Hidden in the soul, invisible to the eyes.

di SunriseNina
(/viewuser.php?uid=146796)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ritorno ad Hogwarts. ***
Capitolo 2: *** Pensieri e tormenti. ***
Capitolo 3: *** Alla Testa di Porco. ***
Capitolo 4: *** Conoscendoci impareremo a capirci. ***
Capitolo 5: *** So this is Christmas, and what have you done? ***
Capitolo 6: *** Enigmatica. ***
Capitolo 7: *** S.Valentino ***
Capitolo 8: *** Color lavanda. ***
Capitolo 9: *** L'aula di Divinazione. ***
Capitolo 10: *** Insieme. ***
Capitolo 11: *** I wanna be. ***
Capitolo 12: *** Crucio. ***
Capitolo 13: *** Carte di caramelle. ***



Capitolo 1
*** Ritorno ad Hogwarts. ***


Pieni.
Tutti gli scompartimenti dell’Espresso di Hogwarts maledettamente pieni.
Neville chiuse scusandosi l’ennesima porta e continuò a camminare lungo il corridoio vuoto, trascinandosi dietro il baule: ormai mancavano pochi scompartimenti, era quasi in fondo al treno.
Neville Paciock era uno studente del quinto anno di Hogwarts. Un pensiero malsano si insinuò nella sua mente:”Non ti vuole nessuno, Neville. Sono tutti con i loro amici, tranne te. Chi vuole un tizio impacciato come te?” scosse la testa freneticamente, come per scacciare quell’idea che gli creava un doloroso nodo allo stomaco.
Alla sua sinistra, finalmente, non sentì nessun tipo di chiacchiericcio o cicaleccio: che avesse finalmente trovato uno scompartimento libero?
Con un’espressione di speranza impressa sul viso paffuto si aggrappò alla maniglia con le dita impacciate, fece scorrere la porta per pochi centimetri, poi si fermò come pietrificato.
Era occupato da una sola ragazza.
Neville la osservò dal suo piccolo spiraglio: aveva dei lunghi e disordinati capelli di un biondo sporco, gli occhi argentei spalancati, resi ancor più evidenti dalle lunghe ciglia chiare, e la pelle così pallida da sembrare quasi perlacea. Stringeva tra le dita affusolate una rivista al contrario, e la leggeva con i grandi occhi dilatati con un interesse morboso. Intorno al collo portava una lunga collana di tappi storti ed intrecciati tra loro.
Stupito per il suo aspetto stravagante, Neville sostò ancora qualche istante sull’uscio socchiuso; poi la ragazza chiuse le palpebre due o tre volte con lentezza, come scandendo il ritmo cadenzato di un respiro. Sentì l’aria bloccarsi in gola e il viso avvampare inspiegabilmente: chiuse la porta e cercò di andarsene il più in fretta possibile, lontano da quella ragazza dalle ciglia così… come diceva la nonna?
-Ciao Neville!-
-Ciao, Harry- disse, ansante –Ciao, Ginny… è pieno dappertutto, non riesco a trovar posto…-
-Ma che dici, in questo scompartimento c’è posto! C’è solo Lunatica Lovegood!- disse Ginny allungandosi verso la porta scorrevole.
Neville sentì di nuovo quella sensazione in gola e fu preso dal terrore:-No n-on… v-voglio disturbare n-nessuno…- bofonchiò con il fiato smorzato.
Troppo tardi. Ginny gli aveva detto con una risata:-Non essere sciocco, lei va benissimo!- e aveva spalancato la porta -Ciao Luna! possiamo sederci qui?-
Luna alzò lentamente la testa dalla rivista. Guardò Harry, e poi Neville, il cui stomaco iniziò ad accartocciarsi. Quella ragazza aveva un’aria tremendamente da pazza, ma non era solo quello che faceva rabbrividire Neville.
Si sedettero, trascinando dietro di loro i bauli.
-Hai passato una bella estate, Luna?- spezzò Ginny il silenzio glaciale che era calato sullo scompartimento.
-Sì, è stata abbastanza piacevole, sai- la sua espressione aveva un che di trasognato e la sua voce era un sussurro stanco, come se si fosse appena svegliata –Tu sei Harry Potter- fissò Harry con i grandi occhi sporgenti.
-Lo so- disse lui.
Neville ridacchiò divertito, e Luna puntò il suo sguardo penetrante su di lui  -E non so chi sei tu-.
Il ragazzo sentì nuovamente quella morsa al basso ventre:-Nessuno- disse frettoloso.
-No che non sei nessuno!- sbottò Ginny –Neville Paciock… Luna Lovegood. Luna è del mio anno, ma è di Corvonero-
Luna tornò a leggere la sua rivista al contrario, canticchiando la canzone del cappello parlante.
Harry e Neville si scambiarono uno sguardo con le sopracciglia inarcate: era decisamente tocca.
Nel silenzio tombale che seguì, Neville però non poté fare a meno di pensare come quella ragazza avesse una caratteristica in comune con lui: era in una Casa totalmente e assolutamente inadatta. Una svitata tra i cervelloni e un fifone tra i cuor di leoni.
Cercando di scacciare dalla mente quel fastidioso quesito del perché era nella Casa di Grifondoro (dubbio che lo assaliva almeno due o tre volte al giorno), disse:-Indovinate cos’ho ricevuto per il mio compleanno?-
-Un’altra Ricordella?-
-No, ma mi servirebbe, ho perso la mia secoli fa… no, guarda qui!-
Non vedeva l’ora di mostrare la sua piccola meraviglia: rovistò nella borsa dei libri che portava una grossa toppa fatta da sua nonna e afferrò il vasetto di una piantina, simile ad un piccolo cactus coperto di bubboni grigiastri.
-Mimbulus mimbletonia!- disse con un tono orgoglioso. Iniziò a spiegare di come lo zio gliel’avesse regalata dal suo viaggio in Assiria. Quando aveva visto la rara piantina stretta tra le sue mani aveva smesso di respirare per qualche secondo, sopraffatto da una soddisfazione inesprimibile.
-Fa … qualcosa?- domandò Harry dubbioso.
-Un SACCO di cose!- esclamò lui –Ha uno straordinario meccanismo difensivo! Tienimi Oscar…-
Dalla borsa aperta prese una candida e sottile piuma, entusiasta di far vedere le capacità di quella meraviglia erbacea: aveva resistito a provarci a casa per paura di far scoppiare la nonna in una crisi isterica. Ora era il suo momento.
Tenne il piccolo cactus davanti agli occhi e, mordendosi la lingua tra i denti per la concentrazione, avvicinò la punta della piuma ad una delle bolle…”Delicato, ricorda, delicato…” in quel momento notò che anche Luna lo stava guardando con i grandi e pallidi occhi spalancati e le labbra cremisi socchiuse.  Di nuovo quella sensazione orribile gli stritolò le interiora, e, irrigidendosi, al posto di sfiorare la bolla la perforò con violenza: la Puzzalinfa si riversò su tutti i presenti, esplodendo in fiotti densi e verdastri dal gran tanfo.
Neville sobbalzò, il viso e i vestiti coperti di quella sostanza orripilante.
-Scusate, non ci avevo ancora provato…- iniziò a togliersi con le mani la Puzzalinfa dalla faccia paonazza per l’imbarazzo –Non sapevo che sarebbe successo così… non preoccupatevi, non è velenosa…- si sentì un grande stupido. Un grosso e goffo stupido.
Sentì una voce femminile balbettare qualche parola e vide l’ombra di una chioma di capelli corvini uscire dallo scompartimento. Harry lo guardava con una punta di rammarico e di delusione: Neville non capiva il perché di quello sguardo severo, ma capì di aver fatto qualcosa di male, o di aver rovinato una situazione particolare a cui non aveva fatto caso.
-Scusate- sussurrò nuovamente, assumendo un colorito porpora.
Cercò di soffocare i sensi di colpa ingozzandosi di cibo insieme a Harry e Ginny: stava masticando una Cioccorana, sospirando per aver trovato l’ennesima Circe, quando entrarono Hermione e Ron, che iniziarono a parlare e a sfogarsi con l’amico. Erano diventati entrambi prefetti. Lui no, ovviamente. Non ci aveva neanche sperato. Oddio, onestamente qualche volta si era immaginato a condurre con passo fiero quelli del primo anno verso la sala di Grifondoro, ma era una cosa assai improbabile. Anzi, forse era meglio definirla assurda: era troppo goffo per poter essere Prefetto, ma non sarebbe stato male; tutti lo avrebbero guardato con occhi diversi, senza le loro espressioni di compatimento…
Il suo riflettere venne interrotto bruscamente da una risata prolungata e innaturale: Luna si asciugava le lacrime dal ridere, osservando Ron con i grandi occhi sbarrati. Aveva raccontato una battuta mentre Neville era assorto nei suoi pensieri. Tutti si misero a ridacchiare, un po’ per quella scenata della ragazza, un po’ per l’espressione sconcertata dell’altro.
Mentre la risata di Luna sembrava non cessare, Harry le chiese la rivista e iniziò a sfogliarla e a leggerla perplesso. –C’è qualcosa di buono?- chiese Ron.
-Certo che no, il Cavillo è solo spazzatura- disse Hermione con un tono pungente.
Neville, che stava ancora fissando Luna, vide la risata scomparire dalle sue labbra e le lacrime fermarsi di colpo, lasciandole le lunghe ciglia umide (non si ricordava ancora quella parola che sua nonna usava in quei casi… ammazzanti? ammainanti?):-Mio padre è il direttore-.
Strappò di mano a Harry la rivista con fare rabbioso e si mise a leggerla con un modo ostinato e testardo.
Il viaggio continuò, non senza altri problemi: Malfoy venne a stuzzicarli, mostrando il lucente distintivo da Prefetto; quando lo mandarono via Harry, Ron, Hermione cominciarono a confabulare tra loro, scoccandogli a volte degli sguardi preoccupati. Come al solito non volevano che sentisse. Confabulavano sempre tra loro, quei tre. E a dirla tutta Dean e Seamus non erano poi molto diversi: certo, non borbottavano a bassa voce, ma quando iniziavano un discorso agguerrito tra cosa fosse meglio fra calcio e Quidditch o altri argomenti che interessavano solo loro, Neville tornava ad essere quello che si era sempre sentito: l’ultima ruota del carro.
Arrivati a destinazione salirono sulle solite grosse carrozze che si trainavano da sole, e nulla cambiò dal viaggio in treno: silenzi d’imbarazzo, borbottii e sguardi alla scuola di Hogwarts attraverso i finestrini.
Neville appiccicò il naso al vetro: il castello si stagliava davanti a loro, colmo di guglie e con sporadiche luci a qualche finestra. Quinto anno a Hogwarts. L’anno degli esami, dei G.U.F.O. per cui sua nonna gli aveva dato tante raccomandazioni durante l’estate.
Avrebbe dovuto sentirsi grande, eppure Neville non si sentiva per niente diverso a quando aveva varcato le porte quattro anni prima.
Entrarono, trascinati dalla folla, nell’immensa Sala Grande. Sapeva già cosa li aspettava: undicenni impauriti e tremanti che uno ad uno venivano smistati, un sontuoso banchetto e poi tutti nei dormitori, a pregustare il nuovo anno scolastico. Si sedette accanto a Hermione e a Nick-quasi-senza-testa: gli saliva un brivido per la schiena ogni volta che guardava i pochi centimetri di pelle e tendine che gli reggevano il capo sul collo.
Finito il sontuoso banchetto, satollo come un uovo, Neville decise di andare di corsa a mettere al sicuro la sua Mimbulus mimbledonia nel dormitorio. Salì le scale quasi deserte, visto che gli studenti ancora di attardavano a chiacchierare nella Sala Grande, quando il suo piede scivolò sopra qualcosa: reggendosi allo scorrimano, vide un giornale caduto probabilmente da una borsa. Si guardò intorno, cercando il proprietario, poi lo raccolse arrotolandolo e si affrettò a salire le scale, sperando di trovare chi l’aveva perso. Girò qualche corridoio, ma non trovò nessuno, se non Harry fermo davanti al quadro della Signora Grassa che gli diceva severa:-Niente parola d’ordine, niente ingresso!-
-Harry, la so io!- disse trafelato, agitando la sua piantina –Mimbledus mimbletonia!-
Entrarono entrambi nella sala comune di Grifondoro, e Neville s’apprestò a depositare il suo prezioso cactus sul comodino:-Chissà come sarà orgogliosa la professoressa Sprite!- sussurrò eccitato.
Osservò la pianta per un minuto buono, poi  aprì il baule, prese il largo pigiama color melograno che era di suo zio e se lo infilò.
Gli altri parlavano animatamente, ma Neville non li ascoltava: decise di guardare meglio la rivista che aveva raccolto per capire se poteva appartenere a qualcuno che conoscesse; mentre cercava nella borsa, sentì però chiaramente Harry urlare:-Basta che tu legga la Gazzetta del Profeta come tua madre, no?! Ti dirà tutto quello che devi sapere!-
-Non prendertela con mia madre!- rispose Seamus, arrabbiandosi.
-Me la prendo con chiunque mi dia del bugiardo!-
-Non parlarmi con quel tono!-
-Io parlo come mi pare e piace!-
Entrò Ron, e ben presto si aggiunse alla discussione, e tutti sembravano sempre più irati. Neville cercò di rimpicciolirsi tra le spalle e scomparire. Non gli piaceva assistere alle litigate:-Mia nonna dice che sono scemenze- intervenne con tono timoroso –Diche che è la Gazzetta del Profeta che sta peggiorando, non Silente. Noi…- deglutì, parlando più convinto –Noi crediamo ad Harry- si ficcò sotto le coperte, dimenticandosi della borsa in cui stava cercando –Mia nonna ha sempre detto che TuSaiChi sarebbe tornato, prima o poi. E se Silente dice che è tornato, è tornato-.
Tirò le tendine del suo letto a baldacchino, lasciando uno spiragli da dove osservare il cactus sul comodino. Gli altri, aldilà della scura barriera di stoffa che Neville aveva intramesso tra il suo letto e il dormitorio, si infilarono silenziosi nei loro letti in un frusciar di lenzuola, come se quello che lui aveva detto avesse messo fine alla questione, e questo gli fece scaturire dal cuore una sensazione di soddisfazione.
Osservava dallo spiraglio la sua pianta, illuminata dai  raggi lunari. Quella sera la luna era a dir poco meravigliosa. Sembrava più candida e lucente del solito e vegliava, stupenda ed ammaliante, sui sonni dei ragazzi di Hogwarts.
“Ecco!” si disse: quella parola gli era appena venuta in mente “Ammaliante, non ammainante… che stupido che sono!” pensò divertito.
Poi si ricordò. Fissò attraverso la finestra il satellite nello scuro cielo notturno, e ricordò che era per un’altra Luna che aveva tanto pensato a quel termine, era per le sue lunghe ciglia e i loro movimenti ritmati quando lei abbassava per pochi secondi le palpebre.
Sentì una fitta al petto, e per un momento ebbe paura che qualcosa gli fosse esploso tra le costole, perché uno strano tepore iniziò a diffondersi nel torace. Il cuore iniziò a palpitare più velocemente.
Era forse ammalato?
Si addormentò, non senza tormentarsi per quella faccenda, una mezz'ora dopo; il suo solito russare riempì il dormitorio.
Il primo giorno del quinto anno ad Hogwarts.






________________________________
SPAZIO AUTRICE: Ok, è la prima fanfiction che scrivo, sono iscritta da ieri su EFP mi sento in ansia come se stessi presentando un esame scolastico! D:
Su questa storia posso solo dire che ho intenzione di continuarla per parecchi capitoli, o almeno spero xD e che ho deciso di ricalcare perfettamente il libro. Ovviamente alcune scene verranno inventate, ma sto facendo in modo che nulla intralci con la vera storia del 5° libro, anzi, voglio che sia come un retroscena possibile alla vicenda raccontata nel libro :D
Null'altro da dire. Ciao ^^

Nina.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Pensieri e tormenti. ***



Neville aveva atteso quel momento con puro terrore. Scendendo per le tetre e fredde scale per dei sotterranei si chiese quali oscuri scherzi del destino gli avessero fatto avere un professore come Piton.
Cercò di immaginare nuovamente l’odioso insegnante vestito con gli indumenti di sua nonna, come era successo al molliccio che aveva portato il professor Lupin al terzo anno, ma qualsiasi tentativo di non precipitare nella disperazione gli sembrò vano appena si sedette accanto al suo calderone.
Avrebbero preparato la Bevanda della Pace, spiegò Piton:-Gli ingredienti e il metodo sono sula lavagna. Troverete tutto quello che vi serve nell’armadio. Avete un’ora e mezza… cominciate- disse con il suo solito tono strascicato e acido.
Neville cercò di dare il meglio, ma era complicatissimo: sentendo il glaciale sguardo del professor Piton su di lui, il ragazzo sbagliava ingrediente per l’apprensione, o si dimenticava momentaneamente quale fosse il senso orario e si metteva a mescolare freneticamente a caso. La sua pozione assunse tutti i colori possibili e tutte le consistenze immaginabili: divenne una gelatina rossastra, poi un concentrato granuloso di un pallido celeste, fino a raggiungere lo stato irreversibile di una specie di cemento fresco color malva.
-Un lieve vapore argento dovrebbe sprigionarsi ora dalle vostre pozioni- annunciò Piton poco prima della fine della lezione.
Neville osservò terrorizzato il suo calderone e l’impasto denso e appiccicoso che lo riempiva fino all’orlo; il labbro gli tremava, in preda all’agitazione. Da dietro i suoi lunghi ciuffi unticci il professore lo guardò con uno sguardo intriso di rassegnazione, ma non per questo era meno severo o penetrante. Piton strinse le labbra fino a farle sbiancare, senza trovare le parole per descrivere quell’orrore.
Appena se ne fu andato, Neville sospirò deluso, riempì faticosamente una fiaschetta con il suo miscuglio e poi prese a raschiare le pareti interne del calderone, completamente ricoperte di quella sostanza che andava indurendosi. Non doveva sforzarsi per capire che era rosso in viso, sentiva le gote avvampare; sfregò con più energia, come per scaricare quella sensazione che sembrava comprimergli il petto: la sensazione di essere uno stupido. Era questo quello che leggeva negli occhi di Piton, quando il professore non glielo diceva espressamente:”Paciock, lei è un enorme e insopportabile idiota”.
Finito di ripulire il calderone, Neville si passò la mano paffuta sulla fronte imperlata di sudore e uscì dall’aula ormai vuota. Se non altro non avrebbe preso zero come Harry, che non aveva consegnato nessuna fiaschetta, ma la sua pozione era decisamente meglio della sua, prima che Piton la facesse scomparire.
Quell’anno si prospettava difficilissimo a causa dei G.U.F.O. e lui non avrebbe potuto essere più in ansia: li sommergevano di compiti, con il solo risultato di incasinare la mente di Neville. Non si sentiva pronto, e aveva paura di poter essere bocciato in tantissime materie: con una media che a malapena raggiungeva “A” (Erbologia e Pozioni si compensavano a vicenda) come poteva sperare in qualche G.U.F.O. decente?
Inoltre non aveva ancora pensato cosa fare dopo. Certo, erano appena alla prima settimana di scuola, aveva tutto l’anno davanti per perdersi negli opuscoli dell’orientamento professionale, ma sua nonna aveva iniziato a tormentarlo con quel discorso fin dall’estate. Neville voleva fare qualcosa in cui potesse usare le sue abilità in Erbologia; qualche volta aveva sognato di sostituire la professoressa Sprite, e nei sogni impartiva lezioni a degli incapaci Serpeverde, coprendoli di “T” e guardandoli sgusciare via dalla serra coperti di Puzzalinfa. Il professor Paciock.
Neville si perdeva spesso nei suoi sogni, nei suoi pensieri, tanto che spesso e volentieri quello che gli altri dicevano arrivava come un eco ovattato alle sue orecchie: era il suo modo di difendersi dalla realtà, la cruda realtà in cui lui non era professore e tantomeno poteva godere di una rivincita contro dei Serpeverde.
Non solo Piton però mise pressione agli studenti: Vitious e la McGranitt spesero minuti e minuti a ricordare agli alunni dei G.U.F.O che li attendevano:-Non vedo ragione per cui qualcuno in questa classe non dovrebbe ottenere un G.U.F.O. in Trasfigurazione!- tuonò severa la professoressa Mc Granitt. Neville emise un gemito soffocato, ma che all’insegnante non sfuggì:-Sì, anche tu, Paciock! Non c’è niente che non vada nel tuo lavoro, a parte la mancanza di sicurezza!- continuò a spiegare imperterrita l’incantesimo che avrebbero imparato, ma la mente del ragazzo era già da un’altra parte. Rigirava tra sé e sé la frase che la professoressa aveva detto.
Era forse questo che gli mancava?
Era forse questo che lo differenziava, come tutti gli ripetevano, da quei grandi maghi che erano i suoi genitori?
Nonna gliene parlava spesso, a volte con tono di rimprovero, a volte per ricordargli che non doveva vergognarsi di Frank e Alice, i suoi genitori che non avevano ceduto alle torture dei Mangiamorte e avevano opposto resistenza fino alla pazzia.
La giornata passò, lo caricò di compiti, e verso le undici Neville si arrese, convincendosi a finirli la sera dopo. Quei pensieri gli ronzavano ancora fastidiosamente per la testa; entrò nel bagno e si gettò dell’acqua gelata sul viso, rivoli sottili gli caddero sulla divisa scivolando dal mento.
Sfilò goffamente la maglietta e la lasciò accanto al lavandino, stropicciata ed accartocciata. Si osservò il viso e il torso nudo allo specchio: le guance paffute, gli addominali inesistenti, la pancia pronunciata, da bambino, le mani goffe e impacciate. Si tirò le guance, come per testare quanto fossero realmente carnose o per riuscire a staccarle, lasciando al loro posto un viso sottile con gli zigomi pronunciati e un profilo elegante. Affondò l’indice e il medio nella pancia, quasi cercasse di capire quanta di essa potesse perdere. Era dimagrito ("E non poco", riflettè) rispetto agli altri anni, ma non era paragonabile a Harry o Ron, men che meno a Seamus che sfiorava l’anoressia. “Un leggero strado adiposo”. Quella frase che nonna gli aveva detto una volta, al posto che farlo ridacchiare lo fece sprofondare in un intensa vergogna verso sé stesso, verso quel corpo che non gli piaceva, poco tonico e poco attraente.
Si lavò i denti con furia, sputò nel lavabo e sorrise al suo gemello nello specchio: i suoi incisivi erano storti e distanziati. Richiuse la bocca velocemente, sempre più imbarazzato. Era forse il suo taglio di capelli, si chiese, osservando l’ordinato ciuffo e i capelli lisci e pettinati. Se li scombinò con una mano, ma senza buoni risultati: i suoi capelli non accennavano a volersi scomporre. Aveva l’aria da goffo bambino che aveva sempre avuto, decretò sconsolato riprendendo la sua maglietta e indossandola in tutta fretta; si incamminò verso il dormitorio e si ficcò sotto le coperte. Sentiva inspiegabilmente gli occhi umidi. Perché non si piaceva? Forse davvero la gente non lo sopportava?
Mentre quelle pungenti domande gli creavano un nodo in gola, ricordò il giornale raccolto pochi giorni prima: doveva sbrigarsi a riconsegnarla al proprietario!
Scese dal letto e la prese dal baule in cui l’aveva gettato: il suo cuore fece un’inspiegabile capriola e iniziò a scalpitare, come se si sentisse troppo stretto tra i polmoni.
Osservava la rivista con occhi sbarrati, sicuro che potesse appartenere a una sola persona che lui conoscesse. Anzi, di sicuro era quella persona: nessun’altro in tutta la scuola, probabilmente, leggeva il Cavillo.
Il ricordo di quei lunghi capelli biondi e di quegli occhi color del ghiaccio sembrò essere l’unica cosa presente nella mente di Neville in quel momento.

Brontolò tra sé:-Gliela restituirò domani, o dopodomani. O quando la incontro, ecco- rimise la rivista nel baule e la nascose sotto una manciata di calzini spaiati: non voleva che qualcuno la vedesse, neanche per sbaglio. Non sapeva perché, ma non voleva, punto e basta. Si rintanò nuovamente nel suo letto accanto alla finestra, tirò le tende del letto a baldacchino e cercò testardamente di farsi venir sonno. Restò sveglio abbastanza tempo per sentir rientrare anche Harry e Ron, che spesso si trattenevano per ultimi nella Sala Comune.
Voleva dormire, ma il battere incessante del suo cuore sembrava diminuire troppo lentamente e nella tua testa pensieri confusi si accavallavano: “Se solo fossi come i miei genitori, loro erano dei GRAN maghi!” “Devo mostrare la Mimbulus mimbletonia alla professoressa Sprite” “Ron e Harry sembrano avere sempre più segreti tra loro…” “Chissà com’è essere bravi a Quidditch!” “Chissà se Luna ora è sveglia” “Mi sono sbagliato o oggi Dean era in giro con Padma, la sorella di Calì?” “La Umbridge non promette nulla di buono, come insegnante…”
Interruppe quel guazzabuglio di pensieri, come accorgendosi di quello che si stava dicendo.
“Mi sto rimbambendo”.
Finalmente il sonno ebbe la meglio, e Neville iniziò a russare come sempre.



_____________________________________________________

SPAZIO AUTRICE: Alloooora, che posso dirvi, bentornati! (?)
Anche se forse qualcuno troverà noioso questo piccolo (?)capitolo, era da tanto che volevo scriverlo: raccontando la storia di Neville e Luna mi sembrava giusto soffermarsi sui tormenti di lui, che cambierà tanto nel corso della storia... :) non preoccupatevi comunque, perché ben presto la nostra beneamata Corvonero tornerà ad essere parte integrante della storia come è giusto che sia :DD
(E per chi se lo sta chiedendo, no, Neville non le riconsegnerà presto il Cavillo xD dovrà combinare prima altre scemenze u.u Parecchie scemenze, ora che ci rifletto. *MUAUHAUHAUHA sarò sadica!*)
Peace and love, people!


Nina.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Alla Testa di Porco. ***




I'm caught in a dream 
and my dream's come true 
So hard to believe 
this is happening to me 
An amazing feeling 
comin' through






 


Scriveva con piacere quella lettera a suo zio, seduto su una delle morbide poltrone della Sala Comune. Il camino scoppiettava poco lontano da lui, spargendo sulla pergamena una luce piena di baluginii rossastri.
Lo zio gli aveva chiesto di scrivergli quanto più possibile, da quando gli aveva donato la piantina che in quei giorni cresceva a vista d’occhio sul comodino di Neville; di solito alla nonna le cose che davvero gli premevano non le raccontava, per vergogna, ma con lo zio era diverso. Era un uomo a volte un po’ burbero con lui, ma in generale simpatico e con una risata grassa e prolungata.
“… E la professoressa Umbridge è stata nominata Inquisitore Supremo pochi giorni fa, neanche a due settimane dall’inizio della scuola. È una persona davvero odiosa, zio, la si darebbe volentieri in pasto alla tua Dionea gigante! Adesso ha il permesso di cacciare i professori, ed è sempre a scrivere i suoi appunti durante le ore altrui. Per fortuna le lezioni di Erbologia le sembrano a posto… spero che cacci il professore di Pozioni, anche se sembra più interessata a mandar via quella di Divinazione, che è un po’ pazza, ma non è severa come il professor Piton.”
Si poggiò l’apice della piuma tra le labbra: cos’altro poteva scrivergli?
Quella mattina la sua classe aveva avuto la lezione di Erbologia: erano scesi per la strada scoscesa che portava alle serre, immersi nella frizzante frescura autunnale che faceva salire deboli brividi per il collo. L’aria aveva un intenso odor di pioggia, di umido, e le nuvole corpose e grigiastre promettevano effettivamente un acquazzone.
Si erano affrettati a raggiungere la serra, e la professoressa Sprite aveva mostrato loro un nuovo genere di pianta e i modi per curarlo. Quando Neville le aveva mostrato il suo piccolo tesoro, la Mimbulus mimbletonia, la donna si era tolta stupita i guanti  e aveva preso delicatamente tra le dita il vaso di coccio, complimentandosi sempre puù esterrefatta. Lui aveva sorriso, fiero e soddisfatto.
Certo, a nessuno a parte l’insegnante interessava della pianta:  Ernie McMillan faceva parlare tra loro i suoi guanti in una ridicola imitazione di burattini, e Justin lo guardava divertito. Harry, Hermione e Ron come al solito chiacchieravano tra loro, Dean e Seamus si stavano raccontando qualche barzelletta sconcia, Lavanda si osservava i capelli nel debole riflesso delle pareti vetrate e (Neville sperò di aver visto male) Calì si rovistava nella narice lontana dagli sguardi altrui.
Scosse la testa: non voleva proprio scrivere allo zio di quanta considerazione avessero i suoi compagni di lui e della pianta che gli aveva regalato.
Inoltre nella sua risposta avrebbe iniziato tutti i suoi soliti discorsi sul fatto che doveva farsi più forte e combattivo, e per Neville erano come un coltello nello stomaco. Se poi si metteva a dire che doveva trovarsi una ragazza, quel coltello iniziava sadicamente a rivoltarsi nella ferita.
Lo zio non capiva com’era difficile essere qualcuno a scuola, come l’essere considerati ed apprezzati fosse una preda ambita, e che c’erano già troppe bestie feroci che se la contendevano senza che anche lui entrasse a far parte della lotta.
Poteva parlare della lezione di Cura delle Creature Magiche: avevano fatto conoscenza con gli Asticelli. Era andato meglio di quanto sperasse grazie alla sua affinità con le piante, ma si era ritrovato comunque un grosso graffio sul labbro inferiore, che si era gonfiato e assumendo una sfumatura color prugna, mentre il taglio era di un rosso vivido.
il ricordo di quel pomeriggio gli fece fremere le dita, e sentì di nuovo  il cuore palpitare più convinto; deglutì per inumidirsi la gola secca e roca.
Quando la lezione era finita, avevano incrociato alle serre un gruppo di ragazzi del quarto anno uscire dalla serra accanto. Aveva salutato Ginny poco prima di accorgersi che, dietro di lei, c’era Luna;  la ragazza dai lunghi capelli biondi si era avvicinata ad Harry, trattenendo il fiato come in apnea, con le guance di solito candide che avevano raggiunto una colorazione rosea:-Credo che ColuiCheNonDeveEssereNominato è tornato e credo che tu abbia combattuto contro di lui e gli sei sfuggito-.
Aveva detto quelle parole tutte d’un fiato, con i grandi occhi celesti spalancati e i pugni stretti; Neville osservò la buffa macchia di terra che aveva sul naso all’insù, i due ravanelli color corallo al posto degli orecchini e i capelli legati in un strambo nodo disordinato in cima alla testa. “Anche lei crede ad Harry”, era l’unico pensiero di senso compiuto che era riuscito a formulare, e sentiva una strana euforia invadergli il corpo, una grande soddisfazione sfrecciargli a tutta velocità nelle vene.
Non toglieva gli occhi dal suo viso, ammirandone i tratti delicati, le guance lisce e lo sguardo sincero ed infantile della ragazza; mormorò tra sé che non si era sbagliato sulle sue ciglia.
Harry aveva ringraziato, in imbarazzo. Calì e Lavanda si erano messe a ridacchiare come loro solito. Neville non sopportava quei risolini, gli sembravano lo stridere di unghie su una lavagna; e in quel caso gli sembrarono ancora più insopportabili, visto che erano rivolte all’aspetto della ragazza.
-Ridete pure, ma la gente una volta non credeva che esistessero cose come il Cannolo Balbuziente o il Ricciorcorno Schiattoso- aveva detto Luna alzando il mento verso le due oche.
-Bè, avevano ragione, no? Il Cannolo Balbuziente e il Ricciocorno Schiattoso non esistono- aveva detto Hermione con tono spiccio e con la sua espressione di superiorità.
Luna le aveva lanciato uno sguardo furente e aveva stretto ancor di più i pugni, facendo gemere Neville al pensiero che le unghie le si fossero conficcate nella carne del palmo della mano; poi era corsa via, tra le risate generali della classe. Aveva cercato non far notare che fosse irritato ridendo forzatamente, ma il risultato era stato solo un sorriso sghembo e abbastanza inquietante.
Rimuginava su quel ricordo, ringraziando che la luce delle fiamme coprisse il suo viso paonazzo. Si chinò sulla pergamena, appoggiata sulle sue gambe in cima ad alcuni libri, e scribacchiò:”C’è una ragazza molto carina, a scuola. Non ha la mia età, è del quarto anno, ed è Corvonero. Se la vedessi ti piacerebbe, ne sono sicuro: è bassa ma esile, con la pelle pallida (a volte sembra proprio bianca), i capelli lunghi e biondi un po’ ondulati, e gli occhi grandi e color non-ti-scordar-di-me. È un po’ bizzarra (suo padre dirige il Cavillo, non so se hai presente…) ma a modo suo è particolare, e tra l’altro anche lei sostiene Harry. Quando lo ha detto, tutta la classe è scoppiata a ridere (ma perché portava degli orecchini a forma di rapanello. Anzi, penso che fossero proprio dei rapanelli veri) e lei se n’è andata furibonda. Non penso che sia stata la prima volta che la prendono in giro, e mi dispiace, sembra simpatica, in fondo.” Sentì un nodo alla gola: se la sentiva davvero di scrivere quelle cose a suo zio?
Inspirò per darsi coraggio e finì i saluti :”A parte questo tutto bene. La Mimbulus cresce benissimo. L’ho chiamata Augusta, ma non dirlo alla nonna. Rispondi presto, Neville.”
-Che stai facendo?-
Neville sussultò:-Niente!- nascose la pergamena dentro ad uno dei fascicoli e quaderni che teneva sulle gambe e li gettò nella borsa.
Hermione sorrise, cosa che tipicamente faceva prima di sciorinare un discorso di ore e ore. Neville ricordò che anche lei aveva avuto i denti pronunciati e sporgenti, ma se li era fatti mettere a posto due anni prima: chissà, magari poteva farlo anche lui…
-…è una cosa ingiusta, non credi anche tu? Quando mai si è sentito parlare di Difesa contro le Arti Oscure senza neanche provare a fare un incantesimo?! E so che tu credi ad Harry, quindi capisci in che situazione pericolosa ci troviamo!- Hermione stava dicendo ispirata il suo discorso, di cui Neville cercava di afferrare l’essenziale –Quindi questa è la mia proposta: alla prossima gita ad Hogsmeade, ci ritroviamo alla Testa di Porco e ne discutiamo insieme. Ci sarai, Neville?-
Lui rimase imbambolato qualche secondo per realizzare cosa le stava chiedendo. Difesa contro le Arti Oscure. Senza incantesimi. Umbridge. Testa di Porco.
-Ok! S-sì, ci sarò!- balbettò.
Hermione gli rivolse un sorriso a trentadue denti e se ne andò a lunghi passi, facendo sobbalzare la massa di capelli bruni e crespi.
 
 
 

Neville si strinse ancor di più la sciarpa intorno al collo, alzò il bavero e calò il cappello di lana coprendosi buona parte delle orecchie: faceva un freddo cane, ad Hogsmeade.
-Vieni, è da questa parte!- Dean lo precedeva a passo veloce.
Neville sbuffò e lo seguì correndo in modo goffo, mentre passava davanti ai Tre Manici di Scopa: quanto avrebbe voluto essere lì dentro, a bere una Burrobirra con i suoi compagni Grifondoro… ma aveva promesso a Hermione che si sarebbe presentato.
Una piccola folla di studenti si era raggruppata davanti al pub di second’ordine: pavimenti e finestre erano coperti di sudiciume, i tavoli di rozza fattura ospitavano strani clienti, la maggior parte incappucciata e gobba sopra il proprio sgabello; Neville arricciò il naso per l’odore stantio che gli ricordava una stalla di bovini.
C’era più gente di quanto potesse immaginare, e probabilmente anche più di quanta Harry si aspettasse: parlava impacciato alle accuse di Smith, sotto lo sguardo attento di tutti i presenti. Alla fine, supportato da Hermione, Ron e i gemelli, sembrava aver convinto tutti. Anche Neville era d’accordo: le lezioni della Umbridge non servivano a nulla, e lui sapeva bene a che cosa erano disposti a fare i Mangiamorte.
Sentì il petto comprimersi al pensiero dei suoi genitori, in quei lettini stretti dalle tendine tirate, al S.Mungo.
Fece scorrere gli occhi sui presenti e sussultò improvvisamente: Luna ascoltava con garbato interesse quello che stavano dicendo Harry e Hermione. Teneva le mani in grembo, coperte da un paio di guanti bianchi e rosa, e il suo naso sottile era arrossato. Neville sorrise teneramente.
-Secondo noi il motivo per cui la Umbridge non ci vuole addestrare alla Difesa contro le Arti Oscure- continuò Hermione nel suo infervorato parlare –Dev’essere perché è deve avere una sua idea folle che Silente possa usare gli studenti come una specie di esercito privato. Crede che possiamo mobilitarci contro il Ministero-.
Luna cinguettò, rompendo il silenzio che si era creato:-Questo ha un senso. Dopotutto, Caramell ha il suo esercito privato- sorrideva pacata.
-Cosa?- fece Harry.
-Ha un esercito di Eliopodi- il suo sorriso lasciò il posto ad un’espressione solenne.
-No che non ce l’ha!- la fulminò Hermione.
-Cosa sono gli Eliopodi?- chiese Neville, rivolgendosi a Luna; lei lo guardò negli occhi spalancando ancor di più i propri e iniziò a spiegargli:-Sono spiriti di fuoco: grandi creature fiammeggianti che cavalcano bruciando tutto ciò che…-
-Non esistono, Neville!- disse acida Hermione.
-Sì che esistono!- sbottò Luna, abbandonando con gli occhi il viso di Neville e concentrandosi su quello della ragazza –Ci sono moltissime testimonianze oculari. Se sei così ottusa che hai bisogno che le cose ti vengano ficcate sotto il naso…-
Ginny tossicchiò, interrompendo la discussione tra le due, e riportò tutti verso quello che era il vero argomento della riunione. Neville, però, continuava ad osservare di sottecchi la fronte corrucciata e le labbra serrate di Luna, che aveva incrociato le braccia con fare testardo. Non riusciva a capire perché fosse convinta di tutte quelle assurdità.
-Dovremmo tutti scrivere il nostro nome, per sapere chi è presente oggi. Ma credo anche che dovremmo essere tutti d’accordo di non divulgare ai quattro venti quello che stiamo facendo. Perciò, se firmate, acconsentirete a non raccontarlo alla Umbridge o a chiunque altro-.
Subito uno dei due gemelli si alzò e firmò, seguito a ruota dall’altro. Smith e McMillan sembravano particolarmente titubanti, ma alla fine firmarono, forse più perché messi alle strette che per altro. Anche lui firmò: gli interessavano davvero quelle lezioni di Difesa contro le Arti Oscure; in fondo aveva sempre serbato il desiderio di vendicare i suoi genitori, e se non altro erano assolutamente utili, nel clima di terrore in cui secondo sua nonna sarebbe sfociato il mondo magico quando tutti avrebbero capito la verità.
Uscì, il freddo pungente che gli infastidiva il viso; cercò inutilmente di tirare ancor più su il bavero della giacca e si guardò intorno: Dean se ne era già andato, come tutti, praticamente.
Eppure, a dondolarsi sui talloni accanto ad una vetrina c’era ancora Luna, con attorno al collo un’ingombrante sciarpa rosa e sopra la testa un cappello con pon-pon bianco; portava una gonna scura che a malapena si intravedeva sotto il lungo cappotto verde smeraldo, calze di nylon nere e degli stivali giallo canarino che producevano uno strano rumore mentre lei si dondolava.  
Non sembrava aspettare qualcuno o qualcosa: era semplicemente lì, ad osservare con aria trasognata le viuzze e i cornicioni innevati.
Strinse i pugni e inspirò profondamente; si avvicinò a passo dondolante e goffo, mentre il battito cardiaco accelerava mano a mano che si avvicinava alla ragazza.
-Ciao, Luna!-
Lei dapprima sembrò non capire chi aveva davanti; poi, come illuminata, lo salutò:-Ciao, Neville! O preferisci che ti chiami “Nessuno”, come Ulisse?- si tolse i guanti e li infilò nelle tasche con noncuranza.
Neville ricordò come si era presentato il primo giorno che si erano incontrati:-No, no- scosse la testa diventando rosso –Neville va benissimo!-
Lei sorrise, mostrando una dentatura dal candore quasi innaturale:-Sono contenta che almeno tu ti interessi a quello che dico, Nev. (“Nev!” pensò lui deglutendo a fatica “Mi chiama con un soprannome!”) Hermione è solo una stupida, sa solo imparare a memoria dai libri. Per questo non è una Corvonero, la sua intelligenza si ferma allo scimmiottare quello che altri hanno scoperto!-
Il ragazzo si sentì un po’ imbarazzato; lui non pensava che Hermione fosse stupida:-Bè, magari alcune tue teorie sono… sono un po’ strane, no?- evitò di guardarla in viso, e si concentrò sulla strada coperta di nevischio calpestato. Camminavano vicini, molto vicini. Le loro mani ondeggiavano una accanto all’altra, quella affusolata di Luna e quella grande e larga di Neville. Con il cuore che gli pulsava a mille cercava di trattenersi dal gesto stupido di prenderle la mano.
-Sì, sono strane, come dici tu- annuì Luna tranquilla –Ma tutte i grandi maghi sono parsi strani. Cosa pensi, che quando il primo mago che scoprì i Camufloni non venne preso per pazzo? Scimmioni invisibili, chiunque la crederebbe un’assurdità! Eppure esistevano, proprio così- sgranò i grossi occhi e lo guardò intensamente con un sorriso angelico  -Forse qualche creatura non esisterà davvero, ma io credo che quelle che mio padre dice che esistono, esistono. Lui non si fa problemi con gli scettici o con le opinioni altrui. È molto coraggioso, difende le sue opinioni, e anche io voglio essere come lui-.
Neville ci rifletté. Quel discorso gli appariva sensato quanto completamente illogico. Probabilmente il padre di Luna voleva solo che la figlia vivesse in un mondo che le piacesse, che le spalancasse le porte dell’impossibile. Se questo fosse da biasimare o no, non ne aveva idea. In fondo, chi poteva dire se erano davvero solo sciocchezze? Forse Caramell teneva davvero degli Eliopodi in cantina. E non erano forse più assurde le congetture sull’acquisire il potere assoluto del Signore Oscuro e dei suoi seguaci? Qual era la vera pazzia?
-È bello che tu voglia seguire le orme di tuo padre. Tieni sempre la testa alta, in qualsiasi situazione. Vorrei riuscirsi anche io- disse con un sorriso triste Neville –Ma la gente vede solo come sei fuori. Nessuno è disposto a cercare delle tue qualità. O forse nel mio caso proprio non ce ne sono, probabilmente!- alzò le braccia come per rendere quella frase qualcosa di comico, ma suonò tremendamente vera.
Luna sembrava contrariata. Ormai erano arrivati alle porte di Hogwarts.
“Non ricordavo che la strada fosse così breve” si disse Neville dispiaciuto.
Luna lo guardò con i grossi occhi che parevano d’argento e gli disse, immersa nella sua solita espressione sognante:-Non c’è bisogno di vedere, per crederci. Basta avere fiducia. Non penso che tu sia senza qualità, anzi. Sono solo molto nascoste dentro la tua anima, invisibili agli occhi-.
Aveva ricominciato a fioccare una leggera neve, che si impigliava nei capelli fluenti di Luna, e le adornavano la chioma.
-Grazie, Luna- le fece un largo sorriso.
Luna fece una strana espressione, e il sorriso subito si spense sul viso di Neville, imbarazzato. Erano forse i suoi denti, o quella strana forma che prendevano le sue guance quando sorrideva così?
-Hai… hai una fossetta, quando sorridi- disse dolcemente Luna, accarezzandogli la guancia sinistra con la mano; Neville sentì il cuore esplodere letteralmente tra i polmoni e smorzargli il respiro.
-Sono così carine, le fossette- disse semplicemente, con quella sua voce limpida e bambina –Allora ci vediamo, Nev!- lo salutò, poi saltellò con spensieratezza per i corridoi della scuola, diretta al suo dormitorio.
Neville rimase impietrito sulla soglia. Lentamente si sfiorò la guancia, il tocco delle dita fredde della ragazza ancora impresso sulla pelle e nella memoria.
La seguì con lo sguardo fino a quando non scomparve per una rampa di scale.
A passo lento, ancora inebetito, si diresse verso la Sala Comune.
-Neville, dov’eri finito?- gli sorrise Seamus –Vieni, io e Dean siamo in dormitorio a chiacchierare!-
Annuì. Capiva sempre meno di quello che gli stava succedendo, o forse stava capendo, ma si rifiutava di ammetterlo a chiunque, soprattutto a sé stesso.
Dean era seduto sul suo letto, aspettando l’amico:-Oh, ciao Neville! Ti unisci a noi?-
-Continua a raccontare, dai, Dean!- lo intimò Seamus.
-Ok, avete presente Ginny, che sta con quel cascamorto di Corner? Sono certo che oggi continuava a guardare me!- disse con aria euforica e divertita –Con Ginny ci starei, dai. Fa tanto la timida, ma è una ragazza facile, alla fine. Guarda con che velocità ha cambiato idea da Harry a Michael!-
-A me non dispiacerebbe uscire con Katie Bell- disse Seamus con aria sognante –Ha due tette enormi…- Neville fece un risolino alla vista dello sguardo ebete del compagno, ma si sentiva a disagio.
-Per lei sei praticamente un bamboccio- disse Dean, convinto –Neville, secondo te chi è meglio, Ginny o Calì?-
-Non so, ecco, Ginny è più simpatica…-
Seamus emise un piccolo sbuffo:-Non in quel senso, Dean deve solo trovare qualcuna con cui consumare il primo bacio- lo guardò con aria di scherno.
-Ehi, ho quattordici anni, non sono in ritardo, no?- disse l’altro senza perdere il sorriso –Se tu ti sbaciucchi le Tassorosso in estate non è affar nostro!-
-Ah, ecco, no so…- Neville si fece sempre più rosso.
-Ehi, Dean, anche Neville se non sbaglio è a corto di baci!- rise Seamus amichevole.
-Oh, ecco, io…- non riusciva più a spiccicare parola, sentiva la bocca impastata. Onestamente a volte si chiedeva se ne avrebbe mai avuta una, di ragazza. Baciarne era un problema successivo.
-Ehi, tu sei amico di Ginny! Potresti aiutarmi- disse Dean con un ghigno sulle labbra.
-Già! Dai Neville, dinne una anche te! Ti aiuteremo noi!- disse Seamus dandogli una pacca sulla spalla –Una qualsiasi, non so. Una ragazza che ti piace!-
Ecco. L'aveva lì sulla punta della lingua.
“Luna”, pensò, “A me piace Luna”.
Sentì delle catene spezzarsi, nella sua anima, come se quel pensiero fosse la confessione che lo liberava di prigione.
“A me piace Luna Lovegood” si ripeté, come se quelle parole gli suonassero impossibili.
Davanti ai suoi occhi vide comparire le mani sottili e ghiacciate di lei, i suoi strambi vestiti, i capelli intrisi di nevischio, le labbra, gli occhi argentei e profondi.
-Allora?- chiese Dean.
Aprì la bocca, senza emettere alcun suono; non voleva che gli altri lo sapessero. Era un suo segreto, suo e di nessun’altro. Quei due non potevano capire fino in fondo cosa provasse ogni volta che incontrava quel viso dall’aria sognante o sentiva la sua voce tenera e infantile. Disse un nome a caso, il primo che gli venne in mente.
Mentre gli altri due si consultavano con entusiasmo su quello che aveva appena detto, Neville sentì spargersi per tutto il suo corpo un’euforia incredibile, come se la felicità avesse preso forma e sostanza e gli sgorgasse dal cuore, stregandogli le vene.
Luna.
Era così ovvio, si disse, fin dal primo momento che l’aveva vista! Perché ne era rimasto così sconvolto? Sì, era una ragazza strana, ma era questo a renderla speciale.
-Vado, ci vediamo a cena!-
-Ok, Neville! Non ti preoccupare, ti aiuteremo noi con la Abbott!- lo salutò Seamus.
Il ragazzo rifletté pochi secondi su quella frase, capendo che aveva detto “Hannah”. Ma che gli importava, a lui piaceva Luna! A metà delle scale scoppiò in una fragorosa risata d’allegria, e ben poco gli importò degli sguardi perplessi o divertiti di alcuni Serpeverde del secondo anno.
Canticchiava un motivetto inventato sul momento mentre si sedeva al tavolo dei Grifondoro e addentava allegro la sua cena a base di polpettone e verdure miste. Tra i Corvonero, con i vistosi rapanelli alle orecchie, spiccava Luna. Si sentì arrossire come non mai, e guardandosi la mano si accorse di tremare.
-Tutto bene, Neville?- Ginny sembrava preoccupata –Sembra che tu abbia preso la febbre-.
-Io? No no!- disse, posando la forchetta e cercando invano di calmarsi –Senti, non è che ti andrebbe di uscire con Dean?- le disse senza togliersi dal viso il sorriso affabile.
Ginny fece una smorfia divertita:-Sì, hai decisamente la febbre!-
Lui ricominciò a mangiare vorace la sua cena. Era riuscito a parlarle, e già questo gli sembrava un enorme passo avanti. E avevano camminato insieme al ritorno, così vicini che avrebbero potuto tenersi per mano.
Poteva riuscirci.
Avrebbe messo da parte la timidezza con tutte le sue forze, lottando contro le proprie insicurezze.
Per Luna.








__________________________________________
SPAZIO AUTRICE: Spero vi piaccia, mi sono impegnata buona parte di questo altrimenti noioso pomeriggio per scriverla xD
Finalmente, si direbbe, il caro piccolo Neville sembra mettere in moto le rotelle! Riuscirà a mantenere i suoi buoni propositi? u.u
*lo scopriremo nella prossima puntata!* no, scherzo. Diciamo che cercherò di metterci i bastoni tra le ruote :3 (Odiatemi, grazie!)
l'introduzione è un omaggio a Mercury :)
Un grazie a chi ha recensito, un grazie di cuore! *___* ♥


Nina.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Conoscendoci impareremo a capirci. ***


No one could ever know me, no one could ever see me
Seems you're the only one who knows what it's like to be me...




 




Esercito di Silente.
Che nome improbabile, ma ormai avevano deciso.
Rimase senza compagno, come era prevedibile; Harry si allenò con lui, facendolo letteralmente a pezzi: riuscì a disarmarlo solo quando il ragazzo si voltò da un’altra parte, concentrato su come procedevano gli altri.
Neville non era bravo in qualsiasi caso, con gli incantesimi, ma la sua attenzione era ulteriormente minata da Luna, che si allenava con Justin poco distante da lui.
Aspettò con relativa impazienza che Harry soffiasse nel fischietto e che tutti uscissero dalla Stanza delle Necessità e si fermò affianco ai cardini della porta spalancata; Luna fu una delle ultime ad uscire, con il suo  passo sognante e saltellante.
-Ciao Luna- le fece un timido cenno con la mano.
-Ciao Neville!- esclamò, molto meno titubante dell’ultima volta che si erano visti –Com’è andato l’allenamento?-
-Ecco...- ripensò velocemente all’elenco dei fallimenti che si erano susseguiti poco prima –Non c’è male- mentì –Ehm… che fai?- iniziò a smuoversi con la mano i capelli sulla nuca con visibile imbarazzo: che domanda, stava uscendo dalla Stanza delle Necessità e si dirigeva verso il dormitorio.
-Oh bè, vado alla Sala Comune di Corvonero!- disse entusiasta, come se fosse una novità incredibile –Tu?-
-Io… io vado alla Sala Comune di Grifondoro- cercò di sorridere, facendo solo una buffa smorfia. “Oddio” si disse mentre il cuore iniziava a scalpitare in ansia “Non iniziare a fare brutte figure!”
Luna trattenne il fiato mordendosi le labbra stese in un sorriso felice, come se si trattenesse dal dire un grosso segreto che non vedeva l’ora di urlare a tutto il mondo:-Ho costruito una cosa per la partita di Quidditch! È un cappello a forma di leone, e sto cercando di fare un incantesimo che lo faccia ruggire!- digrignò i denti ed emise un borbottio sommesso, in quella che doveva essere l’imitazione del Re della Savana. Neville non riuscì a trattenere un risolino divertito, e continuò a guardare Luna. Com’era bello vederla felice. Era come se tutto il mondo fosse improvvisamente sparito, le voci degli studenti per le scale erano lontani echi di una realtà che non gli apparteneva; niente gli importava, se non che Luna mantenesse quell’espressione contenta sul viso delicato mentre saltellava accanto a lui.
-Uh, Luna!- esclamò, battendosi la fronte con la mano –Ho nella borsa in dormitorio una cosa che è tua!-
-Hai trovato uno dei vestiti che mi hanno nascosto?-
-No, un’altra cosa… mi accompagni, per favore? Così… così te lo do subito, va bene?-
Lei annuì con foga, e quel semplice scuotersi della sua chioma bionda fece fare una capriola al cuore del ragazzo innamorato; si incamminarono per gli ampi corridoi, diretti verso la Sala Comune.
-Buongiorno!- cinguettò la Signora Grassa, che stava spettegolando con la sua amica nel suo opulento quadro.
-Mimbulus mimbledonia!- disse Neville.
La Signora Grassa fece un risolino dietro la mano lardosa e inanellata, dicendo:-Siamo in affascinante compagnia, caro!- poi si scostò per lasciarlo passare; lui, con le guance calde per il rossore e l’imbarazzo, accennò un sorrisetto compiaciuto ed entrò frettoloso per la Sala, corse per le scale, frugò nella borsa e afferrò la rivista, per poi rigettarsi a capofitto fino in corridoio:-Ecco- disse ansante a Luna –Il… il Cavillo… l’ho trovato il primo giorno, e… ho subito pensato… che fosse tuo-.
-Oh, grazie!- disse Luna con un rapido movimento delle ciglia, un brillio nei grandi occhi cristallini che rimase impresso nella mente di Neville –Devo andare nella mia Sala Comune, ho un po’ di compiti. Ci vediamo!- accennò uno stravagante inchino e se ne andò con il suo incedere sognante e distratto.
-Oh oh!- continuò a ridacchiare la Signora Grassa, facendo sobbalzare le grosse spalle.
Neville la osservò meglio:-È ubriaca, forse?-
-Ma cosa dici!- disse aumentando le risa, mentre il naso le si arrossava ancor di più. Violet scosse la testa, e disse:-Quel tipo lì, sir Cadogan, ha dato fondo alle cantine del quadro del terzo piano…-
-Capisco...- disse Neville perplesso –Posso entrare?-
-Mimbulus mimbletoniaaa…- canterellò la Signora Grassa, facendo passare il giovane.
Neville si ricordò improvvisamente della lettera per lo zio: non l’aveva ancora spedita, e dire che l’aveva scritta da giorni e giorni.
Salì nel dormitorio vuoto e passò in rassegna i libri della borsa con lo sguardo: non la trovava. Rovesciò la borsa sopra il letto, facendo rimbalzare un libro sull’orlo del materasso: ancora nulla.
Cercò nel baule, gettando calzini spaiati e pantaloni troppo larghi per tutto il pavimento, ma quella pergamena non voleva proprio saltar fuori.
Con un sospiro, si disse che doveva essergli caduta da qualche parte, e che gli elfi domestici l’avevano probabilmente buttata durante le loro pulizie notturne: non importava, l’avrebbe scritta di nuovo.
“Anche perché” e, pensandolo, un brivido d’emozione lo invase da capo a piedi come una scossa elettrica lasciandolo inebetito “Ci sarebbe altro da dire, su Luna!”
-Neville, ti vedo bello pimpante!- rise Ginny, vedendolo scrivere il suo tema per Pozioni con aria insolitamente allegra.
-Oh, sì- annuì, intingendo con foga la penna d’aquila nel calamaio –Sto passando delle belle giornate, diciamo!-
-Sono felice per te! Sai chi ho visto passare venendo di qui?- disse con sguardo malizioso –Lunatica Lovegood! Chissà che ci faceva vicino alla Sala Comune di Grifondoro… probabilmente si era persa, sai com’è, per quanto è pazza potrebbe anche essere…- sembrò riflettere divertita su quell’ipotesi.
Sul viso di Neville il sorriso si spense con estrema velocità, il cuore smise di battere con energia e sembrò invece scomparire: in mezzo alle costole sentì crearsi un doloroso vuoto che gli impediva di respirare. Improvvisamente il tema di Pozioni gli sembrò una catastrofe, e tutte le parole che aveva scritto ad inchiostro blu scuro sulla pergamena gli sembravano un’accozzaglia di idiozie.
“Pazza” con un moto di rabbia strinse il pugno intorno alla piuma, facendo cadere alcune gocce d’inchiostro denso sulla pergamena “Non è pazza.”
Alzò lo sguardo, osservando uno ad uno tutti i presenti. Chiunque, da Hermione che studiava immersa in una catasta di libri di ogni materia ai ragazzini del secondo anno che davanti al camino giocavano a scacchi, chiunque gli avrebbe detto con noncuranza che Luna era pazza. O tocca, menomata, deficiente, insomma qualcosa così.
Sentì lo stomaco contorcersi e iniziò a fare grandi respiri, dilatando le narici in maniera innaturale.
Cercava di restare calmo. Non gli interessava cosa pensavano gli altri di lui, non gli interessava.
“Non è vero” disse una voce maligna dentro di lui “In fondo sai che ti importa. Sei sempre vissuto all’ombra degli altri, non sei pronto ad esporti, Neville. Ricorda, ci sono tante bestie, la preda è la stessa, e tu non sei fatto per la guerra ad artigli sguainati”.
Davvero si vergognava?
Davvero si sarebbe vergognato di Luna, si sarebbe vergognato di tenerla per mano per i corridoi e baciarla davanti ai Tre Manici di Scopa?
La scena prese velocemente forma nella mente di Neville: la neve fioccava tranquilla, poggiandosi sui loro vestiti con noncuranza; la luce li inondava di un dolce colorito ocra e miele, passando per le vetrate della locanda. Ogni tanto uno scampanellio e uno sbatter di porta ben riconoscibili anche nel brusio del chiacchiericcio intorno a loro faceva intendere che qualcuno entrava o usciva dai Tre Manici di Scopa. Lui attorcigliava tra le dita i morbidi capelli di Luna, mentre lei si aggrappava con veemenza alla giacca mentre si baciavano con ardore, viso contro viso, le labbra tremanti unite, le lingue che si intrecciavano intervallate da fugaci respiri. Erano corpi alla ricerca del reciproco calore, che cercavano risposte ai loro sentimenti, i petti premuti uno contro l’altro, i battiti cardiaci ovattati dai vestiti pesanti.
Le persone passavano accanto a loro, additandoli; si chiedevano se quel ragazzo corpulento che sovrastava la ragazzina bionda e pallida erano davvero lui e Luna avvinghiati in un bacio. Qualche esclamazione sorpresa, un risolino di cui Neville sentiva solo il lontano eco…
-Neville?!- Ginny gli aveva afferrato il braccio –Riprenditi!-
-Cosa, che c’è?- si risvegliò dalla sua fervida immaginazione.
-Stavi fissando Jimmy Peakes con sguardo semi ebete e alcuni hanno iniziato a notarlo- disse contrariata –Cioè, a me non cambia nulla, ti voglio bene lo stesso, ma non ti conviene dichiararti in questo modo davanti a tutti se … giochi in un’altra squadra, ecco- aveva lo sguardo serio di chi sta dando un saggio consiglio.
-Oh, sì, certo- disse Neville senza essere sicuro di aver capito.
Ginny tornò ai suoi compiti, ma sembrava guardarlo in modo diverso, curioso e insospettito:-Ah, la pergamena-.
Neville guardò il suo compito: aveva tenuto premuta la penna sul foglio per così tanto che si era formata una chiazza blu petrolio intrisa nella carta che dilagava coprendo le parole.
Sbuffò e l’alzò velocemente dal tavolo su cui era rimasta una macchia scura; lesse le prime righe, e si accorse arrossendo di aver scritto tre volte, tra i componenti del Distillato della Pace, “Polvere di Luna”. Strappò frettolosamente il tema e ne iniziò subito un secondo, tenendo il naso a pochi centimetri dalle parole che scriveva veloce e concentrato quasi quanto Hermione.
 
 

  All you can do is make the best of it now 
Can't be afraid of the dark 
Just know you're not in this thing alone 
There's always a place in me that you can call home

 



Neville era ancora terrorizzato e sconvolto.
Stringeva tra le mani un lembo del lenzuolo, senza riuscire a chiudere occhio. Il suo sguardo vagava per le tenebre del suo letto senza darsi pace.
-Neville?- sentì una voce sussurrare.
Titubante, rispose:-Harry?-
-Tutto bene? Non stai dormendo-.
-Oh, ecco… è per la lezione di oggi- disse sconsolato.
Li aveva visti, enormi cavalli dalla pelle grinzosa e nera come la pece, che sembravano destrieri carbonizzati dalle grandi ali da pipistrelli coperte di venuzze violacee. Nei loro occhi neri e sporgenti aveva rivisto quella sera tremenda in cui il nonno era morto, tremando febbricitante e con il respiro quasi inesistente, nel suo letto. Non voleva essere curato, diceva. Era vecchio, e diceva che prima o poi sarebbe accaduto: meglio così che in qualche modo più doloroso. Si era spento, come una candela lentamente il suo barlume di vita si era fatto più flebile fino a scomparire.
Neville non sarebbe dovuto entrare, la nonna continuava a spingerlo fuori asciugandosi le guance con un fazzoletto di pizzo consunto; lui però, aiutato dalle tenebre e dal sonno pesante della donna, era entrato nella camera, era inciampato in uno o due oggetti per terra e si era avvicinato al letto su cui il nonno era steso:-Nonno, stai bene?-
Il nonno non rispondeva, se non con alcuni rantoli sommessi che si spensero dopo qualche minuto.
Neville gli asciugò la fronte imperlata di sudore, gli rimboccò le coperte come se fosse un bambino, poi si accovacciò accanto a lui e si addormentò.
Al suo risveglio il corpo era lì, cereo e gelido, con l’espressione di chi si addormenta con ansia, e il piccolo Neville aveva le guance grassocce umide di un pianto notturno di cui non ricordava: un pianto lungo e singhiozzante che si era protratto per tutta la notte.
-Sii forte, Neville- disse la voce di Harry dal suo letto. Lui poteva capirlo, e il ragazzo si sentì piacevolmente compreso, ma quel ricordo non cessò di comparire nella sua mente.
-Pensi… che questi ricordi ci marchino? Che vedere la morte ci renda diversi, o crei qualcosa in noi?- chiese.
-Non lo so- disse Harry –Ognuno reagisce in modo diverso. Io mi sento sempre arrabbiato e in ansia, tu sei malinconico... Luna copre i sentimenti tristi con la stravaganza, penso. Oppure è così di suo-.
-Luna?- Neville si alzò a sedere, cercando di non far trasparire troppo la sua apprensione: com’era possibile? Luna vedeva i Thestral? Sapeva già il perché oppure come lui lo aveva scoperto durante le lezioni?
-Sì, Lovegood. Li vedeva anche lei, quando siamo saliti sulle carrozze, ma non mi ha spiegato perché. Dev’essere morto qualche parente, immagino- disse Harry riflettendoci –Comunque tu resta tranquillo, e dormi. Dormire fa bene- con questa frase da madre premurosa il compagno tornò al suo sonno.
Neville si coricò, ma il peso sul suo stomaco era aumentato, e così il vuoto nel petto si era trasformato in una voragine.
Era come se la Luna che conosceva fosse diventata un’altra persona, come se non fosse più lei. Come poteva portarsi un ricordo tale, dietro i suoi sorrisi frequenti e il suo sguardo sognante?
Non dormì, e se dormì fece sogni così travagliati che gli sembrò di essere sveglio. Quella notte sembrava non finire, e non aver intenzione di terminare ma di lasciarlo in balia dell’ombra e dell’oscurità a chiedersi chi avesse visto morire la giovane Corvonero. Sarebbe stato troppo insensibile a chiederglielo? Avrebbe smesso di parlargli? A questa prospettiva, si disse spaventato che era meglio tenere quel segreto per sé.
Una lacrima gli rigò il volto e si immerse nel cuscino, salata e tiepida. Sentì il tremendo ed impellente desiderio di allungare la mano e incontrare le dita di Luna sotto il lenzuolo, coricata accanto a lui, il suo respiro sospirante a cullarlo.
Era questo che provava la nonna ogni sera, tastando il posto vuoto e freddo del marito defunto?
Si sentì affogare in un’opprimente tristezza, come se tutto il dolore delle persone convergesse su di lui, studente insonne in quella notte scura.








______________________________________________________________
SPAZIO AUTRICE: Avendo i genitori che mi fanno svegliare all'alba sperando che io possa riabituarmi all'orario scolastico, ho avuto questa prima parte della mattinata libera per scrivere questo capitolo molto particolare: di nuovo entriamo nei ricordi e nei pensieri di Neville. Spero di non avervi annoiato D: ma si rivelerà presto un capitolo importante, e desideravo che il ragazzo riflettesse sui Thestral, dopo averli visti a Cura delle Creature Magiche.
Nel prossimo capitolo, che spero di scrivere quanto prima, ci saranno parecchi cambiamenti radicali nella storia... spero siate impazienti di scoprirli! U__U

Intanto ringrazio chi recensisce e legge la storia *_____*  (e grazie ancor di più a una... accanita lettrice che mi ha convinto a scrivere quanto prima il capitolo xD martaluna555 :3) e auguro a tutti un buon inizio di scuola! :D


Nina.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** So this is Christmas, and what have you done? ***






Neville osservava con il fiatone i mazzi di foglie di vischio appesi per la classe con dei lucenti nastrini rosso intenso. Avevano appena finito l’ultimo incontro dell’ES prima del tanto agognato Natale.
Per l’ennesima volta si chiese cosa doveva fare, e gettò un’occhiata fugace alla chioma bionda di Luna, che osservava estasiata le decorazioni con il sottile naso rivolto verso il soffitto. Non l’avrebbe rivista per tutte le vacanze, e a quel semplice pensiero sentì il torace impazzirgli, come se nel suo petto l’anima si stesse rivoltando a quell’involucro di carne timido e impacciato. Gli occhi gli pizzicavano fastidiosamente e la gola gli si inaridiva: non sapeva cosa dirle. Non voleva salutarla con un semplice “Ciao”, ma era troppo goffo e titubante per riuscire a spiccicare altro. Sarà stata la luce soffusa e modellata dalle decorazioni che sormontavano le loro teste, ma Luna sembrava ancora di più bella di quanto non fosse già: i lunghi capelli biondo pallido erano screziati di barlumi color miele, le labbra apparivano del colore vermiglio delle rose di maggio, gli occhi azzurri erano come specchi d’acqua limpida. Neville aveva paura di afferrarle la mano e stringere il nulla, realizzando improvvisamente che era solo un sogno, una figura eterea ed angelica che la sua mente desiderava al tal punto di renderla visibile.
Si sentiva completamente disarmato, incapace di compiere qualsiasi gesto sensato; e in fondo, cosa voleva fare, esattamente?
La risposta era ovvia quando devastante: Neville voleva Luna.
Era qualcosa di profondo e carnale che non aveva mai provato in vita sua: quei timidi sentimenti che erano affiorati dal suo animo quando aveva visto le prime volte il viso sorridente della ragazza si erano trasformati in un desiderio incessante e tormentoso, che lo faceva rigirare insonne nel letto nella speranza convulsa e insensata di poterla abbracciare, di potersi voltare e vederla lì in piedi accanto alla finestra, illuminata dalla luce lunare.
Era qualcosa di cui si vergognava tremendamente, come se fosse impuro, e non riusciva a capire come Seamus potesse con tanta facilità e leggerezza descrivere cosa avrebbe volentieri fatto a Katie Bell nel caso se la fosse ritrovata nel letto. Forse nei suoi sogni non era contemplata quella parte più spirituale che era compresa nelle fantasie di Neville; corpo e mente si bilanciavano, creando la perfezione del suo volere, e quella perfezione aveva grandi occhi azzurri e un sorriso infantile.
Si chiedeva come fosse possibile che nessun’altro ambisse a conquistare la giovane Corvonero, o comunque la trovasse anche minimamente carina: le opinioni generali erano che fosse una pazza dagli occhi da raganella. Per alcuni giorno tutto ciò lo aveva reso perplesso, ma si era ricreduto facilmente e aveva raggiunto una conclusione: ognuno guardava chi gli piaceva con occhi diversi. Ritchie Coote, ad esempio, mostrava senza indugio il suo amore spropositato per Romilda Vane, sebbene tutti i rifiuti di lei; il ragazzino sembrava non notare nemmeno le folte sopracciglia e la mandibola assurdamente pronunciata, in compenso poteva decantare per ore la “bellezza dei suoi occhi color cioccolato” e dei suoi “capelli lisci e setosi”. Oppure Ginny, che usciva con McLaggen, uno dei ragazzi più antipatici e boriosi che ci siano.
Ed eccolo lì, lui, Neville, davanti al suo desiderio, a quella ragazza che lo aveva stregato.
Si fece coraggio, o almeno ci provò. Non sapeva cosa le avrebbe detto, ma sapeva che qualcosa avrebbe fatto.
-Ciao Neville!-
-Oh, ciao Luna!- era rimasto sbigottito: era stata lei a cercarlo e salutarla, e lui che si stava facendo tutti quei problemi...
-Hai visto?-
-Cosa?-
La ragazza puntò un dito sopra di loro –Vischio-.
Neville divenne paonazzo e strabuzzò gli occhi, mentre il battito delirante del cuore gli riempiva le orecchie e gli faceva vibrare le ossa: vischio. Vischio.
-Sotto il vischio ci si…-
-Spostati, Neville! Subito! Ci crescono i Nargilli, non voglio che un Nargillo ti attacchi!- disse spingendolo via con tutta la forza che aveva –Stavi dicendo?-
-Eh… ecco…- ma come gli era passato per la mente di dire una cosa del genere?!
Arrossì violentemente:-Sai, il vischio. Sotto il vischio di solito ci si bacia. Ma è una cosa stupida, penso, no?- continuava ad evitare gli occhi della ragazza, mentre balbettava per la vergogna.
Calò un silenzio greve tra i due. Luna lo guardava con aria curiosa e stupita, mentre Neville si tormentava le mani, rigirando le dita tra loro come impazzito, mentre il basso ventre gli si contorceva.
-Teoria interessante- annuì Luna –Ma deve essere tutto un complotto degli adoranti dei Nargilli. Sai, esistono! C’è gente proprio pazza, al mondo- scosse la testa contrariata.
-Già, un complotto. Sì, sicuramente è una scemenza- sentì un rumore sommesso di cocci infranti. Ah no, era il suo cuore che andava in pezzi. Per pochi attimi era rimasto sotto del vischio con Luna.
-Sono felice che la pensi come me. Sei molto simpatico, lo sai Neville? Cioè, sei uno dei pochi che non mi crede COMPLETAMENTE svitata!- esplose in una risata –Ah, come sono divertenti, che sciocchi! Però poi iniziano a nascondermi i vestiti. Dopo un po’ non mi diverto più a cercare le mie scarpe in tutte le aule…-
-E se non fosse una scemenza?- la interruppe Neville.
-Cosa?- disse lei, perplessa.
Neville non sapeva cosa gli era preso. Lo aveva detto senza rifletterci, un pensiero ad alta voce:-Oh… ecco io intendevo… sai, per il… il v… vis…-
Non fece in tempo a finire quella frase strascicata con sforzi sovrumani che qualcosa gli andò contro; Neville emise uno strano sbuffo: la persona gli aveva piantato, nella caduta, un gomito nella pancia.
-Oh, scusa!- disse una vocetta timida e dispiaciuta di una ragazza –Mi dispiace tantissimo, Neville!-
Alzò lo sguardo con gli occhi umidi per lo spavento e il dolore: Hannah.
La ragazza si rigirava tra le dita la punta di una delle due trecce bionde e si mordicchiava con apprensione il labbro:-Scusa, volevo solo… Non ho fatto apposta, non avrei voluto iniziare un discorso in questo modo!- e nel dirlo scoccò uno sguardo a due ragazzi poco lontani con una punta di ira. Neville se ne accorse, e vide Seamus e Dean farle segni d’incoraggiamento. In pochi secondi realizzò il pasticcio che stava succedendo.
-Io vado, allora, Nev- sentì la voce di Luna alle sue spalle, e si voltò appena in tempo per vederla allontanarsi con un debole sorriso:-Luna, aspetta!- allungò il braccio, inutilmente: era già alla porta. La ragazza si fermò per un attimo, indugiando con la mano poggiata alla maniglia:-Ah, il Cavillo non era mio. Era di Dennis Canon, lo ha perso il primo giorno. E non ti preoccupare, ho spedito io a tuo zio la lettera che c’era tra le pagine… spero non ti dispiaccia se l’ho letta, sai, non sapevo cos’era!-  a quell’ultima frase, un vago rossore le tinse le guance; poi sparì dietro il portone.
Neville strabuzzò gli occhi con la bocca spalancata: aveva capito bene?
-Uhm. Neville, volevo chiederti, se dovessi farti un regalo, preferiresti l’arancio o il blu cobalto?-
Ma il ragazzo non ascoltava le chiacchiere di Hannah. Aveva appena realizzato cosa sapeva Luna. Cosa Luna aveva letto. Ecco dove l’aveva messa, quella stupida lettera, quando Hermione era balzata fuori da nulla.
Cercò mentalmente di ricordare le esatte parole: occhi del color di non-ti-scordar-di-me, quella era la sua unica certezza, e un’altra manciata di teneri vezzeggiativi. E la cosa peggiore era che, dopo averla letta, Luna gli era rimasta completamente indifferente, quel giorno; lo aveva addirittura spinto via da sotto il vischio.
-Sono nella merda- disse in un sussurro disperato.
-Penso che arancio si intoni meglio ai tuoi occhi- continuava a riflettere Hannah, seriamente preoccupata di non fargli un regalo perfetto.
-Blu. Blu andrà benissimo- disse con voce spenta.
-Oh! Va bene! Ci vediamo dopo le vacanze, Neville!- disse quella, sgattaiolando via dalla stanza.
Seamus e Dean si avvicinarono:-Neville, sei un grande!-
-Non ci ha pensato su due volte, quando le abbiamo detto di te! Oddio, un po’ titubante all’inizio, ma non le dispiaci! Ha detto che ci sta!- gli diede un pugno sulla spalla, unico gesto d’affetto che Dean sapesse fare –Vedrai, sarà fantastico! E Miss Treccebionde non è tanto male!-
“No, non è per niente male” pensò “Ma non è nulla in confronto a Luna.”
Si trascinò in dormitorio a preparare il baule; raccoglieva con fare stanco i vestiti gettati sul letto e i libri sparsi un po’ ovunque. Nulla sembrava avere più molto senso, nemmeno respirare. Non riusciva a capacitarsi di quello che era successo, e ancor meno si immaginava cosa sarebbe potuto accadere, da quel giorno in poi.
 
 
 
 
 



Neville sbatté la porta alle sue spalle. Rimase immobile: la sua camera sembrava tremendamente vuota e triste.
Si accucciò lì dov’era, la schiena contro la porta, e iniziò a singhiozzare rigandosi il viso di lacrime come da tanto non faceva.
 
Non voleva vergognarsi, davvero, non voleva.
Ma cosa poteva provare in un momento come quello? Cosa avrebbe fatto chiunque al posto suo, ritrovandosi davanti Ginny, Ron, Harry e tutto il resto della famiglia Weasley proprio lì, al S.Mungo?
Fin da piccolo, quel posto era stato il suo segreto e la sua prigione, il suo tormento e il suo incubo. Si alzava tremante e sudato a notte fonda, terrorizzato dall’immagine del sorriso spastico di sua madre che lo guardava sussurrandogli con voce roca:”Neville... noi ti vogliamo bene…”
Si strofinò gli occhi umidi con vigore, bagnandosi le mani. Lui non riusciva a realizzare che fossero i suoi genitori, e che avrebbero potuto essere loro ad attendere ogni ritorno a casa, ogni lettera dalla scuola, aiutarlo a vivere la sua vita.
Era qualcosa di inconcepibile e assurdo.
Non erano i suoi genitori, erano due spettri dalle guance incavate e gli occhi strabici, che ogni tanto spuntavano fuori dalle tendine a fiori dei loro letti, sgusciavano via dalle stanze di piastrelle candide e si insinuavano nella sua anima.
Doveva essere fiero, gli ripetevano. Fiero dei suoi genitori. Maghi come lui non sarebbe mai stato.
Come poteva essere fiero di loro, o almeno provarci? Erano dei vegetali, bambini che non cresceranno mai. Erano stati grandi, e tutti avevano potuto apprezzarli prima della pazzia, tranne Neville.
Perché in quel momento suo padre non era su una poltrona del salotto a leggere e a confidargli segreti per far colpo sulle ragazze, e sua madre non lo guardava con aria commossa strapazzandogli le guance facendolo sentire pieno d’imbarazzo? Perché non potevano essere una famiglia normale, dei genitori normali, proprio per lui che ne aveva bisogno? Sì, ne era sicuro, lui aveva bisogno di genitori più di chiunque altro; non era abbastanza forte da prendere in mano la sua vita e guidarla sulle giuste strade, a malapena si orientava ad Hogwarts. Era solo il figlio poco idoneo alla magia di due grandi maghi che si erano sacrificati per tutti e per lui. Nessuno capiva.
Tutti potevano dire:”Oh, sì, Frank e Alice, che eroi”, ma nessuno doveva andare da loro, vedere i loro corpi ingobbiti e vecchi più del dovuto, sconvolti dalla pazzia, deformati dalla demenza; come poteva esserne fiero? Come sarebbe stato possibile rivelarlo a scuola senza che tutti lo prendessero in giro, o peggio ancora, lo compatissero? “Oh sì, povero Neville, che genitori coraggiosi…” e lui non era coraggioso? Non era troppo, per una persona già così introversa e dubbiosa, avere un tale peso a gravare sulle sue spalle?
Se si vergognava dei suoi genitori veniva additato come il figlio che non rispettava la memoria di Frank e Alice, se invece si rendeva orgoglioso per tutti sarebbe stato uno stupido che viveva di luce riflessa delle disgrazie altrui.
Si alzò e si diresse verso la finestra; continuava a piangere con il corpo in subbuglio: non riusciva a reggersi in piedi senza inciampare o cadere sulle ginocchia, come se le sue gambe avessero deciso di non funzionare, di non sopportare il peso di una persona così inutile come il loro proprietario. Tremiti potenti lo percorrevano da capo a piedi, i singhiozzi risuonavano nella sua gola e le lacrime non cessavano, colandogli per il mento fino al colletto della camicia.
Nevicava, un leggero e acquoso nevischio copriva il giardino della casa e i tetti dei vicini. Neville appoggiò la fronte al vetro gelido, sperando di farsi passare quell’insolita calura. Aveva preso forse la febbre, in quella giornata piena d’ansia?
Era stanco, profondamente stanco. Voleva solo addormentarsi, dimenticare tutto e tutti. Sperare di risvegliarsi da un’altra parte.
Si stava togliendo rabbrividendo i vestiti, quando uno strano scricchiolio gli arrivò all’orecchio: si voltò e vide che fuori dalla finestra, a raspare il vetro con i piccoli artigli, c’era un barbagianni infreddolito e un gufo con dei pacchi legati penzolanti alle zampe. Neville aprì la finestra, e questi entrarono con un frullo d’ali e una ventata d’aria gelata; si posarono sul cuscino di Neville scuotendo la testa e le penne arruffate delle ali.
Il ragazzo afferrò il regalo del gufo, ne tastò la morbidezza e lo aprì: un maglione. Blu cobalto.
Sbuffò e afferrò quello del barbagianni: era un pacco avvolto in carta scura. Lo rigirò stranito tra le dita e infine lo scartò: c’era un pacchetto deformato e schiacciaticcio di Cioccalderoni e un’altra busta, ancora in carta marroncina, con un bigliettino arrotolato. Neville, senza capire, lo srotolò e, lette solo le prime parole, i suoi pensieri dilagarono in mille direzioni mentre il cuore iniziava a battergli insistente: ”Caro Nev, buon Natale! Ti ho inviato nel pacchetto una collanina di tappi di Burrobirra. In realtà l’ho fatta piccola, così la puoi usare come bracciale, che è meno da ragazza. Spero ti piacciano i Cioccalderoni, a me sì! Ci vediamo a scuola, passa buone feste, firmato Luna”.
Rigirava tra le dita il piccolo regalo. Tappi di Burrobirra, che cosa assurda.
Sentì dentro di sé formarsi una triste certezza: non sapeva cosa risponderle, e non aveva un regalo da farle.
Improvvisamente Luna sembrò non più un sogno delizioso, ma anche lei uno spettro, lo spettro di un desiderio andato in frantumi. Sapeva tutto di quello che pensava Neville di lei, e non batteva ciglio. Non le interessava per niente un rapporto con lui che non fosse una semplice amicizia, era chiaro. Ma certo, in fondo come aveva potuto sperare che anche Luna provasse quei sentimenti prorompenti al vedere il suo modo goffo di comportarsi, o nell’osservare il suo viso paffuto o i suoi insuccessi nell’ES?
Senza accorgersene, i suoi occhi ricominciarono a riempirsi di lacrime. Sentiva le tempie pulsare come impazzite, la testa scoppiargli e avrebbe voluto solo che quella orrenda giornata finisse.
Si gettò su letto, ancora semi svestito, e tirò le coperte fino a coprirsi tutta la testa; rimase lì, a singhiozzare silenziosamente perché il resto del mondo non potesse sentirlo, fino a quando il sonno non prese il sopravvento, forse più per la febbre che per altro.
Era solo.
Terribilmente solo.
La felicità sembrava il vago e indistinto ricordo di una vita che non gli apparteneva più.








_________________________________
Argh, è tardi troppo tardi q___q non riuscirò mai ad abituarmi all'orario scolastico, sob ç-ç
Spero che il capitolo vi piaccia :)
Un po' triste, ammetto, ma non mi potevo immaginare un'atmosfera diversa per la scena del S.Mungo...
Povero Nev :'(

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Enigmatica. ***


They say be afraid

You're not like the others, futuristic lover

Different DNA

They don't understand you

You're from a whole other world

A different dimension

You open my eyes

And I'm ready to go

Lead me into the light

Kiss me.

 




Pozioni.
Neville sentì un tenue brivido di disgusto salirgli per la schiena, mentre passava con il dito sulle brossure dei libri di quello scaffale: libri su libri di pozioni, formule scritte a righe fitte e disegni così complicati che al posto di aiutarti ti ingarbugliavano il ragionamento.
Si diresse verso l’altro lato della libreria, quando la vide. Era poco più in là, ad osservare i libri d’incantesimi con le spalle rivolte verso di lui. I lunghi e biondi capelli erano raccolti in una treccia sfatta e flaccida, stretta alla fine con un codino rosso come bacche di pungitopo.
Neville cercò di non concentrarsi su quel paragone, ma tutti i fatti accaduti quel dicembre gli riempirono la mente: il vischio, Hannah, la lettera per lo zio, il S.Mungo, il regalo. Il regalo.
Luna non gli parlava né lo salutava da tre giorni, ormai: in tutti i corridoi, appena lo scorgeva, cambiava improvvisamente direzione, esclamando di aver dimenticato un libro, un amuleto o dicendo che sentiva chiaramente la presenza di un Gorgosprizzo, mentre tutti i presenti la guardavano straniti.
Era diventato snervante questo comportamento della ragazza, ma la cosa che più faceva impazzire Neville era che non poteva per niente biasimarla, anche se avrebbe voluto che Luna sapesse cosa aveva fatto in tutti quei giorni in cui non aveva risposto al regalo di Natale: non riusciva a capacitarsi di tutte le ore che aveva passato girando per la camera a testa bassa, pensando freneticamente cosa regalarle, cosa scriverle nel biglietto.
Era difficile, se non impossibile, trovare un regalo per Luna: come si poteva stupire una ragazza che già di per sé è una sorpresa?
Non ci si poteva illudere di conoscerla, e se mai ti capitava di pensarlo improvvisamente ecco che un suo lato nascosto esplodeva davanti ai tuoi occhi; era come un pezzo di vetro infranto, di cui tutti i riflessi luccicanti non sono mai scopribili, ed ogni faccia ti affascina con i suoi rilucenti giochi di sfumature e bagliori.
Il problema di rigirare tra le mani un vetro, però, è che ti fai male.
Neville aveva sentito benissimo quel dolore quando aveva stretto i  fogli immacolati per il biglietto, o quando si era detto che questa o quella idea per il regalo erano delle scemenze. Ne aveva pensate di tutti i tipi: un anello con il tappo di Burrobirra, magari qualche nuovo orecchino con dei ravanelli, qualche paio di scarpe visto che le rubavano i vestiti, qualche molletta stravagante, ogni genere di amuleto e paccottiglia che era riuscito a trovare, ma niente sembrava adatto. Tutto sarebbe stato solo un eco, una copia deforme e noiosa di cose che Luna aveva già.
Per il biglietto, era stata totale disperazione: aveva passato un’intera giornata solo per decidere tra “Ciao Luna” e “Cara Luna”, e dopo questa introduzione non aveva scritto più niente: la pergamena era immacolata, mentre rotoli e rotoli di prove si accatastavano nel cestino accanto alla scrivania.
E dopo tutti quei giorni,  non le aveva spedito niente.
Niente. Neanche un ringraziamento, nemmeno uno stupido pacchetto di Cioccorane o Tuttigusti+1.
Si domandava che fare: erano da soli, in mezzo a quegli alti scaffali ricolmi di libri. Neville non aveva intenzione di nascondersi per sempre… Oppure sì? Sarebbe riuscito a spiegarsi senza far accadere il finimondo? Aveva paura di rovinare la situazione più di quanto non l’avesse già fatto, ma doveva fare qualcosa.
Avrebbe sistemato tutto, in un modo o nell’altro.
-Ciao, Luna- tuonò, in mezzo al silenzio tombale della biblioteca. La ragazza si voltò di scatto, lo guardò per una frazione di secondo con sorpresa, poi tornò alla sua solita espressione assorta:-Oh, ciao. Neville- il modo in cui aveva calcato con la voce il suo nome per intero e l’impazienza con cui si guardava intorno facevano capire che non voleva parlare e stava cercando il modo più veloce per andarsene. Neville si sentì a disagio, ma non abbassò lo sguardo, anzi, con tutte le sue forze strinse i pugni e continuò a fissare gli occhi cristallini della ragazza:-Grazie. Per il regalo, intendo. Volevo risponderti, ma…-
-Sì, certo, immagino. Volevi TANTO rispondermi- sputò quella parola con arroganza –Ma tra una cosa e l’altra a Lunatica Lovegood si può pensare in un altro momento, e ci si dimentica...- continuò a sfogliare i libri, sforzandosi di avere un’espressione concentrata mentre passava lo sguardo sulle frasi senza leggerle.
-Volevo davvero risponderti, solo che… non sapevo cosa darti, cosa scriverti- Neville iniziava a sentire la lingua imbrogliarsi –Mi dispiace, Luna-.
Lo disse con un tono di voce così rammaricato che la ragazza non poté far finta di niente: alzò lo sguardo dalla pagina del tomo che reggeva tra le mani sottili e disse:-Bene. A te dispiace molto. Quindi ora stiamo male in due- lo disse con viso imperturbabile, ma Neville sapeva e capiva che era profondamente arrabbiata.
Non capiva: Luna, di solito, non se la prendeva mai con le persone, anche per torti ben più gravi; ascoltava le voci su di lei sorridendo, o restandone assolutamente indifferente: perché in quel momento era così irosa? Perché per quel suo sbaglio aveva bisogno di infuriarsi?
-Farò- Neville inspirò profondamente, in ansia –Qualsiasi cosa. Qualsiasi cosa per farmi perdonare!-
Luna lo guardò a labbra serrate; i suoi occhi pallidi e sporgenti lo squadrarono per lunghi istanti in cui Neville cercò invano di rimanere fermo e non tremare, ma era molto difficile, considerando il trambusto che stava combinando la sua pancia in preda all’angoscia.
-Qualsiasi cosa?- scandì le parole come se le stesse soppesando, immaginando con cosa far pagare il debito al ragazzo davanti a lei. Nei suoi occhi, per pochi fugaci istanti, balenò un barlume inquietante.
Neville sussultò, spaventato, ma non poteva più tirarsi indietro:-S..sì- annuì aggrottando le sopracciglia –Qualsiasi cosa-.
Luna parve riprendersi completamente dalla collera e gli rivolse un grande e solare sorriso:-Oh, allora va bene!-
-Oh, ok!- era bastato davvero così poco a farla tornare felice? –E… ecco… cosa posso fare?-
Luna finse palesemente di rifletterci:-Mhm…- e poi, senza che il ragazzo potesse reagire in qualsiasi modo, lasciò cadere il libro in terra con un tonfo, agguantò Neville per il vestito e lo baciò.
Il ragazzo percepì il cuore diventare una bomba, che esplose con furore nel suo petto: Luna gli premeva con ardore le labbra sulle sue. Sentiva il profumo delicato dei suoi capelli, il calore del suo viso, le sue dita che gli toccavano il corpo attraverso i vestiti. Con uno slancio di passione le cinse la vita con le larghe braccia ed entrambi, come se avessero premeditato quel momento da tempo immemore, schiusero le labbra.
Intrecciavano le lingue con foga, concedendosi alcuni respiri affannosi per poi riprendere con ancor più sentimento a baciarsi. Nei convulsi movimenti dei loro corpi pressati e delle bocche che giocavano tra loro, sembravano delle onde che cercando di sovrastarsi l’un l’altra, crollandosi addosso con forza spiazzante. Neville sentì Luna così piccola stretta nel suo abbraccio e al contempo così potente mentre lo assaliva con la voracità di una belva. Sentiva, tra i movimenti delle sue mani, il desiderio che lei aveva tanto represso e intese che quella era la sua confessione.
Neville non capì più nulla, la realtà aveva i contorni indefiniti e deformati: i capelli biondi di Luna e il suo viso pallido era quello che la sua vista annebbiata riusciva a vedere, il calore e il sapore dolciastro della bocca di Luna lo inebriavano facendogli correre brividi di piacere per la schiena.
Improvvisamente Luna si allontanò, lasciandolo con la bocca ancora aperta. Si passò la lingua tra le labbra, lo guardò con il fiato affannato e disse, con la voce più tranquilla possibile:-Penso che basti, per saldare il tuo debito- raccolse il libro da terra e se ne andò a passo veloce, come se niente fosse.
Neville rimase lì in piedi, ad osservare incredulo gli scaffali intorno a lui. Pensieri su pensieri gli affollavano la mente:  ”Ho baciato una ragazza, anzi, ho baciato proprio Luna!” “Chi l’avrebbe mai detto che studiare Pozioni mi avrebbe aiutato ad avere il primo bacio…” “Oddio ma le sarà piaciuto? Come sono stato?!” si toccò con la punta delle dita le labbra umide, e un sorriso gli si formò istintivamente in viso. Era stato forse il momento più bello della sua vita, o almeno, in quel momento sembrava che null’altro potesse essere significativo. Avrebbe potuto piombare Voldemort in quel momento nella biblioteca, e sarebbe stato di marginale importanza.
La neve fioccava oltre gli spessi vetri delle pareti. L’aria era gelida e impregnata dell’odore della carta consunta dei tomi della biblioteca. Neville si guardava attorno, cercando di catturare ogni singolo particolare nella sua mente, rendendo perpetua e immortale l’immagine di lui e Luna che si baciavano.
 
 








La neve sembrava avesse finalmente deciso di cessare, ma il giardino era ancora coperto da uno spesso strato candido e ghiacciato. Ormai era inizio febbraio, e gli alunni si erano completamente immersi nuovamente nello studio.
Neville aveva parecchi compiti arretrati, ne era consapevole, ma non voleva saltare una riunione dell’ES: era diventato incredibilmente più bravo. Si impegnava come non mai, voleva eccellere, e per una volta nella sua vita sembrava riuscirci: era orgoglioso di sé stesso, anche perché tutti notavano i suoi miglioramenti e si congratulavano continuamente; sentire gli sguardi altrui la faceva sentire comunque in imbarazzo, ma era anche entusiasta.
L’unica cosa che lo confondeva e rendeva dubbioso era lo strano rapporto che, da quel giorno in biblioteca, si era formato tra lui e Luna.
Più ci rifletteva, più si convinceva che quel bacio fosse stato fondamentale: era la soglia, la differenza tra una qualsiasi persona e lui. Vedendo Luna nei corridoi, chiunque poteva ammirarne i  tratti delicati del viso, le lunghe e suadenti ciglia, le labbra delicate, ma nessuno poteva conoscere il loro tepore e la loro morbidezza in un bacio; non potevano capire com’era accarezzare le curve del suo corpo e sentire le sue ciocche sfiorargli le guance. Era l’unico che, vedendola parlare, avrebbe avuto la consapevolezza di conoscere a menadito la sua bocca.
Come un muto patto, Luna aveva consegnato a Neville le chiavi di una zona segreta della sua anima, che lui e soltanto lui conosceva; eppure null’altro c’era tra loro, se non una scintilla di confidenza e mistero quando i loro sguardi si incontravano.
Neville aveva dato per scontato che, dopo un bacio, si sarebbero fidanzati, o avrebbero cominciato ad uscire insieme: era così che andava nelle coppie, non ne era completamente convinto, ma tutti gli esempi portavano a quella conclusione; eppure lui e Luna si comportavano esattamente come prima, salutandosi nei corridoi con un sorriso amichevole, chiacchierando ogni tanto, come si addice a qualsiasi coppia di buoni amici.
Era qui il problema: loro non erano solo amici, o almeno, Neville pensava che non lo fossero. Effettivamente il dubbio cresceva in lui, lievitava fino a farlo impazzire: Luna aveva la caratteristica di essere tremendamente enigmatica, e sebbene questo la rendesse ancor più fascinosa, non era certo un bene in quella situazione. Cosa voleva da Neville, e ancor più importante: voleva qualcosa da Neville? Il loro bacio era stato un passatempo, un momento qualsiasi con un ragazzo a caso? Era questo che cercava di fargli capire Luna?
-Ehi, Neville!- era la voce di Seamus –Hai letto dell’uscita ad Hogsmeade?!-
-No, non ho guardato- rispose lui all’amico che aveva corso per raggiungerlo –Quand’è?-
-Il 14 febbraio! San Valentino!- si sfregò le mani –Oh, spero che nessuno abbia già invitato Susan Bones!-
-Susan? Dici la ragazza di Tassorosso? Ma tu mica non… non volevi uscire con Katie Bell?- gli chiese Neville confuso.
L’altro sbuffò e si mise a ridere:-Ma sì, Katie dice che sono troppo piccolo, e ha aggiunto anche qualcos’altro… comunque con Susan è pacchia assicurata, ci siamo già limonati in estate!- Neville ricordò dell’allusione di Dean, in dormitorio –E tu? Come va con Hannah?-
-Oh, sì. Bene, bene!- ogni qualvolta lui e Hannah si trovavano nella stessa stanza, in un modo o nell’altro finivano per lavorare insieme, o per parlarsi. C’era ovviamente lo zampino dei due Grifondoro, e anche la Tassorosso sembrava interessata, soprattutto in quel momento, dato che Neville si era fatto anche una buona reputazione nell’ES. Il ragazzo non si lamentava, Hannah era timida quanto lui ma simpatica, quindi passare tempo con lei non gli dispiaceva. Ovviamente, però, nella sua mente trovava posto Luna, e solo lei, unica tra tutti i sogni del ragazzo.
Camminarono parlottando fino alla sala dell’ES, e Neville ebbe una visione mentre il suo Patronus si librava argenteo per la stanza: poteva invitare Luna a Hogsmeade. Era perfetto per chiarire tutto. Doveva capire, o avrebbe continuato invano a rivoltarsi tra le coperte preso dall’insonnia e dalle paranoie.
“Sì” si disse sorridendo “è un’idea fantastica!” si voltò, cercando tra tutti quei volti la pallida ragazza: stava tentando di disarmare Justin con risultati soddisfacenti. Aveva un tenero sorriso sul viso mentre diceva “Expelliarmus” con voce bambina. Quanto era bella.
-Luna!- si avvicinò a lei –Hai saputo della prossima uscita ad Hogsmeade?-
Lei tentennò qualche secondo, forse perché Neville era balzato fuori dal nulla con quella domanda insolita:-Sì, ho letto nella bacheca!-
-E non è che… ti andrebbe…- Neville cercava con tutto sé stesso di completare quella frase, ma la ragazza lo anticipò:-Hermione ha organizzato una cosa fantastica! Un’intervista per il Cavillo con Harry! Sarà fantastico, vedrai! Come sono felice!- saltellava, sprizzando allegria da tutti i pori. Neville, dal canto suo, sentì il cuore diventare di piombo, e sentì l’impellente bisogno di vomintare:-Ah… quindi tu per San Valentino sei…-
-Oh, è San Valentino? Ah giusto, è il 14! Oh, vabbè, non mi perdo nulla di che, penso, no?- sorrise sincera, osservando il ragazzo.
Neville sentì la rabbia montargli in gola: com’era possibile? Ma davvero non si rendeva conto di niente? Davvero era così… così stupida?
Scosse la testa, come non capacitandosi di averlo pensato, ma non vedeva altre possibilità: si stava forse prendendo gioco di lui? Che intenzioni aveva, prima lo baciava e poi neanche si ricordava di lui in una data come quella?!
-No, non ti perdi nulla- si voltò con aria cupa, diretto verso la porta. Non aveva più molto senso restare lì, con il destino che si faceva beffe di lui, ma qualcuno gli sbarrò la strada:-Ciao Neville- disse una vocetta flebile –Sei… impegnato per San Valentino?-
Il ragazzo rimase impalato qualche secondo, prima di realizzare che era Hannah a bloccargli il passaggio:-Oh, ecco, io no, non sono impegnato-.
-Oh, bene- l’altra continuò a fissarsi le scarpe dalla punta lucida. Rimasero in silenzio.
-E... quindi vorresti…?- Neville cercò a tentoni di farla parlare.
-Ehm, non so, ti andrebbe di uscire? Con me? Nel senso, niente di che, andiamo ai Tre Manici di Scopa, beviamo qualcosa…- si aggiustava con nervosismo i ciuffi dietro le orecchie ed arrossiva mano a mano che parlava. Neville ci rifletté: no, non aveva nulla da fare, quel giorno. Il fato aveva probabilmente deciso di mettergli i bastoni tra le ruote in tutti i modi possibili ed immaginabili, e Luna lo aiutava con la sua indifferenza. Cosa interessava a lei se Neville si sentiva male, se il suo cuore gli sembrava trafitto da degli spilli per le fitte che gli dava, se quella situazione lo faceva soffrire in modo indicibile?
-Va bene. Ci vediamo la mattina prima di uscire dal castello davanti all’ingresso, ok?-
-O...ok!- esclamò Hannah con un sorriso –Allora ci vediamo! Sì, ci vediamo!- sgattaiolò via con la sua agilità impressionante e scomparì tra i corridoi di Hogwarts.
Ripensandoci quella sera, si disse che non aveva per niente senso uscire con Hannah, quando sapeva benissimo che avrebbe pensato tutta la giornata a Luna; probabilmente, si disse, aveva accettato nel vano tentativo di ingelosirla.
Purtroppo, niente di tutto ciò pareva funzionare con Luna, nessun normale sotterfugio da ragazzini: era troppo ingenua o troppo furba per cadere in quel genere di tranelli amorosi.
“Ma tu guarda di che ragazza complicata dovevo innamorarmi…” si rivoltò sbuffando sotto la pesante coperta e fissò la piantina sul comodino dallo spiraglio nelle tende: il ricordo di quando aveva visto Luna per la prima volta divenne vivido nella sua mente, e con esso le sensazioni del giorno in biblioteca lo travolsero completamente.
-Ho baciato Luna- sussurrò alla Mimbulus mimbledonia, come per rendere la pianta partecipe del suo dolce segreto. Immerso nel buio di quella notte, sul suo volto si formava un triste e rassegnato sorriso: si era arreso al fatto che Luna fosse completamente strana e indecifrabile, e al contempo si diceva che l’amava.
Io amo Luna”.
Questa pensiero lo cullava dolcemente nell’oscurità delle ore notturne, come il rumore lontano dello sciabordio delle onde. Un insolito tepore si diffuse pulsante dal suo cuore, spargendosi per il corpo.

"Io amo Luna".















_______________________________
SPAZIO AUTRICE: spero abbiate pietà della sottoscritta, perché non ho aggiornato la Fic per un sacco DD: colpa della scuola, mi dispiace ç-ç
Spero che questo capitolo mi faccia perdonare. Insomma, non so come è venuto, spero vi piaccia. Onestamente, aspettavo questo momento da parecchio, non so se sono riuscita a scriverlo bene come questa scena si meritava xD mi sono fatta un sacco di possibilità per il loro primo bacio, e alla fine ho scelto questa... non era la più pittoresca o romantica, ma era quella più vera, più da Neville e Luna che mi fosse venuta in mente. Spontanea, genuina, insolita. Anche una tetra biblioteca colma di libri di pozioni diventa il loro paradiso *w*
Ok, attendete il prossimo capitolo, che sarà parecchio lungo, quindi non posso far promesse in quanto al "quando" ò__ò so solo che cercherò di riprendere un ritmo più... incalzante, a scrivere :DD
Baci :3


Nina.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** S.Valentino ***



Neville alzò il bavero della giacca: faceva un freddo cane, lì fuori dai Tre Manici di Scopa.
-Entriamo?- cinguettò la bionda ragazza davanti a lui. Per pochi istanti gli sembrò essere un’altra persona, poi si accorse che era Hannah. “Sei uno stupido” pensò, mentre annuiva alla Tassorosso; con il volto nascosto nella sciarpa e stringendosi il più possibile tra le spalle, entrò dietro di lei nel locale e i due si sedettero in un tavolo vicino ad una finestra.
L’ambiente era più tiepido della gelata strada esterna, la luce era così intensa da sembrare folgorante, I tavoli erano pieni di persone che chiacchieravano allegramente, gustando burrobirre fumanti che scendevano roventi in gola. Quell’ambiente caldo, illuminato e pieno di un felice brusio però non miglioravano l’umore di Neville: si era detto in tutti i modi di essere carino, simpatico, di non fare brutte figure e trattare Hannah come si meritava in un giorno come S.Valentino.
-Cosa volete da bere?- chiese la voce allegra della barista.
-Due Burrobirre, grazie- disse Neville -… Offro io- disse titubante, guardando con aria interrogativa Hannah. Sembrava contenta di quel gesto di galanteria.
Era un buon inizio.
Avevano camminato uno affianco all’altro per tutto il cammino verso Hogsmeade, tra le strade ormai sgombre dalla neve ma ugualmente fredde e brulle; Il cielo si ostinava a rimanere cinereo, lasciando trasparire solo una luce soffusa dalle nuvole. Neville aveva utilizzato la muta scusa del freddo per ficcare le mani in tasca con veemenza, preso dall’ansia che Hannah avrebbe potuto prendergli la mano: il ricordo della sua mano e di quella di Luna che ondeggiavano così vicine da potersi sfiorare gli faceva ancora battere il cuore più di quanto avrebbe voluto.
Tutto in realtà gli ricordava quella volta: la strada non era più coperta di umido nevischio e c’erano ciuffetti erbosi d’un tenue verdastro tra un vialetto e l’altro. Ricordava i buffi e deliziosi stivali di gomma della ragazza,  di quel giallo acceso, che facevano quegli strani rumori con le suole ad ogni suo passo. Ricordava quando gli aveva sfiorato con innocenza la guancia, notando su tutto quel viso di cui lui tanto si lamentava un particolare tenero, le fossette.
Il rumore dei boccali poggiati sul tavolo di legno lo riportarono alla realtà, e gli si formò un nodo in gola: stava pensando alla giornata con Luna, ed era lì insieme ad Hannah, che lo guardava con un sorriso felice. Si sentiva un ipocrita, un doppiogiochista.
Cercò di annegare i sensi di colpa nella bevanda bollente e attaccò bottone:-Allora, come vanno le lezioni?-
-Oh, a me tutto bene!-
-Preoccupata per i G.U.F.O.?-
-Uhm, sì, un po’- annuì lei, sorseggiando dal suo bicchiere. Il silenzio che si formò era palpabile e imbarazzante.
-E… com’è essere prefetto?-
-Oh, non saprei dirti- disse lei gesticolando –Da una parte c’è da dire che è stancante, lo ammetto, ma comunque ti da tanta autorità, hai più permessi… sei un po’ più libero nei confronti delle regole, ma devi anche farle rispettare…-
La porta del locale si aprì con uno scampanellio: mentre Hannah continuava a parlare, entrarono Hermione, Rita Skeeter, la subdola giornalista, Harry e Luna.
Improvvisamente sembrò che qualcuno avesse iniziato a sbattere freneticamente i piedi, ma ben presto Neville si accorse che quel rumore assordante era il suo battito cardiaco che gli rimbombava nelle orecchie.
-Non so, sai, Ernie è simpatico, certo è mio amico ma è un po’ spocchioso, specie ora che è Prefetto… E dire che non si cura di quello che fa, l'unica cosa che gli interessa è poter usare quello stupido bagno dei Prefetti, e mi ha rotto per una settimana perché non si ricordava che la parola d'ordine era "Acromantula"...-
Neville annuiva distratto, lanciando sguardi al tavolo in cui era riunito quello strano quartetto: cosa stavano facendo?
A parlottare erano Hermione, Harry e la giornalista: Luna li osservava solamente, con un sorriso entusiasta. Aveva il naso arrossato e l’aria da bambina che le conferivano un aspetto tenero ed angelico.
Neville si voltò ad osservare con insistenza Hannah, ripetendosi di non guardarla, di non arrossire, di dare retta alla ragazza davanti a lui; la fissava con una intensità tale che la Tassorosso si interruppe e gli chiese, con espressione stranita:-C’è… qualcosa? Sono sporca sul colletto?-
-No, assolutamente- esclamò lui, agitandosi –Solo sei molto, come si dice molto, molto…- gesticolava mordendosi le labbra alla ricerca di quella parola.
-Molto…?-
-Molto con un bel vestito, con una bella faccia, come posso dire?- disse lui ad alta voce; qualche testa si girò nella loro direzione.
-Molto carina?- chiese Hannah arrossendo.
-Sì, molto carina!- tremava da capo a piedi con il viso in fiamme –Hai dei bellissimi capelli, mi piacciono i capelli biondi e lunghi!-
Hannah sussultò cercando di nascondere l’irritazione per le sue parole.
Neville capì solo pochi secondi dopo il significato che aveva fatto intendere la sua frase avventata: capelli lunghi e biondi.
Com’era stupido.
Cercò qualcosa da dire, aprendo la bocca senza però proferir parola; dopo qualche tentativo si arrese e iniziò a fissarsi la punta delle scarpe intrecciando nervosamente le dita. Aspettavano che il silenzio cancellasse un poco l’imbarazzo, ma sembrava solo aumentarlo a dismisura:-E quindi, cosa dicevi su Ernie?-
Lei lo guardò severa, poi disse con tono sbrigativo e acido:-Si comporta da spocchioso-.
-Oh, brutta cosa, vero?- accennò un sorriso, ma l’indifferenza dell’altra lo fece spegnere immediatamente.
-Sì, brutta cosa, hai ragione- rispose apatica, e continuò a sorseggiare la Burrobirra ormai tiepida con lentezza.
Neville si massaggiò le tempie con le mani, imbarazzato e deluso: sapeva che quell’appuntamento non aveva senso, non ne aveva mai avuto. Lanciò uno sguardo di sottecchi a Luna, e per pochi attimi i loro occhi si incontrarono; la ragazza fece però finta di niente e tornò a guardare Rita Skeeter con espressione serena.
Aggrottò le sopracciglia, indispettito e confuso:-Vieni Hahhah-.
La ragazza si riprese dalla sua aria capricciosa e, probabilmente per l’innaturale tono fermo di Neville, lo seguì fuori dal locale con aria stupita:-Dove andiamo, Neville?-
Le agguantò la mano con forza, quasi stritolandogliela:-Da Mielandia. Compriamo qualche dolce, ti va?- non aspettò risposta e la trascinò per la strada con passo svelto e deciso. Tenerle la mano non era per nulla piacevole, anzi, gli ricordava quel maledetto ritorno verso Hogwarts e gli occhi gli si inumidivano; si strofinò con forza le palpebre ed inspirò col naso, lasciando che il vento gelato gli raffreddasse le guance arrossate e bollenti. Si sentiva lo stomaco in confusione, non voleva essere lì, avrebbe dovuto essere ad Hogwarts, nella sua Sala Comune a giocherellare a scacchi o a finire quei maledetti compiti, lontano da Luna, da Hannah, da quella strada freddissima e quelle vetrine così allegre e colorate da dargli il voltastomaco.
Hannah, per tenere il suo passo, trotterellava con difficoltà dietro di lui, aggrappandosi alla sua mano: non sembrava avere intenzione di lamentarsi, anzi, era curiosa di sapere il perché di quel comportamento insolito, e si limitava a guardarlo ansimando con gli occhi sbarrati.
Ed eccola, Mielandia, con i suoi scaffali di colori sgargianti e l’aria piena di profumi zuccherini, stipata di clienti come al solito.
-Cosa vuoi?- disse Neville, rovistando nelle tasche.
-Uhm- Hannah fece un sorriso e si mise a cercare tra gli scaffali con lo sguardo –Posso prendere delle Penne di Zucchero e… vediamo… dei Calderotti?-
Neville agguantò una scatola di Penne d’aquila di Zucchero delux e una confezione di Calderotti, facendo conti nella mente con grande sforzo: gli sembrava di sentire degli zellini tintinnare nel suo cranio mentre calcolava i pochi risparmi che gli rimanevano. Comprò comunque tutto, riempiendo di monetine il proprietario, e lui e Hannah si avviarono con più calma per le strade di Hogsmeade.
-Sei stato carinissimo! Grazie, grazie ancora! Sicuro che non devo ridarti i soldi?!- lei era molto più felice, anzi, sembrava essersi completamente dimenticata dell’allusione di Neville ai suoi capelli; stringeva i pacchetti tra le mani con aria contenta e golosa.
Neville si sentiva ancor più di malumore. Aveva soffocato i sensi di colpa con due pacchi di dolcetti. Sentiva la sensazione di essere un grande bugiardo ammorbarlo, guadagnare terreno nel suo corpo come un virus mortale. Almeno Hannah sembrava felice. “Certo, non sa quello che stai pensando, se lo sapesse ti avrebbe urlato contro fin dal primo momento, e avrebbe fatto pure bene…” disse una vocina maligna nella sua testa.
Strinse i denti con amarezza: non era colpa sua se riusciva a pensare solo e soltanto alla ragazza seduta a quel tavolo ai Tre Manici di Scopa, anche se passeggiava con la timida Tassorosso.
Intorno a loro si muovevano ridacchiando e sorridendosi sdolcinate mandrie di coppiette; ogni tanto alcuni si fermavano in mezzo alla strada e si mettevano a sbaciucchiarsi senza ritegno. Neville provava il desiderio orribile di Schiantarli all’istante, o che uno dei due si rivelasse un Dissennatore.
-Che dici, torniamo al castello?- chiese Hannah guardando il cielo –Si sta facendo buio, e anche gli altri stanno tornando…-
Il ragazzo annuì. Aspettava quel momento dall’inizio della giornata.
-Ne vuoi uno? Tieni- Hannah aveva scartato la confezione di Calderotti e gliene porgeva uno con gentilezza; Neville lo prese e iniziò a sbocconcellarlo, ma il suo dolce sapore gli sembrava nauseabondo e gli restava in bocca.
Inghiottì l’ultimo boccone cercando di nascondere l’espressione di disgusto e improvvisamente si fermò: erano arrivati ai Tre Manici di Scopa e in quel preciso momento lo strano quartetto stava uscendo dal locale. Luna, stretta in un cappotto color prugna, stava affianco alla ragazza dai folti capelli crespi. I lunghi capelli si riversavano sulle spalle, le magre gambe erano coperte da dei pantaloni aderenti a righe nere e rosa acceso, mentre ai piedi portava delle scarpe laccate di rosso con un leggero tacco e un laccio all’altezza delle caviglie. Era bella, “Come sempre, cavolo!” pensò Neville. Quel sorriso sincero, il viso pallido e delizioso, i suoi occhi, i suoi occhi celesti come il cielo…
-Neville?- la voce di Hannah era interrogativa e con una nota perplessa –Che stai facendo?- dal suo viso traspariva che stava per ripetere la scena successa in locanda.
-Niente!- si voltò di scatto con aria sconvolta –Tranquilla, niente. Andiamo, Luna…- le prese la mano, ma lei la strattonò via con espressione furibonda:-Come… come mi hai…- sembrava una bomba ticchettante che diventa sempre più pericolosa, con i pugni serrati e frementi e la fronte corrucciata –Come mi hai chiamato?!?-
Neville divenne paonazzo, rendendosi conto del pasticcio immenso:-Scusa, io… io, ecco!- non riusciva neanche a parlare, tale era l’imbarazzo.
Hannah lo guardò con aria sprezzante, scaraventò in terra i dolci e corse via; all’angolo si voltò e gli urlò:-Vaffanculo!-, poi riprese a correre via per la strada, la sciarpa svolazzante e l’espressione imbestialita.
Neville raccolse lentamente i pacchetti spiaccicati e si diresse a lato della strada, appoggiandosi con la schiena ad un muro. Il cuore sembrava essergli scomparso dal petto, inghiottito dal vuoto che si faceva strada nel suo torace.
Era uno stupido.

Una ragazza si avvicinava a lui, le scarpette rosse che tacchettavano sulle pietre della strada lastricata.
 
 



-Vaffanculo!-
Luna ebbe un tremito quasi impercettibile, ma che non sfuggì ad Hermione. Vide i grandi occhi azzurri di Luna seguire Neville mentre si accasciava con le spalle al muro con il volto sconvolto.
Rimasero lì un paio di secondi, poi Hermione disse:-Vai da lui-.
Luna si voltò, guardando la ragazza con gli occhi spalancati:-Cosa hai detto?-
-Vai da Neville- disse con semplicità la ragazza dalla chioma crespa e voluminosa.
-Perché dovrei?- chiese Luna, ma nella sua voce si sentiva la preoccupazione e la tristezza repressa.
Hermione la guardò storta:-Andiamo, Luna! So che c’è qualcosa tra te e Neville!-
-Oh- Luna arrossì più di quanto avrebbe voluto –E, per sapere… come lo hai…scoperto?- sussurrò senza guardarla in faccia per l’imbarazzo.
-Eddai!- disse con un sorriso di scherno –Non potete umanamente pensare di potervi baciare in biblioteca senza che IO vi veda! Sono nel bel mezzo del mio studio pre-G.U.F.O. e dovevo ripassare alcuni libri di Trasfigurazione, anche se sono cose che in realtà si imparano al sesto anno, non al quinto…- si perse un attimo nei suoi pensieri, poi riprese –Comunque, non pensare che vi stessi spiando! Ho sentito la voce di Neville, e poi un libro cadere. Sai com’è maldestro, avevo paura si fosse fatto male o qualcosa del genere, e invece lo trovo tutto…- fece un risolino e le lanciò un’occhiata maliziosa –Impegnato con te. Sono rimasta nascosta dietro l’angolo dello scaffale per qualche secondo, poi me ne sono andata-.
-Capisco- disse Luna –Comunque, penso di aver fatto male, quel giorno, a baciarlo. Non penso di voler stare con lui, credo-.
Hermione la guardò storto:-Luna, non prendermi in giro-.
Nei suoi grandi occhi si leggeva un’espressione imbarazzata:-Io non… io non sto mentendo…-
-Senti, so che cos’hai!- sbottò Hermione –Hai paura!-
-Io non ho…-
-Ascoltami! Quando vedi Neville ti senti completamente vulnerabile, e dimmi se non ho indovinato. Hai paura, perché per una volta c’è qualcosa, anzi, qualcuno, che riesce a sorprenderti anche con il suo modo di fare timido e … e impacciato!- la rimproverava con energia –Prova a dire che non è vero! Sei solo spaventata dalle situazioni nuove, da… da tutto quello che non riesci completamente a spiegarti!-
-Un po’ come te?- chiese con innocenza Luna.
-Sì- ammise Hermione –Sì, come me. Esatto. Ho paura della novità. Mi spaventa qualcosa che non mi è perfettamente chiaro. Siamo simili su questo, diciamo, ma non devi lasciarti andar via Neville per questo motivo, staresti solo peggio!-
Luna si morse il labbro e si voltò a guardare Neville, i suoi occhi pieni di desiderio e malinconia.
Aveva dannatamente ragione.
Non si spiegava come quel ragazzo, fin dalla prima volta che lo aveva visto, era riuscito a colpirla; in tutti i suoi gesti, sempre gli stessi, sempre timidi, c’era qualcosa che la faceva sorridere ogni volta.
Era speciale.
-Grazie, Hermione- si diresse a passo deciso verso il ragazzo, mentre Hermione sorrideva soddisfatta.
In fondo, Luna non era poi così pazza.




-Ti ha dato buca?-
Neville alzò lo sguardo: conosceva quella voce cristallina, ma non capiva perché la ragazza fosse lì a parlargli.
-Luna?-
Sorrise come solo lei sapeva fare:-Proprio io. Non è che… vuoi tornare al castello con me?-
Il ragazzo si raddrizzò dalla sua posta scomposta e rimase a guardarla perplesso:-Certo-.
-Grazie, non volevo fare la strada da sola!- con entusiasmo gli scoccò un bacio sulla guancia e gli prese la mano, stringendola con le dita fredde.
Neville non capiva, e forse era meglio così. La pelle della guancia scottava come se le labbra di Luna fossero state fuoco ardente.
–Andiamo?- lo tirò delicatamente verso la strada.
-Va bene- sorrise lui con dolcezza. Lei ricambiò.
Era bello camminare con lei per Hogsmeade: era come se il resto del mondo fosse una realtà lontana e dai contorni soffusi, mentre loro erano i padroni indiscussi della loro esistenza. Al di fuori di quel confini sentivano delle esclamazioni di sorpresa, delle risatine, qualche frase maliziosa come:”Lunatica e Imbraciock? Che cosa assurda!”, ma a loro non interessava niente di tutto ciò.
Parlavano dei più e del meno, di come era andata l’intervista con Harry, della scuola, dei compagni, dei mesi seguenti, del Quidditch, ma sempre stringendosi le mani con energia.
-Hai visto come cammina Marietta? Sembra una papera! Io adoro le papere, sono così carine! Eppure quando gliel’ho detto si è arrabbiata un sacco!-
-Non a tutti piace sentirsi dire che sembrano delle papere- rispose Neville senza riuscire a trattenere una risata. Le strinse ancor di più la mano.
-Sì ma non c’era bisogno di offendersi! Se le avessi detto che camminava come un cammello allora sì che poteva offendersi…-
-Sei adorabile- le sussurrò sistemandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Lei arrossì, poi continuò a dire come papere e cammelli fossero animali completamente diversi in quanto a fascino.
Era incredibile parlare con lei con naturalezza e allo stesso tempo sentire quell’emozione dilagargli per la testa e per il ventre; gli sembrava di levitare da terra tale era la sua euforia. Ogni tanto si scambiavano qualche parola più dolce delle altre, e subito si interrompevano guardandosi alcuni secondi con tenerezza, gustando il sapore zuccherino di quelle espressioni.
-Adoro le tue fossette- disse a un certo punto Luna.
-Me lo avevi già detto- osservò lui, non per questo meno compiaciuto.
-No, quella volta ti ho detto che mi piacciono le fossette, in generale- puntualizzò lei con naturalezza –Ma era una piccola bugia. A me piacciono le tue, e basta-.
Neville arrossì fin sulle orecchie come un bambino, sorridendo con il labbro tremante di commozione; erano ormai arrivati agli enormi portoni di Hogwarts, nella mischia del fiume di persone che tornavano al castello.
Salirono le scale senza lasciarsi le mani, senza interrompere la magia, senza voler abbandonare il calore dell’altro. Erano nel corridoio affollato, destinati a separarsi diretti verso i rispettivi dormitori.
-Bene, io vado- disse Neville, ma non si staccò da lei. La guardò solo con aria serena.
-Anche io- rispose tranquilla Luna.
Si guardarono alcuni secondi con intensità, poi Neville si chinò verso di lei e la baciò, ancora, desideroso come non si aspettava di poter essere. Cercava di imparare le curve di Luna sotto i pesanti e spessi vestiti, le assaliva con forza le labbra. I sussurri intorno a loro si fecero intensi e divennero vere frasi urlate:”OH. MIO. DIO!”
 “Ma queste cose nei corridoi, che maiali!”
“VAI COSì NEVILLE!” urlò la voce di Seamus.
Neville e Luna soffocarono le risa, decisi a non staccarsi.
Era impossibile smettere.
Lui le giocherellava con i capelli, lei gli mordeva le labbra, avvolgevano le lingue in un circolo vizioso ed infinito.
-Lovegood!- la voce di Vitious arrivò da un punto indistinto all’altezza delle loro ginocchia –Un po’ di ritegno, di ritegno ragazza mia! E anche tu, Paciock! Non vorremo dover avvertire la McGranitt!- era severo, ma nascondeva un debole sorriso tra le rughe del volto.
I due si staccarono e Luna annuì al direttore della sua Casa:-Certo, professore- si voltò verso Neville –Ehi, volevo chiederti un favore!-
-Quello che vuoi!- rispose lui.
-C’è un posto a scuola che avrei sempre voluto vedere, solo che non ne so la parola d’ordine… Vorrei poterci andare! Non so se tu la sai, però…-
-Chiederò in giro, se proprio è necessario- disse lui alzando le spalle –Prometto che ti ci porto!-
-Davvero?- disse lei con la voce piena di speranza.
-Io mantengo le promesse- disse, abbracciandola –E… e…- deglutì, sforzandosi di sciogliere quel nodo alla gola –Io…- non era il momento di arrossire, no per niente! –Io…-
-Ti voglio bene, Neville-.
Quel sussurro trapassò il petto del ragazzo con la potenza di un uragano. Luna aveva la testa appoggiata alla sua spalla e gli occhi socchiusi.
-Io…- il ragazzo immerse il viso nei capelli di Luna; profumavano di un tenue odor di lavanda e miele. Era bellissima.
 –Io ti amo, Luna-.
Lei sussultò, stretta al suo corpo:-A…anche io, Neville- strinse la presa delle dita alla sua giacca –Anche io ti amo-.
Le persone passavano affianco a loro guardandoli increduli e divertiti. Incuranti degli sguardi altrui, i tepori dei loro corpi si mescolavano, le loro anime si avvinghiavano come una sola entità.
Neville si accorse di avere gli occhi umidi.
Era il ragazzo più felice del mondo.
-Dove hai detto che vuoi che ti porti?-
























_____________________________________
SPAZIO AUTRICE: Allora, è tardi, domani devo svegliarmi presto e sono sveglia a finire questo capitolo, ho due occhiaie inconcepibili e i compiti di latino da finire! :D
Scherzi (?) a parte, spero vi sia piaciuto! *________*
RECENZZZZZZITE. Crazzzzzie.


Nina.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Color lavanda. ***


Si guardò intorno, scrutando con ansia il corridoio immerso nelle tenebre: non c’era nessuno oltre a lui, se non Luna, che gli stringeva elettrizzata la mano.
Neville si sentiva un ladro nel bel mezzo di un reato: non era abituato ad infrangere le regole, e aveva il terrore di essere colto in flagrante.
-Dai!- disse Luna in un sussurro; gli tirò la manica del maglione aggrappandosi al suo polso.
Il ragazzo inspirò a pieni polmoni, guardò la statua con rassegnazione e disse:-Acromantula-.
Luna gli lasciò la mano e si gettò fulminea nella porta che si era spalancata davanti a loro; Neville si guardò intorno un’ultima volta e poi la seguì titubante.
A prima vista il ragazzo capì immediatamente perché Luna avesse tanta voglia di vedere quel posto: era a dir poco magnifico.
Era costituito interamente di marmo perlaceo, compresa l’enorme vasca da bagno ricolma di rubinetti dorati con incastonate delle pietre sfavillanti. In un angolo, uno sopra l’altro, vi erano dei candidi asciugamani dall’aspetto soffice e delicato, mentre sul muro c’era il ritratto di una sirena, che attorcigliava tra le dita con vanità i lunghi capelli che le ricadevano sulle spalle nude, muovendo placidamente e distrattamente la coda coperta di brillanti squame verdi e azzurrognole. Neville non riusciva a capacitarsi della differenza tra quel bagno lussuoso e le docce che usavano gli studenti, dalle grigi pareti  e dalle manopole rigide e cigolanti.
Luna era accovacciata sull’orlo della vasca: accarezzava la superficie dell’acqua con la punta delle dita, creando piccole e tremolanti increspature. Il suo viso sembrava quello di un neonato che si incanta per ogni singolo particolare del suo nuovo universo, e identico era il modo in cui si muoveva, ovvero come se ogni gesto brusco avesse potuto far crollare tutto, rivelare che era solo una meravigliosa illusione.
I suoi occhi scrutavano ogni angolo, ogni rifinitura marmorea, ogni pietra con i suoi brillii ammalianti; la sua bocca era schiusa in un’espressione di puro stupore. Bellissima.
-Ti piace?- che domanda stupida. La voce del ragazzo risuonò tra le piastrelle color della neve.
-Sì- rispose lei con aria estasiata e soddisfatta –Grazie, Neville. Non sarei riuscita a venirci, senza di te- la gratitudine che esprimeva il suo volto era sincera ed esagerata, secondo il ragazzo, per un favore così piccolo; ma non gli dispiaceva per niente essere guardato con quegli occhi cristallini colmi d’ammirazione.
-Di niente- si avvicinò alla porta, aspettando il momento in cui Luna si sarebbe diretta verso essa. Osservarla in estasi non gli faceva scordare che stavano infrangendo una regola di Hogwarts, e che se li avessero scoperti il risultato sarebbe stato disastroso: vedeva già Gazza che lo trascinava reggendolo per la collottola dal Preside, con la McGranitt e il professor Vitious a guardarlo con aria di rammarico e disdegno.
“Chiusi nel bagno dei Prefetti a notte inoltrata”. Suonava così sinistra, quella frase, su un’ipotetica lettera per nonna Augusta.
Buona parte della colpa sarebbe andata a lui, certo, era lui quello più grande, quello che più probabilmente avrebbe potuto ottenere più facilmente la parola d’ordine; ma non significava neanche che Luna ne sarebbe uscita illesa, da quel pasticcio.
Neville lanciò uno sguardo alla maniglia bronzea, sua ancora di salvezza.
Potevano ancora scampare da quella situazione incresciosa.
Perché Luna non si sbrigava?
Neville si voltò con impazienza verso la ragazza e impallidì, assumendo il colorito di un cencio slavato.
Le scarpe rosso fuoco dal leggero tacco erano abbandonate in terra con i laccetti slacciati, insieme ad un paio di calzini appallottolati; accanto, gettato sul pavimento, c’era un maglioncino sgualcito color ciliegia con la scollatura e le maniche orlate di nero.
Luna stuzzicava la superficie dell’acqua con la pianta del piede nudo; sembrava giocarci, si avvicinava e si ritraeva fulminea, come per innervosirla.
Indossava gli appariscenti leggings a righe e una maglietta con le maniche che le raggiungevano il gomito dello stesso colore dei fiori di pesco. Si mordeva il labbro trattenendo delle risatine infantili, quando l’impatto con l’acqua produceva quel rumore sguazzante; con un movimento veloce delle mani si arrotolò i pantaloni fino al ginocchio e si sedette sul bordo della vasca, piedi e caviglie sommersi dall’acqua.
Neville non riusciva a respirare. “Calma” si disse “Sta solo immergendo i piedi nella vasca, niente di più, devi solo sperare che si stanchi presto…” percepiva la presenza di Gazza alla sadica ricerca di qualche studente fuori posto anche a corridoi e corridoi di distanza “… E allora perché si è tolta il maglione? Qui non fa caldo!”
Luna si alzò di scatto, e per pochi attimi Neville tirò un sospiro di sollievo, potevano finalmente andarsene; poi si accorse di quello che la ragazza stava realmente facendo.
Aveva aperto uno dei rubinetti dorati, e da esso aveva iniziato a sgorgare un flusso di schiuma color lavanda, che andava espandendosi per l’acqua; la ragazza, intanto, mentre il vapore si faceva strada nell’aria del bagno inumidendo le pareti, si era tolta i pantaloni con dei movimenti goffi, lasciandoli vicino alle scarpe e al maglione.
-Luna…- Neville si sentiva avvampare il viso come non mai. Il cuore gli batteva insistente nel petto –Cosa... cosa stai…?-
-Perché una persona dovrebbe venire nel bagno dei Prefetti se non per farsi un bagno?- disse con un sorriso entusiasta, mentre si toglieva contorcendosi la maglietta. Neville abbassò istintivamente lo sguardo, per poi guardare di nuovo la ragazza, fissare il pavimento, la ragazza, il pavimento e così all’infinito.
-Vuoi che… che io esca?- allungò la mano verso la maniglia.
-No- fece spallucce Luna –Ti scoprirebbero a vagare per i corridoi! Meglio non correre rischi-.
Neville sentiva il corpo dilaniarsi in due: da una parte, capiva che si stava legando al collo un cappio con un’incudine dal capo opposto; dall’altra, non poteva smettere di guardarla.
Quasi tutti i suoi indumenti erano sul pavimento, tranne la biancheria intima azzurrina a motivi circolari; la pelle di Luna era del suo solito candore innaturale, ma vederlo in quel modo, esteso su tutto il corpo, era stupefacente. Aveva la pancia piatta, i fianchi un poco pronunciati, le gambe affusolate; il suo corpo aveva qualcosa che ricordava infinitamente una colomba rinchiusa in una gabbia: forse erano le costole visibili al di sotto dei seni poco pronunciati, infantili, oppure quel portamento delle spalle, il modo in cui aveva ripiegato le braccia esili dietro la schiena. In quella posizione, mentre slacciava il reggiseno, le scapole  si rivoltavano e sembravano delle ali che cercano in tutti i modi di ribellarsi, di spiegarsi e di librarsi in volo, ali d’angelo intrappolate in quel corpo.
Gli pareva quasi di vederle, con un piumaggio morbido ma inspiegabilmente simile al cristallo, come se le piume fossero soffici e malleabili frammenti di vetro, che riflettevano la luce in un gioco di brillii ed ombre.
Con un gesto veloce Luna si liberò del reggiseno, che cadde sopra i vestiti già lasciati in terra. Il cuore di Neville scoppiò letteralmente; si accorse di essere appiccicato contro la parete, come calamitato dal muro, e interamente coperto di sudore.
Improvvisamente sentiva caldo, e non solo per il vapore che si sprigionava dalla vasca.
“Non guardarla” si ripeteva inutilmente “Che guaio, che guaio, che guaio!” ormai il terrore di essere scoperti scorreva nelle sue vene insieme al desiderio.
Puro, atroce desiderio.
Con calma indicibile Luna si sistemò dietro l’orecchio un ciuffo di capelli, che le scendevano sulla schiena e sul petto, velandole i seni minuti. Si mise sul bordo della vasca, i piedi infastiditi dal freddo delle piastrelle; prese con  i pollici il bordo elastico dell'intimo e lo fece scorrere lungo le cosce, fino a lasciarlo cadere sulle caviglie, per poi liberarsene con alcuni colpi di tallone ben assestati; con delicatezza ripiegò gli slip e li poggiò sull’apice del mucchio di vestiti, poi scivolò in acqua con l’eleganza di una ninfa, lasciandosi sopraffare dal profumo di quella schiuma color lavanda.
Neville la osservava senza sapere che fare; vedeva le curve del suo corpo apparire e scomparire offuscate dal vapore e dalla spuma, le ammirava come fossero miraggi del deserto, e come un viaggiatore esausto tra le dune sentiva crescere dentro di sé una brama smaniosa. Cercava di trattenersi, di ricordarsi della tremenda situazione in cui si trovavano, ma era difficile concentrarsi su qualcosa che non fossero i movimenti di Luna, le fugaci comparse del suo corpo tra l’acqua e la superficie.
“Perché?” si chiese Neville “Perché lo sta facendo?”
Era davvero un desiderio innocente quello di venire in quel bagno con lui? Lo stava provocando apposta, sapeva come si sentiva il ragazzo in quel momento?
-Neville- la sua voce risuonò allegra –Vieni qui!-
Con la mano gli faceva gesto d’avvicinarsi, smuovendo la schiuma intorno a lei; aveva uno sguardo divertito e misterioso.
Neville si avvicinò, con il cuore a mille. Gli occhi di Luna erano spalancati e la bocca chiusa in un sorriso malcelato. Stava tramando qualcosa, se lo sentiva, e di nuovo sentì il suo corpo strapparsi in due, lacerato tra la paura di essere scoperti e l’insensatezza ammaliante di quel momento.
Si sporse verso la vasca, sempre più vicino alla ragazza; deglutì faticosamente, con la gola roca:-Cosa...PUAH!-  inaspettatamente Luna gli aveva lanciato addosso con le mani dell’acqua insaponata, che gli era finita tra le labbra e sugli occhi; mentre si strofinava il viso e sputacchiava, sentiva la risata cristallina di Luna:-Avresti dovuto vedere la tua faccia, Nev!-
“Voleva tirarmi addosso della schiuma” si disse incredulo, mentre l’occhio iniziava a bruciargli “Voleva solo farmi uno stupido scherzo!”
Era la situazione più stupida che gli fosse mai capitata in tutta la sua vita. Luna ora lo guardava tenendo bocca e naso al di sotto dell’acqua, come un alligatore che osserva la sponda del fiume alla ricerca di una preda; alzò un poco il collo e  gli ripeté:-Vieni qui!-
-Non ci casco- mugugnò lui, sfregandosi ancora l’occhio con energia.
-Dai!- lei si avvicinò al bordo, fino a toccare il pavimento con le braccia protese –Vieni qui!-
Lui si piegò verso la vasca, Luna gli afferrò i vestiti e lo trascinò verso di lei per poi baciargli rapidamente le labbra:-Attenta, mi fai cadere! – rise lui.
Luna aveva le labbra bagnate e le lunghe ciglia intrise di goccioline d’acqua.
Lei gli chiese, con semplicità:-Vuoi fare anche tu il bagno? Se ti da fastidio, esco-.
Lo scalpitare del suo cuore si fece insostenibile; sentiva il sudore rigargli la fronte e rendere appiccicaticci i vestiti sulla sua pelle tremante:-Ecco, no! Sì, cioè… forse, no!- balbettava risposte sconclusionate mentre un’immagine prendeva velocemente forma nella sua mente.
La vasca da bagno. I loro corpi abbracciati, i capelli di Luna che si attaccano umidi alla sua pelle, le sue unghie che gli scorrono graffianti per le cosce, l’aria satura di vapore che si mescola ai loro faticosi respiri.
“Smettila! Ricorda, guai, guai e solo guai!” non riusciva a capire più niente, nemmeno quello che voleva fare. Era il caos in persona, con la mente in subbuglio e le ginocchia sul punto di cedere.
-Non fa niente- disse lei, tranquilla –Ma resta qui, per favore-.
Quella frase suonò in modo strano alle orecchie del ragazzo; sembrava una supplica, una richiesta che saliva dal profondo del cuore anche in quella situazione così irreale.
Neville annuì, e si lasciò cadere seduto vicino al bordo della vasca. Osservava con insistenza i lucidi rubinetti dorati, tentando di non dare importanza allo sciaguattare che faceva la ragazza sguazzando per la vasca:-Luna?-
-Sì?-
-Ma quindi io e te adesso stiamo… stiamo insieme, penso, no?- si dondolò avanti e indietro con le guance di un rosso vivo e quel maledetto nodo alla gola.
-Certo che adesso stiamo insieme, non vedi? Qui ci siamo solo tu ed io!- rispose lei.
-Non intendevo in quel senso!- Neville si tormentò i capelli con aria disperata –Volevo dire insieme inteso come fidanzati! Insieme, stare insieme, capisci? Essere fidanzati, ecco!- si torturava come suo solito le dita tremanti e sudate, spiccicando faticosamente parola.
La mano di Luna gli toccò la caviglia, facendolo rabbrividire come non mai; aveva la macabra sensazione che avessero organizzato uno spettacolo pirotecnico nel suo basso ventre, tanto gli dava fitte.
Gli sorrise. Un sorriso dolce e felice, un sorriso che Neville amava più di qualsiasi altra cosa al mondo:-Sì, penso di sì. Tu che dici?-
-Secondo me sì- rispose, senza capire il senso di quel discorso.
-Allora dev’essere per forza così- affermò lei –Sì, siamo fidanzati. O come dici tu, stiamo insieme-.
IL tempo sembrò fermarsi. Neville sentiva soltanto i battiti del suo cuore riempirlo, farlo vibrare da capo a piedi. Tutto sembrava improvvisamente incentrato su quell’unica realtà: erano fidanzati.
I ricordi saettavano per la sua mente: la prima volta che aveva visto Luna, il Cavillo e la lettera, la Testa di Porco, l’Esercito di Silente, il vischio, la biblioteca. Le fossette, gli orecchini a forma di rapanello, il bracciale di tappi di Burrobirra: ogni singolo particolare assumeva un’aura di magia e perfezione. Anche quel momento improvvisamente divenne l’incarnazione della perfezione, solo loro due, legati dal sentimento, forse dal destino. Lo poteva percepire quando i loro occhi si incontravano, in quell’intesa, quell’emozione che li invadeva. Erano speciali e insostituibili uno per l’altro, due pezzi combacianti che dopo un lungo vagare si erano incontrati ed uniti.
Neville si sporse ancor di più verso la vasca, lo sguardo che avvolgeva il corpo nudo di Luna. Dentro di lui cresceva a dismisura la voglia di gettarsi con un impeto di follia nell’acqua e abbracciarla, saggiare con passione le sue tenere curve, sentirla sua, solo e soltanto sua. Sarebbero stati uno il segreto più recondito dell’altro e viceversa; doveva solo entrare in acqua anche lui…
 Luna assunse un’aria preoccupata, riportando Neville alla realtà:-Forse è meglio che esca, dobbiamo tornare in dormitorio, è già molto tardi!- uscì dall’acqua con uno sciaguattare, coprendo il pavimento di impronte bagnate e con i capelli raccolti in ciocche gocciolanti; prese un asciugamano e si voltò verso Neville mentre si copriva:-Puoi portarmi i vestiti, per favore?-
Il ragazzo si alzò, sollevò tutti gli indumenti e glieli porse titubante: la ragazza li prese e si rimise la biancheria, poi prese i leggings e li infilò con dei saltelli ridicoli:-Mi puoi aiutare con la maglietta? Ha un piccolo bottone dietro al collo, per far passare la testa-.
Neville si fece più vicino alla sua schiena; allungando la mano avrebbe potuto toccarle la pelle del torace con tutta tranquillità, scorrere con le dita tra le costole evidenti,  giocherellare i ferretti del reggiseno. Fermò la mano a pochi centimetri dalla sua pelle, una manciata di secondi prima di far scivolare le dita sul suo ventre e sul torace. Lei, senza accorgersi di quel gesto, infilò la maglia, si fece allacciare il bottone, infine indossò nuovamente il maglione, infilò le scarpe rosse e disse con un sorriso:-Eccomi, sono pronta-.
-Andiamo?-
Lei annuì. Neville aprì la porta con circospezione e tese le orecchie in ascolto: nessun rumore di passi, nemmeno in lontananza. Il corridoio era sgombro e immerso nell’oscurità.
-Dov’è il tuo dormitorio?- sussurrò Luna.
-Al settimo piano, due piani più in su. Il tuo?-
-Quarto piano. Scendo le scale e sono arrivata-.
Non sapeva cosa dire. Non voleva lasciarla andare.
-Stai attenta, ok?- balbettò alla fine.
-Anche tu, mi raccomando!- Luna zampettò via, lasciandolo qualche secondo da solo in mezzo al buio, poi i suoi passi si fecero nuovamente vicini a lui:-Ah, dimenticavo!- disse, e lo baciò. Neville la abbracciò, la strinse fino a renderle difficile respirare, gustandosi quel bacio come se fosse l’ultimo che si sarebbero mai dati. Essere scoperti, in quel momento, divenne un problema ininfluente: tutto quello che voleva era non dover mai più abbandonare le labbra della ragazza, il suo calore, i suoi sentimenti.
-Adesso vai- si separò lei controvoglia –Non so che ore siano, ma domani abbiamo lezione, e da addormentati è molto più facile essere attaccati da un Gorgosprizzo: meglio non rischiare, no?-
Lui soffocò un risolino e i due si separarono; Neville percorse i corridoi con il terrore di perdersi o di imbattersi nel professor Piton, ma nulla di tutto ciò accadde, per fortuna; arrivato alla Sala Comune deserta salì di soppiatto nel dormitorio dei ragazzi. Cercò a tastoni il suo pigiama appallottolato sotto il cuscino e si infilò sotto le coperte, lasciando i vestiti ammucchiati sopra il baule.
Era stata una giornata indescrivibile.
Quella mattina si stava preoccupando di quanti soldi portare per l’appuntamento con Hannah ad Hogsmeade e nell’arco della giornata aveva ufficializzato la storia con Luna. Sentiva di doverne parlare con qualcuno, ma l’avrebbe fatto probabilmente il giorno dopo: era stanchissimo ed erano su per giù le due o le tre del mattino.
Probabilmente non sarebbe dovuto neanche andare a cercare un interlocutore, perché parecchi lo avrebbero assalito di domande. Si diventa improvvisamente rilevanti, quanto si pomicia con qualcuno nei corridoi.
Tanti pensieri gli affollavano la mente: voleva sapere come sarebbe cambiata la sua vita da quel giorno in poi, come si sarebbero comportati lui e Luna… nessuno dei due era pratico di quello che Ginny definiva sprezzante “roba da fidanzati”.
“Impareremo” si disse alla fine. Bastava essere felici, in fondo; e lui era felicissimo.
Con parecchie domande sul futuro Neville si addormentò e il suo russare completò il loro solito quadretto: gli incubi movimentati di Harry, i borbottii di Seamus e Ron e il grugnire sporadico di Dean.















_____________________________
SPAZIO AUTRICE: bene, spero vi piaccia :3
Mi eclisso a studiare Greco e Latino. Quando mai ho deciso di iscrivermi a questo liceo, disperazione e rammaricoANYWAY! voglio che sappiate che questa scena NON HA senso (ma penso lo abbiate capito da soli, ohohoh) ma la progettavo fin dall'inizio perché era TROPPO da Neville e Luna.
E almeno abbiamo ufficializzato il fidanzamento e Luna non potrà far finta di niente u.u
Recensite, gracias.
Peace, love and macaroni.


Nina.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** L'aula di Divinazione. ***


 
-Ci troveranno?- chiese la sussurrata voce di Luna.
-No, non preoccuparti – la rassicurò Neville  -Sono passati già una decina di minuti, sarebbero già arrivati, ma per sicurezza propongo di rimanere qui ancora un po’- in realtà non aveva nessuna sicurezza, era molto irrequieto, ma non voleva che anche la ragazza fosse agitata.
-Uhm, sì- asserì Luna dallo sgabello su cui era seduta. Fissava con aria riflessiva e sconsolata i complicati disegni dei tappeti, gli occhi celesti che parevano frammenti di ghiaccio, freddi e lontani.
L’aula di Divinazione, inutilizzata da qualche giorno, era in uno stato caotico e disordinato, come una casa abbandonata nel bel mezzo di un trasloco frettoloso: tra i tavoli d’ebano erano abbandonate scatole in cui erano ammonticchiate sfere di cristallo coperte da un leggero velo di polvere. Neville congiunse le mani, senza capire come colmare quel silenzio tangibile e imbarazzante. Tutto in quell’aula gli ricordava i salotti delle amiche della nonna: bassi tavolini dalle grassocce gambe di legno coperte di intarsi, sgabelli foderati in velluto porpora, librerie e credenze dall’aria antica e sfarzosa stipate di libri e bricchi da tè, il camino le cui ceneri lasciavano ancora trasparire qualche vago ricordo del profumo degli incensi, i tappeti dai colori caldi e dai disegni complicati e dettagliati. Dalla esorbitante altezza a cui si trovavano, vedevano la pianura con i boschi di latifoglie mescolarsi a delle basse colline fino all’orizzonte; il sole primaverile era coperto da nuvole di un bianco spento.
Neville si avvicinò a Luna titubante e si sedette su uno sgabello accanto a lei:-C’è qualcosa che non va, Luna?-
-Neville… tu…- la ragazza deglutì con fatica –Tu ti vergogni de tuoi genitori?-
Lui rimase spiazzato e senza fiato. Guardava il viso triste della ragazza senza sapere cosa dire o cosa pensare:-Ecco… io…-
Si vergognava? Era davvero questo?
Non voleva vergognarsi dei suoi genitori, lui voleva solo che fossero normali.
Non poteva vederli chiusi tutta la loro vita in quell’ospedale, attorniati di  medici; voleva avere una famiglia a cui aggrapparsi, una madre e un padre che sarebbero stati fieri di lui, che gli avrebbero voluto bene sempre e comunque.  Nessuno capiva il tremendo peso che gli creava incontrare gli occhi strabici del padre e non leggere in quelle pupille un segno di affetto o come minimo di riconoscimento del proprio figlio; i due erano chiusi nel loro mondo, oscurati e nascosti come una deformità del corpo, come una ferita o una cicatrice da non rivelare. Li nascondeva così perché se ne vergognava?
-I tuoi genitori erano dei grandi maghi. Non ti devi vergognare di loro- disse Luna aggrottando le sopracciglia. Neville sentì una rabbia insolita scoppiargli nelle viscere:-Facile parlare! È facile per tutti, quello!- il viso gli si arrossava e il tono di voce aumentava rapidamente –Ma non sei tu ad averli come genitori! Non sei tu a non avere il loro appoggio, il loro sostegno e il loro amore! Perché a me, non sono già abbastanza … insicuro e goffo senza che i miei genitori siano un peso e non un aiuto per crescere ?! Perché per me la faccia di mia mamma deve essere un incubo che mi perseguita di notte invece che una visione che da sollievo?! –
-Non dire questa cosa di tua madre- sibilò Luna.
Neville tacque, il collo teso e le mani tremanti: la ragazza lo guardava in un misto di supplica ed ira, sull’orlo di una crisi di lacrime:-Non dire queste cose su tua madre- disse con voce rotta dal pianto –Perché almeno lei… lei… lei c’è!- senza trattenersi ormai più, le lacrime le sgorgarono dagli occhi con l’impeto e la violenza di un fiume in piena –Tua madre è viva! Tua madre non è… non è…- iniziò a tossire come se stesse soffocando, intervallando gli accessi di tosse a dei singulti incontrollati.
-Luna, Luna! Calma!- Neville la abbracciò spaventato, senza sapere cosa fare per farla tranquillizzare; la ragazza affondò le unghie nelle sue braccia e il viso nel suo petto, smettendo poco a poco di tossire ma senza interrompere il suo pianto:-Io e mio padre… è difficile, sai, Neville? Senza di lei papà sembra aver perso un pezzo della sua anima… non mi capisce come faceva lei! E io volevo tanto che mia madre vedesse al mio matrimonio, me lo aveva promesso, diceva che avrei avuto un vestito bellissimo e i suoi orecchini a rapanello, che tutti avrebbero detto che ero bellissima e lei sarebbe stata così felice… E mi aveva promesso che un giorno avrebbe trovato con me un Ricciocorno e lo avremmo mostrato al mondo, io e lei, capisci? Lei ci credeva così tanto, e ora non potrà... Niente, non c’è più!-
 Le parole della ragazza fluivano rancorose e corrompevano il cuore di Neville fino a farlo dolorare e piangere a sua volta: non voleva vederla triste, non doveva essere triste, non era quella la Luna che conosceva, che amava:-Non devi piangere, non vorrebbe che tu piangessi, non vorrebbe…-
Luna tremava, senza riuscire a fermarsi:-I tuoi genitori ci sono… neanche loro vorrebbero che tu ti vergogni!-  il ragazzo si sentì affogare in un oceano di ricordi, di parole, di Natali in ospedale, fugaci immagini che gli apparivano in mente e lo trafiggevano come coltelli: le mani ossute della madre, le carte di caramelle, gli sguardi comprensivi e commiseranti delle infermiere, le sgridate di sua nonna, le lacrime di rabbia, le preghiere inutili.
Improvvisamente Luna alzò il viso verso di lui, ansante:-Neville!- esclamò –Tu non ti vergogni di me, vero?-
Il ragazzo fissò il viso della ragazza a pochi centimetri dal suo: le ciglia intrise di lacrime, gli occhi di cristallo gonfi e arrossati, le labbra tremule, ciuffi sottili e scombinati di capelli biondi che le ricadevano sulla fronte.
-No, Luna!- disse lui scuotendo il capo con foga –No, mai! Io non mi vergogno di te!- che domande, come avrebbe potuto, lui, vergognarsi di quella ragazza che ad ogni sorriso gli faceva letteralmente piroettare il cuore nel petto?
Eppure Luna sembrò totalmente stupita di quella risposta; una vita piena di diffidenza e insicurezza sembravano finalmente trovare un’ancora di salvezza, e quell’ancora era lui, Neville:-Prometti!-
-Io… cosa?- lui non capiva. Erano tremendamente vicini.
-Prometti!- la sua voce sembrava risalire da un pozzo, echeggiante, profonda e bramosa.
-Cosa devo promettere?!- chiese perplesso.
-Non lo so- disse lei con la sua disarmante sincerità –Promettimi quello che vuoi, perché so che manterrai la promessa, e questo… questo mi renderà la persona più felice del mondo, perché quando mantieni una promessa vuol dire che ci tieni, alla persona a cui hai giurato-.
-Oh, allora io… giuro solennemente di non mangiare mai e poi mai burro d’arachidi. Va bene?- rise debolmente Neville.
Le guance ancora umide di Luna vennero solcate da un sorriso radioso:-Sei fantastico! Spero solo che resisterai alla tentazione, il burro di arachidi è delizioso…-
I loro visi ormai si sfioravano; Luna, senza che il ragazzo se ne accorgesse, aveva avanzato con le ginocchia sulle sue cosce e infine si era seduta su di esse. Lei socchiuse gli occhi e infranse quei pochi centimetri che  separavano le loro bocche; Neville le cingeva i fianchi con le mani e, in un impeto incontrollabile, aveva fatto sgusciare le dita sotto il mantello della divisa della Corvonero, fino a sentire la pelle della schiena della ragazza sotto i polpastrelli. Luna rabbrividì a quel contatto con le mani gelide del ragazzo e, come per vendicarsi di quel gesto avventato, infilò le sottili e altrettanto fredde dita sotto la maglietta di Neville fino a raggiungergli con le unghie il petto. Tracciava le linee della gabbia toracica come se il corpo del ragazzo fosse stata una mappa da imparare a menadito, come se avesse dovuto convincersi che quell’ancora di salvezza esisteva, non era un miraggio, ed era proprio il ragazzo che in quel momento la baciava con foga.
Neville sentiva un’emozione irrefrenabile invadergli il corpo: Luna era un universo che aveva sconvolto la sua vita con la potenza di un uragano, ed era come se stesse cercando di impossessarsi di quel cosmo misterioso che era la ragazza. I graffi leggeri che lasciavano le unghie di Luna sul suo petto lo facevano rabbrividire convulsamente, e mai, dico mai si era sentito meno cosciente e responsabile delle proprie azioni quando afferrò la larga maglia di lino della ragazza e gliela sfilò dalle braccia e dalla testa con irruenza; la divisa e la stessa maglia color della paglia vennero abbandonate in terra, rivoltate. Luna in un primo momento rimase a guardarlo con gli occhi sbarrati e dei ciuffi scomposti di capelli che le ricadevano disordinatamente davanti al viso, la bocca aperta in un’espressione incredula. Neville sembrò riprendere coscienza e, pieno d’imbarazzo, era quasi sul punto di scusarsi con la ragazza, che era vestita solo da un reggiseno verde mela, ma lei abbandonò presto quell’espressione stupita e gli si avventò addosso, obbligandolo a fare lo stesso: gli sfilò cardigan e divisa, poi iniziò a sbottonargli la camicia così violentemente che lui disse, preoccupato:-Attenta, si rompono i bottoni!-
Luna non lo ascoltò, slacciò l’ultimo bottone e lo ridusse a torso nudo, guardandolo con la bocca storta in un ghigno vendicativo. Sembrava pensare:”Come si sta nudi come un verme, caro signor Paciock?”
Neville sentì il fresco dell’ambiente attaccarglisi alla pelle e intirizzirlo da capo a piedi; scosso dai brividi, si aggrappò a Luna, ma insieme persero il loro precario equilibrio che li reggeva su quel piccolo sgabello. Neville cadde di schiena, schiacciato sotto la ragazza:-Ouch!- mugolò.
-Ti sei fatto male?!-
-No, niente…- disse lui, massaggiandosi la testa. Sotto la schiena nuda sentiva le folte setole dei tappeto graffiarlo e sfregare contro di essa fastidiosamente; la ragazza era letteralmente sdraiata sopra di lui, e si reggeva da terra con i gomiti appoggiati al pavimento. Il viso di Luna sovrastava il suo, e le punte dei suoi capelli gli sfioravano le spalle: sentiva il corpo della ragazza pressato al suo, e una sensazione elettrizzante lo invase facendolo fremere e arrossire. Lentamente, evitando le braccia della ragazza saldamente ferme a terra, fece scivolare le mani lungo la sua schiena, seguendo il bordo ricamato del reggiseno con le dita fino a quando non si congiunsero.
“Non farlo, Neville” si disse “E’ come quella notte nel bagno, anzi, peggio! Non fare gesti avventati!”
Ma non poteva resistere, non poteva opporsi: si sentiva trascinato da sensazioni travolgenti mai provate, e non poteva interrompere quel flusso prorompente di emozioni. Pochi secondi, un veloce movimento (“Lo hai già fatto, concentrati: ora è solo al contrario” si ripeté concentrato) e l’indumento si staccò dalla pelle candida di Luna, lasciandola a torso nudo.
Il tempo sembrò rallentare, scandito dai lenti sospiri di Luna che le alzavano e abbassavano il petto.
La ragazza si abbandonò sul ragazzo, senza più cercare di frapporre una distanza fra i loro corpi: Neville sentiva i minuti seni premuti contro le costole, le pance sfiorarsi ad ogni respiro.  Luna aveva il mento sulla spalla e la fronte appoggiata sul tappeto, i capelli che si diramavano sopra i ricami, sul viso e sul collo di Neville; il ragazzo la sentiva deglutire con fatica e ansia.
-Luna?-
-Sì?- disse lei, la voce tentennante colma di una nota stonata.
Neville si sentì improvvisamente e terribilmente in colpa: quelle che stava saggiando con le mani non erano le morbide e curve di una donna matura, ma l’esile corpo di una ragazzina dalla pelle pallida e vellutata come quella di un neonato. Lo investì la vergogna, la paura, l’inquietudine:-Scusami- disse, cercando di alzarsi –Scusami Luna. Se non sei… se non ti senti…-
Lei lo guardava mordendosi il labbro; sul viso si leggevano i contrastanti impulsi di sciogliere quell’abbraccio o di approfondirlo.
Tutto quello che era accaduto in quell’anno passò davanti agli occhi di Neville: mesi a guardarla, a desiderarla, a stupirsi di una sua carezza, a tormentarsi per quella mano che, durante una fredda giornata invernale, aveva oscillato a pochi centimetri dalla sua… Quella stessa mano con cui Luna si stava sistemando i le fluenti ciocche bionde dietro le orecchie.
Non poteva più lasciarla scappare.
La baciò, come per portarle via ogni incertezza; intrecciavano le lingue e si muovevano convulsamente: affogavano entrambi nella più sconosciuta e impetuosa passione.
Lasciò le labbra e la baciò sul collo, sulle spalle, sui seni cerei e turgidi, assaggiando il gusto inebriante della sua pelle con voracità.
Sentì le unghie di Luna scorrergli lungo la vita e giocargli con il bordo dei pantaloni, fredde e provocanti: il cuore gli batteva fino a fargli male. Luna sbottonò i jeans e ne aprì la cerniera con un colpo secco, poi lasciò scivolare la mano sotto il tessuto elastico dei boxer color cenere del ragazzo. Neville sentì il respiro mancare, i polmoni disintegrarsi e i pensieri caotici defluire dalla mente per dar spazio solo ad un immenso piacere, che accompagnava i movimenti delle sottili dita della ragazza, inesperte ma determinate: sembrava voler dimostrare a lui e a sé stessa che ne era capace, che poteva farlo diventar suo, che poteva fargli scorrere per la schiena dei brividi eccitati. Con quel poco di ragione e autocontrollo che rimanevano al ragazzo, allungò le mani sotto la larga gonna verde, sulle morbide natiche di Luna e sulle cosce; ne scopriva con gusto la tenerezza, cedevole alle sensuali provocazioni della ragazza.
 A quel punto, Neville disse, con voce roca e intrisa di desiderio:-Luna. Ti amo-.
Improvvisamente la stanza intorno a loro scomparì, fino a quando la realtà non divennero solo loro due, persi uno nell’altro. Ansimanti, spaventati e al contempo straripanti d’amore, i contorni dei corpi che si offuscavano e si univano; gemiti soffocati, volti coperti di spiazzante piacere.
Si amavano, nascosti tra tavolini abbandonati e tra i polverosi sgabelli foderati di velluto porpora; si scoprivano per la prima volta, le mani di Neville sui fianchi nudi di Luna, le unghie di lei che gli graffiavano la schiena.
Si amavano, ingenui, denudati e disarmati; uno non poteva far a meno dall’altro, e viceversa, in un interminabile bisogno di sentimento e di sicurezza, come se quei baci, quelle carezze, quegli boccheggi significassero “Non lasciarmi, io non lo farò”.
Si abbandonarono in terra, tremanti e stanchi. Inspiravano profondamente, con gli occhi spalancati. Si guardavano, uno accanto all’altro, le mani intrecciate.
-Fa freddo- disse Luna, con semplicità; i suoi occhi erano umidi. Neville annuì, si alzò e si rimise in fretta e furia i vestiti abbandonati sul pavimento, scosso dal freddo; quando si girò, allacciandosi la camicia, vide che la ragazza si era raggomitolata in terra, rivestita solo della gonna e del reggiseno. Stringeva nel pugno chiuso la maglietta, il mento appoggiato sulle ginocchia congiunte, lo sguardo fisso sul pavimento.
-Luna- Neville le si avvicinò preoccupato –C’è qualcosa che non va?-
Lei deglutì, senza rispondere; il ragazzo si sedette accanto a lei, le passò il braccio intorno alle spalle e la strinse al petto:-Ti ho… ti ho fatto male?- era imbarazzato come non mai, si sentiva colpevole.
La ragazza mosse lievemente la testa, e il ragazzo la strinse ancor di più nel suo abbraccio: al che, la ragazza sussurrò:-Sei un ragazzo fantastico, Neville. Sono fortunata a stare con te. Sei così premuroso, e…- non trovando più le parole, si limitò ad accoccolarsi tra le braccia del ragazzo.
-Sai, Luna- disse lui –Ricorderemo questo giorno per sempre. Io mi ricorderò per sempre di te. Forse non saremo insieme, ma non lascerò mai che il tuo ricordo, il ricordo di questo posto, si perda-.
Luna singhiozzava, con un debole ma dolce sorriso in viso:-Grazie-.
Rimasero lì per attimi, ore o anni, in un silenzio che non aveva bisogno di essere colmato di parole, a rimirare il sole che avanzava per il cielo oltre la finestra o l’aspetto mistico dei materiali di Divinazione. Neville passava le dita tra i morbidi capelli di Luna, sentendosi la persona più fortunata del mondo. Lui, che si era sempre sentito un reietto, il misero sfondo delle glorie altrui, in quel momento aveva tutto quello che desiderava. Luna era la sua felicità.
-Neville, ora però ho davvero freddo- disse la ragazza, sfregandosi le braccia.
-Oh!- disse lui, sciogliendo l’abbraccio imbarazzato –Scusa, è vero, sei ancora senza maglietta…-
Lei annuì con un sorriso e finì di vestirsi:-Ma che ore saranno?-
-Oddio!- esclamò lui, riprendendo improvvisamente la concezione del tempo – Muoviamoci, andiamo nelle nostre sale comuni! Si chiederanno tutti dove siamo!-
-Tu, forse- disse lei con incredibile serenità –Di solito i Corvonero quando entro si spostano ovunque io vada. Però è comodo: trovo sempre un tavolo libero!-
Neville, agitato, raccolse la divisa nera da terra, prese per mano Luna e scese attraverso la botola; corsero per il corridoio fino alle scale dove si dovevano dividere.
-Ci vediamo domani, allora?- chiese Luna con un sorriso radioso.
-Certo! Ti … ti vengo ad aspettare davanti alla sala dei Corvonero- disse lui.
-No, tanto sarò pronta prima io, e mi troverai davanti al dipinto della signora grassa prima che tu sia pronto!-
-Non ci giurare…- disse lui con un sorriso furbo.
-È così simpatica la signora grassa, sai? Parlo volentieri con i quadri, e lei in particolare è… Oddio, fermo! Fermo fermo fermo!-
-Cosa?!- esclamò Neville guardandosi intorno allarmato: i Serpeverde? La Umbridge? Li avevano trovati?!
Luna agitò con decisione la mano vicino al suo orecchio:-Via, orrido Gorgosprizzo! Lontano dal mio ragazzo!-
Neville rimase perplesso alcuni secondi, poi scoppiò in una risata incontrollata:-Non bisogna scherzare sui Gorgosprizzi, signor Paciock!- lo rimproverò Luna.
-Ah, Luna- disse lui –Sei… sei fantastica-.
-Grazie- disse lei con un cenno del capo –Ora è meglio che vada! Ciao!- sgattaiolò per il corridoio alla loro destra, stringendo tra le mani il fagotto nerastro della divisa della scuola.
Neville continuò fino alla sua Sala Comune con un sorriso ebete sul viso; appena entrato, pochi nella massa di ragazzi chiacchieranti lo notarono: solo una figura correva verso di lui con la furia di un uragano. Una figura da una svolazzante e scomposta chioma rosso fuoco.
-Neville! Dove eri finito?! Avevamo paura che la Umbridge ti avesse preso!- esclamò Ginny –Eravamo preoccupati e non potevamo neanche venire a cercarti perché quegli avvoltoi dei Serpeverde continuavano a marciare per i corridoi, cavolo! È successo un casino, Neville! Silente è andato via, è tutto assurdo, e… Oddio che spavento!-
-No, no, sto bene- disse lui –Ero nascosto con Luna, abbiamo aspettato nel caso fossero ancora in giro, sai, tutti quei Serpeverde…-
Ginny lo guardò qualche secondo, spalancò gli occhi e poi scoppiò a ridere:-Fatto di niente di particolare?- disse con un largo sorriso.
-Eh? No, che dici?!- disse arrossendo violentemente.
Lei, senza smettere di ridere, gli disse:-Certo, Neville, ma se vuoi darla a bere anche agli altri forse sarebbe meglio non portarsi dietro quella divisa Corvonero… non solo è femminile, ma è anche minuscola per te!-
Neville non capì, poi osservò meglio il fagotto che aveva tra le mani: Il mantello recava il ricamo dello stemma dei Corvonero.
-Sì, ecco, hai ragione…- disse lui, assumendo il colorito di una mela matura.
Ginny rise ancora, gli ammiccò, poi si diresse verso qualche amica del quarto anno.
Il ragazzo sospirò e si abbandonò su una poltrona vuota. Le fiamme scoppiettavano danzanti e ipnotiche davanti agli occhi del giovane Grifondoro. Era stata una giornata incredibile.
“Se Dean e Seamus sapessero!” questo buffo pensiero gli fece sbocciare un sorriso sulle labbra che lo accompagnò in dormitorio e sotto le coperte, fino a quando non si addormentò.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
_________________________________________________
Spazio autrice: SI’, è da un casino che non aggiorno questa Fic ;__;
Spero vi piaccia questo capitolo >.< e la prossima volta cercherò di non ritardare quanto questa.
:3
 
Nina.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Insieme. ***


-Neville, svegliati!-
Il ragazzo mugolò e si  rigirò nel letto:-Cinque minuti, nonna…-
-Non sono tua nonna!- sbraitò Dean, strattonandolo per il pigiama –Svegliati, scemo, sei già in ritardo per la colazione!-
Neville rotolò letteralmente giù dal letto e si alzò con difficoltà dal pavimento; raccolse con flemma i suoi vestiti, li indossò distrattamente e poi, stropicciandosi gli occhi, sbadigliò al compagno:-Adesso arrivo…-
-Sì- disse l’altro con una smorfia –E già che ci sei magari togliti la maglietta del pigiama, prima di infilarci la divisa…-
Neville sbuffò e con la lentezza di poco prima si sistemò i vestiti; non aveva fame, ed era già tardi, così fece solo una capatina in bagno: alla vista del suo viso nello specchio, trasalì da quanto erano profonde le sue occhiaie. Massaggiò le borse gonfie e bluastre con i polpastrelli, si sistemò per quel poco che serviva i capelli e si diresse ciondolante a lezione. Era stanco come non mai, non era abituato a far le ore piccole. Sperava solo di non addormentarsi in classe, anche se si rese conto che era un’impresa impossibile; poteva darsi malato e passare la giornata a sonnecchiare in infermeria: con quell’aria sciupata, chiunque gli avrebbe creduto se avesse detto che aveva la febbre…
A discapito della sua tremenda stanchezza, sorrise. Le parole di Luna navigavano nella sua mente, dolci e irreali. Eppure era così, erano fidanzati.
Non sapeva come il resto del mondo avrebbe preso la notizia; entrando in aula insieme agli altri compagni nessuno gli chiese nulla, ma gli lanciavano qualche sguardo di sottecchi. Neville, anche se vergognandosi un po’ della sua vanità, era soddisfatto dei suoi attimi di fama e ne avrebbe goduto finché sarebbero durati.
La prima che, per così dire, ruppe il ghiaccio, fu Ginny durante l’ora di pranzo: Neville stava pranzando in netto anticipo lanciando occhiate desiderose al tavolo dei Corvonero, quando la giovane ragazza dai capelli rosso fuoco gli si avventò contro:-Mi deve dire niente, signor Paciock?!- sbattè la mano sulla tavola, irritata ma piena di malcelata curiosità.
Lui bofonchiò, con la bocca piena di cibo:-Dovrei...?-
-Facciamo pure gli spiritosi!- disse lei, senza sapere se ridere o arrabbiarsi ancor di più –Ora mi racconti tutto, per filo e per segno, caro! E io che pensavo che fossi… no, niente, lascia perdere. Racconta, piuttosto!-
-Che dire- spiegò agli occhi di Ginny che lo fissavano spalancati –Mi sono accorto che mi piaceva. Io piacevo a lei, basta, penso- a dirlo così, sembrava infinitamente semplice, ma quella blanda spiegazione non rivelava neanche uno dei tormentosi sentimenti che quella storia aveva animato.
-Ma tu non eri uscito con la Abbott, ieri?!- disse la ragazza, senza capire.
-Ecco… sì, solo che ho detto una cosa che l’ha fatta arrabbiare… e comunque ero uscito con lei solo perché non avevo avuto il  coraggio di dirle di no. Volevo invitare Luna ad uscire con me, non Hannah… alla fine effettivamente è successo proprio così- rifletté Neville.
-Che cosa tenera!- commentò Ginny –Sono contenta per tutt’e due! E mi prendo un po’ di merito- ammiccò –Se non ti avessi convinto ad entrare in quello scompartimento all’inizio dell’anno non ti saresti mai accorto della sua esistenza!-
-Hai ragione- disse Neville, stupito e riconoscente. Rimaneva affascinato da quei nessi di causa ed effetto che creavano le coincidenze e costituivano il destino: se avesse trovato subito un posto o Ginny non lo avesse fatto entrare non avrebbe mai notato la stravagante Corvonero, e anche trovando il Cavillo forse lo avrebbe subito ridato a Dennis Canon, e  non si sarebbe accorto di lei durante le riunioni dell’E.S. perché sarebbe stata solo una tra le tante… Effettivamente, avevano passato tre anni a non conoscersi, a passarsi accanto nei corridoi senza saperlo, ad incrociare per puro caso i loro sguardi senza provare alcuna sensazione. Com’era strano, l’essere innamorati: improvvisamente il tuo intero cosmo converge su qualcuno che non hai mai notato prima, e questa persona passa dall’essere un insignificante particolare delle sfondo della tua vita ad esserne il più frequente e dolce pensiero.
Si pulì gli angoli della bocca, salutò Ginny e, mentre la folla di persone che pranzavano si faceva più numerosa, s’incamminò per i corridoi alla ricerca di Luna, per poterla salutare prima di incontrarla nuovamente a cena. Si ritrovò a dispiacersi di non essere nella stessa Casa di Luna, perché niente avrebbe eguagliato la facilità e la bellezza di poter stare insieme nella Sala Comune, senza doversi incontrare frettolosamente tra un’ora e l’altra, durante i pasti e le riunioni dell’E.S. o di straforo in tarda sera, rischiando ogni volta di farsi scoprire da professori e Prefetti; inoltre, avendo Luna un anno in meno, questo eliminava qualsiasi possibilità di frequentare delle lezioni insieme.
Neville sospirò: stare insieme era più complicato di quanto immaginasse, eppure così tante coppie nella scuola erano formate da persone di diverse Case…
-Cerchi qualcuno, Paciock?- una voce melensa e beffarda arrivò dalle sue spalle, strisciandogli addosso come un viscido serpente a sonagli. Malfoy.
Neville si voltò, trovandosi faccia a faccia con il viso smunto e cereo dell’odioso Serpeverde:-Cerchi la tua fidanzatina?- quelle parole gli scivolavano velenose ed irritanti di bocca, mentre sul viso rimaneva quell’insopportabile ghigno beffardo.
-Lasciami in pace, Malfoy!- il Grifondoro cercò di aggirarlo senza mostrare il viso leggermente arrossito per l’imbarazzo. “Lasciami in pace”, sembrava una supplica. Avrebbe dovuto dire qualcosa come “Togliti dai piedi, cretino” o “Perché non tu invece corri dalla Parkinson?”, ma quelle frasi gli ribollivano dentro senza accennare a mostrarsi sulla sua bocca.
-Certo, Imbraciock, ma se proprio vuoi saperlo la tua amichetta è lì nel corridoio a destra…- ridacchiò malignamente e se ne andò. Neville non perse tempo, corse nella direzione che Draco aveva indicato con un orribile presentimento e vide due Serpeverde del quarto anno che sbeffeggiavano una ragazza premuta contro il muro:-Lunatica, quanti Nargilli ci sono qui in questo momento?- il primo agitava le mani, come per scacciare degli insetti inesistenti.
-Non c’è niente, stupido- disse Luna, senza però staccarsi dalla parete o alzando particolarmente la voce –I Nargilli vivono soprattutto nel vischio, qui non ce ne sono!-
-Hai capito, Jake?! Siamo al sicuro!- l’altro rise, facendo rabbrividire impercettibilmente Luna.
-Per caso sono tue queste orride scarpe?- le sventolava davanti al naso un paio di stivali di gomma giallo canarino che Neville aveva già visto; la ragazza allungò la mano per prenderlo, ma il ragazzo si ritrasse sghignazzando:-Te lo scordi, ora li appenderemo nella Sala Comune con scritto sopra “Proprietà della svitata”, così poi qualcuno te li restituirà!-
-E non dire che non siamo gentili, eh!- rincarò la dose l’altro. Luna aveva le labbra serrate e sembrava sforzarsi enormemente di divenire un tutt’uno con il muro.
-Ehi!- Neville, senza poter sopportare quella vista ancora per molto, balzò fuori da dove era rifugiato –Lasciatela in pace!-
-Oh, Lunatica! Per tua fortuna è arrivato il tuo cavaliere senza macchia e senza paura!- Jake si stringeva la pancia per le risa convulse, mentre l’altro Serpeverde si avvicinava a Neville con aria di sfida. Neville tentennò, ma non si mosse da dove era: Luna lo guardava con sollievo e ammirazione, non poteva tirarsi indietro. Ricambiò lo sguardo sbruffone del ragazzo con un’occhiata da far raggelare il sangue, tanto che lo stesso Serpeverde sembrò improvvisamente cambiare idea, come se quel repentino fulgore che era passato negli occhi di Neville gli avesse fatto intendere che il Grifondoro era pronto a passare alle maniere forti:-Andiamo- disse, cercando di mantenere l’aria da superiore –Questi qui ci possono contagiare con la loro pazzia e la loro imbranataggine!-
Jake lo guardò per qualche istante con aria dubbiosa, poi lo seguì e i due si misero nuovamente alla ricerca di qualche altra vittima da schernire, con gli stivali di gomma stretti tra le mani ossute del ragazzo più alto.
Neville aspettò che i due scomparissero dalla vista, poi si avvicinò preoccupato alla ragazza:-Tutto bene, Luna? Che ti stavano dicendo?-
-Oh, ma niente- la bocca le si allargò in un sorriso sforzato –Qualche solita allusione cretina, mi hanno rubato le scarpe, insomma, tutte le cose normali che si fanno a una ragazza anormale come me, no?- alzò il viso verso di lui: gli occhi le si riempivano di lacrime, mentre le guance mantenevano con difficoltà quel sorriso obbligato. Neville, senza rispondere, la abbracciò e la strinse al suo petto; Luna, poco a poco, si lasciò andare in un pianto liberatorio, affogando i singhiozzi nel cardigan del ragazzo.
Neville aveva la sensazione di percepirla, quella profonda tristezza, filtrare tra i vestiti e penetrargli le carni fino ad attanagliargli il cuore. Strinse ancor di più Luna a sé e le sussurrò:-Non devi essere triste. Tu sei… sei speciale, lo sai, vero?-
-È che… a volte è un po’ difficile- gemette lei con il viso rigato di lacrime –A volte è un po’ difficile essere me-.
Non l’aveva mai vista così. Chissà se le era successo molte altre volte, di scoppiare. Di non reggere più la pressione di un mondo che non la accettava e di crollare in quei pianti solitari, magari nell’angolo di un dormitorio o chiusa in un bagno.
L’importante era che, da quel momento, avrebbe avuto qualcuno su cui fare affidamento.
Il cuore di Neville batteva forte, parlava alla ragazza piangente:”Fatti forza”.
-Io sono qui- disse il ragazzo con semplicità.
-Eh certo- disse Luna, senza smettere di piangere –Non puoi mica essere da qualche altra parte!-
Neville sorrise teneramente alla ovvia logica della ragazza e non aprì più bocca. Lentamente i singulti di Luna diminuirono, le lacrime cessarono lasciandole solo le guance umide e i due, senza dirsi una parola, si diressero verso una parte imprecisata del castello tenendosi per mano.
La ragazza fissava il pavimento davanti a sé, mentre continuava a camminare a passo lento, gli occhi gonfi di pianto. Neville non riusciva a vederla così: Luna era una ragazza a cui non importava di cosa pensavano gli altri, non poteva star così male per le prese in giro di due balordi come quei Serpeverde. Se solo avesse saputo tutto quello che Neville aveva sempre sognato di dirle, non si sarebbe sentita così insignificante, così sbagliata, così fuori posto.
Luna era troppo, per il mondo. Era troppo, per chi viveva nei rigidi parametri della normalità, per chi vedeva il mondo in bianco e nero e disdegnava qualsiasi genere di sfumatura.
-Luna- disse –Tu sei… un po’ come il tuo nome-.
-Come che cosa?- si voltò verso di lui con lo sguardo avvilito.
-La luna. Se uno guarda il cielo, vede tante stelle, bellissime ma…. Ma tutte uguali. E poi eccola, la luna- gesticolò teatralmente –E tu sei così. Sei diversa da tutte le altre figure del cielo notturno, però proprio perché sei diversa…- arrossì, perdendosi nelle iridi cristalline della ragazza -…risplendi di più-.
-È una cosa molto carina- osservò Luna –Grazie, Neville-.
-Di niente- rispose titubante.
-Dove stiamo andando?-
-Non ne ho la più pallida idea- ammise Neville –Ma se andiamo avanti, prima o poi da qualche parte arriviamo, non pensi?-
“Sto iniziando a ragionare come lei”, si disse sorpreso e divertito.
 
 
 
-Non ci posso credere!- Luna aveva gli occhi sbarrati e l’espressione incredula.
-Sono contento che ti piaccia- disse Neville, diventando paonazzo –Ero un po’ incerto…-
-È un amuleto bellissimo!- la ragazza lo indossò subito, sistemandolo tra i ciondoli che già solitamente le tintinnavano sul petto. Neville era soddisfatto: si era fatto aiutare da Hermione, per quel piccolo regalo, a scegliere delle rune da incidere su quella semplice medaglietta bronzea; avevano passato due sere immersi tra tutti i tomi polverosi che la Grifondoro aveva trovato nella biblioteca riguardanti le rune e i loro significati. Neville ne aveva scelte sei e le aveva incise in circolo sul ciondolo che ora mandava riflessi ramati dalle mani di Luna, che lo rigirava con ammirazione. La ragazza si mise a saltellare sul posto, elettrizzata, continuando a dire “Grazie grazie grazie!”; Neville sorrise a quell’infantile modo di esprimere gioia e tornò ad esercitare il suo Patronus insieme a tutti gli altri ragazzi riuniti nella Stanza delle Necessità.
Erano già un po’ di settimane che lui e Luna stavano insieme, un mese esatto da lì a pochi giorni.
Neville non riusciva a capacitarsene: era così strano e al contempo magnifico poter star con lei tutto il tempo che voleva, poterla baciare senza che niente e nessuno intaccasse la loro felicità (a parte qualche Gazza irritato e i commenti di alcuni deliziosi simpaticoni di passaggio).
Solitamente si incontravano di mattina, a colazione: avevano iniziato entrambi a svegliarsi prima della maggior parte dei loro compagni, e il più veloce aspettava l’altro all’uscita del dormitorio; spesso si incontravano a metà strada con un grande sorriso sui visi assonnati ma felici. Qualche volta capitava di incrociarsi sulle scale, giusto il tempo di salutarsi, dirsi qualche frase veloce e riprendere ognuno i propri impegni; spesso, di sera, sempre che i numerosi compiti di Neville in vista dei G.U.F.O. lo permettessero, si incontravano nei luoghi più disparati, concordati solitamente nei fugaci incontri sulle scale.
La guferia, sebbene fosse perennemente invasa dalle piume e dal disgustoso odore degli escrementi dei rapaci, era il loro posto prediletto: Gazza lo controllava di rado, e osservavano insieme fuori dall’alta torretta la pianura e i lontani villaggi che si estendevano in mezzo alla bruma. Aveva un che di magico, quella vista: era un ponte sull’infinito, sul futuro, e loro due erano due fiori sboccianti alla ricerca dei caldi raggi luminosi della speranza nell’avvenire. Lì, parlandosi fino a quando la pianura non pareva un cielo notturno costellato dalle luci delle casupole, le loro sere erano animate di quel romanticismo tenero e zuccherino che caratterizza le relazioni sul nascere, quando si è ancora completamente sopraffatti dalla realtà che si è fusa ai sogni e alle fantasie. Neville adorava rigirare tra le dita i capelli di Luna, saggiarne la morbidezza, oppure prenderle le mani, guardando come fossero diverse le sue paffute e grandi da quelle sottili e infantili della ragazza. Luna aveva il vizio di torturargli le guance, estasiata dalle fossette che gli spuntavano al minimo sorriso. Assaporavano il sapore delle labbra dell’altro ad occhi socchiusi, esitanti e imbarazzati, perdendosi poco a poco nel tepore dei loro corpi abbracciati.
A detta di Ginny e delle altre ragazze Grifondoro, erano estremamente teneri; i ragazzi si limitavano a delle occhiate di commiserazione. Non sembravano capire Neville, o almeno, non volevano mostrarsi comprensivi: quando aveva raccontato a Seamus della scena del bagno dei Prefetti, il ragazzo aveva iniziato a dare testate all’armadio, chiedendogli perché non avesse fatto nulla. Cercavano di rimanere sempre freddi e superficiali, ovviamente Neville non capiva se serbassero in realtà sentimenti come i suoi o fossero davvero così disinteressati ad una relazione che non fosse strettamente fisica.
Neville e Luna erano alla solita riunione dell’E.S. e si stavano esercitando sui Patronus: la Umbridge diventava sempre più spietata e ormai anche i professori si sarebbero uniti a loro, se avessero potuto. Ogni volta che a lezione gli capitava di incontrare gli sguardi glaciali che lanciava la McGranitt alla Umbridge rabbrividiva di terrore.
-Stai diventando davvero davvero bravo- gli disse Luna, osservando l’ombra argentea di Neville, che in realtà era ancora in alto mare con quell’incantesimo –Potresti diventare un Auror provetto, Nev!-
-Non penso mi piacerebbe- rispose freddo lui. I volti dei suoi genitori si fecero spazio nella sua mente, strazianti, infondendogli una profonda malinconia –Sai, i… i miei genitori erano Auror- biascicò, con un doloroso nodo alla gola.
-Me lo avevano accennato- confessò Luna , non accorgendosi del cipiglio cupo che aveva assunto il ragazzo –Sono ricoverati al S.Mungo, giusto?-
Neville rabbrividì, chiedendosi irritato perché non avesse più tatto:-Sì, sono lì-.
-A volte la gente dice che dovrebbero rinchiuderci anche me al S.Mungo- rifletté la ragazza con tranquillità –Almeno così potrei conoscerli. Come sono?-
Neville non riusciva a rispondere. La figura spastica e zoppicante di sua madre gli invase il corpo intero, la voce balbuziente di suo padre gli rimbombò per la testa.
Luna lo guardava con aria curiosa, ma turbata; forse aveva capito di aver oltrepassato il limite entro il quale nessuno aveva il permesso di curiosare, nell’anima di Neville.
-Preferirei… non parlarne- disse lui, abbassando lo sguardo e stringendo la bacchetta tra le mani fino a far sbiancare le nocche. Non sapeva cosa lo stesse invadendo. Tristezza, rabbia, dolore: tutto quello che più di sgradevole il corpo umano riesce a provare si concentravano in lui, sensazioni tremende e insopportabili.
-Neville- disse Luna, sottovoce –Tu…-
-Io cosa?-
Gli occhi di Luna sembravano tremare, spalancati e commossi; si mordeva il labbro inferiore, respirando impercettibilmente:-Tu ti…-
Improvvisamente, prima che la ragazza potesse terminare la frase, tutti i presenti nella Stanza delle Necessità erano ammutoliti e osservavano un elfo domestico che si dimenava ai piedi di Harry:-La Umbridge che cosa? Dobby, ha scoperto noi dell’E.S?!-
Neville non capiva: sentiva solo il battito cardiaco accelerare per lo spavento e vedeva l’elfo cercare di picchiarsi, mugolando e contorcendosi.
-Sta venendo qui?- il viso del ragazzo era contratto in un’espressione di terrore; la fronte sfregiata era imperlata di sudore.
-Sì, Harry Potter!- strepitò l’essere, gli occhi sbarrati e terrificanti.
Nessuno osava parlare; Harry si voltò, evidentemente nel panico:-Che cosa aspettate?!- urlò –Scappate!!!-
Tutti si riversarono nel corridoio con foga e paura, in una fuga precipitosa in tutte le direzioni; Neville prese istintivamente la mano a Luna e iniziò a correre, come impazzito: erano nei guai, guai, seri e tremendi guai. Li avrebbero espulsi, anzi, imprigionati, denunciati e chi più ne ha più ne metta. Dovevano scappare da lei e dai suoi perfidi scagnozzi Serpeverde… ma dove?! Nel dormitorio, forse… no, era il primo posto dove avrebbero controllato! In biblioteca? Ma avrebbero visto subito la differenza tra le persone che erano lì a studiare tranquillamente e loro, che avevano appena finito una corsa trafelata…
-Neville, di qui!- disse Luna in un sussurro, strattonandolo; il ragazzo la seguì ciecamente, e lei si mise a sgusciare con destrezza tra porte, scale e corridoi, come sapendo perfettamente dove stava andando, mentre Neville era disorientato e in angoscia. Lanciava occhiate ad ogni svolta, pronto a veder balzare il viso di Malfoy o di Pansy ad ogni angolo con un ghigno malefico:-Luna, dove stiamo andando?-
-Non ti preoccupare, non ci troveranno lì! Nessuno ci entra da un paio di giorni!-
Neville non capì, ma continuò a seguirla; solo quando iniziarono a salire a passo veloce i ripidi scalini a chiocciola di una torretta, realizzò il posto dove erano diretti, e la sua mente fu invasa dai penetranti profumi degli incensi, dello scoppiettare del fuoco e del tintinnare delle tazzine di tè:-Ma sei sicura che…?-
-Fidati, non c’è nessuno- ansimò lei, senza lasciare la mano di Neville -Fiorenzo fa lezione da un’altra parte, e hanno cercato di cacciare la Cooman solo pochi giorni fa, non avranno ancora rimpiazzato l’aula con qualcos’altro!-
Il ragazzo annuì, rosso in viso per quella corsa spossante; arrivati alla botola sopra di loro, aspettarono qualche secondo per riprendere fiato:  Luna strabuzzava gli occhi, mentre il petto le si alzava e abbassava facendo sobbalzare i ciondoli stravaganti e dai riflessi cangianti.
Neville aprì la botola cigolante ed entrarono entrambi nell’aula abbandonata di Divinazione, sperando che non arrivassero a cercarli fin lì.
 
 
 

 
 
 
 
 
 
 
________________________________________
Spazio autrice: spero abbiate pietà di questo capitolo così tremendamente in ritardo ç_ç è che non andava la rete, e il computer, e i muratori che hanno messo sottosopra tutto *cerca invano di giustificarsi* potrebbero esserci parecchi errori, capitemi, mia madre mi sta letteralmente sbraitando di lasciare il suo computer.
come capitolo, è di passaggio; spero di non avervi annoiato con questi racconti, ma sono importanti per mantenere il filo logico della narrazione, anche se immagino che da leggere siano relativamente noiosi.

Alla prossima, spero presto :D

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** I wanna be. ***


Ricercatore di piante carnivore, Guaritore, Botanico.
Neville scosse la testa, sbarrò con veloci tratti di matita le tre voci e appoggiò il taccuino sul comodino; prese la piccola teiera che usava come annaffiatoio e versò un poco d’acqua nel vasetto della Mimbulus Mimbletonia. La pianta era diventata enorme, raccapricciante secondo gli altri Grifondoro, che non erano soddisfatti quanto Neville alla vista di quei bubboni grigiastri e pulsanti, che il ragazzo curava e medicava con minuzia. Curare quella pianta era forse una delle poche cose che gli davano la sensazione di essere utile, e soprattutto capace; forse proprio per quello era così in crisi, alla ricerca di un possibile mestiere.
In realtà non era una ricerca che lui avrebbe voluto fare: era sua nonna ad insistere, tramite snervanti strillettere, sul fatto che dovesse portarsi avanti, progettare, avere dei sogni concreti e realizzabili. Eppure lui non trovava nulla in cui si sarebbe voluto lanciare, qualcosa che avrebbe appagato appieno la sua passione incondizionata per le piante: tutto era troppo faticoso, o complicato, o semplicemente non sembrava alla sua portata. Neville non sapeva quanti e quali G.U.F.O. sarebbe riuscito a superare, sebbene avesse iniziato a studiare più di quanto non avesse mai fatto nella sua intera vita studentesca; ma i libri di testo sembravano lievitare, riempirsi di nuovi capitoli strabordanti di termini incomprensibili, nomi, ingredienti e componenti astrusi, informazioni e date da imparare a menadito.
Sollevò il vaso di coccio tra le mani: era ormai arrivato il momento di separarsi dalla cara Mimbulus. Era troppo grossa per essere tenuta nel dormitorio, e la professoressa Sprite si era offerta di curarla al posto del ragazzo nella serra, insieme alle altre meraviglie botaniche che possedeva la scuola.
Neville scese le scale, il pesante vaso che gli complicava i movimenti stretto tra le mani; serpeggiando tra gli sporadici studenti presenti nei corridoi, il ragazzo finalmente uscì e si diresse a passo lesto verso la serra.
Era ormai maggio, l’erba cresceva brillante e rigogliosa, il sole allargava raggi caldi e luminosi nel cielo limpido, le piante si riaccendevano della loro vitalità, il terreno si faceva fertile e nutrito delle piogge di marzo e aprile. Il ragazzo sorrise, non potendo fare a meno di farsi trascinare dalla vita che rinasceva tra i boccioli variopinti e tra le folte chiome degli alberi, che gettavano sul terreno fresche ombre adatte a pennichelle nei pomeriggi più caldi e noiosi, oppure per uno studio più spensierato che quello tra le mura del castello.
-Oh mio dio, ragazzo!- esclamò la professoressa Sprite, alla vista della pianta –Sai come si chiama questo, signor Paciock?!- la donna corpulenta lo guardava elettrizzata, stretta in un abito da giardinaggio verde mela chiazzato di fango e fertilizzante.
-Mimbulus mimbletonia?- azzardò lui imbarazzato.
-No!- la donna batté sul tavolo con la mano guantata – Talento, ragazzo mio! TALENTO!- la professoressa prese il vaso con un sorriso allegro, la sollevò e la mise insieme agli altri che stipavano la serra. Tutto era patinato di terriccio, compresi i lunghi tavoli su cui erano ammonticchiati vasi di coccio, palette, guanti, cesoie e paraorecchie; dalle vetrate la luce del pomeriggio irrompeva con energia, come un fiume in piena, e scorreva sulle piante dai colori vivi e sgargianti.
-Paciock?- tuonò la voce altisonante della Sprite –Cosa hai intenzione di fare, una volta finito di studiare ad Hogwarts?-
Neville tentennò, chiedendosi se la professoressa avesse qualche capacità telepatica:-Non… non so ancora precisamente… Qualche progetto, molto vago…-
-Ragazzo mio- disse la Sprite dandogli una potente pacca sulla spalla –Dovresti lanciarti nelle ricerche, nelle sperimentazioni, nelle scoperte dell’Erbologia!-
-Io… ci avevo già pensato, prof- disse lui, a disagio –Ma non sono un tipo molto… adatto a questo genere di cose…-
-E allora, sai che ti dico?- disse lei, dirigendosi verso le sue piante –Torna ad Hogwarts!-
Lui la guardò perplesso:-In che senso… “torna”?-
-Oh, andiamo! Paciock, aziona il cerveletto!- schioccò le grosse dita con un rumore gommoso–Insegna! Come la sottoscritta!-
Insegnare.
Sì, ci aveva pensato. Era forse uno dei progetti che più lo allettava, e al contempo gli sembrava al di fuori della sua portata: per insegnare ci voleva una grande conoscenza, ma anche la capacità di gestire i ragazzi, i loro programmi di studio, saperli proteggere dai pericoli e insegnare loro ogni singolo particolare dell’arte dell’Erbologia. Come poteva lui spiegare come curare e difendersi da un Geranio Zannuto quando lui stesso, affrontandoli nella prova di preparazione ai G.U.F.O, era stato portato in infermeria con la mano sanguinante?
Non era il genere di persona adatta a quel delicato lavoro, ne era convinto. Ma tantomeno era adatto a scapicollarsi tra viaggi nell’America latina o in Assiria, come lo zio, alla ricerca di chissà quale pericolosa specie arborea in chissà quale angusto e irraggiungibile anfratto della Terra. Quello era un lavoro che di sicuro una persona che lui conosceva bene avrebbe preferito: Luna.
Lei sì che sarebbe stata adatta: gli sembrava di vederla, i lunghi capelli biondi al vento, una donna formata ed agile, che si librava a cavallo di un manico di scopa tra il fitto fogliame dell’Amazzonia, senza impigliarsi in alcuna liana o scontrarsi con dei volatili di passaggio. Era così, era nata per essere uno spirito libero e indomabile, scapestrata come un animale selvaggio.
“Già” si disse tristemente, osservando il terriccio morbido della stradina che stava percorrendo “Il contrario di quello che sono io.”
Una domanda, tremenda, gli gravava ormai sul petto: quali speranze potevano avere due destini così differenti di essere intrecciati?
Guardò uno stormo di tordi alzarsi in volo da uno dei mastodontici alberi che riempivano il parco di Hogwarts e, eseguita una larga curva nel cielo limpido, allontanarsi verso l’orizzonte.
Riflettendoci oggettivamente, rasentava l’ingenuità, se non la stupidità, sperare di portare avanti per sempre una relazione iniziata nella prima adolescenza: lui aveva quindici anni, e si sentiva ancora praticamente un bambino; lei era ancora più piccola, quattordici anni. Sapeva bene che la maggior parte delle relazioni che si consumavano negli anni di Hogwarts erano frivole, passeggere, e che poche volte si protraevano nell’età adulta; eppure Neville non riusciva ad arrendersi all’idea che, in un modo o nell’altro, la sua relazione con Luna sarebbe giunta ad una fine.
Ormai, da febbraio, erano passati quattro mesi; in un tacito accordo, i due avevano decretato che la data precisa del loro fidanzamento era stata quella della notte nel bagno dei Prefetti, ovvero il 15 febbraio. Erano già passati cinque giorni dal loro quarto mesiversario, e il ragazzo sentiva che quegli attimi gli erano letteralmente sfuggiti: gli sembravano passati pochi attimi da quando aveva visto per la prima volta Luna, dallo spiraglio socchiuso dello scompartimento, ignaro di quello che quella ragazza avrebbe significato per lui. Tutto quello che era successo in quei mesi, tra i suoi ricordi, erano come brandelli di sogno incredibilmente reali: quando, ad esempio, per il primo d’Aprile, la ragazza si era presentata al tavolo di Grifondoro reggendo un grosso vassoio con una triglia affumicata, indifferente alle risa convulse degli altri studenti aveva urlato:”Buon pesce d’Aprile!” al ragazzo, a metà tra l’imbarazzato e lo stupefatto; o quando Neville era riuscito, sebbene tutti i severi provvedimenti della Umbridge, ad intrufolarsi nella Sala Comune di Corvonero ed erano rimasti insieme fino a tarda notte, accoccolati sui divani cenerini accanto alle braci spente del camino. E tutte le parole, le promesse, le risate e i sorrisi, i “ti amo” rossi d’imbarazzo, i baci teneri tra gli scaffali della libreria o nei corridoi poco affollati.
Era proprio quella la caratteristica di Luna che più gli piaceva: con lei, non ti potevi annoiare. Anche i pomeriggi passati in biblioteca, dove la Corvonero aveva tenuto compagnia al ragazzo sommerso dai compiti per i G.U.F.O, Neville non poteva fare a meno di tornare nella Sala Comune con un sorriso sulle labbra: un commento, una parola, un gesto inusuale, ed ecco che Luna si dimostrava eccentrica ed unica in tutto il suo essere.
Inoltre, chi più chi meno, i compagni dei due ragazzi li avevano presi in simpatia: Dean, Seamus, Ron ed Harry, che si erano mostrati stupiti e perplessi all’inizio, si erano lasciati alle spalle qualsiasi scrupolo ed erano sinceramente soddisfatti per l’amico. Hermione approvava con i suoi sorrisi quasi  materni, Ginny era letteralmente entusiasta, e non faceva che ripetergli che, da quando era fidanzato con Luna, aveva preso colorito sulle gote, oltre che una chiara e costante serenità. Anche i ragazzi di Corvonero non lo biasimavano, al massimo lo guardavano divertiti chiedendosi “Ma come fai a stare con quella?”, e per il resto la sua presenza non dava alcun fastidio. Hannah sembrava ancora restia ad accettare il loro fidanzamento, ma si capiva che avrebbe voluto essere felice per loro, e Neville ne era diventato amico, per quanto potesse a volte risultare imbarazzante il ricordo di S.Valentino. Addirittura anche i professori, che per quanto facessero gli indifferenti erano occhi e orecchie della scuola, sorridevano alla vista dei due che si tenevano per mano; ovviamente non Piton o la Umbridge, ma Vitious li adorava letteralmente, e come lui la Signora Grassa (che aveva trovato in Luna una stravagante e piacevole compagna di discussione nelle prime ore della mattina). I più, nella scuola, avevano ben altri pettegolezzi per la testa, ma tutti avevano sentito anche vagamente parlare della stramba coppia che si poteva sorprendere in un tenero bacio nei momenti più impensabili.
Tutto quello, per il resto del mondo era ovvio e scontato, presto o tardi sarebbe finito. Forse avrebbero furiosamente litigato (a Neville si contrasse lo stomaco al solo pensiero), o semplicemente un giorno si sarebbero guardati con semplicità e si sarebbero detti:”Non c’è più nulla”.
Per quanto il ragazzo cercasse di non curarsene, ormai era lampante: il suo destino era rimanere rinchiuso in qualche sobrio ufficio a stilare l’elenco dei libri di testo per l’anno seguente, o al massimo a curare un modesto orticello o una serra, mentre Luna avrebbe viaggiato, scoperto, esplorato il mondo a miglia e miglia di distanza da lui.
Non capiva il perché di quella tristezza improvvisa e lancinante: persino la cena gli sembrò insapore, la vellutata di zucca gli scivolava in gola come acqua tiepida, e mangiare pane era come ingoiare fogli di giornale accartocciati.
Eccola, si avvicinava a passi saltellanti e vivaci, il suo solito atteggiamento sognante:-Ciao, Neville! Qualcosa non va? Hai l’aria un poco abbacchiata!- sciorinò quelle frasi così velocemente che il ragazzo rimase disorientato qualche secondo, poi scosse la testa:-No, niente…-
“Dio,” si disse, sentendo il cuore sobbalzargli in petto “Mi capisce così bene…”
-Luna- gli chiese improvvisamente lui –Tu ti stancheresti mai di me?-
Lei lo guardò sorpresa, e sembrò rifletterci distrattamente:-Devi andare di nuovo in biblioteca a studiare, stasera?- chiese, appoggiando il mento sulla sua testa. Neville scosse il capo.
-Riusciresti, questa sera, a venire nella Guferia?-
Lui annuì, incerto.
-Ci vediamo lì, devo assolutamente cercare una cosa!- detto questo, gli scoccò un veloce bacio sulla guancia e corse via.
Che intendeva fare?
E, soprattutto, non aveva risposto alla sua domanda.
 
 
 
Neville si guardò per l’ennesima volta alle spalle, in ansia. Cosa avrebbe risposto, se gli avessero chiesto cosa stava facendo a quell’ora della notte proprio in quel luogo? Strinse angosciato la falsa lettera che si era preparato: la cosa più plausibile che era riuscito ad inventarsi era stato il racconto di un sogno notturno, da riferire assolutamente alla anziana nonna quella sera stessa. Di sicuro i Serpeverde, con la scarsa stima che avevano di lui, avrebbero potuto benissimo credere a quell’attaccamento maniacale per la nonna, e anche se non lo avessero creduto davvero si sarebbero divertiti a sbeffeggiarlo.
Odiava le ronde, il regime di terrore che era calato sulla scuola. L’aria stessa sembrava più irrespirabile, gravava sulle persone una tremenda irrequietezza e tutti avevano i nervi a fior di pelle.
“Ma dove sarà Luna?” era tardi, aveva anche parecchio sonno. La stretta stanza dall’alto soffitto a cupola era impregnata di uno odore disgustoso che gli pizzicava il naso, sui trespoli rimanevano pochi gufi addormentati, e l’enorme finestra alla parete mostrava un firmamento sgombro da qualsiasi nuvola, in cui le stelle brillavano con vitalità; e pari alle stelle erano le luci lontane dei villaggi, i focolari intorno a cui le persone vivevano, litigavano, si amavano, piangevano e ridevano, in un intrecciarsi infinito di storie, passati, anime, destini. Lui era un minuscolo, insignificante frammento d’universo nel susseguirsi del tempo.
Dei passi veloci salivano gli scalini di pietra:-Neville!- sussurrò la ragazza, comparendo sull’uscio.
-Luna!- il ragazzo le andò incontro, e la abbracciò –Sei arrivata, ero preoccupato…-
-Scusa, spero di non averti fatto aspettare troppo!-
Neville la guardò. Sul volto solo in parte illuminato spiccavano come gemme preziose i suoi occhi chiari e brillanti; il ragazzo le cinse la vita con le braccia, e posò le labbra sulle sue. Un gesto semplice, un affetto puro e cristallino. La mano di Luna giocherellava con i capelli scuri di Neville, quella del ragazzo le carezzava  le gote tanto delicatamente che le sue dita sembravano respiri sulla pelle della ragazza.
 -Neville… Quello che mi hai chiesto prima a cena…-
-Oh! No, non ci pensare…- disse lui, scuotendo la testa –Pensieri miei, sciocchezze, lascia stare…-
-Se i tuoi pensieri per me fossero sciocchezze sarebbe un grosso problema!- lo riprese severa Luna –Non voglio che tu stia male. Per questo ti ho chiesto di vederci, volevo mostrarti una cosa- frugò nella tasca e, avvolto in un panno color salmone, prese un piccolo e vecchio orologio. Osservandolo meglio, Neville notò che era solo il quadrante di un orologio ormai rotto che si era staccato dal polsino; inoltre, ormai vi era una sola lancetta, e per di più ferma, la sottile punta a metà tra l’una e le due.
 -Cos’è?- chiese Neville, prendendo in mano l’oggettino impolverato –Sembra un orologio rotto…-
-Sembra!- esclamò entusiasta Luna –In realtà, Neville, è una potente bussola!-
-Una… bussola?- il ragazzo era sempre più perplesso.
-Ti spiego- disse lei, con atteggiamento da intenditrice –Quando ero piccola, io e mia madre eravamo in una spiaggia, e cercavamo tra gli scogli granchi e ricciocorni, quando tra la sabbia io ho trovato… questo!- alzò il piccolo orologio, facendolo luccicare ai bagliori delle stelle –Mamma disse subito che ero stata fortunatissima, e che era una delle poche bussole del destino ormai rimaste su tutto il pianeta! Capisci, Neville?! Tutto il pianeta!-
-Uhm, sì- il ragazzo come al solito non sapeva dove riporre il suo sguardo imbarazzato, al sentire le strambe storie del passato di Luna; eppure doveva essere stata una scena molto bella: la bambina mostra curiosa alla madre il suo piccolo tesoro, la madre le sorride amorevole e le confida l’infinita magia di quello che la piccola ha appena riportato alla luce. Di solito, però, questi ricordi diventano mere fantasie infantili, mentre per Luna erano veri e propri pilastri portanti del suo passato e del suo presente.
-Mamma diceva che queste bussole sono amuleti che ti aiutano a capire quale sia la giusta strada da intraprendere. Ci aiutano a capire quale sarà il nostro futuro, cosa ci aspetta, dove ci porterà il destino-.
Neville strinse nel palmo chiuso il piccolo quadrante. La lancetta indicava sempre il solito inesistente orario.
-Sono spaventato, Luna. Tutti vogliono sapere chi sarò, cosa ho intenzione di fare della mia vita, quando io ho paura anche di quello che accadrà domani- deglutì con difficoltà –Non riesco a guardarmi indietro senza avere rimpianti, penso cosa sarebbe successo, chi sarei se avessi fatto le scelte giuste, se io fossi stato migliore! E ora mi chiedono di prendermi la responsabilità non solo di quello che sono, ma di quello che sarò! Ho paura di sbagliare, di mandare tutto a monte, di deludere gli altri…-
-L’unica persona che non devi deludere- disse Luna premendogli l’indice contro il petto –Sei tu-.
Il ragazzo la fissava, gli occhi persi e l’espressione di chi si è appena svegliato improvvisamente da un lungo sonno.
-Le persone ti diranno sempre cosa fare, come farlo, dove andare, con chi stare, da che parte vanno le forchette e che le verdure non posso essere usate per la bigiotteria! Ma devi imparare a fare di testa tua, o meglio, fare quello che ti senti di fare. Non importa se ti giudicano. Non smetteranno mai di farlo, Neville. Qualsiasi cosa farai, la gente ti giudicherà- iniziò a camminare a grandi passi per la piccola stanza –Per quanto ti impegnerai, non andrai mai bene agli altri. Se stai zitto, sei misantropo, ma se parli, sei fastidioso e logorroico. Sai cosa ho deciso di fare io, allora?- gli mostrò un sorriso scaltro –Di urlare-.
-Devo… urlare?- chiese Neville corrucciando la fronte.
-Nel senso che devi essere semplicemente te stesso, e credere in te. Il futuro ti sembrerà solo una nuova, bellissima avventura-.
Neville accennò un sorriso sollevato:-Luna- ripeté –Ti stancheresti mai di me?-
-Sai, Nev- disse lei, con sincerità e tranquillità –Non lo so. Potrebbe anche succedere, insomma, non possiamo prevederlo. Posso solo sperare che non accada, o che accada il più tardi possibile-.
Il ragazzo guardava fuori dalla finestra, riflettendo. Lei si avvicinò e gli prese la mano:-Non posso promettere di esserci per sempre. Ti mentirei, Neville, e io non mento alle persone a cui tengo. Ma posso prometterti che finché avremo bisogno l’uno dell’altro, ci sarò. Finché sarò io la persona da cui vorrai farti consolare, la ragazza che vorrai amare, ci sarò. E soprattutto non dimenticherò mai quello che sei significato per me, tutto quello che abbiamo passato insieme, mai e poi mai, qualsiasi saranno le strade che prenderemo. E anche tu non dimenticarti di me, ti prego, e sappi che tutto quello che ti dico, ogni singola parola, è la verità. Mai negherò di averti detto “ti amo”, e soprattutto di averlo detto con tutta la sincerità possibile. Tu sei e resterai il ragazzo che mi ha fatto sentire … amata per la prima volta- la ragazza abbassò il viso, arrossendo.
Neville le strinse la mano, felice:-Grazie. È una cosa…confortante, Luna. E anche molto tenera-.
-Nev, puoi darmi la bussola?- chiese la ragazza.
-Oh, certo!- aprì il palmo della mano destra –Ecco, tienila-.
La ragazza prese in mano il piccolo quadrante; per qualche secondo sembrò indugiare su quello che stava facendo, poi volse risoluta lo sguardo alla finestra, alle stelle e alle luci in lontananza:-Sai cosa ne faccio di questa?- con un ampio gesto del braccio scaraventò l’oggettino giù dalla torre.
-Luna!- esclamò Neville, sporgendosi dal davanzale di pietra verso le tenebre del giardino –La bussola tua e di tua madre...-
 -Non ti ho raccontato una parte importante della storia- disse Luna, appoggiandogli la mano sul petto –Mamma non me lo aveva detto, l’ho dovuto imparare da sola: abbiamo tutti una bussola del destino che ci aiuta nelle nostre decisioni. E in questo momento, sento la tua battere sotto la mia mano-.
Un bacio, le stelle a vegliare sul loro tenero e giovane amore.
Un momento perfetto, unico: e il domani non avrebbe cancellato la magia di quell’attimo, ma ne avrebbe ospitati altri, altrettanto stupendi.
-Comunque, non mi dispiacerebbe troppo insegnare- ammise Neville in un sussurro.
-Saresti un insegnante fantastico-.
-Ne sei convinta?-
-Assolutamente-.
 
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 






Siamo qua, fabbricanti di sogni
Il mio inizio sei tu
 
Con te, che io voglio riempire i miei giorni
Con te che io voglio far veri i miei sogni
 
Ci sarò per la fine del mondo
Ci sarò per amarti di più
E così se chiami rispondo
il mio vero inizio sei tu

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
___________________________________
Spazio Autrice: ebbene eccomi qui, in gigantesco ritardo come al solito! :D

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto. Sono tuttora molto scettica su questo capitolo, perché nella FF non era previsto, ma si doveva passare direttamente al capitolo successivo, “Crucio!” … spero sia stata una buona scelta inserire queste scene aggiuntive, e che il piccolo amuleto della madre non sembri un’idea troppo bislacca o fuori luogo ç___ç
 Penso che questo capitolo abbia soprattutto un carattere autobiografico, ma non penso di essere l’unica ad avere crucci sul futuro come il povero Neville … (vero?! q_q)
La citazione finale di “Anastasia” è frutto del mio attaccamento al suddetto cartone degli ultimi 2 o 3 giorni :3
 
 
Nina.

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Crucio. ***


 
Nevile strinse la bacchetta levata in aria con il palmo sudato per l’angoscia. I Mangiamorte si avvicinavano minacciosi, accerchiandoli. Harry parlava con Malfoy, che con la sua voce lenta e melensa gli intimava di consegnargli la profezia.
Una mano si aggrappò alla sua; si voltò e vide Ginny che gli stava stritolando il polso:-Ho paura, Neville…- sussurrò. Non era la spavalda Ginny di sempre.
-Andrà tutto bene- mormorò lui, balbettando. No, non era vero. Erano spacciati.
Il ragazzo, spaventato, cercò gli occhi di Luna con lo sguardo; la ragazza ricambiò, e sorrise. I suoi occhi erano lucidi di preoccupazione, ma volevano dirgli:“Vedrai che in un modo o nell’altro ce la caveremo”.
Neville contraccambiò con un sorriso tremulo, cercando di essere, o almeno di apparire, coraggioso.
Harry urlò il segnale:-Ora!-
-REDUCTO!-
 
Accadde in pochi secondi: gli scaffali esplosero con fragore in un nuvolo di polvere e frammenti che volarono in tutte le direzioni; le profezie si liberarono, creando fantasmi opalescenti sospesi a poco da terra, che riempirono l’aria delle loro voci spettrali.
-Correte!- l’urlo di Harry si propagandò nell’ambiente così maledettamente confuso agli occhi di Neville; vide tre ombre, che dalle chiome intuì essere Ginny, Ron e Luna, precipitarsi con la testa tra le braccia verso quella che doveva essere l’uscita. Con il cuore a mille per il terrore il ragazzo provò a correre, ma incespicava tra gli scaffali che crollavano; il fiato gli si bloccò, quando dal nuvolo confuso e buio che lo circondava apparve lo spettro cereo di una donna che declamava una profezia con gli occhi fuori dalle orbite.
-Neville, muoviti!- era Hermione: ne scorse la massa di capelli ondeggiante a qualche metro da lui. Con uno scatto dettato più dalla paura che da altro, il ragazzo si gettò dietro di lei attraverso una porta, ed Harry la chiuse alle loro spalle:-Colloportus!- ansimò la ragazza, e la porta si sigillò immediatamente.
-Dove sono gli altri?- chiese la voce titubante e preoccupata di Harry.
Neville si guardò intorno: Ron, Ginny e Luna non erano in quella stanza. Ma dovevano esserci, erano scappati proprio nella loro direzione. Dov’erano?
Hermione mormorò:- Devono essere andati dalla parte sbagliata!-
Il panico lo assalì. Qualcosa si rivoltò nel suo subconscio, come un istinto animale: erano in pericolo. Luna era in pericolo. E non era lì con lui, e non avrebbe potuto aiutarla in caso si fosse trovata con le spalle al muro, e quel posto pullulava di Mangiamorte, e bastava un nonnulla che…
Come la tetra proiezione di un film nella sua mente, Neville vide Luna cadere in terra, colpita da un raggio verdastro e luminoso, gli occhi vitrei e inanimati, i lunghi capelli sciolti sul freddo pavimento, la bocca semiaperta in un incantesimo tardivo.
Un brivido lo percosse da capo a piedi, quando sentì un borbottio provenire dalla porta:-Ascoltate!- sussurrò. 
Harry si appoggiò alla porta: Neville non riuscì a capire tutte le parole (intercettò un paio di cognomi, un “dobbiamo organizzarci!” e “Mulciber, con me!”), ma sentiva chiaramente la voce di Lucius Malfoy, e non era affatto una voce contenta.
-Ora che cosa facciamo?- chiese Hermione, tremando.
-Di sicuro non resteremo ad aspettare che ci trovino- rispose Harry –Andiamo via di qui!-
Oltrepassarono una grossa campana di vetro sotto la quale un uovo si schiudeva e si richiudeva, quanto alle loro spalle risuonò un tonfo di qualcuno che sbatteva pesantemente contro la porta, poi un –Alohomora!- e infine il cigolio della porta che si spalancava: i tre si rifugiarono sotto dei tavoli, accucciandosi cercando di non farsi scorgere in alcun modo.
Neville non riusciva a deglutire, e le mani gli vibravano; da dove erano rifugiati vedeva i lembi dei mantelli dei Mangiamorte strusciare sul pavimento, osservava i loro passi a pochi metri dal loro nascondiglio.
-Controlliamo sotto i tavoli- suggerì uno dei due, con una voce cavernosa.
Neville vide le ginocchia del Mangiamorte piegarsi, e la mano di Hermione stendersi improvvisamente verso di lui:-Stupeficium!-
Uno zampillo di luce rossa investì l’uomo, che andò a schiantarsi contro una pendola dall’altra parte della stanza; il secondo Mangiamorte le puntò la bacchetta contro:-Avada…-
Harry si gettò su di lui, e iniziarono a lottare corpo a corpo; Neville sgusciò da sotto il tavolo e si alzò in piedi, disorientato: vedeva i due affrontarsi in terra e, preso dall’ansia, li puntò con la mano tremante e urlò:-Expelliarmus!-
Le bacchette di entrambi volarono via, e i due si lanciarono all’inseguimento di esse; Neville, rimasto un attimo colpito dall’effetto del suo incantesimo e al contempo consapevole di aver fatto un danno, si gettò di corsa dietro di loro:-Levati di mezzo, Harry!- gli intimò –Stupeficium!-
Neville sentì una strana scossa invadergli il braccio, mentre dalla bacchetta scaturiva un raggio rossastro: come a rallentatore, vide il suo incantesimo mancare l’obbiettivo e colpire una teca appesa al muro, piena di clessidre; si riversarono rumorosamente a terra, in una fiumana di frammenti di vetro, poi si ricompose, poi ricadde e si frantumò…
-Stupeficium!- Neville si voltò, riprendendosi dal suo stato catatonico: Hermione aveva colpito il Mangiamorte che lui aveva mancato. L’uomo barcollò, e andò a finire con la testa dentro la campana di vetro, attraversandola come se essa non esistesse. Gli altri due stavano già andandosene, quando Neville osservò con disgusto che il viso del Mangiamorte si stava trasformando…
-Guardate!- esclamò inorridito. I suoi occhi sbarrati non riuscivano a togliere lo sguardo dal viso dell’uomo, dalle guance dalle quali scompariva la barba e che si facevano rosee e paffute, dagli occhi che diventavano improvvisamente docili e infantili, dai capelli che andavano sfoltendosi, dal cranio che rimpiccioliva a vista d’occhio.
-È il tempo…- disse Hermione, affascinata e turbata.
Da una stanza vicina venne un urlo, seguito da un tonfo e da un grido.
-Ron! Ginny! Luna!- chiamò Harry con tutta la voce che aveva in gola. Nessuno rispose.
L’uomo, mostruosamente trasformato, si agitava avvicinandosi pericolosamente a loro; corsero verso la porta aperta all’altro lato della stanza, che conduceva ad un oscuro atrio circolare, appena in tempo per vedere due Mangiamorte attraversare la stanza nera; si gettarono in una porta a sinistra, ma non fecero in tempo a sigillare la porta che i due incappucciati fecero irruzione, urlando:-Impedimenta!-
I tre furono scaraventati all’indietro; con la coda dell’occhio Neville vide Hermione sfrecciare contro una libreria, che le rovinò addosso con un fragore inaudito, mentre Harry sbatté la testa contro il muro, rimanendo stordito per alcuni secondi. Neville cadde rovinosamente contro un tavolo e il colpo fu tale che gli si smorzò il respiro, e la vista gli si appannò, forse per lacrime di dolore dovute all’impatto, forse per la tremenda angoscia che lo invadeva. Tutto sembrava confuso, vedeva i quattro lanciarsi incantesimi, urlare, muoversi, fino a quando tra tutte le ombre che gli affollavano la vista si mise in risalto un getto di luce purpurea che colpì Hermione in pieno petto, facendola cadere immobilizzata a terra.
Harry si accasciò su di lei, urlando il suo nome, e Neville strisciò verso di loro: non poteva essere vero, no, Hermione, non lei…
Improvvisamente, sentì un dolore atroce invadergli la faccia: il Mangiamorte gli aveva dato un calcio, spezzandogli la bacchetta e colpendogli in pieno il naso con la punta rigida dello stivale. Si ritrasse immediatamente, ululando di dolore e premendosi le mani sul viso. Allontanò lentamente la mano sussultante dal volto: sul suo palmo, intriso a lacrime, il sangue gli colava tiepido dalle narici rotte, scivolandogli lucente per il polso e inzaccherandogli la manica della maglietta. Lo invase una sensazione orribile, un misto di terrore e dolore che si diramava dal naso sfregiato e pulsante, come se un morbo psichico e fisico gli stesse invadendo il corpo lentamente, partendo dalla ferita.
I Mangiamorte intimavano ad Harry di consegnare la profezia; Neville vide Hermione, il viso pallido gettato all’indietro, i capelli che si riversavano fluenti sul pavimento, e improvvisamente gli parve di avere un flashback di quello che aveva immaginato di Luna poco prima.
-Non dargliela, Harry!- biascicò Neville, scoprendosi il volto –Non dargliela!- in realtà, risultò più un “noddaiela”, a causa del naso rotto, ma non importava: non doveva cedere. Non dovevano cedere.
La porta si spalancò, ed entrò il Mangiamorte con la testa da bambino: in quei pochi istanti, Harry urlò:-Petrificus Totalus!-, colpendo uno degli uomini che cadde sul compagno, immobilizzandolo.
Neville si precipitò da Harry, che scuoteva Hermione: con una calma incredibile per quella situazione, le prese il polso e rassicurò l’amico:-Batte ancora, Harry, sono sicuro-.
-È viva?- la sua voce era un’implorazione.
-Sì, penso di sì- balbettò Neville con la sua voce alterata.
Cadde il silenzio per quello che sembrò un secolo, poi Harry disse:-Neville, non siamo lontani dall’uscita. La stanza rotonda è qui accanto… se tu riuscissi a raggiungerla e a trovare la porta giusta prima dei Mangiamorte, potresti portare Hermione nel corridoio e nell’ascensore… poi trovare qualcuno… dare l’allarme…-
-E intanto tu cosa fai?- chiese Neville, perplesso, pulendosi il sangue nella manica già zuppa.
-Devo trovare gli altri-.
Il ragazzo rifletté pochi istanti: non poteva lasciarli da soli. Non si sarebbe mai perdonato se fosse successo qualcosa. Non poteva fuggire. L’immagine degli occhi spalancati di Luna lo fece rabbrividire nuovamente. No, non poteva.
-Li troveremo insieme- disse Neville, deciso.
-Ma Hermione…-
-La portiamo con noi. La porto io, a combattere sei meglio di me…- disse, caricandosi Hermione in spalla. Pesava, ma lui fece finta di sopportare perfettamente quel peso: non poteva sembrare al disotto delle aspettative dell’altro, una volta deciso di continuare a lottare in prima fila.
-Aspetta, meglio che tu prenda questa- Harry gli porse la bacchetta di Hermione. Neville lanciò uno sguardo triste ai due frammenti di legno in terra, e poi diede loro un calcio:-Mia nonna mi ammazzerà, era la bacchetta di papà…-
Uscendo dalla stanza, guardò per l’ultima volta di sottecchi quella bacchetta. Suo padre l’aveva usata tutta la vita, ed era con quella che aveva cercato di difendersi da Bellatrix Lestrange. Inutilmente.
Scosse la testa, sistemò meglio il corpo inerte della ragazza sulle sue spalle, e seguì Harry: sgusciarono fuori dall’ufficio e si diressero verso la stanza buia; appena varcata la soglia, la porta si richiuse alle loro spalle, e la stanza iniziò a girare, confondendo loro tutte le porte. Improvvisamente il moto rotatorio si interruppe, e da una porta si spalancò e ne rotolarono fuori tre persone.
-Ron!- gridò Harry –Ginny! State tutti bene?!-
Mentre il ragazzo si gettava sull’amico, Neville guardò Ginny che si stringeva con aria sconvolta la caviglia, raggomitolata contro il muro:-Se l’è rotta, credo-.
Neville riconobbe immediatamente quella voce, e fu travolto da una sensazione di sollievo: Luna era lì, in piedi, intatta, perfettamente a suo agio, con la voce calma e tranquilla come suo solito. In mezzo ai due Weasley, evidentemente scossi e doloranti, pareva un’entità estraniata dalla realtà che la circondava.
-Erano in quattro, ci hanno inseguiti dentro una stanza buia e piena di pianeti, un posto stranissimo…- nei suoi occhi balenò qualcosa di ambiguamente simile ad un profondo interesse –Ci siamo ritrovati a galleggiare nel buio, poi uno ha afferrato Ginny per un piede, io ho usato l’incantesimo Reductor per fargli esplodere Plutone addosso, ma…- fece un cenno con la testa verso Ginny, che respirava affannosamente. Luna si era chinata su di lei, cercando di capire come aiutarla.
-E Ron?- chiese Harry. Il ragazzo continuava a ridere, sghignazzare, come in preda a un vero e proprio delirio; non si reggeva in piedi, neanche fosse stato ubriaco fradicio.
-Non so con cosa l’abbiano colpito- rispose Luna –Ma è diventato un po’ strano, ho fatto fatica a portarmelo dietro-.
-Luna…- sussurrò impercettibilmente Neville. La ragazza intercettò la sua chiamata, alzò gli occhi verso di lui e sorrise. I suoi occhi celesti gli stavano dicendo “Visto che ce l’abbiamo fatta?” Neville sorrise di rimando, ma i guai erano appena iniziati. Se non altro, la vista di Luna così serena, perfettamente lucida e senza alcuna ferita lo rincuorava come nient’altro al mondo: in mezzo a quel disastro, pareva davvero un angelo sceso dal cielo.
Stavano già andandosene di lì, Ginny aggrappata a Luna, quando una porta si spalancò e irruppero tre Mangiamorte guidati da Bellatrix:-Eccoli!- strillò l’arpia con la sua voce gracchiante.
Mentre diversi Schiantesimi invasero la stanza, Neville corse barcollando con Hermione sulle spalle per mettersi in salvo: chiusero appena in tempo la porta alle loro spalle, ma erano comunque in trappola.
-Luna, Neville, aiutatemi!- Harry stava sigillando tutte le porte, attorno alle quali si sentivano muoversi dei passi affrettati.
I due si misero prontamente ad aiutarlo; Neville guardò intensamente una porta, poi urlò:-Colloportus!- ed essa si sigillò dopo pochi secondi. Sentì la mano di Luna afferrare la sua per pochi fugaci istanti, e un tepore confortante gli rasserenò il cuore. Senza perdere tempo, lui e Luna continuarono a il giro puntando le bacchette contro tutte le porte, quando Neville sentì la voce della ragazza prolungarsi in un lungo grido; si voltò in tempo per vederla volare all’indietro, schiantarsi contro un tavolo e afflosciarsi sul pavimento, immobile.
Quello che seguì, nella mente di Neville, fu il più totale inconscio: intorno a lui il tempo continuava, i Mangiamorte li raggiungevano, Ron lottava contro qualcosa ambiguamente simile a un cervello. Non sapeva cosa stesse facendo: probabilmente stava urlando, ed era quasi certo di urlare “Stupeficium”, girando su sé stesso come impazzito. Gli sembrava di vedere quella scena, ma da un’angolazione esterna, come se la sua anima fosse ormai distaccata dal suo corpo, libera dal giogo dell’esistenza, e fluttuasse tranquilla e intoccabile nell’aria. Luna aveva gli occhi semichiusi e le pupille nascoste, mentre una sottile mezzaluna di iride cristallina appariva da sotto la palpebra;  le braccia e le gambe erano completamente abbandonate in posizioni anormali, come una marionetta a cui tagliano improvvisamente i fili ed essa cade sotto il suo stesso peso in una posa malfatta. Non sembrava aver riportato ferite superficiali, ma probabilmente era solo un’apparenza.
Neville sentì un ricordo rivoltarsi nella sua memoria; un ricordo che non gli apparteneva, ma che sembrava tremendamente vivido, come se lo avesse vissuto in prima persona: era Frank, che osservava il corpo inerme di Alice, prostrata dalla tortura, incapace anche solo di rialzarsi in piedi. Vedeva gli occhi disperati ed  innamorati di lui, il labbro tremulo, il respiro fermo a metà petto.
Non poteva lasciare quei Mangiamorte impuniti.
Si voltò: erano corsi tutti dietro ad Harry, in una sala con una scalinata ripida e concentrica:-Lasciate andare gli altri e ve la darò!- urlò Harry, disperato, dalla piattaforma che troneggiava al centro della sala.
-Non sei nella condizione di trattare, Potter- gli disse Malfoy –A quanto pare noi siamo dieci, e tu uno… o Silente non ti ha insegnato a contare?-
Neville si guardò intorno: i personaggi incappucciati erano aumentati improvvisamente, diventando il doppia di quanti fossero prima. Si lanciò goffamente giù per i gradini:-Lui non è solo!- stringeva la bacchetta nella mano tremante, brandendola verso di loro. Quei volti nascosti nascondevano il dolore di atrocità che ancora si ripercuotevano sulla pelle della gente indifesa. Sentiva la rabbia crescergli in corpo, la furia invaderlo:-Stupeficium! Stupeficium!-
Improvvisamente gli mancò il fiato: uno dei Mangiamorte lo aveva preso di forza e gli cingeva le spalle con le braccia robuste. Neville cercò di divincolarsi, tirando calci quanto più poteva, ma era inutile: l’energumeno non si faceva intimorire. Dal resto della sala Neville sentì delle risate simili ad echi lontani provenienti da chissà quali anfratti della realtà.
-È Paciock, vero?- ghignò Malfoy –Tua nonna è abituata a perdere familiari per causa nostra… la tua morte non dovrebbe sconvolgerla…-
Neville digrignò i denti, furioso: avrebbe voluto intimar loro di tacere, di non parlare così di sua nonna e dei suoi genitori, che loro, sporchi Mangiamorte, non erano degni neanche di allacciare le scarpe ai suoi familiari; ma cosa poteva fare lui? In quel momento, era poco più di uno spettacolo da baraccone, indifeso e braccato come un insetto invischiato nella tela di un ragno.
-Paciock?- ripeté una voce acuta –Ho avuto il piacere di incontrare i tuoi genitori, ragazzo!-
-LO SO!- ruggì, agitandosi ancor di più. Guardò quella donna, il volto pallido e affilato, l’espressione malefica, il sorriso da squilibrata, le unghie nere simili ad artigli di rapace su quelle mani bianche ed ossute, i capelli una volta lunghi e mossi trasformati in una massa crespa e indisciplinata come un rovo. Quante volte aveva guardato il suo viso su quei ritagli di giornale, quante volte aveva sentito borbottare il suo nome dagli adulti che lo circondavano: Bellatrix Lestrange.
-Vediamo quanto resiste Paciock prima di crollare come i suoi genitori… a meno che Potter decida di consegnarci la profezia!- la donna sembrava invasata, fremente di un’eccitazione perfida.
-Non darle niente!- urlò Neville –Non dargliela, Harry!- avrebbe voluto aggiungere “non lasciare che il sacrificio di tutti noi sia vano”, ma il naso continuava a fargli male e a modificargli la voce fino a rendergli difficile la parola.
Bellatrix levò la bacchetta, gli occhi attraversati da un bagliore di gioia perversa: -Crucio!-
 
 
Neville si accasciò a terra, colpito dalla maledizione.
Non pensava che il dolore potesse raggiungere quegli apici disumani. Si contorceva convulsamente, stringendo i pugni fino a rendere biancastre le nocche; menava colpi sul terreno sconnesso, spellandosi i gomiti e graffiandosi le mani. Se il dolore non gli avesse ormai sopraffatto la ragione, il ragazzo avrebbe colpito con la testa quello stesso pavimento, nel tentativo disperato di sfracellarsi il cranio: perché quella tortura era una pena ben peggiore di una morte dolorosa. Sentiva delle lame penetrargli la carne, senza però farlo sanguinare, e lunghi spilli bucargli lentamente i punti sensibili come timpani, occhi, cosce e piante dei piedi; sentiva le unghie rivoltarsi e rompersi con atrici dolori, sebben poi guardandole fossero perfettamente intatte. Ogni singolo centimetro della sua pelle sembrava ardere in fiamme, e il suo viso era ormai una maschera di orrore: gli occhi sporgenti e iniettati di sangue piangevano senza controllo, dagli angoli della bocca paralizzata in una smorfia scendeva un rivolo di bava.
Improvvisamente, tra le tremole e sfocate ombre che vedevano i suoi occhi umidi, li vide.
Frank e Alice si dimenavano sul pavimento, le loro urla mute si propagavano nell’aria.
“Mamma… Papà…”
-Questo era solo un assaggio!- a un gesto della bacchetta di Bellatrix, il dolore cessò improvvisamente –Allora, Potter! O ci consegni la profezia, o vedrai il tuo amichetto morire nel peggiore dei modi!-
Neville rimase immobile, a singhiozzare sommessamente, per lo spavento e per la vergogna. Chiudendo gli occhi, poteva vedere nuovamente i suoi genitori, le loro sofferenze, i loro pugni serrati che battevano contro il pavimento.
All’improvviso nella sala irruppero altri adulti, questa volta però non gente incappucciata, e a giudicare dal viso di Harry dovevano essere loro amici: iniziarono a combattere con i Mangiamorte, scagliandosi incantesimi da gradinate diverse. Neville ne approfittò, e sgusciò lentamente fuori dalla mischia: dopo poco, Harry lo raggiunse:-Stai bene?-
Il ragazzo respirava affannosamente:-Sì…- si alzò, barcollante, sorpreso che le sue gambe lo reggessero ancora.
-Bene, penso… Lottava ancora con quel… con quel cervello, quando l’ho lasciato…-
Non fece in tempo ad aggiungere altro, che un Mangiamorte balzò alle spalle di Harry e gli cinse la gola con il braccio:-Dammela- gli ringhiò nell’orecchio –Dammi la profezia…-
Neville indietreggiò, spaventato; si guardò intorno, ma nessuno degli amici di Harry poteva venire ad aiutarli, e con il naso rotto non riusciva a pronunciare bene gli incantesimi. Inspirò profondamente e si gettò verso il Mangiamorte: egli cacciò un grido, quando la bacchetta penetrò in una fessura del cappuccio dritto nel suo occhio. Neville percepì la cedevolezza del bulbo oculare sotto il rigido legno che stringeva in mano, e mancò poco che non vomitasse.
Il Mangiamorte crollò all’indietro, perdendo il cappuccio; Neville cercò di mettersi in salvo, ma era immobilizzato dalla calca di persone che si rincorrevano  lanciandosi incantesimi; un Mangiamorte calò su di loro, cogliendolo di sorpresa:-Tarantallegra!-
Subito sentì una strana sensazione alle gambe, come un formicolio che si tramutava velocemente in un tremore che si impossessò di esse: si muovevano freneticamente, al di fuori del suo controllo, facendolo cadere in terra. Disperato e incapace di rialzarsi guardava inorridito le sue gambe ballare convulsamente, fino a quando Harry non si gettò su di lui per aiutarlo:-Riesci ad alzarti? Passami un braccio intorno al collo…-
Neville obbedì, e grazie all’amico riuscì a reggersi in piedi, ma avanzavano barcollando perché le gambe non volevano terminare quella frenetica danza, se così si poteva definire, e dopo pochi difficili passi caddero di nuovo in terra.
-La profezia, la profezia Potter!- ringhiò Malfoy.
-No… mi lasci… Neville, prendila!-
Il ragazzo sbarrò gli occhi, seguendo con lo sguardo la sfera  che rotolava verso di lui: con uno scatto la afferrò e la strinse al petto, sussultando per il freddo del vetro. Intorno a lui infuriava la battaglia, quando una voce urlò:-Harry, raduna gli altri e vattene!- al che Harry agguantò Neville e cercò di trascinarlo su per i gradini, ma un’esplosione poco distante da loro lo fece rotolare al punto di partenza. Neville mise la sfera in tasca, e Harry provò nuovamente a tirarlo su, quando un rumore ovattato colpì l’attenzione del ragazzo: era un suono che purtroppo conosceva bene, nella sua lunga esperienza di cadute ed infortuni. Si guardò con terrore la tasca: si era rotta, e la sfera era rotolata accanto ai suoi piedi e la sua gamba indemoniata le aveva dato un calcio, facendola infrangere a tre gradini di distanza da loro. Il fantasma si levò nell’aria, una sagoma perlacea con gli occhi enormi, e la sua voce andò persa nel frastuono che dominava la sala.
-Harry, mi dispiace!- gridò Neville, addolorato –Mi dispiace, Harry, non volevo…- un disastro, aveva combinato un disastro.
-Non importa! Cerca di stare in piedi, andiamocene…-
Neville voltò lo sguardo verso l’altro, e il suo viso si illuminò: un sorriso raggiante si spiegò sul suo volto ingrumato di sangue rappreso. Incapace di credere ai suoi occhi, urlò ad Harry:-Silente!-
-Che cosa?-
-SILENTE!-
Albus Silente era comparso sopra di loro, stagliato sulla soglia della stanza adiacente, la bacchetta levata.
Neville riuscì a respirare nuovamente, come se fosse stato in apnea tutto quel tempo: erano salvi.



















____________________
Chiedo venia per eventuali errori. Sono leggermente di fretta, ora che pubblico questo capitolo.
Spero siate contenti di sapere che il successivo è già quasi completato :3 sì, mi sono portata avanti u.u
Buon ri-inizio della scuola :D

Nina.

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Carte di caramelle. ***


Il ragazzo mugolò, stropicciandosi gli occhi.
Una luce color albicocca prorompeva dalla finestra velata dalle tendine celesti dell'infermeria. Si mise seduto sul materasso, le gambe incrociate coperte dal lenzuolo: quanto aveva dormito?
Si scompigliò i capelli e si sfiorò il naso: gli faceva ancora parecchio male. Osservandosi le dita notò i segni rimarginati e rossastri del suo graffiare sul pavimento, compresa l'unghia dell'anulare destro bendata e dolorante.
-Paciock!- una voce severa e squillante accompagnata dallo sbattere di una porta lo fece sobbalzare -Giù, giù! A dormire!-
-Mi scusi, signora Chips...- si scusò timidamente lui, scivolando nuovamente sotto le coperte.
-Non mi sembri troppo dolorante. A quanto pare non lascia molto dolore posteriore. Non ne sono molto informata- l'anziana sembrava parlare più a sé stessa che al giovane paziente in pigiama color melograno sdraiato sul letto dell'infermeria: si muoveva per il locale, sistemando dei letti già perfettamente ordinati, tirando le tendine come in preda a una smania incomprensibile di riordinare. Era un po' scossa, probabilmente: non le era mai capitato di dover assistere così tanti ragazzi, e per giunta per un motivo come il ritorno del Signore Oscuro.
Al solo pensiero, Neville rabbrividì e sentì il battito cardiaco aumentare angoscioso: gli sembrava di rivivere quell'agonia, sentiva quel dolore disumano scorrergli nuovamente per la pelle.
-Visite!- lo chiamò la donna; Neville si alzò, gli occhi curiosi e spalancati: c'erano Dean, Seamus, Lavanda e Calì. I due ragazzi si gettarono contro le sponde del suo letto:-Tutto bene, Nev?!-
-Cavolo, sei un figo!-proruppe Dean -Resistere a una maledizione del genere! Sei mitico! Stai bene, vero?!-
-Ci preoccupava il fatto che non ti svegliassi, sai, sei svenuto appena hai messo piede qui, e hai dormito più di un giorno intero!-
Neville spalancò gli occhi: aveva dormito davvero così tanto?
Il Grifondoro si sentiva in imbarazzo: voleva solo alzarsi da quel letto e gettarsi nel suo dormitorio, al sicuro, per potersi liberare da qualsiasi genere di pensiero o ricordo, perché erano quelli in quel momento a tormentarlo. Tremò lievemente all'idea dei coltelli immaginari che gli penetravano la carne.
Dean infine gli diede due lettere che erano arrivate per lui, mentre le ragazze non proferirono parola. Sui loro visi frementi si leggeva una sola e unica domanda: com'era stato. Com'era stato sentire il veleno della maledizione diramarsi nel suo corpo torturato.
La piccola compagnia di Grifondoro uscì dall'infermeria, lasciando il ragazzo a leggere le lettere alla calda e fulva luce del tramonto: una di sua nonna, una dello zio e una del Ministro.
Neville, perplesso, rimosse il timbro di ceralacca dell'ultima e aprì la busta, ma dopo poche righe abbandonò la missiva con uno sbuffo irritato: scuse formali per quello che era loro successo. Il solo pensiero di qualche sottosegretario che con aria annoiata scriveva quelle lettere una uguale all'altra e poi vi faceva apporre una firma ufficiosa da qualche superiore gli fece rodere il fegato.
Leggiucchiò le altre due, incredibilmente simili: un ammasso di domande scontate, raccomandazioni “quanto ero preoccupata!”, “sei stato coraggioso”. Certo, coraggioso. Lui non era coraggioso. Cos'era, una specie di eroe? No, aveva avuto molta sfortuna. La gente non lo capiva.
Altre persone dell'ES vennero a fargli visita: Ernie, con un pacchetto di dolcetti glassati fatti in casa e una scatola di Api Frizzole; i fratelli Canon così elettrizzati che vennero scortati alla porta da madama Chips; Justin, Cormac e altri ragazzi non precisamente identificati che lo liquidarono con poche domande di prassi e poi se ne andarono, come se si fossero tolti un peso; infine entrò Hannah.
La ragazza sostò pochi secondi sull'uscio, mordicchiandosi la pellicina del pollice, poi si avvicinò al letto del ragazzo:-Ciao, Neville-.
Lui deglutì:-Ciao, Hannah. Siediti, se vuoi...-
Lei tentennò, poi si sedette sul bordo del letto adiacente a quello in cui era sdraiato lui. Rimasero un attimo in silenzio, poi lei chiese:-Come stai, ora?-
-Bene, bene. Non mi ha lasciato dolore, in realtà. Tutto a posto. È strano come tutti si interessino a me, quando anche gli altri sono… sono stati colpiti da cose peggiori-.
-Non puoi biasimarli più di tanto. Forse, non so, la tua era una vera e propria maledizione senza perdono… e poi, c’è tutta la storia dei tuoi… genitori… affascina di più, suppongo-.
Neville si trovò costretto ad annuire tristemente:-E tu, Hannah?-
-...io?- balbettò lei, a disagio -Tutto bene. Più o meno, ovviamente. Tutto quello che sta succedendo, non è... non è affatto facile, diciamo. Ma si va avanti-.
-Stai... uscendo con qualcuno?- Neville si sentì immediatamente stupido all'aver fatto quella domanda e distolse lo sguardo da lei.
-Ecco... è strano. Non usciamo ufficialmente insieme. Mi incuriosisce, e non sembro dispiacergli, ma temo che non avremmo un così grande futuro. Siamo troppo diversi, e lui è strano...-
-Non scoraggiarti per questo- le disse Neville, sorridendo fiducioso -Gli opposti si attraggono. Ne so qualcosa. Intendo dire, è vero. Non devi avere paura-.
Gli sembrava di aver fatto solo una grande confusione, ma lei sembrò sollevata:-Vedrò-.
-E... per sapere, chi...-
-Theodore. Non so, sai come sono fatti i Purosangue Serpeverde. È un po' montato, con quella loro aura di superiorità... sì, so che è stupido. Non so spiegare perché mi piaccia- arrossì -Probabilmente è solo una scemenza...-
-Non dire così- la rimproverò teneramente Neville -Non sappiamo spiegarci perché una persona ci piaccia. È normale, immagino. Se ti piace Nott, dovresti … dirglielo. O comunque farglielo capire-.
-Hai ragione-.
Neville ci riflettè, poi disse a sguardo basso:-È un ragazzo fortunato-.
Lei sorrise, mesta. Le si poteva leggere in viso “Strano, sentirlo dire da te”.
-Hannah, tu... non sei arrabbiata con me, o con Luna?- era da parecchio che serbava quella domanda; si tormentò a disagio le mani.
-No, assolutamente- sorrise lei -No. Forse qualche volta mi viene da pensarci, e certo non mi rende felice. Però è ok. Lo accetto, va bene così-.
-Amici?-
-Certo-.
Sorrisero all'unisono con dolce e sincera amicizia. Lei uscì, salutandolo ripetutamente.
Il ragazzo si lasciò cadere sul cuscino, guardando il soffitto.
Ridacchiò: Nott.
Come poteva Hannah solo potersi sentire attratta da quel ragazzo allampanato, con il viso da topo e il naso appuntito? Sembrava uno spaventapasseri, con quei capelli simili a una manciata di pagliericcio bruno, ed era quel genere di tirapiedi con cui Malfoy adorava circondarsi: viscidi, obbedienti e fieri del loro sangue puro.
Neville fece una smorfia: sangue puro. Che idiozia. Anche lui era un Purosangue, teoricamente parlando, e non era certo meglio degli altri: ennesima dimostrazione di quanto fossero improbabili le teorie dei Mangiamorte.
Comunque, riflettè Neville, Hannah mostrava simpatia per persone sempre particolarmente diverse da lei: bastava guardare Justin, impertinente e a tratti sgarbato nella sua arroganza, per non parlare di Ernie, con quell'atteggiamento gradasso e snob. Effettivamente, ormai non gli pareva così strano che si fosse interessata a Nott: era pur sempre, tra i Serpeverde, forse quello che meno si faceva notare, sempre a fare da sfondo agli altri; ed Hannah non era molto diversa, sotto questo aspetto.
“Ma sì” pensò “L'importante, in amore, è essere felici.”
Il cuore fece un sussultò improvviso, facendolo sobbalzare lievemente; gettò uno sguardo alla porta, poi al soffitto. Tentava di interpretare le fini crepe dell'intonaco bianco come costellazioni nel firmamento,  cercava forme a lui familiari: un bruco, un viso dal naso assurdamente pronunciato, il vago profilo di una ballerina in relevé.
Dov'era Luna?

Neville osservò il cielo divenire bruno, e stava quasi per assopirsi quando un visetto contornato da indisciplinati e sottili ciuffetti di capelli biondi spuntò dalla porta dell’infermeria:-Si può?-
Immancabilmente il cuore di Neville fece uno strano sobbalzo:-Luna! Pensavo non arrivassi più…- aggiunse l’ultima frase con un borbottio sommesso.
La ragazza, con un sorriso pacato e sognante sul viso, si avvicinò al letto:-Sì, ho avuto un po’ da fare. Mio padre mi ha fatto scrivere un articolo per il Cavillo… sai, sul Ministero. Era entusiasta-.
Neville rimase perplesso all’idea che il signor Lovegood, alla notizia di quello che aveva rischiato sua figlia, avesse reagito in modo così allegro e noncurante, ma non ci badò:-Tu però non mi sembri così allegra, no?-
Lei fece segno di no la testa, scuotendo i capelli raccolti in una treccia blanda e sfatta. La stessa pettinatura che aveva nell’aula di Divinazione. Al sol pensiero, Neville sentì una lancinante fitta al basso ventre.
-No, non ero così allegra. Ero preoccupata per te, come potevo essere allegra?- la domanda suonò stranamente poco retorica, come se aspettasse una risposta –Ma ora sto bene, perché mi sembri proprio in forma! Sei in forma, vero?-
Neville annuì con foga:-Non c’è bisogno di preoccuparsi per me, figurati. Piuttosto, voi altri come state? E Harry?-
-Un po’ scossi, suppongo- fece spallucce –Harry non ha preso molto bene la scomparsa di quel tipo-.
Neville non aveva compreso bene cosa fosse successo: aveva compreso, più tardi,
 -È difficile, quando perdi una persona cara- osservò Neville, dispiaciuto per l’amico.
Il viso di Luna si rabbuiò:-Già-.
Neville fu attraversato da un tremito di vergogna; chiedendosi cosa avesse fatto di male nella sua vita per essere sempre così inopportuno, pensò che il modo migliore per consolare Luna era abbracciarla senza stringerla troppo, in silenzio: tra le protettive braccia di Neville, la testa appoggiata al suo petto o sulla sua spalla, Luna sembrava chiudersi nel suo universo e riuscirne completamente risanata, depurata dalle meschine verità del mondo esterno. Il ragazzo, dal canto suo, avrebbe potuto passare ore a tenerla seduta in grembo a pettinarle i capelli, facendo ben attenzione a non farle male districandole i nodi.
-Tra qualche giorno torniamo a casa-.
-Mhm- mugolò Neville, asserendo.
-Mi mancherai. Qualche volta ci vedremo, penso. Comunque l’estate è breve-.
-Qualche giorno se vuoi puoi venire da me. Non mi dispiacerebbe per nulla,anzi. Così non sarò obbligato a stare con mia nonna tutto il tempo- il ragazzo rifletté tristemente su quanto aveva sprecato le sue vacanze, in tutti quegli anni: si era visto poco con Dean e Seamus, stava buona parte del giorno a curare il giardino della nonna e la cosa più interessante che poteva fare era andar a far compere e commissioni a  Diagon Alley e tornare prima che facesse buio.
-Verrò volentieri. Mi piacerebbe conoscere tua nonna. E anche mio padre ha detto che vorrebbe conoscerti- sorrise teneramente, ma Neville rimase turbato: non voleva immaginare fino a dove si potessero essere spinti i racconti di Luna. Se ne sarebbe occupato successivamente.
-Saranno tempi duri- sussurrò lui. Ormai il ritorno di Voldemort era una dato di fatto tangibile e terrificante.
-Questo non significa che saranno impossibili- Luna gli prese la mano, cercandola con le dita tra le pieghe delle lenzuola –Io… ti amo, Neville- i suoi occhi celesti erano sbarrati, il collo teso, la mano si era irrigidita intorno al palmo del ragazzo.
-Lo so, Luna- sorrise lui, imbarazzato.
La ragazza sospirò:-Sai perché io ne sono sicura? Perché ogni volta che lo dico è come se fosse la prima-.
Neville sentì le guance e le orecchie ardere:-Anche per me è così. Anzi, ogni volta che ti vedo mi succede. È come se non ti avessi mai visto in vita mia, e tutt’a un tratto… Eccoti lì che mi aspetti-.
La ragazza abbassò lo sguardo, nascondendo probabilmente gli occhi lucidi. Neville si sentì bene come non mai: con lei, anche la freddezza di un’infermeria poteva diventare il calore confortante di una casa. Lei era la sua dimora. Riusciva a portargli via ogni genere di ansie, di paure, solo con quel suo sguardo angelico o i suoi discorsi bizzarri.
-Luna- proruppe all’improvviso –Devo chiederti un favore. Una favore… davvero importante- la gola gli si prosciugò improvvisamente, e il battito cardiaco gli rimbombava nelle orecchie.
-Certo!- esclamò lei –Cosa, in particolare?-
-Vorrei che mi accompagnassi in un certo posto. Devo andarci tra un paio di giorni, penso. Vorrei averti insieme a me, tutto qui-.
Luna gli scoccò un bacio schioccante sulla guancia:-Questo e altro per te, Nev!-
La ragazza si rannicchiò accanto a lui, lasciandosi abbracciare come una neonata in fasce. Neville socchiuse gli occhi, nascondendo il viso nei capelli di lei, gustandosi il suo tepore, la sua fragilità: nulla avrebbe potuto rovinare quell’idillio.
Purtroppo, la voce gracchiante dell’infermiera non era compreso nel “nulla”.
 
 




Neville aveva sempre odiato gli ospedali: detestava la loro aria fintamente pulita ed ordinata, i toni pallidi con cui verniciavano le pareti, come a voler dire “qui si sta bene, tranquilli”. Odiava quell’odore che gli pizzicava costantemente il naso, un miscuglio di medicinali ed erbe curative, l’olezzo di prodotti per l’igiene che si mescolava all’odore delle minestre insapori con cui nutrivano i ricoverati. Odiava come vestivano i pazienti e come erano vestiti i medici, con quei camici candidi come la neve, a nascondere ed occultare le sofferenze che pativano le persone chiuse tra quelle pareti.
Rimuginava in ansia quei pensieri, mentre camminava per il corridoio del San Mungo; i medici gli sfrecciavano affianco, sbandierando cartelle mediche e facendo uno spropositato uso della parola “Accio”: gli oggetti volavano pochi centimetri sopra la sua testa, per finire nella mano tesa di una delle tante infermiere che gli passavano accanto senza prestargli alcuna attenzione.
Finalmente, arrivò alla porta. Fissò qualche secondo la maniglia, indeciso sul da farsi. Essa era così lucida che poteva intravedere il suo viso tra i riflessi ramati, e l’immagine non lo rassicurò: aveva un’espressione tipica di chi ha ingoiato qualcosa di disgustoso e il cui stomaco si contorce come una mosca intrappolata in una ragnatela.
Non voleva entrare senza Luna, ma lo aveva avvertito che probabilmente non sarebbe arrivata in orario; dopo venti minuti ad aspettare, Neville aveva deciso di farsi avanti da solo.
Afferrò la fredda maniglia, inspirando profondamente, e aprì la porta; il cigolio dei cardini risvegliò l’attenzione di un’infermiera grassoccia, che si voltò nella sua direzione:-Oh, Neville!-
-Buongiorno- la salutò lui mestamente: ammetteva che essere immediatamente riconosciuto in un qualche locale era sempre stata una sua ambizione, ma godere di questo privilegio in un reparto ospedaliero non era confortante o rassicurante.
-Abbiamo cambiato i lettini: sono là in fondo, ora- la donna indicò con il dito cicciotto l’estremità opposta della lunga stanza in cui, ad ambo i lati, erano sistemati ordinatamente i letti dei malati inframezzati da comodini.
Neville si incamminò a testa bassa, osservando le piastrelle del pavimento che venivano velocemente divorate dai suoi stessi passi; su di esse, ogni tanto, una larga finestra proiettava un fascio di luce: ormai era giugno, le giornate si erano allungate, il clima si era mitigato. Neville indossava dei leggeri pantaloni di un marrone rossiccio e una camicia a maniche corte con un motivo scozzese rosso fuoco: sua nonna gli aveva impedito di andarci in jeans e larga maglietta blu come invece aveva programmato. L'anziana odiava tremendamente il dilagare delle sciatte mode babbane, e non voleva che i suoi genitori lo credessero un ragazzino trasandato.
Alzò lo sguardo: era quasi in fondo alla stanza. Rimase perplesso, osservando che, accanto agli ultimi due lettini, una ragazza era seduta di schiena, chiacchierando amabilmente con i due pazienti.
-Ma… Luna!- esclamò lui, affrettando il passo, e raggiungendo lo strambo trio.
-Oh, Neville! Eccoti, finalmente!- lo salutò lei.
-Mi avevi detto che non saresti arrivata in orario…- disse lui, senza capire.
-Infatti sono arrivata in anticipo! Siamo qui a chiacchierare da un po’, dire almeno una mezz’ora…-
-Mamma, papà, lei è Luna- disse lui, rivolto alla coppia seduta sul materasso davanti a loro. Non ebbero alcuna reazione: sul loro viso rimase stampato quel sorriso ebete e quegli occhi strabuzzati.
-Sanno già come mi chiamo- disse lei, alzandosi: fece segno a Neville di sedersi al posto suo, e poi gli si mise in grembo, seduta sulle gambe di lui –Sono un po’ taciturni, ma sono simpatici!-
Neville non poté fare a meno di sorridere, e sua madre, incrociandone lo sguardo, ricambiò: il viso della donna era illuminato da una gioia che ben poche volte le aveva acceso le guance smunte, da quando era stata ricoverata.
-Bella!- esclamò Frank, allungando la mano ossuta sui capelli di Luna, accarezzandoli estasiato; Neville fremette, ma la ragazza si limitò a ridacchiare e a fare un cenno verso Alice:-Anche sua moglie è molto bella, signor Paciock-.
Frank non sembrò far caso ai commenti della ragazza, ma guardò con insistenza il figlio:-Bella!- ripeté.
In cuor suo, Neville sperò per anni che quella fosse stata l’ufficiale approvazione di suo padre nei confronti della fidanzata, e lo sperò così tanto da convincersi che era stato proprio così.
-Di che avete parlato?- chiese Neville, curioso di come Luna fosse riuscita a intrattenerli per ben mezz’ora, quando lui riusciva a stare con loro da solo non più di un quarto d’ora, prima di sedersi a fissarli senza proferir parola.
-Del più e del meno- la ragazza fece spallucce –Il tempo, il cibo della mensa, le partite di Quidditch. Ho parlato loro del Cavillo… spero non ti dispiaccia se gliene ho lasciato alcune copie da leggere!- indicò una pila di riviste appoggiate al comodino di Alice. Neville sorrise teneramente e le diede un bacio sulla guancia: al che, Frank e Alice si presero per mano, avvicinandosi uno all’altro.
Il ragazzo inspirò profondamente, agitato; poi iniziò a parlare ai genitori con voce seria:-Mamma, papà, sono contenta che Luna vi piaccia. Volevo presentarvela perché stiamo insieme da un po’ di mesi, e… mi sembrava giusto farvela conoscere. Spero che continuiate ad andare d’accordo. Sarei davvero felice se lo faceste, perché siete… le persone più importanti della mia vita-.
Luna si voltò verso di lui, con una soddisfatta espressione di approvazione; Frank e Alice inclinarono la testa, mantenendo la loro aria assente e serena. Neville sospirò: andava bene così. Sapeva che quei pochi sguardi erano tutto ciò con cui potevano esprimersi.
Fece alzare Luna, in modo da poter abbracciare il padre e la madre, più a lungo di quanto avesse mai ricordato, trattenendo a stento le lacrime:-Vi invierò qualche regalo, lo giuro. E anche delle lettere. E mamma, smetti di mangiarti le unghie. Papà, chiederò di farti fare la barba, è troppo ispida…-
Li guardò nuovamente: invecchiavano. I capelli di Frank erano brizzolati, gli occhi contornati di rughe, mentre la pelle del viso di Alice si era abbandonata alle intemperie dello scorrere del tempo, insieme ai suoi capelli crespi e nient’affatto curati; eppure Neville, solo in quel momento, riusciva a vedere i volti adulti e coraggiosi che quelle maschere di pazzia nascondevano, finalmente vedeva i suoi veri genitori.
-Noi andiamo, adesso- disse, prendendo per mano Luna –Ciao!-
Ma, prima che potessero allontanarsi, Alice fermò Luna per un braccio: tese verso la ragazza l’altra mano, chiusa a pugno, con un largo sorriso in volto. La ragazza osservò il palmo della mano schiudersi come un fiore, e al centro di esso c’era una carta di caramella azzurrina.
-Oh, ma è bellissima!- disse lei, sinceramente felice –Grazie!- saltò al collo di Alice, stringendola in un abbraccio soffocante.  Neville assisteva alla scena, commosso, ricordando la scatola di carte di caramelle nascosta sotto il suo letto. Quell’offerta era il modo di sua madre per dire “ti voglio bene”, e ne aveva data una a Luna: avrebbe potuto essere più felice?
Usciti dall’ospedale, i due si erano diretti insieme a Diagon Alley, a mangiare un gelato seduti ai tavoli della Gelateria Fortebraccio. Neville si portò alla bocca l’ultimo rimasuglio di gelato al cioccolato, mentre la ragazza finiva di gustarsi il suo cono al limone e cannella. Indossava una canotta verde costellata di piccole margheritine, come un prato primaverile, e una gonna a balze color fragola che le arrivava al ginocchio; ai piedi aveva dei sandali di cuoio che lasciavano vedere le unghie smaltate di un verde brillante, aveva degli strani orecchini simili a degli acchiappasogni e una lunga collana che le arrivava quasi fino all’ombelico, con in fondo quello che doveva essere un’ancora dorata, che brillava tra i raggi solari della tarda mattinata.
-Sei molto bella- disse lui, riparandosi con la mano gli occhi dalla luce.
-Che tenero!- esclamò lei, addentando letteralmente il suo gelato –Ieri mio padre ha detto che partiremo per la Svezia. Abbiamo fatto grossi guadagni, quest’anno, e partiamo alla ricerca del Ricciocorno!-
Neville rimase a bocca aperta:-Parti? Così all’improvviso?-sentì un vuoto incolmabile farsi spazio nel suo petto.
-Sto via buona parte di luglio, ma per agosto sarò già a casa- spiegò lei, sorridente –Potremo fare un sacco di cose, in un mese intero! Possiamo incontrarci qui a Diagon Alley per fare gli acquisti per l’anno prossimo, per passeggiare e mangiare qualcosa… Qualche giorno ti porterò a casa mia, devi assolutamente vederla. Sai, non abito troppo lontano dalla famiglia Weasley: qualche volta possiamo andare a trovare Ginny e gli altri. Sono sempre molto carini, con me… specie i gemelli!- Neville non osava immaginare cosa le dicessero alle spalle i due, ma preferì continuare a farla illudere che i loro scherzi esprimessero simpatia reciproca.
-Resta il fatto che non ti vedrò per un bel po’- commentò lui, triste.
-Ti spedirò lettere tutti i giorni, fino a quando la quantità di gufi alle vostre finestre manderà tua nonna all’esasperazione!- rise –E ti porterò anche qualche regalo. Tu promettimi solo di stare attento, durante quest’estate: in fondo Voldemort sta riprendendo vigore. Ho paura a lasciarti qui. Allenati sempre con gli incantesimi imparati nell’E.S. e anche io farò lo stesso-.
L’altro annuì: non si capacitava che, mentre loro si gustavano un rinfrescante gelato al caldo sole di quella tranquilla giornata, il Signore Oscuro riacquistava potere e seguaci.
-Va bene. Effettivamente è da un po’ che Seamus accenna ad invitare anche me, oltre a Dean, a casa sua per le vacanze: gli chiederò se qualche giorno potrò andarci. Sarà divertente-.
Luna era contenta di vedere il sorriso sul volto del ragazzo:-E non dimenticare che, anche dopo le vacanze, c’è un nuovo anno scolastico. Continueremo a vederci come abbiamo sempre fatto. Non è una fine, è un inizio-.
Tenendosi le mani, i due si sporsero sul tavolino fino a quando le loro labbra non si incontrarono in un bacio dolce e lento: sì, era un inizio. Quell’estate si figurava la migliore di sempre.
-Sai di cannella-.
-E tu di cioccolato- disse l’altra, passandosi la lingua sulle labbra.
Nel cielo limpido e celeste nemmeno una nuvola osava interrompere quel momento di assoluta perfezione.








































_______________________________________________________________
Ultimo sospirato capitolo :3
Dire che non riesco a crederci è comprensibile, spero.
Questo no significa che smetterò di scrivere su Luna e Neville, eh u.u ma devo ammettere che con questa FF mi sembra di perdere un pezzo di me.
Spero vi sia piaciuta :)






Nina.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=803783