a loro parlando di vestitini succinti e suggerendomi qualche ragazzo carino da invitare.
 “Salve...” dissi lentamente io, accomodandomi accanto a Giuls.
Giuls mi guardò sorridente.
“Che c’è?” scossi la testa avvicinandomi a lei.
“Hai scopato con Haner” sussurrò Alisee emozionata.
NO CAZZO, NO!
“No Alisee, non ho scopato Haner. Mi sono solo svegliata nella sua stanza.” Risposi io con tranquillità. Guardandole, vidi che le loro facce erano tutt’altro che tranquille.
“ERI NELLA SUA STANZA?!” urlarono in coro, allibite, coprendosi la bocca spalancata con le mani.
Okay, questo era un segnale chiaro: loro non lo sapevano, le loro erano ipotesi azzardate ed io avevo detto troppo. Mi nascosi la faccia tra le mani, e aspettai che cambiassero discorso.
Dopo che notarono che le stavo completamente ignorando, ricominciarono a parlare del ballo; iniziarono a parlare entusiaste di ogni minimo particolare che le avrebbe attese, ed mi ricordai che quella mattina avremmo avuto solo un’ ora di lezione perché appunto gli alunni dovevano essere congedati in modo che le volontarie organizzatrici avrebbero potuto addobbare i locali.
“Ho già dato i nominativi delle volontarie a Matt, stamattina.” Aggiunse Alisee con lo sguardo sognante “Sapete che mi ha fatto trovare una rosa fuori dalla porta del dormitorio? “ Matt era la persona più dolce su questo mondo; lui ed Alisee erano fidanzati da 2 mesi o poco più e lui la trattava bene come se fosse sua sorella. 
Si erano conosciuti a scuola, fin dal primo giorno lei era piuttosto invaghita di lui e lui era, come si suol dire, stato colpito dal fulmine alla sua vista. L’ha conquistata con poco, ma quel poco fu davvero meraviglioso. Erano perfetti, se potessi scegliere una coppia a cui ispirarmi sceglierei loro senza pensarci due volte.
“Non tenetemi dentro, non ho voglia né di addobbare né di venirci a questo cazzo di ballo”
Mi guardarono male ed io ignorai i loro sguardi uscendo dalla borsa il libro di ritmica.
 
La lezione del professor Sullivan fu abbastanza piacevole, come sempre; ci fece provare dei passaggi alla batteria e ci spiegò alcuni trucchi per non stancarci dopo aver finito una drum track, mostrandoci anche come faceva a girare le bacchette tra le dita; noi lo guardammo incantati per più di dieci minuti mentre lui, sorridente, fissava la stick girare. Con il finire della lezione, Alisee, Lisa e Beatrix si avviarono felici e saltellanti verso la palestra ed io preferii tornare al mio dormitorio sperando di non imbattermi in un’altra scena pornografica.
Aprendo la porta, vidi che Giuls, che era uscita in anticipo dalla lezione per prepararsi, stava raggruppando degli oggetti sul pavimento da portare in palestra e ,per paura di riprendere il discorso di prima, non le rivolsi la parola, sedendomi sul mio letto e aprendo un libro che avevo lasciato sul pavimento una settimana prima e cercando di fingere di leggerlo.
“Perché non vieni? Dai, ci divertiremo.” Disse, interrompendo il silenzio.
“Non mi va proprio, sono stanca e vorrei riposarmi.”
“Ah certo, stanotte eri troppo occupata a farti “il pallone gonfiato tutta lacca e niente cervello” per riposarti” Imitò la mia voce nel dire l’affettuoso appellativo che avevo dato ad Haner.
Ma che cazzo?!
Non me lo sono scopato. Sei la mia migliore amica, non avrei motivo di mentirti” risposi, guardandola dritta negli occhi.
“Okay” la sua risposta fu fredda come il ghiaccio. Bene, ce l’aveva con me per non so quale oscuro motivo, ma non mi importava; non avevo fatto nulla di sbagliato e nulla da dovermi scusare, perciò mi distesi e mi addormentai senza neanche poter realmente leggere un capitolo di quel libro.
 
“Can’t you help me as i’m starting to burn! Too many doses and I’m..”
Il cellulare interruppe il mio sonno, come sempre non potevo avere un attimo di pace.
“Pronto?” avevo una voce di cazzo.
“Ciao Kay, sono Lisa. Ascolta, Giuls è caduta dalla scala mentre attaccava un pipistrello al tetto. Puoi raggiungerla tu in infermeria? Siamo troppo occupate per muoverci da qui e abbiamo troppo lavoro da fare”
Neanche le feci finire la frase, ero già in corsa verso l’infermeria.
Non appena arrivai, spalancando la porta, la vidi seduta su uno di quei lettini poco allegri da ospedale, con un tutore alla caviglia. Aveva gli occhi lucidi ed emetteva strani rumorini con la voce che dimostravano che le faceva davvero male. Mi sentii dannatamente in colpa.
“Ciao..” le sussurrai.
Lei m’ignorò. Cercai il suo sguardo, ma lei non voleva incontrare il mio e lo spostava altrove. Perché era arrabbiata con me?! Che cazzo!
“Che cazzo c’hai adesso?”
“Odio che qualcuno mi menta, ma lo odio soprattutto se quella persona è la mia migliore amica” rispose acida.
Ti ho detto che non c’ho fatto niente! Anzi, ti racconto cosa ricordo. Ero sulla panchina e tu te n’eri appena andata. Haner mi stava facendo compagnia e poi mi sono addormentata. Mi ha portato dentro per non farmi prendere freddo”
Lei sospirò e afferrò le stampelle che probabilmente le erano state affidate dall’infermiera; dopo di che si alzò e saltellando in modo malconcio se ne andò, senza neanche rispondermi.
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Sentivo la musica della festa persino dal mio dormitorio. Sentivo risate e applausi, le schecter del professor Haner e del professor Baker, il basso del professor Seward e la batteria mozzafiato di Jimmy.
Tutto ciò m’innervosiva.
Ero una ragazza strana, non ero socievole e odiavo essere a contatto con le persone: ero scontrosa, irascibile, parecchio odiata e non meritavo neanche quei pochi amici che avevo. Ero sempre scorbutica e mai di buon umore, il mio carattere era una merda, non c’erano lati positivi da poter considerare e lati negativi da poter migliorare; era tutto una grandissima e abnorme merda.
Probabilmente mi odiavo per quel motivo. Non mi ero mai andata a genio, non mi sopportavo.
Mi alzai e decisi di avviarmi in biblioteca per cercare un po’ di silenzio e leggere qualcosa di interessante.
Amavo leggere, lo amavo davvero tanto; i libri erano il mio rifugio e mi tranquillizzavano come tranquillanti.
Camminavo velocemente lungo il corridoio, mi allontanavo sempre di più dalla palestra e dal dormitorio. Il suono assordante che proveniva dalla festicciola stava via via indebolendosi, per fortuna. Mentre percorrevo la strada che mi avrebbe portato in biblioteca, vidi che il professor Haner mi stava venendo incontro. Indossava una camicia a righe e dei pantaloni neri a sottili linee grigie; i capelli erano lunghi e lisci, gli cadevano sulle larghe spalle. Teneva sul braccio sinistro una giacca nera piuttosto elegante, la mano destra era poggiata sulla gamba, precisamente dentro la tasca. Vederlo in quello stato mi fece un effetto strano.
Cercai di non guardarlo, lui mi superò senza neanche degnarmi di attenzioni; dopo una decina di secondi, però, sentivo i suoi passi pesanti dietro di me.
Mi fermai, e lui mi raggiunse.
“Cosa ci fai qui?!” non aveva usato nessuna parolaccia, la cosa era davvero seria.
“Cosa mi vedi fare?” risposi allargando le braccia.
Come mai non sei al ballo con il tuo caro Sullivan?” chiese, con tono incazzato. Aggrottai le sopracciglia.
“Sullivan? Cosa c’entra Jimmy?” ero confusa.
Lui mi fulminò con lo sguardo, e nonostante non continuassi a capire, non mi diede neanche una spiegazione e si allontanò.
Mentre lo fissavo andarsene, vidi in lontananza anche Giuls lungo il corridoio, intenta ad avviarsi verso il dormitorio con un sacchetto in mano; probabilmente doveva posare quella roba in stanza. Rimasi immobile; non avevo intenzione di darle una mano, anche perché non volevo peggiorare la situazione tra di noi. Cercai di chiarirmi in mente quella situazione strana valutando diverse ipotesi, ma nessuna di quelle era possibile.
Sospirai.
Giuls si fiondò in camera senza neanche degnarmi di uno sguardo, anche se le ero piuttosto vicina, e Brian la seguì, infilandosi nel mio fottutissimo dormitorio e chiudendosi la porta alle spalle. Okay, che cazzo succedeva?
A grandi passi, li raggiunsi e aprii la porta.
Davanti mi trovai una scena altrettanto strana: Brian era in piedi e stava urlando contro la ragazza dalla chioma rossa, e lei stava evidentemente arrampicandosi sugli specchi.
Entrambi, alla mia vista si fissarono e subito dopo spostarono le loro attenzioni su di me.
Li guardavo sconvolta e cercavo delle risposte nelle loro urla.
“Ora voi mi spiegate che cazzo state facendo.” Urlai, mettendomi le mani sui fianchi.
“Nel pomeriggio ho chiamato la tua amica Giuls” la puntò spregevolmente, lei abbassò lo sguardo sul pavimento “ e le ho chiesto con chi andavi al ballo e lei mi ha detto che andavi con Sullivan.”
Mi feci i conti.
Giuls , incazzata con me, credeva che io avessi una cotta per Haner e quando lui le ha chiesto con chi andavo al ballo,  probabilmente per farmi uno sfregio, gli ha risposto che andavo con Jimmy.
Grande cazzata, testa di cazzo.
Fissai Brian, evitando di guardare la mia “migliore” amica. Avrei potuto perdere il controllo e fare qualcosa di sbagliato nei suoi confronti, cercai di domare il mio essere incazzata aiutata dalla mia stremata pazienza.
“Io non ci sono andata al ballo, non ne avevo nessuna intenzione fin dall’inizio.” Affermai scuotendo la testa.
Neanche io dovevo andarci. Credevo che la fottuta ragazza che volevo portarci fosse già stata invitata da una testa di cazzo, e dentro questo vestito imbarazzante ci sto solo perché volevo vedere se la cosa era vera” il suo tono era leggermente incazzato.“Ma non lo è.”aggiunse poco dopo, lasciando cadere le braccia lungo i fianchi.
Haner voleva invitarmi al ballo?!
Dopo aver sospirato un paio di volte per trattenere la rabbia, mi sorpassò colpendo la mia spalla con la sua e lasciò il dormitorio. Rimasi immobile per qualche momento, fissando Giuls disgustata.
“Non me lo aspettavo da te. Davvero” dopo che scossi la testa, quasi a farle notare che non volevo neanche crederci, lasciai anch’io la stanza e, appena chiusi la porta alle mie spalle, mi abbandonai sul pavimento con la testa tra le mani.
Mi sentivo.. Vuota. Avevo ricevuto un torto gratuitamente da una delle persone che ritenevo migliori al mondo.  Ero stanca, e triste.
Aspetta, perché gli davo così importanza? Giuls era incazzata con me per il mio fottuto egoismo e non aveva fatto una cosa tanto grave. Perché me ne stavo preoccupando? Io avrei sicuramente detto di no ad Haner. Sicuramente. Credo.

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Capitolo 4
*** Cap. 4 ***


Il capitolo si apre con una narrazione in terza persona: non è Kay a parlare visto che non è presente.
 
Il ballo si era concluso e tutto era andato a meraviglia; alcune coppie si erano formate, altre erano scoppiate, altre erano diventate più affiatate.
Matt infilò la chiave nella serratura della grande porta a vetri opachi del palazzo, che si trovava nella parte periferica del cortile dell’università. In quel mini albergo abitavano loro, i proprietari della scuola: era un edificio enorme suddiviso in cinque piani, uno per ogni ragazzo. Stranamente quella sera nessuno di loro aveva portato una ragazza lì e nessuno era tornato sbronzo, al contrario della settimana precedente: si ritrovarono nella loro piccola sala in comune, posta a piano terra, seduti intorno ad un grande tavolo pieno di birre e bottiglie di vini invecchiati.
In realtà era da tanto che nessuno di loro aveva una di quelle storielle da una notte, le loro relazioni iniziavano a diventare serie ed era una cosa alquanto strana per tipi come loro.
“Per troppo tempo non ho avuto il piacere di vedere il Christ innamorato” Il cantante sorrise, afferrando un bicchiere. Christ era rosso quanto un pomodoro, aveva lo sguardo fisso al pavimento e l’unica cosa che riusciva a dire era “Smettetela”.
Dai su, è una ragazza ok. Allie me ne ha parlato benissimo, sono amiche sai?” aggiunse sorseggiando l’acqua appena versata nel bicchiere di prima,  dando una pacca sulla spalla al bassista accanto a lui.
“Questa casa è così.. vuota stasera” affermò Zacky dopo un paio di minuti di silenzio , guardandosi intorno
“Niente puttanelle. Siete diventati tutti seri ormai.” Rispose acidamente l’altro chitarrista, annusando la sua birra.
“Tu sei ancora libero di portare chi vuoi, Syn. Forse hai smesso di volerle anche tu, le ragazzine di una notte” Zacky  sorrise e tutti iniziarono a ridacchiare, fissando insistentemente il soggetto delle frecciatine del Baker.
Lui alzò lo sguardo e osservò i compagni; sorseggiò un po’ di birra, cercando di ignorare gli sguardi maliziosi, e dopo posò rumorosamente il bicchiere sul tavolo, per poi stiracchiarsi la schiena portando le braccia indietro.
Non le porto qui per non disturbarvi, fottuti ragazzini seri con la testa a posto”
Portò le mani dietro la nuca e assunse una posizione poco comoda e abbastanza complessa sulla poltrona su cui era seduto.
Haner non ce la racconta giusta.” Christ si beccò un’occhiataccia.
Abbiamo visto come guardi le ragazze della sezione Vee.” Anche Baker se ne beccò una.
Jimmy allungò le gambe e sorseggiò un po’ di vino, in silenzio, fissando cosa stavano cercando di fare i suoi amici: sapeva che Brian sarebbe esploso di lì a breve, e sapeva anche che avrebbe cercato milioni di scuse per giustificarsi. Era il suo migliore amico, dividevano tutto e sapevano ogni cosa dell’altro: era una delle amicizie migliori mai esistite al mondo, non si sarebbe mai immaginato un Sullivan senza Haner, né un Haner senza Sullivan.
“L’unica che voglio scopare non me la da” confessò.
Jimmy sorrise soddisfatto; ovviamente era una cosa che sapeva già.
I sevenfold restanti si guardarono sbalorditi.
Brian non aveva mai – con mai s’intende PROPRIO MAI- concentrato le sue attenzioni su una sola ragazza, soprattutto su una che non gli era già caduta ai piedi a peso morto.
Sanders poggiò le braccia sul tavolo e si sporse per fissarlo meglio.
Ovvero?” chiese.
Vuoi troppo adesso.”
“Avanti Gates, sono il tuo cantante preferito!”  si puntò il petto con i pollici. Synyster ridacchiò.
“La conoscete” sorseggiò un po’ di birra.
Questo restringe molto il campo. Conosciamo milioni di ragazze,idiota” disse Christ, fissando il chitarrista davanti a sé.
Appunto.”
Sullivan, tu lo sai sicuramente.” Baker puntò il batterista.
Jimmy si strinse tra le spalle, Brian ridacchiò.
Solo se ottengo il permesso del supremo posso comunicarlo, ma mi sembra contrario” rispose, girando il dito di Zacky verso Gates.
“Avaaaanti Haner! Che ti costa? Mica è seria la cosa... O sì?” Zacky sorrise ancora una volta, malizioso.
Sander e Christ continuarono a mantenere il loro sguardo incollato su Haner, cercando una risposta.
Te l’ho detto, lei non è una di quelle ai miei piedi”
“Ancora meglio, la cosa si fa interessante” affermò il ragazzo dagli occhi verdi e le fossette meravigliose,  battendo nervosamente le dita sul tavolo.
“Uuuh, notevole! Immagino che rosichi in una maniera impressionante” 
No Christ. Non m’importa, posso avere migliaia di ragazze. L’unica a perderci è lei” afferrò una bottiglia di birra e la aprì.
Jimmy posò rumorosamente la sua bottiglia sul tavolo per attirare l’attenzione di Brian, che lo guardò.
Alzò le sopracciglia e il chitarrista si strinse tra le spalle.
Baker, Christ e Sanders continuavano a non capire nonostante volessero impegnarsi a farlo, ed iniziavano ad innervosirsi dato che non riuscivano a tradurre il “linguaggio” segreto dei loro amici.
Io almeno lo ammetto che mi piace la Davis.” Disse Christ, grattandosi la testa.
Baker si unì le mani e lo guardò sbattendo le palpebre “Giuls e Johnny cuore a cuore che si scambiano baci per ore ed ore” canticchiò. Seward rise ed arrossì.
Calò il silenzio. Si sentivano solo i rumori dei bicchieri di vetro e delle bottiglie sul tavolo di legno.
Tutti erano immersi nei loro pensieri; si fissavano soltanto, di tanto in tanto, sorridendosi, per poi tornare a sorseggiare alcolici.
V’immaginate? Tutti e cinque noi,no? Con una ragazza... In una relazione seria... Tutte quelle robe tra fidanzati... Le cene noiose....” il momento riflessivo fu interrotto dalla considerazione del batterista.
Io ce l’ho già, Sullivan! Vabbè, a te chi possiamo dare delle ragazze? Te la prendi la signorina Marken?” chiese Sanders.
“Beatrix dici? Sono già lavori in corso”  tutti lo guardarono sorpresi emettendo un “Woo”.
Bene. Io ho già la mia Allie”
“La sua allie. Bah” scherzò Seward, mostrando a tutti il suo sorriso contagioso.
Zitto te, pensa a dichiararti a Giuls così facciamo le uscite a sei” rispose Matt, ridendo anche lui, e sfoggiando le fossette.
“Ti correggo coglione, uscite a otto. Ti ricordo che adesso anche io ho una donna, credo” affermò Baker, scombinandosi imbarazzato i capelli.
Tutti guardarono Brian, che continuava a sorseggiare la birra in silenzio.
A quando le uscite a dieci?” aggiunse Shadows.

Gli altri ridacchiavano, Syn si limitò a guardarlo male.
 
Le ragazze erano tornate al dormitorio presto, io non avevo chiuso occhio; non so perché, ma sentivo che qualcosa mi pesava sullo stomaco, sentivo dolori e crampi allucinanti. L’unica cosa che poteva farmi sentire meglio era ritornare a parlare con Giuls. Sì, sembrerà strano, ma ogni volta che litighiamo, nonostante io il più delle volte abbia ragione, mi sento in colpa. Sarei disposta anche a chiederle scusa senza averle fatto nulla, pur di poter risentire la sua voce e poterla abbracciare di nuovo. Ogni volta che avevamo una discussione, mi sentivo un chiodo piantato arrogantemente sulla schiena da un martello di una ventina di tonnellate.  
Sentii i suoi inconfondibili passi sul parquet. Si fermò accanto al letto su cui giacevo coperta fino ai capelli, fingendo di dormire per non far peggiorare la situazione, e mi baciò la fronte. Mi scoprii, e la abbracciai.
“Scusa.” Singhiozzò, stringendomi.
“Di niente, ho già dimenticato tutto. Scusa tu, se non sono venuta.” Aggiunsì io, baciandole la guancia.
Haner voleva davvero portarti al ballo, ed io ho rovinato tutto”
“Macchè? Credi ancora che io provi qualcosa per lui?”
“Kay. Sei la mia migliore amica.” Si staccò dall’abbraccio per potermi fissare negli occhi.
Io ti conosco più di me stessa. Potrei riconoscere e classificare ogni tuo tipo di sguardo” mi poggiò una mano sulla gamba.
Lo sguardo che rivolgi a lui può essere pieno di odio e roba varia. Ma credimi, è come se lo spogliassi con gli occhi”
Abbassai lo sguardo.
Giuls, lui non mi piace. Io lo odio, è un fottuto pallone gonfiato! Sempre ossessionato dalla sua immagine.” Dissi, cercando di non incrociare i suoi occhi ancora una volta.
“Odio le persone piene di sé” la fissai.
Mi rivolse uno sguardo strano, si alzò per andare a cambiarsi e continuò a guardarmi in quel modo. Mi sentivo a disagio.
 
Un’ora dopo, ci ritrovammo tutte e cinque sul pavimento, a chiacchierare come sempre.
Lisa era distesa a pancia sotto con la testa sulle mani, ed accanto aveva Alisee, che sorseggiava una bottiglia di birra che aveva preso alla festa di poco prima. Giuls ed io eravamo sedute fianco a fianco, una con la testa sopra quella dell’altra.
“Che avete fatto stasera?” chiesi, accendendomi una Marlboro.
“Ho baciato Sullivan” affermò elettrizzata Beatrix. Mi affogai con il fumo, e tossii parecchio.
“COSA?! DAVVERO?!” ero felice. Jimmy aveva proprio bisogno di una come Bea al suo fianco. Non potevo desiderare di meglio per il mio migliore amico.
Lei annuì, e si fece passare la birra da Alisee.
Io forse sto con Baker” affermò Lisa, sfoderando un sorriso a trecento denti. La guardarono tutte esaltate e felici, e le chiesero i dettagli di quel rapporto del tutto nuovo. Li ascoltai divertita, continuando a fumare. Di tanto in tanto, guardavo fuori dalla finestra del dormitorio, che dava sul cortile; riuscivo ad intravedere la casa dei professori e, mettendo a fuoco, potevo notare le loro sagome sedute, probabilmente su un divano, muoversi freneticamente e bere qualcosa. Era curioso il fatto che stavamo facendo la stessa cosa.
Io temo che Johnny non mi noterà mai...” sussurrò Giuls, sospirando abbattuta. Mi girai verso di lei, guardandola male.
“Non ne sarei così sicura..” le risposi. Jimmy mi aveva giusto anticipato qualcosa riguardo ai sentimenti di Seward.
Giuls mi guardò entusiasta, ed io le sorrisi.
Feci un altro tiro dalla mia sigaretta, fissando lo schermo del mio blackberry, che giaceva tra le mie gambe sul pavimento; Sullivan doveva chiamarmi da un momento all’altro, come faceva ogni sera.
Lui adorava raccontarmi ciò che sapeva sui sentimenti dei suoi compagni, in modo che io potessi comunicarlo alle mie amiche: volevamo la loro felicità e ci davamo una mano ad ottenerla, a ogni costo.
Haner voleva portare al ballo la Kay” affermò Lisa, giocherellando con il suo labret.
“Lo so” risposi fredda.
Mi ha rotto tipo le palle tutta la sera.” Aggiunse Beatrix, sorseggiando ancora una volta la birra.
“Cosa?”
Non so perché credeva che tu fossi con Sullivan.. Invece con Jimmy c’ero io... Ad un certo punto mi sono sentita toccare i fianchi, girandomi mi sono trovata lui ad un palmo dal naso. Le luci erano spente, probabilmente mi ha scambiato per te, dato che ero di spalle e avevo davanti il mio accompagnatore.”  
Aggrottai le sopracciglia. Toccare i fianchi? Cè, diceva sul serio quello lì?!
Meno male che non ero presente, avrei potuto anche fare qualcosa di sbagliato e violento nei suoi confronti. Con violento intendo una cosa negativa, niente malizia.
“Che stronzo oh.” Riuscii ad esprimere tutto ciò che pensavo con quella frase.
Come se al suo posto l’avresti mandato via..” mi disse Alisee, alzando il sopracciglio destro. Lisa e Giuls mi guardarono allo stesso modo.
Mi nascosi il viso tra le mani, aspettando ancora una volta che cambiassero discorso.
Mi urtava tutto di lui. Mi urtava semplicemente per il fatto che era così vanitoso e così pieno di sé da essere convinto che tutte le ragazze potessero strisciare ai suoi piedi come piccole invertebrate. Mi dispiaceva per lui, ma non era così stavolta; ogni ragazza avrebbe desiderato le sue fottute mani sui fianchi, io le avrei bruscamente staccate.
Poteva esser figo quanto cazzo voleva, anche se io non lo trovavo figo per niente, ma con un carattere così poteva accontentarsi solo di puttane.
Era così arrogante, e faceva di tutto per screditarti! Poi, per farsi perdonare, secondo il suo cervello ristretto come un maglione dopo un milione di lavaggi, bastava che ti rivolgesse uno dei suoi sguardi ammaliatori e ti dicesse qualche parola “super” affascinante.
No, non funzionava con me.
Però, una cosa mi lasciava perplessa. Giorni prima, avevo passato una notte con lui. Aveva avuto la possibilità di potermi fare tutto ciò che voleva senza che io potessi rifiutare, mi aveva quasi “addolcito” con le sue considerazioni e con le sue battute poco spiacevoli. Perché non l’ha fatto? A contatto con me diventava umano, forse?
Basta pensarci, gli stavo dedicando il tempo che neanche meritava.
Io e le ragazze continuammo a parlare per tutta la notte, meno male che il giorno dopo era Halloween, e non avremmo avuto nessuna lezione in programma.
Halloween, la mia fottuta festività preferita.

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Capitolo 5
*** Cap. 6 ***


Quando il gatto non c’è, i topi ballano; ed io e Giuls eravamo due fottutissimi sorci.
Ci guardammo annuendo contemporaneamente.
Giuls era davanti a me e teneva nelle mani un paio di bombolette colorate di quelle che si acquistano per strada nei ghetti , in altre parole quelle per i graffiti.
Oh si, era quello che ci voleva in quella cazzo di scuola: un po’ di colore.
Da piccole eravamo delle skater; frequentavamo una comitiva di ragazzi di quel genere che ci avevano insegnato non solo ad andare sullo skateboard, ma anche a fare i tatuaggi e a disegnare opere d’arte per mezzo di quegli oggetti sacri quanto meravigliosi.
Il mio primo ragazzo era uno skater: aveva i capelli rossi –odio i ragazzi dai capelli rossi- e due grandi occhi azzurri. Era stato un po’ il mio primo amore,e ,come si sa, il primo amore è sempre o il più delle volte disastroso: mi aveva lasciato per un’altra ragazza, ma preferisco non parlarne.
Continuammo a guardarci, leggendoci i pensieri, con facce tipiche di persone che hanno avuto una buona idea.
Aula di Haner, ti prego” dissi, fomentandomi.
In un attimo, ci catapultammo nell’aula del professore che mi stava più a cuore – si fa per dire-  de iniziammo a spostare tutti i banchi per ottenere più spazio libero possibile. Non vedevo l’ora di far incazzare quel coglione, in modo che smettesse di provarci e iniziasse a ricambiare il mio sentimento negativo nei suoi confronti.
Afferrai la bomboletta nera, e la scossi un po’ per farla caricare. Dopo di che fissai il muro aspettando un’ispirazione per un disegno abbastanza cazzuto, di quelli che potresti fissare ore ed ore ripetendo “che cazzo, è fighissimo”
Uscii il blackberry dalla tasca dei jeans e lo poggiai su un banco; avevo bisogno di una canzone adatta a quel momento, dalla quale trarre qualche spunto.
Mentre le prime note di Nightmare iniziarono a invadere l’aula, cominciai a disegnare sul muro dietro la cattedra un’enorme deathbat versione Haner, con tanto di occhiali da sole, cappello, capelli lunghi e corvini e Marlboro in bocca.
Appena lo finii, cominciai a scrivere sull’altra parete “I’m your fucking nightmare” proprio mentre Shadows lo stava urlando dal mio cellulare.
Aspetta, non era il mio cellulare, Nightmare era appena finita. Oh cazzo.
Sanders entrò sbattendo la porta, proprio mentre io e Giuls ci stavamo dando da fare a distruggere quella classe.  
Che cazzo state facendo voi due?!” urlò a pieni polmoni. Ci caddero le bombolette spray dalle mani e ci guardammo spaventate come due cani appena bastonati. Cazzo, l’avevamo combinata grossa.
Che cosa ci faceva Matt lì?! Non doveva partire con Alisee?! Porca porchissima merda.
“Matt...” sussurrai, la voce mi tremava. I suoi occhi verdi erano puntati su di me e la sua mascella era contratta, forse per contenere la rabbia.
Abbassai lo sguardo, e con la coda dell’occhio notai che Giuls era impallidita parecchio tanto che persino un lenzuolo risultava più colorito.
L’uomo davanti a me si guardò intorno, mentre dalla porta sbucò Alisee, che con una faccia assolutamente terrorizzata fissò il disastro che avevamo combinato.
E’ una fottutissima meraviglia” affermò sorridendo; la sua ragazza annuiva, continuando a guardarsi intorno meravigliata.
Mi hai fatto spaventare coglione!” urlò Giuls portandosi una mano al petto, ed io scoppiai a ridere, seguita dal professore.
Come cazzo avete fatto?! Lo voglio anch’io!” affermò stringendo i pugni . Gli raccontai del nostro passato da skater e lui mi guardava con un viso che sembrava illuminato; Allie, che già conosceva la storia, passava il dito sulla parete con una faccia simile a quella del suo uomo.
Dopo aver finito l’intero discorso, iniziammo a scherzare come sempre, seduti sui banchi. Matt ci raccontò che avevano perso l’aereo per Orlando e che erano tornati a scuola, non avendo più nulla da fare ed Alisee aggiunse che avrebbe voluto tanto vederci all’opera ma per causa di Matt, che aveva dimenticato la sua valigia, erano tornati indietro all’aereoporto nonostante avessero percorso più di metà strada.
Ad un tratto, la porta si aprii di nuovo, e mi si strinse lo stomaco. Ecco che arriva la batosta.
 Brian avanzò a passo lento, e appena vide ciò che era diventata la sua classe spalancò gli occhi, aprendo le narici.
Ecco, gli insulti sarebbero arrivati tra 3...2....1...
Che minchia avete fatto alla mia fottutissima aula?” aveva un tono seriamente incazzato. Bene, avevamo scampato i guai con Sanders e ci sentivamo padrone del mondo, ma non avevamo calcolato il soggetto dell’enorme provocazione.
Voi non uscite da qua dentro se non ripulite tutto questo bordello.” Ci puntò minacciosamente.
Matt, che lo stava guardando aggrottando le sopracciglia, si alzò e dandogli una pacca amichevole sulla spalla gli disse “Haner frena i bollenti spiriti e guarda qua” puntò il deathbat.
E’ una meraviglia!” aggiunse, aspettando la reazione  dell’amico.
Syn sospirò, e sfoggiò una faccia poco espressiva girandosi verso di me.
Questo lo lasci, perché è figo, ma tutto il resto” puntò i banchi e le sedie che Giuls stava intelligentemente riempiendo di colore “deve essere pulito. Adesso”
 
Andammo a riempire dei secchi e a prendere delle pezze nello stanzino dei collaboratori scolastici, restando in religioso silenzio; poteva anche finirci peggio,riflettendoci, invece avremo solo passato un pomeriggio a lavare un’aula sotto la supervisione del docente.
Non appena giungemmo in classe, trovammo il professore seduto sulla cattedra a gambe incrociate con due magliette bianche in mano.
Siete arrivate. Bene, pensavate che non v’infliggessi neanche una minima punizione?” ridacchiò. Io e Giuls ci guardammo, sospirando.
Indosserete queste magliette, mentre laverete il tutto” le alzò. Porca puttana se era uno stronzo.
Giuls non capì al volo,il suo sguardo più confuso che convinto me ne diede la certezza.
 “Giuls, Car Wash”  le sussurrai. Lei cambiò espressione rivolgendo uno guardo abbastanza incazzato al professore, che nel frattempo sorrideva malizioso. Car wash, il lavaggio delle macchine.
La tipologia più conosciuta era il sexy car wash, in altre parole quello eseguito dalle ragazze dalle magliette rigorosamente bianche e nulla sotto, che a contatto con l’acqua rendevano i loro abiti poco più che trasparenti facendo emozionare lo “spettatore”. Pezzo di merda come sempre, insomma.
Dopo aver cambiato la maglietta sotto ordine, iniziammo a immergere le pezze sui secchi per poi passarle nervosamente sui banchi; feci attenzione a non bagnare la maglietta, nonostante avessi lasciato il reggiseno sotto non volevo mostrare più del dovuto a quell’arrapato del cazzo.
Ad un certo punto, mentre era intento ad osservarci sgobbare divertito, con tanto di Marlboro accesa tra le dita, si girò verso il deathbat alle sue spalle poggiando i piedi sulla cattedra.
“Se avesse avuto i capelli color carota, sarebbe stato ancora più interessante. ” era una chiara frecciatina alla sottoscritta, ma ero troppo incazzata per rispondergli male.
Non sapevo che si potesse essere attratti da un muro, Synyster Gates” gli rispose Giuls, facendo le virgole con le dita nel pronunciare il suo nome d’arte.
Lui fece un tiro dalla sua Marlboro. “Non sapevo che ti divertisse essere così acida, tipa di Seward” alzò le sopracciglia e sorrise. Lei lo guardò male ancora una volta.
Almeno Seward ce l’ha una tipa.” mentre cercavo di essere indifferente, stavo amando la ragazza al mio fianco.
Lui si alzò, gettando la sigaretta fuori dalla finestra e avvicinandosi a lei. Le diede una pacca poco amichevole sulla spalla.
Credimi, se volessi, ne avrei almeno una decina” il volume della sua voce era alto, forse voleva farmelo sentire, ma ripeto che ero troppo incazzata e a disagio per dargli conto. Immersi la pezza nel secchio per la terza volta e iniziai a pulire le sedie davanti a me passando di tanto in tanto il polso sulla fronte per asciugare il sudore. Haner si avvicinò a me lentamente, con le mani nelle tasche; dopo aver studiato ciò che stavo facendo con attenzione –cercavo di non guardarlo, gli avrei solo rivolto i miei peggiori sguardi- , afferrò il secchio e mi versò il contenuto sulla maglietta che io avevo provato a non bagnare con tutta me stessa. Posai la mano sul pavimento, e decisi di riservargli la peggior espressione da me concepita.
Ora quella parete non avrà più tutte le mie attenzioni.”   Disse a Giuls, ridacchiando ancora una volta e continuando a fare facce ad alto contenuto di malizia.
Tornò alla sua postazione da docente, continuando a fissarmi; gliel’avrei fatta pagare cara, tanto cara.. Stavo già pensando a qualche vendetta subdola da imporgli, ne valutai alcune ma mi sembravano addirittura troppo lievi e piacevoli.
Le ore passavano lente quasi a farmi sfregi, ogni minuto lo contavo, sperando che sempre che fosse l’ultimo.
Dai su, potete andare” annunciò ad un tratto, scollando il sedere dalla sedia e avviandosi verso la porta con le sue solite mani in tasca.
Giuls uscì subito, diretta verso lo stanzino di fronte all’aula per posare gli oggetti che avevamo usato; io cercai di seguirla ma fui bloccata dal docente.
Me lo trovai davanti, prepotente come sempre, in modo che non mi facesse lasciare la sua aula. Cercai di divincolarmi ma con scarsi risultati, perciò lo fissai dritto negli occhi, mettendo una mano sul fianco; i suoi, al contrario, non erano fissi sui miei, ma studiavano le mie condizioni poco dignitose, causando in lui un’espressione davvero poco intelligente. Vabbè, c’era da aspettarselo, una persona non intelligente non poteva mica avere un’espressione tale.
Tu non puoi andare” sorrise, incontrando i miei occhi.
Avanti, cazzo. Devo andare a farmi la doccia.” Mi spostai a destra, e lui mi seguì.
Puoi farla con me, se vuoi” lo guardai male.
Non voglio.” gli comunicai, lui insistette.
“Lo so che vuoi.” Come potevo uscire da lì? Merda!
“Okay,  si hai ragione. Andiamo?” gli sorrisi maliziosamente, e lui ricambiò, portandomi il braccio sulle spalle.
Non appena fummo fuori dall’aula, gli lasciai cadere il braccio e me ne andai spedita verso il dormitorio; percepivo il suo sguardo sconfitto addosso, mi sentii dannatamente bene.
Abbassando le mani lungo i fianchi, però, notai che le tasche erano vuote; bella merda, avevo dimenticato il blackberry.
Girandomi, tornai sui miei passi e mi avviai verso la classe dalla quale ero uscita dopo un enorme sforzo; Brian era lì, come se mi aspettasse, con il gomito poggiato al muro e la testa sulla mano come se stesse in posa per una foto da calendario d’intimo.
Sei un parassita.” Dissi, aprendo le braccia in segno di resa. Lui sorrise a 300 denti come se fosse soddisfatto dal suo ennesimo lavoro da stalker.
“Sei tornata per me? Ci hai ripensato sul fatto della doccia?”  stava gongolando.
“No, ho lasciato il mio cellulare qui” spostai lo sguardo sul mio povero e indifeso blackberry, che giaceva sul secondo banco della fila centrale urlando “Kaaay saaalvami”.
“Per riaverlo, devi fare qualcosa per me.” Mi si avvicinò.
Senza pensarci due volte e senza dargli il tempo di ribattere, mi alzai in punta di piedi e gli diedi uno di quei baci che non avrebbe sicuramente dimenticato facilmente.
Dopo un bel po’ –anche un po’ troppo, a dirla tutta- mi staccai da lui, che nel frattempo aveva portato una mano sulla mia schiena, e mi diressi a prendere il cellulare. Senza rivolgergli più un briciolo di attenzione, uscii; mi trovai davanti Matt ed Alisee, che intanto stavano facendo due passi. Sorrisi ad entrambi, e loro ricambiarono.
Sei mezza nuda.” Disse Sanders, attento a non soffermarsi sulle mie condizioni per non scatenare in Allie un attacco di gelosia.
Ringrazia il tuo amico.” Risposi, puntando la porta dell’aula. Sospirò.
Haner è un fottutissimo pervertito.” Aggiunse, ridacchiando. Ma che ti ridi pure tu?
“Ma che ti ridi amore?” Alisee e la nostra fottutissima splendida telepatia.
Kay, sappi che sotto la malizia, Haner non è male.” Cercò di giustificarlo, ma non credo che avrebbe potuto lontanamente diminuire l’odio che provavo nei suoi confronti.
Che intendi dire?”
“Intendo dire che non è così male. Cè, non se lo merita il tuo odio.” Cercò ancora una volta di non guardarmi. Mi puntai la maglietta, sospirando.
Si lo so, a volte è stronzo, ma credimi. E’ molto testardo, farà di tutto per avere ciò che vuole”
“Per me può fare tutto quello che gli passa per la testa, se fa così, potrà solo provarci a vuoto.”
Lo guardai, e lui iniziò ad annuire e ad abbassare lo sguardo.
Alisee e Matt avevano le mani intrecciate e ancora una volta mi sentii di troppo.; ultimamente, mi sento così spesso, fin troppo spesso. Tutte le mie amiche erano felicemente fidanzate con degli uomini meravigliosi, ed io ero decisamente sempre più sola; in realtà, non ero mai sola, avevo una palla al piede, o meglio un avvoltoio alle calcagna.
L’unica cosa positiva di questa situazione è che.. No, non c’è nessun fottutissimo lato positivo.
Arrivammo al dormitorio femminile, ed io decisi di entrare facendo proseguire la passeggiata ai due piccioncini, togliendo il disturbo.
Giuls mi aspettava a braccia conserte, con una faccia poco felice.
Dobbiamo fargliela pagare” disse seria, appena mi chiusi la porta alle spalle.
Puoi dirlo forte” aggiunsi, senza neanche farla finire, togliendomi la maglietta bagnata e infilandomi una felpa che avevo intelligentemente lasciato sul letto.
Afferrai l’asciugamano dal bagno ed iniziai a tamponarmi i capelli per farli asciugare.
Ti ci vedo troppo bene con lui.”
Si beccò un’occhiataccia.
Perché?!” la interrogai, quasi furiosa.
Lascia perdere. Però ammettilo che hai approfittato della situazione per stampargli un bacio.”
“Perché dovrei ammettere una cosa non vera?”
“Non ti sto dicendo di ammettere una cosa non vera, ma semplicemente di ammettere la verità.”
Ci fu un momento di silenzio piuttosto imbarazzante.
Bacia bene” confessai, mentre la mia amica rideva soddisfatta.

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Capitolo 6
*** Cap. 5 ***


Halloween. Halloween è la festa a cui tengo di più; a dirla tutta è l’unica che mi importa sul serio.
Tutti gli alunni dell’università il giorno dopo Halloween avevano il permesso di recarsi per una settimana dalle proprie famiglie, quest’anno saremmo rimaste solo io e Giuls in tutto l’istituto a non approfittare di quest’ occasione. Avevo sempre avuto un buon rapporto con mia madre, era stata la mia prima migliore amica e tenevo a lei più di nessun altro; alcuni consideravano questa unione fin troppo morbosa, ma non mi era realmente mai importato del parere della gente, perciò lasciavo che dicessero tutto quello che volevano. Volevo bene anche a mio padre, ma lui era un tipo piuttosto geloso; non voleva che mi truccassi, né che tingessi i capelli (le cose da padre, insomma) e preferiva che io non parlassi delle mie storielle sentimentali in sua presenza. Non lo capii mai seriamente, ma continuavo ad amarlo comunque. Avevo una sorella più grande di me di quattro anni, il suo nome era Elle. Lei era il mio opposto; non amava il metal, e ascoltava di tanto in tanto i brani alternative che le suggerivo per farmi un favore e poterne ricevere uno indietro. Era molto hippie, era una Beatles-maniac.
Mi svegliai di buon’ora ma nonostante questo le mie compagne erano già via, a parte Alisee che stava infilandosi un paio di jeans stretti saltellando.
“Buongiorno dormigliona. “mi disse, appena si accorse che ero cosciente. Mi stropicciai gli occhi e le sorrisi di risposta. Dopo una decina di minuti mi alzai anch’io, mi lavai velocemente e mi vestii, per la prima volta, senza indossare la divisa. Avevo in dosso una felpa di un gruppo Alternative che mi piaceva molto, di cui amavo follemente la cantante, e un paio di jeans scuri accompagnati da un paio di anfibi rossi e neri, che mi aveva regalato Giuls per il mio compleanno di un paio di anni fa.
stasera i professori danno una festa al loro dormitorio” Alisee stava sfogliando un libro, poggiata al muro, e dopo aver pronunciato questa frase incontrò il mio sguardo sorridendo.
Qualcosa di privato per far finalmente mettere insieme le due coppiettine in sospeso, niente confusione” con coppiettine in sospeso intendeva le coppie Sullivan-Beatrix e Giuls- Johnny, probabilmente.
Sei dei nostri?”
Non ho nulla di meglio da fare…” affermai, stringendomi tra le spalle e afferrando il mio amato mascara.
Perfetto. Allora ci vediamo stasera. Vengo a prenderti io, fatti trovare al cortile che andiamo assieme.”
Sorrise ancora una volta, ed io annuii fissandomi allo specchio. 
Uscendo dal dormitorio, notai che la maggior parte della gente era accompagnata da una valigia e un sorriso più falso di una banconota da 9 dollari; tutti erano fintamente felici di tornare a casa. Andiamo, chi avrebbe voluto abbandonare quel piccolo paradiso terrestre tutto metal e alcol? Molti di loro erano costretti, e non potevano che farmi pena.
Raggiunsi Giuls a mensa, dove consumammo un pranzo veloce composto da un hamburger accompagnato da un piatto di insalata, e poi tornai al dormitorio dove la mia migliore amica doveva prepararsi mentalmente e fisicamente –con due ore di anticipo- alla festa dei professori. 
Mentre la guardavo vestirsi, mi esponeva le sue teorie su cosa sarebbe successo tra lei e Johnny quella sera, ridendo e fomentandosi di tanto in tanto.
Io preferii vestirmi all’ultimo minuto, come sempre; mi cambiai soltanto la maglia mettendo qualcosa di più formale, in altre parole una canottiera scura e larga un po’ stile Jared Leto, con una fascia chiara, in contrasto, sotto.
Uscendo in cortile, Alisee ci venne subito incontro con un sorriso smagliante: lei indossava un vestitino lungo fino alle ginocchia che le metteva in risalto le curve, una collana lunga di acciaio e un paio di stivali neri. Giuls invece aveva preferito puntare sul suo punto forte: i vestiti a righe. Amava le righe, è come se le dessero sicurezza. Si, è una cosa abbastanza strana e curiosa ma boh, chi la capisce quella lì. 
Non appena fummo fuori dalla porta del palazzo dei professori, Alisee bussò rumorosamente tre volte e, subito dopo , ci venne incontro Sanders; lei si gettò a capofitto tra le sue braccia e lui la strinse a sé. Io e Giuls, che ci sentivamo di troppo, trovammo un po’ spazio tra loro e la porta per accomodarci all’interno dell’edificio: ci trovammo davanti ad una stanza enorme, con un paio di divani kilometrici e un tavolo al centro, riempito da bottiglie di alcol di tutti i generi possibilmente immaginabili.
I ragazzi erano già seduti su uno dei due divani, tutti insieme, e non appena entrammo notai che il viso del più piccolino di loro si illuminò: Seward ci raggiunse accogliendoci e io preferii lasciarli soli, avviandomi verso Jimmy.
Appena gli fui davanti, lui si alzò e mi abbracciò; anche Baker e Haner si alzarono ed io li salutai con un gesto della mano. Giuls mi raggiunse subito dopo e salutò gli altri, abbracciando e scherzando con Baker. Probabilmente era il suo migliore amico, perché entrambi si volevano un bene immenso, ma non ero sicura; non avevamo mai parlato dei nostri migliori amici, forse perché temevamo che l’altra fosse gelosa di alcune cose. Era meglio così, infondo.
Dopo aver salutato tutti, aspettammo che arrivassero Beatrix e Lisa, in altre parole le solite ritardatarie.
Mi accomodai sul divano mentre tutti gli altri erano davanti al tavolo e stavano già iniziando a bere, ed iniziai a giocherellare con i miei capelli color carota. Avevo decisamente bisogno di una tinta rigenerante, la ricrescita stava iniziando a farsi vedere e il mio castano chiaro naturale mi faceva abbastanza schifo.
A distogliermi dai miei pensieri arrivò Brian, che con una faccia più da cazzo del solito mi porse un bicchiere.
Tieni” sussurrò , aspettando che lo prendessi.
Appena iniziai a sorseggiarne il contenuto, lui si gettò di peso sul divano , posteggiandosi al mio fianco.
Parti anche tu, domani?” chiese, per iniziare una discussione. Avete presente quando sapete che una persona ti chiede un’informazione inutile solo per poter parlare con te?
“No, rimango qui. In tutto l’istituto rimaniamo solo io e Giuls”
La sua espressione era compiaciuta, la mia era confusa. Finii la birra e poggiai il bicchiere sul tavolino davanti a me, per poi riappoggiarmi allo schienale del divano.
Lisa e Beatrix arrivarono dopo un paio di minuti, e portarono una decina di pizze convinte di trovare chissà quanta gente; ma scommetto che sarebbero ugualmente finite, Jimmy e Giuls potevano ingerire anche tre pizze ciascuno, erano due pozzi senza fondo.
Chiacchierammo un po’, e mangiammo le nostre pizze seduti sui divani vicini tra loro: io mi trovavo accanto a Jimmy, che a sua volta aveva al fianco Beatrix, e, a mio malgrado, ad Haner. Poi c’era Giuls, Johnny, Lisa, Baker, Matt ed Alisee.
Matt ed Alisee stavano partecipando poco alla conversazione, erano decisamente troppo occupati a fare i diabetici.
“Giuls, vuoi scommettere una cosa?” chiesi, sporgendomi per guardarla negli occhi.
“Certo. Tutto quello che vuoi” Johnny la fissava con gli occhi sognanti.
“Se baci Seward faccio tutto quello che mi chiedi di fare” alzai il sopracciglio. I ragazzi iniziarono ad emettere strani suoni come “uuuuh” o “weeee”.
Giuls arrossì, e il bassista al suo fianco ridacchiò.
Ad un tratto, mentre stavo per ribattere  ed incitarla a smuoversi, la mia amica si avvicinò al ragazzo accanto a lei e lo baciò a stampo, mordendogli le labbra.
Alzai il bicchiere che avevo in mano sorpresa -mi sarebbe stata grata a vita quella donna- e ne bevvi un sorso.
Bene, quando potrò chiederti ciò che voglio io?” Chiese sorridendo.
Oh merda. Oh fottutissima merda. Riuscivo quasi a leggere i suoi pensieri. “Bacia Haner” o “rimani con Haner stanotte” o “fai qualcosa con Haner”. Haner. Sicuramente c’entrava lui.
Era compiaciuta, stava gongolando. La guardai male.
Fammi bere un’altra birra e, quando sarò meno lucida, farò tutto ciò che vuoi” annunciai, finendo il quarto bicchiere. Arrivai anche al quinto, e al sesto.
 Sommariamente, ne mandai giù una decina; e mentre gli altri si erano già alzati dal divano per fare non so cosa, poggiai la testa al muro al quale era attaccato il sofà e chiusi gli occhi. Il mal di testa arrivò puntuale, come sempre.
Ad un tratto Haner mi raggiunse, e si appollaiò accanto a me,di nuovo, ad un palmo dal mio naso. Questo ragazzo è un avvoltoio, o uno stalker. Non avevo neanche le forze per respingerlo.
Sei bellissima stasera”
“Sono ancora lucida Haner, non cercare di provarci”
“Non ci sto provando, sto solo dicendoti la verità”
“Okay” socchiusi gli occhi.
Cercò di avvicinare il suo viso al mio, ma io lo allontanai.
Ho detto che sono ancora lucida”
“Lo so, ancora il mio fottutissimo udito funziona.” Ribatté, quasi deluso.
“Bene.” Risposi.
Lui abbassò gli occhi, e si girò verso gli altri, indifferente; io, non so se spinta dai sensi di colpa o dalla birra nella quale nuotava il mio cervello, portai la mano sulla sua guancia, rivolgendo il suo volto verso di me ancora una volta. Gliela accarezzai. Era quasi sorpreso.
Stavo delirando, stavo sicuramente dando di matto. Kay, che ne dici di ritirare quella mano e fare meno cazzate?
Lui si leccò le labbra e mi sorrise, ed io iniziai piano piano a sciogliermi.
Non mi ero mai resa conto di quanto fosse dolce il suo sorriso, lo avevo solo superficialmente giudicato come orribilmente odioso e sempre con un fine ben preciso.
Ricominciò ad avvicinarsi, ma sinceramente non mi andava di respingerlo un’altra volta, perciò lo lasciai fare, studiando ogni sua mossa.
Iniziò a sfiorarmi il naso con il suo, ed io a perdermi nei suoi occhi color cioccolato fissi su di me; sentivo lo sguardo dei due miei migliori amici addosso, nonostante fossero intenti a fare qualcosa simile al ballare, e il disagio aumentava ogni volta che i centimetri che ci dividevano andavano a diminuirsi.
Non appena le nostre labbra entrarono in contatto, mi sentii.. Bene. Stranamente.
Io odio Brian, lo odio ancora. In quel momento capii perché diceva che la birra era la sua migliore amica: riusciva a fargli fare ciò che voleva a tutti costi, e quella era una delle prove più evidenti.
Una strana sensazione. Mi aspettavo un ribrezzo, o un fastidio. Ma era... Piacevole.
NO KAY. Non farci l’abitudine, ricorda ancora che lo odi, è un pallone gonfiato pieno di sé e tu detesti le persone così. Ricordalo, ti prego.
La mia ragione cercava in tutti i modi di prevalere sulla birra, ma non c’era niente da fare.
Ad un tratto iniziò ad esagerare: iniziò a farmi distendere piano piano lungo il divano aiutato dal suo corpo, che si stava accomodando sopra il mio. No, in quel momento, FORTUNATAMENTE, la ragione vinse.
Gli poggiai una mano sulla spalla e lo allontanai.
“No.” Scossi debolmente la testa.
Lui mi passò una mano tra i capelli, in seguito la abbassò sulla mia guancia e mi avvicinò a sè dandomi un altro bacio.
Se ne stava approfittando, chiamalo scemo.
Appena mi fu abbastanza lontano, mi alzai, lasciandolo solo sul divano. Camminavo barcollando, la testa mi girava parecchio; vedevo tutta la stanza muoversi come se ci fosse un terremoto in corso. Non so esattamente come e con quali forze, ma raggiunsi gli altri, che nel frattempo si erano spostati nella stanza adiacente: un grandissimo salone, con una TV al plasma di almeno una cinquantina di pollici, un ennesimo divano enorme,  un tavolino e un tappeto nero abbastanza figo. Non appena mi videro arrivare, rimasero delusi: probabilmente si aspettavano che stessi ancora di più con Haner.
Quella loro fottuta fissazione su noi due, che grandissima merda.
Mi sedetti accanto a Jimmy e lui mi rivolse uno sguardo interrogatorio.
Allora?”
“Allora che?”
“Ma cosa allora che?”
“Ma cosa allora?”
“Basta Kay mi confondi. Cosa è successo con Haner?”
Pensai prima di rispondergli, e non lo guardai negli occhi.
“Assolutamente niente” unii le mani e spostai lo sguardo su Johnny, intento a dire cose dolci a Giuls. Sorrisi felice, finalmente quei due si erano dati una mossa.
Si ok come no.” Jimmy mi diede le spalle, abbracciando Beatrix. Con tutte quelle coppiette, mi sentivo abbastanza di troppo, quindi decisi di andarmene. Dopo aver valutato l’ipotesi, ritenendola adeguata,mi alzai.
“Ragazzi io vado, sono piuttosto stanca.. Ci vediamo domani okay? Grazie di tutto, siete fantastici”
Sorrisi, e loro fecero lo stesso. Li salutai ad uno ad uno, abbracciando Jimmy e Giuls, e poi mi diressi verso l’ingresso passando per la stanza dove c’era Haner.
Mi avvicinai al divano su cui era disteso per salutarlo, e notai che stava dormendo beatamente.
Alla vista di quell’incredibile spettacolo, iniziai a ridere sotto i baffi per non svegliarlo; mi chinai verso di lui lentamente, sperando di non disturbare il suo sonno.
Toh, stavo giusto dimenticando che era uno stronzo! Ovviamente, si girò la faccia mentre stavo per dargli un bacio in guancia, in modo che gli baciassi le labbra.
Mi staccai subito.
“Sto andando via.”  Affermai, avvicinandomi alla porta velocemente.
Posso venire?” mi sfoggiò un sorriso da pervertito.
Potrei pensarci..” risposi io.
Mi guardò speranzoso, alzandosi dal divano e aggiustandosi.
“No.”
[.......]
“Grazie”
Giuls si era svegliata da poco, io ero seduta davanti alla scrivania, fingendo di essere immersa nello studio con tanto di occhiali da vista sul naso che mi davano quel tocco professionale.
Erano già andati tutti via, eravamo rimaste solo io e lei, in tutto l’istituto.
La scuola era nostra. Era una cosa piuttosto emozionante.
“E di che?” le sorrisi, lei si alzò e mi abbracciò.
Sei la migliore amica che una persona possa desiderare”
Mi sentii una persona migliore. Le feci segno di prepararsi, dovevamo combinare un fottutissimo casino in quella cazzo di università, per una lunghissima settimana.

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Capitolo 7
*** Cap 7 ***


Dopo aver pranzato, Giuls mi abbandonò per raggiungere Seward ed io decisi di dedicare un po’ di tempo a me stessa.
Riflettendo allo specchio, notai che avevo davvero bisogno di una nuova tinta e me n’era appena arrivata una nuova di zecca dalla mia famiglia; mia madre aveva pensato bene di provare una nuova marca, e io avevo bisogno di novità. Perciò, dopo aver letto un capitolo del mio libro preferito letto e riletto un migliaio di volte, ovvero “Shining” di Stephen King, mi avviai saltellando verso il bagno con in mano il tubetto di colorante.
I miei capelli erano abbastanza scoloriti, ormai avevano perso il loro color carota lasciando spazio ad un biondo parecchio strano e decisamente poco naturale; erano ancora fighi, ma l’arancione era il mio colore e non l’avrei mai tradito.
La mia prima tinta la feci a undici anni e da allora avevo cambiato ben sei colori: il primo fu rosso ciliegia, che dava sul viola, e non dimenticherò mai quale fu la reazione dei miei alla vista della mia chioma, anche perché avevo fatto tutto di nascosto a casa di Giuls.  Il secondo fu un rosso più  acceso, quasi uguale a quello di Hayley Williams ai tempi del primo album del suo gruppo, i Paramore. Il terzo... Bhè, biondo ossigenato; andavo matta per Taylor Momsen, e mi ero anche appassionata ai the pretty reckless, ma recentemente avevo iniziato a detestarla e lo faccio tuttora. Il quarto era stato il più traumatico:  celeste,  un fantastico celeste da puffo, ma davo decisamente troppo nell’occhio e l’ho tenuto solo 3 mesi. Poi mi tinsi di nero, come mia madre, e poi arrivai all’arancione, e non lo lasciai più. 
Fissavo l’acqua colorata colare giù dentro la minuscola vasca da bagno del dormitorio. Ebbi la sensazione abituale di perdere l’intera cute, come durante ogni tinta.
I miei capelli mi odiavano, se fossero state persone, avrebbero tentato di uccidermi.
Dopo tanti lavaggi e tanta pazienza, dopo averli asciugati e piastrati, decisi di specchiarmi (era una cosa abituale farlo dopo aver terminato tutto.. Era una specie di rituale).
Fui sconvolta dal risultato.
Erano... Bicolore, tricolore... La mia capoccia aveva almeno cinque colori diversi.
Mia madre aveva sbagliato la tinta. Tutto ok, Kay.
Avevo le radici rosso fuoco, che andava sempre di più a schiarirsi, diventando arancione, mentre la parte più interna era diventata bionda. Nonostante mi mancasse già il mio colore, trovai quel risultato formidabile.
Uscendo dal bagno, notai che avevo speso almeno un paio d’ore lì dentro,e  Giuls era  già di ritorno, sul letto, a braccia conserte.
Non ti ho sentito entrare” sussurrai, mentre lei mi dava le spalle. Non appena si girò, notai che era nervosa, rabbiosa, quasi quasi le usciva il fumo dalle orecchie.
“Hai una capoccia figa” disse acidamente.
“Che è successo?” mi sedetti accanto a lei, mi guardò sospirando.
“Nulla.” Serrai gli occhi, cercando di mostrarle il peggiore sguardo del mio repertorio.
“Ho solo quasi ucciso il tuo amore fedele.”
“Non puoi ucciderlo senza di me, ricorda.”
“Ha litigato con Jonathan.”
Aprii gli occhi, sorpresa. Johnny che litigava con Haner? No, ma aspetta. Johnny che litigava?!
Sconvolgente.
In un attimo, ero già diretta verso il dormitorio dei professori; dovevo parlare con quella merda perché se aveva fatto arrabbiare Seward, aveva  fatto sicuramente qualcosa di grave.
Bussai tre volte.
Per fortuna  aprì il diretto interessato! Dovevo fare in fretta, perché Giuls non sapeva che ero lì, e probabilmente si sarebbe arrabbiata se l’avesse saputo.
Me lo trovai davanti avvolto in un accappatoio nero, con i capelli bagnati e gocciolanti e gli occhiali da sole. Si, gli occhiali. Da sole. Nella doccia. Ma vabbè, è Haner, la stupidaggine è di casa.
“Ciao baby, giusto in temp..” alzai la mano per bloccarlo.
“Che hai fatto a Johnny?!”
“Bei capelli!”
“Rispondi cazzone.”
“E’ solo un figlio di puttana! Se l’è presa tanto perché vi ho fatto lavare l’aula in magliettina.” Fece una faccia da pervertito, di nuovo. Scossi la testa, toccandomi le tempie con le dita.
“Ma che maleducato, entra pure.” Si fece di lato. Lo guardai male, rimanendo immobile.
Dopo un po’ che mi rivolse un paio di sguardi teneri, decisi di accomodarmi proprio perché non volevo star in piedi ancora e le gambe stavano stancandosi.
“Spiegati meglio.” Suggerii, gettandomi sul divano. Quel famoso divano, si. L’avevo sognato, odiato, amato, cercato, rivisto. Era stata una bella serata quella, lo ammetto, nonostante tutto.
“Non voleva che guardassi la sua donna più del dovuto. Tutto qui.”
“Stanno insieme?” Aggrottai le sopracciglia.
A quanto pare.” Afferrò un bicchiere di birra, uno di quelli che giaceva abitualmente sul tavolo del soggiorno, e ne bevve un sorso.
Vatti a vestire e poi mi racconti meglio.”
“Non ti piaccio così, questo effetto vedo non vedo?” iniziò a gesticolare per mostrarsi meglio, facendo una giravolta. Risi per pietà.
“Ma zitto Haner, ti prego”aprii le braccia, mentre lui continuò a ridacchiare mostrando i suoi zigomi perfetti.
Lo seguii con lo sguardo mentre saliva le scale per giungere al piano di sopra, e nel frattempo dalla porta di ingresso entrò Johnny.
“Hey Sew” alzai la mano.
“Ti prego dimmi che non ti scopi Haner.”
“No” urlai allungando le mani davanti a me, bloccandolo.
Dopo essersi assicurato, per mezzo di occhiatacce, riguardo alla mia sincerità, si avvicinò e mi diede un bacio in guancia.
“E’ in casa?” chiese.
“Si. E’ su, a vestirsi.”puntai il piano di sopra. Annuì velocemente, e si allontanò da me indietreggiando verso l’ingresso.
“Ok, vado da Giuls. Ci vediamo dopo.” Uscì sbattendo la porta. Vedere Seward incazzato è come giocare con la neve in pieno agosto. Perché quello lì doveva fare sempre casini?!
Mentre aspettavo che lo stronzo finisse di pavoneggiarsi –probabilmente c’avrebbe messo una giornata intera, mi conveniva andare a prendere il pigiama-, mi distesi sul famoso divano. Con le dita, iniziai a comporre piccoli semicerchi sulla coperta che c’era poggiata sopra; girandomi verso lo schienale, iniziai a percepire la vera comodità di quel piccolo posto. Mi rilassava, era figo.
Mi chiusi in una posizione fetale e ricominciai a tracciare disegnini astratti seguendo l’indice con lo sguardo; sorrisi. Non so perché stavo facendo tutto ciò, forse per alleviare la tensione d’attesa.
Ad un tratto mi sentii cingere i fianchi: Brian si era disteso al mio fianco abbracciandomi dolcemente e baciandomi i capelli. Dopo un attimo quasi impercettibile, era già sul pavimento, dolorante.
Stai lì, non ci riprovare.” Gli puntai il dito contro, alzando il sopracciglio con tono da rimprovero.
Ridacchiò, e rimase seduto sul pavimento mentre io, a gambe incrociate, lo fissavo dal divano.
“Ti piace il mio sorriso?”
“Dimmi che ti ha detto Seward.”
“Nulla di che cazzo, è entrato in classe e ha cominciato a sbraitare come sempre”
----
 “Haner, sei un pervertito del cazzo!” urlò il piccoletto, battendo le mani sulla cattedra. Brian ebbe un sussulto, e lo guardò stranito.
“Ciao Seward, bella giornata non trovi?” chiese, buttando per terra un po’ di cenere della sua Marlboro.
“Come ti permetti a ridurre quelle ragazze in quel modo?” puntò la porta dalla quale poco prima erano uscite le due alunne del corso Vee, Giuls Davis e Kay York. Syn fissava la sua sigaretta con fare indifferente, per poi alzare la mano e puntare il muro alle sue spalle.
“Ma hai visto che hanno fatto alla mia fottutissima classe?!” cercò di urlare, ma era troppo poco incazzato per sembrarlo.
“Si, e lo trovo meraviglioso.” Il bassista cercò di catturare l’attenzione del pavone umano, che infine gli rivolse uno sguardo vuoto e inespressivo.
“Non farlo mai più. Ti ricordo che Giuls è la mia ragazza” Seward gli puntò un dito al petto, con fare minaccioso.
“Non stavo guardando mica lei.” Gli spostò l’indice, lasciandolo cadere lungo la sua spalla. Johnny sospirò, mordendosi le labbra e cercando di alleviare la rabbia mentre l’uomo dalla faccia tosta continuava a guardarlo, aspettando non si sa cosa.
“Kay è minorenne! E’ una ragazzina! Apri gli occhi Haner, non puoi costringerla a dartela.” Il piccoletto si allontanò e cercò di farlo ragionare, puntando sul suo buon senso da tempo defunto e sepolto, con tanto di assolo sulla bara a mò di Seize the Day.
“Non sia mai. Ma vedi... Ho bisogno di qualcosa da guardare, sono un maschio e lei è un ottimo bocconcino” alzò le mani in segno di difesa.
“Non hai giustificazioni merda. A parte l’amore” rispose Christ,spalancando le mani e fissando l’orizzonte, con fare poetico.
“E tu non sei  innamorato.” Gli rivolse uno sguardo indagatore.  Gates sorrise. “Vero?!”aggrottò le sopracciglia.
Il chitarrista abbassò lo sguardo verso le sue gambe, incrociandole, e dopo fissò il cortile da fuori la finestra.
“L’amore è per gli sfigati, Seward.” Fece un tiro. Johnny si rese conto che parlare con lui e cercare la sua ragione era come aspettare una stella cadente in pieno giorno, perciò si avviò verso la porta con le mani in tasca, come se avesse perso in partenza.
“Ti auguro di trovarne uno, magari un giorno diventerai umano.” Gli suggerì, aprendo la porta. Gli rivolse un ultimo sguardo.
“Ti saluto, vaffanculo Brian”
“Buona giornata”.
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“Ecco il fottuto tutto” si passò una mano tra i capelli, posando uno sguardo attento sul mio viso. Ogni giorno di più, credevo di conoscere un nuovo aspetto della sua personalità, ed entro la fine della giornata stessa mi ricredevo. Era una persona abbastanza complicata, ma quel suo lato mi affascinava... Chiariamo fin da subito: non era lui ad affascinarmi, ma mi piacevano i misteri e lui era una complicazione vivente; sembrava stronzo, ma si rivelava dolce, e poi ritornava stronzo. Venivo illusa dalla sua dolcezza, e mi incazzavo per tutto il resto. Ma, nonostante tutto, mi ritrovavo sempre davanti a lui. Era stronzo sì, ma... Era impossibile stargli lontano. Forse perché era lui ad essere praticamente la mia ombra. Ma ad un certo punto tutto cambiava, e non mi infastidiva la sua presenza. Anzi.
Capisco.” Sibilai. Lui mi guardò quasi male.
Come? Niente urla? Niente “sei stronzo” oppure “fai schifo” o “sei ripugnante, avvoltoio di merda”...?”
Mi chiese, sorpreso. Scossi la testa, sorridendo.
Sei uno stronzo, è inutile ripeterlo. Lo sai già.” Abbassò lo sguardo fingendo un singhiozzo, ed io continuai a sorridere.
Perché riusciva a smaltire ogni mia rabbia come se nulla fosse? Non potevo stare una giornata intera incazzata con lui. Lo odiavo, ODIAVO! Non lo sopportavo, non riuscivo a tollerarlo.
“Ti piaccio?” gli chiesi, curvandomi verso di lui in modo da poterlo guardare negli occhi.
Ci fu un attimo di silenzio.
Io piaccio a te?” aggiunse lui, avvicinandosi ancora di più. Entrambi non rispondemmo.
 Io sapevo la risposta, e ovviamente era negativa, ma, mentre aveva intenzione di capitolare fuori dalla mia bocca, si bloccava. Immobile come una statua, catturata e chiusa in una gabbia. Avevo voglia di dirgli “NO, CHE SEI MATTO?” oppure “TI PARE?” ma, nonostante mordessi la mia lingua per farle rilasciare quelle fottutissime parole, non riuscivo a pronunciarle.
Non sei male.” Rispose lui.
Grazie” dissi io.
Si avvicinò ancora di più a me, poggiando le mani sul divano in modo da mettermi contro il muro. Iniziai a trattenere il respiro.
Gates, perché ci provi sempre? Ormai ci hai preso l’abitudine?” gli poggiai una mano sulla spalla per tenerlo a distanza di sicurezza.
Si dice che tentar non nuoce..” cercò ancora una volta di scrollarmi le dita dal suo corpo, ma io le serrai.
Ripensai a tutto ciò che mi aveva fatto nel pomeriggio, in modo di avere ancora più forza per tenerlo lontano; dopo aver ottenuto abbastanza spazio per potermi alzare, lo feci e mi avviai verso la porta. Sentii le sue dita affusolate che adoravo tanto sfiorarmi il braccio.
Non andare. Fammi compagnia stasera” ecco il sorrisetto beffardo.
“No.” Non gli rivolsi tante attenzioni, non le meritava. Era ancora una merda, perciò non mi lasciai addolcire dai suoi sguardi profondi e dalla sua capacità di trasformarsi in un cucciolo indifeso sotto la pioggia. Andiamo, chi non abbraccerebbe un cucciolo indifeso sotto la pioggia? Bene, io non dovevo farlo.
“Perché?” mi sussurrò, avvicinandosi. Lo riallontanai.
“Prima che io possa iniziare a frequentarti, devi smetterla di essere ciò che sei, perciò non succederà mai.”
“Devo smettere di essere Synyster fottutissimo Gates?”
“No, devi smettere di essere stronzo.”
Dopo averlo abbandonato con un sorriso finto, mi chiusi la porta del suo palazzo alle spalle.
Sentii le gocce pesanti cadermi addosso incessanti, come se stesse per iniziare uno di quei temporali rari quanto rompipalle ed, in effetti, pioveva.
Sentii Brian aprire una seconda volta la porta.
Preferisci stare sotto la pioggia a prenderti un fottuto raffreddore o mi faresti il favore di entrare e berti una cazzo di cioccolata insieme al tuo stronzo preferito?”
Mi girai, lui mi mostrò un sorriso smagliante.
Come poter rifiutare? Amavo la cioccolata sin da quand’ero alta un metro e una gomma da masticare. Si, solo la cioccolata. Probabilmente se non m’avesse offerto una delle mie golosità preferite avrei declinato l’invito.
Corsi incontro al professor Haner e lui chiuse la porta non appena lo raggiunsi e rientrai in casa. Nonostante fossi una persona poco freddolosa, iniziai stranamente a tremare per il freddo, e, dopo avermi rifatto accomodare, Brian accese il camino e si sedette accanto a me, abbracciandomi.
Avevo davvero troppo freddo per respingerlo.
Poggiai la testa sul suo petto, che stava iniziando a riscaldarmi in un modo piacevole:  non solo facevo un favore a me stessa, ma lo stavo facendo anche a lui regalandogli un po’ della mia vicinanza alla quale tanto aspirava.
Preparo la cioccolata.” Affermò, lasciando la presa, quasi imbarazzato. Lo guardai male.
“Non andare. Sento freddo” allungai la mano e lui, di risposta, la sfiorò.
“Proposta allettante, lo ammetto, ma con la cioccolata ti sentiresti meglio”. Detto questo, filò in soggiorno ed io rimasi ad aspettarlo, cercando di chiudermi e riscaldarmi da me. Iniziavo a percepire l’odore di cacao, feci un grande respiro per inondare i miei polmoni di quel profumo delizioso che tanto amavo; la cioccolata era l’unica cosa al mondo che non avrei mai smesso di amare e a cui non avrei mai detto di no.
Ecco a te” arrivò sorridente, quasi saltellando, con una tazza verde mela tra le mani. Non appena la afferrai, iniziai subito a sentirmi meglio e, sorseggiandola, il freddo iniziò a lasciare sempre più posto al calore della deliziosa bevanda.
Buona.” Gli sorrisi, e lui ricambiò, accarezzandomi dolcemente la spalla. Mi limitai a fissare la mia tazza e a berne il contenuto.
“Vuoi un po’?”  gli porsi ciò che tenevo in mano, ma lui lo allontanò.
“No, sei gelata, ne hai più bisogno tu.”
Dopo un paio di minuti, iniziò ad avvicinarsi pericolosamente, ma ,ignoro tuttora il perché, non volli respingerlo. Probabilmente trovavo piacevole quel momento e lui, dopo essersene accorto, doveva approfittarne; il fatto che io riuscissi a tollerare la sua presenza era più unico che raro, ma quella volta non la tolleravo soltanto, ma iniziavo a cercarla.
Mi diede un bacio in guancia, ed io posai la tazza, ormai vuota, sul tavolino davanti a me; cercavo di staccarmi da lui perché non volevo caderci... Ero vulnerabile, addolcita. Mi faceva piacere e tutto quanto, ma se fossi stata accondiscendente alle sue mosse, me ne sarei pentita piuttosto presto.
Mi girai a guardarlo, lui incrociò il mio sguardo; vedevo nei suoi occhi qualcosa di estremamente affascinante, che mi obbligava a perdermici. Ma sia chiaro, non erano gli occhi a piacermi, ma quel qualcosa. Passarono dei secondi interminabili, nei quali rimanemmo immobili a fissarci senza alcun motivo. Ad un tratto chiuse dolcemente gli occhi e mi baciò. Un bacio dolce, stanamente, niente malizia. Era il nostro vero primo bacio; il primo l’avevo dato su quel divano, ma la mia ragione era corrotta dalla quantità smisurata di alcol che avevo assunto, il secondo gliel’avevo dato in classe spinta dalla necessità di poter abbandonare quel fottuto luogo. Ma quella volta ero coscientee stavo stranamente assecondandolo.
Dopo un lungo bacio, mi fece distendere sul divano e fu sorpreso dal fatto che non lo respinsi, come invece avevo fatto la prima volta. Iniziai ad accarezzargli i capelli e lo strinsi a me; sentivo il suo calore ed il suo profumo dolce addosso.
Si staccò dalla mia presa per potermi guardare nuovamente negli occhi.
Non andare. Fammi compagnia stasera” ripresentò la battuta di prima, ma la mia risposta fu diversa.
Vedrò cosa posso fare per liberare dello spazio nella mia agenda.” Mi sorrise, e riprese ciò che aveva lasciato in sospeso.

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Capitolo 8
*** Cap. 8 ***


Svegliarsi non era mai stato così piacevole. Sentivo il suo petto gonfiarsi ad ogni respiro, riuscivo a percepire il suo cuore, del quale avevo da poco scoperto l’esistenza. Era tutto così.. perfetto. Quasi troppo. Iniziavo a preoccuparmi riguardo alla salute del mio karma. Il karma? Quella roba secondo il quale dopo qualcosa di bello viene qualcosa di brutto, e viceversa.. Il mio era in terapia intensiva, ultimamente, e ne ero felice quanto sconvolta. La vita non mi aveva mai riservato un periodo così lungo senza problemi, era qualcosa di notevolmente nuovo per me.
Aprendo gli occhi, mi ritrovai con la testa distesa sul suo petto e con la mano sui suoi addominali asciutti, che sembravano seriamente scolpiti nel marmo: quella posizione aveva un non so che di incredibilmente comodo. Le sue braccia mi stringevano in un dolce abbraccio, le sue mani si univano sulla mia spalla. Voleva accertarsi di non farmi scappare. Ridacchiai tra me e me, perché non ne avevo la minima intenzione.
Non potevo crederci: avevo scopato con l’ultima persona con la quale non avrei mai pensato di farlo, e, stranamente, non me n’ero ancora pentita.
Era stata una delle notti più piacevoli della mia vita, devo ammetterlo.
Notai  che i suoi occhi color cioccolato erano ancora chiusi e la sua immobilità mi dava l’impressione di essere poggiata su una statua ellenistica, perfetta, pallida, una di quelle esposte nei musei più importanti del mondo e che riesce inspiegabilmente a lasciarti senza fiato.
Dopo averlo contemplato per una buona mezz’ora, cercai di alzarmi dal suo petto e lui, non appena staccai l’orecchio dai suoi pettorali, ebbe un piccolo sussulto ed aprì gli occhi.
Ci guardammo. Li chiudeva ed apriva continuamente, probabilmente per mettere a fuoco ciò che aveva davanti, e dopo esserci riuscito sciolse l’abbraccio che ci univa per stropicciarseli e sbadigliare.
Hei.” Sussurrai, poggiando la testa sulle mie braccia, a sua volta posate sul suo petto. Mi sorrise, con un’espressione parecchio assonnata.
Hei” rispose.
Avvicinai le mie labbra alle sue e le sfiorai dolcemente, subendo un numero sconvolgente di brividi lungo la schiena quasi come se stessi toccando una presa elettrica. Di risposta, mi portò una mano sulla nuca con il fine di farmi avvicinare a lui e mi strinse.
“Credo proprio che tu mi piaccia tanto.” Disse ad un tratto, staccandosi dolcemente da quel bacio.
Rimasi spiazzata da quelle parole. Bene.
Non era una botta e via, una notte da sveltina, un qualcosa da poter dimenticare la mattina dopo. Niente sarebbe stato più lo stesso, e non sapevo se esserne felice o meno.
Dovevo mettermi in testa che anche se nelle ultime ore era diventata la persona più dolce al mondo, era sempre Brian Haner. Il pallone gonfiato stronzo che non faceva altro che fare sciocchezze per ottenere cose futili.
Improvvisamente mi misi a pensare che quello che avevo fatto avrebbe comportato un cambiamento radicale in tutto. Ecco che iniziavo a pentirmene.
Gli avevo dato pane per i suoi denti, aveva vinto. Mi avrebbe sicuramente aggiunto alla lista di ragazze fatte, sedotte ed abbandonate dopo parecchi sforzi, una lista di quelle che contiene tutte le cose di cui va fiero e di cui potersi vantare con gli amici davanti a tre bicchieri di birra. Niente storia, niente sentimento, niente di niente.
Avevo perso ogni briciolo di serietà, mi sentivo sconfitta. Gli avevo dato ciò che voleva e ora avrei fatto la figura della cogliona che c’è stata una notte e di cui non si saprà più nulla in futuro.
Mentre concepivo tutti questi ragionamenti, sentivo i suoi occhi incollati su di me, occhi che denotavano un’espressione confusa ed in attesa.
Mi alzai di scatto e abbandonai il letto, catapultandomi verso l’uscita della stanza di Haner, mentre lui, inerme, aveva gli occhi incollati su di me. Passando per lo specchio che era piazzato dietro la porta,però, notai che ero completamente nuda e che l’altra persona presente in stanza non era affatto dispiaciuta di quel mio stato. Afferrai il primo indumento che incontrai nel mio cammino –ovvero una sua camicia- e la biancheria intima che giaceva sul pavimento; indossando il tutto velocemente, aprii la porta e cercai di uscire dalla stanza da letto, ma fui bloccata.
Dove scappi?” mi sfiorò un braccio, ed io bruscamente lo spostai.
“Lontano da qui.”
“E’ successo qualcosa?” mi chiese, dopo avermi immobilizzato stringendo la mia mano.
“Direi!” puntai il letto disfatto. Sospirò con un’espressione incazzata e stufata sul volto, tipica di qualcuno che non riesce mai a concludere una cosa.
“Cosa c’è che non va,porca puttana? Credevo andasse tutto fottutamente bene cazzo.”si avvicinò pericolosamente a me e aprì le braccia. Abbassai lo sguardo, mi sentivo a disagio e stavo iniziando a tremare per il nervosismo.
“Ti piaccio , questo non va bene.”
“Perché?!” Non chiedermi perché cazzo.
“Perché tu sei Brian Haner.” Grande, Kay. Risposta degna di oscar che nessuno avrebbe mai immaginato.
“E tu Kay York.” Ecco la seconda in classifica.
“Brian e Kay non possono andare bene” unii gli indici, scuotendo la testa lentamente. I suoi occhi erano confusi, era come se chiedessero spiegazioni ed io non facevo altro che girare intorno all’argomento per cercare delle risposte più chiare. Tentativi vani, non avrei mai trovato parole adatte per spiegargli il casino che sentivo dentro.
“Ascoltami cazzo, io ti desidero in una maniera che neanche ti immagini.” Quelle parole mi fecero rabbrividire di nuovo; cercai di contenere il mio sguardo da minchiona post- frase dolce con tutte le mie forze.
“Lo so.” Mi passai una mano sul viso per nascondere ciò che rimaneva della mia faccia.
“Allora qual è il problema? “ sospirai e cercai di spiegare più chiaramente il concetto alla base dei miei pensieri.
“Tu vuoi scopare, vuoi il mio corpo, vuoi la gnocca.” Mi puntai e lui inarcò il sopracciglio. “E ti capisco, sei un uomo. Ma non sono un oggetto io. Non sono una troia. Ci stanno ragazze che te la darebbero volentieri senza chiedere nulla in cambio, solo per l’idea di una notte sola. Ma io non sono una di quelle. Io e te.. No, non è possibile.” Mi zittì piazzandomi l’indice sulle labbra.
“Kay...” si avvicinò ancora di più, facendo in modo che lo guardassi alzando la testa.
“Brian.”
“Non ho mai detto che voglio averti solo una notte. Mi piacerebbe stare con te. E non solo in un fottutissimo letto per scopare, ma anche fuori da queste cazzo di mura.” Mi cinse i fianchi, contraendo le sue labbra in un sorriso forzato e distrutto. Sembrava stanco di essere raffigurato come lo stronzo di turno, ma per far zittire ogni dicerie aveva bisogno di mettere la testa laccata a posto.
“Ma hai fatto delle cose che non potrò mai dimenticare.”
“Ma tutto questo per averti! E ora ce l’ho fatta, ti prego non rovinare tutto.”  Stetti in silenzio, e cercai di non incrociare il suo sguardo per non sentirmi ancora peggio di quanto già mi sentissi.
“Non ti va di provarci?” fece in modo che a dividerci ci fossero soltanto pochissimi e quasi impercettibili centimetri.
“Senti, parliamone pure , ma vestiti. La tua nudità non mi fa concentrare” Scoppiò a ridere. Dopo aver recuperato i suoi vestiti e averli indossati, riprese la sua postazione e mi sorrise.
Ero troppo confusa, avevo un casino in testa.
Presi in considerazione le varie ipotesi.
1.       Se avessi anche lontanamente provato a trasformare quella notte in qualcosa di serio, avrei probabilmente incontrato delle cose parecchie positive, ma la percentuale di finire come una scema nella lunga lista di prima era abbastanza alta. Non ero una persona stupida, non mi ritenevo una di quelle da primo appuntamento, botte e via. L’unico pregio che mi ritrovavo era la serietà. Non ero alla ricerca di una storia, ma come si dice? Quando arriva un’occasione del genere si deve sempre approfittare, soprattutto se si tratta di uno come Syn.
2.       Se avessi rifiutato e avessi cercato di far tornare tutto come se non fosse successo nulla, avrei ricominciato ad essere il soggetto di ogni sua stronzata, frecciatina, punizione, presa in giro. Lui mi voleva, avrebbe fatto di tutto per ottenermi.
 
Ero sicura dei suoi sentimenti nei miei confronti, potevo metterci una mano sul fuoco: una persona come Haner non avrebbe fatto tutto sto casino se non avesse tenuto tanto alla riuscita di quel progetto. L’unica cosa di cui ero incerta erano i miei di sentimenti. Avevo bisogno di pensarci, tutto qui.
“Mi lasceresti pensare?” gli chiesi, grattandomi la testa. Lui annuì lentamente, e iniziò a fissarmi dritto negli occhi, che io avevo nel frattempo abbassato verso il pavimento.
“Posso darti un bacio?”
“Mi servono solo un paio di giorni” Contai sulle dita. Si, un paio di giorni sarebbero bastati.
“Posso darti un bacio?”
“Dai vado, è meglio che gli altri non sappiano di tutto questo.” Mi avvicinai alla porta e misi una mano sulla maniglia, ma fui di nuovo bloccata.
“Dammi un fottutissimo bacio.” Mi spinse a spalle al muro e me ne diede uno, dolce e casto.
“Sei diventata una droga, mi mandi in astinenza. Fattene una fottuta ragione.”
 
Appena arrivai al piano di sotto, a mia enorme sfortuna trovai l’intera formazione dei Sevenfold a tavola, ognuno con le rispettive ragazze. Lisa ed Alisee, vedendomi scendere le scale con indosso una camicia di tre taglie più grande, si guardarono sconvolte spalancando la bocca. Jimmy si limitò a sbarrare gli occhi rimanendo immobile e cercando in tutti i modi di non manifestare la sua confusione/contentezza/rabbia agli altri.
Giuls e Johnny alzarono le sopracciglia contemporaneamente, e mi squadrarono in modo dettagliato per mezzo dei loro sguardi indagatori. Matt, invece,sembrava il più sereno, sorrideva sghembo, quasi aspettandoselo.
Brian mi raggiunse ma, al contrario mio, non si bloccò a metà sulle scale ma proseguì il suo cammino verso la cucina come se non avesse gli sguardi di tutti addosso.
Sullivan, ad un certo punto, balzò in piedi e mi venne incontro, dopo di che mi trascinò al piano di sopra senza dire una parola, e io mi lasciai trasportare guardandolo confusa.
“hai scopato con Haner?” mi chiese non appena raggiungemmo la stanza di Haner, poggiandomi amichevolmente una mano sulla spalla e puntando il letto.
“Se per scopare intendi averci passato una notte sicuramente non leggendo un libro nello stesso letto e senza un indumento indosso..”
“Wow.”
“Wow che?” lo guardai stranita.
“Devo fare due chiacchiere con Brian.” Annuì velocemente, come se fosse una cosa ovvia da fare. Lo fermai allungando le mani, prima che potesse combinare un bordello dei suoi.
“Ma non c’è niente di serio.”
“Ti sei fatta usare?!” Cazzo, che lingua parlo? Se dico che non c’è niente di serio non vuol dire che l’ho fatto perché sono una troia e lui un pervertito.
“No Jimmy. No. Credimi. Lui vuole una storia, ma io devo ancora pensarci.” Alla parola “storia”, strabuzzò gli occhi ed alzò il labbro superiore. Quella reazione mi fece sorprendere; quella parola non era presente nel vocabolo di Haner, a quanto pare.
“Ma tu lo odiavi” grazie dell’affermazione ovvia, Sullivan.
“E credo di farlo ancora.”
“Ma io non scopo le persone che odio”
“Mi ha sedotta. Usa tutte quelle frasi estremamente dolce che ti fanno sciogliere come ghiaccio al sole.  Lui non mi piace.” Jimmy si passò una mano sulla fronte e mise il braccio opposto sul fianco, assumendo la posizione da casalinga disperata di fronte alla stanza di suo figlio.
“Kay..”
“Dimmi.”
Mi guardò male.
Dovevo iniziare a pensarci fin da subito.. Ma non riuscivo a capire ciò che avevo dentro. E’ come se volessi rifiutare Brian con tutte le mie forze, nonostante tutti i miei risultati fossero vani. Mi sentivo confusa, sul filo di un rasoio; la mia ragione non m’avrebbe mai perdonato una storia con Haner. Non ero la ragazza per lui, e lui non era il ragazzo per me, non sarebbe mai stata possibile una relazione seria e soprattutto duratura. Il mio cuore faceva il coglione come sempre, al contrario della mia mente; se ne fotteva dei ragionamenti come se nulla fosse e mi urlava “Puttana, è un’occasione che non puoi lasciarti scappare! Provaci, provaci e non pensarci più di tanto. Se pensi, non vivi abbastanza .”
Il silenzio stava iniziando a prolungarsi troppo e decidemmo senza parlare di raggiungere gli altri al piano di sotto, che nel frattempo stavano iniziando a pranzare davanti a tre cartoni contenenti pizze dalle dimensioni abnormi.
Mi sedetti lontano da Syn (quella situazione mi avrebbe imbarazzata troppo, anche se lo ero già) tra Giuls e Lisa, che si girarono contemporaneamente verso di me; in quella giornata avevo visto troppe facce sorprese anche se in fondo sapevo che tutti aspettavano che una cosa del genere succedesse, prima o poi, ma probabilmente c’avevano perso le speranze, come lui infondo.
 Alzai lo sguardo ed incrociai quello di Brian, fisso su di me. Non appena lo incontrai, sorrise dolcemente e io gli sorrisi di risposta; ad un tratto tutti si immersero in quella traiettoria di sguardi e proposero un brindisi. Disagio.
Dopo aver finito le pizze, ci spostammo sul divano per goderci l’ultimo pomeriggio di vacanze tutti insieme.
Matt aveva in braccio Alisee, la stringeva dolcemente e lei si accoccolava al suo petto come un peluche; i loro sguardi erano dolci e le loro parole facevano sciogliere anche il peggior degli asociali. Avevo sempre detto di aspirare ad un amore come quello, erano così perfetti, fatti l’uno per l’altra come due pezzi di un puzzle. Lisa e Baker erano seduti fianco a fianco con le dita intrecciate; la loro storia era iniziata con una scopata ed io, in quel momento, mi ritrovavo molto in Lisa. Ma purtroppo Haner non era Zacky, le conseguenze del mio caso mi avrebbero spaventato comunque.
Ad un certo punto, come se sapessero che stavo parlando di loro, si diedero un dolce bacio sulle labbra chiudendolo con un sorriso ad alto contenuto di dolcezza.
Giuls e Johnny.. Giuls era la mia migliore amica, e Johnny l’uomo più dolce e simpatico della terra. Anche loro erano incastrati come due metà perfette, ma non lo davano molto a vedere come gli altri. Erano entrambi timidissimi, ma i sorrisi che si scambiavano erano più chiari di qualsiasi bacio, tanto da far sentire tutto il resto del mondo di troppo con una facilità incredibile.
Jimmy e Bea erano fantastici. Lui era il tipo di uomo con il quale non potevi mai annoiarti e Beatrix era la più timida di tutte. Erano così carini assieme, era l’unica donna alla quale avrei affidato il mio Sullivan volentieri.
Dopo aver riflettuto sulle coppie davanti a me, aspettai che arrivasse Brian per accomodarmi tra di loro. Non appena mi fu vicino, mi accarezzò il braccio e si sedette, aspettando che lo raggiungessi; mi avvicinai, ma non sapevo cosa fare: sedermi sulle sue gambe sarebbe stato troppo frettoloso, come dargli la mano o fare qualcos’altro del genere romantico, perciò mi appollaiai al suo fianco e cercai di non dedicargli troppe attenzioni.
Lui mi sfoggiò uno sguardo da cucciolo, e mi fece segno di sedermi sulle sue gambe.
Scossi la testa.
Dopo il mio rifiuto, mi avvolse le braccia lungo i fianchi e mi strinse a sé, dandomi un bacio sulla testa.
Io e Haner. Io ero stupida, e anche lui. In effetti, potevamo stare insieme senza problemi. 

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Capitolo 9
*** Cap. 9 ***


A volte, è dura restare inermi quando succedono cose che non puoi fermare, godersi un terribile spettacolo senza poter intervenire e cambiare le cose. Sai che non puoi agire in nessuna maniera per fare in modo che non succedano, lo fanno e basta, e non riesci a darti pace. Ti prendi colpe che non hai neanche, ti batti il petto, credi di aver sbagliato tutto e niente può convincerti del contrario; in realtà è il destino a guidare le nostre vite, ed ognuno ha la sua fine programmata dal momento in cui viene al mondo. Riesci a convincerti che doveva succedere, ma non riesci a smettere di farti male, di credere che tutto sia ingiusto in questa vita.
Inizi a dubitare dell’esistenza di qualcuno che abbia creato tutto questo, inizi a spaventarti perché non sai dove effettivamente va a finire quella persona alla quale hai tenuto per una vita intera. Ti spaventi.
Quando perdi una persona cara, non dormi più. Hai gli incubi la notte.
 
Fissavo il cellulare con quel messaggio ancora aperto. Tremavo, i miei occhi non smettevano di lasciar cascare lacrime che, talmente erano pesanti che quando s’infrangevano sul pavimento facevano rumore.
Giuls continuava a stringermi, ma i suoi abbracci mi davano quasi fastidio. Non era giusto, non lo era e mai lo sarà.
Le persone che vanno via sono sempre le migliori, ma lei non doveva andare via. No, non doveva farlo, era troppo giovane, no.
Perché? Mi chiedo perché cazzo. Tu, tu che dici di comandare il destino, che siedi nell’alto di quei fottutissimi cieli, che hai contro di me? Dico, ti ho fatto qualcosa di male? Ti ho mai mancato di rispetto? Spiegami perché riversarmi questo colpo al cuore, spiegamelo. Non riesco a capire. Mi odi.
Non vi ho mai parlato della persona in questione, ed è il momento che io lo faccia.
Quand’ero più piccola, ero una bambina piuttosto buffa a vedersi e spesso ero vittima di atti di bullismo, ma è meglio non soffermarmi su questo argomento, arrivo dritto al punto. Una ragazza, Bette era il suo nome. Mia cugina, la persona migliore di questo mondo, aveva fatto in modo che io crescessi abbastanza per non soffrire più, mi aveva insegnato a difendermi, era stata per tanto tempo la mia ancora di salvezza. Aveva cinque anni in più di me, era davvero una delle persone a cui tenevo di più al mondo. Circa un anno fa, però , avevamo avuto una piccola discussione che si era poi trasformata un grande litigio: non voleva che partissi per la Vengeance university, desiderava che io andassi nella sua scuola, per stare più tempo con lei.
Mi ritrovavo con un messaggio da parte di mia madre davanti, aperto.
Bam. Senza giri di parole, cruda e coincisa.
“Tua cugina Bette ha avuto un incidente stradale, e non ce l’ha fatta. I funerali saranno nel pomeriggio a Los Angeles, ti manderò l’indirizzo preciso della chiesa via email. Mi dispiace, sono lì con te e ti mando un bacio. Ci vediamo piccola.”
Il mio mondo era a pezzi, addosso a me, sul pavimento, ovunque. Ricominciai a rabbrividire.
La cosa peggiore è che non avevo neanche avuto l’opportunità di chiarire ciò che avevo in sospeso con lei, mi sentivo una persona inutile, avrei preferito fare la sua stessa fine che sopportare tutto ciò in questo modo.
La mia stanza iniziò a riempirsi, la voce divulgava in fretta;  Giuls continuava ad abbracciarmi, ed io continuavo a piangere, senza la minima intenzione di fermarmi.  Sentii arrivare Baker, che non fece altro che sussurrarmi un “mi dispiace.”, seguito da Lisa, che vedendomi in quelle condizioni, iniziò anche lei a piangere come una scema, facendomi sentire meno sola.
Era una ragazza parecchio sensibile, piangeva spesso davanti anche a film comici, e scoppiava se aveva davanti qualcuno triste.
Alisee arrivò un attimo dopo, seguita da Matt, Beatrix e Seward, che iniziarono a rivolgermi sguardi pieni di compassione, cercando di farmi sorridere a tutti i costi usando stupide, ovvie, vecchissime barzellette che sapevano tutti. Apprezzavo quei tentativi a vuoto, mi sentivo consolata, presa in considerazione e ne avevo bisogno davvero tanto.. Anche se in quel momento avrei preferito stare sola. Ma riflettendoci, se fossi stata sola, avrei sicuramente fatto qualcosa del quale avrei potuto pentirmene.
Ad un tratto, tutti mi furono vicino ed iniziarono a rassicurarmi con parole dolci e abbracci, ma non riuscivo neanche a capirli. Le troppe lacrime mi annullavano i sensi, non ci vedevo più, non sentivo, non riuscivo a parlare. Immobile, come una statua.
Ad un tratto sentii un rumore, che mi stordì talmente era forte: la porta era stata sbattuta al muro violentemente, un’altra figura irruppe in stanza e la sua entrata fu tutt’altro che silenziosa. Spostò gli altri con arroganza, e mi chiuse in un tenero abbraccio, baciandomi i capelli.
Poggiai la testa sul suo petto iniziando a bagnargli la maglietta con le lacrime, che continuavano a scendere imperterrite sulle mie guance rosse di rabbia. Cercai di pulirgli la maglietta dopo essermi accorta di avergli lasciato una macchia enorme, ma lui mi sussurrò “tranquilla, tutto ok, bagnala pure.”
Dopo una buona manciata di minuti, alzando gli occhi, erano spariti tutti. Tutti tranne Giuls, Haner e Jimmy, che era arrivato in quel momento.
Ad un tratto mi accorsi che anche i miei due migliori amici si erano uniti all’abbraccio.
Ecco, adesso avevo ciò di cui avevo bisogno per stare meglio, le persone a cui, recentemente, mi ero di più avvicinata. Giuls, che c’era sempre stata davvero, dall’inizio fino alla fine. Me l’ero sempre ritrovata accanto nei momenti difficili, avevo passato con lei momenti indimenticabili e se solo l’avessi persa, sarei impazzita. Jimmy era il mio diario segreto, il mio piccolo confessionale, se volevo cambiare mondo per un attimo ,assentarmi dalla vita difficile e sviare le difficoltà, lui era lì pronto a fare tutto ciò che gli chiedevo. Brian.. Bhè, Brian è Brian. Non potevo spendere tante parole su di lui, non avevo il coraggio di farlo.
Era semplicemente ciò che volevo, ma me n’ero accorta troppo tardi e non riuscivo ad ammetterlo. Aspetta, ma l’ho appena fatto.
Merda.
Ti accompagniamo al funerale più tardi.” Sussurrò Giuls. Aveva gli occhi lucidi anche lei, stavo per sentirmi in colpa. Scossi la testa
“No, non dovete. Abbiamo scuola, voi dovete far lezione” puntai Sullivan ed Haner  “Prenderò un treno e andrò da sola. Grazie “ Tirai su con il naso e mi girai, per non incrociare i loro sguardi.
“Non se ne parla. Non ti faccio prendere il treno da sola cazzo, sai quanti pervertiti ci stanno?”. Affermò, con tono severo. Aggrottai le sopracciglia.
“Ma Brian.”
“Niente ma, noi staremo con te, che ti piaccia oppure no.”
Anche se avessi cercato di replicare, sarebbe sicuramente stato inutile, perciò asciugai ciò che restava del mio pianto e mi alzai. Non riuscivo a crederci, mi sentivo uno di quei bicchieri di vetro che cadono accidentalmente sul pavimento, rompendosi in mille pezzi. Sentivo una parte di me che urlava , l’altra che andava morendo sempre di più insieme alla persona che avevo perso.
Mi catapultai verso il bagno, ma le persone presenti in stanza non me lo permisero.
Hey.” Disse Syn, afferrandomi il braccio. Cercai di guardarlo male.
“Per favore lasciami andare.” Lo implorai, con le lacrime agli occhi. Non poteva non accontentarmi, ero in uno stato pietoso.
“Potresti fare qualcosa di pericoloso, non se ne parla” okay, come non detto.
“Ho bisogno di rimanere sola, okay?”
“Non è okay, io starò qui e ti farò compagnia.” Brian cazzo, fa quello che ti dico per favore!
“Perché non vuoi lasciarmi sola?”
“Perché so le tue intenzioni.”
“Sentiamo”
“Sei distrutta, sei triste.” Non mi era chiaro il concetto, né dove voleva arrivare. Lo guardai alzando il sopracciglio.
“E..?”
“Potresti farti del male. E se dovessi venire a sapere che ti sei fatta qualcosa, anche un piccolo taglietto, potrei morire. Ti è chiaro adesso?” Coglione, così mi fai piangere di nuovo. Lo guardai, sentivo già le lacrime scendere; avevo fatto tanto per trattenerle, ma erano già in corsa sulle mie guance, libere e veloci.
Mi lanciai lentamente tra le sue braccia, stringendolo forte. Era una delle migliori frasi mai sentite in tutta la mia fottutissima ed insulsa vita. Mi stronfinò il suo naso sulla guancia, per poi darmi un dolce bacio continuando a stringermi a sé. Giuls e Jimmy stavano in silenzio, e ci guardavano allibiti; il nostro feeling spiazzava anche me, ma ero davvero troppo distrutta e cercavo solo comprensione. Ero concretamente troppo vulnerabile, e lui mi stava semplicemente facendo sentire meglio.
Grazie Brian.” Sussurrai, cercando di sorridergli.
E’ il minimo.” Mi strinse un’altra volta. Dopo aver sciolto l’abbraccio lo guardai
“Ti “ cosa?! Mi bloccai subito. Quella era una delle cose che fanno le persone vulnerabili e traumatizzate, dire cazzate. Sperai con tutta me stessa che non l’avesse sentito.
“Eh?” mi chiese, con il viso confuso e felice nello stesso tempo. Jimmy e Giuls  mi guardavano ancora più allibiti di prima da dietro le spalle di Haner. Chiusi gli occhi.
Ragiona Kay, cazzo.
“Nulla.”
“No dimmi.”
“No, lascia stare.” Abbassai lo sguardo e mi avviai verso Jimmy, che mi afferrò un braccio facendomi sedere sulle sue gambe.
“Hai fame?” mi chiese, cercando di aggiustarmi i capelli, anche loro in uno stato decisamente pietoso.
“Nemmeno un po’” risposi, lui e Giuls mi guardarono male.
“Devi mangiare Kay, potresti sentirti male.” Suggerì la ragazza al mio fianco.
“Vado a prenderle qualcosa al distributore.” Brian la interruppe. Al sol pensiero che potessi sentirmi male, s’innervosiva, faceva di tutto per impedirlo.
“Ok, a dopo Haner.” Lo salutò Sullivan.
Non appena uscì, ci fu un momento di silenzio, durante il quale si sentivano solo i miei singhiozzi strozzati e i sospiri delle persone di fronte a me. Non riuscivo ancora a crederci, mi sentivo male solo pensandoci; mi sentivo in colpa, non le avevo neanche parlato, non l’avevo neanche salutata. Mi si stringeva il cuore ad ogni respiro, come se qualcuno mi stesse pugnalando cinquanta fottutissime volte.
Haner è stato carino con te.”sussurrò Giuls, passandomi la mano sul braccio.
Si tanto” risposi, sorridendo debolmente. Jimmy mi asciugò le lacrime.
“Gli piaci tanto” disse lui, fissandomi dritto negli occhi.
“Lo so.”
“Ti piace tanto.” Aggiunse la mia amica, incontrando il mio sguardo. Okay, che rispondere?
 Ricominciai a pensare a tutto ciò che aveva fatto con me, per me e contro di me dall’inizio dell’anno; tutte le cose brutte che mi aveva combinato, le frecciatine, i baci fottuti come sigarette e le due notti passate insieme. Mi venne in mente anche la risposta da rivolgere a quell’affermazione, che li avrebbe sicuramente sconvolti, come stava sconvolgendo me.
“Lo so.”
 
 Giuls controllò dal cellulare la mail che aveva mandato mia madre al mio indirizzo, prese l’auto e la lasciò guidare a Brian, che si era offerto per portarci a destinazione dato che conosceva Los Angeles meglio delle sue tasche.
Ci ritrovammo sull’auto della mia amica in un secondo; Haner era al posto di guida, Sullivan al suo fianco, mentre io e Giuls eravamo accomodate nel sedile dietro. Lei non faceva altro che rincuorarmi e abbracciarmi dolcemente, sussurrandomi parole incoraggianti per cercare di farmi sentire meglio, e ci riusciva anche. Ma ogni volta che notavo che eravamo sempre più vicini a ciò che mi aspettava, ricominciavo a piangere senza sosta. Il sol pensiero di vederla immobile, fredda.. Mi dava il volta stomaco. Era così giovane, e non era per niente giusto. Cazzo,  non riesco neanche  a placarmi, a domare la mia rabbia.
 
Non appena arrivammo, scesi dalla macchina e persi lo sguardo in quello che avevo davanti: delle centinaia di persone in nero, lacrime, urla, rabbia, dolore ovunque. Sentivo gli occhi troppo distrutti perché continuino a riversare lacrime, la voce iniziava a mancare e la gola veniva violentemente graffiata ad ogni respiro come se avessi inghiottito un gatto rabbioso.
Mia madre mi venne incontro e mi abbracciò, dandomi un bacio in guancia.
Scusa se sono stata così fredda, dura. Ma sai che odio i giochi di parole. Scusa..” Mi strinse forte, sentii le sue lacrime bagnarmi la spalla. Le accarezzai i capelli dolcemente.
“Tranquilla mamma, è  tutto ok”le sussurrai, sciogliendo l’abbraccio e ritrovando nei suoi occhi i miei. Occhi rossi di sangue e inondati da lacrime amare quanto fastidiose.
“Salve signora York” disse Giuls, abbracciando anche lei mia madre. Avevano sempre avuto un ottimo rapporto loro due, non aveva mai smesso di farmi piacere quella situazione.
“Oh ciao Giuls.. Chi sono questi ragazzi?” si asciugò le lacrime con le maniche della giacc, per poi fissare Sullivan ed Haner.
“Oh.. Lui” dissi debolmente, puntandolo “E’ Jimmy.” Si strinsero la mano, sorridendosi.
“Lui” puntai il ragazzo al mio fianco, che mi cingeva le spalle. “E’ Brian.” Anche lui le porse la mano. Questa volta lei e Giuls si scambiarono uno sguardo d’intesa, ma ero davvero troppo impegnata a pensare ad altro per indagare su ciò che si erano dette.
“Piacere. Mi dispiace fare la sua conoscenza in quest’occasione”affermò Haner con tono solenne. Mia madre gli sorrise un’altra volta e alzò la mano, per fargli intuire che non importava.
“Condoglianze..” aggiunse Sullivan, abbassando lo sguardo.
“Grazie ragazzi, mi dispiace se mia figlia vi abbia disturbato, queste cose non si programmano e sono desolata..” rispose lei, accarezzando le braccia di Jimmy e Brian. Le sue mani pallide e dimagrite sfiguravano tra i loro muscoli possenti.
“Stia tranquilla, per lei questo e altro.” Disse Haner, guardandomi e stringendomi ancora di più a lui.
Dopo un po’, iniziò la cerimonia e vennero a salutarmi tutti i parenti, sia lontani sia vicini. Mia sorella pretese che io le presentassi Sullivan ed Haner. Durante quella presentazione, temetti davvero di subire alcuni commenti poco graditi su di loro da parte sua, ma per fortuna la situazione era troppo tragica e li risparmiò.
Non appena si concluse il tutto, di cui preferisco non parlarne per non esternare tutto ciò che mi trovavo dentro, ovvero depressione e rabbia, fui bloccata dalla mia famiglia al completo, che mi salutò un’ultima volta prima che io andassi via.
Mia madre e mia sorella sembravano pendere dalle labbra di Brian, che con espressioni poetiche ed estremamente dolci cercava di sembrare un misto tra un colto del più importante gruppo letterario di non so quale grande città e un figlio di papà estremamente attaccato al galateo. Di tutto questo, nulla lo rappresentava veramente, ma dava una buona impressione tutto sommato. Non faceva altro che ripetermi frasi bellissime, ed era l’unico che riusciva a tirarmi su il morale con risultati efficienti.
Mio padre conosceva già Sullivan e lo stimava in una maniera incredibile, perciò, mentre le donne di famiglia erano impegnate ad osservare incantate Haner,  quei due si persero in una discussione tutta loro di cui non capivo il senso; una cosa positiva c’era, Jimmy stava facendo sorridere mio padre ed era davvero difficile farlo, soprattutto in occasioni come queste.
Dopo esserci salutati, ritornammo in auto, e questa volta Syn decise di cedere il suo posto a Giuls per tenermi al suo fianco ancora per un po’.
Da quel momento in poi, non ricordo nulla, a parte di essermi addormentata nel posto che, in quel momento, ritenevo migliore al mondo: tra le sue braccia.




BUON NATALE AMICI :D -Kay

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Capitolo 10
*** Cap. 10 ***


Anche se stavo dormendo, riuscivo, anche se a malapena, a sentire le parole dei miei amici, che stavano discutendo a bassa voce, di non so cosa. Brian mi accarezzava dolcemente il viso con la mano destra, mentre l’altra era intrecciata con la mia e giaceva sul sedile di pelle della decappottabile di Giuls . La mia testa era pesantemente poggiata sulle sue gambe e temevo anche di dargli fastidio, ma non avevo la minima intenzione di spostarmi; mi sentivo troppo scombussolata, il mondo m’era caduto a pezzi senza che io potessi riaggiustarlo e la testa mi pesava almeno 300 kilogrammi, pulsava, le troppe lacrime avevano sballato ciò che mi rimaneva delle membra e di conseguenza non riuscivo neanche a sollevarla.
Non appena arrivammo a destinazione, nonostante credessi di essere lucida, non riuscii a svegliarmi. Ero in dormiveglia, le palpebre erano troppo pesanti per aprirsi ed io, da brava donna, decisi di assecondarle; meritavo un po’ di riposo dopo quella giornataccia assolutamente da dimenticare. Riuscii a capire che Brian, dopo che Jimmy e Giuls erano già usciti dall’auto, mi strinse a lui e mi portò in braccio all’esterno del veicolo. Poggiai la mia guancia sulla sua spalla e lui mi accarezzò un’altra volta i capelli.
Dove la portiamo?” chiese Giuls. Sentii il rumore delle sue chiavi cadere all’interno delle sue tasche.
“Ti dispiace se la porto con me?”
“No, vai pure Haner.”
Dopo quel breve dialogo, Brian iniziò a trasportarmi verso la prossima meta con facilità inaudita: mi portava in braccio come se fossi una piuma e stranamente non avevo neanche paura di cadere. Arrivati al piccolo edificio dei professori e saliti al primo piano, Syn si accomodò in quella che, probabilmente, era la sua stanza, attento a non emettere nessun rumore (ogni suo tentativo fu vano, ma lo apprezzai) e mi distese dolcemente sul suo letto.
Stai dormendo ancora?” mi passò una mano sulla guancia, ma non ebbi abbastanza forze per fargli capire che ero cosciente. Rimasi immobile e mi godetti il suo tocco leggero.
Okay si. Perfetto, ti dirò tutto ciò che non riesco a dirti quando mi fissi con i tuoi fottuti occhi verdi. Stronza.” Oddio.
Iniziai a respirare nervosamente. Mi avrebbe sicuramente parlato delle sue sensazioni, le sue impressioni ed io non ero pronta a sentirle e di conseguenza a rispondergli. Non avevo pensato a quell’argomento come gli avevo promesso, c’avevo riflettuto una notte ma non bastava.
Pregai che iniziasse a parlare di qualcos’altro, provai a fargli capire che ero sveglia ma non riuscivo neanche ad aprire gli occhi. Tutto ciò era inutile, perciò strinsi i denti e cercai di non ascoltare.
Quella notte era stata un errore, io ero in difficoltà e le tentazioni fanno schifo. Io sono debole e cedo. Sono una fottutissima umana cogliona che cede alle stupide tentazioni piacevoli. Te lo meriti Kay, ti meriti tutte le conseguenze.
“Sei una stronza okay?” si Haner, lo so già. “Lo sono anch’io. Sono un fottutissimo bastardo figlio di puttana. Penso solo a me stesso, perché sono un sacco figo. Dico, con una faccia così come potrei  non curarmi? Sarebbe un dannatissimo peccato.” Maddai? Chi l’avrebbe mai detto?
“Tornando a noi. Sei una stronza. E sai perché?” Si lo so, porca troia. Sono una stronza perché te l’ho data e non t’ho fatto godere abbastanza? Oppure perché non ti sono caduta ai piedi subito come le invertebrate che ti vanno dietro?
“Sono abituato ad avere ai piedi le donne. Molte me l’hanno data senza esitare, dopo ogni concerto. Credimi,mi sono trombato un sacco di figaccione disposte a tutto. Ma sai qual è il problema?” Che io non sono disposta a tutto? Che non te l’ho data dopo un concerto? Che non sono figacciona?
“Tante volte, alcune donne mi hanno rifiutato perché ero troppo.. Synyster.” Maddai? Ed io che credevo che tu fossi il bianconiglio. “Ma dopo un sorriso, o un’occhiata persuasiva, hanno ceduto. Tu sei stata la prima a non farlo ,a  darmi del fottuto filo da torcere.” Dopo posso ritirare il premio? A volte mi chiedo se tu sia scemo o no.
“Non posso nasconderti che quando t’ho portata a letto, ero sorpreso. Non facevo altro che pensare “Cazzo Syn, ce l’hai fatta. Te la sei scopata. Sei un grande.”” Come se già non si sapeva. Immagino quanto ti sarai vantato con i tuoi amici della bella nottata. Cazzo quant’ero stata stupida.
“Solo che arrivato alla sera, mi sono disteso su questo cazzo di letto, ancora disfatto. Mi sono guardato intorno e ho sentito come un peso sullo stomaco. Ho guardato il vuoto accanto a me e sono stato investito da una strana sensazione”  Ah. Speravo fossi stato investito da un treno.
“Vedi, tutti gli altri letti della casa erano occupati da due persone. Capito? Matt ha Alisee, Baker Lisa, Jimmy ha Beatrix... Persino Seward ha una ragazza accanto!”
Riuscivo a percepire che stava gesticolando, perché tutto il letto si muoveva a causa sua. Nonostante questo, continuavo a non capire dove cazzo doveva arrivare.
“Ho sentito il bisogno di riempire quella parte vuota. Poi ho pensato a te. “ Scommetto che tu abbia pensato “hei, dovrei scopare con lei più spesso.”.
“Vedi, non voglio fare il diabetico perché sai quanto cazzo odio le parole zuccherate.. Per questo non assisto mai ai discorsi tra Matt e Alisee. Quei due sono incredibili porca puttana” Ridacchiai. Era vero.. Ma perché svii il discorso idiota?
“Avevo ancora il tuo dolce profumo addosso, sentivo ancora il tuo corpo attaccato al mio. Riuscivo ancora a percepire il tuo respiro nell’orecchio.”  Sospirai.. Perché mi sto addolcendo di nuovo? TI ODIO CAZZO, TI ODIO.
Mentre la mia mente era invasa da insulti di ogni genere, sorridevo come una rincoglionita. Come sempre, diciamo.
 “Poi bam. Hai presente quando...” Si bloccò. Cazzo continua.
“Non so come spiegartelo okay?” E ti pareva.
“Senti la mancanza di qualcosa. E sai chi è quel qualcosa.” Si. Lo ammetto adesso e così, perché non puoi sentire i miei pensieri, sempre che tu non li legga, ma non credo che tu sia in grado di farlo.. Ok basta.  Ammetto che tu mi manchi, ogni sera quando mi addormento ed ogni mattina quando non c’è nessuno a svegliarmi come fai tu. Contento adesso?
“Vedi, questo è il motivo per il quale ti dicevo che non volevo una sola notte. Credo di volerti bene più del dovuto.” Lo so. Cazzo, lo so! Porca troia se te ne voglio anch’io.
“E so che da fastidio a te, ma sta uccidendo me.”
Bem, ultima freccia dritta al petto. Cazzo, Haner.
Riuscii a trovare la forza di spalancare gli occhi da qualche parte nel mio corpo; dopo lo guardai, sospirando lentamente, e lui si mise la mano sul viso per nascondere ciò che rimaneva della sua faccia. Era diventato paonazzo, ed era uno spettacolo abbastanza bello da vedere. Amavo metterlo in difficoltà con un solo sguardo, ma in quel momento i miei occhi iniziarono a bruciare, diventarono ancora una volta stanchi e si chiusero senza darmi il tempo di ribattere.
Non hai sentito niente, vero?” chiese speranzoso.
“Mi dispiace per te ma..”risposi, nel tono più alto e chiaro che potevo emettere. Sperai che mi sentisse, e lo fece, perché la sua faccia si tramutò in una di quelle che fanno i bambini dopo aver distrutto qualcosa.
“Cazzo.” Affermò, passandosi una mano tra i capelli.
“Tranquillo.”sussurrai, cercando di sorridergli.
“Eh?” aggrottò le sopracciglia.
“Dico, sta tranquillo.”
“Che cazzo c’entra l’armadillo?”
“Ma sei sordo?” chiesi, serrando gli occhi. Mi guardò confuso.
“Parli troppo piano, non ti sento.”
“Ti amo”  affermai, senza neanche farlo parlare. Gli si illuminò il viso.
“Mi prendi in giro?”
“Ah, allora ci senti, coglione.”
Sospirò.
Dopo avermi strofinato gli occhi con le dita per bene, notai che riuscivo a tenerli aperti senza sforzi, magicamente; perciò mi alzai un po’ dal letto per sedermi e poterlo mettere a disagio in maniera migliore. Girando il viso verso lo specchio che era piazzato sul muro di fronte a me, mi resi conto che le mie condizioni erano più che pietose: non avevo un filo di trucco, ero pallida, le occhiaie si erano impadronite della maggior parte della mia faccia.
Mi passai un dito sotto l’occhio, e feci un’ espressione schifata, adatta a quell’orrendo spettacolo. Anche Syn si specchiò accanto a me.
“Sei bella.” Mi sussurrò, sorridendo. Lo guardai male.
“Ma che minchia dici?”
“E che cazzo, dammi retta per una volta” mi tolse le mani dalla faccia e aggiunse “Ora dimmi quello che devi dirmi”
“Non ho niente da dirti” risposi, girandomi verso di lui e dando le spalle alla mia immagine riflessa, che mi aveva già dato sui nervi.
“No? Cazzo, t’ho parlato di mezz’ora di ciò che sento” disse lui, con tono severo. Mi chiesi come mai non gli avevo già tirato un ceffone.
Ero irritata, senza un motivo preciso. Davvero, avrei potuto fargli seriamente male.
Sospirai.
“T’ho ascoltato.”
“Non devi dirmi niente?”
“Sei un cazzone.”Affermai io, stringendomi nelle spalle.
“La smetti di insultarmi porca puttana?” il suo nervosismo mi spiazzò. Mi poggiò una mano sulla gamba, che era distesa sulle coperte, e mi accorsi che tremava come una foglia al vento. Lo fissai dritto negli occhi.
“Okay”
“Mi sto innamorando di te cazzo.” Scandì per bene ogni sillaba, per farmi capire tutto quello che diceva. Mi sentivo spiazzata da un tornado,non avevo niente da dirgli.
Mi sentivo una stupida, e inoltre avevo quelle fottute farfalle nello stomaco come una tredicenne alle prese con il primo amore.
 Okay, niente farfalle, odio le farfalle. Pipistrelli, pipistrelli odiosi nello stomaco, che mi facevano prepotenti il solletico dall’interno del mio corpo. Cercai di deglutire, ma avevo dei nodi grossi quanto pugni in gola che me lo impedivano.
“Bene.” Risposi infine.
Brian mi guardò male, e si grattò la fronte.
“Bene che?”  chiese. Stava perdendo la pazienza.
“Che devo dirti?”
Non mi fece neanche continuare la frase, aggiunse di botto “Credevo di piacerti.”
Haner, non sai quante cose credevo io. Credevo che tu fossi il mio modello di comportamento, poi ti ho conosciuto. Credevo di adorarti, poi hai fatto in modo che io smettessi di farlo. Credevo di odiarti, e t’ho portato a letto.
“Non lo so, okay?”Si avvicinò a me e mi guardò fisso negli occhi un’altra volta.
“Come non lo sai?”
“Devo farti l’elenco di tutto ciò che provo quando sono con te?” Stavo iniziando ad innervosirmi anche io. La distanza che ci divideva era formata sostanzialmente da pochi millimetri.
“A parte l’odio, il ripudio, il fastidio che mi da il tuo essere te, mi manchi quando non ci sei. Spero sempre che sia tu quando qualcuno bussa alla mia porta, mi piacerebbe svegliarmi con te vicino quando apro gli occhi al mattino, mi piacerebbe passare le notti con te. Ma non a scopare. Mi piacerebbero altre notti come la prima che abbiamo passato insieme, capisci?” mi stampò un bacio sulle labbra.
“Non lo so se mi sto innamorando di te, ma è questo quello che penso.” Aggiunsi, staccandomi da lui.
La sua faccia era abbastanza gongolante.
“Ti odio ancora, non fare quella faccia da minchione.” Mi ribaciò dolcemente, accarezzandomi la guancia.
“Ti odio. Okay?” Lo riallontanai.
“Sei poco credibile” mi sorrise, scoprendo gli zigomi che tanto amavo.
“Perché?”
“Io, solitamente, non bacio le persone che odio.”
“Zitto Haner.”
 
 “Scusate se vi disturbo” Jimmy spalancò la porta, urlando a gran voce. Entrò lentamente; probabilmente pensava che stessimo scopando, perciò ci diede il tempo materiale di rivestirci trasformandosi in una moviola. Non appena si accorse che stavamo soltanto parlando, ci fissò delusi e si rivolse a Brian.
Haner, devi firmare delle carte. Cè, dovevo dirtelo giorni fa, ma te lo dico adesso perché m’è venuto in mente ora.” Okay, Jimmy aveva intenzione di disturbarci, da bravo amico.
“ una ragazza vuole trasferirsi nel corso nel quale tu sei coordinatore.. Corso Gee,no?” Il Gates annuì. Nella nostra scuola, c’erano cinque corsi. Ogni corso aveva un professore come coordinatore.
Io facevo parte del corso Vee, ovvero quello con a capo Baker. Gli altri erano M, con a capo Sanders, Gee, con Haner, Cee con Christ e J con Sullivan. Dopo l’iscrizione, però, non si può scegliere il corso dove stare, perché si deve “subire” una specie di smistamento con un test scritto (io , Giuls e Lisa c’eravamo passate le risposte per capitare nella stessa classe, per esempio).
“Puoi seguirmi?” chiese infine. Haner si alzò , e lo feci anche io.
Aspettami qui..” disse, alzando una mano per bloccarmi. Scossi la testa
“No,torno al dormitorio. Giuls starà aspettandomi.”
“Ah... Okay. Ci vediamo a cena?”
“Forse.”
-------
 
“Sono nella merda” nascosi il mio viso tra le mani, mentre sentivo gli sguardi severi delle mie amiche addosso. Ero in stanza insieme al mio solito gruppetto e stavo raccontando tutto ciò che mi aveva detto Haner qualche minuto prima. Giuls sbuffò impaziente.
“Non essere così pessimista.” Sussurrò Lisa, accarezzandomi il braccio. Alisee annuì, appongiandola.
“Lo odiavo! Lo odiavo cazzo.”
“Si può cambiare idea sulla gente, non farne un dramma.” Aggiunse Beatrix, sorridendomi.
“Ma io non voglio che succeda qualcosa tra di noi.” Scossi la testa.
Troppo tardi cogliona, te lo sei pure scopato.
 Afferrai un cuscino e gli affondai la faccia dentro.
“Se vuoi, puoi. Se vuoi stargli lontana, lo fai senza problemi” affermò Allie, togliendo ciò che tenevo tra le mani e stringendosi tra le spalle. Sentivo gli occhi gonfi e stavo quasi per mettermi a piangere dalla disperazione; mi sentivo confusa e mi urtava ogni minima cosa quasi come se avessi le mestruazioni.
 “Il fatto è che tu non vuoi stargli lontana.”  Giuls e le sue osservazioni dirette.
La guardai male.
“Ti sei innamorata di lui?” mi chiese poi, rivolgendomi uno dei suoi sguardi calmi, uno di quelli che avrebbero fatto confessare anche il peggiore dei serial killer.
“No.” La mia risposta fu secca e franca.
“Ah okay. Gli asini volano?”
“Si.”
“Davvero?” Lisa scoppiò a ridere,le altre mi sorrisero scuotendo la testa.
“Mi stai facendo confondere troia.” Rimproverai la mia migliore amica con il tono più severo che potevo fare e lei mi diede una piccola pacca sul braccio. Quando non volevo ammettere qualcosa, Giuls, per farmi dire ciò che voleva sentire,  mi poneva altre domande in modo che andassi in confusione e che mi accorgessi che ciò che avevo detto non era la verità.
“Ti sei innamorata di lui?” richiese, insistendo.
“Si cazzo, sì!”

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Capitolo 11
*** Cap. 11 ***


Devo confessarti una cosa.”
Erano le dieci del mattino, i raggi del sole penetravano dalla finestra battendo fastidiosamente sui letti del dormitorio e di conseguenza su di me, che mi ero appena svegliata. Avevo le mani dietro la nuca e mi stavo godendo gli ultimi momenti di relax prima di tornare a studiare tra i banchi della classe di Sanders. Fortunatamente, non dovevamo sostenere un’intera giornata scolastica di otto ore, ma dovevamo seguire solo le prime tre di lezione. Giuls era sveglia e come me stava sdraiata sul suo letto, rilassandosi. Dopo esserci scambiate un sorriso, avevo deciso finalmente di annunciare ciò che dovevo dirle, anche se probabilmente ne era già a  conoscenza.
Dimmi tutto baby.”
Si alzò e si accomodò lentamente ai piedi del mio letto, rivolgendomi uno sguardo ansioso.
Qualche giorno fa.. Quando eravamo dai prof a pranzo.. Ricordi?” chiesi, poggiando le spalle al muro.
“Eh. Abbastanza bene.” Ridacchiò, ed io aggrottai le sopracciglia, ma preferii non indagare su quella risata maliziosa per continuare ciò che stavo dicendo.
“Bene, quella notte è successa una cosa.” Continuai, iniziando a gesticolare e abbassando lo sguardo. Lei cercò i miei occhi e mi chiese:
“Con Haner?”
“Si.” Annuii lentamente
“Anche a me è successa una cosa, però prima dì la tua.” Affermò, per poi posizionarsi comodamente a pancia sotto sulle mie lenzuola.
“Eh. Ho perso..” 
“Cosa?” chiese confusa. Avanti, non è così difficile da capire.
“Giù, l’ho persa.”
“Ma cosa?” Eh ma allora sei scema.
“La verginità, minchiona.”
“Che figata” urlò ad un tratto, entusiasta. La guardai male.
Siamo state sverginate la stessa notte nella stessa casa!” urlò, mostrandomi un sorriso a sessanta denti. Non capivo cosa ci trovava di entusiasmante però.. Ma .. Aspetta..
Hai perso anche tu?!”
“Eh sì.. Con Seward”
“Aaah, E bravo Johnny!!” annuii sorridendo maliziosamente, e lei arrossì.
“Sono stata io a decidere, sai com’è lui. M’aveva invitato a guardare un film, ma fortunatamente si è reso conto che non mi importava niente del film...”
“Sei sempre la solita.” Le tirai un cuscino, e lei fece il broncio.
“Vorrei vedere te con un ragazzo del genere.. ” ridacchiai.
Dopo un po’ decidemmo che la cosa migliore da fare era vestirci e svegliare Lisa, che ancora saltellava felice nel paese dei sogni; sicuramente aveva passato una notte in bianco in compagnia del Baker, perché non era stata con noi al dormitorio.
Non appena finimmo e riuscimmo a svegliare la bella addormentata, dopo alcune imprecazioni e un sacco di pazienza,  ci avviammo verso l’aula del professor Sanders nella quale avremmo dovuto assistere alla prima e ultima lezione della giornata.
Arrivate in classe, fummo accolte da Matt con una serie di sorrisi e di pacche amichevoli e , dopo aver intrattenuto una piccola discussione con lui sulle mie condizioni di salute, mi andai a sedere tra Giuls e Alisee.
C’è una tipa nuova.” Sussurrò Allie, senza neanche salutarmi, avvicinandosi a me. Puntò alle sue spalle una ragazza piuttosto esile e dalla faccia stravolta come quella di un pesce fuor d’acqua; aveva i capelli biondi e liscissimi come spaghetti, un paio d’occhi grandi e neri e un viso da personcina viziata con la puzza sotto il naso.
“Come si chiama?” chiese Giuls, mentre io continuavo a studiare ogni suo atteggiamento. Quella sconosciuta uscì dalla tasca dei pantaloni uno specchietto e diede un’occhiata alle sue condizioni, dopo di che si aggiustò il trucco e ripose il tutto nella sua borsa a righe.
Mi venne in mente Haner, chissà perché.
Sarah e qualcosa. Mi sta sul cazzo” rispose a sua volta la ragazza al mio fianco, fulminando il soggetto delle mie attenzioni con lo sguardo.
Dopo che la classe si riempì per bene, il professore schioccò le dita per ordinare il silenzio e si schiarì la voce.
Ho bisogno delle vostre attenzioni un attim..” la porta, spalancandosi, lo interruppe. Inaspettatamente, entrarono tutti gli altri professori ed io, quasi subito, notai nelle facce delle mie amiche un entusiasmo inaudito.
Dobbiamo dirti una cosa bel maschiaccio” sussurrò Sullivan all’orecchio del cantante ammiccando. Sanders sorrise
Dato che tutti i professori sono presenti, ne approfitto per presentarvi la vostra nuova compagna! Vieni Sarah” annunciò Matt, prendendo posto sulla cattedra insieme agli altri docenti.
La ragazzina si alzò e zampettò fino a raggiungerli, sorridendo maliziosamente. In realtà, pensandoci bene, non stava simpatica neanche a me.
Alisee sbuffò, e giurai di poter vedere il fumo uscirle dalle orecchie.
Sarah Monroe? Benvenuta! Spero che ti troverai bene qui.” Disse Baker con tono solenne, porgendole amichevolmente la mano. Lei fece tutt’altro che stringergli la mano; lo cinse in un abbraccio caloroso che a poco a poco, in seguito, rivolse a tutti i professori. Riuscivo a percepire il nervosismo delle persone al mio fianco, che poteva essere senza alcun dubbio paragonato a quello dei tori delle corride.
Non appena abbracciò Haner, vidi sul suo volto un’espressione piuttosto compiaciuta che mi diede parecchio sui nervi.
Vi ringrazio per avermi accolto in questo modo nonostante la scuola sia iniziata da un pezzo, siete i migliori” anche la sua voce iniziava ad innervosirmi, era un misto tra una cornacchia e un clacson.
Si, sti cazzi puttanella.” Sussurrò Giuls, nascondendosi la bocca tra le mani.
Guarda, guarda! Se li sta spogliando con gli occhi.” Guardai Alisee mentre annuiva energicamente, con gli occhi fissi su Sarah.
“Sai come si dice? E’ tempo di guerra baby.” Aggiunse Lisa, dando una pacca sulla spalla alla compagna.
Dai. Non sta facendo null..” Le parole di Bea furono interrotte dall’abbraccio tra la Monroe e Sullivan “Puttana.” Aggiunse infine.
 
Il resto della giornata proseguì normalmente, a parte i commenti delle mie amiche su ciò che era successo all’inizio della lezione, e non appena volarono le tre ore che dovevamo impiegare in quell’aula, ci accingemmo a recarci in mensa per consumare il pranzo.
Deve essere fermata fin dall’inizio questa qui.” Lisa batté una mano sul tavolo, lasciandosi andare di peso sulla sedia. Ci accomodammo  tutte insieme, come sempre, con le facce di donne in carriera che vogliono sbrigare delle trattative.
“Ben detto Steel. Il problema è.. Come?”
“Giuls, io sono disposta a dirglielo in faccia.. Quella troia...” poggiai una mano sulla spalla di Alisee, e mi resi conto che era incredibilmente e seriamente incazzata.
“Allie, calma i bollenti spiriti”
Neanche a parlare del diavolo, che spuntarono le corna. Anzi, in questo caso spuntarono tette in silicone.
“Ciao ragazze, siete della classe Vee vero? Posso sedermi qui con voi? Non trovo posto..”
“Ma certo” affermò Giuls, sfoggiando uno dei suoi peggiori sorrisi finti.
Grazie che non trovi posto, non credo che nessuno voglia avere a che fare con te; si vede a miglia di distanza che sei una puttanella di tangenziale.
Oggi Matt era così impegnato che non ha potuto pranzare con me.” Disse quasi urlando Allie, giocherellando con la sua insalata. La faccia di Sarah s’illuminò.
Stai con Matt?” era sconvolta.
Certamente! E’ il mio uomo” rispose la ragazza riccia accanto a me, sorridendo calorosamente e mostrando le fossette presuntuose.
La sconosciuta ricambiò il sorriso.
Mio. Uomo” aggiunse dopo, continuando a sorridere e annuire.
Sei.. Ah no, ti sbagli cara mia!” disse la bionda senza cervello, continuando a ridacchiare. “Tranquilla, non punto a Sanders! Mi era già arrivata voce che era fidanzato, ma onestamente credevo che la sua ragazza fosse alla sua altezza come bellezza...”
Tutte la guardammo male, e lei continuò a sorridere felice.
Ma che cazzo ti ridi?
Io punto ad Haner.” Aggiunse dopo un po’.
Giuls sputò l’acqua che stava bevendo, Lisa si girò verso di me immediatamente e Beatrix si schiarì la voce, preannunciando una catastrofe.
Bella battuta, battona.
Lasciai cadere rumorosamente la forchetta sul tavolo e alzai lo sguardo cercando di chiamare a me un centinaio di fulmini; tutte le mie amiche mi guardarono strabuzzando gli occhi, ed io mi limitai a fissare la ragazza di fronte a me con una faccia da poker.
Haner non caga mai più di tanto le alunne” annunciai.
Ho intenzione di farlo bere un po’, più tardi.. Magari riesco a portarmelo a letto! Ma zitte, non diteglielo, non vorrei rovinargli la sorpresa.”
Okay, mi ero trovata qualcosa da fare quella sera.
Ma che sopresa? Ma che cosa dici? Per favore metti quell’insalata anoressica che hai davanti in bocca e taci per tutta la vita.
Bhè, buona fortuna.”risposi, sorseggiando il contenuto del mio bicchiere. Le altre mi guardarono come a dire “non la fermi?!” ma io avevo intenzione di coglierla sul fatto e rovinarle i piani in seguito, perciò le tranquillizzai con uno sguardo “ho tutto sotto controllo”.
Nel caso in cui non riuscisse con lui, ci sono ancora quattro persone con cui provare..” ridacchiò come un cavallo, e finalmente riuscii a vedere  le facce da poker delle mie amiche.
Vorrai dire tre. Ricorda che Matt è impegnato.” Disse Allie.
“Nono, voglio dire proprio quattro!”
Detto questo, scampò  per poco una cruda uccisione e si alzò per abbandonare il tavolo. Mentre con il suo passo da escort si allontanava da noi, notai con disprezzo che dai pantaloni sbucava fuori un perizoma abbastanza succinto di un colore piuttosto acceso. Mi dispiace per te, ma non te lo farai togliere da nessuno quell’indumento di merda.
 
 
La sera giunse lentamente,ogni ora che passava aumentava il mio nervosismo.
Non avevo motivo di sentirmi così, in fondo.. Lui mi piaceva, ma la cosa più importante è che io piacevo a lui,perciò non avrebbe dovuto cedere alle sue tentazioni.
Ma che dico? E’ Haner, pur di scopare farebbe di tutto.
Battevo nervosamente il piede sul pavimento e non riuscivo neanche più a controllarlo.
Eravamo nel dormitorio, tutte e cinque assieme, e mentre loro costruivano una delle peggiori vendette, io pensavo a che colpo basso tirarle.
L’uccisione l’avevo scartata; ero abbastanza incazzata ma non volevo scontarmi una pena bella e buona per una ragazzina del genere.
La tortura pure, per la stessa motivazione della prima possibilità.
Tu vai lì, no? Le sganci un destro e scappi con Brian.”
“Sogna ancora, Lisa.”
“Non vuoi picchiarla? Lo faremo noi.”
“No. Tenete le mani a posto.”
Ero abbastanza conosciuta per le risse nella mia ex scuola; ero finita in direzione una decina di volte per quel motivo, il preside era come un fratello per me.
La mia prima rissa fu sicuramente la più emozionante: avevo incrociato una troia per i corridoi che mi aveva lanciato il suo caffè su una maglietta a me carissima, ovvero una tshirt originale di una band che adoravo alla follia. Non avevo fatto niente di grave, in fondo, le avevo solo rotto i denti.. E un polso.. E la caviglia...
 
 
Eccoli lì. Eccola lì. Con il suo fare puttanoso, offriva un bicchiere di birra a Brian.
Riuscivo a capire i loro discorsi, li osservavo insieme a Lisa da dietro un pilastro a circa 5 metri da loro.
Le va di bere un po’, prof?”
“Come rifiutare una fottutissima Guinness...”
Dritto al suo punto debole, brava troietta da quattro soldi.
Sentivo Lisa bloccarmi con la mano continuando a ripetermi “non è ancora il momento.”, se fosse stato per me sarei già catapultata addosso a lei a tirarle i capelli fino a poterle intravedere il cranio.
Nono” la ammonì Brian, dopo che lei gli stava passando un altro bicchiere. “Non vorrei ubriacarmi.. Ultimamente non posso permetterlo cazzo, ho intenzione di restare fedele a qualcuno.” Gli occhi mi brillarono, Lisa mi sorrise entusiasta. Non mi sarei mai aspettata una frase del genere da Brian.
“Fedele? Qualcuno? Lei è innamorato?” era sconfitta in volto, potevo leggerle “Minchia, sono fottuta” stampato sulla fronte.
“Ti prego,non darmi del lei che mi sento un vecchio. Sono Brian. Comuque si, più o meno.” Iniziai a sorridere come una cogliona senza precedenti, e la ragazza accanto a me sibilò un “aw”.
“Vuoi parlarne? Sai com’è, sono una ragazza, posso darti una mano..” Ma allora è proprio una puttana.
T’ha detto che è innamorato cazzo, e te ci provi?
“Oh, che gentile!” ma gentile cosa? Sei troppo ingenuo Haner, vuole solo scoparti.
“Ti porto al dormitorio, tanto le mie compagne di stanza non ci sono ed io mi sento tanto sola..”  sola sto cazzo, ti vengo a fare compagnia io.
Non appena ci sorpassarono per raggiungere il dormitorio femminile, io e Lisa zampettammo dietro di loro e li seguimmo dritti alla stanza della cara Margot. No aspetta, Margot? Monroe.
Vabbè è uguale.
Contammo tre minuti prima di bussare per non dare troppo nell’occhio, e non appena lo feci e la ragazza ci sussurrò un “avanti”, entrai lentamente.
Feci finta di rimanere sorpresa dalla presenza di Syn, e lui, accorgendosi della mia presenza, si alzò di botto e si parò con le mani, nelle quali teneva un paio di bottiglie di birra vuote. Perfetto, era già ubriaco fradicio.
Hai per caso del sapone?” chiese Lisa alla troietta bionda di fronte  a me. Mi girai verso di lei e la guardai aprendo le braccia, e per risposta la mia amica si strinse tra le spalle.
Kay.” Sussurrò Brian, sconvolto.
Haner.” Risposi io, cercando di non degnarlo di uno sguardo.
Lo sai che puzzo di alcol?” rise, ed io lo guardai confusa. Si, era tanto ubriaco.
Scusa Steel, ho altro da fare adesso per prestarti il sapone..” rispose la bionda, puntando maliziosamente il ragazzo che continuava a sorseggiare birra.
“Che dobbiamo fare di bello, bambola?” chiese ad un tratto lui. NIENTE, te lo dico io Haner.
Strinsi i pugni.
“Un’idea ce l’avrei..” sussurrò lei, cominciando a puntare con gli occhi l’uscita. Io e Lisa, però, non avevamo intenzione di muoverci.
“Kay, vuoi unirti?” aggiunse Haner, alzando la birra come per fare un brindisi. In quel momento scoppiai.
“Ma sei coglione o cosa?!” urlai, serrando i denti e sospirando lentamente per tenere a bada il mio istinto omicida. Lisa mi fu vicino, e si preparò a bloccarmi. Lei mi aveva sempre salvato da un sacco punizioni nella nostra ex scuola, se era presente, faceva sempre in modo da non farmi fare cazzate. Era la mia protezione.
“Kay per favore vattene dai! Ho da fare!”  urlò di risposta Sarah, avvicinandosi a me e spingendomi.
“Il problema è che questo da fare non si deve fare.”Mi riavvicinai a lei. Le fui a un palmo dal naso.
“Non ti seguo, ma ne parliamo dopo!” mi spinse ancora una volta.
Tu. Le mani addosso a me non le metti. Brutta cogliona.
Lisa, come se potesse leggermi il pensiero, mi afferrò la mano e cercò di trascinarmi fuori, senza riuscirci. Fui ancora una volta vicino a quella puttana.
“No! Non ci parlo con te, e non intendo farlo. “
Dopo di che, mi girai verso Syn e con un gesto della mano gli feci segno di seguirmi.
“Brian, andiamo.”
“Cosa?! Ma sei proprio una puttana! Te l’avevo detto che stasera volevo portarmelo a letto!” urlò ancora una volta. Per sfortuna non so se mia o sua, riuscii a liberarmi dalla stretta di Lisa e la spinsi sul letto,
“Non hai capito? Haner è proprietà privata.”
“Di chi?”
“Mia.” Mi puntai il petto, Haner gongolò.
“Tu.. Brian..” era confusa. Si cazzo. Brian è mio, me lo scopo solo io e tu devi starne alla larga. Chiaro adesso?
“Si, io e Brian. Ora ti saluto.” Detto questo, mi avvicinai alla porta, aprendola rumorosamente e uscii.
“Me la paghi, York”  affermò rabbiosa.
“Mandami il conto.” Risposi, trascinando Haner con l’aiuto della mia amica verso la mia stanza.
Non appena raggiunsi la meta, Lisa mi rassicurò e cercò di calmarmi e, dopo essersi accertata che ero tornata lucida, si avviò verso la sua, dove probabilmente erano riunite tutte le ragazze.
Entrando in stanza, feci distendere Brian sul mio letto e mi sedetti accanto a lui, aspettando che si addormentasse.
Ti amo.” Mi sussurrò, con una faccia abbastanza rincoglionita.
“Stai zitto e dormi.” Ridacchiai io, rivolgendogli un’occhiata da mamma preoccupata. Mi sorrise.
“No, sono lucido. Ti amo seriamente.”
“Dormi”
“Sono proprietà tua” iniziò a ridacchiare anche lui, ed io feci il broncio guardandolo male.
“Ma perché non stai zitto e dormi?”
“Okay okay. Dormo. Buonanotte piccola.” Disse con tono sconfitto, girandosi dall’altra parte e dandomi le spalle. Contai fino a trenta e, credendo che dormisse, mi alzai. Non mi diede neanche il tempo di fare un passo per raggiungere le altre, mi chiamò un’altra volta con una voce parecchio assonnata.
Mi girai verso di lui e gli chiesi cos’è che non andava.
“Voglio dormire con te tra le braccia..” confessò, aprendole.
Sbuffai, ma non riuscii a resistere a quello sguardo persuasivo ed ammiccante.
“Meglio?” gli chiesi, non appena riuscì a stringermi al suo petto.
“Si. Sei bellissima..”
“Dormi”

 

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Capitolo 12
*** Cap. 12 ***


Era domenica, e sicuramente ora di pranzo. Mi ero svegliata con un dolore lancinante allo stomaco, che nel frattempo emetteva dei suoni abbastanza sinistri per la fame. Nonostante questo, non avevo la minima intenzione di uscire dalle coperte; mi resi conto che Brian era già andato via e quindi io non avevo motivo di alzarmi. Mi limitai a urlare “Buongiorno” alle mie compagne.
Non voglio mettere piedi fuori dalle coperte oggi.” Urlò di risposta Giuls.
“Non dirlo a me.” Risposi, afferrando il blackberry che giaceva al mio fianco.
“Lisa?” chiesi poi, facendo uscire la testa dalle coperte. La luce che entrava dalla finestra quasi mi accecò.
“Sveglia da due ore.”  Rispose a gran voce Lisa, emettendo un gemito.
“Ho una fame da lupi ragazze.”
“Chiama qualcuno e facci portare del cibo. Ora .” ordinò una delle due, ma non capii bene chi.
Dopo aver studiato e messo a fuoco lo schermo del mio cellulare, notai che Brian mi aveva lasciato un messaggio nelle bozze, ma decisi di non leggerlo, perciò entrai in rubrica e chiamai un numero a caso.
Buongiorno Sullivan del mio cuore.” Sussurrai sorridendo, anche se lui non poteva vedermi.
La persona dall’altra parte della cornetta sospirò rumorosamente.
“Okay. Sullivan del mio cuore..” pensò su un attimo, e poi aggiunse
“Le opzioni sono tre: o ti sei messa nei guai, o hai scopato con Haner e ti senti in colpa, oppure vuoi dei soldi”
“No, ti sbagli..”sorrisi ancora una volta soddisfatta.
“Cosa devo comprarti?” No, scherzavo, ero stata ancora una volta prevedibile.
“Cibo, ti prego.” Lo implorai, e Giuls e Lisa alzarono i pollici, approvando.
“Va bene cibo veloce?”
“Perfetto”
Chiudendo la chiamata, filai in bagno per lavarmi e vestirmi.
Non appena misi un piede in bagno, Giuls mi raggiunse immediatamente e si sedette sul pavimento,chiudendosi la porta alle spalle.
La osservai confusa; dopo di che chiusi la tendina della doccia e lei iniziò a parlare:
Sono preoccupata.” Affermò, sospirando.
“Come mai?” chiesi io, fiondandomi sotto il getto gelido.
“Johnny. Non capisco le sue intenzioni. Mi piacerebbe ufficializzare questa relazione perché ti giuro.. E’ l’uomo per me.”
“Diglielo, no?”
“Stasera ci vedremo.. Sicuramente gliene parlerò.. Speriamo bene.”
“Devi stare tranquilla, Giuls! Seward è un uomo d’oro. Non potrebbe mai lasciarti andare.”
Il discorso continuò per una buona manciata di minuti, dopo dei quali la ragazza mi abbandonò per raggiungere Lisa, che nel frattempo aveva deciso di alzarsi e di iniziare a lamentarsi impaziente.
Mentre stavo insaponando i capelli, rivolgendo attenzione al colore che scolava giù e sperando di non uscire dalla doccia con una chioma bianca, sentii le prime note di Bat country provenienti dal mio cellulare.
Non rispondete, vi prego.
Pronto?”
Come non detto. Giuls aveva già in mano il mio blackberry e aveva passato la chiamata al vivavoce per permettermi di ascoltare ogni cosa.
Sbuffai, abbandonando il bagno ed avvolgendomi nel mio accappatoio bianco.
“Uh ciao Haner, come ti va la vita?” chiese la mia amica entusiasta.
“Ciao Giuls. Perché hai risposto tu?”
“Kay è sotto la doccia.”
“Uh, sexy. Posso unirmi?” sospirai, Giuls ridacchiò.
“No, non puoi. Sta facendo un’orgia con acqua e sapone, sai che fighi? Perché non ti dai una lavata anche tu? Magari smetteresti di puzzare di lacca e Marlboro”
Amavo i discorsi tra Giuls e Brian, era un rapporto piuttosto curioso di amore ed odio. Sapevo che, però ,entrambi si volevano bene; ero sicura che se mi fosse successo qualcosa si sarebbero coalizzati per me, un po’ come quando ho subito quella perdita.
“Anche Kay puzza di Marlboro.”
“No, lei non puzza. Senti coglione, è la mia migliore amica e la annuso da più tempo. Cè.. Non me la scopo” si interruppe, aggrottando le sopracciglia.
Mi passai una mano sul viso, facendole notare la mia ironica disperazione.
“Lo so.. Lei profuma di vaniglia.” Persino i sensi di Haner erano perversi.
Riuscivo a percepire la sua malizia anche da dietro una cornetta, era spiazzante.
“Tutto merito di una crema che le ho regalato.”
“E’ una crema buona.”
“Lo so.”
“L’ho assaggiata sulla sua pelle.” Giuls mi guardò sfoggiando un sorriso smagliante, e io le rivolsi un’altra volta la mia faccia da poker.
“Sei un porco. Tieni a bada il tuo Elwin.” Scoppiai a ridere.
“Chi è Elwin?”
“Brian..” la ragazza rossa si schiarì la voce.
“Hai dato un nome al mio cazzo.”
“In realtà l’ha scelto tua madre! Anche tu l’altro giorno hai detto “il mio secondo nome è un nome del cazzo”. Quindi..”
“Tipa di Seward, sei uno spasso.” Giuls soffiò sulle sue unghia a mo di diva, mi limitai a guardarla sedendomi sulla scrivania.
“Comunque, Haner del mio cuore..”
“Si, signora Christ?”
“Johnny ti ha parlato di me?”
“Si, un bel po’.”
“Quindi gli piaccio.”
“Eh, direi..”
“Gli piaccio come a te piace Kay?” mi guardò ancora una volta. Non riuscivo neanche a contare le occhiatacce che le rivolgevo al minuto.
“Non esageriamo..”
“Falle del male e ti spezzo in due.”
“Sei un metro e sessanta..”
“Miro bene ad Elwin.”
La loro discussione andò avanti per un paio di minuti, non la ascoltai interamente perché il rumore del phon rendeva poco chiare le parole di Giuls. Nel frattempo Sullivan era arrivato con il cibo, seguito da Baker ed Alisee.
“Tieni Kay.” Mi porse impaziente i sacchetti, ed io li presi sorridendogli.
“Grazie Sullivan”
“Vado da Bea, ciao.” Non mi diede neanche il tempo di restituirgli i soldi che gli dovevo, era già andato via diretto all’altra stanza del dormitorio.
Non appena entrò Baker , salutandoci, si gettò di peso su Lisa che, in dormiveglia, era distesa sul suo letto. Iniziarono a sussurrarsi cose dolci e a scambiarsi diabetici sorrisi che avrebbero fatto sciogliere persino il più resistente dei pupazzi di neve. Quella coppia mi piaceva e m’incuriosiva nello stesso tempo; erano entrambi ingenui, ed insieme.. Si completavano,ecco. Si riprendevano quando qualcuno dei due sbagliava, uno proteggeva l’altra e viceversa. Erano come fratello e sorella, avevano un rapporto davvero inossidabile e li stimavo molto.
La loro storia era iniziata un po’ come la mia, con una scopata. Io, al contrario, ero insicura, Lisa no; s’era buttata a capo fitto sull’occasione senza farselo dire due volte, e, fortunatamente, aveva trovato un lieto fine.
Alisee entrò un minuto dopo, con la faccia di chi si sente sconfitta dalla vita.
La guardai male, e, incrociando il suo sguardo, mi accorsi che i suoi grandi occhi neri erano lucidi e sul punto di piangere.
Un attimo dopo io, Giuls ed Alisee eravamo sedute sul tappeto al centro della stanza a consumare il nostro pasto, mentre Lisa e Baker si coccolavano senza sosta facendoci sentire parecchio di troppo.
Mi sento.. male.”disse ad un tratto la più grande, mettendo il broncio
“Che è successo?” chiese Giuls, addentando il suo panino.
“Matt ed io. Abbiamo litigato.”
Mio Dio... La coppia perfetta aveva litigato.
Il mondo era sul punto di finire.
Lui vuole fare una cosa seria.. Ma io sono giovane e voglio divertirmi ancora un po’. Vuole presentarmi ai suoi. E portarmi ad un fottuto altare!”
Giuls ed io ci guardammo confuse, la ragazza di fronte a noi si nascose la faccia tra le mani. Matt era senza dubbio una persona con la testa a posto, voleva sempre fare le cose perfettamente in grande ed infondo lo capivo, ma mi sembrava tutta una decisione troppo frettolosa, e a quanto pare non ero l’unica a pensarlo. Appena finimmo di mangiare i nostri hamburger, Giuls ci lasciò per filare velocemente in bagno e lavarsi. Io rimasi a chiacchierare con Alisee di quella situazione, accomodandomi sotto le coperte per non sentire freddo.
L’avevo vista per la prima volta piangere tra le mie braccia, e avrei preferito morire; era una ragazza troppo forte e in quelle condizioni non sembrava neanche la stessa persona.
I minuti che passammo abbracciate sembravano interminabili, mi sentivo persino male anche io. Sentivo i suoi sospiri strozzati, ed ogni singhiozzo mi pugnalava al cuore.
Giuls interruppe quel momento di depressione uscendo rumorosamente dalla doccia e facendo cadere un paio di cose in bagno come faceva di solito –dico di solito per non dire sempre,ma è più o meno la stessa cosa- avvolta in un accappatoio verde mela.
Ho dimenticato di depilare le gambe. E Stanotte sto con Seward.” Urlò, fissandosi.
“Nella mia stanza c’è un rasoio... Vuoi le chia...” disse Allie asciugandosi le lacrime.
“Si, Allie si. Mi salveresti la vita.” Venne interrotta da un grido di felicità.
La ragazza dai capelli rossi si catapultò verso Alisee e le strappò piuttosto bruscamente le chiavi dalle mani.
Aprendo la porta,però, si trovò davanti un Brian con un sopracciglio alzato.
Sexy.”
“Ma perché sei sempre in mezzo al cazzo, Haner?”
“A Seward piaceresti sicuro in queste condizioni.”
Dopo avergli rivolto un’occhiataccia, Giuls scomparì nell’orizzonte e Syn si accomodò in stanza con passo felpato; alla sua vista, mi nascosi il viso tra le coperte ed Alisee pensò bene di iniziare a parlargli di Matt, abbandonando le mie braccia ed accomodandosi sul pavimento.
Dalle loro parole mi rendevo sempre più conto che quel ragazzo era apatico, senza sentimenti, e che le uniche dimostrazioni di affetto che dava le rivolgeva nei miei confronti. Dovevo sentirmi.. Onorata?
Si sedette ai  piedi del mio letto mentre io ero ancora avvolta dalle lenzuola, senza un centimetro di pelle scoperta, ed iniziò ad accarezzarmi il piede.
Allie.” Disse ad un tratto, interrompendo le lacrime della mia amica.
Dimmi.” Rispose lei, tirando su con il naso.
“Quel coglione ti ama. Non farti sti complessi, saprà aspettarti quanto cazzo vuoi. Vedi l’amore è come.. la carne. Puoi assaggiarne un pezzettino, ma può essere tua finchè non andrà a male. ”
“Che poesia.” Mugugnai io. Lui ridacchiò di risposta e continuo ad accarezzarmi il piede. Gli sferrai un calcio che, per fortuna mia e sfortuna sua, andò a colpire un punto parecchio debole degli uomini.
“Aiah, sei una troia.”
 Sentii Allie ridacchiare e Syn lamentarsi. Ero soddisfatta di entrambe le cose.
Dicevo.” Si schiarì la voce “Ascoltami. Giuls è fuori da mezz’ora. E’ nuda, ci sono tanti maniaci in questa scuola.. C’è anche il maniaco per eccellenza,ovvero Johnny.  Se fossi in te, andrei a controllare le sue condizioni di salute. Perché vedi”ridacchiò“Questa scuola è troppo grande per un cervello piccolo quanto il suo, perciò non voglio che le succeda nulla. Anche perché se le succede qualcosa, Kay sta male e io non voglio che lei stia male.” Mi scoprii il viso e lo guardai con una faccia da poker.
Mi sorrise dolcemente, Allie si limitò a guardarci male.
“Mi stai facendo salire l’insulina” disse lei.
“Ti voglio bene anch’io.”
“Vabbè. Vi lascio soli.” No Ali no ti prego. Non andare via. Cazzo.
Troppo tardi, quelle parole stavano per uscire dalla mia bocca ma lei era già fuori dalla stanza. Guardai con malinconia la porta e poi rivolsi le mie attenzioni a Brian, che nel frattempo continuava a sorridermi.
“Kay?”sussurrò, accarezzandomi la spalla.
“Haner.”
“Esci dalle coperte.” Sembrava un ordine.
“No, perché dovrei? Ho freddo.”
“Ma posso riscaldarti io.. Oh ma aspetta.” Mi guardò confuso e sorpreso, ed io mi chiusi tra le spalle.
“Che?”
“Sei senza trucco!” scoperta dell’America. Grandioso!
“E allora?”
“Sei bella.”  Si morse il labbro. Sarà anche una cosa carina e cosi via, ma io sono sempre stata una ragazza piuttosto apatica e anti complimenti, perciò non riuscii a ricambiare con qualcosa di dolce.
“Ma sta zitto.” Mi ricoprii la testa e sperai con tutta me stessa che se ne andasse.
Al contrario, sentii che si stava distendendo su di me e, dopo essersi sistemato  per bene, mi scoprì la fronte e mi stampò un dolce bacio su di essa.
Togliti o ti faccio cadere.”
“Vai pure, tanto non ci riesci.”
Senza neanche fargli finire la frase, lo spinsi per terra ma lui, di tutto punto, tirò a sé il lenzuolo facendomi cadere come una fetta di pane su di lui.
“Adesso ci sei tu sopra di me.” Ridacchiò maliziosamente, ed io lo guardai male.
“Sei sveglio.”
“Baciami” gli diedi un bacio in fronte. Ci fu un attimo di imbarazzante silenzio, che per fortuna finì presto.
Hai presente che c’ho quasi le tue tette in faccia?” chiese, accarezzando una ciocca di capelli
“Immagino che ciò ti dispiaccia.”
“No, in realtà neanche un po’.. Come mai sei senza reggiseno?”
“Ho dimentic.. Aspetta, non fissarmi le tette!” Gli rivolsi un’ennesima occhiataccia.
Dopo di che, mi alzai e mi ridistesi a letto; lui mi fu in un attimo vicino, sentivo il suo respiro fresco sulle labbra. Gli misi una mano sulla spalla e lo allontanai da me.
Mi fai fare cose che non voglio fare.”
“Tipo respingermi?”
“No, tipo baciarti.”
“Io non voglio baciarti.” Quell’affermazione era più falsa di una banconota da zero dollari.
“Neanche io” detto questo, gli diedi le spalle.
Inaspettatamente, si allontanò e si avviò senza neanche ricambiare la frecciatina verso la porta.
Ero lusingata dalle sue attenzioni, non potevo non ammettere che mi facevano piacere. Amavo il suo insistere, ma quando iniziava a gettare la spugna, mi preoccupavo; non posso non ammetterlo ancora, quell’uomo mi piace e non poco. Le uniche persone alle quali non volevo dirlo erano lui e me stessa.
“Me ne vado. Magari adesso ti sentirai meglio.” Il suo tono era quasi furioso, stanco di tutti quei rifiuti. Cercai di alzarmi più velocemente possibile e poggiai la mia mano sulla sua mentre stava abbassando la maniglia della porta. I nostri sguardi s’incrociarono.
Mi dispiace.” Sussurrai.
Dopo essermi persa un’ennesima volta nei suoi occhi, mi diede un bacio sulle labbra, avvicinandomi a lui e iniziando ad accarezzarmi la schiena; mi sentii morire. Era un’emozione che non avevo mai percepito e stavo stranamente bene.
Brian Elwin Haner Jr, forse, era ciò di cui avevo bisogno per stare meglio.
Ad un tratto la porta si aprì e colpì la schiena di Synyster, che fece un gemito di dolore.
Stai sempre in mezzo ai cazzi Haner.”
“Giuls.” La guardai male. Lei ci fissò felice mentre noi eravamo chiusi in un abbraccio e sorrise come una minchiona; dopo di che tornò ad ignorarci e si fiondò in bagno, urlando qualcosa che somigliava ad un “Stasera si ufficializza con Seward, perciò ceniamo tutti dai prof”
Brian mi guardò, riprendendo l’abbraccio che era stato interrotto poco prima dalla mia amica; poggiai la guancia sul suo petto e lui mi accarezzo dolcemente i capelli, facendomi rabbrividire.
La porta del bagno si aprì violentemente ancora una volta, e Giuls ci rese degni di un suo momento in biancheria intima.
Aveva un corpo da far invidia alle migliori modelle delle più grandi firme; non era esageratamente magra, ma aveva le curve al posto giusto e una muscolatura costruita dai tanti anni di pallavolo.
Oddio Davis, così mi fai eccitare.”
“Pensa alla tua tipa te, idiota.”
“Se non fossi proprietà privata, ti violenterei.”
“Se non fossi proprietà privata, ti avrei già tirato parecchi ceffoni.”

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Capitolo 13
*** Cap. 13 ***


“Cazzo Haner, stavolta facciamo tardi.” Gli sussurrai all’orecchio, mentre lui era intento a fare ben altro.
“Ssh.” Mi zittì con un altro dolce e lungo bacio sulle labbra.
Eravamo distesi sul mio letto, abbracciati per via delle dimensioni ridotte del materasso, chiacchierando e coccolandoci da un’ora o poco più. Mi sentivo tra le braccia di un bambino alle prese con il suo peluche preferito.
Posso dirti una cosa?” gli chiesi, accarezzandogli la guancia.
“Tutto quello che vuoi baby.”
“Mi piaci tanto.”
Le sue labbra si aprirono in un sorriso smagliante, un brivido mi percorse lentamente la schiena, come se un miliardo di formiche volessero raggiungere il mio collo dal pavimento. Quel momento di silenzio durò un bel po’, mentre lui si fomentava dopo quella dichiarazione io mi sentivo morire ad ogni suo minimo movimento.
Vuoi.. Emh. Non so come si fanno queste cose.” Improvvisamente il suo sorriso si tramutò in un’espressione confusa e poco convinta;  si alzò per potermi guardare meglio e sospirò lentamente, ricercando la calma. Lo fissai in attesa.
Vuoiesserelamiaragazza.”disse tutto d’un fiato. Non lo capii, mi limitai a ridacchiare e ad alzarmi sui gomiti.
“Cosa?”
“Tu.” Mi puntò annuendo. Gli feci da specchio. “Io.”
“Vorresti essere più di un’amica, con me?”
“Credo che non siamo più amici da un pezzo, Haner.”
“No.. Non in quel senso” scosse la testa, massaggiandosi le tempie. Continuai a guardarlo speranzosa.
“Ho intenzione di abbandonare il vecchio me. Ci sei? Iniziare da zero. Non cedere a tutte le tentazioni, promettere fedeltà ad una sola persona.”Aggiunse poi dolcemente, con tono quasi tranquillo e rassicurante. In realtà era tutt’altro che calmo, cambiava posizione ogni 3 secondi con movimenti nervosi e veloci. 
Dopo averne trovata una comoda, ovvero seduto sulle ginocchia, mi strinse la mano e, non riuscendo ad incontrare il mio sguardo e perdendolo nel vuoto alle mie spalle, mi chiese, con voce tremante:“Dicevo, vuoi essere la mia ragazza?” Ad un tratto il mondo mi sembrò un posto migliore.
“Perché no.”
Strabuzzò gli occhi, allontanando la faccia dalla mia, per poi deglutire rumorosamente e serrare gli occhi, come se volesse mettere a fuoco l’immagine di fronte a lui.
Sei seria?”
“Si!” risposi annuendo energicamente. La sua faccia si illuminò un’altra volta, e io continuai a perdere colpi a tale vista. Si avvicinò a me e mi baciò castamente, senza un minimo di malizia; riuscivo a percepire un qualcosa più forte della voglia di scopare e ne ero felice.
Si staccò, fissandomi per un attimo, per poi aggiungere soddisfatto
“Sei la mia prima ragazza.”
“Cosa?!”
“Eh si. Io non ho mai... chiesto a nessuna questa cosa. Cè, è la prima fottutissima volta che pronuncio sta cazzo di frase. Io non sono mai uscito con una ragazza, non ho mai provato niente.. Per una ragazza. Mi limitavo a portarmele a letto. Sono diventato un rubacuori, un sacco di gente ha sofferto per me e mi sento in colpa se ci penso, a volte.” Era impacciato. Era un bamboccione che non sapeva spiegare le cose. Per la prima volta nella mia vita, mi sentii stonata dalla sua presenza: iniziai a vedere soltanto lui presente nella stanza, anzi no,soltanto lui nel mondo intero con uno sfondo oscurato, appannato, non nitido.
Avete presente quando riuscite a vedere una persona soltanto davanti a voi? Solo quella persona e niente più, come se fosse l’unica cosa di cui v’importi sulla faccia della terra; ad un tratto ti passano davanti tutti i momenti che hai passato con quella persona, ricordi ogni cosa,ogni sguardo. Ridacchi, perché il più delle volte per quella persona hai sempre provato qualcosa di brutto, simile all’odio; prima non lo tolleravi ma , solo in quel momento, ti accorgi che non riuscivi a stargli vicino perché... Era come un pezzo di puzzle. Prima devi provarlo, poi trovi la combinazione perfetta per completare quell’unione. Brian era il pezzo del puzzle, ed in quel momento ci eravamo uniti.
Mi gettai sulle sue braccia ed iniziai a baciarlo un’altra volta, cercando di tradurre in quel gesto le mille parole che gli avrei detto . Senza parole, senza fiato, quello stupido pallone gonfiato mi aveva tolto tutto, ma mi aveva donato il suo cuore ed mi sentivo la donna più fortunata del mondo intero.
Improvvisamente poggiai lo sguardo sull’orologio attaccato alla parete.
“Cazzo ma è tardi!” ebbe un sussultò, e rivolse anche lui un’occhiata all’oggetto alle nostre spalle.
“Eh si. Vai a darti una sistemata dai, che stasera devo fare un fottutissimo bel discorso agli altri.”
 
Ovviamente, eravamo gli ultimi ad arrivare, in uno schifoso ritardo di un’ora.
Gli altri ci aspettavano all’ingresso e, non appena entrammo uno con le braccia sulle spalle dell’altra, non fecero altro che guardarci aggrottando le sopracciglia.
Ci sistemammo nella sala da pranzo, che era posta accanto alla pista di scale che permetteva di accedere al primo piano; era una stanza schifosamente enorme, con un tavolo altrettanto grande interamente di legno contornato da una quindicina di sedie di pelle bianca. La disposizione era più o meno quella di sempre:
Zacky era accanto alla sua amata Lisa, alla quale continuava a rivolgere sguardi e sorrisi ammiccanti, alla destra di Lisa sedeva Alisee, seguita da Matt –probabilmente avevano già fatto pace e chiarito tutto, non potevano stare uno senza l’altra per più di una giornata-. Affianco a Matt c’erano Jimmy e Bea.
Di Jimmy e Bea non vi avevo mai parlato: erano la coppia meno “vistosa”, non davano a vedere il loro amore a destra e a manca e non si scambiavano baci e sguardi senza fine come gli altri, ma si volevano tanto bene, un bene immenso. Conoscevo Jimmy, era il mio confidente, il mio migliore amico, io ero il suo libro aperto e mi raccontava sempre tutto; ciò che lei faceva per lui era indescrivibile, l’aveva fatto rigare dritto, gli aveva messo la testa a posto. Le ero grata davvero tanto.
A capotavola sedevano, insieme, Giuls e Johnny, e alla destra di Giuls io ed Haner.
Ad un tratto, Johnny si schiarì la voce.
Siete qui per un motivo ben preciso, no? A parte divertirci” sorrise, girandosi verso la ragazza sulle sue gambe“lei” la puntò“adesso è la mia ragazza ed io volevo rendervelo noto.”
“Come se non si sapesse già, Christ”tutti ridacchiarono, lui guardò male Matt.
“Zitto, Sanders.” Dopo di che sorrise ancora una volta al soggetto delle sue attenzioni e le baciò i capelli.
“Dicevo. Io amo questa donna. Questo è tutto.”
“Propongo un brindisi!” urlò Haner, alzando il bicchiere di spumante che si trovava davanti. Tutti lo fecero, sfoggiando i migliori sorrisi.
 “Alle coppie che si sono formate oggi!” aggiunse, bevendo il contenuto dell’oggetto che teneva in mano in un solo sorso; anche i ragazzi e le ragazze lo fecero, Johnny e Giuls si stamparono un bacio, Zacky, al contrario, prima di poggiare le labbra sul bicchiere si limitò a chiedere confuso:
“Coppie?”
“Ah, in effetti mi sono perso un passaggio anche io” aggiunse quasi acidamente Sullivan, guardandomi con fare sospettoso. Abbassai lo sguardo e girai nervosamente i pollici.
“Uuuh, che succede qui eh?” chiese Johnny subito dopo, dando una pacca sulla spalla a Brian, che gli sorrideva.
Succede che c’ho la ragazza anche io.”
Mi nascosi tra le mani cercando di evitare gli inevitabili sguardi degli altri, incollati su di me e su Syn che, al contrario, non sembrava per niente in difficoltà.
Non sei l’unico che promette amore eterno, Sew.”
“Oddio,vi siete messi insieme?” gli occhi di Alisee brillavano, Sanders sorrideva mostrando le sue spiazzanti fossette, Zacky e Lisa sospirano a ritmo con le spalle.. Tutti sembravano entusiasti, a parte i miei due migliori amici. Lo erano anche loro, senza dubbio, ma continuavano a guardarmi male con tanto di sopracciglia alzate ed io mi sentivo a disagio, e parecchio in colpa.
Tutti gli occhi erano fissi di me, non sapevo che fare, mi limitai a poggiare la faccia sul petto di Brian.
Si,lui era la mia protezione in quel momento. Non riuscii a capire come mai lo fosse diventata, ma lo era.
Mi strinse a sè, baciandomi la testa.
Si, a quanto pare.”
 Tutti erano spiazzati, sconvolti, a bocca aperta, felici e sorpresi.
La cena procedette nel migliore dei modi, ci sentivamo tanto a nostro agio, o quasi. A dirla tutta, mi sentivo nervosa, avevo bisogno di parlare con Brian e chiarire il tutto; mi aveva leggermente dato fastidio il suo comportamento perché prima di sbandierarlo al mondo volevo parlarne meglio, con calma e magari anche con Giuls e Jimmy. Non avevo il coraggio di guardarli negli occhi.
Mi sto annoiando” disse ad un tratto Matt, strofinandosi il naso con l’indice.
Ci eravamo spostati nel soggiorno, accomodandoci sui divani; Sanders aveva la testa poggiata sulle cosce di Allie, Lisa era distesa tra le braccia di Baker, Bea era seduta sopra le gambe di Sullivan, Johnny e Giuls erano stretti in un abbraccio dolcissimo occupando interamente uno dei due grandi divani della stanza.
Io mi limitavo ad stare seduta affianco a Syn, con il suo braccio che mi cingeva le spalle. Erano tutti piuttosto ubriachi, diciamo che gli unici ad essere rimasti lucidi eravamo io, Baker, Seward e ,colpo di scena incredibile, Haner, che probabilmente voleva farsi figo di fronte la sua nuova... ragazza. Oddio, quanto faceva strano, sentivo una tensione pazzesca nell’aria.
Improvvisamente, Sanders balzò in piedi e afferrò il telefono.
Ora chiamo qualcuno e invito pure un po’ d’alunni di quelli fighi. Stasera ci si diverte” affermò entusiasta, aprendo le labbra in un ghigno. Dopo aver composto un numero, diede inizio ad una serie di telefonate.
In un battito di ciglia il cortile della scuola si riempì di ragazzi e noi ci spostammo definitivamente lì; l’alcol iniziò a diventare il protagonista della serata e la musica a palla sorpassava le urla degli invitati.
 
Ero seduta sulla panchina, da sola, avevo perso di vista tutti a parte Brian che si era allontanato per un po’-in realtà era passata almeno una mezz’ora- per prendere birra. Sapevo che si sarebbe ubriacato, riuscivo ad anticipare una cazzata da parte sua, e avrei seriamente preferito rimanere al dormitorio quella sera.
Ero sempre stata una ragazzina antifesta, nonostante fossi amante dell’alcol e del fumo non mi trovavo bene ai party dei miei coetanei; al contrario credevo fossero futili, stupidi e senza alcun senso.
Non avevo mai capito se quello che pensavo fosse legato a una paura o ad un’intolleranza, ma lo pensavo e avevo perso la maggior parte dei miei amici per quel parere contrastante.
“Brian” Synyster si fece spazio tra la folla e si avvicinò alla mia panchina “posso parlarti?” chiesi non appena mi fu abbastanza vicino da poter ascoltare. Aveva una faccia poco sveglia e degli occhi quasi vitrei; pupille dilatate, fiato pesante. No, non era lucido, ma provai lo stesso a fare un discorso sensato.
 “Perché parlare? Voglio divertirmi stasera!” rispose, tossendo più volte.
“Brian.” Inevitabilmente mi preoccupai delle sue condizioni, ma lui con un gesto della mano mi bloccò.
“Ok scusa, dimmi..”
“Forse siamo stati troppo frettolosi, volevo chiarire la situazione con te prima di comunic..” gli urlai, per poter superare il volume della musica. M’interruppe, avvicinando le labbra che puzzavano di birra e vodka al mio orecchio.
“Ancora sta storia? Senti, facciamo così cazzo. Io non ti filo più, e tu nemmeno. Si, ti sto piantando. Stasera voglio scopare, e se tu non vuoi farlo vuol dire che lo farò con qualcun’altra, okay?” si mise a ridere.
Mi si annebbiò la vista.
Quelle parole mi squarciarono il petto con violenza: mi sentii asportare polmoni, cuore, tutto. Vuota, come un barattolo, confusa, incazzata. I sentimenti scendevano su di me come la pioggia di novembre violentemente si riversava sulle strade.
Sapevo che quelle parole non erano frutto di mente lucida, ma mi uccisero lentamente allo stesso modo; ci avevo creduto, mi ero illusa, ma dovevo farmene una ragione. Quello era Brian Haner, quella era una faccia di Brian Haner, non sarebbe cambiato ed io, in quel momento,mi accorsi che non ero fatta per lui come credevo. I pezzi di puzzle simili possono essere accavallati con violenza, ma non saranno mai il completamento dell’altro.
Rabbrividii, continuava a ridere.
Improvvisamente, sentii le guance paonazze e lui riprese quel minimo di lucidità necessaria a fargli capire che cazzata aveva appena fatto.
Mi alzai,lui mi sfiorò il braccio ma io scostai bruscamente la sua mano. Lo lasciai, abbandonai quel cortile, corsi senza meta lontano da ciò che aveva torturato una parte di me senza pietà. Ricordate quelle lacrime di cui vi parlavo qualche giorno fa? Quelle pesanti, che quando s’infrangono sul terreno fanno rumore? In quel momento, le mie scavavano vere e proprie fosse.
Mi sedetti per terra, non sapevo dove mi trovavo ma giacevo sicuramente su un pavimento. Poggiai la schiena al muro tanto forte da chiedermi seriamente se me la fossi rotta; gocce salate mi solcavano il viso e non avevano intenzione di fermarsi.
Perché?
Non avrei mai immaginato che quell’uomo prendesse così tanto di me, non avrei mai immaginato che mi avessi potuto innamorarmi di lui. Lo odiavo, era il pallone gonfiato che si fotteva le mie sigarette e ci provava senza riuscirci. No Kay no, c’è riuscito, t’ha preso per il culo e tu sei una fottutissima cogliona.
I pensieri affollarono la mia mente, sentivo tutte le frasi false che mi aveva detto rimbombarmi e accavallarsi.
Mi portai le mani alle tempie, stringendole.
Kay?” Kay? Aspetta, quella non era una delle tante voci del mio subconscio.
Alzai lo sguardo e mi trovai davanti un ragazzo dal viso familiare: ci pensai su per cercare di riconoscerlo ed arrivai alla conclusione che era il migliore amico di Allie, come si chiamava? Jared, si Jared.
I suoi occhi color cielo mi studiarono preoccupati, io li incrociai nonostante le lacrime non me li mostrassero al meglio.
 Jared era di un anno più grande di noi, frequentava la scuola da più tempo ed Alisee mi aveva sempre  detto che era un buon partito; aveva anche provato a farci mettere insieme, ed io ero quasi sicura che avesse un debole per me.
Due più due fa quattro, no?
Reagii d’istinto, la rabbia s’impadronì del mio corpo e non riflettei molto su cosa sarebbero state le conseguenze di quel gesto. Gli afferrai la faccia e lo baciai con passione.
Perché doveva essere sempre Brian lo stronzo? Perché i maschi devono sempre far soffrire le donne? Pregai perché qualcuno ci vedesse, pregai che qualcuno glielo dicesse.
Pregai il suo dolore, perché nessuno poteva farmi stare male senza essere punito.
Cosa fai?!” mi sussurrò allontanandosi per un attimo, ma io lo ignorai e continuai ad attaccare le mie labbra alle sue. Mentre le nostre lingue iniziavano a giocare, fummo interrotti da una voce che avrei preferito non ascoltare. Avrei preferito tutti, tutte le voci,tutte. Ma la sua no.
YORK! Cosa cazzo fai?!”
“Sullivan no, no no Sullivan!” spinsi Jared per terra e cercai di alzarmi in tempo per bloccarlo ma, come sempre, fu troppo tardi. L’unica possibilità che mi rimaneva era urlare.
Mi ha preso in giro!” cercavo di giustificarmi, ma avevo fatto una cazzata quasi più grossa di quella di Haner.
“E’ il mio migliore amico! Non se lo merita!” mi rispose, furioso. Riuscivo a vedere le fiamme dell’ira nei suoi occhi, non me l’avrebbe mai perdonato.
“Sono la tua migliore amica anch’io, Sullivan” mi puntai il petto, ricominciando a piangere senza sosta. Il batterista scosse la testa, sospirando deluso e girando i tacchi, probabilmente con l’intenzione di andare  a riferire l’accaduto per filo e per segno.
Mi girai verso Jared con la speranza di potermi giustificare anche con lui, ma se l’era già data a gambe. Ottimo York, sei una fottuta cazzona. Hai punito un gesto poco lucido con la vendetta più crudele che potessi mai infliggere. Mi vergogno persino io di essere la tua coscienza.


BUON ANNO A TUTTI VOI :D

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Capitolo 14
*** Cap 14 ***


I giorni iniziarono a scorrere lenti, si trasformavano in settimane ed in mesi. Ogni giorno che passava, moriva un pezzo di me;  la perfezione che avevo attribuito a quella scuola era diventata nulla, per poi trasformarsi in un incubo vero e proprio.
Più della metà dei professori faceva finta che io fossi un’alunna qualunque, e il più delle volte mi mandavano evidenti frecciatine dritte a quello che rimaneva del mio cuore stremato.
Entrare nell’aula quattro era un vero e proprio strazio, era la via più diretta per le peggiori delle torture; il professor Haner faceva finta che io non ci fossi, non mi degnava di uno sguardo e quelle poche volte che mi accorgevo che i suoi occhi erano fissi su di me, le sue espressioni erano schifate, ripudiate, distrutte.
Non potevo più perdermi nei suoi occhi, né baciare le sue labbra o le sue guancie.
Per non parlare dell’aula cinque.. Avevo saltato parecchie lezioni di ritmica ultimamente. Le poche volte che mi presentavo in classe facevo in modo di nascondermi tra gli altri, ma era comunque tutto inutile, il professor Sullivan mi fissava comunque, e non diceva una parola.
Il nostro “gruppo” si era diviso in due da quella sera:
da una parte c’ero io. Giuls era la mia migliore amica, mi appoggiava sempre e comunque nonostante avessi tutto il torto di questo mondo, e con lei Seward. Baker e Lisa erano imparziali, ma erano sempre disponibili a tranquillizzarmi e ad ascoltarmi quando avevo bisogno di sfogare e piangere con qualcuno.
Dall’altra parte c’era lui. Sullivan era il nodo in gola più difficile da ingoiare, perché invece di cercare spiegazioni nel mio gesto s’era inspiegabilmente schierato dall’immediato inizio. Dato che Jimmy stava dalla parte di Brian, c’era anche Bea ad appoggiarlo, e di conseguenza Allie, la sua migliore amica, e Sanders.
Allie e Bea non mi rivolgevano completamente la parola dalla mattina seguente al misfatto, dopo avermi fatto un discorso pieno di urla e rabbia.
Zacky e Johnny mi permettevano di saltare le altre lezioni, passandomi i compiti che assegnavano gli altri professori e spiegandomi brevemente ogni capitolo; mi ero ricreduta molto su di loro, erano davvero degli uomini fantastici e gentili. Ogni volta che chiedevo loro come mai si erano messi contro Brian, rispondevano ridacchiando che lo conoscevano bene e che tra i due ero sicuramente la persona più debole.
 
In quel momento ero seduta sul pavimento del mio dormitorio vuoto, con una valigia piena sulle gambe.
Sì, volevo andarmene.
Avevo parlato con mia madre, che aveva già preparato una camera per me nella nuova casa di famiglia e mi aspettava; avevo anche discusso parecchio con Giuls, avevo assistito alle sue lacrime ma lei, da brava persona che era, si era addirittura messa a disposizione per accompagnarmi ad Huntington Beach insieme a Johnny e Zackary.
Probabilmente erano già in cortile che aspettavano che finissi di prepararmi, ed in effetti, girandomi verso la finestra, mi accorsi che le mie ipotesi erano vere, perciò chiusi la valigia dopo averla attentamente studiata e mi alzai in piedi. Mi avvicinai debolmente alla porta d’entrata e salutai quella stanza, che avevo amato, odiato, occupato per quattro mesi della mia vita, facendo cadere un’ultima lacrima sulla moquette nera, che ne aveva sopportate davvero tante ultimamente.
Pronta?” mi chiese Giuls, non appena lei fui vicina, trascinando la valigia. Baker mi salutò con un gesto della mano.
Si.. Ma Johnny?”
 
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(Dal punto di vista di Haner)
 
Fissare la tazza piena di un fottutissimo caffè scadente non era interessante, ma continuavo a farlo da una buona mezz’ora. Di tanto in tanto, soffiavo verso il fumo che fuoriusciva da quell’orribile oggetto e lo fissavo incantato.
A distogliermi da quella concentrazione inutile quanto noiosa fu un nanerottolo platinato, che mi passò davanti con una giacca di pelle in mano, diretto all’uscita dell’edificio.
Johnatan?” affondai un biscotto al cioccolato nel contenuto della mia graziosissima –si fa per dire- tazza di merda. Il bassista di nome e di fatto indietreggiò, rivolgendomi uno sguardo sorpreso.
“Ah ciao Brian, non ti avevo visto. ” mi sorrise, ma non avevo la minima intenzione di ricambiare quel sorriso del cazzo. Dopo essersi reso conto che aspettare una mia espressione serena di risposta era inutile, fissò l’orologio che aveva al polso ed aggrottò le sopracciglia.
Ma tu non hai lezione?” chiese.
Riflettendoci bene, la mia prima ora avrei dovuto spenderla in compagnia del corso Vee. Odiavo quel corso per motivi ovvi, perciò decisi al momento di non presentarmi.
“Anche tu hai lezione”risposi, dando un morso a ciò che avevo affondato poco prima nel caffè. Mmh, delizioso.
“Eh, ho da fare.”
Fremeva dal nervosismo, ma non l’avrei lasciato andare a sbrigare i suoi cazzi senza sapere di che si trattava.
Cosa?” posai ciò che avevo in mano e mi alzai, avviandomi lentamente verso di lui e piazzandomici davanti.
Devo accompagnare una persona in città.” confessò, alzando lo sguardo per potermi fissare negli occhi.
Chi?
Fece un sospiro veloce spostando le sue attenzioni al cortile della scuola.
Serrai gli occhi, cercò di uscire ma non lo lasciai andare.
“Perché fai la moglie isterica, Haner?”
“Dimmi chi, nanetto del cazzo, se non lo fai non ti faccio uscire.”
“Un’alunna di cui non t’importa un cazzo” mi rivolse un’occhiataccia.
Che figo, Seward si rendeva disponibile per accompagnare alunne a cazzo in città. Che gentile, un vero pasticcino.
Nome? Magari è una delle tante che ho scopato nell’ultimo mese.” Sfoggiai un sorriso beffardo, poggiando la mano sulla maniglia della porta.
“York, Kay York.” Mi rivolse anche lui un sorriso, ma il mio andò affievolendosi sempre di più davanti a quella risposta.
Mi bloccai.
Kay andava via?
La parte romantica del pezzo di merda che ero si sentì in colpa, con un masso di almeno tre tonnellate sulla schiena. Al contrario, la parte bastarda del gran cornuto che ero.. No, in realtà si sentiva in colpa anche quella.
Perché mi sentivo così, porca puttana? Coscienza di merda, fottiti.
“Sicuramente non è nella lista di quelle che ti sei sbattuto ultimamente.” Aggiunse dopo un po’,scansandomi senza un minimo di delicatezza.
Non ebbi neanche la forza di fermarlo, prenderlo per il colletto, gettarlo a terra e correre fuori, mi lasciai sorpassare come se niente fosse successo, come se quello che aveva detto non mi avesse minimamente spiazzato.
Mi limitai a girarmi verso la finestra che dava sul cortile, aprendo lentamente la tenda e osservando la scena davanti a me: lei era lì, impacciata, tra Seward, Baker e la tipa di Seward.
Soffermandomi su di lei, mi accorsi che non indossava più la divisa della scuola, perciò ebbi la conferma che era lei l’alunna del cazzo della quale non mi importava un’emerita minchia.  Fu il colpo al cuore più grande che io abbia mai ricevuto.
Sullivan mi fu vicino senza che me ne accorgessi, poggiando lentamente una mano sulla mia spalla; non riuscì a guardarlo né lui guardò me, entrambi avevamo gli occhi fissi su ciò che avevamo davanti.
Ad un tratto, Baker si avvicinò alla ragazzina stringendola in un abbraccio caloroso e stampandole un bacio tra i capelli come facevo sempre io; non potete neanche capire quanta invidia provavo nei suoi confronti, né quanto avrei dato per poterlo fare di nuovo.
Non avrei potuto più stringerla a me come le piaceva tanto, non avrei più bagnato la mia maglietta con le sue lacrime e non sarei più stato soggetto delle sue occhiatacce e le sue frecciatine.
Tutte le cose brutte che le avevo augurato negli ultimi mesi sparirono di botto; è sempre così, infondo. Puoi truccare i tuoi sentimenti facendoli sembrare negativi, ma basta una di quelle gocce bastarde e BAM, ritorni a perdere la testa per una persona che non ha fatto altro che farti del male.
Salirono tutti nella decappottabile della rossa tutta pepe e odio che gli altri chiamavano Giuls tranne Kay,però, che prima di entrare e andare via per sempre mi puntò gli occhi addosso.
Non avevo mai creduto nella potenza di uno sguardo, fino a quel momento, era come se mi stesse dicendo “ecco ciò che vuoi.” ed io non ebbi neanche la forza di ribattere.
La cinquantesima delle pugnalate che mi ero inflitto da solo assistendo a quella scena, purtroppo, arrivò presto; Seward mise in moto e l’auto si allontanò, sparendo tra la pioggia.
Mi girai verso Sullivan, sentivo la vista annebbiata.
Soffrire per amore è da coglione.” Gli sussurrai, mentre la sua espressione era mutata incredibilmente trasformandosi in qualcosa di pieno di comprensione e robe da soap opera.
Sono un coglione.” Aggiunsi infine, sorpassandolo e fiondandomi nella mia camera, dove probabilmente avrei passato il resto dei miei giorni.
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(Dal punto di vista di Kay)

Il silenzio regnava sovrano in macchina, nessuno osava prendere l’argomento del mio abbandono né la motivazione; Giuls mi accarezzava la mano nascondendo le lacrime che le rigavano il viso da almeno un paio d’ore, Johnny e Baker di tanto in tanto facevano qualche battutina stupida per strapparmi un sorriso, uno di quelli con vita breve.
Improvvisamente, il mio telefono squillò, ma non era più Bat Country ad avvisarmi di una chiamata, bensì una semplice vibrazione: il numero era sconosciuto, ma anche se fosse stato uno scherzo avevo bisogno di distrarmi, perciò risposi.
“Kay?”  per un attimo sperai che quella voce appartenesse a Brian.
Ciao Sanders.”
“Dove sei finita? Non ti trovo da nessuna parte. Volevo parlarti.” Chiese poi, con tono preoccupato. Sentii una voce di sottofondo che sembrava proprio quella di Allie, che chiedeva insistentemente aggiornamenti su cosa stavo dicendogli.
“Oh, scusa se non ti ho avvisato, credevo non te ne fottesse più nulla di me. Ho lasciato la scuola.”
Silenzio, ancora una volta. Johnny mi diede un’occhiata per mezzo dello specchietto, preoccupato, ed io gli sussurrai il nome del mittente della chiamata.
Riuscii a percepire un debole “ha lasciato la scuola” che il cantante riferì allibito alla sua ragazza, ma, non permettendogli neanche di ribattere, chiusi la chiamata subito dopo. Non volevo parlare a lui, né a nessun’altro che avesse a che fare con la Vengeance University.
Ovviamente, il cellulare squillò ancora una volta.
Che cazzo vuoi ancora, Matt?!” risposi acidamente.
Non sono Matt, mi spiace deluderti.”
Oh, merda.
Mi persi nel vuoto di fronte a me, Giuls mi passò una mano davanti al viso ma non riuscii a dare segni di vita per dimostrarle che andava tutto bene. Mi ero dimenticata di quanto fosse bella quella voce, non la sentivo da giorni.
Mi dispiace che tu sia andata via. Mi dispiace non aver voluto chiarire tutta questa situazione quando ne avevo la possibilità. Ciao Kay, sono Brian.”
Baker si girò verso di me con sguardo preoccupato ed attento, abbastanza tale da poter percepire le parole che stavo ascoltando; dopo essersi accertato, suggerì a Christ di fermarsi e sussurrò a Giuls il nome della persona che mi stava parlando.
Volevo raggiungerti, ma il tempo non è dalla mia parte. Dire la verità è la cosa più difficile che si possa fare, ed io credo di aver mentito.”
Mi morsi le labbra per fermarle, dato che stavano tremando terribilmente come foglie.
Tu sei una persona abbastanza grande per decidere il da farsi. Credimi, non puoi neanche capire quanto io sia incazzato con te, ma non ti ho chiamato per finirti contro, come hanno fatto tutti. Questa discussione doveva compiersi, non c’eravamo ancora confrontati e scommetto che tu abbia avuto un motivo valido per fare ciò che hai fatto.”
“Brian..” lo interruppi, con voce tremante.
Ho sbagliato. Ti prego, non prenderti la colpa.”
“Le mie parole ti hanno fatto soffrire.”
“Ma dovevo risponderti con le parole anch’io, e non l’ho fatto. Ho fatto una cosa brutta, impensabile.”
“Si, hai sbagliato, non ti sto mica parando il culo. Sei una merda, lo sappiamo entrambi e non dovrei neanche ripeterlo.”
Restai in silenzio.
 Aspettò una mia risposta ma, accorgendosi che non avevo niente da dirgli, riprese
“Io non riesco ancora a perdonare ciò che hai fatto, ma posso capirlo. Nonostante questo, lascia stare per un attimo il discorso, in realtà ti ho chiamato per un altro motivo.”
“Ovvero?”
“Ritorna.” Sussurrò.
Iniziai a tremare, quell’affermazione mi distrusse.
“Perché dovrei? Ho tutti contro, la maggior parte dei professori non mi rivolge la parola e poi neanche posso contare sulle mie amiche perché le ho perse quasi tutte.”
“Non voglio che tu abbandoni questa scuola per cui ti sei tanto battuta per uno come me.”
Direi che dovevi pensarci prima.
“Hai reso i miei giorni un incubo continuo.” Gli confessai, scandendo ogni sillaba nervosamente.
“Anche tu l’hai fatto, ma io non scappo dai problemi. Li affronto”
“Mi stai dando della fifona?” chiesi rabbiosa.
Iniziava a darmi parecchio sui nervi quella discussione, per fortuna non la stavo affrontando  faccia a faccia; avrei potuto fare qualcosa di cui mi sarei pentita. Pensandoci, ho già fatto una cosa di cui mi sono pentita. Diciamo che sono miss facciocazzatesenzasosta.
“Non capisci mai un cazzo Kay.”
“Vabbè Brian, ti devo lasciare.”
“L’hai già fatto.” Ecco qua, zam. Una bella pugnalata al cuore.
“No, nel senso che devo chiudere la chiamata, perché sono arrivata a casa mia.” Non era vero - Johnny aveva bloccato l’auto sperando in un mio ripensamento- ma volevo tagliarla corto con lui prima di poter ripensarci sul serio.
“Kay.”
“Brian?”
“Vaffanculo, porca puttana, vaffanculo.” Avrei scommesso tutto quello che avevo, ero sicura che la sua voce stava tremando; era lenta, quasi calma, ma riuscivo a percepire che non era chiara come quella di sempre. Sperai che non stesse piangendo, non me lo sarei mai perdonata.
Non riuscii più a trattenere le lacrime, Giuls mi strinse a lei non appena se ne accorse e Baker mi accarezzò il ginocchio. Prima di chiudere definitivamente con lui, decisi di dirgli addio nel migliore/peggiore dei modi.
“Ti amo.” Affermai stremata, singhiozzando.
“Anche io.”  
Il colpo di grazia.

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Capitolo 15
*** Cap 15. ***


La pioggia mi aveva sempre affascinato.
Fin da piccola, dalle braccia di mia madre, amavo osservarla infrangersi sul vetro della finestra della mia stanza da letto; aveva un qualcosa di notevolmente interessante e riusciva a tranquillizzarmi più di una ninna nanna. In quel momento mi trovavo nella mia nuova camera –i miei, mentre frequentavo l’università, avevano comprato una casetta in periferia- e studiavo le figure astratte che le gocce di pioggia formavano sulle grandi vetrate che davano sul giardino. Scorrevano lente e silenziose, fino a perdersi nel pavimento del piccolo balconcino di fronte a me, scendevano come lacrime sulle guance. Di lacrime ne avevo riversate davvero tante.
Non piangevo da quel fatidico giorno. Avevo sempre considerato il pianto qualcosa di incredibilmente inutile, non ero la solita ragazzina sensibile che piange per tutto e per farmi riversare anche una minima e piccola lacrima ci voleva un evento davvero tragico.
Ultimamente avevo terminato tutte le gocce salate che avevo raccolto in diciassette anni di vita, strano vero?
Era passato un mese da quando me n’ero andata dalla scuola dei miei sogni e inoltre il mio compleanno sarebbe giunto a breve; il Diciannove Dicembre, data che odiavo più al mondo.
Le luci di Natale applicate intorno al ferro battuto che formava la ringhiera del mio piccolo balconcino cambiavano colori e m’incantavano, mi distoglievano dai pensieri che avevano messo radici stabilissime nella mia mente e che non avevano intenzione di svanire.
Quell’anno non avevo sentito per niente l’atmosfera natalizia, nonostante a casa mia i festeggiamenti fossero iniziati quasi un mese prima; da piccola il natale era la mia festività preferita, aspettavo Santa Claus sveglia tutta la notte e non riuscivo mai a spiegarmi come faceva ad essere così silenzioso da non farsi sentire mai.
Mi mancava la scuola, tanto. Mi mancavano tutti, mi mancavano le mie amiche, mi mancavano i professori e mi mancava Brian. Non c’era un giorno nel quale non mi pentivo di quello che avevo fatto.
Avrei sicuramente perso l’intero quadrimestre successivo e ricominciato l’anno dopo dal college di routine della mia noiosissima cittadina.
 
Il mio cellulare squillava ogni giorno, Giuls amava chiamarmi e lo faceva davvero spesso per non farmi sentire sola; mi raccontava le novità e m’implorava ogni volta di tornare, nonostante fosse consapevole che non l’avrei fatto per nessuna ragione al mondo.
Brian mi aveva sicuramente cestinata, come faceva di solito con le ragazze hai suoi piedi,  anche se Giuls mi aveva giurato il contrario; si portava a letto tre ragazze diverse al giorno, c’era da aspettarselo. La mia cara rossa mi raccontò anche che la Monroe si era subito accorta della mia assenza e aveva festeggiato, per poi vantarsi della riuscita del suo scopo, ma di lei non mi importava un bel niente. Non mi importava di cosa faceva, volevo solo il meglio per Brian.
Ultimamente avevo dormito poco, mi ero limitata a guardare le stelle in silenzio per ore intere. Si, le stelle, le mie amate stelle, che hanno ovviamente a che vedere con la prima notte che ho passato in sua compagnia. Le osservavo dal mio balcone, mi perdevo nella loro immensità e pensavo a chi fosse la fortunata che avrebbe dormito sulle sue lenzuola quella notte.

(Haner)

Pioveva.
Le gocce erano violente e si distruggevano rumorose sul prato del cortile.
Ero disteso sul mio letto, non ero solo ma era come se lo fossi; le mie attenzioni non erano rivolte alla ragazza completamente nuda che riposava addosso a me, ma alla finestra spalancata della mia stanza.
Le stelle brillavano come nessun’altra sera anche se le nuvole di pioggia occupavano la maggior parte del cielo, non feci a meno di incantarmi nel fissarle.
Negli ultimi tempi, da quando.. Bhè, da quel giorno su cui preferisco non soffermarmi, ogni sera portavo in camera una ragazza diversa, ma non mi ero imbattuto in nessuna che riuscisse a farmi sentire come mi faceva sentire la York.
Mi ero ripromesso che avrei finito di guardare le stelle solo quando avrei trovato una ragazza migliore di lei. Indovinate un po’? Ogni notte, ogni fottutissima notte della mia esistenza fissavo quelle cazzo di stelle, che continuavano a rinfacciarmi “Eh stronzo, tu l’hai lasciata andare”.
Tutto ok?” chiese improvvisamente la bionda teenager che fino a poco prima dormiva sul mio petto.
Mi guardò negli occhi.
Cercai con tutto me stesso di trovare qualcosa in quello sguardo, qualcosa che mi desse un motivo per innamorarmi di lei e dimenticare tutto ciò che affollava la mia mente da mesi; l’unico sguardo che mi avrebbe fatto rabbrividire ancora una volta era lontano da me una decina di kilometri.
Quegli occhi verdi mi sbucarono in mente senza pietà.
“Si, tranquilla.” Le risposi dopo un po’, non riuscendo neanche a staccare lo sguardo dal cielo.
E’ stata la notte migliore della mia vita” stai zitta puttanella, sto cercando di pensare.
Annuii nervosamente, continuando a non guardarla.
Mi fa piacere.”
“Brian?” mi mise una mano sulla guancia per farmi girare verso di lei.
“Dimmi Sarah.”
“Ti sei mai innamorato?” cazzo, ma che c’avete voi donne? I sensori?!
“Sì.”
“Quando?” Ma perché mi rompi le balle? Non ti caccio via perché m’hai fatto divertire,ma non approfittarne.
Quello era un argomento che non volevo assolutamente prendere.
“Lo sono ancora adesso.”
Improvvisamente mi alzai, prima che lei potesse replicare, e mi avvicinai alla finestra, tirando fuori la testa. Mi accorsi che la pioggia non aveva la minima intenzione di cessare, ma non le badai; permisi alle gocce di squarciarmi violente il viso, non avrebbero mai raggiunto il livello di dolore che stavo sopportando.
Le stelle, quelle cazzo di stelle. Sapevo che le stava fissando anche lei, era l’unico modo che mi restava per dirle qualcosa, l’unica maniera per poterla sentire vicina, ogni sera.

(Giuls)

Tutto era perfetto nei sogni.
Continuavo a vedere immagini mie e di Kay in spiaggia, sorridenti, intente a scherzare e ad abbracciarti come se nulla fosse successo.  
Ad un tratto la visuale si spostò alla Vengeance University, e l'immagine si fece più cupa di un incubo: riuscivo a percepire la delusione nell’aria, vedevo Kay andare e via e costruirsi una vita migliore con persone peggiori.
Era incazzata con me, nei suoi occhi riuscivo ad intravedere fiamme di ira; mi odiava perchè non l'avevo seguita ed io, senza alcun motivo preciso, nonostante sapessi che era solo un incubo, mi sentivo in colpa. Vedevo le altre lasciarla sola, vedevo le sue lacrime e le mie scendere contemporaneamente e non potevo né aiutare lei, né me stessa.
Giuls? Che c’è, stai male?”' aprii lentamente gli occhi e mi trovai davanti la solita faccia preoccupata da pesce lesso del mio Johnny.
“Tranquillo, solo un brutto sogno.”
Nonostante cercassi di tranquillizzarlo, mi fissava ancora preoccupato; dopo un po’ mi si avvicinò e mi sussurrò all’orecchio, con dolcezza inaudita:
 “Mi hai fatto prendere un colpo. Cerca di essere più silenziosa mentre fai gli incubi.”
Gli sorrisi, e lui mi baciò in fronte.
Quel sogno mi aveva messo troppa paura, mi mancava la mia migliore amica e volevo solo stringerla tra le mie braccia e chiederle scusa per averla fatta andar via; anche se non era mia la colpa, non riuscivo a perdonarmelo. Dovevo agire.
Improvvisamente, mi alzai dal letto e, notando di avere indosso soltanto un paio di slip, infilai la felpa del pigiama di Johnny e mi avvicinai al balconcino del dormitorio, spalancando i vetri opachi che davano sul cortile.
Mi accorsi che pioveva e mi saltò subito in mente un ricordo bellissimo: io e Kay ballavamo sempre sotto la pioggia nelle notti d’estate e ci divertivamo un sacco. Probabilmente, se fosse stata qui, sarebbe corsa sotto il temporale incessante insieme a me, come una bambina.
Dopo aver poggiato la mano sulla vetrata, sentii cingermi i fianchi dolcemente; Johnny poggiò il suo mento sulla mia spalla sinistra ed iniziò ad accarezzarmi i capelli con una delicatezza disarmante, come se fossi una bambola di porcellana.
Era più alto di me quasi di 3 cm e non mi dispiaceva: potevo fare a meno di indossare i tacchi e potevo sentirmi protetta tra le sue braccia.
Cosa c’è che non va?” mi chiese poi, accarezzandomi la guancia.
 “La sto perdendo.” Risposi, non riuscendo a fermare le lacrime che, senza neanche ascoltarmi, avevano ricominciato a correre lungo le mie guance.
 “Non perdi ciò per cui ti batti. Sei forte, sei una guerriera, e ottieni sempre ciò che vuoi” mi sussurrò, passando un dito sulle mie guance e  rivolgendomi un sorriso irresistibile.
Syn mi ha detto che sei stata l'unica ragazza a prenderlo in giro senza secondi fini. Matt mi ha raccontato di quante volte Alisee gli parla della tua pazienza, e Sullivan mi ripete sempre che Bea ammira tantissimo tutta l'energia che metti in tutto ciò che fai. Conosco molto bene Kay, lei non è stupida, non ti abbandona, siete troppo.. unite, per essere divise dalla lontananza.” Le sue parole mi rincuorarono parecchio; mi stava facendo sentire un po’ meglio ,lo ammetto, ma continuavo a piangere. Mi sarei solo accontentata di un suo abbraccio.
Continuavo a chiamarla ogni giorno, ma lei mi sembrava sempre più fredda e distaccata; non mi raccontava più nulla della sua vita, lasciava parlare soltanto me e, le poche volte che parlava,lo faceva superficialmente.
Ad ogni modo, sorrisi dolcemente a Johnny, stampandogli un bacio sulle labbra.
Era la prima volta che provavo qualcosa di così grande per un ragazzo, e, dopo avergli detto di amarlo, rimasi incredula. Non avrei mai pensato di dire queste due parole a qualcuno, ero troppo apatica. Da piccola, venivo sempre presa in giro per la mia insensibilità, per questo avevo trovato in Kay un’amica fidata; lei era come me, la amavo per questo.
Lui mi rispose con un mega sorriso e continuò a rivolgermi uno sguardo malizioso
Sei perfetta. Stavo riflettendo su quanto la mia felpa fosse enorme per te... Riescono ad entrarci due persone lì dentro..”
 Okay, era un invito bello e chiaro.
“Allora entra, da bravo.”
 Iniziammo a ridere, insieme, come se fossimo la metà perfetta dell’altro.
Promettimi che mi amerai sempre” disse bloccandomi.  Trecento scariche elettriche mi attraversarono la schiena contemporaneamente, come se fossi andata in cortocircuito. Ci pensai un po’ su; non potevo non ammettere di volerlo per sempre al mio fianco, però la vita mi aveva sempre insegnato che tutto aveva una fine.
 “Niente è per sempre” risposi rassegnata. Incontrò i miei occhi.
Fu uno degli sguardi più profondi che io avessi mai visto, nonostante non stesse parlando avevo già capito tutto.
Guarda come sono belle le stelle” aggiunse dopo un po’ per sviare il discorso. Girandomi verso la finestra, mi accorsi che il cielo era davvero luminoso quella sera. Ad un tratto mi fermai, ed iniziai a riflettere.
Il primo pensiero che mi saltò in mente fu, ahimè, l’ultimo a cui volevo pensare: Syn e a Kay.
Ogni secondo che passavo a studiare gli astri, mi convincevo sempre più che dovevo agire, e alla svelta, prima che fosse stato troppo tardi.
Johnny mi guardò, smarrito e confuso, mentre abbandonavo la sua felpa per indossare i miei abiti, poggiati su una poltrona al centro della stanza.
Portami da Syn.”  Il mio amato biondo aggrottò le sopracciglia.
Cosa vuoi da Haner? Ti prego non picchiarlo” si nascose il viso tra le mani, ed io scoppiai a ridere.
Dai, vestiti” gli lanciai la felpa e i jeans che giacevano da ore sul tavolo di biliardo. Sì, aveva un tavolo di biliardo in camera, figo, no?
Dopo un po’ si alzò e mi spinse sul letto, mentre io, intenda ad affibbiare i Jeans, stavo su un piede solo. Ovviamente persi l’equilibrio, abbandonandomi sulle lenzuola.
“Wow Seward, la tua forza e la tua velocità non smetteranno mai di stupirmi” gli dissi, con l’intento di provocarlo.
Io” si puntò il petto. “tu” m’indicò “facciamo una gara a chi arriva al piano di sotto più velocemente. Ti stupirò” Ridacchiai, divertita.
 “Perché non facciamo a gara a chi arriva prima all'orgasmo come tutte le altre coppie?” gli risposi sospirando e tirandolo a me per baciarlo.
Solo perché vinceresti tu.” Mi sussurrò, alzandosi e abbandonando la stanza velocemente.
Cercai di infilare ai miei piedi gli anfibi più in fretta possibile e, dopo che ci riuscii, iniziai a correre, ma al mio arrivo mi trovai il mio piccolo nanerottolo davanti la porta del Gates, a braccia conserte.
“Perché sei sempre in ritardo?”mi chiese, ridendo.
Abbassai lo sguardo sbuffando, lui mi si avvicinò e mi aggiustò i capelli.
 “Comunque non vuole aprire” aggiunse dopo un po’, puntando la porta chiusa alle sue spalle.
Quest’uomo tutto capelli laccati cerca rogne?
 “Hey Haner, se non apri sta cazzo di porta giuro che la butto giù.” Johnny iniziò a ridere sotto i baffi, ed io lo rimproverai “è mancanza di serietà, collega
Improvvisamente, Brian aprì la porta e mi fece accomodare e Seward decise, controvoglia, di lasciarci soli. Non riuscii a capire dove era diretto, ma gli diedi davvero poco conto; mi concentrai sull’uomo mezzo nudo di un metro e ottanta che mi trovai davanti.
 “Che vuoi?” mi chiese, assumendo la posizione di una donna impaziente.
La verità” risposi acida, guardandolo male.
Mi dispiace. Credo che tu la sappia già, no? Ero ubriaco e lei ha limonato con quel ragazzino di quattro soldi.” Aggiunse, sfoggiando un sorriso beffardo contornato da una profonda amarezza.
Notai che il suo letto era disfatto, probabilmente se l’era spassata quella notte in compagnia di qualche troietta del suo piccolo bordello; dopo che si accorse che mi ero soffermata sulle condizioni della sua stanza, si passò una mano tra i capelli e mi rivolse uno sguardo veramente triste, che mi spiazzò.
Io la amo, se parlo male di lei è perché vorrei dimenticarla, porca troia.
Avevo sempre sottovalutato le condizioni di Haner riguardo a quella situazione, in quel momento mi resi conto che stava male quanto me, se non di più. Mi fece quasi pena.
Sono stanco di non vederla, la rivoglio indietro cazzo.” Mi fissò dritto negli occhi, facendomi rabbrividire.
Mi manca il suo profumo, le sue frecciatine che mi facevano incazzare.  Il suo corpo esile addosso a me ed il suo calore... Non ce la faccio più
Aveva le lacrime agli occhi, era debole, l'unico che non riceveva nessun appoggio concreto. Gli amici ci sono sempre, ma a volte senti il bisogno di essere amato, e lui non lo era, da nessuno, se non da una persona troppo lontana.
Mi abbracciò, improvvisamente.
Quel suo gesto mi fece rimanere immobile, allibita.
Il Synyster fucking Gates stava soffrendo. Quel ragazzo tanto superbo, acido, indomabile era improvvisamente caduto tra le mie braccia come un gattino indifeso. Non riuscii a far altro che dargli pacche amichevoli sulla schiena; non ero brava nel consolare, ma avevo visto alcuni film d’amore e potevo cavarmela.
Vuoi Kay qui, non è vero?” gli chiesi fissandolo negli occhi ed evitando gli inutili giri di parole.
Porca puttana.
Vestiti e andiamo a prenderla”  sciolsi l’abbraccio e lo spinsi lentamente.
Avercelo addosso,lagnoso come un’isterica ragazzina in preda ad un pianto da teenager, mi infastidiva.
Va bene che ci stai male, e robe varie. Ma che cazzo ti piangi? Agisci!
Gli porsi la mano, come se volessi richiedergli una tregua. Lui la rifiutò
Senti, è tutto un segreto tra me e te. Adesso continuiamo ad odiarci come abbiamo sempre fatto, okay ?
Sei un coglione. Adesso andiamo a recuperare Johnny” aggiunsi cercando di sembrare minacciosa.
 In fondo a quello stronzo volevo davvero bene, ma non l’avrei mai ammesso.
 “Sono sempre stato qui dietro” disse Johnny, sbucando dal bagno improvvisamente, con una birra in mano. Quella pulce era un ninja.
Guardai Brian, lui rivolse un’occhiataccia al mio uomo.
 “Parlane con qualcuno e ti faccio crescere io.”
 “Tranquillo fratello” rispose Seward, bevendo un sorso di birra e dando un’ amichevole pacca sul sedere di Brian.
 
Non appena arrivammo in macchina, dovetti sopportare tutte barzellette idiote che Syn e Johnny si scambiavano per ammazzare il tempo; quando, finalmente, capirono che non avrei retto fino la mattina seguente lucida, mi fecero accomodare sui sedili posteriori e iniziarono a parlare a bassa voce, permettendomi di dormire. Fu una notte parecchio interessante, durante la quale ebbi la conferma che anche i peggiori coglioni potevano innamorarsi.

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Capitolo 16
*** Cap. 16 ***


(Giuls)

“Non ho la più pallida idea di dove sto andando. Sicuro che la strada sia corretta?”
Johnny girava a vuoto da circa un’ora per Huntington, provando ogni traversa, ogni vicolo e ogni stradina di campagna senza riuscire,però, a trovare casa di Kay. Haner continuava a muovere il ginocchio nervosamente, rivolgendomi parecchie occhiatacce di tanto in tanto e studiando i paesaggi che scorrevano veloci fuori dal finestrino. Si notava a miglia di distanza che non stava più nella pelle.
“Si, ne sono certa! Mi ha scritto l’indirizzo via sms, guarda.” Gli passai davanti agli occhi il mio adorato iphone, in modo da non farglielo neanche minimamente sfiorare.
Tenevo un sacco a quell’oggetto, ma non perché era costoso o robe varie: era il regalo che mio padre mi aveva dato quest’estate, prima che partissi per l’università, in modo da poterci tenere in contatto spesso. Sono sempre stata molto legata a mio padre, è praticamente il fratello maggiore che non ho mai avuto; infatti ero figlia unica, la prima di tre nipoti nella mia famiglia, la più grande e la più stimata da tutti i parenti; amavo e andavo d’accordo con tutti, al contrario delle mie coetanee, che sembravano sempre odiare tutto e tutti.
“Cazzo Giuls, chiamala e fattelo dire con precisione!” urlò il ragazzo alla mia destra, passandosi una mano tra i capelli corvini.
“Non fare l’impaziente Haner. Magari dorme” ipotizzai io, cercando di calmarlo ma con scarsi risultati.
“No, non dorme.”
“Come cazzo fai ad esserne così sicuro?” tacque per un attimo, io alzai un sopracciglio.
“Lo so.” Sbuffò e rivolse un altro sguardo verso il finestrino.
Finalmente, dopo una ventina di minuti da quel piccolo dialogo, dopo numerosi ostacoli e perdite di tempo, arrivammo a destinazione.
La nuova casa di Kay era piccola, sembrava vagamente uno di quelle case di Londra, candidamente bianche con grandissime vetrate; riuscivo a intravederla dalla finestra della sua stanza, la mia amata carota, era seduta sul suo letto e, come presumeva Haner, era sveglia.
Johnny posteggiò a una decina di metri dall’entrata dell’abitazione, con maestria, e, prima di avvisare la diretta interessata del nostro arrivo, iniziammo a metterci d’accordo sul da farsi.
Perfetto, eccoci.” Affermò il mio ragazzo, conservando la chiave dell’auto in tasca e guardandomi, in attesa.
Allora, che si fa?” chiese Haner, fissando l’amico al suo fianco, alla ricerca di una risposta; praticamente formavamo un triangolo di sguardi.
Poggiai i gomiti sui due sedili di fronte a me e mi avvicinai a loro, cercando di riflettere su qualcosa di sensato.
“Facciamo così: scendiamo, la chiamo al cellulare e le chiedo di aprirci.” proposi io. La mia ipotesi era piuttosto smorta e poco emozionante, infatti fui quasi subito interrotta dal mio Johnny.
“No, io ho un’idea migliore.” Aggiunse, indicandomi con lo sguardo la terza persona presente in quell’auto. Ci girammo contemporaneamente verso Syn che, allungando le mani a mo di bloccarci, si limitò a scuotere la testa.
“No, non se ne parla.”
“Perché?!”
“Io.. Non so che dirle!” si  nascose il viso tra le mani, Johnny serrò gli occhi.
“Agisci d’istinto.” Gli suggerì lui, Brian lo guardò malizioso.
“Se lo facessi, me la scoperei violentemente.”
“Maiale.”
 
Ad un tratto, il mio uomo, poco paziente come sempre, interrompendo le parole che ci stavamo animatamente scambiando io e Syn, suonò il clacson, ripetutamente, in modo da catturare l’attenzione di Kay; lo guardammo male, lui si strinse tra le spalle.
Brian, scendi. Non vorrai mica farla aspettare..” gli diede una pacca sulla spalla, spingendolo verso il finestrino.
“Ma Johnny, non so cosa dirle!”
“Ti verrà dal cuore, se ne hai uno!” risposi io.
Dopo aver sospirato profondamente e averci fulminato con gli occhi, ci abbandonò.
Mi incollai al vetro, in modo da studiare ogni cosa e non farmi sfuggire nulla; non vedevo l’ora di fissare la faccia della mia amica, non vedevo l’ora di riabbracciarla, ma prima dovevo lasciar il posto ad un qualcosa di più importante.

 
(Kay)

 
 
Anche quella notte la passai in bianco.
Ormai le occhiaie da mancanza di sonno avevano occupato metà del mio viso pallido e smorto; mangiavo poco, passavo la maggior parte delle giornate ad aspettare impaziente la sera per poter osservare le stelle e non sentirmi sola.
Ad ogni stella, affidavo un ruolo; la stella polare, la più luminosa, la mia guida, potete immaginare che nome aveva ottenuto. Rimanevo a fissarla, pensando a cosa stesse facendo in quel momento la persona a cui pensavo. Quali labbra stava baciando? Che ragazza stava facendo ansimare?
Non riuscivo a perdonare ciò che avevo fatto, non riuscivo a mettermi il cuore in pace, ero la più grande cospirazione contro me stessa; avete presente quando iniziate ad essere stufi di ciò che fate? Quando vi pentite così tanto di un’azione che iniziate ad ignorarvi?
La notte sembrava ancora lunga, ma improvvisamente, un clacson interruppe i miei pensieri.
Quella zona non era molto popolata, tutto il contrario; era noiosa, i miei vicini di casa erano over settanta e non possedevano neanche delle auto. Erano tutti ciechi, sulla sedia a rotelle ed io mi sentivo sempre più vecchia a contatto con loro.
Non appena mi affacciai dal balcone, senza neanche mettere a fuoco ciò che mi trovavo davanti, riconobbi subito il colore accecante della decappottabile da cui proveniva quel rumore: rosso fuoco.
Solo una persona possedeva un’auto tanto tamarra ed orripilante.
Senza pensarci due volte, mi catapultai giù per le scale, non badando alla pesantezza dei miei passi; non mi importava se i miei o mia sorella si fossero svegliati, non mi importava nulla.
La mia Giuls era lì, era notte fonda ma era lì, per me.
Prima che io potessi arrivare al piano di sotto, bussarono con impazienza alla porta ed io iniziai ad accelerare il passo; Dio, l’avrei stritolata in un abbraccio senza fine, tanto forte da non farla respirare.
Avevo un sorriso piacevole che m’illuminava il viso, quel viso sul quale non appariva una cosa del genere da almeno quaranta giorni.
Non appena fui davanti alla porta, pronta a spalancarla e a saltare tra le braccia della mia amica, respirai profondamente. Dovevo calmarmi, ma era impossibile; iniziai ad avere il fiatone e a non riuscire a smettere di sorridere.
Dopo un paio di minuti, capendo che, anche se avessi aspettato una vita, non sarei riuscita a rilassarmi, misi una mano sulla maniglia e la abbassai.
BAM, coltellata.
Chiusi gli occhi, le gambe iniziarono a tremare e cercai di non cedere.
Restammo immobili per un minuto pieno.
I suoi occhi color cioccolato erano penetrati dentro i miei senza pietà e non riuscivo a dividerli.
Non era la ragazza rossa che avevo aspettato di trovarmi davanti, era tutt’altro;  nonostante fosse tutto ciò che desideravo, mi trovavo in difficoltà e non avevo la più pallida idea di cosa fare.
Non avevamo ancora chiarito, lui mi era mancato in un modo spaventoso ma probabilmente io non ero mancata a lui; pensandoci un po’ su, però, se non gli fossi mancata non sarebbe stato davanti a me, in attesa..
Se gli fossi saltata addosso, sarei sembrata troppo precipitosa, ma non intendevo certo dargli la mano.
L’unica ipotesi plausibile che misi in atto era aspettare una sua mossa, che fortunatamente arrivò presto.
Mi sorrise.
Quanto mi era mancato quel sorriso? Irresistibile, disarmante, meraviglioso, come sempre.
Gli sorrisi di risposta, ma ero sicura che la mia, al contrario, fosse un’espressione parecchio rincoglionita e sorpresa.
Non potevo di certo raggiungere la sua perfezione.
Scusa.” Sussurrammo insieme.
Non appena ci rendemmo conto di averlo detto all’unisono, ridacchiammo.
C’era troppo nervosismo nell’aria.
Mi accorsi che Giuls e Johnny erano barricati nell’auto, posteggiata a circa dieci metri dall’entrata di casa mia; riuscivo a vedere la mia rossa attaccata al vetro, emozionata, mentre il piccolo ragazzo era alle sue spalle, sorridente.
Ad un tratto fui costretta a risposare lo sguardo su ciò che mi trovavo davanti, dato che questo iniziò ad avanzare verso di me, improvvisamente, senza darmi il tempo di ribattere; mi avvicinò il viso al suo con l’aiuto della sua calda mano sulla mia guancia, e mi diede un bacio.
Un bacio senza fine.
Quel gesto si spiegò più di mille parole.
Non mi aveva sbattuto al muro con prepotenza, mi avrebbe solo fatto capire che voleva il mio corpo.
Non mi aveva ricordato che avevo sbagliato con un saluto stizzoso, mi avrebbe fatto soffrire.
Mi aveva soltanto dato il miglior bacio della mia esistenza, e capii che era la cosa più bella che mai qualcuno avesse fatto per me.
Le lacrime ricominciarono a scendere, ma quella volta non erano di dolore, ma di felicità inspiegabile; si fusero tra le nostre labbra e diedero un accento salato alla nostra irrefrenabile  passione. Mandai a puttane tutti i puzzle mentali che m’ero fatta.
Non siamo la metà perfetta? Non m’importava.
Non siamo la coppia perfetta? Non m’importava.
Non ci completavamo? Non m’importava un emerito cazzo.
Eravamo due grandissimi stronzi, eravamo due grandissimi coglioni, sbagliavamo continuamente e avremmo sicuramente sbagliato in futuro nei confronti dell’altro, ma cazzo.
Io volevo solo stare con lui e lui con me, dei piccoli errori del genere non ci avrebbero diviso così facilmente.
Non saremmo stati insieme tutta la vita, non saremmo saliti ad un fottutissimo altare, ma porca puttana era quello che volevo e me n’ero accorta troppo tardi.
Dopo aver staccato dolcemente le mie labbra dalle sue, gli sorrisi, soddisfatta.
Rimani qui, stanotte?” speravo in una risposta positiva.
Avevo bisogno di passare una notte con lui, un’ora, un altro secondo prima di lasciarlo andare un’altra volta.
Non hai ancora capito? Adesso fai le valigie e torni all’università.”
Spiazzante, sul serio.
Chiusi gli occhi e abbassai lo sguardo, lasciando cadere la mano che nel frattempo era intenta ad accarezzargli la guancia.
Non posso” scossi la testa.
Dopo un po’ iniziai a non tollerare più il suo sguardo persuasivo, perciò entrai in casa mia cercando di chiudermi la porta alle spalle; infilò il braccio prima che potessi chiuderla completamente e, mentre io iniziavo a salire le scale, lui mi seguì.
“Kay!” s’infilò nella mia camera subito dopo di me, e mi strinse a sé in un dolcissimo abbraccio. Poggiai entrambe le mani sulle sue enormi spalle, cercando di bloccare i singhiozzi. Ma che minchia ero diventata? Una pappamolle? Cazzo Kay, sto amore ti sta rincoglionendo.
A rincoglionirmi in maniera peggiore, ci pensò lui subito dopo.
Io ti amo. Capito? Ti amo. Sono arrivato fin qui, cazzo, ho dovuto sopportarmi una coppietta tutta zucchero e miele per tre fottutissime ore in un viaggio che sembrava davvero senza una fine. Sono qui, sono venuto a prenderti!” mi guardò ancora una volta fisso negli occhi, stavo iniziando seriamente a sciogliermi come gelato al sole.  Non riuscii a tener alto lo sguardo per più di dieci secondi, mi sentivo troppo in difficoltà e provavo vergogna.
“Non ho il coraggio di guardarti negli occhi.” Sciolsi l’abbraccio e mi allontanai, poggiando la testa alla parete blu notte della mia camera.  Sentii ancora una volta il suo sguardo addosso.
 “Perché?!” il suo tono iniziò ad aumentare di volume.
“Sono una puttana, ho limonato con uno sconosciuto e non merito niente di quello che tu stai facendo .”
Avevo lo sguardo fisso nel vuoto davanti a me, l’avambraccio e i gomiti premevano pesantemente contro il muro ed io cercavo di porre fine a ciò che stavo provando in quel momento.  Non mi ero mai sentita così .. Sporca, come se avessi commesso un reato.
“Vuoi che me ne vada senza di te?” mi chiese, avvicinandosi a me e accarezzandomi la schiena.
Mi girai, i suoi occhi erano lucidi.
“Sì.” Risposi, asciugandomi le guance lentamente.
“Bene, perché io non intendo farlo. Se non prepari quelle cazzo di valigie all’istante ti porto io di peso.” Alzò le sopracciglia, per sembrare minaccioso, ed io ridacchiai divertita; amavo le espressioni che faceva quando voleva qualcosa a tutti costi, dava l’idea di un bambino capriccioso alle prese con una mamma poco permissiva.
“Tutti mi odiano, mi reputano una troia e le voci a scuola avrebbero sempre da ridire” dissi ad un tratto, per risposta, cercando qualche ragione plausibile ma soprattutto spiegabile per lasciarlo andare.
“Da quando t’importa delle voci?”
“Da quando nella mia vita ci sei anche tu.”
“Io ho sempre avuto una brutta reputazione.”
“Mi dispiace.”
“Smettila. Ora vieni con me.” Mi sfiorò la mano ed io la intrecciai con la sua. La sua faccia tornò ad essere minacciosa, ed io ricominciai a ridere.
“Non ridere, se no ti faccio vedere la furia del Gates.” Annuii,alzando le sopracciglia e serrando gli occhi.
“La furia di che?”
Senza neanche farmi finire la frase, mi spinse sul letto e si distese sopra di me con movimenti lenti e abbastanza stonanti; quell’azione mi provocò uno stato poco lucido peggiore di una sbronza. Non appena sentii il suo petto al contatto con il mio, emisi un gemito, lui avvicinò il suo viso ad un palmo dal mio naso.
“Devo continuare a farti arrapare per poterti portare all’università?”
Non riuscii a rispondergli, ero in estasi.
“Ti prego non morirmi ora” implorò, sfoggiando un sorriso sghembo.
Va bene, non muoio, però tu non mi aiuti.
 
Dopo una decina di minuti, la mia valigia era già piena ed aperta sul letto; avevo anche perso piuttosto tempo dato che Syn, aprendo l’armadio di mia sorella, infilava dentro le tasche del mio bagaglio vestiti succinti e lingerie che io, mentre lui era distratto a prenderne altre, nascondevo sotto il letto. Ne lasciai soltanto una, nera e abbastanza corta, che avrei messo come pigiama accompagnata da un paio di pantaloni.
 L’unica cosa che mi rimaneva era avvisare i miei genitori.
Decisi che l’azione più adatta da fare era scrivergli un biglietto, sicura della loro comprensione; non appena lo scrissi, aprii la porta per scendere al piano di sotto e piazzarlo in soggiorno, magari sul frigorifero.
Ecco da dove venivano tutti quei rumori.”
 La mia amatissima sorella maggiore mi blocco il cammino, sorridendo maliziosamente.
Elle, fila a letto” la guardai male, lei ridacchiò.
“Dove cazzo vai con questa valigia?” puntò il bagaglio che portava Brian con fare sospettoso, rivolgendomi un’occhiataccia.
“Torno a scuola” risposi, stringendomi tra le spalle.
“Ah. E lui?” spostò l’indice sul ragazzo al mio fianco.
Brian si passò la mano tra i capelli corvini con sguardo affascinante, io mi limitai a scuotere la testa di fronte a tale falsa modestia.
“Sono venuta a prenderla.” Sussurrò infine, facendo una delle sue solite espressioni accattivanti.
“Tu sei il tipo del funerale? Figo.”
Decisi di interromperli prima che potessero ricominciare a parlare del più e del meno come vecchi amici al bar.
“Lo dici tu alla ma..”  mi interruppe, riavviandosi verso la rampa di scale.
“Si, tranquilla, vai pure. Ti prego però, non voglio nipotini.” La guardai male, parecchio male, e lei mi sorrise ancora una volta; dopo di che le diedi il biglietto che avevo in mano ed abbandonai l’abitazione, chiudendomi la porta alle spalle e tenendo ancora una volta le dita intrecciate a quelle di Brian, con l’intenzione di non farle più slegare.

 
 

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Capitolo 17
*** Cap.17 ***


Non appena i due ragazzi nell’auto si accorsero del nostro avvicinamento, abbandonarono il veicolo e ci vennero incontro con passi veloci e sorrisi adorabili; Giuls mi fu davanti in un battito di ciglia e, senza fiatare né dirmi qualcosa, mi strinse in un abbraccio perfetto quanto inspiegabile.
Talmente eravamo strette l’una all’altra che il fiato iniziò subito a mancare ad entrambe, ma non ci importava; mi era mancata come nessun’altra cosa al mondo,  e non avrei certo badato alle esigenze del mio corpo con una voglia così grande di sentirla vicina.
Era una fottutissima sorella per me, non avrei potuto continuare a vivere senza vederla ogni giorno; mi faceva arrabbiare molto spesso, mi mandava su tutte le furie, era testarda e per ottenere ciò che voleva era disposta a scendere ad impensabili compromessi, ma hei. E’ la mia migliore amica, no? Le migliori amiche si vogliono un bene immenso ed indescrivibile, e devono sempre accettarsi per ciò che sono.  
Noi lo facevamo, per questo andavamo d’accordo da anni senza –quasi- mai litigare.
Davis” le sussurrai, appena sciolsi l’abbraccio. La guardai negli occhi e lei mi sorrise. Mi si riempì il cuore a quella vista.
York.” Aggiunse lei, accarezzandomi il dorso della mano. Ora il mondo, il mio mondo, era diventato un posto perfetto e ricominciai a stare bene, non avevo bisogno di nient’altro.
“Haner!” urlò ad un tratto Johnny, aprendo le braccia verso il ragazzo al mio fianco.
“Seward!” rispose lui, andando incontro al piccoletto e stringendolo in un abbraccio che lo alzò di circa venti centimetri da terra; io e Giuls ci limitammo a ridere come due stupide di fronte a quella vista poco virile e, dopo che smisero di fare i coglioni, ci avviammo insieme verso la decappottabile della rossa.
 
Le spiagge di Huntington di notte erano meravigliose.
Sull’acqua limpida e trasparente dell’oceano riflettevano le luci della luna, rigorosamente piena, delle stelle e dei lampioni lungo il molo; per fortuna la pioggia aveva interrotto la sua caduta, lasciando posto ad un cielo davvero mozzafiato. La sabbia chiara dava l’idea al sol guardarla di qualcosa di fresco e piacevole, mi sarebbe tanto piaciuto salutare per bene tutto quello spettacolo, ma eravamo già in cammino con una destinazione, e poi era dicembre.
Ero distesa sui sedili posteriori dell’auto, con la testa appoggiata sulla spalla di Brian, intento ad accarezzarmi i capelli e a guardare le stelle fuori dal finestrino, con un viso incantato simile a quello di un bambino davanti ad un cartone animato. Di tanto in tanto mi sorrideva e mi accarezzava il viso, ed io gli stampavo un bacio in guancia.
Se pensavo a quanto fossero cambiate le cose dall’ultima volta che avevamo guardato il cielo insieme, rimanevo allibita; ci odiavamo, avevamo passato una giornata ad insultarci ed eravamo rimasti fuori dalle nostre camere entrambi per la solitudine -nel suo caso- o per occupazione abusiva del proprio letto -nel mio-.
Non eravamo cambiati più di tanto da allora, c’eravamo soltanto accorti che uno era abbastanza stronzo per stare con l’altra, e viceversa.
Piccioncini.” Urlò steward ad un tratto, osservandoci dallo specchietto. Ci sorridemmo.
Siccome ho parecchio sonno, che ne dite se ci fermiamo? Potrei riposare le mie membra per un’ora o poco più” si massaggiò le tempie, fissando l’orologio “tanto sono ancora le tre del mattino..”
Syn mi guardò, cercando risposta.
“Okay.” Sussurrai io, stringendomi nelle spalle. Giuls mi rivolse uno sguardo che tradussi in un “GRAZIE MILLE TI AMO”.
 
Notando che i nostri amici avevano una necessità abnorme di riposare, molto più di quanto ne avessimo noi, decidemmo di lasciarli soli ed avviarci verso la meravigliosa spiaggia alla nostra destra.
Il mare era calmo, la sabbia era davvero fresca; non riuscii a resistere all’enorme tentazione di togliere le scarpe per toccarla a piedi nudi,perciò abbandonai il mio amato paio di Dr. Martens ad un paio di metri dalla riva.
Da piccola, con Giuls, amavo scendere giù in spiaggia a giocare, quando calava la sera. Vivevo in una piccola casa che dava direttamente sul mare, mia madre l’aveva acquistata con i propri risparmi quando aveva ancora sedici anni e ,dopo il matrimonio con mio padre, si era stabilmente trasferita lì in sua compagnia; amavo quella casa con tutta me stessa, ma per potermi mandare all’università i miei erano stati costretti a venderla, acquistando la loro piccola e noiosissima villetta in periferia  dove, attualmente, abitavano.
Dopo aver cominciato ad alzare i pantaloni fino ai polpacci, in modo che non si bagnassero, avanzai lentamente verso l’oceano; l’acqua era calda e piacevole e, non appena entrai in contatto con essa, rabbrividii.
 Brian mi fu vicino solo dopo una manciata di minuti e, non appena poggiò il suo petto alla mia schiena, mi accorsi che era senza maglietta.
E’ dicembre!” ridacchiai guardandolo, confusa. Mi rivolse un’occhiata ammiccante.
Sono caldo dentro”
No, non era cambiato per niente.
Dopo averlo preso in giro per una buona mezz’ora e aver riso insieme a lui, ricominciai ad osservare il cielo, incantata. Rimasi in mobile per un po’, osservando l’immensità della candida luna e sospirando a tempo con le spalle un paio di volte; l’unica materia nella quale andavo discretamente bene, al college, era l’astronomia, ma non mi ero mai spiegata come mai l’avessi così cara.
Ero troppo affascinata dagli astri, avrei potuto osservarli per giorni interi, come un goloso di fronte ad una vetrina di dolciumi.
Improvvisamente sentii un paio di mani calde avvolgermi i fianchi e stringermi in una sottospecie di abbraccio; non mi diede neanche il tempo di guardarlo negli occhi, mi stampò un bacio sul collo e appoggiò il mento sulla mia spalla, in modo da poter guardare le stelle insieme a me.
Sentivo la sua guancia a contatto con la mia, non capivo come potesse essere tanto calda, dato che era dicembre, io stavo gelando e lui era, con una disarmante nonchalance, privo di maglietta.
Riuscii a prevedere una notte piuttosto interessante, in spiaggia, insieme a lui.
Quante ragazze ti sei scopato mentre io non c’ero?” cercai di fare la gelosa, ma in realtà non mi importava più di tanto.
Vuoi proprio saperlo?” mi rivolse uno sguardo confuso e divertito.
No, era tanto per chiederti qualcosa.”
Detto questo, riposi le mie attenzioni sul mare di fronte a me.
Dopo un po’, Syn si sedette sulla sabbia e mi trascinò al suo fianco, di peso, facendomi cadere addosso a lui; non appena mi sistemai comodamente tra le sue braccia, cominciai a studiare il suo volto, illuminato dalla luce debole delle stelle.
“Sai che ho fatto una promessa?” mi chiese ad un tratto, passandomi una mano tra i capelli.
“Ho detto “quando troverò una ragazza migliore di Kay, smetterò di guardare le stelle”” aggiunse, puntando il cielo con lo sguardo.
Aggrottai le sopracciglia.
“Ma..”
“Si, le sto ancora guardando.” M’interruppe subito, e mi sorrise.
Mi trattenni dallo sciogliermi, con risultati abbastanza passabili e mi limitai ad afferrare un po’ di sabbia,minacciando di tirargliela.
“Oddio non fare il diabetico però”
 Iniziò a ridere e a gesticolare come una casalinga disperata, per pararsi dalla mia furia.
“Cogliona, ti pare che parlo di te? E’ ovviamente un’altra Kay! Tzè, povera illusa” alzò un sopracciglio con fare malizioso, ed io serrai gli occhi.
“Non sei tu, è una troia che si chiama Kay York.”
“Troia ci sarai tu, figlio di puttana.”
Iniziammo ad azzuffarci, ovviamente scherzando, e a tirarci addosso pugnetti di sabbia; di tanto in tanto, provavamo a bagnare l’altro ma, ovviamente, il Gates ebbe la meglio sul mio fare esile e femminile e, per un pelo, non mi immerse in acqua.
Dopo un paio di preghiere a vuoto, riuscii a farlo cadere sulla sabbia di schiena, non so grazie a quale forza; Essendomi resa conto che era sul serio disteso per terra, mi misi a ridere e lui, per ripicca, mi afferrò la mano e mi costrinse a cadere sul suo petto.
Ebbi un deja-vu.
Ricordai una giornata in particolare, un paio di mesi fa: Io e lui, sul pavimento del mio dormitorio, una sopra l’altro.
Iniziai a ridacchiare con quella immagine davanti, mi venne in mente anche lo stupido dialogo che era seguito a quella imbarazzante situazione.
Probabilmente lo ricordò anche a lui, perché iniziò a sorridere con me.
Hai presente che c’ho quasi le tue tette in faccia?” chiese, accarezzandomi una ciocca di capelli.
Si, era proprio la scena che intendevo.
Pensai un po’ su quello che avevo risposto quel giorno, fortunatamente mi ritornò in mente.
“Immagino che ciò ti dispiaccia.”
“No, in realtà neanche un po’..” mi rivolse uno dei suoi sorrisi irresistibili ed io cercai di fare lo stesso.
Perché ogni volta che sei sopra di me non indossi il reggiseno? Ti ricordo che sono un uomo di pensieri per niente casti e questo è un chiarissimo e fottutissimo invito. ”si morse le labbra.
Dopo un paio di minuti, decisi che avrei accettato quell’invito e ceduto all’enorme tentazione di accontentare i suoi pensieri; perciò mi lasciai trasportare dall’irrefrenabile passione post-astinenza che stava possedendomi.
 
“Cazzo, vi lasciamo un attimo e vi mettete a pomiciare come conigli?!” urlò improvvisamente un nanerottolo a caso, osservandoci sospettoso e assonnato dall’auto.
Prima sussultai dallo spavento, poi ridacchiai imbarazzata; Syn, al contrario, cercò a tutti i costi di coprirmi, in modo da non permettere all’occhio invadente di Seward di afferrare un particolare piuttosto intimo del mio corpo in maggior parte nudo.
Non appena ci vestimmo del tutto, ritornammo in macchina e ci rimettemmo in viaggio verso l’Università, sopportando le battute sconce che vennero in mente a Johnny dopo averci sgamati.
 
L’esito mi spaventava: avrei rivisto le persone che avevano costretto il mio abbandono e  avrei cercato di chiarire con loro a breve. Non potevo nascondere che il nervosismo mi aveva posseduta, muovevo la gamba instancabilmente e Haner cercava , con sguardi rassicuranti, di tranquillizzarmi –senza riuscirci-.
Non appena arrivammo al grande cancello d’entrata della suola, Brian, io e Giuls lasciammo la macchina in modo da permettere a Seward di posteggiarla nel garage della scuola.
Tremavo e non riuscivo a fermarmi, ero persino sbalordita di me stessa; non ero mai stata così nervosa, il confronto imminente con quelle persone mi avrebbe sicuramente spiazzato più del dovuto. Prima di andarmene, un paio di mesi fa, avevo affrontato una discussione con Allie e Bea parecchio pesante: m’avevano urlato contro facendo volare i peggiori insulti e, di conseguenza, ferendomi in una maniera neanche lontanamente immaginabile.
Mi ero sempre fidata di loro, ma quello che avevo fatto non era piaciuto e avevano seriamente esagerato nei miei confronti, ma, tralasciando questo, preferii sorvolare e concentrarmi su quello che avrei dovuto fare in quel momento.
Nonostante avessi insistito tanto sull’essere stanca e troppo nervosa, Brian mi convinse ad affrontare quella situazione più presto possibile per evitare di posticiparla all’infinito,perciò, non appena mettemmo un piede dentro il cortile della scuola, fui automaticamente accompagnata a casa dei professori da Giuls e Haner. I minuti che impiegò quest’ultimo a girare la chiave nella serratura dell’entrata sembrarono interminabili coltellate sul petto.
Non appena entrai, notai che erano tutti accomodati sui due grandi divani dell’ingresso; le reazioni furono davvero diverse di persona in persona.
Lisa e Baker, i due neutrali, dopo aver sfoggiato le loro facce più sorprese, mi corsero incontro a braccia aperte, sussurrando dolcissimi incoraggiamenti e regalandomi irresistibili sorrisi; erano senza dubbio le uniche persone che m’avrebbero dato il “bentornata a casa” senza insultarmi, rivederli mi rasserenò.
Alisee spalancò gli occhi e saltò in piedi; avrebbe voluto seguire Lisa nell’abbracciarmi, ma notai che Bea la fermava con una delle peggiori occhiatacce. Quest’ultima mi squadrò dalla testa ai piedi, serrando la mascella e rivolgendo a sua volta uno sguardo d’intesa a Jimmy.
Jimmy Sullivan, la persona che mi era mancata quasi più di tutti, restò impassibile; non riuscì a far trasparire nessuna emozione nel suo volto ed io iniziai quasi a non reggere a quella vista così struggente.
Nessuno avrebbe voluto mai vedere uno sguardo del genere dal proprio migliore amico, soprattutto dopo un paio di mesi in sua assenza.
Mi lasciai abbracciare da Baker e Lisa, ma non riuscii ad entusiasmarmi più di tanto; mi limitai a sorridere debolmente come se ne fossi contenta, ma non lo ero.
Improvvisamente Matt, giunto dalla stanza accanto, serrò gli occhi, come per mettere a fuoco l’immagine davanti a sé, e , dopo essersi accertato che ero davvero io, si avvicinò all’uomo al mio fianco e cercò di richiamare la sua attenzione. Si avviarono entrambi, lentamente, verso il soggiorno ed io iniziai a sentirmi priva di una protezione, come una foglia senza un albero, vittima del vento.
Dopo alcuni attimi di silenzio imbarazzante, Alisee, non riuscendo a resistere, ignorò l’amica al suo fianco e si avvicinò a me; mi si piazzò davanti, immobile, con un viso stravolto, aspettò che Lisa e Baker sciogliessero l’abbraccio e li spostò, con delicatezza.
Guardandola, mi strinsi tra le spalle e sospirai.
Senza neanche pensarci due volte, mi gettò le braccia al collo e mi strinse a sé.
Troia mi sei mancata. Non andartene più.” Mi sussurrò, sorridendomi, con un paio di lacrimoni agli occhi.
Non intendo farlo.”
“Scusa per tutto quello che ti avevo detto.. Avevo bevuto, non lo penso sul serio..” le gocce enormi iniziarono a rigarle il viso, io mi sentii davvero in colpa. Gliele asciugai, sorridendole dolcemente e tranquillizzandola con una pacca sulla spalla.
Dopo un po’, mi tornò vicino anche Syn, seguito da Matt.
Brian aveva un viso a dir poco teso, i suoi occhi erano inespressivi e non facevano altro che spostarsi rapidi tra le facce dei presenti, soffermandosi di tanto in tanto nell’espressione di Sullivan; la mia parte razionale cercò di indagare su quel gioco di sguardi, ma la mia parte nervosa si limitò a ricevere, sorridente, le pacche amichevoli di Sanders.
Mi dispiace esserti sembrato scorbutico, ma è tutto risolto e mi fa piacere che tu sia tornata, York
Grazie Sanders.” Gli sorrisi, e lui mi rimostrò le adorabili fossette. Avevo sempre sostenuto che era impossibile non sorridere alle sue fossette, se riesci a non farlo non hai.. un’anima.
 
Sullivan e Bea ad un tratto si alzarono, attirando tutte le attenzioni su di sé.
Ciao.” Sussurrò con tono distaccato il più alto dei due, posando la birra che teneva in mano sul tavolo davanti a sé.
“Hey..” non riuscii neanche ad incontrare il suo sguardo.
Mi si avvicinò, mentre Bea, anticipando una catastrofe, si avviò in soggiorno insieme a Lisa, Baker, Allie e Matt.
“Il tuo ritorno mi ha spiazzato. Credevo fossi una persona coerente.” Avanzò ancora di più, in modo che ci dividessero soltanto pochi metri. Riuscivo ad intravedere i suoi grandi occhi chiari sotto un velo di freddezza.
“Sullivan, non è tornata di sua volontà.” Brian si mise tra noi, in modo da proteggere qualsiasi frecciatina del giovane batterista. Nonostante ciò, rimasi ad osservare la scena dalle spalle del chitarrista dai capelli corvini a braccia conserte, sperando in nessuno scontro diretto.
Sullivan era piuttosto noto per le sue liti, per questo non avevamo mai litigato; sapevamo che avevamo entrambi la stessa natura violenta.
“Se non fosse d’accordo non sarebbe qui. Comunque, non voglio rovinarvi la festicciola, però vado via..”
Cercò di scansare i presenti per abbandonare la stanza e passare al piano di sopra, ma io lo fermai.
“Jimmy no.”gli sfiorai il braccio, lui si scansò bruscamente. Mi alzò una mano, come se volesse fermare ogni cosa.
“Ascolta, non parlarmi.” Brian lo guardò di nuovo, un’altra volta, con sguardo severo.
“Sullivan non esagerare.”
“io? Io non dovrei esagerare? Brian, non dimentico facilmente come fai tu”
“Sullivan, chiarite almeno” aprì le braccia, cercando di persuaderlo. Jimmy, però, non aveva la benché minima intenzione di farsi convincere.
“Io mi sono messo contro di lei per te, e tu l’hai perdonata senza neanche una buona motivazione.” Serrò i pugni, come se volesse trattenersi. Tutto ciò mi spaventava.
“La amo.”  Urlò improvvisamente Brian, senza fargli finire la frase.
Rabbrividii, dubitai che le mie gambe potessero continuare a reggere per molto. Giuls mi fu subito vicina, sfoggiandomi un sorriso a trentadue denti. Nel frattempo anche Johnny arrivò e, passando le chiavi dell’auto alla sua ragazza e stando attento alle parole del mio, aggrottò le sopracciglia. Sembrava piuttosto sorpreso dall’affermazione di Brian, ma infondo lo ero anch’io.
Avevo sempre fermamente sostenuto che fosse una persona senza sentimenti, ultimamente mi stavo ricredendo parecchio su quell’uomo.
“Credi che non sia una buona motivazione?” aggiunse, notando che Sullivan non aveva fatto altro che tacere.
“Ti ha messo in testa un paio di corna, Haner” sussurrò infine, serrando gli occhi.
“Se l’avesse fatto Bea non l’avresti perdonata?”
“Non lo farebbe mai, non fa certe cose.” Johnny si avvicinò rapidamente a Syn, afferrandolo per un braccio. La situazione sarebbe ben presto degenerata, ed era tutta colpa mia.
“Cosa vorresti insinuare?” Brian tenne stretta la mascella, temevo una catastrofe. Johnny cercò in tutti i modi di bloccarlo, ma molti tentativi furono inutili. Ti prego Sullivan, ti prego cazzo. Placati.
“Non si comporta da troietta, che se la prende per parole neanche lucide.”
E apocalisse fu.
Johnny, nonostante ci provasse con tutte le sue forze, non riuscì a contenere tanta rabbia e mollò la presa; Syn si scagliò contro Rev con una velocità sovraumana , spingendolo con violenza e facendolo quasi cadere sul pavimento. Le urla, per fortuna, richiamarono Matt e Baker, che, dall’altra stanza, si fiondarono per dividere ed interrompere la rissa che stava iniziando a prendere una svolta improponibile. Sullivan, ovviamente, non si lasciò intimorire da quella misera spinta da niente, perciò , mosso dalla sua indole violenta, cercò di scaraventargli una bottiglia di birra addosso di risposta ma Matt, che era il più possente dei cinque, riuscì a bloccarlo prima che potesse afferrare l’arma dal tavolo.
In un attimo, senza neanche accorgermene, fui trascinata nella stanza adiacente, dove si trovavano le altre ragazze, che avevano facce bianche come candele.
Giuls cercò di rassicurarmi, ma le urla che provenivano dalla stanza d’ingresso facevano l’effetto contrario.

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Capitolo 18
*** Cap 18 ***


La tensione era alle stelle.
Le ragazze si muovevano nervose, sembravano tutte in preda ad una crisi di panico; alcune camminavano su e giù per il soggiorno, altre sospiravano tremanti oppure si sforzavano di non piangere.
Io mi sentivo un piccolo pesce indifeso tra le fauci di un’enorme balena.
I miei sensi di colpa mi stavano divorando senza pietà, mi odiavo più di qualsiasi altra cosa al mondo; ero colpevole di tutto, non avrei potuto mai sorvolare, quella volta, sulle mie azioni, com’era mio solito fare.
La situazione stava peggiorando, di secondo in secondo aumentavano le urla dei due, le dolci parole che cercavano di calmare le acque di Baker, gli “wo metti le mani a posto” di Matt e i “CAZZO!” di Seward.
Bea era in preda al panico, e, in effetti, la capivo più di qualsiasi altra persona, mi sentivo nella sua stessa situazione; i nostri uomini stavano litigando e uno dei due si sarebbe sicuramente fatto male, non potevamo mica stare tranquille.
Nonostante mi ritrovassi molto in lei, non avevo neanche il coraggio di incrociare il suo sguardo. Era una di quelle che stavano camminando: nervosa, batteva con pesantezza i piedi sulla moquette e non smetteva di mordersi le labbra.
Troia di merda.” Sussurrò improvvisamente, mentre mi era abbastanza lontana da sperare che non capissi.
Riuscii a sentirla, ma feci finta di niente, perché capivo che in quel momento avrebbe potuto dire cose parecchio brutte senza volerlo; al contrario, però, Giuls balzò in piedi.
Hei, non parlare in questo modo, Bea.” La puntò con tono minaccioso avvicinandosi a lei con passo veloce e occhi infuocati.
Sembrava una di quelle scene da scontro diretto dei film western del ’40.
“Per favore non litigate anche voi.” Lisa, per fortuna, la mia cara amica ragionevole, cercò di spegnere quel principio d’incendio con una delle sue frasi tranquille.
“Eh,certo! Mica ti conviene parlarne.” La ragazza dai capelli corti mi fissò male, io serrai gli occhi. Non volevo risponderle, non volevo peggiorare le cose; se avessimo litigato anche noi Jimmy e Brian non avrebbero mai fatto pace.
“E’ tutta colpa tua.” Il suo indice, in direzione del mio viso.
Ok. Quell’affermazione non poteva passare ignorata, dovevo risponderle, anche la mia pazienza aveva un limite. In un attimo, mi alzai dal divano su cui ero seduta e le fui vicino, abbassando il suo piccolo dito in direzione del pavimento.
“Lo so cazzo, che vuoi che faccia? Riandarmene?! Se la cosa ti fa stare bene, sappi che non sono tornata di mia volontà” le dissi dopo, serrando i pugni.
“Brian è troppo stupido e t’ha riportato indietro. Eravamo tutti in pace quando non c’eri.” Smettila, ho un’indole violenta anch’io e potrei farti male, brutta...
La mia amata coscienza versione umana mi fu vicino, bloccandomi le spalle con le esili braccia. Mi sentii inondata da un ricordo nitido; quella scena si era ripetuta per un sacco di tempo l’anno prima, alla High School, quando ero violenta almeno il doppio.
“No. Ti sbagli. Tu eri in pace. Voi eravate in pace. Io no, Brian no, e neanche Kay stava bene. Se siete degli egoisti di merda sono cazzi vostri” rispose Giuls, cercando di allontanarla da me.
Dopo un po’, non so se fortunatamente o meno, Beatrix decise di lasciare la stanza insieme ad Allie e a Lisa, per vedere in che condizioni fossero i ragazzi. Temetti il peggio.
Prima di passare alla stanza accanto, però, decise di tirarmi l’ultimo colpo basso.
“Se Jimmy si fa male, ti faccio fuori”
 
Non appena le urla si fecero deboli, mi trascinai, contro la volontà di Giuls, all’ingresso, dove effettivamente le acque sembravano più calme; entrando, mi accorsi subito che quello in condizioni migliori, ovvero il peggio che temevo, era in piedi, circondato dalle ragazze, mentre il più “disastrato” era accomodato su una sedia, di fronte al grande tappeto persiano posto tra i due divani.
Mi catapultai velocemente su Brian, al quale usciva sangue dal naso e dalle labbra.
Fortunatamente non era solo, era circondato da Matt, Baker e Seward che, appena mi videro arrivare, pensarono bene di allargarsi, lasciandomi avvicinare meglio al ragazzo.
Ero troppo distrutta per piangere, si era fatto male, tanto male,ed era tutta colpa mia, porca puttana.
Non è niente..” sussurrò, non appena incrociò il mio sguardo preoccupato.
Cercai tra le mie tasche un fazzoletto per tamponare il flusso di sangue che gli scorreva sul volto, veloce come una macchina in corsa, e, fortunatamente, dopo alcuni attimi, lo trovai.
Brian, sono una merda cazzo, porca puttana mi dispiace. Io non dovevo seguirti, non dovevo lasciare casa mia, non dovevo fare nulla ed è tutta colpa mia e sono una merda, porca troia io non volevo giuro..
Respira.” Interruppe il mio lunghissimo discorso tutto d’un fiato poggiandomi un indice sulle labbra.
Non è colpa tua. Lo sapevo, Jimmy è incazzato e ti spiegherò perché, prima o poi. Ascolta, non è niente. Non mi pento di averti riportato qui. Sei la mia ragazza, ti proteggerò sempre.” Cercai di concepire una smorfia simile ad un sorriso –mi uscii fuori una cosa orribile su cui non mi soffermo-, e , subito dopo, gli stampai un dolce bacio tra le labbra.
Matt e Baker sospirarono, Seward chiamò a sé Giuls e le suggerì, sussurrandolo al suo orecchio, di riportarmi al dormitorio.
 
Ormai il sole era sul procinto di salire sul cielo, illuminando il cortile con la sua luce debole da metà dicembre; aveva sostituito le splendide stelle e la luna meravigliosamente piena che avevo a lungo studiato e osservato la sera precedente. In un battito di ciglia, mi ritrovai sul letto del mio dormitorio, a fissare il tetto, immobile; erano le 5 del mattino, per fortuna non avremmo avuto scuola l’indomani, dato che sarebbero iniziate le vacanze di Natale.

Passai l’intera mattinata a piangermi addosso, senza sosta; quel ritorno doveva risollevarmi, invece non aveva fatto altro che distruggermi, seppellirmi viva.
Intorno all’ora di pranzo, bussarono alla porta.
Giuls, che dormiva beatamente sul suo letto e non aveva intenzione di muoversi, mi ordinò di occuparmene; decisi di assecondarla, dato che se lo meritava.
Aprendo la porta, mi trovai davanti un Brian pieno  di cerotti sul volto e sul petto, dolorante, aiutato da una stampella. Non posso neanche descrivervi quant’era grosso il rimorso che avevo dentro davanti a quella vista.
“Devo darti una spiegazione..”mi sussurrò, tirando su con il naso.
 “Mi dispiace Brian..” l’unica cosa che riuscii a dirgli.
“Tranquilla.. Adesso devo raccontarti come mai non ce l’ho con te, per quello che è successo ieri.”

 
(Haner)
Kay. Kay mi mancava, eccome.
Era Novembre, lei non c’era; mancava da quasi più di due settimane e non vederla più in giro per la scuola mi faceva soltanto male. Le lezioni che svolgevo da quel giorno mi sembravano sempre più noiose, non trovarla tra i banchi davanti a me dava una strana sensazione; nonostante negli ultimi tempi l’avessi soltanto ignorata, mi sarebbe piaciuto un suo ritorno.
Pensavo che stare senza di lei m’avrebbe giovato, mi sentivo responsabile di tutto e fragile come una fottutissima tazzina di porcellana.
Avevo litigato a lungo con Jimmy, per lei.
Ogni mattina, quando mi alzavo, Sullivan cercava di persuadermi a sorvolare su ciò che mi aveva fatto Kay con discorsi filosofici che sembravano vagamente post-sniffata di coca.
Tutto ciò mi dava fastidio, perché ci stavo già male per i cazzi miei e il suo ripetermi che stavo sbagliando mi innervosiva!
Quella notte pensai bene di smettere di ignorarlo ed intraprendere un discorso sensato insieme a lui.
“Haner? Sei sveglio.” Sussurrò, scuotendomi.
A giudicare dal cielo, potevano essere le tre del mattino.
Cosa cazzo ci faceva Sullivan nella mia stanza alle tre del mattino? Porca troia, non potevo neanche dormire in pace.
“Sì, hai intenzione di rifilarmi la romanzina di ogni fottutissima mattina, porca troia?” chiesi, tappandomi le orecchie con il cuscino.
“Figlio di puttana, calmati. Lo faccio solo per te.” Mi scoprì, costringendomi a dargli retta.
Che rottura di minchia che era.
“Sei il mio migliore amico.. Piantala!” sospirai nervoso, guardandolo male.
“Appunto perché lo sono devo farti ragionare.” Rispose lui, poggiandomi le sue ghiacciate mani sulle spalle. Gliele spostai, bruscamente.
“Quella ragazza ti ha scombussolato la vita, cazzo.”
“Lo so.” Annuii, abbassando lo sguardo.
“Ti sei innamorato di lei!” smettila di ripetermelo, figlio di tua madre.
“Si cazzo.”
“Le persone che sbagliano si perdonano, sai?”cercò il mio sguardo, ma io non avevo neanche il coraggio di guardarlo.
Ma che cazzo dice? No, non la perdono quella troia. Posso amarla quanto voglio, ma sono orgoglioso cazzo, eccome se lo sono.
“Mi ha messo le corna con un piscia-pannolini”
“Ha sbagliato..”
“Eh, direi!” il mio tono di voce s’era decisamente alzato.
“Cazzo, perché non capisci?! Falla tornare porco cazzo. Stai male persino te.”
“Fatti i cazzi tuoi, per una volta.”
“Non vuoi farla tor...”
“No.”
“Non la farai mai tornare?”
“NO CAZZO, NO!” mi portai le mani alla testa, per cercare di isolare quella cazzo di pressione.
“Stai giurando?”
“Sì. Mi ha reso ridicolo, non sono il ragazzo che manda avanti le relazioni. Le ho regalato tutto ciò che avevo, non merita di riprenderselo, adesso.”
“Brian, soffrirai.”
“Non la farò mai tornare,ora smetti di rompere il cazzo.”
“Il giorno che la riporterai indietro, mi dirai che avevo ragione.”
“Non lo farò.”
“Appena lo farai, m’incazzerò con te, sul serio.”

“Jimmy, torna a dormire.”
(Kay)
“Questo è tutto.”
Il discorso che mi aveva fatto mi aveva lasciato allibita.
Ecco, ora si spiegava tutto!
Sullivan non era un tipo irascibile, era piuttosto amichevole infondo, e quella era una delle tante prove secondo la quale non aveva ancora smesso di tenere a me.
Da un lato mi sentivo sollevata, perché non mi odiava.
Dall’altro mi sentivo peggio, perché avevo fatto provare a Brian un senso di intolleranza nei miei confronti.
“Non devi sentirti male, okay? E’ colpa mia.” Mi accarezzò la guancia, dolcemente. Mi accorsi che le sue mani erano tutte graffiate e gonfie, perciò intrecciai le mie minuscole dita alle sue, e, ad ogni ferita che contavo, sentivo uno spillo attaccato al petto.
“Non dirlo, neanche lontanamente pensarlo.” I suoi occhi color cioccolato erano lucidi e rossi, era straziante.
“Kay.” Sussurrò, forse accorgendosi del mio disagio.
“Dimmi...”
“Non starci male. Sono cose che capitano. Sono stata vittima di risse continue all’università, mi è andata bene. Potevo anche rompermi qualcosa.”
“Ma ti vedi? Sei  tutto sangue, e i tuoi occhi..”
“La dottoressa in infermeria mi ha detto che guarirò in fretta, potrò passare il compleanno insieme a te.”
Ah già. Fra una settimana avrei compiuto gli anni. Cazzo, che grandissima merda.
Non farò nulla di speciale per il mio compleanno.” Mi strinsi tra le spalle, ma per lui non era cosa da niente, perciò mi rivolse un’occhiataccia.
Cosa?! No, non se ne parla! Farai 18 anni cazzo, 18 anni sono importanti.”
“Tu ne hai 25.”
“Fra una settimana, non sarò più pedofilo.”  Gli diedi uno schiaffetto sulla spalla, lui emise un gemito di dolore. Cazzocazzo scusa, mi ero dimenticata che sei a pezzi. Porca puttana quanto sono cogliona, cazzo.
Strinsi gli occhi e gli diedi un bacio in guancia, per farmi perdonare.
Ti porterò dove vuoi.”
“Non voglio nulla.”
“Neanche un bacio?” cercò di essere ammiccante, ma ne uscì fuori soltanto una smorfia che sembrava vagamente di dolore.
“Farò uno sforzo...” risposi io, stampandogliene uno sulle labbra, con dolcezza, attento a non fargli del male.
 
Non appena giungemmo a mensa per consumare il pranzo, dato che la stanza era del tutto deserta, non trovammo difficoltà nel trovare un tavolo vuoto; optammo per quello più piccolo ed intimo, per stare più vicini. Lo aiutai a sedersi, poggiando la sua stampella sul piede del tavolo di legno; ad ogni suo gemito, sentivo il cuore contrarsi dal dispiacere. Dopo che riuscì a trovare una posizione comoda, mi accomodai anch’io, al suo fianco, ed iniziai ad imboccarlo.
Hei, ho un paio di graffi, non sono un malato terminale” mi disse, dopo aver ingerito il primo pezzo di carne.
“Ti dispiace il fatto che io ti stia imboccando?”
“No, fa pure. E’ Sexy.”
Ridacchiai tra me e me, neanche il dolore l’avrebbe cambiato, quel pervertito lì.
Dopo un paio di minuti, arrivarono saltellando Seward e la sua Giuls e, essendosi accorti della nostra presenza, si avvicinarono.
Avevano le dita intrecciate, i loro visi erano sereni e mi tranquillizzarono in una maniera impressionante. Johnny, improvvisamente, non appena ci fu abbastanza vicinò, lanciò contro Brian un chicco d’uva e si fomentò non appena il ragazzo dai riflessi pronti lo prese al volo.
Buongiorno piccioncini.” Sussurrò Giuls dopo aver ridacchiato dell’entusiasmo del suo ragazzo, rivolgendoci uno sguardo tranquillo. Concludendo il suo momento,  Seward si passò lentamente una mano sulla cresta bicolore e ci fissò, sorridente anche lui.
Si sedettero di fronte a noi.
“Ciao Giuls.”  Rispose Brian, versando un po’ di birra nel bicchiere alla sua destra. Cercai di aiutarlo, ma lui volle provarci da solo.
“Quella troia di Sarah oggi mi stava facendo perdere le staffe..” affermò ad un tratto la rossa, alzando le sopracciglia e rubando una patatina dal mio piatto.
“Cosa ha fatto stavolta?” le chiesi io, sbuffando.
“Dice di essere incinta.”
Brian, che nel frattempo stava bevendo, sputò di fronte a sé tutto ciò che teneva in bocca, dallo stupore; io prima non riuscii a capire la sua reazione, poi, riflettendoci, fissai il vuoto di fronte a me, persa nei miei pensieri. I ragazzi di fronte a noi si guardarono confusi, Syn posò rumorosamente il bicchiere sul tavolo.
Due più due fa quattro, no?
Sarah voleva incastrare Haner, facendoci credere che aspettava un bambino da lui. Esagerata. Come sempre, cazzo.
Questa era la volta buona che la picchiavo.

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Capitolo 19
*** Cap. 19 ***


La rabbia scorreva nelle mie vene come veleno di serpente; ogni secondo di più la sentivo pulsare e vibrare, come se fosse costituita da minuscole bombe atomiche in continua moltiplicazione. Sentivo il viso in fiamme, tenevo i pugni serrati per impedire a me stessa di usarli per fini violenti, ma sapevo che non avrei retto più di tanto.
Mi trovavo di fronte la camera della biondina tette rifatte e zigomi di plastica, avevo deciso di parlarle prima che potesse farlo Brian; non volevo peggiorare le condizioni in cui si trovava, preferivo farla fuori  io che far disperare lui.
Mi sarei limitata a discutere, insieme a lei.
Avevo intenzione di tenere le mani a posto quella volta, non volevo ricacciarmi nei guai ma soltanto costringerla quella troia a mettere un punto nella sua messa in scena, e, a dirla tutta, non volevo neanche sporcarmi le mani con una persona del genere.
Mi ero portata dietro le uniche persone con cui parlavo ancora, ovvero Giuls, Lisa e Alisee; avrebbero voluto accompagnarmi anche i loro uomini, ma preferii che restassero insieme a Brian, in modo che potessero dargli un’occhiata mentre io ero via.
Riguardo a Bea e Jimmy, non avevo neanche avuto il coraggio di rivolger loro la parola da quel giorno, mi ero limitata ad ignorarli come loro facevano con me.
Dopo aver a lungo meditato e cercato di frenare i bollenti spiriti, bussai tre volte, bruscamente, alla porta della stanza della mia amatissima puttana.
Kay?!” urlò, non appena le fui davanti.
Sorpresa? Sono tornata. Mi dispiace aver interrotto il tuo piccolo piano per conquistare il mondo, baby.
Si, Kay.” Le risposi, spingendola in avanti più delicatamente possibile; era un ammasso di ossa e silicone, se avessi messo un po’ di forza in quella spinta probabilmente sarebbe caduta a peso morto.
Dopo aver fatto entrare tutte le persone che mi avevano seguito in quella stanza, mi chiusi la porta alle spalle e mi fermai a fissarla male, a braccia conserte.
Che sorpresa.” Disse ad un tratto, passandomi accanto come un felino attorno alla sua preda. Mi passò una sedia come se volesse farmi accomodare; non ebbi la benché minima intenzione di seguire la sua cordialità, perciò mi limitai a continuare a fulminarla con lo sguardo.
Dovresti piantarla di fare buon viso a cattivo gioco.
Non riesco a capirti.” Si strinse tra le spalle, facendo una smorfia, fingendosi una bambina innocente.
Te la rompo quella faccina da bambola di porcellana, porca putt...
Non riesci a capirmi? Forse hai dello sperma nelle orecchie.”
“Probabilmente è quello di Brian... Sai com’è.. Quando il gatto non c’è i topi ballano.”
 
Ok, la mia indole violenta aveva vinto su di me e soprattutto sulle altre presenti in stanza che, per un motivo sconosciuto, non provarono neanche a fermarmi, ed io da una parte le ringraziai.
Tornando a noi.. Ah sì, le diedi un pugno sul naso, abbastanza violento da sentire lo scricchiolio del suo setto nasale sotto le mie nocche.
In un attimo, si accovacciò sulla moquette, dolorante, con le mani sul viso imbrattate di sangue. Alisee, non so se presa da compassione o desiderosa di altra azione, la aiutò ad alzarsi con la delicatezza di un elefante in una gioielleria, in modo che potesse ricambiare quell’azione o con altra violenza fisica o con parole acide. Sperai con tutta me stessa che scoppiasse una rissa, ma non aveva neanche il coraggio di sfiorarmi con un dito, quella figlia di troia.
Puoi dimenticartelo, adesso.
Ma come? E’ una persona che se ti entra in testa non esce più.” Grazie al cazzo, Sarah. E’ proprietà privata, non finirò mai di ripeterlo, magari un giorno lo capirai, magari ti entrerà in quella testolina vuota ed ossigenata.
Porca puttana, non riuscivo a vedere chiaro talmente la mia vista era annebbiata dalla rabbia.
E poi ho qualcosa che gli appartiene.
Si toccò la pancia, io rabbrividii.
Perché non poteva essere tutto.. Non so, semplice? Sapevo che innamorarmi di uno come Brian mi avrebbe soltanto portato problemi. Perché, infondo, l’unica rottura di palle che avevo quando non lo tolleravo era lui stesso, ma averlo assecondato ed essermi invaghita di lui mi aveva fatto diventare la prima della lunga fila di pretendenti, e al sol pensiero che Sarah fosse solo una delle tante, mi sentivo male.
Avrei voluto farla finita con tutto, non avevo neanche l’appoggio del mio migliore amico e mi sentivo come una foglia al vento, senza un briciolo di protezione dal suo albero maestro.
Molti pensieri mi affollarono la testa,la maggior parte sembravano idee brillanti ma si rivelavano soltanto inutili e stupide; tanto ero disperata, che m’era passato per la mente anche di farla finita con Brian.
No, non sono quel tipo di ragazza, non sono la teenager che si arrende al primo ostacolo, piangendosi addosso.
Bene, volevo Haner? Sì, perciò avrei fatto di tutto per stare con lui.
Prendendo come ipotesi una nostra poco probabile rottura.. Ma aspetta, come posso finire con lui tutto quello per cui mi ero tanto battuta, dopo tutto ciò che ha fatto per me? Dopo tutte le sensazioni che mi ha fatto vivere sulla pelle, dopo essere stato l’unico a tenermi testa?
Nonono, non se ne parla.
Prima che potessi davvero pestarla a sangue, mi fiondai fuori dalla stanza, tanto veloce da non permettere alle mie amiche di seguirmi. Era meglio non peggiorare la situazione, avevo imparato con gli anni a domare i miei attacchi d’ira e quella nana era stata davvero fin troppo fortunata per i miei gusti.
Non appena mi chiusi la porta alle spalle, mi trovai davanti una persona che avrei fatto a meno di incontrare, quel giorno; una ragazzina dalla faccia confusa di nome Grace, che era la piccola serva di Sarah, il suo cagnolino, disposta a seguirla e appoggiarla ovunque. L’odio che provavo per lei, però, veniva superato dal senso di pena che provavo al sol notare come la sfruttasse senza ritegno.
Era una ragazza di un metro e cinquanta, tanto piccina da sparire nella folla delle assemblee di istituto, simpatica, piuttosto impacciata e dal viso angelico ed adorabile; prima che la bionda arrivasse e distruggesse ogni cosa, mi ritrovavo spesso a parlare con lei durante gli intervalli, aveva una voce piacevole e la sua presenza non poteva darti fastidio. La stimavo tanto, suonava il basso in una maniera formidabile e, se non fosse per le sue cattive compagnie, probabilmente sarei stata una sua buona amica.
Ultimamente, però, non faceva altro che snobbare le altre, me compresa, ed imitare sempre di più Sarah, che era diventata il suo punto di riferimento, la sua padrona; quel comportamento sottolineava il fatto che era una persona priva di colonna vertebrale, ed io odiavo quel tipo di persone.
Cercai di non degnarla di attenzioni, ma lei mi bloccò con una mano prima che potessi superarla.
Posso parlarti?” mi chiese, con gli occhi lucidi.
Fui spiazzata da quelle sue condizioni, mi limitai ad aggrottare le sopracciglia e ad annuire.
Certo.
Detto questo, si diresse verso la panchina del cortile a pochi metri da noi, ed io decisi di seguirla. Era veloce, notevolmente.
Non appena arrivammo, si guardò intorno come se quello che mi avrebbe riferito non dovesse essere sentito da altre persone, e ,dopo di ciò, si sedette, lentamente.
Ascolta, ti dirò una cosa.
Una cosa..?
Che deve rimanere tra noi due, in modo che Sarah non scopra che te l’ho detta”
Avvicinai l’orecchio alla sua bocca. Diede l’ennesima occhiata intorno e, dopo essersi accertata che non ci fosse nessuno, si mise una mano sulla bocca.
“Non è incinta. E’ una bufala. Ha mostrato ad una decina di ragazzi un test di gravidanza che non era suo. E’ tutta una cazzata per incastrarti.”
La prima cosa che mi passò per la mente fu “CAZZO.”
Ero entusiasta.
Anche se sapevo quasi con certezza che fosse una coglionata, la risposta positiva alla mia tesi mi rese felice, sprizzante di felicità a dirla tutta; non riuscivo a domare il sorriso imbecille che mi si era spalmato sul volto.
Dopo il momento di piacevole tranquillità, mi soffermai su quelle che, comunque, sarebbero state le conseguenze della sua genialata.
Non sarebbe stato facile smascherarla, dovevo farlo a tutti costi e in fretta.
Oh.. Grazie dell’informazione.” Inaspettatamente, mi sorrise con fare dolce.
Scusa se non ho fatto altro che fare la snob con la puzza sotto il naso in questo periodo..
E’ tutto ok.” Le accarezzai la mano, lei annuì.
Posso farti un’altra domanda?
Certo.
Di chi era il test di gravidanza che ha usato?
Mio..
Spalancai gli occhi, sorpresa.
Non sapevo se congratularmi o provare pena nei suoi confronti; dopo un po’, però, arrossì di botto, coprendosi il viso con le mani, ed io capii che era un’occasione da “congratulazioni!”.
Auguri!” le sorrisi ancora una volta, lei mi ringraziò con uno sguardo impacciato.
Ad un tratto, la porta del dormitorio dal quale ero uscita pochi attimi prima si spalancò e di lì uscirono Allie, Giuls e Lisa che, con passo estremamente veloce, mi raggiunsero.
Grace sparì, ma non diedi molto conto alla sua volatilizzazione; piuttosto, mi soffermai sulle facce delle mie amiche, che preannunciavano tutt’altro che buone notizie.
Tu non sai quello che vuole fare quella puttana.” Mi disse Giuls, non appena mi fu abbastanza vicina. Il suo volto era cupo, spento, poco rassicurante; sperai fino alla fine che fosse qualche colpo basso nei miei confronti, ma purtroppo mi sbagliavo.
Vuole dire a Baker che Haner, sotto alcolici e sostanze stupefacenti, l’ha violentata.
 
Non ci vedevo più. Ero accecata. Mi sentivo ancora peggio di prima.
L’unico modo che avevo per calmarmi era disintegrarla, ucciderla o pestarla a sangue; avevo sulle spalle il diavoletto e l’angelo, a mò di cartoni animati, avete presente? La Kay cattiva mi suggeriva di seguire il mio istinto ed accontentare la mia sete di violenza, quella buona mi ricordava che ero comunque in una scuola, Baker era un preside piuttosto diligente e avrebbe potuto cacciarmi, ed era l’ultima cosa che desideravo.
L’ipotesi più plausibile che presi subito in considerazione era quella di informare il diretto interessato della minaccia incombente sulla sua testa. Dio, se solo fosse successo qualcosa a Brian per colpa sua... Se solo gli si staccasse un capello... Quella ragazza ha i giorni contati.
Lasciai le mie amiche ancora una volta, correndo verso l’edificio alla periferia del cortile, ovvero la casa dove alloggiavano i professori; sicuramente lì avrei trovato la persona con cui volevo parlare.
Sperai non spargesse in fretta quella voce,e, per una volta, pregai che non gli succedesse niente, perché non avrei potuto perdonarmelo.
Ero sempre stata molto credente da bambina, ma sapete com’è, no? Quando sei una teenager inizi a non credere più a niente, ti fai quelle domande esistenziali che ti tengono la testa impegnata per giorni interi, a cui non riesci mai a dare una risposta. Ti senti estraneo a questo mondo, inizi a dubitare sulla creazione e robe varie. Stavo affrontando quel periodo, lontano da qualsiasi credo; l’unica persona in cui credevo seriamente era me stessa, anche se ero sicura che ci fosse qualcosa di più importante sopra le nostre teste. Bene, se ci sei, fammi questo favore del cazzo; se devi fare del male a Brian, non farlo. Piuttosto, fai in modo che l’unica a subire le conseguenze di quella bastardata sia io. Ti sto pregando cazzo, non puoi ignorarmi.
Tremavo, avevo improvvisamente freddo.
Non appena arrivai, iniziai a prendere a pugni la porta di legno di ciliegio una trentina di volte, impaziente. Sperai che chiunque aprisse la porta non mi facesse domande, non sarei stata in grado di rispondere senza piangere e non volevo dedicare troppe lacrime a gente che non meritava nulla.
Improvvisamente ciò che avevo davanti si spalancò,  il viso che mi trovai ad un palmo dal naso era uno di quei visi in cui, a volte, preferiresti non imbatterti.
Sullivan mi squadrò dalla testa i piedi; i suoi occhi non facevano trapelare nessuna sensazione, mi sentivo come alle prese con un cieco.
Avrebbe dovuto studiare il mio sguardo e provare a sorvolare su tutto, lasciandomi passare, anche se l’unica cosa che riuscii a capire dalla sua faccia era tutto il contrario.
Sospirai, sentivo le guance bruciare.
Cercai con tutta me stessa di trattenere ciò che tenevo dentro, cercai con la stessa forza di fargli capire che avevo bisogno di lui.
Il silenzio regnò prepotentemente per una buona mezz’ora.
Kay..” sussurrò ad un tratto. Sentire la sua voce mi riempii il cuore di un calore indescrivibile.
Abbracciami coglione. Ti prego.” Piagnucolavo, di nuovo. Perché porca puttana? Ero una pappamolle.
Non mi sarei mai aspettata una reazione del genere, Jimmy non era uno di quelle persone che superavano le cose in un battito di ciglia, tutt’altro; era uno di quelli che ti rinfacciava sempre ogni errore commesso nei suoi confronti.
Però, sorprendentemente, mi abbracciò.
Dopo avermi fatto accomodare, cercò in tutti i modi di farmi confessare il motivo della mia disperazione improvvisa.
Jimmy, devo parlare con Brian, è urgente.”  Mi si era piazzato prepotentemente davanti, il suo metro e novanta di altezza m’impedì di sorpassarlo per salire le scale e quindi raggiungere la persona con cui dovevo assolutamente parlare.
“Se non mi dici cosa è successo, non ti faccio passare.” Mi guardò male, continuai a cercare di divincolarmi, senza riuscirci. Era troppo alto.
“Discussioni con una troia.” Tagliai corto, gli passai sotto il braccio ma lui continuò a farmi da muro.
Ad un tratto, abbassò lo sguardo verso i miei pugni sporchi di sangue e li afferrò; aggrottò le sopracciglia, cercando di rispondere ad ogni suo dubbio.
“Hai picchiato qualcuno?”
“Si.”
“Cazzo, bene.” Mi lasciò cadere le mani lungo i fianchi, lo guardai sperando che si spostasse, ma non lo fece. Stavo perdendo la pazienza.
“Brian è nei guai.” Gli urlai, improvvisamente.
“Che ha combinato quel figlio di puttana?”
“Niente,ma quella troia di cui ti parlo vuole incastrarlo in qualcosa di grave” gli misi una mano sulla spalla e lo spinsi verso destra, in modo da correre verso la rampa di scale senza alcun ostacolo.
Spiegati meglio!” mi disse, in un tono abbastanza alto da poter essere sentito. Sbuffando, scesi ancora una volta le scale che avevo percorso poco prima e gli sussurrai all’orecchio qualcosa di estremamente sintetico:
Finge di essere incinta, vuole farmela pagare. Solo che poi, visto che non ha ricevuto le attenzioni desiderate, vuole dire che Brian l’ha stuprata. Ora, porca troia, devo dirglielo, fammi andare.
 
 
Spalancai la porta, battendola al muro con inaudita violenza; mi aspettavo un buco di dimensioni abnormi sulla parete ma per fortuna, dopo averla studiata, mi tranquillizzai nel vedere che era ancora illesa. Brian, sdraiato sul suo letto e coperto da un lenzuolo color pastello che lasciava intravedere i pettorali con inauditi dettagli, probabilmente stava riposando, ma non badai molto al suo stato; mi avvicinai a lui, sedendomi al suo fianco.
Sbarrò gli occhi, confuso.
Tutto ok?” mi chiese, passandosi una mano sul volto.
Sei nei guai, fino al collo.

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Capitolo 20
*** Cap. 20 ***


Gli raccontai tutto, per filo e per segno, attenta a non tralasciare nessun dettaglio che potesse importargli; gli dissi del pugno e lui ridacchiò soddisfatto, ma gli confessai anche le intenzioni che quella ragazza aveva nei suoi confronti e non sembrarono piacergli.
Non riuscirei mai a descrivere ogni sensazione che quelle parole scaturirono in lui con tutte le sfumature che trasparivano dai suoi occhi: quest’ultimi si coprirono di un velo di incredibilità, il suo viso si impallidì diventando bianco quanto un lenzuolo. Divenne quasi una statua tanto era immobile e marmoreo. All’incontrare il suo sguardo corrucciato e spento, avrei potuto scommettere un braccio che sembrava più un cadavere che una persona viva.
Avvicinai la mano ad una delle due guance pallide, scuotendolo leggermente; lui, non appena la mia pelle gelida entrò in contatto con la sua, chiuse gli occhi e sospirò un paio di volte, cercando la calma.
Ero spaventata.
Brian..?
Kay,  sono nei guai.” Aveva un tono di voce preoccupante, sembrava estremamente nervoso.
Tranquillo, farò tutto il possibile per fare in modo che non accada..” non mi fece neanche finire la frase interamente, mi piazzò la mano sulle labbra per fermarmi.
Gliela scostai accigliata, lui si limitò a guardarmi e scuotere la testa velocemente, con decisione.
“Hai fatto abbastanza. Kay, credimi, hai fatto troppo per me. Adesso devo sbrigarmela io. ”
Balzò giù dal materasso, ma le fasciature gli impedirono di fare ciò che era nelle sue intenzioni; perciò lo trascinai ancora una volta sul letto, di peso, cercando di convincerlo a non agire, o almeno, non per il momento.
Non volevo che quella troia gli facesse del male, era così vulnerabile.. Se solo gli fosse successo qualcosa, non me lo sarei mai perdonato.
“Vado a parlarle io.”
Mi alzai con velocità, sperando di impedirgli di replicare, ma venni bloccata dalle sue dita che mi stringevano debolmente il polso.
“No cazzo, per favore. Porca puttana non voglio che tu faccia qualcosa per me” cercò di implorarmi, aveva gli occhi da cucciolo bastonato, ma ciò che provavo per lui era troppo forte e non potevo non aiutarlo.
“Ti amo, okay?” avvicinai il viso al suo, accarezzandogli la guancia.
Abbozzò un sorriso.
“Oh..” sussurrò, felice.
Non ero una persona che diceva di amare qualcuno spesso, fui sorpresa anche io dalle mie parole.
Brian, sempre sorridente, mi cinse le spalle con un braccio, stringendomi al suo petto nudo; cercai di fargli sentire le mie sensazioni, cercai di convincerlo che ciò che avevo intenzione di compiere non lo stavo facendo per pietà, ma soltanto perché volevo il meglio per lui.
“Senti, ora stai a riposo e non rompi più le balle.” Gli sussurrai, sciogliendo l’abbraccio e avvicinandomi alla porta. Sentii i suoi occhi fissi su di me fino a quando misi la mano sulla maniglia; in quel momento si nascose il viso tra le mani, limitandosi a dire a gran voce:
“Ti prego Kay, non metterti nei guai”
 
 
“Quale onore, miss York! Mi è mancata lo sa?”
Non appena la bionda aprì la porta, cercai con tutte le mie forze di non spaccarle la testa con un calcio, cosa che il mio cervello aveva intenzione di fare. Ero sola, nessuno poteva tenermi, era necessario che facessi molta attenzione a me stessa, più del dovuto; le avevo già quasi rotto il naso e, non appena le studiai il viso, mi accorsi che era ancora piuttosto gonfio e violaceo. Non potevo permettermi un altro colpo basso.
Ero lì per un motivo, avevo poco tempo e dovevo farcela; avrei fatto di tutto per Haner, per salvaguardarlo, persino mettere a repentaglio la mia incolumità.
“Evita di fare sarcasmo, ho bisogno di parlarti.” Le dissi, cercando di sembrare calma.
Dopo una manciata di secondi in silenzio, si fece da parte e mi lasciò lo spazio necessario per accomodarmi ancora una volta nella sua stanza, posta alla fine del grande corridoio del dormitorio femminile.
“E se io non volessi parlarti?” mi chiese, con la stessa faccia da schiaffi di poco prima. No Kay, niente violenza. Lo fai per Brian. Brian, Kay, mica fagioli e fichi.
“Cosa posso fare per non farti parlare?” cercai di tagliare corto, raggiungendo subito il punto.
Per prima cosa corrucciò la fronte, come se non capisse, poi scoppiò a ridere.
“Ahahahah bella questa.” Se non la pianti, te li rompo quei denti.
“Sono seria.” Serrai gli occhi, la sua espressione mutò in fretta, fortunatamente per lei.
Si strinse tra le spalle, aspettando una mia reazione violenta che stranamente non arrivò; ecco cosa aveva intenzione di fare, provocarmi all’infinito, in modo da avere qualche altro motivo per mettermi nella merda.
“Cosa sei disposta a fare?” mi chiese, a braccia conserte.
Non le diedi neanche il tempo di finire la frase, mi limitai a rispondere, senza neanche pensarci.
“Ogni cosa.”
“Ogni cosa?” il suo viso era stranito. Forse non sapeva cos’era l’amore? Vedi cara, neanche io lo sapevo fino a poco tempo fa. Ma vedi, quando ti innamori.. Perdi ogni cosa. Io ero e sono tuttora una stronza di prima categoria, non mi ritrovo nelle mie coetanee sentimentali e a volte mi vengono seri dubbi sulla mia natura, ma l’amore ti rende poltiglia. Non avrei mai pensato di implorare un nemico per proteggere qualcuno.. Ma c’è sempre la prima volta, ed io amo Brian, davvero tanto.
“Si.”Annuii, con decisione.
“Tutto tutto?”
“Sì.”
“Posso anche approfittarne?” Eh, grazie al cazzo stronza.
“Se lo fai sei una bastarda puttana.” La guardai male per l’ennesima volta, lei ridacchiò come se non la stessi insultando.
“E se ti facessi una lista?”
“Parleresti con Baker?”
“No.”
“Perfetto,falla pure.” Pensavo scherzasse, ma evidentemente era seria.
Si avvicinò con passo lento alla scrivania, afferrando un biglietto e una penna ed iniziando a scrivere velocemente una serie di cose sicuramente spiacevoli che avrei seriamente dovuto fare.
Oddio, è venuta fuori un po’ lunghetta..
Non appena finì, girò il foglio in modo che potessi vederlo, con un ghigno malefico dipinto sul volto da barbie; c’erano almeno una cinquantina di azioni spiacevoli e piuttosto cattive, ma, a mio malgrado, non potevo non rifiutarmi di farle. Colpivano non solo me, ma anche i miei amici.
Mi limitai a scuotere la testa.
Decidi solo una cosa di queste.” Le puntai l’indice contro, lei rise ancora una volta.
No!
Mi sentivo a disagio, in difficoltà, non avrei mai immaginato di trovarmi in una situazione così delicata; se avesse scelto di darmi seriamente del filo da torcere, avrei dovuto sul serio fare tutte quelle cose screditanti, ricevendo soltanto odio e umiliazioni. Avrei fatto tutto questo per Brian? Avrei messo in gioco me stessa, la mia reputazione e la mia coerenza per lui? Oddio, in quel momento desiderai soltanto scomparire dalla faccia della terra.
Ti prego.
Non so se mossa da un’improvvisa comprensione, Sarah mi fu vicino dopo un attimo, con un biglietto in mano; non appena lo presi e gli diedi un’occhiata, notai con piacere che la lista precedente aveva lasciato spazio ad un solo punto. Prima ne fui entusiasta, perché quel bordello sarebbe a breve finito, poi, quando mi resi conto di cosa era rimasto, abbassai le spalle.
Caratteri cubitali, scrittura elementare da teenager.
Lasciare Haner.
Iniziai a riflettere, perdendo lo sguardo nel vuoto.
Okay, che ero disposta a fare tutto per Brian, e fin qua ci siamo. Ma.. Lasciarlo.
Gli avrei soltanto fatto del male mettendo la parola fine a tutto quello che ci eravamo duramente costruiti, ma gli avrei procurato ancora più guai se non l’avessi fatto; essere licenziati è più grave che essere lasciati, soprattutto con uno come lui. Mi avrebbe dimenticata molto in fretta, avrebbe continuato a fare ciò che amava fare ed essere lo stronzo che era solito impersonare; non era così disastroso, in realtà.
Io probabilmente mi sarei abituata a quella situazione in una settimana, o un mese.. Magari in un anno, o due. Kay,mettiti in testa che lo stai facendo per il suo bene.
Sospirai, distrutta.
Che fare?
Le opzioni erano due:
O essere egoista, rifiutarmi di lasciarlo e fare in modo che quella puttana dicesse quella bufala a Baker.
O lasciarlo, farlo stare bene, zittire la bionda e magari, poi, cercare di mantenere buoni rapporti con lui.
Bhè, voi che avreste fatto?
Sarà fatto.
Non appena lo lasci, avvisami, così faccio in modo di non dire nulla al preside.
Abbassai lo sguardo e lasciai la stanza, in silenzio.
Okay, adesso mi si poneva un altro grande e piuttosto insormontabile problema davanti agli occhi. Come?
Mi si sarebbe spezzato il cuore, ma non m’importava; non dovevo pensare a me, bensì a lui e al suo bene. Non potevo essere la solita Kay “la mia felicità sopra quella di tutti gli altri”, non potevo pensare più a me che alla sua situazione.
Gli avrei fatto del male, ma avrei contemporaneamente salvaguardato la sua carriera e di conseguenza la sua vita. Cos’ero io in confronto a tutto quello che aveva messo in gioco? Era un po’ come una partita a carte, capite? Da una parte c’erano la sua carriera non solo da professore ma anche da chitarrista, c’era l’amicizia con i suoi “colleghi” , la sua fama e la sua immensa reputazione. Dall’altra c’ero io.
E’ ovvio cosa era più importante dell’altro.
A mio malgrado, nonostante il mio passo fosse lento, arrivai presto davanti alla porta della casa dei docenti, dalla quale ero uscita meno di mezz’ora prima. Prima di bussare, la testa iniziò a pesare una ventina di kili in più e lo stomaco si strozzava in preda ai dolori improvvisi, le farfalle erano diventate pipistrelli e mi stavano sbranando dall’interno; mi massaggiai le tempie, stringendo i denti, per poi poggiare la fronte sulla porta dell’edificio. Dopo una decina di minuti di meditazione, bussai.
Non Haner, non Haner, non Haner...
Kay! Cerchi Brian? E’ di sopra..” Grazie per avermi aperto tu, non finirò mai di essertene grata.
 E se.. E se lo avessi confessato a lui? Magari avrei lasciato Brian senza lasciarlo sul serio. Le speranze iniziarono a moltiplicarsi entusiaste, io sorrisi.
Seward sei la mia salvezza.” Lo spinsi in avanti e mi chiusi la porta alle spalle, con lo stesso sorriso rimbecillito che m’illuminava il volto smorto. Lui era confuso, molto confuso; non riusciva neanche ad aprire bocca per paura di iniziare un discorso che non c’entrasse niente con la situazione. Mentre lui era intento a costruirsi teorie mentali sulle mie azioni inspiegabili, lo trascinai in soggiorno, accertandomi che nessuno stesse sentendo.
Kay che ti prende?” mi urlò, non appena mi calmai. Lo zittii con l’indice.
Devo dirti una cosa.
Lo feci sedere, e mi accomodai accanto a lui; cercai di rimanere accovacciata, sperando che nessuno, a parte lui, si accorgesse della mia presenza in quella casa.
Spara.” Mi sussurrò, abbassandosi anche lui.
Bang!
Non sei divertente.” Serrò gli occhi, io sorrisi ancora una volta. Dopo un ennesimo accertamento, mi avvicinai al suo orecchio ed iniziai a raccontare.
Hai presente Sarah, quella nuova?” 
La bionda?” aggrottò le sopracciglia.
Esattamente.” Annuii. Seward si limitò a guardarmi fisso, come se fosse in attesa.
S’e’ scopata Haner.
I suoi occhi si spalancarono, la sua mano si coprì la bocca con fare da diva; sembrava una ragazza di fronte ad un colpo di scena in qualche soap opera.
Brian ti ha tradito?!” chiese sconvolto poco dopo, passandosi una mano sulla fronte.
No! Quando io ero via.. Comunque, vuole dire a Baker che Brian l’ha violentata.”  Ripropose la sua posa da teenager scandalizzata. Io lo guardai rassegnata, era davvero uno spettacolo poco virile.
Cosa?! Ma è Vero?! Brutto figlio di..” Fece per alzarsi, ma gli afferrai il colletto della camicia e lo ritrascinai sul divano.
No, rincoglionito! E’ una bufala! Ma Zacky potrebbe crederci..
Eh.. Baker è piuttosto permaloso in queste cose...
L’ho implorata di non dirglielo..”mi morsi le labbra, lui ricercò il mio sguardo.
Wow.. E lei?” Era piuttosto preso dalla discussione, per fortuna.
Mi ha detto che solo una cosa può bloccarla dal parlare al preside.
Ovvero?
Devo lasciare Haner.
In quel momento, il viso del nanerottolo fu un mosaico di emozioni; prima sembrava confuso, poi arrabbiato e infine un misto tra deluso e nervoso.
Vuoi lasciare Syn?!” mi chiese, alzando le sopracciglia, con tono severo e incredibilmente alto. Mi piazzai l’indice sulle labbra.
Abbassa il volume!”
Si nascose il viso tra le mani, in preda alla disperazione. Dopo un po’ se le scrollò di dosso e fissò il vuoto.
“Vuoi lasciarlo?! Sul serio?!” mi guardò male, serrando i pugni e i denti.
Non sapevo che rispondergli, avrei voluto urlargli “NO” ma non dovevo mentire, non dovevo mentire a nessuno, soprattutto a lui.
“Lo faccio per il suo bene...” abbassai la testa, distrutta.
Gli occhi iniziarono a riempirsi di lacrime, io feci di tutto per non tirarle giù e, per fortuna, ci riuscii; Seward mi guardò sospirando.
“E se io glielo dicessi..?”
“Sarah lo verrebbe a sapere, e lo direbbe a Baker.”
“Potrei parlare a Zacky e mettergli una buona parola.” Cercava di aiutarmi, era grandioso. Stimavo quell’uomo in una maniera inspiegabile.
“No, ti prego. Non dirgli niente, tutto ciò puzzerebbe soltanto di bruciato.”
Annuì sconfitto, per poi lasciare la stanza con un viso distrutto.
Decisi, quindi, di salire al piano di sopra e comunicare la cattiva notizia ad Haner, nonostante il mio cuore mi teneva giù, cercando di impedirmelo. Avrei pianto, senza alcun dubbio, pianto come una fontana. Dubitavo delle mie capacità da attrice, ma erano le uniche cose su cui dovevo contare in quel momento; mi servivano come nient’altra cosa, dovevo riuscirci.  Era un ordine che davo a me stessa.
Cercai di trovare le parole meno dolorose, ma ogni frase,ogni periodo mi sembrava sempre più orrendo e crudele; non ero un mago delle relazioni, non avevo mai lasciato qualcuno, e farlo controvoglia mi appariva così dannatamente difficile.
Non appena entrai in camera sua, Brian mi venne incontro in un battito di ciglia; mi strinse forte a sé ma notò quasi subito che non ricambiai il suo caloroso abbraccio con l’entusiasmo di sempre.
Sciogliendolo, mi guardò accigliato come non mai.
Non sapevo da dove iniziare.
Devo parlarti.
Tutto ok? Così mi fai spaventare.. Non hai una bella cera.
Farei tremila giri di parole, ma non basterebbero. Mi dispiace ok? ” Era ancora più confuso di prima.
Ad un certo punto, gli afferrai le guance e gli diedi un bacio, un bacio amaro e privo di sentimenti, di cui mi sorpresi persino io.
E’ finita.



Angolo dell'autrice.
Salve a tutti :D sarò breve, non spaventatevi della scritta "Completa" su questa FF u.u preeeesto arriverà Life in Vengeance University 2. Dato che questa storia ha fatto tanto successo, voglio trasformarla in una vera e propria serie! Mi piacerebbe sapere che ne pensate,perciò recensite in tanti u.u ciao! 
-Kay

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