Il bilocale al 24, Licthfield street di Ulissae (/viewuser.php?uid=32329)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - Anello ***
Capitolo 2: *** Bilocali e Libri Miracolosi - I parte ***
Capitolo 3: *** Bilocali e Libri Miracolosi - II parte ***
Capitolo 4: *** Di concerti e di musei - I parte ***
Capitolo 1 *** Prologo - Anello ***
Prologo
- Anello
Hermione Granger aveva deciso di trasferirsi al 24,
Licthfield Street dopo essersi separata dalla sua vecchia fiamma Ronald
Weasley.
Una separazione tranquilla e pacata, ben diversa dalle vecchie crisi
adolescenziali che li avevano colti quando non erano ancora fidanzati,
ma si sentivano come tali: Hermione e Ron si erano seduti uno davanti
all'altra una mattina a colazione, entrambi pronti a dirigersi verso il
Ministero.
Stranamente era stato Ron a iniziare a parlare, sollevando lo sguardo
dalla sua enorme tazza di latte che trangugiava con la stessa
voracità di quando era un ragazzo.
«Herm, credo che... siamo di nuovo da capo»
Lei stava spalmando un po' di marmellata all'arancia su una fetta di
pane tostato, lo guardò attentamente e aspettò.
«Insomma... ormai siamo amici, come prima»
A quel punto si rese conto che Ron aveva capito tutto e lo aveva
accettato con tranquillità. Gli sorrise e, cercando di
nascondere la leggera agitazione, gli baciò come ogni
mattina le labbra; colta dall'agitazione, però, le labbra
gliele aveva appena sfiorate, soffermandosi più su quello
spazio tra la guancia e la bocca – lo spazio degli amici.
Era andata a lavoro, ma non era riuscita a pensare a niente. Alla fin
fine anche lei si era resa conto che il rapporto con Ron era ritornato
al principio, in un processo naturale e indolore che, proprio per
questo motivo, le era sfuggito. Uscita dall'ufficio si era diretta come
tutti i giorni a fare la spesa, metodicamente aveva comprato tutti gli
ingredienti necessari, poi era tornata a casa e aveva preparato la cena
– come se niente fosse.
Ron era rientrato e si era guardato intorno, piuttosto agitato, anche
se non l'aveva ancora vista si era bloccato sulla porta quando aveva
sentito il rumore delle padelle sui fornelli.
«Hermione?» la chiamò, deglutendo
rumorosamente. Posò a terra la sua ventiquattrore che fece
uno strano rumore – quell'oggetto che doveva analizzare forse
era meglio se l'avesse lasciato in ufficio.
«Ron, sei arrivato in tempo. È pronta la
cena»
Uscì dalla cucina e lo vide chino a togliersi le scarpe,
scalciate via si avvicinò alla tavola.
Quella sera Hermione non se la sentì di ricordargli che
doveva lavarsi le mani, rimase in silenzio e servì il pollo
al curry che sapeva fare tanto bene.
Ron, nonostante la tensione, non riuscì a trattenere un
sorriso allegro alla vista della pietanza, che già
pregustava e che già sapeva fosse deliziosa.
«Senti...» iniziò lei, sedendosi e
iniziando a giocare con una forchetta, nervosamente.
«Sì, hai ragione. Dovevo chiamarti, insomma...
è che non sapevo bene...»
«No, no, Ron. Aspetta» lo interruppe, prendendo un
profondo respiro. «Volevo parlare di quello che mi hai detto
stamattina. Ci ho pensato... tantissimo» mormorò,
alzando di scatto lo sguardo.
A Ron gli occhi di Hermione avevano sempre incusso una strana
sensazione di disagio e paura – per assurdo gli ricordavano
fin troppo quelli della madre.
«Io non voglio litigare con te, Herm. Per me possiamo
continuare a vivere insieme... solo che volevo essere sincero, ecco.
Niente di più»
Hermione gli sorrise e sospirò, chiudendo un attimo gli
occhi; i piatti si stavano freddando e le parve così strano
che Ron non avesse iniziato a mangiare subito.
«Lo so, Ron. Infatti io non sono arrabbiata. Solo che... no,
insomma, non ce la farei a vivere ancora qui» sorrise
flebilmente, allungando una mano e stringendogli la sua, che era sempre
un po' fredda e screpolata.
«Volevo trasferirmi, magari vicino al Ministero,
così non devo fare tutta questa strada ogni mattina. Magari
vicino a Charing Cross. Qualcosa così»
Calò di nuovo il silenzio e lei prese la forchetta,
infilzando un bocconcino scuro; lo portò alla bocca e
iniziò a masticare, come se i cinque anni di convivenza non
fossero mai esistiti e lei fosse andata a casa sua, così,
una cena qualunque.
«Sicura?» aveva chiesto un po' agitato lui,
continuando a scrutarla attento, impaurito all'idea che potesse
rivoltarsi contro di lui da un momento all'altro.
«Sicurissima, Ron. Ho ventiquattro anni, posso vivere
tranquillamente in un bel monolocale vicino al centro. Potrò
andare a tutti i teatri che vorrò senza neanche prendere
l'autobus» disse allegra, quasi saltellando sulla
sedia.
Ron iniziò a masticare, sempre fissandola, cercando i segni
della futura tempesta di furia. Ma niente.
Hermione sembrava tranquilla, matura, come se quel cerchio che si era
richiuso l'avesse fatto senza che lei se ne accorgesse.
«Quindi...»
«Domani inizierò a cercare, ti va di
aiutarmi?»
Si era versata un po' di Succo di Zucca e poi lo aveva offerto anche a
lui; Ron le porse il bicchiere annuendo e solo dopo aver bevuto un bel
sorso riuscì a deglutire l'enorme boccone.
«Mh, certo»
Hermione gli sorrise, un sorriso giovane, pacato, e continuò
a mangiare tranquilla.
Ron iniziò a raccontarle la sua giornata, come sempre, e lei
fece altrettanto; immersi nella loro quotidianità
continuarono a vivere, all'inizio del cerchio, felici di poter comunque
continuare il loro percorso.
Una volta a letto Hermione si era stretta a lui, infilando un piede tra
le sue cosce, facendolo rabbrividire. Sorrise e si rese conto che
l'affetto che provava per Ron non era dettato dal fidanzamento o da
altro. Semplicemente, gli voleva bene ed era sicura che lui avrebbe
fatto altrettanto, nonostante tutto.
Ron borbottò qualche “miseriaccia”,
rabbrividendo, ma si voltò e la strinse, con le sue braccia
lunghe e un po' goffe.
Quando scese il silenzio e si sentiva solo il leggero respirare di
Grattastinchi ai piedi del letto, Hermione bisbigliò:
«oggi ti sei scordato i guanti, vero?»
Angolo Autrice:
giuro, giuro che questa è una Dramione. Lo giuro! Anche se
Draco non è stato ancora nominato, vi giurò che
è una Dramione XD
Non ho veramente molto da dire se non che è la prima volta
che scrivo della coppia e mi sento piuttosto in soggezione, sapendo che
è praticamente un classico del fandom. Vabbè, uno
ci prova, no? :D
Spero vi sia piaciuta, a presto con il prossimo capitolo ;)
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Capitolo 2 *** Bilocali e Libri Miracolosi - I parte ***
Bilocali
e Libri Miracolosi - I parte
ovvero, tentativi di
pedinamento mal riusciti
Hermione si era trovata stranamente bene nel suo piccolo
appartamento a Lichtfield Street. Piccolo, raccolto, a pochi passi dal
lavoro, le era sembrato il giusto compromesso per l'iniziare di una
nuova vita.
Perché Hermione ne era sicura: tempo un mese o poco
più e sarebbe iniziata una nuova vita.
Magari un nuovo ragazzo, qualcuno che non aveva frequentato Hogwarts o
che, per lo meno, non la ricordasse. Qualcuno che non la conosceva,
c'erano così tanti bei ragazzi al Ministero, magari sarebbe
riuscita a uscire con qualcuno.
Tempo un mese o poco più, però, Hermione si era
già stufata di truccarsi ogni santo giorno; si era stufata
di riavviarsi i capelli davanti a ogni singolo specchio per domare la
sua anarchica chioma; si era stufata di abbinare gioielli e maglione e
smalto e scarpe e si era ritrovata una single al centro di Londra con
uno strano gatto rosso che la guardava con una malcelata
pietà.
Gli scatoloni erano stati tutti sistemati e un ordine moderato regnava
in tutta la casa: il tavolino al centro del piccolo salotto, che veniva
usato quelle poche volte che gli amici la venivano a trovare, era
sempre pieno di scartoffie di lavoro; metà delle pareti
erano tappezzate da libri e la restante parte era coperta da foto e
poster di vario genere, tutti incantati per far sì che in
presenza di un Babbano le immagini si fermassero.
Lei e Grattstinchi, alla fin fine, non facevano una brutta vita:
colazione sana, passeggiata fino al lavoro, saluto a Horatio, pranzo al
parco – se il tempo era clemente –, cena che
consisteva sempre in qualcosa di diverso, un bel libro prima di andare
a dormire e la giornata era finita.
Anche se i suoi propositi di cambiamento erano falliti miseramente e
lei era tornata a essere la pratica e spiccia Hermione di sempre, non
si era scoraggiata.
Aveva continuato a vivere, sapendo che qualcosa sarebbe cambiato
– perché nella vita tutto cambia.
Non avrebbe mai e poi mai detto che tutto sarebbe cambiato in un
pomeriggio piovoso di novembre, mentre, di ritorno da lavoro, si era
fermata da Foyles. Aveva finito l'ennesimo libro e aveva assolutamente
bisogno di iniziarle un altro – si era scordata di sistemare
la TV e Ron non aveva la più pallida idea di come sistemare
“quella
trappola Babbana”; Harry aveva fin troppo da
fare con il lavoro.
Entrò nell'enorme libreria, che le aveva sempre messo una
certa soggezione, e si sgrullò, infilando l'ombrello in una
di quelle fine bustine di plastica bianca. Lo sistemò per
bene e lo appese al braccio, inoltrandosi nei meandri del gigantesco
negozio.
Superò piuttosto tranquillamente la sezione fantasy e horror
– aveva fin troppo lavoro per pensare ancora alla magia
– e anche quella dei romanzi rosa – lacrimevoli
storie di eroine piuttosto svampite non facevano per lei. Si
fermò davanti allo scaffale dei best-seller, emettendo un
grugnito di disapprovazione davanti all'ultima autobiografia di un
presunto talento di X-Factor e continuò a scrutare
criticamente la parete. Stava per andarsene quando l'immagine di un
Buddha catturò la sua attenzione. Si fermò e
iniziò a fissare intensamente la copertina, affascinata
dalla grafica e, soprattutto, dal titolo: “Dieci piccole mosse per
ritornare a essere felici”.
Non che lei non fosse felice, ben inteso, ma... se veramente voleva
cambiare qualcosa, perché non provare a iniziare con un
libro. Allungò la mano, guardandosi intorno sospettosa
(Hermione aveva sempre considerato quei libri come spazzatura stampata
tanto per guadagnare un po' di soldi facili), ma proprio mentre stava
per prenderlo si fermò.
Aveva notato un ragazzo dalla figura longilinea ed elegante, dai lunghi
capelli biondi tirati indietro con un laccetto scuro. La ragazza lo
fissò, incuriosita. Non appena l'aveva visto aveva associato
quella figura a Lucius Malfoy e le parve terribilmente comico
l'immaginare quel mago davanti a uno scaffale di fumetti della Marvel.
Divertita all'idea di quella scena continuò a fissarlo,
curiosa di sapere cosa avrebbe fatto. Lo vide afferrare un volume e
iniziare a sfogliarlo, si voltò lentamente, quasi per
osservare meglio le figure, e un profilo inconfondibile si
mostrò.
Hermione voleva morire, prese rapidamente il primo libro che aveva a
portata di mano – Buddha e i suoi dieci allegri consigli
– e ci affondò il viso. Presa dal panico si mosse,
intenzionata a uscire al più presto da quella libreria,
perché non aveva la benché minima voglia di
salutarlo-incontrarlo-osservarlo-averedeirapporticonlui.
Era Draco Malfoy, per l'amor di Morgana. In una dannatissima libreria
babbana, che sfogliava con noncalanche un numero di
“X-Men”.
Lentamente indietreggiò, cercando l'uscita più
vicina, ma non fu facile. Come ogni volta che entrava in un negozio di
libri si era persa, perché aveva iniziato a vagare senza
meta con il naso all'insù, perdendo completamente la
cognizione spazio-temporale. Chiuse gli occhi e cercò di
riprendersi, ripercorse la strada al contrario, ricordando i generi che
aveva superato, titolo dopo titolo.
Arrivò alla casa, posò sul bancone l'acquisto e
continuò a rimanere a testa bassa. La commessa, una ragazza
con il volto tempestato dalle lentiggini, la fissò piuttosto
interdetta, ma osservando il titolo del libro, i suoi capelli
un po' troppo voluminosi, e quei leggeri peli di gatto rosso che aveva
sul maglione fece finta di niente, credendola una strana donna,
probabilmente depressa.
«Quant'è?»
La voce un po' strascicata di Malfoy la fece trasalire, era a tre casse
di distanza da lei, ma non c'era nessuno, quindi era visibilissima.
Sbiancò e agitata gli diede completamente le spalle, facendo
finta di niente.
«Miss, sono 7 pounds» le disse la ragazza,
guardandola ancora più stranita.
Hermione sembrò risvegliarsi da delle strane elucubrazioni,
scosse la testa e borbottò un
“sì” a mezza bocca, aprendo una
borsettina dalla quale estrasse, con immenso stupore della commessa, un
enorme portafoglio pieno di foglietti. Le allungò i soldi e
fremette, sentendo che anche Draco stava pagando a pochi passi da lei.
«Sono 20 puonds» aveva detto il ragazzo che lo
serviva.
L'ex-compagno di scuola aveva sfilato un elegante portafoglio nero
dalla tasca dei pantaloni e aveva allungato con
tranquillità la banconota, aveva rifiutato la busta e aveva
infilato i volumi in una borsa a tracolla che sembrava molto vecchia.
«Il resto, miss» l'aveva richiamata la ragazza, un
po' scocciata.
Hermione era trasalita e aveva quasi strappato le monete dalla mano
della povera commessa. Sistemò gli spicci alla rinfusa nella
borsetta e anche il libro, non rendendosi conto che in una porchette di
pochi centimetri era assai strano che centrasse tutto quanto.
Rapidamente uscì dalla parte opposta a quella di Draco
Malfoy e una volta in strada sembrò riprendere colorito e
fiato.
Non le sembrava vero: Draco Malfoy, quel Draco Malfoy che professava
sin dalla culla l’inferiorità dei Babbani, si
trovava al centro di Londra, in una libreria a leggere dei fumetti.
Dei fumetti.
Hermione era sconvolta e allo stesso tempo affascinata da quella
situazione. Era dai tempi dei tribunali post-Guerra Magica che non lo
vedeva e doveva ammettere che il viso sottile e allungato, che da
ragazza l’aveva sempre infastidita, aveva assunto dei tratti
più mascolini e attraenti.
“Hermione, focalizza,” si ripeté in
testa, stringendo con forza il manico dell’ombrello,
“la stranezza non sta nel fatto che sia diventato attraente,
ma nel suo sfogliare dei fumetti Babbani in una libreria
Babbana”.
Lo vide uscire e aprire un ombrello nero e gigantesco, tirare sui
capelli il cappuccio del suo cappotto – sì, era un
cappotto e non un mantello! – e iniziare a incamminarsi verso
il Ministero.
Hermione si domandò dove stesse andando, si morse un labbro
agitata e cercò di pensare razionalmente. Doveva tornare a
casa, perché stava diluviando e le si stavano bagnando i
piedi – e lei odiava avere i calzettoni bagnati.
Però per tornare a casa doveva per forza seguire Malfoy.
Iniziò a saltellare, indecisa sul da farsi. Prese un bel
respiro e iniziò a camminare.
Non c’era molta gente per Charing Cross Road, con quella
pioggia era impensabile che qualcuno si avventurasse per le strade;
perciò non le costò molta fatica individuare
nuovamente il suo ombrello e seguirlo – anche se lei stava
tornando a casa, mica lo stava seguendo.
Arrivata al bivio di Litchfield Street si fermò, indecisa
sul da farsi. A casa l’attendeva un enorme ammasso di leggi e
leggiuncole sulla condizione degli Elfi domestici da modificare, mentre
la curiosità di vedere dove si sarebbe diretto Draco Malfoy
la stava trascinando verso Trafalgar Square.
No, doveva resistere.
Malfoy era sempre stato un tipo antipatico, che l’aveva
torturata quando era una ragazzina e, soprattutto, considerando il suo
schieramento durante la Guerra Magica era assurdo pensare di doverlo
affrontare di nuovo, anche solo per salutarlo.
Ma, dannazione, stava leggendo dei fumetti!
Senza neanche rendersene conto si era ritrovata a seguirlo, a testa
bassa, alzandosi la pesante sciarpa di lana fino sopra al naso
– aveva freddo, mica doveva nascondersi da lui.
Lo vide girare all’altezza di St. Martin e superare numerosi
negozi, con passo sicuro. Hermione rimase piuttosto distante, pur non
perdendolo mai di vista; lo guardò mentre si fermava davanti
a un locale dall’entrata che sembrava appartenere a un altro
secolo, ma l’insegna con l’inconfondibile sirena
verde la fece trasalire.
Draco Malfoy stava entrando in un comunissimo, Babbanissimo Starbucks
coffee. Si chiese se in verità quella non fosse la giornata
dei contrari o se, magari, fosse stato sottoposto a qualche strana
penitenza dai suoi amici. Perché non era assolutamente
possibile che quel ragazzo fosse Draco Malfoy.
Forse si era sbagliata e l’iniziale pensiero che
l’aveva tanto divertita – un Lucius Malfoy
interessato alle avventure di Capitan America – aveva poi
compromesso le sue capacità mentali, portandola a creare
un’illusione. Ma la voce strascicata e quei gesti lenti e
quasi annoiati mentre dava i soldi erano i suoi. Ed era anche suo il
modo con cui si era lasciato cadere sulla poltrona verde bottiglia, e
il modo con cui afferrò il caffè posato sul
tavolinetto a scacchi, mentre aveva iniziato a sfogliare un fumetto.
Forse era tutto frutto della sua immaginazione: il troppo lavoro aveva
completamente annientato il suo cervello e lei si era inventata tutto.
Vide il ragazzo voltarsi, iniziando a fissare fuori dalla vetrina.
Avvampò, coprendosi con l’ombrello, facendo finta
di cercare qualcosa dentro la borsetta. La pioggia, che continuava a
scendere insistente, non la risparmiò e in pochi secondi era
già completamente zuppa. Piuttosto a disagio
aspettò un po’, poi ritornò a coprirsi
e riprese a fissare Draco Malfoy, che sembrava perso nella lettura.
Bene. Aveva scoperto che Draco Malfoy era un appassionato di
caffè americano e di tutto ciò che un normale
Babbano ventiquattrenne avrebbe adorato.
Normale. Normalissimo.
Non erano affari che le riguardavano, quindi poteva girare, fare dietro
front, e ritornarsene a casa, dove un Grattastinchi affamato
l’avrebbe fissata insospettito e indispettito.
Ma no, per la barba di Merlino, non era affatto normale. E Hermione,
per quanto avesse tentato di nasconderlo – piuttosto
miseramente – era sempre stata attratta da tutto
ciò che non quadrava negli schemi. Altrimenti non sarebbe
mai e poi mai andata dietro a quegli scavezzacollo di Harry e Ron.
Prendendo un enorme respiro attraversò la strada ed
entrò nel locale. Alla fin fine quello che si era cacciato
in una situazione imbarazzante era lui, non certo Hermione –
una normalissima “Mezzosangue” che aveva deciso di
leggersi un libro al caldo di un caffè.
Ordinò il cappuccino, a bassa voce, sempre divisa tra la
sicurezza di stare nel giusto e l’agitazione dovuta alla
paura di farsi riconoscere.
Lo prese e notò con terrore che non c’erano poi
tutti questi tavolini liberi – stupida, stupida Hermione!
Perché diamine non hai controllato.
L’idea di uscire non la sfiorò minimamente,
considerando che aveva iniziato a diluviare ancora di più.
Affranta si avvicinò al bancone di legno con le varie
bustine di dolcificanti e simili; prese quattro bustine di zucchero
– perché ne aveva veramente bisogno – e
iniziò a girare la bevanda lentamente, per guadagnare tempo.
«Granger, hai smesso di pedinarmi o pensi di continuare fino
a casa?»
Hermione fece un balzo, spaventata, parte del cappuccino le si
versò sul cappotto e sulla sciarpa.
«Dannazione…» borbottò tra
sé e sé. Cercò di darsi un contegno e
si voltò, lentamente, come se non avesse la più
pallida idea che lui si trovasse lì.
«Oh, Malfoy» disse con calma, alzando il mento per
guardarlo con sorpresa.
Aveva il viso tremendamente liscio, ancora simile a quello di un
adolescente, ma i lineamenti si erano induriti, facendolo assomigliare
ancora di più al padre; solo una ciocca bionda era sfuggita
alla coda ed era stata sistemata dietro l’orecchio destro.
Vestiva completamente di nero.
«Non fare la finta tonta, è da Foyles che mi
pedini, Granger».
Sì, era decisamente lui, il tono con cui
l’apostrofava era rimasto immutato negli anni.
«Foyles…» iniziò, cercando di
dare l’impressione di incredulità.
«Sì, Foyles, dove hai comprato un tremendo libro
da 7 pounds. Non ti facevo tipa da best-seller»
Hermione non sapeva se arrossire per la pessima figuraccia, arrabbiarsi
per essere stata così idiota da non accorgersi che lui si
era accorto di lei o lusingata dal complimento velato – non
era cosa da tutti i giorni sentirsi dire “non ti facevo tipa
da best-seller”.
Boccheggiò un attimo, presa alla sprovvista, poi
borbottò.
«Noi puoi giudicare un libro dalla copertina»
Brava, Hermione, devia. Svicola. Non ritornare sull’argomento
“sono una stalker che ti stava pedinando fingendosi innocente
da ben mezz’ora”.
«Si può giudicare tutto dalla sua
copertina».
«Bene, allora posso dirti candidamente che la posizione di
quella tipa sulla copertina del tuo fumetto è totalmente
innaturale, quindi devo pensare che sia un enorme cumulo di
immondizia»
«Quale fumetto?» scattò lui, stringendo
rapidamente la cintura della tracolla, quasi a difendere il suo segreto.
«Non fare il finto tonto con me, Malfoy» sorrise
soddisfatta lei.
Uno a uno, palla al centro.
«Bene. Allora ci rivediamo» disse Hermione,
avvicinandosi alla poltroncina che lui aveva lasciata libera, si
sedette e posò il bicchiere sul tavolino.
Lui la fissò indispettito, rimanendo in piedi.
Continuò a scrutarla, anche mentre lei toglieva dalla
borsetta il nuovo libro appena acquistato – visto che
l’aveva notata, tanto valeva iniziarlo subito.
«Non ti ricordavo così maleducata,
Granger» commentò inacidito, aspettando che la
ragazza alzasse gli occhi.
«Scusa?»
«Fino a prova contraria io stavo seduto lì, e tu
lo sai bene, visto che mi stavi spiando da fuori»
indicò con un cenno della testa la vetrina e la strada ormai
buia.
«Ti sei alzato» ribatté lei, poi
notò che c’era una sedia libera e disse, calma
«puoi sempre prendere quella sedia».
«Ma io voglio la poltrona, Granger».
Hermione sbuffò e le parve di ritornare
all’età di quattordici anni, con un ragazzino
viziato con cui avere a che fare.
«Bene» si alzò di scatto e si mise a
sedere sulla sedia, dandogli le spalle. Sentì il rumore
delle molle della poltrona che si piegavano sotto il peso del ragazzo e
fece finta di niente, iniziando a leggere.
«Seriamente, “Dieci piccole mosse per ritornare a
essere felici”?» commentò, sarcastico.
Lei si voltò, guardandolo irritata – lo sapeva che
seguirlo si sarebbe rivelata una pessima idea.
«Seriamente, X-Men?»
Draco si zittì, indispettito. Abbassò lo sguardo
e voltò la testa, sorseggiando il caffè e
guardando fuori dalla strada.
Hermione, però, aveva una tremenda voglia di chiedergli
perché diamine stesse leggendo quei fumetti, come mai fosse
in quel locale, cosa facesse nella vita. Insomma, era stranamente
incuriosita dalla persona di Draco Malfoy.
«Senti, se vuoi puoi leggerli. I fumetti, intendo»
sorrise flebilmente Hermione, voltandosi un attimo e lanciandogli
un’occhiata amichevole.
«Mh?» disse lui, guardandola tetro.
«Intendo… ormai li ho visti, tanto vale che li
leggi».
Un leggero colore imporporò le guance sempre
pallide di Draco. Hermione sogghignò vittoriosa, girandosi
nuovamente e prendendo una bella sorsata del suo cappuccino.
Si era dimostrata capace di dominare la situazione, matura e decisa;
era decisamente cresciuta.
«Non lo dirò a nessuno» giurò.
Il ragazzo la fissò un po’ sospettoso e dopo un
attimo si chinò, aprendo la tracolla e tirando fuori il
volumetto, riprendendo da dove aveva lasciato.
Hermione riprese a leggere, come se niente fosse, immergendosi nel
mantra di quegli insegnamenti che, pagina dopo pagina, le sembravano
sempre più assurdi e strampalati.
«Si può sapere perché stai leggendo
quel libro, Granger?» domandò di punto in bianco
Draco, alzando la testa dal fumetto e guardandola.
Hermione si voltò, avvampando.
«Niente, ero curiosa».
«Di sapere come raggiunge la felicità? E
perché? Non l’hai già?»
«Certo che la ho» mugugnò imbarazzata
Hermione, mettendosi sulla difensiva.
«Allora perché leggi quel libro? Dovresti sapere
già tutto, no?» commentò argutamente,
fissandola divertito.
Lei era cresciuta, lui pure, ma rimanendo lo stesso ragazzino
indisponente di sempre.
«Senti non sono affari…».
«Comunque dubito che quel “coso”
riuscirà a portarti da qualche parte» la
interruppe senza dare troppa attenzione alla frase che aveva iniziato.
«E cosa dovrebbe portarmi alla felicità? Ammesso
che io ne abbia bisogno, ben inteso» aggiunse subito, per
evitare che la prendesse in contro piede.
Draco Malfoy guardò fuori dalla vetrina e notò
che aveva smesso di piovere, si alzò tranquillamente.
« “I dolori della giovane
Teobalda”» disse calmo.
Hermione lo fissò un attimo, poi scoppiò a ridere
tremendamente divertita.
«Voi Babbani avete uno strano senso
dell’umorismo» commentò piuttosto acido.
«Devo ricordarti per l’ennesima volta che non sono
una Babbana?» ribatté irritata Hermione, punta
nell’orgoglio.
Draco aprì la bocca per risponderle, ma considerate le nuove
leggi vigenti contro la discriminazione dei Nati Babbani strinse le
labbra e trattene un commento acido.
«Bene, voi persone nate e cresciute in parte in un ambiente
Babbano avete uno strano senso dell’umorismo. Così
va bene?»
Hermione sorrise, soddisfatta e annuì.
«Più politically correct di così
potresti morire, Malfoy» poi, ricordandosi
l’argomento iniziale, quel libro dallo strano titolo,
domandò: «ma di che libro parli?»
«Hai un po’ di tempo?» chiese
sovrappensiero.
«Mh, sì, dipende. Se devi portarmi in qualche
ambiguo sottoscala dove poi seviziarmi, no: ho del lavoro da
fare».
Draco si voltò di scatto e la fulminò. Hermione
non aveva mai visto nei suoi occhi uno sguardo tanto deciso e irritato.
Evidentemente il fare riferimento alla tortura aveva risvegliato in lui
qualche ricordo che ancora lo tormentava. La ragazza tacque, capendo di
aver toccato un tasto dolente – per entrambi.
«Devo portarti in una libreria» rispose sbrigativo,
infilandosi il cappotto e tirandosi su il cappuccio, infilando per bene
la coda sottile dentro la felpa nera.
«Una libreria?»
Hermione si fece immediatamente più curiosa, si
alzò a sua volta, prendendo l’ombrello e infilando
in un secchione il bicchiere ormai vuoto.
«Sì, una libreria».
Angolo Autrice:
Ecco, io ve lo avevo detto che Draco ci sarebbe stato (logico,
è una Dramione). Ammetto di essere un po' fissata con Londra
*coff coff* e che tutti i posti descritti esistono.
Ho scelto la zona di Charing Cross perché è
relativamente vicina al Ministero della Difesa (che da quanto ricordo
è vicino al Ministero della Magia) ed è piena di
librerie, credo di non averne mai viste così tante tutte su
una stessa via: dell'usato, antiquariato, grossi centri, piccoli
negozi. Di tutto. E poi c'è Foyles. Foyles è una
libreria favolosa, enorme, dove io mi sono persa la prima volta che ci
sono stata.
Pure il libro delle "Dieci piccole mosse per blablabla" dovrebbe
esistere. Non ricordo il titolo, ma lo vidi in un Waterstone vicino
Piccadilly, proprio nei best-seller e mi è sempre rimasto in
testa come libro e come copertina.
Non so bene che dirvi se non un enorme GRAZIE a chi l'ha messa fra le
seguite, chi l'ha recensita, chi l'ha consigliata su FB. Insomma...
grazie :D
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Capitolo 3 *** Bilocali e Libri Miracolosi - II parte ***
Bilocali e Libri
Miracolosi - II parte
ovvero, chiacchiere sul grigio
Draco uscì e iniziò a camminare con un passo
veloce e agile, evitando le pozzanghere che si erano venute a formare.
Era ormai tardo pomeriggio e alcuni negozi iniziavano a chiudere.
Hermione si domandò dove mai vivesse Malfoy,
perché si trovasse a Londra e, cosa più
importante di tutte, in quale libreria volesse portarla.
Si stavano inoltrando nelle vie strette e ingarbugliate dei teatri,
dove si susseguivano schiere di caffè, boutique e piccoli
ristorantini alla moda.
Draco Malfoy non parlò durante tutto il cammino, si
fermò di colpo davanti a una piccola porta, con la parte
superiore in vetro, che sembrava vecchia e sudicia. Hermione per poco
non gli finì addosso, travolgendolo. Lo guardò
piuttosto interdetta e allarmata: considerato l’aspetto non
se la sentiva di escludere a priori la possibilità di una
sala di tortura.
Draco aprì la porta, che urtò un campanello,
facendolo tintinnare. Hermione lo seguì, ancora insicura
sulle sue reali intenzioni.
Una volta dentro, però, dovette ricredersi.
Le pareti si ergevano alte almeno quattro metri – sicuramente
grazie a una magia –, costringendola a camminare con il naso
all’insù, catturata dall’ambiente
insolito. Volumi su volumi, si addossavano uno sull’altro,
alcuni di questi perfino lievitando e spostandosi da soli se uno
scaffale era troppo pieno.
«Non avevo idea…» iniziò a
balbettare rapita. Venne colpita da un trattato di Erbologia che stava
scappando, inseguito da alcuni saggi sulle Creature Magiche –
in particolar modo uno su delle strane lumache blu.
Un vecchio mago dalla barba ispida e mal sistemata fece capolino da
dietro un angolo; li guardò prima sospettosamente, ma non
appena mise a fuoco Draco sorrise soddisfatto e si avvicinò
a loro.
«Mr. Malfoy» lo salutò allegramente,
allungandogli una mano che Draco strinse senza troppo entusiasmo,
«non credevo sareste tornato così
presto».
«Oh, non è per me» spiegò
veloce, «ma per questa collega». Non si
voltò neanche, irritando piuttosto Hermione.
«Anche lei giornalista, Miss.?» domandò
curioso il libraio, che ora la fissava più interessato,
quasi come se lo scrivere l’avesse santificata ai suoi occhi.
«Gio…»
«Si occupa più di economia, cose del
genere» tagliò corto il ragazzo, non dandole tempo
di rispondere.
Draco Malfoy, quindi, faceva il giornalista. Chissà per
quale giornale lavorava. Hermione riceveva ogni giorno la sua copia
della Gazzetta del Profeta e non aveva mai notato il nome del suo
ex-compagno di scuola alla fine degli articoli. Probabilmente usava uno
pseudonimo, pensò, oppure scriveva su qualche strana rivista
priva di credito.
«Comunque, in cosa posso aiutarvi?» chiese
servizievole.
«La hai ancora una copia de “I dolori della giovane Teobalda”?»
Hermione si continuava a guardare intorno affascinata, girando la testa
per non perdersi il minimo movimento dei tomi intorno a lei.
«Certo, certo! Una copia bellissima, quella che lei conosce,
no? È un antico manoscritto di quattro secoli fa, ancora
perfettamente conservato! A quei tempi sapevano fare certi Incantesimi
Conservatori che oggi ce li sogniamo!» l’anziano
signore, che a prima vista sembrava gracile e piuttosto instabile,
iniziò quasi a correre tra le varie pareti di libri,
chiamando a gran voce il titolo del testo. Di colpo un volume
scattò fuori da una mensola, colpendolo in pieno petto; il
signore accusò il colpo e tossendo un po’ troppo
forte si riavvicinò a loro.
«Eccolo qui, posso vendervelo a metà
prezzo» dichiarò orgogliosamente.
Hermione quasi squittì dall’eccitazione notando la
rilegatura in cuoio tinto di verde, con alcuni intarsi dorati, mentre
il titolo era inciso abilmente.
Draco la sentì e fece finta di niente, ma dentro di
sé trovò estremamente piacevole che una persona
si emozionasse alla vista di un semplice libro.
«Sono tre galeoni».
«Preso!»
Anche se si fosse rivelato un tremendo libro dalla trama noiosa,
Hermione lo voleva nella sua libreria.
Malfoy la guardò divertito, trattenendo un sorriso, la
osservò seguire l’uomo fino alla cassa e pagare
velocemente, solo per poter toccare e stringere quel tomo.
Hermione, una volta fatto il suo acquisto, lo raggiunse, sorridendogli
grata per averla condotta in quel magnifico paradiso.
«Hai fame?» gli chiese, completamente dimentica
degli antichi rancori e del caratteraccio di Draco.
Questi, preso alla sprovvista dall’improvvisa simpatia nei
suoi confronti e dalla spigliatezza con la quale gli parlava
annuì.
«Abbastanza»
«Conosco un buon “fish&chips” qua
vicino, ti andrebbe di venire con me?» gli propose,
continuando a lanciare occhiate affascinate al negozio.
Quando uscirono aveva ripreso a piovere, Hermione aprì
l’ombrello e vide Draco titubare dietro di lei.
«Se non ti va di venire… lo capirei» si
avvolse meglio la sciarpa intorno al collo, portando fuori i capelli.
Pensò che dovevano essere veramente indecenti.
«Mi meraviglia che tu me l’abbia chiesto,
Granger»
Rimasero per un attimo in silenzio, Hermione non se la sentiva di
mettergli fretta. Era come se si trovasse davanti a un serpente dalle
squame particolarmente colorate e attraenti, seppur spaventata, non
poteva fare a meno di sperare che questo si avvicinasse a lei e le
permettesse di scorrere un dito sulla propria pelle. Tutto
ciò che poteva fare era rimanere in silenzio e aspettare.
«Sì, comunque» mormorò,
avvicinandosi a lei e aspettando che si muovesse.
Hermione gli sorrise e iniziò a camminare, ripercorrendo al
contrario la strada dell’andata; senza troppa fretta
superarono i numerosi semafori di Piccadilly Circus, dirigendosi verso
Leicester Square. Passarono davanti ai cinema illuminati a giorno e una
domanda punse la lingua di Hermione, che si ritrovò a
parlare senza volerlo.
«Sei mai entrato in un cinema?»
Malfoy abbassò lo sguardo – solo ora notava quanto
si fosse alzato – e storse il naso.
«Un conto è una libreria, Granger, non puoi
pretendere troppo».
«Hai ragione… scordavo che tu e il mondo Babbano
vi trovate agli antipodi» fece una pausa, passando oltre un
ristorante take-away cinese, voltando a sinistra. «Anche se
quei fumetti…»
«Hai intenzione di appendere qualche annuncio?»
commentò infastidito Malfoy, sempre stando al suo fianco.
«No, però la cosa mi incuriosisce».
Draco la fulminò, non appena colse un sorrisino soddisfatto
oltre la coltre di ricci gonfi.
«E comunque ci sono stato, in un cinema. Ma puzzava troppo e
mi davano fastidio quegli stupidi Babbani che sgranocchiavano le coc-porn».
«Si chiamano pop-corn» ridacchiò
Hermione, fermandosi davanti a un locale che sembrava tutto tranne che
pulito.
Il ragazzo fissò scettico la vetrina e il bancone, oltre che
i tavolinetti che sembravano intrisi di grasso.
«Granger, credevo non fossi una persona
vendicativa…»
«L’apparenza inganna, Malfoy. Il fish&chips
qui è favoloso» lo superò ed
entrò, salutando il proprietario. Chiese un tavolino per due
e questi la portò al piano di sopra, dove l’aria
sembrava intrisa di olio per la frittura.
«Okay, ammetto che non è il massimo
dell’eleganza e che questo odore non è proprio
piacevole, ma fidati» scherzò Hermione,
togliendosi sciarpa e cappotto, infilando la prima nella borsetta e
posando il secondo sulla sedia, facendo attenzione che non si sporcasse
toccando a terra.
Draco si spogliò a sua volta, appendendo
l’ombrello e la tracolla allo schienale della sedia, si
sedette e si tirò su le maniche della felpa, con un gesto
tremendamente naturale.
Hermione sbiancò alla vista del Marchio. Fu come se tutta
l’immagine di Draco Malfoy che si era costruita nella testa
durante le precedenti ore fosse svanita –
l’appassionato di libri, il giornalista, lo scoperto
Babbanofilo – e al suo posto si fosse posato quel drappo
pesante del passato. Non si accorse di stare fissando insistentemente
l’avambraccio del ragazzo e si risvegliò solamente
quando lui emise uno sbuffo spazientito.
«Granger, nessuno ti ha mai detto che è
maleducazione fissare?»
«No, è che…
insomma…» balbettò a disagio,
già pentendosi di averlo invitato a cena. Davanti ai suoi
occhi il Draco Malfoy adulto si stava trasformando nel ragazzino
viziato e indisponente che l’aveva bulleggiata durante tutta
la sua adolescenza; il codardo e vile Malfoy, capace solo di
tiranneggiare sugli altri. Il fiero Purosangue, schifato dalla presenza
dei Nati Babbani tanto da augurare loro la morte. Ebbe un brivido e si
impietrì.
«Non si può cancellare. Voldemort… non
era certo tipo da tatuaggi con le terre». Hermione lo vide
sorridere un po’ aspramente, fissando a sua volta il
tatuaggio. «E poi… sarebbe stupido
cancellarlo» mormorò sottovoce «non si
può negare il proprio passato né le proprie
scelte sbagliate. Tuttalpiù si può tentare di
raddrizzare il tiro, evitando idiozie del genere»
alzò gli occhi e si premurò di aggiungere,
storcendo il naso «questo non vuol dire che reputi Potter un
salvatore o Weasley un simpatico compagno di Burrobirra».
Hermione lo guardò, sospirando, prese un menù e
fece finta di leggerlo.
«E me? Cosa pensi ora di me?» sorrise un
po’ tesa, sempre cercando di mantenere quel velo di
diplomazia che non negava a nessuno.
«Forse i tuoi modi da saccente so-tutto-io sono
rimasti… ma cerchi di nasconderli abbastanza bene»
ridacchiò, poi prese anche lui un menù e
sembrò imitarla, anche nel tono fintamente disinteressato,
«e poi sei una strega brillante, credo sia un dato
oggettivamente riconosciuto dalla comunità magica».
«Wow, Malfoy, sicuro di non essere sotto l’effetto
di qualche incantesimo o infuso?» scherzò
Hermione, già arrossendo sulle guance.
«Cerco di comportarmi da uomo adulto nel favoloso, pacifico e
adorabilmente corretto dopo-guerra».
Sogghignò e poi aggiunse: «se vuoi posso ritornare
l’irresistibile ragazzo di sempre, Mudblood»
Hermione sibilò sentendo quel termine. Evidentemente si era
mossa un po’ troppo e il serpente l’aveva morsa
– c’era solo da sperare che non fosse velenoso.
«Quel termine…»
«Me lo hai tirato fuori tu, Granger».
«Draco, sei un idiota».
In quel momento arrivò il cameriere che molto gentilmente
prese le ordinazioni, Draco si limitò a prendere tutto
ciò che prendeva lei, senza curarsi di rispondere troppo al
ragazzo. Sotto-sotto quell’aria schifata che assumeva nelle
vicinanze di un Babbano gli era rimasta.
Draco la fissò piuttosto sconvolto, non appena il ragazzo se
ne andò, non toccò neanche la birra, che invece
Hermione iniziò a bere di gusto.
Si era accorta anche lei di averlo chiamato Draco, ma cercava di
mantenere un contegno neutrale che non gli permettesse di notare questo
suo “errore”. Troppo tardi, disse tra sé
e sé, lo sguardo di Malfoy si era posato su di lei e la
fissava tra il sorpreso e il curioso – più o meno
era lo stesso sguardo che gli aveva rivolto lei all’uscita di
Foyles.
«Cosa c’è? Non ti piace la birra
Babbana?»
«Mi hai chiamato Draco».
Hermione alzò lo sguardò e cercò di
sorridere tranquillamente: «perché non dovrei? Hai
un bel nome».
«Ho un bel nome?»
Considerando i numerosi scherzi fatti alle sue spalle durante gli anni
della scuola, a causa del suo “bel nome”, Draco
rimase piuttosto sorpreso.
«Sì, è esotico, particolare.
Insomma… un bel nome» cercò di
sdrammatizzare Hermione, bevendo un’altra sorsata di birra
chiara.
«E allora perché non lo hai usato prima?»
«Ero troppo occupata a odiare il tuo atteggiamento per
accorgermene; più o meno come tu eri troppo occupato a
notare quanto fossero sporchi i miei globuli rossi invece che ammettere
e accettare la mia superba intelligenza» Hermione
scoppiò a ridere.
Draco la guardò stranito, non sentendosi per niente in
colpa, ma soffermandosi più sulla spigliatezza della
ragazza. Non avrebbe mai e poi mai creduto che quella dentona dai
capelli crespi potesse trasformarsi in una donna così
affabile e interessante. Di figuracce ne aveva fatte molte, durante
quel pomeriggio, eppure gli era piaciuto il modo con cui si era ripresa
e la naturalezza con la quale affrontava le situazioni. La facevano
sembrare una strega forte e sicura di sé.
Afferrò il boccale e bevve anche lui una sorsata,
arricciando il naso il naso.
«Detesto queste birre» mugugnò a mezza
bocca.
«Troppo amare per voi maghi, vero?»
Draco annuì, ma riavvicinò comunque le labbra al
bordo del bicchiere.
«Anche Ron non la sopportava».
«A proposito… ho visto Weasley al Ministero,
l’altro giorno. Ma non stavate insieme?»
domandò incuriosito. L’adorabile coppietta del
Babbanofilo e della Mezzosangue, come aveva sempre commentato con
sprezzo il padre – sempre piuttosto interessato ai
pettegolezzi.
«Sì, stavamo insieme. Ma… qualche mese
fa abbiamo deciso di interrompere la nostra relazione e ritornare a
essere amici. Insomma, interrompere non è un verbo adatto.
Ci siamo ritrovati a essere solo amici, di nuovo»
spiegò velocemente, ingarbugliandosi per
l’agitazione.
Le sembrava così strano stare seduta lì, in quel
localino piuttosto lercio, a bere birra e parlare con Draco Malfoy.
«Quindi ora sei single» constatò Draco,
osservando il cameriere arrivare con i due merluzzi impanati. Il
ragazzo osservò il piatto, studiandolo attentamente e
spulciandolo con la forchetta; quando notò che la posata
affondava nella panatura producendo un sonoro e accattivante
“crack” si decise finalmente di impugnare anche il
coltello e iniziare a mangiare.
«Dubito che ci abbiano messo del veleno»
scherzò Hermione, aprendo una bustina di salsa tartara e
versandola sul lato del piatto.
«Mh, no è che…»
«Il cibo Babbano è molto buono, te lo
assicuro» rise la ragazza, tagliando il primo pezzo e
masticandolo con gusto.
«Sono sicura che dopo che l’avrai assaggiato ci
detesterai un po’ di meno, a noi Babbani».
Draco aprì la bocca, per ribatterle e farle capire che lui
sapeva benissimo che i Babbani non erano poi così male, solo
che non poteva dirlo per ragioni fin troppo lunghe da spiegare.
«Guarda che anche noi maghi mangiamo il
fish&chips» mugugnò, iniziando ad
assaporare il gusto ricco e gustoso della pietanza.
«Però non avete queste birre così
buone» giocò la ragazza, bevendone un altro
po’.
«Sei brava a sviare i discorsi» disse
d’un tratto Draco, alzando la testa e guardandola incuriosito.
«Sviare?»
«Vedi? Ti avevo detto che quindi sei single, ora»
Calò per un attimo il silenzio ed Hermione si
bloccò con la forchetta sollevata e il busto chinato verso
di questa. Deglutì e risposte, un po’ scostante:
«sì, ma tanto ho così tante cose da
fare che non è che senta poi così tanto la
solitudine».
Prima che Draco potesse rispondere lei ribatté, veloce.
«E tu? Solo soletto?»
Il ragazzo tacque per un istante, preso alla sprovvista, proprio come
lei era stata colta poco prima. Storse il naso e sospirò.
«Ufficialmente sono fidanzato con Astoria
Greengrass» spiegò, lentamente, senza sapere bene
neanche lui perché stesse raccontando a quella ragazza la
sua vita. Quella ragazza che aveva sempre odiato e disprezzato.
«Ma praticamente?»
«Praticamente io vivo nell’appartamento a Londra
che ci hanno comprato i miei, mentre lei si è trasferita dal
suo fidanzato, un tipo che lavora all’Ufficio per i Giochi e
gli Sport Magici. Ogni domenica, alternativamente, andiamo dai suoi
genitori e dai miei per pranzo. Così sono tutti contenti e
nessuno si preoccupa del fatto che gli adorati rampolli dal sangue puro
vivono delle normalissime vite nel più Babbano dei
modi» sorrise amaramente, mangiando gli ultimi bocconi quasi
con rabbia.
Hermione non disse niente, ma tenne il viso basso e continuò
a masticare lentamente.
«Mi spiace» sussurrò infine, mordendosi
un labbro e alzando lo sguardo. Cercò di sostenere gli occhi
freddi e penetranti di Draco, che in quel momento sembravano colmi di
rabbia e irritazione.
«E perché?» domandò
trattenendo una risata divertita.
«Mi sembrava come se… la situazione non ti
piacesse».
«Bhe, certo non sono al settimo cielo…
però non mi lamento. In questo modo ho una
libertà totale sei giorni su sette; la domenica la
dedichiamo al metterci la bella maschera di falsità e far
finta che va tutto bene. Stiamo lavorando a una scusa per la
separazione» mugugnò spostando lo sguardo e
posando il mento appuntito sulle dita incrociate.
«Posso chiederti una cosa?» domandò
lentamente, cercando di tastare il territorio, che si era fatto
nuovamente impervio e pericoloso.
«Certo»
Lo stesso Draco si meravigliò della tranquillità
con cui le aveva dato quella concessione, quasi come fossero stati
amici da sempre – o, più generalmente, quasi come
se fossero stati amici.
«Come mai hai iniziato a leggere libri Babbani?»
«Ti sembra così strano?» sorrise lui,
vedendo il cameriere avvicinarsi, alzò un braccio facendo il
gesto di portare il conto. Questi annuì e risparì
per le scale.
«Piuttosto paradossale. Il fatto stesso che tu legga,
diciamo».
«Fammi indovinare… mi immaginavi come un turpe e
viziato ragazzino che passava le sue giornate estive a torturare i suoi
Elfi Domestici. Senza studiare, leggere, giocare o compiere
qualsivoglia normale attività».
«Ci aggiungerei l’esercitazione delle Maledizioni
Senza Perdono sugli animali domestici» aggiunse ironicamente
Hermione. Stranamente non si sentiva più così a
disagio, con lui. Le sembrava come se Draco Malfoy si fosse ormai reso
conto delle orribili azioni compiute dalla sua famiglia, ma allo stesso
tempo non riuscisse a negarle. Per questo ci scherzava su, le mostrava
– come faceva con il Marchio – quasi a riprova del
fatto che ormai non gli appartenevano più, ma che erano
state parte di lui.
«Comunque… sono figlio unico e sono inglese.
Abbiamo un’enorme libreria a casa, così, quando
pioveva e non potevo giocare a Quidditch mi rifugiavo lì,
leggendo. Non sei l’unica capace di farlo, eh».
«Simpatico» mugugnò Hermione, vedendo il
ragazzo arrivare con il conto e piegandosi per prendere il portafoglio
dalla borsetta. Molte persone se ne erano andate, così
sfilò dalla tasca interna del giaccone la bacchetta
sussurrando: «Accio portafoglio».
Questi giunse tra le sue dita quasi all’istante e lei
sistemò tutto velocemente.
Draco, da parte sua, era rimasto immobile, perso nei suoi pensieri. Da
una parte si sentiva obbligato a offrirle una cena – era pur
sempre una ragazza e aveva imparato che un gentiluomo deve sempre
pagare per la sua compagna di pasto – dall’altra
sentiva ancora gli ammonimenti del padre, che lo mettevano in guardia
dai Mudbloods, ritenendo assurdo anche solo il doverci parlare con
gente del genere.
Hermione posò la sua parte sul piattino con sopra lo
scontrino e sorrise.
«Allora, cosa ti piaceva leggere?»
Draco tentennò e vista la soluzione naturale del problema
fece finta di niente, mettendo anche la sua parte e alzandosi per
andarsene.
«Mi piacevano i romanzi d’avventura. I poemi epici,
quelli medievali, sai? Ci sono pure dei personaggi della nostra
famiglia narrati nel Ciclo Bretone dei Cavalieri di Merlino».
Si sistemò con un gesto deciso il colletto del cappotto e
iniziò a scendere le scale, con dietro Hermione che
armeggiava con la sua enorme sciarpa.
«Veramente?» esclamò sorpresa e
incuriosita. In quella serata aveva scoperto così tante cose
su Draco Malfoy che credeva di stare con uno sconosciuto.
«Già…»
«Allora capisco la tua mania per
“la-mia-famiglia-è-meglio-della-tua”»
scherzò la ragazza uscendo – non pioveva
più e molta gente era uscita dalle sale dei cinema, per la
maggior parte coppiette - «Anche io l’avrei pensato
se dei miei parenti fossero nel Ciclo Bretone».
Draco scoppiò a ridere, sinceramente divertito.
«Non ti facevo così simpatica, Hermione».
Hermione si paralizzò e spalancò gli occhi,
sconvolta. Draco parve rendersi conto di ciò che aveva
appena detto e richiuse di scatto la bocca.
«Mi hai chiamato…»
«Non ho fatto così tante storie, io».
«Ne hai fatte di peggio».
«Bene, facciamo finta di niente, okay?»
Hermione sorrise sotto i baffi, iniziando a passeggiare senza una vera
meta.
«Okay… Draco». Rise divertita e le parve
che anche il ragazzo si stesse divertendo.
«Dove vivi?» gli domandò iniziando a
dirigersi nuovamente verso Trafalgar Square.
«A Sud, verso Notthing Hill» disse camminandole
affianco «è un bell’appartamento,
soprattutto perché ci vivo da solo e sta vicino a un Pub
Magico».
«Quindi… ora te ne tornerai a casa».
«Probabilmente finirò un articolo che avevo
iniziato ieri sera» le spiegò con calma,
continuando a passeggiare. «E tu? Dove stai?»
Hermione fece un cenno con il capo, indicando alcune traverse
più in là.
«Ho un bilocale al 24 di Licthfield Street.
Piccolo… ma mi piace. Ha una bella mansarda con una
finestrella per vedere il cielo».
«E si vede?» domandò lui, sorridendo.
«Ogni tanto… se le nuvole se ne vanno
sì».
Draco le sorrise divertito. Hermione lo fissò, curiosa: non
avrebbe pensato mai e poi mai che Malfoy si sarebbe aperto
così con lei, tranquillizzandosi, diventando gentile e
socievole – si sentiva quasi bene a chiacchierare con lui.
«Non vorrei sembrarti una pazza, ma… ti andrebbe
di venire a prendere qualcosa da me? Non mi hai ancora raccontato come
sei arrivato a leggere libri Babbani» gli fece quella
proposta ridendo, usando l’ultima frase per alleggerire
l’invito. Non voleva certo sembrare una malata zitella
bisognosa di compagnia, che, se non ci fosse stato lui, avrebbe passato
la serata con il suo gatto.
«Hai del whiskey Incendiario?» domandò,
fingendosi interessato.
La verità era che era incuriosito da Hermione Granger, tanto
quanto lei lo era da lui. C’era uno strano modo nel suo
chiacchierare, nel suo gesticolare, che lo interessavano.
L’acutezza delle sue domande e delle sue risposte, il sorriso
spigliato e lo sguardo sempre attento, come se non potesse concedersi
un attimo di paura. Si chiese se quelle fossero qualità che
avesse già da ragazzina – e lui le aveva
bellamente ignorate – o se, invece, era fiorita negli ultimi
anni, diventando una donna interessante e – in qualche modo
– affascinante.
«Sì, dovrei averlo».
Draco si strinse nelle spalle e sogghignò: «allora
la critica alla tua ultima modifica alle Leggi sulle Creature Magiche
potrà aspettare domani».
Hermione spalancò gli occhi, mentre attraversava la strada;
quando furono sul marciapiede opposto – e solo dopo aver
messo entrambi i piedi lì sopra – si
voltò fulminandolo.
«No. Non ci posso credere!» quasi
strillò, lei. Improvvisamente lo guardò con gli
occhi di quella ragazzina di dieci anni prima.
Draco era scoppiato a ridere, rimanendo fermo davanti a lei;
guardandola attentamente, studiando la sua reazione.
«Tu sei… quell’inetto di
Faust!» esclamò, assottigliando gli occhi, ancora
sconvolta.
«Faust, il giornalista preferito dell’ala
conservatrice» ridacchiò poggiandosi
all’ombrello chiuso.
«Quel…»
«Quel giornalista che sta spesso in prima pagina, sempre
pronto a criticare intelligentemente le nuove leggi del post-guerra
Magico» finse un tono più profondo, mimando
chissà chi, «oh, sì, quel meraviglioso
scrittore, ammirato da tutti».
«Non ci posso credere…»
continuò a balbettare lei, riprendendo a camminare e
dirigendosi verso casa.
«Sicura di volermi ancora far entrare?»
domandò divertito, da dietro di lei.
«È incredibile… e io che pensavo che
fossi un vecchio bavoso, orrendo…» continuava a
balbettare, ancora sconvolta dalla notizia.
«Di’ la verità: ti piacciono i miei
articoli» rise, vedendola così in preda
all’agitazione. Stava tirando fuori dalla borsetta le chiavi
e neanche aveva pensato a chiamarle con l’incantesimo. Draco
sospirò e tirò fuori dalla tasca la bacchetta,
visto che non c’era nessuno in vista.
«Acchio chiavi».
Le chiavi uscirono e Hermione le prese, infilandole nella toppa.
Durante tutte le scale per raggiungere l’appartamento non
smise un attimo di citare dei suoi articoli, a metà tra
l’entusiasta e l’inviperita.
«Ma come puoi dire che gli Elfi devono mantenere la loro
posizione di subordinati!» esclamò infine,
fermandosi davanti alla porta. Era tutta rossa in viso e aveva i
capelli più scarmigliati del solito.
«Granger, stai tornando a essere la noiosa petulante
ragazzina di Hogwarts» ghignò divertito,
poggiandosi con una spalla contro il muro.
«No… non ci credo» ripeté,
infilando le chiavi nella toppa ed entrando. La notizia
l’aveva talmente sconvolta che non pensò al
disordine che aveva lasciato prima di uscire, con alcune gonne ancora
sul letto e dei piatti nel lavandino.
«Ti facevo più precisina»
commentò Draco entrando e guardandosi intorno.
Lei borbottò qualcosa a mezza bocca, molto simile a
“oggi avevo troppo da fare e non mi aspettavo
ospiti”, andando subito a togliere delle pergamene dal divano.
Draco si sedette sul divano, ritenendolo estremamente comodo, e la
fissò mentre andava avanti e indietro per il piccolo
salotto, salvando il salvabile.
«A casa io ho un Elfo» la punzecchiò,
attendendo la sua reazione.
Hermione si girò, con un movimento quasi rigido, e lo
fissò per un istante con sguardo austero: «devo
buttarti fuori di casa, Draco?»
«Chiamami Faust» scherzò lui
«mi fa sentire più importante».
La ragazza sbuffò e fece finta di niente, si
chinò a prendere il whiskey, che aveva riposto dentro un
armadietto, e ritornò con due bicchierini di cristallo.
Con un gesto fluido della bacchetta versò l’alcool
e fece fluttuare un bicchierino sotto al suo naso, ancora imbronciata.
«Da non crederci…»
Draco ne bevve un sorso e si mise a fissarla, posando un gomito sul
bracciolo e tenendosi la testa con il palmo della mano.
«Però devo ammetterlo… sei
una… tipa strana ma interessante».
Hermione si bloccò, voltò la testa di scatto e
iniziò a fissarlo intensamente. Malfoy non aveva mai
sperimentato un’occhiata del genere – se non quando
sua madre cercava di indagare sulla sua vita – e rimase
piuttosto sorpreso e pietrificato.
«Anche tu» mugugnò infine la ragazza,
bevendo anche lei un sorso di whiskey «hai una bella
penna».
Draco sorrise ed alzò il bicchierino già mezzo
vuoto: «al nostro perenne e indistruttibile
antagonismo».
Hermione sorrise flebilmente, alzando a sua volta il braccio,
sospirando.
«Ora mi impegnerò il doppio nel sistemare quelle
leggi obsolete».
Draco rise, ghignando: «e io mi impegnerò il
doppio nel commentarle».
Si sorrisero, per la prima volta reciprocamente, ed Hermione
arrossì leggermente. Non le sembrava vero che stesse
discutendo con Draco Malfoy in modo così maturo –
lui non la insultava e lei non gli tirava pugni in faccia –.
«Comunque non mi hai detto come hai fatto a iniziare a
leggere dei libri Babbani. Tuo padre non mi sembra il tipo che ha nella
sua libreria “I Tre Moschettieri” o
“Romeo e Giulietta”» disse d’un
tratto Hermione, dopo una piccola pausa.
«Infatti lui non ha la più pallida idea dei miei
gusti letterari» rispose Draco. Si era seduto più
comodamente, posando un braccio sul bracciolo e la testa sul bordo
dello schienale.
«Tu sei tornata a Hogwarts alla fine della guerra,
no?» iniziò guardando il soffitto, facendo roteare
lentamente il polso, giocherellando con le ultime gocce di whiskey
rimaste.
«Io me ne sono andato a Durmstrang: non mi andava di rimanere
senza un pezzo di carta ad attestare che so come trasformare una
tazzina in un topo o creare una pozione per il mal di testa. E, prima
che tu possa anche solo pensarlo, no… non potevo neanche
sperare in una raccomandazione».
Sospirò e continuò a fissare un punto
indeterminato del soffitto.
«Durmstrang era meglio di Hogwarts, per lo meno potevi far
finta di non sapere la lingua e se ti dicevano qualcosa riguardo a
quello che era successo potevi fare finta di niente. Ho preso un paio
di cazzotti, ma lì… è un po’
diverso da qui, in Inghilterra. C’erano di cretini che
pensavano ancora che Voldemort fosse vivo! Idioti…
c’era gente che continuava a scrivere quel dannato simbolo
ovunque» strinse le labbra, irritato «poco mi
importava. Quei quattro scemi mi facevano da scorta e io potevo far
finta di non capirli e comunicare con loro giusto per chiedergli
qualcosa. Il programma… praticamente l’avevo
già fatto, Durmstrang è molto sulla linea degli
Carrow; o per lo meno lo era quando io ci sono stato, non so se hanno
cambiato qualcosa.
«Ogni domenica potevamo uscire dal castello» le
sorrise, voltando finalmente la testa e Hermione si dovette trattenere
dall’istinto di portargli una ciocca di capelli dietro
l’orecchio. Si morse un labbro e fece finta di niente,
guardandolo interessata.
«C’è un villaggio tipo Hogsmeade,
lì vicino. Solo che non avevo molta voglia di stare in mezzo
a gente… magica» mormorò, quasi fosse
un segreto «molta gente lì era stata in contatto
con i seguaci di Voldemort e non vedevano di buon occhio me o mio padre
o la mia famiglia e, invece, chi era sempre stato contrario a Lui mi
vedeva come un… Mangiamorte» spostò un
attimo lo sguardo sul proprio avambraccio coperto ed emise un sospiro
quasi impercettibile.
Hermione gli versò un altro po’ di whiskey, questa
volta con le proprie mani. Gli sorrise e non disse nulla.
«Stavo in mezzo. Bianco, nero, buono, cattivo. Stronzate,
Hermione» mormorò, senza guardarla «non
esiste niente di tutto ciò. Guarda Silente o me o te o mia
madre o chiunque tu voglia. Perfino mia zia, dai. Non esiste
né il bene né il male. Ma noi Maghi ci ostiniamo
a cercarlo. Vogliamo la purezza, capisci? Siamo sempre stati un
po’ avvantaggiati rispetto a voi Babbani: non abbiamo dovuto
ingegnarci per muoverci, per procurarci del cibo, per fare qualsiasi
altra cosa. Ma abbiamo iniziato a cavillare sul Bene e sul Male.
Voldemort, Male. Harry Potter, Bene.
«Non dico che non sia così, Hermione. Non dico che
non siamo stati degli idioti a seguirlo» emise uno sbuffo
scocciato «era lui stesso un Mezzosangue, capisci? Pensa a
mia zia, Bellatrix. Era innamorata di un Mezzosangue! E noi? Noi che
dichiaravamo la nostra purezza, la nostra
superiorità… come scarafaggi, sotto i suoi piedi.
Bene, Male. Stronzate.
«Viviamo in un perenne stato di grigio, Hermione. Grigio
scuro, grigio chiaro, non importa. È grigio, che
può sempre cambiare, amalgamarsi. Ti stupiscono questi
discorsi, vero?» sorrise, guardandola sconvolta e assorbita
dal suo discorso.
«Sono un conservatore, ma non un idiota. Mi chiedo come
sarebbe riuscito a sopravvivere il Mondo Magico se avessimo
“estirpato tutto il sangue sporco”. Un anno, due
anni, dieci. Poi ci sarebbe stato un crollo. Un collasso. Ed elimina
gli orrori della purificazione della razza, Hermione. Pensa solo
praticamente: i Purosangue si sentono importanti perché sono
pochi. È vero, non c’è niente di male
nel considerarsi… migliori. Ma l’eliminazione dei
Nati Babbani o di chi, semplicemente, non era completamente
puro… follia. Follia. Saremmo rimasti in poche migliaia e
sarebbe stata la fine».
Bevve d’un sorso tutto il whiskey e chiuse gli occhi per un
attimo, sorrise e scosse la testa, come per eliminare il piacevole
fastidio provocato dall’alcool.
«Hai mai detto a qualcuno queste cose?»
mormorò lentamente Hermione, non sapendo bene come
rispondergli e affrontarlo.
Draco la fissò, e si strinse nelle spalle: «e a
chi vuoi che lo dica? Mio padre? Nei miei articoli? No» si
picchiettò la testa «l’ho detto solo a
un affascinante giornalista» cercò di ridere e
Hermione, capendo il suo sforzo, lo seguì.
Rimasero un po’ in silenzio e Hermione vide Grattastinchi
salire su una sedia dall’altra parte della stanza; una volta
seduto, il gatto iniziò a fissare Draco con insistenza, come
se lo stesse studiando. La ragazza si chiese quale sarebbe stato il
verdetto del suo caro animale domestico.
«Comunque, per riprendere il discorso…»
disse più calmo Draco «odiavo quel dannato
villaggio, così molto spesso mi incamminavo a piedi per un
sentiero che saliva sulle montagne dietro la scuola. C’era un
altro villaggio, molto simile a quello dove i miei compagni passavano
le loro domeniche, solo che lì nessuno mi conosceva. Era
più o meno a due ore di cammino dal castello,
così mi avvolgevo nella pelliccia della divisa e affrontavo
la neve. Credo di… aver pensato tanto, in quei giorni. E ho
iniziato a farmi crescere i capelli» rise.
Hermione non avrebbe mai e poi mai pensato che Draco Malfoy potesse
essere così profondo, spigliato e divertente. Era
quasi… un ragazzo interessante.
«C’era un parco, con al centro un laghetto, quasi
sempre gelato. Andavo lì e mi mettevo a fissare la gente che
passava. Li odiavo. Tutti. Erano Babbani e li odiavo. Ma… ma
iniziai a rendermi conto che… che loro non provavano niente
nei miei confronti, capisci? Non era come a scuola, dove ero sempre
oppresso dai pareri e dagli sguardi, la gente lì
tuttalpiù mi lanciava uno sguardo, incuriosita dai vestiti.
«Per quanto riguarda i libri… non è una
storia di per sé complicata. Un giorno una ragazza si mise a
sedere accanto a me. Teneva in mano un enorme tomo, tutto pieno di
piccole pieghette, come se dovesse segnarsi i punti dove si era
maggiormente emozionata. Non ricordo che segnalibro avesse, in un primo
momento pensai soltanto ad andarmene e mettermi più lontano
possibile da lei. Però di colpo la sentii singhiozzare,
aveva iniziato a leggere da poco, ma era così presa dal
racconto che stava letteralmente singhiozzando. La guardai stralunato e
lei neanche mi notò.
«Lo ammetto» sorrise, alzando le mani «la
curiosità mi ha fregato. Il libro era in inglese, forse lo
stava anche leggendo per scuola, Romeo e Giulietta, meno originali di
così si muore. Però ho iniziato a sbirciare le
pagine e non sono riuscito a seguire con lei i passaggi della
morte degli amanti.
«Non sono un tipo romantico, Granger» ogni tanto
usava il suo cognome, ma Hermione non ci fece caso in quel momento, era
troppo presa dalla sua narrazione. Doveva ammetterlo, Draco aveva una
strana capacità di rendere tutto ciò che gli
accadeva estremamente interessante.
«Ma… erano le parole, capisci? Oh, so che mi
capisci, altrimenti non saresti stata la secchiona so-tutto-io . Il
modo in cui quel Babbano – un Babbano, un essere inetto!
– era riuscito a combinarle, sistemarle, tanto da far
piangere quella ragazza e tenermi con lo sguardo incollato a quelle
pagine.
Quando lo finì si asciugò le lacrime e si accorse
che mi ero avvicinato per leggere, fece un leggero balzo e poi mi
sorrise. Si alzò senza dirmi nulla, forse un po’
spaventata».
«E quindi da quel momento… libri, fumetti,
curiosità» sorrise Hermione. Si era seduta
più scompostamente, posando una gamba sul divano, per
guardarlo, mentre si mordicchiava il pollice.
«Già. Rubai alcuni soldi Babbani a un mio compagno
di camera e andai nella libreria del paese. Comprai un altro libro di
Shakespeare, e poi un altro, rivendendo quello usato, e poi un altro,
aggiustando le spese con altri soldi rubacchiati. Leggendo le
introduzioni scoprii altri autori e una volta in Inghilterra, in un
appartamento tutto mio, mi sono potuto sbizzarrire».
Hermione sorrise, istintivamente gli strinse una mano. Era la prima
volta che si toccavano – escludendo la volta in cui lei
l’aveva picchiato o quelle in cui lui l’aveva
strattonata o spinta – ed entrambi parvero rendersene conto,
perché si guardarono immediatamente negli occhi.
La ragazza non sapeva cosa fare, ma si sorprese sentendo che Draco
aveva ricambiato con forza. Le aveva sorriso a sua volta e dopo
quell’istante aveva lasciato cadere il braccio sul divano,
mollemente.
«Pensavo avessi le mani fredde» mormorò
sovrappensiero lui, bevendo un altro po’ di whiskey.
«Perché?»
«Perché ti avevo sempre immaginato come una
ragazza… inquadrata, senza vizi, perfetta…
maniacalmente perfetta». Il ragazzo girò un attimo
la testa, il tempo di guardarsi intorno e sorridere tra sé e
sé «mi sbagliato. Sei più disordinata
di quanto pensassi. E anche più calda».
«Anche io pensavo fossi freddo» disse in un soffio
lei.
«Perché?» la imitò,
lanciandole uno sguardo sornione.
«Perché… mi hai sempre dato
l’impressione di essere un vigliacco, vile… freddo
calcolatore» rispose sinceramente. Draco la guardò
e parve accusare il colpo senza dire nulla, chiuse un attimo gli occhi
buttando indietro la testa e rilassandosi.
«Però… ti ho visto leggere, ho visto la
passione che metti nel tuo lavoro, nel… nei tuoi discorsi,
anche. Che non sono frasi del tipo “Mezzosangue, voi sarete i
prossimi”» lo scimmiottò, in ricordo di
quella tremenda frase.
Draco non mostrò alcun segno di pentimento, ma le sorrise e
si alzò, stiracchiandosi.
«È l’una, abbiamo chiacchierato per due
ore».
Hermione parve risvegliarsi e strabuzzò gli occhi, guardando
l’orologio sopra il frigorifero. Si alzò a sua
volta, quasi facendo uno scatto.
«È tardissimo… scusa, non pensavo di
averti fatto fare così tardi» balbettò
velocemente, tirandosi indietro i capelli, dietro le orecchie.
«Tranquilla Hermione».
La ragazza sorrise, sentendosi chiamare così. Le era
piaciuto come era successo: così, per caso, si erano
chiamati per nome. All’inizio senza neanche rendersene conto,
poi porgendoci particolare attenzione, come per sottolineare un
rapporto appena instaurato che non poteva essere esplicitato se non con
tante piccole prime volte.
Draco prese il cappotto e lo posò elegantemente
sull’avambraccio, si sistemò con una mano la
tracolla di pelle scura e prese l’ombrello posato appena
fuori la porta. Hermione lo osservo, rimanendo in piedi.
«Comunque io non ero una fredda e inquadrata
ragazzina» borbottò di colpo la ragazza, come se,
in fin dei conti, avesse rimuginato su ciò che lui gli aveva
detto.
Draco la fissò, piuttosto interdetto.
«Hai ragione… ogni tanto ti lasciavi andare a
degli assurdi colpi di isteria, ribellione,
violenza…»
«E dolcezza» concluse lei, velocemente.
«Ricordi quando abbracciavo Ron e Harry?».
Draco roteò gli occhi, sospirando.
«Avevo cercato di rimuovere».
«Stupido».
Si guardarono e poi scoppiarono a ridere entrambi. Draco prese la sua
bacchetta e la salutò, senza sbrodolarsi in eccessivi
convenevoli.
«Ci sentiamo, Hermione».
«Ci leggiamo, vorrai dire» lo corresse, sorridendo
furbescamente.
Il ragazzo rimase un attimo sorpreso poi annuì, concedendole
l’aggiunta. Fece un accenno di giravolta e si
smatarializzò in un istante.
Hermione rimase in silenzio per un po’, sedendosi sulla
poltrona per poi scivolare pian piano, fino a sdraiarsi completamente,
immersa nei suoi pensieri.
Draco Malfoy. Draco. Lucius. Malfoy.
Ragazzino deprecabile, uomo intelligente e affascinante.
Chiuse gli occhi con forza, come per scacciare i pensieri –
perché si era trovata bene quella sera e non aveva voglia di
pensare a niente.
Sentì il peso di Grattastinchi sul suo stomaco e
sospirò, guardandolo: «mh… hai mangiato
da solo, vero?»
Il gatto si accoccolò sulla pancia della ragazza e questa
sospirò, sedendosi. Grattastinchi emise un miagolio
piuttosto scocciato, mentre veniva preso in braccio.
Hermione lo posò sul letto, spogliandosi e infilandosi la
camicia da notte, si lavò e impostò la sveglia
per il giorno dopo – anche se era Domenica non poteva
dormire, doveva lavorare meglio a quella postilla irritante che era una
settimana che non riusciva a scavillare -.
Stava per mettersi a letto, ma si bloccò prima di sollevare
le coperte.
«Teobalda» mormorò tra sé e
sé. Corse in salotto e richiamò il libro messo
dentro la borsetta. Dopo averlo stretto per bene al petto –
perché faceva sempre piacere stringere un libro ben rilegato
– ritornò in camera, infilandosi sotto le coperte.
Con un incantesimo oscurò il vetro della finestrella che
dava sul cielo e si accese una fiammella che fluttuò accanto
a lei, permettendole di leggere.
Aprì la prima pagina, dove il titolo era scritto in
caratteri gotici. Sotto di esso c’erano due b puntate.
B.B.
Erano scritte con una calligrafia allungata ed elegante, ma non ci
perse troppo tempo. Era un libro usato, probabilmente il suo vecchio
proprietario aveva scritto il suo nome per non perderlo.
Iniziò a immergersi nella lettura, ritrovandosi
improvvisamente persa nel mondo medievale di Teobalda, negli intrighi,
le avventure.
Crollò dopo un po’ per il sonno, la fiammella si
spense e il libro che cadde al suo fianco, chiudendosi.
Non si era ancora ricordata di aver lasciato “Dieci piccole mosse per
raggiungere la felicità” sul tavolino
del caffè.
Angolo Autrice:
anche se un po' più lentamente, ho aggiornato ;)
Anche qui... spero che i personaggi non siano risultati troppo OOC. Non
considero Draco un babbanofilo, ma semplicemente un uomo adulto che
vive in un dopo guerra - dove questa guerra l'ha profondamente
colpito/cambiato.
Non ho veramente niente da a ggiungere se non un enorme grazie a chi ha
commentato ♥ Mi spiace, mai i fighissimi capelli lunghi
rimarranno ♥ *fetish per i capelli lunghi*
Al prossimo episodio :D
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Capitolo 4 *** Di concerti e di musei - I parte ***
Di concerti e di
musei - I parte
ovvero, inviti
imprevisti
Hermione finì il libro il lunedì
seguente, seduta sotto un’enorme albero al St. James's Park:
aveva sfruttato l’ora di pranzo per uscire e mangiucchiare un
pacchetto di creackers mentre divorava le pagine dove la povera
Teobalda affrontava mille avventure.
Se si superava e si storicizzava il primo momento in cui la genealogia
Purosangue dell’autore si faceva sentire, attraverso lunghi
attacchi contro i Babbani, il libro era tra i migliori che Hermione
avesse mai letto: carico di sentimenti e di passioni, amori non
corrisposti, amori non voluti, amori obbligati; una sorta di catarsi
per la mente.
Era così soddisfatta dopo la lettura che quando
rientrò in ufficio perfino la sua compagna di stanza la
guardò piuttosto stupefatta.
«Hermione, che hai fatto?» le chiese curiosa,
spostò l’insalata che stava mangiando senza voglia
e si avvicinò a lei.
La ragazza alzò lo sguardo e scosse la testa, come a dirle
che non era nulla.
«Mh, sicura?»
«Certo, Abby, va tutto bene. Sai che il bel tempo mi mette di
buon umore» sorrise, ripensando alla bella giornata che si
era rivelata; considerando il week-end di pioggia intensa, era una gran
bella sorpresa.
Abegail non sembrava soddisfatta della risposta, ma fece finta di
niente. Si risedette al suo posto e infilzò una foglia di
insalata non troppo croccante, che, oltre al colore piuttosto
tristino, aveva una consistenza sospetta.
«Hai visto l’ultimo articolo di Faust?»
A quella domanda Hermione trasalì, più che altro
all’immagine mentale di Draco Malfoy che le venne
immediatamente in testa al nome di Faust.
«Eh… no, sono stata troppo occupata stamattina per
leggere il giornale».
Doveva leggerlo, ma allo stesso tempo non voleva. Sapeva che aveva
scritto delle cattiverie su di lei e sul suo operato – Faust,
il faro dell’ala conservatrice, lo faceva sempre - ,
però, allo stesso tempo, sperava dentro di sé che
quella serata un po’ diversa dal solito l’avesse
cambiato.
In modo infantile non voleva che lui scrivesse qualcosa contro di lei e
aveva paura di leggere l’articolo.
«È stato un po’ diverso dal
solito».
Hermione non fece in tempo a dirle che non le interessava che Abby, con
la sua solita parlantina, si era già avventurata nella
narrazione.
«Da bravo conservatore ha continuato ad attaccare le nuove
leggi sugli Elfi Domestici, invocando quasi il collasso mondiale come
conseguenza delle nuove libertà date a quei
poveretti» storse il naso; se possibile, Abegail odiava Draco
più di quanto Hermione avesse fatto da ragazzina,
semplicemente a causa di quegli articoli
«però…»
«Però cosa?»
Stupida Hermione,
si disse. Stupida,
stupida, stupida Hermione. Non devi chiedere
però cosa, non devi neanche illuderti.
Illuderti di cosa, poi? Che Malfoy parli bene di te? Impossibile. E se
anche fosse? Cosa significherebbe – cosa vorresti che
significasse? La mancanza di Ron ti ha veramente rammollita fino a
questo punto? Diamine... non finirai i tuoi giorni da sola con
Grattastinchi, rileggendo all'infinito i tuoi libri preferiti e
sfogandoti mangiando kili di Cioccorane.
«Però ha anche scritto che se anche uno solo dei
politici che ti sono contrari si impegnasse nel suo lavoro come fai tu,
con la tua integrità morale e sociale, sicuramente la destra
potrebbe cancellare finalmente l’ombra di Voldemort dalle sue
spalle e proporre dei modelli positivi per la comunità
magica».
Hermione tacque, muovendo sulla scrivania alcuni fogli, tanto per
tenere occupate le mani; spostò lo sguardo
sull’orologio, cercando di non dare troppo a vedere la sua
soddisfazione.
«Non si sbilancia mai, eh?»
«No».
Hermione richiamò a sé un paio di volumi di
storia antica, che le servivano per confrontare le vecchie legislature
con quella che stava modificando, e fece finta di essere occupatissima
per tutto il tempo che rimase in ufficio.
Circa a metà pomeriggio, poco prima dell'orario di uscita,
sentì dal corridoio delle urla e del rumore di cocci rotti;
presa com'era dal lavoro non ci fece troppo caso e continuò
a scribacchiare e appuntare ai margini di enormi volumi annotazioni che
avrebbe poi riunito in un documento più coerente.
Dopo alcuni secondi vide volteggiare davanti alla porta un set da
tè, che sembrava avvinto in delle catene molto strette,
dalle quali tentava di scappare. La teiera emetteva degli sbuffi
pericolosamente bianchi e sottili. Appena dopo l'ultima tazzina,
comparvero i capelli disordinati e neri di Harry, che teneva la
bacchetta leggermente alzata e borbottava alcuni improperi contro
l'Ufficio per l'Uso Improprio di Manufatti Babbani. Si fermò
davanti alla porta della stanza e sorrise, entrando. Abegail storse il
naso quando il soffio della teiera le sollevò un plico di
fogli che aveva ordinato diligentemente e lanciò
un'occhiataccia ad Harry, quando questi si sedette in bilico sulla
scrivania di Hermione.
La ragazza alzò lo sguardo solo quando l'amico le
sventolò una mano sotto gli occhi.
«Assorta come sempre?»
«Volevo finire questi appunti prima di oggi»
borbottò, alzando lo sguardo e massaggiandosi le tempie.
«Non hai dormito questi giorni, vero?»
Abegail si era alzata a raccogliere i fogli e ora guardava curiosa i
due: non aveva pensato al fatto che Hermione non avesse riposato bene,
e chissà a che cosa era dovuta quella mancanza di sonno.
Magari era la volta buona che si era trovata un altro ragazzo, sorrise
tra sé e sé, ritornando alla scrivania e
iniziando ad ascoltare con più attenzione.
«Non troppo» sorrise Hermione, lanciando un'ultima
occhiata a una pergamena e facendola poi volteggiare dentro un
raccoglitore posato a terra.
«Come mai?»
«Sai come sono fatta: quando trovo un bel libro non me ne
stacco facilmente».
«Mi auguro che tu l'abbia finito»,
scherzò, «perché stasera Ginny ha
invitato a cena Neville e Hannah» sorrise malizioso Harry.
«Hannah?» finalmente Hermione gli prestò
veramente attenzione e spalancò gli occhi sconvolta.
«Hannah e
Neville?» ripeté, quasi balbettando.
Il ragazzo quasi gongolò e prese una sedia, trascinandola e
sedendosi davanti a lei, sempre tenendo sotto controllo il set da
tè.
«Già, incredibile, vero?»
«Ma stanno insieme?»
«Da due mesi» sembrava quasi che lo stesse
annunciando. «Una settimanella fa siamo andati ai Tre Manici
di Scopa con Ginny, così, per fare una passeggiata a
Hogsmeade. E indovina chi abbiamo incontrato?» era veramente
entusiasta e pareva molto divertito dal racconto «Hannah ci
stava servendo tutta allegra un paio di Burrobirre e sento una voce
familiare che la chiama “Amore”».
Hermione trattenne delle risate benevole, divertita: «Amore?»
«Mi sono quasi strozzato quando mi sono reso conto che era
Neville! Incredibile!»
«Già, veramente incredibile».
«Comunque, che fai, vieni?»
Hermione lo guardò, presa alla sprovvista.
Immaginò l'adorabile scena con le due coppiette innamorate e
lei in mezzo, anche logisticamente sarebbe stato imbarazzante.
«Ci sarà anche Ron, tranquilla» aggiunse
veloce Harry, capendo il motivo del suo titubare.
Considerando il tono la ragazza capì che Ginny l'aveva quasi
minacciato per convincerla a venire e sapendo che le vendette della sua
amica non erano cosa da poco annuì, accontentandolo.
«Va bene. A che ora?»
Harry sorrise entusiasta e con un saltello si alzò, facendo
volteggiare nuovamente la teiera e le tazzine, che sembravano essersi
placate.
«Alle sette a casa nostra, se vuoi può venire a
prenderti Ron, ha detto che per lui non è un
problema».
«No, tranquillo» lo guardò in modo
piuttosto truce. Sapeva che Harry e Ginny stavano provando in tutti i
modi a farli tornare insieme, non capendo che per loro era molto meglio
rimanere amici piuttosto che continuare a mantenere una relazione
forzata.
«Posso smaterializzarmi anche da sola» lo
punzecchiò.
Il ragazzo arrossì, capendo la gaffe, borbottò un
saluto ad Abegail e uscì dall'ufficio, trascinandosi dietro
gli oggetti che si erano rianimati con il movimento.
Hermione si augurò che Neville avesse abbastanza tatto da
non chiedergli come mai non stessero più insieme o altre
stupidaggini del genere perché sarebbe stato veramente
troppo.
Chiuse gli occhi e fece un bel respiro; il pendolo attaccato al muro
suonò le cinque e lei si alzò finendo di vestirsi
quando rintoccò l'ultimo colpo. Si sistemò meglio
la sciarpa e si mise sotto braccio alcuni documenti, poi sorrise ad
Abegail.
«Ci vediamo, Abby» la salutò mettendosi
a tracolla la borsetta stregata.
La ragazza stava sistemando le ultime piume nel cassetto,
alzò la tesa e le sorrise allegra: «buona serata,
Herm».
Hermione uscì dalla stanza e andò a prendere
l'ascensore, con calma. Non aveva molta voglia di tornare a casa, quel
giorno, e ancor di meno le andava di riuscire per andare a cena da
Harry e Ginny.
Uscita dal Ministero iniziò ad avviarsi verso casa a passo
lento, lasciandosi correre intorno la città Babbana. In
verità, rifletté dopo un po', aveva una gran
voglia di infilarsi il suo pigiama e leggersi un bel libro mentre
Grattastinchi se ne stava appisolato sul suo ventre.
Arrivata a casa si tolse con i piedi le scarpe e si lasciò
cadere pesantemente sul divano, emettendo un mugolio sommesso. Il gatto
si mise seduto compostamente sul tavolinetto, iniziando a fissarla con
curiosità.
«Grattastinchi, non hai cenato da solo?»
farfugliò, sapendo già che il gatto era
abbastanza intelligente da non avventurarsi per la metropoli troppo
trafficata e troppo pericolosa.
La ragazza sospirò e tirò fuori dalla tasca
interna del cappotto, non senza difficoltà, la propria
bacchetta, l'agitò e pronunciò un incantesimo. In
cucina una scatoletta di cibo per gatti si aprì e si
versò da sola in una ciotolina rossa, posata sotto la
finestra. Il gatto sembrò sorridere soddisfatto e con la
coda ben ritta se ne andò, lasciando la sua proprietaria
ancora sul divano, intenta a togliersi il giaccone, nell'impresa quasi
impossibile di farlo senza alzarsi.
Sbuffò e lo buttò sullo schienale del divano, si
passò una mano sul viso e sospirò. Rimase
così per più o meno un'ora, rivoltandosi di tanto
in tanto, tentando di dormire almeno un po'.
Non appena riuscì a chiudere gli occhi e abbandonarsi in un
piacevole dormiveglia, sentì la lingua di Grattastinchi
leccarle le dita del braccio destro, lasciato a ciondolare di fianco.
«Grattastinchi» mugugnò un po'
infastidita, voltandosi e fissando l'animale. «Cosa hai, mh?
Non intendo darti di più, stai ingrassando» lo
sgridò.
Il gatto ricambiò l'occhiataccia e le lasciò una
lettera in mano, per poi voltarsi nuovamente, quasi con aria di stizza,
e lasciarla sola.
Hermione si mise a sedere, curiosa. Osservò la scrittura
sulla carta piuttosto pesante e ruvida e la aprì,
mordicchiandosi un labbro.
“Voglio sapere
cosa ne pensi del libro e dell'articolo.
Vediamoci alle 12
mercoledì prossimo, Trafalgar Square.
Draco”
La ragazza trattenne il fiato, posò il messaggio sul
tavolino e fissò un punto indeterminato davanti a
sé.
Draco le aveva scritto.
Draco le aveva anche “ordinato”
un appuntamento.
Hermione chiuse gli occhi e si massaggiò le tempie: cosa
avrebbe dovuto fare? Rimase alcuni minuti riflettendo se rispondere o
meno alla lettera; se sì, come? Che tono avrebbe dovuto
usare?
E poi, soprattutto, sarebbe andata o meno all'appuntamento? Si morse
più forte il labbro inferiore e sbuffò, alzandosi
di scatto.
«Oh, al diavolo. Ho fino a sabato per decidere».
In quel momento suonò la porta ed Hermione
sbiancò. Lanciò uno sguardo all'orologio e
notò che erano già le sette di sera; si chiese
chi mai potesse essere, ma dal suono prolungato del campanello
notò, con dispiacere, che si trattava di Ron.
Andò ad aprire e sospirò, prima di sorridere
naturalmente all'amico.
«Sorridi sempre agli sconosciuti che suonano alla
porta?»
Il sorriso di Hermione si trasformò in un'espressione
terrificata quando si rese conto che fuori dalla porta non si trovava
Ron Weasley, ma Malfoy.
«Io... ecco... pensavo fossi Ron».
«Weasley?» esclamò quasi orripilato,
storcendo le labbra e infilando una mano nella tasca del cappotto di
lana nera. Un doppiopetto, notò Hermione tra sé e
sé.
«Sì... suonate il campanello nello stesso modo. A
lungo... e fastidiosamente».
Calò un attimo di silenzio, la ragazza si passò
una mano tra i capelli e si rese conto che dovevano essere in una
condizione pietosa.
“Oh, al
diavolo, è Malfoy”
«Allora? Come mai sei qui? L'appuntamento...»
«Non mi hai risposto, ancora. Te l'ho inviato
stamattina!» sbuffò stizzito Draco, spostandosi
con la mano libera un ciuffo di capelli che gli era caduto sugli occhi.
«L'ho letto un'ora fa... un vero gentiluomo sarebbe comunque
andato all'appuntamento e mi avrebbe aspettato» rispose
assottigliando lo sguardo Hermione, strinse la presa sulla maniglia
della porta.
«Sei proprio un ragazzino indisponente» aggiunse,
facendo per entrare e lasciarlo fuori.
«Non sono abituato ad aspettare» disse quasi per
giustificarsi il ragazzo. Si strinse nelle spalle, come se andare a
casa di qualcuno, per ricordargli in modo irritante che non aveva
risposto a un invito inviato poche ore prima fosse una cosa
normalissima.
«Sei venuto fin qui solo per questo?»
Hermione lo squadrò per bene, prendendolo per pazzo
– insomma, era Malfoy, la cosa non era totalmente da
escludere.
«Sì... diciamo di sì»
«Diciamo?»
Draco fece un profondo respiro e si guardò intorno,
borbottando: «hai ancora un po' di whiskey? Quello di sabato
non era male...»
«Draco Malfoy, di grazia, perché sei qui? Ho un
appuntamento a momenti, e mi devo ancora preparare».
«Ah, stai per uscire?» sembrò deluso,
tolse la mano dalla tasca e iniziò a giocare con il manico
dell'ombrello. Hermione parve divertita nel vederlo così
“agitato”.
«Sì, Harry e Ginny mi hanno invitato a cena. Sai
che Neville si è fidanzato?»
Se possibile, il volto di Draco diventò ancora
più bianco di quanto già non fosse.
«E chi è la povera disgraziata? Mi devi lasciare
sulla porta o posso entrare?» disse tutto velocemente, quasi
ingarbugliandosi con la lingua.
«Con Hannah Abbott, in primo luogo. E no, devo
prepararmi»
«E tu andresti a una cena con due coppiette? A fare il...
quinto incomodo?»
«Verrà anche Ron» commentò
inacidita Hermione, facendo per chiudere la porta.
«Ho due biglietti per un concerto»
annunciò rapidamente Draco, nel tentativo di fermarla. Lei
sembrò non curarsene troppo, alzò un sopracciglio
e borbottò: «portaci Pansy, non mi
interessa».
«Un concerto di musica classica... magica» aggiunse
Malfoy, bloccando la porta con l'ombrello. Hermione si fermò
e lui, temendo troppo per il suo ombrello lo ritirò subito.
«Allora?»
«Ho un appuntamento» mugugnò a mezza
bocca lei «e sto facendo tardi».
«Digli che stai male. Su. È un concerto
imperdibile, i biglietti mi sono costati un occhio della
testa» cercò di convincerla. Sorrise, in modo non
troppo affabile, ed Hermione non seppe proprio se fidarsi.
Per quale assurdo motivo Draco Malfoy avrebbe dovuto invitarla a un
concerto. A lei. Hermione Granger. Va bene, avevano cenato insieme, le
aveva consigliato un libro. Ma era Draco Malfoy e lei era Hermione
Granger.
«Per quale motivo allora ne hai comprati due, se non avevi
nessuno con cui andare?» domandò sospettosamente
lei.
«Okay, me li hanno regalati. Mia madre... e non mi va di
andarci da solo» borbottò, abbassando lo sguardo.
Grattastinchi sgusciò tra le gambe della sua padrona e
iniziò a strusciarsi sui pantaloni di Draco, lasciando
qualche pelo di un rosso sgargiante sui pantaloni neri.
Il ragazzo non sembrò preoccuparsi troppo,
sospirò e ripeté, piuttosto scocciato:
«allora?»
«Allora ho un appuntamento. Invita... che ne so... Blaise? Lo
senti ancora?»
«No, cioè... non troppo. Senti, se sono venuto qui
è perché so che l'unica persona che conosco che
verrebbe a vedere questo concerto saresti tu»
sbuffò irritato.
«L'unica?»
«L'hai letto l'articolo, no? E mi dovresti anche un
grazie».
«Sì, l'ho letto. Hai uno strano modo di fare i
complimenti, tu».
Hermione guardò Grattastinchi, che continuava a far
ondeggiare la sua onda batuffolosa; il gatto ricambiò lo
sguardo, inchiodandola con quegli occhi gialli e penetranti.
«Allora?»
«Per Merlino, come sei petulante! Capisco perché
tua madre è così acida, l'avrai tempestata di
“allora,
allora, allora”, quando eri bambino»
«Ehi, cosa hai contro mia madre!?»
esclamò punto sul vivo Draco. Assottigliò le
labbra e la fulminò.
«Niente, tranquillo...»
Hermione prese un bel respiro e si posò contro lo stipite
della porta. Se avesse dato buca a Ginny, l'amica l'avrebbe
perseguitata negli anni avvenire... ma quel concerto la ispirava,
sicuramente più di quella cena depressiva che si prospettava
davanti.
«Okay... dammi due minuti, però»
sospirò infine, aprendo la porta e facendolo entrare.
Draco varcò la soglia quasi fosse un cavaliere che aveva
espugnato un castello, dopo giorni di assedio.
«Dovrò dirle che sto male... ci potrebbero essere
persone che conosco? O che conoscono lei?»
Il ragazzo scoppiò a ridere e si buttò sul
divano, dove salì anche Grattastinchi, che iniziò
a chiedere un po' di carezze che ricevette prontamente.
«Probabilmente il personaggio più giovane che
incontreremo era amico di Morgana. Non ti preoccupare: uscire con me,
per vedere quel concerto è una giustificazione
più che giusta. E poi non potresti dire a Potter che avevi
già un impegno di cui ti eri scordata?»
Hermione era già andata in camera a cambiarsi e si
fermò, proprio mentre apriva l'armadio.
«Oh...»
Evidentemente passare molti anni senza inventarsi scuse su scuse come
faceva a scuola aveva finito per arruginirla.
Uscì da la stanza, facendo capolino solo con la testa:
«Okay, e cosa le dico? “Scusa Ginny, avevo un
appuntamento con Draco Malfoy, e non te l'ho detto! Fantastico,
vero?”» lo guardò torva «se la
prenderà sicuramente...»
«Dille che hai comprato un biglietto e te lo avevi
scordato?»
La ragazza rimase in silenzio, valutando i pro e i contro di quella
affermazione, poi afferrò il telefono portatile appena fuori
la stanza e digitò velocemente un numero.
«E meno male che eri la strega più
brillante...»
«Taci, dire le bugie è una cosa da voi
Serpeverde» borbottò per poi zittirsi quando
risposero dall'altra parte della cornetta.
Ginny la prese stranamente bene; forse aveva promesso qualche favore al
fratello in cambio della sua presenza e così non avrebbe
dovuto obbligarlo a venire, pensò Hermione.
Riattaccò e guardò Draco che continuava a giocare
pigramente con il gatto.
«Come mi devo vestire?»
«Elegante»
Hermione storse il naso, quel tono lapidario e quello strascicare della
sua parlata la irritavano, soprattutto quando si univano.
«Elegante quanto?»
Draco si aprì il doppiopetto mostrando una bella giacca
nera, su un risvolto della quale aveva appuntato una spilla a forma di
drago d'oro grezzo, abbinata a una camicia bianca e una cravatta sui
toni del verde.
«Sei un uomo... non vale. Vi mettete una camicia e state
apposto. Mi devo mettere un vestito lungo? No, perché non ho
vestiti lunghi...» si voltò lanciando un'occhiata
disperata all'armadio.
Draco roteò gli occhi e si alzò con un gesto
lento, sbuffò e si avvicinò.
«Possibile che vai nel panico per così poco? Per
Salazar, mi sembra di vederti durante il periodo degli esami, che
giravi come una pazza per la biblioteca!»
«Mi vedevi?»
«Diciamo che era impossibile non farlo: avevi tutti i libri
che servivano, li sfogliavi come una forsennata e ripetevi sempre
sottovoce “ce la posso fare ce la posso fare ce la posso
fare”. Ho smesso di studiare lì per evitare quella
litania» commentò annoiato. Si avvicinò
all'armadio e non nascose un'espressione un po' contrariata;
toccò le stampelle appena con l'indice e il pollice e dopo
una silenziosa e attenta osservazione tirò fuori un vestito
rosso, che le porse senza troppe cerimonie.
«Sei proprio un maleducato» borbottò
scocciata lei, afferrando con stizza il vestito e spingendolo fuori
irritata.
«Un maleducato proprio» ripeté, prima di
sbattergli la porta in faccia.
Draco abbassò lo sguardo su Grattastinchi e roteò
nuovamente gli occhi. Si chiese come quel gatto riuscisse a vivere con
lei.
Quando Hermione uscì lo vide intento a sorseggiare del
wishkey che si era versato da solo e ad accarezzare il gatto, che
sembrava piuttosto soddisfatto delle attenzioni riservategli da quello
“sconosciuto”.
«Hai un gatto a casa?» gli domandò
avvicinandosi e sistemandosi meglio uno scialle sulle spalle.
«No, ad Astoria non fanno impazzire e visto che dobbiamo
mantenere il segreto non ne ho portati a casa»
spiegò tranquillamente, si alzò lasciando il
bicchierino di cristallo sul tavolino e la cosa infastidì
particolarmente la ragazza, che prendendo la bacchetta lo fece
galleggiare fino al lavandino.
«Ecco, si fa così».
Draco alzò un sopracciglio, lanciandole uno sguardo fra
l'infastidito e il compassionevole, che fece imbestialire Hermione
ancora di più.
«Dobbiamo smaterializzarci... oh, diamine, non sai dove
sta» di nuovo quello sguardo. La ragazza strinse i denti e lo
fulminò.
«Sai l'indirizzo?» gli rispose avvicinandosi a un
laptop che aprì e avviò.
«Sì, Great Russell St.»
Hermione lo guardò spalancando gli occhi e disse:
«diamine, e pensavo pure di usare Google. Non potevi dirmelo
prima che era davanti al British?»
«Al che?»
«Non ti preoccupare, è semplicemente uno dei
più importanti musei Babbani al mondo»
sbuffò lei, sistemandosi per bene il cappotto.
«Il British...» ripeté Draco tra
sé e sé, ed Hermione poté indovinare
che ci sarebbe andato, ma sarebbe morto prima di dirle di averlo fatto.
Che poi... dirle, come se lei e Malfoy avessero questo super rapporto
di amicizia.
Aveva dei biglietti in più. Stop. Non doveva pensare ad
altro.
«Allora ci vediamo davanti al cancello di quell'enorme
edificio classico».
Draco parve finalmente collegare il nome al luogo e annuì,
rimase immobile, aspettando che andasse prima lei.
Hermione lo fissò, aspettando, a sua volta, che lui facesse
la prima mossa.
«Allora?»
«Allora vai, su!» bofonchiò il ragazzo,
facendole un gesto scocciato con la mano. Hermione avrebbe giurato che
si vergognava nel farsi vedere girare come una trottola.
Sospirò, mise a fuoco nella testa la strada, con un gesto
tanto deciso quanto i tacchi le permisero iniziò a girare e
in un attimo si ritrovò con i piedi ben piantati sul
marciapiede davanti a un vecchio negozio di antiquariato, proprio di
fronte al museo.
Dopo pochi istanti vide comparire Draco, di cui si riconosceva solo la
testa dai lunghi capelli biondi. Qualcuno, sicuramente gli
organizzatori, aveva privato di luce tutti i lampioni della strada,
rendendo più facile agli invitati la smaterializzazione.
Si avvicinò in fretta e lo guardò.
«Allora, dov'è?»
Draco tirò fuori la bacchetta e i due biglietti che teneva
in un taschino interno del cappotto.
«Allegro Andante» pronunciò, scandendo
per bene sillaba per sillaba. Alle parole seguì un lieve
movimento della bacchetta e quello che a una prima occhiata sembrava un
semplice muro, si aprì davanti a loro, mostrando una
meravigliosa scala che andava verso il basso.
Sulla volta a botte che li sormontava, mentre scendevano, erano appesi
numerosi candelabri, di una bellezza raffinata.
Quando arrivarono alla fine della scalinata si fermarono. Draco
sembrava a suo agio, mentre Hermione si guardava intorno meravigliata,
spalancando gli occhi per lo stupore e la curiosità.
Un valletto, vestito di verde smeraldo, li accompagnò
davanti una porta con sopra il numero sei, la aprì ed
Hermione trattenne il fiato per la sorpresa: davanti a loro si apriva
quello che poteva essere paragonato a un Teatro dell'Opera Babbano, con
la differenza che, al posto dei caratteristici porpora e oro, che
adornavano i teatri che aveva conosciuto sulle riviste dei suoi
genitori e sui servizi alla televisione, questo era addobbato con le
tonalità più svariate.
Il soffitto ricordava quello di Hogwarts, ma questo mostrava un cielo
troppo limpido e terso per essere quello di Londra; le pareti erano
arancioni o gialle, oppure di un meraviglioso azzurro cobalto, che
sfumava verso il cielo in un blu zaffiro fino a confondersi
con la volta stellata.
Hermione cadde di peso sulla sua poltroncina, senza parole.
«È tutto così... bello» disse
in un soffio, mentre si toglieva la sciarpa e la posava sullo schienale
della poltrona, distrattamente. Draco la vide cadere,
sospirò e si alzò per raccoglierla e appenderla a
un elegante appendiabiti che volteggiava dietro di loro; le prese anche
il giaccone, che stava per cadere a sua volta, e sistemò
anche questo, sopra il suo, poi si sedette accanto a lei, studiando le
sue reazioni.
«Sei mai stata a un concerto classico magico?» le
domandò tranquillamente, accavallando le gambe lunghe e
mostrando dei calzettoni perfettamente intonati alla cravatta.
Hermione scosse la testa e ricordò il concerto rock a cui
era andata con Ron e il caldo infernale che aveva dovuto sopportare per
prendere la prima fila – perché Ron lì
voleva stare. Pensò sorridendo tra sé e
sé che si era divertita a saltare di qui e di lì,
finendo sempre per terra e rischiando di venire pestata da tutti, se
non era per Ron che la riprendeva sempre prontamente al volo.
«Credo che ti piacerà» le disse con un
sorrisetto sulle labbra, spostando lo sguardo sul palco. Si spensero le
candele e ne rimasero solo alcune che galleggiavano sopra i musicisti
che stavano pian piano entrando.
Gli strumenti erano simili a quelli che Hermione conosceva, ma ognuno
di questi aveva delle piccole particolarità – una
corda in più, una curva diversa del metallo – che
le fecero pensare che sicuramente dentro quel luogo avrebbe assistito a
uno spettacolo unico.
Nel silenzio più assoluto, in cui si potevano udire gli
esecutori prendere posto, dopo alcuni istanti di silenzio, in cui il
maestro di orchestra iniziò a scandire il tempo con una
bacchetta, esplose un boato di suoni seguito dall'immagine di un leone
che balzava direttamente verso Hermione.
Lei lanciò un grido terrorizzato, non aspettandosi un'uscita
del genere, poi sbiancò di colpo, rendendosi conto che
faceva parte del concerto. Draco stava soffocando le risate,
nascondendo la bocca dietro le mani, mentre molti spettatori avevano
alzato lo sguardo, ignorando la battuta di caccia che si stava
svolgendo per la sala, che accompagnava la musica, per capire chi
poteva essere così ingenuo da non capire che era una
semplice magia.
Hermione diede un pugno sulla spalla di Draco e lo fulminò
con lo sguardo. Il ragazzo smise di ridere, pur mantenendo sulle labbra
un sorrisino soddisfatto.
La rabbia nei confronti di Draco scemò presto; Hermione fu
troppo occupata ad applaudire strabiliata o a seguire con gli occhi e
con le orecchie quella musica e quegli incantesimi meravigliosi, che si
allungavano sugli spettatori e li avvolgevano nelle loro spire luminose
e fumose, come se fossero la musica stessa, la passione stessa dei
musicisti che si concretizzava.
Il suo volto si era aperto in un'espressione raggiante e felice, che
Draco non poté far meno di notare. Sorrise a sua volta e
scansò lo sguardo solo quando lei, quasi sentendo gli occhi
di lui addosso, non voltò la testa.
Hermione lo vide girarsi di scatto e si sentì quasi in
dovere di arrossire, quasi fosse una tassa da pagare per lo sguardo che
quel ragazzo le aveva rivolto. Vide la sua mano pendere mollemente dal
bracciolo e istintivamente gliela strinse.
Le piacque il caldo che emanava e la stretta forte con cui
ricambiò. Cercando di far meno rumore possibile
spostò la poltroncina e posò la testa sulla sua
spalla, bisbigliando: «non pensi sia bellissima?»
Ora la scena mostrava una ninfa dei boschi che si nascondeva davanti al
cacciatore. I capelli lunghi e verdi erano cosparsi di piccoli fiori
rosa.
Draco annuì senza fiatare, ancora impietrito per il gesto
coraggioso che aveva compiuto Hermione, tanto da rimanere teso e rigido
come un tronco di legno.
Lei se ne accorse, ma fece finta di nulla, continuò a
sorridere contenta e a godersi lo spettacolo, sempre tenendogli stretta
la mano.
“Sto
stringendo la mano di Draco Malfoy, dopo aver posato la testa sulla sua
spalla” pensò meravigliata “Che Morgana mi aiuti, la fine
del mondo è vicina”.
E pensò anche che iniziava a stare bene, dopo un
bel po' di tempo.
Angolo Autrice:
Ecco... sì, sono viva XD E non ho scordato questa storia! Il
finale è troppo impresso nella mia testa per abbandonarla
<.<
However, la scuola mi aveva catturata, la maturità mi ha
torturata e le vacanze mi hanno riabilitato :P però non ho
smesso di scrivere poco poco, ma sempre un po'.
Harry Potter è un fandom che mi mette sempre una certa
soggezione, non so perché, le Dramioni ancor di
più. Spero di aver scritto un capitolo che sia ben legato
con i precedenti e che, allo stesso tempo, si sia mosso un po' in
avanti, facendo capire che si sta aprendo uno spiraglio tra questi due.
Non ho molto di più da dire :) Vorrei ringraziare tutti
quelli che hanno messo tra le seguite e tra le preferite la storia ;)
Siete veramente tanti!
A presto!
Laura a.k.a. Ulissae
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