Life experiments are smart

di Astrid 5E
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Act Zero:Prologue_ ***
Capitolo 2: *** Act One:Chapter 1_ ***
Capitolo 3: *** Act Two:Chapter 2_ ***
Capitolo 4: *** Act Three:Chapter 3_ ***
Capitolo 5: *** Act Four:Chapter 4_ ***
Capitolo 6: *** Act Five:Chapter 5_ ***
Capitolo 7: *** Act Six:Chapter 6_ ***
Capitolo 8: *** Act Seven:Chapter 7_ ***
Capitolo 9: *** Act Eight:Chapter 8_ ***



Capitolo 1
*** Act Zero:Prologue_ ***


Prologue: Introduction_
 
 
La vita è un andirivieni di sorprese ed emozioni continue ”.
Per sopravvivere si è spinti a fare delle scelte; non saprai mai quello che ti aspetta nel futuro, ma solo quello che avresti potuto fare nel passato.
 
Con una serie di intrecci, confusioni, frustrazioni, scoperte e inganni, oggi inizieremo il racconto di una storia in bilico fra l’amore giovanile e i sentimenti contrastanti che questo provoca.
 

Spero di avervi incuriosito e buona lettura! *w*/
P.s. Cercherò di aggiornare la storia ogni settimana, se possibile; fatemi sapere cosa ne pensate!
Un saluto, Astrid 5E

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Capitolo 2
*** Act One:Chapter 1_ ***


Act One_ Chapter 1:
 
“ All life is an experiment. The more experiments you make the better.  (Ralph Waldo Emerson)”
“ La vita è tutta un esperimento. Più fai esperimenti, meglio è. ”
 

Quella giornata era iniziata normalmente, come tutte le altre.
Si era svegliata presto, prima che la sveglia suonasse, e si era messa a ripassare un po’, in vista dell’interrogazione. In seguito, passate da poco le sette e mezza, era stata richiamata dalla madre.
<< Dalia! Insomma! Hai intenzione di fare tardi anche oggi?! >> .
Spalancò gli occhi e li volse in fretta e furia sull’orologio appeso al muro, per poi sbraitare affannata, in preda all’ansia.
Si slanciò verso la porta di casa, la aprì e si fiondò fuori.
La madre la vide uscire e sospirò, sapendo che sarebbe ritornata.
Non passarono neanche cinque minuti che la porta si riaprì; Dalia rientrò in casa e si guardò intorno girando freneticamente la testa  a destra e a sinistra, per poi chinarsi a terra, accanto allo zaino.
Si infilò una bretella dello zaino sulla spalla sinistra, si girò verso sua madre e le diresse un enorme sorriso.
<< Sto uscendo! >>
<< Abbi una buona giornata >> .
Quella mattina era iniziata normalmente, come tutte le altre.
 
 
Scese le scale in gran fretta, saltando qualche scalino.
Giunta al pianterreno, premette un pulsante accanto al grande portone blu dell’ingresso che si aprì con un rumore metallico e stridente.
Uscì, prima che si richiudesse alle sue spalle con un tonfo deciso, e riprese a camminare, fischiettando.
Fu sorpresa, lungo il vialetto ghiaioso, da un “ Buu! “ alle sue spalle e trasalì.
Si girò di scatto ancora tremante e vide, come sospettava, un alto ragazzo che se la rideva, tutto divertito.
<< Diego! >> gli urlò la ragazza.
<< No, ti prego, fallo di nuovo, mi hai fatto morire! >> . Il giovane ragazzo alto e biondo non la smetteva di ridere a crepa pelle, con le braccia lievemente abbronzate strette sullo stomaco.
Dalia si voltò indignata e continuò a camminare lungo il viale, lasciando indietro l’amico.
<< E … ehi, Dalia, aspetta! >> . Diego continuava a chiamarla, ma la ragazza non dava segno di rallentare il passo.
Così, con qualche saltello, lui la raggiunse.
<<  È inutile che cerchi di scappare, tanto ti raggiungo sempre, ho le gambe più lunghe delle tue! >> rideva sotto i baffi.
<< Non c’è bisogno di farmi notare quanto tu sia più alto di me, è chiaro?! Sto nella fase della crescita anch’ io! Vedrai che riuscirò a raggiungerti! >> . Lo disse più che altro per rabbia, perché Dalia sapeva bene che non sarebbe riuscita ad arrivare al metro e ottanta dell’amico tanto facilmente.
Diego, per tutta risposta, scoppiò a ridere di nuovo, con le lacrime agli occhi.
<< Oddio, ti prego fermati! Mi fai morire! Ah ah ah! >>
<< Ma se non faccio niente! Smettila tu di prendermi in giro! >> .
<< Scusa, Dalidà >> . Diego usò quel nomignolo senza neanche pensarci.
Al pronunciare di quel nome, Dalia arrossì e si girò verso l’amico, infuriata.
<< È  dal tempo dell’asilo che nessuno mi chiama più così! Non ci riprovare più! >> .
Diego alzò le spalle e sbuffò: << Va bene, scusa, colpa mia >> .
I due si fissarono negli occhi e scoppiarono a ridere all’unisono, come da bambini.
Spensierati, proseguirono lungo il viale insieme.
 
 
Giunti ai piedi di un’enorme strada i n salita, i due amici d’infanzia si salutarono e si separarono.
Dalia incominciò a salire la strada, Diego girò a destra, per prendere l’autobus che l’avrebbe portato a scuola.
Come tutte le mattine quella strada era più ripida di una montagna, e percorrerla non risultava affatto un’impresa facile.
Dopo qualche minuto e qualche affanno, la piccola ragazza mora giunse alla fine della salita e si trovò davanti ad un bivio.
Girò a sinistra, passò un fioraio e dopo una trentina di metri, giunse ai cancelli della scuola.
Il cancello alto e nero era aperto e uno sciame di ragazzi, maggiorenni e non, affluiva nel cortile interno alla scuola, discutendo allegramente prima del fatidico suono della campanella.
Tra la folla che stava entrando, Dalia riconobbe una ragazza slanciata, intenta a leggere un piccolo libro con la copertina rosso bordeaux.
Sorrise e la raggiunse, spostandosi tra i gruppi di adolescenti creatisi davanti all’entrata.
<< Nora! >> .
La ragazza si girò; indossava un paio di occhiali dalla montatura nera e il suo sguardo era allo stesso tempo profondo e serio.
I capelli mossi le arrivavano fin sotto le scapole ed erano di un color marrone chiaro, con dei riflessi ramati se esposti alla luce del sole; una stravagante frangetta scalata le copriva leggermente sull’occhio destro e alcune ciocche marroni scendevano lungo le spalle.
Indossava una maglietta a maniche lunghe verde smeraldo e un paio di jeans blu scuro; sopra la maglietta aveva una felpa nera, non troppo larga.
Come facesse a non sentire freddo in inverno, conciata così, era un mistero.
<< Nora! >> la salutò di nuovo Dalia, raggiunta l’amica.
<< È un sollievo vedere che non sei arrivata in ritardo, stavolta >> le sorrise l’altra, nonostante quello che avesse detto non sembrava per nulla qualcosa su cui sorridere.
Dalia alzò le spalle, sorridendo: quella era la sua amica Nora, una ragazza seria e composta, con i piedi per terra e lei la adorava.
Nora chiuse di scatto il libro e alzò la testa.
<< Dimmi, hai studiato per l’interrogazione di oggi? >> . Si erano sedute su di una panchina, accanto al portone d’entrata della scuola.
<< Oddio, sì, ma speriamo che non mi chiami! Ho l’ansia al solo pensiero! >> .
La ragazza si stava nervosamente mordicchiando le punte congelate delle dita della mano destra, quando li vide entrare.
Dal cancello passò un gruppo di circa sei ragazzi, chi più chi meno alto, che discutevano di calcio, urlandosi a vicenda e scherzando divertiti.
Il gruppetto si era fuso  con un altro gruppo di adolescenti che si trovava non troppo lontano dalla panchina sulla quale erano sedute le due ragazze.
Tra tutti, spiccava per statura un moro, snello e slanciato, con lo sguardo perso nel vuoto, ma che sembrava celare pensieri profondi.
Indossava un paio di jeans schiariti ed una larga felpa blu intenso, con una scritta nera cucita sopra.
I corti capelli neri erano scompigliati dal vento e aveva una carnagione pallida quasi come latte.
Dalia stava continuando a guardarlo, di sottecchi, senza capirne veramente il motivo.
Nora, dal canto suo, la osservava torturarsi le mani, rosse per il gelo. Poi seguì lo sguardo dell’amica e posò il suo sul ragazzo alto.
 
Lui?
 
Francesco gli mise una mano sulla spalla e gli disse qualcosa. Lui si girò e gli rispose sorridendo leggermente. D’un tratto si accorse come di essere osservato e si voltò verso quelle due ragazze sedute accanto all’entrata. Non fece in tempo a fissare lo sguardo su di loro che venne coinvolto nuovamente nella discussione.
 
Dalia abbassò lo sguardo repentinamente per poi rialzarlo stupita un attimo dopo, al suono della campanella.
Nora si staccò dalla colonna sulla quale si era poggiata e prese la borsa a tracolla dalla panchina.
<< Su, forza: andiamo. >>  .
<< S –sì! >> mormorò l’altra.
Si stava alzando, quando vide il gruppo dei ragazzi venire verso la porta.
Le passarono accanto e qualcuno le salutò, prima di spalancare il portone. Poi si diressero verso le scale, per giungere alla loro classe. La stessa classe di Nora e di Dalia.
Passò di lì anche il moro slanciato, che le fissò entrambe per qualche istante. Dopodiché alzò leggermente il mento, in segno di saluto.
Dalia abbassò lo sguardo, risedendosi sulla panchina.
Nora ricambiò, abbassando leggermente la testa, fissandolo da sopra le lenti.
Il moro, con il suo solito sguardo assente, riprese a camminare e aprì il portone della scuola, per poi sparire al suo interno.
 
 
Quando suonò la campanella – per la quarta volta, in quella giornata – un profondo sospiro di sollievo si liberò in quello scalmanato “3°D”; la ricreazione era appena iniziata e tutti coloro che attendevano con ansia questo momento, uscirono dall’aula festosi, come uno sciame di api.
Alcune ragazze si erano raggruppate vicino al termosifone, chiacchierando del più e del meno.
Dalia sospirò tra sé e sé  con la faccia poggiata sul banco, ringraziando il cielo per non essere stata interrogata dalla professoressa nell’ora precedente.
Le si avvicinarono Nora e Lucia, una ragazza magra e esile come un giunco, alta un metro e settanta.
Lucia poggiò le mani sul banco di Dalia e i suoi capelli biondo-castani le scesero sulle spalle, facendo muovere gli enormi orecchini a cerchio d’ argento .
<< Dalia! >> le urlò nell’orecchio.
Quella si scostò  spaventata, coprendosi l’orecchio con una mano, frastornata.
<< Cosa?! >> chiese d’un tratto.
<< Scendiamo giù? Non mi va di stare qui a non fare niente! E poi anche Nora è d’accordo! >> le rispose Lucia, indicando la mora occhialuta, che sfogliava con noncuranza lo stesso libro di quella mattina.
<< A me non cambia niente.  Fate quello che volete >> .
Dalia le fissò per un attimo, poi alzò le spalle e si alzò ridendo.
<< Va bene, scendiamo! >> .
 
<< Alessio! >> .
Quella voce giunse alle loro orecchie squillante e sottile.
In una sola parola: irritante.
Nora continuava a leggere, Lucia si guardava in giro e Dalia fissava il punto da dove era provenuta quella voce.
Le raggiunsero giù in cortile altre compagne di classe che si accesero insieme delle sigarette.
Ad una di loro cadde lo sguardo su Dalia e su quello che stava fissando.
Una ragazza alta e dai lunghi capelli biondi stava correndo verso un ragazzo, alto anche lui e con i capelli corti e neri, dallo sguardo inespressivo.
<< Ah! Quella è Claudette! >> fece la ragazza.
Dalia si girò verso di lei, Nora le guardò di sottecchi.
<< Eh? Claudette? E chi è? >> chiese l’altra ragazza, con la sigaretta in mano.
<< È una ragazza di origini per metà francesi; è la fidanzata di quello lì, Alessio, quel ragazzo alto che la sta abbracciando >> rispose l’altra, aspirando profondamente dalla sua sigaretta.
<< Non ci credo, quello là? Ma non è un amico di Francesco? >> . La seconda ragazza si mise la sigaretta tra le labbra e cercò di accenderla.
<< Sì, giocano a calcio insieme! E conosce anche Riccardo >>
<< No! Davvero? Ecco perché si vede così spesso intorno alla nostra classe! Non avrei mai pensato che fosse fidanzato! >> .
Le due continuarono la loro discussione, mentre Dalia si girò un attimo verso quella biondina.
Indossava una frivola maglietta rosa piena di merletti e un paio di jeans infilati in un paio di stivali alti e marroni; aveva, inoltre, i capelli biondo lucenti raccolti in una mezza coda con un elastico rosa acceso.
La ragazza si era gettata su di Alessio, l’alto ragazzo moro con la felpa blu, e in quel momento lo stava abbracciando, affettuosamente. Attorno a loro, gli amici di lui ridevano, allegri.
Dalia si rigirò di scatto, imbarazzata. Cosa diavolo stava facendo?!
Nora, che aveva continuato fino ad allora ad osservarla, si girò verso i due fidanzati e fissò il ragazzo inespressivo.
<< Oh, accidenti! Con questo vento non riesco proprio ad accenderla! >> si lamentava una delle due ragazze.
<< Ecco, prendi un tiro della mia, ma poi ridammela >> . L’altra le porse la sigaretta.
<< Pensa che quei due sono vicini di casa >> continuò poi il discorso, soffermandosi di nuovo su “quei due”.
<< E anche amici d’infanzia. Pensa che bello essere fidanzati in questo modo >> .
<< Tu credi? Non mi è mai capitato >> rispose l’altra, restituendo la sigaretta all’amica.
Il moro si girò d’improvviso verso il gruppo delle ragazze - sedute lungo la panchina davanti al portone – e si accorse che la castana occhialuta lo stava fissando.
<< N-non è ora di tornare in classe, ragazze? >> . Dalia interruppe il discorso un attimo prima che suonasse la campanella.
Le ragazze alzarono il volto al cielo e poi annuirono, pestando a terra la sigaretta.
Salirono le scale per tornare in classe e Nora continuò a seguire con lo sguardo la bassa moretta.
 
 
Dieci minuti dopo la fine della quinta ora, molti degli studenti erano ancora giù in cortile, a discutere del più e del meno.
Dalia era appoggiata ad un muro, sotto la tettoia di fronte al cancello, aspettando le amiche per tornare a casa.
Poco lontano da lei, Francesco e alcuni dei suoi compagni di classe, stavano discutendo con altri ragazzi coetanei, di altre sezioni.
Nora comparve alla destra della bassa ragazza mora, sorprendendola a guardare in quella direzione. Ancora.
<< Bene ragazze, grazie per avermi aspettato. Possiamo andare, ora! >> .
Ciò che fece distogliere Dalia dal fissare quei ragazzi fu l’arrivo di Lucia che, con i capelli scompigliati per la corsa, si stava infilando sotto il braccio la borsa fucsia che si era dimenticata su in classe.
<< Veramente … >> . Nora indicò con il pollice il gruppo di ragazzi alle loro spalle.
<< Oh. Li aspettiamo? >> chiese allora Lucia, cercando già l’i-pod nella borsa.
Dalia scosse la testa. Poi si stropicciò gli occhi.
<< No! Andiamo! >> rispose allegramente.
<< Non li aspettiamo? >> . Nora chiese conferma di ciò che aveva appena sentito.
<< No, no! Perché dovremmo? Loro non lo farebbero! Già, già! Loro non lo fanno mai! Ah ah ah! >> rispose la mora, ridendo nervosamente con le sopracciglia corrucciate e spingendo le altre due ragazze verso l’uscita.
<< Ok … >>  . Nora fissò l’amica con una dubbia espressione. Poi diede un ultimo sguardo al ragazzo di nome Alessio, prima di rigirarsi definitivamente.
Mentre le tre si stavano allontanando, l’alto ragazzo le osservò andare via.
 
 
Il ritorno fu molto silenzioso, ma Nora fece finta di niente.
Farle pesare pure quello sarebbe stato troppo.
Lucia si era fermata poco prima, al semaforo davanti al fioraio, per attraversare e tornarsene a casa. Abitava, infatti, in quella serie di condomini sul lato della strada opposto a quello della scuola, poco più in là.
Giunte ad un bivio,alla fine della strada, le due girarono a destra e incominciarono a camminare lungo una strada in discesa.
Il silenzio continuava a prevalere, interrotto soltanto dal rumore dei loro passi.
Più e più volte passarono accanto a loro dei motorini con sopra adolescenti scalmanati.
Qualcuno le salutò con una mano,nella foga della corsa, e Nora ricambiò, leggermente sorpresa.
<< Ehi >> .
Non ricevette risposta.
Alzò le spalle e continuò: << Erano Riccardo e Francesco. Stavano tornando a casa >> .
Dopo un lungo silenzio, l’altra dischiuse le labbra.
<< Ah >> . Fu l’unica cosa che disse e le due continuarono a camminare in silenzio.
 
 
Chapter one: Finished.
Bon, bon, primo capitolo concluso! XD Menomaaaaaaaaale! È una soddisfazione!  non vedo l’ora di continuare a scrivere su questa storia!
Solo per fare una precisazione: ogni capitolo avrà una frase come “inizio” o come un secondo titolo, se lo volete intendere così; sta di fatto che non avrà niente a che fare con il capitolo in sé e per sé, credo. Sì, prenderò da internet le frasi che più mi ispireranno XD Bene, e con questo concludo il primo chap! Fatemi sapere cosa ne pensate, sia in bene, sia in male! * sbagliando s’impara, sbagliando s’impara *  XD
Un saluto,
Astrid 5E.

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Capitolo 3
*** Act Two:Chapter 2_ ***


Act Two_ Chapter 2:
 
“Everything has been figured out, except how to live. (Jean-Paul Sartre)”
“Ogni cosa è stata compresa, se non come vivere.”


Si trovavano sull’autobus, dopo  un’altra stancante giornata di scuola.
<< Ti piace >> . Non era una domanda. E Dalia rabbrividì.
<< Eh? >> .
L’avevano incontrato. E salutato, per giunta.
<< Ti piace >> .
<< M-ma … ! C-che stai dicendo?! >> . L eguance le si colorarono di un rosso acceso.
Lo aveva salutato lei, per accertarsene.
<< Ti piace quel tipo, non è così? >>
<< Quale tipo, insomma! >> . Qualcuno sull’autobus alzò la testa sorpreso, girandosi verso di loro.
<< Quello alto, l’amico di Francesco … com’è che si chiamava? A … >>
<< Alessio. >> .
Nora alzò un sopracciglio. << Beh? Allora; ti piace, no? >> .
<< N-non dire stupidaggini!  >> . incrociando le braccia al petto, Dalia volse lo sguardo alla vetrata affianco a lei, accigliandosi.
Nora sorrise sotto i baffi.
<< Aha … ? >> .
 
 
Dalia camminava lungo l’acciottolato.
Aprì il grande portone azzurro e entrò a fatica.
Prese l’ascensore, perché si sentiva troppo stanca per fare le scale.
Giunse di fronte alla porta di casa.
Infilò le chiavi nella toppa.
Girò, spalancò, entrò e sbatté.
Si appoggiò alla porta, più stanca di prima.
Non era vero, non le piaceva.
Non le piaceva assolutamente. Assolutamente.
Non poteva piacerle, non poteva lei …
“ Fidanzato” , questa parola cominciò a ronzarle in testa.
Fidanzato. Quel ragazzo era fidanzato.
Non poteva! Non … poteva neanche pensarci! No!

No. Quel ragazzo non le piaceva, assolutamente.
 
 
Il giorno dopo, Dalia era sulla strada per arrivare a scuola.
Era assonnata, più di quanto non lo fosse di solito.
Camminava quasi strisciando i piedi e aveva una strana sensazione di fastidio che le stringeva lo stomaco.
Non prestò attenzione a dove stesse camminando e inciampò su qualcosa.
O per meglio dire qualcuno.
Se ne rese conto solo al sentire una voce dolente.
Una ragazza, pressoché della sua età, se ne stava a terra, di fronte a lei, massaggiandosi la caviglia.
<< Oddio, scusami, mi dispiace; cosa è successo? >> .
Le si avvicinò e scoprì con stupore chi era.
La bionda  portava un vestito verde sgargiante con sopra un giacchetto beige di pelle; al collo la sciarpa color panna faceva pendent con gli orecchini a fiore e le scarpe con il tacco, dello stesso colore. I capelli, infine, erano raccolti in un’alta coda voluminosa.
Claudette, la ragazza alta, magra e bionda  che fra tutte era la ragazza che attirava di più l’attenzione, si trovava in quel momento di fronte a lei, Dalia, una ragazza bassa, mora e di certo non magra per costituzione.
<< Ah, scusami, non guardavo dove mettevo i piedi e ti sono venuta addosso, mi dispiace >> si scusava ridendo la biondina, aiutata ad alzarsi dalla mora.
<< Piacere di conoscerti. Io sono Claudette, e sono al terzo anno; tu, invece, come ti chiami? >> .
La voce di Claudette era leggera, dolce, ma allo stesso tempo acuta, come il cinguettio di un uccello al sorgere del sole.
<< Ah … io … >> . Dalia non sapeva cosa dire, era impacciata: si trovavano a confronto, come le due facce della stessa medaglia, una opposta all’altra e lei, al confronto con Claudette, sapeva di non poter competere.
D’un tratto i suoi occhi vennero colpiti da qualcuno tra la folla che stava entrando dal cancello esterno: fu un attimo, ma lo riconobbe subito.
Alessio.
Spalancò gli occhi per un secondo, per poi riabbassarli subito dopo.
Era lui, senza alcun dubbio.
Inconfondibile. Alto. Con la solita felpa blu indosso.
I capelli scompigliati, lo sguardo annoiato.
In mezzo a tutta quella gente sarebbe dovuto essere impossibile notarlo, eppure, era  stato allo stesso tempo …  così evidente!
Oh, accidenti!
Perché?! Perché era stato così evidente?!
Claudette le si avvicinò.
<< Ehi, tu … stai bene? Tutto a posto? >> .
Dalia la guardò di sottecchi , poi annuì, non riuscendo a rispondere al suo sguardo preoccupato.
La bionda si girò intorno, come in cerca di qualcuno.
I suoi occhi azzurri incrociarono quelli neri del ragazzo in cortile.
Sicché lei, tutta emozionata, si rivolse alla moretta che le stava davanti.
<< Beh, io adesso devo proprio andare; scusami tanto per prima, non volevo! Scusa ancora, ciao! >> .
Si allontanò, ma presto giunse dal cortile il suono della sua voce squillante che pronunciava il suo nome con euforia.
<< Ah, ah, ah! Alessio, certo che tu sei proprio fortunato, eh? Ah, ah, ah! >> .
Gli amici sorridevano e lei insieme a loro.
Dalia decise di rimanere là.
Non voleva muoversi; per nessuna ragione sentiva che doveva fare un passo avanti e poi un altro e poi un altro ancora.
No. Non si sarebbe mossa.
E rimase là immobile, fino a che …
 
<< Forza, andiamo >> . Le aveva toccato la spalla e le aveva fatto prendere un colpo.
<< N-Nora! >> .
Quella si girò, seria.
<< Beh? Su, sbrigati, la seconda campanella è già suonata >>
<< E … eccomi, arrivo! >> .
Un soffio forte di vento invernale le arrivò improvvisamente sulla faccia e Dalia si stupì, di quanto fossero bollenti le sue guance.
D’altra parte la gonna nera svolazzò leggermente al vento e Nora sbuffò, scuotendo impercettibilmente il capo.
Aveva ragione. Sempre.
 
 
Quella giornata non ebbe altri imprevisti e, bene o male, tutti quanti riuscirono a resistere fino alla tanto attesa campanella della quinta ora.
Il ragazzo esile e mediamente alto in quarta fila, con un vispo ciuffo di capelli marrone scuro in testa, fu il primo ad alzarsi dalla sedia sulla quale era seduto.
Al suo seguito il vicino, un ragazzo biondo alto più o meno come il primo, chiuse la lampo del suo zaino rosso.
In men che non si dica tutta la classe aveva già preso cappotti, guanti, sciarpe e zaini ed era pronta ad uscire.
Francesco ed Edoardo, i primi due ad essersi alzati, andarono a parlare con Riccardo, un ragazzo di media statura e con la testa costantemente tra le nuvole.
I tre discutevano vivacemente, fino a che non furono interrotti da Dalia.
<< Ehilà, ragazzi! Che si dice? >> .
Il silenzio calò per pochi attimi.
<< … Sì … >> . Dalia socchiuse gli occhi e inspirò.
Poi urlò.
<< Vedete di scendere giù con noi, questa volta, intesi?!  Ci lasciate sempre da sole!! Che cosa siete, degli insensibili?! >> .
Alzò l’indice destro e lo puntò contro Francesco.
<< Tu vedi di esserci! >> .
Bastò questo, per far deglutire sorpreso il ragazzo, che continuò a fissare la bassa mora finché non uscì dalla classe, insieme alle sue amiche.
Dopodiché, tutti e tre si grattarono la testa, perplessi.
 
 
All’uscita, Dalia aspettava impaziente.
Non era certo tipo da non mantenere gli accordi, ma se non fosse venuto, Francesco l’avrebbe pagata cara.
Quando vide sbucare dal portone d’entrata il gruppetto dei maschi, lo cercò ovunque, muovendo gli occhi a destra e a sinistra.
Stranamente, non lo vide, eppure se ne sentì sollevata.
Francesco, Edoardo e Riccardo si avvicinarono a Dalia e a Nora con altri amici del loro gruppo e tutti insieme  si incamminarono lungo la strada di casa.
Lucia non tornò a casa con loro, perché il padre la venne a prendere in macchina, così il cammino fu molto silenzioso.
Senza le battute della biondo-castana che coinvolgevano sia maschi che femmine, infatti,  Dalia e Nora camminavano  una accanto all’altra avanti, in silenzio, e i maschi dietro, parlavano tra di loro. 
Dalia aveva lo sguardo rivolto verso il basso, immersa nei suoi pensieri, mentre Nora leggeva un libro con la copertina giallo ocra.
Continuarono a camminare tranquillamente e giunsero davanti alla fermata dell’autobus che si trovava poco prima del fioraio.
Alle loro spalle videro l’autobus che pian piano li stava raggiungendo.
D’un tratto Dalia si distolse dai suoi pensieri al sentire in lontananza quella voce stridula che le fece alzare la testa di scatto.
<< Ehi ragazzi! Aspettatemi!! >> .
Tutti si girarono verso di lei, la biondina alta e magra che, oscillando il braccio destro, stava raggiungendo quel gruppo.
Più si avvicinava, più i battiti del cuore di Dalia aumentavano, freneticamente.
Cosicché senza pensarci, prese una decisione impulsiva.
L’autobus si era appena fermato di fianco a loro e con un veloce “ Noi prendiamo questo, ciao!! “ , Dalia ci si fiondò dentro, trascinandosi dietro l’amica occhialuta.
<< Cosa diavolo … ? >>
<< Zitta. >>  la bloccò ansimante.
Nora la fissò, poi si rimise a posto le lenti.
 
 
Claudette raggiunse il gruppo proprio quando l’autobus ripartì.
Quello proseguì lungo la strada, per poi girare a sinistra, trovatosi davanti al solito bivio.
La bionda continuava a fissare l’autobus allontanarsi.
 
<< Chi era? >> chiese poi a Francesco.
<< Chi era, chi? >> le chiese a sua volta Riccardo, con un sorriso ammiccante.
Claudette allungò l’indice della mano destra, fissando il punto in cui la strada si divideva in due.
<< La ragazza che è appena salita sull’autobus >> .
I compagni si girarono verso la direzione indicata loro.
<< Le ragazze >> precisò uno, tra questi.
La bionda annuì.
<< Ah, quelle erano Dalia e Nora; sono due nostre compagne di classe >> le rispose Francesco, poggiandosi un palmo sulla fronte per scostare il ciuffo ribelle.
Claudette avvicinò la mano alla bocca e stuzzicò con i denti le lunghe unghie turchesi, decorate con dei brillantini rosa.
<< Dalia … e Nora, eh? >>
 
 
Chapter two: Finished.
Ed ecco portato a termine anche il secondo capitolo! Non vedo l’ora di scrivere anche il terzo! Per il momento ho buttato giù una scaletta e la trama in sé e per sé, ma comunque non dà l’impressione di una storia troppo lunga! Spero solo di rendere questi “sentimenti” abbastanza reali seppur procedendo a grandi linee. La storia avrà un suo sviluppo, inaspettato o meno! Spero quindi vogliate continuare a seguirmi XD
Ok, si lo ammetto, rompo un po’ le scatole, sumimasén U.U
Mi raccomando, fatemi sapere cosa ne pensate,  sia in bene, sia in male, non vi preoccupate! Ve ne sarei molto grata! Bene, con questo vi saluto! Ci vediamo nel prossimo capitolo (next week, if i can)!
 
Ciaossu, Astrid 5E.

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Capitolo 4
*** Act Three:Chapter 3_ ***


Act Three_ Chapter 3:
 
“Do not dwell in the past, do not dream of the future; concentrate the mind on the present moment. (Buddha)”
“Non sostare nel passato, non sognare nel futuro; concentra la mente sul momento presente.”
 
L’autobus si stava allontanando pian piano, lungo la strada sbagliata.
<< Fantastico. Quest’autobus ci porta dalla parte opposta a quella in cui dovremmo andare; e adesso che facciamo? >> .
 Nora si stava guardando intorno, leggermente irritata.
Volse lo sguardo all’amica – in piedi, poggiata ad una vetrata, con la testa rivolta verso il basso- e sospirò.
<< Lo so, lo so: tutto questo è l’ultimo dei tuoi problemi, ora, vero? E va bene, non importa. Scendiamo alla prossima fermata;  dovremo farci un pezzo di strada a piedi in più, ma, alla fine, riusciremo comunque a tornare a casa >> .
Premette un pulsante rosso - accanto alle porte dell’autobus - e nello stesso istante, l’insegna con su scritto “fermata prenotata” si illuminò.
Dopo aver atteso al semaforo per una decina di minuti, l’autobus ripartì per fermarsi nuovamente, poco dopo, davanti ad un palo alto e giallo, sul quale era scritto il nome della fermata.
La mora aspettò che si aprissero le porte, fece scendere alcune signore anziane tutte avvolte nei loro cappotti di pelliccia e i loro cappelli di lana, e scese con un piede sull’asfalto della strada.
Nora le fu subito dietro, dopo aver atteso che un’altra signora avesse fatto scendere dall’autobus il carrello della spesa in tinta scozzese.
Improvvisamente si alzò un venticello leggero che mosse le fronde degli alberi.
E Dalia si riprese.
Strizzò gli occhi, se ne stropicciò uno e si stiracchiò felice, sentendo il soffio di vento sulle sue guance.
Si girò intorno, per cercare l’amica castana.
La vide venire verso di lei, con espressione dubbia.
<< Mm … ehi, ma quello, non è … ? >> .
L’occhialuta indicò un punto preciso, lontano da loro, e Dalia si girò verso quella direzione.
Nell’ accorgersi di quella figura alta e magra, gli occhi le si allargarono e le guance le si tinsero di un acceso rosso.
Possibile che …
Qualcuno lo chiamò da lontano.
<< Alessio! >> .
E lui si girò.
Oh mio Dio.
Non riusciva a distogliere lo sguardo. E come al solito, accadde.
Si sentì osservato e mosse i neri occhi profondi.
Le notò, le osservò; le salutò sorridendo leggermente.
Era lui.
Sentiva il sangue ribollirle sotto la pelle, in prossimità delle guance.
Lo stomaco le si chiuse, nonostante stesse mormorando di avere fame fino ad un attimo prima.
Serrò la mano in un pugno e rivolse lo sguardo verso Nora, sentendosi frustrata.
Avrebbe voluto correre via, urlargli contro chissà cosa, sbattere i piedi a terra, gridare.
Avrebbe voluto, e lo avrebbe anche fatto, se non ci fosse stata Nora.
Nora la guardava, la osservava; la rassicurava.
Il semplice fatto che posasse il suo sguardo indagatore su di lei, la faceva calmare.
Con un breve cenno del capo, l’occhialuta ricambiò il saluto del moro; mise poi una mano sulla spalla a Dalia e tranquillamente si incamminò lungo la strada che aveva attraversato l’autobus, nel senso opposto.
A passo svelto, Nora si allontanò in breve tempo dalla fermata, portando Dalia con sé.
Quando giunsero nuovamente al bivio, girò la testa verso la moretta, sorridendole.
L’altra le sorrise a sua volta.
<< Grazie … >> .
 
Nel frattempo, Alessio fu distratto dai suoi pensieri.
<< Ehi, amico! >>
<< E … ehi >> .
Il ragazzo accanto al moro notò in lontananza due ragazze allontanarsi velocemente.
<< Non dirmi che quella è … >> .
 
 
Il giorno dopo camminava lentamente, passo dopo passo.
Non aveva chiuso occhio per tutta la notte e si sentiva talmente stanca da addormentarsi in piedi.
Eppure, non riusciva in nessun modo a prendere sonno.
Teneva gli occhi bassi, per non incrociarne di altri, e continuava a procedere.
Nonostante non avesse alcuna voglia di andare a scuola, le sue gambe si muovevano autonomamente e i suoi piedi avanzavano, uno dopo l’altro.
Passato il cancello nero, Dalia si rifiutò di alzare la testa e spingendosi fra ragazzi di tutte le età, riuscì ad aprire il portone d’entrata.
Lo spinse con uno sforzo immane ed entrò, sentendo poi l’anta di ferro alle sue spalle richiudersi pesantemente.
 
 
La campanella della ricreazione era già suonata da un po’ e più o meno tutti i ragazzi stavano fuori dalla classe a scherzare tra di loro.
Dalia era rimasta seduta al suo posto, come se il professore dell’ora prima non se ne fosse andato già da dieci minuti.
Il volto era appoggiato sulle braccia conserte distese sul tavolo e aveva un’espressione quasi indecifrabile dipinta sopra.
Nora si trovava dietro di lei, poco più a destra, davanti ad un termosifone, con la testa poggiata sulla finestra dietro di lei.
Guardava fisso il soffitto bianco illuminato da sei lampade al neon, disposte in due ordinate file; una delle lampade si stava fulminando e lampeggiava ad intermittenza, accompagnata da un lieve sfrigolio metallico.
La moretta mosse le gambe, svogliata.
Non aveva voglia di scendere: per non incontrare lui; per non incontrare lei.
Per non incontrare loro.
Alzò leggermente la testa e fece un lungo sospiro.
 
Intanto, fuori dalla porta giungeva un chiacchiericcio sommesso che pian piano si faceva sempre più rumoroso; ai ragazzi del “3°D”, si erano aggiunti, infatti, altri coetanei che in quel momento, tra risate e schiamazzi, giocavano insieme, come tanti scalmanati ragazzini.
D’un tratto, qualcosa sbatté contro il bordo della porta e il botto improvviso spaventò quelli che erano rimasti all’interno dell’aula.
Nora abbassò lo sguardo verso la porta, Dalia fece lo stesso, alzando la testa di scatto.
Da fuori, dopo attimi di silenzio, cominciava a sentirsi di nuovo il frastuono delle risate, più forte di prima.
<< Tutto a posto, Francè? >>
<< Checco, che dici? >>
<< Tranquilli, tranquilli; questi muscoli non li ferisce nessuno! >> . Il magro ragazzo si stava staccando dal bordo laminato e se la rideva con gli altri, divertito.
Tra tutti, un altro ragazzo, leggermente più basso di Francesco – Riccardo - gli si avvicinò e gli mise una mano sulla spalla.
Sembrò dire qualcosa, poi si accorse di qualcuno alle sue spalle e si girò.
Altri tre ragazzi erano arrivati ed il gruppo si aprì, per farli avvicinare all’entrata.
Dalia, che aveva osservato tutta la scena, sbiancò repentinamente.
Nora, invece, si posò stancamente una mano sulla fronte.
Ossignore. Ma possibile che … ?!
 
Alto, moro, c’era altro da dire?
Alessio si era avvicinato alla porta dell’aula per parlare con Francesco appresso ad altri due dei suoi compagni di classe.
Sorrideva lievemente, come suo solito, con le sottili labbra, dalle quali sbucavano i denti, bianchi e lisci; gli occhi neri, nascosti leggermente dalle ciglia, si muovevano lentamente e a scatti posandosi sui compagni che gli stavano accanto.
Non si era accorta del fatto che lo stesse fissando; non si era accorta di aver delineato con gli occhi ogni suo singolo lineamento, di averli sgranati, come per osservarlo più da vicino.
E non si accorse subito nemmeno che quegli occhi neri si fossero mossi verso di lei, per qualche secondo.
Ebbe modo di rendersene conto qualche minuto dopo, quando si riposarono di nuovo su di lei.
Se ne accorse in quel momento, e sprofondò nella vergogna.
Si sentì incredibilmente spoglia di ogni cosa ed ebbe una gran voglia di nascondersi da qualche parte o di sparire all’istante.
Avrebbe voluto reagire, eppure, per quei pochi secondi in cui lui posò di nuovo il suo sguardo su di lei, lei lo sostenne.
L’improvviso suono della campanella interruppe quella guerra di sguardi e risvegliò Dalia come da un sogno.
I ragazzi si stavano salutando fra loro, organizzandosi per vedersi dopo la quinta ora, giù in cortile.
Alessio salutò Edoardo, Francesco, Riccardo e altri tre ragazzi; poi, mentre si allontanava, lanciò un’ultima occhiata alla mora, che sostenne nuovamente lo sguardo.
Infine, si allontanò, con un’espressione quasi ironica stampata sul volto.
 
Dalia lo vide guardare nella sua direzione un’ultima volta prima di andar via e continuò a fissarlo, rigida.
Quando poi fu certa che si fosse allontanato, tutte le sensazioni represse in precedenza traboccarono dentro di lei e la moretta affondò la testa tra le braccia, esanime.
Il volto bollente riscaldava le maniche della felpa blu che indossava e i muscoli facciali che prima le sembravano tanto tesi, si rilassarono di colpo, doloranti.
<< Che stanchezza >> . Era stata Nora a parlare.
La risposta le uscì tutta in un singhiozzo.
<< Non è giusto! >> .
 
 
Aspettò che nessuno fosse rimasto in classe, per essere  l’ultima ad uscire.
Non aveva la ben che minima intenzione di tornare a casa con loro, nonostante fosse stata proprio lei ad averli costretti ad aspettarla, il giorno prima.
No. Dalia scosse la testa.
Qualunque cosa avesse fatto i giorni scorsi, in quel momento non importava; lei non aveva intenzione di andare con loro, per non fare brutti incontri. Di nuovo.
Strinse le mani lungo le bretelle dello zaino e sbuffò, decisa.
Mosse un piede e avanzò oltre la porta.
 
Giù, Nora l’aspettava.
Stava leggendo il libro del giorno prima appoggiata al muro, accanto all’entrata.
Quando vide sbucare fuori dal portone la corta chioma mora, prese tra le mani il sottile segnalibro rosso attaccato al volume e lo posò delicatamente tra le pagine.
Aspettò poi che Dalia girasse l’angolo – in direzione del cancello – per seguirla, silenziosamente.
Uscirono dal cortile e si incamminarono lungo la via del ritorno.
Avanzavano lentamente e senza fretta, per lasciar loro il tempo di allontanarsi.
Si soffermarono davanti alla vetrina del bar di fronte la scuola, sperando che si fossero dileguati.
Si persero in discussioni insensate sulla forma delle nuvole, pregando che l’autobus fosse passato e che loro lo avessero preso.
Decisero addirittura di fermarsi più volte, eppure, nonostante tutto, girato a destra in procinto del solito bivio, si ritrovarono i ragazzi davanti, che scherzavano e ridevano tra loro.
Uno di loro si volse dietro e le salutò, riconoscendole.
Le due contraccambiarono, leggermente stupite e al tempo stesso irritate.
Dalia si guardò velocemente attorno e sospirò di sollievo.
Non c’era. Nessuno dei due.
Stava tranquillamente per rimettersi in cammino con gli altri, quando qualcuno la abbracciò da dietro.
Si spaventò e pensò istintivamente  a Diego.
Poi qualcuno parlò e Dalia si ricredette.
<< Ciao, Nora! >> .
Una bionda chioma raccolta in una lunga treccia scendeva su di uno smanicato color arcobaleno che arrivava alle ginocchia; la giacca arancione di pelle piena di tasche e i lunghi stivali marrone scuro completavano l’abbigliamento di quella ragazza.
Claudette si strinse a Dalia sorridendole allegra.
<< Ehi, Nora, da quanto tempo non ci si vede! Ti ricordi di me? >> .
La moretta era allibita e non aveva idea di che cosa stesse accadendo.
<< Scusa?! >> .
La biondina si staccò per guardarla negli occhi, facendo muovere i suoi lunghi orecchini decorati con paillettes dai mille colori. 
<< Nora, non mi riconosci? Sono quella che ti è venuta addosso la volta scorsa! >>
<< A me non è venuto contro proprio nessuno >> . L’alta occhialuta si era avvicinata, alquanto perplessa.
Claudette si girò verso la ragazza che aveva parlato e la squadrò dall’alto verso il basso, soffermandosi sulle sue scarpe da tennis nere decorate con strisce bianche, sui lunghi jeans neri e sulla maglietta a maniche lunghe nera nascosta da un’altra maglietta viola, lunga fino alle cosce.
Nora alzò un sopracciglio; quello sguardo indagatore proprio non le piaceva.
<< Beh? >>
<< Tu chi sei? >> chiese la bionda.
<< Bella domanda. Sarei quella a cui sei venuta addosso “la volta scorsa” >> le rispose sarcastica la castana.
Claudette la guardò interrogativa.
Spostò lo sguardo su Dalia, poi su Nora e poi ancora su Dalia.
<< Tu … non sei Nora? >> . Si rivolse alla moretta, indicandola con un indice.  
Quella scosse la testa.
<< Sei tu, che sei Nora, giusto? >> .
L’occhialuta annuì.
La bionda si allontanò con una mano la lunga treccia dalla spalla e si mise l’indice sinistro sul labbro inferiore.
<< Quindi tu devi essere Dalia! >> continuò subito dopo, rilanciando l’indice verso la bassa mora.
<< S … sì >> le rispose l’altra, poco convinta.
<< Ciao! Piacere di conoscerti! Io sono Claudette e sono del terzo anno! Ci siamo scontrate l’altro giorno, ti ricordi? >> . La bionda le porse la mano destra e Dalia gliela strinse, incredula.
Stretta la mano alla mora, la ragazza si volse verso l’altra con gli occhiali.
<< Piacere di conoscerti, sono Claudette! Tu sei Nora, quindi? Ciao! >> .
Nora le strinse la mano, annuendo.
<< Ma pensa un po’! Proprio ieri vi ho viste prendere l’autobus alla fermata prima del fioraio e non avrei mai pensato di vedervi tornare da questa parte!  Come mai oggi tornate di qui? >> .
La bionda le guardava sorridente, aspettando una risposta.
<< Volevamo cambiare >> le rispose Nora, seccata.
Dalia si sentiva terribilmente in imbarazzo.
Non sapeva cosa dire, né cosa fare; ad ogni passo che faceva si sentiva in un certo senso colpevole di qualcosa.
Quando Claudette le sorrideva ,si sforzava e le sorrideva a sua volta, ma appena la ragazza si girava, lei sentiva come il bisogno di tirarle quella stramaledettissima treccia bionda, poi il senso di colpa ed ecco ancora che si girava verso di lei e le sorrideva.
Proprio non sapeva cosa fare.
<< Bene, ragazze! Ci vediamo domani a scuola, mi siete già simpatiche! Io vado di qua, ciao! >> .
La bionda treccia si allontanava via via con i ragazzi, mentre il braccio di Claudette continuava a salutarle.
Nora e Dalia li salutarono con la mano fino a che furono sicure che non riuscissero più a vederle, poi sospirarono in coro.
<< Che ragazza espansiva! E allo stesso tempo irritante >> .
Dalia scoppiò a ridere; Nora aveva proprio ragione.
Le due continuarono a camminare insieme, fino alla fermata dell’autobus.
 
 
Il giorno dopo si stava svolgendo tranquillamente, fino a quei fatidici venti minuti di ricreazione.
Quella mattina Diego era sembrato più strano del solito: più dinamico, più attivo.
Aveva deciso di accompagnarla fino a scuola, perché non gli andava di prendere l’autobus troppo presto.
Dalia aveva acconsentito contenta, domandandosi comunque il motivo del suo comportamento.
D’altronde però, Diego era sempre stato un ragazzo vivace, espansivo e scherzoso, perciò decise di non pensarci e di non preoccuparsi più di tanto.
Giunti al cancello, l’amico l’aveva salutata scompigliandole i capelli, per poi darsela a gambe una volta accortosi che Nora stava arrivando; fin dal primo anno di liceo, Diego aveva sempre avuto timore della castana, probabilmente a causa della sua imperterrita serietà.
Le seguenti tre ore di scuola erano trascorse velocemente e la fatidica campanella era finalmente suonata.
Dalia si alzò di scatto dal suo posto e si voltò verso Nora e Lucia, fermatesi a parlare poco più in là, accanto ad un banco.
<< Ragazze, scendiamo? >> .
Le due annuirono.
Scesero in fretta i tre piani di scale, fino a ché non raggiunsero il portone metallico; ne aprirono un’anta ed una ad una, uscirono tutte e tre nel cortile.
Il sole le accecò per un attimo; nonostante fosse inverno, il suo calore donava una piacevole sensazione sulle guance.
Fatto qualche passo in cortile e guardatesi un po’ intorno per trovare un panchina libera, l’attenzione delle tre venne attratta da una ragazza dai lunghi capelli marrone scuro che si stava avvicinando a loro.
Lucia la riconobbe e la salutò: << Erika! Ciao! >> .
La ragazza la raggiunse e salutò sia Lucia che le altre due.
<< Lù, c’è un problema, devi venire subito: Flora e Serena hanno litigato di nuovo! >> .
La biondo castana alzò gli occhi al cielo.
<< Oddio, no! Non di nuovo! >> .
Poi si girò verso le amiche.
<< Dalia, Nora, scusatemi, ma devo andare a risolvere la questione; casomai ci ritroviamo in classe! A dopo! >> .
Le due,rimaste davanti alla porta, continuarono ad osservare l’amica allontanarsi fino a che qualcuno non le chiamò con la sua voce chiara e squillante.
<< Dalia! Nora! >> .
Si girarono entrambe a destra.
Una voce chiara, squillante e acuta.
Inconfondibile.
Era lei.
Claudette stava correndo verso di loro, con il solito sorriso smagliante.
<< Ragazze! Ciao! Che coincidenza! Mi stavo giusto chiedendo dove foste andate! >> .
Le raggiunse e le prese entrambe per mano, stringendole alle sue.
Nora le sorrise, Dalia annuì e alzò le spalle, cercando di imitare l’amica.
<< Come state? Tutto bene? >>
<< Sì, sì, non preoccuparti! >>
<< Tutto bene, grazie >> .
La bionda le guardò per un attimo con espressione interrogativa, poi chiese: << Scusate ragazze, ma voi di che classe siete? >>
<< “Terzo D”; stiamo al terzo piano >> le rispose Nora.
L’altra si illuminò.
<< Ah! Ma è la classe di cui mi ha parlato Alessio! È lì che va a ricreazione ogni tanto, da Francesco e Riccardo! >> .
Al sentire quel nome Dalia ebbe come un fremito.
Dovette ammettere che “Alessio” aveva una certa musicalità, se pronunciato da Claudette.
La biondina rimase per un attimo immobile a fissarle; poi ebbe un lampo di genio.
<< Ragazze! Ma voi conoscete Alessio? È il mio ragazzo e sta in terzo “A” con me; è uno degli amici di Francesco! Venite! Ve lo faccio conoscere! >> .
Quelle parole pietrificarono la bassa moretta.
No.
No.
No. Non poteva farlo, no.
No. Non stava accadendo davvero. No.
Bastò uno sguardo per far capire a Nora quanto Dalia fosse spaventata, quanto fosse preoccupata, in ansia, angosciata; turbata.
Scosse la testa. Cosa potevano fare, a quelle condizioni?
Claudette le stava portando verso la parte del cortile dove gli alberi facevano ombra ai raggi accecanti del sole; qui, assieme a qualche amico, un ragazzo alto e snello stava in piedi, accanto ad una panchina, poggiato ad un albero.
Stava chiacchierando con un suo compagno, quando questo gli indicò le tre ragazze che stavano arrivando: una bionda allegra e sbracciante, una seria castana occhialuta e una bassa moretta riluttante.
I due smisero di parlare e si voltarono verso di loro.
 
<< Alessio! >> .
Claudette lo stava chiamando e lui si era girato.
Il cuore di Dalia cominciò a battere freneticamente non appena lo vide là, sotto quell’albero, ad aspettarle.
Per un attimo, sperò che i loro occhi si incrociassero, come la mattina precedente, e che si fissassero per un po’.
Finchè non le risonò nell’orecchio la voce della bionda.
<< Alessio! >> .
Già. Lo stava chiamando lei.
Lei, la sua fidanzata.
Lei, lafidanzata.
Se prima aveva cercato di fare resistenza, in quel momento Dalia si lasciò trasportare come un peso morto, senza dimenarsi.
L’espressione sofferente cercò di trasformarsi in un sorriso sincero, ottenendo come risultato soltanto una strana smorfia.
Non ebbe il tempo di tranquillizarsi che Claudette lanciò sia la mora che la castana difronte all’alto ragazzo.
<< Alessio! Guarda! Ti presento Nora e Dalia! Sono due mie amiche del terzo “D”! >> .
La biondina gli presentò le due ragazze come fossero dei trofei vinti in qualche competizione di cui andare fieri.
Nora e Dalia lo guardarono negli occhi, costrette ad alzare leggermente la testa.
<< Ciao >> lo salutò Nora, poco convinta.
Lui sorrise: << Ciao. Piacere di conoscervi >> .
Dalia non riusciva a dire niente: le parole le si bloccavano in gola.
Si stava torturando le mani angosciata, maledicendo la sua timidezza.
Non voleva fare brutta figura! Non voleva apparirgli stupida!
Non doveva stare zitta! Doveva dire qualcosa!
Dì qualcosa, maledizione!
Alessio la guardò un attimo, inarcando le sopracciglia.
Dì qualcosa!
<< Ciao >> la salutò.
Dilla!
Aspettò qualche secondo.
<< C … ciao >> .
 
 
Chapter three: finished.
Fiu! Evvai! Ho concluso anche il terzo! Sì, devo essere sincera: per un attimo ero rimasta interdetta sul da farsi; non avevo proprio idea di come continuare il filo di questa narrazione senza cadere sul banale.
Non volevo che questi sentimenti avessero uno svolgimento repentino, né che non si evolvessero mai, così ho cercato di mitigare un po’ la cosa: spero di esserci riuscita! (i hope it!)
Bon, bon, e con questo la storia sta prendendo forma; provate ad indovinare come continuerà!
Mi raccomando! Mi farebbe molto piacere se mi faceste sapere cosa ne pensate sia in bene che in male, onegaishimasu! X)
Con questo vi saluto, un bacio a tutti: Astrid 5E!
P.s. Questo capitolo è venuto più lungpo di quanto mi aspettassi e mi ha fatto spendere un sacco di energie, ma ne è valsa la pena; spero piaccia anche a voi così come piace a me! Alla prossima, ciaooo! (next week, if i can!)

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Capitolo 5
*** Act Four:Chapter 4_ ***


E buongiorno a tutti! Sono riuscita a postare in tempo il terzo capitolo, nonostante fossi stata malata qualche giorno prima, così adesso mi sto mettendo all’opera per il quarto & successivi! X)
Sono successe un sacco di cose nel capitolo precedente; cos’altro succederà ora? Se avete avuto la pazienza di attendere per un’altra settimana, adesso avrete la possibilità di scoprirlo!
Hope you like it! Byee!
 
 Act Four_ Chapter 4:
 
“A man who dares to waste one hour of time has not discovered the value of life. (Charles Darwin)” .
“ Un uomo che osa sprecare un’ora di tempo non ha scoperto il valore della vita. ”
 
Erano passate ben tre settimane da quel fatidico incontro e le giornate proseguivano pacificamente; per tutti  la tranquillità regnava sovrana.
No, aspetta; per quasi tutti.
C’era infatti una bassa moretta che, da quell’incontro di tre settimane prima, non aveva avuto più un attimo di tregua.
Ogni giorno, a scuola, Claudette se la trascinava dietro per le classi a salutare gente di cui non aveva mai visto le facce e di cui non aveva mai saputo il nome; la invitava di continuo alle uscite con le altre ragazze del terzo “A” dove Dalia si sentiva letteralmente fuori luogo, circondata da lunghi vestiti costosi e scarpe firmate; insomma:  la sua vita si era andata a complicare.
Per fortuna a sostenerla c’era sempre l’amica occhialuta al suo fianco che, durante uscite e giri per la scuola, non si stancava mai di farsi vedere là, seria e sicura di sé, come un faro in una tempesta, pronta ad aiutare Dalia nei momenti di difficoltà.
La campanella suonò metallica e stridente, dando inizio alla ricreazione.
Nora si alzò e si avvicinò al banco della mora.
Tra tutti i momenti di difficoltà,si poteva dire che la “ricreazione” era il più difficile da superare.
<< Ehi. Sbrigati, andiamo; manca poco >> . Si era piegata su Dalia, che aveva affondato  la testa tra le braccia conserte già da qualche minuto, sapendo quello che l’avrebbe attesa, al termine della terza ora.
La bassa ragazza aprì la bocca e sospirò pesantemente; poi parlò e la sua voce uscì ovattata dal buco nel quale si era tuffata: << Mancano esattamente dieci, nove, otto … >> .
<< Sette, sei, cinque … >> continuò Nora.
<< Ehi ragazze, che succede? >> . Lucia si era avvicinata al banco sorridendo alle sue amiche.
Per tutta risposta le altre due posarono gli occhi su di lei.
<< Due .. uno … >>  . Contarono in coro e nel momento in cui pronunciarono “uno”, volsero lo sguardo verso la porta, dalla quale non si fece attendere l’arrivo di un a risata acuta e squillante.
<< Dalia! Nora! Coraggio! Andiamo giù a fare ricreazione, dai! >> .
La mora e la castana continuarono a fissare la porta, sperando che quello fosse solo un brutto sogno; purtroppo accortesi del contrario, abbassarono le spalle, sconsolate.
Lucia soffocò una risata tappandosi la bocca con una mano.
<< Scusate ragazze; me ne ero dimenticata! A dopo e non abbattetevi! >> incoraggiò le amiche, posando le sue mani sulle loro spalle.
Dalia le sorrise riconoscente; Nora annuì, decisa.
Le due si girarono, e corsero alla porta, dove le stava aspettando Claudette con il suo lungo vestito arancione. In una mano teneva la sua pochette bianco panna, nell’altra un contenitore per pranzi.
<< Allora ragazze, andiamo! Alessio ci sta aspettando! >> . La bionda non la smetteva un attimo di sorridere allegra per chi sa quale motivo.
<< Ok, andiamo! >> le sorrise Dalia a sua volta.
E le tre si incamminarono.
 
 
Il “momento di difficoltà” che rendeva la ricreazione così insopportabile era appunto il dover condividere quei dannati venti minuti con Claudette ed il suo fidanzato, stando tutti seduti su di una panchina riparata da dei rami di pesco, che oscuravano i raggi del sole.
Un’esperienza terribile.
A Nora la cosa non infastidiva più di tanto; lei stava seduta sul lato destro della panchina, vicino all’albero, e leggeva tranquilla uno dei tanti libri che portava a scuola di tanto in tanto.
Dalia invece, era tutt’altro che tranquilla. Si trovava accanto all’amica, mentre dall’altra parte della panchina si trovavano Alessio e Claudette: l’uno stava seduto in silenzio, guardando tal volta la bionda con sguardo interrogativo; l’altra non la smetteva di urlare con voce squillante al ragazzo, porgendogli parte della frittata che si era portata da casa, ridendo.
Aveva due forchette di plastica: una dentro al contenitore e l’altra nella mano sinistra.
D’un tratto infilò la forchetta nel contenitore per poi tirarla di nuovo fuori, facendola oscillare a destra e a sinistra e facendo muovere pericolosamente il pezzo di frittata che era infilato tra le punte.
<< Coraggio, Alessio, dì: “Aah!” >> gli sorrise continuando a muovere la forchetta davanti agli occhi interdetti del ragazzo.
La biondina continuava a muovere la forchetta e il moro continuava ad allontanarsene.
Dalia, che gli stava seduta accanto, non sapeva cosa dire.
Si torturava le mani, maledicendo il giorno in cui era finita in quella situazione.
Perché? Perché doveva stare seduta lì e subire l’umiliazione di assistere a tutto questo?! Che c’entrava lei? Assolutamente niente.
Fu distolta dai suoi pensieri da una voce scura e dolce.
<< Dalia, ti prego, aiutami! >> . Alessio le stava chiedendo in un sussurro di aiutarlo a farlo uscire da quella situazione.
Inizialmente aveva cercato soccorso negli occhi della castana occhialuta, ma poiché lo sguardo di lei si era spostato dal libro su di lui solo per qualche secondo e visibilmente seccato, aveva optato per la mora vicino a lui.
Dalia si girò e lo fissò, inarcando un sopracciglio. Cercò di non imbambolarsi e di nascondere il rossore che stava imporporando le sue guance.
“ Cosa?! ” sillabò con le labbra, senza produrre alcun suono.
Il moro corrugò la fronte, fingendo un’espressione addolorata.
L’altra per tutta risposta alzò gli occhi al cielo: come dirgli di no?
<< Ehm, Claudette! >> . Dalia si sporse oltre Alessio, per farsi vedere dalla biondina. << Non pensare a lui, falla assaggiare a me la frittata; vorrei tanto sentire com’è! >> sorrise sforzandosi di apparire spontanea.
Claudette la fissò per un attimo, poi spalancò la bocca e rise di gusto, con i denti bianchi e splendenti in bella vista.
<< Bene! Su coraggio! Dì: “Aah!” >> .
<< Aah! >> . Doveva sforzarsi. Lo doveva fare per Alessio.
Sebbene avessero scambiato solo poche parole, in quelle ultime settimane, Dalia ed Alessio erano diventati amici e capitava spesso che parlassero del più e del meno a ricreazione, sulla panchina; non più di quattro battute scambiate fra conoscenti, è vero, ma a lei tutto questo bastava già così.
Si trovava bene in compagnia di Alessio, più di quanto avesse immaginato.
Le prime volte, quando sedevano sulla panchina uno accanto all’altro, Dalia si sentiva nel pallone, incapace di pronunciare neanche una sillaba; si muoveva a scatti e a malapena rispondeva annuendo o scuotendo il capo.
Aveva chiesto aiuto a Nora un paio di volte e lei alzando le spalle si era girata verso il moro, chiudendo il libro tra le mani, e iniziando a parlare del più e del meno al posto di Dalia.
Passato poco tempo, comunque, la moretta iniziò a sciogliersi e i due incominciarono a scambiarsi qualche parola; se lui le chiedeva qualcosa lei rispondeva a monosillabi e la stessa cosa accadeva all’inverso.
Nonostante i due non fossero migliorati più di tanto, dopo quelle tre lunghe settimane, si era creata un’atmosfera piacevole e Nora era finalmente sicura di poter leggere il suo libro tranquillamente.
Dalia ingoiò il boccone e a mala pena evitò di risputarlo.
Immangiabile. Quella “cosa” era immangiabile.
Per carità, aveva assaggiato cose ben peggiori di quella frittata in tutta la sua vita, ma in quel momento, quel sapore dolciastro misto a del piccante e dell’amarognolo, proprio non riusciva ad ingoiarlo.
<< Com’è? >> . La domanda improvvisa della biondina la sorprese e per lo spaventò ingoiò inconsciamente.
Dovette attendere qualche secondo per rispondere.
<< B .. Buonissima, Claudette, davvero buona! >> . Lo stomaco rispose alla sua bugia brontolando rumorosamente.
<< Davvero? Fantastico! Alessio, vieni, assaggia anche tu! >> .
I due si guardarono per un attimo.
O mannaggia!
<< E, no, guarda, veramente io … >> . Dalia si era sporta verso la bionda per fermarla in qualche modo.
Non riuscì a finire il discorso che la campanella suonò – la quarta volta in quella giornata – segnando la fine della ricreazione.
La mora abbassò la mano, sollevata, così come il moro.
Claudette le si avvicinò.
<< Scusa, non ho sentito; mi stavi dicendo? >> .
Dalia spalancò gli occhi, trovatasela davanti.
<< Eh? Ah, ecco … >> diede uno sguardo all’occhialuta di fianco, immersa nella lettura. << Noi dobbiamo andare, già, già! Ci vediamo dopo Claudette, ciao! >> . La mora si alzò dalla panchina e in tutta fretta si allontanò, trascinandosi dietro la castana sorpresa.
<< Ehi! M-ma cosa … ?! >>
<< Tranquilla, tranquilla; si torna su in classe! >> . Salendo le scale Dalia sorrideva euforica, visualizzando nella sua mente l’immagine dell’alto ragazzo moro che le sussurrava “Grazie” prima di aprire il portone d’entrata e  salire su in classe.
 
 
<< Allora, come sta andando? >> .
La domanda giunse d’improvviso e Dalia si girò verso l’amica.
<< Cosa intendi? >> .
Stavano in classe, durante l’ora di filosofia, e come al solito, nessuno stava prestando attenzione alla spiegazione del professore.
<< Come sarebbe a dire? Sto parlando di te e di Alessio! Allora, come sta andando? >> .
La mora arrossì e si coprì le guance con le mani.
<< N-non sta andando in nessun modo; noi siamo amici e lui è fidanzato! Fine della storia! >> .
Nora si mise a posto sul naso il sottile paio nero di occhiali.
<< Beh, questo è già un grande passo avanti >>
<< Ma sentila! Parla lei, parla! >> .
La castana alzò lo sguardo sull’amica.
<< Cosa intendi dire? Non ho mica i tuoi problemi io >> .
Dalia per tutta risposta alzò le spalle, inarcando le sopracciglia.
L’altra sbuffò. << Pensala come vuoi >> .
<< Voi due, che state chiacchierando! >> . La voce del professore fece girare la mora e la castana.
Il professore di filosofia, un uomo sulla trentina di media statura e corpulento, si avvicinò ai loro banchi.
<< Visto che abbiamo ancora un’ora di lezione, vedremo qui in classe un documentario che vi spiegherà meglio quello che vi ho appena accennato riguardo a Protagora; mi raccomando però: dovrete comunque studiare le pagine assegnate per la prossima volta! >> disse rivolto alla classe. Poi si girò verso le due amiche.
<< Voi andate a prendere i DVD nell’aula video; le chiavi le trovate nella guardiola del bidello al secondo piano >> .
Dalia e Nora annuirono, si alzarono dalle sedie e si diressero vero la porta.
 
 
In poco tempo scesero al secondo piano, dove presero la chiave dal bidello.
<< L’aula video si trova al sesto piano; è la stanza numero 419 >> . Il bidello aveva detto loro questo e le due si erano precipitate lungo le scale.
Nonostante ciò ci misero un po’ ad arrivare al sesto piano, per via di tutte quelle scale che dovettero salire.
Quando finalmente videro attaccato al muro un foglio di carta ingiallito e stropicciato sul quale era stampato in numeri romani il “sei”, sospirarono di sollievo.
Procedettero lungo il piano lentamente, leggendo il numero sopra l’entrata delle classi.
Giunte alla “416” si accorsero che la porta della “419” era già aperta e che usciva da questa uno spiraglio di luce riflessa sul pavimento.
Le due si guardarono, annuirono e si avvicinarono alla porta.
Nora si sporse leggermente dentro, avendo intravisto un’ombra muoversi per l’aula.
Girò lo sguardo tutt’intorno, per poi incrociarne un altro dagli occhi scuri e profondi.
Spalancò gli occhi castani per un secondo, li fissò a terra riflettendo un attimo, poi con un sorriso malizioso nascosto dall’anta della porta, si volse verso l’amica.
<< Dalia, vai tu a prendere i DVD. Io mi sono appena ricordata di dover andare a parlare con la professoressa di biologia. Sarò qui fra poco, chiamami se ti serve aiuto, mi raccomando >> .
Dalia annuì leggermente confusa, mentre Nora si stava allontanando, con il sorriso ancora dipinto sulle labbra.
La mora non ci pensò due volte; Si girò verso la porta, la spalancò del tutto e alzò la testa pronta ad entrare.
 
Sì, era pronta ad entrare, ma qualcosa la bloccò proprio davanti alla porta, impedendole di fare un passo avanti.
Le sue gambe, si erano irrigidite e non ne volevano sapere di avanzare.
<< Ciao! >> .
Una voce scura ma soave l’aveva salutata.
<< E … ehi Alessio! Ma che coincidenza! >> . Dalia rise nervosa, pigiando per la seconda volta il tasto di chiamata sul suo cellulare.
“ Il cliente da lei chiamato non è al momento raggiungibile” .
Maledetta Nora, questa me la paghi!
<< Stai … parlando con qualcuno? >> le chiese Alessio, con aria leggermente sorpresa.
<< Eh? … Ah, no! È il mio telefono! Lascia stare non è niente! >> rispose la moretta continuando a ridere nervosamente.
Maledetta, maledetta, maledetta!
 
Giù per le scale il motivetto orecchiabile della suoneria continuava a suonare creando eco lungo le pareti, ma la castana occhialuta non sembrava porci abbastanza attenzione. Dopo alcuni minuti, Nora prese in mano il cellulare e con noncuranza lo spense.
Continuò a scendere le scale sorridendo maliziosa.
 
<< Cosa ci fai qui? >> .
Si stava concentrando troppo su come uccidere l’amica per prestare ascolto a quello che le aveva chiesto il moro.
<< Eh? Io? Devo … devo prendere dei DVD per il proff di filosofia >>
<< E allora che fai lì alla porta; dai, vieni qui >> .
Indugiò leggermente, poi scosse la testa e inspirò.
Amici, erano solo amici, dove stava il problema?
<< Dimmi, anche tu sei qui per dei film? >> .
Domanda stupida.
<< Sì … questa è l’aula video … >> . Alessio sorrise leggermente, guardandola in modo strano.
Dalia distolse lo sguardo, imbarazzata e si diresse verso lo scaffale dei DVD sulla filosofia.
<< Io cerco di qua, non preoccuparti! >>
<< Ok … >> .
Cercarono in due scaffali opposti per qualche minuto.
Alessio cercava un qualche film sulla letteratura inglese; la professoressa non gli aveva dato un titolo preciso e il moro sperava di trovarne uno non troppo pesante.
Scelto un documentario riguardante le commedie tramandate fino al medioevo, si girò verso la moretta, intenta a sbracciarsi lungo lo scaffale della filosofia; stava cercando in tutti i modi di raggiungere lo scaffale in alto, troppo in alto per una ragazza alta come lei.
In punta di piedi spingeva il braccio sempre più su, allungando la mano e muovendo le dita, come nel raggiungerlo.
<< Posso darti una mano? >> le chiese non appena le si avvicinò .
Dalia si stupì della domanda e per un attimo si perse in quella felicità che si espanse in tutto il suo corpo; tuttavia, in men che non si dica si ricompose e annuì allegra.
Il moro le si avvicinò; allungò il braccio verso lo scaffale e toccò facilmente i primi DVD con la mano destra.
<< Allora, quale devo prendere? >> .
La sua vicinanza la faceva sentire incredibilmente piccola; non immaginava che Alessio fosse così alto.
Il suo profumo le arrivava al naso e inspirandolo ne venne inebriata.
<< E-eh? Ah … quello rosso … sulla destra .. >>
<< Ok >> .
Si mosse leggermente con le lunghe gambe magre ed il busto non eccessivamente muscoloso.
Agli occhi di Dalia, sebbene i suoi movimenti un po’ goffi, sembrava come se il moro stesse volteggiando in aria, sinuoso ed elegante.
Quegli occhi, quei capelli, quelle gambe, quella voce …
Doveva ammetterlo: era carino, era molto carino.
Quella faccia, quel carattere, quel corpo …
Per essere sinceri lo aveva pensato fin dall’inizio: era veramente carino.
Quei lineamenti, quello sguardo …
<< Eccoti il DVD >> .
Quelle labbra …
Oh, quanto mi p …
Dalia sbiancò.
Cosa aveva appena pensato?! Cosa le era passato in testa?! Veloce come un treno “Eurostar”.
Si mise entrambe le mani sulla bocca, spalancando ancora gli occhi.
No, non era possibile, no. Se lo era immaginato.
Alessio sembrò parecchio preoccupato; che cavolo le stava succedendo di punto in bianco?
<< Da .. ? >> . Non riuscì a finire che la ragazza stese un braccio, mettendogli una mano di fronte, in segno di tacere.
La mora prese il DVD tra le mani e senza guardarlo negli occhi, ringraziò il moro, sussurrando.
Non fece in tempo nemmeno a sentire cosa avesse detto, che Alessio vide la moretta schizzare fuori dall’aula.
I passi continuavano ad echeggiare lungo il corridoio, poi rimbombanti lungo le scale.
L’alto ragazzo rimase nell’aula video, esterrefatto.
<< … Eh? >> .
 
Stava ancora correndo, quando si accorse che era arrivata davanti la sua classe.
Ad attenderla fuori dall’aula c’era Nora, con il suo solito libro in mano.
<< Ce l’hai fatta finalmente >>  le disse sorridendo, prima di alzare lo sguardo verso l’amica.
Quando la vide, Dalia aveva ancora gli occhi sgranati – probabilmente a causa della corsa lungo sei piani di scale – e il volto era pallido come un cencio. Affannata, aveva dipinta sul viso un’espressione di dolore misto a sofferenza, angoscia e senso di colpa.
La gola era tesa, come per trattenere un magone.
Aveva continuato a fissare Nora con occhi spersi e spaventati; poi, quando l’altra aveva alzato il suo sguardo su di lei, il magone ebbe un sussulto e lo stomaco si contrasse.
Si sforzò di sorridere.
<< Sì, scusa, non ci arrivavo. Poi però ho preso una scala e … ci sono arrivata! >> la voce era flebile, quasi un sussurro.
Ci volle un attimo per far sì che il volto sorridente di Nora si trasformasse in una cupa espressione di minaccia.
<< Che è successo? >> . La domanda giunse secca, senza intonazione.
<< Non è successo assolutamente niente, credimi! >> . Dalia aveva ripreso colore.
Osservando l’amica, aveva pensato bene di calmarsi, per non innalzare un polverone per nulla; d’altra parte, cos’era successo? Effettivamente nulla.
Lo stomaco non le faceva più male, rilassò i muscoli facciali, abbassò le spalle e scosse forte la testa, continuando a sorridere.
Per ultimo ingoiò il magone.
Pensò che tutto fosse risolto e che quella fosse l’ennesima parentesi della sua vita da chiudere e da dimenticare; un inutile imprevisto passato così come tutti gli altri.
Inspirò recuperando il fiato della corsa e afferrò la maniglia della porta.
<< Su, andiamo! >> . Aprì la porta ed entrò.
La castana annuì, seguendola con lo sguardo, non abbassando la guardia.
Rientrate in classe e chiusa la porta, il professore accese il proiettore e fece partire il documentario, noioso così come tutti se lo erano immaginato.
Nel buio che si era venuto a creare una volta abbassate le persiane delle finestre, Dalia continuava a fissare il pannello sul quale veniva proiettato il DVD sperando di cancellare tutto quello che le stava ronzando in testa.
Cosa era successo? Perché lei …?
Aveva pensato ai suoi occhi, i suoi capelli, lo sguardo … quant’era alto!
Sì, però … tutto questo non aveva senso!
Era carino, su questo non ci erano dubbi, ok, ma più di questo non c’era!
… No?
La mora strinse il pugno; quei pensieri non facevano altro che farla arrabbiare di più!
Nora continuava a fissarla, seria.
E senza che lei se ne accorgesse, quel magone, che in realtà non era mai sparito, ricomparse a torturarle la gola cosicché Dalia non seppe davvero più cosa fare.
 
 
Chapter four: finished
Bene, bene, bene! Capitolo concluso! Fiu! Pensavo veramente di non farcela ^^ Ultimamente la mia incapacità di dare una svolta a questa storia si sta facendo vederepiù che mai, scusatemi! u.u’’ Spero comunque di aver scritto un capitolo che per lo meno vi abbia interessati un po’ (frase contorta, una delle mie tante capacità inutili). Sì, lo so, questa volta l’allegria non conquista i nostri personaggi come dovrebbe; Diego!! Ma dove sei finito! (ehe, tra poco dovrei farlo ritornare in scena XD).
Beh, è un “Act” un po’ triste, sì, ma comprendetemi: la vita non è sempre tutta rose e fiori; ogni tanto capita la giornata no. Spero di farmi perdonare nel prossimo capitolo, ci vediamo la prossima settimana con il 5°! Mi raccomando, continuate a seguirmi e a farmi sapere cosa ne pensate (errori, potevi scriverlo meglio, fai pena, buttati sotto un ponte; tutto è bene accetto, purchè costruttivo ^^)
Un bacio, a presto Astrid 5E (^^)/
 
P.s. trovate che i capitoli siano troppo lunghi? Casomai cerco di accorciarli ( i will try!) Fatemelo sapere, mi raccomando! X) ciaossu!

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Capitolo 6
*** Act Five:Chapter 5_ ***


 Un buongiorno a tutti coloro che stanno leggendo ancora questa storia! (sono stupita dalla vostra assiduità, complimenti! XD) Mi scuso per il tremendo ritardo, ma nella mia testa la frase “ cercherò di aggiornare ogni settimana “ non è ancora molto chiara; siate certi che comunque sia, in questo momento mi sto nascondendo sotto la scrivania per la vergogna e quindi scusatemi tanto! Il problema è che ultimamente ho avuto poche occasioni di scrivere e giorno dopo giorno, mi sono ritrovata al fine settimana senza neanche aver scritto mezza riga. Mi dispiace veramente di aver fatto così tardi, ma cercherò di farmi perdonare con questo capitolo.
Siate indulgenti, Astrid 5E.
 
 
Act Five_Chapter 5:
 
“A man sooner or later discovers that he is the master-gardener of his soul, the director of his life.(James Allen) “ .
“ Un uomo, prima o poi, scopre che lui è il mastro-giardiniere  della sua anima, il regista della sua vita. ”
 
Quel pomeriggio il sole era ancora alto e risplendeva luminoso nel cielo limpido; le giornate andavano allungandosi.
L’autobus avanzò piano allo scattare del verde, lungo la corsia preferenziale.
Al suo interno, un’alta castana, guardava stancamente l’orologio che si stava allacciando sul polso sinistro.
Avevano preso quell’autobus per non essere oppresse dalla confusione e dalla marea di gente che saliva e scendeva, perciò, prima del suo arrivo, avevano aspettato alla fermata una ventina di minuti più del solito, vedendosi passar davanti altri suoi simili, carichi di persone.
In quel largo abitacolo silenzioso, Nora girò lo sguardo intorno a sé più e più volte, per poi posarlo per l’ennesima volta sull’amica.
Dal suono dell’ultima campanella di quella passata giornata di scuola, Dalia era schizzata fuori dalla classe senza dire niente a nessuno ed era sparita chissà dove, tra la folla di adolescenti che si slanciava lungo le scale, per raggiungere l’uscita.
Nora e Lucia si erano guardate un attimo e preoccupate avevano seguito l’amica, fino a che non l’ebbero persa di vista e furono spinte per le scale insieme agli altri compagni di classe.
Uscite dal grosso e pesante portone rosso, si erano guardate intorno alla ricerca della bassa chioma mora e l’avevano trovata, dietro ad una colonna, seduta a terra e con lo sguardo perso nel vuoto.
Senza dire una parola l’avevano tirata su e se l’erano portata oltre il cancello nero, imboccando la via di casa; Dalia camminava dietro di loro stancamente, senza dire parola.
Quando Lucia le salutò, all’incrocio del solito semaforo vicino al fioraio, le due continuarono a camminare silenziose.
Non aprirono bocca neppure quando arrivarono alla fermata, né quando si videro passar davanti tutti quegli autobus.
Nora fissava Dalia, leggermente preoccupata e aspettava che facesse qualche movimento o che parlasse.
L’altra teneva lo sguardo fisso davanti a sé, immersa nei suoi pensieri.
D’un tratto aveva adocchiato l’ennesimo autobus, vuoto e libero di gente rumorosa e molesta.
La mora si era alzata in piedi e aveva allungato un braccio in avanti; a quel gesto,l’autobus si fermò davanti alle due e aprì le porte per farle salire.
 
Erano rimaste così per un bel po’, Nora in piedi appoggiata ad un sostegno e Dalia seduta davanti all’amica, in silenzio.
Dopo un’altra occhiata all’orologio, la castana si spazientì.
Era preoccupata per lei; che diavolo le era successo con quel moro alto due metri?!
<< Non ne vuoi proprio parlare? >> . Aveva preso un bel respiro e aveva cercato di essere naturale.
<< Parlare di cosa? >> . L’altra teneva la testa bassa, lo sguardo spento rivolto verso destra.
Nora attese per un attimo un seguito alla risposta, ma poi si decise a continuare.
<< Non so, quel che ti pare >> .
Dalia non rispose. E il silenzio tornò sovrano.
Le stava succedendo qualcosa, se lo sentiva dentro, nel profondo, ma proprio non riusciva a capire di cosa si trattasse.
Aveva visto le amiche preoccupate che cercavano di non darlo a vedere - riuscendoci pietosamente - e se ne era dispiaciuta.
In effetti, qualcosa dentro di lei le impediva di farlo, ma allo stesso tempo sentiva il bisogno di parlare, di dire tutto ciò che sentiva alla castana: di dirle che aveva incontrato Alessio, che ci aveva parlato, che gli era stata vicina e che aveva pensato … quello che non riusciva a capire cosa fosse.
Così, nel silenzio continuava a tormentarsi, non sapendo cosa fare.
Nora continuava ad osservarla e quando il suoi occhi marroni incrociarono quelli ebano di Dalia, lei le sorrise dolcemente.
<< Non c’è nessuna fretta >> la rassicurò << Non dirmi niente adesso, se non vuoi. Aspetterò finché non verrai a dirmelo spontaneamente >> .
Non voleva in nessun modo forzare la mora; se avesse voluto parlare, allora lei sarebbe stata là per ascoltarla.
L’altra annuì, accennando un sorriso.
<< Grazie >> .
 
 
Il giorno seguente, Dalia sembrò essersi ripresa; non era pimpante come suo solito, ma almeno sorrideva dolcemente e parlava con le altre ragazze di classe.
<< Ehi, De’, che mi dici? >>
<< Ohi, Dà! Finalmente ti vedo a ricreazione! Sono giorni che sparisci sempre con Nora; dove vi andate a cacciare voi due, eh? >> . La ragazza dalla corta capigliatura di un rosso acceso stava ammiccando alle due compagne.
<< Lunga storia >> le sorrise la castana.
<< Ehi ragazze che ne dite se andiamo giù? Non è ancora suonata la campana, ho il tempo di fumarmi una sigaretta >> . Un’altra ragazza dai lunghi capelli neri si era avvicinata.
<< Oh Là, fammi fare un tiro! >>
<< Va bene, va bene >> .
Le due si stavano incamminando, quando la rossa si girò verso Nora e Dalia con sguardo interrogativo.
<< Voi due: che fate, non scendete? >> .
Nora alzò le spalle e Dalia le rispose sorridendo: << No, De’, scusa, ma oggi proprio non mi va >> .
<< Le faccio compagnia >> ammise la castana, indicando la moretta al suo fianco.
<< Ok, ci vediamo dopo, allora! >> . E le due uscirono dall’aula.
Dopo qualche secondo, Dalia si volse verso Nora.
<< Voglio nascondermi >> le disse con sguardo deciso.
Nora annuì comprensiva e le sorrise.
<< Per di qua, signorina >> recitò, facendo un inchino.
Dalia sorrise, e si nascose sotto il banco come indicatole dalla castana.
Ci volle poco tempo prima che la campanella suonò e precisa come un orologio, non si fece attendere nemmeno la folta chioma bionda, che pimpante si era affacciata alla porta del terzo “D”.
<< Nora! Ciao! >> .
Claudette si era guardata intorno, muovendo veloci i grandi occhi azzurri e poi con volto interrogativo si era rivolta alla castana occhialuta.
<< Ciao >> le aveva risposto Nora, alzando una mano.
<< Senti, ma dov’è Dalia? Qui non la vedo >> .
La castana le sorrise.
<< No, mi dispiace, oggi Dalia non si è proprio vista a scuola  e probabilmente neanche domani; è malata, mi ha chiamato ieri al telefono >> .
Nello stesso momento, nascosta dalle gambe di Nora che si era appoggiata al banco sotto al quale lei si era rintanata, Dalia cercava in tutti i modi di non scoppiare a ridere, ringraziando mentalmente l’amica occhialuta e le sue doti recitative.
<< Oh, mi dispiace! Che peccato! >> . Claudette fece il broncio.
Poi rivolta alla castana: << E tu che fai, Nora? Scendi con me? >> . Gli occhi le si illuminarono speranzosi.
Nora inclinò la testa da un lato, dispiaciuta; la stupidità della biondina le faceva tenerezza.
<< No, mi dispiace, devo aiutare una mia amica a ripassare. Magari domani >> .
<< Ah, ok >> rispose Claudette, giù di morale.
Per un attimo, diede un’occhiata all’orologio e si allarmò.
<< Oh cavoli, manca poco alla fine della ricreazione! Mi raccomando, dì a Dalia di rimettersi, che l’aspetto! Io devo scappare, ciao! >> e sparì da dietro la porta.
Le due aspettarono in silenzio per qualche secondo; poi, sospirarono all’unisono.
Dalia sbucò da sotto il banco, sorridente.
<< Grazie mille! Mi hai salvato! >>
<< Ma figurati! Quando serve >> .
E continuarono a scherzare insieme liberamente.
 
Il giorno seguente si presentò molto più tranquillo di come avevano auspicato le due amiche; Claudette non si era vista, l’interrogazione per la quale Dalia non aveva chiuso occhio si rivelò più facile del previsto e per tutto il lasso di tempo che comprese dal suono della prima campanella della mattinata all’ultima del pomeriggio, non avvennero situazioni eccessivamente complicate o deprimenti.
Nel complesso, era filato tutto liscio come l’olio.
Fatto sta quindi, che le due si erano ritrovate nuovamente sull’autobus, vuoto e silenzioso.
Questa volta, però, arrivate alla fermata, Dalia sembrava più vispa e allegra rispetto a due giorni prima,  mentre conversava con l’amica castana.
Stavano aspettando solo da pochi minuti, quando Nora intravide da lontano un autobus avvicinarsi.
Si era alzata in piedi, per fermarlo non appena si fosse avvicinato, ma Dalia la bloccò sorridendo.
<< No, non questo! Prendiamone un altro; il prossimo! >> .
La castana l’aveva fissata sorpresa, ma poi aveva alzato le spalle e aveva annuito.
L’autobus seguente passò pochi minuti dopo, ma Dalia preferì prendere il prossimo ancora.
Solo quando giunse un autobus piccolo e vuoto, la mora si decise ad alzarsi, portandosi dietro Nora, ancora interdetta.
Si sedettero entrambe, accanto una grande finestra, e rimasero in silenzio per un po’.
Vedendo che l’amica non le dava spiegazioni per il suo comportamento, Nora scrollò le spalle; prese il libro dalla borsa e incominciò a leggerlo, sfogliando delicatamente pagina dopo pagina.
Dalia dal canto suo oscillava le gambe avanti e indietro, senza fermarsi, fissando fuori dal finestrino il paesaggio che scorreva veloce.
Rimase così imbambolata per qualche minuto e dopo l’ennesimo sguardo di sottecchi lanciato all’amica a fianco, scosse la testa e si girò di scatto.
<< Nora! Devo dirti una cosa! >> .
La castana chiuse il libro dalla copertina blu lentamente, tirandosi su la montatura nera. Poi si voltò verso la moretta.
<< Sono tutta orecchi >> .
Dalia inspirò.
<< Sì. … Io devo dirti una cosa, perché … beh, non capisco e mi chiedevo se potessi aiutarmi! >> .
La castana la guardava interrogativa.
<< Vai avanti >> .
La bassa moretta annuì e rifletté un attimo.
<< Allora, il problema è che … >> . Ci pensò un attimo, scosse la testa e riprese.
<< Effettivamente, prima di quest’anno, io avevo già incontrato Alessio, più di una volta! >> .
Dalia aveva parlato chinando leggermente la testa.
Al sentire quelle parole, Nora si stupì; cosa diavolo stava cercando di dirle? Inclinò la testa verso sinistra, come in attesa di chiarimenti.
L’amica alzò gli occhi sull’occhialuta e abbozzò un sorriso.
<< Forse, sarà meglio che ti racconti tutto dall’inizio >> .
 
 
***
 
Secondo anno di liceo. Quindici anni.
Una bassa moretta stava camminando orgogliosa per i corridoi.
Non era più una primina, si stava facendo valere come liceale; aveva preso posizione nel mondo: liceale al secondo anno; suonava bene.
Tornata al terzo piano con in mano il registro, aveva voglia di fischiare; ci provò, stringendo le labbra, ma subito si accorse di non averlo mai imparato.
Al suo posto qualcuno dietro di lei intonò una canzoncina melodiosa, fischiettando allegramente.
La mora si girò, trattenendo un sorriso.
<< Prima o poi lo dovrai insegnare anche a me! >>
<< Sarà fatto non appena avrai la pazienza di imparare >> .
Per tutta risposta lei le fece una linguaccia e risero insieme.
Si incamminarono di nuovo lungo il corridoio, avvicinandosi pian piano a quello che era il secondo “D”.
<< Allora, “ secondina ”, sono già tre mesi; come ti senti? >>
<< Fiera >> rise la mora << E invece te? Come ti va la vita a quindici anni? >>
<< Non male direi >> . Si rimise a posto le lenti sul naso.
<< Forza, Dalia, il professore ci aspetta! Senza di noi niente appello !>>
<< Mamma mia, Nora, quanto la fai seria! Vedrai che per un minuto in più od un minuto in meno, non se la prenderà nessuno! >>
<< Se poi si arrabbiano, la colpa è tutta tua! >>
<< Ma sentila! >> . Giunsero alla porta e l’aprirono, ancora ridendo.
Quei primi tre mesi del secondo anno di liceo, Dalia li aveva vissuti il più serenamente possibile, divertendosi giorno dopo giorno con le sue amiche, e non aveva mai avuto problemi di nessun genere.
Credeva davvero che quella serenità sarebbe durata per sempre.
 
 
La campanella era appena suonata e tutti gli alunni si erano alzati di scatto, in sincrono.
 Dalia, Nora e Lucia si erano avvicinate e stavano parlando del più e del meno, uscendo dall’aula.
<< Io ho fame, ragazze! Ci fermiamo un attimo alla macchinetta prima di scendere giù? >> chiese Lucia alle altre due.
<< Sì, va bene, anch’io sto morendo di fame! >>
<< Lo immaginavo >> scherzò Nora.
Le tre si avvicinarono alle macchinette distributrici di merendine accerchiate da decine e decine di ragazzi, pronti a svaligiarle.
Accanto alle macchinette, ce ne era un’altra, distributrice di bevande calde, lasciata da parte dalla mandria imbufalita.
Dalia le aveva già dato un’occhiata e continuava a fissarla, confrontandola con le altre macchinette.
<< Quasi quasi, ragazze, io mi prendo un tè! >> urlò alle compagne per l’eccessiva confusione, contando i centesimi nel palmo della mano destra.
Nora la sentì e le annuì, prima di sparire tra la folla, cercando di arrivare al vetro della macchinetta che aveva preso di mira; di Lucia se ne erano perse le tracce tra la folla che prendeva d’assalto l’altra macchinetta.
“ Bene bene, ho giusto trenta centesimi precisi! “
Allungò la mano per inserire un moneta nella macchina, quando i suoi dieci centesimi si scontrarono con altri venti.
I due si guardarono stupiti e rimasero così per un secondo a fissarsi sorpresi.
Appena si rese conto di stare a fissarlo, Dalia abbassò gli occhi per poi muoverli a scatti a destra, a sinistra, su , giù e ancora a destra.
<< S … scusa, davvero! Prego! >> .
L’altro sembrò riluttante.
<< No, vai prima tu. Scusa, è che non ti avevo visto >> . La sua voce aveva ancora una sfumatura giovanile che si fondeva con la profondità della voce da adulto che stava raggiungendo.
<< Davvero. Vai prima tu >> . La mora si sentiva in imbarazzo.
<< O … ok, allora; grazie >>
<< Ma figurati … >> .
Per quei due minuti che passarono mentre il ragazzo aspettava l’uscita del caffè selezionato, non poté fare altro che fissarlo, inevitabilmente; era un ragazzo di media altezza e portava i capelli nero corvini molto corti, con qualche ciuffo che gli scendeva sulla fronte, a destra.
Era snello e non eccessivamente muscoloso; la pelle bianca come latte.
Quando la macchinetta fece uscire il caffè, lui lo prese e sorrise alla moretta.
<< Grazie ancora. Ciao! >> .
Dalia lo salutò con una mano, stupendosi della bellezza di quel sorriso.
Si rese conto di aver continuato a fissarlo andar via per tutto il tempo solo quando Nora le si mise accanto e le sussurrò all’orecchio: << Buh! >> .
La moretta si spaventò e poco mancava che facesse cadere il tè bollente che stringeva nella mano destra.
<< Nora! >> urlò, arrabbiata.
Quell’altra stava cercando di rimanere seria, quand’era più che evidente che stava morendo dalle risate insieme a Lucia.
Alle urla della bassa moretta si girarono molti dei ragazzi che stavano ancora litigando con la macchinetta e altri che invece erano solo di passaggio.
Tra questi, sentito l’urlo della ragazza, si girò anche un’altra testa, pallida e corvina.
 
Non passò molto tempo che Dalia lo incontrò di nuovo.
In quell’ultimo periodo, aveva cercato di incontrarlo sempre, per caso, spinta dalla strana sensazione che provava quando lo vedeva; fin da quel momento a ricreazione, il ricordo di quel sorriso aveva generato una strana euforia dentro di lei, in procinto dello stomaco, e sentiva il cuore batterle a ritmi convulsi.
All’inizio aveva pensato di essere malata e di doversi curare; passato poco tempo dopo, pensò invece che il male stesse solo nella sua testa e che si fosse immaginata tutto.
Sensazioni simili però continuarono a ripresentarsi quell’altra mattina, a pochi minuti dalla ricreazione.
Al suono della campanella, fu l’unica a non alzarsi in piedi all’unisono con gli altri.
<< Che hai, Dalia? >> le chiese Lucia, preoccupata.
<< Ma niente; mi sento lo stomaco pieno, ma vuoto … >> poi scosse la testa << No, ma che dico! È che sto morendo di fame! Andiamo a mangiare! >> .
Lucia le sorrise triste.
<< No, scusa, mi dispiace, ma oggi proprio non posso; devo andare dal professore di matematica per dargli la mia autorizzazione. Vai con Nora, sono sicura che ti accompagna! >> .
<< Va bene, non ti preoccupare. A dopo >> .
La moretta si avvicinò al banco della castana e tutta pimpante si mise ad urlare.
<< Ho capito, ho capito, andiamo alle macchinette, ha inizio una nuova guerra >> .
La mora esultò di gioia: << Sì! Evvai! >> .
Giunte al distributore di merendine, la gente era così tanta che aveva occupato tutto il corridoio.
<< Mio dio. Qua non finiremo mai >> .
<< E allora che si fa? >> chiese Dalia preoccupata.
Nora rifletté un attimo, poi schioccò le dita e si girò indietro.
<< Prendiamo l’altra scala e andiamo al piano superiore; ci sono delle macchinette anche lì >>
<< E tu credi che ci sia meno gente? >>
<< Beh, se qui ci sono tutti questi ragazzi >> le sorrise la castana << Di sicuro non staranno al quarto piano! Su sbrighiamoci! >> .
<< Ok! >> .
Avevano imboccato le scale e stavano salendo, quando sentirono delle voci scendere giù, verso di loro.
Si incontrarono sul pianerottolo; loro per andare al quarto piano, i due ragazzi per scendere al terzo.
Dalia era rimasta a fissarlo, chiedendosi come mai la fame fosse aumentata d’improvviso; il ragazzo moro e l’amico rimanevano davanti a loro, non sapendo che fare.
Nora dal canto suo li squadrava da sopra le lenti, con sguardo severo; spostava lo sguardo prima su Dalia, poi sul moretto davanti a lei, poi ancora su Dalia e sul biondino alla sinistra del ragazzo.
Come infastidito da quello sguardo indagatore, il moro le salutò, entrambe.
La moretta gli rispose in un sibilo, perché la voce non le usciva.
Sentì il cuore perdere un battito.
Mamma mia. Quel ragazzo era veramente carino.
Imbarazzata, Dalia si mise da parte, facendo passare i ragazzi; Nora fece lo stesso, continuando a fissare il moro con espressione dubbia.
Quando i due si allontanarono abbastanza, le ragazze ripresero a salire le scale, una ancora frastornata, l’altra completamente spiazzata: Chi diamine era quello? Perché le aveva salutate?
Ci pensò un attimo; poi alzò le spalle e decise di non prestarci maggiore attenzione.

***
 
 
Dalia era rimasta in silenzio, dopo aver praticamente confessato alla castana quello che più la tormentava in quel periodo.
Da quel primo incontro con Alessio, l’aveva subito ritenuto un bellissimo ragazzo, carino attraente e così via.
<< E tutt’ora credo che sia carino! Ma solo questo! >> . Si giustificava senza motivo, eppure sentiva il bisogno di farlo.
Nora continuava a riflettere, si spremeva le meningi, strizzava gli occhi concentrata …
<< Niente >> sbuffò arresasi << Non mi ricordo niente di tutto questo; ma davvero l’ho incontrato anche io? >>
<< Sì, e ci ha pure salutato >> le rispose Dalia, per la centesima volta.
<< No, proprio non mi ricordo >> . La grande capacità dell’occhialuta era il poter dimenticarsi immediatamente di tutte le cose di cui non le importava niente.
Il problema era cercare di fargliele ricordare quando occorreva.
Nora alzò le spalle.
<< Io non mi ricordo, ma se mi dici che è successo davvero, ci credo >> si arrese definitivamente.
<< Adesso … il tuo problema … qual è? >> chiese poi.
La moretta esitò.
<< Ecco, ho sempre pensato che fosse un ragazzo carino; voglio dire, guardalo un po’ … comunque per me è sempre stato ed è tutt’ora carino, sì, ma solo questo! Eppure … mi sento in imbarazzo quando sto con lui e quando c’è pure Claudette vorrei che qualcuno mi seppellisse sotto terra! >>
<< Perché vorresti questo? >>
<< Perché … perché …  >> . Non riusciva ad ammetterlo.
Affermarlo sarebbe stato un grande passo avanti, una svolta; Nora lo sapeva e sapeva anche quanta paura avesse Dalia ad affrontare la realtà.
<< Dillo, ti sentirai subito meglio >>
<< Io non penso >>
<< Non risolvi niente a far così! … Uh! È la tua fermata, devi scendere. Continuiamo questo discorso più tardi, al telefono >> .
La moretta annuì e scese dall’autobus.
Lo vide allontanarsi con sopra la castana che la salutava.
Ricambiò il saluto e quando l’autobus girò a sinistra, fece dietro-front e camminò lungo la strada di casa.
 
 
<< Chiarita le idee? >>
<< No >>
<< Dalia … ! >>
<< Non è colpa mia! In nessun modo! >>
<< Sei cocciuta, ecco cosa sei! >> .
Dalla cornetta Nora sospirò.
<< E va bene, adesso fai un bel respiro. Non succede niente, tranquilla >> .
La mora seguì il consiglio; chiuse gli occhi e inspirò profondamente.
Sì, in fondo, cosa poteva succedere? Assolutamente niente.
<< Ok, ci sono >>
<< Va bene. Perché preferiresti trovarti sotto terra piuttosto che trovarti di fronte Claudette ed Alessio? >>
<< Perché avrei voglia di ucciderla! Non mi piace il suo comportamento, gli sta troppo appiccicata! Deve staccarsi! Staccarsi, capito?! Non lo deve toccare! >> . Dalia parlò tutto d’un fiato, senza pensarci due volte.
Ascoltatasi e resasi subito conto di ciò che aveva detto, si tappò la bocca con una mano.
<< Dalia, l’avrai già capito da sola, immagino; comunque sia, ecco la mia teoria: lei è la sua fidanzata; lei ha il diritto di stargli appiccicata. Giusto? >>
<< Sì >> . La voce della moretta era sottile.
<< Ma a te dà fastidio il suo comportamento >>
<< Sì >>
<< E te ne vergogni >>
<< Sì >>
Nora attese qualche secondo.
<< Sei pronta? >> . Prese il silenzio come una risposta affermativa.
<< Tu sei gelosa >> .
Quelle parole la colpirono, pesanti come un masso; tuttavia, suo malgrado dovette ammettere che quel masso era già conficcato nel suo cuore e premeva, causandole dolore.
<< È così? >> .
Esitò. Poi scosse la testa.
<< Sì >>
Nora sospirò, sollevata.
<< Questo vuol dire solo una cosa. … >>
Nessun commento. Procedette.
<< … Ti piace, non ci sono altre spiegazioni >> .
Il mondo le crollò addosso, ma in fondo era come se fosse già crollato molto tempo prima.
Cercò di parlare di nuovo.
<< Ti … ti dispiace se ci sentiamo più tardi, Nora? >>
<< No, no, figurati, non ti preoccupare. Avevo già previsto una reazione simile >>
<< Non avercela con me >> .
Nora sorrise appena.
<< Ma figurati! >> . La salutò di nuovo e mise giù.
Con la cornetta ancora in mano e il suono martellante della linea all’orecchio, Dalia, che si era appoggiata alla porta di camera sua, stava pian piano scivolando su di essa - fino a toccare il pavimento con la mano-  sedendosi sul marmo freddo delle mattonelle, rabbrividendo leggermente al contatto.
Con lo sguardo perso, tirò indietro la testa e si lasciò andare.
<< Mi … piace? >> .
Se lo ripeté in mente una decina di volte prima di dirlo a voce alta.
Si sentiva sollevata perché in casa non c’era nessuno.
<< Mi piace >> .
E delle calde lacrime incominciarono a scendere sul suo volto.
 
 
Chapter five: finished
Bene bene, capitolo concluso! Non immaginate quante notti insonni abbia passato a scrivere e a riordinare pezzi di storia qua e là buttati giù durante quei pochi minuti di tempo libero che ho avuto! X) Non arrabbiatevi con mese anche questo capitolo è leggermente deprimente, vi prego; è che altrimenti non mi diverto! (no, non sono sadica! … leggermente, forse ;P). Comunque! Stiamo facendo progressi, la nostra Dalia ha iniziato a camminare sulle sue gambe! Sinceramente non vedevo l’ora di scrivere questo capitolo, ma la storia ha un suo percorso e non posso mai anticipare niente prima di aver scritto qualcos’altro.
Nei prossimi capitoli avremo presto un Diego-centric per tutte le appassionate! Devo solo organizzare per bene tutta la struttura della storia ma ci sto lavorando, abbiate fiducia!
Con questo vi saluto, penso di avervi annoiato abbastanza! Ancora un grazie a chi è arrivato a leggere fin qui e un saluto a tutti! Baciuzzi, Astrid 5E.

P.S. Giadina! Lo so che stai lì! Hai visto? L’ho pubblicato! X) Ciaossu!

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Capitolo 7
*** Act Six:Chapter 6_ ***


Act Six_Chapter 6:
 
“Don't go around saying the world owes you a living. The world owes you nothing. It was here first. (Mark Twain) ”.
“ Non andare in giro dicendo che il mondo ti deve far vivere. Il mondo non ti deve nulla. Era qui da prima ”.
 
Era quella una calda giornata, nonostante il tempo rigido annunciato dalle previsioni quella stessa mattina alla televisione.
I capelli biondi danzavano scompigliati dal vento, dandogli un fastidio tremendo; più e più volte aveva spostato le ciocche bionde, eppure quelle ritornavano sistematicamente sulla sua fronte, provocandogli dei leggeri brividi.
D’un tratto alzò gli occhi al cielo, azzurro e senza nuvole, e si perse nei suoi pensieri.
Era da parecchio tempo che non vedeva più quella moretta, tappa e vivace; un po’ gli mancava.
Dal venerdì della settimana passata, non aveva avuto più modo di sentirla, neanche volendo; si era rintanata in casa – con la scusa di dover fare le pulizie -  e non voleva vedere nessuno.
Una volta aveva cercato di chiamarla al telefono, ma appena aveva risposto, riconosciuta la sua voce, gli aveva attaccato in faccia, urlandogli che non voleva sentire nessuno.
Da quel momento era passata una settimana senza che si fossero neanche parlati.
La cosa lo metteva abbastanza a disagio; che cosa le stava capitando? Cos’era tutto d’un tratto questa storia di non voler vedere né sentire nessuno? Erano queste domande che continuavano a ronzargli in testa.
Più di una volta l’aveva vista schizzare fuori dal portone guardandosi intorno, al timore di essere scoperta; al ritorno da scuola l’aveva incrociata più di una volta, ma prima che avesse potuto aprir bocca, la mora aveva girato prontamente l’angolo, sparendo tra i vicoli del quartiere.
In quell’ultimo periodo, addirittura, non la vedeva neanche più!
Si mise una mano fra i capelli, scompigliandoli ancora di più.
Inspirò profondamente e chiuse gli occhi. Poi espirò lentamente.
Stava aspettando là da più di tre quarti d’ora; dove cavolo si era cacciato quell’altro?! Aveva già fin troppi problemi a cui pensare …
 
<< Ehi, Diego! Ciao! >> .
Per la sorpresa balzò in piedi e poco ci mancò che cadesse all’indietro dallo schienale della panchina sul quale si era seduto.
<< Ma che diavolo … ! >> . Un faccia tonda e sorridente gli si era piazzata davanti e lo guardava con occhi stretti come due fessure.
<< Diego! Da quanto tempo! Non ti vedo da un sacco! >> .
Il biondino strabuzzò gli occhi istintivamente: era lei.
Non si vedeva in giro da una settimana e in quel momento l’unica cosa che sapesse dire era quello?!
<< Ehi, ma … sei cresciuto? Ti vedo più alto >> .
Il ragazzo sorrise.
<< Buffona. Lo sai benissimo che sono sempre stato più alto di te, l’adolescenza non centra un bel niente! >> . Si fermò un attimo a fissarla.
<< Già. Ripensandoci, non centra niente neanche con te! >> . Schivò per un pelo un pugno della moretta, rossa come un peperone.
<< Ma sentilo! Sta a vedere che stavolta ti faccio cadere sul serio da quella panchina! >> .
Diego rise di gioia.
Quella ragazzina lo metteva sempre di buonumore, sempre.
Si strinse lo stomaco con le braccia, curvandosi leggermente, alla vista dell’amica imbronciata che a pugni stretti gli stava davanti, in punta di piedi.
<< E non dire che sei più alto te, stavolta! >> .
Non riuscì a risponderle per le risate e ben presto l’allegria coinvolse anche la mora che allargò le labbra in un grande sorriso; i due risero in coro come non facevano da un bel po’ di tempo.
 
 
<< Allora, me lo dici il motivo di tanta riservatezza? >> .
Stavano ancora su quella panchina nel bel mezzo del parco sotto casa; lei giocherellando con le dita a gambe conserte sul sedile; lui seduto sullo schienale verde smeraldo, le mani intrecciate fra loro.
Dalia si girò verso di lui con aria interrogativa; Diego guardava fisso davanti a sé, come perso nei suoi pensieri.
Non avendo ricevuto risposta, il biondino girò la testa verso l’amica.
<< Perché non ti sei fatta più vedere in giro, in quest’ultimo periodo? Mi stavo preoccupando!  >> .
La mora abbassò lo sguardo sulle sue mani, ricominciando a giocherellarci.
Già, era vero. Si era chiusa in casa per diversi giorni.
<< Non volevi vedere né sentire nessuno! >>
 Non c’era una ragione precisa per cui aveva deciso di farlo; sentiva solo un irrefrenabile bisogno di stare da sola, nonostante questo istigasse i pensieri ad arrovellarsi nella sua mente.
Perciò aveva cercato di stare da sola e di non pensare a niente, facendo le pulizie e le faccende di casa.
In questo modo, giorno dopo giorno, aveva soppresso tutte quelle vocine assurde che le ronzavano in testa e cominciava a sentirsi di nuovo se stessa, nonostante non fosse mai cambiata.
Si mise una mano sul cuore.
No, non era vero.
Proprio uguale uguale a prima, non lo era più.
 
<< … E quindi mi ero preoccupato! >> .
Alzò nuovamente lo sguardo sull’amico, risvegliandosi dai suoi pensieri.
Diego d’altro canto, interruppe il suo sproloquio, per guardarla nuovamente negli occhi. Poi, con sguardo scocciato sbuffò.
<< Non mi stavi ascoltando. >>
<< … Eh? … Che … cosa? >> . Cercò di fare la vaga, spostando lo sguardo a destra e a sinistra.
L’altro  abbassò le spalle stancamente.
<< Lascia stare, non importa >> .
Dalia gli sorrise.
Si sentiva bene stando con Diego, non doveva trattenersi né avere peli sulla lingua.
Doveva ammetterlo:  aveva sentito molto la sua mancanza, durante quegli ultimi giorni …  .
 
 
Erano rimasti a parlare su quella panchina per qualche minuto, eppure sembrò come fossero ritornati bambini, raccontandosi del più e del meno, per attimi che parvero interminabili.
Piegando la testa all’indietro, l’ombra delle fronde del pioppo coprì il volto di Dalia, illuminandola, di tanto in tanto, con i raggi del sole che filtravano tra i rami.
La ragazza inspirò forte, sorridendo.
<< Allora, perché stai qui? >> .
Il biondino si girò verso di lei.
Seduta sulla panchina, la mora aveva allungato le gambe a terra e tenendo ancora la testa rivolta alle fronde dell’albero, aveva socchiuso gli occhi.
Diego sorrise e imitando l’amica, piegò la testa.
Il silenzio fra i due diede spazio al rumore del vento e al canto degli uccelli di fare da sottofondo.
<< Rispondi, scemo >>
<< Cosa devo rispondere? >>
<< Perché stai qui? Non hai niente di meglio da fare? >> .
Silenzio.
<< Così sembra >> .
Un pigolio lontano fece eco ad altri cinguettii sparsi tra gli alberi del parchetto; un altro pigolio sembrava invece più vicino degli altri.
<< Possibile …? >>
<< Cosa? >> .
Dalia trattenne un sorriso.
<< No, niente >> .
Si abbandonò ai suoni primaverili di quella giornata, ripensando a quanto le fossero mancate giornate del genere; avrebbe desiderato rimanere là, su quella panchina, immersa in quel piccolo angolo di paradiso per sempre, senza pensieri, tristezze, angosce; ansia.
Avrebbe voluto rimanere là, con il suo migliore amico. A giocare, divertirsi, essere sereni.
Con il suo migliore amico. Con Diego.
Con lui, sarebbe voluta ritornare bambina. Per sempre.
<< Sai che … >> . Si girò verso di lui e lo sorprese a guardarla.
Si era fermato ad osservare quel volto dai lineamenti rotondi, le guance morbide e gli occhi vivaci.
I capelli le si muovevano dolcemente al vento mentre le lunghe ciglia le chiudevano gli occhi; le labbra sottili avevano preso la forma di un lieve sorriso e le sopracciglia leggermente inarcate le davano un’espressione beata e rilassata.
Si era imbambolato a fissarla per qualche minuto, con il mento poggiato sul dorso della mano.
I capelli, nonostante gli accarezzassero la fronte, non gli davano più alcun fastidio.
D’improvviso si era tirata su, aveva spalancato gli occhi marroni e li aveva spostati su di lui, in cerca di una risposta.
Non se ne accorse subito.
<< … Diego … ? >> .
Si sentì chiamare e sbatté le palpebre due o tre volte.
La moretta lo fissava, con aria interrogativa.
<< C … cosa? >> le chiese.
Lei distolse subito lo sguardo, abbassandolo sui suoi piedi.
<< Ah! … Niente! >> .
D’un tratto si sentiva a disagio; non era triste o chissà che … diciamo in … imbarazzo.
In effetti, si era appena accorta di quanto Diego fosse cambiato, da quando si erano conosciuti la prima volta: si era alzato ed era diventato quasi due spanne più alto di lei; inoltre più passava il tempo, più le sembrava magro e snello. I capelli color oro gli scendevano sulla nuca e sul collo e scompigliati già dalle sue mani, con quel vento erano ancor più mossi.
Si accorse solo allora che il suo migliore amico non era più il bambino che ricordava; oramai si stava trasformando in un uomo.
Sorrise a quei pensieri; nonostante stesse cambiando nel fisico, l’atteggiamento sprezzante e allo stesso tempo insicuro che aveva nei suoi confronti, non era cambiato di una virgola.
Le venne da pensare, all’improvviso, che, per versi opposti, lui e Nora si assomigliavano.

Spalancò gli occhi. Oddio! Nora!
<< Nora! >> . Urlò senza pensarci.
Con un balzo, Diego saltò giù dalla panchina.
<< Dove?! >> chiese a Dalia terrorizzato, girando la testa a destra e a sinistra con occhi vigili.
<< Non è qui! Magari lo fosse! Le avevo promesso che sarei andata da lei questo pomeriggio! Che ore sono?! >> .
Alla vista della mora agitata e in ansia, il biondino si tranquillizzò un po’.
<< Le … cinque e mezza >> le rispose, riposando il cellulare nella tasca dei jeans.
L’amica si illuminò.
<< Sì! Ce la posso ancora fare! Grazie mille, Diego! Ci vediamo domani mattina! O stasera! >> gli urlò salutandolo con una mano.
L’altro la vide allontanarsi in preda alla corsa e non poté fare a meno di sorridere.
Era una strana ragazza, per certi versi parecchio strana, ma gli piaceva.
Gli piaceva davvero tanto.
 
Sospirò ancora, risedendosi sullo schienale della panchina.
Al suono di quel nome aveva avuto semplicemente i brividi; Nora lo terrorizzava, assolutamente.
Per essere carina, non era certo una brutta ragazza, ma il suo comportamento gelido e impassibile, lo faceva sentire continuamente fuori luogo.
<< Che ci andrà mai a fare da quella lì alle cinque e mezza … >> .
Si fermò un attimo a ragionare sull’orario; cinque e mezza?! Ma quanto cavolo di tempo ci stava mettendo ad arrivare?!
 
 
Dalla corsa, Dalia era passata a saltellare, poi a camminare velocemente, fino a che non si era sprecata in una lenta e rilassante passeggiata lungo il viale di ghiaia del parco.
Dopotutto si era accorta di avere ancora parecchio tempo e aveva deciso di prendersela comoda per non stancarsi troppo.
Stava già a metà strada, persa nei suoi pensieri; d’un tratto schioccò le dita e si mise una mano sulla fronte.
<< Oh accipicchia! Mi sono dimenticata di dirgli quella cosa! >> .
Prese dalla tasca il cellulare e lo fissò un attimo.
In effetti non era una cosa molto importante, ma in fondo aveva ancora un po’ di tempo …
Gli voleva bene.
Era il suo migliore amico e avrebbe voluto essere la sua migliore amica per sempre; sarebbe voluta rimanere bambina e giocare insieme a lui.
Aveva fatto dietro-front e le sue gambe avevano iniziato ad alternarsi sempre più velocemente.
Era il suo migliore amico e gli voleva bene come ad un fratello.
Era Diego e gli era mancato un sacco in quell’ultima settimana.
Uno, due, uno due.
Sì, sentiva che doveva dirglielo.
Anche se lui l’avesse presa in giro, anche se avesse fatto l’indifferente o se avesse finto di arrabbiarsi, ci avrebbero riso sopra. Insieme.
Si ritrovò a correre lungo quello stesso viale, senza stancarsi più di tanto.
Era una cosa stupida, una sciocchezza, ma sapeva che gli avrebbe fatto piacere.
Come avrebbe fatto piacere pure a lei.
 
 
Il rumore dei passi lenti lo distolse dai suoi pensieri.
Si girò verso quella direzione, riconoscendoli subito.
Dal vialetto pian piano stava arrivando una persona, passo dopo passo.
Il biondino venne quasi infastidito da tanta lentezza e balzò nuovamente giù dalla panchina.
<< Allora, amico, ce ne hai messo di tempo, eh? >> .
 
 
Le ci volle poco per riprendere la strada iniziale e ben presto, intravide tra le fronde degli alberi la chioma bionda dell’amico.
<< Eccolo! >> . Sorrise divertita, pregustando la reazione del ragazzo.
Non se ne accorse subito, ma fatti alcuni passi avanti, notò accanto a quella di Diego anche un’altra chioma, nera come una mora.
Rallentò il passo fin quasi a camminare, a non meno di venti metri di distanza dai due e si sentì il sangue imporporarle le guance.
 
Diego gli si era avvicinato e continuava a scherzarci divertito, mentre l’altro, alto, magro e dalla scompigliata capigliatura scura, gli sorrideva e gli parlava.
Poco più distante, la bassa moretta era rimasta incredula: lui? Lui qui? Com’era possibile? Diego conosceva …
 
<< Alessio? Mi ascolti? >> .
Gli occhi del moro erano caduti sulla folta chioma mora che aveva visto avvicinarsi pian piano; l’aveva intravista tra gli alberi e l’aveva inconsciamente seguita con lo sguardo.
<< Sto parlando con te! >> . Diego lo distolse dalla ragazza.
<< Eh? Ah, sì, scusa, non ti avevo sentito. Che dicevi? >> .
 
“ Oddio, mi ha vista. Si è accorto di me. E ora che faccio? ”.
Dalia si stava mordendo il labbro inferiore con rabbia; sentiva di star per piangere di nuovo, dopo giorni in cui aveva cercato di trattenersi.
Sentiva che tutti quei sentimenti che da poco aveva scoperto saper provare, le traboccarono fuori d’improvviso, mandando all’aria i duri tentativi precedenti.
Non aveva visto né sentito nessuno; aveva pensato ad altro; si era rilassata, estraniata da tutto. E ora?
Lo aveva rivisto e quella lunga settimana era andata in fumo in neanche due secondi.
Doveva dire una cosa a Diego, il suo migliore amico.
Gli era mancato, lo voleva ringraziare, per tutto quello che aveva sempre fatto per lei.
Eppure, quel dolore glielo impediva.
No, glielo avrebbe detto un’altra volta. In quel momento stava facendo tardi all’appuntamento con Nora.
Girò nuovamente i tacchi di scatto.
Il pensiero dell’amica che l’aspettava per un attimo la confortò.
Prese a correre di nuovo a testa bassa senza smettere di mordersi il labbro.
 
Si era girato nella direzione in cui il moro non smetteva di guardare e aveva visto di sfuggita una testa dalla folta chioma mora allontanarsi, poco prima di sparire tra le fronde degli alberi.
Possibile che quella fosse … Dalia?
Rivolse nuovamente un’occhiata guardinga all’amico che ricambiò interrogativo.
Diego scosse la testa.
<< Su,su! Forza sbrighiamoci! >> lo esortò, dandogli una pacca sulla spalla.
<< Stiamo già in ritardo, per colpa tua! Non peggioriamo le cose, altrimenti gli altri se la prendono con noi! >> .
Alessio annuì, e i due si allontanarono insieme.
 
 
Anche quella mattina il sole splendeva nel cielo, azzurro e limpido.
Effettivamente, ultimamente le previsioni non ci prendevano molto.
Diego continuava a pensarci divertito, quando vide sbucare dal vicolo alla sua destra la bassa moretta.
Aveva lo sguardo fisso rivolto al cielo e quasi imbambolata continuava a camminare lentamente.
Il biondino sorrise e le si avvicinò piano, senza che se accorgesse.
<< Certo che le previsioni non indovinano mai >> . Dalia parlava più a se stessa che a qualcuno in particolare.
Ma una voce le rispose ugualmente. Facendole prendere un colpo.
<< Hai proprio ragione! >>
<< Diego! >> .
La bassa moretta aveva perso un battito al cuore dallo spavento e poco ci mancava cadesse per terra.
<< Mi hai fatto prendere un colpo! Cosa ti è preso! >>.
Per tutta risposta l’amico proseguì a camminare, fischiettando indifferente.
La mora sorrise.
<< Ehi ,tu! Sto parlando con te! Devo dirti una cosa, vedi di ascoltarmi! >>
<< Mi dica tutto, signorina, sono al suo completo servizio! >> .
Dalia raggiunse il biondino e gli tirò il cappuccio della felpa grigia che indossava.
<< Ehi! Allora, che mi dovevi dire? >> le chiese Diego, tornando serio per quanto gli fosse possibile.
La mora ci pensò un attimo.
Effettivamente non aveva nulla da dirgli, se non quello che aveva in mente ieri.
Ieri
<< Ehm, senti … mi chiedevo se … >>
<< Dimmi >> la esortò lui.
<< Tu … conosci per caso qualcuno di scuola mia? >> .
La domanda lo sorprese, ma stette al gioco.
<< Più di una persona, lo dovresti sapere; perché? >> .
Dalia distolse lo sguardo.
<< Mah, non so … >> cercò di fare la vaga.
<< È che c’è una mia amica che è fidanzata … non so se la conosci .. >>
<< Dimmi il nome, facciamo prima >>
<< Claudette >> . Pronunciò quel nome con una disinvoltura che aveva richiesto molti sforzi in precedenza.
Il biondino fece finta di pensarci su, ma aveva capito subito di chi stesse parlando.
<< Ah, sì, ora che me lo dici sì, la conosco una che si chiama così, a scuola vostra. Beh, che ti serve sapere? >> .
I due si stavano avvicinando alla fermata ai piedi della salita.
Mancava poco prima che si sarebbero salutati, doveva chiederglielo in quel momento.
<< Conosci per caso … il suo ragazzo? >> .
Diego rallentò il passo.
<< Perché questa domanda? >>
<< Ah .. ! No, niente, vi ho intravisti ieri mentre stavate parlando e insomma mi chiedevo se … abita qui vicino? Insomma, siete amici da molto? E … dove abita con precisione? >> .
Il biondino la fissava incredulo, quasi scioccato.
D’altro canto, lei si rese subito conto di quello che gli aveva chiesto e impallidì. Poi arrossì.
Si mise una mano sulla guancia e abbassò di nuovo gli occhi a terra.
Non aveva riflettuto e aveva chiesto d’impulso tutte quelle domande che le ronzavano in testa dal pomeriggio precedente.
“ Cerca di chiederglielo discretamente, non credo gli faccia piacere sentirsi domandare tutte queste cose su di un ragazzo dalla sua migliore amica” .
Nora le aveva dato questo consiglio solamente la sera prima e lei aveva già rovinato tutto la mattina dopo!
Alzò lo sguardo al suono di un motore che risuonava sempre più forte.
Si voltò e intravide dalla curva alle sue spalle un autobus avvicinarsi. La fermata si trovava ad una trentina di metri avanti a lei.
<< Ehm, io adesso vado, altrimenti perdo l’autobus. Non fa niente se non mi rispondi, dimenticati quello che ti ho chiesto, va bene? Ciao, Diego, ci vediamo! >> .
Cercò di essere il più naturale possibile e si allontanò sospirando di sollievo.
 
Una volta salita sull’autobus, la vide allontanarsi sempre più, verso la sua scuola.
Il biondo era rimasto là, immobile.
Quelle domande lo avevano preso alla sprovvista.
Alessio? Che c’entrava  Alessio proprio in quel momento?!
Un pensiero gli attraversò velocemente la testa.
Possibile che … ?
L’autobus era sparito dietro la curva a sinistra.
Diego mantenne lo sguardo dritto davanti a sé, serio.
<< Dalia … >>
“ Come diavolo faccio a dimenticare quello che mi hai chiesto?! Maledizione! “
 
 
Chapter 6: finished
E rieccoci qua! Dopo essere sparita nei meandri del secondo quadrimestre, ho avuto un attimo di respiro e sono riuscita a tirarmi fuori dai libri di testo almeno durante le vacanze di Pasqua! (non cantar vittoria che già da domani ti tocca metterti sotto! >.>) E quindi mi sono subito rimessa a scrivere su questa tanto beneamata tastiera sfornando gli sproloqui più infiniti di questa galassia! Ho finito di scrivere giusto giusto all’una di notte e quindi ho poco da aggiungere se non che sono stanca morta! >.<”
Per questo capitolo mi sono immaginata la tipica ambientazione da manga shoujo: sfondi pieni di alberi, l’ombra delle fronde sul viso, la panchina in mezzo al verde ecc ecc; le solite ambientazioni shoujo, insomma!  X)
Visto che siamo nel periodo, auguro a tutti voi una buona Pasqua! Questo è il mio regalo per voi! Auguri!
Ringrazio tutti coloro che sono arrivati a leggere fino a qui: apprezzo il vostro sforzo con tutto il cuore! Grazie mille! Un grazie anche a chi recensirà, chi avrà letto e basta e chi interpreta male le mie storie ma comunque ha la gentilezza di continuare a leggere  * ogni riferimento è puramente casuale * XD
Ora, sono stanca morta e me ne vado a dormire.
Baci a tutti, chi svegli chi addormentati, Astrid 5E! (^v^)/” < ciao, ciao!

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Capitolo 8
*** Act Seven:Chapter 7_ ***


E-ehm! Dopo essere arrivati fin qui, ormai tutti quelli che seguono questa storia avranno già notato la mia famosa “puntualità” e la mia capacità nel mantenere gli impegni. … Bene! Di conseguenza, senza altri indugi, diamo il via a questo nuovo capitolo! (me ne vergogno, sappiate che me ne vergogno -.-)
 
 
Act Seven:Chapter 7_
 
“ All the art of living lies in a fine mingling of letting go and holding on (Havelock Ellis). “
“ Tutta l’arte di vivere si trova in una bella mescolanza di lasciarsi andare e aggrapparsi ”.
 
La notizia le giunse d’improvviso e la colse alla sprovvista.
<< Eh? >> .
 
Quella soleggiata mattina, dal cielo limpido e chiaro, era cominciata monotona come suo solito.
All’interno della classe, le urla e gli schiamazzi dei ragazzi rimbombavano sulle pareti.
Nonostante la confusione, solo il suono stridulo della campanella riuscì a risvegliare la moretta persa nei suoi pensieri.
Svogliatamente prese il cellulare dall’astuccio, sbloccò la tastiera e diede un’occhiata allo schermo.
<< Sbrigati che sta arrivando >> . Nora le si era avvicinata.
Dalia alzò lo sguardo sull’amica e annuì.
Le undici e venti: Claudette stava per arrivare.
Puntuale come un orologio, la folta chioma bionda non si fece attendere e fece capolino dalla porta di metallo grigio non appena le due ragazze si furono alzate in piedi.
<< Dalia! Nora! Venite, andiamo! >> sorrise allegramente.
La mora e la castana ricambiarono il sorriso e la seguirono, rassegnate.
Salutarono di sfuggita Lucia, che le incitò a non arrendersi, e uscirono tutte e tre dall’aula.
 
Scendendo le scale, iniziarono a chiacchierare insieme, una con voce squillante, una con tono pacato, l’altra impacciata.
<< Oggi Alessio non c’è, non è venuto a scuola >> sussurrò quasi la bionda, accennando un broncio.
<< Ah sì … >> . Dalia fu in parte sollevata da quelle parole; non aveva la minima intenzione di vedere il moro, non dopo quel giorno …
Chissà cosa gli avrà mai detto Diego, dopo quella domanda che gli aveva fatto … .
Già, Diego, chissà se aveva capito qualcosa …
<< Comunque vi sono venuta a cercare per chiederti una cosa, Dalia! >> . La biondina si era girata verso la moretta sorridendo di nuovo.
Nora le diede una pacca sulla spalla e Dalia alzò la testa di scatto.
 

 
<< Eh? >> .
Aprendo una delle pesanti ante del portone, Claudette le sorrise di nuovo.
<< Sì! Che te ne pare? >> .
 
Si erano sedute tutte e tre sulla solita panchina del cortile, accanto al pesco.
<< Hai detto … una gita? >> .
La biondina addentò delicatamente il panino e poi annuì decisa.
<< Sì! Non ti pare un’ottima idea? Usciamo tutti insieme! Vedrai, sarà sicuramente divertente! >> .
Dalia non era del tutto convinta dell’idea; stare tutto il giorno insieme a quei due e vederli abbracciati davanti ai suoi occhi per tutto il tempo non era proprio il suo concetto tipico di “ divertimento sfrenato ”.
Sentendosi persa, aveva lanciato un’occhiata di scongiuro alla castana, ma quella intenta nella sua lettura, l’aveva ricambiata con un mezzo sorriso, alzando le spalle; dopotutto lei cosa poteva farci? Non era stata mica invitata.
La mora sospirò.
No, grazie, una tortura come quella non l’avrebbe sopportata senz’altro.
<< Ecco, Claudette, mi dispiace ma … >> . Il suono della campanella interruppe a metà la frase di Dalia.
<< Oh, no! Adesso ho il compito in classe di italiano! >> . La bionda era scattata in piedi.
<< Dillo a noi, che abbiamo l’interrogazione di letteratura inglese >> sospirò invece Nora.
Claudette annuì comprensiva.
<< Sentite, ragazze, ci vediamo dopo la scuola all’uscita. Mi raccomando, Dalia, dammi la conferma più tardi! Ci vediamo! >> le salutò correndo.
La castana trattenne un sorriso e appoggiò una mano sulla spalla dell’amica.
<< Andiamo, forza >> .
<< Ok … >> .
Avrebbe risposto più tardi alla proposta della biondina e la sua idea non sarebbe cambiata.
 
Fatto sta che dopo il suono della metallica campanella, ad aspettarle all’uscita le due non scorsero tra la folla solo la folta chioma bionda della ragazza.
<< Diego! >> gli urlò stupita Dalia, una volta raggiunta Claudette.
Il ragazzo si girò verso di loro, colto a parlare animatamente con la biondina.
<< Ehi! >> . Il biondo le salutò entrambe con un sorriso.
<< Di … di che stavate parlando? Vi abbiamo interrotto? >> .
Claudette la guardò interrogativa, con un largo sorriso stampato in faccia.
La moretta era leggermente in ansia; le aveva detto qualcosa riguardo Alessio? Aveva capito veramente qualcosa?
Da tutti quei pensieri la allontanò la castana.
<< Non ti impicciare in cose che non ti riguardano. E adesso andiamo, siamo in ritardo >> le disse atona.
<< Ah! Aspettate! Dalia! >> .
Quella si girò; la biondina le aveva afferrato un lembo della maglia.
<< Non mi hai ancora risposto. Allora? Ci vieni domenica? >> .
Si morse un labbro nervosa.
<< E … te lo faccio sapere al telefono, non preoccuparti, ok? Ciao, adesso dobbiamo proprio andare! >> le rispose sorridendole leggermente mentre si allontanava.
Claudette la salutò con una mano, vedendola andar via.
<< Scusa >> le disse poi una voce << ma vado via anche io, ci sentiamo! >> .
Diego le aveva poggiato una mano sulla spalla e le aveva sorriso.
Lei annuì e ricambiò il sorriso.
Uscendo poi dal cancello del cortile interno, vide un autobus in lontananza avvicinarsi, così attraversò in fretta la strada e arrivò alla fermata in tempo per prenderlo.
Da una delle tante finestre dell’autobus, riuscì a scorgere in lontananza il trio che se ne tornava a casa.
 
<< Ehi! >> .
Il grido le raggiunse da lontano; senza saperne il perché Dalia si ritrovava quasi a dover correre, tirata dalla castana occhialuta.
<< Ehi ragazze! Aspettatemi! >> .
Nora sbuffò, leggermente scocciata; poi rallentò il passo.
Ancora in corsa, il biondo le raggiunse in poco tempo.
<< Perché ve ne siete andate così? Ero venuto per farvi una sorpresa e accompagnarvi a casa! >> .
Non era vero. Era venuto a controllare che Alessio non fosse nei paraggi e che Dalia non stesse con lui.
Nessuna delle due ragazze gli rispose e i tre continuarono a camminare insieme, fianco a fianco: Dalia al centro, Diego sulla destra e Nora a sinistra.
Dopo qualche minuto di camminata, il biondino pensò a qualcosa da dire per rompere il silenzio.
<< Allora, cos’è questa storia? >> . Cercò di sembrare naturale.
La moretta gli rivolse uno sguardo interrogativo.
<< Dici a me? >>
<< Certo, tonta, che dico a te! Cosa dovresti fare questa domenica con Claudette? >> .
la mora era indecisa: che fare? Dirglielo o non dirglielo?
Oh, al diavolo!
<< Vado … Claudette mi ha proposto di uscire con loro per una gita al parco, questa domenica; nulla di che, insomma >> .
Con loro ”…
<< “ Con loro ” chi? >> le chiese di nuovo, sorridendo.
<< Chi vuoi che siano: lei e il ragazzo! >> gli rispose a sua volta la moretta, arrossendo leggermente.
Lo sguardo di Nora cadde un attimo di sbieco su di lei, poi la castana riprese a guardare dritto davanti a sé.
<< E allora? Hai intenzione di andarci? >>
<< Q … questo non lo so ancora, poi vedremo! >> .
In effetti non aveva le idee ben chiare; se da una parte non aveva la minima intenzione di trovarsi davanti la bionda e il moro e le loro scene d’amore, dall’altra non voleva nemmeno lasciarli da soli, liberi di stare insieme!
La sua idea iniziale era di non voler soffrire più del dovuto.
Dopotutto però, in quel momento pensò che avrebbe sofferto di più sapendoli insieme, in gita da soli.
Scosse la testa.
Immaginare, al momento, era più doloroso che assistere alla realtà.
<< E va bene! Ci sto! >> .
L’urlo della moretta spaventò sai Diego che Nora, che la fissarono attoniti.
<< Eh?! Che vuoi dire scusa? >>
<< Ho detto che va bene, imbecille! >>
<< L’imbecille sarai te! Va bene cosa?! Sei impazzita?! >> .
Dalia fece un lungo respiro, poi alzò la testa e fissò dritto il suo sguardo sugli occhi verdi del biondo.
<< Ti ho detto di sì, ho intenzione di andare a quella gita >> . le guance le si imporporarono leggermente.
Dal canto suo Nora si mise una mano sulla fronte; stavano per presentarsi altri problemi!
<< Mmh … >> . Diego si fece pensieroso.
D’un tratto schioccò le dita e sorrise divertito.
<< E va bene! Allora vorrà dire che mi unirò anch’io! >>
<< Cosa?! >> .
La risposta del biondo la prese in contropiede;  e se avesse approfittato della giornata per dire qualcosa ad Alessio?
<< Non se ne parla, tu non vieni! >>
<< Assolutamente sì, invece, vengo eccome! >> .
Dalia si innervosì. << No! Non puoi venire! >>
<< Posso eccome! Cosa me lo vieta? >>
<< N … non sei stato invitato! Ecco! Non sei stato invitato e quindi non puoi venire! >> .
Diego ci rifletté sopra. Poi sorrise.
<< E invece ti dico che posso! Sono pur sempre un amico di Alessio; se viene lui, posso venire anch’io! >> .
La mora era rimasta a bocca aperta, cercando qualche scusa valida da sputare in faccia all’amico, ma non trovandone nessuna, aveva stretto i pugni e aveva digrignato i denti, offesa.
<< Evvai, sì! Allora questa domenica verrò anch’io alla gita! >> continuava ad urlare il biondino, divertito dall’espressione della bassa moretta.
Tra il rumore dei passi e la risata sommessa del ragazzo, uno sbuffo irritato attirò l’attenzione.
<< E sia. Mi avete scocciato con questa storia della gita >> .
Nora aveva rallentato il passo, avvicinandosi alle spalle dell’amica.
<< Sia chiaro, però >> le aveva messo una mano sulla spalla e aveva fissato dritto negli occhi il biondino. << Vengo anch’io >> .
Diego indietreggiò istintivamente la testa da quello sguardo gelido.
La castana non aveva la minima intenzione di permettere al biondino di mettere i bastoni fra le ruote a quei due.
<< E adesso andiamo >> .
I tre ripresero a camminare in fila e mentre il biondo sudava ancora freddo, la mora tratteneva una risata con tutte le sue forze.
 
Per quella domenica, le previsioni avevano accennato ad un tempo particolarmente favorevole per escursioni e scampagnate, caratterizzato da venti leggeri e un sole caldo e splendente su un cielo senza nuvole.
Quale giornata migliore per una gita tanto compromettente?
Dalia era indecisa su cosa mettersi.
Era stata in piedi davanti allo specchio per tre ore e non aveva ancora trovato niente che le sembrasse “ decente ”; non doveva fare una brutta figura, non davanti a quella biondina piena di pizzi e merletti!
C’era solo una cosa da fare! …
 
<< Pronto? >>
<< Ehi, Nora! Mi serve un consiglio … >> .
Dall’altro lato della cornetta si sentì una risata smorzata.
<< Non dirmelo, immaginavo che mi chiamassi, tranquilla; mettiti i jeans scuri con quella maglietta nera a pipistrello. Dovrebbe andar bene così, fidati! >> .
La mora sorrise contenta.
<< Grazie mille, sei la migliore! >>
<< Al tuo servizio! Ci vediamo dopo alla fermata, vedete di non far tardi! >> e dopo qualche risata misero giù.
 
Legatasi i capelli in un’alta coda riccioluta, mise ancora un po’ di ombretto sulle palpebre e un filo di matita sotto gli occhi, cosicché quando si osservò per un’ultima volta allo specchio, sorrise fiera: era pronta.
Al suono del citofono mise in fretta e furia un paio di ballerine nere e si precipitò giù per le scale con la borsetta nera a tracolla.
Ad attenderla giù, un giovane dai biondi capelli scompigliati al vento stava giocando con dei bambini del cortile, rincorrendoli da tutte le parti.
Una volta aperto il pesante portone di metallo, Dalia sbuffò, ritrovando l’amico seduto a terra che disegnava sulla strada con gli altri bambini.
<< Andiamo, Diego, alzati! Non dobbiamo fare tardi, dobbiamo andare alla fermata! >> .
Il ragazzo si girò verso di lei, le sorrise e socchiudendo le labbra emise un fischio d’apprezzamento.
<< Non sei messa mica male, eh? >>
<< E smettila! >> . Tutti quei complimenti la mettevano in imbarazzo.
<< Diego! Diego! Gioca con noi! >>
< Sì, gioca con noi, gioca con noi! >> . I bambini si erano avvicinati tutt’intorno il biondino e lo afferravano per le maniche della maglietta verde.
<< Ragazzi, adesso non posso, devo andare! >> cercava di tranquillizzarli il biondo.
Disperato chiese aiuto alla mora, girando la testa verso di lei, ma quella in risposta gli sorrise maliziosa.
<< Nora ci sta aspettando alla fermata. ti conviene non fare tardi … >> sogghignò poi.
La risposta del ragazzo fu improvvisa: si alzò di scatto dalla cerchia di ragazzini imploranti, si scusò con loro pulendosi i jeans schiariti e in fretta e furia afferrò il polso dell’amica, schizzando a gambe levate verso il ciottolato.
<< Muoviamoci! Un minuto di più e quella mi strozza! >> .
A quelle parole Dalia non poté far altro che ridere di gusto.
 
Dopo un breve semaforo di due minuti, l’autobus che avevano preso cinque fermate prima, raggiunse l’ennesima, fermandosi davanti ad un grande cancello bianco.
I tre scesero con un salto sul marciapiede, pronti per entrare nella villa.
La “ gita ” che aveva programmato Claudette consisteva in un’uscita al parco in una delle tante ville, gigantesche e bianche, presenti nella loro città; queste, oltre che dall’edificio, erano caratterizzate anche da enormi giardini sui quali si allestivano pic-nic famigliari ogni qual volta il bel tempo primaverile dominava per un’intera giornata. 
Entrati nella villa “ Degli Alti cipressi” dal bianco cancello principale, la mora, la castana e il biondino attraversarono con calma il viale, osservandosi intorno.
Un sacco di gente era sparpagliata sui prati, sdraiata al sole o seduta su di una tovaglia a pranzare allegra; c’era chi invece portava a passeggio i cani, che si incrociavano e si abbaiavano fra loro, chi in cerca di feste, chi, ringhiando, in cerca di sfide; altri genitori portavano i figli sulle spalle o li aiutavano ad affacciarsi sul ponte di legno dal quale davano da mangiare ai cigni, che beatamente galleggiavano nel laghetto al centro del parco; c’era chi correva, chi rideva, piangeva, giocava felice, faceva volare il proprio palloncino o ne comprava uno che legava al polso per non perderlo; c’era chi leggeva seduto all’ombra di un albero, chi dormiva.
In questa confusione non fu semplice riuscire a trovare i due fidanzatini, così Diego decise di fare uno squillo all’amico.
Dopo qualche minuto di conversazione, il biondo mise giù e guidò le due ragazze verso un chiosco poco lontano dal lago.
Per arrivarci in meno tempo, il ragazzo le condusse sul ponte di legno d’ebano che conduceva da una parte all’altra del lago; passando sul ponte Nora fu sorpresa dalla vista di un elegante cigno bianco che le passò accanto galleggiando sull’acqua come stesse danzando.
Si accorse di essersi imbambolata a fissarlo solo quando Diego si avvicinò ad entrambe.
<< Allora, ragazze, ve la date una mossa? State qui ferme da dieci minuti; guardate che vi lascio qui! >> .
La castana e la mora si sorpresero nella stessa posizione - poggiate al bordo del ponte con il volto sorretto da entrambe le mani - e scoppiarono a ridere insieme.
Oltrepassato il lago non fu difficile scorgere in lontananza, dietro una grande folla di ragazzini, un’insegna con su scritto “ chiosco bevande e panini ”, così si diressero verso quella casetta e quell’insieme di persone.
Tra la folla, le sembrò di vedere qualcosa muoversi veloce.
Forse se l’era immaginato, così sì stropicciò gli occhi con una mano; aguzzò la vista e strizzò gli occhi.
Dopo un po’ Dalia si accorse di una giovane dai lunghi e mossi capelli biondi che oscillava un braccio verso l’alto, come per attirare la loro attenzione.
Si avvicinò di un passo; sì, erano loro, accanto alla biondina c’era …
<< Eccoli! Sono loro! >> . Diego iniziò a muovere la mano a destra e a sinistra attirando l’attenzione dei due, che si avvicinarono.
Il leggero vestito di seta arancione della ragazza svolazzò al muoversi delle lunghe gambe magre, sfiorando il cinturino delle bianche scarpe col tacco; un nastro bianco, decorato da una dalia arancione, le legava i capelli in una lunga coda, bionda e voluminosa.
Claudette accorse gioiosa, senza smettere di agitare il braccio e quando li raggiunse li salutò facendo loro mille feste.
Di seguito alla bionda giunse poi un alto ragazzo dai capelli scuri come una mora e dallo sguardo leggermente assonnato; alla sua vista, il cuore di Dalia perse un battito.
I lunghi jeans scuri coprivano i nodi delle scarpe nere, le mani affondavano nella tasca centrale della felpa bianca con il cappuccio e i capelli ondeggiavano lentamente, smossi dal vento.
Alessio gli si avvicinò, salutandoli con una mano.
<< Ehi >>
<< Ehi >> gli rispode Diego, strizzando l’occhio.
<< Dalia! Meno male, alla fine sei venuta! Non avevo idea di cosa avrei fatto, se non ci fossi stata! >> .
Claudette continuava a scuotere la moretta prendendole le mani e facendole andare su e giù, su e giù.
<< Non … non ti preoccupare, Claudette; hai visto? Sono venuta, eccomi, quindi stai tranquilla >> cercava di parlare la moretta, con faccia sofferente.
D’un tratto il suo sguardo incrociò quello del moro che le sorrise.
<< Ciao! >> .
Da quella volta nell’aula video non si erano più parlati né incontrati.
Da quella volta aveva capito che le piaceva.
E in quel momento non sapeva più cosa fare.
<< Ehm … c … ciao! >> sorrise a sua volta, arrossendo involontariamente.
Sentiva i battiti del suo cuore aumentare e sperò con tutta se stessa che non fossero tanto forti da potersi sentire anche al di fuori.
Diego girò la testa da un lato, sbuffando.
Tsk. Quelle scene lo innervosivano.
<< Oh! Ma … Nora! Ci sei anche tu? >> . Claudette parve sorpresa.
Quell’altra annuì e sorrise leggermente.
<< Sì >> rispose << mi sono voluta unire al gruppo. Spero non sia un problema >> disse poi guardando negli occhi prima la bionda e poi l’alto ragazzo moro.
<< Oh no, no! Figurati! Anzi, meglio: più si è, meglio è! >> sorrise a sua volta la biondina.
Alessio assecondò la ragazza, annuendo e sorridendo all’occhialuta.
Rallegrandosi, l’occhio di Claudette cadde anche sul biondo che stava in piedi, alla sinistra di Nora, con aria scocciata.
L’aveva visto prima muovere la mano e far loro segno di avvicinarsi, ma in quel momento le venne da pensare che non l’aveva invitato lei e che non si ricordava bene chi fosse.
Forse l’aveva incontrato a scuola, ma non ne era sicura.
Il biondino la vide avvicinarsi e le rivolse un’occhiata.
Claudette gli si porse davanti e gli chiese gentilmente: << Così tu saresti … ? >> .
Lui ricambio lo sguardo, osservandola interrogativo.
<< Diego, lui è Diego; come dire, è venuto a giocare con noi >> . Nora rispose per lui, avvicinandosi ad entrambi.
La bionda sbatté le palpebre più volte.
<< Bene! Piacere di conoscerti! >> disse poi con un enorme sorriso.
Diego le strinse la mano dubbioso; d’un tratto parve ricordare.
<< Eh? … Ah, sì … Ah! Eh, già, nella fretta l’altra volta non abbiamo neanche avuto il tempo di presentarci! Piacere di conoscerti, io sono Diego >>
<< Claudette! >> . I due si presentarono nuovamente a vicenda, ridendo.
Alessio si avvicinò all’amico guardandolo stupito.
<< Voi due …? Vi conoscevate anche prima? >> .
Diego si mise una mano dietro la testa.
<<  Non proprio. L’altro giorno sono venuto a scuola tua per sapere tue notizie e così l’ho avvicinata per parlarle un po’, ma non penso che mi abbia mai visto prima, giusto? >>
<< M-mh! >> annuì la bionda.
<< Adesso in marcia >> annunciò poi << andiamo a trovare un buon posto dove accamparci! >> .
<< Ah … ! Io proporrei il prato! >> . Dalia si fece avanti decisa.
<< È enorme questo giardino, magari possiamo trovare un posticino sotto un albero che ci ripari dal sole >>
<< Sì, sono d’accordo >>
<< Idem >> .
Claudette e Alessio si fissarono un attimo; il ragazzo sorrise lanciando un’occhiata alla moretta e la bionda annuì.
<< Ok! E prato sia! >> .
Claudette entusiasmata mise un braccio al collo di Dalia e si incamminò avanti portandosela con sé.
Si ritrovarono a camminare in tre, uno accanto all’altro lungo la via ghiaiosa; Dalia era felice di stare là, sebbene provasse un po’ di ansia a camminare fianco a fianco con Alessio.
Si sforzava di parlare del più e del meno, di sembrare naturale e di disinteressarsi al rossore che le scottava le guance; gli sorrideva e lui sorrideva a lei, poi parlavano con Claudette.
Ridevano, sorridevano e parlavano ancora.
Non era semplice, ma si sforzava di farlo.
Non voleva assolutamente perdere occasioni come quella, così poco frequenti nella vita.
 
D’altra parte, il biondino era irritato.
Il vialetto era troppo stretto perché potesse camminare di fianco a loro senza far passare le altre persone, così era costretto a camminare più indietro.
Nonostante cercasse di non pensarci, il suo sguardo cadeva avanti a lui e quello che vedeva lo innervosiva.
Già, lo innervosiva a tal punto che avrebbe voluto far qualcosa.
Qualcosa? E che cosa?
E poi, anche se fosse, era davvero giusto? Ne aveva il diritto?
In fondo, lui per lei non era altro se non un semplice amico d’infanzia.
No, non poteva, ma di una cosa era certo: lo tormentava il fatto di doverla vedere comportarsi così.
Di dover vedere quella stupida comportarsi così.
Eppure, lui non poteva far altro, se non continuare a guardare.
Da lontano.

Da dietro, Nora lo teneva d’occhio.
 
 
Chapter 7: finished
Ed eccoci qui, a commentare come sempre! … Gumennasai! Mi dispiace infinitamente, ma i miei ritardi nel caricare i capitoli sono ormai leggenda in questo sito così come nella vita reale. Mi scuso davvero con tutti voi: scusate! Ma ultimamente ho davvero troppi pensieri per la testa e non riesco mai a fare tutto quello che vorrei! >.<” Per i prossimi capitoli, comunque, c’è già una trama stesa, quindi penso di finirli in meno tempo di questo qui. Nonostante alla fine si sia rivelato un capitolo di transizione, mi dispiace un po’ che sia venuto più corto degli altri; il problema era che dovevo per forza fermare la storia qui, altrimenti poi avrei descritto vicende che appartenevano ai capitoli successivi!
 Eh Dalia, Dalia, Dalia, come cresci in fretta! X) E tu Diego, non ti arrabbiare! … Nora? Cosa stai architettando? E Alessio … eheheheh rimarrà tutto un mistero che sveleremo pian piano!
Bene, se avete ricevuto abbastanza forza dal genio della tartaruga per poter arrivare a leggere fin qui, oltre ai miei più infiniti “ Grazie ”, mi inchino al vostro cospetto XD
Un grazie a tutti coloro che hanno letto e basta, a chi recensirà e a chi non ha chiuso questa pagina prima della fine: G R A Z I E ! Spero che continuiate a seguire questa storia!
Alla prossima! Baciuzzi, Astrid 5e  (^.=.^)S <(neko)

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Capitolo 9
*** Act Eight:Chapter 8_ ***


Ed eccoci ancora qua! Buone vacanze a tutti, come state? È passato un sacco di tempo dall’ultimo capitolo, scusate, ma proprio non ho avuto tempo di scrivere, quest’anno scolastico è stato abbastanza faticoso.. Comnque! Adesso che sono arrivate le tanto esasperate vacanze, ho tutto il tempo per impegnarmi nella scrittura e continuare questa “avventura”. Senza quindi ulteriori indugi, continuiamo questo racconto con un’altra piccola parte di storia…
Buon divertimento!
 
Act Eight_Chapter 8:
 
“A life spent making mistakes is not only more honorable, but more useful than a life spent doing nothing. (George Bernard Shaw)”.
“ Una vita spesa a commettere errori non è solo più onorevole, ma anche più utile di una vita spesa a non fare nulla”.
 
 
Avevano continuato a camminare per il vialetto, alla ricerca di un qualche punto del prato su cui sedersi.
La moretta, in mezzo ai due fidanzati, faceva di tutto per non sembrare più tesa di quanto non fosse, ridendo e scherzando con la biondina alla sua sinistra, che tenendola per un braccio, si dimenava e saltellava felice,  spruzzando felicità da tutti i pori.
Dal canto suo, invece, il biondino dietro di loro era tutt’altro che allegro.
La scena che gli si presentava di fronte, gli sguardi che la ragazza scambiava con il moro accanto, la felicità, l’agitazione e l’ansia che provava lei, il rossore sulle sue guance, tutto questo gli scatenava in corpo una strana agitazione e un formicolio alle mani.
Continuavano a camminare così: tre ragazzi davanti, elettrizzati, ed uno dietro, fremente di rabbia.
Nora assisteva a tutta la scena, cercando di non ridere.
I suoi occhi poi caddero nuovamente sul biondino e l’allegria andò scemando.
Scosse la testa, sospirando; povero Diego, quanto era suscettibile.
Gli si avvicinò, con passo svelto.
Senza dire niente gli mise una mano sulla spalla e lo fissò dritto negli occhi, con sguardo serio.
“ Fattene una ragione. “ Questo era il suo messaggio e cercò di trasmetterglielo chiaramente.
Sicura di essere riuscita nell’intento, si allontanò, raggiungendo l’amica, che stava per raggiungere il limite.
Diego era rimasto indietro, leggermente scioccato.
<< … Eh? >> .
Era rimasto là, scioccato da quel gesto.
“ Prova a far qualcosa e sei morto. “ A differenza di quel che credeva la castana, questo era quello che aveva capito il biondino.
Deglutì lentamente e continuò a camminare, accelerando il passo per raggiungere gli altri.
Qualsiasi cosa avesse fatto, sarebbe stato attento a guardarsi bene le spalle …
 
 
Dopo tanto camminare riuscirono a trovare un buon posto su cui allestire il pic-nic: era una parte del giardino che si trovava dietro alla villa, abbastanza spaziosa e con un albero che faceva un’ombra tanto grande da permettere a tutti e cinque di sedersi là sotto dopo pranzo, per riposarsi.
Non appena lo videro, Claudette strabuzzò gli occhi felice e tutta esultante si mise a correre sull’erba, urlando.
<< Sì!! È deciso, mettiamoci qui! >> .
Alessio la raggiunse, sorridendole allegro. Dalia fece lo stesso, seguita da Nora.
<< Non trovi che sia un posto perfetto? >> chiese la bionda al moro avvicinatosi.
Quello le sorrise di nuovo.
<< Sì, penso che vada bene! >> .
La bionda ricambiò il sorriso e si sporse verso la moretta.
<< Che ne dici, Dalia? Ci accampiamo qui, no? >> .
La moretta posò il suo sguardo sul prato verde accarezzato dal vento e le fronde dell’albero, con le sue foglie tenere e i primi germogli.
<< Waa!! Sì, assolutamente, questo è davvero un posto magnifico! >> .
La spontaneità della bassina sorprese i due fidanzati: Claudette divenne ancora più contenta, saltellando sul prato, portandosi dietro Dalia; Alessio, invece, rimase in piedi sul vialetto, fissando il suo sguardo sulla moretta.
Si era stupito della sua sincerità, della sua purezza, in qualche modo …
<< Su, sbrighiamoci >> . Una pacca sulla spalla lo sorprese.
<< Diego! >> . Il biondino si girò, con sguardo scocciato.
Sbuffò, poi indicò un punto sul prato.
<< Forza! Invece di stare lì imbambolato, vieni a darmi una mano! >> .
Proprio dove aveva allungato il pollice il biondino, Alessio vide Nora, accovacciata a terra, che stava tirando fuori dal cestino di vimini la tovaglia, pronta per apparecchiare.
Il moro sorrise all’amico, che inarcò le sopracciglia sorpreso.
<< Cosa? >> .
<< No, niente. Su, andiamo, ti seguo >> .
Mentre veniva trascinata per il parco da Claudette, Dalia non riusciva a staccare gli occhi di dosso ad Alessio.
Non l’aveva perso di vista quando era sceso sul prato ad aiutare Nora e Diego a stendere la tovaglia, non si era persa la pacca del biondo sulla felpa bianca né il suo sguardo perplesso illuminarsi appena.
No si era persa nulla, lo fissava fin dall’inizio e non riusciva a smettere.
L’aveva visto anche prima, quando stava sul vialetto, immobile, e le era quasi sembrato che per un secondo il suo sguardo fosse caduto su di loro.
Già, per un attimo aveva temuto di incrociare i suoi occhi e per istinto li aveva abbassati subito.
Riflettendoci dopo, le venne in mente che probabilmente quella che stava guardando non era lei, ma Claudette, la sua fidanzata.
Sì, infatti, le cose starebbero state sicuramente così; lei era la sua fidanzata e la moretta non aveva alcun diritto  di sperare che lui la stesse guardando.
<< Oh!! Stanno preparando la tovaglia! Forza, Dalia, andiamo ad aiutarli! >> . Le urla eccitate della biondina distolsero la mora da quei cupi pensieri.
Scosse la testa e il sorriso tornò sulle sue labbra.
Sì, quella era una giornata speciale! Aveva deciso di non abbattersi e così avrebbe fatto!
 Si stropicciò leggermente l’occhio sinistro, poi rivolse un grande sorriso alla bionda.
<< Sì, andiamo! >> .
 
<< Diego, su, prendi le posate >>
<< Lo farei molto volentieri se sua eccellenza mi dicesse dove le posso prendere! >> .
Lo sguardo tagliente della castana lo colpì come una freccia.
<< Arrangiati. Non è mio questo cestino. >>
<< S … sì … >> . Cercò di non sembrare troppo spaventato; d’altra parte si ricordò di quella mattina e di quanto dovesse stare attento ad usare bene le parole con quella ragazza, quindi cercò di non fare altre storie.
Il biondino si mise a cercare silenziosamente dentro al cesto, mentre Nora distribuiva i piatti e i bicchieri sulla tovaglia.
Aiutando quei due, Alessio sorrideva leggermente, divertito.
La biondina e la moretta arrivarono proprio in quel momento e non notando la strana aria che aleggiava tra i tre, si sedettero accanto al moro, aiutando a preparare.
<< Nora, mi passi un altro bicchiere, per favore? Dovrebbe stare nella tasca a destra >> .
La castana alzò la testa ed annuì alla biondina.
Prese il bicchiere e lo fece passare di mano in mano a Diego, poi a Dalia, ad Alessio ed infine a Claudette, che la ringraziò.
<< Grazie mille, cara! >>
<< Di nulla >> .
Una volta finito di apparecchiare, la biondina si alzò in piedi.
<< Bene, ragazzi! Adesso è arrivato il momento di mangiare! >> .
Si slacciò il cinturino delle scarpe e si sedette sulla tovaglia. Poi gattonando si avvicinò alla castana.
<< Posso mettermi qui? >> chiese sorridendo.
<< Certamente, aspetta che mi sposto >> le rispose cordialmente Nora, accennando un sorriso.
Si alzò in piedi, si tolse le scarpe e camminando sulla tovaglia, fece posto alla bionda, sedendosi dall’altra parte, di fronte.
<< Ok! Adesso iniziamo il nostro spuntino! Sedetevi tutti ai vostri posti, forza! >> .
Gli altri tre seguirono il consiglio di Claudette, imitando le due e slacciandosi le scarpe.
Si sedettero ognuno davanti al proprio piatto e attesero per mangiare quello che la bionda aveva preparato per loro.
<< Ta-daan! >> .
Ciò che uscì dal cestino di vimini furono degli enormi piatti pieni di panini avvoltolati nell’alluminio e un porta-cibi con della frittata.
Conoscendo il sapore di quella frittata, sia Dalia che Alessio ebbero un brivido lungo la schiena.
Se ne accorsero entrambi e si misero a ridere di soppiatto.
<< Chi vuole assaggiare per primo? Ho passato tutta la notte a preparare questi panini! Spero che siano venuti bene! >> .
Il sorriso festoso e l’allegria che emanava Claudette, insieme a tutta al buona volontà che ci aveva messo, spinsero Nora ad assaggiare per prima uno di quei panini.
Tutti gli altri, a dispetto di Diego – che non era a conoscenza delle doti culinarie della bionda -  rimasero a fissarla con il fiato sospeso, aspettando che ingoiasse.
La castana aveva aperto la stagnola tanto da scoprire solo una punta del panino, l’aveva fissato per qualche secondo, poi, senza pensarci due volte, chiudendo gli occhi, gli aveva dato un morso.
Masticò bene e per poco tempo, dopodiché ingoiò decisa.
Alessio, Dalia e Claudette, deglutirono con lei.
Lentamente la castana aprì gli occhi e solennemente emanò il suo verdetto.
<< Sì. È buono >> .
Quelle parole risuonarono nelle orecchie dei presenti come rintocchi di campane e il trio si sentì sollevato di non aver rischiato di saltare il pranzo.
In tutta questa messinscena, il biondino si sentiva disorientato.
Possibile che gente così strana fosse sua amica?
“ Bah. Tutta ‘sta storia per un panino … “ gli venne da pensare, addentandone uno.
 
Alla fine, il pranzo ebbe un successone, senza che nessuno avesse toccato il porta-cibi e la frittata al suo interno.
Effettivamente Diego cercò di assaggiarla, ma gli altri avevano cercato di dissuaderlo.
<< Perché mai non posso assaggiare un po’ di frittata! >>
<< Eh .. perché … perché no! Insomma.. ci stiamo divertendo così tanto.. ehehe! >>
<< Già, Diego, Dalia ha ragione, non serve … >>
<< Ci stiamo divertendo così tanto … non roviniamo tutto .. ehe! >> . Nonostante l’avesse preparata lei, anche Claudette cercava di allontanare il “frigoverre”, nascondendolo dietro la schena.
<< Oh, ma insomma! Perché diavolo non posso?! >> .
Nora gli si avvicinò, guardandolo da sopra le lenti.
<< Non puoi perché non puoi, è chiaro? >> .
La risposta non riusciva a tranquillizzare il biondino neanche un po’, eppure decise comunque di lasciar stare la frittata e di allontanarsi da quello sguardo.
 << Ok, ok … >> .
La bionda e i due mori non trattennero le loro risate e presto tutti e cinque si ritrovarono a ridere di gusto.
 
La mattinata era trascorsa allegramente, e dopo pranzo tutti e cinque si erano sdraiati a terra, tutt’intorno alla tovaglia.
Erano rimasti così - a fissare il cielo e le nuvole che passavano sopra di loro trasportate dal vento - finché la voce di Claudette non interruppe quel silenzio.
<< Allora, ragazzi? Che dite, vi va di fare qualcosa? >> .
Diego si mise a sedere.
<< Qualcosa? Che cosa vuoi fare? >>
<< Beh, non so, magari giocare con la palla! L’ho portata apposta! >> gli rispose la bionda, tirandosi su.
<< Mh … >> il biondino ci rifletté un attimo. << Per me va bene! >> .
Poi chinò la testa verso quella della moretta.
<< E tu? Ci stai? >> .
Dalia teneva gli occhi chiusi, respirando l’aria fresca, inebriata dal profumo dei fiori.
<< Ehi! Mi stai ascoltando? Terra chiama Dalia, terra chiama Dalia! Rispondi! >> e mentre le urlava in un orecchio, Diego prese una foglia da terra e cominciò a passargliela sul naso.
<< Oh … ! Ehi, basta! Ok, ok, ci sto, ma smettila! >> gli sorrise lei, non riuscendo a resistere al solletico che le faceva quella foglia.
Il biondino rise insieme alla moretta, aiutandola ad alzarsi.
<< Ale, a te va di giocare? >> chiese Claudette, accovacciandosi accanto al moro.
Quello la guardò, sorridendole.
<< Va bene >> annuì.
Sentendo quelle parole, la moretta si sentì sollevata ed euforica allo stesso tempo.
Il biondino, osservandola, arricciò un labbro e abbassò lo sguardo sull’albero alla sua destra.
<< Anche per me va bene >> affermò Nora, alzando un braccio << Però per prima cosa dovremmo sparecchiare e rimettere tutto a posto >> .
La bionda si girò verso di lei e annuì con fermezza.
<< Bene! Diamoci da fare! >> .
La castana posò il libro che aveva letto fino ad allora e tutti insieme, così come avevano apparecchiato, misero a posto tovaglia, piatti e bicchieri.
 
Una volta messo tutto dentro al cesto di vimini, Alessio prese la palla che Claudette aveva portato: si trattava di una normalissima palla di gomma, colorata come fosse un arcobaleno e abbastanza resistente.
Tirata fuori la palla da una sacca appoggiata al cestino di vimini, il moro la palleggiò su Diego che la afferrò tra le mani saltando.
<< Ehi, bel lancio! >>
<< Qui, Diego, passa qui! >> . Dalia era corsa accanto ad Alessio, poco più indietro, e si sbracciava saltellando di qua e di là.
<< Eccola che arriva! >> . Diego gliela lanciò precisa e veloce e la mora la prese in palleggiò, rilanciandola dall’altra parte.
<< Mia! >> sorrise Claudette che, seppur impacciata, riuscì a mandarla da qualche parte.
<< Prendi >> rispose la castana occhialuta, riuscendo a recuperare la palla con il piede.
Il lancio di Nora venne fuori dritto e pulito e la palla ritornò nelle mani di Alessio.
<< Wow, continuiamo così! >> urlò divertita la bionda.
<< Ehi, ragazzi, ho un’idea! >> propose Diego << Facciamo che il primo che la fa cadere dovrà fare una penitenza! >>
<< Eh?! Ma mica siamo alle elementari! >> . Dalia si mise a ridere.
<< Hai solo paura di perdere, dì la verità! >> scherzò il biondino.
<< Cosa? E va bene, mio caro, ci sto! >> .
Nora trattenne un sorriso.
Quei due. Sembrava davvero che fossero alle elementari.
<< Sì, sì, dai! Mi piace come gioco, ci stiamo anche noi! >> intervenne Claudette, indicando anche Alessio.
La castana alzò le spalle.
<< Non posso rifiutarmi >> .
 
Continuarono a lanciarsi la palla, certe volte palleggiandola, certe volte buttandosi a terra o prendendola nei modi più assurdi per non farla cadere.
Andava tutto benissimo e si stavano divertendo tutti.
Dalia era felice.
Alla fine non si era dimostrata tanto una cattiva idea, quella gita lì.
 << Dalia! La palla! >> . L’urlo di Diego la distolse dai suoi pensieri.
<< Eh? >> .
Non riuscì a girarsi in tempo e si vide la palla puntata dritto davanti a sé.
Per non essere colpita in faccia, riuscì a scansarsi e quella le passò accanto, infilandosi in un cespuglio.
<< Dalia, tutto ok? Stai bene? >> le chiese Nora avvicinandosi.
La moretta si rialzò in piedi e le sorrise.
<< Sì, sì, sta tranquilla. A parte lo spavento sto bene, non mi sono fatta niente >>
<< Meno male >> .
Il biondino le si avvicinò seguito dagli altri due.
<< Ohi, stai attenta la prossima volta! Stai sempre con la testa tra le nuvole! >>
<< Eheh, sì, hai ragione! >> . Sorrise mettendosi una mano dietro la testa, in imbarazzo.
<< Ehi, ragazzi, ma la mia palla che fine ha fatto? >> .
Nora e Diego girarono lo sguardo lì attorno.
<< Ah, Claudette, guarda, è finita lì, in quel cespuglio là dietro. Aspettatemi che vado a prenderla! >> .
Senza dire altro Dalia si incamminò verso il cespuglio, sorridendo ancora.
Sì, era vero, non la smetteva di stare con la testa fra le nuvole, ma cosa ci poteva fare? Nonostante tutto, si stava divertendo così tanto quel giorno!
Cercò bene dentro al cespuglio, avvicinandoci la testa e infilando le mani, ma della palla non c’era traccia; evidentemente era rotolata fuori, dalla parte opposta.
Girò intorno al cespuglio e la riuscì a trovare accanto ad un masso lì vicino.
Si avvicinò per prenderla, quando si accorse di un qualcosa che si stava avvicinando, velocemente.
Lo stette a fissare fino a che la sua figura non fu più nitida.
Poi urlò.
 
Sia il biondino che il moro si girarono verso la direzione dalla quale provenì l’urlo.
<< Dalia! >> la chiamò Diego.
Assieme all’urlo di Dalia giunse anche un altro rumore.
<< Cos’è …? >> chiese impaurita, Claudette.
<< Sembrerebbe … >>
<< Un latrato >> . Nora interruppe il moro, fissandolo seriamente preoccupata.
<< Oh, no! Non va bene! Dalia ha paura dei cani! Dobbiamo …! >> .
Diego non fece in tempo a finire la frase che Alessio si era già lanciato verso il cespuglio.
I tre rimasero sorpresi.
<< Accidenti … ! >> . Il biondino volle inseguirlo, ma la castana lo prese per un braccio, bloccandolo.
<< No. >> .
 
Dall’altra parte, intanto, la mora era seduta a terra tremante, immobilizzata dal terrore.
Davanti a lei, un giovane pastore tedesco, dal pelo bianco come latte, scodinzolava fissandola con i suoi due occhi neri, abbaiando.
Ad ogni latrato del cane, Dalia trasaliva.
<< Qualcuno mi salvi, qualcuno mi salvi! >> balbettava a denti stretti.
Come aveva fatto a cacciarsi in quel guaio?! Di chi diavolo era quel cane?!
E dire che si stavano divertendo così tanto … !
Alessio … Alessio!
<< Dalia! >> .
La sua voce le fece spalancare gli occhi.
Si girò di scatto e vide l’alto ragazzo moro venirle incontro.
<< Dalia, stai bene? È tutto ok? >>
<< Io … io … ecco … >> . La paura non riusciva a farla parlare.
Il ragazzo annuì.
<< Tranquilla. Adesso ci penso io. Non ti preoccupare >> .
Detto questo, il moro si alzò in piedi e si avvicinò al pastore tedesco, che continuava ad abbaiare e scodinzolare.
Alessio lo accarezzò sia sulla testa che sul busto e dopo avergli dato una pacca sulla schiena, lo spinse via, allontanandolo.
Aspettò che fosse sparito tra i cespugli, poi si rivolse di nuovo alla ragazza.
<< Ce la fai ad alzarti? >> chiese, dandole una mano.
Dalia annuì, abbassando lo sguardo; si sentiva decisamente in imbarazzo.
<< Capisco che tu abbia avuto paura, comunque quel cane non aveva cattive intenzioni: voleva solamente giocare >> .
<< S … sì, lo so, ma … >>
<< Tranquilla >> la interruppe << Non devi dirmi niente per giustificarti, so quanto siano problematiche queste cose >> .
Continuava a sorriderle, rassicurandola, e la moretta non poté fare a meno di sentirsi sollevata e felice, perché lui, proprio lui, era venuto a salvarla.
<< Coraggio, torniamo dagli altri. Sono tutti preoccupati, andiamo a tranquillizzarli >>
<< Ok … ! >> .
Nonostante quella giornata fosse stata più divertente di quanto lei stessa si era immaginata, quell’evento, seppur spiacevole, l’aveva resa ancor più memorabile. …
 
Erano tornati entrambi sani e salvi, una ancora scossa, l’altro sorridente e con la palla arcobaleno sotto il braccio.
Claudette era corsa incontro a loro non appena li ebbe visti sbucare dai cespugli, preoccupata per entrambi, mentre Nora aveva fatto un sospiro di sollievo.
Diego era rimasto scosso per tutto il tempo e anche quando i due furono tornati, gli rimase addosso una sensazione di impotenza; la castana gli aveva lasciato il braccio non appena li vide, ma lui continuava a sentirsi come inchiodato a terra.
<< Forza, forza! Sdraiatevi qua, tutti e due! Riposatevi! Ho steso qui questo telo, su! >> .
La biondina agitava le braccia, ancora scossa, indicando il telo da spiaggia rosa che aveva steso sul prato.
Dalia la ringraziò e si sedette sul telo; Alessio le sorrise e prima di sdraiarsi anch’egli sul telo, andò a posare il pallone nella sacca della biondina.
Seccato, Diego si allontanò, andando a sedersi all’ombra, sulle grosse radici dell’albero là vicino.
 
<< Bene! Adesso sta tranquilla che con un po’ di riposo ti tranquillizzerai meglio! >> la risollevava Claudette.
Dalia le era grata per tutto quello che stava facendo e si sentiva un po’ in colpa.
<< G … grazie >> .
Nora si alzò di scatto.
<< Ti vado a prendere dell’acqua. >> .
<< Eh? Ah … grazie! >> . La castana le sorrise e si incamminò.
Raggiunto il viale, con sguardo basso diede un’occhiata al biondo seduto ai piedi dell’albero; poi ricominciò a camminare.
<< Aspettami, Nora! >> . Qualcuno alle sue spalle la raggiunse.
<< Claudette …? >> .
La bionda ansimante la prese per un lembo della manica.
<< Aspetta! Voglio venire anch’io con te! >>
La castana la fissò per un attimo, poi le rispose, scuotendo il capo.
<< No, grazie; non serve, tranquilla >> .
Detto questo, continuò per la sua strada.
<< Ah … ok >> .
La bionda girò i tacchi e si guardò intorno.
Fissò bene il prato, il telo, i cespugli.
Stette per un po’ a fissarli, poi si diresse verso l’ombra. …
 
Sperava che sedendosi all’ombra, si sarebbe calmato.
Eppure, nonostante tutto, non riusciva a placare quei sentimenti.
La vedeva là, seduta sul telo, si stringeva su se stessa e si faceva piccola piccola, imbarazzata.
Il suo sguardo, seppur nascosto dalle ciglia, non si staccava dal volto del ragazzo, che, inconsapevole, continuava a fissare il cielo e le sue nuvole.
Li guardava. La guardava.
E più guardava, più si sentiva ribollire dentro.
D’un tratto sentì qualcuno sedersi lì accanto.
<< Ehi >> . Alzò la testa.
<< Ehi >> gli rispose la bionda, persa nei suoi pensieri.
La fissò per un attimo, indeciso.
Che fare? Lei … sapeva?
… No, non lo credeva.
Eppure …
Stare zitto gli sembrava quasi ingiusto …
Però … !
Claudette si girò verso di lui.
<< Cosa? >> chiese atona.
Il biondo si sorprese. Poi abbassò la testa.
<< … niente >> .
Rimasero così per un po’.
Dopo essersi torturato le mani, spostò velocemente lo sguardo prima a destra, poi a sinistra, poi di nuovo a destra.
“ Oh! E va bene! ”
<< C ... Claudette! >> .
La ragazza si girò di nuovo verso di lui.
<< Cosa? >>
<< Ecco … solo … Guardati attorno, anche se potresti pentirtene >> .
Lo disse tutto d’un fiato, guardandola fisso negli occhi.
Dopodiché si alzò in piedi e guardando il cielo << E scusami per avertelo detto, ma mi sembrava fosse più giusto così >> aggiunse.
La salutò con la mano e raggiunse in poco tempo il vialetto. Avrebbe raggiunto quella castana occhialuta: ci stava mettendo troppo tempo per riempire un solo bicchiere d’acqua!
La bionda lo vide allontanarsi, finché non scomparì dietro ad un arbusto; poi si mise a riflettere.
Non riusciva a capire le parole di Diego, non le entravano in testa.
“ Guardati attorno … “ .
D’un tratto il suo sguardo cadde sul moro.
In effetti, in quel momento si accorse che durante quella giornata non lo aveva seguito molto, non ci era stata insieme come al solito … se ne era quasi … dimenticata?
Perché?
Ora, invece, sentiva il bisogno di incrociare i suoi occhi, di sorridergli, di ricevere un altro sorriso in risposta, di guardarlo.
Ale ... .
… Ale!
I suoi occhi azzurri caddero su quelli chiusi del moro sdraiato al sole, con il vento fra i capelli e Dalia affianco.
Spalancò gli occhi, come risvegliatasi da un sogno.
No, da un incubo.
Quello che stava vedendo in quel momento e che non aveva mai visto prima, la sorprese.
Nonostante fosse stato ovvio fin dal principio.
Nonostante l’avesse visto per tutto il tempo, non ci aveva mai prestato attenzione.
O forse non aveva mai avuto la minima intenzione di farlo, per non accorgersi di nulla.
Eppure, in quel momento il sorriso leggermente accennato della moretta, le guance rosee, le mani intrecciate sulle ginocchia distese a terra, lo sguardo rivolto al cielo limpido, le aprirono finalmente gli occhi alla realtà.
“ Anche se potresti pentirtene … “.

“ E scusami se te l’ho detto … “ .
No! No che no ti scuso!
“ Ma mi sembrava fosse più giusto così … “.
La cosa più giusta … ?

Strinse gli occhi.
Chinò la testa.
… Sì …
Le lacrime le scesero sulle guance e lei non fece nulla per fermarle.
 
Il cellulare squillò e il biondino lo tirò fuori dalla tasca dei jeans.
Diede un’occhiata allo schermo e si fermò per un attimo.
La suoneria continuava a squillare ininterrotta.
<< Che fai? Rispondi >> . Nora lo guardava storto.
<< Eh? Ah .. ! Sì! >> .
Numero sconosciuto.
Chissà chi era …
<< Pronto? >> .
La voce che rispose lo sorprese.
<< Sono io. Sei libero oggi? >> .
 

 
 Chapter 8:finished

Bene, bene, bene! Eccoci di nuovo qui a parlare del nostro nuovo chappy concluso! Ebbene sì, dopo essere scomparsa quasi definitivamente tra i meandri scolastici eccola che risbuca con un nuovo sproloquio, che ci volete fare! ;) Allooora, si direbbe che siamo arrivati ad un momento clou!  Diciamo che stiamo circa a tre quarti del racconto completo: ci stiamo avvicinando alla fine!! .. no, non ancora, dovranno ancora accadere diverse cose.. egegegegege! Non mi sto a dilungare in possibili spoiler, fattostà che sono contenta di aver ripreso mano a questa ff, iniziavo a sentirne la mancanza!
Spero di cuore che vi siate divertiti a leggere la fic o per lo meno che non vi abbia fatto annoiare!
Grazie come al solito a tutti coloro che hanno letto e basta a chi recensirà (la speranza è l’ultima a morire xD) e a chi è arrivato a leggere fin qua: grazie di cuore!
Apprezzo quello che fate, davvero!
E con un saluto alla “Gotta catch ‘em all!” (?) baciuzzi, Astrid! Ciaaaooo (^.=.^)S <(neko!)

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