Power

di Keily_Neko
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1: Passato, presente, futuro ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2: Il codice ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3: In fuga ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1: Passato, presente, futuro ***


 

hola! finalmente ho deciso di rifare la presentazione al capitolo XD visto che era la prima storia che pubblicavo su efp avevo seri problemi O.O ma passiamo oltre XD
questa è la mia prima storia originale; l'idea mi è venuta in mente in un tema in classe di seconda media e circa un anno dopo ho iniziato a scrivere questi capitoli; sono passati tre anni da quella volta, quindi questi primi capitoli saranno sicuramente peggiori di quelli che posterò (eventualmente) in futuro, quindi abbiate pazienza XD
detto questo vi lascio al primo capitolo *^*



“Areyl! Muoviti dormigliona!”. La voce di Seth mi arrivò all’orecchio molto attutita e distante, ma riuscii comunque a sentirla e a malincuore mi alzai dal letto e raggiunsi la finestra; dal terzo piano vidi Seth che stava creando una sfera di fuoco nella mano; scattai: “Non provarci neanche! L’altra settimana hai dato fuoco alle tende e per poco non mi incendiavi la casa!”

“Ma non l’ho fatto apposta! Mi è scivolata la mano”.

Sì, bella scusa. Se a lui era scivolata la mano, io riuscivo a percorrere i cento metri in due secondi.

“Dai muoviti che Zefren ha trovato qualcosa”, urlò lui.

Questa sì che era una notizia!

“Ok, scendo subito”.

Andai in bagno, mi cambiai, mi infilai un paio di jeans, una maglietta a maniche corte e le scarpe. In quattro secondi netti chiusi la porta di casa e mi precipitai giù dalla rampa di scale. Il mio era uno dei pochi palazzi in cui la tecnologia delle scale mobili non si era ancora stabilita, perciò arrivai da Seth con il fiatone.

“Uf, era ora che arrivassi! Da quando è che dormi così tanto?”

Avevo appena finito di leggere un libro per non perdere la calma perché l’ultima volta a Seth era arrivato un bello schiaffo.... 'Regola n°4: fare un bel respiro'. Prima di rispondergli inspirai tanta aria da avere i polmoni pieni: “Ieri sera.. anzi ieri notte sono andata a dormire alle cinque”.

Funzionava. Non gli avevo ancora fatto niente. Mi sistemai la bandana rossa, che tenevo sempre al collo, e aspettai una sua contestazione; ma si limitò solo a dire: “Dai muoviti, Zefren ci aspetta”; ma dopo nemmeno cinque secondi aggiunse, con il suo tipico “sorrisetto furbetto”: “… e neanche lui ha dormito stanotte”.

Tipico di Seth, doveva avere sempre lui l’ultima parola.

Sorrisi accorgendomi che proprio quel giorno, molto tempo prima, la mia vita aveva preso una piega inaspettata.

 

Circa un anno prima mi ero svegliata su un divano bianco, senza sapere né dove, né come, né quando ci fossi finita sopra; l’unica cosa che ricordavo del mio passato era il mio nome.

Mi alzai e mi guardai intorno: le pareti che mi circondavano erano candide come il divano ma non mi dicevano niente; avrei potuto restare lì in attesa di qualcosa, o qualcuno, ma data la mia incapacità di stare ferma, decisi di uscire per magari scoprire qualcosa che mi fosse familiare. Quindi uscii dalla stanza e, passando per alcuni corridoi bianchi e pulitissimi senza incontrare nessuno, varcai quella che doveva essere la porta d'ingresso, per recarmi all'aria aperta; mi ritrovai in una immensa città, con edifici futuristici e altissimi, di cui la cima andava oltre le nuvole.

Ero smarrita, non sapevo dove andare né cosa fare, la città mi appariva estranea e spaventosa; per le strade un brulichio di gente camminava o correva, se era in ritardo per qualcosa; con mio enorme stupore e spavento notai anche che c’erano persone che volavano, senza ali, turbopropulsori, o robe del genere: semplicemente fluttuavano e si spostavano in aria. Ma sembrava che solo io ne fossi sorpresa o li vedessi, perché le persone che camminavano tranquille per strada non sembravano stupite o colpite, come se fosse un fatto naturale e ovvio; magari però lo era, in fondo non ricordavo niente del passato... forse anch'io ero vissuta fra loro... eppure dentro di me sentivo che non era così: quel modo di spostarsi era completamente estraneo a quello che usavo io nella mia, diciamo esistenza precedente. Mi sentivo spaventata e a disagio tra la gente che fluttuava, ma soprattutto che sapeva chi era e dove stava andando, quindi svoltai in una stradina solitaria; ok, la prima cosa da capire era dove fossi, al resto avrei pensato dopo. Cercai cartelli in giro che magari indicassero il nome di qualche via o altro, ma non ne trovai; mi parve strano però che avessi dimenticato solo quello che riguardava il mio passato e non i nomi degli oggetti per esempio... non sapevo bene come funzionava un'amnesia, ma ero sicura che la mia non era normale.

Mi accorsi solo in quel momento di cosa avessi al collo: una bandana rossa, tra l'altro anche molto bella; me la sciolsi e la guardai: sopra di essa c’erano vari disegnetti in bianco che non capivo cosa significassero, ma quello che catturò di più la mia attenzione fu una scritta in alto a destra: “IDASTYS LENNDI”. Ci pensai sopra, ma non mi diceva niente.

Ammirando quel pezzo di stoffa rosso stavo per girare l’angolo quando… STUNG! E caddi a terra. Mi ero scontrata con un ragazzo di circa diciotto anni, alto, con i capelli neri ribelli e uno sguardo da sedicenne che ne ha combinato una delle sue: “Chiedo scusa, non…” , iniziai, ma il ragazzo mi prese per un braccio e mi trascinò per un’altra via: “Non c’è tempo!”, esclamò, “Penseranno che anche tu sei con me.”, mi disse.

“Penseranno… chi?”, chiesi perplessa.

In risposta dall’angolo provennero delle voci “è andato per di qua. Svelti, non lasciamocelo scappare!”.

“Cavolo!”, disse il ragazzo, “ per caso hai qualche potere che facilita la fuga?”

Prego?

Dopo un attimo di smarrimento gli risposi “Ma io non ho poteri”, ma le mie parole furono coperte da un ruggito e, girandomi, vidi una tigre bianca spuntare dall’angolo: “E quella da dove arriva?”, urlai al ragazzo, sempre correndo.

“è un Mutaforma”, mi rispose lui, continuando a trascinarmi dietro di lui tenendomi per il polso destro.

Splendido, ci stavo capendo sempre meno, ma non avevo fiato per chiedergli cosa diavolo fossero i Mutaforma, anche se ne intuivo il significato.

“Per di qua!”, urlò lui e io lo seguii lungo una via strettissima; a circa metà di quell'angusta strada c'era una scala di ferro che saliva verticalmente. Il mio 'sequestratore' prese quella direzione e io dietro come un cane; ad un tratto saltò dentro una finestra aperta e naturalmente lo seguii.

Ci ritrovammo in una specie di soggiorno con ampie vetrate dalla parte opposta rispetto a quella da dove eravamo entrati; sulla destra troneggiava una scrivania con sopra un computer apparentemente di ultima generazione; a fianco c'era una libreria stracolma di libri, apparentemente anche antichi; per concludere addossato alla parete era posizionato un elegante divanetto di pelle nera.

“Seth, sei tu?”, chiese una voce maschile da un’altra stanza, riscuotendomi dai miei pensieri.

“E chi potrebbe essere se no!”, urlò il ragazzo vicino a me, che doveva essere Seth.

“Cos’hai combinato stavolta?”, chiese la voce.

“Niente di grave”, rispose Seth, “ho solo fatto arrabbiare un po’ la Ares”.

Se prima ci capivo poco, ora mi ero completamente persa; almeno avevo inquadrato Seth come persona: uno spirito libero che se ne va in giro a combinare guai.

“Spero che tu sia presentabile Zefren”, disse Seth, alla persona nell’altra stanza, interrompendo le mie riflessioni “abbiamo un’ospite”.

“Chi?”, chiese Zefren e sentii che la voce era più vicina; dopo un attimo, da una delle stanze collegate al salotto, uscì un ragazzo anche lui sui diciotto-venti anni, di corporatura media, più basso di Seth, con i capelli color castano chiaro; ma quello che mi colpì di più fu il colore degli occhi: verde smeraldo. Nel complesso era… ok, va bene, lo ammetto, era molto molto carino.

“Salve”, mi salutò Zefren, “posso sapere con chi ho l’onore di parlare?”.

Wow, era anche educato; forse avevo trovato la mia idea di uomo perfetto.

“Areyl”, risposi meccanicamente, almeno il mio nome lo ricordavo ancora.

“Sei un’amica di Seth?”, mi chiese fissando l'amico.

“No, veramente l’ho appena incontrato perché mi è arrivato addosso”, gli spiegai.

“Non è andata veramente così”, cercò di giustificarsi Seth, “sì, le sono arrivato addosso, perché ero inseguito dalla Ares e…”, non finì la frase perché lo interruppi.

“Fermo, fermo, fermo. Chi è la Ares?”, chiesi.

Mi guardarono come se provenissi da un altro pianeta.

“Stai scherzando, vero?”, disse Seth e poi, vedendo la mia espressione seria, proseguì, “Davvero non sai cos'è la Ares? Ma cosa insegnano a scuola ai nostri giorni!”

Zefren gli lanciò un'occhiataccia così Seth iniziò a spiegare: “La Ares è un’organizzazione attiva dal 2220 che si occupa di trovare, catturare e addestrare gli esseri umani dai poteri più promettenti per imporre il proprio dominio sul mondo”, concluse.

“Vedo che abbiamo studiato”, disse ironicamente Zefren.

“Ah-ah”, fu l'unico commento di Seth.

Mi ci vollero quei venti secondi per assimilare quell’affermazione: poteri? Impossibile, da quello che ricordavo i poteri esistevano solo nei fumetti e nei film! Eppure… “Esistono umani provvisti di poteri?”, chiesi.

Mi guardarono come se fossi impazzita “Certo, tutti gli uomini hanno poteri, anche noi due”, mi rispose dolcemente Zefren, indicando lui e Seth.

“Ma da dove vieni, dalla luna?”, chiese Seth quasi esasperato, “avrai anche tu un potere, no?”.

“No io non ho poteri”, risposi sempre più sorpresa; almeno, non che io lo sapessi.

“Impossibile”, esclamò Seth.

“Infatti”, concordò Zefren, “nessun potere”.

A quel punto mi stufai ed esclamai “Ehi, non è mica colpa mia se mi sono svegliata un paio di ore fa su un divano, sono uscita dall’edificio che sapevo solo il mio nome, mi sono trovata in una città in cui le persone fluttuano in aria, ho incontrato voi due e casco dalle nuvole perché non ho né alba né tramonto di che cosa stiate parlando!”.

Dopo quella sfuriata che li lasciò zitti mi sentii meglio.

“Quindi ricapitolando…”, iniziò Zefren dopo un attimo di silenzio, “hai perso la memoria, non sai dove sei e non hai neanche indizi su chi eri, giusto?”.

Esatto, niente indizi… no, aspetta, la bandana! Me la sfilai dal collo e feci leggere loro la scritta: “E non sai cosa significa?”, chiese Seth.

“No, ma è l’unico oggetto che ha qualche riferimento con chi ero”, risposi.

“Non è molto, ma ci lavorerò su; in una settimana circa dovremmo sapere almeno cosa vuol dire”, disse Zefren.

“Cosa? Ma allora mi aiuterete?”, chiesi stupita.

“Certo, per chi ci prendi? Non è da me lasciare una donzella in difficoltà”, confermò Seth battendosi una mano sul petto.

Donzella in difficoltà. Non sapevo perché, ma sospettavo che mi sarei abituata alle sue uscite. Guardai Zefren che annuì.

“E visto che sono in debito con te di uno scontro”, continuò Seth, “ti posso offrire un posto dove stare”.

“Una casa?”, chiesi.

“Beh, chiamarla casa è un po’ troppo, ma è confortevole e non dà nell’occhio. Il proprietario mi deve un favore”.

“Grazie, grazie, grazie, grazie!”, dissi un po’ commossa.

Il fatto che due ragazzi, che fino a tre ore prima non sapevo neanche che esistessero, mi stavano dando una mano, mi fossero amici e mi dessero pure una casa era magnifico.

“A proposito”, cominciò Zefren, “non ci siamo presentati a dovere. Io sono Zefren Leris e ho il potere di spostare gli oggetti”.

Senza che me ne rendessi conto il divano dietro di me cominciò a fluttuare; riuscii per poco a non cacciare un urlo.

“E io sono Seth Ranger e controllo il potere del fuoco”.

Nella sua mano, come per magia, dal nulla, si creò una sfera di fuoco che ardeva senza bisogno di combustibile; non era un’illusione, e neanche un ologramma: era fuoco vero.

“Bene”, iniziò Seth, “è il caso che ti accompagniamo alla tua nuova casa”.

Zefren mi fece segno di seguire Seth che si era già avviato verso la porta.

Appena uscita notai che non c’erano scale normali, ma delle scale mobili; Seth ci salì su e io lo seguii a ruota. Dopo essere usciti dall’edificio, che era uno dei più alti che avessi visto, Zefren mi parlò: “Dunque, visto che non ricordi niente del mondo attuale, ho pensato che potremmo farti una lezione di storia accelerata, tanto per capire dove ti trovi”.

“Togli il plurale”, puntualizzò Seth iniziando a camminare, “lo sai che sono una frana in storia”.

“Sì, come in tutte le altre materie. Mi chiedo ancora come tu sia riuscito a uscire dalle superiori con tutte quelle insufficienze”.

Seth sbuffò “Uffa, allora non perdere tempo e fai un resoconto della storia attuale; così ripasso anch’io, maestro”, finì con un sorrisetto.

Zefren doveva essere abituato alle battute dell’amico perché si rivolse a me e iniziò a raccontare: “Per iniziare devi sapere che questo è l'anno 2331; la storia contemporanea inizia nel 2160, con lo scoppio a catena di molte centrali nucleari nell’America settentrionale. Quel disastro di origini mondiali ha causato varie mutazioni genetiche: terra, cielo, acqua, aria, piante, animali e uomini non erano più come prima. Dopo un paio di generazioni, alcuni umani si accorsero di avere dei poteri, che chiamarono semplicemente doti particolari, che permettevano loro di correre molto più veloce degli altri o di levitare da terra concentrandosi. Dapprima questi dotati erano pochi, poi generazione dopo generazione, tutta l’umanità ha acquisito un potere, che si manifesta in maniera diversa a seconda delle persone. Esistono i Mutaforma, che riescono a trasformarsi in un animale in particolare con cui hanno qualche affinità; gli Incendiari, come Seth; i Move, come me e altre categorie di poteri.

In tutta questa storia, nel 2220, venne creata la Ares, un’organizzazione il cui compito è trovare gli umani più promettenti e usarli per imporre il proprio dominio. Anno dopo anno, decennio dopo decennio, la Ares è cresciuta di numero ed ora può contare su poteri eccezionali dalla propria parte. Attualmente il suo capo si chiama Artax e si dice che abbia un potere straordinario, anche se nessuno sa quale sia”.

“Ma deve essere eccezionale se riesce a tenere a bada centinaia di esseri umani!”, lo interruppe Seth.

“Ma come fanno a convincere una persona ad unirsi alla Ares?”, chiesi.

“Beh, prima ci provano con le buone, poi con la forza e alla fine, se non cedi, ti iniettano una sostanza cancella-memoria e poi te la riparano a loro piacimento”, mi spiegò Zefren.

Cancella-memoria…

Mi si accese subito la lampadina in testa. E se…

“E se la Ares avesse usato con me quella sostanza…”, iniziai.

“…e che per cause anomale ti abbia cancellato sia la memoria che i poteri? Non è da escludere”, concluse Zefren.

Continuando a discutere su questa ipotesi non mi accorsi che ci eravamo fermati di fronte ad un palazzo che, rispetto agli altri edifici, pareva risalire ad almeno cinquant'anni prima. Vicino alla porta che conduceva alle scale un signore sulla sessantina stava spazzando per terra; appena ci vide il suo volto si illuminò: “Seth, Zefren, che piacere vedervi!”, esclamò.

“Ciao Daster, come va, vecchio mio?”, lo salutò Seth.

“Non c’è male, ragazzo; ma dimmi… chi è questa incantevole fanciulla?”, chiese Daster guardandomi.

Incantevole? Daster doveva avere sicuramente gli occhiali ed essersi dimenticato di metterli.

“Lei è Areyl”, disse Zefren, “è… una nostra vecchia amica che non vediamo da tempo”.

“Si è appena trasferita in città e pensavamo di farla abitare nell’appartamento al terzo piano, visto che non sa dove andare”, disse Seth.

Io abbozzai un sorriso, impaurita che potesse rispondere un “no” secco. Invece Daster mi sorrise con cordialità e disse: “Ma certo! Agli amici di chi ha salvato mia figlia faccio qualsiasi favore!”.

Avrei chiesto dopo ulteriori spiegazioni su quella frase.

Daster ci invitò a seguirlo su per una normale rampa di scale fino al terzo piano; arrivato davanti ad una porta si fermò e tirò fuori un mazzo di chiavi: “Era da tempo che nessuno ci abitava più. Non fate caso al disordine e alla polvere: basta pulire un attimino e tornerà come nuova”.

La serratura scattò e ci ritrovammo in un piccolo soggiorno, metà di quello di Zefren, che dava su un corridoio collegato a tre stanze, in una delle quali identificai un bagno; le altre due erano una cucina e una camera, con un letto e una scrivania con sopra un computer risalente a una decina, se non più, di anni prima. La casa era piena di polvere, ma nel complesso era molto bella e confortevole: nessuno avrebbe potuto darmi fastidio, tanto meno la Ares.

“è splendida! Anzi, è perfetta!”, esclamai.

“Guarda che non serve fare finta che ti piaccia”, mi disse Seth.

“Ma a me piace veramente!”, protestai.

“Beh, in questo caso sono contento per te”.

“Se avete bisogno di qualcosa, chiamatemi. Sono in casa mia al piano di sotto. È stato un piacere conoscerti, signorina Areyl”, e detto questo Daster fece un inchino, come quelli dell'età medievale, e se ne andò.

Rimasti soli Seth si rivolse a me: “Dai, ora puoi dire che questo posto fa schifo”.

“Io ti continuo a dire che mi piace; basta solo dare una pulitina”, risposi, quasi seccata per l’insulto che aveva rivolto alla mia nuova casetta.

“Vuoi che ti diamo una mano?”, domandò Zefren.

“No, grazie, ma non serve. Preferisco fare da sola”, gli risposi.

“Molto bene, allora noi ti lasciamo. Se hai bisogno di qualcosa sai dove abita Zefren: troverai lì anche me”, disse Seth.

Annuii.

“Seth”, lo chiamai, lui si girò, “puoi dirmi cos’hai fatto per quell’uomo da meritarti tanto ringraziamento?”.

Lui sorrise: “qualche mese fa la Ares voleva prendere sua figlia per il suo potere di solidificare l’acqua in ghiaccio; allora io li ho aiutati e ho dato una lezione con i fiocchi e controfiocchi a quella dannata organizzazione”.

Dalla faccia di Zefren capii che doveva aver esagerato almeno un po’, ma non indagai mai.

 

Da quel giorno passò un anno: la mia casa era pulita e ordinata; avevo stretto amicizia con Daster (il quale, come pensavo, portava gli occhiali); Seth aveva fatto arrabbiare ancora la Ares; andavo ogni giorno a casa di Zefren per continuare le ricerche sul mio passato.

Meditai parecchie volte sulle parole che disse Zefren quando lui e Seth mi offrirono il loro aiuto: “Non è molto, ma ci lavorerò su; in una settimana circa dovremmo sapere almeno cosa vuol dire”; non per mettere in dubbio le capacità di Zefren, ma era passato un anno.

Quella mattina Seth era venuto da me con la rivelazione che Zefren aveva trovato qualcosa: chissà cosa, ma non vedevo l’ora di scoprirlo…

“E allora? Stai dormendo in piedi?”, disse Seth distogliendomi dalle mie riflessioni.

Non so cosa avesse trovato Zefren, ma ero sicura al cento per cento (non so come, forse intuito femminile) che fosse qualcosa di importante.



spero che la storia vi abbia incuriositi *^* al prossimo capitolo *A*

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Capitolo 2
*** Capitolo 2: Il codice ***


e finalmente aggiorno! ho riparato il capitolo scritto più di due anni fa e lo posto ora *^* per chi volesse poi ho sistemato anche il capitolo precedente correggendo mostruosità che ho fatto a suo tempo XD ringrazio Pandora per la recensione, e ora continuiamo *^*



Arrivammo vicino alla casa di Zefren cinque minuti dopo: in condizioni normali ci avremmo messo dieci minuti minimo per arrivare, ma la mia agitazione era tale che avevo costretto Seth a fare quasi metà della strada di corsa.

“Muoviti Seth!”, gli esclamai per esortarlo a fare più in fretta.

Eravamo arrivati all'incrocio prima del palazzo dove abitava Zefren.

“Ma da dove arriva tutta questa energia?! Cinque minuti fa stavi crollando di stanchezza!”, ribatté lui sbuffando. Vedendo che ero qualche metro davanti a lui mi richiamò: “Ehi! Torna subito qui!”

Tornai indietro di malavoglia: era accaduto che mi avevano messo una specie di guinzaglio nell'ultimo periodo (ovviamente in modo figurato) perché con la scusa che non avevo poteri e quindi non avrei saputo difendermi da eventuali assalitori/pericoli, non potevo uscire da sola e per ogni cosa dovevo chiamare o Seth o Zefren; quella situazione mi infastidiva molto, perché non ero più autonoma... Già, perché non era stato sempre così... tutta colpa di quello stupido incidente!

“Non devi mai allontanarti Ayl”, mi ammonì Seth, “o forse ti sei dimenticata di quell'episodio?”

Abbassai lo sguardo: “No, non me lo sono dimenticata...”

E come potevo? Circa due mesi prima ero andata a fare un po' di spesa per me ad un supermercato vicino; era sera e a quel tempo non ero ancora sorvegliata a vista dai miei due amici, ma ero comunque tranquilla mentre tornavo a casa passando per delle vie poco frequentate. Girando un angolo però ero stata assalita di colpo da un uomo che doveva aver bevuto qualche (molti) bicchiere di troppo; mi ero dimenata, ma lui mi teneva le mani strette nella presa della sinistra e non potevo neanche scalciare perché mi aveva immobilizzata contro il muro di una casa. Anche la paura aveva fatto la sua parte, impedendomi di ragionare come di norma; la sua forza era molto superiore alla mia e non potevo neanche gridare visto che mi aveva tappato la bocca con la mano libera. Ero spaventata come non mai e non potevo fare niente! Nella mia mente avevano iniziato a focalizzarsi le immagini di quello che quell'uomo poteva farmi e a quel punto una lacrima scese dal mio occhio destro. Ad un tratto qualcuno aveva spinto l'uomo lontano da me con forza, facendolo cadere a terra e mi si era parato davanti costringendolo poi alla fuga: erano Seth e Zefren che, a quanto mi avevano detto, passavano lì per caso (io ci credo ancora poco). Mi ero riavuto dallo spavento e li avevo ringraziati sorridendo; loro, dopo essersi appurati che stessi bene, si erano guardati seriamente e avevano annuito, cosa che non avevo capito in quel momento...

Da quel giorno non mi avevano lasciata più uscire da sola per paura che succedesse di nuovo un episodio del genere; ci avevo provato una volta, sgattaiolando fuori un pomeriggio per andare in biblioteca, ma appena ero tornata avevo trovato quei due ad aspettarmi davanti alla porta di casa: mi sgridarono dicendomi che ero un'irresponsabile, che avevano detto che dovevo avvertirli, che li avevo fatti spaventare a morte non trovandomi a casa eccetera eccetera.... era stata la prima e unica volta che li avevo visti così infuriati; eppure secondo me Seth ne aveva combinate anche di peggiori quando aveva meno anni di me...

“Non è questo il punto!”, mi disse, “allora: uno, non hai poteri quindi non puoi difenderti come si dovrebbe; due, sei una ragazza; tre, sei una ragazza diciassettenne; quattro, sei una ragazza diciassettenne splendida! Come puoi permettere che ti mandiamo in giro da sola dopo quello che è accaduto?!”.

Sul primo punto potevo dargli ragione, ma sugli altri avevo molto da ridire, in fondo era una discriminazione bella e buona! Aprii la bocca per ribattere, ma Zefren parlò prima di me: il suo sguardo e il suo tono di voce erano gelidi: “Non dire una parola; hai due opzioni: o ti sorvegliamo tutto il tempo, il che è molto stressante per tutti, oppure ogni volta che devi uscire ci chiami così ti accompagniamo”, e detto questo mi lasciò un cerca-persone da portare sempre con me. Come mai ce l'avesse in tasca proprio in quel momento è ancora un mistero, ma sospetto che i miei due cari amici si fossero già adoperati per tenermi maggiormente d'occhio.

Abbassai la testa annuendo; in cuor mio sapevo che avevano ragione e lo stavano facendo per me, ma mi sembrava comunque una specie di mancanza di fiducia...

“Non è mancanza di fiducia”, disse Zefren leggendomi straordinariamente nel pensiero, “ è una questione di sicurezza per te e per noi... non vuoi che ci venga un infarto, vero?”, disse sorridendo.

Scossi la testa, mantenendo però lo sguardo basso. In quel momento era iniziata la mia libertà vigilata; mi avevano messo il guinzaglio e ora dovevo abbaiare. Bau.

 

“Dai Seth! Manca un incrocio solo, non può accadermi niente”, gli dissi guardandolo con occhi supplicanti.

“Non pensare di incantarmi con quei luccichii negli occhi”, ribatté lui.

“Ti prego...”, ricominciai con voce dolce, carina e coccolosa.

Seth sospirò: “Attraversiamo l'incrocio e poi puoi andare”, acconsentì infine di malavoglia.

Dopo aver sentito quelle parole saltai sul posto euforica, lo presi per un braccio e lo strattonai fino all'altra parte della strada, facendomi quasi investire da una vettura perché non avevo guardato prima di attraversare. Appena saliti sul marciapiede mi girai verso di lui: “Posso?”

“Va bene!”, esclamò lui facendomi un gesto con la mano, “Vai e moltiplicati!”

Avevo già fatto tre passi, ma all'ultima parte mi girai guardandolo con una faccia basita.

“Era un battuta ovviamente”, mi disse sospirando.

Senza star lì a pensare quale fosse il senso logico di quella battuta partii in quarta verso l'enorme palazzo dove abitava Zefren: erano solo duecento metri circa, forse anche meno, ma farli da sola era stata la mia prima conquista dopo molto tempo: il guinzaglio si stava allungando. Corsi verso l'edificio, entrai con foga nell'atrio e presi le scale mobili... che per quanto mi riguardava, potevano anche essere ferme, perché le salii di corsa. Arrivata davanti alla porta dell'appartamento, questa si aprì da sola grazie al sistema di riconoscimento che Zefren aveva installato; irruppi in casa come una furia e per frenare la corsa scivolai andando a finire lunga distesa per terra. Zefren doveva aver dato la cera al pavimento, se no non si spiegava quell'insolita scivolosità.

“Bella entrata, molto spettacolare, con annesso finale comico”, disse una voce, “Se dovessi dare un voto, direi un nove”

Mi tirai su e mi sistemai i vestiti: Zefren mi stava guardando divertito; era seduto davanti al computer acceso del salotto.

“Molto divertente”, risposi ironica “Sono scivolata”

“Ho notato... Aspetta... dov'è Seth?”, chiese perplesso.

“Sta arrivando”

Zefren si allarmò: “Non mi dirai che ti ha lasciata venire qui da sola?!”

“E se anche fosse?”, ribattei con tono di sfida.

Vedendo che si stava per arrabbiare mi affrettai a dire la verità: “Comunque no, tranquillo, ho fatto solo gli ultimi duecento metri di corsa perché ero ansiosa di sapere cosa avevi scoperto”, spiegai con aria innocente.

“Mmm...”; non era molto convinto.

In quel momento si sentì la porta aprirsi: “Compare, spero per te che tu abbia scoperto qualcosa di veramente importante, se no Areyl ci ammazza tutti e due 'sta volta”, e Seth entrò con la sua solita aria di superiorità nella stanza.

“E io invece spero per te che tu non l'abbia lasciata venire da sola fin qui”, gli disse Zefren con voce tagliente.

“Non ci ho neanche pensato!”, ribatté offeso Seth, “ha fatto da sola gli ultimi metri perché se no mi moriva d'ansia. Comunque era sempre nel mio campo visivo e guarda”, mi indicò con un gesto delle braccia, “è arrivata intera”.

Questi discorsi mi davano molto fastidio: “Io non sono una bambina”, dissi irritata, “e neanche un cane con un guinzaglio al collo”

Zefren si sedette di nuovo davanti al computer dopo essersi alzato per fronteggiare l'amico: “Abbiamo già affrontato questi discorsi e non ho voglia di ripeterli, quindi volete sapere cosa ho scoperto o no?”

Io e Seth prendemmo una sedia ciascuno dalla cucina e ci mettemmo vicino a lui: “Allora”, iniziò, “per scoprire cosa voleva dire quella maledetta scritta, o da dove arrivasse la bandana, abbiamo usato tutti i mezzi possibili: ho provato con le ricerche in internet, nelle biblioteche di tutta la città e d'intorni, con i riconoscitori di materia dell'università qua vicino e con l'acido scompositore; il tutto non ha dato alcun risultato”.

“Questo lo sappiamo”, sbuffò Seth, “vuoi continuare ad elencarci i nostri fallimenti o andiamo al punto?”

Si vedeva quando Seth era irritato.

“Ci sto arrivando”, riprese Zefren senza scomporsi, “ieri sera stavo facendo l'ennesima ricerca in internet, ma questa volta avevo deciso di cercare i vari tipi di codice e le varie forme con cui si può scrivere un messaggio criptato; speravo che mi desse un'illuminazione in più, rispetto a quelle che non erano venute in precedenza, sulla modalità da usare per leggere quella scritta e alla fine l'ho trovata”

Non stavo in me dall'agitazione: “E allora...?”, chiesi, tentando di non ribaltarmi dalla sedia.

“Allora questa scritta è un banale... anagramma”

Io e Seth ci guardammo allibiti: “No, scusa, non può essere solo un anagramma”, disse Seth, “è troppo banale, troppo facile”

Mi sentii una stupida a non averlo capito prima, una completa idiota! Un anagramma? Dio quanto ero scema!

“Mio caro amico, guarda che esistono anagrammi impossibili da decifrare, e questo è uno di essi”, ribatté Zefren.

“Ma andiamo! Areyl, passami la bandana”

Mi tolsi la bandana e la diedi a Seth: “Dunque... Idastys Lenndi...”

Ci pensai anch'io: dopo un po' conclusi che non dovevano essere due anagrammi di due parole diverse, bensì un un unico anagramma, formato dalle lettere di due parole...

“Non surriscaldate i cervelli voi due”, disse Zefren, “vi risparmio la fatica; sono andato su un motore che anagramma le lettere inserite in ogni combinazione possibile. Ci è voluta tutta la notte perché i risultati sono veramente tanti, ma alla fine ce l'ho fatta e, cercando bene, l'unica coppia di parole che aveva un senso era questa qui...”.

Girò il monitor del computer verso di noi: due parole erano evidenziate in mezzo ad almeno un centinaio di combinazioni diverse; io e Seth le leggemmo all'unisono: “Destiny Island!”.

“Ovvero Isola del Destino”, concluse Zefren.

“Non ne ho mai sentito parlare”, disse Seth.

“Ecco perché stavo per usare il satellite di ricerca planetario”, disse con noncuranza Zefren portandosi le mani dietro la testa.

“Aspetta un secondo”, dissi perplessa, “non era un programma del governo protetto da particolari sistemi anti-hacker?”, chiesi.

“Sì”, rispose Zefren annuendo, “ma c'è qualcuno che li può superare, vero Seth?”

Seth si scrocchiò le dita: “Cedimi il posto davanti al computer Zefry e ti cracko il programma in dieci secondi”.

Zefren si spostò irritato; Seth era famoso ormai per gli svariati soprannomi irritanti che si inventava: per esempio Zefren era Zef, Zefry, Zefrino, Frigorifero (perché ogni tanto aveva un fare un po' freddo), Erba di prateria (per via degli occhi verdi) e altri ancora. Io invece per il più delle volte ero Ayl, che non mi andava neanche male, poi quando voleva farmi arrabbiare mi chiamava Erbi, vale a dire RB pronunciato alla inglese, che significava Red Bandana; questo soprannome proprio non mi andava giù.

“Ecco.... fatto!”, esclamò Seth.

“Nove secondi e mezzo... abbiamo un nuovo record mondiale”, disse Zefren guardando l'orologio che aveva al polso.

“Grazie grazie”, si pavoneggiò Seth, “Bene, inseriamo questa stupida isola nel motore di ricerca e aspettiamo...”; digitò il nome e il programma iniziò a cercare scandagliando tutto il pianeta.

Io intanto mi ero alzata e avevo iniziato a fare avanti e indietro per la stanza a causa del nervosismo che continuava ad aumentare. Ad un tratto vidi il mio riflesso nello specchio appeso alla parete opposta alla postazione computer; dietro di me Zefren e Seth stavano parlando di cose tecniche che non avrei potuto capire. Li osservai nel riflesso: erano entrambi dei bei ragazzi e non mi ero ancora spiegata del perché erano tutti e due ancora single; Seth si vantava di aver avuto innumerevoli ragazze, non avevo mai capito quante fossero reali e quante inventate, ma al momento diceva di essere attratto solo dalla libertà (e dai guai aggiungerei); della vita sentimentale di Zefren invece non sapevo praticamente nulla, se non quello che mi aveva detto Seth, cioè che era stato innamorato una volta sola e aveva sofferto molto. Quanto a me... beh, non mi ricordavo la mia vita passata, era impossibile sapere cosa avessi combinato prima. Mi guardai nello specchio...

Andiamo! Chi vuoi che mi prenda!

Io mi definivo “fatta a metà”: i miei capelli erano di un colore fra il castano chiaro e il biondo scuro, comunque indefinito; gli occhi erano un misto fra l'ambra e il marrone e a seconda della luce cambiavano di tonalità, quindi erano un bel caos, per non dire altro; ero alta meno di 1.70, per l'esattezza 1.68, quindi per due centimetri non arrivavo al numero tondo; forse solo il fisico era giusto stando a quanto mi dicevano, cioè non ero né troppo in carne né troppo magra...

Sono indefinita

Questi erano i problemi a cui pensavo, altro che Destiny Island! Dopo questa affermazione compresi che dovevo anche essere instabile mentalmente se pensavo al mio aspetto e non a ricordare, o comunque scoprire qualcosa in più, il mio passato.

“Trovata!”, esclamarono Seth e Zefren all'unisono. Mi avvicinai a loro.

“è una piccola isola nell'Oceano Atlantico”, iniziò a spiegarmi Zefren, “non è molto lontana da noi, se solo avessimo un motoscafo abbastanza potente...”

“Possiamo procurarcelo”, disse Seth, “aspetta... zoomma un po' sull'isola?”

Zefren eseguii.

“Cos'è quella roba grigia?”

“Sembra una struttura abbandonata”, commentai, “ingrandisci un po' di più”

Ma era impossibile capire a causa dell'immagine troppo sfocata, e dire che era uno dei migliori satelliti in circolazione.

“E non posso neanche protestare per la bassa risoluzione...”, si lamentò Seth.

“Se non vuoi finire in galera...” commentò Zefren “è strano però, è come se ci fosse qualche interferenza... comunque per precauzione tirati giù le coordinate”

“Ricevuto capo!”; Seth andò a prendere carta e penna e scrisse le coordinate dell'isola, poi mise il foglietto nella tasca dei jeans: “Bene, ora dobbiamo solo trovare il modo di andar....”

L'allarme interruppe la frase di Seth.

“Oh no!”, esclamai.

“Tranquilli”, disse Seth mantenendo la calma, “sarà la solita routine”

Piccola spiegazione: Seth aveva installato delle telecamere esterne, invisibile da chi passava per strada, e le aveva programmate perché identificassero i seguaci della Ares che davano loro la caccia; infatti Seth e Zefren erano da tempo sulla loro lista di persone da reclutare. Molte volte però l'allarme si era attivato solo perché erano passati per caso o per qualche giro di ronda...

Zefren attivò le telecamere esterne dal computer: “Dannazione!”, esclamò spaventato, “Ci hanno scoperti!”

Vedemmo due persone, un uomo e una donna, entrare nel palazzo: erano Ranier, il Mutaforma tigre bianca (sì, quello che aveva inseguito me e Seth un anno prima), e Saphira, una Glacial che aveva il potere di ghiacciare le sostanze, uomini compresi, per cui molto pericolosa.

“Siamo circondati!”, esclamò Zefen; aveva cambiato telecamera scoprendo attorno al palazzo una decina di persone della Ares che lo tenevano d'occhio mimetizzandosi tra la folla.

“Cosa facciamo?”, chiesi.

“Mi sembra ovvio”, rispose Seth, “scappiamo”
 


voilà! spero che il capitolo vi sia piaciuto *^* nel prossimo si scoprirà la fine che faranno i nostri eroi *A*

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Capitolo 3
*** Capitolo 3: In fuga ***


perdoooonooooooooooooo >.< mi dispiace tantissimo di questo iper-mega-arci ritardo, ma ho avuto cos tante cose da fare che quando avevo un po' di tempo libero mi mancava la voglia di scrivere >.< e dire che io detesto gli autori che promettono una cosa e non la mantegono è.è vaaaaa beeeeneeeee XD mi scuso di nuovo e vi lascio al capitolo, dopo aver ringraziato Pandora e Giada per le recensioni <3



Circondati dalla Ares e Seth che delirava: lo conoscevo da solo un anno, ma mai mi sarei aspettata di sentirgli coniugare il verbo “scappare”; non era assolutamente da lui! Era sempre il primo a buttarsi nella mischia e l'ultimo ad uscirne (intero). Quindi voleva dire una cosa sola...

“Siamo fregati”, dissi rassegnata con il cuore in gola.

“Non essere pessimista Areyl, vedrai che ce la faremo”, mi rassicurò Zefren alzandosi dalla sedia e andando velocemente in camera sua.

“Ma lui ha pronunciato la parola 'scappiamo'!”, esclamai sull'orlo di una crisi isterica.

“Lo so, ma doveva pur dirla prima o poi”

“Che spiritosi”, commentò sarcasticamente Seth, “riconosco anch'io quando la situazione è critica”

“Afferra!”; Zefren lanciò uno zaino a Seth e un altro lo tenne per sé mettendoselo in spalla.

“E questi?”, chiesi dubbiosa.

“Precauzione”, rispose Zefren, “dovevano scoprirci un giorno o l'altro, quindi mi sono preparato con lo stretto necessario per una fuga... Ok, Seth! Cancella l'hard disk del computer più in fretta che puoi”

“Praticamente fatto”, rispose Seth sedendosi di slancio sulla sedia e trafficando con il computer.

“Faremo così”, iniziò Zefren, “appena sfonderanno la porta, perché la sfonderanno sicuro, io e Seth fonderemo i nostri poteri e stordiremo quei due; sperando di riuscirci,ci catapulteremo giù e faremo saltare la porta d'entrata con un'esplosione: il fumo ci coprirà la fuga”

“E io cosa faccio?”; in tutto quel discorso non mi aveva mai nominata.

“Ascoltami attentamente”, disse Zefren prendendomi per le spalle e guardandomi negli occhi, “farai una cosa importantissima: dovrai starci praticamente appiccicata e correre più che potrai”.

Cioè non avrei dovuto fare niente e avrei pensato solo a me stessa: “Ma io...”, cercai di replicare non contenta del mio 'compito'.

“Ma tu niente!”, esclamò Seth, che aveva finito di cancellare la memoria del computer e ci aveva raggiunti all'entrata, “Pensa solo a scappare Ayl”.

Non ebbi tempo di replicare perché oltre la porta si udì una voce femminile: “Sappiamo che siete lì dentro! Arrendetevi e uscite subito!”.

“Convinta”, ghignò Seth sfoderando il suo tipico sorriso da furbo, “Si va in scena”

Quando la porta esplose noi eravamo già nelle postazioni previste; la prima a fare un passo oltre la porta fu Saphira: era una donna adulta, più alta di me, con capelli biondo chiaro e occhi azzurro ghiaccio che ti gelavano solo a guardarti; dietro di lei Ranier, già mutato in tigre.

Successe tutto in pochi attimi: al segnale Seth creò due sfere di fuoco enormi e Zefren utilizzò il suo potere per scagliarle contro i due seguaci della Ares. Il risultato fu quello sperato: i due, presi alla sprovvista, vennero scaraventati oltre la soglia verso le scale e mentre cercavano di riprendersi dallo stordimento, noi ne approfittammo.

“Correte!”, urlò Zefren.

Ci precipitammo giù dalle scale alla velocità di tre fulmini: davanti a me c'era Seth che doveva far saltare la porta; dietro Zefren ci copriva le spalle. Arrivati nell'atrio ci fermammo: Seth si concentrò e scagliò altre due enormi sfere sull'entrata facendola saltare: il contatto con il metallo provocò una violenta esplosione e un'impressionante nube di fumo.

“Dammi la mano Ayl, non dobbiamo perderci!”, mi disse Seth.

Uscimmo di corsa procedendo praticamente alla cieca, se non per una fiammella che Seth aveva acceso per vedere dove metteva i piedi; il fumo era così denso che mi continuavano a lacrimare gli occhi e facevo fatica a respirare. Attraversammo la nube abbastanza velocemente e ci ritrovammo sulla strada: “Ce l'abbiamo fatta!”, esclamò Seth voltandosi a guardare indietro; il suo sorriso di vittoria si tramutò in orrore: la nuvola di fumo si era già dissolta e i membri della Ares che circondavano il palazzo ci erano ormai alle costole.

“Merda!”, disse Seth, “C'è un Windor tra loro!”

Windor: persona capace di generare vortici d'aria simili a venti; i più capaci riescono a creare tempeste.

“Veloci! Veloci!”, urlò Zefren.

Corremmo attraverso la strada scansando in malo modo le persone che incontravamo e altrettanto fecero i nostri inseguitori.

“Per di qua!”, esclamò Seth ad un tratto girando un angolo.

Ad un certo punto mancai un passo e rischiai di inciampare: “Non è il momento per la goffaggine Ayl!”, mi urlò Seth che si era accorto dell'azione.

Ma non era stato un attimo di mancato equilibrio; continuando a correre sentii che la gamba sinistra dal polpaccio in giù si stava intorpidendo, quindi abbassai lo sguardo per chiarire il motivo: due schegge di ghiaccio si erano conficcate nella carne, una circa sulla caviglia e l'altra poco più su, facendomi perdere sangue.

Oddio!

Non ce n'eravamo accorti, ma Saphira guidava il gruppo e aveva iniziato a spararci addosso schegge ghiacciate che ci sfioravano, la maggior parte per fortuna senza colpirci. Non volevo essere un peso nella fuga, quindi non dissi niente e continuai a correre, rischiando però di cadere ad ogni passo. Girammo un altro angolo e ci trovammo davanti a...

“Un vicolo cieco!”, esclamammo all'unisono con il cuore in gola.

Era finita. Ci guardammo ansimando tutti e tre e pensando velocemente ad un'alternativa, ma era troppo tardi: i membri della Ares erano già davanti a noi e bloccavano l'unica via di fuga. Seth tentò un attacco, ma era molto debole dopo aver sforzato il suo potere in precedenza: nemmeno lui era infaticabile; le due sfere di fuoco volarono verso Saphira, ma due getti d'acqua le spensero in una nuvola di vapore.

“C'è anche un Hydros”, commentai spaventata più a me che ad altri; infatti a confermare la mia teoria notai un idrante rotto poco lontano.

Hydros: persona capace di governare l'acqua presente nei suoi pressi; l'ampiezza del getto varia a seconda della bravura del controllore.

Zefren e Seth mi si pararono davanti: “Tranquilla Ayl, non ti torceranno un capello finché ci saremo qui noi due a difenderti”, disse Seth.

“Non riusciranno a farti del male”, aggiunse Zefren convinto.

“Ma siete voi che vogliono!”, gridai ormai con le lacrime agli occhi, “Dovete scappare in qualche modo!”.

“Sbagli tutto ragazzina”

La voce tagliente di Saphira gelò l'atmosfera e il sangue nelle vene a tutti e tre, “sei anche tu che vogliamo, Senza-poteri”.

Io, Seth e Zefren smettemmo di respirare: “N-non so di cosa tu stia parlando”, le dissi poco convinta, con il cuore che ormai andava a mille.

“Mi credi così stupida?”, domando lei, “Sappiamo che sei l'unica umana senza poteri esistente al mondo... interessi molto al nostro capo. Ovviamente anche i tuoi amici ci servono”.

Parlava di noi come fossimo oggetti.

“Va' all'inferno!”, gridò Seth.

“Non prima di avervi portati da Artax”, rispose calma Saphira, “Catturateli”

I nostri inseguitori avevano appena fatto un passo verso di noi e ci stavamo già preparando al peggio quando accadde l'insperato: una parte del muro dietro alle nostre spalle esplose e i massi volarono verso gli inseguitori della Ares, prendendoli in pieno e mandandogli k.o.

Dal varco comparve un uomo. Quando la nuvola di polvere, che si era sollevata a causa dell'urto, si diradò potei osservarlo: aveva un'età indefinita, i capelli castano scuro ricadevano giusto sulle spalle, gli occhi marroni ci scrutavano seri e un principio di barba era cresciuto nella parte inferiore del viso. Lo guardammo increduli: “Non state lì impalati!”, ci urlò seccato, “molo 14 barca numero 17, la frase per attivarlo è 'Il destino non si può cambiare, ma guidare sì'.... Veloci!”, ci intimò di nuovo.

Senza farcelo ripetere una terza volta attraversammo il varco creato dall'esplosione, ma prima di andare mi girai verso di lui: “Chi è lei?”

“Ci sarà un altro momento per le presentazioni”, mi disse burbero.

“Almeno il nome lo potrò sapere?”, insistetti.

“Arey muoviti!”, mi chiamò Seth.

“Master”, rispose l'uomo, “E ora vai sull'Isola del tuo Destino, io li terrò a bada”, concluse avvicinandosi ai membri della Ares che lentamente si stavano riprendendo.

… Isola del Destino? Ma come faceva a saperlo?!

“Ma come....?”, ma non ebbi tempo di finire la frase che la mano di Zefren mi prese il braccio e mi trascinò via.

“Buona fortuna... Areyl”, sentii aggiungere Master.

Ricominciammo a correre, questa volta con una meta, il porto, e precisamente il molo 14. Ad un certo punto caddi rovinosamente a terra: può sembrare strano, ma mi ero completamente dimenticata della ferita alla caviglia. Toccai la parte colpita e con una smorfia di dolore ritrassi la mano: era completamente sporca di sangue. Del mio sangue. Zefren e Seth si bloccarono.

“Ayl!”, esclamò Seth, “Rialzati e muoviti!”

“Aspetta Seth!”, disse Zefren venendomi vicino, “O mio Dio”; aveva notato la macchia scura che aveva oltrepassato i miei jeans

“Cosa c'è Zefren?!”

Senza rispondere a Seth, Zefren rapido come un fulmine sciolse la bandana dal mio collo, la legò in modo da fermare il flusso di sangue (aveva tenuto un corso di pronto soccorso tempo prima... che l'avesse fatto in previsione di quest'evenienza?), mi prese in braccio e mi sollevò, poi ricominciò a correre: “Una volta al sicuro mi spiegherai come diavolo hai fatto a farti colpire”, mi disse affannato per la corsa.

“Prova a essere me per un giorno e vedrai quanti graffi e ferite ti procuri”, gli risposi un po' seccata: neanche l'avessi fatto apposta a farmi male!

Dopo un paio di minuti di corsa avvistammo il mare.

“Ci siamo quasi!”, esclamò davanti a noi Seth con il fiatone.

Rapidamente percorremmo (parlo al plurale, ma effettivamente io non feci niente) la breve discesa che ci separava dal molo: c'erano moltissime barche ancorate, di varie dimensioni; sarebbe stato difficile trovare la nostra, anche conoscendo la sua ubicazione. Una volta sulla banchina iniziammo a contare...

“Molo 1...2...”, iniziò Seth in fretta.

“5...6...”

“10...11...”

“12...13... ecco il 14!”

Girando fra le barche ancorate cercammo quella sistemata nel posto 17.

“E porta anche sfiga come numero”, commentò Seth, “Speriamo che non sia una carretta...”

Ci fermammo di colpo davanti al numero 17: una splendida barca nuova fiammante, dei modelli nuovi e da poco in commercio, aspettava solo di partire.

“Ritiro quello che ho detto”, disse Seth, “questo è un gioiellino!”.

Salimmo sull'imbarcazione e Zefren mi appoggiò delicatamente sui morbidi sedili che si trovavano nella parte posteriore della barca.

Seth pronunciò la frase che serviva ad accendere il motore: “Il destino non si può cambiare, ma guidare sì”

Ci aspettavamo il solito rumore che una barca faceva mettendosi in moto, invece il motore si azionò silenziosamente; Seth prese il timone e fece partire l'imbarcazione a tutta velocità verso il mare aperto.

Finalmente tutta l'adrenalina presente nel mio corpo fino a quel momento si disperse e mi rilassai, facendo sprofondare a poco a poco la mente in un rilassante torpore. L'ultima cosa che sentii fu qualcosa di caldo sulle mie spalle, poi il buio.



voilà! e siamo arrivati al punto in cui ho finito i capitoli già pronti al momento XD si perché ne ho scritti altri, ma sono molto più avanti XD quindi dovrò mettermi sotto a scrivere >.< mi scuso già adesso per il tempo che ci metterò ** se volete darmi una mano, venite a fare interrogazioni e verifiche al posto mio XD detto questo passo e chiudo <3

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