From Me To You

di LaMicheCoria
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 01. Love Me Do ***
Capitolo 2: *** 02. Please Please Me ***
Capitolo 3: *** 03. From Me To You ***
Capitolo 4: *** 04. She Loves You ***
Capitolo 5: *** 05. I Want To Hold Your Hand ***
Capitolo 6: *** 06. All My Loving ***
Capitolo 7: *** 07. Can't Buy Me Love ***
Capitolo 8: *** 08. A Hard Day's Night ***
Capitolo 9: *** 09. And I Love Her ***
Capitolo 10: *** 10. Eight Days A Week ***
Capitolo 11: *** 11. I Feel Fine ***
Capitolo 12: *** 12. Ticket To Ride ***
Capitolo 13: *** 13. Yesterday ***



Capitolo 1
*** 01. Love Me Do ***


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Disclarimer: I personaggi di Hetalia: Axis Powers non mi appartengono,
ma sono di proprietà di Hidekaz Himaruya ©
Se così non fosse, io che me starei qui a fare?
Non mi appartengono nemmeno le canzoni dei Beatles
Che vanno a chi detiene ancora oggi i loro
Copyright ©
Se fosse il contrario, me ne andrei nel cielo con Lucy e i diamanti
Su un sottomarino giallo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nota di partenza.

 

Eccomi a voi, gente. Vi ricordate la modalità della Raccolta “The Book of Love “ ?
Bene, per questa ho deciso di riprendere più o meno lo stesso schema: non saranno i versi di una sola canzone a fare da sfondo alle varie coppie, ma le canzoni di una sola raccolta.
In questo caso il primo CD dei brani dei Beatles dal 1962 al 1966: tredici coppie per le tredici canzoni contenute all’interno della raccolta musicale. E poi, altre tredici per il disco seguente. Sì, perché questa sarà una doppia raccolta, miei cari! Quindi, preparatevi, perché vedrete coppie come non ne avete mai viste prima! (Se, come no!)
No, davvero, di alcune coppie non ho mai trattato, quindi spero di riuscire a renderle per il meglio!
Bien! Non vi svelo nulla circa i pairing scelti, che varieranno dallo Shonen-Ai all’Het ad alcuni personaggi resi in versione Nyo!
La dedico a tutti voi che mi avete seguito fino ad adesso, perché senza di voi non sarei mai riuscita a cavarne un ragno dal buco.

Grazie. Davvero, davvero grazie.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

.: Love Me Do :.

 

Austria si perdeva in pindarici voli di fantasia solamente quando le dita andavano a sfiorare i tasti bianchi del pianoforte.
Nell’intreccio sempre diverso di una melodia, avvolto dal lieve chiarore proveniente dalla finestra e accompagnato dal sussurro soffuso delle note, allora poteva permettere alla propria mente di vagare dove più gli aggradava, ricamare tralci di fantasie dorate e abbandonare la realtà dei fatti al proprio, gretto destino.
Lontano dallo strumento, però, Roderich era una persona piuttosto pragmatica: la guerra era la guerra, la pace era la pace, e la tregua un momento in cui nessuna delle due parti aveva capito bene cosa si dovesse fare.
Non gli era quindi difficile vedere la presenza di Spagna, in casa sua, come un’oggettiva conseguenza dell’alleanza matrimoniale tra le potenze di cui erano Rappresentanti: Antonio se ne sarebbe andato al primo mutare della marea e qualcun altro ne avrebbe preso il posto. E il tutto senza lacrime, senza rimpianti e lui sarebbe tornato a suonare il pianoforte, in attesa che il silenzio dei corridoi fosse riempito da nuove voci e nuovi passi.
Era semplice, era reale, perché gli eventi, tra loro –tutti loro- non potevano prendere una piega diversa. Quindi, perché preoccuparsi?
Non era amore quello che li legava, Austria ne era certo. Era Roderich ad avere qualche dubbio.
Se Spagna parlava con lui di politica e guerre, Antonio gli cingeva i fianchi con le braccia e affondava il volto contro la sua spalla.
Antonio gli indicava col braccio l’orizzonte, a mostrargli la spuma delle onde che aveva inghiottito l’Invincibile Armada di Spagna.
Una dicotomia, questa, che l’austriaco avrebbe apprezzato particolarmente..se fosse davvero esistita. Perché non importava se fosse Spagna o Antonio a parlargli, alla fine erano le labbra della stessa persona che cercavano le sue, le mani di un unico corpo che gli affondavano le dita tra i capelli, il respiro di un solo fiato quello che si spezzava nel silenzio della stanza da letto.
E quando Spagna, quando Antonio, sussurrava, gli prometteva che l’avrebbe amato per sempre, che sempre sarebbe stato sincero, e mormorava e lo pregava di amarlo a sua volta, Austria sapeva bene che erano solo menzogne d’un momento.

 

Roderich, invece, finiva per crederci ogni volta.

 

 

 

 

 

 

{ Love, love me do
You know I love you,
I’ll always be true,
So please, love me do }

 

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** 02. Please Please Me ***


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Disclarimer: I personaggi di Hetalia: Axis Powers non mi appartengono,
ma sono di proprietà di Hidekaz Himaruya ©
Se così non fosse, io che me starei qui a fare?
Non mi appartengono nemmeno le canzoni dei Beatles
Che vanno a chi detiene ancora oggi i loro
Copyright ©
Se fosse il contrario, me ne andrei nel cielo con Lucy e i diamanti
Su un sottomarino giallo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

.: Please Please Me :.

 

Lo guardò con stampato in faccia il sorriso più grande che gli riuscisse –e lui era Feliciano Vargas, eh.
Allargò le braccia più che potè, piegando la testa di lato senza togliersi quell’espressione incoraggiante dal volto; sapeva che Germania, dalla sponda opposta del letto, lo stava guardando come se fosse impazzito.
Lo sapeva e non gli importava: Germania lo guardava sempre come fosse impazzito, ma era uno sguardo privo di un serio rimprovero e pieno di una alquanto confusa curiosità.
Quindi non si diede pena per gli occhi strabuzzati del compagno, ma aprì le braccia ancora di più, tendendosi con uno sbuffo.
-Forza, Lud!- esclamò -Non è difficile!-
Non era difficile, non era lo era davvero. Non secondo la sua ottica, almeno.
Per lui quel gesto era più che naturale, non aveva bisogno di motivi o di troppe spiegazioni per essere compiuto, così come tutti le altre attenzioni che riservava a Germania.
E Ludwig sembrava apprezzare, sì, insomma, di quello non dubitava, anche se non era mai il tedesco a prendere l’iniziativa: si limitava a rispondere, a seguire il percorso che Feliciano aveva tracciato per lui con tanta cura.
Mai che fosse Germania a battere il sentiero per primo e Veneziano, alle volte, sentiva una vocina pestifera in fondo a tutto, al cuore e alla mente, che gli diceva quanto i gesti di risposta del tedesco non fossero che quello, una risposta, un modo per liberarsi al più presto della sua presenza –molesta o meno che fosse.
Non che l’italiano ci credesse, ma gli lasciava sempre una sensazione brutta, lo stomaco un po’ torto, gli occhi un po’ bassi, il sorriso un po’ sbilenco. Come pioggerella fine fine, che non faceva rumore, ma bagnava lo stesso.
Quindi, per quella sera, aveva deciso che Germania sarebbe stato il primo e non il primo a fare i piatti, a spazzare, ad occupare il bagno, no. Lui doveva essere il primo in quello.
-Forza, Lud!- ripeté con veemenza -Abbracciami!-
Non era poi una richiesta così folle, no?

 

Bastava un tentativo e sarebbe tornato il sole.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

{ Come on, come on, come on, come on
Please, please me, wo yeah, like I please you
wo yeah, like I please you
wo yeah, like I please you }

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note di Fine Capitolo

Visto che per due giorni sarò a Pisa per un test, non mi sembrava giusto lasciarvi così senza aggiornare!
Ecco dunque il capitolo GerIta! Sono secoli che non scrivo su di loro, ma spero che non sia venuta la schifezza che temo. Ma ai posteri l’ardua sentenza!

 

Ringraziamenti

A Rota, Chiaki e Harinezumi per aver recensito <3
A Chaska e Jacqueline per aver inserito la storia tra le preferite <3
A Color___by e Chiaki per aver inserito la storia tra le ricordate <3
A Harinezumi, Sasuchan7 e Chiaki per aver inserito la storia tra le seguite <3
Me vi vuole tantissimo bene!

Grazie!

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Capitolo 3
*** 03. From Me To You ***


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Disclarimer: I personaggi di Hetalia: Axis Powers non mi appartengono,
ma sono di proprietà di Hidekaz Himaruya ©
Se così non fosse, io che me starei qui a fare?
Non mi appartengono nemmeno le canzoni dei Beatles
Che vanno a chi detiene ancora oggi i loro
Copyright ©
Se fosse il contrario, me ne andrei nel cielo con Lucy e i diamanti
Su un sottomarino giallo.

 

 

 

 

 

 

 

Ad Harinezumi ~
A Julia_Urahara ~

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

.: From Me To You :.

 

Alle volte, Inghilterra si chiedeva se Francia lo capisse davvero quando gli diceva di lasciarlo in pace. Più che altro glielo gridava, lanciandogli contro una delle sue stramaledette baguette, ma era solo per enfatizzare il concetto…e liberare la credenza da quella robaccia d’oltremanica per riempirla con del sano cibo inglese.
L’impudico vinofilo poteva anche evitarsi di infastidirlo ad ogni piè sospinto –anzi, piedino considerando il soggetto-, sia che stesse sudando sopra qualche ingarbugliato affare di Stato, sia che stesse sbrogliando il filo da cucito annodato. Gli sarebbe stato, se non grato, quanto meno riconoscente per non dover tirare fuori il moschetto e costringerlo alla fatica di sbudellarlo sul tappeto.
E invece no: arrivava, gli prendeva una ciocca di capelli, se l’attorcigliava al dito, gli soffiava sull’orecchio, lo chiamava mon coeur, gli sussurrava qualche stramberia sdolcinatamente zuccherosa, ma soprattutto francese , e poi..le mani. Dappertutto.
Osceno. E fastidioso. Terribilmente fastidioso.
Anche in quel preciso istante, chino su scartoffie regali varie e variegate, avvertì le dita di Francis accarezzargli le spalle e disegnare cerchi sulla camicia bianca, a punta di dita, prima di colmare quello spazio vuoto tra mano e pelle con un sospiro. Cominciò un lieve massaggio che, invece di calmarlo, mise Arthur ancora di più sul chi vive.
-Che fai?- soffiò, lanciandogli un’occhiata obliqua.
Francia rise.
-Un massaggio- spiegò, con semplicità -Così ti rilassi-
Anche senza vederlo, Inghilterra fu sicuro che avesse appena fatto spallucce.
-Sei nudo- replicò Arthur, togliendosi gli occhiali da lettura e stringendosi la radice del naso tra le dita -Come faccio a rilassarmi con te nudo, dietro di me?-
Si accorse troppo tardi del potenziale francese nascosto in una frase altrimenti innocente: mordersi la lingua era inutile, ormai, a meno di tranciarsela di netto per soffocarsi e ovviare così alle battute sconce della rana.
Non era un’idea troppo malsana, in effetti..
-E’ per meglio essere in contatto con la Madre Terra- ridacchiò, Francis, continuando imperterrito il massaggio e scivolando con le dita dalle spalle alla clavicola –E poi ho una rosa a coprire le vergogne-
Inghilterra fu sul punto di replicare, poi si ricordò dell’infelice affermazione di poco prima e decise di rimanere zitto: almeno quella bestiaccia francese non si era accorta del doppio sens—
-Comunque, mon cher, per la questione delle posizioni..-
Appunto.
Scivolando rumorosamente con la sedia, Arthur cercò di mettersi in piedi e levarsi di torno il più presto possibile, prima che la situazione degenerasse –perché lo sapeva, lui che sarebbe degenerata. Sarebbe degenerata di sicuro.
Ma Francia non parve essere d’accordo con la sua fuga: gli lasciò le spalle e gli circondò il torace con le braccia, costringendolo di nuovo a sedere.
-C..che fai, you git?!- esclamò Inghilterra, con una nota di panico nella voce.
Francis ridacchiò, sussurrandogli qualcosa all’orecchio. Arthur sgranò gli occhi, incapace di replicare.
Quel maledetto francese era una creatura abbietta! Una mente perversa votata al crimine e alla corruzione di giovani anime ancora candide e innocenti!

 

Cantare i Beatles come risposta era davvero uno colpo basso.

 

 

 

 

 

 

 

 

{ I got arms that long to hold you
And keep you by my side
I got lips that long to kiss you
And keep you satisfied. }

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note di Fine Capitolo

Uh! Avevo voglia di aggiornare, sì: anche perché questa è l’idea da cui tutto ha avuto inizio. Esatto, doveva essere solo questa, nel progetto originale.
Poi sono diventate 26 fan fiction.
Ehm..

 

 

 

 

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Capitolo 4
*** 04. She Loves You ***


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Disclarimer: I personaggi di Hetalia: Axis Powers non mi appartengono,
ma sono di proprietà di Hidekaz Himaruya ©
Se così non fosse, io che me starei qui a fare?
Non mi appartengono nemmeno le canzoni dei Beatles
Che vanno a chi detiene ancora oggi i loro
Copyright ©
Se fosse il contrario, me ne andrei nel cielo con Lucy e i diamanti
Su un sottomarino giallo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

.: She Loves You :.

 

A dividerli non c’era che il tavolinetto bianco, eppure la distanza pareva dilatarsi ad ogni parola non detta, lasciata cadere nel nulla come zucchero nel tea.
Sacro Romano Impero non guardava Austria e Austria non guardava Sacro Romano Impero: a fare loro da sfondo solo il giardino e il crocchiare delle foglie.
Roderich aveva il volto tirato e stanco, gli occhi cerchiati nero ed un colorito piuttosto malsano, considerò l’Impero Bambino, lanciandogli un’occhiata di sbieco: forse avrebbe dovuto approfittare di quel pomeriggio per riposare invece che dedicarlo a mantenere in piedi una facciata in rovina. Che tutti stessero abbandonando la dimora di Austria non era più in segreto, che il padrone di casa fosse costretto a piagarsi le dita e a scorticarsi le braccia tra lavori domestici e panni di lavare, era di dominio pubblico.
Invece lo aveva invitato nella Sala Grande, per bere un tea.
Il perché, Sacro Romano Impero doveva ancora capirlo e non era nemmeno tanto dell’umore per fare qualcosa che non fosse soffocare le proprie urla tra le piume del cuscino.
L’austriaco versò una tazza di tea al bambino, una per sé e rimase in silenzio, sistemando la posizione della zuccheriera con accuratezza al limite del maniacale; l’Impero inarcò un sopracciglio, chiedendosi perché Roderich si ostinasse a prendere tempo. Soprattutto, si chiese per cosa stesse prendendo tempo.
-Fra poco parti- commentò Austria d’improvviso e Sacro Romano Impero non si diede nemmeno la pena di rispondere. Era un dato di fatto, alla fine, non una domanda.
 Ancora poche ore e la casa, i campi, i fiori, i lunghi corridoi, il suono del piano,  tutto sarebbe sfumato nel rosso del sangue,  nel clangore delle spade e nel terreno divelto da stivali chiodati.
E la cosa peggiore era che l’ultimo ricordo non sarebbe stato un sorriso d’Italia, né la sua voce che lo chiamava o un saluto carico di commozione e affetto! Sarebbero state lacrime e scuse, una mano che si ritraeva e il suo corpo così fragile e minuto strattonato con forza, le urla ferite e deluse, pigolii e flebili “Mi dispiace”.
Posò le mani sulle ginocchia, stringendo il tessuto nero delle brache tra le dita. Non avrebbe dovuto –non avrebbe voluto- reagire così, ma il rifiuto di Italia..no, non era riuscito a sopportarlo.
-Ha detto che ti ama-
L’Impero bambino strabuzzò gli occhi, rischiando di strozzarsi con la propria saliva; alzò il volto e fissò Roderich, incapace di parlare, di dire qualsiasi cosa. La voce si era bloccata in gola, il cuore nel petto.  Qualcosa frullò le ali dentro di lui. Speranza, forse? Consapevolezza?
...Sì. Consapevolezza. 
Perchè tutte quelle lacrime...

-E’ stata lei stessa a dirmelo- continuò l’austriaco, tagliandosi una fetta di torta, lasciandola intatta sul vassoio -Allora?- chiese poi, sistemandosi gli occhiali con un gesto tra l’impaziente e lo stizzito -Non dovresti esserne felice?-
Che senso c’era a rispondere ad una domanda priva di senso?
Sacro Romano Impero scese dalle sedia con un salto e corse fuori dalla Sala.
Fuori solo il giardino e il crocchiare delle foglie.

 

Felice? Si sentiva come se il suo amore potesse durare per sempre.

 

 

 

 

 


{ She says she loves you
And you know that can't be bad
Yes, she loves you
And you know you should be glad }

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note di Fine Capitolo

Se c’è una cosa che odio è avere il tempo, ma non l’ispirazione: mi sversa, non posso farci niente. Ma, come dice il buon Asimov, “I write for the same reason I breathe - because if I didn't, I would die."
Perciò, eccoci qui, bella gente <3 Sapete che vi voglio bene, vero? (Non fateci caso, sto scrivendo a l’uno meno dieci di notte, ergo..)
Non ho molto da dire a riguardo. Perché Austria a fare da messaggero? Povero Austria, ha bisogno d’amore, tutti lo bistrattano D: No, vabbè, non è solo per quello. Diciamo che è l’unico (bene o male) che sta ad ascoltare i patemi amorosi del nostro HRE, quindi..
La fine è un’ipotesi HRE -> Germania? Forse sì, forse no. Dipende da voi e da come vedete la cosa.
Sappiate solo che sono una persona romantica, anche se non si direbbe XD
Bien! Passiamo ai ringraziamenti!!

Ringrazio:
-Jo-san, Harinezumi, Julia_Urahara e Rota
per aver recensito i precedenti capitoli <3
-Jo-san per aver messo la storia tra le preferite <3

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Capitolo 5
*** 05. I Want To Hold Your Hand ***


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Disclarimer: I personaggi di Hetalia: Axis Powers non mi appartengono,
ma sono di proprietà di Hidekaz Himaruya ©
Se così non fosse, io che me starei qui a fare?
Non mi appartengono nemmeno le canzoni dei Beatles
Che vanno a chi detiene ancora oggi i loro
Copyright ©
Se fosse il contrario, me ne andrei nel cielo con Lucy e i diamanti
Su un sottomarino giallo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ad Harinezumi
(Visto che la SpaMano
alla fine l’ho scritta?)~

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

.: I Want To Hold Your Hand :.

 

La sua prima reazione è uno sbuffo bello e buono: lo spagnolo si è di nuovo addormentato sul tavolo della cucina, accidenti a lui!
Lovino si stropiccia gli occhi e soffoca uno sbadiglio, prima di farsi strada verso il lavello e tirare la caffettiera fuori dalla credenza. Antonio può dire e brigare e fare quello che vuole, ma il caffè migliore è quello italiano, non ci sono discussioni.
Ed esiste una ferrea legge non scritta per quando lo viene a trovare: pomodori  di Madrid e caffè di Napoli. Perché lui, Lovino, l’acqua ragia che lo spagnolo si ostina a chiamare caffè si rifiuta di berla, persino sotto tortura. Meglio il cibo di Inghilterra, a quei punti –ma magari no, dai.
Fuori il sole s’è alzato già da qualche ora e occhieggia di bianco sulle tende della cucina, creando scie di pulviscolo dorato che lentamente si lasciano cadere sui mobili e sulla figura di Spagna, lungo disteso sul tavolo.
Scuotendo il capo, Lovino dosa il caffè con cura al limite del maniacale, interrompendosi di tanto in tanto per lanciare uno sguardo dietro di sé e controllare che Antonio stia ancora dormendo. In teoria non è tipo dal sonno pesante, ma quella sera deve aver fatto particolarmente tardi col lavoro, viste la quantità di carte in disordine sotto la guancia.
Romano si gratta la punta del naso e, messa da parte la caffettiera, fa scivolare via le scartoffie da sotto la faccia di Spagna, pareggiandone gli angoli e sistemandole dall’altra parte del tavolo.
Si mette le mani ai fianchi e decide che sì, ora può tornare a cose ben più importanti.
Quando mette il caffè sul fuoco, l’altro non dà segni di vita, nemmeno per il ribollio dell’acqua o lo sfrigolare crocchiante della fiammella sotto la Moka. Lovino fa spallucce, per quanto possa trovare strano quel comportamento, e mette sul tavolo piattino, tazzina e cucchiaino. Ci pensa su un attimo e poi prende un altro piattino, un’altra tazzina ed un altro cucchiaino: chissà, magari è la volta buona che lo spagnolo decide di aprire gli occhi.
Nulla.
Nemmeno l’aroma invitante del caffè appena versato sortisce qualche effetto: Antonio grugnisce, ma non si sveglia, strofina la fronte contro il braccio destro –sui cui è appoggiata-, e chiude e riapre le dita della mano sinistra, quasi a voler riafferrare gli incartamenti vari e variegati che lo hanno tenuto sveglio fino ad un’ora non meglio precisata.
L’italiano si siede con un sospiro e poggia il mento sul pugno chiuso: osserva per un po’ le dita di Antonio -che sono lunghe e piagate dall’elsa di spade antiche, nere di terra straniera e cenere di pistola, che ancora sanno di mare e orto e sabbia dell’arena- e le ripensa chiuse attorno alle proprie, torna al “Lascia che ti tenga la mano!” in risposta alla sue occhiate astiose, al sorriso dell’altro per quel gesto dagli innumerevoli significati.
Spagna deve essere quello forte, quello che non si lascia abbattere e guarda avanti a costo di sembrare un perfetto ebete –cosa che gli riusciva piuttosto bene, poi.
 Ecco perché era sempre il primo a prendergli la mano, a dargli calore quando c’era freddo, a farlo rialzare quando cadeva.
Bhè, quasi sempre.
-Ma guarda un po’ te- sospira Lovino e, mentre si gode il caffè mattutino, intreccia le dita della mano libera a quelle di Spagna. Però lo fa in silenzio –senza dire “Voglio stringerti la mano!” per quanto possa essere vero. Anche se nessuno, forse nemmeno Lovino, sa se è vero o no-, ché è il bastardo quello che fa sempre casino quando si tratta di smancerie.

 

 

 

E il calore che sente nel petto e che lo fa sorridere è solo colpa del caffè, eh.

 

 

 

{ Yeah, you got that something
I think you'll understand
When I say that something
I want to hold your hand
I want to hold your hand
I want to hold your hand
I want to hold your hand }

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note di Fine Capitolo
Oddio, è arrivata la SpaMano! *si getta da un ponte*
No, okay, calma. Diciamo che questa ha un doppio significato, che spero si colga dall’ultima parte. Soprattutto, spero si capiscano i due piani di lettura per il gesto di Spagna (quello di tendersi verso il lavoro che lo ha steso) e quello di Romano (prendergli la mano). Sì, insomma, ci siamo capiti *In realtà, si è capita solo lei*.
Perché Romano mica era un pischello qualunque, eh. Era un bambinello coi contro..fiocchi. Comunque. E’ troppo tardi per fare lezioni di storia, quindi è meglio chiuderla qui XD
Bene! Ho scritto l’ultima SpaMano mesi indietro assai. Spero di non aver fatto troppo schifo .-.

Ringrazio:
-Rota
per aver recensito.
-Kya_ per aver messo la storia tra le preferite.
-Lollyware99 per aver messo la storia tra le seguite.

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Capitolo 6
*** 06. All My Loving ***


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Disclaimer: I personaggi di Hetalia: Axis Powers non mi appartengono,
ma sono di proprietà di Hidekaz Himaruya ©
Se così non fosse, io che me starei qui a fare?
Non mi appartengono nemmeno le canzoni dei Beatles
Che vanno a chi detiene ancora oggi i loro
Copyright ©
Se fosse il contrario, me ne andrei nel cielo con Lucy e i diamanti
Su un sottomarino giallo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

.: All My Loving :.

 

 

Che Prussia gli mandasse delle lettere dal fronte per informarlo sulla sua salute era del tutto inutile: ad Austria non importava nulla delle condizioni di Gilbert. Come se ne potesse sentire la mancanza, poi!
Pura idiozia.
Di cosa avrebbe dovuto sentire la mancanza? Della sua risata irritante? Dei suoi modi paragonabili a quelli di una scimmia urlatrice? -…Del lieve sfiorarsi di labbra la notte prima della partenza, dei suoi baci, delle sue carezze, dei suoi morsi e dei suoi sospiri?
Per quel che gli importava, Prussia poteva anche morire, al fronte.
Quella guerra non stava portando altro che morti e Roderich era stanco: stanco delle quattro mura da cui non gli era permesso uscire, stanco di fare il bello e il cattivo tempo in casa di Germania, perché l’Austria pareva non appartenergli più, stanco di tutte quelle lettere idiote.

Sono sempre Magnifico e sto bene recitavano le missive e l’austriaco avrebbe tanto voluto farle a pezzi o gettarle nel camino. Quel gesto gli avrebbe procurato un piacere impagabile.
Invece le teneva tra le mani, la mascella contratta e gli occhi ridotti a due fessure, poi scuoteva il capo con un sospiro e tornava a suonare –soffocando, nota dopo nota, gli spari che sentiva oltre l’orizzonte, cancellando i tonfi dei corpi senza vita con un intreccio inarrestabile di armonie.
E non aveva smesso di suonare un solo istante, dacché la guerra era finita: il vecchio Hans si faceva sempre più vecchio, sempre più torto e piegato dagli anni che avanzavano, e, accanto al piano, le lettere di Gilbert si ammassavano, rade e sporche, accartocciate e intrise di sangue secco, di cenere fumante. Non ne aveva letta nessuna.
La prima, no, solo la prima l’aveva letta, sì, e da lì aveva deciso che sarebbe stata l’ultima. Perché aprirle, in fondo? Non gli importava nulla di Prussia…di Gilbert, non gli importava nulla di Gilbert. Si era disinteressato da tempo delle questioni mondiali.
Mentre suonava, però, lo sguardo cadeva ogni volta su quell’unica missiva aperta, che non riusciva mai a buttare via per quanto sporca e lacera fosse.

Sono sempre Magnifico
cominciava, come sempre, ma con grafia incerta, tremante, di chi a stento riesce a tenere una penna fra le mani. L’inchiostro, inoltre, era sbavato in più punti –In altri, le sbavature sembravano addirittura fresche.
E, se solo fosse finita come le centinaia, le migliaia che quel becero di un prussiano gli spediva durante la guerra -e non voleva, no, non voleva ricordare nulla, nulla, nulla, nulla, non voleva sapere, non voleva ricordare il perché gli avesse mandato tutte quelle lettere-, allora avrebbe continuato ad aprirle, una dopo l’altra, inveendo contro di lui e contro la sua idiozia, contro la sua risata irritante e contro i suoi modi paragonabili a quelli di una scimmia urlatrice -Contro il lieve sfiorarsi di labbra la notte prima della partenza, contro i suoi baci, le sue carezze, i suoi morsi e i suoi sospiri.
Se solo fosse finita come al solito, ma..

 

 

Ma non sto più così bene.

 

 

 

 

 

 

 

 

{ I'll pretend that I'm kissing
The lips I am missing
And hope that my dreams will come true
And then while I'm away
I'll write home every day
And I'll send all my loving to you }

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note di Fine Capitolo

Ma è deprimente…D: E bhè la canzone è il significato del perché Prussia continua a scrivere quelle lettere, anche se è tutto detto in modo molto, molto implicito.
Non sono in vena di parlare molto nelle note, oggi, scusate!

Ringrazio:
-Memento Mori
per aver recensito.
-Carol_97 e  _Lenalee_ per aver messo la storia tra le seguite.

 

 

 

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Capitolo 7
*** 07. Can't Buy Me Love ***


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Disclaimer: I personaggi di Hetalia: Axis Powers non mi appartengono,
ma sono di proprietà di Hidekaz Himaruya ©
Se così non fosse, io che me starei qui a fare?
Non mi appartengono nemmeno le canzoni dei Beatles
Che vanno a chi detiene ancora oggi i loro
Copyright ©
Se fosse il contrario, me ne andrei nel cielo con Lucy e i diamanti
Su un sottomarino giallo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

.: Can’t Buy Me Love :.

 

 

L’espressione di Austria per un attimo le fece temere il peggio: livido, gli occhi sgranati dietro le lenti quasi del tutto appannate, le labbra ridotte ad una linea scura e dritta, tanto sottile da correre il rischio di confondersi e sparire nel pallore del volto contratto.
Lily si torse le mani e abbassò il capo, nascondendosi dietro una ciocca di capelli che era scivolata via dal nastrino viola per correrle in aiuto.
Oh, ecco. Aveva rovinato tutto.
Eppure la giornata le era sembrata così piena di promesse e speranza! Era riuscita a convincere il suo fratellone a farla uscire col signor Austria, anche se solo per andare al supermercato, aveva indossato il suo vestito più bello e il cielo non era mai stato così azzurro, il sole così splendente.
Il signor Austria si era presentato sotto casa con espressione serena, un accenno di sorriso all’angolo delle labbra. Era così bello nel completo nero e le lenti degli occhiali gli scivolavano appena sul naso, regalandole un lampo bianco quando lui si girava a guardarla –Ed era accaduto spesso, per quelle poche strade che avevano percorso insieme.
E invece…invece, oh! Aveva rovinato tutto!
È che quella gioielleria era così bella! Anelli, catenine, orecchini, per quanto alcuni articoli fossero troppo sfarzosi o pesanti per lei, a Lily piaceva oltremodo fermarsi per osservare i giochi di luce dei brillanti sulle vetrine. Quando aveva indicato un anello di diamanti e aveva commentato “Oh, com’è bello…” non era stato certo per cattiveria! Tantomeno per far sentire il signor Austria in dovere di spendere così tanto per farle un regalo! –Il suo fratellone diceva che il signor Austria era davvero un taccagno e che la taccagneria lo metteva sempre a disagio e Lily non voleva mettere il signor Austria a disagio, non lo voleva per niente al mondo.
-Ma non mi serve certo un anello di diamanti per essere felice!- si affrettò ad esclamare, scuotendo con forza il capo e allontanandosi con un salto dalla vetrina -L…la vostra compagnia mi è certamente più cara, signor Austria!- balbettò, arrossendo.
Oh, era certa, il signor Austria l’avrebbe riaccompagnata a casa e avrebbe detto al fratellone di accompagnarla lui al supermercato a prendere il formaggio per la fondue, ne era sicura, lo sapeva…
Fece un piccolo salto nel sentire la mano del signor Austria posarsi sulla spalla; quando rialzò il capo per guardare l’altro negli occhi, Lily sentì ogni preoccupazione evaporare in uno sbuffo di fumo, come cose senza importanza.

 

Il lieve sorriso gentile, imbarazzato, sereno del signor Austria era un tesoro davvero prezioso.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

{ Say you don't need no diamond ring
And I'll be satisfied
Tell me that you want those kind of things
That money just can't buy
For I don't care too much for money
For money can't buy me love
Can't buy me love, love
Can't buy me love }

 

 

 

 

 

 

 

 

Note di Fine Capitolo

Mi regalate il signor Austria? Per favore çAç Siate buoni!
Okay, la smetto, la smetto. Direi, nulla da dire su questo capitolo. E’ piuttosto semplice, anzi, oserei dire sempliciotto. Ma Lily mi ispira sempre così tanta dolcezza <3 Anche se, secondo me, quando la si fa incavolare diventa una belva. Potrebbe far persino concorrenza a Bielorussia!
Ma bando alle ciance e ciancio alle bande!
Pensavo di tenere un aggiornamento settimanale, tipo ogni domenica. Vediamo se riesco! Mancano esattamente 6 capitoli alla fin—di già?! Oh, toh. E sì, lo so, vi avevo promesso delle coppie crack!. Arrivano, arrivano J

Bene! Passiamo ai ringraziamento!
A Memento Mori, Harinezumi e Rota per aver recensito i capitoli precedenti!
Alla prossima!
Yippie-ya-yeeeee! *svanisce in groppa ad un pony rosa*

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Capitolo 8
*** 08. A Hard Day's Night ***


fmty8

 

Disclaimer: I personaggi di Hetalia: Axis Powers non mi appartengono,
ma sono di proprietà di Hidekaz Himaruya ©
Se così non fosse, io che me starei qui a fare?
Non mi appartengono nemmeno le canzoni dei Beatles
Che vanno a chi detiene ancora oggi i loro
Copyright ©
Se fosse il contrario, me ne andrei nel cielo con Lucy e i diamanti
Su un sottomarino giallo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

.: A Hard Day’s Night :.

 

Svezia si fermava spesso a lavorare all’Ikea di Stoccolma o in qualcuna delle filiali del territorio: gli piaceva respirare il profumo umido del legno, saggiarne la consistenza quando si accingeva a tagliare le assi per i mobili, trovava di suo gusto persino l’odore asprigno dei coloranti e dei grumi di colla filamentosa.
Il biascichio dei trucioli sotto le scarpe era simile al crocchiolio della neve che strusciava contro la suola degli scarponi pesanti, il chiacchiericcio dei clienti era come il crocchiare delle foglie nel silenzio delle foreste.
Certo, tutto quel lavoro aveva degli svantaggi: le mani e le nocche scorticate, la pelle arrossata, graffi e persino qualche bruciatura, senza contare i genitori che venivano di lui, scandalizzati e offesi, annunciati dal tintinnare di borse e colpi di tacchi alti, lamentandosi che il loro pargolo era scoppiato a piangere da quanto Svezia lo guardava male.
Il povero Berwald aveva cercato di far capire loro quanto le sue intenzioni non fossero assolutamente cattive e di come quei bambini così vivaci gli ricordassero Sealand la prima volta all’Ikea, quando era praticamente affogato nella vasca delle palline. Oppure Ladonia quando si era perso nella zona degli armadi. Tutto inutile.
Così, quando tornava a casa la sera, col sole che bruciacchiava l’orizzonte soffiando in cielo fumo e cenere notturna, sentiva la schiena urlare ai quattro venti la propria indignazione e le tempie che battevano a ritmo di tacchi e martello per chiodi.
La stanchezza era tale che, per arrivare alla porta, era quasi costretto a trascinarsi sul viottolo.
Dentro casa, però, tutto cambiava.
Fuori sull’uscio lasciava il giorno morente, mentre dalla cucina arrivava la luce soffusa della lampada; l’odore di colla che si portava addosso sin dal mattino scompariva, cancellato dal tenue profumo di salmiakkiche Svezia lasciava sempre sul tavolo perché…perché sapeva che Tino ne era più ghiotto di lui, ecco. Poi c’era la porta del bagno, socchiusa, da cui proveniva l’incantevole tepore dell’acqua calda.
Insomma, appendere il soprabito all’ingresso era come mettere via la fatica di una giornata intera. Un rituale quasi sacro che il silenzio della casa contribuiva ad aumentare.
E poi c’era Finlandia che lo aspettava in camera da letto: solitamente leggeva, Hanatamago acciambellata sulle lenzuola come un cuscino peloso, ma non erano rare le volte in cui lo trovava già addormentato, le coperte alte fino al mento e il corpo raggomitolato sotto un doppio strato di plaid.
Che fosse ancora sveglio o già nel mondo dei sogni, alla fine il risultato era sempre lo stesso: Svezia si stendeva accanto a lui e chiudeva gli occhi, soffiando via le tracce di stress rimasto con un sospiro pesante. Poi era solo la fronte di Tino contro il petto, i suoi capelli che gli solleticavano il collo e le braccia che gli cingevano la vita –Sembrava tutto così facile, la notte, quando c’era il buio a nascondere quegli occhi che tanto lo spaventavano.
Berwald allora lo stringeva a sua volta, in silenzio, rimanendo abbracciati fino al mattino.

 

 

E poi c’erano Peter e Ladonia che non perdevano un’occasione per intrufolarsi fra le coperte
e addormentarsi nel calore del loro abbraccio.

 

 

 

 

 

 

 

 

{ But when I get home to you
I find the things that you do
Will make me feel alright

So why on earth should I moan
'Cause when I get you alone
You know I feel okay }

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note di Fine Capitolo

Buona Pasqua, bella gente!!
Okay, l’Ikea Family (termine coniato da Jo-san) mi mette tanta, tanta tenerezza addosso. E lo so che loro non sono solo fluff e caramelle, però…Aw <3
Ringrazio la Jo-san per aver recensito i precedenti capitoli!
E la prossima è un crack!pairing!

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 9
*** 09. And I Love Her ***


fmty9

Disclaimer: I personaggi di Hetalia: Axis Powers non mi appartengono,
ma sono di proprietà di Hidekaz Himaruya ©
Se così non fosse, io che me starei qui a fare?
Non mi appartengono nemmeno le canzoni dei Beatles
Che vanno a chi detiene ancora oggi i loro
Copyright ©
Se fosse il contrario, me ne andrei nel cielo con Lucy e i diamanti
Su un sottomarino giallo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

.: And I Love Her :.

 

Francia sapeva bene quanto il suo comportamento risultasse insolito agli occhi delle altre Nazioni: scompariva per giorni, senza lasciar detto a nessuno quale fosse la destinazione, né quando avesse intenzione di tornare. Al proprio capo diceva di aver bisogno di un po’ di svago, di relax dopo tutto quel gran cianciare e amministrare e politicare che gli rendeva i capelli flosci e gli faceva venire la rughe.
Ah, se solo le altre Nazioni avessero saputo!
Ma come spiegare loro la trepidazione che lo coglieva quando l’aereo cominciava il suo atterraggio? Come descrivere la bellezza di uno Uadi nel pieno del mezzogiorno, simile ad un lago di sole cinto dal bruno delle rocce? Come esprimere a parole la voce della sabbia che crepitava nel Set-Maat, a memoria di mille e più suoni di scalpellini e pittori dispersi nel vento?
Non avrebbe potuto e loro non avrebbero capito.
Non per malizia, non per cattiveria -o, almeno, non solo per quello, soprattutto se si trattava di Inghilterra-, ma semplicemente perché le altre Nazioni non avevano udito, non avevano visto e là dove lui avrebbe indicato con foga la più splendida delle meraviglie, tutti non avrebbero visto che dune smorte e bollenti, cielo arido e vecchi ruderi ammassati qua e là.
Non avrebbero colto lo splendore di quel volto antico, gli occhi scuri allungati dalla linea nera del kohl, il sole che si infrangeva contro le ali della corona ad avvoltoio posata sulla parrucca tripartita. Non avrebbero sfiorato il collare a tre giri di granato, malachite e turchese, la veste lunga fino alle caviglie tinta di rosso, né avrebbero sfiorato le spirali d’henné che dai capezzoli brillanti di polvere d’oro risalivano lungo le spalle e poi si aprivano a ventaglio dietro la schiena, mutandosi nei simboli delle Quarantadue Province.
-Sei venuto, Se-Mer-Merut- Kemet, una figura solitaria e maestosa ai piedi della Grande Sfinge, si voltò e gli sorrise -Il mio cuore si colma di gioia alla tua vista-
E le altre Nazioni, il capo, i capelli flosci e le rughe scomparvero nell’istante in cui Francia strinse Madre Egitto tra le braccia e avvertì il calore immortale di quelle labbra -quelle labbra da cui, per primo, aveva visto risplendere il dono della Parola- sulle proprie.

 

Anche il tempo parve disperdersi nella sabbia, sotto il grembo stellato di Nut.

 

 

 

 

 

 

 

 

{ Bright are the stars that shine
Dark is the sky
I know this love of mine
Will never die
And I love her }

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note di Fine Capitolo

Ta-dah! Ve lo avevo promesso il pairing!crack, giusto? Ed eccolo qua <3 Lo posto prima del solito, semplicemente perché domenica non ci sono <3
La coppia, cui già pensavo da un po’, mi è stata ispirata da un role su Facebook <3
Ed ecco qualche spiegazione:

Uadi: etto di un torrente, quasi un canyon o canalone in cui scorre (o scorreva) un corso d'acqua a carattere non perenne.
Set-Maat: Luogo della Verità, nome del Villaggio degli Artigiani di Deir El-Medina.
o, almeno, non solo per quello, soprattutto se si trattava di Inghilterra-, “A Jean-François Champollion si deve, nel 1822, la decifrazione dei geroglifici egizi. C’erano stati già dei tentativi in tal senso, ad opera degli Arabi –prima- e dell’inglese Thomas Young (che per anni discusse su Champollion riguardo a chi dovesse avere la “paternità” di tale scoperta)

Quarantadue Province: I quarantadue nomoi (Regioni) dell’Antico Egitto. Che i loro simboli siano tatuati sulla schiena di Madre Egitto è un mio HeadCanon. Così come il fatto che il collare a tre giri di malachite rappresentino l’Alto, il Basso ed il Medio Egitto.
Se-Mer-Merut: “Colui che Ama l’Amore”. In realtà nella Role era “S-Mer-Merut” “L’Uomo che Ama l’Amore”, ma mi sono accorta troppo tardi di quanto fosse cacofonico.
Nut: La Dea del Cielo Stellato.

Ringrazio la Jo-san per aver recensito il precedente capitolo!

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Capitolo 10
*** 10. Eight Days A Week ***


fmty10

Disclaimer: I personaggi di Hetalia: Axis Powers non mi appartengono,
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Se così non fosse, io che me starei qui a fare?
Non mi appartengono nemmeno le canzoni dei Beatles
Che vanno a chi detiene ancora oggi i loro
Copyright ©
Se fosse il contrario, me ne andrei nel cielo con Lucy e i diamanti
Su un sottomarino giallo.

 

 

 

 

 

Alla Jo-san ~

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

.: Eight Days A Week :.

 

Micronazione voleva dire due cose: essere abbastanza testardo da andare contro le grandi Potenze del proprio territorio e non essere mai abbastanza.
Mai abbastanza forte per valere la propria opinione, mai abbastanza grande per dimostrare di non essere più un bambino, mai abbastanza qualcosa per avere l’Indipendenza.
Che, poi, i fortunati che riuscivano a staccarsi dalla “Madrepatria” in modo ufficiale c’erano eccome: Wy e Molossia, ad esempio.
Loro avevano ottenuto ciò che Sealand e Seborga erano anni che cercavano di strappare, con le unghie e coi denti; soprattutto per Giorgio, il vedersi messo da parte da Feliciano e Romano, relegato in seconda fila mentre loro due concedevano l’Indipendenza ad un piccolo comune dell’Abruzzo, era stato un colpo allo stomaco mica da niente.
E quando poi Kristina era entrato nella sua vita -con la dolcezza del vento che canta tra gli alberi del Nord, bianca come la spuma ghiacciata dei mari lontani grigi di nebbia e calda di bracieri antichi, di danze e suoni di popoli silenti- il timore di non essere abbastanza nemmeno per lei -lei che era una Nazione riconosciuta, la grande e potente Svezia- si era fatto sentire con lo stesso fragore dell’onda che si schianta sugli scogli. L’aveva guardata negli occhi e lo stomaco si era torto: si era sentito così piccolo al suo confronto, e non solo per una questione di altezza.
Voleva, doveva dimostrarle quanto amore ci fosse nel proprio cuore, quel cuore così piccolo di Micronazione, farle capire che anche uno sputo di terra di trecentododici abitanti poteva provare gli stessi sentimenti della patria dello Stilnovo, e con la stessa disperata intensità.
Le aveva regalato un tulipano rosso –perché temeva di non avere abbastanza parole per dirle “Ti amo”-, le aveva cantato una serenata sotto la finestra –perché temeva di non avere abbastanza voce per dirle “Ti amo”-, le aveva regalato una profusione di mimosa dorata -perché temeva di non avere abbastanza fiori per dirle “Ti amo”-
Kristina gli aveva sfiorato le ciglia col tulipano, prima di baciarlo.
Kristina lo aveva abbracciato da dietro, prima di stringergli le mani che imbracciavano la chitarra.
Kristina si era stretta la mimosa al petto, prima di regalargli quel suo splendido sorriso che sapeva di cielo azzurro e legno intagliato.
Svezia l’aveva baciato, aveva cantato con lui, intrecciato parole di lingue diverse unite da un unico suono, aveva sorriso, gli aveva regalato più parole di quanto avesse mai fatto con qualsiasi altra Nazione.
Ed erano bastati quei pochi gesti -le dita di lei che gli sistemavano una ciocca di capelli dietro l’orecchio, il lieve sfiorarsi delle labbra, il tocco appena accennato sul volto, sulle guance, sulle spalle..- perché Giorgio si lasciasse alle spalle ogni timore.
Lo sapeva, eh, che sette giorni non sarebbero stati mai abbastanza per dimostrarle il proprio amore.
Ma, belin, che gli importava? Era una Micronazione, in fondo!

 

La sua, di settimana, aveva come minimo otto giorni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

{ Hold me, love me, hold me, love me
I ain't got nothing but love, babe
Eight days a week }

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note di Fine Capitolo

Nyo!SveziaxSeborga! *Sviene* Oh, cioè, tipo. Voi vi chiederete: ma che caspio di Pairing è? E’ TANTO AMMMMMMORE! Eh! EH! Ma perché certe cose succedono solo grazie alla Jo-san, che muove quella splendida pg di Nyo!Svezia, alias Kristina.
Quindi, a chi altri potevo dedicare questo capitolo, se non a lei? E NON VEDO L’ORA CHE SIA IL 5 MAGGIO PER IL FUMETTOPOLI! ASDFGHJKL!!
Ehm!

Ringrazio: Marguerite e Jo-san per aver recensito il precedente capitolo!
Alla prossima!

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Capitolo 11
*** 11. I Feel Fine ***


fmty11

 

Disclaimer: I personaggi di Hetalia: Axis Powers non mi appartengono,
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Se così non fosse, io che me starei qui a fare?
Non mi appartengono nemmeno le canzoni dei Beatles
Che vanno a chi detiene ancora oggi i loro
Copyright ©
Se fosse il contrario, me ne andrei nel cielo con Lucy e i diamanti
Su un sottomarino giallo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

.: I Feel Fine :.

 

La casa era piccola, ma confortevole: un cottage bianco immerso nel verde intenso della campagna francese, finestrelle lucide che il sole trasformava in mosaici di luce, tende candide appena scostate a mostrare frammenti di mobili e sorrisi, di stoviglie e vita.
Timidi e leggeri, i momenti e i giorni si susseguivano nel tempo che tempo non possiede, le stagioni non sembravano mutare ed era sempre primavera.
Il mondo non osò intaccare la perfezione di quel giorno e ne fissò ogni più piccolo svolgimento come uno spettatore, in silenzio e col cuore in gola per un’attesa che già sapeva come si sarebbe risolta, ma che temeva potesse infrangersi se solo fosse venuto meno al tacito accordato del proprio non-intervento.
Jeanne dal corpo di bambina e il cuore di donna usciva sul balconcino, stringendo un giglio bianco al seno; Francis la raggiungeva in silenzio e le cingeva la vita, sfiorando a punta di dita i fianchi sottili. Lei fremeva appena a quel tocco tanto caro e faceva per voltarsi, ma lui la fermava con un sorriso e un bacio tra i capelli. Francia aspirava il suo profumo e Je t’aime, je t’aime le sussurrava all’orecchio; socchiudeva gli occhi e sorrideva deliziato nel vedere le guance di Jeanne tingersi d’un velo porpora. 
E poi la lasciava andare e la contemplava come fosse il bene più prezioso che Dio gli avesse mai concesso: le faceva il baciamano, commuovendosi per l’azzurro dei suoi occhi che gli ricordava il Cielo, infinito e puro, d’una bellezza tanto struggente che il cuore si bloccava nel petto e il respiro si scioglieva nei polmoni. Si inginocchiava e la fissava di nuovo, facendole intuire con uno sguardo quali fossero le sue intenzioni. E la risposta di lei non ebbe bisogno di parole.
L’anello di diamanti sfolgorò di luce non vera al dito candido di Jeanne e il bianco accecante del suo sorriso divenne il colore dell’abito dal ricamo più fine, l’oro dei capelli si mutò in lacrime e forgiò le fedi che Inghilterra consegnò dinanzi all’altare coperto di gigli.
E Francis sorrideva del sorriso che aleggiava sulle labbra di Arthur e che aveva sostituito il ghigno bruciante dell’inglese, l’espressione cruda e crudele, lo sfrigolio del fuoco e il nero della cenere.
Ma non era il momento per simili pensieri, per simili parole!
Francis bandì ogni tristezza e ogni dolore e il sussurro si fece grido e il Je t’aime si sollevò con ali di colomba, e voci di uomo e di donna ripresero quell’urlo colmo di gioia perché il mondo lo sentisse, perché il mondo lo comprendesse, perché il mondo lo invidiasse.
Per Francia il mondo perse importanza nell’esatto momento in cui prese Jeanne tra le braccia, quel corpo così esile splendido del fulgore dell’abito da sposa, e la trasse a sé e sentì di nuovo la dolcezza delle sue labbra contro sulle proprie e le diceva che l’amava e lei lo ripeteva a lui e sorrideva e alzava gli occhi al Cielo e Dio li benediva, e oh, Francis si sentiva bene per quell’Amore e quella Benedizione, e gli occhi di Dio erano gli occhi di Jeanne e avevano la dolcezza dell’alba, e lui si sentiva morire, morire di pace.
Di pace…e di sogno.
-A cosa state pensando, fratellone Francia?-
Francis si voltò a guardare il volto di Lisa, un poco arrossato a causa lunga camminata per le vie di Mont Saint-Michel. Le sorrise e le porse la mano, per aiutarla a sopportare la fatica; la ragazza lo fissò stupita e poi gli sorrise di rimando, accettando volentieri quel gesto così galante.
-Alla donna che amo-
A Francis bastò il timido lampo di comprensione negli occhi di Lisa -una luce fioca e bianca, qualcosa che andava al di là della coscienza e di cui, forse, lei nemmeno si era accorta-.
Jeanne era lì, era con lui.
Vicina come un sogno e distante come la fantasia, ma era lì. E lo amava.

 

E si sentiva bene come se la realtà fosse stata sogno e il sogno realtà.

 

 

 

 

 

 

{ She's in love with me and I feel fine
She's in love with me and I feel fine }

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note di Fine Capitolo.

Ommioddddddio, questa cosa è indecente.
Sorvoliamo.
La prima dovrebbe essere una specie di sogno, ecco perché del progredire delirante della scena. L’ultima, invece, che si apre con la domanda di Lisa, e lo sgretolarsi di ogni più bella fantasia e il triste ritorno alla realtà, già. Lisa compare nella striscia “A bientot, Until We Meet Again” che vi consiglio assolutamente. E’ splendida. Ah! E’ Francis stesso a dire a Lisa di chiamarlo “Big Brother France” ù_ù
…Non ci posso fare niente. Non mi verrai mai una FrancisxJeanne che non sia deprimente, ecco. Ero anche partita con le migliori intenzioni. *Sospiro*
Comunque!
Ringrazio Jo-san per aver recensito e Ilovestar per aver messo la storia tra i preferiti.
…E comunque, questa è indecente. Mi spiace, non sono riuscita a fare di meglio.
Mi faccio perdonare con la prossima, promesso!

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Capitolo 12
*** 12. Ticket To Ride ***


fmty12

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Se fosse il contrario, me ne andrei nel cielo con Lucy e i diamanti
Su un sottomarino giallo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

.: Ticket To Ride :.

 

Non del buon vino, non il calore di una donna sarebbero riusciti a farlo sorridere, quel giorno. Romanus si era sporto più volte sul porto di Alessandria, si era tirato indietro, aveva piegato le ginocchia, aveva raddrizzato la schiena, trattenuto il respiro, liberato il fiato in un fischio di disappunto. Sarebbe stato facile spiccare un salto e gettarsi fra i flutti, allontanarsi una bracciata dopo l’altra e issarsi sulla nave di papiro sempre più lontana. Non avrebbe richiesto più fatica di una delle tante battaglie cui aveva partecipato nella sua lunga vita, in fondo.
Non aveva nulla da temere dalle onde.
Non aveva nulla da perdere -Gli pareva di aver perso tutto.
Era stato stregato, come Marco Antonio. La magia dell’Oriente, la sabbia del deserto…certo era stato vittima di qualche sortilegio compiuto nel ventre freddo di templi distrutti. Divinità senza nome avevano steso la mano su di lui, corrompendo il suo animo e la sua mente con fiele dolce come il nettare.
Altrimenti, perché quell’oppressione al petto? Non era il primo popolo di cui decretava la rovina e nemmeno sarebbe stato l’ultimo. Il filo del gladio s’era abbeverato del sangue di molte vittime,non c’era motivo di angustiarsi tanto.
Ma allora, perché quel gelo alle membra? Non era la prima donna cui tagliava la gola dopo averla sfiorata con le labbra. Non gli era concesso amare veramente. Solo la morte, la gloria, il trionfo erano schiavi del suo volere. Non l’affetto. Non l’amore. Quelli erano meri ninnoli con cui adornare la veste per rendere meno cupo il colore del sangue.
Tuttavia..
Romanus alzò gli occhi sull’orizzonte. Di lontano, una barca nera di sogno, traghettata da Dei curvi e rugosi, le ossa scheletriche e i musi animaleschi contratti dalla fatica.
Roma si chiese se un tempo, quando ad accompagnare il loro viaggio v’era il salmodiare dei sacerdoti e le accorate preghiere della gente comune, quel navigare verso la luce morente fosse privo di ogni fatica.
Di poppa, colse la figura di Madre Egitto e lo sguardo d’ossidiana, tinto di rosso nello splendore del tramonto, lo trafisse al petto. Quell’attimo di stasi tra il crepuscolo e la notte più nera fu la fine, la comprensione.
Tese il braccio, allungò la mano, chiamò il nome di lei tra il frangersi delle onde. Ma era inutile. Era troppo tardi.
Il sole s’inabissò in un lampo rosso di morte. La Barca di Atum si incagliò all’orizzonte, prua e poppa alzarono le teste a fiore di loto in un crepitare di legno e pece, gli Dei urlano, gridarono, ruggirono, levarono maledizioni, agitarono i remi spezzati, il mare si levò alto in un gorgogliare di spuma, Nettuno richiuse feroce le braccia nello stridore di creste scarlatte.
Madre Egitto era rimasta in silenzio per tutto il tempo. Ad occhi chiusi aveva atteso che le onde a lei tanto care le cingessero la vita, le strappassero le vesti, le spezzassero il collo, le gonfiassero i polmoni. Non aveva detto nulla. Non una parola, non un grido, non una preghiera.
E se solo avesse ringhiato contro di lui, se solo l’avesse minacciato, se solo gli avesse promesso morte certa, Romanus avrebbe sentito il cuore farsi più leggero: nella minaccia è insito il seme del ritorno.
Nel silenzio di quello sguardo antico, Romanus cadde a terra, in ginocchio.
La notte lo colse.
La Barca di Atum s’era inabissata. Lo scarabeo non sarebbe più rinato.

 

Inerte aveva assistito all’ultimo viaggio di Madre Egitto. Non sarebbe più tornata.

 

 

 

 

 

 

{ She said that living with me
Is bringing her down, yeah
For she would never be free
When I was around }

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note di fine capitolo

Sì, lo so. Ora è tecnicamente lunedì, quindi avrei mancato l’aggiornamento di un giorno.
Chiedo venia. Ma cause di forza maggiore :D
Bien! E’ collocata temporalmente dopo la battaglia di Azio. La Barca di Atum (La forma del Sole al tramonto) nella mitologia egizia è quella su cui Ra solca l’orizzonte al crepuscolo per poi rinascere all’alba sottoforma di scarabeo.
Spero di essermi fatta perdonare per la schifezza del capitolo precedente!
Al prossimo (e ultimo!) capitolo!

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Capitolo 13
*** 13. Yesterday ***


fmty13

 

 

Disclaimer: I personaggi di Hetalia: Axis Powers non mi appartengono,
ma sono di proprietà di Hidekaz Himaruya ©
Se così non fosse, io che me starei qui a fare?
Non mi appartengono nemmeno le canzoni dei Beatles
Che vanno a chi detiene ancora oggi i loro
Copyright ©
Se fosse il contrario, me ne andrei nel cielo con Lucy e i diamanti
Su un sottomarino giallo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

.: Yesterday :.

 

America non era tipo da guardare il passato: non per strafottenza, non per paura, non per poca considerazione verso le proprie radici, ma per non correre il rischio di essere intrappolato da ricordi limacciosi di tempi ormai irrecuperabili. Sapeva bene che se si fosse concesso il lusso di immergersi nel passato, non avrebbe mai più fatto ritorno.
Perché c’era un bel sole nel passato, un disco perfetto contro un cielo azzurro patinato d’ambra. C’era un campo infinito che brulicava di gocce di luce appena cadute, e una linea d’orizzonte che sfumava di lontano. C’era il profumo cristallizzato di girasoli dai petali gonfi di vento eternamente immobile, come vele spiegate nella bonaccia del tempo.
C’era una camera intessuta di profumi e sospiri, lenzuola increspate d’ombra e pieghe sopra il materasso bianco, e una finestra socchiusa, che nascondeva il volto di vetro dietro il lieve cadere delle tende. C’era un grande armadio dalla cui anta si intravedeva appena la manica d’una pelliccia e il luccichio metallico di un moschetto che ancora profumava di liquore, sangue e calumet. C’erano addirittura un vecchio accendino ed una sigaretta accartocciata dagli anni, lasciati a riposo sul comodino coperto da un centrino di pizzo.
E c’era un taglio di luce, sì, una lama che cancellava ogni ombra e si scioglieva come pioggia dorata sul grande letto e sfrigolava ed esplodeva sui corpi e sulle labbra, sbocciando tra dita intrecciate e bocche schiuse, seguendo il profilo di schiene inarcate e colli tesi nello spasmo estatico d’un roco sospiro.
No, America non era tipo da guardare al passato. Non l’avrebbe mai fatto. Non se lo sarebbe mai permesso.
Che importava se non c’era più il sole, ma la notte perenne? Non un cielo patinato d’ambra, ma soffocato da una cortina di ferro? Non un campo infinito, ma terra bruciata e un orizzonte livido di fumo? Che importava se dei girasoli non era rimasta che cenere torta?
Perché rimpiangere una camera ora impregnata dell’amaro lezzo della muffa, gravida di un letto solitario e sfatto, con una finestra sporca a marciare di polvere di fianco ad un armadio vuoto e cadente?
Ad America non interessava più. Ad America non importava più.
Non la solitudine, non la sigaretta che gli moriva lenta tra le labbra, non l’accendino scarico e malamente buttato sul pavimento.
Non gli importava di uno ieri dilatatosi in anni che parevano promettere solo domani.

 

Non gli importava di Russia, che dietro di sé aveva lasciato solo l’ombra d’un passato rimpianto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

{ Yesterday, all my troubles seemed so far away.
Now it looks as though they're here to stay.
Oh, I believe in yesterday }.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note finali.

Bhé, che dire? Siamo alla fine, gente. Questo era l’ultimo capitolo e non potevo certo non scriverlo sulla mia OTP, ovvero la RusAme. Non riesco a dilungarmi troppo, anche perché ammetto che il mio umore è già incrinato per…bhè, per una leggenda che oggi ha smesso dopo vent’anni la maglia bianco-nera. Eh. EH.
Ma non vi tedio su ‘ste cose, che è meglio!
Bhè..direi. No, niente. Tranne che la pelliccia è un riferimento alla compagnia russo-americana in Alaska e il fucile che sa di vodka, sangue e calumet alla guerra di Crimea, così come l’accendino e la sigaretta sono un riferimento alla Seconda Guerra Mondiale. Secondo me Alfred fuma. Meno di Ivan, ma secondo me…Oh, ma questi son dettagli e paranoie che non interessano nessuno!
Oh, Dei. Non ce la faccio a salutarvi! Mi viene male, mi sale la tristezza! Okay, un respiro profondo..Uno, due, tre..
FORZA!
Ringrazio Rota, Harinezumi, la Jo-san, Julia, _Chiaki, Memento Mori e Marguerite_ per le loro recensioni!

Chaska, la Jo-san, Himeisalittlepanda, Ilovestar e Jaqueline per aver messo la storia tra le preferite!
Color__by e Chiaki per aver messo la storia tra le ricordate!
Carol_97, Harinezumi, Lollyware99, sasuchan7, _Chiaki e _Lenalee_ per aver messi questa storia tra le seguite!
Lo sapete, vero, che senza di voi a quest’ultimo non ci saremmo mai arrivati, sì? Avete l’idea del bene che vi voglio, della forza che mi avete dato?
Grazie.
Grazie a tutti voi.
Alla prossima!

 

Nemeryal

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fin.

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