Un disperato bisogno di te

di Defective Queen
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Non ci capisco più niente... ***
Capitolo 2: *** Lacrime ed equivoci ***
Capitolo 3: *** Autocompiangimento mode on ***
Capitolo 4: *** Ti perdono ogni volta! ***
Capitolo 5: *** Annunci! ***
Capitolo 6: *** Preparazioni per la serata di Gala ***
Capitolo 7: *** Gli imprevisti del ballo ***
Capitolo 8: *** Complicazioni parte I ***
Capitolo 9: *** Complicazioni parte II ***
Capitolo 10: *** Un disperato bisogno di te ***
Capitolo 11: *** Epilogo (bonus) ***



Capitolo 1
*** Non ci capisco più niente... ***


UN DISPERATO BISOGNO DI TE

 

UN DISPERATO BISOGNO DI TE

 

CAPITOLO I: Non ci capisco più niente

Dlin Dlon!

Dlin Dlon!

Dlin Dlon!

 

«Arrivo!»

Eccolo. Il suo inconfondibile suonare tre volte il campanello. Scendo di corsa le scale, con i capelli al vento. Fuori piove, non posso lasciarlo sulla soglia di casa. Arrivo e spalanco la porta. I capelli rossi sono leggermente scompigliati, gli occhi azzurri e profondi mi scrutano mentre indossa un impermeabile. Tra le mani tiene un ombrello ormai chiuso, poco male, poteva aspettare qualche altro secondo là fuori.

 

«Ciao!» gli sorrido, lui mi sorride di un sorriso che per un attimo mi abbaglia. Calma Hermione, calma. Entra permettendomi di chiudere la porta. Mi fiondo di nuovo sulle scale. Arrivata a metà scalinata mi giro, si è tolto l’impermeabile ed ora è tranquillamente seduto sul divano. Gli grido un: «Finisco di sistemarmi e andiamo». Lui annuisce ancora sorridendo e torno di sopra.

 

Stamattina colazione con Ron, eh già Ron, il mio migliore amico. Cosa consigliano gli esperti di bon ton per queste occasioni? Intanto sento che la pioggia è terminata e dalle persiane socchiuse arrivano degli sprazzi di luce. Per ora sarebbe meglio farsi una doccia. Apro il getto d’acqua e lo posiziono su 'acqua fredda'. Durante la doccia, mentre tamburello sulle piastrelle, cerco di decidere l’abbigliamento. Ron è ancora giù che mi aspetta, è passata quasi mezz’ora…non vorrei farlo spazientire semplicemente per una colazione! Appunto, solo una colazione…solo una colazione, da amici. Indosso una gonna di jeans lunga fino al ginocchio, a balze, con una maglietta colorata a fasce contornate di nero e un paio di ballerine nere ai piedi. Aggiusto i capelli alla bell’e meglio, raccogliendoli in parte in una pinzetta colorata. Okay…38 minuti, potrebbe essere un mio nuovo record di velocità nel vestirsi. Scendo giù, saltellando dalle scale. È intento a guardare la TV. Nonostante sappia da anni dell’esistenza di quell’ “aggeggio infernale contenente babbani”, come lo chiama lui, ne rimane affascinato ogni volta. Non si è accorto che sono scesa, troppo impegnato ad ascoltare un programma che spiega il sistema della tosatura delle pecore.

 

«Pronta!» esclamo sorridendo. Per quanto ogni volta possa farmi arrabbiare, mi è pressoché impossibile regalargli un sorriso.

Si gira, mi studia per un secondo, poi sorride anche lui.

«Sicura di non aver dimenticato niente?»

Lo guardo dubbiosa: «Che ho dimenticato?» dico guardando l’orlo della gonna, le scarpe e la maglietta.

«No è che…immaginavo di dover aspettare di più!» confessa ridendo per la mia espressione.

Mi stringo nelle spalle: «È solo una colazione» , dico con un tono di voce, non ben identificabile. Forse deluso è il termine più appropriato, però.

Lo vedo sospirare lievemente, di solito quella è l’anticamera dei nostri litigi, spero non si arrabbi. Perché poi dovrebbe?

«Bene, okay, possiamo andare allora!» Non si arrabbia, evviva! Mi dirigo verso la porta, lo faccio passare prima di me e la chiudo con un colpo di bacchetta. Ho installato una specie di antifurto magico, che garantisce una sicurezza 50 volte maggiore rispetto agli antifurti babbani.

Camminiamo fianco a fianco, sotto il sole di giugno. Della pioggia, rimangono solo alcune pozzanghere sparse sulla strada. Cerco di evitarle con cura, per non compromettere le mie ballerine. Ron ora indossa solo una maglietta azzurra a maniche corte e un paio di bermuda a quadrettoni bianchi con un paio di scarpe da ginnastica ai piedi. Avrà fatto sparire l’impermeabile con la magia.

Sono più o meno le otto di mattina, il cielo è ormai terso e una leggera brezza ci sfiora, lievemente.

«Mamma mi ha chiesto di invitarti alla Tana, per domani a pranzo. Ovviamente non sei obbligata…»,dice dopo qualche secondo di silenzio.

«Certo che vengo, che domande…!»,dico entusiasta. Non vedo Molly da un paio di mesi, e mi farebbe tanto piacere farle di nuovo visita, ma gli impegni di lavoro non me lo hanno permesso prima.

«Bene allora!» esclama illuminandosi di un sorriso da capogiro. Sbatto le palpebre un paio di volte, prima di tornare cosciente. Lui se ne accorge e ridendo di quel mio stato confusionale, mi chiede: «Herm, che hai?»

«Oh…ah…niente, niente.» Balbetto, cercando di essere più convincente possibile.

«Lo sai che di me ti puoi fidare, vero?» mi chiede scrutandomi serio, stavolta.

Che domande…metterei anche la mia vita in mani sue, per quanto io mi fidi ciecamente di lui.

«Sì, che lo so.» rispondo sincera, pur non capendo ancora dove voglia arrivare.

«Sai che puoi dirmi tutto, vero?»

«Lo so, Ron, lo so.» dico con voce esasperata.

Ultimamente i nostri ruoli si sono invertiti, lui è quello sensibile e attento a capire gli altri. Io sono diventata menefreghista. Terribilmente menefreghista. Non riesco più a preoccuparmi di nient’altro, se non di me. Purtroppo, quando piangi ogni notte, assaggiando il sapore delle tue lacrime, finché queste hanno la possibilità di scorrere, finché ne hai a disposizione, perdi interesse verso i sentimenti degli altri, semplicemente perché i tuoi sono stati calpestati. Nel mio caso, sono stati calpestati da colui che è accanto a me in questo momento. Colui che ora mi sta chiedendo:

«E allora cosa c’è? Sei cambiata, Mione…»

«Può essere.» rispondo vaga. «Anche se fosse?» chiedo con un’intonazione di acidità, che non desideravo avere.

«Beh…» lo vedo in difficoltà con le parole, in questo non è cambiato, e non sono cambiata neanche io, che conservo sempre la mia abile parlantina.

«Lasciamo perdere…» dice scuotendo la testa. «Spero che un giorno ti deciderai a dirmi cos’è che ti affligge.»

«Forse», dico rivolgendogli un timido sorriso. É inutile negarlo, sa che gli nascondo qualcosa. Me lo legge negli occhi. Ma cosa potrei dirgli? Potrei dirgli che lo amo talmente tanto che questo mi sta distruggendo? Potrei dirgli che sono stufa di essere la sua migliore amica, che vorrei solo scappare per non vederlo più? Ma come potrei? Come? Senza di lui io non vivo. Forse un giorno, vuoterò il sacco, forse. Per ora lasciatemi ancora la possibilità di rimandare. Come faccio da ormai troppi anni.

 

Siamo arrivati al bar, tempismo perfetto! Ora Ron si distrarrà nell’ordinare e non tornerà più sul discorso precedente…Lo spero, almeno! Non sarei capace di mentirgli. Posso solo tentare di sviarlo, confessandogli che, effettivamente c’è qualcosa. Ma non saprà mai cosa. Non deve saperlo o lo perderò anche come amico, e non potrei sopportarlo.

Eccoci seduti ad un tavolo, mentre ci gustiamo un cappuccino, tutto schiuma, come piace a noi. Ron è scoppiato a ridere, quando, dopo aver bevuto un sorso di cappuccino, la schiuma mi è rimasta sopra le labbra, come a formare una sorta di baffo.

«Assomigli al mio bisnonno, sai? Aveva dei baffi così!» prova ad ironizzare quel rosso scansafatiche.

Gli faccio una smorfia e poi aggiungo: «Grazie del complimento!» mi fingo offesa e gli metto un broncio falso, pulendomi le labbra con un fazzolettino del bar. Ron, si accorge che sto fingendo, eppure appoggia la sua mano sulla mia che è poggiata sul tavolo. Sento un brivido attraversarmi. Lo guardo ancora imbronciata.

«Un bel bisnonno, però.» dice sorridendomi. Bel bisnonno, bel bisnonno, bel bisnonno…Un momento!

«Questo voleva essere un complimento?» dico sarcastica per non compromettermi ulteriormente. Ma prima…voleva dire che io sono bella? Impossibile! Io sono Hermione Granger, non posso essere bella. Magari anche carina, ma bella no. Devo aver capito male, ecco perché.

«Devo essere più esplicito?» dice con quel dannato sorriso sulla sua faccia di bronzo. Devo ammettere che mi sta confondendo. Non so che rispondere, mi limito a fissarlo perplessa, la mia faccia deve essersi trasfigurata in un punto interrogativo. Il suo sorriso si allarga di più.

«Diciamo che anche…anzi, soprattutto, nella versione con baffo hai un certo fascino.» ammette ridacchiando.

«Tu dici?» dico inarcando un sopracciglio, sorridendo. Ecco appunto, Ron non pensa che io sia bella, né lo penserà mai.

 

Usciamo fuori dal bar. Un ragazzo sulla soglia del bar mi fissa. È carino. Ha i capelli castano chiaro corti, gli occhi scurissimi, la mascella ben pronunciata, un fisico scolpito. Mi rivolge un sorriso fin troppo audace, io sposto lo sguardo su Ron. Lo sta guardando anche lui, in cagnesco. Oh. Oh. Guai in arrivo. Cerco di intervenire: «Mh, Ron?»

«Eh?» bofonchia finalmente spostando lo sguardo da quel tipo, fino ad incontrare il mio. Ha un’espressione più rilassata, finalmente.

«Andiamo? Tra mezz’ora attacco al lavoro.» dico guardando l’orologio.

«Sì, anche io ho il turno di mattina.»

 

Io e Ron lavoriamo come Auror del Ministero della Magia. Dopo lo scontro finale, tra Harry e Voldemort, siamo diventati una specie di celebrità del mondo magico, il lavoro c’è stato offerto dovunque. Ma noi, il magico trio, abbiamo preferito mantenerci uniti, lavorando insieme al dipartimento di Difesa. Di Mangiamorte ce ne sono sempre in giro, ma sono molti di meno, e tutti appartenenti alla vecchia guardia. Per di più ora, senza il loro padrone, faticano ad organizzarsi negli attacchi e ci risulta più facile, rispetto ad un tempo, catturarli.

Camminiamo fino a trovare un posto isolato dove Smaterializzarci per raggiungere il Ministero.

 

Saluto Ron con un sorriso, prima di andare a cambiarmi ed indossare una divisa più consona per il lavoro.

Appena entrata in ufficio, un indaffaratissimo Harry mi saluta immerso da innumerevoli scartoffie.

«Serve aiuto?», dico sorridendo amabilmente.

«Sei un tesoro, Hermione», dice Harry ricambiando il mio sorriso con gratitudine e porgendomi un ammasso di carte e certificati da compilare.

Vado a sedermi dietro la mia scrivania di ciliegio ampia, proprio come piace a me. Su questa c’è un computer babbano di ultima generazione, un porta piume super accessoriato, alcune pergamene bianche ed un paio di fotografie mie, mie con Harry e Ron e una con me e Ron. È la mia preferita, si capisce. L’ha scattata Harry quest’inverno, mentre eravamo in vacanza insieme in uno scialet di montagna. Con noi tre, c’era anche Ginny che da un bel po' di tempo sta con Harry. Li invidio un po’ per la loro sfacciata felicità, ma dopo tutto quello che abbiamo passato, anzi soprattutto tutto quello che Harry ha passato, se lo merita eccome. E poi il mio fratellone, come lo chiamo io, è innamorato pazzo di Ginny e lei è innamorata pazza di lui.Mi chiedo quand'è che si sposeranno...

Sospiro e in quel preciso istante entra Ron che saluta Harry con un sorriso e poi sorride anche verso di me. È andato a cambiarsi anche lui, ora indossa la divisa nera degli Auror con una spilla luminosa raffigurante una “A” bianca in movimento. Mi ci vuole poco più di mezz’ora per riempire i certificati di Harry, che non sembra neanche più sorpreso della mia velocità, c’è abituato. Non c’è molto da fare, per cui inizio a giocare con il computer ad un gioco di carte babbane: il solitario. Non è il massimo del divertimento, lo ammetto, ma almeno così posso evitare di guardare Ron per tutto il tempo. Ora mi viene in mente un detto: “Lupus in fabula”, infatti eccolo qui, che mette una sedia accanto a me. Evidentemente neanche lui ha niente da fare. Io lo ignoro, e continuo a giocare imperterrita.

«Hermione? Ti sei accorta che qui c’è il tuo caro amico Ron?» mi sussurra lui, pericolosamente vicino al mio viso.

«Come potrei non accorgermene? Hai la grazia di un elefante quando ti sposti.» dico sbuffando senza girare la testa dallo schermo del computer.

Ride di gusto e poi mette un braccio dietro la mia spalla e si avvicina per vedere meglio quello che sto facendo. Rabbrividisco, senza farlo apposta…Perché deve farmi quest’effetto? Dannazione, se ne è accorto…che gli dico?

«Hai freddo?» chiede preoccupato.

«Un po’»,mento io, «Credo di non sentirmi tanto bene.» E difatti, non sto bene, ma per motivi psicologici e non fisici.

«Fa’ vedere.» dice mettendo una mano sulla mia fronte. Nonostante sia un contatto così casuale e ingenuo, sento un altro fremito. È sempre attento con me…anche affettuoso. Ma non nel modo in cui lo vorrei io.

«Non sembri avere la febbre.» constata ritirando la mano e accarezzandomi la guancia. Basta, potrei non essere più responsabile delle mie azioni, smettila. Non lo guardo ancora, ho smesso anche di giocare al solitario, ora fisso semplicemente lo schermo e sono immobile sotto il suo tocco.

«Herm? Vuoi andare a casa? Tanto qui non c’è nient’altro da fare.» prova a dire, vista la mia mancanza di risposta.

«Non stargli troppo addosso, Ron!» la voce di Harry , appena tornato nel nostro ufficio irrompe nelle mie orecchie, «deciderà lei quando andarsene, no?».

«Già, comunque preferisco andare. A domani ragazzi.» dico sorridendo lievemente ed uscendo dall’ufficio.

 

«Comandante Granger! Va via?» Lizzie,una nuova recluta è davanti a me che mi sorride cordialmente. È una ragazza carina, coi capelli biondo miele, lisci e lunghi e gli occhi verde smeraldo. È minuta e bassina, non si direbbe, ma nel combattimento corpo a corpo è fenomenale!

«Sì, Lizzie, non sto molto bene.» dico sorridendole lievemente di rimando.

«Hermione!» Sento chiamarmi, mi giro e vedo arrivare Ron di corsa.

«Cosa c’è?» chiedo preoccupata.

Lui mi fa un gesto in aria con la mano, come per dire che non è successo niente, mentre riprende fiato.

«Vuoi che ti accompagni a casa?» chiede ancora un po’ affannato. «Oh ciao Lizzie» saluta la ragazza, che arrossisce e ricambia con un cenno. Credo che Ron le piaccia molto. Lui però sembra non accorgersi del suo comportamento, guarda me. Un senso di orgoglio ingiustificato mi riempie i polmoni. Lui si preoccupa solo per me.

Non sentendomi rispondere, mentre ero troppo presa dai miei pensieri, Ron mi prende per un braccio e bofonchia un: «Non sei nelle condizioni di tornare a casa da sola, perciò ti accompagno che tu lo voglia o no.» Ma non è adorabile?

«Ma no non preoccuparti, me la cavo.», parlo finalmente, anche se a dire il vero, non mi dispiacerebbe affatto che mi accompagnasse.

«Ci tengo alla tua salute, perciò fatti accompagnare!»

Ammicco verso Lizzie che è stata ad ascoltare tutta la nostra sceneggiata, guardando costantemente il mio amico. Posso capirla benissimo. Così ancora trascinata da lui, arrivo di fronte ai camini magici. Guardo Ron di sbieco, come per chiedere una spiegazione.

«Una materializzazione potrebbe essere pericolosa se non ti senti bene…chissà dove andresti a finire!» commenta ridacchiando, prende una manciata di polvere volante ed io faccio lo stesso. Mi prende per mano e un altro brivido mi scuote. Inspira, espira, ok, ci siamo, sono tornata consapevole delle mie azioni. Sono o non sono Hermione Granger la razionale?

«Blackberry Street 27!» gridiamo insieme, e qualche secondo dopo, siamo tornati a casa mia. Tossisco un po’ a causa della fuliggine nel caminetto e poi mi pulisco i vestiti anneriti con la bacchetta, lo stesso fa Ron.

«Sono a casa sana e salva», gli dico sorridendo. «Grazie.»

«Dovere.», sorride anche lui.

«Ah…» biascico a bassa voce, con un tono amaro.

«Cosa c’è?» lo vedo perplesso, forse si sta chiedendo se è stato lui a farmi intristire e perché.

«Pensavo di essere un po’ più che un dovere…per te.» dico arrossendo e guardandomi i piedi. So perfettamente che non intendeva dire “dovere” in quel senso…ma voglio sentire ora cosa dice. Mi faccio coraggio e torno a guardarlo, dire che è rimasto spiazzato è poco. Sa che aspetto una sua risposta, ma lui si avvicina a me e mi abbraccia sollevandomi quasi da terra. Sento il suo odore così particolare penetrarmi nelle narici, mentre le sue braccia forti mi fanno sentire al sicuro. Wow mi sembra di volare, in tutti i sensi! Si avvicina al mio orecchio e mi sussurra: «Sei il dovere più piacevole del mondo…». Oh cavolo! Non mi sento più le gambe. Il respiro si affievolisce, la vista mi si annebbia. Non capisco più niente. Sento solo un’ondata del suo profumo e poi svengo tra le sue braccia.

«Hermione!!! Ohi, Hermione!». Qualcuno mi chiama. Che è successo? Chi ha spento la luce? Cerco di aprire gli occhi e con un po’ di difficoltà nel focalizzare chi ho davanti, capisco che è Ron. Sono sul letto, ho la testa appoggiata su due cuscini e lui mi è affianco dandomi piccoli schiaffetti sulle guance per farmi riprendere. Quando vede che apro gli occhi, sospira sorridendomi.

«Mi hai fatto prendere un accidente!» Lo guardo perplessa, che ci fa lui qui?

«Ron, ma che è successo?» mormoro con voce impastata cercando di alzarmi, ma Ron me lo impedisce.

«Meglio che rimani a letto…» mi accarezza una guancia col dorso della mano e senza volerlo avvampo sotto il suo tocco.

Cerco di darmi un po’ di contegno sollevandomi meglio sul cuscino e poi lo guardo inarcando un sopracciglio. «Allora?»

Lui ride del mio atteggiamento e poi mi risponde: «Sei svenuta.»

Strabuzzo gli occhi, non ero mai svenuta prima in vita mia! «Davvero? Quando? Come?»

«Piano con l’interrogatorio signorina Granger…una domanda alla volta!», sorride e io deglutisco consapevole che se continua a sorridermi così, sverrò un’altra volta.

«Non ti ricordi niente?» mi chiede poi apprensivo.

«No, cioè sì…» arrossisco fortemente «Mi hai abbracciata.»

«Bene, pensavo avessi perso la memoria!»

«Ehi, che credi, non mi faccio mica abbattere da uno svenimento!» Ne sei proprio sicura Hermione? Ti è bastato abbracciarlo per perdere i sensi! No, non ne sono più sicura. Quando c’è in ballo Ron non sono mai sicura di niente.

«Comunque, è tutto merito di Harry, è stato lui a consigliarmi di accompagnarti» confessa lui ridendo quasi nervoso.

Allora non è stata un’iniziativa sua…ecco mi sono di nuovo immaginata tutto. Che illusa che sono…avrei dovuto capirlo subito.

«Già, ringrazierò anche lui.» dico con voce soffocata, sto per mettermi a piangere, ma non devo farglielo capire, avrei preferito non svegliarmi più e rimanere svenuta per un altro po’.

Guardo i suoi occhi azzurri scrutarmi per qualche secondo, poi dice: «Dai, ora vado, ti lascio riposare, se non stai bene non esitare a chiamarmi, eh» mi fa l’occhiolino dandomi un bacio in fronte.

Chiudo gli occhi, stringendoli, no, non devo piangere.

 

CRACK!

 

Una lacrima, seguita da mille altre mi attraversa il viso, ma lui se n’è già andato.

 

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Capitolo 2
*** Lacrime ed equivoci ***


UN DISPERATO BISOGNO DI TE

UN DISPERATO BISOGNO DI TE

 

CAPITOLO II: Lacrime ed equivoci

 

Sono sul divano mentre leggo un romanzo d’amore molto smielato, che Tonks mi ha regalato per Natale. È un po’ vecchiotto, ma lo adoro, è la centesima volta, nonostante le sue 3567 pagine, che lo rileggo. Mentre sono totalmente assorta nella lettura, un leggero ticchettio alla finestra richiama la mia attenzione. Alzo lo sguardo ed un piccolo gufetto grigio scuro, è lì sulla soglia della vetrata che aspetta impaziente. Ha con sé una lettera. Spalanco la finestra e quello plana sul tavolo. Lo raggiungo, gli regalo un biscotto che mi è capitato sotto mano e quello fa un grugnito di assenso. Credo gli sia piaciuto. Riconosco subito la grafia sulla busta dove c’è scritto:

“Per Hermione Granger”. È Ginny! Apro la busta e mi trovo in mano la pergamena contenente:

 

 

Cara Hermione,

Ho assolutamente bisogno di vederti…! Dimmi tu dove e quando possiamo incontrarci, io non ho altri impegni.

 

P.S. Non iniziare a preoccuparti ora, non è nulla di grave…anzi!

 

Rispondimi presto!

Tua Ginny

 

 

Afferro la prima piuma e la prima pergamena che mi capitano sotto mano e le rispondo in fretta:

 

Cara Ginny,

Per oggi non ho impegni di nessun genere. Sono tornata a casa prima dal lavoro perché tuo fratello ha insistito tanto dicendo che non stavo bene. Beh, sì in effetti sono svenuta ma ora sto benissimo, non preoccuparti. Tornando a noi, puoi venire subito a casa mia, così mi spieghi che è successo.

Ti abbraccio,

Hermione

 

 

Do un altro biscotto al gufo e gli lego la lettera per Ginny alla zampa. Continuando a tormentarmi sul motivo del nostro incontro. Ha bisogno di vedermi…e non è nulla di grave, anzi! Che vorrà dire? Mentre ancora io rimugino internamente, il gufo di qualche minuto fa è tornato a farmi visita. Slego in fretta la pergamena di risposta:

 

Mi precipito!

Ginny

 

Vedendo che non ho intenzione di rispondere, il piccolo gufo va via, lasciandomi sola in salotto. Un secondo dopo mi sento chiamare:

«Herm! Ma dove sei?» una voce che riconosco essere quella della mia migliore amica mi chiama dalla cucina.

«Ginny sono qui! In salotto!» grido io di risposta. Lei mi raggiunge poco dopo, con un sorriso raggiante sulle labbra e i capelli rosso fuoco un po’ scompigliati. Se il aggiusta passandoci le mani una volta e poi viene ad abbracciarmi forte.

«Allora?» dico io una volta distaccateci.

«Una notizia bomba!» esclama Ginny, sprizzando felicità da tutti i pori. Non so come faccia ad essere sempre così entusiasta! Di certo non rientra nelle mie doti.

«Che aspetti allora, parla!» esclamo mentre la curiosità dentro me cresce sempre di più. Chissà perché, ma ho il presentimento che c’entri Harry!

«Ecco beh…», mi sorride timidamente «Non ne sono pienamente sicura…ma sì insomma…credo di essere incinta!» dice tutto di un fiato.

«Wow!» cerco di enfatizzare io, «Bisogna festeggiare!» propongo abbracciandola.

«Oh, sì certo che lo faremo!» dice stringendomi. «Ma per rendere la notizia pubblica devo prima fare uno di quei test…sai, per essere più sicuri!»

«Va bene, ne hai già comprato uno?» le chiedo.

«Sì…sono passata prima da Diagon Alley e sono stata alla Medifarmacia. Mi hanno consigliato due tipi di test. Questo qui credo sia babbano…mentre l’altro è normale.» Per lei che non è nata babbana, gli oggetti magici vengono considerati ‘normali’.«Quale pensi che debba fare per primo?» mi domanda incerta, con una nota di emozione nella voce. Deve essere bello scoprire di aspettare un bambino…wow…chissà se a me accadrà mai. Sospiro, prima di riprendermi dai miei pensieri e chiedere a Ginny di mostrarmi le due scatolette contenenti i test. Le esamino un attimo e poi dico:

«Quello babbano è un sistema più veloce, entro 20 minuti ti da il responso». Lei mi fa un gran sorriso, io le rispondo allo stesso modo. «Ma il risultato non è completamente sicuro…» proseguo, «Quello magico, invece, ci mette di più, qui dice che una notte dovrebbe bastare, ma il suo risultato è quello definitivo.»

«Bene…allora faccio prima il test babbano.» mi dice lei interrogativa, quasi a cercare una conferma in me. Io annuisco sorridendole. Prende la scatola e se la rigira tra le mani, quasi tremando.

Le faccio un occhiolino di incoraggiamento, e l’accompagno in bagno. Mentre facciamo le scale le chiedo:

«L’hai detto già ad Harry?»

«No, non ancora. Lui non deve scoprire niente, è una sorpresa! Tu sei stata la prima a cui l’ho detto.»

Le sorrido e lei non può saperlo, ma ora mi sento per la prima volta di nuovo utile, dopo mesi. Ginny è in bagno da un bel po’, io sono tornata a divorare il mio libro, di sotto. Sento un CRACK ben definito e mentre alzo lo sguardo noto che due grandi occhi verdi mi guardano allegri.

«Harry!» dico urlando, in modo che Ginny mi senta e non esca dal bagno. Se lei vuole mantenere la faccenda segreta non deve fargli scoprire che è qui.

«Scusa se ti ho spaventata!» mi dice, forse insospettito dal mio tono di voce stridulo.

«Oh fa niente!», lo rassicuro io, stavolta parlando normalmente. «Che ci fai qui?»

«Sono venuto a vedere come ti sentivi…» mi dice scrutandomi con fare sospetto.

«Ron mi ha detto che sei svenuta.» continua poi.

Ahia. Ma perché Ron non tiene mai quella boccaccia chiusa?

«Sto benone, ora! Ah…e grazie di esserti preoccupato per me…Ron mi ha detto che gli hai consigliato tu di accompagnarmi a casa.» dico con una nota di delusione sulla voce. Cerco di abbozzare un sorriso, mentre sono ancora seduta sul divano. Appoggio il libro che stavo leggendo sul comodino affianco a me e lo invito a sedersi. Lui non fa troppi compimenti e si stravacca sul divano.

Mi guarda sospettoso, con fare da Auror. Cerco di ironizzare:

 

«Harry, guarda che non sono un mangiamorte! Non guardarmi così!» dico ridendo.

«Oh sì lo so…» sorride apertamente «Allora Ron ti ha detto così?» smette di sorridere e mi guarda con un’espressione indecifrabile sul volto.

«S-sì» balbetto. Lui aggrotta le sopracciglia.

«C’è qualcosa che non va, Harry?», domando incerta.

«No, no, niente.», ora mi sorride di nuovo.

Lo guardo perplessa e bofonchio un: «Se lo dici tu!» e mi alzo sgranchendomi le gambe.

«Ti va una tazza di the?» propongo in modo da potermi allontanare da lui e avvisare Ginny di non farsi vedere, anche se credo che abbia già scoperto che lui è qui, dopo il mio urlo isterico. Harry annuisce e poi si distrae un attimo armeggiando con alcune chiavi. Perfetto. Salgo le scale in un batter d’occhio e sono in bagno. Ginny non c’è. Provo ad andare in camera mia e Ginny è seduta sul letto, con in mano un aggeggio di plastica bianco contenente un liquido blu. La guardo interrogativa, mentre lei mi mostra meglio il test.

«Secondo questo sono incinta.» dice raggiante, io corro ad abbracciarla forte e poi mi ricordo di Harry.

«C’è Harry giù in salotto…immagino che non debba vederti…»

Lei annuisce convinta: «No, non deve sapere che sono qui! Sennò addio sorpresa! Mi raccomando tu, non spifferare niente!» io annuisco divertita, lei si alza dal letto e mi schiocca un bacio sulla guancia.

«Vado a casa allora, farò anche il test magico e poi ti mando un gufo per farti sapere…se è positivo lo annuncerò domani a pranzo alla Tana, ci sarai vero? Ti prego dimmi di sì!» dice Ginny congiungendo le mani a mo di preghiera, inscenando una faccia implorante, che mi ricorda tanto quella di suo fratello quando mi chiedeva i compiti ad Hogwarts.

Sospiro lievemente e poi annuisco ancora una volta sorridendole.

«Grazie! Grazie! Grazie!» saltella come una bambina che ha appena ricevuto una caramella e un attimo dopo si è smaterializzata.

Faccio mente locale e mi ricordo di Harry e del the…il mio amico dovrà aspettare un altro po’. Mi smaterializzo direttamente in cucina per non fare le scale e metto un tegame d’acqua sul fuoco. Aspetto che si riscaldi abbastanza poi lo tiro fuori e verso l’acqua in due tazze, una azzurra e l’altra rossa con i fiorellini, poi metto il filtro di the. Prendo goffamente le tazze in mano e mi dirigo in soggiorno. Harry è ancora sul divano e si rigira tra le mani una scatoletta bianca con le scritte verdi. Il test magico di Ginny, l’ha dimenticato da me! Oh merda. Devo essere davvero sbiancata, lui si è accorto della mia presenza.

«E-ecco il the.» mormoro appoggiando la mia tazza rossa sul tavolo e porgendogli quella azzurra, ostentando indifferenza per la scatoletta.

Harry mi guarda a bocca aperta e poi prende tra le mani la tazza fumante. Io prendo posto su una sedia, di fronte a lui. Inizio a trangugiare the, per non dover parlare, scottandomi la lingua e sputando un po’ di liquido in una tosse fastidiosa. Harry se ne accorge e ridacchia in sottofondo. Rimaniamo in silenzio per un altro po’, fino a che mi accorgo che la mia tazza è vuota. Ora non ho più niente con cui distrarmi per evitare di parlargli. Sconsolata la riporto in cucina e la metto sul lavello, per poterla lavare dopo. Anche Harry ha terminato il suo the, prendo la sua tazza e la metto affianco a quella mia, torno in soggiorno. A quanto pare Harry ha deciso di rompere il silenzio.

«Hermione non è che devi dirmi qualcosa?»

Cazzo. Cazzo. Cazzo. Lo so, io Hermione Granger, non sono di certo una tipa volgare, ma stavolta non riesco a trattenermi.

«No, cosa dovrei dirti?» Ti prego Harry, non il test, non il test!

«E questo cosa è?» dice riprendendo in mano la scatoletta. Inizio a sudare freddo. Ginny ha tanto insistito perché non dicessi niente…ora che mi invento???

«È…È…» provo a dire, ma non riesco a proseguire sotto il suo sguardo sbalordito.

«Hermione, guarda che so leggere! È un test di gravidanza!» mi accusa con un tono di rimprovero.

«Beh, lo so cos’è!» ribatto con voce indispettita dal suo tono.

«E allora?» dice alzandosi e parandosi davanti a me che sono seduta.

«Allora cosa?» replico fingendo di non capire.

«Sei incinta?» dice riducendo gli occhi in due fessure.

«NOOOO! Sei pazzo?» urlo sconvolta e in preda al panico. In quell’istante dietro le spalle di Harry, fa la sua comparsa una figura troppo conosciuta per passare inosservata ai miei occhi. Ron! Si avvicina a me e ad Harry e sentendomi troppo sovrastata da quei due in piedi, mi alzo anche io, purtroppo il risultato non varia di molto. Ron ha una faccia che parla da sola: è sconcertato. Deve aver origliato l'ultima parte della conversazione.

«Che ci fai qui?» dico strabuzzando gli occhi e deglutendo.

«Ero venuto a vedere come stavi…ma ora ho capito benissimo qual è il problema» , dice con un tono di voce poco raccomandabile. Guai in arrivo.

«S-sei davvero incinta? E non ci dici, non MI dici niente! Non una parola!» mi rimprovera Ron respirando quasi affannosamente e guardandomi in cagnesco.

«Una buona volta Ron, NON, e dico NON sono incinta!» urlo come una forsennata.

«Ma credevi di esserlo!» dice Harry prendendo le parti di Ron.

Sento la furia entrare in circolo nelle mie arterie, come possono solo pensarlo? Cerco di calmarmi. Decido di essere sincera con loro, anche a costo di umiliarmi, ma non trovo altra via d’uscita.

Sospiro sentendo i miei occhi lucidi:
«Come potrei? Ecco io…io…sono ancora vergine!»

Ron sembra essersi calmato. Harry sembra non capirci più niente. Tutti e due, però, continuano a guardarmi a bocca aperta, pieni di stupore.

Stringo i pugni mentre le lacrime premono per uscire e corro in camera mia sbattendo la porta.

 

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Capitolo 3
*** Autocompiangimento mode on ***


UN DISPERATO BISOGNO DI TE

UN DISPERATO BISOGNO DI TE

 

CAPITOLO III: Autocompiangimento mode on

 

Stupida, Hermione, stupida. Non dovevo dirglielo, ora non la smetteranno più di prendermi in giro e chiamarmi suora. Vaffanculo ad Harry, Ron e pure a Ginny, che mi ha messo in questo casino. Stringo la federa del lenzuolo, come a volerla strappare, mentre viene bagnata dalle lacrime a poco a poco. Sento qualcuno bussare alla porta e con velocità incredibile prendo la bacchetta e faccio un incantesimo di chiusura resistente anche all’Alohomora. Bussano ancora.

 

«Hermione?» è Harry a parlare ma deve esserci anche Ron, di sicuro.

Non rispondo, non si aspetteranno di certo che lo faccia!

«Hermione stai bene?» Harry parla pacatamente. Continuo a richiudermi nel mio mutismo, mentre tuffo il volto tra le lenzuola per nascondere il rumore dei miei singhiozzi alle loro orecchie. Come vuoi che stia, Harry? Di merda, ecco come sto!

«Herm!» stavolta è Ron a parlare. «Va bene, non ci vuoi parlare, ma sono certo che puoi sentirmi.»

Che cavolo vuole ora quell’imbecille? Ma lasciatemi in pace e basta! Voglio solo starmene a piangere per qualche oretta finché gli occhi non me lo consentiranno. Magari dopo non sarà cambiato niente, oppure avrò un peso più leggero sul cuore.

«Ascolta…ti chiedo scusa. Non potevo immaginare…io…»

Mi alzo dal letto con furia, apro la porta di scatto e mi trovo davanti le facce sbalordite dei miei migliori amici che sussultano sollevati, ma che tornano ad un’espressione preoccupata non appena vedono il mio viso. Non voglio neanche provare ad immaginare che aspetto abbia la mia faccia, ora.

«Fuori da casa MIA!» urlo guardandoli in modo sprezzante per poi sbattere ancora la porta alle mie spalle.

«Hermione, apri! Per favore, scusaci!» mi chiama Harry ancora sulla soglia della porta chiusa. Lui è quello più paziente, non se ne andrà presto ,eppure spero che questa volta riesca a capirmi. Non voglio vedere nessuno, preferisco crogiolarmi da sola nella pena per me stessa e per la mia vita.

«Andatevene! Vi odio!» urlo da dentro la mia camera con voce strozzata dal pianto, mentendo. Loro non replicano, probabilmente scossi. No, non li odio. Non potrei mai farlo, ma tutta la rabbia che si è accumulata, mi ordina di prendermela con qualcuno, chiunque esso sia, e lanciargli contro tutto il mio dolore.

Sento dei mormorii, tuttavia riesco a sentire distintamente quello che Harry e Ron si dicono.

«A quanto pare non vuole saperne niente…» sussurra quello che credo sia Harry.

«Uscirà prima o poi! Deve uscire cavolo!» e questo è Ron.

«Se vuoi proprio saperlo potrei restare a vivere nella mia camera anche per il resto della mia vita, per quanto mi riguarda! Perciò vi consiglio di sprecare il tempo per qualcosa di più utile!» urlo con voce petulante, simile a quella con cui spingevo Harry e Ron a fare i compiti 4 anni fa.

«Ma Hermione…» tenta Harry, illudendosi di potermi convincere con le sue buone maniere.

«Non vi voglio vedere, punto e basta. Ora andatevene.» dico a voce alta, tentando di chiudere il discorso.

«Va bene, ce ne andiamo! Ma domani ne parliamo!» mi intima Ron, con fare minaccioso, che nonostante tutto non mi scalfisce minimamente.

«Non ritengo di dover parlare di nulla con te, Ronald Weasley. Ora se non vi dispiace, gradirei dormire in pace, senza due scocciatori che urlano fuori dalla porta della mia camera. Sarà meglio per voi che ve ne andiate, altrimenti vi schianto a ripetizione!» li minaccio con voce seria.

 

Ron ed Harry sanno delle mie abilità negli schiantesimi e nelle fatture orcovolanti. Li sento sussurrare troppo lievemente perché questa volta riesca a sentirli. Un piccolo tonfo mi segnala che se ne sono andati.

Tiro un sospiro di sollievo accasciandomi sul letto e prendendo a pugni il cuscino. Non ce la faccio a stare qui, mi sento soffocare. Decido di uscire di casa. Scelgo solo una giacca di jeans da abbinare a quello che indosso già: una maglietta colorata e un pantalone nero a sigaretta, con dei comodi sandali bassi.

Cammino mentre all’orizzonte un tramonto rosso fuoco si estende sotto la mia vista e mi ricorda immancabilmente i capelli di una certa persona. È colpa sua! È colpa sua se mi sono ridotta così! Se l’ho aspettato invano per più di otto anni e lo aspetto ancora. È colpa sua e dello sfacciato amore che provo per lui se non ho trovato nessun altro che mi faccia sentire amata, che mi protegga, e perché no, qualcuno che faccia l’amore con me. E invece Hermione Granger, 21 anni, studentessa più brillante di Hogwarts, componente migliore del corpo Auror, famosa in tutta l’Inghilterra, amica di Harry Potter il prescelto, colei che ha ucciso Bellatrix Lestrange, uno dei mangiamorte più temuti…udite udite è solo una fallita. Una fallita innamorata persa del suo migliore amico, e nonostante sappia tutto di lui, in undici anni che lo conosco non sono riuscita a conquistarlo. Cosa c’è che non va in me? Perché posso essere solo Hermione l’amica brava, buona e fedele? Seriamente Hermione, cosa hai fatto in 21 anni a parte combattere con un numero imprecisato di mangiamorte?

Beh…sono stata brava a scuola, ho preso il massimo dei voti ai M.A.G.O., ho un lavoro di prestigio al ministero, un sacco di soldi, una villa con un giardino spazioso al centro di Londra e tanti amici che mi vogliono bene. Ma brava. Clap, clap. Può partire un bell’applauso per Hermione Granger! Su! Più forte! Non sento, non sento, non sento. Non voglio sentire. Non voglio sentire questa marea di voci che sento dentro me. Quasi mi viene da ridere pensando a quanto sono patetica. Penso a Ginny, distrattamente. E lo ammetto. La invidio. Lei ha tutto ciò che desidera. Io, invece? Io ho tutto quello che si potrebbe desiderare, ma infondo non ho scelto io il successo e la ricchezza, non l’ho desiderato. Diciamo che mi è capitato. Cosa c’è di sbagliato in me? Magari sarò troppo saccente, troppo permalosa, troppo isterica…troppo…vergine! Mentre Ginny, un anno più piccola di me, che veniva a chiedere consigli a me, su come comportarsi con Harry, ora è probabilmente incinta e non si potrebbe essere più felici di lei. Sospiro fortemente, seduta su una delle panchine in un parco deserto. Una folata di vento porta con sé un profumo molto simile al suo. E lo maledico mentalmente.

 

Perché dannazione, è tutta colpa tua Ronald Weasley!

 

 

***

 

 

Do un occhiata all’orologio: le due di notte. Cerco di accoccolarmi meglio sul divano e rituffo la mia mano nella mega busta di patatine che ho in grembo. Divoro tutto con soddisfazione, ingoiandolo direttamente e deglutendo un paio di volte per mandare giù il boccone. Solo una fioca luce proveniente dalla TV, illumina il soggiorno buio. Seguo distrattamente una soap opera smielata e priva di gusto, parteggiando per la giovane protagonista, che si scaglia contro una burbera e troppo apprensiva madre, cercando di convincerla a lasciarle vivere la sua vita, via da quel paesino sperduto dove era nata. Infilo di nuovo la mano nella busta di patatine e quando constato che sono finite, sento un terribile senso di oppressione gravarmi sullo stomaco. Scoppio a piangere a dirotto, un po’ per le patatine, un po’ per il non saper gestire delle situazioni in apparenza così semplici. Hermione, calma, ragiona. Con un assestato colpo di bacchetta, trafiguro una busta di patatine alta quasi un metro, accogliendola con un gran sorriso tra gli occhi lucidi. Ingoio le patatine con voracità, riconoscendo sulla superficie di ogni patata dei tratti somatici a me famigliari, che riconducono una volta a Ron, una volta ad Harry, una volta a Ginny e persino a Victor Krum! Rido delle idiozie che mi sono passate per la testa e poi torno a focalizzare la mia attenzione sulla telenovela di prima. Un’idea inizia a balenarmi in testa, mentre penso che quella è la soluzione più intelligente che io abbia potuto mai trovare in una sera del genere.

Soddisfatta di me stessa spengo la TV e trascinandomi in camera mia, mi cambio indossando una camicia da notte bianca e corta. Spicco un balzo sul letto. Sento il mio respiro libero e sereno come non lo era da tanto. E mi addormento presto, senza versare nessuna delle solite lacrime pre-sonno.

 

 

ANGOLO DELL’AUTRICE:

 

Come al solito ringrazio tutti i miei lettori e chi segue questa e le altre mie fan fiction!

Con le vostre parole mi rendete sempre enormemente felice!

Volevo precisare, anche, che effettivamente lo spunto per il test di gravidanza babbano e magico l’ho preso da un’altra fan fiction che ora non ricordo, ma che se ritroverò non mancherò di citare. Bye, Bye!

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Capitolo 4
*** Ti perdono ogni volta! ***


UN DISPERATO BISOGNO DI TE

UN DISPERATO BISOGNO DI TE

 

CAPITOLO IV: Ti perdono ogni volta!

 

«Miss Granger!» Gracchia il Ministro della Magia Scrimgeour, portando i suoi occhi da felino su di me che sono appena entrata nel suo ufficio. Mi sento un tantino a disagio, ma non posso certo darlo a vedere!

«Ministro, che piacere vederla!» mento con voce sincera. Che brava attrice che sono! Beh, non vorrei fare una brutta figura, perciò meglio che tenga la bocca chiusa il più possibile, sono qui per una cosa importante.

«Il piacere è tutto mio, miss Granger! Prego si sieda, non faccia complimenti!» dice indicandomi una delle sedie, davanti alla sua scrivania. Mi siedo titubante sulla prima sedia a destra e lo guardo accennando un sorriso.

«Allora a cosa devo l’onore?» mi chiede il Ministro, sempre mantenendo i suoi modi galanti. Che fa? Vuole corteggiarmi?

«Ho ripensato alla sua proposta…e» mi fermo. Ne sono veramente sicura? Oh, andiamo, certo che sì!

«E?» mi esorta lui con un sorrisino in faccia. Come fa a sapere che accetterò? Beh…forse visto che ho già rifiutato, l’unico motivo per cui avrei potuto tornare da lui sarebbe stato appunto accettare.

«E…» sorrido. Mi piace in un modo incredibile tenere la gente sulle spine. «Accetto.» dico con voce ferma e calma.

«Oh, mi fa davvero piacere, miss Granger!» dice, mostrandomi un sorriso a 48 denti.

«Mi chiami pure Hermione.» propongo io…se non si è già capito odio quel Miss Granger! Mi fa sentire una bambinetta imbecille.

«Bene, Hermione» dice guardandomi furbescamente da sotto gli occhiali. «Sarà perfetta, non ne dubito!»

Se lo dice lui! Su Hermione! Forza e coraggio, abbi fiducia nelle tue capacità!

«Mi fido del suo parere, Ministro.» dico sorridendo più sollevata. È andata. Per quanto non sopporti quel tizio, gli sono grata dell’incarico. Infondo, non potevo continuare ad autocommiserarmi per sempre…neanche per Ron. Ho una vita, e per quanto schifosa sia, devo puntare al massimo.

Perché Hermione Granger ottiene sempre il massimo.

 

***

 

Mi congedo dal Ministro con un sorriso stampato in faccia che non vuole andar via. Torno in ufficio e mi precipito direttamente alla mia scrivania, ignorando gli sguardi interrogativi di Harry e Ron sul mio buon umore. Non li ho ancora perdonati, per ora non mi va proprio. Hanno tentato in ogni modo di rendermi partecipe ad una qualche conversazione, questa stamattina, ma mi sono limitata ad un: “Sì, infatti” o ad un: “Oh, già” totalmente disinteressato. Tamburello con le dita sul tavolo, fingendo di leggere alcuni fascicoli che ho davanti agli occhi, sbirciando costantemente l’orario. Attendo un gufo di Ginny, con il risultato del test di gravidanza…uffa ma quanto ci mette? Ieri sera le rispedì la scatoletta contenente il test magico, che aveva dimenticato a casa mia e che mi aveva causato non pochi problemi! Bastava una notte e avrebbe avuto il responso…ma una notte è passata! Oh Ginny! Quanto ci metti? Alzo casualmente lo sguardo e vedo che Ron mi sta fissando intensamente. Quando vede che me ne sono accorta, sembra riprendersi da un qualche tipo di trance e volge lo sguardo alle sue scartoffie. Sospiro rassegnata. Finalmente quello che più attendevo arriva. Un piccolo gufo grigio, atterra con grazia davanti a me e mi porge la zampetta sulla quale è legata un foglietto di pergamena arrotolato. La curiosità mi sta lacerando. Sfilo il nastro con cui la lettera era assicurata all’animale e leggo avidamente:

 

Hermione!

Positivo, ci credi? Positivo! Oh mamma, non sai che emozione! Non mi sento più le gambe!!! E oggi sarà anche il gran giorno dell’annuncio! Mi dispiace per quello che è successo ieri…Harry mi ha raccontato. Non volevo metterti in imbarazzo, non era mia intenzione, credimi, sul serio. Ti chiedo scusa e ti prego non avercela con me! Voglio che tu sia partecipe della mia felicità sin da ora, visto che questo bambino anche se non è ancora nato, ti deve già molto. E ti deve tanto anche la sua mamma!!! Ci vediamo più tardi allora.

Ti abbraccio, amica mia.

 

Ginny

 

Sorrido. Per quanto io mi sforzi, non riesco a portare rancore a Ginny per più di 5 minuti.

«Novità?» mi chiede Harry, con un sorriso titubante. Devo scegliere. Tenergli ancora il broncio o lasciare che la felicità di questa notizia mi porti a perdonarlo? Okay…per il futuro papà la penitenza è finita, non voglio rovinargli in alcun modo la giornata.

«Sì» sorrido, «Grandi novità…!»

Vedendo il mio umore decisamente migliorato, Ron decide di chiedermi di più, mi sorride. Oddio…no, non farlo. Tu non hai ancora scontato la pena, mio caro, ma se mi sorridi in quel modo non rispondo più delle mie facoltà mentali. Deglutisco e riprendo il controllo.

«Beh…perché non ci dici di che si tratta?» mi chiede con un filo di timore. Sì, Ron Weasley, fai bene ad aver paura, non ti ho ancora perdonato!

«Uno: non sono affari tuoi. Due: mi riservo la facoltà di non risponderti per non rovinare il mio ritrovato buon umore.» dico guardandolo fredda e glaciale.

A questo punto, Ron, dovrebbe sbuffare e lasciare perdere il discorso e invece con mio grande stupore non lo fa. Non mi sento affatto tranquilla.

Si avvicina con grandi falcate alla mia scrivania e appoggia le braccia sul tavolo facendomi sobbalzare e incatenando i suoi occhi con i miei. È arrabbiato, i suoi occhi sono furenti. Harry si dilegua fuori dall’ufficio borbottando una scusa che non riesco a sentire, probabilmente ha sentito l’odore dell’imminente litigata che ci sarà tra me e Ron e ha deciso di non prendervi parte neanche come spettatore. Perfetto, ora siamo soli.

«Hermione, basta, ti ho chiesto scusa, hai finito di tormentarmi, no?» Ennò, caro. Io ti tormento quanto mi pare e piace. Tu mi tormenti ogni notte, nei miei sogni, quindi se posso prendermi questa piccola rivalsa nella realtà non me la faccio sfuggire di certo.

«No, non ancora.» ghigno cupamente in stile Malfoy. Ron, continua a fissarmi imperturbabile, con uno sguardo talmente intenso da riuscire a confondermi. Quel blu profondo delle sue pupille ha effetto ipnotizzante su di me.

«Scusa, lo ripeto…Mi perdoni?» dice addolcendo lo sguardo. Sembra un tenero cucciolo in cerca di affetto. Perché? PERCHÉ DIAVOLO DEVE ESSERE COSÌ IRRESISTIBILE? Abbasso lo sguardo sulle scartoffie, no, non riuscirà a convincermi così facilmente. Mi ha umiliata e la ferita è ancora troppo calda, brucia ancora.

«Non per ora.» dico fermamente senza guardarlo.

«E perché?» dice spazientendosi di nuovo. «E guardami quando parlo, Hermione!»

Mi volto verso di lui e gli mostro uno sguardo rabbioso. Addio buon umore!

«Perché? Tu mi chiedi perché? Mi hai umiliata, Ronald, non te ne rendi conto, forse?» sibilo alzandomi dalla sedia per apparire più minacciosa, nonostante Ron sia molto, anzi troppo, più alto di me.

«Ma non volevo! Hermione io non sapevo…che beh…quello…appena Harry ti ha chiesto se eri incinta mi è salito dentro un moto di rabbia, insomma…un bambino è una cosa importante…mi sono infuriato al solo pensiero che tu potessi tenercelo nascosto…che potessi averlo tenuto nascosto a me si giustifica guardandomi ancora profondamente. Nei suoi occhi vedo la sincerità…ed è una cosa disarmante. Io non so più che rispondergli. Ma Ron, diavolo! Ragiona, non sono mai uscita con nessuno! Con chi potevo avere un bambino?!

«Non mi spiego come tu abbia potuto anche solo pensarlo lontanamente…e poi non avrei potuto mica rimanere incinta senza un ausilio e tu dovresti sapere bene che non sto uscendo con nessuno, ultimamente.» sospiro con la mia solita voce da so-tutto-io, la rabbia sta scivolando via. Vedo Ron irrigidirsi. Apre la bocca un paio di volte ma non ne esce alcun suono. Messo di fronte all’evidenza dei fatti, si è accorto di essere nel torto.

«Non…non ci ho pensato. Questo dimostra ancora una volta che sono solo uno stupido imbecille, va bene? Uno stupido imbecille che viene ogni volta a chiederti scusa strisciando. Forse non te ne rendi conto, ma mi umilio anche io.» Abbasso lo sguardo e un gran senso di colpa si fa strada in me. Io e il mio dannato orgoglio. Una parte di me vorrebbe stringerlo forte ora, fino a togliergli il fiato, per provare ad immaginarlo anche solo per un secondo come mio. Una parte di me, invece, vorrebbe schiaffeggiarlo urlandogli addosso tutto il mio dolore represso, nei suoi confronti. Mi sento quasi tremare, le lacrime iniziano a rigarmi il viso inconsapevolmente mentre fisso una mattonella nei minimi dettagli. Una lacrima, scende giù fino all’orlo del mio mento e da lì spicca un volo nel vuoto, cadendo proprio sulla mattonella sulla quale ho riposto il mio interesse. Due grandi braccia mi stringono forte le spalle, mentre la mia testa prende posto sul petto di Ron, che ora mi accarezza i capelli. Rimango assolutamente immobile in un primo momento. Dio, come sto bene. Potrei toccare il cielo con un dito! Alla fine, cedo al suo abbraccio e mi aggrappo a lui più forte, mentre singhiozzo ancora inconsapevolmente.

«Hermione, dannazione, lo vuoi capire che non c’è niente di sbagliato in te?» sussurra piano e con una voce dolcissima avvicinandosi al mio orecchio. Come lo sa? Come fa a saperlo che ho pensato quello per tutta la notte?

«Anche se mi fai incazzare due giorni sì ed uno no, nessuno potrà essere mai meraviglioso quanto te.» dice nello stesso tono di voce stringendomi di più a sé. Quasi in un modo possessivo. Rabbrividisco al significato delle sue parole. «Non sentirti in imbarazzo per quella cosa, non hai nulla di meno alle altre. Nulla, anzi.»

Per quella cosa, so di per certo che si riferisce alla mia verginità. Mi stacco dalla sua stretta dopo un minuto di perfetto silenzio. Lo guardo con gli occhi ancora lucidi e gli sorrido grata.

«Gra-grazie.» balbetto tirando su col naso.

Lui mi sorride con un sorriso ampio e poi mi asciuga una lacrima superstite con un pollice, carezzandomi la guancia. L’entrata di Harry ci fa sussultare entrambi. Ron toglie subito la mano dalla mia guancia, io mi sistemo il trucco, sbavato dalle lacrime. Vedo Harry spostare con un sorrisino lo sguardo da Ron a me.

«Possiamo considerarci perdonati, allora?» mi chiede sorridendomi e anche Ron mi guarda allo stesso modo. Come faccio ad essere arrabbiata con loro? Voglio dire sono due gran zucconi, impiccioni e scansafatiche…ma nonostante tutto li trovo comunque adorabili. Trovo adorabile soprattutto Ron, se non si fosse capito…

Annuisco sorridente con ancora gli occhi un po’ bagnati e Harry viene ad abbracciarmi fraternamente. Un abbraccio diverso da quello precedente, anche per le emozioni che mi trasmette. Quando ci stacchiamo, poco dopo, Ron ci fissa con un sopracciglio inarcato.

«Harry da quando in qua abbracci Hermione? Quello spetta a me!» dice con un tono all’apparenza infastidito, ma credo stia bluffando.

«Brutto egoista! Avrò anche io il diritto di abbracciarla, no? È pur sempre la mia migliore amica!» ribatte Harry appoggiando un braccio sulla mia spalla. Ridacchio alle loro battute in stile coniugi sposati da 30 anni.

«Ma quanto sei sfacciato! Lasciala! Tu hai Ginny, e se la fai soffrire sai cosa ti succederà!» dice Ron con fare minaccioso, irrompendo e staccando il braccio di Harry dalla mia spalla, per poi ospitarmi interamente tra le sue braccia, con una mano sulla mia testa e l’altra sui miei fianchi. La mia guancia aderisce al suo petto e la mia palpitazione aumenta di intensità, mentre il suo profumo mi intontisce, ma stavolta non svengo. Sento un rumore aritmico di sottofondo. Un susseguirsi di “bum, bum” infinitamente veloci, che riconosco essere i battiti del suo cuore. Veloci quanto i miei. Ma allora anche lui…? No! Hermione, che vai pensando…

Harry dietro di noi, ridacchia e risponde a Ron «Tu piuttosto sai che ti succede se fai qualcosa ad Hermione!»

Mi stacco da Ron, lui grugnisce quasi contrariato ma non ci faccio caso più di tanto, guardo l’orologio e sgrano visibilmente gli occhi: «Ron, se tua madre non ci vede arrivare entro 2 minuti, ci invierà delle strillettere!»

«Oh santo cielo! Il pranzo, come ho potuto dimenticarmene!» effettivamente, Ron non dimentica mai di mangiare, è una delle sue priorità!

Io, lui ed Harry ci dirigiamo fino alla sezione per le smaterializzazioni e in un batter d’occhio, eccomi dopo mesi, di nuovo davanti alla porta d’ingresso della Tana.

 

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Capitolo 5
*** Annunci! ***


UN DISPERATO BISOGNO DI TE

UN DISPERATO BISOGNO DI TE

 

CAPITOLO V: Annunci!

 

 

Tempo di un battito di ciglia e io, Harry e Ron ci siamo smaterializzati nel cortile della Tana, dato che le smaterializzazioni in casa sono proibite per motivi di sicurezza. Percorriamo il vialetto di ghiaia fino ad arrivare sulla soglia di casa. Ron suona il campanello controllando l’orologio.

«Siamo in perfetto orario! La mamma non dovrebbe aver nulla da ridir-»

Una sorridente signora Weasley appare sulla porta, interrompendo Ronald.

«Ragazzi! Su presto entrate! Il pranzo è pronto, mancavate solo voi!» dice scoccando un occhiata torva a suo figlio, che una volta fuori dalla vista di sua madre si batte la fronte con fare disperato. Io ed Harry ridacchiamo all’unisono e ci dirigiamo in sala da pranzo, dove un’ampia tavolata e un altrettanto ampia stola di ospiti, ci saluta calorosamente.

 

***

 

Sorrido a quella che ormai è l’unica famiglia che possiedo. Un fastidioso groppo si fa strada nella mia gola al pensiero dei miei genitori, ma cerco di cacciarlo via bevendo un sorso d’acqua e affogandomi quasi. Ginny alla mia sinistra, accanto ad Harry batte forte con una mano sulla mia spalla guardandomi sospettosa, io le rispondo con un sorriso forzato tra la tosse. Ebbene sì, la guerra ha segnato in profondo ognuno di noi. Gli effetti li posso vedere anche davanti a me, dove il signor Arthur Weasley, ormai paralizzato dal bacino ai piedi a causa della maledizione cruciatus, intinge il cucchiaio nella deliziosa minestra di zucche di Molly. Sposto lo sguardo su un indaffaratissima Tonks, i capelli di un cupo viola scuro, che sta imboccando il piccolo Jake con cura. Sorrido guardandolo meglio e riconducendo gli occhi del bimbo a quelli di suo padre Remus, anche lui vittima della guerra, caduto per aprire la strada verso Voldemort ad Harry. Ricordo, proprio come se fosse ieri, la disperazione di Harry, e il senso di colpa tremendo che gravava sulle sue spalle per la tragica sorte di alcuni di coloro che avevano combattuto fianco a fianco a lui. I mesi seguenti la caduta di Voldemort furono terribili: la guerra magica era ormai un capitolo chiuso, eppure il dolore annebbiava le viste di tutti noi, al punto dal credere che non avremmo trovato mai più la pace. Flash di terribili istanti mi piombano in mente, finché non vedo tra la minestra delle fiamme. Fiamme che avvolgono una casa di un quartiere babbano, e che poi dilagano all’intero isolato. Quella casa era casa mia. Un ghigno cupo di alcuni mangiamorte e poi incantesimi sparati a raffica. Non ero più consapevole di ciò che stavo facendo, fatto sta che volevo vendetta e vendetta avrei avuto. Mi asciugai gli occhi ricolmi di pianto e urlai di dolore e disperazione. No, loro non lo meritavano! Nessuno di quei babbani lo meritava! Uccisi, per la prima volta nella mia vita. Uccisi Bellatrix Lestrange, prima che lei potesse uccidere me.

 

***

 

Le fiamme scompaiono dalla mia visione e torno mentalmente al pranzo. Tutti i presenti chiacchierano allegramente del più e del meno. Nessuno sembra essersi accorto del mio temporaneo viaggio nel passato. O almeno è quello che avrei pensato fino ad un secondo fa. Alzo la testa e incontro gli occhi di Ron, tremendamente azzurri che mi scrutano apprensivi. Sta per chiedermi qualcosa, evidentemente come sto, ma Molly lo precede:

«Allora, Hermione cara, è da un bel po’ che non ci vedevamo!»

«Già! E che siamo stati pieni di lavoro ultimamente, solo ora abbiamo una tregua dopo mesi!» le rispondo accennando un sorriso, ancora parzialmente immersa nei miei ricordi.

«L’importante è che tu sia qui e ne siamo felicissimi.» commenta in tono materno che mi ricorda tanto la mia, di mamma.

«La ringrazio tanto dell’invito, qui mi sento davvero a casa.» Pienamente a casa, aggiungerei.

«Puoi venire quando vuoi, non c’è bisogno che ti inviti, cara, piuttosto ti prego di darmi del tu, mi fa sentire vecchia! Beh sì, lo so di avere già 5 nipotini, ma sai com’è…l’importante è sentirsi giovani dentro!» dice raggiante la signora Weasley e un secondo dopo sento delle risatine provenienti da sinistra. Individuo subito Ron, George e Charlie che tentano di nascondersi allo sguardo della madre, invano.

«E voi che avete da ridere, sentiamo!» strilla in tono impettito Molly.

«Ridere? Chi, noi?» domanda Charlie con un’espressione innocente. Ron e George assumono la stessa espressione, facendo gli occhini dolci.

«Ma che ho fatto di male per avere questi disgraziati come figli?!» dice Molly alzandosi per poi sparire in cucina e prendere le altre portate.

«Beh…secondo me Molly è davvero un tipo giovanile.» commenta Harry e io annuisco. George e Charlie sbuffano, mentre Ron si avventa in un secondo sul piatto di pollo e patate che è appena comparso davanti a noi. Scuoto la testa divertita al comportamento del mio amico. Lui vede che lo sto guardando con una strana espressione dipinta in faccia e mi chiede con ancora la bocca piena: «Perché mi guardi così?»

«Perché ho davanti un mago che ha la grazia di un ippogrifo non ammaestrato, quando mangia.» ridacchio impugnando per bene le posate e mostrando a Ron come mangiare correttamente. Lui sbuffa ingoiando un altro boccone e bevendo un grosso sorso d’acqua.

«Non era nel mio intento essere aggraziato.» commenta facendomi il verso con voce insolente.

Inarco un sopracciglio insospettita dalla sua risposta, ma la voce di Ginny irrompe squillante raccogliendo l’attenzione di tutti. Io sorrido ampiamente sapendo già di cosa si tratta, mentre gli altri guardano Ginny assolutamente perplessi. Noto un’espressione stupita anche sul volto di Harry che a quanto pare non sospetta proprio nulla.

«Bene, ehm, visto che la famiglia è tutta riunita avrei un…ecco un annuncio da fare a tutti voi…è una cosa piuttosto importante, perché sì insomma io…» dice la piccola di casa Weasley, sorridendo timidamente. Cerca il mio sguardo per ottenere un appoggio e io la guardo fermamente di rimando per infonderle sicurezza. Sembra funzionare.

«Non sarai mica incinta, Ginny?» irrompe George in modo scherzoso, «Perché l’ultima volta che hai fatto questo tipo di annuncio, hai detto che ti saresti sposata con Harry…quindi tirando ad esclusione adesso manca solo che ci annunci di essere incinta! Eheheh! Improbabile, vero?»

Alla domanda di George, però, nessuno osa fiatare.

Ginny si immobilizza perdendo tutta la sua sicurezza con 15 teste voltate verso di lei. Harry impallidisce boccheggiando come un pesce. Ron con le sopracciglia aggrottate ha gli occhi puntati su Ginny, come se volesse cavagli fuori la verità da solo, (cosa pressoché impossibile, visto che è nota a tutti la sua scarsa abilità in Legilmanzia), Molly e Arthur hanno smesso di mangiare ed hanno ancora le posate a mezz’aria. George perde il suo solito ghigno e si mostra anche lui molto preoccupato. Come diamine faceva a saperlo?! Ginny si volta di nuovo verso me con un’espressione di terrore in volto, del tipo: “Non volevo che venissero a saperlo proprio così.” La vedo prendere un respiro profondo e mordersi le labbra, per poi confessare: «Beh…sì…sì è così!» esclama entusiasta. Un secondo di assoluto silenzio precede le urla di gioia dei presenti, tutti si voltano irrimediabilmente verso Harry che fissa Ginny con sguardo vacuo.

«S-sei incinta?» chiede alla sua ragazza in un sussurro.

«Sì, papà!» saltella sprizzante di gioia la futura mamma.

«Papà…» mormora Harry prima di finire indietro con la sedia, scomparendo alla mia vista.

Ginny si accovaccia su Harry e lo stesso fa Molly. Harry è svenuto a terra, lo sollevo con un incantesimo e lo poggio su un morbido divano del soggiorno.

«Harry! Harry!» chiama Ginny preoccupata.

Harry apre gli occhi come un automa, sbatte le palpebre un paio di volte guardando me, Ginny e Molly che lo fissiamo dall’alto. Emette un mugugno incomprensibile, prima di dire: «Ma che diamine…?»

«Harry! Sei svenuto appena hai saputo che sono incinta!» notifica Ginny tenendogli la mano e scrutandolo apprensivo. Harry spalanca gli occhi, scioccato. Non mi dire che sviene di nuovo!

«Che-che c’è non…non lo vuoi?» sussurra Ginny con voce rotta. Molly alla sua destra trattiene il fiato portandosi una mano davanti alla bocca.

«No, io…no! Cioè sì!» balbetta Harry in evidente stato confusionale.

Ginny reprime un singhiozzo mentre i suoi occhi si stanno riempiendo di lacrime. Anche io resto impalata dinanzi al mio migliore amico, in attesta di una sua risposta più esplicita. Infondo Harry ha solo 21 anni, Ginny ne ha 20…sono ancora giovanissimi, ma non è che ci sia un’età specifica per queste cose…sono cose che accadono e basta, no?

«Basta, ho capito.» dice Ginny alzandosi e tirando su col naso. Afferra la sua borsa e la sua giacca di lino e si smaterializza prima che qualcuno possa fare qualsiasi cosa per fermarla. Molly è anch’essa scomparsa dalla scena. Ci siamo solo io ed Harry. Lo guardo in modo severo, per trasmettergli tutta la mia delusione. Da lui proprio non me l’aspettavo! Povera Ginny!

«Era suo il test che ho trovato a casa tua?» mi domanda Harry con voce flebile e gli occhiali storti sul naso.

Annuisco. Lui si aggiusta gli occhiali e scatta in piedi, barcollando un po’. Lo afferro per un braccio, quando lui mi assicura di star bene con un gesto della mano.

«Cosa hai intenzione di fare?» domando in tono di rimprovero per il suo comportamento di poco fa.

«Andare a riprendermi mia moglie e mio figlio.» afferma un secondo prima di smaterializzarsi regalandomi un grosso sorriso, da me subito ricambiato. Davanti a me ora c’è solo un divano vuoto. Ci sprofondo sopra, sospirando soddisfatta…o quasi. Mi rialzo subito, per tornare in cucina e annunciare che tutto si sia sistemato. Appena entrata nella stanza, tutti si zittiscono per guardarmi con fare interrogativo.

«Risolveranno tutto tra di loro, ne sono convinta.» dico tornando al mio posto a tavola.

«Ma Harry…» irrompe Molly con gli occhi lucidi.

«Oh, era solo un po’ scioccato per la notizia, ma è felicissimo!» le rispondo notando il palese sollievo sul viso della signora Weasley.

«Bene lo sapevo che Harry sarebbe stato contento di essere padre! Qualcuno dovrebbe prendere esempio da lui!» esclama Molly lanciando un occhiata in tralice a Ron, l’unico dei suoi figli che non ha messo ancora su famiglia. Un secondo dopo mi sento osservata, e noto appunto Tonks e Arthur Weasley ridacchiare, mentre spostano lo sguardo da me e Ron. Sono assolutamente certa che le mie guance abbiano assunto una tonalità cremisi molto accesa. Ron invece cerca di non guardare nessuno in particolare, fissando il soffitto sopra di lui. Una cosa, però, mi dice che non sia indifferente a tutto questo: il rossore sulla punta delle sue orecchie. Mi viene quasi da sorridere al pensiero che Ron, ormai, sia come un libro aperto per me, riesco a leggere ogni suo gesto.

 

***

 

«Mh, delizioso questo intruglio babbano…come hai detto che si chiama?» mi chiede Arthur Weasley, mentre poggia sul tavolo una tazzina, ormai vuota.

«Caffé esclamo sorridendogli.

«Mi sento più sveglia, più pimpante!» dichiara Tonks dopo aver bevuto la sua porzione di caffé, i capelli di un viola più chiaro. «Ultimamente ho talmente tanto da fare con Jake e con il lavoro al ministero che non ho più un attimo di tempo!»

«Infatti il caffé contiene caffeina, che aiuta a mantenersi svegli.» dice Ron, il quale conosce il caffé e le sue proprietà da un bel po’ di tempo, grazie a me.

«C’è una novità che vorrei comunicarvi.» inizio sorridendo ai presenti. Qualcuno si irrigidisce al pensiero dell’annuncio di Ginny, ma sono subito rassicurati dal mio sguardo sereno e del tutto diverso da quello di qualcuno che sta per annunciare alla propria famiglia una gravidanza. «Il ministro Scrimgeour mi ha proposto di diventare la testimonial del Ministero Della Magia.»

«E che gli hai risposto?» chiede Ron scrutandomi con un’espressione indecifrabile.

«Ho accettato…in pratica sarò presente ad ogni convegno e presterò la mia immagine anche per i manifesti del ministero.» dico sorridendo leggermente imbarazzata.

George fischia e poi esclama: «Wow! La nostra Hermione diventerà una celebrità, più di quanto non lo sia ora!» Tutti i presenti si congratulano con me regalandomi grandi sorrisi. Solo Ron se ne sta in disparte a guardare la scena.

 

***

 

Ho salutato tutti i presenti alla Tana, promettendo a Molly Weasley di tornare presto a trovarla. Ron si è offerto di accompagnarmi a casa. Ha insistito fino all’esasperazione, per convincermi a prendere l’autobus, piuttosto che smaterializzarci direttamente. E’ seduto accanto a me, i capelli arruffati dal vento che penetra dal finestrino e gli occhi azzurri persi nel vuoto del panorama esterno. Resto a guardarlo, impedendomi di provare qualsiasi emozione, ma è tutto inutile. Lui è il mio magnete e io sono la calamita. Tutto di lui mi attrae, non ci sono regole, né c’è una spiegazione precisa. Succede e basta. Si volta a guardarmi tutto pimpante per il suo primo giro in autobus.

«Caspita che figata!» esclama emozionato.

«Sapevo che ti sarebbe piaciuto!»

Mi scruta per qualche altro secondo. Il sorriso scompare dalle sue labbra.

«Perché vuoi farlo?» mi chiede con espressione corrucciata.

«Fare cosa?» Non capisco proprio a cosa si riferisca!

«Il fatto della testimonial…» sussurra con tono di voce per me irrimediabilmente sexy.

«Beh…voglio dimostrare a tutti che non sono più solo una secchiona…voglio sentirmi in qualche modo bella...» ammetto fissandomi le scarpe, mentre il pullman continua il suo percorso attraverso la città.

«Ma tu sei bella, Hermione! E non devi dimostrarlo a nessuno! Hai tante qualità!» commenta Ron, facendomi arrossire. Torno a guardarlo e mi specchio in quelle pozze chiare. Beato lui…riesce a elargire complimenti in modo così noncurante e non ha la minima idea dell’effetto che le sue parole facciamo su di me.

«Il tuo parere è un po’ di parte, Ron…ma ne sono convinta…voglio farlo!» dico sorridendogli grata.

«Beh in questo caso...buona fortuna allora.» conclude Ron, voltandosi e tornando a fissare il finestrino alla sua sinistra.

Che strano…perché sembra essere improvvisamente così distante adesso?

 

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Capitolo 6
*** Preparazioni per la serata di Gala ***


UN DISPERATO BISOGNO DI TE

UN DISPERATO BISOGNO DI TE

 

CAPITOLO VI: Preparazioni per la serata di Gala!

 

“FESTA DI GALA AL MINISTERO!
TUTTI I DIPENDENTI MINISTERIALI SONO INVITATI LA SERA DEL 3 LUGLIO ORE 20.00, PER PARTECIPARE ALLA FESTA DI GALA, IN ONORE DEL CINQUANTASEIESIMO COMPLEANNO DEL MINISTRO SCRIMGEOUR E DELLA NOMINA DELLA NUOVA TESTIMONIAL DEL MINISTERO MAGICO, IL COMANDANTE AUROR HERMIONE GRANGER.
SARANNO PRESENTI NUMEROSI PERSONAGGI DI SPICCO DEL MONDO MAGICO CHE RESTERANNO IGNOTI FINO AL GIORNO DELLA SUDDETTA SERATA.
SI CONSIGLIA UN ABBIGLIAMENTO ELEGANTE.”

 

Leggo svogliatamente uno dei tanti manifesti affissi sulle pareti del ministero. Accanto, un cartellone scarlatto raffigurante me, mi sorride indicando lo stemma del Ministero della Magia, un calderone sormontato da due bacchette incrociate a mo di X. Sospiro pensando che infondo non sono venuta male…no, anzi! Distolgo l’attenzione dalle pareti e mi focalizzo sui miei doveri. Stamattina c’è l’incontro con le nuove reclute Auror e il mio compito è mostrare un po’ loro il lavoro al ministero e elencare i pericoli e i doveri che li aspettano. Sbuffo ai miei compiti di ordinaria quotidianità e incrocio Lizzie McGregor che mi si affianca salutandomi cordiale, io faccio lo stesso rivolgendole un sorriso.

«Oh comandante! Sono molto contenta di poterle essere utile!» squittisce eccitata la ragazza biondina accanto a me.

«Credo che tra un po’ non sarai più della stessa idea…» commento leggermente tetra.
Lizzie si acciglia guardandomi spaventata. Io sghignazzo tra me e me e apro la porta dell’aula dove è previsto l’incontro con le reclute. Una sorta di boato accoglie me e la mia collega appena entrate. Un chiasso che all’esterno non era percepibile, viste le pareti insonorizzate. Più di 30 giovanissimi aspiranti Auror si presentano alla mia vista, mentre chiacchierano, si lanciano cartacce, scherzano, senza accorgersi del mio arrivo. Lizzie mi guarda basita e io ricambio il suo sguardo accompagnandolo con un gesto della mano, quasi come volessi scacciare delle mosche fastidiose.

«Ehm, ehm» tossisco un po’ per attirare l’attenzione.
Tutti si voltano verso di me con occhi sgranati, alzandosi automaticamente in piedi. Si saranno sicuramente accorti che urlare come selvaggi al primo incontro di addestramento, non è il modo migliore per conquistarsi le simpatie dei superiori. Sorrido sadicamente a tutti coloro che in questo momento mi stanno guardando spaventati…beh…sono una strega in tutto e per tutto! Vedrete se Hermione Granger non vi farà rigar dritto!

***


Stasera c’è la festa al ministero, sono agitatissima! Avrò tutti gli sguardi dei presenti puntati addosso, perché sarà resa ufficiale la mia carica di Testimonial del Ministero.
Ma che testarda che sei, Hermione! Idiota di un’ orgogliosa che non sei altra!

Ho rifiutato l’aiuto di Ginny, che si era gentilmente offerta di aiutarmi con il make up, sostenendo di non aver bisogno di niente di troppo ricercato ed elaborato per stasera. E invece ne ho bisogno! Devo assolutamente essere perfetta, anche per lui o meglio, soprattutto!

«GINNY!» urlo dalle braci del mio camino, comparendo in quello del salotto di Ginny ed Harry.

Ginny accorre visibilmente preoccupata richiamata dalla mia voce: «Che è successo?»

«Devi aiutarmi, Gin!»
Sulla faccia della mia migliore amica appare un sorrisone furbetto dello stile: “lo-sapevo-che-non-potevi-farcela-senza-di-me” e la cosa che mi fa più rabbia è che ha perfettamente ragione!

***


«Hermione, per la barba di Merlino, vuoi stare ferma?» mi urla Ginny, mentre traffica con i miei capelli applicando una pozione per rendere definita la massa cespugliosa di boccoli castani che mi ritrovo.

«Ma non ci riuscirai mai! Sono un disastro!» piagnucolo muovendomi in preda al panico, ancora un po’ di più sulla sedia dove sono seduta.

«Herm, scusami ma devo proprio farlo!»

«Cos…?» cerco di chiedere ma un’altra voce mi precede.

«Pietrificus totalus!» Dannazione! Ginny mi ha pietrificata!

«Oh, ecco, finalmente posso lavorare in pace!» sospira Ginny guardando nello specchio la nostra immagine riflessa. Impossibilitata nel mandarla a quel paese, roteo gli occhi verso lo specchio, cercando di guardarla nel peggior modo possibile e trasmetterle la mia collera in questo momento. Ginny se ne accorge e ridacchia sonoramente, prendendo a canticchiare una fastidiossima canzone babbana. Io come al solito non posso fare altro che guardare quello che la mia migliore amica alle mie spalle, sta combinando ai miei capelli. Ginny spalma abilmente su tutto il cuoio capelluto la pozione definente, arricciando i capelli con le mani fino alle punte. Devo ammetterlo, sta facendo un buon lavoro. Buonissimo, oserei dire!
Dopo più di una mezz’oretta non riconosco i miei capelli. Scioccata, chiudo e riapro gli occhi sorpresa, ma l’immagine che mi si presenta davanti è sempre la stessa: il riflesso di Ginny, sorride soddisfatto e i miei capelli…i miei capelli…sono delle onde marroni, perfette! Se potessi parlare emetterei un gridolino di gioia! “Su Ginny! Che aspetti?! Sciogli l’incantesimo, ormai hai finito!” vorrei dirle, ma nessun suono proviene dalla mia bocca. Guardo Ginny, per quello che posso, con l’espressione più interrogativa che mi riesce in questo momento.

«Non ho ancora finito! Dimentichi il trucco, forse?» sorride la ragazza dai capelli rosso fuoco davanti a me, correndo a prendere un misterioso beauty case blu. Non mi ero assolutamente chiesta cosa contenesse quando Ginny è arrivata, ma ora la cosa mi preoccupa davvero. Pensa seriamente di truccarmi? Ma non è possibile, lo sa che odio il trucco! GINNY! Voglio urlare, voglio urlare, voglio urlare! Mentre all’esterno, al contrario del tumulto interno, sono perfettamente immobile come una statua di marmo, Ginny inizia a passarmi un leggero strato di cipria sul volto. Ma dico, è impazzita?! Vuole che la mia faccia diventi una maschera di cera? Continuo a maledire mentalmente la mia “amica”, lanciandogli occhiate di traverso, ma lei continua imperterrita nel suo lavoro.

«Chiudi gli occhi!»
Obbedisco al suo ordine e lei passa un leggero strato di ombretto grigio perla sulla palpebra superiore, sfumandolo verso l’arcata delle sopracciglia. Infila di nuovo le mani in quel beauty case, pieno di odiosi cosmetici e ne tira fuori il mascara più altri piccoli cilindri ignoti, che sospetto essere dei rossetti. Serro di nuovo gli occhi, senza che ce ne sia il reale bisogno, per non guardare ed evitare di innervosirmi ancora di più. Ginny prosegue imperterrita per un altro paio di minuti, sento solo il lieve tocco delle sue dita sul mio viso e questo mi aiuta un po’ di più a scaricare la tensione accumulata.«Et voilà!» apro di scatto gli occhi, pronta al peggio e…per la seconda volta Ginny mi stupisce! La tonalità dell’ombretto è molto più chiara di quello che avevo pensato e si adatta perfettamente alla mia carnagione, il rossetto di un chiarissimo rosa salmone, risalta le mie labbra, ora non più screpolate.«Beh allora, che ne dici?» mi chiede Ginny, apparentemente inconsapevole del fatto che non posso risponderle in questo momento e fin quando non si deciderà a liberarmi!

«Ops, quasi dimenticavo…FINITE INCANTATEM!» dice puntandomi contro la bacchetta e io finalmente, riprendo pieno possesso del controllo del mio corpo e della mia voce. Mi specchio e un’espressione raggiante mi si dipinge in viso, per poi saltare direttamente al collo della mia migliore amica, abbracciandola forte. Ginny risponde al mio abbraccio, dopo un primo minuto di incertezza.

«Che paura! Pensavo mi avresti uccisa una volta liberata!» confessa quando ci stacchiamo.

«Volevo farlo, effettivamente…» – sogghigno e Ginny finge un’espressione terrorizzata – «ma devo ammettere che hai fatto un ottimo lavoro e perciò ti perdono!»

«Menomale, sennò come faresti senza di me?» ridiamo tutte e due, ebbene sì, ha proprio ragione!

***

Controllo un’ultima volta il mio riflesso nel piccolo specchio contenuto dalla pochette, cercando, invano, di trovare un minimo difetto allo chignon, con cui ho raccolto parte dei miei capelli. Fortunatamente tutto sembra essere perfetto e la serata promette bene! Ho indossato un vestito, color grigio perla, che Ginny ha comprato apposta per me a Diagon Alley, lungo fino al ginocchio e con una morbida scollatura davanti e dietro, il tutto accompagnato da scarpe col tacco, o per meglio dire da due trampoli che sempre Ginny mi ha comprato e costretta a mettere. Non fate quelle facce! La piccola, dolce Ginny quando si arrabbia diventa una vera e propria furia, ed è severamente sconsigliato contraddirla!
Sono già le sette e mezza e non è ancora arrivato, ma è possibile?! Inizio a camminare avanti e indietro per il salotto, in attesa che il mio ‘caro’ Ron, mi venga a prendere per andare insieme alla festa del ministero.
Idiota che non è altro, gli avevo detto di venire qui per le sette e mezz’ora dopo non ho ancora sue notizie! A questo punto mi toccherà andar da sola! Ma mi sentirà, appena lo vedo gliene dico quattro, anzi no, anche otto!

DLIN DLON! DLIN DLON! DLIN DLON! DLIN DLON!


Non posso avere dubbi, è sicuramente lui! Corro alla porta, rischiando di inciampare nel tappeto, a causa di queste dannate scarpe, apro velocemente alla porta e un Ron sorridente nel suo smoking scuro mi guarda negli occhi, per poi fermarsi ad esaminare il mio vestito. Vedo le sue orecchie assumere un’adorabile tonalità scarlatta e anche io arrossisco, conscia di quello che per me significa un suo sguardo.

«Ciao» sussurro intimidita, abbandonando i propositi di strozzarlo.
«Ciao Hermione, s-stai molto bene…così» dice Ron, incespicando un po’. Sorrido al suo tentativo di farmi un complimento che come al solito non è dei migliori, ma ne apprezzo comunque lo sforzo.
«Grazie, ora andiamo è già tardi!» esclamo afferrando una stola e posizionandola sulle mie spalle seminude e sulle braccia scoperte. Chiudo la porta e Ron con uno dei suoi sorrisi irresistibili, che io chiamo “malandrino”, mi porge il braccio tentando di essere galante.
«Madame?»
Io scoppio a ridere, pensando a quanto questi modi troppi raffinati non si adattino alla sua personalità.
«Cosa c’è? Che ho sbagliato stavolta?» mi chiede con uno sbuffo interrogativo verso la mia risata.
«Proprio niente, è questo il punto!» sorrido ancora, per poi afferrare il suo braccio e stringermi a lui.

 

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Capitolo 7
*** Gli imprevisti del ballo ***



 
UN DISPERATO BISOGNO DI TE

 

CAPITOLO VII: Gli imprevisti del ballo


Usando la smaterializzazione, io e Ron giungiamo nel salone d’ingresso del Ministero della Magia.
Lo spettacolo che si presenta di fronte ai nostri occhi è a dir poco stupefacente.
Il pavimento nero e lucido sotto i nostri piedi riflette la luminosità del soffitto blu pavone, costellato di sfere luminose che volteggiano attorno all’icona del ministero, creando ghirigori e forme d’ogni tipo. Accanto a noi, una folla ben nutrita di maghi, streghe e creature magiche di ogni tipo, ha il naso all’in su, estasiata da quel piccolo spettacolo.
Anche Ron, spontaneamente, si lascia scappare un: «Ohhh».
Io sorrido lievemente, la sua tenerezza è davvero disarmante. Come si fa a resistergli?
Al centro del salone, la fontana dorata raffigurante i Tre Magici Fratelli, si erge imponente come al solito, scintillando e attraendo gli occhi degli spettatori che non sono concentrati sul soffitto.
Una cosa però mi lascia interdetta: da quando in qua le meravigliose statue del mago e della strega, appartenenti alla fontana, salutano gli ospiti e li invitano ad entrare? E da quando in qua le statue del centauro, del goblin e dell’elfo domestico si inchinano ai presenti?
Questa volta, l’«Ohhh» di turno spetta a me.
Strano, dopo tutti questi anni vissuti nel mondo magico, cose simili riescono ancora a stupirmi. Ecco perché ringrazio di essere una strega e non una semplice babbana -senza offesa a quest’ultimi, è chiaro- costretta a vivere nella noiosa e ripetitiva realtà della vita reale. Una realtà dove i sogni restano solo sogni e dove la magia si vede solo nei film.


Il mondo in cui sono nata, quello in cui ho trascorso i primi anni della mia vita, ormai non mi appartiene più. Lancio un breve sguardo a Ron, ancora intento a guardarsi intorno stupito. Forse lui non ci pensa mai, nato da una famiglia di maghi purosangue, probabilmente non ha mai pensato a come sarebbe stata la sua vita se non fosse stato un mago. E’ qualcosa di intrinseco al suo essere, è nel suo sangue, è il suo mondo.
Io, invece, dopo aver perso i miei genitori, le mie radici, ho deciso di ricostruire tutto daccapo, dedicandomi completamente al mondo magico, lasciando che mi adottasse completamente. Ma a questo continuo a pensarci spesso: se non fossi stata una strega cosa ne sarebbe stato di me? Se non avessi mai incontrato Ron ed Harry su quel treno, se avessi continuato a vivere nel mio piccolo mondo solitario in cui a nessuno era permesso l’accesso, se avessi continuato a sigillare il mio cuore…se non avessi mai trovato Ron, avrei trovato lo stesso l’amore?
Questo pensiero talvolta mi mette paura, sai Ron?
Quante cose sarebbero diverse adesso, se la lettera di ammissione ad Hogwarts non fosse mai arrivata…non rimpiangerei nessuna delle cose che ho ora.
Non rimpiangerei nemmeno te e questo sentimento struggente che mi provoca la tua presenza.
Sono così vicina a te, le nostre mani si sfiorano lievemente, il mio palmo tremante, caldo, fin troppo caldo, agogna la tua stretta.
Già, sono vicina a te, ma qual è la distanza che mi separa dal tuo cuore?


«Ehm, ehm», Ron si schiarisce sonoramente la voce e ho quasi l’impressione che lo stia facendo già da parecchio. Sbatto violentemente le palpebre, ritornando al presente e cacciando via tutti gli strani pensieri che si sono affollati nella mia mente. Di fronte a me il ministro Scrimgeour mi guarda con un sopracciglio alzato, attendendo impaziente di avere la mia attenzione. Io arrossisco di botto affrettandomi ad augurargli un felice buon compleanno e complimentandomi con lui per i grandiosi effetti magici usati per l’occasione.
«Oh grazie, mia cara signorina, troppo gentile», civetta Scrimgeour, scrollando la testa e facendo muovere la sua chioma leonina.
Ron, accanto a me, lo guarda stranito, come se avesse appena visto uno di quei Nargilli, tanto decantati da Luna Lovegood ai tempi di Hogwarts, sulla sua faccia.

Credo di sapere il motivo di quell’espressione. Il ministro, infatti, è noto ai più come un vecchio scorbutico, spiccio, dai modi decisamente bruschi, un vero e proprio leone in tutti i sensi. Questo tizio davanti a noi, invece, assomiglia piuttosto ad un gatto intento a fare le fusa nella stagione degli amori…beh, magari ammetterlo qui sarebbe un po’ troppo presuntuoso da parte mia, ma onestamente credo proprio che il nostro ministro abbia una cotta per me.
E, lo chiarisco sin da subito, non è che mi faccia piacere.
Se qualcun altro dovesse scoprirlo non si spargerebbe in giro la voce che sono riuscita ad ottenere il mio prestigioso posto al ministero, seducendolo?
“Questa è bella!”, penso sorridendo al solo pensiero.
Io Hermione Granger, 21 anni, strega tanto esperta nell’uso di qualsiasi tipo di incantesimo, quanto inesperta in amore, le cui esperienze romantiche possono essere ridotte ad un semplice bacetto dato a Victor Krum al quarto anno di Hogwarts, per ripicca al suo eterno amore, nonché migliore amico da una vita, come potrei mai attrarre un uomo?
Di solito, quando espongo certi tipi di discorsi a Ginny, lei mi liquida dicendo: «Ti fai troppe pippe mentali!»
Sarà davvero così?!


«Bene allora, le danze stanno per essere aperte, signorina Hermione», la voce di Scrimgeour diventa più soffice pronunciando il mio nome, sorridendomi con quei suoi occhioni gialli da Stregatto, «signor Weasley», il suo tono torna piatto e incolore, salutando Ron con un cenno del capo.

«Divertitevi!», esclama prima di venire trascinato nella folla da un suo segretario.
«Grazie, ministro», rispondiamo noi due all’unisono.
Aspettate un attimo, torniamo indietro di qualche secondo. Cos’è che ha detto il ministro?
Le danze stanno per essere aperte? Per la barba di Merlino, quella di Morgana e di tutti gli altri maghi e/o streghe il cui nome inizia per M! Io non posso ballare!
Sudando freddo, mi volto di scatto verso Ron, il cui sguardo azzurro puntato su di me, è parecchio interessato.
«Ahem…», mormora Ron, grattandosi la nuca. Le sue orecchie hanno assunto una curiosa tonalità scarlatta. E’ imbarazzato? Perché?
«A-uhm…», i suoi sforzi di iniziare una conversazione sono davvero ammirevoli, non c’è che dire.
Alzo un sopracciglio, eloquente: «Sì, che c’è Ron?»
«Mi chiedevo se… visto che il ministro ha detto che…uh…le danze…iniziate…» , dice gesticolando in modo infervorato.
Malgrado, il 90% delle volte che parliamo ho bisogno di un interprete per capirlo, nonostante parliamo la stessa lingua (o almeno questo è quello che credo), stavolta, discorso confusionario a parte, ho capito dove vuole arrivare.
Panico!


Arretro inconsciamente, con un’espressione di sgomento dipinta in faccia.
Questa volta è il mio turno di vedere un Nargillo volante, con gli occhiacci sporgenti e il corpo allungato, che senza rispettare la mia delicata situazione mentale, mi fa una linguaccia.
Dannato, ora ti acchiappo!
Tento di inseguirlo, dimenando le braccia, dimenticandomi per un momento la missione di questa serata: mantenere l’equilibrio su questi trampoli infernali che qualcuno si azzarda a chiamare semplici tacchi a spillo. Sbilanciandomi, inciampo tra i piedi di Ron, innescando una reazione a catena che non mi permette di evitare l’imminente caduta sul poveretto. Fortunatamente due forti braccia, mi bloccano le spalle giusto in tempo per limitare i danni ad una semplice cozzata del mio naso contro i pettorali scolpiti di Ron.
Accidenti! Come può un muscolo essere così duro? Probabilmente andare a sbattere contro un muro di cemento armato mi avrebbe procurato meno danni!
«Ti sei fatta male?», mi chiede il mio amico.
L’imbarazzo di prima sembra essersi volatilizzato, adesso è preoccupato.
«Uh…no, non troppo», dico, massaggiandomi lievemente la parte lesa. Quando rialzo lo sguardo, però, noto che i nostri visi sono pericolosamente vicini. Gli occhi blu zaffiro di Ron, mi intrappolano in un vortice confusionario in cui perdo persino il controllo della mia espressione.
Chissà che faccia da pesce lesso avrò adesso!
Anche Ron sembra notevolmente sorpreso da quest’improvvisa intimità. Il suo respiro caldo mi entra nelle narici.
Se potessi, fermerei il tempo in questo momento.
Purtroppo però, vanificando le mie speranze e riscuotendosi istantaneamente dal torpore di questa situazione, il rosso mi afferra la mano, voltandomi le spalle e trascinandomi dietro di lui.
Il mio cuore perde un battito, milioni di parole mi si affollano in gola, costituendo un groppo che mi rende difficile anche respirare. Opto per un momentaneo silenzio.
Mano a mano che il tempo passa, però, le mie capacità neuronali sembrano tornare ed un campanello d’allarme suona nella mia testa.
«Ron, dove mi stai portando?» , chiedo allarmata, mentre vado a sbattere contro un po’ di persone che incontro nella mia traiettoria.
Ron, senza degnarmi di uno sguardo, procede spedito.
«Ti porto a ballare», risponde semplicemente.
Eh?
«No, no, no!», esclamo puntando i piedi saldamente a terra, affrettandomi a troncare sul nascere i suoi propositi. Sono anni che non ballo e con questi tacchi finirei solo per fare una figuraccia.
Ha intenzione di rovinare la mia reputazione di strega perfetta al ministero?
«Beh, prima ti sei buttata spontaneamente tra le mie braccia…pensavo che questo gesto volesse significare un ‘sì’», spiega lui, senza scomporsi.
Che voi ci crediate o no, è proprio in momenti come questo che mi sento irrimediabilmente stupida. Cosa posso dirgli? Che a dire il vero stavo inseguendo un Nargillo?
Al diavolo! Mi sono messa nei casini da sola…l’unica cosa che posso fare adesso è…
«Okay, se proprio insisti», mi arrendo, senza aver opposto nemmeno un minimo di resistenza.
Ron, mi guarda sospettoso con la coda dell’occhio.
Deve averlo allarmato la mia mancanza di proteste…probabilmente ha capito che sto tramando qualcosa.
Eggià, caro mio, fai bene a preoccuparti, anche io ho i miei secondi fini!
Non ci arrivate? E va bene, adesso ve lo spiego.
Credo che tutti voi conosciate a sufficienza questo gran fusto dagli occhi blu, alias Ronald Weasley, da essere abbastanza consapevoli che pretendere che il soggetto suddetto mi inviti (, più che un invito è stato un ordine, ma di solito non do importanza a simili quisquilie!) a ballare nuovamente in futuro sia praticamente impossibile.
Carpe diem, Hermione!


 
***


Tutta la mia intraprendenza iniziale sembra scemare una volta raggiunta la pista da ballo.
Mi irrigidisco un attimo, poi guardo Ron con un’espressione cauta.
«Non pestarmi i piedi, non mettere in pericolo la mia incolumità per nessun motivo e tieni le mani apposto, è chiaro?», elenco con la professionalità di un libro stampato. Ad essere sincera, non è che mi dispiacerebbe tanto se non tenesse le mani a posto per una volta…è solo che siamo in mezzo a tutta questa folla, tutti si girano a guardarmi, riconoscendo il mio volto sorridente sui manifesti attaccati alle pareti e questo mi mette un tantino a disagio.
Ron, annuisce, sbuffando, poi mi afferra la mano, facendomi compiere una piroetta. Prestando attenzione alla musica in sottofondo, posso riconoscere la melodia del twist.
Okay, penso che per una volta uno strappo alla regola si possa fare.
Mi lancio nelle danze con entusiasmo, sorridendo a Ron, mentre anche lui sorride a me.
Non sono passati nemmeno due minuti, e, nonostante le mie premesse iniziali, sono stata proprio io la prima a pestare i piedi al mio povero compagno di danza.
Ron ghigna malignamente: «Chissà quanto potrei guadagnare vedendo la notizia che il comandante Auror, Hermione Granger, ha la grazia di un drago in calzamaglia quando balla!»
«Taci o sarà peggio per te, sottoufficiale.», sibilo pericolosamente, «Sai bene che anche io sono in possesso di materiale molto interessante su di te. Vediamo un po'...credi che raccontare a tutti di quella volta in cui sei corso a casa mia in lacrime, perchè pensavi che la lavatrice in fase di strizzaggio fosse posseduta da un demone, sia sufficiente a barattare la tua notiziola su di me?» .
Accarezzando già la vittoria, vedo Ron soccombere alla mia logica, con la bocca ampiamente spalancata e lo sguardo vitreo.
«Guarda che non…non stavo piangendo!», protesta, continuando a farmi volteggiare a tempo.
«Infatti, pardonne-moi monsieur, stavi frignando!», scherzo, ridendo apertamente.
«Avrei voluto vedere te al mio posto! Quella dannata lavarobe…»
«Lavatrice, Ron, lavatrice.», correggo automaticamente.
«Ecco, quella dannata lavatrice continuava a saltare da una parte all’altra, tremando tutta come se stesse per scoppiare da un momento all’altro! La mia reazione è stata più che naturale!», cerca di giustificarsi, tirandomi bruscamente a sé, lasciando che io prenda il suo posto e lui il mio.
«Naturale per un mago dal quoziente intellettivo uguale a quello di un procariote unicellulare!»
 Incredibile come riusciamo a ballare, mantenendo un ritmo abbastanza simile a quello della canzone, e al tempo stesso discutere per una questione così stupida.
In questo non cambieremo proprio mai, vero Ron?
«Tregua! Quando inizi a tirare fuori quei termini astrusi lo sai che non ti seguo più!», ammette con sguardo esasperato.
Io valuto la sua proposta, guardandolo dall’alto in basso, facendo finta di snobbarlo.
«Levati quella faccia da signorina con la puzza sotto il naso! Sembri la Umbridge
In risposta alla sua affermazione, lo fisso con uno sguardo oltraggiato, al quale Ron risponde con una grassa risata che alla fine contagia anche me.
Risata, però, che scompare non appena udiamo le note della canzone seguente: un lento.
Sì, miei cari, proprio un lento. Quel ballo che tutti noi conosciamo, adatto a coppiette fresche, stagionate o surgelate che siano, oppure ai vecchi padri/zii che trascinano in pista le loro figlie/nipoti riluttanti.
«Ehm…»
Magari fingendo che Ron sia mio zio Eddie, potrei riuscire a cavarmela egregiamente, in fondo la faccia riluttante non mi manca.
Purtroppo, non è questo il maggior problema al momento.
Ron ha lasciato la mia mano ed è rimasto impalato di fronte a me, guardandomi in modo indeciso, con le solite orecchie in fiamme.
Potete spiegarmi come mai un playboy fatto e finito come lui, abbia ancora dei problemi di imbarazzo nel ballare il lento con la sua migliore amica?
Se mai i problemi dovrei averceli io, no?
Supportata da un famoso proverbio babbano: “Chi fa da se, fa per tre”, decido di prendere il toro per le corna, o meglio per il collo.
Tranquilli, tranquilli, reprimerò l'impulso di strozzare questo essere adorabilissimo, nonché idiota cosmico del mio migliore amico, e mi limiterò a circondargli il collo con le braccia.
Se non si decide a recepire il messaggio non verbale che gli sto inviando, giuro che lo schianto senza pensarci due volte.
1, 2, 3, 4, 5…conto mentalmente i secondi che gli ci vorranno per riprendersi.
Nel frattempo le mie mani sono ferme sulla sua nuca, desiderose di accarezzarlo, e al tempo stesso paralizzate dal dubbio. La mia testa, che fa capolino dalla sua spalla, è saldamente voltata verso le altre coppie in movimento, per impedirgli di distinguere il mio rossore.
Al sesto secondo, quando ormai non avrei più pensato che potesse riprendersi, Ron mi stringe a sé, posizionando i palmi delle sue mani sulla pelle della mia schiena, lasciata scoperta da questo dannato vestito.
Accidenti, Ginny, non potevi comprarmi un vestito più normale o questo è chiedere troppo?
I nostri corpi non sono totalmente appiccicati, ma in questa posizione ho già fin troppo caldo.
Continuo a tenere il mio naso a debita distanza dal profumo invitante emanato dal collo di Ron, tuttavia, mi rendo conto di dover trovare un degno argomento di conversazione.
Chissà perché adesso, impegnati in un lento e non più in un twist, non troviamo altri insulti da rivolgerci.


«Un lento è sicuramente più innocuo per i miei piedi», sussurra Ron con una risatina nervosa, cercando di rompere il silenzio.
«Mmm», rispondo con un verso di assenso, incapace di articolare una frase di senso compiuto.
Proprio come ha detto Ron, per sua fortuna, il lento è un ballo innocuo per i suoi piedi, al contrario è estremamente deleterio per il mio cuore, che dall’inizio della serata continua correre come un forsennato, perdendo battiti e inciampando ogni volta che Ron mi lancia una timida occhiata.
E’ patetico, ogni volta, notare quanto sono innamorata di lui.
 
Alla parte strumentale iniziale della canzone, si sostituisce la voce melodiosa e bassa del cantante, permettendomi di riconoscere la melodia di una canzone babbana parecchio famosa.
 
I know your eyes in the morning sun
I feel you touch me in the pouring rain
And the moment that you wander far from me
I wanna feel you in my arms again
 
And you come to me on a summer breeze
Keep me warm in your love and then softly leave
And its me you need to show
 
How deep is your love
I really need to learn
cause were living in a world of fools
Breaking us down
When they all should let us be
We belong to you and me

 
Quanto è profondo il tuo affetto per me, Ron? E quanto è profondo il mio per te?
Tutti questi anni difficili, dolorosi, sofferti, in cui ho perso tutto e ho capito che mi restavi soltanto tu, sono davvero serviti a qualcosa?
Quello che ho adesso, che sono riuscita a costruire dopo la guerra, non è che un banale castello di carte.
Ogni mia decisione è stata condizionata sempre dalla sua ombra.
 
I believe in you
You know the door to my very soul
Youre the light in my deepest darkest hour
Youre my saviour when I fall
And you may not think
I care for you
When you know down inside
That I really do
And its me you need to show
 
Sai Ron, questo non te l'ho mai detto, ma al termine della Guerra Magica, con ancora in mano la bacchetta fumante dell'Avada Kedavra lanciato a Bellatrix Lestrange, distesa tra i corpi dei nostri compagni straziati al suolo, ho pensato che forse avrei avuto abbastanza forza per usare la maledizione ancora una volta, contro di me.
Ricordo ancora quell'inesorabile silenzio, rotto soltanto dal mio respiro rapido e spaventato.
Non sapevo dove fossi, tu, Harry, ma non c'era altro rumore che quello del mio cuore. L'unico cuore capace di battere nel raggio di quasi un chilometro.
Non osavo pensare al futuro, non sapevo nemmeno se ne avrei avuto ancora uno.
Stringevo convulsamente quel pezzo di legno tra le mie mani. Magari un Oblivion sarebbe bastato, solo un po' per cancellare il dolore.
Magari...
Urlai, a pieni polmoni, scoppiando in lacrime, egoisticamente sollevata di essere ancora viva, ma al tempo stesso attanagliata dal senso di colpa di essere l'unica ad essere sopravvissuta in quella carneficina.
Non meritavo di vivere, non aveva alcuno senso farlo quando avevo perso tutto ciò a cui tenevo.
All'improvviso passi veloci, qualcuno si stava avvicinando, gridando un nome: il mio.
Tra le lacrime che non la smettevano di scendere, i rossi capelli di Ron furono il primo particolare che riuscii a distinguere.
Si trascinava faticosamente, con un'enorme ferita sul braccio sanguinante e una ancora più grande nel proprio cuore.
Le mie mani, dapprima strette in pugni feroci, si aprirono senza protestare. La bacchetta mi cadde dalle mani, rotolando a qualche metro di distanza dai miei piedi.
Le nostre lacrime si incontrarono e si fusero assieme, come se appartenessero ad una sola persona. Le nostre mani si cercavano, i nostri corpi si aggrappavano l’uno all’altro per non affondare nella disperazione.
«Non devi lasciarmi mai, Hermione.»
Non era una richiesta, era un ordine. E ancora oggi non sono riuscita a disobbedirgli.
Ho fatto sempre tutto per te, Ron, ma non so se sarò capace di continuare a farlo.
 
How deep is your love
I really need to learn
cause were living in a world of fools
Breaking us down
When they all should let us be
We belong to you and me

 
Tutto di me ti appartiene, mentre tu continui ad essere così inafferrabile.
Continui a dirmi che mi vuoi bene, che non potresti stare senza di me, che sono la tua migliore amica. Mi illudi, tappandomi le ali e io non riesco, o meglio non voglio, liberarmi dalla tua presa.
Le sue mani, rigidamente ferme sulla mia schiena, sono roventi, tuttavia mi fanno rabbrividire.
Il tuo profumo è così dannatamente irresistibile che muoio dalla voglia di chinarmi sul tuo collo, lasciato scoperto dalla camicia leggermente sbottonata.
Nonostante tutto non ho il coraggio di alzare la testa e perdermi in quegli occhi blu come il mare. Lascio vagare lo sguardo tra le coppie, notando Harry e Ginny, stretti in un abbraccio intimo, complice, così diverso dal nostro rigido e imbarazzato.
Sono felice per loro, tremendamente felice, eppure un po’ invidiosa al tempo stesso. Dovrei vergognarmi per questo?
«Guardali», esordisce Ron indicando con un cenno del capo il suo migliore amico e sua sorella, «Dovrebbero essere una visione sconsigliata a chi soffre di diabete. C’è troppo zucchero nell’aria!», commenta con una nota scherzosa nella voce fintamente disgustata.
«Dimenticavo quasi che il romanticismo non si addice ad un dongiovanni come te.», rispondo prontamente.
«Come scusa? Vuoi dire che non sono un tipo romantico?»
«Esatto.»
Mi lancia uno sguardo da cucciolo ferito al quale rispondo semplicemente alzando un sopracciglio.
Le note finali della canzone, sfumano fino a dissolversi. Le mie mani, si staccano malvolentieri dalla sua nuca, riluttanti a lasciarlo andare.
Con improvvisa velocità, però, Ron mi afferra i polsi, guidando nuovamente le mani verso il suo collo. Lo guardo interrogativa e al tempo stesso sorpresa da quel gesto.
Ritorna a posizionare i palmi delle sue mani sulla mia schiena, avviluppandomi in un abbraccio così stretto che mi mozza il fiato.
Nel frattempo nella sala da ballo si diffonde la musica di un altro lento.
 
I could feel at the time
There was no way of knowing
Fallen leaves in the night
Who can say where they´re blowing

 
«R-Ron», balbetto rossa come un peperone, trovandomi faccia a faccia con il suo petto.
«, che c’è? Sto solo cercando di fare il romantico…», risponde con semplicità, illuminandosi di un sorriso.
 «Oh», rispondo automaticamente, mentre il mio celebre sangue freddo mi saluta con la manina, pronto a partire per le Hawaii.
«Che dici, allora? Ne sono capace?»
Maledettamente capace, direi!
«Uhm…non male…per un principiante…», replico, nascondendo i miei veri pensieri.
 
As free as the wind
And hopefully learning
Why the sea on the tide
Has no way of turning


«Eh?! Io un principiante? Adesso ti faccio vedere io!», ribatte, colpito nel suo orgoglio di galletto rampante.
Ridacchio, divertita dalla sua reazione, ma la risata mi si mozza in gola quando percepisco una delle sue mani risalire fino ai miei capelli.
«Che cosa stai-»
«Shhh», bisbiglia nel mio orecchio, interrompendomi.
Mi irrigidisco, mentre un brivido mi percorre la schiena.
Con un gesto rapido, Ron sfila la forcina che appuntava i miei capelli in uno chignon, causando la caduta di una cascata di capelli ricci e ben definiti sulla mia schiena.
Mi acciglio, pronta a protestare, però, lui mi precede, sussurrandomi ancora in modo suadente nell’orecchio sinistro.
«Io li preferisco così.»
 
More than this - there is nothing
More than this - tell me one thing
More than this - there is nothing
 
Rialza la testa, per vedere la mia espressione, scrutandomi con i suoi occhi chiarissimi.
Io mi limito ad un decoroso silenzio, mentre la mia faccia si colora di diverse tonalità carminio sotto il peso del suo sguardo.
Probabilmente incoraggiato dalla mia mancanza di proteste, Ron prosegue nel suo intento, affondando la mano destra nei miei capelli e lasciando che la sinistra si posizioni sulla mia schiena, molto ma molto più in basso rispetto a dove era prima.
“Eh?!”, questo è l’unico pensiero traducibile prodotto dalla mia mente.
 
It was fun for a while
There was no way of knowing
Like dream in the night
Who can say where we´re going

 
Spostandosi con una lentezza esasperante, la mano che aveva intorcigliato attorno ai miei capelli giunge fino al mio viso, sfiorandolo appena, quasi avesse a che fare con un oggetto immensamente fragile.
Abbassa nuovamente il viso verso il mio, appoggiando la sua guancia destra sulla mia sinistra, mugugnando qualcosa di simile alla melodia del lento che stiamo ballando.
Le sue mani così dolci su di me e la visuale di alcuni riccioli rossi alla base della sua nuca, mi riempiono di una tenerezza infinita, stringendomi il cuore in una morsa, strano a dirsi, amaramente dolce.
Già, anche amara, poiché so che il mio amico non mi rivolgerebbe mai delle attenzioni simili in un contesto normale. Lo so questo, eppure adesso ho solo voglia di godermi questo momento e sperare che duri il più allungo possibile.
 
No care in the world
Maybe i´m learning
Why the sea on the tide
Has no way of turning
 
«Ancora convinta che io non sia abbastanza romantico?», domanda Ron, smettendo di canticchiare la canzone. Lo sento sorridere tra i miei capelli.
«Ah…sì, sì, certo, sei romantico.», mi affretto a rispondere, sperando di riuscire a far calare la mia temperatura corporea che ha quasi raggiunto un livello febbrile.
«No, non ne sei davvero convinta!», protesta, staccandosi da me e fissandomi con un broncio decisamente adorabile.
«Sì, lo sono!»
«No!»
«Ti dico di sì!»
«E io ti dico di no!»
«Andiamo, Ron, non fare il bambino, adesso!»
«Non sto facendo il bambino, è solo che mi da fastidio quando dici cazzate solo per farmi star zitto!»
«Ma non è vero!»,
protesto, alzando la voce per coprire la sua.
All’improvviso, un brivido freddo mi colpisce la nuca, come la sensazione di essere osservata…
Girando di scatto la testa, vedo quasi metà degli invitati voltati nella nostra direzione per assistere ad un imprevisto spettacolino, dove un momento prima due tizi sono abbracciati ed impegnati in effusioni non proprio esplicite - ma quasi- e il secondo dopo litigano come se volessero sbranarsi a vicenda.
Oh altissima, purissima, levissima, MERDA!
«Oh, ehm…scusateci», dico imbarazzatissima, mentre le persone mi lanciano occhiate di disapprovazione e tornano al tempo stesso a ballare.
Questa situazione mi mette fin troppo a disagio, meglio congedarmi dalle danze per questa sera!
Guardo Ron furente, sperando di riuscire a trasmettergli la mia collera in modo sufficiente solo attraverso uno sguardo.
«Che c’è?», risponde lui ingenuamente, sentendosi preso in causa.
«Se vuoi ballare ancora trovati un’altra accompagnatrice.», lo liquido, staccandomi all’istante da lui, ancora enormemente arrabbiata per tutto quello che è successo con Ron e ancora di più per la figura che ho appena fatto.
Non credo ci sia bisogno di dirvi quanto odi fare scenate in pubblico.
Rapidamente, per quanto possa muovermi su questi tacchi, lascio Ron, dirigendomi in fretta a bordo pista. Lo sento chiamarmi alle mie spalle un paio di volte, ma non gli presto attenzione.
Districandomi tra i vari maghi e streghe che dondolano a tempo di musica, cerco un passaggio che mi faccia uscire di qui, oltretutto ho bisogno di una bella boccata d’aria.
Un mago sbadato, mi urta mi modo lieve, ma, per quanto possa essere stato lieve l’impatto, questo influisce sul mio già precario equilibrio e disgraziatamente, finisco per rimbalzare sul pancione di uno sconosciuto. Alzando la testa con circospezione, noto che non si tratta di altri che il Ministro. Non ci voleva anche questa!
Mi affretto a scusarmi col Ministro, ma quest’ultimo mi sorride piuttosto bonariamente, dicendo di non preoccuparmi, invece lo vedo lanciare un’occhiata piuttosto interessata alla mia acconciatura.
«La preferisco con i capelli sciolti, signorina Hermione», commenta in un modo che oserei dire languido e io arrossisco di botto, non per causa sua, ma perché mi torna in mente il precedente complimento di Ron.
«A-ah, la ringrazio.»
«Non c’è niente di che! Piuttosto si faccia invitare a ballare da questo povero vecchietto! Sempre se le va, ovvio!», mi propone gioviale Scrimgeour, con un’occhiata a cui non posso dire di no.
A quanto pare le mie avventure sulla pista da ballo non sono ancora terminate per questa sera!


***

 
Malgrado desiderassi più di ogni altra cosa fuggire dalla festa, il mio infelice destino mi ha costretto oltre che a ballare i seguenti 3 lenti col ministro, anche a ballare con Harry, con Malocchio Moody, (nel suo caso sfortunatamente avevo solo un piede da pestare), con Kingsley Shacklebolt e altri colleghi del reparto Auror a cui appartengo.
Non so dove sia Ron, l’ho perso di vista parecchio tempo fa e Harry mi ha confermato di non averlo più visto da prima in giro.
Ho cercato un paio di volte di sgattaiolare via per andare a cercarlo e scusarmi per il comportamento di prima, ma sono costretta a stare qui e a sorridere a tutti, malgrado non ne abbia assolutamente voglia.
Scrimgeour mi si avvicina come al solito sorridente, richiamando la mia attenzione.
«Venga con me, venga con me, signorina Hermione!»
Io lo seguo sinceramente incuriosita da tutto quell’entusiasmo.
Alzando gli occhi, però, noto accanto al ministro una figura molto alta che sorpassa facilmente la statura tozza di Scrimgeour.
Un uomo dai capelli corti e gli occhi scuri, con la barba curata, piuttosto muscoloso, mi sorride smagliante, non appena i suoi occhi incontrano i miei.
«Hemmioni
Che cosa? Non mi dire che questo tizio è…
«…Victor?!»

 

 

L’ANGOLO DELL’AUTRICE:


In questo capitolo Hermione è stata un po’ altalenante nei suoi stati d’animo, ma credo sia una cosa che capiti a tutti…in realtà ciò è successo soprattutto a causa del mio umore instabile, anche se non siamo qui per parlare di questo… Se volete sapere i titoli delle due canzoni, la prima è "How Deep is your love" dei Bee Gees, la seconda è "More than this" dei Roxy Music. Vorrei inoltre ricordare che non ci sono spoiler del 7o libro, perchè quando ho iniziato a scrivere questa ff non era ancora stato pubblicato.
Buona lettura!
*Killer*

 

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Capitolo 8
*** Complicazioni parte I ***


UN DISPERATO BISOGNO DI TE

UN DISPERATO BISOGNO DI TE

 

CAPITOLO VIII: Complicazioni (parte I)

 

«Hemmioni
Che cosa? Non mi dire che questo tizio è…
«…Victor?!»

 

La sorpresa di questa nuova scoperta annienta totalmente le mie capacità cognitive. Senza avere il tempo di organizzare i pensieri e realizzare la situazione, mi sento avvolta improvvisamente in un abbraccio mozzafiato dal suddetto uomo bulgaro.

Un intenso odore di tabacco e menta giunge fino alle mie narici, costringendomi ad arricciare il naso.

«Hemmioni, continua a strepitare Victor, stringendomi stretta. Proprio in questo momento realizzo la situazione altamente precaria in cui mi trovo: ginocchia piegate, sbilanciate rispetto al mio baricentro e piedi doloranti, pronti a cedere, a causa di questi trampoli infernali che qualcuno osa chiamare scarpe.

Realizzando che l’unica cosa capace di tenermi ancora in piedi è Victor, decido di ricambiare il suo abbraccio, aggrappandomi come un naufrago appena approdato a terra sulle sue ampie spalle.

Okay, adesso dovrei essere salva.

Evidentemente non avevo in mente le implicazioni a cui questo mio gesto mi avrebbe portato.

Victor non solo continua ad abbracciarmi, anzi aumenta la sua stretta e quasi mi solleva da terra con uno slancio ammirevole.

«V-Victor? Per-per favore, lasciam…», cerco di dire, ma la mia voce da sottiletta compressata è alquanto debole.

Stringo gli occhi, trattenendo anche il fiato, per cercare di sopravvivere all’abbraccio del boa constrictor.

Eventualmente spero anche che qualcuno venga a salvarmi.

Accidenti, dove si è cacciato Ron?!

«Ehm, ehm…». Qualcuno alle nostre spalle si schiarisce rumorosamente la voce e tanto basta per permettermi di nuovo di assaporare aria fresca.

Girando di scatto la testa, vedo Scrimgeour, piuttosto imbarazzato, guardarci eloquentemente.

Anche in questa occasione non ho mancato di attirare sguardi indiscreti. Cavolo.

«Bene, bene! E’ normale per due amici che non si vedono da tanto tempo avere una reazione simile! Non è così?», domanda retoricamente il Ministro, invitando in modo implicito tutti gli altri a girarsi e a tornare alle precedenti conversazioni.

Ho già detto che stasera adoro quest’uomo? E’ riuscito a salvarmi da due situazioni di pericolo mortale, nel primo caso per la mia salute e nel secondo per la mia reputazione in meno di cinque minuti.

Più rapido e scattante di una Firebolt ultimo modello!

Lo ringrazio accennandogli un sorriso riconoscente e per tutta risposta lui abbassa pudicamente le palpebre, mentre le sue guance si colorano di rosa.

Oddio, che abbia interpretato il mio ringraziamento come un’avance?

«Ministro! Ministro!», un signore dai capelli brizzolati, alto e magro come un stecchino, con dei piccoli occhialini posti sulla punta del naso e l’aria parecchio affannata, districandosi tra gli invitati, chiama a gran voce il ministro, che vedendolo arrivare, si ricompone e torna ad assumere un’espressione formale.

«Cosa c’è, Wothington, chiede Scrimgeour all’uomo con tono piatto.

«Uh, Ministro…Dovrei parlarvi, se possibile, in privato…» , risponde Worthington, a bassa voce, spiando me e Victor di sottecchi, come se non volesse essere sentito. Mi ricorda un topo: con quel suo atteggiamento furtivo, la voce stridula e un fastidioso tic nevrotico alle labbra.

Sul volto paffuto del Ministro passa un’ombra, che, tuttavia, scompare immediatamente cancellata da un ampio sorriso, facendomi quasi dubitare di averla vista davvero.

«Non ci si può far niente…il dovere mi chiama! Vi auguro un buon divertimento, signori!», Scrimgeour si congeda cortesemente, lasciando me e Victor da soli.

Un momento: ho detto da soli?

Volto di scatto la testa verso il bulgaro, in atteggiamento difensivo, pronta a fuggire non appena cerchi di intrappolarmi come prima. Il suo sarà stato un gesto di grande affetto, oppure premeditava di uccidermi?

In ogni caso, farei meglio a stare attenta ed evitare altri assalti!

Anche Victor, dall’alto della sua altezza, mi guarda attentamente, sorridendomi con quei grandi occhioni neri e luminosi.

Quasi quasi mi fa tenerezza.

Già, tenerezza, forse è questo il motivo per cui senza togliergli gli occhi di dosso, ho risposto al suo sorriso come un’idiota.

Okay, Hermione! Cerca di riprenderti, per favore!

Non basta perdere la ragione per tutta la sera solo perché Ron ha ballato con me, adesso mi faccio pure contagiare da Victor con questo giochetto dei sorrisini come se fossi una bambina di cinque anni!

Così non va assolutamente bene, devo darmi una calmata e riacquisire il mio autocontrollo.

Oppure dovrei dire self-control, così fa più fico, no?

«Hemmioni…», mi sento chiamare da un tizio con l’accento strano.

Victor, mi sventola una mano d’avanti, probabilmente, per l’ennesima volta, mi ero incantata, persa nelle mie riflessioni filosofiche di alto livello.

(Sì, come no…Se quella la chiami “filosofia di alto livello”, allora le discussioni degli allevatori sulla porchetta sono pura metafisica! La creme de la creme! -.- ndA)

Ehi, ehi, ehi, da dove viene questa voce che parla di porchette e crema?!

(Non è niente, Hermione stai solo diventando pazza! U_U ndA)

Ah, va bene, se è così mi rassicuro…

Aspetta…aspetta…COSA?!

«Hemmionni!!!», all’ennesimo richiamo, riprendo coscienza della realtà attorno a me. Farei meglio a non immergermi troppo nei miei pensieri…sentire anche voci che mi parlano e si prendono gioco di me non è un buon segno, suppongo.

«Sì, Victor?» grazie a Merlino, riesco a ritrovare la mia voce seria e professionale in qualsiasi momento.

«Visto che ti erri inncantata a fissarre il banconne delle bbibbite, vuoi che andiammo a prenderre qualcossa

Sì, probabilmente un drink mi farebbe bene per schiarirmi le idee.

«Certo, andiamo.»

Dopo aver posso un passo, però, mi accorgo di una cosa.

«Ehm…Victor?», lo chiamo, invitandolo a fermarsi, visto che si era già allontanato in direzione del bancone.

«Che c’è?», domanda, voltandosi.

«Uhm…», balbetto in modo incoerente, certa di essere diventata ormai rossa come un pomodoro. «Mi presteresti il tuo braccio?»

Victor mi guarda interrogativo, poi ad un certo punto una smorfia di orrore si palesa sul suo viso.

«Prestarrtello, ripete con voce rauca.

Oh mamma! Chissà questo qui cosa ha capito! Ricordavo che Victor non fosse molto sveglio, ma non fino a questo punto. Cosa pensava? Che volessi amputargli il braccio e poi restituirglielo una volta usato?

Un po’ stizzita e innervosita, mi faccio coraggio e puntando attentamente i piedi a terra, lo raggiungo, per poi aggrapparmi al suo braccio e rilassarmi un po’.

Possibile che una donna di 21 anni non sappia camminare sui tacchi alti?

Voi direte di no, eppure io sono l’eccezione che conferma la regola.

«Allora, Victor, andiamo?», senza farlo apposta uso l’intonazione burbera e saputella che usavo ai tempi di Hogwarts; Victor si mette automaticamente sull’attenti. Certe abitudini faticano ad andarsene.

Come dimenticare tutti gli insulti e i rimproveri che ho riversato su Ron con quel tono?

A dire il vero lo uso ancora, sempre e solo con lui, sempre e solo per motivi futili ed inutili.

Proprio come quello che ci ha portato al battibecco di poco fa… Chissà se ce l’ha ancora con me e chissà se riuscirò a liberarmi di Victor, scaricandolo a qualche collega appassionato di Quidditch.

Certo, come non ho fatto a pensarci prima?

Victor Krum, giocatore della nazionale bulgara dalla tenera età di diciotto anni, è di certo una star di tutto rispetto per un appassionato di sport.

Ricordo che anche Ron lo adorava ai suoi esordi, prima di iniziare ad odiarlo in modo altrettanto spassionato. Se la memoria non mi inganna, questa improvvisa inversione di comportamento contribuì ad una violenta litigata tra noi anche all’epoca.

Diciamoci la verità, Ron non ha mai potuto vedere di buon occhio Victor anche per colpa mia, anzi soprattutto per causa mia. Lui e la sua dannata mania del migliore amico!

Vorrei davvero che un giorno la smettesse di considerarmi come un oggetto di sua proprietà, per rendersi conto che anche io sono una persona con i propri sogni e i propri desideri. Il fatto che la maggior parte dei miei sogni lo riguardino e che lui sia sempre il primo di tutti i miei desideri, però, non ha niente a che vedere con questo suo complesso del fratello maggiore.

Ci tiene a me, questo lo so, anche se esprime il suo affetto in una maniera piuttosto singolare.

Per me è facile capire quando è serio su qualcosa, ma ciò non giustifica il suo volere di tapparmi le ali.

Hai paura che fugga da te, Ron?

Non temere, anche se volessi non potrei farlo, perché il mio cuore è saldamente incollato al tuo.

Questo è un legame che nemmeno le ali del destino potrebbero spezzare, ne sono certa.

 

 

Arrivati al bancone dei drink, Victor inizia a servirsi e inizia a sproloquiare di alcuni alcolici presenti sul tavolo.

Non lo ricordavo così loquace, probabilmente è già ubriaco.

«Hemmioni, tu cosa prrendi

«Un bicchiere di punch, grazie.»

Professionale, fiscale, fredda, incolore. La mia voce si aziona in automatico, sul mio volto si compongono sorrisi di circostanza, niente di tutto ciò che accade attorno al mio corpo riesce a coprire questo suono assordante.

La mia anima, tutto il mio essere, urla il suo nome, in modo spasmodico.

I miei occhi lo cercano tra i tavoli, tra le coppie che ballano, l’espressione di poco fa: i suoi occhi azzurri stupiti e al tempo stesso feriti dal mio rifiuto.

Perché continuiamo a farci del male, quando basterebbe così poco per essere felici?

«Hemmioni…», la solita voce irritante mi chiama.

«Hermione, Victor. Sono anni che ci conosciamo e devi ancora imparare come mi chiamo?», sbotto in modo più brusco di quanto volessi.

Sono certa che anche se il suo nome fosse Zhelyazko Yordanyotov, anziché Victor Krum, lo pronuncerei correttamente sin da subito.

Allora, perché lui non riesce a pronunciare un semplice “Hermione”? Non ci vedo nulla di difficile, no?

«Herrmionne…», prova a dire Victor, quasi timoroso di deludermi.

Ci rinuncio, adesso sembra che abbia un trapano in bocca con tutte quelle r ed n.

Quasi quasi preferisco “l’Hemmionni” trogloditico.

Come può questo bulgaro da strapazzo trasformare il mio elegante e raffinato nome di origine Greca, usato anche da Shakespeare in “The Winter’s Tale”, in un nome così…così…vichingo?!

Mi sono decisa a dirgliene quattro quando poi, incontrando i suoi occhietti carichi di aspettativa, la mia fronte aggrottata perde consistenza e la mia lingua si scioglie dicendo: «Bravo!»

Se quello davanti ai miei occhi, gongolante per l’incoraggiamento appena ricevuto, non fosse un bel (beh sì, devo ammetterlo, il suo fascino virile attira parecchio) pezzo di maschio bulgaro, alto quanto un palo della luce (perdonatemi, le similitudini, quando non si tratta di Ron, non sono il mio forte), crederei di essere tornata nuovamente alle elementari, ai tempi in cui per tutti i bimbi il momento più soddisfacente, e al tempo stesso imbarazzante, è recitare la poesia di natale davanti a tutti i parenti riuniti per il pranzo.

Finalmente, una risata genuina fuoriesce dalle mie labbra. Che strano, non avrei mai creduto di poter sorridere ancora questa sera.

All’improvviso, però, il mio sguardo, come guidato da una misteriosa consapevolezza, si alza, focalizzando una figura famigliare che si trova esattamente davanti a me, di spalle.

Con il cuore in gola, riconosco dei capelli rossi, spettinati, sopra ad una giacca scura. La sua schiena muscolosa è perfettamente riconoscibile e non mi stupisco, quando l’uomo si volta verso un suo interlocutore, di cogliere il profilo perfetto di Ron. Il naso dritto e stretto, le labbra carnose, il mento prominente, malgrado ogni particolare delle sue fattezze mi sia noto, adoro starlo a guardare da lontano, quando non sa di essere spiato. Un mezzo sorriso mi si affaccia sulle labbra, mentre ogni cellula del mio essere, mi urla di andare da lui e porre fine all’agonia che mi infligge la sua assenza. C’è, però, qualcosa che mi ferma. Una figura femminile, minuta, ma snella, accanto a lui, mi fa desistere dal mio intento. Qualcuno che conosco, o forse no, dai lisci capelli biondi, conversa amabilmente con Ron, ignara che qualche metro più in là, io stia per impazzire dal dolore e dalla gelosia.

I due ridono, le loro teste si muovono nel mio campo visivo, fino a che, la distanza tra i loro si annulla, quando la donna bionda, sussurra complice qualcosa al suo orecchio, con un atteggiamento alquanto intimo. Incapace di resistere oltre, volto le spalle alla scena, probabilmente un po’ troppo bruscamente, o almeno in modo talmente evidente da attirare l’attenzione di Victor.

«Tutto benne?», mi chiede con un sopracciglio alzato.

Io con gli occhi socchiusi e le mani premute sulle tempie, respiro profondamente, cercando di allontanare da me l’immagine di poco prima.

«Ah…sì, non è niente», mi affretto a rassicurarlo.

Rialzando gli occhi verso di lui, vedo Victor guardarmi fisso, da sotto le sue lunghe ciglia nere.

Il suo sguardo è eccezionalmente profondo, come se mi guardasse per la prima volta davvero questa sera.

Lo guardo interrogativa, senza ricevere risposta. Solo un gioco di sguardi indecifrabili tra di noi.

Poi qualcosa nei suoi occhi cambia: il suo sguardo diventa ancora più profondo di prima, mi scava dentro, arrivando nelle profondità più remote del mio essere.

Un legilimens?!

Mi accorgo però, che il suo intento non è leggere i miei pensieri, la mia mente non è invasa da nessun intruso. Qualcosa dentro di me sta cambiando, un piccolo click, appena percettibile che non mi fa male e non mi fa neanche paura.

Indifesa, in balia di questo sguardo, incapace di distogliere gli occhi dai suoi occhi ora diventati neri come la pece, mi arrendo, aspettando che sia lui a liberarmi.

Quando, finalmente, i suoi occhi iniziano a rischiararsi un po’ di più, la strana sensazione di poco prima se ne va così come è venuta.

Con le guance che vanno a fuoco, sono la prima ad interrompere il contatto visivo, voltandomi di scatto, annullando l’effetto della stretta ipnotica dei suoi occhi.

Il bicchiere colmo di punch fin quasi all’orlo è il miglior rifugio per nascondere il mio viso, in attesa che il rossore si plachi.

Nonostante la mia freddezza proverbiale, sono sempre stata debole agli attacchi frontali.

Ho sempre avuto paura di farmi guardare negli occhi, ciò vorrebbe dire mostrare agli altri le mie debolezze più profonde: la paura di restare da sola, la precarietà della mia vita, continuamente esposta ai pericoli, la fragilità della mia personalità, la mancanza di certezze, i miei sogni che resteranno tali per sempre, impossibili da realizzarsi.

Vorrei sapere cosa sia successo qualche secondo fa, ma non ho il coraggio di proferire parola e chiedergli cosa abbia cercato di fare.

Inizio a sentirmi a disagio, consapevole di avere lo sguardo di Victor ancora addosso, senza riuscire a fermare i sussulti che percorrono la mia schiena.

Mando giù tutto d’un sorso il punch, affrettandomi poi a riempirlo nuovamente. Adesso anche le mani mi tremano.

Vedendomi in questo stato, il bulgaro sopraggiunge in aiuto, riempiendo il bicchiere al mio posto.

Mi gira la testa, mi copro gli occhi, sperando che prima o poi le cose accanto a me decidano di fermarsi. Sento il liquido scorrere nel bicchiere.

«Tieni», dice porgendomi il cristallo. Le mie mani si allungano in modo spasmodico verso di questo, cerco in tutti i modi di contenere i tremiti.

Il punch fresco che scivola lungo la mia gola, mi aiuta a riacquistare nuovamente i miei sensi.

Come dei flash, la scena a cui ho assistito poco fa, continua a piombare nei miei pensieri, non lasciandomi tregua.

Non è niente, Ron era solo con un’amica, niente di cui preoccuparsi.

Sto attenta a non incontrare gli occhi di Victor, non sapendo che espressione mostrare.

L’agitazione si impossessa di me e, incapace di controllarla, per saziare la mia masochistica curiosità, mi giro nuovamente in cerca di Ron. Non lo trovo.

Cerco di non trarre conclusioni troppo affrettate da questo, c’è tanta gente, è normale che l’abbia perso di vista, giusto?

Suppongo che il mio comportamento risulti piuttosto strano, ma Victor evita le domande e per questo gli sono grata.

Strano a dirsi, ma non riesco a trovare nessuno di mia conoscenza nella folla che ci avvolge.

Sarà ormai passata più di un’ora da quando ho visto Harry e Ginny per l’ultima volta, sebbene abbia visto Ron solo pochi minuti fa. No, non di nuovo, non voglio ricordare di nuovo.

Neanche Scrimgeour, che pure questa sera si era infilato spesse volte nelle mie conversazioni, si è più fatto vivo.

Le risate, gli schiamazzi, la musica, il vociare della gente accanto a me, sembra sempre più ripetitivo. Persino le facce di coloro che mi circondano continuano a ripetersi. Dovunque io mi giri, è come se fossi circondata da un esercito di cloni apparenti.

Nonostante tutto sembri così tranquillo, però, sento che qualcosa non va.

Che prima Victor abbia usato un incantesimo non verbale su di me? E’ impossibile, non ha con sé nemmeno la bacchetta e non ho sentito alcun influsso magico provenire da lui.

Presa dalla frenesia, continuo a esaminare freneticamente la sala e le persone che mi attorniano.

Sono accerchiata da una folla di cloni che continuano a ripetersi, stesse facce finte, stesse espressioni rigide come quelle di manichini: posso essere abbastanza certa che questa non sia solo un’illusione.

Tutti stretti attorno a me, come a precludermi ogni possibilità di fuga.

Una violenta sensazione di soffocamento mi sale alla gola, proprio come durante un attacco di claustrofobia.

Annaspo in cerca di ossigeno, sebbene mi trovi in un luogo ampio e ben arieggiato.

Mi aggrappo al bancone delle bibite, tirando la tovaglia posta su di questo e facendo cadere decine di bicchieri a terra. Alcuni pezzi di vetro mi feriscono le mani e le braccia, scoperte dal vestito.

Malgrado il fracasso causato, nessuno sembra accorgersi di me, nemmeno Victor che continua a sorseggiare il suo champagne, guardandosi intorno con aria assente.

E’ come se nemmeno esistessi.

Vedo il sangue scorrere dai tagli inferti dalle schegge di vetro, sento il dolore pulsarmi nelle vene.

Ma è una sola la cosa che riesco a distinguere, nel caos che sento in testa e nella moltitudine di emozioni che mi investono.

Un pensiero, nitido, venuto da chissà dove, si staglia a chiare lettere nella mia mente.

Sono in trappola.

 

 

***

 

Che palle, certo che questa festa è proprio una noia colossale.

O almeno lo è, se Hermione non è con me.

A proposito dove sarà andata a cacciarsi? Dopo la sfuriata di prima, quando mi ha lasciato solo come un cretino, ho cercato di ritrovarla, ma in mezzo a questa folla è praticamente impossibile, visto che non appena termino di parlare con qualcuno, un altro tizio si fa avanti e mi inchioda sul posto un'altra mezz’ora.

“Capitano Weasley di qua, Capitano Weasley di là…”.

Certo, però, che devono essere proprio tutti pazzi di me. La gente mi adora, sono l’idolo delle folle, ragazzi!

Okay, okay, stavo semplicemente scherzando, guardate che li sento quei “buuu” in lontananza!

Malgrado ciò, per quanto io possa essere popolare con gli altri, tutto cambia quando si tratta della mia migliore amica: la super strega Hermione Granger.

Eggià, mica una strega qualunque, ma una strega con le palle, miseriaccia!

In ogni caso, provvista di attributi o no, Hermione resta sempre una donna, razza che non ho mai compreso completamente.

Non guardatemi così, solo perché Hermione continua a ripetere che io sia un dongiovanni, un playboy e chi più ne ha più ne metta, sono stato sempre lontano anni luce dal capire la psicologia femminile.

Ad esempio, parlando di una situazione ipotetica, e sottolineo ipotetica, se la donna di cui siete irrecuperabilmente innamorati vi si buttasse tra le braccia un momento prima e poi, dopo aver urlato in mezzo a tutta quella gente e aver fatto, conseguentemente a questo, una colossale figura di merda, vi lasciasse da soli come un baccalà, voi come reagireste?

Beh, sì, ero abbastanza incazzato, ma, pensandoci bene, sono arrivato alla conclusione che sarebbe meglio per me ed Hermione mettere da parte questa ennesima litigata e goderci la serata, per quanto possiamo.

Un momento…non stavo parlando di una situazione ipotetica? Perché cavolo ho detto “io ed Hermione”?

Beh, sarà stata una pura e semplice distrazione, non prestate troppa attenzione alle mie parole, come sapete già sono solo un povero idiota!

(Beh, idiota lo è di sicuro, visto che sta facendo di tutto per non ammettere la verità! - ndA)

Come scusa? Chi ha parlato nella mia testa?!

(Sono la voce della tua coscienza U_U, il tuo Grillo Parlante personale, Ronnocchio. - ndA)

Ronnocchio? E chi è questo sfigato?

(Come potevo aspettarmi che conoscesse Collodi? Vabbè, lascia perdere, continua con la storia e smettila di perderti in chiacchiere inutili! - ndA)

E va bene…continuo da dove ero rimasto…a proposito dove ero? Sinceramente non ricordo di preciso, ma qualunque cosa fosse sono certo si tratti di Hermione.

Hermione, Hermione, Hermione, Hermione…

Il suo nome continua a risuonarmi in testa come una dolce cantilena.

Pensate che un giorno mi sono ritrovato a riempire svariate pagine del mio registro personale di Auror con una serie di Hermione, scritti in diverse calligrafie e seguiti da un cuore.

Sono stato attento a non farmi scoprire da nessuno, soprattutto dalla ragazza in questione, ma proprio sull’ultimo, Harry mi ha sorpreso da dietro ed è quasi crollato a terra per le troppe risate.

Sarà troppo sdolcinato, magari anche patetico, mieloso e quant’altro, ma non vi sembra maleducato ridere sui puri sentimenti di un bel giovine come me?

(Ronnocchio ti sei dimenticato di aggiungere anche modesto! – ndA)

Esatto, grazie Grillo Parlante! Come può Harry ridere sui puri sentimenti di un giovine bello e modesto come me?!

In ogni caso, poiché quello stolto non la smetteva di ridere, sono stato costretto a stroncare quel dannato sorrisetto che aveva in faccia con un bel cazzotto!

Anche voi che vi siete azzardati a ridere, siete avvisati, cari miei!

A questo punto Hermione direbbe che sono un bruto, che usare la violenza non serve a niente e bla, bla, bla…di solito quando fa dei discorsi simili non l’ascolto mai fino in fondo. Quando la guardo, mentre è intenta a rivolgermi epiteti come al solito poco gradevoli, non posso fare a meno di incantarmi a fissare le sue labbra carnose, piegate in una smorfia di disapprovazione e le sue gote, rosse per la rabbia e il furore inespresso.

Passionale, tutto in lei è passionale. Ecco perché la sento così simile a me.

Non fraintendetemi: Hermione è un genio, io un idiota (menomale che lo saindA), lei eccelle in tutto quello che fa, io sono sempre arrivato secondo ad Harry, ma tutti i suoi gesti e i suoi atteggiamenti, fanno trasparire grinta e la voglia di non arrendersi, proprio come succede quando ci troviamo a litigare, anche per delle stupidaggini.

Lei come me, ci mette il cuore in tutto quello che fa e, a volte, mi piacerebbe che dedicasse una parte di quel suo grande cuore anche a me.

Non che non mi voglia bene, ma almeno non mi dimostra quel tipo di bene che io vorrei ricevere.

Un bene che è qualcosa in più del semplice bene, un bene che qualcuno chiamerebbe solo e semplicemente amore.

Strano, però, ho sempre avuto qualche difficoltà a pronunciare questa parola.

Forse è proprio per questo che non le ho ancora rivelato la vera natura dei miei sentimenti.

E’ perché, ogni volta che siamo assieme, sono sempre io il primo ad avvicinarmi a lei, ad abbracciarla, a chiamarla, a cercarla, mentre lei accetta passivamente ogni mio gesto.

Come se volesse allontanarmi, senza però sapere come fare. Questo è quello che penso spesso.

Poi però vedo il suo sguardo triste quando non ci parliamo, le lacrime che versa quando per caso le dico qualcosa di cattivo, il sorriso luminoso che rivolge solo a me quando siamo solo io e lei.

Sai, Hermione, sei l’enigma più fitto e al tempo stesso la verità più grande a cui aspiro.

Colei che riesce a farmi male con un solo sguardo tagliente, ma che possiede l’unica medicina per guarirmi.

Sarai il mio angelo o il diavolo che mi spedirà all’inferno?

 

 

E’ passata più di un’ora da quando l’ho vista l’ultima volta, mentre ballava con Scrimgeour e altri componenti del reparto Auror, poi più nulla, come se se ne fosse andata.

Ce l’ha davvero così tanto con me? Pur di non vedermi è andata via dalla festa?

«Capitano Weasley!»

Rieccoli all’attacco...e io che pensavo finalmente di essere riuscito a trovare un po’ di pace!

Sentendomi chiamare, mi giro naturalmente verso l’origine della voce con un’espressione incuriosita.

Una giovane donna dai lisci capelli biondi, che le si appoggiano delicatamente sulle spalle, mi viene incontro, fasciata in uno stretto vestito blu scuro, impreziosito da paiettes color argento, come piccole stelle nel buio notturno. Sul suo viso dall’incarnato chiaro, di una perfetta forma ovale, spiccano due lucenti occhi azzurri, risaltati ancora di più dall’ombretto del medesimo colore, applicato sulle palpebre.

Accecato dalla sua bellezza genuina, mi chiedo di chi si tratti, inconsapevole di aver incontrato prima di allora una bellezza simile.

«E-ehm, ci conosciamo?», le chiedo, inconsapevole di aver appena fatto una domanda parecchio cretina.

La ragazza ride in modo composto, portandosi una mano alla bocca, e arrossisce leggermente.

Se dovessi descriverla soltanto con una parola, direi che “delicata” è l’aggettivo che più le si addice.

Una perla rara di questi tempi.

«Sì, capitano. Sono la recluta Elisabeth McGregor, dice la ragazza in tono gioviale.

La guardo sbalordito.

«Lizzie?! Non ti avevo proprio riconosciuta!», confesso imbarazzato. Chi l’avrebbe mai detto che dietro le spoglie di una ragazza così timida e normale potesse nascondersi un vero e proprio cigno?

«Sei…così diversa! Cioè, ovviamente intendevo in senso positivo…stai benissimo!»

Il suo viso si tinge di un intenso color porpora a dimostrare che ovviamente si tratta della stessa persona che ho sempre conosciuto, un po’ più attraente, ma al tempo stesso timida e sensibile come al solito.

«Ah…grazie», risponde con una vocina piccola piccola, imbarazzata fin troppo dal mio complimento.

Non ne sono completamente sicuro, ma qualcosa mi dice che Lizzie abbia una cotta per me.

Che dire, come non sentirsi lusingati da una cosa simile?

Purtroppo, mi dispiace per voi miei cari fans, ma il mio cuore è solo di Hermione…solo quello però, il resto è disponibile per chiunque voglia approfittare dell’offerta ;)!

(Certo, certo, tutti ti vogliono e nessuno ti prende! – ndA)

Ma no, cara mia coscienza…la verità è che non ce n’è abbastanza di me per tutti, perciò per par condicio (questa parola me l’ha insegnata Hermione), non ho potuto concedere niente di me a nessuno!

(Onestamente, non credo a qualcuno farebbe piacere essere fatto in pezzetti solo per accontentare i suoi fans! – ndA).

Cosa hai capito, Grillo Parlante! Intendevo parti metaforiche di me!

(-__-, come vuoi…in ogni caso basta dire cazzate e torna ad essere un narratore decente! – ndA)

«Incredibile!», esclamo sinceramente stupito da ciò che ho appena visto. «Straordinario! Woah…wow!»

«Capitano? Sta bene?», mi chiede la ragazza bionda.

«Guarda là!», ignoro la sua domanda e le indico un punto in mezzo alla folla.

In uno spettacolo che non avrei mai creduto di poter vedere in tutta la mia vita, Malocchio Moody, piroettando sulla sua gamba di legno, leggiadro come una farfalla, guida nelle danze la statua della strega della fontana dei Tre Magici Fratelli, in un quadretto che ha a dir poco del sovrannaturale persino per un mago come me.

Alla vista della scena, anche Lizzie scoppia a ridere, questa volta in un modo più naturale e meno delicato di prima, devo ammettere che la preferisco in questa maniera.

«Ehm…Capitano, a dire il vero…sono venuta da lei per dirle una cosa piuttosto seria…», irrompe Lizzie ad un certo punto, mentre abbiamo gli occhi ancora fissi sui due portentosi ballerini.

Il suo tono improvvisamente cupo mi mette in allarme. «Perché? Cosa è successo?»

Non aspettandosi una domanda così diretta, la vedo tormentarsi le dita titubante, poi avvicina rapidamente il suo viso fino ad arrivare al mio orecchio. Dapprima rimango immobile per quest’improvviso avvicinamento, ma poi capisco che ha fatto ciò semplicemente per evitare che occhi ed orecchie indiscreti captino le informazioni.

«Capitano, il generale Harshcroff la manda a cercare…E’ stata indetta una riunione straordinaria del corpo Auror e c’è bisogno che tutti siano presenti al più presto al quartiere generale», mi sussurra all’orecchio, riassumendo brevemente il contenuto del messaggio.

Se il comando proviene da Harshcroff, il generale di tutto il reparto Auror dell’Inghilterra, la cosa dev’essere piuttosto seria.

«Ricevuto, raggiungerò gli altri immediatamente…prima però sarà meglio che trovi il comandante Granger.», rispondo, pronto ad andare a cercare Hermione.

Lizzie, però, mi trattiene per un braccio.

«Non c’è n’è bisogno, capitano. Venga con me e basta.», dichiara la ragazza in modo freddo, trascinandomi con lei.

«Ehi! Ehi! Ehi! Non ce bisogno di reagire così! Potevi semplicemente dirmi che il comandante Granger era già in sede!», protesto, liberandomi dalla sua stretta, un tantino irritato. Probabilmente è perché era al quartiere generale che era scomparsa dalla circolazione.

Mio malgrado, seguo la McGregor, cercando di stare al suo passo, districandomi tra tutta questa folla.

Mi domando quale sia il motivo di questa convocazione urgente.

 

 

Non appena apro la porta del quartiere generale una dozzina di paia di occhi si alza automaticamente su di me. Il quartiere generale è niente di meno che uno sgabuzzino, insonorizzato e inaccessibile per qualcuno che non appartenga alla squadra speciale Auror.

Seduto di fronte ad un ampia scrivania sta il Generale Harshcroff, un uomo dai simpatici baffi all’insù, ma dal carattere poco amichevole. Un vero e proprio leader, insomma.

Vicino a lui. ci sono i suoi sottoufficiali che detengono le cariche più importanti.

Sembra che siano tutti presenti e come al solito io sia il solo ritardatario.

Aspettate un momento, però… e Hermione?

Individuo Harry, seduto accanto ad Harshcroff, e prendo posto di fianco a lui.

«Harry, dov’è Hermione? Non l’hanno avvisata della riunione?», bisbiglio avvicinandomi al suo orecchio.

Harry non risponde, ma i suoi occhi verdi brillano inquieti dietro le lenti degli occhiali. Sembra voglia dirmi qualcosa e al tempo stesso non sia capace di farlo. Apre la bocca un paio di volte, senza che dalle sue labbra provenga alcun suono. Poi, con frustrazione e rabbia repressa, sbatte violentemente un pugno sulla scrivania davanti a lui.

«Si calmi, comandante Potter.», lo riprende, seppur in modo accondiscendente, il Generale.

Io resto scioccato da quella reazione. E’ così raro che Harry perda il controllo che quasi quasi inizio a preoccuparmi anche io.

«Mi scusi, Generale. Mi è stato riferito della riunione straordinaria, ma qual è il motivo per cui è stata indetta?», mi rivolgo ad Harshcroff, in cerca di una risposta ai miei dubbi.

Tutti mi guardano esterrefatti, prima che un mormorio generale si alzi nella stanza. Tra le varie frasi sconnesse riesco a distinguere solo un: «Non lo sa ancora?».

«Mi sorprende sapere che lei non sappia ancora di cosa si tratti, capitano. Signorina McGregor, non le avevo detto di riferire brevemente l’intera faccenda al capitano Weasley?», domanda Harshcroff, dirottando immediatamente la sua attenzione su Lizzie.

La poverina, non riuscendo a sopportare lo sguardo tagliente del comandante abbassa gli occhi in modo colpevole.

«Mi perdoni, generale. Ho pensato che quello non fosse il luogo più adatto per riferirgli una cosa del genere…», cerca di giustificarsi la ragazza con il capo chino.

«Non spetta a lei decidere questo tipo di cose, gli ordini dei superiori non si discutono. E’ chiaro?», sbotta il generale, attaccandola frontalmente.

Io cerco di venirle incontro per quello che posso, attirando nuovamente l’attenzione del Generale su di me. «Non crede sia inutile perdere troppo tempo su queste sciocchezze, Generale? Voglio dire, se c’è qualcosa che dovrei sapere perché non dirmela ora e basta?»

Il Generale sospira rassegnato, perdendo un po’ della rabbia iniziale: «Ha ragione, capitano. E’ ora di dirle come stanno veramente le cose…»

I borbottii iniziali sembrano essersi improvvisamente placati, adesso tutti trattengono quasi il fiato.

Questa attesa estenuante mi sta distruggendo, davvero.

«Vede capitano…sembra che il comandante Granger sia stata rapita dai servizi segreti Bulgari. Al momento abbiamo perso completamente le sue tracce.»

No, non può essere.

Vi prego, ditemi che questo è solo un sogno.

Solo un sogno…

 

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Capitolo 9
*** Complicazioni parte II ***


UN DISPERATO BISOGNO DI TE

UN DISPERATO BISOGNO DI TE

 

CAPITOLO IX: Complicazioni (parte II)

 

«Che cosa?!», grido alzandomi di scatto, appoggiandomi i palmi delle mani sulla scrivania che ho davanti.

Non capisco più niente, la mia mente si rifiuta di credere a quello che mi hanno appena detto.

E’ impossibile, solo un sogno.

Tra poco la voce imponente di mia madre mi sveglierà e mi dirà che è pronta la colazione.

Succederà tra poco, tra poco…tra poco.

Malgrado io continui a ripetere queste parole nella mia mente, le uniche cose che vedo davanti ai miei occhi sono le facce pietose degli Auror presenti nella stanza e l’unico rumore che sento è quello di un silenzio immobile.

Harry sfiora il mio braccio premuto violentemente contro il tavolo e mi dice in modo calmo: «Ron, siediti, per favore

Il mio migliore amico non mi guarda, lo vedo solo stringere i pugni in modo spasmodico, sospirando pesantemente.

Ricado pesantemente sulla sedia, non perché ho obbedito al suo ordine, ma perché privo di tutte le mie forze.

Con una mano tremante mi tocco la fronte e chiudo gli occhi inorridito.

Devo assegnarmi alla realtà, una realtà a volte persino più crudele di un incubo.

Hermione, la mia Hermione dove è adesso? Cosa le è successo? Perché l’hanno rapita?!

Vorrei urlare, sollevare violentemente per il bavero della camicia il Generale Harshcroff, chiedergli di smetterla con questa farsa e raccontarmi tutto, all’istante.

Il suddetto Generale, però, se ne resta al suo posto, lisciandosi i baffi in un modo così calmo che contrasta ampiamente con il tumulto profondo che sento dentro.

«Bene, allora», parla quest’ultimo, «se mi è concesso il silenzio da parte di tutti voi spiegherò bene come stanno le cose.»

Vorrei vedere se lui nella mia situazione sarebbe riuscito a mantenere quella fottuta faccia di bronzo, continuando a toccarsi quei baffetti da signorotto dell’Ottocento come se niente fosse.

Mi conviene restare in silenzio, nonostante tutto, se voglio sapere ciò che è davvero successo.

«Diversi mesi fa, una squadra di spie inglesi si è introdotta furtivamente nel territorio bulgaro, perchè c’era giunta voce da nostri fidati informatori che il Ministero bulgaro, sotto ricatto, si fosse alleato con le ultime schiere di Mangiamorte sopravvissute al Signore Oscuro.»

«E queste voci erano vere?», chiedo incapace di controllarmi.

«Esatto», sospira il Generale, «accertatisi di questo, i nostri collaboratori hanno continuato ad agire, infiltrati nel territorio nemico, raccogliendo più informazioni possibili a proposito di questa alleanza, cercando di reperire dettagli o qualsiasi cosa potesse esserci utile per scoprire quale sarebbe stato il loro prossimo attacco contro l’Inghilterra.

Tuttavia, poco prima di ritornare in patria, il Ministero bulgaro si è accorto di questa intrusione e ha cercato di bloccare le spie, finché queste si trovassero sul loro suolo. Ha teso un’imboscata ai nostri agenti, dalla quale solo uno di loro è sopravvissuto: l’agente Rager, che fortunatamente aveva con sé tutti i documenti ottenuti durante la missione.»

«Chiedo scusa, generale, ma cosa c’entra questo con il rapimento del comandante Granger?», domanda una voce femminile dall’angolo. Esattamente la domanda che avrei voluto fare anche io! Mi volto per accertarmi chi sia stato, ma la figura di Lizzie, appoggiata contro la porta, mi toglie qualsiasi dubbio. I suoi occhi limpidi e determinati sono rivolti verso Harshcroff.

«Bene, signori, dovete sapere che il Ministero Bulgaro, perdute quelle informazioni ha cercato di fare di tutto per impossessarsene nuovamente. Nel frattempo sono stati sospesi anche tutti gli attacchi da parte dei Mangiamorte, poiché questi dovevano avere il tempo di organizzarsi nuovamente, visto che tutti i loro piani erano stati scoperti.

Quando ormai i documenti raccolti sembravano aver perduto ogni loro valore, ci siamo accorti, forse un po’ troppo in ritardo, perché avevamo concentrato la nostra attenzione più sugli attacchi previsti che sui minimi dettagli, che su uno di questi documenti era scritto a chiare lettere il nome di tutte le persone coinvolte nella faccenda. Avevamo nelle mani le prove certe per assicurarli alla legge, solo che il modo in cui ci eravamo impossessati delle informazioni era illegale e se avessimo esposto la vicenda al Consiglio Mondiale della Magia, anche noi avremmo rischiato di ricevere punizioni molto pesanti.

Sapete, appropriarsi clandestinamente di segreti di stato, per la legge che regola il Consiglio, è grave quanto cospirare ai danni di un altro Ministero Magico.

Purtroppo era impossibile per noi fare i nomi dei responsabili, se anche i nomi di coloro che contribuivano alla salvezza dell’Inghilterra sarebbero stati svelati.

E così, la faccenda è stata messa da parte, in attesa di trovare un altro modo, lecito stavolta, per dimostrare la loro colpevolezza.

Ora, quindi, possiamo ricollegarci agli avvenimenti di stasera.»

«Generale, allora quello che ci sta dicendo è che i servizi segreti bulgari hanno rapito il comandante Granger per fare in modo che il Ministero Inglese restituisse loro quel documento con i nomi delle persone coinvolte nell’alleanza con i Mangiamorte. E’ giusto?», chiede Harry, cercando di dimostrarsi calmo. Tuttavia la sua voce si incrina più volte e lo sento piuttosto agitato.

Io cerco ancora di assimilare le parole del Generale: Hermione, rapita, servizi segreti bulgari, mangiamorte.

E noi stiamo qua a parlarne tranquillamente come se niente fosse?!

«Indovinato, Potter», risponde il Generale, «Ma non è tutto. Il bersaglio dei Servizi Segreti Bulgari all’inizio non era la signorina Granger, bensì il Ministro in persona.»

«E…e voi come lo sapevate?», irrompo nuovamente, sbalordito.

Sbaglio o un rapimento avviene all’improvviso, senza che nessuno possa prevederlo?

Cosa sta cercando di dire davvero, il generale?

«Ne eravamo al corrente, capitano. Siamo sempre stati al corrente di tutti i movimenti del Ministero Bulgaro, grazie ad alcuni preziosi informatori completamente integrati in quel territorio.»

Un attimo solo.

«Vuol dire che voi sapevate anche che ci sarebbe stato un rapimento e non avete fatto niente?!», sbatto un pugno sul tavolo, facendolo tremare completamente.

Harry sembra scioccato dalle mie parole. Ci giriamo entrambi a guardare il Generale, sperando vivamente che lui ci risponda di no.

Ti prego, fa che risponda di no, altrimenti non so cosa sarò capace di fare.

«Sì, lo sapevamo», risponde Harshcroff, senza perdere il suo proverbiale atteggiamento distaccato.

 

***

 

«Mhm…»

Cerco di aprire gli occhi, ma sembra quasi che le palpebre siano attaccate.

Alla fine ci riesco, ma tutto avanti a me appare sfocato e confuso.

Devo aver dormito un bel po’, visto che ho tutti i muscoli indolenziti e un mal di testa da far paura.

Non c’è niente da fare, dormire più o meno di 6 ore e 45 minuti per notte, mi riduce sempre in questo stato.

Chissà che occhiaie mostrerà la mia immagine riflessa allo specchio.

Faccio per alzarmi, quando mi accorgo di non riuscire nemmeno a muovermi.

Sbattendo gli occhi un paio di volte riesco ad avere una visione nitida del luogo in cui mi trovo.

Un quadrato di pareti grigie, moquette verde muschio sul pavimento, una porta sgangherata in legno, nessuna finestra visibile.

Per la barba di Merlino! Ma dove mi trovo?!

Cerco con tutte le forze di alzarmi, ma per quanto io mi sforzi, né le braccia, né le gambe rispondono al mio comando.

Mi accorgo di trovarmi distesa su un vecchio materasso, ingiallito dal tempo e duro come un pezzo di marmo. Un lenzuolo bianco, lercio e bucherellato in alcuni punti, è adagiato su di me e mi impedisce di vedere in che condizione si trovino i miei arti.

Provo a rotolare, nella speranza di scrollarmi la lurida stoffa di dosso, ma urlo di dolore, quando le mie braccia sfregano contro la superficie ruvida del materasso.

Finalmente libera del lenzuolo posso finalmente vedere ciò che ne è stato del mio corpo, che a giudicare dai dolori che mi pervadono e dal fetore di sangue presente nella stanza, non sembra essere in buono stato.

Le mie braccia appaiono come un raffinato ricamo di sangue e schegge di vetro conficcate nella pelle. Stringo gli occhi, quasi a voler rinnegare quella visione e la sofferenza che essa comporta.

I miei polsi sono collegati tra di loro da una stretta catena che funge da manette, talmente stretta che sento il pulsare del flusso sanguigno nelle vene.

Le mie gambe sono le uniche a non aver subito danni particolari, mentre le mie caviglie, proprio come i polsi, sono legate in maniera barbara.

Dannazione, cosa mi è successo?

Nella mia mente, rievoco gli istanti di coscienza avvenuti prima di svenire, ed ecco che come i pezzi di un puzzle tutto torna al suo posto.

Ron e quella ragazza bionda, il porridge, la vista che si appanna, Victor che ignora il mio malessere, i cloni che mi circondano, io che cado sul tavolo delle bevande, i bicchieri che si frantumano, le mie braccia ferite dalle schegge e poi…il vuoto.

Avevo ragione a pensare di essere in trappola, perché ora effettivamente lo sono.

Di impulso, le lacrime si accavallano nei miei occhi, pronte a sgorgare come fiumi in piena, ma io deglutisco, ricacciandole indietro.

Un troppo mi si forma alla gola, ma faccio del mio meglio per ignorarlo.

Ho solo una missione adesso: uscire di qui.

E ci riuscirò, fosse l’ultima cosa che faccio.

 

***

 

Mi sento come una bomba che sta per esplodere.

Mi sento come un’arma micidiale capace di sterminare il genere umano.

Eppure…sono solo cretino che non può far niente, mentre la ragazza che ama è stata rapita da chissà chi, chissà dove.

Ondate di rabbia mi frustano la schiena, i miei pensieri urlano solo una cosa: VENDETTA!

Mi libero della scrivania davanti a me, lanciandola con violenza in avanti e mi dirigo verso il generale.

«Ron, NO!», qualcuno, probabilmente Harry grida il mio nome, pensando di riuscire a fermarmi.

Non capisco più niente, so solo che in qualche modo devo sfogare la mia rabbia su qualcuno.

Quando arrivo di fronte a lui, il generale se ne sta placidamente seduto, con un sopracciglio alzato, in attesa di vedere la mia prossima mossa.

Cosa è questo sguardo di sfida che dice: “prova a colpirmi, se ci riesci” ?

Mi sta forse sottovalutando?

«Sapevate che Hermione sarebbe stata rapita e non avete fatto niente?! NIENTE?!»

Lo afferro per il bavero per la camicia, proprio come volevo fare dall’inizio, sollevandolo interamente dalla sedia con un solo braccio.

Allora vecchio, chi, secondo te, ha il coltello della parte del manico adesso?

Ci guardiamo negli occhi da vicino, il mio fiato affannato e colmo di collera, si infrange su quei suoi dannati baffi.

(Visto che siete così vicini, perché non vi date un bel bacetto?ndA)

EH?

Approfittandosi del mio momento di distrazione, Harshcroff ghigna sadicamente, impugna la bacchetta, la punta contro il mio stomaco e sussurra: «Stupeficium

Vengo schiantato praticamente dall’altra parte della stanza, sbattendo la testa contro il muro in modo talmente violento da credere di essermela rotta.

 

«Ron!»

«Capitano Weasley!»

Riaprendo gli occhi, vedo Harry con la bacchetta puntata verso di me: probabilmente ha appena usato un Innerva per farmi riprendere.

Lizzie è accanto a lui e mi guarda in modo altrettanto apprensivo.

Mi tocco la parte lesa della testa e mi meraviglio di non trovarci del sangue, una smorfia di dolore, però, mi viene naturale.

«Stai bene?», domanda Harry.

Beh, dire che sto bene è esagerato. «Sono ancora tutto intero…», mi limito a rispondere.

Sebbene a fatica, mi rialzo, rifiutando l’aiuto e le mani protese dei due.

Dirigo il mio sguardo serio e al tempo stesso arrabbiato verso il Generale. Solo che dopo aver imparato la lezione e essermi beccato un bel bernoccolo sulla nuca, questa volta eviterò di partire subito con l’attacco frontale. Probabilmente non avrei dovuto sottovalutare la sua esperienza come capo del dipartimento Auror da più di 20 anni. E’ indubbiamente un tipo tosto, devo stare attento a non dimenticarmelo.

Harshcroff mi fissa, con le labbra incurvate in un sorrisetto soddisfatto.

Lo diverte forse che a 50 anni suonati sia ancora in grado di battere un novellino come me?

I palmi delle mani mi prudono incontrollabilmente, non ho mai avuto voglia di picchiare qualcuno come adesso.

«Allora, capitano? Ha calmato i suoi bollenti spiriti?», domanda, inchiodandomi con quei suoi occhietti piccoli, ma al tempo stesso inquietanti. Ho quasi l’idea di come debba sentirsi un Mangiamorte sotto il tiro della sua bacchetta, trucidato da questi occhi taglienti come una spada e ghiacciati come il mare d’inverno.

Mio malgrado mi ritrovo ad annuire, riprendendo posto dietro la scrivania. Tutti in aula continuano a parlare, chiacchierando freneticamente. Tutti mi biasimano per il mio comportamento riprovevole, ma mentre alcuni decidono di farsi sentire di proposito, altri hanno almeno il buonsenso di coprirsi la bocca con la mano prima di bisbigliare offese contro di me al loro vicino di posto.

La smettono solo quando rivolgo loro uno sguardo assassino.

Sento un lieve pizzico sul braccio e mi volto verso chi mi ha chiamato.

«Ron», dice Harry, sebbene solo io riesca a sentire le sue parole nella mia mente.

Evidentemente se sta usando il contatto mentale vuole impedire che altri filtrino la conversazione.

Annuisco a vuoto, guardandolo, facendogli capire che sono attento e aspetto di sentire ciò che vuole dirmi.

«Ron, abbiamo bisogno di loro, solo loro possono dirci dov’è Hermione. Perciò non fare nient’altro di stupido o potremmo rischiare di trovarci fuori dall’indagine…»

Fuori dall’indagine? Mi giro bruscamente di lui, allarmato. Harry abbassa le palpebre in segno di assenso e ritorna a parlare nella mia mente. «E’ così. Essendo i migliori amici di Hermione, nonché praticamente parte della sua famiglia, potrebbero ritenerci troppo coinvolti per prendere parte all’operazione. Perciò, ti prego, lo so che è difficile, ma cerca di mantenere il sangue freddo.

Anche io muoio dalla voglia di spaccare la faccia a quel bastardo, che credi!»

L’ultima esclamazione mi fa sorridere leggermente, malgrado il mio sia un sorriso che si spegne automaticamente appena il mio pensiero torna a Lei.

Ho capito, basta fare il coglione. O troviamo il modo di tenere buoni i superiori, oppure siamo fuori.

«Sì, generale. Vorrei scusarmi per il comportamento di prima, è stato un gesto dettato dal nervosismo…», tento di giustificarmi, senza guardare negli occhi Harshcroff.

«Nervosismo? Se del semplice nervosismo la porta ad attaccare un suo superiore, devo assumere che per lei uccidere sia come per quei bastardi Mangiamorte.», risponde tranquillo il Generale, lisciandosi i baffi fintamente pensoso.

In tutta la sala si diffonde un brusio fastidioso. Harry accanto a me deglutisce, stringendo forte gli occhi.

Guardo stupefatto il Generale, incredulo che abbia potuto dire davvero una cosa simile.

Come osa paragonarmi a quei figli di puttana che hanno distrutto la mia famiglia e ucciso due dei miei fratelli?

Adesso lo ammazzo per davvero, giuro.

Adesso faccio sul serio e non riuscirà a fermarmi con un semplice schiantesimo.

«Ron, ti prego…ricordati di Hermione, abbiamo bisogno dell’intera squadra se vogliamo trovarla.», la voce del mio migliore amico irrompe nuovamente nella mia testa, spazzando via gli oscuri pensieri precedenti.

Ha ragione, non si tratta del mio orgoglio, si tratta di Hermione.

Per lei…beh, credo che sarei disposto a sopportare le umiliazioni più feroci. Solo per lei.

«No, generale. La prego mi perdoni. Le giuro che non assumerò più un comportamento del genere. La prego

E fu così che l’orgoglioso e fiero Ronald Weasley tornò ad essere il codardo piagnucolone che era ai tempi di Hogwarts.

Da quand’è che non pregavo qualcuno in questa maniera?

Vedo Harry guardarmi fiducioso: deve essere convinto che la mia richiesta di scuse abbia funzionato. A quanto pare sono più bravo a dire bugie di quanto credessi.

«Mh,mh», il Generale si schiarisce la voce, poi ritorna a parlare: «In ogni caso questo non è né il momento, né il luogo più adatto per perderci in chiacchiere. Continuerò a spiegarvi come mai il comandante Granger sia stato preso di mira dai Bulgari e di come siamo finiti in questa situazione.»

Tutti i presenti in sala, compreso me, trattengono un respiro, carico di aspettativa per le sue parole.

«Continuando il discorso interrotto precedentemente…», si interrompe allusivamente e tutti quanti mi gettano un’occhiata piena di astio. Harry si limita a sospirare, guardandomi brevemente con la coda dell’occhio. «Come vi ho già detto, abbiamo tenuto sotto controllo il Ministero Bulgaro da moltissimo tempo, continuando a raccogliere informazioni utili tramite i nostri collaboratori. Questi ci avevano informato che i Servizi Segreti avevano in mente di rapire il Ministro Scrimgeour per riscattare il documento contenente i nomi delle persone implicate nel complotto. Tutto si sarebbe risolto nella massima riservatezza: il Consiglio Mondiale della Magia non avrebbe mai saputo niente delle nostre rispettive colpe e loro avrebbero potuto continuare a nascondersi come hanno fatto fino ad ora.

I Servizi Segreti hanno scelto un giorno in cui la difesa attorno al Ministro sarebbe stata un po’ allentata, oggi per l’appunto, e hanno mandato le loro spie a completare l’opera. Niente di più facile da evitare, non appena gli uomini del Ministero Bulgaro si sono presentati alla serata di gala, abbiamo portato immediatamente il Ministro in un posto sicuro e inaccessibile. Tuttavia i bulgari avevano un piano B: avevano deciso che non sarebbero tornati a casa a mani vuote, insomma. Occorreva loro catturare qualcuno il cui rapimento desse un impatto forte quasi quanto quello del ministro, ovvero il comandante Granger, che soprattutto ultimamente ha raggiunto un’enorme grado di visibilità come testimonial del Ministero Inglese in tutto il mondo.

A noi che conviviamo con lei tutti i giorni potrà sembrare qualcosa di poco rilevante, ma è tutto il contrario. Se la notizia del suo rapimento dovesse spargersi, creerebbe non pochi disordini in tutto il Mondo Magico.»

Continua a lisciarsi i baffi, meditabondo, come se per lui quelle parole valessero meno di niente.

Dentro me un impetuoso tumulto si alza. Sentire come tutti si siano serviti di Hermione, in modo da proteggere Scrimgeour, mi disgusta enormemente. Se potessi sputerei in faccia a tutti questi vecchiacci che se ne stanno seduti comodamente nelle loro poltrone.

Eggià, cosa mi aspettavo? Solidarietà? Appoggio?

Non hanno mica rapito la persona più importante della loro vita, ma della mia. Che sarà mai!

«Perché?», sento qualcuno domandare, alla mia sinistra.

Harry guarda Harshcroff, apparentemente composto ed educato, sebbene sia sull’orlo di una crisi di nervi. Vedo i suoi occhi mandare lampi e il suo sopracciglio destro agitarsi come in preda alle convulsioni.

«Ha mai sentito parlare di “esche” , comandante Potter? Il comandante Granger sarà la chiave che potrà permetterci di risolvere tutta questa situazione: dichiareremo al Consiglio Magico che siamo venuti in possesso del documento con i nomi degli indagati grazie ad una semplice operazione di recupero di un Auror rapito apparentemente senza motivo dal Ministero Bulgaro. Niente di più semplice, no?», conclude il Generale, soddisfatto di sé. Il suo sguardo ironico e di sfida, trapassa Harry fino a giungere a me.

Vuole vedere se avrò il coraggio di fare ancora quello che ho fatto prima? Se dipendesse solo da me farei anche di peggio.

«E allora? Cosa aspettiamo per avviare l’operazione di recupero?», si intromette nel discorso l’agente Smith.

Gli sono immensamente grato per avermi anticipato con questa domanda. Di sicuro, anche se i contenuti fossero stati li stessi della richiesta dell’agente, il Generale non mi avrebbe mai risposto cordialmente.

«Beh, potremmo iniziare anche adesso. C’è solo un problema…», dice enigmatico il Generale. Per la prima volta in tutta la serata, mostra in volto un’espressione decisamente più consona alla situazione e ha anche smesso di toccarsi i baffi.

E’ normale che in seguito ad un’affermazione così sibillina debba seguire una domanda tempestiva.

«Quale?!», chiediamo all’unisono più o meno tutti i presenti.

«A dire il vero…non sappiamo ancora dove il comandante Granger si trovi...»

 

***

 

Ho imparato a convivere con questo dolore, non è niente di troppo grave, ce la posso fare.

La cosa peggiore è la stanchezza.

Ho cercato di spostarmi, in maniera migliore possibile, verso i bordi del materasso, da lì poi sono riuscita a scendere, arrivando con le ginocchia sul pavimento. La moquette è ancora più lurida e polverosa di quanto pensassi. Tento di raggiungere la posizione eretta, eppure è la cosa più difficile al momento. Mi aiuto con le braccia, seppure legate, cercando di fare perno su queste per poi sorreggermi sulle gambe. Fallisco un paio di volte, procurandomi un leggero ematoma sul ginocchio destro, ma alla fine riesco nel mio intento.

Provo a camminare, sebbene conciata in questo modo sia praticamente impossibile.

L’unica soluzione è muoversi a mo’ di pinguino, anche se non sono particolarmente propensa a farlo.

Massì, chi se ne frega, tanto non c’è nessuno!

Trascino i piedi nudi e sporchi sul pavimento, domandandomi dove siano finiti i trampoli che ho indossato per tutta la sera di gala. A dire il vero, nessuno mi crederebbe se dicessi di essere appena andata ad una serata di gala, conciata così. Con i capelli sciolti, increspati ancora di più per l’umidità e suppongo anche parecchio voluminosi, un vestito sbrindellato e macchiato di sangue che ricorda ben poco quello che era stato una volta, ferite ed ematomi dovunque la pelle sia scoperta, mi fanno assomigliare molto di più ad uno zombie che ad un essere umano ancora in vita. Se poi aggiungiamo all’immagine anche delle catene annodate strettamente intorno a polsi e caviglie, ecco la perfetta rappresentazione del classico fantasma che trascinando le sue catene, fa riecheggiare le sue urla in un vecchio castello.

Magari, chissà, io potrei fare la stessa fine del povero fantasma...peccato, però, che al posto del castello io mi ritrovi in uno squallido locale permeato dalla puzza di muffa.

Lascio che i miei occhi vaghino per la stanza, sebbene non ci sia molto da vedere, ed ecco che focalizzo il mio obbiettivo: la porta.

E va bene, non sarà qualcosa di molto originale, ma perché prendermi il disturbo di cercare un’uscita alternativa, quando c’è quella principale? Inoltre questa porta sembra talmente sgangherata e vecchia che la situazione mi puzza un po’…non dovrei essere un ostaggio da non lasciar scappare assolutamente?

Mi preparo meglio che posso all’assalto diretto.

Conto mentalmente fino a tre, prendo la rincorsa, e  faccio per lanciarmi contro la porta, cercando di abbatterla a spallate. Poi però mi fermo di scatto, prima ancora di toccare il legno.

No, c’è qualcosa che non mi quadra. E se in questo modo finissi per peggiorare le mie già precarie condizioni fisiche? Ho perso molto sangue e mi sento male al solo pensiero di sentirmi ancora più debole di così. Perciò afferro dal pavimento un sassolino, lo soppeso in mano e lo lancio violentemente contro la porta.

Il suono dello scontro del sasso contro la porta, mi sciocca: è metallico. Il sassolino, inoltre, si è sbriciolato in polvere, come se fosse stato disintegrato.

Crollo in ginocchio, sospirando grata di non essere stata io a fare quella fine.

Mi appunto mentalmente di non diffidare mai del mio istinto. E’ una delle cose più affidabili che ci sia a questo mondo!

Fallito l’assalto alla porta devo darmi nuovamente da fare per uscire di qui.

Allora, allora…cosa posso fare?

Mentre soppeso le varie probabilità il mio sguardo incrocia la condotta dell’aria: bingo!

Lo so, è scontato, ma se usano sempre quella per scappare nei film un perché ci sarà, no? Fortunatamente il soffitto non è molto alto, utilizzando il materasso, ripiegato più volte per aumentare il volume, come appoggio, potrei riuscire ad arrivarci.

Raggiungo il materasso, non senza la solita fatica e dolore, dovuti alle catene, e inizio a ripiegarlo a metà, poi in quattro. E’ duro e quasi quasi più che di molle sembra fatto di ferro. Non so se resisterà in questa posizione. Premo una mano contro la superficie del materasso, in modo che rimanga a forza in quello stato e allo stesso tempo cerco di salirci sopra, puntando bene i piedi, in modo che questi prendano il posto delle mani nel tenere fermo il materasso, e mi alzo in piedi.

Cerco di stendere le mie braccia al massimo, ma non è ancora abbastanza. Non ci arrivo.

Mi alzo sulle punte dei piedi allora, anche se mi sfugge involontariamente un gemito di dolore nel farlo. Le catene sfregano sulla carne viva della mia pelle, lasciando che il materasso si sporchi ancora di più di quanto non lo sia già. Questa volta, però, non si tratta di macchie di unto, o di muffa, ma di sangue. Stringo forte gli occhi, reprimendo nella gola le lacrime, deglutendo a forza per mantenere la calma.

Non credo che questo sia il momento migliore per scoppiare in una crisi di pianto isterico.

Non posso permettermi di indugiare in simili debolezze fino a che non tornerò a casa…è questa la mia missione!

Mi manca pochissimo per arrivare alla griglia della condotta dell’aria. Basta solo allungare un po’ più le dita e…il gioco è fatto!

Un momento. Adesso che sono appesa alla griglia come un salame cosa dovrei fare?

Se tiro troppo la griglia, cadrò anche io e se non lo faccio, non resisterò molto in questa posizione perché mi mancano le forze.

Va bene che il mio istinto è infallibile, ma a volte la ragione deve tenerlo a bada. Altrimenti finisco per ritrovarmi in situazioni impossibili come questa. Sotto di me, è disteso il materasso, ma il solo pensiero di cadere in picchiata su di quello, mi mette paura. Sarebbe come cadere sul pavimento, se non anche peggio.

Per la barba, gli occhiali, il naso aquilino e gli occhietti di Merlino, come diavolo ho fatto a ritrovarmi in questa situazione?!

L’unico modo è cercare di cadere in piedi, o per lo meno evitando di battere la schiena o la testa.

In queste situazioni bisogna pensare praticamente: una gamba rotta guarisce entro un mese, una paralisi dura per tutta la vita. 

Che strano fare economia anche sulle proprie ferite!

Con le mani ancora avvinghiate a stento alla griglia, mi dondolo lievemente, cercando di indirizzare il punto di atterraggio, e poi lascio andare, cadendo, come avevo previsto in piedi. A quanto pare, non mi sono procurata altri danni oltre ad una slogatura leggera alla caviglia destra. Se fossi stata nel pieno delle mie forze, avrei potuto evitare anche quella. Ricado sfinita sul materasso, chiudendo gli occhi, sentendomi sconfitta.

Ridotta in queste condizioni non ho nessuna speranza di scappare da questa prigione.

«Ron…», un solo sussurro fuoriesce dalle mie labbra.

Se solo Ron e gli altri si fossero accorti della mia assenza…

Se solo…

 

***

 

«Cosa vuol dire che non sapere ancora dove si trovi il Comandante Granger?!», domanda Harry visibilmente alterato.

Io sono troppo scioccato ed esasperato per poter strutturare una frase di senso compiuto.

«Vuol dire esattamente quello che ho detto, comandante Potter», risponde spicciolo il Generale Harshcroff. «Ma abbiamo un modo per rintracciarla.»

«Quale?!», chiedono in fretta parecchie voci, tra le quali credo ci sia anche la mia.

«La spilla con il simbolo del Ministero. E’ stata appuntata sul vestito del Comandante e contiene al suo interno un microcip, un’avanzata tecnologia babbana, che ci permetterà di localizzare la sua posizione, mandando dei segnali ad un computer centrale. Tramite il microcip sarà anche possibile parlare brevemente con il Comandante Granger, tuttavia, questo non sarà possibile se lei non si trova più sul suolo Inglese, infatti le barriere magiche presenti negli altri Stati neutralizzerebbero totalmente il segnale della cimice.», replica Harshcroff con fare pratico.

Un momento, ha detto che c’è un modo per contattare Hermione?

«Allora non c’è un momento da perdere!», suggerisce l’agente Smith, visibilmente ottimista.

«Ovvio che non c’è. I tecnici responsabili del microcip sono già intenti a localizzare la posizione dell’ostaggio. Non appena riceveranno le informazioni necessarie a localizzare il Comandante, manderò immediatamente una squadra di Auror in missione. Adesso non resta altro che decidere chi di voi mandare…», conclude il Generale, incrociando le braccia in un gesto che non faceva presagire nulla di buono.

Mi sento rincuorato dal pensiero che qualcuno si stia già occupando di rintracciare Hermione, ma allo stesso tempo sono enormemente nervoso di non rientrare nella scelta del Comandante.

Perché diamine devo sempre essere così irruento? Perché non riesco mai a pensare prima di agire?

Riecco che gli innumerevoli rimproveri di Hermione tornano a balenarmi nella testa. Se non avessi attaccato il Generale prima, forse adesso avrei qualche possibilità in più di essere scelto. E invece…scommetto che mi dirà: «Mi dispiace, capitano. E’ troppo coinvolto nella faccenda per poter pensare in modo lucido». Poi si liscerà di nuovo quegli orrendi baffetti, ghignando e sbeffeggiandosi della mia stupidità. Scommetto lo farebbe.

Chino il capo tra le mani, afferrandomi i capelli in modo brusco. Se non dovesse scegliermi per la missione cosa farò? Non posso far finta di niente e fregarmene di Hermione, mi distruggerebbe ancora di più…se invece andassi a cercarla da solo, so di per certo che non riuscirei lo stesso a fare niente, perché io, al contrario loro, non ho nemmeno una traccia da seguire, né so come poterla localizzare senza il microcip.

Sai, Hermione, durante la giornata, mentre faccio qualcosa mi chiedo spesso tu cosa diresti. Ad esempio, adesso, cosa diresti vedendomi in questo stato? Cosa diresti vedendomi così disperato? Magari rideresti di me, o forse mi consoleresti.

A dire il vero non lo so proprio, ogni volta che cerco di prevedere le tue reazioni finisco sempre per sbagliarmi clamorosamente. Ma c’è una cosa che è sempre la stessa: il modo in cui pronunci il mio nome. Di persona, al telefono, nei miei sogni.

Mi stai chiamando anche in questo momento dovunque tu sia?

 

«Bene allora, ho fatto le mie decisioni. A guidare la missione sarà il Comandante Potter…»

Vedo Harry sgranare gli occhi e guardarmi incoraggiante. Niente però, serve a sollevare il mio umore. Sono leggermente sollevato però che sia Harry ad occuparsi di tutto. Non è esattamente quello che volevo, ovvero essere scelto, ma è pur qualcosa. Mi fido di Harry e so che ritroverà Hermione.

«E con lui ci saranno l’agente Smith, il tenente Reagan, l’agente McGregor e…»

Lo so, sono fuori dalla lista, eppure una parte di me continua a sperare.

Sempre.

«e…per ultimo il capitano Weasley», conclude il Generale sistemando meglio alcune scartoffie sulla scrivania.

Un momento, ha detto me?!

Harry mi guarda con un sorriso smagliante, e, vedendomi parecchio confuso, annuisce convinto. Probabilmente deve aver capito cosa mi stavo domandando.

Senza neanche volerlo, un sorriso spunta sulle mie labbra. Siamo sicuri che non sia solo uno scherzetto del Generale? Perché se lo è questa volta lo faccio a pezzettini sul serio!

Intercettando il mio sorriso idiota, il Generale alza un sopracciglio e io cerco immediatamente di ricompormi. Sento qualcuno sghignazzare tra gli Auror seduti di fronte alla scrivania dove sono io.

«La mia scelta non è stata casuale, capitano. Sappia solo che ritengo più produttivo utilizzare questa sua…come dire… “grinta” per altri propositi, oltre a quello di tentare di aggredire un superiore. Ho fiducia in lei, cerchi di non deludermi.»

Vi ho mai detto che amo il Generale?

(No, al contrario…un secondo fa volevi…un attimo che ricopio le parole: “farlo a pezzettini”! -ndA)

Prima era prima, adesso è adesso e domani è un altro giorno, cara coscienza!

(Le tue perle di saggezza fanno concorrenza a quelle dei filosofi, sai -__- -ndA)

Grazie! Nessuno mi aveva mai fatto un complimento del genere prima d’ora!

(Ahaha…e ti sei mai chiesto il motivo, mio caro? -ndA)

Erano troppo imbarazzati per ammettere che un idiota come me potesse dire cose sagge ogni tanto!

(Certo…e io sono Napoleone… -ndA)

Napoleone? Sul serio?! Che onore avere te come mia coscienza!

(Ma ci sei o ci fai? Spesso me lo chiedo…ma non trovo mai risposta! -ndA)

Certo che ci sono! Con chi staresti parlando in questo momento se no? E in che senso “ci fai”? Cosa devo fare?

(Non devi fare niente, fai solo finta che non ti abbia detto niente e continua a raccontare…-ndA)

No, Napoleone! Aspetta!

(NON CHIAMARMI NAPOLEONE! SONO UNA RAGAZZA OLTRETUTTO! -ndA)

Non avrei mai immaginato che Napoleone fosse un transessuale…

(...-ndA)

Vabbè, visto che Napoleone non mi risponde più, torniamo alla realtà.

Cosa stavo dicendo? Ah già, amo il Generale! Ma non preoccupatevi, Hermione è l’unica padrona del mio cuore!

«Smettila di fantasticare e torna in te», mi ammonisce Harry, dandomi una pacca sulla spalla.

«Preparati, andiamo a salvare Hermione!»

I nostri due sorrisi fiduciosi si uniscono, riflettendosi l’uno nell’altro.

Non temere Hermione, presto potrò riabbracciarti nuovamente…e forse anche fare quello che non sono riuscito a fare fino ad ora.

E’ proprio vero ciò che dicono, essere separato dalla donna che ami ti fa capire tante cose, la più importante, però, è che sei una nullità senza di lei.

Proprio come io sono una nullità senza di te, Hermione.

Mi aspetterai?

 

 

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Capitolo 10
*** Un disperato bisogno di te ***


«Generale, abbiamo localizzato la posizione del comandante Granger», dice un signore alto e magro come uno stecchino che si è appena materializzato nella stanza

UN DISPERATO BISOGNO DI TE

 

CAPITOLO X: Un disperato bisogno di te

 

«Generale, abbiamo localizzato la posizione del comandante Granger», dice un signore alto e magro come uno stecchino che si è appena materializzato nella stanza.

Questa notizia mi fa sentire sollevato come non mai, e, anche se siamo ben lontani da aver trovato Hermione, è comunque qualcosa.

Il Generale Harshcroff, annuisce all’uomo e si volta verso di Harry, pronto ad impartire gli ordini.

«Potter, raduni la squadra e vada con il signor Lewis

«Sì, signore», risponde Harry, pronto ad eseguire il comando. Mi lancia uno sguardo d’intesa e lo stesso fa con quelli che prima il generale aveva convocato per la missione. Ora che ci penso bene, in totale siamo cinque uomini ed una sola donna: Lizzie. Come mai il Generale ha fatto questa decisione?

Io ed Harry siamo abituati a lavorare insieme, ovviamente con Hermione, e spesso con noi ci sono anche l’agente Smith e il tenente Reagan.

Si può dire che la nostra è una squadra già assodata. Ma Lizzie? Come mai Harshcroff ha scelto proprio lei per una missione del genere?

Con ancora queste domande irrisolte in testa, noto che l’uomo snello di nome Lewis, apre la porta e ci invita a seguirlo.

Saliamo per qualche piano nel Ministero, fino a che l’ascensore non si ferma. Le porte si aprono davanti a noi per rivelare un ufficio caotico e in pieno lavoro, con persone che vanno e vengono da ogni parte. Il telefono squilla ininterrottamente e su due grandi schermi sono proiettate delle mappe, sulle quali brilla in modo intermittente un puntino rosso.

Gli operatori a lavoro ci guardano incuriositi, anche se non sorpresi, di vedere degli Auror in quel posto.

«Questo è lo studio di monitoraggio e sorveglianza del Ministero», ci illustra Lewis con fare spiccio.

«Prego, da questa parte signori», riprende facendoci strada.

Agli occhi dei più, lo spettacolo che abbiamo davanti, sembrerebbe una sorta di savana umana, solo che al posto dei ruggiti inferociti dei leoni, c’è lo squillo insistente dei telefoni, e al posto delle veloci gazzelle, ci sono gli operatori che corrono di qua e di là.

Mi ritraggo al solo pensiero di dover attraversare quel marasma e noto una certa incertezza anche negli occhi dei miei compagni, tuttavia Lewis si gira nuovamente per incoraggiarci e così torniamo a seguirlo senza altre remore.

 

Nonostante sia stato colpito in testa da un bel po’ di aereoplanini volanti che facevano da messaggeri da una scrivania all’altra, posso dire che tutto sommato l’attraversata della “savana” è stata molto più tranquilla di quanto pensassi.

Raggiunta la sua postazione, Lewis si accomoda e prende a trafficare velocemente con un computer (o in qualsiasi modo si chiami quell’infernale aggeggio babbano), e dopo un po’ ci indica lo schermo che riporta la stessa mappa e il puntino rosso lampeggiante che ho visto prima.

«Ricevuta l’informazione dal microcip, il computer ci mostra la sua posizione in ogni dettaglio, rispetto ad una mappa. Il puntino rosso è dove si trova il microcip e quindi dove, almeno così supponiamo, si trova anche il Comandante Granger», spiega l’uomo.

«Può dirci esattamente dove sia? Abbiamo bisogno delle giuste coordinate», risponde Harry.

«Si trova a cento chilometri ad est della South-Avenue, lì dovrebbe esserci un edificio apparentemente abbandonato...il Comandante dovrebbe essere in quel posto», conclude Lewis.

«Cosa vuol dire… “dovrebbe?”», intervengo, improvvisamente agitato.

«Vuol dire esattamente quello che le ho detto, capitano», replica Lewis, guardandomi dritto negli occhi. «Ci è possibile conoscere la posizione del microcip, ma non siamo sicuri del fatto che il Comandante Granger ce l’abbia ancora addosso».

L’uomo parla in modo calmo, fermo, professionale. Magari una testa calda come me dovrebbe prendere lezioni da uno di questi qui. E’ possibile che a nessuno freghi niente e io sia l’unico a cui prudono le mani dalla voglia di colpire qualcuno in maniera così incontrollabile?

Devo stare calmo, agitarsi non servirà a niente. Harshcroff mi ha anche detto che mi avrebbe tenuto sotto controllo, è già un miracolo che mi abbia scelto per la missione. Non posso assolutamente rischiare di mandare all’aria la sua fiducia.

«C’è un modo per poter assicurarci che il microcip sia ancora con il comandante?» , chiede Lizzie, che nel frattempo era rimasta in disparte, superando Reagan e Smith e rivolgendosi direttamente a Lewis.

«Beh…sì, possiamo provarci» , asserisce l’uomo, improvvisamente accomodante.

Lo scintillio nei suoi occhi, dopo aver visto Lizzie, mi dà subito qualche indizio a proposito di questo repentino cambiamento di comportamento, ma decido di non indagare ulteriormente.

«E come?», domanda Harry, avvicinandosi al computer.

Lewis alza un sopracciglio - chiaramente preferiva avere Lizzie di fronte piuttosto che il mio migliore amico - si gira verso lo schermo e inizia a trafficare in modo febbrile con la tastiera.

«Il microcip ha al suo interno inserito un microfono. Possiamo provare a metterci in contatto con il microcip e vedere se dall’altra parte giunge una risposta. In caso contrario potremmo pensare che il microcip sia stato o scoperto e in tal caso rimosso, oppure perso durante un qualche spostamento», dice Lewis, senza rivolgerci ulteriori sguardi, completamente assorbito dal suo lavoro frenetico.

Ehi, ehi, ehi, ha appena detto che c’è un modo per parlare con Hermione?!

Sul serio???

Vedo lo stesso mio entusiasmo -okay forse un po’ meno, ma proprio un pochino meno- negli occhi dei miei compagni.

Guarda tu questi babbani di cosa sono capaci! E poi saremmo noi i “maghi”.

«Questo vuol dire che possiamo contattare il comandante Granger?» , chiedo, incapace di trattenermi. La mia voce suona un tantino isterica ed esagitata. Anche Harry, sebbene sembri altrettanto rincuorato, mi guarda un tantino perplesso.

«Se ha ancora il microcip con sé, sì», mi concede l’operatore del centro di monitoraggio.

Vedo Lizzie sorridermi incoraggiante, io le rispondo allo stesso modo, con il cuore leggermente più sollevato. E’ il caso di sperare in una risoluzione così tempestiva della missione?

“Non sputare mai in faccia alla buona fortuna, quando si presenta alla tua porta”, dice sempre mia madre. Mi domando da dove prenda queste perle di saggezza, a volte. Probabilmente dal suo programma radiofonico preferito, quello che trasmette le nuove hit della sua amata Celestina Warbeck! Sempre che si possa considerare come nuova quella roba lì! Tzè!

Lewis prosegue nel digitare tasti, mentre tutti noi ci guardiamo l’uno con l’altro un tantino impazienti.

Siamo sicuri che quest’uomo abbia capito che è necessario localizzare Hermione il prima possibile, fin tanto che è ancora sul suolo inglese?

Sono lì per farglielo presente, quando udiamo un rumore confuso, come quello di una ricetrasmittente che è stata appena accesa.

I nostri occhi si dirigono immediatamente verso Lewis e lui conferma i nostri dubbi: «Siamo appena entrati in contatto con il microcip

 

***

 

“Quanto tempo è passato?”

“Che ore sono?”

“Dove mi trovo?”

Sono domande così semplici, eppure al momento non riesco a trovare una risposta a nessuna di queste.

Tengo gli occhi chiusi, inutilmente, tutto continua ancora a vorticare intorno a me.

Incredibile quanto sia forte questa mia astrazione dal mondo. Sono sempre stata un tipo meticoloso e preciso, costantemente preoccupata di sbagliare. Hermione la so tutto io, la super perfettina. Non a caso “La perfezione è d’obbligo” è stato il mio motto per parecchio tempo. Peccato che in questo momento non riuscirei a trovare una traccia di precisione in me, nemmeno se lo volessi.

Guardo pietosamente le mie ferite, sollevata almeno dal fatto che adesso non sanguinino più. Peccato che il dolore per la presenza sottocutanea delle schegge di vetro sia sempre presente e si acuisce ogni volta che mi muovo, senza escludere i miei arti intorpiditi, costretti ad una posizione molto scomoda. Ora che ci penso, anche la caviglia che mi sono distorta poco fa, sembra fare più male del previsto.

Come se questo non bastasse, ho la gola arsa dalla sete e la voce più roca di quella di un vecchio marinaio.

Inoltre, i morsi della fame mi attanagliano lo stomaco.

Per Merlino! Odio chi si lamenta sempre, e odio anche farlo adesso, ma proprio non trovo altro a cui pensare.

Sarò troppo egoista, forse?

Mi chiedo chi stia aspettando adesso, fissando inerme l’apparente porta di legno davanti a me.

Dico apparente, perché poco fa ho scoperto che si tratta di un’illusione dovuta alla magia e in realtà, quella che sembra essere una porticina sgangherata, è più dura e robusta di un pezzo di acciaio.

Cos’altro in questa stanza è solo un’illusione? Anche la mia speranza di poter tornare libera?

Provo nuovamente a cercare un po’ di ristoro nel sonno, ma il mio corpo proprio non ne vuole sapere di stendersi nuovamente su questo materasso infernale. Probabilmente sarebbe meglio restare in piedi, sempre che riesca a trovare l’equilibrio come prima.

Sono arrabbiata, tremendamente, con me stessa. Arrabbiata perché solo adesso ho scoperto quanto io sia debole ed inutile in una situazione simile. Arrabbiata perché sono caduta in una trappola così facilmente e perdendo conoscenza sono diventata immediatamente preda del mio nemico.

Ah, ecco. Ho trovato un'altra domanda senza risposta: “Chi è il mio nemico?”

La mia memoria è parecchio confusa. Dopo aver bevuto il punch, ricordo di essere caduta sul bancone dei drink e di essermi ferita con le schegge di vetro. Probabilmente è stato dopo essere caduta a terra, seguita da una montagna di schegge, che sono svenuta. Nonostante tutto è come se mi mancasse qualcosa.

Un piccolo particolare che avrei dovuto ricordare, eppure ho dimenticato. Un particolare che mi ero promessa di tenere a mente.

So che c’è, ma non so di cosa si tratti.

Perché diamine devo sempre prendere per scontato le cose più piccole ed importanti?

A distrarmi dalle mie elucubrazioni mentali, però, ci pensa un segnale luminoso che vedo provenire dal mio petto. Chino la testa di scatto, per vedere di che si tratti, e mi accorgo che la lucetta proviene dalla spilla del Ministero che mi hanno dato prima dell’inizio della serata. Mi chiedo perché non l’ho tolta prima, in fondo è così brutta ed insignificante che potrei anche staccarla e lasciarla in questo lurido posto.

Peccato che adesso mi sia impossibile, ho le mani troppo impegnate, sai com’è…

La spilla smette di lampeggiare, emette un brusio fastidioso e poi…

Poi succede qualcosa che mi rende felice di non averla buttata prima: la voce di Harry, agitata e frenetica, chiama il mio nome.

«Hermione!»

 

***

 

«Si sono davvero messi in contatto con Hermione?», chiedono Smith e Reagan all’unisono.

«Il comandante, è possibile parlare con il comandante!», squittisce Lizzie, attirando lo sguardo interessato di Lewis.

«Harry, forza! Chiamala ancora! Risponde? Risponde?», domando ad Harry in modo esagitato, assillandolo forse un po’ troppo.

«Hermione! Ci sei? Riesci a sentirmi?», insiste Harry, accorato.

«Nessuna risposta a quanto pare. Probabilmente ha perso il microcip», deduce Lewis, porgendo la mano verso di Harry, cercando di farsi riavere il microfono.

«No! No! Prova ancora! Non è ancora detta l’ultima parola! Chiamala ancora!», insisto, invitando Harry a fare altrettanto.

«E’ sicuro che questo aggeggio funzioni correttamente?», domanda l’agente Smith facendo sì che il sopracciglio di Lewis torni ad alzarsi nuovamente a livelli cosmici.

«Certo. Cosa crede!», risponde l’operatore stizzito, incrociando le braccia. Reagendo in quella maniera, sembra quasi che abbia deciso di non perdonarci più per quelle insinuazioni.

«Riprova! Riprova! Hermione!»

«Comandante, risponda!»

«Hermione! Rispondi se puoi sentirci!»

«Hermione!»

«Come devo fare a dirglielo? E’ inutile continuare a…»

L’altoparlante improvvisamente registra un brusio, poi una voce fioca, ma pur sempre presente: «H-Harry?»

Tutti quanti raggeliamo, sentendo la sua voce.

Il mio cuore inizia a battere all’impazzata. Sento le orecchie andarmi a fuoco e arrossisco per la felicità.

E’ Harry il primo a riprendersi dall’apparente trance di gruppo.

«Hermione?! Riesci a sentirmi?»

«Sì, ti sento!», risponde Hermione e nella sua voce, seppur roca, sento l’accenno di una risata.

Harry sorride e lo stesso faccio anche io, sebbene le parole che volevo urlare fino a un momento prima, mi muoiano in gola.

«Stai bene? Sei ferita? Sai dove ti trovi?», domanda Harry a raffica.

«Sto bene, ho solo qualche ferita, niente di cui preoccuparsi, ma non so dove mi trovo. Mi hanno rinchiusa in un monolocale piccolo e sudicio, con polsi e caviglie legate. Non c’è nemmeno una finestra e la porta sembra apparentemente una porticina sgangherata di legno, ma è un illusione dovuta ad un incantesimo. In realtà è solidissima e possiede un campo magnetico molto forte intorno a sé. Ho provato anche a scappare per la condotta dell’aria, ma alla fine non ci sono riuscita, tuttavia sembra essere un’illusione anche quella.», risponde Hermione, precisa come sempre, elencando ogni dettaglio.

«Okay, tutto chiaro. Ascoltami bene, Herm, stiamo venendo a liberarti, conosci per caso i volti di chi ti ha rapita?», chiede Harry. Noto dietro di lui Reagan appuntare i dettagli forniti da Hermione.

«No…mi dispiace»

«Come hanno fatto a portarti via? Hanno usato qualche droga per intontirti?»

«Io…non lo so. L’ultima cosa che ricordo è che stavo bevendo del punch con Victor e…»

«Victor?! Victor Krum?», mi intrometto nella conversazione.

«Ron! Sì era lui…mi ha sorpreso vederlo, non pensavo che…»

«Ascolta, Hermione, è stato Victor Krum a rapirti?», interviene nuovamente Harry.

«Victor? Io non…non lo so, Harry. Non riesco a ricordare nient’altro dopo aver bevuto il punch…Sono caduta a terra e suppongo di essere svenuta nello stesso istante», spiega Hermione con voce turbata. E’ come se si stesse biasimando di essere svenuta e aver perso coscienza.

«Non preoccuparti. Non è colpa tua. Tieni duro fino a che non arriviamo, ok?», dico, tentando per quanto posso di rassicurarla.

«Va bene.»

«Hai preso la mappa con te?», domanda Reagan a Smith. «Non c’è un minuto da perdere, ragazzi. Abbiamo già perso troppo tempo in chiacchiere!», parla poi, rivolgendosi a tutti noi.

Io ed Harry annuiamo, Lizzie e gli altri vanno a prendere l’attrezzatura necessaria.

«Un’ultima cosa, Hermione. Prendi tempo. Sappiamo che vogliono portarti a breve via dall’Inghilterra, per evitare di essere scoperti da noi. Perciò fa qualsiasi cosa, ma prendi tempo. Ne abbiamo bisogno…una volta fuori dai confini magici del Paese non potremo più localizzarti. Fa tutto il possibile per ritardare la partenza, è chiaro?», si raccomanda Harry.

«Va bene, lo farò», promette Hermione con voce molto seria.

«E sta attenta. Non fare niente di azzardato, mi raccomando. Non vogliamo che tu sia Wonder Woman, solo sii prudente», conclude Harry, sorridendo leggermente.

«Sì, signore», anche lei sembrava stesse sorridendo, seppur debolmente.

Harry mi guarda, e vedendo nella mia espressione una preoccupazione ancora più forte, mi porge il microfono.

Sento le orecchie andarmi in fiamme.

Chissà perché mi imbarazza così tanto parlare a lei, di fronte a lui. Accorgendosi della mia riluttanza, Harry mi sussurra di fare presto, e mi volta le spalle, raggiungendo gli altri.

Gli altri del mio gruppo, sembrano troppo affaccendati per pensare a me.

Anche Lewis, ormai vittima della mortale stretta di Reagan, cerca di liberarsi, ma l’Auror ride e non lo lascia andare, dandogli invece vigorose pacche sulla spalla.

«Mione…non avere paura, io…sto arrivando, ok?», le dico abbassando di molto il tono della voce, preoccupato che gli altri mi sentano.

 

Mi aspettavo rispondesse in modo composto e tranquillo come aveva fatto con Harry, e invece, alle mie orecchie, la sua sembrava una preghiera disperata: «Sbrigati…»

 

 

***

 

«Sbrigati…»

Queste le parole che avevo detto a Ron, incapace di trattenermi dalla voglia che avevo di vederlo e farmi stringere tra le braccia.

«Sto arrivando…», aveva detto. Ma per me, che ormai avevo perso la cognizione temporale, quanto presto sarebbe arrivato lui?

Le raccomandazioni di Harry e le ultime dolci parole di Ron, mi scaldano il cuore.

Adesso so chi aspettare, so in chi sperare.

E chi poteva essere se non loro due? Le persone con cui ho vissuto per 11 lunghi anni, quelle con cui nel bene e nel male, ho lottato. Quelle con cui ho pianto, quelle a cui mi sono aggrappata quando l’oscurità del dolore sembrava volesse inghiottirmi. 

Quelle due persone che amo da impazzire, sebbene in maniera diversa: Harry come un vero e proprio fratello maggiore, e Ron come l’uomo con cui voglio passare il resto della mia vita.

Ci sono tante cose a questo mondo su cui non scommetterei nemmeno un centesimo, tutto a parte la nostra amicizia.

Non importa quanti anni passino, ci saremo sempre noi tre, uniti da qualcosa di più forte da un legame che è semplicemente esprimibile a parole.

E’ questo quello che ho sempre pensato.

Devo forse ricordarvi che il mio intuito non sbaglia mai?

 

Silenzio. Un’insopportabile ed opprimente silenzio.

Un atroce silenzio, spezzato solo dai lenti battiti del mio cuore. Com’è possibile che lui continui a battere in modo così calmo, mentre la mia mente è in tale subbuglio?

Continuo a ripetere a mente le promesse fatte da Harry e Ron. Sono l’unica cosa, al momento, per cui vale la pena stare buona e continuare ad aspettare. Aspettare in questo silenzio, un silenzio irreale, che poco prima le loro voci avevano spezzato.

Fisso la porta, così intensamente che spero di poterci vedere attraverso. O magari distruggerla con il solo sguardo.

Se solo avessi con me la mia bacchetta, se solo avessi imparato ad essere un po’ meno dipendente dalla magia, magari avrei potuto essere più attiva e a quest’ora sarei già scappata.

Incolparmi forse mi farà sentire meglio, in ogni caso è pur sempre qualcosa da fare.

Magari iniziare a gridare insulti rivolti a me stessa, romperà questo silenzio…sì, forse potrei farlo.

Chissà se mi sentirà qualcuno. Chissà se nei paraggi c’è qualcuno.

La stanza assiste inerme alle mie proteste, alle mie smorfie. Non riesco a trovare compassione neppure dalla moquette.

Okay, questo è decisamente troppo, posso capire la pazzia di Robinson Crusoe, disperso per vent’anni su un’isola deserta, ma io sono qui da nemmeno un giorno, anche se ne sembrano passati migliaia, e già sto dando di matto?!

Pensa a qualcosa di bello, qualcosa di bello, qualcosa di bello…

Seguendo la litania di queste parole, la prima cosa bella che mi viene in mente è Ron. Che posso farci?

Sarò troppo smielata?

A questo pensiero mi scappa un sorriso involontario, poi sento un lieve fruscio e alzo di scatto la testa verso la porta.

Victor, coperto da un mantello scuro, lungo fino ai piedi, mi guarda dall’alto della sua statura, con un sorriso di scherno.

Vedendo questa scena, l’ultimo particolare che avevo notato prima di svenire, mi ritorna in mente: Victor sorrideva, sorrideva nello stesso modo in cui sta facendo adesso. 

«Ascolta, Hermione, è stato Victor Krum a rapirti?»

Le parole di Harry…

Mentre fisso Victor incredula, immagino che la mia faccia sia un caleidoscopio di emozioni: incredulità, consapevolezza, rabbia...paura.

«Bene, bene, Hemmionni. Vedo ke sai sorridere anke in una situazzione del generreBrrava»

Non riesco a spiccicare nemmeno una parola. Ho la lingua attaccata al palato e il cuore in gola.

Victor, si stacca dalla porta e fa qualche passo in avanti. Io mi ritraggo inconsciamente, finendo distesa direttamente sul materasso.

«Oh, ma che brrava, ti metti già in posizzione…», detto questo, Victor scoppia a ridere, ma la sua risata è cupa e non promette niente di buono. Io non riesco ancora a proferire una frase di senso compiuto, diamine, perché ho così tanta paura da non riuscire nemmeno a muovere un muscolo?

Mi scruta, esaminando ogni parte del mio corpo lasciata scoperta dal vestito strappato, con lascivia. Poi i suoi occhi tornano nei miei, incatenandoli in una morsa ferrea.

Ho decisamente capito dove vuole arrivare.

Cerco di alzarmi come meglio posso, stringendo i denti. Le catene mi feriscono nuovamente i polsi.

«Sei stato tu a mettermele?», sibilo, finalmente capace di articolare una frase con abbastanza rabbia, ignorando le sue precedenti affermazioni.

«No, Gerard e Vince sono più esperrti di me in questo. Sai comm’è, le mie manni sanno solo afferrarre una scopa e abbracciarre una donna…», mi dice, rivolgendomi un disgustoso occhiolino.

Un infinità di risposte ciniche e beffarde circolano nella mia mente, ma dalla mia bocca non ne esce nessuna.

Farei meglio a controllare la lingua, o sennò potrei trovarmi in una situazione decisamente spiacevole.

Bisogna ricordare che è lui ad aver in mano la situazione, mentre io, in quanto povera, piccola, innocente, (oh, davvero?! –ndA) vittima, non posso permettermi di far come mi pare e piace…

Victor si inginocchia, fino ad arrivarmi completamente davanti. Non smette di sorridere come un cretino.

«C-cosa vuoi fare?», domando allarmata, cercando di controllare la voce il più possibile.

Victor avvicina ancora di più il viso al mio, appoggiandosi con le braccia al materasso, guardandomi dritto negli occhi. Qualcosa nel suo sguardo è cambiato radicalmente dall’occhiata di un momento fa.

«Io…io volevo solo te, Hermione», dice mortalmente serio.

Sentirlo chiamare il mio nome correttamente ed in modo così intenso, fa saltare qualche battito al mio cuore.

«Cosa diav-», inizio a dire, ma lui mi interrompe con un gesto della mano.

Resto a guardarlo con occhi sgranati.

«Volevo solo te, ho sempre voluto solo te…Avrei potuto avere qualsiasi altra donna, ma tu eri l’unica nei miei pensieri. Credevo di poterti comprare con la mia fama…il mio denaro… e invece, semplicemente, dopo avermi dato quel bacio la sera del Ballo del Ceppo, hai detto che non era il caso continuare in quel senso il nostro rapporto. Restiamo amici, ma certo. Manteniamoci in contatto, ma certo! E io?! Cosa potevo dire?! Tu…tu…mi avevi offerto la tua amicizia, avevi fatto un atto di carità…ciò ti aveva liberato di un peso dalla coscienza, vero? VERO?!», dice Victor urlandomi in faccia e costringendomi ancora di più tra le sue braccia.

Lo guardo impaurita e al tempo stesso colpita dalle sue parole. «Io…non ho mai pensato a te come qualcuno che mi facesse pietà…mai!», rispondo semplicemente. I suoi occhi dardeggiano di fiamme e non sembrano volersi calmare.

«Andiamo, lo sappiamo benissimo entrambi quanto tu sia brava a dire bugie, quanto tu sia calcolatrice, quanto poco ti importasse di me allora e quanto mi disprezzi ora!», esclama Victor, senza una logica precisa nelle sue parole.

«Io…», faccio per dire, ma lui mi interrompe ancora una volta.

«Non tremare in quella maniera. Non ti toccherò, se è questo ciò di cui hai paura…», aggiunge, parlando piano e abbassando lo sguardo.

«Non ho mai toccato una donna che non mi volesse. Io…invece…ho sempre voluto te e solo te, Hermione, ma la vita va avanti per tutti…Va avanti e tu non puoi fare altro che lasciarti trasportare da essa…lontano anche da quello che hai sempre desiderato veramente. Finiamo per mentire a noi stessi, pur di andare avanti. Anche io mi sono raccontato tante bugie…ho creduto che avrei potuto dimenticarti un giorno. Ma non importa quanto tempo passasse, anno dopo anno, non era abbastanza. Non valeva nemmeno un secondo del mio tempo passato con te…»

Victor rialza nuovamente lo sguardo. Le sue pupille scure, profonde come un buco nero, sembrano volermi risucchiare al loro interno. Io assisto alla scena ascoltando stupefatta le sue parole, spettatrice inerme del dolore che quest’uomo ha provato nel tentativo di tacere anche a se stesso queste parole.

«Ho finto di essere indifferente, ma appena ti ho rivista tutti i sentimenti che credevo fossero ormai sepolti, sono tornati a galla, prepotentemente. Forse…anche più prepotentemente di prima»

Vorrei dirgli che me n’ero accorta di questa prepotenza. Non so se ve lo ricordate, ma stava quasi per strangolarmi con il suo abbraccio quando ci siamo incontrati!

Okay, forse questo non è il momento per pensare a cose del genere…

E’ strano ciò che sento dentro di me. Mi rendo conto della freddezza con cui sto accogliendo le sue parole: non scatenano in me alcuna reazione, né positiva, né negativa. E’ come se guardassi dal di fuori una vita che non è la mia, è come se ascoltassi parole che non sono rivolte a me, è come se provassi emozioni che in realtà non sono le mie.

Victor fa per parlare nuovamente, ma la mia espressione vacua deve averlo messo in allarme.

«Non hai niente da dire?», mi domanda lui, cercando il più possibile di evitare il contatto diretto con il mio sguardo.

«No», rispondo semplicemente, con un tono di voce neutrale. Tutta questa situazione mi sembra così distante ed irreale che ormai sembro sul serio essermi convinta del fatto che non si tratta di una questione che mi riguarda.

Lui sembra ferito dalle mie parole, di certo si aspettava di tutto tranne la mia reazione indifferente.

A dire il vero, non me l’aspettavo nemmeno io.

Si ricompone velocemente e si alza di scatto, voltandomi le spalle e dirigendosi verso la porta.

«Aspetta», mi sento dire, sebbene questa voce non sembri la mia.

«Se davvero ci tenevi così tanto a me, perché mi hai fatto questo adesso?», domando, facendo tentennare appena le catene, per indicare che mi riferisco al fatto di essere stata imprigionata qui.

Ho usato di proposito il passato, perché è quello che è per me. Un passato troppo lontano, dove i problemi erano futili, privi di senso. Un passato dove io, da ragazza, consideravo l’amicizia un rapporto anche più solido di una relazione amorosa.

Se ti ho chiesto di restare amici, Victor, non era per essere a posto con la mia coscienza, era perché non potevo ricambiare in alcun modo quello che tu volevi, ma non avevo il coraggio di perderti completamente.

Forse dovrei dirti questo, forse queste sarebbero le parole giuste. Servirebbero ad alleggerire almeno un po’ il tuo rancore?

«Ordini dei superiori, non mi è permesso discuterli», mi risponde lui, continuando imperterrito a voltarmi le spalle.

«Victor…», tento di dire, finalmente pronta a confessargli la verità.

«Partiremo tra poco, giusto per avvisarti.», queste le sue ultime parole, prima di scomparire nuovamente dietro la porta.

Con gli occhi spalancati, la bocca semi aperta, mi arrendo nuovamente al potere del silenzio.

E sono nuovamente sola.

 

***

 

«Andremo con le scope, non c’è tempo di trovare un altro mezzo per arrivare in quel posto», decreta Reagan apparentemente convinto che sia la scelta migliore.

«E se usassimo una passaporta? Potrebbe vederci qualche babbano se usassimo le scope in un orario inusuale!», protesta Lizzie.

«Per creare una passaporta dobbiamo prima chiedere al Ministero il permesso di attivarne una. Se viene attivata senza il consenso viene immediatamente distrutta e adesso non abbiamo il tempo di aspettare che il permesso giunga al Ministro e poi venga firmato, dobbiamo essere tempestivi», le risponde Smith, solidale con Reagan.

«Comandante? Lei cosa ne pensa?» , chiede Lizzie, apparentemente titubante sulla scelta delle scope.

«Facciamo come dice Reagan: le scope sono il mezzo più veloce che abbiamo per arrivare a destinazione, solo dobbiamo stare attenti a non farci scoprire. Presto si alzerà l’alba e il modo migliore per nasconderci agli occhi dei babbani è volare fino a che c’è la notte a proteggerci.», dichiara Harry con un innato spirito di leader. Non per niente, fino ad ora, tutte le missioni affidate a lui hanno avuto un buon esito, e sono sicuro, lo avrà anche questa.

«Già, sono d’accordo anche io», dico, appoggiando Harry e mettendogli una mano sulla spalla.

Lizzie dapprima sembra voler replicare, ma, dopo aver sentito il mio consenso, sembra essersi totalmente rassegnata.

«Andiamo, allora!»

Saliamo velocemente sulle scope, lanciandoci subito verso la nostra meta. Mentre prendo quota, stando ben attento a mettermi in formazione con gli altri, sento la fresca brezza notturna accarezzarmi le guance. Mano a mano che saliamo nel cielo, la brezza si fa più violenta e fredda, adesso mi sferza il viso, costringendomi a tenere gli occhi socchiusi.

La sensazione globale, però, è straordinaria. Mi sento libero da qualsiasi costrizione e da qualsiasi legame con la terra.

Vedo la città sotto di me brulicare ancora di vita, nonostante l’orario, in un gioco di luci e colori che non è possibile apprezzare se non da questa altezza.

Sarebbe così bello se ci fosse anche Hermione qui con me a godere di questo spettacolo…

Beh, adesso che ci penso, il motivo per cui non c’è stata mai nemmeno prima l’occasione è perché, che voi ci crediate o no, Hermione soffre di vertigini! Durante le missioni, ogni volta che dobbiamo volare, si imbottisce di un sacco di intrugli e pozioni ed in qualche modo riesce a resistere, ma non ha mai accettato di volare per un puro giretto di piacere. Lo considera…com’è che dice sempre? Ah sì, ecco ora ricordo: “Uno stupido passatempo, pericoloso ed insensato”.

In un altro momento avrei riso del ricordo delle sue parole, adesso, invece, sento la rabbia strisciare nelle mie vene, lenta ed inesorabilmente distruttiva.

Stringo con una forza innaturale il manico della scopa, facendo sì che questa acquisti improvvisamente ulteriore velocità.

Vengo colto di sorpresa, perchè non mi aspettavo assolutamente che la scopa accelerasse in tal modo, e perciò perdo il controllo della mia presa sulla scopa. L’attrito dell’aria, prepotente e aumentato dalla velocità, mi spinge all’indietro, fino a che non mi trovo aggrappato alla scopa sono con la mano destra e il corpo ciondolante nel vuoto.

«Ron!», sento Harry gridare alle mie spalle.

«Capitano!», mi chiamano gli altri del gruppo, in coro.

Cerco di issarmi a forza, aggrappandomi alla scopa ancora in moto, anche con la mano sinistra.

Harry mi raggiunge immediatamente, accostandomi con la sua scopa.

«Ron! Salta qui sopra!», mi urla in fretta e affannato.

Io scuoto la testa, violentamente: «Ce la faccio da solo!»

«Ma cosa stai dicendo! Muoviti! Non fare sciocchezze!», replica Harry ancora più agitato dalla mia risposta. Anche i miei altri compagni mi circondano con le scope, pronti ad intervenire se necessario.

Mi azzardo a gettare un’occhiata nel vuoto e resto stupefatto. Anche se non soffro di vertigini mi rendo benissimo conto del pericolo a cui sto andando incontro. Stiamo volando ad un’altezza impressionante, migliaia di metri sopra il centro cittadino, e la scopa sembra mantenersi in volo a malapena, lottando contro le potentissime sferzate di vento per mantenersi sempre in traiettoria.

«Ron! Si può sapere cosa vuoi fare? E’ pericoloso!»

Diamine, Harry, lo so che è pericoloso, che credi!

Tuttavia, mi ostino a non afferrare la sua mano protesa verso di me.

Mi ci sono cacciato da solo in questa situazione e da solo ne uscirò. Come posso pretendere di voler salvare Hermione, se non riesco nemmeno a tirare fuori da un guaio me stesso?

Faccio forza sulle braccia, per riuscire a risalire nuovamente, ma la scopa vacilla e trema terribilmente e quasi mi spinge di sotto.

Gridare per la sorpresa e la paura mi viene naturale, anche se non avrei voluto farlo.

«Ron!»

Non posso arrendermi, non posso farlo.

«Va tutto bene, ce la posso fare!», dico ad Harry con voce flebile, sperando che riesca a sentirmi.

Cerco di infondere le stesse parole di fiducia ed ottimismo anche a me stesso.

Faccio nuovamente forza sulle braccia, cercando al tempo stesso di alzare le gambe e tenere la scopa ferma nella maniera migliore possibile. Questa vibra violentemente, ma non riesce a scaraventarmi giù.

Stringo i denti, aggrappandomi nella maniera migliore possibile al manico della scopa.

Con uno sforzo non indifferente, infine, torno nuovamente a sedermi correttamente sul manico, sistemandomi per bene e riprendendo il controllo della scopa.

Rallento l’andatura e mi rimetto al passo con gli altri. Sento i miei compagni tirare un sospiro di sollievo.

Harry mi guarda con aria arrabbiata e apparentemente omicida. Io evito il suo sguardo, girando la testa dall’altra parte, e sogghigno alle sue spalle.

«Bel lavoro, capitano!», si complimenta Smith, e a lui si associano tutti i nostri sottoufficiali presenti.

Harry continua a guardarmi severo, senza proferire parola.

Cerco di riflettere sui miei errori: so di averlo fatto preoccupare terribilmente, ma è più che ovvio che ai miei sbagli occorra rimediare da solo. D’altronde è sempre quello che mi diceva Hermione ai tempi di Hogwarts, quando andavo a frignare da lei e le chiedevo di coprirmi con scuse di ogni genere con Harry quando, per troppa pigrizia, non mi presentavo agli allenamenti di Quidditch.

Ecco, di nuovo lei. Sempre lei.

«Mione…sto arrivando…»

«…»

«Sbrigati»

Queste sono le uniche parole che continuano a vorticarmi in testa. Il suo richiamo doloroso, ansioso. Qualcosa che non posso semplicemente ignorare.

 

«Siamo arrivati», annuncia Harry, dopo diversi minuti di silenzio, con voce incolore.

«Così pare», risponde Reagan.

Scendiamo di quota, rapidamente. Nessuno sembra essere nei paraggi, perciò atterriamo senza problemi. In ogni caso occultiamo le scope immediatamente.

Nonostante tutto, cinque persone coperte da pesanti mantelli neri, nel cuore della notte, in un vicolo buio e deserto, con scope o no, sembrerebbero decisamente sospette. Questi pensieri, però, decido di tenerli per me.

Con la mappa ben aperta in mano, Harry si fa strada, seguito da tutti noi. Giunto nel punto stabilito si ferma e dichiara: «E’ qui.»

Tutti lo guardiamo stupefatti e delusi. Un semplice muro?!

Non può essere!

 

***

 

Victor mi ha appena detto che partiremo tra molto poco. Harry mi ha raccomandato di prendere tempo.

Sì, ma come faccio?!

Cerco di pensare ad una qualsiasi scusa per ritardare la partenza. Se dovessi uscire dai confini dell’Inghilterra, i miei compagni non riuscirebbero più a trovarmi.

Devo trovare una soluzione, e possibilmente, anche in fretta!

Potrei chiedere a chi mi tiene prigioniera di lasciarmi andare in bagno, ma anche facendo così, di quanto potrei ritardare l’inevitabile?

Inoltre, sospetto che Victor e compari preferirebbero farmi scoppiare la vescica, piuttosto che permettermi di usare la toilette, sempre che ce ne sia una in questa topaia. Basta vedere come m’hanno conciata, legata non con semplici corde, bensì con catene. Sembro un detenuto rinchiuso in un carcere di massima sicurezza!

Devo agire, in qualche modo, sui miei carcerieri. Se avessi avuto un po’ di libertà in più dalle catene e non fossi così ferita, magari sarei riuscita anche a liberarmi e ad immobilizzarli.

L’arte marziale è la mia specialità, sapete? Di tutto il reparto Auror, gli unici che riescono a darmi filo da torcere negli allenamenti, sono il Generale Harshcroff, che con la sua stazza e forza è peggio di una tigre selvaggia quando combatte, e Ron ed Harry che, avendo seguito il corso di addestramento con me, ormai conoscono tutte le mie mosse preferite e riescono ad evitarle in tempo. Con dei perfetti sconosciuti, per quanto forti siano, utilizzando la mia apparenza di giovane donna ferita e debole, invece, potrei riuscire facilmente a coglierli di sorpresa con un attacco improvviso e a metterli k.o.

Nel momento del bisogno mi sento autorizzata anche ad adottare mezzi così meschini, pur di scamparla!

Va bene, è inutile perdersi in chiacchiere. Devo concentrarmi e pensare a qualche piano utile e facile da mettere in atto.

Poiché non ho idea di chi mi abbia rapita, oltre Victor, sarà proprio lui il soggetto del mio piano.

Per quanto io abbia ignorato le sue parole, ferita dal suo tradimento, un tradimento che non mi sarei mai aspettata da un amico con cui mi sono sempre tenuta in contatto, la sua confessione ha avuto l’effetto desiderato su di me, e cioè, farmi sentire in colpa. Mi sento in colpa di avergli causato tanto dolore, anche se inconsapevolmente, ma non saprei proprio come fare a rimediare. Non importa quanto tempo passi, non sarò mai in grado di ricambiare i suoi sentimenti, in nessun modo. Forse è per questo che mi sono comportata in modo così serio prima, perché offrendogli una risposta meno drastica, avrei potuto illuderlo ancora. So come ci si sente alle prese con un amore non ricambiato, lo so benissimo.

Aspetterò Ron, ore, giorni anni, forse anche tutta la mia vita, ma qualcosa tra di noi cambierà mai? Sarà sempre lui la causa del mio pianto e al tempo stesso della mia più assoluta felicità? Troverò mai il coraggio di mettere fine alle bugie, alle scuse, dietro alle quali ci nascondiamo sempre, perché la realtà potrebbe farci male o rovinare il nostro rapporto?

Ciò che Victor ha detto prima, il suo rifiuto della verità, perché aveva paura di affrontare i suoi sentimenti, riesco a comprendere tutto il suo dolore. Eppure, nonostante questo, non posso dirgli nient’altro che un semplice: “Ti capisco”, perché un ulteriore coinvolgimento farebbe male sia a lui che a me.

Andrebbe lo stesso così tra me e Ron se io gli dichiarassi quello che provo? Mi offrirebbe un sorriso amaro per poi allontanarsi da me, per non farmi soffrire ulteriormente, poiché incapace di ricambiare il mio amore?

Lo farebbe anche lui?

Perchè, perché, perché, non posso smettere di pensare a lui e concentrarmi su cose più importanti?

I miei amici hanno promesso di venire a salvarmi, ma sarà tutto inutile se lascio che i miei carcerieri mi portino via così presto.

Non posso lasciare che ciò accada.

 

Victor si materializza di nuovo all’improvviso nella stanza, ma questa volta sono pronta ad accoglierlo. Seduta sul materasso, alzo lo sguardo verso di lui, stando bene attenta a non far trasparire il veleno nei miei occhi.

«Ti porrtiammo via immediatammente.», annuncia tornando a parlare in modo sgrammaticato. Perché fa così, quando mi ha appena dimostrato di saper parlare benissimo e in modo corretto?

Ignoro questa affermazione e resto a guardarlo.

«Voglio chiederti una cosa», gli dico.

Lui resta sorpreso dalla mia richiesta, non risponde niente. Prendo il suo silenzio come un assenso.

«Baciami», ordino.

Victor mi guarda stupefatto, strabuzzando gli occhi in modo fin troppo esagerato, spalancando la bocca come un pesce lesso.

Victor, tu mi hai tradita, hai tradito la mia fiducia. Ma hai detto una cosa molto vera su di me: sono una persona calcolatrice.

Mi dispiace, ma una volta colpita, non porgo mai l’altra guancia.

Mai.

 

***

 

«Cosa?! Un muro? E adesso?», domanda Smith, completamente confuso. Mi associo a lui. Non ci sto capendo più niente.

Lizzie, improvvisamente, si fa avanti. Appoggia la mano sul muro e chiude gli occhi.

«Proprio come pensavo…», mormora tra sé e sé.

Io, Smith e Reagan la guardiamo straniti. Cosa vuol dire con questo?

Harry le rivolge la sua faccia di bronzo inespressiva e domanda: «E’ una barriera magica, vero?»

«Esatto. Il punto più forte da dove proviene la magia è proprio questo. Non c’è dubbio», risponde la ragazza bionda.

«Barriera magica?», domando piuttosto curioso.

Harry mi guarda male, senza rispondermi, e si gira dall’altra parte con tutto il proposito di ignorarmi. Capisco…non mi ha ancora perdonato la pazzia con la scopa…

«Già», risponde Lizzie, gettando un’occhiata perplessa all’indifferenza del Comandante Potter nei miei confronti.

«Apparentemente è un muro, ma poiché sento provenire della magia da qui, e la mappa fornita dal microcip ci indica proprio questo punto, non c’è dubbio che il Comandante Granger si trovi oltre questa barriera magica», illustra in maniera molto semplice.

«E come la superiamo?»

«E’ proprio per questo che Lizzie è qui», risponde Harry. «E’ un’esperta di rimozione e localizzazione delle barriere magiche ed illusorie. Non a tutti è possibile eseguire delle magie simili, come quelle di creazione o distruzione di una barriera. Ma c’è chi si specializza proprio in questo, ed è appunto ciò che ha fatto lei.»

Ecco allora perché quel vecchio lupo di Harshcroff l’ha mandata insieme a noi in missione! Evidentemente deve aver previsto che una cosa del genere sarebbe accaduta.

Non potrei mai immaginare un altro generale degli Auror, se non ci fosse lui, anche se, diciamoci la verità, è un gran bastardo.

«Vediamo cosa si può fare», dice Lizzie, poggiando la mano sinistra sul muro e prendendo con la destra la bacchetta dalla tasca del mantello.

Recita una serie di formule velocemente, sussurrando appena, poi poggia la punta della bacchetta contro il muro e questa ci passa facilmente attraverso. Riuscita nel suo intento, si gira verso di noi e ci sorride: «Ecco fatto!»

Resto sinceramente impressionato dall’efficacia e dalla rapidità del suo lavoro, ma suppongo c’era d’aspettarselo, visto che Lizzie è considerata un’esperta in questo campo.

Tutti ci complimentiamo con lei, facendo sì che lei arrossisca ogni volta. E’ una ragazza graziosa, non c’è dubbio.

Tiriamo fuori all’unisono le bacchette dal mantello e le puntiamo contro il muro, piano piano queste ci passano attraverso. Una forza improvvisa, dall’altra parte della barriera, funge da risucchio, e ci trascina all’interno, prima di avere il tempo di arrivarci da soli.

Sorpassata la barriera, arriviamo a destinazione un tantino doloranti e confusi, perché siamo stati trascinati così bruscamente all’interno.

«Ahia!», mormoro massaggiandomi la spalla. Ho presto proprio un brutto colpo!

Ci prendiamo il tempo necessario per riprenderci e tornare in guardia, ma quando rialziamo gli occhi per guardarci intorno, notiamo qualcosa che decisamente non va.

No, decisamente no. A meno che, voi non consideriate “normale” una quarantina di ceffi tutti con la stessa faccia, con in mano una bacchetta ciascuno, che ci guardano con occhi iniettati di sangue.

Restiamo sorpresi ed inorriditi, prima di raccogliere il coraggio necessario a contrattaccare.

Avremmo dovuto immaginare che un’imboscata, senza prima un accurato sopralluogo, sarebbe stato un gesto troppo azzardato.

I nemici ci circondano da ogni parte. Sembrano essersi moltiplicati sempre di più. Stringo forte la bacchetta in mano.

Reagan, all’improvviso, si lancia all’attacco, senza aspettare gli ordini di Harry. Urliamo il suo nome, cercando di richiamarlo, ma lui è già impegnato in un corpo a corpo con uno dei cloni. Harry invoca immediatamente una barriera di protezione e gli permette di ritornare dove siamo noi. Nessuno ha il tempo per rimproverargli quel suo gesto decisamente stupido, ci stringiamo l’uno con l’altro, spalle contro spalle, per avere almeno quelle coperte e concentrarci sui nemici che abbiamo davanti.

«ASPETTATE!», urla Lizzie, tentando di bloccarci in tempo.

«Sono illusioni! Sarebbe inutile combatterle!», continua a dire. Tutti la guardiamo sorpresi.

«E allora cosa facciamo?», le chiedo, ma prima che possa rispondere, qualcuno l’afferra e le punta una bacchetta alla gola.

Raggeliamo.

«Allora, piccola…anche questa ti sembra un’illusione?», domanda il tizio che la tiene ferma, con un forte accento bulgaro.

Lizzie sgrana gli occhi e lotta per liberarsi. Lui rafforza la presa e la costringe a restare immobile.

«Se ti muovi ancora un altro po’, lascerò che questa bacchetta ti affondi dritto in gola. Non è necessario nemmeno usare un incantesimo: sono molto bravo a farlo con le mie stesse mani…», le mormora all’orecchio con un ghigno.

Smith e Reagan fanno per lanciarsi all’attacco su di lui, Harry, però, li blocca.

«Ho tutta l’impressione che quel tizio faccia sul serio», dice, «Ha gli occhi di un pazzo».

«Il vostro capo ha ragione», asserisce l’uomo, ampliando il suo sorriso inquietante. «Però potrei lasciare andare questa bella fanciulla ad una condizione…»

«Quale?», chiede Harry con uno sguardo duro e tagliente, senza abbassare la guardia di un millimetro.

«Che voi lasciate l’altra a me e ad i miei compagni…»

Un momento. Ha detto “l’altra”?! Intende dire Hermione?

Alzo la bacchetta contro di lui, dritto verso gli occhi. Harry si gira a guardarmi, allarmato. Smith e Reagan fanno lo stesso.

«Lascia andare Hermione.», ordino, senza un briciolo di paura o nervosismo.

L’uomo bulgaro resta decisamente sorpreso dalle mie azioni.

Dopo poco, però, si riprende subito e torna a ridere: «Il tuo amico qui», si rivolge ad Harry «…sembra avere gli occhi di un pazzo, proprio come me...»

Il bulgaro sposta la bacchetta dalla gola di Lizzie, bloccandola tuttavia con l’altro braccio, per rivolgerla dritto verso di me e dice: «Ci sarà da divertirsi, suppongo…».

 

 

***

«Baciami.»

Victor continua a guardarmi interrogativo.

Scommetto che proprio non se l’aspettava.

Beh…in effetti non me l’aspettavo nemmeno io.

«Come, prego?»

«Baciami, ho detto.»

Lui fa una risata nervosa, poi assume il suo solito ghigno e risponde: «Hemmionni, non ti conviene scherzare con il fuoco…»

«Non sto scherzando, voglio che mi baci. Adesso.»

Il sorriso gli muore tra le labbra, quando vede che io sembro essere completamente seria.

Resta fermo ed impalato, guardandomi dall’alto della sua altezza. Non azzarda a far nemmeno un passo.

Che gli prende?! Prima mi urla in faccia “Ho sempre voluto solo te, Hermione”, almeno una decina di volte, e ora se ne sta con i piedi incollati al pavimento, senza cogliere l’occasione che gli ho offerto?

«Voglio che tu mi baci, Victor. Dimostrami che tutte le belle parole che mi hai detto prima sono vere. Dimostramelo e io ti crederò», dico, cercando di essere il più convincente possibile.

A quanto pare il suo cervello sembra aver ripreso le funzioni celebrali. Il messaggio è stato recapitato correttamente da quello che leggo nel suo sguardo.

«Baciami e dimostrami cosa provi per me…», sussurro con fare suadente.

Allora, caro? Ancora nessuna risposta?

Mi chiedo se questa mancanza di reazione sia dovuta alle mie scarse abilità recitative.

Magari dovrei tentare un’altra strada…

«Va bene, capisco. Quelle di prima erano solo bugie…ti faccio talmente schifo che non vuoi nemmeno darmi un semplice bacio…», parlo, fingendomi afflitta e sconsolata, abbassando il mio sguardo ferito a mo’ di cucciolo inzuppato dalla pioggia.

Ti prego, ti prego, fa che abbocchi!

Improvvisamente, Victor reagisce. Mi raggiunge rapidamente, si inginocchia davanti a me e mi solleva il mento con un dito.

Ci siamo! Ci siamo!

Mi scruta negli occhi, attento: «Sei seria», dice e non è una domanda.

«Mai stata così seria in vita mia», rispondo, cercando di mantenere un tono convincente nella mia farsa.

Sentendo queste parole, Victor tentenna.

«Perché vuoi che ti baci?», domanda.

Resto sorpresa dalle sue parole. Possibile che debba farmi penare così tanto? Non può baciarmi e basta?

Che diamine gli dico, adesso?!

«P-Perché…devo…capire delle cose», rispondo con un’intonazione meno sicura di prima.

«Quali cose?», il tono della sua voce, invece, è inquisitorio.

Ciò mi mette ancora di più nei casini.

«Su di me…su cosa provo…per te», replico, cercando di nascondermi ai suoi occhi, improvvisamente imbarazzata.

Possibile che l’imbarazzo debba venirmi proprio adesso?! E pensare che stavo andando così bene! Dannato Victor, devi rovinare sempre tutto!

«Va bene allora…», decreta lui, tutto ad un tratto, quando ormai avevo perso le speranze che avrebbe mai risposto alla mia richiesta.

Io sgrano gli occhi sorpresa. Ci sono riuscita per davvero?

Probabilmente fingere imbarazzo è servito al suo scopo! Anche se, a dire il vero, non era tutta una finzione…

Accorgendomi di aver perso la cognizione della realtà per qualche secondo, torno lucida appena in tempo per vedere Victor chiudere gli occhi e protendere le labbra verso di me.

Ho un improvviso impulso di risa, ma lo trattengo.

Aspetto che lui si avvicini ancora di più, accertandomi sempre che tenga gli occhi chiusi, poi, colto il momento opportuno, passo all’attacco.

Sferro contro di lui una violenta testata, stando ben attenta a colpire un punto preciso della fronte, e Victor non fa nemmeno in tempo a restare sorpreso di questo mio gesto, che mi cade addosso, svenuto.

Esulto mentalmente, complimentandomi con me stessa. Anche se a fatica, sono riuscita a portare a termine il mio piano di vendetta!

Abbassando, però, lo sguardo verso un ignaro Victor addormentato, le mie guance si imporporano immediatamente, vedendo dove egli si è inconsciamente posizionato.

Dovrei avervi già detto, probabilmente, che il vestito indossato alla serata di Gala è piuttosto malconcio, e strappato in più parti, soprattutto la scollatura, che prima non era niente di particolare, adesso è diventata parecchio audace. Ecco, beh…Victor è appoggiato beatamente tra i miei seni, per la maggior parte scoperti, e sembra stare piuttosto comodo! Con il suo peso addosso e le catene a frenare i miei movimenti, non riesco a muovermi nemmeno un po’. Tuttavia, mi conviene non fare troppi movimenti, anche perché non so per quanto tempo Victor resterà inconscio. Mi auguro veramente che non si svegli, per la salvezza della mia incolumità!

All’improvviso sento qualcuno armeggiare al di là della porta. Mi irrigidisco quando vedo improvvisamente entrare un ragazzo, davvero molto giovane, apparentemente affannato e con fare frettoloso.

«Vic-», fa per dire, ma vedendo la scena, ovvero Victor con la faccia immersa nel mio seno, irrimediabilmente sembra fraintendere, arrossisce di botto e scappa dalla stanza, lasciando per la fretta la porta mezza socchiusa.

Vedendo uno spiraglio di speranza aprirsi tutto ad un tratto di fronte a me, faccio in modo di coglierlo al volo.

Tento di muovermi, come meglio posso, controllando costantemente ogni movimento di Victor, e piano piano riesco a far scivolare le mie mani nella tasca destra del suo mantello.

Come previsto, la sua bacchetta è qui, a mia completa mercé. Fatico un po’ per prenderla, cercando però di ignorare il dolore ai polsi, sui quali le catene scivolano senza pietà, e riesco nel mio intento senza problemi particolari.

Un ghigno si apre sul mio viso: il destino sembra essere dalla mia parte, per una volta!

Uso un incantesimo non verbale, nei quali sono stata sempre molto brava, per far addormentare Victor di un sonno molto profondo, e poi rivolgo la bacchetta per prima cosa verso le mie caviglie, invocando un incantesimo che faccia sparire le catene: «Evanesco!», mormoro. Faccio lo stesso con i miei polsi, mi scrollo Victor di dosso, gli punto la bacchetta contro e dico: «Incarceramus!». Pesanti catene appaiono dal nulla e lo legano strettamente al materasso.

Mi spiace, amico mio, al tuo risveglio avrai un bel po’ di doloretti!

Faccio per uscire dalla stanza in cui sono stata prigioniera fino ad ora, camminando a fatica – la caviglia destra mi fa male da morire a causa della distorsione che ho preso prima – , quando tutto ad un tratto sento un fracasso non indifferente provenire da dietro la porta. Vengo attirata da un’altra serie di grida, ma soprattutto, l’urlo che mi rimane impresso di più è uno solo.

«RON!»

 

 

 

 

 

 

 

                                                                                                                                                                           

***

 

 

 

 

 

 «Ron!», mi chiama Harry, ma io non l’ascolto.

Non posso lasciare che questo tizio continui a ricattarci, non posso lasciare che si porti via Hermione.

Non posso, a nessun costo!

L’uomo bulgaro continua a sorridere in quella maniera perversa, puntandomi la bacchetta contro. Lizzie, invece, intrappolata dal suo braccio destro, mi rivolge qualche segno in codice, senza che lui se ne accorga.

Annuisco impercettibilmente per farle capire che ho afferrato il messaggio e poi mi preparo ad attaccare.

«Ron, no!», ripete Harry, ma prima che possa avvicinarsi a me, viene circondato da cloni da ogni parte, che lo guardano nella stessa maniera con cui l’uomo sta guardando me.

Smith e Reagan sono stati circondati allo stesso modo e fanno del loro meglio combattendo strenuamente, cercando di darsi una mano a vicenda.

Spero che riescano sul serio a cavarsela, anche se, viste le condizioni in cui mi trovo, più che pensare agli altri, dovrei pensare a me.

«Allora? Intendi continuare a fissarmi con la bacchetta puntata senza fare niente?», domanda il mio avversario alzando un sopracciglio.

Io non rispondo niente, ma mi tengo preparato.

“Chi fa la prima mossa, se non è sicuro di colpire in pieno l’avversario con un solo colpo, corre il pericolo maggiore.” Questo è quello che mi hanno insegnato all’accademia degli Auror, ed è anche una delle migliori lezioni di vita che ho imparato.

“Avanti, bello, fammi vedere di cosa sei capace”.

Quest’attesa spasmodica sembra metterlo in ansia, lo vedo stringere la bacchetta convulsamente e iniziare a sudare.

Io resto immobile ed inespressivo.

“Andiamo, fatti avanti”, continuo ad incitarlo mentalmente.

«E va bene! Te la sei cercata tu!», mi minaccia, poi muove rapidamente la bacchetta in modo circolare e urla: «CRUCIO!»

Con un agile movimento, schivo l’incantesimo saltando di lato e avvicinandomi all’uomo.

«RON!», grida Harry, che nonostante sia impegnato a combattere con un numero non indifferente di nemici, sembra seguire costantemente la mia lotta.

«CRUCIO!», dice l’uomo, scagliando nuovamente la maledizione su di me, io la evito senza fatica come prima.

«CRUCIO!, CRUCIO!, CRUCIO!»

L’uomo è impazzito, sembra aver perso ogni briciolo di calma e inizia a sferrare Cruciatus per tutta la stanza, mancandomi ogni volta. E’ talmente arrabbiato e innervosito che non si preoccupa nemmeno più di prendere la giusta mira.

Io continuo ad evitare i fasci di luce emanati dalla bacchetta e piano piano mi avvicino sempre di più a lui.

E’ il momento. Lizzie mi guarda complice, indicandomi di essere pronta.

Mi lancio su di lui, ma c’è qualcosa che distrae l’attenzione di tutti i presenti nella stanza. Un ragazzino, con il viso rosso e accaldato, arriva correndo e si rivolge all’uomo: «Vince, Victor è…», fa per dire, ma poi si blocca e arrossisce ancora di più.

L’uomo che ho appena scoperto chiamarsi Vince, distratto dall’arrivo del suo compagno, diventa una facile preda per Lizzie che lo colpisce in mezzo allo stomaco, poi lo spinge a terra e lo blocca a faccia in giù con un piede, puntandogli la bacchetta dietro al collo e infliggendogli uno schiantesimo.

Resto seriamente affascinato dalla sua abilità, ma resto sorpreso ancora di più vedendo che i cloni sono scomparsi non appena l’uomo è caduto svenuto.

Harry, Smith e Reagan, sono finalmente liberi di raggiungerci.

«Erano delle illusioni che lui controllava», spiega Lizzie, riferendosi ai cloni, «E quando ha perso i sensi, la sua magia ha avuto un’interruzione, perciò i cloni sono spariti nel nulla.»

Ci complimentiamo nuovamente con lei, Reagan le scompiglia affettuosamente i capelli e Smith le dà una pacca sulla spalla. Io ed Harry le sorridiamo incoraggianti e lei arrossisce di nuovo.

All’improvviso, però, sembro ricordarmi di una faccenda che abbiamo lasciato in sospeso.

Dov’è il ragazzino?

In risposta alla mia domanda, lo vedo davanti a noi, mentre raccoglie la bacchetta del suo compagno svenuto e la punta verso di noi.

Si svolge tutto così velocemente, che non ho nemmeno il tempo di pensare a difendermi.

«Avada Ked-», inizia a recitare, eppure si interrompe improvvisamente. Resto scioccato nel vederlo improvvisamente pietrificato.

Ma chi…?

Una figura si fa avanti, emergendo dalle ombre della stanza. E’ a piedi nudi, ferita in più parti sulle braccia, i capelli ricci e selvaggi, con indosso un vestito sbrindellato, ma, malgrado ciò, con un sorriso sulle labbra.

«Finalmente i miei salvatori sono arrivati!», esclama Hermione sorridendo ancora, con una mano su un fianco e nell'altra una bacchetta.

«Hermione!»

«Comandante!»

Quasi non credo ai miei occhi. E’ vera la persona che vedo davanti a me?

Resto in disparte, ancora troppo scioccato per accettare la realtà, mentre gli altri si lanciano su di lei, abbracciandola e chiedendole le sue condizioni. Lei risponde a tutti con un sorriso gioviale, ma il suo atteggiamento che non mi convince.

E’ tutto troppo forzato: sta fingendo.

«Beh, alla fine più che essere stata salvata da noi, sei stata tu a salvarci, Hermione!», le dice Harry, ringraziandola per il pronto intervento di prima.

«Comandante! Come sta? Tutto bene?», chiedono all’unisono Lizzie, Reagan e Smith.

«Certo! Grazie per esservi preoccupati per me!», risponde Hermione come sempre affabile.

I suoi occhi, oltre le teste dei miei compagni, sembrano cercare i miei. Dopo avermi localizzato, mi sorride rincuorata e sembra voler invitarmi ad avvicinarmi. Nonostante ciò, c’è qualcosa che mi impedisce di farlo.

Fa per raggiungermi lei a questo punto, ma vedo il suo volto assumere un’improvvisa smorfia di dolore, quando muove la gamba. Incapace di resistere, allora, mi faccio strada tra gli altri e mi inginocchio per vedere meglio le condizioni della sua caviglia. La pelle ha assunto un colore violaceo che non mi piace per niente.

«Hermione…ma è rotta! Ti sei rotta la caviglia?!»

«Rotta? Ah…sì, probabilmente…ricordo di aver fatto un po’ di acrobazie tentando di scappare…ma pensavo fosse solo una distorsione…», cerca di giustificarsi.

Scuoto la testa rassegnato e la prendo in braccio al volo.

Hermione sgrana gli occhi, fin troppo sorpresa da questo gesto.

«R-Ron! Che stai facendo?! Lasciami! Ce la faccio a camminare anche da sola! Lasciami!», protesta, agitandosi.

Io la ignoro e, seguito dai miei altri compagni, che nel frattempo ridacchiano in sottofondo, la porto fuori da questo squallido posto.

 

Sento il suo profumo, i suoi capelli solleticare il mio viso, la sua voce che mi urla insulti, le sue dolci curve che premono contro il mio corpo, e tutto mi sembra nuovamente giusto.

Tutti i sentimenti negativi che mi opprimevano il cuore sembrano essere spazzati via da una brezza leggera.

Sono nuovamente in grado di respirare, di riempirmi i polmoni a pieno con il suo delicato respiro.

Resta con me per sempre, Hermione.

Per sempre.

 

 

***

 

Ron non mi ha lasciato nemmeno un attimo, da prima.

Anche adesso, mentre me ne sto distesa su un lettino del San Mungo, in attesa che qualche Medimago si occupi della mia caviglia rotta e delle mie ferite sparse, continua a stare accanto a me.

«Ron, sicuro che per te non sia un fastidio?», chiedo per l’ennesima volta.

Lui alza gli occhi dal giornale di Quidditch che ha tra le mani, sbuffando: «Ti ho detto di sì. Adesso mi lasci finire questo articolo in pace?», dice e poi riprende a leggere.

Strano…siamo sicuri che stia leggendo sul serio? E’ da più di un’ora che ha sempre la stessa pagina aperta!

Mi distendo sul cuscino e decido di chiudere un po’ gli occhi e riposarmi.

Mi merito un po’ di pace, in fondo, dopo una giornata così movimentata!

«Inoltre…non posso lasciarti da sola. Non hai ancora pianto e scommetto lo farai molto presto…»

Riapro gli occhi di scatto al suono delle sue parole.

«C-Che cosa?!», sbotto con voce fin troppo acuta.

«Mi hai sentito bene», replica lui tranquillo, «Mi sono accorto che avevi voglia di piangere da prima, eppure ti sei sforzata di dispensare sorrisi a tutti…Perché non cerchi di essere sincera con te stessa, per una volta?»

Io lo guardo scioccata, Ron, invece, continua a restare nascosto dietro al suo giornale, dal quale spuntano solo alcuni ciuffi dei suoi capelli.

Colpita e affondata…come faceva a sapere di questo groppo che staziona nella mia gola e di cui non sono ancora riuscita a liberarmi?

Non rispondo, incapace di trovare una scappatoia alle sue parole.

«Visto? Chi tace, acconsente»

«Ehi, io non ho acconsentito!», protesto accalorata.

«E invece sì»

«No!»

«Sì»

«No!»

«Sì»

«No!»

«Sì»

«No!»

«No!»

«No!»

«Che palle…non ti confondi mai con il “Sì”», sbuffa lui, dopo aver fallito con il suo sciocco tranello.

Scoppio a ridere, sinceramente questa volta. Ron alza finalmente gli occhi dal giornale.

«Strano…questa volta non abbiamo iniziato a litigare…», commenta quasi stralunato.

«Sarà che siamo stati abbastanza lontani l’uno dall’altra…e mentre eravamo lontani abbiamo ricaricato le batterie per sopportarci di nuovo…», rispondo enigmatica.

«Ma io non voglio stare mai più così lontano da te…mi mette ansia…», ammette Ron, nuovamente sepolto nel suo giornale, con le orecchie rosse come i suoi capelli.

«E’ perché ci siamo abituati “male”…stare sempre insieme ci ha fatto prendere per scontato la presenza dell’altro…e in momenti in cui ci troviamo separati per forza, la mancanza si sente ancora di più, no?», dico io. Che strano discorso, è come se stessimo discutendo di tutt’altro attraverso queste parole. E’ come se stessimo confessando quelle debolezze che abbiamo sempre taciuto, quelle debolezze che sono rimaste a lungo serrate nei nostri cuori.

«Forse, hai ragione…», mi concede Ron, anche se un tantino titubante.

«Io ho sempre ragione, caro mio! Te ne sei già dimenticato?»

Ron sorride e poi dice: «E’ anche questo che mi piace di te, in fondo…»

EH? Cosa vuol dire con il “mi piace di te”? Intende in senso generale o in quel senso?!

Rido nervosamente: «Se non specifichi in quale senso intendi quel “piace” potrei anche fraintendere…»

Chissà perché, ma sento le mie guance colorarsi di un rosso brillante. Era solo il commento di un amico, non c’è bisogno di sentirsi così nervosi! L’ha detto da amico e adesso me ne darà anche la conferma!

«Fraintendi pure, se vuoi, allora.», risponde Ron.

No, decisamente questo non è il tipo di risposta che mi aspettavo.

«EH?!», sbotto, incapace di trattenere l’esclamazione nei miei pensieri.

«Lo sai che odio ripetermi…»

«Ripeterti? Ma se non ho capito nemmeno di cosa stai parlando! Ahahahah

Vi prego, se c’è un modo, aiutatemi a smettere di ridere in questa maniera idiota! I miei muscoli facciali non sembrano più voler rispondere ai miei comandi!

Ron, invece, è serissimo. «Tu…mi piaci», dice, tentennando appena, «In ogni senso».

Le sue orecchie e le mie guance devono aver preso fuoco, ormai.

«A-ah…», riesco solo a mormorare, senza aggiungere altro. Abbasso gli occhi sulle mie mani, incapace di affrontarlo. Nemmeno per l’anticamera del cervello mi era passato che IO potessi piacere a LUI.

E adesso? Come potrei mai reagire? Non è quello che ho sempre sognato?!

Il mio cuore batte all’impazzata, ebbro di una felicità non esprimibile a parole.

Diamine! Se solo ricordassi come rispondevo nei miei sogni…cosa facevo…Cosa facevo?!

Un attimo…ho un’idea!

Rialzo di scatto la testa, in tempo per vedere Ron che si è azzardato a sbirciare dal bordo del giornale e mi guarda con uno sguardo piuttosto triste e ferito.

«Ron! Vieni qui, immediatamente!», gli ordino.

Lui non sembra capirci letteralmente più niente.

Okay, suppongo che questo non sia il modo più consono per rispondere ad una dichiarazione, ma…

«Non dirmi che adesso vuoi sgridarmi?!», piagnucola, «Guarda che ho detto la verità!»

Anche se restio, però, mi si avvicina. Io raccolgo tutto il coraggio possibile, forte del fatto che lui sembra provare le stesse cose per me, gli afferro la testa tra le mani e…lo bacio.

 

Beh, sapete…tutti i miei sogni riguardanti Ron, da più o meno di otto anni a questa parte, terminano così.

Con io e lui che ci scambiamo un tenero bacio, ci guardiamo negli occhi e poi ridiamo delle nostre stesse espressioni trasognate. Al risveglio, però, una sensazione amara mi si faceva strada nella bocca e le lacrime affioravano agli occhi. Era stato un bel sogno, ma rappresentava solo una finta felicità.

Quello che non avrei mai potuto immaginare, invece, è che la vita avrebbe potuto regalarmi momenti più belli di un sogno.

Sentire da vicino il profumo del suo shampoo, accarezzare i suoi setosi capelli rossi, sentire la sensazione della sua bocca che si adagia sulla mia e vi si modella delicatamente sopra, percepire il mio cuore impazzito all’unisono con il suo…queste sono tutte cose che solo la realtà è riuscita a darmi.

Perché io ho un disperato bisogno di Ron, e lui ha un disperato bisogno di me.

Questo non cambierà mai.

 

 

FINE

 

 

L’ ANGOLO DELL’AUTRICE:

Oh God! Non ci credo! Dopo 2 anni e dico 2, ho finalmente finito questa storia!

Voglio ringraziare innanzitutto tutti coloro che mi hanno seguito, anche se magari molti dei miei lettori gli ho persi con la mancanza di aggiornamenti per tutto il 2007…in ogni caso non sapete quanto mi senta sollevata di aver portato a termine questo progetto!

Ringrazio soprattutto la Giù, una amica sempre pronta ad aspettare i miei aggiornamenti, nonché lettrice appassionata che spero di aver soddisfatto con questo ultimo capitolo XD. Ringrazio anche Ninny e la sua recensione dell’ultimo capitolo, inoltre, spero anche tu gradisca la fine!

Per ultime e non meno importanti, ringrazio le mie colonne sonore, come quelle dei “65 days of static”, delle “Tatu” e quelle dei “Masterplan” per le ultime parti di Ron.

Adesso, però, sarebbe meglio finirla qui, visto che ho già scritto parecchio.

Spero che consideriate questa una fine adatta a tutte le peripezie dei miei Ron ed Hermione, talvolta un po’ pazzi e anche troppo complessati, come l’autrice stessa d’altronde XD.

 

RECENSIONI, please?

 

*Se vi può interessare…a breve aggiungerò alla storia un piccolo EPILOGO divertente che m’è venuto in mente, niente di che, giusto un’occasione per ridere un po’, visto che nel finale sono stata un tantino più seria delle altre volte*

 

Bye, bye ^__^

 

-Angela-

 

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Capitolo 11
*** Epilogo (bonus) ***


UN DISPERATO BISOGNO DI TE

UN DISPERATO BISOGNO DI TE

 

EPILOGO (bonus)

 

Essere dichiarati come coppia ufficiale a tutto il reparto Auror, prima che ce ne rendessimo conto noi stessi, è davvero una cosa eccezionale, vero?

Tutto questo è successo perché ieri, mentre io e Ron ci stavamo scambiando il nostro primo bacio, e sottolineo il primo, sono entrati all’improvviso nella mia stanza ospedaliera del San Mungo, Harry e Ginny, scortati da tutto il resto della delegazione dei nostri sottoufficiali.

Non mi dilungo troppo nel spiegarvi tutti i particolari, ma posso solo dirvi che è stato uno dei momenti più imbarazzanti della mia vita!

Comunque, tornando a noi, dopo aver creato ogni sorta di pettegolezzi nel reparto, la vicenda è stata assodata con un: “Lo immaginavamo…” e un’occhiata furba.

Possibile che fossimo solo io e Ron a non essercene accorti?!

I complimenti sono volati da ogni parte, Harry era felicissimo, sollevato di non dover più mantenere segreto a Ron ciò che io provo per lui, e a me quello che lui prova per me. Ginny, allo stesso modo, saltava di qua e di là, dando in contemporanea schioccanti baci sulla guancia sia a suo fratello che a me, contenta che appena nato il suo bambino avrebbe già avuto una zia.

Pensare a me come una “zia” mi ha fatto scorrere un brivido sulla schiena, ma non ho commentato ulteriormente.

Abbiamo passato tutto il tempo a sorridere a tutti, ringraziando di cuore tutte le persone che non smettevano di arrivare. Sono certa che se fossi stata sola in una circostanza simile sarei fuggita a gambe levate, ma avere Ron accanto a me, percepirlo ancora più vicino di quanto non fosse già, mi dava un certo senso di sicurezza.

Credo di poter riuscire a fare qualsiasi cosa con lui accanto. Lui è la mia forza, il mio appoggio più grande e lo è sempre stato.

Insomma, tutto sembrava andare bene fino a quando Ginny, con le sue parole ingenue, non ci ha fatti cadere nel puro panico: «Quando lo annuncerete in famiglia?»

Ron è letteralmente sbiancato, un contrasto troppo forte da ignorare in comparazione con i suoi capelli rosso fuoco, e mi ha guardato di sbieco. Mio malgrado, non sono riuscita a rivolgergli un’occhiata migliore di quella di un pesce lesso, mentre deglutivo a fatica per assimilare meglio quelle parole.

Non stavamo insieme nemmeno da un’ora e già ci parlavano di annunci in famiglia?!

Vedendoci fin troppo in difficoltà, di fronte ad una folla di persone che sbirciavano incuriosite, Harry ci ha liberato dalla morsa di Ginny e ha cercato in qualsiasi modo di allontanare anche gli altri.

E’ a quel punto che è arrivato il Medimago che stavo aspettando e scioccato dalla presenza di tutti quelli individui, ha aiutato Harry nella sua operazione di polizia, mandandoli immediatamente fuori.

Mi chiedevo se saremmo riusciti a scamparla per questa volta, ma un Gufo arrivatomi da Molly stamattina ha smentito tutto:

 

“Hermione cara,

Ginny mi ha informato del fatto che tu e Ron avete qualcosa da comunicare in famiglia e perciò ho deciso di preparare una mega cena per l’occasione, con tutti i vostri piatti preferiti. Ovviamente sei invitata a casa mia stasera alle 8.

Mi raccomando, cercate di essere puntuali! Non è che non mi fidi della tua puntualità, Hermione cara, è solo che sai anche tu com’è fatto Ron, sempre in ritardo per qualsiasi cosa!

Ti aspetto, a stasera!

 

P.S. Se non ti dispiace, mandami una conferma se quel gufo squinternato è riuscito a recapitare il messaggio…

 

Molly”

 

Dannata Ginny! E’ normale che le donne incinte diventino così pettegole? Oppure lo è sempre stata ma io non me ne sono mai accorta?!

Ho chiamato immediatamente Ron, per informarlo dell’invito, ma lui prima di ricevere la mia telefonata era ancora beatamente addormentato e non aveva per nulla notato il messaggio della madre. Persino il gufo, stufo di dover aspettare tutti i suoi comodi, ha lasciato il foglietto fuori alla finestra ed se n’è andato via.

 

«Dunque non sai ancora niente?», gli ho chiesto.

«No…che cosa dovrei sapere, scusa?», ha domandato con la voce impastata dal sonno.

«Ginny…ha detto a tua madre che…noi abbiamo un annuncio da fare e lei ci ha invitati a cena, questa sera…», ho risposto, seppur ancora restia ad accettare quell’idea.

«COSA?!», a giudicare dal suo urlo spacca timpani, in quel momento si era svegliato completamente.

«Così stanno le cose…», ho replicato rassegnata, tenendo però la cornetta del telefono a distanza di sicurezza, nel caso in cui emettesse di nuovo un urlo come il precedente.

«…»

«Ron? Ci sei ancora?»

«Sì…ma vorrei non esserci…», ha risposto.

Sentendo il tono sconsolato della sua voce sono scoppiata a ridere.

«Vedrai che in qualche modo ce la caveremo…», l’ho rassicurato, sebbene non ne fossi realmente convinta nemmeno io.

«Mhm», ha mugugnato.

 

***

 

«Sei pronta?», mi chiede mentre sostiamo impalati sulla soglia della Tana.

«Sì!», rispondo coraggiosamente.

Ron sbuffa e si copre la faccia con la mano, ha le orecchie completamente rosse.

«Bene…perché io non lo sono»

Presa da un improvviso impulso di tenerezza, mi alzo sulle punte dei piedi e gli poso un delicato bacio sulle labbra.

Lui sgrana visibilmente gli occhi e le guance gli si arrossano di piacere e imbarazzo.

«Possibile che ogni volta che devi baciarmi lo fai quando non me l’aspetto?», protesta, accigliato.

«Perché è divertente vedere la faccia che fai!», commento, ridendo.

«Ah davvero?!», esclama fintamente arrabbiato. Poi qualcosa nei suoi occhi scintilla e si china improvvisamente su di me, baciandomi velocemente a sua volta. Una volta distaccatosi, mi guarda dall’alto della sua altezza con un ghigno stampato in faccia.

Io non posso fare a meno di rispondergli con la stessa espressione scioccata con la quale aveva risposto lui al mio bacio di prima.

«Anche la tua faccia è piuttosto divertente in questo momento…sai?», dice per provocarmi.

Io arrossisco terribilmente e lo accuso: «Sei una persona meschina!»

«Beh, se è per questo lo sei anche tu!»

«No, tu!»

«Tu!»

«E invece no, ti dico! Sei tu!»

«Non è vero, sei tu che hai iniziato!»

Continuiamo così per un altro po’, fino a che una testa rossa e riccia non si affaccia dallo stipite della porta. E’ Molly Weasley, che ci accoglie con un gran sorriso.

«Ron, Hermione cara, eccovi qui! Abbiamo sentito due voci infuriate al di là della porta e immaginavamo foste voi! Ma non potevate semplicemente bussare?»

Alla sua domanda non rispondiamo, ma ci ammutoliamo come due bimbi che sono stati appena sgridati.

Nonostante la nostra reazione, Molly fa un altro sorriso incoraggiante e ci invita ad entrare.

Tutti sono già a tavola e una impressione di calore mi avvolge completamente. Adesso la sensazione che ho sempre provato entrando alla Tana è ancora più forte, consapevole di essere davvero diventata in qualche modo un membro della famiglia Weasley.

Consumiamo la cena in modo allegro, racconto ai presenti del mio quasi-rapimento, divertita tutto sommato dalle facce preoccupate e costernate degli altri. E’ così liberatorio poter ridere dei brutti momenti, quando ormai sono passati!

Arriviamo al dolce e finalmente penso di averla fatta franca, anche se Ginny mi guarda in modo torvo e mi fa segni dal suo posto per tutta la serata. Harry, con fare serafico, invece, se la ridacchia tranquillo in disparte.

Anche Ron sembra decisamente a suo agio, mentre scherza per tutto il tempo con i suoi fratelli e suo padre, prendendo in giro sua madre che risponde in modo furbo a tutte le loro battute, senza prendersela troppo.

Al termine della cena, però, Harry ci lascia, comunicandoci di dover andare al Ministero per il turno notturno.

«Vuoi che venga con te?», propone Ron, mentre Harry afferra la giacca, dopo aver salutato Ginny con un bacio.

«No, non ce n’è bisogno, e poi tu hai il turno domani. Non è necessario.», risponde Harry con un sorriso tranquillo, salutando tutti gli altri.

Charlie e George lo imitano, poco dopo, asserendo di dover tornare a casa per affrontare meglio l’alzata mattutina del giorno seguente.

«Oh, povera me! Tutti i miei figli se ne sono andati, fino a poco fa la casa era così allegra, che peccato!», commenta Molly sconsolata.

«Ehi mamma, guarda che ci siamo ancora io e Ron!», protesta Ginny, sentendosi lasciata in disparte.

«Sì, ma tra poco ve ne andrete anche voi e io e vostro padre rimarremo soli! Vero Arthur?», domanda affranta al signor Weasley, cercando la sua approvazione.

Suo marito, ci guarda con un sorriso complice, facendoci l’occhiolino senza farsi vedere da Molly, ma poi si rivolge verso di lei, annuisce e dice con voce costernata: «E’ vero, cara…»

Assistendo alla scenetta, a me, Ron e Ginny scappa un sorriso, che tratteniamo a fatica.

«Beh…se ti può far piacere, stasera posso rimanere io qui, mamma», risponde Ginny, «Tanto Harry è fuori e non mi piace stare a casa da sola…»

«Ma certo! Ma certo, tesoro mio! Resta pure», acconsente Molly entusiasta. Io e Ron sorridiamo della sua reazione fin troppo esagerata, come sempre.

«E voi! Ron, Hermione, restate anche voi! Tu, Hermione cara, di sicuro sarai ancora spaventata per ciò che ti è successo con quelle spie bulgare…non ti senti molto sola a casa tua di notte?», mi chiede.

Io resto colpita dalla sua domanda. A dire il vero non ci ho mai pensato. Mi è sempre venuto naturale stare da sola, la solitudine non è mai stato un problema. Eppure, se ripenso alle notti passate alla Tana, in camera con Ginny, quando restavamo a parlare di ogni tipo di cosa fino a notte fonda, la nostalgia torna a riaffiorare nel mio cuore. Sarebbe così bello poter rivivere quei momenti! Senza nemmeno pensarci due volte, perciò, acconsento alla proposta della signora Weasley.

«Ron, resta anche tu, allora! Domani mattina ti preparerò una colazione coi fiocchi…ci stai?», gli domanda sua madre, allettandolo con la promessa del cibo.

Ron, a quelle parole, acconsente immediatamente. Ginny ed io ridiamo di lui, assieme a Molly e Arthur.

«Bene, allora…Hermione potrà stare in camera con Ginny, mentre tu Ron, ovviamente, userai la tua vecchia stanza…», si organizza sua madre. «Vado subito a sistemare i letti!», esclama, prima di lanciarsi verso le scale.

Ginny, però, la ferma prima che la donna possa mettere piede sul primo scalino: «Aspetta, mamma! Non ricordi che ti avevo detto che Hermione e Ron avrebbero fatto un annuncio questa sera? Non vorresti sentirlo, prima di andare a letto?», chiede Ginny con fare cospiratorio.

Io e Ron ghiacciamo sul posto. Il signor Weasley si gira a guardarci con fare interessato e la signora Weasley, con il suo solito entusiasmo, ci prega di dirle quale sia questo tanto fantomatico annuncio.

«Ehm…beh…», fa per dire Ron, ma dalla sua bocca fuoriesce solo un balbettio indistinto.

Io lo guardo intensamente, cercando di infondergli coraggio. Dalle sue orecchie infuocate, inizia a fuoriuscire del fumo.

«Noi due…ecco…», accompagna le sue parole con gesti frenetici delle mani, e cerca in tutti i modi di far capire a sua madre il succo del discorso, senza tuttavia rivelarlo totalmente.

Molly Weasley, però, non sembra per niente comprendere l’atteggiamento esagitato del figlio, che le lancia occhiate piuttosto eloquenti, e alza le sopracciglia con un’espressione di completa ingenuità.

«Cosa stai cercando di dire, Ron?», domanda dolcemente.

Vedendo Ron così in difficoltà, mentre suda freddo dall’agitazione, decido di venirgli incontro.

Afferro la sua mano, intrecciando le mie dita con le sue, stando ben attenta che i presenti assistano bene a questo gesto.

Molly e Arthur Weasley, dapprima guardano le nostre mani con le sopracciglia aggrottate, poi con un lampo di genio improvviso sembrano capire.

«Voi due…?», chiedono all’unisono, con due sorrisoni che la sanno lunga.

Io e Ron annuiamo mesti, con le teste abbassate.

Dopodiché si scatenano una serie di urletti, felicitazioni, complimenti e chi più ne ha più ne metta.

Io e Ron ci guardiamo complici, ancora mano nella mano, con la coda dell’occhio.

E’ andato tutto bene, alla fine, no?

«Bene, allora! Ginny tu puoi dormire da sola in camera tua! Ron ed Hermione potranno condividere la stessa stanza!», acconsente Molly, finita la sessione degli urletti, prima di correre quasi al piano di sopra.

Scioccati da questa rivelazione, io e Ron portiamo un braccio in avanti per fermarla, ma è troppo tardi.

Non è possibile, non può essere vero!

Per chiarirmi un po’ le idee, faccio un’equazione mentale: io + Ron + un letto + dormire insieme = ?!

Correggo ciò che ho detto poco fa: non è andata per niente bene!

 

 

***

 

Ginny mi ha prestato un suo pigiama, non prima di avermi riempito la testa con ogni sorta di consiglio su quell’argomento. Immagino che abbiate capito a cosa mi riferisco…

Diamine, perché devo pensare proprio a quello adesso?!

Mi tiro le coperte fin sopra alla faccia. Fuori alla porta, sento i passi di Ron, appena uscito dal bagno, che si appresta ad entrare.

Serro gli occhi immediatamente, non appena apre la porta, cercando di ignorare tutte le immagini selvagge che la mia mente, sotto gli influssi diabolici di Ginny, inizia a propormi.

«Stai già dormendo?», mi domanda Ron. Ho l’impressione che sia piuttosto vicino, ma non mi azzardo a correre il rischio di aprire gli occhi per accertarmene.

In mancanza di una mia risposta, Ron, fa il giro del letto, pestando rumorosamente i piedi nudi sul parquet, fino a raggiungere l’altra parte del letto. Il materasso si piega docilmente sotto il suo peso e il calore del suo corpo si diffonde sotto le coperte. Come mi piacerebbe poterlo abbracciare, così caldo e profumato!

Tuttavia, caccio via questi pensieri, rannicchiandomi su me stessa per combattere il freddo.

Passa qualche momento di silenzio, prima che Ron lo interrompa nuovamente: «Hermione? Sei tu che stai facendo tremare il letto in questo modo?»

Ooops, suppongo di essere stata fin troppo rumorosa. «S-scusa», mormoro, «è che ho f-freddo.»

Ron, sbuffa: «E lo dici solo adesso?»

«Io…», tento di dire, ma finisco nuovamente per chiedergli scusa.

«Avvicinati», dice lui allora, con atteggiamento magnanimo.

Non ho tempo di pensare in quale posizione compromettente potremmo trovarci se io mi avvicinassi a lui, perciò, accecata dal bisogno impellente di trovare una fonte di calore, mi sposto verso di lui e lo abbraccio, avvinghiandomi addosso al suo torace come un polipo.

«Brrr», rabbrividisce Ron, venendo a contatto con le mie mani congelate come ghiaccioli.

«Caldo e profumato», mormoro in estasi, rifugiandomi con il viso nel suo collo. Non mi importa più niente di porre un filtro ai miei pensieri. Sto così bene qui!

Sento il corpo di Ron irrigidirsi sotto la mia presa.

«H-Hermione?»

«Mmm», mugugno soddisfatta.

Ron scoppia a ridere, apparentemente senza motivo. Si avvicina al mio orecchio e mi sussurra: «Brutta opportunista!»

Probabilmente si riferisce al fatto che mi sono avvinghiata su di lui, come un koala su un albero di eucalipto, solo per evitare il freddo.

«Non sembra dispiacerti, a quanto pare, il mio opportunismo…», rispondo con l’accenno di un sorriso.

«No, infatti…», ammette lui, con voce suadente.

Sposta leggermente il mio viso dal suo collo e lo avvicina al suo.

Mi bacia il naso, facendomi sorridere inconsciamente, poi scende lentamente verso la mia bocca. Aspetto con impazienza e con le labbra socchiuse di incontrare le sue, ma lui sembra volermi far ancora attendere. Mi bacia con lo stesso ritmo lento e dolce prima la fronte, poi gli zigomi e il mento. Mi incanta con baci di farfalla sul collo e quando ormai sembravo aver perso la speranza, congiunge la sua bocca con la mia. Spinge con un movimento né troppo forte, né troppo delicato, la sua lingua all’interno della mia bocca e prende a massaggiarmi il palato. Io rispondo con entusiasmo, aggrappandomi con le mani alle sue spalle. Sento i suoi muscoli tendersi sotto il mio tocco, mentre lui aumenta il ritmo del bacio.

Il mio cuore, singhiozza, procedendo a fatica. Sento aprirsi un buco all’altezza dello stomaco, che mi travolge e fa percepire a tutto il mio corpo una reazione di calore intensa.

Mi chiedo da quanto tempo avessi voluto tutto questo – e anche quello che probabilmente seguirà dopo – (pervertita! – ndA), ma non trovo risposta. E’ da tanto, troppo tempo!

Rompiamo il bacio, giusto il tempo di riprendere fiato, e poi torniamo a cercarci affannosamente. Le sue mani vagano su di me, io faccio scivolare le mie dita attraverso i suoi soffici capelli.

Giunti quasi all’apice del nostro bacio così passionale, però, c’è qualcosa che ci interrompe all’improvviso: una voce.

«ROOOON!», è la voce di Molly!

Io e Ron ci stacchiamo improvvisamente, ancora rossi e affannati, come se avessimo preso una scossa elettrica.

«ROOOOOON! Tua sorella ha una voglia improvvisa di “Caramelle ai tutti i gusti più uno” al gusto di menta piperita caramellata e cannella al cioccolato! ROOOOOOOOOOON! Scendi IMMEDIATAMENTE! Devi andarle a comprare immediatamente!»

Ron mi guarda e, malgrado la penombra in cui è immersa la stanza, posso vederlo roteare gli occhi, esausto. Io lo bacio sulla fronte, delicatamente.

«Ti stanno chiamando…se non vai subito, chissà cosa penseranno…», dico, tentando di provocarlo.

Imbarazzatissimo, scatta sull’attenti e si precipita fuori dalla stanza.

Ridacchio lievemente tra me e me: inutile ribadire che adoro anche questo di lui...

***



E anche questa volta i nostri cari piccioncini sono stati interrotti…e di chi è la colpa? Sarà forse di Molly, o in realtà di un’autrice molto sadica…? XD A voi il giudizio ^_^!

 

E così concludiamo completamente “Un disperato bisogno di te”, ci tenevo ad aggiungere questo piccolo epilogo, per vedere un po’ come procede la relazione tra i nostri amati, anche dopo la dichiarazione. Non direi si tratti di un missing moment...più che altro di un "bonus moment"!

Mi scuso con chi avrebbe voluto più romanticismo, ma avevo il terrore di cadere TROPPO nello sdolcinato e perciò mi sono fermata (spero abbastanza in tempo) XD

Detto questo, ho un piccolo annuncio da fare…

Molly Weasley: “Oh davvero???”

Sì anche io ce l’ho XD, ma è di altro genere, Molly, non iniziare a farti dei film XD. Dunque, dicevo, l’annuncio consiste nel fatto che tra un po’ scriverò un’altra storia, stavolta un’originale romantica, perciò a chi piacerebbe leggerla, consiglio di tenere d’occhio il mio account per aggiornamenti. Posso solo promettervi che sarò più tempestiva a scrivere U_U.

 

Hasta la vista!!!

 

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