Il genio e il dannato di Prue786 (/viewuser.php?uid=21161)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1 ***
Nuova pagina 1
I personaggi di “Artemis Fowl”
appartengono ad Eoin Colfer mentre quelli di “Kuroshitsuji” appartengono a
Yana Toboso e non sono utilizzati a scopo di lucro.
Il genio e il dannato
CAPITOLO 1
“Così va bene?”
Chiese l’uomo finendo di avvitare un bullone.
“Sì, dovrebbe
andare! Controllo subito!” Il ragazzo seduto alla scrivania digitò qualcosa
sulla tastiera del computer e sullo schermo un modellino in scala cominciò a
roteare su se stesso. La scritta che lampeggiava in basso confermava i suoi
calcoli.
“Perfetto!” Un
sorriso compiaciuto comparve sul volto pallido del giovane e gli occhi azzurri
brillarono di soddisfazione.
Artemis Fowl
junior si poggiò allo schienale della sedia girevole e continuò a rimirare
l’esito del suo lavoro per qualche secondo prima di alzarsi di scatto.
“Quanto ti ci
vuole, ancora, Leale?” Chiese alla sua guardia del corpo che, inginocchiata a
terra, continuava a stringere un bullone dopo l’altro.
“Non molto,
Artemis, ho quasi…”
Il suono del
campanello interruppe l’uomo che posò a terra la chiave inglese e si alzò con un
sospiro. “Torno subito!”
Il giovane Fowl
annuì e guardò Leale uscire prima di spostare la sua attenzione sul macchinario
al centro della stanza.
Piegò la testa
di lato e scrutò i pezzi di metallo con aria critica; la luce che filtrava dalla
finestra si rifletteva sul materiale emanando piacevoli riflessi. Gli ci erano
voluti tre mesi per mettere a punto quel progetto, ma alla fine grazie agli
oggetti sottratti al piccolo Popolo, alle conoscenze incamerate in pochi anni di
“collaborazione” e al suo cervello, c’era riuscito. Non che vi fossero dei dubbi
in proposito, era pur sempre un genio con un QI superiore ai 200 e a poco più di
14 anni aveva all’attivo numerosi colpi portati a termine con successo. Tutti i
colpi di Artemis Fowl andavano a buon fine, anche i più ambiziosi.
Indubbiamente
con la sola tecnologia terrestre non avrebbe potuto riuscirci, ma questi erano
dettagli.
Era da quando
era tornato dall’ultimo viaggio, se così poteva essere definito, che ci pensava;
con una macchina del tempo avrebbe guadagnato più di quanto avrebbe potuto farlo
con qualsiasi altra cosa, e questo non avrebbe potuto che incrementare le
entrate della famiglia Fowl.
Si avvicinò
alla macchina e con i polpastrelli sfiorò la superficie fredda e liscia,
assaporando già i fruttuosi guadagni che avrebbe realizzato con quel
giocattolino ipertecnologico.
Il suo sguardo
si posò distrattamente sul pulsante di accensione per poi cominciare a fissarlo
quasi avidamente.
“Dovrei
aspettare che Leale finisca di sistemare tutto…” Pensò mentre le dita
cominciavano a sfiorare il piccolo pulsante verde.
Sorrise
lievemente e scosse il capo: “La pazienza è la virtù dei forti!” Esclamò a mezza
voce e in quel momento sentì il portone d’ingresso chiudersi e i passi pesanti
di Leale mentre percorreva il corridoio e saliva le scale.
Un altro rumore
catturò la sua attenzione. Artemis si accigliò leggermente, non riuscendo a
capirne la provenienza, ma quando il suono sordo si ripetè, per un attimo si
sentì mancare il fiato.
Fissò con aria
sorpresa il macchinario di fronte a lui. Una spia luminosa lampeggiava a
intermittenza sul monitor a cristalli liquidi.
“Si è acceso…
da solo?!”
Fowl si
avvicinò allo schermo e sgranò gli occhi: “Sta part…”
“Questi
scocciatori, cosa…”
Leale rimase
fermo sulla porta: “Artemis, non ho ancora finito di sistemarla!” L’uomo fece
per entrare nella stanza, ma il giovane alzò una mano.
“Non entrare!”
Artemis si voltò verso la guardia del corpo con aria accigliata; il suo tono non
ammetteva repliche.
“Ma che sta
succede…?”
Un fischio
acuto uscì dalla macchina e i due furono costretti a coprire le orecchie con le
mani.
“Artemis, ti
porto via di qui!” Esclamò Leale, ma non riuscì a muovere un passo che il
giovane Fowl si era praticamente volatilizzato.
Artemis si
sentì come se qualcuno gli avesse afferrato improvvisamente le caviglie dal
pavimento e lo avesse tirato di colpo giù. Non ebbe neppure il tempo per urlare
o per riflettere su quello che stava accadendo. Il tonfo sordo e il dolore
distribuito su tutto il corpo gli comunicarono che era perfettamente caduto a
faccia in giù sul pavimento. Rimase fermo per qualche secondo prima di
accertarsi che tutte le ossa fossero al loro posto.
“Leale?”
Mugugnò con il volto ancora premuto a terra. Nessuna risposta.
Con qualche
lamento il giovane Fowl cercò di tirasi su facendo leva sulle braccia e
chiedendosi perché Leale non lo stesse aiutando. Fissò il pavimento, o almeno
quello che doveva essere il pavimento. “Ma cosa…?” sfiorò con le dita la
superficie morbida sotto di lui “Ma questa è moquette! Questa… non è casa mia!”
Quella constatazione lo fece rabbrividire. Si mise lentamente a sedere cercando
di riordinare i pensieri e una crescente soddisfazione di impossessò di lui
subito tramutata in preoccupazione quando si sentì chiedere: “Chi siete?”
“Non sono
solo!” Pensò Artemis rimanendo seduto. “E questo non va affatto bene!”
Leale gli aveva
sempre raccomandato di valutare la situazione nella quale si trovava prima di
agire: “Se ti trovi in un territorio sconosciuto, cerca di conoscerlo prima di
aprire bocca. Dieci secondi di osservazione possono salvarti al vita.” Il
giovane Fowl ripetè mentalmente le parole della sua guardia del corpo e
perlustrò velocemente il luogo in cui si trovava. La grande stanza era
riccamente arredata. Davanti a sé aveva una scrivania in legno, decisamente non
recente, ma di ottima fattura, e sulla destra a pochi metri di distanza, un
tavolino con un'unica sedia, anch’essi non comprati di recente. Alle pareti
facevano bella mostra numerosi quadri “Imitazioni?” Si chiese decidendo di
alzarsi; aveva incamerato tutte le informazioni necessarie.
Sbattè le
palpebre, perplesso, quando, dall’altro lato della scrivania vide un giovane che
poteva avere più o meno la sua età. L’occhio destro era coperto da una benda
nera e indossava un completo blu decisamente elegante e decisamente fuori moda.
“Ottocento…
seconda metà del secolo, direi!” Pensò, come se stesse valutando la datazione di
un dipinto o un manoscritto. Il suo volto assunse un’aria compiaciuta, ignorando
l’aria accigliata che aveva assunto l’altro; l’unico sopracciglio visibile si
era piegato in modo quasi innaturale: “Chi siete?” Domandò nuovamente lo
sconosciuto: “Cosa ci fate in casa mia?”
Artemis si
schiarì leggermente la voce e con aria tranquilla rispose: “Il mio nome è
Artemis Fowl e accidentalmente la mia ultima invenzione mi ha portato qui!”
Esclamò lisciando con noncuranza la sua giacca nera.
L’altro rimase
impassibile e, incrociando le braccia, domandò: “Quindi siete un inventore?”
“Non
esattamente, ma non è sbagliato definirmi così!” Artemis scrollò le spalle
mentre il giovane di fronte a lui si incupì “Da dove venite?”
Fowl lo fissò
in silenzio per qualche secondo: “Sono irlandese!”
“Dal vostro
abbigliamento non si direbbe!” Esclamò l’altro quasi disgustato.
Artemis si
lasciò sfuggire un’occhiata alla cravatta nera che spiccava sulla camicia
candida “È mia abitudine vestire così!... Ah, posso chiedere dove sono?”
“Questa è villa
Phantomhive!”
“Quindi, vostro
padre sarebbe…”
“Io… sono il
conte Ciel Phantomhive e questa casa è di mia proprietà!” Esclamò l’altro con
una nota di irritazione nella voce.
Artemis rimase
colpito da quella reazione. Inoltre cominciava a sentirsi le gambe indolenzite
per quell’immobilità forzata. Era rinchiuso in una stanza con un ragazzino con
un’evidente crisi d’inferiorità e con una mentalità completamente differente
dalla sua; a dirla tutta era alquanto sorpreso che ancora non avesse cominciato
ad urlare “al ladro” o, peggio ancora, “alle streghe” .
Fowl continuò a fissare il conte che si era rabbuiato ancor più di quanto non lo
fosse prima e che aveva cominciato a far girare con due dita l’anello che
portava al pollice della mano sinistra.
L’aria era
diventata decisamente pesante quando si sentì bussare alla porta.
Artemis non
mosse un muscolo mentre Phantomhive distolse lo sguardo.
“Le ho portato
il tè, signorino!” Esclamò una voce maschile fuori dalla stanza.
“Entra,
Sebastian!”
La porta si
aprì senza il minimo rumore.
“Avete un
ospite, non ne ero al corrente! Preparo un altro tè?” Chiese la voce.
Artemis lanciò
un’occhiata di lato e vide arrivare un carrellino con sopra un servizio da tè a
motivo floreale. A spingerlo un uomo slanciato che si rivolse nuovamente al
conte: “Servo anche il suo ospite, signorino?”
Phantomhive
rivolse la sua attenzione al giovane Fowl.
“Non si
disturbi!” Si affrettò a rispondere Artemis che sembrava improvvisamente
attratto da uno dei quadri alle spalle del conte.
“Non è inglese,
signore?” Chiese l’uomo, rivolto ad Artemis.
Quest’ultimo si
voltò, incrociando lo sguardo del maggiordomo. “Irlandese!” Esclamò subito.
“Capisco!” Il
sorriso appena accennato dell’uomo fece rabbrividire Fowl facendogli desiderare
che Leale fosse con lui.
“Cosa pensate
di fare, signor…”
“Fowl! Mi
chiamo Fowl!
“Sì, quindi,
signor Fowl, quali sono i vostri progetti?” Chiese Ciel con un’occhiataccia.
L’altro si
guardò leggermente intorno: “Credo che aspetterò qui finché la mia guardia del
corpo non mi riporterà indietro, sempre che a voi, signor conte, non disturbi!”
“La sua guardia
del corpo?” Phantomhive sembrava alquanto dubbioso.
“Sì, esatto!”
“Spero per voi
che non ci metta molto!” Ciel si allontanò dalla scrivania per andarsi ad
accomodare al tavolino poco distante dove il maggiordomo cominciò a servirgli il
tè.
“Oltre ad
inventare macchine che entrano in funzione da sole, vi occupate di altro, signor
Fowl?” Chiese il giovane prima di prendere una tazzina e sorseggiare lentamente
il tè.
Le sopracciglia
di Artemis si incurvarono in maniera impercettibile. “Faccio tutto quello che di
solito fa un ricco genio quattordicenne!”
Ciel alzò gli
occhi dalla tazzina “Non credete di essere troppo sicuro di voi?”
“Non se mi
chiamo Artemis Fowl e la mia intelligenza è superiore alla maggior parte degli
abitanti di questo pianeta.”
“Questo lo dite
voi!”
“Infatti!”
Un lieve
sorriso increspò le labbra del giovane Fowl mentre continuava a fissare Ciel che
ricambiava lo sguardo quasi senza espressione.
Un lieve
tintinnio catturò l’attenzione dei presenti.
Il servizio da
tè cominciò a tremare con insistenza crescente.
“Sebastian…?”
Il conte posò
la tazzina sul tavolo e guardò il suo maggiordomo che con calma esclamò: “Una
scossa di terremoto, signorino!”
“Non credo…”
Sussurrò Artemis con lo sguardo rivolto verso l’alto mentre il tremore diventava
più forte e il soffitto della stanza sembrava perdere consistenza. Il giovane
continuò a fissare in su finché non perse l’equilibrio. Cadde a terra, in
ginocchio, e poggiò entrambe le mani sula moquette.
“Artemis!”
La voce era lontana, ma la riconobbe subito.
“Leale…
portami…” Un pezzo di intonaco cadde a pochi centimetri dalla sua mano. Fowl
spalancò gli occhi, mentre il cuore cominciava a battergli forte per lo
spavento, e tornò a guardare in alto: “Leale!”
“Sto arrivando,
Artemis, tieni duro!” Un sussurro, ma fu sufficiente.
Dal soffitto
fuoriuscì un braccio che il giovane riconobbe come quello della sua guardia del
corpo.
Chiuse e aprì
gli occhi assicurandosi che non fosse un’allucinazione e subito cercò di
rimettersi in piedi.
“Che sta
succedendo?” Urlò Ciel per sovrastare il rumore. Il giovane si era alzato dalla
sedia e fissava con aria confusa il braccio che fuoriusciva dal soffitto e
Artemis che tentava di rimanere in piedi per raggiungerlo mentre l’intera stanza
continuava a tremare.
“Signorino, è
meglio che la porti via di qui!” Sebastian afferrò il conte con un solo braccio
e lo sollevò da terra.
“Sebastian, no!
Rimettimi giù!” Urlò infuriato l’altro, stringendo i pugni.
“Sta per
crollare tutto!”
“Ti ho detto
di…”
Artemis si
avvicinò barcollando alla scrivania e cominciò a trascinarla in mezzo alla
stanza.
“Che state
facendo?” Urlò Phantomhive, stizzito, cercando di divincolarsi dalla presa del
suo maggiordomo.
Fowl lanciò uno
sguardo al conte, mantenuto a mezz’aria dell’uomo: “Torno… nella… mia… epoca!”
Rispose Artemis tra un respiro e l’altro.
Quando fu
soddisfatto salì sulla scrivania, in equilibrio precario, e alzò una mano che fu
prontamente afferrata da Leale.
Quella presa
ferrea fece sentire Artemis al sicuro, nonostante il giovane continuasse ad
oscillare da una parte all’altra.
La stanza
sembrò capovolsi quando venne tirato su di peso e il giovane Fowl strinse con
forza gli occhi fin quando non avvertì altro che silenzio.
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Capitolo 2 *** Capitolo 2 ***
Nuova pagina 1
CAPITOLO 2
La luce
elettrica colpì con forza le iridi azzurre e Artemis fu costretto a coprirle con
un braccio. Rimase a sbattere leggermente le palpebre rimanendo a fissare il
pavimento sul quale si trovava seduto; questa volta era senza ombra di dubbio
quello di casa Fowl.
“Artemis, stai
bene?”
Si sentì
chiedere prima che la grande mole di Leale gli si avvicinasse per scrutarlo in
viso.
“Sì, credo di
si.” Il giovane annuì, affrettandosi a tranquillizzare l’uomo e dopo qualche
tentennamento si rimise in piedi. Spostò subito lo sguardo attraverso la stanza,
alla ricerca della sua macchina del tempo che si guadagnò soltanto
un’espressione soddisfatta dal suo creatore strapazzato.
“Cos’è
successo? Sei scomparso all’improvviso!” L’euroasiatico posò una mano sulla
spalla del giovane e lanciò una rapida occhiata all’invenzione prima di tornare
a fissare Fowl che scosse la testa, un lieve sorriso che gli aleggiava in viso.
“Ha funzionato! Tutto come previsto… esclusa la partenza a sorpresa,
ovviamente!” Artemis mosse qualche passo verso la macchina prima di cominciare a
camminare in tondo nella stanza, gli occhi fissi su un punto imprecisato del
pavimento e le sopracciglia leggermente aggrottate. “Sono finito nel XVII
secolo, in Inghilterra, meglio del previsto dal momento che per il viaggio di
prova avevo intenzione di non allontanarmi troppo da quest’epoca, ora resta da
capire come mai sono finito proprio in quel periodo storico e com’è stato
possibile l’accidentale accensione della mia invenzione! In teoria non sarebbe
stato possibile senza l’utilizzo della password, eppure…” Il giovane arrestò la
sua camminata alzando li occhi sulla sua guarda del corpo, rimasta ferma a
guardarlo.
“Non sai cosa
potrebbe essere accaduto?” Leale incrociò le braccia al petto; non sembrava
affatto soddisfatto.
“Non ancora, ma
non mi ci vorrà molto per…” Fowl aprì con noncuranza la giacca nera e da una
tasca interna estrasse un oggetto dall’aspetto di un cellulare di ultima
generazione: in realtà era parte integrale della sua invenzione; grazie a quella
componente la macchina poteva entrare in funzione anche a molti chilometri, o
molti secoli, di distanza.
Dopo aver
controllato che non fosse accesa e che nessun dato fosse stato inserito
accidentalmente, continuò a frugare nell’indumento.
“Dicevo, non mi
ci vorrà molto per capire la causa… ma dov’è?” Artemis si accigliò vistosamente,
tolse la giacca, rovistando nelle tasche interne e poi in quelle esterne “Non
può essere!”
“Qualcosa non
va?” La voce di Leale gli fese alzare di scatto il viso; gli occhi riflettevano
il suo disappunto “La ricetrasmittente, non c’è più!” Furono le uniche parole
che pronunciò prima di avvicinarsi alla scrivania per una vana ricerca nei
cassetti .
“Quale
ricetrasmittente? Quella che ti ha dato il capitano Tappo?”
“Esattamente!”
Fowl si accigliò ancora di più quando tornò a guardare la sua guardia del corpo
“L’avevo addosso prima che sparissi da qui, dev’essermi caduta durante il
ritorno…” La mente del giovane cominciò a lavorare febbrilmente alla luce di
quella constatazione. Se l’oggetto del piccolo Popolo gli era davvero caduto in
quella casa doveva tornare indietro a riprenderlo o, ne era sicuro, sarebbe
saltato fuori qualche imprevisto.
“Leale!”
Esclamò di colpo Artemis, con aria decisa “Dobbiamo…” le sue parole furono
bloccate dall’aprirsi improvviso della porta.
“Arty! Eccoti
qui, ti ho cercato ovunque! Sbrigati, i tuoi amici sono già in salotto, stanno
aspettando te per co…” Angeline Fowl aveva mosso solo qualche passo in direzione
del figlio quando si fermò bruscamente; i suoi occhi si erano posati su Leale “E
lei chi sarebbe?” Chiese con sorpresa, sbattendo elegantemente le palpebre.
Sul volto
dell’uomo si dipinse un’espressione indecifrabile “Signora, cosa intende con
‘chi sono?’”
“Oh, buon Dio,
cosa intendo! Artemis, è un tuo amico? Non è un po’ troppo cresciuto? … Ah! Ma
cosa ci fai con quei vestiti addosso?” La donna, improvvisamente dimentica
dell’euroasiatico, si avvicinò al giovane travolgendolo con le sue parole, senza
dargli il tempo per replicare efficacemente.
“Madre…” Fowl
lanciò un’occhiata preoccupata alla sua guardia del corpo che si rabbuiò mentre
l’altra afferrava la giacca nera, togliendola dalla mani del ragazzo, e
lanciandola a terra: possibile che Angeline fosse nuovamente ritornata allo
stato in cui versava due anni prima?
“Quante volte
ti devo dire che alla tua età dovresti indossare qualcosa di più consono? Sarà
certamente elegante questo completo, e obiettivamente meno eccentrico di quello
della settimana scorsa, ma è meglio se ti cambi!”
“Madre, per
favore…” Il giovane cercò inutilmente di sottrarsi alla presa.
“Da quand’è che
hai cominciato a chiamarmi ‘madre’?” La donna gli scoccò un’occhiata sorpresa
portando una mano sulla fronte del figlio “Sicuro di sentirti bene, Arty? Chiese
guardando il giovane in viso, un dolce sorriso ad illuminarle il volto e lo
sguardo.
Artemis rimase
per qualche attimo senza parole: no, non poteva essere ritornata in quello stato
di confusione mentale!
“Non ti
preoccupare, madre, sono in perfetta forma!”
Un solo sospiro
rispose alle sue parole, ma la signora non riuscì a dire nulla perché qualcun
altro prese la parola.
“Mi scusi
signora, c’è una chiamata per lei, è l’istruttore di equitazione!”
Artemis e Leale
alzarono gli occhi sulla giovane ferma sulla soglia della stanza; i capelli
ramati raccolti in una treccia, il volto grazioso e pieno di efelidi, il corpo
anche troppo minuto: una perfetta sconosciuta!
La donna
distolse per qualche secondo gli occhi dal figlio.
“Non ho voglia
di starlo a sentire! Karen, digli semplicemente che rimandiamo la lezione!”
Esclamò accompagnando le parole con un gesto sbrigativo della mano.
“Sì signora,
subito signora!” La ragazza annuì e scomparve dalla vista.
“E quella chi
sarebbe? Dov’è Juliet?” Si chiese il rampollo di casa Fowl.
“Su, andiamo,
non vorrai far aspettare i tuoi ospiti?! Però togliti almeno quella cravatta!”
riprese Angeline, come se nulla fosse, afferrando Artemis per un braccio prima
di trascinarlo fuori dalla stanza.
“Mia madre che
non riconosce Leale, Juliet che non c’è… non può averla licenziata! Come
sospettavo gli eventi sono stati modificati!”
Il giovane
lasciò che la madre lo conducesse lungo il corridoio e poi giù per la grande
scalinata di marmo.
“Ecco qui, ve
l’ho portato! Divertitevi!”
A quelle parole
il giovane alzò lo sguardo dimenticando per un attimo i suoi ragionamenti quando
si ritrovò a fissare per la prima volta in vita sua tre ragazzini che, al
contrario, sembravano conoscerlo bene e che lo salutarono amichevolmente.
Una mano
accarezzò di sfuggita la chioma scura del giovane Fowl prima che la donna
lasciasse la stanza.
“Dove ti eri
cacciato, eh? Art?”
“Art?” il
ragazzo fece appena in tempo a capire chi stesse parlando che venne afferrato
per le spalle. “Dì la verità, hai paura per la tua imminente sconfitta?”
“Di cosa stai
parlando?” Artemis tentò di divincolarsi, ma l’altro sembrò non farci caso né
dette l’impressione di averlo sentito.
“Artemis non ha
paura di te, Martin, non è così?”
Fowl lanciò
un’occhiata al giovane che ancora si ostinava a trascinarlo; i lineamenti
delicati, quasi femminili, non avrebbero fatto sospettare tanta forza nelle
braccia. I capelli biondi gli incorniciavano graziosamente il viso e il ghigno
che comparve dopo qualche istante quasi storpiò nell’insieme.
“Vedremo!”
Esclamò con calma spingendo il giovane Fowl verso uno dei divanetti gialli
davanti la tv, prima di mettergli in mano il joystick di una console come se
fosse la cosa più naturale di questo mondo.
Artemis guardò
contrariato l’oggetto che stringeva fra le mani.
“Diamo il via
all’ultimo e decisivo incontro!” Le parole furono seguite da una musica di
sottofondo; sullo schermo del televisore a cristalli liquidi comparve una
scritta incomprensibile e di seguito fecero il loro ingresso due tipi tutto
muscoli.
“Non un
videogioco educativo, suppongo!” Fu il primo pensiero di Artemis. “Ma non dovrei
incontrare molte difficoltà!” Si disse lanciando un’occhiata all’aggeggio fra le
mani prima che il conto alla rovescia riportasse la sua attenzione sullo
schermo; dei numeri lampeggianti scandirono il tempo rimanente prima dell’inizio
e dopo la scritta GO l’incontro prese il via.
“Sconfitto da
un videogioco... sto cadendo in basso!” Artemis sollevò di poco le sopracciglia,
continuando a fissare lo schermo dove il su personaggio giaceva a terra,
inequivocabilmente KO.
“Il futuro deve
esser stato distorto anche sotto questo punto di vista!” Concluse senza fare una
piega prima che l’urlo di uno dei giovani lo disturbasse.
“Ehi, Fowl, ma
che hai? Oggi non sembri nemmeno tu, hai fatto un incontro quasi pietoso!”
Il diretto
interessato si limitò ad un’alzata di spalle ignorando il paio di occhi castani
increduli che lo fissavano.
“Ve l’ho detto
che era talmente terrorizzato dalla mia for…”
“Non ho tempo
da perdere con queste frivolezze, se volete scusarmi, avrei cose ben più
importanti alle quali pensare.” con un gesto sbrigativo della mano il ragazzo si
alzò dalla poltrona e fece per abbandonare il trio. Aveva da fare, doveva
recuperare un oggetto fatato nel passato e far ritornare tutto al suo posto.
Aveva perso fin troppo tempo, ma non sembrava che i suoi ospiti la pensasse allo
stesso modo.
“Art, ma che
stai dicendo?”
Il giovane si
voltò a guardare i tre, che lo fissavano a loro volta con crescente perplessità,
limitandosi a piegare la testa in attesa di altro.
“Amico, va
tutto bene? Oggi sei davvero strano…” il più alto dei giovani lo guardò con aria
accigliata e lievemente preoccupata. Artemis, di fronte a quella scena, sospirò
suo malgrado e si portò due dita alla tempia “Scusate, avete ragione, non sono
proprio in forma.” Si lasciò scappare un altro sospiro “La ricetrasmittente
rimasta in quella casa è riuscita a sconvolgere il futuro in tempi
sorprendentemente rapidi, ma dopotutto sono passati due secoli, quindi ha avuto
tutto il tempo per…” Il suo sguardo ritornò sui giovani e chiuse per un attimo
gli occhi “Dovrò stare al gioco per un po’.”
“Ok, lasciamo
perdere i combattimenti, per oggi!” il biondino lanciò un’occhiata agli altri
prima di aggiungere “Ce l’hai, vero?”
“Cosa?” chiese
Artemis cercando di mascherare l’irritazione nel sentirsi così maledettamente
all’oscuro della ragione per cui dovesse dar retta ad un gruppo di petulanti
sconosciuti invece di far qualcosa di più proficuo come portare i profitti di
una banca sul suo conto personale.
“Come cosa? Il
nuovo numero!”
“Giusto, Colin
me l’ha detto ieri, non potevo crederci quel volume è un’edizione limitata, come
sei riuscito ad averlo?”
Artemis li
fissò con aria indecifrabile “Di cosa stanno parlando, ora?”
“Su, non fare
il prezioso, faccelo vederle, lo tieni nascosto in camera, vero?”
Di colpo Fowl
riprese il controllo della situazione “Dove,
sennò?” Mosse il primo passo fuori dal salone, con i tre alle calcagna. “Spero
almeno che la mia stanza sia rimasta al suo posto!”
Con sicurezza
spalancò la porta e fu costretto a chiudere ed aprire gli occhi più di una volta
“Cos’è questo?”
Le pareti
stracolme di poster di dubbia provenienza, gli scaffali pieni di volumi
allineati ordinatamente, modellini in scala facevano bella mostra sulle mensole
situate sopra la scrivania; la posizione privilegiata, però, era occupata da un
portafoto di legno intagliato e la foto al suo interno ritraeva un nutrito
gruppo di giovani tra i quali con orrore Artemis riconobbe se stesso vestito di
un paio di jeans logori e una maglietta color arancio.
Il rampollo di
casa Fowl si ritrovò a scuotere involontariamente la testa.
“Allora, vuoi
farcelo vedere questo manga, o dobbiamo pregarti?”
La voce dietro
la sua schiena lo riscosse dalla sorpresa.
“Manga? Fumetti
giapponesi?” Si chiese con una nota di irritazione “Sono un dannato otaku!” Il
pensiero fu subito seppellito per far fronte alla realtà “Ma certo!” Esclamò il
giovane Fowl con ostentata tranquillità “Anzi, perché, invece, non vediamo chi
riesce a trovarlo per primo?” Il giovane incrociò le braccia al petto con un
sorrisino e mosse qualche passo nella stanza, lo sguardo vigile a cogliere ogni
minimo particolare di quel posto ormai sconosciuto.
“Stai dicendo
che abbiamo il permesso di frugare fra i tuoi manga?” Chiese la voce sorpresa di
Colin.
Artemis scrollò
brevemente le spalle “Beh, perché no?” replicò fissando un Colin multicolore.
“Il signor
‘otaku-perfetto’ ci permette di far man bassa dei suoi tesori e tu ti crei
problemi? Se ad Artemis va bene io comincio a cercare!” Esclamò Martin
dirigendosi verso uno scaffale ricolmo di volumi, imitato poco dopo dagli altri
due.
Fowl rimase a
guardarli in silenzio prima di sospirare lievemente.
“Artemis?”
Un bisbiglio lo
fece girare di scatto e con sollievo scorse il viso di Leale che si affacciava
nella stanza e che gli faceva segno di avvicinarsi.
“Cosa sta
succedendo?” Chiese l’uomo nel vedere l’arai esasperata del suo datore di
lavoro.
“È tutto
sottosopra, dobbiamo al più presto rimettere le cose al loro posto!” La fronte
del giovane era leggermente corrucciata, ma la sua espressione ritornò subito
imperscrutabile.
“Ho capito,
quindi…”
“WOW ART!
Quand’è che l’hai finito?”
Il discorso dei
due venne interrotto bruscamente dal vociare dei ragazzi.
“Questo è il
secondo capitolo, vero? Accendo il pc! Posso dare un’occhiata, vero?”
Fowl si voltò
di scatto e mosse qualche passo nella stanza prima di allungare la mano verso il
giovane che, tutto eccitato, aveva già preso posto davanti al computer.
“Fammi
controllare!” Esclamò secco, ritrovandosi immediatamente davanti agli occhi la
custodia di un cd con una copertina davvero ben fatta: esseri dalle orecchie a
punta e strane armi la facevano da padrone.
“Ho creato un
videogioco con protagonisti gli abitanti del Popolo?” Gli occhi azzurri
scintillarono per un istante “La situazione non è così malmessa, dopotutto!”
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Capitolo 3 *** Capitolo 3 ***
Nuova pagina 1
CAPITOLO 3
Il tonfo del
portone d’ingresso strappò un sospiro al giovane Fowl, che si lasciò cadere sul
divano giallo del salone.
“Finalmente
sono andati via, temevo che volessero metter radici qui!” Rimuginò fra sé
godendo dell’improvviso e sospirato silenzio.
Quei tre
ragazzi erano stati capaci di non zittirsi nemmeno per dieci secondi di fila e
lui era stato costretto a dirottarli nuovamente davanti alla play station per
evitare che gli mettessero sottosopra l’intero contenuto del PC. Aveva degli
amici della sua età: perfetto! Ma dovevano essere proprio degli esseri tanto
noiosi e casinisti?
I passi pesanti
di Leale lo distolsero dai suoi pensieri, ma senza dargli il tempo di parlare,
la guardia del corpo trattenne per qualche istante il fiato, sbottando “Artemis,
abbiamo un problema!”
L’esclamazione
strappò una smorfia al giovane, mentre il pensiero “Come se quelli appena andati
via non lo fossero!” gli balenò in testa prima che la sua attenzione fosse
rivolta all’uomo di fronte a lui che lo fissava con aria accigliata “La macchina
del tempo è scomparsa! È stato un attimo, stavo controllando che tutto fosse in
ordine e quando mi sono voltato non c’era più, volatilizzata!”
Artemis si
limitò ad alzarsi e dirigersi a passo sostenuto verso la stanza in questione.
Dopo aver
appurato di persona l’accaduto si posizionò davanti al PC con un brutto
presentimento ad incupirgli il volto. Lo sguardo si fece sempre più accigliato
mentre faceva scorrere velocemente il cursore sullo schermo, muovendo
ritmicamente l’indice sul mouse.
“Artemis?”
Il rampollo di
casa Fowl continuò a fissare il monitor, rimanendo in silenzio ancora per
qualche secondo prima di rispondere all’uomo con voce inespressiva “Tutti i miei
documenti sono scomparsi!”
Si alzò
nuovamente percorrendo tutta la stanza prima di ritornare indietro “Devo dare un
freno a questa situazione!” si disse massaggiando le tempie con aria stufa.
Afferrò la giacca che la madre aveva brutalmente gettato a terra, dalla tasca
interna ne trasse il telecomando della sua invenzione e digitò velocemente data
e luogo in cui si trovava “Onestamente non avevo programmato la macchina perché
viaggiasse da un secolo all’altro, ma a questo punto i calcoli e la scienza non
ci possono essere molto d’aiuto! Ed è meglio escludere a priori le assurdità!”
Lanciò un’occhiata a Leale prima di premere il pulsante d’avvio con una certa
tranquillità e convinzione, non aspettandosi che accadesse alcunché, cosa che si
rivelò giusta dal momento che niente mutò.
O almeno era
quello di cui Fowl junior e la sua guardia del corpo erano convinti.
Quando sentì
mancare la terra sotto i piedi non riuscì neanche a gridare per la sorpresa.
Vide solo una chiazza indistinta di colori muoversi davanti agli occhi prima che
la caduta venisse arrestata all’improvviso.
“Sta bene,
signore?”
Ciel chiuse un
attimo gli occhi, aspettando che il suo maggiordomo lo rimettesse con i piedi a
terra. “Sì, sto bene… ma cos’è successo?” Chiese quasi a se stesso guardandosi
intorno.
Il paesaggio
era cambiato radicalmente in una frazione di secondo e, al posto della sua
stanza, vi era una distesa di alberi all’apparenza isolata: gli unici rumori
erano il fruscio delle fronde e il cinguettio dei volatili; i raggi del sole
penetravano dolcemente attraverso la vegetazione, illuminando l’erba verde e
curata.
Il conte mosse
qualche passo, con un leggero cipiglio “Non siamo a villa Phantomhive…
Sebastian, scopri dove siamo finiti!” ordinò con tono deciso, senza guardare il
demone che, alle sue spalle accennò un inchino composto prima di scomparire
senza far rumore.
Ciel ebbe solo
il tempo di avvicinarsi ad un arbusto di medie dimensioni, osservando il
groviglio di radici sul terreno, che il suo maggiordomo fu già di ritorno.
“Non siamo più
a Londra, temo!” l’aria serafica del suo volto strideva con il significato della
frase appena pronunciata.
Il giovane
conte strinse le labbra fulminando l’altro con gli occhi prima di incrociare le
braccia “Allora riportami a casa!”
Sebastian
sollevò da terra il suo signorino senza alcuna difficoltà, ma rimase fermo
dov’era cominciando ad assumere un’aria sorpresa: c’era qualcosa che non andava
e questa, per lui, era davvero una cosa strana. “Sono spiacente, ma non sembra
sia possibile!” esclamò con voce costernata.
Nel sentire
quelle parole Ciel assunse un’aria infastidita “Cosa c’è ancora?” più che una
domanda la sua era una protesta “Non ho tempo da perdere! È già bastata la
visita inopportuna di questa mattina!” disse con fare irritato, togliendo il
bendaggio che gli copriva l’occhio destro, e mostrando il marchio che lo legava
al demone “Sebastian, è un ordine! Riportami a casa!” esclamò con un tono che,
come sempre, non ammetteva repliche.
Il maggiordomo
chinò leggermente la testa, con un espressione indecifrabile in volto,
mormorando “Sì, mio signore!” e improvvisamente il silenzio sembrò avvolgere
l’intera zona.
Ciel chiuse per
un attimo gli occhi ma, quando li riaprì, si rese conto che ciò che aveva
davanti agli occhi non era quello che si sarebbe aspettato di vedere.
Con uno sbuffo
il giovane Fowl infilò il telecomando nella tasca dei pantaloni “Tentativo
alquanto superfluo! Ero certo che la macchina non sarebbe tornata indietro, non
è per questo che è stata progettata!” una scrollata di spalle dichiarò chiuso
l’argomento e senza perdersi ulteriormente in futili chiacchiere Artemis si
diresse verso la scrivania prendendo posto davanti al monitor “Devo
ricostruirla!” Dichiarò con tranquillità.
“Ma, Artemis…”
Leale provò a cercare qualche valida obiezione; dopotutto le cose stavano
precipitando rapidamente e tutti i progetti erano andati dispersi senza contare
che non avevano più a disposizione gli strumenti del Popolo necessari… già, il
Popolo, che ne era stato?
L’uomo scosse
la testa: non era quello il momento di pensare ai loro piccoli amici; ora la
priorità era ristabilire l’ordine, di qualunque tipo esso fosse e, nonostante le
ovvie perplessità, l’euroasiatico si fidava ciecamente del suo giovane protetto
e se lui riteneva possibile ricostruire quell’arnese infernale, a dispetto di
tutte le circostanze avverse, poteva star certo che Fowl avrebbe ottenuto ciò
che voleva.
“È sicuro che,
anche se riuscissi ad individuare l’anno esatto in cui sono capitato, si
tratterebbe solo di un universo parallelo, ma sarebbe comunque un punto di
partenza!” Artemis era concentrato sul monitor e le dita lavoravano velocemente
sulla tastiera “Non mi ci vorrà più di mezz’ora per riscrivere il progetto, ma
questa è solo la parte più semplice!” Pensò tra sé continuando ad inserire dati
senza sosta.
“Arty!”
La voce in
falsetto della madre gli fece inarcare leggermente un sopracciglio senza, però,
che il suo sguardo si spostasse dal lavoro.
Leale fissò la
donna con una leggera apprensione: se avesse cominciato nuovamente a far domande
sarebbe stato costretto a mentire spudoratamente?
“Avanti,
Artemis, continui dopo il tuo videogioco… anche se dovresti usare il tuo
computer e non quello di tuo padre!” Scosse leggermente la testa “Su, è l’ora
degli allenamenti di rugby, o te ne sei dimenticato?”
Quelle parole
riuscirono a mettere in allarme Fowl junior che puntò gli occhi azzurri sulla
madre “Rugby?” chiese, come se l’altra avesse detto un’assurdità, ma l’unica
cosa che ottenne fu un sospiro prima che Angeline lo afferrasse per un braccio
“Non ho nessuna intenzione di portarti sul campo con questi vestiti! Se non vuoi
cambiarti lo farò io!” Fu la minaccia della signora Fowl che fece alzare il
figlio, inerme di fronte a quell’attacco improvviso, e cominciò a
sbottonargli la camicia candida.
Leale si vide
costretto ad intervenire: Artemis non avrebbe mai e poi mai voluto partecipare
ad una sessione di allenamenti che mettesse in primo piano le abilità fisiche.
“Signora…” cominciò avvicinandosi cautamente alla donna con l’intenzione di
dissuaderla dall’infilare il figlio in una divisa sportiva, ma l’altra si girò
di scatto al suono della sua voce e non gli permise di andare avanti. “Ancora
lei?” Fulminò con lo sguardo l’uomo, indifferente al fatto che fosse il doppio
di lei “Non ho ancora capito bene chi sia e cosa ci faccia in casa mia, ma se
non la smette sarò costretta a chiamare la polizia!” Sbottò la signora Fowl
riuscendo, con un ultimo strattone, a privare Artemis della camicia.
“Madre, per
favore, lascia stare Leale e, per inciso, non ho intenzione di partecipare a
nessun allenamento!” sussurrò il giovane cercando di riprendere l’indumento a
terra, ma la donna non sembrò ascoltarlo e cominciò a trascinarlo fuori dalla
stanza.
“Mi perdoni,
signora!” La voce di Leale arrivò forte e chiara alle orecchie di Artemis prima
che la guardia del corpo lo afferrasse per la vita e cominciasse a scendere la
scalinata in modo precipitoso. L’euroasiatico controllò istintivamente che la
sua Sig Sauer fosse al proprio posto prima di afferrare le chiavi della
limousine e precipitarsi fuori dalla villa, rincorso dalla voce di Angeline che
urlava al rapimento.
“Ho evitato di
farti correre con in mano un pallone ovale, Artemis, ma ora che si fa?” Domandò
un Leale accigliato, alla guida dell’auto dei Fowl. A rispondergli fu una voce
calma e sicura “Semplice, chiamiamo i rinforzi!”
Ciel sgranò gli
occhi nell’accorgersi che il posto in cui si trovava non era certo casa sua e,
ancora più contrariato, che Sebastian per la seconda volta non fosse stato in
grado di eseguire il suo ordine.
“Sebastian, a
che razza di stupido ed infantile gioco stai giocando?” Sibilò il conte,
irritato: erano esattamente nello stesso luogo! Come si permetteva quel demone
di prenderlo in giro?
“Sono davvero
dispiaciuto per l’accaduto, signorino, ma non so spiegarmi davvero come sia
potuto accadere!” L’espressione dell’uomo era visibilmente perplessa e solo
questo evitò a Ciel di innervosirsi ulteriormente.
Ispirò
profondamente e annui “Va bene, fammi scendere e poi assicurati di trovare un
modo per far finire questa pagliacciata!” Phantomhive massaggiò le tempie prima
che un rumore poco lontano attirasse la sua attenzione.
“Sebastian…”
Sussurrò in fretta, prima che quest’ultimo si allontanasse per poter eseguire
l’ordine.
“Mi dica!”
Ciel mosse la
testa in direzione dell’essere tozzo e peloso che era appena sbucato da
un’enorme buca nel terreno, che fino a pochi attimi prima non esisteva. Il
demone increspò le labbra in un sorriso serafico prima di puntare sulla creatura
che, con una velocità non prevista, percepì il pericolo, sganciò letteralmente
la mandibola dalla sua posizione naturale e si rituffò nell’apertura dalla quale
era venuta, seguita da Sebastian.
“Ma cos’è?” Si
chiese Ciel, con un cipiglio sorpreso, prima che il demone ritornasse in
superficie stringendo l’essere in una morsa d’acciaio, rendendo inutili i suoi
tentativi di sfuggirgli.
Il conte
incrociò le braccia e si avvicinò lentamente, sul volto un’espressione
disgustata a causa del tanfo che emanava l’essere “Adesso, se non le dispiace…”
esordì quando fu a meno di un metro di distanza, tanto da riuscire a guardare la
creatura negli occhi spalancati “Vorrei scambiare due parole con lei!”
Leale lanciò
un’occhiata allo specchietto retrovisore notando che Artemis aveva già preso il
telefono cellulare. “Sei sicuro che sia una buona idea? Non credo che nella
situazione attuale possiamo essere sicuri dei nostri rapporti con il Piccolo
Popolo!”
Fowl si limitò
ad alzare le spalle “Allora non ci resta che scoprirlo!” Compose velocemente un
numero di telefono e cominciò a pronunciare tutte le parole legate al popolo
fatato che gli venissero in mente, come aveva fatto in passato, quando aveva
rischiato di perdere quello che ormai considerava un amico prezioso e fidato.
Fissò per qualche istante Leale, impegnato nella guida, allontanando da sé il
senso di inquietudine che l’aveva invaso e interruppe la chiamata.
“Leale, ferma
l’auto: prima riescono a trovarci e meglio sarà!”
Lo squillo del
cellulare risuonò nell’auto ancora prima che l’euroasiatico avesse il tempo di
accostare al ciglio della strada.
“Pronto?”
Domandò Artemis guardando fuori dal finestrino, in attesa di cogliere il più
piccolo, strano movimento nei dintorni.
“Non so chi tu
sia, ma non è per nulla spiritoso quello che hai appena fatto!”
La voce
dall’altro lato del telefono fece disinteressare il giovane alla situazione
esterna all’auto.
“Mi hai fatto
perdere un mucchio di tempo prezioso, ti rendi conto? Stupidi Fangosi! La
prossima volta chiederò i danni!”
“Polledro?!”
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Capitolo 4 *** Capitolo 4 ***
Nuova pagina 1
CAPITOLO 4
“Polledro?!”
domandò Artemis, ma fu solo una formalità: aveva riconosciuto immediatamente la
voce del centauro della LEP.
Il fatto di
ricevere una telefonata invece di vedersi arrivare dal vivo qualcuno della
libera eroica polizia, lo aveva disorientato per qualche secondo “Comunque poco
male, meglio parlarci direttamente anziché aspettare che qualche rappresentate
del Popolo si palesi e che magari tenti di liberarsi di noi!” si disse il
giovane; le cose dopotutto si stavano mettendo bene. Almeno era questo che
pensava Fowl mettendosi a proprio agio sui sedili dell’auto.
Dall’altro lato
il silenzio si stava prolungando più del dovuto e il giovane era sul punto di
parlare quando la voce di Leale attirò la sua attenzione “Artemis, ti consiglio
di guardare fuori!”
Gli occhi
azzurri si incollarono al nano che in quel momento attraversava la strada. Il
giovane inarcò leggermente il sopracciglio, ma l’arrivo di una seconda creatura
pelosa, quasi identica alla prima, gli fece socchiudere le labbra.
“Non si tratta
di Bombarda… ma cosa ci fanno quei due lì in mezzo?” Chiese quasi a se stesso
l’euroasiatico, con la fronte corrucciata.
Artemis
inspirò, pronto a parlare.
“Ok, chi è
l’artefice di questo stupido scherzo?” si sentì chiedere dall’altra parte del
telefono, con voce irritata.
In quel preciso
istante tutti i pezzi andarono al loro posto nella mente del rampollo di casa
Fowl: il Popolo aveva cominciato a circolare senza problemi sulla superficie o,
probabilmente, non era mai stato costretto a rintanarsi all’interno di Cantuccio
e l’Artemis di quella dimensione era stato in grado di realizzare il suo
videogioco per il semplice motivo di aver sempre vissuto con gli esseri fatati
che gironzolavano in strada, senza aver conosciuto direttamente nessuno di loro.
Il nome di Fowl junior era pressoché sconosciuto al Popolo sotterraneo il ché,
al momento, rappresentava un problema, ma nulla a cui Artemis non potesse porre
rimedio.
“Niente
spazzamente, quindi?” Si lasciò sfuggire casualmente, con un sospiro.
“Cosa?” La voce
del centauro suonò ironica “È quasi un secolo che non si usa più, ma cosa ne sa
un abitante della superficie di queste cose? Non sarai uno di quei pazzi
fanatici di storia del Piccolo Popolo?”
Fowl mosse
appena le labbra “Probabile!”
Un nitrito
annoiato venne fuori dal cellulare “Fangosi…” mormorò Polledro prima di sbottare
“Fosse per me farei una pulizia generale; uno spazzamente globale e non se ne
parlerebbe più, ma i piani alti non sembrano d’accordo, ancora non ho capito per
quale stupido motivo, ma dovresti saperlo bene anche tu dal momento che anche i
vostri pezzi grossi la pensano allo stesso modo.” Un attimo di pausa prima che
la voce del centauro tornasse a farsi sentire “Ma perché continuo a parlare con
te? Mi hai già fatto perdere troppo tempo e ancora non mi hai detto come fai a
conoscere quel nome!”
L’ombra di un
sorriso si fece largo sul volto pallido di Artemis “Non ora, Polledro!” Pensò
lanciando un’occhiata alla sua guardia del corpo che continuava a fissarlo
accigliato.
“Al momento ci
sono cose più importanti, lo posso assicurare; ho bisogno di parlare con il
capitano Spinella Tappo!”
Alla sua
richiesta seguirono diversi secondi di silenzio, poi un’imprecazione in Gnomico
e la chiamata fu interrotta.
Il giovane
sospirò, allontanando l’apparecchio dal volto.
“Cosa ti ha
detto?” Chiese subito Leale, osservando l’altro che sollevò di poco le
sopracciglia.
“Ha
riagganciato, ma credo che abbia abboccato!” Artemis si stupì di come,
dall’arrivo in quella nuova dimensione, le sue frasi fossero sempre costellate
di dubbi e incertezze, ma le cose sarebbero presto tornate al loro posto.
La creatura
continuava ad agitarsi, nonostante i suoi sforzi risultassero completamente
inutili, e Ciel si concesse qualche istante per spiegare la situazione senza che
forze e tempo fossero persi inutilmente “Mi dia ascolto, le conviene collaborare
e non le sarà fatto alcun male. Ho solo bisogno che risponda ad alcune semplici
domande e poi potrà andar via!” Il giovane si sforzò di mostrare un’espressione
affabile ma si vide rispondere con uno sbuffo irritato.
“Turisti!
Ancora non hanno capito che non possono farci quello che vogliono? Se provate a
torcermi anche solo un pelo ve la vedrete con il mio avvocato e le spese saranno
a vostro carico, ovviamente!”
Ciel serrò le
labbra a quelle parole che, onestamente, non si sarebbe aspettato, ma tentò di
mantenere la calma e dopo un sospiro portò una mano alla tempia, socchiudendo
gli occhi.
Cercando di
ignorare, per quanto possibile, il cattivo odore emanato dall’essere, domandò
“Saprebbe dirmi dove ci troviamo, attualmente?”
L’altro inspirò
rumorosamente “Prima dì al tuo amico di mettermi giù! Sono un Nano rispettabile,
io, non un sacco di patate!”
Le labbra del
conte Phantomhive ebbero un fremito ma represse l’impulso di ordinare a
Sebastian l’eliminazione immediata della disgustosa creatura che, ad un suo
gesto, venne posata a terra.
“Bene, ora
potrebbe rispondere?
Il nano lanciò
un’occhiata obliqua al giovane “Dublino, è così che si chiama la città, almeno
informatevi quando andate in vacanza!”
Le parole
vennero a mala pena ascoltate da Ciel “Siamo in Irlanda, non è possibile! Eppure
le capacità di Sebastian non hanno avuto alcun effetto e non sono riuscito a
ritornare a casa…” inarcò leggermente le sopracciglia ad un pensiero improvviso
“Tutto questo non sarà colpa di quel… come si chiama?... Fowl?” Fissò per un
attimo il suo maggiordomo e domandò “Ho bisogno di tornare urgentemente in
Inghilterra, a Londra per la precisione, saprebbe indicarmi il porto più
vicino?”
“Stai
scherzando, spero? Con l’aereo vi spiccerete molto prima, l’aeroporto non è
lontano da qui!”
“Aeroporto?
Cosa sarebbe?” Chiese Ciel, ignorando il linguaggio poco consono dell’altro.
“Ehi, ma da
dove venite, voi due? Mai sentito parlare di aerei? Andate in città, prendete un
taxi e ditelo al taxista, ci penserà lui!”
Più il nano
parlava e meno Ciel capiva cosa stesse dicendo; alzò gli occhi su Sebastian,
come in cerca di aiuto: parlare con quella creatura sembrava la cosa più
faticosa del mondo.
“Il mio
signorino vorrebbe sapere cos’è questo aereo, come l’avete chiamato voi.
Di cosa si tratta?”
“Va bene, va
bene, mi state prendendo in giro, ma farò finta di nulla! È una macchina che
vola, no? E si trova in un posto chiamato aeroporto, capito?” Il tono del nano
sembrava quello di qualcuno che tentava di spiegare una cosa ovvia ad un pazzo.
“E quell’altro
oggetto?” Chiese Phantomhive, ormai rassegnato.
“Il taxi? È
un’auto…” Dopo un silenzio imbarazzato la creatura aggiunse “Una macchina con
quattro ruote e serve per camminare sulle strade…” Un sorriso ironico gli
comparve in viso.
“Va bene!” Ciel
agitò la mano avanti e indietro; ne aveva fin sopra i capelli di quelle
assurdità
“Siete gli
umani più strani che io abbia mai incontrato.” sussurrò il nano cominciando ad
allontanarsi cautamente da Sebastian.
Il conte si
limitò ad annuire “La ringrazio, signor…?”
La creatura si
bloccò, la bocca già spalancata, pronta a scavare un buco per tagliare la corda
“Signore?” Si chiese trattenendo una risata e, con un mezzo inchino ridicolo,
rispose “Bombarda Sterro, a mai più rivederci!” Detto ciò scomparve, inghiottito
dalla terra.
Il giovane non
dovette aspettare il secondo squillo che la voce tremante di Angeline cominciò a
parlare “Pronto, caro, sei tu? Stavo per chiamarti, Arty è…” la donna sembrava
sul punto di piangere.
Artemis Fowl
junior sospirò affranto “Madre, sono io, stai calma!”
“Arty?!”
Angeline sembrò rianimarsi “Oh, tesoro, dove sei? Mi hai fatto stare in pena,
stavo per chiamare la polizia!”
Il ragazzo
socchiuse gli occhi “Era quello che temevo!” pensò inspirando profondamente “Non
ce n’è bisogno, va tutto bene!”
Un sospiro di
sollievo e qualche attimo di silenzio “Va bene, ho capito, però ora torna a
casa, Artemis! Se oggi non te la sentivi di andare agli allenamenti di rugby
potevi anche dirlo, non c’era bisogno di scappare con quel… quel tuo amico!”
Lo sguardo di
Artemis era perso su un punto della tappezzeria dell’auto “Hai ragione, madre,
mi dispiace, me ne ricorderò la prossima volta… ho ancora qualcosa da fare, ma
tornerò al più presto!”
“Solo, per
favore, non comprare troppi fumetti o fra non molto non riuscirai più ad entrare
in camera!”
“Come
desideri…” sussurrò Fowl, accondiscendente, prima di interrompere la telefonata
e passare con la mente altrove “Vorrei dare un’occhiata in città prima di
rientrare!” disse tornando a guardare Leale che si limitò ad annuire prima che
qualcosa gli facesse socchiudere le labbra, ma il giovane riprese a parlare.
“La limousine è
troppo vistosa, meglio lasciarla nel primo parcheggio disponibile.”
“E proseguire a
piedi?” quell’eventualità non piaceva molto all’uomo: in questo modo Artemis
sarebbe stato più esposto; era pur vero che per quanto ne sapessero la cosa più
illegale che avesse fatto Fowl j. in quel posto era stato realizzare un
videogioco e probabilmente il pericolo più grande era costituito dai suoi amici,
ma in tanti anni al servizio dei Fowl aveva imparato che non si era mai troppo
prudenti. Il suo giovane protetto, però, non sembrava dello stesso avviso.
“Sì, vorrei
vedere con i miei occhi qual è la situazione in cui ci troviamo!” Artemis
incrociò le braccia al petto “Devo essere in grado di gestire qualunque
eventualità!” Lo sguardo tornò a fissare l’esterno dell’abitacolo, come a
dichiarare chiusa la discussione, e solo allora Leale si lasciò sfuggire “Se
vuoi passare inosservato dovresti comprare una felpa!”
Con aria
accigliata Artemis guardò il maglione a righe multicolori che la commessa si era
divertita, ne era sicuro, a suggerire a Leale; quest’ultimo, invece, lo fissava
con un mezzo sorriso.
“Se non ti
conoscessi oserei dire che ti stia divertendo, in questo momento!”
L’uomo si
limitò ad alzare le spalle con fare noncurante.
“Smettetela di
correre, e fate attenzione ai passanti!” il richiamo attirò l’attenzione di
Artemis prima che tre giovani folletti gli sfrecciassero a meno di un metro di
distanza, pochi istanti prima che un altro folletto, con aria contrariata e
affranta, lo oltrepassasse.
“Era questo che
ti aspettavi?” Chiese l’euroasiatico scrutando l’ambiente circostante: un nano
stava salendo in quel momento su un autobus di linea, imbacuccato fino alla
testa, e un altro era appena sbucato da un’aiuola.
“Sì,
all’incirca… la coesistenza è del tutto pacifica!” Fowl era attento a non
tralasciare nessun particolare e rimase in silenzio quando un elfo, con addosso
la divisa della LEP, si fermò a pochi passi da Leale.
“Mi scusi, ha
per caso visto un nano? Deve esser sbucato da queste parti!”
L’uomo fissò
per qualche secondo la creatura e fece cenno verso l’aiuola semi distrutta più
vicina.
“La ringrazio
molto!” disse in fretta l’elfo scomparendo sotto i loro occhi.
Poco distante
si udirono lievi rumori di lotta prima che il tutto venisse sovrastato dal
trambusto della strada.
“Credo che con
questo abbia visto e sentito abbastanza!” Le labbra di Artemis si curvarono in
un sorriso appena accennato “Torniamo a casa!”
“Sebastian,
ricordami perché siamo qui!” Sbottò Ciel con aria innervosita.
“Abbiamo
seguito il consiglio del signor Sterro, signorino!” si affrettò a rispondere
Sebastian abbassando lievemente la testa senza scomposi.
Phantomhive si
rabbuiò ancora di più; l’occhio non bendato correva freneticamente da una parte
all’altra della strada trafficata.
Mezzi
sconosciuti, di ogni forma, colore e dimensione erano in continuo movimento e
producevano un baccano infernale.
“Non ho mai
visto nulla del genere!”
Lo strombazzare
di un clacson fece trasalire il conte e un giovane passante lo urtò chiedendo a
mala pena scusa.
“Odio questa
città!” Sibilò Ciel fra i denti; lo sguardo vagò ancora in quella confusione
prima di illuminarsi “Chiederò informazioni a quell’uomo; credo sia più degno di
fiducia rispetto a tutti questi ragazzetti senza educazione!” Pensò nel notare un
signore attempato dall’altro lato della strada.
Con fare sicuro
scese dal marciapiede, deciso a dar ascolto al proprio istinto.
“Questo rumore
mi sta oltremodo infastidendo!”
Si disse, con un cipiglio esausto, prima che Sebastian lo afferrasse
all’improvviso, pochi istanti prima che un auto sportiva rischiasse di
investirlo.
“Signorino, sta
bene?” Chiese il maggiordomo, poggiando morbidamente i piedi a terra, e
allontanando il suo padrone dal centro della strada e dai suoi pericoli.
“Sebastian,
cosa fai? Devo raggiungere quell’uomo o…” L’espressione del maggiordomo fece
incupire Ciel: un’occhiata al traffico in costante aumento gli fornì in fretta
la risposta alle azioni dell’altro.
“Se permette
posso pensarci io a trovare quell’aereo!” Il demone sorrise amabilmente
nonostante il sospiro frustrato del conte.
“Non pensavo
che l’Irlanda fosse così… deve esserci qualcosa di strano, forse la presenza di
un altro demone o di qualche inventore con le rotelle fuori posto che…”
“Mamma, guarda
quel bambino!”
La voce
sorpresa fece voltare di scatto Ciel “Perché mi sta additando? Non credo di
conoscerlo!”
Phantomhive
sussultò lievemente alla risatina che seguì.
“Smettila di
indicare le persone!” Esclamò contrariata la donna che teneva il bimbo per mano.
“Ma mamma, non
è Carnevale, perché quel bambino è travestito?”
La mascella di
Ciel si irrigidì “Sebastian…” Sibilò ma venne interrotto prima che potesse
continuare.
“Mi perdoni,
signorino, ma quello non è il vostro ospite?”
“Quale ospite?”
il conte inarcò un sopracciglio, socchiudendo gli occhi per veder meglio.
Intorno era un
continuo via vai di persone vestite in modo alquanto inusuale e Ciel impiegò
qualche istante prima di scorgere, accanto ad un uomo enorme, l’irlandese che
era piombato all’improvviso nella sua dimora.
“Fowl…”
Sussurrò notando il giovane a qualche decina di metri, ma non fece in tempo a
muoversi che la figura scomparve dalla sua vista.
Il fracasso
diventò solo un debole rumore di sottofondo all’orecchio del conte Phantomhive
“Sebastian, voglio che mi porti a casa di quel Fowl, il più in fretta possibile:
è lui la causa di tutto e lo costringerò a porre rimedio a questa situazione!”
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Capitolo 5 *** Capitolo 5 ***
Nuova pagina 1
CAPITOLO 5
Ciel fissò
l’alta cancellata davanti a sé, incrociando le braccia al petto “Quel Fowl deve
appartenere alla nobiltà di questa città per potersi permettere un’abitazione
come questa.” Oltre l’inferriata scorse il grande viale che portava alla
residenza costeggiato per ambo i lati da un prato rigoglioso.
Alla fine della
strada in pietra, in lontananza, vide villa Fowl e, anche a quella distanza, il
giovane notò l’imponenza della costruzione ma ciò non sortì effetto
sull’espressione impaziente “Non basterà questo a far cambiare la pessima idea
che ho di lui!” Pensò spostando lo sguardo su Sebastian e senza che fosse
pronunciata parola quest’ultimo afferrò il conte e con agilità oltrepassò il
cancello, introducendosi nella dimora dei Fowl.
Il portone si
aprì senza alcun rumore davanti al giovane e al suo maggiordomo.
“I signori
desiderano?” Chiese un uomo in tight nero, scrutando i due sconosciuti.
Phantomhive si
schiarì la voce “Sto cercando il signor Fowl!”
Il sopracciglio
dell’altro si mosse impercettibilmente verso l’alto “I signori hanno un
appuntamento?”
“Temo di no. È
possibile incontrarlo ugualmente?” L’espressione di Ciel rimase impassibile.
“Solo un
attimo!” L’uomo si allontanò e il conte guardò all’interno, avvertendo subito
dopo delle voci.
“Signora, c’è
un bambino che chiede di vostro marito!”
Ciel si
irrigidì istintivamente “Non hanno ancora capito chi si trovano davanti…” Girò
nervosamente l’anello al pollice prima di scuotere leggermente la testa “Quel
ragazzo è sposato: è lui, allora, che gestisce tutto qui…” rifletté fra sé
tornando a concentrarsi sullo scorcio all’interno dell’abitazione. Venne
nuovamente distratto dall’arrivo di una donna dall’aria distinta che si avvicinò
all’ingresso con un gran sorriso in viso.
“Salve! Voi
siete gli amici cosplayer di Artemis, giusto?” Gli occhi azzurri si posarono
prima su Ciel e in seguito su Sebastian: l’espressione della signora Fowl si
fece perplessa e per un attimo rimase immobile “Oh… oh, ma non state sull’uscio!
Entrate! Arty dovrebbe ritornare presto!”
Ciel attese
qualche istante prima di varcare la soglia fissando sulla donna uno sguardo
sospettoso “In fondo sembra innocua!” Pensò subito dopo e, con Sebastian, la
seguì nel salotto.
“Fate come se
foste a casa vostra. Mi dispiace allontanarmi, ma ho una telefonata urgente da
effettuare.” Con un nuovo sorriso Angeline si congedò dai suoi ospiti,
lasciandoli soli nel grande salone.
“Donna
singolare.” Si lasciò sfuggire il conte osservando attentamente la stanza.
“L’arredamento è piuttosto insolito, come tutto, in questa città, ma non
sgradevole.” Lo sguardo di Ciel scorse rapidamente l’ambiente circostante.
”Signorino,
quella donna deve essere la madre del vostro ospite!”
La voce di
Sebastian attirò l’attenzione di Phantomhive che raggiunse il suo maggiordomo
intento ad osservare la fotografia su un ripiano.
“Credo tu abbia
ragione, Sebastian.” La voce risuonò atona nel silenzio del salone e lo sguardo
del giovane si incupì. Avvicinò una mano al portafoto e sfiorò la superficie
fredda del vetro che proteggeva l’istantanea: i volti di Artemis e dei suoi
genitori sorridevano seduti sul divano. Le dita sottili si ritrassero, come
scottate, e con un respiro affrettato il conte si allontanò.
Il suono
ritmico dei suoi passi venne interrotto dalla voce del demone “Sta bene,
signorino?”
Phantomhive
sospirò lievemente “Certo che sto bene! Ci vuole ben altro per turbarmi!” Sbottò
con una nota di irritazione nella voce riuscendo a provocare il sorriso beffardo
del maggiordomo.
“Naturalmente,
signorino, perdonate l’impertinenza!”
“Sarà meglio
che quel Fowl si sbrighi a tornare!” Disse fra sé Ciel, rigirando l’anello di
famiglia al pollice della mano sinistra “Questa situazione sta diventando
irritante!”
Il cancello si
aprì per permettere alla limousine di entrare senza problemi ma, prima che
Artemis potesse varcare la soglia di casa, Angeline gli corse incontro
abbracciandolo calorosamente per qualche istante “Stai bene tesoro?” Il maglione
colorato indossato dal figlio le fece aggiungere “Sei riuscito a fare quello che
dovevi?”
“Certo, madre!”
sospirò il giovane Fowl muovendo un passo indietro mentre Leale gli si
affiancava.
“Il tuo amico è
ancora qui.” La donna inarcò un sopracciglio a quella constatazione “Ed ha già
la patente…” Fissò l’uomo con aria incerta prima di scuotere leggermente la
testa “Arty caro, in salotto ci sono i tuoi amici. Non farli aspettare troppo!”
Angeline accennò un sorriso “Questi adolescenti…” Sussurrò con un sospiro mentre
Artemis scambiò un’occhiata con la guardia del corpo.
“Spero non mi
costringano nuovamente ad utilizzare qualche stupido gioco per console!”
Rifletté fra sé Fowl scrutando il sentiero di pietra che portava all’ingresso.
“Devo mandarli via il prima possibile: se dovesse arrivare qualche
rappresentante del Popolo non riuscirei a discutere in maniera appropriata!” Con
la mente ancora altrove, Artemis entrò nel salone e gli occhi azzurri
incrociarono subito lo sguardo accigliato del conte Phantomhive.
Il movimento
istintivo di Leale, alle sue spalle, gli fece allungare un braccio per frenare
sul nascere le intenzioni dell’uomo che già stringeva il calcio della Sig Sauer,
sotto la giacca.
“Fermo Leale!”
sussurrò in fretta “So chi sono e come sono arrivati qui!” Artemis spostò la sua
attenzione sul maggiordomo che, alla reazione di Leale si era frapposto fra loro
e il suo signore, fissandoli con aria placida.
“Non mi piace
quel tipo, Artemis, non è una buona idea farli rimanere qui!”
“So cosa
intendi, ma per il momento lascia che me ne occupi io!” Avanzò deciso “Conte
Phantomhive, è un piacere rivederla. A cosa devo l’onore della sua visita?”
Quelle parole
riuscirono a far accigliare maggiormente Ciel che superò Sebastian “Il piacere
non è ricambiato, temo. Suppongo lei sappia perfettamente il motivo della mia
visita quindi la inviterei a non farmi aspettare ulteriormente, signor Fowl!”
Le labbra di
Artemis si incresparono in modo impercettibile “Sarebbe più opportuno
accomodarsi nella mia stanza. Lì potremo parlare senza essere disturbati!” Il
giovane fissò il conte che si limitò ad un cenno del capo prima di seguirlo
fuori dal salone.
Artemis
represse un gemito entrando nel tripudio di colori che era diventata la sua
stanza “Prego, accomodatevi!” Fece cenno alla poltrona addossata alla parete
destra “Qui è tutto da rifare…” Una rapida occhiata alla maglia che indossava
gli fece roteare gli occhi “La mia credibilità sta toccando il fondo… ”
Ciel si guardò
intorno, la sua espressione era contrariata, ma andò lentamente a sedersi mentre
Sebastian rimase in piedi, accanto a lui “Cerchiamo di sbrigarci, ho degli
affari che non possono aspettare!” Phantomhive sfiorò il dorso della mano con le
dita tornando a fissare Artemis con espressione dura.
“Sono ben
consapevole di ciò, conte, sono nella medesima situazione ed è per questo che mi
rincresce doverla informare che il ritorno nella vostra dimora non potrà essere
immediato come entrambi speravamo, ma le assicuro che sto facendo il possibile
affinché non debba aspettare più del necessario!” Fowl si diresse verso la
scrivania prima di ritornare a guardare Ciel “Mi dica, conte Phantomhive, posso
in qualche modo alleviare la fatica di questa attesa? Dopotutto è mio ospite, al
momento, è mio dovere rendere la sua permanenza qui se non piacevole, quanto
meno sopportabile.” concluse accennando un sorriso di circostanza.
“Gradirei del
tè!” Fu la secca richiesta di Ciel che incrociò le braccia al petto voltando
subito lo sguardo verso il suo maggiordomo.
“Se permette,
signorino.” Sebastian si inchinò compostamente.
Il conte spostò
la sua attenzione oltre l’uomo “Puoi andare, Sebastian!” le parole uscirono
dalla sua bocca meccanicamente.
“Chiedo scusa,
signori, mi indichereste la cucina?”
Leale scoccò
un’occhiata al suo protetto che non mutò espressione.
“Leale, mostra
al nostro ospite la strada!”
“Ma…”
l’euroasiatico si avvicinò al giovane, poggiandogli una mano sulla spalla.
Le labbra di
Artemis si mossero appena “È tutto sotto controllo!” Gli occhi azzurri
incrociarono quelli rossi del maggiordomo a pochi metri di distanza e la
sensazione di disagio provata nella villa del conte si riappropriò per qualche
istante della sua mente “È un essere umano fuori dal comune!” quella
constatazione fece crescere la sua curiosità e il forte desiderio di saperne di
più, ma non potè far nulla che i due uomini si allontanarono in silenzio.
Quando Fowl j.
ritornò a prestare attenzione al conte, lo vide assorto a fissare un punto nella
stanza. Socchiuse le labbra prima di spostare lo sguardo, domandando “Le
andrebbe una partita a scacchi?”
“Durante il
nostro primo incontro mi diceva di essere a capo della famiglia, se non erro!”
Artemis mosse una pedina dopo aver riflettuto pochi istanti.
“Esattamente,
sono io che gestisco la società dei Phantomhive!”
“Se non sono
troppo indiscreto posso chiederle di cosa si occupa?”
Ciel alzò per
un attimo l’occhio azzurro sul suo interlocutore “La Funtom produce giocattoli e
dolci…”
Il giovane Fowl
rimase a scrutare il conte, osservandolo riflettere sulla prossima mossa da
effettuare. “Una società che vende dolci e giocattoli nel XVII secolo. Singolare
per una persona che dà l’impressione di fare tutt’altro. Come il suo
maggiordomo, è circondato da… un’aura particolare.”
Il lieve rumore
sulla scacchiera allontanò Artemis dai suoi pensieri solo il tempo necessario a
fargli continuare la partita.
“E lei, signor
Fowl, a quale scopo costruisce macchinari dalla dubbia utilità?”
“Ho diversi
affari da portare a termine ma non vorrei tediarla con le miei chiacchiere!”
Ciel inarcò un
sopracciglio ma non disse nulla.
La porta della
camera si aprì con un lieve rumore e Sebastian entrò con aria sicura reggendo un
vassoio ricolmo di tazze.
“Mi scuso per
l’attesa, signorino!” Esclamò e, senza che gli venisse detto alcunché, versò il
tè, con Leale alle calcagna che continuava a tenerlo d’occhio con aria vigile.
“È Earl Grey!”
disse il maggiordomo porgendo la porcellana al giovane che la prese senza
guardarlo e sorseggiò lentamente il tè, fissando la scacchiera.
“Prego!”
Artemis guardò
il demone che gli tendeva una tazza fumante e scambiò una rapida occhiata con
Leale prima di fissare gli occhi vermigli di Sebastian ed alzare una mano,
pronto a prendere l’oggetto.
La finestra si
spalancò all’improvviso, come colpita da una folata di vento, attirando su di sé
l’attenzione generale; una creatura appoggiò placidamente i piedi sul parapetto
per entrare subito dopo nella stanza.
“Un elfo!”
pensò trionfante Artemis, notando che l’essere portava un casco integrale che
impediva loro di guardarlo in viso e sulla divisa che indossava spiccava una
ghianda, simbolo della LEP.
“Pregherei il
responsabile della telefonata di farsi avanti in fretta. Non ho tempo da
perdere!” Esordì una voce femminile e Fowl si lasciò sfuggire un mezzo ghigno
“Benvenuta capitano Tappo, la stavamo aspettando!”
Dopo qualche
istante di silenzio l’elfo sfilò il casco e due occhi nocciola presero a fissare
con sospetto Artemis “Come fai a sapere il mio nome, fangosetto?” Avanzò
di poco “Sei stato tu a fare quella chiamata e a mettere in allarme il centauro
paranoico?”
“Ho paura di
sì, ma c’è una ragione ben precisa, ovviamente.” Un lieve sospiro “Mi scuso se
precipito in questo modo le cose ma, credimi, è meglio così per tutti. Alla fine
di questa storia non ricorderai neppure di aver vissuto questo momento!” Il
giovane si alzò e mosse un passo verso la finestra.
Spinella, di
rimando, poggiò una mano sulla Neutrino “Sei troppo enigmatico per i miei gusti!
Ti consiglio di spiegarmi cosa sta succedendo e di farlo in fretta se non vuoi
ritrovarti il cervello fritto!”
“Capitano
Tappo, si calmi!” Esclamò Leale, pronto ad intervenire.
“L’unico che
deve calmarsi sei tu, gigante!” l’elfo lanciò un’occhiataccia all’uomo,
aggrottando la fronte.
“Leale, me ne
occupo io!” Artemis alzò una mano verso la guardia del corpo e si avvicinò
ancora di più all’agente della LEP “Capitano Tappo… Spinella, se avessi più
tempo, ti assicuro che riuscirei a risolvere questo incidente di percorso da
solo. Sfortunatamente al momento la priorità è quella di rimediare a questa
situazione il più in fretta possibile.” Fowl guardò brevemente i suoi ospiti “È
per questo motivo che ho bisogno di alcuni oggetti non in mio possesso e che
solo qualcuno del Piccolo Popolo può darmi!”
“Chi ti
assicura che sia disposta a consegnarti quello che ti serve? La coesistenza
pacifica fra umani e Popolo non implica la collaborazioni fra le due razze! Hai
interrotto il lavoro di un’agente della Libera Eroica Polizia per un’inutile
richiesta: rifletti sul tuo modo egoistico di percepire la situazione.” Le
labbra dell’elfo si strinsero in modo severo “Inoltre non ho ancora capito il
perché di tutta questa confidenza; non mi sembra di aver mai avuto a che fare
con te!”
“No, suppongo
di no!” sussurrò Fowl junior senza smettere di fissare l’altra.
Spinella inarcò
un sopracciglio e portò un dito all’auricolare “Spiegami dove mi hai mandato,
Polledro! Sembra una gabbia di fangosi fuori di testa. La prossima volta che mi
chiederai un favore del genere, ricordami di rifiutare!” Restò in ascolto della
risposta e scosse la testa, girando lo sguardo sulle persone davanti a sé
“Spiegami che pericolo potrebbero rappresentare due bambini con i loro
baby-sitter.”
Ad Artemis non
sfuggì l’espressione decisamente contrariata del conte.
“Sto ritornando
alla centrale… non mi interessa perché questo fangosetto sappia i nostri nomi, è
irritante quanto basta. Manda qualcun altro prima che…”
“Signor Fowl,
gradirei sapere cosa faccia qui questa signora, oltre ad insultare i presenti!”
Ciel si alzò di scatto, in volto un’espressione indecifrabile che alla risata di
scherno di Spinella si incupì.
“Ma da dove
venite fuori?”
Artemis sospirò
“È quello che ti avrei spiegato se mi avessi lasciato parlare.” Il giovane si
avvicinò ulteriormente all’altra abbassando la voce. “Non sono di questo secolo
e ho bisogno del Popolo per far in modo che possano tornare a casa.”
L’elfo ritornò
serio, scrutando il giovane con attenzione “Non stai scherzando, vero?”
Fowl strinse le
labbra “Non avrei messo in allarme Polledro senza un motivo valido. Sapevo che
avrebbe mandato un agente a controllare la situazione e quindi mi è sembrato il
modo più rapido per risolvere il problema.”
“Problema che
rimane tuo, giusto?!” il capitano Tappo incrociò le braccia al petto “Spiegami
per quale motivo sei certo che il Popolo accetterà di aiutarti.” Scandì
lentamente le parole puntando gli occhi nocciola in quelli del suo
interlocutore.
Artemis rimase
in silenzio, sostenendo lo sguardo dell’elfo prima di trarre un respiro profondo
“Non ho una motivazione che potresti reputare idonea, mi dispiace. A questo
punto puoi considerare la mia richiesta un favore.”
Il ghigno che
comparve sul viso di Spinella non sorprese il giovane “Sei un fangosetto davvero
arrogante, o terribilmente ingenuo, se credi di convincermi a consegnare
qualcosa del Popolo ad un umano qualunque per fargli un semplice favore. Con
questo possiamo considerare chiusa la conversazione.” Fece per voltarsi ma si
fermò con un sospiro “Solo un’ultima cosa: qual è il tuo nome? Così anche il mio
amico paranoico sarà soddisfatto!”
“Polledro è in
grado di risalire alla mia identità con grande facilità e mi sorprenderebbe se
non l’avesse già fatto; non c’è alcun bisogno che dica nulla!” Fowl si guadagnò
un’occhiataccia dal capitano “Come vuoi.” Spinella alzò il casco per rimetterlo
ma si fermò quando la voce di Ciel risuonò nella stanza.
“Sebastian, non
farla scappare!”
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Capitolo 6 *** Capitolo 6 ***
Nuova pagina 1
CAPITOLO 6
L’eco della
frase del conte Phantomhive aleggiava ancora all’interno della stanza quando
Sebastian si mosse velocemente in avanti, ma Leale riuscì a frapporsi fra lui e
Spinella, arrestando l’avanzata del demone, che lo fissò con un ghigno sorpreso.
“Capitano
Tappo, vada via!”
L’elfo
socchiuse le labbra e fece per muovere un passo verso l’uomo, ma sembrò cambiare
idea, e indossò in fretta il casco.
“La prego di
lasciarmi passare, signore!” Esclamò Sebastian senza scomporsi; a rispondergli
fu l’espressione altrettanto bronzea dell’euroasiatico “Sono spiacente, ma non
lascerò che dei nobili appena arrivati facciano del male al capitano!”
Artemis si
lasciò sfuggire un mezzo sorriso a quell’esclamazione e si sentì quasi sollevato
nel notare che Spinella era scomparsa oltre la finestra “Dovrò trovare un altro
modo per recuperare quello che mi serve…” la constatazione fu accompagnata da
una rapida smorfia contrariata “Ormai non c’è più il rischio che possa
prenderla!” Si trovò ad aggiungere, suo malgrado.
“Sebastian,
questo è un ordine…”
Artemis si
voltò di scatto e inarcò un sopracciglio nel vedere Ciel stringere la benda che
copriva l’occhio destro “Cos’è quel simbolo?” Si chiese, incuriosito, notando lo
strano disegno inciso sull’iride del conte e che, in quel momento, emanava un
debole luccichio.
“Sì, mio
signore!” Esclamò subito il maggiordomo, distogliendo l’attenzione di Fowl dal
giovane dietro di sé.
Con uno scatto
fulmineo Sebastian raggiunse la guardia del corpo e la scaraventò senza alcuna
fatica contro la parete.
“Leale!”
Artemis spostò rapidamente lo sguardo dall’uomo al maggiordomo proiettato fuori
dalla finestra, per poi tornare nuovamente a Leale che, un po’ a fatica, si
stava rialzando.
“Stai bene?”
Chiese avvicinandosi di qualche passo e lanciando un’occhiata a Ciel, che era
rimasto immobile, gli occhi puntati fuori dalla stanza.
“Certo, sono
ancora intero, ma quel tipo ha una forza fuori dal normale!”
Il giovane
annuì con aria grave e lo sguardo perso nel vuoto “Provengono dall’ottocento,
l’aereo è ancora una fantasia…” Un respiro profondo “Non è un essere umano!” Si
lasciò sfuggire Artemis “Come sospettavo!”
“Arguta
osservazione, signor Fowl. Giunta un po’ troppo tardi, però, non crede?”
Phantomhive incrociò le braccia al petto, guadando il giovane Fowl con
disprezzo.
“Probabilmente
ha ragione.” Lo scintillio di soddisfazione nel suo sguardo strideva con le
parole appena pronunciate “Se non è un comune essere umano a che specie
appartiene… o devo dire appartenete?”
“Non che la
cosa la interessi, signor Fowl.”
“Naturalmente.”
Il conte
sospirò e con aria annoiata tornò a guardare fuori dalla finestra “Sebastian è
un demone, sempre che sappiate cosa ciò implichi.”
“Me ne rendo
conto anche più di quanto lei non immagini.” Il sussurro di Artemis fu appena
percepibile.
“Sta dicendo
sul serio, Artemis? Quel tipo è davvero un demone?” Il tono di Leale era
scettico.
“Non vedo
perché dovrebbe essere il contrario. In questo modo verrebbe spiegato tutto,
incluso il fatto che sappia volare.”
L’euroasiatico
socchiuse le labbra “Volare… Spinella!” Sussurrò, leggermente allarmato.
Fowl mosse
appena la testa con aria inespressiva “Esatto!”
“Lasciami
andare!” il sibilo dell’elfo anticipò l’entrata di Sebastian: tratteneva
Spinella per le braccia, sollevandola dal terreno.
Ad Artemis non
sfuggì la smorfia soddisfatta del suo ospite e il movimento appena accennato di
Leale che però, ad una sua occhiata, si fermò, reprimendo l’irritazione per
l’impossibilità di agire.
“Bene signora!
Veniamo subito al dunque!” Phantomhive mosse qualche passo in direzione
dell’agente della LEP, che tentava inutilmente di liberarsi “Sembra che lei
abbia qualcosa di cui il signor Fowl necessita per rimediare al suo errore…”
“Se speri che
consegni quello che chiedi ad un fangosetto arrogante come te, ti sbagli di
grosso! Ordina al tuo colosso di lasciarmi se non vuoi rischiare di essere
polverizzato, in barba alla coesistenza pacifica!” Spinella scosse la testa con
ancora addosso il casco ma Fowl aggrottò un sopracciglio “Cosa spera di ottenere
in questo modo?”
Dalla bocca di
Ciel non uscì neppure una parola. Continuò a fissare l’altra con sguardo
indifferente prima di tornare a parlare “Come può vedere, non è nelle condizioni
di potersi permettere un simile linguaggio e non credo che nella sua posizione
possa rifiutarsi di fare quello che le ho chiesto, non crede?” Il tono duro del
conte provocò solo uno sbuffo irritato da parte del capitano Tappo, che non
rispose all’umano.
Phantomhive
irrigidì la mascella di fronte al prolungarsi del silenzio e con pochi passi
raggiunse Spinella sfilandole di colpo il casco, che cadde a terra con un tonfo,
fissandola dritto negli occhi “Forse non ci siamo ben capiti…”
Leale socchiuse
le labbra, guardando Artemis, che però continuò a fargli cenno di aspettare.
“La mia non è
una richiesta, non accetto un rifiuto come risposta!”
L’elfo rimase
in silenzio qualche attimo, prima di scandire “Scordatelo!” con lentezza
esasperante.
Ciel si
irrigidì ulteriormente “Sebastian…” sibilò con aria incattivita “Liberati di
quest’essere inutile…”
Leale estrasse
la Sig Sauer prima che chiunque altro potesse muoversi “Non mi interessa se sei
un demone o altro, ma non muoverai un dito sul capitano!”
Ciel si voltò
verso l’euroasiatico con aria annoiata “Se pensa di spaventarmi con quell’arma,
si sta sbagliando…”
L’uomo non
sembrò turbato e continuò a mantenere la pistola puntata contro Sebastian con
stretta ferrea.
Fowl mosse
rapidamente lo sguardo da Ciel a Leale ma, prima che potesse proferir parola, la
sua guarda del corpo mosse la bocca dell’arma verso il conte Phantomhive. “Sarà
abbastanza spaventato con qualche proiettile in testa, non crede, signor conte?”
Il cipiglio che
curvò la fronte di Phantomhive fece inspirare Artemis prima che il giovane
muovesse qualche passo in avanti, frapponendosi fra Leale e il suo obiettivo
“Signori, per favore, cerchiamo di calmarci!”
“Artemis che
stai facendo? Spostati subito!” Nella voce dell’uomo risuonò una nota allarmata.
Il rampollo di
casa Fowl scosse la testa con aria risoluta “Mi dispiace Leale, ma è meglio che le cose non precipitino più di quanto non stiano già facendo…” Un lieve cipiglio
indurì l’espressione del ragazzo per qualche secondo “Non vogliamo che succeda
qualcosa al capitano Tappo, giusto?”
L’uomo fissò
Artemis e la determinazione nel suo sguardo; si limitò ad annuire, abbassando
l’arma di poco, ma questo bastò all’altro che rivolse la sua attenzione al conte
e al suo maggiordomo; l’uomo teneva ancora ferma Spinella senza però dare
l’impressione di aver cattive intenzioni.
“Non c’è
bisogno di usare la forza per risolvere il nostro problema, non crede?” Artemis
mosse un passo, ma Phantomhive non fece una piega, continuando a puntare gli
occhi bicolore su di lui. “Sono sicuro che il capitano Tappo converrà con me che
sarebbe meglio cominciare a collaborare!”
L’occhiataccia
che arrivò di rimando da parte dell’elfo non prometteva nulla di buono, ma non
si sarebbe aspettato niente di diverso. Portò due dita alla tempia destra
rimanendo qualche istante in silenzio prima che qualcosa gli affiorasse alla
mente. Riportò la sua attenzione sull’agente della LEP “Conte Phantomhive…”
esordì dopo aver incrociato lo sguardo di Spinella “Sono sicuro che la signora
voglia parlare con lei per ridiscutere i termini dell’accordo!” Gli occhi
azzurri guizzarono da Ciel a Spinella prima che quest’ultima assumesse per un
attimo un’aria incredula, diventando, poi, mortalmente seria, e rivolgendo tutta
la sua attenzione al conte, che sussurrò un “Lo spero per lei!” prima di fissare
gli occhi nocciola che sembrarono scurirsi.
“Signor conte…”
esordì Spinella, con voce improvvisamente suadente “Credo proprio di aver
sbagliato a giudicarla…”
Ciel inarcò un
sopracciglio, ma prima che potesse proferir parola, pendeva già dalle labbra
dall’elfo. “Sa, credo che abbiamo cominciato col piede sbagliato, ma forse
possiamo rimediare!” La voce carica di fascino aveva ormai fatto breccia nel
conte che si limitò ad annuire con fare meccanico.
“Che ne direbbe
se provassimo ad andare d’accordo?”
Il giovane
inglese socchiuse le labbra; dopo un attimo che sembrò di esitazione esclamò
“Non chiedo di meglio, signora!”
Un ghigno di
soddisfazione comparve sul volto di Spinella, subito cancellato da un’aria di
stupore.
Artemis guardò
il volto del capitano Tappo cambiare repentinamente espressione ma non gli fu
dato il tempo di pensare alcunché e un grido soffocato anticipò un fulmineo
scoppio di luce.
“Che sta
succedendo?” domandò Leale, ormai alle spalle del giovane Fowl, che scosse
semplicemente la testa prima di avvicinarsi a Spinella, ancora a qualche dozzina
di centimetri dal pavimento. Vedere l’elfo con ancora un’aria incredula dipinta
in volto non gli fece presagire nulla di buono e quando fu a non più di un metro
di distanza capì la portata del problema.
“Cosa mi hai
fatto?” La voce incrinata di Phantomhive non distolse l’attenzione di Artemis
dagli occhi dell’amica che erano palesemente spaiati “Questo non l’avevo davvero
previsto!” Pensò non senza una punta di entusiasmo che venne messo da parte nel
notare il simbolo sull’iride di Spinella, identico a quello mostrato a tutti dal
conte.
“Vi ho chiesto
cosa mi avete fatto ed esiguo una risposta!” Ciel strattonò Artemis per farlo
allontanare e poter essere a quattrocchi con l’elfo “Ne ho davvero abbastanza di
tutti voi, troverò da solo il modo per far rientro a casa! Sebastian, questo è
un ordine, uccidili tutti, e spazza via questo posto!”
Seguì un lungo
attimo di silenzio prima che l’uomo parlasse “Sono spiacente signorino, ma non
mi è più permesso eseguire i vostri ordini.”
Phantomhive
fissò accigliato il maggiordomo che ricambiò lo sguardo con aria mesta.
“Cos’hai
detto?” Sibilò a denti stretti afferrandolo per la giacca scura “Abbiamo un
contratto, ricordalo!”
Fowl inspirò
brevemente “Signor Phantomhive, ho come l’impressione che sia venuto meno un
importante elemento che legava il suo demone a lei… e suppongo che ora sia il
capitano Tappo ad avere un maggiordomo!”
L’occhiata di
Spinella gli sembrava decisamente più sconvolta rispetto a quella del suo ospite
ma sicuramente altrettanto contrariata.
“Spiegati
meglio, fangosetto, non credo di seguire le tue farneticazioni!”
Artemis annuì e
notò che anche Phantomhive sembrava interessato alla spiegazione “Il fascino che
hai appena usato sul mio ospite, deve essere entrato in contrasto con il marchio
sul suo occhio provocando lo strano fenomeno che non avevo previsto: capitano
Tappo, ora puoi anche ordinare all’uomo alla tue spalle di lasciarti andare!”
L’elfo guardò
torvo il giovane Fowl per qualche secondo prima di piegare le labbra in una
smorfia dubbiosa “Ehi, tu, colosso! Lasciami subito andare.” Esclamò con poca
convinzione cambiando subito espressione quando Sebastian la rimise lentamente a
terra.
“Com’è
possibile?” Ciel sembrò parlare a se stesso “Sebastian, com’è possibile una cosa
del genere? Il contratto, il…” La voce di Phantomhive si affievolì davanti
all’evidenza dei fatti, ma questo non gli impedì di strattonare ancora il
maggiordomo “Fa’ tornare tutto come prima! Sei un demone, no? Puoi farlo!” Il
tono era meno deciso del solito, ma il conte aveva riacquistato l’autocontrollo.
L’uomo scosse
mestamente il capo.
“Conte
Phantomhive, il suo servitore è sotto il controllo del capitano Tappo e prima se
ne farà una ragione, pri…”
“Chiuda la
bocca, Fowl, lo so benissimo cos’è successo e che è solo colpa sua!” Ciel
fulminò l’altro guadagnandosi un’occhiata perplessa.
“Bene!” Mormorò
Artemis, rivolgendosi poi all’agente della LEP “Spinella, avresti dovuto
ascoltarmi, ci saremmo evitati questa situazione incresciosa… ora credi che sia
il caso di aiutarmi?”
L’elfo si
allontanò di qualche passo dal gruppo e raccolse da terra il casco, indossandolo
e alzando la visiera “Polledro, hai sentito?! Ci sono novità… e smettila di
nitrire, potresti rischiare molto!” Rimase in silenzio fissando gli umani, prima
di annuire “Va bene…” Bisbigliò alzando gli occhi bicolore su Artemis. “Dimmi
cosa ti serve, fangosetto; sono disposta a darti ascolto, ma non ti permetterò
di seguirmi, dovrete aspettare il mio ritorno!” Le sopracciglia di Spinella si
piegarono in modo quasi innaturale.
“Capisco, ma
nulla vieta al tuo maggiordomo di seguirti fino a Cantuccio per aiutarti,
no?”
L’altra sembrò
soppesare il suggerimento prima di sospirare “Cerca di non rallentarmi,
fangoso!” Sbottò rivolta a Sebastian, che accennò un inchino “Come desidera,
signora!”
Il capitano
fece una smorfia “Finiamo in fretta questa pantomima disgustosa.” Sussurrò
attraversando la finestra, con il demone alle calcagna.
Artemis guardò
i due sparire e incrociò le braccia “Vado a rivedere il progetto prima che
facciano ritorno!”
Leale annuì
seguendo Fowl che però si fermò dopo pochi passi “Lei viene con noi, signor
Phantomhive?” Un lieve sorriso si allungò sul volto pallido.
A rispondergli
vi fu solo il silenzio e un cenno del capo, prima che Ciel li seguisse.
“Bene, è tutto pronto!” Esclamò
Artemis con aria soddisfatta, lanciando un’occhiata alla macchina.
“Sei sicuro che questa cosa
funzionerà?” Il viso di Spinella esternava tutta la sua perplessità.
“Certo!” Si limitò ad esclamare il
giovane Fowl, afferrando il telecomando per digitare gli ultimi dati necessari.
Ciel osservava la scena in
completo mutismo, solo le sopracciglia continuavamo ad inclinarsi, con fare
nervoso.
“Va bene, se qualcosa va storto
sai come rintracciarmi… sempre se potrai ancora farlo!” L’elfo saltò sul bordo
della finestra.
“Dove va’ capitano Tappo?” Chiese
Leale guardandola con la coda dell’occhio mentre controllava per l’ennesima
volta che tutte le parti fossero montate perfettamente.
“Non penserete che me ne rimanga
qui. Se salterete in aria non voglio essere dei vostri!” Fece spallucce e,
silenziosa com’era arrivata, scomparve alla loro vista.
“Ci sentiamo nel presente giusto!”
Si limitò a sussurrare Artemis, premendo, senza preavviso, il pulsante di
avvio.
Epilogo
Il ticchettio
dei tasti del pc portatile riecheggiavano nella stanza silenziosa e le dita
pallide e affusolate di Artemis si muovevano velocemente sulla tastiera.
L’ambiente
aveva ritrovato il consueto arredamento; l’unica nota stonata era costituita
dalla manica multicolore che spuntava dal cestino della spazzatura.
L’esperimento non ha dato i risultati previsti inizialmente, ma non sarà mai il
primo intoppo a fermare la ricerca e, quando saranno stabiliti con certezza le
cause degli inconvenienti, si procederà con una nuova rielaborazione del
progetto.
Fissò le ultime
righe scritte: le parole nere risaltarono sulla pagina elettronica ed Artemis si
lasciò sfuggire un lieve sorriso “Andrà tutto da copione… la prossima volta!”
Fine
Note: questa fan fiction è nata per gioco, a causa
delle somiglianze assurde che a volte riesco a trovare… e meno male XD Grazie a
questa storia, infatti, mi sono resa conto di non essere l’unica a pensare che
certi personaggi siano gemelli separati alla nascita e ciò mi consola. Inoltre
ho potuto conoscere altri fan della mitica saga di Colfer che, stranamente,
sembrano essere degli esseri mitologici rari.
Ringrazio tutti coloro che hanno letto fin qui; spero
che la fan fiction sia stata di vostro gradimento e che vi abbia divertito
almeno un po’… io mi sono fatta un sacco di risate, da sola, come una mezza
esaltata ^^;
Con questo è davvero tutto!
Baci baci
Prue
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